XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 29 GIUGNO 2011
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
lo svolgimento delle ultime consultazioni referendarie ha confermato le disfunzioni legate alle procedure di voto all'estero, in particolare per quanto riguarda l'invio e la ricezione dei plichi elettorali e, in alcuni casi, la riconsegna degli stessi;
è nota l'incertezza venutasi a creare a seguito dell'invio agli elettori della scheda contenente il quesito sull'energia nucleare, formulato facendo riferimento a una normativa superata e formalmente diverso da quella su cui, a seguito della decisione della Corte di cassazione, si sono invece espressi i cittadini residenti sul territorio nazionale;
la serietà delle disfunzioni verificatesi può essere evidenziata da alcuni esempi: nella circoscrizione di competenza del consolato di Monaco di Baviera 2.000 plichi sono stati inviati a indirizzi errati, in ragione della inesatta menzione del cognome del coniuge sulla busta; nella circoscrizione di competenza del consolato di Berlino, centinaia di elettori hanno ricevuto il plico elettorale contenente due buste di uguali dimensioni senza l'indirizzo del consolato e senza affrancatura; nella circoscrizione del consolato di San Paolo sono pervenuti plichi privi del certificato elettorale; sono molto numerosi i casi di elettori che iscritti all'AIRE da diversi mesi o cancellatisi da tempo da tali liste, non hanno potuto votare né all'estero, né in Italia;
altri casi di disfunzioni elettorali negli ultimi giorni sono rimbalzati anche sui maggiori organi d'informazione, come il «Corriere della Sera», «La Stampa» e «la Repubblica», che hanno riportato le testimonianze di connazionali impediti ad esercitare il loro fondamentale diritto di voto;
la non sempre corretta gestione delle operazioni elettorali rischia ingiustificatamente di sollevare ombre sullo stesso esercizio del voto dei connazionali all'estero;
al di là degli aspetti di gestione procedurale, persiste comunque una questione di fondo attinente all'incompiuto allineamento dei dati di competenza del Ministero degli affari esteri con quelli dell'AIRE gestiti dal Ministero dell'interno;
nonostante una progressiva riduzione delle posizioni disallineate, persiste tuttavia una forbice consistente riguardante al 2010 circa 355.402 situazioni di cittadini presenti solo nell'AIRE senza riscontro negli schedari consolari, e ben 588.587 situazioni di soggetti presenti negli elenchi consolari, ma non in quelli dell'AIRE;
il numero delle persone alle quali di fatto sono negati l'esercizio del voto e la fruizione degli altri servizi consolari o comunali resta preoccupante: 943.989 cittadini equivalenti a oltre il 20 per cento degli iscritti all'AIRE;
il mancato allineamento, peraltro, rappresenta una obiettiva ragione di scarsa partecipazione al voto e un fattore d'insicurezza nello svolgimento delle operazioni elettorali, dal momento che centinaia di migliaia di plichi vengono indirizzati a persone di cui è incerto il recapito e addirittura l'esistenza in vita;
oltre all'allineamento dei dati dell'AIRE, un contributo essenziale a una maggiore regolarità e certificazione delle operazioni di cittadini italiani all'estero può venire da un intervento di modifica della legge n. 459 del 2001, le cui linee sono contenute nelle proposte di legge già assegnate alla Commissione affari costituzionali,
impegna il Governo:
a presentare nelle competenti sedi parlamentari un'attendibile documentazione
dell'andamento del voto all'estero nelle ultime consultazioni referendarie, comparandola con quello degli ultimi appuntamenti elettorali;
in tale occasione, ad accompagnare la documentazione sull'esperienza acquisita con indicazioni relative ai punti da affrontare prioritariamente in sede di modifica della legge n. 459 del 2001;
ad adottare un piano straordinario d'intervento volto al superamento del divario tra i dati dell'AIRE e quelli degli schedari consolari, prevedendo anche nei prossimi documenti finanziari la spesa necessaria per ovviare in tempi brevi alle situazioni che anche nelle ultime consultazioni si sono manifestate.
(1-00655)
«Garavini, Amici, Barbi, Bressa, Gianni Farina, Fedi, Narducci, Pistelli, Porta, Tempestini, Zacchera».
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
dal 10 al 15 agosto 2011 si terrà a Goito (Mantova) la coppa Italia relativa alla disciplina sportiva «Palla Tamburello»;
tale competizione coinvolgerà tutte le società italiane di tamburello partecipanti i campionati di serie A e B;
per la comunità di Goito, questo evento rappresenta un'occasione importante che vedrà in quei giorni, numerosi atleti e sportivi trattenersi nella città di Goito e nei comuni limitrofi;
com'è noto, la disciplina sportiva «Palla Tamburello» non incontra, purtroppo, l'attenzione dei grandi mezzi di comunicazione e vive in una situazione di precarietà finanziaria, a partire dalla società organizzatrice denominata «Associazione Sportivo-Dilettantistica ST Goitese»;
trattandosi di una competizione di carattere nazionale e che vede il diretto coinvolgimento della Federazione italiana di palla tamburello (FIPT), sarebbe opportuno il riconoscimento del patrocinio oneroso da parte del Governo italiano attraverso l'erogazione di un contributo economico -:
se il Governo intenda riconoscere alla competizione descritta in premessa il patrocinio oneroso attraverso l'erogazione di un contributo economico.
(5-04919)
MOTTA e BENAMATI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel pomeriggio di sabato 11 giugno 2011 un violento nubifragio (dalle prime elaborazioni si stima una precipitazione di circa 80/100 millimetri d'acqua in un'ora) ha colpito la Pedemontana parmense e, in particolare, i comuni di Sala Baganza, Collecchio, Fornovo e in misura minore Felino;
la consistenza delle precipitazioni è stata la causa, nel giro di pochissimo tempo, dell'esondazione di diversi corsi d'acqua (Rio delle Ginestre, Torrente Scodogna, Torrente Sporzana, Rio Riccò, Rio Bosetto) che insistono sul territorio colpito, determinando diversi allagamenti che hanno reso impraticabili molte strade (tra cui la ex statale della Cisa), ponti, sottopassi (si è dovuto procedere alla chiusura della tangenziale di Collecchio) rendendo più difficili anche le operazioni di soccorso. Le precipitazioni hanno inoltre attivato microfrane e smottamenti diffusi del terreno;
l'esondazione del torrente Scodogna è stata anche la causa della tragica morte del signor Agostino Galeotti, pensionato sessantaduenne, che alle ore 17 circa è stato travolto da un'onda di due metri, mentre si trovava nel garage della sua casa in località Talignano;
gli allagamenti hanno interessato numerose case private (cinque nuclei familiari del comune di Sala Baganza sono ospitati in strutture ricettive a seguito della dichiarazione di inagibilità delle proprie abitazioni), attività produttive, artigianali e commerciali (circa 100 edifici), oltre ad alcune strutture pubbliche, tra cui le case protette per anziani di Collecchio e Sala Baganza. Inoltre, una porzione del muro perimetrale del giardino della Rocca Sanvitale di Sala Baganza, recentemente ristrutturato, è crollata;
i tempestivi soccorsi che hanno visto impegnati oltre 90 uomini della Protezione civile e 8 squadre dei vigili del fuoco provenienti anche dalle province limitrofe hanno consentito di soccorrere la popolazione che, passate le piogge, si è subito attivata per i primi interventi di ripristino;
l'assessore regionale alla sicurezza territoriale, difesa del suolo e alla protezione civile, Paola Gazzolo, ha assicurato che la regione Emilia-Romagna metterà a disposizione le risorse necessarie per far fronte ai primi interventi di somma urgenza;
l'assessore Gazzolo ha inoltre pubblicamente invitato il Governo ad assumere iniziative per superare la norma inserita nell'ultimo decreto «mille proroghe» che, in caso di evento calamitoso, di fatto obbliga le regioni ad istituire una tassa per reperire le risorse necessarie per gli interventi di ripristino -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione emergenziale determinatasi nei comuni di Sala Baganza, Collecchio, Fornovo e Felino e se non ritenga di mettere a disposizione della regione, delle amministrazioni colpite e dei privati le idonee risorse finanziarie necessarie per gli interventi di ripristino dei danneggiamenti conseguenti alle piogge torrenziali di sabato 11 giugno 2011;
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative normative finalizzate a rivedere o comunque ad abrogare le norme introdotte nell'ultimo «decreto milleproroghe» (decreto-legge n. 225 del 2010) che, oltre ad aver confermato l'azzeramento delle risorse del fondo nazionale per la protezione civile e i relativi trasferimenti alle regioni, ha messo a carico delle regioni stesse l'onere degli eventuali risarcimenti in caso di calamità naturali attraverso la creazione di nuove imposte o l'aumento delle accise sui carburanti.
(5-04923)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2010 la propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) si è attestata al 12,1 per cento, registrando una diminuzione di 1,3 punti percentuali rispetto all'anno precedente; in particolare, nel quarto trimestre la propensione al risparmio delle famiglie, calcolata sui dati destagionalizzati, è stata pari al 12,4 per cento, superiore di 0,5 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, ma inferiore di 0,8 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2009. Nella media del 2010 la riduzione della propensione al risparmio deriva da un aumento del reddito disponibile delle famiglie dello 0,9 per cento rispetto al 2009 e da una crescita più consistente (+2,5 per cento) della loro spesa per consumi finali. Nell'ultimo trimestre dell'anno, invece, la crescita del reddito disponibile rispetto al trimestre precedente (+1,4 per cento) è stata superiore a quella registrata dalla spesa per consumi (+0,8 per cento), il che ha determinato l'aumento congiunturale del
tasso di risparmio. Sempre nell'ultimo trimestre del 2010 il potere di acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è aumentato dello 0,8 per cento rispetto al trimestre precedente, tornando sui livelli registrati alla fine del 2009;
nel complesso del 2010, tuttavia, le famiglie hanno subito una riduzione del loro potere d'acquisto dello 0,6 per cento; nel 2009 la perdita di potere d'acquisto era stata molto più elevata e pari al 3,1 per cento. Nel 2010 il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il reddito disponibile lordo) si è attestato all'8,9 per cento, 0,2 punti percentuali in più rispetto al 2009, grazie alla crescita del 3,8 per cento degli investimenti. Nel quarto trimestre 2010 il tasso di investimento, calcolato sui dati destagionalizzati, si è attestato all'8,9 per cento, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente, a causa della riduzione dello 0,4 per cento degli investimenti delle famiglie. Nel 2010 la quota di profitto delle società non finanziarie (data dal rapporto tra il risultato lordo di gestione e il valore aggiunto lordo a prezzi base) si è attestata al 41,5 per cento, 0,5 punti percentuali in più rispetto al 2009; il risultato lordo di gestione, infatti, ha registrato una crescita del 3,2 per cento, superiore a quella del valore aggiunto (+1,8 per cento). Nel quarto trimestre 2010 la quota di profitto, calcolata sui dati destagionalizzati, è stata pari al 42,2 per cento, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, per effetto della crescita del risultato lordo di gestione (+1,5 per cento) superiore a quella del valore aggiunto (+1,1 per cento);
nel 2010 il tasso di investimento delle società non finanziarie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi ed il valore aggiunto lordo ai prezzi base) si è attestato al 23,8 per cento, registrando una crescita di 1,5 punti percentuali rispetto all'anno precedente: in particolare, gli investimenti fissi lordi sono aumentati dell'8,7 per cento a fronte di una crescita del valore aggiunto dell'1,8 per cento. Nel quarto trimestre 2010 il tasso di investimento, calcolato sui dati destagionalizzati, è stato pari al 23,8 per cento, con una riduzione di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Infatti, nell'ultimo trimestre dell'anno gli investimenti fissi lordi delle società non finanziarie sono rimasti invariati rispetto al trimestre precedente, mentre, come già indicato, il valore aggiunto ha registrato una crescita dell'1,1 per cento -:
quali interventi il Governo intenda adottare al fine di incrementare il potere di acquisto e gli incentivi all'investimento delle famiglie italiane.
(4-12364)
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta in Commissione:
DI BIAGIO e PICCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 20 del 7 gennaio del 1992 che ha ratificato la Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica Francese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l'evasione e la frode fiscali, all'articolo 18, comma 2, dispone che «le pensioni ed altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, sono imponibili in detto Stato»;
il comma 2 dell'articolo 18 dovrebbe rappresentare un'eccezione alla disposizione generale contenuta nel primo comma dello stesso articolo secondo cui «le pensioni e le altre remunerazioni analoghe,
pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato»;
con la circolare n. 176 del 14 settembre 1999 l'Inps ha comunicato che la suddetta nuova convenzione modificava la precedente, provvedendo ad operare la ritenuta alla fonte sulla generalità delle pensioni erogate dall'ente previdenziale ai residenti italiani in Francia, facendole rientrare di fatto nell'ambito dell'applicazione della legislazione di sicurezza sociale di cui al comma 2 dell'articolo 18;
l'agenzia delle entrate con la circolare n. 41 del 21 luglio del 2003 ha identificato nell'ambito della «sicurezza sociale» soltanto le pensioni sociali a carattere non contributivo erogate a soggetti privi di tutela per cui anche la generalità dei trattamenti a carattere contributivo corrisposti dall'Inps dovrebbe rientrare nell'applicativo del comma primo dell'articolo 18, con conseguente tassazione esclusiva nello stato di residenza;
le pensioni Inps dei connazionali residenti in Francia risultano assoggettate da doppia tassazione in Italia ed in Francia con conseguenze deleterie sulla condizione dei pensionati residenti in Francia, poiché le disposizioni vigenti in questo Paese impedirebbero di fatto che questi ottengano un credito di imposta per l'intera ritenuta alla fonte operata in Italia;
dalla circolare del 1999 non è stata definita alcuna altra indicazione o correzione di quanto fino ad ora disposto e ad oggi l'Inps provvede alla normale tassazione italiana, respingendo le domande di esenzione dall'imposizione prodotte dai connazionali residenti in Francia, al contrario di come avviene in genere per gli altri Stati con i quali sono state intavolate Convenzioni bilaterali;
i Governi che si sono avvicendati, chiamati a rispondere sul sussistere di una tale condizione, hanno evidenziato in più occasioni il proprio impegno e la propria volontà a superare le criticità dovute alla cattiva interpretazione delle citate disposizioni;
ad oggi la situazione continua ad apparire complessa per molti connazionali, poiché sembrerebbe che il contenzioso interpretativo relativo al comma 2 continui a sussistere;
gli uffici delle imposte francesi evidenziano che su tutti i redditi eventualmente prodotti in Francia i nostri connazionali sono chiamati a pagare le relative imposte senza poter dedurre le imposte pagate sulla pensione erogata in Italia -:
tenendo conto degli impegni assunti dai Governi di vario orientamento politico, quali iniziative intendano intraprendere al fine di rettificare e chiarire la normativa esistente e le sue varie interpretazioni e al fine di eliminare la doppia imposizione fiscale tra l'Italia e la Francia ed in quali tempi si intenda intervenire per risolvere i problemi prospettati.
(5-04918)
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta orale:
GRANATA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
giovedì 9 giugno 2011 si sono verificati un violento incendio ed una esplosione nell'area a forte concentrazione industriale del polo chimico di Priolo, causando allarme e panico nella popolazione;
tale incidente non è che l'ultimo di una lunga serie;
il luogo dello stesso si trova a meno di 100 metri in linea d'aria da quello in cui dovrebbe sorgere l'impianto di rigassificazione previsto dai programmi del Governo nazionale;
su tale impianto un referendum consultivo, che ha visto la partecipazione di oltre il 90 per cento della popolazione, ha sostanzialmente certificato l'unanime contrarietà
della popolazione ad un ulteriore investimento industriale nella zona, in modo particolare a quello relativo al rigassificatore stesso, impianto particolarmente delicato per le sue caratteristiche;
è evidentemente rischioso edificare in un'area dove più volte si sono verificate fughe di gas, fiamme od esplosioni, con il rischio di un disastroso effetto a catena -:
se il Governo non ritenga opportuno modificare i propri piani sul rigassificatore di Priolo e, nel contempo, avviare una verifica rigorosissima sull'eventuale compatibilità di questo e sulle condizioni di sicurezza industriale complessive del polo chimico siracusano.
(3-01701)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo n. 28 del 2011 prevede, nelle definizioni di biomassa, gli sfalci e le potature urbane;
secondo un'interpretazione del servizio rifiuti della regione Lombardia, il decreto sopra citato non consente di superare quanto previsto nel Testo unico ambientale, modificato dal decreto legislativo n. 250 del 2010, che definisce gli sfalci e le potature urbane quali rifiuti organici di origine urbana;
se quest'ultima interpretazione dovesse essere confermata, le amministrazioni locali dovrebbero smaltire queste ramaglie come rifiuti con relativi aggravi di costi a carico dei cittadini;
nel quadro sopra descritto si collocano il punto raccolta e l'impianto previsti nel comune di Quingentole (Mantova), realizzati con il contributo economico della regione Lombardia pari a 200.000 euro e progettati dalla provincia di Mantova e dallo stesso comune di Quingentole, che oggi, alla luce delle novità richiamate, rischiano di vedere la funzione originariamente concepita messa pesantemente in discussione -:
se il Ministro intenda intraprendere un'apposita iniziativa, anche normativa, al fine di chiarire definitivamente la definizione di biomasse, con particolare riferimento agli sfalci ed alle potature urbane.
(5-04914)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
tra le nevi perenni dell'Himalaya, tre ghiacciai su quattro si stanno sciogliendo. Negli ultimi 15 anni ognuno di questi si è ridotto di quasi 4 chilometri. Non quindi alla velocità annunciata - e poi corretta - dall'Ipcc (l'ente Onu per il cambiamento climatico, premio Nobel per la pace) nel suo rapporto sul clima del 2007. In quello studio gli scienziati dell'Onu sostenevano che i ghiacciai del tetto del mondo sarebbero spariti entro il 2035. A confutare le teorie dell'Onu è ora una ricerca indiana, che conferma invece scientificamente come la temuta scomparsa non avverrà: una parte dei ghiacci (il 75 per cento) si restringerà e trasformerà in acqua, mentre una restante e minore percentuale rimarrà delle stesse dimensioni (17 per cento), o crescerà (8 per cento);
la notizia, se non è gravissima, mette comunque in allarme la popolazione e gli scienziati sul cambiamento ambientale in corso. I nuovi dati vengono da un'analisi appena resa nota dall'agenzia spaziale indiana, la Isro (Indian space research organization), i cui materiali fotografici da satellite sono stati la base di uno studio su 15 anni (dal 1989 al 2004) voluto dal Ministero dell'ambiente indiano, la struttura politica che per prima accusò il panel delle Nazioni Unite di aver fatto una previsione azzardata. Vi hanno lavorato 50 esperti di 14 istituti diversi, tra cui il GB Pant Institute of Himalayan Environment
and Development, l'università del Kashmir e l'ateneo Jawaharlal Nehru di Delhi. Gli scienziati hanno iniziato la loro analisi confrontando le immagini satellitari fornite dalla Isro: tre lustri di materiali iconografici scattati dal satellite Resourcesat-1 riguardanti non solo le nevi dell'Himalaya indiano, ma un territorio internazionale comprendente le vette dislocate in Nepal, Pakistan, Bhutan e Cina. Gli studiosi hanno accompagnato i dati raccolti a satellite con spedizioni scientifiche per verificare l'attendibilità dei loro risultati e nei giorni scorsi, a Bangalore, hanno presentato un abstract della ricerca, che presto diverrà materiale per una pubblicazione scientifica internazionale;
la «dimora delle nevi eterne» dunque non è destinata a sparire del tutto, ma certo si ridurrà e porrà il problema del dove canalizzare le acque sciolte del 75 per cento dei ghiacci analizzati (2.190 in tutto). La Isro conferma che negli ultimi 15 anni le loro dimensioni sono diminuite di una media di 3,75 chilometri ciascuno, non solo a causa del surriscaldamento globale. C'è poi un 17 per cento tra questi duemila che non ha registrato variazioni dal 1989 e un 8 per cento formato da ghiacciai in fase di sviluppo. Il declino delle più famose torri d'acqua al mondo non è dunque inarrestabile e la comunità internazionale coinvolta - la catena dell'Himalaya fornisce acqua a centinaia di milioni di persone dei diversi Stati toccati dai suoi monti - promette di lavorare insieme per monitorarne il futuro -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di partecipare attivamente ai progetti di ricerca inerenti ai ghiacciai himalayani.
(4-12362)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
VICO, GINEFRA, BOCCIA, CAPANO, GRASSI, BELLANOVA, SERVODIO, CONCIA e MASTROMAURO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel luglio del 2010 in contrada Le Grotte in agro di Castellaneta, mentre si effettuavano lavori per il passaggio del metanodotto denominato «Massafra Biccari 2 tronco DN 1200», realizzato dalla Snam Rete Gas, al fine di tutelare degli olivi secolari inseriti nell'elenco regionale degli alberi monumentali, sono stati effettuati dalla ditta incaricata alcuni sbancamenti di terreno per la loro ricollocazione;
nell'effettuare tale operazione i tecnici e gli operai dell'impresa hanno rinvenuto reperti archeologici di pregevole fattura e rilevante importanza storico-artistica e antropologica;
in particolare, si tratta di una vasta area di età preistorica (età del bronzo fase appenninica), con presenza di tombe datate dalla seconda metà del quinto secolo al quarto (età peuceta e greca). Crolli e fondamenta che segnalano la presenza di un grande centro abitato di età romana repubblicana e tracce evidenti e ben conservate di una grande azienda agricola, con vigna e cantina di età imperiale;
all'interno dell'area archeologica in questione grazie alla collaborazione della stessa Snam, dei militari della Guardia di finanza e dei carabinieri intervenuti, degli archeologici della società Archeores e dello stesso privato proprietario del fondo agricolo, sono stati rinvenuti monili, monete di bronzo e argento e vasellame di pregevole fattura. Si tratta verosimilmente di una delle più interessanti scoperte archeologiche degli ultimi tempi in Italia meridionale;
nelle vicinanze di tale ritrovamento, in località Minerva, sono state rintracciate anche importanti testimonianze di un importante strada che alcuni esperti in materia segnalano come l'Appia antica;
la contrada si trova alle pendici delle murge sud-occidentali, abbonda di acqua sorgiva ed era al riparo dalle paludi maleriche della valle del fiume Lato, pertanto
è facile immaginare che proprio qui si fosse insediata una comunità operosa e dedita all'agricoltura e all'industria e che questa stessa cittadina fosse un punto di riferimento della cosiddetta Chora Tarantina, città satellite della polis principale;
il comune di Castellaneta sembra non interessarsi all'importante scoperta anche se potrebbe realmente rappresentare un punto di non poca importanza verso il rilancio turistico-culturale della zona, e la Soprintendenza ai beni archeologici della Puglia, come molte istituzioni culturali e scientifiche del nostro Paese, ha scarse possibilità economiche di intervento e non riesce neanche ad assicurare la missione sul posto di qualche funzionario;
il meritorio lavoro dei privati e dei volontari rischia ora di cadere nel dimenticatoio in cui questo importante ritrovamento sembra condannato a finire, considerato che in queste ore potrebbe già definirsi l'operazione di ricopertura e colmatura del sito in questione. Tale pratica priverebbe la comunità locale, ma anche l'intera comunità accademica e scientifica internazionale, come l'università greca di Salonicco, che ha già mostrato interesse verso lavori di scavo e studio di circa 10 ettari di terreno, di un importante patrimonio di storia e conoscenza che potrebbe avere anche ricadute di carattere economico in un territorio che attorno alla sua vocazione agricola potrebbe vantare esperienza secolare creando un brand di sicuro successo;
attorno al sito si è anche costituito un comitato di cittadini e imprenditori del posto pronti a sottoscrivere con la Soprintendenza un protocollo d'intesa per compiti di pulizia, salvaguardia e tutela del patrimonio -:
cosa intenda fare per scongiurare la ricopertura degli scavi, prevista in questi giorni, tenendo conto che sarebbe opportuno procedere ancora a dei saggi più accurati della zona, al fine di appurarne l'importanza e la rilevanza scientifica, e consentire al territorio, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, la Soprintendenza, gli enti locali e il mondo accademico interessato, di individuare possibili fonti di finanziamento che ne consentano la conservazione e valorizzazione.
(5-04915)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli archivi del laboratorio nazionale di Frascati sono stati dismessi per realizzare gli uffici dell'Enea (Agenzia per nuove tecnologie, energia e ambiente) e hanno le porte sbarrate. «L'ultima volta che li ho visti, gli scatoloni erano accumulati nell'edificio che ospitava un reattore di ricerca dismesso, nella sede della Casaccia alle porte di Roma», racconta Gianni Battimelli, professore di fisica all'università La Sapienza e storico della scienza. «Recentemente sono tornato per cercarli», aggiunge Gianni Paoloni, storico della scienza e docente di archivistica nell'università romana. La biblioteca di Vito Volterra, fra l'altro fondatore del Consiglio nazionale per le ricerche, è stata venduta ed è finita negli Stati Uniti. A Monaco intanto la ricercatrice della Sapienza Luisa Bonolis, lavora alla digitalizzazione dei documenti di fisica del Deutsches Museum: «Americani e tedeschi stanno facendo un gran lavoro per mettere in rete i loro archivi»;
appesi nel limbo fra scienza e storia, gli archivi della fisica italiana (ma il problema è comune anche ad altre discipline scientifiche), che visse il suo momento d'oro con i «ragazzi di via Panisperna», galleggiano oggi nel disinteresse. «Trent'anni fa per la prima volta è nata una generazione di storici della fisica» spiega Battimelli. «Ma oggi siamo rimasti senza eredi. L'insegnamento di questa disciplina ha perso interesse. Non si creano più cattedre. I giovani laureati si rivolgono ad altri settori. Il lavoro che abbiamo fatto finora per raccogliere e catalogare i documenti
di Enrico Fermi, Ettore Majorana, Edoardo Amaldi, Bruno Touschek e tanti altri, l'ultimo dei quali è Nicola Cabibbo, rischia di perdersi nei prossimi anni»;
il problema non riguarda solo i fisici. L'archivio dell'Enea contiene le tappe della politica nucleare italiana, tema di grande attualità. Le carte di Amaldi conservate al dipartimento di fisica della Sapienza permettono di spaziare dalla storia dell'integrazione del nostro continente (Amaldi fu uno dei padri fondatori del Cern, l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare) a quella del pacifismo e dei movimenti per il disarmo. Di Enrico Fermi esistono sempre a Roma dei dischi di vinile con la registrazione di una presentazione che tenne nel 1949. «Oggi ci mancano i fondi e il personale per consentire la consultazione a tutti», spiega Battimelli. «Eppure trent'anni fa la situazione era molto peggiore. Ricordo quando mi chiamarono perché l'ufficio di Bruno Touschek doveva essere sgombrato e le sue carte erano nel cassonetto della spazzatura. Oggi almeno i documenti importanti vengono vincolati dalla Soprintendenza». Per Paoloni, il problema è soprattutto culturale: «Le comunità scientifiche, quando si indeboliscono, hanno paura di investire per rileggere il proprio passato» -:
quali interventi si intendano adottare al fine di recuperare gli importanti archivi storici italiani, come quello del laboratorio nazionale di fisica di Frascati, anche tramite un'opera di digitalizzazione nazionale.
(4-12363)
TESTO AGGIORNATO AL 20 GIUGNO 2011
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DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il poligono di addestramento interforze del Salto di Quirra (PISQ), costituito nel 1956, comprende la base e il poligono «a terra» di Perdasdefogu (Nuoro) e il distaccamento Aeronautica militare di Capo S. Lorenzo con il dipendente poligono «a mare». Opera con personale proveniente per il 50 per cento dall'Aeronautica militare, il 35 per cento dall'Esercito e il 15 per cento dalla Marina, e assicura l'esecuzione di prove sperimentali di missili e bersagli, prove di qualifica per nuovi sistemi d'arma, il collaudo e la verifica della qualità di produzione di serie degli armamenti, svolge inoltre attività addestrative di unità nazionali ed estere e collabora con enti scientifici non solo italiani. Il poligono dispone di una sofisticata rete di rilevamento dati, costituita da una catena di inseguimento radar e da sistemi di rilevamento ottici e telemetrici. Dipende dalla 1o divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare sul cui portale è riportato un collegamento, non funzionante, verso il sito dell'EDMS - sistema informativo per il monitoraggio ambientale del PISQ;
il progetto EDMS (Environmental data management system) è un progetto che prevede la realizzazione di un sistema informativo ambientale per la raccolta, stoccaggio e pubblicazione dei dati provenienti dal monitoraggio ambientale in corso nella provincia dell'Ogliastra (Sardegna). Il monitoraggio, comprensivo di sistema informativo, è stato commissionato dall'Aeronautica militare per effettuare una valutazione dell'impatto delle attività militari svolte all'interno del PISQ (poligono interforze di Salto di Quirra) sull'ambiente e la salute pubblica. Il portale EDMS doveva essere pubblicato sul sito dell'Aeronautica militare a partire dal dicembre 2010, ma ad oggi non è ancora possibile effettuarne la consultazione;
un articolo di stampa pubblicato sull'edizione del 14 giugno 2011 de La Nuova Sardegna, dal titolo «Quirra, se ci sono veleni si chiude» riporta alcune dichiarazioni del sottosegretario di Stato Giuseppe Cossiga che sulla questione avrebbe
affermato: «[...] dispiace che qualcuno continui a dire che il ministero della Difesa, o le Forze armate, vogliono nascondere i dati. O, peggio ancora, negare l'evidenza. [...] A me attualmente non risulta che nel poligono ci sia inquinamento. [...] Perché la salute dei cittadini e dei militari è una priorità assoluta per noi. Come lo è per le Forze armate. Se quindi dovesse emergere un pericolo serio e documentato per la salute il Poligono di Quirra sarà chiuso.»;
con gli atti di sindacato ispettivo numeri 4-12055, 4-12056 e 4-12058 gli interroganti hanno fornito una dettagliata descrizione dei fatti riguardanti i poligoni di Quirra e Capo San Lorenzo. In particolare nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-12058 si legge che «il 20 maggio una nota dell'AGI diffondeva la notizia "Poligono Quirra: monitoraggio difesa rileva forte inquinamento [...]"»;
da fonti di stampa e dal sito web Tiscali si è appreso che nel mese di marzo 2011 «gli investigatori della squadra mobile nuorese hanno sequestrato documenti nella sede del Centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) a Pisa. Sono stati acquisiti gli studi ambientali effettuati dal Cisam nel poligono di Perdas-Salto di Quirra (Pisq), le schede dei materiali radioattivi trattati dall'ente nel corso degli anni, e altro materiale ritenuto utile ai fini dell'indagine»;
le dichiarazioni del Sottosegretario riportate nell'articolo pubblicato da La Nuova Sardegna appaiono in linea con quelle rilasciate nelle scorse settimane dal Ministro interrogato, e quindi con lo schema di comunicazione istituzionale reso noto nei giorni scorsi con un articolo a firma di Paolo Salvatore Orrù dal titolo «Poligoni militari sardi, un manuale di controinformazione dello Stato Maggiore per rendere credibili le istituzioni» pubblicato sul portale web Tiscali notizie;
sono note le dichiarazioni rese da numerosi esponenti di Governo in merito alla tutela della salute pubblica e le forti preoccupazioni espresse dalle popolazioni civili che vivono nelle zone interessate dalle attività dei poligoni citati e dai risultati delle indagini fino ad ora condotte da esperti e inquirenti -:
se presso gli uffici della 1a divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare sia conservato o sia esistente un registro, ovvero la documentazione, delle annotazioni delle attività militari e industriali che sono state svolte o che vengono svolte nei poligoni di cui in premessa;
quali siano i controlli, e di quale tipo, che vengono effettuati sui poligoni, sul personale militare e civile della Difesa, con quale frequenza e quando siano stati effettuati gli ultimi;
quali siano i dati raccolti con il progetto EDMS e quando saranno resi pubblici;
se il Ministro non ritenga di dover disporre l'immediata chiusura dei poligoni di Quirra, Capo San Lorenzo e Capo Teulada.
(4-12343)
TIDEI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ce.TLI NBC (ex centro chimico), situato a Civitavecchia sulla via Braccianese Claudia, dipende direttamente dal dipartimento tecnico del comando logistico dell'Esercito;
il 7o reggimento difesa (NBC) «Cremona», ubicato nella caserma Piave di Civitavecchia, dipende invece dal comando artiglieria di Bracciano (comando delle forze operative terrestri);
quasi tutti i dipendenti civili (circa 80-90) del Ce.TLI NBC nei prossimi 5-6 anni matureranno i requisiti necessari per la pensione e ciò stante non sono previste nuove assunzioni da parte della direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa (PERSOCIV);
le convenzioni internazionali impongono all'Italia (ossia al Ce.TLI NBC, come unico ente a livello nazionale che provvede alla demilitarizzazione di armi chimiche)
di smaltire definitivamente tutti i residui bellici a contenuto speciale entro brevissima scadenza;
per le motivazioni sopra esposte si può ipotizzare il pericolo di una possibile dismissione dell'ente entro pochi anni. Praticamente andranno a coincidere due fattori: mancanza di personale e cessazione dell'attività principale dell'ente, ossia demilitarizzazione delle armi chimiche;
l'ente Ce.TLI NBC dispone di efficienti ed attrezzati laboratori NBC purtroppo sottodimensionati per carenza di fondi, organico e scarsa proiezione verso l'esterno;
qualora i suddetti laboratori ottenessero la «certificazione», l'ente potrebbe raggiungere un punto di svolta in termini occupazionali e di risultati. Rilasciare risultati certificati potrebbe rappresentare una preziosa risorsa non solo per l'amministrazione della difesa, ma anche per le strutture sanitarie, universitarie, giudiziarie e aeroportuali del comprensorio;
esiste la possibilità concreta di far trasferire il 7o reggimento difesa NBC (anticipando ogni ipotesi, già ventilata, di un suo trasferimento a Bracciano o altrove), con i suoi 600 militari circa, dalla caserma Piave alla sede del Ce.TLI NBC dove vi sono immobili disponibili e strutture adeguate. In tal modo, potrebbe essere ipotecata, definitivamente, la presenza a Civitavecchia di entrambi gli enti militari, tutelando quindi posti di lavoro (civili e militari) e relativo indotto -:
se il Ministro non intenda valutare la possibilità di implementare la struttura con nuove assunzioni e di fornire ai laboratori NBC la necessaria certificazione che garantirebbe risposte concrete non solo per lo stesso ente ma anche per tutto il comprensorio, ipotecando così la presenza a Civitavecchia di entrambi gli enti militari a tutela dei posti di lavoro militari e civili.
(4-12348)
BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa dispone di una scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, via Mattia Battistini, n. 113-117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione ai dipendenti civili del predetto dicastero, che risultano in gran parte svolti da personale militare e solo in minima parta da personale civile;
la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato ad assicurare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale;
in sede di accesso agli atti al fine di estrarre copia dell'albo dei docenti di CivilScuolaDife, il direttore della scuola, dottor Massimo Mangani, ha affermato con nota del 18 febbraio 2011, prot. n. 619 PAS 1.6, indirizzata alla commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, che l'elenco dei docenti «non è mai stato formalmente redatto dalla scuola», per cui non è possibile rilasciarne copia;
la scuola risulterebbe non detenere alcun albo o elenco dei docenti cui sono affidati gli incarichi di docenza per i corsi del personale civile e dunque non appaiono per nulla chiari i criteri con cui CivilScuolaDife seleziona i docenti cui è affidato lo svolgimento di corsi di formazione per il personale civile o comunque il sistema con cui i medesimi incarichi di docenza sono conferiti;
appare quindi evidente la carenza di trasparenza che caratterizza il sistema di scelta dei docenti e affidamento degli incarichi
da parte della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se al Ministro consti o meno l'esistenza di un albo o elenco dei docenti affidatari di corsi presso la scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministero della difesa (CivilScuolaDife);
se e quali iniziative siano state poste in essere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicizzazione del relativo albo docenti.
(4-12349)
...
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
OLIVERIO, CENNI, ZUCCHI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Corpo forestale dello Stato, ai sensi della legge 5 aprile 1984, n. 124, recante «Disposizioni per l'assunzione della manodopera da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste», si avvale di personale operaio assunto a tempo indeterminato e determinato per assicurare la gestione delle aree naturali protette affidate allo Stato e l'assolvimento degli ulteriori compiti istituzionali secondo quanto sancito dalla legge 6 febbraio 2004, n. 36, recante «nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato»;
questo personale è costituito da un contingente di circa 1.400 unità assunte a tempo indeterminato (OTI), nonché da un'aliquota di personale di circa 180 unità assunte a tempo determinato in virtù di autorizzazioni e relative coperture finanziarie concesse, di volta in volta, attraverso specifiche disposizioni normative;
a detto personale si applica il contratto di lavoro di diritto privato afferente gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria, che prevede una contrattazione di secondo livello a carico dell'Amministrazione, scaduta nel 2006;
l'Amministrazione non ha potuto riconoscere i benefici economici riferiti alla predetta contrattazione di II livello - con particolare riferimento ad integrazioni salariali ed alla concessione di buoni pasto - per indisponibilità di risorse finanziarie a regime da reperirsi con una norma di autorizzazione alla spesa;
l'articolo 2, comma 250 della legge finanziaria per l'anno 2010 ed il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 19 marzo 2010 di riparto delle risorse ivi recate hanno assegnato 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011, 2012 per l'assunzione di personale a tempo determinato ai sensi della citata legge n.124 del 1985;
l'articolo 9, comma 28 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazione dalla legge n. 122 del 2010 ha fissato un limite alle assunzioni di personale a tempo determinato pari al 50 per cento di quanto speso nell'anno 2009;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha accantonato il 50 per cento circa delle risorse assegnate al Corpo forestale dello Stato in virtù del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, riducendo pertanto la possibilità di assumere personale a tempo determinato a poco meno di 90 unità e penalizzando, di conseguenza, la metà di quelli che ogni anno lavoravano in questo settore di grossa rilevanza ambientale;
la copertura finanziaria per le assunzioni a tempo determinato da parte del
Corpo forestale dello Stato è stata concessa da una norma di carattere speciale, per essa non può trovare applicazione la limitazione di cui al citato articolo 9, comma 28, del decreto-legge n.78 del 2010;
viceversa un'interpretazione riduttiva delle norme esistenti, oltre a penalizzare fortemente il personale che da anni viene assunto, sia pure a tempo determinato, dal Corpo forestale dello Stato, comporta criticità nella cura e nella salvaguardia di risorse naturali dello Stato di incalcolabile valenza naturale, storica e culturale;
si rende ormai improcrastinabile trovare una soluzione alla questione riguardante la contrattazione di secondo livello del personale assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985;
se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda riconoscere la non applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 28 del decreto-legge n.78 del 2010 per il personale assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985, atteso che la relativa copertura finanziaria è stata concessa da una legge di carattere speciale;
quali iniziative intendano adottare i Ministri dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali per reperire le risorse finanziarie necessarie per la contrattazione di II livello del personale assunto dal Corpo forestale dello Stato ai sensi della legge n.124 del 1985;
se il Governo intenda reperire le risorse necessarie per quanto riguarda il contratto di secondo livello (protocollo aggiuntivo al CCNL degli operai idraulico forestali) e impegnarsi sulla possibilità di assumere iniziative dirette a modificare la legge n.124 del 1985.
(5-04917)
Interrogazioni a risposta scritta:
BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
dal 3 gennaio 2011 un dipendente del Ministero dell'economia e delle finanze e la moglie sono in comando per un anno in mobilità volontaria presso l'Agenzia delle entrate - direzione regionale del Veneto; sono titolari nei ruoli del Mef, ex direzione territoriale dell'economia e delle finanze dal 1o aprile 1990 attualmente area III fascia F3;
l'agenzia delle entrate invece li ha inquadrati nell'area III fascia F1. Non si conosce il percorso logico e giuridico di questo declassamento;
gli importi delle voci di stipendio e indennità integrativa speciale (nonché importi buoni pasto, aree con livelli di progressione di carriera Area III da F1 a F6 e la stessa iscrizione al fondo di previdenza) sono perfettamente uguali sia all'ex tesoro che all'Agenzia delle entrate, cambia solo l'importo dell'indennità di Amministrazione, inferiore al Tesoro perché una quota del Fondo unico di amministrazione non è mai stata oggetto di contrattazione per essere inserita direttamente in busta paga, tant'è che a fine anno sul Cud sono indicate sempre somme molto più elevate rispetto a quelle indicate dall'Agenzia delle entrate;
posto che i due dipendenti appartengono allo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, per quanto sopra espresso, non dovrebbe essere effettuato alcun declassamento (come ad esempio per lavoratori provenienti dalla scuola, provincia o altri comparti che invece sono titolari di diverse situazioni giuridiche ed economiche);
si evidenzia che l'orientamento dell'agenzia delle entrate non ha paragoni con altre Agenzie fiscali in quanto tutte le altre agenzie fiscali (dogane, territorio e demanio) non applicano questa iniqua retrocessione;
l'autonomia di ciascuna agenzia fiscale non può arrivare ad applicare la normativo in modo così difforme e contrastante tra ciascuna di esse, infatti la
stessa Agenzia delle entrate, sino a pochissimi anni fa non procedeva nel modo suddetta;
i due dipendenti ritengono di aver già vissuto la loro carriera lavorativa (sono entrati a vent'anni per concorso, al Tesoro, come 4o livello e sempre per concorso sono transitati al 6o livello, nel 2004 hanno superato il corso di riqualificazione con esami finali ed interrogazioni presso commissione arrivando, appunto, all'area III Fascia 3) e non pensavano assolutamente di dover subire un vero e proprio declassamento, all'Agenzia delle entrate di Venezia;
la questione proposta è meritevole di chiarimento ai fini di una perequazione normativa. Non è possibile che con un unico contratto Agenzie fiscali si debbano, poi, riscontrare queste disparità di trattamento (orientamento dell'Agenzia delle entrate che contrasta con le altre dogane, demanio, territorio nonché con quello previsto dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di stato, Monopoli). La normativa dovrebbe comunque essere applicata uniformemente tra le diverse agenzie fiscali;
l'orientamento (declassamento professionale di due livelli) della Agenzia delle entrate è difforme da quello di tutte le altre agenzie fiscali ed è recentissimo (da circa 2 anni). Prima non era così. I dipendenti sono iscritti allo stesso fondo di previdenza, del Ministero dell'economia e delle finanze ed hanno le stesse voci di stipendio tabelle, IIS al centesimo responsabilità e progressioni economiche coincidendo le tre aree con le 6 fasce economiche da F1 a F6;
il dipendente sostiene di aver telefonato all'Ufficio delle entrate di Roma trattamento personale chiedendo spiegazioni in merito ricevendo per risposta che pur condividendo le argomentazioni esposte, gli uffici sarebbero ancora in attesa di risposta al quesito all'ARAN e all'ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico formulato per altri casi simili;
l'ARAN (da parte sua) non conferisce e non dà assistenza ai singoli dipendenti della pubblica amministrazione, ma solo a sindacati e pubbliche amministrazioni -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti narrati;
se non ritengano opportuno monitorare le azioni poste in essere dall'Agenzia delle entrate, attraverso l'interessamento di ARAN e Igop affinché venga applicata la normativa uniformemente tra le diverse Agenzie fiscali per affermare il principio di equità di inquadramento correttamente all'Area III-F 3 nei confronti dei lavoratori;
se non ritengano opportuno assumere iniziative volte a garantire uniformità di comportamento come per tutte le Agenzie fiscali.
(4-12339)
GNECCHI, MAZZARELLA, GIOVANELLI e MATTESINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in risposta all'atto di sindacato ispettivo 2-01041 il Governo alla richiesta di chiarimenti in merito all'attribuzione degli incarichi dirigenziali da parte dell'Agenzia delle entrate, rispondeva in modo articolato ma non chiariva le ragioni per le quali l'Agenzia delle entrate ha continuato in tutti questi anni a conferire incarichi dirigenziali provvisori, senza procedere allo scorrimento delle graduatorie e operando nello stesso tempo in deroga a quanto previsto dall'artico 19 comma 1-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001;
su 1095 dirigenti delle Agenzie delle entrate, 465 sono stati selezionati tramite concorsi e 630 sono incarichi dirigenziali attribuiti in base ad una norma prevista dall'articolo 24 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia, che doveva essere di carattere provvisorio, limitata al triennio 2001/2003 e che è stata invece inopinatamente prorogata fino al 2011 con
delibere del comitato di gestione dell'Agenzia, creando di fatto una situazione anomala;
non è concepibile che utilizzando una norma di carattere provvisorio (continuamente reiterata) prevista da un regolamento, si siano attribuiti incarichi dirigenziali, con ampia discrezionalità, senza seguire la procedura di interpello fra tutti gli interessati a ricoprire un incarico dirigenziale, né tantomeno ricorrere allo scorrimento delle graduatorie di precedenti concorsi, tuttora valide per coprire posti vacanti;
l'Agenzia delle entrate è tutt'ora nell'alveo della pubblica amministrazione ed è obbligo della stessa osservare ed applicare le norme vigenti che avrebbero evitato oltre a gravi anomalie per carenze dei richiesti requisiti (a volte anche del titolo di studio e nello specifico, privi della prescritto diploma di laurea) anche un numero molto elevato di incarichi dirigenziali senza aver posto mai in essere le regolari procedure concorsuali previste da leggi e regolamenti;
le non conformi procedure adottate dall'Agenzia delle entrate hanno attivato ulteriore contenzioso nei tribunali, comportando dei costi non indifferenti per la pubblica amministrazione ed è ad avviso degli interroganti quanto meno singolare che i Ministeri interrogati non abbiano ritenuto di intervenire a fronte di quanto descritto in premessa -:
come intendano procedere i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, nei confronti dell'Agenzia delle entrate per ripristinare comportamenti conformi con la legislazione vigente e confermati da una consolidata giurisprudenza.
(4-12345)
JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo le stime, il valore del riciclaggio in Italia supera il 10 per cento del prodotto interno lordo, un dato doppio rispetto alla media mondiale e crescente «in funzione dell'apertura internazionale dei mercati e del ricorrere delle crisi economiche». A lanciare l'allarme è stato il vice direttore generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, secondo cui «si tratta di flussi di denaro illecito che assumono rilevanza anche sul piano macroeconomico e sono suscettibili di generare gravi distorsioni nell'economia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi, in definitiva, sulla stessa stabilità ed efficienza del sistema economico». Nel suo intervento presso la scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'alto dirigente di palazzo Koch, ha definito la lotta al riciclaggio «una sfida continua per il Paese», in cui «tutti i cittadini, al pari degli intermediari e delle istituzioni, devono sentirsi coinvolti»;
«il riciclaggio - ha detto Tarantola - rappresenta un ponte fra criminalità e società civile che offre ai criminali, che dovrebbero essere per definizione banditi dalla società, gli strumenti per essere invece accolti e integrati nel sistema, arrivando a sedere nei consigli di amministrazione e a contribuire all'assunzione di decisioni politiche rilevanti». Un segnale positivo nella battaglia arriva dai dati dell'azione condotta dalla Banca d'Italia e dall'unità di informazione finanziaria in poco più di tre anni passati dall'introduzione nel nostro ordinamento della direttiva antiriciclaggio che ha prodotto risultati di rilievo. Le segnalazioni di operazioni sospette, circa 12.500 nel 2007, si sono triplicate, divenendo oltre 37.000 nel 2010. Il trend di crescita risulta in notevole accelerazione: +16 per cento nel 2008, +44 per cento nel 2009, +77 per cento nel 2010. E tuttavia, sottolinea Tarantola, «non può considerarsi soddisfacente il fatto che l'aumento delle segnalazioni sia dovuto quasi esclusivamente agli intermediari bancari e finanziari e alle poste. Dai professionisti e dagli altri operatori, sono pervenute, nel 2010, solo 223 segnalazioni (erano 136 nel 2009 e 173 nel 2008), di cui un terzo dai
dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, circa un quinto dai notai»;
le segnalazioni hanno prodotto «risultati investigativi rilevanti»: le anticipazioni sul 2010 fornite dal comandante generale della Guardia di finanza evidenziano che nel corso dell'anno sono state circa 4.700 le segnalazioni confluite in procedimenti penali aperti presso le procure della Repubblica competenti o che hanno permesso di attivare nuovi procedimenti penali per casi di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale e truffa. Dati più completi, riferiti al 2009, indicano che in quell'anno oltre 11.000 segnalazioni sulle 18.800 trasmesse dalla Uif alla Guardia di finanza (comprendenti anche le 4.000 inviate come «archiviate») sono state ritenute meritevoli di approfondimenti investigativi. Gli approfondimenti conclusi nello stesso 2009 hanno portato a individuare - in circa 3.500 segnalazioni - reati o collegamenti con reati a scopo di lucro. Ciò significa che circa il 20 per cento delle segnalazioni ha prodotto positivi esiti processuali o investigativi. «Si tratta di risultati», sottolinea Tarantola, «che, se da una parte confermano la validità dell'azione fin qui condotta, dall'altra costituiscono uno stimolo ad affrontare con rinnovata determinazione le persistenti aree di criticità»;
«l'attività di monitoraggio e intervento ha portato nel tempo a risultati Scoraggianti - ha sottolineato Tarantola -. Gli intermediari mostrano un'accresciuta attenzione alla materia. È migliorata la conformità alle prescrizioni normative». L'antiriciclaggio, aggiunge, «deve diventare cultura aziendale diffusa e condivisa ad ogni livello». E «ciò richiede l'impegno di tutti, dagli organi di vertice fino alle strutture operative periferiche, secondo la posizione organizzativa e il ruolo ricoperti». Le norme, per quanto «severe, chiare, incisive», afferma ancora il vice direttore della Banca d'Italia, «sono necessarie, ma non sono sufficienti perché la criminalità cerca costantemente nuove strade per riciclare i proventi della propria attività illecita sfruttando le opportunità consentite dalla globalizzazione e dall'innovazione tecnologica e finanziaria. Ciò richiede, da parte di tutti gli attori coinvolti, nazionali e internazionali, una elevata capacità di percepire ed analizzare strumenti, modalità e circuiti innovativi utilizzati dalla criminalità e di attivare un ampio e tempestivo scambio di informazioni. È su questa linea», conclude Tarantola, «che si sta muovendo, non senza difficoltà, l'azione della Banca d'Italia - nella funzione di vigilanza e in quella, autonoma e indipendente di Uif - per la tutela dell'integrità del sistema finanziario» -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di implementare ed aggiornare la normativa relativa all'attività di riciclaggio.
(4-12357)
GIANNI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 8 giugno 2011 la pagina delle lettere del quotidiano «La Repubblica» pubblicava la lettera di un pensionato;
il pensionato nella lettera riferiva di essere un correntista di Poste italiane e che il suo conto corrente era passato da 0,25 per cento di interessi a zero;
il pensionato, inoltre riferiva che al telefono, gli veniva proposto un nuovo contratto che prevedeva una carta di credito, con la quale si sarebbe dovuto spendere almeno 400 euro al mese, e zero spese di tenuta di conto corrente, in cambio il suo conto corrente sarebbe tornato ad essere produttivo di interessi, intorno all'1 per cento;
sempre al telefono la rappresentante di poste italiane specificava che l'offerta non poteva avere seguito in quanto il pensionato aveva 73 anni, mentre il conto proposto era per soggetti con meno di 72 anni;
analoga risposta ha ricevuto il cognato, anche lui ultra settantaduenne;
appare assurdo e ingiustificato azzerare gli interessi a correntisti postali soprattutto tenuto conto del fatto che questo avviene in presenza di alcuna riduzione degli interessi richiesti da Poste italiane spa, per crediti alle persone e per mutui;
sarebbe opportuno che Poste italiane spa receda dalla imposizione unilaterale di azzeramento degli interessi, già di per sé irrisori, a salvaguardia delle somme versate su conti correnti in particolare di pensionati e persone con redditi medio bassi;
l'agire di Poste italiane appare all'interrogante lesivo della dignità della persona in quanto per spingere i correntisti postali a sottoscrivere un nuovo prodotto da correntista (in questo caso con interessi all'1 per cento) questo avviene attraverso l'azzeramento del conto corrente in essere;
Poste italiane spa è società integralmente pubblica -:
se sia a conoscenza della comunicazione di Poste spa relativa alla decisione unilaterale di azzeramento degli interessi percepiti da correntisti postali;
se confermino che la comunicazione sia giunta a circa 5 milioni di correntisti postali;
sulla base di quale decisione si nega di sottoscrivere, eventualmente, i nuovi contratti per conti correnti produttivi di interessi all'1 per cento, a persone di età inferiore a 72 anni e in tal caso quali iniziative i Ministri interrogati intendono avviare affinché tale esclusione sia eliminata posto che sembra non conforme ai principi costituzionali.
(4-12371)
BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi gli uomini della Guardia di finanza di Formia stanno indagando sull'hotel Mirasole, una delle strutture ricettive più rinomate della città di Gaeta. L'immobile è stato acquistato all'asta fallimentare dal signor Guido Santullo, ex ambasciatore della Guinea-Conakry, con un investimento pari a 7,5 milioni di euro;
desta sorpresa il fatto che il valore di mercato dell'immobile sarebbe pari quasi al doppio della somma corrisposta e, a quel che consta all'interrogante, che la proposta del signor Santullo sia stata l'unica a pervenire alla cancelleria del giudice Guido Marcelli della sezione fallimentare del tribunale di Latina;
fonti giornalistiche riportano che il signor Santullo, consigliere di Lansana Contè, dittatore della Guinea morto qualche anno fa, gestiva la prima impresa di costruzioni del Paese, assicurandosi il monopolio dell'edilizia pubblica in Guinea;
Santullo, attraverso la SERICOM Guinée (da lui fondata), edificò alberghi, casinò, edifici pubblici e ospedali grazie all'appoggio di Contè, non pagando tasse e godendo di favoritismi negli appalti per le costruzioni -:
se non ritenga il Ministro di dover fare compiere accertamenti che verifichino la provenienza del consistente flusso di denaro che sta investendo l'intero litorale del sub-pontino.
(4-12373)
...
GIOVENTÙ
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro della gioventù, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
«negli ultimi due decenni, forti investimenti hanno prodotto dei miglioramenti enormi per i bambini fino a 10 anni. Il calo del 33 per cento nel tasso globale di mortalità sotto i cinque anni dimostra che si sono salvate molte giovani vite in più,
che nella maggior parte delle regioni le bambine hanno quasi le stesse probabilità di frequentare la scuola primaria rispetto ai loro coetanei di sesso maschile, e che adesso milioni di bambini beneficiano di un migliore accesso all'acqua potabile e a cure essenziali come le vaccinazioni di routine» ha dichiarato il presidente dell'UNICEF Italia Vincenzo Spadafora. «Per contro, si sono registrati meno miglioramenti in ambiti critici per gli adolescenti. Attualmente più di 70 milioni di adolescenti in età di scuola media non la frequentano e, a livello globale, le femmine sono ancora indietro rispetto ai maschi in termini di partecipazione alla scuola secondaria. Senza istruzione, gli adolescenti non possono sviluppare le conoscenze e le capacità di cui hanno bisogno per affrontare i rischi di sfruttamento, di abuso e di violenza, che risultano più alti proprio nel secondo decennio di vita. In Brasile, per esempio, tra il 1998 e il 2008 si è salvata la vita a 26.000 bambini di meno di un anno, determinando una netta diminuzione della mortalità infantile. Nello stesso decennio, però, 81.000 adolescenti brasiliani tra i 15 e i 19 anni sono stati uccisi»;
«l'adolescenza rappresenta un punto di svolta, un'opportunità per consolidare i progressi compiuti nell'ambito della prima infanzia, che altrimenti si rischierebbe di vedere cancellati» ha dichiarato Anthony Lake, direttore dell'UNICEF. «Ora dobbiamo concentrare maggiormente l'attenzione su come raggiungere gli adolescenti, e soprattutto le adolescenti, investendo nell'istruzione, nella salute e in altre misure volte a coinvolgerli nel processo di miglioramento delle loro condizioni di vita». L'adolescenza è un'età di fondamentale importanza. È durante questo secondo decennio di vita che le disuguaglianze e la povertà si manifestano più duramente. I giovani poveri o emarginati hanno meno probabilità di compiere durante l'adolescenza il passaggio all'istruzione secondaria, mentre hanno più probabilità di patire forme di sfruttamento, di abuso e di violenza come il lavoro domestico e il matrimonio precoce, soprattutto se sono di sesso femminile. Nel mondo in via di sviluppo (Cina esclusa), le adolescenti povere hanno circa il triplo di probabilità di sposarsi prima dei 18 anni rispetto alle loro coetanee appartenenti a quelle appartenenti alla famiglie più ricche. Le ragazze che si sposano troppo presto rischiano maggiormente di cadere in un ciclo negativo di gravidanze precoci, di tassi elevati di mortalità materna e di malnutrizione infantile. Inoltre, le ragazze patiscono tassi più elevati di violenza domestica e/o sessuale rispetto ai ragazzi, e sono più soggette al rischio di infezioni da HIV;
la stragrande maggioranza degli adolescenti di oggi (88 per cento) vive in Paesi in via di sviluppo. Molti di essi si trovano a dover affrontare una serie unica di sfide. Sebbene oggigiorno, in tutto il mondo, gli adolescenti siano generalmente più sani che in passato, restano significativi molti rischi per la salute, tra cui gli infortuni, i problemi connessi all'alimentazione, l'abuso di sostanze e i problemi di salute mentale. Si stima che circa un adolescente su cinque soffra di problemi di salute mentale o comportamentali. Con un totale di giovani disoccupati che, nel 2009, ha toccato in tutto il mondo gli 81 milioni, la disoccupazione giovanile continua a essere motivo di preoccupazione quasi in ogni Paese. Un mercato del lavoro sempre più tecnologizzato richiede capacità che molti giovani non possiedono. Ciò rappresenta non soltanto uno spreco di talenti giovanili, ma anche un'opportunità perduta per le comunità in cui questi giovani vivono;
in molti Paesi, ingenti popolazioni di adolescenti costituiscono una risorsa demografia unica che viene spesso trascurata. Investendo nell'istruzione e nella formazione professionale degli adolescenti, i Paesi possono raccogliere una forza lavoro ampia e produttiva, contribuendo significativamente allo sviluppo delle economie nazionali. Gli adolescenti si trovano a dover affrontare, sia oggi sia nel futuro, numerose sfide globali, tra cui le attuali condizioni di instabilità economica, il degrado ambientale, l'urbanizzazione e l'emigrazione a livelli esplosivi, l'invecchiamento
delle società, i costi crescenti dell'assistenza sanitaria e l'aggravarsi delle crisi umanitarie. Per consentire agli adolescenti di affrontare efficacemente queste sfide, secondo il «Rapporto Unicef 2011» sulla povertà infantile, si rendono necessari degli investimenti mirati nei seguenti ambiti chiave: investimento nell'istruzione e nella formazione professionale, affinché gli adolescenti abbiano i mezzi per sollevarsi dalla povertà e contribuire allo sviluppo delle loro economie nazionali; ampliamento delle opportunità per i giovani di partecipare alla vita sociale e di dar voce alle proprie opinioni, per esempio in consigli nazionali della gioventù, forum giovanili, iniziative al servizio della comunità, forme di attivismo on-line e altri canali attraverso cui gli adolescenti possono far sentire la propria voce; promozione di leggi, politiche e programmi che tutelino i diritti degli adolescenti e consentano loro di superare eventuali ostacoli alla fornitura di servizi essenziali; intensificazione della lotta contro la povertà e la disuguaglianza attraverso dei programmi specifici per i minori, al fine di impedire che gli adolescenti vengano catapultati prematuramente nell'età adulta. «Milioni di giovani in tutto il mondo stanno aspettando maggiori interventi da parte di tutti noi» ha concluso Anthony Lake. «Il fatto di fornire a tutti i giovani gli strumenti di cui hanno bisogno per migliorare la propria vita favorirà la nascita di una generazione di cittadini economicamente indipendenti e pienamente impegnati nella vita civile, nonché capaci di offrire un contributo attivo alle loro comunità» -:
quali interventi e iniziative il Governo intenda adottare al fine di fornire solide basi, sia dal punto di vista economico che relazionale e sociale, per un proficuo sviluppo dei cittadini in età adolescenziale.
(4-12367)
...
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, ha denunciato la drammatica situazione della direzione distrettuale antimafia per la carenza di uomini e mezzi;
a scatenare il grido d'allarme è stata la vicenda del pubblico ministero Vincenzo Luberto (che le cosche della 'ndrangheta dell'alto Ionio cosentino progettavano di uccidere), conclusasi positivamente grazie ad una continua attività di monitoraggio sulle realtà criminali;
la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro - osserva Borrelli - è competente su due terzi del territorio della Calabria, ad alta densità criminale (per quanto queste organizzazioni abbiano una tradizione diversa da quelle reggine);
per l'impatto sulla vita dei cittadini la situazione non è molto diversa, perché ad una ridotta capacità criminale corrisponde una ridotta capacità di fronteggiare le organizzazioni, tenuto conto delle condizioni di estremo disagio in cui si trova ad operare la procura di Catanzaro;
procuratore aggiunto lamenta, infatti, una enorme difficoltà ad avviare un processo di digitalizzazione (considerando che l'età media del personale amministrativo è di 50 anni), la scarsità di magistrati e di altre risorse umane, che comporta una pendenza di processi del 20 per cento in più, unitamente alla totale assenza di banda larga per i costi eccessivi che comporterebbe;
infine, la procura di Catanzaro non ha ottenuto alcun tipo di accesso ai fondi strutturali dell'Unione europea, quelli che
vengono gestiti dalla regione, a causa di un'oggettiva difficoltà ad elaborare una progettualità di comune interesse -:
quali urgenti ed efficaci iniziative di competenza intendano adottare al riguardo.
(4-12344)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sono pervenuti all'attenzione della prima firmataria del presente atto alcuni documenti allegati a fascicoli processuali inerenti ai casi di diversi minori residenti nel territorio del tribunale per i minorenni di L'Aquila;
da esposti che fanno riferimento ad attività di investigazione preventiva ex articolo 391-nonies del codice di procedura penale espletate dal legale di alcune delle parti interessate, salva opportuna e necessaria ulteriore verifica da parte delle competenti magistrature, di una situazione di gravissimo sospetto in ordine alle modalità ed i criteri di gestione degli affidamenti e delle adozioni minorili, da parte del tribunale in questione;
addirittura risulterebbe che la responsabile della casa famiglia «Maria Ferrari», frazione di San Gregorio, avrebbe riferito ad alcuni testimoni che uno dei giudici del collegio versa, in ragione di una dilaniante vicenda giudiziaria di separazione personale, in condizioni di debolezza economica che sarebbe tale da indebolirne autonomia ed indipendenza e minare la sua indispensabile serenità di giudizio;
sempre la responsabile della casa famiglia avrebbe riferito ad alcune parti private dell'esistenza di una prassi, non è dato sapere se e quanto diffusa o consolidata, in base alla quale nella località Pineto si sarebbero ottenuti affidamenti o adozioni al costo di euro 30.000 a bambino;
sempre da testimonianze raccolte ex articolo 391-nonies del codice di procedura penale, ed allegate ai ricorsi civili, penali e disciplinari di legge, risulterebbe che in tale casa famiglia i bambini vengano educati anche con l'utilizzo di punizioni consistenti nel rinchiuderli in cantina al buio; che nonostante i contributi della regione e del comune e le numerose donazioni di volontari e la raccolte di fondi organizzate anche da una madrina Unicef, i minori ivi custoditi non dispongano di abiti e scarpe della propria taglia né di alimentazione sufficiente, e che d'inverno non dispongano neanche di cappotto od altro soprabito idoneo;
risulterebbe inoltre che una quota consistente di ragazzi abbia trascorso in tale casa famiglia l'intera adolescenza, fino al compimento della maggiore età, e che nonostante gli stessi fossero stati destinatari di offerte di affidamento temporaneo e/o adozioni, il tribunale, basandosi anche sulle relazioni degli operatori della casa famiglia stessa, abbia più volte e reiteratamente rigettato ogni istanza di affido e/o adozione;
in alcuni casi sottoposti all'esame della prima firmataria del presente atto, è singolare osservare che appena compiuto il diciottesimo anno di età i predetti ragazzi si siano spontaneamente ricoverati, e siano stati amorevolmente e definitivamente accolti, presso le stesse famiglie delle quali il tribunale e la casa famiglia avevano escluso l'idoneità all'affido o all'adozione -:
se si intendano assumere con la massima celerità ed accuratezza iniziative ispettive presso il tribunale per i minorenni di L'Aquila onde verificare quanto sopra riportato ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza;
se si intendano assumere iniziative volte a verificare le condizioni sanitarie e di custodia dei minori all'interno di tale istituto a garanzia del benessere dei minori stessi.
(4-12372)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del progetto di raddoppio della linea ferroviaria Verona-Bologna, tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, è stato aperto il nuovo ponte ferroviario sul fiume Po tra Ostiglia e Revere (entrambi i comuni sono in provincia di Mantova) e, contemporaneamente, è stato dismesso quello esistente fino a quel periodo;
il ponte ferroviario dismesso è adiacente al ponte stradale oggi esistente;
il ponte stradale (di proprietà dell'Anas) meriterebbe di essere ampliato in quanto esso è talmente stretto da rendere la viabilità assai pericolosa e la dismissione dell'adiacente ponte ferroviario (di proprietà di RFI) potrebbe consentire l'allargamento del ponte stradale;
il ponte stradale necessita di cospicui interventi di manutenzione;
il 10 giugno 2011 la stampa locale ha informato che Anas intende avviare, nel settembre 2011, lavori di ristrutturazione per un importo di 3 milioni di euro;
considerando che il ponte collega le sponde del fiume Po e che sul lato «destra Po» (cioè verso Revere) insiste, presso il comune di Pieve di Coriano (Mantova), un'importante struttura ospedaliera, è auspicabile che i lavori di ristrutturazione del ponte stradale non prevedano la chiusura totale del ponte, anche solo per poche ore nell'arco della giornata -:
se il Ministro intenda intervenire, nei confronti di Anas e di RFI, affinché si trasformi il vecchio ponte ferroviario in sede stradale per allargare e rendere più sicuro l'attuale ponte stradale;
se il Ministro, nell'organizzazione dei lavori di ristrutturazione del ponte stradale che inizieranno il prossimo settembre, intenda garantire l'attraversamento del ponte medesimo al fine di consentire ai cittadini residenti sul lato «sinistra Po» di poter accedere senza problemi, in caso di necessità, alla struttura ospedaliera di Pieve di Coriano.
(5-04913)
MARCHIONI, MARCHI, MARCHIGNOLI, ZAMPA, LA FORGIA, CASTAGNETTI, MOTTA, MIGLIOLI, ALBONETTI, DE MICHELI, BENAMATI e BRATTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal 2010 si è più che dimezzato il numero delle fermate alla stazione di Cattolica dei treni di lunga percorrenza, quelli classificati IC e quelli classificati ESCity. A partire dal maggio 2010 non fermano più a Cattolica giornalmente 8 intercity provenienti da Bolzano, da Torino, da Venezia, da Crotone, da Lecce, da Venezia, da Bari, da Milano; compensati dal giugno di quest'anno da soli due treni regionali provenienti da Piacenza;
l'effettuazione degli IC è disciplinata da un contratto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso il quale lo Stato sovvenziona Trenitalia (nel 2010, 250 milioni di euro per 30 milioni di chilometri). Nella definizione dell'elenco di tali treni, e delle caratteristiche del servizio che devono svolgere, le regioni non sono coinvolte, né vengono preventivamente informate delle variazioni di servizio che possono avvenire di anno in anno. Trenitalia si dimostra indisponibile a intavolare con le regioni un dialogo per la definizione di questo servizio, ed in generale per tutto quello che riguarda i treni di lunga percorrenza. Per gli ESCity - trattandosi di servizi «a mercato», la definizione degli orari, delle fermate e delle tariffe viene effettuata in autonomia imprenditoriale da Trenitalia che ricerca la combinazione che offre i maggiori profitti, privilegiando la velocizzazione e conseguentemente attraverso la riduzione del numero di fermate;
Cattolica è una cittadina turistica di primo piano nel panorama nazionale e numerosi sono i flussi turistici di ospiti che scelgono il treno come mezzo di trasporto nell'ottica di una mobilità più sostenibile a cui le amministrazioni locali convintamente aderiscono, grazie anche alla collaborazione degli operatori turistici che offrono pacchetti vacanze molto vantaggiosi con l'utilizzo del treno. Inoltre Cattolica, con la propria stazione, offre un servizio a un'area importante, visto che su di essa grava un bacino di utenza che si aggira attorno ai 65.000 abitanti rappresentato dalla popolazione dei comuni vicini, caratterizzati non solo da una tipologia di territorio artistico-culturale a rilevante destinazione turistica; ma anche da una valenza industriale produttiva, come primario polo del made in Italy;
il calo delle risorse di provenienza statale rende sempre più difficile alla regione Emilia Romagna rispondere, con nuovi servizi a diretto contributo regionale alla soppressione di treni delle categorie IC/EsCity, nei confronti dei quali la Regione partecipa alla copertura dei costi nella maniera indiretta della sovvenzione agli abbonati -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e se abbia consapevolezza della gravità degli effetti su un territorio così aperto al turismo e alle relazioni internazionali per vocazione economica;
se intenda intervenire con adeguate iniziative a tutela dei cittadini, imprenditori, operatori turistici e se abbia verificato le scelte di Trenitalia o si limiti a prenderne atto, quale che sia l'effetto che produce sui territori;
quali iniziative di competenza intenda assumere nei confronti, una volta verificata l'urgenza di ripristinare le fermate alla stazione di Cattolica-Gabicce-San Giovanni in Marignano.
(5-04920)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel marzo 2005 l'Anas ha avviato i lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa con la realizzazione di 25 chilometri di nuova autostrada con un investimento pari a 723 milioni di euro;
detti lavori, riguardanti il tratto compreso tra la località di Passo Martino e il chilometro 130+400 della strada statale 114 «Orientale Sicula», eseguiti con affidamento a contraente generale, sono terminati nel dicembre 2009;
l'impresa esecutrice individuata è Pizzarotti & C. SpA;
il contraente generale Pizzarotti & C. SpA ha affidato l'esecuzione dei citati lavori a ATI Sics-Cfc;
all'interrogante risulta che Pizzarotti SpA avrebbe compiuto una serie di inadempienze contrattuali nei confronti di ATI e non avrebbe corrisposto i pagamenti in base agli avanzamenti dei lavori;
il decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, recante «Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale» prevede all'articolo 9, comma 9, che «Il soggetto aggiudicatore verifica periodicamente il regolare adempimento degli obblighi contrattuali del contraente generale verso i propri affidatari»; avendo facoltà, ove risulti l'inadempienza del contraente generale, di applicare una detrazione sui successivi pagamenti e procedere al pagamento diretto all'affidatario nonché di applicare le eventuali sanzioni -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra riportato e in caso affermativo:
a) se risultino le verifiche effettuate da parte di Anas sul contraente generale o, in assenza, per quali motivi dette verifiche non sono state poste in essere;
b) se risultino i pagamenti effettuati dal contraente generale in favore dell'affidatario e se gli stessi siano rispondenti ai pagamenti effettuati da Anas;
c) se e in quali modi intenda intervenire al fine di facilitare la ricomposizione della controversia in atto tra contraente generale e affidatario dei lavori di completamento del tratto stradale Catania-Siracusa.
(4-12354)
PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il porto canale di Cagliari risulta la più importante infrastruttura portuale della Sardegna;
l'infrastruttura rilanciata nel 2003 in seguito ad un accordo con i più importanti operatori mondiali rischia ora una grave crisi non solo operativa ma anche di prospettiva considerata la situazione di totale incertezza nella quale sono costretti ad operare potenziali investitori e gli stessi imprenditori che hanno già avviato iniziative imprenditoriali nelle aree limitrofe al porto canale;
tale incertezza è divenuta odissea per numerosi imprenditori che avendo acquistato le aree destinate alle intraprese economiche contigue al porto canale si ritrovano ora a non poter più utilizzare tali aree, dopo averle pagate al consorzio per l'area di sviluppo industriale di Cagliari (Casic), persino con il rischio del blocco delle proprie iniziative imprenditoriali;
in data 24 giugno 2010 è stato infatti redatto un quarto verbale di delimitazione del pubblico demanio marittimo reg. repertorio n. 11 del 2010;
una decisione che appare contraddittoria rispetto a tutte le precedenti valutazioni e determinazioni intercorse negli anni sull'annosa questione relativa alla definizione dei confini delle aree demaniali;
tale delimitazione che appare in contrasto anche con le ragioni stesse che sin dall'avvio della realizzazione dell'opera infrastrutturale avevano sostanzialmente chiarito la proprietà e la funzione delle aree stesse;
il 7 febbraio 1974, tra la cassa per il mezzogiorno, la SIACA S.p.A. ed il consorzio area sviluppo industriale di Cagliari fu sottoscritta apposita convenzione per l'esecuzione del progetto speciale n. 1, così come approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica con delibera del 4 agosto 1972, relativo alla realizzazione a Cagliari di un porto industriale dotato di infrastrutture ed attrezzatura per contenitori;
in attuazione della «convenzione quadro» la Cassa per il Mezzogiorno affidava alla SIACA S.p.A. «la progettazione di massima ed esecutiva delle varie opere necessarie per l'attuazione del 1o lotto funzionale del Porto Industriale di Cagliari costituente il Progetto Speciale n. 1, nonché l'esecuzione dei lavori e forniture che saranno affidati mediante appositi atti relativi a singoli stralci nei limiti dei finanziamenti deliberati dal CIPE»; l'articolo 2 della convenzione quadro indicava le opere di cui al primo lotto, la cui progettazione ed esecuzione veniva affidata alla SIACA, prevedendo che il progetto speciale comprendesse: «...un complesso di opere a mare atte a creare un adeguato avamposto e a consentire un sicuro accesso al porto-canale propriamente detto (...)»;
un complesso di opere a terra comprendenti:
a) un canale navigabile della lunghezza di circa 2.500 metri... un bacino di evoluzione terminale di circa 500 metri di diametro inserito, una banchina di circa 1.500 metri di lunghezza;
b) l'arredamento della sopraindicata banchina, l'insieme dei piazzali operativi ed il loro collegamento con la viabilità esterna, gli edifici per i servizi tecnici ed amministrativi del porto, le infrastrutture,
le attrezzature di carattere pubblico per la movimentazione dei containers, i servizi tecnologici generali atti ad assicurare la funzionalità del porto, limitatamente alle opere pubbliche finanziabili al 100 per cento a carico dello Stato;
c) un complesso di opere stradali di variante alla Strada Statale 195 il cui attuale percorso verrà tagliato dalla via d'acqua;
la Convenzione Quadro, all'articolo 8, relativamente ai compiti affidati dalla cassa per il mezzogiorno al CASIC, prevedeva: «Alle operazioni occorrenti per le espropriazioni, riscatti di concessioni demaniali preesistenti ed occupazioni provvederà - con l'utilizzazione dei fondi che saranno forniti ed assunti a proprio carico dalla Cassa sulla scorta delle previsioni della variante del piano regolatore dell'area, degli elaborati progettuali, nonché delle stime tecniche ulteriormente necessarie - il Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Cagliari (che all'uopo interviene al presente atto), avvalendosi delle disposizioni di cui all'articolo 147 del Testo unico delle leggi sul Mezzogiorno approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1967 n. 1523. Al consorzio verrà corrisposto a totale tacitazione delle sue prestazioni l'11 per cento (undici per cento) delle indennità di esproprio oltre il rimborso delle spese notarili e giudiziarie;
le aree così acquisite dovranno essere intestati al Ministero della marina mercantile per le opere di competenza del demanio Marittimo ed al consorzio;
l'articolo 147 del Testo unico delle Leggi sul mezzogiorno, in base al quale la Cassa per il Mezzogiorno affidava al CASIC le operazioni di espropriazione, prevedeva che: «Nelle aree e nei nuclei di sviluppo industriali il consorzio può promuovere, con le norme previste dal presente articolo, la espropriazione di immobili, oltre che ai fini dell'attrezzatura della zona, anche allo scopo di rivenderli o cederli in locazione per l'impianto di nuovi stabilimenti industriali e di pertinenze connesse, salvo il diritto degli espropriati alla restituzione, qualora gli immobili non siano utilizzati per lo scopo prestabilito entro 5 anni dal decreto di esproprio.»;
le aree di proprietà di privati venivano espropriate dal CASIC tanto che il Prefetto provvedeva, in forza della dichiarazione di pubblica utilità derivante dall'approvazione del progetto speciale n. 1 della cassa, così come dall'approvazione del progetto esecutivo del 1o lotto funzionale, all'emanazione di numerosi decreti espropriativi, a favore dello stesso CASIC che, divenuto pertanto proprietario di tali aree, provvedeva a metterle nella disposizione della SIACA affidataria della esecuzione delle predette opere;
il 18 maggio 1989, l'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, subentra nei rapporti della cessata Cassa per il Mezzogiorno, trasferiva al CASIC le opere relative al 1o lotto funzionale del porto Industriale di Cagliari nonché i progetti di completamento già approvati;
in seguito alla realizzazione delle opere portuali, avendo determinato queste ultime la trasformazione delle aree sulle quali insistevano in aree demaniali marittime ai sensi dell'articolo 28 del codice della navigazione, la Capitaneria di Porto di Cagliari procedeva alla delimitazione di detto demanio con tre distinti procedimenti ex articolo 32 dello stesso Codice della Navigazione: il primo conclusosi con verbale n. 199 del 18 luglio 1997, il secondo con verbale n. 207 del 3 giugno 1999 ed il terzo con verbale n. 216 del 9 gennaio 2001;
i verbali suddetti registravano la delimitazione delle aree occupate dalle opere portuali già realizzate e che rivestivano il carattere di demanialità marittima, tanto che le stesse commissioni delimitatrici ritenevano che per tali aree, oltre a quelle che risultavano essere demaniali all'origine, potesse attuarsi il procedimento ex articolo 32 essendo le opere realizzate e collaudate, riservandosi di procedere ad
ulteriori delimitazioni conseguentemente alla eventuale realizzazione di nuove opere comprese nel progetto;
nel 2002 la capitaneria di Porto di Cagliari dispone una nuova verifica dei caratteri demaniali di quelle aree acquisite attraverso l'esproprio effettuato dal Casic e per questo motivo viene attivata un'ulteriore Commissione incaricata della quarta delimitazione concludeva il proprio compito accertativo, svolto ai sensi dell'articolo 32 del codice della navigazione e 58 del regolamento, con il verbale 20/23 gennaio 2003, rilevando: «...la gran parte delle predette aree oggetto di indagine della presente delimitazione, per lo più costituite da terreni originariamente non demaniali ed espropriate dal CASIC ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione quadro per costruzione del porto canale, intercorsa nel 1974 tra cassa per il Mezzogiorno e il predetto ente, all'attualità non appaiono rivestire i caratteri della demanialità marittima che ne consentano un inserimento in una delle categorie individuate dall'articolo 28 del codice della navigazione. Sulle stesse al momento non risultano edificate opere e tanto meno sono utilizzate a scopi marittimi. Al fine di verificare i predetti elementi di fatto mediante sopralluogo sul posto la Commissione si aggiorna al 23 gennaio 2003;
nel suddetto sopralluogo la commissione evince che dallo stato dei luoghi non traspare una destinazione attuale delle aree in esame a fini marittimi e le stesse non presentano caratteristiche geomorfologiche di demanialità;
la decisione della Commissione veniva comunicata ufficialmente dalla capitaneria di porto di Cagliari al Ministero delle infrastrutture e trasporti con nota prot. 7/302/6533/DEM del 25 febbraio 2003 il quale, con nota del successivo 20 marzo 2003 a firma del direttore generale, affermava: «Al riguardo si ritiene che la Commissione di delimitazione, assicurando la partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati per la tutela di tutti gli interessi coinvolti, debba procedere alla individuazione delle aree, anche di quelle che al momento siano intestate a terzi, che risultano necessarie, funzionali e quindi pertinenziali al porto, indipendentemente dalla loro utilizzazione attuale, e che sono quindi destinate ad assumere il carattere della demanialità marittima, al fine, di attivare la successiva procedura di acquisizione tra i beni del Demanio dello Stato-Ramo Marina Mercantile»;
a seguito della richiamata nota, la commissione esaminava le aree alla luce della richiesta del Ministero e, con verbale del 31 marzo 2005, senza in alcun modo modificare o revocare il precedente provvedimento accertativo di cui al verbale del 20/23 gennaio 2003, indicava quali aree potessero essere, così come indicato da Ministero, acquisite ai fini della funzionalità del porto;
ai sensi dell'articolo 8 della convenzione quadro, le aree a suo tempo assunte dal CASIC, in concessione se demaniali, ovvero in proprietà se espropriate o acquistate con procedimento bonario risultavano così suddivise:
a) aree occupate dalle opere realizzate in esecuzione del progetto provato di realizzazione del lotto 1o del porto industriale, e come tali demaniali ai sensi dell'articolo 28 del codice della navigazione;
b) aree non occupate dalle opere ma comprese ab origine nel demanio marittimo (fanno parte di tali aree, ad esempio, quelle restituite in forza di apposito accordo, dalla Conti Vecchi S.p.A. e che erano precedentemente da quest'ultima detenute in concessione per essere utilizzate per la produzione di sale);
c) aree espropriate dal CASIC in forza di decreti prefettizi emessi in base ad una dichiarazione di pubblica utilità risalente al 1981 (approvazione da parte della Cassa per il Mezzogiorno del Progetto esecutivo realizzazione 1o lotto funzionale), sulle quali non era stata realizzata alcuna opera e delle quali i proprietari espropriati non avevano attivato il
procedimento per la retrocessione, e tra le quali, erano comprese le aree che, ai sensi del secondo comma del citato articolo 8 della Convenzione quadro, sarebbero dovute rimanere nella proprietà del CASIC medesimo;
le aree rimaste in capo al Casic risultavano, dunque, di proprietà del CASIC tanto che le stesse erano state iscritte nei pubblici registri tenuti presso la conservatoria dei registri immobiliari di Cagliari; aree che il Casic ha messo in vendita al fine di sviluppare attraverso capitali e intraprese private le attività economiche previste a supporto e integrazione dell'area portuale;
nelle sedute del comitato portuale del 7 e 29 ottobre 2009, il comitato portuale di Cagliari, nel quale siede anche la Capitaneria di porto approvava lo statuto ed i patti parasociali della Cagliari Free Zone S.p.A., società partecipata in parti uguali dal Cacip e dall'autorità portuale;
in allegato ai patti parasociali, approvati nella seduta del 29 ottobre 2009, con il voto favorevole della stessa capitaneria, veniva approvata la delimitazione della zona franca attraverso una mappa nella quale le aree vendute dal Cacip ad imprenditori privati, venivano espressamente indicate come aree di proprietà privata e quindi escluse dalla delimitazione predetta;
in data 19 maggio 2010, la capitaneria di porto informa che «il giorno 24 giugno 2010 alle ore 9,30 avranno inizio le operazioni di delimitazione delle aree in oggetto ai sensi e per gli effetti degli articolo 32 del codice della navigazione e 58 del relativo regolamento di esecuzione - parte marittima».
oggetto di tale procedimento di delimitazione sono le medesime aree interessate dal verbale di chiusura della precedente commissione del 20/23 gennaio 2003, nel quale veniva accertata la natura non demaniale delle predette aree, e pur non essendo intervenuto alcun elemento modificativo della situazione giuridica e di fatto delle stesse: «È stato, infatti, accertato che sussistono elementi di incertezza sulla esatta delimitazione di tutte le aree demaniali marittime portuali e relative pertinenze aventi i connotati di cui agli articoli 28 lettera a) e 29 del codice della navigazione, esistenti all'interno dell'ambito portuale del Porto Canale di Cagliari e che appare quindi opportuno pervenire alla definizione ed eliminazione di tali incertezze in ragione anche della già intervenuta adozione, ai sensi dell'articolo 5, 3o comma primo periodo, della legge 84/94...»;
in data 24 giugno 2010, la Commissione ha ritenuto di estendere l'area di demanio marittimo a tutte le aree la cui demanialità fu già esclusa dalla precedente Commissione, ritenendo che: «Trattasi quindi di aree in gran parte già in precedenza demaniali e di altre che, espropriate per la realizzazione del porto canale, hanno inequivocabilmente acquisito il connotato della demanialità ex articoli 28 e 29 del codice della navigazione»;
tale provvedimento di nuova ed ulteriore delimitazione non sarebbe stato inviato al Ministro competente, anche ai fini dell'eventuale annullamento, del provvedimento che approva il verbale di delimitazione l'articolo 58 del Regolamento di attuazione del codice della navigazione prevede che il potere di annullamento possa essere esercitato dal Ministro, ai sensi dell'articolo 32 del codice della navigazione, con riferimento al provvedimento di approvazione del verbale di delimitazione il quale, infatti «diviene obbligatorio per lo Stato, salvo il potere di annullamento attribuito al ministro per la marina mercantile dall'articolo 32 del codice, dopo che sia approvato dal direttore marittimo, di concerto con l'intendente di finanza»;
risulta evidente dalla sequenza sinteticamente riportata delle procedure e degli atti richiamati un comportamento contraddittorio e illogico dei vari soggetti istituzionali che hanno agito con propri atti sulla vicenda;
appare fin troppo evidente che un comportamento palesemente in contrasto con il principio della certezza del diritto abbia non solo arrecato un danno ai singoli privati che avevano operato scelte e investimenti in funzioni di approvazioni, atti notarili, e registrazioni immobiliari presso gli uffici preposti della conservatoria immobiliare ma anche alla stessa valenza economica delle opere realizzate al fine di creare le precondizioni per lo sviluppo, il mancato rispetto di una delimitazione adottata quasi otto anni fa e la sua modifica pur in assenza di nuovi tangibili presupposti rischia di generare nell'ambito degli operatori economici una pesantissima ricaduta sulle già scarse capacità attrattive del territorio -:
se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti abbia ricevuto il provvedimento che definisce la nuova ridelimitazione dell'area;
se non ritenga necessario promuovere un'attenta valutazione non solo procedurale ma anche relativamente ai possibili danni economici che lo Stato dovesse essere chiamato a rifondere qualora i soggetti privati colpiti da tale decisione dovessero ricorrere alla giustizia amministrativa e civile;
se non ritengano i Ministri competenti, in sede di autotutela, ed in particolare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti avvalendosi dell'articolo 58 del regolamento di attuazione del codice della navigazione che prevede il potere di annullamento ai sensi dell'articolo 32 del Codice della Navigazione, di valutare l'opportunità e la necessità di annullare tale provvedimento di ridelimitazione che rischia di generare una situazione di totale incertezza nella gestione del futuro del porto canale di Cagliari;
se non ritenga di dover inviare ispettori ministeriali per verificare l'accaduto e se vi siano delle responsabilità;
se non ritenga indispensabile promuovere un'apposita conferenza di servizi che abbia come obiettivo quello del rilancio dell'importante infrastruttura portuale di Cagliari che proprio grazie a quei terreni aveva preventivato uno sviluppo non solo indiretto ma anche diretto legato ad iniziative imprenditoriali in grado di valorizzare al meglio l'importante infrastruttura collocata al centro del Mediterraneo.
(4-12369)
...
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
BORGHESI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con circolare del 19 maggio 2011 del Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, servizio tecnico logistico è stata chiesta alle questure di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Milano, Napoli, Verona, Vibo Valentia, Vicenza e Viterbo, la restituzione di 57 giubbotti antiproiettile «sottocamicia»;
questo tipo di giubbotto è molto più leggero di quello tradizionale e può essere usato anche alla guida delle automobili e comunque permette di muoversi in piena agilità durante le azioni più pericolose nel contrasto della malavita. In passato è già capitato numerose volte che agenti di polizia siano stati feriti o persino ammazzati proprio durante l'inseguimento di delinquenti in fuga. In questi casi quel tipo di giubbotto è determinante per salvare la vita di chi opera per la nostra sicurezza;
i sindacati Sap e Siulp in un loro comunicato stampa sottolineano come si sia in presenza di «un deprecabile comportamento, che da un lato mette in luce la drammatica situazione dei conti ministeriali in conseguenza degli enormi tagli operati dalle recenti manovre finanziarie e, nel contempo, evidenzia un'ingiustificata mancanza di considerazione degli uomini e delle donne della Polizia di Stato...»;
la faccenda assume toni grotteschi quando viene rivelato nella circolare che si
giustifica la restituzione con la necessità di trasferire i giubbotti alle scorte destinate ai politici. Ancora una volta «un privilegio di casta» a danno di chi tutti i giorni rischia la vita per la nostra sicurezza ed incolumità, pagando prezzi altissimi -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per dotare le forze di polizia delle risorse necessarie all'acquisto di un congruo numero di giubbotti antiproiettile «sottocamicia», evitando di toglierli a chi rischia la vita quotidianamente per la sicurezza dei cittadini.
(4-12347)
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno informato che ad Udine il comune abbia spostato i seggi elettorali dalla scuola Nievo di via Gorizia, classica sede delle consultazioni elettorali, al liceo classico Stellini di piazza Primo maggio e all'istituto Sello di via Diaz, senza aver avvertito preventivamente i 7 mila elettori che sono rimasti senza parole, salvo poi tirarle fuori per urlare «è una vergogna», quando si sono trovati di fronte agli avvisi appesi sulla recinzione;
le sezioni 82, 83 e 84 sono state trasferite in via Diaz, 85 e 86 in piazza Primo maggio. Giovani e anziani si sono letteralmente imbufaliti per quell'avviso che avrebbero voluto ricevere e che invece non è mai arrivato nelle loro case. Tant'è che nel pomeriggio sono arrivate le scuse dell'assessore, Paolo Coppola: «Abbiamo sottovalutato il problema, dovevamo inviare 7 mila lettere. Quando ci hanno segnalato il problema abbiamo fatto il possibile per ridurre i disagi». Certo è che quella mancata comunicazione è stata una sorta di autogol per l'amministrazione di centro-sinistra che non ha mancato di invitare la gente ad andare a votare. In effetti, diversi anziani arrivati a piedi in via Gorizia hanno rinunciato al voto. E qualcuno ha anche detto: «Questo da Honsell non me lo aspettavo». Altri invece si sono organizzati con mezzi propri. E c'è chi come Martina Pozzi, dopo aver accompagnato una signora nel seggio giusto, ha realizzato ed esposto una piantina con indicate le vie da percorrere per arrivare in via Diaz e in piazza Primo maggio. «Quando ho letto gli avvisi è stato come se avessi ricevuto uno schiaffo» racconta Denise De Luca, 85 anni, una nonna di Udine che da quando le donne hanno conquistato il voto non ha mai disertato le urne. «Per fortuna - continua - che un'anziana come me è andata a prendere l'auto e assieme siamo andate allo Stellini dove però non è stato facile salire la gradinata. Basti pensare che all'uscita ci ha aiutate un carabiniere». Ma non basta perché le due signore hanno denunciato, con tanto di verbale firmato, la situazione al presidente di seggio. Come loro altri elettori hanno seguito questa linea. Alle 13, al seggio 85 allestito allo Stellini, dove la percentuale dei votanti aveva raggiunto il 29 per cento il presidente contava una ventina di esposti;
per ironia della sorte, in via Gorizia sono stati colti di sorpresa pure il presidente del consiglio, Daniele Cortolezzis, che ha contribuito per circa un'ora a calmare la gente, l'assessore alla cultura, Luigi Reitani, secondo il quale «una comunicazione andava fatta perché - ha ammesso - come tutti i cittadini mi sono arrabbiato», il dirigente del comune, Filippo Toscano, ma soprattutto la responsabile dell'anagrafe, Daniela Contessi, rimasta per diverse ore davanti ai cancelli chiusi per indirizzare la gente, mentre l'assessore Coppola cercava di inviare un agente della polizia municipale sul posto. Ma, non trattandosi di problemi di ordine pubblico, la polizia municipale ha declinato l'invito. E così è arrivato un messo comunale con tanto di auto di servizio per accompagnare ai seggi gli anziani in difficoltà. Tra malumori e arrabbiature non sono mancate le sottolineature nei confronti del consiglio d'istituto del liceo scientifico Copernico che, a differenza del preside, Andrea Carletti, ha negato al
comune le aule per allestire i 5 seggi in via Planis. Da qui il commento: «Se potevamo indirizzare la gente in via Planis tutto questo caos non sarebbe venuto fuori» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare, nel futuro, che tali situazioni abbiano a ripetersi.
(4-12350)
ASCIERTO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il testo unico delle legge di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto del 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni (modificato e integrato dal decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59), al titolo IV si occupa delle guardie particolari e degli istituti di vigilanza e di investigazione privata;
la disposizione elenca i servizi che, per la loro valenza di interesse generale, sono specificamente qualificati come «attività di sicurezza complementare» allo scopo di contenere i ricorrenti tentativi di prestazione di servizi concorrenziali da parte di soggetti privi del prescritto titolo di polizia, tenendoli distinti da altre attività che non sono di vigilanza, come i cosiddetti «servizi di portierato»;
pertanto, i servizi enucleati al comma 2 dell'articolo 256-bis del regolamento di esecuzioni del testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza di cui al regio decreto n. 635 del 1940, dalla lettera a) alla lettera e), debbono essere svolti da guardie giurate, in quanto la legge richiede un più elevato livello di qualificazione e professionalità ed una maggiore responsabilizzazione, che soltanto le guardie particolari giurate possono assicurare attraverso l'obbligo del giuramento (articolo 250, secondo comma) e l'attribuzione della qualità di incaricati di un pubblico servizio (articolo 138 T.U.L.P.S., ultimo comma);
l'articolo 256-bis, comma 2, definisce casisticamente la cosiddetta «sicurezza complementare», in cui sono state fatte rientrare la vigilanza nelle grandi infrastrutture del trasporto, come integrazione della forza pubblica, nonché attività in materia di armi ed esplosivi, di trasporto e maneggio di contante, di vigilanza armata mobile, di sorveglianza di infrastrutture strategiche per l'economia nazionale e per la salvaguardia dell'ambiente;
ai sensi dell'articolo 256-bis, comma 3, «speciali esigenze di sicurezza», altresì, possono imporre servizi a mezzo di guardie particolari giurate presso infrastrutture industriali o commerciali, installazioni militari, tribunali ed altri edifici pubblici; dal tenore della disposizione, che non prevede, tra l'altro, alcuna forma di intervento della forza pubblica, al contrario di quanto contemplato dallo stesso articolo 256-bis, comma 2, per altre fattispecie, sembra potersi ragionevolmente dedurre che il personale delle forze dell'ordine deve essere disimpegnato dall'impropria attività di vigilanza finora svolta presso gli edifici pubblici sopra indicati, per essere impiegata in attività più confacenti alla propria missione istituzionale;
va tenuto conto dell'alto livello di allarme raggiunto in Italia in seguito alla situazione internazionale -:
se non si ritenga di dover far rispettare tali requisiti di sicurezza anche, e soprattutto, laddove si tratti di appalti di sorveglianza, come quello assegnato dal gruppo ferrovie dello Stato per il servizio di presidio e sorveglianza delle aree aperte al pubblico nonché per il controllo degli impianti presso le stazioni del passante ferroviario di Milano nello scorso mese di aprile 2011.
(4-12355)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il rappresentante del gruppo di democrazia partecipativa «Parlamentares», il professor Ignazio Perra, ha sottoposto al sottoscritto interpellante il problema relativo al riconoscimento del diploma accademico di secondo livello a coloro che risultano essere in possesso sia del diploma di scuola secondaria superiore, sia del diploma del conservatorio di musica conseguito con il percorso tradizionale di studi, che di un'abilitazione all'insegnamento;
la Costituzione della Repubblica richiama le università e le accademie quali istituti di alta cultura (articolo 33), dunque paritetiche sul piano del valore delle competenze disciplinari;
la legge n. 734, 6 luglio 1912, il decreto-legge n. 1852, 5 maggio 1918, il regio decreto 4 maggio 1925 n. 653, regio decreto-legge n. 214, 7 gennaio 1926, il regio decreto 11 dicembre 1930 n. 1945, la legge n. 812 del 22 maggio 1939, la legge n. 262 del 2 marzo 1963, l'ordinanza ministeriale 28 marzo 1985 chiariscono che i conservatori di musica statali, al pari dell'accademia per le belle arti, nonché dell'accademia per l'arte drammatica, sono da considerarsi pienamente accademie ad indirizzo musicale ovvero luoghi, al pari delle accademie sopra citate e delle università, destinati a produrre alta cultura;
la legge 21 dicembre 1999, n. 508 disciplina la materia (in Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2000, n. 2 «Riforma delle Accademie di belle arti, dell'accademia nazionale di danza, dell'accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche, dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati»);
il decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (in Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 1999, n. 2) dispone il «Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei»);
la legge 22 novembre 2002, n. 268 (comma 3-bis) decreta la parificazione dei diplomi di conservatorio di musica alle lauree triennali di I livello ai fini dell'accesso ai pubblici concorsi e postula l'istituzione di un biennio specialistico al quale si accede tramite concorso ovvero esame di ammissione, per il conseguimento del diploma accademico di II livello;
il decreto ministeriale 5 maggio 2004 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, decreta l'equiparazione dei diplomi di laurea secondo il vecchio ordinamento alle nuove classi delle lauree specialistiche ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici;
la legge 21 dicembre 1999 n. 508 dà origine ad una disparità (sia in merito alla durata del corso che alla spendibilità del titolo) fra coloro che sono in possesso del diploma di conservatorio (conseguito con il percorso tradizionale di studi previsto dal conservatorio statale di musica prima dell'entrata in vigore della legge predetta, che attualmente è ancora possibile intraprendere, la cui durata varia fra i 5 e i 10 anni) e del diploma di scuola secondaria superiore e coloro che hanno conseguito o conseguiranno i titoli di primo e secondo livello con il nuovo ordinamento previsto dalla legge in argomento;
nonostante le modifiche apportate all'articolo 4 della legge in argomento (con il decreto-legge n. 212 del 2002, convertito dalla legge n. 268 del 22 novembre 2002) non vengono risolte le disparità esposte nel precedente punto;
il Ministro dell'università e della ricerca con decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 1) ha previsto l'attivazione del biennio di II livello per la formazione dei docenti di educazione musicale (classe 31/A e 32/A) e
di strumento musicale nella scuola media (classe 77/A) rivolto ai docenti in possesso del diploma di conservatorio o di istituto musicale pareggiato congiunto al diploma di istruzione secondaria di secondo grado, nonché ai docenti in possesso del diploma accademico di I livello;
in base al decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 1) al termine dei corsi organizzati ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto ministeriale in argomento è rilasciato il diploma accademico di secondo livello che abilita (a seconda del corso abilitante per cui si è stati ammessi a frequentare) all'insegnamento dell'educazione musicale (nella scuola secondaria di I e II grado) o dello strumento musicale nella scuola secondaria di I grado;
nella nota ministeriale del 2 novembre 2007, protocollo n. AOODGPER 20974, si precisa che non possono partecipare ai corsi predetti coloro che hanno già conseguito un'abilitazione ai sensi del decreto ministeriale n. 100 del 2004, decreto ministeriale n. 21 del 2005 e decreto ministeriale n. 85 del 2005, i docenti con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali o già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento nella classe 77/A;
la limitazione di cui al precedente punto è stata ribadita anche dalla Nota ministeriale, protocollo n. AOODGPER 21590 del 12 novembre 2007 in applicazione dell'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007;
le limitazioni previste dal decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007 e dalle relative note ministeriali ad esso inerenti danno origine ad un'evidente disparità di trattamento, di validità del titolo e di anni di studio fra coloro che hanno usufruito dei benefici del decreto ministeriale predetto (o hanno conseguito o conseguiranno i titoli di primo e secondo livello con il nuovo ordinamento previsto dalla legge in argomento) e:
a) coloro che hanno già conseguito un'abilitazione all'insegnamento negli ambiti disciplinari in argomento;
b) fra i docenti con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali o già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento nella classe 77/A;
c) soprattutto fra coloro che sono in possesso del diploma di conservatorio (conseguito con il percorso tradizionale di studi previsto dal Conservatorio), del diploma di scuola secondaria superiore e dell'abilitazione all'insegnamento di educazione musicale e/o strumento musicale nella scuola statale;
le attuali norme ledono diritti acquisiti, declassando i diplomi rilasciati fino ad oggi dai conservatori statali di musica;
tali norme creano disparità di trattamento tra corsi di studio diverbi, poiché, attraverso il decreto ministeriale 5 maggio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004) tutte le lauree quadriennali conseguite presso le università italiane sono state equiparate alle lauree di II livello, l'anomalia, quindi, è rimasta solo negli studi musicali, per i quali i possessori di un diploma di conservatorio, dovrebbero per ottenere la parificazione al II livello, compiere ulteriori due anni di studio;
coloro che sono in possesso del diploma di conservatorio (conseguito con il percorso tradizionale di studi previsto dal conservatorio statale di musica prima dell'entrata in vigore della legge predetta che ancora è possibile intraprendere, la cui durata varia fra i 5 e i 10 anni), del diploma di scuola secondaria superiore e dell'abilitazione all'insegnamento di educazione musicale e/o strumento musicale nella Scuola Statale hanno effettuato un percorso di studi di durata di gran lunga superiore rispetto a coloro che hanno conseguito il titolo e l'abilitazione in base a quanto previsto dal nuovo ordinamento per i conservatori statali di musica (ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e successive modificazioni) e dal decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007;
è necessario adottare provvedimenti utili ad un'equivalenza di trattamento per coloro che hanno dedicato tanti anni di
studio ed impegno costante in questo comparto dell'istruzione sulla base delle normative vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 21 dicembre 1999, n. 508 -:
se non ritenga necessario, analogamente a quanto disposto per i diplomi di laurea attraverso il decreto ministeriale 5 maggio 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004) e/o attraverso una modifica all'articolo 4 della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e/o altro provvedimento legislativo e/o attraverso specifiche norme in materia (che risolvano le disparità attualmente esistenti in questo ambito dell'istruzione):
a) riconoscere il diploma accademico di secondo livello (di cui all'articolo 2 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, e successive modificazioni) e il diploma di didattica della musica a coloro che sono in possesso sia del diploma di conservatorio (conseguito con il percorso tradizionale di studi), sia del diploma di scuola secondaria superiore (conseguito anche successivamente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e all'ottenimento del diploma di conservatorio) sia dell'abilitazione all'insegnamento dell'educazione musicale (nella scuola secondaria di I e II grado) o dello strumento musicale nella scuola secondaria di I grado;
b) che il corso abilitante della durata di 1 anno (disposto dal decreto ministeriale n. 137 del 28 settembre 2007 nei confronti di coloro che erano in possesso dei 360 giorni e finalizzato al conseguimento del diploma accademico di secondo livello che abilita, a seconda del corso abilitante per cui si è stati ammessi a frequentare, all'insegnamento dell'educazione musicale, nella scuola secondaria di I e II grado, o dello strumento musicale nella scuola secondaria di I grado) venga istituito in via riservata anche per i docenti a tempo indeterminato e/o inseriti nella graduatoria permanente in possesso sia del diploma di conservatorio (conseguito con il percorso tradizionale di studi), sia del diploma di scuola secondaria superiore (conseguito anche successivamente all'entrata in vigore della legge 21 dicembre 1999, n. 508 e all'ottenimento del diploma di conservatorio) che di almeno 360 giorni di insegnamento nella disciplina e/o nelle discipline per cui possono conseguire il titolo abilitante.
(2-01131) «Pili».
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARIANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per il prossimo anno scolastico il Governo si accinge ad attuare la terza tranche di riduzioni di organico previste dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, incidendo negativamente - a parere dell'interrogante - sulla qualità del sistema, a causa dell'aumento di alunni per classe, della riduzione del tempo scuola, della mancata attivazione di specifici corsi di studio;
in particolare si evidenzia la situazione gravissima della provincia di Lucca, a seguito dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 che regola il riordino dei cicli scolastici dall'anno scolastico 2011/2012;
per la provincia di Lucca l'ufficio scolastico regionale della Toscana ha stabilito l'assegnazione complessiva di 3999 posti «interi» previsti in organico di diritto dei docenti, tra i diversi ordini di scuola, determinando una riduzione di 101 posti;
nella scuola dell'infanzia l'organico rimane invariato a fronte di un aumento di 226 alunni, determinando consistenti liste di attesa. È da segnalare inoltre che è stato tagliato un posto al sostegno, nonostante la presenza di 15 alunni disabili in più rispetto all'anno in corso;
nella scuola primaria, rispetto all'organico di diritto dell'anno in corso, i posti docente assegnati sono 51 in meno. Peraltro, a fronte di un aumento di 158 alunni, sono previste 2 sole classi in più. Gli
alunni disabili saranno 26 in più rispetto all'anno corrente, in presenza di 3 posti di sostegno aggiunti;
nella scuola secondaria di primo grado si verifica aumento di alunni e taglio di posti e classi. In particolare, si registrano 26 alunni in più, 5 classi in meno rispetto all'anno in corso, oltre al taglio di 5 posti rispetto all'anno in corso; da segnalare anche il taglio di 16 classi a tempo prolungato. Gli alunni disabili saranno 31 in più rispetto all'anno corrente, in presenza di 3 posti di sostegno aggiunti. In tal modo, sarà resa sistematica la violazione delle norme sul numero massimo di alunni. In proposito, risultano almeno 4 istituti comprensivi in cui vengono autorizzate classi con alunni in sovrannumero, pur in presenza di alunni portatori di handicap e in alcuni casi saranno addirittura più di uno gli alunni portatori di handicap nella stessa classe;
anche nella scuola secondaria di secondo grado si registra un incremento della popolazione scolastica di 78 alunni rispetto all'anno scolastico in corso, con un taglio di 6 classi e di 45 posti;
il drastico abbassamento del numero minimo di iscritti necessario a formare sezioni di scuola di infanzia e classi per la scuola primaria, secondaria di primo grado (portato a 18 alunni) e per la scuola secondaria di secondo grado (27 studenti) prevede una deroga per i territori montani per la scuola primaria e secondaria di primo grado (da 18 a 10 iscritti), ma non per la scuola di infanzia e la secondaria di secondo grado, nonostante all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica si indichi una particolare attenzione per i comuni disagiati. Ne conseguono notevoli e preoccupanti criticità per la tenuta della continuità didattica dei comuni disagiati della provincia;
non meno grave appare la situazione del personale ATA e delle cooperative di pulizie colpiti dai tagli al monte ore e agli stipendi, con un sensibile peggioramento del servizio di sorveglianza e di pulizia delle scuole della provincia;
è convinzione dell'interrogante che una necessità di risparmio economico e finanziario non possa in nessun modo inficiare il diritto all'istruzione e la continuità didattica, in particolar modo per quanto riguarda i comuni disagiati anche a livello infrastrutturale, in concomitanza peraltro ai «tagli» che anche il trasporto pubblico locale ha subito con l'ultima manovra finanziaria -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per far fronte alle evidenti difficoltà della scuola pubblica di ogni ordine e grado della provincia di Lucca.
(5-04912)
Interrogazione a risposta scritta:
OCCHIUTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1o settembre 2011 verrà a verificarsi una situazione per la quale circa novanta istituti scolastici siti nella regione Calabria vedranno liberarsi altrettante posizioni dirigenziali per dimissioni volontarie o collocamenti a riposo per raggiunti limiti di età o di servizio;
circa trenta dirigenti scolastici hanno esplicitamente richiesto la proroga del proprio servizio professionale fino sessantasettesimo anno di età, e a tal proposito si è in attesa delle determinazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
il collocamento forzoso a riposo produrrebbe l'effetto di affidare a reggenza le Istituzioni scolastiche interessate ad altrettanti dirigenti, che attualmente sono preposti alla gestione di ulteriori scuole -:
se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative intenda adottare affinché possa essere presa in considerazione la richiesta dei dirigenti interessati ad una
proroga di servizio, tale da risolvere tempestivamente una situazione gravosa per la gestione delle istituzioni interessate.
(4-12351)
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FEDRIGA, MUNERATO e BONINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comma 7 dell'articolo 36-bis del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nel modificare la previgente normativa in materia di contrasto al lavoro nero, ha previsto che «Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata» e all'irrogazione della sanzione amministrativa provvede la direzione provinciale del lavoro territorialmente competente;
risulta agli interroganti che in provincia di Treviso, per un lavoratore irregolare anche per un solo giorno, la direzione provinciale del lavoro, l'Inps e l'Inail applichino, ciascuno, una sanzione pari a 3 mila euro, per un totale di 9 mila euro;
l'articolo 4 della recente legge 4 novembre 2010, n. 183, cosiddetta «collegato al lavoro», ha nuovamente modificato la predetta normativa, prevedendo che «Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento» e disponendo che all'irrogazione delle sanzioni amministrative provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza, riconoscendo alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente l'autorità a ricevere il rapporto;
i nuovi importi della sanzione, però, risultano applicabili soltanto per gli accertamenti effettuati successivamente all'entrata in vigore della citata legge n. 183 del 2010, mentre per i rilievi pregressi resta confermata l'applicazione degli importi previgenti;
è convinzione degli interroganti che il lavoro nero è attività illegale che deve essere contrastata con fermezza, in quanto crea sleale concorrenza di mercato e mette a rischio l'incolumità del lavoratore;
tuttavia è altrettanto convincimento degli stessi che l'apparato sanzionatorio in materia di lavoro nero debba essere punitivo e repressivo per contrastare il fenomeno, ma non vessatorio e persecutorio -:
se non convenga sull'opportunità di adottare con urgenza provvedimenti di propria competenza atti a chiarire la normativa di cui in premessa, specificando, con riguardo agli accertamenti precedenti
all'entrata in vigore della legge n. 183 del 2010, l'organo unico ad irrogare la sanzione amministrativa.
(5-04911)
BELLANOVA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 della Costituzione italiana reca: «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»;
la legge n. 68 del 12 marzo 1999 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
l'articolo 3 «Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva» della legge n. 68 del 1999, al comma 1, stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette con quote di riserva proporzionali al numero totale dei dipendenti dell'azienda;
l'articolo 9 «Richieste di avviamento», comma 6, della suddetta legge stabilisce che i datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della stessa norma, sono tenuti ad inviare agli uffici competenti un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili;
nella convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità all'articolo 8, lettera iii), gli Stati parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell'ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
all'articolo 27 «Lavoro e occupazione», comma 1, della stessa Convenzione gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri e, segnatamente, il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l'inclusione e l'accessibilità alle persone con disabilità;
la direttiva 78/2000/CE del Consiglio dell'Unione europea del 27 novembre 2000 stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizione di lavoro. All'articolo 5 reca testualmente: «Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili»;
la Commissione europea il 15 novembre 2010, al fine di migliorare la situazione sociale ed economica delle persone con disabilità stimate in circa 80 milioni nell'Unione europea, ha adottato la strategia europea sulla disabilità 2010-2020. In particolare, tale strategia mira ad abbattere le barriere in ambiti «chiave» della vita umana, tra i quali, particolare importanza riveste quello del lavoro per il quale
l'Unione europea si impegna a sostenere e completare le azioni nazionali al fine di analizzare la situazione del mercato del lavoro delle persone con disabilità, lottare contro i princìpi e le insidie di determinate prestazioni di invalidità che li scoraggiano dall'entrare nel mercato del lavoro, aiutarli ad integrarsi nel mondo del lavoro, facendo ricorso al Fondo sociale europeo (FSE), elaborare politiche attive del mercato del lavoro, rendere i luoghi di lavoro più accessibili, sviluppare servizi di inserimento professionale, strutture di sostegno e formazioni sul luogo di lavoro;
nonostante ciò continua, purtroppo, a persistere in Italia una violazione della legge n. 68 del 1999. Nella sola provincia di Lecce, difatti, attualmente gli iscritti nelle liste dei disabili sono circa 22.820 e tra questi solo un numero esiguo riesce a collocarsi nel mondo del lavoro;
da quanto riportato dagli organi competenti risulta, infatti, numerosa la lista delle aziende pubbliche e private nella provincia di Lecce che, pur avendo scoperture di unità rivenienti al personale disabile, non adempiono alle prescrizioni della legge n. 68 del 1999, pagando in moltissimi casi sanzioni amministrative salate, come peraltro disposto dall'articolo 15, comma 3, della legge citata nella quale si stabilisce che ai responsabili di inadempienze di pubbliche amministrazioni si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego;
è stato più volte fatto rilevare al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed al Governo che il blocco delle assunzioni previsto dal cosiddetto decreto anticrisi avrebbe potuto innescare una maggiore penalizzazione per le persone disabili alla ricerca di lavoro. La disoccupazione che purtroppo oggi imperversa nel nostro Paese colpisce molti soggetti; va da sé che ad entrare maggiormente in difficoltà siano, in questa situazione, i disabili disoccupati che più degli altri faticano a trovare un impiego -:
se i Ministri interrogati non ritengano utile intervenire per verificare e prendere atto della situazione sopra esposta, intervenendo al contempo per chiarire quali siano le motivazioni ostative che di fatto impediscono agli enti pubblici che hanno scoperture in merito di ottemperare all'obbligo di assunzione di personale disabile, così come stabilito dalla legge n. 68 del 1999;
se i Ministri interrogati, alla luce di quanto sopra esposto, non ritengano di dover informare in modo puntuale, anche attraverso una specifica campagna mediatica, le aziende private su quali siano effettivamente le agevolazioni fiscali per le imprese che assumono persone con disabilità, al fine di ampliare le possibilità per queste persone che hanno diritto a costruire un futuro lavorativo.
(5-04916)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
creare una formazione ad hoc rispetto a quelle che sono le reali esigenze del mercato del lavoro. È questo l'obiettivo dell'accordo che dovrebbe essere sottoscritto a breve fra l'assessorato al lavoro della provincia di Bergamo e la camera di commercio, per andare a intercettare i fabbisogni delle imprese. Lo ha affermato l'assessore provinciale al lavoro Enrico Zucchi a margine della presentazione del primo rapporto dell'osservatorio territoriale, nella sede dell'azienda bergamasca di formazione. Per mettere in pratica il progetto, «oltre all'analisi dei dati, l'idea è quella di coinvolgere anche le organizzazioni datoriali e i sindacati», ha precisato Zucchi. Si tratterebbe di un passo all'insegna della valorizzazione dei giovani, in un territorio che sembra essere diviso in due parti per l'agricoltura e la manifattura, come si legge nel rapporto, con una bassa Bergamasca «estremamente dinamica
e ben strutturata» contrapposta all'area delle Valli «più debole e stagnante»;
Lucio Poma (che ha curato lo studio), professore di economia e politica industriale dell'università di Ferrara e direttore del Creic, il Centro di ricerca sull'economia dell'innovazione e della conoscenza, ha fatto il punto sulle tipologie contrattuali più utilizzate: dal 2007 al 2010 i contratti a tempo indeterminato sono crollati di 12 punti percentuali a favore di contratti a tempo determinato e interinale. I dati aggiornati mostrano che se le persone assunte con contratto a tempo indeterminato nel 2007 erano 58.767, lo scorso anno sono scese a 32.383, mentre le persone assunte con un contratto a tempo determinato diminuiscono del 4 per cento (da 45.814 a 43.989). Sul fronte del lavoro interinale, invece, il numero di persone coinvolte è aumentato: nel 2007 si contavano 11.728 persone avviate con questa tipologia contrattuale, mentre nel 2010 sono salite a 15.044, registrando una crescita del 28 per cento. Aumentano anche i contratti di tirocinio: sia gli avviamenti (da 967 a 2.603) che le persone (da 873 a 2.401) sono triplicati allo stesso modo delle persone che hanno avuto un contratto di lavoro domestico (erano 1.100 nel 2007 sono 3.147 nel 2010;
Delia Rinaldi, responsabile del servizio alla persona dell'assessorato provinciale al lavoro, ha poi spiegato che «la Lombardia è una delle prime regioni in cui si può assumere con l'articolo 48 della legge Biagi, che regolamenta l'apprendistato». Fino al 16 giugno 2011 è possibile partecipare al bando regionale (per un finanziamento complessivo di 1 milione di euro) che sostiene la formazione, interna o esterna alle aziende, prevista dai contratti di apprendistato. Per i minorenni senza qualifica scolastica si parla di 400 ore di formazione all'anno per un totale di tre anni. Nel caso in cui si costituisca un'associazione temporanea di scopo, un'«aggregazione», ad esempio, fra enti bilaterali, istituzioni scolastiche, enti accreditati per i servizi al lavoro (coordinati dalla provincia), il finanziamento per il progetto prevede fino ad un massimo di 250 mila euro. L'apprendistato potrà essere utilizzato, in deroga ai limiti di età vigenti, anche per adulti in situazioni di mobilità e nell'amministrazione pubblica. «Bisogna abbattere la contrapposizione tra il fare e lo studiare, per creare un processa culturale di circolarità che compendi lavoro e percorso formativo», ha detto Giuseppe Bertagna, coordinatore della scuola internazionale di dottorato in formazione della persona e mercato del lavoro. Così che lo strumento dell'apprendistato possa decollare in una prospettiva di opportunità sia per i giovani sia per le aziende, abbandonando la veste del ripiego per chi arriva stremato alla soglia dell'abbandono scolastico;
«l'apprendistato è un contratto che ha in sé competenza e mestiere ed è uno degli strumenti più delicati e preziosi che abbiamo e che deve interessare tutti se lo si vuole far funzionare bene», ha detto Michele Tiraboschi. Alcune criticità da aggiustare sono state segnalate da Adriana Regonesi, presidente Ordine consulenti del lavoro di Bergamo, sul monte ore formazione per gli apprendisti minorenni, portato a 400 ore: «Sarà difficile incentivare l'uso di un apprendistato in cui la formazione pesa sull'azienda per un quinto dell'orario di lavoro complessivo». E anche Enrico Betti, responsabile area lavoro Ascom Bergamo e presidente dell'Ente bilaterale del commercio e del turismo, ha segnalato in proposito «il carico eccessivo lasciato alle imprese, di solito di piccole dimensioni, non solo in termini di ore, ma anche come «responsabilità etica». Sia Enrico Zucchi, sia Gianni Rossoni, assessori provinciale e regionale al lavoro, hanno evidenziato l'impegno a valorizzare l'apprendistato a tutti i livelli come opportunità per i giovani di inserirsi nel mondo del lavoro -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere la diffusione del progetto realizzato dall'assessorato al lavoro della provincia di Bergamo in tutto il territorio nazionale.
(4-12361)
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta orale:
ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da alcuni anni nel Mare Nostrum si è scatenata una caccia che ha fatto quasi scomparire le tradizionali tonnare fisse sostituite da sistemi di cattura industriale con grandi navi fattoria a circuizione che insieme ad altri metodi professionali, tra cui il palangaro, stanno portando il tonno rosso verso l'estinzione;
in cinquant'anni gli stock mondiali del tonno rosso sono diminuiti del 74,2 per cento e dal 2001 al 2008 la taglia media è scesa da 124 a 65 chilogrammi e gli esemplari di oltre 300 chilogrammi sono scomparsi. Tra il 2001 ed il 2008 il tonno rosso era diventato molto raro nel Mediterraneo;
l'ICCAT, l'organismo internazionale che governa la pesca di oltre 30 specie ha suggerito una regolamentazione basata sull'assegnazione di quote di salvaguardia, ma la forza politica dei pescatori professionisti, giapponesi in testa, ne ha imposte altre;
a tal proposito l'Unione europea è riuscita ad imporre delle regole che in soli tre anni hanno fatto riprendere la specie che sta tornando rapidamente al suo ruolo dominante nel Mediterraneo;
dal 2010 è stato opportunamente imposto l'obbligo di comunicare immediatamente le catture ed il divieto di pesca durante la stagione riproduttiva del tonno rosso tra il 15 ottobre ed il 15 giugno di ogni anno;
tuttavia, tale divieto vige soltanto per i soli pescatori sportivi-ricreativi i quali incidono sul totale delle catture soltanto per il 2 per cento e ciò è assurdo dal punto di vista della protezione ambientale oltreché discriminante verso i pescatori non professionali;
a seguito del superamento del contingente di cattura assegnato al sistema palangaro (di circa l'80 per cento del tonnellaggio assegnato), nonché dall'eccesso di catture accessorie e di quelle oggetto di sequestro, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha disposto, cosi come obbligatoriamente richiesto dalla Commissione europea con nota 617336 dell'8 giugno 2011, la modifica dei contingenti di cattura come inizialmente assegnati con il precedente decreto ministeriale del 1o marzo 2011;
a partire dal 9 giugno 2011 è entrata in vigore la rimodulazione del piano annuale di pesca con una nuova ripartizione delle aliquote che ha visto la fortissima ulteriore penalizzazione dei pescatori sportivi e ricreativi ai quali è stata assegnata una quota di sole 10 tonnellate pari allo 0,56 per cento del totale;
si configura così una situazione paradossale per cui, a causa di controlli tardivi per i sistemi di pesca professionali, si è consentito il superamento della quota assegnata ai palangari e per rimediare all'inconveniente si riduce di poco la quota assegnata alla circuizione che passa da 1.358,11 a 1.169,224 tonnellate, mentre l'aliquota assegnata a circa 5.000 equipaggi di non professionisti viene ulteriormente ridotta dalle sole 50 tonnellate (2 per cento) al valore irrisorio di 10 tonnellate (0,56 per cento);
la pesca sportiva-ricreativa, che inizierà il 16 giugno 2011, supererebbe in uno o due giorni l'aliquota ad essa assegnata, paralizzando tutto il settore turistico, commerciale e nautico ad essa collegato -:
quali iniziative il Governo ritenga opportuno assumere al fine di:
a) rivedere urgentemente il decreto di assegnazione delle aliquote per ridurre l'aliquota assegnata al sistema circuizione, che alimenta principalmente i mercati
esteri, e riconoscere una maggiore aliquota ai pescatori sportivi-ricreativi di almeno 250 tonnellate, in modo da non permettere discriminazioni;
b) rivedere il sistema dei controlli per evitare che non si ripetano i ritardi che hanno portato al superamento della quota dei palangari o di altri sistemi di pesca;
c) creare sistemi di controllo affinché il divieto di pesca nel periodo riproduttivo della specie tonno rosso venga osservato da tutti i sistemi di pesca e soprattutto da quelli che maggiormente incidono sul prelievo, in modo che gli interessi ambientali siano prevalenti rispetto a quelli economici sia a breve che a lungo termine;
d) aumentare la quota assegnata ai pescatori ricreativi, poiché appare inconcepibile che tale categoria debba pagare per il non rispetto delle regole da parte dei pescatori professionisti, che ricevono peraltro già numerose sovvenzioni ed agevolazioni dallo Stato, e per quelle che all'interrogante appaiono le negligenze delle autorità preposte al controllo;
e) assegnare ai pescatori ricreativi il disavanzo ancora disponibile, derivante dal non raggiungimento della quota assegnata loro da parte delle reti a circuizione, posto che qualora, la suddetta quota non venisse riassegnata ai ricreativi, unica categoria per la quale la stagione di pesca è ancora in corso, il nostro Paese non potrebbe usufruirne, poiché l'Unione europea ha bocciato seccamente la richiesta di proroga del periodo di pesca per i professionisti.
(3-01702)
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Corpo forestale dello Stato è una forza di polizia a ordinamento civile, il cui ruolo è regolato dalla legge 6 febbraio 2004, n. 36;
le attività di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e protezione civile svolte dal Corpo forestale dello Stato si rivelano indispensabili in particolare nella prevenzione e repressione dei reati ambientali e agro-alimentari, nelle rilevanti attività di pubblico soccorso e nelle attività di vigilanza, salvaguardia e tutela dell'immenso patrimonio naturale e faunistico del Paese;
dal rapporto Ecomafia 2010 - elaborazione di Legambiente - si evince che in Piemonte nell'anno 2009, su un totale di 270 infrazioni legate al ciclo dei rifiuti, ben 175 sono state accertate dal Corpo forestale dello Stato. Tuttavia le condizioni in cui le donne e gli uomini del Corpo sono costretti ad operare sono critiche, caratterizzate da una forte carenza di personale e risorse economiche;
in particolare il comando provinciale di Novara, a fronte di una dotazione organica di 37 unità dispone di soli 19 agenti in servizio (di cui un paio risulterebbero in temporaneo distacco presso altre sedi). I vuoti di organico si registrano in particolar modo nei ruoli dei funzionari (ne è presente 1 su 3 previsti) e degli ispettori (presenti 0 su 7 previsti). A questa situazione si aggiunge il concreto rischio di chiusura di alcuni comandi stazione a causa di posizioni di organico coperte solo parzialmente;
emblematico risulta il caso dei comandi stazione di Borgolavezzaro, Carpignano Sesia, Gozzano, e della stessa Novara, spesso impresenziati per garantire il presenziamento di altri Comandi in analoga situazione di estrema sofferenza;
la provincia di Novara si colloca in posizione geografica strategica in rapporto allo storico triangolo industriale. Pur situata ai margini dell'area metropolitana milanese ha saputo mantenere la propria identità territoriale, limitando l'eccessivo uso del suolo. Si riversano pertanto su questo territorio interessi che risentono dei «guasti» provenienti dalla saturazione della vicina Lombardia in particolare rispetto alla movimentazione del terreno ed alla possibilità di aprire nuove cave o
discariche. Risulta quindi indispensabile l'opera di prevenzione, controllo e repressione dei reati ambientali posta in essere dal Corpo forestale dello Stato;
altresì indispensabile risulta una congrua copertura degli organici unita ad una razionale e corretta redistribuzione delle risorse umane, sia per far fronte ai numerosi compiti assegnati dalla vigente legislazione nazionale e regionale, sia per rispondere alle istanze provenienti dai cittadini che apprezzano e riconoscono la presenza sul territorio del Corpo quale preziosa ed insostituibile -:
se il Ministro intenda attivarsi per sopperire alle criticità esposte e garantire la copertura delle dotazioni organiche e la piena operatività dei comandi stazione.
(4-12353)
...
POLITICHE EUROPEE
Interrogazione a risposta scritta:
BORGHESI. - Al Ministro delle politiche europee, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 25 maggio 2011 Il Fatto quotidiano pubblicava un articolo sulla «Vivisezione, confermate le pratiche peggiori». In esso si evidenzia come la Commissione europea le compili e metta online con diligente regolarità le statistiche sulla vivisezione, che i grandi mezzi d'informazione ignorano. E così queste informazioni non arrivano mai al pubblico;
l'ultima relazione ufficiale riporta i dati del 2008. In quell'anno, nei laboratori dell'Unione europea sono «transitati» - vale a dire sono stati infettati, avvelenati, mutilati, uccisi - più di 12 milioni di animali. Oltre l'80 per cento di questi erano topi, ratti e conigli. Ma in pratica nei 27 Paesi dell'Unione europea si può sperimentare su tutto ciò che vive, scappa, si accoppia e mette al mondo dei cuccioli. Grazie a una potente rete organizzativa - con specialisti e manovali disseminati nei cinque continenti che allevano in appositi stabilimenti gli animali oppure li catturano nel loro ambiente naturale e li immobilizzano -, negli stabulari europei approdano alcune migliaia di volpi, maiali, cavalli, pecore, asini, lontre, lama, castori, gerbilli, cincillà, criceti armeni, pappagalli, quaglie, canarini, pesci, anfibi, serpenti e pipistrelli. E poi, naturalmente, ci sono i cani (21.315 esemplari nel 2008), i gatti (4.088 esemplari) e le scimmie (10.449 esemplari);
la direttiva sulla sperimentazione animale approvata dal Parlamento di Strasburgo nel settembre 2010 ha confermato alcune delle pratiche vivisettorie: per esempio la possibilità di riutilizzare più volte lo stesso animale in procedure che gli causano intenso dolore, la deliberata esposizione di animali coscienti a condizioni estreme di freddo, caldo, pressione barometrica; la morte per avvelenamento da tossine mescolate al cibo o per lo sfinimento che sopraggiunge quando si è costretti a nuotare senza interruzione. La libertà di sperimentare sui primati nella ricerca di base e ancora: la possibilità di praticare l'apertura del torace e altre importanti operazioni chirurgiche senza far uso di anestetici né antidolorifici. E così, in Inghilterra, l'unico Paese disposto a fornire dati di questo tipo, non più del 40 per cento degli animali utilizzati riceve «una qualche forma di anestesia»;
proprio Londra potrebbe essere una delle prime capitali europee a completare il recepimento della direttiva, forse già quest'autunno. Nelle intenzioni del Governo britannico sarà un processo rapido e indolore: a quanto si sa, infatti, il compito di elaborare il testo spetterà al home office, il Ministero dell'interno, che non lo porterà in Parlamento se non per la votazione finale. Le principali associazioni animaliste come la Royal society for the prevention of cruelty to Animals sono insorte con un documento duro e circostanziato. È evidente che il recepimento della direttiva non può non aver luogo
senza un dibattito nella sede più adeguata, cioè il Parlamento;
lo scopo, neppure tanto segreto, della nuova direttiva era proprio questo: uniformare ai livelli più bassi gli standard operativi, e dunque i costi, dei 27 Paesi dell'Unione europea. Il fatto che qualcuno di loro garantisse ai «propri» animali da laboratorio qualche vantaggio in più costituiva un «ostacolo agli scambi di prodotti e sostanze per lo sviluppo dei quali sono effettuati gli esperimenti sugli animali»;
nella direttiva 2010/63/UE si stabilisce che l'obiettivo è «ridurre le disparità al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno» (la fonte del virgolettato è la direttiva stessa, pagina 2, considerando 1). Gli eurodeputati dell'Idv e pochissimi altri a Strasburgo hanno votato contro tale direttiva nella convinzione che la vivisezione non sia buona bensì «cattiva scienza» -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti;
se non ritengano opportuno assumere le iniziative di loro competenza al fine di intervenire per un'applicazione della direttiva che sia rispettosa dei diritti degli animali;
se ritengano fin d'ora di poter garantire che essa non sia recepita nella legislazione italiana senza un adeguato dibattito.
(4-12340)
...
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il punto di arrivo dell'informatizzazione della pubblica amministrazione è il cloud, la nuvola informatica da cui attingere potenza di calcolo e applicazioni senza più bisogno che ogni ente, ogni amministrazione spenda risorse per una sua propria dotazione hardware e soprattutto software. Ad oggi, tuttavia, sembra che l'opera di digitalizzazione della pubblica amministrazione sia impigliata in una situazione di fermo da cui è difficile districarsi. Ormai sono rarissimi gli uffici pubblici in cui non ci sia un computer, ma sull'efficienza il gap è un baratro. Ad esempio, per una contestazione dell'Agenzia delle entrate, si raggiunge un accordo tra l'ufficio ed il contribuente (il caso era un semplice errore di compilazione); per perfezionare l'operazione manca una rettifica che l'utente deve compiere per via telematica. Salvo poi dover stampare la pagina e portarla materialmente all'Agenzia delle entrate. Un'azienda ospedaliera ha un centro tao per la terapia anticoagulante orale: ha tutti i suoi pazienti in un database, sui suoi computer i dati dei pazienti vengono aggiornati ad ogni prelievo e le correzioni di terapia inserite nelle schede elettroniche. Le variazioni di terapia al paziente che si è sottoposto al prelievo tre o quattro ore prima non possono essere comunicate via mail, perché il computer non ha accesso in rete. Si stampa la cartella digitale e la si invia per fax. Sistemi non connessi, applicazioni che non si parlano. La pubblica amministrazione ha investito nell'information and communication technology negli ultimi anni, ma non in modo efficiente; il cloud potrebbe rendere il tutto più produttivo;
«quello che manca da noi - sostiene Gianfranco Previtera, vice presidente per le iniziative straniere di Ibm Italia - è un'analisi di cosa serve, di quali applicazioni c'è bisogno e di come devono funzionare. Ossia definire degli standard. È quello che ha fatto la Pubblica Amministrazione Usa. Mentre, qui ognuno ha il suo sistema». Tanto per iniziare non c'è una sola istanza di coordinamento. Questo disordine ha un immediato riflesso nell'assenza di un computo preciso delle risorse disponibili. Lo ha provato a fare l'Osservatorio Cloud del Politecnico di Milano; non sono valutazioni positive, come
spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Cloud: «L'impressione è deludente: sulla pubblica amministrazione le prospettive del cloud sono interessanti, a parole tutti hanno interesse ma nella pratica fatichiamo a vedere applicazioni concrete». Quanto alle ragioni, «Una su tutte: il tema più difficile da affrontare è quello centrale: come far cambiare strada a una pubblica amministrazione dove ogni ente fa da sé. Abbiamo censito circa 400 data center pubblici ai quali vanno poi aggiunte le piccole sale server degli ospedali. E ognuno di questi si porta dietro oneri di gestione e manutenzione sui quali è impossibile fare economie di scala tipiche del cloud, che centralizza le strutture. E, d'altra parte, tutti questi server dedicati a unico servizio sono sfruttati in percentuale molto bassa»;
sarebbe proprio questo il punto di forza del cloud, soprattutto di quello che viene definito community cloud ossia infrastrutture hardware e portafoglio di applicazioni software messi a fattor comune tra enti e soggetti che fanno lo stesso lavoro. «E questo è uno dei punti che fanno pensare come il cloud sia una soluzione perfetta per la pubblica amministrazione - spiega Corso -. Due soggetti di mercato che operano in concorrenza tra di loro potrebbero aver problema ad adottare le stesse soluzioni gestionali perché potrebbero avere strutture e organizzazioni diverse, perché differenziarsi è uno degli aspetti base di ogni competizione, ma negli enti pubblici no. Tutti i Comuni, per dire, fanno non solo lo stesso lavoro, ma lo fanno anche nello stesso modo: le procedure amministrative sono uno standard, o almeno dovrebbero, il lavoro svolto da quei 400 data center sarebbe svolto in modo molto più efficiente da una ventina di grandi data center regionali a costi inferiori per tutti e in grado anche di far accedere all'offerta anche quegli enti che oggi, per questioni di dimensioni e di budget ne sono fuori»;
un sistema regionale di data center, magari con articolazioni in macro province nelle regioni maggiori, tipo la Lombardia, per esempio, avrebbe quindi una sua ragione d'essere sia in termini di costi che di sinergie, di economie di scala. E farebbe anche sviluppare dei soggetti economici adatti: due soggetti potrebbero essere in grado di gestirli. Da una parte ovviamente società di telecomunicazione, che già si stanno lanciando nell'iniziativa. Ma si potrebbero riqualificare in questa direzione le diverse società pubbliche regionali per l'informatica, che oggi lavorano soprattutto come system integrator dedicati alle rispettive amministrazioni e finiscono così per togliere spazio di mercato alle imprese private del settore, come ha più volte denunciato l'Assinform. Se invece diventassero gestori di cloud per enti locali e pubblici del loro territorio, svolgerebbero un lavoro più consono alla loro natura. Sarebbero i depositari di informazioni e dati di valore pubblico che non possono essere certo affidati a cloud privati, che depositano i dati in server che nessuno sa esattamente dove siano collocati -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di creare una cloud informatica attinente tutti gli uffici della pubblica amministrazione, in modo da migliorare i servizi resi ai cittadini e la loro efficienza interna.
(4-12356)
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SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Toscana, con delibera di giunta, disponeva alla fine del 2008, la costituzione presso l'azienda ospedaliera universitaria di Careggi a Firenze, di un laboratorio clinico per la patologia toracica alternativa al trapianto polmonare con l'impiego di cellule staminali, affidata al dottor Paolo Macchiarini, chirurgo con esperienza maturata all'estero;
nel gennaio 2010 la collaborazione del dottor Macchiarini veniva strutturata ed ampliata con l'obiettivo di offrire un'alternativa terapeutica ai pazienti, producendo nove trapianti di trachea anche con utilizzo di cellule staminali; tale attività, di tipo sperimentale, è tuttora in corso;
la regione Toscana, con delibera di Giunta, ha recentemente dato avvio all'iter amministrativo per dar vita ad un «Centro Europeo delle Vie Aeree, Chirurgia Toracica Generale e Rigenerativa e Biotrapianti Intertoracici» da affidare allo stesso dottor Macchiarini;
tale centro avrebbe sede nelle strutture edilizie dell'azienda ospedaliera universitaria di Careggi, senza tuttavia essere ad essa integrato sotto l'aspetto amministrativo, ma operando su convenzionamento. Verrebbero coinvolte più aziende ospedaliere, istituti di ricerca e istituzioni di eccellenza internazionale -:
se tutto quanto descritto in premessa sia conforme alla vigente normativa nazionale in campo sanitario e in materia di trapianti sperimentali;
se il Centro nazionale trapianti abbia autorizzato il prescritto protocollo di sperimentazione;
se in ordine a tale attività sia intervenuto un parere dell'AIFA e del Consiglio superiore di sanità;
se sia a conoscenza di tali iniziative e del quadro dei risultati clinici conseguiti in questo tipo di attività dal dottor Paolo Macchiarini.
(5-04922)
Interrogazione a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'operazione «Anabolandia» dei carabinieri del Nas di Bologna ha fatto emergere uno spaccato molto inquietante del mondo dello sport agonistico italiano: genitori che cercavano in tutti i modi di reperire farmaci dopanti per i figli minorenni o poco più che minorenni. L'indagine è stata coordinata dalla procura di Rimini, ed ha portato quattro persone agli arresti domiciliari (un medico e tre fra dirigenti e informatori scientifici di un'industria farmaceutica), una all'obbligo di dimora, al sequestro di un ambulatorio e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 54 persone, molte delle quali atleti di calcio, basket, atletica leggera, ciclismo, triathlon, pattinaggio e tennis. Le perquisizioni hanno riguardato 17 province tra Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Lazio, Umbria, Puglia, e hanno portato al sequestro di quella che è stata definita una copiosa documentazione probatoria, di cinquecento confezioni di farmaci dopanti e di decine di dispositivi medici utilizzati per la somministrazione dei medicinali anabolizzanti;
il ruolo dei genitori nel reperire sostanze dopanti per i figli atleti emerge in almeno tre casi: ad esempio, il caso di un genitore che cercava di portare da un medico riminese, in seguito arrestato all'aeroporto di Bologna al rientro dagli Usa e attorno a cui ruota tutta l'operazione antidoping, i propri figli tennisti, entrambi minorenni. Secondo l'accusa, il medico (che la Commissione di disciplina della Federazione medico sportiva italiana già nel 2005 aveva squalificato per sei anni) nel giugno 2009 prescriveva con la complicità e «su sollecitazione» del padre dei tennisti, a uno «Stanozololo», un anabolizzante, e «Gonasi», che stimola la produzione di testosterone, non giustificati da condizioni patologiche; all'altro, oltre «Stanozololo» e «Gonasi», anche «Omnitrope», un ormone della crescita. La stessa situazione si ripeteva nel caso di un ciclista under 23 (allora ventenne), accompagnato dal padre nel giugno 2009 dal medico. Su richiesta di padre e figlio, poi, il medico spiegò indicazioni sui tempi di sospensione della terapia per evitare la positività ai controlli antidoping. E ancora, la vicenda di un padre che, nel luglio 2009, portò dal medico una figlia ciclista professionista, allora ventunenne, e un figlio ciclista amatoriale, allora ventisettenne.
Alla figlia sarebbe stata data l'epo (eritropoietina), al figlio testosterone;
a completamento della vicenda, si inserisce un capitolo riguardante il calcio, gioco posto sotto i riflettori in questo periodo a causa dello scandalo riguardante le scommesse: «Se gli metti mano all'ormone questi giocano da serie A», diceva il dottore inquisito a Danilo Chiodi, preparatore atletico del Rimini Calcio, nel 2009, a ridosso della decisive partite dei playout di serie B che i romagnoli giocarono contro l'Ancona. Il Rimini, alla fine, venne retrocesso. Chiodi - dice l'accusa - per «alterare fraudolentemente le prestazioni agonistiche degli atleti» della sua squadra contattava il medico concordando il «trattamento» di tre atleti, sempre con il «Gonasi 5000» (un prodotto che stimola il corpo alla produzione di testosterone, quindi senza immissione dall'estero) ed emotrasfusioni con ozono. Il primo contatto è datato 3 giugno 2009, il 6 si doveva giocare la gara di andata ad Ancona. Il 4 andò dal medico un giocatore, poi passato allo Spezia calcio, squadra che ha lasciato nel marzo 2011 dopo un infortunio al ginocchio, per farsi fare una emotrasfusione con ozonoterapia, pratica dopante. Il medico nella stessa occasione prescrisse, mettendo un nome di fantasia sulla ricetta, Eprex, cioè Epo, e Gonasi. In una conversazione intercettata tra i due il medico spiegava che «l'epo è fondamentale». Al giocatore preoccupato dei controlli antidoping sangue-urine dei playout venne garantito: «con queste terapie non ci sono tracce». Il tutto è avvenuto sotto gli occhi degli investigatori del Nas, che filmarono e fotografarono la scena. Dopo la partita di andata, giocata ad Ancona e finita 1-1, il preparatore del Rimini contattò di nuovo il medico, sempre ascoltato dagli investigatori, che garantì che l'ossigeno-ozonoterapia sarebbe stata praticata da un infermiere di sua fiducia. Così il 12 giugno l'infermiere fece la terapia al giocatore. Nonostante tutto, però, il 13 il Rimini venne sconfitto dall'Ancona 1-0 in casa e fu retrocesso -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine intensificare la normativa ed i controlli anti-doping, soprattutto nei settori dilettantistici.
(4-12368)
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
i dati definitivi sui conti nazionali del primo trimestre 2011 danno un quadro di «calma piatta» per l'economia italiana. Il prodotto interno lordo si è fermato a +0,1 per cento rispetto al quarto trimestre 2010. Ma i dati ufficiali sulle componenti della domanda dicono di più. I consumi delle famiglie hanno fatto registrare un +0,2, gli investimenti un +0,1 e la spesa pubblica un +0,5. Ci sono elementi utili per domandarsi perché tutto (il Pil) cresca meno delle singole parti (consumi, investimenti, spesa);
vi è innanzitutto da considerare il fatto che l'Italia è un'economia pienamente inserita nel contesto globale, un'economia che in tutto il 2010 ha esportato beni e servizi per 413 miliardi di euro e che ne ha importati per 441 miliardi di euro, e questo cambia le cose. Nel primo trimestre 2011, infatti, la domanda interna (la somma di consumi, investimenti e spesa pubblica, pari a circa 400 miliardi di euro) è cresciuta dello 0,3 per cento, mentre la domanda estera di prodotti italiani (l'export, pari a 112 miliardi di euro) è cresciuta dell'1,4 per cento rispetto al trimestre precedente. Se l'aumento complessivo di domanda fosse stato soddisfatto da produzione delle aziende nei confini italiani, ci sarebbe stato un incremento del prodotto interno lordo dello 0,5 per cento;
ciò è dovuto al fatto che l'incremento di domanda e stato soddisfatto solo in misura molto parziale con produzione interna (appunto il +0,1 di crescita del prodotto interno lordo). A intercettare il desiderio delle famiglie, della pubblica amministrazione e delle imprese italiane di spendere un po' più che nel trimestre precedente sono state soprattutto le imprese estere: l'import nel periodo è infatti aumentato dello 0,7 per cento. E sono dati a prezzi costanti, cioè al netto dell'aumento del prezzo del petrolio: le importazioni in valore sono infatti aumentate ben di più, del 5,2 per cento, a causa dell'incremento dei prezzi del 4,5 per cento e, appunto, dell'aumento dei volumi importati dello 0,7 per cento;
insomma, il quadro è chiaro sin dall'inizio 2010: l'export è ripartito dopo la crisi, ma il prodotto interno lordo langue perché la domanda interna non cresce molto e il poco di crescita che si vede se ne va all'estero e non si ferma a creare occupazione in Italia;
i modi in cui la domanda «va all'estero» molteplici. Si importa e si esporta di più a parità di produzione complessiva perché il mondo è sempre più globale: grazie alla tecnologia i costi di trasporto e di comunicazione sono sempre più bassi e quindi rispetto al passato gli scambi internazionali sono sempre più importanti. Così i consumatori comprano i beni al prezzo più basso e le imprese vendono dove i loro prodotti sono meglio valorizzati e apprezzati. L'invasione cinese dei mercati italiani e l'esportazione della «dolce vita» - come il centro studi di Confindustria chiama il successo del made in Italy - sono figli dello stesso padre, il mondo globale. Ma per l'Italia c'è di più: la ripresa 2010-2011 ha fatto ripartire le importazioni rispetto al periodo di crisi molto più rapidamente di quanto fosse avvenuto con la ripresa 2006-2007 rispetto alla stagnazione 2005;
ciò è un sintomo delle difficoltà dei terzisti, delle piccole imprese senza un marchio, che non fanno ricerca e usano poco le nuove tecnologie. Rappresentano, in poche parole, il back office delle grandi imprese, loro sì in competizione sui mercati di tutto il mondo. Se però le grandi imprese delocalizzano la produzione e non si portano con sé i fornitori italiani e se le grandi imprese estere non portano i loro impianti di produzione all'interno dei confini italiani o li chiudono (come avvenuto nei mesi scorsi), i conti delle grandi imprese italiane ed estere migliorano, le borse vantano accresciuti dividendi, ma i dati sull'occupazione e sulla produzione interna soffrono. E così si hanno dati ancora troppo deludenti per il mercato del lavoro e per la produzione industriale. Da qualche mese la disoccupazione ha finalmente cominciato a diminuire, ma la percentuale di disoccupati sulla forza lavoro nell'aprile 2011 è ancora all'8,1 per cento. È un dato di mezzo punto inferiore al dato di aprile 2010 che però resta di due punti sopra al minimo pre-crisi di 5,9 per cento raggiunto nell'aprile 2007. E le stesse indicazioni vengono anche dai dati sulla produzione industriale. L'indice di aprile 2011 è di 3,7 punti sopra a quello dell'aprile 2010: buone notizie, ma rimane pur sempre di 17 punti percentuali inferiore al dato registrato nel punto di massimo pre-crisi, quello dell'aprile 2008. E - significativamente - a non decollare è soprattutto la produzione industriale di beni di consumo non durevole che, nell'aprile 2011, mostra un modesto +0,2 per cento rispetto all'aprile 2010, mentre il resto delle voci dei prodotti industriali mostra incrementi di 6 punti percentuali. È lo scontrino medio delle famiglie che vanno a fare la spesa al supermercato a rimanere troppo basso, non le vendite di prodotti high-tech;
i dati dicono che la «calma piatta» dell'economia italiana nei primi mesi 2011 è il riassunto di situazioni molto diverse, di chi langue sul mercato interno e di chi sta avendo successo sui mercati lontani. Questi pochi dati danno però indicazioni precise sulla politica economica possibile per i prossimi mesi. Le aziende che riescono a esportare - spesso presenti con investimenti esteri nei mercati di sbocco -
potrebbero certamente avere più aiuto dalla politica, ma nel complesso stanno in piedi con le loro gambe. Quindi, oltre alla riforma fiscale complessiva che sembra ritornare ancora una volta nell'agenda politica senza tempi certi c'è necessità, per ridare fiato ai terzisti e ai consumi, di una ripresa delle liberalizzazioni e di un piano che riduca la burocrazia per sfoltire la giungla di adempimenti e procedure con cui fanno i conti le imprese, oltre a specifici interventi fiscali e legislativi sul mercato del lavoro che ridiano fiducia ai consumatori-lavoratori -:
se i fatti esposti corrispondano al vero e, nel caso positivo quali iniziative urgenti intendano assumere, eventualmente anche di carattere normativo, a partire da quelle evocate in premessa.
(2-01130)
«Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOSI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il centro siderurgico di Piombino e le sue acciaierie costituiscono un grande patrimonio nazionale a sostegno delle esigenze produttive del Paese;
i suddetti stabilimenti, di proprietà del gruppo Lucchini, che costituiscono altresì una struttura industriale sulla quale si regge l'economia locale di Piombino, della Val di Cornia e dell'Isola d'Elba, versano in condizioni di crisi stante il fatto che l'azionista di maggioranza si è dichiarato non in grado di dare garanzie di mantenimento dell'azienda;
le parti sociali, le istituzioni locali e regionali, le forze politiche e parlamentari hanno più volte interessato il Ministro dello sviluppo economico per la ricerca di soluzioni in grado di salvaguardare la produzione con progetti industriali anche mediante l'intervento di capitali stranieri;
dopo le dimissioni del Ministro Scajola non si sono avute più notizie circa gli interventi del Governo per il salvataggio della siderurgia piombinese -:
quali siano gli esiti delle iniziative intraprese e, comunque, quali iniziative intendano adottare con urgenza per il superamento dello stato di crisi descritto e per scongiurare ricadute gravi per l'economia e l'occupazione.
(5-04921)
Interrogazioni a risposta scritta:
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) Corrado Calabrò ha lanciato un allarme: «L'Italia, sulla banda larga, è sull'orlo della retrocessione in serie B». Egli ha sfruttato una triste metafora calcistica il presidente, lanciando l'allarme sull'immediato futuro del servizio di connettività del Belpaese;
tali affermazioni sono state rese durante la presentazione in Parlamento dell'ultima relazione annuale sull'attività svolta e sui programmi di lavoro relativi al 2011, partita da percentuali decisamente poco incoraggianti per il futuro sviluppo del broadband tricolore. Come illustrato dallo stesso Calabrò, «la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga è inferiore al 50 per cento, a fronte di una media europea del 61 per cento»;
il presidente di Agcom ha dunque sottolineato come esista ancora un 4 per cento di digital divide da colmare, «cui si aggiunge circa il 18 per cento della popolazione servita da ADSL sotto i 2 Mbit al secondo». Questa situazione «potrebbe
anche precludere all'Italia la possibilità di estendere il servizio universale alla banda larga»;
secondo quanto illustrato da Calabrò, l'Italia delle telecomunicazioni funzionerebbe ormai a doppia velocità, a partire dai 12 milioni di cittadini che navigano grazie alla grande diffusione della telefonia mobile. Oltre 6 milioni le chiavette attive nel primo trimestre, mentre il valore complessivo del mercato del mobile Internet ha raggiunto a fine 2010 un valore di oltre 1.100 miliardi di euro, il 7 per cento in più rispetto all'anno precedente;
«nella rete fissa, invece, la situazione è più stagnante, sebbene oltre 5 milioni di linee siano attive in unbundling e nonostante il miglioramento della qualità della rete, ha spiegato Calabrò. La penetrazione del 22 per cento della banda larga fissa migliora il dato del 20,6 per cento dello scorso anno, ma rimane indietro rispetto alla media UE del 26,6 per cento»;
pure gli ottimi risultati raggiunti dalla connessione in mobilità sembrano minacciati da un intasamento delle reti, a meno che gli operatori non riescano ad ottenere nuove frequenze. Il riferimento è ovviamente all'asta delle frequenze televisive fissata dal Governo entro la fine del 2010 e attualmente finita nelle sabbie mobili dello scontro politico;
i netizen italiani sono poi tra i più avidi consumatori al mondo delle cosiddette reti sociali. Il primato è ovviamente nelle mani di Facebook che negli ultimi due anni ha visto raddoppiare il numero complessivo di utenti tricolore: da 11 a 20 milioni. Per non parlare del tempo medio trascorso sul sito in blu, addirittura di 9 ore e mezza per utente;
«i comportamenti personali ne risultano fortemente influenzati - ha concluso il presidente di Agcom - alla riservatezza è subentrata l'ostensione, e talora l'ostentazione, dell'intimità. La sfera privata è di dominio pubblico»;
emerge un quadro sociale ove la cittadinanza digitale diviene una naturale estensione di quella tradizionale. Nella specifica sezione dedicata ai «nuovi diritti della Rete», la presentazione ufficiale del presidente di Agcom Corrado Calabrò ha aperto ad un pieno ed effettivo «diritto ad Internet». Adeguata precondizione della cittadinanza moderna e quindi della stessa democrazia;
«Il diritto alla libera circolazione del pensiero nelle nuove forme della tecnologia è indubbiamente un principio fondamentale per la società di oggi - ha spiegato Calabrò - ma non può e non deve strangolare il diritto di proprietà delle opere dell'ingegno. I due diritti devono trovare un modus (con) vivendi»;
sarebbe dunque universale la richiesta di una nuova disciplina del diritto d'autore, che si attesti sulle nuove frontiere della tecnologia. «Una disciplina a livello sovranazionale, come vado sostenendo da anni», ha precisato Calabrò. Lo schema elaborato da Agcom avrebbe dunque riscosso «vastissimi consensi», insieme ad alcuni rilievi;
anche Calabrò quindi, come già fatto più volte dall'interrogante, incoraggia a rivedere l'attuale legge sul diritto d'autore, dopo ben 70 anni d'attesa. Basterebbe «una sola norma, ben calibrata a norma di legge, a consacrare a livello di legislazione primaria principi guida equilibrati, praticabili e condivisi, con l'attribuzione a questa autorità di poteri d'intervento più definiti»;
i risultati offerti dal mercato statunitense avrebbero in tal senso dimostrato come una maggiore penetrazione della banda larga riduca l'impatto della pirateria audiovisiva. La priorità di Agcom diventa lo sviluppo di un mercato legale competitivo basato su una maggiore diffusione delle tecnologie legate al broadband -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere, con particolare riguardo a quelle necessarie a sviluppare le infrastrutture
per la massima diffusione della banda larga, e a quelle normative, per novellare la disciplina del diritto d'autore, non più adeguata al Governo della moderna tecnologia di cui si dispone.
(4-12341)
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
durante una presentazione avvenuta alla Camera a ridosso della conferenza annuale del presidente Agcom Calabrò per il «Libro Bianco su diritti d'autore e diritti fondamentali nella rete Internet» (disponibile anche su PI Libri per il download, con licenza Creative Commons), e molte associazioni hanno tentato di mostrare un punto di vista differente sulla questione del diritto d'autore e dei diritti civili in rete. Argomenti, troppo spesso, affrontati con un piglio troppo legato ad abitudini mutuate da un mercato, un mondo, una società che non esistono più;
la battuta più interessante dell'intera mattinata è stata quella del commissario Agcom Nicola D'Angelo, intervenuto nell'occasione: «Mi pare di poter dire che non mi trovo in una assemblea sediziosa» ha scherzato con gli altri relatori al tavolo, «non è una riunione di gente che giustifica l'illegalità, sebbene certa stampa e certi poteri forti provino a far passare un messaggio sbagliato». Il punto, che più volte è stato ribadito nei vari interventi, è proprio questo: la questione non è cancellare il principio che a un contenuto possa essere riconosciuto un valore, bensì quello di accogliere la modernità e la rivoluzione culturale della rete per individuare nuove forme in cui questa logica possa esprimersi;
Fulvio Sarzana, l'avvocato che ha coordinato la stesura del volume ha sostenuto che: «Non possiamo non esprimere una certa delusione per la relazione Agcom, che parla di danni gravissimi dovuti alla pirateria senza quantificare, senza chiarire da dove vengano prese queste informazioni». I numeri, sostiene invece Sarzana, dicono che spesso chi scarica è un buon cliente dei detentori dei diritti. E la filosofia di apertura alla conoscenza, che rende Internet un luogo dove parlare e condividere liberamente informazioni, cozza con il principio prevalente che mira a fare di ogni navigatore automaticamente un sospettato da tenere sotto controllo;
gli ha fatto eco un altro avvocato, Marco Scialdone, che insieme a Paolo Brini ha curato una ricerca sugli studi sulla pirateria, una sorta di vademecum per sfatare qualche mito e parecchi luoghi comuni: «Quello che abbiamo provato a fare è stato mettere assieme studi indipendenti per comprendere il reale impatto della pirateria, quella non a scopo di lucro: se si stima male il fenomeno a monte - ha spiegato Scialdone - la contromisura a valle sarà sproporzionata». Ma l'autentico nodo è la provenienza dei dati: «Quello che sappiamo ce lo dice l'industria, mentre quello che viene prodotto da altri organismi molto raramente viene preso in considerazione dalle amministrazioni chiamate a confrontarsi con il problema»;
il tutto si inserisce in un contesto nel quale i numeri dicono che chi scarica è spesso il miglior acquirente dei beni nei circuiti legali, con una tendenza al consumo più elevata della media; i numeri dicono pure che nel 2010 si è registrato il record assoluto (e attualizzato) di affluenza nelle sale cinematografiche. Se queste informazioni, questi dati reali, fossero prese in considerazione dai Governi, si eviterebbe quel sovradimensionamento del fenomeno paventato da Scialdone, che porta a decisioni dettate dalla spinta delle lobby più che da opportunità reali;
Marco Pierani ha parlato senza mezzi termini di «resistenza luddista» alle nuove catene del valore messe in gioco da Internet. È vero, ammette, alcuni segmenti della distribuzione vanno incontro a complesse problematiche di rendimento: ma è
altrettanto vero che «un nuovo canale di distribuzione si è aperto, e le decisioni prese nei confronti della pirateria sembrano invece dettate da un evidente protezionismo di posizioni di rendita» preesistenti. Da Governi e istituzioni, specie da quelle che dicono di puntare alla liberalizzazione dei mercati, ci si sarebbe aspettati una spinta maggiore verso strumenti che privilegino la prosperità di questi nuovi mercati: «I diritti degli utenti stanno sopra il diritto del copyright» dice Pierani, che rilancia la proposta di rivedere la normativa per privilegiare il mercato, e invita a non sottovalutare che a causa delle politiche attuali sono gli stessi consumatori a subire dei danni in virtù dell'assenza dei contenuti sui canali di distribuzione da loro preferiti. Dello stesso avviso Mauro Vergari, che oltre a mettere in guardia dai rischi di un «precedente legale grave di questa delibera: niente magistratura per accertare un reato», esorta alla creazione di un «diritto d'autore moderno per correre insieme alle tecnologie»;
è in questo senso che Stefano Quintarelli, esperto di nuove tecnologie e anche lui tra i contributori del libro, esprime la sua delusione: delusione per 10 anni trascorsi dalla nascita di iPod, visto quasi come un simbolo del passaggio di consegne dalla distribuzione tradizionale a quella digitale, trascorsi senza che alcun passo in avanti significativo venisse compiuto nel tentativo di cercare nuove forme di remunerazione. Emblematico il suo invito a «dedicare lavoro» alla questione, a «non dare risposte formali che non entrino nel merito» della faccenda: per «creare un nuovo mercato per i beni immateriali» è necessario intraprendere iniziative concrete per costruirlo, senza tentare inutilmente di «applicare le regole del mondo fisico a un mondo etereo»;
Luca Nicotra, segretario dell'associazione Agorà Digitale, parla per questo di «legge sul diritto d'autore preistorica» e invita a leggere il Libro Bianco non come documento di protesta ma di proposta: «Il problema centrale è riformare la legge, fare enforcement con questa legge, ora, significa chiudere la Rete». Per Nicotra, ed è un pensiero condiviso dai più al tavolo, Agcom dovrebbe prendere atto delle difficoltà oggettive e fare una sorta di passo indietro rimandando al Parlamento il compito di intervenire sulla normativa. La normativa come presupposto dell'enforcement ma una normativa adeguata al mercato che si propone di regolare;
l'interrogante, partecipando ai lavori, ha sostenuto che si sarebbe dovuto prima riformare il diritto d'autore, come anche detto nella mattina da Calabrò nella sua relazione, e poi dare ad Agcom il compito di farlo «rispettare». Sono «divieti antistorici» quelli che si stanno discutendo, e l'impressione «è che si voglia fare dell'Italia un paese esempio: esempio di come applicare il vecchio diritto d'autore pensato quando non esistevano le moderne forme di accesso alla conoscenza». E una riforma, in questo senso, non può escludersi la fine del monopolio SIAE, garantendo i cambiamenti necessari a liberalizzare anche questo comparto;
ha affermato il commissario D'Angelo che «La Rete ha giocato un ruolo importante nei referendum, ma sembra che per molti la Rete vada irregimentata e messa in riga: la libertà in Rete è peggiorata in questi mesi, per scelta nazionali e internazionali». Critico D'Angelo sugli esiti del G8 francese, critico sulla regolamentazione entrata in vigore sulle Web Tv e sulla messa in discussione della Net Neutrality: «Gli operatori stanno già demolendo la neutralità sulla rete mobile, e si vedono i prodromi su quella fissa. C'è un'ossessione per i motori di ricerca che non c'entra nulla con il riequilibro economico, quanto piuttosto lo stare chiusi tra muri insuperabili o ritenuti tali». Ha poi concluso in questo modo: «Andare contro innovazione tecnologica mi pare un pensiero antico da superare: la Rete ha una dimensione sociale e politica importante, allora qualcuno deve aver pensato di far scattare misure che ne limitino la portata, di
utilizzare il copyright per censurare. Occorre tenere vivo il dibattito su questi argomenti, anche e soprattutto in Parlamento» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali iniziative urgenti intenda assumere, con particolare riguardo a quelle normative necessarie per novellare la disciplina del diritto d'autore, non più adeguata al governo della moderna tecnologia a disposizione, tecnologia che è fonte di moltiplicazione della conoscenza e che è in grado di generare un circuito economico virtuoso perché capace di produrre nuova e ulteriore ricchezza, maggiormente e più equamente distribuita rispetto a quanto garantito attualmente dalla disciplina vigente.
(4-12342)
BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni diversi cittadini residenti presso la marina di San Cataldo, a Lecce, hanno protestato poiché l'ufficio postale in loco sembrerebbe essere chiuso da tempo e a detta degli stessi pare che tale ufficio sia destinato a non aprire neanche per il periodo estivo, costringendoli di fatto ad espletare gli obblighi di pagamento ed altri servizi presso gli uffici postali di Lecce o di altre marine vicine;
la marina di San Cataldo in virtù della modesta distanza che la separa dalla città capoluogo, solo 10 chilometri, è popolata da tanti cittadini salentini che ivi risiedono anche nei mesi invernali. Tuttavia va precisato che proprio durante la stagione estiva questo posto si sovraffolla di turisti e cittadini leccesi che vi trascorrono il periodo di vacanza;
tra i residenti nella sopra citata marina vi sono tante persone anziane e pensionati che in molti casi non hanno possibilità di potersi spostare dal luogo e sono costrette a delegare, quando è possibile, altre persone per espletare i servizi da svolgere presso gli uffici postali. In talune occasioni, purtroppo, si è anche verificato che nell'impossibilità di potersi organizzare i cittadini hanno assolto ai diversi pagamenti con qualche giorno di ritardo, con conseguenze che hanno arrecato anche danno economico a queste persone;
tutto ciò sta evidentemente generando un disagio cospicuo ai residenti della marina che giustamente lamentano la chiusura di un ufficio dotato di tutta la strumentazione adeguata per poter svolgere il servizio;
si ha, inoltre, contezza che Poste Italiane ha effettuato una programmazione degli interventi di rimodulazione temporanea dei giorni e degli orari di apertura previsti per il periodo estivo, relativi agli uffici postali di Lecce e provincia, che consta in una considerevole riduzione dell'offerta ai cittadini. Infatti, sembrerebbe che gli uffici postali di Acquarica di Lecce, Barbarano del Capo, Borgagne, Casamassella, Cerfignano, Chiesa Nuova, Cocumola, Depressa, Pisignano, San Simone di Sannicola, Serrano, Vaste, Villa Baldassarri, Villa Convento, Castiglione, Torrepaduli e Vitigliano durante il periodo estivo opereranno solo tre giorni a settimana, determinando anche in questo caso una serie di disagi per la cittadinanza e per i turisti che proprio in questo periodo si recano nel territorio salentino -:
se il Ministro interrogato, stante quanto sopra esposto, non ritenga utile intervenire con urgenza per verificare le motivazioni che hanno portato alla chiusura dell'ufficio postale della marina di San Cataldo, assumendo ogni iniziativa affinché Poste Italiane ripristini il servizio svolto dall'ufficio postale della marina per i cittadini, al fine di evitare disagi alla popolazione residente ed anche ai numerosi turisti che a breve si recheranno in loco;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover appurare le motivazioni che hanno portato l'azienda Poste Italiane ad adottare una rimodulazione dell'orario di
apertura degli uffici postali in provincia di Lecce così rigida, recando di fatto un danno nell'offerta del servizio ai cittadini salentini;
se il Ministro non intenda acclarare con urgenza se, a monte di queste chiusure e riduzioni degli orari degli uffici postali nel Salento, vi sia una situazione di risorse umane sottodimensionate, che l'azienda sta nei fatti addossando, con numerosi disagi, alla cittadinanza salentina.
(4-12346)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la struttura dell'economia italiana, in gran parte formata da piccole e medie imprese, e l'impatto delle recenti trasformazioni dell'economia globale hanno creato i presupposti per un nuovo paradigma: per competere superando i limiti della piccola dimensione e raggiungere una sufficiente massa critica, tipica delle imprese medio-grandi, le alleanze strategiche e la collaborazione tra le imprese rappresentano una delle più efficaci modalità di organizzazione della produzione. Un format organizzativo che - secondo la Cna - può essere preservato e sviluppato attraverso le «reti di impresa». Un fenomeno, in verità, ancora poco conosciuto. Le reti di impresa rappresentano una evoluzione del fenomeno dei distretti e delle «filiere produttive». Il distretto ha una forte connotazione territoriale, la rete va oltre il perimetro territoriale e può tranquillamente connettere imprese dislocate a grande distanza. In breve: la rete rappresenta un modo nuovo di crescere per quelle imprese che, pur mantenendo totale autonomia, decidono di lavorare insieme ad altre aziende per raggiungere obiettivi specifici. Quasi sempre si tratta di allargamento dei mercati, innovazioni di processo o di prodotto, progetti di ricerca, investimenti materiali e/o immateriali, specializzazione e qualità della produzione;
oggi «fare rete» non è più una scelta di frontiera, ma un modo di lavorare che interessa un numero sempre maggiore di imprese micro, piccole e medie. Aumentano i casi di piccoli gruppi di imprese che sfidano il mercato con una strategia condivisa. Il primo esempio arriva da Pistoia dove si sta tentando, con successo, di utilizzare l'alta tecnologia applicata su treni e metropolitane per un'applicazione rivoluzionaria su auto. È questa la sfida del progetto interamente realizzato da una rete di 4 aziende. «Si tratta di un'auto elettrica da 4 a 9 posti pensata per il carsharing in ambito urbano», spiega Argeo Bartolomei della Argo Engineering. Il progetto di auto si chiama Vip e, come spiega l'imprenditore, «parte dal dato rilevato in Francia secondo il quale la seconda auto viene utilizzata per le commissioni urbane solo per il 5 per cento della propria vita». Il progetto è stato presentato a Dubai in occasione di una conferenza internazionale sulla modalità urbana. «Il prototipo è in fase di realizzazione e sarà pronto a giugno. Abbiamo fatto uno studio su Pistoia e pensiamo che se il comune si dotasse di 70 Vip, potrebbe togliere il 15 per cento di autobus e nel centro avremmo molte meno macchine. Il meccanismo è simile a quello delle bici elettroniche a noleggio - spiega Bartolomei - si apre solo a un codice, che verrebbe consegnato agli abbonati. Esternamente assomiglia a un pulmino, ma le caratteristiche tecniche sono avveniristiche, unendo l'high tech meccanica, con quella informatica e persino bio-sanitaria. Il veicolo è disponibile in più configurazioni ed è pensato per trasportare disabili con carrozzina. Motore elettrico di ultima generazione, struttura in lega di alluminio. Velocità massima 70 km/h controllata con Gps. L'igiene viene garantita da un batterio che viene spruzzato con aerosol, in grado di debellare i virus»;
da Pistoia a Milano, dove due anni fa si è costituito LivelT: un consorzio di 6 imprese manifatturiere in grado di eseguire lavorazioni complesse e personalizzate nell'ambito dell'architettura e degli interni utilizzando diversi materiali come
legno, metallo, pietra, cemento e altri prodotti tecnicamente avanzati come il Corion e il plexiglass. «Ognuno di noi viene da una diversa formazione professionale ma abbiamo capito che, collaborando insieme, potevamo offrire molto di più di una semplice realizzazione», spiega Franco Floridi della Cmf. «La nostra esperienza è partita nell'estate del 2009, quando ci siamo uniti ad una delegazione di imprese, guidate dalla Cna di Milano, per una spedizione in Polonia. Da qui abbiamo continuato a collaborare, depositando il marchio e creando di fatto una economia di scala. Questo ci ha permesso di condividere spese e fornitori per ammortizzare i costi». «In Polonia, in occasione degli Europei del 2012 - aggiunge l'imprenditore - LivelT ha ottenuto importanti commesse per realizzare architetture e interni di alberghi. Si stanno aprendo anche opportunità interessanti in Russia, in vista delle Olimpiadi di Soci del 2014. Il nostro progetto è stato reso possibile anche grazie al contributo della Regione Lombardia che lo ha finanziato al 60 per cento»;
è nata, invece, solo all'inizio dell'anno la rete di imprese Avrio Technologies di Bologna costituita da 6 aziende. I settori di cui si occupano spaziano dalla biomedicina alla nanotecnologia. «In realtà, la nostra collaborazione risale ad un anno e mezzo fa - anticipa Lorenzina Falchieri, titolare della Grifo, una delle 6 aziende coinvolte - solo di recente, abbiamo deciso di formalizzarla». Una decisione presa anche per attutire gli effetti della crisi. «Piccolo non è più bello - spiega l'imprenditrice - bisogna aggregarsi e fare delle reti sistemiche per poter uscire dal nostro mercato abituale. È il caso del nostro distretto, quello della metalmeccanica, che, passato questo tsunami, non sarà più lo stesso ante-crisi perché avrà subito un cambiamento significativo dovuto alla mancanza di quelle produzioni che sono state trasferite all'estero. Quindi, abbiamo deciso di unire le forze creando Avrio Technologies e facciamo quello che prima ognuno realizzava per conto proprio: innanzitutto, sfruttiamo il presidio della Cna di Bologna a Bruxelles, che ci aiuta a vedere quali sono i bandi, le direttive e i settori nei quali possiamo produrre qualcosa. Ma per fare questo abbiamo bisogno delle università e dei centri di ricerca, a cui andiamo a sottoporre i nostri problemi e che seguiamo costantemente per vedere se i loro brevetti possono esserci utili». Da qui la collaborazione con un centro di ricerca polacco, con cui la Avrio sta collaborando per realizzare una macchina destinata al mercato italiano, «il prototipo già esiste», per rendere inerte l'amianto. «Abbiamo presentato il progetto alla Regione che lo ha considerato interessante, ora stiamo aspettando il definitivo via libera per partire» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare la realizzazione di «reti di imprese» relative alle piccole e medie realtà produttive italiane.
(4-12352)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ai due lati dell'autostrada tra Firenze e il mare della Versilia, si concentra il 70 per cento della produzione nazionale di carta tissue per casa e uso igienico (1,05 milioni di tonnellate l'anno) oltre che il 40 per cento della produzione italiana di ondulato per imballaggi (1,1 milioni di tonnellate). Secondo le stime della camera di commercio, il valore della produzione, che si attesta intorno ai 2,7 miliardi di euro, è cresciuto del 20,5 per cento e ha recuperato in buona parte le perdite. Ma dall'inizio della crisi ad oggi i destini di tissue da una parte e di ondulati dall'altra hanno imboccato strade diverse. Se tra il settembre 2008 e il dicembre 2009 la produzione di imballaggi nel distretto ha risentito della crisi globale, è crollata del 18 per cento e ha subito il calo del prezzo di vendita, quella della carta destinata ad uso domestico e igienico ha conosciuto un periodo di inattesa fortuna per il concatenarsi
di alcune circostanze. Inalterati i prezzi di vendita e le quantità prodotte - anche in conseguenza del trasferimento nel distretto lucchese di produzioni che venivano svolte altrove da aziende del settore finite in crisi strutturale - l'industria toscana del tissue ha goduto anche della drastica riduzione del prezzo della materia prima, la cellulosa, passato da 900 fino a 570 euro a tonnellata. «Così - racconta Paolo Culicchi, manager di lungo corso e oggi presidente di Assocarta - nel periodo in cui la crisi globale è stata più acuta, le imprese lucchesi del tissue hanno avuto straordinaria redditività». Il 2010 è stato l'anno di riequilibrio. Il tissue ha sofferto la risalita verticale del prezzo della materia prima, la produzione di ondulato ha recuperato un 8-9 per cento. I primi due mesi di quest'anno indicano una crescita complessiva del 2,5 per cento col tissue stabile e l'ondulato al +4 per cento;
nel 2010, con una crescita del 55,4 per cento delle esportazioni di pasta da carta, carta e cartone, il business oltre confine ha aiutato il distretto industriale, forte di 140 aziende divise tra piccole imprese, multinazionali e grosse compagnie familiari che in diversi casi occupano oltre 500 dipendenti (più del 20 per cento ne ha almeno 50), circa 6.000 addetti in tutto (almeno il doppio con l'indotto). Complessivamente le esportazioni sono salite al 21,04 per cento sul totale della produzione per un valore assoluto di quasi 685 milioni di euro, contro i 568 del 2009 e i 606 del 2008. Secondo i dati ancora provvisori di Afidamp Fab (Associazione fabbricanti macchine prodotti attrezzi per la pulizia e l'igiene ambientale), riferiti agli associati che rappresentano il 65 per cento del mercato della carta ad uso professionale, la quota delle esportazioni si eleva in valore al 57 per cento per quanto riguarda prodotti a brand proprio delle aziende;
il distretto è però afflitto da antichi e nuovi problemi, che sono all'origine di delocalizzazioni e investimenti degli imprenditori lucchesi nell'acquisto di stabilimenti oltre confine nazionale. Legata alla congiuntura è la questione dei tempi di pagamento. C'è poi il costo della bolletta energetica di luce e gas, che nel cartario incide per il 20-30 per cento dei costi e di cui si teme un'ulteriore impennata; oltre alle carenze infrastrutturali e dello smaltimento dei rifiuti. Ogni giorno da e per le cartiere si muovono oltre 1.000 autotreni. Le aziende vorrebbero utilizzare di più la ferrovia. Gli imprenditori chiedono collegamenti regolari ed efficienti tra la rete ferroviaria nazionale e i tronchetti delle aziende. «Se si fossero già fatti avremmo aperto altri due o tre impianti qui nel distretto», si lamentano gli esponenti del settore. «Entro la fine dell'anno - promette il presidente della provincia di Lucca Stefano Baccelli - sarà pronto il nuovo scalo merci della Piana, costato 38 milioni che ridurrà di 30.000 unità l'anno il traffico dei tir»;
tremilacinquecento autotreni l'anno viaggiano intanto per trasportare ad impianti di termovalorizzazione a Brescia le 110.000 tonnellate del principale scarto dell'attività produttiva, il pulper. Per smaltirlo in sede, e di conseguenza abbattere i costi di trasporto, il distretto aveva elaborato il progetto di creare un impianto per il trattamento termico di gassificazione con impiego di torcia al plasma. Erano state fatte prove di termovalorizzazione, ma il tavolo di trattativa si è rotto meno di un anno fa; gli imprenditori sono interdetti, scoraggiati. Per un'analoga opposizione, il gruppo multinazionale Lucart - 318 milioni di fatturato, capacità produttiva di 280.000 tonnellate l'anno, due stabilimenti in Lucchesia che occupano 650 dei complessivi 1.100 dipendenti, leader di mercato del tissue ecologico - ha rinunciato due anni fa a realizzare un impianto per lo smaltimento fanghi di risulta. E in Lucchesia ha comunque investito 10 milioni di euro per inaugurare adesso un impianto, unico in Italia, che ricicla i contenitori in tetrapak e ne ricava carta ecologica. «La realizzazione di questo impianto - spiega Massimo Oriani, direttore marketing del
gruppo, ci ha permesso di scongiurare In gran parte esuberi che sarebbero stati inevitabili» -:
quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di dotare il territorio della Lucchesia di strutture adeguate alla ripresa e all'ulteriore sviluppo dell'indotto cartierio relativo alla produzione di tissue e di ondulato.
(4-12358)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la richiesta dei certificati d'origine viaggia on line grazie a un nuovo software, presentato ieri durante un convegno alla camera di commercio di Bergamo a cui hanno partecipato diversi imprenditori interessati a capire il funzionamento della nuova procedura telematica di rilascio del certificato d'origine. Per il rilascio del certificato che rappresenta il vero «passaporto» della merce negli scambi commerciali con i Paesi extra Unione europea basterà un semplice clic. «È finita l'epoca delle file agli sportelli - ha spiegato Caterina Ferrari, responsabile dell'ufficio commercio estero della camera di commercio - e, grazie a questo nuovo strumento telematico, non saranno più necessari i continui viaggi dalla ditta in camera di commercio: ora tutta la procedura viaggerà on line e sarà più rapida e corretta»;
«Il modulo cartaceo che fino a ieri si poteva prendere ai nostri sportelli - ha proseguito Ferrari - viene ora sostituito da un modello virtuale che rispecchia fedelmente il modulo cartaceo di richiesta dei certificati d'origine, ma che ha in sé il vantaggio di permettere alle aziende di inserire on line i dati direttamente dalla sede della ditta e di contattarci per eventuali dubbi e per effettuare correzioni nella compilazione che potranno avvenire così in tempo reale con un risparmio evidente di costi e di tempo». Il nuovo software garantirà anche l'apposizione della firma digitale, necessaria ai fini dell'autenticità del documento rilasciato, e anche il pagamento elettronico dei documenti richiesti;
«Siamo molto soddisfatti - ha aggiunto Raffaella Castagnini, capo dell'ufficio servizio promozione con l'estero - della notevole affluenza al convegno: molte persone in rappresentanza delle varie aziende bergamasche che hanno manifestato l'interesse per questo nuovo software e per la nuova procedura di rilascio on line del certificato d'origine». «D'altra parte - ha proseguito - la Camera di Commercio di Bergamo è la terza in tutta Italia per il numero di emissioni di certificati d'origine, e ciò è testimoniato anche dai numeri in quanto sono ben 2.500 i certificati d'origine che rilasciamo alle aziende ogni mese»;
l'ufficio commercio estero, rappresenta un vero e proprio «termometro» dell'andamento economico delle aziende del territorio orobico. «Nel corso del 2009 - ha precisato ancora Caterina Ferrari - abbiamo registrato un calo vertiginoso delle richieste dei certificati d'origine e questo è stato il primo indice della forte crisi economica che ha investito tutto il mondo economico, comprese le aziende bergamasche». «Oggi - ha concluso - si ha invece un'inversione di tendenza con un incremento dei rilasci dei certificati d'origine del 10 per cento circa che, con l'inaugurazione del nuovo software e della nuova procedura telematica, ci auguriamo possano ancora aumentare» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere a livello nazionale la procedura di «certificazione on line» introdotta dalla camera di commercio di Bergamo relativa ai certificati di origine.
(4-12359)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
tradizione e futuro, territorio locale e internazionalizzazione sono stati i temi principali della 66a assemblea dell'Associazione artigiani della provincia di Bergamo. Il presidente Angelo Carrara ha
affermato che il biennio appena trascorso è stato «il periodo più buio e difficile dal dopoguerra», durante il quale «le nostre imprese, per resistere, hanno fatto ricorso ai risparmi di una vita». Ad oggi «si percepisce un clima migliore». Segnali di ripresa si osservano soprattutto nelle imprese di subfornitura, al traino del comparto industriale. «Ma la situazione è molto variabile da settore a settore e da impresa ad impresa. In generale, il peggio è probabilmente passato, ma non mancano neppure le aziende che si trovano ancora nel fango fino alle ginocchia»;
sono gli effetti della crisi, e anche di quella globalizzazione di cui l'artigianato orobico, e soprattutto nazionale, fatica ancora a prendere coscienza. La problematica non riguarda soltanto le medie imprese della subfornitura ma anche il piccolo artigiano: «Nessuno è immune dalla globalizzazione - continua Carrara - che arriva anche nei nostri piccoli comuni, dove anche il parrucchiere è costretto a inventarsi qualche servizio innovativo perché avanzano le catene internazionali di parrucchieri». «Innovazione di prodotto e di processo», «filiera di prodotti», «reti di imprese» sono le parole d'ordine che Carrara, in assemblea, ha cercato di inculcare nei suoi associati;
la situazione è gravata, oltre che dalla crisi e dagli effetti della globalizzazione, anche da una situarne normativa e burocratica definita dallo stesso presidente Carrara «complessa, farraginosa, soffocante e opprimente», e il cui aspetto più irritante è la sua continua variabilità: «Le norme continuano a cambiare - sbotta il presidente - dolemmo avere orizzonti temporali certi e invece i nostri artigiani sono costretti a leggere tutti i giorni la Gazzetta Ufficiale». Gli artigiani gradirebbero anche un alleggerimento fiscale, ma il fisco per loro è un terreno minato, e, a proposito delle ricorrenti accuse di evasione fiscale rivolte al comparto, Carrara replica: «Le imprese della subfornitura non evadono e anzi sono pagate con ritardi anche di un anno dalla grande industria e dalla Pubblica amministrazione». Nei casi in cui l'idraulico o l'elettricista evita accuratamente di fare fattura, a volerlo è anche il cliente che così paga meno. Ma non accadrebbe se fosse permesso di scaricare le spese nella dichiarazione dei redditi. Ne risulterebbe avvantaggiato anche l'artigiano che potrebbe così combattere la concorrenza sleale degli abusivi. È dagli anni Settanta che Confartigianato propone, invano, una riforma fiscale e dell'Iva, per la quale oggi sono previste ben otto fatturazioni diverse a seconda del tipo di cliente. Un'assurdità». Per quanto riguarda il futuro. Carrara ipotizza una situazione in cui ci sia piena unione e collaborazione fra pubblico e privato, coinvolgendo anche le associazioni di categoria -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di rilanciare sul mercato nazionale ed internazionale il comparto dell'artigianato italiano.
(4-12360)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultimo rapporto Istat, a marzo 2011 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,4 per cento rispetto a febbraio. Nella media del trimestre gennaio-marzo l'indice è diminuito dello 0,1 per cento rispetto al trimestre immediatamente precedente, mentre, corretto per gli effetti di calendario, l'indice è aumentato in termini tendenziali del 3,1 per cento (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 23 di marzo 2010). Nella media del primo trimestre dell'anno la produzione è cresciuta dell'1,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a marzo 2011, una crescita tendenziale per i raggruppamenti dei beni strumentali (+8,5 per cento) e dei beni intermedi (+3,8 per cento). Diminuiscono, invece, per il comparto dell'energia e per i beni di consumo, (entrambi dell'1,0 per cento). Nel confronto tendenziale, i settori dell'industria
manifatturiera caratterizzati da una crescita più accentuata sono: fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+16,5 per cento), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo esclusi macchine e impianti (+7,0 per cento) e fabbricazione di mezzi di trasporto (+6,7 per cento). Il settore che registra in marzo la diminuzione tendenziale più ampia è quello della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-8,2 per cento);
nello stesso periodo, si registrano variazioni positive rispetto a febbraio nel comparto dell'energia (+1,5 per cento), nel raggruppamento dei beni strumentali (+1,2 per cento) e in quello dei beni intermedi (+0,5 per cento); negativa è invece la variazione dei beni di consumo (-0,6 per cento). In termini tendenziali l'indice corretto per gli effetti di calendario segna variazioni positive per i beni strumentali (+8,5 per cento) e per i beni intermedi (+3,8 per cento). Diminuiscono, invece, dell'1,0 per cento gli indici sia dei beni di consumo, sia dell'energia. I maggiori contributi alla crescita tendenziale dell'indice generale (calcolato sui dati grezzi) sono forniti dalla componente dei beni strumentali (+1,2 punti percentuali) e da quella dei beni intermedi (+0,6 punti percentuali). Nel mese di marzo 2011 l'indice corretto per gli effetti di calendario segna, rispetto a marzo 2010, gli incrementi più marcati nei settori della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+7,0 per cento) e della fabbricazione di mezzi di trasporto (+6,7 per cento). Le diminuzioni maggiori riguardano i settori relativi alla fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-8,2 per cento), alle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,9 per cento) e alla fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-5,6 per cento);
in merito al fatturato, il rapporto sottolinea che a febbraio lo stesso è aumentato dell'1,5 per cento rispetto al mese precedente, con incrementi pari all'1,8 per cento sul mercato interno e all'1,0 per cento su quello estero. Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato cresce in termini tendenziali del 12,8 per cento. La variazione congiunturale degli ordinativi totali è pari a +1,9 per cento, per effetto di una crescita dell'1,7 per cento degli ordinativi interni e del 2,1 per cento di quelli esteri. Nel confronti con il mese di febbraio 2010, gli ordinativi grezzi registrano una crescita del 16,2 per cento. Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti congiunturali del 2,8 per cento per l'energia, del 2,0 per cento per i beni strumentali, dell'1,6 per cento per i veni intermedi e dello 0,7 per cento per i beni di consumo. All'interno di questi ultimi, i durevoli crescono del 4,5 per cento, mentre i non durevoli registrano una variazione nulla. Nel confronto tendenziale, il contributo più ampio alla crescita del fatturato viene dalla componente relativa ai beni intermedi, sia per il mercato interno, sia per quello estero. I settori di attività economica per i quali si registrano, rispetto a febbraio 2010, gli incrementi maggiori del fatturato totale sono quelli della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+30,7 per cento) e della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+25,5 per cento);
in merito agli ordinativi, l'aumento tendenziale maggiore si osserva per la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+34,0 per cento). Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti congiunturali per tutti i raggruppamenti: +2,8 per cento per l'energia, +2,0 per cento per i beni strumentali, +1,6 per cento per i beni intermedi e +0,7 per cento per i beni di consumo. Per i beni di consumo durevoli si registra un aumento del 4,5 per cento e per quelli non durevoli una variazione nulla. L'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario cresce del 24,7 per cento, del 20,8 per cento per i beni intermedi, dell'11,5 per cento per i beni strumentali e dell'1,9 per cento per i beni di consumo (+0,5 per cento per quelli
durevoli e +2,1 per cento per quelli non durevoli). In febbraio 2011, nel confronto con lo stesso mese del 2010, l'indice del fatturato corretto per gli effetti di calendario segna gli aumenti maggiori nei settori della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+30,7 per cento), della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+25,5 per cento) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+25,0 per cento); l'unica diminuzione significativa si rileva nelle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (-4,3 per cento). Per gli ordinativi gli incrementi tendenziali più marcati riguardano la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+34 per cento), la fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+19,3 per cento) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+15,0 per cento) -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di favorire la prosecuzione dell'incremento tendenziale, relativo alla produzione e al conseguente fatturato industriale, evidenziato dal rapporto Istat sopracitato.
(4-12365)
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
attraverso lo studio «Costruire il futuro. Pmi protagoniste: sfide e strategie» elaborato dal centro studi di Confindustria, le piccole e medie imprese italiane si rivelano troppo passive nella crisi, oltre ad essere organismi che credono ancora nel mantenimento della proprietà e della gestione della propria azienda all'interno della famiglia; non si aprono al capitale esterno; non hanno fatto esperienze di aggregazioni con altre aziende; non comprano né acquistano su internet. Il dossier di Confindustria è un lavoro che ha scavato nel vero tessuto economico italiano - quello formato da imprese con meno di 250 addetti - attraverso questionari che hanno raccolto informazioni su 508 attività del Paese. Dalle molteplici fotografie emergono luci e ombre. Si scopre così che al fianco di una ancora forte spinta all'imprenditorialità che caratterizza l'Italia si evidenzia una forte resistenza al ricorso a risorse extra familiari. Di fronte al problema del passaggio generazionale, infatti, il 55 per cento del campione ha ritenuto il mantenimento di proprietà e gestione dell'azienda all'interno della famiglia la migliore strategia da adottare. Circa il 24 per cento, invece, ricorre a manager pur mantenendo la proprietà e solo il 10 per cento ricorre a manager e apre il capitale a soggetti esterni;
«il dato non sorprende - spiega Gianluca Spina, presidente del Mip Politecnico di Milano - perché la difesa del modello familiare decresce con l'aumento dimensionale dell'impresa. Nel nostro Paese il numero di aziende molto piccole è altissimo e la resistenza al capitale esterno è conseguenza diretta della dimensione». Nell'identificare il principale fattore di successo della propria impresa, il campione risponde con una quota significativa (40 per cento) segnalando la qualità del prodotto. Seguono con una percentuale ben inferiore (23,8 per cento) il prezzo e il contenuto tecnologico particolarmente avanzato del prodotto (12,7 per cento). Proprio sull'innovazione di prodotto, infatti, si sono concentrati gli sforzi della maggior parte delle imprese. Ben il 74,4 per cento del campione ha infatti introdotto negli ultimi cinque anni delle innovazioni o dei cambiamenti rilevanti su prodotti esistenti o ne ha inventati di nuovi. È alta anche la percentuale di imprese che hanno innovato il processo di produzione, l'organizzazione del lavoro e la commercializzazione. Uno sforzo che potrebbe essere maggiore se, per il 49,3 per cento, degli intervistati, non vi fosse una congiuntura economica sfavorevole, se le banche fossero più disponibili a finanziare i progetti (22,9) per cento, se il quadro normativo e amministrativo fosse migliore (11,6 per cento);
se il prodotto resta di qualità e concentra investimenti delle imprese, la rete resta invece ancora sottoutilizzata. Solo il 14,3 per cento infatti vende attraverso internet. Anche gli acquisti sono un'eccezione: solo il 10,2 per cento del campione compra online materie prime e semilavorati e l'8,2 per cento prodotti finiti. Più alta la percentuale di servizi bancari, il 31,2 per cento e di servizi in generale 18,2 per cento. Sul fronte dell'aggregazione non va meglio. Il 56 per cento del campione, infatti, non ha mai fatto esperienze di alleanze o joint venture con altre imprese. «Una realtà che frena la crescita - spiega Spina - perché essere piccoli non consente vere politiche di internazionalizzazione. Se l'impresa si limita a vendere all'estero i propri prodotti non sarà in grado di sfruttare le opportunità del mercato»;
è difficile crescere, però, senza aprire il capitale all'esterno, fenomeno che neanche la crisi economica ha favorito perché il 70 per cento delle imprese interpellate ha dichiarato di non averlo fatto. «In Italia - conclude Spina - c'è uno spazio importante per operazioni di private equity sulle piccole imprese. Penso a operazioni industriali - e non finanziarie - di almeno cinque anni, con bassa leva finanziaria in partnership con la proprietà o con i manager dell'azienda. L'esperienza ha infatti dimostrato che sono queste le operazioni vincenti. L'ingresso di capitali esterni, infatti, può avere successo se si accompagna alla valorizzazione del patrimonio di informazioni e di conoscenze di chi ha guidato l'impresa nel tempo». Solo il 29,8 per cento del campione, però, ha apportato nuovi capitali all'impresa, perché - come recita l'analisi dell'ufficio studi di Confindustria - «la maggior parte dei piccoli imprenditori ha affrontato il periodo recente con un atteggiamento passivo» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di dare maggiori garanzie alla nascita e allo sviluppo di piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto della nostra economia.
(4-12366)
BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dalla relazione del dottor Calabrò emerge un ritratto fatto di un mercato ancora diviso in tre, con Mediaset che torna in testa, Sky e poi la Rai sul gradino più basso del podio, penalizzata da «un intollerabile livello di evasione del canone» e dalla mancata riforma della governance, invisa a partiti e concorrenti della tv pubblica;
questa è la fotografia del settore tv scattata nella relazione annuale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), presentata alla Camera dal presidente Corrado Calabrò. Nel 2010, certifica l'Agcom, il sistema tv italiano «cresce del 4,5 per cento e si consolida il modello a tre: Mediaset, i cui ricavi fanno un balzo in avanti dell'8,1 per cento rappresenta il 30,9 per cento delle risorse complessive, Sky il 29,3 per cento, Rai il 28,5 per cento Viale Mazzini, in realtà - sottolinea Calabrò, mentre nella Sala della Lupa ascoltano il presidente Paolo Garimberti e il direttore generale Lorenza Lei - «potrebbe essere il primo operatore» se potesse contare sul «canone non riscosso» (per il 2009 si stima un mancato introito da oltre 500 milioni);
ma soprattutto sulla tv pubblica pesa la mancata riforma, che il numero uno dell'Agcom invoca da tempo: Calabrò pensa a «un sistema di governance duale, separando la funzione di servizio pubblico della Rai da quella più a vocazione commerciale». Ma, accusa, si tratta di «una riforma scomoda che non piace ai partiti che albergano nell'azienda e che non piace ai concorrenti che mal vedono una Rai più competitiva». Da Calabrò arriva però anche una stoccata alla Rai, che «dovrebbe avere maggiore considerazione per la qualità del suo servizio. Purtroppo arrestare il declino della tv pubblica una priorità non percepita come tale». In un sistema ancora «telecentrico» - la tv resta al 90 per
cento il principale veicolo di informazione, il consumo è in crescita e soprattutto, «in un secolo in cui l'informazione è potere», come dice Obama, ne rappresenta «la forza di occupazione» - è centrale per l'apertura del mercato il beauty contest delle frequenze del digitale terrestre. Le regole dell'Agcom, rivendica Calabrò, «hanno passato il vaglio della Commissione europea», che ora sta esaminando il bando: «solo in esito a tale esame», avverte, l'Europa «chiuderà la procedura d'infrazione contro l'Italia»;
la relazione fa anche il punto sull'editoria. «Valorizzare i contenuti on line» è la ricetta anti-crisi suggerita da Calabrò, alla luce del boom della raccolta pubblicitaria sul web (che sfiora il miliardo di euro) nella quale però è Google a fare la parte del leone, con il 30-35 per cento dei ricavi. Il presidente dell'Agcom chiede a gran voce anche la riforma del diritto d'autore, per adeguare la legge alle nuove tecnologie: «Basterebbe una norma sola a consacrare a livello di legislazione primaria principi-guida equilibrati, praticabili e condivisi, con l'attribuzione a questa Autorità di poteri d'intervento più definiti». E plaude il presidente della Fieg Carlo Malinconico. In chiusura, dopo le polemiche legate alle sanzioni in materia di par condicio varate per le amministrative, Calabrò ci tiene a rivendicare la terzietà dell'Autorità: «Abbiamo dimostrato in modo palmare la nostra indipendenza», «senza cedimenti di sorta», garantendo «anche chi oggi con supponenza afferma che l'Agcom è lottizzata dai partiti» -:
quali iniziative urgenti intendano assumere per dare soluzione ai problemi sopra esposti con particolare riguardo agli effetti derivanti dall'evasione del canone Rai, avendo cura di analizzarne anche le cause per meglio contrastare i comportamenti da free rider che una percentuale troppo alta di fruitori del servizio pubblico assumono, e per consentire una governance in grado di massimizzare i servizi offerti mediante le nuove tecnologie, con il logico corollario del superamento di una disciplina normativa obsolescente che dovrebbe essere novellata per non perdere il treno della modernità strettamente connessa all'economia della conoscenza.
(4-12370)
...
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Di Biagio e Picchi n. 4-03332 del 24 giugno 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04918;
interrogazione a risposta scritta Bosi n. 4-11621 del 18 aprile 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04921;
interrogazione a risposta scritta Bosi n. 4-11835 del 4 maggio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04922.
...
ERRATA CORRIGE
Interpellanza urgente Nannicini Rolando e altri n. 2-01127 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 485 del 14 giugno 2011, alla pagina 22530, prima colonna, dalla riga ventiseiesima alla riga ventottesima deve leggersi: «40 per cento dell'intero fatturato;
tale stato di cose, oltre a sottrarre alle casse dello Stato circa 5 miliardi di euro,» e non «40 per cento dell'intero fatturato. Tale stato di cose, oltre a sottrarre alle casse dello Stato circa 55 miliardi di euro,», come stampato.