XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
La V Commissione,
premesso che:
l'articolo 1, comma 40, primo periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, ha disposto l'incremento di 924 milioni di euro per l'anno 2011 della dotazione del fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
il quarto periodo del predetto comma 40, destina una quota delle citate risorse, per un importo pari a 50.000.000 di euro per l'anno 2011, al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali;
in conseguenza di quanto disposto dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, la predetta quota di 50.000.000 di euro è stata incrementata fino a raggiungere l'importo di 75.100.000 euro;
ai sensi del quinto comma del citato comma 40, alla ripartizione della predetta quota e all'individuazione dei beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario;
la pratica sportiva rappresenta un importante momento di aggregazione sociale ed un fattore di rilevante importanza nello sviluppo socio-economico dei territori e in questo ambito, è particolarmente importante promuovere l'attività sportiva dei cittadini diversamente abili, che possono trovare nella pratica sportiva un'occasione di integrazione sociale e culturale;
risulta, quindi, di fondamentale importanza sostenere l'attività di un ente quale il Comitato italiano paralimpico, che da anni svolge con serietà e dedizione la funzione di promuovere nel nostro Paese l'attività sportiva degli atleti disabili di ogni età;
fatta salva l'adozione di ulteriori atti di indirizzo da parte delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, risulta necessario procedere alla tempestiva destinazione di quota parte delle risorse di cui al suddetto comma 40 a favore del Comitato italiano paralimpico, al fine di garantire il proseguimento e il rafforzamento dell'attività svolta dal Comitato stesso, promuovendo in tal modo la massima diffusione dell'attività sportiva degli atleti disabili,
impegna il Governo
a destinare una quota delle risorse di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, pari a 6 milioni di euro, ad un contributo all'attività istituzionale del Comitato italiano paralimpico (C.I.P.)
(7-00542)
«Giancarlo Giorgetti, Gioacchino Alfano, Baretta, Bitonci, Ciccanti, Cesaro, Lo Presti, Cambursano, Commercio».
La XII Commissione,
premesso che:
la prima firmataria del presente atto ha presentato in data 19 novembre del 2010, in assemblea, durante la discussione sulla legge di stabilità per l'anno 2011, l'ordine del giorno 9/03778-A/127, accolto dal Governo;
in tale ordine del giorno, si premetteva che il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze del Governo stava mettendo a dura prova la tenuta dei ceti medi e bassi, e delle famiglie italiane, e che tutte le decurtazioni avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio del 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio del 2010 n. 122 sui principali fondi relativi alla spesa sociale, rappresentavano il pericolo del reale smantellamento del welfare in Italia;
nell'ordine del giorno sopra menzionato, si premetteva inoltre che i tagli hanno riguardato, oltre che il fondo nazionale per le politiche sociali, anche: il fondo per l'infanzia e l'adolescenza, il fondo per le politiche della famiglia, il fondo nazionale per il servizio civile, il fondo per la non autosufficienza, il fondo per l'inclusione degli immigrati, il fondo per le pari opportunità, il fondo per le politiche giovanili, il fondo contro la violenza alle donne, tutti sottoposti a radicali decurtazioni se non azzerati;
nell'ordine del giorno sopra menzionato, accolto dal Governo, alla luce dei dati in premessa, si impegnava l'esecutivo a «valutare l'opportunità di adottare misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali, di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico e una tantum anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità»;
inoltre si impegnava il Governo «ad individuare con particolare attenzione gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un Piano nazionale contro le povertà prendendo in carico le persone e le famiglie che sono in condizioni disagiate anche attraverso una politica universalistica di lotta alle povertà»;
infine si impegnava il Governo «a ripristinare anche per il 2011 non solo il finanziamento per il fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge n. 296 del 2006 quale strumento di aiuto alle famiglie ma anche il bonus famiglia introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 185 del 2008, nonché il Fondo per le politiche della famiglia di cui al decreto-legge n. 223 del 2006»;
in merito a tali impegni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una nota con cui ha ricordato che «è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio del 2011 il decreto interministeriale del 4 ottobre del 2010, che ha ripartito tra le regioni e le province autonome le risorse del Fondo per le non autosufficienze, per l'anno 2010, pari a 400 milioni di euro»; e che «il predetto decreto attribuisce alle Regioni risorse finanziarie che saranno utilizzate espressamente per realizzare prestazioni, interventi e servizi assistenziali in favore di persone non autosufficienti»;
tale appunto appare alla firmataria del presente atto di indirizzo fuori tema, dal momento che fa riferimento al decreto di ripartizione del finanziamento per il Fondo relativo all'anno 2010 mentre l'ordine del giorno accolto dal Governo e sopra menzionato impegnava l'esecutivo a ripristinare il finanziamento alcuni Fondi sociali e in particolare il Fondo per la non autosufficienza per l'anno 2011, su cui, per ammissione della stessa nota, non risultano al momento allocate nuove risorse;
nella nota si fa presente inoltre che il decreto-legge 225 del 29 dicembre 2010 prevede all'articolo 2 che «una quota pari a 100 milioni di euro è destinata ad interventi in tema di sclerosi amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge n. 296, del 27 dicembre del 2006»;
anche tale appunto appare alla firmataria del presente atto d'indirizzo fuori tema perché ancora una volta non si fa riferimento alcuno al rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze per l'anno
2011, e ai Fondi per la famiglia, a cui il Governo si è impegnato con l'accoglimento dell'ordine del giorno 9/03778-A/127,
impegna il Governo
ad adottare iniziative di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali di sostegno per i giovani e le famiglie, ad individuare gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un piano nazionale contro le povertà, e ad assumere le iniziative dirette a ripristinare anche per il 2011 il finanziamento per il fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge n. 296 del 2006, nonché per il fondo per le politiche della famiglia, così come da impegno già assunto dal Governo con l'accoglimento dell'ordine del giorno 9/03778-A/127 e non rispettato.
(7-00540) «Murer».
La XIII Commissione,
premesso che:
una delle più rinomate e prestigiose produzioni agricole italiane è quella delle ciliegie;
l'Italia è il primo produttore di ciliegie d'Europa, il quarto nel mondo, con un volume di circa 135.000 tonnellate di prodotto di alta gamma raccolto; tale produzione è costantemente aumentata nel corso degli ultimi dieci anni e fino al 2008 con un incremento del 41,2 per cento (la performance più alta tra i primi 10 produttori al mondo, fatta eccezione di Siria ed Uzbekistan che producono ciliegie destinate all'industria della trasformazione);
la produzione cerasicola nazionale è considerata di grande qualità organolettica, frutto della tradizione rurale italiana ed in particolare di quei territori (Veneto ed Emilia Romagna in testa) che meglio di altri in Europa hanno saputo sviluppare quelle tecniche agronomiche e la ricerca di nuove varietà, apprezzate ed esportate nel mondo;
la rilevanza della produzione cerasicola nazionale non è data solo dal suo prodotto frutticolo ma anche dalla produzione legnosa (sono di essenza di legno di ciliegio i migliori mobili della produzione della Brianza) e la valenza della coltivazione svolge anche una importante funzione di protezione ambientale essendo legata a valori ecologici, di assetto e salvaguardia del territorio, di redditività delle aree marginali di alta collina e montagna;
la ciliegicoltura nazionale rappresenta il meglio in termini organolettici, nutrizionali e di immagine della produzione ortofrutticoltura «Made in Italy»;
questo positivo quadro di riferimento risulta modificarsi negli ultimi 2 anni, quando nel 2009 inizia una inversione di tendenza, confermata nel 2010, riguardo agli ettari di terreno impiantati, ai terreni in produzione ed al prodotto raccolto, con una flessione annua di oltre il 10 per cento;
tale fenomeno è dovuto agli alti rischi di settore legati alle avversità atmosferiche (gelate tardive, piogge nel periodo di maturazione, grandine), agli elevati costi di gestione (teli anti pioggia, reti anti grandine, irrigazione, commercializzazione) e alla tenace concorrenza dei Paesi esteri ed, in particolare, di Turchia ed Iran;
occorre con urgenza intervenire in favore del settore cerasicolo nazionale, soprattutto adottando specifiche iniziative in grado di riportare questa eccellenza agroalimentare ed ortofrutticola al livello di vertice che le compete al fine di ridare alle aziende agricole e commerciali legate al settore un positivo rilancio economico e di immagine, capace di aumentare l'occupazione e lo sviluppo,
impegna il Governo:
ad istituire presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un
tavolo di concertazione dedicato al settore cerasicolo con lo scopo di affrontare le maggiori tematiche che riguardano il relativo comparto produttivo;
a prevedere che al predetto tavolo di settore siano presenti anche rappresentanti dell'Associazione nazionale «Città delle ciliegie»;
ad adottare iniziative mirate a sostenere lo sviluppo delle filiere cerasicole, segnatamente quelle della trasformazione agroalimentare e quelle della lavorazione del legno;
a favorire la diffusione di una politica nazionale diretta a valorizzare le produzioni cerasicole e ad incrementarne le coltivazioni agricole;
a programmare ed eventualmente a cofinanziare, d'intesa con le regioni, azioni di marketing territoriale e a sostenere programmi di ricerca tesi al miglioramento delle tecniche di produzione e di miglioramento della qualità delle produzioni;
a favorire lo sviluppo e la valorizzazione della filiera del legno derivante dalla coltivazione del ciliegio;
ad elaborare un piano di settore della ciliegicoltura contenente, in particolare, obiettivi produttivi da raggiungere, valorizzazione delle produzioni, indirizzi di meccanizzazione e nuove tecniche di conservazione e trasformazione del prodotto, misure di miglioramento genetico e di difesa fitosanitaria;
a sostenne la presenza della Associazione nazionale «Città delle ciliegie» presso la Commissione per la promozione e la valorizzazione del turismo enogastronomico del Ministero del turismo.
(7-00541) «Rainieri, Negro».
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ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta scritta:
BERGAMINI, BIASOTTI, GARAGNANI, IAPICCA, VALDUCCI, BIANCOFIORE, BERNARDO, TORTOLI, BERTOLINI, BONCIANI, LISI e PIANETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
già con l'atto Camera dei deputati 4-09821 gli interroganti hanno chiesto di conoscere quali elementi siano disponibili in relazione alla regolarità dell'assemblea elettiva della Federazione italiana sport invernali (FISI), svoltasi il 24 aprile 2010, al cui esito è stato confermato nella carica di presidente Giovanni Morzenti con uno scarto minimo rispetto al quorum previsto;
la SAI (associazione sci accademico italiano Roma), in quanto ente ricorrente, ha potuto visionare la documentazione relativa alle operazioni di voto dell'assemblea, e da tale controllo sono emerse irregolarità nella verifica dei diritti di voto, nonché incongruenze nel verbale di assemblea redatto dal notaio, nonché 43 schede di voto, computate come regolari dalla commissione scrutinatrice, che sarebbero invece palesemente invalide. Tali irregolarità avrebbero alterato in maniera determinante l'esito delle votazioni. Infatti, escludendo le deleghe irregolari o anche solo le schede invalide, risulterebbe che nessun candidato abbia in realtà raggiunto il quorum necessario per l'elezione e, pertanto, l'assemblea non abbia di fatto eletto nessun presidente;
nonostante la denuncia di tali irregolarità, la commissione di giustizia e disciplina di II grado della FISI ha recentemente rigettato il ricorso della SAI volto ad ottenere l'annullamento dell'assemblea elettiva del 24 aprile 2010, facendo sorgere
forti dubbi circa il grado di equa giustizia sportiva all'interno dell'attuale gestione della FISI; ciò ha spinto la SAI ad impugnare la decisione della Commissione presso l'alta corte di giustizia del CONI presentando istanza di annullamento dell'assemblea;
la Federazione internazionale sport invernali ha sospeso il signor Morzenti dalla carica di membro del consiglio, con la conseguenza che oggi per l'Italia vi è una «sedia vuota»;
da numerose notizie apprese dalla stampa nazionale risulterebbero, inoltre, forti perplessità circa le attività di gestione della Federazione. In particolare sono stati sollevati dubbi sulla gestione del rapporto con l'azienda fornitrice dell'abbigliamento della Nazionale, nonché notizie contraddittorie relative ai rapporti economici con lo sponsor dello sci alpino di rilevante entità, nonché perplessità circa l'attribuzione di incarichi professionali ad avvocati e consulenti;
il quadro emergente da tali notizie rivelerebbe una gestione non consona al prestigio e alla qualità degli sport invernali in Italia, con la conseguente demotivazione costante di allenatori, tecnici e atleti delle squadre -:
di quali elementi disponga il Governo sia in relazione alle iniziative che gli organi preposti alla vigilanza intendono adottare, a fronte della grave situazione descritta, inclusa la possibilità di nominare un commissario straordinario temporaneo e convocare una nuova legittima assemblea elettiva, sia in relazione ad iniziative che siano state messe in atto dagli organismi preposti per verificare la regolarità dei rapporti economici e contrattuali attinenti forniture, sponsorizzazioni e affidamento di incarichi professionali ed in particolare il rispetto delle attività di pubblicità previste per i soggetti a carattere pubblico quale è la FISI.
(4-11454)
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AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta orale:
LA MALFA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere:
quali siano le ragioni ad avviso del Governo, che abbiano indotto i principali alleati dell'Italia - in un caso Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia e in un altro, gli stessi 3 più la Germania - a riunirsi per discutere la situazione della Libia senza la presenza dell'Italia;
se davvero il Governo italiano intenda reagire, come si legge su qualche organo di stampa, bloccando l'attività dell'Unione europea o se stia considerando, come suggeriscono alcuni esponenti di maggioranza, di negare agli alleati l'uso delle basi site sul territorio italiano.
(3-01560)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MECACCI, BARETTA, BERNARDINI, ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI e BELTRANDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio 2009 il Parlamento italiano ha approvato la legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato di «amicizia, partenariato e cooperazione» con la Libia;
in numerose dichiarazioni pubbliche, il Ministro interrogato, anche durante le comunicazioni del Governo sulla crisi libica presso il Senato e presso la Camera, il 23 e il 24 marzo 2011, ha dichiarato che il Trattato sarebbe sospeso de jure a seguito dell'adozione della risoluzione 1973/2011 del Consiglio di sicurezza dell'ONU;
la legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato di «amicizia» con la Libia garantisce, in particolare, all'articolo 3, la copertura degli impegni finanziari assunti dall'Italia con la ratifica del Trattato nei confronti della Libia - 250 milioni di dollari per 20 anni - attraverso l'aumento dell'aliquota IRES nei confronti di società e degli enti commerciali residenti nel territorio italiano che operano nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi;
secondo notizie di stampa l'ammontare del gettito derivante dall'aumento dell'aliquota IRES per il 2009 corrisponderebbe a oltre 200 milioni di euro secondo quanto risulta dalle stime dell'ENI -:
se il Trattato di «amicizia» con la Libia sia effettivamente sospeso de jure, se ciò comporti anche la sospensione dell'attuazione delle norme della legge di autorizzazioni alla ratifica - segnatamente l'aumento dell'aliquota IRES per garantirne la copertura finanziaria - e quali siano gli effetti sul bilancio dello Stato derivanti da tale sospensione.
(5-04508)
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) nasce nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la regione Campania;
tale sistema semplifica le procedure e gli adempimenti riducendo i costi sostenuti dalle imprese e gestisce in modo innovativo ed efficiente un processo complesso e variegato con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell'illegalità;
infatti, il tema della gestione dei rifiuti ha assunto una rilevanza sempre maggiore, che riguarda non solo la tutela dell'ambiente ma anche la difesa della legalità; questo vale in special modo per i rifiuti pericolosi che sono spesso oggetto di lucrosi traffici da parte delle organizzazioni criminali che causano gravi danni al territorio e possono mettere in pericolo la salute pubblica;
per tali motivi il Governo ha deciso di varare il SISTRI, un sistema elettronico che consente la tracciabilità dell'intera filiera dei rifiuti speciali, nonché dei rifiuti urbani in Campania, sfruttando le più avanzate tecnologie: con questo sistema ogni rifiuto speciale viene seguito in qualsiasi fase della filiera produttiva, senza possibilità di occultamento;
il SISTRI prevede l'iscrizione di specifiche categorie di soggetti individuati dal decreto ministeriale del 17 dicembre 2009:
in particolare, l'articolo 1 del decreto ministeriale individua le categorie di soggetti tenuti a comunicare secondo un ordine di gradualità temporale, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto della loro attività attraverso il SISTRI, utilizzando alcuni dispositivi elettronici;
l'elenco dei soggetti iscritti non e però rintracciabile sul sito web del sistema www.sistri.it -:
se il Ministro non ritenga opportuno, per una questione di trasparenza tra istituzione e cittadino, che l'elenco delle aziende che aderiscono al sistema SISTRI sia disponibile sul sito web www.sistri.it.
(4-11441)
JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la riduzione di anidride carbonica (CO2) e di tutte le emissioni inquinanti è strettamente legata al rinnovo del parco auto circolante, dato che, secondo i dati analizzati, occorrono più di cento auto Euro 0 per inquinare quanto una vettura omologata Euro 5. In Italia, ad oggi, circolano complessivamente quasi dieci milioni di vetture altamente inquinanti, un numero che fa scivolare l'Italia all'ultimo posto in Europa nella classifica del parco auto più pulito. Purtroppo il mercato italiano dell'automobile nuova ha fatto registrare anche nel mese di febbraio 2011 una flessione a doppia cifra; infatti sono state immatricolare 160.329 vetture, con una flessione del 20,5 per cento rispetto all'analogo mese dello scorso anno. Nel primo bimestre 2011 le 325.279 targhe consegnate evidenziano anch'esse un calo del 20,5 per cento. Le flessioni del primo bimestre sono, in parte, da attribuire al confronto con lo stesso periodo del 2010, caratterizzato dalla coda degli incentivi al rinnovo del parco e, pertanto, dagli elevati livelli di immatricolazione. «I dati forniti dal Ministero - spiega Gianni Filippini, direttore generale dell'Unrae, l'Associazione che rappresenta le Case estere operanti in Italia - esprimono su base annua un mercato di circa 1.800.000 targhe, confermando in pieno la previsione per il 2011, che l'Unrae ha espresso già dall'ottobre dello scorso anno, di un livello di immatricolazioni non superiore a 1.850.000 unità»;
il trend verso emissioni di CO2 sempre più contenute è naturale, anche se come si diceva troppo lento: la media ponderata delle emissioni di CO2, calcolata sulle nuove immatricolazioni, in febbraio è stata di 130,3 g/km rispetto ai 131,7 del febbraio 2010 (- 1,4 g/km) e nel primo bimestre il valore si è attestato sui 131 g/km a fronte dei 132,1 dello scorso anno. Questi dati confermano che sarebbe auspicabile un intervento volto ad incentivare il ricambio del parco auto circolante all'interno del nostro Paese, che si rivela all'avanguardia nella costruzione e progettazione di veicoli a basse emissioni. Infatti, per il quarto anno consecutivo, Fiat Group Automobiles, è il costruttore che ha registrato il livello più basso di emissioni di CO2 delle vetture vendute in Europa nel 2010, con un valore medio di 125,9 g/km e un miglioramento di 5 g/km rispetto all'anno scorso;
in particolare, il marchio Fiat ha ottenuto un valore di 123,1 g/km (4,7 g/km in meno rispetto alla media del 2009). Il primato è un primato ufficiale, certificato dalla società Jato Dynamics, leader mondiale per la consulenza e la ricerca nel campo autovetture, e si riferisce all'intera gamma di prodotto. Molto cambierà quindi con l'arrivo delle auto elettriche, anche se i numeri previsti sono bassissimi: si parla di appena il 5 per cento del mercato entro il 2020. Il settore in ogni caso avrà bisogno di un notevole supporto, come realizzato dal comune di Roma che, a pochi mesi dalla consegna dei primi esemplari di autovetture elettriche ai clienti romani, nell'ambito del progetto e-mobility Italy, ha aperto i varchi del centro a tutte le auto elettriche. Una grande opportunità che va ad integrare la già annunciata possibilità per le vetture a batteria di parcheggiare liberamente in tutte le aree di sosta a pagamento. Ma questo provvedimento è importante anche come conferma dello sviluppo di una cultura di mobilità urbana sostenibile, possibile solo grazie all'impegno di tutti i soggetti coinvolti: case automobilistiche, aziende energetiche ed istituzioni. Ad oggi Roma si configura come la città italiana che per prima ha creduto nel progetto di e-mobility Italy, sottoscrivendo un protocollo di intesa con Enel per l'installazione di una rete «intelligente» di 150 punti di ricarica dislocati in tutta la città, di cui circa 100 a disposizione dei cittadini in luoghi pubblici e 50 a uso privato, presso i cittadini
romani e le imprese selezionate per l'utilizzo delle prime auto elettriche -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di incentivare il ricambio del parco auto circolante in Italia, nonché l'utilizzo, anche per le amministrazioni pubbliche, di autovetture elettriche o ibride.
(4-11443)
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre del 2003 e successive modificazioni, di attuazione delle direttiva comunitaria 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato dell'elettricità, ha dato corso alla realizzazione di impianti fotovoltaici in tutte le regioni italiane;
a partire dal 2008 in regione Molise, seguendo i procedimenti normativi in vigore e in particolare quanto previsto dalla delibera della giunta regionale del Molise n. 1670 del 13 dicembre, che recepisce la legge 387 del 2003, dalla legge regionale n. 22 del 2009 e dalla delibera della giunta regionale Molise n. 857 del 25 ottobre 2010, alcuni consorzi di imprese hanno ottenuto dalla regione regolari autorizzazioni per la realizzazione di impianti fotovoltaici;
dalla stampa locale (Il Quotidiano - Termoli) del 22 marzo del 2011, si apprende che il consorzio di Imprese denominato «Socim» lamenterebbe un blocco dei lavori per la realizzazione di due centrali solari, una delle quali già approvata dalla stessa regione Molise, a causa di cavilli burocratici e beghe tra la regione Molise e la soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici;
stando a quanto appreso dalla stampa locale, il blocco della realizzazione di tali centrali non riguarderebbe esclusivamente il succitato consorzio, ma ben 50 «campi» fotovoltaici e metterebbe a rischio, non solo i 300 posti di lavoro derivanti dall'attività della società impiantistica «montenerese», ma l'intero indotto legato al fotovoltaico, stimato in circa 1600 addetti, penalizzando una regione storicamente deficitaria dal punto di vista occupazionale;
buona parte dei divieti alla realizzazione di tali centrali fotovoltaiche in Molise dipendono da pareri non favorevoli all'esecuzione dei lavori per incompatibilità paesaggistica, espressi dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise e trasmessi alla regione Molise, agli enti locali e ai richiedenti, con documenti scritti e protocollati ma al di fuori della conferenza dei servizi;
tale consolidata consuetudine della direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali di disertare la sede decisoria della conferenza dei servizi e di consegnare i pareri negativi all'ufficio protocollo, vietando di fatto lo svolgimento del contraddittorio, contravviene a quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990 all'articolo n. 14-quater comma 1, che recita testualmente: «il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo n. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza dei servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscano oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche
indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso»;
la mancata partecipazione della direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali in relazione alla conferenza di servizi, divenuta prassi, ha prodotto decine di contenziosi, supportati da circostanziati pareri legali a loro volta corredati da abbondanti fonti giurisprudenziali, ai fini di una conclusione positiva del procedimento, in applicazione di quanto disposto al comma 1 dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, e relative diffide concernenti una futura richiesta di risarcimento danni;
la descritta circostanza, secondo gli interpellanti, mette in luce un evidente conflitto interpretativo della norma di riferimento da parte delle due amministrazioni coinvolte, ovvero quella statale e quella regionale, in quanto tutti i pareri espressi dalla direzione regionale del Ministero per i beni e le attività culturali, che riportano nell'oggetto la dicitura che richiama «parere reso ai sensi dell'articolo n. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004», presuppongono che la struttura ministeriale considera i propri pareri resi all'interno del sub-procedimento, equiparando la consegna del documento alla partecipazione diretta in conferenza dei servizi, e quindi obbligatori e vincolanti dell'intero procedimento;
in procedimenti omologhi di rispettiva competenza, in altre regioni a differenza del Molise, è emerso che il Ministero per i beni e le attività culturali in genere partecipa ai lavori delle conferenze oppure, in caso di mancata partecipazione, pone le condizioni per l'applicazione dell'istituto del silenzio assenso ai sensi dell'articolo 14-ter comma 7 della legge 241 del 1990 che in nessun caso è stato riscontrato l'acquisizione di pareri negativi al di fuori della conferenza dei servizi;
l'assenza dei rappresentanti della direzione regionale alle conferenze dei servizi e la generica dicitura di «non compatibilità con il paesaggio rurale» con cui questi pareri non favorevoli alla realizzazione degli impianti fotovoltaici sul territorio vengono motivati, oltre a non tener conto secondo gli interroganti dell'esistenza di specifiche linee guida nazionali, individuati nel decreto ministeriale 10 settembre 2010, e regionali, secondo quanto disposto dalla legge regionale 22 del 2009, impedisce a prescindere ai richiedenti il parere, il diritto di dimostrare l'avvenuto adeguamento dei progetti alle norme di legge in vigore sul fotovoltaico -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa e ai fini di una più trasparente applicazione della normativa in materia di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato dell'elettricità in Molise, non si ritenga indispensabile intervenire per verificare con celerità la correttezza e la legittimità dei pareri in in questione e delle procedure descritte poste in essere dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, a tutela delle piccole imprese locali e dei relativi posti di lavoro, eventualmente danneggiati da un'erronea interpretazione delle leggi o dell'applicazione delle norme.
(2-01028)
«Piffari, Di Pietro, Di Giuseppe, Cimadoro, Zazzera».
Interrogazione a risposta in Commissione:
PILI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Soprintendenza dei beni archeologici per le provincie di Cagliari e Oristano ha inviato nel mese di gennaio 2011 una comunicazione ai vari soggetti istituzionali con la quale sull'utilizzo dell'anfiteatro di Cagliari afferma testualmente: «Si precisa - sin d'ora pertanto che questa Soprintendenza negherà qualsiasi autorizzazione, dovuta ai sensi dell'articolo 108 del succitato decreto legislativo n. 42 del 2004, allo svolgimento di alcuna iniziativa che comporti l'utilizzo delle strutture amovibili dell'Anfiteatro o che comunque interagisca con il monumento medesimo, e
comunque provvederà con ogni mezzo ad impedire che vi si svolgano iniziative anche non autorizzate di qualunque tipo, al di fuori della normale visita al monumento archeologico»;
l'affermazione secondo la quale la Soprintendenza dichiara che «provvederà con ogni mezzo ad impedire che si svolgano iniziative anche non autorizzate di qualunque tipo» lascia intendere che tale ufficio dello Stato sia stato investito di potere speciali che investono sia il Ministero della difesa che dell'interno;
la gravità delle affermazioni contenute nella comunicazione inviata tra gli altri al sindaco di Cagliari evidenzia, ad avviso dell'interrogante, una palese violazione del principio di leale collaborazione e tra soggetti istituzionali e manifesta in tutta la sua gravità un'evidente prevaricazione della Soprintendenza nei confronti della regione Sardegna e dello stesso comune di Cagliari, proprietario dell'intera area dell'Anfiteatro;
la nota della Soprintendenza prende spunto da notizie di stampa relativamente a spettacoli di grande rilievo internazionali già programmati per la prossima stagione estiva e in particolar modo nella comunicazione viene riportato quanto segue: «questa soprintendenza apprende a mezzo stampa (cfr. La Nuova Sardegna, 4 dicembre 2010: «I/ musical torna in Italia e festeggia il successo con tre date e Cagliari; L'Unione Sarda, 4 dicembre 2010: "Ritorna Notre Dame de Paris") la programmazione di spettacoli per i giorni 2, 3, 4 agosto 2011, che prevederebbero l'utilizzo dell'Anfiteatro romano di Cagliari»;
appaiono all'interrogante contraddittorie e palesemente prevenute le affermazioni con le quali la Soprintendenza dichiara da una parte che l'autorizzazione non può essere concessa in seguito all'aggravarsi delle condizioni di conservazione della struttura e dall'altra dichiara che la permanenza della sovrastruttura impedisce il controllo, l'ispezione delle strutture, gravemente - secondo la soprintendenza - danneggiate;
da una parte la Soprintendenza afferma che la conservazione della struttura si sarebbe aggravata: «le condizioni di conservazione del monumento, notevolmente aggravatesi a causa della permanenza delle strutture per spettacoli»;
dopo aver dichiarato l'aggravarsi delle condizioni di conservazione, la Soprintendenza afferma l'impossibilità, a seguito della permanenza delle sovrastrutture, di fare qualsiasi tipo di verifica sul monumento: «Permanenza che impedisce il controllo, il monitoraggio, l'ispezione delle strutture, nonché ogni intervento significativo sui fenomeni di degrado in atto e il ripristino delle strutture medesime, gravemente danneggiate e in continuo peggioramento»;
la sequenza delle affermazioni e la loro contraddittorietà rappresenta, secondo l'interrogante, in modo inequivocabile una posizione prevenuta e lesiva di quel rispetto istituzionale considerato che lo stesso sindaco di Cagliari ha affermato di non essere stato in alcun modo sentito sulla questione;
risulta da relazioni e dichiarazioni dei tecnici dell'amministrazione comunale di Cagliari che le paventate condizioni di grave degrado non sarebbero tali e che l'effettuazione di manifestazioni risulta assolutamente fattibile;
l'amministrazione comunale di Cagliari ha affermato l'impossibilità di smantellare entro l'estate la sovrastruttura lignea per quattro ordini di motivi, l'assenza di risorse finanziarie, l'assenza di un progetto tecno-archeologico per lo smantellamento, l'impossibilità di predisporre una gara d'appalto in tempi rapidi, lo svolgimento di un concorso di idee per la definizione di un progetto di recupero e valorizzazione dell'intero compendio archeologico -:
se non ritenga il Ministro interrogato intervenire per ripristinare un corretto e leale rapporto di collaborazione della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano con gli enti locali della Sardegna;
se non ritenga di intervenire al fine di scongiurare una decisione gravissima che rischia di mettere in ginocchio l'intera stagione culturale della città capoluogo della Sardegna;
se non ritenga di promuovere un'intesa istituzionale con la regione Sardegna e il comune di Cagliari per pianificare e definire un percorso in grado di garantire un piano di tutela e valorizzazione dell'area, salvaguardando sia la struttura archeologica che la sua funzione culturale aggregativa.
(5-04510)
TESTO AGGIORNATO AL 20 GIUGNO 2011
...
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
SIRAGUSA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso su Finanza e mercati il 15 febbraio 2011 si legge che «Con una lettera in cui denunciano il pericolo di una oggettiva impossibilità di garantire un regolare servizio all'utenza, in 40 città, 30 dirigenti territoriali della Ragioneria generale dello Stato hanno lanciato un allarme al Ministro del Tesoro. Dal primo marzo le 103 direzioni territoriali dell'Economia e delle Finanze (Dtef) saranno soppresse per effetto di un decreto del Ministro Giulio Tremonti e le funzioni svolte, in particolare il pagamento di 1,4 milioni di stipendi di ministeri e scuole e pensioni, passeranno alle ragionerie territoriali (Rts). Nella lettera i dirigenti - che guidano gli uffici più a rischio dove la carenza di personale sarà maggiore perché quasi tutti i dipendenti hanno esercitato l'opzione di passare ai Monopoli - parlano di forte preoccupazione per l'aggravamento dei carichi di lavoro»; nello stesso articolo si legge che dieci Dtef «seguivano su delega le procedure sanzionatorie antiriciclaggio. Ora, in almeno quattro (Palermo, Bologna, Genova e Verona), verrà a mancare il personale formato ad hoc in due armi di training e di risultati.»;
quella di Palermo, come si legge in un articolo pubblicato su il Giornale di Sicilia il 23 febbraio 2011, «gestiva complessivamente 35 mila partite di spesa fissa come gli stipendi dei dipendenti statali, i prestiti e altre pratiche dei ministeriali, dei lavoratori delle agenzie fiscali, dei magistrati, degli ufficiali giudiziari, dei vigili del fuoco, del personale della scuola, della polizia penitenziaria. Ben 105 unità lavorative, dei quali 80, dal primo marzo transiteranno all'azienda autonoma Monopoli di Stato e soltanto 25 verrebbero assorbite dalla Ragioneria territoriale dello Stato, a cui andrebbero anche tutte le competenze svolte prima dalla Direzione, ma con una dotazione organica ritenuta insufficiente: 94 unità in totale a fronte delle attuali 174 per entrambe le strutture»;
nello stesso si legge che «Sempre per la stessa legge alla Commissione medica di verifica di Palermo, dopo la soppressione delle commissioni provinciali confluiranno pratiche da tutta la Sicilia, pari a 5 volte l'attuale carico, con conseguenti disagi per gli spostamenti nel capoluogo da ogni parte dell'Isola»;
a Palermo, in questo momento e a causa della situazione sopradescritta, utenti e dipendenti soffrono gravissimi disagi -:
alla luce di quanto esposto in premessa quali provvedimenti abbia adottato o intenda adottare per garantire il regolare svolgimento di un servizio pubblico essenziale per migliaia di lavoratori.
(4-11445)
BARBARO e CONCIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in data 1o febbraio 2011 la Federazione italiana pesca sportiva e attività
subacquee (FIPSAS) ha comunicato al CONI che un dipendente CONI Servizi SPA in servizio presso la stessa federazione, non ha ritenuto, alla predetta data 1o febbraio 2011, di avvalersi dell'aspettativa interaziendale di cui al comma 1 dell'articolo 30 del contratto collettivo nazionale del lavoro, lo stesso non potrebbe permanere, dal 1o febbraio 2011, presso la FIPSAS. Quest'ultima ne ha richiesto pertanto la messa a disposizione ed il relativo trasferimento presso una struttura CONI Servizi SPA considerato che il dipendente non risulta a carico della Federazione;
l'articolo 30 del contratto collettivo nazionale del lavoro recita: «'anche al fine di valorizzare al meglio le esperienze e le competenze maturate, ai dipendenti della CONI Servizi, in servizio presso le Federazioni sportive nazionali e le strutture ad esse collegate alla data di sottoscrizione del presente contratto collettivo nazionale del lavoro, che ne facciano formale richiesta, sarà concesso un periodo di aspettativa non retribuita, quinquennale e rinnovabile, finalizzata alla contestuale instaurazione, su base volontaria, di un rapporto di lavoro subordinato con la Federazione presso la quale prestano servizio o con altre Federazioni presso le quali sussistano esigenze di personale;
al comma 6 lo stesso articolo recita: «il dipendente della CONI Servizi in servizio presso una Federazione sportiva nazionale che non riterrà di avvalersi dell'aspettativa di cui al comma 1 permarrà presso la Federazione stessa mantenendo il trattamento economico e normativo previsto dal presente contratto collettivo nazionale del lavoro fino all'esame degli esiti del processo di passaggio volontario del personale della CONI Servizi SPA alle Federazioni. Detto esame sarà effettuato dalle parti in una specifica sessione di contrattazione da tenersi entro il mese di giugno di ciascun anno, con verifica finale entro il mese di gennaio del 2011, al fine di valutare la consistenza e la distribuzione delle adesioni ed individuare eventuali ulteriori misure che garantiscano l'equilibrato dispiegarsi del processo»;
la verifica finale entro il mese di gennaio 2011, di cui al comma 6, dell'articolo 30 non è stata ancora effettuata;
il comma 4 dell'articolo 35 decreto-legge n. 207 del 27 febbraio 2009 recita: «Il personale ex CONI, transitato alle dipendenze della CONI Servizi SPA, per effetto del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002 n. 178, in servizio presso le federazioni sportive nazionali, permane in servizio presso le stesse ai fini del loro funzionamento»;
la FIPSAS è l'unica federazione che ha ritenuto di redigere la lettera richiamata di messa a disposizione di un dipendente CONI Servizi SPA in servizio presso la stessa federazione, che non ha ritenuto di avvalersi dell'aspettativa interaziendale di cui al comma 1, dell'articolo 30 del contratto collettivo nazionale del lavoro del personale non dirigente della CONI Servizi SPA e delle federazioni sportive nazionali -:
quali immediate iniziative il Governo intenda intraprendere per tutelare i dipendenti della CONI Servizi SPA in servizio presso le federazioni sportive nazionali che non si sono avvalsi dell'aspettativa interaziendale di cui al comma 1 dell'articolo 30 del contratto collettivo nazionale del lavoro del personale non dirigente della CONI Servizi SPA e delle federazioni sportive nazionali.
(4-11453)
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INTERNO
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si fa riferimento all'episodio accaduto alla sede della Lega Nord di Bologna che è stata danneggiata con atti di vandalismo inaudito, così come nei giorni scorsi è accaduto alle sedi di ENI e IBM sempre di
Bologna e, nel recente passato anche alla sede del PDL, ripetutamente oltraggiata con imbrattature varie;
tali fatti confermano che la città di Bologna rientra tra le zone maggiormente a rischio e, senza diffondere allarmismi generalizzati, a parere dell'interpellante, sarebbe opportuno mantenere un alto livello di attenzione da parte degli organi a ciò preposti;
il clima politico e sociale di tensione alimentato da episodi vandalici messi in atto da gruppi che si rifanno a settori dell'estrema sinistra e no-global, e conseguentemente quelle che all'interpellante appaiono l'indulgenza e la diffusa tolleranza verso gli stessi, da parte della magistratura e degli organi di pubblica sicurezza, hanno fatto sì che Bologna sia diventata una città insicura, dove fatti di micro e macro criminalità si diffondono dal centro alla periferia minando la certezza di sicurezza dei bolognesi -:
se intenda verificare quali siano gli interventi urgenti da adottare in materia di sicurezza e quali misure possano essere adottate per potenziare i controlli auspicando che l'osservanza della legge sia sempre garantita e che non si instauri il principio che chiunque può delinquere.
(2-01027) «Garagnani».
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
è stato annunciato con un atto d'imperio del Governo che sarà allestita in Toscana, a Coltano, in provincia di Pisa, a due passi dall'aeroporto Galilei, la terza tendopoli che ospiterà i migranti sbarcati a Lampedusa, senza alcun confronto preventivo con il comune e senza considerare che il territorio interessato. Senza contare che Coltano è un'area che appartiene per intero al parco naturale di San Rossore e costituisce una riserva della biosfera per l'Unesco e area di sviluppo rurale e turistico;
il prefetto di Pisa, Antonio De Bonis, accompagnato da tecnici, ha avviato un sopralluogo nell'ex area militare di Coltano per verificare la praticabilità per l'allestimento della terza tendopoli italiana ma anche per verificare il rischio di allagamenti dell'area poiché la zona di Coltano era appunto un'area di bonifica ma tuttora soggetta a instabilità idraulica;
il presidente della regione Toscana, la prima ad aver dato la propria disponibilità all'accoglienza di uomini e donne in fuga dal Nord Africa, aveva, invece, già convocato una riunione con sindaci e presidenti di provincia, associazioni del volontariato insieme al prefetto di Firenze, proprio per esaminare un primo elenco di possibili luoghi dove organizzare l'ospitalità per i profughi che potrebbero essere circa 5/600;
nel corso di tale riunione è stata avanzata la proposta di ospitare lo stesso numero di persone, circa 500, ma in strutture più piccole, diffuse nelle varie province, in quanto più controllabili e più facilmente integrabili con il territorio -:
se non ritenga di rivedere la decisione adottata dal Governo, anche in considerazione di quanto proposto dagli enti locali toscani nella citata riunione;
se non ritenga inopportuna l'adozione di una tale decisione senza una gestione concordata con le amministrazioni locali più attrezzate a valutare la collocazione di un eventuale campo profughi;
se non ritenga di voler predisporre il coinvolgimento preventivo degli enti locali interessati, del volontariato e delle forze sociali prima di adottare provvedimenti di tale portata;
se non ritenga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di voler chiarire in che modo intenda far rispettare i vincoli cui la zona
individuata, in quanto parte del parco naturale regionale di San Rossore e riserva naturale riconosciuta a livello europeo, è soggetta e salvaguardare gli investimenti nell'ottica ambientale previsti da tempo per tale area.
(2-01029) «Evangelisti».
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZAMPA, SCHIRRU, MATTESINI, CALGARO, CAPITANIO SANTOLINI, BRANDOLINI e FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane, a causa delle crisi politiche che interessano gli Stati Nord Africani, si è sensibilmente intensificato il numero di profughi in arrivo a Lampedusa;
all'interno del centro di accoglienza l'associazione Save the Children, l'UNHCR, l'OIM, e la Croce rossa italiana, che supportano l'attività di identificazione degli stranieri, hanno individuato oltre 200 minori immigrati attualmente presenti sull'isola;
le condizioni di gran parte degli stranieri presenti sull'isola sono critiche, poiché gli operatori si trovano nell'impossibilità di offrire a tutte queste persone l'assistenza umanitaria di base. A causa di una temporanea chiusura del centro di accoglienza, ad esempio, molti migranti sono stati lasciati a dormire al freddo senza alcuna possibilità di lavarsi;
la situazione risulta ancora più insopportabile per i minori, che necessitano di maggiore assistenza rispetto ai soggetti adulti, e il cui sviluppo psico-fisico, già duramente messo alla prova dalla tragica esperienza della fuga e dei viaggi via mare, rischia di essere pregiudicato dalle condizioni di vita nel centro di accoglienza;
i minori sono stati accolti inizialmente nell'unico centro di accoglienza sotto l'assistenza di Save the Children che era riuscita ad alloggiarli separatamente. Il sovraffollamento spaventoso ha portato a una condizione di promiscuità tale per cui Save the Children ha chiesto e ottenuto la disponibilità di uno stabile (ex Museo del mare). Lì sono attualmente riparati i circa 200 minorenni sbarcati. Sono tutti maschi, tunisini di età media tra i 15 e i 17 anni, ma vi sono anche bambini di 11 o 12 anni;
le condizioni dell'accoglienza sono deplorevoli: i ragazzi dormono a terra per lo più senza materasso, non hanno a disposizione bagni a sufficienza e nessuna doccia, pur essendo molti di loro sbarcati a Lampedusa da 10-12 giorni. È certo che il loro permanere in condizioni di così grande precarietà e disagio, sarebbe un fatto grave;
nei confronti dei rifugiati presenti a Lampedusa, grava sul nostro Paese un dovere di assistenza, tutela e garanzia dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di asilo riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra del 1951. La stessa Costituzione, prevede all'articolo 10, comma 3, che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Inoltre, il decreto legislativo n. 286 del 1998, il cosiddetto Testo unico immigrazione, prevede all'articolo 2 che: «Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalla norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti»;
l'interesse di tutela dei minori, anche di quelli stranieri, è sempre prevalente, anche rispetto agli interessi perseguiti dal nostro Paese a mezzo della disciplina di regolamentazione dei flussi. L'articolo 19 del decreto legislativo n. 286 del 1998, il cosiddetto Testo unico immigrazione, prevede il divieto di espulsione e respingimento nei confronti dei minori, e l'articolo 28 del relativo regolamento attuativo, il decreto del Presidente della Repubblica
n. 394 del 1999, prevede nei loro confronti l'obbligo di rilascio del permesso di soggiorno: un vero e proprio permesso di soggiorno per minore età;
la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989 stabilisce che: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente» -:
quali misure intenda adottare il Ministro dell'interno al fine di garantire immediatamente ai migranti minorenni presenti a Lampedusa una sistemazione dignitosa e adeguata alle esigenze di cura e assistenza che la minore età richiede;
quando inizierà il trasferimento da Lampedusa in adeguate strutture di accoglienza visto che le condizioni generali in cui si trovano sono ormai inaccettabili, che la struttura destinata loro è inadeguata e di ora in ora le condizioni si fanno più critiche sia dal punto di vista igienico che dell'accoglienza in genere;
se il Ministro intenda predisporre uno specifico programma di assistenza, adeguatamente finanziato, per i minori rifugiati e migranti che arriveranno in Italia, che per legge non possono essere espulsi e nei confronti dei quali grava sul nostro Paese un dovere di assistenza sociale e sanitaria.
(5-04504)
Interrogazioni a risposta scritta:
BOTTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 25 marzo 2011 si sono svolte, in tutta Italia, azioni violente promosse da aderenti ai centri sociali;
in particolare, un gruppo di persone aderenti ai centri sociali vicini all'area antagonista e anarchica di Torino, ha fatto irruzione nella sede di Intesa Sanpaolo di piazza San Carlo a Torino, dopo essere stati protagonisti di analoghe azioni nei giorni precedenti;
a causa dell'irruzione sono rimasti feriti due poliziotti e due guardie giurate della banca;
i manifestanti erano in tutto 30, tutti del centro sociale Askatasuma, tra cui vi era anche la figlia di un magistrato toscano, già salita agli onori delle cronache per un fumogeno lanciato al segretario della CISL, Raffaele Bonanni;
alla richiesta dei documenti da parte delle forze dell'ordine, gli autonomi si sono rifiutati, ma 26 di loro sono stati comunque riconosciuti dagli agenti della Digos, accorsi presso la sede del San Paolo in aiuto dei colleghi rimasti feriti;
i manifestanti sono stati denunciati dalla Digos per resistenza e violenza a pubblico ufficiale;
anche Intesa Sanpaolo denuncerà gli autonomi che hanno fatto irruzione nella banca, facilmente riconoscibili grazie alle telecamere -:
se non si ritenga sia giunto il momento di assumere iniziative per contrastare le attività violente dei centri sociali.
(4-11440)
BARANI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Mulazzo, piccolo comune in Lunigiana, è stato scelto per accogliere centinaia di profughi e clandestini ed in particolare sarebbe stato individuato come area idonea alla tendopoli il campo militare dismesso di Boceda;
Villafranca, anch'esso piccolo comune della Lunigiana, confinante nell'area di Virgoletta con l'area di Boceda si troverebbe indirettamente il campo profughi e clandestini sul suo territorio;
il sindaco di Villafranca non si sta opponendo, in nessun modo, a tale insediamento che genererebbe seri problemi alla pur precaria economia del posto;
Boceda e le aree limitrofe, non sono in grado di ospitare gli immigrati, per problemi logistici, di ordine tecnico, di sicurezza e di igiene, visto che la Lunigiana è una terra dove ci sono indici di deprivazioni ed epidemiologici negativi;
gli abitanti di Mulazzo sono 2.500 e con 1.000 profughi e clandestini la situazione diverrebbe esplosiva e quella di Boceda, inoltre, è un'area militare dismessa da tantissimi anni che si presenta come una giungla e non è pronta logisticamente per ospitare persone;
oltre ai problemi derivanti dal sito individuato la zona non è adatta ad ospitare centinaia di profughi, visto che si trova all'interno di un'area fortemente colpita dalla depressione economica e questa decisione, oltretutto, comporta un ulteriore grave danno economico per l'intera zona ed un senso di insicurezza e di abbandono che è stato denunciato da tutti i cittadini;
la Toscana, ha sempre mostrato in più di una occasione la sua grande sensibilità umanitaria attraverso numerosi e concreti gesti di disponibilità e di accoglienza nei confronti di migranti e profughi, tuttavia, non appare né equo, né coerente scaricare sulle spalle esclusive di alcune aree depresse, come la Lunigiana, l'onere di un'emergenza umanitaria, che ha bisogno della collaborazione dell'intero Paese e dell'intera Europa -:
quali urgenti interventi i Ministri interrogati intendano compiere per adempiere all'impegno che si era assunto di operare una razionale distribuzione sul territorio nazionale dei profughi, facendo sì che questa emergenza non ricada su aree già depresse e fortemente colpite dalla crisi economica, garantendo in questo modo anche un'accoglienza più rispettosa della dignità degli immigrati.
(4-11446)
JANNONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
oltre al riciclaggio in imprese edilizie di denaro proveniente dai traffici di cocaina, le organizzazioni malavitose contribuiscono a bloccare la crescita dell'economia, come ha denunciato anche il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, grazie ad un sistema imprenditoriale parallelo a quello legale, talmente pervasivo da invadere sia le regioni del Nord, come quelle del Sud Italia. Questa maschera multiforme, che nasconde l'attività criminale, genera occupazione senza alcun legame diretto con l'organizzazione a delinquere, produce legami economici con le imprese dell'indotto, con i fornitori e con i clienti come se si trattasse di un'azienda normale, estranea al disegno strettamente mafioso, camorristico o 'ndranghetino. Imprese che, in seguito, vengono sequestrate, confiscate, sottratte alle associazioni criminali. Non più del 5 per cento di queste aziende, sopravvive dopo la confisca. Lo confermano i dati dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che dipende dal Ministero dell'interno, struttura che ha accettato l'idea di affidare agli imprenditori la gestione delle imprese sequestrate o confiscate;
una versione del tutto inedita della responsabilità sociale di impresa, che finisce per incrociarsi con la gravità della disoccupazione giovanile ma anche con le difficoltà nei passaggi generazionali alla guida delle aziende familiari nel capitalismo italiano delle piccole imprese. L'idea è di Valentina Sanfelice di Bagnoli, presidente dei giovani di Confapi dal 2008, imprenditrice napoletana, che già alla fine degli anni Novanta creò uno dei primi sportelli anti-racket. Il Ministro Roberto Maroni l'ha incontrata all'inizio di marzo 2011 e ha detto sì al progetto. Confapi e Agenzia hanno firmato un protocollo d'intesa. Erano 1365, al primo novembre del 2010, le aziende che - secondo i dati dell'Agenzia - risultavano definitivamente
confiscate. Un centinaio in più rispetto alle 1.223 di fine 2009 anno in cui l'Agenzia ha consegnato al Ministro l'ultima relazione sulla sua attività. Lì c'è anche la suddivisione per aree geografiche e la conferma che le mafie si sono attestate dovunque;
solo l'11 per cento delle aziende confiscate è destinato alla vendita o all'affitto. Il resto (l'89 per cento) è andato in liquidazione. In realtà già prima della confisca un'azienda su tre risulta in liquidazione o tecnicamente fallita. Dice la Sanfelice: «Le conseguenze sono complesse non solo per l'indotto economico che l'azienda genera, che non è detto sia criminoso come chi l'ha posseduta, ma anche per la perdita di occupazione derivante». Per questo si rende strettamente necessario salvare le imprese sequestrate, grazie all'aiuto di personalità capaci di gestire un'azienda. Giovani imprenditori che abbiano voglia di rimettere in sesto aziende tolte alle associazioni criminali. Alla Confapi hanno già stilato un elenco di imprenditori. Sono una trentina e arrivano da tutta Italia: sette da Napoli, sei da Bari, quattro da Vicenza, due da Catania, e poi da Milano, Avellino, Caserta, Macerata, Roma, Torino, Pisa, Cagliari e Benevento. La lista - sulla base anche del protocollo siglato con l'Agenzia - verrà inviata alle 26 procure che poi sceglieranno gli imprenditori a cui affidare le aziende sequestrate e poi confiscate;
in attesa della confisca definitiva, l'imprenditore dovrà essere in qualche modo retribuito per la sua prestazione. Il meccanismo è ancora da individuare, ma l'idea è quella di provare a remunerarlo in rapporto al fatturato che verrà prodotto. La Confapi chiede che una volta confiscata l'azienda venga venduta all'imprenditore che ha contribuito al rilancio ad un «prezzo congruo» e che per un periodo di tempo, dai due ai quattro anni, sia prevista una totale detassazione. Il progetto nasce tra i giovani dell'associazione imprenditoria ed è rivolto ai giovani. Per creare opportunità di impiego, ma anche per possibilità di gestione delle aziende al di fuori delle logiche familiari. Per la Sanfelice: «Ogni anno, secondo le stime del Censis, ci sono tra le 60 mila e le 80 mila imprese a carattere familiare che devono affrontare il passaggio generazionale alla guida dell'azienda stessa. I risultati non sono incoraggianti: meno di un terzo sopravvive al passaggio dalla prima alla seconda generazione di imprenditori ed appena il 14 per cento rimane in attività fino alla terza. Di più: alla cattiva gestione della successione di impresa è imputabile circa il 10 per cento dei fallimenti che si verificano ogni anno, comportando una perdita di almeno 50 mila posti di lavoro. Dunque c'è una generazione di giovani imprenditori disposta a mettere in campo le proprie capacità manageriali e le proprie esperienze anche e soprattutto al di fuori delle mura dell'impresa familiare» -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare il progetto di Confapi, che prevede l'assegnazione delle aziende, confiscate alle organizzazioni malavitose, a giovani imprenditori che siano in grado di creare nuovi posti di lavoro e di rilanciarle sul mercato nazionale.
(4-11451)
BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Padova attualmente è dotato, nella propria carta organica, di quarantotto dirigenti (quarantasei dal 1o aprile), diciotto dei quali ad incarico fiduciario, ovvero con nomina a termine dal sindaco;
i pareri della Corte dei conti, sezioni riunite, dell'8 marzo 2011, n. 12, 13 e 14, hanno sancito come gli incarichi dirigenziali a tempo determinato possono essere attribuiti solo entro l'8 per cento della dotazione organica dirigenziale, confermando così quanto stabilito dalla riforma Brunetta inerente la pubblica amministrazione;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 324 del 2010, ha confermato come l'applicazione delle norme sia a valere anche sugli enti locali, cui spetta quindi un obbligo di adeguamento;
il comune di Padova, in virtù dei pareri sopra descritti, dovrebbe essere dotato di soli quattro dirigenti, invece degli attuali diciotto, e tale dotazione rappresenta per l'ente stesso un gravoso impegno finanziario per le casse dell'ente, sebbene le recenti norme in materia di finanza pubblica, sia a livello nazionale come a livello europeo, prevedano una riduzione delle spese al fine di dare atto al contenimento della spesa pubblica dei vari Paesi -:
quali orientamenti intenda esprimere il Governo in relazione all'obbligo definito dai pareri della Corte dei conti per i comuni, e se, in virtù anche dell'attuale difficile situazione economica e finanziaria e delle norme europee in materia di contenimento dei debiti pubblici nazionali, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza al fine di evitare lo sforamento della soglia sopra descritta.
(4-11455)
BOSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, è retto da un'amministrazione di centrodestra, eletta nel 2010, con a capo, nelle funzioni di sindaco, Luigi Bobbio, già magistrato e senatore della Repubblica;
nel corso di un'indagine condotta di recente dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli sull'omicidio di un parcheggiatore abusivo, ucciso dal clan D'Alessandro per non aver voluto pagare il pizzo, sono emersi fatti inquietanti relativamente a possibili connessioni tra le istituzioni locali e la criminalità organizzata, in particolare sulla capacità di ramificazione del noto clan D'Alessandro e sulla sua ingerenza nella gestione di alcuni affari locali come i parcheggi;
secondo l'indagine, che ha portato all'arresto di alcuni personaggi, il clan avrebbe potuto contare, a più riprese, su un canale di dialogo diretto con alcuni consiglieri comunali che si sarebbero impegnati presso l'ente per tentare di ottenere la riapertura di una zona denominata «colonia dei ferrovieri», utilizzata come parcheggio abusivo, e chiusa dal comune per problemi legati alla pubblica e privata incolumità derivanti dalle condizioni dell'immobile di proprietà del demanio dello Stato;
le intercettazioni telefoniche hanno rilevato, in particolare, una facilità di contatto tra persone ritenute vicine a Salvatore Belviso, presunto appartenente al clan D'Alessandro nonché presunto killer del consigliere comunale Luigi Tommasino assassinato nel febbraio 2009, e alcuni consiglieri comunali;
nello specifico, da notizie sull'indagine emergerebbe che il consigliere comunale Lorenzo Esposito avrebbe agito per assicurare l'adozione da parte del comune di Castellammare di Stabia di un'autorizzazione alla riapertura dell'area adiacente al fabbricato comunemente denominato ex colonia dei ferrovieri e comunque si evidenziano rapporti da parte di tre consiglieri comunali dell'epoca, che si sarebbero interessati alla riapertura della «colonia dei ferrovieri», capace di grossi introiti illeciti, in particolar modo nel periodo estivo, e molto cara al clan D'Alessandro; i tre sono: Anna Scevola, il predetto Lorenzo Esposito e Ida Scarpato; ai primi due nelle intercettazioni si fa continuo riferimento come interlocutori per la soluzione della vicenda; in modo particolare sono citati in una intercettazione tra Belviso e un suo uomo di fiducia; la terza è stata invece intercettata più volte mentre si interessava alla vicenda anche presso il sindaco Salvatore Vozza;
i fatti a cui si fa riferimento si sono svolti durante la scorsa consiliatura, ma due consiglieri coinvolti si sono ricandidati
nel 2010 e attualmente compongono il consiglio comunale nelle fila della maggioranza;
in particolare Anna Scevola che, alle ultime amministrative, è stata capolista del Pdl, è stata eletta consigliere comunale nelle fila di tale partito, e come tale attualmente compone la maggioranza e sostiene il sindaco Bobbio, e Lorenzo Esposito, che è stato eletto nella lista del Nuovo Partito Socialista e anch'esso sostiene la maggioranza di centrodestra e il sindaco Bobbio;
sempre in ordine al tema delle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel consiglio comunale di Castellammare va segnalato un intervento dell'attuale sindaco Bobbio, quando era senatore, nella commissione parlamentare antimafia, in particolare nella seduta n. 65 del 12 aprile 2005, allorquando egli chiese alla commissione di accertare «se vi siano effettivamente indagini in corso in merito sulla base sia delle denunce da me fatte sui giornali - certo si tratta di denunce politiche ma che hanno anche aggancio con fatti concreti - che delle denuncie fatte dalla ex vice presidente del Senato, senatrice Salvato»;
il sindaco Bobbio, all'epoca senatore, aggiunse inoltre nella stessa seduta di ritenere che fosse in atto «un tentativo di penetrazione della criminalità organizzata (peraltro già molto forte e presente nella città di Castellammare) per tentare di condizionare le istituzioni all'interno della città», indicando nomi e cognomi, fatti, circostanze, seggi elettorali;
si dà il caso che non solo tra i consiglieri eletti vi sia qualcuno tra quelli citati dal sindaco Bobbio, all'epoca senatore, nel suo intervento in commissione antimafia, ma la stessa presenza la si riscontra anche tra i promotori di liste elettorali e dei candidati della coalizione che ha contribuito alla sua elezione a sindaco;
il comune è stato già oggetto nel corso del 2009 di procedure di accertamento di eventuali infiltrazioni e condizionamenti camorristici, anche su richiesta del precedente sindaco, che hanno evidenziato fatti e situazioni su cui intervenire, non riscontrando responsabilità o condizionamenti politici per proporre lo scioglimento del consiglio comunale;
il sindaco ed ex senatore Bobbio, aggiunse sempre nella sopra menzionata riunione della Commissione antimafia: «Semplicemente credo che sia interesse di tutti i partiti fare chiarezza su un contesto che alla lunga può danneggiare anche l'amministrazione eletta»;
sono affermazioni, lette oggi in relazione alle circostanze emerse dopo i recenti arresti per l'omicidio del parcheggiatore e al ruolo svolto da alcuni consiglieri comunali in carica, con le quali non si può che concordare e che richiedono però che si innalzi il livello di attenzione, assumendo iniziative adeguate anche per sostenere con più forza il lavoro importante che forze dell'ordine e magistratura stanno portando avanti -:
se sia a conoscenza della grave situazione che investe il consiglio comunale di Castellammare di Stabia, che alla luce dei fatti sopra riportati appare fortemente a rischio di infiltrazioni e condizionamenti camorristici; se la commissione di indagine nominata nel corso del 2009 abbia svolto accertamenti anche nei confronti dei consiglieri comunali ed eventualmente quali elementi siano emersi; se risulti che siano stati disposti accertamenti sulle modalità con cui si è svolta nel 2010 la competizione elettorale per il rinnovo del consiglio comunale; se e quali interventi di sua competenza intenda assumere in merito e se non ritenga di attivare i poteri conferitigli dalla legge per promuovere una procedura di ulteriore accertamento di eventuali infiltrazioni e condizionamenti camorristici.
(4-11456)
TESTO AGGIORNATO AL 5 APRILE 2011
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
GHIZZONI, ALBONETTI, BENAMATI, BRANDOLINI, BRATTI, CASTAGNETTI, DE MICHELI, LA FORGIA, LENZI, LEVI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARCHIONI, MOTTA, MIGLIOLI, SANTAGATA, VASSALLO, ZAMPA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la gravissima e annosa carenza di dirigenti scolastici che caratterizza il nostro Paese, con particolare difficoltà per alcune regioni, determina nocumento al buon funzionamento delle autonomie scolastiche, costrette ad uno stato di sofferenza gestionale e istituzionale;
dopo i concorsi ordinario e riservato (ai presidi incaricati per almeno un triennio), indetti rispettivamente con decreti del direttore generale del 22 novembre 2004 e del 3 ottobre 2006, per 2958 posti, si è in attesa da oltre 4 anni di un nuovo concorso che dovrebbe bandire ulteriori 2800 posti;
all'atto di sindacato ispettivo 5-03764 a prima firma dell'onorevole De Pasquale, con il quale si chiedeva conto al Ministro della suddetta grave carenza e delle procedure concorsuali per l'assunzione di dirigenti scolastici, è giunta il 27 gennaio 2011 una risposta laconica, che si limita ad informare che il Ministro ha provveduto «stesura della bozza del nuovo bando di concorso, che è stata predisposta sulla base del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 2008, ed ha richiesto l'autorizzazione all'avvio delle relative procedure previste dall'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001»;
nel frattempo, ben 1600 scuole (su 10000) sono prive di dirigente scolastico, le cui funzioni sono svolte in supplenza dal dirigente di altro istituto;
la legge 31 marzo 2005, n. 43, ha abolito, dall'anno scolastico 2006-2007, l'istituto dell'incarico di presidenza, affidando i posti vacanti a reggenza ai dirigenti scolastici titolari. Nel frattempo, è intervenuta anche la disposizione della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) sull'esonero e semiesonero al docente vicario del dirigente scolastico da concedere sulla base del numero delle classi presenti nell'istituto di appartenenza del docente richiedente. Il combinato disposto delle suddette previsioni, di fatto, non garantisce la presenza a tempo pieno dei docenti vicari, ai quali non viene accordato l'esonero se non in presenza di almeno cinquanta classi;
per quanto riguarda la regione Emilia Romagna, alle 127 scuole in reggenza nel corrente anno scolastico vanno aggiunte le 45 sedi che si renderanno vacanti nell'a.s. 2011/12 a causa del pensionamento dei dirigenti; pertanto, si determinerà un sensibile incremento delle scuole in reggenza (in totale 172), soltanto parzialmente compensato dalle istituzioni scolastiche «congelate» per via dell'accantonamento dei C.P.I.A. (complessivamente 7). Si potrebbe concludere, quindi, che in regione nel prossimo anno scolastico saranno 330 scuole che avranno un dirigente scolastico a «mezzo servizio» -:
quando sarà bandito il previsto concorso e quali saranno i tempi di svolgimento del medesimo;
se nell'attesa il Ministro interrogato non ritenga urgente, al fine di supportare e agevolare la difficile funzione di dirigente, in reggenza, assume iniziative per derogare ai parametri (disposti dalla citata legge n. 350 del 24 dicembre 2003) per la concessione dell'esonero ai docenti vicari, sia nelle 330 scuole coinvolte dal fenomeno in Emilia Romagna, sia quelle del resto d'Italia.
(5-04507)
Interrogazione a risposta scritta:
MARINELLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
perdura la grave crisi sia finanziaria che operativa e didattica dell'Accademia nazionale di danza (AND), istituzione di alta cultura disciplinata dalla legge 21 dicembre 1999, n. 508, oggetto di molteplici atti parlamentari di sindacato ispettivo nel corso degli ultimi anni;
tale situazione sembra debba imputarsi alla gestione personalistica dell'Istituzione pubblica Accademia nazionale di danza da parte dell'attuale gruppo dirigente, insediato dalla metà degli anni '90 dall'allora Governo di centro sinistra;
tale gestione ha prodotto negativi effetti a carico della Fondazione accademia nazionale di danza (FAND) - fondazione di diritto privato istituita nel 1963, proprietaria dei beni immobili e mobili di pregio e del patrimonio artistico e culturale lasciato dalla fondatrice Jia Ruskaja -, che è stata amministrata sino al 2010 dall'attuale gruppo dirigente dell'AND;
negli oltre quindici anni di gestione dell'attuale gruppo dirigente dell'AND, sono stati registrati una rilevante diminuzione del patrimonio immobiliare della FAND, l'alterazione del vincolo di destinazione impresso su beni immobili dalla fondatrice, il discarico sulla FAND di ingenti oneri economici non inerenti e privi di copertura, che hanno dato luogo ad un rilevante disavanzo e all'accensione, nel dicembre 2009, di un cospicuo mutuo ipotecario;
l'attuale gruppo dirigente dell'AND non ha consegnato ai nuovi amministratori della FAND i documenti e le risultanze contabili attestanti le operazioni compiute e le relative causali, ostacolando in vario modo l'operatività della FAND;
i nuovi amministratori della FAND hanno denunciato a più riprese, dapprima, alla prefettura di Roma e, poi, all'autorità giudiziaria i comportamenti tenuti dagli attuali dirigenti dell'AND - nei cui confronti la procura della Repubblica di Roma avrebbe disposto, già nel dicembre 2010, misure di sequestro, richiedendo di valutare l'adozione di misure di sospensione cautelare dall'impiego -:
quali urgenti provvedimenti si intendano adottare per individuare i responsabili della deficitaria gestione portata avanti in questi anni dall'attuale dirigenza dell'Accademia nazionale di danza e per riportare l'Istituzione alla funzionalità ed al prestigio di un tempo.
(4-11457)
...
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
BITONCI, LANZARIN, GIDONI e MUNERATO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della Corte di Cassazione n. 4677 del 25 febbraio 2011 ha stabilito che il limite reddituale fissato per la concessione agli invalidi al 100 per cento della pensione di invalidità civile (fissato nel 2011 a 15.154,24 euro) non è solo quello personale, ma anche quello dell'eventuale coniuge;
precedenti pronunciamenti della Corte stessa sono di segno contrario e la sentenza 20426/2010 ha stabilito che «ai fini dell'accertamento del requisito reddituale richiesto per la pensione d'inabilità va considerato il reddito dell'invalido assoggettabile all'imposta sul reddito delle persone fisiche»;
inoltre, la Corte costituzionale (88/1992 e 400/1999) ha asserito che il reddito cui riferirsi ai fini della concessione della pensione e dell'assegno (invalidi civili parziali) è quello personale. Secondo la Corte di Cassazione queste affermazioni della Consulta sarebbero solo incidentali, non riguardando l'oggetto della sentenza;
per la Corte di Cassazione risulta poi sostanzialmente irrilevante il richiamo ai lavori preparatori della legge n. 33 della 1980 (che ha fissato il principio del reddito individuale per l'assegno), atteso che gli ordini del giorno accettati «come raccomandazione» dal Governo non si sono poi tradotti in provvedimenti legislativi;
il limite reddituale per ottenere la pensione di 260,27 euro mensili è fissato, per il 2011, a 15.154,24 euro lordi, che scende a 4.470,70 euro lordi per l'assegno agli invalidi civili parziali;
fino ad ora l'Inps ha sempre valutato il limite reddituale secondo una giurisprudenza e una prassi consolidata;
questa sentenza, mette a rischio le pensioni di oltre 850 mila persone, con possibili revoche da parte dell'Inps di assegni e pensioni, ai titolari il cui reddito personale, già inferiore ai limiti fissati, assommato a quello del coniuge, dovesse invece superare i limiti stessi -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per chiarire che il limite reddituale da considerare per l'ottenimento della pensione di invalidità è quello personale, senza lasciare all'Inps iniziative che possano arrivare alla revoca di centinaia di pensioni e provvidenze.
(4-11447)
LABOCCETTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il dottor Carlo D'Amato, dirigente generale dell'INAIL in servizio come direttore regionale della Sicilia fino al 30 giugno 2009, fu sospeso facoltativamente dal servizio nel 1996 a seguito di procedimento penale per fatti relativi ad attività extra-ufficio;
la sospensione si è protratta per 6 anni 5 mesi e 5 giorni, ben oltre i cinque anni previsti dalla Corte costituzionale come durata massima consentita in caso di sospensione cautelare facoltativa dal Servizio in attesa della conclusione dell'iter processuale;
il dottor D'Amato aveva inutilmente sollecitato la riammissione in servizio;
mai, ai sensi del regolamento INAIL, lo stesso è stato sottoposto a commissione disciplina;
solo nell'anno 2002 l'ente in questione decise di riammettere in servizio l'interessato;
il procedimento penale si è concluso con sentenza di proscioglimento «per non aver commesso il fatto» passata definitivamente in giudicato in data 15 aprile 2005;
lo stesso D'Amato aveva inutilmente comunicato più volte all'INAIL di volersi avvalere del disposto di cui all'articolo 3, comma 57, della legge 350 del 2003 che testualmente recita «il pubblico dipendente che sia stato sospeso dal servizio e/o dalla funzione... a seguito di procedimento penale conclusosi con sentenza definitiva di proscioglimento perché il fatto non sussiste o l'imputato non l'ha commesso ... ha diritto di ottenere, su propria richiesta, dall'Amministrazione di appartenenza, il prolungamento o il ripristino del rapporto di impiego, anche oltre i limiti di età previsti dalla legge, comprese eventuali proroghe, per un periodo pari a quello della durata complessiva della sospensione ingiustamente subita e del periodo di servizio non espletato per l'anticipato collocamento in quiescenza, cumulati tra loro, anche in deroga ad eventuali divieti di riassunzione previsti dal proprio ordinamento, con il medesimo trattamento giuridico ed economico a cui avrebbe avuto diritto in assenza della sospensione...»
il tribunale di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, con sentenza n. 1 dell'11 gennaio 2001, ha riconosciuto all'interessato il «diritto» ad ottenere il prolungamento della propria permanenza in servizio ai sensi e per gli effetti della su riferita normativa;
la legge 26 febbraio 2011, n. 10, all'articolo 1 commi 30, 31 e 32 ha ulteriormente precisato il disposto di cui all'articolo 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, sostanzialmente confermando quanto già deciso dal tribunale adito dal dottor D'Amato;
ciò nonostante, sono rimaste inevase le comunicazione e le diffide che l'interessato ha inoltrato all'INAIL nelle persone del presidente, dottor Fabio Sartori, e del direttore generale dottor Antonio Lucibello e del responsabile delle risorse umane;
tale atteggiamento che appare all'interrogante di immotivato rifiuto, inaccettabile da parte di rappresentanti di un ente previdenziale istituzionalmente tenuti al rispetto delle leggi oltre che delle decisioni dei tribunali, configura una condotta gravemente omissiva, oltre ad un danno non giustificato alle casse dell'ente, atteso, altresì, che da quanto risulta sono, tuttora, scoperti incarichi di dirigente generale che ben potrebbero essere affidati al D'Amato, peraltro in possesso di un curriculum professionale e culturale di elevatissimo spessore oltre che di capacità direzionale ampiamente dimostrata ed apprezzata -:
quali iniziative, per quanto di rispettiva competenza, intendano assumere perché abbia a cessare tale condotta immotivata ed illegittima ripristinando la legalità all'interno dell'INAIL con il reintegro in servizio il dottor D'Amato il cui diritto a riassumere l'incarico di dirigente generale è indiscusso ed indiscutibile, evitando il protrarsi di un contenzioso ingiusto e dispendioso per le finanze pubbliche.
(4-11448)
SCANDROGLIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito con modificazioni della legge 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, ha apportato sostanziali modifiche in materia di ricongiunzione dei contributi e di trasferimento gratuito nell'assicurazione generale obbligatoria (AGO) della contribuzione versata in Fondi sostitutivi o esclusivi dell'assicurazione stessa;
in particolare è stata disposta l'abrogazione di alcune disposizioni normative: la legge 2 aprile del 1958 n. 322 (costituzione della posizione assicurativa all'INOPS), l'articolo n. 40 della legge 22 novembre del 1962, n. 1646, l'articolo n. 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre del 1973 n. 1092 (dipendenti civili, statali, militari in servizio permanente e continuativo), l'articolo 21, comma 4 e l'articolo n. 450, comma 3 della legge 24 dicembre 1986 n. 958 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
le nuove disposizioni penalizzano fortemente alcune categorie di lavoratori che, al fine di accedere al trattamento, non potendosi avvalere della ricongiunzione gratuita, potrebbero essere costretti a non vedere riconosciuti determinati periodi contributivi o a dover pagare cifre considerevoli per avere il diritto alla pensione INPS -:
se il Ministro in indirizzo intenda assumere iniziative normative per porre rimedio alla situazione descritta in premessa al fine di eliminare l'evidente disparità di trattamento fra alcune categorie di lavoratori.
(4-11449)
GNECCHI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
i criteri per l'accesso ai nidi d'infanzia pubblici o comunali accreditati, di bambine e bambini nella fascia da 0 a 3
anni sono molto diversificati, soprattutto per quanto attiene la condizione lavorativa dei genitori;
il comune di Milano, nell'ultima circolare n. 2 del 20 gennaio 2011 nell'assegnare i punteggi rispetto alla situazione lavorativa, non fa alcuna distinzione in esito alla tipologia lavorativa dei genitori (lavoro dipendente, autonomo, parasubordinato e altro) e differenzia unicamente il punteggio se i genitori lavorano o sono disoccupati;
anche il comune di Torino assegna punteggi solo rispetto alla situazione lavorativa dei genitori (occupato, disoccupato o studente) e riconosce inoltre un ulteriore punteggio per chi lavora su turni rotativi nelle 24 ore e a chi lavora al di fuori dell'area integrata del servizio di trasporto pubblico;
il Comune di Roma, prendendo a riferimento l'ultimo bando per l'accesso agli asili nidi, adotta dei criteri, rispetto all'assegnazione del punteggio per la situazione lavorativa, ad avviso degli interroganti discriminanti. Nello specifico è richiesto al genitore di presentare un certificato di servizio del datore di lavoro, attestante l'articolazione oraria della prestazione lavorativa. Questo certificato, necessario per avere il punteggio riguardante il genitore lavoratore (40 punti), può essere fornito solo dai lavoratori dipendenti. Tutti i lavoratori precari, con rapporti di lavoro parasubordinato, quindi senza vincoli di orario, per obbligo della specifica tipologia di rapporto, di fatto, non potendo presentare questo documento, non possono ottenere il punteggio legato all'orario di lavoro del genitore lavoratore, risultando a tutti gli effetti pari ai disoccupati ottenendo unicamente 5 punti. Questo criterio li esclude dalla possibilità di accedere al servizio (a Roma, mediamente, riescono ad entrare nelle strutture le domande con un punteggio che superi i 40/45 punti;
il bando del comune di Roma penalizza una tipologia di lavoratori, cosiddetti precari (co.co.co e co.co.pro), che già hanno meno tutele sociali del lavoro dipendente e che nella realtà subiscono articolazioni orarie molto vincolanti e per certi versi anche più onerose del lavoratore dipendente, ma non dimostrabili;
i Ministri interrogati hanno più volte presentato programmi e impegni a favore delle famiglie, delle donne lavoratrici, della conciliazione famiglia-lavoro -:
se non ritengano i Ministri interrogati, considerate le variegate tipologie contrattuali esistenti nel mercato del lavoro e i criteri non uniformi utilizzati, di compiere un monitoraggio, verificando quali siano le realtà che tengano in maggior considerazione le esigenze dei genitori e le attuali diversificazioni di rapporti di lavoro;
se non ritengano importante acquistare elementi anche su come vengano considerati il lavoro autonomo e i lavori parasubordinati nei punteggi per le graduatorie per asili nido e scuole per l'infanzia, anche per l'accesso al tempo pieno;
se non ritengano utile promuovere, con il coinvolgimento delle autonome locali, delle linee guida volte ad evitare che si discriminino le famiglie nell'accesso ai servizi per l'infanzia in base alla tipologia di rapporto di lavoro.
(4-11450)
...
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta orale:
CICCANTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo la stampa nazionale più volte ha dato notizie delle molteplici problematiche ed incongruenze inerenti al settore ippico, area trotto;
in proposito, va rilevato che, ai sensi dell'articolo 2, lettera i), del relativo statuto, spetta all'U.n.i.r.e. (Unione nazionale per l'incremento delle razze equine), ente
sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in virtù dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 449 del 1999, provvedere «a tutte le incombenze di carattere tecnico e disciplinare connesse alle corse di cavalli purosangue, trottatore e da sella italiano ed alle altre manifestazioni, emanando le normative di riferimento e provvedendo al controllo della regolarità di tutte le attività relative alle corse, alla qualificazione, nomina e revoca dei Commissari e degli altri funzionari di riunione, alla sorveglianza sull'azione dei medesimi, provvedendo altresì alla regolamentazione, organizzazione e gestione delle strutture disciplinari»; in particolare, secondo le norme di procedura disciplinare definite dallo stesso U.n.i.r.e. (articolo 4) compete al consiglio di amministrazione dell'U.n.i.r.e. il compito di effettuare le nomine dei commissari di riunione e dei membri delle giurie;
numerose sono le lamentele sulla gestione delle nomine dei giudici, principalmente dell'area trotto;
da circa due anni risulta all'interrogante che si stiano verificando molte anomalie e difformità di giudizio rispetto alle nomine dei giudici;
in proposito, va osservato che ciascun giudice di gara sottoscrive, tra l'altro, un atto riguardante l'incompatibilità di funzione -:
se i dipendenti dell'ente U.n.i.r.e. possano lavorare anche come giudici e quanti dipendenti effettivamente svolgano tale attività;
quali accertamenti o verifiche siano state svolte o si intendano svolgere in relazione alla nomina dei giudici, anche al fine di assicurare il rispetto della disciplina in materia di incompatibilità, se siano state rilevate irregolarità e, in particolare, se risulti che durante le corse si sovrappongano, nel lavoro nello stesso ippodromo, operatori della gestione e guidatori di trotto;
se sussistano e quali siano le ragioni delle difformità di compensi fra funzionari giudici di gara dello stesso grado e livello in relazione alle giornate lavorate.
(3-01561)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENNI, PELUFFO, ZUCCHI, MARCO CARRA, FIANO, CODURELLI, POLLASTRINI, PIZZETTI, BRANDOLINI, AGOSTINI, DE BIASI e OLIVERIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2008 l'Italia si è aggiudicata l'Expo 2015 con un ambizioso progetto culturale, contenutistico ed espositivo «Nutrire il pianeta, energia per la vita»;
il tema scelto risultava e risulta essere di enorme attualità vista la fase caratterizzata da mutamenti epocali attorno alle questioni del cibo, della sovranità alimentare, delle oscillazioni dei prezzi agricoli, della crescita demografica e la necessità di assicurare alimentazione a tutta l'umanità;
secondo stime della FAO la domanda mondiale di prodotti alimentari per far fronte al fabbisogno di cibo dovrebbe subire un incremento del 70 per cento da qui al 2050;
sulla questione stanno dibattendo e stanno fissando obiettivi tutti gli organismi internazionali che hanno visto recenti rilevanti appuntamenti svolti nel nostro Paese (il vertice Fao sull'alimentazione del giugno 2008, conclusosi con indicazioni in direzione di maggiori investimenti in agricoltura, G8 Agricolo de L'Aquila nel 2009, conclusosi con un documento che chiede agli Stati di mantenere l'agricoltura al centro dell'agenda internazionale);
la stessa relazione del Commissario europeo, Ciolos, che ha avviato il dibattito sul futuro della Pac riprende esplicitamente gli obiettivi sopra richiamati, riferendosi alle stime per il futuro, alla necessità di preservare la biodiversità e le tradizioni alimentari la sicurezza alimentare;
il masterplan dell'Expo prevedeva il recupero di un milione di metri quadrati di terreni incolti, accatastati come terreno agricolo con l'ipotesi di realizzarvi un grande orto planetario nel quale ogni Paese ospite avrebbe dovuto presentare coltivazioni proprie ed idee per un'agricoltura sostenibile;
uno dei punti forti dell'Expo avrebbe dovuto essere proprio destinato a colture, impianti ed agro-sistemi sostenibili;
evidentemente l'organizzazione di un orto planetario avrebbe contribuito alla valorizzazione delle pratiche agricole nel mondo, al lavoro agricolo ed alle stesse produzioni;
da qualche giorno tutti i principali giornali economici parlano di modifiche sostanziali annunciate dal nuovo amministratore delegato dell'Expo che consisterebbero proprio nell'annullamento della centralità dell'orto botanico, e la sua sostituzione con una sorta di «supermarket» del futuro;
alla luce delle notizie sembrerebbe essere in atto un pesante stravolgimento dell'impostazione iniziale che aveva già coinvolto sul tema importanti soggetti, associazioni, competenze internazionali in materia di cibo, sostenibilità, alimentazione;
sin dai primi tempi successivi all'aggiudicazione italiana dell'Expo, la caratterizzazione tematica su cibo, alimentazione, agricoltura, stava determinando una grande attenzione nel mondo dei piccoli e grandi produttori agricoli anche come grande opportunità di valorizzazione delle produzioni italiane -:
se le notizie riportate dalla stampa corrispondano al vero;
se realmente sia rimesso in discussione il progetto dell'«orto universale», sostituendolo con un «supermarket» del futuro;
se il Ministro condivida tale impostazione che di fatto annullerebbe la centralità dell'agricoltura e della funzione svolta dagli agricoltori, nella produzione di cibo per l'umanità;
quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché una modifica così profonda del progetto iniziale a soli 50 mesi dal verificarsi dell'evento non comprometta l'occasione che l'Expo avrebbe potuto rappresentare per gli agricoltori italiani e per i Paesi che parteciperanno all'evento.
(5-04506)
...
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
MURER. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in vigore della legge 15 luglio del 2009, n. 94, «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», introducendo il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (articolo 1, comma 16), pur non apportando alcuna, modifica all'impianto normativo del decreto legislativo 25 luglio del 1998, n. 286, testo unico sull'immigrazione, in materia di tutela sanitaria dei cittadini extracomunitari non in regola con le norme inerenti al soggiorno, ha comunque provocato una serie effetti sulla reale tutela sanitaria degli stranieri migranti presenti sul territorio nazionale;
benché ai sensi del comma 5 dell'articolo n. 35 del suddetto testo unico, l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno, non deve comportare alcun tipo di segnalazione, da parte del personale sanitario, medico e non, alle autorità di pubblica sicurezza, è passata comunque questa idea, che ha seminato paura e disorientamento tra gli stranieri migranti;
la polemica politica sulle segnalazioni, certe prese di posizione di partiti presenti nell'area di governo, la paura della stessa condizione di reato legata alla
clandestinità, hanno indotto molti stranieri non in regola a non recarsi presso le strutture sanitarie pubbliche, né per il ricorso alle cure, né per misure di prevenzione;
tale diminuzione degli accessi è segnalata dalle strutture sanitarie pubbliche e da tutte la associazioni di tutela e volontariato, che segnalano altresì il proliferare di laboratori sanitari clandestini, pericolosi, che alimentano un mercato nero della salute;
ad essere maggiormente esposti sono ovviamente le categorie di migranti clandestini più deboli ed esposte, come, ad esempio, le donne in stato di gravidanza, alle quali, per paura del reato legato alla condizione di clandestinità, viene sostanzialmente negata qualunque assistenza sanitaria, di prevenzione, di sostegno, di aiuto, anche nel campo della maternità consapevole e dell'eventuale accesso all'interruzione volontaria di gravidanza per la quale sono in aumento i laboratori clandestini che alimentano una pratica rischiosa e che allontanano la donna in gravidanza da quel percorso di sostegno e consapevolezza previsto dalla legge 194;
altra categoria esposta è quella del minore, a cui le famiglie in condizioni di clandestinità, nella paura del reato penale gravante sulla loro testa, vengono sempre più spesso negate misure necessarie di tutela e prevenzione;
la difficoltà di accesso alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale da parte degli stranieri presenti sul territorio nazionale, paradossalmente, risulta essere ancora maggiore per gli stranieri provenienti da altri Paesi dell'Unione europea, i quali, se non soggetti a ricovero, devono essere in possesso di idonea assicurazione sanitaria;
l'allontanamento degli stranieri presenti in maniera irregolare sul territorio dalle prestazioni del Servizio sanitario nazionale rappresenta una doppia condizione di allarme: da una parte si viola il diritto alla salute costituzionalmente garantito, nell'ambito della tutela dei diritti umani; dall'altra, sottraendo a prevenzione, cura e profilassi, un segmento significativo della popolazione, diminuisce la tutela della salute pubblica e si rappresenta un danno oggettivo alla collettività -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non consideri gravi queste situazioni; quali provvedimenti il Governo intenda assumere rispetto alla tutela sanitaria per gli stranieri provenienti da Paesi dell'Unione europea e sprovvisti di assicurazione sanitaria; se il Governo non intenda promuovere una campagna di informazione rivolta specificamente agli stranieri extracomunitari non in regola con la normativa sul soggiorno affinché essi vengano con chiarezza e in modo definitivo e certo a conoscenza del fatto che il loro accesso alle strutture non comporta alcun tipo di segnalazione, da parte del personale sanitario, medico e non, alle autorità di pubblica sicurezza, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto; se il Governo intenda nello specifico promuovere una campagna di informazione a tutela delle donne straniere in tema di prevenzione delle gravidanze indesiderate e di informazione su tutti i diritti relativi all'interruzione volontaria di gravidanza anche al fine di promuovere una maternità consapevole, e di ridurre il ricorso alla induzione volontaria di gravidanza presso laboratori sanitari clandestini.
(5-04505)
Interrogazione a risposta scritta:
PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si apprende da agenzie e numerosi articoli di stampa del 27 e 28 marzo 2011, quattordici ragazzi di una classe della quarta dell'istituto tecnico agrario Zanelli di Reggio Emilia, in gita scolastica a Montegrotto Terme, in provincia di Padova, nei giorni 23 e 24 marzo 2011, sono stati vittime di una intossicazione
alimentare e non sarebbero stati visitati dalla guardia medica del luogo;
in particolare, alla richiesta di un tempestivo intervento, le insegnanti si sono sentite rispondere di non potere assistere i quattordici ragazzi poiché non cittadini veneti, nel rispetto di una precisa disposizione di legge regionale e dovendo per questo rivolgersi direttamente al pronto soccorso dell'ospedale di Abano Terme;
considerato il precipitare della situazione di ora in ora, gli studenti sono stati cosi trasportati all'ospedale di Abano con una staffetta di ambulanze (solo 2 quelle a disposizione di questo piccolo pronto soccorso) e taxi;
il giorno seguente un genitore di uno dei ragazzi si è nuovamente rivolto allo stesso ufficio della guardia medica per verificare se l'incidente fosse attribuibile al comportamento negligente e riprovevole di un medico o se invece esistesse veramente una tale disposizione regionale. La risposta è stata eloquente: «in effetti il servizio medesimo non era tenuto a visitare turisti o persone non venete a causa di una norma regionale»;
di fronte all'insistenza del genitore, che eccepiva che in ogni caso il medico «fosse tenuto a curare una persona che stava male», la risposta è stata sempre la stessa, ossia che «la disposizione regionale era quella e non poteva essere messa in discussione»;
lo stesso medico - diverso da quello di guardia la sera dell'incidente - afferma inoltre che all'estero - ad esempio in Francia e Svezia - non esiste la guardia medica e ci si rivolge al pronto soccorso;
l'assessore veneto alla sanità, Luca Coletto, nel frattempo, dichiara ai media che «non esiste al mondo che in una struttura sanitaria veneta possano essere rifiutate le cure a qualcuno che ne ha bisogno», assicurando che non lascerà nel dimenticatoio questo grave episodio -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa;
quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, anche al fine di accertare se, pur in assenza di una specifica legge regionale, esistano circolari o altre disposizioni interne, che inducano gli operatori del Servizio sanitario veneto a comportamenti, ad avviso degli interroganti, irresponsabili, che mettono a rischio la salute dei cittadini, operando una vera e propria discriminazione nei confronti dei non residenti in regione.
(4-11442)
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SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il conferimento degli incarichi dirigenziali presso le amministrazioni pubbliche è regolato dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dalle disposizioni attuative emanate da ogni singola amministrazione anche con il contributo delle organizzazioni sindacali;
nel corso degli anni i vertici politici delle amministrazioni statali hanno ampliato le occasioni di spoil system ed i livelli di dirigenza interessati con il pretesto delle «riorganizzazioni»;
il Ministero dello sviluppo economico, oggetto dei noti accorpamenti e scorpori, è una delle amministrazioni maggiormente danneggiata dagli spoil system che si sono succeduti, e da quella che all'interrogante appare una poco trasparente attività di nomina e avvicendamento della dirigenza di livello generale, e non solo, che ha portato ad un consistente contenzioso che ha visto soccombere l'amministrazione stessa;
con riferimento all'ultimo spoil system operato dal Ministro Scajola, il Ministero dello sviluppo economico è risultato soccombente in un contenzioso dinnanzi alla Corte costituzionale, che ha
avuto come conseguenza il reintegro del dirigente generale interessato, mentre per altri quattro dirigenti generali, il giudice del lavoro, ha sentenziato il reintegro e la liquidazione di un risarcimento, non ancora ottenuti, sebbene una delle sentenze risalga a quasi un anno;
inoltre da circa 10 mesi è vacante il delicatissimo posto di direttore generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione, mentre cinque dirigenti generali di ruolo di notevole capacità ed esperienza professionale sono sottoutilizzati in non meglio identificati incarichi di studio;
è notizia di questi giorni che la procedura per il conferimento dell'incarico di direttore generale per gli enti cooperativi, cui hanno partecipato dirigenti di ruolo di notevole professionalità, si è ad avviso dell'interrogante inopinatamente conclusa con la nomina di un esterno al Ministero già titolare di un incarico di direttore generale;
tale situazione comporta, oltre che un aggravio di spesa dovuta ai risarcimenti, un grave dissesto organizzativo e l'incertezza nell'azione amministrativa -:
quali misure intenda assumere per garantire l'immediato reintegro dei quattro dirigenti generali come sentenziato dal giudice del lavoro, anche per porre fine all'attuale stato di incertezza organizzativa che non garantisce l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione del Ministero;
se e come intenda valorizzare pienamente le professionalità interne al Ministero che, dopo il lungo interim del Presidente del Consiglio dei ministri, è chiamato a recuperare il tempo perso in una difficile fase in cui è necessaria l'assunzione di un ruolo da protagonista per garantire lo sviluppo delle imprese italiane, anche attraverso politiche di espansione nei mercati europei e mondiali.
(5-04509)
Interrogazioni a risposta scritta:
JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi anni si è assistito ad un incremento sostanziale della green technology, che da mero ambito di nicchia, si è trasformata in stile di vita, fatto quotidiano e business consolidato. La crisi che da oltre un decennio affligge l'economia globale ha dato una forte accelerazione e, spesso, un senso concreto, ad espressioni quali «ecocompatibilità», «sostenibilità», «risparmio energetico»; a loro volta le tecnologie hanno stimolato o assecondato quest'onda. Come risultato, si sono viste case, simbolo del centro della vita familiare, popolate da elettrodomestici a consumo controllato o da dispositivi volti al controllo del consumo: televisori, lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi dotati di programmi e funzioni per il contenimento della «bolletta», lampadine a risparmio energetico, contatori elettrici «intelligenti», multiprese telecomandate per spegnere contemporaneamente tutti gli stand by degli apparecchi;
il tema della gestione energetica è diventato parte integrante anche della domotica, cioè della scienza avanzata che studia il miglioramento della qualità della vita e delle infrastrutture domestiche in chiave tecnologica. In questo ambito, così come a livello della building automation (l'automazione di interi edifici) l'ultima frontiera è quella della gestione coordinata, integrata e computerizzata degli impianti generali (distribuzione di acqua, gas e elettricità, climatizzazione, impianti di sicurezza), delle reti informatiche e delle reti di comunicazione. Oltre al miglioramento della qualità abitativa, lo scopo da perseguire è quello di riuscire a gestire al meglio le risorse energetiche regolando l'accensione, l'operatività e lo spegnimento di luci ed elettrodomestici (ma anche di impianti idraulici, caldaie, condizionatori
d'aria e altro) in funzione delle necessità e del loro uso effettivo, attraverso sistemi informatici centralizzati o distribuiti. A ciò si aggiunga la possibilità di integrare impianti fotovoltaici o geotermici ed elementi infrastrutturali ad alte prestazioni (centraline, tubazioni, cavi speciali) in grado di rendere case ed edifici completamente autonomi e ad elevata efficienza sul piano energetico;
il computer è quasi sempre il «cervello» della situazione, in continua evoluzione da un punto di vista «green». Nei personal, destinati sia all'ambito business sia a quello consumer, si affinano da tempo, a partire dai sistemi operativi, le funzionalità di risparmio energetico (modalità di configurazione ad hoc, stand by, «ibernazione», e altro); così come per i monitor (prima Crt, a tubo catodico, e ora lcd, a cristalli liquidi) un grande impulso al controllo del dispendio elettrico è venuto dal programma Energy Star, creato nel 1992 dall'Epa (Environmental Protection Agency) statunitense, e ora fatto proprio anche dall'Unione europea, finalizzato a certificare attraverso un marchio il basso consumo anche di altre importanti apparecchiatura (semafori led, lampade a fluorescenza, sistemi di gestione dell'energia per uffici e di prodotti con stand by a consumo ridotto). Nella sfera dell'informatica strettamente aziendale il green it continua ad essere un argomento sulla cresta dell'onda. Lo sforzo, in questo ambito, è soprattutto quello di ridurre i costi legati al consumo di energia nei grandi data center, cioè uno dei fattori cruciali per il dispendio elettrico mondiale;
per raggiungere questo scopo sono stati destinati grandi investimenti alla riprogettazione o alla costruzione ex novo degli ambienti che ospitano i centri di elaborazione dei dati (in modo da avere locali e sottosistemi efficienti, con flussi d'aria e cablaggi adeguati). Inoltre, sono stati presi in considerazione la messa a punto di processi specifici per aumentare le prestazioni e ridurre i consumi, l'elaborazione di software in grado di ottimizzare le risorse informatiche (virtualizzazione) e l'allestimento di sofisticati sistemi di raffreddamento basati sull'impiego di liquidi che evitino il ricorso a ventilatori e ad elettricità supplementari. Un notevole aiuto al risparmio energetico informatico viene anche dal cloud computing che permette, in buona sostanza, di sfruttare in modo simultaneo la potenza di calcolo di un alto numero di computer interconnessi, e di utilizzare un software (ad esempio di produttività da ufficio) senza doverlo installare sul proprio pc, in locale, ma facendolo girare su macchine di terzi, in remoto, collegate a internet. Tutto questo consente alle aziende di «moltiplicare» a basso costo i propri mezzi informatici e di risparmiare razionalizzando i processi, evitando gli oneri di acquisto e di manutenzione dei programmi (prevale in questo senso il modello pay per use) e contenendo i dispendi energetici (meno computer da impiegare significano ovviamente meno consumi elettrici) -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di incentivare la produzione di dispositivi di alto impatto green tech, nonché il loro utilizzo nella vita quotidiana di tutti i cittadini.
(4-11444)
GRIMOLDI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 29 dicembre 2010 l'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) ha inviato una comunicazione urgente ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio e al Ministro dello sviluppo economico per sollecitare Governo e Parlamento ad avviare iniziative volte a ridurre l'insostenibile costo delle Polizze RC auto; la stessa Isvap ritiene infatti possibile, anche sulla scorta delle autovalutazioni dell'ANIA (che raggruppa le compagnie assicurative), ridurre il costo delle RC auto nella misura prudenziale del 15-18 per cento;
in Italia le RC auto costano più del doppio di quelle della Francia, e mediamente il doppio di quelle della Germania con copertura inferiore; questi prezzi hanno determinato un fenomeno allarmante: il 30 per cento dei veicoli circolanti sono privi dell'assicurazione, e il 70 per cento di questi è costituito da moto e ciclomotori; grave è anche il fenomeno delle frodi e delle truffe, soprattutto nel Sud, che contribuiscono all'aumento sfrenato delle tariffe;
secondo l'Unione nazionale consumatori, «le risposte dell'ISVAP sono tardive e non aggiungono nulla di nuovo a quello che si ripete da anni senza risultati; il nodo vero, infatti, è quello della liberazione del settore, che in Italia c'è solo sulla carta; l'aumento costante dei prezzi è il risultato di vera concorrenza all'interno del mercato italiano RC auto dovuta soprattutto alla rigidità del sistema di vendita delle polizze; è indubbiamente importante contrastare il fenomeno dei sinistri fraudolenti, ma bisogna al contempo creare una bad company per impedire che le compagnie continuino a scaricare su tutti i costi derivanti da tale fenomeno»;
è inoltre stato avviato un confronto con l'ANIA, le associazioni dei consumatori e l'Isvap, ma allo stato attuale non si sono riscontrati miglioramenti e il costo delle polizze continua a salire; peraltro, sembra esserci anche una scarsa volontà di combattere le frodi con un'apposita agenzia, che viene considerata inutile -:
come il Ministro intenda affrontare le suddette problematiche e se non ritenga opportuno dare seguito alla comunicazione dell'ISVAP, assumendo le opportune iniziative normative anche valutando forme per favorire la possibilità di domiciliazione del soggetto presso una compagnia estera appartenente all'Unione europea, così favorendo una concorrenza a livello europeo.
(4-11452)
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TURISMO
Interrogazione a risposta orale:
SCANDEREBECH, NARO e ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
i continui arrivi a Lampedusa di barconi con immigrati provenienti dal Nord Africa hanno portato al collasso l'isola siciliana;
i mesi di marzo e aprile sono considerati mesi fondamentali per il turismo isolano poiché è proprio in questo periodo che arrivano le prenotazioni in vista della stagione estiva;
solo per il periodo pasquale l'assessore al turismo del comune di Lampedusa, Busetta, ha stimato una perdita netta per l'economia isolana di quattro milioni e duecentomila euro;
è superfluo ricordare che la maggior parte dei lampedusani vive di turismo e che se non si dovesse intervenire tempestivamente per dare sostegno e garanzia al settore turistico, tutta l'isola ne risentirebbe;
i danni restano comunque incalcolabili per l'intera economia turistica siciliana, tanto che perfino le Eolie, che si trovano nella Sicilia orientale, stanno risentendo di questa situazione;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato un piano straordinario per la promozione del turismo a Lampedusa di cui non si conoscono, però, i termini;
allo stato non si conoscono le intenzioni del Ministro del turismo, Brambilla, che risulta, ad avviso degli interroganti, ormai da diverso tempo assente e distratta riguardo alle problematiche considerevoli che stanno interessando il comparto turistico isolano -:
quali urgenti iniziative di propria competenza intenda adottare per fare fronte all'emergenza che ha colpito l'isola
di Lampedusa, per rilanciare l'isola dal punto di vista turistico e per prevedere forme di risarcimento dei danni morali e materiali che gli isolani hanno già subito e che continueranno a subire a lungo in termini di ritorno di immagine e turismo.
(3-01559)
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Apposizione di firme ad una interpellanza.
L'interpellanza urgente Carlucci e altri n. 2-00999, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rossa, Pes, Capitanio Santolini.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Lussana e Nicola Molteni n. 4-11426, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Ciccanti n. 4-10593 del 26 gennaio 2011 in interrogazione a risposta orale n. 3-01561.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i dati presentati dal Centro per la riforma del diritto di famiglia di Milano al convegno «La famiglia senza frontiere» dimostrano che le nozze miste tra cittadini di diverse nazionalità e religioni sono sempre più fragili;
la presidente del Centro, Anna Galizia Danovi, presentando il Convegno, ha dichiarato: «Il dissenso famigliare sta assumendo toni sempre più esasperati. Le coppie italiane prima e durante il matrimonio si confrontano poco. Per le coppie miste è pure peggio. Ci sono differenze di cultura, di lingua, di religione e di costume»;
i trend sono in crescita esponenziale. Tra marito e moglie con lo stesso passaporto e pure tra coniugi che vengono da Paesi diversi, il matrimonio si scioglie ad una velocità impressionante. Nel 2007 in Italia ci sono stati un quarto di milione di matrimoni. Un decimo quelli di coppie miste, secondo la classifica dei primi 15 Paesi di cittadinanza. Romania al primo posto, poi Ucraina, Brasile, Polonia, Russia, Moldova, Albania, Marocco e a seguire tutti gli altri. Nel 2007 ci sono stati oltre 50 mila divorzi e più di 80 mila separazioni, con un incremento tra l'1 e poco più del 2 per cento. Il 10 per cento sono di coppie miste. Tra le coppie miste separazioni e divorzi sono aumentati in sette anni di oltre il 70 per cento. In sette casi su dieci è un italiano a separarsi da una donna straniera;
l'avvocato Anna Galizia Danovi precisa: «La vicenda diventa deflagrante quando in mezzo ci sono i bambini. Tra le coppie miste le separazioni giudiziarie in presenza di minori sono altissime. Il problema diventa ancora più complicato quando ci si trova davanti a culture o legislazioni non omogenee con quella italiana»;
tipico il caso del genitore uomo e musulmano che in caso di separazione si sente l'unico depositario della educazione dei figli, pretende l'affido spesso in via esclusiva, è pronto a tutto pur di non lasciare i bambini alla moglie italiana magari non convertita;
anche in altri casi dove la religione non c'entra, le situazioni sono parimenti drammatiche. Come nel caso della signora Marinella Colombo, sposata ad un cittadino tedesco con cui è in lite giudiziaria per l'affidamento dei due bambini della coppia, L. e N. di 6 e 10 anni, nati in Germania. Le autorità tedesche le hanno tolte alla donna italiana sulla base dell'istituto dello Jugendamt, voluto nel 1939 dal fondatore delle SS Heinrich Himmler «a protezione della gioventù, anche in sostituzione delle capacità genitoriali»;
se non ritenga preoccupanti i dati illustrati in premessa e quali azioni intenda intraprendere per porre un freno al
fenomeno in continua crescita dei matrimoni fittizi fondati sull'interesse del cittadino straniero ad usufruire dei diritti nascenti dal matrimonio contratto con cittadino italiano;
se non ritenga che sia necessario adottare provvedimenti specifici per tutelare i minori nati da matrimoni misti, frequentemente vittime di situazioni di drammatico disagio.
(4-04628)
Risposta. - La legge n. 94 del 15 luglio del 2009 recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», al fine di contrastare il fenomeno dei cosìddetti «matrimoni di comodo» ha introdotto disposizioni più rigorose in materia di cittadinanza. In particolare, l'articolo 1, comma 11, della citata legge - di modifica dell'articolo 5 della legge 5 febbraio del 1992, n. 91 - ha prorogato la durata del periodo di residenza legale per il coniuge straniero o apolide che intende acquistare la cittadinanza italiana, portandolo da sei mesi a due anni, decorrenti dalla celebrazione del matrimonio. Tale disposizione ha stabilito, altresì, che il vincolo di coniugio deve permanere fino al momento dell'adozione del provvedimento, ferma restando la previsione dei tre anni dalla data del matrimonio per i residenti all'estero, e che, in presenza di figli nati o adottati dai coniugi, i termini citati sono ridotti della metà.
In relazione alla permanenza del coniuge straniero nel territorio nazionale, l'articolo 30, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio del 1998, n. 286, modificato dal decreto legislativo 8 gennaio del 2007, n. 5, stabilisce che il permesso di soggiorno rilasciato ai cittadini stranieri che abbiano contratto matrimonio con italiani, o con cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con extracomunitari regolarmente soggiornanti, è revocato qualora sia accertata la non convivenza, salvo che dal matrimonio sia nata prole.
La stessa disposizione prevede che la richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dallo straniero che ha fatto ingresso in Italia per ricongiungimento familiare venga respinta, e che il permesso di soggiorno venga revocato nel caso in cui si accerti che il matrimonio abbia avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato.
In tema di tutela dei minori nati da genitori di nazionalità diverse, si rappresenta che la legge n. 91 del 1992, cit., attribuisce la cittadinanza italiana in via automatica al figlio di padre o di madre cittadini articolo 1, comma l, lettera a), legge n. 91 del 1992, cit).
Infine, si fa presente che, allo scopo di esaminare congiuntamente le problematiche connesse alle vicende dei «minori contesi», su iniziativa dal ministero degli Affari esteri, è stata costituita una task force interministeriale sulla sottrazione internazionale dei minori, alla quale partecipano rappresentanti dei ministeri della Giustizia e dell'Interno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
CAZZOLA, BARANI, DI BIAGIO, GIAMMANCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
in data 23 luglio 2010 il quotidiano Corriere della Sera riportava nella cronaca di Roma a pagina 3, in un articolo a firma di Clarida Salvatori, la notizia relativa ai controlli che l'Enpa (l'Ente nazionale per la protezione degli animali, già istituito con la legge 11 aprile 1938, n. 612, e poi disciplinato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979) aveva effettuato nei giorni precedenti sulle «botticelle» (le caratteristiche vetture trainate da cavalli adibite al trasporto delle persone) in circolazione per le strade di Roma;
l'articolo evidenziava come l'Enpa avesse elevato sanzioni ai titolari delle licenze delle vetture trainate da cavalli, in quanto queste circolavano o trasportavano passeggeri durante gli orari di pausa, previsti nelle ore più calde della giornata
proprio per permettere agli animali di riposare, o mantenessero talvolta un passo (trotto) non consentito dalle disposizioni vigenti;
altresì, sempre l'articolo del quotidiano, poneva in risalto come le disposizioni di legge, volte a tutelare la salute degli animali (in questo caso i cavalli adibiti al traino delle vetture) fossero troppo spesso violate anche perché, scrive l'autrice dell'articolo, «è difficile rinunciare ai soldi di una o più corse» con riferimento al trasporto dei turisti per le vie della città di Roma in orari non consentiti -:
quali iniziative i Ministri interrogati per quanto di competenza intendano avviare, da un lato, per rafforzare i controlli per la tutela degli animali da traino (in questo caso i cavalli) e, dall'altro, per avviare campagne d'informazione ai turisti che visitano la città di Roma circa i divieti di circolazione in vigore per le «botticelle», allo scopo di svolgere un'azione di moral suasion rivolta ai passeggeri per convincerli a non avvalersi delle vetture negli orari e con modalità non conformi alle disposizioni di legge.
(4-08215)
Risposta. - Il Ministero della salute è intervenuto presso i servizi veterinari territoriali e gli enti competenti per acquisire informazioni in merito al comportamento di alcuni vetturini che circolano con le carrozze in orari non consentiti e non rispettano il periodo di fermo, divieti entrambi previsti dal vigente regolamento comunale di Roma.
Si è ritenuto opportuno, inoltre, sollecitare le citate autorità sia ad attivare una maggiore vigilanza sia ad adottare misure più efficaci al fine di contrastare eventuali comportamenti irregolari.
Peraltro, sulla questione relativa alle «botticelle» il Ministero della salute è già intervenuto nel dicembre del 2008, a seguito di un grave incidente che provocò la morte di uno dei cavalli mentre trainava la carrozza in una strada altamente trafficata nel centro della città.
In tale occasione, infatti, diedi incarico di istituire un apposito tavolo tecnico, per fornire indicazioni al comune di Roma sulle misure necessarie a garantire la salute ed il benessere dei cavalli impiegati in tali attività.
Tra le misure in tal modo individuate, sono previste, tra le altre:
l'obbligo di una visita medica veterinaria specialistica per valutare l'idoneità degli animali;
la creazione di percorsi cittadini protetti, privi di salite e con la predisposizione di aree di sosta attrezzate;
la detenzione degli equini in scuderie che rispettino i requisiti igienico sanitari e dotate di recinti esterni, al fine di permettere un regolare movimento e la socializzazione dei cavalli anche nei giorni di riposo;
la registrazione giornaliera, su un apposito documento, degli orari di uscita e delle soste effettuate dalle carrozzelle;
la predisposizione di un servizio di pronto soccorso e la disponibilità di una ambulanza per il trasporto degli equini eventualmente traumatizzati.
Tuttavia tali indicazioni sono state recepite solo in parte nel regolamento comunale che disciplina il servizio taxi e di noleggio e che ricomprende le cosiddette «botticelle».
Per quanto riguarda la possibilità di avviare campagne d'informazione per i turisti che visitano la città di Roma, si ritiene tale proposta condivisibile.
Pertanto, sarà cura del Ministero della salute invitare l'Ente municipale ad attivarsi in tal senso e a predisporre nelle aree di sosta delle carrozze appositi cartelli, indicanti gli orari e gli obblighi previsti per l'erogazione di tale servizio di trasporto pubblico.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
DI BIAGIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 23 luglio 2010 un treno Eurostar alta velocità proveniente da Milano e diretto a Napoli dopo qualche minuto dalla partenza - avvenuta da Roma alle ore 14 - è stato bloccato nelle campagne di Labico in provincia di Roma per circa 3 ore a causa di problemi al locomotore;
i passeggeri bloccati sulla vettura non sono stati informati immediatamente di quanto stesse accadendo anche in considerazione del fatto che non erano attivi i sistemi di altoparlanti all'interno del convoglio;
il veicolo, la cui centralina operativa veniva costantemente riavviata, non garantiva adeguata climatizzazione costringendo i pochi operatori che circolavano affannati e preoccupati nei corridoi ad aprire gli sportelli del treno da cui molti passeggeri cominciavano a scendere malgrado i divieti ripetuti a voce alta;
dopo circa un'ora dal blocco della vettura alle porte di Roma le scorte di acqua e di bibite si erano esaurite, gettando nel panico soprattutto le madri, i bambini e le persone anziane che soffrivano particolarmente della condizione di stress psico-fisico a cui la persistenza del danno alla vettura li costringeva;
la situazione di panico ha spinto alcuni abitanti della stradina di campagna che costeggiava i binari a gettare bottigliette e damigiane di acqua soprattutto per alleviare la richiesta degli anziani;
malgrado la posizione del binario fosse particolarmente scomoda nonché pericolosa - poiché costeggiava un piccolo canale irriguo e dei rovi - molti giovani si sono offerti volontari al fine di recuperare l'acqua offerta dagli abitanti del posto. Alcuni giovani si sono procurati delle ferite cadendo nel canale o recuperando bottiglie cadute nei rovi;
alle ore 17.40 il treno - dopo svariate vicissitudini legate alla scarsa capacità operativa degli operatori chiamati a gestire la crisi - è stato trainato da una motrice presso la stazione Tiburtina con lo scopo di ripartire da questa alle 18.30 con un secondo treno diretto a Napoli;
malgrado fossero stati chiamati i mezzi della protezione civile per far fronte all'emergenza, questi sono arrivati in concomitanza della partenza del treno per la stazione Tiburtina dimostrando una scarsa tempestività, necessaria in momento tanto complesso e drammatico;
dall'incidente di Labico emerge in maniera oggettiva che non esiste una procedura operativa chiara ed articolata finalizzata alla gestione dell'emergenza, considerando che gli attori coinvolti - i vari tecnici Trenitalia ed i referenti della protezione civile - hanno operato in maniera totalmente dissonante e di conseguenza inefficace;
la società Trenitalia ha evidenziato ai media di aver fornito assistenza e supporto ai passeggeri del treno bloccato per guasto e di aver accumulato soltanto 3 ore di ritardo a fronte delle 6 ore materialmente accumulate;
ai passeggeri coinvolti nel lungo contrattempo ferroviario non è stata evidenziata un'eventuale procedura di rimborso ma a chi ha avuto ancora la forza di chiedere è stato risposto che avrebbe potuto ottenere un rimborso parziale pari al 50 per cento del costo intero del biglietto, soltanto previa richiesta in agenzia o biglietteria trascorsi 20 giorni dall'avvenuto ritardo;
è importante ricordare che il costo del biglietto del treno alta velocità è cresciuto in maniera esponenziale nell'arco di 4 anni, passando - per quanto riguarda la tratta Roma-Napoli - dai 33 ai 44 euro a fronte di un incremento della qualità e della efficienza delle vetture e della rete ferroviaria, ad avviso dell'interrogante, inconsistente;
stando ai dati a disposizione dell'interrogante, quasi ogni settimana e segnatamente nei giorni di massima affluenza di passeggeri come il venerdì, si verificano molteplici inconvenienti in particolare sulla tratta Milano-Napoli che contribuiscono a maturare ritardi tra i 20 ed i 40 minuti;
la mancanza di rispondenza delle strategie operative nonché delle dinamiche gestionali della citata società per azioni alle reale esigenze nonché alla tutela delle garanzie degli utenti lascia emergere delle criticità in merito alle scelte e alle programmazioni del corpo dirigenziale di Trenitalia -:
se siano a conoscenza delle criticità espresse in premessa;
quali iniziative si intendano definire al fine di individuare un piano efficiente di gestione dell'emergenza in caso di incidenti o di inconvenienti come quello testo descritto al fine di evitare dinamiche operative disarmoniche tra protezione civile, tecnici e operatori di Trenitalia;
se si intenda sollecitare con opportune iniziative l'ipotesi di forme di indennizzo e di risarcimento straordinarie in caso di incidenti la cui gravità si collochi entro parametri ben diversi dalle fattispecie rapportabili al semplice ritardo;
se si ritenga possa essere auspicabile una rinnovata valutazione in itinere dell'efficienza nonché della capacità di gestione del patrimonio della società per azioni da parte del corpo dirigenziale di Trenitalia utilizzando come parametri di riferimento anche il livello di qualità dei servizi ed il grado di tutela riservato ai consumatori.
(4-08230)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 agosto del 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Riguardo a quanto verificatosi al treno AV «Frecciarossa» 9511 Milano-Napoli in data 23 luglio del 2010, Ferrovie dello Stato fa sapere che un'avaria ai compressori dei mezzi di trazione, presumibilmente ascrivibile soprattutto alle alte temperature registrate nella giornata interessata che hanno superato i 39o provocato l'arresto in linea del treno AV 9511, linea AV/AC Roma-Napoli, nei pressi della località Labico. Nonostante i tentativi, da parte del personale di macchina, di ripristinare la funzionalità del locomotore e perdurando l'avaria si è reso necessario richiedere l'intervento della locomotiva di soccorso.
All'arrivo del mezzo diesel di soccorso si sono riscontrate notevoli difficoltà nelle operazioni di aggancio del convoglio in avaria; nel frattempo, il personale di condotta è riuscito a ripristinare parzialmente, attraverso il riavvio di uno dei compressori, le condizioni di marcia del locomotore dell'ES 9511, che ha raggiunto la stazione di Roma Tiburtina, dove è stato effettuato il trasbordo dei passeggeri su un altro convoglio di riserva.
Ferrovie dello Stato fa presente, inoltre, che durante la sosta in linea del treno di cui trattasi i passeggeri sono stati assistiti dal personale di bordo che ha informato i viaggiatori anche recandosi personalmente nelle vetture; sono stati distribuiti generi di conforto fino ad esaurimento delle scorte alimentari disponibili a bordo treno.
Nella stazione di Roma Tiburtina, con l'ausilio della Protezione civile e del personale della Protezione aziendale di Trenitalia, l'assistenza alla clientela ha provveduto a distribuire ulteriori confezioni d'acqua e di generi alimentari, nonché ad assistere i passeggeri nelle varie necessità ed esigenze manifestate in tale circostanza ed ad infornarli circa le modalità di richiesta dei rimborsi.
Ferrovie dello Stato inoltre fa sapere che presso la stazione di Napoli Centrale ha provveduto ad assicurare ad alcuni viaggiatori la prosecuzione del viaggio sia mediante taxi, sia attraverso servizi sostitutivi gommati prontamente allestiti dalla società ferroviaria. Anche in questa stazione, Trenitalia ha assicurato la distribuzione di cestini da viaggio, bottiglie d'acqua e altri generi di conforto, ha disposto le fermate straordinarie per il treno ES 9383 nelle
stazioni di Scalea e Praja a Mare ed ha assicurato la coincidenza con il treno Regionale 2437 per Sapri delle ore 19.50, per consentire l'arrivo a destinazione dei numerosi viaggiatori diretti nel Cilento.
Per quanto concerne le modalità e l'entità dei rimborsi in caso di ritardo attualmente in vigore, Ferrovie dello Stato evidenzia che le stesse sono conformi a quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia (Regolamento CE 1371/2007).
A maggior tutela del viaggiatore, peraltro, le nuove condizioni generali di trasporto consentono che l'indennizzo per ritardo possa essere richiesto fino a 12 mesi dopo l'evento (in luogo del termine di 30 giorni previsto dalla normativa comunitaria) presso qualunque sportello di biglietteria, senza compilare alcun modulo. L'indennità, a richiesta del viaggiatore, può essere corrisposta in contanti o tramite rilascio di un bonus.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tra l'Italia ed il Brasile esiste un trattato di estradizione firmato a Roma il 17 ottobre 1989 ed entrato, in vigore il 1o agosto 1993;
in data 29 dicembre 2010 i media internazionali lasciano trapelare la decisione del presidente brasiliano Luiz Inàcio da Silva di non concedere l'estradizione del criminale italiano ex brigatista dei proletari armati per il comunismo Cesare Battisti condannato all'ergastolo in contumacia dalla magistratura italiana per l'omicidio di quattro persone fra il 1977 e il 1979, malgrado il parere favorevole alla stessa già espresso dal supremo tribunale federale in data 16 aprile 2010;
in data 31 dicembre 2010 il presidente uscente ha concesso lo status di rifugiato politico a Battisti, ufficializzando la mancata estradizione del pluriomicida italiano attraverso una nota diramata dal Ministro degli esteri brasiliano, Celso Amorim, evidenziando che la decisione del Governo brasiliano non rappresenta un affronto verso un altro Paese «nel momento in cui si creano situazioni particolari che possono generare rischi per la persona, nonostante il carattere democratico dei due Stati», giustificando in tal modo l'orientamento;
le reazioni dell'Italia, che sono state additate come «impertinenti» dallo stesso Ministro Amorim nella suindicata nota, non sono tardate ad arrivare da ogni versante politico ed istituzionale;
attestati di sdegno e di richiamo non sono mancati nei confronti del Governo brasiliano sul caso Battisti, ma a questi annunci non ha fatto seguito una reale azione di protesta sul fronte bilaterale che non sia di natura esclusivamente interlocutoria;
molteplici sono i progetti ed i programmi di natura bilaterale che attualmente coinvolgono l'Italia ed il Brasile, segnatamente a seguito dell'incontro tra Berlusconi e l'allora presidente Lula a margine del Forum imprenditoriale «Nuovi partenariati strategici Brasile-Italia» lo scorso 29 giugno 2010;
la Farnesina e le autorità competenti sembrerebbero ancora impegnate con la definizione del progetto «Momento Italia-Brasile 2011-2012», un programma orientato al rafforzamento dei rapporti tra i due popoli in vari settori produttivi;
la Camera dei deputati italiana è in procinto di approvare la ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del Brasile in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma l'11 novembre 2008;
tra l'Italia ed il Brasile esiste una solida relazione di partenariato e di stima, rafforzata dalla manifesta amicizia e disponibilità tra il nostro presidente del Consiglio dei ministri e l'ormai ex presidente Lula, emersa ampiamente in occasione del citato incontro Italia-Brasile nel giugno 2010;
malgrado la reciproca stima e le fattive esperienze di cooperazione bilaterale e la molteplicità dei progetti avviati e sostenuti dai due Paesi, il Governo brasiliano mantiene un approccio unilaterale che all'interrogante appare illogico ed incomprensibile nei confronti di una legittima istanza formulata dalle autorità italiane;
l'attuale posizione intransigente evidenziata dal Governo brasiliano nei confronti di un criminale come Battisti rischia di legittimare una patina di leggerezza su un momento drammatico della storia italiana e sul carico di dolore e di morte che certe azioni e certi crimini, come quelli perpetrati da Battisti negli anni '70, hanno sollevato nel tessuto umano, sociale e culturale del nostro Paese;
a differenza di quanto evidenziato a più riprese dall'ex presidente brasiliano Lula, secondo il diritto internazionale, qualora esista un accordo bilaterale in materia di estradizione tra due Paesi, la concessione dell'estradizione di un criminale straniero non è da considerarsi un atto sovrano dello Stato in cui risiede il criminale, che non è soggetto a censura da parte dello Stato richiedente l'estradizione -:
quale sia la reale strategia dell'Italia nei confronti del Brasile in merito alla mancata estradizione di un criminale quale Battisti, al fine di evitare che l'approccio unilaterale e, a giudizio dell'interrogante, illogico del Brasile rappresenti uno spregevole precedente agli occhi della comunità internazionale, in grado di legittimare, in violazione di qualsivoglia normativa di diritto internazionale, uno spiraglio di impunità nei confronti di chi si è macchiato di crimini gravissimi.
(4-10338)
Risposta. - La decisione di non concedere l'estradizione di Cesare Battisti, che l'ex Presidente Lula ha preso nell'ultimo giorno del suo mandato da Capo di Stato il 31 dicembre 2010, è stata fermamente condannata dal Governo italiano e da tutte le forze politiche, senza alcuna distinzione di colore ed orientamento, oltre ad aver scosso la coscienza dell'opinione pubblica italiana.
L'Italia, pur rispettando l'autonomia del Governo brasiliano, ritiene inaccettabile il diniego all'estradizione ed ha espresso con chiarezza il forte disappunto e la profonda delusione per la mancata conclusione positiva della vicenda, che contraddice i principi basilari del diritto e, ancor di più, offende le vittime del terrorista italiano ed i loro familiari. D'altronde, tale decisione va in senso contrario rispetto al precedente verdetto del Tribunale supremo federale. Quest'ultimo ha dichiarato nullo il provvedimento di rifugio, ha concesso l'estradizione richiesta dall'Italia ed ha autorizzato il Presidente Lula a consegnare Cesare Battisti al nostro Paese in conformità al vigente trattato bilaterale in materia di collaborazione estradizionale, pur precisando che la pronuncia faceva salve le competenze dello stesso Presidente. Tali sviluppi avevano già eloquentemente fornito conforto, da un punto di vista giuridico, alle tesi da sempre convintamente sostenute da parte italiana e sulle quali poggia tuttora intatta la consapevolezza delle nostre ragioni.
Il Governo italiano - pur in un quadro di relazioni bilaterali che desidera preservare - continuerà ad operare in nome di un'esigenza fondamentale di giustizia, in ogni ambito e con tutte le modalità offerte dagli strumenti giuridici di natura interna ed internazionale, per difendere e promuovere, su una linea ispirata insieme a fermezza e misura, gli interessi più alti dello Stato e la piena applicazione dei principi della certezza del diritto che rendono necessaria sia la condanna che la pena di quanti si siano resi colpevoli di crimini odiosi.
In tale ottica, il Governo si è attivato prontamente, già all'indomani dell'annuncio della decisione del Presidente uscente Lula. Tramite i suoi legali, infatti, si è opposto alla richiesta di scarcerazione depositata dagli avvocati di Cesare Battisti, successivamente respinta dal Tribunale supremo federale il 6 gennaio del 2011, con una pronuncia che dà ulteriore conforto
alle nostre tesi. Tale «impugnazione incidentale», subito accolta dall'Alta Corte brasiliana, prelude peraltro al vero e proprio ricorso che verrà da parte nostra presentato avverso la decisione di Lula.
L'Italia resta dunque pronta a percorrere, con la massima determinazione e nella piena consapevolezza delle proprie ragioni, tutte le vie giurisdizionali possibili per ottenere l'estradizione.
In proposito, preme peraltro sottolineare che tali iniziative non dovranno prefiggersi di mettere in discussione la tradizionale collaborazione con il Brasile, ricca e mutuamente vantaggiosa, ma saranno volte a contrastare una decisione ritenuta profondamente ingiusta ed infondata. In particolare, il Governo italiano ritiene pertanto di dover mantenere gli aspetti politici della vicenda chiaramente distinti dai suoi profili giuridici nel prosieguo della questione. In vista del riesame del caso da parte del Tribunale supremo federale (STF), il ricorso di diritto interno brasiliano per l'annullabilità del rifiuto all'estradizione deciso dall'ex Presidente Lula, sarà avverso il parere dell'Avvocatura Generale, parere che presta il fianco a più di una obiezione, difettando di coerenza e di profondità giuridica, e non contro la decisione del Presidente Lula che si limita a recepire senza commenti o motivazioni lo stesso parere. Le argomentazioni giuridiche a sostegno del nostro ricorso sembrano avere un'intrinseca solidità. I legali della nostra Ambasciata suggeriscono di preservare sentimenti di fiducia nella capacità dei giudici dell'Alta Corte brasiliana di risolvere il caso in senso favorevole alla richiesta italiana e di non assumere atteggiamenti che potrebbero acutizzare ed esasperare il clima, finendo paradossalmente per confermare proprio quanto pretestuosamente motivato da parte dell'Avvocatura Generale brasiliana, nell'invocare l'articolo 3 lettera F del Trattato bilaterale di estradizione.
Qualora il ricorso di diritto interno brasiliano non avesse invece successo, sarà inoltre possibile esperire un ricorso davanti ad istanze internazionali. L'Accordo Italia Brasile di conciliazione e regolamento giudiziario del 1954 prevede, infatti, la possibilità di istituire una Commissione di conciliazione e, nel caso in cui quest'ultima non riesca a risolvere la controversia entro un periodo di tempo prestabilito, ad adire la Corte Internazionale di giustizia. Il fondamento giuridico per un eventuale ricorso alla Corte dell'Aja potrebbe d'altronde eventualmente essere individuato, ove ci sia un consenso anche da parte brasiliana, nelle norme generali che ne disciplinano il funzionamento.
L'Italia si è subito attivata al riguardo anche in ambito europeo. Le motivazioni alla base della decisione dell'ex Presidente Lula rappresentano, infatti, un'inaccettabile mancanza di rispetto non solo dell'ordinamento italiano, ma anche dell'intero sistema comunitario di garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali. È per tale motivo che nel corso delle ultime settimane - a seguito di una decisione che appare essere in totale contraddizione con la natura stessa dell'Unione europea di comunità fondata sul rispetto del principio dello Stato di diritto e con gli elevatissimi livelli delle garanzie e delle tutele riconosciute dagli ordinamenti di tutti i Paesi membri - abbiamo provveduto a sensibilizzare anche i partner comunitari. Proprio nella consapevolezza che l'estradizione di Cesare Battisti non può essere considerata una pura vicenda bilaterale, si ritiene opportuno che tutti i Paesi comunitari sostengano le iniziative messe in campo dall'Italia.
Il Governo italiano - ed il Ministero degli affari esteri in particolare - hanno seguito con la massima attenzione la vicenda in ogni sua fase, assicurando di rappresentare, attraverso la nostra Ambasciata a Brasilia e mediante continui contatti anche ai massimi livelli, efficacemente le nostre ragioni e le legittime aspettative. Il Capo dello Stato ed il Governo italiano, infatti, nelle molteplici occasioni di contatto, non hanno mai mancato di sottolineare alle autorità brasiliane che confidavano pienamente nel rispetto della decisione del Tribunale supremo federale di concessione dell'estradizione dei Battisti.
Anche nei giorni immediatamente precedenti la decisione dell'uscente Capo di Stato brasiliano, il Sottosegretario alla Presidenza,
su impulso dello stesso Presidente del Consiglio ha ritenuto di dover nuovamente - senza equivoci e con rinnovata fermezza - rappresentare all'Ambasciatore del Brasile le perduranti aspettative italiane al riguardo. L'assiduità e l'efficacia delle iniziative italiane nella complessa vicenda Battisti erano state d'altronde già testimoniate dal fatto che le Autorità brasiliane non avevano esitato a rivedere la decisione dell'allora Ministro della giustizia di concedere lo status di rifugiato a Cesare Battisti sin dal novembre 2009 a seguito delle nostre puntali sensibilizzazioni.
Il Ministero degli affari esteri intende inoltre proseguire ai massimi livelli l'azione di sensibilizzazione del nuovo Esecutivo, guidato dalla neo eletta Presidente Dilma Rousseff, per rappresentare in sede di dialogo politico con un Paese tradizionalmente amico e con il quale, anche negli ultimi anni, il quadro della collaborazione si è sempre più sviluppato ed arricchito, le immutate ragioni e aspettative italiane per una corretta interpretazione del Trattato bilaterale e quindi per l'accoglimento dell'auspicata concessione dell'estradizione di Cesare Battisti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.
DI VIZIA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti rappresenta una funzione amministrativa di primaria importanza ai fini della garanzia della sicurezza alimentare e della tutela di elevati livelli di protezione del consumatore;
l'attività di controllo si esplica primariamente attraverso lo svolgimento di analisi per la ricerca di residui di prodotti fitosanitari, che vengono effettuate dai laboratori di controllo ufficiali (operanti nell'ambito delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente - ARPA), dai presidi multizonali di prevenzione (PMP) e dagli Istituti zooprofilattici sperimentali (II.ZZ.SS.);
i criteri generali per lo svolgimento dei controlli ufficiali per la verifica della conformità alla normativa sono disciplinati dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, il quale definisce anche le procedure, le attività, i metodi e le tecniche per l'effettuazione dei controlli; per poter svolgere le loro funzioni di controllo, i laboratori devono garantire piena conformità alla normativa europea, anche sotto il profilo del personale e della strumentazione tecnica impiegata;
i controlli riguardano indistintamente prodotti italiani o di altra provenienza destinati ad essere commercializzati sul territorio nazionale ovvero ad essere esportati in altro Stato dell'Unione europea o in altro Stato terzo;
il coordinamento e la definizione dei programmi di controllo sui prodotti alimentari (inclusi i piani annuali in materia di residui di prodotti fitosanitari negli alimenti) è affidato, in Italia, al Ministero della salute, Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, direzione generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione;
i dati del controllo ufficiale sono inoltre utilizzati dall'Istituto superiore di sanità per ricavare una stima dell'assunzione giornaliera dei residui dei prodotti fitosanitari con la dieta in Italia;
nella regione Liguria, il piano controllo pesticidi è attuato dall'ARPAL e rientra nelle attività istituzionali obbligatorie dell'Agenzia; come evidenziato dall'Allegato A della legge regionale 4 agosto 2006, n. 20, recante «Nuovo coordinamento dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Liguria», l'ARPAL è responsabile delle determinazioni analitiche di controllo mediante un laboratorio per il controllo ufficiale dei pesticidi negli alimenti a matrice vegetale;
il direttore generale dell'ARPAL, con delibera n. 244 del 23 aprile 2001, nel procedere alla riorganizzazione delle attività analitiche correlate alla determinazione
dei residui di fitofarmaci in un unico centro a valenza regionale, ha individuato nel laboratorio di La Spezia il proprio centro di riferimento regionale, in virtù dell'esperienza maturata dal suddetto laboratorio e della sua partecipazione a circuiti di qualità europei;
con ordinanza del 6 novembre 2003, n. 14117, il direttore scientifico dell'ARPAL ha attivato il «Centro pesticidi a valenza regionale» presso il dipartimento di La Spezia;
il 9 agosto 2004, l'ARPAL ha stipulato un protocollo di intesa (n. 11046) con gli uffici di sanità marittima e area liguri al fine di garantire un programma di controlli analitici delle derrate alimentari in importazione, confermando le competenze del laboratorio del dipartimento dell'ARPAL di La Spezia sulla ricerca dei residui di prodotti fitosanitari;
dal 18 al 22 luglio 2007, gli ispettori FVO (Food Veterinary Office) hanno effettuato una missione presso l'USMAF di La Spezia, in conformità alle disposizioni dell'articolo 5 del Reg. (CE) n. 882/2004 e dell'articolo 45 del Reg. (CE) n. 645/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio; la missione, effettuata in particolare per valutare come venissero eseguiti i controlli dei residui di antiparassitari nei o sui prodotti di origine vegetale, ha evidenziato alcune problematiche afferenti il laboratorio per il controllo ufficiale cui la Regione Liguria ha affidato i controlli de qua;
in risposta alle rilevazioni degli ispettori FVO, la direzione scientifica dell'ARPAL Liguria, con propria nota, ha informato gli ispettori europei che i laboratori si stavano predisponendo ad avviare le procedure di accreditamento, comprese le prove relative ai residui di prodotti fitosanitari secondo quanto previsto dal Reg. (CE) n. 882/2004 e dal Reg. (CE) 2076/2005; inoltre, la suddetta nota garantiva che l'ARPAL aveva avviato la fase di acquisizione degli strumenti (LC-MS e GC-MS) per ampliare la gamma di pesticidi analizzabili;
in data 10 giugno 2010 il direttore del dipartimento de La Spezia contestava al dirigente del centro pesticidi a valenza regionale l'inserimento nell'elenco dei laboratori per i controlli ufficiali dell'Unione europea in categoria B (che include i laboratori che hanno attività insufficienti allo scopo richiesto dall'Unione europea), in quanto i risultati ottenuti nell'ultimo circuito di intercalibrazione avevano evidenziato come le analisi sui pesticidi non fossero correttamente eseguite;
in particolare, le analisi svolte hanno dimostrato che il laboratorio di La Spezia non aveva rilevato un pesticida su 19 determinati (l'OXAMIL); tale pesticida necessita, per poter essere analizzato, del predetto strumento LC-MS, che da oltre 8 anni doveva essere acquistato dal Centro pesticidi di La Spezia;
il suddetto macchinario è attualmente in dotazione presso il laboratorio del dipartimento di La Spezia, che tuttavia, a quanto consta all'interrogante, non ne consentirebbe l'utilizzo al Centro pesticidi preposto al controllo ufficiale dei residui di pesticidi in alimenti del mercato domestico e d'importazione;
il comitato scientifico dell'Unione europea raccomanda l'adozione da parte di tutti i laboratori di controllo del suddetto strumento, in quanto molti importanti pesticidi (in particolare i composti polari) possono essere analizzati solo usando la cromatografia liquida con rilevatore di massa (LC-MS);
la mancanza di tale strumento presso il Centro pesticidi di La Spezia rischia di produrre conseguenze di primaria importanza non solo nel territorio ligure, ma in gran parte dell'Italia e dell'Unione europea, se si considera il flusso di campioni di alimenti di origine vegetale del mercato nazionale ed internazionale provenienti dagli Arpal liguri di Imperia, Savona, Genova e Le Spezia;
l'elevata tossicità dei pesticidi che possono essere rilevati solo attraverso l'utilizzo della suddetta strumentazione
pone in serio pericolo la tutela della sicurezza alimentare relativa alla derrate alimentari che transitano nei porti liguri, la cui destinazione è difficilmente controllabile, avendo come bacino di utenza non solo il mercato nazionale, ma anche quello europeo -:
di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in ordine alle criticità evidenziate in premessa e quali ulteriori elementi intenda acquisire al riguardo data l'esigenza di evitare che la mancata rilevazione di alcuni pesticidi nei campioni di alimenti di origine vegetale sottoposti al controllo determini un grave pericolo per la salute dei consumatori italiani ed europei.
(4-08932)
Risposta. - Per quanto riguarda il controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti ed, in particolare, per quanto concerne le determinazioni analitiche di controllo svolte dal Laboratorio del Dipartimento provinciale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure (Arpal) di La Spezia, l'Ufficio di sanità Marittima, aerea e di frontiera-Usmaf di Genova, Unità territoriale di La Spezia, ha precisato quanto segue.
In attuazione della Legge regionale 4 agosto 2006, n. 20, che ha disciplinato il nuovo ordinamento dell'Arpal, nonché la riorganizzazione delle attività e degli organismi di pianificazione, programmazione, gestione e controllo in campo ambientale ed, in particolare, in ottemperanza all'articolo 19, il Direttore generale dell'Arpal, con decreto n. 291 del 10 luglio 2008, ha provveduto a definire il nuovo regolamento di organizzazione dell'Agenzia.
Con il successivo decreto n. 141 del 15 aprile 2009, lo stesso Direttore generale ha rideterminato la distribuzione delle competenze e delle funzioni delle singole articolazioni organizzative dell'Arpal.
Il nuovo assetto organizzativo ha confermato, tra le specializzazioni assegnate alle diverse sedi della rete laboratoristica dell'Arpal, anche quella sui pesticidi nei prodotti alimentari, attribuita al laboratorio dipartimentale di La Spezia, riassorbendo le competenze dell'ex centro regionale pesticidi.
La struttura opera in conformità a quanto previsto dal regolamento CE n. 882 del 2004, e dal 2008 il laboratorio Arpal di La Spezia è accreditato per l'analisi dei pesticidi negli alimenti, e tutti i campioni provenienti sia dagli Usmaf che dalle Aziende usl liguri vengono interamente sottoposti a processo, secondo le procedure di qualità previste dalla norma europea UNI EN ISO/IEC 17025:2005.
Il laboratorio Arpal di La Spezia, operando su due linee, una in gascromatografia ed una in cromatografia liquida, è oggi in grado di determinare 200 principi attivi che coprono la gran parte dei principi identificati come prioritari da parte dell'Unione europea.
Ogni anno l'unione europea propone un elenco di parametri su cui testare la rete comunitaria dei laboratori e, alla luce delle nuove richieste, l'Arpal procede ad attrezzarsi di conseguenza, in una logica di continuo sviluppo, e adattamento a un sistema in evoluzione.
A tal riguardo, è stato acquistato recentemente lo strumento di elevata tecnologia indicato nell'interrogazione in esame, il cromatografo liquido con rivelatore di massa (LC-MS), per potenziare maggiormente la linea analitica in cromatografia liquida; peraltro, al momento è la linea in gascromatografia che supporta il maggior carico di lavoro.
Infatti si sta procedendo ad ultimare quanto necessario (formazione del personale, taratura, eccetera per la messa a regime dello strumento, prevista per il mese di febbraio 2011, nel pieno rispetto dei tempi programmati.
Per tale epoca, sarà possibile determinare con la nuova apparecchiatura, che offre la miglior tecnologia possibile, altri cinquanta principi attivi ritenuti prioritari dalla Comunità europea, tra cui anche l'Oxamil.
Tale principio attivo, che non era stato determinato dal laboratorio Arpal di La Spezia nell'ultimo circuito di intercalibrazione, era stato posto come pre-requisito per entrare nella categoria A dei laboratori
per i controlli ufficiali della Unione europea, obiettivo sempre raggiunto negli anni precedenti dallo stesso laboratorio.
Il cromatografio liquido con rivelatore di massa (LC-MS) verrà utilizzato per le analisi dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti effettuate presso il laboratorio di La Spezia.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 10 novembre 2009 un uomo, il signor Hossain Anwar, immigrato regolare, 50 anni, originario del Bangladesh, da anni in Italia, è deceduto, dopo aver accusato forti dolori allo stomaco nell'ospedale Pertini di Roma, dopo aver aspettato per ore che qualcuno lo visitasse;
come riferisce l'avvocato Marina Armelisasso, il signor Anwar è stato portato al pronto soccorso dal cugino, e già accusava fortissimi dolori e aveva avuto per tutta la notte violentissimi conati di vomito;
sempre secondo quanto riferito dall'avvocato Armelisasso, al signor Anwar sarebbe stato attribuito il codice verde; nonostante le insistenze del cugino, signor Mohammed Akmal al personale medico perché intervenisse, per ore il signor Anwar ha atteso senza che nessuno gli abbia prestato soccorso;
solo dopo circa due ore e mezza dall'ingresso in ospedale, quando il signor Anwar si è accasciato agonizzante sulla sedia della sala di attesa del Pronto Soccorso, è intervenuto il personale medico, per tentare la rianimazione. Poco dopo ne viene attestato il decesso;
per giorni la famiglia è stata tenuta all'oscuro dei motivi della morte del signor Anwar -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
in caso affermativo, quali iniziative di competenza si intendano promuovere e adottare in ordine a tale sconcertante episodio.
(4-05342)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame sulla base degli elementi acquisiti, tramite la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Roma, dalla regione Lazio, che ha comunicato le notizie acquisite dal Direttore aziendale del Dipartimento emergenza/accettazione dell'ospedale «Sandro Pertini» di Roma.
Dalla documentazione clinica disponibile, risulta che il paziente è stato accolto al triage alle ore 10:20 del 10 novembre del 2009, in modalità autonoma.
Era accompagnato da un'altra persona, la quale ha fatto da interprete. Motivo di accesso in pronto soccorso: «riferita iperpiressia con vomito da diversi giorni. Negano pregresse patologie degne di nota. SP02 96 per cento» - codice colore attribuito verde, problemi principali febbre, assegnato ambulatorio medico.
Alle ore 11,39 il paziente veniva visitato e l'anamnesi riporta: «lamenta faringodinia da due settimane, ieri vomito e difficoltà respiratoria e all'esame obiettivo risultava: vigile, eupnoico, apiretico (36,5o C) A.C.R. toni netti, M.V. ridotto con rantoli diffusi».
Terminata la visita, il medico ha prescritto l'esecuzione di indagini di laboratorio e radiografiche per approfondimento diagnostico. Mentre eseguiva il prelievo arterioso, dalla cartella clinica si evince l'improvviso peggioramento delle condizioni cliniche del paziente (ore 12:01); per cui veniva praticata una terapia con specifici farmaci.
Nonostante la terapia, il paziente subiva un ulteriore peggioramento e, pertanto, veniva trasferito in sala emergenza del pronto soccorso (ore 12,26), con intervento del rianimatore di guardia.
Nonostante le terapie praticate dal team dei soccorritori (medico d'urgenza, cardiologo, rianimatore), il paziente decedeva alle ore 13:25. Veniva richiesto riscontro autoptico.
La comunicazione inerente alle condizioni cliniche del paziente è avvenuta con l'unica persona che lo aveva accompagnato in pronto soccorso, un amico.
A disposizione degli operatori era stato rilasciato solo il numero di cellulare dell'amico accompagnatore.
Il giorno del decesso, e anche nei giorni successivi, non si sono mai presentati i familiari del paziente.
Il giorno successivo all'episodio assistenziale, l'amico ha avuto un colloquio con il coordinatore infermieristico. In quella occasione avrebbe espresso rifiuto all'esecuzione del riscontro diagnostico richiesto dai sanitari per accertare le cause della morte.
Nei giorni seguenti è stato contattato l'accompagnatore e fissato un appuntamento con il direttore dell'unità operativa complessa per il lunedì successivo. A tale appuntamento l'accompagnatore non si è mai presentato; nel frattempo vi era già stato il sequestro giudiziario della cartella clinica del paziente.
Pertanto, questo Ministero non ritiene di dover avviare ulteriori iniziative, allo stato, tenuto conto delle indagini in corso.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
stanno aumentando in misura esponenziale complicanze da filler, le cosiddette «iniezioni antirughe», provocando granulomi, infezioni e ascessi, circa centomila casi ogni anno; gli esperti, riuniti a Roma per le giornate di dermatologia estetica hanno rilevato un'incidenza del 10 per cento di granulomi nella sede dell'iniezione; nel 5 per cento di pazienti si è verificata la «riaccensione» di un'infezione erpetica, nel 7 per cento dei casi un'infezione batterica e nel 3 per cento ascessi;
in particolare l'allarme arriva dalla società italiana di dermatologia (SIDeMaST): degli oltre 150 prodotti a marchio CE oggi in commercio in Italia, per un giro d'affari di 200 milioni di euro, solo 7 sono stati approvati dalla Food and drugs administration negli Stati Uniti come farmaci;
un'indagine condotta dal centro interuniversitario di dermatologia-biologica e psicosomatica di Firenze su 1500 donne, svela che una procedura su quattro provoca conseguenze a lungo termine;
il problema nasce anche dal fatto che i filler non sono considerati veri e propri farmaci; bensì dispositivi medici al pari di un disinfettante: come tali non sono sottoposti a sperimentazioni cliniche che ne accertino efficacia e tollerabilità;
a fronte di questa scarsità di garanzie, la pratica non accenna a diminuire: nel nostro Paese i filler muovono un mercato stimato attorno ai 200 milioni di euro e ogni anno sono circa 500.000 gli uomini e oltre un milione e mezzo le donne fra i 30 e i 45 anni che si sottopongono alle iniezioni;
al filler si ricorre sempre prima: se fino a 5 anni fa l'età media si aggirava attorno ai 40-45 anni, oggi la prima iniezione arriva perfino entro i 30 anni;
la società scientifica ha già proposto alle autorità sanitarie che, come negli Stati Uniti, i filler vengano equiparati ai farmaci iniettabili, così da avere finalmente maggiori garanzie per i pazienti che li scelgono -:
se non si ritenga di dover accogliere la proposta di equiparare i filler a farmaci iniettabili e di creare, in collaborazione con l'ordine dei medici e in accordo con le maggiori società scientifiche, un registro che certifichi gli specialisti accreditati.
(4-06059)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si ritiene opportuno delineare l'attuale assetto normativo, comunitario e nazionale, riguardante i filler.
I filler, in commercio dagli anni sessanta sono dispositivi medici disciplinati nell'Unione europea dalla direttiva 93/42/CEE del 14 giugno del 1993, modificata ed integrata dalla direttiva 2007/47/CE del 5 settembre del 2007.
In Italia, i filler sono regolati dal Decreto Legislativo 24 febbraio del 1997, n. 46, «Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici», come modificato dal decreto legislativo 25 gennaio del 2010, n. 37, che costituisce attuazione della direttiva 2007/47/CE.
I requisiti generali essenziali che un dispositivo deve possedere sono principalmente rivolti alla sicurezza del prodotto e sono relativi all'analisi dei rischi, alla sicurezza dei pazienti e degli utilizzatori, alla minimizzazione dei rischi associati all'uso, nonché all'inalterabilità delle caratteristiche del dispositivo durante l'uso, il trasporto e l'immagazzinamento. I filler vengono considerati dalla normativa vigente come dei dispositivi invasivi di tipo chirurgico (allegato IX decreto legislativo n. 46 del 1997), in quanto penetrano attraverso la superficie del corpo sia nel contesto di un intervento chirurgico (bisturi) sia al di fuori di tale contesto (ago di siringa). In funzione delle caratteristiche fisico-chimiche del prodotto, i filler permanenti, cioè quelli «a lungo termine», che non vengono riassorbiti dal paziente ricevente l'impianto, sono classificabili come di classe II b, mentre i filler riassorbibili sono da considerarsi di classe III (Regola di classificazione 8 del citato allegato IX).
Da quanto sopra esposto, emerge che l'Italia non può avviare iniziative nazionali in contrasto con l'assetto comunitario vigente.
Va comunque sottolineato che gli operatori sanitari pubblici o privati, che rilevano nell'esercizio della loro attività un incidente che coinvolga un dispositivo medico, ivi compreso il filler, sono tenuti a darne comunicazione al Ministero della salute, nei termini e con le modalità stabilite dalla normativa vigente articolo 9, comma 2, decreto legislativo n. 46 del 1997, come modificato dal decreto legislativo n. 37 del 2010). Tutte le segnalazioni degli incidenti pervenute al Ministero della salute sono state inserite in un «database» che consente di richiamarle ed esaminarle secondo necessità.
Ad oggi, risultano presenti in tale banca dati 28 segnalazioni, per le quali sono state ritenute appropriate, dal Ministero della salute, le conclusioni delle rivalutazioni del rischio effettuate - nell'ambito delle procedure di postmarketing follow-up - dalle aziende fabbricanti, e non sono stati ritenuti necessari interventi supplementari relativi ai singoli incidenti.
Si segnala, inoltre, che esistono varie sostanze ritenute bio-compatibili, autorizzate e registrate con marchio CE ed immesse sul mercato europeo.
Nella pratica clinica, la scelta del tipo di filler da impiantare è di volta in volta decisa dal medico, a cui, per il momento, non sono richiesti requisiti professionali specifici.
Tale scelta dovrebbe essere sempre concordata anche con il paziente, opportunamente informato, e previe valutazioni clinico - diagnostiche ed utilizzo di test, ove ritenuti indispensabili, tenendo conto delle controindicazioni assolute e relative, applicabili a tutti i trattamenti con i filler, e con l'applicazione delle dovute precauzioni nell'attuazione delle procedure cliniche.
È condivisibile anche l'auspicio di requisiti professionali specifici dell'utilizzatore finale (operatore sanitario), al fine di consentirne un più sicuro utilizzo, nel rispetto della modalità e della destinazione d'uso.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come informa il quotidiano La Nazione nella sua edizione del 24 giugno 2010, all'ospedale del Ceppo di Pistoia è deceduto il signor Jean-Marc Mascarello;
il signor Mascarello era ricoverato dal pomeriggio di martedì 22 giugno, avendo accusato un dolore allo stomaco;
secondo la diagnosi del pronto soccorso all'origine del malore sarebbero state coliche renali; trattenuto per accertamenti, in serata sarebbero sopraggiunte le prime complicazioni, che - si legge nella cronaca del giornale - non avrebbero comunque preoccupato i sanitari;
il decesso è arrivato all'improvviso, tra le due e le quattro del mattino, «senza che nessuno avesse avuto sentore di quanto stava accadendo» -:
quale sia l'esatta dinamica della morte del signor Mascarello;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative, si intendono promuovere, o adottare per accertare le cause del decesso del signor Mascarello.
(4-07784)
Risposta. - Per quanto riguarda l'interrogazione in esame, si espongono di seguito le informazioni acquisite dalla Prefettura-ufficio territoriale del Governo di Pistoia:
1) al paziente, ricoverato il giorno 22 giugno 2010, alle ore 16:49, dopo una valutazione al triage di Pronto Soccorso, venne attribuito il codice rosso con conseguente presa in carico immediata da parte del medico di guardia. Vennero eseguiti esame clinico, esami ematochimici, ECG, Rx diretta dell'addome ed ecografia addominale e posta diagnosi di pancreatite acuta su sfondo di epatopatia cronica;
2) alle ore 17:57, circa 50 minuti dopo l'ingresso in pronto soccorso, il paziente venne ricoverato nella unità operativa di chirurgia generale. Il reparto procedeva alla somministrazione di idonea terapia in relazione alla diagnosi di pancreatite acuta, ma il giorno dopo, nonostante la terapia, il quadro epato-pancreatico del ricoverato peggiorava, con aumento considerevole di tutti i parametri epatorenali e pancreatici; inoltre, a seguito di difficoltà respiratorie, veniva prescritto il ricorso ad ossigeno terapia. Alle ore 00:30, si verificava un improvviso peggioramento delle condizioni generali del paziente, con ipotensione arteriosa, stick glicemico positivo e quadro di shock. Veniva subito richiesto l'intervento dell'anestesista e del cardiologo, che somministravano al paziente adrenalina ed atropina nel tubo endo-tracheale ma, purtroppo, il ricoverato non rispondeva alle terapie. Alle ore 01:00, a seguito di un arresto cardio-respiratorio, si iniziavano le manovre rianimatorie, che si sono protratte sino alle ore 02:15, quando il paziente veniva dichiarato deceduto;
3) l'autopsia del paziente ha confermato l'ipotesi di insufficienza multiorgano da pancreatite acuta fulminante, per la quale non esistono trattamenti. Infatti, nell'addome erano evidenti estesi ed intensi fenomeni di pancreatite acuta necrotica ed emorragica su uno sfondo di pancreatite cronica; venivano rilevati, inoltre, edema polmonare acuto sullo sfondo di stasi cronica, insufficienza renale da necrosi del parenchima, ipertrofia cardiaca e miocardio-sclerosi, nonché epatopatia cronica con iniziale evoluzione cirrogena.
Pertanto, questo Ministero non ritiene di dover avviare ulteriori iniziative al riguardo.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come hanno riferito numerosi quotidiani - a Livorno, quello che sembrava essere un incubo scongiurato è tornato a manifestarsi, dal momento che una donna di 42 anni è stata ricoverata ed è risultata affetta da encefalite spongiforme, meglio conosciuta come virus della «mucca pazza»;
la diagnosi lascia poche speranze, e, ora, la donna si trova nel reparto di cure palliative in condizioni disperate;
alla paziente il morbo era già stato diagnosticato nel 2009: l'Istituto superiore di sanità aveva già confermato la «positività»
al morbo di Creutzfeldt-Jackob, e aveva segnalato il caso al Ministero della salute;
si tratta del secondo caso della malattia registrato in Italia: il primo colpì una donna siciliana nel 2002 -:
se si sia in grado di stabilire come e dove la paziente abbia contratto il virus;
quali iniziative il Ministero abbia adottato o intenda adottare, promuovere e sollecitare in relazione al caso sopra evidenziato.
(4-08178)
Risposta. - La variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob appartiene al gruppo delle encefalopatie trasmissibili da prioni ed è correlata al consumo di carne bovina contaminata.
La sorveglianza epidemiologica di tale malattia è stata istituita dopo l'osservazione di 28 casi nel Regno unito nel 2000, relativi a soggetti che, presumibilmente, si erano alimentati con carni bovine contaminate durante gli anni compresi tra il 1980 e il 1986.
Da allora l'andamento dei casi nel Regno unito ha mostrato un progressivo declino, con un totale di 173 casi confermati dal 1995 al 2010. Il numero di casi della forma variante nel mondo, durante tale periodo di tempo, risulta essere pari in totale a 220, secondo i dati estratti dal sistema di sorveglianza europeo della malattia di Creutzfeldt-Jakob.
La normativa europea che ha definito l'istituzione della sorveglianza obbligatoria è il Regolamento (CE) n. 999 del 2001, che disciplina, tra l'altro, le misure da adottare nel campo della sicurezza alimentare.
In Italia, il decreto ministeriale 21 dicembre 2001 «Sorveglianza obbligatoria della malattia di Creutzfeldt-Jakob», ha specificato, tra l'altro, le forme cliniche della malattia (familiare, sporadica, iatrogena, forma variante) ed ha disposto, inoltre, la sorveglianza obbligatoria dei casi umani.
Il caso richiamato nell'interrogazione in esame riguarda una paziente di 44 anni, il cui quadro clinico è stato diagnosticato presso un istituto neurologico di Milano nel 2009 e la cui diagnosi di probabilità è stata posta nell'ottobre 2009, sulla base di opportuni esami di laboratorio.
In base alla vigente definizione di caso, la malattia deve essere confermata a seguito di un esame neuro-istopatologico dell'encefalo su reperto autoptico.
Tale malattia continua a rivestire particolare interesse per la Comunità europea, al punto che la più recente normativa europea sulle definizioni di caso delle malattie infettive, elaborata con il contributo tecnico-scientifico del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (European centre for disease prevention and control-Ecdc) di Stoccolma, annovera la forma variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob tra le patologie soggette a notifica obbligatoria.
Per quanto riguarda le iniziative rivolte alla protezione dei consumatori dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili, tra le quali è inclusa anche la encefalopatia spongiforme bovina (Bovine spongiform encephalopathy-Bse), si segnala che il sistema dei controlli degli animali e delle rispettive carni, effettuato nel nostro Paese dai servizi veterinari territorialmente competenti, si esplica lungo tutta la filiera alimentare, a partire dal settore dei mangimi.
Entro 24 ore dall'arrivo degli animali al macello e prima del loro abbattimento, tutti gli animali devono essere oggetto di un'ispezione «ante mortem», in cui il veterinario ufficiale verifica differenti aspetti, tra cui l'esistenza di segni che indicano un qualsiasi stato che possa avere ripercussioni sulla salute pubblica.
Sono inoltre previsti specifici controlli durante la fasi della macellazione; in particolare nelle specie sensibili quali bovini, ovini e caprini, è disposto l'obbligo di asportazione del materiale specifico a rischio, così come definito dal citato Regolamento (CE) n. 999 del 2001 e successive modificazioni, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili.
Per materiale specifico a rischio, di cui all'allegato V del Regolamento si intende l'insieme
di tessuti che potrebbe veicolare l'agente responsabile della Bse, tenendo conto della specie e dell'età dell'animale.
Inoltre, tutti i bovini di età superiore ai 48 mesi, prima dell'immissione in commercio, vengono testati per la conferma dell'eventuale presenza della Bse.
La sorveglianza in materia di Bse ha il duplice scopo di individuare bovini eventualmente malati ed eliminarli dalla catena alimentare e animale e, allo stesso tempo, di verificare l'andamento della malattia nel corso degli anni, per accertare l'efficacia delle misure di prevenzione.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a luglio 2008 il Ministero della salute nominava un comitato di esperti per definire le tematiche di ricerca sulle cellule staminali che sarebbero state presenti nel bando cellule staminali 2008 del Ministero della salute emesso ai sensi degli articoli 12 e 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 229 del 1999;
il 26 febbraio 2009 in sede di conferenza Stato-regioni è stato raggiunto l'accordo sul bando di ricerca sulle cellule staminali di successiva apertura da parte del Ministero della salute;
il 29 maggio 2009 veniva pubblicato il bando cellule staminali con scadenza alle ore 20.00 del giorno 20 luglio 2009;
secondo il bando i progetti presentati devono essere valutati da parte di tre referee esterni (di cui almeno uno straniero) che forniranno la loro valutazione. Tale valutazione servirà a predisporre una graduatoria che sarà sottoposta alla Commissione nazionale ricerca sanitaria, per la relativa approvazione;
i risultati della selezione dei progetti dovranno essere pubblicati sulla pagina web del Ministero della salute;
non è ancora stata data notizia di alcun risultato;
l'ufficio competente della direzione generale della ricerca scientifica e tecnologica - commissione nazionale per la ricerca sanitaria del Ministero della salute informa al telefono che l'approvazione delle domande è prevista per fine settembre 2010;
una delle aree tematiche del bando era la «biologia delle cellule staminali come premessa per un impiego terapeutico» -:
per quale motivo non si disponga ancora, dopo oltre un anno, dei risultati della selezione dei progetti e se si ritenga compatibile con i ritmi di avanzamento della ricerca scientifica mondiale il fatto che sia necessario e nemmeno sufficiente un anno intero per procedere alla sola valutazione delle domande pervenute;
entro quanto tempo il Governo ritenga di mettere a disposizione tali risultati.
(4-08319)
Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, si formulano le seguenti osservazioni.
La Commissione nazionale per la ricerca sanitaria ha approvato, nella seduta del 2 ottobre 2008, con l'assenso del rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Miur), gli atti necessari per la presentazione dei progetti ed il dettaglio degli obiettivi in attuazione del programma di ricerca in oggetto, di competenza del Ministero della salute, di concerto con lo stesso Miur.
Sono state destinate al Programma di ricerca sulle cellule staminali risorse pari a euro 8.000.000 (di cui euro 6.000.000 ai sensi dell'articolo 1, comma 813, della Legge finanziaria 2007, euro 2.000.000 provenienti da fondi dell'Istituto superiore di sanità), di cui euro 4.000.000 per l'area tematica 1 ed euro 4.000.000 per l'area tematica 2.
Un quarto dell'intera cifra è destinato a progetti eseguiti in collaborazione con laboratori di ricerca statunitensi.
I finanziamenti per i progetti del suddetto bando sono destinati esclusivamente ai destinatari istituzionali (d.i.) del Ministero della salute (comma 6 dell'articolo 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 229 del 1999) ovvero: Regioni e Province autonome, Istituto superiore di sanità, Istituto superiore, per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati, Istituti zooprofilattici sperimentali.
In ogni progetto deve essere comunque garantita la presenza di almeno una unità operativa appartenente al servizio sanitario nazionale. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere le Università, il Consiglio donale delle ricerche e gli altri Enti di ricerca pubblici e privati, nonché le imprese pubbliche e private, denominate istituzioni esterne (i.e.), sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni da stipularsi con l'istituzione d.i. proponente, con particolare riferimento alle Regioni.
Il bando in questione, come prevede l'articolo 12-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 e seguenti modifiche integrazioni, è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 26 febbraio 2009, per essere poi inviato alla firma congiunta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro della salute.
Il bando è stato pubblicato in data 29 maggio 2009, con termine di scadenza per la presentazione dei progetti il 20 luglio 2009.
Nei mesi di agosto e settembre 2009 si è proceduto alla richiesta di disponibilità all'attività di referaggio da parte dei valutatori stranieri e italiani.
Acquisite le disponibilità, si è proceduto ad assegnare i progetti ai tre «referees» previsti nel bando. Questa procedura si è protratta per alcuni mesi a causa delle numerose sostituzioni che il Ministero della salute ha dovuto effettuare, dovendo tener conto di molteplici situazioni di indisponibilità da parte dei valutatori per incompatibilità degli stessi, conflitto di interessi, esigua remunerazione prevista per l'attività di referaggio. Nella seduta del 15 luglio 2010 la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria ha esaminato le procedure di valutazione del Bando di ricerca finalizzata 2008 «cellule staminali» - valutazioni effettuate da tre «referees» esterni - approvando la relativa graduatoria di merito. In data 5 agosto 2010 il Ministero della salute ha pubblicato nel proprio sito (www.salute.gov.it) la graduatoria finale del bando.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
FARINONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge il 29 luglio 2010, prevede la soppressione dell'Agenzia dei segretari comunali e il conseguente subentro del Ministero dell'interno per i rapporti giuridici in essere;
ad oggi risultano in itinere tre procedure concorsuali per l'accesso all'albo dei segretari, e precisamente: il corso concorso COA 3 in fase di conclusione, anche se ad oggi non sono ancora state effettuate le iscrizioni all'Albo; il corso concorso COA 4 del quale sono state effettuate preselezione e prove scritte; il corso concorso COA 5 rinviato ad una data successiva come risulta dalla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 2010 -:
se le procedure concorsuali saranno portate a conclusione, da quale ente ed entro quale termine;
se con il passaggio al Ministero dell'interno sia prevista la modifica della procedura di reclutamento tramite il corso concorso e la successiva iscrizione all'albo, nonché se le prove e le materie oggetto di selezione saranno modificate.
(4-08278)
Risposta. - Va premesso che la soppressione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, disposta dall'articolo 7 comma
31-ter della Legge 122 del 30 luglio 2010, ha determinato la successione a titolo universale del Ministero dell'interno e, quindi, nell'ottica di continuità amministrativa del servizio, con decreto ministeriale del 31 luglio 2010, è stata istituita una unità di missione incaricata, tra l'altro, di svolgere le attività dei soppressi organi dell'agenzia fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione previsto dalla citata legge.
Allo stato, non risultano esservi in atto interventi legislativi diretti a modificare l'attuale sistema di reclutamento dei segretari comunali.
La soppressa agenzia ha bandito, con avvisi pubblicati sulle Gazzette Ufficiali n. 19 del 6 marzo 2007, n. 23 del 21 marzo 2008 e n. 86 del 6 novembre 2009, tre diversi concorsi denominati, rispettivamente, Coa III, Coa IV e Coa V.
Secondo quanto previsto dal articolo 1, comma 524, della legge finanziaria 2007, il corso-concorso per l'accesso in carriera dei segretari comunali e provinciali ha una durata di nove mesi ed è seguito da un tirocinio pratico di tre mesi presso uno o più comuni.
Per quanto riguarda il concorso Coa III, si è definitivamente concluso con l'approvazione, in data 16 dicembre 2010, della relativa graduatoria da parte della scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della Pubblica amministrazione locale (Sspal).
Con decreto del Presidente dell'unità di missione del 12 novembre 2010, è stata richiesta l'autorizzazione all'assunzione, in ossequio alle disposizioni di cui alla circolare del Dipartimento della funzione pubblica del 18 ottobre 2010. L'ex agenzia procederà all'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali dopo l'adozione del decreto del Presidente della Repubblica di autorizzazione.
Con riferimento al Coa IV, tutti i candidati hanno sostenuto le prove orali del concorso ed è stata formata la graduatoria per l'accesso al corso che ancora non ha avuto inizio.
Sulla scorta di quanto sopra rappresentato, si segnala, pertanto, che l'iter procedurale dei due concorsi prosegue regolarmente.
In relazione al concorso Coa V, il Consiglio nazionale di amministrazione lo ha bandito con deliberazione n. 139 del 10 ottobre 2009 (260 borse di studio al fine di iscrivere 200 segretari comunali). Con successiva deliberazione n. 185 del 23 dicembre 2009, è stata nominata la commissione di concorso e sono pervenute 18.136 domande di partecipazione.
Nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2010, si sono tenute le prove preselettive e nella Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 2010 è stata pubblicata la graduatoria degli ammessi alle prove scritte che si sono tenute il 22, 23 e 24 marzo 2011, fatte salve eventuali modifiche che dovranno essere pubblicate, eventualmente, nella Gazzetta Ufficiale del 4 marzo 2011.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
FOGLIATO e CALLEGARI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le aflatossine sono prodotti naturali altamente tossici del metabolismo secondario di due specie di funghi parassiti del genere Aspergillus (A. parasiticus e A. flavus) parassiti che possono svilupparsi su di una grande varietà di derrate alimentari, quali arachidi, frutta a guscio, granoturco, riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi e semi di cacao, a seguito di contaminazioni precedenti, o successive alla raccolta;
le aflatossine sono note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene e, in ragione di ciò, le norme comunitarie in materia di sicurezza alimentare sono espressamente finalizzate a ridurne la presenza, attraverso la fissazione di livelli massimi non superabili;
nel 2008, il codex alimentarius ha definito nuovi limiti massimi di aflatossine totali nelle mandorle, nelle nocciole e nei
pistacchi pronti al consumo, fissandoli a 10 µg/kg, contro i 4 µg/kg che erano previsti dalla normativa comunitaria, all'epoca vigente (regolamento 1881/2006);
a seguito di tale variazione la Commissione europea ha avviato l'iter di modifica delle norme interessate, conclusosi il 26 febbraio 2010, con l'emanazione del regolamento (CE) n. 165/2010 che, tra l'altro, ha disposto l'innalzamento del livello massimo di aflatossine totali nelle nocciole da 4 a 10 µg/kg;
ai fini dell'adozione del nuovo regolamento, la Commissione europea ha incaricato l'EFSA di esprimersi riguardo ai nuovi livelli massimi di aflatossine totali, il quale ha coinvolto il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM), il cui parere, peraltro riportato nel considerando n. 4 del regolamento; (CE) n. 165/2010, appare agli interroganti non sufficientemente motivato in merito agli effettivi rischi cui sarebbe esposto il consumatore a seguito di detto innalzamento dei limiti;
nel considerando n. 4 sopra richiamato si legge che il gruppo di esperti CONTAM dell'EFSA ha espresso un parere in merito «al potenziale aumento dei rischi per la salute dei consumatori ed ha concluso che l'innalzamento dei tenori massimi di aflatossine totali avrebbe effetti modesti sulle stime di esposizione alimentare, sul rischio di tumori e sui margini di esposizione calcolati; che l'esposizione alle aflatossine da tutte le fonti dovrebbe essere al livello più basso ragionevolmente ottenibile, perché le aflatossine sono genotossiche e cancerogene e che i dati dimostrano che si potrebbe ridurre l'esposizione alimentare totale alle aflatossine se, grazie a una più efficace applicazione delle normative e a una diminuzione dell'esposizione da fonti alimentari diverse da mandorle, nocciole e pistacchi, venisse ridotto il numero di prodotti alimentari altamente contaminati che arrivano sul mercato»;
un parere che appare agli interroganti quanto meno contraddittorio, in quanto, nel momento stesso in cui avalla l'aumento proposto dal CODEX, non esita ad ammettere che l'esposizione alle aflatossine dovrebbe essere la più bassa possibile e che si determinerà, comunque, un aumento del rischio tumorale e che, per ridurre l'esposizione a tale rischio si dovrebbe ridurre il consumo dei prodotti che le contengono;
ai fini del parere di cui sopra, non è considerato il rischio reale, ma quello potenziale e non si fa riferimento neanche a un ipotetico beneficio che potrebbe giustificare l'assunzione del rischio;
per quanto dedotto, l'unica motivazione plausibile per giustificare l'adozione del succitato parere e la conseguente emanazione del regolamento (CE) n. 165/2010, sembra da ricercare nella volontà di favorire l'importazione nell'Unione europea di prodotti provenienti da Paesi terzi, con standard qualitativi e sanitari inferiori rispetto a quelli europei;
la fissazione dei nuovi limiti ha sicuramente favorito e facilitato l'importazione di nocciole dalla Turchia, accrescendo ulteriormente le già gravi difficoltà dei produttori italiani e, in specie, di quelli piemontesi, che, da tempo, pativano la concorrenza, peraltro non sempre leale, dei produttori turchi;
il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, agli articoli 53 e 54 prevede per gli Stati membri la possibilità di adottare misure cautelari provvisorie qualora si ritenga che alimenti di origine comunitaria o importati da un Paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana -:
se non ritenga che gli evidenti e riconosciuti rischi per la salute, peraltro assunti in assenza di un qualsivoglia beneficio in grado di giustificarne l'assunzione, conseguenti all'innalzamento dei limiti massimi di aflatossine nelle nocciole, non costituiscano un valido motivo per ricorrere all'adozione delle misure cautelari
di cui agli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002.
(4-08365)
Risposta. - Come indicato nell'interrogazione in esame, il 26 febbraio 2010 è stato emanato il Regolamento (UE) n. 165 del 2010, che allinea i tenori massimi di aflatossine ai limiti in vigore presso il Codex alimentarius.
Con tale Regolamento sono stati rivisti in aumento i limiti massimi di aflatossine totali, da 4 a 10 µg/kg, per le mandorle, le nocciole e i pistacchi.
Su richiesta di alcune delegazioni, tra cui quella italiana, non sono invece stati modificati i limiti delle aflatossine per ogni altra frutta a guscio diversa da mandorle, nocciole e pistacchi.
Nel mese di ottobre 2009, in occasione della votazione in sede di Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, di cui all'articolo 58 del Regolamento (CE) n. 178 del 2002, l'Italia aveva votato contro l'adozione di tale Regolamento di modifica dei tenori massimi di aflatossine nei tre citati prodotti alimentari: successivamente, il Parlamento europeo non si è opposto e la Commissione ha adottato il Regolamento (UE) n. 165 del 2010.
A tal riguardo, occorre precisare che l'adozione delle misure urgenti o cautelari provvisorie, di cui agli articoli 53 e 54 del Regolamento (CE) n. 178 del 2002, è prevista solo nel caso di «situazioni di emergenza», ossia quando appaia manifesto che prodotti alimentari o mangimi, di origine comunitaria o importati da un Paese terzo, comportino gravi rischi per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente, e che tali rischi non possano essere controllati tramite misure adottate dagli Stati membri interessati.
Si rammenta, inoltre, che ai sensi degli articoli 4 e 5 del Regolamento (CEE) n. 315 del 1993, il quale ha stabilito procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari, gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare, per motivi attinenti al tenore di contaminanti dei prodotti alimentari, l'immissione in commercio di tali prodotti qualora essi siano conformi alle specifiche disposizioni comunitarie relative alle tolleranze massime.
Nel caso in cui uno Stato membro, in seguito ad ulteriori informazioni o ad una nuova valutazione di dati già noti, abbia motivi per sospettare che la presenza di un contaminante, sebbene conforme ai regolamenti specifici adottati, costituisca un rischio per la salute pubblica, può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle misure ad esso relative nel proprio territorio: in tal caso, motivando la sua decisione, ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione.
La Commissione, nel più breve tempo possibile ed in collaborazione con il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, esprime il proprio parere ed adotta adeguate misure in merito.
A tal riguardo, si sottolinea come il Gruppo scientifico sui contaminanti nella catena alimentare dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (European food safety authority Efsa), su richiesta della Commissione, si sia già espresso a favore dell'aumento dei livelli massimi per le aflatossine totali, da 4 a 10 µg/kg in mandorle, nocciole e pistacchi nel suo parere del 2007, attribuendo a tale aumento «effetti minori sulle stime d'esposizione alimentare, sul rischio di cancro e sui margini di esposizione calcolati».
Pertanto, il Ministero della salute ritiene che, allo stato attuale, non sia possibile motivare, con adeguate nuove evidenze scientifiche, l'esistenza di una situazione che abbia manifestamente carattere d'urgenza, tale da giustificare l'adozione di misure cautelari provvisorie nazionali.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
FRASSINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da notizie apprese da numerosi articoli di stampa è noto che, domenica 23 maggio 2010, durante il palio di Savigno,
in provincia di Bologna, nella tradizionale corsa di primavera, un cavallo è deceduto nel pieno della gara e il suo fantino è rimasto ferito;
durante il secondo giro il cavallo, un maschio castrone purosangue inglese di 12 anni, si è improvvisamente accasciato a terra, finendo sul lato esterno della pista in preda a terribili spasmi;
per il cavallo, riverso a terra con un'ampia chiazza di sangue all'altezza del muso, tutti i tentativi di rianimazione messi in atto dai veterinari si sono subito rivelati inutili e dopo mezz'ora di agonia i sanitari del servizio veterinario hanno deciso la soppressione dell'animale;
diverse sono state le ipotesi sulle cause del decesso, ma, in considerazione delle condizioni ottimali della pista, risulta alquanto improbabile che si sia trattato di una caduta accidentale e di una morte post traumatica e, allo stato dei fatti, non si esclude l'ipotesi di doping;
la carcassa del cavallo, inizialmente destinata all'inceneritore, è stata prelevata dal magazzino comunale e condotta all'Istituto zooprofilattico di Bologna per la perizia necroscopica e per gli esami tossicologici, dai quali si confida possa emergere la causa della morte;
durante i numerosissimi palii e manifestazioni che si disputano sull'intero territorio nazionale, molto spesso i cavalli vengono sottoposti ad allenamenti e trattamenti particolarmente stressanti e spesso fisicamente invalidanti -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'accaduto ed, effettuate le più scrupolose verifiche del caso, quali misure intendano adottare per assicurare la massima tutela per la salute dei cavalli, che partecipano a palii e manifestazioni equestri vietando, quando opportuno, l'organizzazione di dette esibizioni.
(4-07486)
Risposta. - Il Ministero della salute, a seguito dell'evento che ha comportato la morte di un cavallo durante lo svolgimento del palio di Savigno (Bologna), in data 23 maggio 2010, ha immediatamente provveduto a raccogliere informazioni circa le cause del decesso.
Dalla relazione dei servizi veterinari della azienda sanitaria locale territorialmente competente, risulta che gli stessi hanno provveduto a conferire la carcassa dell'animale all'Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna, sezione di Bologna, dove è stata sottoposta agli opportuni esami necroscopici e tossicologici al fine di accertare sia la causa del decesso sia la presenza di sostanze dopanti.
In base al referto, si evince che le gravi lesioni riportate dal cavallo (infiltrazione emorragica diffusa nella porzione laterale destra della testa e del collo) sono dovute alla caduta subita dall'animale.
Sui campioni sottoposti ad analisi, inoltre, non è stata riscontrata la presenza di sostanze stupefacenti o a carattere dopante.
Per quanto riguarda le misure intraprese per assicurare la massima tutela dei cavalli che partecipano ai palii, si segnala che, per contrastare i numerosi incidenti che si verificano durante tali manifestazioni, il 21 luglio 2009 il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha emanato l'ordinanza contingibile ed urgente concernente la disciplina di manifestazioni popolari pubbliche o private nelle quali vengono impiegati equidi, al di fuori degli impianti e dei percorsi ufficialmente autorizzati.
Tale disposizione ha introdotto misure di prevenzione e divieti atti a tutelare la salute, l'integrità fisica ed il benessere degli animali, nonché l'incolumità pubblica.
A seguito dell'entrata in vigore di detta ordinanza, il Ministero della salute ha attivato una costante azione di monitoraggio e vigilanza per verificare la corretta applicazione della stessa su tutto il territorio nazionale.
Questo Ministero, inoltre, al fine di ottenere una più efficace azione di contrasto nei confronti dei trattamenti illegali effettuati sugli equidi, è in procinto di emanare linee guida nazionali sulla corretta procedura per i controlli antidoping.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
GARAVINI, ANDREA ORLANDO, FERRANTI, TIDEI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 17 settembre 2009 è stato presentato, presso l'aula Cutuli del comune di Civitavecchia, il progetto della «Marina»;
risulta dagli organi di stampa che a detta presentazione erano presenti il sindaco Moscherini, l'assessore ai lavori pubblici, Enrico Zappacosta, il progettista dell'opera, architetto Filippo Andrea Scafi e l'onorevole, Francesco Lollobrigida, coordinatore provinciale del PDL;
i lavori erano già iniziati da qualche giorno ed il sindaco Moscherini ne illustrava i pregi, mentre l'assessore Zappacosta ne illustrava le modalità di realizzazione;
i lavori erano stati appaltati alla società Cogese S.r.l. per un importo di 4 milioni e 658,131 euro;
gli organi di stampa in data 20 ottobre 2010 hanno trattato della posizione di «tre vecchi boss della Magliana» a capo del business dell'usura, precisando che si tratta di «una triade che si divide la piazza dell'usura nella capitale», con una rete di prestasoldi porta a porta e strozzini di quartiere e che governa un impero finanziario da milioni e milioni di euro ed una lucrosa attività di riciclaggio;
trattando di detti personaggi si è evidenziato che, mentre uno di essi - Massimo Fedeli detto «er fruttarolo» - è un «personaggio evanescente e quasi sconosciuto a polizia e carabinieri che nascondeva un tesoro da oltre 2 milioni di euro» un altro è proprio l'architetto Andrea Filippo Scafi uno dei tanti «signor Nessuno» dei prestiti capestro -:
se l'architetto Andrea Filippo Scafi arrestato a Roma, abbia od abbia avuto altri incarichi di progettazione ed esecuzione lavori nel Lazio ed, in particolare, a Civitavecchia ovvero se siano stati affidati nel medesimo territorio appalti ovvero subappalti a imprese allo stesso comunque riconducibili e per quali importi da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o da altri enti vigilati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(4-09345)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che dai controlli, effettuati presso gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non risultano incarichi professionali affidati all'architetto Andrea Filippo Scafi, né risultano lavori eseguiti da società allo stesso riconducibili.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
il dipartimento della gioventù della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il fondo delle politiche giovanili ha indetto un bando di concorso al fine di promuovere progetti volti a sostenere la creatività ed il protagonismo giovanile, a sviluppare la cultura del merito e dell'eccellenza tra le giovani generazioni ed a favorire la partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica della comunità;
i termini di presentazione del bando sono scaduti a marzo 2009 e il 28 luglio del 2009 è stata nominata la commissione di valutazione dei progetti presentati;
ad oggi i partecipanti a tale bando non hanno ricevuto alcuna comunicazione sugli esiti dei progetti presentati;
considerato che altri bandi gestiti in collaborazione con regioni e autonomie locali hanno già concluso il loro iter, ad avviso dell'interrogante si evidenziano per questo bando una grave anomalia e una palese inefficienza del dipartimento della gioventù -:
quali siano le motivazioni e le ragioni per cui a distanza di quasi due anni non
siano ancora stati resi noti gli esiti di tale bando.
(4-09946)
Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, presentata dall'interrogante il 13 dicembre 2010, come noto, il Dipartimento della gioventù, attraverso il fondo delle politiche giovanili, ha indetto un bando di concorso al fine di promuovere progetti volti a sostenere la creatività ed il protagonismo giovanile, a sviluppare la cultura del merito e dell'eccellenza tra le giovani generazioni ed a favorire la partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica della comunità.
Il bando ha proposto diverse linee di attività, distinte per 4 Aree tematiche:
a) attività e azioni di promozione sociale;
b) attività culturali, artistiche e sportive;
c) attività di protezione ambientale e di tutela, promozione e valorizzazione dei patrimonio culturale italiano;
d) attività ricreative, del tempo libero e del turismo.
Il termine ultimo per la presentazione dei progetti era il 2 marzo 2009.
Il decreto di approvazione delle graduatorie è stato emanato il 17 dicembre 2010, data dalla quale le graduatorie stesse sono visibili sul sito istituzionale del Ministero della gioventù. L'avviso relativo alla emanazione del decreto di approvazione delle graduatorie è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 29 dicembre 2010.
Per quanto riguarda, quindi, il tempo intercorso tra la scadenza dei termini di presentazione dei progetti (2 marzo 2009) e la pubblicazione delle graduatorie si fa presente che al Dipartimento della gioventù sono pervenuti n. 1822 plichi/progetti che, dopo essere stati protocollati e suddivisi (secondo le indicazioni contenute sui plichi stessi) tra le 4 aree tematiche previste dal bando di concorso, sono stati consegnati alla Commissione di valutazione.
Ciò premesso, tenendo conto del tempo minimo da dedicare all'esame di ciascun progetto, appare più che proporzionato al numero complessivo di progetti il periodo impiegato per la conclusione dei lavori. Un periodo più breve avrebbe necessariamente comportato una valutazione meno attenta dei progetti.
Il Ministro della gioventù: Giorgia Meloni.
GRIMOLDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 28 agosto 2009 il giovane connazionale Carlo Anselmi morì tragicamente a Cuba, durante una vacanza;
la vicenda, tuttora poco chiara, nel suo approccio da parte dell'ambasciata e del Corpo consolare risulta essere sconcertante per i modi ed i tempi;
il padre del ragazzo, signor Agostino Anselmi, ha intrattenuto, anche per mezzo del sindaco di Seregno (Monza Brianza), una fitta corrispondenza con l'ambasciata e con il consolato italiano di Cuba, dai quali non vengono date risposte soddisfacenti ma solo evasive e ripetitive;
numerose missive sono state inviate anche al Ministero degli affari esteri, anche all'attenzione dell'unità di crisi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla Presidenza della Repubblica; anche in questi casi, le risposte non sono esaustive;
in particolare, il sindaco di Seregno ha inviato ben 21 lettere alle più alte cariche dello Stato per ricevere adeguate informazioni sulla vicenda; lo stesso Agostino Anselmi ha inviato più di 50 mail e lettere al Ministero degli affari esteri;
con i suoi scritti, l'ambasciatore Marco Baccin conferma di fatto, quella che all'interrogante appare la totale negligenza dell'ambasciata e del consolato;
infatti, vi sono, in questa vicenda, alcuni risvolti resi noti dal padre della
vittima incredibili ed incresciosi quali ad esempio: la circostanza che il padre di Carlo Anselmi sia stato malmenato per essersi opposto al fatto che il figlio venisse posto in una bara già utilizzata, prelevando un'altra persona deceduta che già la occupava; la mancata consegna dei documenti ospedalieri dopo aver preteso sotto ricatto il pagamento di 22.000 USD per i «servizi» a favore del figlio, poi deceduto; la detenzione in prigione di un amico del figlio per aver effettuato una foto dell'ingresso dell'ospedale; l'asportazione di organi del deceduto senza autorizzazione, fatto che per il CTU della procura di Monza è vietato (come evidenziato nella relazione di consulenza tecnica collegiale medico-legale del 29 maggio 2010 che riporta: «la scelta da porte degli stessi di prelevare la totalità degli organi e delle strutture... risulta in prima istanza priva di giustificazione e non comune alla comune pratica settoria ed ai protocolli previsti in casi consimili, non solo nel nostro paese»); l'autopsia ad insaputa del padre e senza che l'ambasciata avesse trasmesso la sua richiesta di partecipazione di un medico anche locale ma di sua nomina; l'avvio di un indagine di polizia i cui risultati sono tuttora ignoti;
l'ospedale di Santa Clara, nel quale era stato ricoverato Carlo Anselmi, non presentava nessuna garanzia di igiene ed efficienza; il nosocomio, oltre a mancare di attrezzature, era infetto e vi era presenza di topi e di sporcizia (come dimostrano le foto scattate e consegnate in procura);
sul sito del Ministero degli affari esteri, alla voce unità di crisi, si legge l'elenco delle prestazioni che il Ministero dovrebbe effettuare a favore degli italiani all'estero in condizioni di difficoltà: «Quando è possibile, l'unità di Crisi agisce direttamente con i mezzi a disposizione. Effettua diagnosi attraverso la telemedicina mobile, si occupa del rimpatrio di un malato in pericolo di vita, del coordinamento delle rappresentanze diplomatico-consolari nelle prime fasi dell'emergenza» (non il giorno 27 agosto 2009 dopo 9 giorni dal ricovero);
si legge inoltre che: «le Rappresentanze diplomatico-consolari si assicurano che i cittadini ricevano adeguati trattamenti medici in loco, che vengano debitamente informati i familiari e che venga fornita ogni possibile assistenza in caso di necessità di trasferimento in Italia»;
tutto ciò non è stato effettuato in alcun modo;
ad avviso dell'interrogante la negligenza e l'approssimazione del consolato italiano a Cuba ha concorso pesantemente quale elemento di causa della morte di Carlo Anselmi -:
se il Ministro sia a conoscenza di questi fatti e se non intenda intervenire per far luce su questa gravissima vicenda e per prestare tutte le informazioni necessarie ai famigliari della vittima;
se non ravvisi disfunzioni e negligenze del consolato italiano a Cuba.
(4-10517)
Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Fin dal momento in cui si è ricevuta la notizia del malore che ha colpito il connazionale l'ambasciata d'Italia a L'Avana ha assicurato il contatto con l'ospedale in cui il signor Carlo Anselmi è stato ricoverato e con i suoi familiari.
A seguito del decesso del connazionale e della richiesta di suo padre, signor Agostino Anselmi, di accedere alla cartella clinica e ai risultati dell'esame autoptico, la nostra ambasciata a l'Avana ha effettuato diversi passi formali sulle Autorità cubane al fine di ottenere la relativa documentazione. A tale proposito si segnala che la direttrice dell'istituto di medicina legale de L'Avana aveva fatto sapere che poco dopo l'arrivo del feretro da Santa Clara (dove il signor Carlo Anselmi è deceduto), come previsto dalla normativa vigente a Cuba, gli organi
erano stati estratti al fine di effettuare le necessarie indagini, delle quali sarebbe stato redatto apposito referto.
Nel giugno 2010 l'ambasciata ha potuto ottenere la documentazione richiesta, che è stata poi trasmessa al signor Agostino Anselmi.
In merito, all'idoneità e all'adeguatezza delle strutture mediche e del comportamento tenuto dal personale dell'ospedale «Arnaldo Milian Castro» di Santa Clara, dove è stato ricoverato il connazionale, il Ministero degli esteri cubano - su richiesta della nostra ambasciata - ha comunicato che le strutture sanitarie dell'ospedale e la preparazione professionale del personale medico che vi lavora sono adeguate a far fronte a casi di emergenze quali quello in questione (l'ospedale dispone di tomografia assiale computerizzata ed ecografia, laboratori clinici e microbiologia).
L'ambasciatore a Cuba ha costantemente e puntualmente informato sia il padre del defunto sia il sindaco di Seregno, che aveva manifestato il proprio interessamento al caso, in merito alle azioni intraprese e reiterate nei confronti delle autorità cubane al fine di ottenere ogni possibile informazione utile a comprendere la dinamica dell'accaduto. Da ultimo, il 13 dicembre 2010 ha inviato al signor Agostino Anselmi una lettera nella quale illustra puntualmente le attività svolte dall'ambasciata.
Per quanto riguarda, infine, gli asseriti maltrattamenti subiti dal signor Agostino Anselmi, si fa presente che non vi è documentazione relativa a tali episodi agli atti della nostra ambasciata.
Il Ministero degli affari esteri continuerà a seguire il caso, proseguendo nel fornire assistenza alla famiglia Anselmi per ogni eventuale sviluppo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.
JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
negli anni 90, per i media e gli abolizionisti di tutto il mondo, sembrava che la pena di morte esistesse solo negli Stati Uniti e i condannati a morte fossero solo americani. Le campagne abolizioniste e le «azioni urgenti» per tentare di salvarne uno erano rivolte quasi tutte a quella realtà, anche se essa costituiva una piccola parte del problema. Dal 1990 ad oggi l'attenzione internazionale si è rivolta anche a numerose altre nazioni, portando alla ribalta la grave incidenza della pena di morte nelle loro politiche. Dall'attuale rapporto 2010 sulla pena di morte, emerge che dei 43 Stati che ancora mantengono la pena capitale, 36 sono Paesi illiberali e in 18 di questi, nel 2009, sono state compiute almeno 5.619 esecuzioni, circa il 99 per cento del totale mondiale. Nel 2007 l'ONU ha approvato la risoluzione sulla moratoria universale delle esecuzioni, iniziando un difficile percorso di democratizzazione degli Stati interessati. Infatti, con l'approvazione di quella risoluzione, l'ONU ha scelto di far prevalere il primato della persona su quello dello Stato;
dal 1993 ad oggi, ben 55 Paesi hanno abbandonato la pratica della pena di morte, 17 dei quali lo hanno fatto negli ultimi tre anni e mezzo, cioè dopo il rilancio dell'iniziativa al Palazzo di Vetro. E i fatti più significativi, nel senso dell'abolizione, sono avvenuti proprio in luoghi del mondo apparentemente immutabili e inaccessibili. Hanno abolito la pena di morte il New Jersey e il New Mexico, negli Stati Uniti, dove casi di abolizione non si verificavano da oltre quarant'anni. Il Vietnam ha eliminato la pena di morte per otto reati dei ventinove per cui era prevista. In Cina le sentenze capitali emesse dai tribunali sono diminuite di anno in anno fino al 30 per cento mentre la Corte Suprema ha annullato a sua volta il 15 per cento di quelle che aveva esaminato. Il Governo federale pakistano ha approvato nel 2008 la commutazione in ergastolo di tutte le condanne a morte nei confronti di circa 7.000 prigionieri e, nel 2009, per la prima volta del Paese non sono state effettuate esecuzioni. Lo stesso è accaduto in Kenia per gli oltre 4.000 prigionieri del braccio della morte, e in Mongolia, dove, oltre a
graziare i condannati, è stata introdotta una moratoria delle esecuzioni capitali;
questi fatti positivi non preludono certo all'abolizione immediata della pena di morte né a cambiamenti radicali in senso democratico in molti di questi Paesi, ma non sono dati irrilevanti in termini di vite umane, considerato che, ad esempio, in Pakistan e in Vietnam le esecuzioni fino a qualche anno fa erano centinaia e che in Cina, essendo ancora migliaia all'anno, una riduzione pur limitata può significare centinaia di giustiziati in meno. Il percorso internazionale che è stato fatto per l'abolizione della pena di morte non deve essere abbandonato, ma, al contrario, rafforzato, al fine di creare Stati di diritto in cui la popolazione possa vivere democraticamente; per questo è necessario che tutti i Paesi democratici, quali anche l'Italia, si adoperino per raggiungere tale obiettivo. A tal fine, sarebbe auspicabile l'istituzione, da parte del segretario generale dell'ONU, della figura di un inviato speciale che abbia il compito non solo di monitorare la situazione ed esigere una maggiore trasparenza nel sistema della pena capitale, ma anche di continuare a persuadere chi ancora la pratica ad adottare la linea stabilita dalle Nazioni Unite. Oltre a ciò, è necessario diffondere la soluzione in Paesi che ancora praticano la pena di morte, a partire dall'Africa, che è il continente dove vi è il numero più alto di Paesi abolizionisti di fatto e dove negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi verso l'abolizione della pena di morte. Ruanda, Burundi e Togo hanno cancellato completamente la pena capitale e, soprattutto nei primi due Paesi, l'abolizione ha avuto uno straordinario valore simbolico, oltre che giuridico e politico, essendo terre dove la catena perpetua della vendetta ha avuto la rappresentazione forse più tragica e attuale -:
quali iniziative a livello internazionale, il Governo intenda intraprendere al fine di rendere finalmente esecutiva la risoluzione dell'ONU sulla condanna alla pena di morte, risalente al 2007, in quei Paesi dove ancora questa barbarie è applicata.
(4-10550)
Risposta. - L'Italia attribuisce la massima priorità alla campagna internazionale contro la pena di morte. Si è infatti convinti che l'abolizione della pena capitale contribuisca al rafforzamento dei diritti umani e che la pena di morte non abbia alcun valore aggiunto in termini di sicurezza dei cittadini o di dissuasione dal crimine. Essa soprattutto rende ogni eventuale errore giudiziario drammaticamente irreversibile.
Il nostro Paese ha dato impulso sin dagli anni `90 a diverse iniziative sull'argomento nell'ambito Nazioni unite che hanno successivamente portato alla storica adozione della prima risoluzione sulla moratoria della pena capitale da parte dell'Assemblea generale nel dicembre 2007, approvata con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astensioni.
L'impegno italiano si è inoltre rinnovato l'anno successivo quando, insieme ad un'alleanza cross regional, formata da 89 co-sponsors provenienti da tutte le aree del mondo, si è promosso una seconda risoluzione sulla moratoria, approvata dall'Assemblea generale con un numero maggiore di voti favorevoli (106) e un numero minore di voti contrari (46). La stessa tendenza, avvalorata anche dal Segretario generale, Ban Ki-moon, nel suo ultimo rapporto sulla moratoria, pubblicato nell'agosto 2010, si è confermata, con l'adozione da parte dell'Assemblea generale di una terza risoluzione sulla moratoria della pena di morte nelle dicembre 2010, ha ricevuto ben 109 voti a favore, 35 astensioni e solo 41 voti contrari.
Dal punto di vista del contenuto, l'ultima risoluzione contiene, rispetto ai testi precedenti, alcuni elementi aggiuntivi tesi, in particolare, a ridurre l'applicazione della pena capitale laddove essa viene ancora applicata. Viene inoltre richiesto agli Stati di rendere disponibili i dati sulle condanne a morte, considerato che una migliore informazione dell'opinione pubblica potrebbe contribuire di per se a ridurre il numero di
esecuzioni. Si ribadisce infine che la pena capitale deve comunque rispettare gli standard minimi definiti dalle Nazioni unite, che comprendono, tra l'altro, la proibizione di eseguire condanne a morte nei confronti dei minori e dei disabili mentali.
Tale risultato si deve anche all'impegno dell'Italia, in stretto coordinamento con gli altri membri dell'Unione europea, per costruire e mantenere salda un'alleanza tra paesi di tutti i gruppi regionali sostenitori della campagna contro la pena di morte. Si consolida pertanto ulteriormente l'orientamento internazionale verso l'abolizione della pena capitale, a conferma che il cammino intrapreso riflette un'esigenza profondamente avvertita dalla comunità internazionale. Il Governo italiano, con il pieno supporto del Parlamento e della società civile, ha contribuito in modo determinante a tale importante risultato e continuerà ad agire nei diversi fori internazionali affinché aumenti ulteriormente il numero di paesi che applicano la moratoria sulle esecuzioni, con l'obiettivo di una completa abolizione della pena capitale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.
LO MORO, OCCHIUTO e ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Gioia Tauro, comune di circa 18.600 abitanti nella provincia di Reggio Calabria, è di recente uscito dalla fase di commissariamento seguita al decreto di scioglimento del consiglio comunale per «accertate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata» del 24 aprile 2008;
a seguito delle elezioni amministrative del 12 aprile 2010, si è insediata una nuova amministrazione, guidata dal sindaco, Renato Bellafiore;
l'amministrazione comunale, che opera in un contesto assai complicato, sta incontrando gravi difficoltà per problemi di tesoreria. Il contratto relativo a tale servizio, infatti, è scaduto nel mese di dicembre 2009, ma, nonostante la commissione straordinaria prefettizia abbia indetto ben due procedure di gara, entrambe hanno avuto esito negativo. Dopo l'insediamento della nuova amministrazione, inoltre, sono state espletate altre due procedure con lo stesso esito;
il rapporto in essere con la Banca popolare del Mezzogiorno è stato più volte prorogato, di trimestre in trimestre. Da ultimo, a partire dal mese di luglio 2010, l'Istituto di credito ha comunicato la sospensione unilateralmente dell'anticipazione di cassa, mettendo in gravi difficoltà l'amministrazione comunale nel pagamento dello stipendio ai dipendenti e nell'erogazione di servizi di primaria importanza;
l'amministrazione, che ha contestato il comportamento dell'Istituto bancario, si è data da fare interpellando gli istituti bancari presenti sul territorio e chiedendo l'intervento del prefetto di Reggio Calabria;
non sembra, tra l'altro, che la situazione economica del comune di Gioia Tauro giustifichi i dinieghi e le difficoltà finora incontrate;
non può essere indifferente, nella valutazione delle difficoltà del comune di Gioia Tauro, la circostanza che trattasi di comune sciolto per infiltrazioni mafiose per ben due volte ed appena uscito dal secondo commissariamento, con conseguente necessità di una particolare vigilanza da parte del Ministero dell'interno;
gli attuali amministratori, tra l'altro, da aprile in poi, sono stati destinatari di intimidazioni e attentati quali due lettere minatorie al sindaco e più atti incendiari dolosi allo stesso e ad altri membri della giunta;
è evidente che le difficoltà di tesoreria, se non risolte con urgenza, compromettono il regolare svolgimento dell'attività amministrativa, mettendo a repentaglio l'agibilità democratica in un territorio
debole che ha molto bisogno di riferimenti e garanzie istituzionali;
da sottolineare la circostanza, di particolare gravità, che il mandato di pagamento relativo agli stipendi dei dipendenti comunali per il mese di ottobre 2010, emesso tempestivamente dall'amministrazione, è stato rifiutato e restituito inevaso dall'Istituto tesoriere -:
se e come il Governo ritenga di poter intervenire, anche con provvedimenti di necessità e urgenza, per far fronte all'emergenza descritta in premessa, in modo tale da garantire il corretto svolgimento dell'attività amministrativa ed in particolare il pagamento degli stipendi del corrente mese di ottobre ai dipendenti.
(4-09179)
Risposta. - La prefettura di Reggio Calabria ha riferito che, nell'ottobre 2010, il sindaco di Gioia Tauro aveva rappresentato al prefetto la situazione di grave difficoltà connessa alla mancata definizione delle procedure di affidamento del servizio di tesoreria comunale dovuta all'esito negativo della gara d'appalto all'uopo indetta e all'indisponibilità manifestata dalle aziende di credito interpellate, motivata con l'asserita insufficienza delle garanzie patrimoniali fornite dall'ente locale e la scarsa remuneratività del servizio medesimo.
In un'ottica di collaborazione istituzionale, la prefettura avviava contatti diretti sia con la banca Popolare del Mezzogiorno che fino ad allora aveva curato il citato servizio, sia con altre aziende di credito operanti nella provincia, per stimolare una positiva valutazione delle esigenze rappresentate dal sindaco.
Al riguardo, si è dovuto registrare un uniforme atteggiamento di cautela da parte dei soggetti interpellati che hanno negato, con motivazioni di varia natura, la disponibilità dei rispettivi istituti creditizi ad assumere, anche con carattere di temporaneità, il servizio in parola.
La situazione di stallo venutasi a determinare aveva creato serie problematiche all'ordinaria funzionalità del comune di Gioia Tauro che non era in grado di effettuare i pagamenti di corrispettivi dovuti a ditte appaltatrici per servizi di pubblica utilità nonché delle retribuzioni stipendiali a favore dei propri dipendenti, le cui rappresentanze sindacali hanno comunicato in data 26 ottobre 2010 l'avvio di uno stato di agitazione e la proclamazione, per il 22 novembre 2010 di una giornata di sciopero.
La capacità dell'ente di far fronte alle esigenze quotidiane è stata ulteriormente complicata dagli esiti di un evento alluvionale particolarmente violento avvenuto nella giornata del 2 novembre 2010, che ha reso necessario avviare azioni immediate di soccorso delle numerose famiglie costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa dell'esondazione del torrente Budello.
Sono state anche assai forti le preoccupazioni per la tenuta finanziaria delle società creditrici del comune che hanno rischiato, in assenza della ripresa dei pagamenti, il blocco totale dell'attività con la conseguente interruzione forzata di servizi di primaria importanza afferenti, tra l'altro, alla raccolta e smaltimento dei rifiuti.
In tale quadro il sindaco di Gioia Tauro aveva rivolto un ulteriore invito alla banca Popolare del Mezzogiorno per la prosecuzione del servizio, nelle more della definizione di nuove procedure di gara venute a scadere il 22 novembre 2010, con esito negativo: tale richiesta è stata sostenuta da un intervento della prefettura nei confronti del presidente dello stesso istituto di credito.
Della questione sono stati anche informati i competenti uffici centrali del Ministero dell'interno nonché il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, che si sono attivati per individuare possibili ipotesi di soluzione.
Nel mese di novembre 2010, si è tenuto presso la prefettura di Reggio Calabria un apposito tavolo tecnico a cui hanno preso parte l'amministrazione comunale di Gioia Tauro ed i vertici della banca Popolare del Mezzogiorno. In tale sede è stato raggiunto un accordo con il quale la banca si è impegnata fino al 31 dicembre 2010 a pagare gli stipendi arretrati ai dipendenti comunali e ad effettuare le altre operazioni per necessità essenziali nei limiti delle disponibilità finanziarie.
La questione è stata, successivamente, risolta in quanto, a seguito di un intervento del Ministero dell'interno che, per conto del comune, si è fatto garante di una nuova politica di risanamento della spesa pubblica, il servizio di tesoreria, con deliberazione del 27 dicembre 2010, è stato affidato dal Consiglio comunale all'istituto di credito Ubi banca Carime.
La stipula del relativo contratto ed il passaggio di consegne da parte del precedente tesoriere è avvenuto il 20 gennaio 2011.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
MIGLIORI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in occasione della riunione SME del 9 giugno 2010, alle organizzazioni sindacali nazionali fu data informazione sulla scheda recante le principali tematiche riguardanti riconfigurazioni, soppressioni e razionalizzazioni di alcuni enti militari della Difesa, dislocati sul territorio nazionale; nel corso della riunione, tra l'altro, fu data informazione anche sulla prevista razionalizzazione dell'Istituto geografico militare (IGM) di Firenze;
da parte delle relative organizzazioni sindacali sono state sollevate fondate perplessità sull'organizzazione proposta per l'IGM ed in particolar modo l'inaccettabilità della riconfigurazione interna della scuola superiore di scienze geografiche in quanto ritenuta irrazionale ed in contrasto con gli alti compiti istituzionali a cui la stessa è chiamata a far fronte, con personale tecnico civile e militare di altissima e rara specificità professionale;
secondo le organizzazioni sindacali, infatti, qualora tale riconfigurazione venisse pienamente adottata, emergerebbero evidenti le seguenti discrasie:
il direttore della scuola (colonnello), contrariamente a quanto avvenuto nel passato (direttore della scuola un dirigente civile F3 e direttore didattico un colonnello ingegnere cartografo) avrebbe alle dirette dipendenze sezioni (al comando di ufficiali inferiori) anziché servizi o dipartimenti (al comando di ufficiali superiori), generando un'anomalia in contrasto con i criteri fondamentali su cui si basa la Struttura Gerarchica della Forza Armata;
la mancanza di una figura professionale tecnica di personale C3 coordinatore, come Vice Direttore, pregiudicherebbe, per gli aspetti funzionali e formali, la corretta gestione della Scuola in assenza del titolare;
nessun capo sezione, ad eccezione della sezione geomatica per gli impieghi fuori area geotacprint, risulta avere alle dipendenze personale tecnico in grado di assicurare la continuità dell'attività della sezione in assenza del titolare;
gli ufficiali inferiori specialisti, peraltro carenti in ambito IGM, idonei a svolgere le funzioni di capo delle sezioni sono generalmente impiegati per lunghi periodi all'estero nell'ambito dei nuclei geotacprint e, quando presenti in patria, sono inseriti nel turno dei servizi di caserma che, oltre all'impegno diretto nello svolgimento del servizio, comporta i recuperi compensativi. Gli stessi ufficiali inferiori trovandosi ancora nella fase di formazione professionale, devono frequentare corsi di formazione e/o assolvere agli incarichi di comando/attribuzioni specifiche previsti nel grado e conseguentemente la loro presenza effettiva presso la scuola superiore di scienze geografiche sarebbe limitata nel tempo e non garantirebbe la necessaria continuità;
il reimpiego degli ufficiali superiori attualmente effettivi alla scuola, potrebbe porre problemi di collocazione organica in altri ambiti dell'IGM, senza considerare che negli attuali incarichi ora impegnati, trovano proficuo impiego nell'attività di pianificazione, di direzione dei corsi oltre a costituire adeguata interfaccia con gli omologhi pari grado dei comandi superiori ed enti esterni -:
quali iniziative si intendano attuare, onde evitare la dispersione dell'alto patrimonio di professionalità che l'IGM costituisce;
se non si ritenga opportuna l'apertura di un tavolo di concertazione con le competenti rappresentanze sindacali, al fine di verificare la sussistenza delle perplessità formulate dalle medesime e di addivenire a una soluzione che salvaguardi le specificità e le funzionalità dell'istituto.
(4-09736)
Risposta. - Preliminarmente mi preme rilevare che l'amministrazione della difesa nell'affrontare i progetti di razionalizzazione, come nel caso dell'istituto geografico militare (igm) di Firenze, attribuisce particolare attenzione all'approfondimento e alla verifica delle funzioni e della valenza strategica degli enti/distaccamenti/reparti delle Forze armate a fronte della necessità di realizzare economie e sinergie in termini di costo/efficacia per corrispondere alle esigenze di contenimento della spesa pubblica imposte dall'attuale difficile congiuntura.
In tale quadro, si evidenzia che la difesa opera costantemente nel rispetto del ruolo delle parti sociali delineato dalle vigenti disposizioni normative e contrattuali.
Ciò premesso rammento che l'Igm di Firenze, inserito tra gli organi cartografici dello Stato, soddisfa le esigenze militari e civili del Paese nel campo geotopocartografico attraverso l'espletamento di specifici compiti in qualità di:
organo cartografico: per la produzione aggiornamento e cessione della cartografia ufficiale dello Stato e delle relative documentazioni, nonché per l'allestimento e la gestione della banca dati geografici e l'esecuzione di lavori topografici e di manutenzione dei confini nazionali;
organo militare operativo che provvede alla definizione di una rete topografica operativa e a dispiegare nuclei operativi (denominati Geo Tac Print al seguito di grandi unità complesse per il loro tempestivo supporto, con capacità di provvedere autonomamente alla realizzazione, integrazione, stampa e distribuzione di prodotti geo-cartografici in settori parzialmente o non coperti da cartografia di dettaglio;
organo scolastico-formativo per la formazione professionale del personale militare e civile dell'Amministrazione difesa impiegato nello specifico settore, a cui provvede la scuola superiore di scienze geografiche dell'Igm.
In tale contesto, il progetto di razionalizzazione dell'Igm, illustrato nelle sue linee generali nell'ambito della richiamata riunione informativa del 9 giugno 2010, s'inserisce nel più ampio e complesso processo di ristrutturazione dell'intero strumento militare, caratterizzato da vari provvedimenti di soppressione, accorpamento e riorganizzazione delle strutture, avviato da alcuni anni e tuttora in divenire, in attuazione di una serie di atti normativi, tesi a meglio modulare le Forze armate alle nuove esigenze derivanti dal mutamento dello scenario geo-strategico.
Tale processo, volto a ottimizzare tutte le componenti delle Forze armate - quelle di vertice, dell'area operativa-logistica, dell'organizzazione territoriale e della formazione - mira a perseguire soluzioni tese a ottenere un migliore rapporto costo/efficacia, attraverso la soppressione di strutture ormai non più funzionali, nonché la ridefinizione delle funzioni di comandi/enti/reparti e il loro accorpamento, per quanto possibile, in chiave interforze e comunque di non sovrapponibilità funzionale e territoriale.
In tale quadro, la nuova configurazione ordinativa dell'Igm è stata sviluppata in esito alle risultanze di uno specifico gruppo di progetto per la «Razionalizzazione delle attività dell'Istituto Geografico Militare», costituito nel 2009 per effettuare un progetto di razionalizzazione dell'istituto teso ad incrementarne l'output operativo.
Nell'ambito di tale razionalizzazione è stato previsto il potenziamento dei settori deputati a sviluppare i nuclei Geo Tac Print - che rappresentano il core dell'Igm - al fine di consentire l'impiego simultaneo di 4 nuclei, in particolare in operazioni «Fuori Area», coerentemente con le necessità dell'Esercito di mantenere costantemente elevata l'efficienza dello strumento operativo terrestre nell'assolvimento dei molteplici impegni in ambito nazionale ed internazionale.
Nel contempo, è stata prevista una riduzione delle posizioni organiche del personale civile, al fine di rendere la configurazione dell'ente più adeguata alla missione da assolvere, nonché per ottemperare alle disposizioni normative di cui all'articolo 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133 e all'articolo 2 (commi da 8-bis a 8-sexies) del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 2010, n. 25, che impongono, tra l'altro, complessivamente una riduzione di circa il 20 per cento della spesa relativa alle dotazioni organiche non dirigenziali del personale civile.
In merito, infine, alle paventate criticità, relative all'Igm e in particolare alla scuola superiore di scienze geografiche, nel ritenere che la struttura individuata dalla Forza armata ne garantisca il corretto funzionamento, si sottolinea l'opportunità di attendere ragionevolmente che sia trascorso un congruo periodo di applicazione delle nuove tabelle organiche (emanate a settembre 2010) prima di valutare la possibilità di eventuali interventi correttivi.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 l'Italia ha recepito, con il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, la direttiva europea relativa al codice comunitario concernente tutti i medicinali per uso umano;
il fine di questa direttiva è quello di armonizzare e parificare - anche nel nostro Paese rispetto a quanto accade già nel resto d'Europa - la normativa sui farmaci;
la direttiva europea recepita con il suddetto decreto n. 219 del 2006, si pone tra l'altro l'obiettivo di eliminare le «discriminazioni» che il settore dei farmaci omeopatici subisce e che ricadono non solo sulla produttività, sull'occupazione, sulla ricerca scientifica, ma soprattutto sugli oltre 9 milioni di italiani, e su migliaia di medici che vedono diminuite le possibilità di scelta terapeutica;
va ricordato che tutto il comparto produttivo dei farmaci omeopatici, costituito da circa 30 aziende, non ha possibilità di registrare nuovi farmaci fin dal lontano 1995. Con la conseguenza che ci rimettono tutti i soggetti coinvolti: ricercatori, lavoratori, imprese, e i cittadini-utenti;
le procedure di registrazione, secondo la direttiva europea, vengono suddivise in: registrazione con procedura semplificata e registrazione con procedura non semplificata;
l'articolo 17, comma 2, del suddetto decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, ha stabilito la possibilità di utilizzare una procedura semplificata di registrazione per alcuni farmaci omeopatici, prevedendo espressamente che il relativo modello di registrazione semplificata, stabilito dall'AIFA, dovesse essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, entro tre mesi dall'entrata in vigore del suddetto decreto n. 219 del 2006. Sono quindi trascorsi inutilmente 4 anni;
a seguito di diverse interrogazioni parlamentari, tra le quali quella presentata alla Camera (n. 4-02609) dall'interrogante, l'AIFA, nel mese di marzo 2009, inseriva finalmente nel proprio sito internet le linee guida relative alla procedura per la suddetta registrazione semplificata dei farmaci omeopatici, dando finalmente così attuazione ad almeno uno degli articoli riferentisi alla regolamentazione dell'omeopatia;
alla suddetta pubblicazione, da parte dell'AIFA, delle linee guida riguardanti la procedura per la registrazione semplificata, non è seguita a più di un anno di distanza, la necessaria pubblicazione in Gazzetta Ufficiale così come prevede la normativa vigente;
questo semplice atto burocratico da parte del Ministero, consentirebbe all'intero settore di liberare risorse in ambito
occupazionale, proprio nel momento in cui il nostro Paese vive un momento di gravissima crisi economica -:
quali siano le reali motivazioni che impediscono la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle linee guida emanate e pubblicate un anno fa sul proprio sito dall'AIFA e riguardanti la procedura per la registrazione semplificata dei farmaci omeopatici.
(4-07409)
Risposta. - In via preliminare, si precisa che l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha fornito alcune considerazioni in merito all'attuazione del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 e successive modificazioni e integrazioni con riguardo ai medicinali omeopatici, informando l'associazione omeoimprese sul fatto che, a conclusione dei lavori del tavolo tecnico istituito ad hoc dal Ministero della salute, è stato elaborato il modello cui le aziende dovranno attenersi per la presentazione della documentazione di qualità dei medicinali omeopatici, indipendentemente dal tipo di procedura autorizzativa seguita.
Inoltre l'Aifa ha specificato che, per quanto riguarda la previsione contenuta nell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006, secondo cui la domanda di registrazione semplificata deve essere presentata conformemente ad uno specifico modello definito dall'agenzia, il termine assegnato alla stessa per la predisposizione del predetto modello non ha certamente natura perentoria, né risponde ad una specifica previsione della direttiva 2001/83/CE.
È stato altresì precisato che, nelle more della predisposizione del suddetto modello, le aziende interessate sono comunque legittimate a presentare domanda di autorizzazione all'immissione in commercio di nuovi prodotti omeopatici, purché la stessa sia corredata dei dati e documenti diretti a dimostrare la qualità farmaceutica e l'omogeneità dei lotti di produzione.
Inoltre, l'Aifa ha pubblicato, nel proprio sito e nella Gazzetta Ufficiale, le modalità di presentazione delle domande di registrazione semplificata dei medicinali omeopatici, chiarendo che, con riguardo al modulo 4, bisogna far riferimento a quanto previsto dall'allegato tecnico del decreto legislativo n. 219 del 2006 e a quanto precisato dal Consiglio superiore di sanità nella seduta del 20 dicembre 2005: «Ogni informazione mancante va giustificata: ad esempio occorre spiegare perché si accetta la dimostrazione di un livello accettabile di sicurezza anche in assenza di alcuni studi» e «ai fini della registrazione semplificata, qualora vengano utilizzate sostanze non sufficientemente note nella medicina allopatica in quanto non presenti nella Farmacopea, né contenute in specialità medicinali commercializzate in Europa, vengano condotti studi sperimentali di tossicità non dissimili da quelli previsti per l'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) dei medicamenti allopatici utilizzati in Italia ed in Europa». Il modulo 4, pertanto, dovrà essere adeguatamente compilato a seconda del materiale di partenza utilizzato nel medicinale omeopatico finito, per sua origine e natura.
Si rappresenta, infine, che è stato avviato formalmente un dialogo costruttivo con l'associazione Omeoimprese, che associa il 95 per cento dei produttori di prodotti omeopatici, il cui primo incontro, tenutosi il 7 luglio 2010 presso l'Aifa, è stato finalizzato ad individuare un percorso unitario di reciproco interesse che consenta di rispettare il termine del 31 dicembre 2015 per la presentazione delle domande di registrazione dei medicinali omeopatici notificati entro il 1995 e presenti sul mercato.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
PROIETTI COSIMI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i comuni di Roviano, Arsoli, Marano Equo e Agosta tutti nella provincia di Roma, da anni utilizzano gli autovelox solo per far cassa nei conti comunali; difatti sono collocati lungo il tratto di strada statale che attraversa il loro territorio ma non il paese;
gli automobilisti non sono in grado di poter accertare se tali strumenti siano utilizzati legalmente, e con tutte le autorizzazioni che la legge impone;
i vigili urbani di tali comuni troppo spesso, installati gli strumenti, si nascondono e non restano in prossimità degli stessi, tradendo lo spirito della legge -:
quali siano le procedure per la verifica della regolarità degli autovelox e la documentazione necessaria per poterli utilizzare;
se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga di assumere iniziative volte a garantire che i proventi delle contravvenzioni siano utilizzati nel rispetto della normativa vigente;
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per far cessare eventuali abusi nell'uso degli autovelox.
(4-04417)
Risposta. - Il Ministero dell'interno segue con particolare attenzione il problema dell'incidentalità stradale, che, nonostante una recente lieve flessione, mantiene livelli di mortalità molto elevati, dovuti, in buona parte, all'eccessiva velocità.
Per contrastare il fenomeno - il cui contenimento rientra, tra l'altro, nei programmi prioritari dell'Unione europea - vengono apprestati strumenti normativi ed operativi tali da consentire, da un lato, un'efficace azione preventiva e repressiva, scongiurando, dall'altro, il pericolo di un uso distorto del potere sanzionatorio, che non può costituire un improprio strumento per reperire risorse finanziarie da immettere nei bilanci degli enti pubblici.
Le strategie adottate negli ultimi anni hanno tenuto conto anche delle esigenze di razionalizzare l'utilizzo delle risorse umane disponibili, attraverso il ricorso a moderne tecnologie di controllo a distanza, adeguate a rilevare talune infrazioni particolarmente frequenti e pericolose per gli utenti della strada.
L'obiettivo, peraltro, va perseguito nel rispetto delle esigenze di tutela della riservatezza personale e del diritto di difesa delle persone sanzionate e tenendo presente che l'impiego di dette tecnologie - anche in alternativa alla contestazione immediata al trasgressore - deve essere sempre in stretta correlazione con l'effettiva finalità di contrasto del fenomeno infortunistico.
A tale proposito il Ministro dell'interno ha diramato, il 14 agosto 2009, una direttiva ai prefetti e agli organi di polizia stradale affinché gli strumenti di controllo della velocità siano utilizzati in modo efficace, garantendo il diritto di informazione degli utenti.
In particolare, la direttiva affida ai prefetti il compito di monitorare il fenomeno dell'eccesso di velocità e di pianificare le attività di controllo avvalendosi del contributo delle conferenze provinciali permanenti, in cui sono rappresentati tutti i soggetti pubblici interessati alla materia e nel cui ambito è prevista la costituzione di un apposito osservatorio.
La pianificazione, che consiste anche nella distribuzione dei servizi di controllo tra le diverse Forze di polizia, consente di individuare i punti critici per la circolazione in cui è maggiore il numero - riferito al biennio precedente - degli incidenti stradali. Solo su tali tratti di strada saranno effettuati servizi di controllo con dispositivo di rilevamento della velocità.
Grazie al coordinamento territoriale, si evita la contemporanea effettuazione di più rilevamenti sul medesimo tratto di strada ed ottimizzare le risorse disponibili per individuare e punire le condotte più pericolose.
Alla specialità polizia stradale della polizia di stato è stato affidato il coordinamento operativo dei servizi, con il compito di monitorare i risultati dell'attività di controllo.
La direttiva, inoltre, incarica i prefetti di effettuare la ricognizione e l'eventuale revisione dell'elenco dei tratti di strada in cui è consentito l'impiego di sistemi di controllo da remoto delle violazioni, senza la presenza di un operatore di polizia.
Unitamente alla direttiva, a tutte le Forze di polizia ed alle polizie locali è stato trasmesso un protocollo operativo che detta le disposizioni di dettaglio a cui dovranno
attenersi tutti coloro che impiegano i dispositivi di controllo della velocità.
Il protocollo - che abroga tutte le disposizioni contenute in precedenti circolari in materia, contrastanti con quanto in esso contenuto - rappresenta uno strumento di sintesi, nato dall'esigenza di fare chiarezza su molti aspetti, che in passato sono stati oggetto di questioni interpretative.
Il protocollo operativo chiarisce che la gestione delle apparecchiature è riservata esclusivamente agli operatori di polizia, impedendo, in ogni modo, il ricorso all'appalto dei servizi a società private, come, peraltro, previsto nei commi 1-ter e 1- quater dell'articolo 201 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Nuovo codice della strada) recentemente riformato.
Il controllo della velocità costituisce, infatti, un «servizio di polizia» che non può essere delegato ad imprese che noleggiano gli strumenti di controllo. È consentita, pertanto, soltanto la locazione dell'apparecchio che, tuttavia, deve essere utilizzato, anche in tutte le operazioni successive all'accertamento, direttamente dagli operatori di polizia.
Infine - a riprova della finalità preventiva del controllo elettronico - è previsto che ogni postazione di controllo, sia fissa che mobile, debba essere preventivamente segnalata, ad adeguata distanza, con strumenti idonei.
In relazione all'impiego, da parte degli enti locali, dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità attraverso l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità si ribadisce che l'autonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali esclude ogni verifica statale sulla legittimità degli atti, ammettendo solo il controllo sugli organi, nei casi tassativamente previsti dalla legge.
Peraltro, per disciplinare in modo dettagliato l'utilizzo dei citati proventi il legislatore è intervenuto con la legge n. 120 del 29 luglio 2010.
L'articolo 25 della detta legge («modifiche all'articolo 142 del decreto legislativo n. 285 del 1992, in materia di limiti di velocità») introduce - ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater - disposizioni e adempimenti a carico degli enti locali, per fare in modo che l'attività di controllo dell'eccesso di velocità rappresenti sempre di più uno strumento reale di prevenzione e non un escamotage per fare cassa.
Il successivo articolo 40, inoltre, rivisita incisivamente il dettato dell'articolo 208 del codice della strada, introducendo norme che intendono impedire un utilizzo improprio dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie: in particolare il nuovo testo del comma 4, introdotto dal comma 1, lettera c), disciplina analiticamente le finalità e l'utilizzazione del 50 per cento dei proventi spettanti a regioni, province e comuni, per violazioni accertate dai rispettivi funzionari, ufficiali ed agenti.
I successivi commi 5 e 5-bis consentono agli enti stessi di determinare annualmente, con delibera di giunta, la destinazione del rimanente 50 per cento e definire le singole quote di destinazione, nonché individuare la quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 («altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale quali manutenzione strade, miglioramento dell'assetto delle strade, interventi a tutela degli utenti deboli - bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti - corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, assistenza e previdenza per gli organi di polizia stradale»), da utilizzare, tra l'altro, per le assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratto a tempo determinato.
Il Ministero dell'interno viene inserito tra i misteri concertanti le determinazioni annuali delle quote dei proventi spettanti allo Stato da destinarsi alle finalità di cui al comma 2, rimaste immutate, e tra quelli che «trasmettono annualmente al Parlamento, entro il 31 marzo, una relazione sull'utilizzo delle quote dei proventi di cui al comma 2 effettuato nell'anno precedente».
I proventi relativi alle violazioni dei limiti di velocità accertate dalla polizia municipale mediante l'impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento, oppure con l'utilizzo di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza saranno ripartiti in
misura uguale tra il comune e l'ente proprietario della strada, restando escluse le strade in concessione.
La disposizione entrerà in vigore dal primo esercizio finanziario successivo all'approvazione di un decreto ministeriale, che definirà le modalità di trasmissione in via informatica di una relazione sui proventi delle infrazioni accertate con l'autovelox. Tale relazione dovrà essere inviata ogni anno entro il 31 maggio ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno e dovrà indicare, per l'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di spettanza del comune, come risultante da rendiconto approvato nel medesimo anno e gli interventi realizzati sfruttando queste risorse, specificando gli oneri sostenuti per ciascun intervento.
Si prevede, altresì, che le spese del personale finanziate con la quota dei proventi ripartiti non potranno superare i limiti e i vincoli imposti dalla norma sul patto di stabilità interno e sul contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e che la percentuale dei proventi oggetto della ripartizione e spettanti al comune sarà ridotta del 30 per cento annuo se l'ente li utilizzerà in modo non conforme o se non trasmetterà la prescritta relazione.
Con lo stesso decreto che determinerà le regole relative ai proventi ripartiti, verranno definite anche le modalità di posizionamento e utilizzo di autovelox e telelaser.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha, da tempo, disciplinato l'istituto delle adozioni internazionali, dapprima nel 1983 con la legge n. 184, e poi, più compiutamente, attraverso la ratifica della convenzione internazionale de L'Aja sottoscritta il 29 maggio 1993 su «L'adozione dei minori e la cooperazione internazionale», avvenuta con la legge n. 476 del 1998;
com'è noto la Convenzione de L'Aja è lo strumento utile e necessario per armonizzare le legislazioni degli Stati aderenti, affinché si pongano regole comuni relativamente ai presupposti di adottabilità dei bambini che versino in stato di abbandono, ai requisiti che devono essere soddisfatti dalle famiglie adottanti e infine sotto il profilo della predisposizione di procedure, uniformi, corrette e trasparenti, effettivamente svolte al fine di realizzare il superiore interesse del bambino;
a tal fine la convenzione prevede un'autorità centrale, che in Italia è rappresentata dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI), la quale è competente per verificare la regolarità di ogni procedura di adozione avviata dalle competenti autorità di un Paese straniero; in aggiunta a questa funzione di controllo, la Commissione per le adozioni internazionali ha anche funzioni di raccordo tra le istituzioni coinvolte nel percorso di adozione, nonché un ruolo di verifica e di vigilanza sugli enti che essa stessa ha autorizzato quali intermediari tra la coppia ed il paese straniero;
i requisiti per l'adozione internazionale sono gli stessi previsti per l'adozione nazionale, e sono stabiliti dall'articolo 6 della legge n. 184 del 1983 (come modificata dalla legge n. 149 del 2001) che disciplina l'adozione;
riguardo all'età, secondo la legge:
la differenza minima tra adottante e adottato è di 18 anni;
la differenza massima tra adottanti ed adottato è di 45 anni per uno dei coniugi, di 55 per l'altro. Tale limite può essere derogato se i coniugi adottano due o più fratelli, ed ancora se hanno un figlio minorenne naturale o adottivo;
il Regno della Cambogia ha aderito il 13 luglio 1998 alla convenzione de L'Aja, che è entrata in vigore in quello Stato il 1° novembre 1998, e l'Italia intrattiene regolari rapporti con detto Stato ai fini di consentire le adozioni internazionali;
alcune segnalazioni provenienti da famiglie che intendono procedere ad adozioni internazionali evidenziano farraginosità e lentezze nell'attività della Commissione per le adozioni internazionali (CAI);
si consideri in particolare il caso della famiglia dei coniugi S. e F., che hanno adottato nel novembre 2007, previo esperimento di tutte le procedure previste, un bambino cambogiano dell'età di 4 anni e mezzo;
poco dopo l'adozione sono stati informati dell'esistenza di una sorella del bambino adottato, di cui hanno avuto effettiva conferma dall'ente autorizzato prescelto (nel caso di specie C.I.F.A. Onlus - Centro internazionale per infanzia e la famiglia), nel mese di maggio del 2008;
non sussistendo l'istituto giuridico del ricongiungimento familiare verso la Cambogia, la pratica finalizzata a ricongiungere i due fratelli ha ripercorso tutte le tappe del processo di adozione. Al momento del deposito della richiesta presso il tribunale per i minorenni di Milano è stato chiesto se fosse possibile, per accelerare i tempi, l'utilizzo del decreto di idoneità della prima adozione (che già prevedeva la possibilità di adozione di uno o più minori) e per questo fu consigliato dagli uffici del medesimo tribunale, di inviare copia dei documenti alla Commissione adozioni internazionali, informata, sin dal settembre 2008, del progetto dei coniugi in questione (ossia l'adozione della sorella del figlio adottivo);
i coniugi citati hanno ottenuto il decreto di idoneità dal tribunale per i minorenni di Milano per un'adozione speciale nominativa, in data 18 marzo 2009, superando con questo i problemi di primogenitura del primo bambino adottato (non è tipico, nel mondo delle adozioni che si adotti prima il fratello più piccolo e poi la sorella più grande, e a volte l'autorità giudiziaria eccepisce il tema della primogenitura del primo bimbo adottato);
a metà giugno 2009 i coniugi hanno sottoscritto l'incarico all'Ente C.I.F.A. Onlus - Centro internazionale per l'infanzia e la famiglia ed il 21 luglio 2009 i documenti sono stati depositati presso l'Ente (così detto dossier) ai fini dell'inoltro allo Stato cambogiano;
la Commissione per le adozioni internazionali (CAI), nel contempo, però, non consentiva all'Ente prescelto l'inoltro dei documenti allo Stato della Cambogia, e purtroppo, poco dopo, a fine novembre 2009 le autorità cambogiane annunciavano il blocco totale delle pratiche di adozione, anche quelle già depositate, in attesa del perfezionamento della nuova legge che poi è stata promulgata a dicembre 2009;
solo grazie ad un intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro degli affari esteri nel gennaio 2010, le autorità cambogiane hanno emesso un provvedimento che consentiva alle pratiche già incardinate e depositate, presso lo Stato del Regno della Cambogia, di essere evase in base alla legislazione precedente;
i coniugi in questione poiché non è stato loro consentito, per il tramite dell'ente prescelto, l'invio della documentazione (così detto dossier) sono rimasti esclusi dall'efficacia di tale provvedimento;
il 12 maggio 2010 gli stessi coniugi hanno incontrato, presso gli uffici della Commissione per le adozioni internazionali (CAI) il vicepresidente della Commissione e la responsabile della segreteria tecnica. I rappresentanti di detta Commissione avrebbero comunicato ai coniugi la loro indisponibilità ad effettuare un deposito dei documenti stante una situazione di «blocco», dovuta all'entrata in vigore della nuova legge e all'attesa dell'emissione da parte degli organi competenti dei decreti attuativi, prospettando, per converso, un progetto alternativo per la permanenza temporanea della bambina in Italia, ad esempio per motivi di studio, che tuttavia ad oggi non ha avuto alcun seguito;
l'azione dispiegata nel caso di specie dalla Commissione per le adozioni internazionali (CAI) appare all'interrogante carente
ed inadeguata a garantire un'accettabile tempestività nelle procedure di adozione -:
quali urgenti iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri intenda assumere per consentire alle pratiche di adozione verso lo Stato del Regno della Cambogia, tra cui quella in premessa, una rapida conclusione in modo da corrispondere all'affermazione del superiore interesse del fanciullo (proclamato nella Carta delle Nazioni Unite e fatto proprio dalla convenzione firmata a New York il 20 novembre 1989), a vedersi, nel caso di specie, ricongiunto con la propria sorella nella nuova famiglia adottiva.
(4-08925)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante evidenzia alcune segnalazioni pervenute circa una supposta farraginosità e lentezza nell'attività posta in essere dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai). In particolare l'interrogante sostiene che l'azione dispiegata dalla Commissione per le adozioni internazionali in occasione di una procedura di adozione di un bambino cambogiano sia risultata carente ed inadeguata a garantire un'accettabile tempestività nelle adozioni e chiede al governo quali iniziative intende assumere affinché le pratiche di adozione verso lo Stato della Cambogia abbiano una rapida conclusione.
Preliminarmente occorre sottolineare che - come più volte è stato illustrato nel corso delle ripetute audizioni presso la Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza - l'Italia, oggi, è il primo Paese europeo per numero di accoglienza di minori, secondo nel mondo solo agli Stati Uniti d'America, che peraltro negli ultimi anni registrano una costante e significativa flessione delle adozione, mentre l'Italia ha al contrario progressivamente aumentato il numero dello adozioni.
Negli anni la Commissione per le adozioni internazionali ha costruito e sviluppato un sistema di relazioni internazionali così forte da essere considerata ormai uno degli interlocutori più importanti del segretariato della Conferenza de L'Aja e delle autorità centrali dei Paesi ratificanti.
Per quanto attiene la Cambogia, l'Italia è l'unico Paese che non ha mai interrotto i rapporti bilaterali di collaborazione.
Ciò nonostante la diversa posizione assunta negli anni passati da altri Stati d'accoglienza a causa di scandali verificatisi in quel Paese all'inizio degli anni duemila, relativamente alle adozioni realizzate da coppie statunitensi e da coppie francesi senza le necessarie cautele e i dovuti controlli sullo stato di abbandono dei minori adottati.
Nel marzo 2009 la Commissione per le adozioni internazionali effettuò un'apposita missione nel Paese, da un lato impegnandosi nella realizzazione di un articolato programma di cooperazione e assistenza tecnica, dall'altro lato assumendo l'impegno con le autorità cambogiane e con la comunità internazionale a non depositare nuovi fascicoli, fino a quando il Regno di Cambogia non avesse messo a punto norme di adeguamento del proprio ordinamento alla convenzione. Con ciò l'Italia si è allineata alla posizione comune di tutti gli altri Stati d'accoglienza.
Tuttavia, è sempre stato intenso e costante l'impulso e il controllo sull'andamento delle procedure depositate. Grazie al costante raccordo con le Autorità cambogiane, all'intervento del Presidente del Consiglio e del sottoscritto nei confronti del Ministro Ith Sam Heng, le circa 150 procedure pendenti al momento del blocco sono oggi quasi tutte concluse.
Tale costante cooperazione ha previsto, tra l'altro, un importante intervento rivolto alla formazione e qualificazione dei social-workers locali: operatori di importanza fondamentale affinché le procedure delle adozioni internazionali siano garantiste dei diritti dei minori e si svolgano enti in assoluta trasparenza e nel rispetto dei principi della convenzione.
Sotto la spinta dell'intera comunità internazionale, la Cambogia ha varato una nuova e moderna legge sulle adozioni, sospendendo nel frattempo l'accettazione di nuovi dossier e collaborando con il Permanent Bureau della Conferenza de L'Aja per l'implementazione del nuovo sistema.
Ad oggi, la Cambogia continua dunque ad essere sotto la lente di osservazione della comunità internazionale. Benché sia imminente la scadenza, annunciata dalle autorità locali, per la ripresa dell'accettazione di nuovi fascicoli, non sono stati completati i decreti attuativi della nuova legge e non sono state ancora date indicazioni precise sulla ripresa dell'attività e dei rapporti di collaborazione.
L'Italia ha tenuto nel frattempo una posizione rispettosa delle decisioni condivise dai Paesi d'accoglienza, ma anche di appoggio concreto alla Cambogia, nella convinzione che soltanto il sostegno tecnico, l'esperienza e l'aiuto dei Paesi più sviluppati possono determinare l'auspicato cambiamento e l'innovazione culturale e dei sistema di servizi sociali.
Ciò detto, sono comprensibili l'ansia e le pressioni delle famiglie italiane in attesa di avviare l'iter adottivo in Cambogia, ma le proteste fin qui pervenute ignorano gli obblighi internazionali che l'Italia è tenuta ad onerare, quale stato membro della Convenzione de L'Aja.
È necessario ribadire che proprio a causa delle scarse notizie sulla storia dei minori destinati all'adozione internazionale che la Comunità internazionale aveva scelto la strada della sospensione delle adozioni in Cambogia fino a quando il Paese non si fosse dotato di strumenti adeguati a garantire la puntuale applicazione dei princìpi di sussidiarietà.
In questo scenario va esaminato il caso dei signori S. e F., che adottarono un minore cambogiano nel novembre 2009 con l'assistenza dell'ente Cifa senza essere informati dell'esistenza di una sorella maggiore del bambino.
L'ente Cifa Onlus, è l'organizzazione italiana che ha realizzato il maggior numero di adozioni nel Paese. Ciò nonostante non era venuto a conoscenza dell'esistenza di una sorella maggiore del minore. Peraltro, secondo la legge cambogiana vigente tale minore non poteva essere destinata all'adozione internazionale avendo superato gli otto anni di età.
Tuttavia, i coniugi S. e F., venuti in seguito a conoscenza dell'esistenza della sorella e consapevoli dell'esistenza del vincolo legale stabilito dalla legge cambogiana, si attivarono comunque presso il competente Tribunale per i minorenni per ottenere un nuovo decreto di idoneità, non essendo più utilizzabile quello del 2007. Il nuovo decreto è stato comunicato il 16 marzo 2009, quando ormai era vigente il blocco dei depositi.
Al riguardo è opportuno fare una precisazione su quanto dichiarato dall'interrogante circa le mancate disposizioni della Commissione per le adozioni internazionali per poter utilizzare il precedente decreto rilasciato il 19 settembre 2006. Tale adempimento non solo non rientra nelle competenze della Commissione, ma è altresì incompatibile con la normativa italiana e internazionale.
I signori S. e F., sempre puntualmente informati dalla Cai e dall'ente sono stati ricevuti dalla vice presidente e dalla dirigente della segreteria tecnica della commissione ed hanno ottenuto tutte le possibili informazioni sulla situazione.
La Commissione per le adozioni internazionali avrebbe potuto in quella occasione semplicemente confermare l'impossibilità di compiere nuovi passi e l'impossibilità dell'adozione di una bambina troppo grande per la normativa cambogiana. Invece, essendo vivamente partecipe dell'ansia della coppia e consapevole del rischio dall'impossibilità della seconda adozione secondo la legge cambogiana vigente per via dell'età della minore, la commissione ha suggerito ai coniugi di avviare un progetto di ospitalità e studio per la minore, per il tramite del competente Comitato minori Stranieri che opera presso il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali.
Tuttavia, il progetto per motivi di studio si sarebbe potuto realizzare solo alla fine del 2010, allorché la minore avrebbe raggiunto l'età minima di 14 anni per potervi accedere, casi come prevista dalla normativa italiana vigente. L'avvio di tale progetto di accoglienza in Italia avrebbe comunque consentito di mettere in atto strategie alternative al periodo di moratoria stabilito dalla Cambogia, per poi eventualmente concordare
con le Autorità cambogiane la percorribilità dell'adozione alla luce della nuova legge.
Oggi siamo alla vigilia della conclusione del periodo di moratoria (probabilmente già a partire dal prossimo aprile 2011, sebbene il Regno di Cambogia non abbia ancora definito le procedure di accreditamento degli enti.
Con la riapertura dei depositi dei fascicoli, la commissione potrà certamente, nell'esercizio delle sue competenze, esplorare con il ministero per gli affari sociali della Cambogia (Mosvy) la migliore soluzione per ricongiungere i due fratelli.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.
SCHIRRU, FADDA, CODURELLI, CALVISI, PES, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, BOCCUZZI, GNECCHI e TRAPPOLINO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel numero 190 di ItaliaOggi, a pagina 24 dell'11 agosto 2010 si evidenziano le problematiche inerenti all'eliminazione dell'indennità chilometrica per le missioni di servizio. Tale situazione è stata evidenziata anche dall'Inail, dai comuni, dalla pubblica amministrazione in generale;
l'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, stabilisce che «gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi». Le norme disapplicate consentivano il rimborso delle spese per missioni autorizzate con auto del dipendente, nel limite di un quinto del costo del carburante;
tuttavia, la disapplicazione dell'indennità chilometrica per i dipendenti pubblici che utilizzino il proprio mezzo per le missioni di servizio non ha abolito il diritto al rimborso delle spese incontrate;
come ben evidenziato dall'articolo di ItaliaOggi, nell'intento di conseguire risparmi per la spesa pubblica, si è confusa la necessità di limitare le auto blu, con le spese per trasferte;
i dipendenti pubblici sono spesso stati autorizzati in passato ad utilizzare le proprie vetture per le trasferte, essenzialmente per due motivi: in primo luogo, perché il parco delle auto pubbliche, per quanto ampio e diffuso, non consente di assicurare l'impiego dell'auto di servizio ai dipendenti pubblici impegnati in attività esterne. E di dipendenti che svolgono servizi esterni ve ne sono tantissimi in tutte le pubbliche amministrazioni; basti pensare non solo a chi svolge servizi ispettivi nelle direzioni provinciali del lavoro o nelle agenzie fiscali, ma ai dipendenti delle dogane, ai docenti delle scuole impegnati su più sedi, ai dipendenti delle aziende regionali per l'ambiente, a coloro che svolgono i servizi tecnico-manutentivi in reperibilità, alle visite domiciliari di assistenti sociali e medici, alle ispezioni dei tecnici di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, agli archeologi costretti a recarsi nei siti archeologici, alla vigilanza per scongiurare gli abusi edilizi e via discorrendo;
in Sardegna per esempio, data la vastità e la configurazione del territorio, l'inadeguatezza dei mezzi pubblici di collegamento tra i comuni più isolati e la città capoluogo in cui sono ubicati i servizi e gli uffici amministrativi, si rischia la paralisi dell'attività delle pubbliche amministrazioni;
il secondo motivo del ricorso alle auto private dei dipendenti deriva dall'inevitabile assenza in alcune zone di mezzi di trasporto utili o dall'inconciliabilità degli orari; paradossalmente, un dipendente, per effetto dell'articolo 6, comma 12, della manovra finanziaria, dovendo utilizzare un mezzo di trasporto pubblico esistente, a causa degli orari, potrebbe essere costretto
al pernottamento in un albergo. Il che non aiuta sicuramente a ridurre i costi delle trasferte;
in ogni caso, l'articolo 6, comma 12, disapplica l'articolo 15 della legge 813 del 1973, ma non il suo articolo 12, ai sensi del quale «per i percorsi o per le frazioni di percorso non serviti da ferrovia o da altri servizi di linea è corrisposta, a titolo di rimborso spesa, un'indennità di lire 43 a chilometro aumentabile, per i percorsi effettuati a piedi in zone prive di strade, a lire 62 a chilometro». La norma, non attuabile per quanto concerne l'entità (per altro irrisoria) del rimborso spesa, anch'essa per questa parte travolta dalla manovra 2010, è rilevante perché pone un principio generale ovvio: se il pubblico dipendente è comandato a svolgere missioni e non sia possibile utilizzare mezzi pubblici, ha diritto a un rimborso delle spese incontrate per svolgere comunque la missione, nonostante l'impossibilità di utilizzare i trasporti pubblici. Dunque, la manovra 2010 ha inopportunamente reso inoperante le norme poste a determinare l'ammontare del rimborso, senza abolire il principio del rimborso delle spese;
appare evidente il cortocircuito giuridico (oltre che organizzativo) causato dalla frettolosa disposizione del decreto-legge n. 78 del 2010: da un lato, la norma elimina l'indennità chilometrica per il personale in missione che faccia uso dell'auto propria, ma dall'altro lascia fermo il principio del rimborso delle spese, facendo mancare un parametro per comprendere quale possa essere l'entità di tale rimborso -:
se non si ritenga opportuno predisporre urgentemente delle circolari con cui invitare all'adozione di atti organizzativi interni che facendo leva sull'articolo 12 della legge 836 del 1973 fissino il rimborso delle spese del personale autorizzato all'uso dell'auto propria in misura pari a quelle che avrebbero incontrato se la missione fosse stata condotta utilizzando un mezzo pubblico di trasporto.
(4-10938)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di fornire, mediante apposite circolari, chiarimenti urgenti circa la disciplina in materia di rimborso spese per i dipendenti pubblici autorizzati all'uso dell'auto propria, si rappresenta quanto segue.
I chiarimenti auspicati dall'interrogante sono stati già adeguatamente forniti dal competente Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato con la circolare del 22 ottobre 2010.
Detta circolare fornisce utili precisazioni in merito all'applicazione dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, con particolare riferimento a quanto disposto dal comma 12 del citato articolo. In ordine a tale ultima disposizione è emersa la necessità di tener conto della particolare situazione del personale che si trova a svolgere la propria attività in sedi geografiche disagiate e, che quindi, si vede costretto a prolungare o ad anticipare il periodo di missione con conseguenti maggiori spese di vitto e alloggio. Molte amministrazioni hanno, infatti, evidenziato che le suindicate criticità determinano disfunzioni sull'efficacia dell'azione amministrativa di alcuni uffici, anche con riferimento alle attività di verifica e controllo del personale, non necessariamente appartenente ai ruoli ispettivi, che si trovano nelle medesime condizioni di disagio sopra indicate.
Al riguardo, il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che dalla disposizione in esame può ritenersi escluso il personale adibito a funzioni ispettive, di cui al quarto periodo del comma 12, nonché, avuto riguardo alla natura dell'attività svolta, i soggetti impegnati nello svolgimento di funzioni istituzionali relative a compiti di verifica e controllo.
Cionondimeno è stato sottolineato che resta, comunque, ferma la necessità che anche il personale adibito a compiti ispettivi e di verifica e controllo si attenga ai principi di contenimento della spesa contenuti nella disposizione in esame, facendo ricorso al mezzo proprio solo nei casi in cui
detta scelta sia imposta dalle situazioni di disagio sopra evidenziate e, in ogni caso, qualora risulti economicamente più vantaggioso. A tal proposito, i dirigenti competenti a rilasciare le autorizzazioni in questione dovranno pur sempre verificare, in concreto, la sussistenza degli effettivi presupposti che legittimano il ricorso all'utilizzo del mezzo proprio.
La predetta circolare ha, altresì, precisato che conserva efficacia l'articolo 9 della legge 6 luglio 1978, n. 417, che prevede la facoltà dell'amministrazione di concedere l'autorizzazione all'utilizzo del mezzo proprio a favore del dipendente che debba recarsi per servizio oltre i limiti della circoscrizione provinciale. Tale disposizione continua ad operare non solo per il personale non contrattualizzato - per il quale, peraltro, resta fermo il quadro normativo preesistente al decreto-legge n. 78 del 2010 - ma, altresì, nei confronti del personale contrattualizzato, anche se impegnato nello svolgimento di compiti diversi da quelli ispettivi, di verifica e controllo. In tale ipotesi l'autorizzazione è finalizzata esclusivamente alla copertura assicurativa dovuta dall'amministrazione in base alle vigenti disposizioni in materia e resta, comunque, esclusa ogni possibilità di rimborso delle spese per l'utilizzo del mezzo proprio.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 8 e 9 maggio 2010 a Roma presso il Circo Massimo, si svolgeranno le celebrazioni per la giornata mondiale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, con il dispiegamento di strutture sanitarie, attrezzature e mezzi;
recentemente la stampa nazionale si è occupata della Croce rossa italiana con puntuali riferimenti alla mancanza di trasparenza nella gestione amministrativa e alla cattiva gestione di fondi pubblici -:
quanto personale, strutture e mezzi saranno impegnati per le celebrazioni in premessa, per quanto tempo e quale sia la previsione di spesa;
se i Ministri interrogati non ritengano più opportuno destinare le risorse economiche stanziate per detti festeggiamenti per il risanamento del debito o per le esigenze del Corpo militare.
(4-07060)
Risposta. - La Croce rossa italiana (Cri) ha inteso precisare che, nel corso dell'anno, non è sempre impegnata in attività di emergenza; pertanto, ha la necessità - al fine di non perdere l'efficacia che da oltre 30 anni contraddistingue l'operato dell'associazione ed, in particolare, del servizio attività di emergenza e operazioni internazionali - di effettuare delle esercitazioni per superare quegli elementi di insuccesso che si possono verificare nel corso degli interventi in emergenza, ovvero per fare tesoro degli elementi di successo, tendendo in tale modo verso un miglioramento dell'intervento.
Va anche detto che le attrezzature in dotazione alla Cri hanno bisogno di manutenzione e di essere pulite e revisionate, ma proprio per garantirne l'efficienza è necessario che, a determinate scadenze, detti macchinari siano messi in funzione, che le tende siano spiegate e montate e che i mezzi rotati vengano movimentati.
La giornata mondiale della Croce rossa è stata, dunque, l'occasione propizia per poter effettuare una esercitazione. La Cri si è impegnata per trovare degli spazi gratuiti in una splendida cornice quale quella del Circo Massimo in Roma; nel corso della manifestazione il personale si è potuto esercitare e molti mezzi sono stati impiegati ed utilizzati. Il personale ha, infatti, dispiegato un Base Camp, analogo a quello impiegato in Haiti nel corso della nota emergenza ancora in atto, composto di tende alloggio complete, container, bagni, nucleo cucina completo e tutte quelle attrezzature necessarie al funzionamento, oltre a tende medie multifunzione, del tipo di
quelle che sono state impiegate nel sisma dell'Abruzzo nel 2009.
Pertanto, nel corso delle celebrazioni dell'8-9 maggio 2010 al Circo Massimo, non solo è stato istruito in modo efficace il personale, ma si è potuta anche verificare l'efficienza di tutte le strutture dei materiali e dei mezzi in dotazione alla Cri. Inoltre, nel contesto dell'evento, si è voluto prevedere un momento specificatamente finalizzato all'esercitazione e formazione per il corpo militare dell'associazione.
In merito alle previsioni di spesa, la Cri ha precisato che sono stati assunti impegni provvisori sullo stanziamento funzionale del comitato centrale Cri - esercizio finanziario 2010 - per complessivi 105.000,00 euro di cui:
a) 60.000,00 euro per le spese attinenti l'esercitazione (cap. 109 del piano dei conti Cri);
b) 15.000,00 euro per le spese attinenti le missioni sul territorio nazionale per il personale del corpo militare Cri. (cap. 31 del piano dei conti Cri);
c) 30.000,00 euro per le spese attinenti la manifestazione (cap. 76 del piano dei conti Cri).
Per quanto riguarda invece, l'opportunità di «destinare le ricorse economiche staniate per detti festeggiamenti per il risanamento del debito o per le esigente del Corpo militare»; si informa che la copertura economica per procedere agli impegni di cui ai precedenti punti a) e b), pari a complessivi 75.000,00 euro è stata sostenuta ricorrendo allo specifico stanziamento del contributo del Ministero della difesa per il corrente esercizio. Detti impegni provvisori risultano rispondenti allo specifico vincolo del contributo ministeriale poiché rivolti ad attività esercitativa finalizzata alla preparazione del personale e dei materiali del Corpo Militare C.r.i. II contributo ministeriale, in virtù del preciso vicolo di destinazione dei fondi, non può essere destinato per il finanziamento di spese generali dell'ente.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con un proprio decreto in data 30 ottobre 2008 il Presidente del Consiglio dei ministri «Considerate le gravi carenze e irregolarità di gestione dell'Associazione, in particolare emerse dalla verifica amministrativo-contabile effettuata dall'Ispettorato generale di Finanza della Ragioneria generale dello Stato presso il Comitato centrale dell'Associazione Italiana della Croce Rossa - Corpo Militare - condotta dal 20 febbraio al 16 giugno 2008;» ha nominato l'avvocato Francesco Rocca commissario straordinario della Croce rossa italiana;
il mandato del commissario straordinario è stato recentemente prorogato fino al 31 dicembre 2011 con l'inusuale inserimento della disposizione nel decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102 concernente la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia;
sul periodico L'espresso, n. 31 del 5 agosto 2010, è stato pubblicato un articolo dal titolo «Enti in crisi - Croce rossa conti al verde» che sembra smentire categoricamente le recenti dichiarazioni sullo stato di salute dei conti economici della prestigiosa Associazione CRI;
il 31 marzo 2010 sul sito web istituzionale della CRI è stata pubblicata una nota del commissario straordinario nella quale si legge chiaramente che « Sprechi e debiti in aumento? L'attuale dirigenza della Croce Rossa Italiana (alla guida dell'Ente dal novembre 2008) ha operato uno straordinario contenimento delle spese. ... ... Conti in disordine? Il bilancio di previsione 2009 è stato ad oggi pienamente rispettato senza utilizzo alcuno degli avanzi di amministrazione di anni precedenti ed è in perfetto pareggio.» ed ancora
che «... è falso e calunnioso dire che i nostri bilanci sono in pareggio perché si reggono sui fondi del Ministero della Difesa.»;
con la nota protocollo n. 049720/2010 del 12 luglio 2010, avente ad oggetto «Deficit di cassa dell'Ente», il Comitato Centrale - Servizio 8° Amministrazione e Finanza - ha comunicato al commissario straordinario CRI che «l'ultimo saldo di cassa ha raggiunto un ammontare negativo di euro 50.566.989,21.» e che «essendo giunti al limite dello scoperto (fido + extrafido = 53.000.000 di euro = non sarà possibile dare seguito ad alcuni pagamenti giacenti in sospeso per circa 11 milioni di euro.»;
nella nota si legge che «la crisi di liquidità in cui si trova, ancora una volta, questo Ente è ascrivibile, principalmente, oltre che al ritardo con cui pervengono le tranches di finanziamento da parte dei Ministeri vigilanti, alla grave defezione nella quale versa questa associazione nel riscuotere i crediti che vanta nei confronti dei Comitati periferici, acuita vieppiù di recente dal fatto che alla stessa periferia dalla quale si dovrebbe introitare i crediti sono state di recente autorizzati diverse anticipazioni di cassa, anche per importi ragguardevoli (nella fattispecie: Comitato Provinciale di Chieti, Comitato Provinciale di Napoli, Comitato Provinciale di Latina, Comitato Provinciale di Roma).» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali siano i motivi che hanno impedito al commissario straordinario della CRI di procedere alla riscossione dei crediti vantati dall'ente e quali gli importi delle anticipazioni di cassa corrisposti ai comitati provinciali di Chieti, Napoli, Latina e Roma;
quali siano i motivi del riferito ritardo nei pagamenti dei finanziamenti da parte dei Ministeri vigilanti e quando siano stati effettuati i pagamenti e per quale importo negli anni 2008, 2009 e 2010;
quali immediate azioni intendano intraprendere i Ministri per evitare che l'ente sia definitivamente portato al fallimento da una gestione commissariale che evidentemente non ha saputo raggiungere gli obiettivi per la quale evidentemente era stata disposta.
(4-08305)
Risposta. - La croce rossa italiana (Cri) ha comunicato che sono state effettuate delle anticipazioni a favore dei comitati Cri menzionati nell'interrogazione in esame, per momentanea indisponibilità di cassa.
Ai riguardo, la Cri ha precisato che alcuni di essi vantano dei crediti nei confronti delle aziende sanitarie locali, verso le quali sono state attivate delle azioni per giungere ad una transazione dei crediti vantati.
Per quanto attiene ai ritardi nell'erogazione dei contributi, in favore della Cri, da parte di questo Ministero, si fa presente che l'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 2000, n. 286 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 242 del 16 ottobre 2000) stabilisce che «i trasferimenti di risorse finanziarie dello Stato a favore dell'Associazione italiana della Croce rossa sono disposti, per ogni esercizio finanziario, mediante ratei trimestrali da erogare entro i primi venti giorni dall'inizio di ogni trimestre».
Si segnala 7.38 01/04/2011che solo nel caso della prima rata si verifica un ritardo, che dipende dal momento dell'adozione del provvedimento di allocazione delle risorse finanziarie al Ministero della salute.
Tutti i rimanenti ratei sono sempre stati corrisposti nei primi giorni dell'inizio di ogni trimestre.
Si ritiene opportuno riportare un prospetto riepilogativo relativo agli anni 2008, 2009 e 2010, dal quale si può chiaramente evincere la data dell'adozione del provvedimento di erogazione del contributo.
Anno | I rata | II rata | III rata | IV rata | 2008 | 07.02.08 | 03.04.08 | 01.07.08 | 01.10.08 | 2009 | 25.02.09 | 15.04.09 | 03.07.09 | 02.10.09 |
2010 | 26.02.10 | 01.04.10 | 05.07.10 | 04.10.10 |
Per quanto riguarda l'ammontare dei contributi erogati, si allega il prospetto concernente la situazione dei versamenti dello Stato relativamente agli esercizi 2008, 2009 e 2010, alla data del 1o settembre 2010 (disponibile presso il servizio assemblea).
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.
VILLECCO CALIPARI, MINNITI e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Gioia Tauro dopo aver subito negli ultimi anni diversi scioglimenti per infiltrazioni mafiose ed essere stato commissariato, è recentemente uscito dalla fase di commissariamento e nel mese di aprile 2010 ha eletto un nuovo sindaco;
il Servizio di tesoreria del comune di Gioia Tauro, già scaduto durante la gestione commissariale, non ripristinato neppure dai commissari succedutisi, non è attualmente garantito al comune di Gioia Tauro che di fatto risulta rimasto privo di un tesoriere;
al momento non sono corrisposti stipendi al personale dipendente del comune: si tratta di circa 120 famiglie, per lo più monoreddito, questo perché le gare per l'affidamento del servizio di tesoreria sono andate tutte deserte e, allo stato, non si trova ancora la disponibilità di un istituto bancario disposto ad avere rapporti con il comune di Gioia Tauro;
non risultano essere stati corrisposti i compensi neppure ai lavoratori LSU ed LPU che operano in ausilio all'ente, né l'amministrazione potrà stabilizzare i 114 lavoratori LSU/LPU, in quanto il dissesto finanziario ereditato non offre alcuna possibilità di bilancio;
la mancanza del servizio di tesoreria ha comportato l'impossibilità per l'amministrazione di gestire le risorse comunali e l'ha costretta ad effettuare tagli alle risorse per i mezzi per il trasporto disabili e per gli scuolabus destinati al trasporto scolastico privi di carburante, alle risorse per le utenze telefoniche delle scuole, per il gasolio per il riscaldamento di scuole ed asili comunali, nonché il blocco di tutti i servizi comunali (manutenzione delle strade, acquedotti e sistema fognario, mensa scolastica, veicoli della polizia municipale, utenze degli uffici comunali che tra pochi giorni rischiano di venire staccate, contributi alle famiglie disagiate);
nonostante le moltissime denunce dei lavoratori e nonostante il ricorso agli organi istituzionali portati avanti incessantemente dall'amministrazione comunale, non si è potuta ancora apprezzare nessuna iniziativa in proposito né da parte del Governo né da parte della regione in materia di regionalizzazione del patto di stabilità;
nonostante il territorio di Gioia Tauro sia destinatario di centinaia di milioni di euro per lo sviluppo dell'area portuale e per il raddoppio dell'inceneritore, il comune di Gioia Tauro, invece, a causa di un ostacolo burocratico non potrà di fatto fornire servizi alla sua cittadinanza
perché nessun istituto bancario, ad oggi, sembra essere interessato a svolgere la funzione di tesoriere presso l'ente comunale -:
se non ritenga urgente e necessario adottare tutte quelle iniziative, anche di carattere straordinario, che possano, in tempi brevissimi, far ripartire la struttura amministrativa e burocratica, garantendo la gestione democratica dei servizi pubblici e la tutela dei diritti degli operatori e dei dipendenti dell'ente che contribuiscono ad assicurare ai cittadini la fruizione di tutti i servizi primari offerti dal comune.
(4-09600)
Risposta. - La prefettura di Reggio Calabria ha riferito che, nell'ottobre 2010, il sindaco di Gioia Tauro aveva rappresentato al prefetto la situazione di grave difficoltà connessa alla mancata definizione delle procedure di affidamento del servizio di tesoreria comunale dovuta all'esito negativo della gara d'appalto all'uopo indetta e all'indisponibilità manifestata dalle aziende di credito interpellate, motivata con l'asserita insufficienza delle garanzie patrimoniali fornite dall'ente locale e la scarsa remuneratività del servizio medesimo.
In un'ottica di collaborazione istituzionale, la prefettura avviava contatti diretti sia con la banca Popolare del Mezzogiorno che fino ad allora aveva curato il citato servizio, sia con altre aziende di credito operanti nella provincia, per stimolare una positiva valutazione delle esigenze rappresentate dal sindaco.
Al riguardo, si è dovuto registrare un uniforme atteggiamento di cautela da parte dei soggetti interpellati che hanno negato, con motivazioni di varia natura, la disponibilità dei rispettivi istituti creditizi ad assumere, anche con carattere di temporaneità, il servizio in parola.
La situazione di stallo venutasi a determinare aveva creato serie problematiche all'ordinaria funzionalità del comune di Gioia Tauro che non era in grado di effettuare i pagamenti di corrispettivi dovuti a ditte appaltatrici per servizi di pubblica utilità nonché delle retribuzioni stipendiali a favore dei propri dipendenti, le cui rappresentanze sindacali hanno comunicato in data 26 ottobre 2010 l'avvio di uno stato di agitazione e la proclamazione, per il 22 novembre 2010, di una giornata di sciopero.
La capacità dell'ente di far fronte alle esigenze quotidiane è stata ulteriormente complicata dagli esiti di un evento alluvionale particolarmente violento avvenuto nella giornata del 2 novembre 2010, che ha reso necessario avviare azioni immediate di soccorso delle numerose famiglie costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa dell'esondazione del torrente Budello.
Sono state anche assai forti le preoccupazioni per la tenuta finanziaria delle società creditrici del Comune che hanno rischiato, in assenza della ripresa dei pagamenti, il blocco totale dell'attività con la conseguente interruzione forzata di servizi di primaria importanza afferenti, tra l'altro, alla raccolta e smaltimento dei rifiuti.
In tale quadro il sindaco di Gioia Tauro aveva rivolto un ulteriore invito alla banca Popolare del Mezzogiorno per la prosecuzione del servizio, nelle more della definizione di nuove procedure di gara venute a scadere il 22 novembre 2010, con esito negativo: tale richiesta è stata sostenuta da un intervento della prefettura nei confronti del presidente dello stesso istituto di credito.
Della questione sono stati anche informati i competenti Uffici centrali del Ministero dell'interno nonché il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, che si sono attivati per individuare possibili ipotesi di soluzione.
Nel mese di novembre 2010, si è tenuto presso la prefettura di Reggio Calabria un apposito tavolo tecnico a cui hanno preso parte l'amministrazione comunale di Gioia Tauro ed i vertici della Banca Popolare del Mezzogiorno. In tale sede è stato raggiunto un accordo con il quale la banca si è impegnata fino al 31 dicembre 2010 a pagare gli stipendi arretrati ai dipendenti comunali e ad effettuare le altre operazioni per necessità essenziali nei limiti delle disponibilità finanziarie.
La questione è stata, successivamente, risolta in, quanto, a seguito di un intervento del Ministero dell'interno che, per
conto del comune, si è fatto garante di una nuova politica di risanamento della spesa pubblica, il servizio di tesoreria, con deliberazione del 27 dicembre 2010, è stato affidato dal Consiglio comunale all'istituto di credito Ubi banca Carime.
La stipula del relativo contratto ed il passaggio di consegne da parte del precedente tesoriere è avvenuto il 20 gennaio 2011.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in un precedente atto di sindacato ispettivo presentato diversi mesi fa al Ministero interrogato sulle fatiscenti condizioni della stazione ferroviaria di Verbania, il Ministro rispondeva annunciando lo stanziamento di 300.000 euro e il prossimo inizio dei lavori;
sono trascorsi diversi mesi da quella risposta, ma i lavori non sono iniziati e la situazione della predetta stazione ferroviaria è sempre più critica -:
quali siano i motivi del ritardo;
quando si ritenga che effettivamente inizieranno i lavori;
in quanto tempo saranno portati a termine.
(4-08700)
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile 2010, in risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante, il Ministro interrogato confermava che sarebbero stati di prossimo avvio i lavori di sistemazione della stazione ferroviaria di Verbania, per un importo di circa 300.000 euro;
a quanto consta all'interrogante nessun lavoro però è stato nel frattempo avviato -:
quali motivi abbiano portato a questo ulteriore ritardo, se il Ministero abbia in merito sollecitato Trenitalia e società collegate, quando si ritenga che verranno effettivamente avviati gli indispensabili lavori di sistemazione e miglioramento della stazione ferroviaria di Verbania in località Fondotoce.
(4-09114)
Risposta. - In riferimento all'interrogazioni, in esame, riguardanti la stazione di Verbania Fondotoce, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ferrovie dello Stato fa presente che la riqualificazione dell'impianto in questione ha maturato, rispetto al timing programmato da Centostazioni, un consistente ritardo dovuto all'attesa per la conclusione dell'iter di ottenimento della sanatoria da parte del comune di Verbania relativa ad opere abusive realizzate dal conduttore del bar attivo all'interno dell'edificio nel periodo precedente alla gestione di Centostazioni.
Tale sanatoria, che di fatto non ha consentito la consegna agli enti preposti della pratica edilizia relativa agli interventi di restyling programmati da Centostazioni, si è conclusa a fine settembre 2010, con la realizzazione degli interventi di ripristino dei locali da parte del conduttore dell'esercizio.
Ferrovie dello Stato riferisce, inoltre, che il progetto esecutivo delle opere in programma, già approvato da rete ferroviaria italiana, necessita di una rielaborazione alla luce dei recenti aggiornamenti richiesti dalla normativa vigente in materia di impianti antincendio, strutture, tariffe ferroviarie, sicurezza per poi essere sottoposto a nuovo vaglio da parte della società proprietaria dell'immobile e dagli Enti preposti. Solo in seguito all'approvazione, secondo Ferrovie dello Stato, sarà possibile indire una gara d'appalto per l'assegnazione dei lavori ad una ditta specializzata.
Infine, si informa che Ferrovie dello Stato, tenendo conto degli adempimenti previsti, stima l'avvio dei lavori di riqualificazione della stazione di Verbania Fondotoce a fine 2011.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il giorno 8 giugno 2010 una nuova agenzia di stampa ha pubblicato nel suo sito web www.GeaPress.org un video dossier ove sono mostrate le orrende condizioni di detenzione di molti cavalli della città di Palermo;
nel video in oggetto sono mostrati preoccupanti fenomeni quali quello delle corse clandestine di cavalli ed il coinvolgimento di minori;
nello stesso documento sono mostrati gli attenti interventi della Forze dell'ordine che devono però infrangersi innanzi ad una legislazione molto permissiva prevalentemente basata su norme del codice della strada che poco o nulla possono determinare in un ambiente che è prevalentemente criminale;
le strade di Palermo, ma notoriamente di molte città del sud Italia, sono trafficate da centinaia di calessi di corsa così come si è avuto modo di vedere anche nel corso di un documento della trasmissione di RAI3 Report di domenica 6 giugno 2010;
il problema è sicuramente da affrontare togliendo la disponibilità della strada a veicoli trainati da cavalli, fermo restando i regolamenti comunali relativi alle già opinabili bottigelle per turisti -:
se i Ministri per le rispettive competenze intendano urgentemente promuovere un'iniziativa normativa urgente che bandisca con effetto immediato l'uso di autoveicoli a trazione animale lungo le strade in specie urbane;
se i Ministri intendano secondo le loro competenze verificare quella che pare essere una situazione di ampio, e diffuso degrado basata sullo sfruttamento di numerosi cavalli mostrati finanche rinchiusi in orrendi box privi di ogni elementare precauzione igienica.
(4-07532)
Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Ministero della salute ha dato disposizioni al comando Carabinieri per la tutela della salute - nucleo antisofisticazioni e sanità (Nas), di effettuare numerosi interventi di controllo per contrastare il fenomeno delle corse e delle macellazioni clandestine di equidi, in particolare nelle zone critiche del nostro paese.
Per quanto riguarda la regione Sicilia, nel 2010 sono state condotte tre indagini che hanno comportato l'individuazione dei responsabili, il sequestro delle strutture, dei cavalli e dei medicinali illegalmente utilizzati, ed è ferma l'intenzione del Ministero della salute di mantenere alta l'attenzione contro tali comportamenti criminali.
In particolare, a seguito del servizio mandato in onda nel programma di Rai 3 «Report» in data 6 giugno 2010 e di altre segnalazioni, circa le condizioni di detenzione dei cavalli utilizzati per il diporto nella città di Palermo, si è provveduto ad inviare una nota alle autorità territorialmente competenti, con la quale si chiede di monitorare il fenomeno e di mettere in atto interventi di repressione delle situazioni d'illegalità, nonché di porre in essere adeguate misure per garantire il rispetto della salute e del benessere degli equini impiegati per il trasporto dei turisti e per altri fini consentiti.
Si rammenta che i comportamenti criminosi in questione rientrano nei reati previsti dalla legge 20 luglio 2004, n. 189 «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate»; infatti, l'articolo 1 di questa legge, nell'apportare modifiche al Codice penale, ha inserito, tra gli altri, i seguenti articoli: 544-bis «Uccisione di animali», 544-ter «Maltrattamento di animali», 544-quater «Spettacoli o manifestazioni vietati» e 544-quinquies «Divieto di combattimenti tra animali».
Si ritiene opportuno precisare che al fine di garantire la salute e il benessere degli equidi, in data 21 luglio 2009, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha emanato l'ordinanza contingibile ed urgente concernente la disciplina di manifestazioni popolari pubbliche o private nelle quali vengono impiegati equidi, al di fuori degli impianti e dei percorsi ufficialmente autorizzati.
Tale disposizione ha introdotto misure atte alla tutela dell'integrità fisica degli equidi utilizzati nei palii e in altre manifestazioni, nonché all'incolumità dei fantini e degli spettatori presenti.
Inoltre, presso il Ministero della salute il 20 maggio 2010 è stata istituita l'unità operativa «Tutela Animale», costituita da un «pool» di veterinari dedicati al settore benessere animale, che in collaborazione con i Carabinieri Nas operano una costante azione di monitoraggio e vigilanza su tutto il territorio nazionale, sia per contrastare i reati compiuti sugli animali, quali il maltrattamento e le sevizie sia per verificare la corretta applicazione della normativa vigente in materia, ivi compresa quella riguardante gli equidi.
In merito alla richiesta di istituire il divieto d'uso di veicoli a trazione animale lungo le strade, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inteso sottolineare che una iniziativa normativa in tal senso confligge con le disposizioni del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 «Nuovo codice della strada».
Il nuovo codice della strada consente infatti la circolazione e la conduzione di veicoli a trazione animale.
Peraltro, l'articolo 9 del decreto legislativo n. 285/1992 dispone il divieto di competizioni con animali o con veicoli a trazione animale, salvo autorizzazione, e prevede sanzioni in caso di inottemperanza agli obblighi, divieti e limitazioni ai quali viene subordinata l'effettuazione della competizione.
Il Ministero dell'interno ha segnalato che la Polizia stradale, pur non avendo una competenza specifica nell'azione di repressione delle competizioni clandestine con i cavalli all'interno del circuito urbano, provvede ad attuare dispositivi di controllo preventivo sull'autotrasporto di animali vivi nella provincia di Palermo, anche con l'ausilio di personale del Servizio veterinario della locale azienda sanitaria locale.
In tale contesto, solo nel 2010 sono state accertare 32 infrazioni amministrative concernenti carenze igienico: sanitarie e condizioni di trasporto non regolari: è stata denunciata una persona per il reato di maltrattamento di animali, ed è in corso un'indagine che vede coinvolte 27 persone per i reati di falso materiale continuato commesso da pubblico ufficiale, nell'ambito del trasporto di animali vivi.
Per quanto concerne la circolazione dei veicoli a trazione animale, presso il comune di Palermo risultano rilasciate 44 licenze per carrozze da nolo adibite a trasporto di persone, mentre non risulta di significativa consistenza il trasporto di cose o di beni agricoli con utilizzo di veicoli a trazione animale.
Per quanto riguarda le ulteriori iniziative intraprese a livello locale, si ritiene opportuno allegare la nota pervenuta dalla Prefettura ufficio territoriale del Governo di Palermo (disponibile presso il servizio Assemblea).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano ecologista Terra di apprende che Ferrovie dello Stato ha lanciato una campagna con bassi prezzi sulle tratte collegate con treni ad alta velocità come i Frecciarossa ma le chiamate al call center sono a pagamento e i ticket non si trovano;
con la «Promozione Estate» - scrive Ferrovie dello Stato sul suo sito internet - viaggi a prezzi davvero speciali. Soli 19 euro o 39 euro in seconda classe e 69 euro in prima classe. Il tutto con l'alta velocità,
con i Frecciarossa «da Roma a Milano, Venezia, Padova, Torino, Verona, Brescia, Bolzano, Udine, Paola, Lamezia Terme, Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa» oltre che «da Milano a: Roma, Napoli e Salerno e viceversa». Mentre per le altre tratte dove ancora non si viaggia a 300 chilometri orari con gli etr500, ci sono i Frecciargento allo stesso prezzo. In quest'ultimo caso è possibile viaggiare «da Roma alle seguenti località della Puglia: Foggia, Barletta, Bari, Brindisi, Lecce, Bisceglie, Fasano, Moffetta, Monopoli, Ostuni e Trani e viceversa». Per farlo, continua Trenitalia, basta acquistare le promozioni «almeno 30 giorni prima della partenza e sono disponibili per viaggi fino al 30 settembre 2010». Anche se «il numero di posti a disposizione per l'offerta è limitato e varia a seconda dei giorni della settimana, dei treni e della classe». Ci sono poi gli sconti «meno 30 e meno 15» che prevedono una riduzione del costo del biglietto dal 15 per cento (da acquistare fino a 7 giorni prima della partenza) al 30 per cento (almeno 15 giorni prima), sia in prima che seconda classe, su tutti i treni a lunga percorrenza (quindi tranne i regionali): alta velocità, eurostar, eurocity, intercity, intercity notte, espressi, comprese cuccette e vagoni letto, tranne quelle di alta categoria come le excelsior ed excelsior a 4 posti;
il problema è che dalle segnalazioni giunte alla redazione di Terra acquistare questi biglietti è quanto mai difficile, anche perché Trenitalia non comunica quanti biglietti scontati sono rimasti ma soprattutto quanti ne sono stati messi in vendita per una determinata tratta e in che giorno;
secondo Marco Mancini che in Ferrovie dello Stato si occupa proprio delle promozioni, «abbiamo messo a disposizione oltre mezzo milione di biglietti al mese sull'alta velocità, più di un milione in totale, mentre altre iniziative come lo sconto famiglie sono a numero illimitato», e, quando i giornalisti autori dell'articolo e Mancini provano a cercare insieme un biglietto a 19 euro da Milano a Roma con l'alta velocità per fine settembre (a tre mesi), lui lo trova ma i giornalisti no;
le Ferrovie assicurano che «sulla base di una verifica interna fatta la scorsa settimana, i biglietti promozionali messi in vendita nel mese di giugno non sono andati esauriti. Anzi in alcuni casi anche il 20 per cento è rimasto invenduto», ma alla domanda su come vengono ripartiti questi biglietti sulle varie tratte e quanti posti a prezzo scontato sono disponibili su ogni treno, le Ferrovie ammettono di non conoscere l'esatta ripartizione; sul sito internet di Trenitalia scegliendo giorno, orario e destinazione c'è solo un semaforo che indica la disponibilità dei posti scontati, non essendo consentita dalle Ferrovie «la visualizzazione del numero di biglietti offerti e di quelli residui, per evitare di dare informazioni alla concorrenza, sugli orari sensibili. Ma bastano due clic per capire se il biglietto c'è», spiegando anche che «se sui treni molto affollati ci saranno in media cinque biglietti a 19 euro (un etr500, treno usato per i collegamenti Frecciarossa, ha 603 posti a sedere,dunque i biglietti scontati sono meno dell'1 per cento), su quelli meno frequentati molti di più», senza però dire esattamente quanti -:
se e quali iniziative si intendano adottare affinché Trenitalia informi preventivamente quali sono le effettive disponibilità di biglietti scontati sulle varie tratte.
(4-08161)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, sono state chieste informazioni alla società Ferrovie dello Stato che ha riferito quanto segue.
Sul sito web di Trenitalia sono riportate, per il periodo di validità dell'offerta promozionale, tutte le informazioni relative alle condizioni commerciali per accedere alla promozione in corso, tra cui i prezzi delle offerte distinti per prodotto (Frecciarossa, Frecciargento, Treni notte), la durata della promozione stessa, nonché le varie modalità di acquisto dei biglietti in offerta.
I biglietti venduti per la promozione estiva «Speciale 19 euro» sono stati 99.744
ma va evidenziato che il plafond dei biglietti in promozione messo a disposizione della clientela per il trascorso mese di luglio non è risultato esaurito. L'offerta in questione è stata strutturata con un numero di biglietti a disposizione variabile a seconda dei giorni e dei treni; pertanto, su treni particolarmente richiesti, dove l'andamento delle prenotazioni evidenzi indici di domanda molto elevati, la disponibilità può anche essere nulla, di contro, per altri collegamenti la promozione può raggiungere il 20 per cento del totale dei posti offerti. La disponibilità delle offerte è «dinamicamente» adeguata all'andamento delle prenotazioni.
Il sito web di Trenitalia, al fine di informare il cliente sulla effettiva disponibilità dei posti acquistabili a tariffa scontata indica, al momento della richiesta, la accettabilità/inaccettabilità dell'acquisto (semaforo verde o rosso) in tempo reale; ciò per consentire di orientarsi in modo estremamente semplice sulle soluzioni di viaggio più convenienti. L'acquisto dei biglietti in promozione può essere effettuato senza costi aggiuntivi presso le rivendite autorizzate (agenzie di viaggio) o mediante il sito web di Trenitalia; il call center costituisce solo una delle opzioni di cui dispone la clientela per l'acquisto dei biglietti scontati.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo gli apicoltori gli accertamenti scientifici in atto con il progetto di ricerca, pubblico e indipendente, Apenet, confermano il non rimediabile effetto tossico su api e ambiente dei concianti neurotossici;
nel periodo del divieto d'impiego dei neonicotinoidi si sia riscontrata un'evidente ripresa dello stato di salute e di buona produttività degli allevamenti apistici italiani e che nel periodo di mancato impiego di semi conciati non si siano verificati fenomeni, al contrario delle allarmistiche previsioni, di danni da diabrotica su mais;
recenti ricerche, pubblicati dal magazine Technology, hanno portato ulteriori prove a favore della tesi che i nicotinoidi sono la causa del declino della popolazione di api in molti Paesi -:
se non ritengano i Ministri interrogati di assumere le necessarie iniziative volte a stabilire immediatamente e comunque prima del 20 settembre 2010, il divieto definitivo all'uso di questi pesticidi e ribadire il divieto d'irrorazione di insetticidi su mais in fioritura.
(4-08405)
Risposta. - Da diversi anni sono segnalati, a livello mondiale, fenomeni di mortalità e di spopolamento di famiglie di api con modalità che fino ad oggi sembrano riconducibili a cause multifattoriali.
Le ricerche svolte finora hanno messo in evidenza che i fattori di rischio più probabili sono le malattie che colpiscono le famiglie di api, i trattamenti fitosanitari con alcune sostanze attive (fipronil, imidacloprid e altri neonicotinoidi, quali thiamethoxam e clothianidin), le pratiche apistiche, l'andamento climatico, la drastica diminuzione dei luoghi di bottinamento, lo scarso valore nutrizionale del polline raccolto, la gestione del territorio ed altri possibili fattori, quali i campi elettromagnetici.
Il Ministero della salute, per favorire lo svolgimento delle ricerche necessarie a fare luce sul complesso fenomeno in questione, visto il parere favorevole espresso dalla Commissione consultiva dei prodotti fitosanitari, con il decreto dirigenziale 17 settembre 2008 e con il successivo decreto dirigenziale 26 gennaio 2009, ha provveduto alla sospensione cautelativa dei prodotti fitosanitari a base delle sostanze attive imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin e fipronil, utilizzati come concianti delle sementi, fino al 20 settembre 2009: successivamente è stato avviato uno specifico
programma di monitoraggio nazionale e ricerca denominato «Apenet», coordinato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Come indicato dai primi risultati ottenuti dalla rete di monitoraggio attivata su tutto il territorio nazionale e, in particolare, nelle vicinanze delle zone maidicole, nella primavera 2009 sono stati rilevati solo due episodi di moria delle api, contro i 185 episodi segnalati nella primavera del 2008, mentre dalle sperimentazioni condotte in campo, eseguite nei primi mesi dell'anno 2009, tramite l'applicazione di un sistema di abbattimento della polverosità applicato alle macchine seminatrici di tipo pneumatico, utilizzando semi di mais conciati con le sostanze attive clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid e fipronil, non era emersa una significativa riduzione nell'emissione delle polveri, né a terra, né nell'aria.
Inoltre, dai primi risultati dei test eseguiti per studiare gli effetti subletali nei confronti delle api adulte, che sono stati effettuati solo con alcune delle sostanze attive sospese, risultava una compromissione del recupero della memoria delle stesse api a medio e a lungo termine (disorientamento).
Preso atto dei risultati ottenuti dal progetto «Apenet», si è provveduto a prorogare la sospensione delle quattro sostanze attive fino al 20 settembre 2010, con l'emanazione del decreto dirigenziale 14 settembre 2009.
Nel frattempo, a livello europeo la direttiva 2010/21/UE ha imposto agli Stati membri di definire ulteriori disposizioni, comprese misure di attenuazione dei rischi per gli organismi non bersaglio, con particolare riferimento alle api da miele, e di verificarne la reale fattibilità, con precipuo riguardo alle modalità di preparazione delle sementi e delle attrezzature impiegate per la semina, al fine di garantire un elevato grado di incorporazione del seme nel suolo e di ridurre al minimo le perdite ed il rilascio di polveri.
Per l'anno 2010, dalla relazione concernente l'attività svolta ed i risultati ottenuti nell'ambito del progetto «Apenet» per la tematica «Effetti del mais conciato sulle api», è emersa una situazione invariata rispetto a quella evidenziata nel 2009 e lo stesso Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha proposto un'ulteriore sospensiva dell'impiego delle sostanze attive clothianidin, thiamethoxam, imidacloprid, al fine di poter approfondire, potenziare ed ultimare le sperimentazioni in atto: detta proroga è stata condivisa anche dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha affidato all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) la conduzione di un'indagine tecnico-conoscitiva sul fenomeno di moria delle api in ambienti naturali o semi-naturali ed in terreni agricoli che ricadono all'interno delle aree naturali protette, finalizzata a completare il quadro conoscitivo del progetto di ricerca «Apenet». La conclusione di tale indagine, che prevede l'effettuazione di analisi e valutazioni, con criteri qualitativi e quantitativi, dei principali patogeni ed inquinanti ambientali, incluso l'uso di neonicotinoidi nelle attività agricole, è prevista per la prossima primavera. Inoltre, la proroga della sospensiva già in atto è stata condivisa anche da parte del Ministero dello sviluppo economico.
Pertanto, considerato quanto sopra riportato, il Ministero della salute ha ritenuto opportuno prorogare la sospensione cautelativa dei prodotti fitosanitari a base delle quattro sostanze attive, fino al 30 giugno 2011, con decreto dirigenziale 16 settembre 2010, al fine di poter ultimare le sperimentazioni in atto, i cui dati non potranno essere acquisiti e valutati antecedentemente alla fine del primo semestre del prossimo anno, e di poter successivamente elaborare, alla luce delle ulteriori conoscenze acquisite, le disposizioni tecniche necessarie per la piena attuazione delle misure disposte dalla direttiva 2010/21/UE, ed ogni ulteriore provvedimento per il contenimento del fenomeno di mortalità e di spopolamento di famiglie di api, poste soprattutto in prossimità delle zone maidicole.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dal rapporto «sul piano nazionale di monitoraggio delle acque interne, superficiali e sotterranee» dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat) le acque italiane sono contaminate da 119 tipi di pesticidi. Un fenomeno che investe le falde idriche;
dei pesticidi rinvenuti 112 sono stati rintracciati nelle acque superficiali, 48 in quelle sotterranee. «Nelle acque superficiali - spiega il Rapporto - è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di monitoraggio (47 per cento del totale), nel 27,9 per cento dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili. Nelle acque sotterranee sono risultati contaminati 630 punti di monitoraggio (24,8 per cento del totale), nel 7,7 per cento dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità»;
l'Apat sottolinea che, a fronte di un consumo annuo di pesticidi di 150 mila tonnellate con circa 400 principi attivi utilizzati, varie sono le maggiori criticità sul territorio nazionale, tra cui «la contaminazione da terbutilazina diffusa in tutta l'area padano-veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del Centrosud: risulta presente nel 51,5 per cento dei punti di campionamento delle acque superficiali e nel 16,15 di quelli delle acque sotterranee»;
la ricerca ha rilevato inoltre che «ancora diffusa a distanza di un ventennio dal divieto, è la presenza di atrazina, residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato». Segnalate anche specificità legate al territorio di alcuni pesticidi, come la contaminazione da bentazone, erbicida utilizzato nelle risaie e quindi presente soprattutto in Piemonte e nella zona sud-ovest della Lombardia -:
quali iniziative si intendano promuovere per contenere l'uso dei pesticidi a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-08536)
Risposta. - L'impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura è necessario al fine di difendere le colture da avversità che potrebbero compromettere la qualità e la disponibilità di prodotti vegetali e di origine vegetale nel mercato.
In particolare, l'immissione in commercio e l'utilizzo dei prodotti fitosanitari sono subordinati ad autorizzazione, rilasciata dal Ministero della salute secondo i requisiti stabiliti dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 «Attuazione della direttiva 91/414/CEE in materia di immissione in commercio di prodotti fitosanitari».
L'introduzione nell'ordinamento nazionale delle norme di tale direttiva comunitaria ha determinato l'implementazione di procedure e condizioni di autorizzazione armonizzate, basate su un sistema altamente specializzato di valutazione dei rischi connessi all'impiego dei prodotti fitosanitari, volto ad assicurare un elevato livello di protezione della salute dell'uomo, degli animali e dell'ambiente.
Ai fini del rilascio dell'autorizzazione, le imprese interessate sono tenute a presentare, a corredo di ciascuna istanza, un dossier tecnico che fornisca i dati necessari per valutare i prevedibili rischi, immediati o ritardati, che la sostanza o il relativo formulato possano determinare per l'uomo, per gli animali e per l'ambiente, nelle normali condizioni pratiche di utilizzo del prodotto fitosanitario.
L'autorizzazione di tale prodotto può essere rilasciata soltanto se le relative sostanze attive componenti sono incluse nella lista positiva di cui all'allegato I «Sostanze attive autorizzate ad essere utilizzate nei prodotti fitosanitari», della direttiva 91/414/CEE.
L'esame della documentazione tecnica presentata viene svolto, conformemente ai principi uniformi per la valutazione e l'autorizzazione
dei prodotti fitosanitari, condivisi in ambito comunitario, dal Ministero della salute, il quale si avvale della commissione consultiva per i prodotti fitosanitari, che vede la partecipazione anche di rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Ministero dello sviluppo economico, nonché quella di esperti provenienti da diversi istituti scientifici ed università, aventi competenza specifica in ambito tossicologico, ambientale ed ecotossicologico, chimico, agronomico.
In particolare, nell'ambito della valutazione del prodotto e dei potenziali rischi connessi al suo utilizzo, gli esperti valutano: efficacia agronomica; composizione/formulazione/proprietà chimico/fisiche; rischio potenziale di effetti nocivi per l'operatore; rischio potenziale di effetti nocivi per il consumatore attraverso alimenti provenienti da colture sottoposte a trattamenti fitosanitari.
Il livello dei residui nelle derrate alimentari deve essere conforme al limite stabilito in ambito comunitario: rischio potenziale di effetti nocivi per l'ambiente (suolo, acque, aria) con valutazione della distribuzione e del comportamento nell'ambiente della sostanza attiva, dei relativi metaboliti e dei prodotti di degradazione; rischio potenziale di effetti nocivi per gli organismi non bersaglio, vertebrati terrestri (uccelli e mammiferi), api e altri artropodi, organismi acquatici (pesci, invertebrati, alghe e piante), organismi del suolo, piante spontanee.
La valutazione tiene conto della possibilità di introdurre misure di mitigazione del rischio, quali, ad esempio: limitazioni di dose e/o numero di applicazioni, divieto di utilizzo in aree territoriali con caratteristiche di particolare vulnerabilità, fasce di rispetto (zone non trattate) da corpi idrici superficiali; obbligo di indumenti di protezione per l'operatore, eccetera.
Nel caso in cui dalla valutazione risulti comunque un rischio non accettabile per l'uomo, gli animali o l'ambiente, tenuto anche conto delle eventuali misure di mitigazione proposte, l'autorizzazione non viene concessa.
Particolare attenzione viene riservata alla protezione delle acque, infatti i principi uniformi di valutazione sopra richiamati prevedono espressamente che l'autorizzazione venga rilasciata solo nel caso in cui sia inequivocabilmente dimostrato che l'impiego del prodotto fitosanitario, nelle condizioni d'uso previste in etichetta, non comprometta lo stato di qualità delle acque e la salvaguardia degli ecosistemi acquatici e che, pertanto, non determini conseguenze inaccettabili per la salute umana e per l'ambiente.
Ad integrazione dei «Guidance Document» comunitari adottati nelle procedure di valutazione del rischio ambientale introdotte dalla direttiva 91/414/CE, la citata commissione consultiva, nel luglio 2009, ha approvato i documenti-guida nazionali sotto indicati:
criteri nazionali per la valutazione del rischio ambientale: acque superficiali e acque di falda;
misure di mitigazione del rischio per la riduzione della contaminazione dei corpi idrici superficiali da deriva e ruscellamento;
criteri per l'applicazione sui prodotti delle frasi relative alle precauzioni per l'ambiente, definite dalla direttiva 2003/82/CE.
Detti documenti sono da intendersi correlati ai sopra citati «Guidance Document», dei quali costituiscono un efficace elemento di integrazione, in quanto definiscono ulteriori criteri di valutazione che tengono conto delle peculiari caratteristiche agro-ambientali del territorio italiano.
Per quanto riguarda le sostanze attive espressamente citate nell'interrogazione parlamentare in esame, si ritiene opportuno fornire i seguenti elementi di conoscenza in merito allo specifico inquadramento normativo e ai provvedimenti adottati per ciascuna sostanza, al fine di ottimizzarne l'utilizzo, assicurando un adeguato livello di protezione ambientale.
Atrazina - Già nel 1990, nel quadro delle iniziative intraprese per il risanamento delle acque destinate al consumo umano, venivano adottati in ambito nazionale provvedimenti di divieto di vendita ed utilizzo dei prodotti fitosanitari a base di atrazina, pertanto non più presenti nel territorio nazionale da diversi anni. La sostanza attiva in questione è stata definitivamente bandita dal mercato comunitario, a seguito della decisione (CE) 2004/248 di non iscrizione nell'allegato I della direttiva 91/414/CEE.
Terbutilazina (Tba) - Introdotta in Italia negli anni 80 come «erbicida totale», quale efficace sostanza sostitutiva dell'atrazina, la TbA ha subito una progressiva riduzione del suo utilizzo, attualmente limitato al diserbo selettivo di sorgo e mais. Nel 2007, tenuto conto dei risultati del piano triennale di controllo sugli effetti ambientali dei prodotti fitosanitari, all'epoca coordinato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici-Apat, che aveva rilevato la presenza significativa di tale sostanza attiva nelle acque superficiali e sotterranee di alcune regioni del nord Italia, la commissione consultiva, attraverso il gruppo di lavoro «terbutilazina nelle acque» appositamente costituito, ha svolto un approfondito esame della relativa problematica ed ha approvato le seguenti misure restrittive nell'impiego di Tba:
divieto di impiego all'interno di una fascia di rispetto di almeno 5 metri dai corpi idrici superficiali;
nelle aree definite vulnerabili ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale», limitazione di utilizzo della sostanza ad anni alterni ed esclusivamente con interventi localizzati sulla fila di semina, fatta salva la facoltà delle regioni di adottare nelle stesse aree il divieto all'impiego;
impiego esclusivo su mais e sorgo con parallela riduzione della dose massima;
riconversione di tutti i prodotti con formulazioni monocomposte, contenenti la sola Tba in formulazioni contenenti in miscela ulteriori sostanze attive ad effetto diserbante, in grado di integrarne l'azione: revoca delle autorizzazioni dei prodotti monocomposte, ove tale modifica di composizione non sia attuabile.
Dette misure restrittive sono state adottate dal Ministero della salute con decreti dirigenziali di modifica o revoca delle autorizzazioni, già efficaci dalla campagna di impiego del marzo 2008.
In attesa della conclusione del riesame comunitario della terbutilazina, ai sensi del regolamento (CE) n. 33/2008, conformemente alla decisione comunitaria 2010/455/UE, che ha modificato, tra l'altro, la decisione 2008/934/CE, le autorizzazioni dei prodotti contenenti tale sostanza attiva saranno revocate a partire dal 1o gennaio 2011, con possibilità di utilizzo delle scorte giacenti fino al 31 dicembre 2012.
Bentazone - Sostanza attiva elencata nell'allegato I: risultano attualmente autorizzati solo 5 prodotti fitosanitari a base di bentazone, limitatamente all'impiego sulle colture di frumento, mais, pisello, soia. Circa il riferimento dell'interrogazione parlamentare all'utilizzo di bentazone nel diserbo delle risaie di Piemonte e Lombardia, occorre rilevare che tale impiego è stato eliminato dall'etichetta dei suddetti prodotti già nel 2006, non essendo disponibili dati e studi ai fini di una adeguata valutazione del rischio di contaminazione delle acque.
Tutte le sostanze attive presenti nel mercato comunitario alla data di attuazione della direttiva 91/414/CEE (note come «existent active substances» - Eas) circa 970, sono state sottoposte a riesame comunitario, secondo i criteri stabiliti dalla stessa direttiva 91/414/CEE, attraverso un articolato programma di lavoro coordinato dalla Commissione europea, al quale hanno fattivamente collaborato gli stati membri.
L'Italia ha svolto un ruolo di primo piano, avendo agito in qualità di stato membro relatore per numerose sostanze attive.
Il programma di riesame si è concluso nel 2009 con una riduzione notevole di sostanze attive utilizzabili in agricoltura, risultandone attualmente iscritte circa 350 nel più volte citato allegato 1.
Parallelamente è stato avviato, in ambito nazionale, il riesame di tutti i prodotti fitosanitari registrati a base di Eas, al fine di uniformarne le condizioni di autorizzazione e di impiego, secondo i requisiti stabiliti dalla direttiva 91/414/CEE.
La conclusione del suddetto riesame è prevista entro il 2014 conformemente ai termini stabiliti dalle norme comunitarie.
A tal riguardo si rammenta che le procedure e i principi di valutazione del rischio, nonché gli strumenti di salvaguardia ambientale, sono stati, da ultimo, rivisti e aggiornati a seguito dell'emanazione sia del regolamento (CE) n. 1107/2009, relativo all'immissione nel mercato dei prodotti fitosanitari, il quale ha abrogato la direttiva 91/414/CEE, sia della direttiva 2009/128/CE che istituisce un «quadro» per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
Attraverso gli interventi sopra citati, e con ulteriori specifici atti normativi relativi a settori correlati, la Commissione europea ha dato l'avvio al processo di implementazione della strategia tematica adottata nell'ambito del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, a norma della decisione n. 1600/2002/CE, con l'obiettivo di realizzare un uso sostenibile dei pesticidi, che assicuri un sempre più elevato livello di tutela dell'ambiente e della salute umana.
Peraltro si segnala che il regolamento (CE) n. 1107/2009, che più direttamente incide sulle attività coordinate dal Ministero della salute inerenti le procedure di autorizzazione ed i criteri di valutazione dei prodotti fitosanitari, avrà effettiva applicazione a partire dal 14 giugno 2011.
Detto regolamento prevede, tra l'altro, un sistema di sostituzione delle sostanze attive più tossiche con sostanze alternative, anche non chimiche, maggiormente sicure.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.