XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 31 maggio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la relazione dell'Istat sulla situazione del Paese nel 2010, ha messo in evidenza le condizioni di estrema difficoltà economica e sociale nelle quali versa l'Italia e che colpiscono fasce sempre più consistenti della popolazione: giovani e giovanissimi, donne, anziani, lavoratori e famiglie a basso reddito, determinando un drammatico allargamento dell'area di povertà e di esclusione sociale, così come-sottolineato dallo stesso Istat;
nel periodo compreso tra il 2001 e il 2010, l'Italia ha registrato un tasso medio annuo di crescita economica pari allo 0,2 per cento, contro l'11 per cento dell'Unione economica e monetaria (Uem), il tasso di crescita peggiore tra tutti i Paesi dell'Unione europea, secondo le valutazioni dell'Istat; nel 2010 l'economia italiana è cresciuta dell'1,3 per cento a fronte dell'1,8 per cento dell'Uem. I dati mostrano con ogni evidenza una crescita stentata che procede a rilento;
la Corte dei conti nel rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica ha evidenziato come la grande crisi degli anni 2008-2009 abbia causato una perdita di Pil pari a 140 miliardi nel 2010 ed è stimata in crescita a 160 miliardi nel 2013. La Corte dei conti ha inoltre sottolineato l'importanza per l'Italia di procedere ad una più consistente azione di risanamento al fine di rispettare gli impegni europei, prevedendo la necessità di un aggiustamento dei conti, che potrebbe tradursi in una manovra da 46 miliardi di euro. Ne deriva che non solo non sarà possibile alcuna riduzione della pressione fiscale, ma saranno, al contrario, ipotizzabili ulteriori sforzi e sacrifici da parte delle famiglie;
l'agenzia di rating Standard & Poor's ha tagliato le sue previsioni riducendo l'outlook dell'Italia da stabile a negativo, sottolineando come «le attuali prospettive di crescita sono deboli e l'impegno politico per riforme che aumentino la produttività sembra incerto», anche per effetto della «crescente fragilità dell'attuale coalizione di governo»;
inoltre, sempre secondo l'agenzia di rating «le misure strutturali attuate nel 2010 e quelle contenute nel Piano Nazionale di Riforma recentemente aggiornato, non sono sufficienti a stimolare la crescita economica nel medio termine» e se da una parte l'agenzia ha confermato il giudizio sul debito, dall'altra ha affermato che «la probabilità che i rating possano essere abbassati nei prossimi 24 mesi» supera il 33 per cento dimostrando una scarsa fiducia nelle prospettive di crescita del Paese;
anche l'Ocse recentemente ha previsto per l'Italia una crescita contenuta per il 2011 pari all'1,1 per cento e per il 2012 dell'1,6 per cento, mentre la disoccupazione resta ferma all'8,4 per cento come nel 2010, per poi scendere all'8,1 per cento nel 2012, un dato comunque superiore a quello del 2008, pari al 6,8 per cento;
il 24,7 per cento della popolazione, circa 15 milioni di persone, secondo quanto riportato dall'Istat, è a rischio povertà o esclusione sociale, a fronte di una media europea inferiore, pari al 23,1 per cento. Si tratta di un dato che risente anche della situazione dell'Italia meridionale, dove si concentrano i tassi più elevati: al Sud vive il 57 per cento delle persone a rischio povertà o esclusione sociale, pari a circa 8,5 milioni di individui, che si trovano almeno in una condizione di disagio tra quelle utilizzate come indicatori dalla «Strategia Europa 2020»;
le categorie più colpite sono rappresentate da anziani soli, dalle famiglie con tre o più figli, da quelle con un solo genitore: più di un terzo dei soggetti che appartengono a questi gruppi si trova almeno in una delle condizioni di rischio considerate dalla strategia;

in questo contesto, un ulteriore dato allarmante è costituito dal tasso di risparmio delle famiglie italiane che è sceso per la prima volta al di sotto di quello delle altre grandi economie dell'eurozona: nello specifico le famiglie hanno subito un calo sostenuto del loro potere d'acquisto ridotto del 3,1 per cento nel 2009 e poi ancora dello 0,6 per cento nel 2010. Per mantenere stabile il loro tenore di vita e conservare i loro consumi, le famiglie hanno progressivamente eroso i loro risparmi: nel 2010 il tasso di propensione al risparmio si è attestato intorno al 9,1 per cento il valore più basso dal 1990. Secondo uno studio della Confcommercio realizzato sulla base di dati Istat, negli ultimi venti anni il risparmio delle famiglie si è ridotto di circa venti miliardi di euro, che equivale al 60 per cento in meno rispetto al 1990;
la famiglia, inoltre, ha svolto una essenziale funzione di ammortizzatore sociale nei confronti soprattutto dei giovani, i più colpiti dalla crisi economica. La percentuale dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione, è addirittura aumentata, passando dal 20,5 per cento nel 2009 al 22,1 per cento del 2010: si tratta di più di 2,1 milioni di ragazzi scoraggiati che non svolgono alcuna attività e non si formano;
nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è stabilito al 46,1 per cento 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. Diminuisce tuttavia, la qualità del lavoro, mentre aumentano occupazioni meno qualificate nei servizi quali badanti, addette alle pulizie, collaboratrici domestiche. Infine, secondo il rapporto dell'Istat, sono circa 800 mila, pari all'8,7 per cento delle donne che lavorano o hanno lavorato, le madri che sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere dal lavoro, a causa di una gravidanza;
circa due mesi fa, Alleanza per l'Italia ha presentato una interpellanza urgente al Presidente del consiglio dei ministri per conoscere quali iniziative il Governo avrebbe messo in campo a fronte del taglio del 72,2 per cento rispetto all'anno precedente, del Fondo per le politiche della famiglia; a tale interrogativo, di fatto, non è stata fornita alcuna risposta concreta,


impegna il Governo:


a prevedere interventi a sostegno dello sviluppo e di una crescita più consistente, in linea con le esigenze derivanti dal rispetto degli impegni con l'Unione europea;
ad impedire che le politiche di sviluppo e risanamento vadano a colpire nuovamente le risorse destinate ai fondi sociali, causando un'ulteriore contrazione dei servizi socio-assistenziali essenziali per le famiglie e le persone;
a realizzare misure finalizzate a garantire l'inclusione e la coesione sociale così come previsto dalla Strategia Europa 2020, al fine di ridurre l'area degli individui a rischio povertà e esclusione;
ad intervenire nel mercato del lavoro per garantire l'ingresso dei giovani e tutelare l'occupazione delle donne.
(1-00643)
«Mosella, Tabacci, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

Risoluzione in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
i circa 3500 (di cui 1000 sono donne) residenti nel campo di Ashraf godono della protezione internazionale ed in particolare della IV convenzione delle Nazioni Unite del '51 sul diritto dei rifugiati e del suo protocollo aggiuntivo del '67, come riconosciuto dalla Commissione affari esteri nel corso della XVI legislatura con la risoluzione 8-00019, oltre che da risoluzioni del Parlamento europeo (risoluzioni novembre 2010, aprile 2009, settembre 2008 e luglio 2007) e di altri Paesi

europei nonché dalle stesse forze statunitensi presenti in Iraq alle quali i residenti di Ashraf hanno consegnato volontariamente le armi a seguito della guerra in Iraq del 2003;
l'organizzazione dei mojaedin del popolo iraniano (OMPI), che si oppone al regime iraniano, a cui appartengono i residenti di Ashraf, è stata cancellata dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea anche a seguito di una serie di iniziative politico diplomatiche che hanno visto il Parlamento italiano pienamente mobilitato per anni al fine di applicare appieno il diritto europeo in materia;
negli ultimi anni i residenti di Ashraf sono stati al centro di numerose provocazioni, intimidazioni sfociate a più riprese nell'ingiustificato uso della forza da parte dell'esercito iracheno;
in particolare, l'8 aprile 2011, forze speciali dell'esercito iracheno sono entrate nel campo di Ashraf provocando l'uccisione di 35 persone e il ferimento grave di circa 340 tra i residenti indifesi;
il Governo iracheno, contravvenendo ai suoi impegni internazionali, sta mantenendo un ferreo presidio all'interno del campo e minaccia un nuovo attacco militare contro una popolazione inerme;
a seguito di quello che è un vero e proprio assedio e della totale chiusura della città risulta impossibile l'assistenza ai feriti. La popolazione non dispone di presidi sanitari per affrontare la complessità delle ferite da arma da fuoco provocate, mentre esistono enormi difficoltà per ricoverare i feriti più gravi negli ospedali militari delle forze degli Stati Uniti presenti in Iraq;
tra le angherie subite dai residenti di Ashraf vi è anche l'occupazione del cimitero;
la risoluzione 8-00019 ha impegnato il Governo italiano a collaborare «con l'Alto Commissariato per le Nazione Unite per i Rifugiati e con le altre Agenzie specializzate della Nazione Unite per trovare una soluzione duratura e soddisfacente alla situazione delle persone attualmente ospitate presso il Campo di Ashraf»;
occorre tener conto del coro unanime di condanna di quanto accaduto ed in particolare di quanto affermato dall'Alto Commissario per i diritti umani, Navy Pillay, dall'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Catherine Ashton, dalla Missione d'assistenza per Iraq delle Nazioni unite (UNAMI) e dalla delegazione per l'Iraq del Parlamento europeo guidata dall'eurodeputato scozzese Struan Stevenson, che il 10 maggio 2011 ha anche presentato una proposta di soluzione per la questione di Ashraf che prevede, nel periodo delle negoziazioni, l'assunzione da parte delle Nazioni Unite, con il sostegno degli Stati Uniti e dell'Unione europea della protezione di Ashraf e nel lungo termine il loro possibile trasferimento in altri Paesi quali gli Stati Uniti, il Canada, gli Stati membri dell'Unione europea, la Svizzera, la Norvegia e l'Australia,


impegna il Governo:


a usare tutti i canali a sua disposizione per trasmettere al Governo iracheno le preoccupazioni espresse dalla Commissione e, in particolare, la propria condanna nei confronti delle operazioni militari delle forze irachene contro i residenti di Ashraf e la richiesta di cessazione dell'assedio e di ritiro delle forze militari irachene dal campo;
a sostenere, in seno alle Nazioni Unite, iniziative a tutela dei residenti nel campo di Ashraf, prendendo anche in considerazione la possibilità di promuovere un'indagine da parte di una commissione internazionale indipendente che operi in modo trasparente, su quanto avvenuto l'8 aprile 2011;
a fornire con la massima urgenza l'assistenza umanitaria ai residenti di Ashraf e, in particolare, a garantire l'accesso al servizio medico sanitario alla città

ovvero a consentire ai feriti di potersi recare a proprie spese all'esterno per ricevere cure mediche in ospedali pubblici e cliniche private irachene o statunitensi;
a valutare la possibilità, di concerto con le regioni, di prendere in cura almeno 40 feriti tra i più gravi, concedendo loro urgentemente un lascia passare temporaneo;
a chiedere che venga restituito quanto sottratto ai residenti di Ashraf;
a continuare a ricercare, nel rispetto della sovranità dell'Iraq, una soluzione all'attuale situazione dei residenti di campo Ashraf nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, prendendo in considerazione anche quanto proposto dalla delegazione del Parlamento europeo per l'Iraq il 10 maggio 2011.
(7-00595)
«Mecacci, Ciccioli, Zamparutti, Adornato, Colombo, Schirru».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 28 maggio 2009 la regione Abruzzo ed il Governo hanno definito un'intesa generale quadro per un programma di infrastrutture strategiche da effettuare nel territorio abruzzese ed, in particolare, in relazione alla mobilità e al miglioramento dell'esercizio ferroviario sulla linea attuale Pescara-Roma;
nel decreto-legge n. 39 del 28 aprile 2009, convertito dalla legge n. 77 del 24 giugno 2009, all'articolo 4, comma 3, si dispongono interventi sulle reti viarie e ferroviarie funzionali alla ricostruzione post-terremoto, per un importo fino a 100 milioni di euro;
nel documento consegnato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, al sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, vengono elencati gli interventi previsti con le risorse stanziate nella legge n. 77 del 2009 approvata in relazione al terremoto del 6 aprile 2009;
gli interventi e le relative spese previste sono: interventi per la velocizzazione e realizzazione del centro territoriale di coordinamento nella tratta Sulmona-Roma per 50 milioni di euro; realizzazione di nuove fermate ed opere sostitutive per la soppressione di passaggi a livello tra Sassa e San Demetrio sulla linea Sulmona-Terni per 25 milioni di euro; interventi infrastrutturali per la velocizzazione della tratta Pescara-Sulmona per 5 milioni di euro; interventi di adeguamento sismico, ripristino e miglioramento strutturale e funzionale dei fabbricati delle stazioni e delle opere d'arte nelle tratte ferroviarie Pescara-Sulmona e Sulmona-L'Aquila per 20 milioni di euro;
nel documento si legge, inoltre, che tali interventi e tali risorse sono inseriti nell'aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007/2011 registrato nel mese di febbraio 2011 alla Corte dei conti e che, a parte una cifra di 10 milioni di euro già utilizzata per lavori di ripristino dei danni dovuti al sisma, come interventi sul binario per ripristinare la piena funzionalità, interventi di ripristino di alcuni fabbricati e interventi su opere d'arte, gli interventi previsti per i restanti 90 milioni di euro saranno affidati ed avviati entro la fine dell'anno 2011;
appare evidente che l'intervento sulla linea Sulmona-Roma sia uno dei punti previsti dall'intesa tra Governo e regione precedente al sisma del 6 aprile del 2009, il quale viene, in questo modo finanziato con le risorse destinate agli interventi post-terremoto, pur essendo una tratta ferroviaria interamente fuori dal cratere sismico;

nella tratta Sulmona-Terni è necessario realizzare la metropolitana di superficie, come previsto dallo studio di fattibilità della provincia dell'Aquila. Il progetto della metropolitana di superficie, infatti, nell'area vasta e dispersa dell'Aquila collegherebbe una parte consistente dei 19 nuovi aggregati del progetto C.a.s.e e affronterebbe in maniera consistente il problema del traffico nella città dell'Aquila che, data la dispersione sul territorio, è oramai divenuto drammatico;
si tratta di abolire i passaggi a livello e di realizzare i collegamenti necessari, compreso quello dalla stazione dell'Aquila al centro;
nel documento consegnato al comune, però, approfondendo, è facilmente appurabile che non si è di fronte all'investimento necessario per la realizzazione della metropolitana di superficie, bensì alla sola progettazione di alcune fermate e all'eliminazione di alcuni passaggi a livello tra i quali, tra l'altro, mancano alcuni fondamentali, come Monticchio, Pianola e il bivio di Avezzano;
gli interventi infrastrutturali per la velocizzazione della tratta Pescara-Roma sono lavori previsti in precedenza con stanziamenti interni ad RFI, mentre in relazione ai dieci milioni di euro già spesi per i primi interventi risulta al comune dell'Aquila che le spese siano state coperte dalle assicurazioni;
il presidente Chiodi ha dichiarato che Trenitalia ha annunciato un investimento di 100 milioni di euro, mentre è necessario chiarire che le risorse non sono affatto di Trenitalia ma sono risorse pubbliche stanziate dal decreto n. 39 del 2009 per la ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 2009 -:
per quale motivo si continuino a sottrarre risorse ai territori colpiti dal sisma del 2009 per finanziare progetti già previsti per quali si devono utilizzare coperture finanziarie proprie e se non si configuri un utilizzo improprio dei fondi stanziati dalla legge con la possibilità che, di fronte ad un eventuale ricorso alle vie legali, possa bloccarsi tutto il progetto;
se non si intenda intervenire immediatamente per restituire tali risorse economiche ai progetti indispensabili per la ripresa dei territori del cratere ed, in particolare, alla realizzazione della metropolitana di superficie nel tratto Sulmona-L'Aquila;
se sia appurato che i primi interventi effettuati per un valore di dieci milioni di euro non siano stati coperti finanziariamente dalle assicurazioni e quindi non possano essere sottratti dalla cifra di 100 milioni di euro prevista dalla legge.
(5-04841)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 25 novembre 2010, le Commissioni parlamentari Bilancio e Cultura, in base a quanto disposto dalla legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (legge finanziaria 2010) hanno approvato l'apposito atto di indirizzo per l'assegnazione dei fondi per la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica di cui all'articolo 2, comma 239 della suddetta legge;
con la risoluzione le Commissioni competenti per materia hanno impegnato il Governo ad attenersi, per l'assegnazione delle risorse di cui all'articolo 2, comma 239, dalla legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (legge finanziaria per il 2010), alle priorità di cui all'elenco 1 -:
per quali ragioni l'atto non sia stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
(4-12134)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 32-bis del decreto-legge n. 269 del 2003 ha istituito un fondo, con una dotazione iniziale di 273,49 milioni di euro, per il triennio 2003-2005, per la realizzazione di interventi infrastrutturali con priorità per quelli volti alla riduzione del rischio sismico;
la legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 276, legge n. 244 del 2007) ha previsto un finanziamento di 20 milioni di euro attraverso l'incremento del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei ministri;
la stessa legge, ha autorizzato anche una spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010 ai fini della prosecuzione delle attività di monitoraggio del rischio sismico (articolo 2, comma 329);
il citato Fondo è stato quindi incrementato, ai sensi dell'articolo 2, comma 276 della legge n. 244 del 2007 (finanziaria per il 2008) di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008, al fine di conseguire l'adeguamento strutturale ed antisismico degli edifici del sistema scolastico, nonché la costruzione di nuovi immobili sostitutivi degli edifici esistenti, laddove indispensabili a sostituire quelli a rischio sismico;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3728 del 2008 sono state quindi determinate le modalità di attivazione del citato Fondo ed i criteri per l'assegnazione delle risorse. L'ordinanza ha, tra l'altro, ripartito tra le regioni e le province autonome la somma di 20 milioni di euro relativa all'anno 2008, prevedendo che gli interventi da realizzare e le risorse da destinare a ciascun intervento siano individuati, conformemente a quanto previsto nei piani predisposti dalle regioni, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2010);
da ultimo, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3927 del 2011 è stata ripartita tra le regioni e le province autonome la somma di 20 milioni di euro relativa all'annualità 2011 e sono state riassegnate alcune somme alle regioni destinatarie;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2011 sono state assegnate alle regioni le risorse del Fondo a valere sulle risorse già assegnate con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3864 del 31 marzo 2010, riprogrammando, per ogni regione, il piano degli interventi a valere sulle assegnazioni 2009 e sulle riassegnazioni non utilizzate 2008 -:
quali interventi siano stati concretamente avviati sul territorio nazionale per la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica sulla base delle risorse ripartite con le sopracitate ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri ed i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri citati.
(4-12135)

SCHIRRU. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si verificano casi in cui i cittadini dell'Unione europea non possono godere degli stessi diritti, come quello recentemente testimoniato da F. C. sulla vicenda che lo riguarda, in merito all'affidamento del figli;
il bambino è figlio di genitori non coniugati e non conviventi, il padre F. C. è cittadino italiano e la madre è danese, entrambi residenti in Sardegna. Il bambino è vissuto con la madre con ampia frequentazione del padre, che lo accudiva in via esclusiva anche per lunghi periodi quando la madre era impegnata fuori dalla propria residenza per motivi di lavoro;
nel 2007 la madre si è rivolta al tribunale per i minorenni di Cagliari chiedendo

l'affidamento esclusivo e annunciando che intendeva trasferirsi con il figlio in Danimarca;
il tribunale per i minorenni ha ignorato le richieste del padre, che si era opposto a questa soluzione, chiedendo che fosse accertato con una consulenza tecnica quale fosse la migliore soluzione per il bambino e in particolare quale fosse il genitore che potesse offrire maggiori garanzie;
senza alcuna attività istruttoria, nonostante anche il pubblico ministero avesse chiesto di procedere ad accertamenti con un consulente psicologo, il giudice ha affidato il bambino ad entrambi i genitori, autorizzando la madre a trasferirsi in Danimarca con il piccolo;
successivamente, verificato il mancato rispetto delle regola sul rapporto figlio-padre e preso atto dell'interruzione dei rapporti operata dalla madre, lo stesso tribunale per i minorenni ha affidato il bambino al padre, disponendone il rientro in Sardegna;
da allora, dicembre 2010, a tutt'oggi, il padre non ha alcuna notizia di come stia procedendo la situazione, nonostante si sia immediatamente attivato presso l'Autorità centrale per la convenzione del Lussemburgo per dare esecuzione al provvedimento;
egli ha dovuto tradurre a sue spese tutti i documenti allegati all'istanza e di recente gli è stata trasmessa dall'Autorità persino una richiesta delle autorità danesi di avere dei documenti in lingua danese, nonostante la convenzione preveda l'utilizzo delle lingue inglese o francese;
il padre non vede il figlio da un anno e mezzo e non lo sente da molti mesi, perché la madre impedisce ormai anche i contatti telefonici o via chat;
nulla si conosce né dell'attività svolta in suo favore dall'Autorità centrale, oltre alla mera trasmissione dell'istanza alle autorità danesi, né sulle prospettive di risoluzione della questione. Va precisato che già prima del provvedimento che ha affidato il bambino al padre, quest'ultimo si era rivolto all'Autorità centrale per il ripristino del diritto di visita senza ottenere alcun risultato;
una richiesta di informazioni e di incontro con l'Autorità centrale è stata formulata fin dal 2 maggio 2011 e reiterata in data 17 maggio, senza ricevere alcuna risposta;
la situazione appare grave in relazione alla condotta osservata dalle autorità danesi, nonché dalla madre del minore che ha interrotto i rapporti figlio padre -:
se non si ritenga opportuno promuovere ogni iniziativa di competenza al fine di ricevere informazioni sullo stato della procedura e sulle prospettive di risoluzione della vicenda, con particolare riguardo al ripristino in via immediata almeno degli incontri figlio-padre, in quanto il decorso del tempo arreca un gravissimo pregiudizio al minore e rischia di condizionare inevitabilmente l'esito del procedimento, favorendo il radicarsi di una situazione di fatto sulla base della quale si potrebbe fondare una nuova e diversa valutazione dell'interesse del minore, rispetto a quella operata dal giudice competente nel provvedimento da eseguire.
(4-12139)

ZAMPARUTTI, DUILIO, ZACCARIA, BARETTA, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, FEDERICO TESTA, MAURIZIO TURCO, VANNUCCI e VENTURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è sempre maggiore l'attenzione che l'opinione pubblica e i mezzi di informazione dedicano al proliferare di gestioni commissariali, straordinarie, emergenziali. Se ne denunciano i costi, le inefficienze, i rischi di clientelismo, la scarsa trasparenza;

si tratta di un fenomeno variegato e particolarmente complesso, frutto di una legislazione carsica e caotica, rispetto al quale le Camere difettano di adeguati e coordinati strumenti di conoscenza, indirizzo e controllo;
la legge n. 400 del 1988 prevedeva la nomina di Commissari straordinari di governo, essenzialmente con compiti di coordinamento operativo tra amministrazioni per la realizzazione di programmi specifici, senza consentire l'esercizio di poteri extra ordinem e facendo salve le attribuzioni e le sfere di competenza fissate dalla legge; nonostante questi limiti, si imponevano ugualmente particolari garanzie e speciali controlli: nomina tramite decreto presidenziale, immediata comunicazione alle Camere, obbligo del Presidente del Consiglio di riferire al Parlamento sull'attività svolta dal commissario;
la legge n. 225 del 1992 aveva definito, poi, la differente figura di Commissario delegato per l'attuazione di interventi emergenziali: secondo l'articolo 5 della legge, questo organo può adottare provvedimenti in deroga alle leggi vigenti, purché nei limiti fissati dal decreto di proclamazione dello stato di emergenza e delle relative ordinanze attuative. Nella logica della legge istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, tuttavia, questi poteri erano, al tempo stesso, giustificati e delimitati dall'assoluta eccezionalità dell'evento da affrontare («calamità naturali e catastrofi che per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari»);
nella XIII e nella XIV legislatura, tuttavia, i caratteri di entrambe le descritte figure hanno subito una profonda evoluzione;
da un lato, il ricorso a strumenti emergenziali è stato esteso anche al di fuori di situazioni calamitose. Ciò è accaduto sia per espressa disposizione normativa (l'articolo 5-bis, del decreto-legge n. 343 del 2001 e l'articolo 4, del decreto-legge n. 90 del 2005 hanno infatti esteso il potere straordinario di ordinanza, rispettivamente, ai cosiddetti «grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile» e «agli interventi all'estero del Dipartimento della protezione civile»), sia in via di prassi, come evidenziato dalle gestioni straordinarie di protezione civile in materia di rifiuti, traffico e mobilità, aree archeologiche. Inoltre, i tradizionali controlli amministrativi sono stati sostituiti da meccanismi alternativi e in larga misura autoreferenziali, come i cosiddetti Comitati per il rientro nell'ordinario, previsti dall'O.P.C.M. n. 3277 del 28 marzo 2003;
dall'altro lato, si è fatto un larghissimo ricorso alla figura del commissario straordinario di Governo, in particolare per la realizzazione delle opere pubbliche. In quest'ambito, tuttavia, sono stati attribuiti ai commissari poteri extra ordinem, ancora una volta al di fuori di situazioni emergenziali in senso proprio, ma al fine di superare semplici momenti d'inerzia o di stallo procedurale;
in quest'ambito, la disposizione madre è contenuta nell'articolo 13 (cosiddetto «sblocca-cantieri»), del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67. La norma, inizialmente transitoria, è stata in più occasioni ritoccata e resa operante a regime (leggi n. 144 del 1999 e n. 166 del 2002; decreto-legge n. 7 del 2005), di modo da ampliare progressivamente i poteri e i casi d'intervento dei commissari governativi. Attualmente, l'articolo prevede che, al fine di avviare o proseguire l'esecuzione di lavori pubblici sospesi, un commissario governativo possa adottare tutti i necessari atti di impulso, anche sostituendosi alle amministrazioni interessate; che il commissario possa provvedere «in deroga ad ogni disposizione vigente», salvo il rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti, ambiente e patrimonio storico-artistico. Per queste figure non è prevista la nomina tramite decreto presidenziale, ma con mero decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, né sono previste comunicazioni ad hoc al Parlamento;

i poteri previsti dalla norma «sblocca cantieri» sono stati poi altresì estesi:
a) alla realizzazione delle opere pubbliche strategiche previste dalla legge n. 433 del 2001, cosiddetta «legge obiettivo« e dal relativo decreto legislativo n. 190 del 2002 (oggi la relativa disciplina è contenuta nell'articolo 163, commi 5-10 del Codice dei contratti pubblici);
b) alla realizzazione delle opere autostradali, secondo quanto previsto dal decreto-legge n. 35 del 2005, cosiddetto «decreto competitività» (oggi articolo 194, del codice dei contratti pubblici);
c) all'attuazione di programmi d'investimento ritenuti prioritari per lo sviluppo economico del territorio, secondo quanto previsto dall'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008, cosiddetto «anticrisi»;
d) agli interventi riguardanti la produzione, trasmissione e distribuzione di energia, di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009, cosiddetto «anticrisi»;
questa recente produzione normativa, evidentemente, incrina il presupposto costituzionale che tradizionalmente legittimava l'esercizio di poteri straordinari, in deroga alle competenze e ai limiti di legge: lo stato di necessità. Emerge una pericolosa insofferenza del potere amministrativo rispetto alla necessaria predeterminazione legislativa dei fini da perseguire e delle attribuzioni da esercitare;
questa tendenza, del resto, si manifesta anche al di fuori dell'ambito governativo: è il caso dei poteri di ordinanza sindacale, che il decreto-legge n. 92 del 2008, cosiddetta «sicurezza», ha ammesso anche al di fuori dei casi di contingibilità e urgenza e che sono stati recentemente oggetto di un severo intervento della Corte costituzionale che ne ha dichiarato l'illegittimità con sentenza n. 115 del 2011, per violazione del principio di legalità dinnanzi ad atti che appaiono «come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite»;
accanto alla proliferazione delle gestioni commissariali extra ordinem, permane, poi, un diffuso ricorso alle più varie figure commissariali, che, benché prive del potere di derogare a norme di legge, operano ugualmente in sostituzione degli organi competenti in via ordinaria; oppure sono nominati ad hoc, per incarichi o compiti specifici o transitori (come i commissari liquidatori di enti e consorzi): questa seconda casistica solleva, a sua volta, delicate implicazioni sul buon andamento dell'azione amministrativa, sul corretto uso delle risorse pubbliche, sui tempi degli interventi;
l'acquisizione di adeguati elementi conoscitivi per il dibattito parlamentare, fino ad ora, è stata a macchia di leopardo: la trasmissione di relazioni alle Camere è talvolta imposta per legge, talaltra voluta dal Governo (ad esempio, il decreto del Ministro per le attività produttive del 22 luglio 2005, relativo all'Alto commissario per la lotta alla contraffazione); talune gestioni sono state prodighe di informazioni (il commissario per l'emergenza dell'encefalopatia spongiforme bovina ha trasmesso otto relazioni nei circa due anni e mezzo di attività, sulla base dell'articolo 1, comma 12, del decreto-legge n. 68 del 2002), altre sono venute meno a tali obblighi; mancano, ad ogni buon conto, prassi e regole univoche e trasparenti;
diviene dunque necessario e auspicabile un profondo ripensamento degli istituti commissariali, che riconduca queste figure nei limiti originariamente concepiti dalle leggi n. 400 del 1988 e n. 225 del 1992 e nell'ambito del corretto esercizio dei poteri sostituivi del Governo; in quest'ottica è compito improrogabile delle Camere quello di procedere a razionalizzazione del fenomeno, tramite una disciplina legislativa organica e rispettosa dei parametri costituzionali;

a tal fine, un primo e imprescindibile momento di conoscenza del fenomeno implica quantomeno l'acquisizione:
a) dell'elenco dei casi e delle disposizioni legislative che, in tempo di pace, prevedono l'esercizio di poteri in deroga alle leggi vigenti;
b) dell'elenco delle gestioni emergenziali in essere che siano direttamente o indirettamente di nomina governativa, disposte in base alla legge n. 225 del 1992; alla legge n. 400 del 1988; al decreto-legge n. 67 del 1999; agli articoli 163 e 194 del decreto legislativo n. 163 del 2006; all'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008; all'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009 e ad altre leggi che prevedano l'attribuzione di poteri amministrativi in deroga alla legislazione vigente;
c) dei curricula vitae dei commissari e dei compensi da loro percepiti;
d) di informazioni relative a: la durata delle singole gestioni commissariali e le presumibili scadenze; le funzioni esercitate, i poteri assegnati e le materie nelle quali sono chiamate ad operare; i costi delle gestioni, per stipendi e per acquisito di beni e servizi, il numero di personale, anche a contratto, impiegato; le risorse gestite o il valore delle opere pubbliche o degli interventi da realizzare;
e) dell'elenco dei comitati per il rientro nell'ordinario operanti, la loro composizione e l'attività svolta -:
se e come venga oggi assicurata la pubblicità degli atti e delle gestioni commissariali;
quante e quali siano le gestioni commissariali di nomina governativa in essere, cui sia consentito di provvedere in deroga alla legislazione vigente, quali siano le relative leggi abilitanti e i pertinenti elementi di conoscenza indicati in premessa;
se non ritengano opportuno e necessario presentare, periodicamente, al Parlamento una relazione sullo stato del descritto fenomeno.
(4-12140)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

PEZZOTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo l'amministratore Apostolico di Malakal, monsignor Roko Taban Mousa, «la situazione degli sfollati di Abyei nel Sud Sudan è sempre più drammatica»;
Abyei è la città alla frontiera tra nord e sud Sudan, occupata dalla truppe di Khartoum lo scorso 21 maggio da cui sarebbero fuggite oltre 40.000 persone anche se i dati sul numero delle persone fuggite di fronte all'avanzata delle truppe di Khartoum è incerto. Secondo un funzionario del governo del Sud Sudan gli sfollati sarebbero addirittura 80.000;
siamo di fronte ad una nuova emergenza umanitaria: questi sfollati sono privi di assistenza, mancano cibo e medicine, anche perché le truppe nord sudanesi che hanno occupato Abyei si sono impadronite delle riserve alimentari conservate in città secondo monsignor Mousa;
le Nazioni Unite hanno denunciato la razzia da parte dei militari di Khartoum di 800 tonnellate di viveri e di altri generi di prima necessità nei depositi delle organizzazioni umanitarie di Abyei;
il Governo del Sud Sudan ha lanciato un appello alle organizzazioni internazionali perché corrano in soccorso degli sfollati da Abyei, ma finora, non è accaduto nulla, anche se vi sono persone di buona volontà che vorrebbero aiutarli. Continuano inoltre le piogge che flagellano e favoriscono, anche per la presenza di zanzare, l'insorgere di malattie come malaria e diarrea;
Nord e Sud Sudan hanno dichiarato di voler risolvere pacificamente la crisi attraverso dei negoziati che si terranno ad Addis Abeba, capitale dell'Etiopia e sede dell'Unione Africana -:
se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa al fine di agevolare la risoluzione

della crisi tra Nord e Sud Sudan al fine di bloccare l'emergenza umanitaria in atto prima che sia troppo tardi e quali provvedimenti intenda adottare per fornire assistenza e aiuto alle popolazioni inermi.
(3-01682)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da fine gennaio lo Yemen è attraversato da un movimento di protesta popolare che chiede le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh;
la rivolta è finora costata la vita a circa 250 persone, secondo un bilancio stilato da France Presse, registrando scontri quotidiani tra gli oppositori legati allo sceicco Sadiq al-Ahmar, leader tribale degli Hashed, e l'esercito nazionale, soprattutto nella capitale Sana'a, dalla quale sono sfollati migliaia di residenti;
lo stato attuale di guerra civile sta vedendo la partecipazione attiva di cellule terroristiche di Al Qaeda nelle fila antigovernative, favorendo un consolidamento del movimento terrorista nel Paese, anche grazie ai mezzi militari ed economici di cui si sta progressivamente impossessando;
le forze politiche di opposizione yemenite ed un ex Ministro della difesa che ha lasciato Governo accusano il presidente Ali Abduallah Saleh di aver consentito ai militanti di Al Qaeda nella penisola arabica di assumere il controllo della città di Zinjubar, allo scopo di convincere l'Occidente a lasciarlo ai vertici del potere nel Paese;
è sempre più imminente il rischio di una crisi umanitaria poiché, secondo un rapporto Irin, organo di informazione delle Nazioni Unite, sta iniziando a ridursi la disponibilità di combustibile a causa dell'assedio intorno alla capitale, che sta iniziando a compromettere le attività della vita quotidiana;
nelle ultime settimane tale stato di cose sta coinvolgendo anche diversi operatori umanitari di varie nazionali, finora non italiani, che sono a rischio rapimento o uccisione -:
se vi siano rischi per le attività produttive, per i civili e gli operatori umanitari, laici e religiosi, di cittadinanza italiana nel Paese;
quale sia lo stato dei rapporti diplomatici tra Italia e Yemen;
se si possa fornire una quantificazione degli effetti negativi della situazione politica yemenita sui rapporti commerciali tra i due Paesi, anche in relazione agli investimenti ed ai rapporti economici e finanziari delle attività produttive italiane.
(4-12144)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

BITONCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dai primi anni '70 al 1995 la Tricom Galvanica PM spa, azienda nella quale venivano effettuati lavori di cromatura, non ha adottato provvedimenti atti ad impedire o a ridurre lo sviluppo e la diffusione di vapori tossici (cromo esavalente aerodisperso), né le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori addetti all'attività di cromatura, che venivano così esposti all'azione del cromo esavalente;
la condotta dell'azienda sopra citata ha causato gravissimi danni ambientali nel territorio comunale di Cittadella, Tezze sul Brenta e Fontaniva, in quanto elementi cancerogeni come il cromo esavalente, il nichel ed altro, sono sostanze estremamente dannose per l'uomo. Nella fattispecie, il cromo esavalente è penetrato nel

sottosuolo ed ha inquinato le falde acquifere contaminandole e compromettendo in maniera irreversibile il territorio e l'habitat fondamentale nel quale i cittadini sono inseriti e risiedono;
il comune di Cittadella, allo scopo di tutelare il diritto dei propri concittadini alla tutela della salute, si è costituito parte civile nel 2002, nel procedimento penale instauratosi nel tribunale di Cittadella a conclusione delle indagini della magistratura di Padova, ed ha chiesto altresì di costituirsi in giudizio anche nel successivo procedimento pendente a carico degli amministratori della Tricom PM Galvanica avanti il tribunale di Bassano del Grappa;
se il tribunale di Cittadella nel 2006, a seguito delle indagini esperite e delle risultanze degli atti processuali, ha emesso una prima sentenza di condanna per inquinamento, pochi giorni fa il tribunale di Bassano del Grappa ha mandato tutti assolti i tre imputati per avvelenamento da cromo, non ritenendoli responsabili della morte di cinque ex dipendenti dell'azienda;
è indubbio ed accertato, tuttavia, che nonostante l'esito discorde dei due procedimenti giudiziari, la falda idrica che scorre sotto i comuni interessati dalla contaminazione con cromo esavalente, è stata irreparabilmente danneggiata, tanto da costringere le amministrazioni comunali interessate ad intervenire con urgenza estendendo la rete idrica di acquedotto, per evitare che i cittadini utilizzassero le acque provenienti dalla falda inquinata;
va evidenziato come l'ambiente costituisca un bene assoluto, unitamente alla salute di ogni singolo individuo e della collettività, bene che è tutelato da norme civili, penali, amministrative, la cui protezione è imposta da precetti costituzionali (articoli 9 e 32 della Costituzione). La responsabilità, dunque, conseguente a fatti omissivi, colposi o dolosi che violino le leggi vigenti in materia ambientale e cagionino un danno, deve portare necessariamente ad un'azione risarcitoria -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per risolvere il grave problema di inquinamento ambientale che sta interessando i comuni di Cittadella, Tezze sul Brenta e Fontaniva, e come intenda tutelare i cittadini e le amministrazioni coinvolte, con specifico riguardo al danno ambientale prodotto.
(4-12149)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della difesa dispone di una scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113-117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione ai dipendenti civili del predetto dicastero, che risultano in gran parte svolti da personale militare e solo in minima parte da personale civile;
la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato ad assicurare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale;
nel corso del mese di maggio 2010 un dipendente civile dello stesso Ministero della difesa, avente titoli curriculari adeguati per l'eventuale assegnazione d'incarichi d'insegnamento presso la stessa scuola, ha presentato una formale istanza d'inserimento nell'albo dei docenti di CivilScuolaDife;

in sede di accesso agli atti al fine di estrarre copia dell'albo dei docenti di CivilScuolaDife, il direttore della scuola, dottor Massimo Manganio, ha affermato con nota del 18 febbraio 2011, prot. n. 619 PAS 1.6, indirizzata alla immissione per l'accesso ai documenti amministrativi, che l'elenco dei docenti «non è mai stato formalmente redatto dalla Scuola», per cui non è possibile rilasciarne copia;
si evince, pertanto, che la scuola risulterebbe non detenere alcun albo o elenco dei docenti cui sono affidati gli incarichi di docenza per i corsi del personale civile e dunque che non appaiono per nulla chiari i criteri con cui CivilScuolaDife seleziona i docenti cui è affidato lo svolgimento di corsi di formazione per il personale civile o comunque il sistema con cui i medesimi incarichi di docenza sono conferiti;
al contrario, altre scuole di formazione del personale dipendente di altre amministrazioni statali non solo si avvalgono di un apposito albo docenti per il conferimento delle docenze, ma il medesimo risulta adeguatamente pubblicizzato, anche per via telematica sul sito internet del relativo dicastero, come avviene, per esempio, per la scuola di formazione del personale dell'amministrazione dell'interno o per la scuola di formazione del personale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia;
appare quindi evidente, ad avviso dell'interrogante, il difetto di trasparenza che caratterizza il sistema di scelta dei docenti e affidamento degli incarichi da parte della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) -:
se al Ministro interrogato consti o meno dell'esistenza di un albo o elenco dei docenti affidatari di corsi presso la scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministero della difesa (CivilScuolaDife);
se e quali iniziative siano state poste in essere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicizzazione del relativo albo docenti;
se e quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare la costituzione di un albo dei docenti della predetta scuola, qualora non sia stato ancora redatto, anche attraverso la pubblicazione di un avviso pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la massima partecipazione e la scelta di docenti in possesso di adeguati curriculum scientifici in relazione ai corsi formativi da somministrare al personale.
(4-12137)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Consiglio di Base di Rappresentanza del Comando legione carabinieri «Veneto» con il Verbale n. 267/Xo del 10 maggio 2011, avente per oggetto «Rappresentanza Militare. Incontri con il personale ai sensi dell'articolo 893 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 90/2010 (Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di Ordinamento militare)», ha segnalato che «questo Organismo della Rappresentanza Militare incontra il proprio personale rappresentato, presso i vari Comandi/Reparti ubicati nel territorio della regione Veneto, ai sensi dell'articolo 893 comma 4 del TU (decreto del Presidente della Repubblica) che si ricorda recita: "I COBAR possono chiedere, a metà del mandato, un incontro, distinto per categoria, con i militari rappresentati, per riferire sull'attività svolta e per raccogliere le istanze del personale. Le modalità e i tempi di tali incontri sono determinati dal comandante" [...] che quando il C.U.B. autorizza tali incontri usa nelle comunicazioni ai Comandi la formulazione che il personale dipendente deve partecipare all'incontro con il COBAR "libero dal servizio"; [...] che tale dizione "libero dal

servizio" possa costituire per alcuni Comandanti, meno conoscitori delle normative sulla rappresentanza militare, e per i militari rappresentati la convinzione che chi vuole partecipare a tali incontri debba non essere "comandato di servizio" ossia, tradotto nella "lingua carabinierese", non segnato nel memoriale e non può usare il mezzo di servizio per raggiungere la sede dell'incontro. Tale ipotesi è maggiormente avvalorata anche da quanto accaduto in data 15 aprile 2011 presso la sede del Comando Provinciale di Padova e di parte della Legione Veneto, ove era previsto un incontro con il personale tutto (Legione, Provinciale, reparti speciali quali ROS, DIA, NAS eccetera) quindi un potenziale bacino di circa 500 militari, incontro al quale hanno partecipato circa 10 persone, peraltro informate all'ultimo momento (la cosa ha meravigliato molto anche il Comandante Provinciale di Padova che probabilmente, proveniente da altra realtà, la Sicilia e il suo COBAR, era abituato a vedere molta più gente a questo tipo di incontri); [...] che tale indicazione, peraltro non prevista nemmeno nelle normative - ora abrogate - istitutive della Rappresentanza Militare (legge 378/1978, decreto del Presidente della Repubblica 691/1979 e decreto ministeriale 9 ottobre 1985), usata in passato era "nata" quando le Forze Armate erano costituite per la stragrande maggioranza da personale in servizio di leva "obbligato" a permanere in caserma "libero dal servizio" in attesa della libera uscita ed impegnato solo in piccola percentuale in servizi attivi (garitta, mensa, ramazza, eccetera); [...] che l'articolo 893 comma 4 è svuotato di significato per l'Arma dei Carabinieri, tenuto conto del suo l'Ordinamento in particolare quello territoriale - diviso in reparti più o meno piccoli, con personale impegnato in servizio h24, proiettato all'esterno e presente in caserma solo per l'inizio e la fine del turno, o presente in caserma perché "regolarmente comandato nel memoriale", quindi non libero dal servizio - al contrario di altre Forze Armate, quali ad esempio l'Esercito che ha il proprio personale prioritariamente su Comandi quali i Battaglioni o altre Forze di Polizia ad Ordinamento Civile che, avendo i sindacati, al personale è riconosciuto il diritto ad avere alcune ore all'anno di permesso per partecipare alle assemblee analoghe agli incontri del CoBAR, se non si consente al personale presente in caserma di partecipare agli incontri con la Rappresentanza Militare; [...] che la dizione "libero dal servizio" non trova riscontro nelle attuali norme»;
il citato Consiglio ha deliberato di «invitare il C.U.B. ad eliminare nelle comunicazioni di autorizzazione degli incontri inviate ai Comandi/Reparti la dizione "liberi dal servizio", dizione che non è prevista dalla normativa vigente e che può, nella mentalità dell'Arma, ingenerare confusione, e diramare per tempo tali comunicazioni (in Padova è stato riscontrato che le comunicazioni dell'incontro erano pervenute da poco); trasmettere la presente delibera al COIR Vittorio Veneto per conoscenza ed eventuali autonome iniziative; inviare la presente delibera al C.U.B. a stralcio verbale, per: la tempestiva diffusione a tutte le unità elementari ai sensi dell'articolo 908 comma 1 lettera e) nonché dell'articolo 924 del decreto del Presidente della Repubblica 90/2010; l'inserimento in area intranet» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della delibera in premessa e quali immediate azioni intenda intraprendere per consentire ai delegati del consiglio di base del Comando Legione Carabinieri «Veneto» e di quelli dipendenti dagli altri Comandi di Legione dell'Arma dei carabinieri di poter esercitare, seppure in regime di proroga, nell'ambito delle proprie competenze il più ampio e necessario confronto con il personale rappresentato;
se a seguito delle evidenti problematiche segnalate dal Consiglio in premessa e delle crescenti richieste di effettivi diritti sindacali per il personale militare provenienti da numerosissimi Consigli della rappresentanza militare di ogni livello il Ministro interrogato non ritenga opportuno dare effettiva e concreta attuazione all'ordine

del giorno n. 9/3210/3 e quindi «rendere effettivi i diritti sindacali per gli appartenenti alle Forze armate, tramite il riconoscimento agli stessi delle facoltà e dei diritti già riconosciuti al personale appartenente alla Polizia di Stato, dall'articolo 82 della legge 1o aprile 1981, n. 121, attuando ogni possibile azione volta ad accelerare il processo di riforma dell'istituto della rappresentanza militare, già all'esame del Parlamento».
(4-12142)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 49 del 1987 obbliga annualmente la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) a trasmettere la relazione previsionale e programmatica annuale di cooperazione allo sviluppo alle Commissioni parlamentari competenti;
dal 2009 la DGCS si è dotata di un nuovo strumento di programmazione triennale, aggiornato annualmente, non previsto dalle legge n. 49 del 1987;
la programmazione triennale è un importante miglioramento perché indica chiaramente Paesi e settori prioritari, oltre alle disponibilità finanziarie complessive della cooperazione allo sviluppo italiana. Nel dettaglio, la programmazione indica anche le quote di stanziamento per regione geografica ma non quelle per settori. La sezione relativa alle organizzazioni internazionali è quella con minor dettagli, non essendo indicati chiaramente né il nome né l'ammontare per ciascuna organizzazione;
la programmazione triennale è diventata nei fatti l'unica programmazione rilevante per la DGCS. Nonostante la sua importanza ogni documento è stato sempre approvato per via amministrativa ed è divenuto operativo senza un dibattito parlamentare. Non c'è obbligo di legge e perciò la DGCS non la trasmette al Parlamento;
il 3 maggio 2011, il direttore della DGCS, Elisabetta Belloni, è stato chiamato nell'ambito di un'audizione presso il Comitato permanente sui diritti umani, nella III Commissione affari esteri della Camera dei deputati, a riferire sulla programmazione triennale 2011-2013 con l'impegno ad assicurarne la trasmissione alle Commissioni parlamentari competenti prima dell'approvazione;
tuttavia, la programmazione triennale riguarda solo le strategie di aiuto pubblico allo sviluppo della DGCS e non le priorità che il Ministero dell'economia e delle finanze ha pianificato nel partecipare alle riunioni dei consigli di amministrazione delle banche e Fondi di sviluppo a cui l'Italia contribuisce significativamente;
le linee di programmazione del Ministero dell'economia e delle finanze sono contenute nella relazione sull'impegno italiano in banche e fondi di sviluppo che il Ministero stesso predispone per la trasmissione al Parlamento;
l'ultima relazione trasmessa riguarda le attività svolte dall'Italia nel 2008 e contiene accenni di programmazione priorità per il 2009. Nel 2010 si sono chiuse le conferenze di rifinanziamento del fondo di sviluppo della banca mondiale (IDA), del fondo di sviluppo africano e del fondo globale dell'ambiente, dove l'Italia ha assunto nuovi impegni finanziari pluriennali per quasi un miliardo di euro senza che, a quanto consta all'interrogante, il Parlamento fosse informato delle priorità dell'Italia;
nell'ultima relazione sull'impegno italiano in banche e fondi di sviluppo del 2008, si evidenziava il grado di successo delle imprese italiane nell'aggiudicarsi gli appalti delle istituzioni finanziarie di sviluppo. Per ogni istituzione veniva indicata

la percentuale del valore degli appalti vinti dalle imprese italiane e la tendenza;
il dato è una misura delle competitività delle nostre imprese e dell'influenza dell'Italia. Nel 2008 si evidenziava un significativo miglioramento solo verso la Banca mondiale, mentre si registrava una perdita di quota percentuale per tutti gli altri fondi di sviluppo -:
quali siano le priorità verso banche e fondi di sviluppo per il 2011, soprattutto per quelle che avvieranno il processo di rifinanziamento, IFAD e fondo di sviluppo asiatico;
quale sia la quota del valore di appalti che le imprese italiane si sono aggiudicate sul totale del valore delle gare lanciate per ogni fondo di sviluppo per il 2010 o, in assenza del dato, per il 2009, quale sia la tendenza rispetto agli anni precedenti.
(3-01683)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCHIONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a distanza di quasi sei mesi dall'introduzione del nuovo prelievo fiscale sui redditi dei lavoratori italiani frontalieri imposto con la finanziaria 2011 dalla Repubblica di San Marino, consistente in una mancata detrazione del 9 per cento, che ha provocato sulle buste paga, per più di 6000 lavoratori italiani, un taglio mensile superiore ai 200 euro, oltreché un'ingiusta discriminazione sul piano giuridico e dell'equità sociale, a parità di lavoro, a seconda della cittadinanza dei lavoratori stessi, non si vedono risultati concreti dell'azione che il Governo ha assicurato, rispondendo a precedenti interrogazioni, di aver intrapreso attraverso un negoziato con la controparte sanmarinese, anche con l'attivazione di un tavolo tecnico bilaterale. Sono ben presenti all'interrogante i problemi che stanno alla base della difficoltà dei rapporti fra i due Stati e che coinvolgono vaste aree dell'economia sanmarinese, alla cui soluzione non possono essere tuttavia condizionate le questioni che riguardano i rapporti di lavoro dei nostri concittadini;
oltre alla delusione per la mancata rimozione della nuove disposizioni che, come ha sottolineato il Ministro Frattini «rischiano di ledere i diritti dei nostri frontalieri», si aggiunge nei frontalieri la profonda preoccupazione per la sorte della franchigia fiscale di cui godono, ferma a 8000 euro dal 2003, ed in scadenza a fine 2011, della quale è stato inutilmente richiesto, con iniziative parlamentari anche della maggioranza, un ragionevole aumento, nonché la stabilizzazione attraverso una legge ordinaria -:
quale sia lo stato della trattativa con San Marino sulla cosiddetta tassa dei frontalieri e se, nella prevista manovra finanziaria estiva, il Governo intenda promuovere la riattivazione per il 2012, e in quale misura, del bonus fiscale, divenuto ancor più necessario, dopo la detrazione operata dalla finanziaria sanmarinese, dei redditi di quasi seimilacinquecento famiglie.
(5-04838)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle prossime settimane scadranno i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi a cui sono chiamate le persone fisiche ed i lavoratori autonomi;
il testo unico delle imposte sui redditi decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917, aggiornato al 31 luglio 2010, stabilisce gli oneri deducibili e detraibili dalle dichiarazioni dei redditi;
tra questi ultimi figurano canoni di locazione, interessi su mutui ipotecari, assicurazioni sulla vita ed i piani individuali di previdenza, ristrutturazioni edilizie, spese sanitarie, spese veterinarie, spese

funebri, spese di istruzione, erogazioni liberali, assegni di mantenimento, contributi previdenziali e assistenziali obbligatori e facoltativi, spese per lo sport dei figli, badanti, asili nido, canoni di locazione per studenti universitari, spese per i disabili;
tali voci costituiscono un importante sostegno al reddito ed alla conseguente redistribuzione della ricchezza;
alcuni Paesi dell'Unione europea comprendono altri oneri, oltre a quelli suindicati, tra quelli deducibili e detraibili al momento della dichiarazione dei redditi -:
se il Ministro intenda promuovere un ulteriore aggiornamento del testo unico delle imposte sui redditi in vista delle dichiarazioni dei redditi per l'anno 2011, anche a fronte dei modelli in vigore presso gli altri Paesi dell'Unione europea.
(4-12145)

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GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il 5 maggio 2011 si è tenuto un sit-in dinanzi alla prefettura di Catania, organizzato dai lavoratori degli istituti penitenziari, per denunciare l'inadeguatezza delle carceri catanesi e le carenze d'organico del personale in servizio;
a seguito della manifestazione è stato presentato il «rapporto sulle carceri di Catania e provincia», da cui emergono le numerose carenze degli istituti penitenziari;
fra le numerose criticità denunciate dal rapporto si evidenzia come presso la casa circondariale di Catania siano in servizio 321 agenti uomini e 19 donne di polizia penitenziaria, di cui 96 distaccati al nucleo traduzioni e piantonamenti e in altri servizi; pertanto sono effettivamente in servizio presso l'istituto 244 unità, a fronte di un organico previsto di 402 uomini e 33 donne;
non meno grave la situazione del sovraffollamento della struttura che dovrebbe ospitare al massimo 221 detenuti, mentre ne ospita 580;
da 6 anni il personale non fruisce di caserma, perché interessata da lavori di ristrutturazione;
le risorse finanziare a disposizione sono insufficienti: mancano i fondi per i contratti di pulizia e manutenzione ordinaria, al personale non sono state pagate le missioni effettuate l'anno precedente e lo straordinario non viene pagato interamente, nonostante il personale sia chiamato a svolgerlo nel servizio ordinariamente espletato, le garitte, dotate di vetri antiproiettile, dove la temperatura arriva a circa 50 gradi nei mesi più caldi, sono prive di caloriferi e impianti di condizionamento;
la casa circondariale di Bicocca ha un organico previsto di 220 unità, mentre il personale in servizio effettivo è di 163 unità;
la capienza dell'istituto è di 150 detenuti, ma ad oggi sono presenti circa 180 detenuti che occupano metà dell'edificio, perché l'altra metà è inagibile a causa di lavori di ristrutturazione;
secondo il rapporto, le condizioni igienico-sanitarie sarebbero precarie a causa del sovraffollamento, la cucina detenuti sarebbe in stato di degrado;
al personale non sono state pagate le missioni effettuate l'anno precedente e lo straordinario non viene pagato interamente;
le risorse finanziarie risultano insufficienti: mancano fondi per i contratti di pulizia e manutenzione ordinaria, l'impianto di riscaldamento è guasto;
non meno gravi sono le carenze di organico denunciate per il nucleo traduzioni

e piantonamenti di Catania Bicocca che a fronte di una previsione in pianta organica di 161 unità ne conta soltanto 132, costringendo il personale ad operare con un numero di unità inferiore alla previsione normativa, per le scorte e i piantonamenti;
i mezzi di servizio non sono perfettamente idonei, spesso sono privi di climatizzatori e fatiscenti;
al personale non sono stati pagati i servizi di missione effettuati dall'aprile al dicembre 2010, ed alcuni mesi del 2011;
la casa circondariale di Giarre, originariamente creata per ospitare solo detenuti a custodia attenuata, ospita, invece oltre 100 detenuti, di cui soltanto 22 a custodia attenuata;
l'organico di polizia penitenziaria previsto per l'istituto di Giarre è di 45 unità, invece, sono presenti solo 20 agenti titolari, più 14 distaccati da altri istituti, per un totale di 35 agenti, che risultano insufficienti a garantire la sicurezza dell'Istituto;
la carenza di organico costringe il personale a snervanti turnazioni, mentre nel servizio notturno sono impegnati al massimo tre agenti, ma spesso sono soltanto due;
la casa circondariale di Caltagirone, benché di recente costruzione, è priva di sistemi di automazione, e dotata di un sistema fognario insufficiente per una struttura sovraffollata: 302 detenuti contro i 170 di capienza massima;
la carenza di organico è di 40 unità: sono in servizio 118 agenti, rispetto ai 158 previsti;
gli agenti sono, spesso, costretti in tre differenti posti di servizio;
nei turni notturni e serali vengono sistematicamente soppressi alcuni posti di servizio, ritenuti fondamentali per la sicurezza dell'istituto -:
se sia a conoscenza delle gravi carenze strutturali e di organico denunciate dal «rapporto sulle carceri di Catania e provincia»;
in quali tempi sarà possibile far fronte alle gravi carenze di organico delle case circondariali di Catania, Catania Bicocca, Caltagirone, Giarre e del nucleo, traduzioni e piantonamenti di Catania Bicocca;
quali misure siano state varate al fine di ridurre il sovraffollamento delle carceri di Catania e provincia;
se non ritenga di rideterminare le risorse finanziarie destinate alle case circondariali di Catania e provincia, al fine di far fronte alle numerose carenze relative all'ordinaria amministrazione;
se non ritenga di destinare alle carceri di Catania e provincia delle risorse straordinarie per porre rimedio alle carenze strutturali denunciate.
(2-01101) «Berretta».

Interrogazione a risposta scritta:

POLLEDRI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la signora Alberti Maria Francesca in servizio presso il tribunale di Piacenza con la qualifica di cancelliere nella posizione economica C/1 a far data dal 1o ottobre 1975, maturando dal 1o ottobre 2015 l'anzianità contributiva di quaranta anni ai fini pensionistici, presentava istanza di esonero dal servizio ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, a far tempo dal 15 novembre 2011;
la suddetta istanza, giustificata dal fatto che la richiedente è l'unica convivente con madre riconosciuta invalida dal 20 dicembre 2006 con necessità di assistenza quotidiana, veniva presentata nel febbraio 2010 e successivamente inoltrata dal tribunale di Piacenza al Ministero della giustizia;
il Ministero della giustizia con nota del 23 luglio 2010 rigettava l'istanza di esonero, motivando che la domanda relativa all'istituto dell'esonero doveva essere

presentata nell'anno di riferimento, improrogabilmente, entro il 1o marzo;
nel fare riferimento alla supposta data di presentazione della istanza, il suddetto riscontro sembrerebbe incorrere in errore, posto che la pratica di esonero è stata inoltrata dal tribunale di Piacenza nel febbraio 2010, nel rispetto dei termini di legge;
ne consegue che il rigetto della domanda di esonero dal servizio della signora Maria Francesca Alberti debba essere riconsiderato -:
quale intervento il Ministro della giustizia ritenga di adottare in merito a quanto esposto in premessa.
(4-12141)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRANDOLINI e ALBONETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la situazione disastrosa in cui si trova nel tratto romagnolo la superstrada E/45 si sta gradualmente e pericolosamente aggravando per l'apertura della stagione turistica, con il conseguente forte aumento del traffico, già pesantemente contrassegnato dalla sua componente commerciale; inoltre - in particolare nel tratto appenninico - l'ulteriore protrarsi dei lavori dei cantieri in corso, specialmente quelli riguardanti il viadotto Fornello, comporta gravi disagi al transito, a causa delle deviazioni, e ai centri abitati attraversati, e procura oneri oramai insostenibili alla viabilità provinciale;
il deterioramento causato dal periodo invernale e la drastica riduzione della manutenzione ordinaria stanno producendo un progressivo e generale scadimento dell'arteria;
il sindaco di Cesena e il presidente della provincia di Forlì-Cesena hanno inviato nei giorni scorsi una lettera al Ministro interrogato e al presidente dell'Anas per denunciare l'insostenibile situazione dell'E/45 e sollecitare un loro intervento urgente per la superstrada, sottolineando «quanto le amministrazioni locali e le popolazioni di questo territorio abbiano sempre interloquito costruttivamente con ANAS e con lo Stato sulla situazione della E 45 e sulle sue prospettive con il progetto del Corridoio autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre», e constatando tuttavia «che, mentre non risultano sviluppi circa tale progetto, dall'altra, lo stato dell'attuale arteria costituisce una emergenza sempre più preoccupante»;
la regione Emilia-Romagna ha chiesto all'Anas di dare priorità alla E/45 nella realizzazione dell'autostrada Civitavecchia-Mestre;
le condizioni del tratto romagnolo della E/45 sono tali da non poter attendere i tempi della trasformazione in autostrada, pertanto, è essenziale un piano urgente di manutenzione ordinaria e straordinaria che preveda anche l'intervento dell'Anas sulla viabilità alternativa nel tratto Bagno di Romagna-Verghereto -:
se non ritenga necessario convocare presso il Ministero un incontro con gli enti locali e la regione Emilia-Romagna per definire gli interventi urgenti necessari per rendere la strada percorribile e più sicura.
(5-04839)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

DE ANGELIS, MILANESE, DI BIAGIO, MAZZONI, HOLZMANN, MAZZUCA, LAINATI, CIRIELLI, CICU, FALLICA, GIULIO MARINI, SPECIALE e MOLES. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i cittadini di Lampedusa si sono resi protagonisti di una pagina di umanità in

un momento storico drammatico per il nostro Paese;
tantissimi sono stati gli uomini e le donne che non hanno esitato a gettarsi in mare e formare una catena umana per mettere in salvo i profughi nordafricani;
il loro intervento tempestivo è stato decisivo per il salvataggio di oltre 500 migranti provenienti dalle coste africane, tra cui molte donne e bambini, che rischiavano di essere travolte dalle onde dopo che il barcone che li trasportava si era arenato sugli scogli -:
se intenda proporre il conferimento alla città di Lampedusa della medaglia d'oro al valor civile, al fine di onorare il coraggio e la grande umanità di queste persone e per testimoniare loro la gratitudine da parte del Paese.
(4-12133)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tenuto conto che per principio generale il delegante non si spoglia mai del potere connesso alla delega, ma trasferisce solo l'esercizio del potere per un dato periodo di tempo e quindi rimane al delegante sindaco il potere-dovere di vigilare sul corretto esercizio del potere da parte del delegato, l'incompatibilità di cui all'articolo 78 del TUEL (decreto legislativo n. 267 del 2000), ad avviso dell'interrogante, di fatto si estende anche al sindaco che abbia assegnato ad un assessore la delega in materia di urbanistica e di edilizia -:
se nell'ambito delle attribuzioni del sindaco previste dall'ordinamento comunale, permanga l'obbligo di astenersi dall'esercitare l'attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio amministrato per il sindaco che svolge la professione di geometra, ancorché, il sindaco medesimo abbia assegnato la delega in materia di edilizia pubblica e privata ad apposito assessore;
in tal caso se tale situazione determini una vera e propria causa di incompatibilità, atteso che la delega crea di fatto una competenza derivata.
(4-12136)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 26 maggio 2011 - in seguito a una verifica fiscale da parte del personale della Guardia di finanza Padova - sono state denunciate 10 persone, relativamente alle quali è stato ipotizzato il reato di truffa ai danni dello Stato e di alcuni istituti di credito della provincia di Padova;
in particolare, al centro dell'indagine di cui sopra, risulta la Sti Srl - società attiva nel commercio all'ingrosso di materie plastiche, con sede in via Arma di Cavalleria, n. 28, a Cittadella - il cui amministratore unico e legale rappresentante risulta essere - da marzo 2005 - Corrado Miotti, fiato a Bassano del Grappa (Vicenza) e residente a Marostica (Vicenza). Da luglio 2008, la Sti Srl è sottoposta a procedura fallimentare presso il tribunale di Padova. Nell'indagine, oltre all'azienda di Cittadella risultano coinvolte altre 7 società venete;
secondo gli inquirenti, i denunciati avrebbero incamerato per fini propri circa 10 milioni di euro derivanti da redditi non dichiarati, altri 10 milioni derivanti da Irap non versata, 3 milioni derivanti da Iva non corrisposta e 5 mila euro relativi al mancato versamento di ritenute. A questo si aggiunge un ulteriore milione e mezzo di euro derivante da prestiti richiesti ad alcune banche dell'alta padovana e successivamente dirottati in diversi istituti di credito con sede nella Repubblica di San Marino;
dall'indagine sopra citata emerge che Miotti (con l'ausilio dell'amministratore de facto della Sti Srl, tale F.M. di 77 anni) era riuscito a ottenere linee di credito presso una decina di istituti bancari della provincia di Padova mediante la presentazione

di ricevute contraffatte. Tali documenti fasulli hanno permesso di ottenere prestiti pari a circa 1,4 milioni di euro, denaro che risulta depositato - da altri tre professionisti - a banche sanmarinesi, nelle quali sono stati rinvenuti circa 150 assegni con importi inferiori alla soglia d'allarme definita dalle norme contro il riciclaggio;
solo grazie al puntuale e tempestivo lavoro d'indagine della Guardia di finanza di Padova è stato possibile smantellare il sodalizio accusato di truffa e svelare, al contempo, il «modus operandi» utilizzato dal gruppo per mettere in atto le attività illegali degli indagati -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali concrete misure di competenza i Ministri intendano porre in essere per potenziare l'azione di prevenzione e contrasto all'illegalità fiscale della Guardia di finanza, in particolare nella provincia di Padova;
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare per impedire che numerose società italiane utilizzino i cosiddetti «paradisi fiscali», in particolare la Repubblica di San Marino, per svolgere attività di riciclaggio di denaro.
(4-12146)

TESTO AGGIORNATO AL 7 GIUGNO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 6, comma 13, della legge n. 240 del 2010 (cosiddetta legge Gelmini) prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia, predisponga lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale;
sono trascorsi i centoventi giorni, previsti dal succitato comma, senza che sia stato predisposto lo schema-tipo delle convenzioni;
tale ritardo non consente alle istituzioni interessate (università e regioni) di regolare i rapporti in materia di attività sanitarie -:
quali siano le ragioni del ritardo nell'emanazione dello schema di convenzione previsto dal citato articolo 6, comma 13 della legge n. 240 del 2010;
se il Ministro interrogato non intenda provvedere urgentemente alla predisposizione di tale atto al fine di consentire a università e regioni di procedere con la sottoscrizione delle convenzioni inerenti le attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale.
(5-04835)

VANNUCCI, GHIZZONI e MAZZARELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il problema della formazione del restauratore veniva posto già sette anni fa al momento dell'emanazione del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto-legge n. 42 del 22 gennaio 2004) dove si indicava che la professione di restauratore dei beni culturali avrebbe seguito un percorso di studi per il conseguimento di una laurea quinquennale a ciclo unico. A questo scopo è stato istituito, presso il Consiglio universitario nazionale (CUN), un tavolo tecnico che ha visto raccolte tutte le componenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e del Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) interessate all'argomento;

dopo più di due anni di lavoro e di lunghi dibattiti in merito alle modalità, ai contenuti e ai soggetti coinvolti nella futura formazione è stato firmato a marzo 2011 dai Ministri interrogati il decreto interministeriale che definisce la classe della laurea magistrale a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali;
il nuovo decreto è stato strutturato mantenendo una stretta coerenza con quelli che lo hanno preceduto nel 2009 (decreti-legge n. 86 e n. 87 del 26 maggio 2009) ed anche la tabella allegata che quantifica le attività formative indispensabili ed i percorsi formativi professionalizzanti da svolgere nei laboratori e nei cantieri di restauro ricalca le scelte che a suo tempo furono fatte;
la commissione istituita dal decreto interministeriale 7 febbraio 2011 si è insediata in data 18 aprile 2011 presso l'Istituto superiore per la conservazione e il restauro del Ministero per i beni e le attività culturali e ha discusso i problemi generali di funzionamento rilevando il non ancora avvenuto perfezionamento del decreto interministeriale che individua la classe delle lauree magistrali a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali tuttora in registrazione alla Corte dei conti e dei provvedimenti relativi agli ordinamenti curriculari delle accademie di belle arti di cui al decreto interministeriale 30 dicembre 2010, n. 302, articolo 3, che sono attualmente alla firma del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. In attesa di tali provvedimenti la commissione ha deciso di dotarsi di un regolamento di funzionamento interno e di un modello di domanda tipo per la presentazione delle richieste (si veda nota pubblicata il 27 aprile nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca);
il decreto interministeriale di cui sopra sulla individuazione delle classi di laurea magistrale risulta registrato dalla Corte dei conti in data 21 aprile 2011;
inspiegabilmente il decreto non risulta ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale causando grave danno agli istituti ed agli atenei che debbono programmare le attività e conseguentemente agli studenti -:
quali siano le ragioni della mancata pubblicazione nonché le intenzioni ed i tempi previsti per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
quali siano i tempi che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prevede di utilizzare per inviare le note attuative che consentiranno di inserire questa classe nell'offerta formativa ufficiale a partire dall'anno accademico 2011-2012 e permettere agli istituti (ISCR, OPD, IPCAL) ed atenei (Napoli, Palermo, Roma «Tor Vergata», Urbino, Torino) che si sono coordinati in un Comitato nazionale di perseguire l'attività formativa già avviata negli scorsi anni senza ulteriori aggravi e disagi per gli studenti in corso.
(5-04840)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le tragedie che hanno visto protagonisti il 22 maggio 2011 la piccola Elena Petrizzi a Teramo ed il 27 maggio 2011 Jacopo Riganelli a Passignano sul Trasimeno, rispettivamente di 22 ed 11 mesi di vita, ripropongono il dramma delle morti accidentali di bambini in tenerissima età all'interno di automobili nella stagione estiva;
questo fenomeno si sta trasformando in una vera e propria piaga sociale, provocata da cause legate allo stress ed alla frenesia della vita quotidiana, che possono portare a tragiche dimenticanze, di cui sono gli elementi più piccoli ed indifesi della società a fare le spese;
nella maggior parte dei casi si verifica una dimenticanza nell'accompagnamento dei piccoli presso gli asili nido da parte dei genitori;

per asilo nido si intendono quelle strutture educative destinate ai bambini di età compresa tra i 3 mesi ed i 3 anni e che precedono l'ingresso alla scuola dell'infanzia -:
se i Ministri interrogati non ritengono opportuno promuovere precise iniziative normative volte ad imporre agli asili nido, pubblici e privati, di contattare telefonicamente almeno uno dei genitori dei bambini qualora questi non vengano accompagnati presso la struttura educativa senza preavviso da parte di almeno uno di essi.
(4-12143)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

PISICCHIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con circolare n. 131 del 28 dicembre 2009, l'I.N.P.S. ha illustrato il nuovo processo sull'invalidità civile;
l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito con modificazione nella legge n. 102 del 3 agosto 2009 - ha ridisciplinato il processo per la invalidità civile;
a decorrere dal 1o gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, corredate di certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, devono essere inoltrate all'Istituto nazionale della previdenza sociale esclusivamente tramite via telematica;
contestualmente alla domanda di avvenuta ricezione la procedura propone l'agenda degli appuntamenti disponibili presso la Asl corrispondente al Cap di residenza;
il cittadino anche per il tramite di soggetti abilitati potrà indicare una data di visita diversa da quella proposta scegliendola tra le ulteriori date indicate dal sistema, e comunque:
a) entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda per l'effettuazione delle visite ordinarie;
b) entro 15 giorni, in caso di patologia oncologica ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 80 del 2006 o per patologia ricompresa nel decreto ministeriale del 2 agosto 2007;
qualora non sia possibile fissare la visita entro l'arco temporale massimo, a causa dell'indisponibilità di date nell'agenda, la procedura può attribuire date successive al predetto limite, oppure registrare la domanda e riservarsi di definire in seguito la prenotazione. Una volta definita la data di convocazione l'invito a visita sarà comunicato con lettera raccomandata a/r all'indirizzo indicato nella domanda e alla domanda eventualmente comunicata;
quanto summenzionato, disposto dalla nuova normativa, viene regolarmente disatteso dall'istituto, divenuto unico responsabile in tema di domanda di invalidità civile;
tali violazioni sono evidenti, e creano notevoli disagi al cittadino che attende dei mesi prima di ricevere la comunicazione di convocazione alla visita;
a ciò si aggiunga che i soggetti interessati versano per lo più in situazioni precarie sia dal punto di vista fisico che economico, e che pertanto il beneficio assistenziale richiesto diviene essenziale per il loro sostentamento;
tale disagio è molto evidente in Puglia, ove ci sono circa 40.000 pratiche di invalidità di cittadini pugliesi sospese;
quanto sta accadendo si pone in contrasto non solo con l'intento del legislatore ma anche con i diritti dei cittadini: il beneficio assistenziale per la sua natura infatti non sortisce alcun effetto se riconosciuto

con enorme ritardo, con grave nocumento per il cittadino che vive già in uno stato di difficoltà -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati ritengano di assumere per assicurare che sia pienamente applicata la normativa in materia senza violare i diritti dei cittadini inabili, previsti dalle vigenti leggi in materia di invalidità e dalla Costituzione.
(4-12138)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:

GALATI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ogni anno in Italia vengono gettati via l'11 per cento dei prodotti alimentari acquistati.
la cultura del consumo e dello spreco permette che ogni giorno vengano buttate migliaia di tonnellate di cibo ancora perfettamente commestibile. Secondo il rapporto stilato all'inizio del 2011 dall'Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori (Adoc) ogni famiglia italiana ha gettato nell'immondizia ben 454 euro, una cifra pari al 9 per cento della spesa alimentare di ogni nucleo familiare. La somma si è ridotta rispetto al 2009 quando era di 515 euro, diminuendo dunque del 13,4 per cento: effetto della crisi economica che ha imposto non solo un taglio alle spese ma anche una maggiore attenzione a consumi più responsabili, ma si tratta di una somma comunque troppo elevata. Parte del problema nasce dalle nostre tavole: nonostante una cucina tradizionale che ha tra i suoi punti di forza il riutilizzo dei prodotti alimentari, lo spreco regna sovrano;
ancora di più fanno mercati, panifici, bar, ristoranti, mense pubbliche e private e sopratutto la grande distribuzione;
il dato allarmante dello spreco è stato trattato con particolare parsimonia dal Libro nero dello spreco in Italia curato da Andrea Segrè e Luca Falasconi, docenti alla facoltà di agraria dell'università di Bologna, che documenta l'entità del colossale sperpero di alimenti nel nostro Paese e ne illustra le conseguenze in termini nutrizionali, sociali, economici e ambientali;
il settore in cui si «perde per strada» la maggiore quantità di cibo è quello agricolo. Una grossa fetta della produzione, ancora perfettamente commestibile, resta infatti a marcire nei campi senza essere rivenduta. Le cause di questo fenomeno possono essere commerciali (prodotti fuori pezzatura, quelli troppo piccoli o troppo grandi), di mercato (costi della raccolta superiori ai prezzi liquidati agli agricoltori) o semplicemente estetiche: prodotti non belli da vedere, perché ammaccati o leggermente danneggiati. A lasciare senza parole sono però i numeri. Solo nel 2009, sono rimasti in giacenza nei terreni dei contadini oltre 7 milioni e mezzo di tonnellate di frutta, verdura e cereali;
nell'annata agraria 2005-2006 si sono registrati ritiri per un totale di quasi 73 mila tonnellate. Di queste, solo una quota irrisoria, il 4,43 per cento, non è andata sprecata ed è stata distribuita gratuitamente a fasce deboli della popolazione, scuole e istituti di pena;
dalla ricerca, dei docenti bolognesi, si apprende che, nella stessa annata, l'Unione europea ha stanziato per l'Italia 6,8 milioni di euro finalizzati alla gestione della produzione ritirata dal mercato: nel 90 per cento dei casi, le risorse economiche sono state spese per distruggere i prodotti;
in altri termini, con questo sistema si finanziano allo stesso tempo gli agricoltori per farli rimanere in campagna a produrre e le misure che portano alla distruzione di

una parte delle produzioni. Secondo gli autori del libro nero, tale controsenso è una delle dimostrazioni più evidenti di quanto lo sperpero alimentare rappresenti un «fallimento di mercato» in ognuno dei passaggi della catena;
alla lista delle implicazioni negative dello spreco made in Italy si aggiunge, naturalmente, anche l'impatto sull'ambiente. Ogni anno, solo lo smaltimento dei rifiuti alimentari impropri consuma 105 milioni di metri cubi di acqua, impoverisce 9.720 ettari di terreno e libera nell'atmosfera 9,5 milioni di tonnellate di CO2. Senza gli sperperi alimentari nei vari passaggi della filiera, le emissioni di anidride carbonica potrebbero abbassarsi del 15 per cento -:
alla luce di quanto sopra descritto se il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, intenda assumere eventuali iniziative tese a ridurre l'impatto economico di tali sprechi di cibo in tutta la catena alimentare;
quali siano le implicazioni provocate dal cosiddetto spreco dei prodotti alimentari;
quali siano le politiche atte a salvaguardare e a tutelare l'ambiente dallo smaltimento di quelli che causa spreco diventano rifiuti alimentari.
(3-01681)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO, TRAPPOLINO e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane si sono registrati in Europa numerosi casi di infezione da Escherichia Coli O 104: H4, un batterio che causa la sindrome emolico uremica caratterizzata da insufficienza renale acuta, anemia, trombocitopenia e provoca disturbi neurologici come convulsioni ed alterazione della coscienza. La trasmissione dell'infezione da E. coli Vtec avviene principalmente a seguito di ingestione di alimenti e acqua contaminati con feci e per contatto diretto con animali o il loro ambiente;
in Germania l'infezione avrebbe già colpito circa 467 persone causandone la morte di 10 e sono già numerosi i casi segnalati in altri Paesi del Nord Europa;
all'origine dell'epidemia, secondo quanto dichiarato dal Ministro tedesco della salute, ci potrebbero essere dei cetrioli provenienti da un campo agricolo del sud della Spagna, tuttavia, sono ancora in corso indagini per sapere esattamente da dove proviene la contaminazione e come si sia prodotta;
secondo quanto riportato da agenzie di stampa, il Ministro della salute Fazio ha dichiarato che: «Non è stato finora riscontrato in Italia nessun caso di infezione da E.coli che, attraverso cetrioli contaminati, ha causato la morte di alcuni cittadini tedeschi e coinvolto altre centinaia persone in Germania, e che ha colpito altri quattro paesi: Danimarca (4 casi). Regno Unito (3), Svezia (10) e Olanda (1). Siamo in contatto con la Commissione europea attraverso il Sistema di Allerta rapido. L'ipotesi più accreditata è che la causa sia da ascriversi al consumo di cetrioli provenienti dalla Spagna in cui sarebbe stato riscontrato l'E.coli O 104: H4. I casi segnalati in altri Paesi comunitari riguardano viaggiatori che si erano recati in Germania nelle ultime settimane. Per quanto riguarda il nostro Paese, ho interessato l'Istituto superiore di sanità che riceve dal S.S.N. tutte le segnalazioni di Sindrome Emorragica Uremica (SEU) ed il NAS per individuare eventuali arrivi dalla Spagna di cetrioli contaminati, anche se al momento attuale nel nostro Paese non sono stati segnalati casi dovuti a questo sierotipo»;
il Ministero della salute ha, inoltre, reso noto che poche norme d'igiene, quali ad esempio lavare molto bene le verdure, gli utensili utilizzati in cucina, lavarsi bene

le mani ed evitare il contatto di prodotti già lavati con quelli da lavare, sono in grado di evitare episodi di tossinfezione alimentare da E.coli;
l'aggressività di tale infezione e la situazione di incertezza relativa alla contaminazione dei cetrioli sta creando un crescente allarme nella popolazione e nell'opinione pubblica di tutta Europa; le stesse autorità tedesche hanno dichiarato testualmente «che è in arrivo un peggioramento dell'epidemia» ed hanno programmato un vertice straordinario per analizzare ed affrontare la situazione;
le principali associazioni dei consumatori italiane hanno richiesto alle autorità sanitarie di chiudere le frontiere all'importazione di verdure provenienti dai Paesi colpiti dall'epidemia;
secondo la Coldiretti, l'Italia ha importato cetrioli e cetriolini dalla Spagna per un quantitativo che ha superato gli 8 milioni di chili nel 2010 e, con l'ortofrutta fresca, rappresenta una delle principali voci per un valore di 591 milioni di euro e in questo momento il nostro Paese è invaso da pesche, albicocche, ciliegie e susine provenienti dalla penisola iberica;
forte preoccupazione desta nei coltivatori italiani la situazione nei mercati esteri come la Germania dove si è praticamente dimezzato il consumo di verdure fresche con effetti ingiustificati anche sulle spedizioni di prodotti Made in Italy da primato per qualità e sicurezza alimentare;
sempre secondo dati della Coldiretti, la Germania è il primo mercato di sbocco delle esportazioni italiane di verdure e legumi freschi per un valore di 460 milioni di euro nel 2010. L'Italia è il principale produttore europeo di ortofrutta fresca che esporta in tutto il mondo per un valore di 4,1 miliardi di euro, la principale voce positiva del commercio estero agroalimentare nazionale -:
con quali procedure, interventi tempestivi e controlli mirati il Governo e le autorità sanitarie nazionali competenti stiano monitorando l'epidemia di «Escherichia coli» che sta interessando la Germania e molti Paesi europei soprattutto in relazione alla pericolosità del fenomeno e per prevenire che casi di infezione possano verificarsi sul territorio italiano;
quali strumenti il Governo intenda attivare per rafforzare, in particolare, i controlli su tutti gli ortaggi e la frutta che arrivano in Italia, con particolare riferimento a quelli importati dalla Spagna prevedendo, in caso di verifiche che attestino la presenza del batterio Escherichia Coli, l'attivazione degli strumenti idonei a sospenderne l'importazione;
quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per non alimentare ingiustificati allarmismi in modo da evitare ripercussioni negative sulle vendite dei produttori italiani, anche attraverso un'adeguata campagna informativa in cui si invitano i consumatori a controllare attentamente l'etichetta con l'indicazione di provenienza di frutta e verdura;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per promuovere il consumo di prodotti Made in Italy che, sottoposti a rigidi controlli in materia sanitaria, in questa stagione sono peraltro disponibili con grande varietà nel nostro Paese, eventualmente anche promuovendo l'acquisto di prodotti a «chilometro zero» e quali iniziative intenda assumere per sostenere la continuità delle esportazioni.
(5-04836)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

GALATI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
recentemente, in Europa, sono balzati agli onori della cronaca casi sospetti di contagio da batterio Escherichia Coli che avrebbero provocato la morte di una decina di persone. L'allarme, partito dalla

Germania, ha individuato in cetrioli, importati dalla Spagna, l'origine di tale infezione. Il domenicale svizzero Der Sonntag ha citato due nuovi casi nella Confederazione elvetica, mentre il Centro europeo per la prevenzione e il controllo (Ecdc) ha riferito di altri 25 casi sospetti in Svezia, sette in Danimarca, tre in Gran Bretagna, due in Austria e uno in Olanda. Intanto, cetrioli spagnoli incriminati sarebbero stati importati anche dalla Repubblica ceca, così come reso noto dalla locale autorità per l'agricoltura e l'alimentazione;
le autorità tedesche hanno avvertito che la causa della contaminazione della verdura con il batterio non è stata ancora identificata. Secondo quanto dichiarato dal Ministro tedesco per l'alimentazione, l'agricoltura e la tutela dei consumatori, Ilse Aiger «fino a quando gli esperti in Germania e in Spagna non saranno capaci di identificare con certezza l'origine dell'agente patogeno, l'allarme generale resterà in vigore»;
nei casi più gravi il batterio provoca la sindrome emolitica-uremica che può portare ad una insufficienza renale acuta. I sintomi prevalenti, provocati proprio dal germe, sono dolori al ventre del tipo dei crampi, diarree emorragiche con esiti a volte letali. La causa potrebbe nascondersi nella verdura concimata con il liquame e successivamente non adeguatamente lavata. La maggiore incidenza è registrata sulle donne adulte;
l'allarme che si sta registrando in questi giorni nella popolazione tedesca, può avere effetti negativi, secondo la Cia (Confederazione italiana agricoltori) per le nostre esportazioni di ortaggi e verdure fresche in Germania, che nello scorso anno hanno raggiunto i 500 milioni di euro. E questo perché - avverte sempre la Cia - i tedeschi, a seguito dell'epidemia, oltre ai tanto amati cetrioli, guardano con estrema diffidenza a tutti i tipi di ortaggi;
i consumi stanno subendo un vero e proprio crollo: mense aziendali, grandi catene di fast-food, supermercati e panetterie hanno, infatti, messo al bando insalate e verdure crude. Un'esclusione che ha addirittura colpito le produzioni biologiche. Un panico che ha già avuto pesantissime conseguenze per gli agricoltori tedeschi e che sta praticamente bloccando le importazioni. E anche per il nostro agroalimentare suona, dunque, l'allarme -:
alla luce dell'allarme emerso in Germania per i casi da Eschirichia Coli, se l'Italia possa considerarsi esente da eventuali rischi;
se il Ministero della salute abbia intenzione di intervenire con un piano informativo sulle pratiche da attuare per evitare eventuali contaminazioni;
quali conseguenze secondo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, potrebbero insorgere per il nostro settore agroalimentare e quali eventuali politiche a loro sostegno intenda promuovere.
(3-01680)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 32 della Costituzione italiana, nel sancire la tutela della salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività», di fatto obbliga lo Stato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute in termini di generalità e di globalità atteso che il mantenimento di uno stato di completo benessere psico-fisico e sociale costituisce oltre che diritto fondamentale per l'uomo, per i valori di cui lo stesso è portatore come persona, anche preminente interesse della collettività per l'impegno ed il ruolo che l'uomo stesso è chiamato ad assolvere nel sociale per lo sviluppo e la crescita della società civile;

il decreto legislativo 22 giugno 1999 n. 230 «Riordino della medicina penitenziaria», all'articolo 1 sancisce che «detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali»; dopo un'attesa che ormai perdurava da dieci anni con la finanziaria 2008, all'articolo 2, comma 282 e ancor di più con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008, «Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio Sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria» si è finalmente concluso l'iter che segna il passaggio del definitivo trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, del personale e delle risorse in materia di medicina penitenziaria, equiparando, per la prima volta, non solo formalmente ma anche sostanzialmente, la tutela del diritto alla salute dei cittadini in stato di detenzione con tutti gli altri utenti del Servizio sanitario nazionale;
a tre anni dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha trasferito la competenza sanitaria dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale vi sono poche luci e molte ombre sulla concreta applicazione: tutto fermo ancora in Sicilia, mentre altre regioni a statuto speciale (Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige) «solo ora sembrano giunte alla decisione» di attuarlo;
di fatto, da alcuni mesi si è determinata una vera e propria paralisi nel processo di attuazione della riforma della sanità penitenziaria ed in particolare il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari;
particolare attenzione deve essere rivolta all'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, dove negli ultimi quattro mesi sono morte ben quattro persone, tre delle quali per suicidio;
il superamento e la chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari presenti sul territorio e l'individuazione di strutture alternative deve essere considerata una vera e propria priorità per il Governo -:
quale sia allo stato attuale l'applicazione della riforma della sanità penitenziaria ed, in particolare, della riforma riguardante la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e quali iniziative, se necessario normative, il Ministro intenda assumere affinché vi possa essere una data certa entro cui chiudere tali strutture;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire con un proprio atto volto a sostenere e verificare l'applicazione della riforma in tutte le sue parti anche attraverso l'istituzione di un «Osservatorio sull'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e sullo stato di salute dei detenuti» nonché se non ritenga opportuno predisporre all'interno della relazione annuale sullo stato di salute dei cittadini da presentare al Parlamento, di un capitolo sulla situazione sanitaria nelle carceri italiane.
(5-04837)

LIVIA TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da organi di Stampa di apprende la notizia che l'amministrazione comunale di Roma sarebbe intenzionata a cedere onerosamente, previo procedimento ad evidenza pubblica, la gestioni delle farmacie comunali;
con l'entrata in vigore dell'articolo 23-bis, comma 1, del decreto-legge 25 luglio 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (come modificato dall'articolo

30, comma 26, legge 23 luglio 2009, n. 99, nonché dall'articolo 15, comma 1, lettera a) e a-bis), decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) il legislatore ha da ultimo espressamente statuito che, vista la peculiarità del servizio pubblico di dispensazione del farmaco, le farmacie comunali possono essere gestite esclusivamente nelle forme previste dalla legislazione speciale e segnatamente dalla legge 2 aprile 1968, n. 475;
l'articolo 9 della legge n. 475 del 1968, così come sostituito dall'articolo 10 della legge 8 novembre 1991, n. 362, dispone che: «La titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per la metà dal comune. Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, nelle seguenti forme:
a) in economia;
b) a mezzo di azienda speciale;
c) a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari;
d) a mezzo di società di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità. All'atto della costituzione della società cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti» -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e se non ritenga opportuno intervenire, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per garantire a tutti gli utenti i livelli essenziali di assistenza farmaceutica nonché il diritto alla salute, così com'è sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
(5-04842)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni la società Poste italiane Spa ha avviato un processo di razionalizzazione del servizio, procedendo alla chiusura degli uffici postali, alla riduzione degli orari di apertura degli sportelli in diverse aree del territorio nazionale, specie quelle geograficamente più svantaggiate, e infine alla sospensione del servizio «porta-lettere» del sabato;
in particolare sono sempre più numerose segnalazioni da parte dei sindaci di molti comuni toscani, delle comunità montane della regione, dell'Anci Toscana e dell'Uncem Toscana riguardanti i disservizi di Poste Italiane. Le segnalazioni risultano in prevalenza fatte dagli abitanti dei comuni montani, in particolare quelli piccoli, che storicamente sono i più difficili da servire, ma seri disagi sono segnalati sempre più spesso anche in aree più vaste. Le tipologie più frequenti dei disagi lamentati dall'utenza sono, come già detto: la riduzione dell'orario di ufficio, la drastica riduzione del servizio di distribuzione della posta, la definiva chiusura dell'ufficio;
attualmente, nella regione Toscana, ben 54 località, tra le più belle e conosciute anche dal punto di vista turistico, segnalano una riduzione del servizio postale sia nell'apertura degli uffici sia nella distribuzione delle lettere;
alla luce del nuovo contratto di programma 2009/2011 siglato tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste italiane Spa e che riguarda proprio la gestione del servizio universale, si registrano all'atto pratico alcune criticità, tra cui la possibilità di poter recapitare la posta «a giorni alterni in presenza di particolari situazioni di natura geografica e infrastrutturale» in quei territori «con una popolazione inferiore

a 200 abitanti per chilometro quadrato», fino ad «un massimo di un ottavo della popolazione nazionale;
è opportuno ricordare che la chiusura degli uffici postali si traduce In enormi disagi alla popolazione. Si pensi soprattutto per i residenti anziani, che si troverebbero a non poter usufruire agevolmente di servizi essenziali, quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a frequenti e difficili spostamenti;
il contratto di programma tra lo Stato e Poste italiane Spa per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere per la società, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
la riduzione dell'orario di ufficio, del servizio di distribuzione della posta, per non parlare della chiusura dell'ufficio, comportano spesso un calo incolmabile della qualità del servizio, che, rientrando nel cosiddetto «servizio universale dovrebbe» essere garantito a tutta la cittadinanza, specie quella territorialmente meno fortunata -:
come il Ministro intenda intervenire, anche favorendo una concertazione fra la direzione regionale toscana di Poste italiane Spa, la regione Toscana e le amministrazioni locali, per evitare che decisioni unilaterali assunte dall'azienda arrechino seri disagi agli abitanti dei comuni della regione Toscana al fine di garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel rispetto del contratto di servizio postale universale;
se non ritenga poi utile verificare le negative conseguenze pratiche previste dalle deroghe alla continuità del servizio postale inserite nel contratto di servizio per le realtà locali più piccole e geografiche più difficili da raggiungere.
(4-12132)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
notizie del 29 maggio 2011 riferiscono di arresti avvenuti in Basilicata nell'ambito di un'inchiesta della Guardia di finanza relativa a presunte truffe nel settore delle energie rinnovabili e dei contributi europei alla formazione;
il giorno degli arresti, uno dei soggetti coinvolti, pubblicava sul Quotidiano della Basilicata un annuncio a pagamento con il quale si invitava chiunque fosse interessato a fornire osservazioni sui progetti di due nuove centrali eoliche, una da 19 «aerogeneratori» a Irsina in località Monte Verdese-Monte San Marco, e una da ben 30 «aerogeneratori» a Tricarico, in modo da poter perfezionare la valutazione di impatto ambientale, che è un requisito necessario per l'autorizzazione regionale alla realizzazione e all'entrata in funzione delle pale;
l'annuncio segue uno di analogo tenore pubblicato una settimana prima dallo stesso soggetto e relativo a progetti che riguardavano 12 «aerogeneratori» a Salandra in località Monte Cuccaro, e 21 a Sant'Arcangelo in località Monte Coppa-Timpone d'arena-Monte Florio;
i quattro progetti, riguardano tre diverse società e un solo imprenditore, che nella graduatoria delle domande di autorizzazione si sono piazzati, su 155 domande, al 23simo posto con la Wind Energy srl (Salandra), al 48simo la Vis Elettrica Srl (Irsina) e al 67simo e 114simo con la Company Wind srl, che dovrebbe realizzare i progetti più importanti (Sant'Arcangelo e Tricarico);
secondo notizie stampa, Il Quotidiano della Basilicata 28 maggio 2011, «le prime due hanno ottime possibilità di rientrare nella soglia di potenza autorizzata dal Piano energetico regionale, ma anche qui si può sempre sperare in uno scorrimento,

se in Regione la pratica di quelli che si sono piazzati prima dovesse andare male. Oppure se il consiglio dovesse stabilire di aumentare la soglia di potenza che è consento produrre»;
la regione Basilicata ha approvato definitivamente all'inizio del 2010 un piano di indirizzo energetico ambientale (PIEAR) che, secondo uno studio condotto da Enzo Cripezzi, responsabile LIPU ed autore del precedente «Dossier istruttorio sulla reale dinamica degli impianti eolici in Italia - maggio 2010 -» con il contributo di numerose associazioni e comitati, prevede un incremento di 981 megawatt eolici (pg. 192) direttamente da grandi impianti da libero mercato, prescindendo da altre misure. Il PIEAR prevede infatti ulteriori 180 megawatt eolici (pg. 336) da realizzarsi direttamente attraverso la SEL (Società energetica lucana) sempre ufficialmente proposti come incremento rispetto all'esistente;
per quanto riguarda la deregolamentazione prevista per gli impianti rinnovabili da realizzarsi per «autoproduzione» fino a 1 megawatt su questo dato si può desumere una soglia di altri 50 megawatt (250 megawatt complessivi come da pag. 192 meno i 200 megawatt attribuiti alla SEL - costituiti da 180 eolici + 20 FV -, uguale 50 megawatt rinnovabili, verosimilmente tutti eolici visto la maturità della tecnologia);
questo incremento di complessivi 1161 megawatt (981 megawatt + 180 megawatt), a cui si aggiunge la stima di 50 megawatt da impianti fino a 1 megawatt, va a sommarsi all'esistente di 373 megawatt di eolico provenienti da impianti realizzati e autorizzati ad ottobre 2009 (fonte Terna-Enea);
il preventivo a regime di potenza eolica installabile secondo il PIEAR della Basilicata supera abbondantemente i 1500 megawatt, che rappresentano una previsione addirittura quasi doppia rispetto alle già generose previsioni dell'ANEV per 760 megawatt per l'eolico lucano;
la legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008 del Governo Prodi), articolo 2, comma 167, come aggiornata con legge n. 13 del 2009, articolo 8-bis, prescrive che il Governo definisca la ripartizione delle quote «minime» di rinnovabile a cui i piani regionali devono fare riferimento e adeguarsi. Questo doveva avvenire entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge n. 244 del 2007 come poi ribadito dalla legge n. 13 del 2009 che modificava la precedente ma lasciando inalterato il termine dei 90 giorni dalla entrata in vigore della legge n. 244 del 2007;
le linee guida nazionali in materia di rinnovabili evidenziano tuttavia anche che i limiti di potenza identificati nella pianificazione regionale non possono essere assunti quale elemento per condizionare l'autorizzazione di tali progetti, con evidenti riflessi sul piano giurisprudenziale in caso di contenziosi amministrativi. In particolare, l'articolo 14.5 delle citate linee guida afferma che il superamento di eventuali limitazioni di tipo programmatico contenute nel piano energetico regionale o delle quote minime di incremento dell'energia elettrica da fonti rinnovabili ripartite ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13 non preclude l'avvio e la conclusione favorevole del procedimento ai sensi del paragrafo 1;
il recente decreto relativo al IV conto energia ha aumentato a 23.000 già al 2016, la soglia di 8000 megawatt di fotovoltaico previsti al 2020 dal piano d'azione nazionale;
il piano d'azione nazionale per le rinnovabili fissava in 12.000 megawatt da eolico al 2020 e ad oggi ne risultano già in esercizio 6000, ma altrettanti risultano essere i megawatt che hanno conseguito pareri ambientali, quindi sostanziali, o addirittura le autorizzazioni definitive e quindi in attesa di essere realizzati -:
per quale motivo, a fronte anche dell'esorbitante previsione di produzione da eolico da parte della regione Basilicata,

il Governo non abbia ancora provveduto a fissare le soglie di rinnovabili per le regioni;
se non ritenga il Governo, a fronte anche dell'esorbitante previsione di produzione da eolico da parte della regione Basilicata, di rivedere il principio per il quale una volta fissate le soglie, queste non possono rappresentare elementi fondanti dinieghi alle istanze di realizzazione di tali impianti;
se non ritenga il Governo, anche a fronte della sostanziale triplicazione di produzione da fotovoltaico stabilita con il IV conto energia, in grado di compensare già al 2016 anche tutta l'energia derivante dall'eolico al 2020, di rivedere al ribasso gli obiettivi da eolico previsti dal piano d'azione nazionale e di assumere iniziative per ridurne conseguentemente gli incentivi.
(4-12147)

PAOLO RUSSO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2009/72/CE ai considerata n. 11 e 12 sottolinea come la separazione proprietaria delle attività di trasmissione e produzione sia in grado da un lato di eliminare discriminazioni nei confronti di eventuali concorrenti in fatto di investimenti ed accesso alla rete, e dall'altro di incentivare i necessari investimenti e garantire l'accesso a nuovi operatori «nell'ambito di un regime regolamentare trasparente ed efficace»;
in tal senso, anche un recente provvedimento l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha sostenuto che è fondamentale che il gestore della rete di trasmissione nazionale (RTN) svolga i compiti ad esso attribuiti dalle norme di settore con la massima imparzialità ed indipendenza rispetto agli obiettivi di soggetti portatori di specifici interessi nei mercati dell'energia. In particolare, sempre secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'attività di selezione degli impianti di generazione da parte del gestore (i.e. Terna s.p.a.) a fini di approvvigionamento delle risorse per la risoluzione di congestioni locali sulla RTN è una scelta che contiene un elemento «discrezionale» e che, allo stesso tempo, ha un innegabile impatto «sulle capacità degli operatori di generare ricavi dall'attività di produzione di energia elettrica». (C7065 - cassa depositi e prestiti/trasmissione elettricità rete nazionale-gestore della rete di trasmissione nazionale);
lo stesso Ministero dello sviluppo economico con decreto 15 dicembre 2010, riconosce a Terna la possibilità di «realizzare e gestire impianti per l'accumulo e la conversione in energia elettrica» e la possibilità di «progettare, realizzare e gestire, sia pure solo temporaneamente infrastrutture e impianti di produzione di energia elettrica anche destinata alla vendita attraverso autonome strutture societarie» (rispettivamente articolo 7, lettera k) e articolo 16-bis);
da ultimo, l'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011 di recepimento della direttiva sulla promozione delle fonti rinnovabili ha inoltre previsto la possibilità per Terna di realizzare sistemi di accumulo dell'energia elettrica finalizzati a facilitare il dispacciamento di fonti non programmabili;
l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE stabilisce invece che gli Stati membri provvedono affinché, a decorrere dal 3 marzo 2012, le imprese proprietarie di sistemi di trasmissione non possano «esercitare direttamente o indirettamente un controllo o diritti su un'impresa che esercita l'attività di generazione» prevedendo, dunque, un ostacolo insuperabile rispetto all'esercizio di un'attività di generazione da parte del gestore del sistema di trasmissione;
la Commissione attività produttive della Camera ha espresso parere favorevole allo schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive 2009/72/CE e della direttiva 2009/73/CE a condizione

che: «f) in relazione alla previsione di separazione proprietaria del gestore della rete di trasmissione, di cui all'articolo 10, siano adottate apposite misure affinché il gestore del sistema di trasmissione non possa, in conformità e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 9 della direttiva 2009/72, progettare, realizzare e gestire anche solo temporaneamente infrastrutture e impianti di produzione di energia elettrica destinati alla vendita anche attraverso autonome strutture societarie»;
la Commissione industria del Senato ha espresso parere favorevole allo schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive 2009/72/CE e della direttiva 2009/73/CE a condizione che: «4) in relazione alla previsione di separazione proprietaria del gestore della rete di trasmissione siano adottate apposite misure affinché il gestore del sistema di trasmissione non possa, in conformità e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 9 della direttiva 2009/72, esercire o svolgere - direttamente o indirettamente - attività di produzione di energia elettrica»;
nel piano industriale di Terna presentato agli analisti si prevedono investimenti per 880 milioni di euro nell'illuminazione pubblica; Terna poi è entrata nel business del fotovoltaico, realizzando impianti in concorrenza con altri operatori e magari domani potrebbe realizzare cicli combinati, centrali a carbone, impianti nucleari;
risulta anche che Terna abbia ordinato 300 batterie da immettere sul mercato in concorrenza ad impianti da fonti rinnovabili su punti strategici della rete di trasmissione. Occorrerebbe capire a quali costi per l'utente;
Terna nell'audizione alla Commissione ambiente della Camera del 27 aprile 2011 ha dichiarato che:
a) la durata delle batterie è di 15 anni e non ci sono problemi di smaltimento né hanno alcun impatto ambientale;
b) il Ministero ha accettato le proposte di Terna sulle batterie di tipo NaS;
c) i pompaggi erano all'interno del gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN) e quindi fanno parte della gestione del sistema;
d) ogni volta che Terna vuole realizzare un impianto e chiede l'autorizzazione c'è qualcuno che segnala che ciò significa chiudere una centrale esistente che dà lavoro a circa 300 persone;
ad avviso dell'interrogante anche la mera progettazione, realizzazione, gestione, seppur temporanea, di impianti di produzione di energia elettrica da parte di Terna potrebbe comportare una violazione dei principi ispiratori della direttiva 2009/72/CE (considerata n. 11 e 12);
infatti la mera progettazione, realizzazione, gestione, seppur temporanea, di impianti di produzione di energia elettrica da parte di Terna genererebbe un conflitto di interessi, laddove ad esempio, nel caso di richiesta di interconnessione di due impianti, uno realizzato da Terna ancorché eventualmente ceduto, e uno di altro investitore, qualora il tratto di rete non sopporti l'intera capacità, Terna possa favorire l'impianto da essa realizzato a discapito dell'impianto concorrente;
appare pertanto, ad avviso dell'interrogante, distorsivo della concorrenza e tale da disincentivare gli investimenti e l'ingresso di nuovi operatori il fatto che in qualità di responsabile dello sviluppo della rete, Terna dispone di informazioni privilegiate che le consentirebbero di ottimizzare a proprio vantaggio l'allocazione geografica degli impianti dalla stessa realizzati in fase di progettazione e realizzazione «indirizzando», inoltre, il piano di sviluppo nazionale a proprio vantaggio;
consentire a Terna di entrare nella generazione o anche solo nella realizzazione di impianti di produzione significherebbe distogliere risorse dall'attività tipica di gestione e sviluppo della rete, proprio in

un momento in cui si avverte con maggiore urgenza l'esigenza di aumentare gli investimenti in questo ambito -:
se l'attuale quadro normativo nazionale laddove consente alla società Terna s.p.a., mediante sistemi di accumulo di energia con schemi di pompaggio, di realizzare e/o produrre energia elettrica non esponga l'Italia ad una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea per violazione della disposizione di cui all'articolo 9 della direttiva 2009/72/CE;
se non ritengano i Ministri che il piano industriale di Terna debba essere orientato prioritariamente allo sviluppo delle linee elettriche, posto che andrebbero evitati black out come quello del 2003;
se non si ritenga necessario considerare e ben valutare gli aspetti ambientali di impatto e smaltimento relativo alle batterie di accumulo che si vorrebbero installare;
cosa si intenda con le parole «il Ministero le ha accettate», a quale Ministero ci si riferisca e a quale programma di investimento il Ministero dia il suo totale appoggio;
se corrisponda al vero che i pompaggi facevano parte del Gestore della rete di trasmissione nazionale o che invece siano sempre stati parte delle società di produzione;
se corrisponda al vero che Terna non fa impianti di trasmissione, perché ciò significherebbe la chiusura di una centrale esistente e di conseguenza il licenziamento di circa 300 persone.
(4-12148)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Bernardo e altri n. 7-00590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Leo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Barbieri e altri n. 5-04088, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mazzuca.

L'interrogazione a risposta scritta Desiderati n. 4-11517, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Caparini e altri n. 4-11529, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni (TUEL), all'articolo 43, sui diritti dei consiglieri comunali, prevede che i consiglieri comunali abbiano diritto di ottenere dagli uffici del comune, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Inoltre è altresì prescritto che il sindaco o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri;
con lettera dell'11 ottobre 2010, i consiglieri comunali del comune di Canossa (Reggio Emilia), Angela Chiapponi, Antonio Veraldi, Gianni Pera, Maurizio Giuseppe Ferrari, hanno segnalato al Ministro dell'interno e al prefetto una «situazione incresciosa e preoccupante che contrasta la possibilità di svolgere la loro funzione di consigliere comunale»;
essi, nell'esercizio del loro mandato, hanno richiesto al segretario ed al sindaco del comune di Canossa copia di documentazione di atti del comune stesso, in base al regolamento comunale e la stessa richiesta di documentazione doveva essere evasa in modo rapido, e comunque non oltre 30 giorni dalla richiesta;
si tratterebbe ad ogni modo non di una sola richiesta inevasa, bensì di numerose istanze di documentazione, purtroppo mai riscontrate;
queste circostanze ostacolano lo svolgimento dell'attività nel ruolo dei consiglieri comunali sopra richiamati, impedendone il corretto espletamento delle proprie funzioni anche riguardo alla possibilità di poter rispondere ai cittadini su problematiche di estrema importanza per il territorio di riferimento -:
di quali elementi disponga e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito.
(4-09257)

Risposta. - L'esercizio del diritto di accesso agli atti amministrativi da parte dei consiglieri è funzionale all'espletamento del mandato elettorale per cui non può esservi opposto alcun diniego (salvo in casi eccezionali e contingenti, da motivare adeguatamente, o laddove si dimostri che si agisca per interesse personale) determinandosi, altrimenti, un illegittimo ostacolo all'attività di verifica del corretto esercizio della funzione da parte del Sindaco e della Giunta municipale (C.d.S., Sez. V, 21 agosto 2006 n. 4855; C.d.S., Sez. V, 28 settembre 2007, n. 5020).
Infatti, per costante e consolidato orientamento giurisprudenziale «... qualsiasi limitazione

verrebbe a restringere la possibilità di intervento, sia in senso critico sia in senso costruttivo, incidendo negativamente sulle possibilità d'integrale espletamento del mandato ricevuto» (sempre C.d.S., Sez. V, 28 settembre 2007 n. 5020 e C.d.S., Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2716 ed anche C.d.S., Sez. V, 20 ottobre 2005 n. 5879).
L'ente può comunque adottare specifiche norme regolamentari che introducano temperamenti all'esercizio dell'accesso per salvaguardare le «... evidenti esigenze di funzionalità dell'amministrazione locale» (C.d.S., Sez. V, 28 novembre 2006, n. 6960, C.d.S., Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471; C.d.S., sez. V, 13 novembre 2002, n. 6293 e C.d.S., sez. V, 26 settembre 2000, n. 5109).

Ciò premesso, si rileva che nella fattispecie l'articolo 22 dello statuto comunale di Canossa ha previsto il diritto di informazione e di accesso dei consiglieri mentre il regolamento sul funzionamento del consiglio comunale - approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 97 del 27 novembre 1998 - pur rimandando ad un apposito regolamento comunale, non ancora adottato, per la disciplina delle modalità di svolgimento, ha altresì previsto il diritto di accesso dei consiglieri «muneris causa» (articolo 19) ed il rilascio di copie di atti comunali (articolo 20).
Anche per quanto riguarda il diritto dei consiglieri di presentare atti di sindacato ispettivo, l'articolo 43, comma 3, del Testo unico ordinamento enti locali n. 267 del 2000, ne demanda la disciplina allo statuto ed al regolamento consiliare, prescrivendo che il sindaco o gli assessori delegati «rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo»; lo statuto comunale (articolo 21) e il regolamento sul funzionamento del consiglio comunale di Canossa (articoli 15, 16 e 17) hanno espressamente definito e disciplinato gli atti di sindacato ispettivo.
Si ritiene, pertanto, che le problematiche lamentate, dovrebbero trovare soluzione nelle disposizioni regolamentari adottate dall'ente e che le doglianze relative ad omissioni, dinieghi o comportamenti ostativi possano essere fatte valere solo nelle competenti sedi giurisdizionali.
Si precisa, comunque, che, con nota del 14 dicembre 2010, indirizzata al Sindaco del comune di Canossa e, altresì, per conoscenza, al presidente del consiglio comunale e al Segretario comunale del medesimo comune, il prefetto di Reggio Emilia ha richiamato l'attenzione sulla necessità che sia tempestivamente garantito ai consiglieri comunali, in ossequio alla vigente normativa, il diritto di ottenere dall'ente di appartenenza tutte le informazioni necessarie o utili all'espletamento del mandato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BELLANOVA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana agli articoli 33 e 34 promuove e tutela il diritto universale all'istruzione;
i dati OCSE sullo stato dell'istruzione nel mondo, pubblicati nel mese di settembre 2010, collocano l'Italia al penultimo posto per spesa nell'istruzione pubblica, tra i 33 paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. L'Italia, dunque, spende già molto meno degli altri paesi OCSE per ciò che concerne la conoscenza: solo il 4,5 per cento della spesa pubblica a fronte di una media europea del 5,7 per cento;
gli istituti scolastici italiani si trovano a vivere una situazione economicamente difficile rinveniente dalla drastica riduzione di finanziamenti operata dall'attuale riforma operata dal Governo;
un dato che sembrerebbe essere acclarato è quello relativo al piano triennale di riduzione del personale che ha preso avvio nel 2009: quasi 8 miliardi di euro in meno, equivalenti ad oltre 130 mila posti di lavoro in corso di cancellazione, 87 mila docenti e 45 mila ausiliari;
va ricordato che proprio in merito al personale nel 2008, il Governo Prodi,

aveva trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento ed aveva programmato un piano di assunzioni di 150.000 docenti precari in tre anni, consentendo poi di partire concretamente con una nuova disciplina della formazione iniziale e del reclutamento;
va inoltre sottolineato che la situazione finanziaria degli istituti scolastici è aggravata dal fatto che le scuole vantano, nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, crediti per circa 1,6 miliardi che se pagati permetterebbero il corretto svolgimento delle attività didattiche;
già con la circolare ministeriale n. 3338 del 25 novembre 2008 che aveva per oggetto il «Programma annuale delle istituzioni scolastiche per l'anno 2009» il budget per gli istituti scolastici per le supplenze brevi, elaborato in base ai parametri ministeriali incrementati del 50 per cento era stato di circa 323 milioni di euro per l'anno 2008; una cifra ridotta notevolmente rispetto ai 573 milioni di euro del 2007 e ai circa 900 milioni di euro del 2004;
va aggiunto che il 14 dicembre 2009 con la circolare n. 9537 «Programma annuale 2010» inviata alle scuole in data 22 dicembre 2009, il Ministero ha nuovamente comunicato la riduzione del 25 per cento per la spesa di appalti per le pulizie e sorveglianza e di tutte le scuole di primo e secondo grado, a partire dal 10 gennaio 2010;
in provincia di Lecce a seguito di tutto quanto sopra riportato si sta verificando una situazione incresciosa. Diversi istituti scolastici di scuola primaria che già all'inizio dell'anno scolastico avevano chiesto ai genitori un contributo per l'acquisto di materiale igienico, nella fattispecie si parla di carta igienica, stanno chiedendo, nuovamente, ai genitori per l'anno scolastico in corso, insieme al versamento della quota per l'assicurazione contro gli infortuni, anche il cosiddetto «contributo volontario» per far fronte, a quanto pare, all'esigenza di acquisto di materiali per la pulizia, l'igiene, fotocopie, materiale di consumo per la didattica, sussidi didattici ed il pagamento delle supplenze delle quali la scuola potrebbe avere bisogno;
il contributo volontario da parte dei genitori dovrebbe mantenere il carattere di risorsa aggiuntiva per gli istituti scolastici, col fine di ampliare appunto l'offerta formativa a vantaggio degli alunni;
va considerato che il potenziale rifiuto dei singoli genitori a contribuire «volontariamente», per i tanti motivi di gestione familiare del reddito, può creare una sorta di conflittualità tra famiglie e tra le stesse e gli interlocutori scolastici diretti (dirigenti, insegnanti) e tutto questo potrebbe avere ripercussioni sulla tranquillità dei primi utenti della scuola, gli alunni;
chiedere contributi volontari per sopperire alle carenze dello Stato in merito ai finanziamenti che riguardano servizi, la cui erogazione dovrebbe essere ordinaria potrebbe accentuare, tra l'altro, le disuguaglianze tra i sistemi scolastici delle differenti regioni italiane se teniamo conto anche che il tasso di adesione al contributo può variare a seconda dei redditi percepiti dalle famiglie situate nelle diverse regioni d'Italia -:
se il Ministro interrogato vista la situazione sopra esposta, non intenda intervenire con urgenza affinché le famiglie italiane, le quali attualmente se pur indirettamente sono soggette al pagamento di una vera e propria tassa, non debbano essere costrette al pagamento di ulteriori costi per l'istruzione pubblica, né tantomeno debbano essere obbligate a colmare la carenza dei finanziamenti statali per le spese ordinarie necessarie all'erogazione del servizio scolastico di base.
(4-09196)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente la politica scolastica del Governo ed in particolare le misure adottate in materia di organici e di finanziamenti alle istituzioni scolastiche.
Relativamente al tema degli organici, si fa presente che i provvedimenti adottati

danno attuazione alle disposizioni in materia di organizzazione scolastica introdotte dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una piena valorizzazione professionale del personale docente.
Per quello che riguarda segnatamente il piano di assunzione di 150.000 docenti precari in tre anni, richiamato nell'interrogazione, va ricordato che l'attuazione del piano era subordinata dalla legge finanziaria del Governo Prodi alla verifica annuale della sua fattibilità. Peraltro, proprio il Governo Prodi, come risulta dal «Quaderno bianco sulla scuola» pubblicato dalla precedente gestione, era consapevole del sovradimensionamento degli organici in rapporto alle reali necessità del sistema scolastico ed in rapporto, altresì, agli standard europei. Da qui le misure di riduzione degli organici contenute nella legge finanziaria 2007; misure che sono state solo in parte attuate dal precedente Governo, con la conseguente applicazione della clausola di salvaguardia finanziaria prevista dalla legge finanziaria 2007 in relazione all'ipotesi di mancata realizzazione delle economie.
Da parte nostra, sulla base di realistiche stime fondate sulle concrete esigenze del sistema scolastico, riteniamo che il precariato generato da precedenti gestioni possa essere interamente assorbito in un periodo di otto anni.
Riguardo ai dati OCSE sullo stato dell'istruzione, si evidenzia che i dati stessi, riferiti al sistema scolastico italiano, smentiscono che a maggiori unità di personale corrispondono migliori risultati. Aggiungasi che l'ultima indagine dell'OCSE, successiva ai provvedimenti assunti negli ultimi tempi, vede il sistema scolastico italiano risalire posizioni nella graduatoria internazionale.
Passando al tema dei finanziamenti alle istituzioni scolastiche, si fa presente quanto segue.
Per quanto riguarda le assegnazioni per il funzionamento amministrativo-didattico, sia nell'anno 2008 che nell'anno 2009, gli stanziamenti specifici (265 milioni di euro) sono stati azzerati in applicazione della anzidetta clausola di salvaguardia finanziaria.
Per l'esercizio finanziario 2009 sono intervenute variazioni di bilancio per 60 milioni di euro, che sono state erogate alle scuole che presentavano maggiori esigenze finanziarie e in considerazione anche dell'incremento della popolazione scolastica.
Per l'anno 2010, con la nota ministeriale n. 9537 del 14 dicembre 2009 menzionata nell'interrogazione, sono state fornite indicazioni alle scuole per la predisposizione del relativo programma annuale, tenendo conto delle risorse finanziarie disponibili sui capitoli di spesa concernenti il personale e il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali; ciò per consentire alle istituzioni scolastiche una programmazione certa con riferimento alla dotazione finanziaria comunicata.
In particolare, per quanto attiene alle supplenze brevi e saltuarie conferite dai dirigenti scolastici, è stata inizialmente assicurata una risorsa complessiva annuale ad ogni istituzione scolastica, determinata sulla base dei criteri stabiliti con decreto ministeriale n. 21 del 2007. Poi, nel corso del 2010, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha rilevato, con periodicità di norma mensile, le eventuali maggiori esigenze segnalate dalle singole scuole per fare fronte a maggiori impegni di spesa per le supplenze; sulla base dei monitoraggi, si è provveduto ad integrare le somme assegnate, previa verifica del fabbisogno segnalato, al fine di assicurare il diritto all'istruzione.
Analoghe indicazioni sono state fornite con nota ministeriale protocollo n. 10773 dell'11 novembre 2010, relativa al programma annuale 2011, nella quale si è ribadito che per le supplenze brevi e saltuarie potranno essere disposte, con periodicità di norma mensile, assegnazioni a favore di ogni istituzione ad integrazione della risorsa finanziaria assegnata con la stessa nota.
Tutte le spese impegnate per supplenze brevi nel corso dell'anno scolastico 2009/2010 sono state coperte dal Ministero dell'istruzione,

dell'università e della ricerca ed i relativi importi sono già stati assegnati alle scuole.
Quanto alle indicazioni contenute nella suddetta circolare del 14 dicembre 2009 riguardo alla spesa di appalti per pulizia e sorveglianza, va detto che la rimodulazione dei contratti di fornitura dei servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie riferite ai cosiddetti appalti storici, di cui alla direttiva n. 68 del 2005, rappresenta il 2,25 per cento dei contratti di fornitura. A ciascuna istituzione scolastica è stata garantita una risorsa finanziaria pari almeno al costo del personale statale ridotto per effetto della esternalizzazione dei servizi. In relazione all'ipotesi di insufficienza della somma preventivamente comunicata, se ne è prevista l'integrazione con riserva di opportuna analisi in caso di differenza particolarmente rilevante tra le somme assegnate e il costo del personale ridotto per effetto della esternalizzazione.
Circa, poi, i contributi finanziari delle famiglie, il Ministero, con FAQ pubblicata sul sito
www.istruzione.it, nella sezione «Famiglie», ha da tempo precisato quanto segue: «I contributi scolastici sono deliberati dal consiglio di istituto. Il comma 622 della legge n. 29 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), intervenendo nuovamente sul tema dell'obbligo di istruzione, della durata di dieci anni e del suo innalzamento, ha tra l'altro stabilito che «Resta fermo il regime di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226».
In ragione dei princìpi di obbligatorietà e di gratuità, non è dunque consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l'espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all'assolvimento dell'obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro) fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad esempio assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, eccetera). Eventuali contributi per l'arricchimento dell'offerta culturale e formativa degli alunni possono dunque essere versati dalle famiglie solo ed esclusivamente su base volontaria.
Per completezza di quadro espositivo, si fa inoltre presente che i contributi delle famiglie sono riconducibili alla fattispecie giuridica delle donazioni e, in quanto tali, sono detraibili in sede di dichiarazione dei redditi con un'aliquota del 19 per cento.
Infine, in merito a quanto segnalato nell'interrogazione circa il contributo finanziario delle famiglie di alunni frequentanti istituzioni scolastiche della provincia di Lecce, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Puglia ha comunicato che, da un'indagine fatta a campione dal dirigente dell'Ufficio X - Ambito territoriale della provincia di Lecce - presso le scuole primarie e istituti comprensivi del comune capoluogo e limitrofi, è emerso che solo da parte del secondo circolo didattico di Lecce e dell'istituto comprensivo di San Donato è stato richiesto alle famiglie degli alunni un contributo di tre euro, da destinare per il 60 per cento all'acquisto di materiale didattico e per il restante 40 per cento al fondo generale della scuola. Secondo quanto riferito dal medesimo direttore scolastico regionale, non risulta che la suddetta richiesta abbia dato luogo a lamentele o rimostranze da parte delle famiglie, in quanto il tutto si sarebbe svolto in un clima di serena e costruttiva collaborazione.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
recenti notizie di stampa pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali hanno riproposto gravissimi casi di disagio sociale da parte di minori extracomunitari e nomadi, che evidenziano l'intollerabile situazione di emarginazione in cui versano molti di questi bambini e ragazzi, i quali vengono tenuti in stato di penoso abbandono

di tipo morale, educativo ed igienico-sanitario, se non addirittura sottoposti a diverse forme di turpe sfruttamento, o divengono essi stessi manovalanza della criminalità e della prostituzione;
buona parte degli extracomunitari hanno famiglie numerose portatrici di grave disagio sociale che viene totalmente scaricato sul l'ente locale attraverso provvedimenti senz'altro «dovuti» da parte del tribunale dei minorenni competente per territorio, senza che vi sia un'adeguata politica di trasferimenti economici atta a sopperire, o quanto meno a ridurre, la drammatica situazione di aggravi di bilancio dagli stessi provvedimenti provocata;
spesso si registrano casi di affidamento di minori extracomunitari ai comuni i quali non possiedono risorse economiche sufficienti per ottemperare a tali emergenze, se non mettendo in crisi il totale assetto dei propri equilibri sociali ed economici;
a tutt'oggi manca una normativa statale quadro di riforma dell'assistenza, la cui emanazione era prevista nel 1978, che riordini le funzioni e i relativi oneri a carico degli enti locali, ed in particolare dei comuni, costringendoli nel frattempo a versare nella più totale incertezza;
il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, e i successivi regolamenti attuativi si sono rivelati a dir poco disastrosi;
è deplorabile e intollerabile la condizione di abbandono socio-educativo di molti minori extracomunitari fatti entrare più o meno legalmente nello Stato italiano e il cui mantenimento viene scaricato sulle comunità locali -:
quanti siano i minori stranieri presenti in Italia e quanti di questi siano sprovvisti del permesso di soggiorno;
in che modo si intenda mettere gli enti locali nella concreta possibilità di attuare le misure assistenziali loro spettanti;
se non si intenda assumere un'apposita iniziativa normativa per istituire al più presto un apposito fondo volto a coprire gli oneri finanziari derivanti da provvedimenti del tribunale dei minorenni emanati nei confronti dei minori extracomunitari.
(4-08878)

Risposta. - Le tematiche legate alla presenza sul territorio di minori stranieri non accompagnati hanno assunto negli anni una importanza ed una complessità che riguardano in generale tutta l'Europa, e, quindi, anche il nostro Paese che, proprio in ambito comunitario, ha svolto un ruolo propulsivo affinché nella nuova strategia quinquennale nel settore della giustizia e degli affari interni, adottata con il Programma di Stoccolma nel dicembre 2009, fosse garantita una sempre più adeguata tutela dei minori non accompagnati nell'ambito del contrasto all'immigrazione clandestina. E ciò ritenendo fondamentale lo sviluppo della collaborazione con i Paesi di origine dei minori, al fine di predisporre programmi di sostegno alle iniziative di ritorno assistito e di reintegrazione nelle famiglie di origine, ove ne ricorrano le condizioni.
Alla data del 30 settembre 2010 risultano censiti nella banca dati del Comitato per i minori stranieri - istituito dall'articolo 33 del T.U. sull'immigrazione - 4.499 minori non accompagnati, la gran parte dei quali si colloca nella fascia di età ricompresa tra i 15 e i 17 anni, provenienti principalmente da Marocco, Egitto, Afghanistan e Albania.
Il Comitato, che riceve tutte le segnalazioni e le informazioni riguardo ai minori stranieri dai servizi sociali degli enti locali, dalle questure e dai tribunali per i minorenni, ha ormai acquisito un ruolo importante di impulso e di raccordo tra le amministrazioni ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento dei minori con le famiglie nei paesi d'origine o in paesi terzi.
Per sostenere le attività del Comitato per i minori stranieri e per la prosecuzione delle iniziative già avviate - sviluppandone

ulteriormente gli obiettivi - è stata già data attuazione alla seconda fase del «Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati», gestito in collaborazione con 1'Anci e finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con 15 milioni di euro provenienti dal Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati (anno 2009). La prima fase del programma, attivata nel 2008, ha coinvolto una rete di 26 progetti territoriali - nelle regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Sicilia e Veneto - che hanno interessato complessivamente 42 comuni per un totale di 376 posti di pronta accoglienza, di cui 74 in territorio siciliano.
La seconda fase ha già previsto un rafforzamento ed un ampliamento della rete dei posti per la pronta accoglienza e assistenza di minori stranieri non accompagnati, attraverso un aumento dei comuni coinvolti, con particolare riguardo alle aree metropolitane particolarmente interessate dal fenomeno.
E ciò con specifico riguardo all'esigenza di una rete di accoglienza diffusa su tutto il territorio, in un'ottica di collaborazione tra amministrazione centrale e locale.
Ai fini dell'accesso alla rete del Programma, dovrà essere considerato quale ulteriore elemento selettivo - ed è in questo lo sviluppo dei progetti della prima fase del programma - la disponibilità dell'ente locale a sperimentare l'affido familiare quale forma di accoglienza particolarmente qualificata per i minori stranieri non accompagnati, con l'attivazione di servizi aggiuntivi per sostenere i percorsi di integrazione sociale dei minori.
Il Governo ritiene, infatti, che l'affido costituisce uno strumento duttile ed efficace nella gestione dei servizi di accoglienza da offrire ai minori. Già nell'anno 2005 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha cofinanziato il progetto «L'accoglienza che supera i confini», promosso dal comune di Parma, in qualità di capofila, insieme ai comuni di Modena, Bologna, Piacenza, Forlì, e alla regione Emilia Romagna. L'obiettivo di questa iniziativa è stata una vera e propria rielaborazione delle procedure e degli strumenti del processo stesso di accoglienza dei minori non accompagnati in Italia, attraverso la sperimentazione di modalità di soggiorno in grado di rispondere alle differenti esigenze dell'accoglienza, quali l'utilizzo dell'affido etero familiare e/o omoculturale.
Proseguire le iniziative già attivate, organizzare una qualità di interventi sempre più orientati a un'accoglienza a misura di minore costituisce un impegno prioritario a favore di fasce così sensibili.
In questo delicato contesto si inserisce l'accertamento dell'età del minore, da individuarsi attraverso sistemi scientifici di indagine che riducano ogni possibile margine di errore. Per il raggiungimento di tale obiettivo è stato già elaborato - da un gruppo tecnico appositamente istituito - un protocollo sanitario da sottoporre alla Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'individuazione delle strutture sanitarie in grado di svolgere le procedure e gli accertamenti previsti.
È stato stipulato, inoltre, il 21 maggio 2009, un protocollo d'intesa tra il Ministero dell'interno, il Ministero della salute ed il Ministero della giustizia per l'avvio di un progetto pilota di sperimentazione delle tecniche e delle metodiche sanitarie individuate dall'apposito gruppo tecnico, la cui realizzazione - finanziata con le risorse del Fondo europeo per l'integrazione 2007-2013 - è stata affidata all'università di Roma «La Sapienza».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

CAPARINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'assessorato al Territorio della Provincia di Brescia, in collaborazione con la provincia di Trento, sta predisponendo un progetto di riqualificazione e valorizzazione della viabilità della Grande Guerra di rilevante valore culturale;
funzionalmente alla realizzazione del progetto risulta indispensabile procedere

all'analisi e riproduzione del materiale relativo a tali infrastrutture, custodito presso l'archivio del Genio militare situato in Roma;
occorre altresì comprovare che i manufatti realizzati nel periodo compreso tra il 1915 ed il 1918 nella zona interessata dal progetto, come la polveriera di Vezza d'Oglio, non sono più utilizzati dall'Esercito italiano, pur essendo ancora parte del demanio militare;
è conseguentemente necessario acquisire una dichiarazione ufficiale da parte dell'ufficio del demanio militare, con il quale si è rivelato tuttavia impossibile stabilire un contatto -:
quali siano gli intendimenti del Governo circa le circostanze generalizzate nella premessa e se sia possibile, anche in vista di future evenienze, stabilire forme organiche di collegamento tra il segretariato generale della Difesa e gli enti locali.
(4-09859)

Risposta. - Con riferimento alle questioni sollevate con l'interrogazione in esame, gli enti periferici del dicastero, a seguito di contatti intercorsi con il dipartimento dei Beni e Attività Culturali della Provincia autonoma di Trento, hanno appurato che:
il progetto di valorizzazione e riqualificazione della viabilità della Grande Guerra riguarda una vasta zona a ridosso del gruppo montuoso Adamello-Presanella nella provincia di Brescia;
il citato dipartimento non ha ricevuto alcun progetto, ma solo elementi sommari di cognizione, essendo quest'ultimo in via di definizione a cura della provincia di Brescia;
la predetta attività di valorizzazione risulta inserita in un vasto programma di sviluppo turistico ambientale della zona denominato «Sistema Interregionale Adamello», avviato alcuni anni fa dalla provincia di Brescia, nell'ambito del territorio di competenza;
il dipartimento suddetto ha collaborato all'uopo mediante l'invio di documentazione storico/culturale a supporto del progetto de quo.

A corredo delle informazioni sopra riportate, si fa altresì presente che non risultano, nell'area interessata dal progetto di valorizzazione, immobili militari realizzati nel periodo 1915/18, appartenenti ancora al demanio militare.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

CATANOSO GENOESE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il Presidente della Commissione europea ha avanzato la proposta di eliminare la lingua italiana e quella spagnola dalle lingue con valore legale nel brevetto europeo valido nei 27 Stati membri;
la Società «Dante Alighieri» sta portando avanti una meritoria battaglia di difesa della nostra lingua e della nostra cultura nell'ambito delle istituzioni europee nei confronti di questa «istituzionalizzazione» del suo ridimensionamento nei confronti delle lingue inglese, francese e tedesco;
una decisione di tal fatta necessita dell'unanimità dei Paesi membri dell'Unione a meno che non si decida di applicare il sistema delle «cooperazioni forzate» previste dal trattato di Lisbona le quali prevedono l'esclusione automatica dall'iniziativa degli Stati che esprimono voto contrario, nel caso di specie, al sistema del trilinguismo per i Brevetti europei;
secondo quanto prevede il trattato di Lisbona basterebbe il consenso di 9 dei 27 Stati membri per far scattare la «cooperazione forzata» e la proposta vanta il consenso di ben 14 Stati;
la cultura e la lingua italiana sono base e fondamento imprescindibile della cultura e della coscienza europea ed uno

Stato fondatore dell'Unione quale è l'Italia non può permettersi un tale arretramento politico, storico e culturale nei confronti delle pur importanti culture e lingue francese, tedesca ed inglese;
secondo quanto denuncia in un'intervista al quotidiano Il Tempo il direttore della società «Dante Alighieri» la lingua italiana è già scomparsa dal sito della Commissione europea -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti per evitare che questa proposta divenga definitiva.
(4-08128)

Risposta. - Nel dicembre 2010 la Presidenza belga dell'Unione europea, a seguito di quanto richiesto da 12 Stati membri e sostenuta dal Servizio giuridico del Consiglio (che aveva valutato la cooperazione rafforzata sul brevetto compatibile con il mercato interno e con i princìpi di libera concorrenza), ha formalmente constatato la ricorrenza dei requisiti necessari per procedere alla cooperazione rafforzata in materia di brevetto, in particolare quello relativo all'impossibilità di raggiungere l'unanimità entro un periodo ragionevole.
La Commissione ha quindi presentato una proposta di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri interessati ad avviare una cooperazione rafforzata in tale settore. Gli Stati che hanno chiesto di aderire sono successivamente saliti a 25.
Il 10 marzo 2011 il Consiglio competitività ha adottato, con il solo voto contrario di Italia e Spagna, la decisione che autorizza i 25 Stati membri ad avviare una cooperazione rafforzata ai sensi dell'articolo 329 trattato sul funzionamento dell'Unione europea per l'istituzione di un brevetto unitario dell'Unione europea. Il Parlamento europeo aveva espresso parere positivo sul progetto della decisione il 15 febbraio 2011.
La decisione del Consiglio è stata adottata a soli due giorni dal parere reso (l'8 marzo 2011) dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea, che si è espressa in senso negativo sugli aspetti giurisdizionali del sistema brevettuale. La Corte ha infatti affermato che l'istituzione di un Tribunale competente sulle controversie in materia di brevetti è incompatibile con le disposizioni del diritto dell'Unione europea. In particolare, la Corte ritiene che in tal modo si priverebbero i giudici degli Stati membri delle loro competenze in materia di interpretazione e applicazione del diritto UE. Si attribuirebbe infatti, ad un giudice internazionale, situato all'esterno della cornice istituzionale e giurisdizionale dell'Unione europea, una competenza esclusiva a conoscere un rilevante numero di azioni promosse da privati in materia di brevetto comunitario, nonché ad interpretare e ad applicare il diritto UE in questa materia. L'accordo inciderebbe parimenti sulla competenza della Corte a risolvere, in via pregiudiziale, le questioni proposte dai giudici nazionali.
La Commissione dovrà ora presentare le proposte per realizzare la cooperazione rafforzata decisa il 10 marzo 2011 e formulare un nuovo progetto per la definizione di un sistema giurisdizionale unificato. Le proposte di regolamento attuative della cooperazione rafforzata (una sul regime linguistico e l'altra sul funzionamento del brevetto dell'Unione europea), dovrebbero essere presentate a metà aprile 2011. Italia e Spagna potranno partecipare alle deliberazioni del Consiglio sull'attuazione della cooperazione rafforzata, ma senza diritto di voto.
L'Italia si è sempre opposta all'iniziativa della cooperazione rafforzata in materia di brevetto, ritenendola inaccettabile per questioni di metodo e di merito (pari dignità linguistica; integrità del mercato unico; tutela della nostre imprese in un situazione di distorsione della concorrenza). Riteniamo, in particolare, che l'iniziativa rappresenti un aggiramento dell'articolo 118 paragrafo 2 del Trattato (che prevede l'unanimità da parte del Consiglio per l'adozione di regolamenti sui regimi linguistici dei titoli europei) e che miri a definire un regime discriminatorio trilingue per noi inaccettabile.
Queste considerazioni sono state espresse dal Governo italiano in sede di Consiglio e a livello bilaterale, anche con appositi passi svolti dalle nostre rappresentanze

diplomatiche. Alcuni Paesi membri hanno condiviso nella sostanza la nostra posizione, ma non hanno ritenuto di rimanere al di fuori della cornice della cooperazione rafforzata, sia per le pressioni dei rispettivi ambienti imprenditoriali, sia perché considerano che la partecipazione a tale iniziativa dovrebbe consentire loro di meglio tutelare i propri interessi.
L'Italia intende impugnare la decisione che autorizza la cooperazione rafforzata davanti alla Corte di Giustizia a difesa dei valori e degli obiettivi dell'Unione europea, come indicato nella dichiarazione congiunta italo-spagnola del dicembre 2010 e da ultimo annunciato in occasione del Consiglio Competitività del 10 marzo 2011.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CAUSI e BRESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo in ottemperanza alla disposizione dell'articolo 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42, si legge che uno degli obiettivi della riforma federale è quello di «assicurare il completo scambio di informazioni e la piena trasparenza nel monitoraggio di azioni e risultati»;
uno dei presupposti fondamentali per garantire la piena trasparenza dei processi è l'accesso universale ai dati, senza il quale non è possibile effettuare alcun monitoraggio né esprimere una critica razionale;
dal mese di aprile 2010, nella sezione del sito internet del Ministero dell'interno «Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali» è stata sospesa la fornitura in modalità download dei dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani;
chiunque voglia fare analisi comparate sulla finanza degli enti locali italiani è costretto a perdere molto tempo, riaggregando i dati relativi ai quadri di bilancio di ogni singolo comune o provincia;
questa situazione impoverisce il dibattito pubblico e parlamentare sul federalismo proprio durante l'iter di approvazione di importanti decreti attuativi relativi alla legge 5 maggio 2009, n. 42;
il Ministero, a quanto consta agli interroganti, non ha offerto alcuna spiegazione per l'interruzione del servizio, che, peraltro, spinge molti utenti ad utilizzare a pagamento le banche dati offerte da imprese private -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda ripristinare il servizio di download dei dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani;
se esistano altre banche dati, accessibili a tutti i cittadini interessati, che offrano la possibilità di scaricare gratuitamente i dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani.
(4-09170)

Risposta. - La Direzione centrale della finanza locale pubblica da anni, sulle pagine del sito internet del Ministero dell'interno, i dati contabili acquisiti presso gli enti locali sulla base di quanto previsto dall'articolo 161 del testo unico ordinamento enti locali, al fine di consentirne la visualizzazione agli utenti.
Momentaneamente è stata disattivata la sola funzionalità che rappresenta un servizio aggiuntivo per le elaborazioni e consente di estrarre già aggregati in forma automatica alcuni dati direttamente dalle pagine del sito internet; ciò in quanto tutte le strumentazioni elettroniche della Direzione centrale sono state messe a disposizione di enti istituzionali, in primis della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale nazionale ex articolo 4 della legge n. 42 del 2009 (COPAFF), per consentire studi sull'attuazione del federalismo fiscale e del Ministero dell'economia

e delle finanze, per gli studi sulla finanza pubblica e per la determinazione degli obiettivi del patto di stabilità interno.
Al riguardo, nell'evidenziare che la sospensione della predetta funzionalità non impedisce agli operatori non istituzionali di acquisire i dati su supporti cartacei e successivamente elaborarli si evidenzia che si è comunque provveduto in sede di Copaff a distribuire, su supporto informatico, copia di tutti i dati contabili e di bilancio dell'anno 2008 a tutte le amministrazioni pubbliche ed associazioni degli enti locali ivi rappresentate, ovvero a tutti gli attori istituzionali che si occupano di analisi comparate sulla finanza pubblica.
Del resto l'articolo 19-bis del decreto legge n. 135 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 166 del 2009, che disciplina il «perseguimento degli obiettivi del patto di stabilità e crescita e coordinamento informativo, statistico, e informatico dei dati concernenti i bilanci delle amministrazioni regionali e locali» ha previsto, al comma 2, che i dati complessivi del rendiconto di bilancio, anche se risultano visualizzabili sul sito internet, devono essere trasmessi al Copaff, che ha effettuato alcune relazioni proprio sulla base di tali dati in collaborazione con questo Ministero dell'interno.
Si fa presente, infine, che i dati contabili resi disponibili sul sito della Direzione della finanza locale sono quelli ufficiali degli enti locali e non esistono altre banche dati istituzionali che contengano analoghe informazioni contabili, ad eccezione di quella, in corso di attivazione ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 196 del 2009, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con la finalità «di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per acquisire gli elementi informativi necessari per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri, Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 9 marzo 2010 il Ministro interrogato, rispondendo alla interrogazione 4-05296 in tema di collegamenti aerei con la Federazione Russa, in considerazione del regime di monodesignazione ancora vigente nel suddetto Paese, riferiva che in attuazione della legge n. 2 del 2009 era stata avviata una complessiva ricognizione degli interessi aeronautici nazionali al fine di rilanciare la politica del trasporto aereo con l'aumento dei diritti del traffico aereo a disposizione delle compagnie, la predisposizione di nuove rette, vettori e scali con particolare riguardo al potenziamento degli hub di Fiumicino e Malpensa. Con riferimento ai negoziati avviati già nel 2008 con la Federazione Russa, il Ministro precisava che nel contesto del memorandum d'intesa siglato dai Ministeri dei trasporti dei due Paesi, al fine di migliorare e sviluppare l'intero settore, era stata comunicata alle autorità russe la disponibilità dell'ENAC a dare riscontro positivo alla richiesta della compagnia Rossiya di derogare agli accordi vigenti, avviando i collegamenti tra San Pietroburgo e le città italiane di Rimini, Palermo e Catania; nella stessa occasione era stata sottoposta alle stesse autorità l'ulteriore richiesta di accordare a più compagnie italiane la facoltà, attualmente consentita ad un solo vettore, di operare il collegamento Torino-Mosca -:
quale sia lo stato attuale del negoziato in corso con la Federazione Russa e se le richieste riportate in premessa siano state accolte dalle competenti autorità russe.
(4-11209)

Risposta. - Le relazioni bilaterali tra l'Italia e la Federazione russa sono regolate da un Accordo firmato nel 1969 e da un memorandum of understanding del 1998, modificato nel 2005. Sono anche da men- zionare

le intese epistolari del 2009 relative alla possibilità, in via temporanea, di designare due vettori per parte, sulla rotta Torino-Mosca.
Il 2 luglio 2010, in esito ad una sessione negoziale tenutasi a San Pietroburgo, sono state sottoscritte ulteriori agreed minutes.
Gli accordi attuali prevedono - in via reciproca - la possibilità di designare un solo vettore per ogni coppia di città e sulle rotte transiberiane. Gli scali sul territorio russo per i vettori italiani sono Mosca, San Pietroburgo e un terzo punto che può variare, attualmente è stato scelto Samara. Ai vettori russi è consentito, sempre in termini di accordo, lo scalo sugli aeroporti di Roma, Milano e Venezia. Non vi è differenza per numero di designazioni/frequenze tra voli di linea e quelli charter.
Il numero dei collegamenti consentiti settimanalmente sono i seguenti: local routes, vale a dire i collegamenti tra il territorio russo e quello italiano.
Un primo plafond di 35 frequenze settimanali sulle cosiddette rotte storiche Roma-Mosca (attualmente operata da Alitalia e da Aeroflot) Milano-Mosca (attualmente operata da Alitalia e da Aeroflot) Roma-SPB (attualmente operata da Alitalia e da Rossja) Milano-SPB (attualmente operata da Alitalia e da Rossija) Tale plafond di frequenze è completamente operato da parte dei russi.
Un secondo plafond di 35 frequenze settimanali sulle altre coppie di città previste nella tabella delle rotte, diverse da quelle sopra indicate, vale a dire:
da parte italiana:
da tutti i punti in Italia (eccetto Roma e Milano) verso Mosca e San Pietroburgo;
da tutti i punti sul territorio italiano verso un terzo punto (Samara). Tale secondo plafond di frequenze è operato da parte italiana (servizi di linea) con le seguenti modalità: Alitalia (Mosca da Torino e Venezia), Meridiana Fly (Bologna-Mosca), Wind Jet (Mosca da Torino, Verona, Forlì, Catania, Pisa, Bergamo; San Pietroburgo da Verona, Forlì, Pisa, Bergamo; Samara da Forlì);
da parte russa:
da tutti i punti in Russia (eccetto Mosca e S.Pietroburgo) verso Roma, Milano (esempio: Ekateringesburg-Milano);
da tutti i punti sul territorio russo verso Venezia (esempio: Mosca-Venezia).

I vettori russi che operano dette rotte sono: da Mosca per Venezia (Aeroflot e Vim), Cagliari (Siberia), Rimini (Siberia, Vim) e Bologna, Pisa, Treviso, Verona, Torino, Genova, Napoli, Palermo, Catania (operate dalla Vim); da San Pietroburgo a Venezia, Rimini, Palermo, Catania (Rossiya) ed infine il Rostov-Rimini (Donavia).

Inoltre, solo per i charter, sono previste frequenze libere per entrambe le parti sulle tratte di seguito riportate:
per l'Italia: da tutti i punti in Italia (anche Roma, Milano e Venezia) verso tutti i punti in Russia ad esclusione di Mosca, San Pietroburgo e Samara (ad esempio: Roma-Ekaterinesburg);
per la Russia: da tutti i punti in Russia (anche da Mosca, S. Pietroburgo e Samara) verso tutti i punti in Italia eccetto Roma, Milano e Venezia (ad esempio: Mosca-Rimini).

Per le rotte transiberiane ciascuna parte può operare fino a 24 frequenze così distribuite: 15 frequenze da/a punti in Giappone; 7 frequenze da punti nella R.P. China/South Corea; 2 frequenze da punti in Hong Kong. Fermo restando il limite delle 24 frequenze, 8 possono essere spostate da una rotta ad un'altra.
Nel corso dell'incontro del 2 luglio 2010 sono stati innanzitutto affrontati, senza alcun esito, gli aspetti comunitari con particolare riferimento alla clausola che consente anche ai vettori comunitari, stabiliti in Italia, di poter operare servizi aerei dal nostro Paese verso il territorio russo, ed alle royalties sulle rotte transiberiane, transasiatiche

e transpolari, già oggetto di un accordo (cosiddetto agreed principles), prima parafato dalla controparte russa e poi disatteso, che prevedeva il superamento graduale delle royalties stesse.
Per quanto attiene la designazione, la delegazione italiana ha richiesto di modificare l'attuale regime limitato, come si è detto, ad un solo vettore per coppia di città, con la richiesta di designare - per ciascuna coppia di città - almeno due vettori per ciascuna parte, eventualmente anche a partire dalla stagione di traffico estate 2012. Su tale aspetto la delegazione russa si era riservata di fornire la propria posizione entro la fine del 2010 ma al momento non risulta pervenuto alcun riscontro.
La parte russa ha richiesto di ampliare il numero delle frequenze che attualmente opera al completo il plafond di 35 frequenze settimanali. Su richiesta della parte italiana è stato concordato, in via provvisoria, fino alla decisione della controparte russa, un regime separato per i passeggeri dai cargo sia per i voli Italia/Russia, sia per i voli transiberiani. Per entrambe le parti, inoltre, è stato prevista la possibilità di una doppia designazione per voli di linea all cargo sulle rotte transiberiane, transasiatiche e transpolari da/a Osaka e Shanghai, per un totale di 7 frequenze settimanali, previo accordo commerciale tra le compagnie delle due parti.
I vettori italiani designati per il trasporto all cargo sono Cargolux Italia e Cargoitalia. Per le autorizzazioni provvisorie concesse ai sensi della richiamata legge n. 2 del 2009, le parti hanno concordato di continuare a garantire le autorizzazioni provvisorie per le operazioni dei vettori russi da/a le città italiane anche per le stagioni 2011.
L'articolo 19, comma 5-bis, della legge n. 2 del 2009 nell'affidare il compito al Ministero degli affari esteri, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Enac di procedere alla promozione di nuovi accordi aerei e alla modifica di quelli vigenti, il cosiddetto decreto salva Malpensa, ha espressamente previsto che, nelle more della definizione dei predetti accordi, l'Enac possa rilasciare autorizzazioni temporanee, in deroga alle intese vigenti, di validità pari ad almeno 18 mesi. In base a tale disposto, sono state concesse numerose autorizzazioni provvisorie a favore dei vettori russi. Dette autorizzazioni hanno riguardato gli scali italiani di Rimini, Palermo, Catania, Cagliari, Bologna, Pisa, Treviso, Verona, Genova e Napoli a testimonianza del forte interesse russo per le varie destinazioni turistiche del nostro territorio, ma anche aumenti del tetto di frequenze previsto nonché casi di bi-designazione su determinate rotte (ad esempio Venezia e Milano da Mosca).
Ai sensi della legislazione dell'Unione europea attinente gli accordi bilaterali (Regolamento n.847 del 2004), ogni modifica agli stessi può intervenire a condizione che vengano introdotte una serie di clausole standard che consentono, in particolare, la parità di trattamento tra vettori nazionali e vettori comunitari stabiliti nello Stato di riferimento.
Come detto, quindi, in tutti i rapporti con gli Stati membri la Federazione russa ha dimostrato una ferma opposizione ad accettare dette clausole.
Inoltre, anche la pratica sopra richiamata di pagamento delle royalties per il sorvolo della Federazione, presenta numerosi elementi di contrasto con il diritto comunitario in materia di salvaguardia della concorrenza. Il ripetersi di negoziati e di accordi conclusi da diversi Stati membri, in contrasto con le norme europee, ha determinato l'apertura di procedure di infrazione a loro carico, tra cui l'Italia, i quali hanno stipulato accordi anche con la Federazione russa. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed Enac hanno quindi provveduto a fornire alla Commissione europea elementi informativi ed osservazioni in merito all'avvio di procedura d'infrazione a carico dell'Italia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

DI BIAGIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 12 maggio 2008, l'onorevole e avvocato Buonfiglio, veniva nominato dal

Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, Sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari e forestali;
lo stesso, dunque, essendo incorso in una delle cause di incompatibilità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), e comma 4 della legge 215 del 2004, formulava al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, istanza di sospensione dall'esercizio della professione, in conformità al dettato normativo che considera l'incarico governativo causa di impedimento temporaneo all'esercizio della professione;
il Consiglio dell'Ordine di Roma, nella persona del suo Presidente pro-tempore, avvocato Alessandro Cassiani, ritenendo la fattispecie della sospensione incompatibile con quanto previsto dall'ordinamento professionale di appartenenza, chiedeva all'istante di procedere a cancellazione volontaria dall'albo;
in conformità, l'onorevole avvocato Antonio Buonfiglio inviava la dichiarazione così come richiesta dal Consiglio e, conseguentemente, subiva:
a) l'interruzione del periodo di esercizio continuativo della professione necessario per ottenere l'abilitazione al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori;
b) la cancellazione della posizione contributiva dalla Cassa di Previdenza, con perdita dei versamenti effettuati;
da un esame di altre situazioni consimili, membri di Governo, anche avvocati, risultano regolarmente iscritti ai rispettivi ordini professionali;
in passato, successivamente all'entrata in vigore della norma in esame, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma non ha inteso procedere alla cancellazione di altro Sottosegretario, per di più alla Giustizia;
sulla scorta di tali informazioni, il 5 ottobre 2010, l'onorevole Buonfiglio, nell'intento di regolarizzare la propria posizione, ha chiesto la revoca del provvedimento adottato e la reiscrizione con efficacia retroattiva, seppure in regime di sospensione;
nell'adunanza del 14 ottobre 2010, il Consiglio ha rigettato detta istanza «ritenendo la carica di Sottosegretario incompatibile con l'iscrizione» e non con l'«esercizio della professione», come recita il dettato normativo;
non solo, a seguito delle dimissioni dal Governo, in data 15 novembre 2010, ha nuovamente presentato domanda di reiscrizione ottenendo un ulteriore diniego sul presupposto che fosse necessario «documentare la causa di cessazione dell'incompatibilità», nonostante la conoscenza oggettiva non solo per la mediaticità dell'evento ma anche per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 2010;
in data 22 novembre 2010, infine, ha richiesto copia integrale del primo provvedimento di diniego e degli atti a corredo non ricevendo, ad oggi, alcuna risposta;
la situazione dinanzi descritta procura un evidente nocumento sia di natura professionale che economica all'onorevole Buonfiglio, stante la palese violazione delle finalità individuate dalla richiamata legge - secondo cui l'attribuzione di cariche di governo o politiche non deve essere d'ostacolo al percorso professionale di chiunque sia chiamato a ricoprirle - ma anche, e soprattutto, del principio di uguaglianza;
tutto ciò premesso e considerato, appare grave che una legge dello Stato possa avere diverse ed arbitrarie applicazioni a seconda della dislocazione territoriale dell'ordine di appartenenza e che all'interno dello stesso Consiglio dell'Ordine, possano tollerarsi disparità di trattamento;
occorre chiarire se la postilla inserita nella domanda di iscrizione al Consiglio dell'Ordine di Roma, riferita alla legge professionale del 1934, sia tuttora vigente ovvero in che modo essa trovi applicazione, tenuto conto che ha ad

oggetto l'autocertificazione dell'insussistenza di situazioni di incompatibilità derivanti da «qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficienza, della Banca d'Italia, della lista civile, del Gran Magistero degli ordini cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati, ed in generale di qualsiasi altra Amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni»;
appare inoltre sconcertante che si disconosca il valore di pubblicità legale attribuito alla Gazzetta Ufficiale -:
se e in che modo gli ordini professionali abbiano ritenuto di considerare la posizione degli avvocati che ricoprono l'ufficio di parlamentari;
se intenda assumere le iniziative di competenza nei confronti del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma a fronte di disparità palesemente contrastanti con la legge in vigore oltre che con il dettato costituzionale.
(4-10608)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue sulla base degli elementi informativi acquisiti dal Dipartimento per gli affari di giustizia. L'avvocato Antonio Buonfiglio ebbe a richiedere, ex legge n.215 del 2004 (articolo 2, comma 4), la sua sospensione dall'esercizio della professione essendo stato nominato Sottosegretario di Stato in data 12 maggio 2008.
Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma, ai sensi del regio decreto-legge n.1578 del 1933, lo invitava a richiedere la cancellazione, non essendo prevista dalla legge professionale la sospensione temporanea dall'esercizio della professione.
A seguito di regolare richiesta di cancellazione da parte dell'avvocato Buonfiglio il Consiglio, nell'adunanza del 3 luglio 2008, lo cancellava dall'Albo degli avvocati di Roma, a domanda.
In data 5 ottobre 2010 l'avvocato Buonfiglio richiedeva al Consiglio di voler «revocare il provvedimento (di cancellazione) adottato nell'adunanza del 3 luglio 2008 e, pertanto, iscrivere nuovamente e con efficacia retroattiva il sottoscritto all'Albo degli Avvocati», facendo nuovamente riferimento alla legge n. 215 del 2004 (articolo 2, comma 4) che sancisce che l'incompatibilità all'esercizio di attività professionali costituisce causa di impedimento temporaneo all'esercizio della professione.
Il Consiglio, nell'adunanza del 14 ottobre 2010 «ritenendo che la carica di Sottosegretario di Stato sia incompatibile con l'iscrizione, rigetta l'istanza».
Detta decisione veniva comunicata, per estratto dal relativo verbale, all'avvocato. Buonfiglio con lettera raccomandata del 27/28 ottobre 2010, ricevuta dall'interessato il successivo 29 ottobre.
Con istanza del 15 novembre 2010, l'avvocato Buonfiglio chiedeva al Consiglio di iscriverlo nuovamente, «considerato altresì che in data 15 novembre 2010 è cessata qualsivoglia causa di impedimento temporaneo all'esercizio della professione...».
A seguito di tale nuova richiesta, con raccomandata del 29 novembre 2010, l'avvocato Buonfiglio veniva invitato a «chiarire e documentare quale sia la causa di cessazione della Sua incompatibilità... che ha determinato il rigetto della domanda di reiscrizione» presentata il 5 ottobre 2010.
Nelle more, il 23 novembre 2010 l'avvocato Buonfiglio chiedeva di comunicargli, anche a mezzo fax, il provvedimento integrale di diniego, nonché eventuali documenti ad esso pertinenti.
Con successiva raccomandata dell'11 febbraio 2011, nel confermare che il provvedimento gli era stato comunicato il 27-29 ottobre 2010 e che non vi era altra documentazione pertinente, veniva chiesto nuovamente all'avvocato Buonfiglio, stante la mancata risposta alla richiesta del 29 novembre 2010, di darvi riscontro.
Il 14 febbraio 2011 l'avvocato Buonfiglio inviava sua comunicazione nella quale, lamentando, tra l'altro, il mancato riscontro alla sua richiesta di ottenere tutti i documenti relativi al diniego espresso dal Consiglio nell'adunanza del 14 ottobre

2010, con riferimento alla richiesta di precisare quale fosse la causa della cessazione della sua incompatibilità, affermava che «la risposta al Suo "bizzarro" quesito è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 novembre 2010...».
All'esito delle ricerche effettuate, il Consiglio locale appurava che in data 17 novembre 2010 erano state accettate le dimissioni da Sottosegretario dell'avvocato Buonfiglio e si provvedeva, pertanto, in data 21 febbraio 2011, ad inviare all'interessato una lettera raccomandata con la quale si precisava che sarebbe stato sufficiente trasmettere idonea comunicazione al Consiglio - che lo aveva chiesto due volte - apparendo il quesito rivoltogli assolutamente in linea con la vigente normativa. L'avvocato Buonfiglio veniva inoltre invitato a presentare la domanda di reiscrizione da compilare sui moduli del Consiglio.
Questo l'iter della vicenda come delineato dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma. È stato sottolineato, in proposito, che la stessa si sarebbe potuta agevolmente risolvere se l'avvocato Buonfiglio avesse comunicato, fin dal novembre 2010, la cessazione del suo incarico, tenuto conto che il Consiglio, con gli oltre 24.000 iscritti, non è in condizioni di seguire i «percorsi» dei propri iscritti (tanto meno sulle Gazzette Ufficiali) i quali, invece, hanno l'obbligo di segnalare al Consiglio di appartenenza quelle situazioni, soggettive ed oggettive, che possano avere influenza sulla loro posizione iscrizionale. Né risulta all'Ufficio la presenza nell'Albo di «membri di Governo» avvocati, né la mancata cancellazione di altro, non indicato, Sottosegretario.
In merito alle problematiche trattate nell'interrogazione va precisato, invero, che la professione di avvocato è regolamentata dal regio decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito con modificazioni in legge n. 36 del 22 gennaio 1934 che non prevede la sospensione temporanea volontaria dall'esercizio della professione, ma la cancellazione volontaria che può cessare in qualsiasi momento, se ne ricorrono i presupposti.
Nell' Ordinamento professionale in questione, inoltre, non esiste la possibilità di una reiscrizione con efficacia retroattiva, come peraltro richiesto dall'avvocato Buonfiglio. Del resto, anche l'articolo 2, n. 4 della legge n. 215 del 2004, dallo stesso citata, nel prevedere che l'incompatibilità di cui alla detta Legge «costituisce causa di impedimento temporaneo all'esercizio della professione» prosegue affermando «e come tale è soggetta alla disciplina dettata dall'ordinamento professionale di appartenenza».
Circa, poi, la paventata «perdita dei versamenti effettuati» alla Cassa di previdenza, il Consiglio locale ha evidenziato che detta eventualità non può verificarsi in quanto nel periodo di cancellazione i contributi INPS vanno a ricongiungersi a quelli della Cassa di previdenza, anche se l'interruzione del periodo di esercizio della professione ha riflessi su altri piani, come, ad esempio, sul computo degli anni necessari per ottenere l'abilitazione all'esercizio innanzi le magistrature superiori.
Da ultimo, va precisato che la Professione di avvocato è tuttora regolata dalla legge n. 36 del 1934 , mentre la legge n. 215 del 2004 non ha fatto venire meno, tra le altre, le norme relative alle cause di incompatibilità con l'esercizio della professione ma, anzi, le ha riconfermate.
Quanto, infine, al primo quesito formulato dall'interrogante, si segnala che il Dipartimento per gli affari di giustizia ha interessato al riguardo il Consiglio nazionale forense per acquisire, ove disponibili, i necessari elementi informativi, al fine di assumere le eventuali opportune iniziative.
Il Ministro della giustizia: Angelino Alfano.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i bilanci della difesa continuano a subire tagli pesanti e anche le maggiori marine occidentali non possono che adeguarsi;

la Marina militare italiana deve affrontare una sfida tra le più ardue e impegnative, quella di razionalizzare la sua struttura, sviluppando nel contempo capacità sufficienti a garantire un'adeguata proiezione internazionale dell'Italia. Una delle condizioni per raggiungere quest'obiettivo è che si apra sempre più alla cooperazione internazionale, segnatamente a quella con i partner europei;
attualmente la Marina Militare dispone di due portaerei che costituiscono il principale strumento per la proiezione di forza dello strumento militare italiano. La nave Cavour, destinata ad ospitare la flotta dei nuovi caccia F35, è la seconda portaerei per dislocamento in Europa e dispone di avanzate capacità di comando e controllo complesso. Il Cavour ha raggiunto la piena operatività quest'anno, levando alla piccola portaerei Garibaldi il titolo di ammiraglia della flotta;
il Garibaldi, entrato in servizio nel 1985, subirà presto un programma di rinnovo per essere designato, probabilmente, come portaelicotteri (Lph) con due funzioni: sostituire il Cavour quando questo è in bacino o affiancare le navi che prenderanno il posto dell'attuale flotta da sbarco della Marina Militare. Al termine di questo periodo anch'esso dovrà essere rimpiazzato;
la forza anfibia attualmente è rappresentata dalla San Marco, San Giorgio e San Giusto che dovrebbero andare in disarmo tra il 2018 e il 2028. La sostituzione di tre navi da assalto anfibio e, in aggiunta, della Garibaldi pone tre problemi delicati;
in primo luogo, la sostituzione dovrà essere pressoché simultanea, in modo da garantire che non vi siano vuoti. In dieci anni possono succedere molte cose e non è escluso che nella turbolenta zona che compete all'Italia si presenti l'esigenza di intervenire. È necessario perciò che la prima nave sia cantierizzata prima che l'attuale flotta termini la sua vita operativa;
in secondo luogo, bisogna considerare che si tratterà di uno sforzo considerevole sia per il bilancio italiano - si può stimare un impegno di circa un miliardo e mezzo di euro per le quattro unità - sia per Fincantieri per via del rispetto dei tempi e della sovrapposizione con altri ordini maggiori;
va infine considerata la questione del «complemento» alle future capacità navali anfibie italiane; la forza di proiezione dal mare recentemente costituita, brigata leggera composta dai reggimenti San Marco e Lagunari, e le componenti ad ala rotante e fissa della Marina militare sembrano essere incompatibili sia tra loro che con i progetti di navi anfibie finora elaborati;
per quanto riguarda, infine, le capacità cantieristiche, negli ultimi anni le tre maggiori acquisizioni sono state i caccia antiaerei Orizzonte, già consegnati; le fregate Fremm, ancora in buona parte da finanziare e costruire; i sommergibili classe Todaro, la cui seconda coppia è in costruzione. I primi due progetti, sono stati eseguiti di concerto con la Francia per sfruttare le economie di scala, sebbene le navi destinate alla Marine Nationale abbiano notevoli differenze con quelle della Marina militare; i sommergibili sono invece derivati da un progetto tedesco cui l'Italia si è aggiunta successivamente;
di fatto, quindi, la componente di alto mare della Marina militare italiana è frutto delle sinergie con cantieri stranieri. Una sinergia che sembra aver dato i suoi frutti, considerata anche la maggiore facilità con cui si potrà pensare alle future navi come prodotti per l'export; a progetti analoghi sono infatti interessate alcune marine emergenti, come quelle di Turchia, India e Brasile, desiderose di aumentare il loro potenziale strategico;
è da ricordare che spesso tra produzione nazionale e internazionale possono crearsi sinergie positive -:
se il Governo intenda valutare l'opportunità di ricreare questo schema anche per

la componente anfibia della Marina facendo leva anche sulle prospettive di cooperazione in ambito europeo.
(4-06463)

Risposta. - La Difesa ritiene di fondamentale importanza, nell'ambito della politica industriale, perseguire programmi di cooperazione internazionale nel settore dei materiali d'armamento.
Per quanto riguarda, in particolare, la Marina militare, tale forma di collaborazione è considerata uno strumento preferenziale per l'acquisizione delle unità navali e dei sistemi d'arma e considerati gli indubbi vantaggi in termini di:
riduzione dei costi (suddivisione tra i
partners dei costi di sviluppo);
miglioramento di un prodotto che soddisfi sempre più i requisiti operativi delle Forze armate (per la più ampia base industriale);
ritorno industriale per le aziende italiane che operano in tale campo.

Con specifico riferimento, invece, alla possibilità di cooperare in ambito europeo anche per la realizzazione delle unità navali per la componente anfibia della Marina militare, premesso che per le nuove navi sostitutive delle attuali Landing platform dock (Lpd) San Marco, San Giorgio e San Giusto è in itinere un programma, in fase avanzata, per la fornitura di tre unità tipo Landing helicopter dock (Lhd), non si esclude la possibilità - per queste nuove unità, cosi come per altri programmi - di ricorrere a cooperazioni internazionali, sia con Paesi europei sia con Paesi di altre aree geografiche.
Ovviamente, si presuppone un accordo tra le industrie dei Paesi coinvolti e la convergenza su un requisito per navi di caratteristiche simili da acquisire in un arco temporale compatibile.
Allo stato attuale, tuttavia, non si ha evidenza di un concreto interessamento per l'acquisizione di unità tipo Lhd da parte di altri Paesi; l'unico caso d'interesse specifico riguarda la Marina turca.

Al riguardo va evidenziato che nel corso dell'ultimo quinquennio la cooperazione tra Italia e Turchia ha subito un andamento contrastante: infatti, dopo una prima manifestazione d'interesse da parte della Marina turca per lo sviluppo comune di una Lpd, formalizzata con apposita letter of intent, la cooperazione non ha avuto seguito per volontà della Turchia, in relazione alle difficoltà scaturite dalla difformità dei rispettivi requisiti operativi.
A tale decisione sono seguite ulteriori dimostrazioni d'interesse che non hanno portato, comunque, la Turchia a rivedere la propria posizione.
Nello specifico, la Marina turca ha emesso nel 2007, per il tramite dell'agenzia di
procurement nazionale, una request for information (rfi) a cui hanno risposto 81 cantieri, inclusa Fincantieri.
Successivamente, nel febbraio 2010, la Marina turca ha emesso
request for proposal (rfp) per il progetto Lpd/Lhd, con un requisito nave da 18.000-20.000 tonnellate per il trasporto e sbarco di un'unità a livello battaglione, variando il requisito inizialmente previsto nella rfi.
Fincantieri ha confermato, comunque, la propria disponibilità a cooperare con i cantieri navali turchi (segnatamente Rmk marine), in quanto la Lhd dovrebbe essere realizzata presso un cantiere turco con la possibile partecipazione di cantieri stranieri per l'eventuale fornitura di
main items e trasferimento di tecnologia.
Per completezza di informazione si rappresenta che le nuove unità tipo Lhd della Marina militare dovranno essere in grado di esprimere una «proiezione di capacità dal mare» flessibile, a sostegno degli impegni nazionali e di cooperazione internazionale, e di garantire capacità di Comando e Controllo a
staff nazionali e multinazionali imbarcati e l'operatività di assetti specializzati per interventi umanitari - disaster relief - quale, ad esempio, il centro di coordinamento per la gestione delle emergenze del Dipartimento della protezione civile.
Le unità Lhd dovranno trasportare assetti capacitivi ad alta prontezza, in tempi rapidi, in aree anche a grande distanza dal

territorio nazionale, con adeguata autonomia logistica, consentirne lo sbarco e il necessario supporto, operando in contesto net-centrico.
In conclusione, pur ribadendo le possibilità di cooperazione industriale con la Turchia nel settore degli armamenti, anche a fronte dei vari interessi industriali e dei correlati ai programmi di collaborazione già in atto, evidenzio che la possibilità di una collaborazione per la realizzazione di unità tipo Lpd/Lhd (con la Turchia e/o con eventuali altri Paesi) dovrà essere valutata alla luce dell'effettiva compatibilità, in particolare in termini di requisiti operativi e quindi di caratteristiche delle unità navali, con quelle dei potenziali
partners.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Piccolo nella sua edizione del 25 marzo 2010, ha pubblicato un articolo del giornalista Claudio Erné, nel quale si riferisce della vicenda di un giovane detenuto rinchiuso da un mese nel carcere triestino; il giovane risulta indagato per spaccio di droga, ma è anche affetto da sclerosi multipla; il detenuto al momento vede doppio, perché il suo nervo ottico è leso ed è costretto ogni 10-15 minuti a ricorrere al bagno;
il difensore del detenuto, avvocato Sergio Mameli, ha chiesto ai giudici del tribunale del riesame di attenuare o al limite annullare la misura cautelare inflitta al suo assistito. Scopo dell'iniziativa quello di consentire al giovane cittadino sloveno di curarsi adeguatamente e costantemente con un farmaco il cui acquisto costa circa 1.650 euro al mese, interamente a carico dell'amministrazione penitenziaria. Il farmaco si chiama Copexone;
questo è il secondo ricorso che il difensore presenta al Tribunale del riesame. Il primo ha avuto esito negativo: una successiva istanza di liberazione per motivi di salute presentata al Giudice per le indagini preliminari Fabrizio Rigo ha avuto identica risposta, ma il magistrato allo stesso tempo ha disposto che il detenuto fosse sottoposto a perizia medico legale. Il via libera all'accertamento porta la data del 16 marzo, ma fino al 25 marzo almeno nessun medico aveva visitato il giovane;
la situazione appare ancora più grave perché la cura, per tenere sotto controllo il progressivo avanzamento della sclerosi che ha colpito il detenuto, sta creando non pochi problemi alle risicate risorse finanziarie del carcere triestino; quali siano i problemi lo spiega il direttore del carcere, dottor Enrico Sbriglia, nel citato articolo del Piccolo: «Abbiamo l'obbligo non solo morale di salvaguardare la salute delle persone che ci vengono affidate in custodia: ma l'acquisto di questo farmaco rischia di travolgere il capitolo della spesa farmaceutica del carcere, a fine anno andremo in rosso e lo sbilancio dovrà essere ripianato da risorse pubbliche, da denaro dei cittadini. Il carcere a mio giudizio rappresenta l'estrema ratio. Esistono anche altre misure cautelari previste dalla legge. Ad esempio gli arresti domiciliari, dove le spese mediche affrontate dal detenuto non ricadono sulla nostra gestione. Al contrario l'amministrazione penitenziaria paga in pieno le spese di ricovero in ospedale, quando i detenuti-ammalati devono essere piantonati. Un giorni di ricovero in rianimazione costa circa duemila euro e l'Azienda ospedaliera ci manda la fattura. Lo ripeto: il diritto alla salute del detenuto o vogliamo e lo dobbiamo tutelare»;
a detta dell'avvocato del detenuto, «finora il mio assistito ha potuto essere curato perché la moglie gli ha fatto recapitare in carcere la scatola con il farmaco che già usava a casa. Ma la scatola che contiene 28 fiale di Copexone, presto sarà vuota e non è certo che l'amministrazione

ne comprerà subito un'altra, visto anche il prezzo di vendita. Ecco il motivo per cui ho chiesto la scarcerazione o una misura alternativa al carcere del mio assistito che peraltro risulta incensurato;
va aggiunto che tra esigenze di sicurezza e diritto alla salute, in passato nel corso di altre detenzioni cautelari, la Cassazione non aveva avuto dubbi e aveva consentito l'effettivo e completo esercizio del diritto di curarsi -:
quali iniziative di competenza, nel rispetto delle decisioni che riterrà di assumere la magistratura, si intendano, adottare perché il diritto alla salute del citato detenuto sia tutelato e salvaguardato, come peraltro la Costituzione prevede e prescrive.
(4-06653)

Risposta. - In esito agli accertamenti svolti dal Ministero della giustizia citato, è emerso che, effettivamente, dal 22 febbraio al 30 marzo 2010, presso l'istituto di pena di Trieste è stato detenuto un cittadino sloveno accusato di reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, il quale soffriva di sclerosi multipla e, per tale ragione, è stato lungo tutto il periodo di detenzione sottoposto a sorveglianza sanitaria da parte del medico del carcere.
La Direzione dell'istituto, per il tramite del sanitario - il quale affermava che il detenuto avesse bisogno di assumere quotidianamente un flacone di immunomodulatore (copexone) il cui costo, per un ciclo di 28 fiale, è pari ad euro 1.200 - ha trasmesso all'Autorità giudiziaria, in data 13 marzo 2010, la relativa certificazione ove si indicava la necessità di sottoporlo ad un programma terapeutico presso una struttura ospedaliera, ai fini dell'erogazione di tale farmaco.
A seguito di due provvedimenti di rigetto dell'istanza proposta ai sensi dell'articolo 299 codice procedura penale da parte del Tribunale del riesame (istanza nella quale il difensore aveva descritto lo stato di salute del proprio assistito) il 18 marzo, il Giudice per le indagini preliminari (GIP), in camera di consiglio, nominava un medico quale perito affinché, esaminata la documentazione sanitaria e compiuto ogni altro accertamento, rispondesse al quesito se la patologia del detenuto fosse compatibile con il regime carcerario e se la struttura penitenziaria fosse in grado di fornire allo stesso idonea terapia, secondo le prescrizioni sanitarie di pertinenza.
Nel frattempo, veniva emessa una nuova ordinanza del Tribunale del riesame che, richiamando la nomina del medico legale per la relativa perizia, fissava una nuova udienza al 30 marzo 2010.
In tale data, il Tribunale distrettuale del riesame, riunitosi in camera di consiglio, sulla scorta dell'avvenuta perizia (nella quale, tra l'altro, veniva rappresentata la circostanza che il ristretto era anche tossicodipendente con trattamento metadonico), revocava la misura cautelare della custodia in carcere disposta dal Gip, ordinando l'immediata liberazione del detenuto.
La notizia che una persona reclusa fosse affetta da una grave patologia come la sclerosi multipla, portata a conoscenza della stampa, investiva anche la Direzione dell'istituto triestino che veniva contattata da un giornalista informato dei fatti. A tal proposito, è stato precisato che, nell'occasione, al giornalista è stato fatto presente che la Direzione, qualora non fosse stata riconosciuta al detenuto l'incompatibilità con il regime carcerario, si sarebbe doverosamente fatta carico delle cure farmacologiche, delle eventuali visite specialistiche e dei ricoveri, pur sottolineando le ripercussioni che una tale evenienza avrebbe avuto sull'esiguo capitolo di spesa, gestito dall'Amministrazione penitenziaria, non essendo ancora stato attuato, nella regione Friuli-Venezia Giulia, il trasferimento della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Tirreno nella sua edizione del 17 giugno 2010 ha riferito del

caso di un bimbo, Christian, «paralizzato e senza cure»;
il ragazzo è affetto da leucomalacia periventricolare, una malattia dell'encefalo che ha contratto alla nascita;
racconta la madre del ragazzo, signora Fulvia Braschi, «fisioterapia da noi è una parola scritta sulla carte, ma che nella realtà di tutti i giorni non esiste ... Con Christian siamo sempre in cura in ospedali specializzati, ma «qui fuori» non si trova mai l'assistenza che gli dovrebbe essere garantita: è un diritto negato. Me lo hanno detto anche la scorsa settimana al Gaslini: se suo figlio avesse avuto l'assistenza che meritava non starebbe neppure su una sedia a rotelle ... Non si può andare avanti così»;
la signora Braschi, e il figlio Christian, pur disponendo della prescrizione di fisioterapia giornaliera non hanno ottenuto alcuna risposta dalla USL locale: «Anche stavolta», racconta la signora Braschi, «passano i giorni e non accade nulla. Eppure la lettera con su prescritta la necessaria terapia e fisioterapia a domicilio tutti i giorni l'ho portata direttamente ai responsabili del servizio ... non sono riuscita ad avere nessuna risposta. Si è mosso anche il mio avvocato, però niente»;
dice ancora la signora Braschi, il figlio Christian ha già dovuto subire ben otto interventi chirurgici. L'operazione più importante è stata nel 2002 per il trapianto dell'anca; pure in questi casi, non è seguito un adeguato ciclo di fisioterapia;
la vicenda appare un clamoroso caso di diritto alla salute negato e di una clamorosa inadempienza del Servizio sanitario nazionale -:
quale siano gli intendimenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione al caso riportato in premessa e a casi analoghi e se non ritenga di dover promuovere un'indagine per accertare l'effettiva consistenza del problema che, nonostante le numerose promesse e assicurazioni finora non ha avuto alcuna risposta concreta.
(4-07788)

Risposta. - Al fine di conoscere le modalità dell'organizzazione del servizio di riabilitazione domiciliare e dell'erogazione delle prestazioni assistenziali necessarie per il caso segnalato nell'interrogazione in esame, questo Ministero ha chiesto i necessari chiarimenti e approfondimenti all'assessorato al diritto alla salute della regione Toscana.
L'assessorato ha precisato che la competente azienda USL 6 di Livorno ha provveduto a coinvolgere i servizi per la salute mentale del territorio della zona distretto della Val di Cornia.
In tal modo si è appreso qual'è il percorso sino ad oggi messo in atto per il piccolo paziente: egli è stato è inserito nei percorsi terapeutico riabilitativi dal novembre 1997, con trattamento fisioterapico a frequenza giornaliera, per poi passare nel tempo da tre a due sedute settimanali.
L'azienda tiene a precisare che il bambino ha da sempre usufruito degli ausili e delle protesi necessarie, e che la frequenza scolastica è sempre stata accompagnata dalla certificazione necessaria all'acquisizione dell'insegnante di sostegno, nonché sostenuta da incontri periodici con la scuola per la progettazione di percorsi individualizzati.
L'evoluzione del piano di trattamento riabilitativo prevede, dal 2008, due sedute di fisioterapia settimanali. Conseguentemente a interventi chirurgici e a trattamenti specifici effettuati in ospedali e in ambulatori fuori dalla ASL di competenza, il trattamento diventa a cadenza giornaliera per il periodo necessario.
In particolare, l'ultima versione del piano di trattamento elaborata a ottobre 2010, prevede due sedute settimanali di fisioterapia e tre sedute settimanali di attività motoria in acqua con operatore specializzato e dedicato; fanno parte del piano anche periodici controlli con il neuropsichiatra infantile, riunioni della famiglia con l'équipe allargata e incontri con la scuola.

I cambiamenti succedutisi nel tempo rispetto al piano di trattamento hanno tenuto conto delle necessità evolutive specifiche del paziente, cercando di rispondere in maniera dinamica e rispettandone i bisogni.
La necessità di una presa in carico costante e continuativa lungo l'intero percorso di crescita e di vita del paziente è sempre stata sostenuta dall'azienda, pur nel quadro di una amministrazione complessa, che può trovarsi a gestire temporanee criticità organizzative.
In questo caso, talune difficoltà si sono manifestate in seguito all'avvicendamento di alcune componenti del personale dell'équipe (neuropsichiatra, terapista della riabilitazione neuro psicomotricista).
In particolare, rispetto a quanto accaduto nel periodo maggio-giugno 2010, l'assessorato ha riportato quanto puntualmente riscontrato dall'azienda.
«Il 29 maggio 2010, la dottoressa neuropsicomotricista del servizio che ha in carico il caso, sapendo del prossimo ricovero del minore ma non conoscendo la data di dimissione, si è preoccupata di informare la madre della propria assenza dal 31 maggio al 2 giugno 2010.
In questa occasione l'operatore aziendale veniva informato dalla famiglia delle dimissioni del ragazzo, previste per lo stesso periodo, dall'IOT di Firenze e del successivo ricovero programmato presso l'ospedale Gaslini di Genova, per un trattamento specifico con tossina botulinica.
La madre di Christian concordava con l'operatrice sulla necessità, per il ragazzo, di un periodo di riposo dopo la prolungata ospedalizzazione e informava che sarebbe stata sua cura ricontattare il servizio alla nuova dimissione.
Tale dimissione è avvenuta il giorno 8 giugno 2010.
La madre, il giorno venerdì 11 giugno 2010 si è presentata all'Ufficio protesi della zona distretto ed ha consegnato la richiesta per il trattamento riabilitativo, insieme alle richieste di protesi prescritte dagli specialisti dell'ospedale Gaslini di Genova.
Il giorno lunedì 14 giugno 2010 la signora è stata contattata telefonicamente per fissare un incontro con il servizio di neuropsichiatria infantile per la validazione del piano di trattamento proposto; l'appuntamento è stato fissato per venerdì 18 giugno 2010.

Nel frattempo, il giorno giovedì 17 giugno stato pubblicato l'articolo oggetto dell'interrogazione in esame.
In considerazione della complessa situazione venutasi a creare, è stato ritenuto opportuno, in base ad una decisione condivisa con la famiglia del paziente, estendere l'incontro fra l'équipe e la famiglia anche al direttore dell'unità operativa riabilitazione funzionale e al responsabile della struttura funzionale.
Al termine della riunione, avvenuta il 23 giugno 2010 è stato condiviso e sottoscritto un documento, condiviso da tutti i convenuti, di chiarificazione e specificazione dei punti del piano di trattamento che avevano presentato criticità».
L'assessorato assicura che le difficoltà riscontrate nell'articolo riportato nell'interrogazione in esame rispetto all'adeguatezza del trattamento e dell'assistenza ricevuta, possono intendersi risolte e l'Azienda si è impegnata in un percorso di valutazione periodica e condivisa con la famiglia per vagliare eventuali ulteriori soluzioni d'intervento funzionali ai bisogni del paziente.

Pertanto, questo Ministero della salute non ritiene di dover avviare ulteriori iniziative al riguardo.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il numero del 10 maggio 2010 di medicina interna Archives of International Medicine, ha inaugurato la sezione «Less is More» («Meno è più»), dove il «meno» è meno farmaci e procedure mediche, e il «più» si riferisce alla salute dei singoli e della società in genere;
in particolare, ci si riferisce ai farmaci contro il mal di stomaco di ultima

generazione, i cosiddetti «inibitori della pompa protonica»; si commentano i danni da abuso di antiacidi, e si annunciano «processi» simili per altri tipi di farmaci (antidepressivi, antipersensivi, anticolesterolo, e altri), esami diagnostici come la TAC e la mammografia, e interventi chirurgici come l'artroscopia;
tra i farmaci per il controllo dell'acidità gastrica, come asserisce il presidente della società italiana psiconeuroendocrinoimmunologia, dottor Francesco Bottaccioli, «i più usati sono i più costosi, gli inibitori della pompa protonica, che bloccano la produzione di acido cloridrico nello stomaco»;
è stato calcolato che ogni anno in Italia si spende circa un miliardo di euro per questo tipo di farmaci; e altri trecento milioni di euro circa ogni anno vengono spesi per il lansoprazolo, altro inibitore della pompa protonica;
nel 2008, ultimo anno disponibile, le prescrizioni sono aumentare di ben il 22 per cento;
un così largo uso di farmaci si deve al fatto che vengono prescritti non solo per le patologie per cui sono indicati, vale a dire le ulcere, le esofagiti, il reflusso gastroesofageo grave, ma vengono ampiamente prescritti anche per la dispepsia funzionale, cioè il comune mal di stomaco, che secondo le statistiche riguarda un adulto su quattro ed è per lo più di origine alimentare o provocata da stress; un abuso facilitato anche dal fatto che raramente si avvertono gli effetti collaterali da parte di chi li assume;
recenti studi, riportati dall'autorevole rivista scientifica Archives, registrano comunque effetti gravi nel lungo periodo, sotto forma di aumento moderato ma significativo delle fratture ossee in donne in menopausa; aumento del 74 per cento del rischio di infezioni da Closuridium difficile, con insorgenza di una colite pseudo membranosa, accompagnata da diarrea e dolori; aumento delle polmoniti, sia ospedaliere che domestiche; a ciò va aggiunta una possibile riduzione dell'assorbimento della vitamina B12, causata proprio dalla forte riduzione dell'acidità dello stomaco prodotto dai farmaci -:
se non si ritenga necessario ed opportuno avviare una campagna di informazione tra medici e gli stessi pazienti, dal momento che, a fronte degli effetti collaterali, se si soffre di un comune mal di stomaco, è meglio cambiare stile di vita, piuttosto che assumere medicinali.
(4-08363)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, nella quale si chiede se non si ritenga necessario e opportuno avviare una campagna di informazione tra i medici e gli stessi pazienti, dal momento che ...se si soffre di mal di stomaco, è meglio cambiare stile di vita..., è opportuno segnalare che il Ministero della salute è ormai da anni impegnato nella realizzazione di campagne di sensibilizzazione e informazione finalizzate alla promozione di corretti stili di vita, volte ad agire, attraverso la responsabilizzazione del singolo, sui determinanti di salute, quali il fumo, l'alcool, l'inattività fisica e l'alimentazione scorretta, che sono alla base della quasi totalità delle malattie croniche.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
secondo le rilevazioni del centro studi dell'Associazione «Tutti a Scuola» mancherebbero circa 65 mila insegnanti, per coprire i bisogni degli studenti disabili;
risulterebbero essere circa 190 mila gli alunni disabili iscritti per l'anno scolastico 2010-2011, ben 16.500 in più rispetto allo scorso anno: di questi 165.000

sono disabili psichici, tra cui il 75 per cento in condizioni «gravi»;
gli insegnanti di sostegno saranno 90.460: insufficienti per soddisfare quel rapporto di uno a due, previsto dalla legge, che nei casi gravi si trasforma in uno a uno;
sono particolarmente significativi i dati di alcune regioni: in Campania, per esempio, il totale degli insegnanti di sostegno è di 11.931, mentre gli alunni disabili sono 22.010, di cui 17.200 invalidi al 100 per cento: occorrerebbero quindi, stando ai calcoli del centro studi, almeno 19.500 insegnanti di sostegno per soddisfare le necessità degli studenti con disabilità nella regione;
in Calabria gli insegnanti di sostegno per l'anno scolastico 2010-2011 sarebbero 3.699, a fronte di 6.450 alunni disabili di cui 5.110 invalidi al 100 per cento: servirebbero circa 5.800 insegnanti di sostegno per rispondere alle loro necessità;
la Corte Costituzionale, con la sua sentenza n. 80 del 2010, ha riconosciuto l'impossibilità di imporre un tetto al numero degli insegnanti di sostegno -:
quali iniziative si intendano adottare a fronte di quanto sopra esposto e per la soluzione dei problemi sopra evidenziati.
(4-08641)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante sollecita l'adozione di iniziative che garantiscano un adeguato numero di docenti di sostegno per coprire le necessità degli alunni disabili, con particolare riferimento alla situazione delle regioni Campania e Calabria.
Preme sottolineare, al riguardo, che il tema dell'integrazione degli alunni con disabilità è costantemente seguito dall'amministrazione, e numerose sono state, nel tempo, fin dall'emanazione della legge n.517 del 1977, le iniziative atte a risolvere le criticità riscontrate e a consentire la piena integrazione degli allievi. Nonostante il permanere di talune criticità, in nessun altro sistema educativo si riscontrano norme avanzate come quelle dell'ordinamento italiano. Il raggiungimento della piena integrazione ha sempre rappresentato un obiettivo primario da perseguire.
Si ricordano, al riguardo, le annuali direttive per l'individuazione degli interventi prioritari e dei criteri generali per la ripartizione delle risorse di cui alla legge n. 440 del 1997, le quali hanno sempre dedicato una particolare attenzione agli interventi finalizzati a dare reale sostegno agli alunni diversamente abili.
Riguardo alla formazione dei docenti, si ricorda che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha attuato il piano di formazione nazionale i care, avente appunto l'obiettivo di formare gli insegnanti nell'ambito delle materie e delle problematiche inerenti l'integrazione scolastica. Unitamente alle Linee guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, del 4 agosto 2009, che hanno ribadito la tematica della corresponsabilità educativa dei docenti curriculari nel processo di cui trattasi, prospettando anche specifiche soluzioni alle criticità emerse nel corso degli anni, il metodo utilizzato nell'ambito del progetto i care contribuirà a radicare nella prassi didattica delle scuole una migliore cultura dell'integrazione, e permetterà alle istituzioni scolastiche di offrire migliori servizi di istruzione a favore degli alunni con disabilità.
La questione specifica, oggetto dell'interrogazione in esame, riguardante il numero dei docenti di sostegno e, conseguentemente, dei relativi organici si colloca nel quadro generale di contenimento della spesa pubblica e di rientro dal deficit. Per la scuola, come è noto, l'articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n.112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.133, ha previsto, tra l'altro, l'adozione, a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e per un triennio, di interventi e misure volti ad incrementare gradualmente di un punto il rapporto alunni docenti, in coerenza con gli standard europei e «tenendo anche conto delle necessità relative agli alunni disabili».
Del resto, l'esigenza di razionalizzazione era già stata prevista dalla legge finanziaria

del 2007 (n.296 del 2006): infatti, al comma 605 dell'unico articolo si sosteneva, tra l'altro, che con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione dovevano essere adottati interventi concernenti la revisione, a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi, al fine di valorizzare la responsabilità dell'amministrazione e delle istituzioni scolastiche, individuando obiettivi, da attribuire ai dirigenti scolastici responsabili, articolati per i diversi ordini e gradi di scuola e le diverse realtà territoriali, in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto alunni/classe dello 0,4.
Si sarebbe dovuto, poi, procedere alla revisione dei criteri e parametri di riferimento ai fini della riduzione della dotazione organica del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.

Come è noto, gli obiettivi fissati dalla citata legge finanziaria sono stati conseguiti soltanto in parte, con la conseguente applicazione della «clausola di salvaguardia» che ha comportato da un lato la rimodulazione negli anni successivi dei tagli previsti e non operati, dall'altro un taglio lineare degli stanziamenti del Ministero dell'istruzione per spese di funzionamento e di supplenze di circa 500 milioni di euro, che è stato parzialmente reintegrato dall'attuale Governo.
In questa prospettiva di razionalizzazione del sistema si collocano, pertanto, le norme del citato articolo 64 della legge n.133 del 2008.
Nel quadro generale di riduzione degli organici, questo Ministero presta particolare attenzione alla tutela dei bisogni e delle esigenze degli alunni disabili, come dimostrano i dati relativi all'area del sostegno.
Infatti, per l'anno scolastico 2010/2011, a fronte di un aumento di ben 7.272 alunni disabili rispetto al precedente anno, pur essendo necessario perseguire i ben noti obiettivi di contenimento degli organici, questo Ministero, anche sulla base di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80/2010, cui l'interrogante fa riferimento, che ha dichiarato l'illegittimità delle norme introdotte con la Finanziaria 2008 che prevedono un tetto all'attivazione dei posti di sostegno, si è adoperato per garantire un numero di docenti adeguato alla domanda.
Il decreto interministeriale relativo agli organici 2010/2011, infatti, in applicazione dell'articolo 9, comma 15, della legge n.122 del 2010, ha confermato un numero complessivo di posti attivabili in ciascuna regione pari alle quantità assegnate in organico di fatto del precedente anno scolastico. A tale contingente vanno aggiunti i posti in deroga che sono stati attivati, ai sensi della medesima norma, per situazioni di particolare gravità. Queste scelte hanno fatto sì che il numero dei docenti, di sostegno passasse da 90.031 dell'anno scolastico 2009/2010 agli attuali 94.430, con la conseguente riduzione del rapporto alunni disabili docenti di sostegno dal 2,01 del 2009/2010 al 2,00 del corrente anno.
Per le scuole delle due regioni citate all'interrogante si forniscono i dati decritti di seguito.
Nella regione Campania, si evidenzia che il rapporto alunni disabili/docenti è pari a 1,70 ed è, quindi, ben al di sotto della media nazionale di 2,00. In particolare, gli alunni disabili campani, pari a 21.519, possono contare su ben 12.597 docenti di sostegno, il numero più elevato in ambito nazionale.
Analogamente, nella regione Calabria i dati finali evidenziano la presenza di 6.534 alunni disabili e di 3.699 posti di docenti in organico, con un rapporto pari a 1,76. Per dare completa attuazione, poi, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2010, la competente Direzione scolastica regionale ha autorizzato ulteriori 138 posti in deroga, fino al completo soddisfacimento di tutte le esigenze di sostegno in favore dei disabili dichiarati in situazione di gravità.
Volendo fare dei raffronti, si nota che il Lazio, pur presentando un numero di poco superiore di alunni disabili rispetto alla Campania, 21.662, può contare su 9.153 docenti di sostegno (3.444 in meno), mentre la Lombardia, che è la regione con il più alto numero di alunni disabili (28.549), dispone di 12.222 posti di sostegno, con un rapporto pari a 2,34.

I dati mostrano chiaramente che non solo, a fronte di una crescente domanda e nonostante le necessità di contenimento degli organici, si è riusciti a ridurre a livello nazionale il rapporto alunni/docenti, ma che la Campania e la Calabria sono tra le regioni in cui tale rapporto risulta più basso.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il manager dell'azienda ospedaliera di Perugia «Santa Maria della Misericordia», Walter Orlandi, in un'intervista pubblicata il 6 gennaio 2011 dal quotidiano Il Mattino cronaca di Salerno, conferma l'esistenza di una circolare secondo la quale dal 1° febbraio le prestazioni ambulatorialmente non potranno essere più somministrate a chi è di fuori regione;
sempre secondo quanto affermato dal dottor Orlandi, se un ammalato è ricoverato forniamo la prestazione; se invece viene nella nostra farmacia e poi il farmaco è somministrato altrove, la pratica è sospesa;
la signora Di Prisco, la cui vicenda è oggetto di una precedente interrogazione, secondo quanto afferma il dottor Orlandi, non avrebbe nulla da temere e potrà avere tranquillamente le cure che fino ad oggi le hanno procurato giovamento;
secondo quanto riferito dalla figlia della signora Di Prisco, signora Marilù, la paziente sarebbe stata allontanata e questo per una restrittiva interpretazione della circolare del dottor Orlandi;
il direttore regionale della sanità umbra dottor Paolo Di Loreto ha minacciato la prima firmataria del presente atto di agire per vie legali per aver sollevato la questione, nell'ambito delle sue prerogative e facoltà di sindacato ispettivo;
la fondatezza della denuncia risulta confermata dalle inequivocabili affermazioni del dottor Orlandi, che ha ammesso un'interpretazione restrittiva ed errata della sua circolare, al caso della signora Di Prisco, e dunque nessun intento diffamatorio è ravvisabile nella pubblica denuncia del caso;
Il Mattino nell'articolo del giornalista Giovanni Colucci pubblicato il 5 gennaio 2011, sostiene come «il caso dell'ammalata di Salerno non sia che la prima di una lunga serie di pazienti oncologici che dovranno rinunciare alle terapie fuori regione» -:
se sia noto quanti siano questi pazienti, che appaiono, come la signora Di Prisco, rubricabili tra i casi vittime di interpretazione restrittiva della circolare Orlandi;
quali iniziative il Ministro intenda promuovere o adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, per evitare che si verifichino violazioni dei livelli essenziali di assistenza e che abbiano a ripetersi episodi come quelli di cui in premessa.
(4-10325)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi pervenuti dalla Giunta regionale - Direzione regionale «salute, coesione sociale e società della conoscenza» della regione Umbria, tramite la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Perugia.
Le autorità sanitarie regionali hanno sottolineato che il Sistema sanitario umbro, come si evince anche dall'ultimo Piano sanitario regionale 2009-2011, approvato con deliberazione del Consiglio regionale 28 aprile 2009, n.298, conferma i valori che ne hanno costituito da sempre il fondamento, tra i quali la natura universalistica, senza distinzioni di genere, età, reddito, rinnovando l'impegno a garantire l'equità di accesso ai servizi sanitari e sociali a tutti i cittadini, e dedicando una particolare attenzione per l'accessibilità alle fasce socialmente, economicamente o culturalmente disagiate.


Nel caso specifico segnalato nell'interrogazione in esame la questione riguarda una paziente oncologica residente in provincia di Salerno, in cura presso la struttura complessa di oncologia medica dell'azienda ospedaliera di Perugia.

La paziente, affetta da carcinoma polmonare ed il cui percorso terapeutico presso la struttura medica umbra ha sortito ottimi effetti in termini di remissione parziale dalla patologia, si è presentata per un controllo, su invito della struttura stessa, a causa di sintomatologia febbrile.
L'asserito rifiuto a praticarle il trattamento chemioterapico da parte dei sanitari, riferito dalla figlia della signora e riportato negli articoli comparsi su Il Mattino di Napoli e su Il Messaggero, edizione Umbria, non è dovuto all'applicazione di disposizioni dei vertici dell'azienda, ma a ragioni di opportunità clinica, legata allo stadio della malattia ed alle condizioni cliniche generali della paziente, la quale è stata viceversa sottoposta ad alcuni accertamenti diagnostici in previsione di trattamenti radioterapici.
La regione sottolinea che alla paziente non è stato negato alcun trattamento, né tanto più è stato interrotto alcun programma terapeutico in atto.
Per ciò che concerne gli aspetti amministrativi della questione, la stessa Regione ha precisato quanto segue:
1) con circolare del 3 gennaio 2011, il direttore generale dell'azienda ospedaliera di Perugia, ha disposto la sospensione - a partire dal 1° febbraio 2011 - della dispensazione dei farmaci «file f» in regime ambulatoriale ai cittadini residenti fuori Regione, motivando il provvedimento con l'esigenza di contenete i costi della spesa farmaceutica;
2) con successiva nota del 7 gennaio 2011, la direzione generale ha precisato, peraltro, che la sospensione dei farmaci summenzionati riguarda la dispensazione effettuata dal servizio farmaceutico per terapie domiciliari ai cittadini residenti fuori dalla regione Umbria.

Pertanto, come si evince dalla nota del 7 gennaio 2011 del direttore generale dell'azienda ospedaliera di Perugia, trasmessa al Presidente della regione ed al direttore regionale alla sanità e ai servizi sociali, il provvedimento in esame non riguarda, vista la decorrenza della sua efficacia, la paziente, ed inoltre non limita la somministrazione di farmaci nell'ambito di una prestazione terapeutica erogata presso la struttura ospedaliera, ma unicamente la dispensazione diretta, da parte della farmacia dell'ospedale, di prodotti utilizzati dai pazienti non residenti presso il proprio domicilio.
In effetti, tali farmaci possono essere erogati in tutte le farmacie ospedaliere del territorio nazionale e, secondo le autorità sanitarie regionali, non sarebbe giusto farne sopportare l'onere alla regione Umbria.
A dirimere definitivamente la «querelle» è intervenuta la direzione regionale sanità e servizi sociali con la nota del 21 gennaio 2011, in cui si invita l'azienda ospedaliera di Perugia a soprassedere rispetto alle iniziative prese e ad attenersi a quanto previsto nel testo unico della compensazione interregionale della mobilità unitaria, pur prendendo atto che la criticità fatta rilevare dall'azienda, circa la compensazione dei farmaci per uso cronico a favore di pazienti residenti fuori regione, sarà valutata in sede di revisione delle linee guida per la definizione degli accordi contrattuali regolanti la compensazione della mobilità intraregionale.
Pertanto, questo Ministero della salute non ritiene di dover avviare ulteriori iniziative al riguardo.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

GIANNI, SARDELLI, BELCASTRO, CALEARO CIMAN, CATONE, CESARIO, D'ANNA, GRASSANO, IANNACCONE, MILO, MOFFA, MARIO PEPE (IR), PIO- NATI, PISACANE, POLIDORI, PORFIDIA, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI e SILIQUINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 3 febbraio 2011, il presentatore televisivo, Alessandro Di Pietro, ha lanciato

un invito al boicottaggio del pomodoro pachino perché la filiera sarebbe controllata dalla mafia;
tale forzatura il conduttore ha ritenuto di farla in virtù delle dichiarazioni del Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che aveva denunciato che «quel tipo di prodotto viene trasportato dal sud della Sicilia al mercato di Fondi, per essere confezionato e poi trasferito nuovamente in Sicilia per la distribuzione nei grandi magazzini»;
dichiarazioni queste che se corrispondessero al vero dovrebbero vedere il conseguente intervento delle autorità predisposte alla repressione dei fenomeni criminali, ma che non dovrebbero essere utilizzate in maniera impropria da un qualunque presentatore in cerca di notorietà;
tale dichiarazione irresponsabile sta aggiungendo di fatto nuovi elementi di crisi in un settore, quello della produzione del pomodoro pachino, che già deve fare i conti con la crisi profonda che attraversa il mondo agricolo;
in questo modo, senza contraddittorio, si è lanciato un'anatema che ha raggiunto l'unico scopo di mettere in crisi un settore produttivo che vede migliaia di persone occupate, le quali rischiano, cosi da un momento all'altro, di vedere fallire i propri sforzi e il proprio lavoro;
appare incomprensibile che nella televisione pubblica, che dovrebbe collaborare a sponsorizzare i prodotti di qualità italiani, si possa, al contrario, arrivare a invitare al boicottaggio di uno dei più conosciuti e apprezzati prodotti del made in Italy agroalimentare;
quanto accaduto ha sollevato la giusta indignazione dei circa cinquemila piccoli produttori e delle quattordici cooperative che producono pomodoro pachino, nonché la dura presa di posizione delle amministrazioni locali, della Confagricoltura e di alcuni autorevoli rappresentanti del Governo nazionale;
l'indignazione nasce non in virtù di un rifiuto delle problematiche denunciate dal procuratore nazionale antimafia ma per il modo con cui si è cercato lo «scoop» televisivo a tutto scapito dei piccoli e medi produttori del pomodoro pachino -:
se il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro dello sviluppo economico intendano:
a) dichiarare lo stato di crisi per il settore produttivo del pomodoro pachino che, proprio grazie alle dichiarazioni ad avviso degli interroganti irresponsabili del presentatore televisivo, ha subito danni devastanti con il rischio concreto, per molti piccoli produttori, di dover chiudere definitivamente le proprie aziende agricole;
b) tutelare uno dei più noti e apprezzati prodotti del made in Italy agroalimentare attraverso una campagna informativa sul lavoro di qualità che accompagna la produzione del pomodoro pachino;
c) contrastare in maniera efficace le attività di contraffazione dei prodotti ortofrutticoli nazionali che vengono danneggiati continuamente dall'importazione incontrollata di prodotti similari, non certo per la qualità, da tutta l'area mediterranea;
se il Ministro dell'interno intenda:
a) rafforzare e sostenere la lotta degli apparati dello Stato, preposti alla repressione dei fenomeni criminali, al fine di accertare tutti i tentativi di inquinare il comparto produttivo del pomodoro pachino attraverso l'allungamento della filiera, rendendo la stessa trasparente e inaccessibile ad eventuali infiltrazioni mafiose;
b) effettuare simili controlli per quanto riguarda tutta la produzione ortofrutticola, al fine di non fare pagare costi alterati ai consumatori a causa di eventuali

infiltrazioni criminali, riuscendo, al contempo, a dare un aiuto concreto ai produttori onesti che da simili infiltrazioni criminali risultano essere i primi danneggiati.
(4-10888)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente presunte infiltrazioni mafiose tra i produttori di pomodori di Pachino, ritengo intollerabile e inaccettabile l'utilizzo di trasmissioni televisive per lanciare campagne di boicottaggio al consumo di pomodori provenienti dal suddetto territorio.
Simili iniziative, che gettano discredito su un'area produttiva così prestigiosa dal punto di vista della qualità dei prodotti, possono solo arrecare danno alla nostra agricoltura.
Ciò premesso, lasciando alle istituzioni competenti il contrasto alla criminalità organizzata, non posso che sottolineare con forza come l'Amministrazione che rappresento sostenga con tutti i mezzi a disposizione il pomodoro di Pachino e gli altri prodotti Dop e Igp, schierandosi sempre in prima linea per promuovere e valorizzare il ricco patrimonio della nostra agricoltura.
Il pomodoro di Pachino, in particolare, rappresenta un prodotto di eccellenza del patrimonio agroalimentare italiano e, come tale, è stato tutelato mediante l'iscrizione nel registro delle indicazioni geografiche protette che comporta, per i produttori che intendono utilizzare la denominazione «Pomodoro di Pachino», di assoggettarsi ad un sistema di controllo (attualmente gestito dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia «A. Mirri»), non solo a tutela della denominazione ma anche per agevolare l'attività di contrasto alle eventuali contraffazioni.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Francesco Saverio Romano.

GIOVANELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tutti i Ministeri spendono ogni anno una parte delle loro dotazioni finanziarie per la stipula di abbonamenti ad agenzie di stampa;
è fondamentale il ruolo che il dicastero degli affari esteri ha nei confronti delle minoranze italiane all'estero -:
con quali e quante agenzie il Ministero degli affari esteri abbia stipulato abbonamenti a notiziari e per quale importo.
(4-10454)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri promuove la più ampia diffusione di informazioni per e dalle collettività italiane e di origine italiana residenti all'estero; al fine di rinsaldarne i legami con il Paese di origine, anche attraverso un costante aggiornamento sull'attualità nazionale. Con tali finalità, a valere sui fondi. stanziati sul capitolo di bilancio 3122 (dedicato a spese per attività culturali, educative, ricreative e informative in favore dei connazionali e delle collettività italiane all'estero) vengono sottoscritti abbonamenti a notiziari concepiti per l'estero, inviati ai destinatari in via telematica mediante posta elettronica.
Gli editori e le agenzie giornalistiche che annualmente propongono i propri prodotti vengono selezionati dopo avere verificato la rispondenza del servizio offerto alle finalità sopraindicate, e previo accertamento del possesso dei requisiti generali e di idoneità professionale, che costituiscono presupposti necessari per la stipula di contratti pubblici, secondo quanto prescritto dalla normativa vigente in materia (vedi articoli 38 e 39 del decreto legislativo n. 163 del 2006).
I destinatari degli abbonamenti a tali servizi informativi sono gli operatori dei media italiani diffusi all'estero; i componenti del Comitato di presidenza e il Presidente della Commissione "informazione e comunicazione" del Consiglio generale degli italiani all'estero; nonché Presidenti e membri dei Com.It.ES.. Ciascuno dei notiziari selezionati è contraddistinto da caratteristiche peculiari, che concorrono a determinare il costo unitario richiesto dagli editori per i singoli abbonamenti,

nonché il quantitativo totale di abbonamenti acquistati.
Per l'anno 2011 sono stati sottoscritti gli abbonamenti annuali di seguito specificati, per gli importi rispettivamente evidenziati, comprensivi di IVA:
a) notiziario quotidiano (dal lunedì al venerdì) Aise, realizzato da Sogedi Srl ed edito dal 1975, caratterizzato mediamente da oltre 50 notizie giornaliere e integrato settimanalmente da supplementi culturali e di attualità parlamentare - costo totale di euro 131.000,73;
b) notiziario quotidiano (dal lunedì al venerdì) Inform, realizzato da Inform Idg Srl ed edito dal 1961, caratterizzato mediamente da oltre 30 notizie giornaliere - costo totale di euro 60.365,45;
c) notiziario quotidiano (dal lunedì al venerdì) Grtv, realizzato da Agenzia Grt Società cooperativa a responsabilità limitata ed edito dal 1984, caratterizzato mediamente da circa 18 notizie giornaliere e integrato da un notiziario audio di informazioni nazionali, ascoltabile sul sito web dell'Agenzia - costo totale di euro 34.594,56.

Ai suddetti servizi quotidiani si aggiunge il notiziario settimanale (in uscita il giovedì, con un sintetico aggiornamento il martedì) nove colonne Atg, realizzato da Nove colonne società cooperativa di Giornalisti a responsabilità limitata ed edito dal 1996. Si tratta di un servizio caratterizzato mediamente da 80 articoli settimanali - specificamente acquistato in favore di un'utenza composta da media italiani all'estero - la cui peculiarità risiede nel fornire ad uso degli editori una selezione e sintesi dei principali avvenimenti nazionali della settimana, unitamente a una sezione dedicata a tematiche di interesse per gli italiani nel mondo. Il relativo costo totale annuo è di euro 64.864,80.
Si fa infine presente che, ad integrazione dei. sistematici controlli eseguiti per verificare la puntualità e la regolarità dei servizi offerti, per quest'anno è in programma il monitoraggio periodico presso i relativi destinatari, al fine di confermarne la corretta ricezione ed il gradimento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GIRLANDA - Al Ministro degli affari esteri - Per sapere - premesso che:
dopo il 1945 in Jugoslavia le leggi di nazionalizzazione volute dal governo di Tito avevano sancito l'impossibilità per gli stranieri di ottenere la restituzione dei beni confiscati nel corso della seconda guerra mondiale e nei mesi successivi al trattato di pace;
la prossima ricorrenza del «Giorno del Ricordo» delle vittime delle foibe e dell'esodo delle popolazioni della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia costituisce un'occasione per rinnovare l'impegno della Repubblica italiana a sostegno delle legittime e persistenti richieste dei congiunti delle vittime e degli esiliati, che solo dal 2004, con la legge 30 marzo n. 92, hanno ottenuto il riconoscimento formale di tali tragedie, volutamente trascurate nel corso della Prima Repubblica;
dopo la nascita della Repubblica Croata sono stati avviati oltre quattromila processi di richiesta di restituzione dei beni confiscati presso il Ministero della giustizia croato, tra cui 1034 da parte di nostri connazionali, vicenda che tuttavia riguarda anche l'omologa istituzione slovena;
il 22 agosto 2010 i giudici dell'Alta corte di Zagabria hanno emesso una sentenza che autorizza gli stranieri, italiani compresi, a rientrare in possesso dei beni espropriati dopo il 1945;
la risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4/08569, presentato il 15 settembre 2010, resa dal Sottosegretario agli affari esteri, Alfredo Mantica, ha chiarito in maniera esaustiva lo stato attuale dei colloqui e dell'azione del Governo con le istituzioni croate e slovene -:
quale sia lo stato attuale delle iniziative sul piano diplomatico e giuridico con i Governi delle Repubbliche di Slovenia e Croazia in relazione alla restituzione

dei beni espropriati a seguito delle leggi di nazionalizzazione jugoslave nel dopoguerra.
(4-10780)

Risposta. - Come già segnalato nella mia risposta all'interrogazione n. 4-08569, il Ministero degli affari esteri sta seguendo con attenzione l'applicazione della sentenza della Corte suprema della Repubblica di Croazia che, nel mese di agosto 2010, si è pronunciata in favore dell'estensione ai cittadini stranieri - e quindi anche ai cittadini italiani - dei benefici previsti dalla legge croata del 1996 sulle denazionalizzazioni, riconoscendo quindi una parità di trattamento, pur se con i limiti già descritti nella suddetta risposta.
Secondo i dati conosciuti, sarebbero ancora oggi oltre mille le richieste di restituzione/indennizzo giacenti, formulate nel corso degli anni da cittadini italiani. In questi ultimi mesi, il Ministero degli affari esteri ha continuato a monitorare con attenzione la concreta attuazione di tale sentenza in tutti i suoi aspetti procedurali e di sostanza, anche grazie all'ausilio ed all'assistenza prestati agli interessati da parte delle nostre sedi diplomatico-consolari, sollecitando, il rapido esame delle domande pendenti.
Nel quadro delle ottime relazioni bilaterali tra Italia e Croazia, caratterizzate sempre più da una prospettiva europea; tale assistenza ed ogni opportuno intervento verranno naturalmente messi in essere ed esercitati anche nel prossimo futuro.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GRIMOLDI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Governo risulta aver approvato una graduatoria funzionale al reclutamento di cento allievi marescialli per il ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri, esito dello svolgimento del 16o concorso indetto per selezionarli;
dal reclutamento sono stati esclusi sessanta candidati dichiarati «idonei non vincitori», che sono andati ad aggiungersi ai circa quaranta di un precedente concorso, il 15o, egualmente dichiarati «idonei non vincitori»;
successivamente, il 7 ottobre 2010, il direttore generale per il personale del Ministero della difesa ha firmato un nuovo decreto, che consentirà l'immissione nell'Arma dei carabinieri di altre 490 persone destinate al ruolo ispettori dei marescialli, previo l'espletamento di un altro concorso;
le procedure concorsuali di questa natura rappresentano comunque un costo per l'amministrazione che vi fa ricorso;
è presumibile che i circa cento aspiranti risultati «idonei non vincitori» al termine delle due ultime selezioni prendano parte al prossimo concorso per il reclutamento nella medesima posizione, il 17o, appena indetto -:
se non sia opportuno che l'Amministrazione della difesa attinga all'ampio bacino delle persone dichiarate idonee, seppur non vincitrici dei precedenti concorsi, prima di ricorrere ad una nuova selezione.
(4-09192)

Risposta. - In relazione all'opportunità di attingere dal bacino degli idonei non vincitori dei concorsi precedenti prima di fare ricorso ad una nuova procedura concorsuale - premesso che, in assenza di un'apposita previsione normativa, non vi è alcun obbligo in tal senso - la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che l'istituto dell'utilizzazione della medesima graduatoria per la copertura di posti successivamente resisi vacanti (cioè dopo la chiusura delle operazioni concorsuali) è pur sempre un istituto eccezionale rispetto alla comune regola secondo cui i posti devono essere coperti, previo apposito concorso, dai soli vincitori.
Ciò detto, la configurabilità dell'obbligo di «scorrimento» o della preclusione all'indizione di un nuovo concorso - in quanto incidente sulla potestà di autodeterminazione discrezionale dell'Amministrazione -

non può che conseguire (nella vigenza del principio di legalità) a prescrizioni normative espresse.
In carenza di simili vincoli l'utilizzazione delle graduatorie oltre i termini e le modalità fissate dalla singola procedura concorsuale non possono che essere ricondotte a scelte discrezionali dell'Amministrazione Difesa.
Tali scelte, proprio perché, rispondenti ad esigenze correlate non all'interesse del singolo ma all'interesse pubblico, costituiscono un'applicazione dei principi sanciti dall'articolo 97 della Costituzione (ex plurimis, parere Consiglio di Stato -, sezione terza, n. 10644 del 2004 in data 12 ottobre 2004).
Allo stesso tempo, si fa rilevare che, con riguardo alle particolari esigenze dell'Amministrazione militare, il cui ordinamento è retto da normativa di carattere speciale, il reclutamento del personale nelle Forze armate esige l'accertamento «attuale» dei requisiti di età, efficienza, idoneità psico-fisica e attitudinale, i quali non appaiono compatibili con l'assunzione di idonei in concorsi banditi precedentemente.
Tra l'altro, il ricorso agli idonei non vincitori di precedente concorso rappresenterebbe una penalizzazione per le aspirazioni dei più giovani privandoli della possibilità di accedere alle Forze armate.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno circa 2 miliardi di euro vengono spesi per cercare di debellare la cosiddetta «infezione ospedaliera», un'insidiosa malattia del sistema sanitario, che viene contratta dal paziente in ospedale. Si tratta di una nuova patologia, composta da ceppi batterici aggressivi e resistenti che vengono appena scalfiti dai normali antibiotici. Simili infezioni interessano tutte le strutture, pubbliche e private, senza risparmiare i punti di eccellenza: la media nazionale italiana è dell'8,7 per cento (poco meno di un paziente su 10) contro il 7,7 per cento della media europea. E la forbice dell'incidenza per questo genere di malasanità varia, in Italia, dal 5 per cento al Nord al 17 per cento al Sud. Tra gli episodi più recenti, si può citare la vicenda di Antonella Mansueto, 22 anni, morta all'inizio di ottobre 2010 dopo un mese e mezzo di agonia, per aver contratto un'infezione all'ospedale di Putignano (Bari), dove era stata ricoverata per l'asportazione di una cisti; oltre a lei, Carmelo Finocchiaro, 33 anni camionista, originario di Taormina, deceduto alla fine di settembre all'ospedale Cannizzaro (Catania) in seguito ad uno shock settico; diciassette medici di due ospedali, quello di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), sono indagati per omicidio colposo. L'uomo era stato ricoverato in agosto dopo un incidente stradale: poi un principio di cancrena, un secondo ricovero, l'amputazione del braccio ed il coma;
simili casi, la cui sequela raggelante; sarebbe lunghissima e in continuo aggiornamento, non risparmiano neppure le regioni settentrionali: il 2 ottobre, per esempio, Loredana Mainetti, 59 anni, muore all'ospedale Maggiore di Bologna per una setticemia contratta dopo un'endoscopia per l'asportazione di un polipo duodenale (una dozzina i medici indagati). Il numero dei pazienti infettati, soltanto nel 2009, è stimato tra 500 e 750 mila, con una correlata mole di decessi che oscilla tra i 4.500 e i 7.500, più degli incidenti stradali. E le ricadute economiche sono enormi: le infezioni ospedaliere comportano complessivamente oltre 3,7 milioni di giornate aggiuntive di ricovero all'anno (dati 2009), il cui costo è di circa 1,9 miliardi di euro. Un ricovero semplice costa 600-700 euro al giorno, che diventano circa 2.000 euro nel caso di una degenza in terapia intensiva, spesso necessaria. «Le leggi per contrastare le infezioni ospedaliere ci sono da una ventina d'anni e sono buone, ma non vengono applicate in maniera sistematica e vengono il più delle volte lasciate ad iniziative personali lodevoli ma inefficaci», spiega Luigi Toma, infettivologo dell'istituto nazionale tumori Regina Elena e dell'istituto dermatologico San Gallicano,

nonché consulente dell'ospedale Sant'Eugenio e del Cto. Rimane spesso sulla carta l'obbligo ministeriale di istituire sul territorio appositi comitati infezioni ospedaliere. «Occorre una svolta», dice Toma. «I direttori generali degli ospedali dovrebbero essere valutati anche per la capacità di contrastare le infezioni ospedaliere con adeguate iniziative di tipo strumentale e culturale. Se alcune di queste infezioni sono difficilmente prevenibili, un buon 30 per cento si può decisamente evitare con una corretta azione di prevenzione»;
il risparmio economico sarebbe considerevole; una rilevante questione connessa è poi l'uso degli antibiotici. «L'Agenzia italiana del farmaco ha divulgato lo scorso 18 novembre, giornata europea degli antibiotici, un dato significativo: 413 milioni di euro è l'eccesso di spesa, del tutto evitabile, causato dai consumi non appropriati di antibiotici prescritti con superficialità e spesso assecondando la cosiddetta medicina difensiva, che ha a sua volta aumentato ulteriormente le spese». L'esito nocivo è in tal caso l'antibiotico-resistenza: ovvero i pazienti non rispondono più alle terapie perché i germi imparano a resistere a quei farmaci. Secondo la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), le infezioni si sviluppano maggiormente nell'apparato urinario (26 per cento e in quello respiratorio (le polmoniti sono il 25 per cento). Ci sono poi quelle del sangue (18 per cento) e della ferita chirurgica (16 pr cento). E particolarmente vulnerabili sono le sale operatorie, le unità di terapia intensiva, i reparti di oncologia, di ematologia, di geriatria, o comunque, dove si trovano pazienti immunodepressi. Teoricamente il personale sanitario è ampiamente istruito sulle normali misure di profilassi: lavarsi spesso le mani e asciugarle con carta, usare con ogni accorgimento guanti e mascherina, evitare con cura di uscire dagli ambienti di degenza con il camice e gli zoccoli. Ma queste regole, specie nei centri più grandi e affollati, vengono spesso disattese. E tuttavia il problema più strutturale è quello della collaborazione e manutenzione degli ambienti più esposti, che spesso, più degli scorretti comportamenti individuali, è la vera causa della presenza dei batteri. «Nelle strutture - spiega Toma - in cui non c'è un reparto di infettivologia o comunque manca un consulente infettivologo, la sorveglianza epidemiologica e l'appropriatezza prescrittiva degli antibiotici sono inadeguate. Bisogna puntare l'attenzione sulle infezioni ospedaliere anche quando non producono effetti mediaticamente eclatanti. Ed è necessario che di questa materia vengano a rispondere i direttori generali degli ospedali, responsabilizzandoli sempre di più. Del resto, la procurata infezione ospedaliera è un reato, come ha affermato il procuratore aggiunto di Torino, Guariniello, e come ben sanno gli avvocati che intentano azioni giudiziarie di richieste risarcitorie con sempre maggior frequenza» -:
quali iniziative di correttezza il Ministro intenda adottare al fine di promuovere controlli più severi e restrittivi sulle infezioni ospedaliere, che possono essere contratte anche a seguito di operazioni chirurgiche elementari e basilari.
(4-10545)

Risposta. - Le infezioni associate all'assistenza sanitaria sono state al centro di studi di prevalenza negli ospedali d'Europa già dagli anni settanta e rappresentano, di fatto, una problematica cogente in sanità pubblica umana, sia in termini di morbosità e qualità delle cure sia per quanto riguarda i costi, correlati alle spese di degenza.
Nel 1984 l'Ufficio regionale dell'organizzazione mondiale della sanità ha emanato raccomandazioni in cui si dichiarava che le infezioni associate all'assistenza erano tra gli obiettivi prioritari di salute per il 2000.
Il Ministero della salute ha pubblicato due lettere circolari, rispettivamente la n. 52 del 1985 e la n. 8 del 1988, in cui sono stati sottolineati l'importanza dell'istituzione del Comitato per le infezioni ospedaliere (Cio), composto da esperti di più specialità sanitarie, la figura dell'infermiere addetto al controllo delle infezioni ospedaliere;

e la necessaria offerta formativa, come percorso obbligato per l'acquisizione di figure professionali ad hoc per tale problematica; inoltre, nella seconda circolare, sono stati indicati sia il tipo di sorveglianza da effettuare (sorveglianza in reparti a rischio, sorveglianza per problemi, sorveglianza continuativa, sorveglianza di laboratorio eccetera sia le infezioni più frequenti da sorvegliare, quali le infezioni del sito chirurgico, infezioni delle vie respiratorie, le sepsi. Questi documenti hanno fornito una indicazione in merito alle necessità ravvisate dalla struttura ospedaliera.
Negli anni novanta con la trasformazione dell'ospedale in azienda, l'istituzione dei Cio è stata indicata come uno dei requisiti per il riconoscimento della qualità delle cure dell'azienda stessa.
A questo si sono susseguiti, negli anni, numerosi studi di prevalenza in ospedali italiani ed europei, per la stima della prevalenza ed incidenza delle infezioni associate all'assistenza.
I dati più recenti di questi studi hanno mostrato una prevalenza in Europa di tali infezioni che varia dal 5 per cento all'8 per cento con 450.000-700.000 episodi infettivi l'anno, di cui più del 30 per cento prevenibili con le comuni pratiche igieniche, tra cui il lavaggio delle mani. L'Italia si pone intorno al 7 per cento di prevalenza come dato nazionale del 2008 per queste infezioni.
I dati sulle infezioni associate all'assistenza comunicati all'Europa, fino al 2007, provengono dal Progetto IPSE, progetto europeo, finanziato dall'università di Lione e a cui anche l'Italia ha aderito, mentre per quanto riguarda la tipologia delle infezioni investigate si è fatto riferimento al protocollo Helics che si basa su una definizione di caso del
centers for disease control and prevention (Cdc) di Atlanta del 1992. Pertanto, le infezioni che vengono notificate sono quelle più rappresentative, tra cui le infezioni del sito chirurgico, le polmoniti nel paziente sottoposto a ventilazione infezioni artificiale (Vap), e le sepsi associate a catetere venoso centrale.
Sulla base dei risultati dei dati di prevalenza, analizzati dal 2004 al 2008 per queste infezioni, dal centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) di Stoccolma e pubblicati sull'
Annual Epidemiological Report del 2010, è stato evidenziato che, per quanto riguarda le infezioni del sito chirurgico, la frequenza di tali infezioni varia per il tipo di intervento chirurgico; difatti è stata registrata la frequenza pari al 9,2 per cento per gli interventi di chirurgia sul colon, mentre le percentuali più basse di infezioni del sito del chirurgo (0,6 per cento) sono state registrate per gli interventi di protesi del ginocchio.
Tali dati sono da interpretare con cautela, dal momento che alcuni stati membri hanno sistemi di sorveglianza più consolidati rispetto ad altri; inoltre è necessario integrare i risultati delle incidenze delle infezioni del sito chirurgico con l'indice di rischio, in merito ad alcune variabili quali l'incidenza di tali infezioni dopo la dimissione del paziente e la correlazione di tali infezioni con la durata della degenza nella struttura sanitaria. Per quanto riguarda le infezioni in terapia intensiva (polmoniti da ventilazione e infezioni del torrente circolatorio da catetere venoso centrale), i dati afferenti all'Ecdc e pubblicati nel
report del 2010 differiscono in merito al tipo di sorveglianza (studi pilota, sorveglianza sui casi) e si evince che su 54.437 pazienti che soggiornano in terapia intensiva più di un giorno, il 7,4 per cento contrae una polmonite associata a ventilazione polmonare nel 90,1 per cento dei casi. L'incidenza totale di polmoniti in soggetti sottoposti a ventilazione varia da 3,3 episodi per 1000 giorni di degenza in terapie intensive con meno del 30 per cento di pazienti intubati a 6,4 episodi per 1000 giorni di degenza in terapie intensive che hanno il 30-59 per cento di pazienti intubati.
Non esiste ad oggi, né in Italia né in Europa, alcun sistema di sorveglianza su base nazionale condiviso e comune, a causa delle caratteristiche di queste infezioni che differiscono in base alla tipologia della raccolta dei dati da ospedale ad ospedale. Inoltre è in corso un progetto multi-centrico, finanziato dall'Ecdc per stabilire ed

adottare una definizione di caso comune in Europa per tali patologie.
Durante questi ultimi 5 anni, il mistero della salute-centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) ha finanziato e coordinato molteplici convenzioni con le regioni italiane, tra cui il Progetto «Inf-Oss» conclusosi nel 2008, attraverso il quale è stato prodotto un «Compendio delle principali misure per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all'assistenza», documento di raccomandazioni sulle misure igieniche da adottare per contrastare tale fenomeno negli ospedali.
Dai dati di tale studio è stato evidenziato come il 76 per cento degli ospedali ha attivato sistemi attivi di sorveglianza delle infezioni associate all'assistenza, mediante studi di prevalenza ripetuti, sorveglianza per obiettivi o sorveglianza in reparti a rischio. I reparti più frequentemente inclusi nella sorveglianza sono state le unità di terapia intensiva (73 per cento degli ospedali hanno attivato sistemi di sorveglianza in tal senso), seguiti dalla chirurgia (55 per cento, l'ortopedia (47 per cento, la ginecologia ed ostetricia (38 per cento).
Per quanto riguarda la presenza di Comitati per le infezioni ospedaliere (Cio), di medici e infermieri addetti al controllo di tali infezioni, e di sorveglianza attiva delle infezioni in laboratorio, rispetto all'ultimo studio effettuato dall'Istituto superiore di sanità nel 2000, i dati hanno mostrato un incremento della media di ospedali che hanno contemporaneamente un Cio in funzione, un medico ed un infermiere addetto (superiore al 40 per cento e di quelli con programmi di sorveglianza attiva di laboratorio (media superiore al 50 per cento.
Sebbene tali dati siano migliori rispetto all'ultimo
report nazionale del 2000, vi è una differenza sulle attività di sorveglianza, sull'adozione di piani aziendali per infezioni ospedaliere e sull'istituzione dei Cio, che varia da regione a regione.
Il Ministero della salute, data l'importanza di tale tematica in sanata pubblica ha posto la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all'assistenza sanitaria, nel piano nazionale della prevenzione 2010-2012 come uno degli obiettivi sottoposti ad azioni centrali per la programmazione e la pianificazione dei piani sanitari regionali.
Alcune regioni hanno prodotto, in merito a linee d'intervento specifiche azioni di prevenzione che sono state sottoposte al Ministero della salute per la valutazione
ex-ante.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

CESARE MARINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la minoranza arbëreshe è tra le grandi etnie esistenti in Italia e la più numerosa tra quelle insediate nel Mezzogiorno;
l'arrivo di esuli albanesi nel 1468 dall'Albania e nel 1530 dalla Grecia fu causato dalla morte dell'eroe Giorgio Castriota Sacanderbeg e dall'occupazione da parte dei Turchi, prima della regione albanese e successivamente del Peloponneso;
attualmente i discendenti delle ondate migratorie di massa del quindicesimo e sedicesimo secolo abitano in cinquanta comuni, disseminati in più regioni, in particolare in numero elevato in Calabria per essere stati accolti con favore dai feudatari locali che hanno utilizzato l'imponente esodo per ripopolare contrade disabitate e incolte;
nonostante siano trascorsi dal loro arrivo più di cinque secoli e si siano integrati completamente alle popolazioni indigene, conservano la lingua delle origini, le tradizioni, costumi di vita, il rito religioso bizantino e i caratteristici ambienti urbani delle loro abitudini di vita sociale;
gli elementi specifici di questa popolazione consistono nell'uso quotidiano della lingua, tramandata da generazione in generazione e custodita come patrimonio inviolabile di ogni famiglia;

a San Demetrio Corone, comune albanofono, in provincia di Cosenza, esiste un liceo ginnasio che ha il merito di essere stato la prima scuola superiore sorta in Calabria nel 1794;
il collegio italo-albanese «S. Adriano», con annesso liceo classico di San Demetrio Corone, ha svolto egregiamente il compito di preparare i giovani intellettuali calabresi e per un certo periodo, per espressa volontà dei governi succeduti dopo il 1861, anche giovani d'Albania;
i rapporti di amicizia tra l'Italia e il popolo di Albania, esistenti tutt'ora, hanno favorito l'impegno dello Stato italiano nella formazione delle classi dirigenti del piccolo Paese dei Balcani e che, nel passato, un ruolo centrale lo ha avuto il collegio S. Adriano;
vi è il concreto interesse del nostro Paese di preservare il rapporto privilegiato con l'Albania in prospettiva del suo ingresso nell'Unione europea nonché della non lontana realizzazione, come deciso nella conferenza di Barcellona, di un'area di libero scambio nel Mediterraneo tra l'Unione europea, i Paesi dell'Africa del Nord e dei Balcani;
l'importanza del liceo ginnasio di San Demetrio Corone ha avuto nel passato ampi riconoscimenti circa la sua specificità di istituto di formazione preposto alla preparazione dei giovani italo-albanesi, dei calabresi e alla funzione di penetrazione culturale nei Balcani, utilizzando il rapporto con l'Albania;
per soddisfare l'esigenza della minoranza linguistica Arbëresh di conservare la lingua di origine, utilizzata nei rapporti interpersonali, fu ritenuto, fin da epoca remota, di prevedere tra le materie di insegnamento la lingua e letteratura albanese;
il Governo del regno di Napoli istituì fin dal 1849 l'insegnamento curriculare di lingua e letteratura albanese, affidando la cattedra al maggiore poeta arbëreshe Girolamo De Rada, sospesa nel 1852 per le idee nuove che professava il docente, ripristinata successivamente nel 1892 fino alla morte dell'insigne linguista, avvenuta nel 1903;
la cattedra fu di nuovo ripristinata con decreto ministeriale del 16 aprile 1924 e, dopo una sospensione, avvenuta alla fine degli anni 30 motivata dalle difficoltà di reperire docenti qualificati nella materia, in via parzialmente sperimentale, fu definitivamente attivata nell'anno accademico 1988/89 ed è tutt'ora in funzione come disciplina caratterizzante lo stesso istituto;
per l'anno scolastico iniziato i ridotti trasferimenti pubblici hanno comportato un minor numero di ore alla prima classe del ginnasio che prelude, con la riduzione annuale delle ore, alla sparizione della cattedra;
erroneamente si ritiene la lingua e letteratura albanese una seconda lingua straniera, mentre, invece, si tratta di un insegnamento curriculare, indispensabile per la tutela della minoranza arbereshe e per i rapporti di amicizia e interscambio economico con l'Albania;
è esigenza, ritenuta prioritaria da parte delle minoranze linguistiche, la tutela delle lingue parlate per cui si vanificherebbe il dettato della legge 15 dicembre 1999, n.482, qualora dovesse essere abolita la cattedra;
le nuove disposizioni ministeriali degli ultimi anni in materia di formazione delle classi secondo un certo rapporto docente-alunni e di abolizione di corsi erano temperate dalle necessarie eccezioni per alcune particolari situazioni, quali l'esistenza di minoranze linguistiche e di diffuse devianze gravi -:
se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di assicurare dal prossimo anno scolastico il mantenimento nel liceo ginnasio di San Demetrio Corone dell'insegnamento di dieci ore, che si traducono in due ore per classe, della lingua e letteratura albanese e se non reputi opportuno, conformemente alle indicazioni contenute da più

anni nelle direttive dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, promuovere cattedre di lingua e letteratura albanese in tutti i comuni a maggioranza Arbëreshe.
(4-08928)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante necessita dell'insegnamento della lingua e della letteratura albanese in un istituto di un comune albanofono della regione Calabria.
Al riguardo si fa presente che la legge del 15 dicembre 1999, n. 482, all'articolo 4 commi 1 e 2, tutela l'apprendimento della lingua e della cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano ed il sardo esclusivamente nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, previa richiesta dei genitori.
Alla direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l'autonomia scolastica di questo ministero è affidata la gestione del piano del finanziamenti relativo alla tutela e valorizzazione delle lingue di minoranza, a cui si provvede con cadenza annuale mediante diramazione, prima dell'inizio delle attività scolastiche, di apposita circolare recante i criteri stabiliti per la realizzazione di progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali appartenenti alle minoranze linguistiche, in ottemperanza dell'articolo 5 della richiamata legge n. 482 del 1999.
Questa attività di progettazione trova piena attuazione nell'ambito dell'esercizio dell'autonomia scolastica quale, ampliamento dell'offerta formativa, realizzando, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 e all'interno della quota del curricolo locale o come attività extra curricolare, modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua storica e delle tradizioni culturali delle comunità locali e stabilendo tempi e metodologie.
In tal senso l'articolo 8 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 riconosce alle scuole la possibilità di destinare il 15 per cento del monte ore annuo ad attività legate alla conoscenza, ricostruzione e valorizzazione del proprio patrimonio culturale. Si permette così di apprezzare la propria storia nell'ambito della valorizzazione della cultura del confronto che è alla base della convivenza civile e democratica.
Con il decreto ministeriale 28 dicembre 2005 la quota dei curricoli rimessa all'autonomia delle istituzioni scolastiche, nell'ambito degli indirizzi definiti dalle regioni, è stata elevata al 20 per cento. Tale aliquota, a seguito della nota ministeriale n. 721 del 2006 che ne ha precisato l'applicabilità alle scuole di ogni ordine e grado, è utilizzabile anche nei licei-ginnasio. Il curricolo locale rappresenta la possibilità, offerta dalla normativa sull'autonomia alle singole istituzioni scolastiche, di rispondere in modo adeguato ai bisogni formativi rilevati nel proprio contesto di riferimento, pur nel rispetto del senso di appartenenza, della memoria culturale dell'identità storica dello Stato.
Infatti, la normativa vigente, decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 e decreto ministeriale n. 37 del 26 marzo 2009, relativo alle disposizioni impartite in materia di ordinamento della classi di concorso a cattedre, non prevede classi di concorso o cattedre di insegnamento per le lingue di minoranza, ad eccezione della lingua ladina e della lingua slovena.
Pertanto, l'esigenza formativa connessa alla lingua di minoranza parlata trova tutela nella legge n. 482 del 1999 per quanto riguarda le scuole dell'infanzia primaria e secondaria di primo grado, mentre bisogna far riferimento alla normativa precitata per le scuole secondarie di secondo grado.
Relativamente all'istituzione scolastica interessata la direzione generale competente ha comunicato che la scuola, per le classi di scuola materna, primaria e secondaria di primo grado, ha, nel tempo, aderito alle proposte presentate annualmente dalla circolare emanata da questo Ministero ed ha ricevuto l'erogazione dei finanziamenti previsti per la realizzazione dei percorsi progettuali proposti anche in rete con altre

scuole del territorio finalizzati alla tutela del patrimonio prevalentemente orale della lingua di minoranza storica in questione. Da ultimo, in data 8 ottobre 2010 l'istituto ha presentato un progetto per concorrere ai finanziamenti di cui alla circolare, ministeriale del 20 luglio 2010 n. 58 relativamente alla realizzazione della lingua arberesh.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

MINARDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Il Ministero dell'interno e, nello specifico, la direzione centrale della finanza locale ha destinato e trasferito le somme relative a «contributi ordinari» e «contributi per sviluppo investimenti»;
già lo scorso 4 ottobre 2010 tutte le province ed i comuni della regione Sicilia hanno ricevuto i rispettivi importi;
tra le province siciliane solo a quella di Ragusa non è stato effettuato il trasferimento relativo alla voce «contributi ordinari», ma solo «contributi per sviluppo investimenti»;
la provincia di Ragusa, nel corso del 2010 ha ottenuto le prime due erogazioni, la prima delle quali il 19 febbraio 2010 e la seconda il 15 maggio 2010. Viene pertanto a mancare la terza trimestralità;
nella provincia di Ragusa, come nel resto della regione, tutti i comuni hanno già ricevuto lo stanziamento relativo ai «contributi per sviluppo investimenti» con l'unica eccezione del comune di Comiso -:
quali siano le ragioni per cui alla provincia regionale di Ragusa ed ai relativi comuni non è stata assegnata la terza trimestralità dei «contributi ordinari»;
quale sia il motivo per cui al comune di Comiso non è stato riconosciuto il «contributo per sviluppo investimenti».
(4-09002)

Risposta. - In merito al mancato trasferimento alla provincia di Ragusa delle somme relative a «contributi ordinari», si fa presente che la terza rata di tale contributo è stata pagata in data 19 ottobre 2010. In precedenza tale pagamento era stato sospeso, ai sensi dell'articolo 161 del testo unico ordinamento enti locali in quanto la provincia in questione, alla data del 4 ottobre 2010, non aveva ancora ottemperato all'obbligo di produrre le certificazioni di bilancio.
Per quanto concerne, invece, la lamentata mancata attribuzione in spettanza al comune di Comiso del contributo per sviluppo investimenti, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 1o luglio 1986, n. 318, convertito dalla legge 9 agosto 1986, n. 488, i contributi erariali sui mutui contratti dagli enti locali per gli investimenti sono corrisposti fino alla estinzione del singoli mutui.
Ciò premesso, il contributo in questione non è stato attribuito al comune di Comiso in quanto sono venuti a scadenza i mutui per i quali il contributo stesso veniva corrisposto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

LAURA MOLTENI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ultimo rapporto OSM dell'Istituto superiore di sanità ha rivelato che negli ultimi 10 anni il consumo di farmaci da parte degli italiani è aumentato del 60 per cento, con un incremento annuo pari al 5 per cento. Sempre nello stesso rapporto si legge che il mercato farmaceutico totale, comprensivo sia della prescrizione territoriale sia di quella erogata attraverso le strutture pubbliche, è stato di oltre 25 miliardi di euro, di cui il 75 per cento a carico del servizio sanitario nazionale;
è esperienza comune nella pratica medica che lo stesso farmaco somministrato alla stessa dose possa essere efficace nella maggioranza dei pazienti, ma scarsamente efficace e/o indurre effetti collaterali - a volte anche gravi - in alcuni dei

soggetti trattati. Si stima infatti che i farmaci di maggior consumo (per esempio antipertensivi, ipolipemizzanti e antidepressivi) siano pienamente efficaci solo nel 25-50 per cento dei pazienti;
a fronte di una efficacia limitata negli ultimi anni si è osservato un progressivo e preoccupante aumento di reazioni avverse ai farmaci. Si consideri, per esempio, che negli Stati Uniti si raccolgono mediamente ogni anno quasi un milione di reazioni avverse: circa centomila sono definite di grado severo (in quanto richiedono ospedalizzazione e/o determinano danni permanenti al paziente), e di queste 15000 sono fatali. Analogamente, in Italia ogni anno la rete nazionale di farmacovigilanza dell'AIFA registra circa 20000 reazioni avverse da farmaci, con centinaia di eventi fatali;
da quanto sopra riportato emerge la necessità di ridurre la marcata variabilità nella risposta terapeutica e tossicologica associata ad un determinata terapia farmacologica, al fine di perseguire un uso più razionale e ottimale del farmaco e di contenere la spesa pubblica;
la farmacogenetica - una nuova branca della farmacologia - è una disciplina nata recentemente con l'obiettivo di studiare il potenziale ruolo di fattori ereditari nel determinare la risposta individuale ai farmaci. Negli ultimi anni sono state eseguite diverse ricerche in questo ambito, dimostrando come la farmacogenetica sia uno strumento fondamentale per predire quali pazienti potranno beneficiare appieno di un trattamento farmacologico (basti pensare agli studi eseguiti nel campo dell'oncologia con i nuovi farmaci biologici) e quali soggetti potranno sviluppare una grave tossicità (per esempio i test farmacogenetici per la sensibilità al farmaco anti-HIV abacavir o per l'anticoagulante warfarin) prima ancora di iniziare la terapia;
in Europa, diversi Paesi (Olanda, Inghilterra e Francia solo per citarne alcuni) hanno inserito già da qualche anno i test farmacogenetici all'interno dei servizi diagnostici forniti dalle strutture sanitarie pubbliche. L'implementazione di questi servizi anche nello scenario italiano potrebbe quindi favorire una reale personalizzazione della terapia farmacologica, con enormi vantaggi sia per il paziente che per il Servizio sanitario nazionale;
a titolo esemplificativo, si segnala che la regione Lombardia ha speso nel 2007 circa 5 milioni di euro di costi di pronto soccorso per la gestione di eventi avversi di tipo iatrogeno, a cui si sommano circa 15 milioni di euro di costi per l'ospedalizzazione dei pazienti che hanno avuto tali eventi. La maggior parte degli eventi avversi sono stati causati dal warfarin, un farmaco per il quale sono oggi disponibili due test farmacogenetici. L'applicazione di tali test avrebbe quindi permesso un risparmio per la regione Lombardia di oltre 10 milioni di euro;
i test farmacogenetici vengono sempre più frequentemente utilizzati per ottimizzare l'intervento terapeutico, ma nel nostro Paese essi hanno ancora una diffusione limitata. Questo in larga misura dipende dal vuoto legislativo che ha consentito ai test farmacogenetici, nel nostro Paese, di essere gestiti unicamente dal genetista, il quale, a fronte delle competenze mediche, spesso manca delle competenze necessarie ad affrontare un problema che in buona sostanza è farmacologico e non semplicemente genetico;
la farmacogenetica ha come oggetto principale il farmaco, il che la rende concettualmente e sostanzialmente diversa dalla genetica, che invece ha come oggetto la malattia. L'interpretazione del test farmacogenetico richiede, quindi, conoscenze specifiche e dettagliate nel campo della farmacologia, che spaziano dalla farmacocinetica alla farmacodinamica e alla tossicologia. Tali competenze sono peculiari ed identificano la figura del farmacologo;
questa situazione è stata originata dal fatto che in Italia la voce «test farmacogenetico» si ritrova, da un punto di vista normativo, unicamente nel testo riguardante l'autorizzazione al trattamento dei

dati genetici rilasciata dal Garante per la protezione dei dati personali il 22 febbraio 2007 (poi prorogata fino al 30 giugno 2010). Questo fa si che i test farmacogenetici siano vincolati alle stesse regole rigide volte alla tutela del paziente e della sua privacy applicate ai test genetici. Tuttavia, l'applicazione di tali regole non trova un razionale logico per il test farmacogenetico, in quanto tale test non predice la comparsa di una malattia ma informa il medico prescrivente sulla terapia migliore da somministrare per ogni paziente;
le suddette regole riducono grandemente la diffusione del test farmacogenetico, spesso privando il medico di un test diagnostico importante per l'ottimizzazione della terapia in ogni paziente e il Servizio sanitario nazionale di uno strumento fondamentale per il contenimento della spesa farmaceutica pubblica;
date queste premesse si evidenzia la necessità di ridurre la marcata variabilità nella risposta terapeutica e tossicologica associata ad un determinata terapia farmacologica, al fine di perseguire un uso più razionale e ottimale del farmaco e di contenere la spesa pubblica -:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda farsi promotore di iniziative volte ad introdurre un'apposita disciplina normativa che regolamenti autonomamente i test di farmacogenetica rispetto ai test genetici e riconosca la figura del farmacologo quale attore fondamentale nella gestione dei dati farmacogenetici e nel counselling farmacogenetico, individuando quale interlocutore scientifico specifico nel campo dei test farmacogenetici la Società italiana di farmacologia.
(4-08207)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi trasmessi dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
L'Aifa chiarisce che, in via generale, la farmaco-genetica è una branca della scienza molto sviluppata, che ha prodotto risultati di grande interesse per comprendere in via preventiva la risposta individuale al farmaco, ottimizzandone quindi il relativo impiego con i conseguenti vantaggi sia per il paziente che per il servizio sanitario nazionale (snn).
Attualmente, solo una minoranza di reazioni avverse ai farmaci (adr), tra quelle presenti nella rete nazionale di farmacovigilanza, sembra essere imputabile a
deficit genetici, ma specifici studi sulla prevedibilità/evitabilità delle adr hanno indicato, invece, come cause sufficientemente frequenti, in primo luogo gli errori di prescrizione (tra cui quelli causati da farmaci associati che interagiscono tra loro), seguiti dagli errori di monitoraggio (tra cui le adr da warfarina), e infine gli errori di comprensione da parte del paziente (ad esempio, le intossicazioni da paracetamolo).
L'agenzia ritiene che l'incremento di specifici e mirati
test genetici potrebbe ridurre l'incidenza di adr e potrebbe avere maggiore importanza nel futuro. Ciò soprattutto per quanto riguarda i farmaci che agiscono con un meccanismo bersaglio-specifico e per i quali la conoscenza dell'espressione del profilo genetico potrebbe essere in grado di prevalere e quindi prevenire le adr.
Nel suddetto contesto, l'Aifa ritiene che la figura del farmacologo potrebbe essere di notevole supporto alle figure centrali del genetista e del clinico, nel disegnare i percorsi di validazione dei
test genetici.
È certamente auspicabile che i
test farmaco-genetici possano essere introdotti nella pratica clinica quotidiana, poiché somministrando il farmaco giusto nella corretta modalità, si renderà massimo l'effetto terapeutico e minimo il rischio di eventi avversi.
Affinché ciò avvenga, è tuttavia necessario, secondo l'Aifa, un lungo percorso di validazione dei
test; a tale percorso dovrebbe partecipare la comunità scientifica internazionale, con il coordinamento delle istituzioni internazionali organizzazione mondiale della sanità (oms), food and drug administration (fda), agenzia europea dei medicinali (emea) e, senz'altro, le società scientifiche potranno essere chiamate a fornire un loro contributo.


In conclusione, l'Aifa ritiene che la proposta contenuta nell'interrogazione in esame non dovrebbe essere seguita da una immediata attuazione locale, coordinata da una seppur qualificata società scientifica, ma dovrebbe costituire il momento iniziale di una riflessione che, ben articolata a livello di autorità sanitarie competenti, commissioni internazionali e nazionali tecnico-scientifiche e qualificati contributi esterni, possa raggiungere l'importantissimo risultato che essa si prefigge.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche tempo è invalsa l'abitudine, da parte di molti sindaci italiani, di partecipare a manifestazioni e marce di protesta indossando la fascia tricolore;
si è potuto assistere a questo uso improprio della fascia, diventato ormai una prassi, durante le varie manifestazioni NO-TAV in Valsusa, dove i sindaci di molti comuni la indossano per sfilare e i vigili urbani in divisa portano i gonfaloni rappresentativi della città;
i sindaci sono i rappresentanti della Nazione a livello locale e ricevono, in virtù di questa loro rappresentanza, la fascia tricolore che è il simbolo dell'istituzione e dei valori nazionali che essa rappresenta. Per questo essa non può essere utilizzata per imporre delle idee private e per fare opposizione ad altre istituzioni nazionali;
tale utilizzo appare all'interrogante fuori luogo e lesivo delle istituzioni -:
se il Ministro interrogato non ritenga di ribadire la necessità di applicare correttamente le disposizioni che regolano l'impiego della fascia tricolore, indicando quando essa va utilizzata e quando ne è proibito l'uso, visto l'alto valore simbolico che essa rappresenta per la Nazione e i cittadini.
(4-09058)

Risposta. - L'uso della fascia tricolore è disciplinato dall'articolo 50, comma 12, del decreto legislativo n. 267 del 2000, ove viene indicata come «distintivo del sindaco» con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, e ne viene sottolineato il particolare significato simbolico.
In merito, poi, all'opportunità di impartire disposizioni sul corretto uso della fascia tricolore da parte del sindaco, si conferma che questo ministero ha già diramato alle amministrazioni locali, per il tramite dei Prefetti, alcune prescrizioni in proposito con la lettera circolare n. 5/98 del 4 novembre 1998.
Con la nota suddetta è stata richiamata l'attenzione sull'opportunità di «un uso corretto e conveniente della fascia tricolore» poiché non si tratta di un semplice ornamento ma costituisce un elemento cui viene attribuita «... una specifica funzione che è distintiva, siccome finalizzata a rendere palese la differenza tra il sindaco e gli altri titolari di pubbliche cariche e che, nel contempo, sottolinea l'impegno che il sindaco si assume nei confronti dello Stato e della comunità locale».
Pertanto, anche se la disciplina dell'uso della fascia tricolore non è dettata compiutamente dalle norme «... nell'uso corrente si è affermata la consuetudine che il sindaco indossi la fascia in tutte le occasioni ufficiali, in qualunque veste intervenga, di capo dell'amministrazione comunale e di ufficiale di governo».
È stato, quindi, precisato che «... L'alto ruolo istituzionale svolto dal sindaco impone un uso corretto e conveniente della fascia tricolore nell'avvertita consapevolezza della dignità e del decoro della carica, e tale da non scalfire la realtà dello Stato come elemento di unità giuridica, nel cui ambito ogni cittadino è tenuto a partecipare al mantenimento dei valori che lo caratterizzano e lo fondano».
Infatti, tale emblema costituisce il simbolo stesso della carica di primo cittadino ed il significato del tricolore «... richiama tangibilmente nell'immaginario collettivo il

principio costituzionale dell'unità ed indivisibilità della Repubblica».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

RAZZI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in occasione dell'assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all'estero nei primi di dicembre 2009 il Sottosegretario Alfredo Mantica ha fatto presente che sarebbero state prese misure, da parte del Ministero degli affari esteri, con le quali sarebbero state soppresse diverse sedi consolari italiane all'estero;
inoltre, sempre nella stessa riunione, il Sottosegretario Mantica ha comunicato i tagli operati dalla manovra finanziaria al cap. 3153 su cui gravano i corsi di lingua e cultura italiana per i nostri cittadini residenti all'estero;
relativamente alla ristrutturazione della rete consolare il Sottosegretario di Stato, senatore Mantica, avrebbe così sintetizzato l'intera operazione messa a punto dal Ministero degli affari esteri: «declassamento e chiusura di alcune sedi; progressiva informatizzazione dei consolati; introduzione di procedure relative al passaporto biometrico, esteso entro il 30 giugno a tutta la rete; valutazione della qualità dei servizi erogati e dei loro costi». «Tutti capisaldi strettamente correlati - ha affermato Mantica - riconfermando l'attenzione prioritaria alla valutazione del rapporto costi/benefici nell'erogazione dei servizi consolari da effettuarsi in riferimento alla singole sedi, pur mantenendo margini di flessibilità sulle scelte definitive, specie per quanto concerne la presenza all'estero di sportelli consolari». A questo riguardo ha illustrato la piattaforma informatica SIFC (Sistema integrato delle funzioni consolari), un sistema messo a punto dal Ministero dagli affari esteri per la gestione delle attività consolari e per lo svolgimento delle pratiche a distanza. È uno strumento che «consentirà un aumento dell'efficienza, della qualità e della velocità dei servizi all'utenza», secondo il ministero. Con esso il cittadino mediante un personal computer ed un collegamento ad internet dovrebbe riuscire ad avere informazioni di carattere generale, prendere un appuntamento prima di recarsi fisicamente alla sede, accedere, infine, tramite autenticazione, ai servizi consolari veri e propri grazie al dialogo tra uffici all'estero e banche dati della pubblica amministrazione. Questo proverebbe, ad avviso dell'interrogante, che il mondo diplomatico conosce poco o non conosce affatto i nostri emigrati dove solo i figli di terza generazione sanno usare queste nuove tecnologie, mentre gli anziani della seconda - e ciò che resta della prima - non sanno accedere a questi mezzi. Ciò significa che ben oltre il 65 per cento, tanti sono, avrà difficoltà ad accedere a questo sistema i cui costi sono stati certamente ingenti per gli italiani in Patria;
sempre in tema di soppressione di consolati l'interrogante ritiene che le procedure di riduzione delle sedi non segua affatto i criteri sopra indicati ma una pura e semplice azione tesa a difendere le sedi più in vista. Lo riprova, ad esempio, il caso Svizzera, dove si chiude Losanna, si declassa Basilea, si chiude Coira e permangono sedi come Neuchatel e Wettingen;
dallo schema che segue emerge infatti quanto siano disattesi i criteri adottati per l'individuazione delle sedi superflue nella rete consolare.

SVIZZERA
Sede consolare Cittadini italiani residenti (000) Dipendenti presso la sede consolare Atti consolari (valori 000)
cittadinanza Stato civile notarili Passaporti e carte d'iden.
Cons. Gen. Basilea 70 19 0,1 1,9 1,2 11
A.C. Wettingen 17 3 0,9 0,5 0,1 1,8
Cons. Berna 33 16 0,1 1 0,8 2,8
Cons. Gen. Ginevra 42 14 0,7 1,2 1,0 3,5
Cons. Gen. Losanna 57 19 0,1 1,9 1,0 5,5
A.C. Neuchatel 17 4 0,0 0,6 0,1 1,2
Cons. Gen. Lugano 84 23 0,2 2,8 0,3 6,7
Cons. San Gallo 41 9 0,4 1,7 0,6 4,1
A.C. Coira 13 4 0,0 0,3 0,0 0,8
Cons. Gen. Zurigo 117 34 0,4 5,8 2,4 12

dalla tabella sopra riportata, da leggere tenendo conto delle distanze chilometriche, emergono alcune contraddizioni: ci si chiede, in particolare, come si possa chiudere Losanna, dove risiedono ben oltre 57.000 connazionali, per lasciare aperta una struttura come l'Agenzia consolare di Neuchatel dove ne risiedono appena 17.000. Tale soluzione avrebbe una logica se fosse stato deciso di chiudere Losanna e di convogliare i connazionali a Ginevra e quelli di Neuchatel verso Berna, cosa questa che avrebbe evitato disagi ai connazionali, oppure di trasferire solo la circoscrizione di Neuchatel all'Ambasciata di Berna. Inoltre, non è coerente ad avviso dell'interrogante, tenere aperta Wettingen, che dista pochi chilometri da Zurigo, quando basterebbe trasferire la competenza del Cantone Argau nella circoscrizione di tale Consolato generale;
molte conseguenze possono derivare da simili decisioni: difficoltà a molti cittadini,

eventuali danni all'erario, sfiducia nello Stato. Dai dati sopra riportati, secondo l'interrogante non si può ritenere, che si tratta di una decisione razionale e non è assolutamente chiaro perché l'Agenzia consolare di Neuchatel e quella di Wettingen siano rimaste aperte;
ci si chiede come mai si è declassata in tutta fretta la sede di Basilea che ha una notevole importanza sul piano delle presenze dei connazionali e dell'attività consolare rispetto, ad esempio, a Ginevra dove eventualmente la decisione di un declassamento, con contestuale collocamento del consolato presso la Rappresentanza, non verrebbe neppure notata;
sarebbe opportuno chiarire, come mai si chiude l'agenzia consolare di Coira unico avamposto italiano in un Cantone che ha il tratto confinario più lungo con l'Italia ed una situazione commerciale totalmente a favore del nostro Paese;
tali decisioni non sono giustificate nemmeno dal volume di attività svolta dalle sedi, come i dati sopra riportati riprovano ampiamente;
ci si chiede inoltre quale sia la vera lista delle sedi da chiudere. Si parla infatti dei consolati di Bruxelles, di Liegi, di Saarbruecken, di Norimberga, di Amburgo, di Manchester, di Lilla, di Mulhouse, di Losanna, di Adelaide, di Brisbane, di Detroit, di Filadelfia e di Durban, oltre a diversi declassamenti e alla soppressione di diverse agenzie consolari;
non sono note le ragioni per cui, se esistono così tanti problemi finanziari, non si utilizzi la figura dei consoli onorari. Ad esempio il 31 ottobre del 2000 a Lucerna è stato chiuso il consolato, nonostante vi risiedessero oltre 20.000 italiani. Al riguardo, si potrebbe istituire un consolato onorario visti i benefici che esso produrrebbe ai cittadini e alle oltre 30 imprese italiane che operano a Lucerna. Avrebbero un costo limitato per l'erario, sarebbero ben accetti, richiederebbero poche risorse finanziarie - sicuramente meno di quelli attuali - e sarebbero oltremodo graditi alle locali autorità;
per quanto riguarda, invece, i tagli operati ai finanziamenti per i corsi di lingua e cultura italiana all'estero l'onorevole Mantica avrebbe confermato una riduzione del 40 per cento del pertinente capitolo 3153 su cui gravano i corsi di lingua e cultura italiana. Purtroppo, quest'ultima decurtazione del 40 per cento, segue altrettanti tagli operati negli anni passati che rendono ora impossibile la prosecuzione dei corsi previsti dalla legge. Ha quindi ragione il Segretario generale del Consiglio generale degli italiani all'estero, Elio Carrozza, quando ha stigmatizzato «il silenzio che ha contrassegnato questi mesi succedutisi ad una Finanziaria dagli effetti distruttivi per la promozione della lingua e cultura, per lo sviluppo dei rapporti commerciali, per l'assistenza diretta ed indiretta, per l'assistenza sanitaria, per la formazione delle comunità italiane all'estero nel breve, medio ed ancor più nel lungo periodo», silenzio che ha rappresentato la volontà di avviare una lenta cancellazione di quanto è stato fatto non solo dall'ex ministro Tremaglia ma anche nelle passate legislature per riconoscere ai nostri emigranti un diritto di esistenza e di legame con la madre Patria;
non sono condivisibili, ad avviso dell'interrogante, le giustificazioni del Sottosegretario Mantica che ha cercato di rendere meno drammatica questa situazione grave ed insostenibile per i nostri connazionali. I rimedi suggeriti dal Governo non appaiono in grado di risolvere le criticità e non sono sostenuti, secondo l'interrogante, da adeguate risorse finanziarie, con l'effetto di far gravare i costi sui cittadini;
la lingua e la cultura italiana all'estero non sono solo uno strumento per gli emigranti, ma anche uno strumento di politica estera del nostro Paese e vengono sicuramente prima di interventi come il ponte sullo stretto. Non si tratta di riunire questa materia nella competenza di una

sola direzione del ministero degli affari esteri, ma di tagliare ogni attività culturale, dai corsi alle manifestazioni con conseguente perdita d'immagine per il nostro Paese. Al riguardo, si riportano i seguenti dati:

SVIZZERA Corsi di lingua e cultura - Livello elementare e medio
Sede consolare Enti Gestori presenti Gestiti dal Ministero degli affari esteri Ente Gestore
Corsi Alunni Docenti espatriati Corsi Alunni Docenti locali
Cons. Gen. Basilea Fopras, Ecap, Cipre 181 1960 20 113 1291 20
Cons. Berna Casci e Cipe 87 904 10 133 1354 25
Cons. Gen. Ginevra Cae 72 1035 8 18 242 4
Cons. Gen. Losanna Cpsi 96 1229 10 69 880 9
Cons. San Gallo Lci 234 2586 25 258 1778 24
Cons. Gen. Zurigo Casli, Cifl- Enaip 195 2297 19 221 2481 38

dalla tabella che precede, infatti, emerge chiaramente come si comporteranno i consolati per gestire i tagli operati dalla legge finanziaria. Attualmente, come si può vedere, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal Ministero degli affari esteri e dagli enti gestori. In presenza di un taglio del 50 per cento (tale è la reale portata) i corsi ministeriali composti da docenti espatriati proseguiranno, mentre verranno chiusi tutti i corsi degli enti gestori. Ciò comporterà: l'abbattimento del 50 per cento dei corsi, il licenziamento degli unici insegnanti di lingua e cultura italiana che parlano correttamente la lingua locale e graditi al mondo scolastico cantonale, la chiusura di buona parte degli enti gestori;
quindi, ad avviso dell'interrogante, oltre che denegare un diritto riconosciuto, si colpiscono gli enti che operano nel settore;
in virtù dell'elevato numero di cittadini italiani che risiedono in Svizzera, i quali ammontano ad oltre 500.000 e soprattutto in virtù del fatto che la Svizzera non è un Paese membro dell'Unione europea, non si ravvisa la necessità di dover chiudere il consolato di Coira e di Losanna, come anche gli altri Consolati presenti nella Confederazione elvetica;

facendo riferimento all'interrogazione del 22 luglio 2009, l'interrogante ribadisce nuovamente la possibilità di istituire i consolati onorari, cosa doverosa ad esempio per i 20.000 italiani che vivono a Lucerna che potrebbero in questo modo almeno poter usufruire del servizio -:
quali siano le motivazioni in base alle quali si intende chiudere le sedi consolari di cui in premessa e quale sia la lista definitiva delle sedi soppresse;
quali iniziative si intendano adottare a favore della popolazione anziana che non potrà accedere ai servizi informatici di recente creazione nei consolati;
quali opportunità verranno date alle associazioni ed ai patronati di collaborare con questi nuovi servizi consolari;
quali iniziative si intendano adottare per evitare il «tracollo» dei corsi di lingua e cultura italiana con la conseguente chiusura degli enti gestori.
(4-05871)

Risposta. - Il ministero degli affari esteri ha gradualmente dato attuazione a quanto previsto nell'ambito del piano di razionalizzazione della rete consolare in Svizzera, a suo tempo presentato in sede parlamentare, al Cgie e alle organizzazioni sindacali. Tale piano, come noto, cerca di contemperare le esigenze di razionalizzazione con la necessità di mantenere ad un livello qualitativo elevato i servizi destinati alle collettività italiane all'estero, attraverso il rafforzamento delle sedi consolari che riceveranno le competenze degli Uffici in chiusura e la realizzazione di innovative piattaforme informatiche per lo svolgimento delle pratiche consolari a distanza (Sifc).
Di conseguenza, nell'ambito di tale processo, è stato portato a compimento l'accorpamento dell'Agenzia consolare di Coira con il Consolato di prima classe di San Gallo, a far data dal 1o luglio 2010.
Inoltre, l'accorpamento del Consolato generale di Losanna con il Consolato generale di Ginevra - già contemplato nel piano di razionalizzazione - è stato deliberato dal Consiglio di amministrazione di questo ministero degli affari esteri nella seduta del 9 febbraio 2011. Tale provvedimento è stato calendarizzato indicativamente al prossimo 1 novembre 2011.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese, il diritto allo studio delle persone portatrici di handicap è garantito, in primis, dalla nostra Costituzione che, all'articolo 2, sancisce che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale...», all'articolo 3, al comma 1, sancisce che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale...» e, al comma 2 che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...»; all'articolo 34, comma 1, che afferma che «la scuola è aperta a tutti» e, all'articolo 38, comma 3 che «gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione...»;
la legge 104/1992 - con le ulteriori modifiche e integrazioni introdotte dalla legge 8 marzo 2000, n. 53, e dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 - è la legge-quadro sui diritti delle persone disabili e contiene le modalità e i tempi con i quali tale diritto viene garantito, precisati negli articoli 12 (diritto all'educazione e all'istruzione), 13 (integrazione scolastica), 14 (modalità di attuazione dell'integrazione), 15 (gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica), 16 (valutazione del rendimento e prove di esame);
la conseguenza dovrebbe essere, come si evince da tutti questi articoli, che il disabile è garantito e tutelato. Invece non è così: dall'anno scolastico 2008/2009

gli alunni disabili sono rimasti privi di sostegno, perché anno dopo anno sono diminuiti gli insegnanti di sostegno;
altro grave e increscioso problema è quello del disabile che, pur essendo iscritto a scuola, non può frequentare perché, avendo raggiunto la maggiore età, i comuni di residenza negano il trasporto in quanto adulti;
si parla di diritto all'integrazione, di diritti della personalità inviolabili e sacri, ma è veramente deprecabile che in tutte le scuole italiane, ma soprattutto al Sud, si segnali la violazione di un concreto diritto allo studio, all'integrazione, alla riabilitazione, all'ottimizzazione di quelle capacità residue che, se non trattate adeguatamente, corrono il rischio di causare serie ed irreversibili involuzioni.
l'Osservatorio sulla legalità e i diritti ha evidenziato che:
i diritti fondamentali della personalità, di uguaglianza e solidarietà sociale, sanciti dalla nostra Costituzione, non possono essere soppressi da nessuna legge ordinaria;
la legge 104/1992 e successive modificazioni e integrazioni, ai cui princìpi non si può derogare, è la normativa diretta ad assicurare l'integrazione degli alunni disabili e a rendere effettivo il loro diritto d'istruzione;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 80 del 2010, ha dichiarato illegittimo l'articolo inserito nella finanziaria del 2008;
oggi alla luce della nuova legge finanziaria poco è mutato, anzi permane il problema gravissimo del recupero e l'integrazione del soggetto disabile nelle scuole -:
se e con quali iniziative anche normative urgenti il Governo e i Ministri interrogati intendano garantire al disabile sia il trasporto con personale qualificato, sia l'inserimento e l'integrazione sociale, che non siano meramente assistenziali, così come è a tutt'oggi nelle nostre scuole, affinché al disabile possa realmente essere data dignità di pari e possa essere mirata l'azione educativa personalizzata, e sia finalmente e decisamente disincentivato l'insidioso pensiero che farebbe vedere il disabile emarginato, non integrato e allontanato dalla vita sociale.
(4-09239)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, concernente l'integrazione degli alunni disabili.
Come è noto, l'integrazione degli alunni disabili rappresenta una peculiarità del nostro sistema educativo che ci pone all'avanguardia in ambito europeo. La piena inclusione degli alunni stessi rappresenta un obiettivo prioritario, per consentire a tutti i portatori di
handicap, a prescindere dalle loro diversità funzionali, di realizzare esperienze di crescita individuale e sociale.
La necessità di un fattivo inserimento dell'alunno disabile si fonda anche sulla consapevolezza che in tal modo si conseguono dimostrabili miglioramenti nelle capacità cognitive degli alunni e negli ambiti relativi all'autonomia ed alla socializzazione.
È attraverso la predisposizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) che si consente agli alunni diversamente abili di trovare nelle classe un'occasione di crescita.
L'orientamento di questa amministrazione in materia è rivolto a mantenere e potenziare il processo di integrazione scolastica in atto.
In tale direzione si muovono le linee guida per l'integrazione degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009, che definiscono la posizione di questa Amministrazione nei confronti dell'inclusione scolastica, stabilendo espressamente che «L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile e, proprio per questo, non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso pedagogico, culturale e sociale dell'integrazione, trasformandola da un processo di crescita per gli alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici».


Il sopra esposto orientamento trova conferma anche nell'ultima direttiva sugli interventi prioritari ed i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie, per lo svolgimento del monitoraggio e per la valutazione dei risultati raggiunti, ai sensi della legge n. 440 del 1991, che riserva una particolare attenzione al potenziamento e qualificazione dell'offerta di integrazione scolastica degli alunni in situazione di
handicap.
Nella suddetta direzione si collocano, inoltre, le iniziative relative al piano nazionale di formazione per l'integrazione degli alunni disabili denominato «I Care: imparare, comunicare, agire in una rete educativa» nonché i progetti afferenti alle tematiche che attengono all'educazione ed alla cittadinanza quali «cittadinanza e costituzione».
Il piano di formazione nazionale «I Care» ha avuto lo scopo di migliorare la realizzazione delle pratiche di inclusione condotte all'interno della scuola sotto molteplici profili (prassi didattiche, PEI, collaborazioni con il territorio, aziende sanitarie locali, coinvolgimento delle famiglie). Il progetto ha coinvolto l'80 per cento delle scuole interessate ed ha visto la partecipazione di oltre 20.000 insegnanti, di cui 14.000 curricolari. Il riscontro ricevuto dall'iniziativa ha indotto questa amministrazione a effettuare una selezione e raccolta delle migliori «buone pratiche» attivate, in modo da consentire alle istituzioni scolastiche interessate di attingere ad un archivio di attività progettuali.
Inoltre, le esperienze effettuate nell'ambito del piano formativo I Care e dedicati all'ICF (International Classification of Functioning) trovano continuità e sviluppo nel progetto ICF - dal modello dell'OMS alla progettazione per l'inclusione.
Scopo del progetto è il concreto supporto alla cultura dell'integrazione mediante la sperimentazione e la definizione di un modello che, nell'ambito delle competenze del Ministero, renda possibile individuare i fattori contestuali che condizionano la qualità dell'inclusione scolastica.
La qualità degli interventi attivati trova un ulteriore strumento nella realizzazione di ventisei prodotti informatici predisposti in base all'azione 6 del «progetto nuove tecnologie e disabilità». Tali
software consentono alle istituzioni scolastiche di fruire gratuitamente di sistemi informatici che facilitano l'accesso ai documenti didattici agli studenti con disabilità e potenziano le abilità di apprendimento.
Sono stati contestualmente finanziati i centri territoriali di supporto, novantotto in ambito nazionale, quali poli territoriali dedicati alle tecnologie per l'integrazione e punti di riferimento per gli utenti interessati.
L'attenzione riservata agli alunni disabili è confermata dall'opera di stabilizzazione degli interventi didattici nei loro confronti attraverso l'autorizzazione di ben 5.022 assunzioni di personale docente ed educativo nel sostegno, che rappresentano circa il 50 per cento delle assunzioni autorizzate nell'anno scolastico 2010/2011.
Si ritiene che le iniziative indicate possano costituire un effettivo e sostanziale contributo per il miglioramento del processo di integrazione degli alunni con disabilità, fermo restando l'impegno dell'amministrazione a risolvere eventuali criticità che dovessero emergere nel processo in questione.
Si è tuttavia consapevoli che, come rilevato nell'interrogazione, una più proficua integrazione degli alunni disabili va svolta su diversi piani, in modo da consentire il superamento di alcune criticità ancora presenti, prevalentemente riferibili al coordinamento tra servizi scolastici, sociali e sanitari, e alla rimozione delle barriere culturali e materiali che ostacolano il completo inserimento scolastico e sociale degli alunni disabili. Per quanto concerne in particolare la rilevata esigenza riferita al trasporto degli alunni medesimi, va ricordato che le competenze di questa amministrazione attengono all'organizzazione del sistema formativo, mentre il servizio di trasporto è di esclusiva competenza degli enti locali.
Il ministero ha comunque fornito indicazioni ai responsabili degli uffici scolastici regionali e territoriali affinché intraprendano tutte le iniziative utili all'attivazione

di collaborazioni con le regioni, gli enti locali, le forze sociali ed i soggetti a vario titolo competenti ed interessati in materia di integrazione e di sostegno ai disabili.
Quanto, infine, alla sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 22 febbraio 2010, citata nell'interrogazione, è noto che con tale pronuncia la Consulta ha dichiarato la incostituzionalità della disposizione della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) che fissava il tetto massimo di posti di sostegno (comprensivo delle deroghe) attivabili in organico di fatto a livello nazionale, nonché della disposizione relativa al graduale raggiungimento del rapporto nazionale di un docente ogni due alunni disabili.
Detta sentenza ha dunque reintrodotto l'obbligatorietà della deroga rispetto ai tetti di organico fissati dalla legge finanziaria 2008, in presenza di certificazioni attestanti la gravità. In attuazione della citata sentenza, sono stati istituiti a livello nazionale, dopo aver effettuato puntuali verifiche delle certificazioni di gravità, oltre 3.300 posti in deroga in aggiunta ai 90.469 posti istituiti in organico di fatto per l'anno scolastico 2010-2011.
La citata sentenza della Consulta è stata anche richiamata, da ultimo, nella circolare n. 21 del 14 marzo 2011, relativa alle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2011-2012; in proposito il Ministero, rilevato che la
ratio della norma è quella di assicurare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizioni di particolare gravità, si è riservato di impartire ulteriori disposizioni in apposita specifica circolare, dopo il necessario confronto con in vari soggetti istituzionali interessati alla soluzione del delicato problema.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

TOTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con precedenti atti di sindacato ispettivo, che non hanno ricevuto risposta dal Governo, l'interrogante, in relazione al funzionamento del sistema sanitario nella regione Abruzzo, aveva già richiesto di conoscere, rispettivamente, se il Governo non intendesse «specificamente verificare il concreto rispetto dei livelli essenziali di assistenza attualmente definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2008 nell'ambito del sistema sanitario regionale abruzzese» (interrogazione a risposta scritta 4-06460 presentata il 10 marzo 2010); e, successivamente, se «in atto i LEA risultino, e in che misura, soddisfatti nel territorio regionale abruzzese» (interrogazione a risposta scritta 4-06672 presentata il 31 marzo 2010);
sennonché, le liste d'attesa per le prestazioni sanitarie, anche le più urgenti ed essenziali, lungi dall'essere più celermente smaltite, si sono ulteriormente allungate, con un notevole aggravio di tempi per l'effettuazione delle prestazioni prenotate, tanto da indurre l'ufficio del commissario ad acta per il piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, a indire una riunione, svoltasi, settimane or sono, presso l'assessorato regionale alle politiche della salute, per affrontare, con i responsabili dei vari centri unici di prenotazione locali, il gravissimo problema delle liste d'attesa. Di esso, periodicamente, danno testimonianza anche i mezzi di comunicazione, compresi quelli nazionali, come accaduto nella scorsa primavera allorquando due telegiornali nazionali, TG1-Rai e TG5-Mediaset, diedero notizie di intollerabili ritardi nella prenotazione di prestazioni sanitarie urgenti, consistenti in indagini di diagnostica strumentale riferite a patologie anche di natura oncologica;
specie in taluni presidi della regione, per esempio nel policlinico di Chieti, tra le prestazioni che si riescono a prenotare solo a considerevole distanza di tempo, comunque superiore a un anno, vi sono, per esempio, le mammografie, indagini radiologiche del seno, fondamentali per la conferma di quesiti diagnostici, per lo screening finalizzato all'eventuale diagnosi precoce di tumori di quell'organo e per i

controlli successivi alle cure per patologie neoplastiche mammarie. In relazione a esse, la Camera dei deputati nella seduta del 30 giugno 2010 ha approvato, pressoché all'unanimità, la mozione 1-00401 Carlucci e altri, con la quale si è impegnato il Governo, tra l'altro a «g) ad assicurare una specifica iniziativa di affiancamento per le regioni inadempienti a quanto previsto negli attuali LEA, in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma per consentire l'adozione di specifici programmi di recupero dei ritardi. Tali programmi saranno valutati dal CCM e dal Comitato per la Verifica dei LEA, e condizioneranno l'accesso da parte delle regioni alla quota premiale del 3 per cento dell'intero finanziamento regionale per i servizi sanitari»;
in un siffatto contesto, si calano, ineludibili e significativi, i dati della cosiddetta «mobilità sanitaria passiva» regionale, ossia l'effettuazione di prestazioni sanitarie, a carico del servizio sanitario regionale, fuori dell'Abruzzo. Da essi si riscontra come nella regione Abruzzo si sia passati dai circa 110 milioni di euro di «mobilità passiva» rilevata nell'anno 2007 ai circa 132 milioni di euro di «mobilità passiva» rilevata nel 2009, con un incremento del 20 per cento della valorizzazione su base economica delle prestazioni sanitarie richieste ed effettuate fuori regione dagli utenti del servizio sanitario regionale abruzzese;
è da escludere, intuitivamente, che il rilevante incremento della «mobilità sanitaria passiva» regionale sia motivabile unicamente riconducendola alle conseguenze derivanti dal noto sisma occorso in Abruzzo, particolarmente nell'aquilano, il 6 aprile dell'anno 2009, mentre è assolutamente ragionevole che gran parte di quell'incremento sia da ricondurre all'accentuato decadimento dell'offerta sanitaria in ambito regionale, sempre più inadeguata ad assorbire la domanda di prestazioni sanitarie, specialistiche, di diagnostica strumentale o, anche, di ricovero ospedaliero, come, ma solo esemplificativamente, è emerso negli scorsi mesi negli ospedali di Pescara e di Chieti in relazione alla situazione dei rispettivi reparti geriatrici. È indubbio, infatti, che insufficienze organizzative, la progressiva maggiore penuria di personale, la chiusura o dismissione di reparti e servizi e, da ultimo, di presidi, in assenza del preventivo o almeno contemporaneo allestimento di strutture alternative, sui territori interessati a quei tagli, concorrono in modo rilevante a orientare altrove, in primo luogo Marche, Lazio ed Emilia-Romagna, l'allocazione della domanda di prestazioni, come dimostra il cospicuo «esodo» di pazienti verso la citata regione limitrofa Marche, agevolmente raggiungibile, in particolare dalla provincia di Teramo, porzione del territorio abruzzese, che, non a caso, sviluppa la più alta percentuale di «mobilità sanitaria passiva»;
le liste d'attesa rischiano di essere negativamente condizionate anche dalla totale estromissione ai provvedimenti correttivi dei soggetti artefici del sistema sanitario regionale a causa del regime commissariale, interpretato, dal relativo ufficio, ad avviso dell'interrogante, con un orientamento ad excludendum, rispetto a qualunque istanza o richiesta di confronto da parte di soggetti istituzionali e operatori, in fase decisionale. E, in proposito, non risulta che la regione Abruzzo abbia presentato un nuovo piano di rientro dai debiti sanitari, ai sensi dell'articolo 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 («Finanziaria 2010»), con ciò rinunciando alla prospettiva del passaggio, secondo tempi e procedure definiti nel piano medesimo, soggetto ad approvazione, dalla gestione straordinaria commissariale alla gestione ordinaria regionale. Ciò, avrebbe comportato, in sede di predisposizione del nuovo piano, quella partecipazione degli organi regionali, giunta e consiglio regionale, quest'ultimo, attualmente, estromesso, a quanto consta all'interrogante, non solo da ogni ruolo attivo ma anche da ogni informativa preventiva, alla stregua dei comuni cittadini, che meglio avrebbe predisposto la definizione e la successiva attuazione delle misure in adozione. L'esercizio della richiamata

facoltà, normata nella «Finanziaria 2010» per le regioni, come l'Abruzzo, già sottoposte ai piani di rientro e già commissariate alla data del 1° gennaio 2010, avrebbe, altresì, consentito la ricerca della condivisione dei predisponendi interventi del piano da parte degli altri soggetti istituzionali locali, delle categorie interessate e degli operatori di settore, ai fini di una più vasta e consapevole assunzione di responsabilità, un'ampia adesione alle decisioni da intraprendere e un'appropriata e utile sollecitazione a un fondamentale e diffuso spirito collaborativo, in difetto dei quali, come ogni esperienza di organizzazioni complesse insegna, anche i provvedimenti più severi, ancorché di evidente rigore, rischiano di fallire i propri obiettivi, tra i quali quello dell'abbattimento delle liste d'attesa è uno tra i maggiori da conseguire -:
se, nel periodo, a tutt'oggi trascorso, decorrente dall'avvio della fase commissariale per la gestione del piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, la «mobilità sanitaria passiva» regionale sia variata, ed eventualmente, in quale direzione, in quale misura e con quali consistenze per scansioni annuali;
se il Governo intenda, sulla scorta della rilevazione dei dati sulla «mobilità sanitaria passiva» della regione Abruzzo, compresi gli specifici flussi ad essa attinenti, approfondire e individuare le sue specifiche cause e approntare e definire i necessari interventi, eventualmente anche mediante la rimodulazione, in sede appropriata, del piano di rientro dai debiti sanitari della regione Abruzzo, alla luce delle cause riscontrate e dell'osservazione degli effetti collaterali relativi alla «mobilità sanitaria passiva», per il contenimento della negativa incidenza economico-finanziaria della medesima sui risparmi eventualmente realizzati con l'attuazione del richiamato piano di rientro dai debiti sanitari;
se il Governo abbia mai calcolato, ed eventualmente quali siano, o, in caso contrario, se non intenda farlo, gli effetti, in sede previsionale, sui conti di settore, con riferimento all'Abruzzo, per l'anno 2012, e i «costi sociali» indotti dalla «mobilità sanitaria passiva», in termini di spese accessorie a carico di pazienti, di loro parenti o accompagnatori, per trasporti, vitto, alloggio, in termini di oneri riflessi sul sistema economico, per la fruizione da parte di parenti o accompagnatori, se lavoratori, di permessi e ferie, e, comunque, per l'inevitabile loro assenza dal lavoro nonché in termini di incidenza, per le analoghe motivazioni, sul funzionamento dei pubblici uffici e servizi.
(4-09484)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base degli elementi pervenuti dal segretariato generale della presidenza della regione Abruzzo, tramite la prefettura - ufficio territoriale del governo dell'Aquila.
Va innanzitutto considerato che il disagio nel sistema salute della regione Abruzzo è stato determinato da due specifici fattori: il sostanziale fallimento del preesistente modello organizzativo e gestionale della sanità e il mancato intervento finalizzato al contenimento di una spesa ormai fuori controllo.
Le criticità sono state più volte evidenziate con chiarezza dal segretariato generale: l'inappropriatezza di alcune prestazioni ospedaliere; le lunghe liste di attesa; un livello qualitativo dei servizi a volte differenziato; dinamiche di gestione non condivisibili; incapacità di un efficace e corretto uso delle risorse.
Ciò premesso, si procede ad analizzare i punti oggetto dell'interrogazione:
1) mobilità sanitaria riferita agli anni 2008/2009.

Nel 2008 la Azienda sanitaria locale de L'Aquila aveva un saldo positivo per la mobilità extraregionale di euro 14.526.963, nel 2009 il saldo si è negativizzato per un importo di euro 3.856.591. Pertanto, si è verificato un saldo negativo di euro 18.383.554, attribuibile ragionevolmente, per la quasi totalità, all'evento sismico. Tale somma rappresenta, da sola, il 50 per cento

del saldo negativo per la mobilità sanitaria extraregionale, che si ottiene confrontando l'anno 2009 con l'anno 2008.
Dall'analisi dei dati di mobilità sanitaria intraregionale, si evince che tutte le Aziende sanitarie locali della regione, nel 2009 rispetto al 2008, hanno incrementato in maniera significativa il saldo positivo nei confronti della Azienda sanitaria locale de L'Aquila. Le Aziende sanitarie locali non colpite dall'evento sismico hanno infatti impegnato gran parte delle loro risorse a favore dei cittadini aquilani e, quindi, presumibilmente una quota consistente di cittadini residenti nelle suddette a fronte di una imprevedibile saturazione dell'offerta di prestazioni sanitarie delle stesse, ha fatto ricorso alle strutture sanitarie delle regioni limitrofe. Ad esempio, nel 2009 rispetto al 2008, nella Azienda sanitaria locale di Teramo si è avuto un incremento della mobilità passiva di euro 3.489.401, parallelamente ad un incremento della mobilità sanitaria intraregionale attiva della Azienda sanitaria locale de L'Aquila per un importo di euro 10.073.787.
Il segretariato ritiene, pertanto, di poter affermare che l'incremento della mobilità passiva extraregionale relativo all'anno di compensazione 2009 sia per la maggior parte imputabile all'evento sismico ed all'effetto
rebound che lo stesso ha avuto su tutte le strutture sanitarie della regione Abruzzo.

2) Tempi di attesa.

Per quanto attiene ai dati relativi ai tempi di attesa per le prestazioni ritenute afferenti al complesso delle indagini di diagnostica strumentale riferite a patologie anche di natura oncologica e, in particolare, prestazioni di risonanza magnetica nucleare (RMN), tomografia assiale computerizzata (TAC) e mammografia, viene precisato che, almeno per quanto riguarda gli esami di risonanza magnetica nucleare e tomografia assiale computerizzata, questi costituiscono le prestazioni che storicamente e non solo nella Regione Abruzzo, ma anche a livello nazionale, determinano le maggiori attese all'atto della prenotazione per i pazienti.
Per quanto concerne, in generale, la gamma delle prestazioni complesse di diagnostica per immagini, si tratta del settore nel quale si registrano le maggiori difficoltà, fermo restando che tali questioni sono di rilievo nazionale e necessitano di strategie di programmazione sia nazionali che regionali.
In relazione alla mammografia, è necessario chiarire che, se non sono stati rilevati in passato tempi di attesa eccessivi per tale tipo di prestazione, questi non sono da riferire agli esami previsti nell'ambito della campagna di
screening del carcinoma della mammella. Si precisa, infatti, che, come per lo screening del carcinoma della cervice uterina e per quello del cancro del colon-retto, la gestione delle prestazioni di mammografia per lo screening è afferente a un preciso programma di prevenzione regionale denominato «Seno sano», che ha demandato a un coordinamento regionale il sistematico reclutamento di tutte le donne appartenenti alla coorte di età compresa tra i 50 e i 70 anni, procedura che prevede l'individuazione anagrafica e l'invito diretto a partecipare all'esame diagnostico, prescindendo dal coinvolgimento dei centri unici di prenotazione.
Infine, in considerazione della situazione di criticità registrata presso il Reparto di geriatria del presidio ospedaliero di Pescara, dovuta essenzialmente all'aumento esponenziale della popolazione anziana, alla cronica carenza di personale, eccetera) va rilevato che la direzione strategica della Pescara ha attivato le prime linee di intervento mirate all'eliminazione del disagio e a garantire una adeguata assistenza, attraverso la riorganizzazione del reparto e l'azione sinergica con i medici di base ed il potenziamento dell'attività di assistenza domiciliare, che consentano di rimuovere alla radice le cause dell'eccessivo ricorso ai ricoveri ospedalieri dei pazienti anziani.
In conclusione, il segretariato ha sottolineato che proprio l'attuazione di specifici interventi di sistema attraverso azioni di miglioramento delle capacità di gestione e controllo, contemplate nel programma operativo, potrà condurre al raggiungimento di

un equilibrio tra la garanzia di assistenza per i cittadini e le risorse necessarie per la sostenibilità.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da alcuni quotidiani è emersa la notizia dell'approvazione del regolamento di unificazione delle casse militari;
il personale militare, diretto interessato, risulta scarsamente edotto su queste novità e cresce la preoccupazione per i propri interessi legittimi;
nel testo viene riportato che saranno conseguite effettive economie e verrà migliorata la qualità dei servizi resi agli iscritti, nonché quali e quanti saranno sostanzialmente questi benefici in termini economici;
negli interessi degli iscritti, si conferma che la tipologia della gestione, la separazione e l'autonomia patrimoniale e contabile delle sei preesistenti casse militari rimarrà quella originaria dei singoli istituti;
appare necessario rendere edotti i titolari di posizioni previdenziali soggettive, giuridicamente tutelate, dei dati degli ultimi cinque anni di rendimento per confrontarli con i prossimi cinque anni per verificare se l'architettura dell'organigramma e i criteri unitari di gestione della nuova cassa di previdenza delle Forze armate abbia potuto portare nocumento alcuno rispetto alla singola gestione;
appare altresì opportuno che, almeno per la fase di stesura delle istruzioni tecnico-applicative previste dall'articolo 8 del regolamento, siano sentiti i delegati dei sindacati maggiormente rappresentativi ovvero, in loro assenza, i pareri dei delegati di ciascuna categoria di personale rappresentata nelle sezioni Cocer e Coir e che in questa fase, parimenti a quanto stabilito nell'articolo 4, comma 2, lettera c), vi sia anche almeno un rappresentante scelto tra il personale in quiescenza per la categoria dei sottufficiali e almeno altrettanti per la categoria degli appuntati -:
quale sia stata la risposta fornita alla richiesta presentata dal Cocer Aeronautica con delibera n. 2 datata 29 ottobre 2009;
se non ritenga opportuno informare i militari interessati sulle conclusioni dell'analisi di impatto sulla regolamentazione e sull'analisi tecnico-normativa che hanno portato alla decisione di approvare il regolamento e nel contempo dare assicurazione agli interessati sulla precipua distinzione dei singoli patrimoni, rendimenti e metodologia di investimento e sulle potenziali passività gestionali, in quanto si tratta di patrimoni previdenziali maturati e futuri di esclusiva pertinenza del personale di categoria.
(4-05233)

Risposta. - È opportuno precisare, in premessa, che il riordino delle casse militari è stato dettato dal combinato disposto dell'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008) e dell'articolo 2, comma 634, della legge n. 244 del 2007.
Queste ultime disposizioni, infatti, in un più generale contesto di razionalizzazione della pubblica amministrazione, hanno previsto un intervento regolamentare di riordino, trasformazione o soppressione e messa in liquidazione di enti pubblici (fra cui sono annoverate le casse militari), al fine di conseguire l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica ed incrementare l'efficienza e la qualità dei servizi.
Nell'intendimento di evitarne l'automatico scioglimento previsto dall'articolo 26, comma 1, del citato decreto-legge n. 112 del 2008, e salvaguardare le posizioni previdenziali degli iscritti, con il recente regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 211 del 2009, poi confluito, per riassetto normativo, nel Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (articoli 73 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010), si è intervenuti

con una ristrutturazione limitata al solo profilo organizzativo, che comporta l'accorpamento delle preesistenti sei casse militari in un solo organismo, con l'evidente scopo di creare sinergie e ridurre il numero degli organi collegiali e di gestione.
Il regolamento di unificazione delle casse militari risponde, pertanto, all'esigenza di:
sottrarre le casse dagli effetti negativi previsti dal citato articolo 26 il quale disponeva l'automatica soppressione di enti pubblici non economici, per i quali, alla scadenza prevista dalla legge, non fossero stati emanati i regolamenti di riordino, ai sensi del citato articolo 2, comma 634, della legge n. 244 del 2007;
razionalizzare l'organizzazione e il funzionamento del settore previdenziale complementare del personale delle Forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri, operando al fine di ridurre gli oneri di funzionamento ed incrementare l'efficienza gestionale degli organismi in argomento.

L'avvenuto accorpamento delle preesistenti sei casse militari in una sola entità organizzativa e di gestione, limitatamente allo stretto profilo soggettivo ed organizzativo, ha consentito di:
ridurre il numero degli organi collegiali e le unità complessive di personale impiegate;
mantenere l'amministrazione separata delle preesistenti gestioni previdenziali e la tenuta di distinte evidenze contabili per i singoli istituti, afferenti l'autonomia patrimoniale e previdenziale in atto di ciascuna categoria di personale di Forza armata.

Quanto all'inserimento di rappresentanti delle categorie di militari in quiescenza, a similitudine di quanto previsto per la categoria degli ufficiali dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri, va precisato che il rappresentante di questi ultimi è stato previsto, in via esclusiva, ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del decreto-legge 11 giugno 1996, n. 313, inserito dalla relativa legge di conversione 8 agosto 1996, n. 416, (ora articolo 1915 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010), in ragione della percezione, esclusivamente da parte di tale personale, anche di un assegno speciale.
Per quanto riguarda la «fase di stesura delle istruzioni tecnico-applicative previste dall'articolo 8 del regolamento» ora articolo 80 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010), si assicura che le stesse sono state frutto di una procedura di consultazione tra l'ufficio legislativo del dicastero, lo Stato maggiore della Difesa, gli Stati maggiori delle Forze armate, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri e gli organi delle preesistenti casse, nonché di concertazione con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Tali istruzioni sono volte ad armonizzare i soli profili funzionali e procedimentali degli organi amministrativi, di gestione e di controllo della nuova cassa, in aderenza alle norme sostanziali regolatrici dei singoli fondi previdenziali, secondo i principi dell'economicità nell'impiego delle risorse umane, strumentali e finanziarie.
In merito alla necessità di «rendere edotti i titolari di posizioni previdenziali soggettive... dei dati degli ultimi cinque anni di rendimento», si rappresenta che le citate istruzioni prevedono «la tenuta di un'anagrafe del personale iscritto ai fondi previdenziali e l'elaborazione delle relative situazioni statistiche individuali e di categoria, nonché la raccolta di dati utili a fini attuariali».
Inoltre, considerata la natura delle casse militari, le delibere concernenti gli atti di pianificazione, programmazione, amministrazione e gestione patrimoniale, nonché i bilanci di previsione e i conti consuntivi, relativi ai singoli fondi previdenziali, vengono ora esposti in apposito albo accessibile al pubblico e pubblicati sul sito
internet dell'amministrazione.
In buona sostanza, posso assicurare che gli effetti dell'intervento del regolamento di unificazione delle casse militari sono limitati al solo aspetto organizzativo, attraverso l'accorpamento in una sola unità strutturale delle originarie sei casse militari, mantenendo l'amministrazione separata delle

diverse entità previdenziali e la tenuta di distinte evidenze contabili per i singoli istituti, senza alcuna possibilità di commistione tra le relative risorse.
Sotto il profilo oggettivo, pertanto, le fonti giuridiche originarie che regolavano i singoli fondi previdenziali e quelle che ne hanno adeguato, nel tempo, la disciplina, non sono state sostanzialmente incise dal regolamento, bensì derogate limitatamente alle norme relative ai profili strutturali e funzionali di conduzione gestionale.
Con riferimento, in ultimo, alla «risposta fornita alla richiesta presentata dal cocer aeronautica con delibera n. 2 datata 29 ottobre 2009», si rende noto che la Forza armata ha chiarito che la richiesta contenuta in detta delibera non era conforme al 6o comma, articolo 19, della legge n. 382 del 1978 (ora articolo 1478 del codice dell'ordinamento militare), atteso che, infatti, è previsto che solo l'organo centrale della rappresentanza militare (articolo 1476 del codice dell'ordinamento militare) possa essere ascoltato, a richiesta, dalle commissioni permanenti della Camere.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa - Per sapere - premesso che:
il comando delle forze operative terrestri dell'Esercito con foglio prot. 117106 Cod. Id. 10.RAM Ind.C1.1.10.6/44 datato 19 ottobre 2010 ha impartito, a firma del Capo di stato maggiore generale Giorgio Battisti, le disposizioni inerenti gli incontri di categoria «B» (Sottufficiali) e «C» (volontari) tra delegati Cobar e Coir delle Foter da svolgersi in Montorio Veronese nel prossimo mese di novembre;
nel documento si legge che «eventuali argomenti che i delegati Cobar intendano trattare nel corso dell'incontro, dovranno essere inviati a Comfoter Ufficio Consulenza Giuridico-Legale-Segreteria COIR, utilizzando il format in allegato «H» -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra;
su quali disposizioni normative tragga fondamento la richiesta avanzata dal generale Battisti di conoscere preventivamente gli argomenti che i delegati della rappresentanza militare intenderanno trattare nel corso degli incontri programmati con il foglio in premessa e se queste richieste siano coerenti con le disposizioni normative previste a presidio delle già limitate funzioni e prerogative dei delegati medesimi;
se analoghe disposizioni siano state già in precedenza emanate per altri incontri, quando e in quali occasioni.
(4-09191)

Risposta. - Il comando forze terrestri (Comfoter), a seguito di richiesta del corrispondente consiglio intermedio di rappresentanza (Coir), ha autorizzato lo svolgimento degli incontri in argomento nei giorni 16 e 17 novembre 2010 per la categoria «C» (graduati e militari di truppa) e nei giorni 18 e 19 novembre 2010 per la categoria «B» (Sottufficiali), presso la sede dell'85o Reggimento addestramento volontari in Montorio Veronese.
A tale attività era prevista la partecipazione di circa 310 delegati delle categorie «B» e «C», provenienti dai 198 consigli di base di rappresentanza (Cobar) dell'area forze terrestri della Forza armata e dell'Area interforze, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Il citato alto comando allo scopo di agevolare l'afflusso e l'attività dei delegati nonché la tenuta delle riunioni, ha diramato disposizioni di natura organizzativa.
In tale contesto, per favorire il regolare svolgimento dell'evento e porre i delegati Coir nelle condizioni di prepararsi e documentarsi adeguatamente sulle tematiche da trattare, è stato chiesto ai Cobar di segnalare eventuali argomenti d'interesse da inserire in agenda (esigenza prospettata dagli stessi delegati Coir ai quali, con la delibera n. 26 del 2010 è stato affidato il compito di contribuire, di concerto con il comando affiancato, alla stesura delle disposizioni in esame).

In merito si evidenzia che l'articolo 1478 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante «codice dell'ordinamento militare», prevede che «gli organi della rappresentanza militare, intermedi e di base concordano con i comandi e gli organi dell'amministrazione militare le forme e le modalità per trattare materie indicate nel presente articolo».
La stessa norma individua anche le materie rientranti nella competenza degli organi della rappresentanza militare che, come noto, non contemplano l'ordinamento, l'addestramento, le operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l'impiego del personale.
In tale quadro, la modalità organizzativa adottata dall'Alto comando in argomento, volta a predisporre la stesura di un'agenda appare:
coerente con le previsioni della citata norma;
rispondente all'esigenza di individuare, mediante un dialogo tra le parti interessate, procedure efficaci finalizzate all'ottimizzazione in termini organizzativi dell'attività.

Si ritiene utile precisare, altresì, che con la richiamata direttiva è stato chiesto ai Cobar di inviare l'elenco degli argomenti che s'intendeva trattare direttamente alla segreteria permanente del Coir.
Tale struttura è deputata in via permanente ed esclusiva «a garantire tutte le attività relative al funzionamento della rappresentanza» (articolo 906 del 15 marzo 2010, n. 90, recante il «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare»), ivi compreso, in un'ottica di agevolazione e semplificazione organizzativa, lo scambio di corrispondenza che perviene dalla «linea della rappresentanza».
La procedura adottata dall'Alto comando persegue:
l'obiettivo di garantire il regolare funzionamento delle attività connesse alla rappresentanza e, al contempo, di agevolare lo scambio delle informazioni tra gli organismi rappresentativi ai vari livelli;
finalità esclusivamente semplificative e non repressive, in quanto non era previsto alcun sindacato di merito o di censura, salvo laddove, in contrasto con le previsioni normative vigenti (citato articolo 1478 del decreto legislativo 66 del 2010 e articolo 878 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010), fossero state indicate materie non di competenza della Rappresentanza Militare.

Gli incontri fissati per il periodo 16-19 novembre 2010, considerato l'alto numero di partecipanti (oltre 300) e la presenza di un numero più elevato di delegati Cobar rispetto alle analoghe attività organizzate negli anni scorsi (dovuta all'inserimento nell'area delle forze terrestri di 68 nuovi Cobar, a seguito dei provvedimenti di riordino della Forza armata che hanno portato alla soppressione/riconfigurazione dell'area territoriale e delle scuole), hanno imposto una maggiore attenzione nella ricerca di ogni utile previsione volta all'ottimizzazione delle procedure rispetto al passato.
Per tale motivo è stata prevista la preventiva acquisizione degli argomenti da inserire nell'agenda, al fine di permetterne una compiuta trattazione/approfondimento (esigenza evidentemente non ravvisata negli incontri precedenti).

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VERINI, FIANO, MORASSUT, TOUADI e COSCIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
apprendiamo che nella giornata di oggi 25 maggio 2010, l'amministrazione comunale di Roma scoprirà una targa intestata a Giuseppe Tucci, esploratore e orientalista presso il museo civico di zoologia di Roma;
non intendiamo mettere in discussione le competenze scientifiche e di ricercatore di Giuseppe Tucci, che però fu tra le 180 «personalità» che, come scrisse il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938 sottoscrissero

il Manifesto sulla razza elaborato (ma, si dice, in gran parte scritto da Mussolini) da 10 accademici e sul quale si sarebbe basata la Dichiarazione sulla razza licenziata dal Consiglio nazionale del fascismo il 6 ottobre 1938, fondamento delle gravissime discriminazioni antiebraiche disposte dal regime, le «leggi razziali»;
nel 1925 il regime lo inviò ad insegnare l'italiano in Cina e poi in India. L'esperto di Oriente fu molto legato anche all'ideologo dell'estrema destra Julius Evola ed ebbe rapporti di collaborazione scientifica ed accademica con molti dei 180 firmatari del Manifesto;
appare quantomeno inopportuna la scelta di Tucci come ispiratore della targa da esporre nel museo zoologico di Roma, soprattutto in un momento quale quello che stiamo vivendo, in modo particolare a Roma, ma in realtà in tutto il territorio nazionale, che vede crescere un clima caratterizzato da nostalgie fasciste che spesso cercano visibilità politica attraverso azioni intimidatorie e violente -:
se il Governo non intenda assumere iniziative anche normative volte a far sì che gli atti a forte contenuto simbolico, quale l'intitolazione di luoghi pubblici da parte di soggetti istituzionali, non si pongano in contrasto con in princìpi costituzionali ampiamente recepiti dalla legislazione che nel nostro ordinamento vietano ogni discriminazione fondata sulla razza e sull'origine etnica.
(4-07374)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si rappresenta che questo Ministero non può svolgere un sindacato sull'iniziativa in argomento - assunta da un'amministrazione comunale nell'ambito della sua autonomia - e che, in ogni caso, nei fatti esposti non si ravvisano contenuti o comportamenti discriminatori in contrasto con i principi della Costituzione.
L'orientalista ed esploratore Giuseppe Tucci, pur essendo stato firmatario del
Manifesto sulla razza a cui fa riferimento l'interrogante (si ricorda che, negli anni del fascismo, sono stati molti gli uomini pubblici che hanno subito indebite pressioni in tal senso), ha in seguito collaborato per molti anni con lo Stato repubblicano e antifascista, adempiendo ad incarichi prestigiosi sino alla sua morte. A seguito del suo impegno ha anche ricevuto molte onorificenze internazionali, tra le quali il premio «Nheru per la conoscenza reciproca tra i popoli».
È opportuno precisare che la collocazione della targa all'interno del bioparco è stata richiesta dall'IslAO - l'organismo nato dall'unione di due istituti di fama internazionale quali l'Istituto italo-africano (HA) e l'Istituto Italiano per il medio ed estremo oriente (IsMEO) - che da sempre promuove lo sviluppo delle relazioni culturali tra l'Italia, l'Africa e l'Oriente, perseguendo la cooperazione, la solidarietà e l'amicizia tra i popoli, contro ogni forma di discriminazione razziale.
Inoltre, la commissione toponomastica è costituita da 10 studiosi, esperti in vari campi, proprio per far si che i casi ad essa sottoposti siano prontamente e approfonditamente valutati ed è stata premura del comune di Roma chiedere alla comunità ebraica di indicare un proprio rappresentante. Né, d'altronde, si deve dimenticare l'autorevole testimonianza di un'eminente personalità di religione ebraica come Ernst Bernhard, il quale nella premessa al suo saggio «Mitobiografia» ha appunto ringraziato lo studioso in questione per averlo salvato dalla deportazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella nostra ambasciata a Yaoundé, in Camerun, operavano finora due diplomatici, ovvero l'ambasciatore ed il suo primo collaboratore, con una giurisdizione su ben quattro nazioni africane (Chad, Guinea, Repubblica Centrafricana) di enorme estensione geografica e con problematiche rilevanti in materia di emissione

di visti e di immigrazione, ma anche di presidio in una zona sub-sahariana dove l'Italia ha interessanti prospettive economiche e commerciali;
notizie raccolte dall'interrogante lascerebbero presumere che verrà soppressa la figura del secondo diplomatico accreditato;
pur comprendendo le impellenti ragioni di bilancio, appare di ben difficile gestione un'ambasciata operante su di un così vasto territorio senza avere la costante presenza in sede di almeno un rappresentate diplomatico (cosa che non avverrebbe se vi fosse il solo ambasciatore) e comunque un adeguato controllo dell'area -:
se non si ritenga di dover confermare la figura del secondo diplomatico in Camerun riducendo eventualmente una presenza in un'ambasciata europea, dove il ruolo può essere svolto anche da personale non diplomatico (a Bruxelles, per esempio, tra ambasciata, NATO e Unione europea operano 27 diplomatici).
(4-09228)

Risposta. - Il Ministero degli affari esteri annette la massima importanza alla necessità di dotare di adeguate risorse di personale diplomatico, oltre che amministrativo, le rappresentanze all'estero, ed in particolare quelle accreditate in più paesi e, quindi, responsabili per ampie circoscrizioni territoriali. È il caso della nostra ambasciata in Camerun, che da Yaoundé copre altri tre paesi africani (Ciad, Guinea Equatoriale e Repubblica Centrafricana), come correttamente indicato dall'interrogante.
Tale priorità va naturalmente contemperata con le altre legate alle crescenti responsabilità che il Ministero degli esteri è chiamato a svolgere in un contesto internazionale caratterizzato da sfide globali quali la sicurezza, la lotta al terrorismo, e la promozione economica e culturale del nostro sistema paese all'estero. Nel quadro della nostra appartenenza all'Unione europea, va, inoltre ricordata la nuova sfida per il Ministero degli esteri di concorrere con propri candidati alle posizioni del servizio diplomatico europeo creato dal trattato di Lisbona (servizio europeo di azione estrema).
Per soddisfare l'insieme di queste esigenze, la Farnesina svolge una costante attività di monitoraggio e razionalizzazione per assegnare alle proprie sedi, nel modo più efficiente possibile, le risorse di personale diplomatico disponibili. La strategia mira, in particolare, a prediligere le necessità delle sedi caratterizzate da interessi obiettivamente prioritari.
Per quanto riguarda l'attuale dotazione organica dell'ambasciata a Yaoundé, si precisa che l'attuale funzionario diplomatico vicario è stato recentemente assegnato ad un'altra sede nell'ambito dell'abituale rotazione di personale diplomatico in servizio all'estero.
Nel quadro complessivo delle esigenze prioritarie delle nostre rappresentanze all'estero, l'amministrazione sta valutando positivamente l'opportunità di inserire tale posizione nella prossima lista di pubblicità di posti diplomatico-consolari in avvicendamento.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

ZACCHERA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
in silenzio, miliardi di api stanno morendo e la nostra intera catena alimentare rischia di essere messa in pericolo, tenuto conto che le api non solo producono il miele, ma sono una gigantesca forza lavoro, perché impollinano ben il 90 per cento delle piante che si coltivano;
diversi studi scientifici hanno individuato in un gruppo di pesticidi tossici la loro drastica diminuzione, mentre la popolazione delle api è aumentata incredibilmente nei quattro Paesi europei che hanno vietato questi prodotti. Ma alcune potenti industrie chimiche stanno facendo pressioni enormi per continuare a vendere questo veleno;

l'opportunità che si ha per salvare le api ora è di spingere gli Stati Uniti e l'Unione europea a unirsi nella messa al bando di quei prodotti: la loro azione è cruciale perché avrebbe un effetto a catena nel resto del mondo;
le api sono essenziali per la vita sulla Terra: ogni anno impollinano piante e coltivazioni per un valore stimato in 40 miliardi di dollari, oltre un terzo delle scorte alimentari in molti Paesi. Senza un'azione immediata per salvare le api, si potrebbe rimanere senza frutta, verdura, noci, oli e cotone;
negli ultimi anni la popolazione delle api ha registrato un notevole declino globale: alcune specie di api sono ora estinte e altre arrivano solo al 4 per cento del loro numero precedente. Gli scienziati si stanno arrovellando per trovare le risposte. Alcuni studi ritengono che il declino sia dovuto alla combinazione di alcuni fattori, incluse malattie, la perdita dell'habitat naturale e prodotti chimici tossici. Ma reiterate ricerche pubblicate sulla stampa specializzata ed al centro di numerosissimi incontri tra gli operatori del settore annunciano dati incontrovertibili che danno la colpa ai pesticidi neonicotinoidi. Francia, Italia, Slovenia e Germania, Paesi in cui è basato il loro più grande produttore Bayer, hanno vietato uno di questi killer delle api. Ma Bayer continua a esportare il suo veleno in tutto il mondo -:
quali iniziative si intendano ulteriormente assumere a livello di Unione europea per affrontare questo problema e quali pratiche decisioni ne siano scaturite o si intendano prendere in considerazione.
(4-10908)

Risposta. - A livello europeo segnalo che, il 2 febbraio scorso, la Commissione europea ha adottato il regolamento Reg. (UE) n. 87/2011 che designa il laboratorio di riferimento dell'Unione europea per la salute delle api, stabilisce responsabilità e compiti aggiuntivi per tale laboratorio e modifica l'allegato VII del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il regolamento n. 87 (al punto 2, lettera
e) dell'Allegato) prevede che il predetto laboratorio debba sviluppare attività di monitoraggio e, per quanto possibile, coordinare attività tese a migliorare lo stato di salute delle api nell'Unione, anche istituendo e coordinando un'indagine sulla sindrome da spopolamento degli alveari (Colony Collapse Disorder) nell'Unione al fine di stabilire una linea di mortalità stagionale delle api «normale».
Tutte queste attività, sono già state avviate in Italia per rispondere alle esigenze del settore a partire dal 2009, in anticipo, quindi, rispetto alla norma comunitaria. L'adozione di un nuovo regolamento
ad-hoc da parte della commissione conferma come l'attenzione verso la salvaguardia e la tutela della salute della api a tutti livelli, sia nazionale che internazionale, sia molto alta.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Francesco Saverio Romano.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è in atto in diversi cantoni svizzeri una forte campagna politica e mediatica tesa a ridurre la percentuale di ristorno all'Italia delle somme che - in virtù di accordi bilaterali - vengono trasferiti ai comuni di origine dei lavoratori italiani frontalieri operanti in Svizzera;
se si confermassero le indiscrezioni di stampa, il calo dei trasferimenti potrebbe essere molto intenso e tale da rendere impossibile la quadratura dei bilanci di numerosi comuni, specialmente di piccole dimensioni, localizzati presso la fascia di confine con la Svizzera e dove buona parte della manodopera è appunto impegnata in Svizzera ed i ristorni fiscali rappresentano quindi una delle principali forme di finanziamento -:
quale sia effettivamente la situazione, quale sia l'evoluzione della stessa e quali iniziative intendano intraprendere

i Ministeri interrogati per sollecitare la Svizzera al rispetto dei patti internazionali vigenti.
(4-11401)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Si stima che vi siano attualmente in Svizzera, e in particolar modo nel Canton Ticino, circa 45.000 lavoratori frontalieri italiani, i quali costituiscono nel cantone di lingua italiana oltre il 21,5 per cento degli occupati. La situazione fiscale dei frontalieri italiani è determinata dall'accordo bilaterale firmato a Roma il 3 ottobre 1974, successivamente entrato a far parte integrante della convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni sottoscritta a Roma il 9 marzo 1976 ed entrata in vigore il 27 marzo 1979.
Ai sensi dell'accordo suddetto, i cantoni svizzeri nei quali prestano la loro opera i lavoratori frontalieri italiani sono tenuti a versare allo Stato italiano il 38,8 per cento delle imposte sul reddito. Si stima che, grazie all'accordo in vigore, ogni anno i Comuni di frontiera italiani ricevano, dal solo Canton Ticino, circa 50 milioni di franchi.
Nello scorso mese di febbraio il Gran Consiglio del Ticino, su proposta del partito popolare democratico ticinese, ha chiesto alle Autorità federali la rinegoziazione dell'accordo vigente con l'Italia sui frontalieri. Tale iniziativa, nell'intenzione dei promotori, dovrebbe rimediare all'assenza di reciprocità nei riguardi dei residenti della fascia di frontiera svizzera che lavorano nella fascia di frontiera italiana e portare il ristorno a carico dei Cantoni elvetici ad una percentuale analoga a quella vigente con l'Austria (pari al 12,5 per cento). Tuttavia la consigliera federale per le finanze Evelyn Widmer-Schlumpf, in risposta ad un'interrogazione formulata dalla lega dei Ticinesi, ha dichiarato che il Governo elvetico non ha per il momento l'intenzione di ridiscutere l'accordo sui frontalieri, in quanto quest'ultimo è parte integrante della convenzione sulle doppie imposizioni con l'Italia.
D'altra parte la Presidente federale Micheline Calmy-Rey, in un'intervista concessa lo scorso 7 aprile al
Corriere della Sera, pur negando ritorsioni per i rallentamenti posti da parte italiana al negoziato da tempo in corso per la revisione della convenzione sulle doppie imposizioni, ha affermato che «si cominciano a udire voci in favore di misure più restrittive verso i frontalieri». È quindi verosimile che, anche a seguito anche del successo della lega dei Ticinesi nelle recentissime elezioni svoltesi nel Canton Ticino, la questione possa essere nuovamente sollevata di fronte alle istanze federali elvetiche.
Eventuali iniziative nei confronti delle autorità svizzere da parte di questo Ministero degli affari esteri potranno essere di conseguenza effettuate sulla base dell'evoluzione del suddetto negoziato.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZAZZERA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
all'interrogante risulta che il signor Eustachio Sacco, nato a Matera nel 1951, sia stato infettato da emoderivati e farmaci sperimentali somministrati a sua insaputa da medici di istituti sanitari;
diversi anni fa (1970) il signor Sacco si sarebbe recato presso il Policlinico di Bari a causa di una dermatite molto rara: la reticulosi isteociti lichenoide nodulare granulare papulare benigna;
durante il ricovero nel reparto di dermatologia del Policlinico, il signor Sacco sarebbe stato sottoposto a diverse biopsie e terapie mediche;
trascorsi alcuni anni dal ricovero, il signor Sacco avrebbe scoperto che i medici del Policlinico gli avrebbero somministrato farmaci e emoderivati sperimentali senza il suo consenso. Una di queste sostanze sarebbe l'emoderivato sperimentale Trilergan;

non avendo ricevuto alcun beneficio dalle «terapie» del policlinico, il signor Sacco si sarebbe rivolto al Policlinico di Padova. Anche il quell'occasione Sacco scoprì solo mesi più tardi che anche i medici di Padova lo avrebbero sottoposto al medesimo trattamento non informato;
in seguito, i medici del Policlinico di Padova si sarebbero assunti piena responsabilità per le conseguenze degli esami somministrati al signor Sacco. Poi lo avrebbero sottoposto al Mixgon, sempre senza informarlo. Il farmaco provocò a Sacco convulsioni per circa 30 minuti;
il direttore generale del policlinico di Padova avrebbe giustificato il malore del signor Sacco definendolo «malessere passeggero»;
ma il «malessere» di Sacco non sarebbe affatto terminato, ma anzi lo avrebbe indotto a rivolgersi all'istituto dermopatico «Immacolata» di Roma;
all'Istituto Sacco sarebbe stato visitato da diversi medici, i quali riconobbero la peculiarità del suo caso e lo convinsero a partecipare a numerosi congressi nazionali, europei e internazionali sulla dermatologia;
dopo molti anni trascorsi nella convinzione di dare un contributo alla ricerca scientifica, Sacco decise di rivolgersi ad un medico di Pisa, che dopo aver visionato tutte le cartelle sanitarie, avrebbe detto: «Perché i miei colleghi ti hanno provocato tutto questo dolore?»;
da circa trent'anni dunque il signor Sacco vive in una condizione di estremo dolore fisico e mentale procurato dal sistema sanitario, che lo avrebbe sottoposto a continui trattamenti sperimentali senza il consenso del paziente;
il consenso informato riveste natura di principio fondamentale in materia di tutela della salute in virtù della sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute (Corte Costituzionale sentenza 253 del 2009);
lo Stato inoltre non avrebbe mai risarcito il danno causato al signor Sacco e famiglia;
all'interrogante inoltre risulta che Sacco avrebbe una moglie invalida al 100 per cento ed un figlio adolescente al quale non avrebbe mai potuto fare da padre a causa delle sue precarie condizioni fisiche (Sacco è invalido al 70 per cento);
dal primo gennaio 2009 Sacco si recherebbe presso i principali ospedali italiani chiedendo ascolto;
Sacco chiede la tutela dei diritti dei disabili, l'abbattimento delle barriere architettoniche e denuncia di aver contratto l'epatite C a seguito di una trasfusione di sangue -:
se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda al vero e in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare al fine di tutelare i diritti del signor Eustachio Sacco;
quali iniziative intenda assumere nei confronti dei medici succitati, responsabili di aver somministrato farmaci sperimentali senza il consenso del paziente e provocando conseguenze sullo stato di salute dello stesso.
(4-05313)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi di recente pervenuti dalla prefettura - ufficio territoriale del governo di Padova.
Il paziente venne ricoverato presso la clinica dermatologica dell'azienda ospedaliera di Padova dal 19 al 27 luglio 1974, quando fu dimesso contro la volontà dei sanitari, e dal 18 novembre al 21 dicembre 1974.
Ritenendo che, durante l'ultimo ricovero, gli fosse stato somministrato un emoderivato, il paziente, con nota del 13 aprile 1995, ha richiesto alla struttura ospedaliera la compilazione della scheda informativa prescritta dalla normativa per tali trattamenti.
In seguito ad apposita indagine interna, l'azienda ospedaliera ha fornito risposta

direttamente all'interessato con nota del 31 agosto 1995, trasmettendogli una relazione del primario del centro trasfusionale.
Da tale relazione risulta che al paziente durante il ricovero presso l'ospedale patavino non furono mai somministrati né sangue né emoderivati e che il «Mixogon», sinteticamente indicato come «Mix» nella cartella clinica, non è un emoderivato bensì una «sospensione di gonococchi uccisi, usato come vaccino in epoca preantibiotica e poi utilizzato finché rimase in commercio per attuare la piretoterapia aspecifica in dermatosi orticarioidi».
Nonostante tale tempestivo chiarimento, il paziente ha reiterato la medesima richiesta all'azienda ospedaliera nel giugno 1997 e nel gennaio 1998.
Per quanto attiene al «Trilergan», cui nell'interrogazione parlamentare si fa riferimento quale «emoderivato sperimentale», la regione Veneto riferisce che si tratta di un farmaco antiallergico, sottoposto a sequestro da parte dell'autorità sanitaria nazionale nell'autunno del 1975.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.