XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 29 marzo 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la Commissione bicamerale per l'infanzia il 14 gennaio 2011 ha ascoltato in audizione informale l'associazione A.G.E.O.P. ricerca onlus di Bologna, attiva da ventinove anni presso il Policlinico Sant'Orsola Malpighi - reparto di oncologia e ematologia pediatrica «Lalla Seragnoli», per approfondire le modalità attraverso le quali i minori stranieri, affetti da patologia oncologica, o da altre gravi patologie, possono accedere alle strutture sanitarie del territorio italiano. L'attività di A.G.E.O.P ricerca onlus sostiene i pazienti pediatrici oncologici e le loro famiglie in quanto, per rendere possibile il trattamento sanitario a favore di bambini stranieri, è necessario che le associazioni di volontariato si facciano garanti economicamente ed operativamente dell'attivazione di servizi di supporto all'assistenza sanitaria, in particolare: del trasferimento in Italia, dell'organizzazione del soggiorno del familiare o dell'accompagnatore dei minori assistiti e degli stessi e del rientro nel Paese d'origine. La gravità della patologia oncologica in età pediatrica richiede la massima tempestività del ricovero presso strutture sanitarie altamente specializzate in grado di definire una prognosi certa, prima condizione necessaria per concrete possibilità di cura e guarigione; la mancata consapevolezza di quanto sopra da parte delle ambasciate e consolati italiani all'estero ostacola il tempestivo rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche così come previsto invece dalla normativa italiana;
la legge 449 del 27 dicembre 1997, articolo 32, comma 15, prevede che: «Le Regioni, nell'ambito della quota del Fondo sanitario nazionale ad esse destinata, autorizzano, d'intesa con il Ministero della sanità, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere ad erogare prestazioni che rientrino in programmi assistenziali, approvati dalle regioni stesse, per alta specializzazione a favore di: a) cittadini provenienti da Paesi extracomunitari nei quali non esistono o non sono facilmente accessibili competenze medico-specialistiche per il trattamento di specifiche gravi patologie e non sono in vigore accordi di reciprocità relativi all'assistenza sanitaria; b) cittadini di Paesi la cui particolare situazione contingente non rende attuabili, per ragioni politiche, militari o di altra natura, gli accordi eventualmente esistenti con il Servizio sanitario nazionale per l'assistenza sanitaria;
da un'analisi dei dati del registro AIEOP Mod. 1.01 relativo al periodo 1999-2008, gli immigrati (nati all'estero) indipendentemente dal Paese di origine (comunitario o non) sono il 7,8 per cento di tutti i casi in età pediatrica (0-17 anni) diagnosticati ogni anno dagli oltre 50 centri aderenti, risultando pari a 115 nuovi casi all'anno contro i 1.360 nuovi casi all'anno che risultano nati in Italia. In questi 10 anni si è avuto un incremento costante del loro numero annuale, passato da 30 casi nel 1999 ai 130 casi del 2008, a fronte di un pari aumento dei casi nati in Italia, passati dai 1.224 del 1999 ai 1.474 del 2008. Circa un 59 per cento dei casi immigrati è costituita da leucemie-linfomi contro un 48 per cento dei casi nati in Italia. La percentuale di leucemie sul totale dei casi è maggiore per gli immigrati (47 per cento contro 33 per cento, con elevata frequenza relativa di leucemie mieloidi acute e leucemie croniche, di cui rappresentano rispettivamente il 16 per cento e il 20 per cento del totale di queste due forme, mentre simili invece risultano le percentuali delle leucemie acute linfoblastiche nei due gruppi (30 per cento contro 26 per cento) e dei linfomi nei due gruppi (12 per cento contro 15). Circa un 41 per cento dei casi immigrati è costituita da tumori solidi, contro un 52 per cento dei casi nati in Italia. Negli immigrati risultano minori le percentuali relative della maggior parte dei tumori solidi rispetto ai casi nati in Italia, tranne

che per i tumori ossei dove la percentuale risulta essere il doppio negli immigrati rispetto ai nati in Italia (8 per cento contro 4 per cento), soprattutto per gli osteosarcomi, dove ben il 17 per cento di tutti i casi è costituito da immigrati. La sopravvivenza dei casi immigrati risulta essere significativamente inferiore rispetto ai casi nati in Italia, sia globalmente (62 per cento contro 76 per cento a 5 anni dalla diagnosi), sia nel caso delle Leucemie-Linfomi (66 per cento contro 84 per cento a 5 anni dalla diagnosi), mentre risulta sovrapponibile per i tumori solidi (44 per cento contro 49 per cento a 5 anni dalla diagnosi). Questo per una ragione di selezione negativa dei casi poiché i più complessi, spesso con diagnosi non corretta, vengono dirottati nei centri altamente specializzati;
da un'indagine sulla cooperazione sanitaria internazionale delle regioni italiane curata dal CeSPI-OICS nel 2008 emerge che le regioni hanno notevolmente accresciuto negli ultimi anni il loro ruolo nelle relazioni internazionali e che nell'ambito della politica di cooperazione allo sviluppo, la cooperazione decentrata delle regioni è sempre più riconosciuta a livello nazionale ed europeo;
la maggior parte delle regioni fa rientrare le attività di assistenza sanitaria internazionale nelle leggi sulla cooperazione decentrata e, quindi, nel quadro della programmazione ed organizzazione che fa capo ai servizi propri alle relazioni internazionali, con interventi progettuali puntuali di organizzazioni non governative ed altri soggetti dedicati;
alcune regioni, tuttavia, quali Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Umbria e Veneto, hanno predisposto atti normativi ad hoc che disciplinano la materia, prevedendo un maggiore ruolo della struttura amministrativa competente, della direzione sanità e del sistema sanitario del territorio;
in specifico la regione Emilia-Romagna in base al documento di indirizzo programmatico per il triennio 2009-2011 ha approvato, con delibera 174 dell'8 ottobre 2010, il nono programma assistenziale a favore di cittadini stranieri per l'anno 2010 con un finanziamento complessivo di 1.550.000 euro, di cui 400.000 euro per il progetto Saving Children (delibera 1913/2007). Le aree geografiche definite prioritarie dall'assemblea legislativa sono: Argentina, Albania, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Cuba, Eritrea, Etiopia, Kosovo, Libano, Marocco, Moldavia, Montenegro, Mozambico, Senegal, Serbia, Territori dell'Autonomia Palestinese, nonché al popolo Saharawi proveniente dai campi profughi algerini. Per le tipologie di intervento di cui al progetto regionale Chernobyl si tiene conto delle richieste provenienti dalla Repubblica di Bielorussia e dalle aree ucraine contaminate dall'incidente nucleare di Chernobyl. Si tiene, inoltre, conto delle richieste provenienti da organizzazioni non lucrative del territorio regionale, per minori provenienti dall'Africa sub sahariana, con riferimento a Zambia e Zimbabwe;
nell'ambito dell'ottavo programma assistenziale della regione Emilia-Romagna sono stati 102 i cittadini stranieri trattati, prevalentemente al di sotto dei 14 anni e gli interventi hanno riguardato bambini affetti da patologie severe nell'ambito dell'oncoematologia, della cardiochirurgia, della chirurgia ortopedica, delle forme tumorali e della nefrologia,


impegna il Governo:


a colmare la disinformazione sui programmi assistenziali a favore di cittadini stranieri presso le ambasciate e i consolati d'Italia all'estero;
a sensibilizzare gli stessi su questo rilevante tema e a invitarli ad una maggiore disponibilità e collaborazione con le associazioni che operano in questo settore;
a facilitare il rilascio presso le citate strutture del permesso di soggiorno per cure mediche anche al secondo accompagnatore, tenuto conto che la durata e la gravosità delle cure rendono indispensabile la presenza di due accompagnatori;

a facilitare altresì il rilascio dei permessi temporanei ad altri familiari che possano far visita al bambino in momenti di particolare criticità o in fase terminale;
a sostenere, presso l'Unione europea, l'esigenza di definire le modalità per il riconoscimento della possibilità di accesso all'erogazione di prestazioni sanitarie di alta specialità nei Paesi membri dove queste cure sono disponibili, a favore di bambini provenienti da quei Paesi dell'Unione europea impossibilitati a sostenerne l'onere economico o che non dispongano di adeguati centri sanitari specializzati.
(1-00608)
«Zampa, Schirru, Brandolini, Mattesini, Cardinale, Recchia, Viola, Lo Moro, Mogherini Rebesani, De Torre».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
le infrastrutture di stoccaggio del gas svolgono un ruolo strategico per il Paese ai fini della garanzia della sicurezza delle forniture, sia in caso di eventi climatici eccezionali, sia in caso di rischi di interruzione delle importazioni;
a tal fine la politica del Governo è volta all'incentivazione della costruzione dei depositi sotterranei di gas, generalmente attraverso la reiniezione del gas nei giacimenti esauriti, con ristabilizzazione delle pressioni originarie;
il progetto per la realizzazione del deposito di gas a Rivara, nella regione Emilia Romagna, diversamente da tutti gli altri casi di realizzazione di depositi sotterranei nel territorio nazionale, prevede lo stoccaggio di gas in un acquifero profondo con permeabilità per fatturazione naturale, ad una profondità di circa 2.500-2.800 metri;
la regione Emilia-Romagna si è dotata di un piano energetico regionale nel rispetto dei criteri stabiliti dall'Unione europea che punta sulla diversificazione delle fonti energetiche e che non prevede la realizzazione di un impianto di stoccaggio del gas a Rivara;
il progetto è stato presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare già nel 2006, ai fini della procedura di valutazione di impatto ambientale, che si è conclusa con un esito «interlocutorio negativo»; successivamente, nel 2009, il progetto è stato ripresentato al Ministero, con una serie di integrazioni ai fini di una nuova valutazione, attualmente in corso di esame;
sul progetto si sono espressi in senso contrario tutti gli enti locali competenti e la regione Emilia Romagna, la cui giunta ha formulato un parere negativo nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale nazionale;
la posizione di contrarietà suddetta è frutto del lavoro di tavoli tecnici provinciali e regionali;
le problematiche principali connesse all'esercizio degli stoccaggi in acquifero sono riconducibili al rischio di fughe di gas, in quanto non si può prescindere dal superamento delle pressioni iniziali della formazione;
in particolare, le ragioni di tipo geologico che fanno ritenere non fattibile in sicurezza il deposito di gas a Rivara sono legate alla fessurazione delle rocce in cui si vuole immettere il gas, che raggiunge il piano di campagna o una quota prossima ad esso come dimostra la presenza di:
a) acque salate (provenienti dalla struttura geologica profonda che si vuole utilizzare) in superficie nelle valli retrostanti il sito prescelto per l'impianto principale;
b) gas ed acqua salata in un pozzo di ridotta profondità (eseguito dall'amministrazione comunale nel 1948 a scopi idropotabili nel centro abitato di San

Felice) circondato a distanza di qualche centinaio di metri da pozzi simili, ma con acqua dolce;
c) venute in superficie addirittura di petrolio (segnalato dai geologi dell'800) fra Medolla e San Felice;
d) anomalie geotermiche (ossia temperature anomale elevate) addirittura in superficie sempre fra Medolla e San Felice, che denotano anch'esse inequivocabilmente la risalita di acqua calda da grandi profondità e quindi una intensa fessurazione della roccia;
e) un'anomalia geotermica nel sottosuolo di una località prossima all'impianto d'immissione del gas nel sottosuolo che renderebbe più costosa la compressione del gas in un ambiente a temperature elevate, con conseguenti perdite di competitività sul mercato;
f) scavernamenti nei terreni agricoli ascritti dall'università di Bologna a venute di gas in superficie con anomalie geochimiche nelle acque;
g) una lunga frattura in superficie che parte dalla località Canalazzo in comune di Finale Emilia (ad est del sito scelto) e che giunge sino a Mirandola, rilevata negli anni '80 dall'università di Modena che, congiuntamente alle anomalie del punto precedente indica come la zona sia soggetta a movimenti;
inoltre esistono una serie di ragioni di tipo sismologico che fanno ritenere non fattibile in sicurezza il deposito di gas a Rivara che, in particolare, sono dovute al fatto che:
a) la struttura geologica in cui s'intende immettere il gas genera già spontaneamente frequenti terremoti sia alla sua estremità orientale dove sono risultati addirittura catastrofici (nel 1500 la città di Ferrara fu semidistrutta), sia alla sua estremità occidentale dove sono piuttosto energici (l'ultimo episodio risale ad una decina d'anni fa con epicentro nel basso reggiano), mentre nella parte centrale dove si vuole costruire il deposito, a pochi chilometri di distanza dal sito prescelto, si trovano gli ipocentri di sismi, uno di intensità 5o-6o grado della scala Mercalli con ipocentro proprio a Rivara, nel 1987, altri d'intensità più modesta, uno dei quali recentemente è risultato posto alla profondità in cui si vuole immagazzinare il gas;
b) i depositi di gas generano sempre sismicità indotta e non esistono attualmente al mondo modelli (supportati da basi sperimentali a scala reale e convalidati da una considerevole casistica storica) che prevedano l'intensità dei terremoti, in una struttura che già spontaneamente genera terremoti, che possono essere provocati dalla compressione e dalla decompressione di miliardi di metri cubi di metano che in essa vengono iniettati ed estratti con frequenza semestrale;
le suesposte ragioni si aggiungono ad altre ragioni di carattere ambientale, che aggravano le condizioni di inquinamento atmosferico ed acustico in un territorio ampiamente antropizzato e oramai saturo di inquinanti;
in particolare, la centrale di pompaggio del metano consta di 4 compressori centrifughi, movimentati da turbine a gas che, bruciando 24 ore su 24, producono inquinanti come CO2 (anidride carbonica), NOx (ossidi di azoto) e HC (acetilene) in una zona scarsamente ventilata e poco piovosa. Tali inquinanti si aggiungono a quelli rilasciati dal termocombustore, ove vengono bruciati in continuo tutti gli sfiati, i drenaggi, i vapori dei rigeneratori glicole, i gas dei degassatori e altro;
il rumore prodotto durante l'iniezione del gas in estate dai turbo-compressori e dai raffreddatori ad aria (air cooler), durante l'estrazione del gas d'inverno dai rigeneratori glicole e disidratatori raggiunge livelli di circa 60 dB(A) a 500 metri, mentre il centro di Rivara è a 1000 metri;
come in tutto il mondo, anche nel nostro Paese esistono già da parecchio tempo giacimenti di idrocarburi esauriti od in via di esaurimento, che vengono

attrezzati per essere riempiti nuovamente di gas e che risultano una valida e sicura alternativa al deposito di gas di Rivara;
tale soluzione non farebbe correre i rischi sopra elencati perché nei giacimenti esauriti o in via d'esaurimento si conoscono con grande precisione la situazione del sottosuolo nonché le pressioni che aveva il metano nel giacimento allo stato naturale, per cui è possibile ripristinare la situazione naturale preesistente allo svuotamento del giacimento che ha permesso la conservazione per milioni d'anni del metano nel sottosuolo, anche in condizioni sismiche probabilmente più energiche di quelle attuali;
oltretutto in provincia di Modena esistono due grandissimi giacimenti rispettivamente a Spilamberto ed a Novi in via d'esaurimento, uno dei quali, quello di Novi, è posto a solo una decina di chilometri da Rivara per cui, se la posizione Rivara è ritenuta «strategica» per il Governo, lo è altrettanto quella di Novi e non si discosta molto quella di Spilamberto;
anche con riferimento alle ragioni di carattere economico, l'utilizzazione dei giacimenti esauriti ed in via d'esaurimento è senz'altro più conveniente sotto il profilo economico rispetto alla costruzione ex novo del deposito di gas in acquifero perché non richiede gli enormi costi dovuti soprattutto:
a) alle prospezioni geologiche ante opera più prolungate nel tempo ed approfondite, per ottenere un grado accettabile di garanzia di tenuta del serbatoio, esente cioè dal rischio di perdite verso la superficie (inquinamento degli acquiferi meno profondi per uso potabile o irriguo) con fuoriuscita del gas in atmosfera e/o verso le formazioni geologiche vicine, e ai controlli assidui durante l'esercizio;
b) alla costruzione di nuovi metanodotti;
c) alle indennità per le servitù e gli espropri con conseguente enorme riduzione dei tempi necessari per iniziare e quindi rendere produttivo l'impianto;
d) alla perforazione di nuovi pozzi;
e) al risarcimento dei danni provocati dai sismi indotti alle persone ed alle cose, essendo la sismicità provocata dal riempimento e dallo svuotamento dei giacimenti esauriti talmente bassa da essere rilevata solo a livello strumentale e non dalla popolazione (quindi non si ha un deterioramento della qualità della vita e un deprezzamento dei beni immobili);
va tenuto conto degli eventi sismici che negli ultimi anni hanno interessato il territorio nazionale nonché delle devastanti catastrofi naturali che negli ultimi giorni hanno colpito duramente in Giappone,


impegna il Governo:


ad assumere una posizione politica precisa sull'inopportunità della scelta della realizzazione del deposito di gas a Rivara, allo scopo di evitare di sottoporre il territorio e i cittadini a rischi imprevedibili conseguenti alla mancanza di sicurezza sismica e geologica del sito che dovrebbe ospitare il deposito, oltre che per ragioni di criticità ambientale come esposte in premessa;
ad elaborare un piano energetico nazionale che coordini l'impegno delle regioni con lo scopo di rispettare gli impegni presi con la stipula del protocollo di Kyoto;
ad investire con forza sulle energie alternative e rinnovabili;
a non rilasciare titoli di concessione mineraria per l'impianto di stoccaggio di gas in acquifero a Rivara.
(7-00537)
«Bratti, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Realacci, Viola».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'entrata in esercizio dell'alta velocità ha alterato la percezione della reale situazione nella quale si trova oggi l'intero sistema ferroviario italiano che comprende anche realtà più critiche come quella della mobilità in Sicilia;
allo stato attuale, infatti, la rete ferroviaria siciliana costituisce la più estesa rete ferroviaria insulare del Mediterraneo e dell'Italia, ma è, di contro, tra le più arretrate;
negli ultimi anni quasi tutti gli investimenti sono stati fatti su pochi e costosissimi progetti, anziché sulla capillarità della rete, penalizzando così quei territori ove le infrastrutture sono più disastrate e fatiscenti;
nel panorama ferroviario nazionale, la regione Sicilia si colloca all'8o posto per la lunghezza complessiva dei binari (dopo Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Veneto, Campania), al 5o posto per le linee ferroviarie in esercizio (dopo Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio) e al 16o posto con 169 chilometri (12 per cento) di linea a doppio binario su 1.378 chilometri (prima di Sardegna, Molise, Basilicata e Valle d'Aosta);
alla totale assenza di investimenti infrastrutturali si aggiunge la politica di dismissione e di tagli dei convogli a lunga percorrenza tra il Nord ed il Sud del Paese e quella di abbandono del trasporto merci perpetrata negli ultimi tempi dal gruppo FS ai danni della Sicilia;
a fronte di dichiarazioni trionfalistiche che vedrebbero oggi il nostro come un Paese più moderno ed avanzato grazie all'alta velocità, l'infrastruttura ferroviaria è composta da materiale rotabile risalente alla metà del secolo scorso, e da linee ferrate solo in parte elettrificate;
i siciliani, anch'essi cittadini italiani, sono stati costretti a subire da troppo tempo le conseguenze di questa condizione: mancanza di investimenti, nessun miglioramento del trasporto ferroviario, ritardi, soppressioni, aumenti tariffari e i continui e definitivi tagli del servizio offerto a media e lunga percorrenza, isolando, di fatto la Sicilia dal resto della penisola italiana;
il diritto alla continuità territoriale si colloca nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale e che deve tradursi nella capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti;
lo stato deve farsi garante in concreto della continuità territoriale per un principio di equità e deve garantire il diritto alla mobilità a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica, in particolar modo di fronte allo svantaggio dell'insularità;
il servizio di trasporto rappresenta un servizio di interesse economico generale e si configura come elemento essenziale del diritto alla mobilità sancito e riconosciuto dall'articolo 16 della Costituzione, ossia della possibilità per tutti i cittadini di spostarsi nel territorio nazionale e comunitario con pari opportunità, accedendo ad un servizio pubblico che garantisca condizioni economiche e qualitative uniformi;
le suddette scelte attuate fino ad oggi dal Gruppo FS, principale gestore del sistema ferroviario italiano, lo rendono complice del ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia e dell'accrescersi del divario con le regioni settentrionali e con

il resto d'Europa, divario che, perseverando nelle stesse scelte, sarà sempre più arduo colmare in futuro;
Rete ferroviaria italiana, società del Gruppo FS che gestisce l'infrastruttura ferroviaria, e Trenitalia, società che gestisce il trasporto di passeggeri e merci, sono due aziende pubbliche che operano in regime di diritto privato. La scelta di tale forma giuridica, se da una parte richiede il rispetto di parametri di efficienza imposti dal mercato, dall'altra deve garantire l'erogazione del servizio pubblico universale, in condizioni di parità, a milioni di cittadini;
secondo il principio di uguaglianza sostanziale, di cui all'articolo 3, comma 2 della Costituzione: «È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli di ordine sociale ed economico, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
è difficile, che si possa immaginare una crescita economica forte, in assenza di un sistema di trasporto capillare, efficace ed efficiente, che permetta di sfruttare pienamente il mercato interno è le possibilità offerte dalla europeizzazione degli scambi commerciali -:
se non ritenga il Governo, nel suo ruolo di azionista unico e di decisore strategico del gruppo FS, di intervenire urgentemente ed in modo risolutivo al fine di assicurare servizi di mobilità uniformi su tutto il territorio nazionale, compreso quello siciliano.
(2-01025)
«Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Brugger».

Interrogazione a risposta scritta:

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
recentemente è venuta alla luce una richiesta ad un noto motore di ricerca di procedere alla disindicizzazione di tutti i siti - diversi da quello ufficiale del film - «riproducenti in tutto o in parte l'opera»;
il soggetto della richiesta - al pari di ogni altro motore di ricerca - qualora abbia ricevuto una segnalazione circa il carattere illecito della diffusione di taluni contenuti da parte del titolare dei diritti d'autore deve provvedere a rendere irraggiungibili tutte le pagine web - ancorché non identificate individualmente - attraverso le quali risulti possibile accedere a detti contenuti, sarebbe responsabile di violazione del diritto d'autore al pari dei gestori dei siti;
i motori di ricerca potrebbero essere oggetto di numerosissime richieste di disindicizzazione generiche ed unilaterali da parte di soggetti che assumono violati i loro diritti - non importa se di proprietà intellettuale o di altro genere - e costretti ad assecondare tali richieste oppure, in caso contrario, a correre il rischio di esser ritenuti responsabili di ogni genere di illecito;
ciò appare, ad avviso degli interroganti, come una possibile apertura a forme di giustizia privata nell'ambito della quale la semplice contestazione unilaterale di un illecito - a prescindere da ogni accertamento giurisdizionale - produrrebbe la conseguenza di consegnare all'oblio ed all'inaccessibilità ogni genere di contenuto pubblicato on-line;
impossibile, d'altra parte, sperare o auspicare che il gestore del motore di ricerca, invece di rimuovere dal proprio database qualche centinaio di link tra le centinaia di milioni scandagliati ogni giorno, si faccia carico di gestire la contestazione, di contattare il gestore della pagina indicizzata a lui sconosciuto e di porre quest'ultimo nella condizione di difendere la pubblicazione del contenuto;

si specifica che non tutte le pagine web le cui URL vengono indicizzate dai motori di ricerca e che contengono parole che possono essere oggetto di attenzione della magistratura (ad esempio, il titolo del film, download, streaming, torrent, e altro) possono automaticamente considerarsi illecite;
centinaia e centinaia di pagine contenenti tali espressioni e, dunque, per il motore di ricerca in tutto e per tutto analoghe a quelle dei siti davvero «pirata», non contengono alcun elemento di illiceità, ma, la gran parte delle volte sono finalizzate alla semplice promozione del film;
ad avviso dell'interrogante, un motore di ricerca non avrebbe potuto né dovuto prendere posizione sulla liceità o illiceità di centinaia di pagine web che non conosce e delle quali si limita ad indicizzare le URL;
ad avviso dell'interrogante, un'attività può considerarsi lecita o meno solo dopo la pronuncia di in magistrato, e non in seguito alla mera dichiarazione di un soggetto portatore di un interesse contrapposto a quello del titolare dell'attività;
dalla disciplina vigente potrebbe desumersi che un motore di ricerca sia tenuto a dar corso alla disindicizzazione di una risorsa sul web dietro semplice segnalazione di ogni soggetto che assume essere titolare di un diritto da terzi violato attraverso, appunto, tale risorsa;
un ordine di disindicizzazione per essere legittimo deve essere puntuale - ovvero relativo solo a URL individualmente specificate - e indirizzato al motore di ricerca. Non è però possibile configurare, anteriormente a tale ordine ed accertamento giurisdizionale (o eventualmente amministrativo), una responsabilità giuridica del motore di ricerca per aver indicizzato qualche centinaia di pagine tra le quali vi sono quelle che soggetti privati abbiano comunicato semplicemente di essere utilizzate per finalità illecite -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative gravi ed urgenti intenda assumere per evitare la violazione del principio dello Stato di diritto, a partire dall'assunzione di iniziative normative di interpretazione autentica delle norme oggetto del presente atto di sindacato ispettivo, in mancanza della quale si aprirebbero le porte ad una forma di giustizia privata nell'ambito della quale la semplice contestazione unilaterale di un illecito - a prescindere da ogni accertamento giurisdizionale - produrrebbe la radicale conseguenza di rendere potenzialmente inaccessibile ogni genere di contenuto pubblicato on-line, considerato inoltre che, in mancanza di tale iniziativa, in nome di pochi presunti titolari dei diritti d'autore, si potrebbe legittimare il rovesciamento del diritto di fare impresa e il diritto di esprimere liberamente la propria manifestazione del pensiero.
(4-11421)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il comune di Faicchio, in provincia di Benevento, è situato nella valle del Titerno, ai piedi del Monte Acero, estensione del Monte Matese e antico limite fra i Sanniti Caudini e i Pentri. Noto già nei dizionari borbonici come «paese di terra fertile e aria buona», dista circa 41 chilometri da Benevento ed altrettanti da Caserta;
ha una superficie territoriale di circa 4390 ettari (43,9 chilometri quadrati) ed una popolazione residente che ammonta a 3.879 abitanti secondo l'ultimo censimento dell'ISTAT (2001), per una densità abitativa media di circa 90,02 abitanti per

chilometro quadrato. Confina a Nord con Cusano Mutri e Gioia Sannitica, a Nord-Ovest ancora con Gioia Sannitica, a Sud-Ovest con Ruviano, a Sud con Puglianello e San Salvatore Telesino, e a Est con San Lorenzello;
il territorio assume un carattere a vocazione agricola essendo in gran parte formato da moderati appezzamenti di terreno coltivati da piccole imprese agricole. Detti appezzamenti si estendono anche lungo gli argini del torrente Titerno. Un torrente che ha caratterizzato la storia e lo sviluppo rurale del territorio;
da alcuni anni, purtroppo, si deve registrare che lungo le rive del medesimo vi è un sistematico abbandono di rifiuti che, in alcuni casi, porta alla formazione di vere e proprie discariche abusive al punto tale da indurre le associazioni locali, in particolar modo la Pro Loco «U. Fragola» di Faicchio, ad organizzare una giornata ecologica;
detta giornata manifestava una duplice valenza. In primo luogo si proponeva di sensibilizzare la cittadinanza locale nei confronti del fenomeno dell'abbandono illecito dei rifiuti ed, in secondo luogo, di mettere in opera una vera e propria bonifica, servendosi anche di una mappatura fotografica georeferenziata dei siti e delle varie tipologie di rifiuti presenti sul territorio;
posta l'iniziativa all'attenzione del sindaco, quest'ultimo proponeva di avviare una procedura burocratica che andasse a rimuovere i depositi di amianto e, pertanto, chiedeva la sospensione dell'iniziativa fin quanto i siti d'interesse non fossero stati bonificati in modo da consentire l'esecuzione della manifestazione in sicurezza;
la mappatura di cui in precedenza è presente al link http://www.mapper.it/MappaTu.aspx?Src=10; essa risale approssimativamente a dieci mesi addietro, mentre, purtroppo, alla data odierna si rileva che non solo i depositi abusivi di amianto non sono stati rimossi, ma che addirittura, l'abbandono dei rifiuti registra un vero e proprio incremento;
difatti, l'unica iniziativa burocratica attivata dal sindaco è stata l'emanazione di una ordinanza di divieto di abbandono rifiuti, in cui invitava la cittadinanza a segnalare eventuali casi di abbandono dei medesimi;
si deve inoltre constatare che nelle località di cui in precedenza si sono aggiunte numerose buche che costeggiano il torrente Titerno, le quali, puntualmente e costantemente vengono riempite di rifiuti. A peggiorare la situazione è proprio il completo abbandono dell'amianto agli agenti atmosferici, poiché questi sfaldandosi contaminano sia l'aria che i terreni limitrofi, provocando i ben noti effetti dannosi alla salute pubblica -:
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda inviare un'apposita ispezione del nucleo operativo ecologico dei carabinieri al fine di accertare i fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire che, in attuazione del piano nazionale di bonifica dell'amianto, sia riconosciuto il territorio comunale di Faicchio in provincia di Benevento.
(4-11419)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

VOLONTÈ, MANTINI, PEZZOTTA, MARCAZZAN, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON e NARO.- Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2008 veniva conferita alla città di Milano l'organizzazione dell'Esposizione universale del 2015, a scapito della città turca di Smirne;

a distanza di tre anni la realizzazione del progetto per l'Expo 2015 segna decisamente il passo e non risultano acquistati neanche i terreni su cui tenere l'evento;
si tratta di più di un milione di metri quadri di terreni incolti, di cui oltre la metà di proprietà della Fondazione Fiera di Milano, per un quarto del gruppo Cabassi e la restante parte in mano a Poste italiane e ai comuni di Milano e Rho;
oltre ai terreni, più volte è stata segnalata la mancanza di risorse necessarie per allestire il sito e per sostenere i costi dell'organizzazione;
il budget di spesa per l'organizzazione dell'evento si aggirerebbe intorno ai 1,7 miliardi di euro, di cui circa la metà a carico dello Stato, ma le maggiori difficoltà le stanno incontrando gli enti locali che non sembrano in grado di sostenere le spese previste;
nel corso del consiglio comunale di lunedì 28 marzo 2011 il sindaco di Milano, Moratti, ha ostentato tranquillità e fiducia: «Entreremo nella storia (...) e non ci sono ritardi né rebus irrisolvibili»;
nel corso di questi tre anni, tuttavia, si sono registrati inefficienze, continui cambi al vertice della società Expo 2015 e, soprattutto, la questione della disponibilità delle aree che alcuni mesi fa sembrava risolta, mentre oggi vi è ancora il rischio di rinviare i lavori sulle aree prescelte, compromettendo una tabella di marcia già molto compressa;
rispetto ai terreni la confusione regna sovrana, in quanto non si è ancora deciso che strada seguire tra il comodato d'uso, una società mista in cui i privati mettono i terreni e i soci pubblici i soldi, oppure l'acquisto semplice;
entro il 5 aprile 2011 è attesa la relazione dell'Agenzia del territorio che dovrà stimare il valore dei terreni e delle infrastrutture che li renderanno fruibili;
si teme che dietro ai ritardi vi sia anche una guerra di potere su come sfruttare i terreni una volta terminato l'evento;
intanto subirà un nuovo slittamento a giugno 2011 la prima gara da 90 milioni di euro per la pulizia dei terreni, per cui è presumibile che prima di ottobre 2011 le ruspe non entreranno in azione;
a complicare le cose è sorta anche la notizia di una probabile rinuncia alla realizzazione di un grande orto botanico, previsto dal masterplan iniziale e riapprovato nuovamente a Parigi a novembre 2010;
anche il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha lanciato un monito alle istituzioni lombarde, perché risolvano in via definitiva il nodo dei terreni su cui sorgerà l'Expo 2015 di Milano, dal momento che - ha detto - «non c'è più tempo da perdere»;
esistono fondati dubbi che la società Expo non sia in grado di onorare l'impegno preso a livello internazionale e con il Paese di riuscire nei tempi previsti ad organizzare l'evento -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che un evento che doveva rappresentare l'occasione per il rilancio dell'economia e dell'immagine dell'Italia si trasformi in un clamoroso fallimento.
(3-01556)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sul sito web di Italfer si legge, nella sezione riguardante i progetti, che a «Palermo, come nelle principali aree metropolitane, è in atto una radicale trasformazione della rete di trasporto pubblico basata sul potenziamento del servizio ferroviario metropolitano, collegato e integrato con linee tram, bus e parcheggi di interscambio. Uno degli assi portanti di

questa trasformazione è il passante ferroviario, che attraverserà Palermo e la sua area metropolitana, da Cefalù all'aeroporto di Punta Raisi: 90 km di percorso, 24 dei quali all'interno della città, con 17 stazioni e 22 fermate. Gli obiettivi del Progetto sono i seguenti: potenziare l'offerta del trasporto ferroviario aumentando la frequenza dei treni; creare un servizio ferroviario di tipo metropolitano integrato con il Piano del Trasporto Pubblico di massa nell'area urbana di Palermo con 6 stazioni e 17 fermate in ambito urbano e suburbano; potenziare il collegamento con l'aeroporto di Punta Raisi con un servizio di frequenza cadenzata; offrire un servizio ferroviario più efficiente in termini di fruibilità, funzionalità e regolarità ed economicità di servizio; favorire la mobilità dei flussi pendolari tra Palermo e i comuni di Isola delle Femmine, Capaci, Carini, Cinisi e Terrasini; abolizione di tutti i passaggi a livello; centralizzare e automatizzare tutte le principali funzioni ferroviarie»;
per conseguire gli interventi sopra descritti è stato pianificato un progetto integrato denominato «nodo di Palermo»;
esso prevede - sempre secondo quanto descritto dal sito web la realizzazione del sistema, di comando e controllo (SCC) e ti raddoppio della linea ferroviaria dalla stazione di Palermo Centrale/Brancaccio fino a Carini, da dove si diparte la nuova linea in esercizio a doppio binario elettrificato di collegamento con l'aeroporto Falcone-Borsellino da tempo già attivata. L'intervento interessa le tratte Palermo C.le/Brancaccio-Orleans, Orleans-Notarbartolo-Belgio, Belgio-Isola delle Femmine, Isola delle Femmine-Carini con parziale interramento della linea a Tommaso Natale e a Capaci;
l'intervento di raddoppio della linea - si legge nello stesso - è stato suddiviso nelle seguenti tratte; A) Palermo C.le/Brancaccio-Notarbartolo; B) Notarbartolo-La Malfa; C) La Malfa-Carini;
il 22 febbraio - si legge - è avvenuta la consegna dei lavori del passante, con il conseguente avvio della fase realizzativa delle opere comprese nelle tratte A) e C) non soggette a variante. Sono in corso gli approfondimenti progettuali per l'interramento richiesto per la tratta B). Sono in corso le verifiche di una variante nella tratta Orleans-Lolli a seguito di prescrizioni della soprintendenza ai beni culturali ed ambientali. L'attivazione del raddoppio è prevista entro il 2015. Il costo complessivo degli interventi è pari a 1113 milioni;
l'impresa che si è aggiudicata l'appalto è l'associazione temporanea d'imprese composta da Consorzio stabile S.I.S. Sintagma spa (Perugia) e Geodata srl (Torino). Capofila è una delle tre ditte riunite nella sigla S.I.S., cioè la madrilena Sacyr, colosso che, fra l'altro, affianca la Impregilo nella gara per il ponte sullo Stretto di Messina. Del consorzio S.I.S. fanno parte, poi, le torinesi Inc generalcontractor spa e Sipal;
all'interrogante risulta che: la consegna dei lavori è stata fatta il 22 febbraio 2008 per una durata complessiva per le tratte A) e C) di 1640 giorni per concludersi a settembre 2012 e di 1215 giorni per la tratta B) per concludersi a giugno 2011;
a causa dei forti ritardi accumulati dal Consorzio SIS, in particolare nella tratta C), si è dovuto fare un nuovo atto contrattuale che ha modificato la data di ultimazione dei lavori;
per la tratta A), grazie alla chiusura della tratta per un anno, che ha permesso di contenere i ritardi, la durata complessiva è diventa di 1920 giorni con un ritardo di quasi un anno;
per la tratta C) la durata prevista è ad oggi 2260 giorni con un ritardo di due anni;
per la tratta B) è stata fatta una variante, in attesa del via libera da parte dell'ARTA. Se entro giugno 2011 non sarà approvata non si farà più, come previsto dall'ultimo atto modificativo del contratto con la ditta appaltatrice (Giornale di Sicilia del 17 febbraio 2011);

se dovessero partire entro giugno, i lavori dovrebbero concludersi a dicembre del 2016, con un ritardo di quasi sei anni;
sempre in base a quanto risulta all'interrogante nel 1999, a causa dei ritardi sulle attività di progettazione e realizzazione dei lavori, Ferrovie dello Stato ha deciso di creare con sede a Palermo una struttura di area di Italferr utilizzando 80 tra professionisti e tecnici siciliani. Dopo un forte impulso iniziale con lo sblocco di tutte le attività ferme e l'inizio di tutti i nuovi lavori, nel corso degli anni Italferr ha iniziato una progressiva dislocazione a discapito del controllo sulle attività e sui costi. La sede di area è stata trasferita prima a Roma ed in seguito a Napoli relegando la sede di Palermo quale sede periferica;
pertanto dal 2009 viene utilizzato personale di altre sedi con una notevolissima lievitazione dei costi del personale: solo di spese per trasferte e solo per il passante ferroviario, nel 2010 si sarebbe superato il milione di euro;
risulta all'interrogante che in diversi casi esisterebbero legami di parentela tra dipendenti Italferr e Ferrovie dello Stato e dipendenti di ditte e imprese vincitrici di appalti per la realizzazione di opere del sistema ferroviario, gestiti da gruppi di Ferrovie dello Stato: solo a titolo di esempio, il supervisore dei lavori del passante ferroviario, (tratta C), per Italferr è l'ingegner Fiorenzo Laquidara, la cui moglie sarebbe Francesca Olivari assunta dalla SIS, che sta realizzando i lavori del passante in questione, la quale avrebbe ricoperto, fino alla fine del 2010, incarichi operativi relativi proprio al passante ferroviario e avrebbe partecipato, in questa veste, a riunioni e incontri, ai quali era presente anche il marito ingegner Laquidara; inoltre, Roberto Romano è project manager di Italferr SpA per il nodo di Palermo ed è stato project manager dei lavori della Fiumetorto-Ogliastrillo. Il fratello Maurizio sarebbe dipendente della Tecnimont, impresa appaltatrice di quei lavori;
il coordinatore delle opere del passante ferroviario sarebbe l'ingegner Salvatore Vanadia -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa ed in particolare dei ritardi accumulati e dei costi aggiuntivi;
se corrisponda al vero che Italferr utilizzi per i lavori in corso in Sicilia personale di altre sedi, con ulteriore aggravio dei costi;
se e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere a fronte dei ritardi evidenziati e della lievitazione dei costi;
se il Ministro interrogato non intenda acquisire e fornire il curriculum del coordinatore delle opere del passante ferroviario;
se il Ministro abbia conferma dei legami di parentela esistenti tra dipendenti di Italferr e Ferrovie dello Stato dipendenti delle imprese appaltatrici dei lavori di Ferrovie dello Stato e, in caso di risposta affermativa, se non ritenga anomala tale situazione.
(5-04479)

TESTO AGGIORNATO AL 30 MARZO 2011

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INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'ondata di sbarchi successiva alla grave crisi politica e umanitaria che ha coinvolto le popolazioni di Tunisia, Egitto e Libia, ha imposto al Governo italiano, anche concordemente agli obblighi internazionali di accoglienza, di affrontare l'arrivo sul territorio nazionale, e particolarmente sull'isola di Lampedusa (Agrigento), di migliaia di profughi provenienti dai sopraccitati Paesi;
il 22 febbraio 2011 il Ministero dell'interno ha inviato una comunicazione urgente a tutte le prefetture chiedendo ai

dirigenti degli uffici territoriali del Governo di inviare al dicastero l'elenco sommario delle strutture immediatamente disponibili per la gestione dell'emergenza;
nelle ultime ore, a fronte del precipitare della già tesa situazione di civile convivenza dell'isola di Lampedusa, invasa da migliaia di uomini e donne in precarie condizioni igienico-sanitarie, il Ministro interpellato ha deciso lo sgombero di buona parte dei profughi approdati negli ultimi giorni e di smistarli in tutte le regioni d'Italia;
già nelle settimane precedenti la regione Toscana si era mostrata generosamente favorevole all'accoglienza dei profughi del Nord Africa, concordando con Governo e amministrazioni territorialmente interessate tempi, modi e luoghi;
stante il già manifestato favore ad un atto di accoglienza dell'amministrazione regionale, appare agli interpellanti un inaccettabile ed arrogante «atto di imperio» l'annuncio unilaterale del Ministro interpellato, riportato da un'agenzia Ansa della serata del 28 marzo 2011 e dai quotidiani locali del 29 marzo 2011, dell'apertura di un campo profughi nel comune di Pisa, presumibilmente nella frazione di Coltano, senza aver informato la regione Toscana e il comune di Pisa;
pare poi poco opportuna la scelta, de facto anche se non ufficiale, di Coltano come terza tendopoli, dopo le previste Manduria e Trapani, per ospitare i profughi;
l'area di Coltano insiste infatti in una delle zone di più alto pregio ambientale e paesaggistico della provincia di Pisa ed è inserita nel parco regionale di San Rossore, Migliarino e Massaciuccoli. La scelta appare poi particolarmente inopportuna anche in relazione ad un'infelice memoria storica della seconda guerra mondiale, perché in un'area attigua alla zona descritta sorgeva un campo di prigionia e concentramento affidato alla 92° divisione «Buffalo» della V armata statunitense, in cui fu anche tenuto prigioniero Ezra Pound, che lì compose i suoi celeberrimi «Canti Pisani»;
secondo quanto appreso dalle agenzie di stampa il prefetto di Pisa Antonio De Bonis, nella giornata del 29 marzo 2011, accompagnato dai vigili del fuoco, con il direttore regionale Cosimo Pulito e il comandante provinciale Claudio Chiavacci, ha ispezionato l'area in attesa di una decisione definitiva sull'installazione della tendopoli. Il sopralluogo tecnico si sarebbe reso necessario perché va verificato il rischio idrogeologico dell'area: la zona di Coltano è infatti un'area di bonifica soggetta a frequenti allagamenti;
la decisione unilaterale di individuare a Coltane uno spazio di accoglienza non considera la probabile criticità di un'area che già ospita un campo nomadi, elemento che potrebbe pregiudicare la sostenibilità sociale e la sicurezza del nuovo insediamento previsto per la tendopoli -:
se il Ministro interpellato non intenda convocare con la massima urgenza il presidente della regione Toscana, il sindaco di Pisa e le altre amministrazioni locali interessate per concordare, in tempi brevi, un'area più idonea all'accoglienza dei profughi provenienti dal continente africano;
se non ritenga opportuno utilizzare il metodo della gestione concordata con tutti i livelli amministrativi interessati dall'emergenza dei profughi che approdano sulle coste del territorio nazionale.
(2-01024)
«Fontanelli, Realacci, Gatti, Amici, Bellanova, Scarpetti, Mariani, Ventura, Bordo, Cenni, Concia, Murer, Froner, Pistelli, Marchi, Marantelli, De Pasquale, Berretta, Nannicini, Fogliardi, Fiorio, Ciriello, Genovese, Mattesini, Meta, Fluvi, Marco Carra, Naccarato, Boffa, Pollastrini, Corsini, Cuperlo, Giacomelli, Rigoni».

Interrogazioni a risposta immediata:

PISICCHIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la drammatica crisi che travolge i Paesi del Maghreb e del vicino Medio Oriente sta generando un'emergenza umanitaria di proporzioni eccezionali;
l'esodo di massa dei profughi ha posto all'Europa mediterranea il grande problema dell'accoglienza, che fino ad oggi non ha trovato un'adeguata risposta da parte delle istituzioni comunitarie;
in particolare, il Meridione d'Italia sta sopportando, in piena solitudine e fuori da ogni prospettiva concreta di lenimento in tempi ragionevoli, l'impatto con una marea umana in cui disperazione, miseria, paura, fame ma anche intelligenza di organizzazioni criminose si mescolano, producendo un effetto esplosivo che si riversa su alcune aree del Sud;
dopo Lampedusa il secondo approdo dei profughi, per il numero cospicuo degli ospiti, sembra essere la Puglia, dove sono stati già collocate centinaia di persone nel centro di Manduria, in attesa di completare l'allestimento di una tendopoli per ospitarne tremila;
dalla tendopoli pugliese, peraltro, si sono già verificate fughe per almeno un centinaio di ospiti, generando allarme presso la popolazione residente;
la Puglia, così come altre regioni meridionali, ha mostrato in più di una occasione la sua grande sensibilità umanitaria attraverso numerosi e concreti gesti di disponibilità e di accoglienza nei confronti di migranti e profughi. Tuttavia, non appare né equo, né coerente con quanto dichiarato dal Ministro interrogato scaricare sulle spalle esclusive di alcune generose regioni l'onere di un'emergenza umanitaria, che ha bisogno della collaborazione e della responsabilizzazione dell'intero Paese e dell'intera Europa -:
quali urgenti interventi il Ministro interrogato intenda compiere per adempiere all'impegno che si era assunto di operare una razionale distribuzione sul territorio nazionale dei profughi, facendo sì che si allenti la pressione nelle realtà come la Puglia e la Sicilia che stanno sopportando il peso dell'emergenza umanitaria, garantendo in questo modo anche un'accoglienza più rispettosa della dignità degli immigrati.
(3-01554)

BERSANI, LIVIA TURCO, DE TORRE, CAPODICASA, MARAN, AMICI, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BRESSA, FIANO e MINNITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante la visita di una delegazione di parlamentari del gruppo del Partito Democratico, nonché di esponenti regionali, avvenuta lunedì 28 marzo 2011 a Lampedusa è stata evidenziata una situazione totalmente fuori controllo, emergendo una profonda discordanza con l'informativa tenuta dal Sottosegretario Mantovano;
attualmente, sull'isola di Lampedusa si trovano migliaia e migliaia di immigrati ammassati intorno al centro abitato e, in particolare, intorno all'area del porto in condizioni disumane e a rischio di epidemie, visto che possono avvalersi di soli tre bagni chimici, di un solo presidio medico con due medici e due infermieri, senza acqua per lavarsi e con razioni alimentari povere tali da destare scontento e tensione tra le persone;
il centro di identificazione ed espulsione risulta essere sovraffollato oltre misura con due soli punti di identificazione per migliaia di persone, da cui consegue un'oggettiva impossibilità di identificarne la maggior parte;
la situazione comporta oltretutto un grave danno economico per l'intera isola ed un senso di insicurezza e di abbandono che è stato denunciato da tutti i cittadini incontrati;
nonostante la situazione sia gravissima ed estrema, vi è stato e vi continua

ad essere un grande impegno di tutti i lampedusani, che in prima persona soccorrono ed assistono insieme ai volontari e alla straordinaria azione della Chiesa le persone che arrivano, fornendo loro coperte, vestiti e cibo ed assicurando, tra le altre cose, che la situazione non degeneri con rivolte e atti d'intolleranza, sopperendo in tal modo alla totale assenza ed incapacità della macchina organizzativa dello Stato;
la scelta del Governo di trasformare il centro di Lampedusa in un centro di transito ed identificazione veloce mostra la sua inadeguatezza, di fronte al bisogno urgente di vedere accolti e trasferiti in altri siti più adatti i migranti che affluiscono sulle coste italiane;
a tutt'oggi, nonostante l'annunciata gravità della situazione, non emerge nessun preciso piano volto alla gestione del fenomeno e al decongestionamento dell'isola, che preveda il pieno coinvolgimento degli altri territori nazionali e delle loro amministrazioni regionali e locali;
si segnala, in particolare, la grave situazione di diverse centinaia di minori non accompagnati che, dalle prime notizie, sono arrivati e continuano ad arrivare sull'isola e che, secondo le convenzioni internazionali a cui l'Italia ha aderito, hanno diritto ad una totale presa in carico dello Stato ospitante fino alla maggiore età -:
quali siano le ragioni del ritardo nella definizione di un piano d'emergenza per la gestione dei profughi nel Paese, che a tutt'oggi grava esclusivamente sul limitato territorio di Lampedusa, con particolare riguardo alla condizione dei moltissimi minori non accompagnati, anche alla luce dell'annunciato accordo tra l'Italia e la Tunisia.
(3-01555)

Interrogazione a risposta orale:

MOSELLA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del turismo. - Per sapere, premesso che:
il diritto ad una civile e dignitosa accoglienza nel nostro Paese di quanti fuggono dalla difficile situazione del Nord Africa è stato soddisfatto finora dalla generosa popolazione di Lampedusa, il cui atteggiamento è stato unanimemente considerato civile e disponibile;
la dedizione e l'abnegazione delle persone incontra ormai un limite invalicabile nella limitatezza delle risorse a fronte di un numero di immigrati che ormai supera quello dei residenti;
insieme alla dignità dei migranti va tutelata e valorizzata quella dei residenti, che hanno diritto alla salvaguardia della loro vita sociale senza attendere il superamento della crisi;
la loro tranquillità esige la certezza di non essere abbandonati;
la difficile situazione in atto sconta il tragico ritardo di una programmazione delle politiche dell'immigrazione costruita con l'apporto di una cooperazione europea ed internazionale che riconosca il ruolo centrale che l'Italia riveste nel mare Mediterraneo, ruolo che non può essere confinato alla partecipazione negli interventi militari indispensabili;
nel cuore della tragedia umanitaria, che ha la precedenza su ogni altra considerazione, devono radicarsi le ragioni di una politica della ragionevolezza che, pur nella complessità e gravità dei problemi, produca concrete azioni pubbliche per il superamento della crisi;
in tale politica di intervento si intersecano competenze dello Stato e della regione Siciliana;
in particolare il settore turistico, maggiore fonte economica dell'isola, si trova in un momento fondamentale, poiché è in queste settimane che vengono effettuate le prenotazioni per il ponte pasquale vengono programmate le vacanze estive;
allarmanti notizie che ogni giorno arrivano da Lampedusa affermano che l'isola avrebbe perso già oltre cinque milioni

di euro per la flessione del flusso turistico, incompatibile con la tragedia umana vissuta dall'isola;
ripugna alla coscienza nazionale scaricare sui soli isolani tutto il peso odierno e futuro delle crisi dei Paesi mediterranei -:
in che modo i Ministri interrogati intendano provvedere, per quanto di loro competenza, a dare risposte immediate in tema di accoglienza, di apprestamento di risorse economiche straordinarie, e di allestimento di campagne promozionali in vista del ristabilimento dell'ordinaria amministrazione nell'isola di Lampedusa.
(3-01548)

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 23 marzo 2011, a Palermo, esponenti dei centri sociali legati all'estrema sinistra hanno inscenato una vera e propria guerriglia per le strade cittadine al fine di impedire la presentazione del libro «Nessun dolore. Una storia di CasaPound» (Rizzoli) alla libreria Mondadori Multicenter;
tali disordini hanno causato il ferimento di nove agenti e hanno visto la devastazione del centro cittadino con lanci di pietre, bottiglie, fumogeni e una bomba carta contro poliziotti;
la presentazione del medesimo romanzo, sempre a Palermo, nella suddetta libreria, era già stata fatta saltare lo scorso 11 febbraio «per motivi d'ordine pubblico» in seguito alle minacce dei centri sociali;
pochi giorni prima della presentazione di mercoledì scorso erano comparse, sulle pareti esterne della libreria Mondadori Multicenter scritte minacciose e stelle a cinque punte e che, durante un agguato notturno, un gruppetto di militanti dell'associazione di promozione sociale CasaPound Italia era stato aggredito da una ronda dei centri sociali mentre un commando contiguo agli stessi ambienti estremistici di sinistra aveva appiccato il fuoco alla sede del movimento, danneggiando seriamente anche due auto parcheggiate davanti al portone;
il 10 marzo 2011 nella libreria Battei di Parma una presentazione del libro «Nessun dolore» era stata annullata in seguito alla ricezione, da parte dei titolari della libreria, di più di 20 telefonate minatorie e diversi fax di minacce -:
se il Ministro interrogato abbia elementi che lascino temere che le suddette azioni possano rientrare in un preciso disegno strategico di destabilizzazione sociale;
se il Ministro intenda concretamente adottare azioni idonee per impedire il ripetersi di ulteriori violenze, che è compito del Ministro prevenire e reprimere, garantendo la libera attività associativa, operativa e di pensiero da parte di qualunque associazione che persegua fini di indirizzo sociale.
(4-11420)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il tribunale del lavoro di Genova, con la sentenza 520 del 25 marzo 2011, ha condannato il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a risarcire quindici lavoratori con contratto a tempo determinato, reiterato da tre a dieci anni, riconoscendo la possibilità della ricostruzione di carriera, l'illegittimità dei contratti a termine e i danni derivanti dalla mancata nomina a tempo indeterminato con la previsione per ciascuno dei quindici ricorrenti di un risarcimento di circa 30 mila euro;

complessivamente il costo del risarcimento a carico dell'erario ammonta a circa 500 mila euro;
la decisione del tribunale di Genova si fonda sul mancato rispetto da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca della direttiva dell'Unione europea 1999/70/CE, recepita nella normativa nazionale con il decreto legislativo n. 368 del 2001, il quale dispone, all'articolo 4, che un contratto a tempo determinato può essere prorogato non più di una volta e che la durata totale di uno o più contratti a tempo determinato non può superare i tre anni e, all'articolo 5, comma 4-bis, che uno o più contratti di durata superiore ai tre anni siano considerati contratti a durata indeterminata;
nell'anno scolastico 2010-2011 risultano in servizio a tempo determinato 113.348 docenti, di cui 89.931 con contratto fino al termine delle lezioni, e 51.402 unità di personale ATA;
sarebbe assai onerosa (stime giornalistiche quantificano l'eventuale onere tra i 4 e i 6 miliardi di euro) l'eventuale estensione degli effetti determinati dalla suddetta sentenza al personale della scuola a tempo determinato che volesse intraprendere analoghe azioni legali;
nei prossimi tre anni andranno in pensione all'incirca 70000 docenti con una fascia retributiva media di 28/35 anni di servizio. Il costo di tale personale in ruolo è pari a circa tre miliardi di euro: se le cattedre lasciate libere venissero coperte con l'assunzione di personale attualmente occupato con contratti a tempo determinato (e venisse loro ricostruita la carriera), lo Stato sosterrebbe un costo stimato di 2 miliardi e mezzo, con un risparmio di circa 500 milioni di euro;
un piano straordinario di immissione in ruolo non avrebbe solo un vantaggio economico e di tutela dei docenti che da anni assolvono, pur in una condizione di precariato, al delicato compito dell'insegnamento e dei servizi ausiliari e di segreteria, ma consentirebbe soprattutto di garantire agli alunni quella continuità didattica indispensabile per il miglioramento dei livelli di apprendimento e per l'innalzamento della qualità del sistema di istruzione. In tale senso era stato predisposto il piano triennale di assunzioni, previsto dal Governo Prodi nella finanziaria per il 2007, che disponeva l'immissione in ruolo di 150.000 docenti e 20.000 ATA, prefigurando l'esaurimento - di fatto - delle graduatorie ad esaurimento -:
se, alla luce della sentenza del tribunale di Genova e delle considerazioni espresse in premessa, il Ministro interpellato non intenda procedere ad un piano straordinario di immissioni in ruolo e valutare la necessità di non procedere con la terza tranche dei tagli dei posti in organico previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008.
(2-01026)
«Ghizzoni, Ventura, Coscia, De Pasquale, Pes, Antonino Russo, Siragusa, Nicolais».

TESTO AGGIORNATO AL 14 APRILE 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
la direzione generale per le politiche per l'orientamento e la formazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato ai Fondi Forma. Temp. ed Ebiref che l'associazione imprenditoriale Alleanza Lavoro sarebbe sprovvista dei requisiti necessari per comparire tra le parti costituenti del Fondo risultante dall'unificazione dei predetti fondi;
il Ministero ha giustificato la propria posizione sostenendo che Alleanza Lavoro sarebbe sprovvista del requisito previsto

dall'articolo 2, comma 1, lettera h) e m) del decreto legislativo n. 276 del 2003;
a parere degli interpellanti tale posizione non sembra corretta, in punto di diritto, per seguenti motivi:
a) il citato articolo 2, comma 1, lettera h) e m) del decreto legislativo n. 276 del 2003, definisce, rispettivamente, cosa deve intendersi ai fini del decreto con le nozioni di «enti bilaterali» e «associazioni sindacali». Con riferimento agli «enti bilaterali», la lettera h) include nella nozione tutti gli «organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione delle attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento». Con riferimento alle associazioni sindacali, la successiva lettera m) include nella nozione tutte le «organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative». La lettura delle predette norme consente di riconoscere agevolmente il criterio di selezione che il decreto legislativo n. 276 del 2003 individua per consentire a soggetti associativi, siano essi enti bilaterali oppure organizzazioni sindacali, di accedere ai diversi strumenti organizzativi previsti dallo stesso decreto: tale criterio consiste nella rappresentatività comparativa;
b) il significato della predetta nozione è stato a lungo indagato dalla dottrina giuslavoristica, che ha messo in luce la differenza con il criterio di selezione dei soggetti collettivi utilizzato - con maggiore frequenza - prima dell'approvazione della riforma, consistente nella maggiore rappresentatività. Il tratto differenziale tra il vecchio criterio della maggiore rappresentatività e quello della rappresentatività comparativa ha avuto, per opinione comune della dottrina, l'effetto di incentivare il pluralismo associativo, in quanto il primo criterio aveva l'attitudine a concentrare la rappresentatività solo su un soggetto (quello dotato di maggiore rappresentanza) mentre il secondo criterio consente di legittimare la rappresentatività di tutti i soggetti associativi che hanno una base consistente di iscritti;
c) l'interpretazione di questo criterio deve, peraltro, essere operata anche tenendo conto delle linee di politica delle relazioni industriali seguite dalle parti sociali e dal Governo, a partire dall'accordo sulle relazioni industriali del gennaio del 2009. Questo accordo ha formalizzato una tendenza già emersa negli anni precedenti e confermata dagli sviluppi successivi della contrattazione collettiva: il riconoscimento del pluralismo associativo, che consente di escludere la concentrazione della legittimazione ad agire come soggetti collettivi solo in capo alle organizzazioni maggiormente rappresentative. Testimonianza di questo mutato approccio sono i numerosi accordi cosiddetti «separati» (cioè, sottoscritti solo con alcune organizzazioni rappresentative) sottoscritti tra le parti sociali, e anche dal Governo. Le considerazioni sopra sviluppate a parere degli interpellanti evidenziano la contraddittorietà con questa linea di politica delle relazioni industriali la posizione assunta dal Governo in questa circostanza, in quanto l'effetto di questa posizione sarebbe quello di tornare a un assetto della rappresentanza associativa concentrato solo su alcune organizzazioni (in questo caso, quelle dotate di maggiore rappresentatività datoriale, nel settore delle Agenzie per il lavoro);

a parere quindi degli interpellanti non è possibile sostenere che Alleanza Lavoro, soggetto rappresentativo di un numero indistinto di imprese del settore, e firmatario di un Contratto collettivo nazionale di lavoro attualmente applicato, debba essere escluso per mancanza di rappresentatività;
non si può ignorare, inoltre, il fatto che tale rappresentatività è riconosciuta pacificamente da tutti gli attori collettivi del settore; basti, a tale proposito, ricordare che l'associazione ha ottenuto ripetuti riconoscimenti di carattere collettivo e istituzionale, quali i seguenti:
a) è stata ascoltata, il 3 marzo del 2009, nell'ambito dell'indagine conoscitiva promossa dalla Commissione Lavoro del Senato della Repubblica sul funzionamento delle Agenzie per il lavoro;
b) ha stipulato, in data 8 ottobre 2009, con l'altra organizzazione datoriale esistente nel settore, Assolavoro, ma anche con Cgil, Nidil Cgil, Cisl, Alai Cisl, Uil e Uil Cpo un accordo avente per oggetto la condivisione dei contenuti del contratto collettivo siglato dalle predette, parti sociali;
c) ha sottoscritto, in data 19 gennaio 2010, un protocollo di intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la realizzazione di un partenariato pubblico - privato a favore della mobilità europea geografica e professionale dei lavoratori, nell'ambito del programma comunitario Eures;
d) ha sottoscritto, in data 12 marzo 2010, un accordo quadro con Italia Lavoro S.p.a., per la realizzazione di misure di politica attiva del lavoro;
e) è stata periodicamente consultata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per i programmi di conferimento dei dati sull'offerta di posizioni lavorative nel mercato del lavoro;
f) ha nominato, nel mese di luglio del 2010, propri membri nei consigli di amministrazione di Forma.Temp. e di Ebitemp;
g) è stata convocata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 25 gennaio 2011, nell'ambito delle consultazioni sul decreto legislativo sul lavoro usurante;
h) è stata invitata, in qualità di soggetto collettivo, ai congressi e ai convegni organizzati nell'ultimo biennio da Nidil Cgil, Alai - Felsa Cisl, Uil Cpo, Federmeccanica, e da diverse istituzioni nazionali e locali;

non si può dire - osservando le dinamiche delle relazioni industriali di settore dell'ultimo biennio - che Alleanza Lavoro sia un soggetto privo di legittimazione ad agire in veste di associazione datoriale di natura collettiva;
da questo punto di vista, tutto ciò premesso, gli, interpellanti; ritengono quindi che il riferimento operato dal Ministero all'articolo 2 del decreto legislativo 276 del 2003 sia poco pertinente in quanto il criterio di selezione dei soggetti che possono partecipare alla costituzione dei Fondi per la formazione dei lavoratori di settore è individuato nell'articolo 12, comma 4, del medesimo decreto legislativo 276 del 2003;
questa norma, per indicare i soggetti legittimati alla costituzione di un Fondo per la formazione, fa riferimento alle «parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro»;
per gli interpellanti è di tutta evidenza che tale criterio è diverso da quello di cui all'articolo 2, da un lato, ed è ancora più vicino alle caratteristiche di Alleanza Lavoro, dall'altro. È diverso perché manca qualsiasi riferimento alla rappresentatività comparativa, e quindi anche possibili obiezioni sul punto sono da intendersi superflue. È vicino alle caratteristiche di Alleanza Lavoro perché l'associazione ha stipulato un contratto collettivo nazionale di lavoro, e ha aderito - seppure indirettamente

- al contratto collettivo stipulato da Assolavoro -:
se non si ritenga necessario, alla luce delle considerazioni sopraesposte, riconsiderare la decisione presa e correggerla affinché all'Associazione imprenditoriale «Alleanza Lavoro» sia riconosciuto quanto ad essa è stato ingiustamente sottratto.
(2-01023)
«Sardelli, Belcastro, Iannaccone, Milo, Porfidia, Mario Pepe (IR)».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LENZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile attribuendo all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità», con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, ha profondamente modificato la procedura di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni nonché il ricorso in giudizio;
l'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
le novità sostanziali sono sinteticamente le seguenti: a decorrere dal 1o gennaio 2010, le domande vanno presentate all'INPS esclusivamente in via telematica; l'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle ASL; le commissioni mediche ASL sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio unanime dalla commissione sanitaria previa validazione da parte del responsabile della commissione medica locale territorialmente competente, allorché comportino il riconoscimento di una prestazione economica, danno luogo all'immediata verifica dei requisiti socio economici, al fine di contenere al massimo i tempi di concessione; gli accertamenti sanitari conclusi con giudizio a maggioranza sono soggetti a successiva verifica con riesame degli atti o eventuale disposizione di una nuova visita; la commissione medica superiore effettua il monitoraggio complessivo dei verbali e ha, comunque, facoltà di estrarre posizioni da sottoporre a ulteriori accertamenti agli atti o con disposizione di nuova visita; l'INPS diventa unica controparte nell'ambito del contenzioso; nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico, alle operazioni peritali dovrà obbligatoriamente presenziare un medico INPS;
nella realtà dei fatti l'introduzione della nuova procedura invece di accelerare l'iter per il riconoscimento delle invalidità lo ha ulteriormente dilatato, in quanto presso gli uffici territoriali dell'INPS vi sono innumerevoli pratiche inevase. La nuova procedura invece di portare chiarezza e celerità ha registrato gravissime inefficienze, che stanno provocando disagi a persone già drammaticamente colpite, costrette ad aspettare mesi e mesi prima di vedere riconosciuto un loro diritto, potremmo dire che per ogni falso invalido scoperto 100 invalidi veri sono costretti a mesi di attesa ed a una doppia visita;
difficoltosi risultano i rapporti tra Asl e Inps anche in una regione, come l'Emilia Romagna, dove la collaborazione era buona anche grazie alla serietà e severità dell'esame delle commissioni mediche delle aziende sanitarie;
molti invalidi richiedenti non risultano aver ricevuto il verbale di accertamento mentre l'istituto dichiara di averli consegnati a Postel mentre i giorni passano e siamo ben oltre i 120 previsti come limite massimo e intanto è la famiglia a doversi far carico di tutta l'assistenza;

se la lotta ai falsi invalidi è doverosa, non si può però portarla aventi cancellando i diritti di tutti gli altri disabili, quelli veri, quelli che quotidianamente lottano per avere riconosciuto un loro diritto -:
quale sia attualmente la situazione presso le sedi Inps della regione Emilia Romagna ed, in particolare quale sia la collaborazione con le aziende sanitarie, quante siano le pratiche evase rispetto a quelle depositate e, quanto sia mediamente, il tempo necessario per concludere l'iter di una pratica relativa ad un riconoscimento della invalidità e quali siano i tempi nelle diverse fasi dell'iter;
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso l'Inps affinché vi sia un maggior rispetto dei tempi ed una maggiore chiarezza e trasparenza nelle diverse fasi di riconoscimento dell'invalidità, in particolar modo per quanto riguarda il raccordo tra Asl e Inps e cittadino;
se risulti vero che le asl non siano in grado di comunicare in via informatica con le sedi Inps territorialmente competenti in quanto i sistemi informatici non sono tra loro compatibili.
(5-04476)

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
attualmente esistono criticità in capo ai dipendenti pubblici in quiescenza, che percepiscono un doppio trattamento pensionistico, in virtù della sussistenza di un non normato divieto di cumulo di indennità integrativa speciale (IIS) con i conseguenti molteplici contenziosi apertisi con l'amministrazione pubblica;
malgrado i ricorsi in sede giurisdizionale nei confronti dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica per la mancata corresponsione dell'indennità di cui sopra citata amministrazione ha negato la predetta richiesta, ritenendo che «le sentenze 566/1989 e 204/1992 della Corte costituzionale che hanno sancito l'incostituzionalità del comma 5 articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 1092/73, il legislatore cui sarebbe spettato il compito di individuare il limite al di sotto del quale è consentito il cumulo di assegni accessori non ha più disciplinato la materia»;
alla luce di tali evidenze, per l'amministrazione interpellata sussisterebbe il divieto di cumulo di indennità nei confronti di soggetti che percepiscono più trattamenti pensionistici;
malgrado la citata pronuncia, le criticità afferenti alla suindicata fattispecie sono state ampiamente dibattute in giurisprudenza;
la Corte costituzionale, chiamata più volte a pronunciarsi sulla questione, con la sentenza n. 516 del 21 novembre 2000 sembrava aver dato l'indirizzo definitivo, stabilendo che «deve ritenersi che un divieto generalizzato di cumulo di indennità di contingenza (o indennità equivalenti nella funzione di sopperire ad un maggior costo della vita) sia illegittimo dal punto di vista costituzionale quando, in presenza di diversi trattamenti a titolo di attività di servizio o di pensione non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso»;
l'illegittimità costituzionale emergerebbe in merito al divieto di cumulo di indennità di contingenza generalizzato, senza che vi sia un limite minimo complessivo per le attività alle quali si riferisce;
la giurisprudenza più recente della Corte dei conti, alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale, ha osservato che anche nel caso di concorso di più trattamenti pensionistici, sussiste l'illegittimità del divieto di cumulo di indennità integrative speciali in assenza di previsione legislativa di un limite minimo della pensione al di sotto del quale tale divieto deve essere necessariamente

escluso, riconoscendo al pensionato il diritto a percepire l'indennità integrativa speciale in misura intera;
alla luce di tali evidenze e dell'efficacia vincolante delle citate sentenze non sussisterebbe al momento alcuna disposizione in grado di impedire la citata corresponsione di indennità a misura intera, poiché l'assenza di un chiaro riferimento normativo in merito, da parte del legislatore, impedisce l'applicazione del divieto di cumulo;
la situazione di criticità indicata riguarda centinaia di pensionati Inpdap, molti dei quali in età avanzata, affetti da importanti patologie, sui quali gravano spese economiche di cospicua entità e per i quali la mancata corresponsione della citata indennità rappresenta un gravoso limite -:
se sia a conoscenza delle criticità indicate in premessa;
se intenda predisporre eventuali ed opportune iniziative - anche di natura normativa - al fine di risolvere la suindicata impasse.
(5-04478)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore il 29 marzo 2011, lo scorso anno sulle tavole italiane, sono aumentati del 40 per cento i volumi di pomodoro proveniente dalla Cina, che superano in totale i 115 milioni di chili, pari al record di circa il 15 per cento della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia;
la suesposta denuncia, secondo la Coldiretti, risulta ancora più allarmante se si considera che, da un rapporto presentato dalla stessa associazione agricola, emergerebbe che proprio in Cina, circa un milione di detenuti sono costretti ai lavori forzati nell'agroalimentare in imprese simili a dei lager, i cosiddetti Laogai, su 1,4 milioni di ettari di terreni che producono per il mercato interno e per l'esportazione;
nonostante la recente introduzione nella normativa delle disposizioni in tema di etichettatura e di rintracciabilità dei prodotti agroalimentari, promossa dal Governo Berlusconi, non mancherà di avviare un'azione positiva ed efficace volta a contrastare definitivamente il perdurante fenomeno dell'invasione dei prodotti alimentari che vengono poi nazionalizzati addirittura con il marchio, «100 per cento italiano», occorre tuttavia, a giudizio dell'interrogante, adottare tutte le misure possibili per salvaguardare la produzione di pomodoro nazionale e per garantire il rispetto delle regole, anche e soprattutto a tutela del consumatore -:
quali iniziative intenda assumere al fine di arginare efficacemente l'importazione illegale di materie prime e cibi dall'estero, non sottoposti al controllo di filiera come accade in Italia.
(5-04477)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
Il Sole 24 ore di martedì 15 febbraio 2011 riporta l'annuncio del presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, della nuova procedura di informatizzazione delle visite fiscali per malattia;
secondo quanto preannunciato, nel giro di un mese dovrebbe esser operativo un sistema on line, messo a punto dall'Inps, che consentirà al datore di lavoro di richiedere per via telematica la visita di controllo per il dipendente, quindi l'ente attiverà il medico più vicino e nel giro di poche ore il lavoratore malato o presunto tale riceverà la visita fiscale;
per il presidente dell'istituto l'immediatezza della visita consentirà di controllare anche le malattie di un solo giorno ed in tal modo «sarà più semplice scoprire eventuali frodi e ridurre gli oltre 2 miliardi di euro di spesa» che l'ente versa annualmente per le indennità di malattia;
è opinione condivisa che l'informatizzazione e la digitalizzazione delle procedure comporta uno snellimento burocratico e, quindi, un risparmio di oneri;
l'obiettivo 4 del piano e-gov 2012 del Governo prevede che entro il 2012 siano semplificati e digitalizzati i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione on line) e create le infrastrutture per un'erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini (fascicolo sanitario elettronico e innovazione delle aziende sanitarie), migliorando il rapporto costo-qualità dei servizi e limitando sprechi ed inefficienze;
secondo un progetto di Confindustria denominato «Progetto Ict nella sanità», l'informatizzazione di tutta la sanità - dalla telemedicina alla ricetta digitale, dai servizi clinici ed amministrativi di aziende sanitarie locali e ospedali, al fascicolo elettronico del singolo paziente - porterebbe ad un risparmio di oltre l'11 per cento della spesa sanitaria pubblica, per un valore di 12,6 miliardi di euro: la sola telemedicina farebbe risparmiare 7,3 miliardi di euro, altri 4 miliardi con la ricetta digitale ed il fascicolo sanitario elettronico;
sulla base di quanto pubblicato sempre su Il Sole 24 ore di martedì 15 febbraio 2011, il predetto progetto è al vaglio del Governo -:
a quale stato di attuazione sia l'obiettivo 4 del piano e-gov 2012, quale sia la valutazione del Governo sul progetto di Confindustria citato in premessa, se ritenga plausibile il risparmio di spesa quantificato nel progetto medesimo e, in caso di risposta affermativa, se non convenga sull'opportunità di far decollare quanto prima la cosiddetta sanità elettronica.
(3-01550)

BALDELLI e PALMIERI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il 25 gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo codice dell'amministrazione digitale (cad), con il quale viene rinnovato il quadro normativo in materia di amministrazione digitale;
si tratta di un provvedimento orientato a modernizzare l'intero sistema pubblico attraverso l'introduzione di strumenti digitali idonei a semplificare il dialogo tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese;
la digitalizzazione consente, in sostanza, di conseguire l'auspicata «sburocratizzazione» della pubblica amministrazione, in quanto i tradizionali strumenti cartacei vengono sostituiti con mezzi più snelli, più rapidi e meno costosi, a vantaggio dei cittadini e delle imprese -:
quali saranno i benefici concreti che potranno ottenere i cittadini e le imprese

dall'applicazione delle nuove misure introdotte dal codice dell'amministrazione digitale nell'ambito dei loro rapporti con la pubblica amministrazione.
(3-01551)

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:

MESSINA, FAVIA e PIFFARI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) - come successivamente modificato dall'articolo 15 del decreto-legge cosiddetto «Ronchi» (n. 135 del 2009), recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» - ha realizzato una vera e propria riforma ordinamentale in materia di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, allo scopo di dare applicazione alla «disciplina comunitaria», come indicato in preambolo, ed in modo da renderlo applicabile anche al servizio idrico integrato, sostituendo le forme di gestione precedentemente previste dall'articolo 150 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (il citato codice ambientale, che a sua volta, per il servizio idrico integrato, rinvia all'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
l'estensione della nuova disciplina degli affidamenti anche al settore idrico integrato non è imposta da alcuna normativa comunitaria, dal momento che a tale settore non si applica né la direttiva 2004/18/CE sugli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, né la direttiva 2004/17/CE sulle procedure di appalto, tra l'altro, degli enti erogatori di acqua;
le due direttive comunitarie, infatti, si applicano ai soli casi in cui l'affidamento della gestione di un pubblico servizio avviene in forza di un appalto, laddove il modello di gestione idrica nazionale rappresenta sicuramente un'ipotesi di assentimento in concessione, dal momento che: la proprietà della rete idrica resta pubblica (si confronti l'articolo 15, comma 1-ter, del decreto-legge n. 135 del 2009); resta ferma anche la competenza del pubblico potere in materia di governo delle risorse idriche, «in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio» (si confronti il citato articolo 15, comma 1-ter); al privato viene affidata la sola gestione del servizio;
l'Italia è stata sì oggetto di infrazione comunitaria e condannata dalla Corte di giustizia, ma non perché la disciplina di cui all'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali contrastasse con la normativa comunitaria, ma in conseguenza del fatto - ben diverso - che gli enti locali, nell'affidare la gestione dei servizi pubblici, hanno manifestato la tendenza ad elaborare soluzioni «creative» quanto ai soggetti ai quali concedere l'affidamento, violando i severi limiti imposti certo non dalla normativa comunitaria, ma dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, formatasi soprattutto in tema di affidamento «in house»;
la disciplina attualmente vigente in materia di servizi pubblici locali prevede quali modalità ordinarie di affidamento della gestione: la gara, con procedure ad evidenza pubblica, e l'affidamento a società miste pubblico-private, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette «a doppio oggetto» (sulla qualità del socio e su specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio), con l'ulteriore condizione che il socio privato partecipi con non meno del 40 per cento;
è confermata, ma in posizione assolutamente «residuale», la possibilità di deroga dagli affidamenti ordinari per gli

affidamenti cosiddetti «in house», purché conformi alle seguenti disposizioni:
a) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile per le situazioni particolarmente caratterizzate, tra l'altro, dall'essere situazioni «eccezionali»;
b) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile solo a favore di società totalmente partecipate dall'ente locale;
c) previsione per cui dette società devono avere i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione «in house»;
d) previsione per cui siano comunque rispettati i principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
è stato dettato, infine, il regime transitorio per gli affidamenti non compatibili con la nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali: in particolare, per le gestioni «in house» che soddisfino i principi comunitari, la cessazione è stata fissata al 31 dicembre 2011, a meno che le amministrazioni non cedano almeno il 40 per cento del capitale a privati, attraverso gara pubblica;
il citato articolo 23-bis, insieme alle nuove norme introdotte dall'articolo 15 del decreto-legge «Ronchi» ribadiscono, tuttavia, il principio della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche: «Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui all'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio»;
tale previsione conferma per via normativa la condizione peculiare del servizio idrico rispetto agli altri servizi pubblici locali, dovuta alla peculiarità del bene che ne è oggetto, l'acqua, bene pubblico per natura e preziosa risorsa per l'umanità intera;
sul bene acqua, sulla sua disponibilità, sull'accesso universale discute e si interroga il mondo, per questo archiviarne così rapidamente le modalità di gestione - la scadenza delle gestioni non conformi è fissata al dicembre 2011 - rischia di avere conseguenze fortemente negative, in particolare economico-finanziarie per le amministrazioni e per le collettività;
pur nella bontà dello spirito concorrenziale dei servizi pubblici locali, va segnalato che il nodo principale è quello di aver introdotto una disciplina univoca in una materia, i servizi pubblici locali appunto, che comporta notevoli specificità di settore, in cui le opportunità di introdurre spinte concorrenziali sono molto diverse;
si è ormai a ridosso della scadenza del periodo transitorio per la cessazione delle società «in house», pur conformi ai principi comunitari, e la loro trasformazione in società miste, in cui la presenza dei privati non sia inferiore al 40 per cento;
tale scadenza incide sui temi oggetto della consultazione referendaria cui i cittadini saranno chiamati il 12 ed il 13 giugno 2011 per pronunciarsi sui quesiti in materia di gestione del servizio idrico integrato -:
se il Governo non intenda adottare un'iniziativa normativa di moratoria per gli affidamenti «in house» del servizio idrico integrato, che ne posticipi alla fine del 2012 l'entrata in vigore al fine di consentire al popolo sovrano di esprimersi in materia senza creare dei fatti compiuti che in questo contesto sarebbero, a parere degli interroganti, antidemocratici.
(3-01549)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - permesso che:
come si apprende da numerosi articoli di stampa, e in particolare da La Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera del 28 marzo 2011, quattordici liceali di Reggio Emilia colpiti da intossicazione alimentare durante una gita scolastica non sarebbero stati visitati dalla guardia medica di Montegrotto, località termale alle porte di Padova;
gli insegnanti si sarebbero sentiti rispondere: «Qui curiamo solo i veneti»;
secondo quanto riportato dai giornali citati un gruppo di giovani del liceo scientifico Zanelli di Reggio Emilia avrebbe accusato una serie di malori; incassato il rifiuto da parte della guardia medica, agli insegnanti non sarebbe rimasto che «chiamare il 118: gli studenti sono stati prelevati in ambulanza e condotti al vicino ospedale di Abano» -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alla dinamica dell'episodio e se in particolare, trovi conferma il fatto che la guardia medica di Montegrotto abbia risposto agli insegnanti del liceo Zanelli che «si curano solo i veneti»;
quali iniziative di competenza ritengano di dover adottare in relazione a quanto sopra esposto.
(4-11422)

CASTAGNETTI e MARCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
quattordici ragazzi di una classe della quarta dell'istituto tecnico agrario di Reggio Emilia in gita scolastica a Montegrotto Terme in provincia di Padova, nei giorni 23 e 24 marzo 2011, vittime di una intossicazione alimentare, essendosi sentiti male ed essendosi rivolti alla guardia medica locale, si sono sentiti rispondere di non potere essere assistiti poiché non cittadini veneti, in ossequio ad una precisa disposizione di legge regionale e dovendo per questo rivolgersi direttamente al pronto soccorso dell'ospedale di Abano Terme;
il giorno seguente un genitore di uno dei ragazzi si è nuovamente rivolto allo stesso ufficio della, guardia medica per verificare se l'incidente fosse attribuibile al comportamento negligente e riprovevole di un medico o se invece esistesse veramente una tale inqualificabile disposizione regionale, sentendosi rispondere da un altro medico che in effetti il servizio medesimo non era tenuto a visitare «turisti o persone non venete a causa di una norma regionale», e, di fronte all'insistenza del genitore che eccepiva che in ogni caso il medico «fosse tenuto a curare una persona che stava male», si è nuovamente sentito rispondere che la disposizione regionale era quella e non poteva essere messa in discussione;
secondo l'assessore regionale, Luca Poletto, in effetti si sarebbe trattato di un «fraintendimento», poiché non esiste alcuna legge regionale in tal senso;
all'interrogante appare fondato il sospetto che l'indagine interna, avviata dal direttore generale dell'ULSS 16 di Padova tenda a chiudere in tempi affrettati l'episodio, senza acquisire le testimonianze degli insegnanti, dei ragazzi e dei loro genitori -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, anche al fine di accertare se, pur in assenza di una specifica legge regionale al riguardo, esistano circolari o altre disposizioni interne, scritte o verbali, che inducano gli operatori del Servizio sanitario, in generale, e veneto, in particolare, a comportamenti così irresponsabili oltreché di dubbia legittimità, oppure se si sia trattato

di una mera responsabilità individuale dei medici di guardia interpellati, frutto di quello che agli interroganti appare «uno zelo culturale e politico» tributario verso un atteggiamento discriminatorio più generale nei confronti di cittadini italiani di altre regioni.
(4-11423)

TESTO AGGIORNATO AL 30 MARZO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

SARDELLI e RUVOLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il comma 4-quater dell'articolo 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, prevede che negli esercizi pubblici, a garanzia dei consumatori, sia vietato l'utilizzo di contenitori di olio di oliva non etichettati conformemente alla normativa vigente;
sull'applicazione di tale norma vi sono state, in passato, interpretazioni e circolari addirittura contrapposte tra i Ministeri competenti delle politiche agricole, forestali e alimentari e dello sviluppo economico. Il risultato di tali interpretazioni contrapposte è stato che attualmente tutti si sentono abilitati a interpretare la norma come meglio credono, rendendo di fatto la stessa totalmente inutile;
la norma fu introdotta sia per maggiore garanzia dei consumatori, sia per valorizzare un uso cosciente e diffuso di un prodotto, l'olio di oliva, di cui il nostro Paese può essere giustamente orgoglioso;
in questa materia, com'è noto, è cresciuta enormemente tra gli esercenti la coscienza che un utilizzo di prodotti di qualità arricchisce la propria azienda e porta i clienti a una maggiore affezione al luogo, per cui tale disciplina ormai è diventata estremamente comune. Ciò non toglie che, in una situazione di estrema confusione determinata dallo stesso legislatore, vi possano essere comportamenti non corretti a tutto danno dei consumatori;
non va dimenticato, inoltre, che gli italiani sono tra i principali consumatori mondiali di olio di oliva, con circa 13-14 chili per persona all'anno, e che l'Italia, con circa 600.000 tonnellate in media, è il secondo produttore europeo di olio di oliva e dispone di 37 oli di oliva extravergini riconosciuti dall'Unione europea e di circa 250 milioni di piante di ulivo coltivate praticamente su tutto il territorio nazionale, anche se le regioni con maggiore produzione sono la Puglia e la Sicilia;
fare chiarezza su tale norma rappresenterebbe, di conseguenza, un vantaggio sia per i consumatori, essendo noti i benefici per la salute dell'olio di oliva extravergine, sia per i produttori, che si vedrebbero riconoscere un lavoro di qualità;
infine, ma non per ultimo, va ricordato che con l'applicazione di tale norma si darebbe un contributo importante alla conservazione del patrimonio ambientale rappresentato dagli ulivi nel nostro Paese -:
se non si ritenga necessario promuovere l'adozione di una circolare coordinata tra i due ministeri competenti al fine di dirimere la questione e affinché, oltre all'etichettatura conforme alla normativa vigente, nei pubblici esercizi siano utilizzate bustine o contenitori mignon monouso dotati di un sistema di chiusura che impedisca eventuali frodi nel commercio dell'olio d'oliva.
(3-01552)

DELLA VEDOVA e RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 23 marzo 2011 il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato la valutazione delle dimensioni del sistema integrato delle comunicazioni (sic) relativa all'anno 2009;

come si evince dal documento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel 2009 il valore complessivo del sistema integrato delle comunicazioni (sic) si è attestato sui 23 miliardi di euro; con il 40,4 per cento (pari a circa 9,3 miliardi di euro), l'area radiotelevisiva rappresenta l'ambito con la maggiore incidenza sul totale delle risorse economiche, seguita dalla stampa quotidiana e periodica con il 28,5 per cento;
tra i soggetti operanti nei settori ricompresi nel sistema integrato delle comunicazioni (sic), le imprese che fanno riferimento al gruppo Fininvest (Mediaset e Arnoldo Mondadori editore) hanno raggiunto nel 2009 complessivamente il 13,34 per cento dei ricavi complessivi, seguite da Rai con l'11,80 e dal gruppo News corporation (costituito da Sky Italia e Fox) con l'11,58;
sulla base della valutazione dell'autorità indipendente, nessun operatore supera la soglia del 20 per cento dei ricavi complessivi, limite fissato dal comma 9 dell'articolo 43 del testo unico sulla radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177) per individuare eventuali posizioni dominanti nel settore delle comunicazioni, e neppure quella del 40 per cento dei singoli mercati rilevanti, come individuati dalla stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla base di quanto previsto dall'articolo 18 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259);
con delibera n. 367/10/Cons del 15 luglio 2010 (il cui procedimento è stato prorogato con la successiva delibera 473/10/Cons del 16 settembre 2010), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una consultazione per l'individuazione dei mercati rilevanti nell'ambito del sistema integrato delle comunicazioni (sic); il procedimento si è concluso il 28 ottobre 2010 con l'individuazione di cinque mercati (cui è pertanto riconosciuta rilevanza ai fini della tutela del pluralismo) - televisione in chiaro, televisione a pagamento, radiofonia, editoria quotidiana, editoria periodica - e la contestuale esclusione di mercati quali la pubblicità e l'informazione via internet, nonostante i volumi dimensionali degli stessi, l'evidente influenza esercitata dal settore della pubblicità per la sopravvivenza dei mezzi d'informazione e la conservazione di un elevato grado di pluralismo dell'informazione, nonché le sollecitazioni per una loro inclusione da parte di importanti soggetti coinvolti nella consultazione (tra i quali, la Federazione italiana editori giornali);
ci sono nel settore della pubblicità imprese che, laddove la loro quota di mercato fosse valutata secondo i criteri che regolano il sistema integrato delle comunicazioni (sic), sarebbero oltre o molto vicine alla soglia della «posizione dominante»: il gruppo Wpp detiene, come desunto da uno studio effettuato dall'istituto di ricerca indipendente Recma, con riferimento all'anno 2009, una quota sul mercato dei centri media pari al 38 per cento; nell'ambito delle concessionarie il gruppo Fininvest - con Publitalia e Mondadori - ha raccolto nello stesso anno il 40,28 per cento della pubblicità;
la situazione sopra descritta rende il mercato pubblicitario particolarmente esposto al rischio di pratiche potenzialmente lesive della concorrenza e del pluralismo, come d'altronde indicano le denunce giacenti presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato; alcune fonti di stampa, peraltro, hanno recentemente ipotizzato che lo sfruttamento della sua posizione dominante avrebbe consentito negli ultimi esercizi al gruppo Fininvest, nonostante il calo degli ascolti patito dalle reti televisive del gruppo, un aumento della raccolta pubblicitaria (in termini assoluti e percentuali);
da tempo è sentita l'opportunità di una ricognizione effettiva della situazione concorrenziale sul mercato pubblicitario, come testimonia l'indagine conoscitiva avviata dalla stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel luglio 2010 con la delibera n. 402/10/Cons, ed un ammodernamento

del quadro normativo esistente in materia, sulla falsariga delle buone esperienze legislative adottate in altri Paesi europei (la «legge Sapin» in Francia), anche al fine di evitare che un assetto oligopolistico del mercato pubblicitario possa determinare un aumento dei prezzi per gli inserzionisti e i consumatori;
a parere degli interroganti, la decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di escludere il mercato pubblicitario dai cosiddetti «mercati rilevanti», inclusi nel sistema integrato delle comunicazioni (sic), suscita particolari perplessità sotto molteplici profili -:
cosa il Governo intenda fare, nell'ambito delle sue competenze, per favorire la concorrenzialità e la trasparenza nel mercato pubblicitario, al fine di contrastare pratiche opache e creare chiare condizioni paritetiche e concorrenziali di accesso al mercato pubblicitario, sia per gli operatori che per gli inserzionisti.
(3-01553)

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Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Bressa e altri n. 7-00506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mattesini.

La risoluzione in Commissione Santagata n. 7-00528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vincenzo Antonio Fontana.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Cosenza n. 2-00956 del 3 febbraio 2011;
interpellanza urgente Sardelli n. 2-00986 del 2 marzo 2011.