XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 28 giugno 2011

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
a Napoli la crisi dello smaltimento dei rifiuti sta assumendo ogni giorno che passa risvolti drammatici: le strade sono da troppo tempo invase dalla spazzatura, la protesta degli abitanti esasperati si sta sempre più caratterizzando con reazioni ormai giunte a livelli di guardia, cassonetti rovesciati dappertutto e roghi che purtroppo stanno complicando ulteriormente i già pesanti disagi;
lo stato di crisi in Campania è iniziato nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza (e la nomina del primo commissario di Governo con poteri straordinari) cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto-legge, il n. 195 del 2009, approvato dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2009, che aveva fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza, del commissariamento straordinario e della presenza dell'esercito precedentemente inviato per far fronte all'emergenza del 2008 che si era caratterizzata per la rivolta degli abitanti contro la discarica di Chiaiano;
in risposta al riacutizzarsi della crisi dei rifiuti a Napoli e provincia, il 26 novembre 2010 è stato adottato il decreto-legge n. 196, che avrebbe dovuto dare una soluzione seppur parziale all'emergenza campana e che, in realtà, si è dimostrato fallimentare;
tuttavia, adesso la mancata approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di un decreto-legge per risolvere la pesante situazione nella provincia napoletana, a causa della contrarietà dei Ministri della Lega Nord al trasferimento dei rifiuti fuori regione, ha consentito, trasversalmente, ai presidenti della regione Campania, Stefano Caldoro, e della provincia. Luigi Cesaro, nonché al neo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, di individuare tre nuovi siti di trasferenza ad Acerra e Caivano;
certamente, le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse: oltre a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi, esse si possono individuare in parte: nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, avvenute solamente dal 2003; nell'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti (cdr), originariamente costruiti e gestiti da società del gruppo Impregilo; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate a una maggiore tutela dell'ambiente e a contrastare la camorra; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata; infine, nei bassi livelli medi della stessa;
non si può ovviamente negare che, al di là delle cause tecniche e amministrative, lo stato di emergenza rappresenta di per sé una situazione economicamente vantaggiosa non solo per la criminalità organizzata campana, che, con la gestione illecita dei rifiuti, raccoglie profitti anche maggiori rispetto ai pur lucrosi traffici di droga o alle estorsioni, ma anche per larghi settori della imprenditoria legale (dietro la quale si cela spesso comunque la camorra), che da un lato approfitta del sistema di smaltimento illegale per abbattere i costi, dall'altro entra direttamente nella gestione della crisi come si può facilmente evincere dalla relazione del 13 marzo 2007 del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;

per ritornare all'oggi, attualmente tra Napoli e provincia sono diecimila circa le tonnellate di immondizia, solo nel capoluogo partenopeo occorre toglierne immediatamente dalle strade più di duemila, poiché, complice anche il caldo che si fa sempre più intenso, ci si sta avviando verso una situazione disastrosa da un punto di vista strettamente sanitario;
sull'emergenza rifiuti vi è stato anche un intervento al più alto livello dello Stato che ha sottolineato come sia indispensabile e urgente un intervento normativo dell'Esecutivo, soprattutto a fronte di un rischio sempre più rilevante per la salute dei cittadini,


impegna il Governo:


ad adottare con urgenza i provvedimenti necessari a sbloccare le risorse finanziarie occorrenti per le attività di raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti e per l'incremento della raccolta differenziata, disposte nel decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, che prevede il trasferimento di 150 milioni di euro a valere sulle risorse del fondo aree sottoutilizzate per poter essere immediatamente utilizzate dall'amministrazione comunale di Napoli;
ad adottare le iniziative di competenza per consentire al comune di Napoli di concordare i flussi extraregionali per il trasferimento dei rifiuti con le regioni che già hanno dato la propria disponibilità a tale eventualità.
(1-00670)
«Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
a Napoli la crisi dello smaltimento dei rifiuti sta assumendo ogni giorno che passa risvolti drammatici: le strade sono da troppo tempo invase dalla spazzatura, la protesta degli abitanti esasperati si sta sempre più caratterizzando con reazioni ormai giunte a livelli di guardia, cassonetti rovesciati dappertutto e roghi che purtroppo stanno complicando ulteriormente i già pesanti disagi;
lo stato di crisi in Campania è iniziato nel 1994 con la dichiarazione dello stato di emergenza (e la nomina del primo commissario di Governo con poteri straordinari) cessato ufficialmente, dopo oltre 15 anni, sulla base di un decreto-legge, il n. 195 del 2009, approvato dal Consiglio dei ministri il 17 dicembre 2009, che aveva fissato la data del 31 dicembre 2009 quale termine finale dello stato di emergenza, del commissariamento straordinario e della presenza dell'esercito precedentemente inviato per far fronte all'emergenza del 2008 che si era caratterizzata per la rivolta degli abitanti contro la discarica di Chiaiano;
in risposta al riacutizzarsi della crisi dei rifiuti a Napoli e provincia, il 26 novembre 2010 è stato adottato il decreto-legge n. 196, che avrebbe dovuto dare una soluzione seppur parziale all'emergenza campana e che, in realtà, si è dimostrato fallimentare;
tuttavia, adesso la mancata approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di un decreto-legge per risolvere la pesante situazione nella provincia napoletana, a causa della contrarietà dei Ministri della Lega Nord al trasferimento dei rifiuti fuori regione, ha consentito, trasversalmente, ai presidenti della regione Campania, Stefano Caldoro, e della provincia, Luigi Cesaro, nonché al neo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, di individuare tre nuovi siti di trasferenza ad Acerra e Caivano;
certamente, le cause alla base dell'emergenza rifiuti in Campania sono complesse: oltre a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi, esse si possono individuare in parte: nei ritardi di pianificazione e di preparazione di discariche idonee, avvenute solamente dal 2003; nell'inadeguato trattamento dei rifiuti urbani nei sette impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti (cdr), originariamente costruiti e gestiti da società del gruppo Impregilo; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di inceneritori, dovuti anche a prescrizioni della magistratura sui progetti in essere e finalizzate a una maggiore tutela dell'ambiente e a contrastare la camorra; nei ritardi nella pianificazione e nella costruzione di impianti di compostaggio della frazione organica dei rifiuti proveniente da raccolta differenziata; infine, nei bassi livelli medi della stessa;
non si può ovviamente negare che, al di là delle cause tecniche e amministrative, lo stato di emergenza rappresenta di per sé una situazione economicamente vantaggiosa non solo per la criminalità organizzata campana, che, con la gestione illecita dei rifiuti, raccoglie profitti anche maggiori rispetto ai pur lucrosi traffici di droga o alle estorsioni, ma anche per larghi settori della imprenditoria legale (dietro la quale si cela spesso comunque la camorra), che da un lato approfitta del sistema di smaltimento illegale per abbattere i costi, dall'altro entra direttamente nella gestione della crisi - come si può facilmente evincere dalla relazione del 13 marzo 2007 del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;
per ritornare all'oggi, attualmente tra Napoli e provincia sono diecimila circa le tonnellate di immondizia, solo nel capoluogo partenopeo occorre toglierne immediatamente dalle strade più di duemila, poiché, complice anche il caldo che si fa sempre più intenso, ci si sta avviando verso una situazione disastrosa da un punto di vista strettamente sanitario;
sull'emergenza rifiuti vi è stato anche un intervento al più alto livello dello Stato che ha sottolineato come sia indispensabile e urgente un intervento normativo dell'Esecutivo, soprattutto a fronte di un rischio sempre più rilevante per la salute dei cittadini;
peraltro, un intervento del Governo si rende necessario al fine di garantire un reale superamento dell'emergenza rifiuti campana, anche attraverso una responsabilizzazione di tutte le istituzioni,


impegna il Governo:


ad adottare con urgenza le iniziative necessarie a sbloccare le risorse finanziarie occorrenti per le attività di raccolta, spazzamento e trasporto dei rifiuti e per l'incremento della raccolta differenziata, disposte nel decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, prevedendo che una quota-parte delle suddette risorse siano assegnate al comune di Napoli, per essere immediatamente utilizzate in accordo con le azioni previste dalla delibera comunale n. 739 del 16 giugno 2011;
ad adottare le iniziative di competenza per consentire ai comuni campani sopra i 100 mila abitanti, o alle province per tramite le loro società provinciali, di concordare i flussi extraregionali per il trasferimento dei rifiuti con i comuni o i detentori di impianti di smaltimento siti in altre regioni, che già hanno dato la propria disponibilità a tale eventualità, prevedendo comunque le necessarie informazioni alle regioni interessate, allo scopo di permettere il controllo e la verifica degli accordi intercorsi;
ad adottare le opportune iniziative dirette a prevedere che, al fine di consentire il ritorno a una gestione ordinaria dell'emergenza rifiuti, le attività di individuazione delle aree dove realizzare siti da destinare a discarica, che il decreto-legge n. 196 del 2010 assegna a un commissario straordinario individuato fra il personale della carriera prefettizia, ritornino tra le competenze delle amministrazioni locali, anche allo scopo di consentire una responsabilizzazione delle medesime amministrazioni allo svolgimento dei loro compiti istituzionali.
(1-00670)
(Nuova formulazione) «Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto legislativo n. 374 del 1990, detta norme che regolano gli orari d'apertura degli uffici doganali, disponendone generalmente l'operatività dalle 8 alle 18 dal lunedì al venerdì e dalle 8 alle 14 il sabato;
il comma 2 dello stesso articolo stabilisce in aggiunta che presso gli uffici doganali di confine, di mare e aeroportuali il servizio viene mantenuto attivo 24 ore al giorno, festivi compresi, per assicurare il passaggio delle frontiere con l'espletamento dei controlli e delle formalità, alle persone o ai mezzi di trasporto circolanti vuoti o che trasportano merci in regime doganale transitorio;
quest'ultima disposizione viene, però, interpretata dall'Agenzia delle dogane nel senso che negli aeroporti di frontiera i controlli passeggeri vengono garantiti per le 24 ore giornaliere, mentre per le attività doganali sulle merci si intende applicare l'orario d'ufficio ordinario e, qualora si necessiti di controlli fuori orario, viene richiesto il pagamento a parte del servizio;
l'applicazione in tal senso delle disposizioni rappresenta una scelta sui generis, oltre che in contrasto con quanto avviene generalmente nei Paesi dell'Unione europea (ove le ispezioni doganali sono operative «H24») ed arreca notevoli disagi ed aggravi economici, in particolare ai corrieri aerei i quali, per opportunità, svolgono la propria attività prevalentemente nelle ore notturne;
la questione dell'addebito dei costi aggiuntivi, peraltro ingenti, non ha riscontri in nessun altro Paese dell'Unione europea e sembra contrastare con il principio della libera circolazione delle merci e dell'informatizzazione delle operazioni doganali stabilita dall'Unione europea, quale strumento di semplificazione dei commerci e riduzione dei costi;
l'articolo 105 del codice doganale comunitario riconosce l'operatività degli

uffici doganali in orari e modalità adeguati, onde evitare distorsioni ed ostacoli ai flussi di traffico,


impegna il Governo


ad intervenire, anche con iniziative normative, in modo da chiarire che le disposizioni previste dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 374 del 1990, si applicano anche alle attività doganali merci negli aeroporti di frontiera.
(7-00617) «Cera, Compagnon».

La X Commissione,
premesso che:
il settore dei materiali di base per le costruzioni sta attraversando una crisi profonda e prolungata, in Italia l'andamento del comparto delle costruzioni in generale e nel settore del cemento in particolare, è fortemente negativo, con volumi in riduzione nel 2009 rispetto al 2008 (-19 per cento) e previsioni nel 2010 di un ulteriore calo significativo;
i consumi dei materiali di base delle costruzioni sono infatti scesi di quasi il 16 per cento anno su anno, confermando tale tendenza anche nei primi cinque mesi del 2010 e la frenata dei consumi è diffusa sul piano geografico, fatta eccezione per il Sud, tutte le altre zone sono al di sotto dei rispettivi livelli del 2000;
in conseguenza dell'attuale fase recessiva, si è accentuata la differenza tra il livello degli investimenti in costruzioni ed i consumi di cemento, infatti nel nostro Paese, nel triennio 2007-2009, il consumo dello stesso è diminuito di oltre il 23 per cento, con una intensità circa tre volte superiore a quella delle costruzioni;
le proiezioni evidenziano che il settore, a fine 2010, potrebbe registrare una contrazione di vendite dell'ordine di circa 7 milioni di tonnellate, rispetto al 2009;
questa situazione di progressivo calo dei consumi di cemento e dall'entità delle importazioni, grava pesantemente sui lavoratori e sulle imprese mettendo a rischio i posti di lavoro e comprimendo i risultati economici delle aziende, anche in conseguenza dell'immissione nel territorio italiano di produzioni provenienti dai Paesi dell'area mediterranea interessati da fenomeni di sovra capacità produttiva;
nonostante qualche timido segnale di ripresa, la situazione è destinata a protrarsi per buona parte del 2011;
nel contesto di forte riduzione del mercato delle opere pubbliche, non è più procrastinabile l'avvio di programmi di opere medio-piccole (programmi di edilizia scolastica e carceraria, progetti ecosostenibili e di innovazione, di opere urgenti per il risanamento ambientale, in particolare la messa in sicurezza del territorio), che possano dare un contributo concreto al settore delle costruzioni e migliorare la qualità della vita dei cittadini risolvendo i problemi della collettività;
a tal proposito occorre accelerare la realizzazione del Piano infrastrutturale nazionale, mettere a disposizione adeguate risorse in tempi celeri, dare priorità agli interventi diffusi sul territorio, che possono avere un effetto più immediato contro la crisi creando un volano che rimetta in moto lo sviluppo nelle costruzioni e nell'indotto;
è necessario e urgente che il Governo adotti provvedimenti, anche superando i vincoli di spesa, atti a restituire dinamicità agli investimenti in costruzioni che sono in calo da tre anni ed a rilanciare la domanda di tutti e tre i comparti a cui il cemento è destinato (edilizia residenziale, edilizia strumentale ed opere pubbliche) mettendo in gioco risorse che possano sostenere il lavoro e far svolgere al mercato delle costruzioni quel ruolo trainante e anticiclico che ha sempre avuto in periodi di crisi;
in attesa dell'annunciata e necessaria riforma strutturale degli ammortizzatori

sociali le organizzazioni sindacali del settore hanno sottolineato la necessità di interventi immediati atti a rendere più efficace nel settore il funzionamento degli ammortizzatori sociali oggi disponibili, estendendo alle aziende del settore l'applicazione della disciplina della «mobilità lunga» considerato che quella ordinaria può avere una durata di 3 anni per il Centro/Nord e di 4 anni per il Sud/Isole - da un minimo di 7 anni ad un massimo di 10,


impegna il Governo


a promuovere azioni che possano contrastare la caduta contemporanea del mercato privato e del mercato pubblico dell'edilizia operando in particolare:
a) per rilanciare la competitività delle imprese nell'ambito di azioni finalizzate a perseguire la tutela del lavoro e delle professionalità presenti nelle aziende cementiere, anche attraverso l'utilizzo degli ammortizzatori sociali e delle azioni di formazione e riconversione professionale al fine di perseguire l'obiettivo del mantenimento dei livelli occupazionali ed evitare la dispersione delle professionalità del settore;
b) per promuovere fra le aziende del settore tutte le azioni di riorganizzazione e di riqualificazione in grado di salvaguardare le strutture produttive delle imprese per consentire di agganciare in modo efficace i segnali di ripresa della domanda collocabili nel corso del 2011;
c) per estendere alle aziende del settore l'applicazione della disciplina della «mobilità lunga» da un minimo di 7 anni ad un massimo di 10, come previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007);
d) per introdurre particolari incentivi per la diffusione dei contratti di solidarietà, prevedendo anche la possibilità di derogare dal limite di utilizzo complessivo degli ammortizzatori sociali (CIGO/CIGs) corrispondente a 36 mesi totali nel quinquennio.
(7-00615)
«Vico, Lulli, Froner».

La XIII Commissione,
premesso che:
da oltre quattro anni la filiera cunicola italiana è in crisi e si sta verificando un drastico ridimensionamento delle imprese cunicole, con forti tensioni sociali, nonostante il consumo nazionale sia favorito dalle virtù dietetiche della carne di coniglio, consigliata da pediatri, geriatri e nutrizionisti;
circa il 70 per cento del consumo nazionale di carni di coniglio è concentrato nelle aree campane, pugliesi, siciliane, laziali, calabresi e lucane. Diversamente la struttura produttiva vede alcune grosse aziende al Nord del Paese, che svolgono anche la funzione di grossisti-importatori, in grado di gestire l'intera filiera (dalla produzione di mangime alla macellazione e vendita) oltre a numerose aziende medio-piccole sparse su tutto il territorio nazionale;
fino al 2007 la cunicoltura italiana deteneva il primato di produzione a livello comunitario ed europeo, con 93.500 tonnellate di prodotto, equivalente a 67,5 milioni di capi all'anno, pari al 54 per cento del totale della produzione, mentre a livello mondiale era seconda soltanto alla Cina; prima della crisi, in Italia, si contavano circa 5.000 allevamenti cunicoli, di cui 1.600 professionali, 51 macelli con bollo CEE e 14 mangimifici medio grandi;
la crisi del settore (anomala) è stata immediatamente posta sotto osservazione dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali mediante l'attivazione del tavolo della filiera cunicola sin dal settembre 2008; il 12 maggio 2009 la Commissione agricoltura del Senato a conclusione dell'affare assegnato relativo allo stato di crisi della filiera cunicola italiana ha approvato la risoluzione 7-00025 che impegnava il Governo:
«a richiedere all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato se abbia

avviato, o se intenda avviare, un'istruttoria per la valutazione degli elementi di criticità ed incertezza che avrebbero compromesso il corretto esplicarsi della concorrenza nel settore cunicolo e per accertare eventuali infrazioni al diritto comunitario in tale ambito;
a dichiarare, con urgenza, lo stato di crisi per il settore cunicolo, stanziando adeguate risorse per il rilancio del comparto e per il sostegno del reddito degli allevatori;
ad imprimere un'accelerazione all'attuazione di tutte le misure previste nel piano di settore predisposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in accordo con le associazioni degli allevatori del settore cunicolo;
ad approvare apposite misure per l'etichettatura e la tracciabilità obbligatoria delle carni di coniglio prodotte in Italia, predisponendo altresì un marchio di origine del prodotto con un disciplinare gestiti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, immediatamente riconoscibile dai consumatori;
ad istituire, con urgenza, una commissione prezzi unica nazionale, neutrale e trasparente, che consenta di superare i meccanismi discrezionali delle attuali Borse merci;
a realizzare una campagna istituzionale volta a promuovere il prodotto del settore cunicolo italiano e favorire l'incremento dei consumi di carne di coniglio da parte dei cittadini;
a promuovere un accordo tra le associazioni degli allevatori di coniglio e la grande distribuzione organizzata (GDO) mirato a favorire l'incremento delle vendite di conigli made in Italy;
ad adottare apposite misure volte ad agevolare il ripianamento delle passività e la risoluzione dei casi di insolvenza e sofferenza delle imprese di allevamento di conigli in conseguenza dello stato di crisi del settore;
a promuovere un accordo tra le associazioni degli allevatori di coniglio e l'Associazione bancaria italiana (ABI) finalizzato ad agevolare l'accesso al credito da parte delle imprese del settore cunicolo, anche attraverso il rilascio di garanzie pubbliche per le imprese che incontrano maggiori difficoltà;
ad adottare apposite misure volte alla fiscalizzazione degli oneri sociali per le imprese che occupano lavoratori;
ad avviare una sistematica campagna di controlli, soprattutto presso i grossisti, i macellatori e la distribuzione, mirata a sanzionare e reprimere il fenomeno delle vendite promozionali e sottocosto di carne di coniglio di provenienza estera e presentata come prodotto made in Italy»;
in sede di Conferenza Stato-regioni del 29 aprile 2010, ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - legge finanziaria 2007 - ed in particolare, il comma 1084, dell'articolo 1, che autorizza per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole alimentarie e forestali la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2007, e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, è stato sancito un accordo sul piano di intervento per il settore cunicolo;
tale piano, voluto dalla risoluzione del Senato, predisposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il consenso delle organizzazioni sindacali e approvato dalla Conferenza delle regioni, pur non avendo recepito tutte le misure della risoluzione, ad oggi non riesce ad essere implementato; infatti, dalla data di approvazione della risoluzione in questione sono trascorsi due anni e, a tutt'oggi, nonostante gli impegni assunti dal Governo, non sono state ancora adottate misure in grado di fronteggiare la grave crisi che sta attraversando il comparto cunicolo nel nostro Paese, abbandonando al loro destino gli allevatori, le cui condizioni sono peggiorate per le irrisolte distorsioni del mercato;

il 9 aprile 2010, a seguito di una riunione convocata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, presso la sala contrattazioni della Borsa merci di Verona, mercato sino ad oggi di riferimento per l'intero territorio nazionale, si è deciso di dare vita alla CUN (commissione unica nazionale) per il coniglio, il cui scopo non è quello di rilevare il prezzo storico settimanale (compito delle borse merci), ma quello di indicare la tendenza per la settimana entrante (compito finora svolto, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, impropriamente dalle borse merci in contrasto ai princìpi della concorrenza);
nelle due settimane successive si sarebbe dovuto provvedere alla stesura di una bozza di regolamento della CUN per individuare gli attori e gli strumenti al fine di avviare una fase di test con l'individuazione degli indici da rilevare: import, export, produzioni e consumi nazionali;
presso la Commissione per le petizioni dell'Unione europea giace una petizione dichiarata ricevibile, ed ancora aperta, che ha richiamato l'attenzione del Parlamento europeo sulle violazioni al diritto comunitario antitrust che rischiano di compromettere la concorrenza nel settore, in una deriva monopolizzante;
con una prima segnalazione all'Autorità garante per la concorrenza e il mercato, l'associazione nazionale liberi allevatori di conigli (Anlac) ha chiesto di avviare un'istruttoria ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990 per:
violazione delle regole della concorrenza, tutelate dall'articolo 82 del Trattato UE;
abuso di posizione dominante ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 287 del 1990;
mancata attivazione delle misure anticrisi che le associazioni produttori possono autonomamente adottare ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 102 del 2005;
con una seconda segnalazione presso la stessa Autorità, la medesima associazione ha evidenziato altri comportamenti anticompetitivi, in violazione delle regole della concorrenza, tutelate dall'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ed è in attesa dell'apertura dell'istruttoria per accertare l'antigiuridicità delle condotte denunciate, comprendenti:
fissazione dei prezzi all'origine del coniglio vivo;
determinazione dei quantitativi da produrre;
scambio d'informazioni;
supporto al cartello da parte di alcune associazioni di produttori;
in particolare, dalle evidenze probatorie raccolte dall'Anlac, le commissioni prezzi provinciali, sono diventate luoghi in cui i prezzi non vengono accertati ma fissati, perciò, spesso, sono prezzi collusivi e non concorrenziali, che aggravano la crisi degli allevatori italiani. Occorre, pertanto, riformare il sistema e renderlo moderno;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto che, con riferimento ad un presunto abuso - prima - e un intesa restrittiva della concorrenza - dopo -, non appaiono esservi i presupposti per un intervento ai sensi della normativa antitrust nazionale o comunitaria, nonostante la presenza di fumus e di periculum in mora che gli stessi dirigenti della Commissione europea antitrust hanno riconosciuto durante l'audizione del 1o dicembre scorso a Bruxelles, nell'ambito della petizione al Parlamento europeo;
l'Autorità italiana, ha inviato un parere al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti delle Camere e al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, in cui si auspica un riesame in senso proconcorrenziale dell'attuale processo di formazione dei prezzi alla produzione agricola, al fine di

eliminare eventuali «inefficienze» e meglio adeguare il sistema alla normativa posta a tutela della concorrenza. A riguardo, l'Autorità ha espresso l'auspicio che sia data implementazione al piano di intervento per il settore cunicolo già adottato dalla Conferenza Stato-regioni, in particolare con riferimento alla costituzione di una commissione prezzi unica nazionale (CUN), neutrale e trasparente, che consenta di superare i meccanismi discrezionali delle attuali borse merci;
secondo un consolidato orientamento della Corte di giustizia, gli Stati membri dell'Unione non possono - in virtù del principio di leale collaborazione - adottare o mantenere in vigore misure, anche di natura legislativa o regolamentare, che possano rendere praticamente inefficaci le regole di concorrenza del Trattato applicabili alle imprese. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha espressamente riconosciuto non solo ai giudici, ma anche a tutti gli organi dello Stato, incluse le pubbliche amministrazioni, l'obbligo di disapplicare una norma nazionale contrastante con il diritto comunitario;
la Corte di giustizia ha fornito una soluzione estremamente chiara, laddove con un richiamo diretto al primato delle norme comunitarie, ha espresso in termini di obbligatorietà la disapplicazione, anche da parte di un'autorità di concorrenza nazionale, di norme nazionali che abbiano imposto o favorito comportamenti d'impresa in contrasto con l'articolo 81.1 del Trattato CE (ora 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), ovvero ne abbiano legittimato o rafforzato gli effetti, di fatto eludendo il divieto recato da siffatta norma;
la normativa relativa alla costituzione ed al funzionamento della borsa merci di Verona «nella misura in cui sollecita o facilita l'adozione di comportamenti anticoncorrenziali», appare idonea a dare luogo a effetti che rendono praticamente inefficaci le norme del Trattato a tutela della concorrenza, andrebbe pertanto «disapplicata»;
il grave ritardo delle istituzioni ad eseguire tutti gli interventi previsti da un ramo del Parlamento sta dimostrando, di fatto, di non riuscire a fermare per tempo i mercati, con l'effetto di far monopolizzare quel che resta della libera coniglicoltura italiana, in contrasto ai principi costituzionali italiani e al diritto europeo,


impegna il Governo:


a valutare quanto esposto in premessa e a dichiarare, con urgenza, lo stato di crisi per il settore cunicolo, attivando le risorse del fondo per le crisi di mercato di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per il rilancio del comparto e per il sostegno del reddito degli allevatori;
a predisporre il regolamento della commissione unica nazionale e ad attivarla con urgenza, nel rispetto di quanto previsto dal piano di settore, al fine di rendere trasparente e neutrale il meccanismo di definizione dei prezzi, anche attraverso una sede più neutrale;
a chiarire quali risorse finanziarie abbia predisposto o intenda predisporre con la massima urgenza a favore del piano di intervento per il settore cunicolo, nel rispetto di quanto previsto dall'accordo concluso il 29 aprile 2010 in sede di conferenza Stato-regioni;
a fornire con urgenza elementi sullo stato di attuazione degli impegni assunti attraverso l'approvazione della risoluzione approvata il 12 maggio 2009 dalla IX Commissione del Senato in ordine allo stato di crisi della filiera cunicola italiana;
a prevedere un aumento congruo del numero massimo di rate concesse nelle rateizzazioni da Equitalia e dagli enti previdenziali al fine di tutelare tale settore attualmente in crisi;
ad assumere ogni iniziativa di competenza per favorire un rapido accesso al credito in favore degli allevamenti cunicoli

in stato di crisi, al fine di diluire le passività accumulate e ristrutturare il debito;
a richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di avviare, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990, ove non si sia già provveduto in tal senso, un'istruttoria per la valutazione degli elementi di criticità ed incertezza che avrebbero compromesso il corretto esplicarsi della concorrenza nel settore cunicolo e per accertare eventuali infrazioni al diritto comunitario in tale ambito;
se intenda assumere le opportune iniziative al fine di disapplicare le normative sulla borsa merci in contrasto con il diritto antitrust.
(7-00616)
«Di Giuseppe, Rota, Messina».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nostro Paese è ancora in attesa di sapere perché la notte del 29 giugno del 2009 l'asse del carro cisterna n. 3380-781-8210-6, in composizione al treno 50325 che trasportava GPL da Trecate a Gricignano, cedette di schianto causando 32 vittime, un numero elevato di feriti e la distruzione di un intero quartiere, lasciando una ferita profonda nella città di Viareggio;
il nostro Paese è ancora in attesa di conoscere chi e in che modo avrebbe potuto evitare quel tragico incidente e se le imprese coinvolte, tra cui Fs Spa, Trenitalia spa, Rfi spa, Fs Logistica spa, aziende di proprietà dello Stato abbiano proprie responsabilità in questa tragica vicenda;
in questi giorni torna prepotentemente alla ribalta la mancata applicazione della procedura di cabotaggio, imposta dalla disposizione RFI TCCS PR PO 02 002 dell'8 luglio del 2003, rubricata: «Procedura operativa per la messa in servizio sulla rete ferroviaria italiana di contenitori cisterna utilizzati per il trasporto di merci pericolose», la quale prevede che solo i carri costruiti in Germania e Francia e immatricolati dalle imprese ferroviarie DB e SNCF possano essere esentati dalla particolare revisione che ne accerti la conformità agli standard di sicurezza prima di entrare in servizio sulla nostra rete nazionale;
poiché il carro in questione, di proprietà della GATX Rail Austria è stato costruito in Polonia esso doveva necessariamente soggiacere agli speciali controlli da parte di CE.SI.FER., struttura deputata alla sicurezza, all'epoca dei fatti dipendente da RFI, le cui funzioni sono oggi passate all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF);
tale controllo sarebbe dovuto avvenire su richiesta dell'impresa ferroviaria che ne assicurava la trazione, cioè Trenitalia spa, prima di essere utilizzato per il cabotaggio;
Trenitalia, a quanto si sa, presentò la richiesta di ispezione (inoltrata alla CE.SI.FER qualche mese prima dell'incidente, ma solo per la cisterna, non per tutto il carro; il controllo effettuato, dunque, fu negligente non per responsabilità di quest'ultima ma per espressa richiesta di Trenitalia che escluse dai controlli la parte inferiore (carrelli, struttura, freni e organi di aggancio), mentre, secondo la procedura di cabotaggio era tenuta a farlo;
il punto 4.3 della procedura recita: «Il tecnico ispettivo (...) accertate le condizioni di manutenzione del carro, lo stato

di conservazione del serbatoio (...) certifica (...) la conformità del carro cisterna in esame»; si intende quindi tutto il carro, non solo la parte superiore, ma risulta che dalle Ferrovie giunsero indicazioni diverse;
dalle notizie e dalle immagini dell'asse sottoposto alle verifiche tecniche è risultato evidente lo stato di degrado dell'asse tanto che è visibile anche a occhi non esperti una vistosa coltre di ruggine e pochissima vernice, sintomo di ossidazione pregressa e non di danneggiamento recente;
anche il confronto tra i due assi dello stesso carrello, evidenzia le profonde differenze nello stato di manutenzione: uno regolarmente protetto da un ben visibile strato di vernice bluastra, l'altro quello spezzato, in condizioni oggettivamente degradate;
in ogni caso, si è lasciato che per 4 anni e mezzo circolasse sulla rete nazionale un carro privo di revisione e quindi di nulla osta, con un pericolosissimo asse in fase di degenerazione, che un opportuno - e dovuto - controllo avrebbe evidenziato prevenendo, con altissimo grado di certezza, tanti morti, tanto dolore e quella che passerà alla storia come la strage di Viareggio;
a fronte di tutto ciò, nella giornata del 7 giugno 2011, durante le operazioni per l'incidente probatorio sulla cisterna in questione nella stazione di Viareggio, il rappresentante del Ministero dei trasporti nella commissione d'inchiesta ministeriale, Franco Branciamore, non ha voluto sentir parlare di fatalità e ha dichiarato «Quando c'è un incidente qualcuno ha sbagliato»;
inoltre, il commissario europeo ai trasporti, Siim Kallas, ha riferito ai familiari delle vittime ricevute in audizione nei mesi scorsi, rispondendo a una specifica interpellanza dei parlamenti Uggias e Rinaldi, che non ha ricevuto alcuna informazione ufficiale dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti italiano sull'incidente e le sue cause, pertanto sarebbe impossibilitato a valutare interventi e correzioni normative in tema di trasporto di merci pericolose su ferrovia;
tra le delicate incombenze affidate al commissario straordinario, presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, riguardanti sia la ricostruzione della zona di Via Ponchielli, ormai in fase avanzata, che le elargizioni disposte dalla legge speciale per i familiari delle vittime, restano ancora aperte alcune problematiche relative al riconoscimento delle elargizioni economiche ad alcuni familiari, conviventi e non conviventi, che la legge, purtroppo, non ha ancora contemplato e che lo stesso commissario, il cui incarico scadrà il prossimo 30 giugno 2011, si è impegnato ad affrontare anche attraverso una proposta di modifica della legge stessa -:
quali iniziative normative, atti amministrativi o di indirizzo verso l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, abbia emanato in questi due anni per migliorare la sicurezza del trasporto merci pericolose su rotaia e per imporre in modo efficace e verificabile il rispetto categorico delle altre norme già vigenti;
quale documentazione e in che data sia stata inviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla Commissione europea e all'Agenzia per le ferrovie europee, ERA;
se non si ritenga di prorogare l'incarico, quale commissario straordinario, al presidente Enrico Rossi e promuovere una modifica alla cosiddetta «legge Viareggio» per consentire l'elargizione economica ai familiari che ne sono restati esclusi.
(2-01136)
«Evangelisti, Donadi, Monai».

Interrogazione a risposta in Commissione:

FRONER, NANNICINI e MARCHIONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, legge finanziaria

per il 2006, ha istituito - nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - un fondo per l'indennizzo dei risparmiatori che siano rimasti vittime di frodi finanziarie e abbiano subito un danno ingiusto con riferimento in particolare ai casi Parmalat e Cirio;
l'operatività del fondo è stata estesa, ai sensi del successivo comma 344, ai risparmiatori che hanno sofferto il predetto danno in conseguenza del default dei titoli obbligazionari della Repubblica argentina (cosidetto tango bond) ed, in seguito, ai piccoli azionisti ovvero obbligazionisti di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.a. che non hanno esercitato eventuali diritti di opzione aventi oggetto la conversione dei titoli in azioni di nuove società, ai sensi del decreto-legge del 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, nonché al finanziamento della carta-acquisti (comma 345-bis della legge finanziaria 2006), ai sensi dell'articolo 61, comma 27, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133;
il comma 345 dell'articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2006 prevede che il fondo è alimentato dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti «dormienti» all'interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario, con regolamento governativo adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze; con lo stesso regolamento sono altresì definite le modalità di rilevazione dei predetti conti e rapporti;
in attuazione di quanto disposto dal comma 345, è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116 (Regolamento di attuazione dell'articolo 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in materia di depositi dormienti), il quale dispone che nel fondo confluiscono i cosiddetti conti dormienti, vale a dire gli assegni circolari non riscossi, gli importi dovuti ai beneficiari dei contratti di assicurazione ramo vita nonché le somme spettanti ai beneficiari dei buoni fruttiferi postali, che non siano reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto, ed inoltre detta specifici adempimenti per gli intermediari sia per quanto riguarda le comunicazioni da effettuare ai titolari dei depositi dormienti sia circa le modalità da seguire per la devoluzione al fondo dei beni relativi ai predetti depositi;
nel dicembre 2007, ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, era stata predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze, con relativa pubblicazione sul sito internet del dipartimento del tesoro, una bozza di regolamento tecnico del fondo. Tale pubblicazione era altresì finalizzata all'avvio di una consultazione pubblica che si sarebbe dovuta concludere entro il 15 dicembre 2007 e che avrebbe dovuto dare luogo all'adozione del regolamento tecnico del fondo;
l'articolo 3 del citato decreto-legge n. 134 del 2008 ha introdotto i commi da 345-ter a 345-octies dell'articolo 1 della legge n. 266 del 2005 al fine di incrementare la provvista del fondo, mediante l'individuazione di ulteriori apporti di risorse finanziarie;
la disciplina del fondo è stata modificata ed integrata ulteriormente dall'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 190, che ha introdotto, nella legge finanziaria per il 2006, attraverso le previsioni della lettera e), i commi da 345-novies a 345-quinquiesdecies finalizzati a razionalizzare la disciplina della liquidità giacente all'interno del sistema bancario e finanziario sui conti e sui rapporti definiti dormienti ai sensi della normativa vigente;
in particolare il citato comma 345-quinquiesdecies ha abrogato l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, che affidava la gestione del fondo a un'apposita commissione nominata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e prevedeva l'emanazione di uno o più regolamenti

recanti la disciplina tecnica per la concreta attivazione del fondo medesimo, sopprimendo altresì la previsione del ricorso a procedure di evidenza pubblica per la liquidazione, da parte del fondo, delle somme di denaro, strumenti finanziari e titoli relativi a rapporti contrattuali che gli intermediari sono tenuti a riversare entro il 31 maggio di ogni anno;
sugli aspetti prettamente finanziari più che sulla disciplina del fondo, è intervenuto successivamente il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, che ha ulteriormente complicato il quadro d'intervento;
sono trascorsi circa cinque anni dall'istituzione del fondo volto a risarcire le vittime di frodi finanziarie, ma, ad oggi, nessun indennizzo risulta essere stato erogato mentre sono numerosi i risparmiatori e le loro associazioni rappresentative, tra cui Avvocati dei consumatori, che attendono ristoro dei danni subiti;
non appare chiaro quali siano le attuali risorse del fondo e quante ne siano state spese o distratte e destinate ad altre e differenti finalità -:
quali iniziative il Governo intenda mettere in atto al fine di dare attuazione all'indennizzo delle vittime delle frodi finanziarie;
a quanto ammontino attualmente le risorse destinate al fondo previsto dall'articolo 1, comma 343, della legge finanziaria 2006;
quali iniziative siano state adottate a seguito dell'abrogazione dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2007, n. 116, con particolare riguardo a quelle necessarie per l'adozione del decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 1, comma 345-novies, della legge n. 266 del 2005 per l'accesso al fondo da parte dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie.
(5-04998)

Interrogazioni a risposta scritta:

BIAVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel recente libro Acca Larentia, quello che non è stato mai detto, di cui sono autori gli avvocati Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, viene affermato che la pistola mitragliatrice Skorpion cz calibro 7.65 - con cui taluni esponenti dell'eversione di sinistra uccisero i giovani missini Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta (1978), il professor Ezio Tarantelli (1985), l'ex sindaco di Firenze Lando Conti (1986) e il senatore democristiano Roberto Ruffilli (1988) - sarebbe stata acquistata presso un'armeria di Saint Vincent nel 1971 da Enrico Sbriccoli, il cantante noto con il nome di Jimmy Fontana;
gli autori del suddetto libro riferiscono che, nei giorni successivi al rinvenimento della Skorpion in un covo brigatista di Milano nel 1988, il Fontana avrebbe dichiarato all'autorità giudiziaria di aver venduto l'arma a Roma, nell'anno 1977, a un non meglio specificato funzionario di polizia. Nel libro si sostiene che dell'asserita compravendita non sarebbe stata fatta alcuna dichiarazione presso gli uffici di pubblica sicurezza, nonostante le espresse disposizioni di legge all'epoca vigenti;
nell'edizione del 27 marzo 2011 del quotidiano il Riformista è stato pubblicato un articolo, a firma del giornalista Tommaso Della Longa, nel quale si sostiene che già il 28 aprile 1979, nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio dell'onorevole Aldo Moro (ucciso con una pistola mitragliatrice diversa ma dello stesso tipo di quella impiegata nei cinque omicidi dinnanzi specificati) lo Sbriccoli aveva dichiarato alla Digos di Roma di aver venduto l'arma nel 1977 al dirigente del commissariato di pubblica sicurezza del Tuscolano in Roma, dottor Antonio Cetroli. La compravendita, a dire dello Sbriccoli, sarebbe

avvenuta presso l'armeria Bonvicini in Roma, alla presenza della proprietaria del negozio;
nel suddetto articolo si riferisce altresì che il commissario Cetroli, pur confermando la frequentazione dell'armeria Bonvicini, avrebbe negato in modo categorico di conoscere lo Sbriccoli e tanto più di aver acquistato armi dallo stesso e che anche la signora Milvia Bonvicini avrebbe negato la circostanza asserita dallo Sbriccoli;
da verifiche svolte dagli odierni interroganti, presso gli archivi della commissione Moro consultabili on line, risulta che lo Sbriccoli rese effettivamente le suddette dichiarazioni alla Digos di Roma, il 28 aprile 1979. Lo Sbriccoli sostenne anche di essere stato pagato con un effetto bancario, poi regolarmente incassato, di circa lire 200.000, importo pari al prezzo di vendita complessivo della Skorpion e di una pistola Star calibro 7.63, anch'essa asseritamente alienata al dottor Cetroli. Nell'occasione lo Sbriccoli consegnò alla polizia giudiziaria un bigliettino recante l'indicazione delle due armi e i recapiti telefonici, di casa e di lavoro, del dottor Cetroli. Dai documenti presenti negli archivi della Commissione Moro risultano anche la smentita categorica del dottor Cetroli (con relazione di servizio del 18 maggio 1979) e quella della signora Bonvicini (con dichiarazioni rese dalla Digos di Roma in data 30 aprile 1979);
da tali verifiche risulta altresì che della compravendita asserita dal signor Sbriccoli non è mai stata fatta alcuna dichiarazione agli uffici di pubblica sicurezza, nonostante le espresse disposizioni di legge vigenti nel 1977;
dalle suddette verifiche risulta infine che, proprio nel giugno 1979, la Digos di Roma aveva scoperto che il noto terrorista di sinistra, Valerio Morucci, era un assiduo frequentatore della medesima armeria Bonvicini e ciò almeno dal 1975 o dal 1976;
la Skorpion in questione è stata utilizzata per compiere ben cinque omicidi di natura politica, tre del quali commessi nel periodo successivo alle audizioni del signor Sbriccoli e del dottor Cetroli dinnanzi alla polizia giudiziaria nel 1979;
le versioni fornite nel 1979 dal signor Sbriccoli e dal dottor Cetroli erano e restano tuttora incompatibili tra loro, avendo uno dei due sicuramente dichiarato il falso all'autorità giudiziaria;
nel 1979 i reati in astratto ipotizzabili per la sola ed eventuale detenzione illecita della Skorpion, a prescindere quindi anche dal possibile nesso con l'attentato di Acca Larentia (i periti nel 1979 non avevano ancora individuato nella pistola mitragliatrice in questione una delle tre armi usate nell'attentato mortale contro Bigonzetti e Ciavatta), non potevano ancora ritenersi prescritti;
sorprende che nel 1979 la presunta sparizione nel nulla di una pistola mitragliatrice, frequentemente impiegata dalle organizzazioni terroristiche nelle proprie imprese criminose, non sia stata adeguatamente presa in considerazione, e che nel 1979 non si sia proceduto ad adeguate verifiche bancarie;
i reati ipotizzabili in relazione alla vicenda della Skorpion appaiono ormai da lungo tempo prescritti -:
se il Governo, nell'ambito delle sue competenze, disponga di elementi sui fatti di cui in premessa.
(4-12465)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 22 giugno 2011 nel corso di una conferenza stampa l'amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato dottor Mauro Moretti ha presentato, alla presenza del Ministro interrogato, il nuovo piano industriale 2011-2015 che prevede investimenti per un valore pari a 27 miliardi di euro in cinque anni, di cui soltanto 2,5 si tradurranno in stanziamenti

a favore del Sud, che come gli interroganti hanno più volte denunciato con precedenti atti di sindacato ispettivo, versa in condizioni di intollerabile trascuratezza sia da parte del Governo che di Ferrovie dello Stato;
le attese di quanti si aspettavano con il suddetto piano una inversione di tendenza nei riguardi del Sud da parte del management del Gruppo Ferrovie dello Stato sono andate letteralmente deluse. Nel corso dell'incontro, infatti, sono emersi chiaramente la difficoltà di Ferrovie dello Stato ad invertire la politica di abbandono del Mezzogiorno e della Sicilia ed un atteggiamento che si è dimostrato, ad avviso degli interroganti, ancora una volta teso ad escludere il Mezzogiorno dalle strategie dell'azienda per la quale, invece, l'orizzonte geografico di quest'ultimo si fermerebbe a Salerno;
infatti, il nuovo piano industriale, che ancora una volta conferma l'impostazione e la matrice attenta esclusivamente alle esigenze del Nord, delle strategie aziendali, punta quasi totalmente sul progetto dell'alta velocità la cui tratta, com'è noto, si interrompe a Salerno;
sorprende ad avviso degli interroganti l'apprezzamento nei confronti del suddetto piano che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrebbe rappresentare la nazione intera, ha avuto modo di esprimere a margine della presentazione di un progetto industriale che esclude di fatto una parte del Paese;
nel corso della stessa conferenza stampa il Gruppo Ferrovie dello Stato ha presentato anche la propria nuova denominazione sociale e il nuovo logo fregiati dell'aggettivo «italiane» a tracciare, in occasione delle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, un significativo cambiamento nel segno dell'italianità e della forte identità nazionale in un mercato ormai sempre più europeo e internazionale, scelta che suona ancora più come beffa se si pensa che tale piano appare come una ulteriore scelta di privilegiare solo il Nord del Paese -:
se il governo non ritenga di avere una straordinaria occasione per dimostrare una concreta disponibilità verso il Sud promuovendo una revisione integrale e una totale riscrittura del piano industriale 2011-2015 di Ferrovie dello Stato.
(4-12477)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel corso della presente legislatura autorevoli esponenti del Governo hanno sempre propagandato una particolare e costante attenzione verso i problemi degli uomini e delle donne delle Forze armate. Nei fatti, tuttavia, ad avviso degli interroganti è sempre avvenuto il contrario. Solo per citare alcuni esempi è sufficiente considerare la compressione dei diritti che la Costituzione garantisce ai militari riconducibile, a giudizio degli interroganti alle disposizioni del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, che non ha saputo cogliere l'occasione di riformare in senso democratico l'ordinamento militare; l'ingiustificata mortificazione della professionalità dei cittadini in divisa avvenuta tramite il blocco degli stipendi e degli automatismi economici legati alla progressione di carriera e delle relative indennità accessorie. Alla propaganda è seguito l'uso indiscriminato dei militari, talvolta per le esigenze di immagine del Governo, come ad esempio la per raccolta di rifiuti urbani o la cosiddetta mini-naja;
in un'agenzia stampa del 3 maggio 2011, della TMNews si legge «L'Aula della Camera ha approvato con 252 voti a favore, 219 astenuti e nessun contrario il decreto che prevede la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il provvedimento, che passa all'esame del Senato, è stato duramente contestato dall'opposizione che lo ha definito "una mancia vergognosa" tanto da far perdere la

pazienza davanti all'Assemblea al sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. Sulla norma, inoltre, non sono mancati i mal di pancia all'interno del PdL: gli ex An hanno protestato contro il parere della commissione Bilancio che ha cancellato di fatto la norma, approvata dalla stessa maggioranza, che trasformava la una tantum in un aumento fisso. Protesta rientrata di fronte alla minaccia del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, di porre la fiducia sul testo. [...] La cosa più grave è che con questo provvedimento elargite 4 euro e create una situazione di disparità incredibile tra chi andrà in pensione l'anno scorso e chi andrà oggi creando un contenzioso infinito che prima o poi dovrete ripagare. Almeno abbiate la decenza di non presentare un ordine del giorno in cui invitate il governo ad assumersi impegni a favore del comparto perché non vi crede più nessuno. Non avete messo un euro l'anno scorso e ora elargite una mancia, state facendo un'autentica schifezza. Ancora più duro l'intervento del deputato radicale del Pd Maurizio Turco: "Questo decreto è la solita toppa malmessa. Riservate alle truppe un trattamento vergognoso, li avete illusi e maltrattati restringendone i diritti e tagliando gli stipendi per arrivare ad affossare la promessa di riordino delle carriere sulla quale avete fatto incetta di voti". Turco ha accusato la maggioranza di "favorire gli alti gradi creando nuovi posti di potere e comando. È accertato che i soldi che togliete all'80 per cento vanno agli alti gradi e ai generali: su questo continuate a far finta di nulla, a derubare la truppa per arricchire i generali, perché loro vi servono. Dalla Finmeccanica a Difesa servizi spa, i generali vi servono per fare affari, per fare il nero necessario dalla Libia al Kazakistan"». Quella che agli interroganti appare la «mancia di Stato» è diventata definitivamente legge con la legge 23 maggio 2011, n. 74, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, recante misure urgenti per la corresponsione di assegni una tantum al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
sempre da fonti di stampa (Ansa del 21 giugno 2011), gli interroganti hanno potuto apprendere che: «Il 40 per cento dei costi delle missioni estere riguarda le idennità dei soldati, ma non dispiace al ministro della Difesa Ignazio La Russa, poiché per certi versi "compensa" i bassi stipendi dei militari italiani». Il Ministro ha precisato che «Sono le indennità che vanno ai nostri soldati e che compensano la miseria degli stipendi degli uomini in divisa». Quest'ultima precisazione appare agli interroganti senza dubbio fuori luogo e in contrasto con la politica del Governo, e in particolare con quella attuata dallo stesso Ministro della difesa, ma evidenzia la consapevolezza dell'inadeguatezza del trattamento economico riservato ai militari, nonostante autorevoli esponenti della PdL e lo stesso Ministro della difesa si siano più volte impegnati in quelle che agli interroganti appaiono articolate e incomprensibili, quanto propagandistiche, difese d'ufficio della norma con cui lo stesso Governo ha voluto tenacemente affermare il principio della specificità delle Forze armate e delle Forze di polizia;
nella medesima nota di stampa il Ministro della difesa ha anche affermato che «È un sistema che non mi piace ma è fatto di stipendi bassi e indennità alte. Insomma i costi ci sono ma il 40 per cento compensa stipendi che fanno gridare. Quindi senza missioni il livello delle nostre Forze Armate sarebbe più basso»;
il 40 per cento dei costi delle missioni estere a cui fa riferimento il Ministro della difesa ammonterebbe, fino al 31 dicembre 2012, approssimativamente a 912 milioni di euro (qualora la previsione di spesa per ciascuno degli anni 2011 e 2012 non superi quella di euro 1.521.054.661 riferita all'anno 2010). Tale importo sarebbe quindi, secondo il Ministro della difesa, l'incremento stipendiale di cui possono beneficiare gli appartenenti alle Forze armate. Tuttavia proprio dal sito web del Ministero

della difesa è possibile apprendere che alla data del 31 maggio 2011, i militari impiegati nelle 29 missioni in 21 Paesi, che possono integrare il loro stipendio con la diaria di missione estera e le altre indennità come affermato dal Ministro della difesa, sono solo 7.165 su un totale complessivo di 288.070 unità dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei carabinieri;
sono tristemente note le vicende di «mazzette» e raccomandazioni che nel corso degli anni hanno avuto l'onore delle cronache e quindi le affermazioni del Ministro della difesa potrebbero indurre l'opinione pubblica a ritenere che i militari partecipino alle missioni internazionali solo per una mera questione economica, nonostante i vertici militari della Difesa abbiano sempre affermato come i soldati italiani siano fieri di servire il loro Paese, anche nei difficili teatri operativi all'estero, per l'alto senso del dovere che li distingue e non per le somme che percepiscono come indennità di missione;
ad avviso degli interroganti l'occasione ideale per affermare quel principio di specificità del lavoro dei cittadini in divisa tanto propagandato dal Governo è rappresentato dai provvedimenti di natura finanziaria di prossima emanazione, dove sarebbe auspicabile l'inserimento di una specifica norma che disponga l'adozione di adeguate misure economiche e retributive per tutto il personale militare che sia effettivamente impiegabile nei servizi d'istituto e nelle missioni all'estero, secondo le disposizioni di ciascuna Forza armata o Corpo armato;
l'adozione di adeguate misure nel senso auspicato dagli interroganti potrebbe contribuire in modo decisivo ad annullare i deleteri effetti economici della manovra finanziaria aggiuntiva varata con la legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha di fatto introdotto fino al 31 dicembre 2013 il blocco delle retribuzioni anche per il personale militare -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda adottare urgenti iniziative normative nel senso auspicato dagli interroganti e, in caso affermativo, in quali tempi.
(4-12484)

ALLASIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla costituzione della giunta comunale di Torino, Maurizio Braccialarghe è stato nominato assessore alla cultura, turismo e promozione della città;
lo stesso Braccialarghe attualmente ricopre l'incarico di direttore generale del centro di produzione Rai di Torino, dopo essere stato direttore generale e amministratore delegato della Sipra, la concessionaria pubblicitaria della Rai;
appare incerta la natura pubblica o privata dell'incarico ricoperto attualmente per conto della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, essendo la Rai una società controllata al 100 per cento dallo Stato e finanziata anche da contributi pubblici riscossi attraverso il canone e, conseguentemente, appare incerta la natura pubblica o privata del suo stipendio da direttore del centro Rai;
quand'anche la natura dell'incarico in Rai fosse di natura privatistica e quindi lo stipendio pubblico percepito da assessore non fosse incompatibile con lo stipendio privato da direttore Rai, a parere dell'interrogante si potrebbero comunque riscontrare dei conflitti di interesse laddove il direttore generale del centro di produzione Rai della città di Torino si trovasse ad inseguire delle priorità non coincidenti con le priorità dell'amministrazione comunale;
a febbraio 2011, il direttore Braccialarghe, nel corso dell'incontro «Rai e Torino: un destino comune», ha tracciato un piano editoriale di rilancio, auspicando interventi per valorizzare l'orchestra sinfonica nazionale della Rai per dare vita ad una web tv di musica classica, in congiunzione

con le altre risorse musicali del territorio. Le scelte effettuate da assessore alla cultura potrebbero essere condizionate dalla volontà di migliorare ed esaltare il centro di Torino e l'azienda pubblica, e questo potrebbe portare a delle scelte non necessariamente negative, ma comunque parziali e condizionate da fattori esterni;
Braccialarghe, in veste di direttore del centro produzione Rai Torino, ha partecipato in passato ad incontri presso le commissioni del consiglio comunale per sostenere le linee dell'azienda paventando possibili sviluppi e riscontri per la città e, da oggi, di fatto, può essere convocato come direttore dalla stessa amministrazione in cui è assessore -:
se non si ritenga necessario assumere iniziative normative volte ad evitare che gli amministratori locali possano essere titolari di incarichi come quello di cui in premessa, ad avviso dell'interrogante incompatibile e condizionante, anche eventualmente prevedendo il divieto di cumulo delle indennità percepite.
(4-12493)

GIORGIO MERLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha avviato un procedimento per il «completamento della revisione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale DVB-T;
lo schema di piano sottoposto a consultazione da parte dell'Agcom si basa su criteri in parte diversi da quelli in precedenza adottati dalla stessa Agcom, con buoni risultati, per definire la pianificazione delle sei aree tecniche già completamente digitalizzate (Sardegna, Valle d'Aosta, Piemonte Occidentale corrispondente alle province di Torino e di Cuneo, Trentino Alto Adige, Lazio esclusa la provincia di Viterbo e Campania), tanto è vero che in tali aree tutte le tv nazionali e locali esistenti hanno potuto convertire le proprie reti in tecnologia digitale realizzando peraltro un dividendo di frequenze da assegnare a nuovi entranti;
i nuovi ipotizzati criteri di pianificazione contrastano con i princìpi in precedenza espressi dall'Agcom (in particolare con la delibera n. 181/09/CONS) in quanto prevedono la realizzazione di numerose reti K-SFN (cioè composte da più frequenze) in luogo di reti SFN (composte con una sola frequenza) e non garantiscono alle tv locali almeno un terzo delle risorse sotto il profilo tecnico-qualitativo, destinando alle stesse tv locali solo frequenze non previste dal piano di Ginevra 2006 (GE2006) e quindi non utilizzabili nelle aree italiane di confine;
il Ministro dello sviluppo economico ha d'altra parte avviato una serie di tavoli regionali con le emittenti, ad avviso dell'interrogante, senza trasparenza sui criteri seguiti per l'assegnazione delle frequenze;
la citata delibera n. 181/09/CONS è stata peraltro recepita dall'articolo 45 della legge 7 luglio 2009, n. 88, che ha modificato l'articolo 8-novies, comma 4, del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sicché l'eventuale modifica dei criteri di pianificazione ivi espressi dovrebbe ora avvenire ad avviso dell'interrogante con legge e non attraverso un provvedimento amministrativo dell'Agcom o del Ministro;
qualora i nuovi criteri di pianificazione venissero effettivamente approvati verrebbero drasticamente ridotti gli spazi frequenziali delle tv locali e ciò comporterebbe la chiusura di moltissime imprese operanti da oltre trentacinque anni, con grave danno per il pluralismo del settore televisivo, per l'informazione sul territorio e per l'occupazione lavorativa nel comparto;
inoltre, il contenzioso giudiziale generato da tale situazione causerebbe inevitabili ritardi al processo di digitalizzazione televisiva;

il processo di transizione al digitale, anche sotto il profilo della pianificazione, si caratterizza per una forte dominanza delle emittenti nazionali sull'uso delle frequenze, circostanza che appare all'interrogante gravemente lesiva del pluralismo -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito;
quali e di che qualità siano le frequenze poste a gara per l'ingresso di nuovi soggetti nel digitale terrestre, così come previsto dalla delibera 181/09/Cons e dalle indicazioni dell'Unione europea;
per quale ragione l'Italia sia l'unico Paese europeo a non prevedere un dividendo di spettro nella transizione al digitale per assegnare frequenze ai servizi wireless mediante un'asta, così come sta avvenendo con successo negli altri paesi e recentemente in Germania.
(4-12494)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 13 aprile 2011 il procuratore generale del Cairo Abdel Meguid Mahmoud ha disposto a carico dell'ex presidente Mohamed Hosni Mubarak e dei suoi due figli Alaa e Gamal, un'ordinanza di custodia cautelare della durata di 15 giorni per indagare sulle accuse di corruzione e abuso d'ufficio, e questo provvedimento è stato successivamente reiterato senza che fossero garantite le condizioni minime di trasparenza e certezza del diritto;
analogo provvedimento è stato adottato, con le medesime inspiegabili procedure, a carico di diversi ex Ministri ed esponenti della vecchia classe dirigente accusati di aver commesso crimini di varia natura, nonché, il 13 maggio a carico della ex first lady Suzanne Thabet, accusata di corruzione e abuso d'ufficio e poi rilasciata su cauzione il 17 maggio, dopo aver ceduto alcune delle sue proprietà allo Stato;
a seguito della notifica dell'ordinanza di custodia la signora Thabet è stata ricoverata all'ospedale internazionale di Sharm El-Sheikh per un crollo nervoso e nel corso della sua degenza esami clinici avevano evidenziato ulteriori problematiche al cuore che rendevano sconsigliabile il suo trasferimento all'interno di una struttura carceraria;
secondo quanto riportato in data 25 maggio dal quotidiano Al-Wafd, il medico che aveva in cura la signora Thabet, dottor Maher, avrebbe rifiutato di modificare il referto clinico della signora in modo che risultasse un parere favorevole circa il suo trasferimento in carcere, così come richiesto dal direttore dell'ospedale, dottor Mohamed Fathlallah;
a seguito di questi fatti, stando a fonti di stampa, non risultano aperti procedimenti a carico del dottor Fathlallah;
nello stesso mese di aprile 2011 la magistratura ha aperto un'ulteriore indagine a carico dell'ex presidente egiziano, accusato di aver ordinato, durante i giorni delle proteste (25 gennaio-11 febbraio), l'uccisione dei manifestanti da parte di un corpo di agenti di pubblica sicurezza che risponde agli ordini del Ministro degli interni;
i mezzi d'informazione egiziani non hanno riferito di alcuna prova riscontrata dagli inquirenti che dimostrasse il suo coinvolgimento negli episodi di violenza, mentre il 19 aprile 2011, il quotidiano egiziano Al-Masry Al-Youm dava conto, facendo riferimento a fonti interne alla magistratura, della testimonianza resa al procuratore generale dall'ex vicepresidente Omar Suleiman, a capo dei servizi segreti nel periodo in questione, secondo il quale

l'ex presidente aveva dato al Ministro degli interni indicazioni inequivocabili di non usare la violenza nei confronti dei manifestanti;
quanto al coinvolgimento di Alaa e Gamal Mubarak nell'omicidio dei manifestanti, la stampa non ha mai riferito dell'apertura di un'indagine a loro carico;
in data 1o giugno 2011 improvvisamente l'agenzia di stampa MENA dà notizia della decisione degli inquirenti di rinviare a giudizio Hosni, Alaa e Gamal Mubarak, con l'accusa di corruzione, peculato e omicidio, della data fissata per la prima udienza del processo, che si terrà il prossimo 3 agosto 2011, e della probabilità, già ventilata dal Ministro della giustizia, che gli imputati, se riconosciuti colpevoli dell'uccisione dei manifestanti, vengano condannati a morte;
stando a quanto si è potuto apprendere dai media, ogni passo compiuto dai magistrati verso l'incriminazione dell'ex presidente, della sua famiglia e di altri esponenti del passato regime, è avvenuto subito dopo una manifestazione di piazza che sollecitava la magistratura ad accelerare i tempi, dando così l'impressione che la giustizia seguisse le pressioni della piazza; stando alle notizie di cronaca riferite dalla stampa egiziana, gli arresti e le detenzioni arbitrarie, la tenuta di processi «lampo» davanti alle corti militari, il divieto imposto ai giornalisti di esprimere opinioni critiche nei confronti dell'esercito, e altre violazioni dei diritti fondamentali della persona, sono all'ordine del giorno;
il Governo egiziano ad interim ha annunciato, come si può leggere da un lancio AFP del 19 maggio 2011, l'intenzione di ratificare lo statuto di Roma, manifestando quindi la volontà di invertire la tendenza del corso che la giustizia ha seguito in Egitto nei 30 anni passati -:
quali siano le informazioni in possesso del Ministro interrogato circa le vicende giudiziarie che coinvolgono la famiglia Mubarak e gli altri esponenti del vecchio regime attualmente in stato di custodia cautelare o rinviati a giudizio;
se e quali iniziative il Governo italiano intenda adottare nei confronti della Repubblica Araba d'Egitto affinché agli imputati e agli indagati siano garantiti i diritti basilari afferenti alla persona, ivi incluso il diritto alla difesa, e un processo equo e trasparente, in linea con gli standard internazionali e che escluda la condanna a morte, come ormai da anni chiede l'assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione sulla pena di morte per l'approvazione della quale il Governo italiano ha svolto un ruolo fondamentale.
(3-01713)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 2006, ci sono stati più di 200 attacchi a chiese in Indonesia, ma il presidente viene considerato piuttosto reticente nel difendere la minoranza cristiana del Paese;
l'organizzazione caritativa internazionale aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), riporta le parole di Theophilus Bela, presidente del forum comunitario Jakarta Christian, che sottolinea che nei primi cinque mesi di quest'anno si sono verificati 14 attacchi a chiese, e in tutto il 2010 ne sono stati registrati 46 e incolpa l'amministrazione del presidente Susilo Bambang Yudhoyono di non fare abbastanza per affrontare la violenza islamista anticristiana;
da quando è giunto alla Presidenza del Paese nel 2004 ci sono stati 286 attacchi a chiese, più che in qualsiasi altro periodo (ad eccezione della sollevazione politica nel Paese alla fine degli anni Novanta del XX secolo), rendendo i 28,5 milioni di cristiani il gruppo religioso più perseguitato del Paese;

in Indonesia solo il 3 per cento della popolazione è cattolico e circa il 6 per cento è protestante. La maggioranza, l'86 per cento, è di religione musulmana;
in data 12 gennaio la Camera dei deputati ha approvato la risoluzione Mazzocchi e altri che impegna il Governo:lla tutela dei della libertà religiosa e in particolare delle minoranze cristiane -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati;
se non intenda chiedere chiarimenti al Governo indonesiano;
come intenda procedere sul piano internazionale in difesa della minoranza religiosa cattolica in Indonesia così come da impegno assunto con la mozione citata in premessa.
(5-04989)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che i carabinieri del Comando per la tutela dell'ambiente per quaranta giorni hanno monitorato l'attività dell'Ilva di Taranto redigendo un corposo rapporto spedito all'attenzione della procura di Taranto nell'ambito dell'inchiesta sulle emissioni nocive dai camini dello stabilimento siderurgico sulla cui base hanno sollecitato il sequestro degli impianti dell'Ilva di Taranto;
il rapporto si inquadra nell'indagine avviata per individuare le fonti dell'inquinamento da diossine, pcb e benzoapirene registrato a Taranto e provincia, indagine nelle quali si inserisce anche un approfondimento epidemiologico disposto dalla magistratura per stabilire entro sei mesi (la prima udienza è stata fissata per il 17 febbraio) gli eventuali effetti delle emissioni sulla popolazione residente e sugli operai;
nell'inchiesta risultano indagati Emilio Riva, patron delle acciaierie, suo figlio Nicola, e i dirigenti Luigi Capogrosso e Ivan Di Maggio. A loro carico sono ipotizzati i reati di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato e getto di cose pericolose;
in questa fase si sono costituiti in giudizio il comune e la provincia di Taranto;
come già portato all'attenzione del Ministro interrogato con l'interrogazione 5-04823 presentata dai firmatari del presente atto in base ai dati dell'Arpa Puglia sulle immissioni di benzo(a)pirene nel quartiere Tamburi relativamente ai primi tre mesi del 2011 è risultato che si è superato in media del 93 per cento il valore che la precedente normativa aveva posto come limite (obiettivo di qualità) per il benzo(a)pirene. Il precedente limite di 1 nanogrammo a metro cubo è stato superato nel corso dei primi tre mesi dell'anno, avendo l'ARPA rilevato: 1,55 ng/m3 a gennaio 2011; 2.82 ng/m3 a febbraio 2011; 1,43 ng/m3 a marzo 2011;
il 5 luglio è la data fissata per la conferenza di servizi per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, in vista della quale risulterebbe che l'Ilva abbia chiesto e ottenuto, però, che la commissione Integrated Pollution and control del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, preposta al rilascio del parere, si riunisca in composizione ristretta alla vigilia del vertice, previsto per il cinque luglio, per valutare centinaia e centinaia di osservazioni che il gruppo Riva propone in chiave dell'autorizzazione integrata ambientale;
il parere della commissione Ippc risulta però già emesso essendo disponibile

anche su internet come si può riscontrare ad esempio sul sito http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/34240.html -:
quali iniziative di competenza si intendano adottare per il pieno rispetto delle procedure legate all'autorizzazione integrata ambientale e per quali ragioni sia stata indetta, alla vigilia della conferenza di servizi una riunione ad hoc della commissione Ippc per valutare osservazioni del gruppo Riva a parere già adottato;
se le associazioni ambientaliste ed i comitati siano ammessi alla conferenza di servizi del 5 luglio;
di quali dati disponga il Governo in merito alle emissioni di diossine, pcb e benzoapirene registrato a Taranto e provincia nel 2011;
se risulti al Governo che i dati delle misurazioni delle diossine forniti da Arpa Puglia superino in media i limiti di 0,4 ng/m3 previsto dalla normativa regionale pugliese;
se in presenza di tale sforamento possa essere concessa l'autorizzazione integrata ambientale;
se l'impianto di agglomerazione possa continuare a essere tenuto in esercizio in presenza di costanti superamenti del limite sopra citato;
se il Governo intenda costituirsi nel giudizio che riguarda i vertici della cokeria di Taranto.
(4-12479)

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 25 settembre 2001 ENEL Produzione ha presentato un progetto di riattivazione della centrale termoelettrica del Mercure, sita nel territorio del comune di Laino Borgo (Cosenza), un impianto costruito a metà degli anni'60 ed ormai completamente inattivo da oltre 12 anni;
il progetto presentato da ENEL prevede la conversione a biomasse della centrale di che trattasi, la cui ubicazione è all'interno di un'area doppiamente protetta a livello nazionale e comunitario (parco nazionale del Pollino e zona di protezione speciale - ZPS - Pollino e Orsomarso - IT 9310903);
la potenza elettrica lorda della centrale è di 41 Mwe, quella netta in 35 Mwe, che ne farebbe una delle centrali del genere più grandi d'Italia e d'Europa;
conseguentemente, la biomassa necessaria ad alimentare una centrale tali dimensioni risulta essere nell'ordine delle 400-5000.000 tonnellate anno, da trasportare, per impervie strade di montagna - già ora insufficienti per il normale traffico veicolare -, con circa 150 grossi Tir che quotidianamente dovrebbero transitare su tale rete viaria, sempre all'interno dell'area protetta;
tale enorme quantitativo di biomassa, certamente non reperibile in loco, verrebbe approvvigionata sull'intero territorio dell'Unione europea - per come la stessa ENEL è stata costretta ad ammettere -, con ulteriori rischi di introduzione di specie animali e vegetali alloctone rispetto alla biodiversità dell'ambiente protetto del parco del Pollino;
uno studio del professor Paolo Rabitti e del dottor Felice Casson, segnala, tra l'altro, la presenza, proprio nel bacino del Mercure, di specie protette, quali la lontra (oggetto, recentemente, anche di un progetto di tutela del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interessante le regioni meridionali, sottoscritto anche dal parco nazionale del Pollino), che avrebbero, dall'avvio della centrale, danni irrimediabili;
i rischi non riguardano, inoltre, soltanto l'ambiente e le specie protette - animali e vegetali - presenti nell'area; l'attivazione della centrale determinerebbe inaccettabili rischi anche per la salute delle popolazioni residenti, legate alle emissioni aeree di inquinanti e al loro

persistere all'interno della valle del Mercure, dotata di scarsissima ventilazione, nonché nocumento alle attività economiche esistenti sul territorio e, infine, ma non certo da ultimo, allo sviluppo occupazionale dell'intera area, calabrese e lucana, interessata;
al progetto di che trattasi, inoltre, si oppongono con grande forza e determinazione l'intera popolazione della valle, nonché le amministrazioni delle comunità maggiormente a rischio per l'eventuale attivazione della centrale e l'Ente parco nazionale del Pollino, oltre a varie istituzioni, tra cui la regione Basilicata e la provincia di Potenza, rappresentanti politici e amministratori di ogni estrazione, associazioni e comitati locali e nazionali;
con decreto n. 13109 del 13 settembre 2010 la regione Calabria - dipartimento n. 5/attività produttive - settore politiche energetiche ha incredibilmente autorizzato la riattivazione della sezione 2 della centrale termoelettrica del Mercure, con l'utilizzo di atti nulli (prodotti in sede di conferenza di servizi alla provincia di Cosenza, prima che la stessa fosse dichiarata incompetente) e senza attivare le procedure previste dalla vigente normativa (conferenza di servizi), senza coinvolgere istituzioni, quali la regione Basilicata, aventi titolo, diritto e obbligo a partecipare al procedimento autorizzativo, e, soprattutto, senza acquisire il definitivo parere dell'Ente parco nazionale del Pollino, ente gestore del territorio su cui sorge la centrale;
avverso tale improvvido provvedimento hanno avanzato autonomi ricorsi presso il TAR di Catanzaro la regione Basilicata, l'Ente parco nazionale del Pollino, i comuni di Rotonda (Potenza) e Viggianello (Potenza), nonché l'associazione ambientalista WWF;
l'associazione Italia Nostra ha presentato un ulteriore ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il citato provvedimento autorizzativo;
è altresì in corso, presso l'Unione europea, specifico procedimento conoscitivo, essendo la vicenda di evidente interesse comunitario, e prospettandosi, per l'Italia, un possibile procedimento di infrazione;
tali numerose e qualificate iniziative, assieme alle proteste popolari, immediatamente riaccesesi dopo il provvedimento autorizzativo, testimoniano della delicatezza della vicenda e della unanime opposizione, popolare e istituzionale ad uno sciagurato progetto che, se portato a compimento, danneggerebbe irreparabilmente i diritti e gli interessi delle popolazioni della valle del Mercure, oltre a devastare un'area protetta tra le più belle d'Italia;
all'inizio del mese di maggio 2011, veniva approvato dalla comunità del parco del Pollino, dopo l'adozione, avvenuta il 29 aprile 2011, da parte del comitato direttivo dello stesso Ente, il primo piano del parco, in cui, in uno specifico paragrafo, si sottolinea l'incompatibilità della centrale del Mercure con l'area protetta del parco del Pollino;
all'approvazione hanno concorso, in aggiunta ai sindaci dei comuni i cui territori ricadono all'interno del parco del Pollino, anche i rappresentanti della regione Basilicata, delle province di Potenza e Cosenza e, infine, ma non da ultimo, il rappresentante della regione Calabria, funzionario, tra l'altro, del dipartimento regionale all'ambiente, che ben conosce le problematiche relative alla centrale dell'ENEL;
dunque si è venuta a creare una evidente e grave discrasia tra l'autorizzazione concessa dal dipartimento alle attività produttive della regione Calabria - e cosi vivacemente contestata, anche per le vie legali, da enti e popolazione - e la esplicita opposizione della stessa regione Calabria, alla centrale del Mercure, in seguito alla approvazione del piano del parco del Pollino, ratificata anche dal rappresentante ufficiale della regione Calabria -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per contribuire a sanare

la paradossale situazione venutasi a creare riguardante la centrale ENEL della Valle del Mercure, di cui appare manifesta l'incompatibilità con il quadro ambientale e la vocazione economica dell'area in cui è ubicata, stante l'area di che trattasi ricompresa nel perimetro del parco nazionale del Pollino e classificata in sede europea quale important bird areas (IBA), in immediata adiacenza di aree ulteriormente protette dallo stesso diritto comunitario, ZPS (zona di protezione sociale - Pollino/Orsomarso) e SIC (sito di interesse comunitario);
quali ulteriori iniziative di competenza si intendano adottare per bloccare la riattivazione della sezione 2 della predetta centrale, ciò anche in considerazione del fatto che il decreto di autorizzazione è stato emanato in assenza di parere favorevole da parte del parco nazionale del Pollino, al quale, in base, alla legge quadro sui parchi, la n. 394 del 1992, è riconosciuta competenza specifica nel procedimento autorizzatorio e, non da ultimo, sulla base di atti precedentemente annullati dal TAR.
(4-12480)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il campionamento del maggio 2011 relativamente al monitoraggio ambientale del melfese dei pozzi piezometri del termovalorizzatore Fenice evidenzia una serie di sforamenti dei valori limite fissati dal decreto legislativo n. 152 del 2006 dei seguenti metalli:
a) arsenico, per il quale il pozzo 4 registra un valore di 18 rispetto ad un limite di legge di 10;
b) nikel, per il quale si registrano: per il pozzo 2, un valore di 33, per il pozzo 3 un valore di 34, per il pozzo 5 un valore di 172, per il pozzo 6 un valore di 183, per il pozzo 7 un valore di 43, per il pozzo 8 un valore di 393 e per il pozzo 9 un valore di 93 rispetto ad un limite di legge di 20;
c) manganese, per il quale si registrano: per il pozzo 2, un valore di 955, per il pozzo 4 un valore di 610, per il pozzo 5 un valore di 955, per il pozzo 6 un valore di 1250, per il pozzo 8 un valore di 394 rispetto ad un limite di legge di 50;
quanto agli alifatici clorurati cancerogeni, si è verificato uno sforamento del tricloroetilene, registrandosi per il pozzo 1 un valore di 3,8, per il pozzo 3 un valore di 3,1 per il pozzo 104 un valore di 2,7 rispetto ad un limite di legge di 1,5;
quanto agli alfatici clorurati non cancerogeni, per la sostanza 1,2 dicloropropano, si è verificato uno sforamento nel pozzo 1 con 0,22, nel pozzo 8 con 0,30, nel pozzo 9, con 0,36, nel pozzo 104 con 0,18 rispetto al limite di legge di 0,15 e, per quanto riguarda la sostanza 1,2,3 tricloropropano con 0,004 nel pozzo 3 rispetto ad un limite di legge di 0,001 -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero e quali iniziative si intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente ed, in particolare, se non si ritenga di promuovere una ispezione del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente presso l'inceneritore Fenice.
(4-12490)

TESTO AGGIORNATO AL 30 GIUGNO 2011

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE BIASI, GHIZZONI e LEVI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa (Corriere della sera, edizione di Milano, 18 giugno 2011) riferiscono che il direttore generale del Ministero per i beni e le attività culturali, dottor Mario Resca, nominato nel 2010 commissario straordinario di Brera, si dichiara

«molto preoccupato» per la mancanza di fondi da destinare alla realizzazione del progetto della Grande Brera «in cima alle priorità del Ministero», aggiungendo che il progetto «non può essere affossato»;
per scongiurare tale eventualità, il direttore generale dichiara, inoltre, che «le istituzioni devono passare dalle parole ai fatti», in quanto a servono dai 20 ai 30 milioni di euro entro luglio solo per far partire i cantieri;
il progettista della Grande Brera, l'architetto Mario Bellini, sostiene che «servono risorse entro l'anno»;
in data 13 gennaio 2010 con l'atto Camera 5-02327 le firmatarie di tale interrogazione avevano posto il tema della reale consistenza degli oneri che comportavano l'istituzione del commissario sia con riferimento ai suoi compensi e a quelli di eventuali consulenze sia per quanto concerneva gli interventi da realizzare in coerenza con il progetto complessivo che si è ritenuto di voler assegnare alla sede milanese ottenendo in data 18 febbraio 2010 la risposta del Ministro in carica che parlava di un compenso per le attività del commissario pari al 20 per cento dello 0,5 per cento dei lavori posti in gara e, per la realizzazione del progetto Grande Brera, calcolava le risorse necessarie pari a 50 milioni di euro;
le interroganti si dichiaravano insoddisfatte e chiedevano che la Commissione cultura, scienza e istruzione svolgesse un'audizione del dottor Resca al fine di fornire ai deputati una relazione dettagliata del progetto Grande Brera, molto delicato in quanto non concerneva solo le celebrazioni per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia ma interessava la Pinacoteca e il trasferimento della stessa Accademia -:
se non intenda alla luce di tali notizie e tenuto conto dell'urgenza di conoscere ufficialmente innanzitutto il progetto Grande Brera, le effettive disponibilità del Ministero, i costi da sostenere, i tempi e l'entità delle risorse che possono essere messe in campo, illustrare con la massima urgenza e completezza il reale stato delle cose, posto che Grande Brera interessa la città di Milano ma per il valore immenso del suo patrimonio è di indubbia rilevanza nazionale.
(5-05007)

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DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

RAISI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 13 giugno 2011 si è tenuta a Bruxelles la riunione dei vertici della difesa della Nato, a cui il Ministro interrogato è arrivato con abbondante ritardo per evitare, come egli stesso ha dichiarato, di partecipare alla discussione relativa alla missione in Libia;
il vertice ha affrontato anche il tema della riduzione dei centri Nato in Europa e, in questo quadro, ha deliberato il trasferimento del Caoc (Combinated air operation centre) di Poggio Renatico presso la base spagnola di Torrejon e il conseguente spostamento presso la base italiana del Daccc (Deployable air command control center) inizialmente proposto alla Spagna;
la conseguenza di questo scambio - di fatto imposto, secondo le ricostruzioni giornalistiche, dal Ministro della difesa spagnolo Carmen Chacón - è che la sicurezza della spazio aereo italiano sarà affidato alle forze militari spagnole, mentre l'Italia dovrebbe ospitare un sistema di controllo aereo mobile, in via di costituzione e, per ammissione dello stesso Ministro interrogato, non operativo prima dei prossimi due o tre anni;
il sacrificio di una base radar responsabile della difesa dello spazio aereo che comprende Italia, Ungheria, Croazia, Slovenia e Albania a vantaggio di una struttura militare oggi ferma alla fase progettuale

è stata presentata dal Ministro interrogato come prova della responsabile lungimiranza dell'Esecutivo;
nel rispondere alle critiche e alle obiezioni, il Ministro interrogato ha spiegato che la scelta del Governo ha consentito di rimodulare (sulla carta) da 185 a 280 unità di personale la dotazione della nuova struttura, senza considerare la rilevanza - anche in termini occupazionali - per il sistema economico locale dei servizi e delle forniture legate, fino ad oggi, al Caoc (Combinated air operation centre) di Poggio Renatico -:
se non ritenga che l'accordo seguito a quella che ha definito «l'impuntatura della Spagna» - cioè di un Paese che impegna nelle missioni militari all'estero circa un terzo dei militari impiegati dall'Italia - non sminuisca il ruolo politico e strategico dell'Italia e non comporti una perdita secca per il prestigio del nostro Paese.
(3-01721)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 40, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevede che il padre lavoratore dipendente possa fruire dei riposi giornalieri «nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente»;
in attuazione della citata disposizione, il Ministero della difesa - direzione generale per il personale militare con fg. prot. n. M-D GMIL II 6 1 0227643 del 29 aprile 2010 ritiene «l'inopportunità, allo stato degli atti, di concedere al militare padre di prole entro il primo anno di vita il beneficio delle due ore di riposo giornaliero, di cui agli articoli 39 e 40 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nel caso in cui la madre sia casalinga» ovvero ritiene che per madre lavoratrice non dipendente si intenda la madre lavoratrice autonoma e non anche la madre casalinga;
a seguito del ricorso n. 9620/2003, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha emanato la sentenza n. 4293/2008, ove ha dedotto, in via estensiva, che la ratio della norma in esame, «volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio», induca a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso in cui la madre casalinga, considerata alla stregua della «lavoratrice non dipendente», possa essere tuttavia «impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato» -:
se il Ministro interrogato ritenga di intervenire presso la direzione generale del personale militare per rendere effettiva l'applicazione del principio giurisprudenziale affermato dal Consiglio di Stato in modo da riconoscere al padre lavoratore dipendente il diritto a fruire dei riposi giornalieri, anche in casi di oggettiva impossibilità da parte della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in altre attività (ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche ed altre simili).
(4-12470)

CONTENTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
ha suscitato scalpore la notizia, riportata con particolare evidenza dalla stampa, secondo cui i militari di stanza alla caserma «Baldassarre» di Maniago (Pordenone) e attualmente impegnati in missione in Afghanistan non avrebbero ancora ricevuto i propri effetti personali;
pare che il materiale sia bloccato da settimane in Ucraina per non meglio precisati problemi burocratici e, anzi, che i container in cui è stipato il vestiario dei singoli volontari verranno presto rispediti in Italia;
il 132 reggimento di artiglieria della Brigata «Ariete» si trova in Afghanistan

dal mese di marzo 2011 e ciò rende facilmente immaginabili i disagi a cui sono sottoposti i militari, costretti a rifornirsi in loco persino della biancheria intima -:
se la notizia di cui in premessa corrisponda al vero e, in caso di risposta affermativa, quali siano le ragioni tecniche che hanno portato ad un simile inconveniente;
quali iniziative intenda intraprendere al più presto per risolvere l'incresciosa situazione venutasi a creare, evitando il ripetersi di disguidi di tal genere a carico dei volontari in missione all'estero.
(4-12485)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un articolo dal titolo «Nessuna riduzione per la base radar - Poggio Renatico, il generale Ottone spiega la situazione "Non ci sarà alcun impatto negativo sul territorio"», pubblicato sul quotidiano La Nuova Ferrara, del 25 giugno 2011, si legge che il generale Mario Renzo Ottone, comandante Coa (Comando operazioni aeree), rispondendo alla domanda formulata dal giornalista nel corso di una conferenza stampa «Di conseguenza saranno quindi gli spagnoli a garantire, in futuro, il controllo e la sicurezza dello spazio aereo italiano?», ha risposto: «Più esatto e corretto dire che da un sito spagnolo, con personale Nato che comprenderà una quota di italiani, verrà garantita la sicurezza dei cieli della nostra Nazione» -:
quali immediate iniziative si intendano adottare per acquisire nuovamente l'effettivo, diretto e pieno controllo dello spazio aereo italiano.
(4-12486)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52, di recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007, dispone che «Le ore eccedenti l'orario di lavoro settimanale vanno retribuite con il compenso per lavoro straordinario entro i limiti massimi previsti dalle disposizioni vigenti. Le eventuali ore che non possono essere retribuite, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, devono essere recuperate mediante riposo compensativo entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui sono state effettuate, tenuto conto della richiesta del personale, da formularsi entro il termine che sarà stabilito da ciascuna Amministrazione con apposita circolare, e fatte salve le improrogabili esigenze di servizio. Decorso il predetto termine del 31 dicembre le ore non recuperate sono comunque retribuite nell'ambito delle risorse disponibili, limitatamente alla quota spettante a ciascuna Amministrazione, a condizione che la pertinente richiesta di riposo compensativo non sia stata accolta per esigenze di servizio»;
al punto 2, lettera H) del radio messaggio 03104/N/C-8CDIVCM del 17 maggio 2011, il Comando in capo navale (CINCNAV) ha disposto che «[...] eventuali eccedenze derivanti da extra-lavoro disposte in assenza di copertura finanziaria avrebbero dovuto comportare la contestuale disposizione di recupero al fine di garantire il saldo zero a fine quadrimestre. Constatato che nella quasi totalità dei casi le situazioni riepilogative mensili pervenute hanno dato evidenza di saldi positivi (straordinario disposto in eccedenza ai fondi ricevuti e non recuperato), disponesi il trasferimento delle ore eccedenti (i fondi per extra-lavoro relativi al 1o quadrimestre)

nella colonna del recupero compensativo (provvedendo manualmente in ambito GESTIPWEB alla compensazione tra colonne). Tali recuperi dovranno essere fruiti il prima possibile e comunque con priorità rispetto ad altri»;
agli interroganti risulta che, per effetto della disposizione del radio messaggio dell'Alto Comando, il personale sarebbe inviato in recupero compensativo d'autorità di fatto senza tener conto delle richieste del dipendente ma solo delle esigenze di servizio e di bilancio, di fatto in antitesi con l'accordo contrattuale citato -:
quali immediate iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché lo stato maggiore della Marina militare impartisca alle articolazioni di forza armata poste alle sue dipendenze le disposizioni atte a garantire che la norma citata del provvedimento di concertazione sia recepita e attuata integralmente.
(4-12487)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
la relazione annuale al Parlamento del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha messo in evidenza come l'Italia abbia di fatto abbandonato le politiche di liberalizzazione;
tra i settori meno liberalizzati rientra quello delle ferrovie: ad oggi, infatti, gli italiani possono servirsi solo dei treni pubblici. Ma, come emerge da un'indagine di un'associazione di consumatori effettuata tra dicembre e gennaio, il servizio ferroviario garantito dallo Stato non è soddisfacente: «Il 57 per cento dei 510 treni a lunga percorrenza monitorati è arrivato in ritardo: il 14 per cento dopo un quarto d'ora e il 7 per cento addirittura dopo mezz'ora». In particolare, soprattutto dal Nord al Sud il numero (65 per cento) e la consistenza dei ritardi è maggiore, ma neanche verso Nord, con il 48 per cento dei ritardi, si può parlare di servizio efficiente. A rimetterci, sono anche i pendolari: in sei grandi città, il 65 per cento dei treni ha fatto ritardo;
sebbene non sia garantito un servizio affidabile, le tariffe sono però in continuo aumento, come previsto dalla manovra finanziaria dello scorso novembre, e lo stesso vale per i sussidi pubblici, a fronte di un'offerta in calo: in Veneto si registrano incrementi del 2 per cento per gli abbonamenti e del 15 per cento per i biglietti di corsa semplice, mentre in Lombardia le tariffe sono cresciute del 10 per cento da febbraio;
l'unico passo verso una maggiore concorrenza è rappresentato dall'ingresso nel mercato di Arenaways, che sarebbe stato però immediatamente ostacolato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla regione Piemonte che le ha impedito di effettuare fermate intermedie sulla linea Torino-Milano, rendendola inevitabilmente poco competitiva rispetto all'incumbent. Uno scontro simile, che si sta consumando in Liguria, riguarda la linea Torino-Cinque Terre-Livorno, con fermate intermedie a Genova e a La Spezia. È da vedere come finirà. L'unica buona notizia è che per ora la regione difende i diritti del gruppo alessandrino;
un contesto veramente competitivo, invece, potrebbe garantire molteplici vantaggi, in quanto i cittadini potrebbero scegliere il gestore che preferiscono. Quest'ultimo, per attirare più utenti, sarà incentivato a migliorare il servizio offerto e ridurre i prezzi. Verrà quindi garantita una maggiore soddisfazione dei cittadini, inducendo più persone a spostarsi in treno e, magari, riducendo anche il trasporto di merci su gomma, con una possibile riduzione dell'impatto ambientale;

un altro settore in cui la liberalizzazione è ostacolata è quello dei rifiuti su cui si continua a non intervenire, lasciando il settore nel disordine totale (non solo a Napoli), sebbene esso causi evidenti disagi sociali e, avvicinandosi sempre più il caldo estivo, anche sanitari;
le palesi inefficienze di molti monopoli pubblici sono quindi fonte di spesa inefficiente, che deve essere finanziata ricorrendo alla tassazione o al debito, entrambe misure insostenibili in questa fase di sostanziale stagnazione del sistemaPaese, causando per questa via i maggiori disagi alla più gran parte dei cittadini, quelli meno abbienti -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intendano porre in essere per evitare lo spreco delle preziose e insufficienti risorse pubbliche.
(2-01135)
«Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FOGLIARDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i consorzi di tutela Vini a denominazioni di origine sono fiscalmente considerati enti non commerciali ai sensi dell'articolo 73, comma 2, del TUIR - oltre che per effetto dell'articolo 1 del decreto ministeriale n. 256 del 1997 - e pertanto possono avvalersi delle agevolazioni previste dall'articolo 9-bis della legge n. 66 del 1992, che dichiara applicabili, in quanto compatibili, le norme della legge n. 398 del 1991 (disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche); essa semplifica notevolmente gli adempimenti fiscali relativi all'esercizio di attività commerciali, purché nell'anno non superino il volume di affari di euro 250.000;
l'articolo 2, comma 1, prevede per i soggetti che optano per tale trattamento fiscale l'esonero dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e altresì l'esonero dagli adempimenti previsti dal titolo II del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in materia di IVA;
il comma 4 dell'articolo 2 prevede solo che le fatture attive e passive debbano essere numerate progressivamente per anno solare e cioè non annotate in alcun registro, in quanto non viene presentata la dichiarazione annuale IVA;
la circolare 30 maggio 2011, n. 24, dell'Agenzia delle entrate - illustrativa dell'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 - considera (p.3.1) esonerati dall'obbligo di comunicazione i soggetti che si avvalgono del regime di cui all'articolo 1, commi da 96 a 116, della legge n. 244 del 2007 (regime dei minimi), in quanto l'adesione a detto regime comporta, sotto il profilo delle semplificazioni degli adempimenti IVA, l'esonero da qualunque obbligo, fatta salva la certificazione dei corrispettivi; la predetta circolare chiarisce inoltre che l'esclusione risponde all'intento di limitare al massimo l'aggravio dei contribuenti di minor dimensioni, per i quali gli oneri connessi all'adempimento di tale obbligo appaiono sproporzionati alla finalità della disposizione -:
se anche i soggetti - quali i consorzi di tutela - che hanno optato per l'applicazione della legge n. 398 del 1991 siano esonerati dalla maggior parte degli obblighi formali imposti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e pertanto anch'essi siano da considerare esonerati dal nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva di importo non inferiore a 3.000 euro.
(5-05004)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si apprende da un articolo sul Corriere della Sera del 27 giugno 2011 che già venti province, vale a dire quasi una su cinque, hanno approfittato dell'opportunità offerta loro di incrementare l'imposta sui premi delle assicurazioni responsabilità civile auto (RCA), determinando conseguentemente un pesante aggravio per gli assicurati;
il decreto legislativo n. 68 del 2011, recante «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province» dispone infatti, all'articolo 17, comma 1, che dal 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori - con aliquota del 12,5 per cento sull'ammontare del premio - costituisca tributo proprio delle province e non affluisca più nelle casse dello Stato; il medesimo articolo 17 del decreto legislativo conferisce inoltre, al comma 2, la facoltà alle province, a decorrere dal 2011, di aumentare o diminuire l'aliquota in misura non superiore al 3,5 per cento, portandola, quindi, in una forbice compresa tra il 9 per cento e il 16 per cento;
dopo la pubblicazione, il 3 giugno 2011, del decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze attuativo di tale previsione, già venti province, di cui 13 nel Nord, in pochi giorni si sono avvalse di questa facoltà di incrementare il prelievo;
in tal modo in brevissimo tempo l'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni responsabilità civile auto (RCA) è salita repentinamente dal 12,5 al 16 per cento, determinando in tal modo un incremento dei premi stessi che in genere è pari a 17 euro ogni 500 euro di premio pagati alle compagnie assicurative;
tale decisione del Governo, che all'interrogante appare improvvida, comporta pertanto la conseguenza paradossale per cui, al fine di consentire la sopravvivenza di un ente, quello delle province, che la generalità dei cittadini considera giustamente come sostanzialmente inutile, si incrementa ulteriormente la già elevatissima pressione tributaria sui contribuenti, in evidente disprezzo dei reali interessi e bisogni della collettività;
occorre inoltre rammentare che questo 16 per cento di imposte si aggiunge ad un'altra forma di imposizione gravante sulle polizze responsabilità civile auto (RCA), il contributo al Servizio sanitario nazionale, pari al 10,5 per cento del premio di tariffa: pertanto, su ogni 100 euro chiesti dalla compagnia di assicurazione per la copertura responsabilità civile auto (RCA), l'automobilista deve aggiungerne altri 26,5 per far fronte a imposte e contributi, facendo così lievitare la spesa a 126,5 euro;
secondo una ricerca svolta dalla società di consulenza McKinsey, in Italia su una tariffa responsabilità civile auto (RCA) media di 481 euro ben 90 euro sono costituite da imposte e contributi, 38 euro più della Francia e 71 più della Spagna;
tale incremento del carico tributario sulle polizze responsabilità civile auto (RCA) appare particolarmente inopportuno, anche in quanto si inquadra in una condizione del mercato assicurativo italiano caratterizzata da gravi elementi di criticità, quali il patologico livello delle frodi assicurative, la progressiva desertificazione dell'offerta assicurativa in molte aree del Paese, segnatamente nel Mezzogiorno, nonché un livello dei premi assicurativi responsabilità civile auto (RCA) nettamente più elevato della media europea, atteso che la tariffa media è di 481 euro nel nostro Paese contro i 207 euro della Francia e i 248 euro della Spagna -:
alla luce di quanto sopra esposto, quali iniziative di carattere normativo intenda adottare il Governo per scongiurare un ulteriore aumento dei premi delle assicurazioni responsabilità civile auto (RCA) e per evitare ulteriori processi inflattivi, che rischiano di aggravare ulteriormente

la già difficile situazione di milioni di cittadini italiani, gravati dalle conseguenze della grave crisi economica in atto e sottoposti ad un carico tributario che, in particolare nel settore automobilistico, ha raggiunto livelli ormai insopportabili.
(5-05005)

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, recante norme di attuazione in materia di urbanistica e opere pubbliche, come modificato dal decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 320, disciplina le modalità di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano delle funzioni in materia di viabilità dello Stato, quale ente proprietario, e dell'ANAS, quale ente gestore, escluse le autostrade;
il comma 4 dell'articolo 19 dispone che siano intavolati alla provincia autonoma territorialmente competente, su istanza del rispettivo presidente, i relitti stradali già facenti parte del demanio dello Stato - ramo strade, derivanti dagli interventi di costruzione, ampliamento, rettifica e manutenzione delle strade statali: i beni immobili che risultino non più funzionali alla viabilità stradale dello Stato, diversi da quelli sopraccitati, sono trasferiti sulla base di appositi verbali di consegna redatti, anche di volta in volta, di intesa fra i rappresentanti della provincia autonoma interessata e dell'amministrazione statale competente;
per effetto della norma sopraccitata sono stati trasferiti alle province di Trento e di Bolzano numerosi beni immobili, alcuni dei quali sono stati affidati alla diretta disponibilità della provincia e dei comuni, per l'espletamento di funzioni proprie, mentre altri sono stati destinati ad altri scopi ed affidati a società con intero capitale pubblico;
per quanto concerne i beni classificati come relitti stradali, alcuni privati hanno dichiarato l'interesse a diventarne concessionari o, se possibile, proprietari;
in provincia di Trento, per il tramite dell'ufficio dell'Agenzia del demanio, filiale di Bolzano, sono state presentate oltre 50 domande, che non hanno tuttavia trovato alcuna risposta fino ad oggi;
a tale situazione di stallo è sopraggiunto un parere della sezione locale dell'avvocatura dello Stato, del 27 marzo 2009, prot. 4568, che sembra contenere un'interpretazione diversa della normativa di riferimento -:
se non si ritenga opportuno dare una risposta ai cittadini che da molti anni hanno avanzato la richiesta all'Agenzia del demanio, per poter finalmente trovare una conclusione ai procedimenti ancora in corso.
(5-05006)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dall'esame dell'ordinanza trasmessa nei giorni scorsi dal giudice per le indagini preliminari di Napoli alla Camera dei deputati, concernente la richiesta di arresto nei confronti di un parlamentare emerge come il magistrato non abbia ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine ad alcuni reati contestati dai pubblici ministeri procedenti e, in particolare, di quello volto a suffragare l'esistenza di una associazione per delinquere di tipo segreto diretta a commettere una serie di illeciti meglio descritti nel provvedimento in questione;
stando a notizie di stampa, l'attività investigativa avrebbe preso corpo attraverso un sistematico uso delle intercettazioni

telefoniche che avrebbero coinvolto anche diversi parlamentari come risulta confermato dalla pubblicazione di numerose conversazioni che, a parere dell'interrogante, appaiono del tutto prive di rilievo penale;
sempre il giudice per le indagini preliminari di Napoli, nel ricordato provvedimento, ha ritenuto inutilizzabili numerose telefonate poste a base della richiesta dei pubblici ministeri, ritenendo, con motivate argomentazioni, che esse non potessero ritenersi «occasionali», ma dovessero essere qualificate come vere e proprie «intercettazioni indirette» riferite all'ascolto di conversazioni interessanti i parlamentari coinvolti e, in quanto tali, assunte in violazione delle garanzie previste a tutela del Parlamento;
come di consueto, gran parte di queste intercettazioni sono state oggetto di pubblicazione da parte dei mezzi di comunicazione anche nel caso in cui il relativo contenuto fosse completamente estraneo all'indagine in corso o, comunque, anche nel caso in cui esse risultassero oggetto del giudizio di inutilizzabilità svolto, a fini processuali, dal giudice per le indagini preliminari di Napoli;
inutile sottolineare come, anche in questa occasione, il divieto di pubblicazione e l'obbligo del segreto sugli atti di indagine contemplati, rispettivamente, dagli articoli 114 e 329 del codice di procedura penale non abbiano impedito il ripetersi di prassi da più parti deprecate, ma mai combattute con efficacia;
l'attività investigativa svolta attraverso l'uso delle intercettazioni telefoniche mette in evidenza una serie di possibili profili di responsabilità che l'interrogante intende richiamare;
sotto un primo aspetto, non vi è dubbio che tale attività ha degli effetti non indifferenti sul piano economico dal momento che i costi delle operazioni gravano sulle casse dello Stato come del resto risulta dimostrato dall'esistenza di un debito pregresso di circa un miliardo di euro con le società interessate, ragion per cui viene da domandarsi se i criteri di buona amministrazione che vigono per gli uffici amministrativi valgano o meno anche per quelli giudiziari e se le conseguenti responsabilità contabili siano rimesse al vaglio della magistratura competente nei casi in cui, ad esempio, vengano registrate e trascritte anche conversazioni del tutto estranee alle indagini al punto da riempire migliaia e migliaia di pagine come parrebbe essere avvenuto anche nel caso in questione e per il quale sarebbe auspicabile, a parere dell'interrogante, una verifica;
un secondo aspetto riguarda il provvedimento che autorizza a disporre le intercettazioni ed è relativo alla sussistenza dei «gravi indizi di reato» previsti dal codice di procedura penale, circostanza abbastanza singolare, nel contesto in esame, con riferimento alla ipotesi di reati per i quali quei «gravi indizi» sono stati probabilmente ritenuti esistenti in sede di autorizzazione alle intercettazioni, ma non sufficienti a legittimare un provvedimento restrittivo della libertà personale di un indagato secondo la valutazione effettuata, in particolare per il reato associativo contestato, dal giudice per le indagini preliminari da ultimo investito della vicenda, episodio che desta un minimo di perplessità circa la verifica di presupposti che sono posti a presidio di diritti costituzionalmente garantiti e che, proprio per questo, meriterebbe una doverosa informazione al Parlamento circa l'effettiva ricostruzione, ovviamente soltanto di carattere fattuale, dei passaggi processuali richiamati;
un terzo aspetto riguarda il rispetto delle prerogative delle assemblee legislative e, quindi, dei componenti delle stesse stabilite dalle disposizioni costituzionali e non in tema di conversazioni e, conseguentemente, in tema di intercettazione delle medesime;
stando, infatti, alle ricostruzioni di stampa, le conversazioni riguardanti parlamentari risulterebbero numerose anche

con riferimento a vicende che, sempre a parere dell'interrogante, nulla avrebbero a che vedere circa lo spettro delle indagini, ragion per cui pare corretto chiedersi se e quali eventuali accorgimenti siano stati assunti, da parte dei pubblici ministeri procedenti, ovviamente nell'ambito dei poteri di direzione delle indagini preliminari loro attribuiti dal codice di rito (articolo 327), allo scopo di conciliare le esigenze investigative con la tutela delle prerogative costituzionali dettate a tutela dell'istituzione;
in relazione a tale aspetto, infatti, alla luce delle ormai croniche fughe di notizie sul contenuto degli atti di indagine, parrebbe doveroso all'interrogante che gli uffici del pubblico ministero dessero indicazioni chiare agli ufficiali di polizia giudiziaria circa il caso di captazione di conversazioni relative a parlamentari e, comunque, che almeno valutassero la possibilità di estendere l'obbligo del segreto per la necessità di prosecuzione delle indagini allo scopo di verificare puntualmente l'utilizzabilità delle conversazioni alla luce dei principi in materia e con riferimento al naturale sviluppo del quadro indiziario con riferimento ai reati contestati e alle persone coinvolte;
sempre con riferimento a tali considerazioni, sarebbe opportuno che al Parlamento fossero fornite informazioni circa il comportamento tenuto dai pubblici ministeri procedenti con riferimento alle intercettazioni di parlamentari allegate a sostegno della richiesta di misura cautelare allo scopo di comprendere se sia stata fatta una distinzione tra conversazioni ritenute rilevanti ai fini della misura e, comunque, ai fini delle indagini e conversazioni irrilevanti a tale scopo, ovvero se, in assoluta assenza di ogni valutazione, le intercettazioni riguardanti parlamentari siano state indistintamente allegate alla richiesta consentendo, in tal modo, attraverso le scontate impugnazioni avverso i provvedimenti restrittivi di essere integralmente conosciute nei contenuti e, conseguentemente, di facile reperimento per i mezzi di comunicazione;
queste ulteriori informazioni sarebbero utili al Parlamento anche per valutare l'attenzione posta dagli uffici procedenti alla salvaguardia delle prerogative parlamentari dal momento che proprio il giudice per le indagini preliminari di Napoli, a parere dell'interrogante, risulta essersi posto correttamente il tema della qualificazione delle conversazioni di parlamentari intercettate, escludendo, per alcuni reati, la sussistenza dei gravi indizi e, soprattutto, alla luce delle considerazioni svolte nell'ordinanza inviata alla Camera, l'utilizzabilità di diverse telefonate;
altrettanto utili potrebbero risultare al Parlamento le informazioni concernenti le motivazioni poste a base dell'autorizzazione delle intercettazioni svolte dalla procura di Napoli nonché quelle relative alle eventuali proroghe allo scopo di chiarire se per il reato associativo siano stati ritenuti sussistenti i «gravi indizi di reato» e se, in sede di proroga, gli stessi siano stati confermati o smentiti ovvero, infine, se proprio la contestazione del reato associativo sia stato posto a base dell'intera operazione investigativa attuata attraverso le intercettazioni in modo tale da giustificare, secondo una possibile ipotesi che l'interrogante vorrebbe vedere smentita, che il ricorso al reato associativo insussistente possa trasformarsi in un uso distorto delle norme penali per giustificare il ricorso ad un'ampia attività di intercettazione in cui ogni interlocutore, proprio perché possibile partecipante o vittima dell'attività di un sodalizio, perdipiù segreto, costituisca un «bersaglio» telefonico privo di ogni garanzia costituzionale e a maggior ragione se, trattandosi di esponente politico, può suscitare maggiore interesse per le dichiarazioni rese nel corso di una conversazione telefonica che, com'è ormai prassi, si potrà tranquillamente leggere integralmente sui maggiori quotidiani nazionali ovvero ascoltare riprodotta in note trasmissioni televisive;
altrettanto utile risulterebbe al Parlamento la conoscenza delle modalità con cui sia risultato possibile, per i mezzi di comunicazione, disporre di migliaia di pagine

di intercettazioni riferite al procedimento in esame e prendere conoscenza di eventuali iniziative giudiziarie assunte dalla procura competente allo scopo di accertare la violazione di eventuali norme penali poste a presidio della segretezza delle indagini;
inutile aggiungere che tali informazioni sarebbero opportune, a parere dell'interrogante, anche per consentire alle competenti autorità di valutare la sussistenza o meno di profili di responsabilità in capo agli uffici coinvolti al fine di promuovere ogni conseguente legittima iniziativa -:
se non intenda adottare iniziative ispettive, ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza.
(5-05010)

FERRANTI, VILLECCO CALIPARI e GARAVINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'aggressione della criminalità organizzata verso lo Stato ed i suoi operatori, nella regione Calabria, è recentemente giunta a livelli massimi, che costringono i magistrati operanti in questo territorio a lavorare in condizioni difficilissime, mettendo a rischio la loro incolumità personale;
in particolare, risultano all'interrogante svariate situazioni allarmanti, prima fra tutte la sventata preparazione, ormai in fase avanzata, di un attentato nei confronti di un magistrato della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, dottor Vincenzo Luberto, venuta alla luce nel corso dell'operazione «tsunami» contro la 'ndrangheta nel territorio di Cosenza, avvenuta nei primi giorni del mese di giugno 2011;
è dal gennaio del 2010 che tutto il territorio calabrese è scosso in maniera crescente e diffusa da numerosi attentati, il più grave dei quali fu la bomba contro la procura generale di Reggio Calabria il 3 gennaio 2010, seguito dall'inizio della «strategia delle intimidazioni». Furono fatti pervenire proiettili e lettere di morte al procuratore delle direzioni distrettuali antimafia Giuseppe Lombardo al magistrato della distrettuale Antonio Di Bernardo, al procuratore Giuseppe Pignatone e al procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro. Il 21 marzo 2010, venne ritrovata una pallottola sul parabrezza dell'auto, che si trovava nel parcheggio interno e custodito del CEDIR, al procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo, mentre nei mesi successivi venivano sabotate, fortunatamente senza conseguenza, le automobili del procuratore generale Salvatore Di Landro e del sostituto Adriana Fimiani. Infine, si segnalano le minacce di un detenuto in regime di articolo 41-bis al pubblico ministero nel corso di un'udienza in corte di assise a Palmi, nonché il quotidiano verificarsi di episodi intimidatori e di attentati della più varia natura nel territorio di Vibo Valentia da parte della criminalità locale, sempre più aggressiva e padrona del territorio;
sono attualmente in corso, a Reggio Calabria e provincia e a Cosenza, vari procedimenti contro i più importanti clan della 'ndrangheta che fanno seguito a rilevanti operazioni di investigazione svoltesi nei mesi scorsi;
tra le situazioni di particolare e significativa emergenza, si segnala quella della procura della Repubblica di Vibo Valentia: non possono essere celebrati processi a carico dei detenuti a causa della mancanza di fondi per l'acquisto di carburante per i veicoli addetti alla traduzione dei detenuti. Senza contare che il tribunale versa in una situazione ormai insostenibile di carenze di organico dei magistrati e del personale amministrativo giudiziario: manca la carta per le fotocopie, i toner, i fondi per la benzina delle autovetture in dotazione, la manutenzione dei computer vecchi a fronte di un solo apparecchio nuovo, disponendo di risorse e strumenti del tutto inadeguati e obsoleti;
la situazione non è meno implosiva nella procura di Catanzaro, ad oggi priva di un procuratore aggiunto e di tre sostituti,

nonché di dirigenti amministrativi e con una grave carenza di personale giudiziario;
già in occasione di un incontro con i capi degli uffici giudiziari calabresi, tenutosi nel gennaio del 2010, il Ministro interrogato si impegnò a ritenere prioritari gli interventi per il sistema giudiziario della Calabria rispetto a qualsiasi altra questione riguardante gli uffici giudiziari del Paese, promettendo un impegno straordinario per far fronte a quella che considerava un'emergenza nazionale;
successivamente, nel maggio 2010, il gruppo del Partito democratico alla Camera ha chiesto conto al Governo, nel corso di un question time in Assemblea a prima firma dell'onorevole Garavini, delle gravi carenze di organico dei distretti di Catanzaro, Lamezia Terme e Vibo Valentia, chiedendo di integrare gli organici per quanto riguarda sia il personale amministrativo interinale, vista la scadenza dei contratti di 60 di questi lavoratori e il loro rinnovo mese per mese, sia le forze di polizia e la magistratura, ricevendo dal Governo solo quelle che agli interroganti appaiono risposte generiche ed evasive, in cui si annunciava una non meglio precisata possibilità di ricorso al Fondo unico giustizia per l'assunzione dei lavoratori interinali;
ad un anno di distanza, la concreta situazione degli uffici giudiziari calabresi, particolarmente esposti a causa delle infiltrazioni della criminalità organizzata in ampi settori della pubblica amministrazione e della società, è allarmante, e non risulta che il Ministro abbia messo in atto nessuno degli interventi promessi;
all'assoluta carenza di risorse si tenta di far fronte con interventi esterni (fondi europei, convenzioni locali) che, se hanno finora consentito di superare l'emergenza, non garantiscono tuttavia il funzionamento ordinario del sistema -:
se e in quale modo il Ministro interrogato, tra l'altro attualmente destinato anche ad incarichi di partito, intenda dare seguito agli impegni presi con i capi degli uffici giudiziari calabresi, allo stato attuale evidentemente disattesi, attuando concrete misure di allocazione e razionalizzazione delle risorse, mediante interventi straordinari da realizzare in tempi brevissimi, anche utilizzando a tale scopo le risorse previste e annunciate del Fondo unico giustizia, anche al fine di garantire la piena efficienza e sicurezza degli uffici giudiziari.
(5-05011)

RIA e RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sistema della cosiddetta mediaconciliazione, rito per la soluzione di numerose controversie civili, pur essendo teoricamente utile alla soluzione delle controversie nonché ad una maggiore efficienza della giustizia, è stato concepito in modo inadeguato e presenta limiti puntualmente individuati da parte della dottrina e delle organizzazioni degli avvocati;
in particolare, sarebbe necessario restituire alla figura professionale dell'avvocato il proprio ruolo di indispensabile ausilio tecnico alle parti, anche in ragione della mancanza di alternatività dell'istituto stesso con il processo, fase nella quale l'assistenza legale è, come si sa, obbligatoria;
ulteriore profilo di criticità è costituito dalla disciplina della competenza territoriale, che attualmente potrebbe rivelarsi, in molti casi, divergente rispetto alla corrispondente disciplina dell'eventuale processo sulla medesima lite;
l'iniziale scopo sotteso all'introduzione dell'istituto non è stato, finora, raggiunto, posto che non si produrrebbero gli effetti sperati di snellimento del carico processuale nonché dei tempi del giudizio;
l'intervento normativo sul tema ha provocato forti reazioni e numerose proteste da parte della categoria forense, che manifesta grande preoccupazione per la

possibile compressione del diritto di difesa dei cittadini, anche durante l'eventuale successiva fase processuale -:
se intenda assumere iniziative di modifica dell'attuale disciplina normativa relativa alla mediaconciliazione.
(5-05012)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 3 giugno 2011 l'interrogante, assieme ad Ornella Favero, Irene Testa e Maria Grazia Lucchiari, ha visitato la casa di reclusione «Due Palazzi» di Padova; la delegazione è stata accompagnata dal direttore dell'istituto, il dottor Salvatore Pirruccio;
quel giorno, nella casa di reclusione, che ha una capienza regolamentare di 439 posti, erano presenti 823 detenuti, mentre 4 erano assenti temporanei; 795 i detenuti con sentenza definitiva, 13 in attesa di primo giudizio, appellanti 6, ricorrenti 10, 2 internati definitivi e un detenuto scarcerato «senza uscita fisica»;
il corpo degli agenti di polizia penitenziaria risulta carente di 101 unità avendo in forze 330 agenti a fronte di una pianta organica che ne prevede 431;
la delegazione si è incontrata con lo staff medico (dottor Basta, dottor Montalto, dottor Guerrieri, psichiatra dottor Berto) e non ha potuto non rilevare gravi carenze di organizzazione che si ripercuotono sullo stato di salute dei detenuti, l'80 per cento dei quali è costretto a passare il tempo in cella nell'inattività e nella desolazione più completa;
la sanità nel carcere, come ha sottolineato lo stesso direttore dottor Pirruccio, è ancora priva del medico referente della Asl che coordini il servizio sia per la casa di reclusione sia per la casa circondariale;
non esiste la carta dei servizi sanitari prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, recante modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria;
i detenuti a seguito della visita medica - se ne fanno circa 90 al giorno - non hanno in mano alcun referto; le visite esterne prenotate spesso saltano per carenze del nucleo traduzioni;
la Asl non fornisce i farmaci da banco (quelli per la cura delle emorroidi e i farmaci flebotrofici di fascia C, per esempio, non sono disponibili); c'è un solo dentista per 823 detenuti; né le dentiere né gli occhiali sono compresi nei LEA e non vengono forniti ai detenuti, nemmeno a quelli più indigenti;
il dottor Marino Berto, psichiatra dell'istituto, riferisce dell'elevato numero di casi psichiatrici e di malati psichici; significativa è stata la sua considerazione quando la conversazione si è incentrata sui suicidi «se capitasse a me di finire in prigione, in queste condizioni, non resisterei più di due giorni»; sostiene che in carcere vi sia un commercio clandestino di farmaci da parte dei detenuti tossicodipendenti che spesso divengono vittime di overdose di farmaci, una sorta di «abuso alternativo»;
successivamente alla visita, durante un incontro con redazione e collaboratori della testata giornalistica di «Ristretti orizzonti» che ha sede presso la struttura, una psicologa dell'istituto, dottoressa Giovanna Donzella, riferisce che non si ha tempo sufficiente per i colloqui psicologici con i detenuti, potendo dedicare a ciascuno di loro solo pochi minuti;
gli psicologi assunti ex articolo 80, con partita iva, ricevono un trattamento lavorativo assolutamente insufficiente e demotivante per le stesse professionalità,

con una retribuzione lorda di 17 euro l'ora per non più di 27 ore lavorative mensili (459 euro lordi mensili);
l'assistenza psicologica di prevenzione agli istinti suicidi non può che essere estremamente carente; non esiste un nucleo di osservazione per i soggetti a rischio; non è effettuata alcuna valutazione psichiatrica preventiva all'ingresso in carcere;
non è previsto alcun lavoro per i pazienti psichiatrici;
non esiste un reparto ospedaliero funzionante nella struttura e ottenere ricoveri nelle strutture esterne risulta difficile;
si lamenta una insufficienza di risorse generale che va a ricadere su diversi settori - dai presidi medici e farmaceutici, ai prodotti e alle dotazioni per l'igiene personale e degli ambienti, alle telefonate per i nullatenenti non previste, al vitto (4 euro comprensivi di tre pasti al giorno a detenuto) - che rende la permanenza in carcere, specie per chi è nullatenente e non ha aiuti dall'esterno, sempre meno sopportabile, degna e umana -:
se i Ministri siano a conoscenza delle situazioni esposte in premessa;
se i Ministri intendano adottare le iniziative di competenza, quali e con quale urgenza, per:
a) riportare la popolazione detenuta presso il carcere «Due Palazzi» di Padova entro i limiti di capienza legale previsti per l'istituto;
b) integrare il personale di polizia penitenziaria al numero previsto dalla pianta organica in forze all'istituto;
c) ottenere per quanto di competenza che tutti gli adempimenti relativi al passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero di giustizia all'Asl di competenza - l'individuazione di un medico referente per la struttura e l'elaborazione della carta dei servizi sanitari ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 - siano completati;
d) dotare la struttura di un reparto ospedaliero;
e) ottenere un'adeguata copertura medica, farmaceutica, psichiatrica e di supporto psicologico e attuare dei programmi di prevenzione dei suicidi e delle patologie psichiatriche;
se i Ministri intendano operare affinché si faccia fronte al più presto alle necessità economiche indispensabili a una detenzione dignitosa e accettabile, e per aumentare le opportunità occupazionali, secondo quanto stabilito dall'articolo 27 della Costituzione, per ogni detenuto.
(4-12461)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano II Tirreno del 21 giugno 2011, un uomo, di origini nordafricane, detenuto nel carcere Porto Azzurro di Livorno, ha tentato di togliersi la vita improvvisando con alcuni lacci un cappio legato alle sbarre della propria cella;
l'uomo è stato salvato dal personale della polizia penitenziaria in quel momento in servizio, il quale è intervenuto in tempo, insieme al personale medico, scongiurando che il detenuto portasse a compimento il suo gesto estremo -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se intenda avviare una indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti del detenuto che ha tentato il suicidio fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;

se e quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate dall'amministrazione penitenziaria nei confronti del detenuto dopo questo episodio;
se non si intenda adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo;
più in particolare, quali iniziative, anche normative, si intendano assumere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora.
(4-12467)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 12 giugno 2011 dal quotidiano online Articolo Tre, un giovane marocchino di 18 anni, Abdel Aziz Khaya, giovedì 9 giugno ha cercato di uccidersi impiccandosi nel carcere Le Vallette di Torino dove era detenuto da un mese;
il ragazzo è tra la vita e la morte ed è ricoverato in coma farmacologico all'ospedale Maria Vittoria: le sue condizioni sono molto gravi e anche nel fortunato caso in cui sopravvivesse, riporterebbe probabilmente seri danni in quanto - secondo quanto riferito dai medici - il suo cervello è rimasto senza ossigeno per parecchio tempo;
prima di tentare il suicidio il ragazzo aveva inviato una lettera allo zio presso il quale momentaneamente risiedeva in cui gli spiegava che tutti in carcere lo trattavano male e che voleva uscire. A tal proposito l'articolo citato riporta una dichiarazione della madre del ragazzo, la quale si chiede «com'è possibile che nessuno si sia accorto della sofferenza di mio figlio. Nella lettera dice che lo trattavano male e che lo odiavano. Perché nessuno lo ha aiutato?»;
Aziz, che lavorava in nero in un ristorante di Torino, era stato arrestato il 5 maggio per il possesso di 20 grammi di hashish e per resistenza a pubblico ufficiale. Era però stato anche denunciato dai familiari di due sorelle romene, di 17 e 14 anni, con le quali avrebbe avuto rapporti sessuali. La più grande era la sua ragazza e, a quanto pare, entrambe erano consenzienti. Ma per la legge sotto i 14 anni, nonostante l'assenza di denunce, si procede per violenza. L'altro ieri il tribunale della libertà ha autorizzato la scarcerazione dell'uomo, negata il 25 maggio;
il direttore del carcere Le Vallette di Torino, dottor Pietro Buffa, ha attuato da tempo un progetto di monitoraggio dei detenuti più fragili e Aziz era sottoposto ad un regime di «grande sorveglianza», compresi gli incontri periodici con lo psicologo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare una indagine amministrativa intenda al fine di appurare il modo in cui siano avvenuti i fatti e se nei confronti del detenuto Abdel Aziz Khaya siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
per quali motivi il detenuto, sebbene sottoposto ad un regime di «grande sorveglianza», sia riuscito a mettere in pratica i suoi istinti suicidi;
se il detenuto abbia potuto usufruire di un adeguato sostegno psicologico nel corso della sua permanenza in carcere;
quanti tentativi di suicidio siano stati messi in atto dai detenuti dall'inizio dell'anno;

se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
come si intenda intervenire in tempi rapidi e con quali provvedimenti per superare questa grave situazione creatasi nelle carceri italiane per arginare l'escalation dell'autolesionismo, dei tentati suicidi e dei suicidi e, soprattutto, come si intendano tutelare i soggetti meno tutelati, «i senza niente» che, per paura del dopo carcere, ricorrono sempre più frequentemente al suicidio;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
quali misure si intendano attuare per limitare il sovraffollamento carcerario e per creare situazioni più consone alla salute, anche mentale, del detenuto e quali percorsi, alternativi alla detenzione, di reinserimento nel tessuto lavorativo e sociale, si intendano intraprendere, già dall'interno, per arginare tali fenomeni degenerativi e di disagio.
(4-12468)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto ha ricevuto la lettera di un educatore penitenziario che ha partecipato al concorso C1 per 397 posti risultando «idoneo»;
il 12 aprile 2010 sono stati assunti gli educatori per coprire tutti i 397 posti da vincitore;
a seguito delle rinunce, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ha comunicato all'educatore sopracitato e ad altri educatori che rientravano fra i 397 vincitori di scegliere la sede dove prendere servizio fra quelle disponibili; ciò accadeva nel maggio del 2010;
da allora però i «vincitori» subentrati a seguito delle rinunce - in tutto 44 - non hanno più ricevuto alcuna comunicazione e non hanno ancora preso servizio;
questa situazione appare agli interroganti «insensata» per tre ordini di motivi:
a) per l'ingiustizia che subiscono i vincitori del concorso;
b) per la necessità di queste figure professionali verificata dalla prima firmataria del presente atto nelle visite ispettive, figura necessaria per stilare le relazioni che consentono ai detenuti di accedere ai benefici previsti dalla legge;
c) perché la copertura finanziaria è già stata prevista per tutti i 397 posti -:
se quanto descritto in premessa corrisponda al vero;
se il Ministro non intenda sanare immediatamente questa ingiustizia che colpisce non solo gli educatori vincitori del concorso, ma anche i carcerati sottoposti a condizioni di vita detentiva spesso «disumane e degradanti».
(4-12469)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito di informazione on line Viterbo news il 21 giugno 2011, il dottor D'Andria, direttore del carcere viterbese «Mammagialla», si è dimesso dal suo incarico avendo ottenuto un nuovo posto presso gli uffici dipartimentali di Roma;

come evidenziato dal sindacato della polizia penitenziaria Ugl, l'improvviso trasferimento del dottor D'Andria lascia il carcere viterbese senza alcuna figura dirigenziale e ciò accade in un periodo particolare, considerata la recente «protesta pacifica» fatta dai detenuti ivi ristretti, e la richiesta fatta da tutte le sigle sindacali di un incontro con il prefetto di Viterbo, per esporre le problematiche urgenti in tema di sovraffollamento e di grave carenza del personale di custodia;
peraltro il periodo estivo farà sicuramente da amplificatore delle problematiche esistenti, il che rende urgente procedere ad un rapido incarico permanente di almeno un'altra figura dirigenziale al vertice dell'istituto di pena in questione -:
se non intenda attivarsi immediatamente al fine di dotare il carcere di Viterbo di un nuovo direttore con incarico permanente, ciò anche alla luce delle gravi criticità che presenta il carcere «Mammagialla».
(4-12471)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Giorno del 24 giugno 2011, un uomo di nazionalità marocchina di 24 anni, detenuto presso il carcere di Opera, è deceduto in ospedale dopo un malore;
da quanto emerso nell'imminenza dei fatti, sembra che il detenuto stesse lavorando per poi cadere a terra perdendo i sensi davanti a tutti, ma una lettera anonima indirizzata alla direzione di Opera fa il nome di un presunto aggressore;
l'avvocato dell'uomo ha avanzato l'ipotesi che si possa trattare di una morte seguita ad un'aggressione, come confermato anche dagli accertamenti di un medico di fiducia -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare, per quanto di competenza, una indagine amministrativa interna al fine di appurare il modo in cui siano avvenuti i fatti e se in merito a questa vicenda non siano ravvisabili responsabilità di omessa vigilanza da parte dell'amministrazione dell'istituto.
(4-12472)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS del 21 giugno 2011 il provveditorato generale dell'amministrazione penitenziaria del Triveneto ha reso noto, con una nota, che tra non molto agenti di polizia penitenziaria in pensione potranno svolgere, su base volontaria ed in considerazione delle esigenze degli istituti di pena, incarichi, compiti e mansioni compatibili con il proprio status all'interno dei penitenziari;
a tal proposito, i sindacati di polizia penitenziaria Osapp, Sinappe, Cisl-Fns, Fp-Cgil, Ugl e Cnpp, hanno rilasciato il seguente comunicato: «Da oltre un anno e mezzo le organizzazioni sindacali tentano invano di mettere in guardia il ministro della Giustizia Alfano e il capo del Dap Ionta sui rischi che il protocollo di intesa stipulato con l'Anppe, un'associazione di pensionati del Corpo il cui consiglio di amministrazione è composto da dirigenti del sindacato autonomo Sappe, può comportare. Oggi, prendiamo atto del fatto che la realtà ha travalicato la più tragicomica delle previsioni: tra non molto i pensionati lavoreranno al posto degli agenti della Polizia penitenziaria. A quale titolo il ministro Alfano e soprattutto il capo del Dap Ionta continuano ad avallare le assurde pretese di un unico sindacato, per giunta minoritario, consentendo che dei pensionati sostituiscano colleghi ancora in servizio?»;
sottolineata l'incongruenza tra gli impegni assunti dal Governo in merito alle

nuove assunzioni di personale della polizia penitenziaria e la scelta di avvalersi di ex appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria oggi in pensione, la prima firmataria presente atto non può che evidenziare come il protocollo di intesa stipulato tra il Ministro della giustizia e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, da una parte, e l'Anppe, dall'altra, oltre che inopportuno, presenti anche profili didubbia legittimità alla luce dalla vigente normativa;
la prima firmataria del presente atto aveva già presentato sulla stessa materia nel settembre del 2010 l'interrogazione n. 4/08446 rimasta senza risposta -:
se non ritenga opportuno rivedere il protocollo d'intesa stipulato con l'Associazione nazionale polizia penitenziaria (ANPPE) indicato in premessa, ciò anche alla luce delle osservazioni provenienti dagli altri sindacati degli agenti della polizia penitenziaria.
(4-12473)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Ansa del 23 giugno 2011, un assistente capo di polizia penitenziaria, in servizio presso il gruppo operativo mobile - Gom - di Milano Opera, nella tarda serata del 22 giugno 2011 ha tentato il suicidio ed è ora ricoverato in gravissime condizioni presso l'ospedale Fatebenefratelli di Milano;
sulla vicenda Donato Capece, segretario generale del Sappe, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Siamo sconcertati per l'accaduto e forte è la preoccupazione per il fenomeno dei suicidi tra gli appartenenti alle forze di polizia, ed alla Polizia penitenziaria in particolare. Bisogna capire e accertare quanto hanno eventualmente inciso l'attività lavorativa e le difficili condizioni operative del collega che ha posto in essere il tragico gesto estremo, nonché le problematiche connesse alla vita personale dello stesso. La continuità e la periodicità con cui avvengono questi tristi eventi deve fare seriamente riflettere la nostra Amministrazione, che non può non prendere atto delle manifestazioni più drammatiche e dolorose di un disagio derivante, oltre che da problematiche attribuibili alla propria sfera personale, probabilmente anche da un lavoro difficile e carico di tensioni. Nonostante il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, al fine di verificare le condizioni di disagio psico-fisico del personale, si fosse impegnato nel passato per attivare dei centri di ascolto sul disagio lavorativo e personale, di fatto riteniamo che ancora non sia stato fatto quanto basta per abbattere lo stress lavorativo all'interno degli istituti penitenziari» -:
quanti siano i suicidi e i tentati suicidi verificatisi tra gli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria negli ultimi 5 anni;
se non ritenga che avvenimenti tragici di questo tipo dipendano anche dalle manifestazioni più drammatiche e dolorose di un disagio derivante da condizioni di lavoro difficili e cariche di tensioni;
se non intenda avviare immediatamente adeguati centri di ascolto sul disagio lavorativo e personale degli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria.
(4-12474)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
domenica 19 giugno 2011 la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo ha visitato il carcere di Bologna «La Dozza» assieme a Monica Mischiatti e ad Arcangelo Macedonio dell'Associazione Radicali Bologna;

nell'istituto bolognese erano presenti 1140 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 483 posti; gli uomini detenuti sono 1076 mentre le donne sono 66; i detenuti tossicodipendenti sono in tutto 279: 266 uomini e 13 donne; i detenuti stranieri costituiscono il 63 per cento della popolazione detenuta;
per quanto riguarda il corpo degli agenti di polizia penitenziaria, l'organico previsto dal decreto ministeriale 6 settembre 2001 era di 567 unità, mentre quello attualmente amministrato è di 518 unità, ma quello effettivo al netto di distacchi, missioni, aspettative e maternità è di 370 unità; in questa situazione il monte ore assegnato di circa 71.000 ore in un anno è assolutamente insufficiente a coprire il fabbisogno; infatti, nel 2010 il corpo ha garantito:
17.494 colloqui di detenuti con i loro familiari, per un totale di circa 60.000 ingressi;
17.031 colloqui telefonici (quasi 5.000 in più rispetto al 2009);
sono state effettuate 2.948 traduzioni e sono stati messi in movimento 4.345 detenuti; i detenuti piantonati presso luoghi esterni di cura sono stati 135 rispetto ai 98 dell'anno precedente. Le visite programmate o d'urgenza sono passate da 567 a 887; vi sono stati 2.035 ingressi comprensivi di detenuti nuovi giunti ed assegnati ad altri istituti nonché 2.046 uscite comprensive di detenuti trasferiti in altri istituti o rimessi in libertà;
quanto all'aspetto sanitario, il passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale presenta ancora gravi carenze: in particolare, l'assistenza odontoiatrica e l'assistenza psichiatrica sembrano problemi irrisolvibili e ciò è particolarmente grave considerati i problemi che colpiscono l'apparato stomatologico dei detenuti e il disagio psichiatrico sempre più diffuso negli istituti penitenziari; persino medicine di prima necessità devono essere acquistate all'esterno e a spese dei detenuti; a volte, piccole emergenze come un forte mal di denti non possono essere affrontate tempestivamente perché gli infermieri non possono dare al detenuto un farmaco come l'Aulin senza prescrizione medica;
la fatiscenza dell'istituto «La Dozza» diviene sempre più allarmante perché anche i fondi della manutenzione ordinaria sono da tempo ridottissimi: il cattivo odore delle fogne ha accompagnato la delegazione per tutta la visita essendo state le fognature dell'istituto costruite in previsione di una popolazione penitenziaria più che dimezzata rispetto all'attuale; anche i locali che ospitano le docce sono in rovina con le mura piene di muschio di colore verde e nero; l'acqua calda non c'è per tutti ed è più che probabile che in estate - come accaduto l'anno scorso - l'acqua sia calda che fredda verrà a mancare del tutto;
quanto alle condizioni di vita dei detenuti, queste sono letteralmente indecenti: in celle fatiscenti di 11 metri quadri costruite per ospitare un detenuto, ce ne sono ammassati tre peraltro costretti a viverci per almeno 21 ore al giorno; i carcerati, anche i più indigenti (la stragrande maggioranza) sono costretti ad acquistare persino la carta igienica e i prodotti per l'igiene personale e per la pulizia delle celle; le possibilità di lavoro per i reclusi sono pochissime: nemmeno la carente «pianta organica per il lavoro dei detenuti», secondo la quale dovrebbero lavorare circa 260 detenuti, viene rispettata perché coloro che svolgono mansioni peraltro poco qualificanti, sono circa un centinaio; molti detenuti vivono lontanissimi dai propri familiari e raramente riescono a fare colloqui persino con mogli e figli;
sulla mancanza di lavoro in carcere, l'interrogante ritiene di dover segnalare una cella del carcere bolognese dove vivono tre giovani detenuti marocchini di 20, 26 e 31 anni (Said, Raduan e Ahmed), due dei quali appellanti e uno definitivo; i tre ragazzi magrebini hanno sistemato la stanzetta che li ospita con tocco quasi

artistico: alle mura sporche hanno applicato - come fosse carta da parati - lenzuola riciclate di vari colori abbinati con gusto; inoltre, sempre munendosi di colla fatta con farina e acqua, carta e stoffa, hanno costruito un bellissimo lampadario, dei porta CD, e ganci appendi-tutto; durante tutto il tempo della permanenza della delegazione nella cella, i tre giovani non hanno fatto altro che ripetere «aiutateci a fare un lavoro; siamo bravi, sappiamo fare tutto, non lasciateci marcire qui dentro per 24 ore; noi non andiamo nemmeno all'aria per paura di provocazioni durante i passeggi che potrebbero farci prendere qualche rapporto»;
secondo l'efficientissimo comandante, il dottor Roberto Di Caterino, sono esauriti i fondi di tutti i capitoli di spesa necessari per l'amministrazione dell'istituto;
la prima firmataria del presente atto ha presentato altre interrogazioni sul carcere bolognese, in particolare la n. 4-08971 relativa ad un'altra visita ispettiva effettuata nell'ottobre del 2010, rimaste senza risposta -:
se sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
quali interventi urgenti intenda mettere in atto per riportare la capienza della casa circondariale di Bologna nei numeri regolamentari;
in che modo intenda affrontare la carenza del personale di polizia penitenziaria, carenza che incide fortemente sulle già scarsissime attività trattamentali;
se il monte ore delle ore di straordinario assegnato agli agenti sia - in rapporto alla popolazione detenuta - lo stesso in tutti gli istituti italiani e se sia possibile conoscerlo istituto per istituto;
se intenda assumere urgentemente iniziative per coprire e incrementare i capitoli di spesa esauriti, in particolare le risorse destinate al funzionamento stesso dell'istituto e a quelle che consentano maggiori possibilità di lavoro e di studio per i detenuti;
quali iniziative di competenza, anche sul piano del monitoraggio, si intendano mettere in atto per agevolare e rendere definitivamente efficace il passaggio dalla sanità penitenziaria al Servizio sanitario regionale del carcere «La Dozza»;
a quando risalga l'ultima relazione della ASL e cosa vi sia scritto in merito all'agibilità e al rispetto delle norme igienico-sanitarie dell'istituto bolognese;
quali provvedimenti urgenti si intendano adottare al fine di aumentare il numero delle linee telefoniche a disposizione dei detenuti in modo da renderlo adeguato all'elevato tasso di sovraffollamento presente nell'istituto di pena bolognese.
(4-12476)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da Agenda Parlamento del 20 giugno 2011, un detenuto del carcere di Buoncammino attende da cinque mesi che gli vengano recapitati i bagagli rimasti nell'istituto di pena di Trapani da cui è stato trasferito per motivi di salute;
nonostante i ripetuti solleciti al direttore dell'istituto siciliano, l'uomo non ha ancora ricevuto alcunché e quindi ha deciso di presentare un esposto alla procura della Repubblica;
Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», ha avuto un lungo colloquio con il detenuto, 44 anni, nato a Buenos Aires, attualmente ristretto nel Centro clinico della casa circondariale di Cagliari, il quale le ha detto quanto segue: «Il 21 gennaio scorso sono stato tradotto a Buoncammino per la necessità di usufruire di una struttura penitenziaria dotata di un Centro Diagnostico Terapeutico in cui

poter effettuare tempestivamente cure ed esami. All'atto del trasferimento mi consentirono di portare solo lo stretto necessario sia perché il trasferimento sarebbe avvenuto con l'aereo sia perché il soggiorno nel nuovo carcere sarebbe durato solo pochi giorni. Una volta giunto a destinazione ho appreso che la permanenza nell'Istituto sardo si sarebbe protratta a causa delle mie precarie condizioni di salute. Ho quindi scritto al direttore del carcere di Trapani informandolo della situazione e chiedendogli di farmi recapitare, come del resto mi era stato assicurato al momento del trasferimento qualora la permanenza si fosse prolungata per un periodo ragionevole, i bagagli. Non avendo avuto risposta, ho inviato un'istanza attraverso l'Istituto cagliaritano. Ancora una volta però non ho avuto riscontro. Ho quindi presentato reclamo al Magistrato di Sorveglianza di Cagliari per sollecitare il direttore di Trapani. Nessun riscontro hanno avuto neanche le richieste inviate via fax e gli interventi telefonici da parte dei miei avvocati. Del problema sono stati interessati anche il direttore e il comandante della casa circondariale di Cagliari i quali mi hanno comunicato che il direttore di Trapani non intendeva recapitare i bagagli essendo la mia assegnazione provvisoria. È evidente che il direttore del carcere di Trapani interpreta erroneamente il comma 8 dell'articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 in quanto la durata del trasferimento non può considerarsi breve essendo trascorsi 5 mesi e presumibilmente essendo necessaria una ulteriore permanenza per ragioni legate alle condizioni di salute. La chiarezza della normativa rende incomprensibile l'atteggiamento ostinato del direttore. Ho presentato un esposto alla procura della Repubblica per verificare se non possa configurarsi il reato di omissione di atti d'ufficio»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto si tratta di un'assurda vicenda che viola il diritto del cittadino privato della libertà, danneggiandolo -:
quali urgenti iniziative intenda adottare affinché al detenuto in questione vengano recapitati immediatamente tutti i suoi bagagli con i libri in essi contenuti;
se non si intendano adottare gli opportuni provvedimenti disciplinari nei confronti del direttore e del comandante del carcere cagliaritano, i quali fino ad oggi hanno inspiegabilmente impedito al detenuto di poter esercitare il suo sacrosanto diritto allo studio interpretando, ad avviso degli interroganti, erroneamente l'articolo 83, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000.
(4-12482)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il settimanale L'Espresso del 30 giugno 2011 pubblica un articolo del giornalista Fabrizio Gatti sulla vicenda di Elisa Claps;
nel citato articolo si racconta di «una manina occulta che non sbaglia un colpo», e che sarebbe responsabile di depistaggi e occultamenti di elementi importanti e decisive per l'inchiesta e l'accertamento dei fatti;
in particolare, sarebbero spariti perfino degli importanti reperti catalogati, «manca un intero sacco, quello in cui sono stati raccolti gli oggetti, la polvere, le incrostazioni trovati intorno al cadavere della ragazza»;
gli investigatori della polizia scientifica e quelli della squadra mobile di Potenza sono, riferisce l'Espresso, precisi: «Hanno suddiviso il pavimento del sottotetto in un reticolato. Venti quadrati, dalla A alla V. Ogni quadrato, un sacco, e in ogni sacco un cumulo di detriti. Per non lasciare nulla a terra, gli specialisti della scientifica li hanno raccolti con un grosso aspirapolvere. Hanno anche filmato

l'operazione durata alcuni giorni tra marzo e aprile 2010. Mesi dopo, l'11 ottobre al Tribunale di Salerno, viene depositata una relazione tecnica sulla scena del delitto e sugli indumenti indossati da Elisa. La firma Eva Sacchi, il perito incaricato dal giudice per le indagini preliminari. È lei a scoprire la scomparsa dei reperti più importanti: "Il sacco indicato con la lettera A aveva all'interno un foglio con stampata la lettera I", scrive il perito del Tribunale. "Dalla documentazione video relativa ai lavori di rimozione del materiale sul sottotetto è stato possibile verificare che, al momento in cui il sacco relativo al settore I è stato chiuso, all'interno è stato posto un foglio con tale lettera. La stessa lettera è stata poi posta all'esterno con l'ausilio di un nastro adesivo. Il sacco A, quindi, quello relativo al luogo in cui è stato trovato il corpo della vittima, non è stato trovato"; qualcuno, conclude il giornalista, "ha sostituito le lettere, il sacco I è diventato A, e il vero sacco A è sparito"»;
appare inquietante che reperti importanti possano sparire o - come il settimanale adombra - essere sottratti -:
se non ritengano di dover promuovere, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà attività ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza.
(4-12496)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
nella giornata di lunedì 27 giugno 2011, le forze dell'ordine, su mandato del Ministro dell'interno, hanno liberato il sito della Maddalena di Chiomonte dall'occupazione abusiva da parte di una frangia del movimento No-Tav;
questo intervento si è reso necessario vista la totale indisponibilità da parte di quei manifestanti di consentire l'avvio del cantiere per la realizzazione della galleria geognostica propedeutica alla realizzazione del tunnel che collegherà la Francia all'Italia;
durante l'operazione, una frangia di circa 300 appartenenti ai centri sociali e a gruppi anarco-insurrezionalisti, hanno aggredito con pietre, bulloni e pece calda i reparti di polizia, carabinieri, Guardia di finanza e Guardia forestale causando 62 feriti;
solidarietà e vicinanza va alle forze dell'ordine vittime di questo attacco squadrista, oltre all'apprezzamento per la serietà e responsabilità con la quale il questore ha condotto l'intera operazione;
l'apertura del cantiere risponde all'ultimatum della Commissione europea che definiva il 30 giugno 2011, come termine ultimo per non perdere i finanziamenti;
dopo gli scontri avvenuti nella giornata di lunedì il presidente della comunità Montana Val Susa e Val Sangone ha preso le distanze dai settori violenti del movimento chiedendo la convocazione di un tavolo politico istituzionale;
affinché il percorso sia completo è necessario che il Governo francese e quello italiano sottoscrivano l'accordo intergovernativo sulla ripartizione dei costi dell'opera tra i due Stati;
il Governo ha assunto a più riprese l'impegno con le popolazioni locali a finanziare le opere di compensazione e sviluppo delle aree interessate dal cantiere;
su questo punto nel cosiddetto decreto-legge sviluppo n. 70 del 2011, recentemente dalla Camera è presente all'articolo 4 una norma che riduce dal 5 per

cento al 2 per cento la percentuale delle risorse disponibili per le compensazioni territoriali;
tale norma si applica a tutte le infrastrutture che non abbiano ancora superato l'esame della commissione VIA -:
se e quando il Governo italiano e quello francese sottoscriveranno il trattato intergovernativo sulla ripartizione dei costi dell'opera come richiesto dalla Commissione europea;
se il Governo intenda impegnarsi formalmente a riconoscere il progetto della tratta internazionale e nazionale della Torino-Lione come infrastruttura strategica non soggetta alla norma contenuta all'articolo 4 del cosiddetto decreto Sviluppo n. 70 del 2011, in quanto lo stesso è una variante del progetto approvato sia in sede di VIA sia in sede di CIPE nel 2005;
se il Governo intenda assumere fin da ora l'impegno a riconoscere una cifra pari a quella del 5 per cento sul costo complessivo dell'opera, circa 250 milioni di euro, al fine di garantire risorse adeguate agli interventi previsti nel piano strategico redatto dalla provincia di Torino e condiviso dalla regione Piemonte e dal Governo;
se il Governo, in accordo con gli enti locali e il presidente dell'Osservatorio tecnico per il collegamento ferroviario Torino-Lione Architetto Mario Virano, intenda convocare un tavolo politico con il presidente della comunità Montana Val Susa e Val Sangone, al fine di offrire e verificare la reale disponibilità manifestata, pur senza interrompere il cantiere di Chiomonte.
(2-01137)
«Esposito, Ventura, Barbi, Bobba, Boccuzzi, Damiano, Fassino, Fiorio, Lovelli, Giorgio Merlo, Portas, Rampi, Rossomando».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PES, MELIS, FADDA e SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 20 dicembre 2010, si è svolta una conferenza di servizi convocata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'approvazione del progetto «Comune di Tresnuraghes-Installazione di un sistema radar costiero di profondità»;
l'intervento consiste nell'installazione di un sistema di radar costiero di profondità in località Torre d'Ischia Ruggia nel comune di Tresnuraghes (Or), facente parte di un progetto più ampio che, per la regione Sardegna, prevede quattro siti a protezione della costa occidentale relativamente agli sbarchi di clandestini e più in generale per l'individuazione di traffici illeciti;
il progetto si inserisce nell'ambito della realizzazione di una rete di radar di profondità che potenzia il sistema di Comando, controllo, comunicazioni, computing ed informazioni C41) del comparto aeronavale della Guardia di finanza attraverso la determinazione di una zona marina di battimento radar al largo delle coste occidentali della regione Sardegna;
le opere richieste dal punto di vista infrastrutturale consistono nella realizzazione di un traliccio su relativo plinto di fondazione e di un piedistallo in ferro di circa 2 metri di altezza per l'antenna del radar e nell'installazione di uno shelter metallico che comprende le apparecchiature necessarie;
sul traliccio sarà posizionata la parabola del ponte radio, mentre sul tetto dello shelter sarà installata l'antenna del radar;
l'antenna del radar è un sistema rotante con emissione elettromagnetica in banda X (9 GHz) in direzione del mare;

l'antenna del ponte radio è un sistema radiante fisso e direttivo di 120 centimetri di diametro operante nella banda 15 GHz in direzione Baucamedda;
il progetto interessa un'area ad elevato valore ambientale e paesaggistico, sottoposta a tutela ZPS;
gli interventi per la realizzazione dell'impianto radar potrebbero comportare delle modifiche morfologiche ai caratteri ambientali;
la conferenza di servizi svoltasi il 20 dicembre 2010, tra le altre prescrizioni, prevedeva che i lavori fossero interrotti dal 30 marzo al 30, giugno per preservare il ripopolamento della fauna selvatica;
la direzione generale dell'ambiente della regione Sardegna, con determinazione del 2 maggio 2011, ha rilasciato una deroga che permette il prosieguo dei lavori;
un gruppo di cittadini sta presidiando la zona, bloccando l'avvio delle opere per paura che le onde elettromagnetiche arrechino danno alla salute e per difendere l'area protetta nella quale sorgerebbe la struttura;
appaiono delle incongruenze rispetto al progetto: l'area delimitata non corrisponderebbe a quella presentata sulla carta, le dimensioni del radar, del basamento e del traliccio non sarebbero diverse da quelle indicate inizialmente;
un analogo progetto per l'installazione di un sistema radar costiero di profondità è previsto nella località Argentiera nel comune di Sassari;
in questo caso le opere richieste dal punto di visto infrastrutturale consistono nella realizzazione di due recinti distinti: nel primo è prevista l'installazione di un traliccetto su relativo plinto di fondazione e di un piedistallo in ferro di circa 2 metri di altezza per l'antenna del radar, nel secondo l'installazione di un shelter metallico che contiene tutte le apparecchiature necessarie;
sul traliccio sarà posizionata la parabola del ponte radio e sul sostegno la parabola del radar;
l'antenna del radar è un sistema rotante con emissione elettromagnetica in banda X (9 GHz) in direzione del mare;
l'antenna del ponte radio è un sistema radiante fisso e direttivo di 60 centimetri di diametro operante nella banda 15 GHz;
il sindaco del comune di Sassari ha inviato una nota al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti facendo presente che l'installazione del radar «va ad insediarsi in uno degli angoli incontaminati e più importanti dal punto di vista naturalistico dell'intera Sardegna, deturpando in maniera definitiva l'aspetto, i luoghi e l'ambiente»;
sul sito della casa costruttrice degli impianti radar si può vedere un filmato pubblicitario che illustra i sistemi d'arma destinati alle sea-capabilities, nei quali il radar ELM-2226 compare a più riprese. Come si può vedere nella brochure pubblicitaria, questo dispositivo ha grandi capacità di individuazione dei bersagli (oltre 200 target simultanei) ed è capace di individuare il periscopio di un sottomarino tra i flutti o un piccolo gommone a 20 chilometri di distanza. Le sue capacità di definizione degli oggetti nello spazio e nel tempo dovrebbero consentirgli di stabilire la velocità e la direzione dei target e addirittura di stabilirne le dimensioni. Per poter fare tutto ciò naturalmente deve poter emettere un fascio di microonde estremamente intenso e concentrato;
si tratta, stando alle prime notizie raccolte, di radar del tipo ELM-2226, fabbricati dalla ELTA-Systems, del gruppo IAI, nota multinazionale degli armamenti israeliana, parte di un sistema di armamenti destinati alla proiezione di potenza navale;
spesso, chi sostiene la non pericolosità di quest'ordigno, ne cita la bassa potenza (appena 50 watt); ma è un dato ingannevole. Il radar non emette la sua

potenza in tutte le direzioni ma la concentra in un fascio con un <guadagno d'antenna> di 37 o 38 decibel, corrispondenti ad una amplificazione di 5-6000 volte. In pratica questo radar si comporta come un faro, che emette un fascio di microonde estremamente concentrato, in modo da poter illuminare oggetti a grande distanza. Chi malauguratamente si trovasse ad essere investito da questo fascio di microonde, si troverebbe quindi esposto a una densità di potenza molto elevata e potenzialmente assai pericolosa. Le microonde, oltre una certa soglia di intensità, sono in grado di provocare effetti dannosi sugli organismi, di due diversi tipi:
a) quando sono molto intense provocano darmi immediati all'organismo, necrosi, ustioni soprattutto agli occhi, cervello, gonadi;
b) quando sono più deboli, ad una esposizione prolungata a bassi livelli di microonde cresce il rischio di contrarre leucemie e linfomi;
per queste ragioni, dal 2001 (legge n. 36 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003) è stata emanata una specifica normativa (soglia cautelativa per gli effetti acuti, protezione per gli effetti cronici);
a parte le eventuali conseguenze sulle persone, gli effetti di questo radar sulla natura sono particolarmente deleteri (danni agli uccelli, in quelle zone spesso appartenenti razze protette, e agli insetti impollinatori);
la Guardia di finanza ha più volte dichiarato che le installazioni previste per questo radar sono 18 in tutta Italia, dalla Liguria all'Adriatico -:
se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se non ritengano opportuno vigilare, per quanto di competenza, perché sia garantita l'assenza di pericolo di inquinamento elettromagnetico per la popolazione e per le zone interessate;
se non ritengano necessario adoperarsi per tutelare le aree ad elevato valore ambientale interessate dal progetto e rispettare il principio di leale collaborazione sancito dalla Costituzione che impegna lo Stato a confrontarsi con gli enti locali in un clima di trasparenza e collaborazione.
(5-05001)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le ultime direttive di Trenitalia (formulate unilateralmente e non concordate con le parti sociali), con la soppressione di numerosi treni lungo l'asse Nord Ovest/Est - Sud, hanno determinato una palese violazione degli standard minimi qualitativi del servizio di trasporto ferroviario;
con l'entrata in vigore del nuovo orario ferroviario dal 1o marzo 2011, è stato soppresso il collegamento ferroviario Agrigento-Villa San Giovanni-Milano, la cosiddetta «Freccia del Sud», senza che nessuno, comprese le autorità, fosse stato informato del disservizio;
sono stati eliminati ben 12 convogli a lunga percorrenza di collegamento tra la Calabria con Torino, Milano e Genova, determinando in tal modo una pesante penalizzazione del turismo verso il Sud e compensando questo significativo taglio del servizio, che soddisfaceva le esigenze di 700-900 passeggeri giornalieri, con il potenziamento di un solo treno notturno;
i treni a lunga percorrenza sono privi di decoro e senza personale addetto alle pulizie;
un altro e non meno grave problema a danno del viaggiatore, riguarda gli effetti del regolamento europeo 1371 a cui l'Italia si è adeguata dal 2007: il rimborso del 50 per cento del biglietto scatta solo per un ritardo superiore alle 2 ore. Ciò si rivela a danno e non a favore dei consumatori annullando il diritto al rimborso acquisito

dopo 30 minuti di ritardo, nonostante il propagandato trionfo dell'alta velocità;
dalla Sicilia non partono più treni diretti a Milano, Torino e Venezia;
i treni in Sicilia, con il nuovo piano di Trenitalia, sono stati tagliati e questo si traduce in un taglio di posti e sovraffollamento dei treni rimasti;
le condizioni igieniche dei treni che provengono o partono dalla Sicilia sono assolutamente fuori da ogni norma igienica;
che anche il Ministro Tremonti, durante un viaggio da Roma a Reggio Calabria ha affermato che: «I moscerini sono più veloci...»;
chi proviene dalle Isole minori (Egadi, Eolie, Pelagie) è costretto ad un viaggio inumano e senza alcuna agevolazione economica -:
quali iniziative di competenza del Governo e quali interventi il Ministro interrogato intenda adottare al fine di tutelare i cittadini, gli imprenditori e gli operatori turistici;
se il Ministro interrogato abbia verificato le scelte di Trenitalia e gli effetti che producono sul territorio interessato dal trasporto su rotaie, in particolare da e verso la regione Sicilia.
(4-12459)

D'AMICO, CHIAPPORI e FORCOLIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'inquinamento, sia acustico che ambientale, crea gravi problemi per la salute pubblica e sono varie le norme, a livello europeo, nazionale e locale, che disciplinano l'inquinamento prodotto dalle infrastrutture del trasporto aereo;
la Commissione europea, con il sesto programma di azioni per l'ambiente, ha posto come obiettivo quello di ridurre del 20 per cento entro il 2020 il numero di persone esposte sistematicamente ad elevati livelli di inquinamento acustico, rispetto alle stime del 2000;
la commissione aeroportuale per le procedure antirumore dell'aeroporto di Milano Linate, istituita nel 1997 e composta da rappresentanti delle amministrazioni statali, regionali e comunali e dai vari enti e società coinvolti nella gestione dello scalo, ha messo in atto, negli ultimi anni, una sperimentazione per minimizzare l'impatto del rumore e dell'inquinamento sulla popolazione dei comuni limitrofi all'aeroporto, provvedendo ad ampliare le zone utilizzate per le rotte di decollo;
la fase di sperimentazione, iniziata nel 2007, ha coinvolto il comune di Cassina de' Pecchi ed altri comuni ad est di Milano, i cui cieli sono improvvisamente entrati a far parte delle rotte utilizzate, senza che gli amministratori locali dei comuni interessati fossero doverosamente informati e coinvolti nella decisione;
in seguito al lavoro svolto dalla commissione, l'Arpa ha ricevuto mandato di elaborare, con il supporto di Sea, sulla base dei risultati delle sperimentazioni effettuate, un nuovo scenario in grado di rispondere alle esigenze manifestate da tutti i rappresentanti territoriali, e questo presupporrebbe che anche gli amministratori locali del comune di Cassina de' Pecchi, come già altri comuni ad est di Milano, fossero coinvolti nelle scelte decisionali;
in data 6 maggio 2009, la commissione ha deliberato la zonizzazione acustica approvando all'unanimità le fasce di rispetto ufficiali delle zone limitrofe all'aeroporto internazionale di Linate, determinando nel 2010 l'avvio delle azioni di mitigazione;
ad oggi, in seguito alla nuova rotta con virata ad est, si sono registrati dei miglioramenti sulla situazione di alcuni comuni della zona dell'aeroporto di Linate, ma si sono contemporaneamente registrati dei netti peggioramenti sulla situazione

di altri comuni: il numero di sorvoli su Cassina de' Pecchi risulta destare serie preoccupazioni perché giudicato troppo elevato e causa di una serie di problemi fra cui l'eccessivo inquinamento acustico, ma anche l'inquinamento ambientale e, conseguenza diretta dei primi due problemi, anche causa di un deprezzamento degli immobili di tutto il comune;
l'articolo 3-ter del codice dell'ambiente stabilisce che la tutela dell'ambiente deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente -:
se i Ministri siano al corrente che le iniziative messe in atto per minimizzare l'impatto dell'inquinamento acustico sugli abitanti di alcuni comuni limitrofi all'aeroporto di Linate abbiano avuto come conseguenza l'innalzamento dell'inquinamento acustico per gli abitanti di altri comuni vicini, come quello di Cassina de' Pecchi, e se non si ritenga necessario, a tal proposito, prevedere urgentemente che la commissione aeroportuale di Linate includa, fra i propri partecipanti, anche gli amministratori locali dei comuni interessati dalle nuove rotte al fine di trovare soluzioni condivise, ispirate ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, così come previsto dall'articolo 3-ter del codice dell'ambiente, anche valutando la possibilità di porre fine ai sorvoli sul comune di Cassina de' Pecchi.
(4-12464)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Luino, comune in provincia di Varese al confine con la Svizzera, ha denunciato le problematiche legate alla chiusura totale del valico commerciale comunitario di Zenna Dirinella, prevista a decorrere dal 1o settembre 2011;
la chiusura, come ha sottolineato lo stesso sindaco Andrea Pellicini, è stata decisa dall'Agenzia delle dogane italiana e dalla direzione delle dogane di Lugano, ed è quindi estranea da qualsiasi coinvolgimento di organi nazionali ed europei;
la scelta suscita molte perplessità, soprattutto perché si tratta di un valico autorizzato al transito comunitario, e la sua chiusura causerebbe numerose ricadute economiche negative sul territorio, come denunciato anche da molti operatori di case di spedizione e aziende artigianali della zona;
la chiusura del valico causerebbe serie limitazioni alla competitività delle imprese locali e, quindi, allo sviluppo economico. Si verificherebbero, inoltre, danni alla viabilità, per la maggiore percorrenza chilometrica per raggiungere altre dogane, e per l'aumento esponenziale del traffico verso la dogana di Ponte Tresa, derivato anche dalla sosta per l'espletamento delle pratiche;
il passaggio di camion e mezzi pesanti sulla strada provinciale 61 Luino-Lavena-Ponte Tresa, potrebbe inoltre rivelarsi difficoltoso nel tratto di Cadegliano Viconago, già interessato da frane con sospensione della circolazione sulla strada;
sono in corso lavori di ampliamento della strada statale 394 nel tratto Luino-Maccagno, che consentiranno un collegamento più rapido e agevole con il Gambarogno e la piana di Magadino in territorio elvetico;
il sindaco di Luino Andrea Pellicini, sostenuto da altri sindaci della zona e dagli operatori del territorio, preso atto dell'importanza strategica del valico di Zenna Dirinella, ha rivolto esplicito appello al Parlamento affinché intervenga, come accaduto ad esempio per la precedente

e similare vicenda legata al valico comunitario di Porlezza/Gandria -:
se i Ministri, data la rilevanza del problema, non ritengano indispensabile assumere iniziative per evitare la chiusura del valico di Zenna Dirinella, che causerebbe gravi problematiche all'economia della zona e alla sua viabilità;
se i Ministri non intendano valutare la possibilità di indire una o più conferenze di servizi, coinvolgendo gli enti direttamente interessati dal problema, per proporre una linea di azione sinergica e basata sulle effettive necessità del territorio.
(4-12466)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il contenimento dei costi della politica e della spesa pubblica in generale rappresenta un tema fortemente sentito da parte dall'opinione pubblica, soprattutto in un momento storico, come quello attuale, in cui precarietà, licenziamenti, cassa integrazione, disoccupazione, famiglie in difficoltà e imprese sull'orlo del fallimento costituiscono ormai esperienza quotidiana per milioni di persone;
tra i costi della politica avvertiti dai cittadini italiani come particolarmente ingiusti e immotivati appaiono, tra gli altri, e senza alcun dubbio, come si rileva da numerosi articoli di stampa nazionale e locale, quelli relativi all'assegnazione delle cosiddette auto blu o dei servizi di scorta personale nei confronti di numerosissime personalità pubbliche;
da uno specifico allegato alla relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione presentata il 20 ottobre 2011 dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta, emerge chiaramente come il costo per il parco auto in dotazione alla pubblica amministrazione pesi in maniera particolarmente significativa sui bilanci delle pubbliche amministrazioni. In particolare, secondo i dati raccolti ed elaborati da Formez PA, il parco auto delle pubbliche amministrazioni risulta composto da circa 86.000 autovetture (escluse quelle con targhe speciali e/o dedicate a finalità di sicurezza e vigilanza). Di queste, 5.000 sono «blu blu» (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali); 10.000 «blu» (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e circa 71.000 «grigie» (senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative). Nella pubblica amministrazione centrale (Ministeri, agenzie, università, enti pubblici) sono presenti circa 3.000 auto «blu blu», 5.500 auto «blu» e un numero molto limitato di auto «grigie» (1.500). Nelle amministrazioni regionali e locali si concentra, al contrario, la quasi totalità delle auto «grigie» (oltre 70.000), circa 2.00 auto «blu blu» e 4.000 auto «blu». Le autovetture risultano in larga misura di proprietà: 81 per cento per le amministrazioni locali e 57 per cento per le amministrazioni centrali. Dal monitoraggio emerge, inoltre, che la spesa media annuale onnicomprensiva (consumi, ammortamento, stazionamento e personale) è di circa 138.000 euro per ogni auto «blu blu», di 79.800 euro per ogni auto «blu» e di 16.100 euro per ogni auto «grigia». Ne consegue, come si legge nella citata relazione al Parlamento, che la spesa totale dell'intero parco autovetture risulti quindi pari a 1 miliardo di euro e che il costo complessivo di tutto il personale addetto al parco autovetture sia di circa 2 miliardi di euro, cui si aggiunge almeno 1 miliardo di euro per le autovetture dedicate ai servizi speciali e di vigilanza urbani nei quali sono impegnate altre 12.000 unità. In conclusione, i costi sopportati dallo Stato e, quindi, dai contribuenti per garantire la funzionalità del parco auto in dotazione alla pubblica amministrazione ammonta almeno a 4 miliardi di euro l'anno, anche

se, secondo altre rilevazioni, potrebbero raggiungere la cifra di ben 5 miliardi euro;
nel nostro Paese, ogni giorno, migliaia di dipendenti pubblici appartenenti alle Forze dell'ordine sono impiegati per proteggere centinaia di personalità sotto tutela. Una stima ufficiosa pubblicata sul settimanale L'Espresso del 10 gennaio 2011 ha rilevato addirittura che per le scorte personali vengono mobilitati più di 4000 uomini con 2000 vetture e che tutto questo tra stipendi, auto e carburante gravi sull'erario per oltre 250 milioni di euro l'anno -:
quali provvedimenti urgenti il Governo intenda assumere, nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di limitare drasticamente la dotazione e l'utilizzo delle autovetture di servizio delle pubbliche amministrazioni garantendo che le misure tese ad assicurare la tutela e la protezione delle personalità pubbliche vengano assunte nei confronti di soggetti realmente esposti a effettive situazioni di rischio, in conformità a quanto previsto dal decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002 n. 133.
(3-01719)

VILLECCO CALIPARI, MARAN, AMICI, GIACHETTI, QUARTIANI, TOUADI, MARGIOTTA, LIVIA TURCO e LUONGO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la trasformazione in centri di identificazione ed espulsione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo (cara), creati per gestire «l'emergenza profughi» successiva agli sconvolgimenti del bacino del Mediterraneo, è diventata operativa con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della relativa ordinanza emanata dal Ministero dell'interno;
tra questi il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, è stato dichiarato formalmente centro di identificazione ed espulsione (cie), almeno fino al 31 dicembre 2011;
il centro, che era stato allestito e gestito dalla Croce rossa, ospitava circa 600 tunisini dai 18 ai 35 anni, la maggior parte dei quali, arrivati in Italia prima del 5 aprile 2011, ha ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo ed è stata accompagnata alle stazioni ferroviarie di Melfi, Potenza o Foggia;
allo stato sono circa 56 le persone rimaste in quello che è stato trasformato repentinamente in un centro di identificazione ed espulsione: la struttura, costruita e allestita in fretta e furia, scavalcando tutte le normative edilizie e di sicurezza, è stata, nei fatti, trasformata da campo di accoglienza a luogo di reclusione, con conseguente e pressoché immediato allontanamento di stampa e televisioni;
in seguito, a stretto giro di posta, anche la Croce rossa è stata fatta uscire dalla struttura;
il centro di identificazione ed espulsione è gestito interamente dalle forze dell'ordine e da una società privata, la Connecting people, un consorzio d'imprese con sede a Trapani che gestisce per conto del Ministero dell'interno praticamente tutti i centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale;
le condizioni in cui sono costretti a vivere i reclusi nel centro di identificazione ed espulsione di Palazzo San Gervasio sono assolutamente inumane, anche considerata la totale inadeguatezza della struttura, che non è dotata di servizi igienici adeguati all'accoglienza di centinaia di persone, né delle minime condizioni necessarie alla vivibilità del centro: non si sa, inoltre, se all'interno sia assicurato un presidio medico permanente, il cibo sembra sia scarso e il vestiario è stato donato interamente dalla raccolta indumenti a cui hanno contribuito la popolazione e la Caritas;

non si ha, inoltre, alcuna assicurazione che i tunisini siano stati informati in merito alla possibilità di fare comunque richiesta di asilo politico e, intorno al campo, che era circondato da una blanda recinzione in ferro, è stato costruito un muro in cemento armato alto alcuni metri;
nessuna associazione ha ancora potuto avere accesso al nuovo centro di identificazione ed espulsione, neppure l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, né i migranti hanno potuto avere colloqui con avvocati di fiducia, poiché i legali che possono avere accesso al centro di identificazione ed espulsione vengono «filtrati» dal giudice di pace competente che ha assegnato solo ed esclusivamente avvocati d'ufficio;
dal 1o aprile 2011 una circolare firmata dal Ministro interrogato (protocollo n. 1305 del 1o aprile 2011), indirizzata ai prefetti, ha previsto che «in considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l'accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), Croce rossa italiana (Cri), Amnesty international, Medici senza frontiere, Save the children, Caritas, nonché a tutte le associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei», introducendo, ad avviso degli interroganti proditoriamente, un meccanismo ad excludendum, che non consente l'accesso alla stampa nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, e mettendo in atto, tra l'altro, una gravissima riduzione dei diritti d'informazione e una violazione del principio costituzionale della libertà di stampa, di cui all'articolo 21 della Costituzione;
i migranti «ospitati» nella struttura di Palazzo San Gervasio, ad avviso degli interroganti, sono, a tutti gli effetti, dei reclusi e, allo scadere della loro detenzione nel centro di identificazione ed espulsione, verranno rimpatriati, in quanto, a causa del loro arrivo successivo alla data del 5 aprile 2011, non potranno neanche usufruire dei permessi di soggiorno temporanei, con una grave violazione del principio di uguaglianza;
la Corte di giustizia europea, con una sentenza del 28 aprile 2011, «Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia - direttiva 2008/115/CE - Rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare - articoli 15 e 16 - Normativa nazionale che prevede la reclusione per i cittadini di Paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza all'ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro», ha stabilito che l'Italia non può punire con la reclusione gli immigrati irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese;
secondo i giudici europei la detenzione dei cittadini irregolari rischia di compromettere la politica europea in materia di allontanamento e di rimpatrio per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali;
la scelta di aprire i tre nuovi centri di identificazione ed espulsione, tra l'altro, si scontra con i numeri dell'immigrazione che il Commissario agli affari interni dell'Unione europea, Cecilia Malmstrom, ha esposto nel corso della presentazione del piano per una politica comune europea in materia di immigrazione: a fronte delle 650mila persone fuggite dalla Libia, soltanto 25mila sono arrivate in Italia. «La temporanea reintroduzione di controlli limitati dei confini interni», ha spiegato la Commissaria in riferimento alla tanto discussa «area Schengen», è possibile «in circostanze particolarmente eccezionali» e un'eventuale decisione - che di fatto rappresenterebbe una sospensione temporanea degli accordi di Schengen - per Bruxelles dovrebbe essere presa in considerazione

come «ultima risorsa» e decisa «a livello europeo» -:
se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti, non ritenga di dover procedere all'immediata chiusura di quello che è diventato il centro di identificazione ed espulsione di Palazzo San Gervasio, interrompendo immediatamente i lavori per il suo ampliamento, che sono già iniziati.
(3-01720)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:

BRESSA, GRAZIANO e PICIERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'associazione Comunità di Capodarco Teverola, costituita nel 1997, è sede locale del Movimento nazionale di Capodarco E.M., attualmente presieduto da monsignor Vinicio Albanesi. L'associazione si articola in una comunità di tipo familiare che accoglie minori di area civile;
la casa famiglia, Compagnia dei Felicioni, prende in carico residenziale bambini segnalati dalle strutture pubbliche, in particolare dal tribunale e dai servizi sociali dei comuni, offrendo un servizio di accompagnamento alle famiglie in situazioni disagiate e a persone immigrate singole o organizzate in nuclei parentali. Promuove altresì incontri di formazione sull'affido familiare;
nella provincia di Caserta, questa significativa esperienza di uso sociale dei beni confiscati alle mafie, la casa famiglia della comunità, a partire dal 2002, si è trasferita a Trentola Ducenta, nell'immobile sito in via Romaniello 110/a;
di recente, il sindaco del luogo ha disdetto il contratto di comodato d'uso gratuito per l'utilizzo sociale del bene confiscato alla camorra, senza che si comprendano la priorità del provvedimento assunto con celerità e le motivazioni politiche sottese alla scelta;
questo spiacevole episodio segue un analogo atteggiamento assunto precedentemente, giacché nel 2002, il sindaco, con nota n. 7652 del 2 luglio 2002, notificata in data 5 luglio 2002, ha proceduto a revocare il contratto di comodato d'uso gratuito relativo all'immobile, ritenendo non efficace il contratto e giustificando tale scelta con la motivazione per cui la destinazione in uso era relativa solo a una parte della casa famiglia della comunità e non al suo intero;
nello stesso anno, a seguito di ricorso al Tar del Lazio da parte della Compagnia dei Felicioni, il giudice amministrativo, con ordinanza cautelare n. 5439 del 26 settembre 2002, ha provveduto a sospendere gli effetti della decisione assunta dal sindaco;
simili atteggiamenti vanificano la pratica cittadina che la Compagnia dei Felicioni porta avanti da anni con soddisfazione, essendo riconosciuta una delle migliori esperienze provinciali e nazionali di riuso sociale di un bene confiscato, e mortificano l'attività dei suoi operatori che, accogliendo nella struttura tantissimi minori in stato di abbandono o di grave disagio, hanno dato loro un luogo sicuro, fatto di affetto e comprensione, educazione e formazione, e hanno promosso in loro speranza e ottimismo;
ad oggi, però, malessere e stress emotivo sono i sentimenti diffusi nella struttura, tra gli operatori e i minori presi in carico;
resta di fondamentale importanza mantenere alta l'attenzione sull'amministrazione, sull'utilizzo e sulla destinazione finale dei beni sequestrati. La sottrazione di questi beni all'economia della criminalità organizzata, la loro virtuosa ed efficiente gestione, il loro fruttuoso utilizzo e il reimpiego in attività di interesse civile e sociale possono rappresentare una vitale risposta sia per i territori soggetti ai fenomeni

criminali, sia per gli uomini e per le istituzioni impegnate nel contrasto al crimine organizzato -:
se, alla luce della gravità di quanto premesso, il Ministro non ritenga di far luce su quanto accaduto e quali iniziative intenda assumere, anche per il tramite dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al fine di garantire la continuità della positiva esperienza della struttura, in relazione a tutte le attività in corso, evitando che questo simbolo di riscatto della comunità sia mortificato.
(5-05008)

TASSONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la violenza criminale avvolge, oramai, in tutto e per tutto, il territorio vibonese e reggino;
incendi ed intimidazioni si susseguono ad un ritmo incessante: a Pannaconi di Cessaniti è stata presa di mira l'autovettura del parroco, don Tonino Vattiata, componente del coordinamento di Libera (l'associazione che opera contro le mafie fondata da don Ciotti); a Parghelia, ignoti hanno dato alle fiamme l'auto del capogruppo dell'opposizione, Pino Vita, già candidato a sindaco alle ultime elezioni amministrative, vecchio dirigente del Partito Repubblicano e oggi esponente del Pd; a Vibo Valentia, il fuoco ha divorato l'autovettura di Marika Aiello, figlia dell'ex assessore all'urbanistica di palazzo «Luigi Razza»; a Monasterace, nella locride, è stata incendiata la farmacia di proprietà del sindaco Maria Carmela Lanzetta;
tutto ciò costituisce una escalation delinquenziale inarrestabile di fronte alla quale vanno supportate con ulteriori mezzi le forze di polizia che svolgono quotidianamente con estrema abnegazione il loro lavoro;
si susseguono le interrogazioni parlamentari, gli attestati di solidarietà, ma non dà certo segni di cedimento una violenza cieca ed inaudita che colpisce indiscriminatamente imprenditori, operatori turistici, commercianti, sindaci e amministratori;
non si può accettare l'indifferenza del Governo davanti ad episodi gravissimi come questi: gli amministratori locali sfidano ogni giorno la malavita, sono i primi bersagli della criminalità, subiscono anche il malcontento dei cittadini e troppo spesso rischiano la vita per difendere la legge e le istituzioni democratiche;
i sindaci e gli amministratori non devono essere lasciati soli nell'impegno che portano avanti con dedizione, competenza e trasparenza per far avanzare processi di crescita civile e mettere in moto un nuovo percorso di cambiamento e di sviluppo;
come osservato da più parti, occorre valutare tutte le iniziative possibili da mettere in campo non solo per denunciare pubblicamente tali gravi intimidazioni, ma soprattutto, per demarcare in modo netto quella linea di confine che esiste tra chi sta dalla parte delle istituzioni e chi invece si illude di riuscire a piegare e condizionare l'operato di amministratori pubblici, attraverso l'uso della minaccia -:
se non intenda dispiegare tutte le energie possibili, al fine di affrontare questo tipo di criminalità che crea l'humus per la malavita organizzata, iniziando a fare piena luce sull'accaduto (anche perché fino ad oggi non è stato individuato alcun responsabile), nonché garantire cosi la sicurezza dei cittadini.
(5-05009)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la manovra finanziaria 2009 ha sottratto al comparto sicurezza risorse per un miliardo di euro per il triennio 2009-2011; con la manovra 2010 sono stati tagliati altri 600 milioni di euro;

anche sul versante del riordino delle carriere, le risorse accantonate sono state destinate ad altri utilizzi;
infine, nel mese di giugno 2011 saranno tagliate del 50 per cento le risorse destinate agli straordinari;
questi «tagli» radicali al comparto sicurezza rischiano di ridimensionare drasticamente la capacità operativa delle forze di polizia;
in particolare, nella provincia di Perugia l'anno scorso sono andati in pensione venti poliziotti e non sono stati rimpiazzati; ad oggi in tutta la provincia i vari comparti di polizia contano in tutto 550 unità, largamente insufficienti a garantire servizi adeguati ai cittadini;
inoltre, all'aeroporto di Sant'Egidio, al centro di un importante progetto di ampliamento e valorizzazione, sono in forza soltanto otto poliziotti, che devono coprire tre turni e sono privi di un servizio mensa;
nel gennaio del 2011 è stato firmato, tra il Ministro interrogato e le istituzioni comunali e provinciali, il rinnovo del patto per Perugia sicura, uno strumento fondamentale per la lotta alla criminalità e per garantire la sicurezza dei cittadini, che necessita, però, per essere pienamente attuato, di un aumento dell'organico delle forze dell'ordine -:
se non ritenga necessario un intervento urgente per rimpiazzare i membri delle forze dell'ordine andati in pensione nella provincia di Perugia e per garantire con nuove risorse la piena attuazione del patto per Perugia sicura.
(5-04991)

PES, CALVISI, FADDA, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU, SORO e MURGIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si è appreso dalla stampa (articolo pubblicato il 19 maggio 2011 dal quotidiano La Stampa «Occupazioni selvagge, presidi con bandiere, assalti per fermare le ruspe (....) nel centro e sud Italia divampa la protesta di cittadini, sindaci e ambientalisti per bloccare i "radar della discordia"») che si stanno verificando in molte aree del Centro e del Sud del Paese proteste popolari aventi lo scopo di bloccare la realizzazione di una potente rete di sensori radar «anti-scafisti» in alcuni degli angoli incontaminati delle più belle coste italiane;
nel mirino sarebbero finite la Sardegna (Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes, e Capo Argentiera nel comune di Sassari), la Puglia (Santa Maria di Leuca), la Sicilia (Capo Murro di Porco a Siracusa), la Calabria e la Liguria;
l'installazione avverrebbe per conto della Guardia di finanza, anche per il tramite del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da parte della società romana Almaviva (già Finsiel) ed i radar (nome in codice EI/M-2226) sarebbero di produzione israeliana (Elta System, controllata dalla compagnia statale Aerospace Industries);
lo scopo dell'intervento sarebbe quello di prevenire l'immigrazione clandestina, il traffico di droga, gli attacchi terroristici, il contrabbando e la pesca illegale; questi radar a micro-onde infatti riuscirebbero a monitorare la superficie del mare a una distanza di 30-40 miglia e ad individuare natanti anche di piccola dimensione;
particolarmente pesante sembrerebbe l'intervento che si sta profilando in Sardegna, dove i siti individuati per la posa dei tralicci e delle parabole sono alcuni dei punti più suggestivi dell'intera costa occidentale: Capo Pecora a Fluminimaggiore, Capo Sperone a Sant'Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes e Capo Argentiera nel comune di Sassari;
in particolare, nel sito di Tresnuraghes (territorio classificato come zona di

protezione speciale e come tale sottoposto a rigidi vincoli di natura ambientale per consentire il ripopolamento della fauna selvatica) i lavori sarebbero stati autorizzati dalla regione Sardegna «in deroga» alle norme di tutela;
l'installazione dei radar potrebbe comportare rischi per la salute dei cittadini, oltre che creare delle servitù militari permanenti e aggiuntive che in Sardegna, in particolare, andrebbero ad aggiungersi alle servitù militari già esistenti, le quali hanno prodotto per la popolazione residente già gravi conseguenze;
assolutamente insufficienti appaiono al riguardo le rassicurazioni del direttore generale di Almaviva, dottor Antonio Amati, secondo il quale «i radar verranno installati su colline, lontane 300 metri dalle coste seguendo le procedure senza imboccare scorciatoie militari. E le emissioni elettromagnetiche saranno inferiori a quelle delle antenne dei telefonini»;
appare viceversa più attuale il rischio che si crei uno «scempio ambientale, urbanistico e paesaggistico», come denunciato pubblicamente tra gli altri da Legambiente Sardegna, che ha chiesto su questi temi l'immediato avvio di un confronto a livello nazionale;
appaiono poco chiare le motivazioni che portano le amministrazioni procedenti a non considerare gli interventi di installazione opere militari e a non ritenere necessaria l'adozione del decreto dichiarativo di tale natura delle opere da parte del Ministero della difesa;
l'articolo 354 del codice dell'ordinamento militare confermerebbe, per le «opere destinate alla difesa nazionale, incidenti su immobili o aree sottoposte a tutela paesaggistica», l'applicazione della procedura di cui all'articolo 147 del cosiddetto codice Urbani (decreto legislativo n. 42 del 2004) e dunque la necessità che sia rilasciata l'autorizzazione paesaggistica a seguito di una specifica conferenza di servizi;
per la localizzazione delle opere militari, è previsto il pronunciamento di uno specifico comitato permanente misto paritetico Stato-regioni -:
se siano state valutate tutte le alternative di localizzazione dei radar al fine di utilizzare siti militari già esistenti, sicuramente nella disponibilità di enti anche diversi dalla Guardia di finanza, e quale autorità competente abbia assunto la responsabilità di procedere al coordinamento delle risorse, dei siti e degli impianti disponibili per ospitare le nuove installazioni;
quali siano, in ragione delle esigenze di trasparenza, le procedure di assegnazione dell'appalto alla società Almaviva;
quale sia l'iter amministrativo che ha condotto al rilascio delle autorizzazioni ad installare questi radar in zone incontaminate delle coste italiane, e in particolare se siano stati acquisiti i nulla osta ambientali e paesaggistici necessari;
se, e con quale decreto, siano state riconosciute tali strutture «opere di difesa militare»;
se vi siano altri siti interessati oltre quelli in precedenza ricordati;
se non ritengano improcrastinabile adoperarsi per tutelare le aree interessate dalle installazioni, tra cui alcune vincolate ai sensi della normativa europea, statale e regionale, per l'elevato valore ambientale, faunistico e paesaggistico;
se non ritengano opportuno avviare un monitoraggio in modo che sia garantita l'assenza di pericolo di inquinamento elettromagnetico per le popolazioni residenti nelle zone interessate;
se non intendano immediatamente avviare, nel rispetto del principio di trasparenza e leale collaborazione tra Stato, regioni, ed enti locali, un confronto aperto sulla necessità di prevedere tali sistemi di difesa nonché sulla loro localizzazione di tali installazioni.
(5-05002)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie riprese da alcune agenzie di stampa, si è venuti a conoscenza che nella notte tra il 25 ed il 26 giugno 2011, persone non identificate hanno incendiato a Monasterace, nella Locride (Reggio Calabria), la farmacia del sindaco Maria Carmela Lanzetta, situata al piano terra dello stabile in cui la stessa vive con la propria famiglia;
l'incendio, che ha causato ingenti danni, distruggendo una gran parte dei materiali conservati nell'esercizio, ha impegnato molto i vigili del fuoco intervenuti, che sono riusciti ad avere ragione delle fiamme dopo più di due ore di intenso lavoro;
da una prima ricostruzione dei fatti è emerso che i malviventi, dopo aver rotto i vetri di una finestra posta in posizione più defilata, lateralmente all'ingresso principale che riaffaccia sulla strada statale 106 Ionica, hanno versato liquido infiammabile, innescando poi l'incendio con il lancio di una pezza imbevuta dello stesso liquido cui era stato dato fuoco;
sulla base di questa ricostruzione risulta evidente che si tratta di un incendio doloso e quindi di un'azione finalizzata ad intimidire il sindaco e l'intera amministrazione comunale impegnati a portare avanti un processo di sviluppo economico e sociale improntato a criteri di democrazia e di trasparenza e ai valori della legalità e della giustizia; appare, altresì, evidente come questo modo di operare sia stato considerato un disturbo ed un ostacolo per le attività illecite di coloro che presumibilmente sono i mandanti dell'azione criminosa di cui trattasi;
al fine di lanciare un messaggio chiaro e forte, sia alla cittadinanza di Monasterace, sia alle organizzazioni criminali, sul fatto che le istituzioni non rimangono ad osservare passivamente gli eventi ma intervengono con prontezza e determinazione ogniqualvolta si verificano fatti di questa natura, è necessario che le forze dell'ordine esercitino il massimo sforzo per assicurare alla giustizia coloro che hanno messo in atto questo vile attentato intimidatorio ed i loro mandanti -:
quali iniziative ritenga opportuno intraprendere il Ministro interrogato per supportare le attività finalizzate all'individuazione dei responsabili del fatto in questione e più in generale per garantire la tutela e la sicurezza delle amministrazioni locali che operano in contesti difficili in quanto caratterizzati dalla presenza attiva e virulenta di organizzazioni di tipo mafioso.
(4-12478)

GRIMALDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni le indagini svolte dalle forze di polizia hanno fatto emergere presunte combine per determinare i risultati di incontri di calcio al fine di incassare ingenti somme derivanti dalle scommesse accettate su questi incontri, con l'operazione denominata Last Bet, che grande visibilità sta ottenendo da tutti gli organi di informazione;
dalle indagini risulta che le scommesse venivano raccolte in prevalenza da reti di raccolta non autorizzate ai sensi della normativa italiana, come ribadito dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) nel comunicato stampa emesso in data 8 giugno 2011, dove ai punti 6 e 7 si afferma che: «I fatti della recente cronaca giudiziaria evidenziano che parte rilevante delle scommesse oggetto di indagine è stata sottratta alla rete ufficiale dei concessionari di Stato e ha utilizzato canali di operatori esteri privi di concessione dello Stato o, addirittura, siti illegali extraeuropei. Ciò ha consentito di aggirare il monitoraggio ai fini delle segnalazioni agli organi competenti. In proposito, è bene ribadire che comunque ogni qualvolta il flusso di gioco si colloca fuori

del circuito ufficiale della raccolta dei concessionari di Stato viene di fatto impedita ogni attività di monitoraggio, verifica, analisi e controllo»; sullo stesso comunicato si asserisce che, su segnalazione dei concessionari dell'AAMS «da ottobre 2010 a tutt'oggi sono stati individuati e segnalati 38 eventi (1 di coppa Italia, 7 di serie A, 14 di serie B, 16 di Lega Pro) dei quali solo una decina riguardano vicende oggi all'attenzione degli organi inquirenti»;
secondo fonti di stampa in data 10 giugno la procura di Cremona ha ascoltato «informalmente» l'operatore estero SkySport365, convocato in maniera formale in data 15 giugno 2011, come annunciato dallo stesso operatore mediante un comunicato stampa, nel quale afferma di aver consegnato un elenco di incontri caratterizzati da flusso anomalo di scommesse riferiti a 31 incontri di serie A, 11 di serie B, 9 di lega Pro e 1 di Coppa Italia e che detta lista «non può essere considerata esaustiva di un fenomeno estremamente diffuso e di portata inquietante»;
in un comunicato stampa diffuso in data 9 giugno 2011, Assosnai, il sindacato di categoria che raggruppa il maggior numero di operatori di gioco italiani che raccolgono scommesse ha denunciato il mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria dalla «task force» istituita di recente presso il Ministero dell'interno così come dall'Alto comitato di vigilanza istituito presso l'AAMS, lamentando la «burocratizzazione dell'accettazione delle scommesse», cosa che «sta avvantaggiando unicamente coloro che dovrebbero essere combattuti: clandestini, reti irregolari, operatori stranieri che operano in Italia senza la concessione AAMS, che fanno concorrenza sleale alla rete AAMS non avendo gli obblighi, le procedure e i costi che gravano sui concessionari di Stato»;
l'operatore denominato SkySport365 opera in Italia nella raccolta delle scommesse senza aver partecipato ai bandi di gara pubblicati dall'AAMS, e quindi senza il necessario titolo concessorio previsto dalla legge italiana per la raccolta di scommesse e, conseguentemente, senza le necessarie autorizzazioni di pubblica sicurezza rilasciate dalle competenti questure;
la raccolta non autorizzata di scommesse effettuata dall'operatore SkySport365 per il tramite dei centri trasmissione dati (CTD) ad esso collegati ha comportato numerosi provvedimenti delle forze dell'ordine di sequestro dei locali e delle attrezzature dei centri trasmissione dati e numerosi procedimenti penali, tuttora pendenti, a carico dei gestori degli stessi centri trasmissione dati per il reato di raccolta abusiva di scommesse previsto dall'articolo 4 della legge n. 401 del 1989, presso le procure della Repubblica di Roma, Napoli, Lecce, Taranto, Reggio Calabria, Chiavari, Velletri, Teramo, Lucca, La Spezia -:
se il Governo sia a conoscenza dei rischi di degenerazione criminale che caratterizzano il settore non regolamentato dei giochi e delle scommesse, con particolare riguardo alla rete dei centri trasmissione dati che si sottrae ad ogni forma di controllo da parte delle autorità italiane;
quali siano le motivazioni dell'esclusione delle associazioni di categoria che rappresentano gli operatori autorizzati dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato alla raccolta delle scommesse, dalla «task force» di recente istituzione presso il Ministero dell'interno e dall'Alto comitato di vigilanza istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma monopoli di Stato;
quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per contrastare efficacemente su scala nazionale l'attività degli operatori che operano in maniera irregolare nella raccolta delle scommesse in Italia, carpendo la buona fede del pubblico degli scommettitori, agendo in regime di sleale concorrenza nei confronti degli operatori dell'AAMS, sottraendo da ogni possibile forma di controllo di AAMS

un cospicuo volume di scommesse su eventi sportivi nazionali e privando l'erario delle entrate derivanti dall'imposta unica applicata sulle scommesse raccolte dalla rete AAMS.
(4-12481)

BIANCOFIORE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'11 giugno 2011, in occasione del 50o anniversario della cosiddetta «notte dei fuochi» con la quale gli irredentisti e i secessionisti altoatesini di lingua tedesca, nel silenzio dello Stato italiano, sono soliti ricordare l'inizio della stagione delle «bombe anti italiane» la consigliera di «Suedtirol Freiheit» (partito tedesco di estrema destra), Eva Klotz, ha presentato un deplorevole manifesto nel quale viene ritratto un terrorista altoatesino condannato a 15 anni e 11 mesi di reclusione - Sepp Kerschbaumer, un traliccio dell'alta tensione saltato, la conca di Bolzano e soprattutto una macchia di sangue con accanto un cappello di ordinanza dell'Arma dei carabinieri;
con detto manifesto la Klotz, richiamando la storia personale di Sepp Kerschabaumer che prima di morire denunciò presunti atti di brutalità riservatigli, ha inteso palesemente accusare i carabinieri di essere «torturatori». Sul manifesto è infatti riportata la parola «Folternachte» che letteralmente significa «Notte di torture»;
il citato gravissimo manifesto è stato promosso e diffuso a livello mondiale dal sito internet del movimento che fa capo ad Eva Klotz, Svenn Knoll e al responsabile del sito internet Werner Thaler;
il procuratore capo della procura di Bolzano, Guido Rispoli, ha aperto un fascicolo per «vilipendio delle forze armate»;
il citato gravissimo manifesto verrà affisso nelle prossime settimane in tutto l'Alto Adige;
il comandante degli Schüetzen, tiratori scelti, Elmar Thaler, si è spinto sempre in occasione della ricorrenza dei 50 anni della notte dei fuochi, non solo ad omaggiare altro terrorista - Sepp Mitterhofer, ma anche ad inneggiare letteralmente «agli attentatori» dichiarando che «gli attentati furono utili» e che «gli attivisti si trovarono nella situazione di dover affrontare un problema che la politica non era in grado di risolvere»;
vi sono molteplici precedenti di vilipendio alla Repubblica, di diffamazione delle forze armate, di accuse alle forze dell'ordine italiane, di dileggio dello Stato italiano ad opera dei partiti dell'estrema destra tedesca e del corpo degli Schüetzen;
vi è dunque una seria preoccupazione nel mondo politico altoatesino e nazionale per l'esasperazione della popolazione che chiede chiari segnali del Governo, innanzi per il superamento di ogni limite della decenza e dell'impunità che ne è sempre conseguita;
è nota una deriva tutt'altro che folcloristica, trattandosi piuttosto di «presunta attività irregolare» del colpo dei cappelli piumati, così detti Schützen appunto, le cui manifestazioni e vita associativa sono finanziate dai contributi pubblici messi a disposizione dalla provincia Autonoma di Bolzano, ergo dalle leggi finanziarie dello Stato;
poco tempo fa gli Schützen altoatesini hanno oscurato il proprio sito internet per dichiarate infiltrazioni filo naziste ed estremiste;
ritualmente si rendono protagonisti di non ben definiti «onori militari» con spari a salve dei fucili storici dei «tiratori scelti» concessi loro a suo tempo dall'ex Ministro dell'interno Enzo Bianco nei confronti di ex terroristi degli anni '60, come recentemente ai funerali del terrorista altoatesino Heinrich Oberlechner morto ad Innsbruck e seppellito a Molini di Tures. Notizia annunciata, peraltro, dall'associazione di Norimberga che raggruppa personaggi

dell'estremismo sudtirolese e pangermanista, guidata da Erhard Hartung, condannato in Italia all'ergastolo;
nel loro statuto si legge che trattasi di un'organizzazione folcloristica popolare e che dunque non sono spiegabili né il maneggiamento di armi, seppure storiche ma che con lievi modifiche divengono perfettamente funzionanti, né atti come gli annuali festeggiamenti di ex terroristi come quelle che si sono tenute nel cimitero di San Paolo Appiano;
più volte innanzi ad atti di sindacato ispettivo dell'interrogante manifestanti seria preoccupazione, vi è stata la tendenziale sottovalutazione della portata degli atti e delle idee professate dai partiti estremisti tedeschi e dagli Schützen, con ciò inducendoli a ritenere di poter rimanere essenzialmente impuniti;
l'articolo 18 della Costituzione italiana recita: «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare»;
gli Schützen svolgono con tutta evidenza - come si può rilevare da 50 anni di rassegna stampa, attività politica organizzata attraverso squadre o corpi da loro stessi chiamati «Kameraten» - letteralmente «combattenti» -:
di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se non intenda adottare iniziative, anche normative, perché sia dichiarato «fuori legge» il partito estremista tedesco «Suedtirol Freiheit» che, ad avviso dell'interrogante, dovrebbe essere trattato allo stesso modo del movimento separatista «Batasuna» in Spagna;
se, in relazione a quello che all'interrogante appare un grave vilipendio dell'Arma dei carabinieri, siano state avviate indagini e come si intenda tutelare l'ordine pubblico e l'onore dello Stato italiano e delle sue istituzioni;
se il Ministro della giustizia intenda concedere l'autorizzazione a procedere alla procura di Bolzano per «vilipendio delle forze armate.
(4-12495)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 SETTEMBRE 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da qualche anno i docenti di strumento musicale della provincia di Catanzaro si vedono ridotte le ore di insegnamento;
la scuola, attraverso il corso a indirizzo musicale, si prefigge di raggiungere le seguenti finalità:
a) promuovere la formazione globale dell'individuo, offrendo, attraverso un'esperienza musicale resa più completa dallo studio di uno strumento, occasioni di maturazione logica, espressiva, comunicativa; integrare il modello curricolare con percorsi disciplinari intesi a sviluppare, nei processi evolutivi dell'alunno, unitamente alla dimensione cognitiva, la dimensione pratico-operativa, estetico-emotiva;
b) offrire all'alunno, attraverso l'acquisizione di specifiche competenze musicali, ulteriori occasioni di sviluppo e orientamento delle proprie potenzialità una più avvertita percezione del sé fisico (la postura, il rapporto con lo spazio, i movimenti sullo strumento) e del modo di rapportarsi al sociale;
c) fornire ulteriori occasioni di integrazione e di crescita anche per gli alunni in situazione di svantaggio;
quest'anno le cose sono ulteriormente peggiorate per la mancata applicazione a

livello locale delle normative e delle circolari ministeriali e tutto questo nonostante una sentenza esecutiva del Tar Calabria (n. 60 del 14 gennaio 2011) confermata dal Consiglio di Stato che non lascia spazio alle interpretazioni;
la sentenza annulla l'organico di diritto 2010/2011, per ciò che riguarda l'insegnamento dello strumento musicale nella provincia di Catanzaro, dichiarando illegittime le 12 ore attribuite all'insegnamento e si ribadisce che, le ore, devono essere 18 per ogni cattedra;
inoltre, è del 6 maggio 2011 la circolare n. 9298 che invita le scuole ad avanzare la loro candidatura per avviare lo studio dello strumento musicale fin dalla terza classe della scuola primaria, in applicazione del decreto ministeriale dell'8 gennaio 2011, in cui tra l'altro, si prende atto della pronuncia del Consiglio nazionale della pubblica istruzione in cui si legge: «è opportuno che lo studio di uno strumento musicale specifico, unitamente alle attività di musica di insieme, inizi fin dal terzo anno della scuola primaria, in maniera da diventare un'opportunità formativa propedeutica agli apprendimenti musicali della scuola secondaria di primo grado» -:
quali iniziative anche di tipo normativo, si ritenga opportuno assumere al fine di sanare una situazione che si fa ogni giorno più preoccupante e che alimenta un ingiusto precariato.
(3-01711)

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi giorni circolano con insistenza voci allarmanti sul concreto rischio di chiusura dell'istituto Tommaso Pellegrini di Modena - educatorio per sordomuti di Modena;
l'istituto Tommaso Pellegrini è stato costituito nel 1845 da 3 sacerdoti diocesani, monsignor Tommaso Pellegrini (I Direttore), don Geminiano Borsari (ViceDirettore) e don Pio Sirotti (Prefetto agli Studi), e nasce come «educatorio per sordomuti di Modena» (ente morale d'istruzione), oggi parificato con le scuole dell'infanzia e primarie. In 166 anni di storia questo istituto ha demutizzato ed istruito più di 750 ragazzi non udenti;
lo statuto dell'istituto, elaborato negli anni Venti durante il periodo di commissariamento (dal 1907 al 1931), prevede un consiglio di amministrazione composto da 5 membri: il presidente nominato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (ufficio scolastico regionale), un rappresentante nominato dal comune di Modena, un rappresentane nominato dalla provincia di Modena, un rappresentante nominato dalla Curia di Modena e il direttore assunto tramite concorso;
dal dicembre 2010 l'educatorio è stato trasformato nella fondazione «Monsignor Tommaso Pellegrini educatorio per sordomuti di Modena» (area formativa), mantenendo sempre un consiglio di amministrazione formato da 5 membri;
l'istituto Pellegrini attualmente possiede importanti edifici adibiti alle relative funzionalità istituzionali:
una villa del '700 che ospita la scuola primaria paritaria speciale per non udenti, la sezione speciale staccata per non udenti di una scuola media statale e una scuola dell'infanzia;
una struttura della stessa epoca che ospita la cappella, il convento delle suore, il convitto per circa una quindicina di ragazzi minorenni;
una seconda struttura della stessa epoca della villa che ospita l'aula di educazione musicale delle scuole primarie e dell'infanzia, l'aula di educazione all'immagine della scuola media, la palestra con annesso un teatro e lo spogliatoio. Questa struttura ospita anche il circolo dell'Ente nazionale sordi utilizzato dagli ex allievi non udenti che si ritrovano settimanalmente, oltre ad altri momenti extra (raduni sportivi - campo da calcio e palestra - e raduni assembleari e religiosi). I non

udenti tesserati dall'Ente nazionale sordi in provincia di Modena superano le 250 unità. Lo stesso istituto organizza almeno due volte l'anno determinati raduni degli ex-allievi molto partecipati;
una struttura recente che ospita la scuola elementare per udenti;
sono altresì presenti sale giochi, una falegnameria, un'aula di ceramica, una stanza assegnata al corso di LIS - lingua dei segni italiana, nonché aree rurali di notevole pregio;
nell'istituto, i ragazzi non udenti studiano separatamente dagli udenti (i ritmi di apprendimento sono infatti diversi), mentre lavorano insieme nei momenti di laboratorio (educazione fisica, educazione all'immagine, informatica, musica, e altro). Per i ragazzi non udenti più capaci sono previsti ulteriori progetti di integrazione finalizzati a momenti particolari del cammino scolastico;
la finalità dell'istituto Pellegrini è quella di realizzare la «vera integrazione» nel rispetto degli alunni che lo frequentano e si è così da anni abbandonata l'idea di una scuola speciale aperta solo ai non udenti. In questi anni sono stati sviluppati progetti quali «LIS in favola», dove i ragazzi udenti venivano invitati ad imparare e ad esprimersi in LIS (grazie ad una ex-allieva non udente dell'istituto laureata in scienze della formazione) e a capire meglio la personalità del non udente;
attualmente l'istituto ospita circa 140 studenti (molti udenti, alcuni con lievi handicap), dei quali 17 sono ragazzi non udenti (1 nella scuola dell'infanzia, 6 nella scuola primaria speciale e gli altri 10 nella scuola media). L'insegnamento infatti si articola in una scuola materna (per l'infanzia) in cui sono inseriti sia non udenti sia udenti, ed in due primarie, di rango elementare, rivolte distintamente a non udenti e ad udenti. L'istituto come si è detto ospita altresì una sezione speciale di una scuola media statale secondaria di I grado;
in passato, nella gestione finanziaria dell'istituto, erano emerse perdite di bilancio, a causa del crescere delle spese, ma sembrava che fossero state soddisfatte grazie alla vendita di alcuni immobili e terreni di sua proprietà;
nel 2011 i problemi di bilancio sono stati riportati all'attenzione dal nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione, il quale, sembrerebbe, abbia ritenuto opportuno risolverli attraverso un aumento consistente delle rette mensili per gli alunni udenti, passando da 240 euro 320 euro, ed escludendo trasporto e mensa;
a seguito di tale manovra, le consolidate 18 pre-iscrizioni della primaria (elementare) per l'anno scolastico 2011-2012, sono scese a 2 sole iscrizioni di bambini udenti appartenenti a famiglie di professionisti;
nel mese di maggio 2011, il consiglio di amministrazione avrebbe comunicato alle famiglie delle scuole primarie l'impossibilità di far svolgere un nuovo anno scolastico vista la mancanza di risorse e vista anche l'impossibilità di aver potuto formare la prima classe;
a fine maggio, sarebbe giunto anche l'avviso improvviso, da parte del preside della scuola media, che la scuola non sarebbe stata attivata per l'anno 2011-2012, perché si sarebbe accertato che l'organico non sarebbe stato assegnato da parte dei competenti provveditorati provinciale e regionale;
in tale stato di cose, il consiglio di amministrazione avrebbe deciso di far proseguire solo la scuola dell'infanzia convenzionata con il comune, formata da una sezione mista composta da circa 25 bambini di età compresa tra i 3 ed i 5 anni;
i rimanenti bambini bisognosi di assistenza formativa specializzata rischiano di seguire due percorsi diversi: quelli della scuola primaria rimarrebbero ancora per un anno esaurendo cosi la scuola stessa, mentre quelli della scuola media verrebbero inseriti con udenti delle classi corrispondenti

(soluzione improponibile data la sensibile differenza di età: i ragazzi non udenti hanno dai 14 ai 17 anni e ciò creerebbe ovvi problemi didattici e di gestione);
sarebbe giunta da circa un mese la disponibilità di una cooperativa, la «Carovana», a gestire la scuola primaria degli udenti per un anno. Ma, ove tale opzione fosse adottata, si determinerebbe il pericolo immediato di mancanza di iscrizioni anche nella scuola primaria per udenti, visto che il prossimo è un anno di prova e le famiglie degli udenti farebbero fatica ad accettare una situazione di instabilità e potrebbero decidere di rivolgersi altrove;
le famiglie dei ragazzi non udenti desiderano fortemente la prosecuzione dell'istituto, consci anche del fatto che molti dei bambini provengono da altre regioni con una cattiva integrazione e pertanto rifiutano di tornare nella medesima situazione;
anche i 21 dipendenti della Fondazione sarebbero in preavviso di licenziamento, con decisione sul merito da prendere verso la metà del mese di luglio. Solo una parte di essa dovrebbe venire riassorbita dalla Cooperativa (6 insegnanti ed 1 ATA), mentre 3 insegnanti dovrebbero rimanere in capo alla Fondazione (2 per la scuola dell'infanzia e 1 per la scuola primaria speciale);
un sospetto che sempre con più insistenza si diffonde sul territorio è che se la scuola primaria dovesse chiudere potrebbe essere realizzato il passaggio della scuola dell'infanzia nello stabile di recente costruzione ed attiguo alla villa settecentesca, liberando quest'ultima da ogni gravame occupazionale. Mancando poi i non udenti, verrebbero a cessare anche le finalità principali della Fondazione ed a norma di statuto, in queste condizioni, i beni rimasti andrebbero devoluti ad altro ente di formazione;
di fronte a questi avvenimenti e con il rischio di vedere impotentemente la chiusura del meritorio istituto Tommaso Pellegrini, i genitori dei ragazzi già seguiti dalle strutture formative dell'ente, hanno intrapreso forme di protesta e di dissenso opponendosi ad ogni possibile azione degli organi competenti volta, anche in ipotesi, a decidere la soppressione dell'istituto, ed a maggior ragione lo smembramento del prestigioso patrimonio immobiliare, visto che tra i sospetti formatisi, il più forte sarebbe proprio quello che si stia provocando di proposito la chiusura dell'istituto per consegnare alla speculazione immobiliare il relativo e consistente stato patrimoniale;
anche il consiglio comunale di Modena, nella sua seduta del 20 giugno 2011, si è occupato della fondazione, in tal senso decidendo:
a) di attivare tutti i canali possibili che ha a disposizione per costruire le condizioni, comprese quelle finanziarie, atte a riequilibrare i conti in senso stabile e duraturo;
b) di non pensare alla Cooperativa Carovana come l'unica strada possibile, ma la più probabile;
c) di invitare i vecchi componenti, non rinnovati recentemente, del consiglio di amministrazione a rimettere il mandato per manifesta inadeguatezza -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se ad ogni modo, per quanto di competenza, non intenda intraprendere le necessarie iniziative e provvedimenti volte a verificare come sia avvenuta la gestione amministrativa e finanziaria dell'istituto Tommaso Pellegrini di Modena negli ultimi anni e se in tali circostanze non vi siano in atto operazioni speculative tese alla decisione di far cessare le attività formative dell'ente per mancanza di nuove iscrizioni e così procedere senza ostacoli alla dismissione di favore del patrimonio immobiliare dello stesso istituto;
ove tali verifiche evidenziassero l'esistenza di profili problematici nella conduzione dell'istituto, se non intenda verificare

la sussistenza dei presupposti per procedere all'immediato commissariamento dell'istituto.
(3-01722)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GERMANÀ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Sicilia, insieme alla Puglia, Calabria, Campania, è stata inserita tra le regioni del cosiddetto «obiettivo convergenza» che, a livello europeo, include le aree in ritardo di sviluppo e prevede azioni di miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione attraverso massicci investimenti in capitale fisico ed umano;
l'istruzione è uno dei settori in cui si sta cercando di raggiungere, con profondo impegno, l'obiettivo dell'innalzamento della qualità del servizio e del prodotto in termini di formazione umana e sviluppo delle competenze chiave, queste ultime riconosciute come inderogabili elementi per la crescita economica dell'Europa;
l'ufficio scolastico regionale di Palermo ha pubblicato l'elenco degli istituti di I e II settore, le cui sedi di dirigenza scolastica resteranno vacanti per l'anno scolastico 2011/2012;
dal conteggio, risulterebbero 215 istituti di I settore ovvero direzioni didattiche ed istituti comprensivi (di cui 35 siti nella provincia di Messina) e 102 sedi del II settore, ovvero istituti di scuola secondaria superiore di II grado, licei e altro (di cui 10 siti nella provincia di Messina);
i dirigenti, 60 per il I settore e 34 per il II, che per raggiunti limiti di età ovvero il 65o anno, dovrebbero essere collocati a riposo, hanno prodotto istanza per la permanenza in servizio per la durata di un biennio così come previsto dalla normativa vigente, ma l'ufficio scolastico regionale ha opposto la propria impossibilità di dare riscontro alle richieste di proroga, anche in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica che mettono a repentaglio la concessione dell'autorizzazione alla proroga;
va inoltre rilevato che, non essendo stato bandito alcun concorso di reclutamento di nuovi dirigenti, gli istituti dovrebbero essere affidati in reggenza ai dirigenti in servizio, ma, in termini pratici, l'affidamento in reggenza di un posto dirigenziale implica la presenza saltuaria del reggente e ciò comporterebbe contatti sporadici, creando difficoltà nella gestione del personale e grave nocumento per l'organizzazione dei servizi, che già soffrono anche a causa della riduzione del personale e della dislocazione delle sedi in vari e numerosi plessi, e producendo a latere una discontinuità nella conduzione, con pesanti e deleterie ricadute sull'utente finale, ovvero l'alunno;
gli sforzi, i sacrifici, gli investimenti attuati a tutti i livelli per conseguire l'obiettivo di ridare dignità al settore dell'istruzione e rilanciare la qualità competitiva nella preparazione dei giovani, si sono rivelati vani, scontrandosi sia con l'inerzia della Regione siciliana nel garantire esigenze sociali primarie, sia con l'incapacità nel valutare il rapporto costi-benefici soprattutto in relazione alle giovani generazioni, già fortemente penalizzate non solo a causa delle esigue possibilità occupazionali, ma anche ab origine nell'assicurazione di un servizio formativo adeguato -:
quali iniziative si intendano implementare al fine di dare risposte adeguate alle richieste di proroga presentate dai dirigenti che per raggiunti limiti d'età dovrebbero invece essere collocati a riposo;
quali soluzioni siano al vaglio al fine di evitare che, con il nuovo anno scolastico 2011/2012, restino vacanti le sedi di dirigenza scolastica di 215 istituti di I settore e di 102 istituti di II settore;
se e quando si preveda di indire il bando di concorso per il reclutamento di nuovi dirigenti.
(5-04996)

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la precedente interrogazione n. 5-04688, presentata il 3 maggio 2011, sono state sottoposte all'attenzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca le gravissime difficoltà alle quali va incontro la scuola pubblica modenese a causa delle riduzioni di organico previste dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
in particolare, per la provincia di Modena i docenti in meno sull'organico di diritto saranno 121, di cui 70 alle superiori, 42 alle medie e 11 alla primaria. Ci saranno 2 docenti in più solo nella scuola dell'infanzia, nonostante la richiesta di 16 posti aggiuntivi. Decisioni ingiustificate, soprattutto se si considera l'aumento della popolazione studentesca, con 382 alunni in più nelle superiori, 266 bambini e 7 classi nella scuola primaria. A fronte di tale dato, i posti assegnati in organico di diritto sono, rispetto all'organico di fatto dell'anno scorso, 11 in meno;
nella scuola media gli alunni crescono complessivamente di 421 unità, di cui 275 solo nelle classi prime, ma i posti assegnati in organico di diritto sono, rispetto all'organico dell'anno scorso, 42 in meno: una delle riduzioni più pesanti a livello regionale. Per la scuola superiore i posti assegnati in organico di diritto sono, rispetto all'organico di fatto dell'anno scorso, 70 in meno: il taglio più pesante in assoluto rispetto a tutte le altre province della regione Emilia Romagna;
i «tagli» descritti determineranno una contrazione dell'offerta formativa nel territorio modenese, anche a danno dell'istruzione degli adulti. Si registrano, infatti, riduzioni di personale docente al centro territoriale permanente e alla scuola presso la casa circondariale Sant'Anna;
è importante sottolineare che la ridefinizione dell'offerta formativa dell'istruzione per gli adulti deve collocarsi nel quadro degli indirizzi emanati dall'Unione europea, in particolar modo dalla conferenza internazionale di Amburgo del Luglio 1997, dal Trattato di Lisbona del 2000 e dalla Strategia europea 2020 e che, invece che penalizzata, tale offerta dovrebbe essere potenziata per colmare i ritardi accumulati dal nostro Paese nella costruzione del sistema integrato, finalizzato a promuovere l'apprendimento durante tutto l'arco della vita, per contrastare l'elevato rischio alfabetico;
in particolare presso il Centro Territoriale Permanente di Modena, sebbene la normativa preveda 10 docenti ogni 120 iscritti, risultano in servizio 9 docenti a fronte di 1981 iscritti, di cui 1771 iscritti ai corsi d'alfabetizzazione e 179 iscritti alla scuola secondaria di primo grado. In questo contesto, pare scontata la drastica riduzione dei suddetti corsi serali nelle scuole di Castelfranco, Sassuolo, Carpi e Modena, ad esclusione dell'istituto Barozzi. La conseguenza di tale scelta penalizzerà gli adulti che hanno deciso di intraprendere un percorso formativo difficoltoso ma indispensabile per la propria formazione, non solo professionale;
per quanto riguarda la scuola attivata presso la cassa circondariale Sant'Anna di Modena, la prevista soppressione delle cattedre determinerà una presenza assolutamente marginale degli insegnamenti, che parrebbe preludere alla sua soppressione. Già negli anni passati si è registrata una progressiva riduzione del numero delle classi: in particolare, lo scorso anno da tre classi di alfabetizzazione si è passati ad una sola, mentre quelle della scuola media da 6 sono diventate 4 e quelle della scuola superiore da 6 a 3. Le informazioni in possesso dell'interrogante sono tali da preludere a uno smantellamento della struttura scolastica poiché pare sarà attivata una sola classe di alfabetizzazione, mentre per la scuola media non vi sarà, alcun organico completo, e per le superiori non è previsto alcun docente. Una previsione del genere è in contrasto con la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università

e della ricerca relativa agli organici 2011-2012, nella quale si indica di lasciare i docenti dell'istruzione adulta nella sede di precedente titolarità, in vista dell'approvazione del nuovo regolamento per l'educazione degli adulti. Peraltro, la riduzione degli organici non può essere giustificata da un presunto ridotto numero di studenti, in quanto la frequenza è coerente con le previsioni della legge «Gozzini», che dispone un numero di massimo 12 corsisti per classe, per ragioni di sicurezza. Si segnala, infine, che la carenza di organico ha imposto di non poter evadere le molte richieste di iscrizione ai corsi scolastici avanzati dai detenuti -:
come si concili la decisione di ridurre l'organico del Centro Territoriale Permanete di cui in premessa rispetto alle indicazioni contenute nella circolare n. 21 del 14 marzo 2011, là dove si prevede che «le dotazioni organiche dei Centri Territoriali Permanenti rimangono confermate nelle attuali consistenze e non possono superare, in ciascuna realtà regionale, le dotazioni dell'organico di diritto dell'anno scolastico 2010/2011»;
come si intenda ricollocare il personale docente e non docente, impegnato nei corsi serali presso le scuole Spallanzani di Castelfranco, Don Magnani e Morante di Sassuolo, Fassi e Meucci di Carpi, Corni, Venturi e Cattaneo Deledda di Modena;
a fronte della fortissima contrazione dell'offerta formativa nella scuola della cassa circondariale Sant'Anna, come intenda il Ministro interrogato adempiere al dettato costituzionale che sancisce lo scopo dell'istituzione carceraria nella rieducazione del detenuto, anche attraverso il conseguimento di un titolo di studio, che oltre ad essere utile strumento per l'inserimento nel mondo del lavoro rappresenta una opportunità di riflessione sulla scelta illegale compiuta e sui comportamenti assunti nei confronti della società.
(5-05000)

PES, COSCIA, DE PASQUALE, DE TORRE, DE BIASI, GHIZZONI, MELANDRI, NICOLAIS, ROSSA, ANTONINO RUSSO, SIRAGUSA e BACHELET. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali (atto n. 194), su cui il 10 novembre 2010 si è espressa a maggioranza con parere favorevole la Commissione Cultura della Camera, non risulta ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, in quanto ancora in attesa dell'esame, in seconda lettura, da parte del Consiglio dei ministri;
ad avviso degli interroganti tale schema:
a) non garantisce la creazione di un sistema in grado di soddisfare livelli di domanda simili a quelli soddisfatti negli anni precedenti (ad esempio nell'anno scolastico 2007-08 - come indicato nella relazione di accompagnamento all'atto n. 194 - risultavano 402.228 iscritti nelle attività promosse dai CTP e 77.509 iscritti ai corsi serali per il conseguimento del diploma o della qualifica);
b) colpisce gravemente l'organico dei docenti impegnati nelle varie attività che nella primaria, nella secondaria di I grado e nella secondaria di II ha dovuto subire un taglio complessivo di 2.097 unità, senza contare la riduzione del personale precario;
c) limita l'offerta formativa, unicamente al conseguimento dei titoli di studio e all'assolvimento dell'obbligo scolastico per il primo ciclo, e, per il secondo ciclo, al solo percorso dell'istruzione tecnica, professionale e artistica;
d) riduce sulla base dei nuovi parametri di iscrizione e di organico fissati agli articoli 3 e 9 del regolamento, nei tre ordini scolastici il numero di frequentanti di 32.259 unità;

e) esclude la partecipazione di una possibile utenza diplomata;
f) non esplicita l'indicazione della possibilità per i CPIA di realizzare, in regime di sussidiarietà, percorsi di IFP regionale.
la ridefinizione dell'offerta formativa dell'istruzione per gli adulti deve collocarsi nel quadro degli indirizzi emanati dall'Unione europea, in particolar modo dalla Conferenza internazionale di Amburgo del luglio 1997, dal Trattato di Lisbona del 2000 e dalla Strategia europea 2020;
l'offerta formativa dell'istruzione pubblica per gli adulti dovrebbe essere potenziata per colmare i ritardi accumulati dal nostro paese nella costruzione del sistema integrato, finalizzato a promuovere l'apprendimento durante tutto l'arco della vita, per contrastare l'elevato rischio di analfabetismo primario e di ritorno;
in queste ultime settimane da numerose province italiane proviene la segnalazione che la locale dirigenza amministrativa del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nelle operazioni previste per l'avvio dell'anno scolastico 2011-12, sta attuando un'indiscriminata riduzione degli organici che appare andare sovente oltre gli stessi criteri stabiliti nel decreto del Presidente della Repubblica n.81 del 2009, determinando, informalmente e in modo del tutto discrezionale, l'abbattimento del preesistente sistema di educazione degli adulti;
si sono verificati dei casi in cui sono state cancellate anche le classi giunte all'ultimo anno del ciclo di studio -:
se non si ritenga opportuno intervenire per garantire, agli studenti iscritti nei corsi serali degli istituti tecnici e professionali e che hanno iniziato i corsi con l'ordinamento ancora vigente, di poter terminare il percorso di studi intrapreso;
come si intenda ricollocare il personale docente e non docente, attualmente impegnato nei corsi serali.
(5-05003)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il professor Gianni Favro, insegnante di musica presso un istituto scolastico di S. Vito al Tagliamento (Pordenone) ha denunciato sulla stampa un presunto caso di mobbing ai suoi danni;
secondo quanto riportato egli sarebbe stato licenziato per aver usufruito del diritto alle centocinquanta ore utili all'aggiornamento professionale, come previsto dal contratto collettivo nazionale e dal contratto collettivo regionale integrativo;
dopo essere stato ingiustamente licenziato, gli sarebbe stata notificata la condanna a quattro mesi e quindici giorni di reclusione, senza processo, per danno all'erario;
il professor Favro ha rivelato di aver subito vere e proprie vessazioni psicologiche da parte del dirigente scolastico, al punto da aver avuto bisogno di farmaci per sostenere la sua situazione;
il mobbing perpetrato verso il professor Favro sarebbe sia di tipo verticale che orizzontale, in quanto anche i suoi colleghi avrebbero cambiato atteggiamento nei suoi confronti per non esporsi e compromettersi con i dirigenti;
vi sarebbero stati altri due licenziamenti illegittimi, secondo il professor Favro: quello di un docente napoletano per aver utilizzato il dialetto in aula, e quello di una professoressa perché disabile al 50 per cento Fortunatamente quest'ultima sarebbe stata riassunta immediatamente;
secondo quanto denunciato da Favro, l'istituto scolastico non avrebbe provveduto neppure a costituire comitati paritetici sul mobbing, gli sportelli di ascolto,

come previsto nel contratto degli insegnanti del 2006, e le figure di consigliere/a di fiducia -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative i Ministri intendano assumere al fine di annullare il provvedimento di licenziamento adottato nei confronti del professor Favro, qualora illegittimo, e per chiarire se vi siano state condotte antisindacali;
quali iniziative intendano adottare al fine approfondire il fenomeno del mobbing all'interno della struttura scolastica di cui sopra.
(4-12458)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento all'ipotizzato referendum abrogativo dei finanziamenti comunali alle scuole materne paritarie, referendum i cui requisiti dovranno essere vagliati dal comitato dei garanti istituito dal comune di Bologna;
si precisa che nel caso di Bologna se le suddette istituzioni scolastiche paritarie dovessero chiudere, il comune e gli altri enti locali non avrebbero i mezzi, ai quali sono tenuti per legge, per far fronte alle necessità dei frequentanti delle medesime scuole;
si rammenta quanto già esposto dal sottoscritto in numerosi atti di sindacato ispettivo e cioè che, a fronte di leggi regionali che opportunamente riconoscono la libertà di scelta educativa dei genitori come un fondamentale diritto e altre che tacciono sull'argomento -:
se non sia il caso di assumere un'iniziativa normativa organica che stabilisca princìpi validi in materia di diritto allo studio per tutto il territorio nazionale, in nome del principio della tutela dei livelli essenziali di assistenza e della salvaguardia dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge al fine di evitare, come sta accadendo in questi giorni a Bologna, che un pur limitato contributo del comune alle scuole materne paritarie le quali, sia detto per inciso, sia detto per inciso, nel caso bolognese coprono una parte significativa della popolazione scolastica nell'impossibilità del comune di provvedere adeguatamente, sia sottoposto a referendum.
(4-12460)

MADIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 20 aprile 2001, n. 66 «Procedure di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili», all'articolo 2 ha previsto la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa in favore di circa 970 lavoratori socialmente utili negli istituti scolastici come individuati nel decreto n. 81 del 2000 e, all'articolo 4, ne fissa il percorso di stabilizzazione entro cinque anni, in prosieguo agli impegni di legge sulla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di cui alla legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001);
dal 1o luglio 2001 quindi questi lavoratori socialmente utili sono diventati collaboratori coordinati continuativi per decreto del Ministro della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca adottato di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica, e il Ministro del lavoro e della presidenza sociale. Il decreto ha visto una proroga nel novembre 2006; negli anni successivi si è avuta la proroga dei contratti anno per anno con apposita voce di bilancio in finanziaria e impegni annuncianti di volta in volta una stabilizzazione mai raggiunta;
nel corso del 2010, in ben due incontri con il Sottosegretario Giuseppe Pizza è stata data assicurazione che il Ministero avrebbe provveduto, con apposita norma, a stabilizzare i co.co.co. ex Lsu. Il primo è datato al 16 aprile 2010, dove in un incontro tenuto presso il Ministero,

il Sottosegretario si impegnava ad individuare anche l'iter normativo utile. Quindi il 2 dicembre 2010 lo stesso Sottosegretario assicurava che lo strumento migliore era il decreto-legge «milleproroghe»; l'incontro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenutosi il 2 dicembre alla presenza delle organizzazioni sindacali rappresentanti i co.co.co. NIdiL, CGIL, Felsa CISL e UIL-Temp e dei sindacati scuola FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS, Confsal e Gilda, ha visto l'impegno, da parte del Sottosegretario Giuseppe Pizza, a preparare l'apposito emendamento al «mille proroghe» che potesse portare alla stabilizzazione dei lavoratori partire dal 1o settembre 2011. Tale emendamento non è mai stato presentato dal Governo;
dopo innumerevoli richieste d'incontro e la proclamazione di uno sciopero, le organizzazioni sindacali sono state ricevute il 14 aprile 2011, e in quell'incontro il sottosegretario Pizza prendeva due impegni: l'elaborazione da parte dell'ufficio legislativo del Ministero di una proposta per la stabilizzazione dei co.co.co. ex Lsu, da vagliare su specifico tavolo da convocare a maggio 2011, e una riunione specifica relativa al corretto accantonamento dei posti in organico, come da decreto che individuava le figure dei co.co.co. derivanti dal bacino Lsu, riunione da tenersi nella stessa data della riunione di cui al punto precedente, ma in orario diverso;
le predette riunioni non si sono mai tenute e le organizzazioni sindacali hanno indetto uno sciopero per i giorni 29 e 30 giugno e il 1o luglio 2011;
ad aggravare l'attuale situazione, vi è un contratto prorogato, per la prima volta, per soli otto mesi ai co.co.co., contrariamente agli altri anni, e che scade il 31 agosto 2011;
negli anni notevoli sono state comunque le difficoltà registrate, soprattutto per il ritardo dell'invio dei fondi ad ogni inizio anno. Inoltre i compensi non sono mai cambiati dal 2001, né sono stati mai adeguati;
si è tenuto in data 20 giugno 2011 al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un presidio dei lavoratori;
una delegazione unitaria è stata ricevuta da alcuni dirigenti del Ministero: il dottor Filisetti, il dottor Pinneri ed il dottor Costanzo. È stata mostrata da parte dei rappresentanti ministeriali una disponibilità ad intervenire sui temi più urgenti e relativi alla complessa vicenda dei Co.co.co. ex Lsu;
in particolare, si è convenuta la necessità di inviare una nota agli uffici scolastici delle regioni dove insistono i suddetti lavoratori per porre all'attenzione dei dirigenti l'obbligo all'accantonamento dei posti in organico per i Co.co.co ex Lsu assimilati al personale ATA nelle modalità previste dal decreto istitutivo del 2001;
qualora si rendesse necessaria una mobilità dei lavoratori su istituti con carenza in pianta organica, sarà cura degli uffici scolastici definirne, in accordo con i sindacati del territorio, criteri e modalità;
tale operazione sarà necessaria per poter ridefinire la presenza dei Co.co.co. ex Lsu assimilati agli ATA negli istituti scolastici alla vigilia di una proroga del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, proroga che, come da piano annuale 2011-2012, per lo stanziamento delle risorse necessarie già previste, andrà dal 1o settembre 2011 al 31 agosto 2012 -:
quali siano gli intendimenti del Governo sulla questione dei Co.co.co. ex Lsu ai fini della tutela dei livelli occupazionali e della garanzia dei redditi di tali lavoratori, visti i ritardi nell'erogazione dei fondi, e se il Governo non ritenga, a dieci di distanza dalla presa in carico degli Lsu, di attivare un definitivo processo di assunzione nei ruoli della scuola di questi lavoratori.
(4-12462)

REALACCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo la normativa nazionale l'accesso alle scuole di specializzazione di

«area sanitaria» avviene esclusivamente tramite concorso pubblico sia per i laureati in medicina e chirurgia che per gli altri laureati afferenti alle differenti classi di specializzazione;
le disposizioni che disciplinano le scuole di specializzazione di area sanitaria e che regolamentano l'accesso ad esse da parte dei laureati in medicina e chirurgia sono dettate dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, recante attuazione della direttiva 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, ora abrogata, in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati e altri titoli;
l'accesso degli altri laureati, ovvero i laureati appartenenti alle categorie dei biologi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, chimici, fisici, psicologi e altre categorie equipollenti comprese nei corsi di laurea di recente attivazione, è altresì disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, recante disposizioni in materia di «Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento»;
la normativa in vigore prevede l'applicazione di un ordinamento didattico unico valido sia per i laureati in medicina e chirurgia che per gli altri laureati non medici. Per entrambe le categorie dei soggetti citati l'impegno richiesto per la formazione specialistica è infatti a tempo pieno, pari quindi a quello previsto per il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale;
emergono per quanto sopradescritto diverse disparità di trattamento contrattuale tra le due categorie di soggetti: i laureati in medicina e chirurgia vincitori di concorso sono assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l'intera durata del corso e di un trattamento economico adeguato per tutti i cinque anni di specializzazioni; gli stessi hanno diritto altresì alla copertura previdenziale e alla maternità. I laureati «non medici», al contrario, seppur vincitori di concorso, oltre a non essere titolari della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, sono paradossalmente tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione;
allo stato, proprio per la non prevista copertura finanziaria, vi è l'impossibilità da parte delle università italiane di attivare i contratti di formazione e quindi bandire concorsi: conseguentemente gran parte delle scuole di specializzazione per laureati «non medici» da un paio d'anni è di fatto inaccessibile. Tale blocco totale rende impossibile qualsiasi futuro professionale al laureato «non medico» in area sanitaria nel settore pubblico;
l'equiparazione delle due categorie appare tutt'altro che realizzata nell'ordinamento italiano, pur in presenza del recepimento da parte dell'Italia, con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982, modificativa della direttiva 75/362/CEE e della direttiva 75/363/CE, relativamente alla quale, in via di principio, alla necessità di individuare gli obiettivi formativi delle scuole di specializzazione di area sanitaria, in adeguamento a quanto previsto dagli articoli 34 e seguenti del decreto legislativo n. 368 del 1999, si associava la necessaria equipollenza del trattamento contrattuale ed economico delle due figure suddette;
il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 1° agosto 2005 individuava la necessità di omologare, pur nella diversità didattica e nei ruoli, gli obiettivi formativi delle scuole di specializzazione a quanto previsto dagli articoli 34 e seguenti del decreto legislativo n. 368 del 1999: diritto all'inquadramento dell'attività svolta da soggetti specializzandi in uno specifico contratto di formazione specialistica con relativa corresponsione di un trattamento economico onnicomprensivo e determinato annualmente con decreto ministeriale;
la disciplina prevista dal citato decreto ministeriale 1° agosto 2005 incide

infatti sul diritto allo studio, costituzionalmente garantito a chiunque acceda a un percorso di alta formazione, con riferimento al quale si rischia de facto che la specializzazione diventi un privilegio accessibile solo a chi può garantirsi gli studi, e sul diritto al lavoro, inteso come diritto a svolgere, secondo le proprie libere scelte, una determinata attività professionale;
il Servizio sanitario nazionale richiede, altresì, obbligatoriamente il titolo della scuola di specializzazione anche alle figure sanitarie non mediche che vogliano operare nella sanità pubblica. La non corretta estensione delle disposizioni delle direttive comunitarie da parte del legislatore italiano ai laureati «non medici» specializzandi afferenti alle scuole di specializzazione di area sanitaria compromette lo sbocco occupazionale del futuro di chi non ha la possibilità economica di prestare la propria opera professionale a tempo pieno;
giacciono infine, nei due rami nel Parlamento, già assegnate alle Commissioni competenti, due proposte di legge sottoscritte dai maggiori gruppi politici volte all'equiparazione dello status giuridico ed economico dei laureati specializzandi medici e non medici che afferiscono alle scuole di specializzazione di area sanitaria -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per dare seguito, così come previsto dal quadro normativo comunitario, all'equiparazione dello status giuridico e del trattamento contrattuale ed economico degli specializzandi appartenenti alle categorie dei biologi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, chimici, fisici, psicologi, e comunque degli specializzandi non medici, a quello degli specializzandi medici, in materia di accesso e di frequenza post-laurea delle scuole di specializzazione di area sanitaria.
(4-12483)

FUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è stata riferita all'interrogante la vicenda di uno studente universitario che, dopo la laurea in scienze politiche presso l'università di Bari, ha voluto iscriversi alla facoltà di giurisprudenza dell'università Tor Vergata a Roma per ottenere una seconda laurea;
presso la segreteria dell'università romana gli fu riferito che, in virtù degli esami sostenuti a Bari e coincidenti, egli sarebbe stato iscritto direttamente al terzo anno di corso;
dopo il completamento delle procedure di iscrizione a Roma, però, il consiglio di facoltà decide in realtà di iscrivere il ragazzo al secondo anno di corso, senza peraltro comunicare niente allo stesso, il quale ne viene a conoscenza solo quando si reca in segreteria studenti per altri adempimenti e dopo aver già versato la seconda rata di iscrizione;
la scelta del consiglio di facoltà è stata tale essendo stata attribuita solo l'idoneità a un suo esame di lingua, riducendone quindi il relativo credito, mentre un esame di diritto del lavoro non gli veniva riconosciuto, perché l'insegnante con il quale era stato sostenuto quell'esame era un ricercatore;
il ragazzo in questione riferisce allora di essersi rivolto alla segreteria studenti per chiedere la restituzione delle tasse universitarie versate, ma la risposta è stato un secco rifiuto;
a parere dell'interrogante è molto dannoso, in primo luogo per gli studenti universitari, tale mancanza di chiarezza e il fatto che, in sostanza, non vi siano regole e comportamenti certi, da parte delle università, nei rapporti con i propri studenti -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa e in particolare in merito all'opportunità di ridefinire la disciplina in materia di riconoscimento degli esami effettuati in altri corsi di studio e di effettiva trasparenza nei rapporti con lo studente;

se ritenga opportuno promuovere l'introduzione di norme certe e inequivocabili che, al fine di salvaguardare gli studenti meritevoli che si impegnano negli studi con serietà e metodo, renda impossibile vicende paradossali come quella che ha visto un esame regolarmente effettuato reso di fatto vano per la qualifica funzionale del relativo docente, cioè per un fatto che niente ha a che fare con le responsabilità dello studente.
(4-12492)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:

BOBBA e DAMIANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
trascorsi tre mesi dall'accordo per il rinnovo della cassa integrazione in deroga, con scadenza 30 giugno 2011, sottoscritto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 21 marzo 2011, i lavoratori della RAF Phonemedia, che pure stanno seguendo i corsi obbligatori di formazione previsti per ottenere il sussidio, non avevano ancora percepito nulla fino agli scorsi giorni, in cui sono cominciate le prime erogazioni;
nel Vercellese, a Trino, è sito un call center che consta di circa 300 dipendenti, assunti sia a tempo indeterminato, sia determinato e sia con contratti di apprendistato, 300 dipendenti che fanno eco ad altrettante famiglie;
la vicenda appare anomala se si considera che la curatrice fallimentare della RAF confermava di aver completato l'invio della documentazione richiesta, inclusa la cosiddetta «domanda di anticipazione a carico INPS», nonostante le stesse sedi INPS interessate (Novara, Vercelli, Biella e Ivrea) non davano risposte coerenti sia sull'effettiva ricezione della domanda di anticipazione, sia sull'iter della stessa;
il decreto di concessione della cassa integrazione in deroga, è all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze, dopo essere stato firmato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, bloccando di fatto i fondi utili a garantire una serenità economica dei lavoratori;
in data 22 giugno 2011 è stata concessa una proroga alla cassa integrazione straordinaria di ulteriori sei mesi, ovvero dal 30 giugno fino al 31 dicembre 2011, che tuttavia rischia di ricreare lo stesso impasse dei quattro mesi scorsi, relativamente alla percezione da parte dei lavoratori delle erogazioni necessarie alla sopravvivenza dei dipendenti -:
quali iniziative intenda assumere per pervenire al più presto all'emanazione del decreto di cui in premessa e per garantire ai lavoratori sia l'anticipazione a carico dell'INPS sia la sua realizzazione in tempi congrui e opportuni.
(5-04992)

PALADINI e FAVIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Ferrania è uno stabilimento in cui i lavoratori sono stati esposti all'assimilazione quotidiana e continua di fibre di amianto nei vari reparti;
tale situazione rende indispensabile l'inserimento dello stabilimento Ferrania nell'elenco delle fabbriche di lavoratori occupati in aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale per la tutela della salute e dei redditi dei lavoratori in chiaro riferimento al cosiddetto decreto Damiano del 12 marzo 2008;
in questo delicato momento l'azienda, ad avviso dell'interrogante, manifesta, purtroppo, uno scarso interesse nei confronti del destino dei propri dipendenti; è stato concesso infatti il beneficio delle leggi sull'amianto solo ad alcune aree dello stabilimento e per un periodo limitato, mentre non ci sono dubbi sull'assimilazione

quotidiana e continua per via aerea di fibre di amianto per tutti i lavoratori dei vari reparti; a Ferrania inoltre, l'esposizione è stata riconosciuta dall'Ente certificatore fino al 31 dicembre 1991, mentre smaltimenti di amianto sono avvenuti fino al 2011;
parecchi lavoratori di Ferrania hanno presentato le domande di riconoscimento all'assimilazione quotidiana e continua di fibre di amianto nei vari reparti solo nei primi mesi del 2005, rischiando per questo, di non usufruire appieno dei benefici previsti; la nuova interpretazione della legge lascia adito ad interpretazioni che non consentono a chi ha presentato domanda dopo il 2004 di usufruire appieno dei benefici previsti originariamente;
l'inserimento di Ferrania nelle liste di aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale con il conseguente allargamento dei benefici dovuti all'esposizione amianto creerebbe una via di uscita a tante persone e sanerebbe in parte tale grave situazione -:
se non ritenga fondamentale intervenire affinché i lavoratori di Ferrania possano usufruire appieno dei benefici previsti, inserendo Ferrania nelle liste di aziende interessate agli atti di indirizzo ministeriale.
(5-04993)

POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'allungamento della speranza di vita e i profondi cambiamenti e interventi nel sistema pensionistico in Italia, come in altri Paesi europei, hanno evidenziato la necessità di percorsi educativi volti a promuovere nei cittadini la crescita delle conoscenze in ambito previdenziale e quindi una maggiore consapevolezza delle scelte da effettuare;
purtroppo, le pensioni degli attuali giovani saranno molto basse e non consentiranno un adeguato stile di vita. Tuttavia, non mancano le opportunità di investire i risparmi in fondi pensione o di rendimento, ma nonostante tutto solo il 23 per cento dei lavoratori decide di aderire;
i dati forniti dalla commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) evidenziano come la partecipazione alle forme complementari sia determinata essenzialmente da due motivi: la consapevolezza del rischio povertà senza un'adeguata copertura previdenziale e la maggiore capacità reddituale, circostanze distanti per gli under 35 alle prese con un'economia che cresce poco ed un mercato in cui si allunga la distanza fra chi ha un contratto a tempo indeterminato e chi invece non lo ha;
tuttavia, non bisogna trascurare i problemi di carattere culturale e il mancato senso di responsabilità da parte dei giovani che vedono lontana la vecchiaia;
i giovani non hanno piena comprensione dell'importanza di programmare il proprio futuro ricorrendo alla previdenza integrativa. L'Inps, come ha di recente dichiarato il presidente Antonio Mastrapasqua, «può e sta svolgendo un ruolo con le parti sociali, ma la soluzione non può essere il 23 per cento delle persone che aderiscono al fondo complementare». In Italia gli iscritti al fondo di previdenza complementare sono troppo pochi, per questo motivo la promozione dei fondi complementari è molto importante per il futuro dei nostri giovani e del Paese;
come evidenziato nel rapporto sullo stato sociale 2011 dall'economista Felice Roberto Pizzuti, fino a prima degli anni Novanta un ex dipendente con 40 anni di contributi e 60 anni di età poteva contare su un trattamento pari al 77 per cento dell'ultima paga. Un soggetto con le stesse caratteristiche, che si ritirasse nel 2035, avrebbe una pensione pari al 58 per cento del salario; potrebbe arrivare al 66 per cento rinviando la quiescenza a 65 anni. Chi restasse precario sempre, e andasse in

pensione 65 anni con 40 anni di contributi, avrebbe il 49 per cento del salario come pensione e solo il 42 per cento se le annualità contributive fossero 35 -:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di sensibilizzare e informare adeguatamente i giovani sull'importanza di investire nella previdenza integrativa e se non ritenga opportuno offrire nuove agevolazioni per rendere più vantaggiosa e, di conseguenza, incentivare l'iscrizione al fondo.
(5-04994)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RENATO FARINA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato in data 16 giugno 2011 un nuovo trattato, pietra miliare nella difesa di milioni di lavoratori domestici in tutto il mondo, soprattutto i lavoratori domestici migranti; uno strumento legale internazionale con il quale i lavoratori domestici avranno diritti come quello alla tutela sociale, a giorni di riposo e a ferie annuali, a contrattazione collettiva e difesa dagli abusi e un altro punto importante della Convenzione è rappresentato dalle misure per prevenire abuso e sfruttamento da parte delle agende di reclutamento private che fanno indebitare i migranti ancor prima di iniziare a lavorare in un Paese straniero;
Governi, datori di lavoro e organizzazioni che si sono incontrati alla 100ma conferenza dell'OIL a Ginevra hanno votato per approvare la convenzione sui lavoratori domestici e un'ulteriore raccomandazione, riconoscendo che i lavoratori domestici hanno gli stessi diritti lavorativi di chiunque altro;
l'OIL afferma che in base alle statistiche nazionali nel 2010 c'erano 52,6 milioni di lavoratori domestici, ma crede che una cifra più realistica sia 100 milioni;
molti lavoratori domestici, soprattutto migranti, subiscono condizioni lavorative irregolari, sfruttamento, abuso e sono oggetto di traffico. In molti Paesi in cui ci sono norme inadeguate che regolamentano il lavoro domestico non hanno i mezzi per difendersi;
la convenzione sui lavoratori domestici diventerà effettiva con la ratifica da parte di soli due Paesi -:
quale sia la posizione del Governo italiano in relazione a questa convenzione;
se intenda verificare l'eventuale presenza di punti di criticità di questa convenzione con l'attuale normativa vigente nel nostro Paese;
se intenda procedere in tempi rapidi alla presentazione di un disegno di legge di ratifica di questo trattato.
(5-04988)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta che nel palazzo della Rai di viale Mazzini ci siano grandi quantità di amianto;
detta presenza è stata accertata da uno studio condotto dall'Istituto di medicina del lavoro della facoltà di medicina dell'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma;
nel citato edificio lavorano oltre duemila dipendenti;
l'ingresso principale è sbarrato per operazioni «di bonifica» da quasi un anno, mentre i lavori si sarebbero dovuti concludere in pochi mesi -:
se risultino le ragioni per cui i lavori di bonifica ancora non sono stati conclusi;

se non sia pericoloso per la salute e l'incolumità dei dipendenti che proseguano simili operazioni di «bonifica» in presenza dei dipendenti stessi;
quali iniziative di competenza ritengano di dover promuovere a fronte di una precisa richiesta dei dipendenti che, con atti formali, hanno chiesto ufficialmente alla Rai di prendere provvedimenti o quantomeno, di sapere la verità.
(4-12475)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'amianto è stato, fino a pochi anni fa, un materiale molto utilizzato per edifici, tetti, navi, treni e, in particolare, come materiale per l'edilizia (tegole, pavimenti, tubazioni, vernici);
respirare le polveri e le fibre di amianto può provocare il mesatelioma pleurico e dei bronchi, il carcinoma polmonare, e condurre a una morte lenta per soffocamento;
nella sola Casale Monferrato, città di 30 mila abitanti, si stima che almeno 1.200 siano deceduti a causa dell'amianto, per aver inalato le particelle di questo minerale;
recentemente il tribunale di Genova ha emesso una sentenza storica, che non potrà mai risarcire madri, padri, mogli e mariti, fratelli e sorelle dalla perdita dei loro cari ma che almeno è un «riconoscimento con i crismi della legge»; si tratta del caso di un operaio, il signor Silvano Piccardo, morto di tumore nel 2005, dopo che per anni ha lavorato a contatto con l'amianto; in relazione a tale caso è stato riconosciuto il diritto degli eredi ad essere risarciti perché quelle polveri invisibili sono state letali;
anche i familiari di un altro operaio della Fincantieri di Ancona sono stati recentemente risarciti, perché si è dimostrato che un lavoratore per anni impiegato nelle navi è stato a contatto con le polveri d'amianto -:
quanti siano i casi simili nel resto d'Italia;
se non ritengano che sia utile, necessario e opportuno avviare una massiccia campagna informativa circa i rischi e i pericoli provocati dall'amianto, e se non si ritenga di dover assicurare il massimo di pubblicità, con adeguate campagne informative, anche per il tramite del servizio pubblico radio-televisivo, alle due sentenze di Genova e Ancona, affinché altri lavoratori e le loro famiglie possano promuovere analoghe azioni risarcitorie.
(4-12491)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il TAR del Lazio ha condannato il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali a risarcire con 2.000 euro Silvano Dalla Libera, agricoltore friulano e vicepresidente di Futuragra, e ha annullato il decreto con il quale nel marzo 2010 l'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia aveva impedito a Dalla Libera di coltivare sementi ogm nei suoi terreni, nonostante una sentenza del Consiglio di Stato avesse riconosciuto il suo diritto;
il TAR ha stabilito che «nella sostanza è stato negato il diritto alla scelta tra le diverse tipologie di coltura, escludendo di fatto proprio la coltura transgenica» e ha esplicitamente attribuito alle regioni la responsabilità della «situazione di stallo istituzionale che si è venuta a creare in conseguenza della volontà (...) manifestata chiaramente di non voler adempiere agli obblighi di natura comunitaria», vale a dire i piani di coesistenza;
per quanto non incida sul merito della questione relativa al «se» e al «quando» coltivare Ogm, suscita sorpresa l'unica ragione per la quale il giudice abbia voluto accogliere la richiesta concernente il fatto che all'adozione del decreto interministeriale previsto in base alla legge sementiera, ha concorso, con molta rilevanza, il parere della regione Friuli Venezia Giulia;
ancora più grave appare quella che, ad avviso dell'interrogante, è l'assunzione di un vero e proprio ruolo di giudizio politico di cui si fa portavoce il giudice, imputando direttamente alla regione «la situazione di stallo istituzionale che si è venuta a creare in conseguenza della volontà, da questa manifestata chiaramente, di non volere adempiere agli obblighi di natura comunitaria» -:
se non ritenga opportuno far valere la clausola di salvaguardia che lascia agli Stati membri di decidere se coltivare sul proprio territorio gli Ogm autorizzati dall'Unione europea, indebolendo la strada della valorizzazione delle diversità e della

sicurezza come leva competitiva, a tutto danno dell'ambiente e dei consumatori; quali iniziative di competenza intenda assumere a tal fine tenuto conto che molte regioni italiane e le stesse normative nazionali rivendicano la titolarità in capo ad esse medesime di decidere sulle coltivazioni Ogm.
(3-01712)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi cinque anni l'industria saccarifera nazionale ha attuato quanto previsto dalla riforma dell'organizzazione comune del mercato dello zucchero (OCM), richiesta dall'Unione europea, mediante la cessazione di oltre il 66 per cento delle quote di produzione;
il perseguimento di tale obiettivo ha comportato per l'intero settore enormi sacrifici, tradottisi nella chiusura in Italia di 15 fabbriche associate ad Unionzucchero, nonché nella attuazione di interventi di bonifica ambientale in tutti i siti degli zuccherifici chiusi, sotto costante controllo e monitoraggio degli enti locali competenti e del comitato interministeriale;
ad oggi, al termine delle operazioni previste dai piani di ristrutturazione approvati in base ai regolamenti dell'Unione europea negli uffici della Commissione europea, dopo aver ispezionato i siti nel corso degli smantellamenti senza eccepire nulla, hanno richiesto alle industrie saccarifere anche l'abbattimento dei silos di immagazzinamento dello zucchero;
l'industria saccarifera nazionale ritiene tale richiesta infondata nel merito, in quanto i silos non sarebbero da considerare «impianti di produzione» e quindi non obbligatoriamente smantellabili; inoltre, risulta la richiesta quanto mai tardiva dato che è stata avanzata dopo quattro anni dall'approvazione dei piani di ristrutturazione;
l'abbattimento dei silos comporterebbe per il settore ulteriori perdite di posti di lavoro (fino a 100/150 addetti) nonché lo sconvolgimento dell'articolata logistica su cui si basa l'intero sistema di approvvigionamento nazionale;
una simile imposizione appare, dunque, irragionevole rispetto agli obiettivi richiesti dall'Unione europea, a seguito dei quali i volumi di produzione sono stati ampiamente ridotti;
ad oggi, inoltre, gli uffici della Commissione europea non avrebbero fornito alcuna argomentazione circa le ragioni della richiesta, ne proposto soluzioni alternative e conciliative;
alla luce della massima trasparenza e collaborazione dimostrata dall'industria saccarifera nazionale in termini di rispetto degli obiettivi comunitari, le imprese avrebbero già notificato i ricorsi avverso

ogni atto che imponga loro azioni non dovute e dalle conseguenze economiche e sociali estremamente negative per l'intero settore;
le imprese pretendono, dunque, un'azione incisiva a difesa degli interessi nazionali, in quanto le stesse hanno da sempre operato nel pieno rispetto degli obiettivi comunitari, ritenuti coerenti e inequivoci nel disporre il mantenimento di tutti i silos attivi;
sarebbe inaccettabile un ulteriore sacrificio del settore saccarifero già fortemente penalizzato anche dal reiterato ritardo nell'erogazione degli aiuti nazionali per le campagne produttive del 2009 e 2010 -:
quali urgenti iniziative intenda attivare al fine di contrastare la richiesta dell'Unione europea circa l'abbattimento dei silos di immagazzinamento dello zucchero, azione che se dovesse essere attuata sarebbe estremamente dannosa per il sistema di approvvigionamento italiano e per il futuro dell'intero settore, già fortemente in crisi anche per il ritardo reiterato nell'erogazione degli aiuti nazionali per le campagne produttive del 2009 e 2010;
quale sia lo stato del negoziato sulla riforma dell'Organizzazione comune di mercato (OCM) dello zucchero, quanto mai necessaria per garantire le produzioni nazionali, soprattutto per l'Italia che ha già fortemente ristrutturato il comparto.
(5-04997)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel corso di un recente convegno di presentazione del progetto di ricerca sul riso interamente italiano denominato «Risinnova», coordinato dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e finanziato nell'ambito dell'iniziativa Ager-agroalimentare e ricerca, sono emerse importanti considerazioni di criticità e analisi preoccupanti, che rischiano di far perdere per l'Italia, la leadership nella produzione di riso in Europa, se non saranno introdotte misure che possano sviluppare la ricerca e l'innovazione per la filiera risicola;
il processo inarrestabile della globalizzazione dei mercati, in cui il miglioramento genetico delle specie coltivate si avvale ovunque delle più innovative tecnologie offerte dalla genetica e dalla genomica moderne, impone per il nostro Paese, l'esigenza di investire sulle nuove conoscenze e tecnologie genetiche per migliorare la produttività, la resistenza delle varietà ai patogeni e la tolleranza ai nuovi stress ambientali, senza il timore di perdere i legami con il patrimonio delle varietà tradizionali che tuttora caratterizzano la risicoltura italiana;
ulteriori ed importanti valutazioni, sulle prospettive della filiera risicola italiana, da parte di Assosementi, rilevano che per mantenere la posizione principale di produttore di riso in Europa, con oltre il 50 per cento della produzione totale e soprattutto con tipologie di riso riconosciute di eccellente qualità dal consumatore, è indispensabile per il nostro Paese, non arrestare il processo di rinnovo varietale, che rappresenta l'unico strumento che consente di affrontare le nuove insidie colturali o di mercato -:
quali siano gli interventi del Ministro interrogato con riferimento a quanto esposto in premessa;
se non convenga che senza adeguate misure volte a prevedere investimenti per l'innovazione e la ricerca, l'intera filiera risicola italiana rischia di perdere il primato europeo, in quanto incapace di reggere la concorrenza e la maggiore competitività degli altri Paesi europei e mondiali;

se non ritenga opportuno prevedere iniziative, anche normative, ad hoc volte a sostenere la filiera risicola italiana, il cui patrimonio costituisce una delle eccellenze del cosiddetto made in Italy in tutto il mondo.
(5-04999)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

PISICCHIO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
da sette mesi e 20 giorni, dal 17 novembre del 2010, data in cui il Ministro Ronchi rassegnò le sue dimissioni, l'Italia è senza Ministro per le politiche europee;
nel corso di questi lunghi mesi si sono verificati eventi internazionali di decisiva importanza, suscettibili di provocare effetti rilevantissimi sul piano politico, sociale, energetico, economico in Europa e, naturalmente, in Italia, come la crisi libica, il disastro nucleare in Giappone e la straordinaria pressione dei flussi immigratori sulle coste italiane provenienti dal Maghreb, senza che il Governo riuscisse a garantire il necessario presidio rappresentato dal dicastero che ebbe come primo Ministro della sua storia il senatore Andreotti nel 1987;
la quasi totalità delle politiche legislative del Governo centrale e dei governi regionali è ormai legata all'Unione europea, circostanza questa che concorre a conferire al dicastero una valenza strategica nell'ambito del Governo;
la perdurante vacatio del Ministro per le politiche europee - che con i suoi 200 giorni ha superato di gran lunga, nella niente affatto commendevole gara dei ministeri privi di Ministro, i 153 giorni registrati dalle dimissioni di Scajola alla nomina di Romani a Ministro dello sviluppo economico nell'autunno del 2010 - incrocia, peraltro, una situazione di preoccupante, e forse conseguente, perdita di peso dell'Italia nelle istituzioni europee;
a parte la recente felicissima eccezione di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea, eccezione intrisa di un riconosciuto intuitu personae, per il resto appare preoccupante la residualità del nostro Paese in Europa: l'assenza dai top level è pericolosamente riscontrata sia in sede politica, con l'assenza dell'Italia dai vertici dei gruppi parlamentari, sia in sede istituzionale, con la residualità nella gestione dei portafogli importanti della Commissione europea, come quello dell'energia in capo alla Germania, del mercato interno (Francia), della concorrenza (Spagna), dell'Alto rappresentante della politica estera (Gran Bretagna), mentre tra i 29 capi delegazione dell'Unione europea all'estero, all'Italia sono toccate l'Albania e l'Uganda -:
se non si ritenga urgente intervenire con la nomina di un nuovo Ministro per le politiche europee, oltre che per la indifferibile necessità di svolgimento di ogni utile attività connessa alla sua rilevantissima funzione, anche per contrastare con un'incisiva presenza politica in sede comunitaria un innegabile processo di marginalizzazione che sembra toccare all'Italia, uno dei quattro maggiori Paesi europei e tra i fondatori dell'Europa.
(3-01717)

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:

IANNACCONE, BELCASTRO, PORFIDIA e D'ANNA. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
tra le priorità dell'attuale maggioranza di Governo, com'è noto, vi è il rilancio delle regioni del Sud non in termini assistenziali, ma attraverso un piano di infrastrutture e di incremento delle attività produttive;

lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri ha posto all'ordine del giorno l'urgenza di attuare il cosiddetto piano per il Sud;
da sempre, come parlamentari eletti nel Mezzogiorno, gli interroganti hanno ribadito e proposto una serie di misure che agevolassero l'economia nelle regioni del Sud, convinti che questa parte del Paese possa rappresentare seriamente la nuova locomotiva economica per fare uscire definitivamente l'Italia dalla crisi;
ancor di più oggi, in una situazione in cui viene ribadito dalle ultime rilevazioni dell'Istat che il sistema economico in questo Paese continua a viaggiare a due velocità, si rende necessario intervenire con urgenza -:
quali siano i tempi entro i quali si intenda attuare il piano per il Sud e quali siano i provvedimenti e le opere infrastrutturali che rappresenteranno gli elementi trainanti di tale progetto e come si intendano coinvolgere le regioni del Meridione all'interno dell'attuazione del suddetto piano.
(3-01714)

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

NUNZIO FRANCESCO TESTA, BINETTI, DE POLI, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, NARO, CALGARO e ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Commissione oncologica nazionale ha accertato che il carcinoma colorettale (ccr) è la seconda causa di morte nei Paesi industrializzati dopo la neoplasia del polmone; infatti, in Europa, ogni anno muoiono per il carcinoma colorettale 95.000 persone, di cui 19.000 nella sola Italia, e i tassi più elevati di mortalità si registrano nel centro-nord del Paese;
gli stomizzati, nella maggior parte dei casi, sono malati di cancro che, per aver salva la vita, devono necessariamente subire l'asportazione di organi di vitale importanza, quali il retto o la vescica, e di entrambi gli organi in talune situazioni;
si tratta di interventi chirurgici con postumi fortemente invalidanti, quali l'incontinenza fecale, urinaria, le dermatiti, i disturbi sessuali, il rallentamento dei riflessi psico-motori e altro. Tutti fattori, questi, che sono all'origine di quotidiane difficoltà d'impatto clinico, psicologico e sociale (ad esempio, isolamento e vergogna dell'accettare le nuove condizioni di vita);
tuttavia, pur essendo secondi per mortalità, gli stomizzati non ricevono la dovuta attenzione da parte delle istituzioni, a causa della cronica carenza di risorse economiche: ne deriva la mancanza di adeguati interventi di prevenzione oncologica, cura, riabilitazione, come pure della libera scelta e della gratuità dei dispositivi medici adeguati (fornitura protesica: sacche, placche, cateteri, sonde, sacche di scarico, pannoloni e altro) nonché della possibilità della rimborsabilità farmacologica;
la maggioranza delle regioni italiane da tempo ha legiferato o deliberato in materia (Veneto, Campania, Abruzzo, Piemonte, Marche, Toscana e altre), ma spesso in modo disomogeneo o poco funzionale;
è, pertanto, necessaria una legge nazionale che assicuri e armonizzi nel territorio la «qualità di vita» di queste persone, anche perché non sempre le leggi regionali assicurano alle stesse i livelli essenziali di assistenza e una migliore «qualità della vita»;
da oltre tre legislature si tenta di approvare una legge in favore di questi soggetti, ma per ragioni di ordine economico ben poco si è riuscito a risolvere nonostante, da anni, le associazioni di

categoria con grande slancio stimolino la costituzione di appositi «centri riabilitativi» e campagne di informazione ad hoc -:
quali urgenti iniziative di propria competenza intenda mettere in campo al fine di fornire a questi nostri sfortunati concittadini la dovuta attenzione ed assistenza.
(3-01718)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli impianti di raffineria e le attività petrolchimiche della società Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari sono da anni oggetto della preoccupata attenzione dei cittadini e recentemente degli organi istituzionali per questioni che riguardano la salute pubblica;
stando alle testimonianze della popolazione locale, nell'area di Sarroch si manifestano con incidenza drammaticamente elevata patologie tumorali particolarmente aggressive;
la procura di Cagliari ha disposto delle indagini sia sull'emissione in atmosfera di sostanze inquinanti, sia allo stato di salute dei cittadini di Sarroch, con particolare riferimento al manifestarsi di tumori, linfomi e patologie del tratto respiratorio, la cui incidenza in queste zone è particolarmente alta;
nell'abito di tale indagine sono stati acquisiti i dati dell'ARPAS e la documentazione relativa all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla Saras spa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
alcuni dati relativi alla connessione tra attività industriai e patologie in questioni nell'area di Sarroch sono disponibili già dal 2006, quando fu stilato il «rapporto sullo stato di salute delle popolazioni residenti in aree interessate da poli industriali, minerari e militari della regione Sardegna». Tale rapporto mette in evidenza «eccessi tra gli uomini del 10 per cento per i ricoveri per malattie respiratorie e del 13/24 per cento per la mortalità e i ricoveri per tumore polmonare», mentre «gli eccessi tra le donne sono dell'ordine del 10/16 per cento per le malattie respiratorie e intorno al 20 per cento per i ricoveri per tumore polmonare»;
in occasione di convegni pubblici esperti oncologi hanno evidenziato che l'insorgere di malattie neoplastiche, di malattie del tratto respiratorio e di malattie della tiroide è da associare all'inquinamento dell'aria dal benzene, anidride solforosa e polveri Sottili, di origine industriale;
nella stessa sede sono stati presentati studi compiuti sulla popolazione infantile della zona, che rilevano come l'esposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) provenienti dalle polveri sottili (PM10) e dal benzene abbia avuto effetti sulla funzionalità respiratoria dei bambini e provocato un danno reversibile al Dna;
il referente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo a una interrogazione a risposta in commissione presentata dal firmatario del presente atto circa le problematiche ambientali dell'area di Sarroch, ha ricordato il fatto che la verifica di conformità circa le eccedenze giornaliere di emissioni «può essere effettuata solo sulla base di un intero anno di dati». Ha inoltre fatto presente che i dati ufficiali relativi all'anno 2010 non sono ancora stati inviati al Ministero;
tuttavia, stando alle rilevazioni delle centraline dell'Arpas, consultabili mese per mese sul sito della regione Sardegna, nell'anno 2010 i superamenti giornalieri del livello massimo di emissioni consentite per le PM10 sarebbero 61 nella sola centralina CENSA3 (Sarroch-via Rossigni). La vigente normativa in materia prevede che la media giornaliera non debba essere superata per più di 35 volte per anno civile;

i dati dell'Arpas, per l'anno attualmente in corso, mostrano che nel periodo da gennaio a maggio 2011, la sola centralina CENSA3 ha registrato già almeno 19 superamenti;
nella risposta alla citata interrogazione, il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare ha riferito che il Ministero della salute non dispone di uno studio epidemiologico sulla zona. L'area non figura neanche all'interno del progetto Sentieri, non essendo inserita tra i siti di bonifica di interesse nazionale (SIN);
a Sarroch ci si continua ad ammalare e si continua a morire a causa dell'inquinamento ambientale, ma a dispetto delle tragiche evidenze non sembra essere in atto alcun intervento a tutela della salute dei cittadini;
quanto evidenziato in premessa identifica una serie di priorità urgenti per l'adeguata tutela della salute dei cittadini e per la vigilanza sull'impatto ambientale delle attività industriali -:
quali iniziative si intendano predisporre per avviare un serio studio epidemiologico sull'impatto delle attività industriali dell'area sulla salute dei cittadini;
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per tutelare la salute dei cittadini di Sarroch dall'inquinamento ambientale di natura industriale e per monitorare la gestione degli scarti e la loro tossicità.
(4-12463)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 25 giugno 2011 riferisce del caso di un signore in lista d'attesa da tre mesi per un'intervento alla cataratta, che, all'ultimo momento è stata rinviata «a data da destinarsi» perché all'ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma erano terminate le protesi;
il paziente è legittimamente indignato: «Da cittadino sempre ligio ai miei doveri, con 40 anni di versamenti, mi ritrovo con un occhio solo valido, l'altro da operare» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riferito da Il Messaggero; se le criticità e i ritardi descritti in premessa siano imputabili ad esigenze di razionalizzazione della spesa imposte dal piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che si ripetano casi analoghi e per assicurare il pieno rispetto dei livelli essenziali di assistenza.
(4-12488)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mondo della fornitura, soprattutto nell'attuale fase economica, sta attraversando un momento critico dovuto alla concreta difficoltà che le aziende hanno di veder soddisfatti in tempi ragionevoli i propri crediti;

le piccole imprese, già fortemente provate dalle difficoltà di accesso al credito bancario, accusano più delle grandi i ritardi nei pagamenti, rischiando la propria stessa sopravvivenza, con conseguenze dannose per l'intera filiera produttiva;
alcuni fornitori sono riusciti a scongiurare il fallimento mettendosi in rete ed aggregandosi con le grandi aziende, ma si tratta di una percentuale molto bassa, mentre la maggior parte delle aziende rischia di essere tagliata fuori dal mercato per mancanza di liquidità;
nell'Unione europea occorrono in media 63 giorni per il pagamento di una fattura da parte della pubblica amministrazione, con una media di 36 giorni in Germania, di 30 giorni in Norvegia e di 24 giorni in Finlandia, mentre i giorni si riducono in media a 55 per il pagamento da parte di una impresa privata;
il 24 gennaio 2011 il Consiglio europeo ha approvato in via definitiva la nuova direttiva sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che intende garantire alle imprese creditrici gli strumenti per esercitare pienamente ed efficacemente i loro diritti quando sono pagate in ritardo;
in Italia, il debito accumulato dalla pubblica amministrazione verso i fornitori ammonta a 60 miliardi di euro. I tempi medi di pagamento nella pubblica amministrazione sono di 186 giorni, mentre l'impresa privata paga mediamente in 96 giorni;
il perpetuarsi del fenomeno dei ritardi di pagamento, soprattutto da parte della pubblica amministrazione, rischia di generare danni irreparabili al nostro tessuto imprenditoriale, che verrebbe privato delle risorse necessarie da investire nella crescita e nello sviluppo;
l'economia francese sta traendo un notevole beneficio dall'istituzione della figura del «mediatore della sub-fornitura» dislocato presso il Ministro dell'industria e incaricato di difendere le piccole e medie imprese dall'oppressione delle grandi che ritardano i pagamenti di fornitura -:
se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato adottare quanto prima iniziative normative di modifica dell'attuale disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con particolare riguardo alle pubbliche amministrazioni, anche attraverso modifiche alle disposizioni relative al patto di stabilità, volte a garantire alle imprese creditrici gli strumenti per esercitare pienamente ed efficacemente i loro diritti, anche tenendo conto delle positive esperienze raggiunte in altri paesi dell'Unione europea, come, ad esempio, in Francia.
(3-01715)

BALDELLI e GAVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
periodicamente i media diffondono notizie sul sequestro o il ritiro dal mercato di notevoli quantità di giocattoli potenzialmente dannosi per la salute dei bambini;
si stima che il 12 per cento dei giocattoli messi in commercio su scala mondiale siano contraffatti;
il fenomeno dei giocattoli pericolosi e/o contraffatti è in costante crescita in tutta Europa;
soltanto in Italia, nel 2010 la Guardia di finanza ha sequestrato ben 8,8 milioni di giocattoli pericolosi (+55,8 per cento rispetto al 2009) e 10,3 milioni di giocattoli contraffatti (-7,6 per cento in confronto al 2009);
nei primi 2 mesi del 2011 sono stati sequestrati già oltre 2,17 milioni di giocattoli pericolosi e più di 745 mila giocattoli contraffatti;
sono 6.664 le sedi d'impresa attive sul territorio nazionale nel comparto della commercializzazione e fabbricazione dei giocattoli;
l'immissione sul mercato di giocattoli contraffatti, spesso venduti anche sotto costo, oltre a mettere in pericolo la salute

dei bambini, provoca un danno economico alle tante imprese che operano onestamente e diligentemente nel settore;
la direttiva 2009/48/CE impone obblighi di controllo più rigidi rispetto al passato a tutte le figure coinvolte nella commercializzazione dei giocattoli, tra cui fabbricanti, importatori e distributori -:
quali siano le iniziative del Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, per prevenire l'immissione sul mercato di giocattoli non corrispondenti ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria e per tutelare sia i consumatori che le aziende che operano diligentemente e professionalmente in questo importante settore dell'economia italiana.
(3-01716)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VICO, LULLI, FADDA, MARTELLA e FRONER. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la crisi degli stabilimenti produttivi della società Vinyls, la più grande industria chimica italiana, con stabilimenti a Porto Torres (Sassari), Ravenna e Porto Marghera (Venezia) si protrae ormai da diverso tempo senza alcuna soluzione;
nel mese di giugno del 2008 la società britannica Ineos, leader europeo nella produzione di PVC, ha deciso di fermare le attività produttive in Italia chiudendo la propria controllata Ineos Vinyls Italia Spa, a seguito di tale decisione, il 9 luglio 2008, il Ministero dello sviluppo economico ha convocato un tavolo di confronto, presenti i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, le istituzioni locali, aziende e sindacati, oltre ad Eni, convocata in qualità di principale fornitore di materie prime, utilities e servizi a Ineos Vinyls Italia, per le quali vantava nei confronti della medesima crediti decine di milioni di euro;
il 24 luglio 2008, Ineos Vinyls Italia comunica di aver ricevuto manifestazioni di interesse per l'acquisto di suoi asset da parte di alcuni soggetti industriali italiani e il 10 ottobre 2008 viene diffusa la notizia di un'intesa firmata tra Ineos ed il gruppo SAFI;
emergono nel frattempo difficoltà da parte di Ineos Vinyls Italia nel pagamento delle forniture di materie prime e servizi da parte di Eni, che continua tuttavia a fornire prodotti e servizi senza speranza di essere pagata;
il 4 novembre 2008, Ineos Vinyls Italia annuncia la firma di un protocollo di intesa con il gruppo SAFI e informa Eni che i rappresentanti della SAFI sono autorizzati a negoziare per suo conto i piani di rientro del credito di Eni;
il 16 dicembre 2008, Eni e SAFI siglano una lettera di intenti sul piano di rientro del debito di 80 milioni di euro, nel quale SAFI si impegna a pagare ad Eni 30 milioni di euro entro il 31 marzo 2009;
il 31 dicembre 2008, al momento della firma del contratto preliminare con Ineos, SAFI riscontra difficoltà in merito all'acquisizione degli asset, rilevando un contenzioso fiscale di Ineos Vinyls Italia di cui non era a conoscenza, conseguentemente il Ministero dello sviluppo economico e SAFI propongono ad ENI di rimodulare il piano di rientro, proposta per la quale Eni si dichiara disponibile;
il 17 marzo 2009, nel corso di un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, Eni accetta di rivedere ancora il piano di rientro per favorire una positiva conclusione dell'operazione, mentre SAFI si impegna a pagare la prima tranche del debito (10 milioni entro il 30 aprile 2009);
il 31 marzo 2009, SAFI acquista le azioni di Ineos Vinyls Italia, divenuta Vinyls Italia, assumendone il controllo, ma a distanza di meno di un mese dall'acquisizione, SAFI dichiara di essere costretta a portare i libri in tribunale. Nel mese di giugno del 2009, il tribunale di

Venezia ammette Vinyls Italia all'amministrazione straordinaria con la nomina di tre commissari;
il 12 novembre 2009, Eni e i commissari di Vinyls si accordano presso il Ministero dello sviluppo economico per la ripresa delle forniture delle materie prime per gli impianti Vinyls. Ma le forniture che Eni si è impegnata a consegnare a condizioni favorevoli, non vengono mai richieste;
il 17 marzo 2010 i commissari ricevono l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico per la pubblicazione del bando di vendita degli impianti di Porto Torres, Marghera e Ravenna;
Ramco, società del Qatar, mostra l'intenzione di acquisire gli asset Vinyls, dichiarando, inoltre, di voler contestualmente acquisire da Eni alcuni asset necessari all'integrazione del ciclo del cloro;
anche in questo caso Eni si rende disponibile ad avviare una trattativa con Ramco sia per le forniture, sia per il trasferimento di asset e conferma fin da subito la disponibilità a trasferire a Ramco le condizioni favorevoli per le forniture accordate ai commissari;
il 10 febbraio 2010, Ramco ed Eni firmano un confidentiality agreement preliminare al prosieguo delle trattative, nelle settimane successive hanno luogo diversi incontri e scambi di documenti tra le parti;
il 31 marzo 2010, viene pubblicato il bando per presentare manifestazione di interesse per acquisizione o affitto degli impianti Vinyls, secondo la procedura di amministrazione straordinaria e il 24 aprile 2010, Ramco presenta la manifestazione di interesse per l'acquisto/affitto degli impianti chimici di Vinyls;
il 5 maggio 2010, dopo un incontro al Ministero dello sviluppo economico, Eni e Ramco si dichiarano vicine ad un'intesa, come da verbale dell'incontro e nota diffusa dal Ministero;
tuttavia il 12 maggio 2010 e successivamente il 27 maggio 2010, Ramco comunica l'intenzione di recedere sia dalla procedura per la rilevazione di Vinyls, sia dalle trattative con Eni per l'acquisizione degli impianti necessari all'integrazione del ciclo del cloro;
il 22 luglio 2010, il Ministero dello sviluppo economico ed l'Eni sottoscrivono una dichiarazione di intenti, che viene riportata nel bando di gara pubblicato dai commissari straordinari Vinyls, in cui si confermano:
la disponibilità di Eni a far trasferire all'acquirente dei beni di Vinyls, la proprietà dei complessi aziendali comprendenti tutti gli asset necessari al completamento della filiera produttiva nei siti di Porto Marghera, Porto Torres, Ravenna e Ciro Marina, comprensivi dei relativi contratti di lavoro;
l'impegno del Ministero dello sviluppo economico a garantire che l'acquirente degli asset del ciclo del cloro proseguirà le attività imprenditoriali per un periodo di almeno 4 anni;
quanto recepito nel protocollo del 12 novembre 2009, sottoscritto tra gli altri da Eni e Ministero dello sviluppo economico, per le condizioni di fornitura di materie prime (dicloroetano ed etilene) e di utilities necessarie al riavvio degli impianti per un periodo non superiore ai 6 mesi dal riavviamento delle attività;
il 1° settembre 2010 i commissari straordinari Vinyls pubblicano un nuovo bando di gara internazionale per la cessione degli asset di Vinyls di CVM-PVC di Porto Marghera, Porto Torres e Ravenna;
il 22 ottobre 2010, il fondo svizzero Gita Holding AG (Gita) trasmette ai commissari l'offerta irrevocabile per l'acquisto dei complessi aziendali della società Vinyls Italia S.p.A. in amministrazione straordinaria, condizionata alla conclusione dell'accordo per l'acquisizione del complesso di beni di Eni organizzato per la produzione di cloro e dei suoi derivati;

il 21 dicembre 2010, al Ministero dello sviluppo economico Eni e Gita Holging AG sottoscrivono un accordo che definisce:
a) il perimetro dei beni da trasferire (complesso aziendale cloro) e i relativi dipendenti;

b) le garanzie prestate da Gita: in particolare, costituzione e capitalizzazione della società acquirente per 100 milioni di euro e garanzia di continuità dell'attività produttiva e dei livelli occupazionali per 4 anni;
c) il prezzo ipotizzato per la cessione;
d) la data della conclusione dell'operazione al 10 marzo 2011;

il 31 gennaio 2011, la prevista firma del contratto preliminare non avviene a causa della riapertura della fase di due diligence, dovuta ad un avvicendamento dei rappresentanti legali che assistono Gita nell'operazione, e a causa della mancata capitalizzazione da parte di Gita della nuova società che dovrebbe acquisire gli asset di Vinyls e di Eni (condizione prevista dal citato accordo del 21 dicembre 2010);
il 1° marzo 2011, Syndial (Eni) e Vinyls Group (branch italiana del fondo lussemburghese Gita) siglano il contratto, in cui tutte le clausole contrattuali sono state negoziate, per il closing occorre la ricapitalizzazione da parte di Gita della società Vinyls Group;
il 27 maggio 2011 si svolge al Ministero dello sviluppo economico un incontro sulla situazione Vinyls, con la partecipazione di rappresentanti del Ministero, degli enti locali interessati, dei commissari straordinari, rappresentanti dei sindacati nazionali, territoriali, confederali e di categoria;
nel corso di un incontro in data 19 aprile 2011 con le istituzioni locali interessate e le parti sociali il Ministro dello sviluppo economico ha reso noto che non sono state concesse al fondo Gita ulteriori proroghe dei termini e che si è reso necessario attivare soluzioni alternative;
è il caso di chiedersi se l'apertura di credito nei confronti del fondo GITA costituito, secondo notizie di stampa, in Svizzera, nel paradiso fiscale e societario del cantone di Zugo, del quale non si conoscono gli azionisti, nato quattro giorni dopo il fallimento delle trattative con Ramco e presentatosi al bando con soli 660mila franchi svizzeri di capitale e un consiglio di amministrazione di due membri, non abbia costituito un azzardo oltre che una clamorosa perdita di tempo;
in un comunicato del Ministero dello sviluppo economico si legge che «per i siti eventualmente non ricompresi nell'offerta, saranno aperti tavoli di confronto finalizzati ad individuare soluzioni occupazionali ed industriali che interessino tutti i lavoratori;
per evitare il fallimento sono indispensabili fondi (100 milioni) per pagare gli stipendi e far partire il piano industriale e va scongiurata l'ipotesi di uno «spezzatino» ai danni di Porto Torres e Porto Marghera;
rimane aperto il quesito da più parti avanzato su quale sia la ragione per la quale ci si sia attivati per altre aziende in crisi come Parmalat mentre per la chimica non esistano ipotesi di salvataggio anche impegnando ENI nel rilancio dell'industria chimica nazionale;
è urgente intervenire a salvaguardia dei posti di lavoro e sul destino di un comparto industriale fondamentale per lo sviluppo del Paese -:
se il Ministro intenda effettivamente impegnarsi a salvaguardia del futuro della chimica italiana, attraverso la salvaguardia di tutti i siti produttivi e l'adozione di un piano nazionale del settore che preveda investimenti in innovazione, incentivi volti al rilancio della competitività e per la salvaguardia dei livelli occupazionali;

quali misure urgenti intenda adottare, con particolare riguardo all'impegno assunto per l'apertura immediata di tavoli di confronto finalizzati ad individuare soluzioni occupazionali ed industriali che interessino tutti i lavoratori.
(5-04990)

COMPAGNON. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e l'articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006 convertito dalla legge n. 248 del 2006 contengono disposizioni che consentono ai comuni di limitare l'accesso ai centri abitati sia in termini di modalità che di orario;
le limitazioni necessarie per decongestionare il traffico dei centri urbani in alcuni casi riducono fortemente l'operatività di alcuni sistemi di trasporto, in particolare della rete dei servizi di logistica, risorsa essenziale per le imprese;
sono numerose, infatti, le segnalazioni provenienti dagli operatori che effettuano servizi di logistica avanzata ed integrata circa i disagi causati dall'osservanza di tali disposizioni restrittive di accesso ai centri urbani che ostacolano fortemente l'efficienza e la qualità dei propri servizi e l'accrescimento e la competitività delle imprese loro clienti;
per le imprese che utilizzano tali servizi il tempo rapido di prelievo/consegna della merce costituisce un elemento fondamentale per la competitività sui mercati;
le spedizioni di beni e merci costituiscono il 75 per cento delle disposizioni totali dei corrieri aerei e ben l'80 per cento dei clienti degli stessi è rappresentato da aziende italiane impegnate nel mercato mondiale con prodotti di elevatissima qualità;
alla luce delle considerazioni sopra descritte, appare opportuno assumere iniziative a salvaguardia dell'efficienza dei sistemi di rete, in modo da consentire il più rapido e tempestivo espletamento del loro servizio, anche a supporto delle migliaia di imprese che su di essi fanno affidamento -:
quali iniziative di propria competenza intendano adottare per far fronte alla problematica sopra descritta e se non ritengano, altresì, opportuno assumere iniziative normative che prevedano l'esclusione degli operatori e delle imprese che svolgono i servizi di cui al decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, dalla restrizioni di accesso ai centri abitati stabilite dalla normativa vigente richiamata in premessa.
(5-04995)

Interrogazione a risposta scritta:

IAPICCA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli operatori di telefonia hanno rivestito e rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo tecnologico ed economico del Paese, generando lavoro sia direttamente che attraverso l'indotto ad essi collegato;
con legge 13 dicembre 2010 n. 220 è stato previsto l'avvio delle attività per l'assegnazione delle frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili a banda larga;
il Governo dall'attuazione delle procedura di assegnazione delle frequenze, avrà proventi stimati non inferiori a 2.400 milioni di euro;
a concorrere per l'assegnazione delle frequenze saranno, ovviamente, gli attuali operatori di telefonia, che già stanno pianificando strategicamente questo grande investimento;
le tariffe di terminazione rappresentano per gli operatori di telefonia mobile una fonte di introiti pari complessivamente a 3 miliardi di euro. Ciò nonostante, l'ulteriore riduzione di queste tariffe paventata in questi mesi rischia di tagliare in modo drastico un'importante

fonte di ricavi penalizzando fortemente le aziende di telecomunicazioni che hanno preventivato di investire nell'asta per l'assegnazione delle frequenze lasciate libere con il passaggio al digitale terreste;
un eventuale nuovo piano di riduzione delle tariffe di terminazione (rispetto a quello già stabilito fino a luglio 2013) potrebbe penalizzare gli investimenti futuri e riversarsi negativamente sia sul mercato di riferimento che sui consumatori -:
di quali elementi il Ministro disponga relativamente a quanto rappresentato in premessa e, in particolare, sulla riduzione delle tariffe di terminazione;
se il Ministro interrogato, ferme restando le competenze dell'Autorità di regolazione, intenda agire attuando le giuste scelte di politica industriale a beneficio del Paese.
(4-12489)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Togni e Esposito n. 7-00580, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Allasia.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in commissione Vannucci n. 5-04773, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Fugatti n. 5-04166 del 7 febbraio 2011;
interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-01490 del 28 febbraio 2011;
interrogazione a risposta scritta Evangelisti n. 4-12244 dell'8 giugno 2011.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Pes e altri n. 4-12021 del 23 maggio 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05001;
interrogazione a risposta scritta Pes e altri n. 4-12061 del 25 maggio 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05002;
interrogazione a risposta scritta Pes e altri n. 4-12435 del 22 giugno 2011 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-05003.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AGOSTINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore della riforma scolastica, delle scuole, primarie e secondarie di primo grado sono state emandate diverse circolari ministeriali che dettano i criteri numerici per il dimensionamento scolastico e per la formazione delle classi;
la scelta degli accorpamenti orizzontali, o verticali, non può essere fatta a tutela di interessi che non siano esclusivamente quelli della continuità scolastica, della conservazione del numero totale di ore di istruzione, della conservazione delle scuole a tempo pieno e dell'attivazione di nuove scuole dello stesso tipo, nelle realtà in cui tale necessità si evidenzi;
il Governo ha notevolmente ridimensionato la spesa complessiva per l'istruzione in questi anni pregiudicando notevolmente la qualità dell'offerta scolastica e rendendo pertanto necessari accorpamenti che non sempre vengono effettuati in maniera razionale;
nella provincia di Ascoli Piceno i comuni, in particolare quelli dell'entroterra e di montagna trovano numerose difficoltà a rientrare nei parametri dettati dalle circolari ministeriali;
nel comune di Ascoli Piceno il piano di dimensionamento scolastico proposto dall'amministrazione comunale pare non sia improntato alla salvaguardia della continuità scolastica, ma piuttosto a scelte di dubbia razionalità, che porterebbero a gravi ripercussioni in particolare nel circolo Ascoli-Centro;
gli uffici preposti hanno giudicato negativamente tali proposte;
l'amministrazione comunale di Ascoli Piceno non ha tenuto minimamente conto che il circolo di Ascoli-Centro, privato di due plessi importanti, potrebbe essere messo a serio rischio nel giro di pochi anni, con ripercussioni sul tessuto sociale del centro storico e con il conseguente depauperamento dell'offerta formativa -:
se siano previsti nuovi stanziamenti finanziari tendenti a superare le attuali situazioni di difficoltà incontrate dai comuni, in particolare quelli più piccoli e delle zone montane per i piani di dimensionamento scolastico;
di quali elementi disponga il Ministero in merito al piano di dimensionamento scolastico della provincia di Ascoli-Piceno e, in particolare, nel comune di Ascoli Piceno, con specifico riguardo all'esigenza di assicurare la continuità didattica e la conservazione del numero totale di ore di istruzioni;
se il Ministero, attraverso l'ufficio scolastico provinciale intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di risolvere le criticità del circolo di Ascoli centro riportate in premessa e che in questi giorni stanno provocando la

protesta dei genitori e del corpo insegnante.
(4-09245)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante prospetta una situazione di criticità riguardante la direzione didattica Ascoli centro del comune di Ascoli Piceno nell'ambito di un presunto dimensionamento operato dal comune, poco rispettoso della continuità didattica nella formazione delle classi.
Al riguardo l'Ufficio scolastico regionale per le Marche ha comunicato che la programmazione della rete scolastica, per l'anno scolastico 2011/2012, è stata approvata dall'assemblea legislativa regionale con deliberazione n. 19 del 11 gennaio 2011 sulla base delle linee guida dettate dalla deliberazione dell'assemblea regionale n. 128 del 2009. Da essa si evince come le preoccupazioni dell'interrogante relative alla scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado della provincia di Ascoli Piceno siano state superate.
Infatti l'unico intervento realizzato nell'ambito del primo ciclo ha riguardato i due istituti comprensivi attualmente funzionanti nel comune di Folignano, che sono stati unificati a decorrere dal 1o settembre 2011; mentre l'intervento riguardante le direzioni didattiche di Ascoli Piceno e Borgo Solestà, è stato sospeso ai sensi del punto 2.1, lettera
a), della deliberazione 128 del 2009 sopra richiamata, che prevede prioritariamente l'individuazione «delle condizioni strutturali ed organizzative ottimali per la realizzazione dell'unitarietà del ciclo primario e secondario di primo grado attraverso l'istituzione di istituti comprensivi sulla cui formula dovrà essere progressivamente conformato il ciclo primario e secondario di primo grado».
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
Carolina Plescia, studentessa italiana laureata a Bologna nel 2009, è attualmente PhD student presso il dipartimento di scienza politica del Trinity College di Dublino con una tesi intitolata Ticket Splitting in Local Election: the Italian subnational Case Study, progetto finanziato dall'Irish Research Council for the Humanities and Social Science, che vorrebbe studiare il sistema di voto disgiunto così come applicato nelle elezioni regionali in Italia;
per compiere lo studio numerosi tentativi sono stati intrapresi per richiedere l'accesso a un campione di schede elettorali votate (relative a un solo comune anche molto piccolo) relative alle trascorse elezioni regionali del 2005. L'accesso ad un campione di schede votate relativo ad un singolo comune è richiesto quale requisito fondamentale per un progetto di ricerca condotto dal Trinity College di Dublino nell'ambito di un progetto di tesi di dottorato finanziato dall'Irish Research Council for the Humanities and Social Science che prevede la creazione di una tecnica di analisi del voto disgiunto. Tale tecnica è già stata impiegata in altri Paesi caratterizzati da un sistema elettorale simile a quello utilizzato per le elezioni regionali italiane quali Germania e Nuova Zelanda. I dati ricavabili da tale accesso verrebbero utilizzati solo e unicamente come conferma alle stime ottenute con la nuova tecnica e verrebbero utilizzati solo a tale fine;
in particolare, sono stati presi contatti con:
il Ministero dell'interno, al quale sono state inviate numerose mail ai recapiti disponibili sul sito istituzionale: dal segretario del Ministro dell'interno fino alla mail dell'archivio ministeriale dei dati elettorali; l'unica risposta pervenuta è stata quella di Nicola D'Amelio, responsabile dell'ufficio dell'archivio storico delle elezioni, il quale ha suggerito di rivolgere le istanze alle sedi locali (tribunali regionali

e provinciali, prefetture, singole regioni, uffici elettorali regionali);
gli uffici elettorali regionali e provinciali, in particolare gli uffici elettorali regionali di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Lazio, Toscana Molise; la sola risposta dettagliata è giunta da parte del responsabile dell'ufficio elettorale della regione Toscana (dottore Antonio Floridia) il quale ha precisato che «le schede votate sono racchiuse nei magazzini degli uffici giudiziari che hanno svolto il compito finale di conteggio dei verbali» e che con molta probabilità le schede vengono distrutte una volta svoltesi le elezioni successive; sempre il dottor Floridia ha altresì spiegato che «l'accesso alle schede votate è difficilissimo e molto raro; in pratica accade solo quando vi è un ricorso motivato che spinga a ricontrollare le schede di una sezione elettorale in cui siano state segnalate delle presunte irregolarità»;
gli uffici della Corte di Cassazione e gli uffici elettorali presso le corti d'appello, che hanno fornito risposte contraddittorie: secondo la Cassazione «per le schede elettorali regionali bisogna rivolgersi al Ministero dell'Interno» mentre secondo la Corte d'Appello di Campobasso «le schede elettorali vengono messe a disposizione della Regione (in questo caso il Molise) una volta terminato il lavoro elettorale di competenza della Corte»; le prefetture, le quali non hanno mai fatto pervenire risposta;
l'articolo 9 della Costituzione sancisce che «la Repubblica promuove la ricerca scientifica e tecnica» e l'articolo 97 della Costituzione impone che l'azione amministrativa debba svolgersi secondo regole di buona amministrazione, e che i diversi enti ed istituzioni, tra cui quelli interpellati, dovrebbero agire con spirito di mutua collaborazione fornendo pareri e risposte univoche quando interpellate;
la ricerca oggetto dell'interrogazione si inserisce in un filone di studi in via di completamento che ha già interessato altri Paesi quali gli Stati Uniti d'America, la Germania e la Nuova Zelanda, che hanno garantito l'accesso alle schede elettorali ai soli fini scientifici -:
quali norme o consuetudini regolino l'effettiva possibilità di accesso alle schede votate, con particolare riferimento alla realizzazione di analisi e ricerche di tipo scientifico;
se siano note le ragioni per le quali le numerose amministrazioni interpellate non abbiano saputo fornire risposte univoche ed esaustive per fare fronte alle richieste avanzate;
quali iniziative di competenza intendano intraprendere per favorire l'accesso a tali schede, ove possibile e ove ritenuto necessario, per consentire che anche l'Italia possa essere inserita in un progetto di lavoro di livello internazionale volto allo studio e all'approfondimento dei comportamenti elettorali, studio che, una volta completato anche con i dati italiani, fornirà ulteriori conoscenze sul funzionamento della democrazia in termini generali.
(4-08500)

Risposta. - Il Ministero dell'interno ha da tempo predisposto, in materia di scarto degli atti elettorali, un apposito massimario ad uso di tutti gli «attori» del procedimento elettorale, contenente prescrizioni relative alla custodia e allo scarto delle schede elettorali nelle varie consultazioni.
Le schede votate relative alle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica sono conservate, per i giudizi dei titoli di ammissione alle Camere, presso i tribunali o le corti d'appello dei capoluoghi di circoscrizione o di regione fino al termine della legislatura; le schede dei referendum nazionali sono conservate presso i tribunali sino alla proclamazione dei risultati ufficiali da parte dell'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione; le schede delle elezioni europee, regionali e amministrative (rispettivamente custodite dai tribunali, dalle amministrazioni regionali e dalle prefetture) sono conservate fino alla definizione di tutti i ricorsi.
Successivamente, tutte le suddette schede vengono assoggettate a procedura sommaria

di scarto; ciò in considerazione degli altissimi costi per l'erario e della rilevante difficoltà materiale di una custodia particolarmente prolungata di centinaia di milioni (o eventualmente di miliardi) di schede votate in tutte le consultazioni.
Tutto ciò premesso, si rappresenta che, nel nostro ordinamento, non vi sono disposizioni che prevedono espressamente la facoltà di procedere all'accesso nei confronti delle schede votate.
Tale mancata previsione - oltre alle notevoli differenze nei vari procedimenti elettorali e in particolare negli enti tenuti alla custodia delle schede - potrebbe aver favorito la lamentata assenza di uniformità nelle risposte fornite dagli uffici interpellati dalla studentessa citata nell'interrogazione in esame.
Quanto alla prassi ormai consolidatasi in questi anni, l'accesso alle schede votate è disposto dai tribunali amministrativi regionali quando tali giudici ritengano necessario un riesame delle schede stesse in occasione della decisione di ricorsi; a tal fine, il tribunale amministrativo regionale, di solito, incarica con sentenza o ordinanza il prefetto (a sua volta, autorizzato a delegare uno o più funzionari prefettizi) di riesaminare le schede in contestazione alla necessaria presenza degli avvocati di tutte le parti, per poi relazionare dettagliatamente il Tar stesso.
Si soggiunge che eventuali, ulteriori accessi alle schede per motivi di ricerca - nei limiti della loro conservazione nei tempi sopraindicati - dovrebbero essere disciplinati con apposita normativa, che appare presupporre anche attenta valutazione di carattere politico, tenuto conto dei possibili, consistenti rischi di manomissione.
Si precisa, infine, che i risultati elettorali sono contenuti nell'archivio storico delle elezioni, pubblicato sul sito del Ministero dell'interno, e che risulta comunque possibile accedere ai verbali ufficiali di scrutinio degli uffici elettorali di sezione, conservati a fini storici presso gli uffici competenti in relazione al tipo di consultazione elettorale o referendaria.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un insegnante di sostegno denuncia che in alcune scuole, della regione Puglia e precisamente la S.M. «L. Antonelli» PESCARA, il personale docente assegnato su posta di sostegno viene talvolta impiegato per l'effettuazione di supplenze in sostituzione di colleghi assenti dal servizio, della propria o di altre classi. Come da lettera inviata il 30 maggio 2008 al Ministro sopra indicato e da esposto alla Procura della Repubblica di Roma in data 7 febbraio 2009;
tale situazione, non appare uniformata a criteri di regolarità, tenuto conto che finisce per distogliere l'insegnante di sostegno dal proprio compito istituzionale. Mentre, d'altro canto, non si può mancare di sottolineare come, specie dopo l'entrata in vigore della Legge 5 febbraio 1992 n. 104, l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap sia assurta al rango di vero e proprio diritto soggettivo, il cui esercizio non potrebbe essere legittimamente violato dall'Amministrazione Scolastica;
relativamente alla sostituzione dei colleghi della propria classe, non potrebbe fondatamente argomentarsi, in senso contrario, dalla circostanza che l'articolo 13, comma 6, legge n. 104 del 1992 faccia riferimento alla «contitolarità» della classe, trattandosi di una disposizione che assume una propria specifica valenza sul piano squisitamente didattico, in vista del necessario raccordo tra il docente di sostegno e i docenti cosiddetti curriculari in sede di programmazione educativa e didattica, senza peraltro inficiare la distinzione tra i rispettivi compiti;
è evidente che ciò consente un «risparmio» della relativa spesa alla scuola/istituto. Gli insegnanti di sostegno sono 40.000 e basta una sola ora di supplenza per ognuno di loro (normalmente ne fanno 4 o 5 a settimana) per ottenere risparmi considerevoli per lo Stato. Infatti basta moltiplicare il costo della tariffa

che al momento è di 35 euro per ottenere un risparmio di ben 1.400.000 euro al giorno (quasi tre miliardi delle vecchie lire);
il danno però è enorme per gli insegnanti di sostegno e ancora di più per i loro alunni;
gli insegnanti di sostegno hanno un servizio molto delicato e compiti ben definiti e il danno è facilmente rilevabile;
in pratica il capo d'istituto nel momento in cui decide di utilizzare l'insegnante di sostegno dalla funzione di supporto didattico individuale e/o in compresenza per l'alunno in difficoltà svantaggiato per il servizio svolto a tutta la classe, utilizzare i già pochissimi fondi pubblici per i ragazzi più deboli per un servizio diverso -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non intenda con una circolare ministeriale dare forza all'applicazione della legge n. 104 del 1992 precisando eventualmente quando gli insegnanti di sostegno hanno l'obbligo di servizio di sostituire colleghi assenti con supplenze durante il loro normale orario di servizio;
come intenda procedere al fine di dare soluzione al problema prospettato.
(4-02827)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ritiene che in una scuola media di Pescara il personale docente su posto di sostegno venga talvolta impropriamente utilizzato per la sostituzione di colleghi assenti dal servizio della propria o di altre classi.
Al riguardo si fa presente che questo Ministero ritiene opportuno assicurare prioritariamente il diritto allo studio e la piena funzionalità di tutte le attività didattiche. Tali obiettivi valgono anche per l'attività di sostegno.
L'alunno con disabilità è inserito nella classe in cui si realizza il processo di integrazione e la sua responsabilità educativa spetta a tutto il consiglio di classe, del quale fa parte anche il docente di sostegno. A questa figura professionale, insieme con gli altri docenti curricolari, è attribuito il compito di individuare le modalità di integrazione dei singoli alunni con disabilità, sulla base delle ore di sostegno assegnate a seguito della definizione della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato previsti dalla legge n. 104 del 1992. Il percorso formativo così determinato non può essere compromesso dall'assenza temporanea degli altri docenti.
Pertanto, con la nota ministeriale prot. n. 9839 dell'8 novembre 2010, questa amministrazione riafferma l'obbligo di nomina di supplenti anche nel caso di assenza per periodi inferiori a cinque gironi nella scuola primaria e a quindici giorni nella scuola secondaria. La sostituzione del personale assente deve avvenire prioritariamente con personale scolastico in soprannumero o con ore a disposizione o in contemporaneità non programmata in applicazione di quanto previsto dall'articolo 48, commi 5 e 6, CCNL comparto scuola e, in subordine, mediante l'attribuzione di ore eccedenti a personale in servizio e disponibile nella scuola fino ad un massimo di 6 ore settimanali oltre l'orario obbligatorio.
La stessa nota ministeriale richiama l'opportunità di non ricorrere alla sostituzione dei docenti assenti con personale in servizio su posti di sostegno quando l'alunno assegnato è presente a scuola, salvo casi eccezionali non altrimenti risolvibili.
Questi aspetti sono per altro già presenti nelle linee guida ministeriali sull'integrazione scolastica del 4 agosto 2009, dove si prevede che l'insegnante per le attività di sostegno non può essere utilizzato per svolgere funzioni non strettamente connesse con il progetto d'integrazione, qualora il diverso utilizzo riduca anche in minima parte l'efficacia del progetto.
Relativamente all'istituto scolastico di cui trattasi, si fa presente che il dirigente scolastico ritiene il comportamento adottato conforme a quanto previsto in ambito nazionale. Con motivazioni condivise anche dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo, ha infatti comunicato

che la scuola ha sempre riservato una grande attenzione al processo di integrazione degli alunni diversamente abili, ritenendolo un fondamentale elemento di qualità dell'intera organizzazione scolastica.
L'istituzione scolastica ha utilizzato gli insegnanti di sostegno in attività di supplenza in classi diverse esclusivamente quando l'alunno con disabilità, destinatario del progetto di integrazione, è risultato assente ed in situazioni di particolare eccezionalità ed urgenza, valutate volta per volta.
Inoltre, nell'individuare la classe da affidare al docente di sostegno per la sostituzione del collega, è stato privilegiato il criterio di attribuire la classe nella quale era presente un altro alunno diversamente abile assegnato al docente.
Nell'ambito della stessa classe, la sostituzione dell'insegnante curriculare da parte dell'insegnante di sostegno e, viceversa, la sostituzione dell'insegnante di sostegno da parte dell'insegnante curriculare, è stata ritenuta espressione del principio della contitolarità dell'insegnamento di sostegno ed è sempre avvenuta per brevi periodi al fine di non compromettere il processo di integrazione scolastica in corso.
Le descritte modalità operative, elaborate e condivise con il Dipartimento degli insegnanti di sostegno, sono state ritenute coerenti con le linee guida nazionali per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Allo stato degli atti un solo docente di sostegno ha espresso verbalmente il proprio dissenso, ritenendo di non dover rimanere in classe da solo.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
le cattive abitudini alimentari, la mancanza di movimento fisico, la diffusione del fumo, i rischi legati alla droga e le influenze diseducative provenienti dall'offerta televisiva e su internet sono tra i fattori che mettono a rischio il sereno sviluppo dei bambini e degli adolescenti. Si pensi al crescente tasso di sovrappeso e obesità che, soprattutto in alcune regioni come la Campania, si registra in età scolare e agli esempi diseducativi che sempre di più giungono dai mezzi di comunicazione;
la società italiana deve nel suo complesso reagire a questi pericoli nella consapevolezza che in gioco, con la salvaguardia delle giovani generazioni, c'è il futuro stesso del nostro Paese. Non c'è dubbio che, in tal senso, il ruolo più importante lo giochi la famiglia, ma anche le istituzioni devono avere un ruolo molto forte;
in tal senso, il luogo ideale in cui intervenire è rappresentato dalla scuola, intesa anche come luogo in cui ai giovani viene offerta la possibilità di comprendere in modo davvero consapevole la pericolosità e l'insensatezza di alcuni comportamenti, veicolati anche dai media e da internet, che per molti anni sono stati accomunati a modelli di vita «vincenti»;
un sostegno importante perché tale strategia abbia davvero successo può essere offerto dalla partecipazione di soggetti privati (fondazioni, associazioni di categoria, istituti di ricerca e singoli progetti di ricerca sostenuti da grandi aziende, in particolare del mondo dell'alimentazione e della comunicazione) che già oggi sono attivi nel settore della tutela e della diffusione tra i giovani dei corretti stili di vita e che quindi, pur nell'ottica di un equilibrato rapporto tra pubblico e privato, potrebbero cooperare in modo fecondo con le istituzioni scolastiche, per esempio offrendo un contributo importante anche sul piano finanziario -:
se il Governo intenda valutare l'ipotesi di avvalersi della collaborazione di soggetti privati, attivi nella tutela e nella promozione dei corretti stili di vita, per l'organizzazione, al di fuori del piano di studi, di corsi volti a sensibilizzare e rendere consapevoli i giovani a tale riguardo.
(4-09952)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di valutare l'ipotesi di avvalersi della collaborazione di soggetti privati, esperti nel settore, per l'organizzazione di corsi extracurricolari volti a sensibilizzare i giovani nella promozione di corretti stili di vita.
Al riguardo si premette che a partire dall'approvazione e progressiva applicazione delle norme sul primo ciclo di istruzione, sono in corso di introduzione una serie di innovazioni e modifiche, didattiche ed operative, che coinvolgeranno l'intero sistema scolastico in una riforma organica. È l'occasione per fare della scuola, dell'università e dell'intero sistema formativo nazionale un comparto al passo con i sistemi vigenti nell'Unione europea ed adeguato alle esigenze richieste per un soddisfacente e qualificato ingresso nel mondo del lavoro.
In questo rinnovato quadro e nelle prospettive che da esso derivano assume particolare rilievo la conoscenza dei contenuti legati all'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado con la legge del 30 ottobre 2008, n. 169, a cui sono riconducibili, oltre gli aspetti relativi alla conoscenza dei diritti e doveri del cittadino, anche quelli connessi al singolo quale parte della comunità.
L'alimentazione assume così primaria importanza, in quanto già da tempo si è evidenziato l'aumento di numerose patologie legate agli stili di vita ed il ruolo fondamentale svolto dall'attività fisica e dalla corretta alimentazione per la protezione della salute, anche con riferimento ai casi di sovrappeso ed obesità.
Per questi motivi in materia di educazione alimentare sono state attivate numerose iniziative che intervengono in tutte le fasi evolutive dello studente e che consentono, in chiave interdisciplinare, di collegare le materie scientifiche, storico-geografiche, motorie e dell'educazione civica nel filo conduttore di una corretta nutrizione e sicurezza alimentare.
Vengono in tal modo appresi gli aspetti relativi al processo nutrizionale individuale e collettivo, alla filiera alimentare, alle valenze mediche e ambientali, nonché alla stagionalità e territorialità dei prodotti alimentari, dei consumi responsabili e dei contesti economici e sociali entro i quali opera nel suo complesso il sistema-cibo.
L'azione è coerente con la strategia intersettoriale sviluppata nel programma «guadagnare salute» formalizzato nel protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero della salute ed il Ministero dell'istruzione e si traduce in interventi predisposti in via autonoma da questo Ministero, tramite apposito comitato tecnico-scientifico, quale il programma «scuola e cibo» - piani di educazione scolastica alimentare, o in collaborazione con altri dicasteri ed enti istituzionali, quali il programma comunitario «frutta nelle scuole», realizzato congiuntamente dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal Ministero della salute e dalle regioni.
Con la partecipazione al programma nazionale pluriennale il Governo si prefigge di introdurre nel sistema di istruzione nazionale l'educazione alimentare come insegnamento trasversale ed interdisciplinare, valorizzando precedenti esperienze ed iniziative realizzate da singoli istituti e coinvolgendo progressivamente le scuole di ogni ordine e grado. Il contenuto didattico non prevede l'insegnamento di una nuova materia ma, all'interno della singola disciplina, declina i singoli argomenti con richiami ed integrazioni alla conoscenza del cibo, dei consumi alimentari, della funzione degli alimenti e degli aspetti culturali, sanitari ed economici dell'alimentazione.
Sollecitando l'adozione di corretti stili di vita, anche con la collaborazione di diverse Amministrazioni, «scuola e cibo» si rivolge nel complesso ad alunni, famiglie e docenti ed intende sviluppare i temi dell'educazione alimentare e dell'educazione al movimento ed allo sport. Si tratta di un'iniziativa di rilevanza didattico-educativa di ampia portata che il Ministero si propone di estendere progressivamente sull'intero territorio nazionale, in tutti gli ordini di studi, entro il 2015 e che coinvolge il dialogo interculturale e l'educazione allo sviluppo sostenibile sulla base di criteri di tollerabilità ecologica, sociale ed economica.

Il programma si articola in due fasi distinte, delle quali la prima, di carattere sperimentale, si è svolta nell'anno scolastico 2009/2010 ed è stata destinata alla scuola primaria con l'utilizzo di materiale didattico specifico e la prevalenza dell'aspetto ludico-formativo, particolarmente adatto all'età degli alunni coinvolti. Il materiale verrà messo a disposizione attraverso un sito dedicato in fase di attivazione che costituirà il portale di riferimento per tutte le azioni progettuali delle scuole a livello nazionale per quanto attiene all'educazione alimentare. Specifico materiale verrà predisposto per informare le famiglie sul loro ruolo.
La seconda fase prevede l'adozione di un testo che costituirà il punto di riferimento delle singole iniziative territoriali e la piena operatività del programma in ambito nazionale, tenendo conto della celebrazione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia, dove uno dei principali temi è costituito dall'alimentazione sul territorio nazionale, e dell'appuntamento con l'Expo universale del 2015 a Milano, che, coinvolgendo nel suo complesso il sistema Italia, avrà come tema economico, sociale e culturale quello alimentare: «Nutrire il pianeta, energia per la vita».
Il modello ed i contenuti di insegnamento fissati nella fase di sperimentazione sono nel corrente anno scolastico estesi a tutte le classi IV e V della scuola primaria. Il prossimo anno scolastico prevede l'attivazione nelle classi della scuola media di I grado. Gli anni successivi vedranno la progressiva estensione del modello didattico alle classi della scuola media di II grado, che sarà completato, in coincidenza con la manifestazione dell'Expo universale, nell'anno 2015 con il coinvolgimento delle classi IV e V della scuola secondaria superiore.
Nell'ambito del programma vi sono margini per intese con le associazioni di categoria che operano nel settore alimentare e per collegamenti con comparti a questo trasversali, quali il turismo e la ristorazione, che offrono interessanti spazi di intervento reciproci a livello scolastico.
Questo Ministero ha organizzato nel corso del 2009 e del 2010 una serie di convegni ed appuntamenti sul territorio nazionale aventi ad oggetto la salute e l'igiene alimentare e prevede, in contemporanea alla diffusione del programma, di attivare nelle scuole interessate una «Giornata aperta» al pubblico sulle tematiche «Cibo - Acqua - Ambiente - Mense scolastiche», anche in relazione ed in accordo con il Ministero degli affari esteri e la Fao che annualmente curano le celebrazioni per la giornata mondiale dell'alimentazione. Congiuntamente al Ministero della salute, ha dato supporto per la definizione dei contenuti del «Vademecum sulla sicurezza e la qualità degli alimenti», pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della gioventù e distribuito nelle scuole secondarie di primo grado.
Il riconoscimento della scuola quale ambiente d'elezione per attivare con successo politiche volte a promuovere il benessere della collettività ha portato alla sottoscrizione del protocollo d'intesa tra il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e quello della salute, con il quale i contraenti, nell'ambito delle specifiche competenze, si impegnano a definire strategie comuni e realizzare un programma di interventi che coinvolga il sistema scolastico e sanitario nella prevenzione delle malattie croniche e nel contrasto di alcuni dannosi comportamenti assunti in età giovanile, attraverso la realizzazione di progetti finalizzati all'acquisizione di stili di vita e abitudini salutari. In attuazione del protocollo, il comitato paritetico predispone il programma annuale delle attività da realizzare, anche recependo le proposte provenienti dalle istituzioni scolastiche e da soggetti privati che operano nel settore.
L'accordo in esame è alle base di varie iniziative, quali il progetto «frutta snack», il progetto «Scuola e salute» ed il progetto «Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni». Con questo ultimo progetto si risponde alle esigenze informative dell'Organizzazione mondiale della sanità ed alla necessità di ottenere, in relazione alla fascia di età considerata, un quadro aggiornato della situazione nazionale, operando in collaborazione con le regioni, le aziende sanitarie locali, l'Istituto

nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e le istituzioni nazionali.
Alle iniziative nazionali si affiancano quelle comunitarie, come il programma comunitario «frutta nelle scuole» che si propone di far fronte allo scarso consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e dei ragazzi, aumentando durevolmente e qualitativamente le porzioni di frutta e verdura nella loro dieta, nella fase in cui si formano le abitudini alimentari. Il programma comunitario, realizzato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in collaborazione con questo Ministero, con il Ministero della salute e con le regioni, intende incentivare il consumo di frutta e verdura dei bambini compresi tra i 6 e gli 11 anni e favorire un più stretto rapporto tra il produttore-fornitore ed il consumatore.
L'intervento è accompagnato da un'attività informativa finalizzata alla modifica delle abitudini alimentari ed allo sviluppo di una capacità di scelta consapevole, anche con riferimento alla stagionalità e territorialità dei prodotti. Sono così privilegiati i cibi di qualità certificata (Dop, Igp, biologici) e/o i prodotti ottenuti con metodi di produzione integrata certificata. Al termine del suo sviluppo pluriennale, il programma comunitario si prefigge di raggiungere tutti gli alunni della fascia di età prevista dall'intervento.
Da parte sua la Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della gioventù, in collaborazione con il Ministero della salute, sta promuovendo l'adozione di stili di vita salutari, la prevenzione e la cura dei disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia, bulimia e binge eating la diffusione dell'attività motoria.
Gli interventi sono realizzati con la predisposizione di buone prassi nella cura e nella prevenzione sociale dei disturbi dell'alimentazione. In particolare lo sviluppo della prevenzione sociale avviene con l'intervento in 4 diverse aree. La prima, relativa ai media, si è posta l'obiettivo di informare e sensibilizzare gli operatori dell'informazione sul tema disturbi del comportamento alimentare fornendo loro indicazioni e conoscenze per veicolare messaggi appropriati in questo ambito; ritiene inoltre utile il ricorso al web ed alle tecnologie informatiche per diffondere informazioni sui Dca e intercettare la domanda inespressa di aiuto in un luogo particolarmente frequentato dagli adolescenti. La seconda, relativa alla scuola, ha riguardato la sensibilizzazione ed informazione del corpo docente sui disturbi alimentari e la formazione sulla modalità di gestione con il dialogo che consente di sviluppare nei giovani una capacità critica di valutazione dei messaggi ricevuti dal contesto sociale. La terza, relativa al mercato della dieta, intende intervenire nella cultura della magrezza quale fattore di diffusione dei dca, stimolando i consumatori ad acquisire la consapevolezza sulle conseguenze di inappropriate azioni in tema di salute e alimentazione. La quarta, relativa allo sport, si prefigge di far riconoscere e valutare, a tutti gli operatori sportivi, istruttori e praticanti, i fattori di rischio legati all'insoddisfazione per l'immagine corporea e le abitudini alimentari e di vita che possono precorrere i dca tra chi svolge attività agonistica e non agonistica.
Nel corso del 2010 il Dipartimento della gioventù ha organizzato a Roma la I Conferenza europea sulla salute ed il benessere dei giovani ed ha colto le indicazioni emerse dal dibattito predisponendo, in collaborazione con il Ministero della salute, un portale con il quale è possibile affrontare in modo globale i temi relativi alla salute del benessere dei giovani mediante l'individuazione di diverse aree tematiche.
Lo stesso Dipartimento ha concesso diversi patrocini a progetti che avessero come finalità la promozione della salute, del benessere dei giovani e di stili di vita salutari. Ciò è quanto avvenuto per iniziative finalizzate al bere responsabile, alla prevenzione delle stragi del sabato sera, alla diffusione dell'educazione alimentare nelle scuole superiori delle regioni del centro sud, tra cui la Campania, e dell'attività fisica, all'informazione sui rischi legati al consumo di energy drink.
Dalle considerazioni richiamate emerge che le Amministrazioni interessate, ed in particolare questo Ministero, considerano la tutela e la promozione di un corretto stile

di vita dei giovani un argomento di assoluta rilevanza per il cui perseguimento tutti i soggetti che vantino una competenza in materia possono apportare il proprio contributo sia in ambito nazionale sia in un ambito territoriale più circoscritto, cooperando con la singola istituzione scolastica.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DE POLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito delle disposizioni nella recente manovra finanziaria che comporta una cospicua decurtazione del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e anche soprattutto la fortissima riduzione dei finanziamenti a regioni ed enti locali, ci sarà sempre maggiore difficoltà ad erogare risorse e servizi ai sistemi scolastici territoriali;
in questi ultimi mesi deputati di diversi schieramenti politici e molte organizzazioni sindacali hanno denunciato e fatto rilevare il drammatico taglio che ha colpito gli insegnanti di sostegno per alunni con disabilità, dimostrando come, in molte province del nostro Paese a seguito delle ultime leggi finanziarie si siano registrate riduzioni assolutamente incompatibili con la necessità di adeguare le cattedre di sostegno al rapporto insegnanti/alunni con disabilità;
autorevoli quotidiani nazionali hanno pubblicato testimonianze che denunciano i disagi e le difficoltà che incontrano molte famiglie in cui sono presenti bambini con disabilità, ai quali purtroppo vengono sottratte delle ore scolastiche con gli insegnanti di sostegno a causa dei tagli ai bilanci;
vari tribunali amministrativi si sono pronunciati recentemente a favore della tutela degli studenti portatori di handicap e, in base a tali sentenze, le amministrazioni scolastiche non potranno più giustificare le carenze di sostegno con esigenze di bilancio, né si potranno sostituire al sostegno altre figure non specializzate;
diverse associazioni locali presentano petizioni e raccolgono firme contro la nuova riforma scolastica del Ministro Gelmini che danneggia e lede i diritti delle persone con disabilità, il loro diritto allo studio, e in molti casi mette le famiglie in condizioni tali da non poter garantire la frequenza scolastica dei propri figli per mancanza di personale che si prenda cura di loro;
sono in molti a far rivelare che tutto ciò non può essere tollerato e che lo Stato dovrebbe altresì tendere a rimuovere ogni ostacolo che impedisca la prima integrazione delle persone con disabilità nella scuola, nel lavoro e nella società. Ricordando, l'esistenza di leggi come l'articolo 3 della Costituzione italiana o l'articolo 1 della legge 104 che garantiscono i diritti delle persone con disabilità -:
quali urgenti iniziative intendano attuare per risolvere la mancanza di personale che non permette alle persone con disabilità di rimanere a scuola in sicurezza e quali misure siano previste per garantire a questa fascia di popolazione, certamente più bisognosa di aiuto rispetto ad altre, il diritto allo studio.
(4-08965)

Risposta. - Si premette che l'integrazione degli alunni disabili costituisce una peculiarità del nostro sistema educativo, che per tale aspetto è all'avanguardia in ambito europeo, ed è tra le priorità della politica scolastica, come risulta anche dall'annuale direttiva sugli interventi prioritari ed i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie emanata ai sensi della legge n. 440 del 1997.
In tale direzione si muovono le Linee guida per l'integrazione degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009, che definiscono la posizione di questa Amministrazione nei confronti dell'inclusione scolastica, stabilendo espressamente che «L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un

processo irreversibile e, proprio per questo, non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso pedagogico, culturale e sociale dell'integrazione, trasformandola da un processo di crescita per gli alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici».
Nella stessa direzione vanno, inoltre, le iniziative relative al piano nazionale di formazione per l'integrazione degli alunni disabili denominato «I care: imparare, comunicare, agire in una rete educativa» nonché i progetti afferenti alle tematiche che attengono all'educazione ed alla cittadinanza quali «Cittadinanza e Costituzione».
Il Piano di formazione nazionale I care ha avuto lo scopo di migliorare la realizzazione delle pratiche di inclusione condotte all'interno della scuola sotto molteplici profili (prassi didattiche, piano educativo individualizzato, collaborazioni con il territorio, aziende sanitarie locali, coinvolgimento delle famiglie). Il progetto ha coinvolto l'80 per cento delle scuole interessate ed ha visto la partecipazione di oltre 20.000 insegnanti, di cui 14.000 curricolari. Il riscontro ricevuto dall'iniziativa ha indotto questa Amministrazione a effettuare una selezione e raccolta delle migliori «buone pratiche» attivate, in modo da consentire alle istituzioni scolastiche interessate di attingere ad un archivio di attività progettuali.
Inoltre, le esperienze effettuate nell'ambito del piano formativo I care e dedicate all'icf (international classification of functioning) trovano continuità e sviluppo nel progetto icf - dal modello dell'Oms alla progettazione per l'inclusione. Scopo del progetto è il concreto supporto alla cultura dell'integrazione mediante la sperimentazione e la definizione di un modello che, nell'ambito delle competenze del Ministero, renda possibile individuare i fattori contestuali che condizionano la qualità dell'inclusione scolastica.
La qualità degli interventi attivati trova un ulteriore strumento nella realizzazione di ventisei prodotti informatici predisposti in base all'azione 6 del «Progetto nuove tecnologie e disabilità». Tali software consentono alle istituzioni scolastiche di fruire gratuitamente di sistemi informatici che facilitano l'accesso ai documenti didattici agli studenti con disabilità e potenziano le abilità di apprendimento.
Sono stati contestualmente finanziati i centri territoriali di supporto, novantotto in ambito nazionale, quali poli territoriali dedicati alle tecnologie per l'integrazione e punti di riferimento per gli utenti interessati.
Ciò premesso, in merito all'asserito «drammatico taglio» di insegnanti di sostegno derivante dalla manovra finanziaria, si fa presente quanto segue.
Le disposizioni in materia di organizzazione scolastica introdotte dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, sono finalizzate ad una migliore qualificazione dei servizi scolastici e ad una piena valorizzazione del personale docente.
Pur essendo necessario perseguire gli obiettivi fissati dalla citata legge n. 133, il Ministero ha prestato particolare attenzione alla tutela dei bisogni e delle esigenze degli alunni disabili, come dimostrano i dati relativi all'area del sostegno.
Infatti, per l'anno scolastico 2010/2011, anche sulla base della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 22 febbraio 2010, che ha dichiarato l'illegittimità delle norme della legge finanziaria 2008 che fissavano un tetto all'attivazione dei posti di sostegno, il Ministero si è adoperato per garantire un numero di docenti adeguato alle necessità.
In particolare, il decreto interministeriale relativo agli organici per l'anno scolastico 2010/2011 ha confermato un numero complessivo di posti attivabili in ciascuna regione pari alle quantità assegnate in organico di fatto del precedente anno scolastico. A tale contingente vanno aggiunti i posti in deroga attivati per situazioni di particolare gravità.
Queste scelte hanno fatto sì che il numero dei docenti di sostegno passasse da 90.031 dell'anno scolastico 2009/2010 ai 94.430 del corrente anno scolastico.

L'attenzione riservata agli alunni disabili trova ulteriore conferma nell'opera di stabilizzazione degli interventi didattici nei loro confronti attraverso l'autorizzazione di ben 5.022 assunzioni di personale docente ed educativo nel sostegno, che rappresentano circa il 50 per cento delle assunzioni autorizzate nell'anno scolastico 2010/2011.
Per quanto riguarda il prossimo anno, si fa presente che con circolare n. 21 del 14 marzo 2011 è stato trasmesso ai direttori generali degli uffici scolastici regionali lo schema di decreto recante disposizioni, per l'anno scolastico 2011/2012, in ordine alla rilevazione delle dotazioni di organico del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale, ai criteri di ripartizione da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche.
In particolare, l'organico di diritto dei posti di sostegno è stato determinato in numero pari al numero dei posti attivati in organico di diritto per il 2010/2011; ovviamente, alla dotazione organica di diritto vanno aggiunti gli eventuali ulteriori posti in deroga da autorizzare, da parte dei competenti direttori scolastici regionali, secondo le effettive esigenze rilevate, tenendo in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetto l'alunno.
Nella suddetta circolare n. 21, inoltre, è stata nuovamente richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 22 febbraio 2010 che, come già detto, ha dichiarato l'illegittimità della disposizione della legge finanziaria 2008 che fissava il tetto massimo di posti di sostegno (comprensivo delle deroghe) attivabili in organico di fatto a livello nazionale nonché della disposizione relativa al graduale raggiungimento del rapporto nazionale di un docente ogni due alunni disabili.
Secondo la Consulta, la scelta - operata nella precedente legislatura - di sopprimere la deroga che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato non trova giustificazione nel nostro ordinamento, posto che attraverso la deroga è reso effettivo il diritto fondamentale all'istruzione dei disabili gravi. A tal proposito, considerato che i posti in deroga sono attribuiti in organico di fatto, il Ministero si è riservato di impartire ulteriori disposizioni nella apposita specifica circolare, che scaturirà da confronti con i vari soggetti istituzionali interessati alla soluzione del delicato problema. Ciò, nella consapevolezza che una più proficua integrazione degli alunni disabili va svolta su diversi piani, in modo da consentire il superamento di alcune criticità ancora presenti, prevalentemente riferibili al coordinamento tra servizi scolastici, sociali e sanitari, e alla rimozione delle barriere culturali e materiali che ostacolano il completo inserimento scolastico e sociale degli alunni disabili.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comma 4 dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008 (convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008), concernente «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola» stabilisce che il rapporto docenti/alunni debba essere portato da 20,6 alunni per classe a 21 alunni per classe;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nello specifico, con la circolare n. 37 del 13 aprile 2010 ha ulteriormente stabilito che:
a) le sezioni di scuola dell'infanzia «saranno costituite con un numero di bambini non superiore a 26 e non inferiore a 18. Eventuali eccedenze saranno ripartite fino a 29 alunni per classe»;
b) le classi di scuola primaria saranno formate «da non meno di 15 e non più di 26 alunni, elevabili a 27 in presenza di resti»;

c) le classi prime di scuola secondaria di 1° grado saranno costituite, di norma, «da non più di 27 alunni e non meno di 18. Le eventuali eccedenze sono ripartite fino ad un massimo di 29 alunni. Si costituisce una sola classe qualora il numero degli iscritti sia inferiore a 30. Le classi seconde e terze dovranno essere, di norma, pari alle prime e alle seconde a condizione che la media non sia inferiore a 20 alunni per classe»;
d) le classi di scuola secondaria di 2° grado saranno costituite di regola «con 27 alunni: il numero delle classi in un'istituzione scolastica, si calcola dividendo il numero complessivo degli alunni iscritti per 27. Eventuali eccedenze saranno distribuite nelle classi fino ad un massimo di 30 alunni»;
il decreto interministeriale del 18 dicembre 1975, emanato dai Ministeri dei lavori pubblici e della pubblica istruzione, stabilisce i parametri spaziali minimi che vanno messi a disposizione di ogni persona presente nelle aule scolastiche (docenti compresi), quantificati improrogabilmente in 1,80 metri quadrati netti per la scuola dell'infanzia, la scuola primaria, nonché per la scuola secondaria di primo grado, mentre i parametri vengono quantificati in 1,96 metri quadrati netti per le scuole secondarie di secondo grado;
il decreto del 26 agosto 1992 del Ministero dell'interno recante «Norme di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica», al punto 5, stabilisce nel numero di 26 il limite massimo di persone presenti in un'aula (docenti compresi);
il decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 (che ha preso il posto del decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994), recante l'applicazione delle norme in tutti i luoghi pubblici ed in tutti i luoghi di lavoro, non è che la versione italiana della direttiva europea in merito e che segnatamente per la parte relativa alla sicurezza nelle scuole la sua applicazione è stata rinviata, appunto dal 1994, con grave nocumento dell'immagine del nostro Paese;
nonostante la tragedia dell'Aquila, in materia di messa in sicurezza, relativamente al rischio sismico, la proroga stabilita ha termine al 10 giugno 2010, mentre, a tutt'oggi, nulla risulta sia stato fatto di pianificato ed operativo in merito;
il regime di prorogatio della normativa risalente al decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, recante l'applicazione delle norme di sicurezza nelle scuole, sta esponendo ogni giorno milioni di persone a rischi incalcolabili;
per la vera e propria messa in sicurezza delle scuole, secondo le dichiarazioni del responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso, per il 2008 e 2009 questo Governo ha messo a disposizione solo 600 milioni, quando sarebbero stati necessari 13 miliardi di euro (dichiarazione resa in Parlamento dopo il disastro derivato dal crollo del soffitto avvenuto al liceo di Rivoli) -:
se, nelle more di un'applicazione integrale della risistemazione strutturale delle scuole, non si ritenga di scongiurare almeno i rischi maggiori, promuovendo il rispetto di elementari misure di precauzione inerenti all'affollamento delle aule;
se non si ritenga quindi giunto il momento, onde prevenire «tragedie annunciate», di regolare l'affollamento delle aule in modo preciso ed uniforme su tutto il territorio nazionale, considerato che la semplice definizione della capienza delle aule da parte dei dirigenti scolastici responsabili della sicurezza negli edifici non comporterebbe in sé costi aggiuntivi, eliminando tuttavia i rischi incombenti;
se non si ritenga quindi di dover disporre l'affissione, fuori da ogni aula, della metratura e cubatura, nonché del numero massimo di persone che l'aula stessa può contenere (docenti inclusi) e che eventuali deroghe alle citate norme in materia vengano, come espressamente prevede il decreto del 26 agosto 1992 del Ministero dell'interno, verificate e controfirmate dai dirigenti scolastici, cosa non disposta dal Ministro dell'istruzione, dell'università

e della ricerca e, di fatto, non effettuata nelle scuole;
se non si ritenga, di converso, di dover almeno disporre la formazione delle classi conformemente al decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008;
come intendano, ciascuno per la parte di competenza, rendere effettiva l'applicazione dei decreti ministeriali del 26 agosto 1992 e del 18 dicembre 1975 nelle scuole.
(4-07685)

Risposta. - Per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si risponde all'interrogazione in esame, concernente la sicurezza degli edifici scolastici.
Al riguardo, si comunica quanto segue.
Si premette che, ai sensi della complessiva normativa di riferimento in materia di edilizia scolastica e, segnatamente, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, la competenza programmatoria spetta alle regioni, mentre tutto ciò che attiene alla fornitura ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici pubblici statali, compresi l'adeguamento e la messa a norma e in sicurezza degli stessi, rientra nelle dirette ed esclusive competenze degli enti locali (comuni fino alla scuola secondaria di primo grado e province per le scuole secondarie di secondo grado).
È noto, tuttavia, che lo Stato è più volte intervenuto ad adiuvandum con significativi finanziamenti e, in particolare, ai sensi dell'articolo 4 della citata legge n. 23 del 1996, attraverso l'attivazione di piani triennali di programmazione, formulati dalle regioni e finanziati con mutui accendibili presso la Cassa depositi e prestiti con onere di ammortamento a totale carico dello Stato.
Ciò premesso, la messa in sicurezza delle scuole è una priorità del Governo, riconosciuta come tale anche dal noto decreto anticrisi che ha a tal fine previsto espressamente l'assegnazione di una quota delle risorse nazionali del Fondo per le aree sottoutilizzate.
In particolare, da parte di questa amministrazione l'attenzione al tema si esprime con una serie di iniziative dirette, da una parte, ad acquisire una piena conoscenza della situazione dell'edilizia scolastica nazionale (a ciò mira l'intesa istituzionale sancita in sede di Conferenza unificata il 28 gennaio 2009, per l'accertamento di eventuali pericolosità degli elementi non strutturali degli edifici scolastici) e, dall'altra, con interventi di supporto finanziario agli enti locali, direttamente obbligati in merito.
Sotto il primo profilo - piena conoscenza della situazione dell'edilizia scolastica nazionale - si è provveduto a completare l'anagrafe degli edifici scolastici. La relativa banca dati contiene per la prima volta, oltre agli elementi strutturali (strutture portanti, coperture, intonaci, impianto di riscaldamento, impianto idrico, impianto igienico sanitario), anche gli elementi non strutturali degli edifici (controsoffitti, tramezzature, parapetti, data di costruzione e ultima ristrutturazione, stato di conservazione ed eventuale degrado, rischio sismico, presenza di barriere architettoniche, certificazioni antincendio, idoneità statica, presenza di amianto). È stato inoltre attivato un tavolo tecnico con la Conferenza Stato-regioni per la condivisione dell'anagrafe e per garantirne un costante aggiornamento.
Sotto il secondo profilo, si segnalano i sotto indicati interventi di supporto finanziario ai competenti enti locali:
è stato attivato e concluso il piano triennale 2007/2009 previsto dalla suddetta legge n. 23 del 1996, tutto dedicato alla messa in sicurezza delle scuole ed integralmente compartecipato con regioni ed enti locali;
è stato attivato il piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici con particolare riguardo a quelli che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico, formulato ai sensi dell'articolo 80 comma 21, della legge n. 289 del 2002. Per favorirne la prosecuzione è stato emanato il decreto-legge n. 137 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008, il cui articolo 7-bis ha stabilmente destinato a tale piano un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse destinate all'intero programma delle

infrastrutture strategiche in cui il piano stesso è ricompreso;
altri 20 milioni di euro annui, tratti dai risparmi delle cosiddette «spese della politica» sono stati ripartiti in un fondo per l'adeguamento strutturale antisismico degli edifici scolastici grazie ad una intesa raggiunta dalla Conferenza unificata Stato-regioni;
è stato rinnovato il protocollo d'intesa tra questo ministero e l'Inail grazie al quale è stato attivato un ulteriore piano di finanziamento per un importo complessivo di 100 milioni di euro per l'adeguamento a norma delle scuole secondarie di primo e secondo grado;
è stato reperito un miliardo di euro per l'edilizia scolastica dall'anzidetto fondo Fas, che il Comitato interministeriale per la programmazione economia (Cipe), con delibera del 6 marzo 2009, ha assegnato al fondo infrastrutture del Ministero delle infrastrutture e trasporti. Di essi, 226 sono stati dedicati alla ricostruzione delle scuole dell'Abruzzo colpito dai tragici eventi sismici, mentre oltre 358 sono stati utilizzati per l'avvio di un primo piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole (trattasi di 1.706 interventi più urgenti, sulla base delle priorità indicate dalle squadre tecniche). Su questo primo finanziamento non è stata chiesta la compartecipazione finanziaria degli altri enti interessati. I restanti finanziamenti saranno utilizzati in prossimi, analoghi piani;
per favorire il pieno utilizzo dei finanziamenti già assegnati agli enti locali per l'edilizia scolastica, è stata con apposita norma prevista la revoca e la successiva riassegnazione delle somme attribuite agli enti locali da precedenti leggi in materia e non compiutamente utilizzati. Ciò ha permesso di revocare, con decreto del 30 luglio 2010, circa 74 milioni di euro, ai fini della loro rassegnazione, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze, per le medesime finalità;
segnatamente per la scuola «Darwin» di Rivoli, dopo l'assegnazione di 100.000 euro nel marzo 2009 per i primi interventi più urgenti a seguito della nota tragedia, è stato inserito nel piano straordinario un finanziamento di 3 milioni di euro.

Inoltre, sempre in tema di sicurezza delle scuole, si segnalano i vari protocolli d'intesa firmati, tra cui: quello con la regione Calabria del 24 giugno 2010 per un investimento complessivo di circa 42 milioni di euro; quello con la regione Lazio del 5 novembre 2010 per la riqualificazione e la messa a norma delle scuole per uno stanziamento fino a 115 milioni di euro; quello con i vigili del fuoco per la formazione degli addetti alle misure antincendio.
E ancora: l'assegnazione annua di 20 milioni di euro agli uffici scolastici regionali per la formazione specifica delle «figure sensibili»; il bando sulla cultura della sicurezza nelle scuole in collaborazione con l'Inail e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che mette a disposizione 5 milioni di euro sul tema della sicurezza; il bando specifico per gli edifici delle scuole del sud, scaduto a fine novembre 2010, per 220 milioni di euro finanziati con il fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), riservato alle regioni obiettivo 1.
Quanto ai paventati riflessi che sulla sicurezza avrebbe l'innalzamento progressivo del numero di alunni per classi previsto dal comma 4 dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, si fa presente che nella circolare ministeriale n. 59 del 23 luglio 2010, relativa all'adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto per l'anno scolastico 2010-2011, è stata evidenziata la necessità del rispetto delle norme relative alla sicurezza e alla prevenzione.
Infine, con riguardo al Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, citato nell'interrogazione, si comunica che è stato predisposto lo schema di regolamento concernente l'applicazione alle istituzioni scolastiche e alle università dello stesso decreto.

Sul suddetto schema di regolamento, in data 3 marzo 2011, ha espresso parere favorevole la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e, le province autonome di Trento e Bolzano. Il provvedimento sta ora seguendo l'ulteriore iter previsto.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da un rapporto di Human Rights Watch uscito il 21 febbraio 2011 emerge che i diritti dei cittadini più vulnerabili in Iraq, in particolare donne e detenuti, vengono costantemente e impunemente violati;
Human Rights Watch ha condotto una ricerca in sette città in tutto l'Iraq nel corso del 2010 e ha scoperto che, al di là di continue violenze nel Paese e crimini, gli abusi dei diritti umani sono all'ordine del giorno;
nella pagina del report intitolata «a un bivio: i diritti umani in Iraq, otto anni dopo l'invasione guidata dagli Usa», si «chiede al governo di proteggere i diritti dei gruppi vulnerabili e la modifica del codice penale e tutte le altre leggi che discriminano le donne e violano la libertà di parola». La relazione sollecita inoltre Baghdad ad avviare indagini indipendenti e imparziali sulle denunce di abusi contro i detenuti, le minoranze, e giornalisti;
l'invasione del 2003 e il caos che ne è derivato hanno preteso un tributo enorme per i cittadini dell'Iraq. Il deterioramento della sicurezza ha promosso un ritorno ad alcune pratiche che hanno avuto un effetto deleterio sui diritti delle donne, dentro e fuori casa;
sempre più spesso, donne e ragazze sono vittime di aggressioni nelle loro case a causa di gesti percepiti contro l'onore della famiglia o della comunità. La tratta di donne e ragazze dentro e fuori dal Paese a scopo di sfruttamento sessuale è molto diffusa;
le donne e le ragazze in Iraq hanno pagato il maggior prezzo di questo conflitto e della conseguente insicurezza;
nonostante i miglioramenti nella sicurezza dal 2008 abbiamo ridotto il tasso di omicidi di operatori dei media, il giornalismo è una professione molto pericolosa in Iraq. Estremisti e aggressori non identificati uccidono i giornalisti e attaccano i loro uffici con bombe. Sempre più spesso, i giornalisti si trovano minacciati, intimiditi, aggrediti fisicamente dalle forze di sicurezza collegate a istituzioni governative o partiti politici;
guardando quello che è successo nelle strade di Egitto e Tunisia, il Governo iracheno deve prendere misure significative per proteggere la libertà di parola;
Human Rights Watch avrebbe anche scoperto che gli interrogatori dei detenuti iracheni prevedono abusi e confessioni forzate. Sapendo che c'era un evidente rischio di tortura le autorità USA hanno trasferito migliaia di detenuti iracheni a custodi iracheni, che avrebbero continuato un'attività di tortura e violenze;
gli sfollati interni, le minoranze e le persone con disabilità sono tra quelli più a rischio. Molti dei programmi di assistenza o di protezione del Governo non sono operativi o sono insufficienti per raggiungere coloro che ne hanno più bisogno;
migliaia di sfollati vivono in baraccopoli senza accesso alle necessità di base quali acqua potabile, elettricità e servizi igienici;
i gruppi armati proclamando ideologie intolleranti effettuano attacchi contro le comunità minoritarie, causando gravi pregiudizi per le popolazioni indigene in Iraq e costringendo migliaia di persone a fuggire all'estero con nessuna intenzione di tornare;

le migliaia di amputati feriti durante gli anni di conflitto armato si ritrovano relegati ai margini della società, incapaci di trovare un lavoro e accesso alle cure mediche adeguate, o impossibilitati ad ottenere nuove protesi e sedie a rotelle;
il futuro dell'Iraq, come una società democratica basata sul rispetto dei diritti umani fondamentali, dipende dal fatto che le autorità irachene siano adeguatamente in grado di difendere tali diritti. Per fare ciò, le autorità irachene necessitano di un sistema di giustizia penale che rispetti le norme internazionali in materia di torture, libera espressione, violenza contro le donne e le altre persone vulnerabili nella società irachena;
va tenuto conto che questo periodo è caratterizzato da rivolte e proteste di popolazioni che rivendicano i loro diritti contro Governi che ne negano ogni forma -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se e quali iniziative intenda assumere affinché vengano rispettati tutti i fondamentali diritti umani in Iraq, evitando che le condizioni peggiorino ulteriormente.
(4-11014)

Risposta. - L'Iraq ha ratificato le principali Convenzioni internazionali in materia di diritti umani e dal punto di vista dell'ordinamento interno, la sua Costituzione garantisce la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali tant'è che è stato istituito il Ministero dei diritti umani.
Nel corso del 2010, nonostante i miglioramenti intervenuti nelle condizioni generali di sicurezza e la relativa flessione del numero di vittime civili che ne è derivata, si è registrata ancora una situazione di generale violazione di tali diritti, come evidenziato dall'esame periodico universale del Consiglio dei diritti umani cui il Paese è stato sottoposto nel febbraio 2011. Numerose sono le testimonianze di torture e abusi a danno di detenuti sotto la custodia della polizia, del ministero della difesa o dell'interno. I centri di detenzione iracheni sono sovraffollati e i processi caratterizzati da tempi molto lunghi. Tale situazione, nel corso del 2010, è ulteriormente peggiorata. La Costituzione vieta espressamente la tortura in ogni sua forma e in tutte le circostanze, così come i trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Nonostante questo, secondo il relatore speciale Onu, Manfred Novak, la tortura rimane ampiamente diffusa. Il governo iracheno non ha ancora stabilito un effettivo meccanismo di monitoraggio degli abusi per assicurare i colpevoli alla giustizia.
La condizione delle donne irachene rimane vulnerabile. A tal proposito, la Costituzione prevede la parità di trattamento tra gli uomini e le donne dinanzi alla legge senza discriminazioni basate sul sesso e vieta inoltre ogni forma di violenza e abuso in famiglia, a scuola e nella società. Ciò nonostante nella realtà irachena la discriminazione tra uomini e donne e la violenza contro le donne rappresentano fenomeni molto diffusi. Il codice penale prevede una pena massima di sette anni di carcere per gli stupratori, ma non esistono leggi specifiche che riguardano la violenza domestica o lo stupro coniugale e, ai sensi del codice penale, un marito ha il diritto di punire la propria moglie «entro certi limiti prescritti dalla legge o dagli usi».
Inoltre la pratica delle mutilazioni genitali femminili è molto diffusa, specie nelle regioni rurali e nel Kurdistan.
La Costituzione irachena garantisce la libertà di espressione purché non violi l'ordine pubblico e la morale. Il principale limite per l'esercizio di tale diritto è, tuttavia, l'autocensura dovuta alla paura di rappresaglie da parte del governo, dei partiti politici e delle forze armate. Dal 2003 centinaia di giornalisti iracheni hanno lasciato il paese e spesso sono stati vittime di violenze o di atti di intimidazione per mano di estremisti politici.
Per quanto riguarda inoltre la libertà religiosa ed il trattamento delle minoranze, su una popolazione di circa 29 milioni di abitanti, il 97 per cento circa è rappresentato da musulmani e il rimanente 3 per cento da cristiani. La Costituzione irachena definisce l'Islam religione di stato ed assicura

la libertà di religione per tutti i suoi cittadini. Essa afferma la garanzia dei diritti delle minoranze, cui sono attribuite quote di presenza nelle assemblee elette in ogni livello. Tuttavia, dal 2003 le minoranze etniche e religiose sono state spesso vittime di attentati e rapimenti mirati a destabilizzare il delicato equilibrio etnico-religioso della società. Nell'ultimo anno la situazione della minoranza cristiana si è particolarmente deteriorata. Dal 31 ottobre 2010 infatti, quando un attentato ha ucciso 58 persone nella cattedrale di Baghdad, più di mille famiglie sono fuggite dalle città di Baghdad e Mosul rifugiandosi nella regione del Kurdistan o all'estero.
La pena di morte, che era stata sospesa nel giugno 2003, è stata reintrodotta nel 2004 per i reati di assassinio, traffico di droga, sequestro di persona e terrorismo. Dal 2005, più di mille persone sono state condannate alla pena capitale e di queste condanne più di 200 sono state eseguite: l'Iraq è il terzo paese al mondo per numero di esecuzioni. La maggior parte delle condanne è stata imposta al termine di processi sommari o comunque senza adeguate garanzie di difesa. Il Paese ha votato contro le risoluzioni sulla moratoria della pena di morte, approvate dall'Assemblea Generale e dalle Nazioni Unite nel 2007, 2008 e 2010.
A favore della pena capitale vi è un ampio sostegno politico e popolare, seppur con qualche eccezione, tra cui quella del Presidente della Repubblica Talabani.
In tale contesto, l'Italia è fortemente impegnata, sia a livello bilaterale che in ambito multilaterale, per la promozione dei diritti fondamentali ed in particolare della libertà religiosa in Iraq.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 286 del 1999 ha affidato, nei diversi comparti della pubblica amministrazione, lo svolgimento dei controlli di regolarità amministrativa e contabile agli organi di revisione;
nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado opera, tra l'altro, anche il collegio dei revisori dei conti, con nomina triennale, con il compito di svolgere controlli e verifiche di regolarità amministrativa e contabile;
l'attività di controllo dei revisori dei conti pare sia stata bloccata dal Ministro interrogato;
nelle istituzioni scolastiche entro il prossimo 30 aprile 2011 scadono i termini per importanti operazioni di verifica e controllo di competenza dei revisori dei conti -:
se gli attuali revisori dei conti possano continuare ad espletare la loro attività presso le scuole dove sono stati nominati;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per far chiarezza sul problema lamentato, in modo da riportare alla normalità l'attività dei revisori dei conti nelle istituzioni scolastiche di loro competenza.
(4-11623)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante sollecita la nomina dei revisori dei conti nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, in rappresentanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i cui incarichi sono giunti alla scadenza triennale, al fine di ripristinare la normale attività dei predetti revisori in vista delle importanti operazioni di verifica, la cui scadenza è prevista per la data del 30 aprile 2011.
Si informa, al riguardo, che, con decreto ministeriale n. 33 del 2 maggio 2011, sono stati conferiti gli incarichi in argomento per il triennio 2011-2013. Le relative comunicazioni sono state prontamente inviate sia ai revisori nominati che alle istituzioni scolastiche capofila di ciascun ambito, in modo da permettere di ottemperare agli adempimenti amministrativo-contabili previsti dalle norme.

Con nota protocollo n. 2691 del 14 aprile 2011, inoltre, la competente direzione generale del Ministero, al fine di assicurare un adeguato intervallo di tempo per le verifiche da effettuare collegialmente da parte dei revisori dei conti in rappresentanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'economia e delle finanze, ha differito, per il corrente anno scolastico, alla data del 31 maggio 2011 il termine per l'approvazione del conto consuntivo relativo all'anno finanziario 2010 da parte del consiglio d'istituto di ciascuna scuola, ed alla data del 15 giugno 2011 il termine per la trasmissione all'ufficio scolastico regionale del conto consuntivo approvato dal consiglio d'istituto in difformità del parere espresso dai revisori dei conti.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alcuni quotidiani locali hanno riportato la notizia che in questi giorni l'ex ufficio scolastico provinciale di Bari ha comunicato a tutte le scuole primarie del territorio il numero degli insegnanti che potranno lavorare nel prossimo anno scolastico 2011-2012;
i dirigenti scolastici asseriscono che, in merito all'organico ricevuto, sono stati tagliati posti già esistenti, che non sono state autorizzate classi a tempo pieno, che sono stati eliminati totalmente gli insegnanti «specialisti» di lingua inglese, che sono stati assegnati spezzoni di ore per coprire l'orario di nuove classi, che la lingua inglese verrà insegnata dagli insegnanti di classe ed anche da coloro che non hanno ottenuto la richiesta specializzazione e che, quindi, sono privi di competenze e di esperienza;
gli operatori scolastici denunciano che, con l'attuale organico, comunicato a ciascuna scuola, i bambini non potranno lavorare in gruppo, uscire dalla scuola per fare visite, gite, usare i laboratori, ricevere alcun insegnamento individualizzato;
i dirigenti scolastici, inoltre, lamentano che non potranno coprire l'orario di tutte le classi prime -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per eliminare tutte le disfunzioni denunciate dai dirigenti scolastici e dagli stessi insegnanti, in modo da garantire a tutti gli alunni una proficua e serena frequenza del nuovo anno scolastico;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di fare chiarezza sui problemi lamentati in modo da riportare la normalità in tutte le scuole primarie della provincia di Bari.
(4-11624)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante segnala un drastico ridimensionamento dell'organico del personale insegnante della scuola primaria della provincia di Bari per il prossimo anno scolastico 2011/2012, in misura tale da compromettere la funzionalità del servizio d'insegnamento, senza l'autorizzazione di classi a tempo pieno e senza l'assegnazione di docenti specialisti di lingua inglese inopinatamente sostituiti da insegnanti di classe sprovvisti della necessaria competenza.
Si premette, al riguardo, che l'azione del Governo, in realtà, pur in presenza delle esigenze di contenimento della spesa e di rientro dal deficit, ha costantemente perseguito l'obiettivo di assicurare adeguati livelli della consistenza organica.
Come più volte riferito, anche in risposta ad altri atti parlamentari, il Governo ha dovuto affrontare la situazione determinatasi a seguito dei mancati interventi di razionalizzazione che erano stati previsti dall'articolo 1, comma 605, della legge finanziaria per il 2007, e della conseguente applicazione della clausola di salvaguardia che ha imposto, da un lato, una rimodulazione negli anni successivi dei tagli previsti e non operati, dall'altro, un taglio lineare degli stanziamenti del Ministero dell'istruzione.

È stato, pertanto, predisposto un programma di razionalizzazione e contenimento della spesa, definito con il complesso delle azioni previste dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, in materia di revisione e riordino del sistema scolastico.
Con le misure previste dal citato articolo si è inteso perseguire una migliore qualificazione dei servizi scolastici ed una piena valorizzazione professionale del personale docente.
In base a tale programma, il Ministero è tenuto a garantire il servizio nei limiti delle disponibilità finanziarie e di organico concordate con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Venendo al caso specifico oggetto dell'interrogazione, si informa che la riduzione dei posti di scuola primaria in provincia di Bari per il prossimo anno scolastico, così come riferito dal Direttore del competente ufficio scolastico regionale, ammonta a sole 279 unità (pari a 4,9 punti percentuali dell'organico funzionante nel corrente anno scolastico), a fronte delle 798 unità complessive a livello regionale.
È da sottolineare, tuttavia, che la popolazione scolastica presenta, a sua volta, una riduzione nella stessa provincia pari a 1.890 alunni. Le risorse assegnate garantiscono, in conformità alle vigenti disposizioni in materia, un tempo scuola di 27 ore settimanali alle classi prime, seconde e terze, di 30 ore alle classi quarte e quinte, nonché di 40 ore alle classi a tempo pieno che, si precisa, registrano un incremento di 122 in più rispetto a quelle funzionanti nel corrente anno scolastico.
Per quanto riguarda l'insegnamento della lingua inglese, il numero dei docenti specialisti resta sostanzialmente immutato (dalla attuali 187 a 176 unità), in considerazione dell'attuazione del Piano triennale di formazione per l'insegnamento della lingua inglese previsto dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, recante «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica ed il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola», che ha reso operativo il piano programmatico di cui all'articolo 64 della sopra citata legge n. 133 del 2008. Infatti il comma 5 del precitato articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 prevede espressamente che «L'insegnamento della lingua inglese è affidato ad insegnanti di classe della scuola primaria specializzati. Gli insegnanti attualmente non specializzati sono obbligati a partecipare ad appositi corsi triennali di formazione linguistica, secondo le modalità definite dal relativo piano di formazione. I docenti dopo il primo anno di formazione sono impiegati preferibilmente nelle prime classi della scuola primaria e sono assistiti da interventi periodici di formazione linguistica e metodologica, anche con il supporto di strumenti e dotazioni multimediali».
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DUILIO, GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si è appreso che la direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore del Ministero per i beni e le attività culturali, ha inviato a tutti i comuni d'Italia un compact-disc di musiche varie intitolato «Invito all'ascolto», registrato nell'Istituto centrale per i beni sonori dalla banda di Allumiere, dal coro giovanile «Vivaldi» di Roma e da un gruppo folkloristico pugliese;
il predetto compact-disc sarebbe accompagnato da una lettera nella quale si invitano tutti i sindaci d'Italia, in occasione dei 150 anni della Repubblica, ad indire per le ore 17,30 del 18 gennaio 2011 un consiglio comunale straordinario aperto per discutere del tema: «la musica popolare e amatoriale dal 1861 ad oggi» nel corso del quale ascoltare i brani del compact-disc e in cui dare spazio ai gruppi amatoriali diffusi sul territorio e accreditarne,

con una delibera, l'interesse comunale al fine di ottenere finanziamenti pubblici;
con tali delibere, che devono essere inviate al Ministero per i beni e le attività culturali entro il 31 gennaio 2010, i gruppi musicali saranno poi riconosciuti, attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di interesse nazionale. Tutto questo ruoterebbe intorno ad una direttiva del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, che ha voluto istituire il tavolo nazionale della musica popolare d'Italia;
il Ministro dell'economia e delle finanze, anche recentemente, ha invitato le amministrazioni centrali dello Stato a perseguire il massimo rigore nelle decisioni di spesa al fine di realizzare il massimo di efficacia nell'utilizzo delle risorse pubbliche -:
quali siano i costi che il Ministero per i beni e le attività culturali ha sostenuto per la predetta iniziativa;
quali risorse pubbliche siano state utilizzate allo scopo e quali valutazioni di opportunità siano state fatte al fine di destinare le stesse risorse alle finalità oggetto della presente interrogazione, ritenute preminenti rispetto alle altre possibili.
(4-10443)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al compact disc intitolato «Invito all'ascolto» e registrato nell'Istituto centrale per i beni sonori del Ministero, si osserva quanto segue.
La realizzazione di tale compact disc costituisce l'epilogo del progetto di valorizzazione della musica popolare e amatoriale italiana promosso dal Presidente del tavolo nazionale musica popolare ed amatoriale.
In particolare nel settembre 2010 il Presidente del tavolo ha richiesto la collaborazione della direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore, per la trasformazione e pubblicazione in Cd di alcuni brani musicali eseguiti da gruppi di musica popolare ed amatoriale.
Tale progetto è stato inoltre presentato all'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi per registrare presso l'auditorium dell'Istituto alcuni brani eseguiti da diversi gruppi musicali da inserire in un Cd promozionale e fuori commercio.
A tale iniziativa l'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi ha aderito con entusiasmo offrendo la disponibilità ad effettuare la registrazione e la post-produzione per un master finale, mettendo inoltre a disposizione, senza oneri, il proprio personale tecnico e le proprie attrezzature di studio.
Successivamente il Cd «Invito all'ascolto» una volta realizzato è stato presentato alla stampa presso la sala del consiglio nazionale del Ministero per i beni e le attività culturali.
Preme precisare che la summenzionata collaborazione è stata offerta per l'attinenza del progetto culturale con le competenze della direzione generale e, in particolare, dell'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, che prevedono il sostegno tecnico e tecnologico per le attività nel settore audio video, con specifico riferimento ad iniziative promosse nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.
La musica popolare è, infatti, parte integrante degli ambiti di interesse dell'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, nell'ambito della collezione pubblica di documentazione demoetnoantropologica.
Preme evidenziare che l'intera lavorazione del Cd «Invito all'ascolto» è stata realizzata a costo zero e non ha influito sull'attività istituzionale ordinaria dell'Istituto.
Il lavoro svolto, da un punto di vista tecnico, è stato di particolare utilità ed interesse per l'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, in quanto per la prima volta sono state effettuate registrazioni di complessi bandistici presso l'auditorium con un ottimo livello di resa finale.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 27 gennaio 2011 riferisce che la palestra della scuola elementare «Dante Alighieri» di Roma è stata chiusa perché, in seguito a un sopralluogo voluto dalla preside dell'istituto si sarebbe riscontrata la presenza di amianto;
il direttore del XVII Municipio di Roma, dottor Giovanni Berbera ha dichiarato «ancora una volta siamo costretti a dover intervenire per denunciare lo stato di degrado degli edifici scolastici e il mancato trasferimento delle risorse finanziarie necessarie per poter intervenire efficacemente e tempestivamente come istituzione pubblica locale. Non è un mistero che il 70 per cento degli edifici scolastici del nostro Paese è fuori norma dal punto di vista della sicurezza, dell'impiantistica e della struttura» -:
quali urgenti misure si intendano promuovere o adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, per garantire e tutelare l'incolumità e la salute degli studenti, e del personale insegnante e non, sia della scuola elementare «Dante Alighieri»;
se sia stata disposta una mappatura degli edifici che non sono a norma dal punto di vista della sicurezza, dell'impiantistica e della struttura;
quali iniziative e misure si intendono promuovere e adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, in relazione alla generale situazione in cui verserebbe la stragrande maggioranza degli istituti scolastici.
(4-10619)

Risposta. - In relazione all'interrogazione, con il quale l'interrogante ha posto il caso della chiusura della palestra della scuola elementare «Dante Alighieri» di Roma per la riscontrata presenza di amianto all'interno della stessa, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Si ricorda, anzitutto, che, ai sensi della complessiva normativa di riferimento e, segnatamente, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, tutto ciò che riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma ed in sicurezza, compete agli enti locali (comuni o province) a ciò obbligati.
La tematica in argomento è sempre stata, comunque, alla particolare attenzione di questo Ministero, esprimendosi in particolare attraverso una serie di iniziative dirette, da una parte, ad acquisire una piena conoscenza della situazione dell'edilizia scolastica nazionale (intesa istituzionale per l'accertamento di eventuali pericolosità degli elementi non strutturali degli edifici) e, dall'altra, con interventi mirati di supporto finanziario agli enti locali (finanziamento a regime del piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole nelle zone a rischio sismico; previsione di un piano di interventi per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole).
Con delibera Cipe del 13 maggio 2010 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 14 settembre 2010) è stato definito, anche alla luce delle prime risultanze dei sopralluoghi disposti sulla base dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 28 gennaio 2009, un primo piano straordinario stralcio di interventi sul patrimonio scolastico per oltre 358 milioni di euro ed un totale di 1.706 interventi.
Tale piano straordinario prevede - qualora richiesti dall'ente locale beneficiario - anche interventi inerenti alla problematica della presenza dell'amianto, in quanto anch'essa afferente al contesto complessivo della messa a norma ed in sicurezza degli edifici.
L'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha fatto presente di aver sempre sollecitato le amministrazioni locali competenti a sanare le carenze strutturali degli edifici scolastici, così come venivano segnalate, di volta in volta, dai vari dirigenti scolastici.

Per il caso in argomento, la segnalazione all'ente locale è stata effettuata direttamente dal dirigente scolastico interessato, come previsto peraltro dalla vigente normativa, trattandosi di istituzione scolastica autonoma.
Comunque, il predetto ufficio scolastico regionale ha partecipato al tavolo regionale per l'edilizia scolastica, istituito presso la regione Lazio a seguito della intesa interistituzionale del 28 gennaio 2009, la quale aveva previsto la costituzione di squadre tecniche (formate da rappresentanti del provveditorato alle opere pubbliche e degli enti locali), incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici dell'intero territorio regionale, al fine di prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio, connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali degli edifici stessi.
Si è ora in attesa di conoscere dalla regione Lazio, più volte sollecitata, le risultanze delle rilevazioni, a seguito del completamento della relativa anagrafe.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si apprende in un articolo pubblicato l'8 febbraio 2011, dal quotidiano La Repubblica, che tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono fuorilegge. È l'innovativo principio giuridico di sicurezza stradale stabilito dalla Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell'Anas di Foligno, Bruno Bruni. Secondo la Corte suprema, l'uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza, predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta, la statale centrale umbra orlata da una fila di alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti. Se l'avesse fatto, Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani killer. E non sarebbe morta;
l'articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada, entrato in vigore il 1° gennaio del 1993, aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Pareva, però, che quella norma non fosse retroattiva, ovvero che non fosse riferita agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi. Però dopo ben 17 anni la Cassazione ha deciso che il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello piantato prima del 1993, sia quello piantato successivamente. A questo punto la sentenza che ha condannato a un anno e sei mesi il cantoniere dell'Anas di Foligno costituirà un punto di riferimento per tutti i tribunali e le procure;
oggi il destino di migliaia di piante che costeggiano strade suggestive del nostro Paese sarà quello, se non ci sarà un concreto intervento da parte del Ministro interrogato, di essere tagliate. Di fatto scomparirebbero di colpo tutte quelle numerosissime, affascinanti e caratteristiche strade quali, come a titolo esplicativo: la Chiantigiana o l'Aretina, l'Appia antica o la Bolgherese, la Col di Tenda o la via degli ulivi da Assisi a Spello;
per quanto possa essere grave l'incidenza delle morti causate dalla presenza di alberature ai bordi delle strade è importante evidenziare che in Italia oltre il 70 per cento degli incidenti stradali avvengono in area urbana ed i decessi da incidenti stradali in area urbana sono circa 3.000 ogni anno (8,2 al giorno), mentre il numero dei feriti ammonta a oltre 150.000 all'anno (410 al giorno);
a tal proposito si sottolinea che un incidente stradale è sempre la risultante dell'interazione di tre fattori: uomo, veicolo ed ambiente. Per aumentare realmente il livello di sicurezza e diminuire il numero di incidenti, morti e feriti è

necessario intervenire al massimo e in modo concertato su tutti e tre i fattori. Quindi anche con la messa in sicurezza di guardrail, alberi, ma anche pali della luce, non percepiti come pericolosi, ma strutturalmente più rischiosi di altre situazioni -:
quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in modo da predisporre un piano massiccio di messa in sicurezza delle strade, in particolare di quelle alberate, tutelando in questo modo un patrimonio che tutto il mondo invidia all'Italia, raccordandosi con l'ANAS e gli altri gestori, per assicurare l'installazione di guardrail che garantiscano la sicurezza stradale degli automobilisti e dei motociclisti;
quali iniziative urgenti intenda adottare per far sì che vengano rispettati i limiti di velocità, perché è del tutto evidente che la colpa degli incidenti non è degli alberi, ma, è sempre la risultante dell'interazione dell'alta velocità e dell'errore umano.
(4-10866)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si fa rilevare che la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 17601 del 2010 ha ritenuto responsabile il capo cantoniere dell'Anas del decesso della signora Michela Crucianelli, stabilendo un collegamento tra la violazione dei compiti d'ispezione e la segnalazione di anomalie da parte del cantoniere, previsti dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1126 del 1981 e le cause dell'avvenuto decesso.
Si sottolinea che la sentenza di cui sopra, riferendosi ad un singolo caso concreto sembrerebbe non costituire enunciazione di principio generale. Nel corpo dello stesso dispositivo emerge che «è pacifico che l'albero si trovasse a meno di sei metri dal confine stradale, e quindi in posizione non consentita, e pertanto è appunto l'articolo 26... [del Regolamento di Attuazione ed Esecuzione del Codice della Strada]... che trova applicazione il quale, al n. 6, prevede che gli alberi non possano trovarsi a meno di sei metri dal confine stradale, norma all'evidenza finalizzata alla tutela della sicurezza degli utenti della strada, mentre non può trovare applicazione la disposizione di cui all'allegato 1 decreto ministeriale Lavori pubblici (decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223), che prevede che detta distanza non possa essere inferiore a metri 5, atteso che il regolamento al Codice della Strada è entrato in vigore nel dicembre 1992, successivamente quindi al decreto ministeriale di cui sopra».
In effetti per quanto sopra indicato, sembra che la Suprema Corte abbia interpretato le prescrizioni contenute nell'articolo 26, comma 6, del Regolamento di attuazione ed esecuzione del codice della strada (decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992) il quale dispone che: «la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 metri», come applicabili anche per gli alberi già impiantati lateralmente alle strade, al momento dell'entrata in vigore del codice della strada.
Al riguardo, si ritiene di dover puntualizzare il quadro normativo di riferimento.
Si osserva preliminarmente che la disposizione dell'articolo 26 del regolamento si applica, ai sensi del comma 1 dell'articolo 16 del codice della strada, «ai proprietari o aventi diritto dei fondi confinanti con le proprietà stradali fuori dei centri abitati».
La fascia di rispetto, come definita dal punto 22) del comma 1, dell'articolo 3 del codice della strada, è la «striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni depositi e simili».
La fascia di pertinenza, come definita da punto 21) del comma 1 del medesimo articolo 3, è la «striscia di terreno compresa tra la carreggiata ed il confine stradale. È parte della proprietà stradale e può essere utilizzata solo per la realizzazione di altre parti della strada».
Dal combinato disposto di queste definizioni e dall'articolo 26 del regolamento

del codice della strada, in base ad una rigida lettura delle norme sulle fasce di rispetto, si dovrebbe dedurre che le disposizioni del suddetto articolo 26 si applichino solo sulle fasce di rispetto, esternamente alla fascia di pertinenza.
Poiché non vi è dubbio che gli alberi oggetto dell'interrogazione sono situati all'interno della fascia di pertinenza, in quanto posti spesso addirittura in banchina, essi sembrerebbero pertanto non essere assoggettati al vincolo del citato articolo 26.
Il principio fondamentale delle fasce di rispetto è costituito dalla tutela della sicurezza della circolazione stradale, in termini di distanze di visibilità, presenza di potenziali ostacoli nei confronti di veicoli in svio, protezione della carreggiata da eventuali cadute di elementi di varia natura. Pertanto, la norma del divieto di impiantare alberi lateralmente alla strada se vige nelle fasce di rispetto per i soggetti privati a maggior ragione dovrebbe valere nelle fasce di pertinenza per l'ente proprietario o gestore della strada. In base a questa lettura dell'articolo 26 del regolamento, il problema della "legittimità" degli alberi impiantati lateralmente alla strada si riduce, per così dire, a definire il regime temporale della disposizione, ovvero se essa debba applicarsi a tutti gli alberi da impiantare o già impiantati, o se debba valere unicamente per le nuove piantumazioni.
Occorre evidenziare come il termine «impiantato», utilizzato nel codice della strada, non si ritiene sia adoperato per caso, riferendosi nell'accezione comune, a nuovi alberi, così come nel comma 1 dell'articolo 26 sopra citato, è utilizzato il termine «aprire», che si ritiene si riferisca a canali o fossi ancora da fare.
Tale lettura dell'articolo 26 porterebbe a dire che gli alberi già impiantati prima dell'entrata in vigore del codice della strada, anche se non rispettassero la disposizione del comma 6 dell'articolo 26, ovvero la distanza minima dal confine stradale di 6 metri, non sarebbero comunque «fuorilegge», poiché la norma impedisce di impiantare nuovi alberi ma non obbliga la rimozione di quelli esistenti.
Pertanto, ad avviso di questo dicastero, gli alberi impiantati prima dell'entrata in vigore del codice della strada, nelle fasce di rispetto ad una distanza inferiore ai 6 metri non devono essere rimossi, né si deve provvedere alla rimozione degli alberi già impiantati lateralmente alla strada nella fascia di pertinenza.
Ciò non toglie che gli alberi debbano essere adeguatamente protetti, così come tutti gli altri elementi, quali costruzioni, muri, pali e sostegni, potenzialmente pericolosi per gli utenti della strada, presenti sia nella fascia di pertinenza che in quella di rispetto.
Infatti, all'articolo 14 del nuovo codice della strada si esplicita che è di stretta competenza degli enti proprietari delle strade vigilare ed assicurare il rispetto delle disposizioni dell'articolo de quo. Il suddetto articolo 14, nel quale sono specificati poteri e compiti degli enti proprietari delle strade, determina che i citati enti devono provvedere «alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo ed al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze».
Le modalità con le quali l'ente gestore può e deve intervenire per proteggere gli ostacoli o i punti pericolosi sono molto diverse fra loro poiché, a seconda delle circostanze, dei luoghi, degli spazi utili, della regolarità o discontinuità degli elementi, può optare per soluzioni o di tipo attivo, quali misure di regolazione e gestione della circolazione, o di tipo passivo, quali sistemi di protezione e ritenuta dei veicoli.
La sentenza indica chiaramente che rientra tra i compiti del sorvegliante «previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1126 del 1981, articolo 8 erano, tra gli altri, quello di percorrere il tronco di sua competenza non meno di una volta al giorno per constatare lo stato della strada e delle sue pertinenze e quello di rilevare condizioni anomale tali da potere essere causa di pericolo per la circolazione stradale, provvedendo ad eliminarle nei limiti delle sue possibilità, ovvero, a segnalarle ai suoi superiori e, se il caso, agli organi di polizia stradale, ai vigili del fuoco e agli

altri enti a ciò delegati. Nella fattispecie di cui è causa, pertanto, essendo l'albero in questione chiaramente una pertinenza del tratto stradale affidato al controllo del ricorrente incombeva, sullo stesso, l'obbligo di compiere tutte le verifiche necessarie al fine di accertare se quella situazione necessitasse di un intervento immediato».
Nell'ambito dei sistemi di protezione passiva, l'articolo 6 del decreto ministeriale del 21 giugno 2004 «Aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l'omologazione e l'impiego delle barriere stradali di sicurezza e le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere di sicurezza stradale» riporta che «per le strade esistenti o per allargamenti in sede di strade esistenti il progettista potrà prevedere la collocazione dei dispositivi con uno spazio di lavoro (inteso come larghezza del supporto a tergo della barriera) necessario per la deformazione più probabile negli incidenti abituali della strada da proteggere, indicato come una frazione del valore della massima deformazione dinamica rilevato nei crash test».
Al riguardo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recentemente ha emanato la circolare esplicativa n. 62032 del 21 luglio 2010, che evidenzia: «le protezioni dei punti singolari sono definite dal progettista delle installazioni e non corrispondono ad uno specifico prodotto omologato o assoggettato a prova di crash. Per la protezione di questi punti il progettista dovrà prevedere soluzioni specifiche per tener conto delle esigenze di sicurezza di terzi ed anche dei veicoli transitanti in direzione opposta, ad esempio nel caso di protezione di ostacoli già presenti all'interno dello spartitraffico, o in prossimità del margine stradale».
A parere di questo Ministero gli strumenti normativi esistenti consentono, di fatto, all'ente proprietario di intervenire per proteggere i punti singolari lungo le infrastrutture stradali; chiaramente gli interventi per la protezione dei suddetti punti non possono non tenere in debita considerazione la presenza di aree vincolate dal punto di vista paesaggistico e, nel caso specifico, di alberi secolari, che sono parte importante del nostro patrimonio nazionale storico-naturalistico. A tale riguardo si ritiene opportuno segnalare che la circolare n. 8321 dell'11 agosto 1966 del Ministero dei lavori pubblici «Istruzioni per la salvaguardia del patrimonio arboreo in rapporto alla sicurezza della circolazione stradale», trattava espressamente l'argomento sino all'entrata in vigore del nuovo codice della strada.
Al fine di limitare gli interventi sul patrimonio arboreo, sarebbe necessaria la raccolta, da parte degli enti proprietari, di dati relativamente agli incidenti stradali sulle proprie infrastrutture, tali da individuare i punti neri, sui quali eseguire interventi di protezione per gli utenti della strada, cosa questa già in corso di attuazione da parte dell'Anas.
Tale iniziativa, considerando l'oggettiva impossibilità di eseguire interventi generalizzati di protezione sulle infrastrutture stradali, anche per motivi di compatibilità economico-finanziaria, permetterebbe di proteggere gli utenti soprattutto nei rilevati punti neri, con l'installazione di dispositivi di ritenuta a protezione di ostacoli posti a bordo strada e/o prescrivendo una velocità di marcia ridotta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 14 febbraio 2011 l'agenzia di informazioni «Adnkronos» riferiva della protesta e dell'allarme dei genitori degli alunni della scuola elementare «Ronconi» e della materna «Giramondo» di Roma;
nelle due citate scuole si sarebbe rilevata la presenza di amianto;
dopo tante promesse circa la messa in sicurezza delle due scuole, i genitori hanno deciso di avviare quella che viene definita «una dura protesta» e hanno

l'intenzione di inviare un esposto alla procura della Repubblica di Roma;
la richiesta è di chiusura immediata della mensa e di verifica dell'agibilità e della sicurezza per la salute dei piccoli;
i genitori vengono periodicamente rassicurati sul problema dell'amianto che sarebbe «sotto controllo perché i pannelli di eternit sono coperti da vernice e ogni sei mesi c'è una verifica tecnica»;
tuttavia i genitori hanno rilevato scrostature della vernice su molti punti e hanno così scritto una lettera-denuncia e molti di loro sarebbero intenzionati a non far mangiare più i loro figli nella struttura -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere o adottare per tutelare e garantire la salute degli alunni e del personale delle due scuole.
(4-10924)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante segnala la necessità dell'adozione di misure volte a tutelare e garantire la salute degli alunni e del personale della scuola primaria «Ronconi» e della scuola dell'infanzia «Giramondo» di Roma, all'interno delle quali sarebbe stata rilevata la presenza di amianto.
Al riguardo, si premette che, ai sensi della complessiva normativa di riferimento e, segnatamente, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, tutto ciò che riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma ed in sicurezza, compete agli enti locali (comuni o province) a ciò obbligati.
La tematica in argomento è sempre stata, comunque, alla particolare attenzione di questo Ministero, esprimendosi in particolare attraverso una serie di iniziative dirette, da una parte, ad acquisire una piena conoscenza della situazione dell'edilizia scolastica nazionale (intesa istituzionale per l'accertamento di eventuali pericolosità degli elementi non strutturali degli edifici) e, dall'altra, con interventi mirati di supporto finanziario agli enti locali (finanziamento a regime del piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole nelle zone a rischio sismico; previsione di un piano di interventi per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole).
Con delibera Cipe del 13 maggio 2010 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 14 settembre 2010) è stato definito, anche alla luce delle prime risultanze dei sopralluoghi disposti sulla base dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 28 gennaio 2009, un primo piano straordinario stralcio di interventi sul patrimonio scolastico per oltre 358 milioni di euro ed un totale di 1.706 interventi.
Tale piano straordinario prevede - qualora richiesti dall'ente locale beneficiario - anche interventi inerenti alla problematica della presenza dell'amianto, in quanto anch'essa afferente al contesto complessivo della messa a norma ed in sicurezza degli edifici.
L'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha fatto presente di aver sempre sollecitato le amministrazioni locali competenti a sanare le carenze strutturali degli edifici scolastici, così come venivano segnalate, di volta in volta, dai vari dirigenti scolastici.
Per il caso in argomento, la segnalazione all'ente locale è stata effettuata direttamente dal dirigente scolastico interessato, come previsto peraltro dalla vigente normativa, trattandosi di istituzione scolastica autonoma.
Comunque, il predetto ufficio scolastico regionale ha partecipato al tavolo regionale per l'edilizia scolastica, istituito presso la regione Lazio a seguito della intesa interistituzionale del 28 gennaio 2009, la quale aveva previsto la costituzione di squadre tecniche (formate da rappresentanti del Provveditorato alle opere pubbliche e degli enti locali), incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici dell'intero territorio regionale, al fine di prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio, connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali degli edifici stessi.
Si è ora in attesa di conoscere dalla regione Lazio, più volte sollecitata, le risultanze delle rilevazioni, a seguito del completamento della relativa anagrafe.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come si desume da un dossier elaborato da Legambiente che analizza la situazione degli istituti scolastici di Frosinone, Latina e Rieti (Roma e Viterbo sembra abbiano fornito dati talmente incompleti da non poter essere analizzati), una scuola su quattro (23 per cento), necessita di interventi di manutenzione urgenti; il 58 per cento ne ha avuti negli ultimi cinque anni, ma più della metà (52 per cento) sono stati realizzati tra il 1974 e il 1990, e solo il 15 per cento negli ultimi venti anni;
sembrerebbe che nessuno degli edifici in questione sia stato costruito secondo criteri di bioedilizia, e soltanto il 23 per cento secondo criteri antisismici;
nei sopra citati capoluoghi, solo un edificio su tre ha il certificato di prevenzione degli incendi;
nel 39 per cento sono stati verificati casi accertati di presenza di amianto;
il 38 per cento degli edifici sorge in aree a rischio sismico dichiarato;
solo l'83 per cento degli edifici ha il certificato di idoneità statica;
solo il 57 per cento degli edifici ha effettuato interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche -:
se quanto sopra riferito risulti corrispondente a verità;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare, promuovere e sollecitare in relazione a una situazione di oggettiva pericolosità e disagio per gli studenti, il personale insegnante e amministrativo anche nell'ambito del monitoraggio del Piano per la sicurezza degli edifici scolastici.
(4-11134)

Risposta. - Si riscontra l'interrogazione in esame l'interrogante fa presente la situazione edilizia degli istituti scolastici di Frosinone, Latina e Rieti, che, secondo un dossier elaborato da Legambiente, necessiterebbero di interventi di manutenzione urgente nel 23 per cento dei casi.
Al riguardo, si precisa che, ai sensi della complessiva normativa di riferimento e, segnatamente, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, tutto ciò che riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, ivi compresi l'adeguamento e la messa a norma ed in sicurezza, compete agli enti locali (comuni o province) a ciò obbligati.
La tematica in argomento è sempre stata, comunque, alla particolare attenzione di questo Ministero, esprimendosi in particolare attraverso una serie di iniziative dirette, da una parte, ad acquisire una piena conoscenza della situazione dell'edilizia scolastica nazionale (intesa istituzionale per l'accertamento di eventuali pericolosità degli elementi non strutturali degli edifici) e, dall'altra, con interventi mirati di supporto finanziario agli enti locali (finanziamento a regime del piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole nelle zone a rischio sismico; previsione di un piano di interventi per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole).
Con delibera Cipe del 13 maggio 2010 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 14 settembre 2010) è stato definito, anche alla luce delle prime risultanze dei sopralluoghi disposti sulla base dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 28 gennaio 2009, un primo piano straordinario stralcio di interventi sul patrimonio scolastico per oltre 358 milioni di euro ed un totale di 1.706 interventi.
Ciò premesso, si informa che l'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha fatto presente di aver sempre sollecitato le amministrazioni locali competenti a sanare le carenze strutturali degli edifici scolastici, così come venivano segnalate, di volta in volta, dai vari dirigenti scolastici.
Comunque, il predetto ufficio scolastico regionale ha partecipato al tavolo regionale per l'edilizia scolastica, istituito presso la regione Lazio a seguito della intesa interistituzionale del 28 gennaio 2009, la quale

aveva previsto la costituzione di squadre tecniche (formate da rappresentanti del Provveditorato alle opere pubbliche e degli enti locali), incaricate dell'effettuazione di sopralluoghi sugli edifici scolastici dell'intero territorio regionale, al fine di prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio, connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali degli edifici stessi.
Si è ora in attesa di conoscere dalla regione Lazio, più volte sollecitata, le risultanze delle rilevazioni, a seguito del completamento della relativa anagrafe.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GALATI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
a quasi 10 anni dalla sua istituzione, il servizio civile volontario attraversa oggi una fase di crisi e di riflessione. Su tale situazione le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno organizzato un seminario per proporre eventuali soluzioni alla crescita del servizio civile. Lo spinto di riflessione mosso dalle Acli necessita ulteriore approfondimento da parte delle istituzioni competenti per una riforma generale del servizio civile nazionale. Le preoccupazioni maggiori emergono dalle possibili ripercussioni dei tagli di spesa che, secondo l'ufficio nazionale del servizio civile, arrecherebbero una riduzione del fondo per il prossimo anno. Per le Acli invece si appalesa il rischio di vedere il servizio civile degradato a ruolo di ammortizzatore sociale o di alternativa al lavoro, perdendo la sua missione educativa e di coesione sociale tra le generazioni, con una critica rivolta soprattutto alla scarsa accessibilità per tutti i giovani d'Italia -:
se si intenda intervenire al fine di garantire alle associazioni e soprattutto a tutti i giovani un regolare accesso ai progetti del Servizio civile nazionale 2010.
(4-08003)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante nel sottolineare il momento di crisi che sta attraversando il servizio civile nazionale, a dieci anni di distanza, evidenzia le preoccupazione provenienti dalle Acli in merito alle ripercussioni negative sul servizio civile a causa dei tagli operati alla spesa pubblica. Secondo le Acli tali tagli rischiano di degradare il servizio civile al ruolo di ammortizzatore sociale o di alternativa al lavoro, perdendo la sua missione educativa e di coesione sociale tra le generazioni.
L'interrogante, pertanto, chiede al Governo se intenda intervenire al fine di garantire alle associazioni e ai giovani un regolare accesso ai progetti di servizio civile nazionale.
A tale riguardo occorre anzitutto evidenziare che la flessione del servizio civile è il riflesso della grave crisi economico-finanziaria mondiale. Tale situazione, come ben conosce l'interrogante, ha determinato una doverosa contrazione della spesa pubblica, che ha riguardato tutti i settori e, quindi, inevitabilmente anche il servizio civile.
Tuttavia l'attuale governo, a fronte di una innegabile diminuzione delle risorse finanziarie destinate al servizio civile, ha adottato in questi ultimi anni una serie di iniziative volte ad assicurare l'avvio di un adeguato contingente di volontari, reperendo ulteriori risorse e realizzando economie di spesa.
In particolare, nell'anno 2009, a fronte di uno stanziamento previsto dalla legge finanziaria a favore del servizio civile nazionale inferiore rispetto agli anni precedenti il Governo ha reperito - nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio - ulteriori risorse pari a 40 milioni di euro che hanno consentito di avviare in base ai bandi pubblicati in tale anno circa 27.000 volontari.
Inoltre nel corso del 2009 è stata realizzata una sensibile economia di spesa a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 185 del 2008, con cui è stato previsto, tra l'altro, di modificare il regime previdenziale dei volontari di servizio civile, attraverso il passaggio da una contribuzione obbligatoria

a carico del Fondo nazionale per il servizio civile ad un regime volontario cosiddetto a riscatto.
Un'ulteriore iniziativa è rappresentata dall'intesa intervenuta con l'Inps circa la decorrenza del passaggio dal regime di contribuzione figurativa a quella obbligatoria, che ha permesso il conseguimento di un ulteriore risparmio di circa 21 milioni di euro.
Sempre con l'Inps è stata raggiunta un'ulteriore intesa volta a far fronte al debito di oltre 93 milioni di euro ereditato dalla precedente gestione che non aveva provveduto al versamento all'Inps dei contributi previdenziali e alle regioni dell'Irap, per le somme corrisposte ai volontari avviati. Tale intesa ha previsto un piano di ammortamento del debito che ha consentito di versare ratealmente le somme dovute, anziché liquidarle in un'unica soluzione e di disporre così di una maggiore liquidità.
Con la finanziaria del 2010 il governo è riuscito a stanziare a favore del Fondo nazionale per il servizio civile risorse non inferiori all'anno precedente: ed infatti lo stanziamento è stato di euro 170.261.000. Ciò ha permesso, insieme all'eliminazione degli obblighi contributivi a carico del fondo, di avviare, nel 2010, 19.600 volontari.
Con riferimento al 2011 il Governo, nonostante il perdurare della sfavorevole congiuntura economica, è riuscito a reperire ulteriori nuove risorse, pari a 24 milioni di euro, da destinare al servizio civile nazionale oltre a quelle stanziate in base alla legge di stabilità. Ciò, permetterà, verosimilmente, di mantenere costante il numero di volontari da avviare anche nell'anno in corso, non inferiore quindi agli oltre 19 mila volontari avviati nel 2010.
Il Governo, inoltre, ha adottato altre iniziative volte ad ottenere un potenziamento del servizio civile. In tale ambito si pone senza dubbio il disegno di legge di riforma del servizio civile nazionale, all'esame della 1a Commissione del Senato.
La riorganizzazione si rende anzitutto necessaria in quanto il sistema del servizio civile nazionale, istituito con legge n. 64 del 2001 e disciplinato dal decreto legislativo n. 77 del 2002, non ha recepito gli interventi della Corte costituzionale successivi alla stessa normativa, che hanno definitivamente chiarito come il dovere di difesa della Patria può essere adempiuto anche attraverso adeguate attività di impegno sociale non armato.
In particolare con tale iniziativa normativa, oltre a far fronte alle difficoltà economiche prevedendo la partecipazione finanziaria al sistema del servizio civile delle regioni, province autonome ed enti di servizio civile, si intende ridefinire, nel rispetto dei principi fissati dalla Corte costituzionale, il riparto di funzioni tra Stato, regioni e province autonome nonché a delineare lo status del giovane in servizio civile. Si rivede, inoltre, l'orario di servizio, la sua articolazione e durata, nell'ottica di favorire la flessibilità e quindi le esigenze dei volontari nonché di incentivare la partecipazione alla realizzazione dei giovani del nord Italia, che aderiscono al servizio civile in misura ridotta rispetto al sud. Sempre per riequilibrare la distribuzione territoriale dei giovani il ddl prevede lo strumento della mobilità interregionale da attivare in caso di carenza di domande per la partecipazione a progetti da realizzarsi in determinate aree territoriali. Vengono previsti, infine, criteri più incisivi per l'accreditamento degli enti e lo svolgimento delle attività di monitoraggio, vigilanza, controllo e realizzazione dei progetti.
Appare quindi chiaro l'impegno delle istituzioni nello sviluppare ulteriormente questo importante istituto del servizio civile nazionale, lungo una direttrice volta a renderlo sicuramente più moderno ed efficiente e certamente non declinabile come ammortizzatore sociale.
Si segnala, infine, che in considerazione dei non brevi tempi occorrenti per l'approvazione del citato disegno di legge delega, il governo sta verificando la fattibilità di anticipare alcuni novità in esso contenute. In particolare, si fa riferimento a quelle previsioni normative volte ad introdurre elementi di flessibilità nell'orario di svolgimento del servizio civile e di diversificazione dei tempi di prestazione, recependo così anche alcune indicazioni provenienti proprio dagli enti e dai volontari, al fine di

ottenere una più ampia partecipazione dei giovani al sistema.
In conclusione, nonostante l'indubitabile contrazione di risorse finanziarie per tutti i settori della spesa pubblica e, quindi, anche del servizio civile nazionale, dovute alla grave crisi economico finanziaria mondiale, il governo è riuscito con i diversi interventi di natura ordinamentale e finanziaria testé illustrati a fissare un adeguato benchmark per gli avvisi dei giovani al servizio civile, al di sotto del quale non scendere. Ciò per garantire al Paese, ai giovani e alle associazioni la ricchezza e le opportunità che tale esperienza offre.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

GARAVINI, BUCCHINO e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel consolato di Stoccarda, il terzo al mondo per numero di cittadini italiani (120.000) e per consistenza organizzativa, da quarant'anni si svolge un'intensa attività di promozione della lingua e della cultura italiane e di sostegno all'integrazione scolastica dei figli dei nostri connazionali nel sistema formativo locale;
con il tempo nella circoscrizione di Stoccarda si è sviluppato un articolato tessuto associativo di tutela della comunità italiana e di servizio, in particolare nel campo culturale e scolastico, che ha prodotto enti di provata efficienza ed esperienza, quali l'ENAIP, l'IAL-CISL e «Progetto Scuola», ai quali negli ultimi anni sono stati destinati importanti finanziamenti, dopo il parere favorevole espresso dal consolato e le verifiche disposte dalla competente amministrazione;
l'attività di questi enti si e tradotta in un complesso di interventi quanto mai utili per la comunità italiana e per la sua integrazione nella società tedesca, quali i corsi di sostegno per alunni in età scolare, di recupero nelle carceri, il doposcuola per i ragazzi in difficoltà, i corsi per adulti per il completamento dell'obbligo scolastico, i corsi di lingua commerciale con uso di computer, i seminari di formazione per docenti italiani e tedeschi, per i genitori, sul sistema scolastico e sui possibili sbocchi professionali;
di recente il console di Stoccarda ha espresso parere negativo sulla concessione dei finanziamenti agli enti «storici» che hanno assicurato i servizi scolastici e formativi fino al corrente anno scolastico; lo stesso console, invece, ha espresso parere favorevole sui finanziamenti all'ente «Lernerfolg» e all'associazione italo-tedesca DIG, che hanno presentata domanda per la realizzazione di corsi di lingua e cultura italiane e per corsi di sostegno;
sarebbe opportuno peraltro verificare se l'ente ammesso alla procedura di finanziamento, sia in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge essendo, secondo gli interroganti, dubbio che disponga delle strutture operative, e dell'esperienza indispensabile a realizzare un così delicato servizio -:
quali siano le ragioni che hanno indotto il responsabile del consolato di Stoccarda a operare questa repentina ed inaspettata svolta che rischia di determinare un salto traumatico nello svolgimento delle indispensabili attività di promozione della lingua e della cultura italiana nell'ambito della circoscrizione di Stoccarda;
quali iniziative il Governo intenda assicurare, attraverso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri per fare in modo che le attività formative rivolte ad una delle più grandi comunità italiane del mondo abbiano un regolare svolgimento fin dall'avvio del prossimo anno scolastico.
(4-08385)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
I corsi di lingua e cultura italiana e le attività di sostegno all'integrazione dei nostri alunni rivestono un'importanza centrale nel quadro dell'azione di politica estera che la Farnesina svolge in Germania.

Il Ministero degli esteri si è, quindi, attivato con la massima attenzione per

fronteggiare la situazione di stallo determinatasi a fine 2010 nella circoscrizione consolare di Stoccarda, quando le verifiche amministrative e contabili previste dalla legge hanno messo in luce criticità nei bilanci consuntivi 2009 degli enti gestori Enaip, Ial-Csl e progetto scuola destinatari di contributi ministeriali per la realizzazione dei corsi di lingua e di sostegno (documenti peraltro trasmessi alla Procura della Repubblica di Roma).
In attesa della pronuncia delle competenti autorità giudiziarie, la situazione venutasi a creare ha determinato per l'Amministrazione l'impossibilità giuridica di erogare agli enti citati, che tradizionalmente svolgevano i corsi nella circoscrizione di Stoccarda, il saldo dei finanziamenti ministeriali 2010 nonché di valutare le loro richieste di contributi per la programmazione 2011.
Nel primario interesse della collettività italiana, la Farnesina ha pertanto valutato attentamente le modalità per superare l'impasse e consentire la ripresa dei corsi all'inizio di quest'anno. A tal fine sono state accuratamente esaminate le proposte giunte dall'associazione «Deutsch-Italienische Gesellschaft» (D.i.g.) per i corsi di lingua e dall'istituto «Lernerfolg» per quelli di sostegno. Non è stato, invece, possibile vagliare la richiesta di contributo dell'ente gestore Co.as.sc.it. di Friburgo in quanto pervenuta tardivamente rispetto ai termini stabiliti dai regolamenti ministeriali.
Per quanto riguarda i corsi di lingua, essi sono ripresi a febbraio grazie all'assegnazione alla D.i.g. di Karlsruhe di una quota dei contributi forniti dal Land, tramite il consolato generale di Stoccarda, per lo svolgimento di tali attività nelle circoscrizioni di Stoccarda e di Friburgo. L'assegnazione, sufficiente a finanziare i corsi fino a luglio, è stata disposta dall'ufficio consolare sulla base della valutazione del progetto presentato dalla stessa associazione.
Alla luce del positivo andamento delle attività e delle capacità organizzative dimostrate dalla D.i.g. in questa prima fase, il Ministero degli esteri ha stanziato ad aprile scorso un contributo all'associazione per consentire lo svolgimento dei corsi anche nella seconda parte dell'anno.
Per quanto concerne i corsi di sostegno, merita rilevare che la Farnesina già dal 2009 aveva sviluppato contatti con il Kultusministerium (assessorato alla cultura) di Stoccarda con l'auspicio di coinvolgere il Land nell'attività di sostegno promossa da enti locali, anche mediante contributi italiani, a favore dei giovani connazionali.
In questa prospettiva, anche al fine di poter valutare la richiesta dell'istituto Lernerfolg, la Farnesina ritiene auspicabile definire preventivamente tale forma di collaborazione in un'apposita convenzione con le autorità tedesche per identificare obiettivi, responsabilità, ed impegni reciproci nel quadro di un programma condiviso.
L'intesa costituirebbe un positivo esempio di strutturata cooperazione per un'azione congiunta italo-tedesca volta alla valorizzazione dei nostri studenti nella scuola locale, con l'obiettivo più ampio di favorirne la piena integrazione nel sistema formativo e, conseguentemente, in quello sociale e professionale tedesco.
Nella cornice descritta e sulla base delle soluzioni operative adottate, il Ministero degli esteri continuerà a monitorare attentamente la gestione dei corsi nella circoscrizione di Stoccarda per fare in modo che sia assicurata l'efficace prosecuzione della promozione della lingua e cultura italiana, e delle iniziative a beneficio delle nostre collettività residenti in Germania.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), per partecipare in modo significativo alle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità italiana, dal 16 al 19 maggio 2011 si è riunito a Torino, città simbolo del processo unitario, per sottolineare il peso dell'emigrazione nella storia dell'Italia contemporanea;

nel pomeriggio del 16 maggio, durante la discussione sulle relazioni del Governo e dell'ufficio di presidenza, a fronte di un'inopportuna dichiarazione di un consigliere del CGIE riguardante un parlamentare intervenuto in precedenza - affermazione poi stigmatizzata con una mozione di censura dello stesso organismo - il Sottosegretario Alfredo Mantica, presente in sostituzione del Ministro e in rappresentanza del Governo, ha avuto sul palco dell'assemblea una scomposta reazione che ha rasentato l'aggressione personale con il consigliere intervenuto, nonostante i tentativi di pacificazione messi in opera dal segretario generale del CGIE e da altri membri della presidenza;
il Consiglio generale degli italiani all'estero è il massimo organo di rappresentanza delle comunità italiane nel mondo previsto nel nostro ordinamento e in base alla legge istitutiva n. 368 del 1989 è presieduto dal Ministro degli affari esteri, a ulteriore conferma della natura istituzionale dell'organismo e della sua funzione di costante interlocuzione con i rappresentanti delle istituzioni della Repubblica;
il comportamento del Sottosegretario Mantica, titolare delle deleghe in materia di politiche per gli italiani all'estero e nell'occasione rappresentante del Governo, oltre a creare sconcerto tra i presenti, la maggior parte dei quali provenienti dall'estero, per altro in occasione di un evento consacrato all'unità degli italiani, ha determinato un vulnus profondo sul piano della correttezza dei rapporti istituzionali -:
se il Ministro interrogato, come alto rappresentante del Governo e come presidente dell'organismo, non intenda rappresentare al Consiglio generale il suo rammarico per quanto avvenuto e ripristinare, anche con la sua presenza diretta nello svolgimento dei lavori, un rapporto di correttezza istituzionale minato da un atteggiamento ad avviso degli interroganti non consono del Sottosegretario delegato con la funzione da esercitare in occasione dell'assemblea plenaria di Torino.
(4-12130)

Risposta. - In merito agli eventi - evocati dall'interrogante - intercorsi lo scorso 18 maggio durante la riunione a Torino del Consiglio generale degli italiani all'estero, si ritiene che quanto avvenuto sia ben rappresentato nella mozione adottata dallo stesso CGIE di cui si riporta di seguito il testo:
«Il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, riunito in Assemblea Plenaria a Torino il 18 maggio 2011, censura il comportamento del Consigliere Luciano Neri, deplorando il fatto che dichiarazioni fatte in assenza del diretto interessato abbiano provocato uno scontro del tutto estraneo alla necessità di mantenere la più larga unità del CGIE e il dialogo più sereno e aperto possibile con il Governo e il Parlamento italiani. 54 voti a favore, 9 a sfavore, 3 astenuti. Mozione approvata.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
presso gli Istituti tecnici nautici che hanno adottato il progetto Nautilus sono impartite, nei primi tre anni, 11 ore settimanali assegnate alla classe di concorso A060 (Scienze naturali, chimica, geografia, microbiologia) articolate come segue: 4 ore di scienze naturali con elementi di biologia marina al primo anno, 4 ore di chimica e laboratorio nelle seconde classi e 3 ore di chimica ambientale nelle classi terze;
il «Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti tecnici ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», emanato con decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 2010, dispone un nuovo assetto delle discipline di ambito scientifico per gli «Istituti tecnici per il trasporto e la logistica». Per ogni anno del biennio sono previste 3 ore di scienze integrate - chimica (assegnate alla classe di concorso A013) di cui 2 in compresenza

e 3 ore di scienze integrate - fisica (assegnate alla classe di concorso A038) di cui 2 in compresenza, oltre a 2 ore di scienze della terra nelle classi prime e altrettante ore di scienze della vita in seconda. Le discipline assegnate alla classe di concorso A060 si ridurranno quindi da 11 a 4, nonostante l'insegnamento di scienze integrate - chimica richiami per finalità e contenuti quelli di chimica e laboratorio e di chimica ambientale, che i progetti Nautilus ed Orione negli istituti tecnici nautici hanno assegnato alla classe A060;
ne consegue che dal prossimo anno scolastico i docenti di detta classe di concorso pur continuando a insegnare chimica nelle seconde e terze, non potranno farlo nelle classi prime e diventeranno soprannumerari: si determinerà pertanto una minore stabilità dell'organico, con conseguenze negative per i singoli docenti e per l'organizzazione didattica, così come verrà meno la continuità didattica, con effetti sfavorevoli per l'apprendimento degli studenti;
la sostituzione di chimica e laboratorio e chimica ambientale con scienze integrate - chimica avviene senza il riconoscimento della atipicità, assunta per altre classi di concorso al fine di salvaguardare i posti di lavoro e la stabilità degli organici di istituto. Tale decisione appare in contraddizione con quanto dichiarato dalla nota datata 11 maggio 2010, n. 4968 della D.G. del personale scolastico prevede che: «Gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso del pregresso ordinamento devono essere trattati come insegnamenti "atipici" la cui assegnazione alle classi di concorso deve prioritariamente mirare a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, la ottimale determinazione delle cattedre e la continuità didattica» -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessaria una revisione delle atipicità che tenga conto delle osservazioni sopra riportate e, di conseguenza, non preveda per l'Istituto tecnico settore trasporti e logistica, che sostituisce gli istituti tecnici navali, di assegnare le scienze integrate - chimica anche agli insegnanti che fino ad ora ne hanno avuto titolarità, inclusi i docenti appartenenti alla classe di concorso A060.
(4-07775)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di valutare l'opportunità di assegnare l'insegnamento delle scienze integrate - chimica anche ai docenti appartenenti alla classe di concorso 60/A.
Richieste in tal senso sono state avanzate anche dalle associazioni disciplinari e dalle rappresentanze dei docenti appartenenti alla classe di concorso 60/A, con le quali gli interessati intendono vedersi riconosciuta l'attribuzione dell'insegnamento delle discipline di Scienze integrate - chimica e scienze integrate - fisica negli istituti tecnici del settore «Economico» e del settore «Tecnologico».
Al riguardo si fa presente che l'insegnamento di scienze integrate (scienze della terra e biologia) afferente alla classe di concorso 60/A è previsto nel primo biennio di tutti gli indirizzi dei licei e nel secondo biennio del liceo artistico sia nell'indirizzo «Audiovisivo e multimediale» che nell'indirizzo «Grafico».
Inoltre, l'insegnamento di scienze integrate (classe di concorso 60/A) viene impartito:
nel 1o biennio degli istituti tecnici, sia nel settore «Economico» sia in quello «Tecnologico»;
nel 2o biennio e nel 5o anno dell'istituto tecnico - indirizzo «Agraria, agroalimentare e agroindustria»;
nel 2o anno del 1o biennio dell'istituto tecnico - indirizzo «Chimica, materiali e biotecnologie»;
nel 1o anno del 2o biennio dell'indirizzo «Chimica, materiali e biotecnologie»;
nell'istituto professionale nel settore «Servizi» e nel settore «Industria e artigianato».

I docenti della classe di concorso 60/A insegnano scienze integrate (scienze della terra e biologia) negli istituti tecnici e professionali di tutti i settori.
Va poi posta attenzione alla consistenza numerica dei docenti delle classi di concorso interessate, al fine di evitare o limitare il verificarsi di situazioni di soprannumero.
Allo stato attuale non si prevedono esuberi per la classe di concorso 60/A, a parte sporadiche e limitate situazioni locali quantitativamente di pari entità rispetto agli esuberi relativi alle classi di concorso 12/A (chimica), 13/A (chimica e tecnologie chimiche), 38/A (fisica), di cui si vorrebbe l'attribuzione degli insegnamenti.
Al contrario, qualora si procedesse all'assegnazione dei docenti della classe di concorso 60/A agli insegnamenti relativi alle classi di concorso 12/A-13/A-38/A, nel settore economico e/o nel settore tecnologico, ivi compreso l'indirizzo «Trasporti e logistica», si produrrebbe un notevole incremento degli esuberi a livello nazionale in queste ultime classi di concorso.
Inoltre gli insegnamenti in questione verrebbero sottratti ai docenti in possesso di specifico titolo di studio e abilitazione, disattendendo così, pur nel pieno rispetto della professionalità dei docenti della classe 60/A, quanto prefissato dalla nuova classificazione delle classi di concorso.
In aderenza al dettato normativo, si è infatti inteso destinare a ciascuna classe di concorso professionisti in possesso di titoli specifici, come d'altra parte è avvenuto per la classe di concorso 60/A di cui trattasi.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GIACHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Municipio I di Roma, in accordo con comune e regione ha approvato un progetto di costruzione di un parcheggio interrato privato insistente nell'area attualmente adibita a cortile del liceo «Virgilio»;
la protesta dei genitori e degli studenti dell'istituto, che si è tradotta in una occupazione pacifica del suddetto cortile, ha ottenuto un primo risultato con l'accoglimento dell'istanza di sospensione per la realizzazione del parcheggio da parte del Tar, che però dovrà pronunciarsi nel merito il 3 febbraio 2010;
la zona interessata dai lavori si trova nel pieno centro di Roma, tra Campo dei Fiori e il Lungotevere, ed è così pregiata che - a giudizio dell'interrogante - di tutto avrebbe bisogno fuorché di uno spazio per parcheggiare le macchine;
la costruzione di tale parcheggio, oltre ad arrecare pesanti disagi per gli abitanti, potrebbe danneggiare anche i palazzi antichi che sono tutt'intorno a quell'area, con gravi conseguenze per la stabilità di questi edifici;
l'idea di un parcheggio per le auto appare quantomeno inconciliabile con la comune volontà di disincentivare l'uso delle auto a vantaggio dei mezzi pubblici, con l'aggiunta di un maggior inquinamento e delle conseguenze dirette per i commercianti di zona (con il via vai di camion e i relativi lavori di costruzione) -:
se il Ministero sia in qualche modo coinvolto nella valutazione di questo progetto e in tal caso, se abbia verificato tutti gli aspetti legati al sistema delle tutele di sua competenza al fine di garantire le certezze necessarie a tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati dalla realizzazione di tale opera.
(4-05996)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante segnala gli inconvenienti derivanti dalla costruzione di un parcheggio interrato nell'area attualmente adibita a cortile del liceo classico «Virgilio» di Roma, si forniscono le seguenti notizie.
L'ufficio scolastico regionale per il Lazio era venuto a conoscenza della questione con la comunicazione, in data 1o ottobre 2009, del dirigente scolastico del sopra citato liceo, il quale era stato invitato dall'Amministrazione comunale di Roma ad

una riconsegna sollecita e bonaria dell'area di proprietà comunale, attigua all'immobile utilizzato quale sede del liceo «Virgilio», perché ricompresa nel programma urbano parcheggi (che, sulla base dell'articolo 3, comma 7, della legge n. 122 del 1989, è classificata quale opera pubblica urgente ed indifferibile).
A seguito di tale comunicazione, la Direzione scolastica regionale ha richiesto alle amministrazioni del comune e della provincia di Roma (quest'ultima competente, ai sensi della legge n. 23 del 1996, per la fornitura dei locali scolastici alle scuole di istruzione secondaria di 2o grado) di ricercare una soluzione concordata e condivisa che non penalizzasse le attività scolastiche del liceo, in particolare le attività ed esercitazioni di educazione fisica effettuate nell'area in argomento.
Dopo vari contatti, in data 23 febbraio 2011 si è tenuta una riunione alla quale hanno partecipato i rappresentanti dell'ufficio scolastico regionale, del comune e della provincia di Roma, nonché i dirigenti scolastici del liceo classico «Virgilio» e dell'istituto comprensivo «Via Giulia». Detta riunione è stata convocata allo scopo di reperire ad entrambe le scuole locali alternativi sul territorio.
Nel corso della riunione sono state analizzate diverse ipotesi che, tuttavia, non sono state ritenute percorribili dai due dirigenti scolastici. Al termine, si è concordato di procedere ad approfondimenti ed eventuali sopralluoghi sugli edifici coinvolti.
Si è ora in attesa degli esiti dei citati accertamenti e delle conseguenti determinazioni che assumeranno al riguardo gli enti locali e i dirigenti scolastici del liceo «Virgilio» e dell'istituto comprensivo «Via Giulia».
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GIRLANDA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Soprintendenza per i beni storici ed artistici dell'Umbria ha ritenuto opportuno di procedere alla musealizzazione delle statue lignee dei santi dei cosiddetti «Ceri Grandi» di Gubbio;
tale provvedimento è stato valutato sulla base dei sopralluoghi tecnici sulle statue, che avrebbero evidenziato un «pessimo» stato di conservazione e la necessità di salvaguardare le parti originali rimaste delle sculture;
la Soprintendenza ha dunque ritenuto opportuno procedere alla realizzazione di copie delle statue originali da impiegare nella festa, in sostituzione di quelle attuali;
sulla base del piano di restauro dei Ceri e delle relative componenti, il comune di Gubbio e l'università dei Muratori e degli Scalpellini, quale capofila di tutti gli enti coinvolti attivamente nella Festa dei Ceri, al fine di dare vita ad un progetto che preveda la ricerca di artigiani/artisti eugubini specializzati nell'esecuzione di sculture lignee a tutto tondo disponibili a realizzare, a perfetta regola d'arte, le suddette statue, ha indetto un bando - scaduto il 25 novembre 2010 - attraverso il quale individuare l'esecutore della perfetta replica delle statue;
l'attività realizzativa delle nuove statue sarà successivamente eseguita in collaborazione e sotto la sorveglianza di una commissione tecnico-storica della Soprintendenza;
fino ad oggi, a seguito delle eventuali lesioni successive alla manifestazione del 15 maggio 2010, si è proceduto con operazioni di restauro delle statue lignee originali, con cadenza annuale, che da secoli sono protagoniste della manifestazione;
va tenuto conto del valore storico, tradizionale, religioso, simbolico e folcloristico attribuito dalla comunità eugubina alle statue dei santi, quale elemento indispensabile e centrale dell'intera festa dei Ceri, scelta peraltro come manifestazione simbolo della regione dell'Umbria -:
se il Ministro ritenga opportuna l'introduzione di copie delle statue originali

nell'ambito di una manifestazione dall'alto valore simbolico e tradizionale.
(4-10035)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
La soprintendenza dell'Umbria ha autorizzato nell'ottobre 2010 il progetto di restauro delle tre grandi macchine lignee denominate «Ceri» elaborato e presentato dal comune di Gubbio.
Nell'ambito di tale complessivo intervento è previsto il restauro delle statuine lignee dei tre Santi, manufatti mobili della fine del secolo XIX, di indubbio interesse storico artistico, che durante la corsa vengono collocate all'apice delle macchine lignee, cioè nella posizione più esposta ai traumi derivanti dalle oscillazioni e dalle eventuali cadute dei Ceri.
Nella relazione tecnica allegata al progetto, relativamente alle dette statue dichiarate «in pessimo stato di conservazione», viene affermato che tale intervento è finalizzato alla «loro musealizzazione all'interno del Museo delle Memorie Ubaldiane presso la Basilica di Sant'Ubaldo in località Monte Ingino in Gubbio», dove i Ceri sono ordinariamente conservati.
Contemporaneamente all'intervento di restauro, l'Amministrazione comunale, riconoscendo alle sculture una valenza storica e artistica, vista anche la procedura in atto per la dichiarazione di interesse culturale dei Ceri ai sensi degli articoli 10 e 13 del codice dei beni culturali, di concerto con l'università dei muratori e scalpellini di Gubbio e con ampio assenso della comunità eugubina, delle rappresentanze di associazioni e enti culturali e sociali, con deliberazione n. 339 del 18 novembre 2010 ha disposto la realizzazione di tre nuove statue lignee dei Santi dei Ceri da destinare all'uso durante la corsa, che riproducano, con gli stessi materiali, tecnica e iconografia, i manufatti storici.
Come previsto dalla stessa delibera, è stato bandito un concorso pubblico e istituita un'apposita commissione tecnico-scientifica per la valutazione degli elaborati, l'individuazione dell'artefice e la direzione dei lavori di esecuzione delle opere, presieduta dal rappresentante dell'Amministrazione comunale e composta da 6 membri in qualità di esperti, in rappresentanza dell'università dei muratori e scarpellini, della soprintendenza dell'Umbria, degli artigiani e degli storici locali.
Il concorso è stato espletato e il risultato è stato ufficialmente comunicato alla soprintendenza, dal Presidente dell'università dei muratori e scarpellini, con nota del 16 dicembre 2010.
In merito alle vicende conservative e alla valenza simbolica dei Ceri, va innanzitutto considerata la naturale usura cui sono annualmente sottoposti a causa della loro utilizzazione come strumenti principali della tradizionale «corsa» che si svolge per le vie cittadine e la salita al monte Ingino.
Si precisa, infatti, che nei secoli le macchine sono state ripetutamente rinnovate e che i manufatti attuali, risalenti alla fine del secolo XIX, sono da considerarsi come la versione più recente.
Anche negli ultimi cento anni sono stati operati numerosi interventi di riparazione delle parti danneggiate che hanno comportato sostituzioni di componenti strutturali nonché modifiche e integrazioni di quelle decorative.
Pertanto, nella necessità di adeguare, di anno in anno, i monumentali strumenti alla successiva utilizzazione, si è consolidata la consapevolezza negli eugubini che il valore simbolico ed etnoantropologico della corsa dei Ceri prescinde in parte dall'autenticità dei singoli elementi costituenti le macchine lignee, poiché l'evento si realizza soprattutto negli aspetti immateriali di forte ritualità collettiva che caratterizzano la manifestazione nel suo complesso.
È opportuno ricordare, infatti, che è prassi tradizionale provvedere, ove occorra, alla rapida sostituzione della statuetta danneggiata con la copia approssimativa disponibile, per assicurare l'indispensabile integrità simbolica del Cero durante la corsa.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che la «straordinaria» attenzione manifestata sia dall'Amministrazione comunale che dall'intera comunità eugubina per assicurare la conservazione delle storiche

statuette lignee dei Santi dei Ceri (che prevede la sostituzione durante la manifestazione con copie di identica valenza estetica e qualitativa, e parallelamente l'intervento di restauro conservativo degli originali e la successiva loro collocazione tra le memorie più preziose della devozione al Santo protettore), sia particolarmente apprezzabile e da accogliere con approvazione da parte degli organi preposti alla tutela del patrimonio.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dalla tarda serata del 23 dicembre 2010 hanno avuto luogo violenze nei confronti della comunità cristiana in Nigeria, provocando oltre 90 vittime e 190 feriti nei primi quattro giorni di scontri;
tali violenze sono state rivendicate da sette islamiche che hanno attribuito alle stesse chiare motivazioni di carattere religioso;
la Nigeria è un Paese con una valenza strategica in ambito internazionale ed energetico, con il quale l'Italia intrattiene rapporti proficui ed in cui le missioni religiose, le aziende e le attività produttive italiane si sono insediate e lavorano con ottimi risultati;
il Ministero degli affari esteri si è immediatamente mobilitato presso le autorità nigeriane per chiedere la protezione dei cristiani, anticipando i rappresentanti diplomatici delle altre grandi democrazie e lo stesso Santo Padre, che ha condannato le violenze e invocato la difesa dei cristiani nel mondo -:
se nel bilancio degli scontri ad oggi risultino vittime o feriti di nazionalità italiana;
se le missioni religiose e le attività economiche e commerciali italiane attive nel Paese si trovino in condizioni di pericolo a medio e breve termine.
(4-10342)

Risposta. - Le recenti tensioni in Nigeria, che hanno fortemente scosso la nazione, presentano un carattere complesso e potrebbero potenzialmente minare le basi della stabilità del Paese, che si poggia sulla coesistenza tra gruppi etnici e religiosi.
Soprattutto a Jos, nello Stato di Plateau, è emersa con evidenza, sin dalla vigilia di Natale, la spirale delle violenze che oppone il gruppo etnico Berom e altri gruppi minori a quello Hausa-Fulani. I gravi episodi scaturiscono essenzialmente dalla rivalità di tipo economico nella gestione del territorio e nel controllo delle sue istituzioni politiche tra il primo gruppo, Berom, di religione cristiana tradizionalmente presente nello Stato e dedito prevalentemente all'agricoltura ed il secondo, Hausa-Fulani, immigrato nel corso degli ultimi due secoli nella regione, sostanzialmente escluso dalla guida politica dello Stato, per lo più dedito all'allevamento, al commercio e di religione islamica.
Alcuni movimenti integralisti islamici parrebbero trarre beneficio dall'estremizzazione delle tensioni, da anni verificatesi nel Paese, attraverso lo sviluppo di una strategia di violenza di natura ideologico-religiosa lungo la linea di demarcazione tra il nord musulmano ed il sud cristiano.
Le Autorità nigeriane hanno assicurato il massimo impegno dei servizi di sicurezza nell'individuare i responsabili ed a punirli.
Per quanto concerne la tutela dei nostri connazionali, già a seguito delle prime violenze esplose lo scorso dicembre, da parte della nostra Ambasciata ad Abuja sono stati immediatamente presi contatti con i connazionali residenti a Jos e con i quali viene mantenuto un regolare rapporto, in considerazione delle circostanze. In tali episodi di violenza, e nei successivi, non risultano esservi state vittime italiane.
Attualmente, per quanto riguarda le attività economiche e commerciali svolte dalle imprese italiane, le aziende che impiegano lavoratori trasferiti dall'Italia, sono soggette alle procedure di autorizzazione di cui alla legge n. 398 del 1987, sia per quanto concerne le misure di sicurezza e di protezione da adottare sul territorio, e per gli alloggi che per gli spostamenti, sia

riguardo alle norme di comportamento cui attenersi. È stata inoltre predisposta dall'Ambasciata d'Italia ad Abuja e dal Consolato generale d'Italia a Lagos una rete di collegamenti con le imprese per fronteggiare eventuali situazioni di emergenza secondo le linee guida predisposte dall'unità di crisi del Ministero degli affari esteri.
In merito alle missioni religiose nel Paese, le diocesi cattoliche sono presenti in tutto il territorio nazionale, incluso il centro-nord del Paese a maggioranza musulmana: le religiose italiane della congregazione delle Oblate di Nazareth nello Stato di Kaduna, nel centro-nord al confine tra la metà a maggioranza cristiana e la metà a maggioranza musulmana del Paese, e le Francescane dell'Immacolata negli Stati di Abia, di Lagos e di Ogun nel sud a maggioranza cristiana. La missione a Kaduna opera da qualche decennio offrendo formazione di base a circa 800 alunni di ogni appartenenza religiosa mentre le altre operano da circa dieci anni con centri di apostolato e di assistenza per giovani e bambini. La nostra Ambasciata ad Abuja ed il nostro Consolato generale di Lagos sono in collegamento regolare con le dirette interessate mantenendo altresì regolari contatti con la Nunziatura Apostolica ad Abuja.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Cinecittà Luce spa nasce nel 2009 dalla fusione di Cinecittà Holding con l'Istituto Luce, che è una società pubblica interamente detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze;
la fusione venne portata avanti - con sacrifici ingenti da parte dei lavoratori - in cambio della promessa, da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, della creazione di un'agenzia che rilanciasse l'intero settore: una sorta di quello che in Francia è il centro nazionale di cinematografia, che fornisce anche aiuto economico;
in seguito alla fusione non solo non è stata creata alcuna agenzia ma Cinecittà Luce ha subito, anno dopo anno, la decurtazione dei fondi: dal Fondo unico dello spettacolo (Fus) ha ricevuto 29 milioni nel 2004, 27 milioni nel 2005, 17,2 milioni nel 2010;
per il 2011 dal suddetto Fondo è previsto un finanziamento di soli 7,5 milioni di euro, cifra del tutto insufficiente a garantire la sopravvivenza della società;
inoltre, lo stanziamento deciso dal Governo per il Fus scende a 231 milioni di euro, rispetto ai 258 iniziali. Alcuni commi della legge di stabilità 2011 hanno previsto il rinvio a provvedimenti del Ministero dell'economia riguardanti eventuali scostamenti dagli introiti provenienti dalla vendita alle compagnie telefoniche delle frequenze del digitale terrestre;
il congelamento di 27 milioni di euro del Fus che comprende tutto il «comparto cultura» porterà, così, ad un'ulteriore riduzione della quota già minima dei 7,5 milioni di euro per Cinecittà Luce per tutto il 2011;
si tratta di un'azienda che ha un bilancio in attivo da tre anni e rappresenta un vero patrimonio ineguagliabile di memoria e di materiali audiovisivi; è la più antica istituzione pubblica destinata alla diffusione cinematografica a scopo didattico e informativo del mondo;
la tutela dell'archivio di pellicole infiammabili, che vanno conservate con tecniche e modi particolari, richiede manutenzione e conservazione con tecniche particolari, per cui la decurtazione dei fondi rappresenta un pericolo per il patrimonio ineguagliabile che Cinecittà Luce detiene;
l'azienda, inoltre, rischierebbe la chiusura. L'allarme è stato lanciato da diverse associazioni di categoria -:
quale sarà il futuro di Cinecittà Luce spa;

come il Ministro valuti l'ipotesi di chiusura di uno dei simboli più prestigiosi della cultura italiana e del cinema mondiale quale è Cinecittà Luce spa e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di evitare la paralisi, ovvero, la chiusura di una attività preziosissima per l'intero comparto cinematografico;
quali siano i motivi per cui non è stato creato il centro nazionale di cinematografia;
quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di ottenere adeguati fondi per la cultura italiana.
(4-11250)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla riduzione delle risorse assegnate per il 2011 nei confronti della società Cinecittà Luce, si osserva quanto segue.
Il Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011 ha approvato un decreto-legge che a partire dal 2011 assegna in misura permanente a questo Ministero 236 milioni di euro, così ripartiti: 149 milioni di euro al fondo unico per lo spettacolo, 80 milioni di euro alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico e 7 milioni di euro agli istituti culturali.
Il decreto stabilisce inoltre che il finanziamento delle misure di agevolazione fiscale in favore dell'industria cinematografica non venga più finanziato dal contributo straordinario di un euro sui biglietti di ingresso nelle sale cinematografiche.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, è possibile affermare che le preoccupazioni in merito alla possibile chiusura di Cinecittà Luce si ritengono in via di risoluzione.
Si rassicura, infine, l'interrogante sull'impegno di questo Ministero a vigilare sui costi e sul contenimento delle spese di Cinecittà Luce spa nello svolgimento delle sue attività.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

GRAZIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il complesso monumentale di Caserta, insieme al parco, l'acquedotto vanvitelliano e il complesso di San Leucio sono stati iscritti nel 1997 tra i siti italiani costituenti patrimonio mondiale sotto l'egida dell'UNESCO;
il riconoscimento di valore universale della struttura è ricondotto all'eccezionalità della sua estensione, comprensiva di palazzo, parco e paesaggio circostante, e ideazione. Invero, la struttura, per quanto rimandi ai princìpi di pianificazione del tempo, in linea con gli ideali legati alla sua concezione e gestione, espressione del periodo illuminista, risulta pienamente integrata con il contesto ambientale di riferimento;
simili qualificazioni comportano per tale patrimonio culturale livelli di protezione e conservazione elevati. Questo è sancito dalla Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale, firmata il 16 novembre 1972 e ratificata dall'Italia con la legge n. 184 del 1977, che, all'articolo 4, prevede l'obbligo per gli Stati firmatari di garantire l'identificazione, la protezione, la conservazione, la valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio oggetto di interesse;
recentemente, lanci di agenzia e stampa locale hanno riportato le dichiarazioni-denuncia di un collezionista e cultore di storia, ad avviso del quale alcuni arredi della reggia di Caserta sarebbero stati venduti in aste svoltesi a Milano e Londra tra il 2002 e il 2007, curate da note case internazionali. Sarebbero così stati individuati oggetti - vasi in porcellana, piatti e mobili - appartenenti alla Real Fabbrica Ferdinandea (1771-1806), presenti nei cataloghi d'arte;
al fine di assicurare una protezione e conservazione efficaci e una valorizzazione attiva del patrimonio culturale e naturale situato sul territorio statale, la Convenzione menzionata, all'articolo 5,

demanda allo Stato il compito di adottare politiche, istituire servizi, adottare provvedimenti e, in particolare, perfezionare i metodi di intervento che permettano di far fronte ai pericoli che minacciano il patrimonio -:
se la notizia concernente la grave sottrazione denunciata corrisponda al vero o sia destituita di fondamento;
quali iniziative, misure e provvedimenti il Ministro interrogato abbia intrapreso o stia per intraprendere, al fine di garantire l'assolvimento dei compiti che la Convenzione demanda allo Stato per scongiurare scempi come quelli rappresentati in premessa.
(4-11057)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, relativa ad alcune dichiarazioni contenute in lanci di agenzie e di stampa locale riguardanti la presunta vendita di arredi e oggetti d'arte appartenenti alla Real Fabbrica Ferdinandea.
Al riguardo è opportuno precisare che la notizia, diffusa da Ansa, riportava la dichiarazione-denuncia di un presunto collezionista o cultore di storia che, avendo acquistato vecchi cataloghi di vendite di note case d'asta, in cui sarebbero stati presentati oggetti di produzione della Real Fabbrica Ferdinandea di Capodimonte, avrebbe dedotto che tali oggetti sarebbero stati «destinati» alla Reggia di Caserta.
Il presunto conoscitore, in realtà, non ha in alcuna sede dichiarato che tali oggetti provenivano dalla Reggia di Caserta per via di sottrazione dolosa bensì, proseguendo nelle sue affermazioni, lamentava che la residenza reale di Portici, dismessa nel secolo scorso ed attualmente adibita a sede universitaria, fosse stata privata degli arredi, definendo ciò uno scempio.
La soprintendenza di Caserta, la sera stessa del lancio di agenzia, ha diramato un comunicato stampa nel quale dichiarava che non si erano più verificate sottrazioni dal Palazzo Reale di Caserta dagli anni ottanta del novecento, epoca nella quale avvenne il furto di svariati elementi presepiali.
A seguito di tale immediata nota ufficiale di smentita da parte della soprintendenza, solo pochi giornali, che non si erano premurati di verificare l'attendibilità della fonte, hanno dato spazio alla notizia del presunto conoscitore, in seguito rivelatosi essere un cardiologo con nessuna competenza in materia.
Può quindi assicurarsi che la competente soprintendenza assicurerà ogni costante e assidua cura e vigilanza per garantire idonei livelli di tutela dei beni protetti.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

GRIMOLDI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Carate Brianza (provincia di Monza e Brianza) è presente una basilica romanica dei Santi Pietro e Paolo, risalente al X secolo;
tale basilica ha bisogno di urgenti interventi di manutenzione;
infatti, già da diversi anni, alcuni esperti denunciano, a vuoto, la necessità di intervenire per salvaguardare la basilica e gli affreschi che sono presenti nel battistero, sottoposti a forti infiltrazioni d'acqua;
inoltre, il continuo passaggio di tir, nonostante il divieto, lungo la strada limitrofa alla basilica, causa forti vibrazioni che rischiano di far crollare l'edificio -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere affinché si tuteli la basilica romanica di Agliate dal pericolo di crollo e di infiltrazioni, che mettono seriamente in pericolo un bene così importante del nostro patrimonio storico, artistico e culturale.
(4-09973)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alle iniziative che questo Ministero intende assumere per la tutela della Basilica romanica dei Santi

Pietro e Paolo sita nel comune di Carate Brianza, si osserva quanto segue.
La Basilica, come noto allo stesso interrogante, necessita di interventi di manutenzione a causa di copiose infiltrazioni di acqua.
Per far fronte a tale fenomeno già nel 2008 la soprintendenza per i beni architettonici di Milano aveva eseguito un sopralluogo con i tecnici della parrocchia di Agliate, (proprietaria del monumento), il parroco stesso e il Presidente del parco della valle del Lambro, al fine di vagliare lo stato delle infiltrazioni e delle vibrazioni all'interno della Basilica.
In tale occasione era stato concordato e successivamente avviato il monitoraggio delle vibrazioni all'interno della Chiesa per valutarne le possibili ripercussioni sulle strutture della stessa.
Attualmente la parrocchia di Agliate ha incaricato due tecnici per redigere un progetto di restauro della copertura della Basilica.
Già nelle prossime settimane, attraverso l'uso di un cestello aereo, verrà eseguita una prima ispezione sulla copertura al fine di verificarne lo stato di conservazione.
Quanto alle vibrazioni causate dal passaggio di tir lungo la strada limitrofa alla Basilica, si rende noto che attualmente è stato inibito il passaggio di autocarri con peso superiore ai 35 quintali, con eccezione dei mezzi diretti alle ditte con sede nelle vicinanze della Basilica, che non potrebbero altrimenti accedere all'interno delle ditte stesse.
A febbraio 2011 si è svolta una riunione nel comune di Carate Brianza, alla presenza del sindaco di Carate ed una rappresentanza dei sindaci e dei comandanti di polizia municipale dei comuni circostanti per individuare alcune soluzioni viabilistiche che consentissero di spostare il traffico veicolare pesante dalla provinciale 155, in particolare nei pressi della Basilica.
A tale riunione faranno seguito ulteriori incontri per valutare le diverse proposte e soluzioni. Si rende noto che nella stessa riunione il sindaco di Carate si è reso disponibile a cofinanziare l'intervento di monitoraggio sulla Basilica.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la legge costituzionale n. 3 del 2001, ha rivoluzionato la ripartizione delle competenze legislative fra Stato e regioni individuando tre ipotesi: quella contemplata dall'articolo 117, comma 2, della Costituzione in cui lo Stato ha una competenza legislativa esclusiva su talune materie sulle quali le Regioni non hanno alcuna potestà legislativa, quella contemplata dall'articolo 117, comma 3 della Costituzione , in cui le regioni hanno una potestà legislativa concorrente ma su principi fondamentali determinati da legge statali ed una terza ed ultima ipotesi residuale, contemplata dall'articolo 117, comma 4 della Costituzione in cui confluiscono tutte le materie non espressamente riservate alla legislazione esclusiva dello Stato o alla legislazione concorrente Stato-Regioni, materie nelle quali le Regioni hanno una potestà legislativa esclusiva, nel senso che possono legiferare con l'unico vincolo del rispetto della Costituzione, dell'ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali, essendo precluso allo Stato di individuare i princìpi fondamentali;
lo Statuto della regione siciliana, che rappresenta una fonte normativa di rango costituzionale, all'articolo 14, comma 1, lettere p) e q) stabilisce che la Regione siciliana ha potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali e di stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione;
secondo i dettami dell'articolo 117, comma 4 della Costituzione, la puntuale previsione normativa da parte di una regione relativamente ad una materia sulla quale la stessa ha potestà legislativa esclusiva, a maggior ragione se emanata da una regione a statuto speciale, preclude l'applicazione alla stessa fattispecie di una legge nazionale;
il Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2010 su proposta del Ministro per gli affari regionali, ha disposto l'impugnativa,

con conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, di nove nomine della Giunta regionale siciliana avvenute il 29 dicembre 2009, con le quali era stato confermato, o conferito ex novo, l'incarico di direttore generale ad altrettante personalità non appartenenti agli organici regionali;
le nomine impugnate, disposte sulla base di una legge regionale che consente l'assunzione di dirigenti generali esterni nel limite del 30 per cento dei posti disponibili, a fronte di un limite del 10 per cento previsto dalla normativa statale, sono state ritenute dal Governo lesive dei princìpi contenuti negli articoli 3 e 97 della Costituzione;
l'articolo 127 della Costituzione prima della predetta riforma disciplinava le modalità di controllo da parte del Governo sulle leggi emanate dai Consigli Regionali prevedendo altresì l'obbligo di comunicazione di ogni legge approvata al commissario del Governo, il quale salvo il caso di opposizione da parte del Governo doveva vistare la legge entro 30 giorni;
nel novellato testo dell'articolo 127 il visto del commissario, preventivo alla promulgazione ed alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è stato abolito. Permane soltanto per il Governo la possibilità di «sollevare la questione di legittimità costituzionale dinnanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale allorché la legge regionale abbia ecceduto la competenza della regione;
non altrettanto è stato previsto per le leggi approvate dall'Assemblea Regionale siciliana che sono tuttora sottoposte al vaglio preventivo alla loro pubblicazione, del Commissario dello Stato. Infatti l'articolo 28 dello Statuto della regione Sicilia prevede che il controllo di legittimità dei disegni di legge approvati dall'Assemblea regionale siciliana è esercitato dal Commissario dello Stato che ne segue l'iter parlamentare sino alla avvenuta approvazione definitiva. Lo stesso commissario dello Stato può proporre ricorso alla Corte Costituzionale avverso le leggi che vengono approvate dall'Assemblea nelle materie di competenza legislativa esclusiva della regione, in caso di violazione di norme costituzionali e statutarie e di principi generali dell'ordinamento giuridico e di leggi nazionali di riforma economico-sociale o nelle materie di competenza legislativa concorrente con quella dello Stato, anche per contrasto con i principi contenuti nelle «leggi-quadro» statali;
la legge regionale sulla base del quale il Governo regionale siciliano ha adottato le nove nomine di dirigenti è stata esaminata favorevolmente dal commissario dello Stato che l'ha ritenuta perfettamente conforme alla Costituzione;
lo statuto regionale siciliano stabilisce all'articolo 21, comma 3 che il presidente, col rango di Ministro partecipa al Consiglio dei ministri, con voto deliberativo nelle materie che interessano la Regione. Più precisamente il decreto legislativo 21 gennaio 2004 , n. 35 «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione siciliana relative alla partecipazione del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio dei Ministri.» all'articolo 2 stabilisce che quando il Consiglio dei Ministri deve deliberare provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della Regione siciliana, il Presidente del Consiglio invita il Presidente della regione siciliana che ha facoltà di partecipare;
il presidente della Regione siciliana non è stato invitato alla riunione del Consiglio dei Ministri del 1° marzo nel quale è stata disposta l'impugnativa, con conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, delle nove nomine effettuate dalla Giunta regionale siciliana -:
se, alla luce delle considerazioni svolte, non ritenga opportuno rinunciare all'impugnativa in oggetto che oltre ad apparire gravemente lesiva della corretta dialettica tra organi istituzionali è palesemente in contrasto con i princìpi costituzionali.
(4-06373)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, presentata dall'interrogante si fa presente quanto segue.
Nella riunione del Consiglio dei ministri del 1o marzo 2010 è stato deliberato di proporre il ricorso per conflitto di attribuzione avanti la Corte costituzionale avverso le deliberazioni numeri 569, 573, 578, 581, 585, 587, 588, 590 e 591 del 29 dicembre 2009 della Giunta della regione Siciliana, aventi ad oggetto la conferma o il conferimento di incarichi di direttore generale a personale non appartenente agli organici.

L'articolo 2 del decreto legislativo 21 gennaio 2004, n. 35. richiamato dall'interrogante, prevede, al comma 1, che il Presidente del Consiglio dei ministri inviti il Presidente della regione siciliana quando il Consiglio dei ministri deve deliberare provvedimenti di qualsiasi natura che riguardano la sfera di attribuzioni proprie e peculiari della regione siciliana.
Al riguardo, si ritiene che la previsione dell'invito del Presidente della regione siciliana di cui al citato articolo 2 è da riferirsi alle fattispecie in cui i provvedimenti governativi siano destinati ad incidere direttamente sulla sfera di attribuzioni proprie della regione.
La predetta disposizione non può operare, invece, per le deliberazioni del Consiglio dei ministri, quale è da considerare la citata delibera del 1o marzo 2010, aventi ad oggetto le impugnative di leggi o provvedimenti regionali ritenuti lesivi delle competenze statali e, pertanto, volte unicamente a ripristinare, con il ricorso alla sede giurisdizionale, gli ambiti di attribuzione propri dello Stato.
Per i motivi suindicati, non si è ritenuto opportuno proporre la rinuncia al conflitto di attribuzione in questione, che, peraltro, con sentenza n. 156 del 28 aprile 2011, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile per motivi che esulano da quelli evidenziati con l'interrogazione cui si risponde.
Il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale: Raffaele Fitto.

LOLLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco affronta l'annoso problema della carenza di personale ricorrendo in modo sempre più massiccio e costante a personale discontinuo e precario che viene richiamato in servizio per periodi che vanno dai 20 ai 160 giorni l'anno;
il personale discontinuo rappresenta in molte zone del paese il 30 per cento degli effettivi;
il costo dei lavoratori discontinui ha superato oramai la cifra di 100 milioni di euro l'anno;
la carenza di organico del corpo è calcolata in circa 3.000 unità;
con la legge finanziaria per il 2010 si è deciso di sbloccare il limite delle assunzioni imposto dal decreto-legge n. 112 del 2008 per quanto riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
all'articolo 2, comma 209 della legge finanziaria per il 2010 si prevede che venga destinato il 45 per cento del turn over al personale VFB (volontari in ferma breve) proveniente dalle forze armate;
le necessità di formazione di nuovi vigili immessi permetterà l'inserimento di nuove figure non prima di un anno mentre la stabilizzazione del personale già formato e presente sul territorio avrebbe un effetto immediato senza particolari oneri in quanto si tratta di personale già inquadrato e retribuito;
la graduatoria di stabilizzazione del personale discontinuo è attualmente vigente mentre è stato bandito un concorso per 814 posti nel ruolo di vigile del fuoco nel quale è prevista una riserva del 45 per cento per il personale VFB (Volontari in ferma breve);
l'ingresso di nuovi lavoratori tramite il concorso potrà evitare il peggioramento della situazione ma senza inserire i lavoratori discontinui nell'organico non si saneranno le carenze pregresse lasciando che una parte importante del personale sia, dal punto di vista dei diritti e dell'inquadramento, diversa dal resto del corpo per il quale però è indispensabile;

considerando la presenza di una riserva già nel concorso per 814 vigili del fuoco è immaginabile garantire una via più veloce di stabilizzazione dei discontinui già formati per il turn over facendo riferimento alla graduatoria pubblicata nel decreto ministeriale 1996 del 2008 e eliminando la quota del 45 per cento garantita ai VFB delle forze armate prevista all'articolo 2, comma 209, della legge finanziaria per il 2010 -:
cosa intenda fare, anche dal punto di vista normativo, il Ministro per affrontare tale situazione e per dare risposte concrete sia al Corpo nazionale dei vigili del fuoco che vede una grande carenza di organico sia ai lavoratori discontinui in attesa di stabilizzazione.
(4-06666)

Risposta. - Le misure di contenimento della finanza pubblica degli ultimi anni hanno comportato l'impossibilità di coprire tutti i posti vacanti nell'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il Governo, al fine di assicurare la massima efficacia operativa al Corpo nazionale dei, vigili del fuoco ha dedicato particolare attenzione alla problematica esposta dall'interrogante pertanto, in ragione della grande professionalità e dell'altissimo rischio degli operatori del Corpo, è stato favorito l'avvio di un percorso per assicurare l'incremento delle risorse umane a garanzia della funzionalità del sistema di soccorso pubblico del Paese.
In tale contesto, sono stati adottati diversi provvedimenti legislativi che hanno, fra l'altro, destinato apposite risorse alle assunzioni nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Da ultimo, la legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191) ha stanziato, per il triennio 2010-2012, risorse per assunzioni di personale del Corpo nazionale a copertura del 100 per cento del turn-over. Tale principio è stato confermato anche in sede di approvazione del recente decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica».
In ragione dei citati interventi normativi, pur allo stato, prevedere il completo ripianamento degli organici, sarà comunque possibile realizzare, al termine del triennio, un'inversione di tendenza, rispetto al passato, fra personale collocato a riposo e personale da assumere, tale da poter indurre una ragionevole diminuzione delle attuali carenze.

Per quanto riguarda le procedure concorsuali per la stabilizzazione, in attuazione delle disposizioni contenute nelle manovre di finanza pubblica del 2007 e del 2008, è stato avviato un processo di stabilizzazione del rapporto di lavoro di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale, in possesso di specifici requisiti (iscrizione negli appositi elenchi da almeno tre anni e con un minimo di 120 giorni di servizio). Ciò, proprio nella consapevolezza dell'importante contributo offerto da detto personale al fondamentale ruolo del Corpo preordinato ad assicurare la salvaguardia di vite umane.
Il Ministero dell'interno, ai fini dell'assunzione nella qualifica di vigile del fuoco, ha quindi provveduto ad attingere dalla graduatoria (6.080 unità), approvata con decreto ministeriale 28 aprile 2008, n. 1996, il personale discontinuo ritenuto idoneo a seguito di apposita procedura selettiva, nel limite degli stanziamenti previsti da disposizioni legge in tema di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della legge finanziaria per il 2008, sono state assunte ulteriori 295 unità di personale provenienti dalla graduatoria della stabilizzazione al termine del corso di formazione semestrale avviato il 7 giugno 2010.
L'11 ottobre 2010, inoltre, l'Amministrazione ha ricevuto dal competente dicastero della funzione pubblica, l'apposita autorizzazione ad assumere altre 95 unità provenienti dalla medesima graduatoria della stabilizzazione, ai sensi del decreto-legge 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 che, alla fine dello scorso mese di novembre, sono state avviate al corso di formazione semestrale.

Nel prossimo triennio, non essendovi, ad oggi, graduatorie di concorso ancora aperte, le assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco potranno avvenire attraverso la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti, in corso di conclusione, nell'ambito del quale, proprio in ragione del riconoscimento del fondamentale contributo offerto dal Corpo al dispositivo di soccorso pubblico del Paese, è comunque prevista dalla legge (decreto legislativo n. 217 del 2005) una significativa riserva, pari al 25 per cento in favore del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Per quanto concerne la riserva del 45 per cento in favore dei volontari delle Forze armate, la legge finanziaria per il 2010 contiene una disposizione che sembra destinare a tale categoria riservataria, nella misura del medesimo 45 per cento le assunzioni nel Corpo nazionale a copertura del turn-over per il triennio 2010-2012.
Ciò, però, risulta in contrasto con l'ordinamento vigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco laddove, all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 217 del 2005, dispone che le riserve ivi previste - quindi anche quella del 45 per cento per i volontari in ferma breve - possano operare solo nell'ambito della indizione di pubblici concorsi, senza incidere sulle aspirazioni dei concorrenti non riservatari risultati idonei.
Pertanto solo un apposito intervento normativo potrà prevedere che la riserva del 45 per cento dei posti, in favore dei volontari delle Forze armate, operi esclusivamente secondo la disciplina di accesso alla qualifica iniziale, introdotta dal richiamato articolo 5 del decreto legislativo n. 217 del 2005.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MAZZARELLA, PICCOLO, SARUBBI, NICOLAIS, CIRIELLO e BOSSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'indagine sui falsi invalidi a Napoli, emersa da mesi all'attenzione della stampa nazionale, ha portato all'arresto di un consigliere della 1° Municipalità di Napoli (Chiaia-San Ferdinando-Posillipo), nonché del direttore amministrativo e del funzionario addetto alle pratiche;
il consiglio della municipalità ha approvato all'unanimità un documento con il quale si condannava fortemente l'accaduto, esprimendo al contempo pieno sostegno alle forze dell'ordine ed alla magistratura ed auspicando una rapida pulizia dei dipendenti infedeli;
tutta la vicenda ha colpito negativamente la municipalità nel suo complesso politico ed amministrativo;
è necessario salvaguardare l'onorabilità del personale amministrativo e politico della municipalità;
è stato chiesto al sindaco ed all'assessore alla legalità di promuovere la costituzione di parte civile dell'ente comune di Napoli nel processo intentato contro i presunti colpevoli, non avendo la municipalità la personalità giuridica per costituirsi;
dal momento che le indagini sono ancora in corso e che la sola costituzione di parte civile non risolve il problema della verifica del livello di condizionamento della 1° Municipalità da parte presenze o infiltrazioni malavitose, sarebbe opportuno che il prefetto di Napoli proceda all'invio presso la 1° Municipalità della commissione di accesso ai sensi degli articoli 59 comma 7, 143 comma 1, e 146 comma 1 del decreto legislativo n. 267 del 2000 -:
come intendano procedere rispetto alla richiesta di procedura della Commissione d'accesso, individuata dalla municipalità come l'unica possibilità per restituire ad essa e al suo personale amministrativo ed agli eletti l'onore politico così gravemente compromesso.
(4-09121)

Risposta. - In merito alla vicenda dei falsi invalidi nella 1a municipalità «Chiaia» del comune di Napoli, le Forze dell'ordine hanno avviato un'accurata attività di monitoraggio al fine di acquisire elementi di valutazione in merito alla eventuale

sussistenza di forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata e di compromissione degli organi elettivi della citata municipalità.
La stessa prefettura di Napoli è stata, inoltre, destinataria di un esposto con il quale il commissario regionale per la Campania della federazione dei Verdi, nel fare riferimento alle vicende giudiziarie in argomento, paventava una diffusa compromissione degli organi elettivi di quella municipalità.
Nell'ambito delle indagini su episodi di truffe connesse al riconoscimento di pensioni di invalidità a «falsi ciechi», nel mese di dicembre 2009, le Forze dell'ordine hanno proceduto all'arresto di un consigliere della 1a municipalità.
La prefettura, acquisito formalmente il provvedimento giudiziario, con decreto prefettizio del gennaio 2010 ha dichiarato la sussistenza nei confronti del consigliere della causa di sospensione di diritto dalla carica ai sensi dell'articolo 59, comma 4 del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267.
Poiché nella vicenda risultano coinvolti anche dipendenti comunali, la civica amministrazione ha reso noto di aver provveduto - a seguito del citato provvedimento giudiziario e sulla base delle previsioni contrattuali della categoria di rispettivo riferimento - alla sospensione d'ufficio dal servizio dei predetti dipendenti.
Si rammenta peraltro che, allo stato, la competenza sull'istruttoria amministrativa delle pratiche di invalidità civile non è più assegnata ai comuni, ma all'Inps.
Tutto ciò premesso, in ordine alla richiesta dell'interrogante di esercitare i poteri di accesso, si fa presente che i soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria non fanno più parte della compagine elettiva né della struttura burocratica comunale.
In ogni caso, la loro attività si riferiva a procedimenti amministrativi ora non più di competenza della municipalità e in relazione ai quali non sono risultati elementi tali da suffragare l'ipotesi che l'attività illecita posta in essere derivasse da un condizionamento diretto o indiretto da parte della criminalità organizzata, unica circostanza, come è noto, che consente di poter attivare i poteri di accesso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo del Corriere della Sera del 28 dicembre 2010, riporta che il 16 dicembre 2010 due fratelli nonché intellettuali berberi - Madghis e Mazigh Buzakhar - sono stati prelevati dalla loro casa ad opera di agenti della sicurezza interna libica e da allora non se ne sa più nulla;
il 16 dicembre 2010, inoltre, la casa dei due fratelli Buzakhar è stata perquisita e l'intero archivio - biblioteca dei due è stato requisito;
come riportato dal suddetto articolo del Corriere della Sera, i due intellettuali berberi sarebbero stati arrestati con l'accusa di «aver parlato a un turista italiano nella zona del Gebel Nafusa delle discriminazioni subite dai berberi in Libia»;
poche settimane prima dell'arresto dei due fratelli Buzakhar, un cantante berbero della Libia, Abdullah Ashini, di Zuara, è stato condannato a 5 anni di prigione;
il cantante è stato considerato reo di aver partecipato con una canzone in berbero al festival della canzone berbera a Las Palmas circa due anni fa;
sempre pochi giorni prima dell'arresto dei fratelli Buzakhar, il 4 dicembre 2010 come riportato in arabo sul sito ossanlybia.com, anche Simone Mauri, cittadino italiano, ricercatore presso il SOAS (School of Oriental and African Studies) di Londra e studioso della cultura berbera è stato arrestato dalla polizia libica all'aeroporto di Tripoli, mentre, faceva ritorno in Italia;

a seguito dell'arresto, Simone Mauri ha trascorso un periodo di detenzione nelle carceri libiche sino al 24 dicembre 2010, quando grazie all'intervento dell'ambasciata italiana stato liberato;
sempre lo scorso dicembre, come si apprende dal sito internet berbero del Marocco - www.amazighworld.org/human rights/, anche due ricercatori marocchini, Mahfoud Asmahri e Hassan Ramo, e membri dell'IRCAM (Istituto reale della cultura Amazigh) sono stati detenuti nelle carceri libiche per poi esser rilasciati-:
se il Governo italiano sia a conoscenza dei fatti sopramenzionati;
quali siano le ragioni che hanno portato alla detenzione e poi alla scarcerazione del ricercatore italiano e dei due ricercatori marocchini;
se, alla luce dei suddetti fatti, il Governo italiano non intenda intervenire in modo deciso in sede bilaterale nei confronti della Libia, che nonostante la ratifica del «Trattato di Amicizia, partenariato e cooperazione del 2008», ad avviso degli interroganti non rispetta quanto sancito all'articolo 6, ossia il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
(4-10393)

Risposta. - La nostra Ambasciata a Tripoli ha seguito la vicenda del connazionale Simone Mauri dal giorno del fermo da parte delle Autorità libiche, il 4 dicembre 2010, sino al suo rientro in Italia, il 24 dicembre. Non appena avuta notizia del fermo, l'Ambasciata si è messa in contatto con i famigliari del signor Mauri e, contestualmente, ha chiesto alle competenti Autorità libiche di poter effettuare una visita consolare affinché un funzionario potesse sincerarsi delle sue condizioni.
Il connazionale, posto in stato di arresto per irregolarità legate al visto di ingresso (il signor Mauri, provvisto di solo visto turistico, aveva invece compiuto un viaggio di studio in connessione al suo dottorato presso la Soas di Londra), è stato quindi visitato da dipendenti dell'Ambasciata. Anche in relazione alla tipologia di accusa formulata a suo carico, l'Ambasciata ha svolto un intervento sulle Autorità libiche affinché la posizione del nostro connazionale fosse definita in tempi brevi e si potesse optare, compatibilmente con la normativa locale, per l'espulsione dal Paese anziché per il mantenimento in carcere. Anche a seguito di questi interventi, il signor Mauri è stato rilasciato il 22 dicembre 2010 ed ha fatto rientro in Italia il 24 dicembre.
In merito al quesito relativo alla vicenda dei due fratelli berberi, l'Ambasciata a Tripoli ha avuto la notizia del loro fermo senza peraltro ricevere ulteriori dettagli, in quanto è stato opposto che non vi è titolo ad ottenerli ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, che riguarda solo i cittadini del Paese di invio.
Non si dispone invece di alcun elemento circa i cittadini marocchini citati dall'interrogante.
Per quanto concerne, infine, l'ultimo quesito posto dall'interrogante, l'articolo 6 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, concerneva specificamente il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sancendo l'impegno delle parti ad agire conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni unite e della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Trattavasi di previsione di carattere generale da ritenersi idonea ad impegnare le Autorità di Tripoli al rispetto di norme e standard internazionali in materia.
A seguito dell'entrata in vigore della risoluzione n. 1973, alla luce dell'articolo 103 della Carta dell'Onu, il Trattato di amicizia, che poteva considerarsi, di fatto, sospeso, vede prevalere gli obblighi della Carta stessa come su qualsiasi accordo internazionale o bilaterale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO

TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il «Korean institute for national unification» ha pubblicato nel dicembre 2010 un rapporto dal titolo «cases of public executions in North Korea» dal quale si traggono le seguenti informazioni:
a) la Corea del Nord utilizza le esecuzioni pubbliche al fine di instaurare un clima di terrore per il controllo sociale;
b) prima degli anni Sessanta, le esecuzioni pubbliche erano eseguite saltuariamente contro i colpevoli di spionaggio o di crimini brutali come omicidio e furto, così come i dissidenti politici;
c) poiché la crisi economica della metà degli anni Novanta ha dato origine ad una maggiore instabilità sociale, la Corea del Nord ha cominciato a giustiziare anche coloro che avevano commesso reati economici, come rubare grano, o che avevano causato «corruzione della morale pubblica» tramite la prostituzione o la distribuzione di materiali osceni;
d) a seguito della diffusione nel gennaio 1997 del «Rapporto speciale sulle esecuzioni pubbliche in Corea del Nord» da parte di Amnesty International, alla fine degli anni Novanta le esecuzioni pubbliche sono diminuite per un breve periodo di tempo, ma dal 2005 esse hanno ricominciato ad aumentare come conseguenza dell'inasprimento del controllo sociale e della censura;
e) secondo le disposizioni supplementari della legge criminale rese effettive nel marzo 2008, ma non ancora diffuse all'estero, la Corea del Nord ha esteso la lista dei crimini punibili con la morte da 5 a 21;
f) poiché le potenziali minacce al suo sistema come la resistenza ai pubblici ufficiali sono aumentate in conseguenza al fallimento della riforma monetaria del 2009, la Corea del Nord ha deciso di incrementare considerevolmente il numero di esecuzioni pubbliche: sedici persone sono state giustiziate tra gennaio e novembre 2009, mentre il numero è aumentato di 52 unità tra dicembre 2009 e novembre 2010;
il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010 la Corea del Nord ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite;
dal sito internet dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», che cita quanto riferito da Choi Sung-Yong, attivista e capo dell'organizzazione «Family Assembly abducted to North Korea» che si occupa di prigionieri di guerra e vittime sudcoreane, si traggono le seguenti informazioni:
a) il 3 gennaio 2011 a Sariwon, 45 chilometri a sud della capitale nord-coreana Pyongyang, di fronte a 500 persone, un uomo e una donna sono stati fucilati per aver letto e raccolto materiale politico introdotto nel Paese da un'organizzazione sud-coreana;
b) sei familiari dei due giustiziati sono stati portati in un campo per prigionieri politici;
come riportato da un articolo del Wall Street Journal del 30 marzo 2011, che cita quanto riferito dalla televisione sudcoreana SBS, si riporta che nel corso dell'attuale guerra in Libia sono state scoperte armi di provenienza nordcoreana a disposizione del regime libico;
la Corea del Nord è vincolata al rispetto di due trattati internazionali - la Convenzione internazionale per i diritti del fanciullo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici - che limitano l'uso della pena di morte -:
quali iniziative abbia intenzione di adottare il Governo italiano nei confronti di quello nordcoreano al fine di evitare ulteriori casi che costituiscono una violazione del diritto internazionale;
se sia a conoscenza del fatto menzionato in premessa e tratto dal Wall Street Journal e, a fronte di esso e del

coinvolgimento nella recente crisi libica, quali siano le immediate iniziative che il Governo italiano intenda assumere;
cosa intenda fare per chiedere la liberazione dei prigionieri politici e di coscienza in Corea del Nord.
(4-11635)

Risposta. - La situazione dei diritti umani in Corea del Nord si presenta fortemente critica, anche per l'estrema difficoltà per gli osservatori stranieri (membri di organizzazioni internazionali o di organizzazioni non governative) di condurre un monitoraggio in loco.
Le Autorità nordcoreane, da parte loro, continuano a respingere le accuse di violazione di diritti umani, ricordando come la tutela dei diritti umani sia prevista nel dettato costituzionale, ed affermando che sollevare la questione al livello internazionale equivale ad ingerire negli affari interni del Paese.
Le difficoltà sul terreno non hanno tuttavia fatto venir meno l'impegno della comunità internazionale a mantenere costante la pressione su Pyongyang affinché assicuri aperture progressive in materia di tutela di diritti umani.
In ambito Nazioni unite, a marzo 2011, il Consiglio diritti umani ha approvato una nuova risoluzione, sponsorizzata da Unione europea e Giappone, per il rinnovo (di un anno) del mandato del Relatore speciale delle Nazioni unite sui diritti umani in Corea del Nord, Marzuki Darusman. A questi, tuttavia, viene sistematicamente negato l'ingresso all'interno del Paese.
Nel novembre 2009, la Corea del Nord è stata sottoposta all'esame periodico universale (Upr) del Consiglio diritti umani.
In quella occasione, l'Italia ha partecipato attivamente al dibattito che caratterizza l'esame, rivolgendo al Paese domande e raccomandazioni. L'intervento italiano si è concentrato sul persistente uso della pena di morte e, segnatamente, di esecuzioni pubbliche ed extragiudiziali. In linea con quella che è una delle priorità della nostra politica estera in tema di diritti umani, abbiamo invitato il Paese a intraprendere almeno una moratoria di fatto della pena capitale. La maggior parte delle raccomandazioni - incluso l'invito ad una maggiore collaborazione con gli organi internazionali preposti alla tutela delle libertà fondamentali, quali l'Alto commissario per i diritti umani - sono tuttavia state rigettate dalle autorità di Pyongyang.
Il confronto con le autorità nordcoreane in materia di diritti umani avviene anche nella cornice dell'azione esterna dell'Unione europea, sia promuovendo le risoluzioni di condanna approvate in sede multilaterale, sia sollevando il tema nelle occasioni di dialogo politico con Pyongyang (da ultimo la missione della Troika dell'Ue in Corea del Nord nel novembre 2010).
Sul piano più strettamente bilaterale, il Governo italiano non ha mancato, nelle occasioni di dialogo con il Governo nordcoreano, di fare stato della preoccupazione propria e della comunità internazionale per la situazione dei diritti umani in Corea del Nord e per la mancanza di collaborazione con le istanze internazionali deputate da parte delle Autorità nordcoreane.
In un ambito più generale, l'Italia mantiene vivo il suo impegno nella promozione in Corea del Nord di iniziative di contenuto sociale e culturale, che fungano da veicoli «non politici» di messaggi utili alla formazione di una più diffusa coscienza nella popolazione e nelle Autorità nordcoreane sul tema della tutela dei diritti umani.
Quanto ai riferimenti stampa in merito al ritrovamento di armamenti di fabbricazione nordcoreana utilizzati dal regime libico, si ricorda che il Governo italiano assicura un piena e severa applicazione dei regimi sanzionatori nei confronti della Corea del Nord previsti in ambito Onu ed Ue. L'eventuale violazione da parte di Paesi terzi delle disposizioni di embargo nei confronti di Pyongyang contenute nelle risoluzioni 1718 ed 1874 del Consiglio di sicurezza, andrà valutata da parte dell'organo dell'Onu che cura il monitoraggio dell'applicazione delle citate risoluzioni, il Comitato 1718, nel cui ambito si definirà, eventualmente, l'istruttoria del caso specifico citato nell'articolo del Wall Street journal.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dal 2009 la Corte dei conti e la procura della Repubblica di Montepulciano hanno avviato degli accertamenti nei confronti del comune di Piancastagnaio (Siena) per presunte irregolarità nella gestione di bilancio;
tale indagine ha determinato l'invio di diversi avvisi di garanzia nei confronti del sindaco Fabrizio Agnorelli e di alcuni funzionari comunali con ipotesi di reato di abuso di ufficio, ai sensi degli articoli 110 e 323 del codice penale;
le opposizioni, in consiglio comunale e a mezzo stampa, hanno più volte espresso perplessità e critiche per la disinvolta gestione del bilancio e per l'uso dei debiti in fuori bilancio, che ha pertanto causato un grave disavanzo nella gestione delle finanze comunali, che hanno visto negli ultimi cinque anni un progressivo deterioramento, particolarmente aggravatosi negli ultimi due;
l'attuale situazione pregiudica il dovuto e corretto funzionamento dell'amministrazione comunale, distraendo l'attenzione dalle difficoltà economiche e sociali del territorio -:
se non ritenga opportuno accertare, anche per il tramite dei SIFIP, la situazione riportata in premessa;
se sussistano i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale di Piancastagnaio, alla luce di quanto rappresentato in premessa.
(4-09777)

Risposta. - Il sindaco di Piancastagnaio ha riferito alla Prefettura di Siena che la sezione regionale di controllo della Corte dei conti di Firenze, a causa della formazione di debiti fuori bilancio, ha avviato accertamenti nei confronti dell'Amministrazione comunale, finalizzati a verificare il rispetto delle disposizioni contabili di spesa da parte del comune.
Il fenomeno, secondo quanto precisato dal sindaco, è stato originato, tra il 2007 ed il 2008, da una serie di emergenze - tra le quali il ripristino dell'agibilità della scuola media a causa del cedimento strutturale dei solai - che hanno determinato ingenti ed impreviste spese.
L'Amministrazione comunale, per rispondere alle aspettative dei creditori ed a seguito di una attenta ricognizione, ha dovuto riconoscere dette spese, dopo aver accertato l'utilità delle stesse e l'arricchimento per l'ente, che ha comunque coperto i debiti con risorse presenti in bilancio.
Il sindaco ha altresì precisato che il consiglio e la giunta hanno adottato provvedimenti volti ad evitare il ripetersi del problema, modificando anche il regolamento di contabilità del comune.
La stampa locale ha dato ampio risalto alla vicenda che, oltre ad essere all'esame della sezione regionale di controllo della Corte dei conti, è anche oggetto di attenzione da parte della procura della Repubblica di Montepulciano, la quale ha emesso avvisi di garanzia nei confronti del sindaco e di due funzionari comunali, per il reato di «abuso di ufficio».
Al momento, non appaiono tuttavia sussistere i presupposti per addivenire allo scioglimento del Consiglio comunale, in quanto la situazione del comune di Piancastagnaio non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi tipiche di scioglimento dei consigli comunali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MIOTTO, MURER, DAL MORO, NACCARATO, FOGLIARDI, RUBINATO e SBROLLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da alcuni anni il Veneto deve far fronte alla carenza sistematica di segretari comunali, che si aggira su oltre 200 segretari, come l'Anci Veneto ha rilevato con una nota in data 4 febbraio 2011;
con la predetta lettera rivolta al Ministro interrogato l'Anci Veneto segnala

che ben 40 municipalità risultano prive di segretario comunale, mentre in altre sedi, il segretario opera in convenzione con altri 2 o 3 e talora 4 comuni;
è noto, peraltro, che diverse sedi regionali dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali - AGES - hanno più volte segnalato la pesantissima carenza di segretari nei loro organici, circa 4000 su oltre 8000 comuni;
il corso-concorso indetto nel 2007 dalla Scuola superiore di pubblica amministrazione locale - SSPAL - denominato Co.A III si è concluso da tempo e, con la delibera n. 94 del 23 luglio 2009 il consiglio nazionale di amministrazione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, ha approvato la graduatoria del concorso pubblico di ammissione al corso-concorso per il conseguimento dell'abilitazione ai fini dell'iscrizione all'albo nazionale dei segretari;
nonostante la richiesta dell'AGES con la quale già 6 mesi fa si sollecitava invano l'iscrizione all'albo dei partecipanti al corso risultati idonei, non è stato adottato alcun provvedimento;
le carenze citate comportano la violazione dei principi di efficienza, buon andamento ed economicità della pubblica Amministrazione e, pertanto, la richiesta dei comuni dovrebbe trovare immediata risposta con i necessari provvedimenti ministeriali -:
se il Ministro non ritenga opportuno porre in essere urgentemente quanto necessario a consentire ai vincitori del concorso Co.A III l'iscrizione all'albo ed ai comuni sprovvisti di segretario comunale di poter contare su un efficiente funzionamento amministrativo.
(4-10782)

Risposta. - Con decreto del Presidente dell'unità di missione del 12 novembre 2010, è stata chiesta l'autorizzazione all'assunzione di tutti i 364 idonei della procedura concorsuale denominata CO.A3.
Le assunzioni dei segretari comunali e provinciali, infatti, sono subordinate al rilascio della preventiva autorizzazione ai sensi dell'articolo 39, comma 3-bis, della legge n. 449 del 1997.
Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 31 marzo 2011, ha approvato il decreto del Presidente della Repubblica che, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e finanze, autorizza il Ministero dell'interno ad assumere a tempo indeterminato segretari comunali e provinciali per un totale di 397 unità.
Non appena saranno acquisite le preferenze degli interessati in ordine alla sezione regionale di prima assegnazione, si procederà all'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, secondo il quale «Il consiglio nazionale di amministrazione assegna alle sezioni regionali, secondo l'ordine della graduatoria approvata e sulla base delle preferenze espresse dagli interessati, coloro che hanno conseguito l'abilitazione, tenendo conto delle esigenze di personale delle singole sezioni regionali».
Si precisa, infine, che la deliberazione n. 94 del 23 luglio 2009, cui fa riferimento l'interrogante, riguarda l'approvazione della graduatoria con cui i vincitori del concorso sono stati ammessi a partecipare al corso di formazione presso la scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale (Sspal).
Gli ammessi hanno quindi partecipato al corso e svolto il previsto tirocinio pratico presso i comuni (durata complessiva 12 mesi), al termine del quale la Sspal, con decisione del 16 dicembre 2010, ha approvato la graduatoria finale in cui figurano i 364 idonei sopra citati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MONTAGNOLI - Al Ministro dell'interno - Per sapere - premesso che:
il corso concorso selettivo di formazione, denominato CO.A3, per il conseguimento

dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 300 segretari comunali all'albo dei segretari comunali e provinciali si è regolarmente svolto e concluso, ormai un anno fa, con l'approvazione di una graduatoria di idonei all'iscrizione nella fascia iniziale dell'albo;
non essendo ancora stati emanati i provvedimenti necessari a formalizzare l'iscrizione, di fatto i vincitori del corso concorso non risultano ancora immessi nell'apposito albo, nonostante la posizione di segretario comunale risulti vacante in molte amministrazioni locali;
la carenza di segretari comunali è particolarmente evidente negli enti della regione Veneto dove ben 40 municipalità risultano totalmente prive di questa indispensabile figura professionale, mentre molti sindaci dispongono di segretari contemporaneamente impegnati anche in quattro diversi comuni;
tra gli idonei ammessi ad iscrizione nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali risultano ben 18 vincitori veneti -:
quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di consentire l'iscrizione nell'apposito albo di tutti i partecipanti al corso concorso risultati idonei.
(4-10791)

Risposta. - Con decreto del Presidente dell'unità di missione del 12 novembre 2010, è stata chiesta l'autorizzazione all'assunzione di tutti i 364 idonei della procedura concorsuale denominata CO.A3.
Le assunzioni dei segretari comunali e provinciali, infatti, sono subordinate al rilascio della preventiva autorizzazione ai sensi dell'articolo 39, comma 3-bis, della legge n. 449 del 1997.
Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 31 marzo 2011, ha approvato il decreto del Presidente della Repubblica che, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e finanze, autorizza il Ministero dell'interno ad assumere a tempo indeterminato segretari comunali e provinciali per un totale di 397 unità.
Non appena saranno acquisite le preferenze degli interessati in ordine alla sezione regionale di prima assegnazione, si procederà all'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, secondo il quale «Il consiglio nazionale di amministrazione assegna alle sezioni regionali, secondo l'ordine della graduatoria approvata e sulla base delle preferenze espresse dagli interessati, coloro che hanno conseguito l'abilitazione, tenendo conto delle esigenze di personale delle singole sezioni regionali».
Si precisa, infine, che la deliberazione n. 94 del 23 luglio 2009, i vincitori del concorso sono stati ammessi a partecipare al corso di formazione presso la scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale (Sspal).
Gli ammessi hanno quindi partecipato al corso e svolto il previsto tirocinio pratico presso i comuni (durata complessiva 12 mesi), al termine del quale la Sspal, con decisione del 16 dicembre 2010, ha approvato la graduatoria finale in cui figurano i 364 idonei sopra citati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MORASSUT. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2009 è nata dalla fusione tra Cinecittà holding e l'Istituto Luce SPA, Cinecittà Luce SPA che con i suoi 129 dipendenti costituisce un grande patrimonio storico e culturale nazionale ed un marchio prestigioso nel mondo rappresentativo della identità italiana;
Cinecittà Luce SPA svolge nei fatti un ruolo istituzionale come braccio operativo del Ministero per i beni e le attività culturali e come supporto del cinema

italiano in Italia e nel mondo in particolare nella ricerca e nella valorizzazione dei nuovi talenti - distribuzione di opere prime e seconde finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali - e di nuove sperimentali forme espressive;
Cinecittà Luce spa possiede - assicurandone la conservazione e riconversione - un enorme archivio di materiale cinematografico e fotografico sia di propria produzione; sia frutto di acquisti da altri archivi privati che rappresenta la più grande raccolta di documenti audiovisivi della storia d'Italia: un patrimonio che oltre ad essere di universale consultazione viene utilizzato anche per la realizzazione di prodotti documentaristici;
Cinecittà Luce spa ha assorbito le competenze di Filmitalia, la società che promuove la diffusione del cinema italiano all'estero attraverso la presenza nei principali festival internazionali;
in occasione delle celebrazioni dei 150 anni della Unità d'Italia appare paradossale indebolire una delle realtà che meglio contribuisce alla ricostruzione della storia nazionale ed alla lettura documentata della vita sociale, economica, culturale e civile del nostro Paese;
negli ultimi anni i contributi da parte del Ministero per i beni e le attività culturali sono andati progressivamente diminuendo ed ora - nel 2011 - si prospetta una riduzione drastica dell'ordine di circa il 60 per cento del contributo rispetto a quello già ridotto del 2010;
l'entità davvero irrilevante del contributo statale a Cinecittà Luce spa rende di fatto impossibile proseguire nelle attività minime ed ordinarie che lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali richiede nei suoi atti di indirizzo né tanto meno rende possibile qualsiasi strategia di sviluppo e di innovazione tecnologica, scientifica e culturale;
la realtà di Cinecittà Luce e dell'intero polo cinematografico storico di Cinecittà rappresenta uno dei presidi produttivi di maggiore importanza e di potenziale crescita per l'economia della Capitale d'Italia -:
quali misure immediate si intendano adottare per scongiurare il taglio secco di risorse operato dal Governo nei confronti della società Cinecittà Luce;
quali iniziative si intendano attivare in tempi rapidi per un confronto con le organizzazioni sindacali e con gli operatori del settore per concordare un piano di consolidamento che renda possibile un rilancio della società che rappresenta un fiore all'occhiello della cultura italiana nel mondo.
(4-11228)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla riduzione delle risorse assegnate per il 2011 nei confronti della società Cinecittà Luce, si osserva quanto segue.
Il Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011 ha approvato un decreto legge che a partire dal 2011 assegna in misura permanente a questo Ministero 236 milioni di euro, così ripartiti: 149 milioni di euro al fondo unico per lo spettacolo, 80 milioni di euro alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico e 7 milioni di euro agli istituti culturali.
Il decreto stabilisce inoltre che il finanziamento delle misure di agevolazione fiscale in favore dell'industria cinematografica non venga più finanziato dal contributo straordinario di un euro sui biglietti di ingresso nelle sale cinematografiche.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, è possibile affermare che le preoccupazioni in merito alla possibile chiusura di Cinecittà Luce si ritengono in via di risoluzione.
Si rassicura, infine, l'interrogante sull'impegno di questo Ministero a vigilare sui costi e sul contenimento delle spese di Cinecittà Luce spa nello svolgimento delle sue attività.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da fonti interne al Ministero dei beni culturali si è venuto a conoscenza che starebbero ipotizzando di chiudere Cinecittà Luce;
venerdì scorso si sarebbe aperta la procedura di crisi ministeriale a causa degli esuberi;
in quell'occasione non è stato presentato nessun piano di rilancio per la struttura e gli studi sulla Tuscolana;
è in gioco il futuro non di una qualsiasi società per azioni, ma del marchio audiovisivo più prestigioso d'Italia e tra i più antichi del mondo;
tutto ciò avviene mentre si festeggia il 150° anniversario dell'Unità d'Italia;
anche l'amministratore delegato di Cinecittà Luce S.p.A. assicura che le preoccupazioni non sono rituali;
si è ad un passo dal chiudere, dal licenziare dipendenti, dal sospendere un'attività preziosissima per il cinema contemporaneo e la memoria audiovisiva italiana;
Cinecittà Luce consta di 126 dipendenti e nel 2011 riceverà 7,5 milioni di euro di finanziamento dal Fus, il Fondo unico dello spettacolo, a differenza dei 29 milioni ricevuti nel 2004, dei 27 milioni del 2005, fino ai 17,2 milioni ricevuti nel 2010;
lo stesso presidente dell'Istituto sostiene che il finanziamento di quest'anno basterà per pagare solo gli stipendi;
Cinecittà Luce rivendica, oltre ad un archivio immenso composto da migliaia di cinegiornali e documentari e dagli archivi di Stato dell'Albania - fascista e pre-comunista - dell'Eni, del movimento operaio e della resistenza, anche un vasto campo d'azione che va dalla distribuzione, dove sostiene il cinema emergente finanziato dallo Stato come opera prima e seconda, alla promozione all'estero del nostro cinema -:
se il Governo non ritenga necessario trovare soluzioni urgenti per far sì che le capacità imprenditoriali di questo marchio audiovisivo non siano compromesse;
se il Ministro interrogato posto che appare gravissimo mettere a rischio un patrimonio, come l'archivio dell'Istituto Luce, che appartiene agli italiani e al mondo intero e pertanto se il Governo non ritenga fondamentale avviare una strategia di razionalizzazione e di rilancio per scongiurare la chiusura di un insostituibile archivio storico, di un'agenzia di promozione del cinema italiano all'estero, cosa che impedirebbe di valorizzare nuovi talenti con la distribuzione di film d'autore.
(4-11215)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla riduzione delle risorse assegnate per il 2011 nei confronti della società Cinecittà Luce, si osserva quanto segue.
Il Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011 ha approvato un decreto legge che a partire dal 2011 assegna in misura permanente a questo Ministero 236 milioni di euro, così ripartiti: 149 milioni di euro al fondo unico per lo spettacolo, 80 milioni di euro alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico e 7 milioni di euro agli istituti culturali.
Il decreto stabilisce inoltre che il finanziamento delle misure di agevolazione fiscale in favore dell'industria cinematografica non venga più finanziato dal contributo straordinario di un euro sui biglietti di ingresso nelle sale cinematografiche.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, è possibile affermare che le preoccupazioni in merito alla possibile chiusura di Cinecittà Luce si ritengono in via di risoluzione.
Si rassicura, infine, l'interrogante sull'impegno di questo Ministero a vigilare sui costi e sul contenimento delle spese di Cinecittà Luce spa nello svolgimento delle sue attività.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 15 marzo 2010 il responsabile del settore tributi del comune di Padova ha inviato alla direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno una richiesta scritta di chiarimenti in merito al rimborso dell'addizionale comunale, competenza anno 2007;
il comune di Padova, secondo il metodo utilizzato per il calcolo del rimborso, ha riscontrato un minor incasso rispetto a quello teoricamente spettante pari a 2.245.736,91 euro;
secondo il comune di Padova tale importo rientra pienamente nei parametri adottati dal Ministero dell'interno nella ripartizione delle somme spettanti ai comuni. Il criterio ministeriale, infatti, prevede un rimborso ai comuni pari al 30 per cento dell'addizionale, calcolata prendendo come base l'aliquota dell'anno precedente se non deliberata entro il 15 febbraio 2007 (per il comune di Padova -0,4 per cento) e l'imponibile dell'anno 2006 (per il comune di Padova pari a 3.419.267.498,00 euro);
nella comunicazione inviata alla competente direzione centrale del Ministero dell'interno il comune di Padova ha anche sottolineato il fatto che, avendo deliberato un'aliquota pari allo 0,6 per cento nell'anno 2007 (delibera del consiglio comunale n. 24 del 26 marzo 2007) - introducendo una soglia di esenzione per i redditi fino a 10.500,00 euro - non si è tenuto conto in sede di trasferimento che i versamenti eseguiti dai datori di lavoro sono stati maggiori rispetto a quanto erogato dal Ministero dell'interno;
in particolare, secondo il comune di Padova, i datori di lavoro - nel calcolare l'acconto dovuto per l'anno 2007 - possono aver utilizzato la nuova aliquota dello 0,6 per cento anche se è stata deliberata dopo il 15 febbraio 2007 mentre per le cessazioni dei rapporti di lavoro nel corso dell'anno 2007, gli stessi datori di lavoro hanno operato il conguaglio dei redditi complessivamente erogati con le nuove aliquote;
inoltre, anche tenendo presente il diverso metodo di calcolo adottato dal Ministero dell'interno, il settore tributi del comune di Padova ha stimato un mancato rimborso di circa 400.000,00 euro. Tale importo è ottenuto tenendo conto del 30 per cento dell'addizionale comunale calcolata considerando i redditi complessivi dell'anno 2006, depurati dei contribuenti esenti, ed applicando l'aliquota vigente nell'anno 2006 -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; quali misure intenda porre in essere per erogare la somma ancora non incassata dal comune di Padova relativa all'addizionale comunale IRPEF di competenza 2007; quali azioni intenda intraprendere per accertare se la situazione riscontrata dal comune di Padova si sia verificata anche in altri comuni italiani; cosa intenda fare il Ministro - di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze - per monitorare il corretto andamento del rimborso delle somme relative all'addizionale IRPEF a favore degli enti locali.
(4-07166)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, si rappresenta, in via preliminare, che fino al 31 dicembre 2007 il versamento dell'addizionale comunale Irpef veniva effettuato da contribuenti e sostituti d'imposta senza la necessità di specificare, nel modello di versamento del tributo F24, il comune beneficiario del versamento.
Le somme riscosse a tale titolo dall'Agenzia delle entrate venivano, pertanto, complessivamente ed indistintamente riversate sull'apposita contabilità speciale n. 1903, gestita da questo Ministero per il successivo accreditamento ai comuni.
Altre somme versate, sempre a titolo di addizionale, da enti pubblici e amministrazioni dello Stato che non erano tenute ad utilizzare il citato modello, affluivano direttamente sulle predette contabilità speciali, anch'esse senza indicazione specifica del comune di riferimento.

Questa Amministrazione, non appena ricevute - di volta in volta - le disponibilità di cassa introitate dall'Agenzia delle entrate e riversate o comunque confluite sulla contabilità speciale, ha provveduto a erogare le somme ai comuni sulla base dell'unico elemento di riferimento disponibile per quantificare il dato di dettaglio spettante ad ogni singolo comune, ossia i dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze circa le dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti, relative a ciascun comune, nello specifico con riferimento ai valori del quadro RV di tali dichiarazioni, oltre a considerare l'aliquota deliberata dai comuni stessi nell'anno di riferimento.
Gli ultimi pagamenti effettuati per l'anno 2007 con le disponibilità affluite alla contabilità speciale statale sono stati:
una prima assegnazione, in data 12 novembre 2007, per complessivi euro 249.616,701,20, di cui euro 1.717.603,55 sono stati corrisposti al comune di Padova;
una seconda assegnazione, in data 30 ottobre 2008, per complessivi euro 99.997.064,35, di cui euro 685.449,37 sono stati corrisposti al comune di Padova;
in data 28 gennaio 2010 è stato disposto il pagamento conclusivo sul 30 per cento di competenza del Ministero dell'interno direzione centrale della finanza locale per un ammontare di euro 169.031,806,01; dei predetti, euro 1.084.094,61 sono stati corrisposti al comune di Padova.

A seguito di un ulteriore accredito di fondi di addizionale comunale Irpef, anno 2007, in data 25 marzo 2010 è stata effettuata un'erogazione finale pari al 30 per cento di euro 8.789.266,83 e al comune di Padova è stato corrisposto l'importo di euro 59.054,20.
Dopo quest'ultimo pagamento si è dato inizio alle formalità per la chiusura del capitolo di contabilità speciale n. 1903, atteso che i commi 142, 143 e 144 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) hanno modificato le modalità di incasso dell'addizionale Irpef novellando il testo del decreto legislativo n. 360 del 1998 e rinviando ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, successivamente emanato in data 5 ottobre 2007. Il restante 70 per cento dell'addizionale comunale 2007 è quindi stato affidato all'erogazione diretta da parte dell'Agenzia delle entrate.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

NANNICINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2011 è stato firmato fra il Ministero per i beni e le attività culturali ed il sindaco di Firenze un «Protocollo di intesa per la definizione e finalizzazione di azioni condivise atte alla migliore valorizzazione dell'offerta culturale della città di Firenze»;
già il 21 maggio 2010 fu sottoscritto tra comune di Firenze, Ministero per i beni e le attività culturali e soprintendenza del polo museale, un memorandum di intesa per la definizione del progetto per la «card museale» che consentirebbe il libero accesso ai musei statali e comunali;
all'articolo 3 il Ministero si impegna a reperire le risorse per il finanziamento dei lavori del secondo lotto del cantiere «Grandi Uffizi» e per il finanziamento necessario al completamento dell'auditorium «Parco della musica e della cultura»;
agli articoli 4 e 5 del suddetto accordo si prevede che solo dal 2014 saranno destinate alla città di Firenze risorse dal 15 per cento al 20 per cento derivanti dagli introiti complessivi da bigliettazione del polo museale fiorentino;
all'articolo 6 il Ministero si impegna a verificare l'opportunità di introdurre vincoli di «tutela indiretta» di cui all'articolo 45 del codice dei beni culturali e del paesaggio, su aree prossime ai musei statali;

all'articolo 8 «il Ministero si impegna a farsi parte diligente presso il Governo al fine di favorire il reperimento di fondi per le iniziative nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario di Amerigo Vespucci, anche attraverso la predisposizione di un apposito provvedimento legislativo»;
all'articolo 9 il Ministero riconosce il ruolo fondamentale per la musica lirica italiana della Fondazione «Maggio musicale fiorentino» e si impegna a valorizzarne il ruolo anche attraverso il conferimento di parte degli immobili delle «ex scuderie» delle Cascine e di una quota dell'immobile sede del complesso «Parco della musica e della cultura»;
all'articolo 10 il Ministero, riconoscendo il ruolo strategico dei grandi istituti culturali storici che hanno sede nella città di Firenze, quali l'Accademia della Crusca, l'Accademia dei georgofili, l'Istituto studi storici del Rinascimento, il Gabinetto Viesseux, il Museo Galileo, la Biblioteca nazionale si impegna ad aprire un tavolo di confronto per verificare le singole situazioni ed elaborare piani di intervento condivisi -:
quali siano gli orientamenti del Ministero rispetto agli aspetti economici sia per quanto riguarda il prezzo della card museale che per la ripartizione delle entrate derivanti dalla vendita di queste speciali card chiamate «Firenze card» e quando le stesse saranno materialmente messe a disposizione;
quando saranno predisposte le iniziative normative per il reperimento di fondi nell'ambito delle celebrazioni per l'anniversario del grande navigatore ed esploratore fiorentino, Amerigo Vespucci, che cade il 22 febbraio 2012;
in che modo si provvederà a valorizzare il ruolo della Fondazione «Maggio musicale fiorentino» e quando si intenda conferire alla stessa parte degli immobili delle «ex scuderie» delle Cascine e di una quota dell'immobile sede del complesso «Parco della musica e della cultura»;
quali siano le date di apertura dei tavoli di confronto con i grandi istituti culturali storici sopra citati che hanno sede nella città di Firenze e gli altri che si intenderà valorizzare.
(4-11117)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa al Protocollo d'intesa sottoscritto tra il sindaco di Firenze e questo Ministero per la valorizzazione dell'offerta culturale della città di Firenze, si osserva quanto segue.
Come già noto all'interrogante, in attuazione di quanto definito nel Protocollo d'intesa del 13 gennaio 2011, sono stati sottoscritti tra il comune di Firenze, la direzione regionale della Toscana e la soprintendenza speciale di Firenze, il «Protocollo Operativo» e la «Convenzione attuativa» con le quali, tra l'altro, è stata prevista attivazione della «Firenze card» con decorrenza dal 25 marzo 2011.
La «Firenze card» è una tessera che dura 72 ore dalla prima attivazione e consente, ad un costo di 50 euro, l'accesso senza prenotazione e con corsia preferenziale, ad un circuito di 33 musei situati nell'area fiorentina.
In particolare, la tessera consente di visitare le collezioni permanenti, le mostre e tutte le attività organizzate nei musei appartenenti al circuito.
La card prevede, inoltre, per il titolare l'uso gratuito dei mezzi pubblici nella città di Firenze.
Relativamente alla ripartizione delle entrate derivanti dalla vendita di questo prodotto, la convenzione sopra richiamata prevede che si proceda, per ogni card venduta, al rimborso del biglietto intero di ingresso (incluse eventuali mostre) alla galleria degli Uffizi, galleria dell'Accademia, galleria Palatina/Moderna, museo degli Argenti/Boboli e del biglietto cumulativo di tre giorni a palazzo Pitti.
Per tutti gli altri musei, statali e non, il rimborso riferito al biglietto intero comprensivo di mostre ed eventuali biglietti cumulativi, è pari al 50 per cento.
Quanto alle iniziative che si intendono intraprendere al fine di valorizzare il ruolo fondamentale per la musica lirica italiana

della «Fondazione Maggio Musicale Fiorentino», si precisa che la fondazione è finanziata regolarmente con le risorse provenienti dal Fus - quota fondazioni liriche, che, come noto, a seguito del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011, è stato reintegrato con l'aumento di 149.000.000 euro di cui al decreto legge del 23 marzo 2011 e dalla somma di euro 15.000.000 del decreto mille proroghe.
La ripartizione della citata quota del Fus avverrà nel corso del 2011 secondo le disposizioni normative vigenti che, in particolare, destinano una sub-quota del 10 per cento del Fus di settore a premiare la qualità dei programmi dei teatri d'Opera, essendo una frazione pari al 90 per cento ripartita in base a parametri predeterminati.
La competente commissione musica valuterà se i programmi della «Fondazione Maggio Musicale» siano meritevoli di una maggiore considerazione anche in virtù degli eventi richiamati dall'interrogante.
In merito al conferimento di immobili in conto patrimonio, si osserva che il comune di Firenze ha già approvato il trasferimento della proprietà del teatro Goldoni del valore (periziato) di sei milioni di euro in capo alla fondazione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

PALOMBA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
dal 2000, purtroppo, l'anfiteatro romano di Cagliari, il principale monumento di epoca romana esistente in Sardegna nonché uno dei tre soli anfiteatri romani scavati nella roccia ancora esistenti, è occupato da un allestimento ligneo per gli spettacoli estivi inizialmente predisposti dall'ente lirico di Cagliari, che ne ostruisce la piena e soddisfacente fruizione culturale;
l'anfiteatro romano riveste le caratteristiche di bene culturale ai sensi degli articoli 10 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e successive modifiche ed integrazioni, ed è tutelato con vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche ed integrazioni; ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche ed integrazioni, «I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione»;
l'intervento comunale di allestimento ligneo ha beneficiato di un finanziamento pubblico di 6,5 miliardi complessivi di vecchie lire, ai sensi della legge n. 270 del 1997, e della legge regionale n. 30 del 1993, condizionato all'utilizzo dell'intervento medesimo per almeno 5 anni, ampiamente scaduti;
l'assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport - ufficio tutela del paesaggio - aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico n. 9164 del 30 novembre 1998, ex articolo 151 del decreto legislativo n. 490 del 1999 allora vigente «visto il carattere di amovibilità e temporaneità dell'intervento» ed il medesimo consiglio comunale aveva approvato il progetto definitivo ex articolo 42 della normativa di attuazione del piano regolatore generale allora vigente (deliberazione n. 21 del 23 febbraio 1999) con la considerazione che «il progetto è costituito essenzialmente da strutture di adeguamento quasi interamente amovibili ad eccezione di alcuni locali (servizi igienici, ndr) di modesto volume»;
l'intervento di allestimento ligneo, definito in tutti gli atti disponibili «temporaneo e reversibile», risulta autorizzato «con condizioni» sul piano della tutela archeologica con note della soprintendenza ai beni archivistici n. 7252/1 del 14 ottobre 1998; n. 8840 del 9 novembre 1998; n. 9373 del 25 novembre 1998; n. 8989/1 del 23 dicembre 1999 (relativa

alle modalità del rilievo archeologico, che presuppone la completa rimozione degli interventi); n. 9170 del 30 dicembre 1999 (individuazione dei 44 punti di appoggio ed ancoraggio) e n. 3375/1 del 16 maggio 2000. D'altra parte, la soprintendenza non poteva non autorizzare un intervento relativo ad «usi non compatibili con il ... carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla ... conservazione o integrità», ex articolo 21 del decreto legislativo n. 490 del 1999 allora vigente (cassazione penale, sezione III, 19 gennaio 1994, n. 2288); con la nota n. 6735 del 9 ottobre 2000;
il soprintendente invitava, quindi, il comune di Cagliari «a provvedere, con la consentita sollecitudine, alla restituzione del monumento alla naturalità del contesto archeologico e perciò a rimuovere tutte le impalcature lignee relative alla platea ed al palco, nonché alle gradinate delle estremità settentrionale, orientale e occidentale e delle relative vie di fuga, fatti salvi gli apprestamenti idonei a consentire l'agibilità dell'edificio alla visita del pubblico ... e quanto altro necessario a garantire, sul piano della sicurezza, il rispetto della normativa vigente»;
detta nota veniva dall'amministrazione comunale cagliaritana impugnata davanti, al TAR Sardegna con l'esito sostanziale di fermare, fino al momento attuale, qualsiasi operazione di rimozione di quello che doveva essere un allestimento amovibile e temporaneo;
in proposito, si ricorda che, ai sensi degli articoli 16 del regio decreto n. 1457 del 1940 e 158 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, l'autorizzazione paesaggistica perde efficacia con lo scadere del periodo di cinque anni dall'emanazione (vedi cassazione penale, sezione III, 7 agosto 2007, n. 32200; Consiglio di Stato, sezione VI, 22 agosto 2003, n. 4766; Consiglio di Stato, sezione V, 14 gennaio 2003, n. 87; TAR Sardegna, sezione II, 27 febbraio 2008, n. 277; TAR Puglia, sezione II, 7 novembre 2002, n. 4854), per cui, non essendo intervenuto nuovo nullaosta, dal dicembre 2003 l'allestimento ligneo non risulta autorizzato sul piano paesaggistico, come confermato dall'assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport - servizio tutela del paesaggio, con note protocollo n. 16101/GTCA del 29 maggio 2009 e n. 20297 del 17 aprile 2007, secondo qui «lo scrivente ufficio non ha emanato provvedimenti ulteriori rispetto alla nota n. 9164 del 30 novembre 1998 e che alla data odierna non risultano pervenute ulteriori istanze di autorizzazione»;
ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche ed integrazioni, l'assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica - direzione generale della pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia o, in via suppletiva, il direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna dispongono, con ordinanza ai trasgressori, la rimozione delle opere non autorizzate esistenti ed il ripristino ambientale delle aree interessate, nonché provvedono all'esecuzione coattiva delle ordinanze di rimozione e ripristino ambientale relative ad opere non autorizzate, qualora non eseguite da parte dei trasgressori;
le associazioni ecologiste Gruppo d'Intervento Giuridico, Amici della Terra, cittadini organizzati in comitati e a titolo individuale, da anni, sistematicamente, chiedono la rimozione dell'allestimento ligneo ormai non più autorizzato, proponendo soluzioni alternative,
in queste ultime settimane la soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari avrebbe definitivamente negato ogni proroga per l'uso del bene culturale quale sede di spettacoli e il comune di Cagliari avrebbe predisposto un progetto per lo smontaggio dell'attuale allestimento ligneo e metallico. Tuttavia l'organizzazione Sardegna Concerti, affidataria non si sa a quale titolo, avrebbe avviato la vendita di biglietti per spettacoli della stagione estiva 2011, pur in presenza di indagini da parte

della procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari -:
se siano a conoscenza di quanto descritto, quali motivi impediscano al Ministro interrogato e al direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna di disporre i necessari provvedimenti coattivi finalizzati alla rimozione dell'allestimento ligneo e metallico ormai da anni non più autorizzato e per quali motivi il Ministro interrogato, il direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna, i competenti soprintendenti continuino a consentire, in una struttura ormai priva dei necessari requisiti di legittimità, lo svolgimento di spettacoli sostenuti anche con fondi pubblici.
(4-11164)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame relativa alla presenza di strutture per spettacoli all'interno dell'anfiteatro romano di Cagliari e sugli interventi relativi alla rimozione delle medesime, nonché sullo svolgimento degli spettacoli medesimi, si precisa quanto segue.

Autorizzazioni per la realizzazione delle strutture
Le attuali strutture per spettacolo presenti nell'area dell'anfiteatro furono realizzate nel corso del 1999 a seguito di autorizzazioni rilasciate dalla competente soprintendenza per i beni archeologici in forma condizionata, tanto sul progetto preliminare (nell'ottobre del 1998), quanto sul progetto definitivo (nel novembre dello stesso anno).
Entrambe le autorizzazioni furono rilasciate in considerazione delle caratteristiche di assoluta rimovibilità di tutte le strutture previste dal progetto, caratteristiche chiaramente rilevabili in entrambi i gradi di progettazione.
A seguito del mancato smontaggio e della disattesa rimozione delle strutture stesse, la soprintendenza richiese al comune di Cagliari nell'ottobre 2000 lo smontaggio delle strutture in legno e dei connessi montanti metrici.
Contro tale richiesta il comune di Cagliari presentò ricorso al Tar nel dicembre 2000, sostenendo, in particolare, la mancanza di limiti temporali indicati all'interno delle citate autorizzazioni della soprintendenza.
Per tale ricorso venne tuttavia dichiarata la cessazione della materia del contendere prima della discussione, fissata dinanzi al Tar Sardegna per il 23 aprile 2002, a seguito di un accordo, promosso dalla locale Avvocatura dello Stato e sottoscritto tra comune e soprintendenza, che impegnava le parti alla ricerca di una composizione della controversia.
Le bozze di accordo delle due amministrazioni risultavano tuttavia, sin dall'inizio, molto difformi una dall'altra. Nonostante tale accordo preliminare, le due amministrazioni non sono mai giunte ad un documento condiviso per la risoluzione della controversia; va rilevato peraltro che il comune di Cagliari non ha ottemperato in alcun modo nemmeno ai contenuti della propria stessa proposta di accordo, che prevedeva, tra l'altro, lo smontaggio e il rimontaggio ad ogni stagione di tutte le gradinate fino al 1o anello e lo smontaggio definitivo, al termine della stagione 2004, delle gradinate del 3o e 4o anello, con ipotesi di utilizzi successivi subordinati a nuove autorizzazioni da parte della soprintendenza.
Inoltre va rilevato che, almeno per quanto attiene agli ultimi tre anni, il comune non ha provveduto nemmeno allo smontaggio della platea e del palco, condizioni senz'altro previste in maniera esplicita e incontrovertibile da tutti i documenti di progettazione preliminari e definitivi, risultando pertanto sicuramente in difetto rispetto alle autorizzazioni ottenute nel 1998.

Al fine di attivare la procedura di rimozione delle strutture, la soprintendenza ha inoltrato una prima nota al comune di Cagliari (n. 2855 del 4 maggio 2010).
Tale necessità è stata ribadita dalla soprintendenza con nota 25 del 4 gennaio 2011 e ulteriormente con nota 1782 del 29 marzo 2011, con la quale ultima veniva richiesto al comune di attivare le procedure per la rimozione delle impalcature per

spettacoli ai sensi degli articoli 30, 31 e 40 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Si segnala che, nel frattempo, il comune di Cagliari ha prospettato al Ministero e resa pubblica sul proprio sito istituzionale la volontà di pubblicare un bando al fine di attivare un concorso di idee per la ricerca di una proposta di utilizzo alternativo dell'anfiteatro: proposta avviata attraverso l'inoltro via e-mail il giorno 30 giugno 2010 di una prima bozza di testo per il concorso di idee, trasmessa quindi dalla soprintendenza alla direzione regionale e alla soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico (rispettivamente note prot. 4743 e 4742 del 23 luglio 2010). Sulla base dei riscontri formulati dalle due soprintendenze la direzione regionale ha quindi trasmesso le prime indicazioni funzionali alla corretta impostazione del concorso di idee al comune di Cagliari con nota 6399 dell'11 novembre 2010.
La pubblicazione del bando è stata attualmente rinviata a data da destinarsi con avviso pubblico del comune di Cagliari in data 1o marzo 2011.

Autorizzazioni per gli spettacoli
Ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 articolo 106, il comune di Cagliari è tenuto a richiedere l'autorizzazione per la realizzazione degli spettacoli all'interno del monumento archeologico (si fa presente che l'anfiteatro di Cagliari è un bene culturale sottoposto a disciplina di tutela ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 articolo 12).
A far data dalla costruzione delle impalcature per spettacoli, il comune di Cagliari non ha più ottemperato a quest'obbligo di legge, contravvenendo pertanto allo stesso.
Per quanto attiene la stagione del 2010, la soprintendenza ha rappresentato, con note 3365 del 25 maggio 2010 e 3597 del 3 giugno 2010, la impossibilità ad autorizzare gli spettacoli della medesima stagione, a causa delle gravissime condizioni di conservazione del monumento. La medesima indisponibilità è stata comunicata al comune per quanto riguarda la stagione 2011 già con la succitata nota 25 del 4 gennaio 2011 nonché ulteriormente ribadita con la succitata nota 1782 del 29 marzo 2011.

Condizioni di conservazione delle strutture dell'Anfiteatro
Un primo sopralluogo effettuato dal responsabile del laboratorio di restauro della soprintendenza già nel maggio 2010 (nota prot. 3613 del 4 giugno 2010) ha evidenziato la «complessità dei fenomeni» che determinano condizioni di «degrado accelerato» dell'anfiteatro romano di Cagliari; tali fenomeni risultano amplificati e aggravati proprio dalla presenza delle infrastrutture per spettacoli, che hanno alterato sensibilmente le condizioni microclimatiche delle strutture, accelerando fortemente tutte le alterazioni dovute a dinamiche di tipo fisico, chimico e microbiologico.
Le risultanze del sopralluogo effettuato dal laboratorio di restauro sono state recentemente confermate dal sopralluogo effettuato da tecnici dell'istituto superiore di conservazione e restauro (Iscr) del Mibac, appositamente invitati; la relazione trasmessa dal direttore dell'Iscr con nota prot. 1851134.13.02 del 21 marzo 2011, e trasmessa dalla soprintendenza al comune di Cagliari con la succitata nota prot. 1782 del 29 marzo 2011 ribadisce esplicitamente la necessità e urgenza della rimozione delle infrastrutture per spettacoli, confermando le risultanze del precedente sopralluogo della soprintendenza e rilevando come oltre ad accelerare sensibilmente i degradi in corso, la presenza delle infrastrutture per spettacoli impedisca ogni intervento corretto di diagnosi, manutenzione e conservazione del bene culturale, condannandolo di fatto alla totale assenza di interventi conservativi.
Si segnala inoltre che la scheda descrittiva delle alterazioni di origine biologica (fungine) sulle parti lignee delle infrastrutture per spettacoli, allegata alla relazione di sopralluogo dell'Iscr, rileva una «diffusa e profonda colonizzazione da parte di funghi», che porta ad «escludere la possibilità di... ripristinare la funzionalità delle strutture, che non possono essere considerate affidabili per la destinazione d'uso progettata,

con conseguenti rischi... per la conservazione delle strutture sottostanti».
Ulteriori rischi per la sicurezza delle persone, pure documentati nella suddetta scheda, esulano dalla competenza diretta della soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari, ma si è ritenuto ugualmente corretto e responsabile comunicarli al comune di Cagliari.

Considerazioni conclusive
Per tutto quanto qui sopra esposto è stata data disposizione al comune di Cagliari di attivare con urgenza le procedure per la rimozione delle infrastrutture per spettacolo ai sensi degli articoli 30, 31 e 40 del decreto legislativo n. 42 del 2004; tutto quanto rilevato inoltre porta parimenti ad escludere che possa essere ulteriormente consentito un massiccio utilizzo antropico del monumento, fino alla sua rimessa in condizioni di effettiva manutenzione.
È di tutta evidenza, d'altro canto, che tanto le comunicazioni della soprintendenza quanto le assicurazioni del comune circa l'impossibilità dell'utilizzo del monumento sono state formulate in tempi consoni alla individuazione di soluzioni alternative adeguate per lo svolgimento della stagione 2011.
Allo stato attuale restano comunque documentate agli atti della soprintendenza tanto l'orientamento del comune a non concedere l'anfiteatro per gli spettacoli della stagione, quanto la proposta di deliberazione di Giunta comunale per la rimozione delle infrastrutture per spettacoli (espressa nella nota n. 92 del 6 aprile 2011 dell'assessorato ai lavori pubblici del comune di Cagliari).
In relazione alla disposizione relativa all'attivazione delle procedure per la rimozione delle strutture e all'avvio degli interventi conservativi, si segnala che ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che prevede l'attivazione di accordi con gli enti pubblici proprietari di beni culturali in relazione agli interventi conservativi, la soprintendenza ha incontrato l'amministrazione comunale in data 7 aprile 2011.
L'incontro è stato aggiornato su richiesta del sindaco di Cagliari a un incontro successivo ai riscontri, disposti dallo stesso comune, sullo stato di manutenzione delle strutture sopradette.
Autonomamente la procura di Cagliari ha avviato un'indagine per danneggiamento dell'anfiteatro, acquisendo la documentazione agli atti della soprintendenza archeologica, richiesta con nota formale del 07 aprile 2011 del Corpo forestale e di vigilanza ambientale - Servizio ispettorato dipartimentale di Cagliari, settore della vigilanza a contenzioso amministrativo.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nell'ultima comunicazione alle Camere, il Governo aveva proposto la chiusura del consolato di Manchester, subordinandola al reperimento di nuovi locali per il consolato generale di Londra;
a tutt'oggi non è stata fatta alcuna comunicazione formale in merito al reperimento di nuovi locali per il consolato generale di Londra;
i disagi cui andrebbero incontro i connazionali residenti nella circoscrizione consolare di Manchester sarebbero notevolissimi se si dovesse procedere alla chiusura del consolato senza prevedere un'agenzia consolare o uno sportello consolare sul modello di quanto già avvenuto a Bedford -:
quale sia lo stato del reperimento dei nuovi locali per il consolato generale di Londra;
quali iniziative saranno intraprese per garantire i servizi consolari per le decine di migliaia di cittadini residenti nella circoscrizione consolare di Manchester in caso di chiusura del consolato.
(4-09759)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente

interrogazione si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La chiusura del Consolato di Manchester è stata già da tempo portata all'attenzione del Parlamento, ragionevolmente subordinandola al reperimento di nuovi spazi per il Consolato generale di Londra - che dovrebbe accoglierne le funzioni istituzionali - richiedendosi, per un'ottimale prestazione dei servizi alla collettività, una struttura più ampia e funzionale e maggiormente idonea ad ospitare nuovo personale e documentazione proveniente dal Consolato di Manchester e dallo sportello Consolare di Bedford, entrambi in chiusura.
L'operazione di compravendita di un nuovo immobile destinato a sede del Consolato generale di Londra è stata portata a termine tra la fine del 2010 e la primavera del 2011.
Inoltre, poiché gli uffici consolari richiedono specifici adattamenti di spazi e di accessi che non sono reperibili sul mercato, si è ora in procinto di avviare i dovuti adeguamenti funzionali, in modo che i nuovi spazi siano resi idonei ad ospitare sia il Consolato generale in trasferimento dal vecchio edificio, sia le risorse umane e strumentali e la documentazione che dovrebbero arrivare dalle citate strutture consolari in chiusura.
Infine, merita segnalare che il Governo si è impegnato al mantenimento di una presenza consolare nella città di Manchester nelle more dell'installazione del sistema telematico per i servizi consolari a distanza presso il Consolato generale di Londra.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 6 e 7 agosto 2010 si sono verificati gravissimi disagi al porto di Civitavecchia dove almeno tremila persone con un migliaio di mezzi al seguito non si sono potuti imbarcare sulle navi di linea dirette in Sardegna;
il disservizio sarebbe stato causato dalla mancata partenza per un guasto tecnico della motonave della Tirrenia «Clodia», ultima corsa utile della giornata per Cagliari;
i duemila passeggeri con prenotazione e auto al seguito hanno trascorso la notte negli alberghi cittadini o all'interno delle rispettive auto sistemate nell'area portuale;
nella mattinata del 7 agosto la situazione si è notevolmente aggravata, con l'arrivo in porto anche dei passeggeri in partenza per Olbia con il traghetto «Nuraghes», sempre della Tirrenia;
la compagnia di navigazione ha concesso ai passeggeri della «Clodia» di utilizzare le navi di altri Compagnie, nessuna delle quali diretta a Cagliari;
i passeggeri che dalla notte del 6 agosto si trovavano sui moli del porto di Civitavecchia, a causa della mancata partenza per un guasto tecnico della motonave Clodia, sono stati quindi fatti salire a bordo del traghetto della Tirrenia Nuraghes - dirottato verso Cagliari;
i passeggeri, diretti ad Olbia, sono invece partiti alle 14,30, dopo aver rifiutato la proposta della Tirrenia di utilizzare la nave per Arbatax, di vecchia generazione, che avrebbe impiegato 10 ore per raggiungere la località da dove avrebbero poi dovuto raggiungere Olbia con un tragitto in auto di circa due ore;
il 27 giugno 2010 la nave traghetto Palermo-Cagliari che sarebbe dovuta partire alle 19 per la Sardegna a causa di un'avaria è rimasta bloccata al porto del capoluogo siciliano;
i gravissimi disagi per i passeggeri (oltre 500) bloccati al porto per una giornata intera sarebbero stati causati dall'avaria del traghetto «Toscana»;
i passeggeri in tutte le occasioni hanno denunciato la totale mancanza di informazione e assistenza da parte del personale della Tirrenia;

in questi ultimi mesi è in atto il tentativo di dar corso alle procedure per la privatizzazione della compagnia di navigazione conclusosi con la mancata vendita della società all'unica società concorrente;
il commissario straordinario di Tirrenia, Giancarlo D'Andrea, ha depositato nelle ultime ore al tribunale fallimentare di Roma l'istanza per l'ammissione all'amministrazione straordinaria;
appaiono emblematiche le affermazioni rese dai soci concorrenti dell'acquisto della Tirrenia che, con pubbliche dichiarazioni, hanno affermato che «ora ci sarà una svendita e vogliamo partecipare ai saldi. Riteniamo che le banche non avranno più 520 milioni»;
«il nuovo progetto - sostiene in una pubblica dichiarazione riportata dalle agenzie uno dei soci - guarda all'area del Mediterraneo ed è diverso dal primo che puntava a mantenere le rotte e a salvaguardare tutti i lavoratori. Ora, non sarà più possibile»;
la Tirrenia è titolare delle rotte in continuità territoriale per la Sardegna;
le stesse rotte da e per la Sardegna sono svolte con pressapochezza e con costi ormai insostenibili;
i disagi e i disservizi sono all'ordine del giorno con gravissimi problemi per migliaia di passeggeri che devono affrontare il viaggio da e per la Sardegna;
i guasti alle motonavi traghetto appaiono sempre più numerosi e frequenti frutto di scarsa manutenzione o di mezzi obsoleti, o, peggio ancora, con il rischio che si possano verificare tentativi di sabotaggio del funzionamento delle stesse navi al fine di creare disservizi e contribuire alla svalutazione del valore della stessa compagnia -:
se non ritenga il Ministro di dover immediatamente istituire una commissione d'indagine per verificare il grado di manutenzione e di gestione delle motonavi Tirrenia;
se nell'ambito della stessa commissione, ritenga opportuno valutare il numero rilevante di guasti che si sono verificati sulle motonavi Tirrenia;
se non intenda far luce, per quanto di competenza, sulle dichiarazioni relative alle ragioni che hanno indotto taluni soci acquirenti a salutare positivamente il fallimento della gara al fine di favorire un processo di svendita;
se non intenda valutare con puntualità e precisione le condizioni di vendita relativamente allo svolgimento della continuità territoriale da e per la Sardegna, proprio alla luce delle inquietanti dichiarazioni di uno degli acquirenti che ha pubblicamente affermato che le rotte in continuità non costituiscono più un interesse primario;
se non ritenga necessario fornire immediate informazioni al fine di evitare che, nel corso della stagione estiva, si verifichino ulteriori disagi per i passeggeri, a partire dalla verifica delle tariffe applicate in regime di continuità territoriale.
(4-08455)

Risposta. - In relazione agli episodi di avaria occorsi a due navi della società Tirrenia nella stagione estiva 2010, si comunica che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto le istruttorie conoscitive presso le autorità marittime competenti e la stessa società Tirrenia dalle quali è emerso quanto segue:
per l'avaria all'unità Clodia, la società Tirrenia ha posto in essere prontamente ogni misura nella sua disponibilità al fine di limitare il disagio per i passeggeri rimasti all'imbarco e per approntare immediatamente le determinazioni per un viaggio sostitutivo verso la Sardegna.
per il secondo episodio avvenuto nel porto di Cagliari il 27 giugno 2010, nonostante l'imprevedibilità dell'evento, la società Tirrenia a salvaguardia dell'incolumità dei passeggeri e del carico imbarcato,

è prontamente intervenuta, attuando il programma più idoneo onde limitare i disagi alla clientela.

Inoltre, per quanto riguarda l'istituzione di una commissione per verificare la manutenzione e la gestione delle motonavi della suddetta società, si fa presente che questo dicastero sta valutando l'opportunità di procedere ai controlli di cui agli articoli 19-24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 501 del 1979, con la specifica verifica della conformità tecnico-funzionali di tutte le navi utilizzate in collegamenti pubblici sovvenzionati, in particolare alla luce degli adempimenti imposti dalle normative internazionali in materia di sicurezza della navigazione.
Per quanto attiene la procedura di gara per la privatizzazione del pacchetto azionario della società di navigazione Tirrenia, si comunica che un'apposita commissione sta valutando le offerte economiche pervenute al Commissario straordinario per la successiva aggiudicazione.
Infine, per quanto riguarda il quinto ed ultimo quesito, si evidenzia che le tariffe applicate dalla società Tirrenia sulle tratte di continuità territoriale sono, a tutt'oggi, quelle determinate ed approvate con decreto interministeriale dell'11 maggio 2004 di concerto tra i Ministeri dell'infrastrutture e dei trasporti e quello dell'economia e delle finanze.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RAINIERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di dicembre 2010 Trenitalia sta pubblicizzando il nuovo servizio a disposizione dei viaggiatori che utilizzano la rete ad alta velocità: la connessioni wi-fi a bordo dei treni;
questo nuovo servizio ha come obiettivo il potenziamento della connessione di pc e cellulari senza alcuna interruzione, neanche durante i passaggi in galleria;
per questo sono stati installati ben 100 chilometri di fibra ottica e sono stati fatti investimenti per parecchi milioni di euro. In realtà pare che il servizio wi-fi proposto da Trenitalia e Telecom presenti qualche problema;
la connessione ad internet non è poi così veloce, ci sono difficoltà a collegarsi, soprattutto a causa di una procedura piuttosto complessa che richiede l'utilizzo di una password;
su certe tratte si nota che la connessione si interrompe all'entrata in stazione (ad esempio Firenze) per poi riprendere una volta in viaggio. La connessione cade spesso o rallenta;
una spiegazione sembra venga fornita dal numero verde di Trenitalia predisposto per questo servizio, e pubblicato già da svariati siti specializzati italiani: praticamente ogni carrozza è collegata con la rete cellulare con una linea, poi «gira» la banda dentro il vagone;
tecnicamente succede che gli utenti che si connettono al wi-fi si dividono la banda di una chiavetta; se si collegassero con le proprie chiavette, avrebbero tutta la banda per loro;
oltre ai disservizi sopra citati, gli utenti lamentano i continui distacchi dalla rete mobile che si verificano sulla linea tra Bologna e Roma;
questi servizi, oltre che essere utilizzati da tutti i clienti, sono uno strumento indispensabile di lavoro per quella clientela d'affari che utilizza il treno per spostarsi tra Milano e Roma -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere nei confronti di Trenitalia, al fine di porre rimedio ad un disservizio che danneggia la clientela dei treni ad alta velocità.
(4-10452)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame si comunica che per il servizio internet mobile, Wi-Fi e telefonia a bordo dei treni Frecciarossa, realizzato dalla società

Telecom Italia, in collaborazione con Trenitalia Spa e con investimenti congiunti di tutti gli operatori mobili nazionali, è stata adottata la tecnologia radiomobile di terza generazione in grado di offrire un livello di servizio in precedenza non disponibile con la sola rete mobile di seconda generazione che non era in grado di garantire una funzionalità continua del servizio voce.
Il progetto rappresenta un'importante innovazione e riveste un carattere di estrema complessità con soluzioni impiantistiche all'avanguardia in considerazione di vari aspetti, quali la complessità dei sistemi a bordo dei Frecciarossa, la velocità raggiunta (fino a 300 chilometri orari e le caratteristiche della linea che si snoda per oltre il 30 per cento della sua lunghezza in galleria.
Gli interventi hanno previsto la realizzazione di impianti di radiopropagazione nelle gallerie delle linee alta velocità da Torino a Napoli, l'installazione a bordo dei 60 treni Frecciarossa dei sistemi per la ripetizione del segnale, finalizzata alla fruizione dei servizi voce e dati mobili UMTS e la realizzazione di una rete Wi-Fi che consente la raccolta del traffico internet per i passeggeri di tali treni che non siano dotati di un cellulare o di una chiavetta internet Umts.
Oltre alla disponibilità dei servizi voce e dati degli operatori radiomobili nazionali, sulle linee alta velocità è quindi oggi disponibile un servizio di navigazione internet a bordo treno con accesso Wi-Fi tramite impiego della stessa rete mobile di terza generazione, ovvero la stessa tecnologia utilizzata per le chiavette Umts. Pertanto, i passeggeri che dispongono di una chiavetta possono utilizzare tale strumento per collegarsi, mentre coloro che ne fossero sprovvisti hanno facoltà di accedere ad internet via Wi-Fi.

A questo proposito è doveroso precisare che:
le prestazioni attese del Wi-Fi sul treno non posso essere riconducibili a quelle ottenute tramite la connessione Adsl domestico, ovverosia basato sulla rete fissa, ma devono essere ricondotte alle prestazioni offerte dalla rete radiomobile in standard Umts/Hsdpa;
la tecnologia radiomobile di terza generazione, essendo basata sulla propagazione di un segnale elettromagnetico in ambienti estremamente diversi e su treni che si spostano a velocità prossime a 300 chilometri orari, presenta una intrinseca estrema varietà di condizioni al contorno e, pertanto, le prestazioni percepite da alcuni utenti possono presentare un'apparente variabilità;
la continuità dei servizi voce e dati per i clienti degli operatori mobili dipende dallo stato di avanzamento della copertura all'esterno che la rete di ciascun operatore mobile nazionale offre già ai propri clienti e, pertanto, esula dall'ambito di competenza di Trenitalia, la quale si limita a mettere a disposizione degli operatori gli spazi sui treni per l'installazione dei ripetitori di segnale.

Nelle stazioni terminali, vale a dire quelle in cui il treno deve invertire la marcia, fra cui Firenze Santa Maria Novella, è previsto che gli impianti Wi-Fi si spengano (cosi come altri sistemi di servizio) trattandosi di un oggettivo vincolo del sistema ferroviario attuale, che ha come obiettivo la tutela dei sistemi necessari a garantire la sicurezza e continuità dell'esercizio ferroviario.
Si evidenzia, inoltre, che a partire dalla seconda metà del corrente anno è previsto che i treni Frecciarossa siano dotati di sistemi in grado di garantire, anche in questi casi, la continuità dell'alimentazione elettrica ausiliaria ai sistemi accessori di bordo, fra cui gli apparati tramite i quali viene dato il servizio Wi-Fi Internet.
In merito alla circostanza che gli utenti del Wi-Fi condividano la banda di una sola chiavetta, si osserva che le prestazioni effettive disponibili per i passeggeri di ciascuna carrozza dipendono da una molteplicità di fattori caratterizzati da grande variabilità, quali, ad esempio, l'assegnazione statistica delle risorse radio, l'utilizzo discontinuo della banda da parte di un

generico utilizzatore o il carico di traffico della rete e, conseguentemente la banda disponibile.
Telecom Italia, di concerto con Trenitalia, ha offerto il servizio gratuito fino alla fine di febbraio 2011, ciò ha consentito di pianificare ulteriori attività di miglioramento del servizio.
Sulla base dei commenti della clientela è stata introdotta una nuova procedura di registrazione, semplificata rispetto a quella con la carta di credito, che permette di ottenere le credenziali di accesso digitando semplicemente il proprio numero di cellulare e ricevendo le stesse credenziali tramite un messaggio Sms. La semplificazione e robustezza di questa modalità, scelta dalla maggioranza della clientela, hanno dato luogo ad una drastica riduzione del volume delle richieste di assistenza tecnica al numero verde, che si attestano oggi a valori percentuali inferiori al 2 per cento del quantitativo di sessioni giornaliere.
L'allestimento in corso di sistemi di distribuzione dei contenuti a bordo dei treni Frecciarossa e la disponibilità progressiva della copertura 3G da parte degli altri operatori radiomobili, permetteranno di consolidare ulteriormente i servizi offerti e l'utilizzo da parte dei passeggeri di questo fondamentale strumento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente UNPLI, iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto approvato e finanziato, nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, ben 32 progetti che prevedono l'impiego di 774 volontari;
il testo dei suddetti progetti è consultabile sul sito dell'ente, così come previsto dalla normativa vigente;
sempre la normativa vigente, in particolare la circolare recante «prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale all'Italia e all'estero...» stabilisce che sono esclusi dalla valutazione di qualità quei «progetti palesemente simili in relazione alle voci 6, 7, 8 e 25 per i progetti in Italia»;
l'interrogante sul sito di UNPLI ha letto con attenzione i progetti, valutati positivamente e finanziati, denominati «la Sicilia centrale, terra dell'accoglienza», «La Sicilia orientale, la terra dell'accoglienza», «Provincia di Reggio Calabria, idiomi di Calabria, un patrimonio immateriale da tutelare», «Provincia di Vibo Valentia, il gusto della storia attraverso la storia dei gusti», «1861-2011, l'unità d'Italia in terra di lavoro», «Le pro loco e i misteri del territorio»;
anche da una rapida lettura emerge senza alcuna ombra di dubbio come tali progetti risultino identici nei punti 7 e 8 della scheda progetto, e come si sia operato un semplice «taglia ed incolla» di interi paragrafi;
in alcuni casi si sfiora ad avviso degli interroganti letteralmente il ridicolo. È il caso del progetto « 1861-2011, l'unità d'Italia in terra di lavoro» dove una maldestra operazione di ricopiatura porta a scrivere la seguente frase «Il progetto intende sviluppare, seguendo le tracce delle diverse dominazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli, nei luoghi di una parte della Provincia di Caserta dove esistono ricche e significative testimonianze, la conoscenza dei diversi centri dove il fascino della storia e della cultura lasciata dai diversi popoli, ha sviluppato tradizioni millenarie nell'arte, nella cultura, nell'artigianato e negli usi e costumi delle popolazioni locali». È notorio che l'unità d'Italia non ha certo «tradizioni millenarie» (ne viene festeggiato il 150° anniversario in questi mesi), mentre identica frase può essere rintracciata in progetti riguardanti interventi a favore di beni culturali del periodo ellenestico e/o romano;
da tale comparazione, condotta su 6 dei 32 progetti finanziati con denaro pubblico,

emerge una situazione che non può non far definire l'UNPLI come un vero e proprio «progettificio del servizio civile», che utilizza schemi, frasi ed impostazioni identici per progetti riguardanti realtà che spaziano dalla Sicilia al Veneto, realtà con un patrimonio storico e culturale ben diverso;
è estremamente grave, secondo gli interrogati, il fatto che funzionari e dirigenti dell'Ufficio nazionale per il servizio
civile, (UNSC) per inspiegabili motivi, abbiano deciso di ignorare tali fatti, non applicando quanto previsto in modo estremamente chiaro e dettagliato, dalla normativa vigente, con conseguente grave danno sia per le casse pubbliche che per la credibilità dell'intera amministrazione dello Stato;
quanto descritto in premessa evidenza ad avviso degli interroganti una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di (UNSC) a ciò preposti -:
quali provvedimenti intenda prendere nei loro confronti.
(4-08784)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, gli interroganti rilevano che alcuni progetti di servizio civile, presentati dall'Unione nazionale pro loco d'Italia (Unpli), ente iscritto alla prima classe dell'albo nazionale degli enti di servizio civile, sarebbero stati finanziati illegittimamente, in violazione delle disposizioni di cui al paragrafo 4 del «Prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale da realizzare in Italia e all'estero, nonché i criteri per la selezione e la valutazione degli stessi» (approvato con Dpcm del 4 novembre 2010), che prevede, al punto 2, lettera g, l'esclusione dalla valutazione di qualità dei progetti palesemente simili in relazione alle voci 6, 7, 8 e 25 delle schede progetto.
In particolare, gli interroganti sostengono che, dei 32 progetti che l'Unpli ha avuto finanziato, quelli denominati: «La Sicilia orientale: la terra dell'accoglienza», «La Sicilia centrale: la terra dell'accoglienza», «Le pro loco e i misteri del territorio», «1861/2011 l'Unità d'Italia in terra di lavoro», «Provincia di Reggio Calabria. Idiomi di Calabria un patrimonio culturale immateriale da tutelare» ed infine «Provincia di Vibo Valentia. Il gusto della storia attraverso la storia dei gusti» presentano un identico contenuto in relazione alle voci 7 e 8 delle schede progettuali. Per tale ragione, gli interroganti nel contestare il loro finanziamento, criticano la capacità di valutazione dei progetti da parte dei funzionari dell'ufficio nazionale per il servizio civile e chiedono al Governo quali iniziative intenda assumere nei loro confronti.
Al riguardo, è necessario precisare che la fattispecie prevista al paragrafo 4.2, lettera g del citato prontuario, cui fanno riferimento gli interroganti, si verifica quando dall'esame complessivo dei progetti, con particolare riferimento alle voci 6, 7, 8 e 25 delle schede progetto, emerge un'identità degli elaborati progettuali non solo in termini di obiettivi e interventi da realizzare, ma anche in relazione agli elementi e alle attività individuate nelle varie voci.
Pertanto, la circostanza che più progetti di servizio civile, presentati da uno stesso ente, abbiano un contenuto simile con riferimento ad una o più delle voci sopraindicate non implica necessariamente un'identità degli elaborati progettuali. Difatti, può verificarsi che analisi effettuate in contesti territoriali differenti in relazione ad una stessa area d'intervento, pur evidenziando risultati diversi sotto l'aspetto quantitativo, individuino criticità identiche o molto simili. Di conseguenza, i progetti volti a far fronte a criticità identiche o simili, riscontrate in diverse aree geografiche del Paese, si differenziano per quanto attiene altri elementi, quali il contesto territoriale nel cui ambito si realizza il progetto, la situazione di partenza sulla quale il progetto è destinato ad incidere, i destinatari e i beneficiari del progetto (voce 6); gli obiettivi specifici che il progetto intende realizzare (voce 7); le attività nonché le risorse umane previste per il perseguimento degli obiettivi fissati (voce 8); le risorse tecniche

e strumentali necessarie alla realizzazione del progetto (voce 25).
La conclusione cui giungono gli interroganti appare pertanto non corretta dal momento che gli stessi esprimono un giudizio sulla fattibilità dei progetti in questione, limitandosi ad esaminare soltanto alcune voci degli stessi, peraltro in modo parziale, senza porle in relazione tra loro né con i restanti elementi costitutivi del progetto. Sulla base del ragionamento degli interroganti, potrebbero, ad esempio, essere esclusi dalla valutazione di qualità tutti quei progetti che presentano obiettivi simili sotto il profilo qualitativo ma che, dovendo essere realizzati in contesti territoriali diversi, sono suscettibili di determinare una differenziazione degli stessi obiettivi sotto l'aspetto quantitativo nonché una diversificazione delle attività, delle risorse umane, tecniche e strumentali.
Tale logica non appare condivisibile in quanto può ben verificarsi l'esigenza di realizzare interventi simili in aree territoriali diverse allo scopo di conseguire i medesimi obiettivi. In tali ipotesi, qualora i progetti presentino forti elementi di differenziazione nelle attività, nelle risorse e nei risultati attesi sotto il profilo quantitativo, non si realizza la fattispecie prevista dal paragrafo 42, lettera g) del citato Prontuario e non può essere, quindi, disposta l'esclusione dalla valutazione.
Tanto precisato, con riferimento, in particolare, ai sei progetti indicati nell'interrogazione in esame, presentati dall'Unpli e da realizzarsi due in Sicilia, due in Calabria, uno in Campania ed uno in Veneto, si evidenzia che gli stessi attengono al settore del «Patrimonio artistico e culturale» e prevedono interventi nella medesima area di «Valorizzazione storia e cultura locale».
Tali progetti sono stati predisposti in seguito ad un'analisi puntuale dei differenti contesti territoriali e delle relative criticità.
In base alle differenti criticità riscontrate, i sei progetti possono essere ripartiti in due gruppi: il primo comprende le iniziative da realizzare nelle regioni Veneto, Calabria e Campania, volte ad affrontare le problematiche connesse ad uno scarso interesse della popolazione residente in tali regioni per il patrimonio culturale; il secondo comprende invece i progetti della sola regione Sicilia, incentrati sul problema diffuso della limitata consapevolezza delle potenzialità di sviluppo del territorio e dell'inadeguata catalogazione e promozione dei beni culturali.
In particolare, nelle regioni Calabria, Campania e Veneto l'Unpli ha rilevato una scarsa sensibilità della popolazione residente, in particolare dei giovani e delle associazioni, verso il proprio patrimonio dei beni culturali e ha ritenuto opportuno avviare iniziative progettuali per far fronte a tali carenze.
In questi casi in cui in diverse aree territoriali si rilevano le medesime carenze, il percorso più conveniente da seguire potrebbe consistere, anche dal punto di vista economico, nella messa a punto di un progetto a rete con il quale far fronte alle carenze riscontrate nelle varie regioni, tenendo ben presenti, al tempo stesso, le peculiarità di ciascuna di esse.
Tuttavia, l'Unpli non ha potuto procedere in questo senso, dal momento che il numero di volontari che avrebbe dovuto impiegare nell'ambito di un progetto a rete sarebbe stato superiore alle 50 unità, limite massimo di volontari da impiegare nei progetti di servizio civile, fissato dal paragrafo 1 del citato Prontuario. Alla luce di tali considerazioni, l'Unpli, a fronte della medesima criticità rilevata nelle suddette regioni, ha redatto quattro progetti distinti, nell'ambito dei quali, ha individuato obiettivi qualitativamente simili. Tuttavia, nell'indicare gli elementi quantitativi contenuti nelle singole voci contestate, ha fornito dati completamente differenti in relazione ai contesti esaminati. Inoltre occorre considerare la diversità degli altri elementi costituenti il progetto come l'entità della popolazione interessata, le risorse umane, tecniche e strumentali nonché le attività da realizzare.
Inoltre, nei quattro progetti delle regioni in questione («Le pro loco e i misteri del territorio», «1861/2011 l'Unità d'Italia in terra di lavoro», «Provincia di Reggio Calabria. Idiomi di Calabria un patrimonio culturale immateriale da tutelare» e «Provincia di Vibo Valentia. Il gusto della storia

attraverso la storia dei gusti»), l'ente ha provveduto anzitutto a definire il concetto di «bene culturale», materiale e immateriale, effettuando un richiamo a diverse fonti quali l'articolo 9 della Costituzione italiana; la Convenzione dell'Aja del 1954; la Commissione Franceschini; il Codice Urbani del 2004; l'Unesco, La circostanza che i quattro progetti in esame contengano la medesima definizione non può essere assolutamente contestata, dal momento che il concetto di «bene culturale» è sempre valido indipendentemente dall'area geografica del Paese in cui venga applicato.
Si evidenzia, inoltre, che i due progetti della regione Calabria e quello del Veneto individuano lo stesso obiettivo generale, ovvero il potenziamento dell'azione di sensibilizzazione all'impegno culturale degli enti da un lato e della popolazione residente, in particolare dei giovani, dall'altro, da perseguire attraverso il raggiungimento di due obiettivi specifici:
maggiore conoscenza da parte della popolazione residente dei beni culturali esistenti sul territorio finalizzata alla promozione, all'aumento della fruibilità ed alla loro catalogazione;
maggiore visibilità verso l'esterno dei beni culturali presenti sul territorio.

Gli obiettivi generali e specifici innanzi indicati sono validi per qualsiasi area territoriale del Paese nella quale si riscontri un deficit di attenzione da parte della popolazione delle organizzazioni e delle istituzioni verso il patrimonio dei beni culturali presenti nei singoli territori.
L'ufficio quindi non ha proceduto all'esclusione di tali progetti in quanto ha ritenuto che la trasposizione di un medesimo intervento in contesti diversi, con le opportune differenziazioni relative agli elementi quantitativi, non realizzasse la clausola di esclusione previste dal citato «Prontuario», bensì contenesse in sé tutti pregi di un progetto a rete pur distinguendosi da quest'ultimo sotto l'aspetto formale.
Il progetto della regione Campania, che ad una prima lettura può apparire simile ai primi tre in relazione agli obiettivi, presenta in realtà caratteristiche proprie. Difatti, esso è volto a promuovere una presa di coscienza da parte delle comunità locali sul valore del loro patrimonio culturale e sulle potenzialità di sviluppo dello stesso, oltre a invitare la popolazione ad una consapevole partecipazione attiva per la riscoperta delle identità locali.
Inoltre, sempre con riferimento ai quattro progetti in esame occorre analizzare le differenze esistenti sotto il profilo quantitativo evidenziate località per località: entità della popolazione interessata, punto di partenza e punto di arrivo dell'intervento proposto in termini di incrementi del processo di sensibilizzazione.
Per quanto riguarda i due progetti nella regione Sicilia, occorre evidenziare che, contrariamente a quanto affermato dagli interroganti, gli obiettivi individuati negli stessi sono completamente differenti rispetto a quelli indicati negli altri quattro progetti. Difatti, come già evidenziato, l'Unpli, sulla base delle indagini effettuate nelle due aree territoriali della Sicilia prese in considerazione, ha rilevato la sussistenza di carenze comuni connesse allo specifico contesto territoriale, quali la sussistenza di una parziale fruibilità delle risorse culturali e ambientali del territorio, la scarsa coscienza delle potenzialità di sviluppo del territorio e l'inadeguata catalogazione e promozione dei siti e delle bellezze storiche, artistiche e culturali.
Tuttavia, da una lettura attenta dei due progetti «La Sicilia centrale terra d'accoglienza» e «La Sicilia orientale, la terra dell'accoglienza» emergono sostanziali differenze dal punto di vista quantitativo, a fronte di un obiettivo generale comune che si sostanzia «nel risveglio culturale del territorio».
In particolare, il progetto «La Sicilia centrale terra d'accoglienza» si propone i seguenti obiettivi specifici:
rivalutare e riscoprire luoghi unici e molto caratteristici dal punto di vista culturale, folkloristico e gastronomico che possano divenire elemento di traino per un nuovo incremento culturale e turistico;

sensibilizzare i residenti, in particolare i giovani (anche attraverso la raccolta di testimonianze degli «anziani»), a riscoprire e valorizzare le risorse culturali, artistiche, paesaggistiche, artigianali, folkloristiche, gastronomiche; progettare e realizzare interventi di supporto alle diverse realtà coinvolte nel progetto per favorirne una maggiore fruizione; coinvolgere le scuole di ogni ordine e grado, attraverso visite, incontri e mostre al fine di favorire l'interesse dei giovani e giovanissimi verso il proprio territorio, ma anche incrementare e rafforzare il «senso di appartenenza» di ognuno prima verso la propria comunità locale, e poi anche verso quella regionale e nazionale;
ricercare e catalogare i beni presenti sul territorio; organizzare eventi culturali, soprattutto se volti alla riscoperta ed alla valorizzazione delle risorse artistiche, paesaggistiche, artigianali, folkloristiche, culturali, eccetera; coinvolgere le scuole per indirizzare i giovani alla riscoperta delle proprie radici;
valorizzare le risorse pressati sul territorio, con particolare attenzione alla coltivazione del frumento, per garantire il perdurare di questa lunga tradizione, tramandandola cosi anche ai giovani ed incentivare una forma di turismo rurale; uniformare l'intervento di tutela e valorizzare i beni culturali e paesaggistici locali, con la consapevolezza che tale azione è rivolta soprattutto verso quei beni che sono a rischio di abbandono, di degrado o di chiusura e verso il recupero delle tradizioni e del patrimonio immateriale;
favorire una presa di coscienza, da parte dei cittadini circa il valore del patrimonio locale e le potenzialità di sviluppo del territorio;
perfezionare e completare la catalogazione dei beni monumentali presenti sul territorio per la creazione di itinerari turistici; produrre, al contempo, materiale informativo (dépliant, brochure, guide, ecc.) al fine di far conoscere il proprio patrimonio culturale ed ambientale, anche attraverso un'attività promozionale mirata.

Per quanto riguarda il progetto «La Sicilia orientale, la terra dell'accoglienza» gli obiettivi specifici, invece, sono:
sensibilizzare i residenti, in particolare i giovani a riscoprire e valorizzare le risorse culturali, artistiche, paesaggistiche, artigianali, folkloristiche, gastronomiche; progettare e realizzare interventi di supporto alle diverse realtà coinvolte nel progetto per favorirne una maggiore fruizione; coinvolgere le scuole di ogni ordine e grado, attraverso visite, incontri e mostre al fine di favorire l'interesse dei giovani e giovanissimi verso il proprio territorio, ma anche incrementare e rafforzare il «senso di appartenenza» di ognuno prima verso la propria comunità locale, e poi anche verso quella regionale e nazionale;
ricercare e catalogare i beni presenti sul territorio; organizzare eventi culturali, soprattutto se volti alla riscoperta ed alla valorizzazione delle risorse artistiche, paesaggistiche, artigianali, folkloristiche, culturali, eccetera; coinvolgere le scuole per indirizzare i giovani alla riscoperta delle proprie radici.

Dall'elencazione, contenuta nella voce 7, degli obiettivi specifici dei due progetti emerge che il primo si pone obiettivi più ampi e più numerosi rispetto al secondo, dove risultano individuati solo due degli obiettivi previsti per il primo. Inoltre, anche sotto il profilo quantitativo, essi si differenziano in relazione al numero dei volontari richiesto, al numero dei comuni coinvolti e alla popolazione residente interessata.
A conclusione della disamina dei sei progetti occorre rilevare che, anche relativamente alla voce 8 delle schede progetto, sono state riscontrate notevoli differenze (come si evince nel quadro sinottico in allegato) riguardo alle attività poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi, all'entità delle risorse umane e delle organizzazioni coinvolte e alla modulazione dell'impegno dei volontari nelle varie fasi di attività.
Infine, per quanto riguarda la conclusione degli interroganti che, dalla frase «Il progetto intende sviluppare, seguendo le tracce delle diverse dominazioni che si

sono susseguite nel corso dei secoli, nei luoghi di una parte della Provincia di Caserta dove esistono ricche e significative testimonianze, la conoscenza dei diversi centri dove il fascino della storia e della cultura lasciata dai diversi popoli, ha sviluppato tradizioni millenaria nell'arte nella cultura nell'artigianato e negli usi e costumi delle popolazioni locali» (inserita nel progetto per la Campania «1861 -2011 l'unità d'Italia in terra di lavoro»), desumono che l'Unpli avrebbe utilizzato schemi e frasi identiche in progetti riguardanti realtà diverse, si fa presente che tale conclusione evidenzia una lettura parziale e non approfondita del progetto in questione.
Difatti, il progetto della regione Campania che, come sopra rilevato, si differenzia da tutti gli altri, non limita il suo raggio temporale all'epoca risorgimentale, anche se gran parte dell'intervento è incentrato su tale periodo, ma si estende anche ai periodi precedenti, come si evince chiaramente dalla lettura di un'altra frase contenuta nel progetto «lavoreranno (i volontari) sulla riscoperta delle loro radici, studiando la storia del territorio di appartenenza, destinatario dell'intervento progettuale, soffermandosi in particolar modo (quindi non esclusivamente) sul periodo Risorgimentale e sui valori che hanno condotto l'Italia Unità».
Tale frase si concilia con lo scopo del progetto che è quello di sviluppare una partecipazione attiva dei residenti alla riscoperta della propria identità locale, che non può prescindere dalla conoscenza di tutte le vicende che hanno caratterizzato la storia d'Italia riguardanti anche altri periodi storici.
Si fa presente, infine, che i funzionari dell'ufficio nazionale per il servizio civile, nell'ambito del procedimento di valutazione dei progetti, si limitano a svolgere attività istruttoria, dal momento che la valutazione dei progetti viene interamente effettuata da una competente commissione appositamente nominata con provvedimento del Capo dell'ufficio del servizio civile.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

ROSSA, LOLLI e MELANDRI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'educazione fisica e l'attività motoria concorrono con le altre componenti educative alla formazione degli alunni e delle alunne allo scopo di favorirne l'inserimento nella società civile in modo consapevole e nella pienezza dei proprio mezzi;
la cultura sportiva nei suoi aspetti fisici, fisiologici, psicologici e sociologici è valido strumento di promozione dei valori della solidarietà, dell'integrazione culturale, della prevenzione del disagio giovanile e del bullismo attraverso la cultura del rispetto delle regole, del compagno e dell'avversario, pertanto non può essere considerata come incentivo e premio;
le attività motorie e l'esercizio fisico, per unanime riconoscimento, sono indispensabili per il mantenimento della salute, per la prevenzione e la cura di molte malattie, tanto da essere inserite, a pieno titolo, nel piano sanitario nazionale;
il piano sanitario nazionale si propone di «promuovere gli stili di vita salutari, la prevenzione e la comunicazione pubblica sulla salute», sottolineando che «l'attività fisica riveste un ruolo fondamentale. Il ruolo protettivo dell'esercizio fisico regolare è stato dimostrato soprattutto nei confronti delle patologie cardiovascolari e cerebrovascolari, di quelle osteoarticolari (in particolare l'osteoporosi), metaboliche (diabete), della perfomance fisica e psichica degli anziani. L'esercizio fisico regolare aiuta a controllare il peso corporeo, riduce l'ipertensione arteriosa e la frequenza cardiaca ed aumenta il benessere psicofisico»;
nel libro bianco sullo sport si afferma che «la mancanza d'attività fisica aumenta la frequenza dei casi di sovrappeso e obesità e di una serie di disturbi cronici come le malattie cardiovascolari e il diabete, che riducono la qualità della vita, mettono a rischio la vita delle persone e

rappresentano un onere per i bilanci sanitari e per l'economia -:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative normative per valorizzare le finalità e le premesse educative dell'attività motoria, evitando che in ambito scolastico tale attività possa essere considerata come mero incentivo o premio.
(4-09308)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente l'attività motoria in ambito scolastico, e al riguardo si comunica quanto segue relativamente ai profili di specifica competenza di questo Ministero.
In primo luogo, sono condivisibili le considerazioni contenute nel preambolo dell'interrogazione circa l'importanza dell'educazione fisica e dell'attività motoria, in concorso con le altre componenti educative, per la formazione e lo sviluppo della personalità dei giovani.
La rilevata importanza è riconosciuta nei vigenti ordinamenti.
Infatti, nelle indicazioni per il curricolo della scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione, di cui al decreto ministeriale 31 luglio 2007, viene fatto esplicito riferimento all'esigenza di proporre esperienze che riconducano a stili di vita corretti e salutari, che comprendano la prevenzione delle patologie connesse all'ipocinesia e che pongano in risalto i principi essenziali per una regolare condotta alimentare, nonché puntuali informazioni circa i rischi derivanti dall'assunzione di sostanze che inducono dipendenza.
Nelle stesse indicazioni sono anche evidenziate le finalità formative ed educative delle attività sportive, come, ad esempio, il valore del rispetto delle regole e dell'avversario, la capacita di inserimento nel gruppo, il valore della cooperazione, del lavoro di squadra e delle varie forme di diversità individuali, evitando che le stesse si trasformino in disuguaglianze.
Inoltre, le linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento del secondo ciclo di istruzione, previste dai regolamenti di revisione degli assetti ordinamentali e didattici delle scuole secondarie di secondo grado (decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010), contengono ampi riferimenti alla valorizzazione del ruolo sociale dello sport e alla capacità di interagire e lavorare in team seguendo regole condivise per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Si pone altresì in ampio risalto l'importanza di far maturare, presso gli studenti, la consapevolezza che l'adozione di corretti stili di vita, sani ed equilibrati, sono un concreto aiuto per il mantenimento di un buono stato di salute e per la prevenzione e la cura di diversi stati patologici.
L'attenzione al tema oggetto dell'interrogazione trova conferma nelle linee guida del 4 agosto 2009, relative alle «attività di educazione fisica, motoria e sportiva nelle scuole secondarie di primo e secondo grado», in cui è evidenziata la determinazione del Ministero di intraprendere azioni volte a migliorare la qualità del servizio inerente alle attività motorie, fisiche e sportive nelle scuole di ogni ordine e grado.
In tale direzione, infine, si muove il protocollo d'intesa Miur-Coni, siglato in data 11 novembre 2010, nel quale è ribadita la volontà di cooperare per la crescita culturale, civile e sociale dei giovani mediante il rilancio dell'attività motoria e sportiva nelle istituzioni scolastiche, comprendendo altresì la prosecuzione e l'estensione del progetto di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

ROSSA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206, «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice» non ha ancora trovato un vera e completa attuazione;
sono stati presentati al riguardo numerosi atti parlamentari volti a sollecitare il Governo ad intervenire per venire incontro

ad alcune delle legittime istanze dei familiari delle vittime e dei superstiti: ordine del giorno 3778/30 e ordine del giorno 3778/7 del 19 novembre 2010, ordine del giorno 2936-A/179 e ordine del giorno 2936-A/75 del 16 dicembre 2009, ordine del giorno 1713/14 del 23 novembre 2008 per citarne alcuni;
il Governo si è più volte impegnato di fronte al Parlamento, alle associazione in sede di tavoli tecnici e all'opinione pubblica, si veda per esempio la riformulazione del dispositivo finale proposto dal Sottosegretario alla Giustizia, senatore Giacomo Caliendo, alla mozione n. 302 del 18 novembre 2010 approvata all'unanimità al Senato: "Impegna il Governo a proseguire la promozione ed il sostegno di ogni iniziativa volta a rimuovere ostacoli che impediscono alle vittime del terrorismo e ai loro familiari di accedere ai diritti loro riconosciuti, in base a quanto già previsto dalla legislazione vigente, onde riaffermare, mediante la piena ed attuale efficacia delle norme, i princìpi che sono alla base della legge 3 agosto 2004, n. 206; inoltre il Governo si impegna a valutare le proposte di modifica legislativa e le osservazioni dell'AIVITER e dell'Unione familiari vittime per stragi;
ad oggi i problemi sono rimasti insoluti;
nella disposizione per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2010) la ripartizioni del gettito dello scudo fiscale disponeva 181 milioni nel 2010 (113 nel 2011 e 60 nel 2012) da destinare a interventi di carattere sociale e socio-economico per alcune categorie tra cui le vittime del terrorismo -:
se e come siano stati utilizzati i 181 milioni di euro previsti dalla legge finanziaria per il 2010.
(4-10703)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame, concernente l'utilizzo dei fondi stanziati a favore delle vittime del terrorismo, sulla base degli elementi pervenuti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - ufficio del Segretario generale e dal Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, si fa presente quanto segue.
L'interrogazione fa riferimento alla destinazione del fondo previsto dall'articolo 2, comma 250 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010). Tale norma ha stabilito che le risorse, come integrate dal decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, affluite alla contabilità speciale istituita ai sensi del comma 8 dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, fossero versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, al fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, le disponibilità del predetto fondo sono state poi destinate alle finalità previste da uno specifico elenco 1 allegato alla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), nella misura massima ivi prevista, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012.
In particolare, le risorse, pari a 181 milioni di euro, di cui fa cenno l'atto di sindacato ispettivo, destinate alle finalità di cui all'ultima voce del citato elenco 1, sono state contestualmente ripartite con un unico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo conforme parere delle Commissioni parlamentari delle due Camere competenti per i profili finanziari.
Ciò premesso, appare utile sottolineare che la destinazione dei 181 milioni di euro è prevista direttamente dalla legge a favore di una serie di interventi finalizzati a misure di particolare valenza sociale e di riequilibrio socio-economico, indicati all'ultima voce dell'apposito elenco allegato e dunque non esclusivamente alla categoria delle vittime del terrorismo.
In particolare, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, di concerto con il Ministero dell'economia e

delle finanze (registrato dalla Corte dei conti il 15 aprile 2010, registro n. 4, foglio n. 109), si è provveduto alla sola assegnazione delle risorse in argomento per destinarle, come detto, alle finalità già disciplinate dall'elenco 1 allegato alla legge n. 191 del 2009, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 e rimodulate sulla base dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari rispettivamente in data 16 marzo 2010, per quanto concerne la V Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, e in data 17 marzo 2010 per quanto concerne la V Commissione permanente del Senato della Repubblica.
All'esito dei pareri parlamentari, dunque, il comma 11 dell'articolo 2 del citato decreto, ha disposto l'utilizzo per le finalità previste dall'articolo 2, legge 23 novembre 1998, n. 407, di 1.305.784 euro per il 2010 e 2011 e di 1.469.007 euro per il 2012. Tali somme sono state assegnate dal Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ai Ministeri competenti, esulando dai compiti della Presidenza del Consiglio dei ministri la gestione degli adempimenti connessi all'attuazione delle sopra citate normative.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

SCHIRRU, PES, FADDA, CALVISI e MELIS. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a metà novembre 2010 i 364 corsisti COA 3 - corso per l'accesso in carriera di 300 segretari comunali e provinciali - hanno completato il lungo iter previsto per l'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali;
con decisione n. 3 del 16 dicembre 2010 la Commissione esaminatrice ha approvato la graduatoria finale del concorso. Nelle more di espletamento del concorso accadeva che in sede di conversione del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 con legge n. 122 del 2010 (in Gazzetta ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010 - supplemento Ordinario n. 174) è stata soppressa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali e con lo stesso provvedimento è stata prevista la successione alla stessa, a titolo universale, del Ministero dell'interno;
il Ministro dell'interno, nell'ottica di continuità del servizio, con propri decreti ha istituito, nell'ambito del Gabinetto, un'unità di missione presieduta dal prefetto Umberto Cimmino. Con nota del 7 settembre 2010 n. 0055329 il prefetto Umberto Cimmino ha sottoposto un quesito al capo dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, consigliere Antonio Naddeo. Con tale quesito il prefetto, tra le altre questioni, chiedeva di sapere se in virtù del regime dei vincoli assunzionali fosse o meno necessario ottenere l'autorizzazione per essere iscritti all'albo e per poter prendere servizio presso le sedi di segretarie;
con nota del Dipartimento della funzione pubblica del 15 settembre 2010 n. 0056962, il Capo dipartimento consigliere rispondeva al quesito inerente alla necessità o meno di ottenere la preventiva autorizzazione all'iscrizione dei segretari comunali al rispettivo albo. Il Capo dipartimento, richiamando integralmente il contenuto dispositivo dell'articolo 39 comma 3-bis della legge n. 449 del 1997 (finanziaria per il 1998), riteneva che anche per i segretari comunali fossa necessario ottenere preventiva autorizzazione;
la procedura di autorizzazione, attualmente, si fonda su una deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e finanze. La formalizzazione avviene con l'adozione di apposito decreto del Presidente della Repubblica contenente l'autorizzazione ad assumere. Inoltre, a monte della procedura vi è la necessità di una richiesta da parte dell'amministrazione competente - ex Ages - a cui segue l'attività istruttoria svolta dagli uffici dei dicasteri facenti capo ai Ministri proponenti;

infine, in data 18 ottobre 2010 n. 0046078 il Dipartimento della funzione pubblica emanava una nota circolare avente ad oggetto la programmazione del fabbisogno e le autorizzazioni ad assumere per l'anno 2010. Con tale nota il DFP ribadisce che anche l'iscrizione dei segretari comunali e provinciali è subordinata alla preventiva autorizzazione. Inoltre, la richiesta di autorizzazione potrà essere presentata al momento dell'effettivo fabbisogno (pagina 4 ultimo periodo della nota circolare);
il percorso che i 364 corsisti hanno dovuto seguire è stato lungo e tortuoso, così riassumibile: a luglio 2007 sono state espletate, a Roma presso la nuova fiera, le prove preselettive; a gennaio 2008, per tre giorni consecutivi a Roma presso l'Hotel Ergife, si sono tenute le tre prove scritte su 10 materie diverse raggruppate per macroaree; da settembre del 2008 fino a luglio 2009 si sono tenute le prove orali su tutte le materie oltre la lingua straniera; da ottobre 2009 fino al luglio del 2010 per quindici giorni al mese si sono tenute le lezioni a Frascati (otto ore al giorno per cinque giorni settimanali); il 26 luglio 2010 si è tenuta a Roma presso l'Hotel Ergife un'ulteriore prova scritta intermedia; da luglio 2010 a ottobre 2010 tutti i corsisti hanno svolto presso i comuni i tirocini formativi; a novembre 2010 è stata consegnata alla commissione esaminatrice una tesi di ricerca; da novembre 2010 a dicembre 2010 si sono tenute le ulteriori prove orali; il 16 dicembre è stata approvata la graduatoria finale di merito;
ad oggi non si sa con certezza e da fonte certa se l'ex Ages ha richiesto l'autorizzazione prescritta dall'articolo 39, comma 3-bis, della legge 449 del 1997 e se in caso affermativo, la richiesta è effettivamente oggetto di «attenzione» da parte del Dipartimento della funzione pubblica -:
quali siano i tempi dell'istruttoria e del rilascio dell'autorizzazione, considerando anche che molti corsisti nel frattempo hanno perso il lavoro o si sono dovuti licenziare perché la frequenza del corso era incompatibile con altre attività lavorative, altri ancora hanno dovuto scegliere il part-time o l'aspettativa e, tenendo conto che la maggior parte dei corsisti dovranno cambiare regione di residenza poiché la scelta della regione e dell'iscrizione al relativo albo è subordinata alla disponibilità di posti effettivamente vacanti e alla posizione del corsista nella graduatoria nazionale.
(4-10487)

Risposta. - Le assunzioni dei segretari comunali e provinciali sono subordinate al rilascio della preventiva autorizzazione, ai sensi dell'articolo 39, comma 3-bis, della legge n. 449 del 1997. La procedura è stabilita con deliberazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e delle finanze, concludendosi con l'adozione di apposito decreto del Presidente della Repubblica, contenente le autorizzazioni ad assumere.
Nel caso in questione, l'autorizzazione finalizzata all'assunzione dei 364 aspiranti segretari del corso-concorso Coa III, secondo le disposizioni di cui alla circolare del Dipartimento della funzione pubblica del 18 ottobre 2010, è stata chiesta dal Presidente dell'unità di missione presso l'ex agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali con decreto del 12 novembre 2010.
Non appena perfezionato il decreto del Presidente della Repubblica di autorizzazione, si procederà all'iscrizione all'Albo dei segretari comunali e provinciali, dopo aver acquisito dagli interessati le proprie preferenze in ordine alla sezione regionale di prima assegnazione, ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 46 del 1997, per cui «Il consiglio nazionale di amministrazione assegna alle sezioni regionali, secondo l'ordine della graduatoria approvata e sulla base delle preferenze espresse dagli interessati, coloro che hanno conseguito l'abilitazione, tenendo conto delle esigenze di personale delle singole sezioni regionali».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

SCILIPOTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
in Italia vengono attivati corsi di memoria, lettura veloce e crescita personale, basati sulla programmazione neuro linguistica (PNL); si tratta di una tecnica psicologica, la cui valenza scientifica è ancora da assodare, che teorizza la possibilità di influire sugli schemi comportamentali di soggetti attraverso la manipolazione di processi neurologici messi in atto tramite l'uso del linguaggio; la teoria della PNL è che i pensieri, i gesti e le parole dell'individuo interagirebbero tra loro nel creare la percezione del mondo. Modificando la «mappa del mondo», cioè il sistema di credenze relativo a ciò che è la realtà esterna e a ciò che è la realtà interna, la persona può potenziare le proprie percezioni, migliorare le proprie azioni e le proprie prestazioni; applicando opportune tecniche di cambiamento, sia la percezione del mondo che la risposta ad esso, si possono modificare; dietro questi corsi si celano vere e proprie psico-sette;
il comitato di volontariato Telefono antiplagio ed il consorzio di associazioni European Consumers, promotori del «Progetto Antiplagio» per la regione Lazio, sono stati contattati dai familiari di quattro giovani vittime che hanno frequentato in regioni diverse la stessa società, Your Trainers Groups & High Consulting, cambiando radicalmente la loro vita;
nessuno dei membri di questa società è laureato in psicologia, pedagogia, scienze della formazione e medicina (psichiatria), e quindi abuserebbe della professione;
per convincere le vittime, soprattutto giovani, verrebbero usate suggestioni di massa; ma ancor peggio, viene utilizzata la tecnica della PNL (Programmazione Neuro Linguistica), che dovrebbe essere riservata agli psicologi;
tutto ciò avverrebbe attraverso una persuasione sottile, che modifica il carattere e le abitudini dell'individuo, come: dormire poco, avere sempre meno tempo per la vita privata, abbandonare le amicizie, distaccarsi;
nel nostro Paese sono nate tante imprese analoghe a quella menzionata, collegate tra loro, che aprono e chiudono dopo un anno o due e che riescono, con l'espediente di aver trovato lavoro agli adepti, a passarseli di mano, convincendoli che si tratta del loro futuro e sfruttandoli -:
se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, promuovendo iniziative normative, affinché tale inaccettabile comportamento venga sanzionato e non sia consentito ai responsabili della società in questione e di altre società analoghe di attivare e pubblicizzare corsi che hanno a che fare con la salute, in particolare con la mente umana;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno informare, urgentemente, l'opinione pubblica e far allertare le scuole e le università, dove i nostri giovani vengono irretiti più facilmente, con riferimento a tali corsi.
(4-08036)

Risposta. - Per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si risponde all'interrogazione in esame rivolta al Ministero della giustizia, a questa Amministrazione e al Ministro della gioventù, concernente corsi di memoria, lettura veloce e crescita personale, basati sulla programmazione neuro linguistica (Pnl).
È condivisibile la preoccupazione che dietro l'organizzazione di iniziative formative, pubblicizzate come funzionali a potenziare capacità mnemonica e prestazioni cognitive, possano celarsi attività delittuose come la truffa e il plagio, per contenere le quali è indispensabile il ricorso all'Autorità giudiziaria.
A tale proposito, il Ministero della giustizia, nel fornire, con nota del 7 febbraio 2011, gli elementi informativi relativi agli aspetti di sua competenza, ha evidenziato che, nel caso in cui taluno ponga in essere i comportamenti descritti nell'interrogazione, le norme attualmente in vigore già

consentono di accertare eventuali responsabilità, sia in sede penale sia in sede civile.
Infatti, nel caso in cui individui non abilitati pongano in essere attività riservata a psicologi o psichiatri, tale comportamento può essere perseguito ai sensi dell'articolo 348 del codice penale che sanziona l'esercizio abusivo di una professione.
Inoltre, se i soggetti in questione, con il loro modo di agire, inducono le presunte vittime in errore, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, in tale condotta potrebbero ravvisarsi gli estremi del reato di truffa e, nel caso in cui le presunte vittime siano minori, ovvero persone in stato di infermità o di deficienza psichica, potrebbero ravvisarsi gli estremi del reato di circonvenzione di persone incapaci, di cui all'articolo 643 del codice penale.
Peraltro, le persone che ritengano di essere lese da tali abusi possono chiedere il risarcimento degli eventuali danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti a causa di tali condotte illecite.
Pertanto, come segnalato dal suddetto Dicastero, all'interno dell'ordinamento sono già presenti gli strumenti normativi idonei a perseguire le condotte descritte nell'atto di sindacato ispettivo, fermo restando che le specifiche vicende illustrate nell'interrogazione possono formare oggetto di valutazione nelle sedi giudiziarie competenti, le sole investite del potere di decidere in ordine a fattispecie concrete e sull'eventuale accertamento della sussistenza di condotte penalmente o civilmente rilevanti.
Da parte sua, l'ufficio legislativo del Ministro della gioventù ha preliminarmente sottolineato che il fenomeno del «plagio» nella sua problematicità investe l'azione sinergica di più amministrazioni e, per arginarlo, sono necessari un'azione culturale e interventi specifici che comportino una continua interazione tra le istituzioni e un incisivo collegamento con il territorio. Nella consapevolezza di ciò, il programma di lavoro ampio e complesso che il Ministro della gioventù sta attuando, muovendosi necessariamente nel quadro della legislazione vigente (ivi incluso il rispetto del riparto di competenze tra regioni e Stato e, all'interno dello Stato, tra ministeri), è rivolto all'attuazione di misure quanto più idonee ed incisive a diffondere una «cultura di attenzione» in favore dei giovani, creando una rete di informazione e formazione, al fine di saper indirizzare i comportamenti dei ragazzi verso stili di vita sani e responsabili, incentivando in ognuno il senso di responsabilità e una maggiore fiducia in sé stessi e favorendo lo sviluppo delle proprie attitudini. Il fine è dotare i giovani di un bagaglio culturale e tecnico tale da partecipare in modo costruttivo alla vita della collettività. Tutto ciò anche attraverso la creazione di spazi e strutture adeguate e più idonee, non soltanto per lo svago dei minori e degli adolescenti, ma per lo sviluppo della creatività, valorizzando e incentivando le attitudini di ognuno, con rincontro e il confronto intergenerazionale, anche coinvolgendo e promuovendo le strutture associative già presenti sul territorio.
Per quanto riguarda, infine, questa Amministrazione, si premette che è compito della scuola quello di offrire alle studentesse ed agli studenti opportunità di crescita sul piano umano e culturale, perseguendo l'obiettivo di formare cittadine e cittadini solidali e responsabili, capaci di gestire conflittualità ed incertezze, di operare scelte ed assumere decisioni autonome agendo responsabilmente. È, altresì, compito della scuola di promuovere nei giovani allievi la condivisione delle regole, la partecipazione alle scelte ed alle decisioni, la conoscenza responsabile degli obiettivi di sviluppo e degli strumenti da utilizzare per esprimere autenticamente se stessi, ma anche il saper discutere, il sapersi valutare, il sapersi confrontare con le opinioni altrui, il sapersi aprire al dialogo e alla relazione.
A ciò mira l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» introdotto dalla legge n. 169 del 2008. Trattasi di un percorso formativo che, in coerenza con il piano dell'offerta formativa (Pof) delle istituzioni scolastiche, nella prospettiva di una modifica comportamentale e valoriale, coinvolge tutte le attività didattiche di insegnamento e tutti i docenti sia sul piano etico, sia su quello tecnico, sia su quello didattico e metodologico, perché l'educazione alla cittadinanza riguarda la vita, il modo di essere

e di agire di ciascuno nei suoi rapporti con sé e con gli altri.
Ciò premesso, per quello che si riferisce alla tematica oggetto dell'interrogazione, si fa presente quanto segue.
In ordine agli aspetti che attengono alla procedura di accreditamento di enti ed associazioni che svolgono attività di formazione, cosi come previsto dal decreto ministeriale n. 177 del 10 luglio 2000 e seguenti, la competente Direzione generale per il personale della scuola è impegnata a valutare con attenzione la documentazione che pervenga da agenzie formative che attivino iniziative e corsi riservati al personale scolastico, vigilando, in tal modo, sulla effettiva qualità e trasparenza culturale delle attività formative volte in essere.
Inoltre, non risulta alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l'autonomia scolastica che le istituzioni scolastiche attivano, per gli studenti o per il personale, corsi della fattispecie indicata nell'interrogazione. La stessa Direzione generale è comunque impegnata affinché le istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, valutino con la dovuta attenzione il contenuto e le modalità di attuazione di eventuali corsi di formazione per studenti, realizzati da agenzie ed enti esterni.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SCILIPOTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 23 dicembre del 2001 la Repubblica Argentina ha deciso di non rispettare le obbligazioni da essa stessa contratte con 450.000 cittadini italiani negli anni '90. È stata una decisione ad avviso dell'interrogante, non motivata da effettive esigenze, come dimostra, tra le tante, la decisione della Corte costituzionale della Repubblica Federale di Germania dell'8 Maggio 2007 (giurisdizione scelta dal paese sudamericano stesso) in cui si rileva che l'Argentina non può vantare lo stato di emergenza e necessità, avendo prova e dati sovrabbondanti del contrario;
l'Argentina ha in questi anni subito moltissime condanne nelle corti di appello di Francoforte e New York, nel tribunale Arbitrale ICSID previsto dal trattato bilaterale Italo-argentino del 1993. Essa, pervicacemente, continua a non rispettare queste decisioni, seppure adottate in tutti i tribunali da essa stessa scelti;
l'Argentina ha dato dimostrazione, da molti decenni, di essere completamente inaffidabile. Si pensi, ad esempio, che il Club di Parigi è sorto nel 1956 proprio per le inadempienze argentine. In questi ultimi decenni il paese ha fatto reiterati default eclatanti e di fatto, tanto da essere ormai identificato nel mondo, come lo stato «serial defaulter» per eccellenza;
risulta che l'Argentina si rifiuti di onorare le sentenze che nel mondo la condannano alle sue obbligazioni sia finanziarie che societarie. C'è da notare che quella nazione rappresenta l'84 per cento di tutte le cause presso l'ICSID delle 20 nazioni del G-20 e confermando così sua completa inaffidabilità. Sapere che la coppia presidenziale ha incrementato in un solo anno, profittando anche delle notizie riservate sui mercati finanziari, la loro ricchezza del 158 per cento. Sapere ancora che la spesa pubblica è aumentata sempre all'anno del 43 per cento, ha reso le offerte di scambio ad avviso dell'interrogante inaccettabili;
l'Argentina si rifiuta perfino di dare risposta a sentenze definitive in appello di cittadini italiani, ottenute presso la corte di appello di Francoforte (foro competente scelto dall'Argentina), di cui il Ministero degli affari esteri ha copia, dimostrando così ancora la completa inaffidabilità di quella nazione;
l'Argentina ha enormi risorse di bestiame, agricoltura, miniere di ogni tipo di materiali, giacimenti di petrolio in tutto il paese. Ha trasferito risorse da New York a Basilea come «precauzione» contro le richieste dei creditori, in particolare appositamente

in prossimità del default 2001. La nazione mantiene presso la BIS di Basilea oltre 50 miliardi di dollari contando con il fatto che, per statuto della stessa BIS, tali riserve non possono essere sequestrate. Si deve notare che questa somma rappresenta l'80 per cento delle sue riserve, quando tutte le altre nazioni vi hanno solo dal 2 al 4 per cento. Si stima inoltre che le somme sia pubbliche che private trasferite illegalmente all'estero ammontino a più di 200 miliardi di dollari;
l'Argentina, anche nella sue inaccettabili offerte di scambio, critica addirittura la Corte Costituzionale Federale di Germania, foro competente scelto proprio da quel Paese, per aver sentenziato che lo stato di necessità non concede all'Argentina di non onorare le sue obbligazioni;
dalla loro descrizione si dà a capire che quella Corte costituzionale ha una colpa perché la sua decisione induce altre cause contro l'Argentina, portando con ciò a promuovere altre cause e di conseguenza impedire la possibilità del servizio del debito pubblico argentino. Quella Corte Costituzionale ha detto che in ogni caso riconosce lo stato di necessità solamente a tutto il 2003, ed in ogni caso non è da farsi valere nei riguardi dei privati cittadini;
per un giudizio più nel dettaglio dell'ultimo scambio 2010, riteniamo che la durata incredibile di 28 anni (37 dal default) sia un tempo aberrante. Normali, piccoli e medi risparmiatori mai hanno scelto durate simili. Una nazione come l'Argentina, che dice, a convenienza sua nel caso di default, di non avere certezze sulla sua capacità futura di onorare il debito, non può prevedere tassi fissi stabiliti sin d'ora e pagamenti così lontani;
c'è da notare che gli indici dell'INDEC (ufficio statiche argentino) sono incontestabilmente oggetto di rilievi e dubbi dell'FMI e che hanno portato e portano a cedole previste sulle obbligazioni scambiate nel 2005 e 2010, già misere, ancor più ridotte. Gli stessi membri del governo hanno rilasciato dichiarazioni che se usassero gli indici veri dovrebbero pagare di più. È in corso una forte considerazione da parte del Fondo monetario internazionale di rendere ufficiale questo aspetto con tutte le conseguenze di maggiore e migliore conoscenza dei comportamenti assai negativi e inaccettabili di quella nazione;
l'Argentina non ha mai trattato in buona fede. Ricordiamo tutti come sia stato mal trattato, più volte, a Buenos Aires il Dott. Stock, in rappresentanza di centinaia di migliaia di italiani. L'Argentina dice di trattare con i risparmiatori, ma lancia i cambi sempre in maniera unilaterale. Comportamento già di per sé intollerabile;
odiosa è la definizione di istituzionali, di quelle banche, la Barclays, Citi Bank, Deutsche Bank, perché, in accordo con la Repubblica Argentina, ancor prima del 2005, hanno, attraverso il sistema bancario nelle varie nazioni, rastrellato (attraverso un vergognoso buy back) tutto il possibile ai piccoli risparmiatori, e non capitali già presenti nei propri portafogli d'investimento delle banche stesse. Questo, dopo il terrore sparso sulla propria situazione e sulle non intenzioni di pagamento ai risparmiatori europei, americani e giapponesi, contando sullo sfinimento, il bisogno e l'età media di essi, con mentite notizie ai mezzi di stampa internazionali;
è proprio di questi giorni la considerazione di molti stati del G-20 di escludere l'Argentina da quel consesso per le sue considerazioni a mezzo della sua presidente Cristina Fernandez de Kirchner di critica del Fondo Monetario Internazionale;
i numerosi cittadini italiani che contattano l'interrogante, sono venuti a conoscenza del modo di concepire da parte degli argentini la loro vita e nazione. È convinzione fondata e diffusa che non saranno le relazioni cordiali e amichevoli a ricondurre l'Argentina sulle strade del buon comportamento civile ma proprio esattamente il contrario;

fin dal 2002, il Ministro delle finanze argentino Lavagna ha promesso all'Italia di elaborare una offerta «equilibrata» nella ristrutturazione del debito. È stato tutt'altro con le due offerte unilaterali di scambio che hanno aggiunto ulteriore disperazione ai cittadini italiani coinvolti;
l'interrogante a fronte di quanto detto ritiene opportuno di procedere con la massima cautela nel concedere alcunché. E ci sia solo una promessa di riallacciare proficui rapporti reciproci eventualmente ad avvenuto completo adempimento di quanto doverosamente dovuto ad evitare che si rafforzi il possibile convincimento negli argentini che non rispettare le regole paghi -:
quali siano le intenzioni del governo italiano verso la Repubblica Argentina nel viaggio di visita che il Ministro degli affari esteri si appresta a fare a quella nazione, nella considerazione dei 450.000 cittadini italiani risparmiatori nelle obbligazioni argentine;
se il Ministro intenda rappresentare come per l'Italia sia inaccettabile il comportamento argentino di non dar seguito alle sentenze definitive nelle giurisdizioni previste di Francoforte e New York, e nella prevedibile sentenza dell'ICSID, considerando anche le immense ricchezze naturali di quella nazione in tutti i campi, i 38 milioni di cittadini su una superficie pari all'Europa dei 27.
(4-11459)

Risposta. - Il Governo italiano ha seguito sin dall'inizio con la massima attenzione il problema degli «holdouts» argentini.
In particolare, il Ministero degli affari esteri, pur non essendo parte diretta nella controversia che investe il Governo argentino ed i soggetti privati, monitora con la massima attenzione la vicenda e continua ad adoperarsi affinché l'aspirazione dell'Argentina a reinserirsi a pieno titolo nei mercati finanziari induca quel Governo a comprendere la necessità di onorare il debito anche nei confronti dei risparmiatori privati residui. In proposito, la posizione costantemente seguita dal Ministero degli esteri è stata quella di sfruttare tutte le occasioni di incontro, sia in ambito bilaterale che multilaterale, per rappresentare le istanze dei risparmiatori italiani presso il Governo argentino e per indurre quest'ultimo ad impegnarsi nella ricerca di una soluzione adeguata in linea con le legittime aspettative dei risparmiatori. Si ritiene infatti che solo la disponibilità al dialogo sia l'elemento in grado di creare il clima adatto al raggiungimento di un'intesa accettabile per le parti.
Nel dicembre del 2001, il Governo argentino ha dichiarato in default 81,8 miliardi di dollari di titoli in possesso di creditori privati. Di questi, oltre 400.000 risparmiatori italiani rappresentavano il primo gruppo di creditori stranieri, per circa 14 miliardi di dollari.
Nel gennaio 2005 ha avuto inizio il processo di ristrutturazione di tale debito con il lancio dell'offerta pubblica di scambio (Ops) dei vecchi titoli con nuove obbligazioni. Nonostante il valore stimato dei nuovi titoli fosse circa il 30 per cento di quelli in default (con un taglio senza precedenti nelle anteriori ristrutturazioni, anche di altri Paesi), l'Ops si è conclusa con un'adesione pari al 76,15 per cento.
Con l'avvio dell'ulteriore operazione di scambio dei titoli effettuata nell'estate del 2010 gli obbligazionisti italiani, detentori di titoli di Stato di quel Paese sudamericano in default, si sono ridotti, secondo la stima della Task Force Argentina (TFA-l'organismo creato dall'Abi per la tutela dei risparmiatori), a circa 80.000. In particolare, essi risulterebbero detentori di un capitale nominale (esclusi gli interessi) di Usd 1,8 miliardi, tra cui: 60.000 circa sarebbero i «bondholders» rappresentati dalla TFA (capitale nominale per Usd 1,3 miliardi) nell'azione avviata contro l'Argentina all'Icsid (il Tribunale arbitrale della Banca mondiale) per il recupero del capitale investito e degli interessi maturati; 20.000, circa gli «holdout bondholders» italiani residui (capitale nominale per Usd 500 milioni) che non hanno partecipato all'iniziativa della Tfa.

L'Argentina, dunque, con le offerte unilaterali di scambio del 2005 e del 2010, ha realizzato un taglio di oltre il 70 per cento del capitale ed è riuscita a rimuovere dal mercato mondiale circa il 93 per cento dei titoli in «default».
La procedura innanzi all'Icsid, a più di tre anni dall'avvio nel marzo 2007, non ha sinora prodotto alcun risultato per gli obbligazionisti italiani.
La questione degli «holdouts» argentini già era stata puntualmente oggetto di attenzione durante i colloqui tra il Ministro Frattini ed il Cancelliere Timerman tenutisi in occasione della visita a Roma, a dicembre 2010. Inoltre, pur in presenza di un consolidato contegno argentino nettamente propenso a considerare la tematica non tra quelle «aperte» a livello bilaterale, essendo considerata scelta eminentemente individuale e «privatistica» quella posta in essere da coloro che hanno ritenuto di non aderire alle due offerte di scambio, perseguendo ulteriori strade, il Ministro Frattini non ha mancato di evocare la problematica durante la sua recente visita a Buenos Aires, in aprile, svoltasi in concomitanza con la chiusura dei lavori della II riunione della Commissione mista economica. Egli ha potuto così rinnovare al suo interlocutore il vivo auspicio del Governo italiano per un'equa soluzione per i nostri risparmiatori, nello spirito di costruttiva amicizia e collaborazione che lega tradizionalmente i due Paesi e del quale la riattivazione della Commissione mista economica ha voluto costituire un elemento di rilancio. Il Ministro Timerman ha riconosciuto che esiste ancora «un debito» ed ha assicurato l'impegno da parte argentina a trovare una soluzione ampiamente condivisa. Tuttavia, Timerman stesso, nel ricordare che il 2011 è un anno elettorale in Argentina, ha aggiunto una nota di cautela, precisando di non poter ancora promettere che vi sarà una terza offerta di cambio, come auspicato da parte italiana, per i detentori di titoli argentini.
Preme infine rilevare che la visita del Ministro Frattini in Argentina, dopo un decennio in cui mancavano visite di Ministri degli esteri italiani nel Paese sudamericano, ed il ripristino della Commissione Mista con quel Governo si prefiggevano proprio la finalità di contribuire a creare condizioni favorevoli al superamento delle criticità ancora esistenti nel dialogo economico tra i due Paesi, in un'ottica di rilancio delle relazioni bilaterali che sembrano evidenziare ancora ampie potenzialità di sviluppo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2007 ha trasformato le graduatorie permanenti del personale docente in graduatorie ad esaurimento (articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre del 2006, n. 296);
fino all'anno 2010 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha continuato ad attivare corsi abilitanti con modalità identiche rispetto ai precedenti, frequentati da oltre 40.000 docenti;
nell'anno 2009, in via eccezionale, il Governo ha decretato la riapertura delle graduatorie ad esaurimento (articolo 5-bis della legge 30 ottobre del 2008, n. 169), consentendo l'inserimento a pieno titolo o con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione a circa 21.000 docenti immatricolati nell'anno accademico 2007/2008 ad alcuni dei corsi abilitanti attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
in quell'occasione è stato concesso l'inserimento a pieno titolo anche agli italiani abilitati in uno degli Stati dell'Unione europea (articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto ministeriale 8 aprile 2009, n. 42);
si è venuta così a determinare una situazione di disuguaglianza tra i 21.000 docenti inseriti nelle graduatorie per il biennio 2009/2011 e i circa 19.000 insegnanti esclusi dalle stesse graduatorie perché immatricolati in anni successivi, nonostante

essi si fossero iscritti ai corsi abilitanti attivati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dei medesimi decreti e prima del 15 febbraio 2011, data di approvazione del nuovo regolamento che disciplina la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti (decreto del 10 settembre 2010, n. 249);
l'ordine del giorno G105 accolto dal Senato durante la seduta n. 510 del 26 febbraio 2011 impegna il Governo «a prevedere un intervento normativo finalizzato a consentire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati dal 2009 ad oggi nei corsi a numero chiuso attivati su disposizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca -:
quali atti intenda predisporre il Ministro competente per sanare la situazione in questione.
(4-11554)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con il quale l'interrogante chiede che l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, previste dall'articolo 1, comma 605, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006), venga esteso ai docenti che hanno conseguito, dall'anno 2009 in poi, l'abilitazione nei corsi attivati presso le università.
Giova, al riguardo, riepilogare l'evoluzione normativa succedutasi con riferimento alla materia in discorso.
La legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), articolo 1, comma 605, ha trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, escludendo quindi la possibilità di nuovi inserimenti, salvo quelli dei soli docenti abilitati non ancora inclusi alla data di entrata in vigore della legge stessa o che stessero completando il percorso formativo abilitante presso le università autorizzate.
La finalità della legge n. 296 del 2006, istitutiva delle graduatorie ad esaurimento, era non solo quella di esaurire la lunga lista di precari inseriti nelle graduatorie, prevedendone la chiusura rispetto a nuovi ingressi, ma anche di innovare le modalità di formazione e reclutamento.
Successivamente, l'articolo 64 della leggera n. 133 del 6 agosto 2008 ha stabilito la sospensione delle procedure per l'accesso alle Ssis per l'anno accademico 2008/2009, e fino al completamento degli adempimenti riguardanti la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso e la revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione degli organici del personale Ata. È da precisare, in proposito, che le Università non hanno conseguentemente attivato alcun percorso abilitante, ma è stato autorizzato soltanto il completamento dei corsi relativi al biennio 2007-2009, al fine esclusivo di consentire, a coloro che li avessero iniziati, il proseguimento dei corsi stessi.
Il decreto legge n. 137 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008 ha, eccezionalmente, previsto all'articolo 5-bis l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento di coloro che hanno frequentato i corsi del IX ciclo presso le Ssis o i corsi Cobaslid attivati nell'anno accademico 2007/2008 ed hanno conseguito il titolo abilitante.
In applicazione della norma sopra citata, il decreto ministeriale n. 42 dell'8 aprile 2009, di integrazione ed aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per gli anni scolastici 2009/2010 e 2010/2011, ha individuato le categorie di aspiranti che potevano presentare domanda di inserimento nelle graduatorie, sia a pieno titolo che con riserva.
Tra questi ultimi figuravano, ai sensi del comma 6 dell'articolo 4 del decreto, coloro che, iscritti ai corsi Ssis e Cobaslid nell'anno 2007/2008, non conseguivano il titolo abilitante entro la data del 30 giugno 2009, rinviando ad un successivo decreto il termine entro il quale disporre lo scioglimento della riserva, previa autocertificazione del conseguimento del titolo. Detto termine è stato fissato, con successivo decreto ministeriale n. 39 del 22 aprile 2010, alla data del 30 giugno 2010.

In base al sopra descritto quadro normativo, il recente decreto ministeriale n. 44 del 12 maggio 2011, di aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, trattandosi di atto di natura amministrativa, non può prendere in considerazione situazioni diverse da quelle contemplate dalle disposizioni legislative vigenti. Conseguentemente, i titoli conseguiti da coloro che si sono iscritti successivamente all'anno accademico 2007/2008 alle Ssis agli altri percorsi abilitanti non sono idonei a consentire l'inclusione nelle graduatorie ad esaurimento.
Il titolo abilitante conseguito dagli interessati è, comunque, utile per l'inserimento nelle graduatorie d'istituto di seconda fascia e permette l'accesso alle future procedure di reclutamento, da attivarsi in coerenza con quanto previsto dal regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti approvato con decreto ministeriale n. 249 del 2010.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SILIQUINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
non vi è nessun riferimento nel decreto legislativo n. 322 del 1989, che istituisce il Sistema statistico nazionale - SISTAN, riguardo a chi deve dirigere gli uffici di statistica, mentre già nel regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e nella legge n. 1748 del 1930, restate dal 1989 disattese, veniva «Riconosciuta l'urgente ed assoluta necessità di promuovere la preparazione tecnica del personale destinato ad esercitare funzioni direttive negli uffici di statistica istituiti presso enti statali, parastatali e autarchici», quindi nell'articolato veniva deciso che:
«articolo 1 - Gli uffici di statistica esistenti o che verranno istituiti presso enti autarchici e parastatali devono avere funzioni organicamente distinte da quelle degli altri servizi ed essere diretti da persone fornite di speciale abilitazione nelle discipline statistiche.
articolo 2 - I funzionari addetti alla direzione degli uffici di statistica delle amministrazioni dello Stato a termini del regio decreto-legge 27 maggio 1929, n. 1285, devono essere forniti del titolo di speciale abilitazione nelle discipline statistiche di cui al seguente articolo 3 - L'abilitazione alle funzioni suindicate si consegue mediante un esame sostenuto presso le università o gli istituti superiori del regno in conformità delle disposizioni che saranno impartite con decreto del capo del governo, di concerto col ministro per l'educazione nazionale»;
per garantire la necessaria professionalità negli uffici di statistica del SISTAN il Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica - Comstat, emanava la direttiva n. 1/ del 15 ottobre 1991, reiterandola per le varie diversità di enti, con le «Disposizioni per gli uffici di statistica del Sistema statistico nazionale, loro organizzazione o loro eventuale riorganizzazione, che all'articolo 4, dice:
«1. Il personale dell'ufficio di statistica deve essere quantitativamente e qualitativamente adeguato all'attività statistica da svolgere e possedere la preparazione professionale statistico-informatica necessaria per l'uso delle apparecchiature informatiche in dotazione.
2. Il responsabile dell'ufficio deve essere preferibilmente un funzionario con precedenti esperienze statistiche, per aver diretto uffici di statistica o per aver curato particolari indagini statistiche, oppure laureato o diplomato in discipline statistiche o che abbia superato corsi di qualificazione professionale in materie statistiche o, ancora, che abbia svolto ricerche o pubblicato lavori di rilievo nello stesso campo»;
ne è derivato che da venti anni si verifica la deprofessionalizzazione specifica del Sistema statistico nazionale, come risulta dalle annuali «Relazioni al Parlamento sull'attività dell'Istat sulla raccolta, trattamento e diffusione dei dati statistici

della P.A. e sullo stato di attuazione del programma statistico nazionale», ultima del maggio 2010 con dati dell'anno 2009; infatti i laureati in statistica sono solo il 5,4 per cento degli oltre 10 mila addetti negli uffici di statistica e alla loro direzione, per la quale talvolta è necessario sentire il presidente dell'Istat, la quota dei laureati in statistica è pari al 3,2 per cento, contro il 18,1 per cento dei laureati in materie giuridiche. Le quote più alte di responsabili laureati in statistica si osservano per le amministrazioni centrali (44,4 per cento), per gli enti nazionali (37,9 per cento) e per le regioni e province autonome (23,8 per cento). Si riconferma, invece, lo scarso peso della specializzazione in discipline statistiche nelle altre amministrazioni, in particolare nei comuni fino a 100 mila abitanti (1,5 per cento) e meno nelle prefetture-Utg, alle quali, in assenza di professionalità specifica nell'ufficio, «compete il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale di tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta ed alla elaborazione dei dati statistici, come individuate dall'ISTAT»; eppure il regio decreto-legge 24 marzo 1930, n. 436, e la legge n. 1748 del 1930 prevedeva che per dirigere l'ufficio di statistica era necessario aver superato l'esame di Stato nelle discipline statistiche, tutt'ora esistente e nella forma delle lauree 3+2, ora necessario solo per certificare la professionalità di chi va a dirigere gli uffici di statistica nella pubblica amministrazione, in quanto tale esame non garantisce l'iscrizione ad un Albo professionale tutt'ora non esistente, anche se dal 1966, ossia da 46 anni, sono state presentate in Parlamento nelle varie legislature specifiche proposte di legge, e ora anche la sottoscritta ha presentato alla Camera una proposta di legge, che reca il n. 1294, sull'Ordinamento della professione di statistico nonché l'istituzione dell'Ordine e dell'albo degli statistici;
giova ricordare che negli uffici di statistica è stato assunto il 94,6 per cento di non statistici, mentre gli statistici operativi attualmente in Italia sono oltre 30 mila, dato che dalle università negli ultimi anni, con dati di difficile reperimento visto che l'Istat pubblica nell'annuario statistico i laureati in scienze statistiche globalmente con i laureati in economia, sono usciti nella totalità delle diverse specializzazioni in attuariali, demografiche, economiche, e altro negli anni 1981 (227 laureati), 1986 (336), 1991 (544), 1996 (-860), 2001 (1.428), 2002 (1.845), 2003 (1.903), 2004 (1.845), 2005 (1.689), 2006 (1.360), 2007 (1.128), 2008 (1.134), 2009 (1.223); ossia un numero più che sufficiente a coprire le necessità operative e professionali degli uffici di statistica del SISTAN;
inoltre risulta che sono 10.063 gli addetti alla statistica pubblica che operano negli uffici di statistica (3.391) per cui il numero medio di addetti nel 2009 è di 3,0 addetti per ufficio e data la scarsa professionalità specifica in campo statistico degli addetti negli uffici, con diplomi di secondo grado il 59,6 per cento, la quasi metà degli uffici rispondenti al questionario dell'ISTAT dichiara di non svolgere mai la validazione delle pubblicazioni (46,9 per cento), il 41,1 per cento lo fa a volte e solo il 6,8 per cento lo fa sempre, per cui i dati che diventano statistiche ufficiali vengono solo in parte certificati, nonostante le specifiche direttive del Comstat;
è noto che molti posti messi a concorso per statistici negli uffici di statistica della pubblica amministrazione sono stati assegnati erroneamente anche a laureati in scienze politiche ed in economia e commercio, data la generica equipollenza con scienze statistiche, facendo riferimento al decreto 12 agosto 1991, che però riguardo ai pubblici concorsi è stato integrato, riservando quindi agli statistici i posti di «collaboratore statistico» nella pubblica amministrazione, come segue: 1. Il decreto del 12 agosto 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212, del 10 settembre 1991, relativo all'equipollenza delle lauree in scienze statistiche viene integrato come segue: «Ai pubblici concorsi per il profilo professionale di collaboratore statistico possono partecipare soltanto i laureati in scienze statistiche e demografiche, scienze statistiche e attuariali e scienze statistiche

ed economiche», Decreto Interministeriale 12 agosto 1991 (Gazzetta Ufficiale del 10 settembre 1991, n. 212);
occorre sapere che nel SISTAN il 96 per cento degli uffici di statistica è costituito da strutture polifunzionali che non svolgono compiti unicamente statistici, mentre nel regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436 veniva deciso che gli uffici di statistica «devono avere funzioni organicamente distinte da quelle degli altri servizi», e il principio è stato reiterato, ma senza risultato, nelle direttive del Comstat, dove per l'assetto organizzativo è detto che gli uffici di statistica devono avere «funzioni organicamente distinte da quelle di altri servizi» e che tale autonomia funzionale «è realizzata, di norma, costituendo l'ufficio stesso in unità organica a se stante» -:
se non ritenga opportuno:
a) attivarsi per richiamare la responsabilità dei vertici delle amministrazioni pubbliche, alle cui dipendenze dovrebbe essere l'ufficio di statistica, verso l'applicazione del regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e della legge n. 1748 del 1930 per quanto attiene alla reale professionalità degli operatori, specie dei direttori degli uffici di statistica, mediante l'emanazione di una specifica direttiva per gli uffici di statistica che garantisca nel loro ambito la necessaria professionalità statistica degli addetti, ora ridotta al 5,4 per cento, visto che non è stata garantita né dal Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica - Comstat, né dalla Commissione per la garanzia dell'Informazione Statistica (CGIS) e neppure dallo stesso istituto nazionale di statistica - Istat;
b) assumere iniziative dirette a rivedere le norme del decreto legislativo n. 322 del 1989, al fine di integrarlo con il recepire le disposizioni del regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e della legge n. 1748 del 1930 e predisponendo delle modifiche alle emanate Direttive del Comstat al fine di garantire negli uffici di statistica, in futuro, la presenza di personale già qualificato da specifici studi accademici e la cui professionalità sia attestata dall'avere superato l'esame di Stato nelle discipline statistiche, come era prima del 1989.
(4-10790)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione alcuni chiarimenti in merito al personale che presta la propria attività nel sistema statistico nazionale (Sistan), si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, è d'uopo chiarire che gli elementi di seguito riportati sono stati forniti all'esito di un'istruttoria avviata con l'Istat, Istituto nazionale alla cui competenza è affidato, in via principale, la realizzazione dei censimenti generali nonché l'esecuzione della maggior parte delle indagini comprese nel Programma statistico nazionale.
Il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante «Norme sul Sistema Statistico Nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di Statistica, ai sensi dell'articolo 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400», all'articolo 3 prevede l'istituzione di uffici di statistica, dipendenti funzionalmente dall'Istat, presso le amministrazioni centrali dello Stato e le aziende autonome, la cui organizzazione tiene conto delle esigenze di carattere tecnico-statistico individuate dallo stesso Istat. Ciascun ufficio è diretto da un dirigente o da funzionario la cui designazione è ad opera del Ministro competente, sentito il parere del Presidente dell'Istat.
Il medesimo decreto legislativo, all'articolo 4, stabilisce che possono essere costituiti anche uffici di statistica presso enti ed amministrazioni pubbliche, avendo riguardo alla rilevanza delle attività dell'ente o dell'amministrazione, nell'ambito dell'informazione statistica nazionale e delle esigenze di completamento del sistema informativo nazionale. Tali uffici sono istituiti, in base alle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro vigilante ed il Presidente dell'Istat.

L'attività degli uffici di statistica è regolamentata dalle direttive e dagli atti di indirizzo del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica di cui all'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 322 del 1989.
L'articolo 3 della direttiva Comstat (Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica) n. 1 recante «Disposizioni per gli uffici di statistica del Sistema statistico Nazionale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 322 del 1989, loro organizzazione e loro eventuale riorganizzazione» disciplina l'organizzazione degli uffici di statistica, stabilendo che questi devono essere strutturati in modo tale da consentire lo svolgimento dei compiti indicati dall'articolo 2 della medesima direttiva, nonché per le funzioni ivi descritte, prevedendo un'articolazione dell'ufficio, per materia, ovvero per aree funzionali.
Con specifico riferimento all'assetto organizzativo di detti uffici, la citata direttiva, all'articolo 1, qualifica gli uffici di statistica quali unità organizzative a se stanti, distinte dagli altri uffici dell'amministrazione di appartenenza, specificando che, nell'ipotesi in cui ad un ufficio vengano attribuite, per ragioni organizzative, più funzioni tra cui quella statistica, questa deve avere carattere «prevalente» e la denominazione dell'ufficio dovrà contenere espressa menzione della funzione statistica.
Con riguardo al personale addetto a ciascun ufficio di statistica, l'articolo 4 precisa che questo deve essere idoneo, in termini di quantità e qualità, allo svolgimento dei compiti assegnati a ciascun ufficio e possedere una preparazione professionale in campo «statistico-informatico», tale da garantire un corretto utilizzo delle apparecchiature informatiche. L'articolo de quo, indica, quale titolo di preferenza, ai fini dell'attribuzione dell'incarico di responsabile dell'ufficio di statistica, l'aver maturato, con la qualifica di funzionario, «(...) precedenti esperienze in campo statistico, per aver diretto uffici di statistica o per aver curato particolari indagini statistiche», oppure il possesso di un titolo di laurea o diploma in discipline statistiche, o ancora, l'aver conseguito corsi di qualificazione professionale in materie statistiche, o l'aver svolto ricerche o pubblicato lavori nel medesimo campo.
Il citato articolo 4, inoltre, detta disposizioni in materia di assegnazione del personale addetto all'ufficio e relative mansioni, precisando che detto personale deve essere selezionato in modo tale da rendere l'ufficio adeguato a fronteggiare le necessità operative e attribuisce all'Istat, sentito il parere del Comstat, il compito di dare indicazioni - a seguito di segnalazione dei responsabili degli uffici di statistica - in merito alla «qualificazione o riqualificazione» del personale addetto a ciascun ufficio.
Le medesime disposizioni in materia di organizzazione degli uffici di statistica, sono ribadite nell'Atto di indirizzo Comstat n. 1 in materia di «Criteri organizzativi degli uffici di statistica di cui all'articolo 2, lettera g) del decreto legislativo n. 322 del 1989».
In considerazione di quanto sopra esposto, si rileva che la citata normativa non prevede obbligatoriamente il possesso della laurea in statistica, quale requisito essenziale per ricoprire l'incarico di Responsabile dell'ufficio di statistica costituito presso un ente pubblico, né di operatore addetto allo stesso ufficio. Il dirigente di un ufficio di statistica deve essere un esperto «in statistiche» piuttosto che «in statistica», con la capacità di costruire, analizzare e interpretare i dati in diversi campi, quali, ad esempio, l'economia, la società, le istituzioni, l'ambiente, e altri aspetti di rilievo generale. Al riguardo, si osserva che, come già precisato dall'Istat con Circolare n. 1 dell'8 agosto 1994, «l'attività statistica non può essere riferita al solo espletamento di attività statistiche, ma comprende il complesso dei compiti che la vigente normativa (decreto legislativo n. 322 del 1989 e direttive Comstat) assegna all'ufficio».
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

STRIZZOLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comune di Lignano Sabbiadoro, provincia di Udine, è una città turistica

nata nel 1903 e sviluppatasi negli anni sessanta con un notevole insediamento urbanistico con particolarità e caratteristiche storico-ambientali;
fra le particolarità sopra richiamate, particolare significato assume la pavimentazione progettata e iniziata nel 1915 - all'inizio del primo conflitto mondiale - dal genio Militare con funzione di pista di posizionamento e transito dell'artiglieria pesante, a difesa dei confini italiani, dagli eventuali attacchi della marina dell'impero Austro-Ungarico che aveva il suo fronte avanzato in località Porto Buso, posta a confine con Lignano che in quel periodo storico rappresentava l'ultimo approdo marittimo posto sotto la sovranità italiana;
l'opera che si identifica con l'area del Lungomare Trieste, dopo essere stata sospesa a seguito della ritirata di Caporetto, fu ripresa e completata dal genio Civile nel 1935 e con la sua caratteristica ornatura di centinaia di pini mediterranei rappresenta da sempre un simbolo della città turistica di Lignano Sabbiadoro;
recentemente l'amministrazione comunale ha programmato un radicale rifacimento del Lungomare Trieste che prevede l'abbattimento di gran parte dei suoi storici pini;
il progetto prevede una frammentaria sequenza di spazi che priveranno il Lungomare del suo aspetto unitario, che oggi permette di sopportare il giusto rapporto tra città ed arenile;
la fase preliminare del progetto è ormai terminata e si sta per approvare la versione definitiva, senza che sia stata data alla cittadinanza una chiara e completa esposizione sulla motivazione, sulle caratteristiche e sugli effetti dell'intervento;
il Lungomare Trieste rappresenta un insostituibile patrimonio dell'intera comunità e dei suoi ospiti per le sue caratteristiche paesaggistiche, storiche e turistiche;
sulla base del progetto presentato i finanziamenti disponibili consentiranno di intervenire solo su una parte del lungomare mentre tali finanziamenti risulterebbero invece sufficienti per un intervento di valorizzazione sull'intero asse;
fra la cittadinanza è maturata una forte opposizione al progetto, che se realizzato arrecherà un danno permanente ed irreversibile a tutta la località e, in opposizione agli intendimenti dell'amministrazione comunale si è costituito un comitato civico per difendere i valori storico-ambientali del Lungomare Trieste di Lignano Sabbiadoro e ha promosso una petizione, già inviata a tutte le istituzioni locali e nazionali con un vasta raccolta di firme;
il patrimonio turistico-ambientale rappresentato da Lignano Sabbiadoro assume un grandissimo rilievo per l'intera comunità friulana e regionale, anche per l'importanza economica e sociale che il centro ha raggiunto in questi anni nella realtà della regione Friuli Venezia Giulia e dell'intero Nord-Est italiano;
il comitato civico sopra richiamato ha anche proceduto all'inoltro al Ministero per i beni e le attività culturali, di una richiesta di vincolo sull'area -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato circa la necessità di una tutela storica, culturale e ambientale per il Lungomare Trieste di Lignano Sabbiadoro così come richiesto e sollecitato dal comitato e dalle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto la petizione.
(4-10505)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al progetto di rifacimento del lungomare Trieste, si ritiene opportuno specificare che il lungomare Trieste di Lignano Sabbiadoro è stato sin dagli inizi del novecento l'asse portante di sviluppo dell'abitato lungo il quale sono state erette le prime ville ed alberghi.
Singolare importanza rivestì anche allo scoppio della prima guerra mondiale, quando Lignano si trovava a pochi chilometri dal confine austroungarico.

Venne progettata ad usi bellici una pavimentazione che venne ultimata nel 1935 all'epoca dello sviluppo definitivo della stazione balneare. Nello stesso periodo furono realizzate le file di alberature laterali.
Per le ragioni suddette il lungomare è stato sottoposto alla tutela dell'articolo 10, comma 4, codice dei beni culturali, come via di interesse storico.
Pertanto, si rassicura l'interrogante che ogni intervento di modificazione del lungomare necessita del preventivo nulla osta della Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio del Friuli Venezia Giulia che non mancherà di vagliare attentamente il progetto e contemperare le esigenze di tutela del bene anche in vista di del rinnovamento del lungomare.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Giancarlo Galan.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i sindaci al momento della loro nomina giurano sul corretto assolvimento del proprio ruolo ed emettono spesso ordinanze legate alla gestione dell'ordine pubblico, agli orari di spettacoli, alla circolazione stradale e di altro tipo;
numerosi sindaci hanno anche emesso ordinanze per la regolamentazione - ad esempio - dell'accattonaggio o di altre attività abusive;
spesso il sindaco - davanti all'evidenza di una situazione irregolare o comunque non coerente con quanto disposto -non ha neppure la possibilità di poter identificare un cittadino ed in qualsiasi situazione deve richiedere l'intervento delle forze dell'ordine o dei vigili urbani che però non sempre sono immediatamente disponibili;
la stessa polizia locale e/o i vigili urbani non sono peraltro presenti in molti comuni minori e sempre più vi saranno amministrazioni locali senza queste figure anche conseguentemente ai tagli della spesa ed al mancato turnover dei dipendenti;
apparirebbe utile che un qualsiasi sindaco - proprio in virtù del proprio ruolo e considerando anche ai sua elezione diretta da parte dei cittadini - possa assumere anche quello di «controllore», nel senso di poter chiedere i documenti ai cittadini, emettere una sanzione in flagranza di violazione a regolamenti o al codice della strada, ciò senza per questo ricevere alcun emolumento;
non si deve trasformare il sindaco nella figura di uno «sceriffo», ma è coerente con la realtà e con le situazioni oggettive il permettere una tempestività di intervento e di eventuale sanzione -:
se non si ritenga di assumere iniziative, anche normative, affinché - a richiesta degli interessati - si possa concedere ai singoli sindaci in carica, previa domanda ai prefetti, la possibilità di identificare i cittadini (previa loro stessa identificazione agli interessati) e di svolgere le funzioni più semplici di norma delegate alla polizia municipale, soprattutto là ove vi sia oggettiva carenza di organico.
(4-08114)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante circa l'impossibilità di poter esercitare - nelle vesti di amministratore dell'ente locale - le funzioni di identificazione delle persone mediante richiesta dei documenti, così come invece è previsto per gli agenti della polizia municipale, si osserva, in via preliminare, che la vigente normativa in materia non consente l'accoglimento di tale richiesta, considerato che la questione attiene all'esercizio delle potestà connesse con la qualifica di agente di pubblica sicurezza, non riconosciuta al Sindaco.
Infatti, la legge-quadro sulla polizia municipale n. 65 del 1986, prevede un chiaro riparto di competenze tra l'organo di vertice dell'amministrazione comunale, che «impartisce le direttive, vigila sull'espletamento del servizio e adotta i provvedimenti previsti dalle leggi e dai regolamenti», ed il personale

di polizia municipale, al quale affida i compiti esecutivi ed operativi inerenti a dette funzioni tra le quali, ai sensi dell'articolo 5 della stessa legge, sono comprese le funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale e ausiliarie di pubblica sicurezza.
Si rileva, peraltro, che l'assetto organizzativo delineato dal decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modifiche ed integrazioni, assegna agli amministratori compiti di indirizzo e di controllo, mentre l'attività gestionale è demandata alla struttura burocratica dell'ente medesimo, costituita dal personale dirigenziale al quale spetta il compito di dirigere gli uffici e/o servizi mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
L'intento del legislatore è chiaramente improntato all'esigenza di tenere ben distinte - nell'ambito dell'organizzazione dell'ente - le varie componenti che tutte insieme concorrono a garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa e una maggiore efficienza ed efficacia della stessa.
La sola deroga al principio generale di separazione dei poteri è contenuta nell'articolo 53, comma 23, della legge n. 388 del 2000, come modificato dal comma 4, dell'articolo 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che consente agli enti locali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti - previa adozione di norma regolamentare - di attribuire ai componenti dell'organo esecutivo la responsabilità degli uffici e/o dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale, al fine di operare un contenimento della spesa che dovrà essere, tuttavia, puntualmente documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio.
Il vigente ordinamento prevede già degli istituti volti proprio a venire incontro alle difficoltà che incontrano i comuni nel garantire il regolare funzionamento dei servizi, con particolare attenzione ai comuni di minore dimensione. Si pensi, ad esempio, agli articoli 30 e seguenti dello stesso T.U.O.E.L. che disciplina le forme associative nonché all'articolo 14 del C.C.N.L. del 22 gennaio 2004, regolante il personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione (cosiddetto «scavalco»), oppure, ma solo per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, alla disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 557 della legge n. 31 del 2004, concernente la possibilità di utilizzo dei dipendenti di altri enti locali, purché autorizzati dall'amministrazione di competenza.
Si soggiunge che il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 all'articolo 14, comma 28, stabilisce l'obbligatorietà per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (esclusi le isole monocomune ed il comune di Campione d'Italia), di esercitare in forma associata, attraverso convenzione o unione, le funzioni fondamentali di cui all'articolo 21, comma 3 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Con riferimento al caso prospettato dall'interrogante, si rappresenta che le disposizioni contenute nei commi 132 e 133 dell'articolo 17, della legge n. 127 del 1997, elencano in modo tassativo le categorie di soggetti alle quali il Sindaco può conferire le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di codice della strada.
Pertanto, anche su concorde avviso espresso dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza, si deve ritenere preclusa la possibilità di conferire le funzioni di ausiliario del traffico a soggetti diversi da quelli espressamente stabiliti dalla normativa di riferimento.

Alla luce della richiamata normativa non si ravvisa, pertanto, l'esigenza di prevedere modifiche legislative che potrebbero incidere significativamente sul principio ormai consolidato di separazione tra l'attività di indirizzo e l'attività di tipo gestionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sui quotidiani della zona del Lago Maggiore nella giornata di oggi viene data ampia diffusione alla notizia di una prossima riduzione delle corse di battelli e

traghetti sul lago, motivandolo per i «tagli» imposti alla Navigazione lago Maggiore dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
quali siano concretamente, in termini economici, i tagli che il Ministero apporterà alla gestione della navigazione dei laghi Maggiore, Garda e di Como e se ciò comporterà effettivamente una riduzione del numero degli addetti ed alle corse di linea sul lago.
(4-09573)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che per l'anno 2011 non sono previsti tagli agli stanziamenti relativi al pagamento della sovvenzione di esercizio alla gestione governativa per i laghi Maggiore, di Garda e di Como. Piuttosto, si sottolinea che oltre allo stanziamento stabilito con la legge di bilancio 2011, pari ad euro 16.836.156,00 con gli articoli 12-bis e ter del decreto-legge 225 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge 10 del 2011, sono stati attribuiti alla gestione dei suddetti laghi ulteriori finanziamenti pari ad euro 2.000.000, nonché la facoltà di utilizzazione per gli anni 2011-2012 degli avanzi di amministrazione derivanti dai bilanci consuntivi 2009-2010.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA, PICCHI, ANGELI, PAPA, CASSINELLI, TORRISI, BIAVA, DI CATERINA, DE ANGELIS, NASTRI, TADDEI, LABOCCETTA, VENTUCCI, LISI, SCELLI, SBAI, ASCIERTO, HOLZMANN, LANDOLFI, VALDUCCI, MIGLIORI, VERSACE, MINASSO, SAMMARCO, ABELLI, TOCCAFONDI, MAZZOCCHI, FRASSINETTI, SALTAMARTINI, BIANCONI, LAFFRANCO, CORSARO, BERARDI, LAINATI, GREGORIO FONTANA, GIULIO MARINI, MOLES, CATTANEO, PAGANO, LEO, DI VIZIA, RIVOLTA, COMAROLI e STUCCHI. - Al Ministro per gli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sulla situazione scolastica della comunità italiana di Stoccarda si leggono da tempo una serie di polemiche ma, i sottoscritti interroganti - presi anche contatti con la nostra comunità ivi residente - ritengono che sussistano anche forti pressioni politiche sul Ministero degli affari esteri per favorire specifici gestori per le iniziative scolastiche finanziate sul capitolo 3153/2011;
ricordando che Stoccarda è la principale circoscrizione consolare d'Europa e la seconda al mondo, con una comunità che soffre di difficoltà scolastiche particolarmente serie. Il Ministero degli affari esteri ha affidato tempo fa le proprie iniziative scolastiche complementari a quelle organizzate dal consolato generale ad enti gestori «storici» come l'Enaip per i corsi di lingua italiana e lo lal-Cisl e progetto scuola per il recupero in lingua tedesca;
constano all'interrogante storiche simpatie di tali enti nei riguardi dell'attuale opposizione parlamentare e nel tempo hanno avuto destinate risorse statali enormi anche se tuttora gli italiani sembrano avere il peggiore livello di scolarizzazione tra gli stranieri, bassissimi livelli di frequentazione nei licei, livelli stabili ed allarmanti nelle scuole differenziali. Nelle università i nostri studenti sono ancora troppo pochi, e molto meno delle altre comunità;
in un quadro simile, da decenni, pochi ed immutabili personaggi della medesima area politica, a tali enti variamente legati, rappresentanti la comunità, alcuni già a suo tempo raggiunti da provvedimenti anche di carattere penale hanno saputo strumentalizzare abilmente il contesto migratorio che vi risiede, nonché il disagio degli italiani a Stoccarda;
non appena siano state avanzate riserve dal consolato di Stoccarda circa i criteri di scelta degli enti gestori sono iniziate forti condizioni mediatiche contro la struttura consolare, forse legate anche agli importanti valori economici che venivano messi in gioco;
nonostante ciò risulta agli interroganti che l'amministrazione non ha ceduto

a pressioni di ogni tipo avviando un attento ed approfondito controllo dei bilanci dei predetti enti gestori. I risultati sono noti: una ponderosa trasmissione degli atti in procura della Repubblica a Roma lo scorso mese di ottobre;
nonostante ciò risulta agli interroganti che al momento di esprimere il prescritto parere per avviare le attività scolastiche per il 2011, il consolato di Stoccarda abbia ritenuto di appoggiare con convinzione due enti nuovi in questo sistema, privi di qualsivoglia connotazione patronal-sindacale o partitica;
si tratta di enti composti di persone che, nella vita professionale, hanno saputo costruirsi una posizione indipendentemente dalle risorse del nostro Stato: la D.I.G. (Deutschitalienische Gesellschaft, «Società Italo-Tedesca») di Karlsruhe per i corsi di lingua italiana e Lernerfolg per il sostegno in lingua tedesca, ciò appare in evidente contrasto con gli interessi di altri e precedenti beneficiati dei fondi per i corsi scolastici e non sarebbero mancate pressioni per cercare di accreditare al Ministero degli affari esteri un quadro profondamente fuorviante ed inesatto, quando non addirittura umiliante di questi enti, politicamente indipendenti;
trattasi però di enti seri ed operativi: risulta infatti che la D.I.G. (Deutschitalienische Gesellschaft, «Società Italo-Tedesca») sia attiva da oltre 60 anni e regolarmente registrata a Karlsruhe, conta circa 450 soci, eroga corsi di lingua per adulti a circa 400 persone, vanta collaborazioni di lunga data con l'istituto di cultura e con il consolato generale che vi distaccò, anni addietro, un proprio docente per i corsi di pertinenza, il suo presidente è stato uno stimato dirigente di una multinazionale in Germania ed il suo vice è l'ex assessore alla cultura di Karlsruhe (seconda città del Land e sede di Corte costituzionale). Tale ente ha saputo instaurare un rapporto consulenziale di eccellenza con la Dante Alighieri a Roma in persona del segretario generale dottor Masi e con il dipartimento di italianistica dell'università di Heidelberg professor Radtke;
Lernerfolg, poi, è nato in seguito ad una intensa collaborazione tra il nostro consolato generale ed il Ministero dell'istruzione di Stoccarda, che vi partecipa con un proprio referente nel consiglio direttivo, e ciò consentirà di accedere a coordinamenti sinora insperati con le scuole tedesche in cui i nostri ragazzi sono in difficoltà. Un'opportunità preziosissima mai prima d'ora dischiusasi e che sarebbe assurdo ed incomprensibile lasciare cadere;
entrambe tali proposte sono ampiamente in regola con i requisiti formali (in particolare le norme non prevedono alcuna necessaria convenzione con il Kultusministerium a questo proposito), entrambe godono di stima indiscussa nei rispettivi ambiti, entrambe sono le uniche candidature a ricevere i contributi ministeriali 2011 che rispettino lo stringente disposto normativo, a maggiore ragione dopo l'avvenuta recente formale esclusione degli «enti storici» in seguito ai citati problemi contabili;
essendo emersa la concreta possibilità del cambiamento del sistema degli enti gestori rappresentato dalla forte probabilità di successo di D.I.G. e Lernerfolg, è stata esercitata una pressione intensa per scongiurare questa eventualità in ogni modo;
ciò sarebbe avvenuto - secondo le informazioni raccolte dagli interroganti - anche presentando una candidatura, quella del Coasscit di Friburgo, legata anche al consigliere CGIE Cristalli, che sarebbe stata ispirata da strutture interne al Ministero;
in questo quadro, il Ministero degli affari esteri si trova in questi giorni a decidere a quale tra tali due contesti affidare la gestione dei corsi per il 2011: la scelta di D.I.G. e Lernerfolg oppure il Coasscit di Friburgo;
nelle more della decisione consta che siano state effettuate pressioni perché

salga il malcontento delle famiglie mentre alcuni referenti della comunità, anche con campagne di stampa o con manifestazioni di protesta (che peraltro risultano all'interrogante molto poco seguite), indicano, ad avviso degli interroganti strumentalmente, il console a Stoccarda come responsabile dei ritardi nell'assegnazione dei corsi;
sussiste, quindi, il rischio che per ragioni di urgenza e senza una serena istruttoria, si possa assegnare la gestione delle iniziative scolastiche al Coasscit di Friburgo, in tal modo soddisfacendo le insistenze di quello che appare essere un vero e proprio gruppo di pressione;
se dallo scorso autunno i corsi di sostegno sono bloccati come conseguenza dei problemi contabili degli enti (malgrado il titolare della sede avrebbe richiesto più volte invano l'attivazione di alternative per assicurare il servizio), ora, nell'attesa della scelta, anche i corsi di lingua italiana hanno conosciuto un lungo periodo di blocco dal 1° gennaio, con comprensibili reazioni di protesta delle famiglie. Il console generale reggente avrebbe però dalla settimana scorsa potuto dare una svolta alla situazione, avviando temporaneamente i corsi di lingua (nell'attesa di una decisione che le pressioni del citato gruppo di interessi rende sempre più complessa) solo con una sua coraggiosa decisione, dissuasa ma inevitabile stante l'urgenza, resa possibile dal reperimento in quel momento di risorse in loco, incaricandone la DIG, unico ente normativamente in regola per i corsi di italiano;
è illuminante considerare che, di fronte alla ripresa delle lezioni, alcuni esponenti assai noti nel mondo dell'emigrazione, e che risulterebbero vicini al Pd a Stoccarda, avrebbero svolto forti pressioni sugli insegnanti perché non si giungesse ad una soluzione -:
se non ritenga opportuno verificare quanto esposto in premessa e favorire iniziative dirette finalmente a voltare pagina assegnando le iniziative scolastiche ad enti non politicamente legati;
se a tale fine il Ministro degli affari esteri intenda attivarsi direttamente per rimuovere gli ostacoli che una parte della sua stessa amministrazione ha posto a tali nuove ed opportune candidature e che agli interroganti appaiono non fondati;
quali iniziative il Ministro intenda assumere per difendere l'azione, coraggiosa ed inflessibile del console generale reggente, anche attraverso una sua prolungata permanenza in sede per terminare opportunamente una oramai indifferibile ed indispensabile azione di cambiamento. Il rischio che, terminato il servizio del titolare della sede, tutto torni nelle situazioni che Stoccarda ha conosciuto sinora è infatti molto concreto.
(4-10835)

Risposta. - I corsi di lingua e cultura italiana e le attività di sostegno all'integrazione dei nostri alunni rivestono un'importanza centrale nel quadro dell'azione di politica estera che la Farnesina svolge in Germania.
Il Ministero degli esteri si è, quindi, attivato con la massima attenzione per fronteggiare la situazione di stallo determinatasi a fine 2010 nella circoscrizione consolare di Stoccarda, quando le verifiche amministrative e contabili previste dalla legge hanno messo in luce criticità nei bilanci consuntivi 2009 degli enti gestori Enaip, Ial-Csl e progetto scuola destinatari di contributi ministeriali per la realizzazione dei corsi di lingua e di sostegno (documenti peraltro trasmessi alla Procura della Repubblica di Roma).
In attesa della pronuncia delle competenti autorità giudiziarie, la situazione venutasi a creare ha determinato per l'amministrazione l'impossibilità giuridica di erogare agli enti citati, che tradizionalmente svolgevano i corsi nella circoscrizione di Stoccarda, il saldo dei finanziamenti ministeriali 2010 nonché di valutare le loro richieste di contributi per la programmazione 2011.
Nel primario interesse della collettività italiana, la Farnesina ha pertanto valutato attentamente le modalità per superare l'impasse e consentire la ripresa dei corsi

all'inizio di quest'anno. A tal fine sono state accuratamente esaminate le proposte giunte dall'associazione «Deutsch-Italienische Gesellschaft» (D.I.G.) per i corsi di lingua e dall'istituto «Lernerfolg» di sostegno. Non è stato, invece, possibile vagliare la richiesta di contributo dell'ente gestore Co.as.sc.it. di Friburgo in quanto pervenuta tardivamente rispetto ai termini stabiliti dai regolamenti ministeriali.
Per quanto riguarda i corsi di lingua, essi sono ripresi a febbraio grazie all'assegnazione alla D.I.G. di Karlsruhe di una quota dei contributi forniti dal Land, tramite il Consolato generale di Stoccarda, per lo svolgimento di tali attività nelle circoscrizioni di Stoccarda e di Friburgo. L'assegnazione, sufficiente a finanziare i corsi fino a luglio, è stata disposta dall'ufficio consolare sulla base della valutazione del progetto presentato dalla stessa associazione.
Alla luce del positivo andamento delle attività e delle capacità organizzative dimostrate dalla D.I.G. in questa prima fase, il Ministero degli esteri ha stanziato ad aprile scorso un contributo all'associazione per consentire lo svolgimento dei corsi anche nella seconda parte dell'anno.
Per quanto concerne i corsi di sostegno, merita rilevare che la Farnesina già dal 2009 aveva sviluppato contatti con il Kultusministerium (assessorato alla cultura) di Stoccarda con l'auspicio di coinvolgere il Land nell'attività di sostegno promossa da enti locali, anche mediante contributi italiani, a favore dei giovani connazionali.
In questa prospettiva, anche al fine di poter valutare la richiesta dell'istituto Lernerfolg, la Farnesina ritiene auspicabile definire preventivamente tale forma di collaborazione in un'apposita convenzione con le autorità tedesche per identificare obiettivi, responsabilità, ed impegni reciproci nel quadro di un programma condiviso.
L'intesa costituirebbe un positivo esempio di strutturata cooperazione per un'azione congiunta italo-tedesca volta alla valorizzazione dei nostri studenti nella scuola locale, con l'obiettivo più ampio di favorirne la piena integrazione nel sistema formativo e, conseguentemente, in quello sociale e professionale tedesco.
Nella cornice descritta e sulla base delle soluzioni operative adottate, il Ministero degli esteri continuerà a monitorare attentamente la gestione dei corsi nella circoscrizione di Stoccarda per fare in modo che sia assicurata l'efficace prosecuzione della promozione della lingua e cultura italiana, e delle iniziative a beneficio delle nostre collettività residenti in Germania.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 153 comma 9 del decreto legislativo 163 del 2006, come riformulato ed approvato dal Consiglio dei Ministri - che aveva apposita delega in tal senso dal Parlamento - nel Luglio 2008, poi pubblicato con la Gazzetta Ufficiale dell'autunno dello stesso anno, disciplina i contratti pubblici e la libertà di impresa;
nel decreto legislativo citato vi è riserva di esclusività dell'attività di asseverazione dei «project financing» (finanza di progetto) solo a favore degli istituti bancari con esclusione da quest'attività delle società di revisione iscritte all'apposito albo presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 1966 del 23 novembre 1939;
questa norma è osteggiata ovviamente sia dalle società di revisione che dagli operatori del mercato ed ha avuto e ha in atto grande attenzione da parte della Commissione europea - direzione generale mercato interno e servizi unità 3° e 3-1° presso la Corte di Strasburgo per potenziale violazione del TFUE negli articoli 56 e 49 poiché porrebbe una ingiustificata restrizione della libera circolazione dei servizi e della libertà di intervento delle società di revisione, sia di quelle italiane che operative ed autorizzate in altri Stati membri;

conseguentemente la citata Commissione europea - direzione generale mercato interno e servizi utilità 3° e 3-1° presso la Corte di Strasburgo - avrebbe predisposto ed inviato al Governo italiano una richiesta di chiarimenti in merito;
è da ritenersi che la vertenza alla fine potrebbe portare a sanzioni all'Italia -:
se il ministro interrogato intenda chiarire le ragioni giuridiche poste a base di questa esclusione e se non vi sia la necessità di assumere le iniziative normative, necessarie per inserire tra i titolati alle asseverazioni nel campo della finanza di progetto anche le società di revisione operanti e previste dalla legge 1966 del 23 novembre 1939 e successive modificazioni così come da sempre è stato correttamente e precedentemente previsto nelle normative italiane.
(4-11742)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il recente decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia» ha introdotto importanti modifiche al decreto legislativo n. 163 del 2006 recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE».
Tra le disposizioni inserite su iniziativa diretta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si evidenzia l'articolo 4, rubricato «Costruzione delle opere pubbliche» in particolare si richiama il comma 2, lettera q), punto 1), che modifica, come auspicato dagli interroganti, l'articolo 153, comma 9, del citato Codice dei contratti pubblici.
Tale disposizione prevede infatti che l'attività di asseverazione può essere svolta da «un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso ed iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell'articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1935 n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966».
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Dino Cinel (CNL DNI 41S17 H580S) nato a Rossano Veneto il 17 novembre 1941 e residente a Cittadella, in via della Mura Rotta n. 34, aveva inoltrato il 18 maggio 2010 al comune di Cittadella la richiesta d'iscrizione anagrafica;
il 9 luglio 2010, Cinel produsse, a seguito della richiesta avanzata il 21 maggio 2010 dall'ufficiale d'anagrafe della documentazione attestante le generalità e lo «status civitatis», come suo unico documento in corso di validità un passaporto statunitense a nome di Dino Cinel nato in Rossano Veneto (Vicenza) il 17 novembre 1941, con la precisazione stampata nella pagina 27 del passaporto che egli è anche conosciuto (... negli Stati Uniti s'intende) come Dino Carlo Orsini;
ad adiuvandum, il 14 luglio 2010 produsse una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà per dichiarare di «... essere cittadino italiano per nascita, di aver perduto la cittadinanza nel 1979, di averla riacquisita il 30 settembre 1992...» e di non aver mai rinunciato alla cittadinanza italiana, accludendo il certificato di nascita rilasciato dal Comune di Rossano Veneto;
con raccomandata del 16 luglio 2010, l'ufficiale d'anagrafe, sindaco di Cittadella, ai sensi dell'articolo 10 legge 241 del 1990 gli comunicò la «proposta di provvedimento di diniego»;
il Cinel produsse allora: la certificazione del comune di Rossano Veneto attestante sia l'identità che la cittadinanza italiana; il passaporto italiano scaduto rilasciato a Dino Cinel in data 14 aprile 1993 dal Consolato generale di New York; il passaporto USA riportante le generalità di Orsini Dino Carlo, rilasciato il 5 maggio

2008 con scadenza 4 maggio 2018 ed annullato con quattro fori (Dino Carlo Orsini A.K.K. Cinel) dal Consolato d'America in Venezia;
agli atti risulta anche il certificato di attribuzione del numero di codice fiscale rilasciato in data 19 aprile 2010 dall'Agenzia delle entrate di Bassano del Grappa;
il 28 luglio 2010, il sindaco di Cittadella, ufficiale d'anagrafe, adottava il diniego che formalmente veniva notificato il successivo 29 luglio 2010;
il sindaco ha dichiarato pubblicamente (Il Mattino di Padova del 29 luglio) che pur essendo le ragioni del diniego della residenza «tecniche», «... la presenza di questa persona non è gradita nel nostro territorio comunale. Quindi la invitiamo a cambiare al più presto domicilio»;
Dino Cinel fu protagonista di uno scandalo pedopornografico esploso nel 1991 dal quale però ne uscì da innocente come comprovano i documenti che ha prodotto: certificato penale e dei carichi pendenti rilasciato dall'ufficio del casellario presso il tribunale di Padova e la dichiarazione del suo avvocato americano Arthur Lemman III Attorney at Law in New Orleans che attesta e certifica l'inesistenza di condanne o di procedimenti penali a suo nome;
a giudizio degli interroganti appare pretestuosa, a fronte dei documenti prodotti, la motivazione della impossibilità ad accertare l'identità della persona e le ragioni del diniego paiono essere piuttosto d'altra natura come dimostra anche il fatto che, a seguito del ricorso gerarchico presentato dall'avvocato Massimo Pieressa al prefetto di Padova contro il diniego di iscrizione anagrafica di Dino Cinel, il sindaco ha annunciato direttamente sulla stampa azioni legali per i contenuti del ricorso che ritiene diffamatori e segnalazioni all'ordine degli avvocati e ha mosso, sempre dalle pagine dei quotidiani locali, accuse di strumentalizzazione politica del caso da parte dell'avvocato Pieressa da tempo impegnato a difesa dei diritti civili;
l'iscrizione anagrafica di Dino Cinel è urgente anche per assicurare al cittadino italiano l'ottenimento del tesserino sanitario -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare al cittadino italiano Dino Cinel l'iscrizione nelle liste elettorali del comune di Cittadella;
se e quali azioni il Ministro interrogato intenda adottare nei confronti di chi non si sia attenuto scrupolosamente al rispetto della legge italiana in materia di rilascio dell'iscrizione anagrafica e di rispetto delle norme inerenti all'esercizio della propria funzione.
(4-08850)

Risposta. - Il regolamento anagrafico prevede che chi trasferisce la residenza dall'estero deve comprovare la propria identità mediante l'esibizione del passaporto o di altro documento equipollente (Articolo 14 decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989).
Nel caso del signor Cinel, la mancata produzione di un documento d'identificazione italiano e, in suo luogo, la produzione di due distinti passaporti rilasciati dalle autorità statunitensi, riportanti nomi diversi (Dino Cinel e Dino Carlo Orsini), hanno indotto il comune di Cittadella ad adottare un provvedimento di diniego dell'iscrizione anagrafica, in ragione dei dubbi legati alla esatta identificazione dell'istante.
In considerazione di tali dubbi, legati alla documentazione prodotta dall'interessato, non esattamente rispondente a quanto previsto dal citato articolo 14, il Prefetto di Padova, competente a decidere il ricorso gerarchico avverso il provvedimento adottato dal comune, ha sospeso tale decisione in attesa degli accertamenti sull'identità del ricorrente, avviati dalla locale Questura.
Il 20 gennaio 2011 il predetto ufficio ha trasmesso alla Prefettura la lettera del 31 dicembre 2010 con la quale il Ministero degli affari esteri ha comunicato che l'ambasciata statunitense in Italia - cui si era

rivolta per chiarimenti circa il rilascio di due distinti passaporti, (riferiti l'uno a Cinel Dino, l'altro a Orsini Dino Carlo e riportanti le stesse generalità anagrafiche) - ha precisato che il signor Dino Cinel alias Dino Carlo Orsini sono la stessa persona che risulta essere in possesso di un solo passaporto valido, rilasciato il 26 giugno 2010.
Pertanto, a seguito dell'acquisizione di tali risultanze istruttorie, la prefettura di Padova, con provvedimento del 1° marzo 2011, ha accolto il ricorso incaricando il Sindaco di Cittadella di darne esecuzione provvedendo all'iscrizione del signor Cinel nell'anagrafe della popolazione residente in quel Comune.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si legge in un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica dell'8 febbraio 2011, la Corte di Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell'Anas di Foligno, Bruno Bruni ha stabilito il principio per cui tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono fuorilegge;
secondo la Corte suprema, l'uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza («predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta»), la statale «centrale umbra» orlata da una fila di alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti perché in questo modo Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani-killer;
l'articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada entrato in vigore il 1° gennaio del 1993 aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Pareva, però, che quella norma non fosse retroattiva, ovvero che non fosse riferita agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi, ma a seguito della sentenza il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello precedente il '93, sia quello successivo;
in questo modo sono a rischio migliaia di piante lungo strade di particolare valore storico e paesaggistico;
secondo Gian Marco Sardi, della società italiana di psicologia della sicurezza viaria è però errato «dare la colpa agli alberi. L'incidente è sempre la risultate dell'interazione di tre fattori: uomo, veicolo ed ambiente. Per aumentare realmente il livello di sicurezza e diminuire il numero di incidenti, morti e feriti è necessario intervenire al massimo e in modo concertato su tutti e tre i fattori. Quindi anche con la messa in sicurezza di guardrail, alberi, ma anche pali della luce, non percepiti come pericolosi, ma strutturalmente più rischiosi di altre situazioni» -:
se e quali azioni rientranti nella propria competenza il Ministro intenda promuovere per la messa in sicurezza delle strade alberate, in modo da tutelare il patrimonio arboreo che rende uniche molte strade del nostro Paese.
(4-11247)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si fa rilevare che la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 17601 del 2010 ha ritenuto responsabile il capo cantoniere dell'ANAS del decesso della signora Michela Crucianelli, stabilendo un collegamento tra la violazione dei compiti d'ispezione e la segnalazione di anomalie da parte del cantoniere, previsti dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 1126 del 1981 e le cause dell'avvenuto decesso.
Si sottolinea che la sentenza di cui sopra, riferendosi ad un singolo caso concreto sembrerebbe non costituire enunciazione di principio generale. Nel corpo dello stesso dispositivo emerge che «è pacifico

che l'albero si trovasse a meno di sei metri dal confine stradale, e quindi in posizione non consentita, e pertanto è appunto l'articolo 26... [del - regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice della strada]... che trova applicazione il quale, al n. 6, prevede che gli alberi non possano trovarsi a meno di sei metri dal confine stradale, norma all'evidenza finalizzata alla tutela della sicurezza degli utenti della strada, mentre non può trovare applicazione la disposizione di cui all'allegato 1 decreto ministeriale Lavori pubblici (decreto ministeriale 18 febbraio 1992, n. 223, che prevede che detta distanza non possa essere inferiore a metri 5, atteso che il regolamento al Codice della Strada è entrato in vigore nel dicembre 1992, successivamente quindi al decreto ministeriale di cui sopra».
In effetti per quanto sopra indicato, sembra che la Suprema Corte abbia interpretato le prescrizioni contenute nell'articolo 26, comma 6, del regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice della strada (decreto del Presidente della Repubblica 495 del 1992) il quale dispone che: «la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 metri», come applicabili anche per gli alberi già impiantati lateralmente alle strade, al momento dell'entrata in vigore del Codice della strada.
Al riguardo, si ritiene di dover puntualizzare il quadro normativo di riferimento.
Si osserva preliminarmente che la disposizione dell'articolo 26 del regolamento si applica, ai sensi del comma 1 dell'articolo 16 del Codice della strada, «ai proprietari o aventi diritto dei fondi confinanti con le proprietà stradali fuori dei centri abitati».
La fascia di rispetto, come definita dal punto 22) del comma 1, dell'articolo 3 del Codice della strada, è la «striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni depositi e simili».
La fascia di pertinenza, come definita dal punto 21) del comma 1 del medesimo articolo 3, è la «striscia di terreno compresa tra la carreggiata ed il confine stradale. È parte della proprietà stradale e può essere utilizzata solo per la realizzazione di altre parti della strada».
Dal combinato disposto di queste definizioni e dall'articolo 26 del regolamento del codice della strada, in base ad una rigida lettura delle norme sulle fasce di rispetto, si dovrebbe dedurre che le disposizioni del suddetto articolo 26 si applichino solo sulle fasce di rispetto, esternamente alla fascia di pertinenza.
Poiché non vi è dubbio che gli alberi oggetto dell'interrogazione sono situati all'interno della fascia di pertinenza, in quanto posti spesso addirittura in banchina, essi sembrerebbero pertanto non essere assoggettati al vincolo del citato articolo 26.
Il principio fondamentale delle fasce di rispetto è costituito dalla tutela della sicurezza della circolazione stradale, in termini di distanze di visibilità, presenza di potenziali ostacoli nei confronti di veicoli in svio, protezione della carreggiata da eventuali cadute di elementi di varia natura. Pertanto, la norma del divieto di impiantare alberi lateralmente alla strada se vige nelle fasce di rispetto per i soggetti privati a maggior ragione dovrebbe valere nelle fasce di pertinenza per l'ente proprietario o gestore della strada. In base a questa lettura dell'articolo 26 del regolamento, il problema della «legittimità» degli alberi impiantati lateralmente alla strada si riduce, per così dire, a definire il regime temporale della disposizione, ovvero se essa debba applicarsi a tutti gli alberi da impiantare o già impiantati, o se debba valere unicamente per le nuove piantumazioni.
Occorre evidenziare come il termine «impiantato», utilizzato nel Codice della strada, non si ritiene sia adoperato per caso, riferendosi nell'accezione comune, a nuovi alberi, così come nel comma 1 dell'articolo 26 sopra citato, è utilizzato il termine «aprire», che si ritiene si riferisca a canali o fossi ancora da fare.

Tale lettura dell'articolo 26 porterebbe a dire che gli alberi già impiantati prima dell'entrata in vigore del Codice della strada, anche se non rispettassero la disposizione del comma 6 dell'articolo 26, ovvero la distanza minima dal confine stradale di 6 metri, non sarebbero comunque «fuorilegge», poiché la norma impedisce di impiantare nuovi alberi ma non obbliga la rimozione di quelli esistenti.
Pertanto, ad avviso di questo dicastero, gli alberi impiantati prima dell'entrata in vigore del codice della strada, nelle fasce di rispetto ad una distanza inferiore ai 6 metri non devono essere rimossi, né si deve provvedere alla rimozione degli alberi già impiantati lateralmente alla strada nella fascia di pertinenza.
Ciò non toglie che gli alberi debbano essere adeguatamente protetti, così come tutti gli altri elementi, quali costruzioni, muri, pali e sostegni, potenzialmente pericolosi per gli utenti della strada, presenti sia nella fascia di pertinenza che in quella di rispetto.
Infatti, all'articolo 14 del nuovo codice della strada si esplicita che è di stretta competenza degli enti proprietari delle strade vigilare ed assicurare il rispetto delle disposizioni dell'articolo de quo. Il suddetto articolo 14, nel quale sono specificati poteri e compiti degli enti proprietari delle strade, determina che i citati enti devono provvedere «alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo ed al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze».
Le modalità con le quali l'ente gestore può e deve intervenire per proteggere gli ostacoli o i punti pericolosi sono molto diverse fra loro poiché, a seconda delle circostanze, dei luoghi, degli spazi utili, della regolarità o discontinuità degli elementi, può optare per soluzioni o di tipo attivo, quali misure di regolazione e gestione della circolazione, o di tipo passivo, quali sistemi di protezione e ritenuta dei veicoli.
La sentenza indica chiaramente che rientra tra i compiti del sorvegliante «previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1126 del 1981, articolo 8 erano, tra gli altri, quello di percorrere il tronco di sua competenza non meno di una volta al giorno per constatare lo stato della strada e delle sue pertinenze e quello di rilevare condizioni anomale tali da potere essere causa di pericolo per la circolazione stradale, provvedendo ad eliminarle nei limiti delle sue possibilità, ovvero, a segnalarle ai suoi superiori e, se il caso, agli organi di polizia stradale, ai vigili del fuoco e agli altri enti a ciò delegati. Nella fattispecie di cui è causa, pertanto, essendo l'albero in questione chiaramente una pertinenza del tratto stradale affidato al controllo del ricorrente incombeva, sullo stesso, l'obbligo di compiere tutte le verifiche necessarie al fine di accertare se quella situazione necessitasse di un intervento immediato».
Nell'ambito dei sistemi di protezione passiva, l'articolo 6 del decreto ministeriale del 21 giugno 2004 «Aggiornamento delle istruzioni tecniche per la progettazione, l'omologazione e l'impiego delle barriere stradali di sicurezza e le prescrizioni tecniche per le prove delle barriere di sicurezza stradale» riporta che «per le strade esistenti a per allargamenti in sede di strade esistenti il progettista potrà prevedere la collocazione dei dispositivi con uno spazio di lavoro (inteso come larghezza del supporto a tergo della barriera) necessario per la deformazione più probabile negli incidenti abituali della strada da proteggere, indicato come una frazione del valore della massima deformazione dinamica rilevato nei crash test».
Al riguardo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recentemente ha emanato la circolare esplicativa n. 62032 del 21 luglio 2010, che evidenzia: «le protezioni dei punti singolari sono definite dal progettista delle installazioni e non corrispondono ad uno specifico prodotto omologato o assoggettato a prova di crash. Per la protezione di questi punti il progettista dovrà prevedere soluzioni specifiche per tener conto delle esigenze di sicurezza di terzi ed anche dei veicoli transitanti in direzione opposta, ad esempio nel caso di protezione di ostacoli già presenti all'interno dello spartitraffico, o in prossimità del margine stradale».

A parere di questo Ministero gli strumenti normativi esistenti consentono, di fatto, all'ente proprietario di intervenire per proteggere i punti singolari lungo le infrastrutture stradali; chiaramente gli interventi per la protezione dei suddetti punti non possono non tenere in debita considerazione la presenza di aree vincolate dal punto di vista paesaggistico e, nel caso specifico, di alberi secolari, che sono parte importante del nostro patrimonio nazionale storico - naturalistico. A tale riguardo si ritiene opportuno segnalare che la circolare n. 8321 del 11 agosto 1966 del Ministero dei lavori pubblici «Istruzioni per la salvaguardia del patrimonio arboreo in rapporto alla sicurezza della circolazione stradale», trattava espressamente l'argomento sino all'entrata in vigore del nuovo Codice della strada.
Al fine di limitare gli interventi sul patrimonio arboreo, sarebbe necessaria la raccolta, da parte degli enti proprietari, di dati relativamente agli incidenti stradali sulle proprie infrastrutture, tali da individuare i punti neri, sui quali eseguire interventi di protezione per gli utenti della strada, cosa questa già in corso di attuazione da parte dell'Anas.
Tale iniziativa, considerando l'oggettiva impossibilità di eseguire interventi generalizzati di protezione sulle infrastrutture stradali, anche per motivi di compatibilità economico - finanziaria, permetterebbe di proteggere gli utenti soprattutto nei rilevati punti neri, con l'installazione di dispositivi di ritenuta a protezione di ostacoli posti a bordo strada e/o prescrivendo una velocità di marcia ridotta.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.