XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 18 aprile 2011

TESTO AGGIORNATO AL 5 LUGLIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2008 tutti i donatori a livello globale, in occasione del III Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti atti a favorire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, svoltosi ad Accra, in Ghana, hanno lanciato un'importante iniziativa per la trasparenza degli aiuti internazionali allo sviluppo - l'international aid transparency Initiative (Iati) - nella convinzione di una relazione cruciale fra l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia degli aiuti e la trasparenza accompagnata da una maggiore responsabilità nell'uso delle risorse pubbliche (agenda d'azione di Accra);
tale iniziativa, che riunisce i donatori, i Paesi partner e le organizzazioni della società civile, mira a rendere pubbliche le informazioni sul flusso degli aiuti allo sviluppo, anche al fine di pervenire al rispetto di standard comuni, di regole condivise e comparabili, rendere trasparenti i flussi di aiuti e massimizzare l'impatto delle risorse;
in seguito a consultazioni avvenute con i paesi partner e le organizzazioni della società civile, l'international aid transparency Initiative ha elaborato un codice di condotta, volto a rendere accessibili e pubbliche le informazioni circa il flusso di aiuti e di attività, ad aiutare i Governi dei Paesi in via di sviluppo e a migliorare la loro pianificazione; si tratta di una serie di prescrizioni comprensive di dettagli sugli aiuti di ciascun Paese, sui costi dei singoli progetti, sui loro obiettivi e su tutte le altre informazioni in materia di aiuti;
nel febbraio 2009, 16 donatori hanno firmato l'international aid transparency Iniziative: Paesi Bassi, Germania, Australia, Nuova Zelanda, Spagna, Norvegia, Finlandia, Irlanda, Svezia, Danimarca, la Commissione europea, la Banca mondiale, la United nations development programme (Undp), la fondazione Hewlett, la Gavi Alliance e il Regno Unito. Molti Paesi non hanno ancora aderito a questa importante iniziativa (sono solo 8 i Paesi membri dell'Unione europea aderenti) e anche l'Italia manca all'appello, non avendo ancora espresso alcuna posizione circa la sua adesione;
negli ultimi anni anche l'Unione europea si è impegnata in una riforma degli strumenti di finanziamento, sulla base dei principi stabiliti prima dalla Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005) e in seguito dall'agenda per l'azione di Accra (2008), ponendo al centro delle sue sfide anche quello di rendere trasparenti gli aiuti, in particolare gli aiuti comunitari. In tale direzione la Commissione europea sta predisponendo un documento di lavoro su trasparenza e responsabilità, anche in vista del IV Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, che si svolgerà dal 29 novembre al 1o dicembre 2011 in Corea;
aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo è un importante obiettivo che tutti gli Stati dovrebbero concretamente perseguire, in quanto ciò consentirebbe di operare un maggior controllo sul flussi degli aiuti, una maggiore capacità di programmazione, sia in riferimento ai settori di intervento che alle priorità, ma soprattutto incoraggerebbe i soggetti donatori a una maggiore responsabilità, con ricadute importanti sul piano della trasparenza, elemento che concorre a monitorare e a prevenire fenomeni distorsivi e corruttivi;
il tema è particolarmente nevralgico nell'attuale situazione di crisi globale economico-finanziaria che rende difficile per molti paesi, e in particolare per l'Italia, il mantenimento di un adeguato investimento pubblico per gli aiuti allo sviluppo. La trasparenza sulla spesa è fondamentale per una risposta convincente e necessaria a mantenere il sostegno pubblico

alla cooperazione internazionale e per assicurare una maggiore consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche e delle organizzazioni della società civile circa i risultati degli aiuti;
la massima accessibilità alle iniziative finanziate dai donatori e la trasparenza degli aiuti allo sviluppo risulta poi di particolare rilevanza, laddove emerge uno specifico rapporto fra modalità di aiuto e corruzione, con particolare riferimento agli aiuti che potrebbero distorcere l'impatto sullo sviluppo, incoraggiando, anche indirettamente, la propensione da parte dei Governi a usare i finanziamenti come diretto sostegno di bilancio, con conseguente diffusione di una bassa responsabilità e una maggiore dipendenza per gli aiuti forniti dall'alto. Una più efficace trasparenza sui dettagli dei programmi e sui risultati degli aiuti, dunque, contribuirebbe anche a superarne i limiti attuali;
in Italia, purtroppo, alcuni sforzi compiuti dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero per gli affari esteri, volti ad aumentare la trasparenza, a produrre una sistematica valutazione dell'impatto degli interventi e a predisporre una pubblicazione accessibile all'opinione pubblica, risultano fortemente insufficienti, anche a causa dei tagli di bilancio operati con le ultime manovre finanziarie. Secondo una recente valutazione della trasparenza, basata sulla completezza della reportistica, l'Italia risulta classificata come penultima, prima del Portogallo, fra tutti i donatori bilaterali e multilaterali;
le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultano ancora più fortemente inadeguate, essendo affidate esclusivamente a una relazione annuale al Parlamento che giunge costantemente in ritardo, dopo due anni. Ad aggravare la situazione dal punto di vista della scarsa accessibilità e della scarsa trasparenza dei flussi informativi si aggiunge un altro elemento non secondario, ossia le informazioni risultano solo nella lingua italiana, precludendo così agli altri Paesi partner di poter fruire facilmente della pubblicazione dei dati,


impegna il Governo:


ad aderire tempestivamente all'iniziativa lanciata dall'international aid transparency Initiative (Iati) per la trasparenza dell'aiuto allo sviluppo;
a migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico italiano, mediante la predisposizione da parte del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell'economia e delle finanze, di una sistematica informazione e pubblicazione on line, di tutti i documenti sulla cooperazione allo sviluppo, comprensivi dei dati disponibili presso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, con le relative previsioni di spesa qualora disponibili, delle risorse impegnate e di quelle effettivamente erogate, nonché della misura dei relativi residui e delle informazioni concernenti prestiti, aiuti condizionati alla fornitura di beni e servizi italiani e accordi bilaterali concordati dal nostro Paese;
a prevedere uno specifico accantonamento di risorse, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, per la concreta realizzazione di una pianificazione da parte della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, in grado di garantire un'effettiva operatività in tema di trasparenza e accessibilità delle informazioni sull'aiuto allo sviluppo;
a favorire, anche in vista del IV Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti previsto per l'autunno 2011 in Corea del Sud, tutte le iniziative volte a promuovere un consenso globale per la trasparenza degli aiuti, nonché ad intraprendere ogni iniziativa utile affinché l'Unione europea assuma un ruolo guida per l'attuazione dell'agenda d'azione di Accra, con particolare riferimento all'impegno a rendere effettiva la produzione e la divulgazione al pubblico di una completa, tempestiva e regolare informazione sugli aiuti, comprensiva di tutte le condizioni relative alle erogazioni, per la verifica sia delle

compatibilità con i sistemi dei Paesi beneficiari sia per una valutazione del loro impatto sulla dimensione dello sviluppo.
(1-00621)
«Tempestini, Barbi, Maran, Amici, Fluvi, Narducci, Colombo, Corsini, Losacco, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 ha previsto la presenza obbligatoria di un medico dell'Inps quale componente effettivo nelle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali, che devono effettuare gli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. L'Inps accerta, altresì, la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari delle infermità suddette;
inoltre, detto decreto-legge n. 78 del 2009, ha previsto che dal 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, vengano presentate all'Inps;
sempre il citato decreto-legge, come successivamente modificato dalla legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), ha altresì previsto un'intensificazione delle verifiche annuali circa la permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile;
l'articolo 10, comma 4, del successivo decreto-legge n. 78 del 2010, ha quindi disposto che per il triennio 2010-2012, l'Inps effettui, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per il 2010 e di 250.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012, nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile;
sulla base dei suddetti piani programmati di accertamento e alla luce del fatto che nel 2009 vi erano stati controlli su 200 mila persone, alla fine di questi quattro anni l'Inps avrà effettuato controlli su 800 mila pensioni di invalidità, con il condivisibile obiettivo di ridurre drasticamente le prestazioni ingiustificate;
va ricordato che di queste prestazioni ingiustificate, solamente una parte riguardano i cosiddetti «falsi invalidi», mentre in molti altri casi le verifiche hanno l'obiettivo di valutare se le persone, alle quali a suo tempo erano state riconosciuti i benefici, abbiano ancora i requisiti sanitari necessari o se, invece, sono persone realmente invalide ma cui è stata volutamente e illegittimamente riconosciuta un'invalidità più grave di quella effettiva;
l'intensificazione del programma dei controlli sulle false pensioni di invalidità ha cominciato a dare i suoi risultati e a produrre conseguentemente i primi sensibili risparmi di denaro pubblico;
nel 2009, le pensioni d'invalidità civile revocate sono state l'11 per cento di quelle controllate. Nel 2010 la percentuale di pensioni d'invalidità civile revocate dall'Inps, sempre su quelle controllate, è stata pari al 23 per cento;
le sole prestazioni per beneficiari «puri», ossia che hanno solamente una pensione di invalidità, ammontano a circa 15 miliardi di euro l'anno e riguardano circa 2,9 milioni di persone;
dall'attuale piano Inps di controlli a campione, è realistico attendersi un risparmio annuale di circa 1 miliardo di euro, una cifra notevole anche se lontana dagli 8-10 miliardi di euro recuperabili se, teoricamente, le verifiche fossero svolte su tutti;
è ben noto che vi sono aree del Paese dove l'erogazione di false pensioni di

invalidità - attualmente pari a 260,27 euro mensili per tredici mensilità - svolge da troppo tempo una impropria e illegale funzione di ammortizzatore sociale, peraltro troppo spesso conseguente a vere e proprie forme di scambio clientelare e di cattura e gestione del consenso politico;
una truffa troppo a lungo non affrontata con la giusta determinazione, con conseguenze negative sia in termini di legalità che di sperpero di risorse pubbliche;
rispetto al passato, attualmente la procedura per accedere alle pensioni di invalidità viene effettuata per via telematica e si prevede che all'Inps spetti l'ultima parola rispetto alla permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. La normativa precedente prevedeva, invece, che l'Inps non avesse un ruolo decisionale in materia di concessioni di pensioni di invalidità, ma solo quello di sportello pagatore;
attualmente le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali dovrebbero essere integrate da un medico dell'Inps, ma in realtà - come ha recentemente ricordato il presidente dell'Inps, dottor Antonio Mastrapasqua - ciò avviene solamente in circa la metà dei casi, in quanto le aziende sanitarie locali non sono obbligate. Ciò comporta che, per l'altra metà delle pratiche, è la stessa Inps che successivamente convoca la persona che ha presentato la domanda, che si trova così costretta a subire due visite;
anche in conseguenza di queste difficoltà di comunicazione tra Inps e aziende sanitarie locali, i tempi di liquidazione delle prestazioni di invalidità civile sono molto lunghi. Nel 2010, i tempi medi tra la presentazione della domanda di pensione di invalidità civile e la sua effettiva liquidazione sono stati di quasi un anno;
ciò che, quindi, sicuramente manca è la collaborazione, attualmente del tutto insufficiente, da parte delle aziende sanitarie locali. Su 1,8 milioni di domande presentate nel 2010, solo 900 mila sono state già esaminate dalle aziende sanitarie locali e di queste appena il 20 per cento è stato trasmesso all'Inps per via telematica, mentre il resto è stato inviato ancora in forma cartacea;
in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino del 18 ottobre 2010, il presidente dell'Inps ha ricordato che «su base nazionale, quando facciamo delle visite straordinarie, le Asl ci consegnano appena il 9 per cento di pratiche di richieste di invalidità. L'altro 91 per cento dichiarano di non possederlo più (....), e non motivano la mancata consegna anche perché non sono tenute a motivarlo». È, quindi, necessaria una maggiore collaborazione da parte delle aziende sanitarie locali, che devono operare nel massimo della trasparenza;
il ritardo con cui l'Inps riceve le informazioni da parte delle aziende sanitarie locali non può tradursi, come invece purtroppo avviene, in un aggravio a danno di cittadini che già vivono una situazione di forte disagio e la giusta e doverosa battaglia di contrasto ai falsi invalidi non può in nessun caso finire per penalizzare chi è realmente affetto da una invalidità grave e i suoi familiari;
non solo, ma a quanto sopra esposto si deve aggiungere che circa il 49 per cento delle pratiche trasmesse dalle aziende sanitarie locali viene corretto dall'Inps, il quale, fatti i relativi controlli, riduce o toglie le previste prestazioni. È, quindi, di tutta evidenza la necessità di intervenire su questo sistema al fine di garantire la necessaria celerità e soprattutto trasparenza;
si è, inoltre, ancora lontani dalla completa informatizzazione dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, mentre invece le domande e le prestazioni previdenziali dovrebbero giungere all'Istituto solo per via telematica;
vanno, inoltre, sottolineate le numerose critiche, sollevate spesso anche dalle stesse associazioni di disabili, circa le

campagne di visite di verifica alle quali l'Inps sta chiamando i pensionati di invalidità. Le associazioni dei non vedenti - per fare un solo esempio - hanno lamentato che anche gli stessi non vedenti siano stati chiamati al controllo;
nei vari piani di verifica delle false invalidità sono, infatti, state chiamate con troppa frequenza, da parte dell'Inps, anche persone che di fatto dovevano essere escluse in quanto rientranti in una delle patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007, sottoponendo le medesime persone a umilianti nuove visite e procedure burocratiche,


impegna il Governo:


a proseguire il piano di controlli già operante, prevedendone una sua intensificazione a livello nazionale;
a valutare l'opportunità di assumere iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni per promuovere - ai fini di una maggiore trasparenza - opportune forme di rotazione in ambito regionale dei componenti delle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali;
a valutare l'opportunità di prevedere che quota parte dei risparmi conseguenti alle programmate attività di accertamento della sussistenza e/o permanenza dei requisiti nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile possa essere finalizzata ad un adeguamento dei trattamenti economici di invalidità civile, previsti dalla legislazione vigente ed erogati dall'Inps;
ad attivarsi affinché, dai previsti controlli da parte dell'Inps, vengano definitivamente esentati i cittadini portatori di handicap o di patologie per le quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante, di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007, e che invece ancora oggi si trovano spesso costretti a ulteriori umilianti visite mediche;
ad attivarsi affinché venga effettivamente attuata la vigente disposizione per la quale ogni commissione medica della azienda sanitaria locale deve essere integrata da un medico dell'Inps, anche al fine di evitare che, dopo una prima visita da parte della azienda sanitaria locale, la persona che ha presentato la domanda sia costretta - come ancora oggi troppo spesso avviene - a sottoporsi ad una seconda visita da parte dell'Inps;
a garantire dei tempi più rapidi per la liquidazione delle prestazioni di invalidità, che sono attualmente di circa un anno dal momento della presentazione della domanda;
a portare a definitivo compimento il processo di informatizzazione dell'Inps e a promuovere, per quanto di competenza, nelle opportune sedi istituzionali, il completamento dell'informatizzazione delle stesse aziende sanitarie locali, garantendo un'indispensabile maggiore e più stretta collaborazione tra l'Istituto nazionale di previdenza sociale e le aziende sanitarie locali, attualmente del tutto insufficiente, stante che, su circa 1,8 milioni di domande presentate nel 2010, solo 900 mila sono state già esaminate dalle aziende sanitarie locali e di queste appena il 20 per cento è stato trasmesso all'Inps per via telematica, mentre il resto è stato inviato ancora in forma cartacea.
(1-00622)
«Di Stanislao, Palagiano, Mura, Paladini, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
i dati preliminari sullo stato dell'aiuto pubblico dell'Italia allo sviluppo, comunicati dall'Ocse, sono la dimostrazione del drammatico stato in cui versa la cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese. L'aiuto italiano, stando ai dati forniti dall'Ocse/Dac, sarebbe sceso dallo 0,16 per cento allo 0,15 per cento del Prodotto interno lordo, con una contrazione in

termini reali rispetto al 2009 dell'1,5 per cento, ma del 35 per cento rispetto al 2008;
rispetto ad una media dell'Unione europea del 6,7 per cento, l'Italia si conferma fanalino di coda dei Paesi dell'Unione europea al pari di Belgio e Danimarca, ma addirittura dopo la Grecia che, nonostante le difficoltà nella tenuta dei conti pubblici, continua a destinare lo 0,17 per cento del prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo;
nonostante la crisi economica sono pochi i Paesi dell'Ocse che hanno tagliato gli aiuti: oltre all'Italia sono stati la Grecia, l'Irlanda e la Spagna, ma, a parte la Grecia, gli altri due Paesi destinano rispettivamente lo 0,53 per cento e lo 0,43 per cento del loro prodotto interno lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo;
la scelta del Governo italiano potrebbe determinare un forte ridimensionamento della credibilità europea in materia di cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi dell'Unione europea che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
gli impegni presi dal nostro Paese, insieme a tutta la comunità internazionale, in occasione del G8 di Gleneagles del 2005, rischiano di essere compromessi se, come già affermato dall'Ocse, non vi saranno piani specifici che possano garantire l'allocazione delle risorse promesse per l'aiuto pubblico allo sviluppo;
è da rilevare che, dello 0,15 per cento del prodotto interno lordo italiano per l'aiuto allo sviluppo, lo 0,11 per cento è gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze, ma non è dato di sapere come vengono gestite queste risorse (le informazioni delle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze sono ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento, che è resa disponibile dopo più di due anni); inoltre, malgrado promesse e rassicurazioni, continuano i ritardi nei pagamenti dei progetti in corso alle organizzazioni non governative;
oltre alla scarsità delle risorse esiste un problema di trasparenza ed efficacia della spesa e degli aiuti ai Paesi poveri;
con la Dichiarazione di Parigi del marzo 2005 sull'efficacia dell'aiuto, 88 Paesi e 40 organizzazioni e partner internazionali hanno convenuto su cinque concetti chiave: rafforzare la leadership dei Paesi in via di sviluppo che devono decidere le proprie strategie di sviluppo e gestire le proprie risorse; allineare gli interventi dei Paesi donatori alle strategie nazionali di sviluppo elaborate dai Paesi beneficiari; lavorare insieme per intensificare l'efficacia degli aiuti; focalizzare i risultati dello sviluppo; donatori e Paesi in via di sviluppo sono responsabili l'un l'altro, nonché davanti alla popolazione, per i risultati ottenuti;
l'Unione africana ritiene che la corruzione costi alle economie africane oltre il 25 per cento del prodotto interno lordo annuo dell'Africa, ma per poter affrontare il problema della corruzione è necessario creare capacità nelle istituzioni centrali e locali per lottare contro la corruzione, in particolare alla luce della crescita dell'aiuto concesso sotto forma di aiuto di bilancio;
per rendere efficace l'aiuto, affinché generi cambiamenti concreti nella vita dei Paesi poveri, è necessario che esso risponda alle priorità delle strategie di lotta alla povertà dei Paesi partner e che sia gestito e controllato dalle istituzioni dei Paesi partner, garantendo comunque il continuo controllo dei cittadini. L'aiuto deve anche rafforzare il ruolo di controllo della società civile dei Paesi partner;
nonostante alcuni progressi, si riconosce che i risultati europei sono ancora insufficienti: l'aiuto degli Stati europei è poco trasparente, dà poca importanza ai gruppi delle donne con troppe condizioni non negoziabili e l'obiettivo principale di alcune iniziative d'aiuto è spesso non indirizzato alla lotta alla povertà;

nel dicembre 2010 il Ministro britannico per lo sviluppo internazionale (Dfid), Andrew Mitchell, ha esortato l'Unione europea ad adottare la Garanzia per la trasparenza degli aiuti, organismo fondato dal Regno Unito che impegna i Paesi partecipanti a fornire informazioni sui flussi degli aiuti e incoraggerà i partner internazionali ad aderirvi;
secondo il Ministro inglese occorre fornire una visione chiara e trasparente della spesa sugli aiuti, «in modo che ai contribuenti sia garantito come viene speso il loro denaro (...). L'Unione europea ha portato avanti molti progetti di successo, ma, in tempi di difficoltà economiche, è importante che i contribuenti del continente possano vedere la differenza reale nell'aiuto ai più poveri portata dai loro soldi»;
nonostante gli sforzi fatti per aumentare la trasparenza della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, si registra l'interruzione della pubblicazione dei bollettini elettronici della cooperazione dall'inizio del 2010 e il blocco dell'aggiornamento delle delibere elettroniche,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative per un immediato reintegro della quota di risorse da destinare ai Paesi poveri e ad aumentare la percentuale di aiuto pubblico allo sviluppo destinata alle organizzazioni non governative, riallineandosi alla media degli altri donatori;
a fornire un'informazione più rapida e puntuale delle decisioni e dei finanziamenti definiti dal Ministero dell'economia e delle finanze in tema di aiuto pubblico allo sviluppo;
a promuovere l'approvazione della proposta della Commissione europea per l'introduzione di un meccanismo di monitoraggio tra Stati membri relativamente all'aiuto pubblico allo sviluppo;
ad accelerare, così come richiesto dalle organizzazioni non governative, la messa in opera delle riforme necessarie a garantire una maggiore efficacia degli aiuti, pubblicando annualmente i dati relativi ai progressi fatti, in particolare su: diritti delle donne (considerare l'uguaglianza di genere centrale per l'azione di cooperazione allo sviluppo); trasparenza (aumentare l'accessibilità e la disponibilità delle informazioni relative alla cooperazione allo sviluppo); aiuti vincolati e gare d'appalto (non condizionare la concessione di aiuti alla fornitura di beni o servizi del Paese donatore, favorire l'acquisto locale nel Paese partner e l'utilizzo della normativa d'appalto nazionale); destinazione dell'aiuto (assicurarsi che ogni iniziativa di aiuto sostenga la riduzione della povertà e non la promozione di interessi commerciali del donatore);
a partecipare all'Iniziativa internazionale per la trasparenza dell'aiuto (international aid transparency Initiative - Iati);
a riferire al Parlamento sullo stato di attuazione e di partecipazione dell'Italia agli obiettivi del millennio delle Nazioni Unite.
(1-00623)
«Pezzotta, Adornato, Volontè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro».

La Camera,
premesso che:
l'Italia è emblematicamente rappresentata, per sempre, dal titolo del discorso pronunciato da Alcide de Gasperi il 21 aprile 1954 a Parigi, alla conferenza parlamentare europea, intitolato «la nostra patria Europa»;
il popolo italiano si riconosce nel dovere di essere «tutti ugualmente preoccupati del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa»;
in questo momento critico per il dramma mediterraneo che investe l'Europa nella sua interezza per il tramite dell'Italia e degli altri Paesi rivieraschi, la

patria Europa deve richiamare la consapevolezza del suo patrimonio spirituale e morale, giacché l'Unione «si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà e si basa sui principi di democrazia e dello Stato di diritto», come è affermato nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
purtuttavia, nella gestione burocratica si ravvisano problematiche insidiose alle quali contrapporre tempestivamente misure che siano l'espressione più autentica dello spirito europeo;
nell'Unione europea 23 lingue diverse detengono, con pari dignità, il crisma dell'ufficialità e testimoniano, nella loro equiordinazione, la condivisione, la legittimazione dei principi, dei doveri, dei sentimenti di unità dei diritti fondamentali che precedono e superano, nel riconoscerli e rispettarli, i confini degli Stati;
nel contesto delle cosiddette «lingue di lavoro», cioè quelle utilizzate comunemente nella circolazione dei documenti di lavoro, è andata formandosi una supremazia di fatto dell'inglese e del francese e più di recente, e in parte minore, della lingua tedesca;
alle esigenze di funzionamento possono associarsi non già giustificazioni ma sospetti di una supremazia politica;
il Parlamento europeo, com'è noto, si avvale di un numero cospicuo di interpreti, intorno alle 4000 unità, con un costo di quasi 1 miliardo di euro all'anno;
la traduzione, com'è altrettanto noto, talvolta induce involontarie questioni di interpretazione dei documenti ufficiali della comunità, forieri di conseguenze di diritto giurisdizionale che intaccano i principi di unità;
la questione dell'uso delle lingue di lavoro è risalente nel tempo e dunque porta con sé la pesantezza dei problemi irrisolti;
di volta in volta, sono state avanzate proposte di rendere la lingua inglese, ovvero l'esperanto, ovvero il latino, l'unica lingua di lavoro dell'Unione europea;
si deve convenire sul fatto che è arrivato il momento di definire la questione nell'interesse dello spirito comunitario, anche alla luce di certe intempestive e contestate prese di distanza dalla logica europeista, sia di tipo tattico, sia di tipo politico, le une e le altre da fronteggiare in campo aperto, al cospetto dell'opinione pubblica del nostro Paese e di tutti Paesi d'Europa,


impegna il Governo:


a non aprire un fronte dell'intransigenza che costituisca campo di battaglia tra le diverse lingue europee e che rischierebbe di far soccombere l'idea di Europa come patria comune;
a collocare la lingua italiana e la sua promozione nel quadro di una strategia internazionale non bellicosa ma appropriata al principio di valorizzazione delle identità nazionali, come declinato nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
a presentare una propria proposta organica nel campo delle lingue di lavoro d'Europa, che contenga, oltre che opzioni specifiche, prescrizioni di parificazione sostanziale delle posizioni di quei Paesi, di quei cittadini, di quelle imprese, la cui lingua nazionale non costituisca lingua di lavoro, anche nella forma della neutralizzazione dei costi di traduzione rispetto alla competitività dei documenti cui accedono;
a non promuovere accordi parziali con Paesi che condividano la pur esistente penalizzazione funzionale per non trasformare una questione essenzialmente burocratico-politica in una questione totalmente politica in danno della patria Europa;
a formulare, finalmente, una seria proposta che contenga la valorizzazione in Europa delle radici linguistiche latine,

mettendo a disposizione di ogni Paese il patrimonio di storia e di conoscenza che, tipicamente, appartengono alla tradizione italiana;
a ricercare la soluzione attraverso la previsione di una regola a regime nell'ambito delle normative comunitarie, eventualmente ricercata con il previo esperimento di un tentativo di mediazione, secondo lo spirito della stessa Carta dei diritti fondamentali, con il contemperamento dell'interesse nazionale e degli interessi europei.
(1-00624)
«Tabacci, Mosella, Pisicchio, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'agenda internazionale dell'efficacia degli aiuti trova nella trasparente comunicazione dei dati sull'aiuto pubblico allo sviluppo e nello spirito della mutual accountability fra donatori e beneficiari fissato dalle Dichiarazioni di Parigi e Accra, un suo elemento centrale anche ai fini della prevedibilità dei flussi di aiuto;
solo una politica di cooperazione fattivamente ispirata ai criteri della massimizzazione dei risultati sul terreno, in piena intesa con i Paesi partner del sud del mondo, può continuare a motivare, anche in una fase di rigorosa messa sotto controllo dei conti pubblici, la destinazione di fondi pubblici ad attività di aiuto allo sviluppo;
l'Italia sarà chiamata a dare conto, insieme agli altri donatori, di quanto fatto nel campo della trasparenza e della valutazione dei risultati della propria attività di cooperazione, in occasione del IV Foro di alto livello sull'efficacia degli aiuti che si terrà a Busan (Corea del Sud) alla fine del 2011;
l'intero spettro delle attività di aiuto allo sviluppo del nostro Paese dovrebbe essere messo a sistema per evitare le dispersioni di risorse pubbliche a vario titolo erogate da diversi soggetti, senza reale impatto sul terreno, auspicabilmente coinvolgendo anche soggetti privati e della società civile in uno sforzo sinergico che contribuisca a rendere più leggibile e meglio comunicabile tutto il mondo italiano della cooperazione,


impegna il Governo:


a rendere tempestivamente accessibile on line ogni possibile informazione sugli interventi di cooperazione approvati dal comitato direzionale del Ministero degli affari esteri, subito dopo la loro delibera;
a ripristinare quanto prima la regolare pubblicazione del bollettino Dipco, come insostituibile strumento di trasparenza delle attività di cooperazione allo sviluppo;
a dotarsi di linee d'azione e di strumenti, anche finanziari, per avviare al più presto un'organica attività di valutazione dei risultati delle attività di cooperazione svolte ai sensi della legge n. 49 del 1987;
ad adottare iniziative di coordinamento che, nel rispetto della legislazione vigente, consentano di dare progressivamente vita a un vero e proprio «sistema Italia» della cooperazione, in linea con lo spirito della normativa vigente e del ruolo che la stessa affida al Ministero degli affari esteri in questo campo.
(1-00625)
«Antonione, Dozzo, Sardelli, Pianetta, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Pini».

La Camera,
premesso che:
è passato oltre un anno dall'entrata in vigore dell'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,

n. 102, «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'Inps nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
la nuova procedura, invece di portare chiarezza e celerità, ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto il loro diritto;
è lo stesso Inps a rilevare che il sistema non funziona, visto che in data 20 settembre 2010 il direttore generale, con una comunicazione interna a tutti i dirigenti regionali Inps, non diffusa sul sito ufficiale dell'Istituto, afferma che «si rende indispensabile potenziare (...) il ricorso all'accertamento sanitario diretto sulla persona con l'obiettivo di verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari»;
anche se la nota afferma che l'intento è quello di rendere «definitivo il giudizio medico-legale dei sanitari Inps, con il dichiarato obiettivo di evitare futuri disagi al cittadino conseguenti a successive verifiche sanitarie straordinarie», sembra piuttosto che la finalità sia quella di stringere ulteriormente i meccanismi di controllo per restringere le provvidenze concesse, penalizzando di fatto anche i veri invalidi;
le stesse linee guida, allegate alla nota del direttore generale, sottolineano «che l'accertamento sanitario diretto è da ritenersi prioritario al fine di garantire la massima coerenza metodologica e la trasparenza dell'iter valutativo e del conseguente giudizio medico-legale. Ciò soprattutto nei casi in cui si evidenzi una severa minorazione dell'integrità psico-fisica da cui derivano benefici assistenziali»;
le conseguenze di queste direttive per il cittadino sono più severe di quanto non appaia a prima vista, poiché il ricorso prioritario alla visita diretta, sia che vi sia una valutazione unanime oppure no della commissione, comporta che molti cittadini verranno, d'ora in poi, sottoposti ad una doppia visita: prima all'azienda sanitaria locale e poi all'Inps con aumento dei disagi e dei ritardi;
l'Inps, inoltre, si era impegnato a non superare il periodo dei 120 giorni per concludere l'iter amministrativo delle domande e aveva annunciato, con grande enfasi, l'utilizzo di una procedura informatica innovativa che avrebbe consentito di rendere più rapido lo scambio di informazioni tra i diversi enti coinvolti; da qui l'obbligo tassativo di presentare le domande soltanto per via telematica;
la realtà di oggi sta dimostrando che l'Istituto non ha saputo raggiungere i suoi obiettivi; infatti, si sta procedendo a rilento, con gravi ricadute sul piano dei diritti, anche nel caso di persone affette da patologie oncologiche, particolarmente tutelate dalla legge;
i dati che lo stesso Inps fornisce e riportati dal Sottosegretario Francesca Martini, in Commissione affari sociali della Camera dei deputati, in data 9 marzo 2011, in risposta ad una serie di interrogazioni sollevate su questo argomento dagli onorevoli Barani, Murer, Iannuzzi, Bellanova e Farina Coscioni, confermano questa denuncia: «nel corso del 2010, in vigenza quindi delle disposizioni più volte richiamate introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2009, sono state presentate all'Inps 1.092.588 istanze di riconoscimento dello stato invalidante per complessive 1.823.374 prestazioni» e sono state messe «in pagamento 462.038 nuove prestazioni, riferite anche ad istanze presentate in periodi precedenti»; quindi, il numero dei riconoscimenti è irrisorio rispetto al totale delle domande presentate;
se questi sono i dati, le enfatiche dichiarazioni del Governo sulla stampa e in televisione sono dunque smentite dai fatti;

i ritardi nel riconoscere i diritti stanno aumentando. L'Istituto non ha favorito la collaborazione con le aziende sanitarie locali e le sue procedure informatiche, non sperimentate, hanno ostacolato il lavoro di tutti i soggetti coinvolti, compresi i patronati che svolgono una funzione di tutela e di aiuto a tutti quei cittadini che necessitano di aiuto per inoltrare la domanda di riconoscimento dell'invalidità. Infatti, il patronato che ha presentato la pratica per il riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap o della disabilità non viene messo in condizione di seguire l'iter della domanda, di informare il proprio assistito, di svolgere il ruolo sociale che la legge gli attribuisce, mentre le sedi territoriali dell'Inps non sanno fornire alcuna informazione;
in presenza, inoltre, di handicap, pur in situazioni di gravità, le commissioni delle aziende sanitarie locali non consegnano i «verbali provvisori», impedendo alle lavoratrici e ai lavoratori di beneficiare dei permessi e dei congedi previsti dalle leggi, senza possibilità di recuperarli successivamente;
se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si possono, però, compromettere i diritti dei veri invalidi,


impegna il Governo:


ad assumere le necessarie iniziative dirette a rivedere e modificare la procedura prevista dall'articolo 20 del decreto- legge 1o luglio 2009, n. 78, al fine di evitare che l'Inps nel procedimento attuale di riconoscimento delle invalidità sia nello stesso tempo «controllore e controllato», anche attraverso l'emanazione di linee guida, che, pur nella doverosa lotta ai falsi invalidi, non cancellino i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto il loro diritto;
a garantire ai soggetti chiamati dall'Inps a verifica sull'accertamento del loro stato invalidante di non perdere il diritto a percepire l'emolumento economico di cui sono titolari, anche se i verbali di visita non siano immediatamente vidimati dal responsabile preposto, nonché ad assicurare che, nei casi di verifica dello stato invalidante da parte dell'Inps, il soggetto interessato venga sottoposto a verifica limitatamente alle condizioni di invalidità non sufficientemente documentate anche in riferimento al puntuale rispetto della normativa sulla tutela dei dati personali in relazione alla scrupolosa tenuta dei dati sanitari dei cittadini disabili già acquisiti e detenuti da parte delle aziende sanitarie locali in sede di accertamento della invalidità civile;
ad emanare urgentemente linee guida chiare e precise nei confronti dell'Inps onde evitare ulteriori controlli su soggetti portatori di menomazioni di natura irreversibile o di patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante, ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 2007, n. 225, evitando così che tali soggetti debbano subire un'ulteriore umiliazione rispetto al loro stato di salute, rispettando finalmente anche l'impegno già assunto dal Governo con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/3638/192, e, più in generale, ad assumere tutte le iniziative necessarie verso l'Inps affinché il ruolo di compartecipazione dell'Istituto alla fase di accertamento sanitario dell'invalidità civile venga adempiuto nel più assoluto rispetto della normativa vigente in materia, con particolare riferimento sia alla fedele e rigorosa applicazione dei criteri sanitari stabiliti da norme primarie per l'accertamento del tipo e del grado d'invalidità civile, sia all'unicità del momento di chiamata del cittadino richiedente a visita collegiale per l'accertamento dell'invalidità civile;
a predisporre con la massima sollecitudine e comunque non oltre entro 30 giorni dall'approvazione del presente atto una relazione esaustiva sulla situazione attuale relativa all'applicazione della

nuova procedura prevista dall'articolo 20 del decreto legge 1o luglio 2009, n. 78, indicando:
a) quante siano fino ad oggi le pratiche evase rispetto a quelle depositate;
b) quale sia la loro distribuzione territoriale, quante siano le nuove pensioni riconosciute dall'entrata in vigore della procedura prevista dall'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009;
c) per quale motivo fino ad oggi gli uffici territoriali dell'Inps non siano stati in grado di evadere nei tempi stabiliti dallo stesso decreto-legge le pratiche relative all'invalidità;
d) quali siano i motivi del ritardo nel riconoscimento delle invalidità, specificando se tali ritardi debbano essere imputati a ragioni di mero risparmio, o al fatto che i programmi informatici tra le aziende sanitarie locali e l'Inps non sono uniformi e, quindi, all'impossibilità di comunicare tra i due enti;
e) quale sia la situazione relativa all'appalto con Postel per l'inserimento dei dati della pratiche relative alle richieste d'invalidità, indicandone i costi, la durata, gli obiettivi, nonché il numero di dati immessi in ciascuna regione.
(1-00626)
«Miotto, Lenzi, Murer, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini, Livia Turco, Bellanova, Bobba, Cardinale, Cavallaro, Concia, Capodicasa, Cenni, Codurelli, Colaninno, Coscia, De Biasi, Esposito, Fontanelli, Froner, Gatti, Ghizzoni, Giovanelli, Gnecchi, Graziano, Laganà Fortugno, Lucà, Marchi, Mariani, Mattesini, Miglioli, Motta, Pes, Pizzetti, Rigoni, Rubinato, Samperi, Sanga, Schirru, Sereni, Siragusa, Strizzolo, Trappolino, Tullo, Vaccaro, Velo, Villecco Calipari, Viola, Lovelli, Rampi, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 38 della Costituzione italiana sancisce che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato»;
la pensione di invalidità, o assegno mensile di assistenza, è stato istituito dal legislatore per dare attuazione a quanto disposto dal sopra citato articolo della Costituzione italiana e in ossequio al più generale principio di eguaglianza sostanziale, sancito dall'articolo 3 della Carta costituzionale;
l'assegno di invalidità è un beneficio economico riconosciuto dallo Stato italiano a quei cittadini che sono portatori di disabilità fisiche e psichiche;
l'attuale Governo, data la difficile situazione economica nella quale versa il nostro Paese, si è posto l'obiettivo di contenere la spesa necessaria per onorare gli assegni di invalidità, colpendo ogni forma di abuso;
a tal fine il Governo ha varato una serie di provvedimenti e contestualmente ha presentato una serie di iniziative normative volte a contrastare il fenomeno delle cosiddette «false invalidità»;
il Governo ha disposto che l'Istituto nazionale di previdenza sociale varasse dei piani straordinari di verifica nei confronti dei titolari di pensione di invalidità e dell'indennità di accompagnamento con l'obiettivo di perseguire gli abusi e di revocare i benefici economici riconosciuti a chi non ha diritto;

i controlli posti in essere dall'Inps hanno determinato la revoca di un numero notevole di pensioni di invalidità e di indennità di accompagnamento;
pur trattandosi di verifiche auspicabili e necessarie a colpire ogni forma di abuso, occorrerebbe tenere in debito conto che, a seguito delle procedure di accertamento, si sono registrate diffuse proteste di alcune associazioni che hanno denunciato degli eccessi, se non veri e propri abusi, nei controlli posti in essere dall'Inps. Sono state convocate, infatti, un gran numero di persone affette dalla sindrome di Down, pluriamputati, tetraplegici, autistici, che hanno dovuto subire un disagio enorme per sottoporsi alle verifiche, nonostante l'evidente e più che accertata condizione d'inabilità;
è evidente che i controlli posti in essere dall'Inps sono stati ispirati al solo criterio del taglio della spesa, senza tener conto, invece, di ogni singola individualità, di ogni caso specifico e delle peculiarità che, se ben considerate, avrebbero evitato un inutile e faticoso accertamento a tanti disabili e inabili al lavoro;
l'Anmi e la Femepa (Associazione nazionale dei medici Inps e la Federazione medici enti privati e pubbliche amministrazioni) hanno espresso notevoli perplessità rispetto ai dati pubblicati recentemente dall'Istituto nazionale di previdenza sociale in merito alla revoca di prestazioni di invalidità civile che arriverebbero fino al 76 per cento in alcune città del Paese. L'Associazione nazionale dei medici Inps si è apertamente dissociata da dati che non reputa corrispondenti alla realtà, specie quelli più eclatanti. Dati che - sempre secondo Associazione nazionale dei medici Inps - hanno determinato un notevole allarme sociale tra i cittadini affetti da disabilità;
il presidente della Fish onlus (Federazione per il superamento dell'handicap) ha denunciato con un suo comunicato che l'Inps effettuerà una nuova ondata di verifiche - ben 250 mila - tra i titolari di prestazioni economiche di invalidità civile, cecità civile, sordità civile con scadenza compresa tra il 1o luglio 2011 e il 31 dicembre 2011, cioè persone per le quali è già regolarmente prevista una revisione;
in detti procedimenti l'Inps controllerà solo l'invalidità civile, non lo stato di handicap, che rimane, invece, «a carico» delle aziende sanitarie locali. Pertanto, se anche l'handicap fosse rivedibile, il cittadino dovrebbe sostenere due distinti controlli: il primo effettuato dall'Inps e l'altro dall'azienda sanitaria locale. È evidente che ciò arrecherebbe un disagio notevole ai soggetti interessati e un inutile sperpero di risorse;
l'Inps ha reso noto che, in occasione delle verifiche straordinarie sulla permanenza dei requisiti nei confronti dei titolari di prestazioni di invalidità civile, non sarà possibile riconoscere una condizione di invalidità superiore a quella in precedenza determinata. Una decisione, questa, sulla quale ci sono fortissimi dubbi di liceità che privano i disabili, gli inabili e i portatori di handicap del diritto di vedersi riconosciuto l'aggravamento per il quale i cittadini interessati dovrebbero proporre una nuova istanza, sottoporsi ad una nuova visita di accertamento ed, eventualmente, anche a controlli successivi: ciò implicherebbe altri disagi per i cittadini e altri sprechi per le casse dello Stato;
molti disabili, pur avendo subito un procedimento giudiziario di accertamento della condizione di inabilità e del possesso dei requisiti per godere dell'assegno di invalidità civile, sono stati sottoposti nuovamente a controlli da parte dell'Inps;
l'Inps si appresta ad effettuare una nuova ondata di verifiche coinvolgendo, ancora una volta, chi è già stato sottoposto con esito positivo al vaglio della magistratura;
con l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 il legislatore ha introdotto un sistema di riconoscimento dell'invalidità civile che prevede l'inoltro per via telematica della domanda di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e

disabilità, allegando il certificato medico telematico stilato dal medico di famiglia;
i comitati regionali dell'Inps, un gran numero di patronati e molteplici associazioni, hanno espresso forte preoccupazione per i ritardi che si stanno verificando nelle procedure di esame delle domande di invalidità civile, handicap e disabilità, cecità e sordità a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2009, che ha previsto, come modalità esclusiva, l'invio e la trattazione delle domande in forma telematica. Una situazione fortemente negativa che sta determinando notevoli ritardi nell'erogazione delle prestazioni colpendo le fasce più deboli della popolazione,


impegna il Governo:


a ribadire l'importanza dell'assegno di invalidità e dell'indennità di accompagnamento quali benefici economici necessari a garantire la dignità delle persone diversamente abili, inabili al lavoro o che sono nella totale impossibilità di deambulare;
a confermare che tali strumenti economici vengono assegnati in ossequio a quanto disposto dall'articolo 38 della Costituzione in applicazione del più generale principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Carta fondamentale;
a varare ogni necessario ed utile provvedimento affinché si prevenga il fenomeno delle cosiddette «false invalidità civili»;
ad adoperarsi presso l'Istituto nazionale di previdenza sociale affinché, calibrando meglio i controlli, escluda chi si trova nella condizione di un'evidente e accertata invalidità;
a varare i provvedimenti utili affinché, in sede di verifica dei requisiti necessari per godere dell'assegno di invalidità e/o di accompagnamento, l'Inps possa riconoscere la condizione di invalidità superiore a quella determinata in precedenza, evitando così ulteriori disagi ai cittadini interessati che, al momento, per ottenere l'aggravamento devono presentare una nuova istanza e sottoporsi ad ulteriori accertamenti;
a promuovere una richiesta formale all'Inps di escludere dai controlli i cittadini che hanno già subito un procedimento giudiziario di accertamento della condizione di inabilità con esito positivo;
a verificare con l'Inps la funzionalità della nuova procedura di presentazione telematica delle domande di invalidità civile con l'intento di ridurre i ritardi accumulati e i disagi per le fasce più deboli della popolazione.
(1-00627)
«Iannaccone, D'Anna, Belcastro, Catone, Cesario, Gianni, Lehner, Milo, Moffa, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Porfidia, Razzi, Ruvolo, Sardelli, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
la dinamica della spesa per i trattamenti di invalidità civile ha conosciuto, negli ultimi anni, un notevole incremento, passando da 12,8 miliardi di euro nel 2003 a 17,6 miliardi di euro preventivati nel 2011, corrispondenti a più di 2,7 milioni di prestazioni nel 2010 (pensione di invalidità civile e assegno di accompagnamento);
nel 2003 la suddetta spesa era così ripartita: 3,4 miliardi di euro per le pensioni di invalidità civile e i relativi carichi di famiglia e 8,4 miliardi di euro per l'indennità di accompagnamento;
nel 2009 (dati del bilancio consuntivo dell'Inps) era così distribuita: 4,7 miliardi di euro per pensioni e carichi di famiglia e 12,4 miliardi di euro per indennità di accompagnamento;
tali risorse sono poste a carico dello Stato e, quindi, della fiscalità generale e trasferite al bilancio dell'Inps;

allo scopo di dare ordine, rigore e coerenza all'accertamento delle condizioni di invalidità, il legislatore ha accresciuto il ruolo delle strutture dell'Inps, in collaborazione con le commissioni istituite presso le aziende sanitarie locali, superando una contraddizione di carattere istituzionale in forza della quale l'Inps erogava le prestazioni previste sulla base di valutazioni compiute da altri organi collegiali presenti nei territori; onde ovviare a tale inconveniente, l'articolo 10, comma 4-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, infatti, che l'Inps possa avvalersi delle commissioni delle aziende sanitarie locali per effettuare i suoi programmi straordinari di verifica, integrandole con un medico dell'Istituto;
per contenere una spesa crescente l'attuale Governo ha adottato ripetutamente misure rivolte a contrastare le cosiddette false invalidità, dapprima con l'articolo 80 del decreto-legge n. 112 del 2008, poi con l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, successivamente con l'articolo 2, comma 159, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010). Ognuno di questi provvedimenti ha disposto che l'Inps effettuasse dei piani straordinari di verifica nei confronti dei titolari dei benefici economici riconosciuti in caso di riscontrata condizione di invalidità civile;
altre disposizioni hanno sanzionato severamente le false attestazioni dei medici concernenti microinvalidità derivanti da incidenti stradali e hanno sancito la possibilità di recuperare, ad opera dell'ente previdenziale interessato e a carico del terzo responsabile del fatto illecito che ha provocato l'invalidità, il valore capitale delle prestazioni assistenziali erogate a favore dell'invalido civile;
nonostante il ripetersi delle procedure di controllo negli ultimi anni, la spesa continua a crescere a tassi sostenuti, incompatibili anche con la struttura della popolazione e non del tutto spiegabili con il fenomeno dell'invecchiamento;
i controlli fino ad ora effettuati hanno condotto alla revoca di quote significative di trattamenti di invalidità tra quelli sottoposti ad accertamento e riesame, ma tali revoche non hanno retto, sovente, a fronte del contenzioso giudiziario che si è sviluppato e che è risultato favorevole ai ricorrenti;
non è sufficiente una politica di intensificazione dei controlli in assenza di interventi sulle normative che siano rispettosi dei diritti dei cittadini, ma che, nel contempo, siano in grado di promuovere una più ampia e qualificata equità sociale,


impegna il Governo:


a promuovere una più efficace pianificazione ed una più equa organizzazione dei controlli, con l'obiettivo di conseguire una più adeguata selezione dei soggetti da sottoporre a nuova visita medica, ottimizzando in tal modo pienamente le risorse professionali ed amministrative disponibili;
a valutare, nelle sedi competenti e all'esito del piano straordinario di verifica, l'opportunità di procedere ad un riordino dei requisiti occorrenti per il riconoscimento delle prestazioni in materia di invalidità civile e indennità di accompagnamento, anche estendendo il ricorso alla cosiddetta prova dei mezzi e fatti salvi i diritti acquisiti.
(1-00628)
«Cazzola, Baldelli, Antonino Foti, Barani, Porcu, Pelino, Ceccacci Rubino, Cosentino, Vincenzo Antonio Fontana, Formichella, Giacomoni, Giammanco, Mannucci, Marsilio, Minardo, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Scandroglio».

La Camera,
premesso che:
nel settembre 2008, in occasione del «Terzo Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo», i Paesi donatori hanno assunto l'impegno di garantire

la massima accessibilità alle informazioni relative all'aiuto stesso e la massima trasparenza del medesimo;
tale iniziativa, dunque, mira a rendere pubbliche le informazioni relative alle politiche di dono e al flusso degli aiuti per lo sviluppo;
aumentare e facilitare la disponibilità delle informazioni e dei programmi intrapresi dai donatori è un obiettivo fondamentale da perseguire per la realizzazione di un'efficace politica di aiuto pubblico e di sviluppo;
in Italia il problema della trasparenza sugli interventi sulle politiche di dono e sull'accessibilità ai documenti ad esse relative risulta particolarmente grave;
le informazioni sulle attività di cooperazione gestite dal Ministero dell'economia e delle finanze risultano inadeguate, rimanendo ancora affidate esclusivamente alla relazione annuale al Parlamento, che giunge costantemente in ritardo;
tra l'altro, le informazioni sulle attività di cooperazione gestite dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell'economia e delle finanze potrebbero essere disponibili non solo in lingua italiana, ma anche in lingua inglese, per non precludere agli altri Paesi di poter fruire facilmente della pubblicazione dei dati;
nell'ordinamento italiano, in base a quanto statuito dalla legge n. 241 del 1990, la trasparenza amministrativa costituisce un principio essenziale in base al quale le attività della pubblica amministrazione devono essere rese pubbliche e accessibili agli utenti;
solo rispettando il principio di trasparenza, che per lo più si concretizza in un facile accesso ai documenti amministrativi al fine di comprendere le motivazioni poste alle base degli stessi, le pubbliche amministrazioni italiane ottemperano agli impegni assunti e sottoscritti al «Terzo Forum di alto livello sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo»;
attraverso il rispetto del dettato della legge n. 241 del 1990, si dà concreta effettività al principio canonizzato nell'articolo 97 della Carta costituzionale, dando, allo stesso tempo, seguito ad una politica di aiuto e di sviluppo maggiormente efficace,


impegna il Governo:


a migliorare la trasparenza dell'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia finalizzato alle politiche di dono, garantendo la massima accessibilità alle iniziative e ai programmi intrapresi e coordinando le modalità suggerite in ambito internazionale con i principi della legislazione italiana, segnatamente quelli recati dalla legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni;
ad operare, nell'ambito delle iniziative internazionali, perché le regole di trasparenza e di contrasto alla corruzione corrispondano agli standard legali del nostro Paese e risultino di immediata operatività;
a rivedere e predisporre, di conseguenza, proposte regolative, articolate e correlate alle norme sulla trasparenza amministrativa, nella forma di modelli di accesso agli aiuti allo sviluppo stabiliti nel nostro Paese;
a riferire in Parlamento sulle iniziative assunte, in vista della partecipazione al quarto Forum sull'efficacia degli aiuti e all'attuazione dell'agenda di azione di Accra.
(1-00629)
«Pisicchio, Tabacci, Mosella, Brugger».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

TOUADI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle pari opportunità, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
il giorno 7 aprile 2011 durante una partita di pallacanestro tra le squadre

Bracco Geas Sesto San Giovanni e Pool Comense la giocatrice italiana di origini nigeriane, Abiola Wabara, è stata oggetto di cori razzisti da parte dei tifosi della Comense;
l'arbitro non ha ritenuto opportuno interrompere la partita né prendere provvedimenti sanzionatori, neppure quando alcuni tifosi, a quanto è stato riferito, hanno sputato in direzione della giocatrice;
non risultano essere pervenute scuse ufficiali da parte della squadra avversaria, il cui presidente, anzi, ha stigmatizzato la reazione della giocatrice agli insulti -:
quali iniziative siano state adottate per contrastare preventivamente il fenomeno del razzismo nello sport dal livello amatoriale e quello professionale;
se si intendano adottare provvedimenti specifici per campagne di sensibilizzazione nelle scuole e nel mondo dello sport;
se intendano incentivare meccanismi premianti per particolari episodi di fair play sportivo;
se intendano premiare buone pratiche nel campo dell'integrazione attraverso l'attività sportiva.
(3-01599)

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da alcune settimane imponenti flussi migratori si stanno abbattendo sulle coste italiane a seguito delle rivoluzioni nei Paesi dell'Africa settentrionale; alcuni paventano una prossima ondata migratoria anche dall'Africa sub-sahariana;
la Tunisia e soprattutto la Libia sono state fino al 2009 il canale di ingresso in Italia dei migranti clandestini provenienti dall'Africa sub-sahariana e di quelli provenienti dai Paesi affacciati sulle rive meridionali del Mediterraneo. A tal proposito i dati del Viminale parlano di circa 29 mila arrivi dall'agosto 2008 al luglio 2009. Sempre secondo la stessa fonte dall'agosto 2009 al luglio 2010 gli arrivi sono stati circa 3.500. E poiché i fattori generatori dei flussi non sono mutati, la differenza tra 29 mila e 3.500 ci indica con buona approssimazione quale sia stato l'effetto di blocco dell'accordo italo-libico e delle misure restrittive concordate anche col vecchio governo tunisino: circa 26 mila arrivi in meno in appena dodici mesi;
il venir meno del predetto blocco a causa del crollo dei regimi potrebbe quindi portare a un aumento di 26 mila sbarchi annui con probabilmente numeri superiori nel corrente anno - anche oltre quota 50 mila - per il sommarsi dei nuovi migranti a quelli che erano stati bloccati nel 2009-2010. Peraltro se Egitto, Tunisia, Libia ed eventualmente l'Algeria dovessero precipitare in uno stato di crisi permanente i numeri potrebbero essere assai maggiori;
anche volendo rimanere ad una stima minimale, quindi, si prevede possano esservi oltre 50 mila, ingressi in più nel 2011 e poi 20-30 mila ingressi in più negli anni successivi, atteso che i flussi dall'Africa sono legati a fattori demografici ed economici che permarranno a lungo;
la stragrande maggioranza di questi arrivi saranno tutti via mare e ovviamente al di fuori del sistema di programmazione dei flussi migratori. Saranno inoltre flussi misti con ben due diverse componenti: rifugiati, ossia vittime di persecuzione, e migranti economici;
come in passato, presumibilmente anche in futuro per lo più le persone provenienti dal canale libico-tunisino chiederanno asilo. A questo proposito un'indicazione viene dai dati del Viminale: negli ultimi anni circa il 50 per cento dei richiedenti asilo con quel tipo di provenienza ha ottenuto una qualche forma di protezione internazionale; da ciò consegue che il canale libico-tunisino nel 2011 dovrebbe

generare almeno 50 mila domande d'asilo aggiuntive per poi generarne più di 20 mila negli anni successivi e che queste domande dovrebbero tradursi nel 50 per cento in nuovi rifugiati;
la direttiva europea n. 2003/9 impone di adottare adeguate misure di accoglienza per tutti i richiedenti asilo;
in attuazione della predetta direttiva, il decreto n. 140/2005 ha previsto per i casi di sbarco una prima permanenza di circa un mese in un Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) e poi, fino alla decisione sulla domanda, il soggiorno in una struttura dello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati);
attualmente presso i Cara sono disponibili circa 2000 (duemila) posti mentre lo Sprar dispone di circa 3000 (tremila) posti ai quali devono aggiungersi circa 1000 (mille) posti nei cosiddetti «centri Morcone» nati da un accordo tra il Ministero dell'interno e alcuni grandi comuni;
con i Cara quindi si possono gestire non più di 20-25 mila sbarchi l'anno. Ancora più limitate le disponibilità dopo il primo mese: se, sulla base dell'esperienza, calcoliamo in sei mesi il tempo medio intercorrente tra la domanda e la pronuncia definitiva abbiamo che lo Sprar e i centri Morcone anche considerata la rotazione degli ospiti possono ospitare meno di 10 mila richiedenti asilo l'anno;
appare pertanto drammatico lo scostamento tra il numero prevedibile - pur secondo una stima minimale - dei richiedenti asilo in questo e nei prossimi anni e le attuali possibilità di accoglienza, il che:
a) renderà inevitabile nel 2011 il ricorso a strutture straordinarie di prima accoglienza;
b) renderà inevitabile considerare l'idea di accrescere e di molto le possibilità di accoglienza dello Sprar;
nel 2010 si è programmato lo Sprar per il triennio 2011-2013, ma nulla impedisce l'adozione di un programma straordinario con altri posti;
lo Sprar si basa su un apposito fondo nazionale che viene distribuito tra i comuni che ne fanno richiesta che poi assegnano le risorse a strutture del privato sociale -:
quali interventi urgenti si intendano adottare al fine di rendere più agevole il ricorso a strutture straordinarie di prima accoglienza in favore di tutti quei migranti richiedenti asilo provenienti dal canale libico-tunisino;
se si intendano mettere a disposizione risorse aggiuntive per un programma straordinario di ampliamento del sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar);
cosa si intenda fare affinché vi possano essere più comuni disponibili a entrare nello Sprar rispetto al passato;
quali siano, in previsione del livello strutturalmente alto di domande e dunque di persone da accogliere nei prossimi anni, gli indirizzi operativi disposti per far fronte al cattivo funzionamento dei progetti di accoglienza inseriti nel sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e quali siano, in merito, le disposizioni impartite agli organi periferici, anche con riferimento ai rapporti tra questi ultimi e le istituzioni pubbliche locali;
se e quali iniziative si intendano adottare al fine di giungere, così come proposto dalla commissione De Mistura, ad una riforma normativa che preveda un unico sistema nazionale di accoglienza e protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati da collocarsi come evoluzione dell'attuale sistema di protezione (Sprar), in modo da garantire agli stessi adeguati percorsi di integrazione sociale nel nostro Paese.
(4-11648)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il «Korean institute for national unification» ha pubblicato nel dicembre 2010 un rapporto dal titolo «cases of public executions in North Korea» dal quale si traggono le seguenti informazioni:
a) la Corea del Nord utilizza le esecuzioni pubbliche al fine di instaurare un clima di terrore per il controllo sociale;
b) prima degli anni Sessanta, le esecuzioni pubbliche erano eseguite saltuariamente contro i colpevoli di spionaggio o di crimini brutali come omicidio e furto, così come i dissidenti politici;
c) poiché la crisi economica della metà degli anni Novanta ha dato origine ad una maggiore instabilità sociale, la Corea del Nord ha cominciato a giustiziare anche coloro che avevano commesso reati economici, come rubare grano, o che avevano causato «corruzione della morale pubblica» tramite la prostituzione o la distribuzione di materiali osceni;
d) a seguito della diffusione nel gennaio 1997 del «Rapporto speciale sulle esecuzioni pubbliche in Corea del Nord» da parte di Amnesty International, alla fine degli anni Novanta le esecuzioni pubbliche sono diminuite per un breve periodo di tempo, ma dal 2005 esse hanno ricominciato ad aumentare come conseguenza dell'inasprimento del controllo sociale e della censura;
e) secondo le disposizioni supplementari della legge criminale rese effettive nel marzo 2008, ma non ancora diffuse all'estero, la Corea del Nord ha esteso la lista dei crimini punibili con la morte da 5 a 21;
f) poiché le potenziali minacce al suo sistema come la resistenza ai pubblici ufficiali sono aumentate in conseguenza al fallimento della riforma monetaria del 2009, la Corea del Nord ha deciso di incrementare considerevolmente il numero di esecuzioni pubbliche: sedici persone sono state giustiziate tra gennaio e novembre 2009, mentre il numero è aumentato di 52 unità tra dicembre 2009 e novembre 2010;
il 18 dicembre 2008 e il 21 dicembre 2010 la Corea del Nord ha votato contro la risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite;
dal sito internet dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», che cita quanto riferito da Choi Sung-Yong, attivista e capo dell'organizzazione «Family Assembly abducted to North Korea» che si occupa di prigionieri di guerra e vittime sudcoreane, si traggono le seguenti informazioni:
a) il 3 gennaio 2011 a Sariwon, 45 chilometri a sud della capitale nord-coreana Pyongyang, di fronte a 500 persone, un uomo e una donna sono stati fucilati per aver letto e raccolto materiale politico introdotto nel Paese da un'organizzazione sud-coreana;
b) sei familiari dei due giustiziati sono stati portati in un campo per prigionieri politici;
come riportato da un articolo del Wall Street Journal del 30 marzo 2011, che cita quanto riferito dalla televisione sudcoreana SBS, si riporta che nel corso dell'attuale guerra in Libia sono state scoperte armi di provenienza nordcoreana a disposizione del regime libico;
la Corea del Nord è vincolata al rispetto di due trattati internazionali - la Convenzione internazionale per i diritti del fanciullo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici - che limitano l'uso della pena di morte -:
quali iniziative abbia intenzione di adottare il Governo italiano nei confronti

di quello nordcoreano al fine di evitare ulteriori casi che costituiscono una violazione del diritto internazionale;
se sia a conoscenza del fatto menzionato in premessa e tratto dal Wall Street Journal e, a fronte di esso e del coinvolgimento nella recente crisi libica, quali siano le immediate iniziative che il Governo italiano intenda assumere;
cosa intenda fare per chiedere la liberazione dei prigionieri politici e di coscienza in Corea del Nord.
(4-11635)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal punto di vista energetico l'Italia ha un alto potenziale, costituito dalla geotermia. Questo testimoniano le analisi dei fondali del Tirreno meridionale, zona ad alta densità di vulcani sommersi che sono enormi sorgenti di calore, dove si trova uno dei più importanti campi geotermici. Tale nuova frontiera rappresenta una sfida tecnologica che porterebbe all'Italia il primato mondiale nella valorizzazione della geotermia sottomarina. Il nostro Paese è già uno dei primi al mondo per produzione geotermie, con una capacità installata che dopo gli ultimissimi ampliamenti arriva a sfiorare gli 840 megawatt tra Lardarello e Monte Amiata (790 nel 2010). La geotermia è una dote che si trova nel nostro bagaglio culturale da oltre cento anni. L'Italia è tra i 26 Paesi che ricorrono a questa fonte, ed uno dei maggiori produttori. Finora si reputava che le potenzialità di questa fonte fossero giunte a saturazione con gli impianti di Lardarello e del Monte Amiata che sono arrivati a coprire l'1,5 per cento del fabbisogno elettrico nazionale. L'apporto raddoppierebbe con la realizzazione del progetto Marsili, che prende nome dal più grande vulcano d'Europa, sommerso nel mar Tirreno a 80 chilometri a nord delle Eolie. Il monte Marsili si innalza per 3000 metri, ma la sua cima rimane per mezzo chilometro sotto il pelo dell'acqua. Il massiccio si estende per 50 chilometri con un diametro di 20; il vulcano non è più attivo ma sulla cima si contano numerosi coni formati dalle passate eruzioni e ostruiti da depositi e sedimenti impermeabili;
il monte Marsili è un sistema aperto in contatto continuo con l'ambiente marino. Infatti, sott'acqua le eruzioni di lava che in migliaia di anni hanno formato l'edificio vulcanico hanno subito un repentino raffreddamento che ha favorito la formazione di fratture nella struttura attraverso le quali si infiltra acqua marina. Similmente a una pentola a pressione, l'acqua incontrando il magma si surriscalda fino a superare i 300 gradi e risale vaporizzandosi attraverso le fessure nella roccia. L'idea di sfruttare il potenziale termico di questa immensa caldaia sottomarina nasce da un'intuizione del professor Patrizio Signanini, dell'università di Chieti, che trova un interlocutore nel mondo industriale: la Eurobuilding, una media società marchigiana, che ha consolidato una competenza nell'ambito marino con lo sfruttamento di «inerti» sommersi, in pratica banchi di sabbia risalenti all'ultima glaciazione, per il rifacimento di coste erose. Fin dal 2005, la Eurobuilding ha costituito un gruppo di ricerca con l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l'Istituto per la geologia marina del Cnr-Ismar, il Centro di ricerche sperimentali per le geotecnologie dell'università di Chieti e il politecnico di Bari. L'azienda insieme con i suoi partner pubblici finanzia uno studio pluriennale e multidisciplinare per raccogliere evidenze sulla presenza di centinaia di milioni di metri cubi di fluidi geotermici con «ricarica» continua e per localizzare i reservoir di fluidi ad alta entalpia. Questa «radiografia» del

monte Marsili è compiuta attraverso rilievi batimetrici, misurazioni magnetiche, sismiche, gravimetriche, campionamenti di rocce e sedimenti con l'appoggio della strumentazione della nave oceanografica Universitatis. Dalla fase esplorativa si passa ora a quella della fattibilità. Entro il 2013 la Eurobuilding conta di iniziare la trivellazione del pozzo pilota a circa 800 metri di profondità per toccare l'interno del vulcano fino a 2 chilometri. «Si riadattano le tecnologie estrattive petrolifere alla geotermia con la sicurezza che anche in caso di eventuali fuoriuscite, si tratterebbe di acqua marina senza conseguenze per l'ecosistema, spiega Diego Paltrinieri, geologo prestato a questa avventura industriale e direttore del progetto;
una volta captata, l'acqua a 300o che ha subito durante la risalita all'interno del vulcano il passaggio di fase (la trasformazione da liquido a vapore) è convogliata nella tubatura, quindi spinge le turbine che alimentano generatori di 200 megawatt di potenza, il tutto collocato su una piattaforma galleggiante. Nel progetto le unità produttive diventano 4 per una produzione di 4,4 TWh, sette volte l'output fotovoltaico italiano. Il costo, comprensivo di installazione, generazione e trasporto dell'elettricità con elettrodotto sottomarino ad alta tensione, dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi di euro, ai quali si aggiungono i costi esplorativi di perforazione di 26 milioni di euro. Un costo al chilowattora comunque competitivo tra le fonti rinnovabili: a metà strada tra quello eolico e quello da biomasse, e dimezzato rispetto al fotovoltaico con il vantaggio che la geotermia non sconta l'intermittenza tipica del solare, come prova il fatto che si è guadagnato l'interesse di scienziati come Carlo Rubbia e perfino degli ambientalisti. Anche l'attenzione di investitori esteri è puntata sulla scommessa del Marsili, avamposto di un potenziale sfruttamento estensivo della fascia vulcanica sommersa al largo delle coste siciliane, calabresi e campane che spingerebbe la geotermia al 5-7 per cento del mix elettrico nazionale: diventerebbe la prima fonte rinnovabile dopo l'idroelettrico;
nel 1904 grazie al principe Piero Ginori-Conti, si è iniziato ad utilizzare l'energia dei soffioni di Lardarello per la generazione di energia elettrica. Oltre al primato storico, l'Italia vanta in Toscana uno dei più grandi complessi geotermici del mondo, con 32 impianti e una produzione annua di circa 5 miliardi di kWh. Questa leadership ha favorito il consolidamento di una expertise «made in Italy» in un tecnologia energetica a zero emissioni e alto rendimento. Ora, l'Enel Green Power propone progetti «chiavi in mano» attraverso la gestione diretta di tutta la catena del valore: dalla fase esplorativa a quella della realizzazione fino alla gestione dell'impianto, manutenzione inclusa. I progressi compiuti dalla tecnologia permettono di ampliare lo scenario delle applicazioni per la generazione di elettricità non solo, sfruttando i fluidi caldi provenienti dai campi a vapore o acqua ad alta entalpia, ma anche attraverso la valorizzazione di siti con risorse a più bassa temperatura, molto più diffusi sul pianeta. La stessa Enel Green Power è andata nel lontano Nevada per realizzare due impianti per complessivi 65 megawatt lordi, che ora può utilizzare come impianto pilota per lo sviluppo di nuove tipologie. Con la collaborazione scientifica del Politecnico di Milano e del Mit di Boston, gli ingegneri del gruppo hanno realizzato un prototipo di reattore «binario supercritico» per lo sfruttamento ad alta efficienza e bassa temperatura e la possibilità di riutilizzo del calore in eccesso. La sua riuscita è stata confermata dall'aggiudicazione di 60 milioni di dollari di incentivi dello Stimulus Plan di Obama;
oltre che negli Stati Uniti, il gruppo sta capitalizzando il suo know-how con progetti in America Latina ed Europa. In particolare, è stato siglato l'accordo con il partner turco Uzun per esplorare le potenzialità di 142 licenze geotermiche nella zona occidentale della Turchia. L'azienda italiana è il primo investitore estero a operare nel settore dell'esplorazione geotermica in Turchia, dove la capacità installata ammonta attualmente a 86 megawatt realizzati e gestiti da operatori

locali, che il Governo turco spera di incrementare a 600 megawatt nei prossimi 5 anni. Stanno per iniziare le prospezioni geologiche e geochimiche, i campionamenti e analisi di gas, acque, rocce e incrostazioni, la pianificazione di indagini geofisiche. Se saranno positive, si stima che entro il 2015 entreranno in funzione 100 megawatt di capacità geotermica. «Per espandere la quota del geotermico nel mix delle rinnovabili, si sta lavorando anche per rendere più affidabili i metodi di valutazione delle risorse, per incrementare l'efficienza degli impianti e la durata degli acquiferi, l'uso in condizioni estreme di temperatura, salinità, pressione, e per ridurre ulteriormente il già modesto impatto ambientale», spiega Francesco Storace, amministratore delegato di Enel Green Power. Allo studio sono anche impianti geotermici ibridi, abbinati al solare e biomasse -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di favorire le condizioni per un completo sviluppo ed utilizzo dell'energia geotermica nel nostro Paese.
(4-11629)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da venerdì 8 Aprile 2011 il pendio montagnoso di Isola di Fronda, in alta valle Brembana, soprastante alcune contrade e il nucleo abitato di Trabuchello, continua a bruciare. Purtroppo l'incendio sviluppatosi in località «La Piana» rimane, dopo ben tre giorni, ancora molto attivo, tanto da esigere il controllo di tutte le forze dell'ordine e dei volontari della zona. Nella giornata di sabato 9 aprile 2011, la situazione sembrava ormai circoscritta e si pensava quindi di passare all'ultima fase delle operazioni, la bonifica del terreno ovvero l'individuazione e lo spegnimento dei focolai residui. Sembrava infatti che l'intenso e duro lavoro svolto fosse stato efficace, ma restava l'incognita del vento, che ha esteso le fiamme;
per precauzione, quindi, è stato istituito un servizio di monitoraggio notturno che si è rivelato provvidenziale: a notte fonda, infatti, è stato segnalato che del materiale incendiato era rotolato nei pressi della contrada Piana. Immediato l'intervento di una squadra di volontari del paese guidati dal sindaco Giovanni Berera - sul campo ininterrottamente dalle prime fasi dell'incendio, con il vicesindaco Carletto Forchini, coordinatore del servizio logistico - che lavorando fin verso le 3 del mattino hanno eliminato ogni rischio. Nella giornata di domenica 10 aprile, all'alba, sono entrate in azione le squadre antincendio - con il supporto di un elicottero della regione - coordinate dal comandante della stazione forestale dell'alta Valle Brembana Bruno Paternoster e da Roberto Fiorona, responsabile antincendio della comunità montana Valle Brembana. Loro compito, si riteneva, la bonifica del terreno e la conclusione dell'operazione prevista in serata. Purtroppo, però, verso le 15, proprio a causa del vento la cui intensità si incrementa nelle ore più calde della giornata, con variazioni imprevedibili e improvvise di direzione, l'incendio ha ripreso grande vigore, perché il bosco è resinoso e facilmente infiammabile. È stato quindi richiesto di nuovo l'intervento da Genova del Canadair, che ha compiuto numerosi lanci di acqua sull'incendio, un carico di un centinaio di quintali di acqua a sgancio pescata nel lago di Lecco per ciascun passaggio. È stato l'unico modo efficace per contenere l'incendio;
uomini e mezzi aerei sono rimasti in attività tutto il giorno fino a tarda sera, quando, per ovvi problemi di visibilità e di sicurezza si è decisa la sospensione dell'operazione. «L'incendio è tutt'altro che spento - ha affermato il comandante Paternoster - per cui si mantengono attenzione e monitoraggio costanti, rinviando nei prossimi giorni la bonifica e sperando che nel frattempo la forza del vento cali di intensità». L'unico dato positivo è il fatto che non ci sono problemi di sicurezza per persone, abitazioni e strade. Anche la zona da cui sono partite

le fiamme, la località «La Piana» e la sua contrada disabitata, non sono mai state in pericolo: il vento in questo caso ha tenuto lontano l'incendio e un gruppo di volontari è sempre stato pronto a intervenire in caso di necessità -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di intensificare le risorse umane delle competenti strutture statali preposte al controllo degli incendi boschivi, con particolare riguardo per le valli bergamasche.
(4-11630)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 della legge 8 agosto 1990, n. 231, il decreto ministeriale del 25 settembre 1990 e il decreto interministeriale n. 192436 del 10 dicembre 1990 hanno introdotto nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica l'articolazione dell'orario delle attività giornaliere e dei connessi istituti dello straordinario, del recupero compensativo e della reperibilità;
i successivi provvedimenti di concertazione continuano a disciplinare l'istituto della reperibilità come prestazione particolare dell'attività di lavoro, da ultimo con l'articolo 14, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009, n. 52: «Per ragioni di servizio l'Amministrazione può ricorrere all'istituto della reperibilità per esigenze di almeno dodici ore consecutive. Il personale può essere comandato di reperibilità per un massimo di sei giornate feriali e due festive nel mese», mentre è rimasta immutata la norma relativa al compenso - dettata dall'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale citato - quantificato in un dodicesimo della prestazione resa;
lo Stato maggiore dell'Esercito con la «Direttiva sull'istituto dello straordinario e compensi connessi all'orario di lavoro» - edizione anno 2003 - e successive modifiche e integrazioni ha disposto che «la reperibilità è l'obbligo a raggiungere l'installazione militare entro un tempo massimo di due ore»;
lo Stato maggiore della Marina con le «Disposizioni applicative sull'orario di servizio e sul compenso per il lavoro straordinario» - edizione 2006 - e successive modifiche e integrazioni prevede che «la reperibilità è intesa come obbligo del militare, al termine dell'attività lavorativa, a mantenersi in grado di raggiungere la destinazione di servizio in un tempo massimo non superiore alle due ore dalla chiamata o, in particolari situazioni, a raggiungerla in tempi non superiori a quelli stabiliti discrezionalmente dal Comando»;
lo Stato maggiore dell'Aeronautica con la «Normativa generale sull'orario di servizio e sul lavoro straordinario» - edizione 2003 - e successive modifiche e integrazioni dispone che «la reperibilità comporta per il personale l'obbligo di comunicare la propria ubicazione e di rientrare in servizio su chiamata, se necessario, entro i tempi specificamente indicati dal Comando competente per il servizio da assolvere, e comunque entro un tempo massimo di due ore»;
gli Stati Maggiori dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica hanno unilateralmente imposto la resa della prestazione della reperibilità con la tempistica massima di due ore;
la stazione aeromobili Marina Militare a prescindere da particolari situazioni/assetti ha imposto la resa della prestazione in funzione della tipologia dei servizi/esigenze dell'attività di volo - da un minimo di un'ora a un massimo di otto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché le

citate disposizioni siano armonizzate/unificate al fine di evitare le eventuali difformità nella loro applicazione.
(4-11637)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRAGA e NARDUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da recenti studi sono oltre 48 mila le lavoratrici e i lavoratori italiani occupati in Svizzera nel cantone di frontiera Ticino con il permesso di frontaliere rilasciato dalle autorità elvetiche. Stante le leggi vigenti essi risiedono in Italia. La maggior parte di essi proviene dalle province di Varese e Como;
già molti mesi prima dell'inizio della campagna elettorale per le elezioni del gran consiglio (parlamento del cantone Ticino) sono apparsi manifesti commissionati da forze politiche cantonali contenenti messaggi anti-straniero offensivi e oltraggiosi rivolti alle migliaia di lavoratori frontalieri fatti dunque oggetto di una propaganda mediatica denigratoria: paragonati addirittura a dei ratti, accusati di rubare il lavoro ai cittadini svizzeri;
le ripercussioni del voto politico nel cantone Ticino dello scorso 10 aprile, che ha visto il partito della Lega dei Ticinesi crescere fino a diventare, con il 22 per cento dei voti, il secondo partito del gran consiglio del Ticino, destano forti preoccupazioni per i lavoratori frontalieri, le istituzioni e gli enti locali italiani, in particolare i comuni di frontiera;
la Lega dei Ticinesi, forte della vittoria elettorale ottenuta, ha dichiarato pubblicamente di voler promuovere nuove regole nei rapporti con la vicina Italia; tra queste regole figurerebbero l'introduzione di un tetto massimo al numero di lavoratori frontalieri, da confinare nei settori dove la forza lavoro residente ticinese non basta a coprire la domanda, con la minaccia di lasciare a casa 13 mila occupati sui 48 mila totali; incentivi per le imprese locali che assumono lavoratori ticinesi; riduzione immediata, dal 38 per cento al 12,50 per cento della quota dei ristorni ovvero il riversamento delle imposte dei frontalieri allo Stato Italiano. Tali dettati sarebbero quindi volti a mettere in discussione anche l'accordo bilaterale tra Italia e Confederazione Elvetica del 1974;
tale accordo bilaterale prevede che i ristorni sulla remunerazione dei lavoratori frontalieri, assoggettati a tassazione dalla Comunità elvetica, siano ripartiti a titolo di compensazione finanziaria ai comuni italiani confinanti per il tramite delle province e delle comunità montane, delle regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano;
il mancato trasferimento di queste somme metterebbe a serio rischio servizi fondamentali per le comunità quali quelli relativi a scuole, mense e assistenza sociale, dei quali beneficiano i lavoratori frontalieri residenti in Italia, e toglierebbe ogni forma di possibilità di investimento agli enti locali montani transfrontalieri, oltre a infrangere un patto tra Stati che non è mai stato messo in discussione in questi anni;
la quota pro-capite per ogni lavoratore frontaliero, determinata dal Ministero dell'economia e delle finanze è attualmente pari a 817,6844 euro, mentre il valore complessivo del ristorno annuo a favore dei territori confinanti italiani è di oltre 36 milioni di euro;
secondo recenti stime sindacali, diversamente da quanto avviene nel nostro Paese, durante il 2010 la ripresa economica in Svizzera si è rivelata più solida delle previsioni; il Pil della Svizzera è cresciuto del 2,6 per cento, leggermente inferiore quello del cantone Ticino al 2.3 per cento. La crescita dei posti di lavoro occupati da frontalieri nel Ticino, che negli anni della crisi si è stabilizzata attorno al + 2 per cento, è tornata nel 2010 ai livelli pre-crisi, con un + 5,5 per cento su base annua. Inoltre a inizio 2011 la

quota di frontalieri sul totale degli occupati in Ticino è salita al 26 per cento. Questi dati evidenziano chiaramente che, nonostante le supposte tesi dalla Lega Ticinese, la tendenza naturale del mercato del lavoro oltre confine mostra come i lavoratori italiani siano sempre più ricercati -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare il rispetto dell'accordo bilaterale tra l'Italia e la Confederazione Elvetica e, in particolare, i ristorni sulla remunerazione dei lavoratori frontalieri che vengono attribuiti dalla comunità elvetica a titolo di compensazione finanziaria;
quali iniziative il Governo intenda attuare per tutelare i diritti dei circa 48 mila lavoratori frontalieri ed evitare che i comuni italiani di confine vengano minacciati ed utilizzati strumentalmente come arma per scontri di carattere politico.
(5-04626)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 4 aprile 2011 è ripresa l'udienza preliminare del procedimento denominato Mediatrade;
in esso sono imputati, tra gli altri, anche Piersilvio Berlusconi, Fedele Gonfalonieri, Frank Agrama ed il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi;
l'accusa, nei confronti di quest'ultimo, è di appropriazione indebita fino al 2006 e di frode fiscale fino al 2009;
l'Avvocatura dello Stato di Milano non si è costituita, per conto dell'Agenzia delle entrate, parte civile contro gli imputati. Tale condotta, appare contraddittoria e preoccupante in considerazione del fatto che la medesima Agenzia delle entrate è parte nel processo principale relativo ai diritti TV di Mediaset;
l'articolo 1, comma 4, della legge 3 gennaio 1991, n. 3 subordina la costituzione di parte civile dello Stato all'autorizzazione dal Presidente del Consiglio dei ministri;
l'interrogante nutre il lecito sospetto che il Governo eserciti «pressioni» indebite sugli organismi amministrativi in favore degli interessi personali del Presidente del Consiglio e contro quelli di tutti gli italiani. Si ricorda, in proposito, che i pubblici uffici devono essere organizzati, secondo il dettato costituzionale del primo comma dell'articolo 97, in modo da assicurare il «buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione» e che il primo comma del successivo articolo 98 recita «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione» e non, quindi, degli interessi del signor Silvio Berlusconi;
l'esito del processo penale, qualora favorevole agli imputati, non avrebbe comunque pregiudicato un'eventuale azione in sede civile mentre una pronuncia di condanna dei medesimi avrebbe garantito all'erario un giusto risarcimento;
non si possono trascurare i risvolti politici della vicenda, che è oggetto del processo e che potrebbe condurre all'accertamento di un comportamento penalmente rilevante da parte del Presidente del Consiglio - sconosciuto agli elettori al momento del voto e per essi inaccettabile -:
se intenda chiarire, in via preliminare, se l'amministrazione pubblica abbia intrapreso, per la vicenda Mediatrade, almeno un'azione civile risarcitoria nei confronti degli imputati;
se agli organismi tecnici quali l'Avvocatura dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate, sia stato richiesto un parere sull'opportunità dell'intervento di quest'ultima in causa come parte civile e, in caso affermativo, quali siano stati i pareri dei predetti organismi;
se sia stato acquisito, in merito all'opportunità della costituzione quale

parte civile in giudizio dell'Agenzia delle entrate, il parere facoltativo del Consiglio di Stato e, in caso affermativo, quale sia stato l'esito, ovvero in caso negativo, quali siano state le ragioni per le quali non sia stato richiesto;
se corrisponda al vero che l'Avvocatura dello Stato non sia stata autorizzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a costituirsi in giudizio, quale parte civile, nel processo Mediatrade, come pubblicato da alcuni organi di stampa;
se non si ritenga opportuno che la pubblica amministrazione, al fine di tutelare gli interessi erariali, si costituisca anche ed in ogni caso in sede penale, fugando ogni dubbio circa una disparità di trattamento tra i poteri «forti» ed i cittadini.
(4-11633)

LAMORTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Fondazione IFEL - Istituto per la finanza e l'economia locale è stata costituita in data 16 marzo 2006 conformemente a quanto previsto dal comma 2-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (legge n. 43 del 31 marzo 2005), che ha attribuito all'ANCI «l'obbligo di proseguire i servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici d'Integrazione nella pubblica amministrazione e assicurare il miglioramento dell'attività di Informazione ai contribuenti»;
con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 22 novembre 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006), l'IFEL è succeduta in tutti i rapporti attivi e passivi del consorzio ANCI-Cnc per la fiscalità locale, costituito in data 22 febbraio 1994 a seguito del decreto legislativo n. 504 del 1992, con cui è stata istituita l'imposta comunale sugli immobili con l'obbligo per i comuni di versare lo 0,6 per mille sul gettito dell'Ici, elevato allo 0,8 per mille come previsto dal comma 251 della legge n. 244 del 2007 e successivamente elevato all'1 per mille come previsto dal comma 23/b della legge n. 220 del 13 dicembre 2010;
in data 31 gennaio 2007 la società Tetti di Gallura inviava offerta di vendita, indirizzata al dottor Alessandro Gargani, di un immobile sito in Roma in via delle Terme di Caracalla 69/71 al prezzo di 15.000.000 di euro;
gli organi della Fondazione IFEL avevano mostrato interesse all'acquisto dell'immobile, da destinare a eventi e convegni, oltre che per il «perseguimento dei propri fini istituzionali ed in particolare l'attività di formazione gratuita del personale dei comuni addetti alla gestione dei tributi locali»;
in data 9 marzo 2007 è stata sottoscritta una scrittura privata tra l'IFEL, nella persona del dottor Alessandro Gargani, e la società Tetti di Gallura srl, nella persona del dottor Tommaso Izzi per l'acquisto dell'immobile al prezzo di euro 14.900.000;
gli organi della Fondazione IFEL «per poter manifestare la loro volontà di accettare o meno l'offerta della società Tetti di Gallura» avevano deciso di affidare alla società CB Richard Ellis la redazione di una perizia valutativa sull'immobile finalizzato a verificare la congruità del corrispettivo;
la società CB Richard Ellis aveva presentato una perizia per uso albergo di 12.500.000 euro;
in data 23 marzo 2007 il dottor Alessandro Gargani comunicava alla società Anci Servizi (capitale sociale 51 per cento Anci, 49 per cento privati) la decisione del direttivo dell'IFEL, in considerazione delle caratteristiche non commerciali della fondazione, di delegare alla predetta società la fornitura di servizi accessori alle attività istituzionali di IFEL;
in data 17 maggio 2007 veniva sottoscritta una convenzione tra Anci Servizi ed IFEL nella quale, succintamente, si

delegava la società Anci Servizi all'acquisto dell'immobile in questione, alla ristrutturazione e all'organizzazione dei servizi;
Anci Servizi si era rivolta alla società Locat per l'acquisto, in leasing, per un valore totale di 17.000.000 euro suddivisi in 14.700.000 valore dell'immobile e 2.300.000 per costi di ristrutturazione;
Anci Servizi avrebbe recuperato le somme indicate con canoni mensili, a carico di IFEL, aumentati dei costi di funzionamento;
Anci Servizi, dovendosi assumere tutte le responsabilità dell'operazione, aveva incaricato uno studio legale e notarile che aveva evidenziato delle criticità, in appresso indicate:
a) l'immobile era stato costruito abusivamente all'interno del parco dell'Appia Antica ed era stata rilasciata una concessione in sanatoria come opificio;
b) l'immobile non era di proprietà della società Tetti di Gallura ma della società Immobilroma Prestige;
c) per l'organizzazione dei servizi richiesti da IFEL, Anci Servizi avrebbe dovuto chiedere un cambio di destinazione d'uso;
d) l'immobile risultava pignorato per il valore di acquisto di 5.668.000 euro a favore del Banco di Sicilia perché la Immobilroma Prestige si era resa inadempiente per non aver saldato nessuna rata di mutuo concesso;
e) l'acquisto sarebbe stato fatto dalla società Tetti di Gallura e, immediatamente, rivenduto ad Anci Servizi attraverso la società di leasing Locat a un prezzo di 14.900.000 euro;
in data 17 maggio 2007 il consiglio di amministrazione di Anci servizi, alla luce di quanto emerso, esprimeva parere negativo all'acquisto dell'immobile;
successivamente Anci Servizi proponeva all'IFEL altro immobile sito in via Catone sul quale IFEL ha inteso trattare direttamente con l'intermediario proposto dalla società Tetti di Gallura rinunciando, successivamente, all'acquisto -:
se il Ministro abbia riscontro di quanto descritto e se Ifel abbia sostenuto spese inerenti all'attività sopra descritta e se tali spese rientrino nell'attività istituzionale della fondazione.
(4-11656)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il procedimento su mediazione e conciliazione è stato oggetto di approfondita riflessione da parte della dottrina nonché del consiglio nazionale forense e di altre organizzazioni dell'avvocatura e di diversi operatori della giustizia, che hanno, tra le altre cose, richiesto al Ministro della giustizia quantomeno di rinviare l'entrata in vigore della legge, al fine di realizzare almeno le strutture idonee, oltre che per procedere ad alcune modifiche sostanziali sia del decreto legislativo n. 28 del 2010 che dei decreti attuativi;
così come è stato configurato dal Governo, l'istituto della media conciliazione tende a puntare su figure ed organismi che «impongono» soluzioni, anziché aiutare le parti a pervenire ad una composizione del conflitto che aiuti a ricostituire la qualità del legame sociale laddove, come ammoniscono gli studiosi di questa esperienza, invece, condizione necessaria di efficacia della mediazione è che essa lasci libere le parti di pervenire ad una soluzione del conflitto e non le obblighi a farlo prevedendo conseguenze punitive per il caso in cui ad essa non si pervenga;
i termini mediazione e conciliazione non sono termini omogenei e si riferiscono ad un approccio del tutto diverso: l'articolo 1 del decreto legislativo usa, alla

lettera a), il termine mediazione per connotare la procedura, e alla lettera b), il termine conciliazione per connotare il risultato positivo della mediazione stessa ma, evidentemente, questa differenziazione non è sufficiente a dar conto della diversità concettuale intrinseca: tuttavia, assumendo tale differenza, è evidente che l'istituto della mediazione viene così immediatamente finalizzato alla conciliazione e, in caso di suo fallimento, è destinata ad entrare nel processo e ad incidere sul suo esito anche relativamente al regolamento delle spese processuali;
il gruppo del Partito democratico aveva già evidenziato nel parere alternativo allo schema di decreto legislativo tutte le criticità rilevate, alle quali, però, il Governo è rimasto sostanzialmente sordo;
sulla base di questi rilievi tutto il mondo dell'avvocatura ha chiesto al ministro di prevedere lo slittamento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 28 del 2010 di un anno e non solo limitatamente ad alcune materie oggetto di previsione della mediazione obbligatoria, come invece previsto nel maxiemendamento per il milleproroghe: la mediazione finalizzata alla conciliazione, infatti, non avrà quegli effetti deflattivi tanto propagandati dal Ministro bensì creerà un ulteriore allungamento dei tempi o dei costi del contenzioso ordinario: la caratteristica che lascia maggiormente perplessi appare proprio quella della obbligatorietà, anche perché essa non era prevista dalla legge delega, e anche la normativa comunitaria non indirizza verso ipotesi di tentativi obbligatori, lasciando libera la scelta al legislatore nazionale, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 52 del 2008;
preoccupa anche la mancanza di garanzie in merito alla necessaria organizzazione dei nuovi organismi «deputati a gestire il procedimento di mediazione», e in merito all'adeguatezza della preparazione dei conciliatori;
appare dunque evidente che occorre «mettere a regime» la disciplina, prevedendo opportune modifiche, solo dopo che i nuovi organismi di conciliazione vengano istituiti, al termine di un congruo periodo di tempo necessario per la formazione dei conciliatori, anche per evitare che i cittadini vengano costretti a pagare mediatori impreparati pur avendo diritto alla giurisdizione a spese dello Stato;
nella seduta di venerdì 25 febbraio 2011, il Governo aveva accolto un ordine del giorno, il numero 9/04086/254, con quale si impegnava «a ripensare l'istituto della media conciliazione provvedendo al più presto ad apportare, nell'ambito delle sue proprie competenze, profonde modifiche alla disciplina in questione, e, nel frattempo a prorogare di almeno un anno l'entrata in vigore della normativa non limitandosi alle cause condominiali e di risarcimento da danni da incidenti stradali e della navigazione»;
la prima sezione del Tar del Lazio ha sollevato, con una ordinanza del 12 aprile 2011, una questione di legittimità costituzionale in merito al regolamento sulla media conciliazione obbligatoria, entrato in vigore il 21 marzo 2011;
gli organismi di mediazione, allo stato, non sono in grado di operare essendo ancora in itinere presso il Ministero le procedure per la certificazione di idoneità dei conciliatori;
i costi per l'accesso alla media conciliazione sono decisamente elevati e, in caso di accoglimento da parte della Corte dell'eccezione di costituzionalità, le somme già pagate potrebbero rappresentare una forma di indebita percezione da parte dello Stato, con ripercussioni anche sull'erario -:
se il Ministro non ritenga opportuno (come peraltro rappresentato da tutti gli operatori della giustizia e da tutte le associazioni dell'avvocatura) mantenere fede all'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno citato e assumere le necessarie iniziative per sospendere l'efficacia del decreto legislativo n. 28 del 2010 e dei suoi regolamenti attuativi,

quantomeno fino alla pronuncia della corte costituzionale in risposta all'ordinanza di cui in premessa.
(2-01054)
«Capano, Ferranti, Andrea Orlando».

Interrogazioni a risposta scritta:

COLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto-legge 2 ottobre del 2008, n. 151 recante «Norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari», convertito dalla legge 28 novembre del 2008 n. 186, stabilisce che i giudici onorari di tribunale (Got) hanno diritto a percepire un'indennità in relazione alla «attività di udienza»;
tale indennità è commisurata alle sole udienze svolte e ammonta a 98,00 euro ovvero a circa 72,00 euro al netto dell'Irpef per ogni singola udienza;
le più recenti circolari del Ministero della giustizia, che si sono susseguite nell'interpretazione della norma sopra richiamata, hanno chiarito che la scelta operata dal legislatore è stata quella di non riconoscere altre remunerazioni per le attività del giudice onorario di tribunale diverse da quelle di udienza;
accade di frequente, però, che i giudici onorari di tribunale siano chiamati a esercitare funzioni diverse da quelle loro attribuite dalla legge - si fa riferimento, in particolare, alle ipotesi in cui i Got siano impiegati in sostituzione dei giudici ordinari nello svolgimento di attività come l'ammissione e la liquidazione di gratuito patrocinio, i decreti di irreperibilità, o le ordinanze di sequestro e confisca - e che, per le ragioni sopra esposte, queste attività non sono remunerate;
tale problematica è stata più volte sollevata dalla rappresentante dei giudici onorari del tribunale di Crotone nonché coordinatrice circondariale della Federazione regionale dei magistrati onorari di tribunale, in relazione alle gravi difficoltà in cui si trovano a svolgere il proprio operato i Got del Tribunale di Crotone i quali hanno recentemente reso noto, con una lettera indirizzata anche al Ministro della giustizia, che non espleteranno alcuna attività loro non espressamente delegata dai capi degli uffici e non rientrante nelle funzioni loro attribuite dalla legge;
secondo quanto sostenuto nella suddetta lettera, la normativa vigente nonché le recenti circolari ministeriali interpretative, non valorizzano il ruolo e le competenze dei giudici onorari di tribunale, penalizzando, di fatto il lavoro di molti magistrati onorari che svolgono il proprio operato con grande serietà, sacrificio e senso di responsabilità;
diversamente da quanto previsto per i magistrati togati, la vigente normativa non attribuisce ai Got alcuna garanzia in merito alla continuità dell'incarico ne una adeguata tutela previdenziale e assistenziale;
l'articolo 3-bis del decreto-legge 2 ottobre del 2008, n. 151 sopra richiamato, stabilisce, inoltre, in favore di un'altra categoria di giudici onorari ovvero i vice procuratori onorari (Vpo) un diverso trattamento economico, in quanto, per questi ultimi è prevista la corresponsione di un'indennità anche per le attività fuori udienza;
nella lettera firmata dalla rappresentante dei giudici onorari del tribunale di Crotone si segnala, inoltre, che spesso si verificano ritardi nei pagamenti delle indennità mensili spettanti ai Got del tribunale di Crotone e che agli stessi, di frequente, non è corrisposta l'indennità di trasferta dalla sede centrale del tribunale di Crotone alla sede distaccata di Strongoli, che è invece abitualmente erogata ai vice procuratori onorari della procura presso lo stesso tribunale -:
quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare al fine di riformare l'attuale disciplina della magistratura onoraria che - operando una distinzione

delle funzioni e del trattamento economico riservato alle diverse categorie di giudici non togati - siano finalizzate ad attribuire ai giudici onorari di tribunale un'indennità proporzionata alle attività effettivamente svolte nonché a prevedere, in favore di questi ultimi, un adeguato sistema previdenziale e assistenziale.
(4-11628)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un anno fa il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria divulgava la circolare GDAP - 0032296-2010 nella quale si prevede la formazione di alcuni agenti di polizia penitenziaria per prevenire i suicidi in carcere;
nella circolare l'amministrazione - preso atto del fatto che a causa delle note carenze le figure professionali istituzionalmente deputate all'assistenza psicologica del detenuto risultano per lo più assenti o comunque non prontamente reperibili - dispone che presso ogni carcere venga istituito un servizio di ascolto composto dal personale di polizia penitenziaria e dell'area educativa e integrato da appartenenti al volontariato. Tale servizio ha «il precipuo compito di soccorrere il detenuto in situazioni di imminente criticità in cui non sia possibile l'intervento immediato di professionisti esperti, attraverso l'attivazione di dinamiche comunicative finalizzate al sostegno del soggetto in difficoltà, all'individuazione di problematiche specifiche e delle necessarie misure d'urgenza, secondo le linee guida che la direzione generale dei detenuti e del trattamento provvederà ad emanare»;
data la specificità della materia, nella circolare si prevede «la realizzazione di un progetto formativo per il personale di polizia penitenziaria all'uopo individuato»;
secondo i sindacati di polizia penitenziaria la predetta circolare - ad oggi l'unico tentativo, per quanto insufficiente, di arginare l'emergenza suicidi - non ha avuto alcuna pratica applicazione, atteso che i progetti in essa previsti non sono ancora partiti;
la finalità della circolare era dunque quella di avviare la formazione di 4-5 agenti in ciascun istituto, per dotarli delle conoscenze necessarie a valutare se vi è il rischio che un detenuto possa tentare il suicidio, oltre che a sostenerlo nelle situazioni più critiche, quando lo psicologo non può intervenire immediatamente, per esempio nelle ore serali e notturne;
secondo Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, la circolare è rimasta lettera morta perché mancano le strutture e il personale. Le circolari di questo tipo servono a tamponare il malcontento, ma è impossibile metterle in pratica se non sono accompagnate da finanziamenti;
nel 2010 i suicidi di detenuti sono stati 66, nel 2011 se ne contano già 16 -:
quali provvedimenti urgenti intenda attuare al fine di reperire le risorse e i finanziamenti necessari per dare concreta attuazione a quanto previsto e stabilito nella circolare GDAP - 0032296 - 2010 avente ad oggetto «Emergenza suicidi. Istituzione di unità di ascolto di Polizia Penitenziaria», in particolare se intenda attivarsi al fine di consentire l'immediato avvio dei progetti formativi in essa previsti per il personale di polizia penitenziaria.
(4-11636)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'11 aprile scorso la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Opera-Milano accompagnata dai signori Claudio Kaufmann e Francesco Poirè;
al momento della visita erano presenti 1.242 detenuti maschi di cui 90 in

regime di 41-bis e 400 in alta sicurezza; nell'istituto sono presenti ben 198 ergastolani 44 dei quali al 41-bis; i detenuti occupano 461 posti al 1o reparto, 578 al 2o reparto, 83 al centro clinico, 22 in infermeria, 26 al reparto nuovi giunti; 3 detenute sono al femminile; i semiliberi sono 62 uomini e 7 donne;
secondo i dati riportati nel sito giustizia.it la capienza regolamentare dell'istituto ammonta a 973 posti ma, secondo il direttore - dottor Giacinto Siciliano che ha accompagnato la delegazione nella visita - la capienza ufficiale è di 1.550 posti in quanto le celle costruite originariamente per un solo detenuto ne ospitano in realtà due; gli ergastolani, contrariamente a quanto previsto dall'ordinamento penitenziario, sono tutti in celle doppie;
l'organico degli agenti di polizia penitenziaria è carente di almeno 200 unità; gli agenti effettivamente in servizio sono 558 e sopportano un grave disagio non solo per la penuria di forze ma anche perché si sono visti tagliare del 30 per cento gli straordinari, oltre al fatto che sono in attesa del pagamento degli arretrati riguardanti le indennità di missione; tutto ciò si ripercuote inevitabilmente sulle attività trattamentali dei detenuti e colpisce il corpo dei baschi blu in termini di stress lavorativo;
nel carcere di Opera lavorano 120 detenuti per conto di ditte esterne e 300 per l'amministrazione; la gelateria industriale dotata dei più moderni macchinari occupa anche detenuti ergastolani; se fosse tolto il tetto per accedere alla legge 22 giugno 2000, n. 193 (legge Smuraglia) si aprirebbero nuove opportunità di lavoro per impiegare un maggior numero di detenuti;
il carcere di Opera è dotato di un centro diagnostico terapeutico e, per questo motivo, vi affluiscono detenuti provenienti da ogni parte d'Italia; ciò determina continue movimentazioni per le traduzioni che devono essere effettuate sia per le udienze dei detenuti in altre città distanti anche centinaia di chilometri, sia per i necessari e numerosissimi spostamenti per ricoveri e accertamenti clinici; a tale proposito la delegazione è stata informata che sono esauriti i fondi per i biglietti aerei e il carburante, che l'istituto è pieno di debiti riguardanti i pagamenti di acqua, luce, gas, fogne e che con molta difficoltà si arriverà al mese di maggio; il direttore afferma che «ci vorrebbe un investimento serio sul "risparmio", eliminando, per esempio, fotocopie e spese per i fax e incrementando l'uso della posta elettronica oggi quasi del tutto inutilizzata»;
secondo il direttore di Opera, dottor Giacinto Siciliano, occorrerebbe consentire una gestione più manageriale del carcere per razionalizzare le risorse conferendo maggiori responsabilità di direzione; avere voce in capitolo su molti piani - che oggi sono rigidi - consentirebbe maggiori risparmi senza dover sacrificare capitoli essenziali di bilancio come la manutenzione (che per assenza di fondi non viene fatta da anni) o, per fare un esempio, l'acquisto di televisori per le celle dei detenuti visto che oggi ad Opera ne mancano almeno 100 e il telecomando è un optional;
quanto alla gestione sanità questa è affidata dall'ASL all'ospedale San Paolo di Milano; le carenze si registrano soprattutto nel settore infermieristico e vanno attribuite più che a un deficit numerico ad una questione di insufficienza professionale; carente è il settore della fisioterapia e riabilitazione anche se molti problemi dovrebbero essere risolti con l'imminente apertura del centro per minorati fisici di Busto Arsizio; per quanto riguarda invece il settore psicologico, il taglio delle ore imposto dal Ministero dovrebbe essere colmato dalla ASL che dalle prossime settimane farà entrare in funzione un servizio per il disagio psichico: 350 ore mensili fino a settembre, poi 550 ore da ottobre;
l'istituto dispone di due apparecchiature biomediche nuovissime che però non sono utilizzate dalla ASL;
con la legge n. 199 del 2010, cioè la cosiddetta «svuotacarceri», da Opera non

sono usciti più di 30 detenuti e c'è chi non è stato ammesso solo perché non aveva un'abitazione fuori per accoglierlo;
nel corso della visita la delegazione ha potuto approfondire la condizione di alcuni detenuti il cui stato di salute desta nei familiari un elevato grado di allarme, ansia e sofferenza. In particolare, si segnalano i seguenti casi:
R.I. malato di AIDS in fase conclamata; ha avuto diverse broncopolmoniti, soffre di apnee notturne ed è ad alto rischio di infezioni opportunistiche; ha gravi problemi di deambulazione e si presenta in carrozzella avendo subito da pochissimi giorni un'operazione chirurgica di ernia; secondo la relazione del dottor Fulvio Grippa dell'azienda ospedaliera San Paolo, «sussistono gli estremi per riesaminare lo stato di compatibilità con la carcerazione alla luce del progressivo peggioramento dello stato di salute del signor R.I. osservato nel tempo»;
C.M. soffre di una particolare forma di anemia mediterranea riscontrata dall'età di 11 anni per la quale è costretto a trasfusioni periodiche del sangue; l'interrogante che lo aveva già incontrato in precedenza lo trova particolarmente emaciato e deperito; egli chiede fondamentalmente di poter scontare la pena vicino Napoli dove vivono i familiari che potrebbero più agevolmente andarlo a trovare;
A.A. è allettato, appena lo alzano dalla posizione sdraiata comincia a tremare tutto: si tratta di un evidente tremito incontrollato; proviene da Rebibbia dove è stato dichiarato «incompatibile»; il magistrato aveva predisposto gli «arresti ospedalieri» ma è stato assegnato al centro clinico di Opera; il detenuto, che ha moglie e figli, chiede di essere mandato ai domiciliari o almeno a Rebibbia dove i familiari potrebbero assisterlo costantemente; si lamenta che per qualsiasi cosa debba chiedere aiuto ad un altro detenuto ricoverato nella stessa cella;
B.M. allettato perché quando lo hanno arrestato si è buttato dalla finestra; è a letto, mostra un piede completamente storto, non si muove, il piede sembra penzolare; si lamenta perché non gli fanno terapia; il direttore conviene sulla carenza del servizio fisioterapico e sottolinea che il livello di assistenza lo decide la ASL e non il carcere; il detenuto vorrebbe andare agli arresti presso il centro clinico di riabilitazione di Montecatone a Imola;
C.F.: il detenuto è di fatto «incompatibile» con il regime carcerario: invalido al 100 per cento, pesa oltre 150 chili, ha enormi gambe malate, piene di ulcere; soffre di diabete, ha problemi cardiopatici; fibrillazioni; dice: «ho perso la casa, ho perso la patria potestà; mia moglie è sordomuta, io non vedo mio figlio da 5 mesi e mezzo»; vorrebbe andare ai domiciliari ma non ha casa; il medico ha dichiarato che dovrebbe uscire subito, ma il giudice di sorveglianza ha rigettato l'istanza perché «non ha una casa»;
G.A.: l'interrogante trova il giovane detenuto (che aveva incontrato in una precedente visita) molto dimagrito ed emaciato; mangia due pere e cinque kiwi al giorno, non può fare altro, deve stare a dieta perché ha problemi intestinali, non trattiene nulla; affetto da linfoma di Hodgkin soffre di dolori lancinanti che fino a questo momento sono stati trattati con morfina a dosi massicce tanto da esserne divenuto dipendente; periodicamente viene tradotto a Reggio Calabria per le udienze del suo processo; la sua richiesta è quella di poter essere trasferito nel carcere di Reggio Calabria dove, almeno, potrebbe incontrare con più assiduità i suoi familiari;
G.P.: il detenuto arriva al colloquio in carrozzina, è in regime di 14-bis per un provvedimento disciplinare; vicino al fine pena (febbraio 2012), appare eccitato, a tratti confuso e, sicuramente, psicologicamente provato; vorrebbe scontare la pena nel carcere di Lecco o di Como per stare vicino alla moglie che - ci riferisce - guadagna poco, ha debiti e rischia di perdere la casa;
G.R.: soffre di una lesione al midollo spinale, dovrebbe essere ricoverato

all'ospedale Besta di Milano; è in sciopero della fame dal 7 marzo e chiede un piantone fisso;
L.K.: albanese, affetto da gravi patologie certificate dall'azienda ospedaliera San Paolo: «il paziente è impossibilitato a mantenere la stazione eretta e a deambulare; la minzione avviene mediante manovra di ponzamento e la defecazione mediante svuotamento manuale dell'ampolla rettale. Lamenta inoltre dolore da deafferentazione degli arti inferiori, difficilmente controllato dalle terapie mediche. Tali conseguenze per la loro natura risultano irreversibili e non suscettibili a rimedio chirurgico né medico risolutivo «(...) ... sia indicato per tale paziente un trasferimento del detenuto presso un centro per minorati fisici o in istituto penitenziario privo di barriere architettoniche»;
anche altri detenuti hanno rappresentato alla delegazione in visita la richiesta di trasferimento in istituti più vicini ai loro familiari:
F.F. ha chiesto il trasferimento al CDT di Messina; T.D'A. (fine pena ad ottobre 2011) ha chiesto il trasferimento a Napoli (anche a Poggioreale) dove ha le sorelle vicine -:
se siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se il Ministro della giustizia non ritenga di dover intervenire per diminuire la popolazione penitenziaria ristretta presso il carcere di Milano-Opera;
se il Ministro della giustizia non ritenga di dover intervenire per colmare la carenza di organico della polizia penitenziaria, per fare in modo che siano corrisposti gli arretrati riguardanti le indennità di missione degli agenti e per ripristinare gli straordinari tagliati;
se non si intenda dare applicazione concreta ai princìpi contenuti nella legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia») per incrementare il lavoro in carcere anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, in soggetti economici capaci di stare sul mercato, e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;
come si intenda far fronte ai debiti che il carcere di Opera è stato costretto a contrarre per attività assolutamente necessarie al suo funzionamento;
se non si intenda consentire una gestione più manageriale e meno burocratica e rigida degli istituti penitenziari;
cosa intenda fare per rispettare, a partire dal carcere di Opera, il principio contenuto nell'ordinamento penitenziario della territorialità della pena;
quando verrà aperto il reparto per invalidi motori di Busto Arsizio e se non ritenga di dover promuovere, nell'ambito del piano carceri, il superamento delle barriere architettoniche in tutti gli istituti penitenziari italiani;
quanto ai casi descritti in premessa, se non ritengano di verificare le condizioni di detenzione e quanto queste siano compatibili con lo stato di salute dei reclusi, per trovare le soluzioni migliori che garantiscano il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione italiana (anche promuovendo per quanto di competenza un efficiente servizio infermieristico e di fisioterapia) e il diritto effettivo ai colloqui in molti casi reso impossibile dalla distanza del carcere dai luoghi di residenza.
(4-11638)

BELTRANDI, BERNARDINI,FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
fonti di stampa hanno informato di concorsi vinti a tavolino per professori universitari di prima e seconda fascia;

la procura di Bari sta indagando sull'episodio. Se si dimostrasse l'esistenza di un reato, esso coinvolgerebbe le cattedre di diritto costituzionale, ecclesiastico e diritto pubblico in diversi atenei italiani;
a decidere chi doveva vincere i concorsi per le cattedre di docenti ordinari e associati, ad avviso della magistratura, sarebbe stata quella che viene definita «un'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e all'abuso d'ufficio»;
sono 22 i docenti di 11 facoltà italiane indagati per aver manipolato «l'esito di molteplici procedure concorsuali pubbliche bandite». In campo sono scese la guardia di finanza e la polizia tributaria che hanno svolto perquisizioni a Milano, Bari, Roma, Napoli, Bologna, Firenze, Piacenza, Macerata, Messina, Reggio Calabria e Teramo. Perquisizioni a Milano a carico di un professore ordinario di diritto pubblico all'università Bocconi, ed un docente, di diritto canonico all'università Statale;
a Bari i professori indagati sono numerosi: un docente di diritto costituzionale alla facoltà di giurisprudenza, un professore ordinario di diritto canonico ed ecclesiastico nella facoltà di scienze politiche, - ed una ricercatrice di diritto ecclesiastico;
le indagini - che hanno rivelato un sistema di scambi di favori e accordi - si affiancano a quelle che nel 2004, sempre a Bari, portarono all'arresto di 5 docenti di cardiologia;
otto anni dopo l'inizio dell'inchiesta è stato chiesto il rinvio a giudizio degli indagati accusati di aver gestito in modo criminale concorsi nazionali per ordinario, associato e ricercatore di cardiologia nelle facoltà di Bari, Firenze e Pisa. Tuttavia, per gli anni trascorsi, alcuni reati sono caduti in prescrizione mentre altri si prescriveranno a breve -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative gravi ed urgenti intendano adottare, ad iniziare dall'assunzione di iniziative normative in grado di ridurre i casi di procedimenti penali che si esauriscono a causa della prescrizione del reato, proseguendo con proposte di rimodulazione del computo dei tempi di prescrizione, al fine di evitare che una numerosa e reiterata serie di casi analoghi a quelli descritti possano, di fatto, introdurre una surrettizia forma di amnistia nell'ordinamento, e se intenda predisporre le opportune verifiche per accertare le cause di tempi tanto lunghi per lo svolgimento del processo, tempi lunghi sino al punto da poter far cadere numerosi reati in prescrizione;
se i fatti genericamente riconducibili al cosiddetto fenomeno «concorsopoli» siano stato oggetto di attenzione dei Ministri interrogati, in particolare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di conoscere quanto è stato fatto e quanto è stato programmato per il futuro al fine di evitare lo spiacevole ripetersi di tali episodi.
(4-11639)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, Redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», il 27 marzo 2011, Ilie Nita, 34 anni, romeno residente a Vigonovo (Venezia), si è impiccato nella sua cella del carcere di Santa Maria Maggiore, a Venezia. Era detenuto dallo scorso 10 febbraio, dopo essere stato arrestato dai carabinieri di Dolo con l'accusa di estorsione nei confronti della sua ex compagna, anch'essa romena, dalla quale con minacce e intimidazioni si sarebbe fatto consegnare, stando all'ipotesi accusatoria, 300 euro;
l'uomo, che si era sempre proclamato innocente, aveva già compiuto un gesto di grave autolesionismo che aveva costretto

gli agenti della polizia penitenziaria a trasferirlo alcuni giorni in ospedale per le cure;
dopo il suo ritorno in cella, Ilie Nita era tenuto particolarmente d'occhio, ma gli organici nel carcere di Santa Maria Maggiore sono ridotti all'osso e in questo momento di sovraffollamento spesso c'è un solo un agente che deve tenere d'occhio ben cento detenuti;
nella circostanza il giovane rumeno ha approfittato del fatto che i suoi compagni di cella, dopo il pranzo, erano usciti in cortile per l'ora d'aria e anche l'agente del piano si era spostato per controllare il cortile: lui si è appeso alle sbarre e, intorno alle 15,30, quando i suoi due compagni sono rientrati hanno visto quel corpo appeso. Era ancora vivo, le sue gambe hanno lanciato gli ultimi spasmi: uno di loro l'ha sollevato, l'altro ha chiesto aiuto, ma alla fine non c'è stato nulla da fare. Sono accorsi gli agenti, hanno sciolto il nodo che ormai era stretto al collo, però pochi minuti dopo l'uomo è deceduto;
nel 2009 ci sono stati ben tre suicidi nel carcere di Santa Maria Maggiore ed un altro avvenne lo scorso 22 settembre, per il quale sono tuttora in corso indagini miranti ad accertare eventuali responsabilità;
tra i suicidi verificatisi nel carcere veneto quello che ha sollevato maggiore scalpore è stato quello del ventiseienne Mohamed P., marocchino, che si strangolò con un brandello di coperta il 6 marzo 2009 in una cosiddetta «cella liscia», priva di ogni appiglio e suppellettile, utilizzata per i detenuti a rischio suicidario ma, sembra, anche come punizione per gli indisciplinati. Per quella morte furono indagate diverse persone, tra cui l'ispettore di polizia penitenziaria Domenico Di Giglio, che quel giorno comandava gli agenti in servizio e che fu accusato di omicidio colposo. La vicenda finì con una ulteriore tragedia, poiché Di Giglio, nel frattempo messo in congedo per problemi psicologici, si toglie la vita il 27 settembre 2009 (a tre giorni dall'inizio del processo per la morte di Mohamed), dopo aver ucciso la moglie Emanuela Pettenò, 43 anni -:
se nei confronti del giovane Ilie Nita risulti siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie;
se risulti coperto l'organico previsto per ogni ruolo operativo nel carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia;
se il numero degli educatori e degli psicologi assegnato presso la struttura penitenziaria veneziana risulti sufficiente a garantire i diritti delle persone ivi recluse.
(4-11640)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», Enzo Di Marco, 49 anni, detenuto nella casa circondariale di Massa, si è sentito male durante la notte dell'11 marzo 2011. I compagni di cella se ne sono accorti soltanto la mattina dopo e hanno dato l'allarme, ma era troppo tardi per prestargli qualsiasi soccorso. Probabilmente la morte è stata causata da un infarto, anche se bisognerà attendere gli esiti degli esami tossicologici e istologici, disposti dal magistrato, per avere una risposta certa;
se l'ipotesi dell'arresto cardiocircolatorio venisse confermata, Enzo Di Marco sarebbe il decimo detenuto ucciso da un «infarto», tra cui tre ragazzi non ancora trentenni;
poco tempo prima della morte di Enzo Di Marco i familiari dei detenuti scrissero questa lettera poi pubblicata sul quotidiano Il Tirreno: «Scriviamo questa lettera perché vorremmo esprimervi alcune

nostre perplessità sulla Casa circondariale di Massa. Attualmente si trova in uno stato di sovraffollamento assurdo, una situazione disumana. Detenuti costretti a dormire per terra e in condizioni igieniche poco sicure. Anche se tutte queste persone hanno sbagliato, stanno pagando e non è giusto non rendere pubblica questa situazione. Vengono trattati come bestie. I giornali nazionali non parlano mai del carcere di Massa e delle condizioni in cui vivono i detenuti. Non è giusto che vivano come animali. Facciamo appello alle istituzioni affinché non chiudano gli occhi sul carcere di Massa, ma aiutino i carcerati a vivere con dignità la loro pena. La soluzione forse sarebbe quella di abolire alcune leggi che hanno pesato moltissimo sulle carceri italiane. Una su tutte potrebbe essere quella sull'immigrazione»;
nella casa circondariale di Massa ci sono 62 celle, divise in 3 sezioni detentive. In ogni cella dovrebbero trovare posto 2 detenuti, ma per i noti problemi di sovraffollamento la «capienza ufficiale» dell'istituto è stata portata a 175 posti, quindi aggiungendo una terza branda per cella. Attualmente la situazione è drammatica, perché i detenuti presenti sono oltre 260 (esattamente erano 266, all'ultima rilevazione, effettuata a inizio anno). Non ci sono brande per tutti e, anche se ci fossero, nelle celle non c'è lo spazio per montarle, quindi i detenuti sono costretti a dormire su materassi a terra -:
quali siano le cause che hanno provocato la morte del detenuto Enzo Di Marco;
se non ritenga opportuno, negli ambiti di competenza, effettuare un'ispezione all'interno della casa circondariale di Massa e attuare urgentemente ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in ordine a quanto capitato al detenuto Enzo Di Marco;
se risulti se l'infermeria del carcere sia dotata di un defibrillatore funzionante;
se risulti coperto l'organico previsto per ogni ruolo operativo nel carcere di Massa;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere il grave sovraffollamento esistente all'interno della predetta struttura penitenziaria.
(4-11642)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», lo scorso 8 marzo Francesco Sparaccio, 53 anni, è stato trovato cadavere nel carcere di Cerinole (Caserta) nella cella dove da sei anni stava scontando l'ergastolo. Qualche mese addietro l'uomo aveva cominciato ad accusare dolori, per i quali ha chiesto sempre più frequentemente assistenza infermieristica, dopodiché è stato curato con Malox e antidolorifici, anche per via endovenosa;
il 25 gennaio 2011 il suo legale, Daniela D'Amuri, ha chiesto al magistrato di sorveglianza il ricovero d'urgenza, perché Sparaccio accusava dolori insopportabili al ventre e allo stomaco. Richiesta rimasta senza conseguenze, visto che in ospedale Sparaccio non ci è mai arrivato;
la famiglia dell'uomo ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Caserta, chiedendo di accertare se la morte di Francesco si sarebbe potuta scongiurare; se il personale medico del carcere ha accertato fino in fondo le cause di quei malori e per quale ragione

nessuno abbia ritenuto di trasferire il detenuto in ospedale per le indagini mediche necessarie -:
quali siano le cause che hanno condotto al decesso di Francesco Sparaccio;
se non intenda assumere le opportune iniziative ispettive presso l'ufficio del magistrato di sorveglianza al fine dell'esercizio dei poteri di competenza;
se siano state messe in atto tutte le misure preventive, di cura e di assistenza che le condizioni di salute del detenuto imponevano.
(4-11643)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», ha reso noto che un detenuto di 60 anni, che stava scontando una pena di nove anni presso il carcere La Dogaia di Prato, è morto mercoledì 6 aprile 2011, 36 ore dopo essere stato sottoposto a un intervento per un'ernia inguinale;
secondo quanto è stato riferito dall'Asl, l'intervento chirurgico era perfettamente riuscito e il paziente, controllato dalla polizia penitenziaria, era stato riportato in carcere. Apparentemente il detenuto stava bene e non avrebbe mostrato alcun sintomo di altri disturbi. Poi la morte improvvisa, forse dovuta a un problema cardiaco -:
se non intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di appurare le cause che hanno provocato il decesso del detenuto in questione e se risulti che all'uomo siano state garantite e assicurate tutte le cure necessarie che il suo già precario stato di salute richiedeva.
(4-11644)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», un giovane detenuto nel carcere di Bari, il 30enne di origini francavillesi Massimo Di Palmo, gravemente cardiopatico, sta lottando per vedersi riconosciuto il diritto alla salute, diritto «inalienabile» anche per chi è detenuto;
a causa della cardiopatia di cui soffre, il giudice del tribunale di Brindisi, dottor Giuseppe Licci, ha disposto il ricovero del detenuto nel Centro clinico del capoluogo barese, ma nella clinica non c'è posto e così l'uomo è stato trasferito in una cella dove attualmente convive con altri otto detenuti, tutti fumatori -:
quali provvedimenti urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché il detenuto Massimo Di Palmo venga ricoverato nel centro clinico di Bari così come disposto dal magistrato di sorveglianza;
se non ritengano comunque opportuno intervenire al fine di garantire al detenuto in questione condizioni di detenzione compatibili con il suo precario stato di salute.
(4-11645)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere,

composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il Detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», il 2 aprile 2011, Mario Germani, 29 anni, ha tentato di suicidarsi nella sua cella del carcere di «Mammagialla» di Viterbo. L'uomo è stato salvato da alcuni agenti di polizia penitenziaria e trasportato d'urgenza nell'ospedale di Belcolle con un'ambulanza del 118, dove è stato rianimato e intubato ed è tuttora ricoverato al reparto di rianimazione, in condizioni gravissime;
Mario Germani era stato arrestato nei giorni scorsi da una pattuglia della polizia che lo aveva sorpreso, di notte, fuori dalla propria abitazione, dove avrebbe dovuto essere agli arresti domiciliari. È stato cosi denunciato per evasione e riportato in carcere. Sono in corso indagini per accertare le ragioni che hanno indotto il giovane a tentare il suicidio;
nel carcere di Viterbo l'ultimo decesso risale a un anno fa, quando mori per «cause naturali» Agostino G., detenuto di 35 anni. L'ultimo suicidio avvenne il 20 aprile 2009, con la morte per impiccagione del 57enne Antonino Saladino. Il 2008 fu l'anno più «nero» del carcere di «Mammagialla», con 3 suicidi ed 1 morte per cause «da accertare» -:
di quali informazioni disponga il Ministro circa i fatti riferiti in premessa;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai principi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà;
di quali informazioni disponga il Ministro in ordine ai suicidi verificatisi in questi ultimi anni nel carcere Mammagialla e se intenda avviare una indagine amministrativa in tema in proposito.
(4-11647)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione «A Buon Diritto», Mehedi Kadi, algerino 39enne, si è impiccato il 3 aprile 2011 nella casa di reclusione «Due Palazzi» di Padova. Era appena stato trasferito da Vicenza, arrestato nel 2008 e condannato con pena definitiva fino al 2023 per rapina e tentato omicidio. L'uomo ha deciso di uccidersi quando è rimasto solo in cella mentre gli altri compagni di reclusione usufruivano dell'ora d'aria pomeridiana;
lo scorso anno nella casa di reclusione di Padova ci furono ben 3 suicidi: il primo fu il 28enne tunisino Walid Aloui, che si impiccò il 23 febbraio 2010; poi fu la volta di Giuseppe Sorrentino, 35 armi, che si uccise il 7 marzo 2010 e l'ultima delle impiccagioni ebbe come vittima Santino Mantice, 25enne, che si uccise nel reparto infermeria il 30 giugno 2010, quando gli mancavano soli 3 mesi a terminare la pena detentiva. Inoltre il 17 luglio 2010 fu ritrovato senza vita in cella Sabi Tautsi, che aveva 39 anni e la cui morte fu registrata come evento determinato da «cause da accertare». Negli ultimi

13 mesi, quindi, nell'istituto di pena padovano sono morti 5 detenuti, di cui 4 per suicidio tramite impiccagione -:
se nei confronti del detenuto in questione risulti siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie;
se risulti coperto l'organico previsto per ogni ruolo operativo nella casa di reclusione di Padova;
se il numero degli educatori e degli psicologici assegnato presso la struttura penitenziaria patavina risulti sufficiente a garantire i diritti delle persone ivi recluse;
di quali informazioni disponga il Ministro in ordine ai suicidi verificatisi in questi ultimi mesi nel carcere Due Palazzi di Padova e se intenda avviare una indagine amministrativa interna in proposito.
(4-11649)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani redazione Radiocarcere, redazione Ristretti Orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», il 9 aprile 2011 un assistente capo della polizia penitenziaria, Ruggero Porta, 42enne, in servizio alla casa reclusione di Mamone Lodè (Nuoro) si è suicidato con la pistola di ordinanza. Ne ha dato notizia la segreteria nazionale della Uil-Penitenziari. L'agente penitenziario era effettivo presso la casa circondariale di Brescia Canton Mombello, ma da circa dieci anni era stato distaccato presso la struttura penitenziaria di Mamone;
la stessa fonte ha reso noto che il 12 aprile 2011 si è suicidato l'assistente capo della polizia penitenziaria Antonio Parisi, 40 anni, effettivo in servizio nella casa circondariale di Caltanissetta, era attualmente distacco alla casa circondariale di Caltagirone. L'uomo, che doveva iniziare il suo turno di servizio, ha accostato la macchina al ciglio della strada e si è impiccato a un albero -:
se siano state avviate eventuali indagini amministrative al fine di verificare le cause che hanno indotto i due agenti di polizia penitenziaria a togliersi la vita;
se le autorità fossero a conoscenza del disagio psicologico dei predetti agenti di custodia e se fossero state avviate tutte le procedure di precauzione per prevenire gesti estremi di questo tipo;
se negli istituti di pena ai quali erano assegnati i due agenti sia mai stato istituito un punto di ascolto con la presenza di psicologi;
se non intenda istituire con urgenza un tavolo di confronto sul disagio del personale appartenente alla polizia penitenziaria così come da tempo richiesto dal segretario della Uil-Pa penitenziari;
cosa intenda fare per aumentare significativamente l'organico degli agenti di polizia penitenziaria.
(4-11650)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA dell'11 aprile 2011, una cinquantina di rappresentanti di varie sigle sindacali della polizia penitenziaria ha manifestato a Bari dinanzi alla sede del provveditorato per l'amministrazione penitenziaria, nei pressi del carcere;
i manifestanti hanno chiesto di incontrare il provveditore regionale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Salvatore Acerra, per chiedergli interventi urgenti per rafforzare l'organico della polizia penitenziaria particolarmente carente nel carcere di Trani dove nelle ultime ore sono stati trasferiti circa 150 detenuti che erano ospitati in un'ala del carcere di Bari che è ora in ristrutturazione;

i sindacati (Osapp, Cisl Fns, Cgil Pp, Ugl Pp, Sinappe, Fsa Cnpp) hanno chiesto che nel carcere di Trani vengano almeno reintegrate le 50 unità che sono al momento distaccate;
in Puglia è da tempo che i sindacati di polizia penitenziaria denunciano il sovraffollamento delle strutture carcerarie e l'inadeguatezza numerica degli organici dei baschi azzurri -:
se non intenda reintegrare presso il carcere di Trani i 50 agenti di polizia penitenziaria distaccati presso il Ministero della giustizia e l'ufficio esecuzione penale esterna;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di contrastare il grave sovraffollamento di cui soffrono gli istituti di pena pugliesi in modo da migliorare le condizioni di vita delle persone ivi ristrette;
vista la situazione di grave sovraffollamento delle carceri pugliesi, se non reputi urgente adeguare le piante organiche degli agenti di polizia penitenziaria.
(4-11651)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, comporto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», lo scorso 1o aprile Carlo Saturno, 22 anni, di Manduria (Taranto), si è impiccato nella casa circondariale di Bari e dopo vari giorni di agonia ha cessato di vivere il 7 aprile;
a trovare penzoloni l'uomo sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che lo hanno tirato giù quando respirava appena ed era in fin di vita. In suo aiuto è intervenuto il personale dell'infermeria e del 118. Come fanno sapere i suoi familiari, Carlo soffriva da tempo di crisi depressive ed era in cura con tranquillanti. Il suo avvocato, Tania Rizzo, del foro di Lecce, lo aveva visto l'ultima volta una ventina di giorni fa nel corso di un'udienza che lo riguardava nel tribunale di Mandria. Secondo quanto riferito dall'avvocatessa «In quella circostanza Carlo era visibilmente agitato, nervoso e scostante». I familiari che vivono a Manduria si sarebbero già rivolti ad un proprio legale di fiducia per capire le cause del gesto e soprattutto per scoprire eventuali responsabilità;
Carlo Saturno era detenuto per furto, ma era anche parte civile nel processo in corso davanti al tribunale di Lecce contro nove poliziotti del carcere minorile, che sono accusati di aver compiuto violenze sui ragazzi detenuti tra il 2003 e il 2005. Carlo, che all'epoca era sedicenne, avrebbe subito vere e proprie sevizie. Gli agenti sono accusati di maltrattamenti e vessazioni. Saturno è uno dei tre ex detenuti di quel carcere minorile che ha trovato il coraggio di presentarsi come parte lesa nel processo iniziato il 19 febbraio davanti al giudice Pietro Baffa, che vede imputati, per i presunti abusi nei confronti anche di Saturno, il capo degli agenti Gianfranco Verri, il suo vice Giovanni Leuzzi, sette agenti di polizia penitenziaria, per rispondere tutti della presunta atmosfera di paura instaurata tra i giovani detenuti con minacce, privazioni e violenze non di natura sessuale -:
se intenda disporre un'ispezione presso il carcere di Bari al fine di verificare se nei confronti del giovane Carlo Saturno risulti siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza, protettive ed educative previste e necessarie ciò anche alla luce dello stato di profonda frustrazione psicologica di cui era affetto il detenuto e della delicata vicenda giudiziaria nella quale lo stesso risultava essere coinvolto.
(4-11652)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il Detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», lo scorso due aprile Mario Coldesina, 42 anni, è deceduto nella propria cella. Secondo i primi accertamenti medico legali il decesso sarebbe avvenuto per soffocamento;
il detenuto era rinchiuso nel reparto «nuovi giunti» del carcere di Novara, in una cella con altre due persone. Da quanto si è saputo, intorno alle 13 l'uomo ha sbucciato un kiwi e l'ha mangiato tutto intero. Subito dopo si è sentito male. Soccorso da personale del 118, intervenuto su richiesta dei responsabili del carcere, è morto poco dopo;
sulla vicenda è intervenuto il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che ha espresso preoccupazione per il sovraffollamento delle carceri dal momento che - sostiene l'organizzazione sindacale - la cosiddetta «legge svuota carceri» non ha deflazionato a sufficienza gli istituti di pena. La nota del Sappe continua: «Non è ancora chiaro se si è trattato di un incidente o di un suicidio. L'uomo era detenuto per furto aggravato e il suo periodo di detenzione sarebbe terminato nel 2013. Aveva impugnato la sentenza di primo grado ed era in atteso della conclusione del processo di appello» -:
quali siano le cause che hanno provocato la morte del detenuto e, in particolare, se risulti che lo stesso si sia suicidato;
per quali motivi e da quanto tempo il detenuto fosse rinchiuso nella sezione «nuovi giunti»;
se risulti che il detenuto abbia chiesto e ottenuto un colloquio con lo psicologo del carcere;
se non ritenga opportuno effettuare un monitoraggio relativamente allo stato di applicazione, nonché agli effetti e ai risultati della legge 26 novembre 2010, n. 199, «Disposizioni relative alla esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», comunicandolo alle Camere, anche al fine di verificare la possibilità che la norma di cui all'articolo 1 della predetta legge abbia una validità non limitata nel tempo e che, quindi, la sua efficacia vada oltre il 31 dicembre 2013.
(4-11653)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'associazione Antigone Campania ha reso noto che in data 12 aprile 2011 un romeno 58enne rinchiuso nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa (Ce), si è tolto la vita impiccandosi nel bagno della cella;
l'uomo, ritenuto incapace di intendere e volere in un procedimento per il reato di omicidio, era stato prosciolto per «infermità di mente» e sottoposto alla misura di sicurezza dell'internamento in ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo di 5 anni;
la misura di sicurezza, tuttavia, era stata prorogata di altri 5 anni, e la notizia gli era arrivata il giorno precedente al suicidio, facendolo sprofondare nella disperazione;
il 58enne, a termini di legge, avrebbe potuto ottenere il ricovero in una comunità psichiatrica esterna al circuito penitenziario, ma non arrivò mai alcuna disponibilità ad accoglierlo nelle strutture della regione di provenienza, poiché l'asl di riferimento non lo poteva o non lo voleva assistere;
nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa il precedente suicidio risale 5 gennaio 2011, quando si uccise Massimo

B., di 32 anni. Il 4 agosto 2010 vi mori Stefano Crocetti, di 42 anni, per cause ancora non accertate. Il 21 dicembre 2009 si impiccò Pierpaolo Prandato, di 45 anni e allo stesso modo finì i suoi giorni Vincenzo Nappo, di 43 anni, il 9 giugno 2009. Il 16 settembre 2008 un'altra morte per «cause da accertare», quella di Massimo Morgia, 37 anni. Il 28 marzo 2008 si suicidò Said Mouaouia, tunisino di 36 anni. Il 29 gennaio 2008 toccò a Vincenzo Romano, di 35 anni, il 4 gennaio 2008 si suicidò il 26enne Fabrizio P. Il 30 novembre 2007 si uccise Antonio Romanelli, 57 anni, il 12 aprile dello stesso anno il 50enne Gianluigi Frigerio. Il 7 marzo 2007 morì in cella per AIDS Antonino M., di 43 anni, e il 29 gennaio il marocchino Derri Hajaj per «arresto cardiocircolatorio»;
in poco più di 4 anni, quindi, 13 persone sono morte nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, su questi decessi e più in generale sulle condizioni della struttura è in corso un'inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere, coordinata dalla dottoressa Raffaella Capasso;
la prima firmataria del presente atto, a seguito di una visita ispettiva effettuata il 5 marzo 2011, ha depositato l'interrogazione n. 4-11261 che a tutt'oggi non ha ricevuto risposta -:
se non ritengano opportuno effettuare un'ispezione all'interno dell'ospedale psichiatrico di Aversa e attuare urgentemente ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari in ordine all'episodio narrato in premessa e a tutti gli altri verificatisi in questi ultimi tre anni.
(4-11654)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «il Detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», la sera di domenica 3 aprile 2011, Adriana Ambrosini, una ragazza di 24 anni, si è tolta la vita nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova);
la donna si è uccisa approfittando della pausa-cena, in cui i vigilanti erano impegnati a sorvegliare gli altri internati: si è allontanata dalla mensa con una scusa, ha raggiunto la sua stanza e lì si è impiccata con un lenzuolo agganciato alla finestra;
Adriana Ambrosini, originaria della provincia di Pavia, era all'ospedale psichiatrico giudiziario per scontare due anni di internamento, di cui uno era già trascorso: non aveva mai mostrato aggressività verso se stessa, né segnali di depressione. A scatenare la reazione estrema, forse, il trasferimento in un'altra struttura di una compagna di detenzione;
nell'ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere, considerato un istituto-modello, il precedente suicidio risaliva a 16 mesi fa; l'11 dicembre 2008, T.G., un 27enne originario di Rieti, si impiccò in cella. Ma il caso più misterioso è quello di Katiuscia Favero, una ragazza di 30 anni che fu ritrovata impiccata ad una recinzione del giardino interno alla struttura il 16 novembre 2005: per gli investigatori si trattò di un suicidio, per la madre fu un omicidio. Katiuscia, prima di essere internata all'Opg, era stata detenuta alcuni mesi nel carcere fiorentino di Sollicciano e poi ricoverata in un reparto psichiatrico ospedaliero, dove aveva denunciato di essere stata violentata, ma l'unico risultato della sua denuncia fu il trasferimento a Castiglione delle Stiviere -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano, negli ambiti di rispettiva competenza e nel rispetto e indipendentemente dalle inchieste

avviate dalla magistratura, aprire un'indagine amministrativa interna volta a verificare, in ordine alla morte della signora Adriana Ambrosini, eventuali responsabilità disciplinari del personale operante all'interno dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere;
quali misure amministrative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di loro competenza, in tempi immediati, per affrontare le condizioni di insostenibile degrado, di repressiva segregazione, anche laddove immotivata da diagnosi psichiatrica, di abbandono civile ed etico, cui sono sottoposti gli internati nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere nonché negli altri ospedali psichiatrici giudiziari sparsi sul territorio nazionale;
quali indirizzi il Governo intenda assumere o confermare, in riferimento ai lavori svolti a suo tempo dalla commissione Pisapia, in ordine agli articoli del codice penale che interessano l'adozione delle misure di sicurezza per i malati di mente, in conformità con le sentenze della Corte costituzionale.
(4-11655)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

CICU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie ricavate dalla stampa si evince che i prezzi praticati dalle compagnie per i trasporti per la Sardegna hanno subito un aumento delle tariffe di oltre il 60 per cento;
l'amministratore delegato per l'Italia di Corsica Sardinia Ferries ha dichiarato che i prezzi così lievitati sono in linea con quelli delle principali tratte europee e sono tali per garantire il servizio in sicurezza;
tali aumenti hanno fatto registrare una percentuale abbastanza rilevante di rinunce alle tratte in attesa di offerte last minute;
da questa situazione potrebbe derivare una forte contrazione delle prenotazioni per l'isola con forti ripercussioni sul turismo, considerato un settore strategico per l'economia e per l'occupazione della Sardegna;
l'aumento delle tariffe avrà forti ripercussioni anche sul trasporto delle merci. Si stima, infatti, che l'aumento delle tariffe abbia prodotto una riduzione della mobilità del 30 per cento;
il presidente regionale di Assohotel ha confermato che si stima una perdita per 15 milioni di euro per albergatori e ristoratori;
la regione Sardegna si è subito mobilitata, aprendo un tavolo tecnico con le compagnie;
è opportuno, quindi, che il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intervenga per scongiurare questo aumento delle tariffe che danneggia fortemente l'economia della regione -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
se il Governo non ritenga necessario, nell'ambito delle sue competenze, intervenire per evitare l'aumento delle tariffe, che, come sopra descritto, comporterebbe un aggravio dei costi per gli utenti e una forte penalizzazione del turismo dell'isola, considerato il settore economico più importante per lo sviluppo della stessa.
(4-11622)

GIORGIO MERLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la sempre più tormentata vicenda legata alla realizzazione della Torino-Lione rischia di finire in un vicolo cieco. Dopo l'approvazione nell'ottobre 2010 di alcune mozioni parlamentari che impegnavano

il Governo a rispettare rigorosamente il cronoprogramma varato dal presidente dell'Osservatorio, l'iter si è nuovamente arrestato;
senza il rispetto di alcune scadenze decisive - tra cui il rinnovo dell'accordo italo-francese e lo stanziamento delle risorse necessarie da parte dell'Unione europea e dei rispettivi Governi nazionali - la Torino-Lione entra decisamente in un vicolo cieco di difficile soluzione;
è noto che cresce la tentazione, e la stessa volontà politica di settori sempre più trasversali, di individuare nell'asse Marsiglia-Genova-Milano l'asse alternativo alla Torino-Lione come soluzione per garantire i collegamenti europei e per consolidare la tratta tra Kiev e Lisbona;
ora, alla vigilia - sempre più ipotetica - dell'apertura del tunnel della Maddalena, diventa indispensabile conoscere le reali intenzioni del Governo nazionale, sia sotto il profilo del rispetto del crono- programma sia sul versante della volontà politica di individuare nella Torino-Lione l'infrastruttura insostituibile per modernizzare i collegamenti europei e ridare slancio e futuro al sistema produttivo del Piemonte e di tutto il Nord Italia -:
quali siano i reali intendimenti del Governo in ordine alla realizzazione della Torino-Lione.
(4-11646)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CECCUZZI e CENNI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Opera della metropolitana, «Fabbriceria della Cattedrale di Siena», già magistratura dell'antico Stato senese ha il compito di tutelare, promuovere e valorizzare il complesso artistico-monumentale del duomo, del duomo nuovo e di tutti gli altri beni sia di proprietà che affidati;
l'Opera della metropolitana di Siena, con un'attività documentata fin dal 1180, è una delle più antiche istituzioni italiane ed europee;
attualmente l'Opera della metropolitana di Siena è una onlus con personalità giuridica, dotata dei seguenti organi: consiglio di amministrazione, rettore e segretario. Il consiglio di amministrazione è composto da sette membri, cinque nominati dal Ministro dell'interno e due dall'ordinario diocesano. Il consiglio di amministrazione elegge, al proprio interno, il rettore e designa anche il segretario dell'Opera;
l'Opera della metropolitana di Siena ha quindi una funzione strategica per promuovere la vocazione culturale ed artistica della città (il cui centro storico è sito Unesco patrimonio dell'umanità) e per valorizzare ed incentivare competenze e professionalità legate a tale settore (sono 25 gli addetti assunti, con varie mansioni, oltre ad un dirigente);
va rimarcato, in questa direzione, come l'Opera della metropolitana di Siena rappresenti anche una fonte di reddito e ricchezza per la collettività, producendo annualmente circa un milione di euro di attivo ed un volume di affari di circa 6 milioni di euro;
da quanto è emerso, nei giorni scorsi, da organi di informazione locali e dalle denunce delle associazioni sindacali di categoria, il Consiglio di amministrazione dell'Opera della metropolitana di Siena starebbe per deliberare la cessione del reparto che si occupa di accoglienza, marketing e cultura alla azienda «Opera Laboratori Fiorentini Spa». In sintesi 12 dipendenti su 25 passerebbero da una struttura pubblica ad una società privata entro «il 15 maggio 2011»;
tali notizie vengono supportate da una lettera inviata dall'Opera della metropolitana alle associazioni sindacali. In tale missiva, spedita nello scorso mese di marzo, si evidenziava come l'Opera della metropolitana stia «maturando l'intenzione

di realizzare il trasferimento, mediante cessione ad Opera Laboratori Fiorentini S.p.A. con sede in Sesto Fiorentino, del ramo d'azienda come di seguito individuato: attività di accoglienza ai visitatori ed iniziative culturali e di marketing, ai fini della valorizzazione del patrimonio artistico di proprietà di Opera della Metropolitana. Il trasferimento potrà avere effetto, esperiti gli adempimenti di legge, entro il 15 maggio 2011, con il coinvolgimento, in totale, di n. 12 dipendenti»;
la lettera in oggetto, motivando il trasferimento con la necessità di «razionalizzare» le attività e «ottimizzare i processi di fornitura dei servizi», assicurava inoltre che i «rapporti di lavoro dei dipendenti coinvolti nell'operazione potranno proseguire senza soluzione di continuità, e fermi restando le tipologie e condizioni contrattuali in atto, con Opera Laboratori Fiorentini S.p.A»;
risulta evidente che tale esternalizzazione, potrebbe non garantire nel tempo la stabilità dei livelli occupazionali locali ed eventualmente causare una perdita di professionalità per l'intera comunità nonché minori ricavi in termini economici in un settore chiave per lo sviluppo della città come quello dell'offerta culturale, formativa e turistica;
l'esternalizzazione può mettere in discussione la centralità degli enti cittadini nella gestione del proprio patrimonio culturale, diminuendo attività e prestigio di una delle più antiche istituzioni italiane ed europee quale l'Opera della metropolitana;
la scelta del Consiglio di amministrazione sembra non essere supportata da ragioni economiche dal momento che le attività dell'Opera della metropolitana di Siena sembrano produrre utili rilevanti;
l'assemblea dei lavoratori si è espressa compatta contro tale esternalizzazione, votando «lo stato di agitazione» -:
se e da quando sia a conoscenza degli indirizzi e delle scelte che si accingerebbe a fare il Consiglio di amministrazione dell'Opera della metropolitana di Siena in procinto di deliberare la cessione del reparto che si occupa di accoglienza, marketing e cultura ad una azienda privata;
quali siano gli orientamenti in merito del Ministro interrogato e quali iniziative intenda intraprendere per la tutela dei lavoratori interessati da un cambiamento della natura giuridica del datore di lavoro e dall'allontanamento della sede legale dello stesso con rischi di trasferimento in una sede diversa nell'ambito del territorio di competenza del soggetto subentrante;
quali siano gli orientamenti del Ministro in ordine alla cessione di ramo d'azienda da parte di una onlus nei confronti di una società per azioni.
(5-04631)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

CAVALLOTTO e GRIMOLDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in occasione del rinnovo delle tasse scolastiche per l'anno scolastico 2011-2012 il dirigente scolastico dell'istituto d'istruzione secondaria superiore «Piera Cillario Ferrerio» di Alba (provincia di Cuneo) con circolare del 13 febbraio 2011, n. 62, avrebbe esonerato dal pagamento della tassa ministeriale le seguenti categorie di alunni:
a) tutti gli alunni che si iscrivono alla classe 2a e 3a;
b) alunni che presumono di avere diritto all'esonero per limiti di reddito;
c) alunni che presumono di avere diritto per merito (8/10 media dei voti ottenuti allo scrutino finale);
d) alunni con cittadinanza straniera;
la disposizione prevista alla lettera d) è di dubbia interpretazione, in quanto fa

presagire l'esistenza di una «categoria speciale», in base alla quale l'esonero dal pagamento delle tasse scolastiche si estende a tutti gli studenti stranieri, prescindendo dai criteri di merito e/o di reddito familiare;
all'interrogante risulta quanto segue:
l'iscrizione scolastica dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 349 del 1999, articolo 45, «nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani»;
l'esonero dalle tasse scolastiche è quindi previsto a favore di tutti gli studenti soggetti all'obbligo scolastico frequentanti scuole statali, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta, fino al terzo anno della scuola secondaria di secondo grado;
il pagamento delle tasse erariali per gli anni di corso successivi al terzo è richiesto solo agli studenti italiani e stranieri appartenenti a famiglie il cui reddito eccede i limiti previsti dall'articolo 28, comma 4, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e rivalutati, a decorrere dall'anno 1988, in ragione del tasso di inflazione annuo programmato. I predetti limiti di reddito per l'esonero dalle tasse scolastiche sono resi noti annualmente con apposita circolare;
il decreto legislativo n. 297 del 1994, all'articolo 200, comma 10, (recante «Tasse scolastiche e casi di dispensa») prevede, tra l'altro, che «per gli studenti stranieri la dispensa dal pagamento delle tasse è concessa a condizioni di reciprocità»;
gli studenti stranieri, in virtù del suddetto disposto dell'articolo 200, comma 10, rientrano nelle «categorie speciali», di cui fanno parte «i ciechi civili, i figli di cittadini italiani residenti all'estero orfani di guerra o di caduti per causa di servizio o lavoro, figli di mutilati o invalidi per servizio o lavoro»;
il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 e successive modificazioni «Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286», all'articolo 1, comma 1, recita che «ai fini dell'accertamento della condizione di reciprocità, nei casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione (...) il Ministero degli affari esteri, a richiesta, comunica ai notai ed ai responsabili dei procedimenti amministrativi che ammettono gli stranieri al godimento dei diritti in materia civile i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei Paesi d'origine dei suddetti stranieri»;
il comma 2 del medesimo articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 non richiede invece «l'accertamento»in questione per «i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno» -:
se non ritenga opportuno verificare, attraverso i competenti uffici, che l'istituzione scolastica di cui in premessa applichi il principio di non discriminazione relativamente all'applicazione dei criteri che esonerano gli studenti italiani e stranieri dal pagamento delle tasse scolastiche;
se, limitatamente alla frequenza delle classi di corso successive alla terza, l'istituzione scolastica in questione abbia dispensato gli studenti stranieri dal pagamento delle tasse scolastiche perché in presenza di reciprocità indipendentemente dal reddito familiare;
se, alla luce di quanto espresso in premessa, con particolare riferimento alla lettera d), non ritenga opportuno intervenire

per accertare se l'esonero a favore degli «alunni con cittadinanza straniera» di cui alla sopra menzionata circolare n. 62 sia stato applicato dal dirigente scolastico dell'istituto d'istruzione secondaria superiore «Piera Cillario Ferrerio» di Alba per effettive ragioni di reciprocità e, nel caso, accertare la congruità dell'applicazione dell'articolo 200, comma 10, del decreto legislativo n. 297 del 1994.
(3-01597)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica, nella sua edizione milanese del 14 aprile 2011, in un articolo a firma Marco Pasqua, reca la notizia che la professoressa Barbara Albertoni, docente al liceo linguistico milanese «Alessandro Manzoni» esprime nel suo blog posizioni considerabili antisemite, simpatie per tesi negazioniste, asserendo per esempio a proposito dell'olocausto che esiste una «verità di Stato» e che questo è «sintomo del fatto che questa verità sia viziata e viziosa» e che sia «la prova dell'esistenza di un complotto per nascondere una verità molto più scomoda di quella ufficiale»;
sulla tragedia dell'olocausto Cloro (che è lo pseudonimo della professoressa Barbara Albertoni nel suo blog che si intitola «Cloro al Clero») non ha grossi dubbi: «È il mito fondativo del sionismo», che determina «un condizionamento di massa», e che fa sì che persone come Shimon Peres riescano «a essere spacciate dai media internazionali come premi Nobel per la pace»;
per lei, la Shoah rappresenterebbe «l'unico caso, nello studio e nella ricerca storica, dove la verità è tale perché stabilita e adottata da governi e non susseguente ad una disamina scientifica dell'assunto. La sola messa in discussione della teoria alla base della Shoah, è un delitto di leso dogma»;
nei commenti del suo blog a chi l'accusa di essere un'antisemita, replica contestando la definizione del termine: è «solo l'espressione di un misticismo fondativo del diritto del popolo ebraico ad ammazzare la gente, misticismo che io non accolgo. Sono antisemita, dunque», ammette provocatoriamente -:
se le opinioni e le tesi esposte dalla professoressa Barbara Albertoni, siano confacenti al suo ruolo di insegnante in un liceo e se il Ministro non ritenga di dover intervenire e in che modo.
(5-04627)

Interrogazioni a risposta scritta:

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 286 del 1999 ha affidato, nei diversi comparti della pubblica amministrazione, lo svolgimento dei controlli di regolarità amministrativa e contabile agli organi di revisione;
nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado opera, tra l'altro, anche il collegio dei revisori dei conti, con nomina triennale, con il compito di svolgere controlli e verifiche di regolarità amministrativa e contabile;
l'attività di controllo dei revisori dei conti pare sia stata bloccata dal Ministro interrogato;
nelle istituzioni scolastiche entro il prossimo 30 aprile 2011 scadono i termini per importanti operazioni di verifica e controllo di competenza dei revisori dei conti -:
se gli attuali revisori dei conti possano continuare ad espletare la loro attività presso le scuole dove sono stati nominati;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per far chiarezza sul

problema lamentato, in modo da riportare alla normalità l'attività dei revisori dei conti nelle istituzioni scolastiche di loro competenza.
(4-11623)

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alcuni quotidiani locali hanno riportato la notizia che in questi giorni l'ex ufficio scolastico provinciale di Bari ha comunicato a tutte le scuole primarie del territorio il numero degli insegnanti che potranno lavorare nel prossimo anno scolastico 2011-2012;
i dirigenti scolastici asseriscono che, in merito all'organico ricevuto, sono stati tagliati posti già esistenti, che non sono state autorizzate classi a tempo pieno, che sono stati eliminati totalmente gli insegnanti «specialisti» di lingua inglese, che sono stati assegnati spezzoni di ore per coprire l'orario di nuove classi, che la lingua inglese verrà insegnata dagli insegnanti di classe ed anche da coloro che non hanno ottenuto la richiesta specializzazione e che, quindi, sono privi di competenze e di esperienza;
gli operatori scolastici denunciano che, con l'attuale organico, comunicato a ciascuna scuola, i bambini non potranno lavorare in gruppo, uscire dalla scuola per fare visite, gite, usare i laboratori, ricevere alcun insegnamento individualizzato;
i dirigenti scolastici, inoltre, lamentano che non potranno coprire l'orario di tutte le classi prime -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per eliminare tutte le disfunzioni denunciate dai dirigenti scolastici e dagli stessi insegnanti, in modo da garantire a tutti gli alunni una proficua e serena frequenza del nuovo anno scolastico;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di fare chiarezza sui problemi lamentati in modo da riportare la normalità in tutte le scuole primarie della provincia di Bari.
(4-11624)

TESTO AGGIORNATO AL 19 APRILE 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, sono state ridefinite le modalità relative all'accertamento e al riconoscimento dell'invalidità civile, dell'handicap e della disabilità, al fine di contrastarne le frodi e di snellirne l'iter procedurale;
a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande di riconoscimento di invalidità civile, handicap e disabilità devono essere inviate all'Inps per via telematica, per poi essere trasmesse, in tempo reale, dallo stesso ente alle aziende sanitarie locali;
a decorrere dalla medesima data, le commissioni mediche delle ASL devono essere integrate da un medico dell'Inps, quale componente effettivo, per accelerare l'iter di convalida dei verbali di invalidità in caso di unanimità di giudizio;
obiettivo cardine della nuova procedura, congiuntamente alla riduzione sostanziale del fenomeno dei «falsi invalidi», doveva essere quello di snellire l'iter di accertamento e riconoscimento dell'invalidità civile;
ad oggi, però, stando a quanto riferito dalle organizzazioni di settore e dai cittadini, i tempi di attesa risulterebbero notevolmente dilatati, con ritardi inspiegabili e con segnalazioni di malfunzionamento del software gestito dall'Inps, da parte delle stesse ASL, costrette a trasmettere gli atti su supporti cartacei;
tali lacune, riscontrate nella nuova procedura, sarebbero estremamente gravi,

in quanto le persone con disabilità, senza la necessaria certificazione, non possono accedere a nessun beneficio economico o servizio ad esse destinati;
inoltre, le certificazioni precedenti all'introduzione della nuova procedura, se considerate rivedibili, non hanno alcun valore fin quando l'iter di verifica non risulti completato;
seppur siano condivisibili le iniziative di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, si ravvisa una grave anomalia nelle procedure introdotte dalla nuova normativa, che starebbe causando enormi disagi sia per quanto riguarda la trasmissione delle domande, sia per quanto riguarda le lunghe e inspiegabili attese dei cittadini per l'accertamento e il riconoscimento dell'invalidità civile -:
quali urgenti iniziative intenda avviare al fine di ovviare ai gravi e ingiustificati ritardi nelle procedure di accertamento e riconoscimento dell'invalidità civile, che starebbero causando numerosi disagi ai cittadini i quali, senza tali certificazioni, non possono usufruire di alcun servizio o beneficio economico ad essi destinati;
quali siano le ragioni che impedirebbero all'Inps di evadere, nei tempi stabiliti dal decreto-legge di cui in premessa, le pratiche relative alle domande di invalidità, dato che la nuova procedura doveva rappresentare uno strumento atto a snellire l'iter burocratico di verifica e convalida e contribuire ad una consistente riduzione del fenomeno dei «falsi invalidi».
(3-01598)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:

DAMIANO, BOCCUZZI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, GNECCHI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU e FARINONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la recentissima sentenza relativa alla tragedia verificatasi nel dicembre del 2007 alla ThyssenKrupp di Torino ha riportato alla massima attenzione il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro;
la sentenza rappresenta un precedente molto importante per fronteggiare le violazioni, anche più gravi, della normativa vigente in materia;
con il decreto legislativo n. 81 del 2008 è stato costruito un solido impianto a tutela del fondamentale diritto dei lavoratori di disporre di un adeguato sistema di prevenzione e tutela della propria sicurezza;
con il decreto n. 106 del 2009 emanato dal Governo in carica - correttivo del predetto decreto n. 81 del 2008 - si sono introdotti, ad avviso degli interroganti, elementi di affievolimento del sistema creato con il predetto decreto n. 81;
la sentenza sopra citata impone ora una più diffusa ed efficace azione preventiva, nonché il completamento del sistema attuativo del decreto n. 81 del 2008, ancora bloccato in alcune sue parti, a causa della mancata emanazione di taluni regolamenti di attuazione -:
se non ritenga opportuno ripristinare - con apposite iniziative normative - il quadro sanzionatorio e regolatorio originario in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, precedente all'emanazione del decreto legislativo correttivo n. 106 del 2009, e se, in ogni caso, non intenda completare con celerità l'attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, emanando tutti i decreti e regolamenti attuativi ivi previsti.
(5-04628)

PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'apprendistato è un contratto di lavoro nel quale il datore di lavoro dovrebbe impegnarsi a realizzare l'addestramento

necessario per far conseguire al lavoratore la capacità tecnica necessaria per diventare un lavoratore qualificato;
tale contratto, di cui esistono diverse tipologie, dovrebbe essere un'occasione di inserimento lavorativo e di ulteriore preparazione professionale per chi è già in possesso di un titolo di studio o di attestato di qualifica professionale;
secondo la normativa vigente il contratto di apprendistato può coinvolgere lavoratori fino ai 29 anni di età in alcuni settori, ma tale limite di età si può facilmente aumentare, perché è inteso come momento entro il quale deve essere costituito e non terminare;
la durata è stabilita dai contratti nazionali di lavoro, ma l'apprendistato può durare da 18 mesi a 4 anni e nel settore artigiano anche 5 anni;
il datore di lavoro che fa ricorso al contratto di apprendistato ha notevoli vantaggi fiscali, contributivi ed anche retributivi, considerando che l'apprendista viene anche inquadrato a livelli inferiori rispetto a quello al cui conseguimento è finalizzato il contratto. Va pure considerato che il vantaggio per il datore di lavoro è accresciuto dal fatto che i lavoratori assunti con contratto di apprendistato non vengono conteggiati ai fini dell'applicazione di particolari normative ed istituti, quali ad esempio la disciplina dei licenziamenti individuali e le norme in materia di obblighi occupazionali per le persone disabili;
nel programma nazionale di riforma approvato nei giorni scorsi dal Governo grande peso viene dato alla riforma dell'apprendistato, che l'attuale Governo intende promuovere come la sua principale iniziativa - e forse unica - per fronteggiare la disoccupazione giovanile, che in Italia è la più alta d'Europa;
nonostante le intenzioni del Governo - che ha incentivato questo contratto in tutte le maniere fin dal suo insediamento - i dati sull'apprendistato mostrano che esso è un fallimento e non raggiunge mai gli obiettivi che gli si vogliono attribuire. In tal modo, il lavoro giovanile viene sfruttato e i diritti dei giovani italiani sono traditi due volte;
a titolo di esempio, l'ISFOL ha certificato che attualmente solo il 17 per cento dei ragazzi apprendisti svolgono attività di formazione esterna - obbligatoria per legge - oltre a lavorare. Gli altri lavorano e basta. I contratti di apprendistato, nelle forme oggi previste, rappresentano uno dei più tradizionali strumenti di ingresso nel mercato del lavoro per i consistenti vantaggi che assicurano ai datori di lavoro;
il Governo, ad avviso dell'interrogante, sembra ignorare gli abusi ai quali questo contratto si presta - così come regolato oggi - pur di ottenere sulla carta una riduzione della disoccupazione giovanile, senza considerare che con i contratti di apprendistato protratti in alcuni casi fino a 34 anni, la situazione dei giovani rimarrà precaria, soprattutto sul versante retributivo e contributivo;
nel 2007 le attività di formazione esterna che interessavano apprendisti minorenni risultavano approntate solo in 6 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, le province di Trento e Bolzano), una in meno dell'anno precedente (Marche), e in queste il percorso formativo veniva portato a termine solo da meno della metà degli iscritti ai percorsi formativi (2.834 adolescenti);
i dati mostrano che questo tipo di formazione, che il Governo propone addirittura di sostituire all'ultimo anno di scuola dell'obbligo, raggiunge solo una quota modesta, appena il 20 per cento di adolescenti in apprendistato e metà di essi lo abbandona. Per la restante parte degli adolescenti l'apprendistato è una forma di addestramento;
l'articolo 48 del decreto legislativo n. 276 del 2003 che disciplina la materia

dell'apprendistato rinvia l'impegno di formazione «esterna od interna all'azienda» alle regolamentazioni regionali che, d'intesa con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, devono fissare il volume di una formazione congrua a consentire il raggiungimento degli standard formativi minimi per i percorsi di formazione professionale fissati dalla legge n. 54 del 2003. Nonostante qualche regione abbia avviato le regolamentazioni, le necessarie intese interistituzionali non sono mai intervenute né risultano in corso di definizione. È impossibile immaginare che la formazione sia realizzata dal datore di lavoro;
ad ottobre 2010 il Governo ha siglato un'intesa con le regioni e le parti sociali per una mappatura della normativa applicabile ai contratti di apprendistato nei diversi territori e settori di attività -:
quale sia il numero di contratti di apprendistato siglati distinti per le quattro forme previste, il numero di abusi relativi a questo contratto rilevati dalle attività ispettive e di controllo e il numero di minorenni, sul complessivo di quelli in apprendistato, che hanno partecipato alle attività di formazione esterna obbligatoria e che le hanno portate a termine, indicando tutti i dati riferiti all'ultimo anno o comunque quelli più recenti in possesso del Ministero.
(5-04629)

POLI, LIBÈ, BOSI e DIONISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il sito industriale di Piombino (Livorno) sta attraversando un momento di profonda crisi, soprattutto per le vicende che in questo momento vedono la Lucchini (azienda produttrice di acciaio) in una profonda difficoltà societaria;
esiste una seria preoccupazione sul mantenimento della forza lavoro impiegata nell'area siderurgica del gruppo ed, in particolare, nello stabilimento di Piombino, il quale sta vivendo una situazione di totale incertezza;
rischia di avere vita breve l'area a caldo che è di fondamentale importanza per la sopravvivenza dello stabilimento, poiché il mantenimento dell'area a caldo garantirebbe una forza lavoro di circa 800/900 posti di lavoro, essendo il cuore dell'acciaieria; altrimenti, ci sarebbe una drastica riduzione del personale con un tracollo sociale sul territorio;
Piombino è il secondo polo siderurgico italiano dopo Taranto; nonostante ciò, il Governo, a giudizio degli interroganti, non è ancora adeguatamente intervenuto a sostegno di questo comparto;
non è chiaro se siano state ipotizzate misure incisive e concrete a sostegno del reddito per i lavoratori coinvolti nella crisi -:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di assicurare, presso il sito di Piombino, la salvaguardia occupazionale e la tutela dei lavoratori coinvolti nella crisi in atto, anche attivando eventuali misure di ammortizzazione sociale in favore dei predetti lavoratori.
(5-04630)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è appreso che vi è stata sottrazione di capitali pensionistici da parte del patronato INCA/CGIL a danno di molti pensionati italiani del Canton Zurigo;
il lavoratore/pensionato si rivolgeva al patronato INCA/CGIL conferendo a quest'ultimo patrocinio;
mediante il patrocinio conferito, il responsabile del patronato prendeva indebitamente contatto con gli enti pensionistici;
il contatto consisteva in richieste di trasferimento del patrimonio del lavoratore

pensionato in un conto corrente intestato all'INCA/CGIL medesima. Le firme sulla documentazione per il trasferimento sono state poste senza l'approvazione degli assistiti o addirittura falsificate e poi validate con il timbro del consolato generale italiano di Zurigo;
da questo conto erano addebitate le somme mensili, corrispondenti alla rendita pensionistica dovuta al pensionato, con il risultato che l'INCA di fatto si sostituiva alla cassa pensionistica;
il pensionato, non essendo informato correttamente, credeva certa l'origine della rendita, nella convinzione che quest'ultima provenisse dal fondo assicurativo;
il 21 luglio del 2008 un pensionato propone una denuncia direttamente al consolato per non essere stato presente all'autentica della sua firma. Il pensionato espone i fatti indicando il conto bancario INCA/CGIL. La denuncia viene protocollata dal consolato, che promette di svolgere accertamenti;
soltanto 18 gennaio 2009 il signor Antonio Giacchetta viene sospeso dall'incarico di responsabile INCA Zurigo e solo il 9 aprile 2009 viene confiscato il conto bancario INCA, cosicché il flusso in uscita dal conto corrente dell'INCA viene interrotto. Giacchetta viene arrestato soltanto il 31 luglio 2009;
nonostante il consolato generale di Zurigo fosse a conoscenza dei fatti, le truffe proseguirono danneggiando altri assistiti che si rivolgevano all'INCA/CGIL;
quando i danneggiati, dopo avere scoperto la irregolarità, si rivolsero all'INCA per chiedere informazioni e la restituzione dei soldi, non fu data risposta né assistenza. Dall'inizio del procedimento penale sino ad oggi non è stato ancora interrogato nessun danneggiato. Il procuratore Svizzero limita le investigazioni al signor Giacchetta;
L'INCA/CGIL ha più volte dichiarato di non possedere i mezzi finanziari tali da rimediare al danno che il direttore di una sua sede ha causato a molti pensionati appropriandosi dei loro risparmi pensionistici;
i danneggiati hanno dovuto assumere la difesa a proprie spese, poiché INCA/CGIL ha negato l'assistenza ai danneggiati;
le promesse di collaborazione fatte da INCA/CGIL, per trovare una soluzione alla tragedia e allo stato di indigenza in cui sono precipitati moltissimi connazionali sono risultate vane;
il 26 novembre 2010 il comitato difese famiglie ha inoltrato al COMITES di Zurigo la richiesta di chiarimenti, in ordine ai fatti denunciati nel 2008 dal console generale di Zurigo, Giovanni Maria Veltroni, alla procura di Roma per le irregolarità del patronato INCA-CGIL a Zurigo;
il 24 novembre 2010 il comitato difese famiglie ha inoltrato al COMITES di Zurigo la richiesta di accertamento delle irregolarità eventualmente addebitabili ai diversi patronati operanti in Svizzera. La richiesta di accertamento è stata successivamente inoltrata dal consolato generale di Zurigo al Ministero degli affari esteri -:
quali iniziative si intendano adottare per far piena luce sui gravi fatti denunciati in premessa;
quali iniziative si intendano adottare affinché l'INCA/CGIL si assuma la responsabilità per gli enormi danni cagionati ai lavoratori-pensionati e per sostenere ed aiutare, conformemente alla funzione del patronato stesso, i soggetti danneggiati;
per quali motivi l'INCA/CGIL, il consolato generale di Zurigo e il COMITES di Zurigo non abbiano adottato le misure necessarie ad informare la comunità italiana del pericolo a cui andavano incontro i richiedenti che si rivolgevano prima all'INCA/CGIL e poi all'INCA di Zurigo;
se il Governo intenda collaborare con la procura svizzera, affinché si possa procedere all'accertamento dei fatti illeciti e di eventuali complicità e connivenze.
(4-11631)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 aprile 2011 l'agenzia «Ansa» ha riferito della morte di un operaio di 50 anni, vittima di un infortunio sul lavoro avvenuto all'interno dello stabilimento dell'Acqua «Vera» a San Giorgio Bosco, in provincia di Padova;
l'uomo stava lavorando a una pressa nel reparto imbottigliamento dell'azienda, quando sarebbe stato schiacciato dal pesante macchinario -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11634)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

REALACCI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
i dati emersi dal progetto «Sentieri», studio epidemiologico nazionale territori e insediamenti esposti a rischio da inquinamento, presentati il 13 aprile 2011, nel corso del convegno «Ambiente e Salute» e promosso dall'istituto superiore di sanità, dimostrano che oggi sulla mortalità dei cittadini nei pressi dei siti inquinati sono molto gravi, dando il quadro di una situazione molto allarmante e ancora lontana dall'essere risolta;
nei pressi dei siti contaminati si muore molto di più che nelle altre aree d'Italia;
l'indagine di «Sentieri», condotta dall'ISS tra il 2007 e il 2010 nell'ambito del programma strategico ambiente e salute, promosso dal Ministero della salute, è stata realizzata in collaborazione con il Centro europeo ambiente e salute dell'Organizzazione mondiale della sanità, il dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio, il consiglio nazionale delle ricerche di Pisa e l'università di Roma La Sapienza;
è stata altresì valutata la mortalità della popolazione residente in 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche in un periodo di otto anni. La popolazione studiata è di circa 6 milioni di abitanti residenti in 298 comuni. Sono state prese in considerazione 63 cause di morte, tumorali e non - tra queste ultime, malattie respiratorie, circolatorie, neurologiche e renali potenzialmente, associate alla residenza in prossimità di poli chimici, petrolchimici, raffinerie, stabilimenti siderurgici, centrali elettriche, miniere e cave, aree portuali, siti di smaltimento dei rifiuti ed inceneritori, il progetto ha indagato circa 400.000 decessi relativi a una popolazione complessiva di circa 5.500.000 abitanti: vi è grande variabilità fra i siti in esame per dimensioni della popolazione, caratteristiche della contaminazione ambientale, presenza di specifici poli produttivi e altre fonti di pressione ambientale, stato di avanzamento degli interventi di bonifica e risanamento industriale;
inoltre la mortalità osservata per tutte le cause e per tutti i tumori supera quella media della regione di appartenenza. Ventiquattro siti hanno visto un aumento della mortalità assoluta rispetto alla media regionale per le 63 cause di morte prese in esame, mentre in 28 è risultata più alta la mortalità per tumore. In alcuni casi, i nessi causali sono estremamente

chiari perché esistono conoscenze scientifiche adeguate per spiegare le osservazioni. Questo vale per l'aumento della mortalità per mesotelioma pleurico nei siti caratterizzati dalla presenza di amianto o di altre fibre asbestiformi, ad esempio Casale Monferrato, Broni, Biancavilla;
da un inchiesta proprio sull'amianto condotta da Legambiente nel gennaio 2010 si evince che la bonifica di questo materiale presente in molte aree del Paese, anche fatiscenti, è ancora scarsa e che i fondi destinati alla bonifica di tutti i siti inquinati di qualsiasi categoria risultano insufficienti e, anche a livello regionale, non rifinanziati da anni;
parallelamente, in presenza di siti fortemente inquinati, si pensi al sito industriale di Manfredonia (FG), che ha sofferto per anni di un grave inquinamento da arsenico, ma dove è stata portata a termine un'opera di bonifica puntuale, i dati sulla mortalità e le patologie legati all'inquinamento chimico sono di gran lunga inferiori proprio per effetto della bonifica -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per far fronte a questa vera emergenza nazionale.
se intendano rifinanziare il fondo per la bonifica dei siti inquinati in tutto il territorio nazionale;
se non ritengano utile promuovere una campagna informativa nazionale e di screening medico per le patologie più ricorrenti nelle aree soggette a grave inquinamento ambientale e non sia utile promuovere fondi ad hoc per la bonifica dei siti.
(4-11625)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul sito «Doctor News» è apparso un articolo a firma Marco Malagutti, che riferisce di un'indagine condotta dal Naga, tra metà novembre 2010 e metà marzo 2011, negli ospedali milanesi, da cui risulterebbe che sui 560 pazienti che si sono rivolti presso l'ambulatorio medico dell'associazione, 82, affetti da patologie rilevanti o cronico evolutive, sono stati inviati presso le strutture sanitarie pubbliche o le private convenzionate, con richiesta scritta del medico del Naga per l'assegnazione del codice Stp (straniero temporaneamente presente). Nel 61,6 per cento dei casi la richiesta ha dato un risultato negativo;
commentano i due curatori dell'inchiesta citata da «Doctor News», i professori Gugliemo Meregalli e Stefano Dalla Valle, si tratterebbe di «una prassi disomogenea, una parziale disapplicazione della normativa, un'erogazione e una gestione del codice Stp (straniero temporaneamente presente, il codice che dovrebbe garantire il diritto alla salute) inefficiente e inefficace con la conseguente grave esclusione dal godimento del diritto alla salute per moltissimi cittadini stranieri irregolari bisognosi di cure»;
sempre a detta dei professori Meregalli e Dalla Valle, «si osservano comportamenti che variano da quelli del tutto corretti a quelli di strutture sanitarie che negano anche un'assistenza minima»;
il dato più evidente riguarda la mancanza d'informazione sia degli operatori sanitari sia dei cittadini stranieri: «Possiamo dire che i cittadini stranieri irregolari che necessitano di cure soffrono una doppia malattia: quella organica e quella derivante dal mancato accesso alle cure» -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere, sollecitare, adottare in relazione a quanto sopra evidenziato;
se non si ritenga di accogliere le tre proposte avanzata dal Naga: «iscrivibilità dei cittadini stranieri irregolari nelle liste dei medici di medicina generale: applicazione omogenea della normativa nazionale vigente e conseguente rilascio e gestione successiva del codice Stp in tutte le strutture sanitarie pubbliche e convenzionate;

campagne pubbliche di sensibilizzazione rivolte a tutto il personale sanitario e ai cittadini stranieri regolari e non».
(4-11627)

BARBIERI, PIZZOLANTE, MAZZUCA, CERONI, TORTOLI, LUCIANO ROSSI, MARINELLO, MARSILIO, MINARDO e GAROFALO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
seconda quando affermato in un documento datato 1 febbraio 2011, del consiglio direttivo dell'associazione provinciale «gli Amici del cuore» onlus di Modena, nella cardiologia dell'ospedale policlinico di Modena (direttore e capo dipartimento professoressa Maria Grazia Modena) verrebbero eseguite procedure di emodinamica interventista rivolte non solo a risolvere problemi cardiaci ma anche altri di evidente pertinenza della chirurgia vascolare in un contesto ospedaliero, quale quello del policlinico, in cui sono assenti la neurologia, la chirurgia vascolare e la cardiochirurgia;
esistono timori che una ricerca sperimentale (progetto «Oltre le coronarie») eccessivamente «audace» ed invasivo, all'interno di una struttura priva delle specialità indispensabili ad eseguire in sicurezza le procedure interventistiche sui vasi periferici, possa superare la soglia di normalità dei rischi già insiti nella metodica interventistica in argomento, compromettendo la salute dei pazienti;
in un periodo in cui si chiedono semplificazione ed accorpamento dei reparti ospedalieri finalizzati a raggiungere una maggiore eccellenza nella prestazione coniugata con una minor spesa appare agli interroganti incomprensibile e contraddittoria una tale scelta operativa;
tali preoccupazioni alimentate dall'osservazione di un significativo incremento di numero di decessi e complicanze, sono state espresse dagli Amici del cuore con apposita istanza alle autorità preposte a tutelare il diritto alla salute della popolazione;
il direttore generale del citato policlinico dottor Stefano Cencetti il 15 febbraio 2011 ha fornito all'assessore alle politiche della salute della regione Emilia Romagna una serie di rassicurazioni in ordine alle modalità di svolgimento ed alle attività di chirurgia vascolare dalla struttura complessa di cardiologia del Policlinico, senza per altro dissipare le perplessità espresse dall'associazione;
il «gruppo di lavoro per la verifica delle condizioni clinico organizzative entro le quali sono attualmente erogati intendenti endovascolari extra cardiaci nell'ambito dei centri di emodinamica della regione», attivato poi su richiesta della predetta associazione, ha potuto accertare che non tutto, in effetti, corrispondeva alle rassicuranti espressioni del dottor Cencetti tant'è che nella sua relazione conclusiva riportava: «il gruppo di lavoro sottolinea come l'inappropriatezza nelle indicazione e nelle gestioni delle complicanze possa essere fonte di rischio e possa creare le condizioni per il verificarsi di aventi avversi, assunto peraltro dimostrato anche da diversi casi fra quelli analizzati nel corso della verifica»;
il risultato a tutt'oggi è stato l'allontanamento del dottor Sangiorgi responsabile del laboratorio di emodinamica e di alcuni suoi collaboratori precari, mentre la capo dipartimento riteneva non corrispondenti a verità le conclusioni della commissione regionale. Il dottor Cencetti, che aveva fortemente sostenuto il laboratorio, a questo punto affidava alla stessa Modena il compito di superare le criticità (da lei negate);
il citato dottor Cencetti, oltre ad essere dal giugno 2006 direttore generale dell'azienda policlinico di Modena risulterebbe socio fondatore (nel novembre 2006), presidente e coordinatore scientifico del centro studi e ricerche «Hospital Facility Management (HFM)» ONLUS, che svolge attività di consulenza in materia di appalti ospedalieri;

gli altri soci sono: l'ingegnere Mauro Amadei esperto sulla formazione e sulla gestione degli appalti in ambito ospedaliero, già consulente dell'azienda ospedaliera di Modena per lo studio e la realizzazione di un appalto in Global Service per il servizio di pulizia, lavanolo e trasporti, con il sistema «chiavi in mano»; il dottor Mauro Morena, direttore medico di presidio dell'ospedale San Paolo di Milano e la dottoressa Sabrina Cenciarelli direttore U.O.C. acquisizione beni e servizi AUSL Roma C, già inquisita per la truffa della «lady asl». Il centro studi e ricerche, a quanto consta all'interrogante, ha sede a Carpi presso il poliambulatorio FKT diretto della signora Maurizia Viviani, moglie del Cencetti stesso. Le aziende possono farsi socie versando la quota di euro 2.000;
il dottor Cencetti come presidente HFM, organizza ogni anno un convegno, quota di iscrizione 400 euro, l'ultimo a fine marzo 2011 a Riccione dal titolo «safetY&security per le strutture sanitarie, codice degli appalti» in cui ha relazionato come direttore generale del policlinico;
i convegni sono sponsorizzati dalle società Serviziitalia e Coopservice attualmente fornitori di servizi all'azienda policlinico di Modena;
è stato fondato a Modena un organismo di raccordo fra sanità ed imprese «Qualit Center Network» (l'organismo raggruppa le associazioni imprenditoriali del distretto mirandolese, le due aziende sanitarie di Modena e Reggio Emilia, la provincia di Modena, l'unione dei comuni modenesi area nord e il Democenter); il Presidente del comitato tecnico scientifico è il dottor Stefano Cencetti -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e se non intenda, alla luce di quanto segnalato in premessa, adottare iniziative normative volte a specificare la disciplina delle incompatibilità relative agli incarichi di vertice delle aziende ospedaliere, con particolare riguardo a quelle universitarie.
(4-11632)

TESTO AGGIORNATO AL 19 APRILE 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato dal quotidiano: «La Repubblica», il 14 aprile, gli impianti dei 29 reattori nucleari installati ad appena 200 chilometri dai confini italiani e situati in Francia, Svizzera, Germania e quello in Slovenia a soli 130 chilometri da Trieste, risulterebbero oramai obsoleti, senza i livelli di sicurezza adeguati e pertanto pericolosi;
l'articolo del medesimo quotidiano sostiene che, ad esempio, in Germania, nella Bavaria a soli 250 chilometri da Cortina d'Ampezzo e da Bressanone, (ovvero la stessa distanza di Tokyo e Fukushima), è stato chiuso recentemente e in tempi brevi, il reattore denominato Isar 1, poiché considerato insicuro, reattore avente la stessa tecnologia (i boiling water reactor) e circa la stessa età di quello giapponese, che avrebbe potuto funzionare altri 12 anni, in considerazione del fatto che aveva ottenuto l'allungamento della licenza;
al di là delle Alpi, prosegue l'articolo della Repubblica, mentre nel corso degli ultimi decenni continuava nel nostro Paese la politica di denuclearizzazione, nei paesi confinanti gli impianti nucleari aumentavano sempre più;
in Francia (6 centrali con 18 reattori). Svizzera (4 centrali con 5 reattori), Germania (2 centrali con 5 reattori) e in Slovenia (una centrale) le scelte di politica industriale ed energetica, sono state rivolte a sostegno dell'atomo, con la convinzione che attraverso l'energia prodotta mediante le centrali nucleari, unitamente a sistemi di sicurezza degli impianti altamente sofisticati, potessero migliorare lo sviluppo e la competitività del sistema-Paese;
l'incidente giapponese, cosi come accadde con Chernobyl, ha evidenziato che i

radionuclidi non conoscono frontiere, le radiazioni viaggiano con i venti, la pioggia le deposita su verdure e foraggio, dimostrando che le scelte energetiche di singoli Paesi possono produrre conseguenze anche per altri;
l'articolo suesposto del quotidiano «La Repubblica», in definitiva descrive uno scenario generale sulla sicurezza degli impianti nucleari situati nei Paesi precedentemente descritti negativo e preoccupante, in considerazione del fatto che numerosi reattori nucleari proseguono la propria attività in maniera mal funzionante e pericolosa per la salute degli individui e per l'intero sistema ambientale -:
quali siano gli intendimenti del ministro con riferimento a quanto esposto in premessa;
se, considerato il livello di rischi e di pericoli, lo stato di sicurezza delle centrali nucleari dei Paesi confinanti con l'Italia sia effettivamente critico così come pubblicato dall'articolo riportato in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, ove fosse confermata l'entità critica e di emergenza delle condizioni delle centrali nucleari situate nei Paesi confinanti con l'Italia.
(5-04625)

Interrogazioni a risposta scritta:

BOSI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il centro siderurgico di Piombino e le sue acciaierie costituiscono un grande patrimonio nazionale a sostegno delle esigenze produttive del Paese;
i suddetti stabilimenti, di proprietà del gruppo Lucchini, che costituiscono altresì una struttura industriale sulla quale si regge l'economia locale di Piombino, della Val di Cornia e dell'Isola d'Elba, versano in condizioni di crisi stante il fatto che l'azionista di maggioranza si è dichiarato non in grado di dare garanzie di mantenimento dell'azienda;
le parti sociali, le istituzioni locali e regionali, le forze politiche e parlamentari hanno più volte interessato il Ministro dello sviluppo economico per la ricerca di soluzioni in grado di salvaguardare la produzione con progetti industriali anche mediante l'intervento di capitali stranieri;
dopo le dimissioni del Ministro Scajola non si sono avute più notizie circa gli interventi del Governo per il salvataggio della siderurgia piombinese -:
quali siano gli esiti delle iniziative intraprese e, comunque, quali iniziative intendano adottare con urgenza per il superamento dello stato di crisi descritto e per scongiurare ricadute gravi per l'economia e l'occupazione.
(4-11621)

LO MONTE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto sulle energie rinnovabili, così come attualmente previsto, ha suscitato un grave allarme nelle associazioni di imprenditori del settore delle rinnovabili e nella grande maggioranza delle imprese e ha gettato nella totale incertezza l'intero comparto, specie se si considera che il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti;
il settore del fotovoltaico va considerato come una risorsa fondamentale per la creazione di posti di lavoro e per la tutela dell'ambiente; occorre, quindi, una politica di sostegno equilibrata, che, pur prevedendo una graduale riduzione degli incentivi, garantisca che questa non penalizzi il settore e che sia proporzionata al calo dei costi di installazione, attraverso misure certe e condivise, che permettano una seria programmazione imprenditoriale alle aziende del settore;
appare estremamente opportuno incentivare il fotovoltaico attraverso l'allocazione

di piccoli impianti presso le abitazioni e negli edifici ad uso pubblico, soprattutto nei manufatti di proprietà degli enti locali, scoraggiando l'installazione negli ambienti naturali, spesso fortemente deturpati da intere distese di impianti, in modo da evitare che intere zone del territorio, sia agricolo che paesaggistico, possano essere irrimediabilmente compromesse;
l'installazione di impianti fotovoltaici di enormi dimensioni, a causa degli smisurati interessi economici, non fornisce spesso garanzie adeguate sulla trasparenza delle aziende interessate che a volte nascondono soci occulti che utilizzano il meccanismo tipico delle scatole cinesi, quando non vi sono addirittura celati interessi della criminalità organizzata;
in ogni caso, nel decreto ministeriale attuativo che dovrà essere emanato dal Ministero dello sviluppo economico, sarebbe opportuno venisse inserita una maggiore attenzione per gli enti locali, invitandoli anche ad uniformare le regole per autorizzazioni e permessi per l'installazione di impianti fotovoltaici -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per evitare che la filiera industriale fotovoltaica, fino a cinque anni fa inesistente e che oggi conta oltre 800 imprese, migliaia di operatori locali e addetti ai lavori, possa entrare in crisi;
se intenda incentivare le installazioni dei pannelli fotovoltaici presso i tetti delle abitazioni nonché sui tetti di edifici pubblici, soprattutto in quelli di proprietà comunale, attivando, ad esempio, protocolli di intesa con le associazioni più rilevanti degli enti locali.
(4-11626)

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il comitato nazionale Italia digitale si è riunito in data 1o marzo 2011, presieduto dal Ministro interrogato che per l'occasione ha presentato la proposta del nuovo calendario nazionale per il completamento del passaggio alla televisione digitale;
il comitato è composto dai rappresentanti dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni, delle regioni, delle associazioni di televisioni locali e delle emittenti nazionali, dei produttori, distributori e consumatori;
il Ministro all'atto della suddetta presentazione del calendario del comitato nazionale Italia digitale convocava solo due associazioni rappresentanti dell'emittenza televisiva, scelte, a giudizio dell'interrogante, come controparti «di comodo» - definite impropriamente «più rappresentative» - escludendo tutte le altre;
la decisione del Ministro, a giudizio dell'interrogante, è tanto più grave perché una delle due associazioni predilette, la Frt, risulta composta tra le altre anche dall'Associazione tv nazionali presieduta attualmente da Fedele Confalonieri;
in particolare, è stato escluso il Coordinamento nazionale nuove antenne (CONNA), l'unica associazione no profit del settore che ha 36 anni di attività alle spalle, ed è editrice di un giornale specializzato in difesa della libera espressione dei grandi mezzi di diffusione di massa, lasciando i suoi associati privi di tutela sindacale -:
se corrisponda al vero che il Ministro interrogato abbia prediletto due associazioni che l'interrogante considera controparti di comodo per la presentazione del calendario del comitato nazionale Italia digitale e quale sia il reale motivo che ha determinato tale decisione.
(4-11641)

...

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in commissione Paolo Russo e altri n. 5-04610, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della

seduta del 13 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cosenza.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Ferranti n. 1-00615, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 461 dell'11 aprile 2011.

La Camera,
premesso che:
nel nostro stato sociale di diritto, dove la persona assurge a ruolo centrale, la pena cessa di avere un'impronta autoritaria di conformazione delle condotte e diventa uno degli strumenti per la rieducazione del reo, che aspira al recupero del cittadino dopo un percorso trattamentale. Il carcere si pone, quindi, come esperienza provvisoria che prelude al rientro nella società;
in questo contesto si inserivano le misure alternative alla detenzione introdotte con la «legge Gozzini» nel 1986 e con la «legge Simeone-Saraceni» nel 1998 e che vengono applicate successivamente alla condanna dal magistrato di sorveglianza. La ratio è quella di favorire un reinserimento sociale nella fase conclusiva di una pena lunga o di sostituire pene detentive brevi, mediante un approccio di ricucitura graduale e controllata con la società civile;
è noto che l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esse la politica, la società civile, la magistratura, ma soprattutto i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
se le carceri italiane sono così giunte in una situazione che è non più tollerabile, bisogna chiedersi perché. Vi è stata da vari anni una contrazione nell'ambito delle politiche di sicurezza della possibilità di utilizzo delle cosiddette misure alternative: sono costanti l'elaborazione di nuove figure di reato, utili a rispondere a vere o presunte emergenze, l'introduzione di ipotesi di custodia cautelare obbligatoria, l'innalzamento delle pene per reati di non particolare allarme sociale o riconnessi ad una mera condizione di irregolarità sul territorio nazionale operata al solo e dichiarato fine di consentire l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Il caso emblematico è la «legge ex Cirielli», legge n. 251 del 2005, che ha accorciato i tempi di prescrizione per alcuni reati e ha introdotto limiti alla concessione delle misure premiali ai recidivi reiterati, categoria che ricomprende in sé anche reati per fatti di scarso allarme sociale e magari per fatti distanti decenni nel tempo;
già l'11 e il 12 gennaio del 2010, con la discussione sulla mozione Franceschini 1/00302 e sulle altre mozioni abbinate, la Camera dei deputati si è occupata della situazione carceraria: il Governo, ad oggi, deve ancora dare attuazione a molti degli impegni assunti con l'approvazione di quella mozione Franceschini e delle altre mozioni abbinate;
nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il Ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato

con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n. 121 della Presidenza del Consiglio dei ministri). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal Ministro nel mese di gennaio 2010, tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella legge finanziaria per il 2010 e 100 milioni del bilancio della giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, prevedendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione giustizia, né il Ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno mai fornito, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del piano di interventi; dell'assunzione dei 2.000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia; dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della legge 26 novembre 2010, n. 199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia, ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
a tre anni dall'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, che ha trasferito al servizio sanitario nazionale le competenze riguardanti la salute in carcere, in applicazione del Titolo V della Costituzione e del decreto legislativo n. 230 del 1999, «Riordino della medicina penitenziaria», che, all'articolo 1, sancisce il diritto dei detenuti e degli internati al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali, la riforma ha trovato applicazione solo parzialmente, e sono frequenti i casi in cui viene negato il diritto alla salute dei carcerati, in particolare delle persone in attesa di giudizio;
la presente mozione si rende necessaria per dare un nuovo forte indirizzo alla «politica carceraria» del Governo,


impegna il Governo:


a ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità, mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana;
a reperire le risorse finanziarie per adeguare le piante organiche del personale di polizia penitenziaria, nonché del personale civile del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero

della giustizia (educatori, assistenti sociali, psicologi), avviando un nuovo piano di assunzioni che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie e che sia in grado di supportare l'auspicata riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione;
a promuovere, sostenere e verificare l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, attuativo del riordino della medicina penitenziaria, così come prevista dal decreto legislativo n. 230 del 1999, in particolare per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 5, che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e il trasferimento alle regioni delle funzioni sanitarie afferenti agli ospedali psichiatrici giudiziari ubicati nel territorio delle medesime, nonché di prevedere, nell'ambito della relazione annuale sullo stato di salute dei cittadini da presentare al Parlamento, un capitolo dedicato alla situazione sanitaria nelle carceri italiane;
a prevedere per le regioni impegnate nei piani di rientro dai deficit sanitari la possibilità di non sottoporre a restrizioni i fondi destinati alla sanità in carcere;
ad attivare una specifica azione di monitoraggio sull'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, al fine di accertare l'effettività della garanzia del diritto alla salute per i carcerati e per le persone in attesa di giudizio;
ad affrontare con la massima urgenza, assumendo le necessarie iniziative normative, il problema dei detenuti tossicodipendenti, in particolare valutando la possibilità che l'esecuzione della pena avvenga in istituti a custodia attenuata, idonei all'effettivo svolgimento di programmi terapeutici e socio-riabilitativi;
a promuovere la modifica del comma 1-bis dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario (modifica introdotta dalla legge cosiddetta ex-Cirielli), che preclude ai condannati recidivi reiterati l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena, tenendo conto che è opportuno che l'effettiva pericolosità dei condannati possa essere rimessa alla valutazione della magistratura di sorveglianza senza irragionevoli preclusioni, nonché a rafforzare le piante organiche degli uffici di sorveglianza e a favorire, nell'ambito di una corretta collaborazione istituzionale, l'elaborazione di linee guida o di protocolli operativi utili a rendere chiara la legittimità di alcuni criteri di priorità nell'azione della magistratura di sorveglianza (così da consentire di gestire con intelligenza il flusso di ingressi in carcere);
ad attivare tutti gli adempimenti necessari affinché il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria proceda, nell'ambito delle assunzioni già autorizzate per personale da destinarsi agli uffici giudiziari, per l'anno 2011, e per quelle ancora da autorizzare, in riferimento agli anni a venire, alla prioritaria utilizzazione, partendo dalla posizione n. 414, della graduatoria risultante dal concorso bandito dal Ministero della giustizia - dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - a 397 posti di educatore penitenziario, pubblicata il 15 dicembre 2008 sul bollettino ufficiale dello stesso;
ad effettuare un monitoraggio relativamente allo stato di applicazione, nonché agli effetti e ai risultati della legge 26 novembre 2010, n. 199, «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», valutando anche di procedere in collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura e con il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, comunicandolo alle Camere, anche al fine di verificare la possibilità che la norma di cui all'articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, abbia una validità non limitata nel tempo e che, quindi, la sua efficacia vada oltre il 31 dicembre 2013;

ad informare tempestivamente il Parlamento in merito allo stato di attuazione del piano carceri relativamente agli interventi di edilizia penitenziaria, per i quali il commissario straordinario, in base agli articoli 17-ter e 17-quater del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, può procedere in deroga alle ordinarie competenze;
ad affrontare, con urgenza e decisione, le cause dell'elevato numero di morti e di suicidi in carcere ed i fenomeni di autolesionismo e di violenza in genere.
(1-00615)
(Nuova formulazione) «Ferranti, Amici, Tidei, Melis, Miotto, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Andrea Orlando, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Touadi, Rampi, Codurelli».

Ritiro di un documento del Sindacato Ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
interrogazione a risposta orale Poli n. 3-01543 del 24 marzo 2011.

Trasformazione di documenti del Sindacato Ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Bosi n. 3-01171 del 13 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11621;
interrogazione a risposta in Commissione Cavallotto e Grimoldi n. 5-04265 del 23 febbraio 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-01597.