XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 13 APRILE 2011
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il 12 gennaio 2010 l'Assemblea della Camera dei deputati aveva approvato 12 punti della mozione radicale sulle carceri che aveva ricevuto il sostegno di decine di deputati di maggioranza e di opposizione;
i 12 punti approvati impegnavano il Governo ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione della pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda:
a) la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;
b) l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;
c) il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge Gozzini, da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dall'estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche al procedimento penale ordinario;
d) l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;
e) l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extracomunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi per ridurre il rischio di recidiva;
f) la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;
g) la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;
h) l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;
i) il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;
l) l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000, n. 193 (cosiddetta legge Smuraglia), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun impegno ed in condizioni di permanente
inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;
m) l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;
n) una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
i punti approvati più di un anno fa sono ancora di stringente attualità, atteso che le condizioni nei penitenziari italiani sono addirittura peggiorate: essendo aumentato il numero dei detenuti che sono passati da 64.791 al 31 dicembre 2009 ai 67.600 del 31 marzo 2011; essendo drammaticamente permanente il numero delle morti in carcere e degli altri eventi critici, ivi compresi i tentati suicidi, gli atti di autolesionismo, le aggressioni al personale; permanendo la carenza di 6.000 unità nel corpo degli agenti di polizia penitenziaria; essendo stati tagliati di un ulteriore 30 per cento i già esegui fondi stanziati per il lavoro in carcere (mercedi), per la manutenzione ordinaria degli edifici, per il monte ore delle prestazioni degli psicologi, per i capitoli di spesa per i sussidi ai detenuti indigenti, per le dotazioni di generi per la pulizia personale e per la pulizia delle celle,
impegna il Governo:
a dare attuazione con urgenza agli impegni già assunti più di un anno fa con le mozioni approvate in data 12 gennaio 2010;
a rendere costantemente conto, anche rispondendo tempestivamente agli atti di sindacato ispettivo presentati, dell'attuazione degli impegni presi.
(1-00617)
«Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Calvisi, Marrocu, Burtone, Baretta».
La Camera,
premesso che:
la situazione in cui versano le carceri italiane, con un sovraffollamento di molto superiore alle soglie di tollerabilità di ogni singolo istituto, sono tali da rendere inaccettabili le condizioni di vivibilità per i detenuti mortificando lo stesso lavoro degli agenti della polizia penitenziaria;
la situazione nelle carceri è drammatica ed è precipitata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, da quando sono state approvate due leggi: l'ex Cirielli, che vieta nel caso di reati minori pene alternative, e la Fini-Giovanardi, che aumenta le sanzioni per produzione, traffico, detenzione illecita e uso di sostanze stupefacenti: l'una e l'altra stanno alimentando il sovraffollamento;
la Costituzione italiana prescrive espressamente all'articolo 27 che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato;
i dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria segnalano un'allarmante crescita media di oltre 500 reclusioni al mese, che hanno già determinato il superamento della capienza tollerabile di detenuti negli istituti di pena italiani: a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 44.000 unità, i detenuti risultano essere oltre 68.000;
alla data del 20 marzo 2011, negli istituti penitenziari italiani (circuito per adulti) erano ristretti 67.318 detenuti (64.370 uomini e 2.948 donne) a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 45.059. Un surplus di 22.259 detenuti in più rispetto alla massima capienza che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 54,2 per cento. In nove regioni italiane il tasso di affollamento varia dal 23 al 50 per cento, in dieci
regioni dal 51 all'80 per cento e l'unica regione che non presenta (apparentemente) una situazione sovraffollata è il Trentino Alto Adige (ma il dato è condizionato dal sottoutilizzo del nuovo carcere di Trento). Capofila, per sovraffollamento, la Calabria (77,6 percento) seguita da Puglia (76,3 per cento), Emilia Romagna (73,7 per cento), Marche (72,1 percento) e Lombardia (65,9 per cento). L'istituto con il più alto tasso di affollamento si conferma Lamezia Terme (193,3 per cento), seguito da Busto Arsizio (164,7 per cento), Vicenza (155,5 per cento). Brescia Canton Mombello (152,5 per cento), Mistretta (137,5 per cento);
dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, si sono verificati 14 suicidi in cella;
nel fine settimana del 2 e 3 aprile 2011 ci sono stati quattro tentativi di suicidio (in tre casi il detenuto è morto). Dall'inizio dell'anno le vittime sono 37, di cui 15 per suicidio, 17 per cause naturali e 7 ancora da accertare, 12 gli stranieri. Altri casi: Giuseppe Uva morto nella caserma dei carabinieri di Varese per percosse, Niki Aprile Gatti morto nel carcere di Sollicciano (la famiglia non crede che si sia ucciso). Uno dei quattro tentativi di suicidio avvenuti nel citato fine settimana è quello di Carlo Saturnio, 22 anni, di Manduria, morto il 7 aprile 2011. Il giovane, detenuto per furto, era parte civile in un processo a Lecce contro 9 agenti del carcere minorile accusati di maltrattamenti e vessazioni su detenuti. Carlo aveva denunciato le sevizie subite all'età di 16 anni;
dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, in 91 istituti (sui 205 attivi) sono stati tentati 194 suicidi. I detenuti che debbono la vita a salvataggi in extremis da parte di poliziotti penitenziari assommano a 31. Il numero maggiore di tentati suicidi si è verificato a Venezia Santa Maria Maggiore (10) seguita da Como, Firenze Sollicciano e San Gimignano (7). In 134 istituti si sono verificati 1.025 episodi di autolesionismo. Il triste primato spetta a Lecce (54), seguita da Bologna e Firenze Sollicciano (33) nonché da Genova Marassi e dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli (31). Ad aggravare il quadro complessivo concorrono i 59 episodi di aggressioni in danno di poliziotti penitenziari, che contano 39 unità ferite che hanno riportato lesioni giudicate guaribili oltre i sette giorni. A Genova Marassi il maggior numero di aggressioni ai baschi blu (6) seguita dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e dagli ospedali psichiatrici giudiziari di Napoli e Como (5). Ma non mancano nemmeno le proteste. Dal 1o gennaio al 20 marzo 2011 le manifestazioni di protesta collettive, all'interno dei penitenziari, sono state 75. Gli scioperi della fame 1.153; i rifiuti delle terapie mediche 57; i rifiuti del vitto dell'amministrazione 217; gli atti di turbamento dell'ordine e della sicurezza 59. Questi numeri fotografano oltre ogni competente commento - aggiunge Sarno - la realtà che connota i nostri penitenziari, sempre più città fantasma confinate nelle retrovie dell'attenzione di chi è deputato ad analizzare e risolvere le grandi questioni sociali: i politici;
oltre a denunciare le condizioni di estremo degrado e decadenza degli istituti penitenziari, è d'obbligo rimarcare le conseguenze, dirette, che lo sfascio del sistema carcerario riversa sulla pubblica sicurezza;
la gravissima deficienza organica della polizia penitenziaria, stimata intorno alle 6.500 unità, non solo determina carichi di lavoro insostenibili e inaccettabili condizioni di lavoro, ma produce effetti devastanti per l'ordine pubblico. I cinque evasi, nelle ultime settimane (da Augusta, Voghera e Roma) testimoniano, in modo significativo e indicativo, questa eventualità. Non poter garantire, per penuria d'organico, adeguata sorveglianza ai detenuti ristretti (persino a quelli classificati «alta sicurezza») ed ai detenuti ricoverati nelle corsie ordinarie degli ospedali e non poter effettuare i servizi di traduzione in canoni di sicurezza è un grave vulnus per l'ordine pubblico;
da una denuncia contenuta in un report di Ristretti orizzonti, l'associazione
che monitora la situazione delle carceri, risulta che: «Negli ultimi 10 anni il sistema penitenziario italiano è costato alle casse dello Stato circa 29 miliardi di euro. Dal 2007 al 2010 le spese sono state ridotte del 10 per cento, ma in modo diseguale. Il personale ha rinunciato al 5 per cento del budget, l'attività di rieducazione dei detenuti e la manutenzione delle strutture penitenziarie hanno avuto il 31 per cento in meno di fondi. Dal 2000 ad oggi il costo medio annuo del Dap è stato di 2 miliardi e mezzo. Il grosso della spesa (quasi l'80 per cento) paga i costi del personale»;
«Nel 2007 la spesa, pari a 3 miliardi e 95 milioni di euro, ha segnato il massimo storico. Nel 2010, per effetto dei tagli imposti dalle ultime leggi finanziarie, la spesa è risultata essere di 2 miliardi e 770 milioni di euro, in calo di circa il 10 per cento rispetto al 2007. Il 79,2 per cento dei costi nel decennio - spiega il report - sono stati assorbiti dai circa 48.000 dipendenti del Dap (polizia penitenziaria, amministrativi, dirigenti, educatori e altro), il 13 per cento dal mantenimento dei detenuti (corredo, vitto, cure sanitarie, istruzione, assistenza sociale e altro), il 4,4 per cento dalla manutenzione delle carceri e il 3,4 per cento dal loro funzionamento (energia elettrica, acqua e altro)». «L'incidenza del costo relativo al personale negli ultimi 4 anni è aumentata di ben 5 punti percentuali (dal 79,3 del 2007 all'84,3 per cento del 2010), quindi i sacrifici non si sono scaricati equamente sui diversi capitoli di spesa: al personale in 4 anni sono stati tolti 119.225.000 euro (circa il 5 per cento del budget a disposizione nel 2007), mentre nello stesso periodo le spese di mantenimento dei detenuti, di manutenzione e funzionamento delle carceri hanno subito una decurtazione di 205.775.000 euro, pari al 31,2 per cento»;
l'associazione spiega inoltre che «per quanto riguarda il costo medio giornaliero di ogni singolo detenuto, dal 2001 ad oggi il costo medio è stato di 138,7 euro. Questa cifra è determinata da due elementi: la somma a disposizione dell'amministrazione penitenziaria e il numero medio dei detenuti presenti in un dato anno. L'ammontare dei fondi stanziati non risulta collegato all'aumento della popolazione detenuta (tanto che dal 2007 ad oggi i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del Dap sono diminuite del 10 per cento), quindi più persone ci sono in carcere e meno costerà il mantenimento di ciascuno di loro; così, mentre il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti (in 30 mesi i detenuti sono aumentati di quasi 30 mila unità: dai 39.005 dell'1o gennaio 2007 ai 67.961 del 31 dicembre 2010), la spesa media giornaliera pro capite è scesa a 113 euro (nel 2007 era di 198,4 euro, nel 2008 di 152,1 euro e nel 2009 di 121,3 euro)»;
nel dettaglio, di questi 113 euro: 95,3 (pari all'84,3 per cento del totale) servono per pagare il personale; 7,36 (6,2 per cento del totale) sono spesi per il cibo, l'igiene, l'assistenza e l'istruzione dei detenuti; 5,60 (5,4 per cento del totale) per la manutenzione delle carceri; 4,74 (4,1 per cento del totale) per il funzionamento delle carceri (elettricità, acqua e altro). Escludendo i costi per il personale penitenziario e per l'assistenza sanitaria, che è diventata di competenza del Ministero della salute, nel 2010 la spesa complessiva per il mantenimento dei detenuti è pari a 321.691.037 euro, quindi ogni detenuto ha a disposizione beni e servizi per un ammontare di 13 euro al giorno;
tra le voci di spesa, i pasti rappresentano la maggiore (3,95 euro al giorno), seguita dai costi di funzionamento delle carceri (acqua, luce, energia elettrica, gas e telefoni, pulizia locali, riscaldamento e altro), pari a 3,6 euro al giorno, e dalle mercedi dei lavoranti (cioè i compensi per i detenuti addetti alle pulizie, alle cucine, alla manutenzione ordinaria e altro), che concorrono per 2,24 euro al giorno. «Al riguardo va detto che il fabbisogno stimato per il funzionamento dei cosiddetti servizi domestici sarebbe di 85 milioni all'anno, ma nel 2010 ne sono stati spesi soltanto 54: i pochi detenuti che lavorano si sono visti ridurre gli orari e, di conseguenza,
nelle carceri domina la sporcizia e l'incuria», segnala il report;
per quanto riguarda la rieducazione, "la spesa risulta a livelli irrisori: nel trattamento della personalità ed assistenza psicologica vengono investiti 2,6 euro al mese, pari a 8 centesimi al giorno. Appena maggiore il costo sostenuto per le attività scolastiche, culturali, ricreative, sportive: 3,5 euro al mese, pari a 11 centesimi al giorno per ogni detenuto;
nella colpevole indifferenza del Governo la situazione nelle carceri italiane è diventata ormai insostenibile, sia per i detenuti che per la polizia penitenziaria e la protesta delle agenti donne di Rebibbia è la risposta drammatica ed estrema di chi si sente completamente abbandonato dallo Stato";
il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia conoscono bene la gestione dei detenuti sottoposti al regime previsto dal 41-bis. Per legge, questa tipologia di detenuti dovrebbe essere sorvegliata dal reparto specializzato della polizia penitenziaria Gom (Gruppo operativo mobile). Ma in più di una struttura (Parma su tutte, a seguire Milano Opera, Novara e altre) i detenuti al 41-bis non sempre sono affidati al personale del Gruppo operativo mobile;
i dati che si registrano sull'aumento dei suicidi nelle carceri italiane parallelamente alla crescita del numero dei detenuti risultano particolarmente preoccupanti, tenuto conto che, solo dall'inizio del 2010, sono stati riscontrati alla data del 29 luglio 2010 39 casi di suicidio nelle strutture penitenziarie del Paese, come documentato dall'associazione Antigone e dal sito del Garante dei detenuti della Sicilia;
la carenza di fondi destinati al lavoro in istituto, legata al sovrannumero, comporta una oggettiva difficoltà nel favorire un percorso riabilitativo cosicché, nella maggioranza dei casi, la reclusione intramuraria risulta essere solo un'espiazione della pena, senza che si siano oggettivamente attivate significative iniziative di rieducazione e di reinserimento;
una rappresentanza della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, recandosi in visita presso alcuni istituti penitenziari della Sicilia, ha potuto riscontrare direttamente come la carenza di fondi abbia come effetto immediato la sostanziale impossibilità di favorire un percorso riabilitativo e come l'esiguità degli spazi costituisca una minaccia alla salute fisica e mentale dei detenuti, con il risultato che appena il 10-15 per cento dei reclusi, tra l'altro, è nelle condizioni di svolgere attività lavorativa;
la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti e altri atti internazionali firmati e ratificati dall'Italia stabiliscono il divieto assoluto di tortura e trattamento inumano;
la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha più volte condannato l'Italia per le condizioni in cui tiene il proprio sistema carcerario;
il Consiglio dei diritti umani di Ginevra, nell'ambito della procedura di verifica periodica universale cui nel 2010 è stata sottoposta l'Italia, con le sue raccomandazioni ha stigmatizzato il sistema carcerario italiano;
in Italia i magistrati di sorveglianza sono 178 (l'organico è di 204) e ogni magistrato deve occuparsi mediamente di 394 detenuti;
ogni detenuto presenta circa dieci domande l'anno (ricoveri, reclami, liberazioni anticipate, misure alternative ed altro) e ogni giudice di sorveglianza è costretto a portare avanti circa quattro mila procedimenti non potendo, così, esercitare le funzioni di controllo di legalità all'interno degli istituti penitenziari attraverso lo strumento delle ispezioni;
in Italia, contrariamente a quanto previsto in ben 22 Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Cipro,
Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia ed Ungheria), non esiste un organismo di controllo delle carceri e degli altri luoghi di privazione della libertà deputato a svolgere attività di protezione dei diritti delle persone ristrette;
la raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri degli Stati membri sulle regole penitenziarie europee (adottata l'11 gennaio 2006 nel corso di una riunione dei delegati dei Ministri) ha stabilito che le condizioni di alloggio dei detenuti devono soddisfare misure di sicurezza compatibili (tra l'altro) col rischio che i detenuti si feriscano;
la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito, in virtù di quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione (che sancisce in termini assoluti il divieto di tortura, pene o trattamenti disumani o degradanti), che lo Stato deve assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni che sono compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non espongano l'interessato a pericoli o a prove di un'intensità che eccedano il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute e il benessere del prigioniero siano assicurati in modo adeguato,
impegna il Governo:
a convocare tempestivamente i sindacati di polizia penitenziaria e le rappresentanze di tutto il personale penitenziario al fine di un confronto concreto e costruttivo sulle problematiche delle carceri in Italia e degli operatori;
ad informare semestralmente il Parlamento sugli esiti del progetto di recupero e di razionalizzazione delle risorse umane esistenti, con particolare riferimento ai processi di rafforzamento delle motivazioni professionali e lavorative;
ad incrementare la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria, così da renderne più efficiente e meno pesante l'attività lavorativa;
a valutare ogni iniziativa volta all'assunzione di educatori penitenziari;
ad incoraggiare un significativo miglioramento della qualità di preparazione del personale penitenziario adibito alla custodia, attraverso processi di formazione che non si fermino alla fase iniziale di impiego ma accompagnino l'operatore lungo l'intera sua attività lavorativa e che abbiano tra i propri obiettivi quello di formare in merito ai diritti umani e ai meccanismi di prevenzione delle loro violazioni, nonché ai percorsi di reinserimento sociale delle persone detenute;
in relazione all'esperienza europea degli ultimi anni, ad adottare iniziative per l'attivazione di organismi indipendenti di nomina parlamentare che abbiano poteri informali di visita e controllo dei luoghi di detenzione, e in ogni caso poteri idonei a promuovere concretamente attività di prevenzione e soluzione dei conflitti;
a valutare l'adozione di iniziative normative volte a migliorare e tutelare la dignità personale dei detenuti e le condizioni di lavoro di tutto il personale che vi opera, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, nonché delle disposizioni dei numerosi atti internazionali sottoscritti dall'Italia.
(1-00618)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Palomba, Di Stanislao, Paladini, Monai».
La Camera,
premesso che:
la condizione delle carceri italiane ha raggiunto livelli di sovraffollamento non più tollerabili. Secondo i dati del rapporto Eurispes, che richiama i dati del Ministero della giustizia, il numero complessivo dei detenuti presenti negli istituti di pena alla fine del 2010 era pari a
67.961, a fronte di una capienza massima pari a 45.022 condannati. Ne deriva che attualmente nelle carceri italiane vi sono 22.939 detenuti in più rispetto a quelli regolarmente previsti;
l'analisi dei dati regionali mostra nel dettaglio una situazione drammatica: la condizione peggiore sembra spettare alla Puglia, dove la popolazione carceraria è pari a 4.755 presenze, rispetto alle 2.528 regolamentari; ovvero ogni 100 posti, vi sarebbero 88 detenuti in esubero. In Emilia-Romagna l'eccedenza è pari a 83 unità. In Sardegna la situazione sembra migliorare, dal momento che nei 12 istituti esistenti sono presenti 2.217 reclusi, a fronte dei 1.970 previsti regolarmente. La situazione migliore sembra essere quella del Trentino-Alto Adige, che registra 405 presenze rispetto alle 394 consentite;
in questa situazione il rischio concreto della diffusione di infezioni e malattie tende ad aumentare, proprio perché vengono a mancare quelle condizioni minime di salute e di prevenzione che dovrebbero essere garantite a tutti i detenuti, ma che in presenza di dati così drammatici diventa impossibile assicurare. Il rapporto Eurispes, infatti, registra, oltre alla presenza di patologie da sempre prevalenti, quali epatite b, c e aids, anche la riemersione di quelle che sembravano ormai superate, come la tubercolosi;
pertanto, la condizione delle strutture penitenziarie, oltre a determinare un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti, produce evidenti effetti negativi dal punto di vista della tutela dei diritti degli stessi reclusi. Sul punto è intervenuta la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha condannato l'Italia per violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti, a seguito del ricorso presentato da uno straniero detenuto nel carcere di Rebibbia, dove, con altre cinque persone, ha condiviso per tre mesi una cella, avendo ciascuno uno spazio a disposizione di 2,7 metri quadri. Il Comitato per la prevenzione della tortura, istituito dal Consiglio d'Europa, ha fissato in 7 metri quadri lo spazio minimo per detenuto. La mancanza evidente di tale spazio personale, secondo la Corte, costituisce violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), relativo al divieto di trattamenti inumani e degradanti;
secondo lo studio effettuato dall'associazione «Ristretti orizzonti», vi è una forte relazione tra il tasso di sovraffollamento e l'elevato numero di persone che hanno deciso di togliersi la vita in carcere. Nel 2009 sono state 72 le persone che volontariamente si sono tolte la vita su un totale di 177 persone morte in carcere. Nel 2010, invece, i casi di suicidio sono stati 66, su 173 decessi complessivi; secondo i sindacati di polizia penitenziaria dal 1o gennaio al 20 marzo del 2011, si sono avuti 14 suicidi in carcere. Nello stesso periodo in 91 istituti, sui 205 attivi, sono stati tentati 194 suicidi; in 134 istituti si sono verificati 1.025 episodi di autolesionismo; le manifestazioni di protesta collettive, all'interno dei penitenziari, sono state 75; si sono avuti 1.153 scioperi della fame, 57 rifiuti delle terapie mediche, 217 rifiuti del vitto dell'amministrazione, 59 atti di turbamento dell'ordine e della sicurezza;
se si analizza la composizione della popolazione carceraria, si osserva che un terzo è composto da detenuti stranieri, circa 24.829; 1.300 circa sono reclusi solo per non aver eseguito l'ordine di espulsione; un altro terzo, pari a circa 26.277 detenuti, è costituito da tossicodipendenti, che insieme agli psichiatrici e agli autori dei cosiddetti reati di strada, rappresentano le categorie più comuni presenti nelle strutture carcerarie;
la situazione delle carceri è resa esplosiva anche per effetto della normativa adottata in materia di droga e di immigrazione, oltre alle disposizioni sui recidivi e sulle aggravanti dettate dalla «legge Cirielli» e dai «pacchetti-sicurezza»; se nel 2008 il numero dei detenuti era pari a 58.127 unità, la politica sulla sicurezza
adottata dal Governo ha prodotto un aumento del numero dei detenuti di 10 mila persone, a fronte del successivo fallimento della cosiddetta normativa «svuota carceri», che ha concesso la detenzione domiciliare soltanto a 1.788 detenuti;
le condizioni di degrado nelle quali versano gli istituti penitenziari dipendono anche dalla mancanza di risorse a disposizione, alla luce degli effetti prodotti dai tagli delle diverse leggi finanziarie: nel 2007 lo stanziamento previsto per la gestione dell'intero sistema carcerario era pari a 3.095.506.362 euro, mentre nel 2010 le risorse disponibili sono state di appena 2.770.841.742 euro; ancora, nel 2007 la spesa media pro capite è stata calcolata in 198,4 euro per 44.587 soggetti detenuti, alla fine del 2010, invece, il costo medio giornaliero è stato calcolato in 113,04 euro, a fronte di un aumento della popolazione detenuta di 22.569 unità. Si calcola che il sistema carcerario nel suo complesso sia costato 29 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, mentre la manutenzione e le diverse attività di rieducazione hanno subito una contrazione pari al 31 per cento delle risorse;
un ulteriore elemento che incide fortemente sul sistema carcerario italiano è rappresentato dalla grave carenza di organico della polizia penitenziaria, che, secondo i dati dei sindacati, è stimato intorno alle 6.500 unità, con gravissime conseguenze sia per i carichi di lavoro, sia per le condizioni nelle quali gli agenti penitenziari si trovano costretti ad operare, sia per le ripercussioni sull'ordine pubblico;
un tale sistema carcerario rappresenta un ostacolo al recupero dei detenuti e impedisce la funzione rieducativa e di riabilitazione della pena, così come invece previsto dall'articolo 27 della Costituzione,
impegna il Governo:
a dare seguito al cosiddetto «piano carceri» per la costruzione di nuove strutture penitenziarie, al fine di risolvere la questione del sovraffollamento degli istituti, garantendo apertura e massima trasparenza nella gestione di tutte le procedure di spesa;
a prevedere misure finalizzate a prevenire la questione del sovraffollamento carcerario, anche attraverso la promozione di norme volte a garantire una più immediata accessibilità alle pene alternative alla detenzione, la riduzione delle pene previste per reati di minore entità, la limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere e la previsione di criteri più agevoli per la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie;
a predisporre le misure necessarie per adeguare l'organico del personale di polizia penitenziaria e del personale addetto all'assistenza, anche attraverso la promozione di attività formative specifiche, per cercare di arginare la situazione di emergenza nella quale si trovano le strutture penitenziarie italiane nell'attesa di una definitiva soluzione.
(1-00619)
«Mosella, Tabacci, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».
Risoluzione in Commissione:
La VII Commissione,
premesso che:
la tragedia del Vajont, avvenuta il 9 ottobre 1963 nel comune di Erto e Casso (Pordenone) rappresenta una delle pagine più drammatiche della storia dell'Italia repubblicana;
in quell'occasione persero la vita 2.100 abitanti dei comuni di Longarone, Erto e Casso e di altre piccole frazioni del bellunese;
all'indomani della catastrofe fu realizzato un cimitero nella località Fortogna a cinque chilometri da Longarone;
il cimitero del Vajont è stato dichiarato monumento nazionale con decreto
del Presidente della Repubblica 2 ottobre 2003 «Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone» (Gazzetta Ufficiale 29 novembre 2003, n. 278) prevedendo che «in quanto luogo di memoria delle migliaia di vittime del disastro che nella notte del 9 ottobre 1963 perirono incolpevoli sia ricordato e affidato al rispetto della Nazione per il suo rilevante interesse sotto il profilo storico sociale»;
nel 2003 il cimitero è stato ristrutturato a spese del comune di Longarone e rappresenta oggi uno dei luoghi simbolo della memoria del nostro Paese ed è meta di numerose visite di scolaresche;
è stata approvata alla Camera la proposta di legge per riconoscere il 9 ottobre giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo (Rossa ed altri: «Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo»);
in sede referente la Commissione I del Senato ha accolto un ordine del giorno nel quale il Governo si impegna a promuovere l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, di un Fondo speciale per la gestione e il mantenimento del sacrario vittime del Vajont, per finanziare progetti di gestione e manutenzione del sacrario delle vittime sito in località San Martino di Fortogna, nel comune di Longarone,
impegna il Governo
a promuovere l'istituzione di un fondo speciale, prevedendo l'erogazione di una somma annua per la gestione e la manutenzione del sacrario monumentale come avviene per i cimiteri di guerra o altre opere monumentali.
(7-00560)
«Rossa, Ghizzoni, Bressa, Rubinato».
...
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra venerdì 7 e sabato 8 aprile 2011 a Napoli, due dirigenti dall'associazione nazionale Arcigay sono stati violentemente aggrediti di fronte alla sede napoletana dell'associazione, perché persone dichiaratamente omosessuali;
le due persone aggredite, Antonello Sannino, presidente di Arcigay Salerno, e Federico Esposito, segretario provinciale di Arcigay Pistoia, presenti nella città partenopea per un corso di formazione dell'associazione, sono stati colpiti con calci e pugni riportando lesioni;
nel corso dell'aggressione, dalle finestre sono piovuti oggetti, uova e acqua e si è udito un «lavatevi sporcaccioni», mentre tre persone (tra queste uno uomo con una mazza e una donna) si sono aggiunte all'aggressore;
la presenza altri esponenti dell'Arcigay ha evitato il peggio e l'aggressore è stato prontamente fermato e identificato dalle forze di polizia;
non è la prima volta che a Napoli si verificano episodi di intolleranza omofobica che sfociano poi in aggressioni fisiche e verbali -:
quali iniziative il Governo abbia attivato per evitare il ripetersi di atti di violenza contro le persone per il loro orientamento sessuale;
quali iniziative di informazione e di educazione siano state attivate nelle scuole, nei luoghi di lavoro e di socialità
affinché venga superato il pregiudizio e l'odio nei confronti delle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender;
se le violenze determinate dall'odio razziale, per orientamento sessuale, per motivi di religione, e più in generale contro le persone più deboli, siano monitorate e quali iniziative conseguenti siano state attivate;
se il Governo non ritenga opportuno sostenere un rapido iter delle diverse proposte di legge finalizzate alla lotta all'omofobia.
(4-11562)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo un recente documento di WISE-Paris, il reattore EPR cuore della strategia di esportazione francese, per poter abbattere i crescenti costi relativi ai sempre più ridondanti e complessi meccanismi di sicurezza, può essere alimentato da un combustibile che include uranium oxide fuel (UOX) fino al livello senza precedenti di 70 GW.d/ton, il che pone specifici problemi di calore e di contenimento;
è inoltre inclusa la possibilità di usare al 100 per cento mixed oxide fuel (MOX, realizzato per il 7-9 per cento da plutonio e uranio impoverito) nel nucleo; il combustibile MOX ha un rendimento di calore quattro volte più elevato che il combustibile UOX e pone notevoli problemi di reattività, contenendo più plutonio che è una sostanza altamente tossica;
mentre si cerca quindi di ridurre la probabilità di una catastrofe, il processo di costruzione che sottende il reattore EPR fa aumentare il rischio che una catastrofe si verifichi, sia in termini di potenza del combustibile che di tossicità -:
se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
se non si intenda procedere ad un definitivo abbandono del nucleare.
(4-11564)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
nella seduta del Consiglio dei ministri del 7 aprile 2011 è stato approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo (pochi giorni prima che scadessero i tempi) per attuare la direttiva sulla tutela penale dell'ambiente (direttiva 2008/99/CE);
sul sito http://www.governo.it però non è ancora accessibile il testo;
la situazione è analoga a quella che si verificò nel luglio 2010 per il decreto legislativo n. 155 del 2010, che conteneva l'articolo 9 sul benzo(a)pirene che introduceva una riforma surrettizia in materia di benzo(a)pirene in violazione della normativa europea;
è gravissimo, a giudizio degli interroganti, la prassi per cui il Consiglio dei ministri adotta provvedimenti (non solo disegni di legge, ma anche decreti-legge e decreti legislativi), in assenza di un articolato acquisito e subito disponibile alla conoscenza da parte dei cittadini -:
per quali ragioni il decreto legislativo di attuazione della direttiva sulla tutela penale dell'ambiente (2008/99/CE) non sia stato ancora pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio -:
se non si ritenga di promuovere l'introduzione di una disposizione per cui gli atti normativi approvati, anche in via preliminare, dal Consiglio dei ministri, vengano immediatamente resi accessibili, in tutto il loro articolato, sul sito del Governo, in modo da renderli noti ai cittadini.
(4-11572)
LEOLUCA ORLANDO e DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che martedì 5 aprile 2011 il Ministro interrogato si sia recato a Milano con un aereo P180 dell'Arma dei carabinieri proveniente da Roma, atterrato alle ore 18,30 circa, e sia poi ripartito alla volta della capitale intorno alle 23 con un aereo dell'Aeronautica militare, con l'identificativo MM62210;
nello spazio temporale tra arrivo e partenza era in programma la partita Inter contro Shalke04, alla quale il ministro risulta aver assistito;
risulta ancora che anche nel maggio 2009 il Ministro interrogato si sia recato, a bordo di Boeing 737 dell'Aeronautica militare all'aeroporto Baccarini di Grosseto per partecipare a un incontro elettorale a sostegno di un candidato del Pdl locale; vi sono stati nel passato analoghi precedenti di utilizzo di voli di Stato per trasferte private: nel settembre 2007, l'allora ministro della giustizia, Clemente Mastella, che si recò a Monza per il gran premio automobilistico, fu attaccato, anche e soprattutto dal centrodestra, per questo abuso; analogamente, anche il Presidente del Consiglio è stato al centro di un'indagine, poi archiviata, su alcuni viaggi con voli di Stato effettuati nel maggio-giugno del 2008 verso la sua residenza in Sardegna in compagnia di vari ospiti, non propriamente di carattere istituzionale;
in risposta a un'interrogazione a risposta scritta sui costi effettivi dei voli di Stato, lo scorso anno il Ministro per i rapporti con il Parlamento aveva comunicato che erano stati stanziati 36,8 milioni di euro (negli anni precedenti la cifra era pari a circa 28 milioni di euro); la direttiva sui voli di Stato, voluta proprio dall'attuale presidente del Consiglio nel luglio 2008, ha stabilito che per autorizzare i voli devono sussistere «comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all'efficace esercizio delle funzioni istituzionali» e che non possono essere «disponibili voli di linea né altre modalità di trasporto compatibili con l'efficace svolgimento di dette funzioni»;
a fronte dell'ennesimo utilizzo inappropriato di un volo di Stato, è stata fornita un'ulteriore deroga all'utilizzo di tali aerei per «ragioni di sicurezza», come ha dichiarato lo stesso ministro interrogato, già precedentemente esplicitato sempre dal Ministro per i rapporti del Parlamento nel corso di un question time del luglio 2009, alla stregua del modello seguito per l'attribuzione delle scorte -:
quali siano state le reali «ragioni di sicurezza» che hanno indotto all'utilizzo del volo di Stato di cui alla premessa;
se non ritenga il Governo di voler codificare con maggior precisione le ragioni per le quali si possono utilizzare i voli di Stato i cui costi sono lievitati considerevolmente nel corso dell'attività dell'esecutivo attualmente in carica.
(4-11574)
MINNITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'area comunale di Lamezia Terme (Catanzaro), in contrada Scordovillo, insiste un alloggiamento in cui, da quasi 30 anni, vive una comunità composta da centoventi nuclei familiari di etnia rom (quasi 700 persone), la più numerosa dell'intero Mezzogiorno dopo quella di Napoli;
il campo ha assunto sempre più la connotazione di un ghetto caratterizzato da drammatiche condizioni di degrado sociale e igienico-ambientale; il campo rom di località Scordovillo è stato definito da diverse associazioni di volontariato come uno dei peggiori esistenti in Italia;
si tratta di un agglomerato di container installati dal comune di Lamezia Terme e dalla protezione civile nel corso del 2003 per ripararvi la comunità rom, che in quel luogo era già stata allocata sin
dal 1982 perché sino ad allora accampata sulle rive del torrente Piazza, tracimato a causa di un evento alluvionale;
le precarissime condizioni igienico-sanitarie del campo hanno un impatto drammatico sulla salute di bambini e adolescenti rom che hanno spesso sperimentato gravi patologie come il tifo, il rachitismo, la meningite, l'epatite virale e parassitosi di estrema gravità;
la commissione dei reati nell'area del campo rom e la sua configurazione quale luogo di riparo e occultamento sia di persone che delinquono che di ricovero ed impiego di proventi delle attività delittuose commesse all'esterno hanno aggiunto altri elementi di gravità e forte preoccupazione alla già difficile situazione determinatasi all'interno del campo rom;
il campo rom di località Scordovillo era stato concepito nel 1982 quale risposta provvisoria al problema abitativo delle suddette famiglie;
da allora, non si è riusciti a trovare una soluzione definitiva allo stato di provvisorietà dichiarato al momento della scelta di contrada Scordovillo quale sede dell'insediamento della comunità rom;
in più occasioni, l'ultima alla presenza del Ministro dell'interno, onorevole Roberto Maroni, la scorsa estate, il sindaco della città di Lamezia Terme ha sostenuto che la situazione del campo rom di fatto rappresenti il principale problema sociale della città, chiedendo di conseguenza, sia al Governo centrale, che al presidente della regione Calabria, di individuare finanziamenti adeguati insieme a procedure e poteri straordinari di protezione civile;
per fronteggiare concretamente e con la necessaria determinazione alla situazione determinatasi, il sindaco di Lamezia Terme ha più volte sollecitato la prefettura di Catanzaro e la giunta regionale affinché fosse attivato lo strumento del contratto locale di sicurezza, come previsto nel patto per lo sviluppo per un importo di 5 milioni di euro, insieme a risorse aggiuntive a valere sul PISR «legalità e sicurezza»;
in data 16 marzo 2011 la locale procura della Repubblica ha emesso un decreto di sequestro e di sgombero dell'area del campo rom esistente in località Scordovillo; com'è stato da più parti paventato, di fronte all'imminente prospettiva dello sgombero, la situazione rischia nondimeno di precipitare, anche con conseguenze sociali e di ordine pubblico difficilmente prevedibili;
alla luce di quanto esposto non è più rinviabile un intervento risolutivo della questione, anche per non lasciare sola, senza mezzi e senza poteri, l'amministrazione comunale della città Lamezia Terme, di fronte ad un problema che evidentemente chiama in causa anche altri livelli di governo oltre quello comunale -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per concorrere alla risoluzione della gravissima situazione lametina e per rimuovere definitivamente le condizioni di disagio strutturale e sanitario in cui versa il campo nomadi;
se non si intenda procedere alla nomina del prefetto a commissario governativo per la gestione dell'emergenza rom nella città lametina, mutuando un'esperienza già sperimentata in altre città e regioni italiane in casi simili o di calamita naturale;
se, a seguito di tale nomina, non si intenda convocare un tavolo interistituzionale per affrontare l'emergenza determinatasi, al fine sia di garantire il legittimo diritto della comunità rom a condizioni di vita dignitose, nel rispetto della propria specificità etnica e culturale, sia di tutelare le legittime esigenze di sicurezza della comunità lametina;
se si intenda promuovere, per quanto di competenza, politiche per l'integrazione sociale e per l'inserimento lavorativo, al fine di assicurare dignità e sussistenza ai rom;
se il Governo intenda procedere con particolare urgenza, all'individuazione delle necessarie risorse finanziarie idonee a risolvere definitivamente e strutturalmente il problema e dare così una risposta definitiva alle inaccettabili condizioni in cui è costretta a vivere la comunità rom di Lamezia Terme;
se non si ritenga di disporre un intervento eccezionale atto a fronteggiare l'emergenza determinatasi, anche a tutela della popolazione della città di Lamezia Terme, il cui disagio per la situazione esposta, dura ormai da troppi anni.
(4-11575)
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta immediata:
MURO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 8 febbraio 2011, verso le ore 7, in pieno Oceano indiano la nave battente bandiera italiana denominata Savina Caylin, appartenente alla società armatrice Fratelli D'Amato di Napoli, è stata sequestrata da un gruppo organizzato, nonostante fosse a circa 880 miglia dalla costa somala;
il sequestro è stato molto violento, tenuto conto del fatto che risultano essere stati esplosi colpi di mitra e razzi;
come è noto, le navi con bandiera italiana sono da considerarsi territorio italiano a tutti gli effetti;
sulla detta nave erano imbarcati 5 italiani e, in particolare, il comandante di lungo corso della stessa Giuseppe Lubrano Lavadera;
a circa 580 miglia di distanza dal luogo in cui è avvenuto il sequestro, era in navigazione la nave militare Zeffiro, impegnata nella missione antipirateria «Atlanta», organizzata dall'Unione europea, che raggiungeva i luoghi dei suddetti fatti dopo due giorni;
a tutt'oggi risultano all'interrogante solo quattro occasioni nelle quali è stato consentito ad alcuni membri dell'equipaggio, tra cui il comandante, di parlare con i propri familiari, e l'ultima telefonata risale al lontano 28 febbraio 2011;
nonostante le rassicurazioni provenienti dall'apparato burocratico del Ministero degli affari esteri, il caso sta superando i limiti di ogni ragionevole attesa e, dopo circa due mesi dall'accaduto, non si è a conoscenza di quali iniziative il Ministero degli affari esteri intenda mettere in campo per arrivare ad una rapida soluzione del problema;
le famiglie dei marittimi sono lasciate in uno stato di disinformazione e prostrazione non giustificabile;
la società armatrice, da sola, non è evidentemente in grado di garantire la buona riuscita della trattativa, se di trattativa si sta discutendo -:
in quali condizioni di salute e di sussistenza si trovino i marittimi (in particolare i 5 italiani), per quale motivo le famiglie degli stessi, ancorché informate saltuariamente dalla burocrazia ministeriale, non abbiano notizie con flusso continuo e non conoscano cosa si stia effettivamente facendo per supportare l'azione della società armatrice e se non si ritenga opportuno e necessario intervenire direttamente, tenuto conto che il sequestro è avvenuto, dal punto di vista giuridico e di fatto, come segnalato in premessa, in territorio italiano.
(3-01589)
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI
e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
martedì 5 aprile 2011 a Viggiano 21 operai della Elbe Sud Italia hanno accusato malori in concomitanza all'avvertimento di un odore nauseabondo da parte di lavoratori e cittadini;
il fatto che sia stato avvertito un forte odore di zolfo avvalora l'ipotesi di un avvelenamento determinato da emissioni di H2S (un gas incolore, estremamente velenoso, contraddistinto dal caratteristico odore di uova marce) provenienti dal vicino Centro olio, situato ad almeno 150 metri dallo stabilimento della Elbe Sud Italia;
l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) stabilisce che le emissioni di H2S non debbano superare i 0,005 ppm (parti per milioni), mentre, in Italia, alle società minerarie (Centro olio Eni di Viggiano compreso), vengono concesse emissioni 6 mila volte superiori, fino a 30 ppm;
vista la dimensione del fenomeno che ha provocato l'intossicazione degli operai distanti almeno 150 metri dal luogo dell'incidente, secondo dati scientifici e gli studi condotti dalla ricercatrice Maria Rita D'Orsogna (esperta di inquinamento da idrocarburi e docente di fisica all'università statale della California) gli effetti clinici (vomito e malesseri diffusi) manifestati dai lavoratori della Elbe Italia Sud srl, avvengono solitamente a concentrazioni intorno ai 10-100 ppm, con la conseguenza che, per intossicare a 150 metri di distanza, la fuoriuscita di particelle, sul luogo della perdita all'interno del Centro olio (fatto questo tra l'altro inspiegabilmente non confermato dall'Eni), deve essere stata di molto superiore ai 10-100 ppm;
non risultano pertanto attendibili agli interroganti i dati dell'Arpab, per la quale, da quanto registrato dagli «analizzatori passivi» il livello del gas martedì 5 aprile, quando si è verificato il caso, ha oscillato tra i 2,2 e i 2,7 microgrammi per metro cubo a fronte di una media giornaliera che in passato non ha mai sforato lo 0,5; questo anche perché, attivisti della OLA hanno fatto presente che da anni cittadini ed associazioni della Val d'Agri denunciano la carenza di centraline di monitoraggio intorno al Centro olio ed, in generale, in tutta la Basilicata e dunque l'impossibilità per l'Arpab (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) e i suoi dati di rilievo di essere attendibili;
la decisione regionale di consentire all'ENI un raddoppio delle quantità di petrolio estraibile si traduce in rischi aggiuntivi per la salute, che sono confermati da questo ennesimo incidente, noti da tempo, già dal rapporto Basilicata Sanità del 2000, quando in Val d'Agri si rilevarono patologie cardio-respiratorie «civetta» intorno al 44 per cento, contro un 19 per cento tra i cittadini nel resto della regione (indagine medica poi impropriamente sospesa);
risulta disattesa la richiesta avanzata anche nel corso della conferenza sul petrolio e ambiente organizzata da Eni e regione (Copam 2011, ndr) di «un giudizio sulle emissioni elevate del Centro olio di Viggiano in difformità da quanto stabilito dall'OMS»;
come ha dichiarato Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali lucani, «oltre ad istituire una commissione d'inchiesta sulla vicenda, dovrebbe riflettere sull'impatto che le attività estrattive producono sulla salute dei residenti della Val d'Agri e sull'ambiente», perché «gli interessi dell'Eni, della Total e della Shell mal si conciliano con la tutela della salute, dell'ambiente e delle preziose risorse idriche lucane. La Commissione d'inchiesta la si faccia per indagare a fondo sui danni prodotti dalle estrazioni» -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito all'intossicazione di 22 operai della Elbe Sud Italia;
quali iniziative di competenza si intendano adottare per accertare l'impatto
che le attività estrattive hanno prodotto e producono sulla salute dei residenti della Val d'Agri e sull'ambiente, a partire da quelle relative al Centro olio di Viggiano;
se si intenda, nel frattempo, stabilire una moratoria che blocchi ulteriori permessi, concessioni e raddoppi relativamente alle attività di estrazione di idrocarburi in Basilicata.
(5-04592)
Interrogazione a risposta scritta:
GIOVANELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si apprende da un libro-inchiesta di Gianluca Di Feo «Veleni di Stato» (Edizioni Rizzoli 2009) che nel luglio 1944, 1316 tonnellate di iprite sono finiti nei fondali davanti alle coste marchigiane, in particolare davanti alle baie di Fano, Pesaro e Gabicce all'interno di 4300 bombe d'aereo C500T catturate dalla Luftwaffe in una base di Urbino;
sono materiali altamente tossici che pare siano ancora imprigionati nei fondali dell'Adriatico e che rilasciano lentamente il loro veleno in mare;
il libro qui sopra citato è ampiamente documentato grazie agli studi e approfondimenti sugli archivi della Luftwaffe di Carlo Gentile, consulente delle principali inchieste giudiziarie sulle stragi naziste in Italia e docente dell'università di Colonia;
L'unità comandata dal maggiore Meyer nascose nel deposito di Urbino notevoli quantità di ordigni, ma il 19 dicembre 1943 si indica dalla relazione di Hitler che dovevano essere spostati in Germania. Muovere le sostanze letali, per di più in periodo di guerra, era molto difficile; nel luglio 1944, quando il comando tedesco dispose» l'immediata evacuazione del deposito di Urbino senza riguardi per le possibili conseguenze», vennero trasportati con dei camion a Fano e a Pesaro alla vigilia dell'offensiva sulla Linea Gotica e fatti svuotare di notte in mare da squadre speciali. 84 tonnellate di armi chimiche mortali, conservate da involucri difettosi hanno poi rilasciato lentamente nelle acque dell'Adriatico le sostanze tossiche;
nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati del 20 novembre 1951, in risposta a una interrogazione dell'onorevole Capalozza, il Sottosegretario alla Marina mercantile, onorevole Tambroni, confermava la presenza di tale arsenale nei fondali e individuava anche le coordinate dei siti ove si sarebbero trovate almeno una parte delle bombe, ma da allora nulla si è fatto per la bonifica dell'area, né tantomeno è stato oggetto di discussione in ambito parlamentare;
il sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, in data 10 marzo e 30 aprile 2010 ha inviato al Ministro della difesa due lettere per sollecitare spiegazioni e provvedimenti sopra in oggetto;
in data 21 giugno 2010 il sottosegretario alla difesa, onorevole, Giuseppe Cossiga, rispose al sindaco sostenendo che il dicastero «ha promosso i pertinenti approfondimenti» e che le ricerche e le bonifiche dell'area sono state portate a termine tra il 1945 e il 1950 -:
se il Ministero della difesa, come da lettera del sottosegretario Cossiga citata in premessa, possa assicurare che i tratti di costa bonificati negli anni cinquanta sono aree bonificate corrispondenti ai siti di Fano, Pesaro e Cattolica;
se non consideri opportuno a distanza di anni, usare nuove tecnologie di bonifica sperimentate in altri siti;
se non si intenda provvedere con urgenza a un monitoraggio della situazione attuale e se non si intenda ricorrere ai fondi di cui al decreto ministeriale n. 308 del 2006 finalizzati al risanamento di aree inquinate.
(4-11571)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, di attuazione delle direttiva comunitaria 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato dell'elettricità, ha dato corso alla realizzazione di impianti fotovoltaici in tutte le regioni italiane;
a partire dal 2008 in regione Molise, seguendo i procedimenti normativi in vigore e in particolare quanto previsto dalla delibera della giunta regionale del Molise n. 1670 del 13 dicembre, che recepisce la legge n. 387 del 2003, dalla legge regionale n. 22 del 2009 e dalla delibera della giunta regionale Molise n. 857 del 25 ottobre 2010, alcuni consorzi di imprese hanno ottenuto dalla regione regolari autorizzazioni per la realizzazione di impianti fotovoltaici;
dalla stampa locale (Il Quotidiano - Termoli) del 22 marzo del 2011, si apprende che il consorzio di imprese denominato «Socim» lamenterebbe un blocco dei lavori per la realizzazione di due centrali solari, una delle quali già approvata dalla stessa regione Molise, a causa di cavilli burocratici e beghe tra la regione Molise e la Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici;
stando a quanto appreso dalla stampa locale, il blocco della realizzazione di tali centrali non riguarderebbe esclusivamente il succitato consorzio, ma ben 50 «campi» fotovoltaici e metterebbe a rischio, non solo i 300 posti di lavoro derivanti dall'attività della società impiantistica «montenerese», ma l'intero indotto legato al fotovoltaico, stimato in circa 1600 addetti, penalizzando una regione storicamente deficitaria dal punto di vista occupazionale;
buona parte dei divieti alla realizzazione di tali centrali fotovoltaiche in Molise dipendono da pareri non favorevoli all'esecuzione dei lavori per incompatibilità paesaggistica, espressi dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise e trasmessi alla regione Molise, agli enti locali e ai richiedenti, con documenti scritti e protocollati ma al di fuori della conferenza di servizi;
tale consolidata consuetudine della direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali di disertare la sede decisoria della conferenza di servizi e di consegnare i pareri negativi all'ufficio protocollo, vietando di fatto lo svolgimento del contraddittorio, contravviene a quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990, all'articolo 14-quater, comma 1, che recita testualmente: «il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo n. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscano oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso»;
la mancata partecipazione della direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali in relazione alla conferenza di servizi, divenuta prassi, ha prodotto decine di contenziosi, supportati da circostanziati pareri legali a loro volta corredati da abbondanti fonti giurisprudenziali, ai fini di una conclusione positiva del procedimento, in applicazione di quanto disposto al comma 1 dell'articolo
14-quater della legge n. 241 del 1990, e relative diffide concernenti una futura richiesta di risarcimento danni;
la descritta circostanza, secondo gli interpellanti, mette in luce un evidente conflitto interpretativo della norma di riferimento da parte delle due amministrazioni coinvolte, ovvero quella statale e quella regionale, in quanto tutti i pareri espressi dalla direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali, che riportano nell'oggetto la dicitura che richiama «parere reso ai sensi dell'articolo n. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004», presuppongono che la struttura ministeriale considera i propri pareri resi all'interno del sub-procedimento, equiparando la consegna del documento alla partecipazione diretta in conferenza di servizi, e quindi obbligatori e vincolanti per l'intero procedimento;
in procedimenti omologhi di rispettiva competenza, in altre regioni a differenza del Molise, è emerso che il Ministero per i beni e le attività culturali in genere partecipa ai lavori delle conferenze oppure, in caso di mancata partecipazione, pone le condizioni per l'applicazione dell'istituto del silenzio assenso ai sensi dell'articolo 14-ter comma 7 della legge n. 241 del 1990 e in nessun caso è stato riscontrato l'acquisizione di pareri negativi al di fuori della conferenza di servizi;
l'assenza dei rappresentanti della direzione regionale alle conferenze di servizi e la generica dicitura di «non compatibilità con il paesaggio rurale» con cui questi pareri non favorevoli alla realizzazione degli impianti fotovoltaici sul territorio vengono motivati, oltre a non tener conto secondo gli interpellanti dell'esistenza di specifiche linee guida nazionali, individuate nel decreto ministeriale 10 settembre 2010, e regionali, secondo quanto disposto dalla legge regionale n. 22 del 2009, impediscono a prescindere, ai richiedenti il parere, il diritto di dimostrare l'avvenuto adeguamento dei progetti alle norme di legge in vigore sul fotovoltaico -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa e ai fini di una più trasparente applicazione della normativa in materia di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato dell'elettricità in Molise, non si ritenga indispensabile intervenire per verificare con celerità la correttezza e la legittimità dei pareri in questione e delle procedure descritte poste in essere dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, a tutela delle piccole imprese locali e dei relativi posti di lavoro, eventualmente danneggiati da un'erronea interpretazione o applicazione delle leggi e delle norme.
(2-01050)
«Piffari, Di Pietro, Donadi, Di Giuseppe, Cimadoro, Zazzera».
TESTO AGGIORNATO AL 13 APRILE 2011
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
V Commissione:
BACCINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si è appresa l'intenzione del Ministro dell'economia e delle finanze di istituire un fondo presso la Cassa depositi e prestiti per far fronte ai problemi di ricapitalizzazione delle imprese italiane, che corrono il rischio di divenire oggetto di scalate da parte di società straniere;
dalle suddette notizie di stampa, peraltro non smentite, emerge la volontà di far convergere nel suddetto Fondo anche la liquidità presente nel bilancio dell'Inps e nei bilanci delle casse previdenziali privatizzate;
la liquidità dei suddetti bilanci risulta attualmente finalizzata in parte all'erogazione delle prestazioni previdenziali e in parte ad assicurare livelli garantiti di redditività del patrimonio;
va considerata la complessità delle finalità del costituendo fondo, in un'epoca di mercati aperti e in libera concorrenza, e l'entità delle risorse che dovrebbero essere impiegate allo scopo;
l'articolo 8, comma 15, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, dispone per tali operazioni la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali -:
se corrisponda al vero l'istituzione del suddetto fondo presso la Cassa depositi e prestiti e, inoltre, se e quali enti previdenziali pubblici e privati verranno coinvolti in tale operazione;
quale sia, altresì, l'ammontare di risorse provenienti dal sistema previdenziale che si ritiene di utilizzare e quale impatto finanziario tale iniziativa avrebbe sui saldi strutturali di finanza pubblica, alla luce di quanto previsto dalla normativa richiamata in premessa e quali siano, infine, le tipologie di garanzia che verranno predisposte per assicurare la redditività del patrimonio di detti enti previdenziali.
(5-04583)
BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, prevede che gli enti locali che non abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno 2010, subiscano un taglio ai trasferimenti in misura equivalente allo scostamento tra il saldo obbiettivo programmato e il saldo raggiunto dall'ente medesimo;
la disposizione rappresenta un inasprimento notevole rispetto alla precedente versione della disposizione, laddove questa prevedeva una sanzione del taglio dei trasferimenti pari al 5 per cento, e rappresenta senza dubbio un ulteriore aggravio per gli enti locali in sede di definizione del bilancio comunale;
il decreto legislativo n. 23 del 2011, inerente il federalismo municipale recentemente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, sopprime la voce dei trasferimenti statali sostituendo gli stessi con i tributi erariali derivati dalla fiscalità immobiliare e dalla compartecipazione all'Iva, ed entrando in vigore tale decreto il 7 aprile 2011, e per almeno la fase cosiddetta transitoria, ovvero per il periodo dal 2011 al 2013, rende di fatto inefficace l'applicabilità delle disposizioni del citato articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010;
in ragione della ambiguità della vicenda, diversi comuni ed enti locali si trovano in difficoltà nella predisposizione dei propri bilanci, alla luce del fatto che non appare chiaro quale possa essere la soluzione più corretta -:
quali orientamenti intenda esprimere sulla vicenda il Ministro e se, tenendo conto anche della grave situazione economico-finanziaria nella quale molti enti locali si trovano oggi giorno, non ritenga opportuno applicare una moratoria sulla disposizione prevista per le sanzioni derivanti dallo sfondamento del patto di stabilità.
(5-04584)
BARETTA e CESARE MARINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è stata presentata un'interpellanza urgente (n. 2-00890), ai sensi dell'articolo 138-bis del regolamento della Camera dei deputati, sottoscritta da alcuni deputati, su fatti e circostanze meglio specificati nel prosieguo su cui il Governo ha dato risposta in Aula riconoscendo sostanzialmente una grave situazione finanziaria del comune di Reggio Calabria, affermando che «la prefettura di Reggio Calabria, ufficio territoriale del Governo, interessata dal Ministro dell'interno, ha comunicato che le prospettive di stabilità finanziaria dell'amministrazione comunale di Reggio
Calabria risultano oggettivamente problematiche» aggiungendo anche «che, nell'immediato, la possibilità di ripristinare regolari flussi di cassa da parte del comune è essenzialmente legata alla disponibilità di nuovi trasferimenti provenienti dallo Stato o dalla regione Calabria»;
è stata inoltre presentata in Senato un'interrogazione urgente, a firma dei senatori De Sena, Zanda ed altri, ai sensi dell'articolo 151 del regolamento del Senato della Repubblica, su gravi irregolarità nei bilanci e nella gestione finanziaria del comune di Reggio Calabria;
la procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria ha aperto un'indagine per gravissime violazioni di legge da parte di amministratori e dirigenti del comune di Reggio Calabria iscrivendo l'ex sindaco ed alcuni dipendenti del comune e della cassa depositi e prestiti nel registro degli indagati;
la magistratura ha accertato un insieme di pagamenti per diversi milioni di euro non dovuti a favore di dirigenti e professionisti esterni ed ha affidato ad un perito del tribunale la valutazione circa il reale stato delle finanze comunali assediate ormai dai creditori con migliaia di decreti ingiuntivi;
la dirigente del settore ragioneria lo scorso dicembre dopo essere stata sospesa dal servizio dalla commissione di disciplina in esito ad un'indagine interna che aveva individuato gravissime violazioni di legge si è tolta la vita;
il comune di Reggio Calabria non avrebbe rispettato gli obblighi fiscali riguardanti il versamento delle imposte (modello F24 EP), tanto da accumulare imposte non versate per circa 23 milioni di euro presentazione entro le scadenze dei modelli dichiarativi 770 e IRAP;
ammonterebbero al 31 dicembre 2010 a circa 80.000.000 di euro i mandati emessi e non estinti per mancanza di risorse e a 15.500.000 di euro le liquidazioni di spesa non ancora formalizzate in mandati;
il comune di Reggio Calabria riporta in bilancio residui attivi per un totale di 626 milioni di euro, molto vicino ai 695 milioni di residui attivi del comune di Roma. È quindi evidente che gli equilibri del bilancio sono retti su previsioni totalmente inattendibili e riportate ad arte per consentire livelli di spesa che non sarebbero consentiti in base alle reali entrate dell'ente;
negli ultimi mesi sono scesi in piazza per protestare i sindacati, i dipendenti delle imprese private e delle società miste del comune, il terzo settore, la sezione costruttori di Assindustria lamentando i mancati pagamenti del comune per centinaia di milioni di euro e la distrazione di fondi vincolati a loro finalizzati -:
quali siano le ragioni per cui ancora non si è disposto l'invio di servizi ispettivi di finanza pubblica per accertare la sussistenza di episodi gravi che hanno danneggiato la stabilità finanziaria dell'ente.
(5-04585)
VI Commissione:
PROIETTI COSIMI e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, ha introdotto misure urgenti a sostegno della domanda, l'incremento della produttività del lavoro e del potere di acquisto delle famiglie prevedendo una tassazione agevolata sulle somme corrisposte a titolo di lavoro straordinario, supplementare e premi di produttività;
l'articolo 2, comma 1, del predetto decreto-legge n. 93 ha introdotto un'imposta sostitutiva del 10 per cento per le somme erogate ai dipendenti del settore privato, in relazione sia a prestazioni di lavoro straordinario che ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa;
tale regime di tassazione agevolata è stato prorogato, per l'anno 2009, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2009, n. 2, e per l'anno 2010 ai sensi dell'articolo 2, commi 156 e 157, dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191, limitatamente agli elementi retributivi premiali (premi di produttività);
le circolari n. 49/E dell'11 luglio 2008 e n. 59/E del 22 ottobre 2008, emanate dall'Agenzia delle entrate e dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, hanno chiarito che rientrano nel regime di tassazione agevolato anche le indennità o maggiorazioni di turno, o comunque le maggiorazioni retributive corrisposte per lavoro normalmente prestato in base ad un orario di turni, nonché le somme erogate a titolo di lavoro notturno;
talune organizzazioni e rappresentanze sindacali hanno chiesto delucidazioni alle amministrazioni competenti in merito al regime di tassazione agevolata di cui all'articolo 2, comma 1, del suindicato provvedimento;
la risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010 dell'Agenzia delle entrate ha definitivamente chiarito che devono essere assoggettate ad imposta sostitutiva del 10 per cento non soltanto le indennità e le maggiorazioni erogate per prestazione di lavoro notturno, ma anche il compenso ordinario corrisposto per quella stessa prestazione lavorativa, chiarendo anche la retroattività di tale interpretazione per gli anni 2008 e 2009, nel rispetto dei requisiti e dei limiti l'anno 2008 e di 6.000 euro per gli anni 2009 e 2010 in favore dei percettori di un reddito di lavoro dipendente che non abbia superato nell'anno precedente un determinato importo (30.000 euro lordi nel 2007, 35.000 euro lordi nel 2008, 35.000 euro lordi per il 2009);
stando alla citata risoluzione, per le retribuzioni sottoposte per gli anni 2008 e 2009 a tassazione ordinaria, anziché all'imposta sostitutiva del 10 per cento, i lavoratori dipendenti potranno applicare la tassazione più favorevole in sede di dichiarazione dei redditi, presentando una dichiarazione integrativa per gli anni passati o avvalendosi dell'istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, e il datore di lavoro certificherà l'importo erogato a titolo di incremento della produttività del lavoro sul quale non ha applicato la tassazione sostitutiva;
l'organizzazione sindacale FILP/Conf. lavoratori, tramite il segretario generale, Giuseppe Giordano, ha chiesto al direttore centrale dell'Agenzia delle entrate di informare in modo semplice, definitivo e con comunicazione ufficiale la direzione centrale di Poste italiane spa su come rendere esecutiva e pratica l'applicazione della risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010 dell'Agenzia delle entrate per i dipendenti di Poste italiane spa, tenuto conto che i suddetti dipendenti rientrano nel regime della tassazione agevolata in quanto, pur essendo pubblica la funzione, il contratto di lavoro dei dipendenti ha natura privata -:
quali provvedimenti intenda predisporre al fine di consentire la corretta e definitiva applicazione della normativa indicata in premessa, garantendo un sostegno concreto e fattivo ai lavoratori e alle famiglie, e se ritenga auspicabile assumere le necessari iniziative, anche normative, volte a prevedere - al fine di consentire l'applicazione delle norme sopra descritte a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato - un conguaglio fiscale del 2010 nella busta paga del prossimo mese di dicembre, tenuto conto che le disposizioni richiamate si riferiscono al solo reddito di lavoro dipendente e che i datori di lavoro sono a conoscenza dell'ammontare di tale tipologia di reddito percepito dai propri dipendenti.
(5-04586)
LO MONTE, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità
2011), ha prorogato anche per il 2011 le detrazioni fiscali del 55 per cento delle spese sostenute per interventi di risparmio energetico prolungando però da 5 a 10 anni il periodo su cui far valere le detrazioni;
la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 21/E del 23 aprile 2010, con riguardo alla comunicazione all'Agenzia delle entrate per i lavori che proseguono per più periodi d'imposta - di cui all'articolo 29, comma 6, del decreto legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009 - ha chiarito che i contribuenti interessati alla detrazione per gli interventi finalizzati al risparmio energetico di cui all'articolo 1, comma da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, devono inviare, per via telematica, all'Agenzia delle entrate una comunicazione sull'apposito modello entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese, ovvero, per i soggetti con anno di imposta non coincidente con quello solare, entro 90 giorni dalla fine del periodo di imposta in cui le spese sono state sostenute;
è quindi pacifico che sui lavori iniziati nel 2010, ma non ancora ultimati entro il 31 dicembre 2010, i contribuenti possono beneficiare del periodo breve di 5 anni;
contestualmente l'Agenzia delle entrate ha anche chiarito che la mancata osservanza del termine e l'omesso invio del modello non possono comportare la decadenza dal beneficio fiscale, ma ha ritenuto applicabile la sanzione in misura fissa, da euro 258 a euro 2.065, prevista dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, per l'omesso o irregolare invio di ogni comunicazione prescritta da norme tributarie;
il comma 1-quater dell'articolo 4 del decreto 19 febbraio 2007 prevede invece che l'omissione dell'attestazione di non aver terminato i lavori entro il 31 dicembre 2011 comporta la decadenza dal diritto alla detrazione «anticipata»;
vari commentatori ipotizzano che i contribuenti che, nella dichiarazione dei redditi per il 2010, hanno un Irpef lorda inferiore a tutte le detrazioni d'imposta possano scegliere di non fare l'attestazione della mancata fine dei lavori al 31 dicembre 2010, optando dunque, per convenienza, di ripartire l'agevolazione fiscale in 10 anni a partire dalla dichiarazione dei redditi per il 2010 (invece che in 5 anni), mentre l'agevolazione in 5 anni (e la comunicazione all'ENEA entro il 31 marzo 2011) converrebbe solamente a coloro che hanno un'Irpef lorda superiore alle detrazioni -:
se ritenga corretta l'interpretazione che i soggetti che non abbiano effettuato, entro il 31 marzo 2011, la comunicazione all'ENEA sulla mancata fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010, possano scegliere di ripartire l'agevolazione fiscale in 5 o 10 anni, a partire dalla dichiarazione dei redditi 2010.
(5-04587)
FUGATTI e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (ed «decreto Bersani»), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha liberalizzato l'attività di panificazione, consentendo a chiunque sia in possesso dei requisiti strutturali ed igienico-sanitari di esercitarla;
il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2010, ha inserito l'attività di produzione di prodotti di panetteria freschi nell'elenco delle attività produttive di reddito agrario;
il citato decreto ministeriale 5 agosto 2010 elenca i beni che, se ottenuti nell'ambito della attività di manipolazione e trasformazione di prodotti agricoli ottenuti prevalentemente dal fondo o dall'allevamento, rientrano nella tariffa catastale, con la conseguenza che il maggior
reddito derivante dalla lavorazione dei prodotti agricoli non è soggetto ad alcuna tassazione;
l'attività di panificazione è un'attività di trasformazione secondaria: la stessa si esercita a partire non dal grano, ma dalla farina; soltanto la produzione di quest'ultima può essere considerata prodotto di prima trasformazione e, come tale, rientrante nell'attività primaria di trasformazione dei prodotti agricoli;
l'inclusione tra le attività produttive di reddito agrario configura una disparità di trattamento fiscale tra operatori che dovrebbero essere assoggettati alle stesse normative: lo stesso tipo di attività produttiva, infatti, verrebbe sottoposta a regimi fiscali diversi se praticata da un imprenditore artigiano oppure se esercitata da un imprenditore agricolo, con evidente distorsione delle garanzie costituzionali e della libera concorrenza -:
se intenda intervenire per ripristinare le regole della libera concorrenza nel settore della panificazione, assoggettando i produttori di pane fresco al medesimo regime fiscale, indipendentemente dalla natura del soggetto che la intraprende.
(5-04588)
FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, commi da 62 a 68, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (cosiddetto decreto «mille proroghe»), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha riformato il regime di tassazione dei fondi comuni di investimento, prevedendo, a decorrere dal 1o luglio 2011, il passaggio dalla tassazione del cosiddetto «maturato» in capo ai fondi (in base al quale la società di gestione prelevava annualmente, a titolo di imposta definitiva, un ammontare pari al 12,5 per cento sul risultato annuo conseguito dal fondo), alla tassazione del cosiddetto «realizzato» in capo ai partecipanti al fondo che abbiano sottoscritto le relative quote, in base al quale la tassazione del reddito prodotto dal fondo avviene soltanto al momento dell'effettiva percezione da parte del sottoscrittore, ovvero al disinvestimento;
la possibilità di rinviare nel tempo la tassazione abbassa di fatto il peso dell'imposta e costituisce quindi un vantaggio fiscale;
l'introduzione della citata disposizione è stata motivata con la finalità di rilanciare l'industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni con quella dei fondi comunitari armonizzati;
con l'equiparazione del trattamento in Italia di fondi esteri ed interni, tuttavia, si sono amplificate, anziché ridotte, le differenze di trattamento fra i diversi regimi fiscali di tassazione del risparmio che esistono nel nostro Paese, favorendo significativamente i fondi rispetto a tutte le altre forme di impiego del risparmio;
il passaggio alla forma di tassazione al momento della realizzazione, per le sole gestioni collettive, ha acuito le sperequazioni presenti nel sistema, in quanto: (1) i proventi dei fondi non subiranno nessun prelievo fino a che il partecipante non deciderà di vendere la quota (mentre su tutte le altre forme di risparmio la tassazione su interessi e dividendi avviene invece, immediatamente, alla fonte); (2) i fondi comuni continueranno a poter compensare le minusvalenze contro i redditi di capitale (possibilità non ammessa qualora i titoli siano tenuti presso una banca in custodia o amministrazione); (3) l'aliquota a cui sono tassati i proventi dei fondi rimane del 12,5 per cento, ma diventa in realtà molto più bassa perché prelevata in anni successivi alla loro maturazione;
in particolare, la riforma rischia di produrre un effetto «distorsivo» nei confronti dei fondi pensione italiani che, rispetto le indicazioni della Commissione europea che propendono per un sistema EET, ossia esenzione della contribuzione, esenzione della fase di accumulazione e
tassazione della prestazione, è ancorato, dalla riforma prevista dal decreto legislativo n. 252 del 2005, al sistema ETT: esenzione della contribuzione, tassazione nella fase di accumulazione e tassazione della prestazione;
fonti specializzate stimano differenze importanti circa l'impatto prodotto dal prelievo su strumenti concorrenti tra loro come il fondo comune e il fondo pensione che, nell'ipotesi di tassi di rendimento identici, potrebbero arrivare a determinare un divario nel montante finale pari a circa il 10 per cento -:
se intenda riequilibrare la convenienza fiscale tra le diverse forme di investimento del risparmio, con particolare riferimento alla previdenza integrativa.
(5-04589)
BARBATO, DI PIETRO e MESSINA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Il Sole 24 Ore di oggi reca un articolo dal titolo: «Italia con il freno tirato - urgente la riforma fiscale»;
nel corpo dell'articolo si riferisce ampiamente dell'allarme circa la difficilissima situazione economica del Paese lanciato dalla Presidente di Confindustria, la quale ha affermato: «C'è incapacità di guardare a medio termine, si segue l'emergenza e si va a caso»; «In Italia c'è un problema economico fortissimo: le imprese non ce la fanno, non c'è domanda interna. Non ce la fanno i lavoratori: crescendo all'1 per cento non riusciremo nemmeno a riassorbire la disoccupazione»;
in particolare, la presidente Marcegaglia ha sottolineato la difficilissima situazione degli imprenditori italiani, affermando: «Mai come adesso gli imprenditori si sentono soli... non vedono scelte forti a favore della crescita», aggiungendo inoltre: «Imprese e lavoratori non vedono prospettive chiare»;
in tale contesto la presidente di Confindustria ha altresì evidenziato l'assoluta esigenza di adottare un ampio programma di riforma fiscale che sostenga la crescita, affermando che il Governo deve agire e che una riforma del fisco appare: «fondamentale», in quanto «la pressione fiscale sui lavoratori ed imprese è la più alta d'Europa»;
alla luce di tali preoccupati dichiarazioni del massimo esponente degli imprenditori italiani, appare ancor più stridente l'assoluto silenzio del Governo italiano su tali fondamentali tematiche, se paragonato all'atteggiamento assunto da governi quali la Germania e l'Inghilterra, i quali hanno invece lanciato un grande piano per la crescita;
in tale contesto occorre sottolineare nuovamente la notizia, già riportata nell'ambito dell'interrogazione a risposta immediata n. 5-04392, svolta il 16 marzo 2011 secondo la quale l'Index of economic freedom elaborato da un importante centro di ricerca statunitense e riportato dal Wall Street Journal, con il quale si indica la capacità dei singoli Stati di rilanciare lo sviluppo e sostenere la crescita economica, evidenziava il netto peggioramento della posizione dell'Italia, che è passata, tra il 2010 ed il 2011, dal 74o all'87o posto della classifica mondiale, soprattutto in ragione della scarsa libertà fiscale di cui godono gli imprenditori italiani, dovuta principalmente all'inadeguatezza ed all'obsolescenza dell'ordinamento tributario;
proprio per fornire spunti utili a definire una compiuta strategia di crescita economica la Confindustria ha convocato, per il 7 maggio prossimo a Bergamo, un'assise nazionale nel corso della quale si intende definire una «terapia anticrisi»;
appare dunque evidente la necessità assoluta che il Governo si risvegli dal completo torpore che ne ha caratterizzato finora l'azione di politica tributaria in questa legislatura, dando finalmente attuazione al programma elettorale del 2008, il quale poneva al primo posto due fondamentali
riforme: quella della giustizia, da un lato, e quella del sistema tributario, dall'altro;
in considerazione di tali promesse preelettorali, risulta ancora più sconcertante che, mentre il Ministro della giustizia annuncia l'intenzione del Governo di procedere ad una riforma epocale dell'ordinamento giudiziario, il Ministro dell'economia e delle finanze taccia completamente in merito alla riforma fiscale;
al riguardo occorre segnalare come il Governo, già più volte interrogato in merito, non sia stato finora in grado di fornire al Parlamento alcuna informazione circa la tempistica dell'intervento riformatore -:
se intenda portare al Consiglio dei Ministri prima del 7 maggio prossimo una proposta di riforma del sistema tributario nazionale e, qualora ciò non si verificasse, se ritenga di poter indicare una data precisa entro la quale sarà presentata tale proposta, ovvero se ritenga di non poter procedere, in questa legislatura, a tale importante intervento di riforma.
(5-04590)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
64.184 imprese sarde sono indebitate con il fisco, con l'Inps o con l'Inail per un ammontare complessivo di 3 miliardi 516 milioni;
su 160.000 imprese che operano in Sardegna risultano indebitate con il fisco quasi il 40 per cento;
delle oltre 64 mila aziende - ha confermato la stessa Equitalia (la società pubblica che si occupa della riscossione dei tributi) - 2.354 hanno dichiarato fallimento: a loro carico c'era un debito complessivo pari a 950 milioni di euro;
delle oltre 64 mila società finite nel mirino dell'agenzia di riscossione, solo 4.007 stanno procedendo a pagare attraverso la rateizzazione;
in questo momento di crisi profonda e previsioni negative anche per il 2011, le imprese risultano gravemente a rischio per le posizioni debitorie aperte, mancanza di liquidità, difficoltà di accesso al credito e ritardi di pagamento da parte dei grandi committenti soprattutto pubblici;
in Sardegna sarebbero state accordate cinquemila rateizzazioni per un importo complessivo di 300 milioni di euro;
tali rateizzazioni risultano particolarmente onerose se si considera che, a titolo di esempio documentabile, nella sola prima rata a fronte di una quota capitale di euro 1.559,84 risultano calcolati interessi di mora per 566,49 euro, 715,78 quota interessi di dilazione, 287,60 per quota compensi di riscossione, 939,97 per spese esecutive e 245,63 per diritti di notifica della cartella;
a fronte di una quota capitale per la prima rata di 1.559,84 viene richiesto un importo pari a 4.315,31 euro;
la rateizzazione in 72 rate mensili comporta un onere che da 113.458,20 euro di quota capitale passa ad un complessivo importo delle rate pari a 181.392,37 euro, ovvero oneri aggiuntivi pari 67.934,17 euro;
circa 3 milioni di euro di rimborsi per i contribuenti, notificati da Equitalia Sardegna sono rientrati nella disponibilità dello Stato perché i destinatari non hanno ritirato le comunicazioni presumibilmente per il timore che le stesse contenessero ulteriori oneri da pagare;
risulterebbero applicati aggi del 9 per cento sul riscosso, rilevanti interessi di mora e altri oneri sono a livelli insostenibili;
nella sola città di Nuoro risulterebbero notificati 3.000 preavvisi di fermo amministrativo in appena sei mesi;
nella sola città di Sassari, secondo notizie diffuse dalla televisione di Sassari, Telegì, rischierebbero di essere pignorati 12.500 immobili e 20.000 automezzi circa;
in aree geografiche ancora più deboli come il Sulcis Iglesiente, l'Ogliastra e il Medio Campidano e risultano gravissime le condizioni di centinaia di aziende e imprese familiari che rischiano il fallimento;
l'ente riscossore, Equitalia, è il braccio operativo degli enti come Agenzia delle entrate, INPS, INAIL ed altri enti locali e previdenziali;
Equitalia è la società per azioni, a totale capitale pubblico (51 per cento in mano all'Agenzia delle entrate e 49 per cento all'Inps) incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione dei tributi;
la legge n. 248 del 2 dicembre 2005, ha, ricondotto l'attività di riscossione sotto la competenza pubblica, attribuendo le relative funzioni all'Agenzia delle entrate che le esercita tramite Equitalia (da ottobre 2006 a marzo 2007 il nome era Riscossione spa). In precedenza, il compito era affidato in concessione a circa 40 enti privati;
Equitalia è presente sul territorio nazionale, con esclusione della sola regione Sicilia, attraverso 16 società partecipate (nel 2006 erano 38);
tra le regioni dove la società Equitalia esercita vi è anche la Regione Sardegna nonostante sia dotata di statuto speciale pari a quello della regione Sicilia; la cui competenza alla riscossione sul territorio regionale per quanto riguarda la Sardegna dovrebbe essere definita proprio in attuazione di un sistema coordinato di finanza locale inquadrato nel nuovo ordinamento del federalismo fiscale;
l'articolo 9 dello statuto autonomo della Sardegna dispone che: «La Regione può affidare agli organi dello Stato l'accertamento e la riscossione dei propri tributi. La Regione collabora all'accertamento delle imposte erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nel suo territorio»;
risulta evidente dai dati in premessa che il sistema produttivo sardo rischia di essere travolto da una situazione che risulta essere gravissima per la stessa sopravvivenza di decine di migliaia di imprese sarde;
tale tracollo economico rischia di avere conseguenze nefaste sia sulla già grave situazione economica e occupazionale dell'isola che per quanto riguarda la stessa riscossione dei tributi considerato che ben 2.354 hanno dichiarato fallimento con a loro carico un debito complessivo pari a 950 milioni di euro che difficilmente potrà essere riscosso;
si tratta quindi di una situazione insostenibile e che sta creando non poche tensioni sociali in tutta l'isola, considerate che sono ormai decine le assemblee popolari affollatissime che si susseguono in ogni centro della Sardegna e che le stesse potrebbero sfociare in clamorose quanto dure azioni di protesta;
la vertenza Equitalia Sardegna rischia di far franare il sistema produttivo sardo senza che niente sia stato fatto per evitare un effetto terremoto che risulterà impossibile gestire sia sul piano economico che sociale -:
se non ritenga il Ministro interrogato di avviare con urgenza una verifica sulla situazione delle riscossioni in Sardegna con particolare attenzione alla corretta gestione della stessa riscossione;
se non ritenga il Ministro di valutare quale possa essere l'impatto sia sull'economia che sull'effettiva capacità di riscossione di taluni oneri considerato che gli stessi provocano un tracollo economico e finanziario dell'impresa portandola al fallimento risultando poi difficile riscuotere non solo gli oneri aggiuntivi ma la stessa quota capitale;
se non ritenga, alla luce della gravissima crisi economica e occupazionale che
sta attraversando tutti i comparti produttivi dell'isola, da quelli industriali a quelli agricoli, comprendendo il quasi completo blocco degli investimenti pubblici in particolare quelli infrastrutturali anche in conseguenza delle misure previste dal patto di stabilità, di dover prevedere misure correttive sia sugli studi di settore che sulla stessa imposizione fiscale per le aree duramente colpite dalla crisi economica;
se non ritenga di dover intervenire, anche insieme alla stessa regione Sardegna, al fine di individuare opportuni atti tesi ad eliminare gli eccessivi e insostenibili oneri aggiuntivi che appaiono improponibili per una società di riscossione, per giunta di natura pubblica;
se non ritenga di dover valutare, con la dovuta attenzione, anche alla luce delle sempre crescenti tensioni sociali, l'opportunità di assumere un'apposita iniziativa, se necessario anche normativa, tesa a sospendere, almeno per un anno, il pagamento degli oneri aggiuntivi al fine di valutarne la congruità e l'eventuale completa soppressione;
se non ritenga di dover valutare le procedure seguite in sede di notifica delle stesse imposte di riscossione considerato che è stato pubblicamente rilevato l'utilizzo di società e personale non legittimato a svolgere tali funzioni di notifica.
(5-04591)
...
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta immediata:
DI PIETRO, DONADI, ROTA e PALOMBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 420-ter del codice di procedura penale, che disciplina l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore, attribuisce al giudice il potere di sindacare, caso per caso, se l'impedimento addotto dall'imputato (o dal difensore) possa ritenersi assoluto e, come tale, legittimare la richiesta di rinvio dell'udienza;
la legge 7 aprile 2010, n. 51 - che non è intervenuta direttamente sul testo dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale - ha introdotto una serie di disposizioni normative in materia di impedimento a comparire nelle udienze relative ai procedimenti penali che coinvolgono il Presidente del Consiglio o i Ministri;
l'articolo 1 della sopra indicata legge ha previsto, in particolare, che per il Presidente del Consiglio dei ministri costituiscono legittimo impedimento a comparire in udienza (ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale) una serie molto ampia di attività coessenziali alle funzioni di Governo, nonché tutte quelle consequenziali e preparatorie rispetto alle prime;
il comma 3 dell'articolo 1 subordina il rinvio dell'udienza, da parte del giudice, esclusivamente alla verifica che l'impegno dedotto dall'imputato (Presidente del Consiglio) sia legato ad attribuzioni coessenziali alle funzioni di Governo ed alla verifica che l'impedimento sussista realmente in punto di fatto;
il medesimo comma 3 dell'articolo 1 sottrae al giudice (diversamente da quanto avviene per tutti gli imputati diversi dal Presidente del Consiglio o dai Ministri) il potere di valutare in concreto il carattere assoluto e attuale dell'impedimento, implicando tutto ciò l'impossibilità per lo stesso giudice di valutare, caso per caso, se lo specifico impegno addotto dal Presidente del Consiglio dei ministri dia in concreto luogo ad impossibilità assoluta di comparire in giudizio, in quanto trattasi di impegno oggettivamente indifferibile e necessariamente concomitante con l'udienza di cui si è chiesto il rinvio;
il comma 4 dell'articolo 1 delle medesima legge (legge 7 aprile 2010, n. 51) ha disposto che «ove la Presidenza del Consiglio attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle
funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi»;
la Corte costituzionale con sentenza 25 gennaio 2011, n. 23, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 3, della sopra indicata legge 7 aprile 2010, n. 51, nella parte in cui sottrae al giudice il potere di valutare in concreto l'impedimento addotto dal Presidente del Consiglio;
con la medesima sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato, altresì, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4, che introduceva una peculiare figura di legittimo impedimento - nell'esercizio delle funzioni di governo - connotata dalla continuatività dell'impedimento e dalla mera attestazione dello stesso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri; illegittimità che discende, in particolare, dall'evidente contrasto con gli articoli 3 e 138 della Costituzione, trattandosi di una disposizione derogatoria del regime processuale comune;
l'Italia dei Valori, nel mese di aprile 2010, ha depositato presso la Corte di cassazione un quesito referendario per richiedere l'abolizione della legge sul legittimo impedimento (legge 7 aprile 2010, n. 51) e l'Ufficio centrale per il referendum, con ordinanza pronunciata il 6 dicembre 2010, ha dichiarato conforme alle disposizioni di legge la richiesta di referendum popolare;
in data 7 gennaio 2011 il Presidente del Consiglio ha chiesto (con memoria) alla Corte costituzionale di dichiarare inammissibile la richiesta referendaria dell'Italia dei Valori, in quanto l'abrogazione della legge avrebbe fatto venire meno «quel livello minimo di disciplina che (...) deve essere sempre assicurato allorché la materia coinvolga interessi costituzionalmente rilevanti»;
la Corte costituzionale, con sentenza 26 gennaio 2011, n. 29, con riferimento al quesito referendario ha invece affermato che «la formulazione del quesito presenta i requisiti di omogeneità, chiarezza ed univocità individuati dalla giurisprudenza costituzionale in materia di ammissione del referendum» e che, pertanto, la medesima richiesta risulta del tutto ammissibile;
la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge sul legittimo impedimento in due suoi punti fondamentali;
la stessa Corte costituzionale ha definitivamente sancito l'ammissibilità della richiesta di referendum popolare promossa dall'Italia dei Valori con lo scopo di ottenere l'abrogazione totale della legge sul legittimo impedimento;
il referendum abrogativo, che si terrà il 12 e il 13 giugno 2011, darà la parola ai cittadini affinché gli stessi, con il loro voto, possano cancellare una norma che si pone in aperto contrasto con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge;
la legge sul legittimo impedimento nuoce all'immagine dell'Italia facendola apparire come un Paese teso unicamente a risolvere problematiche di carattere secondario e nell'interesse di pochi soggetti;
la medesima legge non rappresenta altro che l'affermazione dell'assoluto primato della funzione politica sulla funzione giurisdizionale -:
se il Governo, alla luce delle sopra esposte considerazioni ed analisi, intenda adottare delle iniziative di natura normativa al fine di impedire che la norma sul legittimo impedimento a comparire in udienza del Presidente del Consiglio e dei Ministri, già dichiarata in parte costituzionalmente illegittima e oggetto di referendum abrogativo, continui a spiegare i propri effetti nel nostro ordinamento.
(3-01586)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO
e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 3 aprile 2011 la prima firmataria del presente atto è tornata a visitare la casa circondariale di Messina, accompagnata dagli esponenti radicali di Messina e Catania, Palmira Mancuso e Gianmarco Ciccarelli;
la precedente visita si era svolta il 17 luglio 2010 e aveva dato luogo al deposito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-08158 presentato in data 26 luglio 2010 (con solleciti in data 12 ottobre 2010, 1o dicembre 2010, 12 gennaio 2011, 3 febbraio 2011, 3 marzo 2011), a tutt'oggi rimasto senza risposta;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata nel corso della visita dall'ispettore Abate (polizia penitenziaria);
l'istituto è gravemente sovraffollato; i ristretti presenti al momento della visita, secondo quanto riferito, sono circa 350, a cui vanno aggiunti i semiliberi; alla delegazione non è stato fornito con precisione nemmeno questa volta, cosi come in occasione della visita ispettiva del 17 luglio 2010, il dato relativo alla capienza regolamentare; secondo quanto riferito, comunque, la capienza dell'istituto sarebbe di circa 160 posti; è dunque da ritenersi abnorme e del tutto privo di attendibilità il dato presente in una statistica pubblicata sul sito del Ministero della giustizia («Detenuti presenti e capienza regolamentare degli istituti - situazione al 31 dicembre 2010») che indica per la casa circondariale di Messina una capienza regolamentare di 323 posti: tale dato, evidentemente, non tiene conto del fatto che il reparto «Media Sicurezza», che ospitava circa 200 detenuti, è chiuso dal gennaio 2010;
l'organico di polizia penitenziaria effettivamente in servizio si conferma fortemente carente; secondo quanto riferito dall'ispettore Abate «gli agenti sono in affanno, e il trend va a peggiorare: i posti lasciati vacanti dai colleghi che sono andati in pensione non sono stati ricoperti da altri agenti»;
l'istituto non è attrezzato con l'area verde per i colloqui dei detenuti con i familiari minorenni; il reparto cosiddetto «sosta» si compone di 5 celle in cui sono ristretti complessivamente 32 detenuti; le condizioni strutturali e igieniche permangono pessime; le celle sono buie, sporche e fortemente sovraffollate; le finestre delle celle presentano reti a maglia stretta, per cui l'illuminazione e la circolazione dell'aria sono sensibilmente ridotte; il tetto e i muri sono scrostati a causa della muffa e dell'umidità; all'interno delle celle non è presente la doccia; l'utilizzo della doccia comune è consentito tre volte alla settimana; l'acqua è fredda anche in inverno; si segnala un miglioramento nella frequenza del cambio delle lenzuola (una volta ogni 10 giorni); in questo reparto non si svolge alcuna attività: i detenuti trascorrono in cella 21 ore al giorno, potendo recarsi al passeggio soltanto per un'ora e mezza al mattino e per un'ora e mezza al pomeriggio; «qui il barbiere non viene», affermano i detenuti, «e oggi che è domenica non hanno fatto nemmeno la messa»;
la cella n. 5 misura 13,20 metri quadrati e ospita 8 detenuti; sono presenti 2 letti a castello da 4 piani, senza scale («siamo costretti ad arrampicarci come scimmie», affermano i detenuti presenti); il wc è a vista; gli sgabelli sono rotti; non sono presenti armadietti (le cosiddette «bilancette»); nessuno dei detenuti lavora; i detenuti lamentano la presenza di insetti e zanzare («qui alla sosta l'ambiente è malsano»); lamentano inoltre l'assenza di una lavanderia: «abbiamo solo un piccolo lavandino per fare tutto: per lavare i panni, per lavare i piatti e per l'igiene personale»; nella cella n. 4 sono stipati 8 detenuti in 11,70 metri quadrati; lo spazio per ciascun detenuto è inferiore a 1,5 metri quadri; sono presenti 2 letti a castello da 4 piani; il wc è a vista; i detenuti lamentano l'assenza di acqua calda; inoltre lamentano l'assenza di educatori e di
assistenza sanitaria: un detenuto di 31 anni riferisce di aver avuto un calo di pressione senza aver ricevuto alcuna assistenza («ho chiamato, ma non è venuto nessuno»); i detenuti sottolineano il disagio dei familiari che per poter effettuare il colloquio «devono mettersi in fila alle 4 del mattino»;
la cella n. 3 ospita 10 detenuti in 23,40 metri quadrati; i detenuti riferiscono di essere stati anche in 14 all'interno di questa cella; il piccolo bagno, che in questa cella è in un vano separato, si presenta in condizioni pessime («il tetto sta cadendo a pezzi», sottolinea un detenuto); i detenuti lamentano il fatto di dover riporre i propri vestiti sotto i letti per carenza di spazio;
un detenuto riferisce di essere stato ammanettato per 11 ore durante il trasferimento, con furgone e vettore aereo, dalla Lombardia al carcere di Messina;
Filippo Santoro afferma di aver ricevuto, da incensurato, una condanna a 8 mesi di reclusione e di trovarsi in questa cella da 10 giorni;
un altro detenuto lamenta il fatto di dover dormire al 4° piano del letto, nonostante sia stato operato alla gamba («c'ho un ferro nella gamba, salire e scendere è un problema»);
Salvatore Cambria, nato a Messina il 30 ottobre 1950, affetto da diabete insulino-dipendente, lamenta l'assenza di adeguata assistenza sanitaria: «quando devo fare l'insulina a volte mi fanno attendere anche 45 minuti, io grido e mi sgolo, il 29 marzo scorso sono arrivato con la glicemia a 340»; Cambria riferisce di non essere sottoposto ad un particolare regime alimentare: «la dieta diabetica non l'ho vista neanche un giorno!»; lamenta ritardi nella consegna dell'acqua (che i detenuti sono costretti ad acquistare, visto che l'acqua corrente non è potabile); sottolinea che non è possibile acquistare più di due confezioni da sei bottiglie alla settimana e che la sua patologia ne richiederebbe, al contrario, quantità superiori («io sono diabetico, ho bisogno di molta acqua, ma più di 12 bottiglie a settimana non mi fanno acquistare, nemmeno con i miei soldi!»); lamenta, inoltre, il fatto che al suo arrivo non gli sia stato fornito il kit con spazzolino da denti, dentifricio e saponetta;
i prezzi del cosiddetto sopravitto, a detta dei detenuti, sono superiori ai prezzi di mercato (ad esempio, secondo quanto riferiscono, una confezione di piatti fondi di plastica da 800 grammi costa euro 3,30); a causa dell'assenza di un servizio di lavanderia, spesso sono i familiari a portare in occasione dei colloqui la biancheria pulita per i detenuti, con gravi conseguenti disagi per coloro che non hanno i familiari vicini;
Domenico Aliquò, con una condanna definitiva (con fine pena nel 2013), dice di non sopportare le condizioni di detenzione a cui è sottoposto in questo reparto: «se mi lasciano 3 anni qui alla sosta, io mi posso impiccare»;
un altro detenuto si chiede: «che riabilitazione abbiamo qua? È giusto che chi ha sbagliato deve pagare, ma non è giusto essere trattati come bestie»;
nella cella n. 2 sono presenti 3 detenuti in 10 metri quadrati; l'unica apertura è costituita da una mezza finestra che non si può chiudere e ha il vetro rotto («l'altro giorno ha piovuto ed è entrata acqua» riferisce un detenuto); questa cella è particolarmente umida e sono presenti scarafaggi e altri insetti;
un detenuto di 27 anni di nome Salvatore Currò, ristretto in questa cella da quasi un mese, vorrebbe essere trasferito a Palermo dove vive la famiglia (in particolare la madre); Currò è sottoposto a terapia metadonica a scalare, dice di stare molto male e di non ricevere alcun aiuto psicologico; i detenuti raccontano che, dopo le ore 23.00, se un detenuto sta male e devono fargli una puntura, la fanno attraverso le sbarre, senza aprire la porta della cella («ci dicono che non hanno le chiavi, è capitato diverse volte a Salvatore Currò, per esempio»);
la cella n. 1 ospita 3 detenuti in 10 metri quadrati; anche qui c'è soltanto mezza finestra; le condizioni dei detenuti ristretti in questa cella destano grande preoccupazione;
un detenuto palestinese di 36 anni afferma: «sto male, sono stanco, voglio stare sempre a letto, mangio poco e tremo», e aggiunge: «sono stato per 4 mesi al centro clinico (che si trova all'interno dello stesso carcere) ma non mi hanno fatto nessun esame»;
un detenuto marocchino dice di non mangiare e di non dormire da 6 giorni;
Antonino Bonasera, nato a Messina il 13 marzo 1981, dice di non mangiare da 9 giorni; «sto malissimo, non ci sono più con la testa, se ingerisco del cibo lo vomito subito, vorrei curarmi»;
Bonasera riferisce di avere avuto negli ultimi giorni un considerevole calo ponderale; afferma inoltre di essere affetto da epatite C cronica e di avere un enfisema polmonare («e ancora sto aspettando lo pneumologo da 2 settimane», dice), e aggiunge: «ho anche un'ernia al disco, dovevano farmi una TAC il 25 febbraio ma alla fine non mi ci hanno portato perché non c'erano gli agenti per la scorta». Mostra un dito gonfio e dice: «ho il dito rotto da 15 giorni perché ho dato un pugno al muro in seguito ad una crisi, e non ho ricevuto nessuna cura: le guardie per fare venire un dottore qui devono litigare»; e conclude: «aiutatemi perché sto malissimo, vorrei andare in un centro clinico a Pisa o a Parma, in un posto dove mi curano, non qui!»;
alcuni detenuti affermano che i topi avvistati nel passeggio sono di grosse dimensioni («sono dei miniconigli: se entrano ce li arrostiamo», scherzano amaramente); inoltre lamentano l'assenza di un bagno nel cortile-passeggio e il fatto che se durante l'ora d'aria un detenuto deve andare in bagno è costretto a rientrare nel reparto, senza che poi gli sia permesso di ritornare all'aria;
il passeggio è uno spazio privo di qualsiasi cosa che i detenuti del reparto «sosta» condividono con quelli del reparto «medicina» del CDT (centro diagnostico terapeutico); non c'è nemmeno una tettoia, per cui i detenuti si bagnano quando piove e non possono ripararsi dal sole quando fa caldo; sono presenti soltanto una fontanella degradata piena di muschio («lippo») e un tavolo da ping pong rotto e senza racchette e palline;
il CDT (centro diagnostico terapeutico) del carcere di Messina si sviluppa su due piani: reparto «medicina» ubicato al primo piano e reparto «chirurgia» al secondo piano; secondo quanto riferito, nel reparto chirurgia è presente una moderna sala operatoria che però non è attiva;
la delegazione visita le celle e incontra le persone ristrette nel reparto «medicina»: si tratta di detenuti e internati affetti da patologie, insieme con detenuti che si trovano in questo reparto semplicemente perché non vi è spazio altrove, a causa del sovraffollamento; il degrado strutturale e le pessime condizioni igieniche, unitamente all'assenza di cure, e alla compresenza di ristretti affetti da patologie e detenuti non affetti da alcuna patologia, fanno ritenere all'interrogante del tutto impropria la qualifica di «centro clinico» attribuita a questo reparto;
le celle non sono provviste di doccia;
la cella n. 1 non ospita detenuti perché inagibile;
nella cella n. 2 sono presenti 2 detenuti che beneficiano del regime di cui all'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario;
nella cella n. 12 sono ospitati 5 detenuti che dicono «noi non siamo ricoverati, stiamo in questo reparto perché non ci sono altri posti»;
nella cella n. 3 sono ospitati 2 detenuti;
nella cella n. 5, che misura 10,35 metri-quadrati, sono presenti 4 detenuti (con un spazio, dunque, inferiore ai 3 metri quadrati per detenuto);
fra questi, Cosimo Berlingeri, nato a Catanzaro il 29 marzo 1972, in dialisi da 3 anni; Berlingeri, detenuto in forza di una condanna definitiva, è stato arrestato nel mese di ottobre e, dopo una breve permanenza nel carcere di Siano (Catanzaro), dal mese di novembre si trova nel carcere di Messina; Berlingeri vorrebbe tornare a scontare la sua pena nel carcere di Siano (Catanzaro) per stare vicino alla moglie, che non ha la patente di guida, e ai tre figli minorenni (di 13 anni, 3 anni, 3 mesi); Berlingeri, che dice di essere in lista d'attesa per un trapianto a Reggio Calabria, ritiene che la sua permanenza al CDT del carcere di Messina non risponda ad alcuna logica: «qui dentro non mi curano, e per fare la dialisi mi portano all'ospedale "Papardo" di Messina; prima mi hanno portato al Policlinico di Messina, che è di fronte al carcere, ma adesso mi portano al Papardo che si trova dall'altro lato della città; anche quando ero al carcere di Siano (Catanzaro) mi portavano a fare dialisi in una struttura esterna, ma almeno ero vicino alla mia famiglia; allora, che senso ha tenermi in questo carcere?»;
la cella n. 6 ospita 6 persone; sono presenti due letti ospedalieri; tutti dichiarano di essere affetti da patologie e sottolineano di non ricevere adeguata assistenza sanitaria o, addirittura, di non ricevere alcuna cura («qui non ci curano, al massimo ci danno i farmaci cinesi»);
Cosimo Lo Nigro, nato a Palermo il 2 maggio 1975, ci mostra quel che resta del suo piede in seguito ad un incidente stradale e alla osteomielite, conseguenza di infezione ospedaliera postoperatoria contratta in un ospedale di Palermo, secondo quanto riferito dallo stesso; «il perito del tribunale ha scritto che la mia condizione non è compatibile con la detenzione in carcere, e cosi dall'Ucciardone mi hanno portato qua», racconta; e aggiunge: «sono passato dal fuoco alla brace, qui non mi curano, non mi danno nemmeno un antibiotico; sono qui da 3 mesi, ma stare qui è la mia rovina totale»; e infine: «vi chiedo di aiutarmi, vorrei soltanto essere curato»;
Antonio Scimone, nato il 2 maggio 1941, dice di soffrire di tachicardia parossistica sopraventricolare; dopo molti anni di detenzione domiciliare, si trova ristretto in questo reparto perché, a suo dire, una perizia medica disposta dal tribunale avrebbe stabilito la sua incompatibilità con la detenzione domiciliare; «ma qui non ricevo alcuna cura, stare qui non ha senso», afferma;
Rocco Cento Domenico, nato il 18 ottobre 1953 a Polistena (Reggio Calabria), dice di avere una ciste al rene e due anelli della schiena schiacciati; il giudice, a suo dire, avrebbe disposto il ricovero in una struttura pubblica della città di Catanzaro, con piantonamento: «e invece mi hanno mandato qua, ma io qua che ci sto a fare?»;
nella cella n. 7 sono presenti 4 detenuti;
Domenico Pacilio, nato a Grumo Nevano (Napoli), è un detenuto non autosufficiente; il suo caso ci era stato segnalato subito, all'inizio della visita ispettiva, dai detenuti del reparto «sosta», preoccupati per le sue condizioni; Pacilio non vede la famiglia da molti mesi e afferma di aver intrapreso anche un lungo sciopero della fame e della sete; Pacilio racconta così la sua vicenda: «sono entrato nel carcere di Bellizzi Irpino (Avellino) il 9 agosto 2010 in forza di una condanna definitiva per calunnia; ero già stato condannato per truffa ed esercizio abusivo della professione, visto che esercitavo la professione legale dopo la laurea in giurisprudenza, ma senza aver conseguito il titolo di avvocato; in carcere sono caduto dalle scale e ho avuto un infarto; sono stato trasferito nel carcere di Secondigliano (Napoli) e il 31 dicembre sono stato portato all'ospedale Cardarelli, dove mi è stato diagnosticato un ictus; io non potevo più muovermi; sono stato ricondotto in cella a Secondigliano:
lì nessuno mi assisteva, non ho ricevuto alcuna cura; in carcere ho tentato il suicidio, e mi sono fratturato il collo; il 25 marzo senza alcun preavviso mi hanno trasferito a Messina»; Pacilio non ha un piantone e non ha una carrozzina per muoversi all'interno della cella, sebbene le sue condizioni fisiche non gli permettano di muoversi autonomamente; «per andare in bagno striscio per terra», racconta piangendo; secondo quanto riferito dagli agenti, a Pacilio non è stata data una carrozzina a causa delle limitate dimensioni della porta di ingresso della cella;
nella cella n. 11 sono presenti 6 detenuti;
la cella n. 10 è dotata di scivolo all'ingresso e bagno attrezzato per disabili: è chiusa perché inagibile per infiltrazioni d'acqua;
nella cella n. 8 sono ristrette 5 persone;
Giovanni Di Sarno è un internato napoletano proveniente dalla casa di lavoro di Favignana (Trapani); «sono 15 giorni che sto qua e ancora il medico non mi ha visitato», dice; Di Sarno è molto preoccupato per l'anziana madre con cui non riesce a mettersi in contatto: «ho presentato domanda per poter telefonare a casa, allegando la bolletta dell'utenza telefonica di mia madre, ma mi hanno detto che è necessario lo stato di famiglia»; Di Sarno vorrebbe essere trasferito nella casa di lavoro di Sulmona (L'Aquila) per essere vicino alla famiglia, di cui non ha più notizie; Un altro detenuto della cella n. 8 lamenta la scarsa qualità del cibo: «in questo reparto non possiamo cucinarci perché non abbiamo il fornellino, il cibo che ci portano è immangiabile»;
Sebastiano Zappalà, nato a Catania il 16 novembre 1987, talassemico, è qui da circa 7 mesi; ogni 15-20 giorni viene accompagnato in ospedale a Catania per fare la trasfusione di sangue; «Io sono di Catania e la mia famiglia vive a Catania: che senso ha tenermi in questo centro clinico se poi le trasfusioni me le fanno fare a Catania?», si chiede; e racconta che la traduzione da Messina a Catania e viceversa avviene con una ambulanza blindata sprovvista di qualsiasi apparecchiatura e dotazione di base per il soccorso medico; questa «ambulanza», in cui salgono tre agenti (oltre all'autista), viene abitualmente scortata da una vettura della polizia penitenziaria; ogni traduzione comporta, dunque, un notevole dispiego di personale di polizia penitenziaria;
i ristretti della cella n. 8 lamentano l'assistenza sanitaria «inesistente» e confermano che a volte i medici effettuano le punture attraverso le sbarre, senza entrare nella cella;
nella cella n. 9 sono ristretti 2 detenuti e 2 internati;
Vincenzo Tuccillo, nato il 10 novembre 1963, internato, ha la famiglia a Napoli e ha fatto domanda per il trasferimento nella casa di lavoro di Sulmona; lamenta il fatto di essere frequentemente trasferito dalla casa di lavoro di Favignana al centro clinico di Messina, e viceversa: «pare la sporta do tarallaro» dice, per sottolineare i suoi continui spostamenti;
Giuseppe Sciurello denuncia: «ho avuto un infarto, mi hanno portato in ospedale dopo un'ora e mezza; in questo reparto le guardie vengono ma i dottori non li vedi»;
incontriamo Antonino Caruso, detenuto con problemi al pancreas, che la delegazione aveva incontrato anche nella precedente visita del 17 luglio e che in quell'occasione, fra le altre cose, segnalò la presenza di una serpe in cortile; «Quella serpe c'è ancora, ormai ci siamo affezionati», scherza Caruso;
la doccia comune del reparto «medicina» del centro clinico è dotata di 4 vani doccia, di cui 3 sono rotti e solo 1 funzionante; anche la doccia, cosi come tutto il reparto, è un ambiente fortemente degradato (muri e tetti scrostati, muffa eccetera);
l'infermeria non è dotata di defibrillatore;
uscendo dal reparto, sentiamo le grida delle persone ristrette: «aiutateci! qui ci stanno ammazzando!»;
il «centro diagnostico terapeutico», così come «la sosta», ad avviso dell'interrogante, sono reparti dove vengono costantemente violati diritti umani fondamentali; per questo motivo, la presente interrogazione sarà mandata «per conoscenza» alla procura della Repubblica di Messina, al magistrato di sorveglianza e alla ASL di appartenenza -:
se siano a conoscenza di quanto descritto minuziosamente in premessa;
se abbiano intenzione di verificare le condizioni dell'istituto penitenziario di Gazzi a Messina;
quali provvedimenti urgenti intendano prendere per ricondurre alla legalità costituzionale e normativa il carcere Gazzi di Messina;
se il Ministero della giustizia, nel rendere pubblici i dati riguardanti la capienza regolamentare degli istituti, tenga conto dei reparti chiusi per inagibilità.
(5-04582)
...
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta scritta:
TIDEI. - Al Ministro dell'infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i pendolari che utilizzano quotidianamente il treno sulla linea FR5 Civitavecchia-Roma subiscono da anni notevoli disagi per il sovraffollamento delle vetture, per le carenti condizioni di pulizia, per i guasti agli impianti di riscaldamento delle carrozze, per l'assenza pressoché totale di servizi igienici;
le precarie condizioni di viaggio diventano addirittura disastrose nel periodo maggio-ottobre quando migliaia di croceristi provenienti dal porto di Civitavecchia, spesso con al seguito pesanti valigie, raggiungono Roma via treno in orari già congestionati dalla presenza dei pendolari, trasformandoli in veri e propri «carri bestiame», privi delle più elementari norme di sicurezza;
l'offerta di trasporto in direzione Roma, in particolare tra le 7.00 e le 9.00, appare da anni del tutto insufficiente;
il nuovo contratto di servizio tra Trenitalia e la regione Lazio ha introdotto in abbonamento la carta annuale tuttotreno Lazio al costo di 150 euro, con cui si permette l'accesso dei pendolari abbonati metrebus a tutti i treni Intercity-Eurocity della linea;
tale carta annuale si è rivelata un autentico boomerang poiché - nonostante l'assoluta assenza di offerta di treni veloci da Civitavecchia per Roma nella fascia pendolare del mattino (6,00-9,00) - non è stata prevista una forma di abbonamento unidirezionale della carta, facendo così pagare per intero ai cittadini-utenti, come bidirezionale, un servizio che Trenitalia garantisce di fatto solo al 50 per cento;
nonostante la richiesta del comitato pendolari Civitavecchia-S.Marinella e quella, identica, dell'assessorato alla mobilità della regione Lazio, Trenitalia-Divisione passeggeri ha rifiutato la reintroduzione della fermata alla stazione di Roma-Ostiense dell'EC 9774 Frecciabianca delle 18,07 da Roma Termini per Genova-Milano; ciò, nonostante Roma Ostiense sia importante nodo di scambio servito dalla metropolitana e da numerosi autobus e la reintroduzione di detta fermata avrebbe consentito a numerosi pendolari che lavorano all'EUR e in zona Prati-S. Pietro-Trastevere di accadere all'ES City 9774, tra l'altro alleggerendo l'affollamento sui treni regionali -:
se il Ministro, per quanto di sua competenza, non reputi opportuno mettere
in atto specifiche iniziative per scoraggiare tale atteggiamento di chiusura della società Trenitalia di fronte alle ragionevoli richieste dei cittadini-pendolari della linea Civitavecchia-Roma costretti a servirsi del treno per necessità di lavoro e di studio, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di confronto con la stessa Trenitalia, la regione Lazio e il comitato pendolari, che possa favorire una rapida e concertata soluzione delle problematiche proposte.
(4-11565)
...
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
i vigili del fuoco rappresentano ormai un insostituibile Corpo di pubblica sicurezza cui però non viene corrisposto un trattamento pari a quello degli altri Corpi dello Stato preposti alle medesime funzioni;
essi, infatti, rischiano la vita come i colleghi delle forze di polizia ma con una retribuzione di circa 300 euro in meno al mese;
oltre a non veder riconosciuto come usurante il proprio lavoro, non hanno le maggiorazioni, ai fini pensionistici, previste per le forze armate e di polizia;
aggrava notevolmente la situazione appena descritta un sistema di avanzamento professionali congelato da anni e gestito in modo superficiale (a differenza delle forze di polizia dove si è provveduto ad un riordino delle carriere), unitamente ad una sempre maggiore carenza di organico che aumenta a dismisura il rischio professionale -:
se non ritenga opportuno, attraverso il superamento delle accennate disparità, porre il Corpo nazionale dei vigili del fuoco in piena efficienza funzionale e lavorativa, al fine di migliorare la risposta in termini di sicurezza dei cittadini;
se non intenda procedere a nuove assunzioni di personale, con esaurimento di tutte le graduatorie vigenti.
(2-01051)«Tassone, Galletti».
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su corriere.it del 10 aprile 2011, a firma Francesco Parrella, si apprende che cinque container contenenti rifiuti speciali pronti per essere imbarcati alla volta della Cina sono stati scoperti dagli agenti della Guardia di finanza in collaborazione con i funzionari dell'ufficio dogane al porto di Napoli;
all'interno dei container c'erano scarti derivanti dalla lavorazione di materiale plastico, che, anziché essere destinati ad attività di recupero così come dichiarato nella documentazione che accompagnava il carico, erano diretti ad una società esercente un'attività legata alla realizzazione di giocattoli, casalinghi per la casa e articoli elettronici;
gli scarti, soprattutto materiali plastici derivanti da elettrodomestici o da immondizia domestica, erano diretti allo scalo di Qingdao, meglio conosciuta in Occidente come Tsingtao, città sub-provinciale nell'est della provincia di Shandong, sede di un importante porto, base navale e centro industriale. È difficile, però, riuscire a capire se i rifiuti sarebbero rimasti lì oppure trasportati e trasferiti in altre città della Cina. È, comunque, certo che gli scarti sarebbero finiti nuovamente nel ciclo produttivo;
«Non è la prima volta che operiamo sequestri di questo tipo - ha spiegato il capitano della Guardia di finanza di Napoli, Alessio Iannone - è difficile, però, riuscire a capire la loro destinazione finale perché, non essendo Paese comunitario, è complesso estendere la nostra giurisdizione. Certamente i rifiuti che, nel corso del tempo, abbiamo rinvenuto nel porto partenopeo vengono reimpiegati e trasformati in altro che poi, a sua volta, viene rimesso sul mercato o sotto forma di giocattoli, o di articoli elettronici oppure in fibre sintetiche per abiti e maglieria. I rifiuti illeciti rinvenuti a Napoli provengono essenzialmente dal Napoletano e dal Basso Lazio e sono destinati principalmente in Cina e nel Sud est asiatico, soprattutto Malesia e Vietnam»;
Iannone ha spiegato che non solo la plastica (che viene fusa e riciclata, ndr) viene reimpiegata, ma anche il materiale ferroso, utilizzato nuovamente nelle fonderie, e la gomma, trasformata poi in altra gomma oppure bruciata negli inceneritori per produrre energia. «È un mercato molto florido - ha aggiunto il colonnello Pietro Venutolo - perché, nonostante il prezzo di ogni singolo quintale di rifiuti non sia molto alto, queste aziende si arricchiscono sulle grosse quantità e sul fatto che, violando le normative vigenti in materia, evitano di pagare tasse specifiche violando, di fatto, le regole della concorrenza. Nel caso del sequestro specifico dei cinque container, il carico era privo di autorizzazioni e la merce destinata a impianti inesistenti o non impiegati per il trattamento dei rifiuti»;
il titolare della ditta esportatrice, operante nell'hinterland napoletano, è stato denunciato a piede libero mentre i rifiuti, per un totale di 86.070 chilogrammi, sono stati sequestrati -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ai problemi evidenziati in premessa;
quali azioni si intendano promuovere per stroncare il fenomeno.
(4-11563)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il primo aprile 2011 alle ore 14 circa i deputati radicali Maurizio Turco e Maria Antonietta Farina Coscioni comunicavano alla prefettura di Taranto che si sarebbero recati con Giuseppe Turco, medico e sindaco del comune di Torricella e con Maurizio Bolognetti, membro della direzione nazionale di Radicali italiani a visitare la tendopoli di Manduria-Oria dove era stato approntato un centro per allocare i migranti sfollati da Lampedusa;
alle ore 20 circa dalla prefettura giungeva comunicazione che la visita dei deputati non era consentita in quanto nel pomeriggio il Ministero dell'interno aveva disposto che solo le organizzazioni umanitarie avrebbero potuto accedere ai centri di accoglienza e detenzione di immigrati;
il due aprile 2011 alle ore 13 circa la delegazione si recava in prefettura dove il capo di gabinetto del prefetto non solo non consegnava copia della disposizione ministeriale ma sosteneva di non poterla nemmeno far leggere, a richiesta comunque consentiva a un incontro fuori dal campo con il funzionario della prefettura di Taranto responsabile del campo;
il due aprile alle ore 14,30 circa la delegazione raggiungeva il campo proveniente da Manduria verso Oria. Il set si presentava con, sulla destra, un numero considerevole di telecamere operatori e giornalisti e sulla sinistra, sui lati del campo sud ed est, con forze dell'ordine a piedi, in auto e a cavallo. Mentre dallo spiazzo dove c'è l'ingresso del campo, lato est, si aveva la netta sensazione che il lato nord non fosse controllato, tant'è che durante l'incontro con il responsabile del campo, nel mentre si faceva notare questa discrepanza, c'erano persone che scappavano dal campo in direzione Oria;
durante l'incontro con il funzionario non si è riuscito a sapere nulla, nemmeno
dove mangiavano e dormivano i membri delle forze dell'ordine tantomeno a vedere alcunché nemmeno i servizi igienici a loro destinati;
il 10 marzo il quotidiano online la voce di Manduria ha pubblicato il seguente articolo a firma del suo direttore Nazareno Di Noi dal titolo «Tendopoli: quanto costano 2 pasti freddi e 5 sigarette al giorno»;
«Il Connecting People, il consorzio d'imprese con sede a Trapani che gestisce per conto del Ministero dell'interno il Centro d'accoglienza e identificazione di Manduria, non ha ancora sottoscritto un contratto con la Prefettura. La sua attività è regolata per ora da un incarico provvisorio firmato dal prefetto di Taranto. Ma è già possibile fare i conti con quanto costerà allo Stato il suo intervento. Le tariffe stabilite da una convenzione nazionale, stabiliscono una retta di trentacinque euro al giorno per ogni ospite. Prezzo, questo, suscettibile di ritocchi (difficilmente a ribasso) in fase di sottoscrizione del contratto. In cambio, il consorzio deve occuparsi della fornitura del vitto, dell'igiene delle tende e di tutta l'assistenza alberghiera dei profughi. La convenzione prevede anche l'assistenza sanitaria, legale e l'attività ricreativa e l'integrazione dei migranti. In effetti queste ultime due voci non sono ancora iniziate. L'impossibilità di sapere ciò che accade nella tendopoli, rende difficile valutare la qualità delle altre prestazioni erogate né è possibile sapere il numero e le qualifiche del personale impiegato. Le uniche fonti per attingere informazioni in merito, dunque, sono gli immigrati i cui giudizi non sono per niente positivi.
Si lamentano ad esempio del cibo che arriva freddo (i pasti preparati da tre centri cottura di Brindisi arrivano a bordo di furgoni), dell'acqua non sempre calda e delle poche sigarette cinque al giorno).
Il ricambio della biancheria l'hanno avuto solo all'ingresso un asciugamano, maglia, mutande e due boccette di shampoo e sapone).
Facendo una media di 1.400 presenze giornaliere, dunque, da quando è stato aperto il centro ad oggi il consorzio Connecting People ha già maturato entrate per circa 700mila euro. Intanto la noia che regna nel campo costringe gli ospiti a vagare per le campagne o a recarsi nei vicini centri di Manduria e Oria. Un esodo che crea problemi alla sicurezza della circolazione. Per questo l'assessore provinciale di Brindisi, Cosimo Pomarico ha lanciato un appello. "Non è possibile - dice - continuare a tergiversare sulla necessità di istituire immediatamente un collegamento, attraverso l'utilizzo di un pullman, tra la tendopoli e il centro abitato di Oria. La strada provinciale Manduria-Oria - aggiunge - continua a rappresentare un rischio per i tanti immigrati ospiti del Centro che la percorrono a piedi sia di giorno che nelle ore serali"; l'assessore si rivolge quindi al prefetto e ai responsabili del consorzio Connecting People "Prendo atto che due delle tre richieste formulate dal presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese - afferma ancora Pomarico - sono state immediatamente realizzate ma il trasporto con un mezzo pubblico non è rinviabile perché c'è il rischio concreto che la strada provinciale diventi teatro di una tragedia". Ieri, davanti alla tendopoli, distribuzione di volantini dello Slai Cobas di Taranto e Brindisi e visita all'interno dell'eurodeputata PD Debora Serracchiani».
il 6 aprile il consiglio di amministrazione di Connecting People ha diffuso un comunicato in cui tra l'altro si afferma che «A Manduria oggi ci sono circa 1500 ospiti»;
il 31 marzo l'avvocato Pasquale Fistetti, a nome e per conto dei signori Leonzio Patisso Lorenza Conte, ha depositato alla Procura della Repubblica del tribunale penale di Taranto una «Denuncia nei confronti del Ministro dell'interno Roberto Maroni e altri da identificare in relazione al campo profughi realizzato nei pressi della provinciale Oria Manduria in agro di Manduria in area ad alta pericolosità
idraulica (PAI Regione Puglia Nov. 2005) e in violazione del vincolo del Piano Paesaggistico Regionale P.U.T.T./P posto nella zona a tutela della macchia mediterranea che è stata letteralmente distrutta. (Artt. 146, 151, 163 c. 1 DLvo 490/99, 734 c.p.)» -:
quali siano le ragioni per le quali è stato deciso di impedire l'ingresso ai parlamentari e a quali strutture; se e quando detta decisione sia stata rivista;
quali procedure si siano seguite nell'individuare e quindi procedere all'allestimento del campo di Manduria, ovvero ad evitare di rispettarle;
quanto sia costato allestire il campo di Manduria;
quanto sia costata la prima recinzione e le successive e per quali ragioni non si sia direttamente provveduto a realizzare direttamente quella che è attualmente la recinzione più esterna al campo;
quali siano le ditte che hanno fornito macchinari, materiale e la manodopera necessaria per realizzare il campo, come siano state scelte, quali lavori abbiano eseguito e a quale costo, in quali tempi verranno liquidate, quali siano i controlli ex ante ed ex post previsti e quali di questi siano stati già eseguiti, da chi e con quali risultati;
quante persone siano state registrate giorno per giorno, quante ne siano state trasferite e quante si siano dileguate e chi abbia eseguito ed esegue questi controlli;
quanti membri delle forze dell'ordine siano state impegnate, dove abbiano dormito e mangiato, quali i turni di lavoro e i costi complessivi;
da chi e perché sia stato scelto il consorzio d'imprese Connecting People;
con chi Connecting People abbia sottoscritto il contratto, a quali condizioni e per quali servizi;
quante persone accreditate da Connecting People possano entrare nel campo, quali qualifiche abbiano, quali mansioni svolgano e quale tipo di contratto le leghi a Connecting People;
se e come cambi lo status dei migranti se, una volta fuggiti dal campo, dovessero essere fermati dalle forze dell'ordine.
(4-11567)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'architetto Giuseppe Patti, presidente del WWF Siracusa, impegnato nella tutela ambientale di Siracusa, il giorno 10 marzo 2011 è stato informato da un suo conoscente giornalista del quotidiano La Sicilia, Salvatore Maiorca, che è stata recapitata, presso il quotidiano all'attenzione del giornalista, una lettera anonima nella quale lo si minaccia di smetterla di occuparsi della zona costiera denominata Pillirina nonché dei porti turistici di Siracusa, avvertendo che in caso contrario avrebbe potuto subire ritorsioni, giacché l'anonimo lasciava ad intendere di conoscere il luogo ove abita l'architetto Patti;
il giorno 9 aprile 2011, Giuseppe Patti è poi stato contattato direttamente, nella sua abitazione, da una pattuglia dei carabinieri di Siracusa ed informato che davanti al cancello principale di casa sua avevano trovato una bombola del gas del peso di 10 chilogrammi, di colore grigio, piena e con il tappo rosso ad indicare l'integrità, con annesso foglio di carta formato A4, sul quale era scritto con normografo: «basta WWF con la Pillirina basta viaggi a Palermo te l'abbiamo detto che sappiamo dove abiti domenica statti a casa la volta prossima ti faremo danno patti statti attento»;
le campagne di cui si è occupato Giuseppe Patti come rappresentante del WWF riguardano le varianti al piano regolatore,
la costruzione di due porti turistici, la regolamentazione delle aree destinate a cooperative edilizie per la tutela del parco delle «Mura Dionigiane» in zona Tremilia, le discariche in disuso nonché la costruzione del radar in zona Plemmirio e la realizzazione di una riserva terrestre orientata sul Plemmirio che bloccherebbe qualsiasi tipo di costruzione edilizia (in particolare un insediamento alberghiero di circa 40.000 metri quadri, su quel determinato territorio al fine di mantenere l'integrità del paesaggio garantendone una corretta fruizione);
quanto ai viaggi a Palermo, sono da inquadrarsi nell'ambito dell'attività volta alla raccolta di dati informativi sui procedimenti amministrativi in corso relativi alle campagne di cui si occupa e che sono stati forniti, informalmente, alla procura della Repubblica di Siracusa;
Giuseppe Patti ha denunciato due fatti intimidatori alla questura di Siracusa, rispettivamente il 3 marzo ed il 9 aprile 2011 -:
di quali informazioni disponga il Ministro in merito ai fatti riferiti in premessa;
quali iniziative intenda assumere a tutela dell'incolumità dell'architetto ed esponente del WWF siracusano, Giuseppe Patti.
(4-11573)
...
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta immediata:
LATTERI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dopo un iter legislativo tormentato, il 29 gennaio 2011 è entrata in vigore la legge di riforma universitaria n. 240 del 2010, provvedimento che ha tutte le caratteristiche di un intervento radicale di portata innovativa;
come previsto dalla stessa legge, la piena attuazione della riforma deve attendere l'approvazione di circa 42 provvedimenti normativi di attuazione tra decreti legislativi, decreti ministeriali ed interministeriali e regolamenti;
in particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario per il raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) valorizzazione della qualità e dell'efficienza delle università, attuata con l'introduzione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche; b) revisione della disciplina concernente la contabilità; c) introduzione di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei, d) revisione della legislazione di principio in materia di diritto allo studio con definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (lep) erogate dalle università statali. Di questi il Consiglio dei ministri ha approvato finora solo il regolamento per la nuova abilitazione scientifica nazionale;
intanto, in tutti gli atenei italiani è in corso, non senza difficoltà e resistenze, il processo di adeguamento degli statuti alle nuove disposizioni legislative, processo che la legge prevede debba esaurirsi entro il mese di luglio 2011;
la mancata approvazione dei suddetti decreti di attuazione rischia di innescare una serie di disfunzioni che riguardano molteplici aspetti della vita accademica e di produrre un blocco delle attività universitarie anche, e soprattutto, per l'assenza di linee-guida da seguire -:
in che tempi il Ministro interrogato ritenga verrà esaurito l'iter di approvazione dei numerosi decreti previsti dalla legge, la cui ritardata attuazione si trasformerebbe, per le università italiane, in un ostacolo al funzionamento anche delle attività ordinarie.
(3-01585)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta immediata:
BALDELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Agenzia delle entrate hanno emanato la circolare n. 3/E del 14 febbraio 2011 in tema di detassazione dei salari, in particolare in merito all'introduzione di un'imposta sostitutiva del 10 per cento sulle componenti accessorie della retribuzione corrisposte in relazione ad incrementi di produttività (articolo 1, comma 47, legge n. 220 del 2010) -:
quali siano le iniziative del Governo per stimolare la crescita dei salari e della produttività.
(3-01591)
Interrogazione a risposta scritta:
PILI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
durante la notte del 12 aprile 2011 è deceduto nell'ospedale cagliaritano Santissima Trinità Pierpaolo Pulvirenti, 25 anni, uno dei tre operai rimasti coinvolti nel pomeriggio dell'11 aprile 2011 di un incidente nella raffineria Saras di Sarroch;
l'incidente si è svolto in pochi attimi in uno degli impianti di combustione dei gas residui del petrolio della raffineria di Sarroch, nella provincia di Cagliari;
secondo una prima ricostruzione una squadra della ditta Starservice, specializzata nella manutenzione di impianti di desolforazione, è stata investita da un getto di idrogeno solforato, fuoriuscito dall'interno di una colonna che i tre stavano per ispezionare;
nello stesso stabilimento della Saras, il 26 maggio 2009, morirono tre operai, anche loro intossicati, mentre effettuavano i lavori di bonifica di una cisterna;
in quell'occasione l'operaio Gigi Solinas, 26 anni, si sentì male subito all'interno del serbatoio mentre Daniele Melis, 30 anni, e Bruno Muntoni, 56 anni, persero la vita nel tentativo di soccorrere il collega;
in seguito ad una lunga inchiesta della magistratura è attesa la sentenza del processo penale il 16 maggio 2011;
si tratta del secondo incidente mortale che accade nello stabilimento di Sarroch nel giro di pochi anni;
le modalità dell'incidente mortale di ieri notte appaiono analoghe o comunque simili alle precedenti di 2 anni fa riproponendo con tutta l'inquietudine del caso il problema della sicurezza nei lavori di manutenzione e non solo all'interno della raffineria;
tale incidente ripropone con drammatica urgenza l'esigenza di fare chiarezza su quanto accaduto e l'individuazione di tutte le responsabilità sia per quanto riguarda il processo manutentivo che per la corretta applicazione dei protocolli di sicurezza -:
se non ritenga di dover inviare dei propri ispettori per valutare le condizioni di sicurezza di tali impianti e delle procedure adottate per la manutenzione di particolari reparti produttivi;
se non ritenga di dover avviare una propria indagine sull'accaduto e promuovere tutte le azioni necessarie per evitare che la raffineria di Sarroch debba conoscere nuove morti sul lavoro;
se non ritenga di dover promuovere un'azione coordinata con tutti i soggetti interessati alla sicurezza al fine di valutare le procedure adottate sinora considerato che nonostante le precedenti inchieste della stessa magistratura e degli organismi preposti alla sicurezza tali incidenti si sono drammaticamente ripetuti.
(4-11568)
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
DELFINO e RUGGERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in Puglia e in altre parti del Meridione si sta registrando una preoccupante moria di palme e querce, colpite da parassiti particolarmente aggressivi;
questi insetti divorano la linfa scavando delle minuscole gallerie al di sotto della corteccia, indebolendo progressivamente gli alberi e causandone il disseccamento;
a preoccupare maggiormente gli esperti è la diffusione incontrollabile dell'epidemia che non ha colpito solo una specie esotica come la palma, ma una autoctona e assai diffusa nei boschi, nei giardini e lungo i viali delle città come la quercia;
l'aggressività dei parassiti, registrata in questi mesi, sarebbe da attribuire alle recenti modificazioni climatiche, caratterizzate da inverni più miti che avrebbero contribuito alla proliferazione delle attività parassitarie;
gli esperti, inoltre, lamentano un diffuso squilibrio ecologico dei boschi, derivato da un'inopportuna gestione legata a fenomeni di sfruttamento e abbandono, che avrebbe favorito l'indebolimento delle piante, rendendole più vulnerabili agli attacchi parassitari particolarmente aggressivi, come in questo caso;
sarebbe, dunque, opportuno promuovere un monitoraggio più costante delle specie a rischio nonché una maggiore cura dei boschi, in modo da poter contenere gli effetti devastanti di eventuali epidemie parassitarie -:
quali urgenti iniziative intenda attivare per far fronte alla preoccupante diffusione dei parassiti responsabili della moria delle palme e delle querce, che ha interessato principalmente la regione Puglia e altre zone del Mezzogiorno;
quali interventi intenda avviare al fine di promuovere, per quanto di competenza, una maggiore cura delle aree boschive nonché un monitoraggio costante delle specie ritenute a rischio.
(5-04581)
Interrogazione a risposta scritta:
DI BIAGIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la selezione dei materiali destinati al confezionamento ed imballaggio dei prodotti alimentari svolge un ruolo centrale dal punto di vista dell'impatto ambientale, per quanto attiene lo smaltimento dei rifiuti da imballaggio, e dal punto di vista sanitario, perché chiama in causa la tutela dei consumatori di fronte all'integrità degli alimenti e alla loro contaminazione da sostanze nocive eventualmente presenti negli imballaggi e nelle confezioni degli stessi;
nel settore ortofrutticolo le problematiche evidenziate riguardano la produzione di alveoli e vassoi da confezionamento per porzioni minime di frutta e verdura. In questo caso infatti vengono impiegati materiali diversificati, tra cui polistirolo e plastiche, che non sempre sono in grado di consentire un'opportuna riduzione dell'impatto ambientale né un'adeguata tutela dell'integrità dell'alimento;
la normativa comunitaria sui materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari è descritta dal regolamento (CE) N. 1935 del 2004, recepito dal decreto del Ministro della salute 227 del 2006. Il regolamento comunitario individua alcuni criteri di riferimento, ma lascia alla sensibilità e alle disposizioni legislative dei singoli paesi le valutazioni circa l'indirizzo da dare all'identificazione
e diffusione di tali materiali, fermi restando i parametri di minimizzazione degli agenti contaminanti;
i Paesi del nord Europa, nei quali la sensibilità per la tutela dell'ambiente trova ampio riscontro nelle normative nazionali, hanno adottato da tempo l'impiego di alveoli in carta e cartone, materiali eco-compatibili, indicati nell'allegato I del sopramenzionato regolamento, tra i materiali e gli oggetti che potrebbero essere disciplinati dalle misure specifiche indicate nell'articolo 5 del medesimo;
gli alveoli in carta e cartone presentano notevoli vantaggi in merito alle problematiche evidenziate, giacché, oltre ad essere completamente biodegradabili e perfettamente riciclabili, limitano al minimo la presenza di sostanze contaminanti consentendo altresì una migliore conservazione dell'integrità e freschezza degli alimenti in essi contenuti;
rispetto a quanto evidenziato, in Italia si registra una situazione di relativa arretratezza nel settore del confezionamento di ortofrutticoli, ancora legato per la maggior parte all'impiego di alveoli in plastica e derivati del petrolio o in polistirolo, il cui impatto ambientale è considerevolmente alto anche per la difficoltà di procedere adeguatamente al riutilizzo e al riciclo. Per questa tipologia di contenitori, in relazione agli alimenti contenuti, rimane altresì aperta la questione dell'integrità nonché della trasmissione di agenti contaminanti dal materiale all'alimento;
la diffusione di un approccio che privilegi i materiali ecocompatibili è ostacolata sia da una scarsa sensibilizzazione, sia dal costo ancora leggermente superiore di alveoli in carta e cartone rispetto a plastica e polistirolo -:
quali siano le problematiche per la salute legate all'impiego di plastiche e polistirolo e se tale impiego rispetti le norme di tutela della salute del consumatore nei termini di adeguata integrità degli alimenti e di parametri di tossicità delle sostanze contaminanti;
se non ritenga opportuno predisporre iniziative di sviluppo dei sistemi di confezionamento tramite alveoli in carta o cartone, evidenziati nelle premesse e già diffusi in ambito europeo, anche predisponendo misure di sensibilizzazione ed incentivazione degli operatori coinvolti negli ambiti evidenziati.
(4-11566)
...
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
LOVELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 (cosiddetta riforma Brunetta) prevede, all'articolo 19 commi 1 e 2, che in ogni amministrazione la valutazione del personale, dirigenziale e non, avvenga attraverso una graduatoria nella quale il personale medesimo viene distribuito in differenti livelli di performance e cioè: a) il 25 per cento è collocato nella fascia di merito alta alla quale corrisponde l'attribuzione del 50 per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale; b) il 50 per cento nella fascia di merito intermedia alla quale corrisponde l'attribuzione del 50 per cento delle risorse; c) il restante 25 per cento è collocato nella fascia di merito bassa alla quale non corrisponde l'attribuzione di alcun trattamento accessorio;
la disciplina di cui all'articolo 19 si applica alle amministrazioni dello Stato, mentre per le regioni, gli enti locali e il servizio sanitario nazionale, la suddivisione nelle fasce di merito, pur essendo obbligatoriamente prevista dall'articolo 31 comma 2 del decreto legislativo n. 150 del 2009, è disciplinata con più ampi margini di autonomia organizzativa;
la disciplina di cui all'articolo 19 in ordine alla previsione delle fasce di merito
non è derogabile dalla contrattazione collettiva se non limitatamente agli aspetti concernenti le percentuali di personale e di risorse (vedasi comma 4 dell'articolo 19);
uniche deroghe all'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 150 del 2009 (demandate ad appositi OPCM), sono previste dall'articolo 74, comma 3 (per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri) e dal comma 4 (per il personale docente della scuola e delle istituzioni di alta formazione artistica e musicale nonché per i tecnologi ed ai ricercatori degli enti di ricerca);
in data 4 febbraio 2011 è stata sottoscritta tra Governo (Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro per la pubblica amministrazione) e organizzazioni sindacali CISL, UIL, CIOA, CONFSAL, UGL E USAE, un'«intesa per la regolazione del regime transitorio conseguente al blocco del rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro nel pubblico impiego» in cui si scrive, tra l'altro: «... le parti convengono che le retribuzioni complessive, comprensive della parte accessoria, conseguite dai lavoratori nel corso del 2010, non devono diminuire per effetto dell'applicazione dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150/2009» e ancora «a tale scopo per l'applicazione dell'articolo 19 comma 1 del decreto legislativo 150/2009 potranno essere utilizzate esclusivamente le risorse aggiuntive derivanti dall'applicazione del comma 17 articolo 61 decreto-legge n. 112/2008 convertito con modificazioni dalla legge 133/2008 (cosiddetto dividendo dell'efficienza)»;
nell'intesa di cui sopra il Governo si impegna, inoltre, a definire un atto di indirizzo all'Aran per la stipulazione di un accordo quadro che regoli il sistema di relazioni sindacali nel pubblico impiego -:
come si collochi, nel contesto delle fonti regolatrici del rapporto di pubblico impiego, l'«intesa» del 4 febbraio 2011 e se tale strumento sia compatibile con la legge dello Stato, considerato che le fasce di merito sono state ritenute applicabili non in via generale come la legge preveda ma solo quando vi sia disponibilità di risorse aggiuntive appositamente destinate;
se l'intesa, sancendo l'intangibilità del trattamento accessorio per effetto dell'applicazione delle fasce di merito, imponga alle amministrazioni di corrispondere ai dipendenti non meno di quanto percepito nel 2010 anche in assenza di valutazione o in presenza di una valutazione negativa;
se l'atto di indirizzo del Governo all'ARAN per la stipulazione di un accordo quadro inteso a regolare il sistema delle relazioni sindacali, si discosterà dalla disciplina già delineata dalle modifiche introdotte al decreto legislativo n. 150 del 2009, in particolare da quella contenuta nell'articolo 40, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che esclude dalla contrattazione collettiva le materie riguardanti l'organizzazione degli uffici.
(4-11569)
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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO
Interrogazione a risposta immediata:
FRANCESCHINI, BINDI, VENTURA, MARAN, BRESSA, GOZI, TEMPESTINI, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI e ROSATO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
l'11 aprile 2011, a seguito della conclusione del Consiglio giustizia e affari interni dell'Unione europea sul tema dell'immigrazione proveniente dal Nord Africa, il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli ha definito la posizione assunta dall'Europa come «egoistica e anticomunitaria», affermando che diventa «obbligatorio e urgente predisporre un blocco navale assoluto a difesa delle nostre acque e dei nostri confini»;
il 12 aprile 2011 seguivano le ancor più gravi dichiarazioni del Ministro dell'interno, il quale si domandava pubblicamente
«se ha ancora un senso continuare a far parte dell'Europa» e che «se l'Europa è questa meglio stare soli che male accompagnati»;
queste affermazioni da parte di membri del Governo italiano appaiono di una gravità inaudita e denotano un allarmante livello di irresponsabilità per la stabilità delle istituzioni europee e per il futuro dei rapporti del nostro Paese, in un momento particolarmente delicato, anche sul piano economico, quale quello che l'Europa si è trovata a fronteggiare negli ultimi due anni;
tali ripetute esternazioni stanno mettendo l'Italia - Paese fondatore dell'Unione europea - in una posizione di sempre maggior isolamento e sono soprattutto del tutto controproducenti al fine di trovare soluzioni pratiche che, nel rispetto delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo, possano condurre ad una gestione efficace di un flusso migratorio consistente, ma non certamente paragonabile a quelli provenienti dai Balcani e fronteggiati dalla stessa Italia lo scorso decennio -:
se e come il Governo intenda dissociarsi e smentire le gravi dichiarazioni sopra citate dei Ministri Calderoli e Maroni in ordine a quanto sostenuto in tema di appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
(3-01590)
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SALUTE
Interrogazione a risposta immediata:
D'ANNA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con interrogazione a risposta immediata in Commissione affari sociali n. 5-03829, presentata il 17 novembre 2010 dai deputati D'Anna e Barani, è stato chiesto al Governo di conoscere le ragioni per le quali il parere del Consiglio superiore di sanità, reso in data 15 dicembre 2009, relativo allo svolgimento di attività in materia di nutrizione, non fosse stato ufficialmente reso noto dal Ministero della salute;
intervenendo nella seduta della Commissione affari sociali del 18 novembre 2010, il Sottosegretario Roccella ha chiarito che il Ministero della salute aveva ritenuto di non diffondere il richiamato parere per la posizione assunta rispetto ai soggetti che svolgono la professione di dietista che non potrebbero svolgere la propria attività al di fuori di strutture del servizio sanitario nazionale ed in collaborazione con il medico;
il richiamato parere del Consiglio superiore di sanità distingueva peraltro la posizione del medico, del biologo e del dietista;
in particolare, con riferimento ai biologi, il parere ha chiarito che essi possono «elaborare e determinare diete nei confronti sia di soggetti sani, sia di soggetti cui è stata diagnosticata una patologia, solo previo accertamento delle condizioni fisio-patologiche effettuate dal medico-chirurgo» e che «il biologo può autonomamente elaborare profili nutrizionali al fine di proporre alla persona che ne fa richiesta un miglioramento del proprio stato di benessere, quale orientamento nutrizionale finalizzato al miglioramento dello stato di salute», potendo, in tale ambito «suggerire o consigliare integratori alimentari, stabilendone o indicandone anche le modalità di assunzione»;
nella richiamata seduta della Commissione affari sociali gli interroganti si sono dichiarati solo parzialmente soddisfatti per la risposta ottenuta dal rappresentante del Governo, richiamando l'esigenza di una semplificazione del quadro normativo;
la sentenza del tribunale di Roma n. 3527 del 2011, pronunciata in riferimento ad una causa per diffamazione intentata dall'Ordine nazionale dei biologi rispetto ad affermazioni apparse sulla stampa relative alla facoltà per i biologi
nutrizionisti di prescrivere diete e ritenute diffamanti, richiamando anche il citato parere del Consiglio superiore di sanità, sembra avallare un'interpretazione restrittiva dell'attività del biologo nutrizionista, attraverso una distinzione prevalentemente di carattere lessicale tra la «prescrizione» e la semplice «elaborazione» delle diete;
l'articolo 3, primo comma, lettera b), della legge 24 maggio 1967, n. 396, specifica che, tra gli altri, forma oggetto della professione di biologo la «valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell'uomo, degli animali e delle piante» -:
se il Ministro interrogato intenda chiarire l'ambito di svolgimento dell'attività del biologo nutrizionista, anche in relazione alle circostanze richiamate nella premessa, e se intenda adottare iniziative normative o interpretative in materia.
(3-01584)
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta immediata:
LIBÈ, DIONISI, MONDELLO, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI, PEZZOTTA, GALLETTI, OCCHIUTO, COMPAGNON e CICCANTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nonostante la promessa di tempi stretti, la bozza del decreto interministeriale che disegna i nuovi incentivi per le rinnovabili e il quarto conto energia non è ancora pronta;
il vecchio conto energia (scaduto a fine 2010) riguarda la maggioranza degli impianti solari ora in esercizio, con un incentivo medio stimato in 365 euro per mille chilowattora;
secondo il Sottosegretario per lo sviluppo economico Stefano Saglia, il provvedimento disciplinerà il periodo transitorio tra il 1o giugno e il 31 dicembre per le domande giacenti e poi costruirà un nuovo sistema con incentivi in progressiva riduzione dal 1o gennaio 2012 sul modello tedesco;
le associazioni di categoria, le imprese ed i cittadini restano in attesa e sono preoccupati dai tagli che il settore subirà a fronte degli investimenti effettuati, augurandosi che la riforma del sistema degli incentivi al fotovoltaico venga fatta in maniera sostenibile;
secondo il recente Solar energy report del Politecnico di Milano la filiera industriale fotovoltaica italiana in questi anni si è rafforzata: 800 imprese, migliaia di operatori locali e 430 banche attive nei finanziamenti presidiano un settore da 18.500 addetti (con l'indotto 45mila), che 5 anni fa non esisteva;
secondo il report «Una rimodulazione, anche seria, degli incentivi è necessaria. Ma possiamo, secondo le nostre simulazioni, arrivare al 2016 con un budget complessivo di incentivi pubblici di 6 miliardi annui, al ritmo di 2 gigawatt istallati all'anno . Poi da quell'anno in avanti ci sarà la grid parity, il fotovoltaico soprattutto residenziale e per autoconsumo produrrà energia ai prezzi di mercato, senza bisogno di altri incentivi» -:
quando intenda emanare l'atteso decreto interministeriale e se lo stesso sia stato redatto tenendo conto della sostenibilità e del suo impatto in un settore in forte crescita.
(3-01587)
REGUZZONI, MAGGIONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MOLGORA, LAURA MOLTENI,
NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il regolamento (CE) n. 1472/2006 ha istituito un dazio antidumping sulle importazioni di alcuni tipi di calzature di cuoio naturale o ricostituito originarie della Repubblica popolare cinese e del Vietnam stabilendo che le misure deliberate, con aliquote definitive (applicabili al prezzo netto franco frontiera comunitaria - dazio non corrisposto) pari al 16,5 per cento per i prodotti cinesi e al 10 per cento per quelli vietnamiti, restassero in vigore per un periodo di anni due;
nel dicembre 2009, alla scadenza delle tariffe antidumping previste, la Commissione europea, a fronte della persistenza di pregiudizio a danno dell'industria comunitaria e, quindi, del pericolo di dumping, ha proposto ed ottenuto la proroga di ulteriori quindici mesi delle misure protezionistiche previste;
il 31 marzo 2011 i dazi in questione sono giunti a scadenza e il Commissario europeo al commercio non ha ritenuto opportuno rinnovare i provvedimenti antidumping per assenza di elementi ed informazioni atti a giustificare il riesame della scadenza programmata;
il livello modesto dei dazi, il cui importo ammonta a meno di 1,5 euro per paio di calzature, (vendute in media al dettaglio a 50 euro ed importate a 9 euro), pur non avendo provocato ingiustificato aumento dei prezzi a svantaggio dei consumatori, non ha tuttavia impedito la vendita sul mercato comunitario di scarpe cinesi e vietnamite, risultato che si sarebbe invece conseguito con misure antidumping almeno decuplicate rispetto a quelle stabilite;
nonostante l'esiguità delle aliquote stabilite, i dazi hanno comunque limitato gli effetti negativi del dumping tanto che, tra il 2005 e il 2009, l'import europeo da Cina e Vietnam delle calzature soggette ai provvedimenti è sceso del 43 per cento in volume e del 27 per cento in valore;
una realtà come quella italiana (che da sola produce il 50 per cento di tutte le scarpe europee), che sceglie la qualità e decide di non delocalizzare le proprie manifatture, risulta fortemente penalizzata rispetto ad altre realtà, quali quelle dei Paesi emergenti, che godono di manodopera a bassissimo costo e di politiche di dumping a discapito dei lavoratori e dei consumatori italiani ed europei -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per evitare che l'assenza di misure antidumping penalizzi ulteriormente gli addetti del settore, coinvolti da una crisi già fortemente accentuata dalla concorrenza di Paesi che non osservano le regole di un mercato equo e leale, e se non ritenga opportuno intervenire nelle competenti sedi comunitarie al fine di negoziare, oltre ad un'ulteriore proroga dei dazi in questione, anche la maggiorazione delle aliquote applicabili.
(3-01588)
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI, FRANCESCHINI, MARIANI, LULLI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, VIOLA, COLANINNO, FADDA, FRONER, MARCHIONI, MARTELLA, MASTROMAURO, PELUFFO, PORTAS, SANGA, QUARTIANI, SCARPETTI, VICO, ZUNINO, VENTURA, BINDI, MARAN, VILLECCO CALIPARI, LENZI, BELLANOVA, BERRETTA, BOFFA, BORDO, BRANDOLINI, CAPODICASA, CARDINALE, CARELLA, CAUSI, CECCUZZI, CENNI, CODURELLI, D'ALEMA, DE BIASI, DE PASQUALE, FARINONE, FERRARI, FIANO, FIORONI, FLUVI, GATTI, GHIZZONI, GIOVANELLI, GNECCHI, GOZI, LARATTA, LO MORO, LOSACCO, LOVELLI, MADIA, MARCHI, CESARE MARINI, MATTESINI, MIGLIOLI, MIOTTO, MISIANI, MOGHERINI REBESANI,
MURER, NANNICINI, NARDUCCI, PEDOTO, PES, PISTELLI, PIZZETTI, ROSSA, RUBINATO, RUGGHIA, ANTONINO RUSSO, SAMPERI, SCHIRRU, SERENI, SERVODIO, SIRAGUSA, STRIZZOLO, TENAGLIA, TIDEI, TOCCI, TOUADI, TRAPPOLINO, TULLO, VANNUCCI, VASSALLO, VELO, RIGONI, ROSSOMANDO, VERINI, MARCO CARRA, GRAZIANO, NACCARATO, BUCCHINO, GASBARRA, ZUCCHI, BOSSA, RAMPI e LUCÀ. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i prevedibili effetti perversi prodotti dal decreto legislativo «Romani» in materia di incentivi alle fonti rinnovabili si stanno rivelando in tutta la loro gravità, generando incertezza e un drammatico arresto della crescita delle fonti rinnovabili in Italia. In particolare, gli effetti del provvedimento colpiscono mortalmente il vasto comparto produttivo legato ai settore del fotovoltaico che attualmente è uno dei settori più vitali e a più forte crescita industriale e tecnologica del Paese;
il 3 marzo 2011 il Governo ha infatti approvato in via definitiva il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
tale decreto avrebbe dovuto riformare gli incentivi in modo da centrare gli obiettivi europei, che per il nostro Paese prevedono il raggiungimento del 17 per cento di fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020 e che sono stati recepiti dal piano di azione nazionale che il Governo italiano ha inviato a Bruxelles;
tale obiettivo va ovviamente perseguito garantendo procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni e illegalità, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity;
vanno ugualmente messe in atto tutte quelle misure e quei controlli che contrastino, in questo come in altri settori, speculazioni, illegalità e aggiramento delle norme;
nella versione approvata non vengono tenute in considerazione numerosissime condizioni poste nei pareri resi all'unanimità dalle commissioni competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
in particolare il Governo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di elevare la soglia di potenza (prevista a 5 megawatt) oltre la quale si prevede l'introduzione di un sistema di aste al ribasso considerato da quasi tutti gli operatori del settore farraginoso e poco comprensibile e che non è stato adottato con successo in nessun Paese, perché rischia in concreto di determinare l'interruzione di ogni possibile programmazione da parte degli operatori e in particolare di quelli di impianti eolici;
al fine di impedire l'utilizzo improprio di territorio agricolo a fini energetici, si è voluto porre mano agli incentivi previsti per il fotovoltaico in aree agricole, ma nel testo approvato non si sono adeguatamente fatti salvi gli investimenti già in essere così come le percentuali di occupazione del terreno previste risultano poco chiare e renderebbero in pratica impossibile la realizzazione di impianti, anche in quelle aree agricole marginali e non più utilizzate e per cui non sarebbe necessaria alcuna tutela particolare, oltre a quelle già previste dalle ordinarie procedure di valutazione di impatto ambientale;
l'anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del secondo conto energia sul fotovoltaico, rimandando a un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 aprile 2011, getta nella totale incertezza un intero settore e ha già bloccato tutti gli investimenti in essere;
in generale, l'approvazione del decreto ha suscitato da subito un diffuso ed
elevatissimo allarme in tutte le associazioni di imprenditori del settore delle rinnovabili (tra cui Anev, Aper, Anie-Gifi, Assosolare, Assoenergie Future) e nella stragrande maggioranza delle imprese, tanto che nelle ore immediatamente precedenti l'approvazione del decreto, il Governo ha ricevuto oltre 14 mila e-mail di protesta;
il settore delle rinnovabili in questo periodo di crisi economica è stato tra i pochi che, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione;
secondo le stime di Asso Energie Future sono circa 120.000 coloro che direttamente o indirettamente sono occupati nel settore del fotovoltaico, mentre secondo la CNA sono circa 85.000 le imprese coinvolte nel settore delle fonti rinnovabili;
Gifi-Anie, associata a Confindustria, ha denunciato che sono a rischio 40 miliardi di euro di investimenti programmati con conseguenti gravi effetti per l'occupazione del settore;
anche i nuovi investimenti nell'eolico sono attualmente a rischio a causa dell'incertezza dovuta al non chiaro funzionamento dei nuovi meccanismi basati sulle aste al ribasso;
il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti;
sono stati poi diffusi dati sugli oneri in bolletta dovuti agli incentivi alle rinnovabili, ad avviso degli interroganti, imprecisi e confusi;
dal 1992 ad oggi, grazie anche al CIP6, sono stati destinati tra i 40 e i 50 miliardi di euro, prelevati dalle bollette degli italiani, alle fonti fossili e alla chiusura del ciclo del vecchio nucleare;
a fronte di tale «regalo» ingiustificato la cifra effettivamente sostenuta nel 2010 per incentivare le rinnovabili è stata di 2,7 miliardi di euro, quando nello stesso anno cittadini e imprese hanno dovuto sostenere oneri ulteriori e impropri in bolletta per oltre 3 miliardi di euro;
la Germania, vero caso di successo in Europa nel settore, produce già oltre 40 terawatt ora di energia elettrica da eolico - contro poco più di 6 terawatt ora in Italia - e prevede di arrivare a 100 terawatt ora nel 2020 dalla stessa fonte e in quel Paese sono stati già istallati oltre 16.00 megawatt di fotovoltaico e si prevede di arrivare a 52.000 megawatt nel 2020;
il sistema tedesco ha permesso uno sviluppo impetuoso delle imprese e alla Germania di conquistare la leadership europea e mondiale nel settore delle fonti rinnovabili. Per queste ragioni nessuno in Germania mette in discussione il sostegno in bolletta alle rinnovabili (9 miliardi di euro lo scorso anno);
il Ministro Romani in data 8 marzo 2011 aveva dichiarato che entro due settimane dall'entrata in vigore del sopraccitato provvedimento sarebbe stato varato un nuovo decreto in grado di affrontare i gravi problemi aperti dal decreto legislativo del 3 marzo 2011;
la Camera dei deputati, il 16 marzo 2011, ha approvato all'unanimità una mozione a prima firma Franceschini in cui si impegna il Governo tra l'altro:
a non lasciare nell'incertezza tutto il settore delle energie rinnovabili e ad anticipare l'emanazione del decreto ministeriale di cui all'articolo 25 del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE, entro la prima decade di aprile del corrente anno (termine peraltro già non rispettato);
a fare salvi gli investimenti che siano stati avviati sulla base del precedente quadro normativo di incentivazione, ristabilendo un orizzonte di certezza sull'ammontare degli incentivi di cui beneficiano le imprese e che assicurano il rimborso dei finanziamenti bancari, interpretando il riferimento «all'entrata in esercizio degli impianti», contenuto nel decreto legislativo approvato, nel senso dell'effettiva produzione di energia elettrica, anche indipendentemente dall'allaccio alla rete elettrica;
a prevedere che i necessari «aggiustamenti», ossia la tendenziale riduzione nel tempo degli incentivi per le fonti rinnovabili, tengano in debito conto i congrui tempi di transizione, al fine di garantire gli investimenti effettuati dalle imprese del settore;
a rendere ancor più trasparente, l'impatto di tutte le agevolazioni dei costi dell'energia elettrica di famiglie e imprese;
a determinare gli incentivi previsti in modo tale da armonizzarli con il livello di incentivazione adottato nei principali paesi dell'Unione europea;
ad assumere iniziative per definire, un sistema di incentivazione che garantisca nel nostro Paese una prospettiva di crescita di lungo termine per il settore fotovoltaico, che consenta un maggior radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema produttivo nazionale;
nella rideterminazione del sistema di incentivi per il fotovoltaico, a tenere in considerazione, oltre alla loro sostenibilità, gli investimenti già effettuati per la realizzazione di impianti fotovoltaici, l'esigenza di accrescere l'efficienza energetica nell'edilizia e l'opportunità di prevedere meccanismi di adeguamento del livello dell'incentivo alle dinamiche dei costi delle tecnologie e degli impianti e prevedere altresì una modulazione in riduzione degli incentivi, secondo la maggiore potenza degli impianti;
nell'ambito della quantificazione delle tariffe incentivanti, a favorire la realizzazione di impianti integrati su edifici e manufatti, salvaguardando il territorio agricolo dalle speculazioni;
nella definizione dei nuovi incentivi, a mantenere un adeguato sostegno al settore delle energie rinnovabili con una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid party in linea con la progressiva riduzione dei costi di produzione del kilowattora da fonti rinnovabili;
a favorire, nell'ambito delle bioenergie, la filiera corta attraverso il ricorso agli impianti di piccola taglia e l'utilizzo di materie prime provenienti dal territorio, nonché, nella rimodulazione degli incentivi, a favorire gli investimenti degli enti pubblici e la produzione destinata all'autoconsumo;
a sostenere la ricerca e lo sviluppo dei processi di industrializzazione delle nuove tecnologie del settore fotovoltaico;
per quanto riguarda le fonti tradizionali, ad assumere iniziative per porre definitivamente fine al sistema di incentivazione tariffaria, noto come CIP6, di cui alla delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;
ad adottare misure che responsabilizzino il gestore della rete elettrica al fine di assicurare tempi contenuti e certi per l'allaccio alla rete elettrica;
a valutare l'opportunità, in prospettiva, di ridurre la soglia di potenza degli impianti, oltre la quale può essere adottato il sistema delle aste a ribasso, fissata dal decreto legislativo in 5 megawatt, ai fini di uno sviluppo del settore basato su meccanismi reali di mercato;
lo scopo di tale mozione è quello di evitare che il Governo proceda di nuovo a varare norme su una materia così importante per il futuro del Paese, ignorando gli indirizzi proposti dal Parlamento -:
quando il Governo intenda assumere le necessarie iniziative volte ad emanare il provvedimento correttivo, adeguandosi pienamente agli indirizzi proposti a più riprese dal Parlamento.
(4-11570)
...
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Ferranti e altri n. 1-00615, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 aprile 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampi.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Pini n. 4-09745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Pini n. 4-09970, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Polledri e altri n. 4-10744, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-10936, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-10937, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
L'interrogazione a risposta scritta Rivolta e Nicola Molteni n. 4-10940, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Rao n. 1-00614, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 461 del 11 aprile 2011.
La Camera,
premesso che:
secondo quanto emerge dal settimo rapporto sulle carceri, presentato il 22 ottobre 2010 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota pari a 68.527, ben quasi 24 mila in più rispetto alla capienza regolamentare (stimata in 44.612 posti letto) e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;
una situazione questa che definire «allarmante», è quasi riduttivo: alcuni tra gli istituti penitenziari più affollati d'Italia, precisamente quelli di Padova, Roma Rebibbia femminile, Sulmona, Roma Regina Coeli, Fermo, Perugia Capanne, Como, Firenze Sollicciano, Milano San Vittore, Napoli Poggioreale, Novara, Bologna, Gorizia, Trieste e Pistoia sono risultati fuorilegge, in base ad alcuni indicatori (numero dei detenuti presenti, metri quadri a disposizione per carcerato, condizioni igieniche ed ambientali, numero di ore trascorse al di fuori della cella), normalmente utilizzati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per valutare la sussistenza di un trattamento inumano e degradante causato da sovraffollamento;
il 43,7 per cento delle persone oggi detenute nel nostro Paese - sottolinea il rapporto - è composto da imputati: si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che fotografa «un'anomalia tutta italiana»;
nel febbraio 2009 il Ministro della giustizia aveva annunciato il varo di un piano carceri e la nomina di un commissario con poteri speciali, che avrebbe dovuto risolvere l'emergenza del sovraffollamento;
a distanza di un anno, il 13 gennaio 2010, il Governo proclamava lo «stato d'emergenza», nelle carceri italiane, stanziando fondi per ricavare nuovi spazi dietro le sbarre;
qualche mese dopo, anche in relazione all'esiguità delle risorse stanziate (in parte anche a detrimento dei fondi raccolti dalla Cassa delle ammende tra i detenuti per il loro reinserimento), il piano è stato ridotto a meno di 10.000 posti detentivi da realizzare entro il 2012;
anche se il Ministro della giustizia sostiene che nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati 2.000 posti detentivi, ad oggi nessun effetto del piano carceri si è prodotto; non si sa se quei 2.000 posti già realizzati siano parte del piano o di ampliamenti e ristrutturazioni già programmati da tempo, né se siano effettivamente operativi grazie alla disponibilità del personale necessario;
sempre nel gennaio 2010 il Ministro della giustizia Alfano prometteva l'imminente entrata in servizio di altri duemila agenti. A luglio 2010 ribadiva l'impegno assunto, abbassando i reclutamenti «in prima battuta», a mille: sono trascorsi altri nove mesi e ancora si attende l'ingresso dei nuovi poliziotti penitenziari;
se il trend prima descritto dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, per aumentare ancora nel 2012, a fronte di un vertiginoso calo di agenti già da otto anni, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;
la polizia penitenziaria soffre, infatti, di paurose carenze. Nello specifico, l'organico degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un numero di 42.268, a fronte di 55.000 detenuti. Oggi i carcerati, come sopra anticipato, sono diventati più di 68.000 e l'organico amministrato raggiunge 37.348 unità (vi è un poliziotto ogni due detenuti, sommando quelli in esecuzione interna e quelli in affidamento e semilibertà). Da queste cifre bisogna sottrarre il personale non in servizio attivo, ossia 3.109 unità, a causa di malattia, aspettativa, motivi di salute o prepensionamento;
con questi numeri, ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici;
anche il Sottosegretario per la giustizia Alberti Casellati, nel ribadire l'importanza del ruolo degli agenti penitenziari, ha affermato che: «il carcere è una primaria esigenza di ciascuna società e bisogna rivolgere particolare attenzione al ruolo della polizia all'interno della casa circondariale, una risorsa primaria e strategica per il reintegro del detenuto e del suo diritto alla tutela della salute»;
in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
in molti istituti sono state rilevate e segnalate carenze al riguardo, ma risulta inaccettabile, soprattutto, la differenza che si registra tra aree diverse del Paese. In Sicilia e Sardegna, regioni a statuto speciale dove la sanità penitenziaria non è ancora passata in carico alle aziende sanitarie locali regionali, la situazione appare più grave;
anche le drammatiche condizioni di salute degli agenti e la stessa sicurezza degli istituti non possono essere ignorate dal Ministero della giustizia e dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. L'istituto femminile di Rebibbia (dove è addirittura iniziato lo sciopero della fame e del sonno da parte delle agenti di polizia penitenziaria che continuano, nonostante tutto, a garantire i turni di lavoro, nel rispetto dei diritti delle detenute), sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento (368 detenute, a fronte di una capienza regolamentare prevista di 274 posti) e della gravissima carenza di personale, ben rappresenta la punta dell'iceberg della crisi dell'intero sistema carcerario nazionale;
non servono soluzioni tampone ma sono necessari interventi di sistema, per risolvere una volta per tutte le emergenze: è ora di tradurre nei fatti le dichiarazioni di intenti, di fronte agli enormi rischi della protesta in atto va garantito subito lo stanziamento di nuovo personale per consentire il normale funzionamento delle
strutture e condizioni dignitose agli operatori del settore;
neanche la salute dei minori viene tutelata come si dovrebbe in tutti i 19 istituti penali minorili, in cui vive un piccolo esercito di 426 ragazzi fra i 14 e 18 anni. Due detenuti su tre sono in attesa di giudizio, il resto invece sta scontando la pena. La maggior parte sono stranieri, spesso rom. Ma ci sono anche ragazzini italiani, per lo più provenienti dalle periferie delle città del Sud;
non sono i numeri ad allarmare, ma un sistema che non è a misura di minore. Se la detenzione è diventata davvero l'estrema ratio dopo la riforma del codice di procedura penale minorile del 1988, gli istituti penali minorili sono «contenitori di marginalità sociale», rivela «Ragazzi dentro», il primo rapporto sulle carceri minorili presentato il 24 marzo 2011 da Antigone;
il problema non riguarda solo le strutture perennemente con «lavori in corso», ma anche la gestione generale del minore detenuto. Problemi ci sono, ad esempio, nei trasferimenti dei ragazzi in istituti spesso lontanissimi dal loro luogo di origine, con conseguenti difficoltà nel mantenere rapporti con le famiglie;
le cifre fornite rappresentano il segno di una crisi che l'annunciato impegno del Governo non è riuscito a scalfire, lasciando i detenuti italiani in condizioni di vivibilità al limite della sopportazione. In questa situazione il confine fra pressioni, mancata tutela e induzioni a gesti estremi diventa labilissimo;
infatti, di carcere si può anche morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti orizzonti», del carcere di Padova. Complessivamente, i suicidi nelle carceri sono stati 72 nel 2009, mentre 55 detenuti si sono tolti la vita nei primi nove mesi del 2010;
come se non bastasse, da circa due anni i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le persone che lavorano in tutte le 206 carceri italiane sono in grado di offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni. La pianta organica ministeriale prevede 1.331 educatori e 1.507 assistenti sociali. In servizio al 1o settembre 2010 risultavano 1.031 educatori e 1.105 assistenti sociali, ossia circa un operatore ogni sessanta detenuti;
quanto descritto esprime, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, la contraddizione di una politica forte con i deboli e debole con i forti, che introduce nuovi reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi detenuti, specie immigrati;
quanto denunciato costituisce, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, una palese violazione dei principi della Carta costituzionale, in particolare dell'articolo 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» e dell'articolo 27, secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte;
infatti, secondo gli standard di riferimento utilizzati dalla Corte di Strasburgo, ogni detenuto ha diritto a 7 metri quadrati di spazio in cella singola e 4,5 metri quadrati in quella multipla: questa è la ragione per cui il nostro Paese è stato condannato al risarcimento di mille euro per aver inflitto un danno morale al cittadino bosniaco Sulejmanovic, un rom condannato per furto nel 2002;
la Camera dei deputati aveva già approvato, nella seduta del 12 gennaio 2010,
una mozione volta, tra l'altro, ad impegnare il Governo ad istituire un organo di monitoraggio indipendente di controllo sui luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, in corso di ratifica, ed a stipulare accordi internazionali volti a consentire l'esecuzione della pena presso i Paesi di provenienza dei condannati stranieri,
impegna il Governo:
ad adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso iniziative volte alla riduzione dei tempi di custodia cautelare, alla rivalutazione delle misure alternative al carcere, alla riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché all'attuazione immediata del piano carceri, presentato il 27 febbraio 2009 dal capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con l'indicazione delle reali coperture finanziarie;
ad assicurare risorse idonee a conseguire un adeguamento dell'attuale pianta organica del personale di polizia penitenziaria al fine di affrontare la situazione emergenziale di cui in premessa;
ad adottare iniziative normative per un ordinamento penitenziario specifico per i minori, essendo questa una riforma ormai improrogabile, sollecitata più volte anche dalla stessa Corte costituzionale;
a promuovere, per quanto di competenza, la dotazione di strutture e personale idonei ad assicurare un'adeguata assistenza psicologica ai reclusi;
ad accelerare, anche alla luce degli eventi più recenti, la stipula di eventuali accordi internazionali per far scontare ai detenuti stranieri le pene nei rispettivi Paesi d'appartenenza.
(1-00614)
(Nuova formulazione) «Rao, Ria, Galletti, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Occhiuto, Binetti, Capitanio Santolini, De Poli, Anna Teresa Formisano, Libè, Mantini, Tassone, Nunzio Francesco Testa».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza Tassone n. 2-00997 del 9 marzo 2011;
interpellanza Piffari n. 2-01028 del 31 marzo 2011;
interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04577 dell'11 aprile 2011.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta in Commissione Lovelli n. 5-04275 del 24 febbraio 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11569.
...
ERRATA CORRIGE
Risoluzione in Commissione Alessandri Angelo e altri n. 7-00558 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 461 dell'11 aprile 2011. Alla pagina 21060, prima colonna, alla riga ventottesima, deve leggersi: «prevedano che tali prodotti riutilizzabili» e non: «prevedano che tali imballaggi riutilizzabili», come stampato. Alla riga trentottesima, deve leggersi: «tratti di prodotti riutilizzabili, avendo» e non: «tratti di imballaggi riutilizzabili, avendo», come stampato.