XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 7 giugno 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
nel 2005 si è avviata la riforma del servizio nazionale della riscossione che ha portato al superamento del precedente affidamento in concessione. Riscossione Spa, poi trasformatasi in Equitalia Spa - società partecipata per il 51 per cento dall'Agenzia delle Entrate e per il 49 per cento dall'INPS - ha assorbito le numerose società operanti nel settore dando un notevole impulso all'attività di riscossione coattiva;
con la nuova Equitalia Spa, come riferito dal suo Presidente durante l'audizione presso la Commissione finanze del 19 aprile scorso, si è passati dal 3.800 milioni di euro riscossi nel 2005 agli 8.876 milioni di euro incamerati nel 2010; di questi «circa il 20 per cento di tali imposte deriva dal lavoro svolto sulle cosiddette morosità rilevanti, vale a dire sulle posizioni di debito superiori ai 500.000 euro»;
per prevenire situazioni di difficoltà dei contribuenti, sia famiglie che imprese, e aiutarli a far fronte agli impegni nei confronti delle agenzie fiscali, degli enti previdenziali, delle regioni e degli enti locali, sono stati predisposti strumenti per favorire la rateazione dei debiti, rateazioni che, al 30 aprile 2010, ammontavano a oltre 1.200.000 per un importo superiore a 15 miliardi e mezzo di euro;
tuttavia, l'aumento di efficacia ed efficienza del servizio nazionale della riscossione, un elemento fondamentale per assicurare la tenuta delle entrate pubbliche, è avvenuto contestualmente all'insorgere e al dispiegarsi di una delle più difficili crisi economiche che il nostro Paese abbia conosciuto dal secondo dopo-guerra ad oggi;
alla crisi, che ha colpito il sistema produttivo determinando una contrazione significativa dell'occupazione e dei redditi, si somma il cronico ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, una situazione che sta creando non poche difficoltà di liquidità a molte imprese;
lo strumento delle procedure esecutive per attuare il recupero dei crediti dello Stato, quali ipoteche immobiliari, pignoramenti di stipendi e conti correnti bancari, fermi amministrativi sui beni mobili registrati, rischia di penalizzare anche quei contribuenti che sono incolpevolmente morosi, che si trovano a perdere la casa ipotecata o a chiudere la proprie attività;
l'applicazione di tali strumenti di riscossione dei tributi sta assumendo proporzioni notevoli in tutto il Paese senza distinzioni geografiche: da Nord a Sud cittadini, professionisti, aziende ed associazioni di categoria e di consumatori lamentano l'applicazione di tali strumenti anche per sanzioni di valore esiguo;
la mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge del 31 maggio 2010, n. 78, che consentiva la possibilità, per i contribuenti, di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale per somministrazione, fornitura e appalti, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, ha creato ulteriori problemi a contribuenti già in difficoltà;
in questi ultimi tempi è emersa la necessità di una riflessione sull'apparato sanzionatorio, sul sistema dell'aggio come strumento per finanziare il servizio di riscossione coattiva, sul fatto che la somma di sanzioni, interessi e aggio rischia di scaricare sul contribuente un onere «eccessivo» rispetto ai debito effettivamente dovuto, che si configura come una vera e propria forma di anatocismo, dovuto all'applicazione di ulteriori interessi

sulle sanzioni e sugli interessi di mora maturati per il mancato pagamento dei debiti tributari,


impegna il Governo:


a introdurne elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di coloro che, pur volendo ottemperare ai propri debiti fiscali e contributivi, non siano in grado di farlo per una temporanea e oggettiva difficoltà finanziaria, a tal fine prevedendo interventi strutturali finalizzati a consentire la predisposizione di un nuovo piano di rateazione a fronte della dimostrazione che il mancato pagamento di una o più rate sia stato determinato da un peggioramento della situazione economica oggettivo e indipendente dalla volontà del debitore stesso;
a rafforzare gli strumenti di autotutela del contribuente al fine di garantire la correttezza dei rapporti fra amministrazione e cittadini;
a rivedere la disciplina della riscossione degli importi di limitata entità, a tal fine limitando l'azione dell'agente della riscossione al sollecito di pagamento per debiti non superiori a 2.000 euro e, in ogni caso, valutando con particolare attenzione le ipotesi di fermo amministrativo sui beni strumentali;
ad innalzare a 20.000 euro l'importo del debito al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca né procedere ad espropriazione;
a prevedere che l'iscrizione dell'ipoteca sia necessariamente preceduta dalla notifica di una comunicazione preventiva che assegni al debitore stesso un termine di trenta giorni per effettuare il pagamento, prima di procedere all'iscrizione, nel caso il debitore sia proprietario della sola casa di abitazione;
a rivedere il sistema di calcolo delle sanzioni tributarie, escludendo forme di anatocismo derivanti da meccanismi di applicazione di interessi sulle sanzioni e sugli interessi di mora;
ad emanare al più presto il decreto attuativo delle disposizioni di cui all'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, finalizzate a consentire la compensazione dei crediti vantati nei confronti di enti territoriali ed enti del Servizio sanitario nazionale con somme iscritte a ruolo, garantendo altresì ai debitori che abbiano maturato crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili verso la pubblica amministrazione, l'aumento fino a 120 rate della ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, l'applicazione delle sanzioni e degli interessi esclusivamente sulla differenza tra i crediti vantati e l'importo delle somme iscritte a ruolo nonché il rilascio del documento unico di regolarità contributiva.
(1-00653)
«Ventura, Fluvi, Boccia, Carella, Causi, Ceccuzzi, Calvisi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Schirru, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».

Risoluzione in Commissione:

La VII Commissione
premesso che:
la legge 23 novembre 1998, n. 407 «Norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata», all'articolo 4 stabilisce che «a partire dall'anno scolastico 1997-1998 sono istituite borse di studio riservate ai soggetti di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, come modificato dall'articolo 1, comma 1, della presente proposta di legge, nonché agli orfani e ai figli delle vittime del terrorismo per ogni anno di scuola superiore, e di corso universitario fino al conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore, del diploma universitario o del diploma di laurea. Tali borse di studio sono esenti da ogni imposizione

fiscale. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di lire 1.000 milione annuo a decorrere dall'anno 1998»;
il decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13 «Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata» apporta specifiche modificazioni alla disciplina recata dalle leggi n. 302 del 1990 e n. 407 del 1998 in materia di benefici a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, in particolare all'articolo 3 introduce l'estensione alla scuola dell'obbligo delle borse di studio a favore degli orfani e dei figli delle vittime del terrorismo e criminalità organizzata;
il 12 gennaio 2009, su iniziativa del dipartimento per il coordinamento amministrativa della Presidenza del Consiglio dei ministri, si è svolto un incontro tecnico, alla presenza dei rappresentanti delle associazioni e dei ministeri interessati sullo stato di attuazione della legge 3 agosto 2004, n. 206 («Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»);
durante il tavolo tecnico dell'8 aprile 2009 le associazioni vittime del terrorismo proponevano il riadeguamento in particolare per gli universitari e i pochi che avrebbero partecipato ai master universitari post-laurea, proposta motivata dalla notevole disponibilità della copertura finanziaria (1 milione di euro, come stabilisce la legge n. 40 del 2008);
è stato emanato, con decreto del Presidente della Repubblica 5 maggio 2009 n. 58, un nuovo regolamento per l'assegnazione delle borse di studio in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, delle vittime del dovere e dei loro superstiti; il regolamento non ha tenuto conto delle principali indicazioni delle associazioni;
il 29 dicembre 2010 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Letta in una missiva precisava che «è stato sottoposto all'esame delle amministrazioni competenti proprio al fine di giungere ad un'approfondita valutazione delle implicazioni giuridiche ed economiche connesse alle modifiche proposte. Gli enti e le amministrazioni hanno specificato, per quanto di rispettiva competenza, gli oneri finanziari relativi a ciascuna modifica proposta, e l'istruttoria, in fase di perfezionamento, si concluderà con la predisposizione di un documento complessivo di sintesi e di previsione degli oneri finanziari»;
il Governo si è più volte impegnato di fronte al Parlamento, alle associazioni in sede di tavoli tecnici e all'opinione pubblica (si veda per esempio la riformulazione del dispositivo finale proposto dal sottosegretario alla Giustizia, senatore Giacomo Caliendo, alla mozione 1-00302 del 18 novembre 2010 approvata all'unanimità al Senato nella quali si «impegna il Governo a proseguire la promozione ed il sostegno di ogni iniziativa volta a rimuovere ostacoli che impediscono alle vittime del terrorismo e ai loro familiari di accedere ai diritti loro riconosciuti, in base a quanto già previsto dalla legislazione vigente, onde riaffermare, mediante la piena ed attuale efficacia delle norme, i principi che sono alla base della legge 3 agosto 2001, n. 206; inoltre il Governo si impegna a valutare le proposte di modifica legislativa e le osservazioni dell'AIVITER e dell'Unione familiari vittime per stragi»),


impegna il Governo:


a valutare la necessità di ridurre i tempi di erogazione, ovvero quattro mesi dalla domanda, che dovrebbero essere coincidenti di norma con la scadenza dell'anno scolastico, per le scuole inferiori e superiori (il 30 giugno di ogni anno) o dell'anno accademico (il 31 ottobre);
a riconoscere in misura più significativa rispetto a quanto prospettato nei tavoli tecnici dell'otto aprile 2009 l'importo delle borse di studio agli universitari corrispondente a 7.000 euro per anno per questa a categoria, così pure la previsione di interventi economicamente superiori

per i master post-laurea, che potranno riguardare, stante gli attuali universitari iscritti, un numero limitatissimo di beneficiari.
(7-00599)«Rossa».

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro per le politiche europee, per sapere - premesso che:
nella notte tra martedì e mercoledì sono morti 150 clandestini, in seguito all'affondamento di un barcone a largo dell'isola di Kerkennah. I cadaveri sono stati recuperati a largo delle coste tunisine;
a bordo della nave c'erano circa 800 persone, in massima parte sub-sahariani, ma anche asiatici, partiti dalla Libia. Per la loro meta: l'Italia;
l'episodio citato è solo l'ultimo di una lunga teoria di misfatti che tante vittime innocenti ha già mietuto;
Fortress Europe, l'autorevole osservatorio sui migranti, stima che dal 1988 siano 11.656 gli scomparsi tra le onde del Mediterraneo e che metà delle salme non siano state ritrovate. L'ecatombe è avvenuta nell'impressionante indifferenza della civile Europa. Morti che non appartengono a loro, i morti africani non commuovono. C'è poca empatia verso quanti hanno osato sfidare il mare e ne sono stati sommersi. Il dato, al contrario, non può essere eluso e dovrebbe spingere a non distogliere lo sguardo da questa catastrofe lenta e continua, divenuta invece una pigra abitudine;
l'illusione che un trattato con un dittatore ci avrebbe messi al riparo dai migranti, garantendoci contemporaneamente gas e affari a buon mercato è miseramente fallita, perché dove non c'è democrazia e libertà, c'è sempre l'afflato al suo raggiungimento, superando le apparenti stabilità;
il 22 maggio del 2008, poco prima della firma dello scellerato trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione, avvenuta a Bengasi il 30 agosto 2008, in un noto settimanale era scritto: «Li controlleranno dall'alto, avranno sugli schermi ogni metro di costa e saranno pronti a intervenire al primo movimento sospetto. Sarà un sistema satellitare a controllare le coste libiche evitando la partenza di migliaia di disperati che da ogni parte dell'Africa si concentrano lì pensando all'Italia e all'Europa»;
si fa riferimento a un sistema di controllo allestito dalla Finmeccanica, l'azienda specializzata non solo nel settore della difesa, ma anche nei sistemi di sicurezza interna costruiti dalla Selex, società di cui è proprietaria;
il sistema satellitare, avrebbe consentito il controllo sulle coste nordafricane, facilitando l'intervento delle navi di pattuglia per effettuare operazioni di controllo, ricerca e salvataggio sia nei luoghi di partenza che in acque internazionali;
quattro giorni prima, ad un noto quotidiano, il Ministro degli affari esteri aveva dichiarato che, per porre un freno all'immigrazione clandestina, l'Italia si preparava non solo a ricorrere alla Marina militare per rafforzare i pattugliamenti in mare, ma sarebbe ricorsa anche all'uso dei satelliti pur di intercettare gli arrivi delle imbarcazioni fin dal momento in cui esse salpano dai porti di partenza;
ha inoltre precisato che su questo fronte l'Italia avrebbe impiegato diversi mezzi «con un coordinamento europeo,

che sono la marina, gli elicotteri, gli aeroplani e un pattugliamento anche con una rete satellitare di collegamento»;
riferendosi a coloro che sono intenzionati a raggiungere le nostre coste, Frattini ha poi aggiunto che «se non li intercettiamo vicini ai porti di partenza, quando poi li sorprendiamo in alto mare che stanno per morire è chiaro che innanzitutto si deve salvare loro la vita. Se invece ce ne accorgiamo quando stanno per partire con un mezzo satellitare adeguato, che ovviamente già esiste, noi possiamo intervenire alla partenza». Il sistema di rilevazione satellitare, ha aggiunto il titolare della Farnesina, «esisteva, ma purtroppo avevamo una mancanza proprio qui in Italia. Il nostro Paese ha utilizzato poco i finanziamenti europei che sono consistenti.»;
è certamente possibile effettuare il monitoraggio di coste e mare per salvare la vita di innocenti poiché esiste un circuito di satelliti della NASA «Terra» ed «Aqua» le cui rilevazioni il MARSec (che fa parte della rete mondiale di osservazione sulla terra della Agenzia spaziale statunitense), ogni giorno, acquisisce ed elabora;
il MARSec (Mediterranean agency for remote sensing and environmental control) è un centro per il monitoraggio satellitare delle aree del Mediterraneo;
per le immagini ad alta risoluzione, il MARsec ha stipulato, un accordo con la società israeliana Imagesat International NV, proprietaria dei satelliti EROS-A ed EROS-B. L'accordo concede al MARsec di acquisire immagini da questi satelliti consentendo di informare le pubbliche amministrazioni. Eros cattura immagini ad alta risoluzione (dalle quali si possono distinguere strade e case). La risoluzione di Eros-A è di circa 1,8 metri a terra, mentre quella di Eros-B, lanciato in orbita il 25 aprile del 2006, è di circa 70 centimetri. I prodotti che si elaborano dai dati di Eros possono essere utilizzati a scopi urbanistici, per il controllo del territorio, per la pianificazione urbanistica e agricola, per la protezione civile, per l'aggiornamento delle carte tematiche e per il controllo dei flussi migratori;
è poi noto che a due passi dal centro abitato di Niscemi, in contrada Ulmo, dal 1991 esiste una delle più grandi stazioni di telecomunicazioni della Marina USA del Mediterraneo: NRTF (Naval radio transmitter facility);
nella stazione in oggetto, sono installate decine di antenne di trasmissione HF ed una LF (bassa frequenza), ed ospita una delle stazioni di controllo terrestre del «MUOS» il sofisticato sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza (UHF) delle forze armate USA che integra comandi, centri d'intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota, e altro;
ulteriori e più recenti dichiarazioni sull'argomento sono state espresse dal vicepresidente della Commissione europea Tajani, che ha confermato lo scorso aprile, a più riprese, l'esistenza e l'utilizzabilità dei sistemi di monitoraggio radar per salvare tante vite umane. Si riporta il testo di un'agenzia ove vengono chiaramente affermati questi fatti: «Sono 11 i satelliti puntati sulle coste nordafricane e sul Mediterraneo per individuare e segnalare i movimenti nei porti e barche in navigazione, fino alle più piccole, delle dimensioni di 4 metri. Per il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, questa sorveglianza è un esempio di come «quando si dice che l'immigrazione è un problema dell'Unione europea si dice il vero e il giusto». Lo ha detto oggi a Frascati (Roma) lo stesso Tajani, presentando la nuova strategia spaziale europea nel centro dell'Esa in Italia, l'Esrin. La sorveglianza delle coste e del Mediterraneo è un esempio delle ricadute positive dello spazio al servizio della società, ha osservato Tajani, e «un esempio di collaborazione da parte dei singoli Stati membri. Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione europea significativa anche politicamente»;
il sistema di sorveglianza che in questi giorni sta segnalando le imbarcazioni

provenienti dal Nord-Africa si chiama Mariss (European maritime security services), è gestito dalla società e-Geos costituita da Agenzia spaziale italiana (Asi) e Telespazio (Finmeccanica-Thales) ed è nato dalla collaborazione tra Guardia costiera, Guardia di finanza, Marina militare ed Esa. Degli 11 «occhi» puntati sul Mediterraneo, 6 sono satelliti radar in grado di prendere immagini anche di notte e attraverso le nubi. Di questi, 4 sono gli italiani Cosmo-SkyMed, in grado di fornire immagini ad alta risoluzione ogni 4-6 ore;
ci sono poi il satellite tedesco TerrasarX e il canadese Radarsat-2. Gli altri 5 satelliti, tutti ottici, sono gli americani Geoeye, Quickbird e Ikonos, il francese Spot e Formosat, di Taiwan;
«ad oggi la copertura del Mediterraneo non è completa», ha detto il direttore dell'Esa per l'osservazione della Terra, Volker Liebig. Ma, ha aggiunto «a partire dal 2013 si aggiungeranno i satelliti europei radar Sentinel» (saranno 4 entro il 2016), «in grado di garantire ogni 5 giorni una sorveglianza completa della Terra»;
lo stesso vicepresidente, in un'altra agenzia che si riporta, così si è espresso: «Un "puntuale monitoraggio" dei flussi immigratori e dell'emergenza umanitaria in corso sulle acque del mar Mediterraneo "arriva dallo spazio, grazie anche alla tecnologia italiana e al polo di eccellenza scientifica a Frascati". Lo ha detto il vice presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, a conclusione della visita al padiglione espositivo del Lazio al Vinitaly»;
«sono 11 i satelliti dell'agenzia spaziale europea Esa - ha precisato - che permettono di identificare tutti gli spostamenti di mezzi in mare, anche quelli di navi non identificate, e che forniscono queste informazioni alla nostra Guardia costiera e alla Guardia di finanza»;
«è questo un altro contributo dell'Italia all'emergenza profughi - ha concluso Tajani - e un contributo del Lazio che, col suo polo di Frascati, dà posti di lavoro qualificati»; sempre riferendosi all'utilizzo della tecnologia satellitare, necessaria per salvare le vite dei tanti migranti che rischiano la propria vita nella traversata, ha dichiarato la sostanziale prevalenza dell'Europa delle Patrie sulla Patria europea, le cui conseguenze nefaste sono sotto gli occhi di tutti: «Il problema non è la Commissione europea, il problema è che manca una solidarietà a livello di Stati membri: bisogna anche rinunciare a un po' di egoismo ed essere più solidali». Lo afferma Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea a proposito dell'emergenza immigrazione. «Se noi non ci rendiamo conto che il problema immigrazione non è un problema di Malta, dell'Italia, della Francia ma è un problema anche del futuro dell'intera Unione compiamo un errore», dice Tajani all'ANSA a margine del Vinitaly di Verona;
«se non ci sarà un intervento a livello comunitario, se tutti gli Stati membri non si decidono a intervenire anche in Africa continueremo ad avere i contenziosi che ci sono», aggiunge il vicepresidente della Commissione di Bruxelles. «In questo caso serve più Europa: non serve più Europa per le piccole cose dove gli Stati membri, i Comuni, le Province, le Regioni possono fare da soli, serve più Europa là dove gli Stati membri nell'era della globalizzazione da soli non sono in grado di dare delle risposte: il tema dell'immigrazione è uno di questi», spiega Tajani. Ma l'Italia rischia di trovarsi isolata contro un nuovo asse franco-tedesco? «O ci sarà più Europa - risponde Tajani - o ci troveremo sempre ad affrontare problemi come questo: prima è stato Italia-Malta, poi Italia-Francia, ora Italia-Germania. Serve una strategia europea perché gli immigrati non è che vogliano andare a Lampedusa, vogliono andare in diversi Paesi europei». «L'Agenzia spaziale europea fornisce alla Guardia costiera e alla Guardia di finanza attraverso i suoi satelliti tutte le informazioni di quanto succede in Libia, in Tunisia, lungo quel percorso che porta i barconi verso i Paesi europei: la Commissione europea ha fatto quello che poteva, ma l'Europa non è solo la Commissione

europea, l'Europa sono anche gli Stati membri», conclude il vicepresidente Ue -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa e, nell'eventualità positiva quali iniziative gravissime e urgenti intendano porre in essere per far terminare lo stillicidio di vite umane durante le traversate su barche di fortuna;
se sia vero che le nostre forze dell'ordine dispongano di precisissimi dati rilevati da sofisticati sistemi radar, in grado di localizzare perfettamente ogni imbarcazione in pericolo in mare, e nell'eventualità positiva, perché non siano stati utilizzati nei tanti casi in cui le barche fatiscenti che imbarcavano i clandestini siano state lasciate affondare, con l'inevitabile conseguente carico di lutti, a partire dai fatti accaduti tra martedì 31 maggio e mercoledì 1o giugno 2011;
quale sia lo stato dei rapporti tra Italia e l'Unione europea per affrontare in modo coordinato, efficace, efficiente e solidale il dramma degli immigrati clandestini.
(2-01115)
«Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Luxury importa ed esporta pellame salato fresco, in particolar modo dai Paesi del Sud America e del Sud Africa, che viene rivenduto alle concerie nel nostro Paese e all'estero;
con il regolamento dell'Unione europea n. 142/2011 della Commissione del 25 novembre 2011, il pellame salato fresco è assoggettato alla normativa riguardante i prodotti alimentari;
alla stipula del contratto con il fornitore, per prassi commerciale, le società importatrici provvedono al pagamento anticipato della merce;
la società Luxury ha attualmente segnalato all'interrogante che i container contenenti la merce non vengono autorizzati ad entrare nei porti dei Paesi dell'Unione europea, per espletare le operazioni di consegna in quanto i documenti sanitari prodotti dai Paesi di origine non hanno i requisiti richiesti dall'attuale normativa;
la società Luxury e tutte le altre del settore, non potendo sdoganare la merce già pagata ed avendo stipulato contratti di fornitura precedenti all'entrata in vigore delle attuali normative, subiscono un grave danno economico;
i container fermi nei porti contengono merci facilmente deperibili, soprattutto nella presente stagione calda, che sono soggette ad una veloce putrefazione e, ad evitare rischi sanitari, è necessario successivamente provvedere allo smaltimento veloce del carico -:
se non ritengano opportuno verificare nelle opportune sedi di rispettiva competenza la possibilità di intervenire affinché l'applicazione del regolamento dell'Unione europea avvenga senza ulteriori traumi economici per le società coinvolte e già segnate dalla grave congiuntura economica mondiale.
(4-12211)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

PORTA, TEMPESTINI, NARDUCCI, BARBI e MECACCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la riduzione avvenuta negli ultimi anni degli investimenti destinati alle politiche

emigratorie ha scosso profondamente il sistema di relazioni costruito nel tempo con le nostre comunità all'estero e ha acutizzato i problemi più gravi legati alle condizioni di vita di ampie fasce di connazionali interessate da fenomeni di disagio sociale;
le conseguenze più evidenti si manifestano nel campo dell'assistenza diretta, che e passata dalla dotazione di 28 milioni raggiunta nella scorsa legislatura, ai 12 milioni del 2010, ulteriormente ridotti nel 2011 del 22 per cento e scesi pertanto a 9,5 milioni;
i tagli dei finanziamenti hanno minato in particolare le basi per il proseguimento della positiva esperienza delle polizze sanitarie stipulate in alcuni Paesi dell'America Latina e rivolte a corrispondere alle esigenze acutissime della popolazione più anziana;
di contro, nella destinazione delle sempre meno adeguate risorse assegnate al Ministero degli affari esteri, somme non marginali e comunque stridenti con la linea di contenimento perseguita dal Governo sono destinate all'acquisizione di consulenze per funzioni che spesso si sovrappongono a quelle ordinariamente esercitate dalle strutture del Ministero degli affari esteri;
a titolo esemplificativo, si richiama il caso dell'avvocato Marco Rago che nel giro di pochi anni è riuscito ad ottenere presso il Ministero degli affari esteri distinte consulenze relative alla cooperazione allo sviluppo; alla partita dei fondi comunitari presso la Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie (DGIEPM), alla valutazione ex post delle azioni della Direzione generale degli italiani all'estero (DGIT) in merito Pon Assistenza tecnica e azioni di sistema (Pon Atas) ancora, alla cooperazione allo sviluppo, al funzionamento dell'Istituto Italo Latino Americano, beneficiario di finanziamento pubblico; all'aggiudicazione del programma sanitario a favore dei nostri connazionali di Caracas; all'appalto dei servizi in materia assicurativa; all'appalto per la costruzione del padiglione di Shanghai; all'appalto per l'aggiudicazione della ristorazione del padiglione di Shanghai; all'appalto per l'allestimento sempre del padiglione di Shanghai, oltre ad un'altra serie di consulenze presso altri enti come il FORMEZ e altri organismi come il consiglio d'amministrazione dell'agenzia Il Velino, beneficiaria di contributi riguardanti l'editoria. A questi incarichi sono da aggiungere quelli di Consigliere giuridico del Commissario del Governo per l'Esposizione universale di Shanghai e di consulente giuridico dell'Ambasciata d'Italia a Buenos Aires, funzione quest'ultima di difficile valenza interpretativa -:
se non intenda fornire al Parlamento un quadro complessivo delle consulenze ancora attive presso il Ministero degli affari esteri, con la specificazione dei relativi incarichi per ricondurre l'istituto della consulenza alla sua natura di collaborazione specialistica e temporanea, evitando che in casi particolari si configuri come una continuativa professione.
(5-04853)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, LENZI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in Italia risiedono centinaia di connazionali titolari di pensione brasiliana maturata in quel Paese a seguito di una prolungata permanenza di lavoro e dei versamenti contributivi in esso effettuati;
questi pensionati, a causa di leggi molto restrittive vigenti in Brasile sull'esportazione di capitali, sono costretti a riscuotere la loro pensione tramite fiduciari residenti in Brasile, che poi cercano di fare arrivare in Italia l'importo delle riscossioni, o tramite un patronato residente a San Paolo e riconosciuto dal Governo brasiliano con decreto 42.516 del 26 ottobre 1957 - il Patronato assistencial

dos imigrantes italianos -, che gira successivamente gli importi ai beneficiari nel nostro Paese;
il sistema da tempo si è rivelato farraginoso e tale da produrre notevoli ritardi nell'effettiva attribuzione delle somme ai beneficiari, sia per la difficoltà dei delegati di provare alle autorità competenti la legittima provenienza delle somme, sia per la periodicità degli adempimenti burocratici da parte dei pensionati, sia per le disfunzioni di cui ha dato prova il suddetto patronato;
un'organica soluzione di queste situazioni potrebbe derivare dall'entrata in vigore del nuovo accordo bilaterale di sicurezza sociale tra Italia e Brasile firmato a Brasilia nel 1995, che consentirebbe di esportare le prestazioni di sicurezza sociale in ognuno dei Paesi contraenti, un accordo che tuttavia non è stato ancora ratificato dai rispettivi Parlamenti;
più di recente, nel corso della quarta riunione del Consiglio Italia-Brasile per la cooperazione economica, industriale, finanziaria e per lo sviluppo, svoltasi a Brasilia il 9 novembre 2009 in applicazione dell'accordo-quadro del 12 febbraio 1997, tra i rappresentanti dell'INSS, l'istituto brasiliano di previdenza sociale, e quelli dell'INPS, si è profilata la possibilità di una collaborazione tra i due enti volta a favorire il pagamento delle pensioni brasiliane in Italia;
nel contatto diretto avvenuto in quella occasione, si sono previste, in vista della stipulazione di un protocollo di intesa, un'iniziale richiesta di collaborazione da parte dell'INNS, che avrebbe anche circostanziato le caratteristiche del servizio richiesto, e una risposta dell'INPS, che avrebbe precisato i costi e le modalità dell'operazione;
sembra anche che lo stesso INSS, tramite la Banca del Brasile di Roma, abbia tentato di individuare un istituto finanziario italiano al quale affidare il pagamento delle pensioni; come già avviene in altri Paesi europei, come la Spagna, il Portogallo e la Grecia, anche in questo caso senza esiti concreti -:
se il Ministro degli affari esteri non intenda rappresentare alle autorità brasiliane l'urgenza di normalizzare il pagamento delle pensioni legittimamente maturate da cittadini italiani nel corso della loro permanenza in Brasile, qualunque sia la modalità prescelta per dare esecuzione a tale operazione;
se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda sollecitare l'INPS a riprendere al più presto i contatti con l'istituto brasiliano affinché siano definiti le condizioni e i termini di un eventuale accordo che possa risolvere definitivamente la questione aperta e mettere gli interessati nella condizione di potere usufruire di un loro diritto;
in quali tempi il Governo intenda presentare al Parlamento il disegno di legge di ratifica del nuovo accordo bilaterale di sicurezza sociale Italia-Brasile, che darebbe una risposta organica e risolutiva anche a queste questioni.
(4-12201)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

PES, CALVISI, FADDA, MELIS e SCHIRRU. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2011 la procura di Tempio Pausania ha disposto il sequestro probatorio dei fondali antistanti l'ex Arsenale della Marina militare de La Maddalena;
la decisione è stata presa in seguito al rapporto dei sommozzatori del nucleo dei carabinieri, su incarico della Corte dei conti di Roma che indaga sui 45 milioni di

euro spesi per le bonifiche in vista del G8 che si sarebbe dovuto svolgere nel 2009 nell'arcipelago della Maddalena;
da quanto si apprende da un articolo di stampa (La Nuova Sardegna, 1o giugno 2011), l'inchiesta sulle bonifiche procede su due fronti: una sui fondali marini (affidata agli uomini del Noe di Sassari, ai sommozzatori dell'Arma e agli ispettori dell'Arpa e Ispres), l'altra sulla terra ferma affidata agli investigatori della capitaneria e ad alcuni geologi che da diversi mesi stanno analizzando - in tutta segretezza - i campioni prelevati nella costa;
il magistrato che conduce le indagini, stando sempre a quanto riportato dall'articolo della stampa, ha già raccolto in diversi faldoni le decine di perizie consegnate da esperti e investigatori;
le risultanze peritali hanno portato al sequestro probatorio di 60mila metri quadri di mare davanti al Main Center della Maddalena, nell'ex Arsenale;
vi sono dubbi e sospetti sulle modalità di smaltimento, attività sottoposte all'epoca alla completa secretazione da parte della struttura di missione;
le opere di bonifica sono costate alle casse della regione Sardegna 45 milioni di fondi FAS;
c'è il sospetto che veleni micidiali, come amianto, mercurio, idrocarburi siano ancora presenti nel fondale davanti all'ex Arsenale e pare addirittura che i valori siano doppi rispetto a quelli dell'inizio lavori (2008);
vi è anche l'ipotesi, da quanto si legge nell'articolo del 1o giugno 2011, che non tutto il materiale pericoloso ricavato dalla demolizione dell'ex Arsenale e dei moli (tra i quali l'amianto), che la struttura di missione sostiene di aver regolarmente smaltito in diverse discariche non autorizzate, potrebbe non avere mai lasciato l'isola della Maddalena;
per smaltire e demolire il molo in cemento armato che caratterizzava l'accesso all'ex Arsenale sono state sistemate e fatte brillare immense cariche di tritolo nei basamenti;
è stata eseguita una pulizia superficiale e nel fondale permangono dei resti del molo -:
se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se non ritengano opportuno vigilare, per quanto di competenza, perché venga fatta chiarezza sulla vicenda;
se non ritengano necessario adoperarsi perché la bonifica sia eseguita nel più breve tempo possibile.
(4-12202)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come evidenzia l'organizzazione ambientalista Lucana (OLA) dal sito del Ministero dello sviluppo economico si apprende che il giorno 23 maggio 2011 sono state convocate le sedute delle conferenze di servizi per il rilascio dell'autorizzazione ai permessi di ricerca denominati «Satriano di Lucania (ENI)» che comprende i comuni di Abriola, Brienza, Picerno, Pignola, Sant'Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda, Satriano di Lucania, Savoia di Lucania, Tito; «Fusci» (ENI) che ricade nei comuni di Atella, Avigliano, Baragiano, Bella, Filiano, Pietragalla, Pignola, Potenza, Ruoti, San Fele; «Anzi» (ENI) che ricade nei comuni di Abriola, Anzi, Brindisi Montagna, Calvello, Pignola, Potenza, Trivigno Abriola, Anzi, Brindisi Montagna, Calvello, Pignola, Potenza, Trivigno;
il territorio impegnato dai tre permessi di ricerca è pari ad oltre 458 chilometri quadrati e molti comuni si trovano nel perimetro di aree protette regionali e statali e del parco nazionale Appennino lucano ed è esposto al rischio

di essere quasi totalmente oggetto di attività «estrattiva che ne svilisce le sue peculiarità ambientali e turistiche;
inoltre, sempre dal sito del Ministero dello sviluppo economico, la Ola apprende che la regione Basilicata starebbe per rilasciare l'intesa per il permesso di ricerca denominato «Oliveto Lucano» (Esso - Total) in gran parte ricadente nei comuni del parco regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane dove sono vietate prospezioni, ricerche ed estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi in base alla legge istitutiva del parco stesso -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare, affinché prima che le competenti istituzioni adottino alcun atto relativo all'aumento dell'attività estrattiva, come da permessi richiesti, vi siano garanzie di tutela delle aree protette.
(4-12215)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il C.N.A, ovvero il Consiglio nazionale dell'ambiente presieduto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è un organismo che fornisce pareri e proposte afferenti alle tematiche ambientali, tutela della natura e del paesaggio, difesa del patrimonio faunistico e vegetazionale, salvaguardia e valorizzazione degli habitat naturalistici, nonché promozione e sviluppo di nuova occupazione in campo ambientale;
tra le iniziative più rilevanti, risultano: il rilascio dei pareri sul riconoscimento delle associazioni ambientaliste, le proposte per compiere e promuovere studi e rilevamenti in materia ambientale ed i pareri sulla relazione sullo stato dell'ambiente;
proprio alla luce dei suoi alti compiti istituzionali non è chiaro il motivo per cui non è stato convocato per esprimere il proprio parere sulla scelta di ritornare alla produzione di energia nucleare perseguita dal Governo;
a pochi giorni dalla scadenza referendaria tale decisione pare all'interrogante ancora più incongruente, se si pensa che all'interno del Consiglio nazionale dell'ambiente, sono presenti i rappresentanti delle regioni, che in questi giorni, più volte e in modo assolutamente trasversale, hanno espresso la loro contrarietà al ritorno dell'Italia alla produzione di energia nucleare -:
se il Ministro interrogato intenda esporre chiaramente i motivi che hanno indotto la mancata convocazione del Consiglio nazionale dell'ambiente su un tema di così grande portata, come la scelta da parte del Governo, avallata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di ritornare al «nucleare»;
se, anche se in extremis, non ritenga che la convocazione del Consiglio nazionale dell'ambiente, oltre ad essere utile, configuri anche un adempimento istituzionale.
(4-12216)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
Arcumeggia, frazione del comune di Casalzuigno in provincia di Varese, è riconosciuto come uno dei più noti e importanti «borghi dipinti» per il valore degli artisti contemporanei che, nell'arco di quarant'anni, hanno realizzato le proprie opere sui muri esterni degli edifici del borgo;
sono presenti affreschi di artisti del calibro di Giovanni Brancaccio, Albino Reggiori, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Giuseppe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli;
nel 2007 l'Opificio delle pietre dure di Firenze ha esaminato tutti gli affreschi,

indicando le condizioni di ciascuno e gli interventi necessari, ed è stato evidenziato che alcuni sono già irrecuperabili, mentre tra quelli che necessitano di un intervento urgente c'è l'affresco di Innocente Salvini del 1971;
è necessario un urgente intervento di restauro conservativo per non perdere opere di grande valore artistico, come denunciato recentemente dalla stampa e da alcuni enti e associazioni locali -:
se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare - in termini di risorse economiche, tecniche e umane - ai fini di agevolare il recupero dell'importante patrimonio costituito dal borgo dipinto di Arcumeggia e di valorizzare, allo stesso tempo, le potenzialità turistiche intrinseche alla frazione di Casalzuigno.
(4-12200)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si sono svolti i festeggiamenti per il 197° anniversario della fondazione dell'Arma dei carabinieri;
per l'occasione sono stati impiegati un ingente numero di mezzi e di attrezzature di supporto e logistiche, oltre a un rilevante numero di appartenenti all'Arma e di civili della Difesa -:
quanti uomini e mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia la spesa complessivamente sostenuta;
se il Ministro interrogato alla luce della evidente crisi economica in cui versa il Paese non ritenga opportuno assumere iniziative volte a prevedere che per i prossimi anni la celebrazione della ricorrenza avvenga in forma puramente simbolica e senza oneri per il bilancio dello Stato.
(4-12199)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della difesa, con decreto ministeriale del 5 ottobre 2010, ha emanato la disciplina ed i criteri per il conferimento, il mutamento e la revoca degli incarichi di funzione dirigenziale generale;
tale disciplina si segnala per il suo palese contrasto con la normativa recata dall'articolo 19, comma 1-bis introdotto dal decreto legislativo n.150 del 2009, al quale pretende di adeguarsi. Infatti, la normativa generale recata dal suddetto decreto legislativo impone, come necessaria, la fissazione di «criteri di scelta» in relazione ai singoli posti di funzione dirigenziale o, quantomeno, a ciascuna «tipologia» di essi, da «rendere conoscibili» unitamente ai «posti disponibili». Detti «criteri di scelta», muovendosi necessariamente nell'ambito dei criteri generali posti dal comma 1 dell'articolo 19 citato, devono essere di essi specificativi, così da orientare i dirigenti nella decisione di porre le loro candidature e di fornire all'Amministrazione idonei criteri di valutazione;
l'articolo 4 del citato decreto ministeriale del 5 ottobre 2011, invece, secondo gli interroganti viola palesemente il suddetto articolo 19 sotto più profili:
a) si risolve in gran parte in una mera riproduzione dei criteri generali di cui all'articolo 19, comma 1, in violazione del comma 1-bis del medesimo articolo;
b) impone un primo «criterio» estraneo all'articolo 19, comma 1 in violazione, pertanto, di questo primo comma, ovvero la necessità di tenere «conto delle circostanze che gli incarichi dirigenziali di livello generale garantiscono la diretta attuazione

dell'indirizzo politico». Il criterio mira a connotare in modo fiduciario gli incarichi di dirigenza generale, che vengono espressamente equiparati a quelli di cui all'articolo 19, comma 3 e contrasta, pertanto, assai gravemente con la retta interpretazione della normativa sulla dirigenza, ormai consolidata alla stregua della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;
c) impone un secondo «criterio» anch'esso estraneo all'articolo 19, comma 1, in evidente violazione di tale comma. Secondo questo «criterio» «potranno anche essere valutate le prospettive di ritorno per l'Amministrazione in termini di investimento professionale». Questo «pseudo» criterio, manifestamente incongruo, si segnala per il suo carattere sconcertante: che c'entra l'investimento professionale con l'assegnazione degli incarichi di dirigenza generale? Evidentemente, a parere degli interroganti, attraverso questo meccanismo illegittimo ed arbitrario si vogliono negare meriti e attitudini ai quali la valutazione professionale è vincolata ex articolo 19, comma 1;
la disciplina del decreto ministeriale in parola, già oggetto di molteplici e motivate critiche sia da parte delle organizzazioni sindacali dei dirigenti statali che da parte di numerosi parlamentari, ha provocato anche l'interrogazione n.4-10928 presentata nella seduta della Camera dei Deputati del 16 febbraio 2011, ancora in attesa di risposta;
la medesima disciplina ha comportato, di conseguenza, che le nomine dirigenziali di 1° fascia attribuite dal Ministero nell'ultimo anno, non rispondono ad avviso degli interroganti a criteri oggettivi, selettivi e meritocratici, perché basate sulle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale che, a sua volta, risulta non rispondente alla norma di rango primario da cui promana -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per correggere il citato decreto ministeriale del 5 ottobre 2010 al fine di garantire il rigoroso e completo rispetto della legge in materia di affidamento, mutamento e revoca degli incarichi dirigenziali di prima fascia presso il Ministero della difesa.
(4-12210)

BRAGANTINI e NEGRO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - permesso che:
entro il prossimo 31 dicembre 2011 dovrebbe esser chiuso il Support detachment north east Italy (SDNEI) della Nato di stanza a Verona, dipendente dal Joint force command alleato di Napoli;
nelle intenzioni dei vertici operativi dell'Alleanza atlantica, la chiusura dello SDNEI dovrebbe implicare il licenziamento del grosso delle maestranze italiane che attualmente vi lavorano, ovvero 22 persone in tutto su 30 in linea;
non risulta al momento previsto alcuno «scivolo» per il personale addetto oggetto del provvedimento di licenziamento, a dispetto delle molte ipotesi ventilate e mai confermate;
in passato, in casi analoghi, come quello della base utilizzata dalla Marina degli Stati Uniti a La Maddalena, le situazioni di precarietà sono state oggetto di specifici interventi -:
quali iniziative di competenza il Governo ritenga opportuno assumere per assicurare un adeguato futuro lavorativo ai dipendenti italiani del Support detachment north east Italy, o SDNEI, della Nato ai stanza a Verona, che verrà licenziato entro la fine dell'anno in corso.
(4-12213)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

LA MALFA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una riforma fiscale come quella di cui discute il Governo, oltre a presentare

il problema della copertura finanziaria, ad avviso dell'interrogante richiede alcuni anni per la sua completa attuazione e sarebbe del tutto inutile ai fini di sollevare l'economia italiana dall'attuale perdurante stato di stagnazione -:
che cosa dunque il Governo intenda fare subito per accelerare la crescita dell'economia italiana.
(3-01696)

Interrogazioni a risposta scritta:

NICOLA MOLTENI, CROSIO e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
oggi sono più di 45.000 le persone di cittadinanza italiana che ogni giorno si recano in Svizzera e sul territorio elvetico svolgono la propria attività lavorativa; ovviamente i territori di provenienza sono quelli delle province di confine soprattutto lombarde, ma anche piemontesi;
la lingua, la storia, i costumi, le radici culturali hanno accomunato nei secoli gli abitanti del Canton Ticino con quelli delle province del Verbano-Cusio-Ossola, di Como, di Varese e di Sondrio, generando un'area omogenea che travalica i confini amministrativi tra Svizzera ed Italia;
i rapporti Svizzera/Italia in materia di imposizione fiscale sono regolati dall'accordo, ancora pienamente in vigore, stipulato dai due Paesi nel 1974, per cui i salari, gli stipendi e i compensi del lavoratore frontaliero sono imponibili nello Stato in cui sono prodotti; i Cantoni dei Grigioni, del Vallese e del Ticino, ogni anno, versano poi allo Stato italiano una quota del gettito delle imposte sui redditi pagate dei frontalieri, pari al 38,8 per cento, con lo scopo di compensare le spese che i comuni italiani di confine sopportano; lo Stato italiano, infatti, conferisce tali versamenti proprio agli enti locali di confine;
i rapporti economici tra i due Stati non si riducono esclusivamente al fenomeno del frontalierato, ma sono fatti di rapporti commerciali fitti, quotidiani e di rapporti fiduciari ormai consolidati con il sistema bancario elvetico;
a partire dal 2009 le relazioni diplomatiche tra Italia e Svizzera si sono deteriorate dopo le incomprensioni seguite all'approvazione del cosiddetto «scudo fiscale»; sebbene successivamente l'Agenzia delle entrate abbia chiarito la posizione dei lavoratori frontalieri e il Governo italiano abbia esplicitato la volontà di non penalizzarli, alcune voci dal Canton Ticino si stanno alzando con lo scopo di rivedere l'accordo Italia-Svizzera ed adeguarlo a quello siglato tra Svizzera ed Austria, che prevede una percentuale di ristorno pari al 12,5 per cento;
un tale accordo penalizzerebbe eccessivamente i comuni italiani confinanti, in una fase storica di assoluta incertezza, e i lavoratori frontalieri che potrebbero venire colpiti da una doppia imposizione;
nel 2010 l'approvazione del decreto-legge n. 40 ha comportato l'obbligo per le imprese italiane che commerciano con Paesi inseriti nella «black-list», e quindi anche con la Svizzera, di presentare mensilmente o trimestralmente una lista dettagliata di tutti gli scambi di beni e servizi, con la conseguenza di un pesante aggravio amministrativo da un lato e di una significativa perdita di contratti tra aziende italiane e svizzere dall'altro;
è necessario ristabilire con la Confederazione elvetica rapporti collaborativi a tutela delle esigenze dei lavoratori frontalieri e delle aziende italiane ed elvetiche e della trasparenza finanziaria e fiscale -:
come i Ministri intendano intervenire per rinsaldare i rapporti con le autorità cantonali e confederali della Svizzera, al fine di tutelare a pieno l'attività dei lavoratori frontalieri italiani e la trasparenza fiscale e finanziaria, e se ritengano opportuno eliminare la Svizzera dalla «black-list» degli Stati a fiscalità privilegiata.
(4-12207)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota dell'agenzia stampa ASCA del 4 giugno 2011 ha diffuso la notizia che «la speciale Commissione d'Indagine sui fattori patogeni derivanti dall'uso di armi con uranio impoverito ha proseguito l'ampia inchiesta condotta in materia con un'audizione del Capo Ufficio Legislativo del Ministero della difesa, Tullio Del Sette e di Teodoro Raffaele Bilanzone DG della previdenza militare e della leva del Ministero della difesa. Del Sette ha sottolineato che la carenza di risorse finanziarie impedisce al Comitato di verifica delle cause di servizio di proseguire con celerità l'esame delle richieste di indennizzo presentate da quanti hanno contratto malattie invalidanti dopo la partecipazione a missioni all'estero.»;
nel corso dell'audizione svoltasi presso la Commissione parlamentare di inchiesta sull'esposizione a possibili fattori patogeni, con particolare riferimento all'uso dell'uranio impoverito il 1o giugno 2011 (33a seduta) un senatore ha avuto modo di rilevare che «nel corso dell'audizione del 3 novembre 2010 il dott. Bilanzone spiegò le ragioni per le quali, a quella data, nessun indennizzo era stato erogato [...] che da allora la situazione non risulti modificata di molto, malgrado il varo di modifiche legislative intese ad accelerare e snellire le procedure. [...] Attualmente, invece, sembra che ci si preoccupi più dell'erogazione del gettone di presenza ai componenti del Comitato di verifica delle cause di servizio.» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della problematica rappresentata nel corso dell'audizione in premessa e se non ritengano opportuno che i componenti del Comitato di verifica delle cause di servizio svolgano le attività presso il predetto Comitato a titolo non oneroso;
quale sia l'importo del gettone di presenza corrisposto ai membri del Comitato e quante le presenze di ogni singolo membro nel corso del mandato svolto;
quanti dei componenti del Comitato nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per un periodo di quattro anni, prorogabili per non più di una volta, siano collocati in posizione di comando o fuori ruolo presso il Comitato medesimo e quanti siano stati prorogati e con quali motivazioni;
se non ritenga doveroso promuovere modifiche alla legislazione vigente intese ad evitare il protrarsi della definizione dei procedimenti di competenza del Comitato di verifica delle cause di servizio oltre i termini stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461, prevedendo nel caso i relativi provvedimenti sanzionatori;
quante siano attualmente le pratiche assegnate al Comitato che non siano state definite con il prescritto parere e per le quali siano decorsi inutilmente i termini di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461;
quali immediate azioni intendano intraprendere i Ministri interrogati al fine di tutelare gli interessi e i diritti di coloro che avendo presentato domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie sofferte, ancora ne attendono la definizione.
(4-12208)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 29 maggio 2011 l'interrogante ha visitato il carcere Vazia Rieti, accompagnata dalle militanti e dirigenti radicali Irene Testa, Valeria Centorame e Paola Di Folco;

il carcere di Rieti, è un carcere nuovo, aperto nel 2009 che - considerato il sovraffollamento delle carceri laziali - è inspiegabilmente utilizzato solo per un terzo della sua capacità ricettiva; delle 11 sezioni a disposizione, infatti, solo 3 ospitano detenuti; tutte le altre sono chiuse per mancanza di personale della polizia penitenziaria; pertanto, a fronte dei 450 posti disponibili solo 142 detenuti sono ospitati nella struttura;
il 50 per cento circa dei detenuti sono stranieri; 80 sono tossicodipendenti e di questi 52 sono in terapia metadonica che i detenuti assumono tramite una strumentazione «autodosante»; almeno trenta persone sono sottoposte a cure con benzodiazepine;
le celle, concepite per ospitare uno o, al massimo, due detenuti, sono attualmente occupate da quattro reclusi, sistemati in letti a castello; in cella i detenuti trascorrono la maggior parte della giornata considerato che solo 26 di loro hanno la possibilità di svolgere attività lavorative; d'altra parte - sempre a causa della carenza di personale - non sempre è possibile fruire delle attività che strutturalmente sono possibili nel penitenziario: palestra, teatro sociale, biblioteca, campo sportivo, cineforum, corsi di informatica ed alfabetizzazione;
il carcere di Rieti è dotato di infrastrutture prescritte dall'ordinamento penitenziario - come l'area verde per i colloqui all'aperto con i minori - che però non sono utilizzate per la citata carenza di agenti di polizia penitenziaria;
l'istituto non è ancora dotato della pianta organica della polizia penitenziaria; gli agenti sono drammaticamente e sicuramente insufficienti, costretti a turni massacranti anche di 12 ore consecutive;
per molti detenuti, soprattutto stranieri, avere rapporti con i familiari è pressoché impossibile data la mancanza di infrastrutture e collegamenti autostradali e ferroviari verso la città di Rieti;
quanto all'assistenza sanitaria, l'istituto è nella fase di organizzazione con la ASL di riferimento e, comunque, al momento, è privo della guardia medica durante la notte e per due ore dalle 12 alle 14; il reparto medico infermieristico, è dotato di un'apparecchiatura radiologica acquistata di recente, ma che non può essere utilizzata perché «inidonea» all'uso in carcere;
riguardo all'assistenza psicologica, uno psicologo del SERT si reca in istituto una volta a settimana; uno psicologo dell'amministrazione penitenziaria (ex articolo 80) è previsto per sole 8 ore mensili, mentre per i nuovi giunti, lo psicologo addetto, arriva entro 48 ore dall'ingresso in istituto del detenuto -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
quali iniziative intenda mettere in atto per riportare la popolazione detenuta nel carcere di Rieti nel limite dei posti regolamentari disponibili e consentire la piena applicazione dell'ordinamento penitenziario in merito alla regionalizzazione della pena; in che tempi saranno aperte le altre 8 sezioni attualmente chiuse;
se non ritenga finalmente di dover autorizzare, senza ulteriori ritardi e rinvii, la pianta organica del personale di polizia penitenziaria da assegnare all'istituto, colmando le lacune esistenti che creano un enorme stress fisico e psicologico dei pochi agenti in servizio costretti a turni massacranti;
in che tempi intenda intervenire per assicurare le attività trattamentali, in primo luogo il lavoro, che consentano ai detenuti di intraprendere un percorso riabilitativo;
in che tempi verrà assicurata ai detenuti un'adeguata assistenza psicologica;
se risulti quanto sia costata al contribuente l'apparecchiatura inutilizzata per gli esami radiologici e come si intenda ovviare alle costose traduzioni per gli esami radiologici esterni.
(4-12214)

COMPAGNON. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
innumerevoli sono i ricorsi ex articolo 3 della legge n. 89 del 2001 (ricorso per equa riparazione) ed i conseguenti provvedimenti di condanna del Ministero della giustizia al pagamento dei danni, patrimoniali e morali, a seguito della violazione della ragionevole durata dei procedimenti (articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e articoli 2 e seguenti della legge n. 89 del 2001);
nonostante le diffide ad adempiere, il Ministero della giustizia non procede quasi mai agli indennizzi dovuti, imputando ciò alla grave situazione debitoria in cui versa il bilancio del dicastero;
in particolare, con decreto n. 508 del 2008 del 1o luglio 2008, munito della formula esecutiva in data 18 agosto 2008, la corte d'appello di Ancona condannava il Ministero della giustizia al pagamento in favore della Zanasi Eugenio srl in liquidazione della complessiva somma di euro 15.872,45 in esito ad un giudizio civile durato ben 21 anni, definitivamente pronunciando sul ricorso ex articolo 3 della legge n. 89 del 2001;
a seguito del sollecito di pagamento della predetta somma, il Ministero della giustizia dava riscontro, tanto esplicito quando sconcertante, nei seguenti termini: «Si rappresenta che la grave situazione debitoria in ordine al sistema di indennizzo per ritardata giustizia ordinaria non è imputabile alla Giustizia. Questo Dicastero non è infatti titolare dei fondi assegnati sul capitolo di spesa 1264, deputato al pagamento dell'equa riparazione: è alimentato ogni anno mediante un trasferimento di fondi dal capitolo 2829 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze denominato "Fondo da ripartire per far fronte alle spese derivanti dai ricorsi di equa riparazione", trasferimento che, oltre ad addivenire con notevole ritardo, non è mai sufficiente né alla liquidazione dei decreti emessi nell'anno in corso né all'azzeramento del debito arretrato. A causa della permanente situazione di inadempienza o tardivo pagamento, lo Stato Italiano ha subito numerose condanne anche dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Si rappresenta che poiché è lo Stato nella sua interezza a rispondere della giurisdizione, e del suo ritardo o rifiuto, potrà richiedersi allo stesso Ministro dell'economia il pagamento attraverso diffide ad adempiere, notifiche del decreto in formula esecutiva, messa in mora con richiesta di pagamento del decreto o anche ricorsi in ottemperanza al Consiglio di Stato per l'ottemperanza del decreto Pinto nei confronti del Ministero dell'economia e finanze»;
il caso della Zanasi Eugenio Srl in liquidazione rappresenta solo uno degli innumerevoli casi nell'ambito dei ricorsi per equa riparazione pendenti a livello nazionale e rimasti disattesi;
la condotta inadempiente manifesta una preoccupante insolvenza dello Stato Italiano nei confronti dei cittadini, posto anche che, nella classifica relativa ai tempi della giustizia, l'Italia è agli ultimi posti in Europa e nel confronto coi Paesi avanzati di tutto il mondo -:
quali siano i motivi per i quali i Ministri interrogati si siano resi inadempienti al pronunciamento giudiziario di cui sopra e come intendano riparare.
(4-12217)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la prima firmataria della presente interpellanza in data 20 aprile 2011 ha

presentato una interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (n. 4-11689) con cui si denunciava la situazione di grosso disagio che riguarda la marineria della città di Pescara, mobilitata e in agitazione a causa delle condizioni di quasi inaccessibilità del porto canale di Pescara per i fondali bassi e sabbiosi, causati dal mancato dragaggio del fiume Pescara;
con la stessa interrogazione si chiedeva al Governo se e come intendesse attivarsi, per quanto di sua competenza, per garantire, in tempi rapidi, la soluzione di quella che appare come una vera e propria emergenza che riguarda Pescara e la sua marineria;
all'interrogazione di cui sopra non è stata data risposta;
il porto di Pescara, in queste settimane, appare in condizioni sempre più gravi. Lo confermano i risultati dei rilievi batimetrici che l'Arta ha effettuato all'interno dello scalo. La profondità dei fondali è talmente bassa da consentire l'ingresso solo alle piccole imbarcazioni. La parte più a nord è invasa addirittura dalle secche. La stessa barca Sirmione, utilizzata dai tecnici dell'Arta per effettuare le misurazioni, non sarebbe riuscita a raggiungere alcune zone del porto, perché l'acqua è troppo bassa;
per le condizioni del porto, alle navi commerciali resta precluso l'ingresso. Nel porto canale, dove entrano i pescherecci, la profondità varia dai 2,5 ai 3,5 metri. I pescherecci più grandi che hanno un pescaggio tra i 3 e i 3,40 metri devono fare molta attenzione a dove passare, altrimenti rischiano di rimanere incagliati;
la cosa più preoccupante sono le secche. Al centro del porto canale ne figura una evidente, tanto è vero che la settimana scorsa due armatori, per dimostrare in che condizioni sono i fondali, hanno attraversato a piedi lo scalo;
alla banchina di levante, dove attraccano le imbarcazioni che trasportano il carburante, è stata misurata una profondità non superiore a 4,75 metri. Un livello troppo basso, rispetto ai fondali necessari per le petroliere;
alla banchina, solitamente riservata alla Snav, sono stati misurati 3 metri, appena sufficienti per consentire l'attracco del traghetto della compagnia marittima. L'imbarcazione ha un pescaggio tra i 2,5 e i 3 metri, ma dovrà fare molta attenzione per entrare nello scalo, perché al centro della parte commerciale i fondali variano dai 2,5 ai 3 metri;
allarmante è anche la situazione all'ingresso del porto, dove in alcuni punti si toccano i 4 metri di profondità. In altre zone, invece, si raggiungono i 6,75 metri. Le imbarcazioni sono costrette a fare la gimkana per entrare e uscire dallo scalo;
la situazione è, dunque, di vera e propria emergenza; sta, infatti, mettendo a dura prova il lavoro dei pescatori, costretti quotidianamente a fare i conti con incidenti, rifornimenti difficili, fango e difficoltà di ogni tipo, con le barche che restano in secca lungo gli argini del fiume Pescara;
la marineria pescarese sta subendo enormi danni economici da una situazione per la quale non hanno responsabilità e per la quale gli interventi posti in essere fino ad ora si sono dimostrati insufficienti;
la situazione rischia di condurre la marineria pescarese in una fase di stallo, innescando una grave crisi del settore, e del mercato del pesce, uno dei cardini dell'economia cittadina;
sarebbero almeno trecento i posti di lavoro a rischio a causa della crisi del porto di Pescara e della sua marineria, con imprese ferme, prime lettere di licenziamento recapitate e la minaccia di ricorrere ad una massiccia manovra di cassa integrazione; i danni ammonterebbero a decine di milioni di euro per tutti i soggetti attivi nel Porto (aziende petrolifere, agenzie marittime, spedizionieri doganali, ormeggiatori, pescatori);

il trattato istitutivo dell'Unione europea vieta gli aiuti concessi dagli Stati alle imprese sotto qualsiasi forma in quanto incompatibili con il mercato comune. Si presume infatti che tali aiuti, favorendo alcune imprese o alcune produzioni, possano falsare la concorrenza. Esistono tuttavia eccezioni a tale divieto. Esse sono rappresentate, tra le altre, da aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali -:
come si intenda intervenire per ripristinare nel porto di Pescara le condizioni di agibilità e sicurezza e se non si ritenga necessario avviare un programma di aiuti alle imprese che lavorano nel porto di Pescara, che stanno subendo danni gravissimi a causa di inefficienze ripetute della pubblica amministrazione.
(2-01112)
«D'Incecco, Schirru, Grassi, De Pasquale, Sarubbi, Giorgio Merlo, Letta, Farina Coscioni, Giovanelli, Laganà Fortugno, Servodio, Viola, Gianni Farina, Cardinale, Piccolo, Iannuzzi, Miotto, Pizzetti, Castagnetti, Giacomelli, Cuomo, Rampi, De Torre, Sbrollini, Cavallaro, Vannucci, Zampa, Bachelet, Veltroni, Bossa, Narducci, Mazzarella, Livia Turco, Albonetti, Fioroni, Carella, Minniti, Melis, Lulli, Soro, Maran».

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INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della normativa vigente anche gli italiani residenti all'estero ed iscritti all'Anagrafe degli italiani all'estero (Aire), nonché particolari categorie di italiani temporaneamente all'estero, come disposto dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 37 del 2011, possono partecipare alle consultazioni referendarie indette in Italia il 12 e il 13 giugno 2011, esprimendo il proprio voto per corrispondenza;
entro il 25 maggio 2011 ciascun consolato italiano di riferimento ha inviato a ciascuno degli elettori sopra indicati, presso il domicilio, il plico elettorale contenente le schede e le istruzioni sulle modalità di voto;
stando alla normativa di riferimento, le schede votate dagli italiani residenti all'estero pervenute ai consolati entro le ore 16 del 9 giugno 2011 verranno poi trasmesse in Italia, dove avrà luogo lo scrutinio a cura dell'ufficio centrale per la circoscrizione estero, istituito presso la corte di appello di Roma;
in virtù delle criticità sorte in merito all'opportunità di sottoporre o meno il quesito n. 3 del pacchetto referendario, in seguito all'approvazione del cosiddetto decreto-legge omnibus (decreto-legge n. 34 del 2011), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011, in data 1o giugno 2011 l'ufficio elettorale della Corte di Cassazione ha stabilito che le modifiche apportate dal Governo alle norme sul nucleare non precludono la celebrazione della consultazione popolare;
nello specifico, la Corte di Cassazione ha accolto una specifica istanza secondo la quale sarebbe stato opportuno trasferire i quesiti referendari sulle nuove norme relative al nucleare contenute nel decreto-legge n. 34 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011, con la conseguenza che la richiesta di abrogazione riguarderà le nuove norme sulla produzione di energia nucleare contenute nel provvedimento, in particolare all'articolo 5, commi 1 e 8, della citata legge;
la sopra indicata riformulazione, sebbene si configuri come meramente formale, comporta inevitabilmente la ristampa delle schede apportanti il quesito n. 3 sottoposto ai cittadini italiani in patria il 12 e 13 giugno 2011;

come indicato in premessa, i cittadini italiani oltre confine hanno avuto modo già di esprimersi sul medesimo quesito, così come originariamente formulato, e l'ipotesi di riformulazione decretata dalla Corte di Cassazione, che imporrebbe la ristampa delle schede anche per le consultazioni oltre confine, non potrebbe avere luogo essendo i tempi piuttosto ristretti;
l'attuale impasse operativa e la conseguente configurazione dei voti già espressi dai circa 4 milioni di italiani residenti oltre confine potrebbero inevitabilmente compromettere la validità delle stesse preferenze già espresse e depositate presso le sedi consolari coinvolte;
in data 1o giugno 2011 il Ministero degli affari esteri ha comunicato alla rete diplomatico-consolare che - in attesa di direttive dal Ministero dell'interno - il procedimento finora rimane invariato, pertanto l'elettore che non abbia ancora votato, qualora interessato, può esprimere il proprio voto anche sul quesito relativo all'energia nucleare;
alle criticità sopra indicate, vanno ad aggiungersi refusi di natura amministrativa che stanno coinvolgendo la gestione dei plichi elettorali: infatti, a causa di errori di archivio molte schede sono state inviate alle donne italiane residenti oltre confine ed iscritte all'Anagrafe degli italiani all'estero indicando però il loro cognome da nubili, con la conseguenza che ad oggi sono migliaia i plichi mai recapitati o ritornati presso i consolati, in considerazione del fatto che in Paesi, come Germania, Belgio e Australia, le donne coniugate assumono il cognome del marito e, dunque, il domicilio indicato sui plichi non coincide con il nominativo corrispondente;
la riformulazione del quesito sul nucleare all'estero, che sarebbe impensabile visti i tempi, unita al problema dei plichi mai recapitati, rischia non solo di pregiudicare un diritto imprescindibile per i nostri connazionali, ma anche di inficiare il risultato referendario, compromettendo il raggiungimento del quorum;
sarebbe auspicabile, in ragione del carattere straordinario di quanto verificatosi in questi giorni sul versante della gestione del terzo quesito referendario, che venisse mantenuta - per ragioni di opportunità e di praticità - la formulazione originaria almeno oltre confine, al fine di esorcizzare ogni possibile invalidamento delle legittime preferenze espresse dai nostri connazionali oltre confine -:
quali iniziative a carattere urgente si intendano predisporre al fine di garantire la legittima espressione del diritto di voto in capo ai nostri connazionali nell'ambito delle consultazioni referendarie di cui in premessa, eventualmente attraverso la salvaguardia delle preferenze già espresse e la rettifica degli errori di procedura maturati nelle dinamiche di trasmissione dei plichi elettorali presso i domicili dei connazionali residenti oltre confine.
(3-01695)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
l'articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2010, n. 176), prevede che per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate;

il citato comma 21 dello stesso articolo prevede che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici;
molte università stanno interpretando tale norma nel senso di considerare i passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati, da professore straordinario ad ordinario come «avanzamento di carriera» e, pertanto, per la lettera del comma 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, validi solo ai fini giuridici e non ai fini economici;
la nozione di «conferma in uno stesso ruolo» esclude a priori l'idea di una «progressione di carriera», benché il passaggio non sia automatico, essendo previsto un giudizio dal quale può conseguire una mancata conferma;
la conferma nel ruolo di ricercatore, così come la conferma nel ruolo di professore di seconda o di prima fascia, paiono dunque rientrare nella categoria degli «eventi straordinari della dinamica retributiva», di cui parla il citato articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, al pari, in qualche misura, del «conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno»;
l'inammissibilità, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, di una progressione stipendiale rispetto al 2010 applicata ai confermati determinerebbe inoltre pesanti effetti discriminatori quando entrerà in vigore la disposizione della legge n. 240 del 2010 relativa all'abolizione dello straordinariato ed all'accesso diretto ai ruoli dell'ordinariato. In tal modo, infatti, l'ordinario che nel 2012 vincerà un concorso si vedrà applicare i tabellari dei professori ordinari, al contrario dell'ordinario che è divenuto tale per conferma nello stesso 2012, avendo già fruito del trattamento economico dello straordinario;
ulteriori distorsioni si produrrebbero nella scelta tra il tempo pieno e il tempo definito che usualmente avviene al termine del triennio di conferma. Il blocco dello stipendio a seguito della conferma, infatti, inciderebbe unicamente per chi opta per il tempo pieno, il che porrebbe in una situazione di svantaggio i ricercatori che optano per il tempo pieno rispetto a coloro che optano per il tempo definito -:
se non ritenga opportuno emanare una circolare interpretativa di tale disposizione che consenta l'adeguamento stipendiale per i ricercatori e gli associati che vengano confermati o per gli straordinari divenuti ordinari nel corso degli anni 2011, 2012, 2013, chiarendo che tali circostanze consistono in «eventi straordinari della dinamica retributiva» esclusi, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, dal blocco dei trattamenti economici determinato dalla medesima legge.
(2-01113)
«Vassallo, De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, Lo Moro, Sani, De Pasquale, Picierno, Calvisi, Sanga, Fluvi, Pes, Scarpetti, Ginefra, Zazzera, Ciriello, Zucchi, Fontanelli, Mariani, Arturo Mario Luigi Parisi, Laratta, Viola, Merloni, Naccarato, Bellanova, Ferranti, Federico Testa, Boccuzzi, Ferrari, De Torre, Porta, Bucchino, Bobba, Schirru, Agostini, Fedi, Mogherini Rebesani, Villecco Calipari».

Interrogazione a risposta scritta:

RIVOLTA e BITONCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la consistenza delle dotazioni organiche a livello nazionale è stata definita in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha previsto una serie organica di interventi e misure volti ad incrementare gradualmente di un punto, nell'arco di un triennio 2009/2011, il rapporto docenti/alunni e sulla base delle istruzioni impartite dal Piano programmatico elaborato ai sensi del citato articolo 64;
la sopra citata disposizione legislativa ha previsto, al comma 3, la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure finalizzati ad un più razionale utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili e ad una maggiore efficacia ed efficienza del sistema scolastico;
la ripartizione a livello regionale dell'organico complessivamente definito sarebbe stata effettuata sulla base dei dati e degli elementi che concorrono alla definizione delle risorse necessarie per il corretto funzionamento del sistema dell'istruzione nelle sue diverse articolazioni, e tenendo conto delle specifiche esigenze dei comuni montani, delle piccole isole, delle aree geografiche particolarmente esposte a situazioni di disagio e precarietà, comprese quelle edilizie, nonché dei contesti con un rilevante numero di alunni con cittadinanza non italiana;
la ratio della ripartizione delle dotazioni organiche regionali prevede che la riduzione dei 42.100 posti si raggiunga in due distinte fasi, quella relativa all'organico di diritto e quella relativa all'organico di fatto. In applicazione di tale criterio sono stati quantificati in 37.100 i posti da ridurre in organico di diritto e in 5.000 quelli da ridurre in sede di adeguamento di tale organico alle situazioni di fatto;
la predetta soluzione, attraverso la disponibilità di un più consistente numero di posti in organico di diritto, dovrebbe garantire una maggiore stabilità della platee scolastiche e del personale docente interessato, anche a tutela della continuità didattica e della qualità del servizio e, al tempo stesso, attenuare il rigore dell'intervento riduttivo;
le riduzioni organiche, previste dal Piano programmatico sarebbero state ripartite nel modo seguente: 31.485 posti in meno in organico di diritto, 245 autonomie scolastiche cancellate, 5.616 posti in meno di seconda lingua comunitaria e 5.001 in meno in sede di definizione degli organici di fatto. Entrando nel dettaglio, non si rileva alcun ridimensionamento per la scuola dell'infanzia, l'organico della primaria sarebbe diminuito di 10 mila unità, ma sarebbero stati confermati 2.550 posti da utilizzare per gli anticipi; nella secondaria di primo grado vi sarebbero 10 mila posti in meno (ma in questo caso vanno aggiunti i 5.616 posti per la seconda lingua comunitaria), mentre nella secondaria di secondo grado si registrerebbero 11.300 posti in meno; l'organico di sostegno sarebbe stato confermato in 90.469 posti complessivi; l'organico di diritto sarebbe dovuto essere incrementato di circa 5 mila posti all'anno a partire dal 2009/2010;
nell'anno scolastico 2009/2010 è stata registrata una diminuzione di 245 istituzioni scolastiche;
il dimensionamento della rete scolastica implica un diverso trattamento del personale docente soprannumerario;
in particolare, nel caso di unificazione di due o più istituzioni scolastiche di uguale o di diverso ordine o grado (scuola secondaria di I e II grado) gli effetti del trattamento sono i seguenti:
a) le istituzioni dello stesso grado, ordine e tipo, funzionanti nello stesso comune, danno luogo ad un unico organico ed i docenti titolari di tali istituzioni confluiscono in un'unica graduatoria ai fini dell'individuazione dei perdenti posto;

b) le istituzioni che nel processo di unificazione con altre scuole non possono realizzare un unico organico, in quanto ubicate in diverso comune o perché appartenenti a diverso ordine e tipo, continueranno ad essere sede di organico ed i docenti ivi titolari rimangono inclusi in graduatorie distinte ai fini dell'individuazione dei perdenti posto;
con la cessazione del funzionamento di un istituto di scuola secondaria di I grado (ivi compresi gli istituti comprensivi) o di II grado, e l'attribuzione delle relative classi a più istituti dello stesso grado, ordine e tipo funzionanti nello stesso comune, i docenti titolari della scuola soppressa ottengono la titolarità nei nuovi istituti secondo le seguenti modalità:
a) l'ufficio scolastico provinciale, prima delle operazioni di mobilità, sulla base di un'unica graduatoria per singola classe di concorso o posto comprendente tutti i docenti titolari delle istituzioni scolastiche coinvolte nel provvedimento di dimensionamento, individua i docenti soprannumerari in rapporto ai posti complessivi derivanti dalla somma degli organici delle istituzioni scolastiche coinvolte;
b) i docenti provenienti dalla scuola di cui è cessato il funzionamento, non individuati come perdenti posto, sono assegnati sui posti disponibili nelle istituzioni risultanti dal dimensionamento in ordine di graduatoria ed in base alla preferenza espressa;
c) i docenti delle istituzioni non soppresse individuati come soprannumerari pur non occupando posto nel processo di unificazione delle istituzioni scolastiche usufruiscono della precedenza per il rientro, in fase di mobilità, in una delle scuole oggetto del dimensionamento;
nella scuola primaria e dell'infanzia l'individuazione del perdente posto avviene come segue:
a) nel caso di unificazione di più circoli e/o di istituti comprensivi tutti i docenti titolari dei circoli e/o istituti comprensivi che sono confluiti interamente nel nuovo circolo e/o istituto comprensivo entrano a far parte di tale circolo e/o istituto comprensivo e formano un'unica graduatoria per l'individuazione del perdente posto;
b) nel caso in cui, a seguito delle operazioni di dimensionamento, singoli plessi o scuole dell'infanzia confluiscano in altro circolo o istituto comprensivo, tutti i docenti titolari nel circolo e/o istituto comprensivo ed assegnati, dal dirigente scolastico sui plessi medesimi o sulle scuole dell'infanzia medesime possono esprimere, al fine di garantire la continuità didattica, un'opzione per l'acquisizione della titolarità nel circolo e/o istituto comprensivo di confluenza. L'ufficio territorialmente competente, sulla base di tale opzione, prima delle operazioni di mobilità, procede all'assegnazione di titolarità dei predetti docenti nei circoli e/o istituto comprensivo in cui sono confluiti i plessi e le scuole dell'infanzia. Ai fini dell'individuazione dei soprannumerari in ciascuno dei circoli e/o istituti comprensivi di arrivo si procede alla formulazione di un'unica graduatoria comprendente sia dei docenti già facenti parte dell'organico funzionale del circolo e/o istituto comprensivo medesimo sia dei docenti neo-titolari a seguito della precedente operazione di modifica della titolarità. I docenti perdenti posto, che hanno acquisito la titolarità nel nuovo circolo e/o istituto comprensivo possono produrre domanda di movimento;
c)nel caso in cui le succursali e/o i corsi, a seguito di dimensionamento, confluiscano presso altre istituzioni scolastiche funzionanti nello stesso comune, il personale docente dell'istituto che ha subito una riduzione di classi ha titolo a transitare nell'istituto di confluenza mediante esercizio di opzione in base alla predetta graduatoria unica, per singola classe di concorso o posto comprendente tutti i docenti titolari delle istituzioni scolastiche coinvolte. L'ufficio scolastico provinciale individua, nel provvedimento di dimensionamento, i docenti soprannumerari in rapporto ai posti complessivi derivanti dalla somma degli organici delle

istituzioni scolastiche coinvolte. I docenti non perdenti posto sono assegnati con priorità sui posti della scuola di precedente titolarità e, in subordine, sui restanti posti rimasti liberi in una delle scuole derivanti dalla stessa operazione di dimensionamento. I docenti individuati come soprannumerari hanno titolo ad usufruire della precedenza al rientro, in fase di mobilità, in una delle scuole oggetto della stessa operazione di dimensionamento;
d) qualora nei processi di dimensionamento non si realizzi un unico organico, in quanto le istituzioni scolastiche di scuola secondaria, le succursali, le sezioni staccate, e/o i corsi coinvolti continueranno ad essere sede di organico perché ubicati in diverso comune o appartenenti a diverso ordine e tipo, i docenti ivi titolari rimangono inclusi in graduatorie distinte ai fini dell'individuazione dei perdenti posto, ove invece intervenga la chiusura del punto di erogazione del servizio nelle tipologie di scuole di cui sopra con l'attribuzione delle relative classi o alunni ad istituto ubicato in diverso comune il personale docente titolare dell'istituto o punto di erogazione del servizio cessato ha titolo a transitare mediante esercizio di opzione nell'istituto di confluenza secondo l'ordine di graduatoria della scuola di provenienza sino alla concorrenza delle disponibilità di organico della nuova scuola. I titolari del punto di erogazione soppresso individuati come soprannumerari usufruiscono a domanda della precedenza per il rientro, in fase di mobilità, nell'istituto di confluenza. A tal fine gli stessi possono presentare domanda condizionata utilizzando come sede di precedente titolarità il codice della nuova scuola in cui sono confluite le classi o gli alunni;
e) nel caso in cui, a seguito delle operazioni di dimensionamento, si determina la cessazione del funzionamento di un istituto di scuola secondaria, di una succursale, sezione staccata, e/o di corsi senza attribuzione delle relative classi o alunni ad altro istituto, i titolari del punto di erogazione soppresso individuati come soprannumerari usufruiscono della precedenza, per il rientro, in fase di mobilità nell'istituto viciniore a quello di precedente titolarità o, in mancanza di posti richiedibili, nel distretto sub-comunale o comune viciniore a quello di precedente titolarità. A tal fine gli stessi possono presentare domanda condizionata utilizzando come sede di precedente titolarità il codice della scuola prescelta;
in caso di mobilità tra province che hanno modificato l'assetto territoriale di competenza, si determinano i seguenti criteri:
a) i trasferimenti a domanda del personale docente, di cui al precedente comma 1, nei 6 anni successivi alle modifiche degli assetti territoriali, sono disposti immediatamente dopo i trasferimenti in ambito provinciale e prima dei movimenti della terza fase, nel limite delle disponibilità destinate a tale fase dall'articolo 6, commi 4 e 6 dal CCNI, detratti i posti corrispondenti al numero delle unità di personale di ruolo in attesa di sede e del personale eventualmente in soprannumero;
b) i predetti trasferimenti sono disposti, nel rispetto delle precedenze previste dal CCNI, fino alla concorrenza del totale dei posti e delle cattedre disponibili;
c) il personale trasferito d'ufficio nel sessennio antecedente al presente CCNI in o da un comune che, in virtù del nuovo assetto territoriale, appartenga ad una provincia diversa da quella di precedente titolarità mantiene il diritto al rientro nella scuola e, in subordine, nel comune di precedente titolarità alle condizioni previste dall'articolo 7, comma 1, punto II e IV dal CCNI -:
quale sia la consistenza numerica dei soprannumerari suddivisa per regione e provincia, e quale sia la previsione dei pensionamenti dei suddetti soprannumerari nel prossimo quinquennio.
(4-12206)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il mercato dei servizi di call center in outsourcing vale in Italia circa 1 miliardo di euro e consta di 80.000 addetti, dei quali circa 50.000 lavoratori dipendenti che si occupano prevalentemente di «assistenza clienti» (in modalità inbound) e 30.000 «a progetto», le cui maggiori attività sono quelle d'informazione commerciale e vendita (in modalità outbound);
il settore presenta notevoli difformità rispetto ad altri Paesi ed in generale viene considerato ancora dalla committenza come un servizio a basso valore aggiunto, da esternalizzare al più basso prezzo possibile;
lo sviluppo di nuove tecnologie per garantire al cliente finale servizi di elevata qualità, non ha infatti ancora avuto pieno riscontro in Italia: l'attenzione in molti casi è stata piuttosto rivolta al contenimento del costo del lavoro, facendo ricorso a forme di lavoro precario (o addirittura a cottimo) sull'outbound, essendo in tal caso consentita questa tipologia contrattuale, a tutto discapito di quelle realtà meritevoli che hanno invece effettuato importanti investimenti sia sul miglioramento dei processi che, soprattutto, sulla formazione delle proprie risorse;
il contratto collettivo nazionale di lavoro (il più diffuso nel settore è quello delle telecomunicazioni) presenta inoltre alcune rigidità che mal si adattano ad un lavoro «aleatorio» come quello del call center;
in particolare, costituiscono spunti di riflessione i temi legati alla gestione dell'orario di lavoro ed alle forme di retribuzione. È evidentemente problematico adattare gli orari di lavoro, specie per contratti part-time, ai volumi variabili di chiamate che il call center riceve, così come è problematico aumentare la retribuzione «netta in busta» degli operatori in considerazione del fatto che, probabilmente, otto ore consecutive al telefono non sono sostenibili e che, pertanto, si usano contratti part-time che non garantiscono retribuzioni adeguate;
vi sono altri aspetti cogenti che impattano sull'intero mercato e nella fattispecie sulle aziende del settore, che rischiano a breve di mettere a repentaglio circa 25.000 posti di lavoro, equivalenti alle stabilizzazioni frutto della circolare 17/2006 emanata dall'allora Ministro Damiano: tale circolare, prevedendo infatti l'obbligo di assunzione per i così detti «lavoratori in-bound», ha comportato una crescita dei costi fissi, che però in Italia - per i motivi sopra esposti - non ha implicato un parallelo adeguamento dei prezzi di tali servizi rimasti ai parametri antecedenti, per non citare l'annoso fenomeno delle gare al massimo ribasso da parte della committenza pubblica (PA);
il sistema in questi ultimi tre anni ha trovato un equilibrio grazie agli sgravi contributivi derivanti dall'applicazione della legge n. 407 del 1990, che consente un abbattimento del 50 per cento - o del 100 per cento nelle regioni obiettivo 1, dove risiedono al maggior parte dei call center - degli oneri sociali, per tutti i dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato;
tali benefici hanno durata triennale ed essendo le trasformazioni dei contratti avvenute a partire dalla metà del 2007, questo ha significato che la maggior parte delle società del settore stanno entrando in crisi, non trovando più un equilibrio tra costi (lievitati del 40 per cento) e ricavi (che sono rimasti i medesimi);
alcuni primi esempi sono già alla luce delle cronache: il fallimento dei gruppi Phone Media ed Omnia Media ha causato la perdita di circa 10.000 posti di lavoro;
la soluzione potrebbe essere, a parere dell'interrogante, quella di prevedere per

le imprese del settore una deroga alla legge n. 407 del 1990, una proroga che consenta di estendere di altri tre anni i benefici degli sgravi contributivi, durante il quale periodo gli attori in campo (sistema delle imprese, sindacati ed Istituzioni) dovranno poi lavorare alla costruzione di un sistema stabile ed in grado di garantire un allineamento dei prezzi da parte della committenza, sia pubblica che privata;
tale provvedimento, calcolato sui circa 25.000 addetti stabilizzati nel 2007 (dei quali però solo una parte ha avuto e avrebbero ancora diritto a tali benefici, per gli specifici requisiti previsti dalla legge), avrebbe per lo Stato un costo di circa 40-45 milioni di euro;
tale sacrificio da parte dello Stato sarebbe, a parere dell'interrogante, inferiore al danno economico che deriverebbe dal non prevedere alcuna misura a favore: il costo della mobilità e cassa integrazione (in deroga) applicabile a tali risorse, sarebbe infatti senz'altro superiore, con la conseguenza negativa della creazione di nuova disoccupazione e cancellazione di tante professionalità -:
se non ritenga necessario, in un'ottica di costruttiva collaborazione, aprire un tavolo di confronto - con le aziende del settore e le associazioni di categoria - sui temi illustrati in premessa, con l'obiettivo di costruire un sistema stabile ed in grado di garantire un allineamento dei prezzi da parte della committenza, sia pubblica che privata.
(2-01110)
«Franzoso, Terranova, Lisi, Pescante, Pianetta, Picchi, Nicolucci, Fucci, Formichella, Dell'Elce, Armosino, Marinello, De Angelis, Sbai, Fallica, Ceroni, Torrisi, Bernardo, Sisto, Lazzari, Nastri, Dima, Castiello, Gottardo, De Camillis, Di Caterina, Scelli, Stagno D'alcontres, Pelino, Di Cagno Abbrescia, Del Tenno, Germanà, Biava, Savino, Barba».

Interrogazioni a risposta immediata:

LENZI, MIOTTO, VANNUCCI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, GRASSI, MURER, PEDOTO, SARUBBI, SBROLLINI e LIVIA TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella trasmissione Report di domenica 5 giugno 2011 il Ministro interrogato ha risposto a domande sulla carta acquisti detta social card e, in particolare, sulla sperimentazione che prevede uno stanziamento di 50 milioni di euro a favore di enti caritativi nei comuni con più di 250.000 abitanti;
ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, «la sperimentazione ha durata di dodici mesi a decorrere dalla data di concessione delle carte acquisti agli enti caritativi come selezionati. Per le risorse necessarie alla sperimentazione si provvede a valere sul Fondo di cui all'articolo 81, comma 29, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel limite massimo di 50 milioni di euro, che viene corrispondentemente ridotto»;
il Ministro interrogato ha dichiarato nell'intervista che gli utenti della sperimentazione dovranno avere un isee familiare pari a 3.000 euro annui, una cifra evidentemente non in grado di garantire la sopravvivenza. Par di comprendere che si pensa a persone in condizione di estrema povertà probabilmente anche senza fissa dimora e prive di reddito, persone che difficilmente si dotano della certificazione richiesta dall'isee;
non si comprende se nei territori dei comuni sopra i 250.000 abitanti sarà garantita comunque la carta acquisti, secondo i precedenti parametri, ai bambini sotto i tre anni e ai pensionati aventi i requisiti reddituali già previsti o, invece, se la sperimentazione sostituisce quanto fatto precedentemente;

dall'intervista rilasciata dal Ministro interrogato si evince che i comuni interessati dalla sperimentazione sarebbero già stati coinvolti nella scelta degli enti caritativi, definizione questa ancora non presente nel nostro ordinamento. Tale coinvolgimento è necessario in virtù del decreto ministeriale da emanarsi ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e che deve fissare «le modalità di selezione degli enti caritativi destinatari delle carte acquisti e i criteri di attribuzione di quote del totale di carte disponibili per la sperimentazione, avuto riguardo alla natura no profit degli enti e alle loro finalità statutarie, alla diffusione dei servizi e delle strutture gestiti per il soddisfacimento delle esigenze alimentari delle persone in condizione di bisogno, al numero medio di persone che fanno riferimento ai servizi e alle strutture, al numero di giornate in cui il servizio è prestato»;
la ripetuta affermazione del Ministro interrogato di contrarietà alla costituzione di un diritto soggettivo sociale, a favore di un'idea di sussidiarietà che si vorrebbe contrapposta al riconoscimento di diritti, fa ritenere che l'intervento si configuri come un sostegno economico alla pregevole azione degli enti individuati e non si comprende, quindi, che scopo avrebbe la distribuzione di altre carte acquisti ai poveri utilizzatori delle mense -:
se quanto riportato in premessa corrisponda compiutamente alle intenzioni del Governo.
(3-01689)

BALDELLI e CAZZOLA - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Fiat ha condizionato la permanenza della propria produzione in Italia alla modernizzazione delle relazioni industriali, in modo da permettere l'allineamento della produttività degli impianti e del lavoro a quelli degli standard dei nostri competitor europei;
sono stati siglati accordi per gli stabilimenti di Pomigliano d'Arco, Mirafiori ed ex Bertone ove, a fronte di un incremento della produttività, viene riconosciuta una maggiore retribuzione;
con i suddetti accordi la Fiat garantisce ingenti investimenti per il futuro sul territorio nazionale;
la Fiat ha recentemente acquisito il controllo di Chrysler -:
quali siano le iniziative che adotterà il Ministro interrogato perché siano garantiti gli accordi presi tra le parti sociali e i relativi investimenti da parte dell'azienda automobilistica torinese.
(3-01690)

Interrogazione a risposta orale:

MAZZOCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
annualmente, l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), indice una procedura aperta per l'affidamento di servizi di organizzazione di viaggi relativi alle vacanze studio in Italia ed all'estero da erogare in favore di ragazzi di età compresa tra i 7 ed i 18 anni;
i soggiorni in Italia e all'estero, sono gestiti dunque non direttamente dall'Istituto ma da operatori turistici specializzati nel settore, ai quali l'INPDAP li affida mediante apposito bando di gara d'appalto a livello europeo dopo la verifica dei requisiti di qualificazione e specializzazione;
le strutture ospitanti dunque vengono individuate e selezionate dagli operatori turistici gestori del servizio accreditati dall'ente;
l'Istituto si riserva la facoltà di effettuare tutte le verifiche ed i controlli necessari circa la perfetta osservanza di tutte le disposizioni contrattuali, circa la sussistenza dei requisiti di idoneità strutturale

e funzionale delle strutture ospitanti sia mediante ispezioni svolte dal proprio personale sul luogo sia mediante controllo di tutti i documenti e informazioni attinenti al servizio erogato;
a tal proposito, risulterebbe che alcune tra le società selezionate dall'Istituto per gli anni 2009 e 2010 per la gestione del servizio di cui sopra si siano rese inadempienti agli obblighi contrattuali;
in particolare sembrerebbe che la società Phoenix cooperativa di Rimini e la San Marino Tour Service spa di San Marino, vincitrici negli anni 2009 e 2010 di circa 10.000 pacchetti di vacanze studio in Italia e all'estero, dei quali il 3 per cento riservati ai disabili, abbiano proposto delle strutture non rispondenti alle esigenze particolari che quest'ultima categoria necessita;
nello specifico, le strutture che risulterebbero non esser state idonee ad ospitare disabili sono: il Queen Ethelburga's College York in Inghilterra proposto dalla società Phoenix cooperativa di Rimini, l'Hotel Maddalena club di Marina di Lesina (Foggia) proposto dalla società Phoenix cooperativa di Rimini, l'Oakham School in Inghilterra anch'essa proposta dalla società Phoenix cooperativa di Rimini e il Bridget's and Nightingale proposto dalla società San Marino Tour Service;
sembrerebbe altresì che alcune di queste società organizzatrici dei viaggi abbiano riproposto anche quest'anno le medesime strutture con le medesime carenze;
le carenze riscontrate negli anni passati non solo sono gravi ma, difettano, di quel senso civico e morale che un ente di tale rilevanza dovrebbe garantire ad una categoria che già vive nel suo quotidiano, a causa della sua particolare condizione, forti disagi;
tali gravi episodi risulterebbero essersi verificati sia nel 2009 che nel 2010 e vi sarebbero numerosi esposti da parte di ragazzi disabili -:
se i Ministri interrogati, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno, per quanto di loro competenza, promuovere iniziative volte a verificare e chiarire la vicenda anomala sopra esposta;
se e quali interventi tempestivi, controlli mirati e provvedimenti l'ente abbia adottato di fronte a tali irregolarità riscontrate;
se non ritengano opportuno che l'ente potenzi l'attività di monitoraggio delle strutture proposte dalle società affidatarie del servizio bandito attraverso un'incisiva azione preventiva piuttosto che successiva, onde evitare il ripetersi di tali disagi e poter garantire effettivamente il servizio proposto scongiurando che altri soggetti interessati diversamente abili si ritrovino in condizioni analoghe a quelle del 2009 e 2010.
(3-01697)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia «DIRE» del 6 giugno 2011, un operaio romeno di 25 anni è precipitato dal tetto di un capannone industriale morendo sul colpo; il giovane a quanto risulta stava effettuando lavori di ristrutturazione per una ditta al solaio di alcuni uffici -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-12197)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia «ANSA» del 6 giugno 2011, due operai sono rimasti uccisi in un incidente sul lavoro a Vipiteno. Le vittime, una di 33 anni, l'altra di 46, lavoravano per un'impresa di manutenzione dei pozzi neri -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-12198)

GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco Farace, impiegato da ultimo presso la raffineria di Gela, ha contratto l'asbestosi, malattia polmonare cronica, in seguito all'inalazione di fibre di amianto;
la sezione dell'INAIL locale, pur riconoscendo il danno biologico, ha liquidato la pratica con il pagamento di 4.849 euro come indennizzo;
la sezione dell'INPS locale non ha invece riconosciuto nulla, dichiarando che il signor Farace può continuare a lavorare ed ha bocciato la sua richiesta di indennizzo;
il signor Farace, come lui stesso ha dichiarato alla stampa, si è sempre occupato dal 1985, in varie sedi di lavoro, di rivestimenti refrattari per i serbatoi delle raffinerie e sarebbe estremamente semplice, se solo si volesse, accertare la nocività di tali impianti;
il signor Farace ha giustamente fatto ricorso contro le decisioni assunte sia dall'INAIL che, in maniera più grave, dall'INPS;
tali decisioni appaiono ancor più gravi, in presenza di persone che, incolpevolmente, sono state vittime dell'utilizzo di materiali nocivi all'interno dei posti di lavoro pagandone purtroppo le conseguenze -:
se non si ritenga necessario accertare, visti i ripetuti casi, i motivi che portano i responsabili dell'INPS di Caltanissetta a negare i danni prodotti dalle fibre di amianto, disconoscendo anche le situazioni in cui i lavoratori possono dimostrare, con certificazione medica, di avere subito danni più o meno gravi in seguito all'inalazione di tali fibre;
cosa si intenda fare affinché ai lavoratori vittime delle fibre di amianto sia finalmente riconosciuto quanto di loro spettanza.
(4-12203)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia «ANSA» del 6 giugno 2011, un giovane operaio romeno è morto folgorato mentre lavorava alla costruzione di un ponte sul fiume Giovenco, vicino a San Benedetto dei Marsi;
l'uomo era alla guida di una autogru che azionava la pompa del calcestruzzo quando ha urtato i fili dell'alta tensione, morendo all'istante -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica degli incidenti;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;

quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-12212)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2011

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRIMOLDI e BITONCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni vi sono state una serie di crisi aziendali che hanno colpito diverse compagnie aeree di stanza presso lo scalo di Malpensa, oltre a numerose altre aziende dell'indotto aeroportuale;
in aggiunta a questi complicati problemi, dovuti a sfavorevoli congiunture del mercato, l'aeroporto di Malpensa subisce un'altra mancanza, particolarmente sentita dal personale aeronavigante;
in particolare si tratta della realizzazione di un ambulatorio polifunzionale all'interno dell'aeroporto che colmerebbe la grave lacuna della sostanziale mancanza di una rete di assistenza medica specialistica per gli aeronaviganti;
peraltro, ciò rende piuttosto problematica l'ottemperanza degli obblighi di legge previsti in materia di idoneità e inidoneità al volo (decreto del Presidente della Repubblica n. 620 del 1980), oltre a comportare per migliaia di lavoratori non pochi disagi per espletare le richieste (ed obbligatorie) visite specialistiche in sedi logisticamente non agevoli;
la realizzazione di tale struttura medico specialistica sembrava ormai cosa fatta, visto che nell'aprile del 2008, in risposta ad una precedente interrogazione parlamentare in merito il Sottosegretario per la salute, professore Gaglione, rassicurava sul fatto che il Ministro della salute aveva già autorizzato l'apertura di un ambulatorio polifunzionale all'interno dell'aeroporto, e che era già stato acquisito il parere da parte dell'Agenzia del demanio riguardo all'affitto di una palazzina già attrezzata per lo scopo;
nonostante queste rassicurazioni, a tre anni di distanza nulla è stato fatto e la questione rimane tuttora aperta -:
se il Ministro sia a conoscenza della problematica e se non intenda intervenire affinché si trovi la soluzione dei problemi amministrativi e burocratici che impediscono la realizzazione della suddetta struttura medico-specialistica.
(5-04851)

IANNUZZI. - Al Ministro della salute, Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in Campania ed, in particolare, in provincia di Salerno è sorto e permane da tempo un rilevante ed esteso contenzioso circa l'applicazione dell'istituto del riposo compensativo per le giornate festive infrasettimanali, lavorate da parte del personale del servizio sanitario nazionale e delle aziende sanitarie;
tale istituto è regolo dall'articolo 9 del contratto collettivo integrativo nazionale per il comparto sanità del 20 settembre 2001;
secondo il suddetto articolo 9, l'attività lavorativa prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo;
in tale materia si è incardinato un considerevole contenzioso, anche con riferimento alla questione della natura del decadenziale o meno del termine di trenta giorni, indicato dal citato articolo 9 del contratto collettivo per la richiesta e per l'opzione del dipendente fra equivalente riposo compensativo o compenso per lavoro

straordinario con la maggiorazione relativa al lavoro straordinario festivo;
si sono susseguite numerose sentenze di accoglimento dei ricorsi proposti dal personale delle aziende sanitarie locali, alcune già con forza di giudicato e già attuate dall'amministrazione;
si è, tuttavia, sviluppato un intenso confronto fra singole aziende sanitarie locali della Campania, il dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Agenzia nazionale per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), soprattutto per la delicata questione del trattamento da riservare al personale cosiddetto «turnista»;
in particolare, si tratta di stabilire se al predetto personale cosiddetto «turnista» spetti il trattamento di cui al più volte evidenziato articolo 9 del contratto collettivo, ovvero il trattamento e la specifica indennità diversa e più ridotta fissata dall'articolo 44, comma 12 del contratto collettivo del comparto sanità del 1o settembre 1995, come rideterminata dall'articolo 25, comma 2 del contratto collettivo dello stesso comparto in data 19 aprile 2004;
in verità è, ad avviso dell'interrogante, da ritenersi applicabile in questa vicenda l'articolo 9 del contratto collettivo del 20 settembre 2001, che dal punto di vista letterale e testuale non fa alcuna distinzione fra le diverse categorie di personale, nell'ambito dell'attività lavorativa prestata nelle aziende sanitarie locali in giorno festivo infrasettimanale;
l'applicazione della disciplina, sancita dall'articolo 44, comma 12, del contratto collettivo del 1o settembre 1995, al personale dipendente turnista che si trovi, nell'arco della distribuzione e dell'organizzazione dei turni, a lavorare in giorno festivo infrasettimanale darebbe luogo ad una ingiustificata e penalizzante disparità di trattamento ed ad un trattamento in peius e più sfavorevole;
infatti tale personale, secondo l'interpretazione pure seguita da alcune amministrazioni, sarebbe così privato del diritto a scegliere su sua richiesta l'alternativa, introdotta invece per tutto il personale sanitario, fra riposo compensativo equivalente e trattamento economico aggiuntivo come tale di maggiore e più significativa consistenza;
il personale «turnista» sarebbe, invece, legittimato a ricevere unicamente la specifica e più ridotta indennità di cui al menzionato articolo 44, comma 12, del contratto collettivo del 1o settembre 1995, come rideterminata dall'articolo 25, comma 2 del contratto collettivo del 19 aprile 2004;
fra l'altro ne è derivata, in questa situazione di perdurante e negativa incertezza, la sospensione di ogni decisione in diverse aziende sanitarie della Campania, relative al trattamento delle giornate festive lavorate -:
quale sia l'interpretazione ministeriale circa l'ambito di applicazione della disciplina posta dall'articolo 9 del contratto collettivo del 20 settembre 2001 per il comparto della sanità, con particolare riferimento al personale dipendente cosiddetto «turnista», che, anche alla luce del contenzioso giurisdizionale sino ad oggi maturato, dovrebbe ritenersi anch'esso destinatario della normativa ivi prevista per il lavoro festivo infrasettimanale, con conseguente possibilità di scelta, a richiesta del dipendente, fra equivalente riposo compensativo e compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione contemplata per il lavoro straordinario festivo in quanto solo così potrebbero essere evitate attività interpretative delle autorità ministeriali le quali verrebbero a modificare sostanzialmente normative vigenti, agendo ultra vires rispetto ai propri compiti istituzionali.
(5-04852)

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie riportate dalle stampa nazionale e dal quotidiano online «Greenreport» si apprende che, dopo oltre vent'anni, l'ufficio italiano del Centro europeo ambiente e salute dell'Organizzazione mondiale della sanità, regione europea, chiuderà i battenti. Sulla decisione mancano conferme ufficiali;
il programma su ambiente, salute e la loro interazione in primis, risulta una priorità per l'agenda dell'OMS che non verrà di certo cancellata nel caso in cui l'ufficio in Italia chiudesse. È infatti già prevista una ricollocazione in altre sedi europee delle attività del Centro e di alcuni dipendenti;
l'ufficio di Roma del Centro europeo ambiente e salute dell'OMS, insieme a quello di Bonn, si è occupato negli ultimi 20 anni di attività di valutare gli impatti ambientali sulla salute umana e di identificare le misure più appropriate per ridurne i rischi a supporto delle politiche dei Paesi europei. È stato strumentale nell'avanzamento dell'agenda europea «ambiente e salute». L'Ufficio raccoglie, produce ed analizza evidenze scientifiche, sviluppa raccomandazioni politiche e fornisce sostegno tecnico in 6 aree di lavoro: cambiamento climatico, valutazione di impatto ambientale sulla salute (VIS), trasporti, acque e igiene, sicurezza alimentare, e prevenzione della violenza e dei traumatismi. Il centro di ricerca supporta inoltre il processo europeo «Ambiente e Salute» che ha visto la sua più recente occasione di studio nella conferenza ministeriale svolta a Parma nel marzo 2010, ospitata dai Ministeri italiani dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute. Il processo europeo Ambiente e Salute, primo nel mondo, da 20 anni riunisce Ministri della salute e dell'ambiente dei Paesi della regione europea dell'OMS, insieme ad organizzazioni intergovernamentali e non governative per far progredire l'agenda «ambiente e salute» a livello europeo. Le attività dell'Ufficio di Roma sono attualmente rivolte a dare seguito alle decisioni prese dall'Europa a Parma;
l'accordo per la prosecuzione del progetto nel nostro Paese doveva essere ratificato tra l'OMS e il Ministero della salute italiano, ma all'atto della firma si è arrivati alla drastica ed opposta decisione di chiudere l'ufficio italiano entro la fine dell'anno;
salute, sana alimentazione, mobilità sostenibile, cambiamenti climatici, acqua, da sempre oggetto di pregevole attività di studio da parte dell'ufficio italiano dell'OMS, hanno da tempo costituito un importante focus italiano di ricerca che ha riempito le pagine dei quotidiani e dato informazioni di qualità ai media nazionali e stranieri;
tra le principali pubblicazioni infatti si possono citare:
2011. in preparazione, SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento) 2. Risultati;
2011. stime aggiornate per le 13 città italiane al di sopra dei 200.000 abitanti e stime per 30 capoluoghi di provincia della pianura padana nel 2011;
2010. SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento) 1. Valutazione dell'evidenza epidemiologica. Epidemiologia e prevenzione 34 (4-5): supplemento 3:1-98;
2010. Inequalities, inequities, environmental justice in waste management and health. European journal of public health, 2010; 20 (1):21-26;
2009. Cancer mortality and congenital anomalies in a region of Italy with intense environmental pressure due to waste. Occupational and Environmental Medicine; 2009; 66 (11):725-732;

2008. Cluster analysis of mortality and malformations in the Provinces of Naples and Caserta (Campania Region). Annali dell'Istituto superiore di sanità, 44 (1):99-111;
2007. Population health and waste management: scientific data and available options. Report of a WHO Workshop, Rome, Italy, 29-30 March 2007, World Health Organization - Regional Office for Europe, Copenaghen;
2007. Impatto sanitario dell'ozono in 13 città italiane. Epidemiologia e Prevenzione, 31 (6): 323-332;
2006. Impatto sanitario di PM e ozono in 13 città italiane (pubblicazione OMS in italiano e in inglese);
2006. Cancer Mortality in an Area of Campania (Italy) Characterized by Multiple Toxic Dumping Sites, in M. Mehiman, R. W. Johnson, M. Soffritti, P. Landrigan, E. Bingham and F. Belpoggi editors Living in a chemical world: framing the future in the light of the past, Blackwell Publishing, Oxford, UK;
2003. Impatto sanitario del PM10 e dell'ozono in 13 città italiane;
tra le attività più recenti e in corso del Centro europeo su ambiente e salute dell'OMS nel nostro Paese si possono citare:
dal 2006 al 2011: partecipazione al progetto strategico ambiente e salute, finanziato dal Ministero della salute, coordinato dall'ISS (2006-2010); coordinamento progetto aree a rischio in Sicilia, con la regione siciliana;
dal 2005 collaborazione con l'Istituto superiore di sanità sulla valutazione dell'impatto sanitario dei siti inquinati;
dal 2005 al 2008: partecipazione al progetto su rifiuti e salute in Campania, in collaborazione con il dipartimento della protezione civile, ISS, CNR; dal 2005 collaborazione con l'ISS sulla valutazione del possibile impatto sanitario dei siti di smaltimento rifiuti in Campania;
dal 2006 al 2010: partecipazione al progetto europeo INTARESE, con studio su politiche di smaltimento rifiuti in Italia e implicazioni sanitarie. In collaborazione con ASL Roma E;
dal 2008: partecipazione al comitato scientifico progetto MONITER (inceneritori e salute in Emilia Romagna), in collaborazione con la regione Emilia Romagna -:
se si intenda chiarire l'effettiva volontà di sostenere e finanziare la collaborazione tra Organizzazione mondiale della sanità e Governo italiano al fine di garantire la continuità della presenza, da oltre vent'anni, dell'ufficio italiano del Centro europeo ambiente e salute dell'Organizzazione mondiale della sanità; se i Ministri interrogati non ritengano opportuno valutare ogni sforzo, anche economico per i capitoli di bilancio di loro competenza, al fine di scongiurare la perdita di un centro di ricerca così importante e avanzato per l'interno Paese, stante anche la presenza in Italia dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, che assicura all'Italia l'esistenza di centri di ricerca qualificati di estrema importanza per il Paese.
(4-12204)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Consorzio Mario Neri Sud, nell'aggiornamento dello studio ambientale del progetto per la realizzazione del centro oli ENI «Miglianico» in località Feudo di Ortona (Chieti, del 3 marzo 2009), in merito alla letteratura esistente sugli effetti sanitari provocati da impianti su terraferma di estrazione e di primo trattamento di idrocarburi con separazione olio-gas-zolfo, considera la relazione sanitaria 2000 della Basilicata4, particolarmente significativa poiché in quel territorio, nella Val d'Agri, dal 1997 era presente e operativo il centro oli ENI di Viggiano (Potenza);

a questo proposito cita il rapporto n. 5 «Epidemiologia occupazionale ed ambientale» dal quale emerge che «nell'area comprendente il centro oli di Viggiano, formata dall'aggregazione di 4 comuni, per un totale di 11.186 residenti, è stata effettuata un'analisi epidemiologica delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) del triennio 1996-1998 riferite a pazienti con ricovero in regime ordinario urgente. Nelle aree delimitate sulla base degli insediamenti produttivi sono stati quindi studiati gli eventi sentinella cardio-respiratori acuti mediamente più gravi associati ad inquinamento industriale;
i risultati del rapporto n. 5 indicavano che il tasso di ospedalizzazione (TO) per 10.000 residenti dovuto a infezioni/infiammazioni polmonari è risultato pari a 44,4 e il rischio relativo di ospedalizzazione è risultato pari a 2,3, a fronte di una media regionale per i due indici pari a 19,3 e 1,0, rispettivamente;
altrettanto significativo appare il dato per i tassi di ospedalizzazione per asma, dove a fronte di una media regionale di 5,5 si è osservato un valore di 10,4 nell'Area 2, con un rischio relativo di ospedalizzazione di 1,9 contro 1,0 della media regionale;
lo studio concludeva asserendo che nelle aree considerate a «più altro rischio ambientale» nella regione Basilicata, si erano osservati tassi di ospedalizzazione per eventi sentinella cardio-respiratori mediamente più elevati rispetto ai livelli medi regionali. In particolare, l'area nella quale ricade il centro oli mostra tassi più elevati (dal 50 per cento a 2,5 volte) per asma, altre condizioni respiratorie acute, ischemie cardiache e scompenso;
secondo quanto sottolineato nel rapporto, in base ai limiti intrinseci dei dati su cui si era potuto lavorare è più appropriato parlare di associazioni statistiche piuttosto che di inferenza di causalità ed in ogni caso il documento faceva emergere netta la raccomandazione di avviare uno studio sanitario ad hoc, in quanto si confermava come il centro oli di Viggiano costituisse una potenziale fonte di pressione per lo stato di salute della popolazione;
in particolare, considerato il periodo trascorso dalla pubblicazione della relazione sanitaria (2000), sarebbe opportuno che l'Osservatorio epidemiologico regionale della Basilicata effettuasse approfondimenti non soltanto sulle patologie sentinella sopra citate, ma anche sulle patologie croniche eventualmente manifestatesi nel frattempo;
nel convegno promosso dal Centro regionale lucano dell'accademia di storia dell'arte sanitaria Torre Molfese di Sant'Arcangelo, che si è tenuto il 28 maggio 2011 presso il complesso monumentale di Santa Maria di Orsoleo, e voluto dal medico e giornalista, Antonio Molfese, è emerso che «Molti tipi di tumori purtroppo sono in aumento nella Regione, è necessario scoprire le cause che hanno determinato e sostenuto il fenomeno, per cui bisogna che questo venga studiato, approfondito e possibilmente risolto. Politici e scienziati debbono coalizzarsi e cooperare per risolvere il problema, coinvolgendo organismi sanitari anche internazionali, istituzioni centrali e organismi tecnici del territorio. Dal momento che la salute della popolazione è un bene essenziale di primaria importanza, che deve essere difeso e mantenuto»;
la necessità di studi sanitari ad hoc, pare a giudizio degli interroganti, oltremodo necessaria alla luce della recente intesa Stato-regione che prevede il raddoppio dell'attività estrattiva con il raddoppio del centro oli Eni di Viggiano, oltre alla realizzazione di un terzo centro oli a Tempa Rossa di Corleto Perticara (è della Total) e al centro oli dell'Eni già presente a Pisticci;
a questo proposito Maurizio Bolognetti, della direzione nazionale di Radicali Italiani, ha realizzato in collaborazione con la Ola (Organizzazione lucana ambientalista) e l'associazione «Laboratorio per Viaggiano» un reportage dalla Val d'Agri che evidenzia in tutta la sua gravità

i problemi dei cittadini e delle imprese del territorio a seguito delle estrazioni petrolifere. Il video in questione dal titolo «La Basilicata Saudita» è stato pubblicato da Radio Radicale e rilanciato dal sito Ola Channel -:
se non ritenga il Ministro, prima che le istituzioni competenti adottino alcun atto relativo al raddoppio dell'estrazione petrolifera, di avviare uno studio sanitario sugli effetti che l'attività estrattiva ha avuto in Lucania nel periodo successivo alla relazione sanitaria 2000 della Basilicata, fornendo dati aggiornati rispetto a quelli contenuti nel rapporto n. 5 «Epidemiologia occupazionale ed ambientale» citato in premessa;
se e quali ulteriori iniziative di competenza si intendano promuovere a tutela della salute dei cittadini lucani ed in particolare di quelli della Val d'Agri, anche alla luce di quanto documentato nel video citato in premessa.
(4-12209)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il nuovo piano industriale di Fincantieri - azienda pubblica controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso Fintecna - che prevede 2.551 esuberi (pari al 30 per cento della forza lavoro attualmente impiegata), la chiusura dei cantieri di Castellammare di Stabia, Genova Sestri Ponente e il ridimensionamento di quello di Riva Trigoso, conferma le peggiori previsioni dei mesi scorsi;
in tutti i siti, migliaia di lavoratori delle ditte di appalto e, più in generale, dell'indotto hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, spesso senza la possibilità di vedersi riconoscere l'accesso agli ammortizzatori sociali;
a seguito della crisi, gli ordinativi di Fincantieri hanno visto un drastico ridimensionamento delle unità commissionate, a causa della caduta della domanda armatoriale ma anche della perdita totale del business delle navi mercantili, appannaggio esclusivo dei cantieri asiatici;
il temuto ridimensionamento industriale era prevedibile a fronte di un portafoglio ordini del tutto inconsistente rispetto alla capacità produttiva di Fincantieri;
i tagli occupazionali sono anche conseguenza della situazione di degrado e di abbandono di una parte dei siti di Fincantieri, segnati dal continuo peggioramento delle condizioni complessive di lavoro e, della salute e della sicurezza dei lavoratori, e dal declino dell'efficienza complessiva del sistema e dei risultati qualitativi, da addebitarsi principalmente ad un modello produttivo che si fonda sulla crescente esternalizzazione di attività, con il solo scopo di abbattere i costi e che ha determinato la perdita del controllo del processo produttivo da parte dell'azienda;
tuttavia, è il quadro complessivo dell'industria navalmeccanica nazionale a destare preoccupazione, nonostante le sollecitazioni di Ancanap, Confitarma, Rina, Cetena, Vasca navale; in questo contesto, le strategie adottate dall'Unione europea per affrontare la crisi del settore, con particolare riferimento al comparto dei traghetti, potrebbero favorire nuovi investimenti con ricadute positive sull'intero comparto;
per cogliere le opportunità di possibile rilancio del settore e di settori contigui sarebbe indispensabile un adeguamento infrastrutturale dei siti produttivi di Fincantieri, coinvolgendo le regioni e gli enti locali nella definizione degli investimenti necessari alla realizzazione delle infrastrutture ed in particolare, al miglioramento

delle infrastrutture di accesso ad alcuni cantieri come quello di Sestri Ponente;
il Governo, nonostante gli impegni assunti ufficialmente, con l'accordo del 18 dicembre 2009 tra il Ministro dello sviluppo economico, l'impresa e le istituzioni locali interessate - che dava seguito all'intesa del 16 luglio 2009 tra Fincantieri e le organizzazioni sindacali -, per il rilancio delle commesse pubbliche e la ristrutturazione in senso efficientistico dei cantieri in Italia, non si è attivato, ad avviso degli interpellanti, per individuare le politiche e gli strumenti di difesa e di sostegno della cantieristica navale italiana necessari per mantenere inalterati gli attuali livelli produttivi ed occupazionali del settore;
tale comportamento è conseguenza, a giudizio degli interpellanti, della totale assenza di una politica industriale da parte del Governo, particolarmente evidente nel settore navalmeccanico, dove si registrano gravi inadempienze e ritardi, a partire dalla mancata riconvocazione del tavolo, sollecitata da mesi senza riscontro alcuno;
l'assenza del Governo e la mancanza di prospettive alternative nel confronto sul piano industriale ha fatto crescere tra i lavoratori preoccupazione e sconcerto e infine, dopo l'annuncio dei «tagli» ha suscitato la «collera dei poveri», così come denunciato dal monito di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, sfociata nelle manifestazioni di questi giorni;
a seguito delle manifestazioni dei lavoratori di Fincantieri, il Ministro dello sviluppo economico ha finalmente convocato per venerdì 3 giugno 2011 i vertici dell'azienda e i sindacati nazionali per discutere il piano di riorganizzazione industriale; nel corso di tale incontro si è registrato il ritiro del piano industriale annunciato dall'impresa;
la gravità della situazione della cameristica nazionale era già ampiamente nota al Parlamento, che già il 25 gennaio 2011, con la risoluzione 8-00104 approvata dalla X Commissione attività produttive, commercio e turismo, della Camera aveva unanimemente impegnato il Governo ad attivarsi per la gestione e il superamento della fase di crisi;
sono, infatti, indispensabili azioni volte a:
a) mettere in campo progetti di riconversione industriale concreti e condivisi con i sindacati e gli enti locali, scongiurando la messa in opera dei piani di chiusura degli stabilimenti e la riduzione strutturale della capacità produttiva, sospendendo gli effetti dell'«informativa-piano industriale» di Fincantieri;
b) garantire nel settore navalmeccanico il pieno rispetto degli impegni assunti dal Governo al tavolo del 18 dicembre 2009;
c) sollecitare la mobilitazione tempestiva del Fondo europeo di di adeguamento alla globalizzazione per intervenire subito a sostegno dell'occupazione, altresì indispensabile per promuovere l'attività produttiva;
d) consolidare le politiche industriali finalizzate al rilancio della cantieristica navale italiana attraverso l'individuazione di investimenti ed incentivi, in particolare alla ricerca e all'innovazione, che consentano di aumentare la competitività della produzione italiana e al contempo di garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, operando attivamente per ottenere garanzie, da parte di Fincantieri, nel senso del mantenimento della produzione nei cantieri in Italia;
e) rifinanziare la legge 9 gennaio 2006, n. 13 - approvata dalla Unione europea definanziata dall'attuale Governo - che consente la rottamazione delle navi passeggeri e traghetti misti passeggeri e merci, dal momento che in Italia la flotta di questa tipologia navale è particolarmente

vetusta, insicura, ad alto consumo energetico ed inquinante, con una anzianità di 40,50,60 fino ad 80 anni;
f) garantire un adeguato livello delle commesse pubbliche nel settore della navalmeccanica, contemporaneamente alla realizzazione della terza fregata FREMM, reperendo le risorse necessarie alla costruzione di ulteriori fregate;
g) fornire a Fincantieri indirizzi precisi per un piano industriale basato su commesse pubbliche immediatamente cantierabili, su investimenti in diversificazione produttiva e innovazione tecnologica volta alla sostenibilità e compatibilità ambientale, sul recupero di un modello produttivo ed organizzativo rispettoso del diritto alla salute ed alla sicurezza dei dipendenti Fincantieri e dei lavoratori delle ditte degli appalti;
h) sostenere in sede europea la proposta di un piano straordinario per il rinnovo della flotta dei traghetti nei Paesi dell'Unione europea;
i) vigilare sulla corretta applicazione delle misure finalizzate a scoraggiare le iniziative di delocalizzazione previste dalla legge n. 80 del 2005 e confermare l'impegno a difendere la fair competition sui mercati internazionali e a contrastare: fenomeni di concorrenza sleale, promuovendo il monitoraggio rispetto agli effetti generati dall'attuazione del nuovo accordo commerciale tra Unione europea e Corea del Sud -:
quali siano le ragioni per le quali non si è dato corso agli impegni e ai programmi assunti con l'impresa, le parti sociali e le amministrazioni territoriali interessate;
come si intenda recuperare il ritardo accumulato nella gestione della crisi della cantieristica nazionale nonostante le sollecitazioni e gli indirizzi del Parlamento;
quali urgenti misure si intendano adottare per consentire un proficuo confronto tra l'impresa, le organizzazioni sindacali e gli enti locali interessati, volto all'individuazione di un realistico piano per aumentare la competitività della produzione italiana, superare i vincoli infrastrutturali e al contempo garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, scongiurando l'annunciata chiusura di alcuni stabilimenti, in coerenza con quanto sottoscritto nel dicembre 2009;
quale ruolo rivesta il sistema della cantieristica nazionale negli obiettivi del Governo di rilancio dell'industria italiana.
(2-01111)
«Bersani, Franceschini, Ventura, Lulli, Damiano, Meta, Vico, Tullo, Boccia, Baretta, Garofani, Melandri, Andrea Orlando, Rossa, Zunino, Boffa, Bonavitacola, Bossa, Ciriello, Cuomo, D'Antona, Graziano, Iannuzzi, Mazzarella, Nicolais, Pedoto, Mario Pepe (Pd), Piccolo, Picierno, Santagata, Sarubbi, Vaccaro, Dal Moro, Fogliardi, Martella, Miotto, Mogherini Rebesani, Murer, Naccarato, Rubinato, Sbrollini, Tempestini, Federico Testa, Viola, Maran, Rosato, Strizzolo, Agostini, Cavallaro, De Torre, Giovanelli, Merloni, Pistelli, Vannucci, Berretta, Burtone, Capodicasa, Cardinale, Causi, D'Antoni, Genovese, Gozi, Levi, Pierdomenico Martino, Antonino Russo, Samperi, Siragusa».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
dallo scorso mercoledì 1o giugno ad oggi, in molte regioni italiane (Friuli Venezia-Giulia, Toscana, Marche, Lazio e Campania) perdurano i gravissimi disservizi agli sportelli postali generati da un problema al sistema informatico di Poste italiane spa;
tali disservizi, oltre a rappresentare un'inaccettabile restrizione di un servizio

pubblico universale e alla credibilità della società che dovrebbe garantirlo, stanno provocando danni esiziali a milioni di cittadini-utenti, specie a coloro i quali appartengono alle fasce economicamente e socialmente più fragili, quali: anziani soli e privi di propri mezzi di mobilità, disabili, pensionati con pensione minima e così via;
una delle regioni colpite dal guasto alla piattaforma del software di Poste italiane è stato il Friuli Venezia-Giulia, territorio da anni particolarmente penalizzato da continue «rimoduzioni» dei giorni e degli orari di apertura al pubblico durante il periodo estivo (come segnalato nelle interrogazioni n.3-00864 del 22 gennaio 2010 e 3-01093 del 1o giugno 2010);
dal 15 giugno al 15 settembre 2011 si ripresenterà il rischio della chiusura totale o parziale di ben 50 uffici postali in 42 comuni del Friuli Venezia-Giulia (18 nella provincia di Pordenone, 17 in quella di Udine, 4 in provincia di Gorizia e 3 a Trieste), unitamente ad una serie di disservizi già lamentati dai cittadini residenti nei predetti territori nel corso dell'anno;
l'11 maggio 2010, nell'ambito dello svolgimento di interrogazioni alla Camera dei deputati, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Stefano Saglia, rispondendo sulla legittimità delle sopra menzionate rimodulazioni, garantiva circa l'impegno del proprio dicastero a: «(...) continuare a monitorare il territorio della regione Friuli Venezia-Giulia per assicurarsi che gli utenti possano usufruire della completa funzionalità degli uffici postali e dei servizi di corrispondenza; e per verificare che un servizio così essenziale come quello postale sia erogato nel modo migliore, ed assicurare, così, alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità»;
ad oggi, tale impegno risulta di fatto disatteso -:
quali misure intenda avviare nei confronti di Poste italiane spa affinché vengano risolti e superati i recenti gravissimi disservizi che, secondo alcuni, potevano essere prevenuti;
quali interventi concreti e definitivi intenda mettere in atto per scongiurare il rischio che i 50 uffici postali in Friuli Venezia-Giulia vengano totalmente o parzialmente chiusi nel prossimo periodo estivo e affinché sia, comunque, assicurato a tutti i cittadini della regione il diritto di usufruire del servizio universale postale, con particolare riguardo a quelle zone montane colpite ormai da anni da un irreversibile fenomeno di spopolamento che, proprio per questo, sono fortemente penalizzate.
(2-01114) «Compagnon, Galletti».

Interrogazioni a risposta immediata:

MESSINA, DONADI, DI PIETRO, LEOLUCA ORLANDO, EVANGELISTI, BORGHESI, FAVIA, PALOMBA, DI STANISLAO, CAMBURSANO, BARBATO, ZAZZERA, PIFFARI, MONAI, CIMADORO, PALADINI, ANIELLO FORMISANO, MURA, PALAGIANO, DI GIUSEPPE, ROTA e PORCINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sono state raccolte milioni di firme di cittadini da parte dei comitati che hanno promosso i quesiti referendari contro il nucleare, per l'acqua pubblica e per una legge uguale per tutti senza privilegi per la casta;
il Governo, ad avviso degli interroganti, ha tentato nei fatti in tutti i modi di ostacolare l'espressione della volontà dei cittadini tramite i referendum;
dopo che la Corte di Cassazione ha dato il via libera ai referendum, il Governo ha rifiutato di riunire in un unico giorno, l'election day, le elezioni amministrative con la consultazione referendaria, con un aggravio per la finanza pubblica di 300-400 milioni di euro che si potevano in tal modo risparmiare, ed ha rinviato il voto

sui quesiti referendari all'ultimo week-end previsto dalla legge, il tutto al fine di rendere più difficile il raggiungimento del quorum per la validità della consultazione referendaria stessa;
il Governo ha poi provato ad evitare che si tenesse la consultazione referendaria in relazione ad almeno uno dei quesiti referendari, quello relativo al nucleare - il più sentito dall'opinione pubblica dopo il grave incidente alla centrale nucleare di Fukushima in Giappone - prima con una moratoria di un anno per l'attuazione del programma nucleare, poi con l'abrogazione rivelatasi, ad avviso degli interroganti, fittizia delle norme che reintroducevano la produzione di energia nucleare in Italia impedita nel nostro Paese dal referendum del 1987;
il Governo si è così spinto fino a promuovere una clamorosa abrogazione, con voto di fiducia, delle stesse norme che aveva fatto approvare nel 2009, sempre con voto di fiducia, con l'obiettivo di riportare il «nucleare» in Italia. La legge fatta approvare nel 2009 dal Governo aveva tentato di costringere le regioni ad accettare le centrali nucleari comunque, aveva cancellato ogni ruolo dei comuni e delle popolazioni locali ed aveva previsto la militarizzazione dei siti prescelti per evitare sul nascere, ad avviso degli interroganti, ogni forma di controllo democratico;
il ritorno al «nucleare» era stato pubblicizzato dal Governo come una scelta storica, una svolta. Eppure, anche la stragrande maggioranza dei candidati del centrodestra alle regionali del 2010 ha dichiarato che nel suo territorio non voleva centrali. Dopo Fukushima il peso dei contrari è ulteriormente cresciuto, come conferma il risultato del referendum in Sardegna (60 per cento di votanti e oltre il 97 per cento di contrari al nucleare);
senza dimenticare che proprio questo Governo, a giudizio degli interroganti, ha messo in difficoltà il settore delle fonti rinnovabili con l'inaccettabile decreto che ha emanato a marzo 2011 e non sufficientemente corretto con l'ultimo. Un settore che stava andando bene e recuperando ritardi è stato messo seriamente in difficoltà con una scelta, secondo gli interroganti, poco responsabile;
quello che agli interroganti appare un maldestro tentativo di fingere di abbandonare il «nucleare», tenendosi aperta una strada per tornare al «nucleare» in futuro, una volta calmate le acque, è stato respinto dalla stessa Corte di Cassazione che il 1o giugno 2011 ha opportunamente trasferito il quesito sui commi 1 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 34 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 2011;
in particolare, scrive la Suprema Corte, l'articolo 5, comma 1, del cosiddetto decreto-legge «omnibus» apre «nell'immediato al nucleare (solo apparentemente cancellato dalle dichiarate abbreviazioni contenute in un provvedimento che completa le sue stesse previsioni abrogative con una nuova disciplina che conserva e anzi amplia le prospettive e i modi di ricorso alle fonti nucleari di produzione energetica)»;
nelle dieci pagine di motivazione depositate all'ufficio centrale per il referendum i giudici sottolineano che sempre all'articolo 5 «la norma pone in essere il meccanismo di temporanea sospensione» che è in realtà «regolativa di un rinvio (non di una abrogazione o eliminazione della scelta nucleare) libero da qualsiasi vincolo temporale e rimette la ripresa del nucleare secondo quanto si afferma nel successivo comma 8 dell'articolo 5 ad un provvedimento adottabile dal Consiglio dei ministri entro il termine di 12 mesi. L'espressione »entro 12 mesi« è spazio di tempo che non a caso ripropone il tempo di moratoria contemplato dal decreto-legge modificato, rivelando con ciò una costanza di intenti energetici nuclearisti e di tempi di loro realizzazione»;
in altre parole con il decreto-legge «omnibus» convertito in legge «non si espunge il nucleare dalle scelte energetiche nuovamente disciplinate, che era e resta

obiettivo della richiesta di referendum». Inoltre, sottolineano ancora i giudici: «Il riferimento generico, da parte del legislatore, alla necessità di diversificazione delle fonti di energia, include la scelta di fonti nucleari invece escluse dalla volontà referendaria»;
il Governo ha fatto a questo punto un ulteriore ricorso alla Corte costituzionale, sostenendo che non spetta all'ufficio centrale della Corte di Cassazione, ma semmai alla Corte costituzionale valutare la persistenza delle condizioni per consentire lo svolgimento del referendum, in presenza di una modifica legislativa;
l'Esecutivo ha operato affinché calasse quello che agli interroganti appare un vero e proprio silenzio dei media sulla consultazione referendaria. In particolare, le emittenti televisive Rai 1 e Canale 5 (quest'ultima un'emittente di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri) hanno fornito un'informazione pressoché nulla ai propri telespettatori sulla scadenza referendaria di domenica e lunedì prossimi;
il Presidente del Consiglio dei ministri, lunedì 6 giugno 2011, ha affermato in maniera, ad avviso degli interroganti, piuttosto ipocrita che «il Governo si astiene dal prendere qualsiasi posizione al riguardo e si adeguerà alla volontà dei cittadini» -:
se il Governo non intenda invitare pubblicamente, come sarebbe suo dovere, tutti i cittadini elettori a recarsi alle urne in massa per la consultazione referendaria di domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011.
(3-01691)

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni si sono verificati in tutto il territorio italiano, con preoccupante insistenza, gravissimi disservizi postali imputabili a problemi di software, che hanno causato notevoli disagi alla cittadinanza e provocato le accese rimostranze di tutti quei cittadini che non hanno visto tutelata la garanzia di uno dei servizi pubblici essenziali, come quello postale;
il sistema informatico, introdotto il 1o giugno 2011, ha manifestato da subito gravi problemi ed ha reso impossibile adempiere alle normali operazioni postali, come ritirare le pensioni, spedire e ricevere raccomandate urgenti, pagare bollettini e multe nei termini di scadenza, causando, quindi, danni anche economici ai cittadini;
sul sito di Poste italiane si legge che la società ha una «visione strategica, accompagnata da un programma di investimenti per tecnologie, infrastrutture e formazione, che ha permesso all'azienda di elevare in breve tempo e in maniera significativa gli standard di efficienza, di aumentare ulteriormente il grado di professionalità dei propri addetti, di riqualificare gli uffici postali, di incontrare il crescente apprezzamento dei clienti e di chiudere i bilanci in utile»;
le interminabili code di utenti negli uffici postali e l'inaccettabile paralisi del sistema informatico di questi giorni hanno reso evidente, nei fatti, che la società Poste italiane non riesce a conseguire gli obiettivi di qualità espressi con chiarezza nel contratto di programma stipulato con il Ministero dello sviluppo economico e pubblicati sul sito internet della società;

negli ultimi anni la società Poste italiane spa ha avviato un processo di razionalizzazione degli uffici postali, procedendo sia alla chiusura, sia alla riduzione degli orari di apertura degli stessi in diverse aree del territorio nazionale, aggravando così le difficoltà nella gestione operativa degli uffici e generando una diminuzione della qualità del servizio fornito alla clientela;
molti uffici dei piccoli centri, soprattutto montani, rispettano orari significativamente ridotti, aprendo solo alcuni giorni a settimana e solo per alcune ore, provocando, quindi, già nella situazione attuale, gravi disfunzioni nell'offerta del servizio ai cittadini delle piccole frazioni per le quali gli uffici postali rappresentano uno dei pochi servizi pubblici essenziali;
la chiusura degli uffici postali si traduce, inevitabilmente, in enormi disagi, soprattutto per i residenti anziani, che costituiscono la maggioranza della popolazione dei piccoli comuni e che, non avendo in molti casi né sostegno familiare, né trasporto pubblico, si trovano a non poter usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali, quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, e sono costretti a frequenti e difficili spostamenti;
il decreto legislativo n. 261 del 1999, adottato in attuazione della direttiva 97/67/CE, che stabilisce regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio, riconosce carattere di attività di preminente interesse generale alla fornitura dei servizi postali, nonché alla realizzazione ed all'esercizio della rete postale pubblica;
le Poste italiane spa sono una società di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, che ha ricevuto quest'anno dallo Stato circa 300 milioni di euro, al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale, pena una multa fino a 1.500.000 euro, come previsto dall'articolo 13 dell'attuale contratto di programma -:
quali iniziative, per quanto di sua competenza, il Ministro interrogato intenda adottare presso la società Poste italiane spa, affinché venga garantito, come previsto dal decreto-legge 1o dicembre 1993, n. 487, il rispetto degli obblighi assunti con la sottoscrizione del contratto di programma relativamente alle obbligazioni e alle responsabilità dell'ente in ordine ai livelli di qualità dei servizi e al soddisfacimento delle esigenze degli utenti, anche rivalutando le decisioni unilaterali della società di chiudere molti uffici postali dei piccoli comuni, e quali azioni intenda intraprendere nei confronti di Poste italiane in seguito ai gravi disservizi postali verificatisi in questi giorni su tutto il territorio nazionale, anche valutando la possibilità di partecipare ad un tavolo di conciliazione fra la società e gli utenti danneggiati, affinché si preveda un risarcimento, a carico di Poste italiane, per i cittadini che hanno subito danni economici, oltre a non veder garantito il proprio diritto ad usufruire di un servizio di preminente interesse generale, come stabilito dal decreto legislativo n. 261 del 1999.
(3-01692)

LUSETTI, GALLETTI, LIBÈ, ANNA TERESA FORMISANO, PEZZOTTA, RUGGERI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 1o giugno 2011 si sono registrati presso i 14 mila uffici postali inaccettabili disservizi a causa del cambiamento del sistema operativo utilizzato per le operazioni di sportello;
Poste italiane spa si è scusata con i clienti scaricando la colpa sul software dei sistemi Ibm e Hp, i cui tecnici sono al lavoro per risolvere il black out registratosi in questi giorni;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è intervenuta chiedendo di fare chiarezza. Secondo il commissario Gianluigi Magri, che ha stigmatizzato l'inaccettabile perdurare del disservizio e

la mancanza di una chiara disanima degli avvenimenti anche per individuare le specifiche responsabilità, «simili incredibili episodi minano la capacità di garantire un pubblico servizio e la credibilità di chi dovrebbe garantirlo»;
Poste italiane spa, su richiesta di alcune associazioni dei consumatori, ha comunicato di voler aprire un tavolo di conciliazione sui disagi sostenuti dalla clientela per i citati disservizi;
oltre al disagio delle code, soprattutto per le persone anziane che in questi giorni si sono recate presso gli sportelli per il ritiro delle pensioni, questa situazione comporterà delle conseguenze per coloro, imprese o semplici cittadini, che dovevano saldare alla scadenza le bollette per servizi o multe e che, invece, non hanno potuto effettuare tali pagamenti;
questa vicenda ripropone il problema del controllo del mercato liberalizzato dei servizi postali. L'istituzione dell'Agenzia di regolamentazione, che svolge le funzioni di autorità, non ancora operativa, rende il mercato completamente privo di alcuna vigilanza -:
se non ritenga di sollecitare una rapida ripresa della funzionalità del servizio postale e, una volta accertate le responsabilità di tale disservizio, vigilare sui rimborsi per i disagi arrecati alla clientela.
(3-01693)

SARDELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo sulle fonti rinnovabili è stato approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 in attuazione della direttiva 2009/28/CE e si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di anidride carbonica, definendo gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi ed il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessari al raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energie e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti;
in data 5 maggio 2011 il Ministero dello sviluppo economico ha licenziato un decreto volto a regolamentare il cosiddetto quarto conto energia relativo al settore della produzione elettrica dalla fonte solare e fotovoltaica, definendo nuovi schemi di incentivazione e, prioritariamente, nuovi meccanismi di accesso per gli operatori alle tariffe incentivanti, al fine di regolamentare e limitare la spesa massima annua fino al 2016;
il nuovo schema, cosi delineato, definisce una procedura di accesso alla tariffa incentivante che prevede per i «grandi impianti» l'accesso ad un registro, da istituirsi a cura del Gestore dei servizi energetici (GSE). La volontà sottesa all'approvazione di tale schema di accesso alle tariffe dovrebbe essere individuata, per lo più, nell'esigenza di controllare il mercato del fotovoltaico, monitorando la crescita dello stesso ed introducendo un meccanismo di riduzione, graduale e rapido, del valore dell'incentivo;
in data 16 maggio 2011 il Gestore dei servizi energetici ha pubblicato le «regole tecniche per l'iscrizione al registro», pubblicando sul proprio sito informatico un documento che, a parere di molti imprenditori del settore, lascia ampi spazi di interpretazione sul concreto funzionamento dello schema sopra riportato;
tale situazione di incertezza rischia di indebolire ulteriormente un settore che, è utile ricordare, attraversa un momento molto delicato, essendo stato oggetto di modifiche in corso d'opera in materia di incentivi;
in particolare, si registra una palese contraddizione tra il decreto del quarto conto energia e le regole tecniche pubblicate dal Gestore dei servizi energetici, con particolare riferimento all'articolo 6, comma 4, del decreto, che recita testualmente: «In

tutti i casi la tariffa incentivante spettante è quella vigente alla data di entrata in esercizio dell'impianto». Tale previsione era stata evidentemente interpretata come intenzione da parte del Ministero dello sviluppo economico di tutelare i diritti acquisiti a garanzia di quegli investimenti, in corso d'opera, che non fossero in grado di accedere al registro per esubero di domande. Contrariamente, il Gestore dei servizi energetici ha previsto, nell'articolo 5 delle regole tecniche di recente emanazione, il seguente dispositivo: «Si sottolinea che la tariffa incentivante spettante agli impianti è quella vigente alla data di entrata in esercizio dell'impianto, purché l'impianto stesso sia stato iscritto nel registro in posizione tale da rientrare nei limiti specifici di costo del periodo di riferimento. Ai grandi impianti, entrati comunque in esercizio dal 31 agosto 2011 al 31 dicembre 2012, senza essere iscritti nel registro in posizione tale da rientrare nei limiti specifici di costo del periodo di riferimento, per i quali i soggetti responsabili chiederanno l'ammissione agli incentivi a partire dal 2013, sarà attribuita una data convenzionale di entrata in esercizio per la determinazione della spettante tariffa, coincidente con il primo giorno del semestre nel quale viene effettuata la richiesta al GSE successivamente al primo gennaio 2013. Rimane valida l'obbligo della comunicazione al GSE della richiesta di incentivazione entro 15 giorni dalla suddetta data convenzionalmente individuata», che determina l'impossibilità reale per chi non dovesse accedere al registro di poter completare il proprio investimento;
tale intervento del Gestore dei servizi energetici sembrerebbe all'interrogante essere in netto contrasto con il dettato normativo sopra menzionato e, soprattutto, andrebbe a ledere in maniera definitiva un settore importante del nostro comparto produttivo;
allo stesso tempo appare non chiaro l'ambito di applicabilità dell'articolo 12, comma 5, che recita: «Ai fini dell'attribuzione delle tariffe incentivanti, più impianti fotovoltaici realizzati dal medesimo soggetto responsabile o riconducibili a un unico soggetto responsabile e localizzati nella medesima particella catastale o su particelle catastali contigue si intendono come unico impianto di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, il GSE definisce e pubblica ulteriori requisiti e regole tecniche volti ad evitare il frazionamento di un impianto in più impianti di ridotta potenza»;
tale previsione, infatti, considerate la sua non chiara portata e l'incertezza della data in cui verranno pubblicati gli ulteriori requisiti tecnici, pone gli operatori che ricadono o potrebbero ricadere nei limiti di intervento del dispositivo sopra menzionato nell'impossibilità di iscriversi al registro -:
se non si ritenga opportuno confermare con urgenza quanto riportato nel decreto a tutela di tutti quegli operatori che, investendo con mezzi propri, hanno la necessità di vedere assicurata la certezza della tariffa a cui saranno assoggettati a partire esclusivamente dalla data di entrata in esercizio degli impianti, mentre si potrà determinare la sottoscrizione della cosiddetta convenzione con il Gestore dei servizi energetici alla data di iscrizione al primo registro utile, preservando in tal modo il controllo di spesa e garantendo la certezza degli investimenti, e se non si ritenga opportuno prevedere una modifica dei termini di registrazione per gli impianti ricadenti nell'articolo 12, comma 5, al fine di garantire una totale par condicio a tutti gli operatori in corso di registrazione.
(3-01694)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO e FRONER. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali

(DGIAI), in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, che ha previsto il riordino del Ministero dello sviluppo economico, è una struttura con competenze e funzioni operative e di programmazione, finalizzate alla gestione degli interventi agevolativi a favore delle imprese;
tale direzione non è stata inclusa nel trasferimento delle funzioni di programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse, dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio - che ha invece riguardato il dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica - disposto dall'articolo 7, commi da 26 a 29, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78;
l'attività della citata direzione generale si sostanzia nella concessione ed erogazione di agevolazioni finanziarie alle imprese, al fine di perseguire importanti obiettivi di politica industriale: dal sostegno alle attività di ricerca e sviluppo e dell'innovazione tecnologica agli interventi per le situazioni di crisi industriale, dalle agevolazioni per le aree meno sviluppate al sostegno per l'accesso al credito per le piccole e medie imprese;
riguardo alla programmazione 2007-2013, la direzione è impegnata nelle attività di avvio dei PON ricerca e competitività, congiuntamente al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché nella redazione insieme con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del PAN FAS ricerca e competitività, programma approvato in via preliminare dal CIPE e successivamente sottoposto alla valutazione ambientale strategica per l'approvazione definitiva;
l'incarico di direttore generale della DGIAI è stato ricoperto dal febbraio del 2009 dal professor Gianluca Esposito, il quale è stato successivamente nominato direttore generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi (lettera trasmessa il 31 marzo 2011 alla Commissione affari costituzionali e alla Commissione attività produttive, ai sensi dell'articolo 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001);
la perdurante e immotivata attesa della nomina del nuovo direttore della DGIAI sta creando gravi difficoltà nell'ambito dell'operatività della direzione stessa;
nell'ambito dell'organizzazione degli uffici del Ministero i capi dipartimento svolgono funzioni differenti da quelli del direttore generale che ha poteri gestionali e non potrebbero ricoprirne il ruolo nei confronti dell'attività esterna per quanto riguarda l'adozione di atti e di provvedimenti amministrativi -:
se si intenda procedere in tempi rapidi alla nomina della direzione vacante della direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali al fine di scongiurare il blocco dell'attività di concessione ed erogazione di agevolazioni finanziarie alle imprese, per il perseguimento di importanti obiettivi di politica industriale.
(5-04850)

Interrogazione a risposta scritta:

GRAZIANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'attuale dibattito sulle tariffe di terminazione mobile (MTR), vale a dire il costo di ingresso per il transito di una telefonata sulla rete di un operatore mobile, si inserisce in un momento in cui il mercato delle telecomunicazioni sta vivendo un'importante fase di declino del proprio valore economico;
gli operatori di telefonia hanno rivestito e rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo tecnologico ed economico del Paese, generando lavoro sia direttamente che nell'indotto ad esso collegato;
a dispetto dell'impegno e dello sforzo che gli operatori mobili hanno profuso in questi anni, essi si trovano oggi ad investire

in uno scenario economico complicato, con impatti diretti ed indiretti sul mercato di riferimento, a fronte di una sempre maggiore instabilità e difficoltà economica dei clienti finali;
a differenza di altri mercati, visti i perimetri in cui agisce, quello delle telecomunicazioni ha piani di investimento distribuiti in periodi lunghi, si pensi per esempio agli investimenti sulla banda larga; sarebbe pertanto auspicabile non modificare le condizioni del mercato in cui gli investimenti agiscono;
un eventuale piano di riduzione delle tariffe di terminazione (rispetto a quello già stabilito fino a luglio 2013) potrebbe creare alcuni problemi al mercato di riferimento e, quindi, di conseguenza ai singoli consumatori;
è verosimile che in questo scenario anche gli investimenti presenti e futuri già programmati dai singoli operatori potrebbero essere compromessi -:
di quali elementi il Ministro disponga relativamente a quanto rappresentato in premessa e, in particolare, sulla riduzione delle tariffe di terminazione;
se il Ministro interrogato, ferme restando le competenze dell'Autorità di regolazione, intenda agire attuando le giuste scelte di politica industriale a beneficio del Paese.
(4-12205)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Narducci e altri n. 1-00631, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Grimoldi e altri n. 5-04008, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Goisis.

L'interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-11939, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nicco.

L'interrogazione a risposta scritta Pes e altri n. 4-12061, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Murgia.

L'interrogazione a risposta in Commissione Vannucci e Ghizzoni n. 5-04840, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mazzarella.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-12111, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 479 del 30 maggio 2011.

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'adozione internazionale è regolata in Italia dalla legge n. 183 del 1984 modificata dalla legge n. 476 del 1998 di «ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja, il 29 maggio 1993»;
tra gli scopi principali della Convenzione quello di stabilire delle garanzie affinché le adozioni internazionali si svolgano nel superiore interesse del minore e nel rispetto dei diritti fondamentali che gli sono riconosciuti dal diritto internazionale, quello di instaurare un sistema di cooperazione fra gli Stati contraenti, nonché quello di prevenire la sottrazione e la vendita di minori;

per la realizzazione di tali obiettivi, una delle maggiori garanzie poste dalla Convenzione a tutela dei minori è il cosiddetto principio di sussidiarietà, in virtù del quale l'adozione internazionale deve essere vista esclusivamente come estremo rimedio per l'accoglienza dei bambini privi di cure genitoriali. Essa va quindi di regola applicata soltanto laddove non esista nessun'altra possibilità per il minore senza famiglia di essere accolto nel proprio Paese;
con la ratifica della Convenzione de l'Aja del 1993 l'impegno degli Stati appare chiaro: «ogni Stato dovrebbe adottare, con criterio di priorità, misure appropriate per consentire la permanenza del minore nella famiglia d'origine», e ancora «l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nei loro Stati di origine»;
i Paesi che realizzano adozioni internazionali sono quindi tenuti a implementare progetti di cooperazione che consentano, da un lato, la prevenzione dell'abbandono minorile e, dall'altro, il suo superamento attraverso azioni che consentano il rafforzamento dei legami familiari e il rientro in famiglia oppure, in difetto, l'accoglienza dei minori in un ambiente familiare nel Paese di origine, attraverso l'affidamento o l'adozione nazionale;
l'obbligo di garantire il rispetto del principio di sussidiarietà non è posto solo a carico dei Paesi di origine di minori, ma anche di quelli cosiddetti «riceventi», come chiarito nel rapporto della Commissione speciale sul funzionamento e la pratica della Convenzione dell'Aja del 1993, redatto il 28 novembre-1o dicembre 2000 dall'ufficio permanente della Conferenza dell'Aja sul diritto internazionale privato;
il rapporto citato, anche con riferimento alla necessità di evitare che dell'adozione derivi ingiusto lucro per determinati soggetti, giunge alla seguente raccomandazione: «i Paesi riceventi sono chiamati a supportare le azioni svolte nei Paesi di origine per sviluppare i servizi nazionali di protezione dei minori, inclusi programmi per la prevenzione dell'abbandono»;
nella stessa Convenzione di New York del 1989 gli Stati parte nel preambolo hanno riconosciuto «l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare i paesi in via di sviluppo»;
già nella delibera del 26 novembre 1998, n. 180 del comitato direzionale presso il Ministero degli affari esteri, contenente le «Linee-guida della cooperazione italiana sulla tematica minorile», era indicata espressamente, tra le strategie d'intervento quella di «combattere il fenomeno della tratta e del mercato dei minori con attività di prevenzione anche in coordinamento con programmi di sostegno a distanza e dove necessario, con le cautele del caso, di adozione internazionale»;
dall'ultimo rapporto pubblicato dalla Commissione per le adozioni internazionali realizzata nel 2010, l'Italia risulta essere da alcuni anni il primo Paese per numero di minori adottati dalla Colombia; la Colombia è il secondo Paese di provenienza dei minori adottati nel 2010 da coppie residenti in Italia, con 592 minori corrispondenti al 14,33 per cento del totale;
tali dati confermano la centralità della Colombia per le adozioni realizzate dall'Italia, considerato che è stata a lungo il terzo Paese di provenienza con 444 minori nel 2009 (ovvero l'11,20 per cento del totale), 434 minori nel 2008 (il 10,9 per cento del totale) e con 1.529 minori nell'intero arco di tempo dal 2000 al 2006 (il 9,2 per cento del totale); nell'anno 2007 la Colombia si è collocata invece al secondo posto dopo la Federazione Russa con 380 minori adottati (11,1 per cento del totale);
stando a queste cifre, per rispettare il principio di sussidiarietà in Colombia il

Governo italiano avrebbe dovuto realizzare progetti per prevenire gli abbandoni minorili nel Paese, per sostenere con specifici programmi le famiglie di origine, per promuovere l'affidamento familiare e l'adozione a livello nazionale. Senza questi interventi, infatti, è evidente che l'adozione internazionale rimane l'unica alternativa;
malgrado ciò, la Colombia non figura tra le aree identificate dal Ministero degli affari esteri come prioritarie per la cooperazione italiana e l'Italia non investe alcuna risorsa in azioni e progetti di cooperazione in questa materia. Peraltro, già dopo gli anni '90 l'impegno italiano in Colombia è diminuito in maniera considerevole;
stando alle informazioni evidenziate, l'Italia non avrebbe intrapreso alcuna azione né strategia di cooperazione al fine di garantire il diritto alla famiglia in un Paese che da sempre è collocato ai primi posti per provenienza di minori in adozione internazionale;
stando alla mole di adozioni - circa 3.379 i minori colombiani adottati dal 2000 al 2010 da coppie italiane - sulla base del principio di sussidiarietà l'Italia avrebbe dovuto dapprima garantire ogni forma di sostegno ai minori nel loro Paese, prima di considerare l'adozione internazionale come unica soluzione applicabile -:
perché la Colombia non rientri tra le priorità geografiche della cooperazione italiana nonostante sia uno dei principali Paesi di origine dei minori adottati dalle famiglie italiane e l'Italia sia il primo Paese di accoglienza dei minori colombiani e perché, più in generale, sia così carente in Italia la destinazione di fondi specifici per la realizzazione di progetti di sussidiarietà per prevenire l'abbandono e garantire il diritto alla famiglia nei Paesi di origine dei minori adottati da coppie residenti in Italia. (4-12111)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta D'Incecco n. 4-12082 del 25 maggio 2011;
interpellanza Bersani n. 2-01094 del 30 maggio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-11201 del 9 marzo 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04851.