XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 8 giugno 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
il consiglio comunale di Cremona ha approvato la richiesta di presentazione all'UNESCO della candidatura del «saperi e saper fare liutario della Tradizione Cremonese quale Patrimonio Immateriale dell'Umanità»;
l'arte liutaria, sorta a Cremona nel XVI secolo con Andrea Amati, proseguita nei secoli successivi con liutai della stessa famiglia, e delle famiglie Guarneri e Stradivari, continua nell'epoca contemporanea con molte botteghe di pregio, facendone una condizione artigiana unica al mondo;
dal XVI secolo ad oggi, l'arte liutaria di Cremona si è tramandata, perfezionandosi, di maestro in maestro, caratterizzando profondamente il carattere della città perciò universalmente riconosciuta, a tal punto che nel mondo è naturale associare il violino alla città di Cremona in un contesto di eccellenze culturale ed artistica;
la tradizione dell'arte liutaria cremonese ha dato vita a strumenti ad arco universalmente ritenuti i migliori al mondo, dando vita ad espressioni artistiche non ad altre paragonabili;
la tradizione liutaria cremonese è unica depositaria della forma che ha permesso la realizzazione di autentici capolavori e a Cremona sono custoditi gli attrezzi, le forme, i disegni di Antonio Stradivari, maggior interprete di tale arte, un laboratorio anch'esso unico al mondo;
nelle attuali botteghe è garantita l'eccellenza delle capacità e delle qualità tecniche impiegate nella costruzione degli strumenti ad arco, assicurata dalla severa tradizione d'insegnamento della scuola di liuteria cremonese, frequentata da numerosi studenti provenienti da tutti i continenti e dimostrata dalla qualità degli strumenti prodotti;
benché la città metta in campo molte risorse per la protezione, la salvaguardia, la promozione della tradizione artistica liutaria di Cremona, i cambiamenti in atto nel tessuto sociale e produttivo potrebbero affievolire il senso cittadino di appartenenza a tale tradizione, favorendone l'indebolimento e la dispersioni,


impegna il Governo


ad adottare ogni ulteriore iniziativa volta a sostenere l'accoglimento della proposta nelle sedi internazionali deputate alla decisione.
(7-00601) «Ghizzoni, Pizzetti, Comaroli, De Biasi, Barbieri».

La IX Commissione,
premesso che:
la realizzazione del porto di Gioia Tauro è stata avviata nella prima metà degli anni Settanta in connessione con il progetto della Cassa per il mezzogiorno che localizzava a Reggio Calabria il quinto Centro siderurgico italiano, in realtà mai realizzato; la stessa area venne successivamente indicata come sede di una centrale elettrica ENEL a carbone, anch'essa mai realizzata;
i lavori del porto vennero completati nel 1994, a seguito della ridestinazione dell'area portuale a scalo portuale di transhipment, con conseguente istituzione di una capitaneria di porto, di una sede doganale, della Guardia di finanza, dei vigili del fuoco e di un posto di polizia di frontiera;
il porto di Gioia Tauro, che si estende su una superficie di 440 ettari e ha la disponibilità di moli della lunghezza totale di 5.125 metri, di un piazzale esteso oltre 2.000.000 di metri quadrati, con un canale oggi largo 260 metri e una profondità

dei fondali fino a 18 metri, è il più grande terminal per transhipment del Mar Mediterraneo ed è costato 770 milioni di euro (1.500 miliardi di vecchie lire);
per i volumi di traffico raggiunti rapidamente, oltre che per le sue caratteristiche strutturali, il porto di Gioia Tauro è stato classificato «di rilevanza economica internazionale» con la legge 27 febbraio del 1998 n. 30; con decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1998 nel porto è stata istituita l'autorità portuale;
la localizzazione ottimale nel Mediterraneo del porto di Gioia Tauro è quella più vicina alla rotta ideale dal Canale di Suez allo Stretto di Gibilterra, facendo risparmiare molti giorni di navigazione alle costose grandi navi;
pur in presenza di tutti i presupposti per esprimere a pieno le sue potenzialità, l'importante infrastruttura portuale, che ha raggiunto risultati significativi sia in termini occupazionale che per flusso merci, non ha mai superato difficoltà e incertezze, anche gestionali, che la rendono fragile in un contesto internazionale, in cui è in diretta concorrenza con altri grandi porti, tra cui quelli del Nord Africa, che riescono a garantire un «costo delle movimentazioni» più basso rispetto ai porti italiani;
nel settembre 2010, la regione Calabria ha stipulato, insieme all'autorità portuale ed ai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, un accordo di programma quadro, per complessivi 459 milioni di euro, puntando «sulla logistica retroportuale per dare al porto un supporto più duraturo, anche sotto il profilo del lavoro, di quello garantito dal transhipment»; a distanza di circa nove mesi, però, l'accordo non ha trovato concreta attuazione;
di questi 459 milioni di euro, 261 sono stati concessi a Rfi per il potenziamento delle rete ferroviaria, ma i relativi progetti non sono stati ancora definiti mentre la stessa Rfi investe 200 milioni di euro nella piattaforma logistica di Trieste in fase di realizzazione in partnership con la Maersk e con Unicredit;
nel corso del 2011, si sono registrati due episodi che hanno destato allarme; il primo, nel mese di gennaio, indicativo di una non adeguata capacità di programmazione dell'attività, relativo al fermo di 30 ore del terminal Medcenter, la società concessionaria del porto, controllata da Contship Italia; l'altro, decisamente più grave, è rappresentato dalla notizia dell'abbandono dello scalo da parte della danese Maersk - che è anche socia di minoranza (33 per cento della Medcenter - la quale, secondo notizie apparse sui giornali calabresi, ha prima «ridotto la sua presenza a Gioia Tauro dirottando i volumi» altrove per poi annunciare «che da luglio taglierà l'ultima linea che ancora fa tappa in Calabria», preferendo Genova a Gioia Tauro; quest'ultima notizia, tra l'altro, porterebbe la società terminalista a mettere in cassa integrazione centinaia di dipendenti;
ad alimentare il clima di incertezza, sono state poi le affermazioni fatte dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che, in occasione di una visita elettorale in Calabria, ha affermato che la «situazione dello scalo è molto delicata», facendo riferimento anche alla richiesta di cassa integrazione (non ancora ufficializzata dalla società terminalista);
né tali affermazioni, provenienti dal Ministro competente per materia, possono ritenersi neutralizzate dalle rassicurazioni di altri membri del Governo, ed in particolare del Ministro per i rapporti con il Parlamento, il quale, intervenendo alla Camera, in sede di question time, ha anche sottolineato che «è stata prevista la possibilità per le Autorità portuali, nell'ambito della loro autonomia di bilancio, di ridurre fino all'azzeramento le tasse di ancoraggio e portualità»;
in data 3 giugno 2011 le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl, Uil ed Ugl hanno proclamato lo stato di agitazione

dei lavoratori portuali dipendenti di Medcenter container terminal di Gioia Tauro;
il rapporto di concessione ad un unico soggetto, la Medcenter, può essere individuato, sul piano gestionale, come un elemento di criticità del porto, consentendo alla società di agire in regime di monopolio e di condizionare l'andamento dell'infrastruttura, che, per l'immediato futuro, se - come sembra - si dovesse concretizzare l'abbandono di Maersk, potrebbe contare solo su un importante cliente: la MSC;
la pressione della 'ndrangheta sul porto, attestata anche da numerose operazioni di polizia, non va sottovalutata ma non può costituire un alibi per sminuire l'importanza e la centralità dell'infrastruttura, considerato che proprio il rilancio del porto e un suo maggiore collegamento con il territorio può rafforzare l'economia legale e aiutare le azioni di contrasto alle cosche;
in realtà, nonostante la favorevole configurazione geografica dell'Italia e la centralità del Mar Mediterraneo per l'Europa, l'intero sistema portuale italiano appare oggi in affanno, con il rischio che i ritardi accumulati e la debolezza delle nostre strutture rispetto a quelle, in fase di potenziamento, ubicate sulla costa africana e sulla stessa costa europea di altri Paesi, rendano scarsamente concorrenziale l'Italia nella competizione per gestire i flussi intercontinentali, con gravi conseguenze sull'economia del Paese e sulla sua stessa coesione territoriale per il concreto pericolo che le nostre regioni industriali diventino sempre più periferiche e aumenti l'isolamento del meridione d'Italia;
sul piano organizzativo, sono individuabili come punti di debolezza del sistema italiano: la mancata ripartizione di missione dei vari porti, le contraddizioni di un assetto istituzionale che punta sulle autorità portuali, senza garantire adeguata snellezza operativa ed autonomia finanziaria, l'inadeguatezza degli interventi sulle infrastrutture strategiche del Paese, che favorisce anche una spregiudicata concorrenza tra scali «fratelli», con scarsa efficienza del sistema logistico, poco attrattivo per la mancanza di una vera e propria piattaforma logistica a disposizione del tessuto industriale;
la realizzazione di nuovi terminal (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libano e Spagna) rischia di dover fronteggiare un minor volume di traffico disponibile, in un contesto di eccesso di offerta in un mercato reso distorto dalla concorrenza dei porti sulla sponda africana del Mediterraneo, i cui costi sia di gestione (personale, concessioni, energia) che fiscali (tasse di ancoraggio e rimorchio), rischiano di rappresentare una alternativa economicamente più conveniente per le grandi compagnie di navigazione;
per il 2015 è previsto l'inserimento sulle tratte commerciali di 118 meganavi in costruzione che necessitano di porti con alti fondali come Gioia Tauro. Per allora, le realtà di trasbordo dovranno apportare interventi di riorganizzazione interne, di riduzione drastica dei costi, di integrazioni al loro core businnes ma necessitano anche di sostegni statali finalizzati alla riduzione del gap competitivo ed alla continuità produttiva fino al momento in cui si riposizioneranno solo su logiche di mercato;
la concorrenza tra i porti di puro transhipment è influenzata da una serie di disomogeneità, sulle quali bisognerà intervenire a partire dalla disomogeneità del costo del lavoro alla disomogeneità della tassazione sui vettori fino al peso delle accise sull'energia e sui carburanti;
in una siffatta situazione, il ruolo del porto di Gioia Tauro, caratterizzato allo stato dalle operazioni di transhipment, andrebbe rivisto e potenziato, potendo l'importante infrastruttura, con l'attuazione dell'accordo di programma stipulato nel settembre del 2010 e la realizzazione di un'attrezzata piattaforma logistica, essere di supporto all'intero sistema portuale e garantire il coinvolgimento delle regioni meridionali nelle prospettive di sviluppo;

va considerata, in particolare, la necessità che il Governo intervenga in tempo utile sulla situazione di crisi che il porto di Gioia Tauro sta vivendo che potrebbe diventare irreversibile con l'abbandono del porto da parte della Maersk che è la più grande impresa portacontainer del mondo, annunciato per i primi giorni di luglio 2011, con gravi conseguenze sull'intero sistema,


impegna il Governo:


a dare pronta attuazione all'autonomia finanziaria delle autorità portuali, come già previsto da numerose disposizioni legislative, per consentire anche al porto di Gioia Tauro di poter varare un programma di potenziamento ed adeguamento infrastrutturale sulla base di un quadro certo di risorse attivabili, anche a titolo di cofinanziamento con risorse aggiuntive di operatori privati operanti presso lo scalo;
a promuovere o comunque supportare provvedimenti di concreto sostegno normativo e finanziario alla rete dei porti transhipment ubicati nel Mezzogiorno (Gioia Tauro, Taranto, Cagliari) per fronteggiare la crescente concorrenza dei porti nordafricani, anche attraverso misure compensative del mancato introito di risorse venute a mancare per l'abbattimento delle tasse di ancoraggio;
a ridefinire, nel redigendo piano nazionale della logistica, la missione del porto di Gioia Tauro, valutando, in particolare, la possibilità di assegnare all'infrastruttura, accanto alle funzioni di transhipment, funzioni di scalo industriale collegato ad una piattaforma logistica integrata con le reti di trasporto nazionali ed internazionali;
a promuovere o comunque sostenere l'emanazione di norme semplificate per l'approvazione di varianti ai piani regolatori portuali nelle aree destinate a poli integrati della logistica, connessi agli scali di transhipment, quale il porto di Gioia Tauro;
a destinare, mediante apposito accordo di programma Stato-Regione Calabria-autorità portuale di Gioia Tauro, una quota dei fondi PON al potenziamento infrastrutturale e all'ammodernamento del porto di Gioia Tauro;
ad assumere ogni altra iniziativa utile a superare le criticità del porto di Gioia Tauro.
(7-00600)
«Meta, Lo Moro, Vico, Amici, Villecco Calipari, Minniti, Laratta, Cesare Marini, Laganà Fortugno, Oliverio, Zampa, Bonavitacola».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
in data 7 giugno 2011 sul Corriere della Sera a firma Dario Di Vico a pagina 16 si legge che durante l'assemblea annuale dei 350 industriali di FederlegnoArredo sono emerse aspre critiche al Governo che non avrebbe aiutato il settore ma anzi avrebbe messo «il bastone tra le ruote»;
in discussione ci sarebbe la norma introdotta nel cosiddetto decreto sviluppo che elimina le tutele alla proprietà intellettuale, anche se solo alle opere anteriori al 2001;
tale norma come riporta l'articolo pare essere stata introdotta «nottetempo da un ministro per compiacere un consorzio di artigiani toscani particolarmente

vessati nel copiare il meglio del design italiano» e nessuno dei colleghi ha avuto nulla da ridire;
il Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani da lombardo dovrebbe conoscere molto bene la realtà delle imprese brianzole di design che sarebbero poi vittime delle imitazioni eppure non è intervenuto;
Carlo Guglielmini, presidente del Cosmit-Salone del Mobile, insieme ai nomi più affermati dell'imprenditoria del settore, sottolinea la grave contraddizione di chi a parole sostiene che l'Italia debba posizionarsi lungo la via della competitività e dell'innovazione e poi nei fatti non tutela le aziende migliori, quelle che investono sulla creatività e che ci sono invidiate, e imitate, in tutto il mondo;
Claudio Luti (Kartell) fa notare come persino al salone del mobile sono state viste delle sedie imitazioni di quelle prodotte dal suo marchio -:
se il Governo confermi o meno la veridicità dei fatti, e concordi sulle conseguenze negative per il made in Italy che tale norma introdotta nel decreto sviluppo porterebbe specie nel campo del «mobile»;
se il Governo intenda attivarsi affinché il consumatore abbia la consapevolezza di ciò che sta comprando, attraverso una sorta di tracciabilità del prodotto, così da poter verificare che sia realizzato secondo criteri che rispecchiano le normative vigenti e non in Paesi che, ad esempio, facciano lavorare i bambini;
se e come il Governo intenda tutelare al meglio la creatività e il design dei prodotti delle aziende italiane attraverso iniziative volte alla reintroduzione della proprietà intellettuale.
(2-01118)
«Renato Farina, Centemero, Scalera, Pili, Vella, Iannarilli, Aprea, Carlucci, Ceccacci Rubino, Del Tenno, Milanese, Leo, Grimoldi, Palmieri, Rivolta, Barbieri, Di Centa, Berruti, Abelli, Lunardi, Bocciardo, Porcu, Stracquadanio, Bernardo, Paroli, Speciale, Contento, Gregorio Fontana, Cassinelli, Fava, Malgieri, Di Virgilio, Palumbo, Nicola Molteni».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

OLIVERIO e MADIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il comune di Petilia Policastro, antico borgo bizantino circondato da mura ad architettura militare, si trova nella provincia di Crotone e dista 46 chilometri dal capoluogo della omonima provincia, conta 9.594 abitanti e ha una superficie di 96,4 chilometri quadrati, per una densità abitativa di 99,52 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 436 metri sopra il livello del mare;
Petilia Policastro tra il censimento del 1991 e quello successivo del 2001 ha fatto registrare una variazione di popolazione di quasi novecento abitanti, pari all'8,39 per cento;
il territorio del comune risulta compreso tra i 30 e i 1.715 metri sul livello del mare, con una escursione altimetrica complessiva pari a 1.685 metri;
nel suo territorio, lungo i fiumi Tacina e Soleo, sono state ritrovate testimonianze d'insediamenti di origine brettia, risalenti al IV e III secolo a.C.. Lungo il torrente Cropa esistono delle grotte di origine naturale, ma che sin dall'antichità sono state utilizzate da pastori nomadi durante la transumanza; sono state infatti ritrovati selce e terracotta risalenti all'uomo del pleistocene. L'abitato odierno conserva ancora l'antico centro storico di chiara impronta bizantina;
risultano occupati complessivamente 1.434 persone, pari al 14,95 per cento del numero complessivo di abitanti del comune.

Insistono sul territorio del comune 106 attività industriali con 268 addetti pari al 18,69 per cento della forza lavoro occupata, 190 attività di servizio con 262 addetti pari al 18,27 per cento della forza lavoro occupata, altre 112 attività di servizio con 308 addetti pari al 21,48 per cento della forza lavoro occupata e 41 attività amministrative con 596 addetti pari al 41,56 per cento della forza lavoro occupata;
il territorio di Petilia Policastro vive una profonda crisi occupazionale e sociale, che si manifesta, tra l'altro, con un significativo numero di cittadini, in particolare giovani, che ogni anno emigrano per raramente tornare nella terra d'origine;
gli abitanti di Petilia Policastro sono costretti a vivere in un forte isolamento sociale che condiziona la vita del borgo: basti pensare che da molto tempo il paese è privo di un medico pediatra al quale i petilini possano rivolgersi per far curare i tantissimi bambini e con il quale eventualmente affrontare le emergenze sanitarie. A tale proposito è stata sottoscritta da circa settecento cittadini una petizione popolare, a seguito della quale si è svolto un consiglio comunale straordinario aperto alla società civile. Ma ancora si attendono risposte alle attese della popolazione e gli ammalati in corsa per il primo ospedale utile continuano a morire per qualche minuto di strada di troppo;
la difficile situazione che caratterizza questo borgo dell'alto marchesato di Crotone è, inoltre, aggravata dalla carenza infrastrutturale e dalle condizioni di grave precarietà delle strade che conducono a Petilia Policastro; basti pensare che per raggiungere il più vicino ospedale o punto nascita occorre un'ora di macchina;
negli ultimi due anni, infatti, alle lungaggini nella costruzione della strada del Petilino si è sommata nel dicembre 2009 la frana sulla provinciale fra Petilia centro e la frazione di Foresta con un muro ceduto quasi completamente che ancora incombe sulla strada provinciale, restringendo notevolmente la carreggiata e mettendo a serio rischio i numerosi automobilisti che quotidianamente utilizzano la stessa strada che conduce a Crotone e alla strada statale 106;
la strada inizialmente è stata chiusa per diversi mesi e l'unica possibilità di collegamento tra la frazione Foresta e il comune di Petilia Policastro è una piccola strada di campagna che attraversa il comune di Mesoraca e solo dopo aver superato la località Santa Spina permette di raggiungere Petilia;
la strada del petilino, denominata anche strada del mare, è costituita, nel tratto lungo circa 10 chilometri, da 206 curve (in media una ogni 5 secondi ed è stata iniziata fin dal 1998. Questa strada consente ai cittadini di Petilia Policastro di arrivare al primo ospedale, al primo aeroporto, alla prima stazione ferroviaria, alla prima super strada, al primo teatro;
i lavori di rifacimento della strada, infatti, sono interrotti da tempo e la popolazione ormai snervata attende di conoscere al più presto se i lavori di ripristino del tratto stradale interessato dalla frana del 2009 riprenderanno o meno;
nell'assordante silenzio l'Associazione «Diritto Al Mare», coordinamento petilino per una viabilità moderna e sicura, continua a sollevare la questione, attraverso la promozione di convegni e richieste di convocazione del consiglio comunale e a sensibilizzare la popolazione, per far si che venga riaperta al traffico l'arteria stradale interrotta che consentirebbe di raggiungere più velocemente il centro abitato di Petilia;
la manifestazione per la viabilità inerente alla strada del mare e alla provinciale 109, interrotta da una frana causata dal dissesto idrogeologico, promossa a Petilia Policastro da diciotto Associazioni che operano sul territorio di Petilia Policastro ha registrato una nutrita e significativa partecipazione;
la popolazione di Petilia Policastro e i sindaci di Mesoraca e di Roccabernarda e l'associazionismo cittadino con la manifestazione

di venerdì 3 giugno 2011 hanno voluto esprimere pacificamente il proprio no alla pesante situazione della viabilità cittadina che certamente non può essere risolta da un paio di ruspe alla vigilia della manifestazione pubblica. L'amministrazione provinciale e l'amministrazione comunale di Petilia Policastro, pur essendo state invitate, hanno deciso di non partecipare alla manifestazione;
la coordinatrice della manifestazione, l'avvocato Fausta Dovico, capogruppo del Pd in consiglio comunale, ha sottolineato, a conclusione del corteo che ha attraversato le strade cittadine, la necessità di ripristinare al più presto la strada che taglia in due il territorio del comune e che conduce da Petilia centro alla frazione di Foresta e di procedere al rifacimento della strada del mare, i cui lavori sono sospesi da molti anni. La sopravvivenza di Petilia Policastro e la permanenza degli abitanti nel Borgo dipendono secondo l'avvocato Dovico da un sistema infrastrutturale che attualmente è assente e che causa particolari disagi allo sviluppo e all'ordinaria vitalità di un territorio che, disabitato, potrebbe recare ulteriori disagi al già precario equilibrio idrogeologico;
l'avvocato Dovico ha sottolineato, infine, che la pacifica manifestazione del 3 giugno 2011 non ha un colore politico, ma una caratterizzazione sociale, considerato che verso Crotone e la strada 106 viaggiano cittadini di centro destra e di centro sinistra;
in relazione ai danni conseguenti ai gravi dissesti idrogeologici che hanno interessato il territorio della regione Calabria (inclusi i comuni di Petilia Policastro e Mesoraca) nel febbraio 2010 il presidente della regione è stato nominato commissario delegato per il superamento dell'emergenza -:
se il Governo sia al corrente della grave situazione in cui si trovano gli abitanti di Petilia Policastro a causa della situazione critica delle suddette strade e se il Governo, anche per il tramite del commissario delegato per l'emergenza e nel rispetto delle competenze dei comuni interessati e della provincia, intenda attivarsi per una tempestiva soluzione delle criticità di cui in premessa, avviando, se possibile, un tavolo di discussione con le amministrazioni comunali di Petilia Policastro e Mesoraca, i cittadini del Petilino e l'amministrazione provinciale di Crotone.
(5-04859)

MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2011, la Gazzetta di Mantova ha riportato la cronaca di un incontro elettorale, avvenuto il giorno precedente a Viadana (Mantova), nel quale i Ministri Bossi e Calderoli si sono assunti l'impegno di trasferire a Mantova il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Mantova, intesa come territorio provinciale, è indiscutibilmente una delle «capitali» dell'agricoltura italiana e, come tale, valuta positivamente l'ipotesi avanzata dai Ministri sopra citati;
l'interrogante auspica che l'impegno assunto dai Ministri Bossi e Calderoli trovi concreta attuazione -:
se tale impegno risponda a pieno titolo agli indirizzi del Governo e, in caso affermativo, con quale tempistica si ipotizzi il trasferimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali da Roma a Mantova.
(5-04871)

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBATO, ANIELLO FORMISANO, PALAGIANO e DONADI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in queste settimane la Campania, e in particolare il comune di Napoli, sono ripiombati nell'ennesima emergenza legata alla mala-gestione dei rifiuti;

le recenti nuove ennesime promesse del Presidente del Consiglio dei ministri per il quale in pochi giorni, con l'aiuto dell'esercito, si sarebbero tolte le tonnellate di spazzatura che invadono le strade del comune di Napoli, si sono chiaramente rivelate un nuovo ulteriore bluff;
nel napoletano, vi sono ancora circa 26 mila tonnellate di rifiuti che nell'arco di due mesi, non sono state conferite come da programma;
il Presidente del Consiglio dei ministri, ad avviso degli interpellanti, ha scaricato ancora una volta ogni responsabilità sugli amministratori locali prima, e quindi sull'attività dell'autorità giudiziaria che avrebbe rallentato notevolmente le operazioni di conferimento negli impianti della regione Campania;
sono passati solo sei mesi da quando il Governo approvava, ultimo in ordine di tempo, l'ennesimo decreto-legge (il 196 del novembre 2010) che avrebbe dovuto contribuire in maniera determinante alla risoluzione dell'emergenza rifiuti in Campania;
un provvedimento del tutto inadeguato, come sta dimostrando ancora una volta la drammatica situazione campana di queste settimane, e non in grado di fornire risposte convincenti non solo all'emergenza, ma soprattutto perché non poneva le basi per avviare finalmente una politica strutturale corretta ed efficiente di gestione dei rifiuti;
un decreto inefficace che inevitabilmente avrebbe riproposto - come sta avvenendo - gli stessi problemi del passato, ignorando del tutto quello che chiede l'Unione europea;
una ennesima occasione mancata da parte del Governo per intervenire con un piano serio ed efficace di investimenti infrastruttura li indispensabili e strettamente funzionali al ciclo completo dei rifiuti;
invece non si è andati oltre le solite ricette: utilizzo delle discariche, e trattamento dei rifiuti per produrre combustibile, laddove al contrario, il ciclo dei rifiuti si dovrebbe affrontare come un ciclo industriale vero e proprio;
la Commissione europea, proprio sei mesi fa, in occasione della sua relazione sulla situazione rifiuti in Campania, aveva ben ricordato che il ricorso esclusivo a discariche e inceneritori, sebbene trovi utilizzo altrove nell'Unione europea, non dovrebbe essere considerato la risposta al problema della gestione dei rifiuti se non come una componente integrata di un sistema coordinato ed efficace di gestione;
al contrario, la soluzione principale individuata dal decreto 196, è ancora una volta quella della realizzazione dei termovalorizzatori. Una soluzione che contrasta con quanto chiede l'Unione europea e che «taglia le gambe» al decollo della raccolta differenziata;
è proprio intorno all'affaire per la realizzazione dei medesimi termovalorizzatori, che si concentrano le «attenzioni» da parte di alcuni politici e di alcune imprese che operano nel settore. La posta in gioco è infatti molto alta: circa 400 milioni di euro legati al business dei rifiuti e dei poteri decisionali legati ai progetti dei termovalorizzatori;
per capire meglio la mole di interessi che si muovono dietro la realizzazione dei termovalorizzatori, è molto utile ricostruire le settimane che hanno preceduto l'approvazione da parte del Governo del decreto-legge n. 196 del 2010. Il Paese ha assistito a uno scontro tutto interno alla maggioranza su chi avrebbe dovuto gestire la costruzione dei termovalorizzatori. Con il Ministro Mara Carfagna che sosteneva con determinazione (arrivando perfino a minacciare le dimissioni) la necessità che fosse il presidente della regione, il soggetto incaricato di gestire appalti e procedure, nonché la gestione commissariale ai fini della realizzazione dei termovalorizzatori, in netto contrasto con il gruppo politico legato a Nicola Cosentino che riveste ancora l'incarico di coordinatore regionale della Campania del PdL, ossia il presidente

della provincia di Napoli, e il presidente della provincia di Salerno, interessati invece a mantenere in capo alla provincia la gestione dei medesimi termovalorizzatori;
la prima stesura del decreto-legge, affidava tutti i poteri al presidente della regione Caldoro per la realizzazione dei termovalorizzatori di Napoli est e Salerno. Successivamente però, le pressioni della dirigenza locale del Popolo della Libertà, portavano a una seconda stesura del decreto che metteva i termovalorizzatori nelle mani sia della regione che delle province. Il testo faceva riferimento infatti ai poteri del presidente della regione, che doveva però operare «in raccordo» con le province. Uno scontro quindi chiaramente politico legato ad avviso degli interpellanti ai giochi di potere dentro il PdL e agli evidenti interessi economici che tale partita comportava;
il testo del decreto-legge introduceva delle modifiche sostanziali che hanno «ridotto» il potere dei due presidenti delle province di Napoli e Salerno;
alla fine il decreto-legge veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 novembre. Ben nove giorni dopo la sua «approvazione» al Consiglio dei ministri;
anche se il Presidente del Consiglio dei ministri, e con lui lo stesso candidato del centro-destra alla carica di sindaco di Napoli, danno tutte le responsabilità all'incapacità degli amministratori locali e in particolare del sindaco di Napoli, è necessario ricordare i pesantissimi tagli ai trasferimenti agli enti locali operati da questo Governo. È stato lo stesso commissario liquidatore di quello che fu il Consorzio di bacino Napoli-Caserta, Gianfranco Torturano, che alcuni mesi fa dichiarava l'«impossibilità di continuare a gestire, per conto delle Province, i siti di stoccaggio provvisori e definitivi in assenza del ristoro delle spese sostenute sia per la gestione che per il personale». In più, la società provinciale che dovrebbe gestire il ciclo dei rifiuti non ha ancora presentato il piano industriale;
la riduzione dei trasferimenti operata dal Governo comporta che molti comuni campani non si vedono ancora liquidate le risorse a loro dovute, come compensazioni ambientali per essere comuni località che ospitano siti di discarica. E questo perché il Governo non ha trovato ad oggi copertura finanziaria nonostante i numerosi solleciti al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero dello sviluppo economico ed al Cipe;
la realtà, secondo gli interpellanti, è che l'inceneritore di Napoli est lo pagheranno gli stessi cittadini a favore di imprese già saldamente inserite nell'affare rifiuti della Campania. La provincia di Napoli, secondo indiscrezioni, garantirà al futuro gestore dell'impianto guadagni superiori a quelli che l'A2A percepisce attualmente per l'impianto di Acerra. Un affarone perché grazie agli incentivi Cip6, pagati obbligatoriamente dai cittadini con la bolletta Enel, l'investimento iniziale, compresi i costi di gestione, sarà interamente recuperato nei primi otto anni di attività dell'impianto;
come ha ben sottolineato il quotidiano «Terra» del 24 maggio 2011, «seguendo un preciso e collaudato copione, da qualche mese i rifiuti sono fatti accumulare lungo le strade come testimonianza di una grave emergenza rifiuti la cui soluzione può avvenire solo con la costruzione di tre nuovi inceneritori e un gassificatore ordinati dalla legge n. 1/11. Grandi opere, grandi appalti, grandi affari. Per chi? Certamente non per i cittadini ma per l'affiatato gruppo bipartisan che finora ha lucrato sullo scandalo rifiuti in Campania»;
l'impianto di termovalorizzazione Napoli-est, dovrebbe essere realizzato in una delle tre aree inquinate, dichiarate siti di interesse nazionale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che circondano l'abitato di Napoli. Il suolo, sottosuolo e l'acqua di falda di Napoli est sono notoriamente inquinati fino ad oltre 10 metri di profondità in seguito agli scarichi di varie industrie.

L'area dovrebbe essere disinquinata prima di realizzare l'inceneritore: ci si chiede con quali soldi e con quali controlli, e in quanto tempo e chi collauderà l'avvenuto disinquinamento;
sempre il quotidiano «Terra», nel medesimo articolo, rammenta che «in questi ultimi anni la magistratura ha evidenziato che 14 personaggi che avevano collaudato gli impianti Cdr realizzati dalla Fibe sono stati rinviati a giudizio (tra docenti universitari, liberi professionisti e funzionari regionali che due anni fa furono arrestati nell'ambito dell'inchiesta sui collaudi agli impianti di Cdr con l'accusa di falso ideologico in atto pubblico). Tra gli imputati figurano il presidente della provincia di Benevento, ex rettore dell'università del Sannio, un ex preside della facoltà di ingegneria di Napoli, l'attuale preside della facoltà di ingegneria di Salerno, il direttore dei lavori per la costruzione dell'inceneritore di Acerra; anche l'ex direttore dell'Arpac è stato sottoposto alla restrizione della libertà. Non si è salvata nemmeno l'ex vice di Bertolaso»;
i dati ufficiali Arpac evidenziano che nel 2009 i rifiuti differenziati in Campania ammontavano a 807.264 tonnellate, mentre quelli indifferenziati ammontavano a 1.965.400 tonnellate. Un dato interessante emerge dall'andamento della raccolta differenziata negli ultimi anni: è significativamente aumentata. Gli impianti di termovalorizzazione previsti con il decreto-legge n. 196 del 2010 possono «distruggere» complessivamente 1.400 mila tonnellate di rifiuti all'anno; molto probabilmente entreranno in funzione nel 2015 e devono lavorare a pieno regime almeno fino al 2023 per ammortizzare l'investimento;
la necessità quindi obbligata, per i nuovi termovalorizzatori, di dover operare a pieno regime, chiaramente rischia di essere in contrasto con una gestione corretta del ciclo completo dei rifiuti come chiede l'Unione europea, e che vede come momento centrale la forte crescita della raccolta differenziata e gli investimenti finalizzati alla realizzazione di infrastrutture «intermedie» indispensabili quali per esempio gli impianti di compostaggio;
i dati ufficiali dell'Arpac, come si è visto, evidenziano il notevole incremento della raccolta differenziata tra il 2007 e il 2009. La sensibilizzazione maturata nei cittadini e negli amministratori locali lascia prevedere che nei prossimi anni la differenziazione dei rifiuti dovrebbe procedere con lo stesso andamento del triennio 2007-2009. Ma se il riciclo prenderà piede si determinerà conseguentemente una sostanziale riduzione dei materiali destinati all'incenerimento. Si potrà verificare che già nel 2019, dopo 4 anni dall'entrata in funzione degli impianti di termovalorizzazione, e questi ultimi avranno a disposizione una quantità di «combustibile» di buona qualità inferiore a quella richiesta;
è evidente che alla luce delle suddette valutazioni, le esigenze imprenditoriali degli imprenditori e politici interessati ai termovalorizzatori impongono che gli impianti debbano funzionare al massimo per garantire il rientro delle spese. Insomma, per funzionare hanno bisogno di rifiuti, e questo è con tutta evidenza una delle principali motivazioni per cui la raccolta differenziata stenta a decollare e ancora di più lo sarà nel futuro -:
se non si ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, e al fine del superamento dell'emergenza rifiuti, adottare ogni iniziativa volta a favorire prioritariamente la realizzazione in Campania di adeguate infrastrutture di compostaggio e impianti in grado di recuperare e trattare i rifiuti organici, migliorando a tal fine la gestione e il trattamento biologico dei rifiuti organici biodegradabili, in considerazione del loro sostegno allo sviluppo della raccolta differenziata, nonché anche alla luce del minor costo e di tempi di realizzazione più rapidi di detti impianti rispetto ai termovalorizzatori;
se non si ritenga indispensabile anche ai fini della tutela della salute pubblica, il ritorno alla normativa ambientale nazionale

e comunitaria ordinaria promuovendo in tempi rapidi l'abrogazione della deroga introdotta da questo Governo con il decreto-legge n. 90 del 2008, e tuttora in vigore, che consente di poter sversare nelle discariche campane anche i rifiuti pericolosi, tra cui ceneri pesanti e fanghi con sostanze pericolose;
se non si consideri necessario rendere ufficiali e pubblici i risultati relativi ai monitoraggi e ai controlli ambientali e sanitari che vengono di volta in volta effettuati nelle aree sulle quali insistono le discariche, garantendo costanti e opportune forme di pubblicizzazione;
se non si ritenga opportuno prevedere il ritiro dei presidi militari dalle aree deputate allo smaltimento dei rifiuti, e contestualmente di coinvolgere maggiormente i comitati dei cittadini ai fini del controllo sui reali conferimenti in discarica, e della vigilanza civica sulla salute delle comunità locali;
quali politiche ambientali si intendano mettere in atto - con particolare attenzione alla situazione campana - al fine di dare completa attuazione alla direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti, che chiede agli Stati membri dell'Unione europea di attivarsi con politiche in grado di abbattere sensibilmente la produzione all'origine dei rifiuti stessi, tendendo a una politica a «rifiuti zero», e contestualmente attuare il cosiddetto «principio gerarchico» dei rifiuti: riduzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero, e infine, e solo per la parte residuale, lo smaltimento.
(4-12218)

SCHIRRU, ARGENTIN, MADIA, SANTAGATA, VELTRONI, PEDOTO, VERINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sono nove i lavoratori della cooperativa Europe Consulting che fino al 31 maggio hanno dato vita al progetto «Abili a proteggere» della Protezione civile, che per 7 anni hanno curato la rassegna stampa e altre attività;
il servizio di rassegna stampa, che svolgono dal 2004, è stato esternalizzato. Si è predisposto infatti dal lo giugno la sospensione del servizio: la Protezione civile interrompe così un rapporto che negli anni si è sviluppato oltre la rassegna stampa, con il monitoraggio dei media e la partecipazione a tutte le emergenze, dallo tsunami in Sri-Lanka al terremoto dell'Aquila. Nel tempo, i ragazzi «Abili a proteggere» hanno iniziato a tracciare il percorso per la creazione di un vero ufficio, interno al dipartimento, che si occupasse in maniera specifica di disabilità e protezione civile;
nonostante il capo del dipartimento abbia diramato un comunicato stampa in cui si assicura che tutto il possibile verrà fatto per trovare una soluzione lavorativa per i giovani lavoratori con disabilità, l'ipotesi più concreta resta quella di una gara con clausola sociale, per la quale si attende il via libera dell'Avvocatura dello Stato e della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il comunicato stampa della Protezione civile parla di «semplificazioni demagogiche» che non aiuterebbero a comprendere la complessità della vicenda: una definizione che, ferma restando la speranza di vedere una risoluzione ragionevole, non convince il presidente della Europe Consulting che sostiene che, se una settimana fa una soluzione veniva categoricamente esclusa, oggi invece i toni siano possibilisti: «Possibile che per fare affermare dei diritti occorra alzare la voce, manifestare, protestare? Questo non è giusto»;
la questione è stata sottoposta dalla cooperativa anche al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta con una lettera: «Nonostante i molti sforzi in questo senso, pare che insormontabili difficoltà amministrative si oppongano alla fattibilità di questo progetto e alla prosecuzione del rapporto con la cooperativa sociale della quale i disabili

in attività presso il Dipartimento sono soci, facendo sfumare l'opportunità di un'azione concreta di grande valore civile e politico verso il mondo delle persone disabili e ponendo dieci persone, che per anni hanno vestito con orgoglio la maglia della protezione civile, nella condizione di non sentirsi più "abili a proteggere". Nel portare alla sua attenzione la questione, ci auguriamo che sia ancora possibile riconoscere la validità di questa iniziativa congiunta tra Stato, cooperazione sociale e mondo della disabilita, che ha dato lustro al Dipartimento della Protezione Civile e ai lavoratori disabili la consapevolezza di essere a pieno titolo cittadini di questo Paese»;
il gruppo dei nove ragazzi interessati, con varie disabilità fisiche, ha manifestato nella mattinata del 1o giugno e a solidarizzare con loro è arrivato anche il delegato del sindaco di Roma alle politiche sulla disabilità;
i nove ragazzi e ragazze disabili dovranno andare via dal dipartimento della protezione civile, lasciandosi alle spalle solo i resti delle barriere fisiche che sono riusciti ad abbattere ma fermati da barriere burocratiche ed evidentemente culturali che neanche la loro abilità e la loro professionalità riescono a superare -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda attivarsi, per le proprie competenze, affinché si dia continuità al progetto Abili a proteggere e garanzia di occupazione per i lavoratori disabili che bene hanno operato in questi anni presso la protezione civile.
(4-12229)

MARTELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni gli sportelli di Poste italiane hanno fatto registrare in tutto il Paese un grave disservizio a scapito di migliaia di cittadini, con pesanti ritardi soprattutto nell'erogazione delle pensioni;
la spiegazione ufficiale fornita da Poste italiane individua come causa del disagio il «malfunzionamento del software nei sistemi centrali sui quali si appoggiano le attività degli uffici postali»;
non è chiaro se, a fronte della situazione di emergenza, Poste italiane abbia provveduto uniformemente su tutto il territorio nazionale a prolungare gli orari di servizio degli sportelli in modo da recuperare i ritardi accumulati;
giungono all'interrogante molte segnalazioni di cittadini della zona di Marghera (Venezia) circa l'insostenibilità del disagio che si è venuto a creare e l'intempestività degli interventi per una veloce e soddisfacente soluzione -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto è avvenuto;
se sia stata fatta una verifica puntuale sulle cause e sulle responsabilità che hanno determinato il disservizio;
se intenda intervenire, nell'ambito delle proprie prerogative e competenze, per risolvere il problema impedendo così il ripetersi di una situazione che compromette un elevato livello di servizio ai cittadini.
(4-12230)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un articolo AgenParl del 26 maggio 2011 si legge che «il Giudice Anna Maria Fattori del tribunale ordinario di Roma ha disposto il non luogo a procedere nei confronti del maresciallo della Croce Rossa Vincenzo Lo Zito, difeso dall'avvocato Carlo Visconti, per il reato di calunnia e ha ritenuto di trasmettere il fascicolo alla Procura per indagare su eventuali ipotesi di reato e in particolare sulla nota protocollo 22/08 del 5 gennaio 2008, indirizzata al Direttore Nazionale del corpo militare della Croce Rossa Italiana, colonnello Piero Ridolfi;

nel blog di Vincenzo Lo Zito si legge «Nella Croce Rossa Abruzzese avvengono delle irregolarità amministrativo-contabili. A denunciarle è il maresciallo Vincenzo Lo Zito, dipendente CRI, a compierle è la Presidente Maria Teresa Letta la quale ha anche provveduto al 2° trasferimento per incompatibilità ambientale dello stesso. I fatti contestati dal maresciallo, toccano diverse sfere, dell'agire nella pubblica amministrazione ma attengono sempre alla stessa persona che vuole tutto sotto il suo controllo e la sua direzione» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se intenda predisporre una verifica sull'attività e i bilanci della Croce Rossa abruzzese che ha gestito la delicata fase dell'emergenza post sisma del 6 aprile 2009.
(4-12238)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nostro Paese è ancora in attesa di sapere perché la notte del 29 giugno del 2009 l'asse del carro cisterna n. 3380-781-8210-6, in composizione al treno 50325 che trasportava GPL da Trecate a Gricignano, cedette di schianto causando 32 vittime, un numero elevato di feriti e la distruzione di un intero quartiere, lasciando una ferita profonda nella città di Viareggio;
il nostro Paese è ancora in attesa di conoscere chi e in che modo avrebbe potuto evitare quel tragico incidente e se le imprese coinvolte, tra cui Fs Spa, Trenitalia spa, Rfi spa, Fs Logistica spa, aziende di proprietà dello Stato abbiano proprie responsabilità in questa tragica vicenda;
in questi giorni torna prepotentemente alla ribalta la mancata applicazione della procedura di cabotaggio, imposta dalla disposizione RFI TCCS PR PO 02 002 dell'8 luglio del 2003, rubricata: «Procedura operativa per la messa in servizio sulla rete ferroviaria italiana di contenitori cisterna utilizzati per il trasporto di merci pericolose», la quale prevede che solo i carri costruiti in Germania e Francia e immatricolati dalle imprese ferroviarie DB e SNCF possano essere esentati dalla particolare revisione che ne accerti la conformità agli standard di sicurezza prima di entrare in servizio sulla nostra rete nazionale;
poiché il carro in questione, di proprietà della GATX Rail Austria è stato costruito in Polonia esso doveva necessariamente soggiacere agli speciali controlli da parte di CE.SI.FER., struttura deputata alla sicurezza, all'epoca dei fatti dipendente da RFI, le cui funzioni sono oggi passate all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF);
tale controllo sarebbe dovuto avvenire su richiesta dell'impresa ferroviaria che ne assicurava la trazione, cioè Trenitalia spa, prima di essere utilizzato per il cabotaggio;
Trenitalia, a quanto si sa, presentò la richiesta di ispezione (inoltrata alla CE.SI.FER qualche mese prima dell'incidente, ma solo per la cisterna, non per tutto il carro; il controllo effettuato, dunque, fu negligente non per responsabilità di quest'ultima ma per espressa richiesta di Trenitalia che escluse dai controlli la parte inferiore (carrelli, struttura, freni e organi di aggancio), mentre, secondo la procedura di cabotaggio era tenuta a farlo;
il punto 4.3 della procedura recita: «Il tecnico ispettivo (...) accertate le condizioni di manutenzione del carro, lo stato di conservazione del serbatoio (...) certifica (...) la conformità del carro cisterna in esame»; si intende quindi tutto il carro, non solo la parte superiore, ma risulta che dalle Ferrovie giunsero indicazioni diverse;
dalle notizie e dalle immagini dell'asse sottoposto alle verifiche tecniche è risultato evidente lo stato di degrado dell'asse tanto che è visibile anche a occhi

non esperti una vistosa coltre di ruggine e pochissima vernice, sintomo di ossidazione pregressa e non di danneggiamento recente;
anche il confronto tra i due assi dello stesso carrello, evidenzia le profonde differenze nello stato di manutenzione: uno regolarmente protetto da un ben visibile strato di vernice bluastra, l'altro quello spezzato, in condizioni oggettivamente degradate;
in ogni caso, si è lasciato che per 4 anni e mezzo circolasse sulla rete nazionale un carro privo di revisione e quindi di nulla osta, con un pericolosissimo asse in fase di degenerazione, che un opportuno - e dovuto - controllo avrebbe evidenziato prevenendo, con altissimo grado di certezza, tanti morti, tanto dolore e quella che passerà alla storia come la strage di Viareggio;
a fronte di tutto ciò, nella giornata del 7 giugno 2011, durante le operazioni per l'incidente probatorio sulla cisterna in questione nella stazione di Viareggio, il rappresentante del Ministero dei trasporti nella commissione d'inchiesta ministeriale, Franco Branciamore, non ha voluto sentir parlare di fatalità e ha dichiarato «Quando c'è un incidente qualcuno ha sbagliato»;
inoltre, il commissario europeo ai trasporti, Siim Kallas, ha riferito ai familiari delle vittime ricevute in audizione nei mesi scorsi, rispondendo a una specifica interpellanza dei parlamenti Uggias e Rinaldi, che non ha ricevuto alcuna informazione ufficiale dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti italiano sull'incidente e le sue cause, pertanto sarebbe impossibilitato a valutare interventi e correzioni normative in tema di trasporto di merci pericolose su ferrovia;
tra le delicate incombenze affidate al commissario straordinario, presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, riguardanti sia la ricostruzione della zona di Via Ponchielli, ormai in fase avanzata, che le elargizioni disposte dalla legge speciale per i familiari delle vittime, restano ancora aperte alcune problematiche relative al riconoscimento delle elargizioni economiche ad alcuni familiari, conviventi e non conviventi, che la legge, purtroppo, non ha ancora contemplato e che lo stesso commissario, il cui incarico scadrà il prossimo 30 giugno 2011, si è impegnato ad affrontare anche attraverso una proposta di modifica della legge stessa -:
quali iniziative normative, atti amministrativi o di indirizzo verso l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, abbia emanato in questi due anni per migliorare la sicurezza del trasporto merci pericolose su rotaia e per imporre in modo efficace e verificabile il rispetto categorico delle altre norme già vigenti;
quale documentazione e in che data sia stata inviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla Commissione europea e all'Agenzia per le ferrovie europee, ERA;
se non si ritenga di prorogare l'incarico, quale commissario straordinario, al presidente Enrico Rossi e promuovere una modifica alla cosiddetta «legge Viareggio» per consentire l'elargizione economica ai familiari che ne sono restati esclusi.
(4-12244)

STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a Seriate (Bergamo) è stata violentata una donna di 43 anni tutta la notte tra sabato 5 e domenica 6 giugno 2011 da un marocchino di 35 anni;
la donna, che considerava l'extracomunitario un amico, ha chiesto di essere accompagnata a casa, ma invece è stata portata in un caseggiato abbandonato di Corso Roma;
dopo una notte di botte, di minacce con un coltello e di violenza sessuale la donna, ancora sanguinante, è riuscita a raggiungere un bar nelle vicinanze;

sul posto sono giunti dopo pochi minuti i carabinieri, che appresi i fatti sono riusciti prontamente ad acciuffare il violentatore, ora in carcere in stato di fermo;
i casi di violenze sessuali sono in progressivo aumento nella bergamasca a causa anche della massiccia presenza di extracomunitari, spesso irregolarmente soggiornanti sul territorio -:
se risulti quale sia stata l'esatta dinamica dei fatti e se il cittadino arrestato risulti in possesso di un regolare permesso di soggiorno.
(4-12245)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NARDUCCI, PORTA e FEDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 17 maggio 2011 l'amministrazione del Ministero degli affari esteri ha emanato la circolare n. 1 a firma del direttore generale della direzione generale per il sistema Paese, riguardante le modalità applicative dell'articolo 2, comma 4-novies, del decreto-legge n. 225 del 2010, per il personale docente di ruolo in servizio nelle istituzioni scolastiche italiane all'estero o in servizio in Italia da destinare nelle suddette istituzioni, a partire dall'anno scolastico 2011/12;
il decreto-legge n. 225 del 2010 proroga da cinque a nove anni il servizio all'estero di detto personale. Inoltre reca disposizioni per sospendere le procedure di mobilità all'estero del personale docente e ATA in servizio nelle scuole italiane all'estero e nei lettorati di italiano presso le università straniere per gli anni scolastici 2011/12 e 2012/13, disciplinate annualmente dall'articolo 108 del contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola;
il suddetto decreto-legge rinvia al 31 agosto 2012 la validità delle graduatorie permanenti per la destinazione all'estero in vigore dall'anno scolastico 2007/2008 e le procedure di selezione linguistica per la destinazione all'estero del personale docente e ATA di ruolo, che avrebbero dovuto svolgersi secondo le vigenti norme (articolo 109 e seguenti del contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola) entro il 31 agosto 2009;
le decisioni assunte dall'amministrazione del Ministero degli affari esteri, attraverso i suddetti strumenti di carattere amministrativo, di fatto modificano vigenti disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola non attinenti alle norme contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010 e sono emanate senza tener conto di quanto disposto dall'articolo 150 del vigente contratto collettivo nazionale del lavoro 29 settembre 2007 che prevede esplicitamente che «la disciplina di cui al presente CCNL è suscettibile delle modifiche che in via pattizia si rendessero necessarie in relazione all'entrata in vigore di eventuali innovazioni ordinamentali»;
la circolare n. 1 del 17 maggio 2011 della direzioni generali per il sistema Paese del Ministero degli affari esteri ad avviso degli interroganti si pone in contrasto con le norme contrattuali e - tenuto conto sia delle necessarie azioni sul piano giudiziale che le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro della scuola riterranno opportune per garantire il rispetto delle vigenti norme contrattuali sia della mole di contenzioso giudiziale da parte dei docenti interessati - implica il forte rischio di non garantire nelle scuole italiane all'estero e nei lettorati di italiano presso le università straniere il regolare inizio delle lezioni, con gravissime conseguenze per l'utenza scolastica italiana in tutto il mondo;
giova richiamare, al proposito, che il Ministero degli affari esteri non ha ancora rispettato gli impegni assunti dal Governo

alla Camera in sede di conversione in legge del decreto «Milleproroghe», con l'accoglimento dell'ordine del giorno presentato dal primo firmatario del presente atto, al fine di predisporre un regolamento attuativo delle nuove disposizioni contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010 e di disciplinare le norme transitorie non previste dalla suddetta legge;
inoltre, il rinvio delle prove concorsuali per la destinazione all'estero, per oltre 4 anni, ha determinato e determinerà l'esaurimento delle attuali graduatorie delle diverse materie di insegnamento previste per le istituzioni scolastiche italiane nel mondo e nei lettorati di italiano presso le università straniere, nonché l'impossibilità di reperire personale di ruolo in possesso di adeguate caratteristiche professionali e linguistiche da destinare alle suddette istituzioni, che rappresentano un elemento essenziale della promozione e della diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo -:
se il Ministero degli affari esteri, in considerazione delle motivazioni sopra esposte, intenda sospendere l'efficacia della circolare n. 1 del 17 maggio 2011, al fine di ripristinare l'applicazione delle norme contrattuali vigenti, garantendo il regolare inizio delle lezioni nelle scuole italiane all'estero, e avviare l'immediata indizione delle prove di selezione e l'aggiornamento delle graduatorie per permettere alle scuole italiane all'estero e alle università straniere di potersi avvalere di personale in possesso delle professionalità richieste per la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
(5-04858)

RENATO FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dall'agenzia di stampa Zenit in data 6 giugno 2011 si legge il titolo della notizia «Ha dato un CD ad un vicino, per questo deve scontare cinque anni di prigione», parole pronunciate dal pastore Mustapha Krim, presidente della Chiesa Protestante d'Algeria (EPA), che ha riassunto a Compass Direct News (30 maggio) la pesante condanna inflitta di recente dalla giustizia del Paese maghrebino ad un cristiano evangelico, di nome Siaghi Krimo;
il tribunale correzionale del distretto di Djamel, ad Oran, Wahran in arabo, ha condannato infatti mercoledì 25 maggio il convertito ad una pena di cinque anni di prigione ed inoltre al pagamento di una multa di 200.000 dinari (circa 2.760 dollari) per aver «offeso il Profeta». Krimo, che è sposato e ha una bambina di 9 mesi, ha 10 giorni di tempo per presentare appello;
l'uomo era stato arrestato insieme ad un altro cristiano dai servizi di sicurezza algerini il 14 aprile scorso. Rimesso in libertà solo dopo tre giorni, Krimo è finito davanti al tribunale lo scorso 4 maggio. Ad accusare il cristiano di proselitismo e di blasfemia nei confronti del profeta Maometto è stato un suo vicino musulmano, a cui l'uomo aveva dato un CD e con cui aveva avuto una discussione sulla fede cristiana;
ciò che colpisce nella vicenda è che l'intero processo contro Krimo si è svolto in assenza dell'unico testimone della presunta blasfemia - il vicino musulmano appunto - e anche di qualsiasi prova materiale. Questo «dettaglio» non ha impedito però al giudice di turno di andare ben oltre la pena richiesta dal rappresentante del pubblico ministero. Mentre la procura aveva chiesto infatti una pena detentiva di due anni ed una pecuniaria di soltanto 50.000 dinari, il giudice ha deciso diversamente ed ha inflitto all'imputato la massima punizione prevista dal Codice penale algerino per la violazione dell'articolo 144-bis 2;
l'articolo in questione, che si potrebbe definire la versione algerina della famigerata legge pachistana sulla blasfemia, prevede condanne detentive fino a cinque anni di galera per chi offende il profeta o «i messaggeri di Dio» e per chi «denigra i dogmi e i precetti dell'islam

attraverso testi scritti, disegni, dichiarazioni o qualsiasi altro mezzo» (Compass);
la dura condanna ha lasciato di stucco la comunità cristiana algerina. «Se cominciamo ad applicare la legge in questo modo, significa che non c'è rispetto per il cristianesimo», cosi ha dichiarato il capo dell'EPA, Mustapha Krim. «Molto presto tutti i cristiani d'Algeria si ritroveranno in carcere», ha detto a Compass. «Se il semplice fatto di dare un CD al tuo vicino viene a costare cinque anni di prigione, questo è catastrofale»;
anche il legale di Krimo, Mohamed Ben Belkacem, ha parlato di una sentenza inaspettatamente dura, la quale rispecchia il pregiudizio da parte del potere algerino verso i cristiani. «Non ci aspettavamo per nulla questa sentenza», ha confessato a Compass, «Il giudice ha punito il »cristiano«, non l'»imputato«. Non c'era prova, e ciononostante la Corte non ha accettato circostanze attenuanti», ha continuato il legale, il quale ha ricordato che Krimo aveva «buoni contatti» con il vicinato e si è del resto proclamato innocente. «Il mio cliente ha negato di aver insultato il Profeta e non c'è alcuna prova materiale a sostegno di quest'accusa», ha sottolineato Ben Belkacem;
alcuni non escludono del resto che la Corte abbia subìto delle pressioni per condannare il cristiano per l'avvocato Ben Belkacem, «i cristiani vivono in una situazione molto difficile in Algeria». «Vengono solo tollerati per motivi di politica estera e in realtà non hanno alcuna libertà di culto, visto che nessuna associazione viene riconosciuto nonostante i numerosi sforzi» (Compass, 25 maggio);
anche El Watan non ha dubbi. «L'intolleranza ufficiale continua ad infuriare» in Algeria, un Paese in cui «essere in possesso di Vangeli o Bibbie è diventato un crimine passibile della prigione»;
come ricordato da Compass, l'Algeria conta oggi più di 99.000 cristiani, che rappresentano meno dello 0,3 per cento della popolazione composta da 35,4 milioni di abitanti;
la risoluzione Mazzocchi e altri approvata alla Camera dei deputati il 12 gennaio 2011 sulla libertà religiosa impegna il Governo:lla tutela dei cristiani nel mondo -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati e il resoconto sopra riportato corrisponda al vero;
se il Governo intenda chiedere chiarimenti in merito a questa vicenda al Governo della Repubblica Democratica Popolare di Algeria;
come intenda procedere per difendere i princìpi di libertà religiosa contenuti nella risoluzione approvata dal Parlamento;
se il Governo sia a conoscenza di casi simili di persecuzione dei cristiani in Algeria.
(5-04869)

DI STANISLAO, EVANGELISTI e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 49 del 1987 obbliga annualmente il Ministero dell'economia e finanze a trasmettere la relazione previsionale e programmatica annuale di cooperazione allo sviluppo alle Commissioni parlamentari competenti;
dal 2009 la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri si è dotata di un nuovo strumento di programmazione triennale, aggiornato annualmente, non previsto dalla legge n. 49 del 1987;
la programmazione triennale è un importante miglioramento perché indica chiaramente Paesi e settori prioritari, oltre alle disponibilità finanziarie complessive della cooperazione allo sviluppo italiana. Nel dettaglio, la programmazione indica anche le quote di stanziamento per regione geografica ma non quelle per settori. La sezione relativa alle organizzazioni internazionali è quella con minor dettagli,

non essendo indicati chiaramente né il nome né l'ammontare per ciascuna organizzazione;
la programmazione triennale è diventata nei fatti l'unica programmazione rilevante per la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo. Nonostante la sua importanza, ogni documento è stato sempre approvato per via amministrativa ed è divenuto operativo senza un dibattito parlamentare. Non c'è obbligo di legge e perciò la Direzione generale della cooperazione allo sviluppo non la trasmette al Parlamento;
lo scorso 3 maggio, il direttore della Direzione generale della cooperazione allo sviluppo, Elisabetta Belloni, è stato chiamato nell'ambito di un'audizione presso il Comitato permanente sugli obiettivi del Millennio, istituito presso la III commissione, a riferire sulla programmazione triennale 2011-2013 con l'impegno ad assicurarne la trasmissione alle commissioni parlamentari competenti prima dell'approvazione;
tuttavia, la programmazione triennale riguarda solo le strategie di aiuto pubblico allo sviluppo della Direzione generale della cooperazione allo sviluppo e non le priorità che il Ministero dell'economia e finanze ha pianificato nel partecipare alle riunioni dei Consigli di amministrazione delle banche e fondi di sviluppo a cui l'Italia contribuisce significativamente;
le linee di programmazione del Ministero dell'economia e finanze sono contenute nella relazione sull'impegno italiano in banche e fondi di sviluppo che la direzione relazioni internazionali dello stesso Ministero trasmette al Parlamento;
l'ultima relazione trasmessa riguarda le attività svolte dall'Italia nel 2008 e contiene accenni di programmazione e priorità per il 2009. Nel 2010 si sono chiuse le conferenze di rifinanziamento del Fondo di sviluppo della Banca Mondiale (IDA), del Fondo di sviluppo africano e del Fondo globale dell'ambiente, dove l'Italia ha assunto nuovi impegni finanziari pluriennali per quasi un miliardo di euro senza che il Parlamento fosse informato delle priorità dell'Italia;
nell'ultima Relazione sull'impegno italiano in banche e fondi di sviluppo del 2008, si evidenziava il grado di successo delle imprese italiane nell'aggiudicarsi gli appalti delle istituzioni finanziarie di sviluppo. Per ogni istituzione veniva indicata la percentuale del valore degli appalti vinti dalle imprese italiane e la tendenza;
il dato è una misura della competitività delle nostre imprese e dell'influenza dell'Italia. Nel 2008 si evidenziava un significativo miglioramento solo verso la Banca Mondiale mentre una perdita di quota percentuale per tutti gli altri fondi di sviluppo -:
quali siano le priorità verso banche e fondi di sviluppo per il 2011, soprattutto per quelle che avvieranno il processo di rifinanziamento dell'IFAD e del Fondo di sviluppo asiatico e quale sia la quota del valore di appalti che le imprese italiane si sono aggiudicate sul totale del valore delle gare lanciate per ogni Fondo di sviluppo per il 2010 ovvero, in assenza del dato, per il 2009, quale sia la tendenza rispetto agli anni precedenti.
(5-04872)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le biblioteche hanno subito un taglio di risorse economiche pari al 50 per cento e si vedono costrette a rinunciare agli acquisti di libri;
è stato anche annullato il fondo di sostegno per le riviste di elevato valore

culturale, che era stato nel tempo ampiamente ridotto, ma che permetteva a molte testate di sopravvivere;
probabilmente, a causa di ciò, una buona parte di queste testate saranno costrette a chiudere -:
se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile ripristinare i fondi che consentano alle biblioteche di poter continuare ad espletare il proprio prezioso ed insostituibile compito di crescita, costruzione e custodia della cultura di questo nostro Paese.
(5-04864)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'associazione italiana della Croce rossa, ente di diritto pubblico, svolge la sua opera su tutto il territorio nazionale grazie agli oltre 150 mila dipendenti volontari e soci attivi appartenenti all'organizzazione, e oltre 5.000 dipendenti;
la gestione del personale militare volontario, comporta periodici richiami in servizio attivo del medesimo personale iscritto nei ruoli del corpo militare della CRI, per essere quindi riassegnato ai comitati provinciali della medesima Croce rossa;
il capitano Mario Martinez è iscritto nei ruoli degli ufficiali del corpo militare della Croce rossa Italiana dall'11 novembre 1983, ed ha ricoperto, sino al 1991, numerosi incarichi di elevata responsabilità, mediante richiami periodici (con una media di 3 o 4 volte all'anno), ottenendo anche un elogio formale per il servizio prestato;
senza alcuna apparente motivazione, a decorrere dal 26 settembre 1991, veniva stabilmente posto in congedo, ad eccezione di un breve periodo compreso tra il giugno 2003 e luglio 2003, nel quale veniva richiamato per partecipare alla missione umanitaria in Iraq, presso l'ospedale di Baghdad. Dopo anni di congedo, resosi conto di essere stato in qualche modo «dimenticato» dall'amministrazione della CRI, nonostante il servizio meritoriamente prestato, il capitano, con numerose istanze, chiedeva di essere richiamato in servizio;
istanze di pari contenuto venivano, peraltro, inoltrate anche, direttamente ed autonomamente, dai direttori dei comitati di Parma e di Bari, i quali, in ottemperanza all'espresso invito del comitato centrale di indicare i nominativi dei soggetti da richiamare (circolare del 10 novembre 2004 prot. n. 0072844/04), indicavano espressamente il capitano Martinez quale scelta preferenziale, in considerazione della esperienza e della professionalità posseduta, rilevando che il richiamo dello stesso sarebbe stato «del tutto indispensabile quale fondamentale supporto d'ordine amministrativo e per la gestione dell'autoparco»;
tutte le istanze inoltrate ai vertici della CRI, sia da parte del capitano che dei due comitati territoriali, venivano evase con risposte negative e/o evasive e contraddittorie, mentre, contestualmente, venivano richiamati in servizio dal comitato centrale altri militari;
nel 2006 inizia un lungo contenzioso volto ad accertare la legittimità del congedo sine die al quale lo stesso era stato costretto, nonché la legittimità del reiterato e protratto richiamo in servizio costantemente limitato ad una stretta cerchia di militari;
occorre precisare che i dubbi di legittimità avanzati dal capitano Martinez sono confermati e rafforzati dalla ispezione condotta dall'Ispettorato generale di finanza presso il Ministero dell'economia e delle finanze, conclusa con la relazione del 6 agosto 2008, che accertava come il vertice amministrativo della CRI, in difformità

dai principi che sorreggono l'ordinamento dell'ente, abbia sistematicamente violato il principio di rotazione del personale, dando luogo di fatto all'illegittima stabilizzazione del personale che da anni viene richiamato senza soluzione di continuità;
recentemente, con sentenza n. 38855/2010, depositata il 28 dicembre 2010, il TAR Lazio, in accoglimento dei ricorsi proposti, abbia imposto alla CRI «il richiamo in servizio in sostituzione di altra unità oppure in aggiunta», dichiarando, in particolare, che «la CRI per assicurare l'effettività della tutela dell'interesse pretensivo del ricorrente, adotterà le determinazioni idonee a garantire la corretta esecuzione delle statuizioni disposte con la presente pronuncia, procedendo all'immediato richiamo in servizio del ricorrente medesimo in sostituzione di altra unità degli elenchi menzionati oppure, ove lo ritenga possibile, in aggiunta». Tale sentenza viene appellata dalla CRI innanzi al Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 1741/2011, depositata il 20 aprile 2011, rigetta la richiesta della CRI di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza;
tuttavia, l'attuale commissario straordinario, continuando a disattendere le indicazioni della ricordata ispezione ministeriale, nonché i puntuali precetti impartiti dalle autorità giudiziali con le indicate pronunce, ha inspiegabilmente perseverato nell'omettere di disporre il dovuto richiamo in servizio del capitano rilasciando, peraltro, in più occasioni, dichiarazioni pubbliche nelle quali ha assimilato il capitano Martinez ad un «carnefice perché anche lui faceva parte di un sistema clientelare» e con ciò, al contempo, diffamando ingiustamente il capitano e proiettando gravi ombre sulla liceità dell'operato del vertice della CRI precedente al suo insediamento -:
se sia consono ad un commissario della Croce Rossa Italiana, in attesa della sentenza della giustizia amministrativa, rilasciare pubblicamente offensive dichiarazioni che nuocciono alla figura del capitano Martinez e dell'intero operato dei vertici della CRI;
se il Governo, ed in caso affermativo in che modo, intenda adottare provvedimenti nei confronti del commissario straordinario che continua a disattendere le indicazioni dell'ispezione ministeriale, nonché i puntuali precetti impartiti dalle autorità giudiziali con le indicate pronunce.
(4-12241)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), istituito dalla legge n. 180 del 1978 e attualmente regolamentato dalla legge n. 833 del 1978 (articoli 33-35), sono atti compositi di tipo medico e giuridico, che consentono l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento;
il concetto di TSO. e quello di ASO è basato su valutazioni di gravità clinica e di urgenza ed è quindi inteso come una procedura esclusivamente finalizzata alla tutela della salute e della sicurezza del paziente;
dal punto di vista normativo, il trattamento sanitario obbligatorio viene emanato dal sindaco del comune presso il quale si trova il paziente, su proposta motivata del medico. Qualora il trattamento preveda un ricovero ospedaliero, è necessaria inoltre la convalida di un secondo medico, appartenente ad una struttura pubblica;
il sindaco può emanare l'ordinanza di trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che

attestino che la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici; che gli interventi proposti vengono rifiutati e che non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere;
le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica;
le certificazioni oltre a contenere l'attestazione delle condizioni che giustificano la proposta di TSO, devono essere motivate nella situazione concreta. In altre parole non dovrebbero essere ammesse certificazioni che si limitano alla mera enunciazione delle tre condizioni sopra indicate, né tanto meno prestampati. Così come non dovrebbero essere prese in considerazione certificazioni che si limitano alla sola indicazione della diagnosi;
in data 30 maggio 2011 il sindaco di Avetrana, avvocato Mario De Marco, ha disposto «il trattamento sanitario obbligatorio in considerazione di degenza ospedaliera del signor Michele Misseri da effettuarsi presso una struttura ospedaliera idonea mediante trasporto con unità di pubblico soccorso 118»;
il provvedimento del sindaco di Avetrana è stato adottato, contrariamente a quanto stabilito dalla legge n. 833 del 1978, non su proposta motivata di un medico né su domanda del medico curante del signor Misseri, ma sulla base di una richiesta formulata in data 30 maggio 2011 dal comandante della stazione dei carabinieri di Avetrana, Maresciallo Fabrizio Viva, e, quindi, sulla scorta di non meglio precisate informazioni assunte dai medesimi carabinieri in base alle quali, a parere del primo cittadino di Avetrana, si rendeva necessario effettuare, con estrema urgenza, l'accertamento delle condizioni sanitarie del signor Misseri sotto il profilo psicologico;
peraltro il TSO disposto nei confronti del signor Misseri prevede il ricovero ospedaliero, sebbene non risulti esservi agli atti la convalida del provvedimento da parte di un secondo medico appartenente ad una struttura pubblica così come previsto dalla normativa di settore;
l'articolo 33 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, stabilisce che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari; qualora previsti, i trattamenti sanitari obbligatori devono comunque rispettare la dignità della persona, i diritti civici e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura;
l'articolo 33, comma 3 della legge n. 833 del 1978 aggiunge inoltre che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli avvenimenti che hanno portato alla degenza ospedaliera coatta del signor Misseri, e per quali motivi il maresciallo dei carabinieri di Avetrana abbia proposto il TSO nei confronti del signor Misseri e se sia nota la ragione per la quale il sindaco di Avetrana lo abbia disposto;
se non si ritenga opportuno che siano resi pubblici tutti gli atti in base ai quali è stato attuato tale provvedimento (compresi i verbali dei carabinieri);
se si intenda in ogni caso fare chiarezza sulla vicenda e verificare per quanto di competenza la regolarità della procedura.
(4-12248)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO, ROSSA, TEMPESTINI, FEDERICO TESTA, VICO, ZUNINO e ANDREA ORLANDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il giorno 3 giugno è comparsa sulla stampa cittadina genovese la notizia che l'Istituto superiore della sanità ha assegnato un appalto di quattrocentomila euro per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di origine biomedicale alla società privata Protex di Forlì;
in precedenza l'Istituto superiore della sanità aveva dichiarato vincitrice della gara la Nucleco controllata dall'Enea e dalla Sogin; la decisione di determinare l'assegnazione dell'appalto alla Protex che era la seconda classificata sarebbe scaturita dopo che da una verifica dei requisiti delle società partecipanti, sarebbe emerso che il presidente della Nucleco, il professore Pietro Canepa, avendo patteggiato una sanzione pecuniaria in un processo per reato contro la pubblica amministrazione, non avrebbe potuto ricoprire quella carica;
in data 19 maggio 2010 fu presentata un'interrogazione (5-02917) nella quale si chiedeva «quali motivazioni abbiano portato alla nomina dell'ingegner Pietro Canepa alla presidenza di Nucleco» e «quali criteri di professionalità, trasparenza e rigore si adoperano per procedere alla scelta di persone che dovranno ricoprire ruoli, in cui necessitano grandissima professionalità, autonomia e rigore morale riconosciuto»;
alla risposta del Governo il 22 settembre 2010 in Commissione attività produttive, gli interroganti si dichiararono insoddisfatti e segnalarono di essere a conoscenza che l'ingegner Canepa nel 2008 patteggiò una sanzione pecuniaria, nell'ambito di un processo per un concorso relativo alla bonifica derivante da dragaggi portuali -:
se siano a conoscenza dei fatti, e se vi sia conferma di quanto esposto;
se il permanere dell'ingegner Pietro Canepa alla guida di Nucleco, come si è dimostrato, oltre ad essere di dubbia opportunità, non abbia una ricaduta economica negativa per la stessa, che si troverebbe a non poter partecipare a gare, mortificando le capacità tecniche di cui dispone che sono un motivo di garanzia per i delicati settori in cui opera.
(5-04870)

Interrogazione a risposta scritta:

BELLANOVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni le associazioni imprenditoriali hanno lamentato pubblicamente attraverso gli organi di stampa la difficoltà da parte del Governo di avviare politiche di sviluppo a sostegno delle imprese che attualmente si barcamenano, purtroppo, tra la crisi congiunturale che ha travolto il nostro Paese. Nella fattispecie le associazioni hanno sottolineato che alla difficile situazione in corso si è aggiunta una eccessiva rigidità degli attuali meccanismi di riscossione, accompagnata da more e sanzioni che di fatto rendono quasi impossibile una riprese economica delle imprese italiane. Nei documenti redatti dalle associazioni interessate si legge che le stesse imprese richiedono con forza un fisco giusto, efficiente ed in grado di colpire decisamente quelle aziende irrispettose delle regole e che di fatto minano, con atteggiamenti scorretti, la credibilità e l'economia dell'intero settore. Ma per contro, le stesse imprese ed associazioni esigono anche uno Stato che restituisca quanto percepito con il gettito fiscale in termini di servizi efficienti e politiche concrete di sviluppo;
ad esser fortemente criticato è l'articolo n.29 del decreto-legge n.78 del 31

maggio del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n.122 del 30 luglio 2010, il quale prevede che l'avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell'IRAP e dell'IVA emesso dall'Agenzia delle entrate sia immediatamente esecutivo se notificato a partire dal 1° luglio 2011 e relativo ai periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi;
la nuova procedura di riscossione prevede, dunque, che gli accertamenti per gli atti sopra menzionati diventino immediatamente esecutivi con l'obbligo di pagare quanto accertato, unitamente alle penalità, entro 60 giorni e senza poter usufruire di nessun pronunciamento in merito alla legittimità e agli importi;
le somme accertate dovranno, inoltre, essere pagate direttamente ad Equitalia, attraverso gli agenti della riscossione, con gli interessi di mora e all'aggio del 9 per cento a carico del debitore. In definitiva, l'avviso di accertamento andrà a cumulare la cartella esattoriale che non può più essere successivamente redatta e notificata;
a fronte di questa restrizione applicata, le imprese lamentano un eccessivo ritardo con cui la pubblica amministrazione italiana paga i propri fornitori, determinando in tal modo effetti durissimi con i quali le imprese comunque devono fare i conti;
la nuova procedura, ritenuta dalle parti interessate eccessivamente penalizzante per i contribuenti, anche in virtù della tempistica del processo tributario è stata fortemente criticata ed il Governo ha tentato di attenuarne gli effetti con il decreto-legge sullo sviluppo n.70 del 13 maggio del 2011, che all'articolo 7 (Semplificazione fiscale), comma 2, lettera m), stabilisce un'attenuazione del principio del solve et repete. In caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si procede all'esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al centoventesimo giorno;
la relazione tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze stima che proprio lo spazio temporale dei 120 giorni di differimento dell'esecuzione forzata dell'avviso di accertamento comporta un effetto negativo in termini di riscossione per l'anno 2012 stimabile in circa 90 milioni di euro;
l'articolo contenuto nel decreto-legge sullo sviluppo non modifica l'impianto normativo alla base dell'articolo 29 del decreto-legge n.78 del 31 maggio del 2010 e non migliora di fatto le cose per le aziende poiché gli avvisi di accertamento rimangono esecutivi dopo 60 giorni. Di fatto si lascia immutata la situazione dell'accertamento esecutivo, per cui se il contribuente non paga entro i 30 giorni, l'agente di riscossione può adottare le procedure di garanzia, come ipoteche, pignoramenti presso terzi, blocchi di pagamento della pubblica amministrazione, fermi amministrativi. Non dimenticando che la stessa Agenzia delle entrate può sempre chiedere al giudice tributario l'ipoteca ed il sequestro conservativo, compresa l'azienda, come stabilito dall'articolo 22 del decreto legislativo n.472 del 1997;
va aggiunto che lo stesso termine di 120 giorni è alquanto limitato, poiché allo stato attuale è difficile che i giudici tributari possano pronunciarsi nel suddetto termine, a maggior ragione se dal 1o luglio 2011 una massa enorme di ricorsi conterranno anche le relative istanze di sospensione;
quanto sopra detto rischia di mandare in default l'intero sistema impresa, già fortemente in crisi, poiché si salta «a piedi pari» la procedura dell'iscrizione a ruolo, con relativa notifica e possibilità di ricorso, ed i tempi tra l'emissione della cartella e l'obbligo di pagamento si riducono da oltre un anno, come succede oggi, al termine sopra citato di soli 60 giorni;
combattere l'evasione fiscale è certamente un obiettivo che il nostro Paese deve perseguire, ma a questo importante paradigma deve corrispondere l'equità di una politica fiscale che prelevi quanto

dovuto e non penalizzi i contribuenti con pagamenti di somme che non siano certe né esigibili o sulle quali i giudici non si siano pronunciati, al fine di non pregiudicare lo sviluppo economico del territorio, in particolare di quelle zone d'Italia, quali il Mezzogiorno, che ad oggi risultano essere già fortemente in crisi;
la risoluzione n.7-00590 approvata dalla VI Commissione ha cercato di temperare l'esecutività immediata degli accertamenti e va considerata come un tentativo concreto per evitare che oltre al sistema impresa vada in tilt, anche la giustizia tributaria, certamente non pronta ad affrontare i tempi previsti dal Governo a garanzia dei contribuenti. La valanga di richieste di sospensiva che si annuncia rischia di ingolfare definitivamente il sistema -:
se il Ministro interrogato, stante quanto sopra riportato non ritenga opportuno assumere iniziative normative urgenti volte a rinviare almeno di un anno rispetto alla data del 1° luglio 2011 l'entrata in vigore della procedura sulla riscossione e l'accertamento per una maggiore ponderazione della problematica alla quale migliaia di imprese italiane andrebbero incontro.
(4-12228)

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GIOVENTÙ

Interrogazione a risposta scritta:

GNECCHI. - Al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 19 novembre 2010 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2010, n. 301 prevede un Bonus di 5.000 euro per le aziende che assumono a tempo indeterminato, anche a part-time, giovani di età non superiore a 35 anni e in possesso degli altri requisiti prescritti dal comma 2 dell'articolo 2;
il suddetto decreto prevede all'articolo 3 quale soggetto attuatore il dipartimento della gioventù che a sua volta demanda ad un soggetto gestore individuato nei termini previsti dai commi 2 e 3;
l'ammissione al beneficio di cui all'articolo 2 deve essere effettuata su apposito modello che sarà reso noto con mezzi idonei e comunque mediante pubblicazione sul sito web istituzionale del dipartimento -:
quale sia lo stato di attuazione e operatività delle misure previste dal decreto di cui in premessa e, se già operativo, quante siano le domande presentate dalle imprese, quante di queste siano state accolte e quale sia il numero assunzioni a tempo indeterminato effettuate.
(4-12225)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO e SBROLLINI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 1973 venne costruito a Tezze sul Brenta (Vicenza) uno stabilimento galvanico per conto dell'azienda Tricom-Pm avente sede nel sopra citato comune, con la clausola dell'impegno da parte dell'azienda a collaudare un impianto di depurazione per contenere la percentuale di cromo esavalente negli scarichi liquidi della fabbrica sotto la soglia di 0,5 mg per litro. Tale obbligo non venne mai ottemperato;
secondo quanto riferito dal medico Matteo Lorenzin - responsabile dell'ufficio ambiente di Tezze sul Brenta - alcune vasche contenenti cromo nella fabbrica risultavano essere state rattoppate con nastro adesivo, mentre gli impianti di depurazione spesso non venivano messi in funzione. A questo si aggiunge una serie di denunce da parte della stampa locale, risalenti alla fine degli anni Settanta, nelle quali già si ipotizzavano avvelenamenti di

acqua e scarico di rifiuti industriali senza autorizzazione, nonché l'utilizzo abusivo, da parte della Tricom-Pm, dei pozzi in cui veniva versato cromo;
nel corso dei due decenni successivi 14 lavoratori impiegati nell'ex stabilimento galvanico di Tezze sul Brenta sono deceduti in seguito alla prolungata e continuativa esposizione ai metalli pesanti prodotti dalla fabbrica. In particolare, gli ex operai risultano essersi ammalati di tumore ai polmoni a causa delle inalazioni di significative percentuali di cromo esavalente e nichel;
la relazione tra le malattie contratte dagli operai e la produzione della Tricom-Pm è stata confermata dal dottor Enzo Merler - epidemiologo incaricato di studiare gli effetti sulla popolazione dell'attività della Tricom-Pm, su incarico del servizio di prevenzione e igiene della ulss n. 3 del Veneto - secondo cui «il tasso di mortalità per tumore polmonare alla Tricom era superiore di oltre tre volte rispetto alla media della popolazione veneta e nazionale». A risultati analoghi sono giunti anche i professori Celestino Panizza, Dario Miedico e Angelo Levis;
nel 2001 i parenti dei lavoratori deceduti per tumore ai polmoni hanno presentato una dettagliata denuncia contro i dirigenti dell'ex Tricom-pm. Nel 2005 la magistratura ha aperto un fascicolo d'indagine nei confronti di Adriano Sgarbossa e Paolo Zampierin, responsabili dello stabilimento, e del sindaco di Tezze sul Brenta Rocco Battistella, ipotizzando nei loro confronti i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravissime, omissione delle cautele contro disastri e infortuni sul lavoro e la violazione delle norme per la sicurezza dei luoghi di lavoro;
nel 2006 il Tribunale ordinario di Padova - sezione di Cittadella - ha condannato per inquinamento ambientale il legale rappresentante della Tricom-Pm Paolo Zampierin comminandogli una pena pari a 2 anni e 6 mesi, obbligandolo al contempo, al risarcimento dei danni tra cui l'avvelenamento di circa 15 chilometri quadrati della falda acquifera nei pressi di Tezze sul Brenta. Secondo la quantificazione - effettuata dal Ministero dell'ambiente - tali danni corrispondono a circa 158 milioni di euro;
in data 24 maggio 2011, nell'udienza conclusiva del processo ai dirigenti dello stabilimento galvanico, il procuratore capo di Bassano del Grappa (Vicenza) Carmelo Ruberto ha chiesto la condanna a una pena di 5 anni e 4 mesi Paolo Zampierin, a 4 anni Adriano Sgarbossa, legale rappresentante della Tricom, e a 3 anni e 4 mesi per Rocco Battistella, ex sindaco di Tezze sul Brenta, già responsabile del reparto galvanica della Tricom-Pm;
il medesimo giorno il giudice del tribunale di Bassano del Grappa Deborah De Stefano ha emesso una sentenza di assoluzione nei confronti dei tre imputati di cui sopra chiamati a rispondere della morte di cinque dei 14 dipendenti della fabbrica di Tezze sul Brenta;
nella fase immediatamente precedente alla chiusura della galvanica risultava impiegato un consistente numero di operai extracomunitari, sui cui guanti da lavoro l'Arpav ha rinvenuto tracce di cromo. Tali lavoratori, secondo la procura, risultano ad oggi irrintracciabili -:
se siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
se e quali concrete iniziative, di loro competenza, i Ministri abbiano intenzione di porre in essere al fine di procedere alla bonifica dell'area inquinata da metalli pesanti circostante all'ex galvanica di Tezze sul Brenta, con particolare attenzione alle falde acquifere della zona, al fine di tutelare la salute dei residenti della zona.
(4-12243)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in seguito al crollo del palazzetto dello sport di Sappada, venivano svolte

indagini ed esercitata l'azione penale avanti al tribunale di Belluno per i conseguenti reati;
nel corso del procedimento penale veniva dato incarico a due professionisti, uno di Napoli ed un altro di Belluno, di effettuare una perizia per determinare le cause del crollo e risalire alle responsabilità;
i costi dei due professionisti sarebbero ammontati a oltre 80.000 euro, e per quanto concerne uno dei due professionisti, risulterebbe esser stata proposta opposizione al presidente del tribunale di Belluno, evidenziando diverse incongruenze circa la predisposizione della parcella;
in particolare, dal tenore dell'opposizione si ricaverebbe che l'importo massimo spettante ai due professionisti supererebbe di poco i 10.000 euro e, comunque, sarebbe di gran lunga inferiore a quello liquidato;
ad avviso dell'interrogante non appare comunque, rispondente ai criteri di economicità che un ufficio giudiziario incarichi un ausiliario che risiede e lavora a centinaia di chilometri di distanza dal luogo dei fatti da accertare con conseguenti oneri di trasferimento tutt'altro che indifferenti -:
se esistano dei criteri volti a disciplinare la scelta, da parte degli uffici giudiziari, dei consulenti tecnici e, nello specifico, da parte di quelli del tribunale di Belluno e cosa prevedano in materia;
quanto sia costata all'ufficio giudiziario di Belluno l'opera di ciascun professionista e se i relativi oneri risultino recuperati o recuperabili in seguito all'eventuale condanna degli imputati;
quali iniziative siano state adottate o s'intendano adottare per contenere i costi delle perizie anche attraverso criteri di economicità e trasparenza.
(4-12246)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
esiste un modello uniforme di contrassegno per i disabili riconosciuto nei Paesi membri dell'Unione Europea. Il contrassegno europeo consente a un disabile, che ha diritto a particolari agevolazioni nel paese in cui risiede, di beneficiare delle facilitazioni offerte ai disabili negli altri Paesi dell'Unione europea in cui si sposta. Il contrassegno europeo è stato introdotto in seguito ad una raccomandazione del 1998 (98/376/CE) del Consiglio, che ha previsto che i contrassegni per disabili abbiano caratteristiche uniformi e che vengano riconosciuti da tutti gli Stati membri, in modo da facilitare gli spostamenti in auto dei loro titolari;
spetta agli Stati membri rilasciare il contrassegno, in base alla propria definizione di disabilità e secondo le modalità da loro prescelte;
anche l'Italia dovrà riconoscere il «Contrassegno unificato disabili europeo» (Cude), già in vigore in 15 Paesi dell'Unione europea. Infatti, la legge entrata in vigore il 13 agosto 2010 che ha apportato una serie di modifiche al codice della strada, tra cui la norma sulla privacy che impediva al nostro Paese di adottare il tagliando azzurro, ha previsto anche l'adozione del contrassegno disabili europeo;
tuttavia, affinché il provvedimento diventi concretamente operativo occorre il regolamento di attuazione che non è stato ancora emanato;
nella strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere, la Commissione si impegna a facilitare la mobilità delle persone invalide e a promuovere il contrassegno di parcheggio europeo;

va tenuto conto dell'ulteriore problematica che è il passaggio per i disabili con le autovetture nelle zone ZTL -:
se e con quali tempi il Governo intenda emanare il regolamento attuativo che consenta di recepire concretamente la raccomandazione dell'Unione europea e riconoscere il CUDE;
se il Governo, in tale contesto, non ritenga di poter accompagnare il rilascio del CUDE, quando necessario, con un congegno affinché l'auto possa liberamente entrare, circolare e sostare anche nelle zone a traffico limitato.
(4-12219)

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo svincolo autostradale di Firmo, in provincia di Cosenza, è chiuso dal 15 aprile 2009 al traffico veicolare perché oggetto di lavori di ammodernamento e messa in sicurezza che, più complessivamente, riguardano l'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
questa chiusura, resasi necessaria per favorire la rapida esecuzione dei suddetti lavori, ha comunque provocato enormi disagi al territorio ed alla sua economia perché lo svincolo in questione, definito giustamente come la porta della Sibaritide, rappresenta un importante strumento di collegamento tra l'asse autostradale e la piana di Sibari con la sua economia a prevalenza agricola e turistica;
a seguito dei ritardi che hanno caratterizzato la realizzazione di questa opera, gli operatori economici, agricoli e turistici, del territorio insieme alle istituzioni locali hanno manifestato il loro disappunto per lo stato di fatto ed invitato l'ANAS ad intervenire per una rapida definizione della questione;
l'ANAS, a seguito di questa protesta, nel mese di luglio del 2010, ha provveduto alla riapertura dello svincolo lungo la sola direttrice nord e si è impegnata ad una riapertura dello svincolo sud entro la primavera del 2011 a seguito dell'affidamento dei suddetti lavori di completamento ad una nuova impresa;
lo stesso presidente dell'ANAS, in un recente intervento pubblico proprio in Calabria, ha dichiarato di non poter prevedere quando sarà aperto completamente lo svincolo di Firmo, perché è in corso la risoluzione contrattuale in danno del contratto di appalto anche con la seconda impresa appaltatrice e che, al momento, sono in corso le attività di redazione dello stato di consistenza dei lavori eseguiti per procedere poi all'assegnazione della restante parte dei lavori ad uno dei successivi partecipanti all'originaria gara d'appalto -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per far sì che l'ANAS possa completare in brevissimo tempo, magari con procedure d'urgenza, queste attività propedeutiche ed assegnare i nuovi lavori, atteso lo stato di insofferenza e di disagio che questa situazione protratta nel tempo sta provocando all'intero territorio.
(4-12227)

GIANNI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sull'autostrada Siracusa-Gela, come personalmente verificato dall'interrogante, sono in corso lavori, ad ogni svincolo, per la creazione dei caselli per il pagamento del pedaggio autostradale;
tali postazioni sono, ad avviso dell'interrogante, particolarmente pericolose e non risultano adeguatamente segnalate; inoltre appare incomprensibile che siano iniziati i lavori di tali caselli quando ancora è in corso il dibattito sull'inopportunità di introdurre il pagamento del pedaggio autostradale -:
se non si ritenga necessario segnalare all'ANAS la necessità di una maggiore attenzione nella messa in sicurezza dei lavori d'installazione delle postazioni per il pagamento del pedaggio autostradale;

se non si ritenga, in ogni caso, di rivedere la scelta di procedere a tali lavori, alla luce del dibattito ancora in corso sull'introduzione dei pedaggi autostradali lungo quella tratta, tenuto conto, oltretutto, anche in considerazione delle ultime stime fornite dall'ISTAT sul differenziale di crescita tra Nord e Sud del Paese, che il territorio in questione ha bisogno, al contrario, d'incentivi materiali e infrastrutturali per puntare al rilancio economico.
(4-12242)

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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
gli interpellanti hanno appreso dagli organi di stampa locali e da alcuni consiglieri comunali che l'amministrazione del comune di Montemiletto (Avellino) sarebbe al centro di gravi illeciti e irregolarità amministrative tali da violare totalmente i princìpi costituzionali del buon andamento, dell'imparzialità e della legalità della pubblica amministrazione;
in particolare, risulterebbero evidenti situazioni di gravi e persistenti violazioni della legge riconducibili alla progettazione e alla realizzazione di opere nei terreni demaniali denominati fondi Bosco alla località «Lomba» di Montemiletto (Avellino), di circa 45 ettari, i quali sono gravati dagli usi civici e assegnati alla categoria B) ossia alla coltura agraria, come risulta dal decreto del reale commissariato degli usi civici di Napoli emesso in data 10 aprile 1937; successivamente concessi in temporanea assegnazione al comune di Montemiletto;
infatti, in merito alla realizzazione delle opere, nonostante si tratti di fondi di natura demaniale gravati dagli usi civici sottoposti per legge a vincolo paesaggistico e su parte dei quali è stato apposto anche un vincolo archeologico da parte della soprintendenza archeologica di Salerno, il comune di Montemiletto ha realizzato, beneficiando anche di contributi regionali cui non avrebbe avuto titolo, le seguenti opere: un anfiteatro con annessi spalti in cemento armato, una piscina, due strade, un parco giochi, due sbancamenti di terreno;
secondo quanto appreso, inoltre, le predette opere sarebbero state realizzate senza effettuare una necessaria variante urbanistica dell'area che tutt'ora ha una destinazione agricola;
pertanto, tutte le opere, in violazione delle norme contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio ed in violazione del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, sarebbero state realizzate anche in difformità al piano regolatore generale vigente;
la realizzazione delle opere ha comportato, quindi, oltre al danno economico per i contadini per il mancato godimento dei fondi, anche danni al paesaggio e agli importanti rinvenimenti archeologici di età preistorica (fondi di capanni riconducibili all'antica età del bronzo, fornaci di età romana attive fino all'età medioevale e a tombe di età romana);
infine, in ordine alla progettazione, il comune di Montemiletto, ha anche approvato un preliminare e definitivo «Parco Bosco», candidandolo al parco progetti regionale per un importo di 4.500.000 euro. A tale proposito, secondo quanto appreso, è a dir poco singolare che tutti gli elaborati del predetto progetto definitivo non sono mai stati rinvenuti presso l'ufficio preposto tanto che è stato chiesto l'intervento dei Carabinieri, facendo cosi figurare un tentativo di truffa finalizzato all'ottenimento di finanziamenti pubblici comunitari;
i terreni in questione pertanto sono demanio di uso civico e non potevano

essere sottratti alla loro destinazione se non nelle forme previste dalla legge n. 1766 del 1927 e dal regio decreto n. 332 del 1928 e successive modificazioni secondo cui sono necessari provvedimenti di legittimazione o di sdemanializzazione, di mutamento di destinazione o di alienazione, nel caso di specie, non si poteva né progettare, né realizzare opere, senza il previo espletamento del procedimento amministrativo che ciò consenta, cosa che non è stata assolutamente fatta nel caso di specie del comune di Montemiletto;
vi sarebbero elementi significativi che consentono di poter affermare che il comune di Montemiletto è al centro di gravi e persistenti violazioni di legge configurabili nella violazione delle leggi urbanistiche, delle prescrizioni previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, del vincolo apposto dalla soprintendenza archeologica di Salerno, nonché della devoluzione illegittima di contributi regionali per la realizzazione di parte delle predette opere e nel tentativo ottenere finanziamenti comunitari mediante la candidatura di un progetto esecutivo di 4.500.000 di euro al parco progetti regionale sul falso presupposto che il comune fosse proprietario dei terreni e che le opere da realizzare fossero conformi alla destinazione urbanistica del piano regolatore generale vigente (progetto per il quale è stata denunciata ai Carabinieri l'assenza presso l'ufficio competente del comune di tutti gli elaborati ad esso allegati); il tutto con evidenti danni economici ai contadini unici legittimati al godimento dei terreni in questione -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze, in ordine alla realizzazione delle opere citate in premessa e alla suddetta progettazione, intenda verificare con urgenza eventuali danni arrecati sui citati terreni demaniali i quali, essendo gravati dagli usi civici, sono riservati per legge alla sua esclusiva tutela;
se il Ministro dell'interno, al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui in premessa, non intenda delegare il prefetto competente per territorio a disporre ogni opportuno accertamento, chiedendo informazioni al procuratore della Repubblica competente, in ordine alla sussistenza di elementi per lo scioglimento dell'attuale consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 141 del testo unico sugli enti locali.
(2-01119) «Iannaccone, Sardelli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la deliberazione n. 26 del 10 dicembre 2010, la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni statali della Corte dei Conti ha richiamato il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dell'interno al fine di trovare un'adeguata copertura al debito accumulato nei confronti degli enti locali con più di 50.000 abitanti, per il quale è mancata l'adeguata conservazione di disponibilità di cassa;
il debito totale, di circa 3,1 miliardi di euro, riguarderebbe 223 enti locali ai quali sarebbero stati sospesi i pagamenti dei trasferimenti a loro dovuti nel periodo 1997/2002;
in particolare, la provincia di Cuneo ha maturato somme a valere sulle spettanze erariali dell'importo complessivo di oltre 16 milioni di euro;
con la legge finanziaria per il 2010 il Ministero dell'economia e delle finanze ha avviato la costituzione di un fondo di contabilità speciale con lo stanziamento di 250 milioni di euro, risultato però insufficiente data l'entità complessiva del debito;
in questi anni lo sforzo compiuto dagli enti locali per mantenere in equilibrio i loro bilanci in assenza delle erogazioni dovute è stato enorme e la preoccupazione

circa l'incertezza sui tempi e sulle modalità di pagamento dei debiti da parte del Ministero sta crescendo;
è indubbio che, alla luce dei sacrifici sostenuti dagli enti locali per la corretta gestione dei loro bilanci, sia necessario provvedere con urgenza all'erogazione delle somme dovute da parte Ministero dell'interno, affinché vengano sanati i debiti accumulati nei confronti degli enti locali interessati -:
quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di reperire le risorse economiche necessarie per l'adeguata copertura del debito accumulato nei confronti degli enti locali interessati.
(5-04857)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in un filmato apparso ieri sul sito «Repubblica.it» si vede un'auto di servizio con lampeggiante sul tettuccio in funzione, entrare in una zona vietata al transito dei mezzi, sita in campo dei fiori a Roma;
successivamente si vede l'autista di tale mezzo di servizio uscire dal veicolo, recarsi in una salumeria e ritornare quindi verso il veicolo per consegnare un piccolo involucro evidentemente contenente quanto acquistato a qualcuno all'interno della macchina -:
se tale uso del mezzo di servizio sia compatibile con quanto previsto dalla legge;
se sia stato identificato l'utilizzatore del mezzo e se quindi ci si trovi in presenza di un eventuale abuso in qualche modo giustificabile;
in caso contrario quali provvedimenti intenda prendere il Ministro.
(5-04873)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
numerosi mezzi d'informazione, dopo la pronuncia della Suprema corte a proposito del quesito sul tema del nucleare al referendum del 12, hanno diffuso informazioni preoccupanti sulla validità del voto degli italiani all'estero sul quesito contro il nucleare. Riferisce, ad esempio, l'Ansa: «A rischio il voto dei 3,2 milioni di italiani residenti all'estero per il referendum sul nucleare, dopo che la Cassazione oggi ha dato il via libera al quesito, ma con una nuova formulazione. I connazionali che vivono in altri Paesi si sono infatti già espressi sulle schede con il vecchio quesito e non ci sono i tempi tecnici - fanno sapere al Viminale - per stampare ed inviare all'estero le schede con la nuova formulazione» (1o giugno, ore 20.31);
secondo il Comitato referendario «2 Sì per l'acqua bene comune» e il comitato «Vota Sì per fermare il nucleare» hanno ricevuto, dopo il parere della Cassazione, decine di richieste di chiarimenti sulla necessità o meno di votare la scheda grigia del plico ricevuto dal consolato in attesa della pubblicazione del nuovo quesito;
sempre l'Ansa (2 giugno) riferisce di «Grande incertezza tra gli italiani in Argentina sul quesito referendario relativo al nucleare, dopo il via libera da parte della Cassazione ad una nuova formulazione». Si legge infatti nel take d'agenzia: «A Buenos Aires, e in molti altri centri di un Paese che di fatto è »italiano«, sono molto i connazionali che hanno già votato subito dopo aver ricevuto il plico elettorale». «In queste ore mi sono arrivate tante telefonate per avere informazioni sul referendum», ha per esempio sottolineato Graciela Laino, presidente del Comites (Comitato per gli italiani all'estero) di Buenos Aires;
riferisce ancora l'Ansa (2 giugno): «Ha suscitato »sgomento« in seno ai Comites degli Stati Uniti il fatto che le autorità italiane non abbiano previsto sin dall'inizio una strategia in caso di nuovo quesito referendario sul nucleare. Ma non si drammatizza e si va avanti. È questa la posizione espressa da Quintino Cianfaglione,

presidente del Comites di New York e del Connecticut, che ne ha parlato in una breve telefonata con l'ANSA»;
il 1o giugno, dopo la decisione della Suprema corte, la Farnesina comunica che «appena appresa la decisione della Corte di Cassazione nel senso del mantenimento del quesito referendario n. 3 sul nucleare che, in virtù di tale decisione, si riferire alle nuove norme del cosiddetto decreto »Omnibus« per la parte relativa alla moratoria nucleare, il Ministero degli affari esteri ha immediatamente informato la propria rete diplomatico-consolare della pronuncia della massima Corte ed attende direttive del Ministero dell'Interno, in attesa delle quali il procedimento rimane invariato». Ma le attese direttive del Viminale non sono mai arrivate, nonostante le esplicite richieste dei comitati e dei partiti dell'opposizione;
i referendum interesseranno, sul territorio nazionale, 47.357.878 elettori. La circoscrizione estero, invece, comprende 3.236.990 elettori (dato suscettibile di variazione in relazione all'eventuale ammissione al voto disposta dalle autorità consolari competenti). Escludere le schede votate all'estero dal computo dei voti validi (senza espungerle dal calcolo del quorum) equivarrebbe ad alzare illegittimamente l'asticella del quorum di 1.618.495 voti, pari al 3,4 per cento degli elettori residenti in Italia -:
se non intendano chiarire prima dello svolgimento dei referendum come si intenda valutare il voto degli italiani all'estero sul nuovo quesito sul referendum per evitare inutili fraintendimenti e per dare a tutti gli elettori italiani un'univoca interpretazione del voto.
(4-12232)

ARACRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni il quartiere di San Lorenzo, a Roma, è stato oggetto di scelte politiche che ne hanno esaltato sempre più la vocazione al divertimento notturno, tanto che vi svolgono la propria attività molti locali pubblici aperti per lo più la sera e vi sono già presenti bar, osterie, pub, alcuni dei quali dotati anche di giochi d'azzardo legale;
sul territorio esiste, in posizione centrale, l'ex-cinema Palazzo, una struttura di proprietà della società Area Domus srl. Negli ultimi venti anni il cinema Palazzo è stato sala da biliardo, poi una sala bingo ed è infine rimasto chiuso negli ultimi cinque anni, anche perché, a quanto risulta all'interrogante, le proposte avanzate alla proprietà per la gestione dello stabile non erano corroborate da adeguate garanzie economiche;
il 15 dicembre 2010 la società Camene spa ha stipulato un contratto di locazione commerciale per l'affitto del'ex cinema Palazzo e su tale immobile, dal gennaio 2011, sono iniziati regolari lavori di ristrutturazione. Intenzione della società affittuaria è quella di realizzare un «negozio del gioco», con regolare autorizzazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS). Oltre alle garanzie da dare al proprietario, la Camene spa si è procurata tutte le altre autorizzazioni di legge previste;
il progetto dell'attività ricreative da svolgere nell'ex-cinema Palazzo prevede l'attivazione di 50 posti di lavoro e la realizzazione di attività culturali aperte al pubblico negli spazi plateali, mentre i giochi legali sarebbero a disposizione negli spazi circostanti, con una sinergia tra le attività artistiche e quelle di gioco legale con una prevalenza delle prime, sia per gli spazi che per l'evidenza;
in data 15 aprile 2011, a lavori quasi ultimati ma ancora in corso, una ventina di persone facenti capo all'organizzazione Action si è introdotta all'interno del predetto immobile per occuparlo abusivamente. Tutti gli operai presenti sono stati minacciati e allontanati con violenza lasciando il cantiere aperto e l'edificio nel possesso degli occupanti;
la Camene spa ha sporto denuncia alla procura della Repubblica di Roma

attraverso il competente commissariato di zona per violenza privata, violazione di domicilio e occupazione abusiva;
il locale è tuttora occupato abusivamente e il commissariato competente non è ancora intervenuto in alcun modo. Ugualmente sono inerti i vigili del fuoco e la polizia municipale a fronte della denuncia dei rischi che sono presenti con lo svolgersi di attività collettive in uno spazio che non ha ancora le attrezzature di sicurezza;
l'organizzazione «Action» è da anni ben nota per le occupazione di immobili nella città di Roma, giustificate con il grave disagio abitativo nella capitale oppure con il perdurante abbandono dell'immobile occupato, e di fronte a queste azioni violente l'amministrazione è spesso scesa a compromessi, talvolta al limite della legalità;
l'ex-cinema Palazzo non è un immobile demaniale inutilizzato, non era in stato di abbandono e l'occupazione che lo colpisce non ha l'obiettivo di dare un tetto a delle famiglie. Lo stabile è invece una proprietà privata ed elemento cardine di una legittima e autorizzata azione d'impresa da parte di privati che vi hanno investito capitali propri, azione d'impresa al momento ostacolata illegittimamente e con l'uso della violenza;
gli occupanti hanno dichiarato esplicitamente che loro obiettivo è quello di impedire l'apertura del «negozio del gioco», così come progettato dalla Camene spa, per adibire la struttura a cinema-teatro e luogo di attività culturali;
da recenti notizie di stampa si apprende che l'investimento degli affittuari è al momento stimabile intorno al milione di euro e che, venendo a mancare la realizzazione del progetto, sarebbero a rischio anche i 50 posti di lavoro. Risulta inoltre che la struttura è al momento utilizzata per spettacoli pubblici, incontri, proiezioni di film, nonostante manchino le necessarie garanzie di sicurezza, denunciate a più riprese dall'affittuario;
a seguito dell'occupazione diversi esponenti delle amministrazioni locali si sono schierati a favore della stessa, condividendone gli obiettivi e senza condannare i metodi e l'impresa e anzi prendendo iniziative affinché questo vero e proprio «esproprio» abbia successo;
il presidente del III municipio di Roma, Dario Marcucci, ha incontrato gli occupanti e si è detto intenzionato a prendere iniziative per impedire l'apertura delle attività della Camene spa, tanto che è possibile vedere in rete un video in cui arringa gli occupanti sul come li aiuterà nella loro impresa;
l'assessore alle Politiche culturali del comune di Roma, Dino Gasperini, ha dichiarato di voler convocare un tavolo per favorire l'utilizzo del cinema Palazzo come struttura a fini culturali, senza specificare con quali soldi e senza alcuna menzione sulla salvaguardia dei diritti della proprietà e dell'affittuario;
il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, ha a sua volta incontrato gli occupanti e si è detto contrario all'apertura dell'attività su cui ha investito la Camene spa, auspicando che l'ex-cinema Palazzo diventi un centro di attività culturale. In particolare si è augurato, come riportato da organi di stampa, «che chi ha l'autorità competente faccia di tutto per prevenire la possibile nascita di un problema», con un malcelato accenno alla possibilità che la questura non permetta le attività della Camene spa;
nel caso in cui, sottostando alle pressioni provenienti da diverse parti, politiche e non, la questura non concedesse o dilazionasse il rilascio dei nullaosta dettati dal TULPS (a fronte della regolarità di tutte le autorizzazioni in possesso della Camene spa), si correrebbe il rischio di veder aperto un contenzioso al cui termine la pubblica amministrazione, soccombente, sarà costretta a risarcire la Camene spa dei danni provocati;
il 5 maggio 2011 nel locale si è tenuta un'assemblea pubblica, senza la partecipazione

della proprietà, alla presenza, tra gli altri, del presidente del III Municipio e dell'assessore alla cultura della provincia di Roma, Cecilia D'Elia. Quest'ultima, come riportato in un audio diffuso in rete dagli occupanti, avrebbe fatto intendere che, una volta che le istituzioni di prossimità (il municipio competente) dovessero porre ostacoli alla realizzazione del progetto, le istituzioni tutte potrebbero a quel punto «costringere» la proprietà a sedersi al tavolo delle trattative;
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, quindi le casse dello Stato, si vede sottrarre l'entrata di una raccolta fiscale autorizzata, legittima e anzi funzionale al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dalla legge finanziaria per il 2007, la quale prevede l'apertura di una consistente quantità di attività di gioco legale per combattere quello illegale e clandestino;
la Costituzione, all'articolo 41, statuisce che l'iniziativa economica privata è libera. L'articolo 42, secondo capoverso, stabilisce invece che la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge;
privati cittadini impediscono ad altri privati cittadini l'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti e sia le istituzioni locali che le forze dell'ordine, alla data di oggi, hanno passivamente assistito, quando non avallato, tali illegalità -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
quali urgenti iniziative, nei limiti delle proprie specifiche competenze, intenda adottare per ristabilire il ripristino della legalità e la possibilità per ogni cittadino di fruire liberamente dei diritti costituzionalmente tutelati;
se non ritenga opportuno convocare i vertici locali delle FF.OO. per chiarire i motivi che hanno impedito finora qualsiasi iniziativa volta al rispetto del diritto e al ristabilimento della legalità.
(4-12237)

VILLECCO CALIPARI, TOUADI e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
con decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, è stata istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. L'Agenzia ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia organizzativa e contabile ed è posta sotto la vigilanza del Ministro dell'interno. L'Agenzia ha sede a Reggio Calabria ed a Roma;
nel rapporto 2011 dell'Agenzia nazionale al punto 4.6 - governo del territorio - viene chiaramente identificato il ruolo delle regioni che sono invitate ad attrezzarsi con un ufficio per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati che sia interlocutore autorevole e privilegiato a livello regionale dell'Agenzia nazionale; una tale impostazione consentirebbe alle regioni stesse di avere costantemente il quadro di quello che accade sul loro territorio, realizzando proprio quella funzione di programmazione e di sviluppo che è la missione fondante dell'ente stesso;
la regione Calabria, con la legge 7 marzo 2011, n. 7, ha istituito una vera e propria Agenzia regionale per i beni confiscati alle organizzazioni criminali in Calabria, con sede a Reggio Calabria;
in data 5 maggio 2011, su formale richiesta del Ministro Raffaele Fitto, il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge regionale n. 7 del 2011 recante l'istituzione dell'Agenzia regionale per i beni confiscati alle organizzazioni criminali in Calabria. Quest'ultima presenterebbe vari profili di illegittimità costituzionale. Innanzitutto essi si riscontrerebbero nell'articolo 3 in cui si prevede che «la Regione sottopone le indicazioni per il riutilizzo dei beni confiscati in Calabria all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,

con cui sottoscrive appositi protocolli d'intesa, richiedendone eventualmente l'assegnazione» e in cui si prevede altresì che l'Agenzia regionale per i beni confiscati «ha il compito di amministrare i beni eventualmente destinati alla Regione Calabria assicurandone il riutilizzo per i fini di utilità pubblica e sociale anche attraverso appositi bandi o concorsi di idee». Entrambi questi aspetti si porrebbero in contrasto con la normativa nazionale (legge n. 575 del 1965) in base alla quale: «l'assegnazione diretta degli immobili in favore di un'agenzia regionale non è contemplata ed inoltre i beni immobili confiscati possono essere destinati in concessione dalle regioni, solo sulla base di apposita convenzione a comunità anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato e non in altre modalità»;
inoltre, le disposizioni in merito alle funzioni di vigilanza dell'agenzia regionale calabrese sul corretto utilizzo dei beni confiscati da parte dei soggetti assegnatari e sull'effettiva corrispondenza tra la destinazione dei beni ed il loro utilizzo e sulla collaborazione della suddetta agenzia regionale con gli appositi organismi istituzionali per prevenire il deterioramento dei beni tra la fase di sequestro e quella di confisca si porrebbero in contrasto con il decreto-legge n. 4 del 2010 che istituisce l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, attribuendo alla stessa, tali forme di vigilanza, e con la normativa statale che individua espressamente quale soggetto deputato a fornire collaborazione all'autorità giudiziaria nella gestione dei beni sequestrati esclusivamente l'Agenzia nazionale;
con legge regionale del 20 ottobre 2009, n. 24, recante «Disposizioni per favorire l'uso sociale dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata» la regione Lazio ha istituito l'ABECOL - Agenzia regionale per i beni confiscati alle organizzazioni criminali nel Lazio. Tra le funzioni attribuite alla suddetta Agenzia regionale figurano anche competenze analoghe a quelle contestate all'agenzia calabrese e impugnate dal Consiglio dei ministri;
peraltro in data 8 aprile 2011 la Giunta regionale del Lazio ha nominato il direttore della suddetta agenzia al quale spetterebbe tra l'altro un considerevole trattamento economico; a ciò si aggiunga che la stessa agenzia è finanziata con due capitoli di spesa a carico del bilancio regionale con stanziamenti per il 2011 pari a 300 mila euro ed un milione di euro -:
di quali elementi disponga il Governo con riferimento a quanto riportato in premessa;
se il Ministro dell'interno, in virtù dei propri poteri di vigilanza, non intenda promuovere presso l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata un monitoraggio sull'effettivo operato delle Agenzie presenti nelle diverse regioni al fine di comprenderne l'effettiva necessità, così come la compatibilità e il coordinamento fra l'Agenzia nazionale e le Agenzie regionali;
se non ritenga che l'esistenza dell'Agenzia regionale laziale al pari di quella calabrese sia da considerarsi un'inutile sovrapposizione all'Agenzia nazionale che dà luogo ad un costo aggiuntivo per la pubblica amministrazione e, in caso contrario, se non intenda promuovere le eventuali modifiche da apportare alla normativa nazionale per garantire l'imprescindibile armonia ordinamentale tra la normativa nazionale e quelle regionali.
(4-12247)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con una nota di chiarimento del 29 aprile 2001 il Ministero precisa che per

insegnare lingua straniera nella scuola secondaria di I grado (nuova classe di concorso denominata 45/A Lingua straniera e seconda lingua comunitaria) non sono più sufficienti i requisiti necessari per la SSIS bensì crediti universitari aggiuntivi: dal momento che alle scuole medie la classe di concorso cambierà nome e permetterà di insegnare sia lingua inglese e una seconda lingua, i crediti formativi universitari necessari, oltre ai 36 della seconda lingua in questione, sono anche 36 per la lingua inglese;
coloro che, hanno scelto un percorso monolingue specializzandosi nella laurea magistrale solo in una lingua, rimangono automaticamente tagliati fuori, perché non possiedono 36 crediti formativi universitari in inglese (ma solo 24) -:
quale sia la motivazione che ha portato il Ministro interrogato ad impartire i chiarimenti in premessa indicati e come sia possibile rendere retroattivo il provvedimento di cui trattasi ed applicarlo anche a lauree già conseguite posto questo appare ingiusto e da modificare.
(5-04861)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il corso integrativo per il liceo artistico di ordinamento (a completamento del corso di soli quattro anni per accedere ai corsi universitari) è istituito ai sensi del Testo Unico n. 297 del 1994, articolo 191, comma 6;
è confermato, in modo dettagliato, anche in merito alla retribuzione dei docenti, dalla circolare n. 477 del 2 agosto 1997;
il corso integrativo non rappresenta un'offerta formativa integrativa ma un corso istituzionale a completamento del liceo artistico di ordinamento;
nonostante ciò i licei artistici (a livello nazionale) non stanno ricevendo i fondi per la retribuzione dei docenti dei corsi integrativi nei licei artistici da ben quattro anni: ciò impedisce il pagamento dei docenti i quali devono ricorrere al giudice del lavoro per ottenere quanto dovuto, con aggravio notevole di spese per lo Stato -:
se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile provvedere a reperire le risorse e predisporre le modalità affinché i docenti dei corsi integrativi nei licei artistici vengano finalmente debitamente retribuiti.
(5-04862)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sulla formazione iniziale degli insegnanti il Governo accelera; e davvero non si tratta di un'accelerazione graduale;
l'impulso è tale da rischiare di azzerare profondamente la stessa normativa fin qui faticosamente elaborata e approvata dallo stesso Governo;
infatti: il direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca Tomasi, in data 20 aprile, ha spedito una nota (prot. n. 1016) alle università per informarle che, in attuazione del decreto ministeriale n. 249 del 2010 (il regolamento sulla formazione iniziale) è stato adottato in successivo decreto (il decreto ministeriale n. 139 del 2011) che risulta ancora giacente presso la Corte dei conti in attesa di registrazione ma che dovrà essere applicato entro l'appena trascorso 18 maggio;
leggendo il testo del decreto si trova, in effetti, di che acuire l'attenzione. Infatti le ragioni di interesse cominciano fin dalle premesse;
da queste si apprende, per esempio, che le procedure per la definizione «dell'offerta formativa annuale degli atenei», ossia del numero dei posti da mettere a concorso nei corsi di laurea magistrale a numero chiuso e nel tirocini o formativo attivo in fase transitoria, «sono in corso»;

si sa già, tuttavia, che «il fabbisogno di personale docente nelle scuole, determinato a livello regionale, è numericamente esiguo;
considerato tutto ciò, viene «ritenuto necessario attivare per ciascuna classe di abilitazione al massimo un solo corso di laurea magistrale in ogni regione»;
ci si potrebbe, perfino, fermare qui, almeno per riflettere un attimo. La lettera del decreto ministeriale n. 249 del 2010 - o regolamento suddetto - non viene «attuata» sulla base di queste premesse ma semplicemente cancellata e riscritta;
in quel decreto si leggeva (articolo 4, comma 1): «Le università istituiscono i corsi di laurea magistrale di cui al presente decreto (...)». Ma l'idea che più o meno ogni ateneo avesse la possibilità - non l'obbligo - di partecipare al processo di formazione sembrava evidente;
ora si scopre, che in una regione, ci sarà un solo corso di laurea magistrale per ciascuna classe di concorso;
cioè, per esempio, la classe di abilitazione 45/A (inglese e seconda lingua straniera) nella regione Sicilia sarà «servita» da un solo corso magistrale, e cioè sarà attiva presso un solo ateneo;
il sistema adottato pare estremamente discriminatorio rispetto alla diversa presenza nelle regioni di un numero molto differenziato di atenei e di facoltà -:
se il Ministro interrogato non ritenga sia stato davvero troppo ristretto il tempo a disposizione degli atenei per riunirsi, consultarsi, valutare un piano organico ed equilibrato di distribuzione regionale delle lauree magistrali per la formazione degli insegnanti e scrivere i curricula, completi della disponibilità di docenti necessaria, da inserire nel regolamento didattico di ateneo (Rad);
come possa essere possibile che il Tfa in fase transitoria preveda obbligatoriamente la formazione anche degli insegnanti di secondaria di secondo grado per i quali mancano, ma sono ad oggi solo annunciate, specifiche tabelle;
come sarà possibile che, nei Tfa avviati entro il 18 maggio, formare gli organi direttivi, che comprendono anche insegnanti di scuola secondaria da selezionare secondo le indicazioni di decreti ancora non emanati.
(5-04863)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nelle scuole secondarie di secondo grado, in questi giorni, è stata consegnata ai ragazzi una «Card» - IOSTUDIO - inviata direttamente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che offre degli sconti e agevolazioni in numerose situazioni -:
quale costo economico abbia avuto, a carico del Ministero, l'attivazione della carta in premessa menzionata e se siano state debitamente informate le famiglie dell'iniziativa, visto che l'offerta è stata presentata a dei ragazzi minorenni.
(5-04865)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
già numerose volte l'interrogante aveva evidenziato la problematicità conseguente alla sentenza n. 207 del 2010 della Corte costituzionale che nel dichiarare illegittimi i commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008 come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha posto a carico dell'amministrazione e non più del sistema sanitario nazionale il pagamento degli oneri relativi alle visite fiscali disposte dai datori di lavoro per il controllo ed il contenimento delle assenze;
ciò, infatti, ha messo in difficoltà le scuole ed ha posto i dirigenti scolastici in una situazione quasi paradossale ed ambigua.

Essi sono obbligati, ai sensi dell'articolo 55-septies del decreto legislativo n. 165 del 2001 come integrato dal decreto legislativo n. 150 del 2009, a disporre il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche per un solo giorno, se non vogliono incorrere nella responsabilità dirigenziale e disciplinare connessa con il mancato adempimento e, contemporaneamente, sono costretti, disponendo il controllo, ad impegnare somme non previste nel programma annuale, contravvenendo ad una chiara indicazione di tipo contabile;
proprio il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, infatti, con nota n. 10773 dell'11 novembre 2010, contenente indicazioni per la predisposizione del Programma annuale 2011, nel paragrafo relativo alle «Spese» nel penultimo capoverso, scrive «.... La programmazione deve essere impostata tenendo conto delle effettive possibilità di realizzazione delle attività, evitando di prevedere entrate il cui successivo accertamento non è attendibile e spese per le quali non sussiste certezza di copertura»;
da quanto sopra è evidente che, a prescindere dalla decisione assunta, il dirigente scolastico corre, in percentuale elevata, il rischio di incorrere in responsabilità dirigenziali e/o disciplinari -:
a fronte di una situazione estremamente delicata e difficile, quali soluzioni intenda adottare al fine di risolvere il problema evidenziato in premessa e consentire così ai dirigenti scolastici di continuare a svolgere il proprio già oneroso compito, con maggiori certezze in merito alle decisioni da adottare, in materia di visite fiscali e di relativo pagamento degli oneri.
(5-04868)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 sul «contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza» prevede, per il personale del comparto scuola, alcuni interventi (in materia stipendiale) molto impopolari, soprattutto se visti dopo una serie di manovre finanziarie che hanno attinto «a piene mani» dagli organici del personale scolastico;
l'articolo 64 della manovra finanziaria per gli anni 2009-2010-2011 (decreto-legge n. 112 del 2008), ha previsto un taglio complessivo di 87 mila docenti e 42.500 ATA;
questi dati rendono palese la difficoltà in cui versa la scuola pubblica italiana; in questo quadro non sfugge alle difficoltà nazionali anche la scuola veneta che viene «colpita» anche se presenta dati superiori alle statistiche nazionali; un esempio concreto è il rapporto tra numero di alunni e docenti che per l'anno 2009/2010 era all'11,19 per cento in Veneto, mentre il dato nazionale si fermava al 10,52 per cento mentre per il 2010/2011 era all'11,74 per cento in Veneto, mentre il dato nazionale si fermava al 10,97 per cento -:
se ci siano le condizioni per invertire la rotta recuperando finanziamenti idonei a permettere il corretto funzionamento della scuola, mantenendone gli alti standard sino ad oggi garantiti;
se esista la volontà politica di riequilibrare i rapporti tra alunni e docenti, incrementando il numero dei docenti e del personale ATA occupati e impegnati nella scuola veneta;
in che tempi si preveda di pervenire ad un miglioramento tangibile di una situazione che vede impegnate da tempo tutte le sigle sindacali territoriali.
(4-12234)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento ad un documento che è stato distribuito in alcune scuole di

San Giovanni in Persiceto in cui vengono descritte situazioni scolastiche confrontate negli anni che non risultano assolutamente corrispondenti alla realtà dei fatti e che, a parere dell'interrogante, sono l'ennesimo tentativo di strumentalizzazione messo in atto da chi, per partito preso, ha deciso di colpire la scuola per colpire l'attuale Governo;
già con precedenti atti di sindacato ispettivo l'interrogante ha fatto presente la pesante situazione di politicizzazione che ha raggiunto livelli esasperati nelle scuole di Bologna e provincia dove è in corso, da parte di frange del corpo docente che appaiono estremamente ideologizzate, politicizzate e refrattarie al pieno rispetto di una legge votata dal Parlamento, una sistematica disinformazione sulla riforma della scuola italiana -:
se il Ministro interrogato intenda promuovere iniziative ispettive per verificare quella che all'interrogante appare una grave situazione di intolleranza e di mancata applicazione della legge di riforma della scuola votata legittimamente dal Parlamento mantenendo alta la vigilanza sul comportamento di certi docenti e dirigenti scolastici che, soprattutto in provincia di Bologna ed in Emilia Romagna, a giudizio dell'interrogante, continuano a venire meno al loro dovere di lealtà verso lo Stato, facendo prevalere logiche di militanza politica e partitica sui loro compiti essenziali di garantire la funzione educativa nell'interesse della collettività.
(4-12235)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
la conciliazione tra tempi di vita e lavoro è una delle questioni più rilevanti per la vita sociale del nostro Paese, visto il carico familiare che ancora grava in modo pesante sulle donne, ma essa continua ad essere affrontata, ad avviso degli interroganti, in modo contraddittorio da questo Governo;
la legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica» ai seguenti commi dell'articolo 1 stabiliva che: «57. Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, di quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 58. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene automaticamente entro sessanta giorni dalla domanda, nella quale è indicata l'eventuale attività di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere. L'amministrazione, entro il predetto termine, nega la trasformazione del rapporto nel caso in cui l'attività lavorativa di lavoro autonomo o subordinato comporti un conflitto di interessi con la specifica attività di servizio svolta dal dipendente ovvero, nel caso in cui la trasformazione comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal dipendente, grave pregiudizio alla funzionalità dell'amministrazione stessa, può con provvedimento motivato differire la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo non superiore a sei mesi. La trasformazione non può essere comunque concessa qualora l'attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un'amministrazione pubblica. Il dipendente è tenuto, inoltre, a comunicare, entro quindici giorni, all'amministrazione nella quale presta servizio, l'eventuale successivo inizio o la variazione dell'attività lavorativa. Fatte salve le esclusioni di cui al comma 57, per il restante personale che esercita competenze istituzionali in materia di giustizia, di difesa e di sicurezza dello Stato,

di ordine e di sicurezza pubblica, con esclusione del personale di polizia municipale e provinciale, le modalità di costituzione dei rapporti di lavoro a tempo parziale ed i contingenti massimi del personale che può accedervi sono stabiliti con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del tesoro»;
negli ultimi due anni il Governo Berlusconi con le sue politiche è andato secondo gli interroganti in senso contrario; infatti è intervenuto con due provvedimenti che hanno modificato questo istituto:
a) la cosiddetta legge Brunetta (decreto-legge n. 112 del 2008) ha stabilito non solo l'abolizione delle percentuali di dipendenti part-time ma anche che le amministrazioni pubbliche valutino senza alcun obbligo di concessione le richieste di nuovi part-time;
b) il cosiddetto «collegato lavoro» legge n. 183 del 2010, in vigore dal 24 novembre 2010, ha stabilito che in sede di prima applicazione delle predetta novella «le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei princìpi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008»;

di fatto i due provvedimenti hanno significato un blocco alla concessione di nuovi part-time. Inoltre i citati provvedimenti risultano essere in totale contraddizione con l'articolo 9 della legge n. 153 del 2000;
la legge n. 183 del 2010 in particolare, poiché si presta a diverse interpretazioni, ha generato la protesta di moltissimi lavoratori e di rappresentanti sindacali, nonché il pronunciamento della magistratura del lavoro (ordinanza 31 gennaio 2011 del tribunale di Firenze, sentenza del 4 maggio 2011 del giudice del lavoro di Trento);
in base alla sentenza del giudice del lavoro di Trento, infatti, l'articolo 16 della legge n. 183 del 2010, nel consentire al datore di lavoro pubblico di trasformare unilateralmente il rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, anche contro la volontà del lavoratore, si pone in insanabile contrasto con la direttiva n. 97/81/CE attuata dall'Italia con decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, che sottolinea l'esigenza di adottare misure volte ad incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività;
infatti tale norma discrimina il lavoratore part-time, il quale, a differenza del lavoratore a tempo pieno rimane soggetto al potere del datore di lavoro pubblico di modificare unilateralmente la durata della prestazione di lavoro e non contribuisce certo allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale su basi accettabili sia ai datori di lavoro che ai lavoratori, atteso che il lavoratore part-time sarebbe soggetto al rischio di vedersi trasformare il rapporto in lavoro a tempo pieno, anche contro la propria volontà, con evidente grave pregiudizio alle proprie esigenze personali e familiari. La norma nazionale, infine, contrasta con quella parte della direttiva che impone la presenza del senso del lavoratore in caso di trasformazione del rapporto di lavoro;
l'articolo 6 della legge n. 183 del 2010 inoltre sembra confliggere anche con l'articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che sancisce la volontarietà di ogni prestazione lavorativa;
è risaputo che i lavoratori, in stragrande maggioranza donne, del pubblico impiego titolari di un rapporto di lavoro

part-time, scelgano questo istituto perché impegnati nella cura dei figli minori, di anziani o di persone con gravi disabilità non ricevendo il dovuto supporto o sostegno dallo Stato. Per ottemperare ai loro doveri familiari queste lavoratrici non hanno esitato a vedere ridotto il loro già esiguo stipendio in cambio di un orario di lavoro più flessibile e confacente alla cosiddetta «conciliazione dei tempi di vita e di lavoro»;
con questo ultimo provvedimento in particolare, si stanno avendo grandi ripercussioni, anche di tipo sociale, sugli oltre 170 mila dipendenti pubblici (cioè circa il 4,7 per cento contro il 24,1 dei dipendenti a tempo pieno, secondo i dati riferibili al quarto trimestre 2010 pubblicato dall'Istat), che hanno ottenuto il part-time;
il part-time è riconosciuto in tutta Europa come lo strumento più efficace e straordinario per incentivare l'occupazione, particolarmente quella femminile, e per consentire quella conciliazione lavoro-famiglia che nel nostro Paese è difficile da attuare;
il part-time è la soluzione più efficace per permettere a chi lavora di prendersi cura di familiari non autosufficienti, disabili e figli minori ed inoltre è ancora più importante adesso, dopo i tagli apportati ai servizi alla persona in grado di aiutare le famiglie nell'assistenza ai loro familiari non autosufficienti;
in un Paese come il nostro, con un bassissimo tasso di natalità, la revoca del part-time non incentiva la formazione di nuovi nuclei familiari, con la logica conseguenza, a causa dell'invecchiamento della popolazione, della crescita della spesa previdenziale e assistenziale;
una «stretta» del part-time nel settore pubblico comporterebbe una contrazione della partecipazione femminile al mercato del lavoro e una ulteriore riduzione del suo impiego nel settore privato che oggi copre soltanto il 10 per cento dell'occupazione totale, a fronte di quote europee decisamente più elevate;
le circolari ministeriali del 10 febbraio 2010, n. 20389, e quella di chiarimenti n. 1196 del 24 novembre 2010 non pare abbiano risolto i denunciati problemi applicativi della norma. A fronte della scadenza del termine (22 maggio 2011) per il riesame unilaterale del part-time da parte della pubblica amministrazione, sono pervenute a lavoratrici impiegate a tempo indeterminato con orario di lavoro ridotto delle richieste di modifica dei contratti di lavoro (ad esempio, a tempo determinato), e in alcuni casi si sta addirittura giungendo a provvedimenti unilaterali di revoca. Fatti del genere sono avvenuti presso enti pubblici a Lecco, in Toscana e nella città di Udine;
l'Istat, nel rapporto annuale sulla situazione del Paese 2010 conferma che:
sono le donne il pilastro del welfare, coloro che reggono il carico maggiore nella rete d'aiuto familiare fondamentale per l'economia e la società. Le donne, secondo l'Istat, svolgono in un anno 2,1 miliardi di ore d'aiuto a componenti di altre famiglie, pari ai due terzi del totale erogato. Ma questo sistema è in crisi strutturale, a causa anche ai provvedimenti citati in premessa, e rischia di sgretolarsi;
quasi un milione di donne ha subito il licenziamento o è stato costretto a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Oltre la metà delle interruzioni del lavoro per la nascita di un figlio non è il risultato di una libera scelta. Sono infatti circa 800 mila (pari all'8,7 per cento delle donne che lavorano o hanno lavorato) le madri che hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere, nel corso della loro vita lavorativa, a causa di una gravidanza;
solo quattro madri su dieci tra quelle costrette a lasciare il lavoro, ha poi ripreso l'attività, ma con valori diversi nel Paese: una su due al Nord e soltanto poco più di una su cinque nel Mezzogiorno;
le interruzioni imposte dal datore di lavoro, in particolare, riguardano più

spesso le donne più giovani: si passa infatti dal 6,8 per cento delle donne nate tra il 1944 e il 1953 al 13,1 per cento di quelle nate dopo il 1973. Per queste ultime generazioni, le dimissioni in bianco quasi si sovrappongono al totale delle interruzioni a seguito della nascita di un figlio;
nel 2010, a fronte della grave crisi, la famiglia, per l'ennesima volta, ha svolto il ruolo di ammortizzatore sociale nei confronti dei giovani. Ancora una volta le donne;

tutto questo appare agli interroganti assolutamente in contrasto con le direttive europee, con tutti i pronunciamenti fatti a più riprese da questo Governo, che in nome della parità ha penalizzato pesantemente le donne con l'allungamento, attraverso un voto di fiducia dell'età pensionabile (da 65 a 66 per effetto del decreto-legge n. 78 del 2010) -:
cosa si intenda fare per garantire alle lavoratrici del pubblico impiego il diritto a conciliare le proprie esigenze lavorative con quelle affettivo-familiari, la libera facoltà di scelta del lavoro part-time e la tutela dei diritti acquisiti, alla luce:
del piano strategico di azioni per la conciliazione e le pari opportunità che prevede anche una maggiore inclusione delle donne nel mercato del lavoro contenute nel programma Italia 2020;
della risoluzione (8-00070) approvata in commissione all'unanimità l'8 giugno 2010; del protocollo d'intesa con le parti sociali siglato il 7 marzo 2011 proprio sul tema della conciliazione.
(2-01117)
«Codurelli, Damiano, Cenni, Ferranti, Rigoni, Bobba, Schirru, Mogherini Rebesani, Villecco Calipari».

Interrogazione a risposta orale:

MARMO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge dispone il divieto, per l'iniziativa economica privata, di svolgere attività di collocamento della manodopera, attraverso la messa in contatto dei prestatori di lavoro con i datori di lavoro. La previsione originariamente contenuta nella legge n. 264 del 1949, è stata confermata dalla legge n. 1369 del 1960 e da ultimo dalla riforma del mercato del lavoro (legge Biagi, decreto legislativo n. 276 del 2003);
in particolare la legge 23 ottobre 1960, n. 1369 («Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di manodopera negli appalti di opere e servizi») agli articoli 1 e 2 sanziona l'appalto vietato di manodopera, considerando tale la condotta di chi, si interpone illecitamente tra lavoratore e datore di lavoro per l'intera durata del rapporto, mantenendo fittiziamente alle proprie dipendenze il personale utilizzato e lucrando in modo parassitario sulle retribuzioni;
in numerose gare per servizi, attivate da diverse amministrazioni pubbliche ivi compreso l'INPDAP, per le quali si è utilizzato il sistema del massimo ribasso, sono state partecipate ed in alcune casi vinte da soggetti che sembrano ricadere nel suddetto divieto;
l'entità del ribasso infatti è tale che appare impossibile, tenuto conto dei costi complessivi, che i soggetti vincitori possano adempiere ai propri obblighi contributivi nei confronti del proprio personale o se vi adempiono, ciò accade in danno delle retribuzioni, che dovrebbero mai scendere sotto i minimi contrattuali -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per incrementare i controlli sugli appalti riguardanti la prestazione di servizi ed, in particolare, se non ritenga opportuno emanare disposizioni che confermino il divieto di intermediazione di manodopera chiarendo che le gare per servizi al massimo ribasso devono tener conto della copertura degli obblighi contributivi e dei minimi contrattuali.
(3-01698)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
1.240 lavoratori in somministrazione (ex interinali) presso l'INPS hanno perso il proprio lavoro a seguito di quanto previsto dalla manovra finanziaria dello scorso luglio (decreto-legge n. 78 del 2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010) che taglia, per il prossimo triennio, del 50 per cento la spesa sostenuta nel 2009 da parte delle pubbliche amministrazioni per lavoro flessibile;
il 30 marzo 2011 la commissione lavoro della Camera dei deputati aveva approvato, con il voto favorevole di tutti gruppi parlamentari, una risoluzione nella quale impegnava l'esecutivo «ad assumere le iniziative di competenza per rimuovere (...) il vincolo normativo attualmente vigente tenendo fede agli impegni assunti più volte in Assemblea, permettendo la prosecuzione dell'impiego di lavoratori con contratti di somministrazione di lavoro operanti presso gli enti previdenziali»;
il Governo però non ha assunto nessuna decisione in merito, né il Ministro del lavoro ha ricevuto le organizzazioni sindacali nonostante una richiesta inviata mesi fa;
inoltre ci sono 550 persone lasciate a casa lo scorso 1o gennaio, che attendono una risposta. I vertici dell'INPS hanno più volte dichiarato la necessità di poter avere a disposizione tale personale per il buon andamento dei servizi. Si tratta di persone che hanno svolto per l'Istituto funzioni ordinarie e strutturali di lavoro, tanto che, avvertono i sindacati «la loro mancata presenza non potrà far altro che rallentare, quando non sospendere, l'iter di pratiche pensionistiche e sociali di competenza dell'INPS», lo stesso Istituto che, paradossalmente, sarà chiamato ad erogare le indennità ordinarie di disoccupazione per questi stessi lavoratori, con un esborso di circa 7 milioni e mezzo di euro -:
se e con quali tempi, il Governo intenda attuare immediatamente quanto deciso dal Parlamento ed evitare che sia colpita la funzionalità dell'Istituto e che altre centinaia di persone restino disoccupate e senza sostentamento.
(4-12220)

RAISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 3 marzo 2004, il signor Gabriele Croatto veniva assunto a tempo indeterminato dall'azienda chimica Biolchim con sede in Medicina (Bologna) con la qualifica di dipendente di livello «E1» e nello specifico con mansioni di «operaio addetto all'impianto di macinazione»;
nel contratto di assunzione poteva evincersi l'ammontare della retribuzione lorda pari a euro 1.350,00 mensile;
il contratto di assunzione predetto, formulato ai sensi dell'articolo 1 della legge n.68 del 1999 presentava come univoca finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
si tratta, nello specifico, di una legge ad alta valenza civica da applicarsi alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata dal Ministero della salute sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità;

il signor Gabriele Croatto, operaio pompista, nell'anno 1999 veniva sottoposto a un delicato intervento chirurgico d'urgenza a seguito di una forma tumorale che comportò l'integrale svuotamento del cavo ascellare per l'insorgere di una forma classificata come melanoma maligno di 3o livello alla spalla sinistra;
il 25 febbraio 2003, il dottor Andrea Ossorio, medico specialista in medicina del lavoro nonché medico aziendale della Biolchim inviò all'azienda citata, in previsione della relativa assunzione del signor Croatto ai sensi della legge n.68 del 1999, una relazione atta a inquadrare le potenziali attività lavorative da svolgersi da parte del signor Croatto nella Biolchim;
lo stesso sanitario ne consigliava l'impiego con le mansioni di «addetto al mulino» e con la prescrizione di «Non adibirlo a mansioni che necessitino la presa di forza con l'arto superiore di sinistra»;
il documento sottoscritto dal dottor Ossorio annota che il proprio parere di compatibilità all'assunzione sarebbe stato comunque subordinato alla relazione della commissione competente;
infatti, proprio il 3 febbraio 2004, il dipartimento sanità pubblica U.O. medicina legale ASL città di Bologna riconobbe al signor Croatto una invalidità pari al 60 per cento attestando chiaramente la prescrizione di evitare l'esposizione a rumori e vibrazioni di elevata intensità e la movimentazione di carichi del peso superiore ai 6-8 chilogrammi ribadendo la necessità di un collocamento mirato;
a seguire, il 17 marzo 2004, la commissione di prima istanza - invalidità civile ASL di Bologna - sede di Budrio attestò che il signor Croatto «già riconosciuto invalido al 60 per cento nel 2001 ...non presenta segni di recidiva del melanoma ...evidenzia bronchite cronica ostruttiva con dispnea da sforzo, ipoacusia sulle alte frequenze e marcato deficit visivo»;
l'impiego presso la Biolchim venne quindi definito da precise condizioni lavorative e dal rigoroso rispetto delle potenzialità di salute esprimibili dal dipendente;
è proprio questa, senza dubbio alcuno, la ratio di una norma sociale che nasce dal proposito di tutela del lavoratore debole affetto da minorazione;
il signor Croatto venne dunque impiegato presso la Biolchim con mansioni che lo stesso, nel tempo, avvertì fortemente in contrasto con le sue capacità fisiche;
questa forma di inadeguatezza lavorativa risulta perfettamente documentata da una significativa mole di certificazioni sanitarie idonee proprio a significare come le forme di affaticamento e di astenia patite dal signor Croatto fossero correlate ad un impiego evidentemente insopportabile per un fisico già minato da importanti e certificate disfunzioni;
è altrettanto pacifico che la sua posizione di soggetto debole non abbia indotto alcuno a valutare la credibilità e l'importanza delle istanze di questo lavoratore;
nell'anno 2006 il signor Croatto iniziò a manifestare una certificata sindrome depressiva ansiosa reattiva ricondotta patologicamente alla «situazione lavorativa», come si legge nei referti clinici, proprio mentre andavano susseguendosi ricoveri e degenze ospedaliere legati proprio ai postumi di sforzi fisici riconducibili alle conseguenze dirette del suo impiego;
l'azienda Biolchim modificò, successivamente, le mansioni assegnate originariamente al signor Croatto inquadrandolo dal primo impiego di «addetto al mulino» a quelle di addetto al «confezionamento liquidi» sempre dietro nuove documentate e formali istanze del lavoratore;
intanto il signor Croatto, il 20 febbraio 2007, ricevette una ulteriore missiva da parte della Biolchim con cui si integravano le sue mansioni conferendogli l'incarico di autista per trasporto e movimentazione merci con automezzi della società,

di addetto al confezionamento dei prodotti, di addetto alla attività logistica;
il signor Croatto svolgerà pertanto mansioni di autista in costanza di un riconosciuto deficit visivo;
in realtà, com'è facilmente desumibile, la variazione e le integrazioni di mansione saranno del tutto effimere giacché nuovamente del tutto sproporzionate rispetto alle patologie del signor Croatto;
a tale proposito, con una metodica e formale prescrizione, il medico dell'azienda Andrea Ossorio, ha ritenuto ingiustificata la richiesta del lavoratore di adeguare diversamente il nuovo incarico rispetto alla sua malattia, motivandola in tal modo: «La mansione proposta di addetto al confezionamento liquidi non è in contrasto con le attitudini psicofisiche del lavoratore a condizione che egli non sia costretto ad operare frequentemente con la mano sinistra oltre il livello delle spalle, o sia costretto a movimentare con la stessa mano pesi (dotati di buona possibilità di presa) oltre i 5 chilogrammi»;
nelle pieghe dell'assunto del sanitario, appare chiaro che il signor Croatto avrebbe dovuto avvalersi di dispositivi o accorgimenti di difficile individuazioni allo scopo di non sollevare carichi oltre il livello delle spalle e di oltre 5 chilogrammi;
ma il signor Croatto non si diede per vinto, seppure minato dal male e in condizioni d'indigenza, ricorse alla commissione medica - dipartimento di sanità pubblica ASL di Imola - che in data 8 febbraio 2011 modificò integralmente il giudizio di idoneità del dottor Ossorio attestando che il signor Croatto «può essere ritenuto idoneo alla mansione di addetto al confezionamento liquidi con le seguenti prescrizioni: di adibire esclusivamente alle linee dotate di dispositivo di sollevamento meccanizzato dei contenitori. La movimentazione manuale dei carichi, qualora occasionalmente richiesta, deve essere limitata a carichi inferiori a 5 chilogrammi»;
a questo punto un senso di sfiducia e di sconfitta si impossessa di un lavoratore integralmente abbandonato a se stesso;
il signor Gabriele Croatto sparisce dalla propria abitazione in data 15 febbraio 2011, raggiunge Sabaudia e lucidamente dopo aver compilato alcune lettere di commiato indirizzate ai propri amati congiunti, si toglie la vita a 56 anni di età;
le indagini sul mero rinvenimento del cadavere vengono condotte dal Sostituto procuratore di Latina dottor Gregorio Capasso;
la vedova del signor Croatto, signora Lucilla Raffagnini, dopo la morte del marito acquisirà dal servizio di Medicina - Centro di salute mentale di San Lazzaro di Savena la seguente certificazione a firma del dottor Cestari:
«il signor Croatto, nato a Latina, durante i colloqui di sostegno avuti presso il nostro centro di salute mentale con il dottor Orsucci Samuele, avvenuti dall'11 novembre 2010 al 15 febbraio 2011 ha frequentemente manifestato sofferenze personali nei confronti dell'azienda in cui era impiegato con funzioni e attività manuali con macchine impastatrici. Tale sofferenza sembrava essere determinata da un senso di forte incomprensione del datore di lavoro nei confronti di una sua non riconosciuta ridotta validità (peraltro documentata dal certificato d'invalidità permanente di punti 50). In specifico veniva a lui richiesto di sollevare sacchi di materiale chimico di un peso superiore alle sue capacità fisiche e alla sua menomazione (cavo ascellare). L'inevitabile sforzo eccessivo si traduceva in un rigonfiamento dei fasci muscolari del braccio, provocando altresì una forte astenia. Il signor Croatto sentiva queste richieste eccessive e come elementi umilianti della sua residua capacità lavorativa e percepiva queste insistenze, da parte del datore come segnali di non essere creduto rispetto alla sua menomazione come di colui che non voleva collaborare invece di chi non poteva. È ipotizzabile che nel tempo questa sofferenza

abbia creato un forte stato di stress e un profondo senso di incapacità lavorativa»;
le conclusioni del dottor Cestari colpiscono e indignano profondamente;
da quest'ultima certificazione si desume che sussistesse una menomazione effettiva, una ridotta comprovata capacità lavorativa, di fatto si manifesta un'evidente distacco rispetto alle aspettative minime di un lavoratore senza voce alcuna;
e si evince anche che questa prostrante e inumana rincorsa al riconoscimento elementare, sancito dalla Costituzione, di vedersi riconosciuto il diritto ad un lavoro dignitoso, aveva umiliato e calpestato il signor Croatto sino a indurlo al gesto estremo del suicidio;
la morte del signor Croatto è annunciata, inevitabile, lucida e pianificata con responsabilità che andranno immediatamente indagate; è evidentemente la morte di una persona senza voce che ha il diritto di ricevere quantomeno il riconoscimento postumo di una ricerca della verità e delle cause che lo hanno allontanato prematuramente dalla vita al fine dell'accertamento delle eventuali responsabilità -:
di quali elementi dispongono in relazione al caso di cui in premessa e se non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di meglio approfondire e valutare adeguatamente tutte le vicende sopra enunciate che hanno portato al suicidio del signor Gabriele Croatto;
se non si ritenga utile una verifica di tutte le circostanze sopra enunciate al fine di accertare se vi siano state condotte inappropriate da parte dell'azienda suddetta nei confronti del lavoratore.
(4-12221)

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel marzo del 2011 l'Inpdap ha finanziato un progetto che si rivolge nei confronti dei pensionati non autosufficienti del Sulcis Iglesiente (Carbonia);
il progetto si prefigge di migliorare la qualità della vita dei pensionati non autosufficienti e si chiama «Home care premium»;
con il progetto si intendono garantire maggiori servizi di assistenza e di sostegno importantissimi per pensionati non autosufficienti;
il progetto è stato finanziato dall'Inpdap con 105 mila euro e rappresenta un importante intervento dal forte valore sociale e che risulta essere concreto e congruo;
gli anziani non autosufficienti subiscono spesso, e in particolare nel Meridione e nelle isole, una difficoltà nell'accesso ai servizi e alle misure di sostegno, e progetti come quelli dell'Inpdap rappresentano una strada da percorrere e da avviare anche in altre aree -:
se non intenda promuovere progetti, come quello finanziato dall'Inpdap per anziani non autosufficienti nel Sulcis Iglesiente, anche in altre realtà svantaggiate del Meridione in modo da sostenere attività concrete e irrinunciabili a favore di anziani con problemi di mobilità;
se l'Inpdap intenda finanziare altri progetti «Home care premium» per pensionati non autosufficienti in altri comuni in particolare nel Sud del Paese.
(4-12223)

STRIZZOLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi anni si è determinata una pesante crisi economica nel settore della produzione della sedia che ha provocato, in particolare nell'area del distretto della sedia del manzanese (provincia di Udine), una forte diminuzione dei livelli occupazionali;
in questi mesi si registra un nuova situazione di crisi presso la ditta «Effezeta»,

ubicata nel territorio del comune di Premariacco (Udine), una realtà che ha progressivamente ridotto le unità occupate dai circa 300 dipendenti di qualche anno fa agli attuali 136 posti ora in cassa integrazione;
la crisi del «triangolo della sedia» sta proseguendo nonostante gli sforzi e il senso di responsabilità dimostrato dalle rappresentanze sindacali che hanno accettato anche intese sofferte pur di salvare almeno in parte i livelli occupazionali;
fra il personale dipendente la prevalenza è di genere femminile e la crisi della «Effezeta» rischia di penalizzare ulteriormente il mondo delle donne in cerca di occupazione -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione di crisi della ditta «Effezeta» di Premariacco (Udine) e quali iniziative intendano promuovere - anche assieme alla regione Friuli Venezia Giulia - per contrastare il pesante calo occupazionale nel distretto della sedia e, nello specifico, per promuovere adeguate soluzioni per salvaguardare la realtà aziendale della «Effezeta».
(4-12236)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BORDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Corpo forestale dello Stato, ai sensi della legge 5 aprile 1984, n. 124, recante «Disposizioni per l'assunzione della manodopera da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste», si avvale di personale operaio assunto a tempo indeterminato e determinato per la gestione delle aree naturali protette e l'assolvimento dei compiti istituzionali indicati dalla legge 6 febbraio 2004, n. 36, recante «Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato»;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, meglio nota come legge finanziaria per il 2007, ha previsto la stabilizzazione di 1.007 operai a tempo determinato (O.T.D.), dei circa 1.300 in servizio all'epoca, assunti dal Corpo forestale dello Stato per la cura e la tutela del patrimonio boschivo;
la legge 18 giugno 2009, n. 69, ha autorizzato il Corpo forestale dello Stato ad avvalersi della collaborazione della quota di personale non stabilizzata entro il limite di spesa di 3.000.000 di euro per gli uffici di tutela della biodiversità, conservazione delle foreste demaniali e attività di protezione dell'ambiente;
l'articolo 2, comma 250, della legge finanziaria per il 2010 e il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2010 di riparto delle risorse indicate hanno confermato lo stanziamento di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011, 2012 in favore degli O.T.D. del Corpo forestale dello Stato;
in questa quota sono compresi 23 O.T.D. in servizio nell'area della Foresta umbra, alcuni anche da 20 anni, il cui periodo di assunzione è stato pari a 5 giornate di lavoro per il 2009 e a 14 giornate di lavoro per il 2010, a fronte delle 180 giornate di lavoro mediamente assegnate agli O.T.D. di Basilicata, Calabria, Sicilia e regioni dell'Italia settentrionale -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per eliminare l'evidente disparità di trattamento subita dagli operai a tempo determinato in servizio presso la Foresta umbra.
(5-04855)

SANI, SPOSETTI, OLIVERIO, FIORIO e CENNI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è tra i principali produttori ed esportatori di castagne e, in particolare, è

il primo esportatore mondiale per valore degli scambi e il secondo per quantità scambiate, dopo la Cina;
il castagno ha avuto ed ha ancora oggi un ruolo preminente tra le formazioni forestali italiane, non solo per l'elevata produttività, la qualità e la varietà degli assortimenti legnosi ma soprattutto per la consistente presenza sul territorio;
la castanicoltura, in molte regioni italiane, costituisce una delle risorse agricole principali e una delle fonti aggiuntive di sostegno di diverse comunità locali; i dati ISTAT del 2007 evidenziano che la superficie coltivata a castagneto è concentrata principalmente nelle regioni centro-meridionali: in Campania (13,3 mila ettari) Calabria (10,7 mila ettari) Toscana (7,8 mila ettari) e Lazio (5,2 mila ettari) Emilia Romagna (2,2 mila ettari); mentre nel Nord la regione più interessata risulta il Piemonte (5,4 mila ettari);
il settore castanicolo sta vivendo una gravissima emergenza legata alla presenza di un pericoloso parassita, denominato cinipide galligeno da castagno, che costituisce una vera e propria minaccia per i castagneti che vengono diffusamente attaccati da questo insetto;
a causa dei danni provocati dal cinipide, la produzione castanicola entro i prossimi quattro anni sarà compromessa del 70-80 per cento e quindi si rischierà l'abbandono dell'attività produttiva e del territorio;
l'abbandono della coltivazione dei castagneti rischia di produrre gravi conseguenze economiche, sociali, ambientali ed idrogeologiche e pertanto occorrono interventi concreti e immediati per scongiurare la distruzione dei secolari castagneti infestati dal cinipide;
la castagna ad oggi è l'unico frutto a guscio a non aver ricevuto aiuti finanziari a differenza della nocciola, della mandorla, del pistacchio ed altri;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, su sollecitazione dell'associazione nazionale Città del Castagno, per affrontare i problemi del settore castanicolo italiano, resi più evidenti dalle emergenze fitosanitarie e dalle difficoltà rispetto alla concorrenza asiatica, ha costituito un tavolo nazionale di coordinamento della filiera castanicola al fine di concertare un piano di settore per il rilancio del comparto;
il piano di settore castanicolo 2010/2013 ha elaborato un'attenta analisi del settore castanicolo italiano, nonché la strategia, gli obiettivi e le azioni chiave da condividere con tutti i soggetti istituzionali (Governo, amministrazioni centrali, regioni, amministrazioni locali) ed economici interessati al settore;
i soggetti istituzionali ed economici, nel condividere il piano, si sono impegnati a mettere in atto tutte le iniziative e attività di propria competenza e a sottoscrivere gli accordi che scaturiscono dal piano;
allo stato attuale il suddetto piano di settore non risulta opportunamente finanziato per rilanciare il comparto castanicolo né tantomeno per affrontare l'emergenza fitosanitaria del cinipide e ad oggi il Ministero ha stanziato per l'anno 2011 solo 1 milione di euro per l'emergenza del cinipide;
le problematiche del settore sono state a più riprese evidenziate dall'associazione nazionale Città del Castagno, da Castanea-EuropeanChesnut Network e dal Centro studi di documentazione sul castagno -:
se il Governo intenda incrementare le risorse economiche per l'attuazione del piano di settore castanicolo 2010/2013 ed, in particolare, per sostenere la filiera produttiva del castagno, per la ricerca dei metodi di lotta al cinipide, per lo studio di insetti autoctoni capaci di contrastare la diffusione del cinipide, anche tramite l'attivazione delle procedure per il riconoscimento della calamità naturale per i danni provocati dal cinipide;

se intenda promuovere l'estensione delle misure a sostegno delle produzioni di frutta a guscio anche al settore castanicolo, anche al fine di fronteggiare la mancata produzione dovuta all'attacco del cinipide, portando in sede europea le problematiche del settore in vista della nuova politica agricola comune 2014-2020 in via di definizione.
(5-04856)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel corso di un recente incontro tra la Coldiretti piemontese ed i rappresentanti della stessa regione, è stato presentato un decalogo per la semplificazione e la sburocratizzazione per il settore vitivinicolo;
il documento sintetizza in 10 punti in particolare, le difficoltà che gravano sul settore, proponendo alcune azioni concrete per semplificare l'iter, armonizzandolo con i diversi obblighi di legge connessi alla conduzione dei vigneti, alla produzione del vino e alla commercializzazione;
l'asfissiante burocrazia, secondo la Coldiretti Piemonte, unitamente alla contraffazione dei prodotti agroalimentari e del vino in particolare, a giudizio dell'interrogante, mettono in seria discussione la sopravvivenza delle oltre 20 mila aziende viticole piemontesi, che insieme a 10 mila cantine, generano occupazione per 24 mila addetti -:
quali siano gli intendimenti del Governo con riferimento a quanto esposto in premessa;
se non ritenga opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, assumere un'iniziativa normativa ad hoc, nel rispetto delle prerogative legislative regionali e comunitarie in materia, volto a semplificare l'intera attività amministrativa e gestionale, per i produttori vitivinicoli italiani, il cui settore costituisce non solo dal punto di vista economico, ma anche di promozione del made in Italy nel mondo, un vanto per il nostro Paese.
(5-04860)

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
tra il 26 ed il 29 agosto 2009, parte del territorio della provincia di Mantova è stato colpito da un evento alluvionale di grande portata che ha provocato danni ingenti a strutture ed attrezzature di numerose aziende agricole;
con decreto ministeriale 31 dicembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 febbraio 2010, è stata delimitata la zona dichiarata calamitata comprendente i comuni di S. Giacomo delle Segnate, S. Giovanni del Dosso, Schivenoglia, Revere, Quingentole, Pieve di Coriano, Serravalle a Po, Quistello, Villa Poma, Poggio Rusco, Carbonara di Po e Sermide;
ad oggi, le aziende agricole colpite dall'alluvione, nelle quali sono state accertate le condizioni previste per la concessione del contributo in ragione del danno subito, non sono state indennizzate -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale vicenda e quali iniziative intenda assumere per risolvere questa incresciosa situazione che sta mortificando quelle aziende e quelle famiglie colpite dall'alluvione di cui in premessa.
(5-04866)

Interrogazione a risposta scritta:

DIMA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della legge n. 124 del 1984, il Corpo forestale dello Stato si avvale di personale operaio assunto sia a tempo indeterminato che a tempo determinato per assicurare la gestione delle aree naturali protette ed assolvere ai compiti d'istituto;

questo personale può essere assunto, e di norma così avviene, anche a tempo determinato nel rispetto di precise disposizioni legislative che stabiliscono chiaramente che le procedure di assunzione devono riguardare la gestione delle riserve naturali e la lotta agli incendi boschivi;
il Corpo forestale dello Stato, nel 2009, si è avvalso di circa 180 operai assunti a tempo determinato a seguito di autorizzazione prevista dalla legge n. 69 del 2009 e per una spesa complessiva di circa 3 milioni di euro;
successivi interventi legislativi hanno stanziato ulteriori 3 milioni di euro per gli anni 2010/2011/2012;
il decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010 ha stabilito un limite alle assunzioni di personale a tempo determinato pari al 50 per cento di quanto speso nel 2009 anche se questi operai sono stati assunti con un contratto di natura privatistica, che quindi esula dalle limitazioni previste dal suddetto decreto-legge che invece fa riferimento alle assunzioni nel settore pubblico;
alla riduzione delle risorse finanziarie non è corrisposta un'eventuale ripartizione in loco delle giornate lavorative tra gli operai a tempo determinato, ma è stato rimodulato, a livello nazionale, il piano delle assunzioni che, di conseguenza, ha penalizzato le regioni meridionali e la Calabria in particolare, dove per esempio in provincia di Cosenza su otto lavoratori solo uno è stato avviato a tempo determinato -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per far fronte ad un problema che, sul versante occupazionale e per funzioni importanti di salvaguardia del territorio, penalizza le regioni meridionali.
(4-12226)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 21 marzo 2008 è stato bandito il concorso CO.A IV, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 23 del 21 marzo 2008 per l'ammissione di «duecentosessanta borsisti al quarto corso/concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di duecento segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali». In data 26 novembre 2010 è stata pubblicata la graduatoria finale relativa al concorso, nella quale risultavano vincitori solo 227 candidati;
successivamente, in data 25 marzo 2011, sul sito della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale, veniva comunicata la data dell'inizio del corso (previsto dagli articoli 11 e 12 del bando sopra indicato), rendendo noto che: «il IV corso-concorso per l'accesso alla carriera dei segretari comunali e provinciali, denominato »Co.A 4« verrà svolto presso la S.S.A.I. - Scuola superiore dell'amministrazione dell'Interno - via Veientana n. 386, Roma, con inizio previsto per il giorno 6 giugno 2011. Entro la fine del mese di aprile p.v. verrà data comunicazione ufficiale di conferma. Si invitano gli interessati a consultare periodicamente il sito della SSPAL»;
tuttavia, in data 29 aprile 2011, sempre sul sito ufficiale della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale, veniva comunicato che: «Facendo seguito all'avviso del 25 marzo u.s., la Scuola conferma di aver programmato ed organizzato l'inizio del corso-concorso, c.d. COA IV, per il prossimo 6 giugno. Tuttavia la perdurante situazione di gestione provvisoria (ex articolo 163 del decreto legislativo n. 267 del 2000) non consente, allo

stato, di poter confermare l'inizio del corso nella data indicata. Pertanto, la comunicazione ufficiale del giorno d'inizio del corso potrà essere data soltanto dopo l'approvazione del piano finanziario della SSPAL per il 2011, sempre mediante pubblicazione sul sito istituzionale della scuola»;
ed ancora, il 3 giugno 2011, sul sito della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale veniva reso il seguente comunicato «Facendo seguito ai precedenti comunicati apparsi su questo sito e stante la perdurante situazione di gestione provvisoria, la Scuola rende noto che il corso-concorso, c.d. COA IV, non potrà più avere inizio nel prossimo mese di giugno. La Scuola auspica di poter iniziare il corso nel mese di luglio p.v. fermo restando che la comunicazione ufficiale del giorno d'inizio del corso potrà essere data soltanto dopo l'approvazione del piano finanziario della SSPAL per il 2011, sempre mediante pubblicazione sul sito istituzionale della Scuola»;
alla luce del susseguirsi dei comunicati sopra riportati e in considerazione del fatto che l'inizio del corso pare subordinato all'adozione da parte del Ministero dell'interno degli atti autorizzativi necessari all'approvazione del piano finanziario della Scuola superiore della pubblica amministrazione locale, è evidente come ad oggi si versi in una situazione di incertezza, gravante in primo luogo sulla posizione dei vincitori del concorso de quo, nonostante il lungo arco di tempo trascorso dalla pubblicazione della graduatoria definitiva;
a ciò si aggiunga che al momento non si sono avuti chiarimenti in merito da parte dell'unità di missione presieduta dal prefetto Umberto Cimmino, al quale è stato affidato l'incarico di svolgere le attività dei soppressi organi dell'AGES fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione, attesa la successione a titolo universale del Ministero dell'interno all'ex agenzia ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010;
secondo quanto si apprende da alcune note predisposte da alcuni vincitori del COA IV segretari comunali, molti di loro hanno lasciato gli studi legali dove lavoravano, altri hanno trasformato il rapporto in part-time, altri non hanno presentato domanda di rinnovo in contratti a tempo; queste persone hanno vinto un concorso selettivo, tra i più importanti, erano ben 12.000 concorrenti, solo in 227 sono risultati vincitori, 16 materie di studio, 4 prove scritte e una orale, nell'arco di due anni, investimenti notevoli in tempo e denaro, considerati libri e corsi di preparazione;
occorre garantire il rispetto di regole certe e chiare per l'accesso al pubblico impiego in un'ottica di imparzialità e buon andamento che il Ministero dell'interno certamente persegue quali obiettivi primari dell'azione amministrativa -:
come intendano adoperarsi affinché si superi l'attuale impasse amministrativo-burocratico che non consente la conferma ufficiale dell'inizio del corso e affinché non si vanifichino gli sforzi intellettuali dei 227 vincitori di concorso.
(5-04867)

POLLEDRI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
è stata evidenziata un'anomalia nel rapporto di lavoro tra l'Azienda unità sanitaria locale di Piacenza e un elevato numero di dipendenti con contratto di impiego a tempo parziale;
l'azienda, ai sensi dell'articolo 16 della legge n, 183 del 2010, a seguito di avvenuta richiesta dei pubblici impiegati, nel periodo precedente al 26 giugno 2008 aveva concesso la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale;
la suddetta normativa prevede che al trascorrere di 180 giorni l'ente pubblico ha la facoltà di verificare la sussistenza delle condizioni di esigenza personali o familiari del part time da parte dei dipendenti in

questione, al fine di valutare la possibilità di revocare il tempo parziale a favore del tempo pieno;
in prossimità della scadenza dei 180 giorni, l'azienda sanitaria di Piacenza avrebbe contattato circa 450 dipendenti in condizione di contratto part time per invitarli a sottoscrivere un modulo con cui si sarebbero dovuti impegnare con l'ente a prorogare la finestra temporale di 180 giorni, consentendo all'azienda di rivedere i contratti da part time a full time dopo 12, 24, 36 o, a seguito del mancato accordo sindacale, addirittura 48 mesi;
l'azienda, con lettera allegata al modulo, comunicava che in mancanza di sottoscrizione del suddetto accordo entro la scadenza del 23 maggio 2011 avrebbe proceduto a ripristinare il tempo pieno;
l'Ispettorato della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 71 del decreto legislativo n. 150 del 2009 che gli attribuisce, tra l'altro, «compiti ispettivi e di vigilanza sulla conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure», è stato interpellato da uno degli studi legali incaricati da alcuni dipendenti della AUSL di Piacenza per valutare ipotesi di contenzioso per comportamento illecito dell'ente;
con lettera inviata al direttore delle risorse umane dell'AUSL di Piacenza in data 1o aprile 2011, protocollo DFP 0021844 P-4 . 17 . 1 . 16 . 2, lo stesso Ispettorato della funzione pubblica avrebbe evidenziato l'illegittimità di una revoca tout court del rapporto di lavoro da part time a full time senza la necessaria istruttoria prevista dalla legge n. 183 del 2010 e, dunque, avrebbe prospettato l'esigenza del rispetto delle procedure di concertazione previste dai contratti collettivi nazionali di riferimento;
secondo quanto denunciato dal suddetto studio legale alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali della Camera dei deputati, nonostante quanto osservato, l'azienda sanitaria di Piacenza avrebbe proceduto con un'opera di captazione delle firme dei dipendenti e con l'invio di avvisi di revoca dei contratti tramite raccomandata a/r;
una presa di posizione dell'Ente volta alla illegittima revoca dei contratti lavorativi comporterebbe un grave danno a quei lavoratori che si trovano nelle condizioni di impossibilità ad assumere un impegno a tempo pieno e che tuttavia non intendono sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro con l'ente;
un proseguire di tale comportamento porterebbe, per di più, a un danno nei confronti della pubblica amministrazione per la necessaria istruttoria di pratiche giudiziarie il cui esito sarebbe pendente nelle ragioni dei dipendenti -:
quali iniziative necessarie e urgenti intenda assumere a riguardo e se non intenda altresì valutare l'opportunità di avviare eventuali iniziative ispettive di competenza, al fine di assicurare una corretta osservanza delle disposizioni normative da parte dell'ente in questione.
(5-04874)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

PALAGIANO e DI PIETRO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese più di 70 mila persone sono state contagiate tra gli anni '70 e '90 da trasfusioni, vaccinazioni obbligatorie o emoderivati infetti, contraendo malattie irreversibili quali l'AIDS o l'epatite C. Tra il 1985 ed il 2008 ci sono stati, tra questi, circa 2600 decessi;

l'articolo 33 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevede: «Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilia ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti» uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007;
l'articolo 2, comma 361, della legge finanziaria per il 2008, autorizzava per le transazioni di cui sopra una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, mentre il successivo comma 362 prevedeva l'adozione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in cui fossero fissati i criteri in base ai quali definire, nell'ambito di un piano pluriennale, tali transazioni;
in data 28 aprile 2009 è stato emanato dall'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il decreto ministeriale n. 132, che determinava le regole per la stipula delle transazioni con soggetti danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
il Ministero della salute ha disciplinato altresì le «Modalità di presentazione delle domande di adesione alle transazioni ai sensi del decreto 28 aprile 2009, n. 132» attraverso una circolare ministeriale pubblicata il 22 ottobre 2009, a seguito della quale, secondo quanto riportato sul sito dello stesso Ministero, sono state presentate 7.356 domande di adesione alla procedura transattiva;
il 5 maggio 2011 il Consiglio dei ministri ha rinviato la votazione decreto-legge sul riconoscimento di indennizzi per quanti hanno contratto malattie in seguito ad una trasfusione di sangue a causa di alcuni «tecnicismi» da risolvere, pur avendo in realtà tutta la copertura finanziaria. La votazione del decreto è, in sostanza, l'ultimo passo per dare l'avvio effettivo al risarcimento;
secondo il Comitato vittime da sangue infetto «questo decreto-legge rappresenta un provvedimento di grande giustizia che pone fine a errori sanitari che hanno determinato la morte di tante persone e costringe alla malattia tanti emotrasfusi»; tuttavia continua ad essere rinviato: non è stato discusso neanche nel Consiglio dei ministri del 19 maggio 2011 -:
quali siano esattamente i «tecnicismi» ai quali il Ministero della salute ha fatto riferimento nel giustificare il rinvio della discussione di un provvedimento così importante per migliaia di cittadini che da anni attendono il giusto risarcimento da parte dello Stato e se non si intenda, in tempi rapidi, procedere all'approvazione del decreto suddetto, ultimo passo per attuare la doverosa transazione nei confronti delle, purtroppo numerose, vittime del sangue infetto e delle loro famiglie.
(4-12233)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 29, secondo comma, lettera g), della legge (n. 833 del 1978 prevede il servizio di informazione scientifica sui farmaci ad uso umano;
il decreto legislativo n. 219 del 2006 indica i limiti entro i quali è permessa la pubblicità sui farmaci;
le aziende farmaceutiche hanno l'obbligo di indicare all'AIFA ogni anno il numero dei medici ai quali hanno effettuato informazione scientifica sui farmaci ad uso umano e la frequenza dei contatti;
il decreto ministeriale 23 giugno 1981 ed il decreto ministeriale 23 novembre 1982, che regolano l'informazione scientifica sui farmaci, dispongono che l'informazione scientifica sui farmaci debba essere portata dalle aziende farmaceutiche a

tutti i medici interessati alla prescrizione dei farmaci e non solo ai grandi prescrittori o solo a medici selezionati discrezionalmente dalla singola azienda farmaceutica, negandola poi ad altri medici, alle ASP ed alleASP e alle aziende ospedaliere;
l'articolo 126 del decreto legislativo n. 219 del 2006, comma 1, dispone che «ogni impresa titolare di A.I.C. di medicinali deve essere dotata di un servizio scientifico incaricato dell'informazione scientifica sui medicinali che immette sul mercato»;
l'articolo 126 del decreto legislativo n. 219 del 2006, al comma 4, dispone che «gli adempimenti di cui ai commi 1 e 3 devono essere soddisfatti sia dal titolare dell'A.I.C., sia da chi provvede all'effettiva commercializzazione del medicinale, nel rispetto delle condizioni previste dal comma 5 dell'articolo 119»;
il decreto legislativo n. 219 del 2006, e la direttiva 2001/83/CE (GUCE L 311 del 1996) normano il servizio di farmacovigilanza, di sorveglianza post-marketing e la sperimentazione clinica di fase IV (che prende avvio dopo la commercializzazione di un farmaco e ne segue tutta la vita), ponendo limiti e cautele ai quali le aziende farmaceutiche devono uniformarsi e di cui devono tener conto;
il decreto legislativo n. 219 del 2006, articolo 130, comma 4, dispone che «il titolare di A.I.C. deve disporre a titolo stabile e continuativo di un responsabile del servizio di farmacovigilanza. Le competenze del responsabile si estendono a tutti i medicinali di cui è titolare l'azienda da cui egli dipende, anche se commercializzati da altre aziende»;
la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio (A.I.C.) prevede che l'azienda richiedente indichi nel «dossier di registrazione», in modo dettagliato e a pena di nullità della richiesta, il sistema di farmacovigilanza e il sistema di gestione dei rischi che ha attivato a tutela della salute dei pazienti trattati e la valutazione permanente dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente e per le persone, mettendo in atto misure sempre attive nel periodo che il medicinale resta in uso;
alle linee guida sulla regolamentazione dell'informazione scientifica sui farmaci emanate dalla Conferenza delle regioni, in ottemperanza alla legge n. 326 del 2004 e alle normative disposte da numerose regioni, non ha fatto seguito una piena applicazione delle stesse, cosa che impedisce il raggiungimento delle finalità previste dalla norma, il corretto uso dei farmaci, l'appropriatezza prescrittiva dei medicinali utilizzati in terapia, il monitoraggio di tutte le attività promozionali effettuate dalle aziende farmaceutiche, la disincentivazione della promozione del consumo dei farmaci, il contenimento della spesa farmaceutica;
il decreto legislativo n. 219 del 2006, articolo 119, comma 3, dispone che «la pubblicità dei medicinali presso gli operatori sanitari deve sempre includere il riassunto delle caratteristiche del prodotto che risulta autorizzato al momento della diffusione della pubblicità, specificare la classificazione del medicinale ai fini della fornitura e indicare il prezzo di vendita e le condizioni dell'eventuale dispensazione del medicinale con onere a carico del SSN»;
un'azienda farmaceutica non può commercializzare due medicinali totalmente identici prodotti da aziende farmaceutiche diverse e con diversa titolarità di A.I.C. e partecipare anche alle gare in conflitto di concorrenza tra i due farmaci (ad esempio Antra e Losec, Crestor e Simestat, Nexium e Axagon, Symbicort e Assieme tutti commercializzati da AstraZeneca);
il telemarketing farmaceutico non rientra tra le pubblicità permesse dal decreto legislativo n. 219 del 2006;
Astrazeneca starebbe effettuando promozione dei farmaci Symbicort (di cui titolare dell'A.I.C è la stessa Astrazeneca)

e Simestat (di cui titolare dell'A.I.C. è Simesa spa)attraverso telemarketing affidato ad azienda esterna;
Warner Chilcot Italy srl, società che ha rilevato da Procter & Gamble solo da un anno la linea di prodotti farmaceutici, avrebbe aperto la procedura di riduzione del personale, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1981, comunicando che intende cessare ogni attività, licenziando tutti i dipendenti, tutti i lavoratori di sede e tutti gli informatori scientifici del farmaco, per affidare i medicinali di cui è titolare di A.I.C. ad aziende esterne di sola vendita in farmacia;
non appare conforme alla norma che aziende che hanno dismesso il servizio di informazione scientifica sui farmaci ed il servizio di farmacovigilanza e di sorveglianza post-marketing per alcuni medicinali, pur avendo mantenuto linee di informazione scientifica solo su altri farmaci, conservino ugualmente l'A.I.C. per i farmaci che continuano solo a commercializzare senza però offrire le garanzie che la titolarità della concessione invece imporrebbe;
non appare conforme alla normativa il fatto che alcune aziende farmaceutiche abbiano deciso di non effettuare più il servizio di informazione scientifica sui farmaci, il servizio di farmacovigilanza che compete loro mantenendo impropriamente l'A.I.C. e affidino a reti esterne di sola vendita presso grossisti e farmacie i medicinali di cui dispongono, senza curarsi dell'attivazione del sistema di gestione dei rischi che deve invece essere garantito a tutela della salute dei pazienti trattati e della valutazione permanente dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente e per le persone (pratica molto diffusa tra le aziende che producono e/o commercializzano farmaci equivalenti);
suscita dubbi sul piano della legittimità che i farmaci siano trattati come se fossero beni di largo consumo dei quali è possibile incrementare i consumi a dismisura al riparo da qualsiasi controllo di sicurezza, di efficacia e di efficienza sugli stessi;
ad avviso dell'interrogante, le aziende farmaceutiche che commercializzano lo stesso farmaco, con A.I.C. diverse e di aziende con ragioni sociali diverse di cui però detengono il controllo, eludono in questo modo i limiti posti per il rilascio delle A.I.C., le norme che regolano la pubblicità sui farmaci e le regole sulla concorrenza, dal momento che offrono tali farmaci alle ASP e alle aziende ospedaliere attraverso gare ad evidenza pubblica, gestendo due prodotti che dovrebbero essere invece in concorrenza tra loro;
a quanto consta all'interrogante, le regioni, oltre a non pretendere l'applicazione delle regolamentazioni dell'informazione scientifica sui farmaci ad uso umano da esse stesse emanate recependo la legge n. 326 del 2004 e a non vigilare nelle materie di loro competenza, in numerosi casi erogano la distribuzione diretta dei farmaci o la distribuzione per conto, effettuata attraverso le farmacie private acquistando i farmaci erogati senza gare d'acquisto e senza ricorrere a CONSIP, vanificando le pretese esigenze di risparmio per le quali viene effettuata la distribuzione diretta dei farmaci ai pazienti, creando disguidi aggiuntivi e attese alle quali in precedenza gli ammalati non erano sottoposti;
a giudizio dell'interrogante è di dubbia legittimità che gli acquisti di farmaci effettuati dalle ASP e/o dalle aziende ospedaliere avvengano, per ordine diretto o anche attraverso gare, anche in favore di aziende farmaceutiche delle quali sarebbe stata riconosciuta una responsabilità in occasione di giudizi riguardanti truffe ai danni delle aziende sanitarie e del servizio sanitario regionale -:
se il Ministro interrogato abbia assunto iniziative affinché:
a) la pubblicità sui medicinali rivolta agli operatori sanitari venga effettuata nel rispetto delle normative europee

e nel rispetto del decreto legislativo n. 219 del 2006 e vengano impedite forme di pubblicità sui medicinali non conformi alla normativa attraverso personale e strumenti innovativi non verificati e verificabili e senza che siano noti il numero dei destinatari e la idoneità a ricevere la pubblicità dei soggetti intervistati attraverso sistemi di telemarketing;
b) vengano impediti e corretti i comportamenti delle aziende farmaceutiche che ostacolano il corretto uso terapeutico, l'appropriatezza prescrittiva dei farmaci e che non garantiscono la gestione dei rischi per le persone e per l'ambiente;
c) sia garantita l'applicazione delle regolamentazioni riguardanti l'informazione scientifica sui farmaci, le modalità d'acquisto dei farmaci e il corretto espletamento delle gare di evidenza pubblica, al fine di garantire al paziente soluzioni terapeutiche efficienti ed efficaci e non alimentare ulteriormente settori di spesa identificati da taluni come fonti di maggiori disavanzi;
d) gli organismi di verifica del conto economico del Sistema sanitario regionale del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della salute (cosiddetto tavolo Massicci) tengano conto del mancato risparmio conseguente al mancato espletamento delle gare di acquisto dei medicinali.
(4-12239)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
come noto da giorni il servizio postale nazionale è letteralmente in tilt a causa di un guasto al sistema che coordina tutti i terminali di Poste italiane;
tale disservizio ha causato e continua a causare ingenti danni economici a migliaia di cittadini impossibilitati ad eseguire operazioni, ricevere la propria pensione o provvedere a pagamenti, rischiando di incorrere in sanzioni;
lo stesso Commissario dell'autorità garante delle comunicazioni Gianluigi Magri, ha definito «inaccettabile il perdurare dell'incredibile disservizio» -:
se il Governo abbia accertato quali azioni siano state poste in essere dall'agenzia azionale di regolamentazione del settore postale, per appurare le cause del disservizio e l'efficacia delle relative misure atte a fronteggiarlo;
quali iniziative il Governo intenda porre in essere a tutela dei cittadini, nell'ambito del tavolo di conciliazione che Poste italiane intende allestire a seguito dei disservizi che si sono registrati e continuano a registrarsi in questi giorni.
(2-01116) «Barbaro».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dalla settimana scorsa, ad iniziare da mercoledì 1o giugno 2011, ed a tutt'oggi in tantissime località nell'intero Paese si registrano enormi e pesantissimi disservizi, disfunzioni e gravissime paralisi nel funzionamento degli uffici postali;
tale situazione ha determinato l'apertura ed il funzionamento a singhiozzo degli uffici postali, con file interminabili dei cittadini ai diversi sportelli;
ne conseguono disagi enormi per tantissime persone, che sono state e sono tuttora costrette a file infinite per molte ore;
in particolare molto forte e grave è il danno derivante ai cittadini, ancor più alle persone anziane, che sono stati privati della possibilità di riscuotere il rateo mensile

di pensione o di provvedere al pagamento di bollette o ad altri adempimenti soggetti a termini perentori, di consegnare o prelevare raccomandate, di inviare corrispondenza, di ritirare contanti dai libretti di deposito postale;
questa condizione di disservizio è stata cagionata da un black out informatico che ha mandato in tilt ed ha paralizzato i differenti servizi postali;
si sarebbero determinati inconvenienti e ragioni di stasi e/o di paralisi al software dei sistemi centrali Ibm, Hp e Gepin, a seguito del mutamento della piattaforma software SDP che fà da interfaccia ai servizi postali;
i ripetuti annunci di Poste Italiane spa di ritorno finalmente alla normalità ed al regolare funzionamento degli uffici postali, sono stati smentiti ripetutamente dal caos e dalle disfunzioni che continuano purtroppo a caratterizzare le attività di tanti uffici:
questa situazione è assolutamente sconcertante, grave e deplorevole nell'epoca dell'incessante progresso informatico e tecnologico, a fronte del quale sono incredibili i disservizi così rilevanti e penalizzanti registrati in questi giorni;
i disservizi, i disagi ed i ritardi sono particolarmente pesanti e rilevanti in Campania ed in provincia di Salerno -:
quali iniziative il Ministero intenda assumere ad horas per l'immediato ed integrale ritorno al regolare funzionamento degli uffici postali, ponendo fine all'assurda ed incresciosa situazione che si protrae da diversi giorni con enorme pregiudizio e tanti disagi per gli utenti;
quali iniziative il Governo, anche nel rapporto istituzionale di indirizzo, di controllo e vigilanza nei confronti di Poste Italiane spa, intenda porre in essere per assicurare il risarcimento di tutti i danni subiti dai cittadini in questi giorni, per effetto del blocco del funzionamento dei diversi servizi postali.
(5-04854)

LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Baldassini Tognozzi Pontello Costruzioni generali SpA (BTP) con sede a Calenzano dopo che lo scorso 20 gennaio la procura di Prato aveva chiesto di accertare se fosse in stato di insolvenza, è stato per ora salvato dal fallimento, grazie alla nomina da parte del tribunale di un amministratore con «poteri di gestione e amministrazione dell'impresa funzionali alla conservazione del patrimonio aziendale»;
i giudici hanno concesso a BTP una proroga per trovare un accordo col gruppo di 54 banche che hanno in mano le sorti della società, la quale ha debiti stimati in circa 900 milioni di euro che sommati a quelli verso i fornitori e i lavoratori ammonterebbero a circa 1.300.000 euro, mentre gran parte del patrimonio della società è gravato da ipoteche iscritte a favore del sistema bancario;
nei mesi scorsi BTP ha offerto ai fornitori, a consolidamento di debiti pregressi, garanzie cambiarie la cui accettazione è stata fortemente caldeggiata dalle banche, messe allo sconto dai fornitori ma non onorate da BTP;
in tale situazione i fornitori subiscono richieste di rientro immediato da parte delle banche con conseguente ulteriore aggravamento della situazione;
sono oltre 200 le imprese con quasi quattromila addetti che vantano crediti dalla BTP pari a circa 150 milioni di euro, escluse quasi completamente le imprese edili terziste;
si tratta di fornitori di merci, lavorati, semilavorati, o di intere fasi di lavorazioni cantieristiche come impiantisti elettrici e idraulici, carpenteria metallica anche strutturale, impianti speciali, movimenti terra, lavori stradali, infissi ed altre lavorazioni di finitura quali la posa in opera di pavimenti e tinteggiature;

le predette 200 aziende sono quasi integralmente localizzate nelle province di Prato e Firenze, comunque in Toscana;
tali imprese hanno utilizzato a loro volta fornitori e subappaltatori che subiranno anch'essi probabili conseguenze sulle proprie attività;
la crisi BTP è purtroppo destinata, viste le dimensioni dell'azienda, ad allargarsi a macchia d'olio, la BTP aveva circa 750 dipendenti ed ai sindacati già sono giunte richieste di assistenza di circa 400 lavoratori dell'indotto BTP, prevalentemente imprese edili in monocommittenza;
il commissario nominato dal presidente del tribunale di Prato si è impegnato a consegnare le proprie considerazioni di merito il 15 giugno 2011;
con l'avvento del commissario, che ha aperto un esercizio provvisorio per garantire la conservazione dei beni aziendali, ed in particolare il valore degli appalti pubblici, sono stati bloccati tutti i pagamenti inerenti a precedenti forniture ed obbligazioni per garantire il principio della par condicio fra i creditori ed il rispetto dei diversi gradi di privilegio;
i creditori, per fronteggiare l'emergenza delle scadenze in protesto, hanno chiesto aiuto al sistema bancario per evitare il fallimento e un'azione nei confronti degli istituti di credito che, al momento dell'emissione delle cambiali, erano direttamente coinvolti nelle gestione della BTP;
la crisi della BTP è da considerarsi di assoluto rilievo nazionale, essa rappresenta una gravissima situazione per la Toscana e per le regioni centrali, non ultima la possibilità di veder scomparire un intero sistema produttivo di costruzioni ed opere infrastrutturali, con un altissimo numero di posti di lavoro a rischio, se pur distribuiti su un complesso sistema di piccole e medie imprese, ma che nell'insieme raggiungono il valore di un'impresa nazionale di grandi dimensioni -:
quali iniziative di competenza intendano assumere per salvare l'intero sistema interessato alla crisi della BTP, anche con provvedimenti di sostegno al reddito di lavoratori e di imprese anche piccole, che potrebbero a breve ritrovarsi senza posto di lavoro, prevedendo altresì iniziative finalizzate a mantenere in essere gli appalti pubblici;
quali iniziative intendano assumere per attivare aiuti a favore delle imprese dell'indotto sulla falsariga di quelle previste per far fronte alle grandi crisi aziendali, anche con il sostegno, attraverso il sistema bancario e fidi Toscana, di tali aziende in modo da evitarne la chiusura.
(5-04875)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il giorno mercoledì 31 maggio 2011 a causa di un guasto informatico è andato in tilt il software di tutti gli uffici postali della provincia di Bergamo;
venerdì 3 giugno 2011 a Verdello è intervenuta la polizia locale per placare le lecite proteste degli utenti, ai quali è stato comunicato il malfunzionamento dei servizi postali all'apertura dell'ufficio;
sempre a Verdello (Bergamo) gli utenti hanno avuto difficoltà persino nella riscossione delle pensioni e all'ennesimo blocco dei terminali la situazione si è nuovamente complicata, con ulteriori tensioni e proteste da parte dei cittadini;
ancora il 7 giugno 2011 utenti di Verdello che si sono recati presso gli uffici postali lamentano disservizi, ritardi e disagi;
numerosi utenti di Verdello, e più in generale di tutta la provincia di Bergamo, hanno subito gravi danni economici, a causa dell'impossibilità di effettuare i pagamenti nei giorni precedenti -:
se non ritenga necessario verificare le cause e le eventuali responsabilità di un tale incredibile disservizio, adottando opportune

iniziative affinché la società Poste Italiane spa, che eroga un fondamentale servizio pubblico, non crei in futuro ulteriori disagi agli utenti.
(4-12224)

BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli uffici postali del territorio salentino, come quelli dell'intera Italia, si sono trasformati, in questi giorni, in luoghi di estenuanti attese a scapito dei cittadini che sono stati costretti purtroppo, a soggiornare per ore negli uffici di Poste italiane. Questa situazione sembrerebbe essere esplosa nei primi giorni del mese di giugno quando, oltre alle abituali procedure, negli uffici si espletano anche le procedure per il pagamento delle pensioni Inps;
il problema sembrerebbe derivare dal black out che il programma Sdp (system delivery platform), moderno sistema operativo che Poste italiane ha iniziato a sperimentare già dallo scorso 2010 e che ad oggi è stato esteso a circa il 90 per cento degli uffici su territorio nazionale, provoca ai terminali degli uffici postali. Il succitato sistema, presentato dall'azienda come tecnologicamente avanzato, veloce ed in grado di accelerare il servizio in termini di efficienza nell'espletare i servizi, sembra però mal sintonizzarsi con una struttura di rete considerata poco adeguata e che in particolari condizioni di «sovra lavoro» di fatto costringe allo stop i terminali e gli sportelli degli uffici per le continue interruzioni di linea della procedura;
nei mesi passati già le organizzazioni sindacali avevano segnalato le anomalie del sistema, denunciandone l'inadeguatezza ed invitando l'azienda a rallentare le implementazioni al fine di risolvere prima le anomalie di funzionamento onde evitare di creare disagi alla clientela, ma anche agli stessi addetti ai lavori;
ciò che si sta determinando, dunque, è un enorme disagio che coinvolge in primo luogo gli utenti, si pensi ad esempio agli anziani, costretti a fare code estenuanti per poter ritirare la pensione mensile, ma anche gli stessi dipendenti che quotidianamente vengono subissati da continue lamentele ed in taluni casi purtroppo anche da insulti da parte dei cittadini che giustamente non comprendono i motivi dell'interruzione o lentezza della linea -:
se il Ministro interrogato, in virtù di quanto sopra esposto, non ritenga utile intervenire con urgenza per verificare, attraverso l'azienda, le motivazioni che hanno portato l'intero sistema in default e quali misure si stiano predisponendo per evitare ulteriori disagi alla cittadinanza così come ai lavoratori di Poste italiane.
(4-12231)

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TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI e RAINIERI. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
tra i sistemi di pagamento del bollo auto presso gli uffici dell'ACI (Automobile Club d'Italia) sembra non sia annoverato quello con carte di credito; certamente non lo è in numerosi sportelli ACI Milano;
l'importo del bollo auto può essere superiore a qualche centinaio di euro;
il pagamento tramite carta di credito, oltre ad essere più sicuro e all'avanguardia, agevolerebbe notevolmente gli utenti, che potrebbero evitare di pagare in contanti -:
se il Ministro sia a conoscenza del problema esposto in premessa e se non intenda adoperarsi affinché presso gli uffici dell'ACI possa essere utilizzato come metodo di pagamento anche quello attraverso le carte di credito.
(4-12222)

MARCHIONI e FRONER. - Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'ENIT - Agenzia nazionale del turismo è un ente pubblico non economico il cui compito è provvedere alla promozione turistica dell'Italia all'estero;
l'ente, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, è sottoposto all'attività di indirizzo e vigilanza del Ministro del turismo;
la struttura organizzativa dell'ENIT è costituita dalla sede centrale di Roma ed è articolata in uffici dirigenziali, e in una rete estera composta di unità organiche d'area e uffici satellite, dislocati in Paesi europei ed extraeuropei;
la natura di ente pubblico non economico dell'ENIT comporta la piena applicazione ed osservanza del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
l'organizzazione e la relativa disciplina dell'Ente sono state affidate al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2006, n. 207 «Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80»;
ai sensi dell'articolo 12 del citato regolamento, l'Agenzia si dota di uno statuto che assicura il perseguimento delle finalità dell'ente e definisce i compiti, i poteri e l'ordinamento dell'Agenzia medesima;
il comma 2 del citato articolo 12 stabilisce che lo statuto sia deliberato a maggioranza assoluta dal consiglio di amministrazione e che entri in vigore con l'approvazione del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica. La stessa procedura deve essere seguita per le successive modificazioni;
nel corso del 2009, l'articolo 19 della legge n. 69 del 2009 ha modificato la struttura dell'organo collegiale di amministrazione, riducendo i componenti da 15 a 9, oltre il presidente, ed ha sancito che, «fino all'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, le funzioni dell'organo collegiale di amministrazione (...) sono svolte da un commissario nominato secondo le norme vigenti»;
con decreto del Ministro del turismo in data 31 luglio 2009 è stato nominato l'attuale commissario straordinario;
il commissario straordinario dell'Ente ha deliberato, con proprio atto del 12 luglio 2010, una modifica all'articolo 18 dello statuto, concernente disposizioni riguardanti il personale, volta a consentire l'assunzione, con contratto di diritto privato del Paese estero di insediamento, di personale locale a cui affidare la responsabilità della gestione e del funzionamento delle sedi dell'ENIT all'estero;
detta modifica allo statuto dell'Ente, preventivamente sottoposta ai Ministri dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, pare non aver ottenuto il necessario parere positivo in quanto il nuovo testo dell'articolo 18 non sarebbe validamente supportato da riferimenti normativi, ma anzi comprometterebbe esigenze importanti di natura e finalità pubblica (riguardanti gestione amministrativa e organizzativa, erogazione di servizi, e altro) che la precedente disposizione statutaria invece provvedeva a tutelare;
è del tutto evidente che la natura pubblica dell'ENIT, dei suoi compiti istituzionali e del suo assetto organizzativo, sia della sede centrale di Roma che delle sedi estere, non possa venire disattesa in forza di una modifica statutaria totalmente

carente dei presupposti normativi che consentirebbero di «privatizzare» l'ente, modificandone l'attuale profilo giuridico;
tale innovazione ad avviso degli interroganti de facto, contra legem, esporrebbe ovviamente la pubblica amministrazione a gravi conseguenze sia in termini di responsabilità che di danno erariale, in quanto è del tutto evidente che si presterebbe ad essere anche utilizzata surrettiziamente per eludere il vigente blocco delle assunzioni nel comparto pubblico, nel quale è appunto inserito l'ENIT;
è ben noto che la responsabilità di gestione, funzionamento e spesa di qualsiasi ufficio di un ente pubblico può essere affidata esclusivamente ad impiegati pubblici, assunti in conformità alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 165 del 2001;
l'unica possibilità di deroga prevista dalla citata normativa in materia (articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001) è l'assunzione con contratto di diritto privato di esterni alla pubblica amministrazione per la copertura di uffici dirigenziali, ma entro rigidi limiti di contingenti percentuali, che in ENIT potrebbero consentire l'assunzione di un solo dirigente esterno;
l'ENIT, così come l'ICE (Istituto per il commercio estero) o gli uffici delle ambasciate, utilizza personale di nazionalità estera assunto localmente per le esigenze delle sedi operative all'estero, il cui rapporto di lavoro è disciplinato dalle norme e dagli usi locali;
ciò, tuttavia, sino ad oggi non ha mai comportato alcun affidamento di responsabilità gestionali ai cosiddetti dipendenti locali assunti all'estero, tanto meno ovviamente l'affidamento di responsabilità dei procedimenti di cui alla legge n. 241 del 1990, stante la natura palesemente non pubblicistica del rapporto di lavoro di tali dipendenti;
nel mese di marzo 2011, la direzione generale dell'ENIT avrebbe impartito apposite disposizioni ad alcuni uffici esteri dell'ente, volte ad applicare coattivamente i contenuti dell'articolo 18 dello statuto (modificato dal commissario straordinario, ma non approvato dagli organi vigilanti), chiedendo di pubblicare un bando di selezione per direttori di sedi estere dell'ENIT che non prevede la qualifica di dirigente di pubblica amministrazione, contravvenendo alla vigente normativa in materia di concorsi pubblici;
si ha, inoltre, notizia che l'ENIT abbia di recente intrapreso una nuova modalità di nomina dei componenti delle commissioni di gara ad evidenza pubblica;
in occasione dell'ultima gara d'appalto, mediante procedura ristretta per l'affidamento delle attività inerenti allo «Stand Italia» per la partecipazione alle principali fiere turistiche (inviato all'ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee a mezzo posta elettronica in data 3 luglio 2009), la commissione di gara risulterebbe essere stata nominata dall'ENIT in apparente contrarietà rispetto alle norme contenute nel decreto legislativo n. 163 del 2006 ed in particolare dell'articolo 84;
l'ENIT, avrebbe nominato quali componenti di tale commissione di gara due membri esterni alla pubblica amministrazione, un avvocato ed un architetto, senza seguire la chiara procedura di nomina prevista dall'articolo 84 del citato decreto legislativo n. 163 del 2006;
quindi, non soltanto non avrebbe proceduto alla nomina di professionalità presenti nella propria dotazione organica, ma, al contrario, avrebbe proceduto alla scelta «diretta e fiduciaria» di soggetti esterni non appartenenti all'ENIT, ad altre pubbliche amministrazioni aggiudicatrici, né ricompresi nell'ambito di elenchi di professionisti o professori formati sulla base di rose di candidati rese disponibili da ordini professionali o da facoltà universitarie;
sarebbero, inoltre, stati liquidati da 56 a 58 mila euro come compenso ai due

professionisti esterni individuati dai vertici dell'ENIT, apparentemente senza il rispetto delle procedure previste dalla legge;
risulta altresì che l'ENIT abbia proceduto di recente alla costituzione del Convention Bureau Nazionale finalizzato alla promozione del turismo congressuale;
la costituzione è avvenuta per il tramite di Promuovi Italia spa, controllata interamente da ENIT, in quanto azionista unico e l'amministratore delegato del Convention Bureau Nazionale, che gestisce risorse finanziarie pubbliche, è l'attuale direttore generale dell'ENIT che, in tal modo risulterebbe controllore e controllato;
i sopra riportati comportamenti dei vertici dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo se confermati dimostrerebbero una chiara disapplicazione dello statuto pubblicistico dell'ente, che richiede il necessario rispetto del complessivo ordinamento giuridico previsto dal legislatore per le pubbliche amministrazioni -:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti;
se la complessiva attività posta in essere dall'ENIT - Agenzia nazionale del turismo nel corso dell'ultimo anno, risulti pienamente conforme alla natura pubblica dell'ente e se gli orientamenti adottati dai vertici dell'ENIT siano condivisi dai Ministri vigilanti;
se, verificati i fatti sopra indicati, si ritenga di intervenire con urgenza per scongiurare ogni eventuale conseguenza che possa scaturire da atti ed attività posti in essere difformemente dalla normativa vigente;
qualora si riscontrino mancanze ovvero comportamenti censurabili sotto ogni profilo da parte del commissario straordinario o del direttore generale, se si ritenga necessario ed opportuno adottare idonee iniziative nei confronti dei soggetti responsabili;
quali iniziative intendano adottare al fine di verificare se le azioni dei vertici dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo, siano pienamente conformi al sistema pubblicistico previsto per gli enti pubblici non economici, fornendo i relativi dati, in particolare in merito ai differenti casi sopra esposti;
quali iniziative intendano assumere affinché sia garantito da parte dell'ENIT il pieno rispetto della normativa relativa alle pubbliche amministrazioni, anche in ordine all'affidamento di funzioni di responsabilità gestionale presso gli uffici della rete estera dello stesso ente, al fine di scongiurare ogni possibile danno conseguente ad attività poste in essere da soggetti esterni alla pubblica amministrazione, favorite ed avallate dalla direzione generale dell'ENIT.
(4-12240)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-04847, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Rivolta n. 4-12206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni e Crosio n. 4-12207, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Grimoldi n. 5-04851, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 giugno 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Cambio di presentatore ad un'interpellanza urgente.

L'interpellanza urgente Bersani n. 2-01089, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 24 maggio 2011, è da intendersi presentata dall'onorevole Tempestini, già cofirmatario della stessa.

L'ordine delle firme è il seguente: Tempestini, Bersani, Pistelli, Barbi, Fassino, Maran, Arturo Mario Luigi Parisi, Veltroni, Amici, Villecco Calipari, Boccia, Lenzi, Zaccaria, Livia Turco, Ferranti, Argentin, Cuperlo, D'Antoni, Capano, Fedi, Garavini, Gasbarra, Levi, Migliavacca, Morassut, Mosca, Andrea Orlando, Pompili, Santagata, Sbrollini, Tocci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Iannaccone n. 4-11823 del 3 maggio 2011;
interpellanza urgente Barbato n. 2-01090 del 24 maggio 2011;
interrogazione a risposta scritta Sardelli n. 4-12115 del 30 maggio 2011.

Ritiro di firme da atti di indirizzo.

Mozione Tremaglia e altri n. 1-00002, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 maggio 2008: sono state ritirate le firme dei deputati: La Russa, Contento, Tommaso Foti, De Corato, Moffa, Frassinetti.

Risoluzione in Commissione Paolo Russo e altri n. 7-00524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2011: è stata ritirata la firma del deputato Rosso.

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ERRATA CORRIGE

Risoluzione in Commissione Bertolini e Vanalli n. 7-00578 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 469 del 28 aprile 2011. Alla pagina 21462, seconda colonna, dalla prima riga alla terza riga, deve leggersi: «Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dalle regioni in merito all'andamento dell'occupazione, dei tassi di disoccupazione e alle» e non «Ministero del lavoro Testo unico dalle regioni in merito all'andamento dell'occupazione, dei tassi di disoccupazione e alle», come stampato.

Interpellanza Beltrandi e altri n. 2-01115 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 482 del 7 giugno 2011. Alla pagina 22283, prima colonna, dalla riga 12 alla riga tredicesima, deve leggersi: «Interpellanza» e non «Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):», come stampato.
Alla pagina 22288, prima colonna, dalla riga ottava alla riga nona deve leggersi: «Interpellanza» e non «Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):», come stampato.