XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 30 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
l'attuale Governo ha posto tra gli obiettivi fondamentali della propria azione una rigorosa verifica sulle «false invalidità»;
dapprima, infatti, con l'articolo 80 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008, si è previsto che l'Inps attuasse nell'anno 2009 un piano straordinario di 200 mila verifiche dei titolari di invalidità civile;
successivamente, con l'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009 n. 102 recante «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», sono state attribuite all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità e sono state riviste le modalità di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni ed il ricorso in giudizio;
infine, con la legge finanziaria per il 2010, è stato previsto un programma di 100 mila verifiche aggiuntive rispetto ai 200 mila accertamenti di cui al predetto decreto-legge n. 122 del 2008 nei confronti dei titolari di invalidità civile per il 2011 e di 200 mila per il 2012 e 2013;
i controlli finora effettuati hanno condotto alla revoca, nel 2009, dell'11 per cento delle pensioni di invalidità, con punte del 22 per cento in Sardegna e del 19 per cento in Campania, a fronte di un 7 per cento in Lombardia, per risparmi di oltre 100 milioni di euro e, nel 2010, del 23 per cento dei trattamenti di invalidità, vale a dire quasi una su quattro, con tassi del 53 per cento in Sardegna, del 47 per cento in Umbria, del 43 per cento in Campania, del 42 per cento in Sicilia e 35 per cento in Calabria, a fronte di un 6 per cento in Lombardia e di un 9 per cento in Piemonte ed Emilia;
pur considerando che nella quota totale di revoche del 23 per cento al 31 dicembre 2010 rientrano sia le revoche disposte dalla Csm, la Commissione medica superiore, sia le sospensioni delle pensioni di invalidità civile scattate a seguito dell'assenza ingiustificata dalla verifica del soggetto chiamato, il forte squilibrio nella distribuzione territoriale delle revoche dei trattamenti attesta che il Governo sta procedendo nella giusta strada per ristabilire la legalità e combattere un mal costume radicato, vale a dire quello di garantirsi un introito a spese dello Stato ed a discapito dei veri invalidi;
nonostante i dati registrino una diminuzione delle domande di riconoscimento dello stato invalidante e del relativo trattamento, la dinamica della spesa per le pensioni di invalidità rileva un'allarmante crescita, passando da quasi 6 miliardi di euro nel 1998 a 16 miliardi nel 2010,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative dirette a raddoppiare per l'anno in corso e per il 2012 il numero dei controlli nelle regioni ove sono stati registrati i maggiori tassi di revoche;
a procedere con verifiche fiscali nei confronti dei responsabili delle false attestazioni dei requisiti di invalidità, inclusi i medici compiacenti delle commissioni, effettuando le opportune segnalazioni al fine del risarcimento del danno patrimoniale procurato;
a promuovere la partecipazione degli enti territoriali al piano di verifiche straordinario, mediante il riconoscimento di una quota percentuale dei risparmi derivanti dalle verifiche effettuate riscossi a titolo definitivo, a seguito dell'intervento dell'ente territoriale che abbia contribuito all'accertamento medesimo, secondo quanto già previsto dal decreto-legge

n. 203 del 2005 relativamente alla partecipazione dei comuni al contrasto all'evasione fiscale e contributiva.
(1-00609)
«Reguzzoni, Montagnoli, Fedriga, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, stabilisce che «L'atto di trasferimento di cui al secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile può essere sottoscritto con firma digitale, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione dei documenti informatici, ed è depositato, entro trenta giorni, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, a cura di un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo 31, comma 2-quater, della legge 24 novembre 2000, n. 340. Resta salva la disciplina tributaria applicabile agli atti di cui al presente comma»;
ai sensi di tale previsione i predetti atti di trasferimento possono essere depositati presso il registro delle imprese dai soggetti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, muniti di firma digitale;
nonostante tale disposto normativo, in data 9 dicembre 2009 il conservatore del registro delle imprese di Vicenza ha inviato una direttiva al consiglio dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Vicenza, con cui si invitava a diffondere con urgenza presso gli associati l'invito a tener conto delle disposizioni che sollecitavano gli stessi a non inviare al registro delle imprese atti sprovvisti di autentica notarile, a seguito di provvedimenti del tribunale di Vicenza che avevano ordinato la cancellazione dal registro delle imprese dell'iscrizione di un atto di cessione quote di una società a responsabilità limitata, trasmesso da un intermediario abilitato ai sensi del citato comma 1-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 112 del 2008;
tale orientamento si basa, in sostanza, sull'ordinanza del giudice del registro delle imprese di Vicenza (Proc. R.G. n. 2498/2009 del 17 aprile 2009, notificata al registro delle imprese di Vicenza il 7 maggio 2009 e confermata dal tribunale di Vicenza con ordinanza n. 3817/09 R.G. del 24 settembre 2009) la quale afferma che le firme digitali apposte sugli atti di cui all'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, devono essere autenticate dal notaio, al fine del controllo di mera legittimità formale dell'atto, in funzione della sua iscrizione;
attraverso la predetta direttiva il conservatore del registro delle imprese di Vicenza ha inteso dare efficacia erga omnes ad un provvedimento del giudice del registro delle imprese del tribunale di Vicenza, che seppur confermata in sede di reclamo dal tribunale, ha efficacia solo tra le parti, mentre nella medesima direttiva non viene indicato, ai sensi della legge n. 241 del 1990, su quale provvedimento della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) si basi il predetto atto;
in conseguenza di tale orientamento, che appare al momento unico in

Italia, molte pratiche per l'iscrizione presso il registro delle imprese di Vicenza di atti di cessione di quote di società a responsabilità limitata sono state rigettate, chiedendo di riallegare l'atto di cessione quote munito di autentica notarile delle firme, quale requisito di legittimità per l'iscrizione al registro delle imprese;
il rifiuto da parte del registro delle imprese di Vicenza dell'iscrizione di un atto cessione quote di società a responsabilità limitata trasmesso da un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, contrasta con la lettera di tale norma, fa venire meno la sua efficacia e ne vanifica gli effetti di liberalizzazione, disattendendo la volontà del legislatore di estendere ai citati soggetti abilitati la possibilità di trasferire le quote sociali;
infatti, ai sensi della citata norma del decreto-legge n. 112, il controllo di legittimità formale dell'atto di cessione di quote, ai fini della sua iscrizione al registro delle imprese, può essere effettuato da un dottore commercialista regolarmente iscritto all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in quanto professionista in possesso dei requisiti richiesti per svolgere legittimamente tale tipo di controllo;
la citata direttiva, in contrasto con quelle di indirizzo generale dell'Unioncamere, ha inoltre efficacia solo per le pratiche relative alle società iscritte presso il registro delle imprese di Vicenza, mentre nelle altre province non è necessaria l'autentica notarile;
al contrario, la norma, prevista dal citato decreto-legge n. 112 del 2008 che consente ai professionisti iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di sottoscrivere con firma digitale e depositare presso il registro delle imprese atti di cessione di quote di società a responsabilità limitata, deve evidentemente essere applicabile in tutto il territorio nazionale, indipendentemente dal luogo ove è ubicata la sede sociale della società: tuttavia, a dispetto della chiara volontà del legislatore in tal senso, questa possibilità non è riconosciuta alle società a responsabilità limitata che hanno sede in provincia di Vicenza, a causa dell'orientamento assunto dal giudice e dal conservatore del locale registro delle imprese;
nonostante una specifica richiesta effettuata dal presidente dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Vicenza al conservatore del registro delle imprese di Vicenza, a mezzo di diffida, è, ad oggi, rimasta disattesa la richiesta con cui si chiedeva di indicare quale sia l'organo cui rivolgersi per uniformare il comportamento della camera di commercio di Vicenza a quello delle camera di commercio industria artigianato delle altre province italiane;
la problematica è già stata oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-04391, in risposta alla quale il rappresentante del Governo ha evidenziato come tale materia sia regolata, oltre che dalle norme di diritto civile, anche dalla disciplina procedurale introdotta dal codice dell'amministrazione digitale, che, coordinato con le disposizioni del decreto del Presidente della repubblica n. 581 del 1995, determina alcune difficoltà interpretative, risolte nei modi sopra indicati dalla magistratura vicentina, a fronte delle quali è dunque necessario, al di là del caso specifico segnalato, un intervento normativo volto a chiarire o a semplificare le disposizioni in questione;
la presenza di interpretazioni difformi in merito all'applicazione della normativa in materia di iscrizione di cessioni di quote sta creando notevoli incertezze presso gli operatori, che si trovano costretti a sostenere oneri maggiori per lo svolgimento di tali pratiche, con evidente danno anche per l'intera collettività,


impegna il Governo


ad assumere o a favorire le iniziative normative necessarie per chiarire il quadro normativo in materia, dando effetto alla volontà del legislatore, indicata dall'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge

n. 112 del 2008, di estendere ai soggetti abilitati ai sensi dell'articolo 31, comma 2-quater, della legge n. 340 del 2000, la possibilità di depositare presso il registro delle imprese gli atti di trasferimenti di quote di società a responsabilità limitata, nonché al fine di evitare interpretazioni difformi di tale normativa, scongiurando il rischio che singoli giudici o conservatori dei registri delle imprese, quale quello di Vicenza, possano rigettare l'iscrizione nel registro di un atto di cessione di quote trasmesso da un intermediario abilitato.
(7-00538)
«Fugatti, Bitonci, Comaroli, Forcolin».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore lattiero-caseario sta attraversando una delle fasi più gravi e profonde degli ultimi decenni;
la questione quote latte, è iniziata 30 anni or sono, nel 1983, con l'assegnazione ad ogni Stato membro dell'Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori;
all'Italia fu assegnata una quota che risultò molto inferiore al consumo interno di latte;
negli anni vennero approvati numerosi provvedimenti legislativi per adeguare la realtà nazionale al quadro comunitario;
tuttavia, l'applicazione stessa è stata segnata da continui «splafonamenti» della quota produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie;
attraverso la legge n. 119 del 2003, che sostituiva la legge n. 468 del 1992, si è provveduto a definire un'applicazione del sistema delle quote produttive assegnate al nostro Paese più coerente con la legislazione comunitaria;
successivamente, attraverso il decreto-legge n. 3 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, si è ulteriormente rafforzato il quadro normativo nazionale del settore, garantendo ai produttori, che ancora non avevano regolarizzato la loro posizione, una nuova possibilità di rientro nella legalità;
in ultimo, il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, all'articolo 2, comma 12-terdecies, recante anche disposizioni relative al settore lattiero-caseario, stabilisce che siano ulteriormente differiti, al 30 giugno 2011, i termini per il pagamento degli importi previsti dai piani di rateizzazione delle «multe» relative alle quote latte di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
inoltre, la legge 9 aprile 2009, n. 33, prevede all'articolo 8-septies, comma 2, risorse per 45 milioni di euro ai fini dell'accesso al credito per i produttori che hanno acquistato quote latte;
ad oggi i produttori di latte in regola hanno subito costi per la gestione delle quote latte pari a 2,42 miliardi di euro dei quali 1,7 miliardi per l'acquisto di quote latte, 150 milioni per l'affitto, 220 per il versamento del prelievo e 350 milioni per l'adesione alla rateizzazione prevista dal decreto-legge n. 49 del 2003;
degli attuali 38 mila allevatori oggi in attività nel nostro Paese (erano 120 mila nel 1996) sono solo un po' più di un migliaio quelli che devono alle casse dello Stato 1,7 miliardi di euro di multe maturate in questi ultimi anni;
molti allevatori si sono messi in regola in questi ultimi anni, 15 mila hanno

rateizzato, ai sensi del decreto-legge n. 49 del 2003, per 350 milioni di euro, mentre altri 220 milioni di «multe» sono stati regolarmente pagati in questi ultimi 12 anni;
con l'aumento di quota nazionale avvenuto a valere dalla scorsa campagna lattiera, anche quest'anno, per la seconda volta, il nostro Paese non supera la propria quota nazionale e quindi non saranno pagate «multe» all'Unione europea;
inoltre, circa 15 mila posizioni sono state sistemate. Restano ad oggi 1300 splafonatori (che hanno prodotto negli anni più della quota assegnata) che non sono in regola e non hanno mai pagato prelievi («multe» per quote latte);
con l'ultimo decreto-legge «milleproroghe» n. 225 del 2010 è stata consentita un'ulteriore dilazione di sei mesi nel pagamento delle multe da parte dei produttori interessati;
tuttavia occorre sottolineare, come del resto è stato fatto in sede parlamentare attraverso diversi atti di sindacato ispettivo, che la crisi del settore lattiero-caseario è grave; il prezzo del latte alla stalla, seppur abbia recuperato in questi ultimi mesi, è comunque ancora sotto i costi di produzione (aumentati soprattutto quelli relativi all'alimentazione e all'energia) e servono interventi strategici per rilanciare il settore e sostenere il reddito degli allevatori,


impegna il Governo


a provvedere con urgenza all'adozione degli atti necessari previsti dall'articolo 8-septies, comma 2, del decreto-legge n. 5 del 2009, al fine di rendere concretamente fruibili i 45 milioni di euro previsti a favore dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge n. 119 del 2009.
(7-00539) «Delfino».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

MELIS, CALVISI, FADDA, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori della Vinyls (Porto Torres) sono dall'autunno 2009 mobilitati (anche con l'utilizzo di forme estreme quali l'occupazione dell'isola dell'Asinara) per la difesa dei loro posti di lavoro, nonché, insieme ai colleghi di Marghera e Ravenna, per la tutela della filiera produttiva dei cloroderivati, da più parti definita come strategica per la chimica nazionale;
è fallita in questi ultimi giorni, per manifesta inadeguatezza del compratore, l'offerta avanzata dalla società GITA, sulla quale molti dubbi erano stati espressi da più parti relativamente alla solidità societaria e al reale possesso dei requisiti necessari all'acquisto;
il Governo in carica, d'intesa con la regione sarda amministrata dal centrodestra, ha garantito per diversi mesi la praticabilità della soluzione GITA, così come aveva più volte dato ai lavoratori ampie e ripetute assicurazioni nel caso di precedenti compratori poi rivelatisi inadeguati. E precisamente, utilizzando un recente «diario» pubblicato dal direttore de la Nuova Sardegna di Sassari Paolo Catella:
il 14 gennaio 2008, prima dichiarazione del Presidente del Consiglio Berlusconi: «Tutto il personale degli impianti chimici della Sardegna deve essere richiamato al lavoro dal 1o febbraio (2009)»;
il 31 marzo 2009, dichiarazione del presidente della regione Sardegna Ugo

Cappellacci: «Siamo molto soddisfatti, siamo arrivati all'obiettivo grazie soprattutto al lavoro del presidente Berlusconi e del ministro Scajola»;
il 21 febbraio 2010, il Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola sulla trattativa Eni-Ramco, poi fallita: «Stiamo facendo ogni sforzo per garantire a Vinyls un futuro di sviluppo produttivo e occupazionale»;
il 22 febbraio 2010, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi: «Ritengo ci siano tutte le condizioni perché si arrivi a una soluzione positiva»;
l'8 aprile 2010, il Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti: «Questo caso non lo conosco, credo ci sia una trattativa in atto, ipotesi di non chiusura. Il presidente dalla Sardegna se ne sta occupando»;
il 25 maggio 2010, il Sottosegretario alla Presidenza Paolo Bonaiuti: «Per la Vinyls stiamo facendo forti pressioni su un paese amico come il Qatar»;
il 24 settembre 2010, il Presidente del Consiglio Berlusconi direttamente ai lavoratori Vinyls ricevuti a Roma a Palazzo Chigi: «La soluzione è vicina, c'è un'offerta qualificata per gli impianti»;
il 7 ottobre 2010, il Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani dopo la prima intesa con Gita: «Abbiamo superato il punto di non ritorno e il percorso è sgombro da ostacoli, si va spediti verso l'accordo»;
il 6 dicembre 2010, ancora il Ministro Romani a Porto Torres: «Per Vinyls questa sarà la volta buona. Temevo ci trovassimo davanti all'ennesimo bidone, ma su Gita ho appurato che si tratta di tedeschi e svizzeri che hanno assicurato nuovi investimenti. Entro febbraio potremo chiudere tutto»;
il 9 febbraio 2011, l'assessore sardo all'industria Oscar Cherchi: «La vicenda Vinyls procede verso la giusta direzione, i ritardi sono dovuti solo a normali procedure di verifica» -:
come si giustifichi una sequenza così consistente e, alla luce dei fatti, altrettanto priva di fondamento, di dichiarazioni, espresse autorevolmente in più circostanze e tempi da membri del Governo, dal Ministro competente e dallo stesso Presidente del Consiglio;
quali siano oggi, allo stato degli ultimi fatti, le intenzioni del Governo per salvare i posti di lavoro a Porto Torres, Marghera e Ravenna e per garantire la continuità di un'attività produttiva più volte definita (dalle stesse fonti governative) strategica per il Paese.
(3-01557)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLANOVA e GINEFRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 28 marzo 1997 una piccola motovedetta, la Kater I Rades, salpata dal porto di Valona affondava nel canale d'Otranto a seguito di uno speronamento da parte della corvetta Sibilla della Marina militare italiana;
a bordo della piccola imbarcazione c'erano circa un centinaio di persone, uomini, donne e bambini che fuggivano dal territorio albanese sul quale si consumava una guerra civile. In quella circostanza ben 58 persone persero la vita, i superstiti furono 34 e 24 corpi non sono stati mai ritrovati;
la motovedetta fu recuperata dal fondo del canale d'Otranto diversi mesi dopo e proprio all'interno della stiva furono estratti la maggior parte dei corpi. Il processo di primo grado si è concluso nel marzo 2005 con la condanna del comandante della Sibilla e di colui che conduceva

la Kater I Rades. Nella sentenza di primo grado si ordinava il dissequestro e la restituzione della nave allo Stato albanese anche se tale provvedimento è stato sospeso negli ultimi sei anni a causa del processo di appello;
in questi quattordici anni il relitto della Kater I Rades è stato conservato, sotto il controllo del comando della Marina, in un angolo di Forte a Mare a Brindisi. Gli avvocati di parte civile che difendono i familiari delle vittime, in questi giorni, si sono visti recapitare una nota da parte della corte d'appello di Lecce nella quale si legge che «considerato che il processo è oramai in fase avanzata di discussione e che in base ai prevedibili sviluppi sembra esclusa la necessità di disporre materialmente della motonave albanese [...] si dispone dare corso alla restituzione della motonave. A tale fine si invita il rappresentante della Repubblica di Albania a concordare le modalità di restituzione entro il 31 marzo, altrimenti si provvederà alla rottamazione»;
il Comitato dei familiari delle vittime ha chiesto che il relitto torni a Valona per diventare un monumento-museo alla memoria delle vittime e dell'emigrazione albanese. L'Osservatorio sui Balcani e l'Osservatorio permanente Italia-Albania, di concerto con il Comitato dei familiari, hanno fatto notare che il 31 marzo 2011 è una data vicinissima e che esiste il reale rischio che in assenza di un accordo la Kater I Rades possa essere effettivamente rottamata. A tale proposito i familiari delle vittime per mezzo di alcuni avvocati di parte civile hanno presentato istanza di proroga rispetto alla data fissata dalla corte d'appello di Lecce -:
se il Governo non ritenga doveroso intervenire per concordare con lo Stato albanese costi e modalità di restituzione del relitto, ciò nel rispetto sia di tutte quelle vittime che hanno perso la vita nel canale d'Otranto, sia dei familiari ed, in particolar modo, di quelli che non hanno mai avuto una salma sulla quale piangere i propri cari.
(4-11436)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che -:
il 29 marzo l'agenzia di stampa parlamentare AgenParl ha pubblicato un articolo titolato «Abruzzo: Fintecna compra immobili da terremotati a costo zero» in cui si denuncia la pratica da parte di una società partecipata Fintecna Immobiliare di acquistare immobili subentrando nel mutuo dei cittadini che ne fanno richiesta per un importo massimo di 150 mila euro, cifra interamente rimborsata dallo Stato;
la lentezza con cui il Governo sta procedendo all'emanazione dei decreti per la ricostruzione concorre, ad avviso dell'interrogante, all'esasperazione di tanti cittadini che di fronte all'incertezza scelgono di vendere e acquistare altrove;
inoltre, sempre a quanto si apprende dall'AgenParl, la società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, una volta completato il restauro con i fondi dello Stato, reimmetterebbe gli immobili nel libero mercato immobiliare senza aver di fatto speso nulla di tasca propria. Si tratta, ad avviso dell'interrogante, di una vera e propria operazione di finanza speculativa, realizzata a danno di una popolazione che ha già pagato a caro prezzo gli effetti del terremoto -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta e dell'operato della Fintecna spa;
in che tempi verranno adottati i decreti riguardanti la ricostruzione e se i Ministri non ritengano opportuno prevedere un regime di prelazione a prezzi calmierati per i cittadini abruzzesi che una volta ultimata la ricostruzione vogliano riacquistare la propria abitazione.
(4-11438)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 25 marzo 2001 il «Comitato di sicurezza finanziaria» del Ministero dell'economia e delle finanze in una «comunicazione agli operatori» affermava tra l'altro che «a seguito delle misure da ultimo adottate dal consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (risoluzione 1973) e dall'Unione europea (decisione n. 2011/178/PESC del Consiglio e regolamento n. 288/2011 del Consiglio del 23 marzo 2011), nessuna misura di congelamento è stata adottata nei confronti della società Tamoil Italia SpA. Conseguentemente, non sussistono ostacoli all'usuale operatività di questa impresa con i partner commerciali e finanziari. Resta ovviamente fermo il divieto di mettere fondi e risorse economiche a disposizione delle persone fisiche e giuridiche, delle entità o degli organismi inseriti negli elenchi del regolamento (UE) n. 204/2011»;
Tamoil Italia SpA è una società per azioni con socio unico con sede legale in via Andrea Costa 17 a Milano, iscritta alla camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Milano, numero REA MI-425890. Da visura camerale del 28 marzo 2011 risulta avere un capitale sociale di 314.000.000 di euro, pari a 1.570.000 azioni ordinarie di proprietà di Oilinvest (Netherlands) B.V.;
Tamoil Italia SpA è, tra l'altro, socio unico di Tamoil raffinazione SpA società per azioni con socio unico con sede legale in piazza Caduti del Lavoro 30 a Cremona, iscritta alla camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Cremona, numero REA CR-129514. Da visura camerale del 28 marzo 2011 risulta avere un capitale sociale di 234.000.000 di euro, pari a 1.170.000 azioni ordinarie;
Oilinvest (Netherlands) B.V. è una società di diritto olandese, iscritta presso la camera di commercio di Rotterdam (Paesi Bassi) al numero KVK 24256665, risulta che ha sede legale a Hoofdvestiging Wolweverstraat 23-25, 2984CE Ridderkerk. Da una visura camerale del 26 marzo 2011 presso la camera di commercio risulta che ha un capitale sociale di 450.000 euro di cui 90.000 versati, ed ha come azionista unico la società Oilinvest (Holdings) N.V. con sede in Pietermaai 123, Curaçao, Nederlandse Antillen iscritta alla camera di commercio di Curaçao, Antille Olandesi, al numero 95477. Presso lo stesso indirizzo hanno tra l'altro sede le Società Oilinvest (Capital) B.V. (KVK 24438302), Oilinvest (Properties) B.V. (KVK 50636650), Oilinvest Coöperatief U.A. (KVK 24437899), Oilinvest (Investments) Coöperatief U.A. (KVK 24479054), Oilinvest Eastern Europe Coöperatief U.A. (KVK 24445475);
Oilinvest (Holdings) N.V. è una società che ha sede, nelle Antille olandesi, iscritta presso la Camera di commercio e industria di Curaçao al numero 95477 (0). Risulta che ha sede legale a Pietermaai 123, Curaçao. Da una visura camerale del 26 marzo 2011 risulta che ha un capitale nominale di 1.500.000 azioni del valore nominale di 1 euro. Presso lo stesso indirizzo hanno tra l'altro sede le società Oilinvest (Curaçao) N.V. (52493), Oilinvest (Finance) B.V. (95865), Oilinvest International N.V. (48842);
dalle visure presso le camere di Commercio di Milano, Cremona, Rotterdam e Curaçao, le citate società sono amministrate da: Abulaiha Mohamed Saleh, Tamoil Raffinazione SpA Italia; Bahelil Jamal Mohamed Daw, Oilinvest (Finance) B.V. Antille Olandesi, Tamoil Italia SpAItalia, Tamoil Raffinazione SpA (Italia); Oilinvest (Investments) Coöperatief U.A. Olanda; Bengharbia Salem, Oilinvest (Curaçao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V.; Coobar Hadi Najmeddin, Oilinvest (Holdings) N.V., Antille Olandesi; El Nayed Rafik Ali, Oilinvest (Investments) Coöperatief U.A. Olanda, Oilinvest (Finance) B.V.Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings)

N.V.; El Shawish Mohamed, Oilinvest (Curaçao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V.; Elshah Abdulmagid, Oilinvest (Curaçao) N.V, Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V.; Gijsen Saskia Anthonia, Oilinvest (Capital) B.V., Olanda, Oilinvest (Netherlands) B.V.; Krekshi Fuad, Oilinvest (Curaao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V.; Luterotti Luca, Tamoil Italia SpA,Italia; Naas Mahmud Abdulla Khalifa, Oilinvest (Curaçao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V., Tamoil Italia SpA, Italia, Tamoil Raffinazione SpA; Savage John, Oilinvest (Finance) B.V., Antille Olandesi, Tamoil Italia SpA, Italia, Tamoil Raffinazione SpA, Oilinvest (Capital) B.V., Olanda, Oilinvest (Investments) Coöperatief U.A.; Zanati Isam Said Abdulla, Oilinvest (Curaçao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest (Finance) B.V., Oilinvest (Holdings) N.V., Oilinvest International N.V., Tamoil Italia SpA Italia, Tamoil Raffinazione SpA, Oilinvest (Capital) B.V., Olanda, Oilinvest (Investments) Coöperatief U.A., Oilinvest (Netherlands) B.V., Oilinvest Coöperatief U.A., Oilinvest Eastern Europe Coöperatief U.A.; Zarti Mustafa Mohamed, Oilinvest (Curaçao) N.V., Antille Olandesi, Oilinvest International N.V.;
dalle note al bilancio al 31 dicembre 2009 depositato presso la camera di commercio di Rotterdam risulta che:
a) la società Oilinvest (Netherlands) B.V. è al 100 per cento della Oilinvest (Holdings) N.V. con sede nelle Antille olandesi il cui pacchetto azionario - detenuto da National Oil Corporation of Libya (70 per cento) Libyan Foreign Bank (15 per cento) e the Libyan Arab Foreign Investment company (15 per cento) - in base al decreto del 16 marzo 2008 deve essere trasferito alla Libyan Investment Authority. Alla data di bilancio, le formalità per effettuare il trasferimento, restano in corso;
b) la società Oilinvest (Netherlands) B.V. controlla le seguenti società:
1) Tamoil Italia SpA, Milano 100 per cento [Tamoil Raffinazione SpA, Cremona 100 per cento] [Tamoil Espana SA, Barcelona 100 per cento (Castilla Energia, Cuenca 51 per cento) (Tarragona Energia, Tarragona 100 per cento];
2) Tamoil (Suisse) SA, Collombey-Muraz 100 per cento [Tamoil SA, Collombey-Muraz 100 per cento (Pétrole Carbona, Conthey 100 per cento) (Hanggi Brennstoffe AG, Ostermundigen 100 per cento) (Oberwalliser Kohlen-und-Transportkontor Leonardo Pacozzi AG, Brig 100 per cento) (Celsa Produits Petroliers SA, Bulle 95,27 per cento) (Frevlig AG, Niederhasli 71,27 per cento) (In-Albon Brennstoff AG, Visp 100 per cento) (Groupe Charmettes SA, Fribourg 100 per cento)] [RSO Services SA, Collombey-Muraz 100 per cento];
3) Holborn Investment Company Limited, Larnaca 100 per cento [Holborn European Raffinerie GmbH, Hamburg 100 per cento (Norddeutsche Oelleitungs GmbH, Hamburg 100 per cento)] [Holborn European Marketing Company Limited, Larnaca 100 per cento] [Oilinvest International (Germany) GmbH, Elmshorn 100 per cento] [Deutsche Tamoil GmbH, Elmshorn 100 per cento (B&B Handelsgesllschaft GmbH, Elmshorn 100 per cento) (Tamoil Lubes (Deutschland) GmbH, Elmshorn 100 per cento)] «Tamoil Beheer BV, Rotterdam 100 per cento Tamoil Nederland BV, Rotterdam 100 per cento [AIM Aardolie Investerinmaatschappij BV, Rotterdam 100 per cento] [OK Opslag Emmeloord BV, Emmeloord 100 per cento] [EMOS BV, Rotterdam 100 per cento] [Sakko Investmentsa BV, Bergen op Zoom 100 per cento (Sakko BV, Bergen op Zoom 100 per cento) (BV Exploitatiemaatschappij BZL, Bergen op Zoom)] Mediterranean Fedd Services BV, Rotterdam 100 per cento»;
4) Tamoil Overseas Limited, Larnaca 100 per cento (Tamoil Estates Limited, Larnaca 100 per cento);
5) Tamoil Marketing Limited, London 100 per cento (Tamoil Shipping Limited, London 100 per cento);

6) Tamoil Lubrificants Internazional Limited, Larnaca 100 per cento;
7) OS Oilinvest Services AG, Zurich 100 per cento;
8) Tamoil Services SAM, Monaco 100 per cento;
ed è socia nelle seguenti società:
1) Italia: [Decal SpA, Soresina 40 per cento (Società internazionale lubrificanti SpA, 60 per cento) (Chempetrol Overseas Limited, 55 per cento)]; Società Internazionale Lubrificanti SpA, Soresina 40 per cento; Trasporti CI.BE. srl, Parma 65 per cento; Rifornimenti Aeroporti Italiani srl, Roma 33 per cento; Rifornimenti Aeroporti Milanesi srl, Segrate 33 per cento, in liquidazione; Gemein srl, Cremona 100 per cento, in liquidazione; Feltam srl, Roma 80 per cento in liquidazione;
2) Germania: Nord-West Oelleitung GmbH, Wilhelmshaven 20,27 per cento; Dannenberg Betriebs GmbH, Hannover 100 per cento, in liquidazione;
3) Svizzera: Sasma SA, Vernier 34 per cento; Tanklager Tagerschen AG, Tagerschen 21,30 per cento; Perrin Carburants SA, 45 per cento;
4) Malta: Chempetrol Overseas Limited, Valletta 45 per cento;
il Consiglio d'Europa il 23 marzo 2011 ha affermato che la Libyan National Oil Corporation, la Libyan Foreign Bank e la Libyan Investment Authority (LIA) altrimenti detta Libyan Arab Foreign Investment Company (LAFICO) sono «Controllate da Muammar Gheddafi e famiglia e potenziale fonte di finanziamento del suo regime» e pertanto le ha inserite nell'allegato II del regolamento di esecuzione (UE) N. 288/2011. Allegato nel quale - ai sensi del regolamento (UE) N. 204/2011, articolo 6 figurano «le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi designati dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o dal comitato delle sanzioni conformemente al punto 22 dell'UNSCR 1970 (2011)» e delle quali - ai sensi dell'articolo 5 - «Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati»;
degli amministratori delle diverse società Mustafa Zarti è stato inserito nell'allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 288/2011 per «Associazione stretta con il regime; vice capo esecutivo della "Libyan Investment Authority", membro del consiglio della National Oil Corporation e vicepresidente della "First Energy Bank in Bahrain."»;
Mustafa Zarti, tra l'altro, è amministratore in due società delle Antille Olandesi, Oilinvest (Curaçao) N.V. e Oilinvest International N.V. che hanno identico consiglio di amministrazione composto da Bengharbia, Salem; El Shawish, Mohamed; Elshah, Abdulmagid; Krekshi, Fuad; Naas, Mahmud Abdulla Khalifa; Zanati, Isam Said Abdulla, Zarti, Mustafa Mohamed. Società che sono state chiuse il 21 marzo 2011, cioè 11 giorni dopo che il signor Mustafa Zarti è stato inserito nell'elenco delle persone fisiche ai quali - ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento (UE) N. 204/2011 - andavano «congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati»;
agli inizi di gennaio 2011, la procura di Cremona aveva notificato il decreto di chiusura delle indagini a tre manager della Tamoil ritenuti responsabili dell'inquinamento ambientale causato dalla raffineria;
il 25 marzo i dirigenti della Tamoil, nell'incontro con i rappresentanti sindacali della raffineria di Cremona presso il Ministero dello sviluppo economico, hanno presentato un piano di disimpegno dalla raffineria con l'obiettivo di chiudere gli impianti per passare, nelle prime settimane del 2012, al sito di stoccaggio con annessa struttura di recupero della plastica, riducendo l'organico da 278 a 150 unità -:
se intenda segnalare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al Comitato

delle sanzioni delle Nazioni unite, al Consiglio dell'Unione europea la vicenda relativa alle società con sede nelle Antille olandesi Oilinvest (Curaçao) N.V. e Oilinvest International N.V. chiuse il 21 marzo 2011, dieci giorni dopo che a uno dei membri del consiglio di amministrazione, Mustafa Zarti, dette organizzazioni avevano deciso di congelare tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati;
se intenda chiedere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al Comitato delle sanzioni delle Nazioni unite, al Consiglio dell'Unione europea un supplemento di indagine relativamente alle persone implicate nelle società sopra citate nonché sul reticolo delle società stesse;
se, viste le decisioni delle Nazioni Unite e del Consiglio dell'Unione europea, non intenda prendere contatto con le autorità dei Paesi Bassi al fine di assicurarsi che siano «congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati» della Libyan Investment Authority (LIA) e delle società controllate tra le quali vi è la Oilinvest (Netherlands) B.V. detentrice del pacchetto azionario della Tamoil Italia SpA;
se intenda con la massima urgenza rivedere la «comunicazione agli operatori» del 25 marzo 2001 fatta dal «Comitato di sicurezza finanziaria» del Ministero dell'economia e delle finanze per procedere al congelamento dei fondi, delle risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalla Tamoil SpA;
se intenda conseguentemente ed immediatamente sbloccarli ai sensi dell'articolo 8 o se invece intenda applicare l'articolo 9 del regolamento (UE) N. 204/2011 per comunque utilizzarli per far fronte agli impegni presi dalla Tamoil SpA, tra i quali vi sono da onorare innanzitutto i contratti di lavoro, la messa in sicurezza della raffineria, il rispetto delle leggi sull'ambiente, nonché quelli che potrebbero derivare dalle attività sin qui svolte a cominciare dai risarcimenti alle vittime.
(4-11439)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso della presente legislatura l'interrogante è già intervenuto con interventi in Assemblea e con atti di sindacato ispettivo in merito al riconoscimento degli indennizzi agli italiani espulsi dalla Libia nei primi anni '70;
l'attuale critica situazione in Libia rischia di far dimenticare il perdurare di queste pratiche di indennizzo tuttora sospese, anche perché spesso oggetto di domande di rivalutazione -:
quante siano le pratiche di indennizzo tuttora aperte od oggetto di contenzioso per quanto riguarda i criteri di valutazione e rivalutazione applicati;
quali iniziative siano state intraprese, anche a livello interministeriale, per un sollecito controllo e per la conseguente liquidazione delle pratiche tuttora in sospeso.
(4-11428)

PORFIDIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito del terremoto di Sendai nel marzo 2011 e il successivo tsunami la centrale nucleare di Fukushima Daiichi è stata seriamente danneggiata;
l'incidente avvenuto alla centrale è secondo la scala INES, insieme a quello di Three Mile Island, il secondo incidente più grave mai avvenuto in una centrale nucleare, dietro solo a quello di Chernobyl, ma i dati e i livelli di gravità della situazione variano giorno dopo giorno;

a causa del terremoto molti altri impianti nucleari giapponesi sono stati coinvolti, sia centrali nucleari che impianti del ciclo del combustibile. Gli impianti di generazione elettrica direttamente coinvolti con arresti automatici dei reattori sono stati quelli di Fukushima Daiichi, Fukushima Daini, Onagawa e Tokai; è stato anche coinvolto il centro di riprocessamento di Rokkasho che funziona con l'energia fornita dai generatori diesel di emergenza. Le maggiori preoccupazioni riguardano quattro dei sei reattori dell'impianto di Fukushima Daiichi, e in particolare il reattore numero 4, il cui edificio è stato quello maggiormente danneggiato dalle esplosioni di idrogeno, e nel quale le barre di combustibile a rischio fusione non sono quelle in uso all'interno del recipiente in pressione (vessel), ma quelle stoccate nelle vasche del combustibile esausto, che si trovano quindi al di fuori della struttura di contenimento primaria del reattore;
il livello di allarme per le ripercussioni ambientali dovute all'incidente non accenna a diminuire, anzi, ora dopo ora osserviamo un aumento inesorabile di tale livello a tal punto da parlare di una vera e propria catastrofe nucleare;
esperti giapponesi hanno parlato di una fuga di plutonio nelle acque dell'oceano poi confermata anche dal capo di gabinetto Yukio Edano;
secondo Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace, «la notizia del ritrovamento di plutonio rilasciato dalla centrale di Fukushima è agghiacciante. Il plutonio è una sostanza tossica oltre che radioattiva che se inalata o ingerita può danneggiare gravemente gli organi interni, in particolare lo scheletro, i polmoni e il fegato»;
molti cittadini italiani presenti in territorio giapponese hanno riscontrato dei prezzi esorbitanti per i biglietti aerei verso l'Italia. Alcuni di essi hanno dovuto abbandonare l'idea di ripartire a causa degli altissimi costi. In queste ore si stanno susseguendo le denunce di questo tipo su Facebook sul quale s'è creato un gruppo i cui membri chiedono un trattamento agevolato per facilitare il loro rientro dal Giappone -:
se i Ministri interrogati siano al corrente della situazione e cosa intendano fare per agevolare il rientro degli italiani e loro parenti e se non ritengano necessario intervenire in via straordinaria per agevolare al massimo il rientro degli italiani e loro parenti presenti in Giappone;
se i ministri interrogati non ritengano opportuno avviare tutte le procedure possibili per monitorare la situazione degli italiani e loro parenti presenti in Giappone.
(4-11430)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:

GUIDO DUSSIN, LANZARIN, TOGNI e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (successivamente novellato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) ha introdotto una nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, che mira a completare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore al fine di garantire una maggiore diffusione dei principi di libera concorrenza;
in attuazione del citato articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 è stato adottato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168;

l'articolo 4 di tale regolamento, esclusivamente per la gestione dei servizi idrici, prevede la possibilità della costituzione di società in house nei casi di sussistenza di specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione in house non distorsiva della concorrenza e comparativamente non svantaggiosa per i cittadini;
il compito del controllo della sussistenza delle condizioni di efficienza è affidato all'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
importanti competenze in materia di servizi idrici detiene attualmente anche la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI), soprattutto relativamente al controllo e la corretta applicazione della tariffa da parte dell'autorità d'ambito, ai fini dell'equilibrio economico-finanziario della gestione e l'efficienza ed affidabilità del servizio idrico;
la questione della tariffa da applicare al servizio idrico è anche oggetto di un quesito referendario che richiederebbe una revisione della relativa disciplina;
sarebbe necessario un rafforzamento della funzione di regolazione e vigilanza oggi attribuita alla CONVIRI, allo scopo, in particolare, di assicurare con adeguate misure l'effettività dell'impegno assunto da ciascun affidatario, all'atto dell'aggiudicazione del servizio, di realizzare un determinato volume di investimenti in un certo arco temporale, e, quindi, una costante correlazione fra livello della tariffa e volume degli investimenti realizzati;
d'altra parte, sarebbe opportuno evitare la frammentazione delle competenze tra autorità garante della concorrenza e del mercato e CONVIRI, nel controllo dell'efficienza nelle gestioni dei servizi idrici;
nell'ipotesi dell'istituzione di un apposito soggetto pubblico chiamato a svolgere compiti di regolazione, occorre evitare, da una parte, la dispersione del patrimonio di esperienze e competenze accumulato, anche nell'applicazione del citato articolo 23-bis, dalla CONVIRI, e, dall'altra parte, la determinazione di impatti sulla finanza pubblica; pertanto sarebbe necessario che il relativo fabbisogno finanziario venisse coperto, per un verso, con le risorse sinora stanziate nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per assicurare il funzionamento della CONVIRI e, per altro verso, mediante un contributo posto a carico dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza -:
se il Governo intenda adottare le opportune iniziative normative al fine di coniugare l'esigenza del potenziamento delle funzioni di regolazione e vigilanza del settore idrico con la necessità di trasferire ad un unico soggetto sia tali funzioni sia le attività di controllo della sussistenza delle condizioni per la costituzione delle società di gestione dei servizi idrici in house (oggi assegnate all'autorità garante della concorrenza e del mercato), provvedendo all'istituzione di un apposito soggetto pubblico - similmente a quanto deciso dal Governo, da ultimo, con riferimento all'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale - che utilizzi, ai fini della copertura del proprio fabbisogno finanziario, le risorse stanziate per il funzionamento della CONVIRI, oltre ad eventuali contributi posti a carico dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza, fatto salva la necessità del parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti in materia ambientale sulle nomine dei vertici amministrativi.
(5-04496)

MARIANI, REALACCI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA e VIOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la buona gestione dei servizi idrici è un elemento essenziale del benessere delle nostre comunità. Con la riforma avviata dalla legge n. 36 del 1994 si è profondamente riorganizzato l'assetto di tali servizi:

si è superata la frammentazione territoriale, si è data un'organizzazione industriale alle società di gestione, si è formulata una tariffa che potesse finanziare gli investimenti necessari ad adeguare i livelli di servizio e a rispettare l'ambiente;
al fine di assicurare la tutela dei cittadini in un settore in cui non c'è concorrenza ma tanti monopoli locali, si era disegnato un assetto istituzionale che prevedeva la separazione dei compiti di programmazione e controllo, in capo alla pubblica amministrazione, rispetto a quelli di gestione;
in questi anni molti interventi normativi si sono sovrapposti e stratificati, rendendo meno agevole la lettura e l'interpretazione di un quadro giuridico in continua evoluzione. L'ultima importante modifica normativa si è avuta con il decreto-legge n. 135 del 25 settembre 2009, il quale, all'articolo 15, ha modificato l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che disciplina i servizi pubblici locali di rilevanza economica;
il cosiddetto «decreto Ronchi» (decreto legislativo n. 22 del 1997), con l'alibi di un «adeguamento all'ordinamento comunitario», ha prodotto la modifica della disciplina sui servizi pubblici locali con la motivazione dell'apertura al mercato e della loro liberalizzazione con effetti più simili alla privatizzazione: si è, infatti, accelerato il processo di privatizzazione delle imprese di gestione dei servizi idrici, prevedendo la decadenza di tutte le gestioni in essere, imponendo alle istituzioni territoriali una decisione che non lascia spazio a criteri di distinzione né a specificità territoriali, soprattutto, senza distinguo tra realtà pubbliche più o meno virtuose;
successivamente, attraverso il cosiddetto «decreto-legge Calderoli», n. 2 del 25 gennaio 2010, è stata introdotta nella legge finanziaria 2010 una norma (comma 186-bis dell'articolo 2) che ha disposto la soppressione degli ATO (autorità di ambito territoriale ottimale), ora prorogata al 31 dicembre 2011, ovvero quegli enti cui la riforma aveva assegnato il compito di programmare e controllare l'operato delle imprese di gestione, nell'interesse dei cittadini creando un'incertezza che impedisce una corretta ed efficiente gestione del servizio;
la frettolosa emanazione del decreto Ronchi ha trascurato la presenza, nell'ordinamento giuridico comunitario, di una importantissima norma, la direttiva quadro n. 60 del 2000, il cui primo considerando afferma in modo inequivocabile che «l'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale»;
questa evoluzione normativa, la spinta verso la privatizzazione e l'assenza della regolazione pubblica, è in pieno contrasto con gli obiettivi di tutela della risorsa e dei cittadini che ne usufruiscono, privi ad oggi di strumenti di garanzia laddove un sistema industriale opera in condizioni di monopolio;
in siffatto contesto la regolazione pubblica è l'unico strumento; il settore idrico è un classico esempio di monopolio naturale dove si giustifica l'esigenza di interventi di regolazione del mercato;
sarebbe stato necessario avviare in Parlamento un confronto per affrontare senza preconcetti la questione e per ragionare su ipotesi di riforma del sistema di gestione dell'acqua partendo da alcuni punti fermi: il riconoscimento del valore pubblico dell'acqua e delle infrastrutture idriche; la valutazione più attuale del costo della risorsa anche nell'ottica di un uso più oculato; il controllo, la tutela, la valorizzazione, il risparmio della risorsa idrica da utilizzare con criteri di solidarietà anche salvaguardando aspettative e diritti delle generazioni future, facendo riferimento al patrimonio ambientale; la necessità di investimenti certi che non possono derivare esclusivamente dalla tariffa a carico dei cittadini; la definizione di un rigoroso meccanismo di controllo; la costituzione di un'autorità terza, indipendente e posta a tutela dell'interesse pubblico,

finalizzata a vigilare sul rapporto tra il livello delle tariffe e la qualità dei servizi erogati nonché sulla loro efficienza;
il nuovo assetto normativo ha determinato l'inibizione della libera scelta di enti locali e regioni circa la proprietà, l'organizzazione e la gestione dei servizi, creando una palese ingiustizia tra istituzioni, territori e cittadini differentemente organizzati con servizi ed investimenti di livelli non confrontabili, obbligati a cambiare modello organizzativo a prescindere da qualsiasi risultato ottenuto, con un'impostazione centralista del tutto contraria al tanto decantato federalismo, che viene così svuotato di un ulteriore tassello fondamentale;
il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 2010, n. 168, imposta tuttavia il problema non tanto sotto il profilo della liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali, quanto sotto quello - decisamente criticabile - della semplice privatizzazione, il che, di fatto, si traduce in una sottrazione della gestione dei servizi dalla concorrenza optando per un molto meno concorrenziale passaggio dalla gestione pubblica a quella privata; si prospetta così un passaggio forzato caratterizzato da tempi e modi ad avviso degli interroganti inaccettabili - in quanto lesivi dell'autonomia di regioni ed enti locali - da un monopolio pubblico ad un monopolio privato con conseguenze molto negative nei confronti delle famiglie e delle imprese italiane;
va rilevato che l'acqua e i servizi ad essa riferibili non possono essere trattati alla stregua di un qualsiasi altro servizio pubblico locale, ancorché a rilevanza non economica, considerata la peculiarità del servizio stesso, la cui gestione risponde a logiche concorrenziali opposte rispetto agli altri servizi, posto che l'obiettivo fondamentale da perseguire è quello della riduzione del consumo di acqua e non il suo incremento;
l'acqua costituisce una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi uso deve essere effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale; non si può dunque prescindere dal mantenimento delle caratteristiche pubbliche del servizio in considerazione delle ricadute che queste hanno sul livello di vita della comunità;
tutte le acque superficiali e sotterranee appartengono al demanio dello Stato e il loro uso esprime interessi generali la cui integrale tutela è un obbligo indeclinabile delle autorità pubbliche;
la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici;
l'attuale regolazione richiede interventi riformatori ulteriori, volti ad individuare la divisione più efficiente delle competenze tra pubblico e privato nonché la dimensione territoriale ottimale, fisica e amministrativa, con il fine di migliorare la qualità delle reti e degli impianti e garantire una gestione trasparente, affidabile ed efficiente;
il primo intervento necessario per garantire il servizio idrico, favorire lo sviluppo del settore e realizzare un equilibrio tra la tariffa-qualità-investimento-remunerazione del capitale, è l'istituzione di un soggetto regolatore dotato di autorevolezza, indipendenza organizzativa e finanziaria, effettivi poteri di vigilanza, controllo e sanzionatori, in grado di operare contemporaneamente su tariffe e qualità del servizio;
appare necessaria un'opportuna riorganizzazione dell'autorità di regolazione per il settore idrico, con l'attribuzione di nuovi poteri ad una struttura caratterizzata da autonomia gestione ed indipendenza politica; un'autorità forte sul piano regolatorio è l'unico strumento per allontanare

improprie speculazioni sul bene «acqua» senza sottrarre al privato la possibilità di concorrere per la migliore erogazione del servizio;
senza un'iniziativa che rafforzi la regolazione pubblica dei monopoli nel settore idrico, i processi in atto di concentrazione industriale e di privatizzazione non possono che determinare una crescita delle tariffe, senza nessuna garanzia di miglioramenti della qualità dei servizi. In tal modo, i cittadini non trarranno alcun beneficio dall'efficienza gestionale che ci si aspetta dal settore privato;
il Governo si era già impegnato, con l'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/2897/23 durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009, «a considerare il potenziamento della funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita Autorità di regolazione»;
in questo contesto si colloca l'appuntamento dei referendum popolari previsti nel prossimo mese di giugno; due dei quesiti riguardano proprio i servizi idrici: uno attraverso l'abrogazione dell'articolo 23-bis e l'altro attraverso l'abrogazione dell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006; si tratta di un appuntamento di straordinaria importanza il cui esito può condizionare l'assetto futuro di questo settore, date le enormi conseguenze che l'eventuale affermazione del referendum porterebbe sotto il profilo della remunerabilità degli investimenti necessari; l'ampia adesione ricevuta dai referendum testimonia il fatto che i cittadini vogliono avere maggiori tutele da parte della pubblica amministrazione nella gestione di un servizio di tale importanza -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e necessario, ancora prima di una revisione del quadro normativo - sia del decreto legislativo n. 152 del 2006 sia, in particolare, dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 - prendere tutte le iniziative necessarie, anche normative, per rafforzare l'attività pubblica di programmazione e controllo della gestione, ovvero la regolazione del servizio idrico, promuovendo la creazione di un soggetto pubblico indipendente di regolazione dei servizi idrici - il cui provvedimento istitutivo dovrà essere sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia ambientale - che faccia tesoro dell'esperienza e della competenza maturata dall'attuale CONVIRI e che, nel processo di industrializzazione e di crescita economica di questo settore, sia in grado di assicurare in primo luogo la tutela dei cittadini.
(5-04497)

GHIGLIA, TORTOLI, TOMMASO FOTI, STRADELLA e BONCIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (successivamente novellato dall'articolo 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) ha introdotto una nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, che mira a completare il processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore al fine di garantire una maggiore diffusione dei principi di libera concorrenza;
in attuazione del citato articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 è stato adottato il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168;
il ciclo economico sfavorevole rende difficile pensare che la finanza pubblica possa farsi carico delle risorse necessarie a rendere effettivo, nel nostro Paese, il diritto degli utenti ad un servizio idrico, per un verso, senza soluzioni di continuità e, per altro verso, di qualità, atteso che allo scopo occorrono investimenti stimati nell'ordine di 60 miliardi di euro entro il 2020;

di questi, la quota di finanziamento pubblico prevista è dell'11,2 per cento, sicché il mancato coinvolgimento dei capitali privati, o la creazione di un contesto normativo che ne disincentivi l'investimento nel settore idrico, comporterebbe con certezza l'impossibilità di completare la rete, laddove vi sia questo deficit, e di manutenerla adeguatamente, laddove questa sia invece già stata realizzata;
la crucialità della necessaria manutenzione della rete è dimostrata dalla circostanza che vi sono oggi ambiti, anche nell'Italia settentrionale, in cui le perdite oscillano dal 78 per cento al 68 per cento;
l'adeguata remunerazione del capitale investito richiamata nell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, è, come precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 335/2008), una componente essenziale affinché il corrispettivo di un servizio pubblico locale si configuri come tariffa;
l'eventuale parziale abrogazione dell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in caso di successo della consultazione referendaria, porrebbe di conseguenza fine alla tariffazione del servizio idrico integrato, e, quindi, all'unica fonte di finanziabilità degli investimenti necessari (nell'ordine di grandezza necessario sopra indicato) alternativa all'impraticabile ricorso alla finanza pubblica;
un maggiore coinvolgimento di capitali privati nel settore idrico non deve peraltro pregiudicare, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenze numeri 246/2009 e 29/2010), «la finalità della tutela dell'ambiente» che «viene [...] in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare», tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare «anche secondo il principio "chi inquina paga", atteso che «attraverso la determinazione della tariffa nell'àmbito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato [...] livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e «le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale» e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli articoli 144 (tutela e uso delle risorse idriche), 145 (equilibrio del bilancio idrico) e 146 (risparmio idrico)» del decreto legislativo n. 152 del 2006;
sotto altro - ma connesso - profilo, nella determinazione della tariffa, come chiarito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 29/2010), viene poi in rilievo la materia della tutela della concorrenza, in quanto «alla determinazione della tariffa provvede l'autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio, attraverso un meccanismo di price cap (articoli 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante»;
di conseguenza, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 29/2010), l'uniforme metodologia tariffaria, come definita dalla CONVIRI, che vigila anche sulla sua corretta applicazione da parte delle autorità d'àmbito, è oggi finalizzata, allo stesso tempo, a preservare il bene giuridico «ambiente» dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato;
dopo l'abrogazione dell'articolo 9-bis, comma 6, quarto periodo, del decreto-legge n. 77 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 2009, è l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in base al citato articolo 23-bis, a decidere se consentire il ricorso a società in house, in materia di servizio idrico integrato (oltre che degli altri servizi pubblici locali), previa valutazione, caso per caso, della ricorrenza di situazioni eccezionali dovute fra l'altro a peculiari caratteristiche ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, tali

da non permettere un efficace e utile ricorso al mercato;
ad eccezione di questo aspetto, e quindi in materia di criteri per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato nei singoli AATO e di convenzioni destinate a regolare i rapporti fra autorità d'ambito e gestori, nonché di vigilanza sui livelli di qualità del servizio erogato all'utenza e, infine, di verifica dei piani d'ambito (ivi incluso il piano economico-finanziario), la competenza è attribuita dalla legge, da oltre 15 anni, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che la esercita tramite una struttura specializzata, ovvero la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI);
l'esercizio di queste attribuzioni (ivi inclusa quella, esplicabile quando la verifica del piano d'ambito dà esito negativo, che consente alla CONVIRI di imporre all'Autorità d'ambito di modificare, oltre al piano d'ambito già deliberato, anche gli atti di natura convenzionale che regolano il rapporto tra la stessa Autorità d'ambito e il singolo gestore) non appare, allo stato delle cose, presidiato dalle misure, in particolare di deterrenza e sanzionatorie, necessarie ad evitare comportamenti scorretti, a danno di cittadini e imprese, da parte di AATO e gestori;
appare necessario un rafforzamento della funzione di regolazione e vigilanza oggi attribuita alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI) dall'articolo 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cosiddetto Codice dell'ambiente), allo scopo, in particolare, di assicurare con adeguate misure l'effettività dell'impegno assunto da ciascun affidatario, all'atto dell'aggiudicazione, di realizzare un determinato volume di investimenti in un certo arco temporale, e, quindi, una costante correlazione fra livello della tariffa e volume degli investimenti realizzati;
in questa direzione, il Governo si è già impegnato a dare attuazione agli ordini del giorno, approvati in sede di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009, ed in particolare nn. 9/2897/23 e 9/2897/42, tendenti appunto a «considerare il potenziamento della funzione di regolazione del settore volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita autorità di regolazione»;
per evitare che questo apposito soggetto pubblico chiamato a svolgere compiti di regolazione determini impatti sulla finanza pubblica, sarebbe necessario che il relativo fabbisogno finanziario venisse coperto, per un verso, con le risorse sinora stanziate nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per assicurare il funzionamento della CONVIRI e, per altro verso, mediante un contributo posto a carico dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza, similmente a quanto deciso dal Governo, da ultimo, con riferimento all'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale;
allo scopo di dotare questo apposito soggetto pubblico chiamato a svolgere compiti di regolazione della indispensabile competenza specifica nel settore di riferimento (nel quale, come detto, si fondono gli aspetti attinenti alla tutela della concorrenza con quelli afferenti la tutela dell'ambiente), sarebbe necessario capitalizzare e valorizzare adeguatamente, nell'istituzione di detto soggetto, il patrimonio di esperienze e competenze accumulato, anche nell'applicazione dell'articolo 23-bis e del decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010, dalla CONVIRI -:
se il Governo intenda adottare le opportune iniziative normative al fine di evitare che l'abrogazione parziale dell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, di fatto escluda la tariffazione del servizio idrico integrato, e, quindi, l'unica fonte di finanziamento degli investimenti necessari entro il 2020 (60 miliardi di euro) alternativa all'impraticabile ricorso alla finanza pubblica, fornendo al contempo a cittadini e imprese le

garanzie necessarie, ad iniziare dall'istituzione di un'apposita autorità di regolazione - che capitalizzi e valorizzi adeguatamente il patrimonio di esperienze e competenze accumulato, anche nell'applicazione dell'articolo 23-bis e del decreto del Presidente della Repubblica n. 168 del 2010, dalla CONVIRI -, i cui vertici siano nominati, una volta effettuate dal Governo le relative designazioni, previa sottoposizione al parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia ambientale.
(5-04498)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RONDINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il primo progetto preliminare relativo alla tangenziale est esterna di Milano, corredato dagli studi sull'impatto ambientale, è stato depositato presso la regione Lombardia nel 2003;
sul progetto preliminare la regione ha espresso valutazioni positive;
successivamente, tale progetto preliminare è passato all'esame delle province di Milano e Lodi e dei comuni interessati;
le prime valutazioni espresse dalla provincia di Milano e gran parte dei comuni erano negative;
solo dopo mediazioni e modifiche del progetto originale, in particolare riguardo alle compensazioni e alle mitigazioni ambientali, si è giunti a un'intesa, che si è concretizzata nella sottoscrizione dell'accordo di programma (2007) da parte degli enti interessati;
persistono ancora molte perplessità da parte di diverse amministrazioni comunali, imprese agricole e organizzazioni di categoria del comparto agricolo, organizzazioni ambientaliste e gruppi di cittadini, a causa dell'impatto ambientale di tale opera e della sua reale necessità;
solo il 16 febbraio 2011 ai comuni è stato presentato il progetto definitivo;
il progetto definitivo, attraverso le varianti apportate, stravolge il progetto preliminare sottoscritto con l'accordo di programma del 2007;
sono stati concessi solo pochi giorni agli enti locali per esprimere un parere in merito al progetto definitivo modificato, nonostante la complessità e la vastità del progetto medesimo e delle sue ricadute sul territorio;
la proposta iniziale di un'infrastruttura all'avanguardia che, attraverso un sistema capillare di mitigazioni ambientali, avrebbe inciso in modo «ragionevole» sull'ambiente e sul territorio, si è trasformata in un'opera che distrugge in maniera permanente il tessuto agricolo e naturalistico della cintura esterna di Milano;
per la realizzazione dell'opera saranno realizzate diverse cave di prestito, che andranno ad incidere ulteriormente e in maniera fortemente negativa sui territori;
non è chiara la metodologia con la quale si è provveduto all'individuazione della localizzazione delle cave di prestito e soprattutto è mancato il coinvolgimento dei comuni interessati;
all'interrogante appaiono in atto speculazioni edilizie collegate a tale progetto e le molte aree di frangia derivanti dal tracciato rischiano di trasformarsi inesorabilmente da agricole ad edificabili;
molti dei territori che ancora oggi conservano la vocazione agricola, e con essi molte aziende del settore (che grazie al duro lavoro mantengono attivo un comparto strategico non solo a livello provinciale) rischiano di essere devastati;
una riqualificazione della già esistente strada provinciale 39 avrebbe comportato minori costi e avrebbe contenuto la destrutturazione del tessuto agricolo;

a causa dell'insufficienza di fondi per realizzare l'opera concordata, l'operatore si troverà costretto a ridimensionare ulteriormente le mitigazioni ambientali, cioè quella parte di infrastrutture fondamentali per ridurre l'impatto dell'opera sul territorio;
nel progetto definitivo presentato, l'impatto dell'infrastruttura sul territorio aumenta in maniera esponenziale;
non sono stati finanziati i prolungamenti delle linee 2 e 3 della metropolitana fino a Vimercate e Paullo precedentemente concordati, che erano strategici per dare un'alternativa al traffico su gomma;
è notizia di questi giorni che quasi tutti gli enti locali lamentano la violazione di parte dell'accordo di programma sottoscritto, in particolare alcune parti del tracciato previsto in tunnel o in trincea vengono sostituiti da cavalcavia estremamente impattanti con l'ambiente, tenuto conto che ci si trova nel Parco sud;
una volta terminata l'infrastruttura, è possibile prevedere elevati costi d'utilizzo della stessa, che renderanno di fatto l'opera ad esclusivo beneficio degli operatori commerciali, anziché favorire la mobilità dei lavoratori pendolari;
recenti studi viabilistici indicano che l'opera così realizzata sospetterebbe solamente una quota dal 7 per cento al 10 per cento del traffico attualmente presente sulla tangenziale est di Milano, non creando quindi una reale soluzione alla viabilità del milanese;
al mondo agricolo è stata prestata scarsa attenzione, considerandolo unicamente un comparto a cui espropriare terreni a costi contenuti, senza considerare che lo stesso è costituito da imprese economiche che creano reddito e posti di lavoro e senza contare che il settore agricolo assume un ruolo strategico sempre maggiore per quanto attiene l'approvvigionamento alimentare e la produzione a costi irrisori per la comunità di servizi ambientali;
dell'opera, che in origine poteva avere un interesse strategico, ad oggi si evince il solo interesse economico degli investitori;
la società Tangenziale Esterna ha sempre dichiarato che l'opera sarebbe stata realizzata nel rispetto della volontà dei comuni interessati, concordando sempre con gli stessi qualsiasi forma di variante, mentre nei fatti pare porre attenzione a soli aspetti economici;
laddove non venissero reperite le risorse sufficienti per il completamento dell'opera, la ricerca di finanziamenti potrebbe portare all'ulteriore trasformazione di aree adiacenti al tracciato, magari per realizzarvi nuovi poli logistici o centri commerciali, provocando ulteriore consumo di suolo e, nuovo afflusso di autoveicoli e sconvolgendo tanto il tessuto ambientale quanto quello economico;
gli accordi sottoscritti sono stati in gran parte disattesi, in particolare per quanto concerne le opere di mitigazione, inficiando di fatto la valutazione di compatibilità ambientale a suo tempo approvata, rendendo, ad avviso dell'interrogante, di fatto il progetto teem non conforme alla normativa vigente e di conseguenza irricevibile l'ulteriore richiesta di pronuncia di «compatibilità ambientale per le parti dell'opera oggetto di variazione», in quanto variante di un progetto originale ormai nei fatti inesistente;
quest'opera avrà tra gli effetti quello di erodere suolo agricolo, sia con il suo tracciato principale, sia con le opere connesse, di creare aree reliquali, di destrutturare il tessuto agricolo, di rendere più difficoltoso l'accesso degli agricoltori a porzioni dei fondi da loro condotti, e di rendere improduttive ampie parti di aziende agricole;
l'opera interessa una porzione di territorio della provincia di Milano particolarmente vocata all'allevamento di bovini da latte;
la disponibilità di terreno per queste aziende agricole è fondamentale sia per la

coltivazione di cereali destinati all'alimentazione del bestiame, sia per ottemperare agli adempimenti della direttiva nitrati, per la quale l'agricoltore deve avere disponibilità di terreni per lo spandimento dei liquami in proporzione al numeri di capi allevati -:
se sia intenzione del Governo continuare con quest'opera, cosi come presentata ai comuni in data 16 febbraio 2011, o se si intenda rivedere il progetto tenendo conto delle esigenze di tutela dell'ambiente;
quale sia il numero di aziende agricole che saranno interessate dal tracciato della tangenziale est esterna di Milano e dalle opere connesse;
quanti ettari di terreno agricolo verranno sottratti dalle opere stradali, dalle opere di compensazione e mitigazione e dai reliquati che si verranno a creare;
quante aziende agricole patiranno una perdita della propria capacità produttiva, a seguito della diminuzione di terreno da destinare alla cerealicoltura e al rispetto della direttiva nitrati;
quali aziende agricole rischino la chiusura a seguito della riduzione di capacità produttiva;
se sia stata quantificata o si intenda quantificare la perdita di capacità produttiva delle aziende del territorio interessato nel loro complesso, in termini di numero di capi, produzione di latte e produzione lorda vendibile in diminuzione.
(5-04488)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

RIGONI e RECCHIA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli organi di stampa Il Tirreno e La Nazione sono apparsi articoli riguardanti l'individuazione di siti, da parte del Ministero della difesa, nella provincia di Massa-Carrara dove potrebbero essere ospitati immigrati provenienti da Lampedusa;
più precisamente tali siti sarebbero stati individuati il primo nel comune di Mulazzo, presso l'ex polverificio di Boceda, ed il secondo nel comune di Villafranca in Lunigiana presso l'ex deposito di munizioni in località Virgoletta;
le suddette aree individuate, tutte comprese nel demanio militare, dovrebbero accogliere circa 2000 immigrati sbarcati a Lampedusa;
successivamente si è appresa la notizia che, una delle sopracitate località e più precisamente l'area dell'ex polverificio di Boceda (Mulazzo), è stata dal Ministero dell'interno inserita tra i 13 possibili siti adatti ad ospitare una tendopoli per gli immigrati provenienti dal Nord-Africa -:
se siano a conoscenza che gli immobili presenti nell'area di Boceda sono stati dichiarati pericolanti ed inagibili dalla stessa proprietà, ovvero il demanio militare;
se abbiano rilevato che tale area è da molti anni abbandonata e che le strutture esistenti dell'ex polverificio sono fatiscenti e assolutamente inidonee ad accogliere i profughi;
se siano a conoscenza che all'interno del perimetro militare, sono presenti diverse aziende, tra cui una fabbrica di lavatrici per strutture ospedaliere;
se l'individuazione di tali siti sia avvenuta attraverso una concertazione con prefettura di Massa-Carrara e se si è provveduto ad acquisire il doveroso consenso dal comune di Mulazzo, dalla provincia di Massa-Carrara e della regione Toscana;
se siano a conoscenza che l'area di Boceda è stata classificata dall'autorità di bacino del fiume Magra come a forte rischio di esondazione e che, essendo il terreno scosceso, impervio e a rischio

frane risulta pressoché inadatto ad ospitare una tendopoli delle dimensioni previste;
se i Ministeri della difesa e dell'interno abbiano provveduto a disporre un sopralluogo nell'area da parte della Prefettura di Massa-Carrara e quale sia stato l'esito;
se la stessa prefettura abbia inviato una nota informativa ai Ministri competenti;
se alla luce di queste argomentazioni i Ministri interrogati non intendano rivedere la decisione di allestire questo centro di raccolta profughi nell'area dell'ex polverificio Boceda (Mulazzo) e invece concordare, con le autorità regionali, siti più idonei all'accoglienza e all'ospitalità di profughi che, avendo già molto sofferto, meritano una sistemazione in luoghi più rispettosi della dignità umana e più idonei a garantire una permanenza sicura anche dal punto di vista igienico-sanitario.
(5-04481)

Interrogazione a risposta scritta:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
tra i siti individuati dal Ministero della difesa per l'accoglienza degli immigrati figura l'area di Boceda nel comune di Mulazzo (MS);
l'area militare di Boceda nel comune di Mulazzo (MS), oggi in disuso, è un area un tempo utilizzata per gli addestramenti dei paracadutisti della Folgore;
l'area di Boceda è attualmente in stato di completo abbandono: i capannoni in essa presenti sono o semi-diroccati oppure dichiarati già da tempo pericolanti dagli stessi responsabili delle Forze armate interessate;
l'intero territorio in questione è senza acqua potabile, senza alcuna possibilità di attingere alle risorse idriche degli acquedotti comunali delle aree limitrofe che già risultano insufficienti per le attuali utenze, ed è privo di opere di urbanizzazione;
la realizzazione in quell'area di un'eventuale tendopoli creerebbe la sicura e completa ghettizzazione dei migranti in essa ospitati, senza il rispetto delle più elementari norme igienico-sanitarie;
considerata la pratica impossibilità di una qualsivoglia integrazione, tale ipotizzato centro di accoglienza porterebbe danni gravissimi al fragile tessuto sociale non solo del comune di Mulazzo, bensì all'intero comprensorio della Lunigiana, in modo particolare dei comuni limitrofi di Pontremoli, Villafranca in Lunigiana, Bagnone, Filacchiera e Presana;
il comune di Mulazzo è posto nel cuore di questo comprensorio, una terra ricchissima di bellezze naturali, di tesori storico-artistici e culturali di una storia plurimillenaria che viene testimoniata dalle statue, stele, reperti archeologici, costituiti da sculture in pietra che rappresentano figure umane, risalenti al quarto- quinto millennio avanti Cristo;
a circa trecento metri dal sito di Boceda, il comune di Mulazzo in collaborazione con la provincia di Massa Carrara e la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Lucca e Massa Carrara, sta allestendo il parco delle statue stele nell'area dove sono stati ritrovati ben otto splendidi reperti di questo tipo risalenti a oltre 4000 anni a.C. -:
se non si ritenga necessario ed urgente espungere dai siti individuati dal Ministero della difesa per l'accoglienza degli immigrati l'area di Boceda nel comune di Mulazzo.
(4-11432)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il castello di Udine fu costruito dopo il terremoto del 1511, nell'arco di un cinquantennio fra il 1517 e il 1567, con onere sostenuto per circa due terzi direttamente dalla popolazione della città di Udine;
nei secoli successivi, il castello fu destinato ad usi militari dai veneziani, dagli austriaci e, dopo la terza guerra d'indipendenza, dallo Stato italiano che lo iscrisse, quale bottino di guerra, nel demanio militare;
dopo la riunificazione con l'Italia, l'amministrazione della città inoltrò al re, per il tramite delle sue più alte e rappresentative istituzioni, un'istanza ufficiale e formale affinché il colle ed il castello sovrastante, considerati come i simboli più significativi della città e dell'intero Friuli in quanto sede storica del Parlamento friulano, fossero ad essa riconsegnati in virtù dei diritti storici, etici e territoriali acquisiti e non disconoscibili;
il re, nel corrispondere alle giuste sollecitazioni della città, il 18 luglio del 1899 cedette il castello monumentale, le sue pertinenze e le sue adiacenze al comune di Udine in uso perpetuo;
da allora il castello ha rappresentato, in ogni momento, la massima espressione della vita politica amministrativa artistica e culturale della città;
in tutti questi anni, il comune di Udine si è fatto carico delle spese di manutenzione e restauro, garantendo la fruibilità del compendio alla cittadinanza, anche successivamente al luttuoso evento sismico del 1976, mediante ingenti opere di conservazione, riqualificazione e valorizzazione;
ciononostante, pur a fronte della chiarissima volontà che emerge dallo spirito e dall'inequivocabile senso letterale del testo dell'atto di cessione in uso perpetuo alla città, a causa di una non condivisibile lettura giuridico-amministrativa del documento - in base alla quale l'uso perpetuo sarebbe assimilabile al regime del diritto reale dell'usufrutto introdotto dal vigente codice civile - allo stato attuale il bene, di fatto e di diritto, non risulta più appartenere al comune di Udine;
lo Stato, che giuridicamente ne rivendica la proprietà, chiede al comune la corresponsione di onerosi canoni di concessione calcolati sulla base della stima dell'immobile a mero valore venale, non corrispondente alla sua effettiva utilizzazione;
tale stato di cose non ha lasciato insensibili la città e le massime istituzioni della provincia e della regione che ripetutamente hanno sollecitato la restituzione - alla città di Udine e al Friuli - della proprietà del castello;
in data 27 dicembre 2007 è stato sottoscritto, fra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Friuli Venezia Giulia, un protocollo d'intesa che, all'articolo 9, anticipa, di fatto, lo spirito e l'indirizzo che presiedono alla odierna formulazione del federalismo demaniale, prevedendo la possibilità, per il Governo, di concordare, attraverso i singoli Ministeri, intese finalizzate alla valorizzazione e/o l'eventuale trasferimento di alcuni beni di particolare significato culturale e simbolico come - a titolo esemplificativo - il Castello di Udine;
il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, in materia di federalismo demaniale, che prevede l'attribuzione ai comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, stabilisce all'articolo 5, comma 2, l'esclusione del

trasferimento tra l'altro, dei beni oggetto di accordo o intese con gli enti territoriali antecedenti alla data di entrata in vigore del decreto;
la risoluzione 7-00504, approvata il 24 marzo 2011 dalla Commissione Finanze della Camera, impegna il Governo: ad interpretare il citato comma 2, dell'articolo 5, del decreto legislativo n. 85 del 2010, nel senso che sono esclusi dal trasferimento i soli beni oggetto di accordi perfezionati e non anche quelli indicati in atti integranti, di fatto, semplici dichiarazioni di intenti;
il trasferimento della proprietà del castello di Udine, citato nell'intesa sottoscritta nel 2007, sembra coerente con i recenti provvedimenti legislativi riguardanti il federalismo fiscale, anche alla luce della necessità di estendere la disciplina, in materia di trasferimento dei beni demaniali, agli enti locali compresi nelle regioni a statuto speciale -:
con quali modalità e tempi il Governo intenda dare attuazione a quanto indicato dall'articolo 9 del sopra richiamato protocollo d'intesa sottoscritto dal Governo e dalla regione Friuli Venezia Giulia il 27 dicembre 2007 al fine di inserire il compendio del castello di Udine nell'elenco dei beni che potranno essere trasferiti agli enti locali.
(5-04501)

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN e RAINIERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi Lactalis ha raggiunto, direttamente o indirettamente, la rilevante quota del 29 per cento del capitale di Parmalat; le operazioni che hanno portato a questa quota sono state diverse e successive: il 21 marzo 2011 Lactalis ha annunciato, su richiesta della Consob, di detenere il controllo del 13,67 per cento del capitale, l'8,59 per cento posseduto direttamente e il 5,98 per cento attraverso un contratto di equity swap; il giorno successivo la stessa Lactalis ha annunciato di aver stipulato nelle prime ore della giornata, un accordo per l'acquisto delle azioni Parmalat detenute dai fondi Zenit Asset Management, Skagen As e Mackenzie Financial Corporation, pari al 15,3 per cento del capitale dell'azienda italiana, raggiungendo così la quota del 29 per cento del capitale, appena al di sotto del limite del 30 per cento, al di sopra del quale deve scattare l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria;
la stampa nazionale ha riportato che la procura di Milano ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per far luce su presunti movimenti anomali del titolo Parmalat in borsa che si sarebbero verificati nelle settimane precedenti gli annunci; la Guardia di finanza, in particolare, starebbe verificando se l'accordo tra Lactalis e i tre fondi sia stato effettivamente siglato nelle prime ore del 22 marzo, o se esistessero accordi precedenti che avrebbero assicurato al gruppo francese la certezza di poter aggiungere alla propria quota del 13,67 per cento raccolta prima del 17 marzo anche le quote detenute dai tre fondi;
forti perplessità sono inoltre emerse in riferimento all'accordo di equity swap firmato da Lactalis e Societè Generale, che ha per oggetto una quota potenziale del 7 per cento di Parmalat, annunciato il 21 marzo; il giorno successivo tale accordo, insieme con la quota rilevata dai tre fondi e le quote detenute direttamente, avrebbe fatto superare la quota del 30 per cento e avrebbe, quindi, fatto scattare l'obbligo di lanciare l'offerta pubblica di acquisto per evitare tale obbligo le azioni dei fondi sarebbero state suddivise in tre tranche, arrivando, tramite ulteriori contratti di equity swap, alla partecipazione complessiva del 29 per cento;
questa scalata genera inquietudine negli operatori del settore agroalimentare italiano ed è auspicabile che nel particolare settore lattiero-caseario si arrivi alla nascita di un vero e proprio polo italiano, con lo scopo di competere ad armi pari con i concorrenti esteri;

dalle sorti del gruppo Parmalat dipende anche il futuro di altre importanti aziende italiane e di molte piccole imprese di allevamento;
appare inoltre evidente come sia necessario fare la massima chiarezza circa il pieno rispetto delle regole in un'operazione che riguarda una delle principali società quotate italiane, a tutela dei diritti dei piccoli azionisti ed a garanzia del corretto funzionato del mercato finanziario nel suo complesso -:
quali informazioni abbia il Governo, tramite la Consob sui movimenti di azioni che hanno portato il gruppo Lactalis a detenere la quota del 29 per cento del capitale di Parmalat e sul fatto che potrebbe essere stato «aggirato» l'obbligo di lanciare l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria sul capitale del gruppo italiano.
(5-04502)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dalla stampa di oggi si apprende che la Consob ha avviato nei confronti del consiglio di amministrazione di Assicurazioni Generali una sorta di moral suasion, chiedendo ai componenti di tale organo di limitare o evitare esternazioni sui temi che potrebbero avere un impatto sull'andamento di mercato dei titoli del gruppo;
sempre secondo le dichiarazioni riportate dagli organi di stampa, il vice presidente del consiglio di amministrazione, Vincent Bolloré, avrebbe affermato: «non posso parlare», onde evitare che importanti documenti ufficiali o notizie sempre pertinenti a Generali finissero sui giornali;
tali iniziative si inseriscono nel quadro del preoccupante scontro in atto in seno alla compagine azionaria ed al management del gruppo Generali, il quale si è esplicitato, nel corso delle ultime settimane, attraverso una serie di dichiarazioni e prese di posizione che hanno gettato gravissime ombre rispetto alla trasparenza ed alla stabilità del gruppo medesimo, fino a mettere in dubbio la correttezza del bilancio sociale;
in particolare, il motivo dello scontro in atto nel gruppo Generali deriva dalla poca trasparenza, denunciata dallo stesso vice presidente Bolloré, in ordine ad operazioni svolte in recente passato dalle Generali, quali quelle realizzate con l'imprenditore ceco Petr Kellner, azionista della stessa società in merito alla joint venture Ppf holding -:
inoltre un evidente motivo di frizione all'interno della compagine di Generali è costituita dalle diverse visioni dei principali azionisti, circa gli obiettivi strategici del gruppo: a tale riguardo è opportuno richiamare le iniziative assunte dal presidente del consiglio di amministrazione, Cesare Geronzi, il quale intenderebbe coinvolgere il gruppo in iniziative imprenditoriali del tutto estranee a quelle proprie del gruppo stesso, come la realizzazione del ponte sullo Stretto;
in tale contesto un ruolo importante per far chiarezza sui bilanci e sulle attività di Generali riveste evidentemente il collegio sindacale, i cui componenti sono in scadenza il 30 aprile 2011;
nella giornata del 29 marzo 2011 si è riunito il Comitato nomine di mediobanca, che pare intenda proporre la conferma dei sindaci uscenti;
si ha l'impressione che l'azione di moral suasion svolta in questi giorni dalla Consob su Generali sia volta a favorire la conferma delle cariche in seno al collegio sindacale di Generali, rivestendo pertanto più una funzione politica che di controllo -:
quali iniziative di carattere normativo intenda assumere il Governo al fine di assicurare ai piccoli azionisti delle società quotate sul mercato, quali il gruppo Generali, un miglior quadro informativo e di tutela, in particolare evitando che l'eccessiva durata nella carica dei componenti degli organi di controllo interno e dei

revisori dei conti possa generare fenomeni opachi di familiarità degli stessi organi di controllo nei confronti degli azionisti di controllo, tali da consentire operazioni al limite della legalità contabile e di bilancio, e se non ritenga, ai fini sopra indicati, di introdurre norme più stringenti sull'onorabilità e sui requisiti dei manager delle imprese operanti nel settore finanziario-assicurativo, al fine di scongiurare conflitti di interessi e di evitare che spregiudicate iniziative strategiche estranee all'attività propria delle imprese possano pregiudicare la sana e prudente gestione delle imprese stesse, in particolare nel cruciale settore della finanza.
(5-04503)

TESTO AGGIORNATO AL 31 MARZO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

BARBIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la notte tra il 7 e l'8 maggio 1992 veniva assassinato all'età di 41 anni il dottor Carlo Rombaldi, medico assistente chirurgo presso l'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia;
il Rombaldi, padre di due figli, fu raggiunto da quattro colpi di pistola mentre usciva dal garage della propria casa in via Fabio Filzi a Porta Santo Stefano a Reggio Emilia;
le indagini di allora non portarono a nulla di fatto anche per la difficoltà a trovare un movente che le indirizzasse verso una traccia;
nel 2008, tuttavia, l'inchiesta veniva riaperta per effettuare alcuni accertamenti su una pistola, una 38 special, appartenente ad un conoscente o vicino di casa della vittima, compatibile con quella usata dall'assassino;
alcuni giorni fa è trapelata la notizia che sarebbero andate perse le ogive dei proiettili che hanno colpito il Rombaldi, cioè delle uniche tracce in grado di attribuire l'identità della pistola che ha ucciso il medico di Reggio Emilia;
la scomparsa potrebbe risalire anche a molti anni fa, ma non è dato di sapere neanche quante ogive erano state effettivamente conservate perché manca una relazione scritta sulla vicenda;
sfuma per tanto la possibilità di risolvere il delitto Rombaldi, trovare l'assassino e dare una risposta alla richiesta di verità e giustizia dei familiari del Rombaldi -:
se non ritenga di procedere ad un'ispezione per accertare i fatti accaduti e per l'eventuale esercizio dei poteri di competenza, tenuto conto che sulla vicenda non è stata aperta alcuna inchiesta.
(3-01558)

Interrogazione a risposta scritta:

LUSSANA, NICOLA MOLTENI e BITONCI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, tra l'altro, costituisce, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire, al fine di assicurare un indennizzo agli acquirenti che, a seguito dell'assoggettamento del costruttore a procedure implicanti una situazione di crisi, hanno subito la perdita di somme di denaro o di altri beni e non hanno conseguito il diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su immobili oggetto di accordo negoziale con il costruttore ovvero l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su immobili da costruire per iniziativa di una cooperativa; il Fondo è alimentato da un contributo obbligatorio a carico delle imprese costruttrici e si articola in sezioni autonome corrispondenti ad aree territoriali interregionali, da definire con decreto di natura

non regolamentare del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
le risorse di ciascuna sezione del Fondo sono destinate alla soddisfazione delle richieste di indennizzo dei soggetti aventi diritto in relazione agli immobili ubicati nel territorio di competenza della sezione medesima; a tal fine il gestore del Fondo, individuato nella Consap s.p.a, entro sei mesi dalla data di scadenza del termine di presentazione delle richieste di indennizzo da parte degli aventi diritto, avrebbe dovuto determinare per ciascuna sezione l'ammontare massimo complessivo delle somme da erogare a titolo di indennizzo e, quindi, sulla base delle risorse globalmente imputate a ciascuna sezione per effetto del versamento della prima annualità del contributo obbligatorio di cui all'articolo 17, la prima quota annuale di indennizzo da erogare;
il termine per la presentazione delle richieste di indennizzo è scaduto il 30 giugno 2008 e, a quasi tre anni, non sono ancora state definite le sezioni del Fondo, operazione preliminare all'erogazione degli indennizzi;
i dati rilevati fotografano una situazione diversificata sul territorio nazionale, con una distribuzione delle vittime dei fallimenti delle imprese costruttrici abbastanza uniforme sul territorio nazionale, ma con una contribuzione al Fondo che per l'80 per cento proviene dalle regioni del Nord; tale contrapposizione è un chiaro segnale che le disposizioni del citato decreto legislativo n. 122 del 2005 sono state rispettate solo in alcune parti del Paese e non in altre;
a parere dell'interrogante la definizione delle aree territoriali interregionali e delle corrispondenti sezioni del Fondo contribuirebbe a far emergere tale discrepanza, stimolando una verifica sulla corretta applicazione del decreto e permetterebbe di erogare gli indennizzi almeno nelle regioni dove la contribuzione al Fondo c'è stata;
non è ipotizzabile una distribuzione del fondo in maniera indifferenziata, che penalizzerebbe le regioni del Nord, nelle e quali c'è stata una ampia e virtuosa applicazione della norma -:
quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 122 del 2005 e quali siano le verifiche che i Ministeri competenti intendano attuare per accertare la corretta applicazione in tutto il territorio nazionale delle disposizioni del citato decreto.
(4-11426)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MONTAGNOLI e DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è molto sentita la necessità di promozione del territorio attraverso cartelli che, in ambito autostradale, indichino siti di interesse turistico e culturale, con immagini relative a luoghi, paesaggi, monumenti, personaggi storici, avvenimenti culturali e turistici ovvero a produzioni tipiche, riferiti a regioni, province, comuni e zone territoriali di riconosciuta rilevanza turistica-economica-culturale; in Italia il sistema autostradale costituisce la principale scelta di percorrenza turistica e molte zone di grande interesse culturale, paesaggistico, artistico sono attraversate senza che il turista ne abbia adeguata conoscenza;
a tale proposito il legislatore è intervenuto opportunamente, con la revisione del codice della strada, accogliendo gli specifici emendamenti presentati dalla Lega Nord e da altri gruppi;
in particolare, l'articolo 5, comma 2, lettera b), della legge n. 120 del 2010, di modifica del codice della strada, consente finalmente l'installazione, in ambito autostradale, di cartelli di valorizzazione e promozione del territorio indicanti siti

d'interesse turistico e culturale e a tal fine la legge prevede l'adozione di uno specifico decreto ministeriale attuativo, che ne indichi le caratteristiche;
l'articolo di legge citato prevede nel medesimo decreto in ambito autostradale l'installazione di cartelli indicanti servizi di interesse pubblico, ritenuti particolarmente utili all'utenza, presenti sia all'interno della rete autostradale, sia all'esterno, nelle immediate vicinanze della stessa -:
se il Governo non ritenga quella esposta una effettiva priorità, nell'imminenza della stagione turistica e quali siano i motivi del ritardo nell'adozione del decreto stesso.
(5-04482)

BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo orario approntato da trenitalia, per la tratta dei collegamenti interregionali tra le città di Foggia e Potenza, contempla la soppressione della fermata presso la stazione ferroviaria di Candela;
tale tratta è particolarmente frequentata dagli studenti del comune della provincia di Foggia iscritti all'istituto tecnico alberghiero di Melfi, nonché dai lavoratori impiegati nelle aziende della zona industriale di San Nicola di Melfi;
il disagio ed il danno economico provocati da tale decisione sono stati rappresentati ai dirigenti locali di Trenitalia dagli utenti, costituitisi in comitati civici spontanei, senza ottenere alcun risultato pratico;
il collegamento ferroviario tra Candela e i due capoluoghi è uno degli elementi di contenimento della marginalità sociale ed economica di cui soffre questo comune, al pari dell'intera area del subappennino dauno -:
se ed in quali termini il Governo intenda intervenire affinché Trenitalia e Ferrovie dello Stato riconsiderino la scelta di sopprimere la fermata di Candela.
(5-04492)

Interrogazioni a risposta scritta:

COLUCCI e TRAVERSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
fino al marzo 2010 le Ferrovie dello Stato hanno offerto collegamenti tra Milano-Lamezia Terme e Milano-Crotone con treni a lunga percorrenza, anche con servizio di «auto al seguito», molto gradito agli utenti;
tale collegamento era utilizzato sia da viaggiatori abituali che per motivi di lavoro, di studio e familiari vivono da pendolari, recandosi dalla Calabria verso destinazioni settentrionali, sia da tutti quei cittadini calabresi, residenti in altre regioni, o anche all'estero, che decidono di trascorrere periodi feriali nei luoghi di origine;
per questi ultimi si rivelava particolarmente utile il servizio di «auto al seguito», garantito in tale tratta, avendo essi spesso necessità, durante il suddetto periodo feriale, di disporre della propria autovettura;
a partire dal marzo 2010, Trenitalia ha proceduto alla soppressione di otto corse che collegavano la Calabria con il Nord Italia e, in particolare con la città di Milano, ivi compresa quella che prevedeva il servizio di «auto al seguito», creando quindi notevoli disagi per gli utenti;
la scelta di Trenitalia ha comportato una forte penalizzazione per la Calabria e, innanzitutto per la fascia jonica, obbligandola di fatto ad un notevole isolamento - visto anche lo stato in cui versano i collegamenti autostradali - con gravi ripercussioni sulla vita economica e turistica della zona;
i cittadini calabresi di conseguenza hanno visto drasticamente compresso il

loro diritto alla mobilità e sono stati costretti a dover scegliere un mezzo alternativo e più costoso;
la soppressione del collegamento ferroviario diretto tra la fascia jonica e Milano ha pregiudicato particolarmente le persone appartenenti alla terza fascia di età, spesso tra i fruitori più numerosi del servizio, i quali sono ora costretti, qualora scelgano tale mezzo di trasporto, al disagio di dover effettuare obbligatoriamente il cambio treno, attendendo le relative coincidenze -:
se non ritenga di adottare le opportune iniziative affinché sia ripristinato, quantomeno nei mesi estivi, il servizio di cui sopra, al fine di favorire la mobilità degli utenti, e in particolar modo di quei cittadini di origine calabrese, che costituiscono nell'area lombarda una notevole presenza, che intendono trascorrere il periodo feriale nei luoghi di origine.
(4-11427)

BITONCI, LANZARIN, GIDONI, MONTAGNOLI, LUCIANO DUSSIN, GOISIS, NEGRO, DAL LAGO, MUNERATO, CALLEGARI, FORCOLIN, GUIDO DUSSIN e DOZZO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a breve partiranno i lavori per la realizzazione della superstrada pedemontana veneta (SPV), un'infrastruttura viaria destinata a servire l'area a maggiore concentrazione industriale del Nord-est;
il progetto di viabilità di secondo livello connesso alla Pedemontana, prevede un tracciato che, partendo dal casello di Bassano ovest e attraversando i comuni di Bassano del Grappa, Rosà, Cartigliano, Tezze sul Brenta, Cittadella, arriva ad incrociare la strada statale 53 all'altezza del ponte sul Brenta, nel territorio del comune di Fontaniva. Da qui il tracciato prosegue, attraversando gli altri comuni posti ad ovest della strada statale 47 - Valsugana, San Giorgio in Bosco, Campo San Martino, Curtarolo, Villafranca Padovana, fino allo snodo viario di Limena;
tale tracciato, oltre ad essere stato già indicato nel piano territoriale di coordinamento provinciale della provincia di Vicenza nel 2007 e che dovrebbe essere reinserito a breve nel piano territoriale di coordinamento provinciale in fase di approvazione, è stato riportato anche nel piano territoriale di coordinamento provinciale di Padova e nel piano provinciale della viabilità, dove ha già ottenuto il prescritto parere positivo (approvato dalla regione Veneto con DGRV n. 4234 del 29 dicembre 2009), ed è ulteriormente previsto nel piano triennale regionale delle opere pubbliche;
la bretella di collegamento Limena/Bassano con la SPV, così come riportata nei due piani territoriale di coordinamento provinciale sopra citati, è stata inoltre interessata da un progetto di fattibilità Anas presentato a Mestre in data 11 dicembre 2006 e sul quale sono poi state articolate le scelte di pianificazione territoriale che sono state assunte dalle amministrazioni, a vari livelli, nel tempo;
appare dunque evidente l'opportunità, nonostante l'ostracismo di due soli comuni tra le decine di amministrazioni interessate e il parere favorevole di tutte le categorie economiche del Cittadellese e Bassanese, di proseguire l'iter per l'approvazione definitiva del tracciato, sottolineando la necessità di realizzare con urgenza l'infrastruttura che colleghi l'asse pedemontano al territorio della bassa bassanese e dell'alta padovana fino allo svincolo/circonvallazione di Limena, a causa della rapida ed incessante crescita dei volumi di traffico di mezzi pesanti che il territorio citato deve quotidianamente assorbire -:
quali concrete iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per garantire una rapida soluzione dei problemi connessi alla viabilità dei territori sopra citati, e se non ritenga opportuno promuovere l'inserimento del tracciato della bretella ovest alla superstrada pedemontana

veneta in una legge obbiettivo nazionale, al fine di addivenire con celerità alla definitiva risoluzione dei problemi esposti, che producono pesanti ricadute sull'intero sistema economico di una delle zone più produttive del Veneto.
(4-11433)

ZACCHERA. - Al Ministro infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
poste italiane spa ha deciso la chiusura dell'ufficio postale di Verbania Suna per trasformarlo in ufficio «business» con conseguenti problemi per le migliaia di persone che gravitavano sullo stesso;
l'ufficio appare male servito dai servizi pubblici, senza parcheggi e di dimensioni anguste ed inadatto quindi ad essere frequentato da clientela istituzionale, professionale e di «portatori di partite IVA» -:
se non si ritenga di dover invitare poste italiane a soprassedere a tale decisione e a mantenere l'apertura dell'ufficio di Suna alla clientela normale, eventualmente reperendo in altre zone di Verbania dei locali più adatti a questa specifica esigenze.
(4-11434)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il consiglio della regione Toscana ha approvato all'unanimità nel mese di luglio 2010 una mozione che sottolineava la carenza di organico e di mezzi del Corpo dei vigili del fuoco sul territorio toscano e manifestava la propria preoccupazione per la prevista rimozione dallo stesso territorio degli elicotteri modello AB412, gli unici abilitati agli interventi di soccorso; su questo punto la regione Toscana si è mostrata sensibile e interessata a sottoscrivere una convenzione con il nucleo elicotteri di Arezzo per l'impiego di idoneo elicottero capace di fornire il necessario supporto alla struttura regionale di protezione civile nelle attività di soccorso in caso di calamità, di prevenzione dei rischi e monitoraggio del territorio;
a distanza di otto mesi la situazione non solo non è cambiata ma si è aggravata in quanto il Governo, oltre a non avere mantenuto i propri impegni per riconoscere, anche sul piano economico, un lavoro difficile, rischioso e professionalmente qualificato come quello dei Vigili del fuoco, ha presentato un piano assunzioni il quale, escludendo la stabilizzazione dei precari, pregiudica l'efficacia, l'efficienza dell'attività di soccorso e accresce le sue difficoltà gestionali;
permane il blocco dei passaggi di qualifica professionale a caposquadra e caporeparto, con la conseguenza del permanere di una dotazione organica inferiore a quella prevista dalla normativa vigente;
con riferimento alla situazione toscana in particolare, i sindacati rappresentativi del Corpo dei Vigili del fuoco hanno incontrato più volte, la prima nell'ottobre 2010 e l'ultima nel mese di marzo 2011, i massimi dirigenti del Corpo stesso chiedendo ripetutamente la risoluzione delle questioni ancora irrisolte e tra queste il mancato pagamento di straordinari relativi alla loro prestazione professionale nel corso di gravi emergenze quali:
a) l'esplosione della stazione ferroviaria di Viareggio (giugno 2009);
b) l'alluvione del fiume Serchio (dicembre 2009);
c) l'esercitazione internazionale della Protezione Civile (novembre 2010);
d) il terremoto in Abruzzo (anno 2010);
e) le emergenze di Messina (diversi periodi tra il 2009 e il 2010) -:

se sia a conoscenza delle problematiche esposte in premessa;

se non ritenga di attivare, nell'ambito di quanto di propria competenza, tutte le necessarie iniziative per favorire la stipula della convenzione in oggetto relativa alla permanenza di un mezzo di soccorso aereo sul territorio toscano;
se non ritenga di favorire la soluzione di tutte le questioni contrattuali e strutturali sopra descritte (compreso il mancato pagamento delle spettanze straordinarie) così da garantire la piena dignità professionale alle donne e agli uomini del Corpo Vigili del fuoco, garanti di un servizio indispensabile di tutela e soccorso alla comunità tutta.
(4-11425)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte fra domenica 20 e lunedì 21 marzo i carabinieri del comando provinciale di Padova hanno arrestato 14 persone con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, falso in atto pubblico e truffa per aver raggirato molte aziende che, a causa della crisi economica, erano oberate dai debiti e sull'orlo del fallimento;
in particolare, tra gli arrestati figura Giuseppe Catapano di Napoli, fondatore della holding denominata «Gruppo Catapano» attiva in molti settori finanziari e presidente dell'associazione «Ope» (Osservatorio parlamentare europeo) con sede fittizia a Roma;
le persone arrestate, facenti capo al gruppo Catapano, truffavano le aziende in crisi attraverso il meccanismo della manleva. In cambio del pagamento in contanti del 15 per cento dei debiti accumulati dalle aziende sull'orlo del fallimento gli esponenti di questa organizzazione criminale promettevano ai titolari delle imprese di sanare i loro debiti attraverso la costituzione di società all'estero a cui intestare tutti i beni immobili, in modo tale da eludere il fisco e mantenere indenni da responsabilità e richieste di rimborsi le aziende in crisi;
dopo aver incassato in contanti la quota concordata per mettere in atto queste operazioni illecite le aziende in crisi venivano lasciate deliberatamente fallire;
in provincia di Padova si sono rivolte a questa organizzazione criminale i titolari di numerose aziende, tra cui la «Ares» di Este, la «Confezioni Maglieria Rosanna» di Rubano, la «Paolo De Nicola Spa» di Cittadella, la «Emmepi Costruzioni Generali» di Maserà, la «Zeta Tre Srl» di San Giorgio in Bosco ma si ritiene che le imprese realmente coinvolte siano molte di più;
solamente nel padovano il giro d'affari dell'organizzazione criminale scoperta dai carabinieri è stimato intorno ai 50 milioni di euro;
l'operazione conclusa con successo dai carabinieri del comando provinciale di Padova conferma la gravità della crisi economica che, a partire dal 2008, coinvolge migliaia di piccole e medie aziende del territorio padovano e, più in generale, di tutto il nord Italia;
questa grave situazione di crisi favorisce l'inserimento delle organizzazioni criminali nel tessuto economico e produttivo del nostro Paese. Infatti molti imprenditori, oberati dai debiti, diventano facilmente vittime di operazioni illegali, truffe o chiedono prestiti a tassi di usura per cercare di salvare le loro aziende dalla bancarotta;
i dati contenuti nelle relazioni semestrali della direzione investigativa antimafia evidenziano l'aumento dei reati tipici della criminalità organizzata e segnalano la presenza in Veneto di associazioni criminali che svolgono azioni illegali per inserirsi nel tessuto imprenditoriale locale con la finalità di riciclare i proventi delle attività illecite. Il confronto tra il primo semestre del 2009 e il primo semestre del 2010 indica che in Veneto le denunce per il reato di usura sono passate da 4 a 29 e che le segnalazioni per il reato di riciclaggio sono aumentate da 490 a 689;

gli episodi che portano alla luce la presenza delle organizzazioni criminali nel Nord Italia sono sempre più frequenti in Veneto, come dimostra, ad esempio, ultima in ordine di tempo, l'indagine della magistratura padovana che ha scoperto un vasto giro di usura ed estorsione facente capo a Caterina e Rosario Lo Nardo, già noto alle Forze dell'ordine in quanto precedentemente sottoposto al procedimento di soggiorno obbligato in Veneto dopo una condanna per reati di mafia -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
quali azioni concrete intenda porre in essere per prevenire e contrastare le attività illegali delle organizzazioni criminali in Veneto;
quali misure intenda adottare per prevenire e contrastare i diffusi tentativi illegali di scalate finanziarie delle aziende in crisi.
(4-11437)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'anno scolastico in corso i docenti appartenenti alla classe di concorso A13 hanno avuto la possibilità di insegnare Scienze integrate (fisica) al primo anno degli istituti tecnici settore economico (sia indirizzo marketing che turistico);
dal prossimo anno scolastico, secondo quanto previsto negli allegati B1 e B2 della circolare n. 21 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 14 marzo del 2011 (AOODPIT Prot. n. 270), tale insegnamento sarà invece prerogativa delle sole classi di concorso A38 e A49;
è rilevata, comunque, la fondatezza di tale scelta sia da un punto di vista didattico che dell'impiego del personale docente in quanto la classe di concorso A38 è tra quelle che annovererà diversi perdenti posto;
tale scelta, però, ha finito per aggravare ulteriormente la situazione della classe di concorso A13 (chimica) che si vede così estromessa dall'insegnamento della fisica che comunque, nell'ordinamento dei vecchi ITC, afferiva alla disciplina integrata di chimica-fisica il cui insegnamento era stato attribuito proprio alla classe di concorso A13;
di contro agli abilitati della A13 non è stata data la possibilità, se si eccettua il liceo scientifico opzione scienze applicate, di insegnare chimica nei licei il cui insegnamento è rimasto prerogativa assoluta della A60;
al fine di ristabilire un equilibrio tra classi di concorso destinate ad annoverare numerosi perdenti posto e allo scopo di evitare, come ci risulta che stia già accadendo, che sulla classe di concorso A60 si potrebbero addirittura creare le condizioni per nuove immissioni in molo a totale danno dei docenti titolari della classe di concorso A13 -:
se, al solo fine di salvaguardare il posto di lavoro dei docenti titolari di cattedra ed evitarne gli esuberi, non intenda procedere ad una modifica del quadro orario licei (allegati B,C,D,E,F,G come da circolare ministeriale n. 21 del 2011) in modo da attribuire, in tutti i licei, l'insegnamento della chimica anche ai docenti della classe di concorso A13 oltre che a quelli della A60.
(5-04485)

LOLLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il corrente anno scolastico è stato caratterizzato da alcune forti contraddizioni e paradossi scaturiti proprio dalla mancata ristrutturazione delle classi di concorso che avrebbe dovuto accompagnare la riforma delle scuole secondarie di

secondo grado al fine di evitare che docenti di ruolo risultassero perdenti posto o soprannumerari;
la mancata rivisitazione delle classi di insegnamento, già nel corrente anno scolastico, ha prodotto alcune evidenti storture tanto che docenti di ruolo, i quali secondo il proprio piano di studi universitario avrebbero potuto insegnare materie affini nella scuola di titolarità, hanno dovuto completare la propria cattedra in una seconda scuola; viceversa su quella disciplina affine sono stati nominati docenti a tempo determinato e tutto ciò solo perché il docente di ruolo, pur possedendo i titoli di accesso (in base agli esami sostenuti all'università e secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 39 del 1998) non aveva conseguito l'abilitazione sulla disciplina nonostante l'avesse sempre insegnata in forme diverse;
il Governo avrebbe dovuto accompagnare la riforma della scuola secondaria di secondo grado con una rivisitazione e accorpamento delle vecchie classi di concorso in base anche ai titoli di accesso all'insegnamento della disciplina attivando al contempo corsi abilitanti per la riconversione professionale degli insegnanti così previsto dal comma 1 dell'articolo 473 del decreto legislativo 297 del 1994 che recita testualmente: «Al fine di rendere possibile una maggiore mobilità professionale all'interno del comparto della scuola, in relazioni a fenomeni di diminuzione della popolazione scolastica e quindi di emergenza di situazioni di soprannumerarietà del personale docente, ovvero in relazione a cambiamenti negli ordinamenti degli studi e nei programmi di insegnamento, sono effettuati corsi di riconversione professionale, aventi, ove necessario, anche valore abilitante»;
mancando tale possibilità di riconversione assisteremo, all'inizio del prossimo anno scolastico, ad un preoccupante proliferare di docenti soprannumerari che, essendo stati assunti a tempo indeterminato, dovranno comunque avere una collocazione lavorativa all'interno della scuola -:
se per il prossimo anno scolastico, proprio al fine di evitare che si crei una pericolosa situazione di soprannumerarietà e nel rispetto del comma 1 dell'articolo 473 del decreto legislativo 297 del 1994 non intenda diramare una circolare dando disposizione ai dirigenti scolastici, in via transitoria e fino all'attivazione dei corsi abilitanti per la riconversione professionale dei docenti di ruolo, di formare le cattedre per i docenti titolari da inviare all'ufficio scolastico provinciale prescindendo dal possesso dell'abilitazione e tenendo solo conto dei titoli di accesso all'insegnamento della relativa disciplina facendo riferimento sia a quanto stabilito dal decreto ministeriale 39 del 1998, sia al curriculum universitario e professionale del docente e sia quanto previsto dalla circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010 (ribadito nell'ultima circolare ministeriale 21 del 14 marzo 2011) secondo cui «gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso del vecchio ordinamento devono essere trattati come insegnamenti "atipici", la cui attribuzione alle classi di concorso deve avere come fine prioritario la tutela della titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica e la continuità didattica» (pag. 14 ultimo capoverso) anche considerato che tale passo della Circolare è stato fortemente richiamato e rammentato in risposta scritta (n. 4-03833 del 12 novembre 2010 prot. n. 4314) alla interrogazione presentata dal senatore Giovanni Legnini per evidenziare che i dirigenti scolastici sono tenuti a mettere in atto tutte le iniziative previste al fine di salvaguardare il posto di lavoro di tutti i docenti di ruolo.
(5-04486)

LOLLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 289 del 2002 (articolo 35, comma 1) aveva previsto l'obbligo a 18 ore per tutte le cattedre, ma salvaguardando i titolari nella scuola;
con il successivo decreto-legge n. 112 del 2008 la clausola di salvaguardia per i

perdenti posto è stata eliminata, per cui tutte le cattedre vanno costituite a 18 ore anche se ciò determina un perdente posto;
secondo prime notizie che arrivano dalle dirigenze scolastiche, si evince che per molte discipline, a seguito della riduzione del monte-ore settimanale così come previsto dalla riforma della scuola secondaria di secondo grado e a seguito dell'aumento del numero degli alunni per la formazione di ciascuna classe, numerosi docenti titolari di cattedra risulteranno soprannumerari nonostante i pensionamenti (del tutto insufficienti ad attuare una compensazione);
per queste stesse discipline non c'è nessuna possibilità di riassorbire i docenti di ruolo neanche tra comuni viciniori (fino a 40-50 chilometri e oltre) con un preoccupante effetto domino di intasamento di docenti in esubero;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ribadito anche nella circolare n. 21 del 14 marzo 2011 le indicazioni nazionali per la salvaguardia del posto di lavoro dei docenti titolari di cattedra e che, in modo particolare, concedeva agli USP, in casi particolari, una deroga alla formazione di cattedre da 18 ore, così come testualmente si legge nella medesima alla pagina 14 a partire dal IV capoverso: «Ai sensi dell'articolo n. 35, 1o comma, della legge 27 dicembre del 2002 n. 289 e dell'articolo n. 21 del Regolamento sul dimensionamento, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009, le cattedre costituite con orario inferiore all'orario obbligatorio di insegnamento dei docenti, sono ricondotte a 18 ore settimanali, anche mediante l'individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre, salvaguardando comunque l'unitarietà dell'insegnamento di ciascuna disciplina. Fanno eccezione, ovviamente, per le cattedre che non sia possibile formare per complessive 18 ore anche ricorrendo ad una diversa organizzazione modulare, fermo restando che le stesse non potranno comunque avere un orario inferiore alle 15 ore settimanali. In tal caso l'orario necessario per completare la cattedra potrà essere impiegato per il potenziamento degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e/o per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell'offerta formativa.»;
questa esigenza di tutelare il posto di lavoro dei docenti di ruolo è ripetuta, quasi in modo ossessivo, nella circolare in oggetto, fino a relativizzare a tal fine ogni provvedimento come si può leggere alle pagina 15 e 16 della stessa;
tutte le scuole, a seguito della strutturazione delle cattedre a 18 ore settimanali, hanno problemi nel gestire le sostituzioni dei docenti assenti e dunque a garantire la sorveglianza di alunni minorenni nell'anno scolastico in corso ci sono stati docenti che hanno dovuto completare la propria cattedra in altra scuola nonostante avrebbero potuto trovare una sistemazione in quella di titolarità se solo si fossero potute costituire cattedre al di sotto delle 18 ore -:
se, al solo fine di salvaguardare il posto di lavoro dei docenti titolari di cattedra ed evitarne gli esuberi, intenda dare una interpretazione estensiva alla suddetta circolare medesima dando la possibilità ai dirigenti scolastici di formare cattedre derogando alla norma delle 18 ore e comunque non scendendo sotto le 15 ore settimanali rimarcando che le restanti ore a completamento di cattedra siano utilizzate all'interno della medesima scuola per le sostituzioni dei docenti assenti, per il potenziamento degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e/o per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano offerta formativa, oppure, in subordine, che i dirigenti scolastici abbiano la possibilità di formare cattedre, derogando alla norma delle 18 ore e comunque non scendendo sotto le 15 ore settimanali, solo nel caso in cui il

docente soprannumerario non possa completare il proprio orario in scuole ubicate all'interno dello stesso comune.
(5-04495)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è in atto da mesi una vertenza che riguarda gli ex lavoratori socialmente utili, i lavoratori degli appalti storici delle pulizie nelle scuole e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in rapporto alla direttiva 103 del 2010 che prevede tagli agli appalti delle pulizie nelle scuole tali da mettere a rischio migliaia di posti di lavoro;
si è svolto il 22 marzo 2010, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'incontro già programmato per un confronto tra il Ministero stesso, le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali, per discutere le procedure relative alle nuove gare, incontro finalizzato a garantire il mantenimento dell'occupazione e del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori del settore;
alla riunione era previsto l'intervento della rappresentanza politica e tecnica del Ministero come da impegni sottoscritti nel verbale del 3 marzo del 2011, in quanto erano attese risposte in merito all'impegno di reperire i fondi atti ad assicurare la continuità occupazionale di tutti i lavoratori già impegnati nello svolgimento dei servizi;
la riunione si è invece svolta alla presenza della sola rappresentanza tecnica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che ha confermato la piena applicazione della direttiva 103 del 2010, in particolare l'entità delle risorse economiche che la stessa stabilisce per il settore e che prevedono un taglio del 50 per cento rispetto all'attuale finanziamento, con il rischio concreto di migliaia di licenziamenti. Tra l'altro, la direttiva non prevede distinzioni tra lavoratori ex lsu e lavoratori degli appalti storici;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ribadito l'intenzione di attivare gare Consip per l'affidamento dei servizi, prevedendo altresì l'applicazione del contratto collettivo nazionale pulizie/multiservizi quindi anche dell'articolo 4 dello stesso; comunque stante l'entità attuale dei finanziamenti si determinerebbero forti riduzioni del numero degli addetti come già evidenziato;
nelle more della predisposizione delle gare Consip, dopo il 30 giugno 2011, per gli appalti scaduti o in scadenza, la direttiva del Ministero se confermata, prevede, già per l'anno scolastico 2011/2012, la riconferma dell'esternalizzazione dei servizi di pulizie ed un sistema di gara mediante la procedura del cottimo fiduciario delegata a ciascun istituto scolastico;
questa procedura e la condizione posta di far partire i nuovi appalti alla data del 1o settembre 2011, con l'interruzione dei rapporti di lavoro per i mesi estivi, determinerebbe di fatto l'impossibilità di applicare le garanzie previste dal contratto collettivo nazionale e dall'articolo 4, concorrendo alla drastica riduzione degli organici e quindi al licenziamento dei lavoratori;
lavoratori e sindacati hanno espresso una netta opposizione all'atteggiamento assunto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ribadendo la contrarietà all'impostazione dettata dalla direttiva 103 del 2010, al taglio indiscriminato delle risorse del settore ed all'utilizzo degli affidamenti attraverso il cottimo fiduciario;
lavoratori e sindacati hanno ribadito altresì la necessità di attivare un percorso che discuta l'ottimizzazione dei servizi a condizione della continuità degli appalti attuali, fino alla predisposizione delle definitive nuove gare, che devono garantire l'applicabilità delle clausole sociali e quindi mantenere l'occupazione e il reddito

delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, nonché la qualità e la sicurezza dei servizi alle scuole;
giudicando negativo l'esito della riunione, lavoratori e sindacati hanno programmato iniziative di lotta a partire dalla dichiarazione dello stato di agitazione della categoria e dall'indizione di una manifestazione nazionale a Roma -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto; per quali ragioni la parte politica del Ministero, dopo essersi impegnata a partecipare alla trattativa con le organizzazioni sindacali e datoriali, non si sia presentata al tavolo, delegando solo la parte tecnica e non dimostrando ad avviso dell'interrogante alcuna volontà di discutere i contenuti della direttiva 103 del 2010;
se l'applicazione di tale direttiva potrà mettere a rischio posti di lavoro, in un momento in cui la crisi economica incide moltissimo sulle famiglie e in cui ci si aspetterebbero dal Governo interventi per contenere i disagi invece che moltiplicarli;
se e quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla vertenza, alla luce dello stato di agitazione dei lavoratori e della estrema delicatezza della situazione.
(4-11424)

STRIZZOLO, ROSATO, MARAN, COMPAGNON e MONAI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le università di Trieste e Udine, che rappresentano l'intero sistema universitario del Friuli Venezia Giulia, dal 2011 sono obbligate al blocco delle assunzioni poiché risultano essere tra i sedici atenei che, nel corso del 2010 hanno sforato la soglia del 90 per cento nel rapporto tra Fondo di finanziamento ordinario dello Stato e spesa stipendiale;
tale condizione, secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 1 della legge 9 gennaio 2009, n. 1, impone lo stop assoluto del turn-over di docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo;
risulta essere il primo caso in Italia in cui ad un intero sistema regionale viene impedito di assumere personale nonostante le due università si siano profuse nel corso del 2009 e del 2010 in un rigoroso piano di riorganizzazione che ha reso più efficiente il sistema universitario regionale, conseguendo risultati scientifici che hanno confermato il valore di ricerca e didattica;
a seguito di tale grave situazione di blocco delle assunzioni, i due rettori hanno evidenziato che alcune modifiche - dovute a «pressioni, territoriali» - dei parametri per la suddivisione delle risorse premiali hanno penalizzato ingiustamente il sistema universitario del Friuli Venezia Giulia;
sempre i due rettori delle università di Udine e di Trieste hanno ricordato che la spesa complessiva per stipendi nel 2010 ha registrato per entrambi gli atenei una riduzione, grazie alle politiche di contenimento della spesa, ma tale flessione è stata neutralizzata dagli automatismi di aumento stipendiale e dall'ulteriore taglio al Fondo di finanziamento ordinario;
rispetto al bilancio del 2009, che già aveva subito un decremento, i tagli sono stati del 4,8 per cento per l'università di Trieste e del 2,8 per cento per l'università di Udine e, nonostante le cessazioni di personale che hanno visto diminuire gli organici dai 958 docenti e ricercatori in servizio a fine 2006 presso l'università di Trieste passati a 745 unità, che diverranno circa 500 nel 2018, mentre dal 2008 l'università di Udine ha ridotto l'organico docenti di 50 unità, il meccanismo automatico di assegnazione dei fondi non ha considerato tali riduzioni;
la pesante penalizzazione ricade sull'intero sistema universitario regionale proprio in una fase in cui, lo stesso, ha realizzato obiettivi qualificanti di rigore nella gestione finanziaria garantendo, comunque,

livelli di eccellenza nella qualità della ricerca e della formazione didattico-scientifica degli studenti -:
per quali ragioni siano stati sospesi per la ripartizione della quota premiale del 10 per cento per il 2010 i seguenti criteri rigorosi ed oggettivi, utilizzati per la valutazione nel 2009: 1) percentuale di occupati a tre anni dalla laurea, 2) percentuale di studenti «regolari» negli studi e 3) apprezzamento della didattica nella valutazione espressa dagli studenti;
se sia intendimento del Ministro interrogato di intervenire per consentire il completamento delle procedure concorsuali bandite nel 2010 e non ancora portate a termine, per tempi tecnici non imputabili agli atenei;
se intenda dar corso alla revisione del criterio - ormai assolutamente non indicativo dello stato di salute contabile e finanziaria degli atenei - basato sul rapporto tra assegni fissi/FFO, con il decreto legislativo delegato previsto dall'articolo 5 della legge n. 240 del 2010;
se intenda accogliere la richiesta di un incontro tempestivo avanzata dai rettori delle università di Trieste e Udine, al fine di risolvere questo paradosso di un sistema universitario regionale, tanto virtuoso sul piano della ricerca e della didattica, quanto ingiustamente penalizzato sul piano dei finanziamenti.
(4-11435)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a partire dall'anno 2006, come previsto dal decreto-legge n. 4 del 10 gennaio 2006 «Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione» convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2006 l'Inps, in ottemperanza a quanto stabilito all'articolo 6 «Semplificazione degli adempimenti amministrativi per le persone con disabilità» della sopra citata normativa, ha avviato un programma annuale di verifica delle prestazioni di invalidità;
il suddetto programma a partire dall'anno 2009 è stato integrato con un piano di verifiche straordinarie che, come previsto dall'articolo 80 «Piano straordinario di verifica delle invalidità civili» del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante posizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha interessato 200.000 cittadini invalidi. I controlli di cui all'articolo 80 della succitata legge erano finalizzati a verificare, per le 200.000 persone la permanenza dello stato invalidante nonché dei requisiti reddituali previsti per legge per poter continuare ad usufruire delle provvidenze economiche erogate;
per l'anno 2010, ai sensi dell'articolo 2, comma 159, della legge n. 191 del 23 dicembre 2009 che prevede «Per l'anno 2010 l'INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile», le verifiche straordinarie sono state circa 105.000. Per gli anni 2011 e 2012 si prevedono 250.000 verifiche straordinarie annue;
il decreto ministeriale del 2 agosto 2007 «Individuazione delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante» recepito dall'Inps con la circolare n. 77 del 21 luglio 2008, individua un elenco di patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante e indicazione della relativa documentazione sanitaria;

il contrasto, anche normativo, nei confronti di quei soggetti che ricorrono all'utilizzo di pratiche deprecabili per accreditarsi, come persone bisognose ed in uno stato invalidante, dinanzi alla comunità per uso e fine esclusivamente di comodo personale è da ritenersi buona pratica, ma nel postulare gli interventi normativi idonei sarebbe utile porre come obiettivo primario la tutela dei diritti reali ed evitare gravi disagi per quei soggetti effettivamente interessati da serie patologie e da handicap per i quali si è, anche in tempi passati, certificato lo stato invalidante;
i tempi e le modalità di effettuazione delle verifiche straordinarie stanno suscitando su tutto il territorio nazionale lamentele e proteste da parte dei cittadini, delle associazioni degli invalidi civili e dei patronati sindacali, i quali, pena il blocco degli assegni in atto, sono costretti a presentare la documentazione sanitaria entro 15 giorni dalla comunicazione di avvio della procedura di verifica
sembrerebbe che in moltissimi casi, trattandosi di assegni concessi in tempi quasi remoti, si parla anche di quindici anni addietro, gli interessati siano impossibilitati a reperire la documentazione sanitaria, presentata a suo tempo alla Commissione competente, poiché non più in possesso della stessa o perché le varie aziende sanitarie locali non l'hanno più in archivio. Questi fattori creano, ovviamente, apprensione e disagio per tutte quelle persone interessate e soggette a verifica;
la stessa Fish (Federazione italiana per il superamento dell'handicap) qualche giorno addietro ha denunciato le difficoltà dell'Inps nel gestire la situazione, in tempi ragionevoli e senza disagi per i cittadini. A sostegno delle lecite preoccupazioni segnalate dalla Fish sono scesi in campo, con una lettera aperta destinata alla stessa Fish ed alla massima dirigenza Inps, l'associazione dei medici Inps (Anmi - Femepa) i quali denunciano una procedura, non solo informatica «che non funziona, gli ordini di servizio contraddittori, la mole gigantesca di lavoro generata nell'ultimo anno e i disagi gravi che vengono causati ai cittadini»;
i dati forniti dall'Inps sembrerebbero evidenziare che le Asl hanno reperito la documentazione dei soggetti sottoposti a verifica solo per il 9 per cento degli interessati -:
se il Ministro interrogato non ritenga utile attivarsi con urgenza presso l'Inps affinché, dato quanto sopra riportato, si allunghino i tempi di presentazione della documentazione sanitaria, da 15 ad almeno 30 giorni ed in assenza dei referti Asl rivenienti a visite effettuate in data remota i soggetti interessati possano presentare la documentazione anche di recente acquisizione;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con urgenza presso l'Inps affinché i soggetti i soggetti portatori di patologie previste dal decreto ministeriale del 2 agosto 2007 vengano esclusi preventivamente dalle verifiche, onde evitare a queste persone, già segnate da gravi malattie, ulteriori disagi predisponendo una banca dati nazionale;
se il Ministro interrogato non ritenga utile attivarsi presso l'Inps affinché per le verifiche ordinarie e straordinarie si anticipino i tempi, almeno 90 giorni dalla scadenza, per evitare il blocco della prestazione ed i numerosi disagi sopra descritti a persone che già non godono di buona salute che comunque sono obbligati a presentare documentazione.
(5-04483)

MIOTTO, MURER, LENZI, BOSSA e PEDOTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 4677 del 25 febbraio 2011 ha accolto la richiesta dell'Inps, stabilendo che il limite reddituale fissato per la concessione agli invalidi al 100 per cento della pensione di invalidità civile

(fissato nel 2011 a 15.154,24 euro) non è solo quello personale, ma anche quello dell'eventuale coniuge;
la sentenza n. 4677 è di segno contrario rispetto a precedenti - fra l'altro recenti - pronunciamenti della Corte stessa (sentenze 18825/2008, 7259/2009 e 20426/2010). In particolare quest'ultima (del 29 settembre 2010) ha espressamente stabilito che «ai fini dell'accertamento del requisito reddituale richiesto per la pensione d'inabilità va considerato il reddito dell'invalido assoggettabile all'imposta sul reddito delle persone fisiche»;
la Corte di Cassazione, la cui giurisprudenza si affianca ad una normativa vigente farraginosa, agli interroganti pare discostarsi dalle sentenze con le quali la Corte costituzionale (88/1992 e 400/1999) ha asserito che il reddito cui riferirsi ai fini della concessione della pensione e dell'assegno (invalidi civili parziali) è quello personale. Secondo la Cassazione queste affermazioni della Consulta sarebbero solo incidentali, non riguardando l'oggetto della sentenza;
per la Cassazione risulta poi sostanzialmente irrilevante il richiamo ai lavori preparatori della legge n. 33/80 (che ha fissato il principio del reddito individuale per l'assegno), atteso che gli ordini del giorno accettati «come raccomandazione» dal Governo non si sono poi tradotti in provvedimenti legislativi;
questa sentenza, che peraltro, non essendo stata pronunciata a sezioni unite e rappresentando solo e soltanto un orientamento giurisprudenziale che può essere motivatamente superato da altre sentenze, va letta con grande prudenza e tenuto conto del caso di specie, mette a rischio le pensioni di oltre 850 mila persone;
il limite reddituale per ottenere la pensione di 260,27 euro mensili è fissato, per il 2011, a 15.154,24 euro lordi, che scende a 4.470,70 euro lordi per l'assegno agli invalidi civili parziali. Finora si è tenuto conto del reddito personale, ma con la novità potrebbero essere revocate le provvidenze (assegni e pensioni, con esclusione dell'indennità di accompagnamento) ai titolari il cui reddito personale, già inferiore ai limiti fissati, assommato a quello del coniuge dovesse invece superare i limiti stessi;
con questo pronunciamento vi è il rischio, più che concreto che l'Inps possa procedere a migliaia di revoche solo sulla base dei nuovi requisiti di reddito; infatti, fino ad oggi l'INPS, cui è affidata la funzione di erogazione delle provvidenze economiche per le minorazioni civili, ha valutato il limite reddituale secondo una prassi ed una giurisprudenza consolidata, riferendosi al reddito personale dell'invalido -:
alla luce di queste considerazioni, quale sia l'orientamento del Governo e se non ritenga doveroso assumere iniziative normative che indichino con chiarezza ed in modo esplicito che il limite reddituale da considerare per l'ottenimento della pensione di invalidità è quello personale, affinché l'Inps non provveda, anche in relazioni a futuri e prevedibili ricorsi giudiziari, a modificare di sua iniziativa l'applicazione dei requisiti reddituali per l'ottenimento della pensione di invalidità.
(5-04500)

Interrogazioni a risposta scritta:

PAGLIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legislazione vigente, al fine di permettere un'adeguata integrazione nel mondo del lavoro delle migliaia di minorati della vista, ha disposto il loro collocamento obbligatorio quali centralinisti telefonici;
tuttavia, oggi, a seguito dei processi di innovazione tecnologica determinatasi negli anni, quanti si erano formati come centralinisti telefonici, risultano, in buona parte, privi di sbocco occupazionale;

perché lo sviluppo costante delle comunicazioni e quindi le nuove esigenze del mondo del lavoro potessero aprire nuovi spazi occupazionali per i minorati della vista, l'articolo n. 45, comma 12, della legge n. 144 del 1999 e il conseguente decreto ministeriale del 10 gennaio 2000, hanno previsto l'individuazione di nuove figure professionali equipollenti a quella di centralinista telefonico non vedente, quali operatore telefonico addetto all'informazione alla clientela e alle relazioni con il pubblico, operatore telefonico addetto alla gestione ed utilizzazione di banche dati e operatore telefonico addetto al telemarketing e telesoccorso;
il conseguimento di tali qualifiche equipollenti e l'iscrizione all'albo professionale nazionale, necessita di un'abilitazione professionale, ottenibile con realizzazione di adeguati percorsi formativi, i cui specifici programmi sono stabiliti dalle regioni;
invero le regioni non hanno aggiornato ed adottato i programmi di formazione professionale, impedendo, di fatto, la formazione di tali nuove figure e il necessario avviamento al lavoro di tali soggetti;
è necessario, pertanto, al fine di garantire un adeguato inserimento lavorativo dei minorati della vista, consentire l'apprendimento delle necessarie competenze che permettano loro di acquisire una cultura professionale che li ponga in grado di ricoprire in modo competitivo il proprio ruolo, nell'ambito delle nuove esigenze del mondo del lavoro -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga opportuno adottare per assicurare che si dia reale attuazione agli appositi corsi di formazione previsti per legge e, ove già realizzati, si garantisca il concreto avviamento di tali categorie nei posti disponibili, anche attraverso la definizione, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, di opportune linee guida che possano favorire la realizzazione del citato obiettivo.
(4-11429)

ZACCHERA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la sede INAIL di Domodossola, città nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, è stata trasferita alle dipendenze della sede INAIL di Novara e ciò perché la sede provinciale INAIL del Verbano-Cusio-Ossola, con sede strategica a Gravellona Toce - essendo questa località baricentrica per il territorio provinciale e prossima comunque a Verbania - risulterebbe essere stata retrocessa da sede di classe A a sede di classe B ed un ufficio come Domodossola non può dipendere da un ufficio provinciale di classe B;
si è arrivato così al curioso risultato che due uffici siti nella stessa provincia dipendono pero da dirigenti provinciali di due provincie diverse;
tutto ciò poteva essere evitato non declassando da A a B la struttura di Gravellona Toce o - a lume di logica - ove la direzione provinciale di una provincia sia stata classificata di classe B continuando però a fare dipendere da questa sede le altre strutture site nella stessa provincia -:
per quali motivi si sia giunti a questa decisione;
se non sia cosa opportuna stabilire con urgenza che nelle province in cui la dirigenza provinciale sia stata determinata di classe B debbano comunque da essa dipendere tutti gli altri uffici del territorio della provincia, e ciò a solo vantaggio dell'utenza.
(4-11431)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BRANDOLINI, MARCO CARRA, ZUCCHI, FIORIO, AGOSTINI, CENNI, TRAPPOLINO, ALBONETTI, SANTAGATA, MIGLIORI, LA FORGIA, LEVI, BRATTI, PIZZETTI, MOTTA, BENAMATI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARCHIONI, CASTAGNETTI, GHIZZONI e LENZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio del 29 aprile 2008, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, stabilisce l'obbligo per le indicazioni geografiche di far coincidere la zona di produzione dell'uva con quella di produzione del vino;
la regione Emilia Romagna ha formulato una proposta di modifica del disciplinare di produzione del lambrusco Igt Emilia concordata con la filiera produttiva regionale, che, a tutela della tradizionalità e su richiesta dei produttori regionali, permette l'elaborazione dei vini frizzanti e spumanti anche nelle province della Romagna e nelle due province lombarde di Mantova e Cremona;
la modifica del disciplinare di produzione introduce una serie di misure che tendono a rafforzare il legame tra produzione e territorio. Tra queste, in particolare, si prevede l'obbligo che solo nelle suddette aree geografiche e in alcune province limitrofe, si concentrino tutte le fasi di lavorazione del lambrusco IGP, con la sola esclusione dell'imbottigliamento;
il comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, cui compete l'approvazione dei disciplinari di produzione, ha respinto la proposta di modifica sopra riportata;
la modifica del disciplinare proposta avrebbe impedito che alcune fasi di lavorazione successive alla pigiatura delle uve potessero essere effettuate in altre aree del Paese, salvaguardando in questo modo una produzione tipica da ogni eventuale operazione impropria, e rendendo possibile un migliore controllo sulla correttezza di comportamento di tutti gli operatori; i contenuti della modifica del disciplinare del lambrusco Igt Emilia, respinta dal comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, sono coerenti con quanto disposto per i lambruschi DOC e con quanto recentemente è avvenuto per il parmigiano reggiano DOP, prodotti per i quali anche imbottigliamento e confezionamento avvengono in zona di produzione;
il lambrusco detiene il primato assoluto delle vendite di vino nella grande distribuzione con 14,5 milioni di litri, e nel 2010 ha fatto registrare una crescita del 6,1 per cento a fronte di un calo delle vendite di vino pari allo 0,9 per cento: un andamento dunque in decisa controtendenza, che rende a maggior ragione necessario l'esercizio di un controllo su tutte le fasi di lavorazione dell'IGP, al pari di quanto già avviene per altre produzioni DOC sui quali è forte il presidio dei consorzi di tutela;
la recente approvazione del disegno di legge relativo all'etichettatura degli alimenti e i dossier europei sulla revisione delle regole relative ai regimi di qualità dei prodotti alimentari e sulle informazioni alimentari ai consumatori, vanno nella direzione opposta rispetto alla bocciatura riportata in premessa, dal momento che promuovono il sistema di indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine e mirano ad una maggiore tutela dei consumatori -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare al fine di garantire, in tempi rapidi, che le proposte di modifica del disciplinare di produzione del Lambrusco Igt Emilia siano recepite e rese operative;
quali misure urgenti intenda adottare per salvaguardare un sistema produttivo

strategico nelle dinamiche economiche del territorio di riferimento e per garantire maggiori ed efficaci tutele in materia di trasparenza alimentare per i cittadini-consumatori.
(5-04480)

SANTAGATA, MIGLIOLI, LEVI, GHIZZONI e BRANDOLINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
sia l'aceto balsamico tradizionale di Modena attraverso la DOP che l'aceto balsamico di Modena attraverso IGP hanno ottenuto il riconoscimento e la tutela dell'Unione europea e questo costituisce un risultato di grande importanza per l'economia modenese;
con l'operazione denominata «oro nero», in data 4 marzo 2011 sono state eseguite ispezioni in diverse aziende site nella provincia di Modena e Reggio Emilia, produttrici di aceto balsamico di Modena IGP e aceto balsamico tradizionale di Modena DOP in conseguenza delle quali sono stati comandati sequestri su merci per violazione degli articolo 515, 517, 517-bis del codice di procedura penale;
tale operazione ha riguardato, in particolare, la produzione e commercializzazione di prodotti derivati da mosti e aceti quali salse, creme e condimenti -:
se il Ministro ritenga di intervenire per dare anzitutto maggiore tutela ai prodotti tipici modenesi e maggiori certezze sia ai produttori che ai consumatori, promuovendo una normativa specifica sui prodotti denominati «balsamici» oggi presenti in grande quantità sui mercati nazionali ed internazionali.
(5-04484)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dai risultati di una recente ricerca effettuata sul settore vitivinicolo nel Meridione, emergerebbe che, tra i fattori di criticità che stanno frenando il suo sviluppo, avrebbe particolare incidenza quello dei pagamenti;
stando ai dati risulterebbe infatti che il 55 per cento delle fatture di vendita verrebbe pagato dopo oltre 90 giorni dalla data di emissione, diversamente da quelle della vendita sul mercato estero, dove il 40 per cento riceverebbe il pagamento il giorno dell'emissione delle fatture e comunque in tempi molto più tempestivi;
il ritardo dei pagamenti per le imprese vitivinicole che operano nel mercato nazionale sta mettendo a dura prova gli investimenti; infatti il 43 per cento delle cantine del Meridione avrebbe deciso di contenerne l'entità per far fronte ai minori introiti;
sempre secondo questa ricerca, per il 77 per cento delle aziende gli investimenti non supererebbero il 25 per cento del fatturato e solo la metà avrebbe investito tra l'1 e il 5 per cento in comunicazione e marketing;
tale scenario, se confermato, andrebbe ad incidere negativamente sullo sviluppo dell'intero settore vitivinicolo del Sud, già penalizzato dalla crisi economica globale -:
a fronte dei dati emersi dalla sopra citata ricerca di settore, quali urgenti iniziative di competenza intenda avviare al fine di sopperire ai gravi ritardi registrati nei pagamenti delle fatture di vendita relative al mercato nazionale.
(5-04489)

DELFINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
malgrado gli impegni assunti dalle associazioni degli industriali e dai rappresentanti della organizzazioni di produttori, rimane la preoccupazione per il mancato accordo sul prezzo del pomodoro da industria per il Sud Italia;
circa il 50 per cento del pomodoro italiano viene infatti prodotto nel Meridione,

dove le preoccupazioni si stanno acutizzando anche a seguito del deprezzamento del pomodoro, registrato in questi ultimi anni sotto la soglia dei costi di produzione;
le imprese agricole stanno per iniziare le operazioni di trapianto, anticipando tutti i costi di produzione senza conoscere il prezzo né le griglie di qualità dei pomodori che raccoglieranno;
le preoccupazioni espresse dalle organizzazioni professionali agricole hanno evidenziato la necessità di promuovere adeguate iniziative per la definizione di un accordo al fine di garantire ai produttori un positivo quadro di riferimento;
risulta pertanto quanto mai necessario definire un'intesa che stabilisca il prezzo e le griglie qualità, al fine di tutelare i produttori agricoli che stanno investendo nel settore -:
quali urgenti iniziative intenda attivare per promuovere un tavolo di confronto con tutte le parti interessate al fine di definire l'accordo sul prezzo del pomodoro da industria, fondamentale per gli investimenti nel settore e per gli agricoltori del Meridione che stanno per iniziare le operazioni di trapianto.
(5-04490)

CENNI e FIORIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la recente OCM (organizzazione comune di mercato) vino ha avviato un processo di riforma che sta modificando profondamente l'insieme delle norme che regola nel territorio dell'Unione europea il settore;
tra le norme in fase di modifica c'è quella relativa allo strumento dei diritti di impianto, che sino ad oggi ha rappresentato un efficace principio di gestione del potenziale vitivinicolo;
alla luce di quanto richiamato il regime dei diritti di impianto scadrà il 31 dicembre 2015;
la nuova OCM del settore, adottata con regolamento del Consiglio n. 479/2008, poi confluito nel regolamento del Consiglio n. 1234/2007 (OCM unica), non ha fissato invece una scadenza temporale per i diritti di reimpianto concessi a seguito della estirpazione di una superficie vitata;
tale situazione è probabilmente conseguenza del fatto che il regime transitorio dei diritti di reimpianto vige solo fino al 31 dicembre 2015 e che a partire da tale data non sarà più regolato l'impianto dei vigneti;
il medesimo regolamento (CE) n. 479/2008 stabilisce che i diritti di reimpianto concessi ai sensi della precedente OCM (regolamento (CE) n. 1493/1999) devono essere utilizzati nel corso dei periodi previsti, e cioè entro il periodo di 8 campagne;
in virtù di questa situazione i produttori che hanno proceduto ad espianto intenzionati a rinnovare e quindi qualificare le proprie produzioni si troverebbero paradossalmente in una situazione di svantaggio rispetto agli altri produttori;
in considerazione del particolare momento di crisi che sta attraversando il settore vitivinicolo, molte aziende chiedono di poter «congelare» i diritti di reimpianto prossimi alla scadenza al fine di poterli utilizzare in situazioni congiunturali più favorevoli;
tale possibilità rappresenterebbe un duplice vantaggio: per l'azienda, che non sosterrebbe spese di impianto in un momento sfavorevole, nonché per il mercato, perché non si incrementerebbe il quantitativo di vino evitando un eccesso di offerta;
la situazione sopra richiamata è stata posta all'attenzione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nei mesi scorsi da importanti regioni vitivinicole e da importanti organizzazioni agricole nazionali;

la richiesta di una proroga della validità dei diritti di reimpianto sembrerebbe essere stata condivisa dallo stesso Ministero e segnalata formalmente dal Ministero ai servizi della Commissione europea ed anche nel corso di un recente comitato di gestione vino -:
se effettivamente la richiesta di proroga di cui in premessa sia stata formalizzata dal Ministro alla Commissione europea, se la Commissione abbia assunto una decisione in merito e quale sia la decisione assunta.
(5-04491)

ZUCCHI e VANNUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 del decreto relativo al federalismo municipale modifica profondamente l'imposta di registro, prevedendo due sole aliquote: 9 per cento per i trasferimenti degli immobili in genere e 2 per cento se si tratta di prima casa;
il nuovo regime partirebbe dal 2014;
l'intervento previsto nel comma 4 dell'articolo 10 sopprime «tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie anche se previste in leggi speciali»;
risulterebbe quindi che la soppressione delle esenzioni, prevista in leggi speciali a cui si fa riferimento nel decreto, eliminerà di fatto anche le agevolazioni per la piccola proprietà contadina;
se l'intervento sopprimesse le agevolazioni in campo agricolo, si avrebbe il risultato che coltivatori diretti che oggi non pagano e imprenditori agricoli principali che oggi pagano l'aliquota base dell'8 per cento dovrebbero pagare l'aliquota del 9 per cento, di fatto registrando un aggravio di imposte in un settore nel quale l'esigenza di favorire l'accorpamento fondiario unitamente all'esigenza di favorire l'ingresso di giovani imprenditori resta uno degli obiettivi strategici;
inoltre la previsione di una generale soppressione di tutte le agevolazioni tributarie, comprese quelle previste in leggi speciali, senza elencare con precisione quali agevolazioni debbano essere effettivamente soppresse e senza individuare la decorrenza di tali soppressioni e/o la disciplina delle situazioni giuridiche già consolidate, potrebbe dar luogo a incertezze interpretative -:
come e se il Ministro intenda intervenire per chiarire gli aspetti interpretativi di cui in premessa;
quali iniziative intenda assumere a salvaguardia di un'agevolazione fiscale riguardante la piccola proprietà contadina, utile a tutelare gli obiettivi di rafforzamento fondiario ed anche l'ingresso di nuovo imprenditori giovani, così strategico per tutta l'agricoltura italiana.
(5-04493)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BENAMATI, LENZI, FASSINO, DAMIANO, FEDERICO TESTA, FOGLIARDI, LA FORGIA, GASBARRA, ZAMPA, ARTURO MARIO LUIGI PARISI e VASSALLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Alstom è presente in Italia dal 1998 e opera nei mercati della produzione e trasmissione di energia e del trasporto ferroviario. Il gruppo, che ha raccolto l'eredità di nomi storici dell'industria elettromeccanica italiana, quali Ercole Marcili, Fiat Ferroviaria, Parizzi e recentemente Passoni & Villa, ha 13 siti, tra sedi e stabilimenti produttivi, sul territorio nazionale e impiega circa 3.700 persone;
per quanto riguarda la città di Bologna questo gruppo industriale francese acquisì nel 1998 la Sasib, azienda fondata nel 1933 e che per decenni è stata una delle aziende più importanti del territorio bolognese;

attraverso le proprie tecnologie Alstom Italia ha partecipato positivamente allo sviluppo delle infrastrutture del Paese. Con le proprie persone nei centri di progettazione e nei siti produttivi sparsi sul territorio nazionale, l'azienda contribuisce ad aumentare le capacità tecnologiche dell'Italia e grazie al lavoro generato per i fornitori locali e ad una importante quota di esportazione, dà il proprio apporto all'economia nazionale;
da recenti informazioni sembrerebbe che la multinazionale francese abbia presentato la scorsa settimana la proposta di un piano di adeguamento della base industriale che riguarda alcuni siti Transport in Germania, Italia e Spagna. Tale piano prevederebbe la riduzione di 1.380 posti di lavoro, di cui 280 in Italia; si parla in particolare di 40 esuberi a Bologna, 40 a Guidonia, 55 a Savigliano e la conferma della cassa integrazione straordinaria per 145 dipendenti della Colleferro;
come da fonti stampa sembrerebbe che i lavoratori a tempo determinato non avranno il rinnovo del contratto e che 62 dipendenti della sede di Verona saranno trasferiti a Bologna;
in questo contesto destano elevata preoccupazione le prospettive industriali di questo gruppo, non solo per l'occupazione ma anche per il ruolo strategico che la produzione di questa azienda ricopre nel settore strategico dei trasporti -:
se quanto riportato in premessa risponda al vero e se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche in atto nell'azienda Alstom, con riferimento anche alla situazione della sede di Bologna, e quali iniziative intenda eventualmente assumere per sostenere, nell'immediato, la concertazione tra i vertici aziendali, le rappresentanze dei lavoratori e gli enti locali affinché vengano adottate adeguate misure per porre soluzione a questa preoccupante situazione aziendale.
(5-04487)

MARCO CARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Curtatone (MN) sono stati ripetutamente segnalati, da parte di famiglie ed imprese, considerevoli ritardi nel recapito della posta (lettere, bollette, documenti);
il sindaco di Curtatone (MN) ha, giustamente, denunciato pubblicamente i gravi disagi ed i danni economici che i suoi concittadini stanno subendo e non ha escluso l'eventualità di avviare una causa per danni alle Poste spa;
tale situazione, ad avviso dell'interrogante, è indegna per un Paese civile in quanto viene messo pesantemente in discussione un servizio universale che ha tra i suoi obiettivi l'affermazione dei diritti dei cittadini -:
se il Governo sia a conoscenza di questa situazione e quali iniziative intenda assumere per risolvere tale increscioso problema, riaffermando, in questo modo, la centralità del diritto dei cittadini di vedersi recapitare la posta in tempi certi.
(5-04494)

MARANTELLI, LULLI, VICO e FRONER. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la crisi del turismo degli ultimi anni ha determinato il fallimento nel luglio 2010 di uno dei maggiori tour operator italiani, il gruppo Ventaglio, e ciò ha avuto ricadute sull'indotto delle piccole e medie imprese che gravitavano intorno al gruppo;
nel febbraio 2009, il gruppo Ventaglio, per ripianare parte dei debiti, ha venduto la compagnia aerea Livingston, con sede operativa a Malpensa, a Fg Holding, dell'imprenditore Massimo Ferrero;
nel corso del periodo ottobre 2008-ottobre 2009, Livingston spa ha trasportato

circa 1 milione di passeggeri, con un load factor medio dell'80 per cento. Le ore volate hanno raggiunto quota 26.905, distribuite su 2.600 rotazioni. Il valore della produzione si è attestato a 256,6 milioni di euro nell'anno fiscale 2008/2009 (il valore della produzione era 303 milioni di euro nell'anno fiscale 2007/2008 e 282,9 milioni di euro nell'anno fiscale 2006/2007);
il fallimento del tour operator Viaggi del Ventaglio ha provocato per la Livingston una perdita consistente di voli e di tratte che hanno determinato gravi difficoltà finanziarie del vettore, costretto al ridimensionamento della flotta e al dimezzamento del personale;
mentre lo svolgimento dei servizi aerei dei vettori comunitari è liberalizzato all'interno dello spazio comune europeo, l'accesso al mercato non comunitario è ancora regolamentato sulla base di singole intese bilaterali che ciascuno Stato membro conclude con gli Stati non membri dell'Unione europea; in Italia l'Ente nazionale dell'aviazione civile - Enac - è designato ad attribuire ai vettori nazionali e comunitari i diritti di traffico e provvede alla necessaria designazione del vettore o dei vettori selezionati presso le autorità dello Stato non aderente all'Unione europea ai fini del regolare esercizio di detti servizi (circolare EAL 14-A del 19 dicembre 2008);
l'Enac, con provvedimento dell'8 ottobre 2010, ha sospeso, a decorrere dal 14 ottobre 2010, la licenza di trasporto aereo alla compagnia Livingston, ritenendo il vettore non più in grado di garantire la continuità aziendale secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di trasporto aereo;
il Ministro dello sviluppo economico, con il decreto il 21 ottobre 2010 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 272 del 20 novembre 2010), ha stabilito l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modifiche e integrazioni, cosiddetto decreto Marzano, e nominato il commissario straordinario;
il decreto 25 novembre 2010 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, visto l'accordo del 12 marzo 2010 intervenuto presso il Ministero alla presenza dei rappresentanti della società Livingston spa, ha concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale per 498 lavoratori della società, per un periodo di 24 mesi a decorrere dal 1o ottobre 2010;
la società Livingston spa, a seguito del citato provvedimento di sospensione della licenza di trasporto aereo ed alla luce della procedura di amministrazione straordinaria speciale, ha chiesto in data 25 novembre 2010 all'Enac la sospensione dei propri diritti di traffico in luogo della revoca chiedendo un termine (entro la fine di gennaio 2011) per la comunicazione dei programmi di riattivazione delle rotte;
l'Enac, con una comunicazione del 16 dicembre 2010, ha accolto in parte la richiesta avanzata dalla società Livingston spa disponendo la sospensione dei diritti affidabili in via provvisoria ai vettori che ne avessero fatto richiesta e revocando da subito, al fine di contemperare i diversi interessi emergenti, anche a seguito delle rilevanti richieste di mercato, la designazione della società sulle rotte Italia-Cuba;
la revoca dei diritti di traffico aereo sulla rotta Italia-Cuba, rappresenta un danno gravissimo ed irreparabile per la società e per i suoi dipendenti, soprattutto in questo delicato momento in cui il commissario straordinario sta tentando, attraverso una procedura ad evidenza pubblica, di dismettere alcuni asset aziendali tra cui rientrano gli importanti diritti di traffico su rotte extracomunitarie acquisiti con ingenti investimenti da parte della società Livingston nel corso degli anni;
con lettera del 20 dicembre 2010, la compagnia ha contestato all'Enac la revoca della designazione su Cuba, che presenterebbe profili di dubbia legittimità e

chiesto di rivedere la decisione con una rettifica o un auto-annullamento del provvedimento;
l'Enac, il 20 gennaio 2011, ha replicato che i diritti di traffico assegnati alla società Livingston ed operanti fino alla data del provvedimento di sospensione della licenza, compresi quelli provvisoriamente sospesi e temporaneamente assegnati ad altri vettori, ed in particolare quelli su Cuba, saranno riassegnati alla Livingston spa secondo i tempi e le modalità da concordare non appena la società dovesse riottenere la licenza e conseguentemente i relativi provvedimenti di designazione presso le competenti autorità dei Paesi sui quali la stessa Livingston spa riprenderà le operazioni saranno immediatamente rinnovati;
con una nota di metà marzo 2011, quattro compagnie aeree (Air Italy, Blue Panorama, Meridiana Fly e Neos), hanno chiesto al Governo di non prestare all'amministrazione straordinaria di Livingston la fidejussione di 9,8 milioni di euro, considerata il primo passo per ottenere i fondi necessari a far partire il nuovo piano industriale studiato dall'amministratore straordinario: le quattro compagnie private hanno lamentato al Ministro dello sviluppo economico la «rottura degli equilibri competitivi» ed il rischio di creare «instabilità a carico degli altri operatori»; la lettera chiede quindi che eventuali interventi siano «per il settore» anziché per singole compagnie -:
quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per assicurare una prospettiva a una delle dieci maggiori aziende per dimensione della provincia di Varese, anche al fine di garantire un futuro professionale a centinaia di lavoratori ed evitare al contempo che i sostegni pubblici destinati alla Compagnia siano gestiti da amministratori che abbiano ricoperto ruoli di responsabilità nella precedente gestione fallimentare della compagnia.
(5-04499)

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Apposizione di firme ad una risoluzione in Commissione ed indicazione dell'ordine dei firmatari.

La risoluzione in Commissione n. 7-00524 Paolo Russo ed altri, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2011, è stata sottoscritta anche dal deputato Muro che, con il consenso degli altri sottoscrittori ne diventa sesto firmatario e, conseguentemente, l'ordine dei firmatari si intende così modificato: «Paolo Russo, Beccalossi, Brugger, Delfino, Di Giuseppe, Muro, Ruvolo, Zucchi, Agostini, Bellotti, Biava, Brandolini, Marco Carra, Catanoso, Cenni, Cuomo, D'Ippolito Vitale, Dal Moro, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, Faenzi, Fiorio, Gottardo, Marrocu, Nastri, Nola, Oliverio, Mario Pepe (PD), Romele, Rosso, Rota, Sani, Servodio, Trappolino».

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Carlucci e altri n. 2-00999, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frassinetti.

Apposizione di una firma a una interrogazione a risposta immediata in Assemblea e cambio di presentatore.

L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Livia Turco n. 3-01555, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2011, è da intendersi sottoscritta dal deputato Bersani che ne diventa il primo firmatario.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-10375, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-10473, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni e Rivolta n. 4-10742, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-11094, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Munerato n. 4-11171, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Peluffo n. 5-04401, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duilio, Farinone.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Della Vedova n. 3-01553, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Raisi.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Rainieri n. 7-00530 del 24 marzo 2011.