XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 19 maggio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 23 MAGGIO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
in data 13 maggio il comitato di sorveglianza di ThyssenKrupp AG ha approvato il progetto di scorporo della divisione Stainless Global, il settore della multinazionale dedicato all'acciaio inox. La decisione di ThyssenKrupp coinvolge 3800 dipendenti italiani e in particolare riguarda il sito produttivo dell'AST di Terni, un complesso industriale di eccellenza destinato alla produzione di acciaio inox che conta, a oggi, circa 2800 lavoratori;
nonostante le rassicurazioni di ThyssenKrupp circa il mantenimento della forza lavoro - criterio che, stando alle dichiarazioni della multinazionale, sarà misura, nel caso di vendita, della credibilità della trattativa - non c'è, ad oggi, alcuna certezza circa il futuro dell'impianto di Terni;
il sito industriale di TK-AST di Terni negli ultimi anni è stato oggetto di importanti investimenti tali da qualificare il ciclo di trasformazione in direzione di una qualità riconosciuta a livello internazionale;
si è dinanzi ad una realtà industriale di straordinaria importanza e centralità per il sistema manifatturiero italiano ed europeo, caratterizzata da livelli di eccellenza produttiva e che chiuderà il biennio 2010/2011 con un utile di 53 milioni di euro. Dato il numero degli occupati, i servizi connessi e la movimentazione finanziaria, TK-AST di Terni determina in maniera profonda il carattere dell'economia ternana ed umbra;
le istituzioni regionali umbre hanno richiesto immediatamente l'intervento del Governo e della diplomazia italiana al fine di conoscere i dettagli dell'iniziativa di scorporo e invocato la massima attenzione da parte dei Ministeri competenti affinché l'esito di questo imminente processo di scorporo non danneggi gli interessi nazionali, della collettività e dell'economia umbra e dei lavoratori;
a conferma del valore strategico dell'impianto e delle vitali interconnessioni tra TK-AST, complesso industriale di interesse nazionale e territorio, nel 2005 venne siglato, a Palazzo Chigi, il «Patto di Territorio» tra Governo, regione Umbria, istituzioni locali, sindacati e TK-AST con il quale le parti si impegnavano nella realizzazione di investimenti e infrastrutture atte a favorire processi di sviluppo e ad innovare le produzioni e raggiungere livelli di eccellenza. Mentre l'azienda TK-AST ha negli anni provveduto agli impegni sottoscritti, effettuando investimenti per un importo superiore a quanto stabilito e incrementando la base occupazionale, il Governo italiano si è mostrato inadempiente in particolare nei riguardi della realizzazione di infrastrutture convergenti sul porto di Civitavecchia (completamento superstrada Orte-Terni-Civitavecchia) -:
se il Governo abbia già avviato contatti formali ed informali con il board di ThyssenKrupp AG al fine di assumere informazioni più circostanziate in ordine all'iniziativa di scorporo della Stainless Global che comprende il sito produttivo di Terni;
se il Governo intenda rapidamente convocare le parti e coinvolgere le istituzioni locali al fine di ricercare la migliore soluzione per mantenere integri i livelli occupazionali e le specificità qualitative delle produzioni siderurgiche del sito ternano.
(2-01082)
«Bersani, Franceschini, Trappolino, Sereni, Bocci, Verini, Gozi, Vico, Boccuzzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO, SERENI, BOCCI, VERINI, META e CECCUZZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sul tratto Perugia-Bettolle l'Anas sta procedendo ad uno studio di fattibilità e a sondaggi di tipo geologico al fine di individuare le posizioni più congrue all'installazione dei sistemi di rilevamento e di pagamento;
nel corso di un'audizione in Commissione urbanistica del comune di Perugia, il reggente dell'area tecnica dell'Anas ha dichiarato che le attività messe in cantiere dalla società dovrebbero concludersi entro l'anno con l'obiettivo di far partire il pedaggio dal 2012;
l'introduzione del pedaggio sul raccordo Perugia-Bettolle, pur previsto dalla legge, dev'essere stabilito da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, volto a fissare i criteri e le modalità del pedaggiamento. Pur in assenza di tale decreto, l'Anas ha ugualmente bandito una gara da 150 milioni di euro per la realizzazione del sistema di «tele-pedaggio» su tutti i raccordi, aggiudicata ad Autostrade per l'Italia. Un approccio che, non avendo previsto alcun tipo di partecipazione con le istituzioni regionali, risulta essere decisamente insostenibile;
la regione Umbria - che, proprio in merito al pedaggiamento del raccordo Perugia-Bettolle ha presentato nel settembre 2010 alla Corte costituzionale un ricorso di legittimità reclamando la competenza su una materia concorrente - ha fatto notare che prima di introdurre pedaggi di sorta l'Anas dovrebbe effettuare interventi in grado di garantire standard di funzionalità e sicurezza adeguati per una strada a pedaggio, ivi compresi interventi sui collegamenti con la viabilità ordinaria (strade regionali, provinciali e comunali), sulla quale potrebbero in futuro gravare maggiori carichi di traffico;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovrà in ogni caso chiarire i criteri di applicazione del pedaggio, affinché si stabilisca con chiarezza se questo riguarderà quanti, provenendo dall'autostrada, si serviranno del raccordo (o quanti useranno il raccordo per entrare nell'A1) oppure se sarà applicato a tutti coloro che utilizzeranno tratti del solo raccordo a mo' di tangenziale urbana. Quest'ultimo caso rappresenta il punto più delicato perché sviluppa un fortissimo impatto sui cittadini residenti e sulle imprese del territorio, imponendo a questi una tassa che appare iniqua e insostenibile;
si rende quindi necessario, in ogni caso, la previsione di forme di esenzione dal pedaggio per i residenti e le imprese del territorio che utilizzano tratti del raccordo Perugia-Bettolle per le quotidiane esigenze di lavoro e di vita;
il 30 settembre 2010, il Governo accolse come raccomandazione un ordine del giorno (9/3725/41) presentato dai deputati Ceccuzzi, Cenni, Nannicini, Mattesini, Trappolino con il quale si impegnava a prevedere l'esclusione dal pedaggio sui raccordi autostradali «Firenze-Siena» e «Bettolle-Perugia» per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio nonché a prevedere l'impiego, da parte dell'Anas, delle maggiori entrate realizzate, provenienti dai pedaggi relativi ai raccordi autostradali «Firenze-Siena» e «Bettolle-Perugia», nell'ambito del compartimento regionale Anas della Toscana per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti stradali in questione -:
come il Governo intenda dare seguito all'impegno previsto dall'ordine del giorno citato in premessa, in particolare per quel che concerne l'esclusione dal pedaggio sui raccordi autostradali «Firenze-Siena» e «Bettolle-Perugia» per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio;
se si intenda provvedere ad individuare, all'interno del decreto del Presidente

del Consiglio dei ministri necessario a disciplinare il pedaggiamento sui raccordi citati, i criteri di esclusione dal pedaggio per cittadini e imprese dei territori interessati.
(5-04776)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 55, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (cosiddetta legge di stabilità 2010) ha modificato l'articolo 10-sexies, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, disponendo il reintegro delle risorse - pari al 50 per cento dei contributi all'editoria previsti per l'anno 2009 ai giornali italiani editi e distribuiti all'estero;
lo stanziamento previsto dalla citata legge di stabilità ammonta a 5 milioni di euro;
il tentato ridimensionamento operato dal decreto-legge n. 194 del 2009 ha messo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 erano già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse sarebbe stato difficile da gestire;
in tale prospettiva, il ripristino del totale dell'ammontare delle risorse riconosciute dagli stanziamenti vigenti, è stato previsto per salvaguardare la tenuta e la sopravvivenza delle testate storiche del giornalismo italiano oltre confine, come America Oggi (USA), Corriere Canadese (Canada), la Voce d'Italia (Venezuela) e il Globo-la Fiamma (Australia), Gente d'Italia (Uruguay);
alla previsione legislativa, di cui all'articolo 1, comma 55, della legge n. 220 del 2010, non è corrisposta una conseguente erogazione dei contributi, malgrado questa fosse stata predisposta entro il mese di gennaio 2011;
i prodotti editoriali, editi o distribuiti oltre confine, rappresentano il principale riferimento culturale ed informativo delle comunità italiane all'estero, oltre che il veicolo indiscusso della promozione della lingua e cultura italiana e della crescita e valorizzazione del made in Italy e la mancata corresponsione di contributi legalmente riconosciuti metterebbe nuovamente in difficoltà le realtà editoriali italiane;
il ritardo dell'erogazione dei contributi editoriali rischia di mettere in difficoltà anche il comparto occupazionale delle citate testate storiche;
risulta all'interrogante che al momento soltanto una parte dell'ammontare completo dello stanziamento sia stato reso disponibile dai dipartimenti competenti sebbene non ancora erogato;
al momento - malgrado la richiesta formale di delucidazioni da parte delle realtà direttamente interessate - non vi è stato alcun tipo di riscontro da parte delle autorità competenti in merito al presunto o futuribile timing dell'erogazione dei citati contributi. Tale silenzio non consentirebbe alle realtà coinvolte alcuna ipotesi di programmazione di breve-medio periodo -:
se siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
se esistano e quali siano le ragioni ostative all'erogazione dei contributi di cui alla legge di stabilità n. 220 del 2010;
quali interventi si intendano predisporre al fine di garantire in tempi celeri l'erogazione dei contributi editoriali dovuti alla stampa in lingua italiana all'estero.
(4-11988)

BOSSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Comitato per la difesa civile non armata e non violenta è il risultato di numerose iniziative che si sono proposte nel tempo a seguito di quanto disposto dall'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 8 luglio 1998, n. 230, che affida all'Ufficio nazionale per il servizio civile il compito di «predisporre, d'intesa con il Dipartimento della Protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e non violenta»;
già a partire dal 2001, infatti, l'Ufficio proponeva iniziative relative a forme di ricerca e sperimentazione di difesa civile non armata e non violenta. In particolare, l'Ufficio ha ritenuto di costituire un Comitato «di carattere tecnico e ad elevata specializzazione» ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in quanto il perseguimento di questo importante obiettivo richiede il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati che garantiscano l'apporto di specifiche competenze professionali;
il primo Comitato è stato costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 febbraio 2004, successivamente integrato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2004 ed ha operato fino al termine della XIV legislatura. Successivamente, l'allora Ministro della solidarietà sociale ha confermato il Comitato con decreto in data 27 dicembre 2007; l'attuale Comitato è stato ricostituito, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010, integrato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 ottobre 2010, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2010;
tale organismo è composto da diciotto membri, sei dei quali rappresentano le amministrazioni centrali maggiormente coinvolte (Dipartimento per la protezione civile; Ministero degli affari esteri; Ministero della difesa; Ministero dell'interno; regioni e province autonome; ANCI), mentre i restanti sono individuati in quanto esperti in materia di difesa civile non armata e non violenta;
il Comitato ha il compito di elaborare analisi, predisporre rapporti, promuovere iniziative di confronto e ricerca al fine di individuare indirizzi e strategie di cui l'Ufficio nazionale per il servizio civile possa tenere conto nella predisposizione di forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e non violenta; il Comitato ha finora interpretato la propria funzione «consultiva», non solo raccogliendo ed elaborando idee e suggerimenti, ma proponendo vere e proprie attività in seno all'Ufficio;
il 28 aprile 2011, il Comitato per la difesa civile non armata e non violenta (Dcnan), costituito presso l'Ufficio nazionale del servizio civile, è tornato a riunirsi e a 7 anni dalla prima istituzione (18 febbraio 2004) sta per iniziare una prima sperimentazione; il fatto appare di importanza straordinaria: è la prima volta che uno Stato prova a realizzare ufficialmente una difesa civile non armata e non violenta;
la circostanza, però, contrasta con la cifra, ad avviso dell'interrogante molto esigua, che sarebbe stata stanziata per la sperimentazione: appena 50 mila euro; d'altra parte il Comitato ha cumulato in questi sette anni una disponibilità finanziaria molto limitata;
giova ricordare che il sottosegretario Giovanardi, in una nota dell'agenzia Adnkronos, in data 8 maggio 2011, sosteneva che «Il Servizio Civile è difesa della Patria. La Patria la si può difendere con le armi o con il Servizio Civile non armato» -:
quali siano state le somme messe a disposizione nell'apposita voce di bilancio dell'Ufficio nazionale del servizio civile dal 2008 ad oggi;

se si ritengano sufficienti le risorse collocate su tali progetti e, in particolare, sulla sperimentazione avviata dal Comitato per la difesa civile non armata e non violenta;
con quali criteri siano stati selezionati i progetti in proposito alla difesa non armata e quali siano;
come si intenda pubblicizzare, in Italia e all'estero, questo primo passaggio all'operatività del concetto di difesa alternativa, sancito dalle leggi n. 230 del 1998 e n. 64 del 2001;
se non si ritenga di convocare una conferenza nazionale sulla nascita di questa misura alternativa nella difesa, in modo da presentare alla opinione pubblica la novità operativa della legge in tutta la sua straordinaria importanza.
(4-12000)

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione 4-09850, l'interrogante chiedeva al Governo «se e quali iniziative si intendano assumere al fine di verificare come siano stati gestiti dalle gestioni commissariali i fondi erogati dallo Stato per la ricostruzione nella regione Molise; se non si intenda promuovere, anche con la collaborazione delle regioni, un piano di monitoraggio dello stato di attuazione delle misure volte alla semplificazione, all'efficienza e alla trasparenza delle pubbliche amministrazioni, incluse quelle messe in atto nella regione Molise.»;
in data 15 aprile 2011, il Ministro dell'economia e delle finanze delegato a rispondere dal Presidente del Consiglio dei ministri, si limitava a citare nella sua risposta l'esistenza di una relazione della struttura commissariale della regione Molise riguardante la ricostruzione in seguito al sisma del 31 ottobre 2002 e, per quanto concerne la corretta gestione delle risorse, informava che il presidente della regione Molise aveva trasmesso alla ragioneria territoriale di Campobasso i rendiconti annuali della relativa contabilità speciale;
nessun giudizio su tali documenti né alcun riferimento ad un controllo più puntuale per la verifica della correttezza della gestione dei fondi da parte della regione venivano espressi;
eppure, secondo un articolo del quotidiano La Stampa del 1o novembre 2010, la regione non ha risposto alla richiesta di spiegazioni da parte della magistratura contabile sull'utilizzo delle somme per la ricostruzione post-terremoto impiegate viceversa per un programma onnicomprensivo che ha spalmato i fondi per interventi su tutto il territorio regionale e non solo nelle località toccate dagli eventi calamitosi;
più in generale, non c'era nella risposta del Governo nessun riferimento alla gestione del bilancio regionale che presenta, come richiamato dall'interrogazione citata, numerose anomalie come le assunzioni che sembrerebbero avere carattere clientelare e che hanno condotto la regione Molise ad avere un rapporto tra dipendenti regionali ed abitanti pari a più del doppio della media nazionale -:
quali siano le valutazioni del Governo, per quanto di competenza, sulla gestione dei fondi per la ricostruzione.
(4-12002)

CASTAGNETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la recente ondata migratoria che ha investito la il nostro Paese ha riguardato in particolar modo l'isola di Lampedusa trovando il Governo ad avviso dell'interrogante, palesemente impreparato nella gestione dell'emergenza sia a livello politico e umanitario che semplicemente igienico-sanitario;
qualche giorno fa il sito del giornale Il Fatto Quotidiano riportava, nell'articolo

«Santa Maria Capua Vetere il Cie è una piccola Guantanamo» testimonianze circa la pesantissima situazione del centro di Santa Maria Capua Vetere trasformato il 21 aprile in centro di identificazione ed espulsione (CIE) e che ha raccolto, all'interno degli spazi angusti di un campo di calcio, un centinaio di tunisini. Questi ultimi, considerate le condizioni sanitarie in cui sono tenuti, stando alle testimonianze dall'interno del campo, e vista la trasformazione del sito da centro di accoglienza in Centro di identificazione ed espulsione (CIE) hanno dato vita a proteste seguite da fughe di alcuni di loro -:
cosa il Governo intenda fare per allestire un'accoglienza degna ed umana di chi fugge da scenari di povertà e desolazione alla ricerca di una vita migliore e nello specifico per ovviare alla pesante situazione socio-sanitaria descritta nel centro di identificazione ed espulsione di Santa Maria Capua Vetere.
(4-12003)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

BOSSA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dai bilanci pubblici 2011 dei Paesi OCSE emerge che Svezia, Regno Unito e Lettonia hanno aumentato gli stanziamenti per l'aiuto pubblico allo sviluppo; Danimarca, Olanda, Belgio e Germania hanno mantenuto le attuali disponibilità anche a fronte di riduzioni delle spese a bilancio; Portogallo e Irlanda, sotto la stretta sorveglianza delle istituzioni internazionali, manterranno costanti le loro quote di aiuto rispetto alla loro ricchezza;
solo Austria, Italia, Ungheria, Spagna e Romania hanno penalizzato la cooperazione allo sviluppo in misura maggiore rispetto alla riduzione media approvata nella spesa ai loro bilanci;
nel 2010, l'Europa ha mancato l'obiettivo di destinare lo 0,51 per cento del Prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo, con l'Italia che è il maggior responsabile di questo mancato rispetto;
la cooperazione italiana nel triennio 2011-2013 ha deciso di ridurre i Paesi prioritari da 35 a 24 principalmente a causa delle scarse risorse finanziarie e umane. Per quanto riguarda il multilaterale, si indica una preferenza per le organizzazioni internazionali che hanno una sede in Italia e che lavorano in alcuni ambiti specifici: emergenza, sicurezza alimentare, salute, istruzione e energia. Nel 2010 sono state 27 le organizzazioni internazionali che sono state finanziate dall'Italia, in calo dalle 60 del 2008;
la cooperazione allo sviluppo della Gran Bretagna ha approvato la nuova strategia bilaterale e multilaterale per i prossimi anni. Nonostante si preveda la crescita degli stanziamenti complessivi di cooperazione fino ad arrivare a 8,4 miliardi di sterline, la cooperazione bilaterale ridurrà i Paesi prioritari da 49 a 27. Il riorientamento inglese riguarda anche le organizzazioni internazionali che sono state valutate per la loro efficacia e rilevanza nel contribuire a raggiungere gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo inglese. La Gran Bretagna interromperà i finanziamenti verso l'UNESCO, l'ILO, UNIDO e l'agenzia delle Nazioni unite Habitat. Inoltre, tra le organizzazioni internazionali più inefficaci sono annoverate anche la FAO, UNICEF e UNIDO. All'estremo opposto, Fondo globale e Programma alimentare mondiale registreranno un incremento dell'investimento;

molti Paesi stanno rivedendo le loro scelte strategiche. Alcuni limiteranno il numero di Paesi e organizzazioni internazionali da finanziare, come sta facendo l'Italia. Tuttavia a differenza delle scelte inglesi, la cooperazione italiana non ha approvato una chiara strategia verso le organizzazioni internazionali che si basasse anche su una valutazione della loro efficacia;

l'Italia complessivamente finanzia molte di quelle organizzazioni che sono state giudicate inefficaci dalla valutazione della cooperazione inglese. UNESCO, UNIDO, ILO, FAO e UN Habitat sono state complessivamente sostenute per oltre 40 milioni di euro nel 2010, e sono tra le 10 organizzazioni internazionali più finanziate dall'Italia;

il piano programmatico per l'efficacia dell'aiuto della cooperazione italiana approvato a luglio 2009 prevedeva elaborazione di approcci strategici specifici per gli organismi internazionali di maggior investimento per la cooperazione italiana entro dicembre 2009, ma, a quanto consta all'interrogante, non c'è stato alcun progresso in un anno -:

quali siano i motivi del ritardo nell'elaborazione delle strategie verso le organizzazioni internazionali e quali siano i criteri per la valutazione dell'efficacia delle singole organizzazioni internazionali;

quali siano le ragioni per cui le poche risorse previste dal cosiddetto decreto-legge «missioni internazionali» del primo semestre 2011 per finanziare interventi di lotta alla povertà, non siano state ancora trasferite alla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo dal Ministero dell'economia e delle finanze.
(4-11998)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAGNANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
si prende spunto dalla richiesta di aumento, da parte di Hera (società bolognese che gestisce il servizio pubblico di energia, acqua e ambiente) del 10 per cento circa della tariffa pagata dai cittadini per il consumo di acqua;
richiesta sulla quale si è espressa la provincia di Bologna nel consiglio delle settimane scorse e che a parere dell'interrogante è del tutto immotivata in quanto non tutela adeguatamente i consumatori ma anzi aggrava ulteriormente i cittadini di oneri impropri per rispondere ai bisogni essenziali;
i profitti della suddetta società sono notevoli in quanto riferiti anche ai guadagni degli amministratori che percepiscono a norma di statuto incentivi ad ogni maggiore entrata (cosa che accade per ogni spa, ma in questo caso si tratta di cosa ben diversa);
l'interrogante, riprendendo precedenti posizioni stigmatizza la natura anomala di queste società per azioni che gestendo beni essenziali per i cittadini escludono di fatto ogni forma di tutela dei medesimi, non coinvolgendo ad esempio a sufficienza i consigli provinciali e comunali e le associazioni dei consumatori -:
se non intenda promuovere una modifica dell'attuale legislazione che limiti, ovviamente senza intralciarne l'operatività, i poteri finora assoluti del consiglio di amministrazione, privo di ogni forma di controllo democratico e preoccupato soprattutto di curare di andamenti della borsa più che la qualità dei servizi e delle reti (aumento delle perdite della rete idrica registrato a Bologna dal 15 al 21 per cento ad esempio ha comportato una sanzione di oltre

3.000.000 euro) e che preveda periodiche verifiche da parte di un autorità creata ad hoc, come pure frequenti audizioni esplicative degli aumenti medesimi presso le assemblee elettive.
(4-11995)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con nota protocollo della provincia di Perugia n. E-0070316 del 15 febbraio 2011 la Cooprogetti ha comunicato di aver rilevato risultati anomali per l'azoto ammoniacale ed altri parametri nei campioni d'acqua prelevati nei pozzi piezometrici previsti nel piano di monitoraggio e controllo della discarica di Colognola nel comune di Gubbio;
in data 2 marzo 2010, con nota protocollo della provincia di Perugia n. U-0095662, il comune di Gubbio, gestore della discarica, è stato sollecitato ad effettuare entro 120 giorni ulteriori verifiche al fine di chiarire le cause e di controllare l'andamento nel tempo dei valori anomali;
in data 23 luglio 2010 l'Arpa Umbria sezione territoriale Città di Castello-Gubbio ha trasmesso con email protocollo Arpa n. 15805 una relazione sul monitoraggio delle acque sotterranee della discarica di Colognola, segnalando che dallo studio fatto «emergono problematiche significative che richiedono un intervento di risanamento ed una revisione del piano di monitoraggio e controllo»;
in data 16 febbraio 2011 il comune di Gubbio ha chiesto, con nota della provincia di Perugia n. E-0076426, di integrare con ulteriori codici CER la tabella B dell'autorizzazione integrata ambientale decreto dirigenziale regionale n. 5357 del 20 giugno 2008 relativa ai rifiuti che possono essere conferiti nella cella dei rifiuti speciali non pericolosi della discarica;
il servizio gestione e controllo ambientale della provincia di Perugia ha bloccato, in data 12 maggio 2011, l'autorizzazione a procedere all'inserimento di ulteriori codici CER, come inizialmente concesso in data 1o aprile 2011, dal momento che il comune di Gubbio non ha ancora fornito risposte in merito alle anomalie riscontrate nelle acque sotterranee, sollecitando il gestore a procedere entro 60 giorni ad uno studio approfondito in materia;
tale situazione ha un effetto negativo sull'immagine del comune di Gubbio, che fonda buona parte della sua notorietà sulla qualità dell'ambiente, sulle eccellenze enogastronomiche, sul turismo naturalistico, costituendo un caso emblematico dello stato di insufficiente attenzione con cui alcuni enti locali provvedono alle verifiche ambientali ed al monitoraggio sulle discariche -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione al caso segnalato e se intenda acquisire, anche per il tramite dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, un rapporto dettagliato sullo stato delle discariche nell'intera regione Umbria e delle potenziali conseguenze negative a livello antropico ed ambientale di situazioni come quella riportata in premessa.
(4-12004)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2011

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, DE BIASI e DE PASQUALE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero per i beni e le attività culturali - direzione generale per lo spettacolo dal vivo - ha emanato in data 20 aprile 2011 le disposizioni per l'erogazione delle anticipazioni per il 2011 ai beneficiari dei contributi Fondo unico per lo spettacolo e ha previsto che venga sottoscritta un'autodichiarazione relativa al rispetto da parte degli enti medesimi dell'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 78

del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, relativo all'onorificità della partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti che beneficiano di contributi pubblici;
sull'interpretazione della norma citata il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili con un documento del 15 febbraio 2011 è intervenuto affermando che nell'asserzione «organi collegiali, anche di amministrazione» non sono da comprendere l'organo di revisione e il collegio sindacale in quanto gli stessi costituiscono imprescindibili organi di controllo ed inoltre il compenso del collegio sindacale è indicato nell'articolo 2402 del codice civile ed il compenso del revisore legale e della società di revisione legale è indicato nell'articolo 10, commi 9 e 10 del decreto legislativo 27 gennaio 2009. Tali compensi ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lettera n del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139 sono stabiliti dal Ministro della Giustizia su proposta del Consiglio Nazionale dell'Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili»;
il citato parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili è stato ripreso e fatto proprio dalla circolare inviata dall'AGIS il 28 aprile 2011 a tutti i propri associati in vista della predisposizione della documentazione da predisporre per ottenere le anticipazioni a valere sul Fondo unico per lo spettacolo 2011;
altresì, il comma 5 dell'articolo 6 della succitata legge, prevede che tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato adeguino i loro statuti assicurando che, in particolare, i loro consigli di amministrazione siano costituiti da un numero non superiore a cinque componenti;
gli statuti delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri stabili ad iniziativa pubblica sono stati predisposti e approvati sulla base di norme che contemplavano la possibilità di elevare sino a 7 il numero dei componenti dei consigli di amministrazione in presenza di soci finanziatori privati aderenti e che la riduzione a 5 si può tradurre, alternativamente, nella perdita della rappresentanza nell'organo di amministrazione degli enti pubblici soci necessari e principali finanziatori delle fondazioni, ovvero nella perdita di finanziamenti privati;
si segnala altresì che gli organi di amministrazione sono onorifici in base all'articolo 6, comma 2, del citato decreto-legge n. 78 e che quindi la deroga del limite massimo del numero dei loro componenti da 5 a 7 non comporta oneri aggiuntivi, salvo gettoni di presenza di 30 euro e/o rimborsi spese significativamente inferiori all'apporto finanziario garantito dai soci finanziatori privati -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno disporre una corretta e univoca interpretazione dell'articolo 6, comma 2 del citato decreto-legge n. 78 del 2010, al fine di evitare ulteriori ritardi nei pagamenti delle anticipazioni e contenziosi legali che penalizzerebbero ulteriormente un settore già fortemente in difficoltà;
quali misure intenda adottare al fine di evitare che l'applicazione dell'articolo 6, comma 5, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri stabili di iniziativa pubblica si traduca in una grave limitazione per gli stessi dell'opportunità di acquisire finanziamenti privati.
(5-04779)

Interrogazione a risposta scritta:

MADIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in vista della realizzazione di un piano integrato a San Cesareo (Roma) in via della Resistenza angolo via Monte di Casa, località Colle Noce, durante l'esecuzione di saggi archeologici preventivi ancora in corso, ordinati dal funzionario

della soprintendenza per i beni archeologici del Lazio dottoressa M. De Spagnolis, sono venuti in luce resti di un'importantissima villa romana. Gli scavi hanno avuto inizio nel mese di novembre 2009 e del rinvenimento è stata data notizia dalla dottoressa Maria Cristina Recco nel Convegno di Studi «Lazio e Sabina» tenutosi l'11 marzo 2011 presso l'Accademia Olandese di Roma;
l'area in oggetto si trova a Nord/Ovest del centro abitato, misura circa 30.000 metri quadrati, ha un ingresso posto su via della Resistenza ed un altro su via Casilina;
la villa ha per ora una superficie di circa 7.000 metri quadrati, è posta in una zona collinare, orientata verso Nord ed adiacente il tracciato viario di cui si conservano resti nei terreni circostanti;
le stanze per ora individuate sono una decina, presentano pavimenti musivi a tessere bianche e nere e policromi con paste vitree di rara bellezza, motivi ornamentali a vasi di fiori, trecce e volti umani vegetalizzati, le pareti sono rivestite da intonaco bianco e rosso diviso da una riga gialla;
verso Nord, all'esterno al muro di recinzione della villa, si individua un'area di necropoli non ancora messa in luce. Sempre procedendo verso Nord, è emersa a circa 30,00 metri dal limite della villa, una imponente struttura muraria a carattere monumentale dalla forma rettangolare con superficie di circa 400 metri quadrati, ha muri alti più di 2,00 metri, con grandi nicchie esterne. Da alcuni saggi esplorativi, si è ipotizzato trattarsi di un ninfeo monumentale e conserva d'acqua, data la presenza di rivestimento interno in cocciopesto idraulico;
adiacente tale struttura, sempre procedendo verso Nord, sta emergendo, dai sondaggi archeologici in corso, una grande struttura termale, il cui solo caldarium, occupa una superficie di 500 metri quadrati. Tutta l'area sottostante il terreno in questione è percorsa da una fitta rete di canali sotterranei per il passaggio dell'acqua da una cisterna all'altra, che sono stati parzialmente ispezionati con saggi d'indagine. Gli scavi parziali finora effettuati su Colle Noce hanno permesso di individuare un'area di altissimo interesse archeologico, per ora dell'estensione di circa 10.000 metri quadrati, con strutture murarie molto ben conservate. La cronologia delle strutture attualmente individuate della villa va dalla fine dell'età repubblicana al II secolo d.C., mentre il grande ninfeo monumentale e la struttura termale apparterrebbero alla fine del III sec.-IV d.C.;
l'estensione delle strutture, la qualità dei mosaici policromi, la ricchezza dei marmi pregiati e rari, la presenza del ninfeo e di terme monumentali, ha portato gli studiosi ad ipotizzare di essere di fronte a una villa imperiale, forse proprio la grandiosa villa citata da illustri studiosi, nella quale si sarebbe trovato Massenzio il giorno in cui fu acclamato Augusto (306 d.C.);
secondo osservazioni di esponenti dell'opposizione al consiglio comunale di San Cesareo e attraverso un atto di sindacato ispettivo in regione Lazio del consigliere onorevole Mario Di Carlo, risulta all'interrogante che il «Piano Integrato di Intervento ai sensi della legge 172/92» in località Pietrara con contestuale adozione di variante urbanistica adottato dal comune di San Cesareo e richiesto dalla società Due Gi. Immobiliare srl non garantirebbe la conservazione del sito archeologico nella sua interezza, rispetto alla sua presumibile entità e alla tipologia insediativa prevista dal piano; si prevede infatti l'edificazione di oltre 80 metri cubi tra edilizia residenziale, commerciale e una nuova Chiesa;
il piano zona integrato originariamente autorizzato (prima del ritrovamento della villa) prevedeva una edificazione di circa 27.335 metri cubi su un'area di 28.618 metri quadri (indice 0,95) le costruzioni previste dovevano essere alte al massimo metri 10,50;

il piano di zona integrato autorizzato dopo il ritrovamento (quello in esecuzione) prevede una edificazione di circa 54.626 metri cubi su un'area di 34.566 metri quadri (indice 1,52 metri cubi) e le costruzioni previste saranno alte al massimo metri 18,50;
in pratica la società Due Gi. Immobiliare srl avrebbe ottenuto con la variante un indice edificativo maggiorato del 57 per cento rispetto al precedente -:
se il Ministro non ritenga che il rinvenimento dell'importante sito archeologico non imponga il vincolo sulla zona in questione, la sospensione del progetto di edificazione e l'avvio di un percorso per la tutela e la valorizzazione del sito.
(4-11997)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a numerose famiglie di utenti militari degli alloggi della Difesa è pervenuto avviso di sfratto, nonostante gli impegni assunti dal Governo a seguito dell'approvazione della mozione n. 1-00559 dell'8 febbraio 2011;
la mozione 1-00559 impegnava praticamente il Governo e con esso i vertici militari a criteri di socialità e ragionevolezza: «in ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili», così recitava la mozione;
la notizia è, come riportato dall'Associazione utenti militari alloggi difesa Casadiritto nel sito www.casadiritto.it, che i vertici militari hanno invece riavviato le iniziative di sfratto, pur essendo trascorso soltanto qualche mese da quel costruttivo 8 febbraio, ma, evidentemente, gli stessi vertici militari hanno ritenuto che fosse giunto il momento per riavviare le operazioni per il recupero di alloggi concessi in locazione, in contrasto con quanto previsto dalla citata mozione;
in considerazione della mozione n. 1-00559 non si sarebbero dovute portare avanti azioni esecutive intraprese, che verosimilmente si moltiplicheranno di qui a qualche tempo -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative finalizzate a tutelare il diritto alla casa degli utenti militari degli alloggi della Difesa.
(4-12006)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Equitalia è la società pubblica, 51 per cento Agenzia delle entrate e 49 per cento Inps, incaricata della riscossione nazionale dei tributi;
Equitalia Gerit s.p.a. ha competenza, tra le altre, della città di Livorno;
notizie di stampa di questi giorni segnalano i continui disagi che sono costretti a subire i cittadini della provincia di Livorno per il pagamento dei tributi: file interminabili, numeri telefonici ai quali è impossibile riuscire ad avere informazioni o perché occupati o perché non risponde nessuno;
è del 17 maggio 2011 l'ultima protesta che ha coinvolto l'ufficio di Piombino, i cittadini lamentano un servizio insufficiente, gli uffici sono aperti solamente due mattine a settimana, ciò provoca immancabili file agli sportelli e la probabilità che una volta arrivato il proprio turno l'ufficio chiuda comunque all'orario stabilito, dovendo quindi ritornare magari la settimana

successiva con il rischio di vedersi addebitare anche la mora per ritardato pagamento;
il più delle volte l'utenza che si rivolge agli uffici di Equitalia è un'utenza anziana che si trova in difficoltà ad utilizzare altre forme di pagamento -:
se sia a conoscenza della situazione di disagio esposta in premessa;
se e come intenda intervenire nei confronti della società Equitalia Gerit s.p.a. al fine di migliorare il servizio offerto all'utenza.
(5-04781)

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GIOVENTÙ

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della gioventù, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, nel corso dell'audizione tenutasi in data 17 maggio 2011 presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati ha illustrato un rapporto secondo il quale in Italia i laureati lavorano meno di chi ha un diploma, meno dei laureati degli altri Paesi europei, e con il passare del tempo questa situazione non è migliorata;
in Italia infatti lavora il 66,9 per cento dei laureati di 25-34 anni, contro una media europea dell'84 per cento, l'87,1 per cento registrato in Francia, l'88 per cento della Germania, l'88,5 per cento del Regno Unito; al contrario di quello che accade negli altri Paesi europei, il tasso di occupazione tra i laureati italiani di 25-34 anni è più basso di quello dei diplomati della stessa fascia di età, stimato intorno al 69,5 per cento;
il tasso di occupazione dei laureati si è inoltre ulteriormente ridotto nel tempo, scendendo dal 71,3 per cento del 2007 al 66,9 per cento del 2010;
questi dati sono accompagnati dalla valutazione secondo la quale i laureati registrano i valori più bassi rispetto agli altri grandi Paesi europei: il 20,7 per cento a fronte di una media europea del 33 per cento, del 40,7 per cento del Regno Unito e del 42,9 per cento della Francia;
è stato inoltre evidenziato come nel nostro Paese l'11,2 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni non studi e non lavori, registrando una vera e propria anomalia rispetto al dato nettamente superiore al 3,4 per cento dei «Neet» - Not in education, employment or training - della media europea -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendono attivare per intervenire su questi ambiti ed uniformare la realtà italiana alla media europea.
(4-11991)

TESTO AGGIORNATO AL 23 MAGGIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'accordo sulla mobilità sottoscritto con le Organizzazioni sindacali il 27 marzo 2007 prevede, all'articolo 2, (pubblicazione dei posti vacanti) «Il Ministero, previa informativa data alle Organizzazioni sindacali almeno tre giorni prima, pubblica, con cadenza annuale entro e non oltre il mese di aprile, il bando nel quale sono indicati i posti vacanti da coprire mediante trasferimento del personale in servizio e sono fissati il termine e le modalità di presentazione delle domande degli aspiranti. Qualora il termine non potesse essere rispettato l'Amministrazione e le Organizzazioni sindacali si incontreranno entro

il successivo mese di maggio per l'analisi delle problematiche, che l'hanno determinato»;
disapplicando l'accordo sulla mobilità il Ministero della giustizia non ha bandito alcun interpello dal 2007, pur prevedendo, il medesimo accordo, all'articolo 15, che «prima di assumere vincitori di pubblici concorsi l'Amministrazione procede all'assestamento del personale in servizio»;
la ratio dell'articolo 15 (già articolo 19 dell'accordo 28 luglio 1998) «è nel privilegiare il personale in servizio nella scelta del luogo di lavoro rispetto a vincitori di concorsi pubblici, ovvero destinati a concorrenti esterni»;
l'amministrazione, in data 28 marzo 2011, ha formalmente dichiarato che:
il 30 dicembre ha assunto 46 funzionari giudiziari, attingendo ad una graduatoria di concorso a 443 posti di funzionario UNEP approvata nel 2002;
a metà marzo 2011 sono stati firmati in totale 26 contratti individuali di lavoro per l'assunzione di:
a) 19 (su 58 chiamati) assistenti giudiziari idonei in un concorso del Ministero della difesa;
b) 1 (su 7 chiamati) funzionario giudiziario idoneo in un concorso del Ministero della difesa;
c) 6 (su 14 chiamati) collaboratori di cancelleria, VII qualifica Funzionale, idonei in un concorso del Ministero della giustizia;
il 15 marzo è stato presentato al Dipartimento della funzione pubblica il piano di assunzioni per l'anno 2011 che prevede la copertura finanziarla per l'assunzione, per mobilità, di 24 direttori amministrativi, 27 funzionari giudiziari, 38 cancellieri A2 F3, 5 cancellieri A2 F4;
sembrerebbe disapplicato l'accordo sulla mobilità, in quanto il Ministero della giustizia non avrebbe proceduto all'assestamento del personale prima delle nuove assunzioni, così occupando dei posti ambiti dal personale interno che da anni lavora fuori sede;
le suddette assunzioni comprometterebbero definitivamente la possibilità per i lavoratori in servizio di ricongiungersi al proprio nucleo familiare, causando danni morali e danni esistenziali, oltre alle ingenti spese economiche che si è costretti a sopportare per il pendolarismo -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alla citata problematica per assicurare ai lavoratori in servizio di ottenere l'avvicinamento alla propria residenza.
(4-11990)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che
il 5 maggio il detenuto in regime di 41-bis Giuseppe Graviano intervenendo in video-conferenza nell'aula bunker di Firenze ha affermato «Mi sono state fatte proposte di collaborare e lo scrissi anche nel 1994 all'allora procuratore di Milano Borrelli»;
Giuseppe Graviano all'epoca dei fatti risultava essere detenuto e, pertanto, eventuali soggetti che potevano entrare in contatto con lui avrebbero dovuto accedere nei luoghi di detenzione e di questo dovrebbe esservi riscontro;
d'altronde l'eventuale segnalazione di Graviano di aver ricevuto proposte di collaborazione lascia perplessi in quanto non si comprenderebbe a quale titolo e su quali basi «proposte» di questo tipo possano essere fatte e soprattutto da chi -:
se risulti, alla luce di quanto riportato in premessa, che durante la detenzione di Giuseppe Graviano si siano verificati contatti tra il detenuto e soggetti diversi dall'autorità giudiziaria competente

che avrebbero potuto formulare credibilmente «proposte di collaborazione»;
se con riferimento ai fatti appena ricordati siano state avviate indagini.
(4-11993)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
la decisione di introdurre il pedaggio autostradale in moltissime tratte autostradali siciliane ha determinato una mobilitazione immediata, sia da parte di cittadini e associazioni che dall'intera classe dirigente isolana;
la decisione dell'ANAS di fare slittare tale provvedimento non ha certo calmato gli animi, stante la situazione di oggettiva arretratezza che il sistema viario presenta nell'intera isola, che, proprio in virtù di questi ritardi infrastrutturali, paga una notevole ammenda in quanto a mobilità e quindi a possibilità di sviluppo;
appare agli interpellanti fuorviante, da questo punto di vista, il ragionamento esposto dal presidente dell'ANAS Pietro Ciucci che, nell'affermare che le tariffe saranno introdotte non appena sarà realizzato un sistema di pedaggiamento, ha ribadito che nell'isola sarebbero stati fatti investimenti notevoli per modernizzare la rete stradale e autostradale, senza tenere conto del ritardo oggettivo che i siciliani hanno dovuto subire per decenni e della differenza di situazione economica tra la stessa e le restati regioni italiane;
in Sicilia dovrebbero essere 425 i chilometri di autostrade, pari al 45 per cento dell'intera rete di ANAS, sottoposte a pedaggio;
tale decisione rischia non solo di rivelarsi appellabile, in quanto in contrasto con lo statuto di autonomia della Regione siciliana, ma di risultare del tutto inappropriata nella situazione specifica siciliana, stante lo stato disastrato della rete stradale e soprattutto considerata la mancanza di strutture di comunicazione alternative, quali quelle ferroviarie, che si possano definire quantomeno decenti;
è a tutti nota, in tal senso, la situazione di arretratezza del sistema ferroviario in Sicilia;
a questo si aggiunge lo sconcerto dei cittadini siciliani alla notizia che i soldi ricavati non saranno utilizzati per migliorare la rete infrastrutturale dell'isola ma per sottrarre la quota equivalente dai contributi annui che lo Stato versa all'ANAS;
tale situazione ha provocato le sentite reazioni da parte sia di tutte le istituzioni locali che della massa di pendolari che tra breve si troveranno, in una situazione economica di grande difficoltà per le famiglie, a dover sopportare un altro aggravio di spese mensili -:
quale sia la situazione allo stato attuale e se non si ritenga indispensabile rivedere la decisione presa in merito al pagamento dei pedaggi autostradali in Sicilia per non far pagare ai cittadini dell'isola, costretti spesso ad utilizzare la rete autostradale in mancanza di valide alternative, un'ingiusta ed inopportuna «tassa» che peserà soprattutto nelle tasche di settori sociali, come quello dei pendolari, che già subiscono i danni prodotti dall'attuale crisi economica;
se non si ritenga opportuno, al contrario, sostenere, così com'è previsto oltretutto nel programma dell'attuale maggioranza, un processo accelerato di ammodernamento infrastrutturale nella regione

siciliana che ne favorisca il rilancio economico e consenta ai cittadini di potere usufruire, finalmente, di un sistema di mobilità idoneo alle loro esigenze.
(2-01083) «Gianni, Sardelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

GRAZIANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie riportate dagli organi di stampa, il 28 aprile 2011 il volo Meridiana IG00243 in partenza dall'aeroporto di Milano Linate alle 19.50 è decollato senza tutti i passeggeri a bordo;
dai racconti dei presenti, l'aereo, un MD 82 da 140 posti, è partito, mentre il bus stava trasportando gli ultimi viaggiatori. Questa l'amara certezza di coloro che, dopo aver aspettato invano nei pressi dello scalo, hanno visto l'aereo partire senza di loro;
in particolare, a bordo del terzo bus che conduce i passeggeri dal gate all'aereo si trovavano in attesa gli ultimi 13 passeggeri diretti a Napoli. Da quanto riportato dalla stampa, sembra che il bus sia arrivato quando ormai era prossimo l'orario di partenza. Sicché, quando il bus è arrivato alla piazzola di sosta accanto alla pista, l'aereo era in fase di rullaggio. Il bus dopo aver vagato per diversi minuti è tornato al gate;
né Meridiana, né Ata Handling, che si occupa dei servizi a terra, hanno segnalato nulla di strano, consentendo al pilota di partire. I responsabili dello scalo hanno spiegato che il pilota era convinto che tutti i passeggeri fossero saliti a bordo;
i 13 passeggeri rimasti a terra, alcuni dei quali ricollocati su un volo Alitalia successivo, altri costretti a rimandare la partenza al giorno seguente, hanno cercato di sporgere denuncia alla polizia dello scalo, che però, dal racconto dei passeggeri, ha rifiutato di verbalizzare le loro ragioni;
in casi analoghi le operazioni vengono ritardate per consentire che tutti i passeggeri in lista siano a bordo dell'aereo. Nel caso di specie non solo questo non è avvenuto, ma l'accaduto ha comportato ai protagonisti disagi e difficoltà, oltre al danno economico e ai gravi rischi per la sicurezza di una gestione superficiale del sistema di trasporto nel suo complesso -:
se, alla luce della gravità di quanto premesso, il Ministro non ritenga di far luce su quanto accaduto, in particolare in ordine alle responsabilità;
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, al fine di verificare, anche per il tramite dell'Enac, il rispetto delle norme di sicurezza e di assistenza relative al trasporto aereo da parte della compagnia e del fornitore di servizi a terra, nonché al fine di risolvere disagi simili a quelli rappresentati, evitando che si ripetano in futuro;
quali iniziative intenda assumere affinché gli scali nazionali provvedano a svolgere il loro servizio in modo soddisfacente, nei tempi e nelle modalità.
(5-04786)

Interrogazione a risposta scritta:

LISI, BONCIANI, LABOCCETTA, PITTELLI, GIBIINO, SCELLI e SBAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'eurostar Roma-Lecce 9357 è quasi sempre in ritardo;
il 4 maggio 2011, con 450 persone a bordo, è rimasto bloccato in provincia di Benevento, a causa di fango e detriti che hanno bloccato la ferrovia per cui sono rimasti fermi anche due treni regionali;

da una testimonianza diretta si apprende che alle 18,30 il treno si ferma a Telese, dove inizia una lunga attesa prima nel silenzio generale, poi con notizie centellinate col contagocce, poi ancora con comunicazioni di un ritardo prima di un'ora, poi di un'altra mezz'ora e cosi via. Il tutto sotto un incessante acquazzone, con l'aria condizionata mal regolata e senza avere un'adeguata assistenza. Passano le ore. Ogni tanto una voce metallica informa dei lavori in corso per rimuovere l'acqua. L'incubo di una nottata all'addiaccio si fa sempre più presente. Poi alle 21, finalmente arrivano i pullman. Sono 4 che portano i viaggiatori a Benevento (in circa un'ora). Li si aspetta che arrivi un treno da Lecce, che poi tornerà indietro. Alle 22 finalmente il treno parte. Ci vorranno altre due ore per arrivare a Bari. E per chi va più a sud, la fatica è ancora peggiore -:
nel 150o anno dall'Unità d'Italia, quali iniziative intende assumere il Ministro per ovviare a questi gravissimi disagi.
(4-11992)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e PIFFARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riportato da articoli di stampa, secondo alcuni magistrati vi sarebbe il rischio che il clan dei Casalesi possa prendere il controllo della gestione della «Rifiuti spa» di Foggia, al fine di aggirare le leggi speciali campane;
i magistrati hanno anche denunciato nella sede della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il malfunzionamento e l'alto costo della raccolta differenziata;
secondo il procuratore capo di Bari Antonio Laudati, le indagini della direzione distrettuale antimafia avrebbero già accertato che aziende operanti nel settore dei rifiuti - anche a partecipazione pubblica - sono certamente condizionate dalla criminalità organizzata;
rifiuti pericolosi sono partiti dalla Campania, sono stati lavorati nel Lazio e in Toscana e poi sono stati scaricati in Puglia «spacciati come composti, quindi smaltiti attraverso lo spandimento in campagna» (La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 marzo 2011);
nel foggiano, [...] si stanno «verificando delle sinergie» tra criminalità locale e Casalesi, [...] sono sbarcate anche le mafie dei Balcani (La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 marzo 2011). In particolare il fenomeno dell'alga rossa sarebbe legato allo smaltimento illegale di sottoprodotti del rame, e ciò crea, secondo il procuratore di Lucera, Domenico Seccia, «una sinergia addirittura con gruppi di criminalità transfrontaliera, in mano quindi ai macedoni, soprattutto nella zona di Foggia»;
dalla Macedonia arriverebbero in Puglia addirittura grandi quantità di batterie scariche, sotto la falsa etichetta di piombo industriale;
in merito al mercato delle «cartiere» (industria cartaria), denuncia inoltre il (dottor Laudati, ci sarebbero «imprenditori, soprattutto del Nord, molti siciliani, che vengono in Puglia a prendere le autorizzazioni per determinate attività senza avere la struttura industriale per poterlo fare, ma poi vendono le autorizzazioni. Ritengo ci sia un legame politico con alcune strutture, che produce questo tipo di attività» (La Gazzetta del Mezzogiorno del 19 marzo 2011) -:
di quali informazioni sia in possesso il Ministro in merito ai gravi fatti descritti in premessa;
se quanto riportato corrisponda al vero e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di impedire le infiltrazioni

mafiose all'interno del settore del riciclo rifiuti in Puglia.
(5-04778)

VASSALLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
diversi organi di stampa hanno riportato negli ultimi anni alcuni isolati episodi che vedono coinvolte donne di religione islamica use ad indossare indumenti che coprono il volto, quali burqa o niqab e, in taluni casi, hanno dato conto di proteste, da parte di cittadini tese a imporre alle donne in questione di rendersi riconoscibili;
in base alla legislazione vigente (legge 22 maggio 1975, n. 152 e successive modificazioni), secondo l'interpretazione che ne ha offerto il Consiglio di Stato (sezione IV, decisione n. 3076 del 19 giugno 2008), l'uso del burqa e del niqab in luogo pubblico o aperto al pubblico non può essere vietato e punito, per ragioni di sicurezza pubblica, essendo attuazione di una tradizione di determinate popolazioni e culture, circostanza che può costituire giustificato motivo ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della citata legge;
da ultimo, in risposta all'interrogazione 5-03443 (Bertolini e Carlucci) il Sottosegretario Mantovano, sembrerebbe aver chiarito che nel 2009 il numero delle persone denunciate o arrestate per la violazione del predetto articolo sono state 364 di cui 299 italiani e 65 stranieri; nel 2010 sono state 240 e hanno riguardato 206 italiani e 34 stranieri -:
se e in quale misura possa essere stimato il numero delle donne attualmente soggiornanti nel territorio italiano che, in ragione di usi tradizionali o convinzioni religiose, siano solite indossare anche in luogo pubblico o aperto al pubblico indumenti che coprono in tutto o in parte il volto, quali burqa e niqab; quanti siano i casi documentati dalle forze dell'ordine e comunque venuti a conoscenza del Ministero dell'interno nei quali la presenza di tali soggetti abbia prodotto problemi di sicurezza pubblica e di che tipo; in quanti casi tali problemi siano stati generati dalla richiesta, rivolta a tali soggetti, in assenza di elementi che ne potessero far temere la pericolosità sociale, di scoprire il volto da parte di privati cittadini ovvero siano stati generati da altre circostanze riferibili alla oggettiva o supposta pericolosità dei soggetti in questione; se il Ministero dell'interno abbia mai ricevuto segnalazioni da parte delle forze dell'ordine o di altro soggetto istituzionale tese a manifestare preoccupazioni in merito alla pericolosità sociale di donne solite ad indossare il burqa o il niqab.
(5-04782)

DI PIETRO, PALOMBA, FAVIA e DONADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un cittadino italiano, Antonio Tanzola, recentemente trasferitosi a Londra per motivi di lavoro, seguendo la procedura indicata sul sito del Ministero dell'interno, ha proceduto, per ragioni legate all'impiego, a far pervenire via mail, il 13 febbraio 2011, la documentazione necessaria all'iscrizione all'AIRE - l'anagrafe della popolazione italiana residente all'estero; quasi immediatamente ha poi ricevuto una risposta automatica nella quale viene fatta richiesta di non mettersi in contatto per informazioni sullo stato dell'istanza prima di 60 giorni, causa l'elevato numero delle iscrizioni;
trascorsi i 60 giorni (e senza ricevere alcuna comunicazione) il nostro connazionale ha poi proceduto all'invio di una seconda mail per chiedere informazioni, nuovamente ignorata;
in seguito ha contattato l'ufficio AIRE telefonicamente al numero e negli orari indicati nel sito e un impiegato dell'ufficio di Bedford - dove molto sviluppata è la comunità italiana ed è presente dal 1954 il viceconsolato italiano - lo ha messo al corrente del fatto che l'ufficio AIRE era stato, nel frattempo,

trasferito a Londra da alcuni mesi e che il numero telefonico non era stato ancora aggiornato;
attualmente non risulta ancora possibile contattare telefonicamente l'ufficio di Londra e, contestualmente recarvisi di persona «non risolverebbe la questione»;
nel frattempo la tornata referendaria si avvicina e il nostro connazionale non sa se il diritto a esprimere il proprio voto sarà garantito o se in qualche modo non sarà in grado di esercitare il suo diritto a causa dei ritardi citati -:
di quali informazioni disponga in relazione a quanto lamentato dal connazionale di cui alla premessa;
quali disposizioni abbia adottato, o intenda adottare, per consentire agli uffici dell'AIRE di poter garantire il servizio richiesto a tutti i cittadini che vi si rivolgono.
(5-04784)

FIANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la campagna elettorale amministrativa per la città di Milano ha visto quest'anno candidarsi in diversi schieramenti molti candidati appartenenti alle forze dell'ordine;
sebbene questo dato sia da valutare con assoluta positività da parte del mondo politico, dall'altro non possiamo non stupirci del fatto che alcuni fra questi candidati avrebbero utilizzato indebitamente le liste e-mail delle amministrazioni di appartenenza per fare campagna elettorale -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda, se siano state avviate inchieste amministrative in proposito e quali provvedimenti si intendano eventualmente assumere a seguito delle verifiche di competenza.
(5-04788)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la determinazione presa dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno circa la redistribuzione e la riduzione del monte ore di lavoro straordinario nei molteplici uffici della polizia di Stato lascia il personale insoddisfatto;
per tale decisione ne consegue ai dipendenti una situazione peggiorativa, oltre che per il carico di lavoro, anche dal punto di vista economico a seguito del taglio degli straordinari;
tale decisione è avvenuta senza l'incontro con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali come previsto dal comma 5 dell'articolo 16 del vigente accordo nazionale quadro;
l'insufficienza di organico ed i reali quotidiani gravosi impegni, acuiti spesso dall'emergenza di eventi di ordine pubblico o dall'incremento di episodi delittuosi, rendono la situazione lavorativa quanto mai difficile;
appare necessario un incisivo intervento per l'adozione di provvedimenti che rivedano la redistribuzione e la riduzione del monte ore di lavoro straordinario nei molteplici uffici della polizia di Stato, per evitare il serio pericolo di una paralisi di servizi essenziali come il controllo del territorio e la sicurezza stessa dei cittadini -:
se, il Ministro interrogato non ritenga opportuno rivedere ed affrontare, con un impegno particolare, la questione della redistribuzione e la riduzione del monte ore di lavoro straordinario nei molteplici uffici della polizia di Stato;
se non si possa evitare il serio pericolo di una paralisi di servizi essenziali come il controllo del territorio e la sicurezza stessa dei cittadini permettendo al personale della polizia di Stato, già appesantito da una situazione lavorativa critica,

di non subire l'ulteriore taglio degli straordinari.
(4-11986)

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento di polizia di Genova ha comunicato alla questura che non sono disponibili fondi per l'acquisto di carburante per i mezzi della polizia;
il rifornimento può essere effettuato soltanto attraverso i cosiddetti «buoni cedola»;
nelle cisterne della caserma Ilardi di Sturla restano 500 litri di gasolio e 2000 litri di benzina verde per lavorare di notte e nei giorni festivi;
se non arriverà un'integrazione urgente si rischia di bloccare le volanti e tutti i mezzi operativi presenti sul territorio;
la situazione che si è venuta a creare è di un'assoluta gravità -:
se il Ministro interrogato non ritenga urgente farsi autorevole promotore di iniziative al fine di individuare i necessari finanziamenti per l'acquisto di carburante per i mezzi della polizia del territorio di Genova ed in generale di tutto il territorio italiano, per non bloccare le volanti e tutti i mezzi operativi necessari all'espletamento di un proficuo servizio.
(4-11987)

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno ha proceduto alla pubblicazione delle graduatorie per gli sviluppi economici all'interno delle aree funzionali, riservate al personale dell'amministrazione con decreto ministeriale 21 marzo 2011;
dalla pubblicazione delle graduatorie finali dei detti sviluppi economici, sarebbero emerse talune incongruenze segnalate dalle organizzazioni sindacali»;
la più evidente sembrerebbe essere l'inserimento di dubbia legittimità di circa 92 persone nelle graduatorie delle progressioni economiche in area III, passaggi da F1 a F2, per mancanza del requisito previsto dall'articolo 18, comma 5, del vigente contratto collettivo nazionale del lavoro comparto Ministeri, ovvero per il mancato possesso del requisito di almeno due anni di permanenza nell'attuale fascia economica;
nella circolare esplicativa n. 34 del 21 settembre 2010, in adesione alle previsioni del contratto collettivo nazionale del lavoro Ministeri 2006-2009, veniva indicato che «possono partecipare alle procedure di selezione i dipendenti [...] in possesso dei requisiti, previsti dagli articoli 2 e 4 del bando, alla data del 31 dicembre 2009». Nel bando stesso del 23 settembre 2010, invece, all'articolo 2, comma 2, in apparente violazione dell'articolo 18, comma 5, del contratto collettivo nazionale del lavoro Ministeri 2006-2009, veniva indicato che il requisito essenziale del possesso della permanenza di non meno di due anni nella fascia retributiva di appartenenza dovesse essere conteggiato alla data di scadenza della domanda, ovvero il 27 ottobre 2010;
tale situazione, alla luce anche della decorrenza delle nuove fasce economiche, appariva pertanto sin da subito non solo incongruente, ma effettivamente in contrasto con le norme contrattuali che regolano tali procedure;
l'effetto della esposta situazione è la sperequazione e la palese non conformità alla normativa vigente delle graduatorie a causa della ingiusta penalizzazione dei dipendenti in possesso di ogni requisito ivi compreso quello previsto dall'articolo 18, comma 5, del contratto collettivo nazionale del lavoro, che parrebbe essere stato disatteso dall'amministrazione -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato al fine di eventualmente procedere ad un chiarimento in merito ai criteri di predisposizione del bando di cui in premessa.
(4-12007)

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il concorso bandito nel 2009 dal competente dipartimento del Ministero dell'interno per vice-sovrintendente di polizia e svolto nel dicembre 2010 si basava su questionari che si ritenevano corretti e ben valutati; subito dopo l'emissione dei risultati, però, sono stati scoperti e denunciati almeno ventisei madornali errori;
il ruolo messo a concorso era molto ambito; per questo la partecipazione risultò massiccia: 16.000 candidati per centosedici posti liberi;
al fine di elaborare i quiz per questo concorso pubblico, il Ministero dell'interno si è avvalso di una società esterna specializzata assistita da una commissione costituita ad hoc;
il direttore dell'ufficio concorsi del Dipartimento della polizia di Stato ha dichiarato che circa un migliaio di concorrenti saranno chiamati a ripetere la prova, sebbene il Coisp abbia già evidenziato come nel provvedimento di reiterazione della prova scritta siano già stati commessi nuovi errori nella correzione di quelli vecchi;
in un concorso pubblico così importante non sono ammissibili, ad avviso dell'interrogante, errori di alcun genere né è possibile che addirittura essi passino inosservati sia ad una società specializzata pagata per elaborarli, sia al controllo di una commissione -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato al fine di ripristinare serietà, rigore e prestigio in relazione ad un concorso pubblico per un ruolo molto ambito come quello di vice-sovrintendente di polizia.
(4-12008)

GARAVINI, PELUFFO, BERRETTA e MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la divisione anticrimine e la squadra mobile della questura di Trapani ed il nucleo di polizia valutaria delta Guardia di finanza il 18 maggio 2011, hanno eseguito una misura di prevenzione patrimoniale ai danni di Giuseppe Giammarinaro ed hanno sequestrato beni mobili e immobili per un valore di circa 35 milioni di euro;
secondo quanto riferito dalla stessa questura, il provvedimento preventivo si è reso necessario anche per le notevoli capacità di influenzare le decisioni politiche ed amministrative della Asl 9 di Trapani e del comune di Salemi;
nello specifico, secondo quanto riportano gli organi di informazione, secondo gli inquirenti Giammarinaro avrebbe messo in atto un disegno criminale «realizzato attraverso la partecipazione occulta alle fasi decisionali più importanti, allo scopo di imporre un'influenza sull'amministrazione comunale di Salemi, avvalendosi della «collaborazione» sia di dipendenti e funzionari del Comune, che di quella di assessori della giunta e consiglieri»;
la direzione distrettuale antimafia di Palermo, nell'ambito di indagini finalizzate ad individuare la provenienza di numerose minacce anonime, avrebbe riscontrato, rendono noto gli investigatori, «un contesto ambientale in cui il Giammarinaro ha inciso in modo significativo su alcune delibere del Comune di Salemi». Sarebbe emerso «il costante tentativo da parte dell'ex sorvegliato speciale di condizionare l'attività amministrativa del Comune di Salemi, partecipando occultamente alle fasi decisionali più importanti, così ponendo in essere un vero e proprio condizionamento mafioso di tutta l'attività amministrativa del Comune»;
ugualmente sono state messe in evidenza numerose iniziative per condizionare l'attività della Asl 9 di Trapani, sia per quanto riguarda il settore degli appalti e delle forniture, sia per quanto riguarda le nomine dei primari;

l'articolo 143, comma 1, del Testo unico degli enti locali prevede che possa essere inviata una commissione d'accesso prefettizia per accertare se ricorrano elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica -:
se non ritenga urgente richiedere al prefetto di Trapani di inviare la commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Testo unico enti locali, presso il comune di Salemi e l'Asl 9 di Trapani, e se, in tale ambito, non si ritenga necessario verificare, per quanto di competenza, di quali complicità abbia potuto avvalersi il Giammarinaro per potersi muovere liberamente sul territorio malgrado fosse sottoposto alla misura del soggiorno obbligato nel comune di Salemi.
(4-12009)

BENAMATI, MARCHIONI e MARCHIGNOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in relazione alle consultazioni elettorali del 15-16 maggio 2011 per il sindaco ed il consiglio comunale del comune di Cattolica si apprende, da fonti stampa, di un esposto presentato al Ministero dell'interno dal candidato del PDL-LEGA NORD Maurizio Carli in relazione ad un ipotetico profilo di ineleggibilità del candidato del PD Piero Cecchini;
tale esposto è stato presentato, a quanto è dato sapere agli interroganti nella giornata di mercoledì 11 maggio attraverso la Prefettura di Rimini e ad oggi non è ancora reso disponibile nei contenuti agli interessati;
è a conoscenza degli interroganti il fatto che la richiesta di accesso agli atti inoltrata dall'avvocato del candidato del PD Piero Cecchini non ha avuto alcun esito poiché la prefettura di Rimini non ha consentito al medesimo l'estrazione della copia del ricorso, motivandola con la necessità di trasmettere preventivamente la ridetta istanza al Ministero dell'interno;
sempre da quanto si apprende da fonti stampa tale esposto avrebbe come oggetto una presunta, ed a parere degli interroganti infondata, ineleggibilità sulla base di una singola fornitura di tecnologie innovative per il controllo dei sistemi di illuminazione, di cui la ditta UMPI (di cui Piero Cecchini è fondatore) detiene il brevetto, effettuate al comune di Cattolica nel 1998;
la gestione manutentiva del sistema di illuminazione del comune di Cattolica, con conseguenti rapporti di forniture di beni e servizi, non vede intervenire la ditta UMPI bensì soggetti terzi scelti secondo la legge;
si stanno, inoltre, propagando nella stampa dichiarazioni fortemente lesive dell'onorabilità personale del candidato PD in relazioni e presunti ed inesistenti rilevanti benefici economici connessi queste forniture;
sembrerebbe poi, secondo dichiarazioni di un autorevole esponente della maggioranza (così come risultano da notizie di stampa) che vi siano stati contatti informali tra il medesimo esponente e funzionari ministeriali che si sarebbero pronunciati fornendo sostanzialmente un parere di merito, positivo, sull'accettabilità di tale ricorso;
le dichiarazioni lesive della onorabilità personale del dottor Cecchini e le ultime affermazioni rilasciate a mezzo stampa stanno producendo un chiaro turbamento e disorientamento nello svolgimento della campagna elettorale;
è a conoscenza degli interroganti il fatto che, per quanto attiene alle dichiarazioni

diffamatorie nei confronti del dottor Cecchini, i responsabili ne dovranno rispondere nelle sedi proprie, così come risulta annunciato un esposto alla Procura della Repubblica per valutare tutti i profili di responsabilità di questa grave questione -:
se il Ministro sia a completa conoscenza di quanto esposto in premessa e se risponda al vero che gli uffici del Ministero con procedura assolutamente inusuale abbiano fornito pareri sull'esposto in questione e sulla base delle verifiche quali misure abbia in animo di adottare il Ministro per censurare tali gravi comportamenti.
(4-12010)

PISACANE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di San Giuseppe Vesuviano, veniva sciolto, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in data 3 dicembre 2009;
tale decisione veniva annullata dal T.A.R. Campania, con sentenza pubblicata in data 19 maggio 2010;
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 227 del 17 gennaio 2011, riformava la decisione del T.A.R. Campania, reintegrando la commissione straordinaria;
avverso la precitata sentenza n. 227 del Consiglio di Stato è in atto impugnazione per revocazione, ai sensi dell'articolo 395, commi 3 e 4, codice di procedura civile ed è in corso l'esito del giudizio di merito (Consiglio di Stato - reg. gen. n. 1889/2011) per diversi errori di fatto che avrebbero viziato totalmente il processo logico-argomentativo del collegio giudicante di 2o grado;
la sentenza del Consiglio di Stato n. 227 del 17 gennaio 2011, pur escludendo l'esistenza di un clan della criminalità organizzata, che avesse contaminato l'apparato amministrativo del comune di San Giuseppe Vesuviano, come del resto già aveva stabilito il T.A.R. Campania, sancisce lo stesso (per la prima volta nella materia), la «sufficienza» degli elementi raccolti, quali idonei per ridefinire lo scioglimento dell'ente; si dà il caso che gli elementi (principali), posti a base delle motivazioni della sentenza, siano oggi, oggetto di impugnazione per revocazione per errori di fatto, come predetto;
non si è di fronte, quindi, ad alcuna forma di ingerenza della criminalità organizzata nei riguardi dell'apparato comunale, visto che tale elemento è stato escluso dal T.A.R. Campania, dal Consiglio di Stato e soprattutto dalla sentenza del tribunale di Nola n. 1151 del 30 settembre 2009, passata in giudicato, con la quale, sebbene alcun amministratore e alcun dipendente del comune di San Giuseppe Vesuviano fossero oggetto di giudizio si stabilisce, in maniera incontrovertibile, l'assenza di qualsiasi rapporto illecito tra gli imputati ed esponenti del comune;
da parte di alcuni politici di parte avversa alla precedente amministrazione comunale, è in atto una campagna denigratoria, che mirerebbe a condizionare l'operato della commissione straordinaria, attualmente stazionante presso l'ente e quella dei funzionari del Ministero dell'interno, competenti a mettere in atto i provvedimenti necessari a garantire che il commissariamento del comune di San Giuseppe Vesuviano possa svolgersi, nel pieno rispetto delle leggi vigenti;
le notizie diffuse dalle suddette persone non corrispondono assolutamente al vero;
le vicende, in particolare, riguardanti candidati e liste, riferite alle votazioni del giugno 2007 svoltesi a San Giuseppe Vesuviano, come pure quelle relative ad assunzioni e servizi civici, ad oggi, non hanno avuto alcun seguito;
il dottor Francesco Ferraro, la cui moglie, in uno Stato di diritto, è libera di candidarsi in qualsiasi partito, non è

mai stato assunto come segretario comunale, bensì, nelle forme consentite dalla legge, ha assunto l'incarico di responsabile dei servizi finanziari del comune di San Giuseppe Vesuviano, in possesso dei requisiti previsti, in quanto le mansioni rivestite possono essere espletate dalla categoria D1 posseduta; solo per inciso, va rimarcato che il dottor Francesco Ferraro è in possesso di laurea magistrale, con esperienza pluriennale nel settore pubblico e che i pagamenti erogati dallo stesso sono consequenziali a dispositivi emessi dai vari organi gestionali del comune;
il professor Giovanni Scudieri, il cui figlio è libero di candidarsi ove meglio crede, attualmente non riveste l'incarico citato ed è sempre stato un funzionario integerrimo e ligio al dovere, mai oggetto di alcun procedimento, né penale né amministrativo di alcun genere; tra l'altro allo stesso, negli ultimi anni, il nucleo di valutazione dell'ente ha sempre assegnato il massimo del punteggio;
la signora Loredana Scudieri, moglie del già vice sindaco Francesco Santorelli, effettivamente riveste la funzione di responsabile dell'ufficio pubblicità e T.A.R.S.U. dell'ente ma tanto è frutto di scelte autonome, prima degli organi politici e poi della commissione straordinaria, a riprova della serietà e preparazione della stessa che ha sempre espletato le proprie mansioni lavorative, con spirito di sacrificio ed abnegazione; il già vice sindaco Francesco Santorelli non è stato affatto dichiarato «direttamente permeabile» alle pressioni della criminalità organizzata nel provvedimento di scioglimento, in quanto la relazione istruttoria del Ministro dell'interno, non contiene affatto nomi di amministratori ritenuti «permeabili» a pressioni camorristiche, per aspetti fattuali, pertinenti le vicende del comune di San Giuseppe Vesuviano, ai sensi del comma 11 dell'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000;
l'avvocato Dario Areniello, libero come tutti gli aventi diritto al voto, di candidarsi nel partito più gradito, attualmente riveste, senza responsabilità di posizione organizzativa, le mansioni di legale dell'ufficio competente comunale, probabilmente per scelte di opportunità organizzative, da parte della commissione straordinaria;
il vigile Fortuna Ammendola non è competente a rilasciare alcuna carta di identità, né a cittadini extracomunitari né a chicchessia, visto che il suo compito si limita a verificare il numero civico, dove il richiedente risiede e la presenza dello stesso nell'abitazione indicata, il tutto sotto la stretta supervisione del comandante della polizia municipale;
non risulta affatto che l'avvocato Sabrina Castaldo, consorte dell'ex sindaco Ambrosio, abbia avuto una grossa mole di mandati (civili e penali), relativi all'abusivismo edilizio; ciò è pacificamente riscontrabile presso i tribunali competenti;
il comandante della polizia municipale, dottor colonnello Ciro Cirillo, ha ottenuto risultati lusinghieri nella prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio; ciò è sotto gli occhi di tutti ed è stato ampiamente valorizzato ed apprezzato dagli organi competenti, a riprova che il colonnello Cirillo, già in servizio per quasi un ventennio alla D.I.A. (direzione investigativa antimafia), ha sempre svolto le proprie mansioni con forte attaccamento ai doveri d'ufficio;
il responsabile del servizio personale dottor Salvatore Boccia, non ha alcun potere autonomo di revocare coloro che erano stati assunti presso l'ente ai sensi dell'ex articolo 110 della legge n. 267 del 2000, ivi compreso il comandante della polizia municipale. Se ciò non è avvenuto è frutto di scelte autonome della commissione straordinaria, ai sensi delle leggi vigenti e della «ratio sociale», che deve animare ogni provvedimento trasparente della pubblica amministrazione;
alcuni lavori di pavimentazione sono oggetto di procedimento amministrativo per l'eventuale riconoscimento di debito

fuori bilancio, ai sensi della vigente normativa di legge da parte degli uffici competenti del comune di San Giuseppe Vesuviano e di inchiesta, da parte della procura della Repubblica del tribunale di Nola, per diretto impulso dell'ex sindaco Ambrosio, a cui va il merito di aver ritenuto necessario rivolgersi agli organi inquirenti per accertare la verità dei fatti;
se i lavori di piazza Garibaldi sono bloccati da oltre due anni, tanto non appare essere elemento dimostrativo di alcunché, ma piuttosto ciò denota quanto sia difficile operare, da parte degli organi amministrativi, molto spesso imbrigliati nelle maglie della burocrazia e/o di errori progettuali, per nulla attribuibili agli organi politici;
a riguardo della frequentazione degli uffici comunali da parte degli ex amministratori, le notizie diffuse appaiono del tutto strumentali, visto che qualsiasi cittadino è libero, durante l'orario di apertura consentita, di rivolgersi agli uffici dell'ente per proprie (lecite) esigenze amministrative;
appare del tutto generica l'affermazione che, a distanza di circa dieci mesi di gestione commissariale, «non siano stati adottati i provvedimenti tesi a rimuovere effetti pregiudizievoli per l'interesse pubblico», in quanto alcun fatto specifico viene riferito quale elemento probante di presunti ritardi e/o omissioni, da parte della commissione straordinaria;
a riguardo della presunta incandidabilità di amministratori comunali, ai sensi dell'articolo 143, comma 11, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, le norme parlano di «amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento» e non già di altro, tant'è vero che il Ministro dell'interno, nella relazione di competenza, inoltrata al Presidente della Repubblica, datata 3 dicembre 2009, non ha ritenuto, oggettivamente, di inserire alcun nominativo di amministratori dell'ente, ai fini delle procedure di incandidabilità la cui competenza, tra l'altro, ricade per legge, sul tribunale civile -:
quali iniziative si intendano mettere in atto, per evitare, pressioni indebite sull'operato dei funzionari del Ministero dell'interno e dei componenti della commissione straordinaria del comune di San Giuseppe Vesuviano, deputata a gestire l'ente fino alla scadenza del mandato, prevista per il 3 giugno 2011.
(4-12011)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
numerosi insegnanti hanno conseguito l'abilitazione per la classe di concorso a077 (strumento musicale nelle scuole medie), a seguito dell'ammissione con riserva ai corsi biennali, istituiti col decreto ministeriale del 28 settembre 2007 n. 137;
l'ammissione con riserva è avvenuta in esecuzione di provvedimenti cautelari emanati dai Tribunali Amministrativi, anche in considerazione della nota ministeriale chiarificatrice numero di protocollo AOODGPER 1284 del 24 gennaio 2008, su ricorsi presentati da quanti erano risultati esclusi per non aver maturato i 360 giorni di servizio di insegnamento entro il 17 ottobre 2007, cioè entro la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale 137 del 2007 (secondo quanto stabilito dal terzo comma dell'articolo 3 del decreto medesimo);
situazioni analoghe, nell'ambito dello stesso processo abilitante, si sono verificate su tutto il territorio nazionale a causa dell'incoerente previsione con cui sia individuata, quale data ultima per il computo dei giorni di servizio, quella di pubblicazione

sulla Gazzetta Ufficiale del bando e non quella del 1o dicembre 2007, indicata per l'inizio dei corsi in tutta Italia, poi realmente iniziati a metà del mese di gennaio del 2008;
si rende auspicabile un provvedimento ministeriale che introduca previsioni analoghe a quelle del decreto-legge milleproroghe del 30 dicembre 2008 n. 207, che ha attribuito l'abilitazione a pieno titolo a coloro che avevano partecipato ai corsi indetti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, col decreto del 18 novembre 2005, n. 85 -:
se non ritenga opportuno per sanare le posizioni di quanti hanno conseguito l'abilitazione, a seguito di ammissione con riserva ai corsi biennali istituiti col decreto ministeriale del 28 settembre 2007 n. 137 proporre una disposizione amministrativa o legislativa che affermi che rimane valida l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti che sono stati ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione indetti dal Ministero dell'istruzione, del università e della ricerca, con decreto 28 settembre 2007 - protocollo n. 137 del 2007 e successive modificazioni, che abbiano superato l'esame di Stato e abbiano maturato il requisito di servizio di 360 giorni, reso in qualunque ordine e grado di scuola, prima dell'inizio del corso per il conseguimento del titolo abilitante.
(3-01661)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 21 luglio 2010 è stato eletto rettore presso l'università di Siena il professore Angelo Riccaboni;
avverso tale elezione è stata presentata una denuncia per presunte irregolarità verificatesi durante la procedura di elezione -:
se non ritenga opportuno verificare al più presto le modalità con cui si sono svolte le elezioni del rettore, professore Riccaboni.
(5-04789)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
presso il liceo classico statale «Q. Orazio Fiacco» di Bari si è tenuto un corso sull'antimafia all'interno di un progetto di «Libera» finanziato con i fondi comunitari;
il relatore del corso è stato un autorevole esponente del PDL, che per la sua partecipazione ha percepito ottanta euro per ognuna delle cinque ore di lezione;
il compenso di tale esponente peraltro, è stato attinto dal fondo comunitario destinato al progetto formativo per gli alunni;
la scelta «dell'esperto esterno» è stata fortemente criticata, tanto che secondo quanto riportato su La Repubblica.it del 15 maggio 2011, i docenti e gli studenti avrebbero dichiarato che «La lezione sull'antimafia si è trasformata in uno spot sui risultati raggiunti dal governo nella lotta alla criminalità organizzata»;
a quanto risulta all'interrogante, la lezione è stata criticata anche dagli studenti in modo plateale;
risulta infatti che il relatore in questione, visto il suo ruolo nell'attuale maggioranza politica, abbia svolto un intervento in chiave propagandistica piuttosto che informativa sui pericoli della mafia, elogiando i risultati raggiunti dal Governo nella lotta alla criminalità -:
se i Ministri siano informati su quanto accaduto e sulla nomina di tale esponente politico quale relatore del corso citato in premessa;

se la scelta di nominare come esperto esterno un esponente politico del PDL nell'ambito di un progetto finanziato con fondi comunitari, elargendogli un compenso attinto dai medesimi fondi, sia opportuna e corrispondente a quanto previsto dalla legge.
(5-04790)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che
l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione è l'ente incaricato di elaborare ed analizzare i cosiddetti test «Invalsi» attraverso l'SNV, il sistema nazionale di valutazione degli studenti italiani;
gli studenti delle scuole vengono sottoposti ai detti test sulla base di una disposizione ministeriale che è stata capace di scatenare quella che all'interrogante appare una ridda di polemiche che non ha risparmiato nessuno dei soggetti coinvolti: insegnanti, alunni e famiglie; da più parti gli studenti e per essi le loro rappresentanze hanno ritenuto i test semplicemente inutili (molti dei quesiti sono stati definiti «più che elementari»), i genitori hanno prospettato addirittura una violazione della privacy (visto che non mancano domande personali sui nuclei familiari), i docenti ed i sindacati hanno parimenti sollevato critiche di vario genere;
la tendenza di tipo «aziendale» ad attribuire alla rilevazione mediante test un ruolo di gestione dell'istruzione appare comunque riduttiva rispetto alla necessità di far fronte a più ampie esigenze di natura didattica e valutativa;
il test di per sé non può fornire standard valutativi oggettivi o indiscutibili in un ambito come quello scolastico, non essendo assimilabile la scuola ad ambiti aziendali che evidentemente soggiacciono a logiche del tutto diverse da quelle che devono essere proprie della fase educativa della vita degli individui -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno affrontare, con tutte le componenti del mondo della scuola, il problema dei test Invalsi, suggerendo modalità valutative che valorizzino le capacità dei singoli alunni attraverso l'utilizzo di forme diverse dai test, come ad esempio il testo scritto.
(4-11989)

BORDO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 dell'agosto 2008 obbliga le amministrazioni pubbliche a disporre l'accertamento fiscale per le malattie di qualsiasi durata, anche di un solo giorno;
il decreto-legge n. 78 del 2009, cosiddetto «pacchetto anticrisi», all'articolo 23, comma 5-bis, dispone che gli accertamenti medico legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali, su richiesta delle amministrazioni pubbliche interessate, rientrano nei compiti istituzionali del servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali;
a tale scopo, in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del SSN, era previsto fosse individuata una specifica quota di finanziamento ripartita tra le regioni in proporzione al numero dei dipendenti pubblici in servizio nei rispettivi territori;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 207 del 5 giugno 2010, ha dichiarato illegittimi i commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2008, n. 133 ritenendo le disposizioni impugnate lesive della competenza legislativa regionale in

materia di tutela della salute e dell'autonomia finanziaria delle regioni stesse;
si è così determinato l'insorgere di un'ingente spesa imprevista, resa ancora più onerosa a causa dei ripetuti tagli ai bilanci del sistema scolastico, peraltro titolare di ingenti crediti nei confronti dello Stato per: supplenze, esami e altre attività istituzionali;
il Ministro dell'istruzione, con nota prot. 10773 dell'11 novembre 2010, ha comunicato che le istituzioni scolastiche potranno trovare copertura alle spese per le visite fiscali all'interno del capitolo di bilancio relativo al «funzionamento amministrativo e didattico», senza specificare a quanto ammontino tali risorse e senza alcuna indicazione relativa ai costi per il 2010 e gli anni precedenti;
il fondo per il «funzionamento amministrativo e didattico» è già così esiguo da costringere la gran parte dei Dirigenti scolastici ad aumentare i contributi richiesti alle famiglie per far fronte anche alle esigenze scolastiche più elementari -:
se e come il Governo intenda intervenire affinché:
a) si renda facoltativa, per le istituzioni scolastiche, la visita fiscale nei confronti del dipendente assente per malattia;
b) il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si faccia direttamente carico degli oneri per le predette visite fiscali nella sua qualità di datore di lavoro.
(4-11996)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la casa degli angeli è una società cooperativa che ha esclusivamente fini educativi e culturali ed è retta dai princìpi di mutualità e assistenza (articolo 1 dello statuto);
nel mese di dicembre il presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa sociale che gestisce l'attività dell'istituto scolastico della casa degli angeli, Angelo Agosti ha comunicato, a mezzo di raccomandata, a 3 socie-lavoratrici (due bidelle e un'impiegata amministrativa) la loro esclusione da socio della cooperativa ai sensi dell'articolo 15 lettera b) del vigente statuto sociale, perché iscritte alla CGIL, un sindacato che non ha, a detta dei vertici della cooperativa, «radici e ispirazione cattolica»;
la CGIL, ha chiesto alla cooperativa di revocare immediatamente i provvedimenti perché illegittimi, anticostituzionali e contrari ai fondamentali princìpi di diritto che regolano la nostra Repubblica, non escludendo di adire le vie legali, in tutte le sedi giudiziarie per tutelare i diritti delle lavoratrici iscritte e della stessa organizzazione sindacale;
l'interrogante aveva posto analogo problema con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-03548 che esponeva il fatto di un operaio che non veniva assunto solo perché iscritto alla CGIL;
il Ministro del lavoro nella risposta ha fatto presente quanto segue: il caso di specie, come è noto, è disciplinato dal nostro ordinamento dall'articolo 15, primo comma, lettera a) della legge n. 300 del 1970, che dispone la nullità di qualsiasi patto od atto diretto a subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte. Il datore di lavoro ha quindi l'obbligo, già nella fase di formazione e conclusione dei contratti di lavoro, di astenersi dal discriminare i lavoratori incorrendo, in caso contrario, in un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale;

quanto sopra esposto è di una gravità inaudita dal punto di vista giuridico, costituzionale, sindacale, politico e anche etico, ed è ancor più grave il fatto che un istituto che beneficia di contributi pubblici possa mettere in atto gravi discriminazioni nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori -:
quali iniziative intendano assumere per quanto di rispettiva competenza in relazione a quanto rappresentato in premessa.
(5-04783)

Interrogazione a risposta scritta:

LAFFRANCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 14 maggio 2011 il comitato di indirizzo della Fondazione Opera nazionale assistenza agli orfani sanitari italiani, Onaosi, appena insediatosi, ha proceduto all'elezione del nuovo consiglio di amministrazione della fondazione Onaosi;
l'articolo 12 dello statuto della Fondazione Onaosi, approvato con decreto interministeriale del 9 febbraio 2009, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisce espressamente che il Consiglio di amministrazione deve essere composto da 9 sanitari eletti dal comitato di indirizzo, tra questi 1 medico veterinario pubblico dipendente, 1 farmacista pubblico dipendente, 1 odontoiatra contribuente volontario e 6 medici chirurghi, di cui 5 pubblici dipendenti e uno contribuente volontario;
il decreto interministeriale del 9 febbraio 2009 con il quale è stato approvato il nuovo statuto dell'Opera nazionale assistenza agli orfani sanitari italiani, Onaosi, è stato affidato ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, secondo cui la vigilanza sulle associazioni o fondazioni definite nel medesimo decreto, tra cui l'Onaosi, è esercitata dal Ministero del lavoro e politiche sociali e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
il comitato di indirizzo, contravvenendo a quanto stabilito nello statuto della Fondazione all'articolo 12, ha eletto quali consiglieri di amministrazione, oltre a quattro medici pubblici dipendenti, due medici chirurghi, che non possono essere ricondotti alla categoria di dipendenti pubblici;
appare dunque violata una norma statutaria approvata attraverso un decreto ministeriale ai sensi di quanto disposto dall'articolo 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509:
secondo quanto disposto sempre dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 50 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di intesa con gli altri Ministeri interessati, può formulare motivati rilievi su: i bilanci preventivi e i conti consuntivi; le note di variazione al bilancio di previsione; i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti cosi come sono indicati in ogni bilancio preventivo; le delibere contenenti criteri direttivi generali. Nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con i Ministeri interessati, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva. I suddetti rilievi devono essere formulati entro sessanta giorni dalla data di ricezione per i bilanci consuntivi ed entro trenta giorni dalla data di ricezione, per tutti gli altri atti. Trascorsi detti termini ogni atto relativo diventa esecutivo -:
se siano a conoscenza di quanto accaduto e quali iniziative di competenza intendano assumere affinché si ristabilisca al più presto il pieno rispetto di quanto previsto dallo statuto della Fondazione Onaosi.
(4-11994)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il corpo forestale dello Stato ha avviato in provincia di Pesaro-Urbino una indagine riferita alla riconsegna da parte dei cacciatori del tesserino di caccia nei termini previsti che interesserà l'intera regione Marche;
secondo la normativa della regione Marche il tesserino deve essere riconsegnato ai rispettivi ambiti territoriali di caccia attraverso i comuni entro il 31 dicembre per le specie in deroga ed entro il 28 febbraio per la caccia ordinaria;
secondo notizia di stampa da questa indagine emergerebbe che sui circa 11.000 cacciatori della provincia di Pesaro Urbino oltre la metà non abbiano adempito all'obbligo;
la sanzione prevista va dai 100 ai 500 euro e preclude la possibilità di rilascio del tesserino per l'anno successivo e quindi la possibilità di cacciare;
va rilevata la estrema severità della sanzione per un adempimento essenzialmente burocratico e di interesse statistico;
dall'indagine emergerebbero carenze nel sistema riferite alla registrazione, alla certificazione della riconsegna, alla tenuta dei dati da parte degli enti interessati;
la mole delle inadempienze riscontrate solo in provincia di Pesaro (8000 circa su 11.000 cacciatori) testimonia di per sé forti carenze nel sistema riferite evidentemente alla scarsa informazione ed organizzazione;
non essendo previste e praticate dai comuni la emissione di ricevute alla riconsegna del tesserino è facile prevedere la soccombenza della parte pubblica in caso di ricorsi sulle eventuali sanzioni emesse con una mole di iniziative inutili, dannose e costose;
occorrerebbe una verifica da parte del Ministro attraverso la quale anche sulla base di esperienze di altre regioni si possano concordare con la regione Marche le iniziative più opportune per evitare i riflessi richiamati;
l'iniziativa ministeriale, appare quanto mai opportuna circa il coinvolgimento del Corpo forestale dello Stato che nel corso dell'indagine ha evidenziato una carenza organizzativa della parte pubblica che va sanata e corretta -:
se il Ministro intenda assumere tutte le informazioni in merito alla vicenda richiamata in premessa ed intenda farsi parte per valutare con il Corpo forestale dello Stato, come arrivare ad una positiva soluzione in grado di definire quanto avvenuto in passato individuando le modalità più idonee ad evitare le problematiche descritte in premessa possano continuare a prodursi.
(5-04787)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno riportato la notizia di una ricerca scientifica in base alla quale è desumibile che il nuovo Codice dell'amministrazione digitale si inserisce in una realtà della pubblica amministrazione locale caratterizzata da una fatica nell'utilizzo dell'Itc, perché si muove ancora a fatica tra i computer e la rete, perdendo tempo e denaro a rincorrere competenze e tecnologie. Come dire che se da un lato c'è lo sforzo di

innovare per rendere efficiente e pratica l'azione pubblica mediante l'informatizzazione e risparmio, dall'altro ci sono dipendenti di regioni, province, comuni, comunità montane e unioni di comuni che cercano con affanno di affrontare il sistema Ict o di sopperire a lacune informatiche di base. Tutto questo ha un costo. Il «costo dell'ignoranza informatica nella pubblica amministrazione», titolo della ricerca condotta dall'Aica (Associazione italiana per l'informatica e il calcolo automatico), in collaborazione con la scuola di direzione aziendale della Bocconi, sul mondo della PAL dove sono impiegate circa 600mila persone. Paghiamo quest'ignoranza oltre 205 milioni di euro;
secondo questa ricerca, i dipendenti della pubblica amministrazione locale usano il computer per il 69 per cento del proprio tempo lavorativo, e dichiarano di perdere almeno 47 minuti a settimana dietro alle difficoltà incontrate con lo strumento informatico. Una perdita di tempo attribuibile per un terzo alla scarsa conoscenza informatica, e per il resto ai problemi stessi dei sistemi Ict. Ma quest'improduttività si traduce anche in un costo annuo, per addetto, di circa 1000 euro. Che, confrontato con quello medio di un dipendente della PAL, porta a stimare che il tempo improduttivo speso a causa dell'ignoranza informatica valga circa 346 euro all'anno per dipendente. In totale, più di 205 milioni di euro annui;
«Spesso si pensa che mettere a disposizione strumenti Ict basti a migliorare la performance e la produttività del lavoro, senza porsi il problema di chi li dovrà utilizzare», ha commentato il presidente di Aica. Così nel tempo «le scarse competenze impediscono di sfruttare appieno i vantaggi della tecnologia, se non addirittura creano ostacoli»;
per misurare gli effetti della formazione informatica sulla produttività, sono stati sottoposti a un corso di formazione di base oltre un centinaio di dipendenti pubblici di varie amministrazioni locali. Risultato: conoscenze informatiche cresciute del 23 per cento in termini assoluti e produttività migliorata del 12 per cento;
poiché si stima che il valore dell'aumento della produttività sia di circa 3900 euro all'anno per ogni soggetto, un piano di formazione su tutti gli utenti informatici potrebbe generare nella PAL un ritorno di ben 2,2 miliardi di euro. Si tratta di stime che, nelle parole di un docente di SDA Bocconi, «devono far riflettere: la PA, nel suo insieme, dà lavoro al 14,6 per cento dei lavoratori italiani». E la pubblica amministrazione locale è, per numero di dipendenti, il terzo comparto del settore pubblico dopo l'istruzione e la sanità. «La PA locale è il soggetto più vicino a tutti noi, le sue efficienze o inefficienze influenzano la vita quotidiana e le attività delle aziende: la sua capacità di innovarsi con le tecnologie rappresenta un'opportunità per i cittadini e un volano per le imprese»;
risulta però anche che non tutte le lentezze sono imputabili all'ignoranza informatica degli utenti: analizzando le chiamate all'help desk in alcuni grandi enti pubblici locali, si è scoperto infatti che, sì, il 40 per cento delle chiamate ha come origine la scarsa perizia informatica del personale, e solo il 17 per cento i guasti nelle infrastrutture. Ma il 26 per cento dei problemi segnalati derivano da errori degli specialisti, che non hanno progettato correttamente l'infrastruttura o ne hanno trascurato l'aggiornamento. Quindi anche per gli specialisti bisogna prevedere un'adeguata formazione, perché se i problemi nascono a monte, a valle tra gli utenti rischiano di moltiplicarsi;
dove la pubblica amministrazione dimostra, in positivo, un ruolo centrale è nei progetti per l'inclusione digitale dei cittadini. Secondo l'indagine di Aica, condotta su oltre 2 mila cittadini di quattro regioni che hanno sviluppato un percorso formativo di alfabetizzazione basato sul programma europeo eCitizen (Friuli Venezia Giulia,

Emilia Romagna, Lazio, Valle d'Aosta), gli obiettivi di un utilizzo più allargato della rete sono stati raggiunti in pieno. Il 78 per cento dei cittadini a rischio di esclusione digitale, e che hanno partecipato ai corsi di alfabetizzazione, ora usa Internet, contro il 48 per cento relativo all'intera popolazione italiana sopra i 20 anni. E in particolare, contro un 31 per cento riferito ai cittadini appartenenti a categorie socio economiche simili a quelle degli «alfabetizzati». Gli scarti principali si sono rilevati per le casalinghe (82 per cento contro un 13 per cento a livello nazionale) e per i pensionati (67 per cento contro un 13 per cento);
«Il fatto che sia la PAL a promuovere le iniziative di e-inclusion - ha osservato un alto esponente di Aica - è un valore aggiunto importante, perché gli enti locali hanno quella vicinanza e conoscenza del territorio che permette di creare offerte formative aderenti alla realtà e ai bisogni dei propri cittadini». «Per il futuro - è la conclusione - possiamo solo augurarci che questi interventi si estendano e vengano sostenuti dalle amministrazioni» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali iniziative gravi ed urgenti intenda porre in essere per evitare il depauperamento di risorse pubbliche assolutamente da razionalizzare nell'uso secondo i criteri di efficacia, efficienza ed economicità, in considerazione del drammatico peso pendente in capo a tutti i cittadini rappresentato dal deficit e dal debito pubblico, iniziative che, ad avviso degli interroganti, potrebbero essere assunte a partire proprio dalle risultanze della ricerca che ha individuato specifiche e mirate iniziative indicate nella premessa per addivenire con rapidità alla soluzione di un problema che impoverisce il Paese sia a livello economico che culturale.
(4-11999)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

PEDOTO, SBROLLINI, VASSALLO, BUCCHINO, GRASSI, D'INCECCO, SARUBBI, LENZI, MOGHERINI REBESANI, MADIA, FONTANELLI e MARIO PEPE (PD). - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della salute in data 5 maggio 2011 ha approvato le linee guida per le per le banche di sangue cordonale presenti in Italia che fissano i requisiti minimi organizzativi e gli standard qualitativi;
la conservazione del sangue cordonale ai fini solidaristici viene considerata un interesse primario del servizio sanitario pubblico ma secondo recenti notizie riportate dalla stampa su ventimila sacche congelate solo tremila risultano di buona qualità;
la notizia, se confermata potrebbe ingenerare allarmismi nelle famiglie che intendono donare il cordone anche se il centro nazionale trapianti precisa che non è in discussione la sicurezza del materiale biologico presente nelle nostre banche;
evidentemente i requisiti di qualità del nostro Paese hanno come conseguenza la diminuzione di quantità di sangue immediatamente utilizzabile;
se da una parte tutto questo andrà a beneficio della sicurezza molte donne però potrebbero essere indotte a non donare il sangue cordonale ritenendo - erroneamente - inutile il loro atto di generosità;
una recente audizione del «Comitato italo-francese per il buon uso del sangue cordonale» presso la Commissione sanità del Parlamento europeo chiarisce che a differenza delle banche private le banche pubbliche italiane eseguono una selezione rigorosissima basata su parametri precisi e imprescindibili che porta ad un bancaggio

del 30 per cento delle sacche ma la probabilità di impiego di queste è di proporzioni altissime ed è a costo zero per donatori e pazienti -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire, anche con la pubblicazione di dati aggiornati, al fine di portare chiarezza ed evitare che notizie fuorvianti possano vanificare quanto fin qui ottenuto grazie alle campagne di sensibilizzazione in materia di donazione del sangue cordonale.
(5-04777)

Interrogazione a risposta scritta:

LISI, SCELLI, GIBIINO, BONCIANI, LABOCCETTA e PITTELLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da parecchi anni, ormai, i cittadini di Lecce sono preoccupati a causa della presenza selvaggia delle antenne di telefonia mobile presenti nel quartiere Rudiae;
in particolare da quando fu installato l'enorme traliccio di via Taranto furono molte le proteste da parte di comitati cittadini e del consiglio circoscrizionale;
inoltre, rivolgendosi agli enti preposti sono stati richiesti monitoraggi per il controllo delle onde magnetiche che creano disturbi agli elettrodomestici e agli apparecchi televisivi nelle case;
purtroppo il 12 maggio 2011 un altro fatto più grave si è verificato ed è stato segnalato da molti giornali locali. Il consigliere circoscrizionale Leo Ciccardi ha avuto un malore ed è stata chiamata immediatamente un'ambulanza, ma il medico che voleva effettuare un elettrocardiogramma ha soltanto potuto appurare che l'elettrocardiografo non dava alcun segnale di contatto e il paziente per poter effettuare tutti gli esami è dovuto arrivare in ospedale;
il paziente ora sta meglio ma non è noto cosa poteva accadere se il caso fosse stato più grave e inoltre che effetti potrebbero avere queste interferenze sui portatori di pacemaker -:
quali iniziative si intendano assumere a tutela della salute dei cittadini affinché venga affrontata questa annosa questione anche al fine di verificare una buona volta l'entità dei rischi derivanti dalle esposizioni a tempi elettromagnetici ed onde radio.
(4-12005)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Sitindustrie è un gruppo internazionale, commerciale e industriale con sede a Valduggia (VC) in Italia, di cui fanno parte Sitai di Prato Sesia e Valvometal di Valduggia otto stabilimenti di produzione, approvati dai principali enti di certificazione mondiali e localizzati in Italia, Francia, Svizzera, Regno Unito e Cina assicurano, anche grazie alla collaborazione di 1100 persone, un fatturato annuo di 450 milioni di euro ed una gestione integrata delle differenti produzioni: tubi saldati e raccorderia in acciaio inossidabile; tubi e raccorderia in leghe di rame; package in acciaio inossidabile e leghe di rame; valvole industriali; barre e semilavorati di rame e sue leghe; costruzioni e carpenteria metallica; energie rinnovabili; attività vitivinicole;
nell'estate 2009 Sitindustrie, pur essendo un colosso metalmeccanico, ha annunciato la crisi dell'azienda, senza darne spiegazioni ai lavoratori, chiedendo la cassa integrazione guadagni per i dipendenti, da dicembre dello stesso anno che ha coinvolto le allora 170 persone, scese

poi a 140 per pre-pensionamenti e ricollocamenti, facenti parte dei due stabilimenti piemontesi;
nell'ottobre 2010 si era scongiurato il fallimento;
a metà giugno 2011 scade la cassa integrazione straordinaria;
secondo quanto si apprende dal quotidiano «La Stampa» del 13 maggio scorso, «l'Amministratore delegato di Sitindustrie, Fausto Bocciolone» ha incontrato i lavoratori e ha precisato che nel piano approvato dal tribunale non erano inseriti i soldi per coprire la cassa in deroga da metà giugno a fine 2011»;
i lavoratori del gruppo dovevano godere della cassa integrazione fino al mese di dicembre, invece i 128 dipendenti valsesiani ancora in forze al gruppo Sitindustrie, negli stabilimenti di Valduggia e Prato Sesia si sono visti licenziati;
l'accesso al concordato preventivo sembrava aver lasciato qualche spiraglio per la vendita dei due opifici, e alla cassa straordinaria, garantita ancora fino al 18 giugno, si contava di sostituire quella in deroga fino al 31 dicembre, in questo modo si sperava di poter arrivare a una ripresa delle attività nel giro del medio-lungo periodo;
nel concordato approvato dal tribunale di Novara questa soluzione non è prevista e l'azienda, che avrebbe dovuto anticipare i soldi della cassa in deroga prelevandoli dal fondo per i trattamenti di fine rapporto, ha preferito scegliere la via del licenziamento;
il commissario giudiziale pone delle riserve sulla richiesta di cassa in deroga poiché la maturazione dei ratei Tfr è a carico azienda e in questo caso i costi graverebbero sul concordato;
un esponente di un sindacato, stando alla stessa fonte, precisa che «l'azienda o il commissario giudiziale avrebbero dovuto destinare 500 euro al mese per lavoratore anticipando i soldi alla Regione, come previsto dalla legge. Non l'hanno fatto»;
lo stesso quotidiano precisa il 18 maggio che «i sindacalisti hanno dato una notizia che ha scosso ulteriormente gli animi. La proprietà avrebbe già firmato un accordo preliminare con una società lombarda, la Ital Petrol, per l'acquisto della Valvolmetal di Valduggia. "Peccato che dei 21 dipendenti attuali garantirebbe il lavoro soltanto a 13 persone, 12 di Valduggia e una di Prato Sesia - commenta Enrico Pagnoni, segretario provinciale Fiom Cgil Vercelli Valsesia -. Un'azione di cui non siamo stati minimamente avvisati. Anzi la settimana scorsa quando Fausto Bocciolone;
amministratore delegato di Sitindustrie, è intervenuto all'assemblea non ha detto nulla quando invece l'accordo era già stato fatto"»;
il licenziamento dei 123 lavoratori rappresenta un problema sociale di elevate dimensioni se si considerano anche le famiglie coinvolte e l'indotto -:
se non si ritenga urgente verificare quanto in premessa ed intervenire al fine di consentire ai lavoratori di accedere alla cassa integrazione in deroga.
(5-04780)

BRANDOLINI e MOTTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il giorno 5 ottobre 2010 è stato emanato il regolamento attuativo (decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 5 ottobre 2010 Gazzetta Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 2010) del codice appalti (decreto legislativo n. 163 del 2009) il quale pur riferendosi al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1999, di fatto disattende completamente le finalità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1999 in quanto - diversamente da quanto previsto dall'articolo 83 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e

dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1999, articoli 3, 4 e allegato A) dove, nell'attribuzione dei punteggi, è opportuno che il peso del prezzo non superi il 50 per cento del punteggio complessivo al fine di incentivare negli appalti pubblici di servizi l'uso del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a quello del prezzo più basso - all'articolo 286, introduce, per gli appalti pubblici di pulizie, una formula matematica di attribuzione dei punteggi sul prezzo;
tale scelta aveva e ha come finalità quella di scoraggiare le storture che derivano dal criterio del prezzo più basso e, cioè, forme di elusione della normativa previdenziale e fiscale e, più in generale, forme di «lavoro nero»;
nel citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1999 si tendeva a valorizzare l'offerta economicamente più vantaggiosa, applicando una formula per il calcolo del prezzo che garantisse la proporzione e l'equilibrio tra tale elemento e la parte tecnico-qualitativa dell'offerta (il tutto a salvaguardia di livello di prezzi congrui e dell'occupazione);
il nuovo regolamento - nel modificare la formula per la determinazione dell'elemento prezzo - ad avviso degli interroganti svuota di senso l'utilizzo del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, introducendo un meccanismo di calcolo secondo cui il punteggio relativo al fattore prezzo viene determinato da un raffronto degli sconti;
tale criterio introdotto nell'articolo 286, come segnalato anche dall'ONBSI, l'organismo paritetico nazionale dei servizi integrati in data 18 novembre 2010, presenta le seguenti gravissime conseguenze:
a) a fronte di minime variazioni delle percentuali di sconto messe in campo dalle imprese concorrenti le offerte economiche ricevono punteggi marcatamente distanti tra loro;
b) lo scarto tra i punteggi assegnati al prezzo offerto finisce per risultare tanto forte ed ampio da risultare incolmabile attraverso la valorizzazione della parte tecnica;
c) le imprese si troveranno a dover operare solo nella logica del ribasso, risultando pressoché impossibile recuperare il differenziale sulla qualità del progetto;
d) si innesca così una tendenza ad incentrare l'aggiudicazione dell'appalto solo sul punteggio economico e relegando la valutazione della parte qualitativa e tecnica ad una posizione del tutto superflua;
e) le amministrazioni appaltanti si troverebbero a dover assegnare un appalto al concorrente peggiore, anche a fronte di minime variazioni al ribasso del prezzo offerto;
l'intera questione è oggetto di un gravame giudiziale proposto innanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio dalla FISE - Federazione imprese di servizi, Legacoop Servizi, ANSIP - Associazione nazionale servizi integrati e polizia e Soc. Roma Multiservizi spa contro il Governo -:
se il Governo, in attesa del pronunciamento del TAR del Lazio, non intenda assumere iniziative per sospendere l'entrata in vigore del nuovo regolamento, prevista per il 9 giugno 2011, e, quali iniziative intenda porre in essere al fine di:
a) effettuare gli opportuni approfondimenti sugli effetti distorsivi dell'articolo 286 del regolamento attuativo del codice appalti;
b) predisporre, entro la data di entrata in vigore dello stesso, una modifica dei criteri previsti nel citato articolo 286, reintroducendo quelli previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 117 del 1999 in quanto più consoni a

determinare una sana concorrenza che si misuri sulla qualità dei progetti e non unicamente sui prezzi;
c) dare piena attuazione al decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni/integrazioni per quanto riguarda gli appalti per la loro qualificazione ai fini della salute e sicurezza sul lavoro.
(5-04785)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
gli impianti nucleari italiani sono gestiti dalla SOGIN (Società gestione impianti nucleari), un organismo controllato al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze;
sul sito internet SOGIN, alla voce «missione» si può leggere chiaramente: «Sogin è la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività nucleari industriali, mediche e di ricerca. Dal 2010, ha il compito di localizzare, realizzare e gestire il Parco Tecnologico, comprensivo del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.»;
il decommissioning è un'attività nucleare altamente specialistica che impiega tecnologie avanzate. Rappresenta, dopo la costruzione e l'esercizio, la terza e ultima fase del ciclo di vita delle installazioni nucleari;
la società dunque si dovrebbe occupare di smantellare le centrali e creare un deposito definitivo di rifiuti radioattivi in tempi brevi per: a) mettere le scorie in condizioni sicure, b) abbattere i costi di gestione, controllo e sorveglianza delle vecchie centrali;
se la SOGIN effettivamente smantellasse le centrali e mettesse in sicurezza i rifiuti in tempi brevi, così come definito nella sua mission, il motivo della sua esistenza verrebbe meno, almeno per quanto riguarda il suo core business;
risulta da fonti di stampa che il processo di decommissioning proceda molto a rilento;
tale società peraltro ha elevatissimi costi di gestione;
ciò evidentemente grava sui conti dello Stato e quindi sui contribuenti -:
se il Ministro sia a conoscenza della suddetta situazione e come intenda intervenire.
(4-12001)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
grazie al servizio reso al pubblico da Radio Radicale, si è appresa la notizia di un caso di amministrazione sicuramente inefficiente che potrebbe anche essere definita vessatoria, poiché l'edificazione di un cimitero rischia di far chiudere un'impresa, come emerge da un'intervista rilasciata del titolare dell'impresa in oggetto ed una di un sindacalista che concordano nel denunciare un caso di abuso di potere;
questi i fatti: nel 1921 viene creata la SERT S.r.l., che si è sviluppata negli anni fino a raggiungere le dimensioni attuali con stabilimento sito nel comune di Leinì (Torino), ai confini con il comune di Caselle Torinese ed un'area di 45.000 metri quadri di cui 20.000 metri quadri coperti;
il business di SERT è attualmente rappresentato per oltre l'80 per cento dalla costruzione di impianti di trasporto per il settore auto e veicoli industriali, le cosiddette «catene di montaggio». Opera

in regime di oligarchia poiché nella costruzione di catene di montaggio per importi superiori al milione di euro per singolo impianto vi sono solo altre due aziende a questo livello. Costruisce sia per il mercato nazionale che estero. L'azienda ha fatturato nel 2008 oltre 13 milioni di euro con 32 dipendenti ed altrettanti occupati nell'indotto che si è creato negli anni;
così si è espresso, denunciando un sopruso nei suoi confronti contenuto in una lettera indirizzata al prefetto il proprietario dell'azienda:
«La vicenda che descriverò inizia ai primi di aprile del 2009, quando improvvisamente abbiamo visto effettuare lavori di movimento terra nel prato di fianco alla nostra azienda. Solo in quel momento abbiamo scoperto che il comune di Caselle stava iniziando la costruzione del secondo cimitero.
Né la SERT né la mia famiglia, che risiede all'interno della proprietà di fianco allo stabilimento, sono mai state preavvisate di tale opera e dei relativi vincoli imposti sulla proprietà come previsto dalla legge.
Il mio stabilimento e la mia abitazione ricadono nel territorio e sotto la giurisdizione del Comune di Leinì, confinante con quello di Caselle.
La costruzione del cimitero che è avvenuta all'interno della fascia di rispetto stabilita per legge in 200 metri, per ragioni tecniche, ha introdotto sulla mia proprietà (SERT) due vincoli prima inesistenti:
zonizzazione acustica, il che vuol dire incompatibilità a livello di rumore tra la mia attività produttiva ed il cimitero stesso;
inedificabilità, il che vuol dire impossibilità di costruire o modificare quanto esistente.

SERT negli esercizi 2008 e 2009 aveva realizzato utili importanti, dell'ordine di 400 milioni di euro al netto delle imposte, che le stavano consentendo di far fronte a debiti risalenti ad esercizi precedenti ed inoltre aveva in corso un piano di investimenti finalizzati ad un forte recupero di produttività, investimenti per terminare i quali era in attesa di un finanziamento bancario di oltre 1 milione di euro a fronte del quale l'immobile forniva le necessarie garanzie.
L'introduzione dei due vincoli di cui sopra ha fatto sì che le banche, ritenendo l'immobile svalutato, non si siano più sentite garantite. Quindi non hanno più erogato il finanziamento richiesto e ciò ha innescato una pesante crisi finanziaria.
Inoltre l'impossibilità di modificare se non marginalmente i fabbricati industriali, per un'attività dinamica come la nostra, significa oltre all'ingente danno patrimoniale, avere strutture non migliorabili e che nei primissimi anni a venire diventerebbero inutilizzabili in quanto obsolete ai fini produttivi.
Abbiamo immediatamente conferito mandato ai nostri legali, ma nonostante la presentazione di reiterate e documentate istanze alla pubblica amministrazione, tutte le richieste per accedere ai documenti indispensabili per far valere le nostre ragioni in sede giudiziaria sono rimaste regolarmente inevase senza motivazione alcuna.
Nello stesso tempo abbiamo tentato di far intervenire il Comune di Leinì, nella persona del sindaco Ivano Coral.
Nonostante fosse a conoscenza dei vincoli di natura acustica e urbanistica posti illegittimamente dal Comune di Caselle su un'area appartenente ad un altro Comune, non ha ritenuto opportuno intervenire.
Abbiamo quindi richiesto ed ottenuto un incontro in Regione. L'assessore all'urbanistica della Giunta Bresso, Sergio Conti, pur avendo fissato l'incontro per fine luglio 2009, non mi ha incontrato di persona ma mi ha fatto parlare con un funzionario, il dottor Trifirò: anche da questo incontro non sono sortite soluzioni o interventi di sorta.
In data 3 luglio 2009 abbiamo ottenuto dal Tar un primo decreto di blocco dei lavori.
In data 18 luglio 2009 una successiva ordinanza dello stesso Tribunale ha disposto

invece la ripresa dei lavori stessi, in quanto, secondo il parere espresso dal Collegio giudicante, titolato ad intervenire era il solo Comune di Leinì, non io come persona fisica e neppure l'azienda come persona giuridica.
In data 21 ottobre 2010 il Consiglio di stato ha confermato il giudizio di primo grado del Tar, sostenendo inoltre come non risultasse fumus persecutionis o danno apparente nei confronti della società.
Giudizi negativi sui quali ha certamente influito il fatto di non essere riusciti ad ottenere dai Comuni i documenti a dimostrazione delle nostre tesi relativamente a mancanza dell'autorizzazione regionale alla riduzione della fascia di rispetto, esistenza del vincolo di inedificabilità ed errata zonizzazione acustica.
A novembre del 2009 abbiamo ottenuto dal Comune di Leinì il documento che certifica l'esistenza del predetto vincolo di inedificabilità assoluta gravante sulla nostra proprietà ed introdotto dalla costruzione del cimitero, ma anche allora il sindaco non è intervenuto per bloccare i lavori, salvo poi dichiarare, a fine dicembre 2009, di non avere più la facoltà di farlo, in quanto trascorso il termine di 60 giorni dall'inizio lavori.
Il sindaco però, in qualità di ufficiale sanitario e responsabile della protezione civile, ha titolo per effettuare in qualsiasi momento interventi a tutela della sicurezza e della salute dei cittadini ed è stato dimostrato da relazioni prodotte da tecnici di parte che sussistono seri e comprovati rischi idrogeologici per i quali era sconsigliabile la costruzione del cimitero nell'area prescelta.
Inoltre vi è un difetto di giurisdizione di Caselle, in quanto un'opera pubblica edificata sul territorio di un Comune non può porre per nessuna ragione vincoli sul territorio di un altro Comune.
Nei giorni successivi, sono stato convocato dal sindaco Coral e dal responsabile dell'ufficio Tecnico del Comune, il geometra Franco Titonel e mi è stato richiesto di rinunciare ad ogni iniziativa legale.
Continuava a mancare però il tassello principale alla nostra difesa, la prova dell'esistenza o meno della indispensabile autorizzazione regionale per l'approvazione della variante di piano regolatore generale che introducesse la riduzione della fascia di rispetto da 200 a 100 metri, senza la quale la predetta approvazione, ottenuta solo a mezzo delibera di consiglio comunale, non avrebbe avuto alcun valore. A dicembre 2009 ci siamo rivolti alla prefettura tramite la nostra associazione di categoria l'Api, associazione delle piccole e medie industrie del Piemonte, per vedere di sollecitare la regione a produrre la dichiarazione di assenso regionale alla variazione della fascia di rispetto, ma senza ottenere alcun risultato.
In data 21 dicembre 2009 il comune di Leinì ha inviato i vigili urbani ad effettuare un sopralluogo per verificare il secondo capannone della nostra azienda, un fabbricato ritenuto abusivo che è stato costruito nel 2003 con tutte le regolari autorizzazioni di cui possiamo produrre copia, compreso il numero di licenza edilizia ed è stato regolarmente registrato al Catasto nel 2007.
Nel verbale redatto in quella sede ho comunque evidenziato l'esistenza di un contenzioso sugli oneri di urbanizzazione che secondo noi erano già stati corrisposti con le opere di urbanizzazione effettuate nel 1997 a nostro carico e non dovute per complessivi 120 mila euro.
Disegni e permessi erano stati regolarmente richiesti, autorizzati e depositati ed era stata concessa la licenza edilizia.
Ma anziché verificare la palese fondatezza delle nostre affermazioni con un semplice controllo negli archivi del Comune stesso, ci sono state notificate prima un'ordinanza di sospensione dei lavori (peraltro già ultimati nel 2003) poi la demolizione del capannone, oltre a una denuncia per abuso edilizio nei miei confronti.
Ad oggi è l'unico procedimento ancora in corso, anche se al momento non sono ancora stato sentito dal magistrato, mentre il nostro esposto per omissione di atti d'ufficio, non risulta ad oggi aver sortito

effetto alcuno nonostante gli incontri avuti con il pubblico ministero Dottor Ferrando, miei e dei miei collaboratori.
A marzo 2010 la crisi di liquidità è degenerata, al punto che non siamo più stati in grado di rispettare gli accordi di rateazione stipulati con Equitalia e fino ad allora regolarmente onorati.
Lo stesso ministro Giulio Tremonti, messo a conoscenza della vicenda, ci ha messo sotto la diretta tutela del Dottor Pristipino responsabile per il Piemonte dell'Agenzia delle Entrate.
Stante la situazione di crisi persistente, a fine maggio 2010 siamo stati costretti ad aprire la procedura di mobilità per il personale dipendente.
Nel frattempo ho avuto alcuni incontri personali con il nuovo assessore Ugo Cavallera, subentrato a Conti dopo il cambio di amministrazione a seguito delle elezioni amministrative regionali, ma anche ciò non ha portato a risultati.
Abbiamo presentato un esposto direttamente al Procuratore aggiunto Dottor Guariniello ed abbiamo avuto un primo contatto con una sua collaboratrice, che ad un esame sommario ha riscontrato dubbi e rischi igienico-sanitari oltre che il non rispetto delle normative europee, ma in seguito il fascicolo è stato avocato dal Dottor Ferrando.
Al momento anche questo risulta ancora aperto, ma l'inchiesta non ha fatto passi avanti.
Siamo finalmente riusciti ad ottenere il documento fondamentale che riconosce la non esistenza della già citata autorizzazione regionale alla variante di Piano regolatore varata ad hoc con la sola delibera del Consiglio comunale di Caselle.
Mi risulta che in data 15 luglio 2010 ci sia stato un incontro tra l'assessore Cavallera e i due sindaci. Anche questo non ha prodotto nulla.
In data 30 luglio 2010 abbiamo avuto un ulteriore incontro con la Regione, rappresentata dal Dottor Beppe Cortese, responsabile della segreteria del Presidente Roberto Cota. Al termine dell'incontro abbiamo ottenuto un impegno a sostenerci in un percorso di supporto finanziario in attesa del giudizio del tribunale.
Di fatto, nonostante le dichiarazioni, non si è ottenuto nulla.
La situazione è poi degenerata dopo il ricorso al giudice civile. Anche se ha respinto il nostro ricorso ex articolo 700, in quanto ormai dall'avvio dei lavori era trascorso un anno e mezzo, il Tribunale di Ciriè ha riconosciuto l'illegittimità per mancanza di giurisdizione del vincolo urbanistico posto da Caselle sulla proprietà SERT, perché posto in altro Comune.
Questa sentenza ha riconosciuto il danno causato da Caselle e dalla Regione alla SERT e contestualmente il presunto abuso edilizio si è ridimensionato a contenzioso sugli oneri di urbanizzazione.
Dopo una manifestazione davanti al palazzo della Regione, siamo stati ricevuti nuovamente dall'assessore all'urbanistica Cavallera e dal neo assessore al Lavoro Claudia Porchietto.
Gli assessori si sono impegnati a fornirci i documenti mancanti, che ci sono regolarmente pervenuti in data 26 gennaio 2011.
Nel corso dell'incontro l'assessore Cavallera affermò che, in caso di rinuncia all'avvio di procedimento per danni, ci sarebbero stati erogati subito i finanziamenti necessari per far sopravvivere l'azienda.
I finanziamenti però non arrivarono.
Da Intesa San Paolo furono avanzate le richieste di approvazione in tempi strettissimi del bilancio di esercizio; richiesta di un'ulteriore fideiussione, peraltro procurata in data 28 dicembre; applicazione della procedura ex articolo 67 L.F.
Alla fine del 2010 si tenne un incontro in Regione con l'assessore Porchietto, con le banche, Eurofidi, un rappresentante della Prefettura ed i sindacati.
Si presentarono un piano economico triennale ed un piano finanziario che dimostravano come SERT fosse in grado di produrre utili e flussi di cassa tali da consentire di far fronte alla restituzione di

un prestito valutato nella sua globalità in 3 milioni di euro e di far fronte anche ai debiti pregressi.
Il risultato fu che la banca Popolare di Novara, Biverbanca e Carige dimostrarono di non gradire l'ipotesi dell'ex articolo 67 suggerita da Intesa San Paolo. Ancora una volta non si sbloccarono i finanziamenti.
Nel frattempo la situazione economica peggiorava per ovvi motivi e perché la mancanza di liquidità impediva l'acquisizione di quelle commesse di alto valore e marginalità che costituiscono il cuore dell'attività di SERT.
Si è quindi iniziato un rapporto diretto con Finpiemonte, finanziaria della Regione, la quale ha convocato le banche cercando di forzare la situazione. Sono avvenuti alcuni incontri, ma anche tale strada non ha portato risultati.
Ad oggi la Banca Popolare di Novara che si era dimostrata la più disponibile ad intervenire ha posto queste condizioni per l'intervento:
garanzia a prima richiesta;
300.000,00 euro di liquidità immessi in azienda dall'imprenditore;
disponibilità di una seconda banca ad intervenire.

Tutte condizioni alle quali non sono in grado di far fronte perché il denaro di cui disponevo l'ho già immesso in azienda per poter arrivare fino ad oggi; la garanzia a prima richiesta non mi viene rilasciata da nessun consorzio di garanzia; la seconda banca che è Intesa San Paolo non è disponibile ad intervenire.
La scorsa settimana ho acquisito da Fiat un ordine di poco meno di 2,4 milioni di euro ed ho al momento un portafoglio ordini di oltre 4 milioni di euro con consegna richiesta entro luglio 2011. Fiat mi chiede garanzie di solidità finanziaria per poter procedere all'assegnazione di commesse per diverse decine di milioni di euro, lavori economicamente molto vantaggiosi e che, con gli investimenti fatti nel 2009, posso tranquillamente eseguire a fronte di assunzione di circa 5 addetti.
Abbiamo le commesse di lavoro, ma non la liquidità necessaria per affrontare l'acquisto dei materiali ed il pagamento dei fornitori che con il degenerarsi della situazione non ci concedono più dilazioni di pagamento. O troviamo il modo di ottenere i finanziamenti necessari in tempi brevi, brevissimi o saremo costretti a cessare l'attività con le immaginabili ricadute negative sui dipendenti che non percepiscono lo stipendio da alcuni mesi, sui fornitori alcuni dei quali saranno a loro volta costretti alla chiusura, sulla collettività locale»;
in precedenza l'imprenditore aveva cercato l'incontro con le istituzioni territoriali. Si riporta il testo del comunicato stampa rilasciato dall'amministrazione, successivo all'incontro: «Torino, 30 luglio 2010 - INCONTRO IN REGIONE SULLA SERT DI LEINÌ - Si è tenuto questa mattina presso la sala Giunta del Palazzo della Regione un incontro per esaminare la situazione dell'Azienda Sert s.r.l. di Leinì (Torino). Al tavolo sono intervenuti, oltre alla proprietà, il capo segreteria del Presidente della Regione dottor Giuseppe Cortese, rappresentanti degli assessorati regionali allo Sviluppo Economico e al Lavoro, il sindaco del Comune di Leinì Ivano Coral, Roberto Arfinengo dell'Api e le tre sigle sindacali metalmeccaniche Uilm, Fim e Fiom.
"Abbiamo dichiarato la nostra disponibilità a costruire un percorso di sostegno finanziario col coinvolgimento di Finpiemonte - ha detto il capo segreteria Cortese - che permetta di riavviare l'attività dopo un lungo periodo di contenzioso urbanistico-territoriale tra Comuni che ha rischiato di mettere in crisi un'azienda che possiede molti ordinativi e di lasciare a casa tanti lavoratori. Il tavolo odierno, convocato per risolvere definitivamente la questione ha visto la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, tranne che dei rappresentanti del principale attore della vicenda, il Comune di Caselle, che non ha fatto peraltro giungere alcun tipo di comunicazione. Di questo atteggiamento ciascuno si assumerà le proprie responsabilità". "L'imprenditore della SERT - ha

chiosato Cortese - ha dato atto della buona volontà di tutti i convenuti ed in primis della Regione, dichiarandosi pronto a ripartire a pieno regime con la propria attività qualora l'autorità giudiziaria sblocchi la situazione".»;
gli stessi lavoratori sostengono la bontà delle ragioni esposte dalla proprietà e per questo motivo i rappresentanti di Uil-Uilm, Fim-Cisl, Fiom-Cgil territoriali, hanno segnalato la gravità della situazione presso i più alti vertici istituzionali;
riassumendo:
il cimitero è stato edificato senza l'autorizzazione regionale alla riduzione della fascia di rispetto, la riduzione fatta mediante consiglio comunale, in quanto impone i vincoli su un'altro comune è illecita ed illegittima;
sono stati posti dei vincoli di zonizzazione acustica ed inedificabilità assoluta su di un'attività presente dal 1969 e quindi totalmente incompatibili con la situazione di fatto preesistente, e che mai sono stati notificati;
tali vincoli hanno azzerato il valore patrimoniale della società (45.000 metri quadri di cui coperti 20.000) generando una perdita secca di oltre 15 milioni di euro, tale da far revocare nel 2009 i finanziamenti bancari già deliberati per 2,5 milioni di euro;
il cimitero è localizzato su di un area ad elevatissimo rischio idrogeologico, soggetto alle alluvioni del 1994, 2000, 2008 eretto cioè su un sito morfologicamente inidoneo, pertanto anche se non esistesse la SERT, il cimitero non andava comunque collocato nel luogo prescelto -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva quali iniziative urgentissime intendano porre in essere per evitare che un'impresa che si è sempre fatta lustro della propria produzione ad alto contenuto tecnologico sia trascinata fuori dal mercato non per incapacità gestionali, ma per errori o abusi della Pubblica Amministrazione, che rischiano di trascinare in rovina gli addetti e le proprie famiglie, fatto ancor più grave vista la difficile situazione economico finanziaria che attraversa il Paese tutto.
(4-12012)

...

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Codurelli n. 4-10411 del 17 gennaio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04783.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BELLOTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale delle sementi elette, soppresso a seguito della promulgazione della legge 31 luglio 2010 n. 122 e accorpato nell'INRAN, gestiva importanti compiti connessi allo svolgimento, sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, degli adempimenti derivanti dall'applicazione delle norme comunitarie e nazionali;
con le suddette disposizioni vengono regolamentate la produzione e la commercializzazione dei prodotti sementieri, e si prevedono specifiche metodologie circa la certificazione ufficiale dei prodotti sementieri, le analisi e i controlli qualitativi delle sementi e delle piantine di ortaggi, gli esami tecnici per il riconoscimento varietale e brevettuale delle novità vegetali, le prove di controllo di campo e di laboratorio previste per l'iscrizione nel registro nazionale delle varietà vegetali;
il Governo aveva dato già in sede di approvazione della legge n. 122 del 2010 ampie garanzie affinché non venisse disperso il capitale umano di competente specifiche, fossero salvaguardate le condizioni contrattuali dei lavoratori e non diminuisse la qualità del servigio fornito allora dall'ENSE;
il Ministro Galan per garantire quanto sopra ha indicato alcuni passaggi amministrativi: la redazione da parte dell'ex ENSE di un bilancio al 30 maggio 2010 che definisca le consistenze finanziarie, umane e strumentali dell'ex ENSE; l'assicurazione agli uffici ex ENSE della prosecuzione, con le previgenti modalità, delle attività in corso per il corrente anno, per non rallentare l'attività di certificazione, in modo da giungere al 1° gennaio 2011 ad una definizione organica del bilancio e della struttura dell'INRAN che tenga conto delle specificità dell'ex ENSE; la rapida ridefinizione della dotazione organica dell'INRAN in modo da tener conto, come richiesto anche dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, della confluenza in essa del personale dell'ex ENSE, ritenendo quindi superate le proposte di modifica della dotazione in corso d'esame; l'aggiornamento dello Statuto, del Regolamento di organizzazione e funzionamento e del regolamento di amministrazione e contabilità dell'INRAN, al fine di tener conto dell'attività svolta dall'ENSE, evidenziando la necessità che tale attività rimanga distinta e riconoscibile all'interno dell'INRAN, anche sotto il profilo amministrativo e contabile;
si rappresenta che la campagna di certificazione delle sementi è in pieno svolgimento, in particolare per le specie che hanno grande rilevanza per l'agricoltura nazionale quali frumento tenero, frumento duro e cereali minori, così come iniziata altresì la produzione di seme di

erba medica e di specie foraggere, nonché quella di sementi di mais -:
se gli enti interessati si stiano attenendo alle disposizioni impartite dal Ministro e come stia procedendo il processo di accorpamento, se l'attuale amministrazione dell'INRAN sia in grado di assicurare una corretta incorporazione di Ense e INCA e, considerate le misure anticrisi dovute alla problematica fase economica, come sia possibile conciliare con lo spirito della manovra anticrisi l'aumento del costo del personale che l'Inran dovrà affrontare dato che l'allineamento delle indennità di ente, necessario per assicurare un trattamento omogeneo al personale, graverà sulle casse dell'INRAN, a partire dal 1° giugno 2010, per un importo annuale di oltre 300.000 euro;
come sia possibile «assicurare la prosecuzione delle attività in corso per il corrente anno dell'ex ENSE, con le previgenti modalità, per non rallentare l'attività di certificazione) dell'ex ENSE qualora le risorse liquide venissero sin da ora attribuite al conto corrente dell'ente accorpante, privando la struttura di liquidità che oggi funge da volano e permette lo svolgimento dell'attività di certificazione con tempestività senza pregiudicare l'economia del settore sementiero;
per quale motivo il sito dell'Inran non riporti informazioni su bilancio, consulenze, e altro come invece è previsto dalle disposizioni del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e se sia possibile conoscere la situazione economica e finanziaria dell'Inran, il costo complessivo di eventuali consulenze e se le attività affidate a consulenti non possano essere svolte da professionalità interne alla struttura;
se siano previsti ulteriori accorpamenti fra enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
(4-09109)

Risposta. - L'interrogazione in oggetto concerne l'accorpamento di enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Al riguardo mi preme anzitutto sottolineare che, in conformità con la direttiva di agosto 2010, l'INRAN (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) ha proceduto, per quanto di competenza, ad ottemperare alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010.
Infatti, la chiusura del bilancio dell'Ente nazionale delle sementi elette nei termini di legge è stata approvata dal Ministero dell'economia a delle finanze (e comunicata al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il 9 dicembre 2010) e gli altri adempimenti previsti al riguardo sia in materia di risorse umane e strumentali, che in materia di gestione dell'attività, sono stati regolarmente portati a termine dal predetto Istituto.
In particolare, sono state apportate le necessarie modifiche allo statuto, al regolamento e alla dotazione organica (debitamente inviate alle amministrazioni competenti).
Al riguardo, assicuro quindi la completa parità di trattamento economico tra i dipendenti dell'ex Ente nazionale delle sementi elette e quelli dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione in materia di «indennità di ente». Infatti, è stata verificata la relativa disponibilità finanziaria e l'impegno retroattivo, a far data dal 1° giugno 2010, che sarà altresì riportato per il futuro attraverso apposita previsione nel bilancio 2011.
Vorrei inoltre evidenziare che dal 1° novembre 2010 si è proceduto all'accorpamento dei relativi conti e Servizio di tesoreria e, dal 1° gennaio di quest'anno, anche all'unificazione del bilancio, del correlato codice fiscale, del numero di partita IVA, del codice IBA e della banca cassiera.
Ritengo utile evidenziare, peraltro, che la situazione finanziaria dell'ex Ente nazionale delle sementi elette, sia in termini di avanzo di amministrazione che di cassa, consente l'assunzione dell'impegno in un quadro che, ancora nel 2011, dovrebbe configurarsi stabile per l'andamento dell'attività di certificazione (stante il mantenimento, ancora per il 2011, dell'aiuto comunitario accoppiato alle sementi che dovrebbe evitare ulteriori

riduzioni delle superfici rispetto al -30 per cento registrato quest'anno per effetto della cancellazione dell'obbligo di coltivare grano duro utilizzando solo seme certificato).
Tuttavia, a partire dal 2012, per il venir meno dell'aiuto comunitario e per il mancato ripristino dell'obbligo per il grano duro, la situazione finanziaria dell'ex Ente nazionale delle sementi elette potrebbe essere tale da dover richiedere un sensibile aumento della contribuzione ordinaria a favore dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione.
Per rassicurare l'interrogante, faccio presente che le operazioni finanziarie si svolgono con le consuete procedure, con la sola differenza che sono autorizzate da nuovi vertici.
In merito ai contratti di consulenza dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione evidenzio che gli stessi non gravano sui fondi dei capitoli 2200 e 2081, relativi ai contributi ordinario e straordinario. Sono, invece, presenti in bilancio dei contratti di collaborazione a valere sui finanziamenti di progetti nazionali e internazionali.
In riferimento alle attività e compiti istituzionali dei residui enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è evidente che, considerata la specificità e diversità dei compiti da essi svolti, nessun altro accorpamento è possibile.
Mi preme da ultimo precisare che, per quanto riguarda l'Istituto nazionale confederale di assistenza, l'ultimo capoverso dell'articolo 7, comma 20, della legge n. 122 del 2010 prevede che i tempi e le modalità per il concreto accorpamento con l'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione devono essere disposti con decreto interministeriale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Garan.

DIMA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, presso il porto di Corigliano Calabro (CS), la Coldiretti ha promosso una manifestazione di protesta per denunciare lo sbarco, da una nave mercantile, di una partita di grano di provenienza estera;
le motivazioni della protesta avrebbero trovato fondamento nel fatto che, secondo questa organizzazione agricola, esisterebbe il rischio concreto che il prodotto in questione possa essere venduto come italiano e quindi immesso come tale nel mercato nazionale;
se così fosse, non si potrebbe non considerare come legittima ed appropriata questa iniziativa che pone all'attenzione delle istituzioni e dei consumatori, la necessità di tutelare te produzioni nazionali da qualunque tentativo di contraffazione che possa alterare la qualità e la sicurezza alimentare dei prodotti;
il problema della salvaguardia delle nostre produzioni è quanto mai attuale, soprattutto alla luce di alcuni dati statistici che evidenziano come il falso made in Italy alimentare nel Paese ed all'estero rappresenti un vero e proprio business dei valore di circa 60 miliardi di euro, promosso non solo attraverso una pirateria internazionale che utilizza impropriamente colori, località, immagini, parole che si richiamano all'Italia per prodotti contraffatti che non hanno nulla a che vedere con la nostra filiera produttiva, ma anche attraverso l'impiego, a livello nazionale, di materie prime importanti da vendere come italiane per la mancanza dell'obbligo di indicare l'origine in etichetta;
questa situazione penalizza fortemente il nostro prodotto sia sotto il profilo economico sia sotto quello della sicurezza alimentare, sottraendo spazio a produzioni locali che sono il frutto di tecniche, tradizioni e territori unici ed inimitabili;
le iniziative parlamentari promosse in questa legislatura sono degne di nota e di apprezzamento perché hanno affrontato la questione dell'etichettatura di origine

dei prodotti, dell'anti-contraffazione, delle azioni di promozione della qualità produttiva;
nel merito, per i prodotti agro-alimentari non tutelati da denominazioni di origine (DOP) o indicazioni geografiche (IGP), la normativa comunitaria prevede che l'indicazione in etichetta del luogo d'origine o di provenienza possa essere resa obbligatoria solo nella ipotesi che l'omissione dell'indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (articolo 3 della direttiva 2000/13/CE recepito dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 109 del 1992);
in ambito comunitario, si sta comunque diffondendo l'idea di garantire una maggiore informazione e conoscenza tanto è vero che il Parlamento europeo ha approvato, nell'ambito della discussione sul libro verde della Commissione sulla qualità dei prodotti, una risoluzione in cui si auspica l'introduzione dell'indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime, attraverso un'apposita etichetta che soddisfi l'esigenza dei consumatori di ricevere maggiori informazioni sull'origine del prodotto che acquistano;
in questo quadro, il disegno di legge sulla competitività del sistema agro-alimentare prevede, all'articolo 6, l'obbligo di riportare nell'etichetta dei prodotti alimentari posti in commercio anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza, al fine di assicurare una completa informazione ai consumatori e secondo modalità che debbono essere definite con decreti dei Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza unificata e previa consultazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative -:
quali iniziative, il Ministro interrogato intenda porre in essere, tenuto conto del quadro normativo sopra indicato, per rafforzare il sistema della qualità e della tutela delle produzioni agro-alimentari italiane.
(4-09353)

Risposta. - L'interrogazione cui mi accingo a rispondere riguarda le iniziative che si intendono prendere per rafforzare il sistema della qualità e della tutela delle produzioni agro-alimentari italiane.
Al riguardo, vorrei far presente che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è impegnato da sempre nella difesa delle produzioni italiane e dei legittimi produttori e, quindi, non posso che concordare con quanto sostenuto dall'interrogante in merito al danno economico e d'immagine che un prodotto alimentare, spacciato per made in Italy, può causare alla produzione italiana.
In proposito vorrei evidenziare che la mia amministrazione ha promosso non solo iniziative legislative nazionali (di cui ricordo la recente approvazione di una specifica normativa che introduce l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari) ma anche a livello comunitario incontrando, tuttavia, resistenze da parte delle relative istituzioni in considerazione del principio sulla libera circolazione delle merci nello spazio comune europeo, previsto dal trattato di Roma del 1957 e ribadito di recente dai trattato di Lisbona.
Ribadisco, comunque, che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è in prima linea per valorizzare quelle che l'interrogante chiama giustamente le «nostre produzioni», ed è in tale ottica che l'azione amministrativa si muove, sviluppando, ove la legislazione comunitaria lo consente, relazioni commerciali intracomunitarie che difendono e forniscono strumenti in grado di tutelare il made in Italy agroalimentare a livello internazionale.
In tale contesto, tuttavia, gli accordi in corso di negoziazione multilaterale presso l'Organizzazione mondiale del commercio non sembrano evolversi secondo quanto auspicato dall'interrogante e condiviso dalla mia amministrazione e dal Governo, (trovando molti Stati extraeuropei strenuamente

contrari), producendo di conseguenza svantaggi economici a carico dei produttori italiani.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dei rapporti con le regioni e coesione territoriale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da un inchiesta del Sole 24 Ore del marzo 2009 era emerso come la regione Molise avesse un rapporto di un dipendente ogni 226 abitanti, più del doppio della media nazionale; ora un articolo de La Stampa pubblicato in data 1° novembre 2010 entra nel dettaglio evidenziando che per ogni 1000 abitanti ci sono 2,79 dipendenti regionali e 27 dirigenti regionali, che il costo pro capite per i molisani per il funzionamento della regione è di 171 euro e che per la diaria e gli stipendi dei consiglieri regionali è di 10,27 euro per abitante;
in data 16 giugno 2010 in un editoriale del Corriere della Sera veniva descritto come i cittadini molisani pagano 4 milioni l'anno di pigioni per gli uffici della loro regione a Campobasso, per le due sedi di Roma, e per le spese d'acquisto di altri stabili da parte della regione Molise;
nel 2002 quattordici paesi della provincia di Campobasso furono colpiti da un sisma, fatto tristemente noto per quanto avvenne alla scuola di San Giuliano di Puglia in cui morirono ventisette bambini ed una maestra, nello stesso anno un alluvione colpì il basso molisano danneggiando sia le abitazioni che l'economia della zona;
il presidente della regione Molise fu nominato commissario straordinario sia per il sisma che per l'alluvione verificatesi nella regione, avendo pertanto delega nella gestione dei fondi destinati alla stessa per la ricostruzione dopo entrambi gli eventi;
in data 1° novembre 2010 è stato pubblicato un articolo su La Stampa, secondo cui il presidente della regione Molise avrebbe spalmato questi fondi su tutta la regione e non solo sui paesi coinvolti nei due eventi disastrosi;
infatti, sempre secondo l'articolo, il presidente della regione, con una delibera del giugno 2004, ha dato il via ad un programma pluriennale per rilanciare il sistema socioeconomico della regione, un programma onnicomprensivo su cui ha fatto convergere un miliardo di euro; ed è proprio sull'uso di questa somma che la magistratura contabile chiede da tempo spiegazioni alla regione Molise; sembrerebbe infatti che questi fondi inviati dallo Stato centrale alla regione per la ricostruzione post calamità, siano stati gestiti in modo improprio;
sembrerebbe emergere, da quanto scritto nell'articolo, una gestione amministrativa da parte del presidente della regione a dir poco particolare; infatti viene proposto un elenco nel quale si fa riferimento, tra l'altro, ad assunzioni attraverso le controllate regionali, le università, la camera di commercio, i centri per l'educazione ambientale e Sviluppo Italia Molise;
emblematico il caso della Molise Dati spa, in cui la regione Molise parteciperebbe al capitale sociale della società per il 51 per cento e il restante capitale sarebbe di proprietà di un socio privato individuato al di fuori di una procedura di evidenza pubblica;
da quanto emerge dall'articolo de La Stampa, il presidente della regione Molise controllerebbe anche i canali d'informazione regionali, come Telemolise (diretta dalla moglie del coordinatore regionale del PdL in Molise), infatti grazie al meccanismo di pubblicità istituzionale per la promozione di progetti come «albergo diffuso» la regione avrebbe pagato alla televisione 496.000 euro circa;
sempre secondo l'articolo la gestione dei fondi destinati alla ricostruzione delle

aree colpite dagli eventi del 2002 e la tipologia dell'uso dell'amministrazione regionale rientrerebbero in un piano o un metodo clientelare per garantire al presidente della regione la sua rielezione;
sono molteplici le interrogazioni, alle quali tra l'altro non è ancora pervenuta risposta, che riguardano la metodologia del presidente della regione Molise nella gestione della regione stessa, interrogazioni presentate anche dall'interrogante -:
se e quali iniziative si intendano assumere al fine di verificare come siano stati gestiti dalle gestioni commissariali i fondi erogati dallo Stato per la ricostruzione nella regione Molise;
se non si intenda promuovere, anche con la collaborazione delle regioni, un piano di monitoraggio dello stato di attuazione delle misure volte alla semplificazione, all'efficienza e alla trasparenza delle pubbliche amministrazioni, incluse quelle messe in atto nella regione Molise.
(4-09850)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, intesa a conoscere quali iniziative si intendano assumere per verificare come siano stati gestiti i fondi erogati dallo Stato per la ricostruzione della regione Molise colpita dal sisma e dall'alluvione nel 2002.
Al riguardo, si fa presente che i fondi stanziati per far fronte agli interventi successivi alle citate calamità naturali risultano ammontare complessivamente a circa 1,2 miliardi di euro.
Con riferimento agli interventi realizzati con tali risorse, non può non richiamarsi la specifica competenza del Dipartimento della Protezione civile, del Commissario delegato e della regione Molise. In particolare, il Dipartimento della Protezione civile ha comunicato che la struttura commissariale della regione Molise ha recentemente pubblicato una dettagliata relazione («Il percorso della ricostruzione» - ottobre 2010) riguardante la ricostruzione a seguito del sisma del 31 ottobre 2002, nonché informazioni sui flussi finanziari e la gestione dei fondi.
Per quanto concerne la corretta gestione delle risorse, sotto il profilo del controllo dei flussi finanziari, si precisa che il Presidente della regione Molise ha provveduto a trasmettere alla Ragioneria territoriale dello Stato di Campobasso i rendiconti annuali della contabilità speciale n. 3089 allo stesso intestata.
In proposito, giova precisare che l'articolo 5, della legge n. 225 del 1992 - modificato dal comma 8-quater, dell'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 e, poi, sostituito dal comma 5, dell'articolo 8 del decreto-legge n. 208 del 2008 - impone, a decorrere dall'esercizio finanziario 2008, chi il rendiconto di contabilità speciale sia redatto secondo lo schema previsto dal decreto ministeriale 27 marzo 2009. Tale documento deve, quindi, riportare tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato e la situazione analitica dei crediti e dei debiti; inoltre, deve essere inviato ai competenti organi di controllo entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o dell'incarico commissariale.
Sempre con riferimento al settore della Protezione civile, si fa presente che, ai fini della corretta individuazione degli interventi previsti e delle correlate risorse, da ultimo sono state apportate rilevanti modifiche alla normativa in materia, con l'approvazione della legge n. 10 del 2011, di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, che, all'articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies, prevede, in particolare, il concerto di questo Ministero su tutte le ordinanze di Protezione civile per gli aspetti finanziari, l'invio dei citati rendiconti anche alla competente Sezione regionale della Corte dei conti ed il controllo preventivo della stessa Corte sui provvedimenti commissariali attuativi di ordinanze, oltre che l'estensione dell'ambito applicativo della rendicontazione, di cui al citato articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992.
Con riferimento, infine, allo stato di attuazione degli interventi di ricostruzione, ferma restando la competenza del Dipartimento della Protezione civile, del Commissario delegato e della regione Molise, si fa presente che, a seguito dell'esercizio della

delega di cui all'articolo 30, commi 8 e 9, della legge n. 196 del 2009, potrà andare a regime un sistema di monitoraggio, quale strumento volto a garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Alberto Giorgetti.

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di sicurezza ha esteso per un altro anno la missione della Forza internazionale di assistenza per la sicurezza (ISAF) in Afghanistan, chiedendo ai Governi di aumentare la forza militare presente di 120.000 truppe per contrastare il terrorismo talebano e di Al-Qaeda;
in una risoluzione adottata all'unanimità, i quindici membri del Consiglio hanno riconosciuto «il bisogno di rafforzare ulteriormente ISAF per soddisfarne tutte le esigenze operative», esprimendo inoltre grande preoccupazione per «l'aumento di attività violente e terroristiche da parte dei Talebani, Al-Qaeda, e altri gruppi armati illegali e criminali, compresi quelli coinvolti nei traffici di stupefacenti, oltre che per i crescenti legami tra terrorismo e traffico di droga»;
la risoluzione ha anche richiesto all'ISAF, guidata dal generale Petraeus a capo di 80.000 soldati americani, e ad altri alleati di accelerare l'addestramento di forze di sicurezza nazionale afghane che siano autonome, affidabili e etnicamente bilanciate per garantire la sicurezza e il rispetto dello stato di diritto in tutto il Paese;
riconoscendo la natura interconnessa delle sfide che fronteggiano l'Afghanistan, la risoluzione ha poi richiesto al Governo sforzi ulteriori per accrescere la propria responsabilità, combattere la corruzione e promuovere la trasparenza, aiutando così l'Afghanistan a progredire in ambiti quali sicurezza, governabilità, diritti umani, stato di diritto e sviluppo;
il Consiglio di sicurezza ha in seguito portato l'attenzione sul numero crescente di vittime civili, in particolare di donne e bambini, per lo più causate dai talebani, da Al-Qaeda e altri gruppi estremi, sollecitando ISAF e le altre forze internazionali a continuare negli sforzi sempre maggiori per prevenire vittime civili. Preoccupante è anche il fenomeno del reclutamento, uccisione e menomazione di bambini soldato da parte dei talebani;
il Consiglio ha infine esortato il Governo ad impegnarsi per porre fine all'impunità e rafforzare il sistema giudiziario, inclusa la ricostruzione e riforma del sistema carcerario, per garantire il rispetto della legge e dei diritti umani, inclusi i diritti di donne e bambini, e in particolare il diritto costituzionalmente garantito alle donne di partecipare attivamente alla vita politica, economica e sociale afghana;
inoltre il 4 novembre 2010 il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha incoraggiato gli Stati confinanti con l'Afghanistan a rafforzare la propria cooperazione economica con il Paese, esprimendo la propria soddisfazione per la recente firma d'accordi commerciali e di transito tra Afghanistan e Pakistan;
Ban Ki-moon, in un messaggio, riferito dal rappresentante speciale per l'Afghanistan, Staffan de Mistura in occasione della 4° Conferenza regionale sulla cooperazione economica in Afghanistan (RECCA) che si è svolta a Istanbul in Turchia, chiede a tutti i Paesi confinanti con l'Afghanistan e agli altri Stati della regione, di incrementare la propria cooperazione economica con il Paese;
durante la conferenza si è discusso della cooperazione regionale per lo sviluppo d'infrastrutture di trasporto, d'energia e dell'adozione di misure anti-droga. Il forum fu creato a Kabul, la capitale dell'Afghanistan,

nel 2005, e i suoi Paesi membri sono passati dai 20 iniziali agli attuali 60;
i temi maggiormente trattati riguardano: economia, commercio, transito, trasporto, energia, agricoltura e infrastrutture in Afghanistan «Il programma RECCA deve rimanere centrato sull'Afghanistan e su concreti obiettivi a favore di tutti i partecipanti. Dovrebbe complementare il Processo di transizione di Kabul verso una piena leadership e responsabilità afgana», ha detto il Segretario generale;
alla luce dell'ultima risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza e delle recenti dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite -:
quale sia l'attuale posizione dell'Italia all'interno di questo complesso e problematico scenario in costante e continuo peggioramento;
se, e in che modo, il Governo intenda contribuire attivamente al fine di concretizzare gli impegni assunti, restando fedeli al mandato iniziale di mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari, pur non sussistendo le stesse condizioni di nove anni fa.
(4-09371)

Risposta. - Il Vertice NATO, che si è tenuto a Lisbona il 19 e 20 novembre 2010 ha rappresentato un passaggio cruciale per le relazioni fra l'Afghanistan e la comunità internazionale e per la stabilizzazione del Paese. A Lisbona sono stati fissati i princípi base per la transizione in Afghanistan, intesa come processo graduale, ma irreversibile, di assunzione di responsabilità da parte afghana per sicurezza, governance e sviluppo. A Lisbona, in particolare, sono emerse tre indicazioni principali: a) per quanto riguarda un possibile quadro temporale della transizione, è stato posto maggiore accento sul termine del 2014, quando si prevede che a tutte le province afghane possa estendersi il controllo di sicurezza da parte afgana, fermo restando l'avvio di detta fase nel 2011; b) il ruolo dell'addestramento delle forze nazionali afghane di sicurezza (ANSF) rimarrà cruciale, in vista del suddetto passaggio della gestione della sicurezza in mani afghane; c) il processo di transizione sarà condizione di base e rimarrà sotto leadership ed ownership afghane, con pieno sostegno della NATO e dovrà essere affiancato da un analogo processo politico nazionale di riconciliazione/reintegrazione. La NATO si è dunque impegnata a restare nel Paese fino a quando la sua presenza sarà ritenuta necessaria, sebbene le modalità di tale presenza saranno gradualmente riviste (progressivamente meno truppe e più addestratori) in funzione dell'andamento del processo. In tale ottica, a Lisbona è stata varata una partnership di lungo periodo tra la NATO e l'Afghanistan, necessario compendio, sul piano politico, del processo di transizione.
Coerentemente con tale quadro, oltre che con la risoluzione votata dal Consiglio di sicurezza ONU richiamata dall'interrogante, il contributo italiano in International security assistance force sarà ulteriormente incrementato nel corso del 2011 e le nostre truppe in teatro passeranno così dalle attuali 3.970 a circa 4.200 unità. L'incremento maggiore riguarderà il gruppo degli addestratori che, dagli attuali 400 circa passeranno a poco meno di 600. Un ruolo cruciale continueranno a svolgerlo i nostri Carabinieri, impegnati, anche nell'ambito della missione Eurogendfor (EGF), nella formazione e nell'addestramento della Polizia afghana (AFP). Il ruolo giocato dai carabinieri è stato in più di un'occasione oggetto di valutazioni assai lusinghiere da parte della catena di comando NATO.
L'impegno civile e politico rappresenta, assieme alla presenza militare, una componente sostanziale del nostro contributo per la stabilizzazione dell'Afghanistan. Il successo della strategia di transizione dipende infatti non solamente da adeguate condizioni di sicurezza, ma anche e soprattutto dallo sviluppo istituzionale, economico e sociale del paese. Su tali basi, l'Italia ha assicurato l'erogazione, dal 2001 ad oggi, di 438 milioni su 517 milioni di euro di programmi approvati. I settori privilegiati sono la governance, a livello nazionale e locale, lo sviluppo rurale, il sostegno alle

fasce vulnerabili (sanità), le infrastrutture stradali, con focus sulla regione occidentale. Attenzione viene anche rivolta alla promozione delle relazioni commerciali ed economiche tra l'Italia e la provincia di Herat. A fronte di tale impegno, e per consentirne la prosecuzione, abbiamo chiesto un concreto sforzo da parte afghana per tener fede agli impegni assunti in materia di governance e lotta alla corruzione. Siamo infatti consapevoli che solo un Governo in grado di assicurare servizi essenziali, ordine e giustizia può favorire pacificazione e riconciliazione.
L'Italia si è quindi impegnata a potenziare il proprio intervento nella governance, incrementando il contingente di esperti a Herat, contribuendo ai programmi dell'ONU e fornendo consulenza alle istituzioni locali nella regione occidentale. La crescente attenzione al tema trova conferma nella prosecuzione delle attività della Guardia di finanza, nell'assistenza offerta da alcuni atenei italiani all'amministrazione provinciale di Herat (università di Genova e Firenze) e nella collaborazione assicurata dalla scuola superiore della pubblica amministrazione per la formazione dei quadri della pubblica amministrazione afgana.
Nel settore della giustizia, l'Italia continua a contribuire, anche attraverso l'attività di IDLO (l'organizzazione internazionale che promuove la formazione di giuristi dei Paesi in via di sviluppo), alla formazione degli operatori giuridici (in Afghanistan sono stati formati 3.700 operatori), fornendo altresì qualificata assistenza per lo sviluppo di servizi legali attinenti al rispetto dei diritti umani e della parità di genere.
L'Italia è impegnata anche a garantire il rispetto dei diritti delle donne afgane ed a sostenere un ruolo attivo delle donne in politica come nella società. Questo impegno è stato testimoniato dalla partecipazione dell'Italia alla discussione sulla legge afgana in materia di violenza domestica, nonché dalla costituzione presso l'ufficio della procura generale di Kabul, promosso dal nostro Paese, di un'apposita unità dedicata alla repressione dei reati commessi contro le donne.
Vale ricordare, da ultimo, la visita in Italia (ottobre 2010) del procuratore generale di Herat Maria Bashir, prima donna in Afghanistan a gestire un ufficio di procura e in prima linea per il rafforzamento della giustizia e dello stato di diritto a Herat.
La dimensione regionale resta infine un'angolatura imprescindibile da cui considerare la questione afghana, ai fini di una stabilizzazione durevole sotto il profilo della sicurezza e dello sviluppo dell'area.
L'obiettivo è di promuovere un'integrazione costruttiva dell'Afghanistan in Asia centrale e meridionale, garantendone, nel contempo, la libertà da ingerenze esterne. La ministeriale G8 di Trieste del 2009, svolta sotto presidenza italiana, ha costituito un importante passo in questa direzione, contribuendo ad individuare concreti settori di collaborazione regionale. Anche la riunione dei rappresentanti speciali per Afghanistan e Pakistan svoltasi a Roma il 18 ottobre scorso, che ha visto la partecipazione dei principali attori della regione, incluso l'Iran, si inserisce in questa prospettiva. L'esigenza, oggi internazionalmente condivisa, di promuovere la trattazione a livello regionale di questioni comuni (lotta al terrorismo, ai traffici illeciti, alla criminalità organizzata) e di promuovere l'interconnessione transfrontaliera, ha trovato tra l'altro risposte regionally-owned entro le organizzazioni esistenti (SAARC, ECO, SCO, CSTO) e in formati a geometria variabile (tri-, quadri-laterali). Queste iniziative hanno il merito di svilupparsi su impulso regionale e di contribuire alla rimozione di radicati contrasti tra gli attori interessati alla situazione afghana. Positivi segnali, in tal senso, sono emersi anche dalla prosecuzione dell'esercizio della Conferenza regionale sulla cooperazione economica in Afghanistan (RECCA), la cui quarta edizione si è tenuta a Istanbul il 2-3 novembre 2010 e si è conclusa con l'approvazione di una dichiarazione che declina i settori e i progetti concreti prioritari per far avanzare l'interconnessione e l'integrazione economica regionale. Il nostro Paese, come nelle precedenti edizioni, ha attivamente partecipato ai lavori della RECCA, contribuendo tra l'altro ad attirare l'attenzione dei

partecipanti sull'importanza della cooperazione transfrontaliera, e dell'adeguamento infrastrutturale, relativi alla regione occidentale dell'Afghanistan, che come noto ricade sotto responsabilità italiana.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

FALLICA, GRIMALDI, PUGLIESE, STAGNO D'ALCONTRES e TERRANOVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
durante la puntata del 3 febbraio 2011 della trasmissione «Bontà Loro» di Maurizio Costanzo, il giornalista Alessandro Di Pietro, adducendo prove ad avviso degli interroganti assolutamente inconsistenti, ha proposto di boicottare l'acquisto dei pomodorini di Pachino per presunte infiltrazioni mafiose tra i produttori;
è intollerabile, che in un programma del servizio televisivo pubblico, si destabilizzi uno dei più importanti comparti agricoli siciliani e nazionali, perpetuando nello stesso tempo i luoghi comuni contro i quali la Sicilia combatte ogni giorno -:
quali iniziative intenda prendere il Ministro interrogato per fare in modo che il settore agricolo siciliano non venga gravato di ulteriori problemi, oltre quelli già esistenti e per promuovere adeguate iniziative dirette a rettificare l'erronea percezione della realtà che le incaute dichiarazioni del citato giornalista possono aver ingenerato nei consumatori.
(4-10774)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente presunte infiltrazioni mafiose tra i produttori di pomodori di Pachino, condivido e mi associo a quanto espresso dagli interroganti ritenendo intollerabile e inaccettabile l'utilizzo di trasmissioni televisive per lanciare campagne di boicottaggio al consumo di pomodori provenienti dal suddetto territorio.
Ciò premesso, lasciando alle istituzioni competenti il contrasto alla criminalità organizzata, non posso che sottolineare con forza come l'amministrazione che rappresento sostenga con tutti i mezzi a disposizione il pomodoro di Pachino e gli altri prodotti DOP e IGP schierandosi sempre in prima linea per promuovere e valorizzare il ricco patrimonio della nostra agricoltura.
Il pomodoro di Pachino, in particolare, rappresenta un prodotto di eccellenza del patrimonio agroalimentare italiano e, come tale, è stato tutelato mediante l'iscrizione nel registro delle indicazioni geografiche protette che comporta, per i produttori che
intendono utilizzare la denominazione «pomodoro di Pachino» di assoggettarsi ad un sistema di controllo attualmente gestito dall'istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia «A. Mirri».
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Gianfranco Galan.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 24 luglio 2009 il quotidiano Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo del giornalista Roberto Turno, dal significativo titolo: «SSN: cinque miliardi di debiti con i fornitori di tecnologie»;
nel citato articolo si descrive quello che viene definito come «il quadro sempre più a tinte nere dei debiti di Asl e ospedali delle Regioni nei confronti delle aziende di tecnologie biomediche»; che registra ritardi nei pagamenti con punte fino a 668 giorni in Molise e 611 giorni di ritardo in Campania;
l'ultima analisi elaborata da Assobiomedica, per quanto riguarda fatture non pagate, vede in testa, per entità e valore la regione Lazio (912 milioni di euro) seguita dalla regione Campania (733 milioni di euro), e dalla regione Puglia (476 milioni

di euro); le tre regioni, da sole, accumulano quasi il 43 per cento dell'intero debito regionale nei confronti delle imprese fornitrici di tecnologie sanitarie;
restano altissimi i tempi di rimborso per onorare le fatture da parte delle aziende sanitarie. Nonostante il trend dei primi mesi del 2009 sia al di sotto dello stesso periodo del 2008, il confronto rispetto a dicembre del 2008 (269 giorni di ritardo nei pagamenti) ha fatto segnare una nuova risalita, confermata anche dai primi dati di giugno (273 giorni medi di attesa da parte delle aziende creditrici);
lo studio di Assobiomedica distingue le regioni in tre macro aree: quelle che prestano attenzione ai tempi di pagamento e altrettanto impegno «perché questi non siano eccessivamente gravosi» per i fornitori; le regioni non abbastanza «impegnate» su entrambi i fronti; infine le regioni in cui la situazione viene definita senza perifrasi «fuori controllo»;
tra le regioni definite «fuori controllo» figurano la Calabria, dove i tempi di rimborso sono continuamente cresciuti dai 300 giorni di ritardo del 2002; la Campania, dove dal 2003 i tempi di rimborso non sono mai scesi sotto i 400 giorni; il Molise, che vanta la maglia nera del peggior pagatore; il Lazio, che tra alti e bassi resta tra le posizioni da maglia nera; la Puglia, dove in tre anni i tempi di pagamento sono raddoppiati da 200 a 403 giorni;
tra le regioni dove la situazione per le aziende creditrici resta assai critica Assobiomedica considera un gruppo di almeno quattro regioni: Emilia Romagna (291 giorni), Piemonte (282), Sardegna (250) e Veneto (240);
tra le regioni che riservano un'attenzione definita «insufficiente» verso i diritti delle aziende fornitrici si annoverano Abruzzo (200 giorni), Sicilia (209), Liguria (191), Toscana (203) e Basilicata (204);
secondo lo studio di Assobiomedica, solamente le regioni Marche e Umbria, con ritardi rispettivamente di 153 e 143 giorni, starebbero invece migliorando le proprie performance di pagamento;
le uniche regioni che secondo Assobiomedica presenterebbero un bilancio confortante di soddisfacente pagamento sono il Trentino, la Valle d'Aosta e il Friuli, con ritardi tra 79 e 100 giorni, che peraltro hanno anche un volume di credito basso in valore assoluto; infine la Lombardia, i cui tempi di pagamento a maggio, si sono attestati a quota 119 giorni (per un valore di 284 milioni);
ad avviso degli interroganti è grave e inquietante la situazione evidenziata e denunciata dallo studio di Assobiomedica e il suo permanere potrebbe indurre le imprese fornitrici di attrezzature e tecnologie sanitarie a sospendere le forniture stesse, con evidente, gravissimo danno per i pazienti -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in ordine a quanto sopra descritto;
se non si ritenga di dover acquisire dati aggiornati, anche mediante un'indagine statistica in ordine ai ritardi evidenziati in premessa;
quali altre iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte di tale gravissima situazione.
(4-03906)

Risposta. - In merito alla questione affrontata nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Alla luce dei meccanismi previsti dalla legislazione vigente in materia di anticipazioni mensili spettanti alle regioni a titolo di finanziamento del servizio sanitario nazionale (come da ultimo previsto dall'articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191), si evince che le regole messe in atto dal legislatore consentono di assicurare alle regioni tempi e modalità di erogazione dei flussi di liquidità, per il settore sanitario, tali da non giustificare in alcun modo ritardi dei pagamenti ai fornitori così consistenti, come quelli riportati nell'ultima analisi elaborata da «Assobiomedica» e pubblicata dalla stampa.

In ogni caso, appare opportuno far presente che, su tale tematica, le competenti amministrazioni centrali (Ministero della salute e Ministero dell'economia e delle finanze) hanno già messo in atto un percorso teso anche a monitorare tale fenomeno, nell'ambito dei più ampi compiti ricevuti dal legislatore (articolo 1, comma 291, della legge 23 dicembre 2005, n. 266) e di quelli previsti dall'accordo pattizio intervenuto con le Regioni, a seguito dell'intesa della conferenza Stato-regioni del 3 dicembre 2009 (articolo 11 del nuovo patto per la salute 2010-2012). Peraltro, anche nell'ambito dell'emanazione dei decreti legislativi attuativi della legge delega 5 maggio 2009, n. 42 (in materia di federalismo fiscale) e di attuazione della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (in materia di contabilità e finanza pubblica), il Governo, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica, sta, tra l'altro, procedendo a definire le regole comuni di compilazione dei bilanci regionali, con particolare riguardo al settore sanitario, che dovrebbero consentire un monitoraggio più esteso anche per le finalità riguardanti la distribuzione delle risorse e dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Si aggiunge che, in tale quadro, il sistema del federalismo fiscale porrà le premesse di responsabilizzazione delle amministrazioni regionali, che andranno anche a beneficio dell'eliminazione delle inefficienze che oggi conducono ai ritardi in argomento.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 28 settembre 2009 il quotidiano «La Repubblica» ha pubblicato un articolo che raccoglie la denuncia di Ex pazienti dell'Aurelia Hospital di Roma, uno dei più importanti ospedali privati accreditati dalla Regione Lazio, dal quale emergerebbe che la situazione della struttura è estremamente critica a causa del degrado degli ambienti e del mancato rispetto delle più elementari condizioni igieniche e di sicurezza, a danno sia dei pazienti che degli operatori, persino in reparti di grande delicatezza come quello di ostetricia e ginecologia;
come si legge nell'articolo citato, la clinica in questione, che risulta di proprietà di un'omonima spa al cento per cento della famiglia Garofalo (titolare di un gruppo di cliniche) con un fatturato nel 2008 di 52.811.597 euro e un utile di 265 mila euro, è sede del Dipartimento di emergenza e pronto soccorso (DEA) e vanta numerose alte specialità;
la vicenda dell'Aurelia Hospital, come altri casi analoghi riguardanti strutture accreditate dal Servizio sanitario nazionale, evidenzia la necessità di una più attenta verifica dei requisiti strutturali e organizzativi nonché di qualità e appropriatezza delle cure necessari per il conseguimento dell'accreditamento -:
se il Ministro interrogato disponga di ulteriori elementi in ordine alla grave vicenda rappresentata in premessa e se intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative al riguardo, anche valutando la possibilità di definire, d'intesa con le regioni, una revisione dei criteri di accreditamento e delle modalità di monitoraggio della qualità ed appropriatezza dei servizi resi dalle strutture accreditate.
(4-04546)

Risposta. - Si risponde all'atto parlamentare riportando gli elementi tecnici regionali acquisiti per il tramite della Prefettura di Roma.
La regione Lazio ha inviato, in data 1o luglio 2010, un atto di diffida alla casa di cura Aurelia Hospital, perché ottemperasse, tra l'altro, alla «attuazione degli interventi manutentivi ordinari e straordinari per il ripristino delle idonee condizioni igieniche in tutti i locali dei reparti (particolarmente nei servizi igienici annessi alle stanze di

degenza e nei locali vuoti), negli spogliatoi, DEA-pronto soccorso, blocco operatorio del 2o piano, camera mortuaria, spazi esterni» e alla «riattivazione di n. 2 posti di, terapia intensiva».
I servizi competenti dell'azienda USL Roma «E» hanno effettuato verifiche ispettive presso la casa di cura Aurelia Hospital nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2009, e contestualmente al primo sopralluogo, la UOC SISP ha elevato contravvenzione per violazione dell'articolo 44 del regolamento di igiene del comune di Roma, con verbale di accertamento del 29 settembre 2009 e la UOC SPreSal ha adottato i provvedimenti sanzionatori di competenza.

Per quanto concerne gli interventi di manutenzione e ricondizionamento ambientale, la casa di cura Aurelia Hospital ha inoltrato in data 17 novembre 2009 all'azienda USL Roma «E» il crono-programma degli interventi, e le procedure di disinfezione dello strumentario endoscopico.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'associazione dei consumatori Codacons ha annunciato di aver promosso una class action, per chiedere alla produttrice di sigarette Bat Italia 10,5 miliardi di risarcimento da parte di 3,5 milioni di fumatori; la Bat è accusata di aver aggiunto al tabacco dei ventisette marchi di sigarette prodotti oltre duecento additivi con lo scopo di aumentare la dipendenza del fumatore -:
di quali informazioni disponga in ordine agli ingredienti utilizzati nelle sigarette di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, si siano adottate o si intendano adottare a tutela della salute del cittadino.
(4-08192)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, si formulano le seguenti osservazioni.
La prevenzione e la cura del tabagismo sono essenziali per migliorare la salute pubblica. Da molti anni l'Italia è impegnata a favorire l'adozione di uno stile di vita libero dal fumo attraverso un approccio che tenga conto delle implicazioni sociali, culturali, ambientali ed economiche del problema.
Accanto ad interventi di prevenzione primaria e cura del tabagismo e delle patologie correlate, il Ministero della salute promuove campagne informative su vasta scala e coopera in coordinamento con altri soggetti e diverse istituzioni/amministrazioni, al fine di sviluppare e sostenere la legislazione nazionale sugli ambienti senza fumo, sull'etichettatura e la pubblicità dei prodotti, definire le politiche fiscali e dei prezzi, contrastare il contrabbando e la contraffazione dei prodotti, aderendo alle iniziative internazionali e dando attuazione, ad esempio, alle indicazioni della Convenzione quadro dell'organizzazione mondiale della sanità (OMS) per il controllo del tabacco del 2003, e partecipando attivamente alle attività dell'Unione europea. La citata convenzione, approvata dall'OMS nel 2003, e recepita dall'Italia con la legge 18 marzo 2008, n. 75, rappresenta il primo trattato internazionale in materia di salute pubblica che impegna i paesi membri dell'OMS ad adottare misure efficaci per la prevenzione ed il controllo del tabagismo.
Nel corso della IV Conferenza delle parti (Cop4) della Framework Convention on Tobacco Control (FCTC), che si è svolta in Uruguay nel mese di novembre 2010, sono stati discussi alcuni documenti di «Linee guida», tra i quali, in particolare, quello relativo all'attuazione degli articoli 9 e 10 della FCTC (regolamentazione della composizione dei prodotti del tabacco; regolamentazione delle informazioni che devono figurare sui prodotti del tabacco).
Detto documento è finalizzato ad ottenere la limitazione/eliminazione dai prodotti del tabacco di sostanze aggiunte allo scopo di aumentarne la gradevolezza e l'attrattività, inducendo il consumo, soprattutto di alcuni gruppi di popolazione come i giovani e le donne.

L'Italia partecipa attualmente alla definizione della posizione dell'Unione europea nell'ambito del gruppo sanità pubblica del consiglio dell'Unione europea.
A tal fine, il Ministero della salute ha acquisito il parere, per gli aspetti di competenza, dei Ministeri dell'economia e delle finanze (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) e delle politiche agricole e forestali, ed ha fornito alcune indicazioni per una fattibile applicazione di un provvedimento restrittivo, attraverso la formulazione di criteri per la individuazione di tali sostanze attrattive, per le quali manca ad oggi un accurato «risk assessment», e tenendo conto dei risvolti economici negativi per il Paese, segnalati dalle amministrazioni coinvolte.
Si è in attesa, inoltre, del parere che la Commissione europea ha richiesto al comitato scientifico sui rischi emergenti e recentemente identificati (SCENIHR) che, ad oggi, ha pubblicato un «Parere preliminare» sulla dipendenza e l'attrattività degli additivi del tabacco. Si ricorda che SCENIHR è il comitato scientifico indipendente, afferente alla direzione generale salute e protezione dei consumatori della Commissione europea che fornisce consulenza scientifica alla Commissione stessa su questioni quali nuove tecnologie, dispositivi medici, rischi fisici e metodologie di valutazione dei rischi. Il parere definitivo del comitato scientifico costituirà senza dubbio la base tecnica di riferimento della commissione e dei singoli Stati membri, Italia compresa, nella definizione della propria posizione sugli additivi.
Si fa presente, inoltre, che con decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 184, è stata recepita la direttiva 2001/37/CE «Ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco».
L'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 184/2003, stabilisce l'obbligo per i fabbricanti e gli importatori dei prodotti del tabacco di trasmettere al Ministero della salute ed al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco di tutti gli ingredienti utilizzati nella fabbricazione dei prodotti con le relative quantità, suddivisi in base alla marca ed al tipo.
Il Ministero della salute, pertanto, riceve annualmente, da parte dei produttori, gli elenchi di tali ingredienti, senza che siano, tuttavia, previste sanzioni per le società inadempienti. Tali elenchi di ingredienti sono stati forniti inizialmente in formato prevalentemente cartaceo, mentre dal 2008 ha avuto inizio la trasmissione annuale dei dati attraverso un «formato comune», non obbligatorio per gli Stati membri, ma adottato e reso disponibile dalla Commissione europea il 31 maggio 2007. Tale «formato comune» comprende una tabella 1, per la consegna del rapporto completo sugli ingredienti contenuti in ciascuna delle marche commercializzate in Italia (comprensivo delle informazioni coperte da segreto commerciale), ed una tabella 2, per la consegna delle informazioni relative al riepilogo dei dati tossicologici a disposizione per ciascun ingrediente.
Sulla base dell'elenco completo dei produttori che vendono in Italia, trasmesso dalla competente amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, risulta che, attualmente, su 42 produttori e distributori dei prodotti del tabacco operanti in Italia, 28 hanno presentato almeno un rapporto negli anni 2007-2009, mentre 14 sono ancora inadempienti all'obbligo informativo previsto dalla direttiva 2001/37/CE e dal decreto legislativo n. 184/2003, che, tra l'altro, non prevede sanzioni.
Al fine di rendere completo e trasparente l'accesso da parte dei consumatori alle informazioni relative agli ingredienti e agli additivi dei prodotti del tabacco, e consentire a questo Ministero valutazioni in termini di rischio per la salute, è stato di recente approvato, nell'ambito del programma 2010 del centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (CCM) un progetto, la cui realizzazione è stata affidata al Centro nazionale sostanze chimiche dell'istituto superiore di sanità, che prevede, tra l'altro, la costruzione di un «database» che soddisfi i requisiti del decreto legislativo n. 184/2003, e di un sito «web» che renda fruibili le informazioni

raccolte, la produzione di un rapporto annuale, la valutazione tossicologica e di impatto sulla salute, a seguito di esposizione attraverso i prodotti del tabacco, di alcune sostanze chimiche scelte con la collaborazione del Ministero della salute.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il dottor Gerardo Cannella, direttore del servizio di medicina preventiva dell'azienda ospedaliera Monaldi di Napoli, specialista in malattie respiratorie, fisiologia e medicina del lavoro, ha denunciato che «è allarme per i tumori provocati dall'inquinamento ambientale a Napoli e nei comuni limitrofi. L'incidenza del mesotelioma pleurico, tumore-spia dell'amianto, che può essere provocato solo dal contatto con le polveri di questa sostanza, supera il 50-70 per cento rispetto alla media delle zone limitrofe alle discariche abusive»;
i picchi, sempre a quanto riferisce il dottor Cannella, si registrano nei quartieri di Pianura-Soccavo, Fuorigrotta-Bagnoli, Barra-Ponticelli; e per quanto riguarda l'hinterland, nei comuni di Somma Vesuviana, San Giorgio e Cremano e Portici;
si tratta di dati confermati da autorevoli studi pubblicati nell'ambito di una ricerca dal titolo «Mesotelioma pleurico, una morte prevedibile ed evitabile», curata da quattro dirigenti medici del Monaldi, i professori Cannella, Carlo Crispino, Paolo Delle Donne, Giuseppe Antinolfi; un'indagine scientifica condotta dai servizi di medicina preventiva e anatomia patologica dell'ospedale Monaldi, attraverso il confronto di oltre trecento cartelle cliniche suddivise nei quinquenni 1997-2001 e 2002-2007;
attraverso l'esame di ogni singola diagnosi, è stato possibile chiarire che il rischio di contrarre il mesotelioma pleurico non è lavorativo, ma abitativo, ossia legato al territorio di residenza, questo significa che l'amianto non uccide solo gli operai, dal momento che dalla ricerca «solo» il 15 per cento della diagnosi di mesotelioma è risultata correlata a malattie professionali;
a quasi vent'anni dallo stop alle lavorazioni e all'uso del minerale-killer, il numero degli ammalati cresce, e cambia l'identikit dei pazienti: uno su quattro è donna, l'età media oscilla tra i 58 e i 63 anni, appena il 15 per cento è costituito da fumatori -:
se non si ritenga di dover promuovere, nell'ambito delle proprie prerogative, un'indagine al fine di accertare l'esatta dimensione del fenomeno, e in particolare: l'aumentato rischio di cancro pleurico, correlabile all'inquinamento selvaggio da discariche da rifiuti indifferenziati e tossici;
se non si ritenga di doversi attivare per individuare le cause di quelli che il professor Antonio Mariella, tossicologo dell'ospedale Pascale, definisce «forsennati ritardi e omissioni di un autentico disastro ambientale sinora negato»;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano promuovere, adottare, in ordine a quanto sopra riferito.
(4-08354)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi acquisiti dalla regione Campania, per il tramite della prefettura - ufficio territoriale del governo di Napoli.
«Secondo quanto relazionato dal responsabile del registro mesoteliomi della Campania - dipartimento di medicina sperimentale - seconda università degli studi di Napoli, i dati elaborati dal registro stesso, nel periodo 2000-2008, analizzando tutti i casi di mesotelioma pleurico incidenti nella regione Campania, hanno evidenziato una incidenza di mesoteliomi pleurici riferibili

ad esposizione ambientale pari al 3 per cento dell'intera casistica regionale della Campania.
Tali dati sono in linea con il dato nazionale pubblicato nel rapporto del registro nazionale mesoteliomi (2006) che identifica nella percentuale del 4,2 per cento i casi di mesoteliomi maligni classificabili da esposizione ambientale.
Inoltre, la verifica dei dati dei mesoteliomi registrati presso l'azienda ospedaliera Monaldi fatta dal registro mesoteliomi della Campania, secondo le modalità istituzionali previste dal protocollo del registro nazionale mesoteliomi, individuano nella casistica portata alla nostra attenzione nel periodo 2002-2006 come l'80 per cento dei casi di mesotelioma maligno siano da classificare come generati da una esposizione di tipo professionale e solo il 3,3 per cento come generati da una esposizione di tipo ambientale. Dati che contrastano con quanto riportato nella relazione "Mesotelioma pleurico: una morte prevedibile ed evitabile" (Cannella, Delle Donne, Crispino, Antinolfi), in cui si dichiara che la causa dei mesotelioma pleurici va attribuita ad esposizione ambientale per il 72,5 per cento dei casi di mesotelioma pleurico registrati nel quinquennio 1997-2001, ed al 93 per cento nel successivo quinquennio 2002-2007.»
Si espongono di seguito le osservazioni dell'Istituto superiore di sanità (ISS), che, per le motivazioni di seguito indicate, illustrano i motivi per i quali lo stesso Istituto non ha potuto effettuare le valutazioni di competenza.
«L'interrogazione pone alcuni quesiti sul tema mesoteliomi pleurici nel comune di Napoli e nei comuni limitrofi, richiamando valutazioni attribuite al Dottor Gerardo Ciannella (non Cannella) dell'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Monaldi di Napoli.
Poiché viene affermato che i dati sono confermati da autorevoli studi pubblicati nell'ambito di una ricerca dal titolo "mesotelioma pleurico, una morte prevedibile ed evitabile", curata da quattro dirigenti medici del Monaldi, i professori Cannella, Carlo Crispino, Paolo Delle Donne, Giuseppe Antinolfi", si è provveduto alla ricerca delle pubblicazioni alle quali viene fatto riferimento, per una visione completa dei dati.
Quando uno studio viene pubblicato da una rivista scientifica ha superato un processo di peer-review, che consiste essenzialmente nella revisione da parte di esperti (pari) scelti dalla rivista, che in forma anonima per gli autori del lavoro, provvedono a segnalare eventuali carenze del materiale a loro sottoposto. Le osservazioni dei revisori vengono inviate agli autori, che debbono fornire risposte adeguate.
In caso di gravi carenze, la rivista non accetta il manoscritto. Questa procedura è ovviamente tesa a mantenere in circolazione materiale scientifico valido.
Le riviste biomediche sono indicizzate dalla US National Library of Medicine che, attraverso la banca dati PubMed (http:// www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/) consente ricerche bibliografiche molto accurate.»
Di tale sistema l'ISS si è avvalso per identificare gli articoli sopra citati, con i risultati che seguono:
1) «Il dottor Gerardo Ciannella è presente nel PubMed con due pubblicazioni scientifiche:
a) De Mercato R, Guarnaccia D, Ciannella G, Cantiello G, Celentano U, D'Antonio A, Iaiunese G. Hepatitis C virus among health care workers. Minerva Med. 1996 Nov; 87(7-8):501-4. PubMed PMID: 9018217.
b) De Mercato R, Cantiello JP, Celentano U, Guarnaccia D, Ciannella G. Hepatitis C virus infection in family members of chronic carriers. Minerva Med. 1996 Jul-Aug; 87(7-8):335-7. PubMed PMID: 8931652.

2) Per i dottori Carlo Crispino, Paolo Delle Donne, Giuseppe Antinolfi esistono pubblicazioni, nessuna delle quali attinenti al tema sanitario oggetto dell'interrogazione.
I risultati ottenuti dalla ricerca sulle banche dati del sistema ISI Web of Knowledge (http://www.isiknowledge.com) sono analoghi.
Non potendo disporre del materiale scientifico sulla base del quale sembrano

essere formulate le valutazioni alla base dell'interrogazione, non è possibile fornire risposte ai quesiti proposti.»
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia ANSA, il giorno 15 settembre 2010 ha diffuso in rete la notizia relativa alla morte del signor Antonio Del Corpo, notizia che, per la sua dinamica, grave quanto assurda, si ritiene utile riprodurre integralmente: «Si sente male di notte, i familiari chiamano ripetutamente il 118, là il telefono squilla a vuoto: lui muore dopo un'ora e mezza. Inutile l'arrivo di un'ambulanza chiamata dalla polizia. È accaduto a Pozzilli, piccolo centro della provincia di Isernia. Vittima un sessantacinquenne che intorno alle 4 aveva avvertito forti dolori al torace. Ma i soccorsi sono arrivati dopo le cinque, quando per l'uomo non c'era più niente da fare. I parenti chiedono ora che si faccia chiarezza. Secondo i parenti di Antonio Del Corpo, anche alla polizia il 118 non avrebbe risposto al telefono. "Noi abbiamo fatto decine di telefonate, al 118 non ci ha mai risposto nessuno", ha confermato Anna, parente di Antonio Del Corpo, il sessantacinquenne stroncato da un infarto nelle notte dopo aver atteso per oltre un'ora i soccorsi. È lei che ha fatto molte delle chiamate andate a vuoto. I parenti presenteranno denuncia ai carabinieri. L'uomo era andato in pensione da poco. "Erano circa le 4 quando mio cugino ha cominciato a chiamare il 118 senza ricevere risposta - esordisce Anna - Era disperato, piangeva, suo padre stava male, allora ho cominciato a chiamare anche io. Ci sono i tabulati, abbiamo fatto decine di tentativi sia dal fisso sia dal cellulare". Solo dopo molte inutili telefonate, la donna ha deciso di chiamare la polizia. "Il 113 dopo aver raccolto il nostro allarme - racconta ancora - ci ha richiamato dicendo che anche a loro dal 118 non rispondeva nessuno. Solo più tardi i poliziotti sono riusciti a mettersi in contatto con l'ospedale vicino, senza passare per il 118, e a far arrivare un'ambulanza del Pronto Soccorso, Mio cugino, però, ormai erano le 5, era già morto«» -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito all'episodio descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche al fine di fare piena luce sulla dinamica dei fatti.
(4-08609)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono le informazioni acquisite dall'assessorato politiche salute della regione Molise, tramite la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Isernia.
In esito alla indagine interna, condotta dalla direzione del servizio di emergenza territoriale Molise soccorso e dalla direzione dall'azienda sanitaria regionale Molise, finalizzata ad accertare lo svolgimento dei fatti accaduti il 15 settembre 2010, è emerso quanto segue:
il personale sanitario in servizio presso la centrale operativa del «118» ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna richiesta di intervento dalle ore 03,21,18 alle ore 04,46,47 del 15 settembre 2010 e, in tale arco di tempo, di non essersi allontanato dalla propria postazione;
gli apparati tecnici ed informatici, in dotazione alla centrale, che assicurano, altresì, un elevato grado di sicurezza, affidabilità e funzionalità, sono risultati funzionali e regolarmente attivi. La memorizzazione delle richieste di intervento, peraltro, avviene solo quando vi è una attività da parte dell'operatore; pertanto, solo la lettura dei tabulati potrà fornire certezze in merito ai flussi telefonici di interesse. Tale attività, però, può essere disposta solo dalla competente procura della Repubblica, che conduce le indagini;
circa eventuali guasti che potrebbero essersi verificati in centrali a monte della centrale operativa «118», gli organi regionali

hanno già interessato la Telecom, quale gestore unico del servizio di telefonia.

Alla luce degli elementi informativi sopra forniti, questo Ministero non ritiene, allo stato, di dover avviare specifiche iniziative al riguardo, tenuto conto delle indagini attualmente in corso.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di informazione ANSA, attraverso una nota proveniente da Milano riferiva che una donna di nazionalità ucraina, la signora Rozaliia Tsurkan, di 28 anni, ricoverata all'ospedale San Raffaele, bisognosa di un fegato nuovo non sarebbe stata messa nella lista dei trapianti urgenti perché il suo visto sembra sia scaduto;
la vicenda è stata resa nota dal gruppo «Everyone», che insieme alla Croce Rossa ha lanciato un appello al Ministro della salute, affinché «intraprenda ogni procedura urgente atta a scongiurare la mancata possibilità per la ragazza ucraina di essere messa in lista trapianti urgenti»;
la ragazza sembra aver contratto l'epatite C da una trasfusione che le ha compromesso il fegato, tanto da rendere necessario un trapianto che però in Ucraina le è stato negato; così Rozaliia è partita per Milano;
appena atterrata, l'11 dicembre 2010, la donna è stata portata dal 118 all'ospedale San Raffaele, ricoverata in medicina, dove è stata appurata la necessità urgente di un trapianto; alla ragazza e ai familiari sarebbe stato riferito che non può essere messa in lista trapianti in quanto il suo visto è scaduto il 19 dicembre 2010, e allo stato attuale è un'immigrata irregolare;
i familiari avrebbero chiesto il rinnovo del visto o l'ottenimento di un permesso speciale, ma senza successo;
le condizioni della donna appaiono critiche e solo grazie a una dilazione umanitaria dei tempi di dimissioni ha fatto sì che nella lista dei trapianti Rozaliia venisse dimessa;
la legge italiana, conformemente ad un elementare sentimento di misericordia, consente e assicura l'inserimento nella lista dei trapianti per tutti i casi urgenti e per i pazienti in pericolo di vita -:
quale sia l'effettiva situazione della signora Rozaliia Tsurkan;
per quali motivi la signora Tsurkan sia stata esclusa dalla lista di casi urgenti e se effettivamente l'esclusione sia dovuta al visto che sarebbe scaduto;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere o adottare perché la situazione sia celermente risolta.
(4-10258)

Risposta. L'Istituto superiore di sanità - Centro nazionale trapianti ha segnalato che la paziente ucraina è affetta da una insufficienza epatica terminale da virus C e si trova attualmente ricoverata presso l'ospedale Niguarda di Milano.
La donna, arrivata dall'Ucraina con visto turistico, a causa del proprio stato di salute si presentava al pronto soccorso del San Raffaele di Milano dove, apprestate le cure d'emergenza, veniva ricoverata.
Contemporaneamente al ricovero, in considerazione dello stato di salute, le equipe mediche del San Raffaele avviavano gli accertamenti necessari per l'inserimento della paziente nella lista di attesa per un trapianto di fegato.
Quando erano ancora in corso gli accertamenti per l'inserimento in lista d'attesa, le agenzie di stampa riprendevano la notizia di un appello dell'Associazione «EveryOne» e della Croce Rossa Italiana, secondo cui alla paziente era precluso l'inserimento nelle liste d'attesa per trapianto di fegato urgente, in quanto sprovvista di regolate permesso di soggiorno.

Le reali condizioni della paziente, nel contempo, erano di relativa stabilità. Lo stato della malattia era tale da non richiedere né un trapianto urgente né una valutazione urgente per l'ingresso in lista, dato il grado di funzionalità epatica ancora persistente.
Si precisa che la procedura d'urgenza riguarda esclusivamente pazienti con epatite acuta fulminante, con un'aspettativa di vita di 24/48 ore.
Il Ministero della salute, in considerazione della situazione della paziente, ha espresso parere favorevole all'inserimento in lista d'attesa. Sulla base di questa indicazione, il ricovero all'ospedale San Raffaele è stato prolungato presso l'ospedale Niguarda.
Le strutture sanitarie interessate sono sempre state vicine alla paziente e continuano ad assisterla in tutte le successive fasi.
È opportuno segnalare che:
1. le procedure in essere per i trapianti in urgenza sono applicate nei confronti di tutti i pazienti che si trovano nel territorio nazionale, a prescindere dalla loro nazionalità, sempre che sussistano i parametri di urgenza accertati dai centri trapianto;
2. la situazione attuale della disponibilità di organi in Italia non consente l'immediato trapianto dei pazienti attualmente in lista di attesa per trapianto di fegato.
L'accettazione sistematica di pazienti che vivono all'estero e che raggiungono il nostro Paese per ragioni di cura grazie ad un visto turistico, renderebbe ancora più problematica la disponibilità di organi, e per questo deve essere valutata con estrema attenzione.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come informa l'agenzia di informazioni ANSA il 12 gennaio 2011 un anziano di 92 anni residente a Castelnuovo Bocca D'Adda, ricoverato in seguito a un incidente stradale, in ospedale a Codogno, è stato dimesso immediatamente perché le sue condizioni sono state ritenute non gravi, e - al contrario - dopo due settimane è deceduto a causa di una vertebra fratturata;
risulterebbe dal referto rilasciato all'anziano, il quale - il 27 dicembre 2010 - era tornato alla sua abitazione con mezzi propri, che la prognosi era di pochi giorni;
due giorni dopo tuttavia l'uomo era stato colpito da una paralisi, e veniva ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Cremona, e dopo due settimane di agonia è deceduto -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per fare piena luce sulla vicenda.
(4-10395)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, sulla base degli elementi pervenuti dalle prefetture di Lodi e di Cremona.
Secondo quanto comunicato, in data 27 dicembre 2010, il paziente rimaneva coinvolto in un incidente stradale, rilevato dalla stazione carabinieri di Lodivecchio (Lodi), mentre percorreva la strada provinciale 26, in territorio comunale di Mairago.
Sul luogo interveniva l'ambulanza del pronto soccorso del presidio ospedaliero di Codogno (Lodi).
Il paziente, che lamentava dolori alla rachide cervicale e dorsale, veniva trasportato con codice «verde» al predetto pronto soccorso e, in stato di lucidità e orientamento, veniva sottoposto a radiografia cervicale e dorsale da cui non emergeva alcun deficit neurologico periferico.
Il paziente, quindi, veniva dimesso con diagnosi di distorsione cervico-dorsale e con prognosi di dieci giorni. Dalla relazione del direttore sanitario aziendale dell'ASL di Lodi emerge, altresì, che il degente usciva dal Presidio, in accordo con i parenti, usufruendo di mezzi propri e rifiutando l'autolettiga che gli era stata proposta.

In data 29 dicembre 2010, il paziente avvertiva nuovamente forti dolori e veniva trasportato all'ospedale di Cremona con codice «rosso». Ricoverato presso la predetta struttura, decedeva l'11 gennaio 2011 per «traumatismo della colonna vertebrale in regione cervicale - shock spinale ingravescente in contusione midollare regione cervicale (C5 e C6) da incidente stradale in paziente affetto da ipertensione arteriosa».
La procura della Repubblica di Lodi ha aperto un fascicolo per omicidio colposo ed ha acquisito, tramite il comando stazione carabinieri di Codogno, copia delle cartelle cliniche, nonché disposto l'autopsia.
In esito all'indagine autoptica, effettuata il 18 gennaio 2011, il consulente medico legale incaricato dalla Procura ha stilato la seguente denuncia di causa di morte: «trauma rachide cervicale, emorragia sottodurale ed ischemia midollare, in passeggero di automobile uscita di strada».
Pertanto, per quanto di propria competenza, stante l'indagine della Procura della Repubblica di Lodi attualmente in corso, questo Ministero non ritiene di dover avviare specifiche iniziative.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

GALATI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
è diventata una pratica ormai abusata, quella delle ragazze in giovane età, di far affidamento a siti o blog per cercare di dimagrire o «mantenersi in linea». In base ad un'indagine condotta dalla Johns Hopkins Bloomberg school of public health di Baltimora molti di questi siti, definiti come «pro-ana», sono considerati pericolosi per i consigli estremi che danno. In tali siti emergono suggerimenti o sarebbe meglio definirli cattivi insegnamenti come: dare di stomaco per eliminare il cibo mangiato, assumere farmaci come lassativi e diuretici, incitare all'esortazione e all'ammirazione verso chi è più capace di rifiutare il cibo. Tali siti inoltre, molto pericolosi per la salute, sono a portata di mano. La ricerca di tali siti, da parte di queste giovani donne, nella maggior parte dei casi affette da malattia, può essere interpretata come una disperata richiesta di aiuto. Secondo sempre gli autori dell'indagine, «per molte pazienti internet diventa un modo per esprimere i propri sentimenti invece di gestirli attraverso tradizionali modelli di cura come la psicoterapia» -:
quali siano le politiche messe in atto dal Ministero della salute per contrastare la piaga dell'anoressia che colpisce molte giovani donne;
quali siano le iniziative del Ministero per le pari opportunità per affiancare le donne in questo loro disagio psicofisico.
(4-07816)

Risposta. - Per determinare l'insorgenza dei disturbi del comportamento alimentare (DCA) concorrono, come concause, anche gli agenti socio-culturali che propongono modelli di identità femminile stereotipata, vincolata all'immagine dell'estrema magrezza e ad un mito della fitness fin troppo spesso equivocata, soprattutto attraverso i media, come una garanzia di salute e di successo.
È questo il versante sociale della prevenzione verso il quale il Ministero della salute, congiuntamente al dipartimento della gioventù della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha orientato il proprio impegno, avvalendosi del prezioso contributo degli specialisti presenti nella comunità scientifica, attraverso la firma, nel 2007, di un protocollo di intesa e l'elaborazione di un progetto nazionale, finalizzato alla promozione di stili di vita salutari e alla promozione di azioni di assistenza e prevenzione.
Rispetto a quattro grandi aree del vivere sociale di particolare impatto sulla formazione giovanile - la scuola, lo sport, la cosiddetta «industria delle diete» ed il mondo dei media e del web - sono stati, quindi, elaborati alcuni progetti mirati di sensibilizzazione, formazione ed informazione, affidati a soggetti di comprovata

esperienza nella cura e nello studio dei disturbi del comportamento alimentare (DCA).
I singoli progetti afferenti alle quattro aree, pur lavorando su piani e con obiettivi specifici diversi, erano tutti indirizzati all'obiettivo generale di costruire una risposta in grado di contrastare i fattori di rischio di natura socio-culturale che incidono sulla diffusione dei disturbi del comportamento alimentare.
Il tema del dilagare dei siti «pro-ana» e «pro-mia» presenti sulla rete è stato oggetto di uno dei progetti di prevenzione sociale, in cui si denunciava il proliferare di questi siti, facendone una ricognizione ed un monitoraggio, al fine di valutare l'ampiezza del fenomeno e della sua evoluzione.
Lo scopo dell'intervento di prevenzione, conclusosi ad ottobre 2009, era sia quello di favorire una corretta informazione ed una efficace sensibilizzazione tra i giovani riguardo il tema dei disturbi del comportamento alimentare sia di informare e sensibilizzare gli operatori dell'informazione (giornalisti, tv, radio, internet e stampa) fornendo loro indicazioni e conoscenze corrette in modo da aiutarli a veicolare messaggi appropriati.
Attraverso questo intervento, eventuali fattori di rischio (modalità inappropriate di comunicazione) sono stati trasformati in fattori preventivi (comunicazione socialmente responsabile).
Il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha comunicato che il Ministro per le pari opportunità, intervenuto nel corso della prima «Conferenza europea su salute e benessere dei giovani», organizzata dal dipartimento della gioventù il 17 giugno 2010, nel sottolineare che l'anoressia, con la bulimia, l'ansia e la depressione, rappresentano alcune fra le patologie più diffuse tra i ragazzi e le ragazze, ha ricordato la campagna di sensibilizzazione «se ami qualcuno dagli peso», realizzata dal proprio dipartimento per prevenire e combattere i disturbi del comportamento alimentare, avviata il 30 giugno 2009 allo scopo di abbattere il muro invisibile che si frappone tra il malato e il resto del mondo, dal momento che chi soffre di disturbi alimentari tende ad isolarsi e a disegnare intorno a sé un mondo distorto, avendo una percezione distorta della sua fisicità e della realtà.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

GALATI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente stima dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) le persone colpite da diabete nel mondo sarebbero circa trecento milioni, pari all'intera popolazione degli Stati Uniti o a sei volte quella dell'Inghilterra. Una malattia, il diabete, che miete 4 milioni di vite all'anno, una ogni 10 secondi. L'Italia conta 3 milioni di malati, pari al 5 per cento della popolazione (era il 2,5 per cento negli anni '70). L'OMS, ha paragonato la diffusione del diabete a una epidemia, con stime di crescita che sembrano inarrestabili. Secondo l'International diabetes federation (Idf) entro il 2030 ci saranno 438 milioni di persone che dovranno convivere con il diabete e la spesa sanitaria supererà i 490 miliardi dollari, a fronte dei 376 attuali. La prestigiosa rivista Lancet ha recentemente pubblicato uno studio dell'università di Cambridge, secondo il quale il diabete raddoppia il rischio di malattie cardiovascolari, inclusi infarti e ictus. Una ricetta per tenere lontano il diabete esiste e si basa sulle «4M», che stanno per monitoraggio della glicemia, mangiare sano, movimento fisico e medicine (ipoglicemizzanti o insulina) per chi già ne soffre. Alla luce di queste cifre e di tali considerazioni urge la necessità di definire la giusta strategia per sconfiggere tale malattia anche attraverso una proficua azione di prevenzione -:
nel merito di tale epidemia, così come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), quali azioni intendano assumere per promuovere politiche di prevenzione atte a ridurre i rischi causati dal diabete.
(4-09523)

Risposta. - Come è noto il diabete mellito è una patologia cronica a larghissima diffusione in tutto il mondo e destinata ad aumentare con il progressivo invecchiamento della popolazione.
Già nel 2003, fra le persone di età compresa tra 20 e 79 anni, si stimava una prevalenza mondiale del 5,1 per cento, che si prevedeva in aumento fino al 63 per cento nel 2025, con il coinvolgimento di 333 milioni di persone in tutto il mondo e un incremento pari al 24 per cento nel periodo.
I dati più recenti, tuttavia, parlano di una prevalenza pari al 6,0 per cento già nel 2007 (246 milioni di persone), con una proiezione che nel 2025 arriva al 7,3 per cento (380 milioni).
La mortalità nelle persone con diabete è 1,9 volte quella dei non diabetici e per le donne il rapporto sale a 2,6.
La mortalità prematura causata dal diabete si stima in circa 12-14 anni di vita perduta.
L'impatto complessivo di una malattia sulla salute si esprime, generalmente, in DALY (disability-adjusted life years), un indicatore che tiene conto sia degli anni di vita perduti per morte prematura sia degli anni vissuti in malattia.
L'organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2001, stimava che, in tutto il mondo, il diabete fosse responsabile di circa 20 milioni di anni di vita in buona salute perduti.
Sempre l'organizzazione mondiale della sanità nel 2005 ha stimato che il 2 per cento del totale delle morti nel mondo fosse da attribuire al diabete (circa 1.125.000), sottolineando, tuttavia, come tale contributo alla mortalità generale fosse probabilmente sottostimato, dal momento che il decesso di una persona con diabete è di solito attribuito ad una delle complicanze (cardiopatia, malattia renale, eccetera).
Le persone affette da diabete di tipo 2, infatti, presentano un rischio più elevato di complicanze macrovascolari (malattie cerebro e cardio-vascolari) rispetto alla popolazione non diabetica e le malattie cardiovascolari nei Paesi sviluppati causano fino al 65 per cento di tutte le morti delle persone con diabete.
In Italia, i dati riportati nell'annuario statistico ISTAT 2008 indicano che è diabetico il 4,8 per cento della popolazione (5,2 per cento per le donne e 4,4 per cento per gli uomini), pari a circa 2.900.000 persone.
La prevalenza del diabete aumenta con l'età fino al 18,8 per cento nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni.
Nella fascia d'età 18-64 anni la prevalenza è maggiore fra gli uomini, mentre oltre i 65 anni è più alta fra le donne.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, la prevalenza è più alta nel sud e nelle isole, con un valore del 5,8 per cento seguita dal centro con il 5,3 per cento e dal nord con il 3,9 per cento.
Tra le azioni poste in essere dal Ministero della salute, occorre ricordare il piano nazionale della prevenzione (PNP) 2005-2007 (Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005), prorogato fino al 2009, che prevedeva, nel caso del diabete, la realizzazione di progetti regionali finalizzati a prevenirne le complicanze tramite l'adozione di programmi di gestione integrata della patologia, proprio sull'esempio del disease-management e/o del chronic care model.
Al fine di sostenere e coordinare i progetti regionali afferenti al PNP, inoltre, nel 2006 è stato intrapreso il progetto IGEA (integrazione, gestione e assistenza per la malattia diabetica) del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), gestito dall'istituto superiore di sanità/centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, con il compito di sviluppare gli strumenti utili all'implementazione della Gestione Integrata del diabete, attraverso iniziative e interventi orientati a favorire il miglioramento dell'assistenza alle persone con diabete e la prevenzione delle complicanze della patologia.
In particolare, nell'ambito del progetto integrazione, gestione e assistenza per la malattia diabetica sono stati sviluppati e realizzati:
un'attività di sostegno e coordinamento dei progetti regionali sulla gestione integrata del diabete;

uno spazio web dedicato al progetto (www.epicentro.iss.it/igea);
un documento di indirizzo sui requisiti clinico-organizzativi per la gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell'adulto;
un piano nazionale di formazione sulla gestione integrata del diabete di tipo 2;
vari interventi di formazione di formatori per le varie regioni italiane;
un documento di indirizzo sui requisiti di un sistema informativo per la gestione integrata, all'interno del quale gli attori coinvolti possano scambiare e condividere le informazioni essenziali alla realizzazione del programma.

Nella prospettiva di raggiungere una più omogenea attuazione del programma ed una valorizzazione delle peculiarità regionali, il nuovo progetto integrazione, gestione e assistenza per la malattia diabetica 2009-2011, nel rispetto degli obiettivi nazionali condivisi, mira, quindi, a valorizzare le migliori esperienze in corso nelle regioni italiane ed a sostenere l'implementazione della gestione integrata su tutto il territorio nazionale, ponendosi alcuni obiettivi fondamentali:
la corretta implementazione di sistemi informativi per la gestione integrata del diabete;
la promozione delle competenze delle persone con diabete e dei loro caregiver nell'autogestione della malattia;
la definizione di un set di indicatori per la valutazione dei costi relativi all'assistenza ai pazienti diabetici.

Inoltre, il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2010-2012, sottoscritto con Intesa Stato-Regioni del 29 aprile 2010, rinnova gli obiettivi proposti dal precedente PNP in modo da consentirne il raggiungimento, trovando adeguato supporto nelle azioni proposte dal progetto integrazione, gestione e assistenza per la malattia diabetica.
L'applicazione dei principi della gestione integrata alla patologia diabetica, nel medio-lungo periodo, potrà portare a:
a migliorare la gestione della patologia diabetica;
ridurre le complicanze a lungo termine;
ottenere una maggiore appropriatezza nell'utilizzo dei farmaci e dei presidi diagnostico-terapeutici;
razionalizzare la spesa sanitaria.

La gestione integrata del diabete mellito, inoltre, potrà rappresentare un valido modello per lo sviluppo successivo di programmi di gestione integrata della cronicità.
Per quel che riguarda la prevenzione dell'insorgenza del diabete di tipo 2, va ricordata la stretta correlazione esistente tra tale patologia e la condizione di sovrappeso/obesità degli individui che ne sono affetti.
Infatti, l'obesità e le patologie croniche che, oltre al diabete, da essa possono derivare (cardiopatie ischemiche, alcuni tipi di neoplasia, ictus, ipertensione) costituiscono un grave problema di salute e hanno un significativo impatto economico sul nostro sistema sanitario nazionale.
Si stima, infatti, che il costo dell'obesità si avvicini a 30 milioni di euro l'anno per perdita di produttività e cure delle complicanze cliniche correlate.
In particolare, in tutti i Paesi occidentali ha ormai acquisito grande importanza il problema dell'obesità e del sovrappeso nei bambini, sia per le implicazioni dirette sulla salute del bambino sia perché rappresenta un fattore di rischio per l'insorgenza di patologie in età adulta.
L'obesità infantile è, infatti, predittiva di obesità nell'età adulta, in quanto i principali determinanti dell'obesità dipendono da stili di vita e comportamenti che si instaurano nell'età evolutiva (dieta scorretta, sedentarietà).
Si tratta, tuttavia, di un problema di sanità pubblica la cui soluzione non può essere demandata esclusivamente al sistema sanitario, ma che necessita di interventi con

obiettivi diversificati ed il più possibile trasversali e intersettoriali, con il coinvolgimento di molti altri soggetti istituzionali e della società civile (ministeri, comuni, province, associazioni professionali e di categoria, associazioni dei consumatori, produttori di alimenti, pubblicitari, mass media, eccetera) così come raccomandato dall'Unione europea e dall'organizzazione mondiale della sanità.
Nell'attuale quadro epidemiologico dell'obesità, infatti, l'organizzazione mondiale della sanità nel 2006, ha elaborato la «strategia globale su dieta, attività fisica e salute» con una serie di raccomandazioni per i Governi e per tutte le parti in causa, e, proprio nell'ottica delle politiche intersettoriali, ha definito una strategia di contrasto alle malattie non trasmissibili (Gaining Health, the European Strategy for the Prevention and Control of Non communicable Diseases - Organizzazione mondiale della sanità ufficio regionale per l'Europa, 2006) ed approvato la European Charter on counteracting obesity (conferenza, interministeriale di Istanbul del 15 novembre 2006, che impegnano fortemente i Paesi europei dell'Organizzazione mondiale della sanità.
In tali documenti si esorta a seguire un approccio intersettoriale per l'attuazione di interventi che modifichino i comportamenti non salutari, raccomandando interventi di tipo comportamentale (per modificare lo stile di vita individuale) e sociale (per creare condizioni ambientali atte a cambiare i comportamenti individuali e a mantenerli nel tempo).
La nutrizione, l'attività fisica e l'obesità, inoltre, rientrano tra le «priorità chiave» nelle politiche di sanità pubblica dell'Unione europea e sono incluse nel «programma di azione 2003-2008».
L'Italia, seguendo gli orientamenti dell'organizzazione mondiale della sanità e dell'Unione europea, ha già avviato un percorso di definizione di strategie e di attivazione di iniziative.
Date tali premesse, il già citato piano nazionale della prevenzione 2005-2009, ha individuato l'obesità tra i problemi di salute prioritari del Paese e, sulla base di linee programmatiche elaborate dal Ministero della salute/CCM, tutte le regioni hanno definito ed attivato specifici progetti all'interno di aree di intervento condivise e ritenute prioritarie (dall'allattamento al seno, alla ristorazione collettiva, alla promozione dell'attività fisica, alla pubblicità).
La progettazione regionale ha proposto l'approccio intersettoriale, con azioni intraprese a diversi livelli (a scuola, nei luoghi di lavoro, nei luoghi del tempo libero, ecc.) e privilegiando gli interventi di provata efficacia.
Nella scia delle politiche intersettoriali promosse dal Piano Nazionale della Prevenzione, inoltre, nel 2007 è stato avviato il programma «Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari» (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 maggio 2007).
Tale programma promuove azioni efficaci per contrastare i quattro principali fattori di rischio delle malattie croniche (fumo, abuso di alcol, dieta scorretta e inattività fisica) attraverso una serie di alleanze con il mondo della scuola, dell'agricoltura, dei trasporti, dell'urbanizzazione e dello sport), al fine di migliorare la salute dei cittadini.
Una delle novità di «Guadagnare Salute» è la sinergia tra diversi ministeri, per dare maggior credibilità ai messaggi da veicolare, per consolidare il rapporto tra cittadini e istituzioni, per assicurare un'informazione univoca.
Per favorire il sistema di alleanze operative e la creazione di reti funzionali a livello locale, con decreto ministeriale del 26 aprile 2007 è stata istituita, presso il Ministero della salute, la «Piattaforma nazionale sull'alimentazione, l'attività fisica e il tabagismo», che prevede la partecipazione di rappresentanti delle Amministrazioni centrali interessate, delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano e di rappresentanti di organizzazioni appartenenti al mondo delle imprese, del sindacato e dell'associazionismo, che hanno firmato protocolli d'intesa tra il Ministero della salute per il conseguimento di specifici obiettivi.

Il programma «Guadagnare salute» ha dato vita ad una serie complessa di attività, soprattutto finalizzate alla modifica di abitudini alimentari scorrette ed alla promozione di una vita attiva, anche grazie alle intese siglate tra il Ministro della salute e i Ministri dell'istruzione, delle politiche giovanili e delle politiche agricole e forestali.
A supporto del piano nazionale della prevenzione e di «Guadagnare Salute», il CCM ha, infine, promosso e finanziato vari progetti mirati a sviluppare e condividere strumenti utili all'implementazione di azioni rivolte alla modifica degli stili di vita della popolazione ed a diffondere la cultura della progettazione di azioni intersettoriali tra gli operatori sanitari.
Tutte le informazioni relative al CCM, a «Guadagnare Salute» e alle progettualità avviate sono reperibili sui siti www.ministerosalute.it e www.ccm-network.it.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dopo le uova, lo scandalo dell'inquinamento alla diossina in Germania si è esteso alla carne di maiale, con diverse centinaia di capi di cui sarà necessario l'abbattimento: lo ha annunciato il portavoce del Ministero dell'agricoltura di Hannover, Gert Hahne. La scoperta è stata fatta in un allevamento della Bassa Sassonia. La presenza di diossina è risultata essere di 2 picogrammi per grammo di grasso, misura pari al doppio di quanto consentito dai limiti europei. In un altro allevamento di suini dello stesso Land sarebbero stati riscontrati valori di diossina vicini a quelli limite. Il Ministero ha aggiunto che attualmente sono 330 gli allevamenti chiusi su 4.400 inizialmente serrati. «Un test sulla carne di maiale ha lasciato trasparire un alto tasso di diossina» in una delle fattorie chiuse dalla fine della scorsa settimana come misura preventiva in seguito alla scoperta di integratori alimentari per animali infetti, ha dichiarato un portavoce del Ministero del consumo della Bassa Sassonia. «Questa carne non è commerciabile, tutti gli animali dovranno essere abbattuti e le carcasse saranno bruciate», ha aggiunto il portavoce del Ministero. Durissime polemiche sono scoppiate sull'operato del Ministro per la tutela dei consumatori, Ilse Aigner (Csu), attaccata pesantemente dal presidente del partito socialdemocratico Sigmar Gabriel, che l'ha accusata di aver mal gestito l'emergenza causata dalla scoperta di diossina prima nelle uova e poi anche nella carne di pollo. Gabriel ha chiesto al Governo di rendere pubblico «ciò che sa e quello che intende fare» per garantire la sicurezza dei consumatori, poiché al momento in Germania «nessuno sa come vengono prodotti i generi alimentari»;
sono complessivamente diciannove gli allevamenti tedeschi i cui animali sono risultati contaminati con livelli di diossina superiori ai limiti ammessi. Di questi impianti, diciotto sono allevamenti di galline ovaiole, uno di suini. Secondo i dati sulle analisi effettuate, finora nessuna «positività» è stata riscontrata in allevamenti di bovini da carne o da latte, né in quelli di pollame da carne. Per il pollame da produzione ovicola i diciotto risultati positivi sono emersi su 57 impianti analizzati, mentre il risultato per l'unico allevamento di maiale risultato finora positivo è scaturito su quindici impianti sottoposti a test. Non è previsto alcun indennizzo da parte dell'Unione europea per i proprietari degli allevamenti tedeschi che sono risultati contaminati dalla diossina. «Non è la Ue a dover pagare i danni» ha precisato Frederic Vincent, portavoce del Commissario alla salute John Dalli. Un esperto della Commissione europea ha poi spiegato che i singoli produttori sono responsabili della conformità di quanto mettono sul mercato. A pagare i danni in caso di ordine di abbattimento potrebbero essere anche le autorità nazionali, ma in questo caso il provvedimento dovrebbe essere autorizzato dalla Commissione europea;

le autorità tedesche hanno scoperto che nel marzo 2010 il grasso utilizzato per produrre mangime in Germania presentava un tasso di diossina doppio di quanto ammesso (1,5 nanochilogrammi per chilo, quando il massimo è di 0,75 nanogrammi). A fare il test a suo tempo fu una ditta produttrice di mangimi che non informò tempestivamente le autorità «e questo - secondo quanto specificato da un esperto della Commissione europea - è una violazione delle regole». Il caso, però, per quanto allarmante, secondo la fonte «non poteva essere pericoloso per la salute» perché «nel mangime finale la percentuale di grasso varia dal 2 al 10 per cento, quindi la percentuale di diossina nel prodotto finito rientrava nei limiti». L'irregolarità ha comunque spinto le autorità tedesche, secondo quanto emerso oggi nel corso della riunione del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali di sottoporre a nuova analisi per la presenza di diossina in tutti i campioni di grassi per uso alimentare e di mangimi già analizzati nel corso del 2010 «a partire da marzo e forse anche prima». Nella sede della Commissione europea le principali associazioni di produttori hanno tenuto una riunione e Patrick Vanden Avenne, presidente della Fefac (Federazione europea dei produttori di mangimi compositi), ha scritto in un comunicato che essi sono pronti a presentare «entro la fine del mese» una proposta di autoregolamentazione per il monitoraggio della presenza di diossina, per evitare che si ripetano casi come quello della Germania. L'ipotesi consiste in una norma di garanzia per la produzione dei mangimi animali che troppo spesso si sono dimostrati l'anello debole della catena alimentare. In sostanza, secondo quanto si è appreso da fonti comunitarie, si sta verificando la possibilità di scrivere una disposizione che «separa la produzione dei mangimi da quella di altre attività industriali»;
la Cia - Confederazione italiana agricoltori, ha affermato la stretta esigenza di rafforzare i controlli alle frontiere e bloccare tutti i prodotti di maiale (carni fresche, congelate e lavorate, e suini vivi) a rischio diossina provenienti dalla Germania; inoltre, aggiunge che occorre ritirare dal mercato la merce sospetta a tutela dei consumatori. Nessun problema, invece, per le produzioni made in Italy che sono sicure e garantite. Da qui l'impellente necessità di una chiara etichetta di origine che permetta di individuare subito la provenienza che nel nostro Paese dovrebbe essere tra breve una positiva realtà. «L'Italia è un forte importatore di carne di maiale dalla Germania, soprattutto destinata alla produzione di prosciutti (circa 13 milioni di pezzi all'anno) per un totale di 220 milioni di chili nei primi nove mesi del 2010 con un aumento del 12 per cento rispetto allo scorso anno». Lo segnala la Coldiretti. Per assicurarsi l'acquisto di prosciutti ottenuti da maiali italiani il consiglio della Coldiretti ai consumatori è quello di rivolgersi direttamente agli allevatori o di scegliere prodotti a denominazione di origine protetta individuabili dal marchio comunitario «Dop» o da quello del Consorzio di tutela dei marchi italiani -:
quali iniziative, anche normative, i Ministri intendano adottare al fine di certificare la filiera della produzione dei mangimi utilizzati in Italia, nonché di pervenire all'etichettatura delle carni che vengono vendute e consumate nel nostro Paese, sia quelle nostrane che di importazione.
(4-10499)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente le iniziative volte a certificare la filiera della produzione dei mangimi e l'etichettatura delle carni vendute e consumate nel nostro Paese, vorrei anzitutto ricordare che la normativa comunitaria prevede che gli alimenti e i mangimi immessi sul mercato dell'Unione europea devono essere adeguatamente etichettati secondo i requisiti previsti dalle relative disposizioni, al fine di poterne agilmente rintracciare l'origine. A tal fine, infatti, gli operatori del settore alimentare e mangimistico devono garantire il rispetto delle pertinenti disposizioni in materia in

tutte le fasi della produzione, anche attraverso la predisposizione di adeguati sistemi e procedure tesi a verificarne l'applicazione.
Tuttavia, provvedimenti specifici tesi a informare il consumatore circa l'origine e la provenienza delle carni riguardano solo la carne bovina. Per le altre carni, al momento, è attiva un'etichettatura volontaria (recante le informazioni sulle modalità di allevamento degli animali macellati, la razza, l'età, eccetera) solo per le carni bovine e di pollame.
In particolare, per le carni bovine e i prodotti a base di tale carne, il regolamento n. 1760/2000 prevede un sistema di etichettatura obbligatorio minimo (che consente al consumatore di individuare l'origine della carne bovina in commercio nel territorio comunitario), congiunto ad un sistema facoltativo.
Anche l'etichettatura volontaria delle carni di pollame prevista dalla regolamentazione comunitaria e disciplinata nel nostro Paese dal decreto ministeriale 29 luglio 2004 consente la relativa tracciabilità, dall'allevamento alla commercializzazione. Tale decreto, strutturato come «norma tecnica», è stato sottoposto al preventivo parere della Commissione europea che ha espresso avviso favorevole.
Per completezza d'informazione evidenzio che, per tutelare la commercializzazione delle carni di pollame etichettate secondo le modalità previste, il quadro normativo comunitario e nazionale sopracitato sarà completato con l'impianto sanzionatorio previsto in un apposito schema di decreto legislativo attualmente in esame presso la Presidenza del Consiglio.
Per quanto concerne il settore suinicolo, invece, faccio presente l'avvenuto recepimento della direttiva 2008/71/CE (relativa all'identificazione dei suini) attraverso il decreto legislativo n. 200 del 2010 che consente di risalire all'azienda di provenienza di ogni animale e, anche per quanto riguarda gli scambi intracomunitari, di poter reagire in tempi rapidi a crisi di origine sanitaria.
Al riguardo, considerata la particolare situazione, sottolineo che sono stati allertati tutti gli organismi di controllo al fine di intensificare, attraverso una azione coordinata, le verifiche soprattutto sul prodotto importato ritenuto a rischio.
Ciò premesso, vorrei evidenziare che la recente approvazione delle «disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» ha finalmente introdotto l'obbligo di indicare l'origine o la provenienza dei prodotti agroalimentari e, per assicurare la massima trasparenza e una corretta informazione al consumatore, di riportare in etichetta l'indicazione del luogo di origine o di provenienza e dell'eventuale utilizzo di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della filiera alimentare.
Tali disposizioni, che interessano i prodotti primari, trasformati e parzialmente trasformati (ad esclusione dei prodotti ortofrutticoli, uova, miele, prodotti ittici e carne bovina, per i quali sono già in vigore norme comunitarie che impongono di indicarne l'origine in etichetta) consentiranno di introdurre obbligatoriamente le informazioni sull'origine e la provenienza anche per le carni per le quali non esistono provvedimenti comunitari specifici sull'etichettatura (suine, ovine, caprine, conigli, eccetera).
Al riguardo, faccio altresì presente che, a breve, verranno avviate le consultazioni con l'esecutivo comunitario per la definizione dei decreti attuativi per i singoli settori e che quello suinicolo sarà quello esaminato in via prioritaria, tenuto conto degli eventi di natura sanitaria ai quali è stato recentemente assoggettato.
Per inciso, ricordo che già da tempo la delegazione italiana si è fatta promotrice, anche in sede comunitaria, dell'estensione dell'obbligo dell'etichettatura di origine a tutte le tipologie di carne così come, da anni, avviene nel settore bovino.
Peraltro, non vanno dimenticate le filiere produttive (costituite da associazioni di produttori operanti dagli allevamenti ai punti vendita) che, a stretto contatto con le associazioni nazionali che detengono in Italia i libri genealogici delle razze bovine, allevate in Italia, garantiscono l'origine e la qualità della carne informando il consumatore

sulle tecniche di allevamento adottate, sull'alimentazione del bovino e sulla razza.
Evidenzio, infine, che il controllo sull'etichettatura delle carni e la vigilanza sulla conformità dell'attività di controllo (affidata agli organismi indipendenti designati dalle organizzazioni) al disciplinare di etichettatura approvato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono affidati alle regioni e all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo ufficiale di controllo dell'Amministrazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 3 febbraio 2011 nel corso della trasmissione televisiva di Raiuno Bontà Loro il giornalista Alessandro Di Pietro ha invitato a non acquistare per due giorni il pomodorino di Pachino in quanto la sua produzione sarebbe «in odore di mafia», sferrando così un attacco tanto irragionevole quanto pericoloso contro uno dei prodotti d'eccellenza dell'agricoltura siciliana;
non si tiene in debito conto delle gravi ripercussioni e dell'inevitabile trascinamento che questi irresponsabili annunci hanno sui produttori onesti e sull'intero comparto agricolo, delle loro fatiche non solo per produrre ma anche per affrontare la dura legge del mercato che non sempre premia i loro sacrifici né riconosce loro il giusto ricavo;
il prodotto «pomodoro di Pachino» si è conquistato nel tempo un'invidiabile reputazione di eccellenza qualitativa;
tutte le aziende aderenti al consorzio IGP pomodoro di Pachino sono obbligate ad attenersi alle norme di produzione e confezionamento stabilite dal disciplinare di produzione, e sono soggette ai controlli di filiera che lo stesso consorzio è chiamato ad effettuare su incarico del Ministero delle politiche agricole e forestali ed in quanto tali operano nella più assoluta legalità e sotto il controllo costante dell'ente Certificatore di qualità;
il consumatore è garantito circa la qualità e l'autenticità della provenienza del pomodoro di Pachino, che può essere prodotto e confezionato solo in una ristretta area geografica, dal marchio IGP apposto sulle confezioni o sui frutti singoli mediante bollino distintivo;
il suddetto consorzio si propone come un modello di economia sana, frutto dello sforzo di un gruppo di imprenditori concorrenti che hanno scelto di operare insieme per certificare la filiera sotto l'egida della Comunità europea, unico vero modo per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata;
il marchio «IGP pomodoro di Pachino» è l'unico requisito che permette ad un pomodoro di essere chiamato senza ambiguità «Pomodoro di Pachino». Altri prodotti provenienti da altre località geografiche, seppure con simile forma, non possono fregiarsi di tale nome, che è ricoperto da marchio di qualità registrato ai sensi delle norme dell'Unione europea;
il Consorzio IGP pomodoro di Pachino si è già impegnato pubblicamente a mettersi a completa disposizione delle autorità per sorvegliare e reprimere possibili abusi e speculazioni che possano verificarsi nell'ambito del comparto ortofrutticolo, a tutela dei produttori che rappresenta e del comparto economico locale. Lo stesso consorzio si è altresì reso disponibile a dimostrare le reali condizioni in cui il prodotto viene coltivato, lavorato, confezionato e distribuito;
se, a causa di un anomalo allungamento della catena distributiva del prodotto tipico, vengono a crearsi speculazioni o infiltrazioni da parte di organizzazioni

malavitose, ciò non può giustificare un attacco ai produttori dello stesso;
il Governo regionale siciliano è da tempo ormai costantemente impegnato, a difesa dell'immagine del prodotto, nel contrastare la cattiva informazione, al fine di garantire il reddito ed il futuro degli agricoltori siciliani a lavoro in un'ardua sfida di competizione e di mercato, nella consapevolezza dell'importanza strategica del comparto economico -:
se il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali non ritenga, a tutela dei produttori del pomodorino di Pachino, di intervenire a difesa di uno dei prodotti d'eccellenza del nostro Paese anche attraverso adeguati meccanismi di sponsorizzazione pubblicitaria;
se il Ministro dell'interno non ritenga di garantire il massimo impegno a tutela dei produttori del pomodorino di Pachino assicurando il massimo di presenza delle forze dell'ordine nella lotta alle contraffazioni, alle infiltrazioni mafiose e alle speculazioni che possono determinarsi a causa di anomali allungamenti della catena distributiva dei prodotti agricoli, ed in particolare di quelli tipici.
(4-10806)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in oggetto, concernente presunte infiltrazioni mafiose tra i produttori di pomodori di Pachino, condivido e mi associo a quanto espresso dagli Onorevoli interroganti ritenendo intollerabile e inaccettabile l'utilizzo di trasmissioni televisive per lanciare campagne di boicottaggio al consumo di pomodori provenienti dal suddetto territorio.
Ciò premesso, lasciando alle istituzioni competenti il contrasto alla criminalità organizzata, non posso che sottolineare con forza come l'Amministrazione che rappresento sostenga con tutti i mezzi a disposizione il pomodoro di Pachino e gli altri prodotti DOP e IGP, schierandosi sempre in prima linea per promuovere e valorizzare il ricco patrimonio della nostra agricoltura.
Il pomodoro di Pachino, in particolare, rappresenta un prodotto di eccellenza del patrimonio agroalimentare italiano e, come tale, è stato tutelato mediante l'iscrizione nel Registro delle indicazioni geografiche protette che comporta, per i produttori che intendono utilizzare la denominazione "Pomodoro di Pachino", di assoggettarsi ad un sistema di controllo attualmente gestito dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia «A. Mirri».
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

MURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana è una meritoria associazione di volontariato fondata nel 1864 che svolge la sua opera su tutto il territorio nazionale grazie agli oltre duecentomila volontari appartenenti all'organizzazione;
il presidente nazionale della Croce rossa Italiana, come stabilisce l'articolo 20 dello statuto dell'associazione, è una carica elettiva la cui elezione spetta all'assemblea nazionale;
l'ultimo presidente ad essere stato eletto, come previsto dallo statuto è stato Maurizio Barra nel 2005, che è rimasto in carica fino al 30 ottobre 2008, data in cui l'associazione è stata commissariata dal Governo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha nominato commissario straordinario l'avvocato Francesco Rocca;
nel corso del suo mandato il commissario straordinario ha sciolto tutti gli organismi dell'associazione democraticamente eletti dai volontari, come previsto dallo statuto della Croce rossa;
il mandato del commissario straordinario è scaduto il 10 ottobre 2009 e ad oggi non risulta rinnovato -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire il funzionamento della Croce rossa e per tutelare la democrazia all'interno dell'associazione, considerato

che l'attuale statuto prevede che si vada ad elezioni entro ottobre 2010;
se il Governo intenda intraprendere iniziative per la prosecuzione del regime commissariale.
(4-06496)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2009, l'avvocato Francesco Rocca è stato confermato, «per un ulteriore periodo non superiore a dodici mesi a decorrere dal 30 ottobre 2009», commissario straordinario dell'associazione italiana della Croce Rossa.
Nel corso di tale periodo di tempo, l'articolo 5, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito nella legge 3 agosto 2010, n. 126, ha disposto che «l'incarico del commissario straordinario della Croce Rossa Italiana è prorogato fino alla data di ricostituzione degli organi statutari a conclusione del riassetto organizzativo, anche in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2011».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

REGUZZONI, FOGLIATO, CALLEGARI, NEGRO e RAINIERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il miglioramento genetico e, quindi, sia la selezione delle razze animali di interesse economico, sia la conservazione della biodiversità animale sono obiettivi di rilevanza strategica per la collettività al cui perseguimento è necessario attendere, attraverso il sistematico svolgimento di attività specifiche che si concretano, principalmente, nella tenuta dei libri genealogici e dei registri anagrafici e nell'esecuzione dei controlli funzionali;
lo svolgimento delle attività di cui sopra, unitamente alla regolamentazione della riproduzione animale in senso stretto è disciplinato dalla legge 15 gennaio 1991, n. 30, così come modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 280;
ai fini della tenuta dei libri genealogici e dei registri anagrafici e dell'effettuazione dei controlli funzionali, lo Stato si avvale, rispettivamente, dell'operato delle Associazioni nazionali allevatori (ANA) e dell'associazione italiana allevatori (AIA) che risultano, pertanto, delegate allo svolgimento di funzioni, che stante la natura degli interessi economici e strategici alle stesse collegate, sono da considerare pubbliche, a tutti gli effetti;
le ANA e l'AIA assolvono alle suddette funzioni valendosi, per quante attiene alle attività a livello periferico, delle associazioni provinciali allevatori (APA), presso le quali hanno sede gli uffici provinciali dei libri genealogici e dei controlli, ai sensi di quanto disposto nei disciplinari, approvati dal Ministero;
la copertura delle spese per lo svolgimento delle attività di cui sopra è stata, fino al 2010, assicurata, per circa l'80 per cento da contributi pubblici (la restante parte è oggetto di compartecipazione finanziaria da parte dei singoli allevatori) corrisposti, ogni anno, in parte, attraverso un contributo concesso dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e, in parte, per tramite di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante uno stanziamento determinato d'intesa con le regioni e, poi, tra le stesse ripartito;
nel 2010, gli importi di cui sopra sono risultati di circa 30 milioni di euro, per quanto attiene il contributo ministeriale e di 62,7 milioni di euro, per quanto messo a disposizione attraverso il su richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
a decorrere dal 2011, per effetto dei recenti interventi correttivi apportati alla spesa pubblica, ai fini della copertura delle spese per le attività di cui trattasi, rimane attivo solo il contributo ministeriale, peraltro su di un livello inferiore rispetto

all'anno precedente, mentre le altre risorse sono state azzerate;
lo svolgimento delle attività di cui trattasi è, assolutamente, indispensabile, ai fini, sia della garanzia qualitativa e quantitativa delle produzioni animali, in specie di quelle del settore lattiero-caseario, sia della tutela e della valorizzazione delle risorse genetiche nazionali, rispetto alle strategie commerciali di Paesi esportatori di animali vivi e di materiale da riproduzione;
col venire meno di una quota, peraltro la più rilevante, del contributo pubblico per lo svolgimento delle attività di cui sopra, stante l'indispensabilità delle stesse, i relativi oneri si trasferiscono, inevitabilmente, sulle amministrazioni regionali che, per quanto risulta, si trovano, però, nell'impossibilità di poterli sostenere;
il problema è particolarmente grave per le regioni settentrionali, ove, come è noto, si concentra la gran parte dei capi allevati e, di conseguenza, delle funzioni da svolgere e delle spese da sostenere, al fine di assicurare lo svolgimento delle indispensabili attività di tenuta dei libri genealogici e dei registri anagrafici, nonché di esecuzione dei controlli funzionali. A mero titolo di esempio si consideri che il 76,8 per cento del patrimonio nazionale di vacche da latte si concentra in Lombardia (40,1 per cento), Emilia Romagna (19,7 per cento), Veneto (14,5 per cento) e Piemonte e che, nella sola Lombardia, si trova il 52,5 per cento dei capi suini allevati in Italia -:
se e quali iniziative si intendano assumere per ripristinare le linee di finanziamento statale necessarie ad assicurare il pieno e corretto svolgimento delle indispensabili attività di tenuta dei libri genealogici e degli archivi anagrafici, nonché di esecuzione dei controlli funzionali, ai sensi di quanto disposto dalla vigente normativa.
(4-10645)

Risposta. - L'interrogazione cui mi accingo a rispondere riguarda il finanziamento delle attività relative alla tenuta dei libri genealogici e all'esecuzione dei controlli funzionali da parte delle associazioni degli allevatori. Al riguardo vorrei fare una breve premessa.
L'esistenza di schemi di selezione animale, gestiti dal mondo agricolo (ma che certamente non possono essere esclusivamente finanziati dal settore stesso), è un fattore importante di promozione sociale e culturale per gli operatori del settore ed è un fondamentale elemento sinergico per il mondo nazionale della ricerca, soprattutto per quanto riguarda la genetica molecolare.
L'esperienza ha dimostrato che il buon funzionamento di uno schema di selezione nazionale, oltre a portare una maggiore selettività nelle importazioni di riproduttori, migliora il bilancio commerciale con l'estero ed evita la concentrazione del know-how all'interno di poche imprese multinazionali di enormi dimensioni.
Nel nostro Paese, prima di disporre di un sistema selettivo efficiente ed operante su solide basi scientifiche, non si era riusciti a sviluppare alcuna delle nostre razze mentre, dall'inizio degli anni Ottanta, il modello operativo seguito, certamente perfettibile e da rendere più efficiente in termini di rapporto costo/benefici, ha dimostrato una notevole validità e vitalità, tanto da vantare numerose richieste di assistenza per lo sviluppo di sistemi di raccolta e di analisi dei dati delle produzioni animali da numerosi paesi di nuovo ingresso nella Unione europea e dai Paesi del bacino mediterraneo.
Lo smantellamento del suddetto sistema comporterebbe, quindi, oneri ben più gravi per lo Stato, in termini di sicurezza alimentare e di perdita di competitività.
Ciò premesso faccio presente che la vigente normativa, nel disporre che i libri genealogici siano tenuti dalle associazioni nazionali allevatori (ANA) e che i controlli delle attitudini produttive siano svolti dall'associazione italiana allevatori (AIA) evidenzia tuttavia l'esigenza di unicità, per tutto il territorio nazionale, della tenuta dei libri genealogici, pur tramite un coordinamento-concertazione tra lo Stato e le regioni sui criteri e gli indirizzi unitari, nel rispetto della specificità delle singole realtà regionali.

Le suddette associazioni si avvalgono, per l'attività a livello periferico, delle associazioni provinciali allevatori (APA), presso cui hanno sede gli uffici provinciali dei libri genealogici e dei controlli, secondo quanto disposto nei disciplinari, approvati dal mio Ministero.
Mi preme tuttavia evidenziare che, sebbene il decreto legislativo n. 143 del 1997 abbia trasferito alle Regioni funzioni e compiti in materia di controlli funzionali del bestiame e di sostegno alle associazioni (tra cui quelle di allevatori operanti a livello locale), il successivo decreto legislativo n. 443 del 1999 precisa che il mio Ministero, al fine di concertare i criteri e gli indirizzi unitari, d'intesa con la conferenza permanente Stato-regioni e sentite le Associazioni nazionali allevatori interessate, predispone il programma annuale dei controlli funzionali.
Per quanto concerne il loro finanziamento, faccio presente che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per espletare le loro funzioni si sono avvalse delle risorse finanziarie loro trasferite dallo Stato in attuazione dell'articolo 3, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 499.
Dal 2001, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sono state trasferite alle regioni le risorse previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001 per le attività ad esse assegnate dal decreto legislativo 143/97 ed è stato concordato, in sede di conferenza Stato-regioni, di destinare annualmente una quota parte vincolata per il finanziamento delle attività di miglioramento genetico e selezione utilizzando gli importi per regione desunti dalle tabelle finanziarie elaborate con un apposito manuale per il calcolo del finanziamento.
Fino al 2010 tali risorse sono state trasferite con le consuete modalità, sia alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, che alle regioni a statuto ordinario.
Da anni, peraltro, l'amministrazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'accordo con le regioni e l'organizzazione degli allevatori, sta portando avanti un progetto di riorganizzazione dell'attività relativa all'effettuazione dei controlli funzionali.
Infatti fin dal 2004, contestualmente al programma dei controlli funzionali reso operativo con decreto ministeriale n. 23026 del 20 luglio 2004, è stato approvato un documento preliminare denominato «Accordo Mipaaf-Regioni per tracciare gli indirizzi politici del sistema della selezione animale» finalizzato ad ottimizzare le risorse economiche disponibili, anche attraverso l'eliminazione delle duplicazioni e l'adeguamento delle modalità dei controlli alle nuove conoscenze scientifiche.
In quest'ottica dal 2006, accanto alla revisione del sistema di finanziamento delle associazioni provinciali allevatori, si sono susseguite la modifica dei parametri per i controlli funzionali di campo e la riorganizzazione della rete degli Uffici periferici per la tenuta dei libri genealogici e per lo svolgimento dei controlli funzionali sulla base dei criteri di efficienza e di dimensione per arrivare, entro il 2010, a strutture di carattere regionale.
Al riguardo faccio altresì presente che il «modello organizzativo» individuato dall'organizzazione degli allevatori prevede la costituzione di associazioni di allevatori di primo grado operanti a livello regionale, a cui si perviene mediante la modifica dello statuto dell'ARA di secondo grado (che la trasforma in associazione di primo grado) e la successiva fusione dell'associazione provinciale allevatori per incorporazione nell'ARA primo grado.
Allo stato attuale, su 19 regioni (escluso per la sua specificità il Trentino Alto Adige, che resta fuori dal progetto), l'ARA di primo grado sono attualmente 14.
In merito alla spesa per l'attività di miglioramento genetico delle associazioni provinciali allevatori evidenzio che, nell'ultimo quinquennio (2006-2010), è passata da euro 84.980.037,54 ad euro 78.324.346,72. Il corrispondente contributo pubblico (a tutte le Regioni) è passato da euro 68.290.904,37 a euro 62.711.786,30.
La riorganizzazione del sistema degli allevatori che, come innanzi illustrato, si sta evolvendo verso associazioni regionali, consentirà di ridurre per l'anno 2011 il

costo dell'attività di un ulteriore 10 per cento rispetto all'anno precedente, attestando il contributo pubblico a circa 56,5 milioni di euro.
Per il 2011, alle risorse finanziarie destinate alle regioni a statuto ordinario, vanno applicate le riduzioni di cui all'articolo 14, comma 2 del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito, con modificazioni, con la legge n. 122 del 2010). I trasferimenti per l'agricoltura (capitolo 7547) ammontano quindi ad euro 215.702.33.
Vorrei inoltre evidenziare che la conferenza delle regioni, relativamente alle risorse da destinare all'attività del 2011, nella seduta dell'11 novembre 2010, ha approvato la ripartizione delle riduzioni delle risorse statali tra le regioni a statuto ordinario di cui al predetto articolo 14. Pertanto, l'ammontare di risorse prese a riferimento su cui applicare le riduzioni in parola nel 2011 è pari a 5.104,7 milioni di euro.
In quella sede le Regioni hanno altresì convenuto di escludere dalle riduzioni le risorse per l'edilizia sanitaria pubblica, quelle per la salute umana nonché di incrementare quelle per il trasporto pubblico. Ciò comporterà una forte riduzione dei trasferimenti statali per alcuni settori, tra cui quello dell'agricoltura, ipotizzando un azzeramento di quelli relativi al miglioramento genetico. Le risorse finanziarie, pertanto, ancorché non finalizzate, sono nella disponibilità delle regioni.
Devo però ricordare che le risorse finanziarie per l'agricoltura destinate alle regioni a statuto speciale per l'anno 2011 sono invece allocate in capitoli del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. In particolare, per il miglioramento genetico, le risorse ammontano ad euro 9.000.000,00 (pari al 20 per cento in meno rispetto all'ammontare complessivo stanziato nel 2010).
Per concludere, informo gli interroganti che il 20 dicembre scorso ho inoltrato una richiesta al Ministro dell'economia Tremonti affinché i suddetti finanziamenti per il miglioramento genetico del bestiame non vengano decurtati o addirittura soppressi e possa essere assicurata parità di trattamento su tutto il territorio nazionale e scongiurare disparità socio-economiche che non potranno che alimentare conflitti.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dalla rubrica «Diario di iniziativa radicale», tratto dal Notiziario del Mattino, a cura della redazione di Radio Radicale, l'intervento di Valter Vecellio di venerdì 23 luglio 2010 focalizza l'attenzione sulle incidenze tumorali nel quartiere Virgiliana a Mantova, dove si concentravano le abitazioni dei lavoratori del grande polo industriale della Montedison, in seguito Enichem e ora Polimeri Europa;
proprio quest'area risulta ora spopolata, a causa dell'elevato numero di tumori contratti negli anni dai lavoratori: il cibo che hanno mangiato e l'aria che anno respirato per anni hanno provocato un'epidemia, che ha coinvolto anche piante e volatili;
è in corso un processo iniziato nel marzo 2010 nei confronti della Montedison, con il quale si tenta di dimostrare la relazione tra la settantina di morti, per tumori, tra i dipendenti che hanno lavorato per la società fino agli anni Novanta e l'esposizione a sostanze tossiche, quali amianto e benzene, senza un'adeguata protezione;
la dottoressa Gloria Costani, medico di base con esperienza trentennale, denuncia la presenza di due «città» a Mantova: una in cui il numero degli abitanti che si ammalano rispetta la media nazionale, e l'altra Mantova nella quale gli abitanti, tra il 1988 e il 1994, presentavano

una quantità di sarcomi dai tessuti molli (un tumore raro) con caratteristiche da epidemia;
l'Istituto superiore della sanità ha confermato che, chi vive in un raggio di un paio di chilometri dal polo industriale, ha il 25 per cento di possibilità in più, rispetto agli altri, di contrarre malattie -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare un'ampia indagine, verificando la presenza di sostanze tossiche al momento attuale nell'area considerata, al fine di tutelare con adeguati provvedimenti la salute pubblica e l'ambiente.
(4-08174)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di martedì 12 ottobre 2010, a poche centinaia di metri in linea d'aria da Mantova si trova il polo petrolchimico, costruito nel 1957 sfruttando l'ideale collocazione costituita dalle anse del Mincio. Oggi si presenta come un groviglio di metallo sbuffante, cisterne e stabilimenti, con tutto il suo carico di veleni che nessuno riesce davvero a fermare; questa zona ha un grande valore naturalistico, certificato dall'istituzione delle riserve naturali regionali «Vallazza» e «Valli del Mincio», che costituiscono anche siti di importanza comunitaria (SIC). All'interno di questo territorio si colloca il polo chimico, sito di interesse nazionale per la cui messa in sicurezza e bonifica è stato presentato nel novembre 2007 un accordo di programma da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, curato dalla Sogesid, la società in house del Ministero, e l'Icram. I risultati delle analisi parlano chiaro: nei suoli del polo chimico-industriale sono presenti moltissimi inquinanti come solventi, idrocarburi, e non solo; le sostanze, di diretta derivazione delle produzioni industriali, di cui si è riscontrato un superamento dei limiti di legge dopo la caratterizzazione ad opera della Sogesid, sono: metalli, benzene, toluene, etilbenzene, cilene, stirene, idrocarburi leggeri e pesanti e diossine. Tuttavia, è nel sottosuolo che il Polo mantovano nasconde il suo lato più inquietante: la contaminazione delle acque. L'inquinamento del suolo, infatti, è stato osservato principalmente in prossimità di aree a cui corrisponde anche un elevato inquinamento delle acque sotterranee. Intanto, sotto al polo chimico «galleggia» un enorme lago di surnatante, un composto di oli, benzine, petrolio. Una bomba ecologica sospesa sulla falda; l'ultima relazione dell'Arpa, datata 6 luglio 2010, ha stimato, solo al di sotto dello stabilimento Ies, «una superficie interessata dalla presenza di surnatante di oltre 200 mila metri quadrati». La rete di pozzi dedicati al recupero, misure attuate per iniziare la messa in sicurezza, il cui procedimento però è appena agli inizi, «riesce a creare un'area di richiamo di circa 52 mila metri quadrati. Circa due terzi dell'area non è attualmente interessata da alcuna attività di recupero». Questo lago venefico potrebbe essere «in realtà più esteso di quanto non appaia dalle semplici misure effettuate»; inoltre, «le concentrazioni delle sostanze inquinanti rimangono costanti nel tempo, a testimonianza quindi del loro continuo rilascio in falda»; di fatto, il surnatante è sotto ad una gran parte dell'intero polo e qualcuno continua a produrre inquinamento ancora oggi: tuttavia, risalire alle responsabilità sarà difficile perché le varie aziende hanno spesso cambiato ragione sociale, ed è praticamente impossibile stabilire chi, quanto e quando abbia inquinato;
«Se queste sostanze arrivassero nel Mincio sarebbe un disastro», conferma l'assessore comunale ai lavori pubblici di Mantova, Giampaolo Benedini. I tecnici confermano che gli inquinanti sotterranei sono ormai a pochi metri dall'acqua del lago, già contaminato di mercurio. Intanto, sei mesi fa la raffineria Ies ha avuto l'autorizzazione ad aumentare il quantitativo

di petrolio da raffinare. Il progetto di potenziamento ha avuto 115 prescrizioni dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dagli enti locali;
il medico di base Laura Costani, nei primi anni '90, si era accorta di una frequenza molto alta di tumori di vario genere tra i suoi assistiti. In particolare, fu colpita da alcuni casi di neoplasia piuttosto rara: il sarcoma dei tessuti molli. Una forma di tumore che colpisce i tessuti di
sostegno dei vari organi;
la conferma della gravita della situazione arriva anche da Paolo Ricci, epidemiologo dell'Asl di Mantova, che da anni tiene sotto controllo il territorio. Insieme a colleghi e a istituti internazionali come lo Iarc, ha pubblicato degli studi che non lasciano dubbi: «Per chi è stato residente nel raggio di 2 chilometri dal petrolchimico tra il 1960 ed il 1990 la probabilità di ammalarsi di sarcoma dei tessuti molli è oltre 30 volte più elevata di chi ha abitato nel centro città»;
un successivo importante studio di approfondimento ha evidenziato in un campione statistico di popolazione mantovana che la concentrazione di diossine nel sangue dei residenti aumenta con l'avvicinarsi delle abitazioni all'inceneritore del polo chimico. Le diossine sono una delle principali cause del sarcoma dei tessuti molli. Il rischio di morire di tumore maligno, in particolare il linfoma NH, era stato calcolato fino ad 8 volte superiore alla norma per chi aveva lavorato nel petrolchimico;
gli studi del medico mantovano furono trasmessi alla magistratura e l'ex Ministro della salute Veronesi dispose l'istituzione di un'apposita commissione. L'attuale Ministro della salute Ferruccio Fazio, sollecitato da Terra per più di due settimane, al momento a quanto consta agli interroganti, non avrebbe nemmeno risposto. Nel frattempo, da alcune anticipazioni che Terra è in grado di riportare sui nuovi studi ancora in corso, emerge che il tasso di malformazioni congenite per i nati in provincia di Mantova è doppio di quello presente nella vicinissima Emilia Romagna;
a Mantova c'è spazio anche per un terribile paradosso; chi non ha causato il danno ambientale potrebbe essere costretto a pagarlo. La legge europea sancisce il «chi inquina paga», tuttavia, in pratica, la questione è molto più complicata. Secondo quanto racconta Aldo Patrini, il direttore della Belleli Energy Cpe, un'azienda leader per la produzione di apparecchiature meccaniche per impianti di produzione d'energia a Mantova da 65 anni, nel 2007 «abbiamo trovato sotto di noi un mare di surnatante, e così abbiamo subito avvisato le autorità. Quindi il ministero ci ha detto: "Bene, allora datevi da fare per mettere in sicurezza«». Infatti, «secondo la legge 152 del 2006 dovrei segnalare al ministro la situazione di inquinamento, e poi bonificare. Chi non inquina è obbligato a sobbarcarsi le spese, con diritto di rivalsa [...]. Qui al Polo chimico ci sono aziende che rischiano di pagare per quello che non hanno fatto». E qualcuna di loro potrebbe anche scegliere di andarsene. Peraltro, «anche se io pulissi il mio sottosuolo, se non si blocca la fonte d'inquinamento continuerei a riceverei veleni» -:
se si stia verificando se ci siano ancora cause attive di contaminazione;
per quali ragioni l'accordo di programma del 2007 per la messa in sicurezza dell'area non abbia ancora portato a termine gli obiettivi prefissati;
se i Ministri interrogati intendano avviare un'ampia indagine al fine di tutelare la salute e l'ambiente;
se non si ritenga opportuno avviare le necessarie operazioni di bonifica dell'area descritta, considerati i gravi danni alla salute pubblica e ad un ambiente che costituisce patrimonio naturalistico certificato di immenso valore;
per quali ragioni il Ministro della salute non abbia ancora risposto ai numerosi

solleciti relativamente allo stato di contaminazione dell'area;
se i Ministri interrogati intendano promuovere, per quanto di competenza, tutte le verifiche necessarie, al fine di risalire ai responsabili dell'inquinamento e di applicare nei loro confronti la normativa europea.
(4-09054)

Risposta. - Si risponde alle interrogazioni parlamentari in esame, facendo preliminarmente presente che il problema dell'inquinamento ambientale nell'area di Mantova, associato alla presenza di un polo chimico e del relativo potenziale impatto sulla salute della popolazione residente, è noto a questo Ministero ed è stato oggetto di diversi studi epidemiologici, che hanno determinato nel 2003 l'inclusione dell'area nel sito di interesse nazionale (SIN) per le bonifiche ambientali di «laghi di Mantova e Polo Chimico», istituito con legge 31 luglio 1992, n. 179 e perimetrato con il successivo decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 febbraio 2003.
La città di Mantova è ubicata sulla sponda destra del fiume Mincio, mentre su quella sinistra insiste il polo chimico, distante dal centro cittadino 2-5 chilometri.
Il sito è caratterizzato da una significativa vulnerabilità della falda, per cui il deposito non controllato sul terreno di rifiuti pericolosi costituisce un effettivo ed elevato rischio per le acque sotterranee.
Numerosi rilievi, a partire dagli anni Settanta, hanno evidenziato una contaminazione da metalli pesanti, principalmente mercurio, per le aree lacustri e fluviali, e presenza di idrocarburi per le aree industriali.
Questo ministero, con decreto del 31 agosto 2000, ha istituito una «Commissione nazionale per lo studio igienico ambientale in relazione al polo chimico di Mantova e per la individuazione di proposte operative di intervento»; tale Commissione concluse i propri lavori nel marzo 2003 con un rapporto nel quale veniva suggerita l'esecuzione di ulteriori analisi di approfondimento da affidare alla ASL competente.
I dati relativi agli studi epidemiologici disponibili (3 osservazioni epidemiologiche e una loro revisione negli anni 1998-2005), documentano un eccesso di rischio statisticamente significativo di sarcoma dei tessuti molli viscerali e non-viscerali.
Il 19 dicembre 2007, a cura della ASL «Provincia di Mantova», è stato prodotto il «Consensus report sarcomi ed esposizione a sostanze diossino-simili in Mantova», con il contributo di diversi autori e dell'Istituto superiore di sanità.
In tale documento si asserisce che: «la natura causale dell'associazione fra sarcomi dei tessuti molli ed esposizione a sostanze diossino-simili osservata intorno al polo industriale di Mantova appare credibile, nonostante le prove dell'esclusività causale di queste sostanze non risultino del tutto convincenti, ma orientino piuttosto per una probabile con-causalità da parte di altri inquinanti, sempre comunque di origine industriale. La consapevolezza di queste problematiche non mette assolutamente in discussione il perseguimento del piano di risanamento ambientale in atto, anzi».
Attualmente l'Istituto superiore di sanità (ISS) è coinvolto nella realizzazione di uno studio epidemiologico retrospettivo di mortalità, riferito alla coorte di soggetti che hanno risieduto, in qualsiasi periodo, nel trentennio 1961-1991 in uno dei 4 quartieri del Comune di Mantova a ridosso del polo chimico (Lunetta, Frassino, Virgiliana, Valletta Valsecchi).
Tale progetto di ricerca risponde alle raccomandazioni del «Consensus Report» e si inserisce tra le attività previste dalla convenzione regione Lombardia - Ministero dell'ambiente sottoscritta il 18 gennaio 2008, quale Accordo di collaborazione tra detto ministero e l'Istituto superiore sanità per la definizione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza e successiva bonifica del sito di interesse nazionale di laghi di Mantova e Polo Chimico.
La ricerca, condotta in stretta collaborazione con il comune e la ASL di Mantova, è basata sull'identificazione di tutti gli indirizzi abitativi all'interno dei quartieri dell'area in studio ed ha permesso di individuare circa 25.000 soggetti da includere

nell'indagine epidemiologica. Tra i possibili approfondimenti dello studio sarà presa in esame la valutazione dell'esposizione occupazionale nel polo chimico di Mantova.
In riferimento alle altre attività previste dalla citata convenzione, sulla base anche delle raccomandazioni del «Consensus Report», parallelamente allo studio di coorte dei residenti, la ASL di Mantova ha avviato un'attività di rilevazione delle malformazioni congenite, un evento sanitario caratterizzato da un breve periodo di latenza e potenziale indicatore di effetti di esposizioni ambientali recenti.
Gli studi attualmente in corso potranno fornire ulteriori informazioni sullo stato di salute della popolazione di Mantova che ha maggiormente risentito, ed eventualmente ancora risente, degli effetti della contaminazione ambientale associata al polo chimico.
Per gli aspetti di natura tecnico-scientifica, si ritiene opportuno allegare la dettagliata nota dell'Istituto superiore di sanità (disponibile presso Servizio Assemblea), mentre per le conseguenze dell'impatto ambientale si riportano le valutazioni della prefettura - ufficio territoriale del governo di Mantova.
Nel polo petrolchimico mantovano, situato nell'immediata periferia del capoluogo, su una superficie complessiva di circa dieci chilometri quadrati, sono presenti diversi insediamenti industriali, fra i quali i più importanti sono quelli della polimeri, europa S.p.A., della enipower S.p.A., della IES S.p.A, della Belleli Energy S.r.l, della SOL S.p.A., dell'industria colori freddi San Giorgio S.r.l. e della Crion Sapio S.r.l.
Oltre a queste, sono presenti nell'area altre sei imprese di minore rilevanza.
Tali complessi formano con gli insediamenti di Ravenna, Porto Marghera e Ferrara il «quadrilatero» della chimica italiana, collegato da circa 170 chilometri di «pipe-lines».

La dichiarazione dell'area quale sito di interesse nazionale, ai sensi della legge n. 179 del 2002, è stata determinata dal fatto che, nonostante i cicli produttivi più inquinanti siano stati chiusi o dotati di sistemi speciali di trattamento dei rifiuti, i veleni scaricati in passato sono ancora presenti nei terreni e nelle relative falde acquifere, interessando anche ambiti territoriali marginali rispetto a quelli degli insediamenti industriali (Lago di Mezzo, Lago Inferiore e Riserva della «Vallazza»). A ciò va aggiunto che le non ottimali condizioni delle condutture sono probabilmente fonte di contaminazione ancora in atto.
La salubrità delle acque sotterranee è monitorata da tempo dall'ASL e dall'ARPA.
Nel luglio scorso, quest'ultima ha reso noti i risultati relativi alla nona campagna di monitoraggio, basata sui dati raccolti nel 2009 (è attualmente in corso la raccolta dati per la decima campagna), fornendo un quadro che può considerarsi sostanzialmente esaustivo circa la situazione generale del sito.
In particolare, è stata evidenziata la forte contaminazione delle falde acquifere sottostanti il polo chimico, fino a circa dieci metri di profondità, con la presenza di policlorobifenili (PCB), diossine e residui organici separati in superficie («surnatante»). Conseguentemente, l'ARPA ha segnalato la necessità di interventi urgenti di messa in sicurezza delle aree.
Al riguardo, la prefettura citata rileva che le misure adottate dalle diverse imprese presentano uno stato di attuazione diversificato, essendo in alcuni casi attivi sistemi di aspirazione delle acque per il conseguente filtraggio, mentre in altri sono state realizzate barriere idrauliche drenanti che non hanno, però, risolto completamente il problema, non consentendo il raggiungimento della falda principale più profonda.
Per quanto riguarda gli aspetti più preoccupanti, la stessa prefettura segnala che la presenza di «surnatante» rappresenta il problema maggiore per quanto concerne la raffineria IES, lo stabilimento della Belleli Energy e quello della Polimeri Europa.
Per la IES, essendo già attivo un sistema di recupero, l'ARPA ha richiesto di aumentare il numero dei pozzi, realizzando una rete sistematica, in modo da coprire interamente l'area interessata dalla presenza

della sostanza inquinante ed utilizzando sistemi tecnici diversi da quelli attualmente in uso, ove questi si siano rivelati poco efficienti a causa dello spessore limitato del prodotto.
Per la Belleli, invece, è stata sottolineata l'indifferibile necessità di attivare misure di messa in sicurezza di emergenza, finalizzate per un verso al recupero della fase organica del «surnatante» e per altro verso allo sbarramento idraulico della falda, per evitare la contaminazione delle aree umide e del fiume Mincio.
Analoghe prescrizioni sono state imposte alla Polimeri Europa, sebbene, come nel caso della IES, siano già attivi sistemi di recupero del surnatante, ritenuti allo stato insufficienti.
L'industria colori freddi San Giorgio, invece, ha rifiutato di collaborare alla raccolta dati, evidenziando la volontà di non procedere alla bonifica della porzione di sito di sua proprietà, nonostante sia stato accertato, con rilevazioni eseguite a monte e a valle, che da essa provengono nelle acque sotterranee composti alifatici clorurati cancerogeni.
Si soggiunge che in prossimità del sito esiste l'area denominata «Collina», una sorta di discarica a cielo aperto, per la cui bonifica è stato messo a punto un progetto ora affidato ad una società del gruppo ENI (la Syndial S.p.A.), che dovrebbe curare la rimozione o la trattazione dei rifiuti organici presenti, per evitare contaminazioni o immissioni/esalazioni nocive verso le zone adiacenti.
Per la bonifica del sito di interesse nazionale nel maggio 2007 è stato siglato un Accordo di Programma tra Ministero dell'ambiente, regione Lombardia, provincia di Mantova e comuni di Mantova, Virgilio, San Giorgio di Mantova, nonché l'ente parco del Mincio.
Tale Accordo non ha finora avuto concrete applicazioni, essendo rimasti inutilizzati i fondi (circa quindici milioni di euro), stanziati per la bonifica e messa in sicurezza della falda acquifera e delle aree lacustri e fluviali ricomprese nel perimetro del sito.
La prefettura, inoltre, evidenzia che vi sono state nel tempo diverse indagini epidemiologiche condotte nell'area considerata, al fine di porre in luce una correlazione tra determinate patologie, in particolare una rara forma di tumore, definita «sarcoma dei tessuti molli» (STM), e la vicinanza con il sito e le sostanze inquinanti in esso presenti.
I risultati, fin dal 1998, non sono stati univoci ed hanno portato, in principio, a rilevare un effettivo eccesso di rischio tra i residenti nelle zone limitrofe al petrolchimico e, successivamente, l'assenza di reali evidenti differenze nei livelli plasmatici di sostanze tossiche tra quella popolazione ed i residenti in altre zone della città.
In esito alle conclusioni del ricordato «Consensus Report» del 2007, è stata esclusa la sussistenza di una emergenza sanitaria e, di conseguenza, la necessità di «alcuna azione sanitaria attiva rivolta alla popolazione», e si è ritenuta giustificata la sola «raccomandazione di carattere generale ai medici di famiglia di prestare particolare attenzione allo stato di salute dei pazienti che sono stati residenti nella zona industriale di Mantova tra il 1960 ed il 1990».
Il comune di Mantova, considerato l'attuale divieto di balneazione in tutta l'area lacuale e di consumo del pesce ivi pescato, nonché le azioni di monitoraggio in atto da parte dell'ASL, e dell'ARPA, in conseguenza delle quali si è riservato di adottare eventuali ordinanze di competenza volte alla riduzione del rischio, ha riferito alla prefettura di ritenere che non siano necessari ulteriori provvedimenti urgenti a tutela dell'incolumità della popolazione, ferma restando la necessità di intraprendere azioni definitive di risanamento generale.
Al riguardo, continua la prefettura, sembra essere stato accantonato dal Ministero dell'ambiente il progetto di bonifica generale, del costo preventivato di 240 milioni di euro, e che si stia optando per un intervento specifico, affidato alla Sogesid S.p.a., del costo di circa 40 milioni, mirato all'installazione nel suolo di barriere di confinamento fino alla profondità di 35 metri, così da evitare che attraverso la falda

acquifera sostanze nocive giungano nelle acque lacuali e fluviali.
L'ipotesi di delocalizzazione di alcuni stabilimenti suscita, invece, molte perplessità a livello locale e da parte delle stesse organizzazioni sindacali, a causa dei conseguenti risvolti occupazionali, trovando lavoro nell'area circa 1.800 dipendenti, oltre ai circa 800 dell'indotto.
Il comune e la provincia si sono quindi fatti promotori di un ciclo di incontri che hanno coinvolto anche le principali aziende operanti nel sito, oltre ad enti pubblici, organizzazioni sindacali e la confindustria, con l'intento di trovare una soluzione che possa conciliare il risanamento ambientale con la salvaguardia dei posti di lavoro.
La prefettura ha ritenuto opportuno riferire, inoltre, che la situazione del polo chimico ha comportato nel corso degli anni anche alcuni risvolti di natura giudiziaria.
Alcuni ex amministratori della Polimeri (allora Enichem) vennero condannati negli anni ottanta per scarichi irregolari di reflui nel fiume Mincio. Ne conseguì un accordo di risarcimento con il comune, con il quale venne quantificata la somma di 4 miliardi di lire, ad oggi non ancora del tutto versata.
Alla fine degli anni novanta, per i riferiti dubbi circa la causa di un'apparente elevata frequenza di sarcoma dei tessuti molli tra i lavoratori e la popolazione residente nella zona, venne avviato un ulteriore procedimento penale, che ha portato nel luglio scorso al rinvio a giudizio di dodici tra ex dirigenti ed amministratori dell'Enichem.
Il reato ascritto è l'omicidio colposo di 71 lavoratori occupati nell'azienda tra il 1970 ed il 1990.
Per quanto riguarda la tutela della salute dei consumatori, occorre sottolineare che il Ministero della salute svolge costantemente un'attività di sorveglianza, mirata al controllo della concentrazione degli agenti contaminanti presenti nell'ambiente nei prodotti di origine animale, attraverso la predisposizione del piano nazionale residui (PNR).
Il piano ha lo scopo di rilevare la presenza, in animali vivi ed alimenti di origine animale, di residui di sostanze vietate e/o utilizzate in maniera impropria, e di verificare la conformità dei residui di agenti contaminanti con i tenori massimi stabiliti dalla normativa comunitaria.
In aggiunta alla raccolta di campioni programmata dal piano nazionale residui, il Ministero della salute e/o le regioni e province autonome adottano, a seguito di specifiche esigenze locali o nazionali, i cosiddetti «Extrapiani», al fine di intensificare i controlli. Ne sono un esempio l'«Extrapiano» per la ricerca dell'esaclorocicloesano beta (HCH-beta) nella regione Lazio e quello per la ricerca delle diossine nella regione Campania.
Inoltre, questo Ministero, nella consapevolezza che l'ambiente dei luoghi di produzione degli alimenti influenza fortemente la qualità degli alimenti e la loro sicurezza mantiene uno stretto coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, partecipando alle riunioni tecniche ed alle conferenze dei servizi, allo scopo di definire interventi in merito alla sicurezza dei prodotti agricoli e zootecnici, provenienti da aree con criticità ambientali, quali i siti di interesse nazionale.
Il Ministero della salute in particolare, ha predisposto un piano di monitoraggio dei contaminanti ambientati in alimenti di origine animale prodotti nei siti di interesse nazionale o in prossimità degli stessi, di durata triennale e iniziato il 17 febbraio 2011.
In attuazione di tale piano, è stata avviata un'attività di monitoraggio, mediante l'utilizzo di bioindicatori, quali animali della specie ovi-caprina (latte), vongole/mitili e galline ovaiole (uova), al fine di raccogliere i dati necessari per una corretta definizione dei livelli di rischio per i principali contaminanti negli alimenti di origine animale prodotti nei siti di interesse nazionale in prossimità degli stessi.
A tal fine è stato necessario costituire un sistema informativo geografico (GIS), in rado di rappresentare adeguatamente i territori ricadenti nei siti di interesse nazionale, ponendoli in relazione con tutte quelle variabili ambientali e sanitarie utili ad una corretta caratterizzazione del rischio.
Il piano consentirà, nei tre anni di durata complessiva di monitorare tutti i

siti di interesse nazionale di interesse per garantire la sicurezza alimentare.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per disposizione della regione Puglia il 29 dicembre sono stati prelevati 730 ovini di due allevamenti di Taranto al fine del loro abbattimento in quanto nelle loro carni sono state riscontrate concentrazioni di diossina e PCB superiori ai limiti previsti dalla legge; l'abbattimento ha lo scopo di evitare che le loro carni siano immesse sul mercato alimentare;
nel marzo 2008 l'associazione PeaceLink Taranto ha commissionato analisi sul formaggio locale, dai cui esiti è emerso una concentrazione di diossina e PCB tre volte superiore alla legge, da cui è scaturito un esposto alla procura della Repubblica;
da quel momento è stata avviata un'indagine che ha appurato una contaminazione di pecore e capre;
fino al 2008 è avvenuto, verosimilmente, un consumo di prodotti locali contaminati da diossina e PCB senza alcuna informazione per i consumatori;
nel 2001 la Commissione europea inviò agli Stati una importante comunicazione in cui si legge che «l'esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale (TWI Tolerable Weekly Intake) e la dose tollerabile giornaliera (TDI Tolerable Daily Intake) in parte considerevole della popolazione europea» (la comunicazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 17 novembre 2001 ed è conosciuta dagli esperti come «Strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati»);
la comunicazione della Commissione europea enunciava quanto segue: «Non basta semplicemente informare l'opinione pubblica: occorre anche coinvolgerla affinché contribuisca in modo attivo alla prevenzione delle emissioni di sostanze contaminanti nell'ambiente»;
la comunicazione focalizzava l'attenzione sugli impianti di sinterizzazione quali fonti prioritarie di diossina («La sinterizzazione dei minerali ferrosi potrebbe diventare in futuro la fonte principale di emissioni industriali»);
a Taranto vi è il più grande impianto di sinterizzazione europeo; nello stabilimento Uva la Commissione europea sottolineava nella già citata comunicazione agli Stati membri l'esigenza di sensibilizzare l'opinione pubblica con «informazioni affidabili, accurate, chiare e comprensibili» e con «una adeguata strategia di comunicazione del rischio in riferimento alle diossine e ai composti affini» anche al fine di «consentire un'autoidentificazione dei gruppi a rischio» -:
se i Ministeri interrogati abbiano, nell'ambito delle rispettive prerogative, informato e coinvolto l'opinione pubblica nella prevenzione;
per quale ragione chi aveva il compito di informare non ha tutelato i consumatori e la salute di cittadini, pur in presenza di una dettagliata comunicazione della Commissione Europea che dal 2001 invitava ad intervenire;
se il Governo intenda applicare agli allevatori di Taranto con apposito decreto le stesse indennità previsti per quelli campani colpiti dall'emergenza diossina;
se sia previsto un piano di bonifica del territorio attorno all'area industriale per evitare la contaminazione di nuovi capi di bestiame;
se e quali iniziative di propria competenza i Ministri interrogati intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente

vista la grave situazione ambientale a Taranto.
(4-10284)

Risposta. - L'interrogazione in oggetto riguarda l'abbattimento di alcuni ovini presenti in due allevamenti della provincia di Taranto, a seguito di un riscontro di concentrazioni di diossina e PCB superiori ai limiti previsti dalle norme vigenti in materia.
Al riguardo faccio presente che il decreto legislativo n. 102 del 2004, (modificato dal decreto legislativo n. 82 del 2008) prevede l'attivazione delle provvidenze ex post per far fronte, tra l'altro, ai danni alle produzioni agricole e zootecniche nelle zone colpite da calamità naturali o avversità atmosferiche, alle condizioni e con le modalità previste dalle disposizioni comunitarie vigenti in materia di aiuti di Stato.
L'evento segnalato dall'interrogante, peraltro non formalizzato da alcuna richiesta di attivazione degli interventi compensativi del fondo di solidarietà nazionale da parte della regione Puglia, non rientra tuttavia nelle tipologie di eventi contemplate dalla vigente normativa ai fini dell'attivazione delle provvidenze del predetto fondo.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.