XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 4 aprile 2011

TESTO AGGIORNATO AL 13 APRILE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, il legislatore è intervenuto sulla norma istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile (legge n. 225 del 1992);
il comma 2-quater dell'articolo 2 della suindicata legge ha introdotto (tra gli altri) dopo il comma 5-ter dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, i commi 5-quater e 5-quinquies;
il comma 5-quater ha previsto che il presidente della regione colpita da calamità naturali, per la quale sia già stato deliberato lo stato di emergenza, è tenuto a far fronte all'emergenza mediante risorse da reperire nel bilancio della regione;
qualora il bilancio della regione non sia sufficiente a coprire le relative spese, il medesimo presidente è autorizzato a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, nonché ad elevare ulteriormente la misura dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione fino ad un massimo di 5 centesimi per litro;
il comma 5-quinquies stabilisce che qualora le misure previste dal suindicato comma 5-quater non siano sufficienti per far fronte alle emergenze, la regione è autorizzata a far ricorso al fondo nazionale di protezione civile, avendo, però, in questo caso altresì l'obbligo di reintegrare il medesimo fondo in pari misura con le maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina, sulla benzina senza piombo e sul gasolio usato come carburante;
gli aumenti di cui al comma 5-quinquies dovranno anche essere impiegati per coprire gli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali di cui possono usufruire le regioni colpite da eventi o calamità naturali eccezionali ed imprevedibili;
le regioni, anche se non colpite da calamità naturali, hanno già provveduto, nei limiti di legge, ad introdurre aumenti dei tributi e delle addizionali. Si considerino, per esempio, gli aumenti già introdotti dalle singole regioni relativamente all'IRPEF, la cui aliquota può essere maggiorata dagli stessi enti territoriali fino al limite dell'1,4 per cento (per esempio, la Calabria ha previsto un aumento dell'aliquota dell'1,4 per cento; la regione Marche dello 0,9 per cento per i contribuenti con reddito imponibile non superiore a 15.500 euro, dell'1,2 per cento per i contribuenti con reddito imponibile compreso tra 15.500 euro ed i 31.000 euro; dell'1,4 per cento per i contribuenti con reddito imponibile superiore a 31.000 euro; l'Emilia-Romagna dell'1,1 per cento per i contribuenti con reddito imponibile non superiore a 15.000 euro, dell'1,2 per cento per i contribuenti con reddito imponibile compreso tra 15,001 euro e 20.000 euro, dell'1,3 per cento per i contribuenti con reddito imponibile compreso tra 20.001 euro e 25.000 euro, dell'1,4 per cento per i contribuenti con reddito imponibile superiore a 25.000 euro; il Veneto dello 0,9 per cento);
in alcune regioni - Lazio, Campania, Molise e Calabria - è stato lo stesso legislatore nazionale (legge n. 191 del 2009, articolo 2, comma 86), ad introdurre un ulteriore incremento automatico, per l'anno d'imposta 2010, dell'aliquota Irap dello 0,15 per cento e dell'addizionale regionale dell'Irpef nella misura di 0,3 punti percentuali per far fronte al deficit sanitario;
le regioni, quindi, già utilizzano tutte le maggiori entrate che derivano dagli aumenti dei tributi e delle addizionali

(aumentate quasi sempre sino al limite massimo consentito dalla legislazione vigente);
in caso di calamità naturali, in realtà, sarebbero costrette a reperire i fondi necessari per far fronte all'emergenza attraverso un ulteriore aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina;
tale aumento andrà inevitabilmente a sommarsi alla già esistente imposta regionale sulla benzina per autotrazione (decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, articolo 17, primo comma) ed, altresì, agli ulteriori aumenti delle accise sul carburante previsti dal Governo per reperire le risorse necessarie al finanziamento del fondo unico per lo spettacolo;
tale disposizione si contrappone all'esigenza di un ordinato ed equo sistema fiscale e crea potenzialmente una distorsione tributaria tra i cittadini a seconda della regione di residenza, penalizzandoli a seconda delle norme fiscali regionali esistenti alla data dell'entrata in vigore di tale norma, creando possibili fenomeni di dumping fiscale, sia pure involontario, sul prezzo della benzina tra regioni contermini, e rischiando di creare disuguaglianze, in relazione a costi di pari entità derivanti da eventi calamitosi, a seconda della popolazione residente nella regione colpita;
appare del tutto irragionevole stabilire che siano le stesse regioni colpite da calamità naturali a dover far fronte all'emergenza con risorse da reperire mediante un aumento generalizzato dei tributi;
tale meccanismo finirebbe per penalizzare proprio quei cittadini e quelle imprese che sono già stati danneggiati dalle calamità naturali;
l'aumento della pressione fiscale in un territorio devastato da calamità naturali determinerebbe certamente una crisi produttiva ed occupazionale;
l'incremento delle imposte alle comunità locali colpite da tragedie e calamità naturali stravolge le più elementari regole di solidarietà nazionale, poiché addossa proprio su quelle comunità l'onere di reperire le risorse per ripristinare la normalità e per far fronte alle emergenze,


impegna il Governo


a porre in essere le opportune iniziative normative, per intervenire sulle modifiche apportate dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10), all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, affinché si elimini l'obbligo per le regioni, colpite da calamità naturali, di affrontare tutte le spese conseguenti all'emergenza mediante l'impiego di risorse economiche da reperire - in caso di assenza in bilancio di disponibilità finanziarie sufficienti - attraverso un incremento della pressione fiscale.
(1-00610)
«Borghesi, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Favia, Piffari».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
a seguito delle verifiche tributarie svolte negli ultimi anni dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle entrate in materia di cessione degli impianti radiofonici, sono emerse alcune problematiche in ordine alla corretta qualificazione, a fini tributari, di tali cessioni, in quanto le stesse possono essere qualificate come «cessioni di impianti» soggette ad IVA, oppure come «cessioni di ramo d'azienda» soggette ad imposta di registro;
in particolare, gli uffici finanziari, seppur in momenti diversi, per quanto riguarda gli atti assoggettati ad imposta di registro, hanno in alcuni casi accertato un maggior valore della cessione, ed hanno in altri casi contestato la mancata applicazione dell'IVA, mentre, per gli atti assoggettati ad IVA, hanno richiesto l'applicazione dell'imposta di registro;

in tale contesto appare quindi necessario consentire il corretto inquadramento tributario di tali operazioni;
al riguardo si può rammentare che l'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo n. 177 del 2005, riprendendo il disposto della legge n. 650 del 1996, consente i trasferimenti di impianti, rami di azienda ed intere emittenti televisive e radiofoniche;
secondo quanto ricordato dall'associazione delle imprese radiofoniche e televisive locali (AERANTI) con la propria circolare n. 20 del 1998, le operazioni di compravendita di impianti e/o rami di azienda radiofonici e televisivi sono possibili ai sensi dell'articolo 1, comma 13, del decreto-legge n. 545 del 1996 e dall'articolo 3, comma 19, della legge n. 249 del 1997, tra imprese radiofoniche locali, tra imprese radiofoniche locali e nazionali e tra imprese radiofoniche nazionali;
la predetta circolare precisa inoltre che: «le acquisizioni di ramo d'azienda soggette ad imposta di registro del 3 per cento devono essere stipulate con atto pubblico ovvero con scrittura privata autenticata da notaio; le acquisizioni di impianti, soggette a fatturazione e IVA, possono essere stipulate con scrittura privata registrata anche senza firme autenticate», senza tuttavia individuare le caratteristiche delle due diverse fattispecie;
per poter identificare un impianto radiofonico e considerarlo quale bene giuridicamente tutelabile, bisogna individuarlo nei suoi componenti, che sono costituiti dalla frequenza radiotelevisiva, dalla possibilità di utilizzo della frequenza, in quanto pervia e libera, nonché dalle apparecchiature ricetrasmittenti installate nel loro complesso;
in particolare, la frequenza, che deve essere assegnata in via amministrativa, ai sensi del decreto legislativo n. 177 del 2005, caratterizza l'impianto, ed è determinante, sotto il profilo amministrativo, perché quest'ultimo assuma la qualificazione di bene giuridico;
infatti il predetto atto amministrativo di assegnazione della frequenza, sebbene non possa essere considerato come avviamento commerciale, costituisce un connotato essenziale della frequenza e dell'impianto radiofonico;
al fine di fare chiarezza nel complesso quadro appena esposto, fornendo agli operatori del settore un'indicazione univoca circa il regime fiscale da applicare, occorre definire con maggiore precisione le due fattispecie della cessione di impianti e della cessione di rami d'azienda o di intere emittenti, in modo da consentire la corretta applicazione del regime tributario corrispondente,


impegna il Governo:


ad adottare tutte le necessarie iniziative al fine di chiarire quale sia il regime tributario applicabile nelle distinte fattispecie di cessioni di impianti, da un lato, e di cessioni di rami d'azienda o di cessioni di emittenti, dall'altro, specificando che:
a) per quanto riguarda le cessioni di impianti radiofonici, esse devono essere qualificate come cessione di beni - e quindi soggette ad IVA - se l'atto di compravendita ha per oggetto un mero impianto radiofonico, scevro da contenuti o riferimenti a beni immateriali, considerando l'impianto nel suo insieme, ovvero l'impianto costituito dalle apparecchiature elettroniche, con i relativi diritti d'uso connessi all'autorizzazione amministrativa relativa alla frequenza, ovvero se l'atto di compravendita riguarda la cessione di impianti di collegamento;
b) devono invece essere considerati come cessioni di rami d'azienda, o come cessioni di intere emittenti televisive o radiofoniche, e quindi soggetti ad imposta di registro, gli atti di compravendita aventi ad oggetto, oltre agli impianti, anche uno dei seguenti beni immateriali:
1) l'avviamento commerciale, connesso ad una parte del pacchetto pubblicitario;

2) i marchi;
3) le testate radiofoniche;
4) i brevetti;
5) rapporti di collaborazione autonoma e subordinata;
6) altri rapporti giuridici in essere;
a considerare in ogni caso validi e non rettificabili a fini tributari gli atti di cessione sopra richiamati precedentemente posti in essere dagli operatori del settore.
(7-00544) «Comaroli, Fugatti, Forcolin».

La VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito dalla legge n. 163 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali gestiti direttamente dall'Anas s.p.a., a far data dal 1o maggio 2011, previa adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà definire le tratte ed i raccordi autostradali da pedaggiare;
pur essendo comprensibile la scelta operata dal Governo, dettata soprattutto da esigenze di bilancio, è doveroso evidenziare che l'applicazione del pedaggio sarà penalizzante per le popolazioni residenti nelle zone interessate e per le economie locali che si troveranno costrette a pagare la tassa per effettuare spostamenti per esigenze quotidiane di vita e di lavoro;
tale situazione è di palmare evidenza resa più difficile nelle zone in cui la rete stradale alternativa non è funzionale ed idonea a garantire collegamenti rapidi e agevoli;
le tratte autostradali ed i raccordi autostradali che saranno soggetti alla maggiorazione tariffaria sono stati già individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010 e sono: A90 grande raccordo anulare, A91 Roma-aeroporto Fiumicino; A3 Salerno-Reggio Calabria; A18 diramazione di Catania e RA 15 tangenziale ovest di Catania; A19 Palermo-Catania; RA2 raccordo autostradale Salerno-Avellino; RA3 Siena-Firenze; RA 6 Bettolle-Perugia; Ra 8 Ferrara-Porto Garibaldi; Ra 9 di Benevento; RA 10 Torino-Aeroporto di Caselle; Ra 11 Ascoli-Porto d'Ascoli; RA 12 Chieti-Pescara; RA 13 raccordo autostradale A/4 - Trieste - 14 diramazione per Femetti; raccordo Sicignano-Potenza;
non tutte le predette tratte hanno caratteristiche tipiche delle autostrade in termini di sicurezza, come previsto dalla legislazione europea e dal Codice della strada;
relativamente alle tratte autostradali e stradali per le quali dalla loro prima realizzazione sono trascorsi oltre 50 anni, l'introduzione del pedaggiamento non potrebbe non configurarsi quale nuova tassa. Il pedaggiamento infatti sarebbe svincolato da qualsiasi criterio legato all'ammortamento dell'opera o alla manutenzione della stessa;
relativamente alle nuove tratte l'introduzione del pedaggio potrebbe solo giustificarsi quale tassa di scopo finalizzata al miglioramento sostanziale della tratta da percorrere, in termini di viabilità, sicurezza e servizi;
l'apodittico pedaggiamento di reti autostradali vetuste, e per gran parte poste al sud, si tradurrebbe in un'ingiusta tassa per quest'aerea del Paese a favore del nord non avendo, la tassa, il vincolo territoriale di spesa,


impegna il Governo:


a escludere dal pedaggiamento le tratte stradali che non hanno le tipiche caratteristiche richieste per le autostrade, soprattutto in termini di sicurezza, e ciò

fino a quando non saranno completati i lavori di ammodernamento indispensabili per conseguire tale caratteristica;
a introdurre il pedaggiamento solo a fronte di un miglioramento sostanziale della tratta da percorrere, in termini di viabilità, sicurezza e servizi;
a destinare le risorse provenienti dall'eventuale pedaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti stessi.
(7-00543)
«Gibiino, Ghiglia, Germanà, Stradella, Tommaso Foti».

L'VIII Commissione,
premesso che:
nei primi giorni di marzo la regione Basilicata è stata interessata da violente precipitazioni che hanno provocato gravissimi danni alle infrastrutture, alle imprese e ai cittadini, in un'area di oltre 500 chilometri quadrati, dalla costa jonica fino alla città di Matera. Proprio in tale provincia si sono avuti i danni più rilevanti, in particolare nei comuni di Matera, Montescaglioso, Bernalda, Scanzano Jonico, Policoro, Tursi, Montalbano, Rotondella, Grottole, Grassano, Nova Siri, Irsina, e San Mauro Forte, anche in provincia di Potenza si sono avuti danni seppur di minore entità;
in 12 ore in Basilicata è caduta una quantità di pioggia pari al 70 per cento della piovosità media annuale. Ben quattro fiumi hanno esondato, allagando centinaia ettari di pregiate colture e comportando la chiusura di strade provinciali, soprattutto nel materano; nel potentino si sono verificate numerose frane che hanno portato alla interruzione del traffico su tratti di strade e ponti, danni significativi sono stati rilevati anche alla rete ferroviaria;
la strada statale Basentana, importante arteria di collegamento tra Metaponto (Matera) e Potenza, è stata tagliata in due per il cedimento di un pilone del viadotto di Calciano; la strada provinciale 176, nel tratto Pisticci-Craco Peschiera ha subito danni e a Metaponto di Bernalda, nelle frazioni di Serramarina, Spineto, San Marco e Pantano, si sono verificate interruzioni con chiusura al traffico della strada statale 106 «Jonica», una frana ha provocato la chiusura al traffico della statale 92 «dell'Appennino meridionale» nel comune di Laurenzana (Potenza);
numerosi automobilisti e agricoltori sono stati salvati dall'intervento dei vigili del fuoco e delle altre forze di sicurezza. Se ai gravissimi danni economici non si è aggiunto un pesante bilancio in termini di vite umane si deve proprio alla tempestività e competenza dell'intervento delle unità di protezione civile e dell'ANAS;
l'esondazione del Bradano, che ha interessato aree agricole e la pineta costiera, ha provocato la morte di centinaia di capi bovini e ovi-caprini in diverse aziende agricole. Diverse persone sono state tratte in salvo sui tetti delle proprie abitazioni, mentre a Metaponto Lido si sono avuti danni ad alcune strutture turistico/alberghiere, che sono state completamente inondate;
una prima stima dei danni ha consentito di valutarli in 112 milioni di euro alle infrastrutture, 31 alle aziende agricole, mentre quelli alle altre attività produttive non sono ancora esattamente quantificabili. Secondo la stima dei tecnici della regione a Matera, per scongiurare cedimenti nei Sassi, tutelati dall'Unesco come «Patrimonio dell'umanità», serviranno 27 milioni di euro, mentre ammonterebbe a 2 milioni e 200 mila euro la spesa solo per gli interventi di somma urgenza. Consistente, infine, sarebbe il danno d'immagine per le strutture turistico-ricettive della costa Jonica, considerando l'approssimarsi della stagione balneare;
il decreto legge n. 225 del 29 dicembre 2010, il cosiddetto «milleproroghe», convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, stabilisce, all'articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies, che nel caso di territori colpiti da calamità naturali di gravità tale da richiedere la dichiarazione

dello stato di emergenza, il presidente della regione interessata, «qualora il bilancio della regione non rechi le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le spese conseguenti all'emergenza ovvero per la copertura degli oneri conseguenti alla stessa», può aumentare i tributi, le addizionali o le aliquote fino al massimo consentito dalla legge e, in ultima battuta, elevare ulteriormente l'imposta regionale sulla benzina fino ad un massimo di 5 centesimi al litro oltre il massimo consentito. Se anche queste misure non fossero sufficienti, o se la calamità avesse rilevanza nazionale, la regione potrebbe allora accedere al Fondo per la protezione civile;
le regioni, pertanto, nel caso, tutt'altro che remoto, che il proprio bilancio non sia sufficiente a coprire le spese per gli interventi d'emergenza, saranno costrette a deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali e delle aliquote fino al limite massimo consentito. Solo dopo aver attivato tutte queste misure le regioni potranno accedere al Fondo nazionale di protezione civile. Quindi, in una regione alluvionata, le persone già danneggiate dal disastro naturale pagheranno la benzina più cara e più tasse, mentre le industrie duramente colpite dagli eventi alluvionali si ritroveranno a pagare l'IRAP nella massima misura prevista;
l'evento verificatosi in Basilicata come quelli altrettanto gravi verificatisi nelle regioni Marche, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia, tra la fine di febbraio e i primi di marzo 2011, sono le prime calamità naturali avvenute dopo l'approvazione definitiva del decreto «Milleproroghe». Tali prime esperienze hanno già evidenziato le gravi difficoltà in cui si trovano e si troveranno le regioni anche a causa del mancato finanziamento del Fondo regionale per la protezione civile, oltre che per il necessario controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, rispetto ai provvedimenti adottati, come imposto dal medesimo articolo 2 del decreto «Milleproroghe». L'attesa di alcuni giorni per ottenere il pronunciamento della Corte dei conti, infatti, può pregiudicare in modo irrimediabile l'efficacia degli interventi di soccorso. È vero che la legge prevede che il Commissario delegato possa intervenire assumendosi la responsabilità di dichiarare i provvedimenti provvisoriamente efficaci, altrettanto vero è che si tratta di una tale responsabilità che, di fatto, potrebbe portare alla paralisi degli interventi per timore delle possibili ripercussioni;
le recenti calamità naturali, che hanno colpito la provincia di Messina e le regioni Liguria, Campania e Veneto, l'ultima delle quali tra l'ottobre e il novembre del 2010, poche settimane prima dell'approvazione definitiva del «Milleproroghe», hanno avuto ben altro trattamento: con l'articolo 2, comma 12-quinquies del medesimo provvedimento di legge, infatti, sono stati stanziati cento milioni di euro «al fine di finanziare le spese conseguenti allo stato di emergenza derivante dagli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito il territorio, nonché per la copertura degli oneri conseguenti allo stesso»,


impegna il Governo:


ad assumere le necessarie iniziative di competenze per reperire le risorse per sostenere la regione Basilicata e le altre, regioni citate in premessa, impegnate a fronteggiare le disastrose conseguenze delle calamità naturali avvenute tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo del corrente anno;
a valutare l'opportunità di assumere un'iniziativa di modifica della citata normativa, onde evitare che i cittadini di alcune regioni, già duramente colpiti dagli eventi naturali, siano discriminati rispetto ad altri cittadini ugualmente sfortunati, dovendo sopportare, oltre al danno subito, anche l'onere degli interventi d'emergenza a cura delle regioni interessate.
(7-00545) «Margiotta, Braga, Mariani».

La IX Commissione,
premesso che:
le associazioni di autotrasporto, in data 17 giugno 2010, hanno siglato con il Governo e la committenza un protocollo d'intesa volto a migliorare la disciplina servizi di autotrasporto merci per conto di terzi e a favorire la promozione la legalità e il rispetto delle tutele sociali e delle norme sulla sicurezza della circolazione;
nell'accordo sono contenute una serie di proposte normative volte a valorizzare gli accordi di settore fra vettore e committente, relative ai costi minimi di esercizio, alla possibilità di azione diretta del vettore nei confronti della committenza, ai tempi di pagamento, ai tempi di carico e scarico della merce, alla regolarità contributiva dei vettori come condizione preliminare per la stipula dei contratti, alla migliore definizione della corresponsabilità dei soggetti della filiera del trasporto e alla disciplina degli imballaggi;
malgrado il Governo si sia impegnato - a fronte della rassicurazione delle imprese di autotrasporto a mantenere la pace sociale fino al 31 dicembre 2011 - ad attuare una serie di misure volte a migliorare la regolamentazione dell'autotrasporto, molti degli impegni sottoscritti non hanno ancora trovato attuazione;
le ingenti risorse destinate in questi anni all'autotrasporto non hanno sottratto il settore al grave e costante stato di crisi costringendolo a continue richieste di risorse pubbliche, mentre sarebbe opportuno che i mezzi finanziari arrivassero dal mercato e quindi dalla committenza;
per contro, sono aumentati il costo del gasolio, dei pedaggi autostradali e delle assicurazioni obbligatorie per responsabilità civile dei veicoli e, a fronte di tali aumenti, non solo non è aumentato il costo del trasporto, ma i committenti continuano a chiedere ribassi di tariffe;
per effetto delle recenti modifiche apportate al codice della strada sono state sostanzialmente incrementate le sanzioni per gli autotrasportatori, prevedendo, in caso in cui il conducente non effettui il pagamento immediato, il sequestro del mezzo;
sono pervenuti importanti segnali di tensione e di allarme da parte delle imprese di autotrasporto, alcune delle quali hanno minacciato la rottura della pace sociale concordata fino al 31 dicembre 2011,


impegna il Governo:


a mettere in atto tutte le opportune iniziative volte a dare attuazione, nel più breve tempo possibile, agli interventi definiti con le associazioni di categoria;
a riferire al Parlamento in merito a tale attuazione e sull'efficacia conseguente all'applicazione della nuova normativa relativa ai controlli su strada.
(7-00546)
«Velo, Meta, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Fiano, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Lovelli, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo».

La X Commissione,
premesso che:
il sistema normativo delineato dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, reca contenuti radicalmente innovativi rispetto alla previgente disciplina statale e regionale in materia di commercio ambulante e di commercio su aree pubbliche;
al 30 giugno 2010 la consistenza del commercio ambulante e su aree pubbliche ammontava sul territorio nazionale a 169.749 imprese, prevalentemente microimprese, quasi tutte a conduzione familiare;
la citata disciplina comporta una modificazione sostanziale delle regole e quindi del tessuto economico del commercio ambulante e su aree pubbliche, specialmente

per quanto attiene il mantenimento dei diritti acquisiti per i quali ogni decisione è rinviata all'intesa Stato-regioni prevista dall'articolo 70, comma 5, del citato decreto legislativo n. 59 del 2010;
il parere sullo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, approvato dalle Commissioni II e X della Camera dei deputati, invitava il Governo a «escludere espressamente l'equiparazione dei posteggi in aree di mercato alle risorse naturali» al fine di «evitare interpretazioni estensive della nozione di "risorse naturali"», sia per ragioni di coerenza con la normativa comunitaria (articolo 12 e considerando n. 62 della direttiva) sia per non penalizzare il settore del commercio ambulante e su aree pubbliche;
il medesimo parere invitava altresì il Governo a «escludere la possibilità di esercizio del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche da parte di società di capitali»;
la stesura definitiva del decreto legislativo non avrebbe tenuto in nessun conto il parere del Parlamento, tanto che sono previsti sia l'ingresso nel settore delle società di capitale, sia un'interpretazione estensiva del concetto di «risorse naturali» che ai sottoscrittori del presente atto pare immotivata;
all'incertezza ingenerata negli enti locali si aggiungono le perplessità riguardo all'intenzione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di rivedere gli attuali criteri per l'assegnazione dei posteggi e il rinnovo delle concessioni, nel senso della soppressione dei diretti acquisiti dagli operatori esistenti;
tale orientamento è in contrasto con l'articolo 70, comma 5, del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, che consente di legiferare in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 16 del decreto medesimo recante la disciplina della selezione tra diversi candidati, prevedendo altresì che con intesa in sede di Conferenza unificata, siano individuati «senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all'applicazione di tali disposizioni transitorie»;
per altri comparti, infatti, il decreto legislativo n. 59 del 2016 non ha disposto un apposito regime di deroga al principio della non rinnovabilità automatica delle concessioni, come è invece accaduto nel caso delle concessioni di posteggio su aree pubbliche, proprio a motivo della non corrispondenza del suolo su cui insistono queste ultime con le «risorse naturali» menzionate dall'articolo 12 della direttiva e dall'articolo 16 del decreto di recepimento;
la programmazione del commercio su aree pubbliche, infatti, risponde a criteri oggettivi di tutela e sostenibilità dell'ambiente ed avviene in termini di «aree», essendo il posteggio una porzione dell'area che si destina all'esercizio del commercio;
nulla peraltro, salvo le esigenze pubbliche, impedisce agli enti locali di modificare, in diminuzione o in aumento, le dotazioni iniziali dei mercati, i cui posteggi vengono sempre assegnati per bando e quindi con una procedura selettiva iniziale i cui criteri sono determinati dalle regioni;
del resto, la quasi totalità dei posteggi di mercato è allocata su strade e piazze per un orario giornaliero limitato, e torna a disposizione dei cittadini subito dopo la fine del mercato, caratteristica che esclude di per sé detti posteggi dalla nozione di risorse naturali;
la legislazione non prevede per il commercio su aree pubbliche limitazioni numeriche delle autorizzazioni teoricamente disponibili in relazione alla scarsità

di risorse naturali ma unicamente in ragione della sostenibilità ambientale, come ben evidenziato dal Parlamento, e con particolare riguardo alla disponibilità di superficie delle aree pubbliche, a fattori di viabilità e decoro urbano;
è necessario fare chiarezza al fine di dare certezza alle imprese e ripristinare condizioni di reciproca fiducia, anche precisando che la durata delle concessioni non può essere inferiore a dieci anni;
si ritiene del tutto impensabile l'adozione di norme diverse dalle attuali, poiché queste sarebbero lesive dei diritti acquisiti, possibile fonte di contenzioso in sede giudiziaria e foriere della sostanziale precarizzazione del settore;
è invece opportuno che le regioni adottino criteri di rinnovo legati alla valorizzazione dei posteggi occupati, alla opportunità di premiare la professionalità attraverso le anzianità maturate, la valutazione degli investimenti effettuati nel corso degli anni dagli operatori ed in generale la valorizzazione dei siti legati alle aree mercatali,


impegna il Governo:


a chiarire, con proprio provvedimento interpretativo ovvero con apposita iniziativa di modifica legislativa, che la nozione di «risorse naturali» o «capacità tecniche disponibili» non è applicabile ai posteggi utilizzati per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e che le relative concessioni non rientrano fra i casi di cui al comma 4 dell'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010 n. 59;
a concordare altresì un indirizzo nazionale che eviti discriminazioni e stabilisca le norme per il rilascio e il rinnovo delle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche sulla base del criterio prioritario della professionalità, desumibile in primo luogo dalla maggiore anzianità del titolo autorizzatorio e/o concessorio, da riferirsi alla data di originario rilascio del medesimo, indipendentemente dai subingressi che si sono succeduti nel tempo relativamente a quel titolo, nel mercato o fiera oggetto della selezione.
(7-00547)
«Lulli, Zunino, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:

OCCHIUTO e TASSONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 12 febbraio 2011, è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2011, lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa;
l'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord Africa ha determinato un collasso delle attuali strutture destinate all'accoglienza o al trattenimento dei cittadini sbarcati sulle coste italiane, con particolare riferimento a quelle situate nel territorio della regione siciliana;
con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 febbraio scorso il prefetto di Palermo è stato nominato Commissario delegato per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza;
oltre alle misure ritenute indispensabili per la tutela della salute e dell'ambiente,

il Commissario deve provvedere all'espletamento delle seguenti iniziative:
a) definizione dei programmi di azione, anche per piani stralcio, per il superamento dell'emergenza;
b) censimento dei cittadini sbarcati sul territorio italiano dai Paesi del Nord Africa;
c) adozione di misure finalizzate all'individuazione di strutture ed aree anche da attrezzare destinate alla gestione dell'emergenza di cui alla presente ordinanza, nonché al potenziamento di quelle esistenti;

per l'espletamento degli interventi e l'attuazione delle iniziative che il Commissario delegato dovrà attuare non è stato previsto, tuttavia, il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e del terzo settore in generale che hanno dimostrato nel corso di analoghe emergenze di poter fornire un valido ed insostituibile supporto -:
se non ritenga di procedere ad una integrazione della citata ordinanza prevedendo il coinvolgimento delle organizzazione di volontariato e del terzo settore in generale nell'attuazione delle iniziative che il Commissario adotterà al fine di superare l'attuale emergenza umanitaria, in particolare di quei soggetti che hanno già maturato significative esperienze nel corso di emergenze umanitarie, anche relative ad eventi diversi da quelli attuali.
(3-01562)

OLIVERIO, LARATTA e CESARE MARINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il campo ROM di contrada Scordovillo a Lamezia Terme rappresenta un grave problema sociale per la città;
si tratta, in estrema sintesi di un agglomerato di containers installati dal comune e dalla protezione civile nel corso del 2003 per ripararvi una comunità ROM che in quel luogo vi era stata trasferita negli anni '80 e che sino ad allora era stata accampata sulle rive del torrente Piazza, tracimato a causa di un evento alluvionale;
il campo è abitato da circa 600 persone, tutti cittadini italiani, più altre centinaia che vi gravitano;
con il passare del tempo, l'area di contrada Scordovillo, a ridosso della linea ferroviaria Lamezia-Catanzaro, da periferica è diventata sempre più centrale e popolata, sia per la costruzione del nuovo ospedale che per la presenza di numerosi altri edifici pubblici e privati provocando problemi di ordine pubblico e sicurezza;
il predetto insediamento, a causa della sua estrema precarietà, determina una situazione di elevato allarme sociale, con ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza, nonché una altrettanto grave situazione di allarme sotto il profilo igienico-sanitario e di incolumità per gli stessi residenti nel campo;
l'amministrazione comunale è impegnata in azioni di inclusione sociale e di bonifica dell'area: ha sottoscritto la convenzione relativa al progetto «Riqualificazione urbana in località Scordovillo», finanziato per un importo di 300 mila euro, che prevede un intervento di natura igienico-sanitaria con la realizzazione di una rete idrica, fognaria e un sistema viario;
è stata stipulata, inoltre, una convenzione tra il comune di Lamezia Terme e l'associazione «La Strada» - che da anni promuove l'integrazione scolastica di giovani altrimenti a rischio di emarginazione ed esclusione e che svolge anche un'attività di sensibilizzazione culturale e di sviluppo professionale tesa a migliorare le relazioni della comunità cittadina con quelle parti della città e della cittadinanza che sono distanti ed escluse - per accompagnare i bambini nelle scuole, e si sono trovate nuove sistemazioni abitative per diversi nuclei familiari;

l'amministrazione comunale porterà a conclusione tutte le iniziative avviate nell'ambito del PON sicurezza (programma operativo nazionale «Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo Convergenza 2007-2013» che prevede il finanziamento di progetti finalizzati ad aumentare, le condizioni di sicurezza e legalità nelle quattro regioni dell'obiettivo convergenza: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) con un progetto che prevede la spesa di 2 milioni e 519 mila euro: dalla bonifica del campo, alla video sorveglianza dello stesso, dall'avviamento ed inserimento sociale e lavorativo dei giovani ROM, la reintegro nel mercato lavorativo dei capifamiglia. La parte più consistente dei fondi è prevista per l'acquisizione di strutture abitative;
tuttavia, tutte le iniziative precedentemente esposte non sono assolutamente sufficienti per risolvere in via definitiva la questione, né per affrontarla adeguatamente;
ad aggravare la situazione, con provvedimento della procura della Repubblica presso il tribunale di Lamezia Terme n. 535/2011 R.G., è stato disposto il sequestro preventivo dell'area del suddetto campo Rom che sarà eseguito con le modalità dello sgombero;
l'allontanamento forzato di circa 600 persone, tra le quali vecchi e bambini, causerà un'evidente situazione di emergenza sia per l'individuazione dei luoghi ove trasferirli, sia per i notevoli oneri finanziari da affrontare;
gli sgomberi, senza un progetto preciso che tuteli le famiglie rom e i minori, costituiscono un motivo ulteriore per esasperare le relazioni tra le persone coinvolte;
è necessario affrontare in modo straordinario l'emergenza partendo da una ricognizione abitativa, dei suoli pubblici e dall'individuazione di risorse economiche adeguate per poter dare una risposta immediata e programmare, in modo graduale, lo sgombero del campo di Scordovillo e la piena integrazione sociale dei suoi abitanti -:
se siano a conoscenza dei fatti riportati e quali urgenti iniziative di loro competenza intendano intraprendere per sostenere l'amministrazione comunale di Lamezia Terme nella gestione dell'emergenza venutasi a creare a seguito del provvedimento di sgombero del campo rom di Scordovillo, atteso che gli ambiti di competenza assegnati dall'ordinamento alle autorità locali e le dotazioni finanziarie a disposizione rendono assolutamente indispensabile il coinvolgimento di tutte le articolazioni dello Stato affinché la vicenda possa essere affrontata e risolta con la necessaria tempestività ed efficacia;
se non ritengano altresì opportuno valutare, insieme all'amministrazione comunale coinvolta, un intervento organico e risolutivo di lungo periodo, con finanziamenti adeguati, che rispetti la dignità e i diritti di tutti i cittadini coinvolti;
se non si ritenga opportuna l'urgente dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del prefetto a commissario delegato per fronteggiare l'emergenza legata all'ordinanza di sgombero del campo rom di Scordovillo.
(3-01565)

Interrogazioni a risposta scritta:

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 30 marzo 2011, a seguito della visita del Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, a Lampedusa, parlando di Tunisia e di sbarchi di profughi sul territorio nazionale, lo stesso ha dichiarato: «Stiamo anche comprando dei pescherecci perché non possano essere usati per il traffico di migranti» come riporta la stampa on-line dello stesso giorno -:
quali iniziative il Governo abbia intrapreso e quali abbia intenzione di intraprendere

per attuare quanto affermato dal Presidente del Consiglio Berlusconi;
quanti pescherecci e imbarcazioni siano state o saranno acquistate ed a che destinazione verranno assegnate in Italia;
quale sia il costo complessivo dell'operazione di acquisto di pescherecci tunisini e come questo sia finanziato.
(4-11462)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal settimanale l'Espresso dal titolo «Libia, si spara uranio impoverito» a firma Gianluca Di Feo si apprende che lunedì 28 marzo 2011 il Pentagono ha confermato che in Libia sono entrati in azione gli A-10 Warthog, gli unici aerei che utilizzano pallottole all'uranio impoverito;
il contrammiraglio Bill Gortney, comandante dello Stato maggiore statunitense, infatti affermato che: «Nello scorso weekend abbiamo impiegato gli A-10» ma ha ribadito che «non intendiamo fornire dettagli sul tipo di armi impiegate»;
gli A-10 infatti sono aerei molto particolari. Vennero progettati ai tempi della guerra fredda per bloccare le colonne di carri armati sovietici. In pratica, il jet è disegnato intorno a un grande cannone a canne rotanti da 30 millimetri, lungo più di sei metri: un'arma spaventosa, chiamata «avenger» ossia «il vendicatore» che spara fino a 4200 colpi in un minuto. In genere, le raffiche sono di 50 colpi in mezzo secondo accompagnate da un suono sinistro, una sorta di ululato creato dal meccanismo del cannone. Per renderlo più efficace furono create le munizioni con una testata di uranio impoverito, molto più dura di qualunque altro metallo e quindi capace di bucare le difese di ogni veicolo blindato;
si tratterebbe quindi di aerei usati ora in Libia, a distanza di una settimana da assalti con aerei e missili che hanno raso al suolo le installazioni, perché si è entrati in una fase di caccia ai singoli carri armati e semoventi, piazzati tra le case o in postazioni protette dalle truppe lealiste;
il primo impiego massiccio di A-10 avvenne nel 1991 durante la prima guerra del Golfo, quando centinaia di tank iracheni vennero messi fuori combattimento dagli avenger. Poi sono tornati in azione sulla Bosnia e soprattutto nel Kosovo per snidare i carri armati serbi mimetizzati: ma a fronte di migliaia di pallottole esplose solo poche decine di bersagli vennero distrutti. Infine, l'Iraq nel 2003 e l'Afghanistan, dove però gli A-10 impiegano un numero ridotto di munizioni a uranio impoverito perché i talebani non hanno mezzi corazzati e gli americani preferiscono utilizzare soprattutto proiettili tradizionali con carica esplosiva, alternandoli a pochissime testate ad uranio per neutralizzare rocce e rifugi;
i Warthog devono ora eliminare uno ad uno i tank di Gheddafi e per farlo l'uso di quei proiettili è inevitabile. Ciascuno è lungo circa 30 centimetri e contiene circa 300 grammi di uranio impoverito: in pratica ogni raffica disperde circa 15 chili di uranio impoverito;
il Pentagono sostiene che la radioattività di queste armi è molto limitata, pari a quella di molte rocce naturali. Gli studi condotti dopo la guerra del 1991 invece hanno dimostrato un legame tra l'uso delle munizioni e tassi elevati di alcuni tumori tra i reduci più esposti. Fegato, reni, cuore e cervello si ritiene che subiscano danni per questa sostanza. In genere, quando la pallottola si scontra con una corazza tende a esplodere, disperdendo una nuvola di nanoparticelle intorno al punto di impatto: elementi microscopici che quindi vanno a contaminare un'area difficile da delimitare;
chiarimenti sull'uso di uranio impoverito in ambiti civili e militari sono stati

chiesti anche con le interrogazioni 4-11323 e 4-11054 -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
se, nell'ambito della coalizione, siano state usate armi che contengono dell'uranio in Libia;
se, in base al recente accordo per cui il comando delle operazioni in Libia è della NATO, gli A-10 partano da basi italiane;
se il Governo sia al corrente del rischio di contaminazione del territorio nazionale da uranio, in particolare nel Mezzogiorno;
se il Governo non ritenga di porre la questione in sede NATO sull'uso in Libia di uranio, facendone una condizione sine qua non della partecipazione dell'Italia alla coalizione.
(4-11480)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 23 dicembre del 2001 la Repubblica Argentina ha deciso di non rispettare le obbligazioni da essa stessa contratte con 450.000 cittadini italiani negli anni '90. È stata una decisione ad avviso dell'interrogante, non motivata da effettive esigenze, come dimostra, tra le tante, la decisione della Corte costituzionale della Repubblica Federale di Germania dell'8 Maggio 2007 (giurisdizione scelta dal paese sudamericano stesso) in cui si rileva che l'Argentina non può vantare lo stato di emergenza e necessità, avendo prova e dati sovrabbondanti del contrario;
l'Argentina ha in questi anni subito moltissime condanne nelle corti di appello di Francoforte e New York, nel tribunale Arbitrale ICSID previsto dal trattato bilaterale Italo-argentino del 1993. Essa, pervicacemente, continua a non rispettare queste decisioni, seppure adottate in tutti i tribunali da essa stessa scelti;
l'Argentina ha dato dimostrazione, da molti decenni, di essere completamente inaffidabile. Si pensi, ad esempio, che il Club di Parigi è sorto nel 1956 proprio per le inadempienze argentine. In questi ultimi decenni il paese ha fatto reiterati default eclatanti e di fatto, tanto da essere ormai identificato nel mondo, come lo stato «serial defaulter» per eccellenza;
risulta che l'Argentina si rifiuti di onorare le sentenze che nel mondo la condannano alle sue obbligazioni sia finanziarie che societarie. C'è da notare che quella nazione rappresenta l'84 per cento di tutte le cause presso l'ICSID delle 20 nazioni del G-20 e confermando così sua completa inaffidabilità. Sapere che la coppia presidenziale ha incrementato in un solo anno, profittando anche delle notizie riservate sui mercati finanziari, la loro ricchezza del 158 per cento. Sapere ancora che la spesa pubblica è aumentata sempre all'anno del 43 per cento, ha reso le offerte di scambio ad avviso dell'interrogante inaccettabili;
l'Argentina si rifiuta perfino di dare risposta a sentenze definitive in appello di cittadini italiani, ottenute presso la corte di appello di Francoforte (foro competente scelto dall'Argentina), di cui il Ministero degli affari esteri ha copia, dimostrando così ancora la completa inaffidabilità di quella nazione;
l'Argentina ha enormi risorse di bestiame, agricoltura, miniere di ogni tipo di materiali, giacimenti di petrolio in tutto il paese. Ha trasferito risorse da New York a Basilea come «precauzione» contro le richieste dei creditori, in particolare appositamente in prossimità del default 2001. La nazione mantiene presso la BIS di Basilea oltre 50 miliardi di dollari contando con il fatto che, per statuto della stessa BIS, tali riserve non possono essere sequestrate. Si deve notare che questa

somma rappresenta l'80 per cento delle sue riserve, quando tutte le altre nazioni vi hanno solo dal 2 al 4 per cento. Si stima inoltre che le somme sia pubbliche che private trasferite illegalmente all'estero ammontino a più di 200 miliardi di dollari;
l'Argentina, anche nella sue inaccettabili offerte di scambio, critica addirittura la Corte Costituzionale Federale di Germania, foro competente scelto proprio da quel Paese, per aver sentenziato che lo stato di necessità non concede all'Argentina di non onorare le sue obbligazioni;
dalla loro descrizione si dà a capire che quella Corte costituzionale ha una colpa perché la sua decisione induce altre cause contro l'Argentina, portando con ciò a promuovere altre cause e di conseguenza impedire la possibilità del servizio del debito pubblico argentino. Quella Corte Costituzionale ha detto che in ogni caso riconosce lo stato di necessità solamente a tutto il 2003, ed in ogni caso non è da farsi valere nei riguardi dei privati cittadini;
per un giudizio più nel dettaglio dell'ultimo scambio 2010, riteniamo che la durata incredibile di 28 anni (37 dal default) sia un tempo aberrante. Normali, piccoli e medi risparmiatori mai hanno scelto durate simili. Una nazione come l'Argentina, che dice, a convenienza sua nel caso di default, di non avere certezze sulla sua capacità futura di onorare il debito, non può prevedere tassi fissi stabiliti sin d'ora e pagamenti così lontani;
c'è da notare che gli indici dell'INDEC (ufficio statiche argentino) sono incontestabilmente oggetto di rilievi e dubbi dell'FMI e che hanno portato e portano a cedole previste sulle obbligazioni scambiate nel 2005 e 2010, già misere, ancor più ridotte. Gli stessi membri del governo hanno rilasciato dichiarazioni che se usassero gli indici veri dovrebbero pagare di più. È in corso una forte considerazione da parte del Fondo monetario internazionale di rendere ufficiale questo aspetto con tutte le conseguenze di maggiore e migliore conoscenza dei comportamenti assai negativi e inaccettabili di quella nazione;
l'Argentina non ha mai trattato in buona fede. Ricordiamo tutti come sia stato mal trattato, più volte, a Buenos Aires il Dott. Stock, in rappresentanza di centinaia di migliaia di italiani. L'Argentina dice di trattare con i risparmiatori, ma lancia i cambi sempre in maniera unilaterale. Comportamento già di per sé intollerabile;
odiosa è la definizione di istituzionali, di quelle banche, la Barclays, Citi Bank, Deutsche Bank, perché, in accordo con la Repubblica Argentina, ancor prima del 2005, hanno, attraverso il sistema bancario nelle varie nazioni, rastrellato (attraverso un vergognoso buy back) tutto il possibile ai piccoli risparmiatori, e non capitali già presenti nei propri portafogli d'investimento delle banche stesse. Questo, dopo il terrore sparso sulla propria situazione e sulle non intenzioni di pagamento ai risparmiatori europei, americani e giapponesi, contando sullo sfinimento, il bisogno e l'età media di essi, con mentite notizie ai mezzi di stampa internazionali;
è proprio di questi giorni la considerazione di molti stati del G-20 di escludere l'Argentina da quel consesso per le sue considerazioni a mezzo della sua presidente Cristina Fernandez de Kirchner di critica del Fondo Monetario Internazionale;
i numerosi cittadini italiani che contattano l'interrogante, sono venuti a conoscenza del modo di concepire da parte degli argentini la loro vita e nazione. È convinzione fondata e diffusa che non saranno le relazioni cordiali e amichevoli a ricondurre l'Argentina sulle strade del buon comportamento civile ma proprio esattamente il contrario;
fin dal 2002, il Ministro delle finanze argentino Lavagna ha promesso all'Italia di elaborare una offerta «equilibrata» nella ristrutturazione del debito. È stato tutt'altro con le due offerte unilaterali di

scambio che hanno aggiunto ulteriore disperazione ai cittadini italiani coinvolti;
l'interrogante a fronte di quanto detto ritiene opportuno di procedere con la massima cautela nel concedere alcunché. E ci sia solo una promessa di riallacciare proficui rapporti reciproci eventualmente ad avvenuto completo adempimento di quanto doverosamente dovuto ad evitare che si rafforzi il possibile convincimento negli argentini che non rispettare le regole paghi -:
quali siano le intenzioni del governo italiano verso la Repubblica Argentina nel viaggio di visita che il Ministro degli affari esteri si appresta a fare a quella nazione, nella considerazione dei 450.000 cittadini italiani risparmiatori nelle obbligazioni argentine;
se il Ministro intenda rappresentare come per l'Italia sia inaccettabile il comportamento argentino di non dar seguito alle sentenze definitive nelle giurisdizioni previste di Francoforte e New York, e nella prevedibile sentenza dell'ICSID, considerando anche le immense ricchezze naturali di quella nazione in tutti i campi, i 38 milioni di cittadini su una superficie pari all'Europa dei 27.
(4-11459)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
recentemente è stata resa pubblica la notizia che una poiana è stata abbattuta dalle pale eoliche di un impianto, di ben 7 mega torri eoliche alte tra 100 e 150 metri nel comune di Carpignano Salentino; è fondato il timore delle associazioni ambientaliste locali che l'impianto provochi danni gravi all'avifauna; i cieli di Carpignano, anche nella stessa zona dove ruotano le mastodontiche pale, sono notoriamente interessati dalla presenza di molteplici specie di uccelli;
uccelli che le torri rotanti paiono quasi tragicamente attrarre a loro, anziché tenere a debita distanza di sicurezza; ma è proprio l'adiacente zona del canale d'Otranto a costituire un luogo di passo migratorio di rilevanza internazionale; la stessa Conferenza internazionale di Ramsar del 1971, sottoscritta anche dall'Italia, ha individuato nel Salento, crocevia importantissimo per rotte migratorie internazionali, un'area, l'Oasi delle Cesine, da proteggere come luogo di sosta per l'avifauna migratoria; il danno che il mega impianto eolico causa nel Salento si riverbera pertanto sulle popolazioni di uccelli dell'intera Europa e non solo -:
se e quali iniziative di competenza si intendano adottare per evitare altre perdite gravi per il patrimonio avifaunistico internazionale;
se non ritenga il Governo di assumere ogni iniziativa volta a dichiarare il Salento, anche per la sua diffusa valenza paesaggistica, «no wind turbine zone» cioè area interdetta all'erezione di turbine eoliche impattanti.
(4-11481)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in una precedente interrogazione presentata nell'ottobre del 2009, si palesava la difficoltà insorta a seguito della sospensione dell'attività di motovedetta dei carabinieri che, di stanza a Sultano, sul

lago di Iseo, monitorava tutto il Sebino, grazie al controllo effettuato da due militari. Tramite la motovedetta, l'attività dei carabinieri era volta al controllo della velocità dei motoscafi, all'identificazione delle imbarcazioni ed alla verifica della regolarità dei libretti di circolazione, oltre che del controllo degli scarichi fognari e delle spiagge, nonché della tutela dell'ambiente. La decisione relativa alla sospensione del servizio, dovuta soprattutto ad esigenze di bilancio e per razionalizzare i servizi di vigilanza effettuati dai militari dell'Arma, ha suscitato le critiche degli amministratori locali, dato che è venuto a mancare uno degli elementi fondamentali volti a garantire la tranquillità e sicurezza di chi frequenta il Sebino;
ad oggi, la situazione non si è ristabilita. Infatti, il servizio di motovedetta si rende necessario soprattutto per l'attività di controllo del traffico natante all'interno del lago, che risulta essere, l'unico in Italia senza la pilotina dell'Arma. A tenere fermo il motore sembra essere la burocrazia. «La Regione deve ancora decidere come ripartire i fondi, afferma Giuseppe Faccanoni, presidente del Consorzio dei laghi Iseo, Endine e Moro. La motovedetta è un problema piccolo per la Regione, ma fondamentale per noi». Tra un mese la stagione relativa alle attività del lago entrerà nel vivo e il traffico lacustre aumenterà. «L'anno scorso, più di una volta si è sfiorata la tragedia, per via di potenti motoscafi che ad alta velocità hanno rischiato di travolgere le piccole barche», aggiunge Max Barro, consigliere della società di gestione del porto di Cornasola. Le polizie provinciali di Bergamo e Brescia che possono anche superare i rispettivi confini, ma per gli amministratori quella motovedetta resta importante;
lavorare sulla sicurezza del lago significa innanzitutto intervenire sul personale operativo e sulla strumentazione a disposizione delle forze dell'ordine, ecco perché resta una priorità sbloccare il prima possibile la questione della motovedetta dei carabinieri di Chiari che è ancora ancorata nel porto di Sultano e dall'inizio del 2011 non è mai entrata in servizio. Oramai il problema economico sembra scongiurato, dato che il consorzio dei laghi di Iseo, Endine e Moro, la regione Lombardia e il comando regione dei carabinieri lo scorso anno avevano sottoscritto una convenzione che aveva garantito l'attività della motovedetta anche per tutta l'estate 2011. Il problema è soprattutto di carattere amministrativo e burocratico. Un problema che rischia di lasciare il Sebino, unico tra i grandi laghi d'Italia, senza una motovedetta dei carabinieri. La scorsa settimana Faccanoni ha partecipato presso la regione Lombardia ad un vertice con i rappresentati del Pirellone, ma la riunione è stata aggiornata al 4 aprile. «Dovevamo incontrarci con l'assessore Cattaneo: il problema è che il suo assessorato deve ancora stabilire come ripartire quest'anno i fondi a sua disposizione. La motovedetta è un problema piccolo per la Regione, ma fondamentale per noi: sono però ottimista e mi auguro che l'imbarcazione torni in servizio per Pasqua»;
«La massiccia presenza di imbarcazioni e motoscafi crea qualche problema di convivenza e l'anno scorso - spiega Barro - si è sfiorata più di una volta la tragedia: potenti motoscafi guidati, talvolta, da gente che non rispetta i limiti di velocità hanno rischiato di travolgere le piccole barche a vela e sono passati troppo vicini alle altre imbarcazioni». Lo scorso anno le province di Bergamo e Brescia hanno firmato un protocollo di intesa che permette alle due polizie provinciali di operare su tutto il lago, superando i confini amministrativi. L'esperienza continuerà anche quest'anno, ma potrebbe non bastare. «L'anno scorso - spiega il sindaco di Sarnico, Franco Dometti, nella nostra zona di lago non ci sono mai stati problemi perché c'erano ad operare le due polizie provinciali, i volontari della guardia costiera e la motovedetta dei carabinieri. Gli agenti in divisa, anche solo come deterrente, risolvono tante situazioni rischiose. Ecco perché è fondamentale che torni in attività la motovedetta dell'Arma»;

lo scorso anno, per garantire la piena funzionalità di questo importante servizio di sorveglianza e prevenzione, il comando regionale dell'Arma, la regione ed il consorzio per i laghi di Iseo, Endine e Moro avevano raggiunto un accordo: Pirellone e Consorzio avevano sottoscritto una convenzione con la quale mettevano a disposizione 20 mila euro per fare in modo che la motovedetta fosse sempre in servizio. Il comando dei carabinieri, infatti, aveva allora già temporaneamente sospeso l'attività per carenza di fondi e di personale. Considerata l'importanza di questa imbarcazione, il consorzio e la regione avevano raggiunto un accordo e avevano quindi stanziato 20 mila euro in modo da garantire un funzionamento a tempo pieno. Dalla compagnia dei carabinieri di Chiari, da cui dipende l'attività della motovedetta, spiegano che fino al 31 dicembre 2010 è stata usata sei giorni su sette, ogni settimana. Alla fine dell'anno, però, la convenzione è scaduta -:
quali misure di competenza il Ministro intenda adottare al fine di riportare alla normalità l'attività di servizio e di controllo della motovedetta dei carabinieri sul lago di Iseo.
(4-11464)

VILLECCO CALIPARI, ARGENTIN, CONCIA, GOZI, META, POMPILI, MOGHERINI REBESANI, MARCO CARRA e STRIZZOLO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel corso della riunione dei Ministri della difesa che si è tenuta a Bruxelles il 14 ottobre 2010, è stata approvata la direttiva NATO secondo la quale l'Alleanza atlantica manterrà un arsenale nucleare in Europa;
da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel corso di detta riunione alcuni Paesi membri - Germania, Olanda, Lussemburgo, Norvegia e Belgio - avrebbero mostrato l'intenzione di porre questo punto all'ordine del giorno della prossima riunione di Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri della NATO, in programma il 19-20 novembre 2010 a Lisbona, perché contrari alla presenza di armi nucleari sul suolo europeo;
secondo il rapporto «U.S. non-strategic nuclear weapons in Europe: a fundamental NATO debate» presentato a fine ottobre 2010 da un comitato dell'Assemblea parlamentare della NATO, non si conoscerebbero con esattezza quante armi nucleari non strategiche gli Usa mantengono in quattro Paesi europei, Italia, Belgio, Olanda e Germania;
secondo stime ufficiose citate nel rapporto si parlerebbe di 70-90 testate in Italia, ad Aviano e a Ghedi-Torre e le testate presenti sul suolo italiano sarebbero bombe B-61 con una potenza che va da 45 a 170 kiloton;
secondo lo stesso rapporto vi sarebbe l'intenzione, da parte della NATO, di «raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche» e secondo la maggior parte degli esperti «le località più probabili per tale ridislocazione sono le basi sotto controllo Usa di Aviano in Italia e Incirlik in Turchia»;
in occasione della riunione dei Ministri degli esteri della NATO dell'aprile 2010, sempre secondo il rapporto, mentre Germania, Belgio e Olanda avrebbero sollevato la questione delle armi nucleari degli Usa in Europa, mentre Italia e Turchia sarebbero rimaste in silenzio;
il 3 giugno 2010 la Camera ha approvato una mozione filmata da tutti i gruppi parlamentari con la quale si impegnava il Governo «ad approfondire con gli alleati, nel quadro del nuovo concetto strategico della NATO di prossima approvazione, il ruolo delle armi nucleari sub-strategiche, e a sostenere l'opportunità di addivenire - tramite passi misurati, concreti e comunque concertati tra gli alleati - ad una loro progressiva ulteriore riduzione,

nella prospettiva della loro eliminazione» -:
se sia fondata la notizia circa la possibilità che parte delle armi atomiche della NATO, attualmente dislocate in diversi Paesi europei, vengano stoccate in Italia;
se i Ministri interrogati intendano riferire sulle posizioni assunte dall'Italia e su quelle che assumerà nel prossimo vertice di Lisbona, prima della approvazione del nuovo concetto strategico della NATO;
se i Ministri interrogati intendano accettare la presenza di armi nucleari di tale portata sul suolo italiano e se abbiano maggiori informazioni sulla quantità, tipologia e il periodo di stoccaggio di tali armi.
(4-11471)

SARUBBI, RUGGHIA, MOGHERINI REBESANI, MARIANI, BRAGA, COLOMBO, ROSATO, BRATTI e REALACCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa e delle segreterie dei sottosegretari di Stato del dicastero - di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 2006, n. 162 - è stata attribuita alla signora Hoara Borselli una «collaborazione coordinata e continuativa, nell'ambito della Segreteria del signor Ministro per i grandi eventi, con particolare riferimento alle manifestazioni del 150o anniversario dell'Unità nazionale», a partire dal 10 marzo 2011;
per la collaborazione in oggetto, alla signora Hoara Borselli verrà corrisposto un compenso di 16.120 euro, cifra equivalente alla modesta paga corrisposta a due soldati in ferma prefissata annuale destinati anche ad operare in missioni internazionali;
il Ministero della difesa dispone già di tutte le professioni presenti nel mondo del lavoro, compresi giornalisti ed esperti di comunicazione, con una consolidata ed apprezzata capacità di rapporti con le istituzioni di ogni livello e gli enti locali;
la signora Borselli nel 1992 partecipa a Miss estate Festivalbar, arrivando in finale e vincendo il titolo di Miss Malizia. Nel 1993 partecipa e vince il concorso di bellezza Fotomodella dell'anno. Successivamente, lavora come conduttrice televisiva e attrice, apparendo sul grande schermo con il film Per favore, strozzate la cicogna (1995), e due anni dopo con Panarea. Nel 1997 è stata letterata di Paolo Bonolis nel programma Il gatto e la volpe. Il suo primo ruolo d'attrice in televisione è quello di Barbara Nardi Ryan, interpretato nel 2002 nella fiction Cento Vetrine. Tra le altre fiction tv in cui ha recitato, ricordiamo: la serie tv Grandi domani, in onda su Italia 1 nel 2005, e la miniserie tv Provaci ancora prof 2 (2007). Nel 2005 vince la prima edizione del reality show condotto da Milly Carlucci, Ballando con le stelle, in coppia con il maestro Simone Di Pasquale, con il quale tra il 2007 e 2008 recita in teatro nel musical La febbre del sabato sera. Nel 2006 Vincenzo Salemme la vuole al suo fianco come primadonna nel suo spettacolo Famiglia Salemme Show. Nel 2008 partecipa come primadonna, insieme con Aida Yespica, al programma del Bagaglino, Gabbie di matti. Inoltre è nel cast della miniserie tv Vita da paparazzo;
il ricco curriculum della collaboratrice non sembra sovrapporsi alle competenze necessarie per espletare quanto richiesto dalla collaborazione posta in essere dal Ministro della difesa;
si rileva peraltro la circostanza per la quale detta collaborazione, che risulta essere imperniata soprattutto sulle manifestazioni per il 150o dell'Unità d'Italia (evento la cui preparazione è stata avviata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2007), inizia il 10 marzo 2011, ad appena una settimana dall'evento centrale delle celebrazioni, ovvero il 17 marzo 2011 -:
in base a quali criteri il Ministro interrogato abbia assegnato detta collaborazione

alla signora Hoara Borselli e quali siano esattamente le mansioni attribuitele.
(4-11476)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
un'agenzia di stampa (Adnkronos) del 1o aprile 2011 ha riportato la notizia che «Oltre mezzo chilo di hashish è stato scoperto nascosto nelle canne dei fucili rientrati nelle casse dell'Afghanistan nella caserma Feruglio degli alpini della Julia di Venzone (Udine). Il pm che coordina le indagini, Alessandra Burra, conferma la notizia. Nel dettaglio, la prima quantità di droga, 362 grammi, è stata ritrovata il 27 marzo casualmente da un armiere, che ha denunciato l'episodio. Il secondo quantitativo, 167 grammi, è stato ritrovato il 29 marzo dagli investigatori, ma nessuno si è presentato nell'armeria a ritirare la droga. È accaduto infatti che la notizia del primo ritrovamento sia passata in un lampo di bocca in bocca, mettendo in guardia chi attendeva di riprendersi la droga. Così è sfumata la possibilità di cogliere con le mani nel sacco l'autore del traffico di hashish. Le indagini sono condotte dalla tenenza della Guardia di finanza e dai Carabinieri della Compagnia di Tolmezzo. Visto però come sono andate le cose, sarà assai difficile che gli investigatori riescano a scoprire il responsabile o i responsabili della vicenda.»;
sono numerose negli anni le notizie di questo tipo riportate dai mezzi di informazione che, in alcuni casi, hanno riguardato anche il traffico di armamenti destinati alla malavita organizzata;
ad avviso degli interroganti, l'episodio descritto rende evidente la necessità che anche i trasporti/spedizioni dei materiali militari che rientrano nel territorio italiano, provenienti dalle zone dove operano i contingenti delle Forze armate impegnati nelle missioni internazionali, siano assoggettati ai controlli da parte degli organi di polizia competenti, perché se in questa occasione si è trattato solo di un modico quantitativo di droga non è chiaro se sia stato solo un «caso isolato» oppure la «riservatezza» dei trasporti militari abbia favorito anche altri traffici illeciti -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e se non ritenga opportuno impartire immediate disposizioni affinché i trasporti/spedizioni dei materiali militari in uso alle Forze armate effettuati verso l'Italia dalle zone dove si svolgono le missioni internazionali siano sottoposti ad accurati controlli al fine di prevenire traffici illeciti e, in caso contrario, quali immediate azioni intenda intraprendere in tal senso.
(4-11477)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, ha introdotto misure urgenti a sostegno della domanda, l'incremento della produttività del lavoro e del potere di acquisto delle famiglie prevedendo una tassazione agevolata sulle somme corrisposte a titolo di lavoro straordinario, supplementare e premi di produttività;
l'articolo 2, comma 1 ha introdotto un'imposta sostitutiva del 10 per cento per le somme erogate ai dipendenti del settore privato, in relazione sia a prestazioni di lavoro straordinario che ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa;
il regime di tassazione agevolata è stato prorogato per gli anni 2009 ai sensi

dell'articolo 5 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2009, n. 2 e 2010 ai sensi dell'articolo 2, commi 156 e 157, dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191, limitatamente agli elementi retributivi premiali (premi di produttività);
le circolari n. 49/E dell'11 luglio 2008 e n. 59/E del 22 ottobre 2008, emanate dall'Agenzia delle entrate e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, hanno chiarito che rientrano nel regime di tassazione agevolato anche le indennità o maggiorazioni di turno o comunque le maggiorazioni retributive corrisposte per lavoro normalmente prestato in base ad un orario di turni, ed anche le somme erogate a titolo di lavoro notturno rientrano nell'aliquota agevolata del 10 per cento;
talune organizzazioni e rappresentanze sindacali hanno richiesto delucidazioni alle amministrazioni competenti in merito al regime di tassazione agevolata di cui all'articolo 2, comma 1, del suindicato provvedimento;
la risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010, emanata dall'Agenzia delle entrate ha definitivamente chiarito che devono essere assoggettate ad imposta sostitutiva del 10 per cento non soltanto le indennità e le maggiorazioni erogate per prestazione di lavoro notturno, ma anche il compenso ordinario corrisposto per quella stessa prestazione lavorativa, chiarendo anche la retroattività di tale interpretazione per gli anni 2008 e 2009 e nel rispetto dei requisiti e dei limiti previsti dalla normativa e, pertanto, per un importo massimo di 3.000 euro per l'anno 2008 e di 6.000 euro per gli anni 2009 e 2010 in favore di titolari di un reddito di lavoro dipendente che non abbia superato nell'anno precedente un determinato importo (non superiore ad euro 30.000 lordi nel 2007, euro 35.000 lordi nell'anno 2008, euro 35.000 lordi per il 2009);
stando alla citata risoluzione, per le retribuzioni sottoposte per gli anni 2008 e 2009 a tassazione ordinaria, anziché all'imposta sostitutiva del 10 per cento, i lavoratori dipendenti potranno far valere la tassazione più favorevole in sede di dichiarazione dei redditi, presentando dichiarazione integrativa per gli anni passati o avvalendosi dell'istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e il datore di lavoro certificherà l'importo erogato a titolo di incremento della produttività del lavoro sulle quali non ha applicato la tassazione sostitutiva;
l'organizzazione sindacale FILP/Conf. lavoratori, tramite il segretario generale, Giuseppe Giordano, ha chiesto al direttore centrale dell'Agenzia delle entrate di informare in modo semplice, definitivo e con comunicazione ufficiale la direzione centrale di Poste italiane spa su come rendere esecutiva e pratica l'applicazione della risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010 dell'Agenzia delle entrate per i dipendenti di Poste italiane spa, tenuto conto che i suddetti dipendenti rientrano nel regime della tassazione agevolata in quanto pur essendo pubblica la funzione il contratto di lavoro del dipendente è privato -:
quali provvedimenti intenda predisporre al fine di consentire la corretta e definitiva applicazione della normativa indicata in premessa garantendo un sostegno concreto e fattivo ai lavoratori e alle famiglie;
se si ritenga auspicabile assumere le necessari iniziative, anche normative, volte a predisporre - al fine di sanare l'applicazione esecutiva delle leggi e normative sopra descritte per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato - un conguaglio fiscale del 2010 nella busta paga del prossimo mese di dicembre, tenuto conto che le normative parlano del solo reddito di lavoro dipendente e il datore di lavoro è a conoscenza del suddetto reddito del proprio dipendente.
(5-04511)

CENNI e CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'assetto proprietario di Poste italiane vede la partecipazione totalitaria del Ministero dell'economia e delle finanze;
«il profondo rinnovamento che ha coinvolto Poste italiane nell'ultimo decennio (come riporta il sito internet istituzionale) ha portato l'azienda a un innalzamento della qualità dei servizi e ad un ampliamento della gamma dell'offerta. In questo accelerato processo di evoluzione, Poste italiane ha saputo mantenere ben saldi i princìpi della propria missione aziendale declinata attraverso la capillare presenza sul territorio con 14 mila uffici postali e un organico di circa 150 mila dipendenti e la tradizionale vocazione a cogliere le esigenze della propria clientela, si tratti del privato cittadino, dell'azienda o della pubblica amministrazione»;
il servizio postale assume, soprattutto nei piccoli e marginali centri urbani, una fondamentale funzione che non si limita all'offerta dei differenti servizi postali, ma si estende sempre più a servizi bancari: conti correnti, libretti di risparmio, carte di credito, carte prepagate, investimenti obbligazionari, oltre ai pagamenti delle pensioni;
la direttiva comunitaria 2008/6/CE (relativa al pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari) dispone, tra l'altro, che gli Stati membri siano tenuti a garantire la fornitura di servizi postali universali di elevata qualità e accessibili su tutto il territorio comunitario;
con il decreto 1° ottobre 2008 del Ministero dello sviluppo economico sono state definite le «condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale»;
tale contratto di programma per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere di Poste italiane, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
lo Stato quindi, al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale, versa ingenti contributi a Poste italiane spa;
anche gli enti territoriali si stanno attivando per garantire la presenza di uffici postali nei piccoli centri: ad esempio la regione Toscana, fin dal 2007, ha varato una legge che prevede contributi ai piccoli comuni che, dopo la chiusura anche parziale degli sportelli, propongono progetti concreti per cercare di continuare a garantire ai cittadini gli stessi servizi;
in questo contesto è opportuno rimarcare come Poste italiane partecipi da anni al progetto «Reti Amiche», promosso dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e finalizzato alla fornitura di servizi avanzati ai cittadini nel segno della massima semplificazione, velocità ed efficienza. Tale protocollo d'intesa definisce tempi e modalità di un rapporto di stretta collaborazione volto alla fornitura, presso gli uffici postali, di alcuni servizi fin qui forniti solo negli uffici delle Pubbliche amministrazioni;
negli ultimi anni Poste italiane ha intrapreso un processo di razionalizzazione degli uffici postali, procedendo sia alla chiusura degli stessi, sia alla riduzione degli orari di apertura degli sportelli in numerose aree del territorio nazionale;
tale processo di razionalizzazione ha comportato ad esempio, in numerose frazioni della provincia di Siena, la chiusura, ed in alcuni casi la riduzione dell'orario di apertura dei servizi postali a soli 3 giorni alla settimana. Una scelta che ha inevitabilmente creato disagi alla popolazione residente, composta prevalentemente da persone sole ed ultrasessantacinquenni;
da notizie ufficiose rese note, nei giorni scorsi, da alcuni sindaci dei comuni

della provincia Siena, sarebbe emersa la volontà, da parte di Poste italiane, di operare una ulteriore riduzione dell'orario di apertura degli uffici che dovrebbero passare da 3 a 2 giorni alla settimana. Tale riduzione interesserebbe almeno 10 centri abitati, presenti, tra l'altro, in zone marginali e già pesantemente colpite da decurtazioni e tagli operati dal Governo a servizi essenziali come ad esempio i trasporti o l'istruzione;
tale ulteriore riorganizzazione non sarebbe mai stata concertata con gli enti e le istituzioni locali interessati, né i medesimi risultano essere stati preventivamente informati;
è opportuno segnalare che, proprio in queste settimane, l'Aula di Montecitorio sta discutendo la proposta di legge «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nonché dei comuni compresi nelle aree naturali protette» (AC numero 54-A). Un provvedimento, sostenuto da parlamentari di maggioranza ed opposizione ed il cui testo è già stato licenziato dalle commissioni competenti, che contiene nello specifico disposizioni volte a garantire e promuovere l'erogazione dei servizi postali nei piccoli comuni;
il 30 marzo 2011 i sindaci dei comuni interessati e l'amministrazione provinciale hanno manifestato il loro dissenso davanti alla direzione provinciale delle poste di Siena, raccolto numerose firme di cittadini, chiesto ed ottenuto un primo incontro con il direttore, dottor Messina, al quale hanno rappresentato la richiesta di sospendere ogni decisione circa ulteriori tagli al servizio;
il medesimo avrebbe riferito a una delegazione dei sindaci presenti che in effetti è in atto una nuova riorganizzazione che «sarebbe completata entro la fine di aprile, che riguarderebbe non solo la provincia di Siena, ma la Toscana e l'Italia» -:
se corrisponda al vero l'informazione ufficiosa, citata in premessa, relativa alla ulteriore riduzione di apertura di alcuni uffici postali di centri abitati in provincia di Siena, nonché le informazioni anticipate ai sindaci dal dottor Messina, direttore di Siena e qualora la notizia fosse confermata, per quali motivi non siano stati preventivamente informati e consultati gli enti locali interessati;
se il Governo sia consapevole (qualora la notizia relativa alla riduzione del servizio postale fosse confermata) delle gravi conseguenze che potrà causare tale ulteriore riorganizzazione di Poste italiane nei confronti della popolazione, che usufruisce di un servizio comunque ridotto e che risiede prevalentemente in piccoli centri e territori marginali già pesantemente colpiti da decurtazioni e tagli operati dal Governo ad altri servizi essenziali;
se tale riorganizzazione e limitazione contrasti palesemente con le indicazioni comunitarie in materia, con la mission istituzionale e con i progetti intrapresi da Poste italiane e, nello specifico, con le finalità ed i contenuti presenti nel «servizio postale universale»;
se, come richiesto dagli enti locali e sollecitato dalla stessa regione Toscana, sia previsto un incontro per poter rivedere tale decisione e poter esaminare le grandi difficoltà ed i gravi disagi che ne deriverebbero.
(5-04518)

Interrogazione a risposta scritta:

BELCASTRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alcuni consiglieri del comune di San Gennaro Vesuviano hanno rappresentato a diverse autorità e allo stesso prefetto di Napoli il non corretto comportamento del rappresentante dell'ente nell'espletamento del proprio mandato, avendo ravvisate una serie di violazioni di legge molto gravi e sistematiche da parte dell'amministrazione comunale che di seguito si segnalano al

fine di evitare che si producano ulteriori danni che inevitabilmente si ritorceranno sui cittadini;
all'insediamento della nuova amministrazione comunale, avvenuto nel giugno 2009, il bilancio del comune di San Gennaro Vesuviano presentava due grosse problematiche:
le previsioni (veritiere ed attendibili) del bilancio annuale e pluriennale non consentivano il raggiungimento dell'obiettivo in tema di patto di stabilità interno violando l'articolo 77-bis, comma 12, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008. I valori, infatti, erano i seguenti:

Saldo finanziario previsionale: anno 2009: - euro 745.438,82; anno 2010: - euro 870.638,83; anno 2011: - euro 240.551,56; (in termini di competenza mista) risultante dal bilancio annuale e pluriennale.

Obiettivo saldo programmatico patto stabilità interno: anno 2009: euro 1.625.000,00; anno 2010: euro 1.625.000,00; anno 2011: euro 1.625.000,00.

Differenza fra saldo previsionale e obiettivo saldo programmatico: anno 2009: - euro 2.370.438,82; anno 2010: - euro 2.495.638,83; anno 2011: - euro 1.384.448,44.
la spesa del personale non era tale da rendere possibile il rispetto dell'obbligo della riduzione stabilito all'articolo 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni;
nell'anno 2009, infatti, doveva essere conseguito un livello di spesa inferiore a quello dell'anno immediatamente precedente (2008). Ma il livello conseguito nel 2008, a sua volta, era andato ben oltre il limite consentito pari ad 1.003.011,76 euro. Nel 2009, pertanto, come limite da rispettare non poteva essere preso l'importo di spesa di personale conseguito nel 2008 (in quanto si sarebbe trasformata un'illegittimità in un vantaggio), così come evidenziato più volte da diverse sezioni della Corte dei conti, ma il limite teorico che doveva essere rispettato nello stesso 2008 (ovvero un importo inferiore a quello conseguito nel 2007). L'importo da non superare nel 2009 quindi era pari ad 1.003.011,75 euro;
queste difformità dalla normativa hanno, inoltre, fatto sì che sia il responsabile del servizio finanziario che il revisore abbiano espresso un parere sfavorevole sia al bilancio per il 2008 che a quello per il 2009;
queste problematiche si rinvengono chiaramente dalla relazione istruttoria del responsabile del servizio finanziario contenuta nella delibera di giunta comunale n. 43 del 27 maggio 2008 con la quale è stato approvato lo schema del bilancio di previsione 2008, nel relativo parere dell'organo di revisione, nella delibera di consiglio comunale n. 18 del 10 giugno 2008 di approvazione dello stesso bilancio, nella deliberazione n. 13 del 2008 della sezione di controllo per la Campania della Corte dei conti, nella relazione istruttoria del responsabile del servizio finanziario contenuta nella delibera di giunta comunale n. 73 del 4 giugno 2009 ad oggetto «Approvazione schema di bilancio di previsione 2009 con allegato schema pluriennale 2009-2011 e relazione previsionale e programmatica», nel verbale del Revisore unico n. 13 del 9 giugno 2009 e nella proposta di deliberazione, protocollo n. 10136 del 13 luglio 2009, a firma dell'allora assessore alle finanze, dottoressa Giuseppina Parisi, contenuta nella delibera di consiglio comunale n. 8 del 14 luglio 2009. Esplicativa al riguardo è anche tutta la documentazione di approvazione del rendiconto 2007 e 2008;
la nuova amministrazione, dopo l'approvazione del bilancio 2009, comincia a maturare la convinzione di risolvere i predetti problemi, a parere dei consiglieri comunali che hanno sporto denuncia, non in modo legittimo, come consigliato, dell'allora assessore alle finanze con nota protocollo n. 9739 del 3 luglio 2009, ma emarginando i funzionari e chiunque non

fosse disposto a registrare in contabilità determinate operazioni nel modo «consigliato» al fine di far risultare rispettata la normativa in tema di patto di stabilità interno, di spesa del personale e di altri parametri finanziari che, a loro volta, avrebbero consentito altre operazioni;
in seguito a ciò, nel settembre 2009, si dimette il Revisore unico che copriva in maniera encomiabile la carica affidatagli sin dal lontano anno 2002/2003 ed alla sua sostituzione con un nuovo revisore;
nell'ottobre 2009, con uno sforamento della spesa del personale ed un bilancio non consono al patto di stabilità, con pareri sfavorevoli, l'amministrazione, senza rivedere la programmazione triennale del fabbisogno di personale e senza porre in essere una procedura comparativa, nomina un responsabile del servizio tecnico, (delibere di giunta comunale n. 29 del 8 ottobre 2009, trentadue del 15 ottobre 2009 e quarantasei del 16 novembre 2009, decreto sindacale n. 15 del 9 ottobre 2009) provvedendo anche a non assumere alcun impegno di spesa (perché la copertura finanziaria non c'era) né tantomeno a stipulare il necessario contratto di lavoro;
ancora, nel novembre 2009, con decreto sindacale n. 18 del 6 novembre 2009, si procede allo spostamento al servizio sociale del responsabile del servizio finanziario, vincitore di specifico concorso a tempo indeterminato di funzionario contabile categoria D.3, senza alcuna motivazione e presupposto normativo, a causa dei pareri sfavorevoli rilasciati ed al fine di porre in essere «soluzioni» illegittime non consentire dal predetto funzionario e dall'organo di revisione dimissionario;
si procede inoltre, sempre a novembre 2009, in presenza dei ben noti problemi finanziari che costituivano, del resto, anche presupposti impeditivi, (sforamento della spesa del personale, bilancio non consono al patto di stabilità, assenza di previsione nella programmazione triennale del fabbisogno di personale e consequenziale assenza di apposito stanziamento nel bilancio 2009 e relativo pluriennale oltre che senza porre in essere una procedura comparativa) alla nomina di un nuovo responsabile del servizio finanziario, fino al 30 giugno 2010 (delibere di giunta comunale nn. 44 dell'11 novembre 2009 e, 49 del 20 novembre 2009, decreto sindacale n. 19 del 12 novembre 2009), secondo l'articolo 110 del Tuel n. 267 del 2000 nonostante fosse presente specifica professionalità all'interno dell'ente, in violazione di quanto stabilito dal già citato articolo 110, dallo statuto comunale e dal regolamento degli uffici e servizi (delibera di commissione straordinaria n. 62 del 24 maggio 2007 modificata con delibere di giunta comunale nn. 24 del 30 settembre 2009 e 2 del 15 gennaio 2010) e senza assumere alcun impegno di spesa (visto che la copertura non c'era) e senza stipulare alcun contratto di lavoro. La somma erogata a questo nuovo responsabile del servizio finanziario, a cui è stato riconosciuto anche l'indennità ad personam, rappresenta una duplicazione di spesa priva di motivazione;
il nuovo Responsabile del Servizio Finanziario, inoltre, così come anche il Responsabile del Servizio Tecnico hanno anche altri rapporti di lavoro dipendente con altri comuni (tra cui ricordiamo, ad esempio, il primo con Cercola ed il secondo con Casalnuovo di Napoli) violando il regime delle incompatibilità dei dipendenti pubblici (articolo 53 decreto legislativo n. 165 del 2001 ed articolo 110, comma 5, del Tuel n. 267 del 2000);
la giunta comunale, con delibera n. 52 del 27 novembre 2009, ratifica in consiglio comunale con delibera n. 31 del 22 dicembre 2009, approva una variazione di assestamento generale in violazione dell'articolo 175, comma 8, del decreto legislativo n. 267 del 2000, nella quale è contenuta una relazione presentata da alcuni consiglieri ove sono state evidenziate tutte le illegittimità e contestate anche le delibere di consiglio comunale nn. 35 e 36 del 22 dicembre 2009 nonché la delibera di giunta comunale n. 63 del 4 dicembre 2009;

in questa situazione, approfittando anche della buona fede di alcuni assessori e consiglieri comunali, al fine di «far risultare rispettato» il patto di stabilità interno, il limite di spesa del personale ed eliminare lo stato di strutturale deficitarietà emergente dal Rendiconto 2008, approvato con delibera di consiglio comunale n. 27 del 20 ottobre 2009 si compiono operazioni molto «sospette» con i seguenti provvedimenti:
1. Delibera di giunta comunale n. 63 del 4 dicembre 2009 ad oggetto «Spesa del personale. Determinazioni»: con questo atto si prescinde totalmente dal problema dello sforamento della spesa del personale avvenuto a partire dall'anno 2008 pervenendo addirittura alla conclusione di utilizzare questo sforamento come limite più alto per l'anno successivo (2009). In questo modo è stato aggirato l'obbligo della riduzione della spesa di personale poiché tutti i Comuni, visto che la spesa di personale di un anno non deve essere superiore a quella dell'anno immediatamente precedente, potrebbero sforare di anno in anno il limite da non superare al fine di dotarsi di un limite più alto per l'anno successivo.
2. Delibera di Consiglio comunale n. 35 del 22 dicembre 2009 ad oggetto «Patto di stabilità interno 2009. Provvedimenti», con questo atto si è proceduto, secondo quanto denunciato, a falsare i risultati per rientrare nel patto di stabilità interno individuando delle soluzioni gestionali non consentite dalla normativa. In particolare, mentre con le variazioni di bilancio si va ad aggravare ulteriormente il divario che non consente il raggiungimento degli obiettivi di patto di stabilità interno, lo stesso consiglio comunale, pur non avendo alcuna competenza al riguardo, individua una serie di entrate, non previste in bilancio, da accertare per far risultare rispettato il patto di stabilità interno pur non sussistendo i presupposti indicati all'articolo 79 del TUEL n. 267 del 2000. Le entrate fittizie in questione sono:
a) Avvisi di accertamento ici, per un ammontare superiore ad 1.000.000,00, euro di cui solo una piccola parte notificati ai contribuenti da cui è scaturito nel 2010 un incasso di soli circa 100.000,00, euro. Tale situazione si evince dalla Determina del Servizio Finanziario n. 9 del 23 aprile 2010 da cui emerge palesemente l'assenza dei requisiti per l'accertamento dell'entrata, soprattutto per la mancanza di un titolo giuridico idoneo, nonché per la esagerazione nella cifra accertata, che non tiene assolutamente conto dell'andamento storico, e della data dell'annotazione contabile che comunque doveva avvenire nel 2010 e non nel 2009. Nonostante ciò, in violazione della normativa di riferimento, si procede comunque ad accertare entrate insistenti con Determine del Servizio Finanziario nn. 34 del 29 dicembre 2009 e 41 del 31 dicembre 2009;
b) entrate patrimoniali relative al servizio idrico, per un ammontare superiore a 1.000.000,00 euro per messe in mora per gli anni 2001 e 2002 e ruolo coattivo per gli anni 1999 e 2000. Anche in questo caso si procede ad accertare, con Determine del Servizio Tecnico nn. 142 e 143 del 28 dicembre 2009, entrate inesistenti perché già presenti in contabilità a causa della lista di carico rispettivamente negli anni 2003 e 2004 con Determine dell'ufficio tributi nn. 70 del 19 dicembre 2003 e 39 del 16 dicembre 2004. Le messe in mora ed il ruolo coattivo, pertanto, svolgono la sola funzione di accelerare la riscossione ed il riaccertamento di residui attivi formatisi con l'emissione delle liste di carico ma non un nuovo accertamento di entrata;
c) ruolo per tassa rifiuti solidi urbani che non può essere portato a beneficio del patto di stabilità interno a causa della vigenza nella regione Campania di una norma che impone la copertura integrale del gettito tarsu del costo complessivo della nettezza urbana. I relativi accertamenti ed impegni, pertanto, non possono che essere ininfluenti ai fini del patto di stabilità interno;
3) delibera di consiglio comunale n. 36 del 22 dicembre 2009 ad oggetto

«Rendiconto 2008. Provvedimenti», con questo atto si procede, con argomentazioni ed interpretazioni contraddittorie, a manomettere un parametro di deficit strutturale, risultante dal rendiconto 2008, approvato dapprima in giunta e poi in consiglio comunale rispettivamente con delibere n. 13 del 22 settembre 2009 e n. 27 del 20 novembre 2009, al fine di far ridurre il numero dei parametri positivi da quattro a tre e non far scattare le conseguenze di cui agli articoli 242 e 243, comma 2, del Tuel n. 267 del 2000 nonché soprattutto quanto stabilito dall'articolo 110, comma 4, del predetto. Il parametro manomesso risulterebbe essere quello presente alla lettera e della specifica tabella «Presenza di debiti fuori bilancio riconosciuti ai sensi dell'articolo 194 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per i quali non siano state reperite le necessarie fonti di finanziamento» nonostante la presenza a fine esercizio 2008 di n. 3 debiti fuori bilancio riconosciuti ma non finanziati a cui il consiglio comunale ha assicurato il relativo finanziamento con delibera n. 15 del 2 ottobre 2009 ad oggetto «Deliberazioni consiliari n. 79-80-81 del 29 dicembre 2008. Provvedimenti» Il fatto che per questi debiti sia stato assicurato il necessario finanziamento solo al termine del 2009 emerge, oltre che da corrispondenza interna, anche dalla delibera di consiglio comunale n. 28 del 20 ottobre 2009 ad oggetto «Articolo 193 del decreto legislativo 267 del 2000. Verifica del permanere degli equilibri di bilancio per l'esercizio 2009 e ricognizione dello stato di attuazione dei programmi» nella relazione istruttoria del responsabile del servizio finanziario spostato (si veda «Situazione della gestione straordinaria»), che nonostante avesse ricevuto pressioni per riportarlo in modo non veritiero non ha eseguito quanto richiesto;
attraverso queste alterazioni contabili, in spregio a quanto stabilito dall'ordinamento finanziario e contabile nonché dei principi contabili dell'osservatorio del Ministero dell'interno, non è stato rispettato il patto di stabilità interno e vi è stato lo sforamento della spesa del personale e la positività di quattro parametri di deficit strutturale;
tutte queste operazioni sono state contestate, oltre che da alcuni consiglieri, anche dal nuovo revisore dei conti, con diversi verbali, tra cui il n. 1 del 1o febbraio 2010, con la conseguenza che, il 18 marzo 2010, anche il nuovo revisore è stato costretto a dimettersi;
in seguito si sono verificate una serie di promozioni e avanzamenti economici per i funzionari più «fedeli». Così, ad esempio, viene attribuita la nomina del direttore generale alla segretaria comunale con solo decreto sindacale n. 21 del 21 dicembre 2009, nonostante lo statuto comunale prevede anche la delibera di giunta comunale, con un aggravio della spesa del personale di 40.000,00, euro;
questo modo di operare è stato contestato apertamente nella seduta consiliare del mese di aprile 2010 dell'assessore alle Finanze, dottoressa Giuseppina Parisi, che ovviamente ha «meritato» la revoca dell'assessorato. Subito dopo, con le stesse convinzioni, l'assessore alla pubblica istruzione ha presentato le proprie dimissioni;
con delibera di Consiglio comunale n. 110 del 22 aprile 2010 ad oggetto «Nomina Revisore Unico dei Conti - Articolo 234 del decreto legislativo 267/00» si provvede alla scelta del nuovo revisore dirigente di ragioneria alla prefettura di Napoli a cui vanno trasmessi i certificati dei bilanci e dei consuntivi tra cui anche quello al consuntivo 2008 che il precedente revisore non ha voluto certificare per i motivi precedentemente esposti sulla questione del parametro di deficit strutturale;
ma le violazioni di legge continuano anche con l'approvazione del Bilancio 2010, avvenuta con delibere di Giunta comunale n. 43 del 17 maggio 2010 e del Consiglio comunale n. 20 del 22 giugno 2010. Quest'ultima contiene due relazioni di diversi Consiglieri comunali in cui sono

state evidenziate tutte le illegittimità contenute in questi documenti tra cui, emblematica del modo di operare dei funzionari, quello di attestare e certificare situazioni e dati in modo non corrispondente all'oggettività, veridicità e realtà dei fatti, continuando a «nascondere» il problema del patto di stabilità e della spesa del personale anche per gli anni 2010-2012. Quindi, mentre in modo evidente si viola l'articolo 77-bis, comma 12, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, il responsabile del servizio finanziario ne attesta invece il rispetto;
va precisato, inoltre, che quando è stato approvato il bilancio di previsione 2010 era già vigente il decreto-legge n. 78 del 2010, non ancora convertito in legge, ma non si è assolutamente tenuto conto di tali nuove disposizioni, tra cui il divieto di assumere personale nel caso di mancato rispetto dell'obbligo di riduzione, in termini assoluti, della spesa di personale stabilito dall'articolo 14, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010;
il nuovo revisore dei conti, in tutto questo, attesta nel suo parere la conformità alle leggi vigenti nonostante le problematiche esistenti. Ma dal confronto tra i dati riportati nel predetto parere e quelli presenti nel bilancio annuale e pluriennale esiste una forte incoerenza. La stessa posizione del Revisore non è regolare in quanto in data 26 maggio 2010, quando ha rilasciato il parere al bilancio 2010, non era munito di autorizzazione secondo l'articolo 53 del decreto legislativo, n. 165/2001. In seguito a richiesta alla segretaria comunale, inoltrata da parte di alcuni consiglieri comunali con nota del 7 giugno 2010 protocollo n. 5874, di copia di autorizzazione rilasciata dalla Prefettura di Napoli è stata trasmessa una comunicazione dello stesso interessato (protocollo n. 4501 del 29 aprile 2010) dalla quale si evince che l'autorizzazione all'amministrazione di appartenenza è stata chiesta solo in data 28 aprile 2010. Alla data del rilascio del parere al bilancio, pertanto, lo stesso professionista non era ancora dotato di regolare autorizzazione;
nella stessa giornata in cui viene approvato il bilancio 2010, viene prorogato l'incarico al dottor Eugenio Piscino (delibera di Giunta comunale n. 56 del 22 giugno 2010 e Decreto sindacale n. 10 del 22 giugno 2010) fino al 31 dicembre 2011, nonostante la presenza della professionalità interna ravvisabile in un funzionale contabile, vincitore di concorso, spostato senza alcuna motivazione. Tale proroga presenta le stesse violazioni di legge effettuate in occasione del primo incarico di responsabile del servizio finanziario conferito nel novembre 2009 sempre al dottor Piscino. È da evidenziare inoltre che il dottor Piscino dà parere contabile al suo stesso incarico -:
se e quali utili iniziative di competenza intenda intraprendere, anche attraverso lo svolgimento di un'ispezione dei servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di verificare il buon andamento dell'amministrazione comunale di San Gennaro Vesuviano, garantire il rispetto dei saldi previsti dal Patto di stabilità e per scongiurare così il perdurare di danni finanziari, susseguenti alle operazioni sopracitate, che colpirebbero inevitabilmente la popolazione tutta che si vedrebbe sottrarre molti servizi essenziali normalmente erogati dal comune.
(4-11482)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano il Giornale del 4 aprile 2001, in un articolo a firma di Gian Marco Chiocci e Luca Fazzo, viene dato ampio

risalto ad un documento asseritamente «rimasto segreto per cinque anni negli armadi blindati della Procura e del Tribunale di Milano», documento che verrebbe posto in relazione ad un presunto fondo estero e ad alcuni rapporti informativi effettuati da agenzie di investigazioni private su mandato dell'allora responsabile della «security» di Telecom;
in particolare, stando sempre al contenuto dell'articolo, le informazioni farebbero riferimento ad un conto riconducibile, nella sostanza, ad un importante partito politico;
si tratta, secondo l'interrogante, di notizie che vanno prese con particolare cautela anche allo scopo di evitare che esse possano finire per essere strumentalizzate a fini politici o, peggio, per colpire personaggi di rilievo pubblico;
quello che, però, sempre secondo l'interrogante, desta perplessità è la parte dell'articolo nella quale si mette in evidenza come detto «rapporto» sarebbe giunto sul tavolo del presidente della corte d'assise di Milano - davanti alla quale si sta celebrando il processo contro gli autori dei dossier illecitamente raccolti - sulla base dell'iniziativa di un altro giudice, cui è demandato il compito di decidere in relazione alla distruzione dei dossier fabbricati illegalmente, e che non avrebbe ravvisato alcuna irregolarità nella raccolta delle informazioni ivi contenute;
come se non bastasse, anche un terzo magistrato, incaricato di vagliare, in sede di udienza preliminare, gli indizi raccolti contro gli imputati tratti a giudizio avanti la stessa corte d'assise, avrebbe manifestato, a suo tempo, «stupore» circa l'assoluta assenza di sviluppi investigativi conseguenti al contenuto del predetto «rapporto»;
proprio queste ultime circostanze rischiano di far sorgere, sempre secondo l'interrogante, il dubbio che l'autorità giudiziaria abbia omesso di avviare accertamenti in relazione ad alcuni fatti rappresentati nel documento in questione e ciò anche in considerazione delle affermazioni rese, sul punto e in relazione all'inchiesta, da uno degli imputati -:
quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di accertare, anche mediante il ricorso agli organismi ispettivi a ciò deputati, la fondatezza dei rilievi mossi all'attività della procura di Milano in relazione al caso concreto e con specifico riferimento all'assenza di ogni accertamento in ordine al contenuto del «rapporto» ricordato.
(5-04526)

Interrogazioni a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni, il SAPPE, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, la più grande organizzazione del Corpo, ha proclamato lo stato di agitazione in Emilia Romagna, denunciando diverse criticità che interessano il funzionamento e la gestione delle attività di competenza presso le strutture penitenziarie della Regione, con particolare riferimento alla grave situazione che riguarda la sede di Reggio Emilia;
in tale ambito il Sappe evidenzia, tra le altre problematiche, la carenza di personale di polizia penitenziaria, con un deficit di organico di 44 unità e la mancanza di altre 45 unità nell'organico del reparto di polizia penitenziaria presso il relativo ospedale psichiatrico giudiziario, oltre altri problemi come la situazione di sovraffollamento dei penitenziari e la carenza di automezzi del Corpo per l'esecuzione delle traduzioni dei detenuti;
nella sede di Reggio Emilia sarebbero presenti numerose problematicità, tra cui, in particolare, la mancanza di fondi necessari per diverse esigenze. Si segnalano al riguardo quelle relative alla liquidazione delle indennità del trattamento di missione e alla liquidazione delle prestazioni di lavoro straordinario a causa della riduzione del budget e quelle relative ai lavori di manutenzione delle caserme della

polizia penitenziaria e di manutenzione e di ristrutturazione dei fabbricati detentivi già esistenti;
il personale di polizia penitenziaria che lavora nei reparti detentivi è spesso sottoposto a forti e stressanti carichi di lavoro, dovendo svolgere anche due o tre posti di servizio contemporaneamente;
gli istituti penitenziari di Reggio Emilia (casa circondariale e ospedale psichiatrico giudiziario), necessiterebbero di una profonda opera di razionalizzazione essendo situati all'interno dello stesso limite invalicabile e nella stessa struttura architettonica, ma con due differenti direzioni amministrative causa di duplicazioni di funzioni e di costi. Al riguardo, il Sappe, già in passato aveva suggerito l'unificazione delle direzioni in maniera da conseguire un sicuro contenimento della spesa pubblica ed una razionalizzazione delle risorse umane e materiali -:
se sia a conoscenza delle carenze che affliggono gli istituti penitenziari di Reggio Emilia e più in generale delle criticità in essere presso le sedi penitenziarie della regione Emilia Romagna;
quali provvedimenti intenda adottare per risolvere le questioni problematiche presenti nella casa circondariale e nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia ed in tale ambito se non intenda fare proprie anche le risoluzioni avanzate dal Sappe.
(4-11463)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor A. D. venticinquenne, è recluso da circa 6 anni ed è attualmente detenuto presso la casa di reclusione di Spoleto;
nei cinque anni di reclusione presso il carcere di Modena, il signor A. D., dopo essersi iscritto al corso di laurea «consulenza del lavoro e delle relazioni aziendali», ha studiato con profitto superando con buoni voti 15 esami, fino al momento in cui è stato trasferito a Spoleto a causa della chiusura della sezione di alta sicurezza dell'istituto modenese;
negli otto mesi di permanenza a Spoleto, A. D. ha potuto sostenere un solo esame, in videoconferenza;
successivamente A. D. ha trasferito la sua iscrizione all'università di Bologna perché provvista del suo stesso corso di laurea e di una «convenzione» tra università e carcere che consente sia facilitazioni organizzative, come la fornitura di tutto il materiale necessario per la stesura della tesi di laurea, sia economiche: infatti, se all'università di Modena A. D. pagava per l'iscrizione più di mille euro, a Bologna la cifra da sborsare è di poco superiore ai cento euro;
a causa di una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria datata 2004, secondo la quale il detenuto deve iscriversi presso l'università più vicina al carcere ove è ristretto, A. D. è obbligato ad iscriversi presso l'università di Perugia ove però non esiste il corso di laurea in «consulenza del lavoro e delle relazioni aziendali»;
a causa della suddetta circolare il signor A. D. si vede pertanto a sacrificare il lavoro di tanti anni di studio portati avanti con profitto;
il comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) stabilisce che «è agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione» -:
cosa intenda fare affinché sia garantito il diritto allo studio del detenuto di cui in premessa è stata rappresentata la vicenda;
se non intenda assumere iniziative affinché il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria riveda la circolare del

2004 che, in alcuni casi concreti di applicazione, contrasta con quanto previsto dall'ordinamento penitenziario.
(4-11466)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con comunicato del 29 dicembre 2010, il commissario straordinario delle società del gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria, professor Augusto Fantozzi, informava i dipendenti che, essendosi concluso il processo di liquidazione dei crediti del personale in prededuzione (ovvero le somme maturate successivamente di diverse date di apertura delle procedure), era stato possibile ultimare anche i conteggi del trattamento di fine rapporto, destinato al fondo di tesoreria dell'Inps, in favore del personale che abbia risolto il proprio rapporto di lavoro; in caso di adesione ad un fondo di previdenza complementare, invece, il personale avrebbe dovuto fare riferimento alle regole di riscatto della propria posizione assicurativa presso i fondi stessi;
il comunicato precisava, pertanto, che trascorsi 24 mesi dal suo insediamento, la gestione commissariale avrebbe proceduto ad erogare a tutti gli interessati il credito a titolo di trattamento di fine rapporto maturato nello stesso arco temporale, vale a dire che tutti i lavoratori che avevano risolto il rapporto di lavoro avrebbero ottenuto il pagamento del trattamento di fine rapporto maturato nel periodo di collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria per amministrazione straordinaria alla scadenza del 24esimo mese dalla data di insediamento della gestione commissariale;
diversamente, tutti i crediti relativi alla fase precedente l'apertura dell'amministrazione straordinaria, ivi compreso il trattamento di fine rapporto, dovranno ancora attendere che gli stati passivi delle diverse società in amministrazione straordinaria siano dichiarati esecutivi, al termine della fase di accertamento dinanzi ai giudici delegati -:
se il termine dei 24 mesi dall'insediamento della gestione commissariale sia stato rispettato o quanto ancora gli interessati all'erogazione del credito a titolo di trattamento di fine rapporto debbano attendere;
se sia terminata la fase di accertamento dinanzi ai giudici delegati ovvero a che punto sia il suo iter, e conseguentemente in che tempi si preveda l'erogazione dei crediti relativi alla fase antecedente l'apertura di amministrazione straordinaria.
(4-11461)

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INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'ondata di sbarchi successiva alla grave crisi politica e umanitaria che ha coinvolto le popolazioni di Tunisia, Egitto e Libia, ha imposto al Governo italiano, anche concordemente agli obblighi internazionali di accoglienza, di affrontare l'arrivo sul territorio nazionale, e particolarmente sull'isola di Lampedusa (Agrigento), di migliaia di profughi provenienti dai sopraccitati Paesi;
il 22 febbraio 2011 il Ministero dell'interno ha inviato una comunicazione urgente a tutte le prefetture chiedendo ai dirigenti degli uffici territoriali del Governo di inviare al dicastero l'elenco sommario

delle strutture immediatamente disponibili per la gestione dell'emergenza;
nelle ultime ore, a fronte del precipitare della già tesa situazione di civile convivenza dell'isola di Lampedusa, invasa da migliaia di uomini e donne in precarie condizioni igienico-sanitarie, il Ministro interpellato ha deciso lo sgombero di buona parte dei profughi approdati negli ultimi giorni e di smistarli in tutte le regioni d'Italia;
già nelle settimane precedenti la regione Toscana si era mostrata generosamente favorevole all'accoglienza dei profughi del Nord Africa, concordando con Governo e amministrazioni territorialmente interessate tempi, modi e luoghi;
stante il già manifestato favore ad un atto di accoglienza dell'amministrazione regionale, appare agli interpellanti un inaccettabile ed arrogante «atto di imperio» l'annuncio unilaterale del Ministro interpellato, riportato da un'agenzia Ansa della serata del 28 marzo 2011 e dai quotidiani locali del 29 marzo 2011, dell'apertura di un campo profughi nel comune di Pisa, presumibilmente nella frazione di Coltano, senza aver informato la regione Toscana e il comune di Pisa;
pare poi poco opportuna la scelta, de facto anche se non ufficiale, di Coltano come terza tendopoli, dopo le previste Manduria e Trapani, per ospitare i profughi;
l'area di Coltano insiste infatti in una delle zone di più alto pregio ambientale e paesaggistico della provincia di Pisa ed è inserita nel parco regionale di San Rossore, Migliarino e Massaciuccoli. La scelta appare poi particolarmente inopportuna anche in relazione ad un'infelice memoria storica della seconda guerra mondiale, perché in un'area attigua alla zona descritta sorgeva un campo di prigionia e concentramento affidato alla 92° divisione «Buffalo» della V armata statunitense, in cui fu anche tenuto prigioniero Ezra Pound, che lì compose i suoi celeberrimi «Canti Pisani»;
secondo quanto appreso dalle agenzie di stampa il prefetto di Pisa Antonio De Bonis, nella giornata del 29 marzo 2011, accompagnato dai vigili del fuoco, con il direttore regionale Cosimo Pulito e il comandante provinciale Claudio Chiavacci, ha ispezionato l'area in attesa di una decisione definitiva sull'installazione della tendopoli. Il sopralluogo tecnico si sarebbe reso necessario perché va verificato il rischio idrogeologico dell'area: la zona di Coltano è infatti un'area di bonifica soggetta a frequenti allagamenti;
la decisione unilaterale di individuare a Coltane uno spazio di accoglienza non considera la probabile criticità di un'area che già ospita un campo nomadi, elemento che potrebbe pregiudicare la sostenibilità sociale e la sicurezza del nuovo insediamento previsto per la tendopoli -:
se il Ministro interpellato non intenda convocare con la massima urgenza il presidente della regione Toscana, il sindaco di Pisa e le altre amministrazioni locali interessate per concordare, in tempi brevi, un'area più idonea all'accoglienza dei profughi provenienti dal continente africano;
se non ritenga opportuno utilizzare il metodo della gestione concordata con tutti i livelli amministrativi interessati dall'emergenza dei profughi che approdano sulle coste del territorio nazionale.
(2-01030)
«Fontanelli, Realacci, Gatti, Amici, Bellanova, Scarpetti, Mariani, Ventura, Bordo, Cenni, Concia, Murer, Froner, Pistelli, Marchi, Marantelli, De Pasquale, Berretta, Nannicini, Fogliardi, Fiorio, Ciriello, Genovese, Mattesini, Meta, Fluvi, Marco Carra, Naccarato, Boffa, Pollastrini, Corsini, Cuperlo, Giacomelli, Rigoni».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
ad oggi in Toscana non esiste un Centro di Identificazione ed espulsione (CIE);
nel settembre 2010 durante lo svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea il Ministro interrogato ha dichiarato che i CIE in Italia sono insufficienti;
durante lo svolgimento della stessa interrogazione ha ricordato che servono nuovi CIE, nelle regioni che ne sono sprovviste, altrimenti il rischio è che i clandestini vengano rimessi in libertà;
i CIE in Italia sono attualmente 13, operativi in 11 regioni;
alcune regioni hanno due CIE, mentre altre regioni, come la Toscana, non hanno centri e spesso i clandestini presi in queste regioni vengono rimessi in libertà;
il Governo ha iniziato una consultazione con la regione Toscana, per cercare di individuare il sito più opportuno per la costruzione di un nuovo CIE;
la lotta all'immigrazione clandestina è una priorità del Governo, ribadita più volte anche dal Ministro interrogato; la costruzione di un CIE garantirebbe ai cittadini toscani maggiore sicurezza;
il Ministro interrogato aveva annunciato l'apertura del CIE in Toscana entro dicembre 2010 -:
quali siano, ad oggi, i risultati della consultazione con la regione Toscana in merito alla costruzione del CIE;
se sia stato individuato dal Governo il sito per la costruzione del nuovo CIE per la Toscana;
se il Governo abbia individuato una data di inizio dei lavori per il nuovo CIE.
(2-01033)
«Mazzoni, Toccafondi, Massimo Parisi, Migliori, Faenzi, Bergamini, Barani, Tortoli, Bianconi, Bonciani, Picchi, Speciale, Holzmann, Giulio Marini, Mazzuca, Nirenstein, Palmieri, Garofalo, Garagnani, Petrenga, Cesaro, Cosentino, Del Tenno, Marinello, Pagano, Botta, Moles, Lainati, De Angelis, Carlucci».

Interrogazione a risposta orale:

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe che dal 1° gennaio 2011 i dipendenti ex ETI, stabilizzati presso il Comune di Firmo (Cosenza), non percepiscono a tutt'oggi lo stipendio poiché il Ministero dell'interno ancora non ha inviato le spettanze al comune (nonostante il comunicato del 23 marzo 2011 della direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno dove si evince che è stato disposto il pagamento a favore dei comuni della quota pari al 50 per cento per l'anno 2011 del rimborso degli oneri per la stabilizzazione del personale in oggetto) creando disagio economico ai dipendenti e alle loro famiglie -:
se tali notizie corrispondano al vero e, conseguentemente quali iniziative urgenti intenda adottare nel caso in cui effettivamente le spettanze necessarie a pagare gli stipendi non siano ancora state versate nelle casse del comune di Firmo.
(3-01564)

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e BRESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Segretario della Cgil di Polizzi e delle Alte Madonie, Vincenzo Liarda, è stato fatto oggetto di gravi episodi di intimidazione mafiosa per essersi opposto alla vendita all'asta del feudo «Verbumcaudo»: bene confiscato al boss mafioso Michele Greco;
il feudo - che consiste in un appezzamento di terreno esteso 150 ettari su cui

si trovano antichi caseggiati - è stato affidato dapprima all'Arma dei carabinieri e successivamente assegnato al comune di Polizzi che lo ha affidato alla cooperativa Placido Rizzotto, dell'associazione Libera;
l?obiettivo è quello di realizzare attività agricole e agrituristiche nel rispetto dello spirito della legge sul riuso sociale dei beni confiscati alla mafia: trasformare i beni in risorse sociali e produttive per il territorio;
sul feudo, tuttavia, grava un'ipoteca sottoscritta da Michele Greco che porta ad un altro procedimento giudiziario in sede civile, dopo che quello in sede penale si era concluso;
il tribunale di Termini Imerese blocca l'assegnazione alla cooperativa Placido Rizzotto e avvia un percorso che porta alla vendita del feudo con un'asta pubblica e nel frattempo viene decisa l'assegnazione della gestione, addirittura a titolo gratuito, a soggetti privati già presenti sui terreni nel periodo della gestione della famiglia di Michele Greco;
quanto disposto in sede civile inficia e contraddice lo spirito della legge sul riuso sociale dei beni confiscati: rigidità burocratiche finiscono così per tutelare gli interessi delle organizzazioni mafiose;
avverso tale decisione comincia un iter burocratico complicatissimo in cui sono coinvolti diversi soggetti e comincia la battaglia di Liarda;
all'inizio di maggio 2010 al sindacalista viene recapitata una lettera minatoria e la foto di due proiettili;
il 10 maggio 2010, sempre a Liarda, viene recapitata un'altra missiva, ancora più pesante, contenente polvere da sparo e un messaggio inquietante: «Allora non capisce. Ultimo avvertimento. Dato che della sua bella famiglia non ci interessa il contenuto lo divide con il suo amico Lumia. Bravi»;
a questi episodi seguono altre pesanti minacce e Liarda viene posto sotto tutela;
in data 24 marzo 2011, a quanto consta agli interroganti, al sindacalista è stata comunicata la revoca della tutela -:
se il Ministro sia al corrente di quanto esposto in premessa e delle motivazioni della revoca della tutela al Liarda, decisione rischiosa per la vita di una persona che si batte con tenacia per l'affermazione della legalità;
se non ritenga di intervenire affinché sia revocata tale decisione.
(5-04525)

Interrogazione a risposta scritta:

ANTONINO FOTI, GERMANÀ e GIBIINO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il nostro Paese ha sempre rappresentato «terra di libertà», status che deriva non solo dalla sua collocazione geografica ma che è altresì imputabile allo spirito di accoglienza che aleggia sull'Italia che da sempre ha dovuto fronteggiare gli innumerevoli sbarchi di immigrati, spesso clandestini, che flagellano soprattutto le coste siciliane; ed è questa la ratio per la quale risultano indispensabili una concertazione unanime e una rete di controlli più massiccia affinché si possa fugare ogni dubbio circa la reale condizione di tutti coloro che giungono in Italia, tra i quali purtroppo possono nascondersi esponenti dell'aberrante «racket dei clandestini» perpetrato da scafisti malavitosi, nutrendo le fila della criminalità organizzata;
le problematiche e le criticità che investono l'isola di Lampedusa sono risapute ed assodate, ma occorre individuare correttivi in grado di fronteggiare tutti gli altri fenomeni collegati che vedono i porti italiani sconvolti dall'emergenza;
va inoltre rilevato che l'entità del fenomeno non è facilmente quantificabile, in quanto i clandestini utilizzano mezzi di

trasporto imbarcati su nave per raggiungere le coste italiane, magari nascosti dentro container o semi rimorchi;
la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea - Frontex - prevede che i dispositivi da adottare costituiscano nel loro insieme un complesso logico ed organico di apparecchiature utili in concreto a potenziare le capacità dei servizi di controllo del territorio;
nel nuovo scenario internazionale, la lotta all'immigrazione clandestina deve quindi necessariamente essere condotta mediante l'utilizzo di sistemi in grado di effettuare scansioni radiografiche di veicoli, container ed oggetti in generale, che abbiano il triplice scopo di:
a) individuare e contrastare i fenomeni dell'immigrazione clandestina ed irregolare e del contrabbando di materiale illecito (anche dal punto di vista dell'anti-terrorismo);
b) salvaguardare al contempo le vite umane degli irregolari, costretti a lunghe permanenze in situazioni igieniche ed ambientali molte volte ai limiti della sopravvivenza;
c) assicurare comunque la protezione degli eventuali occupanti dell'automezzo da radiazioni nocive generate dai sistemi di scansione a raggi x utilizzati per l'ispezione;
è necessaria pertanto l'attivazione di un modulo di servizio che preveda l'utilizzo di sistemi altamente tecnologici, che si presentino all'avanguardia nel campo dei controlli non invasivi e tali da essere utili agli operatori di polizia per attuare un'azione incisiva di contrasto ai fenomeni criminali in genere ed a quelli accertabili in zona di frontiera;
inoltre, ai fini di un'efficace azione di individuazione e prevenzione, non si ritiene sufficiente l'adozione di soli sistemi fissi, localizzati in prefissate e, di conseguenza, predeterminabili aree geografiche, con cui effettuare le necessarie, e previste, verifiche del carico, ma piuttosto è necessario l'uso di mezzi mobili in grado di effettuare in automatico il controllo in movimento senza la necessità di allestimento di aree «ad hoc» per l'esecuzione dei controlli, evitando non solo la dilatazione dei tempi, ma anche la formazione di code di automezzi in attesa con conseguenti rischi sia di non riscontro che umanitari. Un siffatto sistema di controlli ha un ulteriore risvolto positivo, garantendo la possibilità non solo di ispezionare gli automezzi direttamente nelle aree di sosta senza doverli trasferire in apposite aree attrezzate, ma anche di effettuare l'analisi dei medesimi in maniera «discreta» e quindi con più alta probabilità di individuazione dei clandestini o del materiale illecito, consentendo inoltre di ridurre drasticamente i tempi di intervento delle forze di polizia e quindi di fatto di incrementare, in maniera direttamente proporzionale ed a parità di risorse, il numero di controlli;
a suffragio di tutto ciò, è opportuno citare l'attività all'avanguardia e l'azione di contrasto svolte dalla Guardia di finanza e dall'Autorità portuale di Venezia, che, da oltre due anni, grazie all'utilizzo di apparecchiature tecnologicamente avanzate posizionate in prossimità dei caselli autostradali o all'imbarco dei porti, riescono a rilevare la presenza di individui nascosti all'interno dei camion o dei furgoni adibiti a trasporto merci, individui privati della loro dignità di uomini e ridotti in schiavitù pur di inseguire il miraggio della libertà;
pene severe e controlli massicci sono i cardini indispensabili attorno ai quali erigere il sistema stringente di contrasto all'immigrazione clandestina, che purtroppo trova un ostacolo aggiuntivo se si considera l'inadeguatezza dell'infrastruttura di sicurezza presente nei centri di accoglienza ed identificazione privi delle minime misure di protezione, permettendo paradossalmente ai clandestini di scavalcare rapidamente le recinzioni senza particolari impedimenti;
una soluzione potrebbe essere riscontrata nel dotare tali centri di una recinzione

più alta e soprattutto munita di filo spinato a norme NATO (denominato tecnicamente Concertina e dotata di lame molto taglienti), il cui posizionamento è semplice potendo essere installata in tempi molto brevi non richiedendo professionalità specifiche;
tale filo spinato con spire di 1 metro di diametro, posizionato sia sul terreno che sulla recinzione, costituirebbe una validissima contromisura consentendo di limitare il numero di persone destinate al controllo dei clandestini;
potrebbe infine essere efficace ed idoneo anche un sistema di video sorveglianza a supporto del controllo perimetrale; potrebbe sicuramente incrementare il livello di sicurezza e quindi essere di supporto all'obiettivo di impedire i tentativi di fuga dai suddetti centri;
tale problema è stato affrontato personalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri, che si è concentrato sul superamento dell'emergenza e la conseguente immediata sopravvivenza civile dell'isola di Lampedusa; va considerato altresì che il terzo comma dell'articolo 10 della nostra Carta costituzionale garantisce il diritto di asilo e quindi il dovere di accogliere i rifugiati politici e non i clandestini -:
se le perimetrazioni dei centri di accoglienza siano state dotate del cosiddetto «rabur concertina», che ridurrebbe notevolmente la fuga di tutti coloro che sono già stati traghettati dalla criminalità sino alle coste italiane, da qui trasferiti nei diversi centri per poi trovare, da non censiti, collocazione tra le fila della criminalità;
se presso i vari varchi d'imbarco dei porti e/o in prossimità dei caselli autostradali ed, in modo particolare, agli approdi di Villa San Giovanni, ingresso dalla Sicilia, verranno utilizzati mezzi mobili come quello in dotazione alla Guardia di finanza di Venezia, muniti di uno scanner capace di individuare droghe, esplosivi ma anche clandestini nascosti tra la merce trasportata dai mezzi di trasporto pesante o dai furgoni;
se le donne madri con al seguito bambini piccoli possano protette e accolte temporaneamente nelle strutture ricettive o in fabbricati non utilizzati, la proprietà dei quali sia ascrivibile non solo alle regioni, ma anche alle province ed ai comuni, poiché in una prospettiva di responsabilità intergenerazionale occorre sempre e comunque tutelare, garantire e difendere il diritto all'infanzia.
(4-11474)

TESTO AGGIORNATO AL 27 APRILE 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del turismo, per sapere - premesso che:
con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è stata abolita la diaria, ovvero il compenso orario, degli insegnanti che accompagnano gli studenti nei viaggi di istruzione all'estero;
la «scure» dei Governi di centro-destra contro la scuola pubblica aveva già prodotto il primo danno, ad avviso degli interroganti, con la legge 23 dicembre 2005 n. 266 (finanziaria per il 2006), che aveva soppresso la diaria per i viaggi in Italia, un taglio che si sommava alla riduzione significativa del fondo di istituto e che ha colpito duramente il mercato turistico interno;
con il citato decreto-legge n. 78 del 2010, dall'anno scolastico 2010-2011, gli insegnanti che organizzano la didattica e la logistica di un viaggio d'istruzione all'estero, rimanendo in servizio per più giorni, con l'obbligo di accompagnare e sorvegliare gli alunni, 24 ore su 24, in contesti dove il controllo risulta spesso ben

più difficile che in un'aula scolastica, non hanno alcun riconoscimento economico e professionale;
è evidente che per il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il fatto che gli insegnanti accompagnino o meno gli studenti nei viaggi d'istruzione all'estero è indifferente, una posizione del tutto coerente con le critiche mosse nei giorni scorsi dal Presidente del Consiglio dei ministri agli insegnanti della scuola statale;
gli insegnanti che finora promuovevano i viaggi di istruzione accompagnandovi i ragazzi lo facevano volontariamente, non obbligati per contratto, non erano la totalità degli insegnanti e non erano mai motivati dalla diaria, sempre simbolica e pagata in gran ritardo;
come conseguenza di tale improvvida decisione i viaggi d'istruzione sono crollati dopo che in modo spontaneo molti insegnanti hanno scelto di rinunciarvi, per protesta contro la soppressione della diaria, che comportava un riconoscimento, seppure minimo, di 12 euro a docente;
lo «sciopero bianco» delle gite scolastiche si è esteso in tutta Italia, mettendo a rischio i viaggi d'istruzione della primavera 2011 e con essi migliaia di posti di lavoro in un settore che è ormai diventato un business corposo e teme il crollo degli ordini per i prossimi mesi;
la soppressione della diaria si aggiunge al blocco degli scatti di anzianità che incideranno sul livello di reddito degli insegnanti che andranno in pensione in questo periodo, al taglio delle ore di compresenza, alla modifica delle finestre di pensionamento;
l'adesione allo «sciopero bianco» delle gite scolastiche è diffusa in tutto il Paese; è molto significativo il boicottaggio al Nord dove, nonostante il presidente della regione Piemonte si sia posto in contrasto con la linea del Ministro, decidendo di sostenere con un bonus economico le scuole piemontesi che realizzeranno viaggi d'istruzione e gemellaggi culturali, la protesta si sta estendendo ugualmente;
secondo il Centro studi turistici di Firenze la spesa media per studente nel 2009 in Italia, per 2,4 giorni medi di soggiorno, è di 77 euro, che diventano 136 comprendendo il trasporto, mentre per i viaggi all'estero, considerando una media di 3,8 giornate, la spesa è stata di 136,78 euro, che assommati ai costi di trasporto diventano 340 euro;
la stima del fatturato complessivo del turismo scolastico è di 651 milioni di euro, quota che non tiene conto dell'indotto (bar, souvenir e altro) che portano la spesa complessiva ad almeno 1 miliardo di euro;
il taglio della diaria anche per i viaggi all'estero, ennesimo risparmio a giudizio degli interpellanti indiscriminato e irrazionale ai danni della scuola pubblica, nega agli insegnanti perfino il simbolico riconoscimento dell'iniziativa e della enorme responsabilità che essi assumono affrontando un viaggio di istruzione;
le agenzie di viaggi, i tour operator e le ditte di trasporto hanno espresso grande preoccupazione; i viaggi d'istruzione, infatti, garantiscono lavoro per almeno sei mesi all'anno ad alberghi, ristoranti, guide, musei in periodi nei quali il resto dell'attività è praticamente inesistente;
per quanto riguarda i conti pubblici, la mancata elargizione di una diaria agli insegnanti non compensa in alcun modo la perdita di gettito dello Stato quanto all'IVA e alle tasse versate dal comparto del turismo per i viaggi d'istruzione;
gli insegnanti sono consci di cosa significa per i loro alunni la rinuncia ai viaggi d'istruzione e non hanno assunto a cuor leggero la decisione di portare avanti la protesta, ma il problema che essi pongono è di altra natura; con i tagli attuati al personale della scuola dovuti alla riforma «Gelmini-Tremonti», i docenti si trovano a volte con 30 alunni per classe, con un aggravio di responsabilità e di

rischi nel caso di un viaggio o di una semplice uscita fuori dalle mura scolastiche;
la gita, che aggiunge altre responsabilità al lavoro spesso misconosciuto degli insegnanti, amplifica un disagio già presente; stupisce quindi che il Governo non colga il messaggio di un'intera categoria che con generosità, spesso aggiungendo attività di volontariato al proprio dovere, si dedica all'insegnamento e alla crescita dei bambini e dei giovani;
la situazione che si è andata creando suscita preoccupazione per il riflesso che avrà per i tour operator e gli agenti di viaggio che hanno specializzato le proprie competenze, con il rischio di perdere posti di lavoro e crescita, in un periodo già segnato dalla crisi -:
se i Ministri abbiano valutato il danno, in termini di perdita di gettito IVA e di tasse su un giro d'affari di 1 miliardo di euro all'anno per i viaggi d'istruzione;
se, a fronte di un carico di lavoro aumentato e soprattutto dell'enorme responsabilità, civile e penale, che gli insegnanti assumono nei confronti degli studenti che accompagnano nelle visite di istruzione, intendano assumere iniziative per reintrodurre una diaria, auspicabilmente non più simbolica e non più pagata con grande ritardo, per gli insegnanti relativamente ai viaggi d'istruzione in Italia e all'estero;
se e quali altre misure e quale ulteriore impegno finanziario intendano assumere per sostenere e qualificare il turismo scolastico, evitando di eliminare dal piano di offerta formativa il viaggio d'istruzione che fa parte del bagaglio di esperienza e di crescita umana e culturale dei giovani.
(2-01034)
«Marchioni, Bachelet, Lulli, Sani, Martella, Mattesini, Bucchino, Sereni, Melandri, De Biasi, Mastromauro, Zampa, Santagata, Vannucci, Zucchi, Lenzi, Damiano, Pierdomenico Martino, Fluvi, Pizzetti, Zunino, Rosato, Bratti, Froner, Braga, Fadda, Oliverio, Sanga, Losacco, Cavallaro, Mogherini Rebesani, Vico, Scarpetti, La Forgia, Rigoni, Brandolini, Ginefra».

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Silicon Valley è un paradiso tecnologico al sud di San Francisco, che raccoglie i giganti dell'hi-tech di tutta Europa;
la Helvett Pachard è stata la prima azienda elettronica della Silicon Valley, in seguito anche altri colossi come la Apple, l'Intel, Google, Cisco Systems e Facebook hanno deciso di stabilire la propria sede nella famosa valle del silicio;
«la Francia ha una struttura apposita, parallela al suo Consolato di San Francisco e direttamente collegata all'ambasciata di Washington, chiamata Service Scientifique» (La Repubblica del 6 marzo 2011), con un organico composto da quatto esperti di scienza, tecnologia e informatica;
anche il Regno Unito ha una struttura simile a quella francese, chiamata Science and Innovation;
«l'Olanda ha tre attaché presso il Netherlands Office for Science and Technology di San Francisco. Il record assoluto va alla Svizzera: una task force di 13 esperti lavora presso la struttura Swissnex» (La Repubblica del 6 marzo 2011);
Paesi come la Spagna, Finlandia, Repubblica Ceca, Austria, Irlanda, sebbene non abbiano solide finanze pubbliche, sono presenti nella valle, e comunque ogni Paese che intenda stare al passo con le nuove tecnologie non vi rinuncia, perché l'addetto scientifico nella Silicon Valley apporta enormi vantaggi alle imprese;

da quanto riportato su La Repubblica del 6 marzo 2011, l'addetto scientifico italiano presso il consolato a San Francisco non esiste più. A causa dei tagli alla ricerca italiana, il nostro Paese è ufficialmente fuori dalla Silicon Valley;
il nostro addetto aveva il compito di «coprire da solo un'area vastissima della West Coast, compresa Seattle nello Stato di Washington, sede di Microsoft, Boeing, Amazon» - si legge nell'articolo succitato - ma ora, scaduto il suo mandato, l'incarico non sarà affidato né a lui né ad altri -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
come si intenda sopperire alla mancata rappresentanza dell'Italia all'interno di un polo tecnologico come la Silicon Valley, riconosciuto e ambito da tutto il mondo.
(5-04522)

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBIERI, ANTONINO FOTI e VERSACE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
a seguito dei pensionamenti per raggiunti limiti di età e delle numerose dimissioni volontarie dal servizio, in tutte le regioni d'Italia si riscontrerà, per l'anno scolastico 2011-2012, una grave carenza di dirigenti scolastici;
circa oltre 2100 scuole, pari al 20 per cento del totale, saranno prive di dirigente titolare, con la conseguenza della necessità di attribuire, in tali casi, incarichi di reggenza, con relativi oneri per lo Stato;
l'istituto della reggenza non garantisce un adeguato svolgimento dei propri compiti da parte del dirigente, il quale oltre a governare la propria scuola, spesse volte sovradimensionata, dovrà gestirne un'altra, con grave dispendio di energie e ridotta funzionalità sia della scuola di titolarità che di quella data in reggenza;
a tutt'oggi non è stato bandito il concorso per il reclutamento di nuovi dirigenti scolastici e, se anche fosse bandito in tempi rapidi, l'assunzione dei vincitori non potrebbe avvenire prima del 1o settembre 2013, visti i tempi medi di espletamento di tali concorsi;
ai fini della proroga della permanenza in servizio per i dirigenti scolastici, è possibile applicare il punto b) della circolare ministeriale n. 100 del 29 dicembre 2011 «Cessazione dei dirigenti scolastici del 1o settembre 2011», che testualmente recita «(...) la cessazione opera a decorrere dal 1° settembre successivo al verificarsi della succitata condizione (ndr. compimento dei 65 anni di età), tranne i casi in cui sia stata valutata positivamente la domanda di trattenimento in servizio fino a 67 anni, secondo i criteri contenuti nella direttiva n. 94 del 4 dicembre 2009»;
la direttiva n. 94 del 4 dicembre 2009 recita: «(...) negli altri casi il direttore dell'Ufficio scolastico regionale potrà motivare la mancata risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di coloro che abbiano maturato i quaranta anni di contributi, sulla base del numero di eventuali uffici dirigenziali vacanti nell'ambito regionale, per i quali si dovrebbe far ricorso alla reggenza, (...) nonché della mancanza nelle graduatorie di aspiranti alla nomina di dirigente scolastico» -:
se non ritengano di valutare l'opportunità di adottare provvedimenti volti ad accogliere le istanze dei dirigenti scolastici disponibili a permanere in servizio fino a sessantasette anni di età, con ciò alleggerendo la pesante situazione descritta, che, altrimenti, coinvolgerebbe 4200 scuole su un totale di 10400.
(4-11465)

DIVELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola deve trasmettere esclusivamente quei valori che sono il fondamento della identità stessa della Repubblica e della nazione; deve mirare alla crescita

sociale; deve fornire una formazione di qualità alle giovani generazioni; deve favorire l'autonomia di pensiero e di giudizio degli studenti; deve avere rispetto degli alunni che non vanno ridotti ad oggetti facilmente manipolabili; deve essere il luogo del sapere libero e disinteressato che è la forma del sapere che costruisce il cittadino;
alcuni quotidiani locali e nazionali in data 26 e 27 marzo 2011 hanno riportato la notizia che il provveditore agli studi di Bari, dottor Giovanni Lacoppola, a seguito di un esposto da parte di alcuni genitori, ha denunciato la presenza di un'insegnante di storia e geografia in una scuola primaria statale della città di Bari che, anziché limitarsi ad impartire le lezioni, sia solita tramutare una serena aula scolastica in un palco da comizio;
la predetta insegnante, abusando della libertà d'insegnamento, giustamente sancita dall'attuale legislazione scolastica, avrebbe travalicato i limiti del proprio compito istituzionale per sconfinare nell'inaccettabile tentativo di coartare indebitamente le giovani coscienze degli alunni che le sono stati affidati;
la predetta insegnante nelle ore di lezione avrebbe avuto una condotta irregolare e in netto contrasto con le norme di etica e di deontologia professionale alle quali dovrebbe scrupolosamente attenersi ogni docente che sia consapevole dei propri doveri e, soprattutto, delle proprie responsabilità verso gli alunni;
la predetta insegnante avrebbe messo in atto una forma di violenza psicologica, che i genitori hanno definito «lavaggio di cervello», in danno di alunni di soli nove anni allo scopo di inculcare nelle loro giovani menti orientamenti politici ben precisi da riferire ai loro genitori, sia in riferimento a talune scelte in materia di politica energetica e sia sullo sbarco degli immigrati in Sicilia frutto di scelte scellerate governative;
è indispensabile, di fronte a questo episodio, che i dirigenti scolastici in generale vigilino scrupolosamente sull'attività didattica degli insegnanti in servizio nelle scuole di loro competenza, al fine di prevenire ogni forma di azioni di natura partitico-politica da parte dei docenti;
è inconcepibile, ad avviso dell'interrogante, utilizzare una cattedra d'insegnamento, in special modo di scuola primaria, per compiere operazioni di propaganda politica, somministrando a piccoli alunni visioni ideologiche di fatti politici di rilevanza nazionale ed internazionale;
secondo l'interrogante, tentare di orientare politicamente le giovani menti di alunni in formazione significa tradire la propria missione di educatore -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere, al fine di impedire che siffatti incresciosi episodi continuino a verificarsi nelle scuole ed in particolar modo in quelle primarie;
se non sia il caso di predisporre immediatamente un'ispezione che verifichi le circostanze e i fatti come riportati in premessa e, nel caso vengano accertate responsabilità da parte dell'insegnante, quali misure ritenga opportuno adottare anche sotto il profilo disciplinare.
(4-11470)

EVANGELISTI e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 22 marzo 2011, si è svolto presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'incontro già programmato per un confronto tra il Ministero e le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, per discutere le procedure relative alle nuove gare finalizzate a garantire il mantenimento dell'occupazione e del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori adibiti alle pulizie nelle scuole (ex-Lsu ed appalti storici);
alla riunione era previsto l'intervento della rappresentanza politica e tecnica del Ministero come da impegni sottoscritti, nel verbale del 3 marzo 2011 in quanto erano

attese risposte in merito all'impegno di reperire i fondi atti ad assicurare la continuità occupazionale di tutti i lavoratori già impegnati nello svolgimento dei servizi;
da quanto riferito dalle organizzazioni sindacali, la riunione si è invece svolta alla presenza della sola rappresentanza tecnica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che ha confermato la piena applicazione della direttiva 103/2010, in particolare l'entità delle risorse economiche che la stessa stabilisce per il settore e che prevedono un taglio del 50 per cento rispetto all'attuale finanziamento, con il rischio concreto di migliaia di licenziamenti. Tra l'altro la direttiva non prevede distinzioni tra lavoratori ex LSU e lavoratori del settore degli appalti storici;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ribadito l'intenzione di attivare gare CONSIP per l'affidamento dei servizi, prevedendo altresì l'applicazione del contratto collettivo nazionale pulizie/multiservizi e quindi anche dell'articolo 4 dello stesso. Comunque, stante l'entità attuale dei finanziamenti, si determinerebbe una forte riduzione del numero degli addetti;
nelle more della predisposizione delle gare CONSIP, dopo il 30 giugno 2011, per gli appalti scaduti o in scadenza, la direttiva del Ministero, se confermata, come preannunciato, prevede, già per l'anno scolastico 2011/2012, la riconferma dell'esternalizzazione dei servizi di pulizie, ed un sistema di gara mediante la procedura del cottimo fiduciario delegata a ciascun singolo istituto scolastico;
questa procedura e la condizione posta di far partire i nuovi appalti alla data del 1o settembre 2011, con l'interruzione dei rapporti di lavoro per i mesi estivi, determinerebbero di fatto l'impossibilità di applicare le garanzie previste dal contratto collettivo nazionale e dall'articolo 4, concorrendo alla drastica riduzione degli organici e quindi al licenziamento dei lavoratori;
le organizzazioni sindacali hanno espresso una netta opposizione all'atteggiamento assunto da Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ribadendo la contrarietà all'impostazione dettata dalla direttiva 103/2010, al taglio indiscriminato delle risorse del settore ed all'utilizzo degli affidamenti attraverso il cottimo fiduciario;
gli interroganti, unitamente alle organizzazioni sindacali, ritengono che ci sia la necessità di attivare un percorso che affronti l'ottimizzazione dei servizi a condizione di garantire la continuità degli appalti attuali, fino alla predisposizione delle nuove gare, che devono garantire l'applicabilità delle clausole sociali, mantenendo l'occupazione e il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, nonché la qualità e la sicurezza dei servizi alle scuole -:
quali iniziative intenda assumere il Governo al riguardo, anche in seguito alla dichiarazione dello stato di agitazione della categoria e all'indizione di una manifestazione nazionale il 5 aprile 2011 a Roma presso la sede del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(4-11472)

TESTO AGGIORNATO AL 20 LUGLIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, è obbligatoria per tutti i lavoratori dipendenti con alcune eccezioni (cfr. articolo 37 del regio decreto-legge n. 1827 del 1935), tra cui il personale artistico, cinematografico e teatrale (regio decreto-legge n. 1827 del 1935, articolo 40, comma 5). Non sono però considerati appartenenti al personale artistico, cinematografico e teatrale, coloro che al

teatro o al cinematografo prestano opera che non richiede una preparazione tecnica, culturale o artistica (regio decreto n. 2270 del 1924, articolo 7);
come è facilmente intuibile la norma tiene conto che gravitano nel mondo dello spettacolo due tipi di lavoratori: quelli che svolgono una attività che si può considerare specificamente di natura artistica e quelli che svolgono invece ruoli di tipo organizzativo ed amministrativo. Per i primi non è previsto il versamento di contributi, mentre i secondi rientrano nella normativa generale;
l'INPS, con la circolare n. 5549, 4 marzo 2011, suggerisce di considerare come escluso dall'obbligo di assicurazione contro la disoccupazione involontaria il personale appartenente al primo gruppo (decreto ministeriale 10 novembre 1997): «L'esclusione (dall'obbligo di assicurazione contro la disoccupazione involontaria) è dovuta non alla natura autonoma del rapporto di lavoro (...), ma al fatto che (il personale artistico, cinematografico e teatrale), operando nella più ampia autonomia dei compiti assunti... svolge la propria attività senza l'apporto ovvero l'opera dell'imprenditore». Da ciò si deduce chiaramente che coloro che non appartengono al primo gruppo sono tenuti al versamento dei contributi di disoccupazione, come qualsiasi altro lavoratore dipendente. Anche perché le attività di questo tipo non si possono assolutamente svolgere senza l'apporto o l'opera dell'imprenditore né si possono considerare «espressione personalistica del soggetto». Di fatto si tratta di figure professionali dipendenti nel senso più classico del termine, figure che «si impegnano ad eseguire scrupolosamente le disposizioni emanate dalla Organizzazione di Produzione (...)» così come recita uno degli articoli del contratto dei lavoratori di questo gruppo;
il motivo per cui, fra le aziende del settore, si è diffusa la convinzione che tale assicurazione non fosse obbligatoria neppure per questi lavoratori, impegnati nell'ambito organizzativo-gestionale, dipende dalla prassi seguita dall'INPS fino al 2010. Fino a questa data, infatti, l'INPS erogava le indennità di disoccupazione anche in assenza del versamento dei contributi di disoccupazione. In questo modo le aziende si sono erroneamente convinte, secondo un'interpretazione estensiva dei dettati normativi sopra richiamati, della non obbligatorietà della suddetta assicurazione anche per gli appartenenti al secondo gruppo (decreto ministeriale 10 novembre 1997);
attualmente l'Inps sostiene di non dover/poter erogare l'indennità per deficienza contributiva e con tale termine fa riferimento alla mancanza di contributi di disoccupazione, per cui molti lavoratori sono stati esclusi dall'indennità di disoccupazione, senza preavvisi di alcun tipo. Ciò nonostante altri lavoratori dello spettacolo, in circostanze analoghe, hanno percepito l'indennità di disoccupazione, anche in assenza di contributi di disoccupazione. Ma l'articolo 2116 del Codice Civile recita: «Le prestazioni dell'articolo 2114 (assistenziali e previdenziali), sono dovute al prestatore di lavoro, anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali (o delle norme corporative)». E secondo il pensiero della Corte costituzionale il suddetto principio costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi (sentenza Corte costituzionale n. 347 del 1997);
il lavoratore a cui è stata rifiutata l'indennità di disoccupazione si trova in una situazione di difficile soluzione che vede da una parte l'INPS e dall'altra parte il datore di lavoro. Di fronte al datore di lavoro il lavoratore si trova a dover dimostrare: l'obbligatorietà dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria; mentre di fronte all'INPS si trova a dover rivendicare il diritto dell'automaticità delle prestazioni;

nascono due quesiti fondamentali per il lavoratore, spesso giovane e precario, inesperto davanti alla normativa vigente e alle sue evoluzioni e strutturalmente fragile nella trattazione con il datore di lavoro:
ossia quali siano le ragioni per le quali non sono stati versati i contributi di disoccupazione e se la problematica sia della società che non li ha versati o del lavoratore;
ma c'è un ulteriore quesito che sottolinea l'ingiustizia subita da questi lavoratori: l'arbitrarietà dell'interpretazione della norma da parte degli operatori INPS. Da quest'anno l'INPS infatti ha cambiato la modalità operativa nell'erogazione della suddetta indennità, per cui il lavoratore INPS, a cui è affidata la pratica, verifica se il richiedente ne ha diritto o no, dandone una valutazione che dipende dalla sua interpretazione della circolare, come si può dedurre dalla apparente difformità dei giudizi emessi e delle indennità concesse ad alcuni e non ad altri. L'INPS, in questi casi senza inquadrare la tipologia del lavoratore ed in altri pur avendo riconosciuto l'obbligo di versamento, sta respingendo le domande per l'assenza dei contributi di disoccupazione -:
cosa intenda fare:
a) per garantire a giovani precari che hanno lavorato in questo settore di poter comunque contare sulla indennità di disoccupazione, tanto più necessaria in tempi di estrema difficoltà che si protraggono assai più del previsto;
b) per garantire una interpretazione univoca delle norme in modo da evitare quell'ulteriore ingiustizia che scaturisce dalla discrezionalità interpretativa dei lavoratori INPS;
c) per tutelare i lavoratori di un settore come quello artistico-cinematografico che rappresenta nelle sue diverse sfaccettature una delle risorse culturali più importanti del nostro Paese.
(3-01566)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO, MIOTTO, LENZI, MURER, SARUBBI, BUCCHINO e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le politiche perseguite dal legislatore in questi ultimi dieci anni in tema di tutela della maternità hanno avuto come obiettivo la creazione di un sistema che soddisfacesse le esigenze di organizzazione della vita quotidiana. La valorizzazione delle politiche sociali costituisce uno dei fattori primari nelle strategie di promozione della qualità di vita e dello sviluppo di un Paese;
uno dei tasselli chiave di tale processo riorganizzativo è costituito dalla legge n. 53 del 2000 «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città», che, dettando «disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità», si propone come fine ultimo quello di armonizzare i tempi di cura, di formazione e di relazione (tempi delle città) tra genitori e figli, introducendo una maggiore condivisione dei compiti all'interno del nucleo familiare. Occuparsi dei propri figli quando sono piccoli è sì un dovere ma prima di tutto un diritto;
la tutela della famiglia si è sviluppata, negli anni, attraverso anche la previsione di un insieme di garanzie e tutele idonee a salvaguardare la funzione della donna all'interno della famiglia. Non va, infatti, dimenticato che tale importantissimo ruolo è garantito dalla stessa Costituzione che all'articolo 37, oltre a sancire la parità normativa e retributiva tra lavoratori e lavoratrici, assicura alla donna condizioni di lavoro che consentono «l'adempimento della sua essenziale funzione familiare», nonché una speciale e adeguata protezione della madre e del bambino;
la tutela della maternità e dell'infanzia, insieme al principio di uguaglianza

tra i due sessi, rappresenta, quindi, nel nostro ordinamento giuridico, un valore primario;
l'istituto del congedo parentale, introdotto con la legge n. 53 del 2000 che riconosce sia ai padri che alle madri il diritto di assentarsi dal lavoro per la cura dei propri figli, è una grande conquista sociale: la cura dei figli smette di essere prerogativa delle sole madri dal punto di vista legislativo e coinvolge anche i padri garantendogli uguali diritti e tutele -:
se il Ministro sia a conoscenza dei dati relativi all'applicazione della legge n. 53 del 2000 e, in particolare:
a) di quelli relativi all'applicazione dell'articolo 4 «congedi per eventi e cause particolari»;
b) di quelli relativi all'applicazione dell'articolo 7 «anticipazione del trattamento di fine rapporto»;
c) di quelli relativi all'applicazione dell'articolo 8 «prolungamento dell'età pensionabile»;
d) di quelli relativi all'articolo 9 «misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro», verificando l'opportunità in un ottica di rilancio delle politiche per la famiglia di trovare i fondi necessari per rifinanziare tale articolo, al fine di poter approvare dei progetti che consentano alle lavoratrici e ai lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile in entrata o in uscita, sui turni e su sedi diverse, orario concentrato;
e) di quelli relativi all'articolo 12 «flessibilità dell'astensione obbligatoria»;
f) di quelli relativi all'articolo 19 «permessi per l'assistenza a portatori di handicap» e all'articolo 20 «estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap».
(5-04512)

MIOTTO, MURER e SBROLLINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», attribuendo all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorso in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con

disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico INPS;
nella realtà dei fatti, ad avviso degli interroganti l'introduzione della nuova procedura invece di accelerare l'iter per il riconoscimento delle invalidità lo ha ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase. La nuova procedura invece di portare chiarezza e celerità ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto un loro diritto; si potrebbe dire che per ogni falso invalido scoperto 100 invalidi veri sono costretti a mesi di attesa ed a una doppia visita;
difficoltosi risultano i rapporti tra Asl e Inps anche in una regione, come il Veneto, dove la collaborazione era buona anche grazie alla serietà e severità dell'esame delle commissioni mediche delle aziende sanitarie;
molti invalidi richiedenti non risultano aver ricevuto il verbale di accertamento mentre l'istituto dichiara di averli consegnati a Postel; i giorni passano e si è ben oltre i 120 previsti come limite massimo e intanto è la famiglia a doversi far carico di tutta l'assistenza;
se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si può però portarla avanti cancellando i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto un loro diritto -:
quale sia attualmente la situazione presso le sedi Inps della regione Veneto ed in particolare, quale sia la collaborazione con le aziende sanitarie, quante siano le pratiche evase rispetto a quelle depositate, quanto sia mediamente, il tempo necessario per concludere l'iter di una pratica relativa ad un riconoscimento della invalidità e quali siano i tempi nelle diverse fasi dell'iter;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché vi siano un maggior rispetto dei tempi ed una maggiore chiarezza e trasparenza nelle diverse fasi di riconoscimento dell'invalidità, in particolar modo per quanto riguarda il raccordo tra Asl e Inps e cittadino;
se risulti vero che le Asl non siano in grado di comunicare in via informatica con le sedi Inps territorialmente competenti, in quanto i sistemi informatici non sono tra loro compatibili.
(5-04514)

SARUBBI e PEDOTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», attribuendo all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorsa in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate

da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico dell'INPS;
nella realtà dei fatti ad avviso degli interroganti l'introduzione della nuova procedura invece di accelerare l'iter per il riconoscimento dell'invalidità lo ha ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase. La nuova procedura invece di portare chiarezza e celerità ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto un loro diritto; si potrebbe dire che per ogni falso invalido scoperto 100 invalidi veri sono costretti a mesi di attesa ed a una doppia visita;
difficoltosi risultano i rapporti tra Asl e Inps anche in una regione, come il Lazio, dove la collaborazione era buona anche grazie alla serietà e severità dell'esame delle commissioni mediche delle aziende sanitarie;
molti invalidi richiedenti non risultano aver ricevuto il verbale di accertamento mentre l'istituto dichiara di averlo consegnato a Postel; i giorni passano e si è ben oltre i 120 previsti come limite massimo e intanto è la famiglia a doversi far carico di tutta l'assistenza;
se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si può però portarla aventi cancellando i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto un loro diritto -:
quale sia attualmente la situazione presso le sedi Inps della regione Lazio ed, in particolare, quale sia la collaborazione con le aziende sanitarie, quante siano le pratiche evase rispetto a quelle depositate, quanto sia mediamente, il tempo necessario per concludere l'iter di una pratica relativa ad un riconoscimento dell'invalidità e quali siano i tempi nelle diverse fasi dell'iter;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché vi siano un maggior rispetto dei tempi ed una maggiore chiarezza e trasparenza nelle diverse fasi di riconoscimento dell'invalidità, in particolar modo per quanto riguarda il raccordo tra asl e Inps e cittadino;
se risulti vero che le asl non siano in grado di comunicare in via informatica con le sedi Inps territorialmente competenti, in quanto i sistemi informatici non sono tra loro compatibili.
(5-04515)

LIVIA TURCO, D'INCECCO e LOLLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», attribuendo all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha

profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorso in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio-economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico dell'INPS;
nella realtà dei fatti, ad avviso degli interroganti l'introduzione della nuova procedura, invece di accelerare l'iter per il riconoscimento delle invalidità, lo ha ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase. La nuova procedura invece di portare chiarezza e celerità ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto un loro diritto; si potrebbe dire che per ogni falso invalido scoperto 100 invalidi veri sono costretti a mesi di attesa ed a una doppia visita;
difficoltosi risultano i rapporti tra Asl e Inps anche in una regione, come l'Abruzzo, dove la collaborazione era buona anche grazie alla serietà e severità dell'esame delle commissioni mediche delle aziende sanitarie;
molti invalidi richiedenti non risultano aver ricevuto il verbale di accertamento, mentre l'istituto dichiara di averlo consegnato a Postel, i giorni passano e si è ben oltre i 120 previsti come limite massimo e intanto è la famiglia a doversi far carico di tutta l'assistenza;
se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si può però portarla avanti cancellando i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto un loro diritto -:
quale sia attualmente la situazione presso le sedi Inps della regione Abruzzo ed, in particolare, quale sia la collaborazione con le aziende sanitarie, quante siano le pratiche evase rispetto a quelle depositate, quanto sia, mediamente, il tempo necessario per concludere l'iter di una pratica relativa ad un riconoscimento della invalidità e quali siano i tempi nelle diverse fasi dell'iter;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché vi siano un maggior rispetto dei tempi ed una maggiore chiarezza e trasparenza nelle diverse fasi di riconoscimento dell'invalidità, in particolar modo per quanto riguarda il raccordo tra Asl e Inps e cittadino;
se risulti vero che le Asl non siano in grado di comunicare in via informatica

con le sedi Inps territorialmente competenti, in quanto i sistemi informatici non sono tra loro compatibili.
(5-04516)

BOSSA e SARUBBI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», attribuendo all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorso in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1° gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico dell'INPS;
nella realtà dei fatti, ad avviso degli interroganti, l'introduzione della nuova procedura, invece di accelerare l'iter per il riconoscimento delle invalidità, lo ha ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase. La nuova procedura invece di portare chiarezza e celerità ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto un loro diritto; si potrebbe dire che per ogni falso invalido scoperto 100 invalidi veri sono costretti a mesi di attesa ed a una doppia visita;
difficoltosi risultano i rapporti tra Asl e Inps anche in una regione, come la Campania, dove la collaborazione era buona anche grazie alla serietà e severità dell'esame delle commissioni mediche delle aziende sanitarie;
molti invalidi richiedenti non risultano aver ricevuto il verbale di accertamento, mentre l'istituto dichiara di averlo consegnato a Postel; i giorni passano e si è ben oltre i 120 previsti come limite massimo e intanto è la famiglia a doversi far carico di tutta l'assistenza;
se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si può però portarla aventi cancellando i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto un loro diritto -:
quale sia attualmente la situazione presso le sedi Inps della regione Campania ed, in particolare, quale sia la collaborazione

con le aziende sanitarie, quante siano le pratiche evase rispetto a quelle depositate, quanto sia, mediamente, il tempo necessario per concludere l'iter di una ad un riconoscimento dell'invalidità e quali siano i tempi nelle diverse fasi dell'iter;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché vi siano un maggior rispetto dei tempi ed una maggiore chiarezza e trasparenza nelle diverse fasi di riconoscimento dell'invalidità, in particolar modo per quanto riguarda il raccordo tra asl e Inps e cittadino;
se risulti vero che le asl non siano in grado di comunicare in via informatica con le sedi Inps territorialmente competenti in quanto i sistemi informatici non sono tra loro compatibili
(5-04517)

META. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in seguito agli eventi catastrofici avvenuti in Giappone ed ai gravi danni provocati alla centrale nucleare di Fukushima, i lavoratori della compagnia aerea Alitalia-CAI impegnati nelle operazioni di volo, manutenzione, handling e tutte le operazioni a terra, che operano sui voli diretti verso tale destinazione, sono fortemente preoccupati a causa della possibilità di poter essere contaminati dalle radiazioni nucleari;
a seguito di un incontro con le organizzazioni sindacali, avvenuto in assenza del medico competente aziendale, la stessa azienda Alitalia-CAI faceva sapere in data 22 marzo 2011 che «sono stati rilevati valori di contaminazione nelle prese d'aria motore e motori degli aeromobili, e che secondo il protocollo AEA (Air European Association), per i valori sopra soglia è stato necessario che l'esperto di radioprotezione aziendale stabilisse le misure di protezione individuali per i lavoratori e l'adozione di un programma di monitoraggio fino a che gli stessi valori non rientrassero nella normalità. Gli esperti hanno di conseguenza disposto che solo il personale incaricato dei controlli sui motori debba precauzionalmente indossare equipaggiamenti di protezione individuale. Per tutto il restante personale che opera all'interno ed all'esterno dell'aeromobile non è necessaria alcuna misura di protezione»;
le organizzazioni sindacali dei lavoratori hanno fatto esplicita richiesta all'azienda di conoscere i dati oggettivi circa il programma di monitoraggio del livello di eventuale contaminazione degli aeromobili e del personale impiegato sulle rotte per il Giappone;
Alitalia-Cai avrebbe opposto un rifiuto a rendere pubblici i dati oggettivi richiesti dai lavoratori, non consentendo di fare chiarezza fornendo dati certi e utili a fugare tutti i dubbi e le preoccupazioni del personale della compagnia;
l'azienda aveva proceduto, senza preventivo confronto con i lavoratori, alla variazione dell'operativo sulla direttrice Tokyo, sin dalla giornata di sabato 12 marzo 2011, derogando unilateralmente alla prevista programmazione dei voli;
tali direttrici sono state operate, con voli «turn around», alternando un equipaggio in servizio e uno in must-go, senza peraltro prevedere esplicitamente che tali voli potessero essere effettuati su base «volontaria» dal personale navigante, ferma restando la garanzia della totale sicurezza delle operazioni e dell'incolumità dei propri dipendenti che è in capo al datore di lavoro -:
se non si ritenga necessario intervenire per verificare se siano garantite le necessarie misure di sicurezza e di tutela dei lavoratori di Alitalia-Cai, obbligata per legge in quanto datore di lavoro a garantire la sicurezza e la salute dei dipendenti, effettuando la sorveglianza sanitaria e sulle implicazioni correlate, come previsto dal decreto legislativo n. 81 del 1991 e dall'attuale normativa.
(5-04524)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e DI STANISLAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sino al 31 marzo 2011 l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sede dell'Aquila, si è avvalso di personale interinale per garantire i livelli essenziali delle prestazioni;
i lavoratori a tempo determinato hanno ricoperto funzioni e svolto compiti indispensabili a garantire livelli ottimali delle prestazioni dell'ente;
la mancata proroga dei contratti a termine potrà determinare notevoli ritardi nell'erogazione dei servizi da parte dell'INPS, primo fra tutti l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga, previsti a favore dei lavoratori abruzzesi, fortemente colpiti dalla grave crisi economica derivante del terremoto del 6 aprile 2009 -:
quali iniziative si intendano intraprendere per prorogare i contratti a termine dei lavoratori abruzzesi al fine di garantire l'efficienza dei servizi erogati dall'INPS.
(4-11460)

LIVIA TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 448 del 1998 «Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo» e successive modificazioni, all'articolo 65 prevede, con effetto dal 1o gennaio 1999, un assegno in favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani residenti, con tre o più figli tutti con età inferiore ai 18 anni, che risultassero in possesso di risorse economiche non superiori al valore dell'indicatore della situazione economica (ISE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 tabella 1;
successivamente, l'articolo 2, comma 2, del decreto 25 maggio 2001, n. 337, ha esteso la possibilità di usufruire del beneficio in questione anche ai cittadini comunitari residenti nel territorio italiano;
all'articolo 66 della legge n. 48 del 1998, cosi come modificato dalle disposizioni contenute negli articoli 74 e 80 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si prevede l'erogazione di un assegno di maternità, per ogni figlio nato dal 1o gennaio 2001, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento dalla stessa data, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
in una situazione di crisi economica come quella che da qualche anno sta attanagliando l'Italia, sono proprio le famiglie con più figli piccoli, le famiglie numerose o le donne sole con figli a subirne le maggiori conseguenze, essendo particolarmente esposte al rischio di povertà; secondo l'Istat, gli individui con meno di 18 anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e 728 mila (il 17,1 per cento);
nell'ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i welfare State hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito, misura che l'Italia ha invece abbandonato -:
quale siano attualmente i dati relativi all'erogazione delle due misure economiche, al loro ammontare nonché alla loro distribuzione territoriale;
quali ulteriori iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per aiutare le famiglie che si trovino in una situazione di disagio sociale ed economico.
(4-11467)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa del 2 aprile 2011 il signor

Giuseppe Calabrese è deceduto, dopo essere precipitato dal tetto di un capannone dove era salito per sostituire dei pannelli in contrada Maiorana, in provincia di Ragusa -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica degli incidenti; se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate; quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11478)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo il rapporto sull'attività svolta nel 2010 dal Corpo forestale dello Stato, nella classifica dell'agro-criminalità, il Piemonte risulta al primo posto, in tema di contraffazione dei prodotti agroalimentari di eccellenza del cosiddetto made in Italy, con circa 800 controlli (di cui 133 nel settore agricoltura biologica ogm, dop, igp) per un importo complessivo delle sanzioni elevate pari a 200 mila euro, rispetto ai circa 80 mila del 2009;
i dati sull'attività di controllo accertati, inoltre, nel settore della sicurezza agroambientale e agroalimentare risultano in aumento, rispetto al 2009;
il lavoro svolto quotidianamente dal Corpo forestale dello Stato, a giudizio dell'interrogante, risulta tuttavia, importante e fondamentale, nonostante i reati accertati ed i controlli effettuati siano, come suesposto, in aumento, offrendo un contributo determinante per la collettività, nell'ambito della tutela paesaggistica della salvaguardia del consumatore e della lotta alla contraffazione -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di contrastare attraverso misure più efficaci, il cosiddetto fenomeno dell'agro-pirateria nel Piemonte, i cui dati, secondo quanto risulta dal rapporto di cui premessa, indicano la predetta regione al primo posto nella classifica in tema di contraffazione dei prodotti agroalimentari e di contrasto delle sofisticazioni e adulterazioni dei prodotti di qualità;
se non ritenga opportuno rafforzare ulteriormente i controlli nel Piemonte, attraverso un incremento dell'attività ispettiva del nucleo del Corpo forestale dello Stato, la cui attività di vigilanza, come esposto in premessa, rimane di elevato valore.
(5-04513)

CENNI e FIORIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per conoscere - premesso che:
la recente OCM (organizzazione comune di mercato) vino ha avviato un processo di riforma del settore che sta modificando profondamente l'insieme delle norme che regola nel territorio dell'Unione Europea il settore;
tra le norme in fase di modifica c'è lo strumento dei diritti di impianto che sino ad oggi ha rappresentato un efficace principio di gestione del potenziale vitivinicolo;
alla luce di quanto richiamato il regime dei diritti di impianto scadrà il 31 dicembre 2015 e che a partire da tale data non sarà più regolato l'impianto dei vigneti;
di conseguenza la nuova OCM del settore, adottata con regolamento del Consiglio n. 479/2008, poi confluito nel regolamento del Consiglio n. 1234/2007 (OCM unica), non ha fissato una scadenza temporale

per i diritti di reimpianto concessi a seguito della estirpazione di una superficie vitata;
il medesimo regolamento (CE) n. 479/2008 stabilisce che i diritti di reimpianto concessi ai sensi della precedente OCM (regolamento CE n. 1493/1999) mantengono una scadenza temporale e devono essere utilizzati nel corso dei periodi previsti, e cioè entro il periodo di 8 campagne;
in virtù di questa situazione i produttori che hanno proceduto ad espianto intenzionati a rinnovare e quindi qualificare le proprie produzioni nel periodo in cui era in vigore la precedente OCM (regolamento CE n. 479/1999) si troverebbero in una situazione di svantaggio rispetto ai produttori che hanno estirpato dopo l'entrata in vigore della nuova OCM (regolamento CE n. 479/2008);
in considerazione del particolare momento di crisi che sta attraversando il settore vitivinicolo, molte aziende chiedono di poter «congelare» i diritti di reimpianto concessi in attuazione della precedente OCM e prossimi alla scadenza al fine di poterli utilizzare in situazioni congiunturali più favorevoli;
tale possibilità rappresenterebbe un duplice vantaggio: per l'azienda che non sosterrebbe spese di impianto in un momento sfavorevole, nonché per il mercato perché non si incrementerebbe il quantitativo di vino evitando un eccesso di offerta;
la situazione sopra richiamata è stata evidenziata all'attenzione del Ministero nei mesi scorsi, dalle regioni e da importanti associazioni agricole nazionali;
la richiesta di una proroga della validità dei diritti di reimpianto sembrerebbe essere stata condivisa dallo stesso Ministero e segnalata formalmente dal Ministero ai servizi della Commissione europea ed anche nel corso di un recente comitato di gestione vino -:
se effettivamente la richiesta di proroga in oggetto sia stata formalizzata, se la Commissione abbia assunto una decisione in merito e quale sia la decisione assunta.
(5-04519)

OLIVERIO, ZUCCHI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dopo oltre tre anni di negoziati il Parlamento europeo e il Consiglio non sono riusciti a trovare l'accordo su una proposta di modifica dell'attuale legislazione europea sulla commercializzazione di prodotti per il consumo alimentare provenienti da animali clonati;
la legislazione vigente, che risale al 1997, non sembra fornire adeguate garanzie per i consumatori, tanto che nel 2008 gli organismi comunitari avevano stabilito di procedere con il metodo della co-decisione alla revisione dell'intera normativa;
neppure le proposte più ragionevoli avanzate dal Parlamento europeo tendenti a garantire adeguatamente la tracciabilità dei prodotti derivanti da animali clonati sono state condivise dalla Commissione e dal Consiglio, evidentemente preoccupati di innescare una guerra commerciale con i Paesi del Nord e del Sudamerica;
dopo il fallimento dei negoziati la detiene torna alla Commissione europea che dovrà ripartire con una nuova proposta, oltre due anni di lavoro e lasciando i cittadini europei in un vuoto legislativo per un tempo altrettanto lungo;
in assenza di una nuova normativa resterà in vigore quella varata 14 anni fa, nel 1997; ciò vuol dire che la circolazione del cibo che origina da animali clonati sarà più libera e deregolamentata di quanto ci si aspettava; per avere una nuova normativa si ipotizza un tempo necessario di tre anni; nel frattempo «si potrà consumare, senza saperlo, carne di

prole derivata da animali clonati in quanto la normativa vigente - quella del 1997 - richiede una specifica autorizzazione per la vendita di carne proveniente da animali clonati ma questo non vale per la prole e i discendenti;
si calcola che, in media, nei Paesi europei il 5 per cento della carne importata derivi dai discendenti di animali clonati; nel 2010 l'Italia ha importato carne fresca, congelata o refrigerata da Paesi dove è permesso l'allevamento di animali clonati per il consumo di carne per quasi 30 milioni di chili; l'Europa importa complessivamente 300 mila tonnellate di carne clonata ogni anno; negli Stati Uniti il consumo di carne di origine clonata è permesso dal 2007, anno in cui fu autorizzato dalla Food and drugs administration;
l'Agenzia europea della sicurezza alimentare (EFSA) ha ribadito più volte che non è possibile dare certezze sul consumo di carne clonata a causa della scarsità degli studi sull'argomento; l'Agenzia aggiunge che la scarsità di dati riguarda proprio le generazioni clonate successive alla prima; raccomanda, quindi, di monitorare i cloni e i loro discendenti e di controllare se si verificano mutazioni genetiche e se essi hanno problemi al sistema immunitario; tali incertezze, ribadite da indagini scientifiche indipendenti, hanno spinto l'Unione europea ad approfondire la questione allo scopo di varare una disciplina di maggior precauzione rispetto a quella in vigore;
è quindi molto grave che l'Europa, infine, si sia allineata su orientamenti diversi rispetto a quelli che avevano sollecitato una revisione normativa di disposizioni che risalgono all'anno della prima clonazione; la situazione che si è determinata di impasse legislativa richiede un più forte impegno, anche da parte del nostro Paese, per colmare tale vuoto legislativo entro il più breve tempo possibile -:
quali iniziative intenda portare avanti il Ministro interrogato presso le competenti sedi dell'Unione europea per arrivare alla revisione della normativa sulla commercializzazione di carni provenienti da animali clonati;
quali misure saranno adottate nell'immediato per tutelare i consumatori italiani dall'eventuale rischio alimentare derivante dal consumo di carni clonate.
(5-04520)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la Coldiretti Calabria ha presentato alla stampa una petizione popolare sull'agrumicoltura per sollecitare l'approvazione della proposta di legge A.C.4114 recante «norme In materia di bevande analcoliche alla frutta, succhi di frutta e nettari, nonché di etichettatura, promozione e salvaguardia dei prodotti italiani»;
contemporaneamente all'iniziativa della Calabria, anche in Sicilia si è svolta un'analoga conferenza stampa che ha coinvolto consumatori e imprenditori agricoli e agroalimentari;
le mobilitazioni, che vedono coinvolte le due regioni che da sole rappresentano i 2/3 dell'intera produzione agrumicola nazionale, rappresentano un importante segnale per il rilancio del settore, fortemente colpito dalla grave crisi economica che ha causato la chiusura di molte aziende agricole e di prima trasformazione;
la proposta di legge, oggetto della petizione della Coldiretti, mira ad innalzare la percentuale di succo di agrumi e l'obbligo di indicazione di origine del succo utilizzato nelle aranciate, nonché una serie di misure a livello regionale per il rilancio del comparto agrumicolo;
ad oggi, come affermato dalle organizzazioni di settore, i frutti continuano a rimanere sugli alberi, creando un enorme disagio sia sociale che economico, con una

potenziale perdita tra produzione e indotto di circa 8 mila posti di lavoro e 10 mila ettari di agrumeti;
dall'approvazione della proposta di legge sopracitata deriverebbero numerose ricadute positive sia in termini di innalzamento della qualità delle bevande a base di agrumi sia in termini di vantaggi economici per i produttori -:
quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di far fronte alla grave crisi che ha investito il settore agrumicolo nel Meridione, nelle more dell'approvazione della proposta di legge sopracitata, al fine di sostenere il rilancio economico dell'intero comparto.
(5-04521)

DELFINO, CERA e RUGGERI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il bilancio della campagna olearia delle province di Lecce, Brindisi e Taranto è stato drammatico a causa della diffusione di un batterio responsabile della lebbra dell'olivo;
lo sviluppo virulento di tale fitopatologia ha provocato ingenti danni economici all'intero comparto, in particolare nella provincia di Brindisi la diffusione del batterio riguarderebbe il 68 per cento delle colture, stando a quanto stimato dall'Istat;
le cause principali della violenta diffusione della lebbra dell'olivo sarebbero da attribuire alle particolari condizioni climatiche degli ultimi due anni, caratterizzate da abbondanti piogge nel periodo di ingrossamento e maturazione delle olive, da autunni con temperature miti e da un'elevata umidità, ampliata anche dalle dimensioni delle piante stesse che limitano la circolazione dell'aria e la penetrazione della luce;
a fronte degli ingenti danni economici subiti dal settore, è stata fatta richiesta al Ministero di specifici aiuti in base ai parametri del «de minimis», per poter arginare un problema che sta assumendo proporzioni drammatiche;
la regione Puglia, in accordo con l'università di Bari, ha messo a punto degli interventi mirati al contenimento degli effetti devastanti del morbo, anche mediante la sensibilizzazione delle organizzazioni di produttori olivicoltori a migliorare i sistemi di raccolta, in quanto l'incidenza della malattia aumenterebbe con l'avanzare della maturazione, per cui la raccolta prolungata da terra costituirebbe una pratica non idonea a contrastarne la diffusione -:
quali urgenti iniziative intenda attivare per individuare interventi straordinari mirati al superamento dell'attuale crisi del settore olivicolo che ha colpito la regione Puglia, causata dalla preoccupante diffusione del batterio della lebbra dell'olivo.
(5-04523)

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

GNECCHI, GATTI, BELLANOVA e CODURELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo altri Ministri dell'attuale Governo, sostengono la necessità di elevare l'età per il pensionamento e già si è intervenuti in tal senso per considerare

anche l'aspettativa di vita sia per quanto riguarda l'età pensionabile, che il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
esistono proposte di legge dei diversi schieramenti politici presentate sia alla Camera che al Senato per affrontare una riforma delle pensioni sia per aspetti particolari che di sistema;
il Ministro interrogato rispondendo all'atto ispettivo n. 4-04782 sul numero delle dipendenti donne cui sia stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ha sostenuto l'8 febbraio 2010: «Tuttavia, in conformità ai princìpi di trasparenza ed accessibilità a cui deve ispirarsi in ogni caso l'attività degli uffici pubblici, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intende, anche in riscontro all'istanza dell'interrogante, avviare, presso tutte le amministrazioni pubbliche, una ricognizione delle modalità di applicazione delle suddette normative e dei relativi effetti»;
si ha motivo di ritenere che sia stata effettuata questa ricognizione perché utile a tutto quanto sopra premesso -:
quanti dipendenti pubblici siano stati collocati a riposo obbligatoriamente (in base all'articolo 17, comma 35-novies, della legge n. 102 del 2009), in particolare quanti uomini e quante donne con la specificazione dell'età anagrafica degli interessati, suddivisi per settore della pubblica amministrazione.
(4-11458)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Quotidiano della Calabria, nella sua edizione del 1o aprile 2011 ha riferito del caso del signor Piero Procopio, di Catanzaro, deceduto mentre si trovava adagiato sul letto della sua abitazione;
in precedenza l'elettrocardiogramma aveva rilevato un «infarto acuto precoce», ma i sanitari del pronto soccorso dell'ospedale «Pugliese» di Catanzaro lo avevano mandato a casa con una prognosi di sette giorni;
il referto con cui l'uomo è stato dimesso dall'ospedale, evidenziava l'infarto in corso -:
di quali elementi disponga in merito alla dinamica che ha portato alla morte del signor Procopio;
quali iniziative di competenza ritenga di dover adottare per accertare le cause di quanto sopra descritto.
(4-11479)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
nel febbraio del 2009 la società russa Severstal rendeva noto che stava valutando la possibilità di uscire dal gruppo Lucchini acquisito, tra il 2005 e il 2007, per il 79,82 per cento; le intenzioni di disimpegno della società russa erano conseguenti al calo della domanda di acciaio sui mercati sviluppati e alla connessa riduzione del 50 per cento delle quantità prodotte del gruppo Lucchini nel 2009 e agli alti costi di produzione; a tal fine la Servestal era alla ricerca di un nuovo soggetto imprenditoriale che subentrasse nel gruppo Lucchini, acquisendone la partecipazione del 79,82 per cento;
nel corso del 2010 notizie stampa hanno confermato che Severstal stesse

trattando la vendita del gruppo Lucchini e che stesse già conducendo negoziati in tal senso con diversi potenziali investitori, tra i quali, oltre alla stessa famiglia Lucchini, si indicava inizialmente il gruppo Riva il gruppo Arcelor Mittal, che a Piombino già controlla il gruppo Magona, e la società cinese Baosteel di Shanghai; più di recente gli acquirenti del gruppo Lucchini sono indicati nel gruppo vicentino Beltrame e nel fondo internazionale Apollo;
la ricerca di un acquirente da parte della società Severstal è stata rallentata dall'apertura della trattativa con gli istituti bancari creditori per la ristrutturazione di 770 milioni di euro di debito del gruppo Lucchini; tra gli istituti bancari esposti ci sono la Bnp Paribas, Unicredit, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena; la trattativa si è rivelata, però, molto complessa, inizialmente, a causa dell'indisponibilità della proprietà, e dunque della Servestal, a garantire una ricapitalizzazione adeguata alle richieste del sistema bancario e, successivamente, dalle numerose condizioni poste dalla Servestal; in particolare la Servestal poneva come condizioni la trasformazione di 200 milioni di debito in obbligazioni convertibili in una quota del 35 per cento del capitale, la presenza di un suo uomo in più nel consiglio di amministrazione e la vendita immediata di Ascometal, valutata in 350 milioni di euro con cui compensare debiti arretrati della Servestal;
i mancati investimenti produttivi, derivanti dalla ricerca di un nuovo proprietario e l'ulteriore incertezza determinata dal mancato accordo di risanamento finanziario dell'azienda, hanno rallentato la ripresa produttiva degli stabilimenti siderurgici, proprio nel momento in cui i segnali di ripresa del mercato la avrebbero resa possibile;
finalmente nel mese di febbraio 2011 è stato raggiunto l'accordo per la ristrutturazione del debito che, garantendo di nuovo l'accesso al credito, rappresenta il primo passo per la sopravvivenza del gruppo siderurgico se all'accordo seguirà in tempi celeri la definizione di un serio piano industriale che consenta un effettivo rilancio dello stabilimento e degli altri presidi del gruppo; infatti, l'accordo siglato tra la società russa e gli istituti bancari tutela gli assetti esistenti, confermandone la stabilità economica, ma risulta privo di ogni prospettiva di rilancio in quanto, entrambe le parti in causa, non prevedono alcuna operazione di ricapitalizzazione del gruppo;
appare urgente, al contrario, definire un piano industriale che consenta a tutto il polo siderurgico italiano di intercettare i segnali di ripresa del mercato dell'acciaio nazionale e internazionale, scegliendo un nuovo soggetto industriale che ricapitalizzando con nuovi flussi di cassa il gruppo Lucchini confermi o programmi gli investimenti di cui lo stabilimento ha bisogno;
con la sigla dell'accordo il gruppo Lucchini è ormai controllato dalle banche che avranno tutta l'intenzione di salvaguardare i propri interessi ma non sono in grado di delineare un percorso di rilancio industriale che può essere ottenuto solo se un nuovo soggetto industriale assume la guida del gruppo siderurgico;
come dichiarato dal sindaco di Piombino, sede dello stabilimento siderurgico, con l'avvento delle banche si delinea una soluzione solo transitoria. «Il debito non viene abbattuto, non c'è una riapertura delle linee di credito per interventi strategici. L'accordo garantisce solo la mera sopravvivenza. E in siderurgia il termine sopravvivenza equivale a deperimento»;
anche se c'è soddisfazione per l'accordo con le banche, perché esclude il grave rischio di un fallimento, rimangono inalterate le incertezze e le perplessità sul futuro dello stabilimento, anche in considerazione del fatto che la società Severstal, a seguito del suddetto accordo, ha dichiarato di non avere alcuna fretta di vendere; tale dichiarazione è oltremodo preoccupante perché la Severstal si rifiuta di ricapitalizzare l'azienda e quindi non consente di programmare e pianificare la produzione industriale;

il gruppo siderurgico di Piombino, che, oltre alla Lucchini comprende anche la Magona e la Dalmine, è una realtà economica strategica per il Paese ed è urgente che il Governo intervenga concretamente per delineare una soluzione industriale vincente per lo stabilimento; infatti dopo Taranto, quello di Piombino è l'altro polo siderurgico a ciclo integrale, cioè partendo dal carbone e minerale di ferro sino all'acciaio semilavorato e a quello finito; le produzioni del gruppo siderurgico di Piombino sono importanti, si pensi alla produzione di rotaie, che potrebbero essere strategiche in un Paese come l'Italia che investe sui treni ad alta velocità; inoltre la fabbrica occupa oltre 3000 persone, direttamente e indirettamente, e rappresenta quindi una componente essenziale del tessuto economico della regione;
il timore è che si perda del tempo prezioso e si opti, infine, per una dismissione del ciclo integrale riposizionando la produzione su asset meno strategici che non prevedono l'utilizzo dell'altoforno, ma di forni elettrici. Tale soluzione determinerebbe un costo elevato sia in termini sociali, perché causerebbe il licenziamento di almeno la metà dei dipendenti, sia in termini prettamente economici perché priverebbe l'Italia di un asset strategico in un momento in cui il settore appare in netta ripresa;
appare allo stesso tempo urgente che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del mare intervenga per accelerare il processo di riqualificazione complessiva del sito siderurgico di Piombino mediante operazioni di bonifica sostenibili, complemento fondamentale per un effettivo rilancio produttivo del sistema industriale siderurgico -:
se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga urgente convocare i soggetti interessati al fine di consentire, in tempi ragionevoli, l'individuazione di un piano industriale di rilancio del gruppo siderurgico di Piombino che tuteli un asset fondamentale dell'economia nazionale;
se il Governo abbia conoscenza di quali siano gli investimenti programmati e le risorse effettivamente disponibili per le bonifiche dei siti siderurgici di Piombino e di quali siano le motivazioni che, fino ad oggi, non hanno consentito l'ultimazione dei lavori di bonifica;
se i Ministri interrogati non ritengano urgente delineare, per quanto di competenza, un piano industriale di riqualificazione di una parte importante del sistema industriale italiano, mediante iniziative congiunte che garantiscano il successo dell'operazione.
(2-01032)
«Velo, Esposito, Marchignoli, Rosato, Sbrollini, Zunino, Lo Moro, Miglioli, Zaccaria, Garavini, Tullo, De Micheli, Recchia, Madia, Agostini, Andrea Orlando, Rossomando, Lucà, Pompili, Fadda, Bossa, Tocci, Boccuzzi, Sani, Vico, Baretta, Albonetti, Schirru, Pizzetti, Sanga, Rugghia, Tidei, Damiano».

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
presso il dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica risulterebbe vacante da circa due mesi la dirigenza della direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali;
si tratta di una importante direzione che contiene al suo interno divisioni strategiche per lo sviluppo economico territoriale a sostegno delle attività industriali, del turismo, del commercio e dei servizi, per gli interventi per l'innovazione tecnologica, per l'innovazione nelle nuove imprese e per le reti di imprese, programmi integrati di ricerca e sviluppo, nonché la divisione che si occupa dei contratti di programma, dei patti territoriali, dei contratti d'area e altri strumenti della programmazione negoziata;

in particolare risulta in capo a tale direzione anche la divisione che si occupa del credito d'imposta, degli incentivi automatici e degli interventi a sostegno delle piccole e medie imprese e della finanza d'impresa;
si registrano, da parte delle imprese interessate, forti preoccupazioni sui tempi di firma da parte del direttore generale, e quindi di erogazione, dei mandati di pagamento delle diverse tipologie di incentivi richiesti -:
se non ritenga di procedere in tempi rapidi alla nomina della direzione vacante e di procedere conseguentemente alla altrettanto rapida firma dei mandati di pagamento pendenti senza i quali le imprese non possono proseguire nella loro programmazione ed attività imprenditoriale.
(2-01031)
«Galletti, Naro, Libè, Occhiuto, Anna Teresa Formisano».

Interrogazioni a risposta scritta:

FERRARI e CORSINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sono passati ormai mesi dallo switch-off, il passaggio dalla televisione analogica al digitale terrestre, nella quasi totalità del territorio nazionale;
nonostante i molti mesi trascorsi, il passaggio al digitale terrestre nella provincia di Brescia non può certamente dirsi compiuto con successo;
sono assai numerose, dall'intero territorio provinciale, le segnalazioni di disservizi e problemi che rendono assai disagevole la ricezione del segnale delle principali emittenti nazionali, con conseguente esborso, spesso inutile, di spesa in decoder e in interventi di antennisti;
in particolare, in alcune zone si riscontra l'impossibilità di ricevere il segnale dei canali Rai, mentre in altre zone si registra l'assenza del canale de La7; in ampie zone della città di Brescia risulta intermittente il segnale dei canali nazionali e si registra, in generale, una scarsa qualità di ricezione, mentre risulta particolarmente colpita da disservizi l'intera Valle Camonica -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopra citata e quali iniziative di competenza intenda assumere per affrontare la situazione e per sollecitare la soluzione definitiva del disagio che ha colpito un numero così alto di utenti, a maggior ragione in riferimento ai canali Rai, soggetti al pagamento del canone.
(4-11468)

GRIMOLDI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a Montevarchi (Arezzo) e in tutto il Valdarno centinaia di piccole e medie imprese del settore del design, che de oltre 50 anni hanno sempre operato nella piena legittimità, già provate dalla grave crisi economica mondiale di questi ultimi anni e dalla concorrenza sleale dei Paesi asiatici, hanno visto aggravarsi la loro situazione di crisi in seguito all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 131 del 2010;
tale decreto, di fatto con l'articolo 123 «modifiche all'articolo 239 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30», impedisce la libera produzione di riedizioni dei classici del design;
questa situazione, segnalata anche dall'Associazione degli industriali della zona, comporta anche una conseguente perdita di numerosissimi posti di lavoro;
peraltro, una sentenza della Corte di giustizia europea del 27 gennaio 2011 riconosce piena legittimità alle produzioni di tali aziende -:
se il Ministro sia a conoscenza del problema e se non intenda assumere iniziative volte a modificare tale normativa fortemente penalizzante per le aziende del settore dell'industria del design, anche alla

luce della sentenza della Corte di giustizia europea di cui in premessa.
(4-11469)

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, GIULIETTI, MATTESINI, PELUFFO, PORTA e TOUADI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i media e in particolare il servizio pubblico televisivo costituisce un mezzo rilevante per la cultura e per l'educazione capace di trasmettere e innovare le tradizioni degli italiani;
negli ultimi anni la RAI ha creato e successivamente potenziato il servizio streaming «live» e «on demand» sul suo portale web;
con il termine streaming si identifica un flusso di dati audio/video trasmessi da una sorgente a una o più destinazioni tramite una rete telematica;
secondo le testimonianze di numerosi connazionali residenti all'estero è impossibile visionare il pacchetto di canali di Rai.tv in live streaming nel caso in cui gli utenti che si collegano attraverso internet si trovino al di fuori del territorio nazionale;
i nostri connazionali residenti all'estero vivono l'impossibilità di fruire dei servizi Rai.tv in diretta come un ostacolo alla loro partecipazione al dibattito culturale e politico italiano;
la sentenza del 26 giugno 2002, n. 284, della Corte costituzionale ha configurato che il cosiddetto «canone Rai» non è qualificabile come un abbonamento o una tassa di servizio, collegata alla fruizione del servizio, bensì come un'imposta sulla detenzione di apparecchi atti od adattabili alla ricezione di radioaudizioni, indipendente dalla reale fruizione o dalla volontà di fruire del servizio;
giacché l'obbligo di versare il «canone» alla radiotelevisione italiana è per natura indipendente dalla fruizione del servizio, ne consegue che l'esclusione dei cittadini italiani residenti all'estero dalla fruizione dei servizi live streaming di Rai.tv, non può essere direttamente o indirettamente giustificata dal mancato versamento di un'imposta cui sono soggetti giuridicamente solo i detentori degli apparecchi situati in Italia;
la mancata trasmissione live dei programmi agli utenti che si collegano a internet al di fuori del territorio nazionale è invece ricollegabile all'esigenza di rispettare i diritti di proprietà intellettuale sui contenuti acquisiti da terzi da parte della Rai, ma tale geoprotezione non può riguardare, salvo rare eccezioni, i contenuti di produzione interna e, in particolare, i notiziari e i programmi di approfondimento giornalistico; ne è riprova il fatto che tali contenuti, pur non essendo visionabili in diretta, vengono successivamente resi disponibili nella sezione del portale «on demand»;
proprio i notiziari e i programmi d'approfondimento politico e sull'attualità italiana costituiscono elementi di considerevole interesse per le comunità italiane all'estero, nonché l'unico modo di godere di un'immediata informazione sulle vicende che riguardano il loro Paese d'origine;
la fruibilità del servizio «live streaming» di Rai.tv anche dall'estero, oltre a garantire un contatto quotidiano dei nostri connazionali con il loro Paese, accrescerebbe sensibilmente il numero di utenti Rai favorendo un positivo sviluppo economico dell'azienda sia in termini d'immagine che, per il possibile aumento degli introiti pubblicitari, in termini economici;
in risposta a una precedente interrogazione (5-02835), il Ministero dello sviluppo economico aveva garantito che nel quadro di perfezionamento del contratto di servizio 2010-2012 sarebbero state definite le più efficaci modalità operative di applicazione e di sviluppo delle attività e degli obblighi previsti nel contratto stesso e in tale ambito non si sarebbe mancato di porre la massima attenzione alla tutela degli italiani residenti all'estero, impegnando

la RAI a mettere in campo tutte le tecnologie utili per garantire una più puntuale fruizione dei programmi delle reti generaliste da parte di tali connazionali -:
in quale modo abbia operato il Ministero al fine di promuovere, anche nel quadro del contratto di servizio, una maggiore fruibilità del servizio Rai.tv da parte degli utenti che intendano collegarvisi dall'estero;
se, in particolare, abbia preso in considerazione l'apertura di un canale streaming live dedicato appositamente agli italiani all'estero che raccolga quotidianamente tutti i contenuti non coperti da vincoli di natura geografica trasmessi sulle reti Rai in un palinsesto capace di garantire ai connazionali una ricca informazione sulle vicende d'attualità italiana.
(4-11473)

ZAZZERA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Telcom spa è un'azienda di trasformazione di materiali termoplastici con tecnologia di stampaggio rotazionale, fondata ad Ostuni (BR) nel 1973, con stabilimenti in Italia, in America e joint-venture in Asia ed Europa che occupano oltre 450 dipendenti. L'attività della Telcom si estende in diversi settori, che vanno dalla produzione di contenitori per acqua ed alimenti alla produzione di sistemi di depurazione di acque reflue;
la Telcom ha costituito una joint-venture nel 2003 in Albania di cui detiene il 51 per cento, mentre il 49 per cento è detenuto da Technosystem Engeeniring srl del gruppo De Gennaro-Scianatico;
la Telcom spa ha sede legale ad Ostuni e rappresenta per il territorio primario elemento di sviluppo e fonte di reddito per gli abitanti;
la Telcom spa si è distinta inoltre per una serie di iniziative a difesa dei diritti umani, sottoscrivendo il rapporto di partnership con l'AIFO, organizzazione non governativa che si occupa di cooperazione per lo sviluppo e la tutela sanitaria internazionale;
nel 2008 la Telcom vantava un fatturato di 29 milioni di euro ridotto a 24 milioni di euro nell'ultimo anno. La società ha costruito un nuovo stabilimento, ha fatto investimenti, ha modificato il ciclo tecnologico e l'organizzazione interna;
nel gennaio 2009, la direzione aziendale con decisione unilaterale ha comunicato la volontà di ridurre il personale addetto per far fronte alla crisi generale, avviando le procedure per il licenziamento di 49 dipendenti su 237 unità;
nel marzo 2009 la Telcom ha sottoscritto un accordo che prevedeva la temporanea messa in cassa integrazione in deroga con successiva messa in mobilità per crisi per 49 dipendenti, di cui 12 avrebbero dovuto essere reintegrati;
di fronte al rischio di licenziamento di 49 dipendenti c'è stata una mobilitazione di associazioni e semplici cittadini a sostegno dei lavoratori; anche il sindaco di Ostuni, Giacinto Tanzariello, si è schierato contro i licenziamenti della Telcom spa;
nonostante la crisi nel novembre 2009 la stampa riporta la notizia dell'acquisto da parte della Telcom di quote di maggioranza della Borsci, azienda di liquori sommersa dai 10 milioni di euro di debiti e sull'orlo del fallimento;
grazie a questa operazione industriale nascerà una nuova azienda, che per il 51 per cento è costituita dalla Telcom e che prevede l'assorbimento dei 26 dipendenti Borsci;
mentre la Telcom ha salvaguardato pertanto i dipendenti della Borsci, accollandosi peraltro tutte le passività dell'azienda, altrettanto non ha fatto con i suoi dipendenti assorbendone di fatto 12 sui 49 in mobilità e pronti per il licenziamento. Così nel dicembre 2010 i dipendenti Telcom cassintegrati, nel timore di rimanere privi di ogni fonte di reddito, in

occasione di una riunione presso la Camera del lavoro di Ostuni, hanno chiesto di essere diversamente collocati o comunque ricollocati in azienda;
in particolare, gli ex dipendenti Telcom si sono appellati alle organizzazioni sindacali di categoria Filctem, Femca, Uilcem, Ugl-Chimici lamentando l'assenza di contratti di solidarietà nell'azienda, la mancata erogazione di fondi presso organismi territoriali al fine di creare nuove occupazioni per i licenziati, il mancato ricorso alla mobilità volontaria con liquidazione individuale concordata -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di salvaguardare l'occupazione dei 36 lavoratori Telcom di Ostuni, il cui licenziamento avrà conseguenze sociali disastrose sul territorio;
se i Ministri non intendano, per quanto di competenza, far luce sulla strategia di riorganizzazione del personale messa in atto dalla Telcom, che ha comportato il licenziamento dei lavoratori dell'azienda di materiali termoplastici motivata dalla crisi, mentre contestualmente si procedeva al riassorbimento di 26 dipendenti della Borsci e all'acquisto di una nuova società oberata di debiti.
(4-11475)

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TURISMO

Interrogazione a risposta orale:

LIBÈ, GALLETTI e SCANDEREBECH. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
nello spot audiovisivo «Magica Italia 2011» per la promozione delle località turistiche italiane che sarà trasmesso sulle reti Rai non vi è nessun accenno al turismo balneare né a quello di montagna;
l'Italia vanta oltre 7400 chilometri di coste, alcune delle quali tra le più belle al mondo, ed il turismo balneare è di gran lunga il settore più remunerativo dell'industria turistica nazionale;
si tratta di un settore che registra oltre 31,8 milioni di presenze nelle destinazioni balneari, grazie ad una offerta di 689 mila camere e 968 mila posti letto nell'extralberghiero;
oltre alle Dolomiti, dichiarate dall'Unesco patrimonio dell'umanità, il nostro Paese offre, anche, una varietà altrettanto importante di mete turistiche per gli appassionati della montagna, sia in inverno che in estate;
il nuovo video, promosso dal Governo non presenta alcuna traccia, parola, frame, evocazione relativa al turismo balneare e di montagna -:
se non ritenga di procedere ad una integrazione del video che consenta di promuovere oltre alle bellezze delle nostre città d'arte, l'importanza e la bellezza delle nostre coste e delle nostre montagne e, conseguentemente, la qualità dell'offerta turistica fornita dai nostri operatori del settore.
(3-01563)

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Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Fontanelli n. 2-01024 del 29 marzo 2011.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi e altri n. 5-03152 del 30 giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11458.

interrogazione a risposta orale Villecco Calipari e altri n. 3-01326 dell'11 novembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11471.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-08611 del 16 settembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04511.

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta orale Bitonci e altri n. 3-00846 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 269 del 20 gennaio 2010. Alla pagina 10423, prima colonna, dalla riga trentunesima alla riga trentaduesima deve leggersi: «le autorità spagnole, pur nel rispetto delle prerogative della magistratura spagnola, per scongiurare una simile eventualità, ove fondata, e impedire che un» e non «le autorità spagnole per scongiurare simile eventualità, ove fondata, e impedire che un», come stampato.