XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 20 aprile 2011

TESTO AGGIORNATO AL 7 GIUGNO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i rapporti politici tra la Repubblica italiana e la Confederazione elvetica sono da tempo caratterizzati da incomprensioni e forti contrapposizioni che avvelenano i tradizionali vincoli di buona amicizia che storicamente intercorrono tra i due Paesi. Nemmeno l'incontro del Ministro degli affari esteri italiano, onorevole Franco Frattini, con la Presidente della Confederazione elvetica Micheline Calmy-Rey, svoltosi a Berna lo scorso 12 gennaio in un clima sereno e costruttivo, ha prodotto una normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi;
le tensioni tra Italia e Svizzera sono nate in particolare con l'ultimo scudo fiscale varato dal Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Giulio Tremonti, e dall'inserimento della Svizzera nella black list dei Paesi che agevolano l'evasione fiscale. Con il passare del tempo tale stato di tensione è man mano sfociato in ostilità ed è destinato a intensificarsi ulteriormente dopo le elezioni dello scorso 10 aprile per il rinnovo del Governo e del Parlamento del Cantone Ticino, elezioni che hanno visto prevalere la Lega dei Ticinesi, diventato il primo partito cantonale in termini di consensi. Infatti, la Lega dei Ticinesi e l'Unione Democratica di Centro - con la quale ha presentato liste congiunte per il Consiglio di Stato nella summenzionata elezione - hanno orchestrato da tempo una campagna contro i frontalieri italiani, sfociata anche in pesanti offese a sfondo xenofobo come, per esempio, i manifesti firmati «balairat.ch», in cui si raffiguravano i lavoratori frontalieri con l'immagine del ratto che va a rubare il formaggio in Svizzera, e con il ricorso a vari social-network in cui campeggiavano slogan tipo «Lavoro... no all'invasione del frontalierato», «Sicurezza... No alla criminalità d'importazione» e «Fiscalità... No alla fiscalità opprimente» lanciando il grido d'allarme xenofobo «I ratti "invadono" la Svizzera italiana»;
il Cantone Ticino rappresenta da decenni un importante sbocco occupazionale per i cittadini italiani residenti nei comuni della fascia di confine; infatti, degli oltre 55 mila cittadini italiani occupati con il permesso di frontaliere nei Cantoni di frontiera Ticino, Vallese e Grigioni, poso più di 48mila sono impiegati nel Cantone Ticino. La maggior parte di essi proviene dalle province di Varese (circa 26 mila) e Como (circa 18 mila). I lavoratori frontalieri hanno dunque dato un grande contributo allo sviluppo dei Cantoni Ticino, Grigioni, Vallese, e in pari tempo all'economia dei comuni italiani compresi nella «storica» fascia di demarcazione di 20 chilometri dalla linea di confine;
la presenza di un così ragguardevole numero di frontalieri impiegati in Svizzera ha indotto l'Italia e la Confederazione a negoziare numerosi accordi bilaterali per regolare varie questioni afferenti la previdenza sociale, l'imposizione fiscale, l'indennità disoccupazione, le infrastrutture viarie, e altro. Di tali convenzione si intendono richiamare in particolare: a) «Accordo bilaterale sulla compensazione finanziaria in materia di assicurazione disoccupazione frontalieri del 12 dicembre 1978 per la retrocessione annuale all'INPS degli oneri prelevati sulla massa salariale dei frontalieri» (parte lavoratori e parte datori di lavoro). Con la retrocessione di detti oneri è stato alimentato il fondo speciale per finanziare la legge n. 147 del 5 giugno 1997, che disciplina il trattamento di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori frontalieri italiani che perdono l'impiego in Svizzera. Tale fondo è gestito dall'INPS con contabilità separata e a oggi ammonta a circa 380 milioni di euro. La retrocessione di tali contributi è terminata nel 2010 a seguito degli accordi bilaterali tra l'Unione europea e la Svizzera in materia di libera

circolazione e assicurazioni sociali che hanno determinato un diverso status del lavoratore frontaliero; b) «Accordo del 3 ottobre 1974 relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine», recepito successivamente nella Convenzione italo-svizzera del 9 marzo 1976 (Convenzione tra la Confederazione svizzera e la Repubblica italiana per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio), entrata in vigore il 27 marzo 1979. In conformità a tale Convenzione la Svizzera ristorna ai comuni italiani che ne hanno diritto una consistente quota (attualmente il 38,8 per cento) delle imposte fiscali riscosse alla fonte sulle retribuzioni dei frontalieri;
addosso ai lavoratori frontalieri sono piovute ultimamente pressioni di ogni genere: dalla minaccia discriminante di non aumentare le loro retribuzioni come per i cittadini svizzeri e i domiciliati, adducendo a giustificazione l'aumentato valore del franco svizzero rispetto all'euro, fino all'accusa di dumping salariale e di portare via il lavoro ai disoccupati che risiedono in Svizzera;
tali pressioni, che hanno trovato seguito anche in varie iniziative politiche cantonali e confederali, sono dovute secondo i sottoscrittori del presente atto d'indirizzo fondamentalmente al dossier sulla fiscalità e al rifiuto del Governo italiano di rinegoziare la Convenzione per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza del 9 marzo 1976;
il negoziato sulla nuova Convenzione era iniziato nel 2001 e successivamente fu interrotto. Ripreso nel 2009 è stato interrotto di nuovo lo stesso anno e, salvo incontri sporadici non è più decollato. Da settembre 2010, secondo fonti diplomatiche, il Governo italiano ha rifiutato ogni contatto;
nel frattempo in questi ultimi 2 anni la situazione si è del tutto modificata. Dopo le richieste formulate dal G-20, il Consiglio Federale elvetico ha deciso (13 marzo 2009) di concedere assistenza amministrativa fiscale a tutti gli Stati che ne faranno richiesta, conformemente con l'articolo 26 del modello OCSE. Ciò significa che la Svizzera concederà informazioni caso per caso, non solo per ipotesi di delitti o contravvenzioni fiscali, bensì anche per consentire, se necessario, all'altro Stato di accertare i redditi dei soggetti ivi residenti. Si tratta di un sostanziale passo avanti rispetto alla prassi precedente, che prevedeva soltanto la concessione delle informazioni relative alla corretta applicazione della Convenzione esistente;
dal 13 marzo 2009, la Svizzera ha firmato simili convenzioni con una trentina di nazioni, tra le quali figurano anche gli USA, la Francia, la Germania e l'Inghilterra, ma non l'Italia che, tra l'altro, mantiene tuttora la Svizzera sulla black-list dei Paesi classificati come «paradisi fiscali»;
tra la Svizzera e l'Unione europea vige il trattato sulla fiscalità del risparmio con effetto al 1o luglio 2005. Il trattato prevede la trattenuta dell'imposta alla fonte sugli interessi dei capitali a risparmio delle persone fisiche residenti nell'Unione europea che hanno depositato i capitali in Svizzera ed esclude, pertanto, le informazioni automatiche;
in conseguenza delle decisioni intervenute dopo il trattato, lo scorso mese di ottobre la Svizzera ha intrapreso un negoziato con il Regno Unito e con la Germania proponendo un'alternativa allo scambio automatico di informazioni. Avendo assunto i parametri OCSE per tutti i modelli di convenzione contro le doppie imposizioni fiscali e nell'assistenza amministrativa in materia fiscale, consentendo di sviluppare, su richiesta concreta e motivata, in singoli casi, lo scambio di informazioni con altri Paesi. Anziché concedere lo scambio automatico d'informazioni, la Confederazione offre dunque la salvaguardia del gettito fiscale degli altri Stati, proponendo un modello di prelievo d'imposta alla fonte, il cosiddetto «Modello

Rubik», su tutti i redditi dei capitali mobili (interessi, dividendi, canoni di licenza, capital gain, e altro);
la proposta negoziata dalla Svizzera è sicuramente innovatrice sia nei confronti della direttiva europea del 3 giugno 2003, sia per quanto riguarda il trattato sulla fiscalità del risparmio tra la Svizzera e l'Unione europea del 1o luglio 2005. Una proposta innovativa perché l'imposta alla fonte non viene più prelevata unicamente sugli interessi, ma anche su tutti gli altri redditi dei capitali mobili, prefigura l'estensione anche alle persone giuridiche e la trattenuta operata è uguale a quella stabilita dagli Stati di residenza di coloro che hanno collocato dei capitali in Svizzera;
in materia di procedure fiscali avviate nei Paesi membri dell'Unione europea, la Svizzera ha operato in tre direzioni: con gli accordi sull'euro-ritenuta, di Schengen e per la lotta contro le frodi, (quest'ultimo non ancora applicato dall'Italia, sebbene ratificato); nel febbraio 2009 ha adeguato il diritto svizzero sulla punibilità del riciclaggio dei proventi di reati fiscali alle raccomandazioni antiriciclaggio del Gafi/OCSE; ha ratificato la convenzione dell'OCSE contro la corruzione internazionale ed è l'unico Paese al mondo a disporre di una legge speciale sulla restituzione dei fondi sottratti dai dittatori, indipendentemente da una richiesta proveniente dal Paese interessato;
l'Italia, al contrario dei principali Paesi europei, ha chiuso ogni spiraglio sulla possibilità di negoziare la nuova Convenzione bilaterale per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza, un atteggiamento incomprensibile di cui il Paese non è informato e che è alla base, come detto, delle tensioni tra Roma e Berna, con minacce sempre più insistenti verso i frontalieri e gli accordi bilaterali esistenti;
in questo momento è particolarmente presa di mira la Convenzione sui frontalieri del 9 marzo 1976 che comporta un ristorno del 38,8 per cento in favore dei comuni italiani delle imposte fiscali riscosse alla fonte sulle retribuzioni dei frontalieri;
il Parlamento del canton Ticino ha adottato nel mese di marzo all'unanimità un'iniziativa del Gruppo PPD «Rinegoziare l'Accordo sui frontalieri, rifondere al Ticino gran parte del ristorno dell'imposta alla fonte e togliere la Svizzera dalla black-list italiana» che pertanto sarà inserita nell'ordine del giorno della sessione del mese di giugno prossimo del Parlamento nazionale svizzero. La risoluzione chiede che la Confederazione apra la trattativa con l'Italia per rimediare all'assenza di reciprocità a danno dei residenti della fascia di frontiera svizzera che lavorano come dipendenti nella fascia di frontiera italiana, per attenuare l'ammontare del ristorno a carico di Ticino, Grigioni e Vallese in ragione del 38,8 per cento in modo analogo a quello del 12,5 per cento pattuito con l'Austria;
una simile modifica dei ristorni provocherebbe conseguenze nefaste per le risorse dei succitati comuni, già alle prese con i consistenti tagli operati dalle svariate manovre del Ministro Tremonti e impossibilitati ad erogare i servizi essenziali. I comuni del Verbanio-Cusio-Ossola, per esempio, nel 2009 hanno introitato un ristorno pari a 3.781.643,64 euro. In caso di modifica della Convenzione e di una retrocessione fiscale del 12,5 per cento, le amministrazioni interessate incasserebbero poco più di un terzo: 1.260.000 euro;
al Parlamento nazionale svizzero è peraltro pendente dal marzo scorso una mozione che chiede la sospensione dei ristorni all'Italia fino alla conclusione di una nuova Convenzione di doppia imposizione ed allo stralcio della Svizzera dalle liste nere italiane;
i rapporti tra l'Italia e la Svizzera non concernono unicamente il frontalierato e nel loro complesso rappresentano una dimensione di ben altra portata. Tra Italia e Svizzera vi è un intenso interscambio commerciale quantificabile, nel 2010, in 34,709 miliardi di franchi, con un

saldo attivo per l'Italia di 2,759 miliardi di franchi svizzeri. La Svizzera, dunque, è un importantissimo mercato per l'economia italiana e, nonostante il lungo rallentamento dell'economia mondiale, è uno dei pochi che oltre a confermare il successo delle esportazioni italiane fa registrare un suo aumento. Per l'Italia la Svizzera non è solo un grande partner industriale ma anche un importantissimo mercato di esportazione dei propri prodotti: il sesto mercato al mondo (dopo Germania, Francia, USA, Spagna e Regno Unito) e di gran lunga il primo mercato al mondo per importazioni pro-capite di prodotti made in Italy;
si potrebbero elencare molti altri esempi che caratterizzano l'ampiezza dei rapporti tra Italia e Svizzera, per esempio che vi risiedono stabilmente circa 530 mila cittadini italiani, che la Confederazione sta realizzando le nuove trasversali alpine, un'opera colossale in cui rientra il corridoio 24 Amsterdam-Genova, che l'Italia per parte sua è impegnata a sviluppare le infrastrutture di collegamento alle opere in corso di realizzazione nella Confederazione e altri interessi comuni che non si citano in questa sede;
alla luce dei rapporti molto difficili che intercorrono tra le due capitali risulta poco comprensibile l'atteggiamento del Governo italiano che fino ad ora non ha preso in considerazione gli appelli a ristabilire la via negoziale per evitare i danni che un simile modo di intrattenere i rapporti con un Paese amico rischiano di procurare all'Italia,


impegna il Governo:


a intraprendere i necessari passi diplomatici per riallacciare il dialogo con il Governo svizzero nell'intento di promuovere e tutelare gli interessi dell'Italia;
a convocare un tavolo di concertazione per definire al più presto un percorso negoziale sulla nuova convenzione fiscale per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza, formulando e discutendo in quella sede le legittime richieste d'interesse del nostro Paese;
a non lasciar nell'incertezza i 55 mila frontalieri italiani occupati in Svizzera, tutelando il loro diritto, al pari trattamento salariale rispetto ai colleghi svizzeri e stranieri residenti, affrontando allo stesso tempo - sul piano politico - la minaccia formulata da Giuliano Bignasca, indiscusso leader della Lega dei Ticinesi, di far licenziare 13.500 frontalieri italiani;
ad assumere iniziative appropriate sul piano politico e diplomatico per la piena applicazione della convenzione del 9 marzo 1976 stipulata con la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, un atto fondamentale per mantenere invariata la quota delle trattenute fiscali retrocesse dalla Confederazione elvetica ai comuni italiani compresi nella linea di demarcazione di 20 chilometri dal confine italo-svizzero.
(1-00631)
«Narducci, Franceschini, Maran, Amici, Tempestini, Fassino, Barbi, Colombo, Corsini, Losacco, Pistelli, Porta, Braga, Marantelli, Piffari, Codurelli».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
secondo la relazione annuale 2010 dell'autorità garante delle comunicazioni; il numero di utenze telefoniche mobili in Italia, nel 2009, è pari a circa 88 milioni di schede attive, di cui quasi 13 milioni fanno capo ad utenze con contratto di abbonamento e circa 75 milioni a linee prepagate;
in Italia, il numero di fruitori effettivi del servizio di telefonia mobile, compresi nella fascia di età tra gli 11 e gli 80 anni, stimati nel 2009, secondo il rapporto dell'autorità garante delle comunicazioni, è pari a 47,4 milioni, corrispondente

a circa il 95 per cento della popolazione nazionale per la fascia di età considerata;
sui contratti di abbonamento di telefonia mobile, a differenza delle linee prepagate, grava una tassa di concessione governativa, che decorrere dal momento della sottoscrizione dell'abbonamento, nella misura di 5,16 euro mensili per l'uso privato (utenza intestata ad una persona fisica) e di 12,81 euro mensili per l'uso affari (utenza intestata ad un'azienda o ad una ditta individuale);
la tassa sulle concessioni governative è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, che, all'articolo 1, ne individua l'oggetto nei «provvedimenti amministrativi e gli altri atti elencati nell'annessa tariffa»;
nello specifico, l'atto amministrativo, presupposto ed oggetto dell'imposta sulla telefonia mobile, è individuato, dall'articolo 21 della tariffa allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 nella licenza (o documento sostitutivo) da parte dell'amministrazione delle poste e delle comunicazioni, per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni ai sensi dell'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 («Codice postale»), e dell'articolo 3 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202;
la tassa di concessione sui telefoni cellulari trovava il suo presupposto nel citato articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, il quale stabiliva che «presso ogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concesso l'esercizio deve essere conservata l'apposita licenza rilasciata dall'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni» e che «per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione titolo di abbonamento tiene luogo della licenza»;
l'articolo 218 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, in vigore dal 16 settembre 2003, nel quadro di un completo riassetto del sistema delle comunicazioni ispirato ai principi di garanzia dei diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettrica, ha abrogato l'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 ed ha sostituito la figura del concessionario del servizio con quella di operatore telefonico autorizzato come pure ha sostituito la licenza d'esercizio con una autorizzazione generale;
il nuovo codice delle comunicazioni elettroniche del 2003 ha apportato al settore rilevanti innovazioni, nell'ambito di un processo di privatizzazione che ha avuto come principale conseguenza il passaggio dalla concessione - che come noto è un atto amministrativo emanato nell'ambito di un rapporto pubblicistico, con una posizione di preminenza della pubblica amministrazione sui privati - al contratto, cioè ad uno strumento di diritto privato il quale presuppone una posizione di parità tra i contraenti;
il riconoscimento del diritto inderogabile di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, fra cui senz'altro rientrano i telefoni cellulari, risulterebbe incompatibile con un sistema di «concessione» della facoltà di utilizzo degli apparecchi o di «autorizzazione» al loro uso ed, infatti, il nuovo codice delle comunicazioni, in coerenza con i principi generali che si pone, non prevede in nessun caso licenze o autorizzazioni, in nessuna forma, per il possesso e l'utilizzo di attrezzature idonee ad accedere alle reti di comunicazione, sia da parte di privati che di imprese od enti;
il codice delle comunicazioni elettroniche sembrerebbe, pertanto, abrogare implicitamente tutta la normativa basata sul presupposto di un rapporto concessionario di tipo pubblicistico;
sotto un profilo sostanziale e formale, il citato articolo 21 della tariffa

allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 risulta norma svuotata di contenuto, atteso che fa riferimento ad un atto amministrativo previsto da una norma abrogata, l'articolo 318 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 e pertanto verrebbe a mancare il presupposto legislativo per l'imposizione tributaria;
la sentenza del 15 febbraio 2011, n. 37 emessa dalla sezione della commissione tributaria regionale di Perugia, condividendo la precedente pronuncia della sezione T della commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre n. 5 del 10 gennaio 2011, ha dichiarato non dovuta la tassa di concessione governativa in relazione all'impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni;
il presupposto della tassa di concessione governativa non sembra altresì rinvenibile nell'articolo 3 del decreto ministeriale n. 33 del 1990, recante il «Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione», seppur richiamato in via indiretta dal citato articolo 21 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972, in quanto, trattandosi di una fonte di diritto di grado inferiore a quello della legge, non potrebbe costituire la fonte normativa che legittima il tributo, come peraltro rilevato anche dalle stesse commissioni tributarie regionali;
alla luce delle citate sentenze dei giudici tributari regionali, molte associazioni dei consumatori stanno procedendo alla richiesta di rimborso della tassa di concessione,


impegna il Governo


ad assumere iniziative normative che prevedano in via immediata, l'abrogazione della tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento telefonico per uso privato, in vista di una definitiva eliminazione dell'imposta per tutti i tipi di abbonamento telefonico.
(7-00574)
«Fluvi, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».

L'VIII Commissione,
premesso che:
nell'ambito dei rischi geologici che caratterizzano il nostro Paese, uno di quelli che comporta un maggior impatto socio-economico è il rischio geologico-idraulico. Con questo termine si fa riferimento al rischio derivante dal verificarsi di eventi meteorici estremi che inducono a tipologie di dissesto tra loro strettamente interconnesse, quali frane ed esondazioni;
nel nostro Paese il dissesto idrogeologico è un fenomeno sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'allentarsi del presidio e della ordinaria manutenzione umana, unitamente alla pressione antropica sul territorio, hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree fortemente urbanizzate e vulnerabili le cui cause sono, fra l'altro, da imputare alla inadeguatezza del reticolo idraulico urbano e secondario nonché ad uno sviluppo urbanistico impetuoso che, in sinergia con la contrazione complessiva del presidio agricolo, aumentano consistentemente il rischio idraulico;

la situazione di rischio idrogeologico del territorio italiano è nota e conclamata. Uno studio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare evidenzia che il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e che sono 6.633 i comuni interessati pari all'81,9 per cento dei comuni italiani. In particolare, il 24,9 per cento dei comuni è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione. La superficie nazionale, classificata a potenziale rischio idrogeologico più alto, è pari a 21.551,3 chilometri quadrati (7,1 per cento del totale nazionale) suddivisa in 13.760 chilometri quadrati di aree franabili e 7.791 chilometri quadrati di aree alluvionabili; le aree a potenziale rischio di valanga ammontano a 1.544 chilometri quadrati, accorpate a quelle di frana; almeno il 60 per cento dei comuni italiani è a rischio idrogeologico molto elevato;
le aree a criticità idrogeologica sono pari al 9,8 per cento del territorio italiano; la superficie nazionale, classificata a potenziale rischio idrogeologico più alto, è pari a 21.551,3 chilometri quadrati (7,1 per cento del totale nazionale) suddivisa in 13.760 chilometri quadrati di aree franabili e 7.791 chilometri quadrati di aree alluvionabili; le aree a potenziale rischio di valanga ammontano a 1.544 chilometri quadrati, accorpate a quelle di frana; almeno il 60 per cento dei comuni italiani è a rischio idrogeologico molto elevato;
le dimensioni del fenomeno del dissesto idrogeologico vengono rese chiaramente evidenti da una panoramica di alcuni degli eventi che hanno interessato l'area italiana: 5.400 alluvioni e 11.000 frane negli ultimi 80 anni, 70.000 persone coinvolte e 30.000 miliardi di danni negli ultimi 20 anni;
il fabbisogno finanziario necessario per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale appare essere quasi imponente, si calcola un ammontare di 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
la VIII Commissione della Camera dei deputati ha più volte messo in evidenza, anche attraverso l'indagine conoscitiva sulle politiche per la difesa del suolo e la risoluzione sul fondo regionale di protezione civile, la necessità di rafforzare la prevenzione e la pianificazione degli interventi per la messa in sicurezza del territorio; in tale ambito, la risoluzione 8-00040 dell'aprile 2009 ha impegnato il Governo ad attuare un organico programma di interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio;
in tali circostanze il Governo, come già aveva espresso nell'ambito di precedenti atti di indirizzo parlamentare, ha sostenuto che per evitare il verificarsi di tragedie sociali ed ambientali connesse ad alluvioni e smottamenti del territorio gravato da fenomeni meteorici avversi, è necessario procedere nel verso della prevenzione dei disastri realizzando specifiche azioni ed interventi di mitigazione dei rischi presenti;
con l'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (finanziaria per il 2010), sono stati destinati 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile). Si fa presente che la cifra di 900 milioni di euro costituisce l'intera dotazione di risorse assegnate per il risanamento ambientale dalla delibera CIPE del 6 novembre 2009;
la norma in questione stabilisce che le risorse disponibili possano essere utilizzate, anche tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e nell'ambito del quale venga definita la quota di cofinanziamento regionale;

lo strumento dell'accordo di programma ha consentito di convogliare, all'interno di un unico piano coordinato, sia le risorse statali sia quelle regionali, evitando cosi duplicazioni di interventi e frammentazione della spesa, e di attivare processi che consentiranno una più rapida attuazione degli interventi ed una maggiore incisività del monitoraggio;
in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relativo al «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali» le regioni hanno assunto piena competenza sulla rete idrografica e sulle relative opere con piena responsabilità e in modo particolare ciò è avvenuto per la regione Veneto a decorrere dal 2003;
il dato di fatto inquietante, ripetutamente posto in evidenza, è che tutti i maggiori corsi d'acqua del Veneto, già di competenza del magistrato alle acque, hanno condizioni di rischio non inferiori a quelle che avevano nel 1966 allorché, come ben noto, si verificò, in concomitanza di un evento meteo eccezionale, una delle più disastrose alluvioni che abbiano mai colpito questa regione;
in questi quarant'anni non si sono infatti concretizzati, per detti corsi d'acqua, i necessari risolutivi interventi che rendano compatibile il transito della massima piena prevista con l'assetto delle difese e delle arginature nei tratti che vanno dall'alta pianura alla foce in Adriatico. Ciò nonostante tali opere siano state individuate, ancorché in linea di massima, già da tempo (atti della Commissione De Marchi del 1970 e, da ultimo, Piani stralcio per l'assetto idrogeologico - PAI);
alle gravi problematiche connesse alla rete idrografica principale, condiziona e spesso minaccia gran parte del territorio veneto, si devono aggiungere quelle derivanti dalla diffusa rete minore che, sempre più frequentemente, va in crisi anche in occasione di eventi non certo caratterizzati da tempi di ritorno elevati;
non bisogna sottovalutare la fragilità della costa veneta soggetta a gravi fenomeni di erosione e le situazioni di criticità connesse ai numerosissimi e rilevanti dissesti geologici;
queste insufficienze della rete idraulica si sono ulteriormente verificate, su parte del territorio veneto, durante gli ultimi eventi calamitosi dei mesi di ottobre e novembre 2010 e del marzo 2011, evidenziando cosi i problemi in particolar modo della rete idraulica di pianura;
ai sensi del predetto articolo 2, comma 240, della legge 191 del 2009 (finanziaria per il 2010), la regione Veneto con proprio atto decreto giunta regionale n. 2816 del 23 novembre 2010 ha approvato lo schema di accordo di programma con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e i relativi allegati che individuano una prima serie di interventi per la salvaguardia del territorio e le risorse necessarie per un ammontare di 64.077.000,00 di euro dei quali 55.193.000,00 a carico dello stato e 8.884.000,00 quale rimodulazione di risorse già a disposizione della regione a valere sulla legge n. 183 del 1989;
una della aree maggiormente colpite nell'alluvione del 1966 e periodicamente interessata da eventi calamitosi è quella del bacino idrografico del Livenza;
l'articolo 67 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto «codice ambientale») prevede i piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI) per la tutela dal rischio idrogeologico. Nel relativo comma 2 di tale articolo, si prevede che le autorità di bacino possano approvare piani straordinari di emergenza diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico; tali piani straordinari di emergenza devono essere corredati di alcuni elementi essenziali, e in particolare devono prevedere l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale, con priorità per le aree a rischio idrogeologico per le quali è

stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992;
il bacino idrografico del fiume Livenza ha una superficie di 2500 chilometri quadrati e si estende a cavallo tra le regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia; l'affluente principale e il fiume Meduna, che a sua volta riceve il fiume Cellina e assieme costituiscono un sistema caratterizzato da un disordine idrogeologico consistente in questa parte del bacino, collocata prevalentemente nella regione Friuli Venezia Giulia, si generano le portate critiche per il percorso vallivo;
il PAI del bacino idrografico del fiume Livenza ha individuato le opere prioritarie e necessarie per la messa in sicurezza di quel territorio che anche nella recente alluvione che ha colpito la regione Veneto ha corso gravissimi rischi di esondazione;
tra quelle principali previste dal PAI del Livenza vi sono 2 interventi di regolazione delle aree di espansione naturale delle piene del Livenza (nell'area Prà di Gai e Prà dei Bassi e nell'area golena di Motta di Livenza e Meduna per un ammontare secondo le ultime stime di 55 milioni di euro per il primo intervento e 15 milioni per il secondo);
tra gli interventi previsti nel predetto accordo di programma di cui al decreto giunta regionale n. 2816 del 23 novembre 2010, per la zona relativa al PAI del Livenza sono stati finanziati solo 2 milioni di euro per il potenziamento degli argini del Livenza 1,8 per quelli del Monticano e 500 mila euro per il fiume Meschio;
appare evidente che lo stanziamento in tal senso previsto nell'accordo di programma, non sia sufficiente per soddisfare le effettive necessità di messa in sicurezza di questo corpo idrico (necessiterebbero non meno di 35 milioni di euro), essendo infatti, lo stanziamento, diretto alla manutenzione ordinaria degli argini dei fiumi di questo territorio ma non in grado di affrontare la straordinarietà degli eventi e soprattutto di dare risposte definitive per l'esecuzione della regolazione dell'esistente bacino del Prà dei Gai;
l'accordo di programma siglato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con la regione Friuli Venezia Giulia non ha previsto risorse da destinare al versante friulano di quel bacino con l'aumento dei rischi per il sistema veneto in quanto tributario del primo,


impegna il Governo:


ad intraprendere le opportune iniziative affinché siano stanziate nel breve termine le necessarie risorse, possibilmente nella somma indicata in premessa, atte al finanziamento dell'intervento di Prà di Gai previsto dal PAI del bacino del Livenza, quale opera fondamentale per una soluzione definitiva alla situazione di rischio idraulico nel bacino del Livenza, e, conseguentemente, a procedere alla conclusione di uno specifico accordo di programma interregionale tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Veneto e la regione Friuli Venezia Giulia, secondo le procedure indicate nell'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009;
ad adottare, in particolare, le iniziative di propria competenza affinché, ove vi fossero ostacoli, sia consentito ai comuni del territorio interessato (sia quelli del Veneto e sia quelli del Friuli Venezia Giulia) di utilizzare le risorse economiche necessarie alla realizzazione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza dei luoghi, al fine di prevenire il verificarsi di nuove calamità, prevedendo, attraverso le opportune iniziative normative, l'elusione delle spese finalizzate a tali interventi dai vincoli di finanza pubblica ed in particolare dal patto di stabilità, ed in tal senso mettendo a disposizione i fondi e le agevolazioni necessarie per mitigare l'impatto ambientale delle opere in questione, principalmente allo scopo di evitare che queste ultime incidano negativamente sulla salvaguardia dell'equilibrio idrogeologico locale

specie per i comuni maggiormente interessati (Portobuffolè Mansuè e Prata di Pordenone).
(7-00575) «Guido Dussin».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in un articolo del 3 aprile 2011, firmato da Alessandro Calvi, pubblicato dal quotidiano Il Riformista si fa esplicito riferimento agli elenchi degli iscritti alla loggia massonica Propaganda 2 (P2);
in particolare, l'interrogante intende evidenziare le dichiarazioni di Gioele Mangaldi: «nelle tante interviste rilasciate in queste settimane da Gelli, sono stati continui i richiami agli elenchi della Loggia P2. Dunque, potrebbe essere giunto il momento, se verrà chiesto cortesemente, di tirar fuori le parti mancanti». Inoltre, Mangaldi ha dichiarato che «si può pensare che la gestione di quegli elenchi, che ho avuto modo di leggere e che se resi noti potrebbero avere conseguenze ancora oggi, se la sia tenuta come un piccolo tesoretto per continuare ad avere un ruolo, in un momento nel quale non è più al centro dello scacchiere»;
si può tranquillamente affermare che le dichiarazioni di Mangaldi sono inquietanti e mantengono un ulteriore «cono d'ombra» sull'organizzazione massonica in grado di condizionare il dibattito politico -:
se siano stati informati circa la possibilità che gli elenchi delle persone iscritte alla loggia P2 siano incompleti e se siano in grado di fornire tutti i nominativi delle persone iscritte alla Loggia oggetto dell'interrogazione.
(5-04649)

Interrogazioni a risposta scritta:

MOSCA, LETTA, BOCCIA, DAL MORO, DE MICHELI e VACCARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della legge 13 agosto 1980 n. 466, per «vittime del dovere» si intendono i soggetti, dipendenti pubblici, che sono deceduti o rimasti gravemente e permanentemente invalidi a seguito di lesioni riportate in conseguenza di azioni criminose o eventi connessi con l'espletamento delle attività istituzionali e di pubblico servizio;
la legge 23 dicembre 2005 n. 266, all'articolo 1, comma 562, ha introdotto il principio della progressiva estensione alle vittime del dovere dei benefici previsti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata; conseguentemente, il decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006 n. 243 ha stabilito i termini e le modalità generali per la corresponsione di tali benefici da parte delle amministrazioni d'appartenenza;
ulteriori provvedimenti a favore delle vittime del dovere sono stati presi nel corso del 2007, con il decreto legge 1o ottobre 2007 n. 159, il decreto legge 31 dicembre 2007 n. 248 e con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007;
tuttavia, al momento dell'applicazione delle disposizioni sopracitate, di per sé costituenti un corpus frammentato e stratificato nel tempo, sono emersi ulteriori elementi di criticità, tra cui l'eterogeneità dei procedimenti burocratici per la corresponsione dei benefici da parte delle singole amministrazioni coinvolte;
un primo tentativo di riassetto delle disposizioni vigenti e di semplificazione

dei procedimenti amministrativi era stato promosso già con la legge di semplificazione 28 novembre 2005 n. 246; tuttavia, la delega ivi contenuta non è stata esercitata entro il termine previsto;
tale contesto ha di fatto impedito l'equiparazione delle vittime del dovere a quelle del terrorismo e della criminalità organizzata; per questo motivo, nel dicembre 2008, dando seguito all'impegno preso successivamente all'ordine del giorno 9/1713/26 presentato da alcuni deputati in data 13 novembre 2008, il Governo ha istituito il tavolo tecnico per le vittime del dovere, presieduto dal dottor Gianni Letta, al fine di portare a compimento entro il 2010 il processo di equiparazione (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2008);
nello specifico, al tavolo tecnico è stato affidato il compito di fungere da raccordo tra le varie amministrazioni, per risolvere i dubbi interpretativi derivanti dalla sovrapposizione di più disposizioni normative, formulare iniziative di armonizzazione legislativa e amministrativa, garantire modalità univoche di attuazione delle leggi e, infine, favorire e monitorare la tempestiva erogazione dei benefici agli aventi diritto;
ad oggi, tuttavia, il processo di equiparazione non è stato completato e le problematiche emerse nel corso degli anni non hanno ancora trovato soluzione; permangono infatti situazioni di grave sperequazione tra le varie categorie di vittime del dovere, e più in generale rispetto alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;
infine, nonostante un nuovo ordine del giorno (9/2936-A/8) accolto in data 16 dicembre 2009 e che ha rinnovato l'impegno del Governo, negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione degli interventi economico-finanziari necessari alla corresponsione dei benefici agli aventi diritto secondo la disciplina vigente -:
quali siano le specifiche attività svolte dal tavolo tecnico e quali esiti siano stati raggiunti in merito all'esigenza di coordinamento e armonizzazione delle procedure amministrative per l'erogazione dei benefici alle vittime del dovere;
quali iniziative concrete, e in quali tempi, il Governo intenda porre in essere al fine di procedere al riassetto e alla semplificazione della disciplina vigente e di completare, finalmente, il processo di equiparazione delle vittime del dovere alle vittime del terrorismo e del crimine organizzato.
(4-11676)

GNECCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Governo Prodi aveva stanziato, con la finanziaria per il 2007, ben 727 milioni di euro in 3 anni per la costruzione di nuovi asili nido; nel 2009 il fondo si è ridotto a 100 milioni, mentre nel 2010 e ancora, per quest'anno, il Governo Berlusconi non ha previsto alcuna risorsa per i servizi all'infanzia;
i comuni hanno i conti in rosso è sono costretti a stipulare convenzioni low cost o appalti al ribasso e chiedono alle famiglie un aumento delle rette, anche a fronte di orari di accudimento più limitati, e, senza fondi pubblici, le rette salgono e la qualità si abbassa;
decine di ricerche e soprattutto gli studi del Nobel americano James Heckman dimostrano che la buona qualità dei servizi di prima infanzia può diventare uno straordinario volano per lo sviluppo evolutivo dei bambini;
secondo il CNEL per garantire gli standard minimi di qualità nei servizi all'infanzia, il costo minimo di riferimento è di circa 700 euro a bambino; si sta verificando tuttavia il fenomeno di convenzioni stipulate dal comune di Roma per un importo di 475 euro a bambino, mentre a Milano il comune ha accreditato asili privati a tariffe low cost, per 520 euro a bambino;

il sistema integrato dei servizi all'infanzia può funzionare, servono però fondi e il controllo dei comuni. Se i soggetti affidatari delle convenzioni ricevono meno soldi, faranno pagare rette più alte, taglieranno le ore, prenderanno personale meno esperto o con qualifiche inferiori per diminuire i costi di gestione, senza sostituirlo nelle malattie, aumentando così il numero di bambini per ogni educatore -:
se il Governo non ritenga di adottare le necessarie iniziative atte ad assicurare i finanziamenti ai comuni, al fine di consentire agli stessi, a tutela dei bimbi e delle famiglie, la garanzia di servizi per l'infanzia secondo gli standard vigenti.
(4-11683)

GIANNI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori esposti all'amianto dello stabilimento Aprilfer di Aprilia, dello stabilimento Good Year di Cisterna di Latina, ed Ondulit, sempre di Cisterna di Latina, come per il resto in Sicilia, da Siracusa a Gela, da Ragusa a Palermo, hanno visto negare i loro diritti alla rivalutazione contributiva, ex articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;
appare singolare il modus operandi del Tribunale di Latina, ed in particolare del consulente tecnico d'ufficio ingegner Giorgio Onori, rispetto al quale si è già pronunciata la corte di appello di Roma, la quale per i lavoratori della APRILFER, accoglieva la domanda sul presupposto della «errata individuazione da parte del primo perito», poiché, come rileva il consulente tecnico di ufficio: «in merito alle contestazioni formulate nell'atto di appello con riferimento alla relazione peritale dell'ausiliare del giudice di 1o grado (2o aspetto del quesito del Giudice) il sottoscritto CTU è del parere che le indagini effettuate hanno senz'altro consentito di superare gli assunti e le conclusioni cui perviene la relazione peritale dell'ausiliare del Giudice di 1o grado ingegner Onori che trae le sue conclusioni - a prescindere dalle testimonianze dei ricorrenti fondamentali ai fini della presente CTU - negando il superamento della soglia di dispersione delle fibre a danno dei ricorrenti, avendo individuato quale unica fonte di dispersione di fibre di amianto le tettoie di copertura dello stabilimento. La presente indagine ha invero consentito di approfondire ulteriori aspetti legati alla esposizione all'amianto dei ricorrenti individuando, attraverso la testimonianza dei diversi interessati, altri materiali generatori di fibre aerodisperse, e i tempi di probabile esposizione dei ricorrenti stessi»;
i lavoratori che non avevano impugnato in appello la decisione hanno proposto ricorso innanzi il tribunale di Latina per ottenere la revocazione della ingiusta sentenza, ed è fissata l'udienza per il prossimo 17 novembre 2011 (tribunale di Latina, sezione lavoro, Giudice dottoressa Valente, proc. n. 1651/10 R.G.), «onerando parte diligente per la produzione della Sentenza del Dott. Diana per caso analogo», sicché rispetto alla sentenza ingiusta si assiste ad ulteriore rinvio e a lungaggini processuali che riguardano un giudizio pendente da oltre 6 anni;
ciò non è condivisibile e desta, ad avviso dell'interrogante, forti dubbi sul piano del rispetto delle norme costituzionali, non solo in tema di esercizio della giurisdizione, ma anche e soprattutto dei diritti sostanziali e dello spirito stesso della Costituzione;
ci si sarebbe aspettata la rinnovazione della consulente tecnico d'ufficio, per porre rimedio alla palese ingiustizia (emersa dalla sentenza della corte di appello di Roma);
sul territorio e nei siti produttivi, i lavoratori e le vittime dell'amianto si sono associati nell'Osservatorio nazionale amianto ONLUS, e agiscono giudiziariamente per la tutela dei loro diritti;
all'udienza del 15 aprile 2011, innanzi il tribunale di Latina, sezione lavoro,

l'avvocato Ezio Bonanni, depositava al giudice i resoconti parlamentari, e l'interrogazione a risposta scritta 4/11509, ponendo in evidenza la contraddittorietà, anche per il caso del personale dell'aviazione civile, lungamente esposto alle polveri di amianto, delle stesse relazioni dell'ingegnere Onori;
il consulente tecnico aveva infatti ritenuto sussistente il rischio morbigeno per esposizione ad amianto nell'ambito dell'aviazione civile, con sentenza confermata dalla corte di appello di Roma, salvo poi per il caso di cui al procedimento pendente al n. 1806/09 R.G. del tribunale di Latina, sezione Lavoro, contraddire sé stesso;
come correttamente rilevato a margine del deposito del resoconto parlamentare della seduta del 6 aprile 2011, il giudice del lavoro, dottor Roberto Bonanni,testualmente stabilisce: «ritenuta, comunque, la contraddittorietà delle consulenze acquisite, dispone il rinnovo di CTU e nomina a tal fine ...» sicché la discussione parlamentare ha evitato una ulteriore ingiustizia;
ma questo non è un fatto accettabile, perché non possono i parlamentari essere presenti in tutti i tribunali d'Italia e in tutte le udienze d'Italia, e si pone dunque in modo forte il problema della difesa dei più deboli e degli ultimi rispetto ad un sistema giudiziario che pone evidenti incongruenze, e che per il caso dell'amianto si somma all'operato degli enti pubblici;
nella regione Sicilia i lavoratori dell'amianto sono maggiormente pregiudicati nel riconoscimento dei loro diritti agli indennizzi contributivi ex articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, e non trova applicazione la sentenza TAR Lazio 5750/09, con la quale era stato accolto il ricorso dell'avvocato Ezio Bonanni, con il quale era chiaro come le norme di cui all'articolo 1, commi 20, 21 e 22, legge n. 247 del 2007 trovassero applicazione anche per i siti della regione Sicilia oggetto di atti equipollenti del presidente della regione, o di altri enti sussidiari perciò per effetto del parziale annullamento dell'articolo 1, lettera b), del decreto ministeriale 12 marzo 2008; quindi in alcuni casi neanche le sentenze sono sufficienti;
nonostante il pesante tributo in termini di vite umane, e il rischio per la salute di questi lavoratori e delle loro famiglie, a oggi la CONTARP SICILIA non rilascia i certificati di esposizione, e non riconosce i benefici contributivi, e in alcuni casi li ha limitati al 1992, nonostante l'amianto fosse presente in alcuni contesti anche fino al 2009/2010, come risulta dalla dichiarazione resa dalla ASP di Caltanissetta;
ad oggi ci sono molti siti inquinati da amianto e da altre sostanze cancerogene, e maggiormente nella provincia di Siracusa, Caltanissetta, Messina e nel resto della Sicilia, senza che siano adottate più incisive iniziative per la messa in sicurezza, che eviterebbe l'aggravarsi dell'emergenza sanitaria dovuta all'insorgenza di neoplasie polmonari e altri tumori;
si assiste a una ingiusta e ingiustificata esclusione dagli indennizzai contributivi dei lavoratori della Valle del Mela, dipendenti della raffineria, della centrale Enel, delle acciaierie Tuferrofin, della Sacelit, dei cantieri navali di Messina, delle raffinerie di Gela e di Priolo, e tanti altri, e, nonostante la richiesta del riesame presso la CONTARP regionale, ad oggi il procedimento non è stato ancora definito; analoga è la situazione di altri siti d'Italia, dal Lazio fino alla Valle d'Aosta, dalla Calabria fino al Friuli Venezia Giulia;
sono in costante aumento le patologie asbesto correlate, in tutta Italia, anche e soprattutto tra i lavoratori della regione Lazio e della regione Sicilia -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto;
se il Ministro di giustizia sia a conoscenza di questo stato di cose e di quali dati disponga in ordine alle modalità

di applicazione della norma di cui all'articolo 23 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile;
quali iniziative il Governo intenda assumere affinché si evitino per il futuro le criticità qui evidenziate e si provveda alla bonifica dei siti inquinati, con riconoscimento dei diritti dei benefici in materia di amianto a tutti i lavoratori senza discriminazione;
quali iniziative normative intenda assumere il Ministro della giustizia, al fine di apportare dei correttivi all'articolo 23 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che prevedano un sistema di responsabilità per i consulenti tecnici d'ufficio in caso di loro errate conclusioni, che si traducono in ingiuste lesioni dei diritti soggettivi a copertura costituzionale, come nel caso dei lavoratori vittime dell'amianto, e che rappresentano una mortificazione della giustizia.
(4-11701)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la cittadina italiana Alessandra Finotti per molto tempo residente in Venezuela ha presentato un esposto in data 14 aprile 2011 alla procura della Repubblica di Padova per denunciare che è stato occupato un terreno di sua proprietà a Margarita (Venezuela) da forze legate all'Instituto Nacional de Tierras che senza alcuna garanzia od indennizzo espropria terreni a cittadini stranieri;
l'episodio è stato segnalato dall'interessata anche alla nostra ambasciata a Caracas -:
quali iniziative abbia attivato il Governo per impedire che in Venezuela vengano abusivamente occupate proprietà di nostri connazionali e quanti episodi di questo tipo risultino alla nostra rappresentanza diplomatica in quel Paese.
(4-11681)

SARUBBI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
giovedì 14 aprile 2011 un gruppo estremista salafita della «Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima» rivendicava su YouTube il sequestro dell'attivista italiano Vittorio Arrigoni, avvenuto a Gaza City, minacciando di ucciderlo se entro 30 ore, a partire dalle ore 11 locali del 14 aprile (ore 10.00 in Italia), il Governo di Hamas non avesse liberato alcuni detenuti salafiti;
Vittorio Arrigoni, attivista presso il movimento di solidarietà internazionale per la Palestina (ISM, International solidarity movement) e reporter italiano, operava nei territori palestinesi dal 2008. In un video pubblicato sul sito dell'ISM il cooperante raccontava di essere arrivato a Gaza attraverso le navi del «Free Gaza Movement» insieme a un gruppo di attivisti internazionali, rompendo così un assedio via mare che durava dal 1967. Durante i giorni dell'operazione militare israeliana «Piombo fuso», Arrigoni - unico italiano presente sul posto - aveva scelto di rimanere a Gaza, testimoniando la sofferenza dei palestinesi;
nel giro di poche ore le notizie che sembravano andare in una certa direzione si sono poi improvvisamente rovesciate; il 15 aprile l'ufficio stampa di Hamas denunciava «il criminale sequestro e omicidio di un attivista italiano per la solidarietà» aggiungendo che il corpo «è stato ritrovato dalle forze di sicurezza appeso in una casa abbandonata»; in seguito alcune notizie stampa riferivano che la sua morte era avvenuta per strangolamento;
dopo il rinvenimento del cadavere di Vittorio Arrigoni, il Ministero dell'interno di Hamas ha diffuso le fotografie di tre persone ricercate per il suo omicidio, invitando la popolazione a fornire informazioni

utili alla loro cattura; si tratta di un cittadino giordano, Muhammad Al-Breizat, conosciuto anche come Muhammad Hassan, e di due palestinesi, Bilal Al-Omari e Muhammad Al-Salfiti. Hamas ha sottolineato come i «principali ricercati dalla giustizia» siano Al-Breizat e Al-Omari, stando a quanto riferisce l'agenzia palestinese Wafa;
sulla morte di Vittorio Arrigoni, sulle ragioni e sulle modalità della barbara uccisione, avvenute in circostanze ancora misteriose e imprevedibili, a tutt'oggi non sembra esserci una completa chiarezza. Il capo dello Stato Napolitano, dopo l'omicidio del pacifista italiano a Gaza, ha invocato chiarezza immediata sulla sua uccisione. Anche il Ministro degli affari esteri italiano Franco Frattini, richiamando l'attenzione di movimenti iper-estremisti e ultraradicali che stanno scavalcando la stessa Hamas, ha rivelato la mancanza di una totale chiarezza sul vile attentato;
l'atroce assassinio di Vittorio Arrigoni ha riportato drammaticamente in primo piano gli effetti tragici di una mancata soluzione dell'annoso conflitto israelo-palestinese, un conflitto che da anni insanguina il Medio Oriente, con particolare riferimento alla situazione nella Striscia di Gaza, ogni giorno più drammatica e insostenibile per la popolazione palestinese, un'area che nell'ultimo periodo è stata sottovalutata dall'opinione pubblica internazionale e tenuta ai margini del dibattito pubblico -:
quali iniziative il Governo italiano abbia fino ad oggi intrapreso, all'indomani del sequestro e dell'annunciato assassinio del cooperante italiano Vittorio Arrigoni;
quali azioni siano state avviate per conoscere l'esatto svolgimento dei fatti che hanno portato alla morte del nostro connazionale, volte a far piena luce sui numerosi punti oscuri sulle ricostruzioni fino ad oggi fomite, anche in ordine alla dinamica del sequestro, ancora non del tutto chiari;
quali misure siano state adottate per garantire la sicurezza della nave italiana «Stefano Chiarini», la cui partenza a sostegno della Freedom Flotilla 2 è prevista per il prossimo mese di maggio;
quali iniziative intenda intraprendere per sbloccare lo stallo dei negoziati di pace, anche al fine di rimettere al centro dell'attenzione della comunità internazionale e delle politica estera italiana la soluzione del conflitto israelo-palestinese, che da anni produce morti e distruzioni in Medio oriente.
(4-11684)

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Human rights watch ha dichiarato in questi giorni che le forze governative fedeli al leader libico, Muammar Gheddafi, hanno sparato le munizioni a grappolo in zone residenziali nella città occidentale di Misurata, che presentano un grave rischio per i civili;
Human rights watch ha osservato almeno tre munizioni a grappolo esplodere nel quartiere di el-Shawahda a Misurata la notte del 14 aprile 2011;
i ricercatori hanno esaminato i resti di un sottocarica cluster e hanno scoperto che la cluster munition è un prodotto spagnolo-MAT-120, 120 millimetri proiettile di mortaio, che si apre a mezz'aria e rilascia 21 submunizioni su un'ampia area. Al momento esplodono a contatto con un oggetto, ogni sottocarica si disintegra in frammenti ad alta velocità per attaccare le persone e rilascia una sorta lumaca di metallo fuso formata da un cono rovesciato di rame all'interno del sottocarica, destinato a penetrare le mura di un veicolo blindato;
è sconcertante che la Libia stia usando questa arma, in particolare in una zona residenziale, rappresenta un rischio enorme per la popolazione civile, sia durante gli attacchi a causa del loro effetto

indiscriminato e poi a causa delle munizioni sparse che rimangono inesplose e che agiscono come mine anti-uomo;
la maggior parte delle nazioni del mondo hanno ampiamente vietato l'uso di munizioni a grappolo con la convenzione sulle munizioni a grappolo, che è diventato vincolante del diritto internazionale nel mese di agosto 2010;
la Libia ha bisogno di fermare l'uso di queste armi subito, e prendere tutte le misure per garantire che i civili siano protetti dai resti mortali che hanno lasciato alle spalle;
la zona in cui Human rights watch ha visto l'impiego di munizioni a grappolo è di circa 1 chilometro dalla linea del fronte tra ribelli e forze governative. Le submunizioni sembrano aver atterrato a circa 300 metri dall'ospedale Misurata;
Human rights watch ha intervistato due autisti di ambulanze che hanno dichiarato di aver assistito all'esplosione di bombe a grappolo anche precedentemente la data del 14 aprile;
le bombe a grappolo utilizzate a Misurata sono state prodotte da Instalaza SA in Spagna. Le marcature sul resto sottocarica ispezionate da Human rights watch indicano la produzione nel 2007;
alla fine del 2008, la Spagna ha distrutto il suo stock di 1.852 MAT-120 proiettili di mortaio, contenenti un totale di 38.892 submunizioni. La Spagna ha firmato la convenzione sulle munizioni a grappolo il 3 dicembre 2008 e ratificato il 17 giugno 2009;
la Libia non ha firmato la Convenzione sulle munizioni a grappolo. Lo stato attuale e la composizione delle riserve della Libia sono sconosciuti;
la Convenzione sulle munizioni a grappolo vieta l'uso, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento di munizioni a grappolo, impone agli Stati di distruggere le scorte, bonificare il terreno contaminato, e assistere le vittime e le comunità interessate. Dei 108 paesi che hanno firmato la convenzione in quanto aperta alla firma nel dicembre 2008, 56 Paesi hanno già ratificato;
l'Italia è coinvolta nella risoluzione della crisi in Libia messa in atto dalla NATO e sebbene il Parlamento abbia avviato l'iter in Commissione, non si è ancora giunti alla ratifica della Convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo -:
come l'Italia stia affrontando fattivamente la guerra in Libia, con particolare riferimento agli aiuti alla popolazione civile, e se il Governo intenda attivarsi e farsi promotore con i Paesi alleati affinché la Libia fermi l'uso delle bombe a grappolo e garantire il più possibile che i civili siano protetti;
se il Governo non ritenga di accelerare la ratifica ed esecuzione della convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo al fine di un maggiore sostegno alla messa al bando di queste micidiali armi ed essere più credibili a livello nazionale ed internazionale in materia di disarmo e protezione dei diritti umani e civili.
(4-11694)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del dicembre del 2006, per il sito della ex Stoppani di Cogoleto in provincia di Genova era stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale;
tale decreto, per il perdurare della situazione di emergenza ambientale, è stato rinnovato fino al dicembre di quest'anno, consentendo la prosecuzione dei lavori di messa in sicurezza;

ad oggi non sono disponibili, a carico del commissario liquidatore, le somme necessarie per raggiungere l'obiettivo della messa in sicurezza;
ad oggi risultano a carico della struttura commissariale i 21 ex dipendenti dello stabilimento, assunti a tempo pieno e determinato, e che finiscono il loro rapporto contrattuale ai sensi delle vigenti leggi entro il 30 giugno 2011 -:
cosa intenda fare il Ministro per garantire le risorse necessarie al completamento della bonifica e per garantire lo stipendio dei lavoratori impegnati nella messa in sicurezza.
(5-04643)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONAI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'elettrodotto aereo a doppia terna che la TERNA spa intende costruire in Friuli, da Redipuglia a Udine ovest, consiste in un'opera di dimensioni inusitate con tralicci che raggiungono i 70 metri di altezza lungo un percorso di quaranta chilometri;
le popolazioni interessate, attraverso i sindaci dei comuni e le province di Gorizia e di Udine, nonché il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, hanno a più riprese sollecitato l'interramento della linea, da porsi in prossimità all'esistente autostrada, così da minimizzare ogni impatto ambientale e turbativa alle attività agricole ed economiche presenti e future;
la regione Friuli Venezia Giulia, in relazione allo studio di impatto ambientale, ha rilevato «di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto per la realizzazione dell'elettrodotto... non risultando essere stata sviluppata anche l'alternativa della linea elettrica in cavo interrato...»;
le predette amministrazioni hanno richiesto l'avvio di una «inchiesta pubblica», la quale appartiene alla discrezionalità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare -:
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda ammettere l'inchiesta pubblica al fine di garantire la trasparenza delle scelte in termini di costi e benefici, e comunque il superamento delle criticità e l'opacità dell'impresa che Terna spa intende realizzare, per come rimarcate anche dalla regione Friuli Venezia Giulia e dalle amministrazioni locali.
(4-11679)

GIANNI e PISACANE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'approvazione del decreto-legge «mille proroghe», si è proceduto alla soppressione delle norme relative al blocco temporaneo, sino al 31 dicembre del 2011, delle case abusive in Campania;
il blocco delle demolizioni non era, come qualcuno ha cercato di far credere, una sanatoria, ma solo lo strumento necessario per consentire a chi di competenza di rivedere i vincoli paesaggistici nella regione Campania;
da tantissimi giorni, i cittadini facenti riferimento ai comitati campani per il diritto alla casa stanno portando avanti un presidio di fronte alla Camera dei deputati, denunciando la loro grave situazione ed il fatto, oggettivo, che, se sono ricorsi alla costruzione di case «abusive», lo hanno fatto solo per garantire un tetto ai propri familiari in mancanza di una qualsivoglia alternativa abitativa;
è, attualmente, in corso di modifica la legge della regione Campania n. 10 del 2004 in materia di vincoli ambientali e paesaggistici e con queste modifiche, molte dei cosiddetti abusi potrebbero essere sanati, secondo le norme attualmente in vigore a livello nazionale;

la soprintendenza per i beni ambientali e culturali di Napoli ha, l'11 febbraio 2011, siglato un protocollo con il comune di Napoli, in cui si definiscono i casi in cui è possibile ottenere la sanatoria anche in zone vincolate, quando le opere abusive «non costituiscano ostacolo o limitazione per le visuali panoramiche godibili sia dai punti di belvedere accessibili al pubblico e dalle strade pubbliche» oppure che «non risultino elemento detrattore del valore paesistico del sito e del contesto» o che, infine, «non abbiano implicato e determinato alterazioni delle aree libere pertinenziali sotto il profilo orografico per l'assetto idrologico originario del sito»;
questa situazione, allo stato attuale, rischia di rendere ancora più ingovernabile l'ordine pubblico in Campania, vista la profonda delusione di chi, proprietario di quell'unico immobile destinato alla demolizione, aveva sperato nel blocco temporaneo per potere risolvere i propri problemi abitativi;
il Governo, resosi conto di tale situazione, ha altresì accolto l'ordine del giorno n. 9/04086/277 presentato dai deputati di Iniziativa responsabile che sollecitava l'emanazione di un provvedimento di urgenza per bloccare la demolizione delle case abusive in Campania, sostenendo in questo modo, in maniera fattiva, quelle famiglie che non dispongono di altre soluzioni abitative -:
se non si ritenga necessaria la predisposizione di un urgente iniziativa normativa che blocchi immediatamente gli abbattimenti di tutti gli immobili destinati a prima abitazione, al fine di consentire una ricognizione dei presupposti per la definizione dei vincoli di tutela del paesaggio in seguito alla predisposizione del piano paesaggistico, disciplinato dal codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) e, conseguentemente, anche una verifica di compatibilità di detti abusi con i presupposti del vincolo.
(4-11693)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Comiso (Ragusa), aeroporto per l'aviazione generale civile e cargo, ha iniziato il suo lungo iter procedurale nel 1999, con l'inserimento negli accordi e nelle intese fra Governo e regione siciliana;
il 16 luglio 2010 la direzione dei lavori ha concluso la verifica della chiusura dei lavori dell'aerostazione, con due anni di ritardo;
l'infrastruttura è costata quasi 60 milioni di euro, nata dalla fruttuosa collaborazione fra l'Enac, la regione siciliana e il comune di Comiso, utilizzando finanziamenti regionali e contributi dell'Unione europea;
nei mesi scorsi, in diverse occasioni, si è registrato un colpevole ritardo da parte del Governo nel mettere in atto e portare a compimento gli atti propedeutici all'avvio dell'aerostazione;
tali difficoltà burocratiche hanno causato il rinvio dell'apertura al traffico aereo dello scalo, per il quale numerose compagnie aeree nazionali ed internazionali hanno già mostrato interesse e disponibilità ad investire sulla struttura, a conferma della bontà del progetto;
ogni ulteriore ritardo potrebbe mettere a rischio la programmazione della struttura e penalizzare i numerosi imprenditori turistici, e non solo, che facendo affidamento sulla realizzazione dell'opera, hanno localizzato in quella zona numerosi ed ingenti investimenti;
nella sua ultima visita a Comiso, il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, aveva assicurato che a giorni sarebbe stato firmato il decreto interministeriale di affidamento dei servizi di assistenza al

volo all'Enav, con il quale lo Stato, per quattro anni, si assume gli oneri dei costi per il servizio di assistenza al volo e dei vigili del fuoco;
da allora sono trascorse inutilmente parecchie settimane, il decreto non è ancora stato firmato e appare ormai inverosimile che, come annunciato dal ministro Matteoli, lo scalo diventi operativo entro l'estate;
l'aeroporto di Comiso rappresenta un imprescindibile tassello per la piena funzionalità del trasporto aereo in Sicilia ed una infrastruttura di grande rilievo in una zona con il più basso tasso di infrastrutturazione di tutto il Paese ma che nonostante ciò ha saputo sfruttare a pieno le potenzialità turistiche ed economiche -:
quali ostacoli impediscano l'apertura al traffico aereo dello scalo aeroportuale di Comiso (Ragusa);
se intendano intervenire, ed in quali tempi, al fine di risolvere ogni ostacolo riguardo alla emanazione del decreto interministeriale di affidamento dei servizi di assistenza al volo all'Enav per lo scalo di Comiso;
se sia intendimento del Governo definire le procedure per giungere all'apertura dell'aeroporto di Cosimo.
(2-01056)
«Berretta, Samperi, Antonino Russo, Siragusa, Capodicasa, Burtone».

Interrogazioni a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 2010 il prodotto interno lordo (PIL) ai prezzi di mercato è stato pari a 1.548.816 milioni di euro correnti, con un aumento dell'1,9 per cento rispetto all'anno precedente. La variazione del prodotto interno lordo in volume è stata pari all'1,3 per cento;
i dati finora disponibili per gli altri Paesi indicano un aumento del prodotto interno lordo in volume dell'1,3 per cento nel Regno Unito, dell'1,6 per cento in Francia, del 2,8 per cento negli Stati Uniti, del 3,6 per cento in Germania e del 3,9 per cento in Giappone;
l'aumento del prodotto interno lordo in volume è la sintesi di una crescita dello 0,6 per cento dei consumi finali nazionali, del 2,5 per cento degli investimenti fissi lordi e del 9,1 per cento delle esportazioni di beni e servizi. Le importazioni sono aumentate del 10,5 per cento;
a livello settoriale, il valore aggiunto ha registrato un aumento in volume dell'1,0 per cento nell'agricoltura, silvicoltura e pesca, del 4,8 per cento nell'industria in senso stretto, dell'1,0 per cento nei servizi e una flessione del 3,4 per cento nelle costruzioni;
l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche (AP) in rapporto al prodotto interno lordo è stato pari al 4,6 per cento (era pari al -5,4 per cento nel 2009);
il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) è pari a -1.059 milioni di euro correnti, -0,1 per cento in rapporto al prodotto interno lordo -:
se le notizie riportate in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quale iniziative urgenti intenda assumere per far aumentare il prodotto interno lordo e diminuire il debito - soprattutto nella parte di deficit annuale relativa all'avanzo primario - il cui rapporto, si ricorda, è previsto obbligatoriamente nelle norme definite dall'Unione europea sovraordinate a quelle nazionali, che debba mantenersi entro la percentuale massima del 60 per cento.
(4-11673)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a febbraio 2011 vi è stata una riduzione congiunturale dell'1,4 per cento per l'export e dello 0,4 per cento per l'import, dovuta alle più ampie flessioni registrate sui mercati extra Ue (-4,3 per cento per l'export e -1,6 per cento per l'import), a fronte di una limitata crescita per gli scambi con i mercati comunitari (+1 per cento per l'export e +0,6 per cento per l'import). Nell'ultimo trimestre l'aumento riguarda entrambi i flussi, più sostenuto per l'area extra Ue;
la crescita tendenziale di febbraio risulta elevata per ambedue i flussi (+18,5 per cento l'export e +19,4 per cento l'import), contenendo l'aumento dei primi due mesi dell'anno al 21,2 per cento per l'export e al 24,7 per cento per l'import, con una decelerazione maggiore per gli scambi extra Ue;
si conferma poi la dinamica più sostenuta dei valori medi unitari delle importazioni (+14,9 per cento) rispetto a quelli delle esportazioni (+9,4 per cento). L'aumento dei volumi è più contenuto per l'import (+3,9 per cento) rispetto all'export (+8,3 per cento);
il disavanzo nei primi due mesi dell'anno supera i 10 miliardi di euro, rispetto ai quasi 7 miliardi registrati nello stesso periodo del 2010. Nello stesso periodo, al netto dei prodotti energetici, si registra un avanzo di 0,5 miliardi (+1,3 nel primo bimestre 2010);
il contributo maggiore alla crescita tendenziale dei flussi arriva dai prodotti intermedi, con aumenti tendenziali superiori per le importazioni (+40,2 per cento) rispetto alle esportazioni (+24 per cento). Il deficit commerciale di questi prodotti nei primi due mesi sale a 4,2 miliardi di euro;
risultano in flessione le importazioni di beni strumentali (-0,4 per cento) e di consumo durevoli (-2,1 per cento). Gli avanzi commerciali registrati nei primi due mesi dell'anno per queste tipologie di beni sono pari, rispettivamente, a 4 e 1,3 miliardi di euro;
i prodotti esportati più dinamici sono il coke e prodotti petroliferi raffinati (+45,4 per cento) e i metalli e prodotti in metallo (+33,3 per cento);
le vendite di metalli verso Germania, Francia e Svizzera e di macchinari verso la Cina guidano la crescita delle esportazioni;
i computer, gli apparecchi elettronici ed ottici dalla Cina e il petrolio greggio dai Paesi Opec forniscono il maggior impulso alla crescita delle importazioni -:
se i fatti citati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quale iniziative urgenti intenda assumere per limitare i danni al «sistema Paese» dovuti alla diminuzione dell'export, all'aumento dell'import ed al conseguente incremento del disavanzo verso altri Paesi, soprattutto extra-UE, e per incentivare la ricerca di nuove forme di produzione in grado di sostituire le inquinanti lavorazioni di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio che attualmente appaiono tra i pochi prodotti in grado di essere esportati dal nostro sistema produttivo, a fronte di una grande importazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico innovativo e con un alto rendimento in termini di profitti, non solo economici, posto che la produzione di computer, apparecchi elettronici ed ottici ha, rispetto ai prodotti italiani frutto di raffinazione di combustibili fossili, oltre ad un maggior valore economico, anche un più basso impatto sull'ambiente.
(4-11674)

GNECCHI, CODURELLI e GATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Ocse fa sapere che l'Italia supera il Belgio (che nel 2009 ha visto il peso del

fisco diminuire al 43,2 per cento dal 44,2 per cento del 2008) e scala di un posto la speciale classifica della pressione fiscale. La gerarchia parla chiaro: prima dell'Italia, ci sono soltanto la Danimarca (48,2 per cento) e la Svezia (46,4 per cento), Paesi dove l'evoluto sistema di welfare, sicuramente non paragonabile a quello italiano, richiede ingenti contributi fiscali; di questo si rendono conto i cittadini e le cittadine proprio nel periodo in cui presentano la dichiarazione dei redditi e proprio ora si rendono conto che non è più possibile ottenere la detrazione del 19 per cento per le spese sostenute nell'anno 2010 per l'acquisto degli abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblico;
rileva l'Istat (gennaio 2011) che le famiglie italiane s'impoveriscono. Nel terzo trimestre del 2010 il reddito disponibile delle famiglie italiane è rimasto al palo: in valori correnti ha registrato una variazione nulla rispetto al trimestre precedente. L'Istat rileva che il potere d'acquisto, nello stesso periodo, ha segnato un calo dello 0,5 per cento sia su base congiunturale sia annua (-1,2 per cento nei primi nove mesi del 2010);
le tariffe del trasporto pubblico sono aumentate anche pesantemente in molte città del nostro territorio e ciò incide sui bilanci famigliari, soprattutto in presenza di prole; quindi con l'aumento dei costi, e l'eliminazione della detrazione non solo si penalizzano le famiglie, ma non si tiene conto dell'importanza di limitare l'uso dei mezzi di trasporto privati e individuali e dell'importanza di educare i figli all'uso dei mezzi pubblici;
ciò rappresenta un pesante deterrente all'utilizzo del mezzo di trasporto pubblico e penalizza tutti coloro che, per sensibilità nei confronti dell'ambiente, scelgono di muoversi con i mezzi pubblici anziché utilizzare il mezzo privato, mentre si dovrebbe andare in direzione opposta per educare al rispetto dell'ambiente e al risparmio energetico -:
se non ritenga il Ministro interrogato di reintrodurre con apposite iniziative normative, la possibilità di portare in detrazione nella misura del 19 per cento, le spese sostenute nell'anno 2010, per l'acquisto degli abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblico.
(4-11675)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato il 10 aprile dal direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera, in linea con quanto già espresso in occasione di Telefisco 2011, probabilmente saranno escluse dalle comunicazioni sopra i 3.600 euro quelle legate alle transazioni con moneta elettronica o altro mezzo di pagamento già tracciato;
questa correzione, ad avviso del direttore dell'Agenzia delle entrate, porterebbe a ridurre l'impatto del nuovo obbligo di comunicazioni delle operazioni rilevanti, coerentemente con quanto disposto dal decreto-legge n. 78 del 2010, secondo cui l'introduzione del nuovo adempimento dovrebbe limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda porre in essere per sollevare dal dubbio - rispetto al nuovo obbligo di comunicazione previsto nella disciplina giuridica licenziata pochi mesi or sono - i contribuenti su una questione molto importante, quale quella sopra descritta.
(4-11688)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che «Milioni e milioni di euro che, per anni,

sono transitati sui conti del "Madoff dei Parioli" senza mai essere segnalati, come invece previsto dalle norme antiriciclaggio. Un'omissione che rischia di mettere nei guai i vertici della cassa di risparmio dell'Aquila (Carispaq) dove il conto della Eim era aperto e sotto accusa anche l'operato della Banca d'Italia.» -:
se la Cassa di Risparmio dell'Aquila (Carispaq) abbia segnalato agli organismi competenti movimenti sospetti - visto che le cifre superavano i limiti previsti dalla normativa antiriciclaggio e quindi la segnalazione appare obbligatoria e quali provvedimenti siano stati assunti o si intendano assumere al riguardo.
(4-11703)

TESTO AGGIORNATO AL 3 MAGGIO 2011

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

TULLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il carcere di Imperia registrava il giorno 28 marzo 2011 101 detenuti ospitati rispetto ad una capienza che prevede massimo 78 posti, il personale in pianta organica dovrebbe essere di 78 unità mentre a disposizione dell'amministrazione ne risultano 54, questa situazione determina un continuo stato di stress e di tensione sia per i detenuti che per gli agenti; nella giornata del 26 marzo è rimasta vittima di un aggressione lo stesso comandante dell'istituto;
la struttura evidenzia gravi carenze strutturali ed igieniche, sporcizia diffusa, conseguenza anche del pesante taglio dei fondi necessari a retribuire le prestazioni lavorative dei detenuti, si registrano anche problemi sul fronte della sicurezza;
la stampa cittadina ha riportato di una visita di una delegazione sindacale nella quale sono emersi gravissimi problemi igienico sanitari in particolare nella sezione detentiva posta nel seminterrato della struttura, mettendo in serio pericolo la salute dei detenuti e degli agenti penitenziari;
problemi di sicurezza sono evidenti per la postazione di sorveglianza dei passeggi e per i locali destinati al nucleo tradizioni e piantonamenti dove operano diversi agenti e non vi è neppure una finestra. La portineria dell'istituto funziona anche da sala regia, rilascio colloqui, controllo pacchi detenuti, sala radio; il personale è ridottissimo e il rischio di errore con conseguenze disciplinari è forte; una tettoia sotto il muro di cinta utilizzata anche come ricovero di automezzi non è stata rimossa nonostante nel passato si ipotizzi sia stata usata per diverse evasioni;
il carcere di San Remo, registra un organico di circa 190 agenti a fronte di una pianta organica di 253 unità, questo comporta uno sforzo per coprire tutte le funzioni; nonostante la struttura sia di recente costruzione, la pulizia e le condizioni igieniche per il taglio ai fondi disponibili al lavoro dei detenuti sono scarse, e si registrano pesanti infiltrazioni d'acqua all'interno della chiesa, nei locali lavanderia, nel box area matricola e caserma agenti nessuno degli ascensori presenti nell'istituto risulterebbe funzionante, l'unico agente di turno presso il reparto isolamento è costretto a lavorare da solo sui tre piani della struttura;
risulterebbe che per il servizio periodica (trasferimento o spostamento dei detenuti negli istituti penitenziari liguri) con cadenza settimanale venga effettuato con un mezzo Iveco 315 molto vecchio privo di cinture di sicurezza, airbag, ABS e servosterzo -:
se sia a conoscenza delle carenze denunciate;
quali iniziative intenda assumere per superare le gravi insufficienze strutturali, igieniche, di sicurezza, di organico e di sovraffollamento.
(5-04638)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
già diversi atti di sindacato ispettivo presentati nei mesi scorsi hanno sollevato la questione relativa alle assunzioni dei vincitori e degli idonei dei concorsi relativi ai profili di educatore penitenziario, collaboratore amministrativo e contabile; in particolare, ci sono 44 educatori vincitori di concorso (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2004, e conclusosi in data 9 luglio 2008) in attesa di assunzione, che vedono ritardarsi da troppo tempo un diritto acquisito e legittimo;
inoltre va considerata la carenza del personale civile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, raffrontata all'entità numerica della popolazione detenuta; i dati del 20 marzo 2011 rivelano che la popolazione detenuta è pari a 67.318 detenuti (64.370 uomini e 2.948 donne) a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 45.059;
nella seduta della Commissione giustizia dello scorso 23 marzo il Sottosegretario Alberti Casellati ha dichiarato che per tali unità si è già proceduto - ai sensi dell'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 487/94 - allo scorrimento della relativa graduatoria che manterrà la propria validità fino al 31 maggio 2012;
il Sottosegretario ha però evidenziato una serie di «limiti» entro i quali «è lecito operare»; contestualmente, infatti, il Governo si è dovuto attivare per il perfezionamento del provvedimento di rideterminazione delle dotazioni organiche delle aree funzionali del pertinente dipartimento, in ottemperanza alle prescrizioni di cui all'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, che dispone la riduzione delle dotazioni organiche del personale dirigenziale e non dirigenziale nella misura pari al 10 per cento;
tale provvedimento è contenuto nello schema di regolamento che riordina e razionalizza l'assetto organizzativo, centrale e periferico, del Ministero della giustizia (approvato dal Consiglio dei ministri nella seduta 17 dicembre 2010, n. 119), rideterminando la nuova dotazione organica dell'Amministrazione penitenziaria, in attuazione dell'articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modifiche;
inoltre, l'articolo 2, comma 8-bis della legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha introdotto l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di operare una ulteriore rideterminazione delle dotazioni organiche, apportando una riduzione non inferiore al 10 per cento delle stesse; in verità, il comma 8-quinquies del medesimo articolo ha previsto anche alcune deroghe riguardanti, tra l'altro, il personale amministrativo operante presso gli Uffici giudiziari ed il Corpo di polizia penitenziaria, ma si tratta di una prescrizione che deve essere a sua volta raccordata con l'articolo 5 della legge 26 novembre 2010, n. 199, recante «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 1o dicembre 2010, n. 281. A norma del predetto articolo «Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di polizia penitenziaria e del personale civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati...»;
come sottolineato dal Sottosegretario Alberti Casellati, dopo l'approvazione del regolamento, non sarebbe comunque possibile procedere ad ulteriori assunzioni, stante il divieto previsto dall'articolo 2,

comma 8-quater, della medesima legge n. 25 del 2010; tale interpretazione restrittiva troverebbe conferma nelle disposizioni contenute nella circolare 22 febbraio 2011, emanata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze;
lo stesso Sottosegretario ha però segnalato «che è attualmente in atto - nelle more della definizione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge 199/2010 - uno studio per ricomprendere l'Amministrazione penitenziaria tra i destinatari di una deroga all'applicazione dell'ulteriore riduzione della dotazione organica di personale, prevista dal citato articolo 2, comma 8-bis, della legge 25/2010» -:
quali siano le azioni intraprese dal Governo per inserire l'amministrazione penitenziari all'interno della suddetta deroga all'applicazione delle norme sulle riduzioni di organico, e quali siano le relative tempistiche, in modo da permettere all'amministrazione stessa di dare corso a tutte le assunzioni del personale vincitore di concorso.
(4-11691)

CAZZOLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dopo circa tre anni dall'inizio delle indagini preliminari si è giunti alla vigilia del processo sulla cosiddetta «sanitopoli abruzzese» che ha dato luogo, tra gli altri, all'arresto dell'allora presidente della regione Abruzzo onorevole Ottaviano Del Turco;
nonostante l'annunciata valanga di prove che sin dal 14 luglio del 2008, il procuratore capo di Pescara in una incredibile diretta televisiva assicurò di avere a disposizione e che ad oggi nessuno ha visto, oggi come allora l'unica «fonte di prova» continuano ad essere le dichiarazioni del proprietario di una clinica privata, dottor Enzo Angelini, inquisito per gravi reati e da ultimo accusato dalla procura di Chieti di bancarotta fraudolenta per circa 200 milioni di euro, che si sarebbe sostanziata attraverso continui prelievi di ingenti somme di danaro dalle casse della clinica e finite nei propri conti correnti e in quelli di alcuni familiari;
da una lettura degli atti d'inchiesta, secondo l'interrogante, emergerebbe una anomalia: il capo d'imputazione n. 57 riguardante l'imputata dottoressa Giovanna Calignano, peraltro venuta a mancare proprio nel corso dell'udienza preliminare, è stato così formulato dalla procura, sin dall'inizio delle indagini preliminari: «del delitto di rivelazione di segreti d'ufficio p. e p. dagli articoli 11, 326 del codice penale perché, agendo in preventivo accordo con un pubblico ufficiale che non si è potuto identificare, rivelavano notizie coperte da segreto, in violazione dei doveri inerenti la funzione e comunque abusando della predetta qualità: notizie riguardanti le indagini in corso nell'ambito del presente procedimento ed in particolare che la Procura della Repubblica aveva già chiesto (al GIP) misure cautelari personali a carico di esponenti politici della Regione Abruzzo; in Pescara, accertato il 9 luglio 2008»;
sulla base dei sunti delle intercettazioni telefoniche sull'utenza della dottoressa Calignano, risulterebbe che la procura e il giudice per le indagini preliminari avessero a disposizione sin dai primi giorni dell'indagine, notizie e informazioni sui provvedimenti richiesti dalla procura nei confronti dei politici abruzzesi «anticipati» alla dottoressa Calignano da tale avvocato Ettore Del Grosso, dirigente della Confindustria di Chieti, (stretto collaboratore e amico di Fabrizio Citriniti, a sua volta direttore della Confindustria di Chieti);

non è noto se la dottoressa Giovanna Calignano sia stata interrogata per chiarire da chi abbia ricevuto le informazioni coperte da segreto d'ufficio, né se l'avvocato Ettore Del Grosso sia stato interrogato al fine di accertare chi fosse il pubblico ufficiale che aveva rivelato in anticipo notizie così importanti e delicate per l'inchiesta;
risulta all'interrogante che tra le oltre 400 telefonate che la procura della Repubblica di Pescara chiese di trascrivere come fonte di prova per i vari capi d'imputazione, sembrerebbero tuttavia mancare quelle riguardanti l'avvocato Ettore Del Grosso e la dottoressa Giovanna Calignano -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda assumere iniziative ispettive alla luce di quanto riportato in premessa.
(4-11697)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FAVIA e MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'impianto di manutenzione corrente (IMC) Trenitalia di Fabriano è classificato come impianto di 1o livello per le lavorazioni di manutenzione corrente programmate e correttive su mezzi a trazione e diesel impiegati per il locale trasporto ferroviario marchigiano;
l'impianto ha visto, nel corso degli anni, una notevole riduzione del numero di lavoratori addetti, passati dagli oltre 100 degli anni '80 agli attuali 29;
Trenitalia - anche alla luce del citato taglio degli addetti - ha quindi integralmente trasferito le lavorazioni cicliche e quelle straordinarie nell'impianto locomotive di Verona, ed ha altresì assegnato una parte della manutenzione corrente dei mezzi già in precedenza dell'IMC di Fabriano all'IMC di Sulmona;
tali decisioni di Trenitalia sembrano preludere ad una definitiva chiusura dell'IMC di Fabriano, con conseguenze occupazionali tanto più gravi se si considera che una simile scelta ricadrebbe su di una realtà, quale quella fabrianese, già assai duramente colpita dalla crisi economica -:
se il Ministro interrogato sia al corrente degli effettivi piani aziendali di Trenitalia per l'IMC di Fabriano e quali iniziative intenda quindi assumere onde salvaguardare il futuro dell'impianto, dei suoi lavoratori e - quindi - dell'economia della città di Fabriano.
(5-04642)

GERMANÀ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria di Roma Termini che si estende per circa 225.000 metri quadri di superficie totale, costituisce il più importante scalo ferroviario della città di Roma, il maggiore d'Italia con circa 850 treni al giorno (tra arrivi e partenze 480.000 passeggeri al giorno) e tra le prime tre d'Europa per traffico passeggeri che ammontano a circa 150 milioni l'anno;
guardando oltre le cifre, Roma Termini ha assunto un ruolo di primissimo piano nel sistema di trasporto cittadino, regionale, nazionale e internazionale, sono infatti presenti servizi ferroviari di tutte le categorie oggi esistenti, dall'alta velocità agli eurostar, dagli intercity ai servizi nazionali ed internazionali. Vi sono inoltre numerosi treni interregionali, regionali e diretti, oltre ai seguenti servizi suburbani denominati FR (ferrovia regionale): FR4, FR5, FR6, FR7, FR8, ed è infine attestata anche la linea Leonardo Express che fornisce un collegamento diretto con l'aeroporto di Roma-Fiumicino;
grazie ad un investimento di circa 119 milioni di euro e lavori a ritmi serrati conclusi in occasione del Giubileo del 2000, Roma Termini assurge ad emblema della modernità, garantendo una pluralità di servizi sia ai turisti che ai cittadini romani, soprattutto grazie alla presenza di numerosi servizi quali il Forum Termini, un grande centro commerciale situato nel sottosuolo della stazione;
per ciò che concerne la circolazione, va inoltre rilevato che la stazione è all'avanguardia, potendo vantare un sistema ACC (apparato centrale computerizzato), il primo e finora il maggiore installato in Italia, attivo dall'ottobre 1997;

si evince chiaramente che è un'infrastruttura strategica irrinunciabile dotata di sistemi tecnologici avanzati, ed in quanto tale gli utenti dovranno, poter fruire di servizi adeguati che devono essere equiparati all'importanza dello scalo che, inoltre rappresenta il biglietto da visita e la «porta» di Roma Capitale;
in linea con i criteri stabiliti e imposti dall'evoluzione della tecnologia, la stazione Termini dispone di un portale Internet, ovvero quello curato e facente capo a Trenitalia, sul quale si possono reperire tutte le informazioni relative agli orari delle partenze e arrivi dei treni, conoscere le promozioni e le offerte, accogliere le richieste di viaggio delle persone con mobilità ridotta, ed è altresì possibile effettuare l'acquisto di biglietti on line e consultare gli orari di apertura e chiusura delle biglietterie stabiliti dalle 5,50 alle 23,00;
a fronte di tutti gli aspetti, sopracitati, da ritenersi ovviamente utili e vantaggiosi, ci si scontra con l'inefficienza tangibile e l'impossibilità pratica di sfruttare tutti i servizi offerti, e questa criticità assume, purtroppo, la forma di una rovinosa lacuna, che è facilmente riscontrabile se si considerano i disagi ai quali sono costretti i fruitori, soprattutto con l'approssimarsi delle festività pasquali che segnano l'entrata nel vivo della stagione turistica;
lunghe attese, tempi dilatati, informazioni inesatte e imprecise, server e biglietterie automatiche in tilt e cosa ancor più grave le biglietterie standard chiuse, in totale spregio degli orari indicati;
un negativo ritorno di immagine per il nostro Paese, sempre sotto i riflettori e le cui défaillances sono sotto la lente di ingrandimento del resto del mondo, ma questo è il prezzo da pagare per l'Italia che è la settima potenza industriale del pianeta e non può quindi permettersi di presentarsi con queste insufficienze e questi disservizi, che coinvolgono un flusso così nutrito di utenti -:
quali siano i motivi delle aperture discrezionali della biglietteria, aperta alle 6,33 (tra l'altro facilmente riscontrabile dall'orario d'emissione dei primi biglietti) e non alle 5,50 così come previsto, ritardo foriero di code e conseguente impossibilità di partire;
quale sia la motivazione del mancato impulso e potenziamento dei servizi nei periodi in cui si registra un traffico maggiore di turisti, visitatori, ma anche pendolari;
se si intenda prendere in considerazione la proposta di trasferire la linea Leonardo Express che fornisce un collegamento diretto con l'Aeroporto di Roma-Fiumicino, dagli ultimi binari sui quali è attualmente collocata, verso binari più vicini e quindi più facilmente raggiungibili, al fine di evitare che anziani, persone affette da disabilità, donne incinte o con bambini si scontrino con le difficoltà, i disagi e le scomodità che impediscono loro di recarvisi agevolmente.
(5-04651)

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in vigore delle recenti novelle legislative al codice della strada starebbe comportando un netto incremento del numero di visite obbligatorie presso le competenti commissioni mediche provinciali;
quanto sopra dipende, infatti, dall'implementazione dei controlli sugli anziani e sulle persone affette da forme di epilessia che debbano conseguire o rinnovare il documento di guida;
a causa di una limitatezza del personale medico, numerose commissioni si troverebbero attualmente ad affrontare situazioni di disagio, con correlati ritardi nel rilascio dei certificati di idoneità -:
se siano a conoscenza della situazione descritta in premessa di quali dati

dispongano e quali soluzioni intendano promuovere, per quanto di competenza, per ovviare al cumulo di lavoro a carico delle commissioni mediche provinciali di tutta Italia.
(5-04653)

Interrogazioni a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a seguito di un contenzioso giudiziario sulla gestione dell'appalto della superstrada Pedemontana Veneta, che ha visto coinvolte le associazioni temporanee di imprese (A.T.I.) «Impregilo S.p.A. ed altri» e «S.I.S. ed altri» la regione Veneto, con decreto della giunta regionale n. 1934 del 30 giugno 2009, ottemperando alla sentenza del Consiglio di Stato n. 3944/2009, ha revocato la propria deliberazione n. 3844/2007 che affidava all'ATI «Impregilo S.p.A. ed altri la concessione per la progettazione, realizzazione e gestione della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta (S.P.V.), aggiudicando la concessione, in via definitiva, all'ATI «S.I.S. ed altri»;
successivamente alle verifiche previste per legge e sulla base di una convenzione con l'A.T.I., la regione è giunta alla stipula del contratto di concessione;
nonostante l'enorme importanza che per i cittadini e per il territorio veneto (province di Treviso e Vicenza in primis) rivestono tutti gli aspetti economici e tecnici che riguardano il progetto e la sua realizzazione, la suddetta convenzione stipulata tra regione Veneto e S.I.S. A.T.I. per la realizzazione della Pedemontana Veneta non è mai stata resa pubblica;
rendendosi portavoce delle numerose istanze provenienti dalle amministrazioni locali e dai cittadini, il 24 gennaio 2011, il gruppo consiliare del Partito Democratico Veneto, ha inviato, a firma della capogruppo Laura Puppato, una formale richiesta al Commissario delegato per l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza, al fine di ottenere copia della convenzione tra la regione e S.I.S. A.T.I.;
conseguentemente a tale richiesta, il suddetto commissario ha rivolto all'Avvocatura distrettuale dello Stato una richiesta di parere sull'istanza del gruppo consiliare del Partito Democratico Veneto;
il parere dall'Avvocatura è risultato negativo; secondo la stessa Avvocatura il diritto di ispezione può essere esercitato «esclusivamente nell'ambito e nei limiti della legge n. 241 del 1990 e, più in particolare, dovrà essere allegato e dimostrato uno specifico interesse attuale che, come è noto, non può consistere in un controllo generalizzato dell'attività amministrativa»;
al di là degli aspetti tecnico-burocratici dell'accesso agli atti, sia opportuno e doveroso che i cittadini veneti e i loro rappresentanti eletti nelle istituzioni nazionali, regionali e negli enti locali vengano messi a conoscenza, nella maniera più completa e trasparente, dei contenuti della convenzione tra regione Veneto e S.I.S. relativi alla realizzazione della superstrada Pedemontana Veneta, di cui non sono tuttora noti aspetti fondamentali di carattere economico e tecnico, come quelli relativi ai contratti di project financing o degli accessi liberi per i residenti -:
se intenda attivarsi, con la massima sollecitudine e determinazione, affinché siano resi noti tutti i termini di carattere economico e tecnico previsti dalla convenzione tra la regione Veneto e S.I.S. A.T.I. per la realizzazione della superstrada Pedemontana Veneta essendo questa azione doverosa nei confronti dei cittadini veneti e dei loro rappresentanti nell'amministrazione regionale e negli enti locali.
(4-11686)

D'INCECCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la marineria della città di Pescara è fortemente mobilitata e ha annunciato

uno stato di agitazione a causa delle condizioni di quasi inaccessibilità del porto canale di Pescara per i fondali bassi e sabbiosi, causati dal mancato dragaggio del fiume Pescara;
il problema sta, infatti, mettendo a dura prova il lavoro dei pescatori, costretti quotidianamente a fare i conti con l'insabbiamento dei fondali del fiume; stremati da mesi di incidenti, rifornimenti difficili, fango e difficoltà di ogni tipo, con le barche che restano in secca lungo gli argini del fiume Pescara;
gli effetti del mancato dragaggio del fiume Pescara sono visibili a occhio nudo da chiunque, non solo da pescatori e marinai: una lingua di fango si estende dai piloni dell'Asse attrezzato fino al ponte Risorgimento; solo tra il porto canale e l'avamposto cittadino di Pescara ci sarebbero da rimuovere centinaia di migliaia di metri cubi di limi accumulatisi a causa del mancato dragaggio;
gli interventi posti in essere fino ad ora si sono dimostrati insufficienti, e la situazione rischia di condurre la marineria pescarese in una fase di stallo, innescando una grave crisi del settore, e del mercato del pesce, uno dei cardini dell'economia cittadina;
lo stesso sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia, di fronte alla gravità della questione, ha dichiarato: «Sono pronto a incatenarmi al porto. Questo scandalo deve finire», chiamando in causa il Governo e la giunta regionale abruzzese, dichiarando che il comune non è stazione appaltante per il dragaggio e che la competenza è del Provveditorato alle opere pubbliche;
l'intervento necessario appare complesso e costoso; secondo i tecnici, non basterebbe una piccola draga ma un intervento di almeno 10 milioni di euro per portare a compimento, in due anni, la prima fase più urgente con il dragaggio, la deviazione del fiume a nord attraverso la costruzione di un molo che raggiunga l'attuale diga foranea a est, e che accompagni l'acqua del Pescara verso il largo -:
se sia a conoscenza della estrema gravità della situazione sopra descritta; se e come intenda attivarsi, per quanto di sua competenza, per garantire, in tempi rapidi, la soluzione di quella che appare come una vera e propria emergenza che riguarda Pescara e la sua marineria.
(4-11689)

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla vicenda della procedura di infrazione della Commissione europea inerente la cancellazione da parte della «legge comunitaria» del rinnovo automatico delle concessioni demaniali;
tale determinazione incide in maniera significativa soprattutto su quelle imprese balneari a carattere familiare che vedono svanire le loro certezze di reddito;
è a rischio la perdita degli investimenti spesi per rendere confortevoli ed appetibili gli stabilimenti balneari da loro gestiti e sono circa 30.000 imprese del settore -:
se non sia il caso di assumere un'iniziativa normativa diretta ad introdurre, anche alla luce della raccomandazione della Commissione europea sullo «small business act» fatta propria dal Governo nel 2010, una norma transitoria che porti a rinnovare le concessioni in corso almeno sino al recupero degli investimenti profusi.
(4-11692)

BORGHESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il geometra Giovanni Santini imprenditore, amministratore unico di CO.GE.FER S.p.A. (costruzioni generali e ferroviarie

S.p.A.) ha confessato agli ispettori del Ministero una serie di azioni discutibili del gruppo Gavio sulla TAV;
il direttore del consorzio C.A.V.TO.MI ingegner L. Capponi ha inviato una lettera preoccupata alla Grassetto Costruzioni, nonché all'allora Presidente Marcellino Gavio, al vice presidente Giuseppe Sambo e all'amministratore delegato ingegner Claudio Vezzosi: nella quale scrive, tra l'altro:
«... desta estrema preoccupazione la progressiva amplificazione dei toni e delle trattate argomentazioni che sta assumendo la vicenda in questione, il che crea imbarazzo per lo scrivente consorzio al cospetto della propria Committente e Direzione Lavori anch'esse chiamate in causa dalla nota della ditta CO.GE.FER. Si ritiene pertanto opportuno suggerire un Vs. intervento al fine della risoluzione di una vicenda che, per quanto ci riguarda, ha già creato perplessità e disturbo...»;
il geometra Santini ha descritto i metodi inquietanti in uso nei cantieri della TAV, dettagliando sulla promiscuità tra i controllori ed i controllati, la sistematica falsificazione di documenti, atti, false fatture. Secondo le sue dichiarazioni il gruppo Gavio sarebbe riuscito a incassare oltre 100 milioni di euro della TAV aggirando ogni normativa del settore (specie quella che vieta categoricamente il subappalto «a cascata»). Controllato e controllore erano la stessa persona. Gavio controllava se stesso;
il 14 dicembre 2007 il servizio per l'alta sorveglianza delle grandi opere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti inviava a un memorandum riservato, dal contenuto choc, al Ministro Altero Matteoli. Oggetto del dossier: «Anomalie nell'effettuazione dei lavori inerenti alla costruzione della Linea Ferroviaria Alta Capacità Torino-Milano, Sub Tratta Torino-Novara, Lotti A2-A3»;
scrivono gli ispettori: «... la condotta delle società consortili è stata volutamente improntata alla lievitazione del costo complessivo dell'opera. Si rileverebbe un corposo introito di denaro non giustificato in capo al Gruppo Gavio (circa 100 milioni di euro) a fronte di lavori effettivamente svolti e fatturati a costi ampiamente inferiori dai soci consorziati con quota minoritaria. Tale fattispecie dimostrerebbe che, la stessa opera, poteva essere portata a compimento con un costo di gran lunga inferiore. Parimenti le società consortili sembrerebbero essere state create artificiosamente al fine di eludere il divieto di affidamento in secondo subappalto... singolare appare il fatto che C.A.V.TO.MI., Italferr e Spea (Direzione Lavori) interpellate da Co.Ge.Fer. non risulterebbero aver mai fornito idonee risposte in merito ai siti utilizzati dalla Grassetto per lo smaltimento di circa 1,2 milioni di metri cubi di terre, provenienti dagli scavi di Biandrate e Agognate... lo stato di avanzamento dei lavori eseguiti da Grassetto non veniva effettuato in base al reale avanzamento dei lavori, bensì in base alla disponibilità finanziaria in quel momento presente nelle casse dei consorzi, dietro precise disposizioni che gli giungevano dalla sede dei consorzi di Tortona... Gli elementi persuasivi forniti dalla Cogefer sembrerebbero dimostrare che la condotta delle società consortili avrebbe portato volutamente alla lievitazione del costo complessivo dell'opera, al fine di consentire al Gruppo Gavio di introitare illegittimamente ingenti quantità di denaro... Il costo delle lavorazioni... risulterebbe essere stato contabilmente raddoppiato rispetto a quello sostenuto e che quindi doveva essere speso, passando da circa 10 milioni di euro/chilometro a circa 20 milioni di euro/chilometro»;
a questo punto devono essere ricordati alcuni fatti:
il 7 agosto 1991 l'ente Ferrovie dello Stato affida alla T.A.V. la concessione per la progettazione esecutiva, la costruzione e lo sfruttamento economico del sistema alta velocità;
nella stessa data Ferrovie dello Stato affida alla Italferr S.p.A. il presidio dell'area tecnologica, ingegneristica e sistemica,

nonché il controllo della fase esecutiva di realizzazione del progetto alta velocità;
TAV S.p.A. con convenzione sottoscritta il 15 ottobre 1991 affida alla FIAT Spa in qualità di general contractor tutte le attività necessarie per la progettazione esecutiva e la realizzazione del progetto alta velocità;
FIAT dà in appalto la realizzazione dell'opera al consorzio C.A.V.TO.MI. (consorzio alta velocità Torino-Milano - capofila Impregilo S.p.A. con una quota del 74,69 per cento);
il consorzio C.A.V.TO.MI. (consorzio alta velocità Torino-Milano) dà in subappalto i lavori di corruzione alle due imprese Biandrate società consortile e Agognate società consortile. In entrambe le società consortili il 95,90 per cento delle quote fanno capo ad imprese appartenenti al gruppo Gavio (Grassetto Lavori, Intestrade, Co.Ge.Fer, Sea Segnaletica, COGEDIL, L.A.S., Antonio Nicastro, Viar Costruzioni, Edil Rota, Emme Costruzioni F.lli Melis);
dunque «controllati» risultano essere: le società Consortili Agognate e Biandrate che sono composte per una quota superiore al 95 per cento da aziende appartenenti al gruppo Gavio»;
controllore è invece: Il Consorzio Ca.V.To.Mi, General Contractor della tratta che ha affidato in subappalto i lavori alle consortili, che è composto al 66,50 per cento dalla Impregilo (della quale sono azionisti i Gruppo Gavio e Benetton). Altro controllore è la Spea Ingegneria per l'Europa S.p.A. che effettua la direzione dei lavori sulla tratta, braccio tecnico di Autostrade per l'Italia, entrata a far parte del gruppo Benetton, di cui sono azionisti sia Gavio che Impregilo;
privi di alcuna possibilità di controllo rimangono: Italferr, l'ente Ferrovie dello Stato e il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire con urgenza al fine di porre rimedio ad una situazione che impedisce reali forme di controllo su attività che generano costi in larga parte a carico dei contribuenti.
(4-11699)

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 15 marzo 2011 la strada comunale che collega il comune di Pievepelago (Modena) con la frazione di Tagliole è stata interdetta al traffico a causa di una frana di notevoli dimensioni, che si è staccata a monte dell'attraversamento (fronte 80 metri, lunghezza 500 metri);
la chiusura del traffico ha determinato che per raggiungere la frazione delle Tagliole e la località turistica del Lago Santo ha comportato il ricorso all'unica strada alternativa che prevede un percorso (Pievepelago-Fiumalbo-Dogana-Rotari-Tagliole) di complessivi 18 chilometri di cui 11 con strada comunale ad una sola corsia non utilizzabili dunque né da pullman né da camion né da camper;
la chiusura della strada rappresenta dunque un grosso disagio per la popolazione residente e crea enormi problemi, in vista della prossima stagione estiva per l'accesso alla Valle delle Tagliole e alla località turistica del lago Santo modenese, frequentata normalmente da migliaia di turisti;
le istituzioni locali, comune, provincia e regione, anche a seguito di recenti sopralluoghi hanno posto in essere misure di pronto intervento per tutelare in primo luogo la sicurezza, ma per consentire l'intervento di ripristino della viabilità ordinaria è necessario un intervento rilevante che richiede il contributo anche del livello statale -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi problemi che l'interruzione

della viabilità crea per le comunità del comune di Pievepelago, frazione Tagliole, e se ritenga di porre in essere interventi più urgenti al fine di contribuire insieme alla regione Emilia Romagna, alla provincia di Modena e allo stesso comune di Pievepelago, alla sistemazione della frana e al ripristino della viabilità, qualora pervenisse una richiesta in tal senso, alla luce del principio di sussidiarietà.
(4-11700)

...

INTERNO

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in Italia i centri antiviolenza sono una realtà in costante crescita;
non vi è ancora alcuna pronuncia giurisprudenziale volta a chiarire la discrepanza fra finalità e dettato normativo che invece prevede l'obbligo di denuncia per gli incaricati se vengono a conoscenza di reato perseguibile d'ufficio;
gli operatori che prestano servizio presso un centro antiviolenza ad oggi si appellano al codice deontologico dell'ordine di appartenenza, che prevede il dovere di segretezza professionale;
il codice di procedura penale effettua una netta distinzione fra denuncia di appartenenti a pubblico servizio (articolo 331 del codice di procedura penale) e denuncia da parte di privati (articolo 333 del codice di procedura penale);
nel primo caso «devono farne denuncia per iscritto, quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito»;
l'inosservanza di tale obbligo è sanzionata penalmente «con multa fino a 103 euro»;
per reati perseguibili d'ufficio si intendono quelle fattispecie di reati per i quali non è necessaria una manifestazione di volontà proveniente dalla persona offesa;
per persona incaricata di pubblico servizio si intende (358 del codice penale) chiunque e a qualsiasi titolo presti un servizio pubblico;
il cittadino privato può decidere di fare denuncia o meno;
i professionisti in specie (psicologi e assistenti sociali) hanno il dovere della segretezza (articolo 611 del codice penale);
sussiste un silenzio normativo che rende la tematica di difficile risoluzione, con conseguenze disciplinari per i soggetti in questione -:
se non ritenga opportuno assumere un'apposita iniziativa normativa in base alla quale gli operatori dei centri antiviolenza incaricati di un pubblico servizio, i quali, a causa dell'attività prestata all'interno degli stessi, vengano a conoscenza della commissione di un reato, anche perseguibile d'ufficio, del quale la persona offesa espressamente chieda, a garanzia del diritto all'anonimato ed alla riservatezza, che non venga avvisata l'Autorità giudiziaria o un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, ad eccezione dei casi in cui la vittima del reato sia un minore, siano comunque obbligati a denunciarla alla citata autorità.
(2-01057)
«Sbai»

Interrogazione a risposta orale:

SAMPERI, BURTONE e BERRETTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 15 aprile 2011 una delegazione composta dai deputati nazionali Samperi, Berretta, Burtone aveva programmato una visita al centro per immigrati di Mineo accompagnata dal deputato regionale Raia, dal responsabile nazionale

del Forum immigrazione del Partito democratico da alcuni sindaci locali e dal segretario del partito democratico della provincia di Catania;
in tempo utile era stata inoltrata la richiesta alla Prefettura di Catania per ottenere il permesso di ingresso al centro;
giunta al centro alle ore 17, la delegazione si è sentita opporre un garbato ma netto rifiuto di ingresso per alcuni accompagnatori dei deputati facenti parte della delegazione perché la prefettura di Catania non aveva comunicato il permesso di accesso;
a seguito di una telefonata in prefettura si è saputo che dal Ministero dell'interno non era ancora pervenuto il visto necessario;
per solidarietà nei confronti dei componenti la delegazione, nessuno dei deputati è entrato nel centro e dopo un'ora di attesa davanti ai cancelli tutti hanno abbandonato il residence degli Aranci di Mineo senza aver potuto visitare la struttura;
non risulta ancora quale sia la natura della struttura, nonostante sia stato verbalmente affermato che si tratta di un centro di accoglienza per richiedenti asilo;
è stato sottoscritto un protocollo tra i rappresentanti degli enti locali del comprensorio del calatino e il prefetto di Catania che prevede servizi territoriali e la possibilità per le associazioni di volontariato operare nel centro;
a tutt'oggi non è stato ancora possibile l'attuazione del protocollo e la sola Croce rossa garantisce i servizi di vitto e alloggio, in attesa che la gestione passi alla protezione civile, ma non viene svolta nessuna attività di aggregazione che possa connettere quest'esperienza al tessuto sociale circostante e gli immigrati trascorrono il proprio tempo senza far nulla, senza servizi, senza alcun supporto;
il residence degli Aranci di Mineo non è attrezzato per gestire quasi duemila migranti che non hanno nessun collegamento con il contesto sociale e vagano fuori dal centro su una pericolosissima superstrada statale che collega Gela a Catania, con rischi per la loro incolumità;
agli interroganti non appare rispondere a elementari regole democratiche che il responsabile nazionale dell'immigrazione del maggior partito d'opposizione non abbia potuto visitare il centro per ritardi burocratici -:
quale sia il motivo che ha spinto i responsabili del Cara a negare, a chi ne aveva diritto, l'accesso al centro;
se il centro di Mineo sia stato formalmente inserito tra i centri di accoglienza per i richiedenti asilo;
quali tempi preveda il Governo per dare attuazione al protocollo sottoscritto richiamato in premessa;
se sarà rispettato il tempo di permanenza previsto dalla normativa vigente.
(3-01609)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PELUFFO, FIANO e POLLASTRINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi un quotidiano nazionale ha pubblicato articoli riguardanti un intreccio affaristico tra il presidente della provincia Podestà, attraverso le proprie aziende, e, in particolar modo, la Milano Serravalle, Milano tangenziali Spa;
la Milano Serravalle Milano tangenziali Spa è partecipata al 52,09 per cento dalla Asam spa che è partecipata dalla provincia di Milano con una quota pari all'80,8302 per cento, il socio di maggioranza della Serravalle è quindi la provincia di Milano;
dagli articoli di giornale risulta che Podestà è proprietario di diverse società:
la Generale di Costruzioni con una quota pari al 3,8 per cento e che è

partecipata tra gli altri per il 47,4 per cento dalla Roly, che a sua volta è partecipata dalla famiglia Podestà per l'80 per cento (e che controlla la società Balder al 100 per cento), e per il 40 per cento dalla famiglia Gabassi attraverso la Brioschi sviluppo spa;
la servizi Amministrativi e societari al 99 per cento;
Noarframar al 99 per cento;
risulta inoltre che la Serravalle avrebbe commissionato consulenze ad un'altra società Servizi Verdi srl, altra società del gruppo Podestà che proprio nei loro uffici aveva la sede poi trasferita nel maggio 2010 a Cremona città natale di colui che è l'assistente particolare del presidente Podestà, Aronne Strozzi, come risulta dal curriculum vitae pubblicato dalla prefettura di Cremona per l'onoreficienza del 27 dicembre 2009, che diventò proprietario della Servizi Verdi insieme alla moglie;
Aronne Strozzi è, come risulta dal sito della Serravalle, consulente per «supervisione sicurezza sui luoghi di lavoro» per 4 mesi percepisce 200 mila euro;
la famiglia Cabassi oltre ad essere socio del presidente della provincia di Milano Podestà, attraverso la Generale di costruzioni partecipata dalla famiglia Cabassi per il 40 per cento, conseguentemente è in affari nella residenze Heliopolis ma soprattutto è la proprietaria di un quarto dei 1,1 milioni di metri quadrati del sito Expo 2015 -:
di quali elementi dispongano sugli intrecci finanziari segnalati in premessa, anche al fine di verificare la sussistenza dei presupposti, in relazione alle fattispecie di incompatibilità previste dall'articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 70 del medesimo decreto legislativo;
se non intenda comunque valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a specificare ulteriormente la disciplina della cause di incompatibilità, alla luce di quanto esposto in premessa.
(5-04652)

Interrogazione a risposta scritta:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, al Ministro delle riforme per il federalismo. - Per sapere - premesso che:
nella regione Friuli Venezia Giulia si registrano, al momento, 31 sedi vacanti nel ruolo di segretario presso altrettante amministrazioni comunali;
la regione Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell'articolo 4, numero 1-bis, del proprio statuto di autonomia, ha potestà legislativa in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni; in tale ambito di competenza non rientra la disciplina della figura del segretario comunale, in quanto gli stessi sono considerati dipendenti dell'ex Agenzia nazionale dei segretari comunali e provinciali, ora soppressa e, pertanto oggi risultano essere in carico al Ministero dell'interno;
attualmente l'ex AGES attende l'autorizzazione del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per procedere all'iscrizione di 364 nuovi segretari, di cui 12 residenti in Friuli Venezia Giulia;
in data 27 dicembre 2010, il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che sollecita il presidente della regione a richiedere al Ministro dell'interno l'assegnazione, in via prioritaria, alla sezione dei segretari del Friuli Venezia Giulia dei concorrenti vincitori del corso-concorso nazionale conclusosi nell'ottobre del 2010, provenienti dalla regione Friuli Venezia Giulia;
un stessa richiesta veniva indirizzata dall'ANCI del Friuli Venezia Giulia e dal presidente della regione al Ministro dell'interno, riferendosi alla impostazione federalista

che il Governo sta portando avanti nei rapporti con le regioni e le autonomie territoriali -:
quante unità di nuovi segretari comunali si intendano assegnare alla sezione regionale del Friuli Venezia Giulia;
se i Ministri interrogati intendano procedere, singolarmente o in concerto, con una iniziativa - anche di tipo normativo - per dare risposta positiva alla richiesta unanime indirizzata dalla regione Friuli Venezia Giulia e dall'ANCI per assegnare alla sezione della regione Friuli Venezia Giulia i segretari vincitori del corso-concorso residenti in Friuli Venezia Giulia.
(4-11690)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GIAMMANCO, FRASSINETTI e BARBIERI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a differenza delle scuole secondarie di primo grado in cui l'area di sostegno è unica, nelle scuole secondarie di secondo grado esistono invece diverse aree disciplinari, ovvero AD01 area scientifica, AD02 area umanistica, AD03 area tecnico-artistica-professionale, AD04 area psicomotoria;
il comma 5 dell'articolo 13 della legge n. 104 del 1992, recante la normativa di riferimento in materia, recita: «Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato»;
la differenziazione in diverse aree è originata da un'interpretazione errata dell'espressione «nelle aree disciplinari» riportata nel suddetto comma 5 dell'articolo 13 della legge n. 104 del 1992, che era invece riferito alle «attività didattiche» e non ai «docenti specializzati» che sono specializzati invece in tutte le aree;
tale interpretazione lede il diritto allo studio degli alunni con diverse abilità e reca danno ai docenti specializzati su sostegno in area tecnica, che pur avendo maturato punteggi elevati si ritrovano penalizzati rispetto agli specializzati appartenenti alle altre aree;
l'unificazione di tutte le aree concederebbe a tutti gli insegnanti di sostegno parità di condizioni nell'espletamento della loro attività didattica -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario ed urgente istituire un elenco unico di insegnanti di sostegno anche per le scuole secondarie di secondo grado, analogamente a quanto già avviene per le scuole secondarie di primo grado, prevedendo che l'assegnazione dei posti venga effettuata secondo l'ordine di graduatoria.
(5-04639)

GNECCHI, GHIZZONI, DAMIANO, DE BIASI, SCHIRRU, GIOVANELLI, MIGLIOLI, GATTI e MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008 e successive modificazioni, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, ha previsto il collocamento coatto dei dipendenti pubblici con 40 anni di contribuzione;
la suddetta norma non è stata applicata uniformemente nella pubblica amministrazione creando una palese disparità di trattamento nei confronti del personale, né tantomeno il Ministro Brunetta si è premurato di avviare un monitoraggio

circa l'applicazione dell'istituto della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, nonostante l'impegno del Governo a dar corso all'ordine del giorno n. 9/3638/109 del 29 luglio 2010 accolto dal Governo nel corso dell'esame del decreto-legge n. 78 del 2010 e più volte richiesto con gli atti di sindacato ispettivo n. 4/04782 - 5/03152 - 4/09465 e 4/11316;
con particolare riferimento al settore scolastico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella direttiva n. 94 del 4 dicembre 2009, nel fornire i criteri da utilizzare nell'individuazione del personale docente da collocare a riposo, ha evidenziato quale esigenza prioritaria la riduzione degli esuberi, ma nella realtà le risoluzioni del rapporto di lavoro sono state poste in essere, dalle singole amministrazioni scolastiche con ampia discrezionalità, senza specificare le esigenze relative alla necessità di effettuare una riorganizzazione o un riassetto degli organici o alla necessità di razionalizzare eventuali situazioni di esubero, venendo quindi a realizzarsi il tal modo il totale difetto di motivazione per la risoluzione del rapporto di lavoro;
risultano essere molti i casi di applicazione errata e difforme dell'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008 ed in tal senso sono state avviate molte azioni giudiziarie dal personale della scuola e sono ormai molte le sentenze emesse dai tribunali che accolgono i ricorsi degli interessati;
si è ormai realizzata una consolidata giurisprudenza a favore dei ricorrenti, che dimostra, secondo gli interroganti, con quanta superficialità e discrezionalità sia stata applicata questa norma contraddittoria voluta fortemente da questo Governo -:
se non ritengano opportuno i Ministri interrogati, per i motivi di cui sopra e per la consolidata giurisprudenza dei tribunali a sfavore dell'amministrazione, di avviare il monitoraggio più volte richiesto sull'applicazione dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008 e valutare di assumere iniziative normative dirette all'abrogazione della norma stessa o a favorire un esodo volontario.
(5-04645)

DE TORRE e COSCIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 10 novembre 2010 la VII Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati ha espresso il parere sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante «Norme generali per la ridefinizione e l'assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali» (atto n. 194);
il parere approvato, pur essendo favorevole, è subordinato all'accoglimento delle seguenti condizioni:
1) ferma restando l'impostazione organizzativa e didattica, che consente di riconoscere i crediti acquisiti dagli adulti e di personalizzare i percorsi sulla base del patto formativo individuale e che prevede un'articolazione organizzativa per gruppi di livello, si ritiene necessario coordinare lo schema di regolamento in esame con la disciplina introdotta dai decreti del Presidente della Repubblica n. 87, 88 e 89 del 2010, riguardanti rispettivamente gli istituti professionali, gli istituti tecnici e i licei, in modo da renderlo coerente, nell'impianto e nei termini utilizzati, con il nuovo assetto della scuola secondaria superiore quale risulta dagli indicati regolamenti;
2) al fine di innalzare i livelli di istruzione della popolazione adulta, anche immigrata, per rispondere ai nuovi fabbisogni di istruzione indotti dalle rapide trasformazioni in atto della struttura demografica della popolazione, appare necessario modificare il provvedimento in esame in modo da assicurare centralità, nell'offerta formativa dei centri, all'acquisizione delle competenze di base connesse all'adempimento dell'obbligo di istruzione e all'esercizio della cittadinanza attiva, anche per sostenere meglio gli adulti nei

percorsi di secondo livello per il conseguimento di un titolo di studio di istruzione secondaria superiore;
3) in considerazione del fatto che ai Centri territoriali compete, nella loro autonomia organizzativa e didattica, la gestione degli strumenti di flessibilità di cui all'articolo 4, comma 7, anche ai fini dell'orientamento e dell'accoglienza necessari alla definizione del patto formativo individuale, funzionale alla personalizzazione dei percorsi, si ritiene necessario, inoltre, all'articolo 4, dopo il comma 5, inserire il seguente: «5-bis. I percorsi di cui al comma 1, lettera b), sono realizzati dai Centri attraverso gli accordi di rete di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, con particolare riferimento all'articolo 7, stipulati con le istituzioni scolastiche presso le quali funzionano i percorsi di istruzione tecnica, professionale e artistica»;
4) appare necessario, inoltre, che le materie di cui all'articolo 4, comma 7 siano disciplinate con uno strumento flessibile, come le linee guida, per sostenere gradualmente il passaggio al nuovo ordinamento dei percorsi per l'istruzione degli adulti, nel rispetto dell'autonomia dei centri;
5) si considera necessario altresì prevedere misure nazionali di accompagnamento per l'introduzione del nuovo assetto organizzativo e didattico dei Centri, che comprendano prioritariamente l'aggiornamento del personale scolastico;
6) è necessario ridefinire i tempi previsti all'articolo 11, comma 1, stabilendo che il termine del 31 agosto 2011 fissato per la cessazione del previgente ordinamento sia sostituito quello del 31 agosto 2013»;
il parere pone anche la seguente osservazione;
«il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca valuti l'opportunità di adottare tutte le iniziative necessarie, anche nell'ambito dei contratti collettivi di lavoro del personale della scuola, per assicurare ai Centri territoriali personale in possesso di specifici titoli culturali e di esperienze maturate nel settore dell'istruzione degli adulti»;
il gruppo PD aveva presentato una proposta di parere alternativo, nel quale, tra l'altro, nell'esprimere parere negativo, evidenziava che:
1. la ridefinizione dell'offerta formativa dell'istruzione per gli adulti deve collocarsi nel quadro degli indirizzi emanati dall'Unione europea, in particolare, dalla Conferenza internazionale di Amburgo del luglio 1997, con il Trattato di Lisbona del 2000 e la Strategia Europea 2020, che attribuiscono al «lifelong learning», cioè all'apprendimento lungo tutto il corso della vita, un molo centrale nell'ambito delle strategie per la crescita e l'occupazione, per la trasformazione del Welfare e per la cittadinanza attiva;
2. l'offerta formativa dell'istruzione pubblica per gli adulti dovrebbe essere non solo riorganizzata, ma, come sottolinea il CNPI nel suo parere, deve essere soprattutto potenziata per colmare i ritardi accumulati dal nostro Paese nella costruzione del sistema integrato finalizzato a promuovere l'apprendimento durante tutto l'arco della vita e per affrontare in modo efficace alcune criticità come l'elevato rischio alfabetico, come testimoniano alcuni dati;
3. il parere è fortemente limitato dai vincoli imposti dai drastici tagli lineari stabiliti con l'articolo 64 della legge 133/2008, che comportano, per il settore dell'istruzione per gli adulti, un taglio agli organici del personale di ben 2.097 unità, con una ricaduta drammaticamente negativa sulla quantità e qualità dell'offerta formativa assicurata fin qui dai Centri Territoriali Permanenti e dai Corsi Serali;
4. in conseguenza dei tagli, l'offerta formativa viene limitata unicamente al conseguimento dei titoli di studio e delle certificazioni riferiti al primo ciclo, all'assolvimento dell'obbligo scolastico e, per il secondo ciclo di istruzione, solo ai percorsi

degli istituti tecnici, degli istituti professionali e ai soli licei artistici, escludendo così, incomprensibilmente, tutti gli altri percorsi liceali peraltro già attivati in diverse realtà del Paese;
5. viene meno una parte rilevante dell'offerta formativa già sperimentata con successo nei CTP con offerte formative modulari flessibili, come i percorsi finalizzati all'alfabetizzazione culturale e funzionale, i percorsi integrati di istruzione e formazione, i percorsi rivolti ai bisogni di alfabetizzazione delle fasce più deboli;
6. si esclude l'apprendimento dell'italiano come seconda lingua per gli stranieri, possibile, secondo il regolamento, solo come parte di un percorso finalizzato al conseguimento del titolo di studio: invece di realizzare, come sarebbe necessario, un piano nazionale per l'apprendimento della lingua italiana da parte dei cittadini immigrati, tanto più a fronte dell'introduzione dei test di lingua per ottenere il permesso di soggiorno, si azzerano le tante esperienze positive realizzate in tante realtà del paese dai CTP e si rende impossibile l'accesso all'offerta formativa dell'istruzione pubblica da parte degli immigrati sia per l'apprendimento dell'italiano che di altre competenze non finalizzate alla mera acquisizione di un titolo di studio, ed il generico richiamo all'innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione adulta, anche immigrata, contenuto in una delle condizioni del parere approvato non soddisfa tale necessita;
7. si escludono dall'offerta formativa dedicata agli adulti i percorsi di cultura generale e di approfondimento, che, invece, avrebbero potuto arginare il drammatico problema dell'analfabetismo di ritorno, come fin qui è stato in moltissime esperienze positive diffuse nel nostro Paese, nonché tutti i percorsi integrati di istruzione e formazione professionale, indispensabili per tante lavoratrici e tanti lavoratori, che hanno perduto l'occupazione a seguito dalle grave crisi economica che incombe nel nostro Paese e che hanno bisogno di acquisire nuove competenze che rendano loro possibile il rientro nel mondo del lavoro;
8. infine, è particolarmente grave che la previsione che l'organico del personale sia attribuito solo sulla base del criterio della serie storica degli studenti e che non sia prevista, invece, l'attribuzione di una dotazione organica funzionale di personale, almeno triennale, definita sulla base di elementi di programmazione dell'offerta e dei suoi risultati, collegati con l'analisi dei flussi e dei bisogni formativi, l'analisi di contesto e della situazione territoriale; così come è particolarmente grave la mancata previsione di un piano nazionale di aggiornamento professionale;
a seguito dell'approvazione del parere da parte della Commissione, a tutt'oggi, si è ancora in attesa dell'esame, in seconda lettura, da parte del Consiglio dei Ministri e della conseguente emanazione da parte del Ministero del regolamento modificato -:
come intenda il Ministero ottemperare alle condizioni espresse nel parere;
quali iniziative intenda assumere, in particolare per:
a) rispettare la raccomandazione espressa nel parere al fine di assicurare ai Centri territoriali il personale necessario, in possesso di specifici titoli culturali e di esperienze maturate nel settore dell'istruzione degli adulti;
b) realizzare un piano nazionale per l'apprendimento della lingua italiana da parte dei cittadini immigrati, non solo come parte di un percorso finalizzato al conseguimento del titolo di studio;
c) prevedere che l'organico del personale non venga attribuito solo sulla base del criterio della serie storica degli studenti bensì venga adottata l'attribuzione di una dotazione organica funzionale di personale, almeno triennale, definita sulla base di elementi di programmazione dell'offerta e dei suoi risultati, collegati con

l'analisi dei flussi e dei bisogni formativi, l'analisi di contesto e della situazione territoriale;
d) attuare un piano nazionale di aggiornamento professionale del personale;
quali sono i tempi previsti per l'emanazione del relativo regolamento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(5-04650)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
traendo spunto dalle giuste affermazioni del Presidente del Consiglio sul livello preoccupante di politicizzazione della scuola statale italiana, l'interrogante sottolinea l'esigenza di un intervento che, pur tenendo conto della delicata situazione economica del Paese, favorisca il pluralismo educativo, attraverso iniziative economiche e normative a favore della scuola paritaria;
in particolare, l'interrogante fa riferimento a precedenti atti di sindacato ispettivo concernenti la discriminazione posta in essere a Bologna ed in Emilia Romagna verso le scuole paritarie, che pure svolgono un servizio pubblico, e sottolinea che anche in questi giorni è stato proposto un referendum a livello cittadino per abolire i già scarsi finanziamenti erogati dal comune di Bologna alle scuole materne gestite da religiosi, le quali svolgono una preziosa opera educativa e di supplenza nei confronti dell'ente locale e dello Stato, stante la richiesta di iscrizioni continuamente rinnovate alle quali il comune di Bologna non riesce a dare risposta;
quanto sopra conferma, a parere dell'interrogante, la necessità di un intervento organico dello Stato attraverso iniziative normative che diano piena attuazione alla legge n. 62 del 2000 «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione» e che stabiliscano livelli minimi di assistenza e di istruzione validi per tutte le regioni d'Italia, con particolare riferimento al cosiddetto «diritto allo studio»;
appare opportuno che il Governo si esprima in relazione a tale tema, in considerazione del fatto che, una proposta di legge che definisca livelli minimi di prestazione validi per tutto il Paese, non lede l'autonomia delle regioni, come, a quanto consta all'interrogante, ha riconosciuto il Ministero per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale è in linea con quanto stabilito attraverso i LEA per l'assistenza sanitaria, e rafforza il principio costituzionale dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge;
è evidente infatti che i cittadini di regioni, quali Lombardia, Veneto e Piemonte, ove con criteri diversi è stato introdotto il cosiddetto «buono scuola» che dà la possibilità ai genitori di scegliere il tipo di educazione più confacente ai propri figli, non si trovano sullo stesso piano dei cittadini di regioni, come l'Emilia Romagna, ove, ad avviso dell'interrogante, tale diritto è negato e vige di fatto un monopolio regionale e comunale in materia di diritto allo studio che comprime la libertà di scelta della famiglia -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative che, nel rispetto dei principi succitati, definiscano la facoltà di scegliere percorsi educativi uguali per tutti i cittadini del nostro Stato e che appaiono all'interrogante estremamente necessarie ed urgenti alla luce delle continue iniziative delle forze politiche di sinistra che mirano a contrastare, in ogni modo possibile, il riconoscimento svolto a livello locale dalle istituzioni educative paritarie.
(5-04654)

Interrogazione a risposta scritta:

MARINELLO, PAGANO, MINARDO, TORRISI, GIANNI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, LA LOGGIA, CATANOSO e GERMANÀ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la scelta del percorso di formazione professionale rappresenta un importante e valido strumento per la crescita dei giovani che intendono continuare il loro percorso formativo frequentando corsi di formazione professionale sino al superamento dell'età soggetta all'obbligo scolastico, nonché una notevole opportunità per il loro inserimento nel contesto socio-lavorativo;
nella regione Sicilia il sistema di IeFp (istruzione e formazione professionale), gestito dagli enti di formazione professionale, si presenta alquanto instabile nonostante la giunta regionale, con delibera n. 342, adottata nella seduta del 1o ottobre 2010, abbia recepito l'accordo del 29 aprile 2010 tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, riguardante il primo anno di attuazione 2010/2011 dei percorsi di istruzione e formazione professionale, a norma dell'articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
l'esperienza formativa degli enti nel corso degli anni ha offerto a tanti giovani la possibilità di riscatto sociale e culturale, di inserimento nel mercato del lavoro con una professionalità e che ha contribuito a tenerli lontani dal rischio di pericolose devianze;
è in atto in Sicilia il tentativo di oscurare la validità dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale (OIF), sperimentati e pianificati dagli enti di formazione professionali attraverso l'affidamento esclusivo agli istituti scolastici;
bisogna inoltre ricordare che nel settembre 2010 si sarebbero dovuti avviare, contestualmente all'anno scolastico, corsi autorizzati ma non decretati (per la parte relativa al primo anno), tra l'altro con una riduzione finanziaria che penalizza i ragazzi che presentano disabilità;
non sono stati finanziati i percorsi LARSA- per il recupero e il potenziamento degli apprendimenti;
ferma restando l'autonomia regionale in materia di formazione professionale, l'attivazione di corsi afferenti l'adempimento dell'obbligo scolastico fa parte, ai sensi del Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, dei livelli essenziali delle prestazioni la cui erogazione è garantita da parte dello Stato -:
se i Ministri non intendano assumere, nell'ambito delle proprie competenze, iniziative urgenti per l'emanazione del regolamento concernente l'accertamento della prestazione dei livelli essenziali di assistenza in materia di formazione professionale ai fini dell'adempimento dell'obbligo scolastico, anche al fine di impedire che si verifichino le distorsioni descritte in premessa.
(4-11696)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GATTI e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il lavoro intermittente è un contratto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa quando ne abbia effettivamente bisogno, nei limiti e alle condizioni fissate dagli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003;

questa tipologia di lavoro, detta anche «a chiamata», è stata oggetto di accese controversie nel mondo del lavoro sin dalla sua istituzione, perché caratterizzata, secondo l'opinione di molti, da un eccessivo sbilanciamento delle posizioni contrattuali, che vedono il lavoratore posto in una situazione di estrema debolezza rispetto al datore di lavoro;
il contrasto sulla reale efficacia di questo tipo di contratto è simboleggiata dall'alternarsi di interventi subiti dalla legge n. 276 del 2003 nel corso degli ultimi anni, proprio in relazione agli articoli riguardanti il lavoro intermittente;
durante la scorsa legislatura, infatti, la maggioranza parlamentare di centrosinistra aveva approvato la legge n. 247 del 2007, la quale all'articolo 1, comma 45, disponeva l'abrogazione degli articoli 33-40 del decreto legislativo n. 276 del 2003;
il Governo in carica ha invece immediatamente provveduto a reintrodurre la fattispecie contrattuale del lavoro intermittente, mediante l'emanazione del decreto-legge 112 del 2008 (convertito dalla legge n. 133 del 2008), che, all'articolo 39, comma 10, lettera m), ripristina la relativa disciplina prevista dal decreto legislativo n. 276 del 2003;
si ricorda che il contratto intermittente non genera automaticamente un obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro eseguendo la prestazione: perché questo obbligo sussista è necessario un apposita ed espressa previsione da parte del contratto individuale. Qualora tale previsione venga inserita, al lavoratore spetta la cosiddetta indennità di disponibilità;
tale indennità è disciplinata dall'articolo 36 del decreto legislativo n. 276 del 2003, il quale stabilisce, tra l'altro, che la misura dell'indennità mensile di disponibilità è divisibile in quote orarie e «corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura di detta indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non è inferiore alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»;
sull'indennità di disponibilità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo;
gli interroganti temono che la già debole condizione contrattuale dei cosiddetti lavoratori intermittenti sia resa ancor più critica dalla sempre più diffusa tendenza dei datori di lavoro a non inserire, in fase di contrattazione individuale, la previsione dell'indennità di disponibilità -:
quanti contratti di lavoro intermittente siano stati attivati nel corso degli anni 2008, 2009, 2010 e 2011 e, per ognuno dei suddetti anni, per quanti di questi rapporti siano stati versati i contributi relativi all'indennità di disponibilità;
a quanto corrisponda mediamente la retribuzione di un contratto di lavoro intermittente per ogni singolo anno dal 2008 al 2011.
(5-04640)

SCHIRRU e PES. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in tutta Italia in questi mesi continuano a registrarsi notevoli ritardi nell'espletamento delle pratiche Inps relative ai contributi;
l'informatizzazione della pratiche Inps, voluta per poter gestire meglio le singole posizioni e soprattutto per cercare di arginare il fenomeno dei «falsi invalidi», si sta sempre più scontrando con le carenze organizzative e di personale degli

uffici, che hanno spinto i dipendenti, già a fine gennaio, a dichiarare lo stato di agitazione, non ancora revocato;
l'ultima difficoltà alla quale stanno andando incontro i cittadini parzialmente invalidi, o che usufruiscono dell'accompagnamento, si deve all'abolizione, a partire dal 1o gennaio 2011, del servizio fornito dall'Inps di supporto nella compilazione del modello 730, all'interno del quale, sbarrando un'apposita casella, si indicava l'eventuale svolgimento di un'attività lavorativa pur a fronte dell'invalidità parziale, con conseguente guadagno che farebbe venire meno i presupposti per ottenere l'indennizzo, o la condizione di ricovero gratuito, altro caso in cui la persona perderebbe il diritto all'accompagnamento, ricevendo già l'assistenza quotidiana necessaria;
con l'abbandono del modello cartaceo, entrambe le dichiarazioni ora possono essere fornite all'Inps solamente on-line. I relativi modelli, chiamati «Icric» (in riferimento al ricovero gratuito) e «Iclav» (per lo svolgimento dell'attività lavorativa) sono stati richiesti dall'Inps a tutti gli aventi diritto tramite una comunicazione spedita nelle scorse settimane, nella quale si invita a fornire entrambi i modelli - se si è titolari sia della pensione di invalidità parziale che dell'accompagnamento - o uno solo, entro il 31 marzo, termine oltre il quale, in caso di mancato invio, la pensione di invalidità o l'indennizzo verranno sospesi automaticamente. L'Inps ha calcolato che per esaminare tutte le richieste occorreranno almeno due mesi, pertanto la sospensione dovrebbe scattare a partire dal mese di maggio ma, proprio per le carenze di personale, è probabile che occorra ancora più tempo per evadere tutte le pratiche;
nei fatti, però, la citata normativa sta producendo un vero e proprio corto circuito nel sistema. Anziché avere tempi certi e disagi minori, i cittadini si trovano al centro di un nuovo sistema lacunoso che allunga di fatto la tempistica di accesso ad un beneficio economico dovuto -:
quali misure intenda adottare al fine di garantire agli interessati risposte certe in tempi brevi e senza che ciò stravolga lo spirito della riforma;
se non ritenga opportuno attivare uno sportello presso ciascuna sede Inps provinciale che dia risposta ai problemi degli utenti, specialmente quelli più anziani, che non hanno la possibilità di accedere ad internet.
(5-04644)

CODURELLI e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
all'atto di sindacato ispettivo 5-03033 (previdenza spedizionieri doganali) il Governo, in data 23 giugno 2010 forniva la seguente risposta: «La situazione descritta dall'onorevole Codurelli, già oggetto di diversi atti parlamentari, concerne la posizione di quella categoria di lavoratori (gli spedizionieri doganali) i quali, a seguito della soppressione del Fondo previdenziale ed assistenziale di riferimento, non hanno potuto usufruire dei benefici previsti dal decreto legislativo n. 42 del 2006, in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi; il predetto decreto, come noto, consente a soggetti iscritti a forme pensionistiche ben individuate di cumulare gratuitamente i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni al fine del conseguimento di un'unica pensione di vecchiaia o di anzianità. Tanto premesso, sono in grado di informare l'onorevole interrogante che le problematiche sottese al presente atto parlamentare sono all'attenzione dell'Amministrazione che rappresento la quale, anche alla luce delle più recenti pronunce giurisprudenziali in materia sta valutando, unitamente al competente Ministero dell'economia e delle finanze, ogni soluzione idonea, a soddisfare le esigenze prospettate, in tale ambito, dalla categoria possibile di che trattasi. Mi riservo una più dettagliata risposta all'esito dei contatti tra i due Ministeri, alla ripresa dell'attività parlamentare;

dalla suddetta data non è pervenuta alcuna nuova informazione da parte del Governo, nonostante siano trascorsi oltre 10 mesi e pertanto non è dato sapere se siano stati attivati i contatti con il Ministero dell'economia e delle finanze e quando sarà possibile addivenire ad una soluzione idonea a risolvere la problematica sollevata -:
quali siano state, a fronte degli impegni assunti da Governo con l'atto di sindacato ispettivo citato in premessa, le iniziative promosse dal Ministro interrogato ed entro quali tempi sia possibile ipotizzare un'idonea soluzione alla problematica segnalata.
(5-04648)

Interrogazioni a risposta scritta:

PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel settembre 2007 l'Inps ha proceduto ad indire un concorso per l'assunzione di 50 posti nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B, area economica B1;
espletato tale concorso sono risultati idonei 319 candidati su circa 25 mila concorrenti mentre l'INPS ha continuato a fronteggiare la carenza di organico, ordinaria e strutturale ricorrendo a lavoratori in somministrazione nei ruoli del personale amministrativo dell'area funzionale B;
lo stesso Ente ha dichiarato che a partire dal 2011 non potrà ricorrere neppure ai lavoratori somministrati malgrado sia stato confermato un fabbisogno pari a quello del 2010 a causa dei tagli approntati dal decreto-legge n. 78 del 2010;
le deroghe legislative al principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, seppure previste espressamente dallo stesso articolo 97, terzo comma della Costituzione, sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006);
il concorso pubblico rappresenta lo strumento fondamentale di accesso al lavoro nella pubblica amministrazione, al fine di garantire il suo buon andamento e l'imparzialità, nonché la legalità e l'oggettività del merito;
la longevità del rapporto di somministrazione con i suddetti lavoratori interinali dimostra la necessità dell'INPS di assumere altro personale per lo svolgimento delle mansioni «ordinarie» e che per soddisfare tale necessità lo strumento della somministrazione non appare adeguato, come più volte sottolineato anche dalla corte dei conti (delibera 4/2010) -:
se, il Ministro non ritenga opportuno affrontare con un impegno straordinario i bisogni immediati dell'INPS, procedendo in modo prioritario all'assunzione di quanti vincitori ed idonei di un concorso indetto dall'ente nell'ultimo quinquennio non siano ancora stati assunti;
se, in particolare, non ritenga utile istituire per la copertura dei posti rimanenti l'indizione di un nuovo concorso, valorizzando mediante il riconoscimento di un punteggio, l'esperienza maturata dai lavoratori che nello stesso arco di tempo abbiano lavorato presso l'ente mediante contratti di somministrazione, di collaborazione a progetto o a tempo determinato.
(4-11677)

ZACCHERA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società Vodafone IT del gruppo Vodafone Group, leader mondiale delle telecomunicazioni, dopo aver effettuato nell'anno 2007 una cessione di ramo aziendale di 914 dipendenti verso Comdata e-care, quella di alcuni IT verso IBM nel 2009, la piccola delocalizzazione di un'altra parte di IT verso l'India a fine 2010, ha annunciato in data 8 aprile 2011

una nuova cessione di un altro ramo d'azienda che impatta 335 dipendenti del comparto FIELD verso Ericsson Italia (ENSI). Comunicazione avvenuta tramite mass media e convocazione sindacale;
i dipendenti impattati, elogiati in diverse occasioni come super-tecnici che hanno fatto fronte in modo eccellente alla continuità di comunicazione in casi critici come il terremoto dell'Aquila, l'alluvione di Sarno ed altri, hanno riversato tutte le loro speranze e fiducia nell'azienda portandola ai massimi livelli, si ritrovano oggi esternalizzati: il preambolo della disoccupazione;
quanto oggi l'azienda fa capire, è che questa è la prima fase di esternalizzazione a cui ne seguiranno altre per raggiungere, secondo voci ufficiose, il numero di 1700 dipendenti ceduti ad altre società;
questo passaggio (i 335 dipendenti) avverrà verso un'altra azienda leader ma, ad oggi, non sono chiare le azioni di tutela e le garanzie acquisite permesse dalle leggi in vigore che possano consentire una continuità dei diritti e benefici conquistati e garantiti in fase di contratto di assunzione. Inoltre è ufficiale che il lavoro di monitoraggio della rete di accesso, che sino ad oggi ha dato occupazione a dipendenti italiani, verrà nel settembre del corrente anno migrato in Romania, sebbene senza al momento intaccare il perimetro di questi altri lavoratori dipendenti, che dovrebbero intraprendere una nuova occupazione di government, ma a discapito di lavoratori consulenti di aziende operanti sul territorio italiano;
nell'agosto 2010 dal sito ufficiale di CGIL di Genova si legge che: «a giugno, poco più di un mese dopo la firma dell'accordo per 90 persone (in R&D e Opto, principalmente a Genova), Ericsson annunciava altri 250 esuberi...reazioni incredule e rifiuto di trattare da parte delle OO.SS. Il 30 luglio l'Azienda ha comunque aperto le relative procedure di legge per la mobilità con comunicazione al Ministero» -:
cosa si intenda fare per tutelare 335 italiani e i probabili futuri 1265 nel permettere una continuità di lavoro e quelle garanzie e benefici che si sono conquistate negli anni;
se non si ritenga necessario che si assumano iniziative per contrastare lo spostamento di lavoro all'estero che creerebbe problemi di occupazione nazionale.
(4-11680)

BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Morellato, grazie ad un importante portafoglio di prestigiose brand mondiali, è da anni una delle principali e più note imprese a livello mondiale nel settore degli orologi con oltre 300 punti vendita in oltre dieci Paesi al mondo e l'attività di produzione di cinturini di orologi e di astucci per gioielleria fa dell'azienda una delle principali leader a livello mondiale;
nei giorni scorsi, organi di stampa locale padovani (Gazzettino) riportavano la notizia che l'azienda Morellato, che detiene uno stabilimento produttivo in Santa Giustina in Colle (Padova), sarebbe in procinto di poter trasferire alcune delle linee produttive ora presenti nel plant padovano nello stabilimento di Varese;
la notizia, in virtù della strategica importanza per il territorio ove oggi opera l'azienda, ha destato estrema preoccupazione sia tra i dipendenti che ora lavorano nello stabilimento, circa duecento, sia tra gli amministratori locali -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche in ragione dell'importanza strategica dell'azienda per l'area coinvolta, per salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione sopraesposta e delle famiglie del territorio interessato.
(4-11687)

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Rosario Agovino, (quasi sessantenne), lamenta i mancati versamenti INPS gestione separata legge 335 del 1995 sia per lui sia per la moglie ed altri soggetti incaricati alle vendite ai sensi della legge 173 del 2005 e del decreto legislativo 114 del 1998, da parte dell'azienda METORS SYSTEM S.p.A. di Monopoli (Bari);
dalle certificazioni si evince la differenza tra quanto dichiarato dall'azienda e quanto invece dichiarato dall'INPS:
anno 2005: dichiarati 4.577,41 euro versati 795,78 euro;
anno 2006: dichiarati 5.555,97 euro versati 1.533,35 euro;
anno 2007: dichiarati 7.924,85 euro nessun versamento;
anno 2008: dichiarati 10.763,32 euro nessun versamento;
anno 2009: dichiarati 9.508,91 euro nessun versamento -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non intenda intervenire presso la locale sede INPS al fine di sollecitare una verifica presso l'azienda;
se non ritenga possibile autorizzare, come per i lavoratori dipendenti, l'integrazione dei contributi mancanti, attraverso il Fondo Garanzia INPS;
come intenda altrimenti attivarsi per risolvere un problema che potrebbe ricadere fortemente su lavoratori alle soglie della pensione.
(4-11695)

TESTO AGGIORNATO AL 28 APRILE 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA, BRANDOLINI, SANI e ENZO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 24 marzo 2011, la Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha audito il Commissario straordinario dell'Unire dottor Claudio Varrone;
in quell'ambito, il primo firmatario del presente atto ha chiesto al dottor Varrone se l'ente di cui è commissario straordinario ha provveduto all'approvazione dei bilanci preventivi degli anni 2008, 2009 e 2010 e di quelli consuntivi degli anni 2008 e 2009;
in fase di replica, il dottor Varrone non ha ritenuto di dover rispondere ai quesiti soprarichiamati -:
se il Ministro interrogato intenda fornire le risposte alle domande poste al commissario straordinario dell'Unire dottor Varrone, trattandosi di un ente vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che usufruisce di ingenti risorse pubbliche.
(5-04646)

MARCO CARRA, BRANDOLINI, SANI e ENZO CARRA. - Al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Italia Oggi, in data 23 febbraio 2011, ha pubblicato un articolo dal titolo «per l'Unire consulenti a cavallo», nel quale si evidenzia che «nel solo anno 2010, l'Unire è riuscito ad assegnare qualcosa come 260 consulenze. Il tutto per un esborso totale di 2,8 milioni di euro»;
tale articolo non ha trovato alcuna smentita;

il 24 marzo 2011, nel corso dell'audizione in Commissione agricoltura della Camera dei deputati del commissario straordinario dell'unire dottor Claudio Varrone, ad una precisa domanda sul tema di cui sopra formulata dall'interrogante, ha sostenuto che non era stato affidato alcun incarico a consulenti, ma che la cifra a cui si fa riferimento riguarda il pagamento dei commissari di gara;
trattandosi di una cifra particolarmente sostanziosa è indispensabile che questa opaca situazione sia chiarita senza reticenze ed ambiguità -:
se il Ministro interrogato sia informato su questa particolare vicenda che riguarda un ente vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e se intenda dare riscontro formale circa il numero effettivo delle consulenze esterne affidate dall'Unire, l'elenco dei nominativi dei consulenti con gli obiettivi assegnati ed i risultati ottenuti, nonché il costo di ogni consulenza.
(5-04647)

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lo stato fallimentare in cui si trovano le aziende agricole impone un impegno adeguato. È urgente che tutte le aziende agricole in stato di insolvenza rientrino nella normativa nazionale, in quanto il decreto-legge n. 49 del 1993 convertito con modificazioni dalla legge n. 237 del 1993 impegna lo Stato a farsi carico delle garanzie di pagamento presentate dai soci delle cooperative che siano in un stato di insolvenza accertato. Questo permette che vengano sollevati dalla posizione debitoria i soci di cooperative agricole i quali, sottoposti a procedure esecutive per l'escussione delle garanzie fideiussorie, possono vedere riconosciuto il diritto di accesso ai benefici previsti dalla legge n. 237 del 1993, con la sospensione degli eventuali procedimenti esecutivi fino al pagamento dei debiti per opera del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali prevista dall'articolo 126 della legge n. 388 del 2000;
nella regione Sicilia c'è una corrispondenza tra la legge n. 37 del 1974 e la legislazione nazionale di cui sopra, con la quale la regione si fa carico delle garanzie di pagamento presentate dai soci di quelle cooperative, qualora siano in uno stato di insolvenza accertato;
potenzialmente, entrambe le leggi erano in conflitto con le norme comunitarie relative alla libera concorrenza, ma hanno superato la procedura d'infrazione prevista dall'articolo 88 del trattato CE, e hanno prodotto e producono effetti sul piano regionale e nazionale;
per la normativa regionale l'assessore regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca è autorizzato a concludere «transazioni» con i creditori, nella misura del 60 per cento dei debiti garantiti, lasciando però inalterato il disposto dell'articolo 2 della legge regionale n. 37 del 1994, nella parte in cui prevede l'assunzione totale a carico del bilancio della regione delle garanzie concesse dai soci di cooperative agricole, divergendo così dalla norma nazionale soltanto sul piano del quantum;
queste disposizioni legislative appaiono diverse dalla normativa nazionale solo nella parte in cui è stato omesso di disporre che le procedure esecutive giudiziarie in danno dei soci fideiussori debbano essere sospese, creando cosi una evidente ed iniqua disparità di trattamento tra soggetti solo potenzialmente uguali, poiché risulta che sono pendenti dinanzi ai tribunali siciliani procedure esecutive immobiliari che gravano sui patrimoni dei soci fideiussori di cooperative agricole, vanificando così il fine precipuo sociale per il quale la stessa legge è stata emanata;
in effetti, questa discrasia normativa, che a giudizio dell'interrogante si mostra come palesemente manifesta, configura

una evidente disparità di trattamento fra cittadini dello Stato in violazione dell'articolo 3 della Carta costituzionale -:
se e quali iniziative normative urgenti il Ministro interrogato valuti di poter assumere, al fine di disporre l'estensione della normativa nazionale, nella parte nella quale la legge n. 237 del 1993 prevede la sospensione dei procedimenti esecutivi fino al pagamento dei debiti per opera del Ministero delle politiche agricole e forestali, anche alle situazioni siciliane previste dalla legge regionale n. 37 del 1994 al fine di riportare i cittadini sul piano dell'uguaglianza e, non ultimo, per evitare anche una crisi ancor più grave dell'economia agricola siciliana già di per sé compromessa pericolosamente.
(4-11685)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FALLICA, GRIMALDI, IAPICCA, PUGLIESE, STAGNO D'ALCONTRES e TERRANOVA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 2 agosto 2010 a Gela sono iniziati i lavori per la demolizione dell'ospizio marino e la realizzazione del centro di radioterapia oncologica;
la città di Gela è caratterizzata da un'altissima incidenza di malattie tumorali e, nonostante ciò, il primo stop alla costruzione del centro di radioterapia si è verificato pochi giorni dopo la demolizione dell'ospizio sopracitato per un controverso giudizio di tutela architettonica sul portale dell'edificio risalente all'epoca fascista, recuperato in seguito;
resa libera l'area, il secondo blocco dei lavori si è verificato a seguito del reperimento di alcuni resti archeologici che ha comportato la richiesta della Soprintendenza di effettuate scavi fini a due metri di profondità, scavi che comportano una spesa di settantamila euro reperiti faticosamente dalla ASP;
la costruzione del centro di radioterapia oncologica è finanziato per il 95 per cento con fondi ministeriali e per il 5 per cento con fondi regionali;
si rischia di perdere il finanziamento a causa della prolungata chiusura del cantiere -:
come il Governo intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, in relazione ai lavori del centro di radioterapia oncologica di Gela essenziale per una città a così alta incidenza di malati di tumore.
(4-11682)

PELUFFO e FIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 8 marzo 2011, Il Corriere della sera pubblicava un articolo in riferimento ad un inchiesta aperta dalla Procura di Milano in merito a una ventina di casi presunti di malasanità avvenuti nell'ultimo anno nel reparto di chirurgia generale all'ospedale di Rho, in provincia di Milano casi di cui in passato se ne è occupato il settimanale sette giorni;
dall'articolo risulta che si tratta di interventi sbagliati e rifatti, senza adeguate informazioni ai pazienti e senza aver effettuato i necessari esami clinici;
sempre nell'articolo si dichiara che nei casi sopra citati vi siano anche due casi di morte, ipotizzando che siano avvenuti in seguito ad errori gravi di valutazione clinica del paziente;
le indagini sono state affidate al commissariato di polizia di Rho - Pero, in seguito a una denuncia contro ignoti; le ipotesi di reato sono quelle di lesione e omicidio colposo, sommate anche ad una serie di illeciti amministrati -:
se corrispondano al vero le notizie riportate in premessa e quali urgenti iniziative,

nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere affinché sia fatta chiarezza sul caso.
(4-11702)

TESTO AGGIORNATO AL 27 APRILE 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FAVIA e MONAI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Italia, seppur con un grave ritardo rispetto ad altri Paesi europei, si è dotata di una normativa specifica - recata dal decreto legislativo n. 151 del 2001 - contenente il «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53», con l'obiettivo, tra l'altro, di «garantire una più ampia tutela della maternità e della paternità» medesime (così stabilisce la legge delega);
tra i diritti garantiti alle lavoratrici-madri vi è quello relativo al divieto di licenziamento, di cui all'articolo 54 del decreto legislativo n. 151 del 2001, nel periodo «dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino»;
tali disposizioni trovano integrale applicazione e sono puntualmente recepite dal CCNL valevole per il personale non dirigenziale di Poste italiane S.p.A. (segnatamente dell'articolo 45), laddove si prevede che «L'Azienda garantisce la tutela della lavoratrice madre, che abbia informato il datore di lavoro del proprio stato, in conformità alle previsioni di legge in materia con particolare riferimento alle disposizioni di cui al capo II «Tutela della salute della lavoratrice» del testo unico, alle previsioni del decreto legislativo 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni e al documento di valutazione dei rischi;
da quanto emerge dalle segnalazioni dei sindacati di categoria, sono sempre più numerosi i casi di lavoratrici che, avendo viste respinte le proprie domande di riavvicinamento lavorativo al luogo di residenza familiare (ciò che si presumerebbe invece facilmente possibile, per un'azienda tipicamente «a rete» come Poste italiane S.p.A.), sono poste nell'oggettiva condizione di impossibilità di prendersi cura dei propri figli minori (specie se questi sono più di uno e in giovanissima età) e costrette quindi a rassegnare le proprie «dimissioni volontarie» dall'azienda medesima -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di tale situazione e quali iniziative intendano assumere presso Poste italiane s.p.a. affinché gli obiettivi di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 in tema di tutela della maternità siano pienamente realizzati.
(5-04641)

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Poste italiane spa ha indetto un bando pubblico da 12 milioni di euro per la produzione di 39.500 completi da lavoro estivi ed altrettanti invernali per gli addetti al recapito della posta, il quale di fatto, secondo l'interrogante, esclude dalla competizione le aziende manifatturiere italiane;
la gara, al ribasso, ha infatti un prezzo massimo di 107 euro per la divisa estiva e di 210 euro per quella invernale;
i prezzi indicati sono inferiori del 30 per cento al costo industriale dei prodotti facendo presagire che Poste Italiane spa abbia voluto incentivare lo spostamento della produzione delle divise in Cina;
i prezzi di riferimento sono inaccessibili per le imprese italiane, anche alla

luce dell'aumento dei costi delle materie prime, ed è, ad avviso dell'interrogante, incomprensibile che una grande azienda come Poste italiane spa, peraltro a partecipazione pubblica, possa dimostrare tanta ingratitudine nei confronti di un comparto che da sempre è il traino dell'economia del Paese;
il comportamento dell'azienda appare contrario agli indirizzi di sostegno alle piccole e medie imprese manifatturiere italiane, da ultimo attuati con la legge 8 aprile 2010, n. 55, a tutela del made in Italy, la quale favorisce la produzione di merci di elevata qualità a vantaggio di imprenditori e consumatori -:
se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti in merito al bando indetto da Poste italiane spa al fine di verificare la conformità dei criteri di gara alla normativa vigente in materia;
quali iniziative di competenza intenda adottare per una maggiore tutela delle imprese manifatturiere italiane.
(4-11672)

DI STANISLAO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
recentemente le Nazioni unite hanno avvertito una preoccupante carenza di aiuti alimentari in Afghanistan, che potrebbe portare più di 7 milioni di persone a soffrire la fame;
secondo il programma alimentare mondiale delle Nazioni unite (PAM) la maggior parte delle persone a rischio sono donne e bambini, ma in generale le persone a rischio costituiscono quasi un quarto della popolazione del Paese;
il programma alimentare mondiale ha dichiarato che è stata assicurata solo la metà delle scorte necessarie per questo anno e ha fatto un appello per colmare le lacune nella fornitura incombente;
il frumento è la coltura principale in fiocco e in Afghanistan c'è bisogno di circa 5,2 milioni di tonnellate l'anno per soddisfare la domanda in un Paese dove due persone su tre non ricevono cibo a sufficienza per soddisfare i loro bisogni nutrizionali;
il Governo del Paese all'inizio di quest'anno ha detto che potrebbe affrontare un deficit di 1,2 milioni di tonnellate di frumento e potrebbe essere costretta a guardare ai mercati mondiali per tappare le falle;
il PAM ha affermato che le forniture di olio vegetale e legumi inizieranno a scarseggiare intorno al mese di luglio e senza fondi aggiuntivi saranno costretti a ridimensionare i programmi di alimentazione scolastica a partire dalla metà di giugno, che colpisce più di un milione di bambini;
le carenze nel settore dei prodotti nutrizionali specializzati hanno anche costretto il PAM a ridurre il numero di bambini sotto i 5 anni che stanno ottenendo l'aiuto, da 62.000 al mese a circa 40.000;
a causa dei problemi di sicurezza e le carenze nelle infrastrutture in Afghanistan, di solito occorrono dai 2 ai 3 mesi per trasformare le donazioni in denaro in scorte di cibo, il che significa che senza un aiuto urgente non ci sarebbe abbastanza rifornimento per l'estate;
ad agosto, senza il sostegno rapido e fermo da parte della comunità internazionale, il PAM avrà esaurito tutti i prodotti rimanenti e sarà costretto a ridurre o a sospendere alcuni interventi;
di recente è stato firmato il primo accordo quadro di cooperazione economica a Kabul tra il Governo italiano e il Governo afgano;
il protocollo d'intesa prevede che investimenti italiani nell'estrazione di petrolio (nel nord dell'Afghanistan ci sono giacimenti da 1,6 miliardi di barili, per un valore di 85 miliardi di euro), gas naturale (nella stessa zona vi sono riserve da 16 miliardi di metri quadri, per un valore di

39 miliardi di euro), risorse minerarie (oro, rame, ferro, carbone e il prezioso litio, forse presente nei laghi prosciugati della provincia di Herat) e pietre preziose (smeraldi e lapislazzuli);
il ministro afgano delle miniere, Wahidullah Sharhani, ha inoltre chiesto all'Italia di partecipare alla realizzazione della famosa pipeline transafgana (Tapi) che porterà in Pakistan e India il gas trukmeno attraversando la provincia di Herat. Il progetto, di difficile realizzazione per ovvi motivi di sicurezza, potrebbe beneficiare dell'innovativa tecnica di posa condutture trenchless (senza scavo a cielo aperto) della iatt;
altro settore in cui l'Italia investirà parecchio è quello del marmo. Vicino Herat si trovano le cave di Chest-i-Sharif, famose per la pregiata qualità di marmo bianco. Le aziende del nostro paese svilupperanno lo sfruttamento di questa importante risorsa: dall'estrazione al taglio dei blocchi, fino al loro trasporto in città, tramite la costruzione di un'apposita strada lunga 28 chilometri;
a Herat l'Italia investirà poi quasi 60 milioni di euro per sviluppare il piccolo aeroporto cittadino, dove le nostre aziende costruiranno nuove strutture e piste d'atterraggio per trasformarlo in uno scalo aereo commerciale collegato alle rotte internazionali;
gli altri settori di cooperazione economica citati dal protocollo d'intesa sono quello energetico (per elettrificare con fonti rinnovabili i villaggi della provincia e dotarli di pompe per l'acqua), tessile e agroalimentare;
tenuto conto che l'Afghanistan, ora al suo decimo anno di conflitto da quando i talebani sono stati cacciati nel 2001, è classificato come uno dei Paesi più poveri del mondo per la sicurezza alimentare, con coltivazioni spesso inutilizzabili a causa della presenza di bombe improvvisate -:
se, e in caso affermativo con quali interventi, il Governo nell'ambito dell'accordo quadro di cooperazione economica intenda fronteggiare la grave crisi alimentare che ha colpito l'Afghanistan.
(4-11678)

BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a seguito delle segnalazioni pervenute da alcuni cittadini si denuncia il fatto che la località Valsalega (Treviso) risulterebbe priva di alcuna copertura telefonica per i cellulari, ciò che determina un grave disservizio per i cittadini che vi abitano e per le attività commerciali presenti;
in particolare gravi situazioni potrebbero sorgere quando si verificano incidenti stradali lungo il tratto della provinciale del Cansiglio (località turistica che in particolar modo nella stagione invernale ed estiva attira migliaia di turisti soprattutto nel fine settimana), nel tratto non coperto dalla ricezione telefonica (che va da località Valsasalega fino al Passo della Crocetta). Se dovesse capitare un incidente stradale con un ferito grave che necessita di immediato soccorso a causa del non funzionamento dei cellulari non si potrebbero allertare i soccorsi;
bisognerebbe provvedere con urgenza all'installazione di impianti necessari per garantire la copertura telefonica. È stata fatta una petizione popolare, con la quale si invita la provincia di Treviso e i comuni di Fregogna e Sermede ad attivarsi, con gli strumenti previsti dalla legge, verso le società titolari di licenza di telefonia mobile affinché implementino la copertura del segnale di ricezione, nell'area compresa tra le località Pian De Spina, Valsalega e il Passo Crosetta, nell'area del Cansiglio -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non intenda assumere iniziative al fine di promuovere, per quanto di competenza, la copertura del segnale di ricezione della telefonia cellulare nelle aree del Paese che ne risultano prive e, nella specie, nell'area sopra citata, in modo da garantire, oltre

alle normali attività socio-commerciali, anche e soprattutto la possibilità di far fronte alle emergenze, considerato che la telefonia cellulare è diventata nei fatti un servizio essenziale per la collettività e non è possibile che aree del Paese ne siano prive.
(4-11698)

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Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-11663, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 466 del 19 aprile 2011.

DI PIETRO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie Generale, n. 77, del 4 aprile 2011 sono stati pubblicati i decreti del Presidente della Repubblica del 23 marzo 2011 con i quali sono stati convocati, per i giorni di domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011, quattro referendum popolari abrogativi previsti dall'articolo 75 della Costituzione, numerati e denominati in conformità alle ordinanze dell'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, depositate in cancelleria il 7 dicembre 2010 e il 2 febbraio 2011;
tutti i cittadini, compresi quelli residenti o temporaneamente all'estero per motivi di servizio, hanno diritto di esprimere il loro voto, partecipando alla consultazione referendaria, conformemente a quanto statuito dalla Costituzione e dalla legge n. 495/2001;
la suddetta legge stabilisce al comma 3 dell'articolo 17 che «le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane adottano iniziative atte a promuovere la più ampia comunicazione politica sui giornali quotidiani e periodici italiani editi e diffusi all'estero e sugli altri mezzi di informazione in lingua italiana o comunque rivolti alle comunità italiane all'estero, in conformità ai principi recati dalla normativa vigente nel territorio italiano sulla parità di accesso di trattamento e sull'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici»;
in occasione degli eventi elettorali, gli uffici consolari debbono comunicare ai principali mezzi di informazione rivolti alle comunità italiane all'estero le liste dei candidati, i quesiti referendari e le modalità del voto per corrispondenza ed invitano gli editori di quotidiani e periodici che ricevono contributi dallo Stato a consentire ai candidati e alle forze politiche l'accesso agli spazi per la diffusione di messaggi politici elettorali e referendari in condizioni di parità;
nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze vi è un apposita unità previsionale di base per le spese elettorali;
si è appreso che il Ministero degli affari esteri non avrebbe stanziato i fondi necessari per realizzare la campagna informativa sui quesiti referendari, con conseguente impossibilità per gli elettori residenti all'estero di ricevere le informazioni necessarie ad esercitare il loro diritto di voto in modo consapevole e quindi libero -:
quali iniziative si intenda intraprendere per garantire ai cittadini italiani residenti all'estero una informazione ampia che consenta loro di andare a votare e di esercitare liberamente il loro diritto di voto, in conformità con quanto statuito dall'articolo 48 della Costituzione.
(4-11663)