XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 23 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 23 GIUGNO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la situazione determinatasi nell'isola di Lampedusa a causa dell'afflusso di migliaia di immigrati dal nord Africa, ed in particolare dalla Tunisia, comporta gravissimi disagi per gli abitanti dell'isola;
l'evolversi della situazione politico-militare della Libia potrebbe determinare un'ulteriore ondata di profughi da tale Stato e acuire la già critica situazione che grava sulla popolazione lampedusana;
l'economia di Lampedusa si basa quasi esclusivamente sul turismo e sulle attività ad esso connesse (pesca, commercio) e perciò è certa un'ennesima sua battuta d'arresto; infatti, gli albergatori hanno già ricevuto parecchie disdette delle prenotazioni. Inoltre, alcuni vettori hanno deciso di annullare i voli per le festività pasquali (ad esempio, il vettore Astreus con il tour operator Holding Turismo ha annullato i voli del 23 aprile 2011 da Bergamo. Si calcola una perdita netta per l'economia isolana per oltre 4 milioni di euro nella sola settimana pasquale e in proiezione danni ingentissimi per la prossima stagione estiva,


impegna il Governo


ad assumere iniziative per introdurre, sia per i privati che per le aziende che operano nell'isola, un'esenzione del pagamento delle imposte e delle tasse che perduri fino alla risoluzione dell'emergenza immigrazione, al fine di arginare i danni sin qui subiti e di sostenere concretamente le condizioni di vita dei nostri concittadini delle isole Pelagie.
(1-00605)
«Fallica, Vessa, Iapicca, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Terranova, Pugliese, Cicu, Moles, Sbai, Iannarilli, Berardi, De Angelis, Maggioni, Forcolin, Fugatti».

Risoluzioni in Commissione:

La VII Commissione,
premesso che:
l'acquisizione dei diritti previsti dalla legge n. 68 del 1999 è subordinata a un iter di riconoscimento molto lungo e complesso, ma il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca consente di dichiarare l'appartenenza alla categoria dei riservisti solo in concomitanza all'aggiornamento delle graduatorie. Ne deriva che un docente, all'atto della riapertura delle graduatorie, potrebbe trovarsi ancora in fase di riconoscimento di tale di diritto e che debba poi attendere il successivo decreto di aggiornamento per poter dichiarare lo status nel frattempo acquisito e certificato;
non si comprende, dunque, perché il Ministero conceda solo trenta giorni ogni biennio per poter dichiarare alcune situazioni invalidanti o di svantaggio sociale che - invece e purtroppo - non hanno scadenza, mentre in altri ambiti lavorativi è sempre possibile aggiornare eventuali diritti acquisiti;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante «misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione», all'articolo 6, comma 3-bis, recita: «L'accertamento dell'invalidità civile ovvero dell'handicap, riguardante soggetti con patologie oncologiche, è effettuato dalle commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, ovvero all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, entro quindici giorni dalla domanda dell'interessato. Gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione medica periferica di cui all'articolo 1, comma 7, della

legge 15 ottobre 1990, n. 295, di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti»;
il decreto ministeriale n. 42 del 2009 per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, non prevede, fino a successivo provvedimento normativo, la possibilità di aggiornamento delle proprie posizioni e pertanto l'inserimento di una sopravvenuta riserva per disabilità, neanche per «soggetti con patologie oncologiche», come pur previsto dalla legge. Tale grave omissione elude, ad avviso dei firmatari del presente atto, la disposizione di legge citata che parla di «efficacia immediata» dei benefici derivanti dall'accertamento di una patologia oncologica;
si tratta, secondo i firmatari del presente atto, di una grave inottemperanza di quanto previsto all'articolo 6, comma 3-bis, della legge 9 marzo 2006, n. 80, che deve essere sanata con urgenza, poiché è proprio nella immediata spendibilità di tutti i benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica che si attua lo spirito della legge,


impegna il Governo


a modificare, alla luce di quanto esposto in premessa, il decreto ministeriale n. 42 del 2009, consentendo ai soggetti di cui alla legge n. 68 del 1999 e a quelli con patologie oncologiche di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto-legge n. 4 del 2006 di chiedere il riconoscimento della riserva e l'inserimento di tale titolo nelle graduatorie provinciali di cui all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006, ogniqualvolta essi ottengano lo status di invalidi.
(7-00522)
«Siragusa, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Pes, Rossa, Mazzarella, Bachelet, Nicolais».

La VII Commissione,
premesso che:
con nota protocollo n. 1741 del 22 febbraio 2011, la direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha comunicato che le finali nazionali dei giochi sportivi studenteschi I e II grado, anno scolastico 2010/11, della disciplina corsa campestre si svolgeranno il giorno 20 marzo 2011 presso la località Nove (Vicenza). Come di consueto, la nota comunica che alla manifestazione parteciperanno tutte le rappresentative scolastiche che ne hanno acquisito titolo, previa certificazione da parte delle C.O.R. dell'avvenuto svolgimento delle fasi regionali, o dalle stesse individuate attraverso criteri autonomamente applicati;
per la prima volta, da quando tale iniziativa è in essere, le studentesse e gli studenti diversamente abili sono stati esclusi dalla manifestazione sportiva. Lo si apprende non dal testo della citata nota, bensì dall'assenza tra gli allegati dei moduli (modello COR e modello iscrizione) abitualmente previsti per gli studenti disabili;
tale decisione è in netto contrasto con le norme di legge sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, che da sempre costituisce un punto di forza del sistema educativo italiano. Tale scelta impedisce la piena esigibilità del diritto allo studio e alla crescita individuale e sociale di questi ragazzi e deprime lo stesso valore dei giochi sportivi studenteschi, che sono un importante evento educativo, in quanto non solo momento agonistico bensì veicolo di valori e di crescita della persona umana;
negli ultimi due anni il Ministero ha delegato l'organizzazione delle fasi finali dei giochi alle rispettive federazioni CONI. Per l'organizzazione della partecipazione degli studenti disabili il Ministero pare, a quel che consta ai firmatari del presente atto, intenzionato a chiedere che il Comitato italiano paralimpico (CIP) si occupi della loro realizzazione. Tale volontà viene automaticamente disattesa per

l'evidente impossibilità economica del Comitato italiano paralimpico di svolgere tale funzione, impedita dal fatto che la struttura non ha i mezzi economici sufficienti poiché sull'orlo del collasso in quanto per la sua attività nel triennio 2011/2013 non è stato previsto alcun finanziamento,


impegna il Governo:


a intervenire per ovviare ad una situazione discriminatoria che contrasta con la piena inclusione di questi alunni prevista dagli obiettivi prioritari della scuola dell'autonomia, anche attraverso progetti di diversità motoria e sportiva;
ad assumere iniziative volte a garantire il finanziamento del Comitato italiano paralimpico, affinché esso possa svolgere con continuità la sua funzione e possa programmare le sue attività.
(7-00525)
«Ghizzoni, Lolli, Frassinetti, Granata, Goisis, Giulietti, Capitanio Santolini, Barbaro, Zazzera, Di Centa, Pes, Rossa, De Biasi, Coscia, Siragusa, De Torre, Bachelet, De Pasquale, Nicolais».

La VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, modificato dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito dalla legge n. 163 del 2010, prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa a far data dal prossimo 1o maggio 2011, previa adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà definire le tratte ed i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS da pedaggiare;
prima di ipotizzare ogni ipotesi d'introduzione del pedaggio nelle singole tratte stradali, è necessario procedere alla messa in sicurezza e all'ammodernamento di ogni singola tratta i cui requisiti e le cui condizioni strutturali non siano rispondenti ai livelli minimi di sicurezza e fruibilità, nonché alla verifica della sussistenza di un adeguata, moderna e funzionale rete di viabilità ordinaria alternativa e sostitutiva;
l'introduzione del pedaggio, oltre a essere del tutto ingiustificata dal punto di vista «normativo» e «strutturale», produrrebbe ricadute negative e assai gravi per la popolazione residente, per i pendolari e per le economie locali, soprattutto laddove non esiste una rete stradale alternativa funzionale ed idonea ad assicurare collegamenti in tempi rapidi e giusti; di conseguenza, il pedaggio rappresenterebbe un ulteriore e pesante tassa per famiglie e per le tantissime persone che ogni giorno per ragioni di studio e di lavoro utilizzano le tratte interessate dal pedaggio;
le tratte autostradali ed i raccordi autostradali che saranno soggetti alla maggiorazione tariffaria e per le quali non è stata effettuata alcuna specifica verifica della sussistenza o meno dei criteri «strutturali» e «normativi» suddetti sono state già individuate nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010; tali tratte sono: A90 grande raccordo anulare; A91 Roma-aeroporto Fiumicino; A3 Salerno-Reggio Calabria; A18 diramazione di Catania e RA 15 tangenziale ovest di Catania; A19 Palermo-Catania; RA 2 raccordo autostradale Salerno-Avellino; RA 3 Siena-Firenze; RA 6 Bettolle-Perugia; RA 8 Ferrara-Porto Garibaldi; RA 9 di Benevento; RA 10 Torino-Aeroporto di Caselle; RA 11 Ascoli-Porto D'Ascoli; RA 12 Chieti-Pescara; RA 13 raccordo autostradale A/4 - Trieste - 14 diramazione per Femetti; raccordo Sicignano-Potenza;
questa individuazione, ad avviso dei firmatari del presente atto, è assolutamente ingiustificata, sbagliata e priva di ogni fondamento;
è necessario che nelle competenti sedi parlamentari abbia, in tempi-rapidi e ravvicinati, un confronto chiaro con il

Governo sui criteri che ispireranno l'adozione del decreto del Presidente della Repubblica - che dovrà definire le tratte ed i raccordi autostradali - e sui relativi contenuti di merito;
è particolarmente grave che il Governo abbia deciso di affidare il finanziamento dell'ANAS agli introiti dei nuovi pedaggi, laddove dovere primario dello Stato dovrebbe essere quello di finanziare le attività dell'ANAS, soprattutto quelle di manutenzione, con le spese stabili, ordinarie e permanenti nel bilancio statale, anno dopo anno,

impegna il governo:

a stabilire, caso per caso, le tratte viarie da sottoporre a pedaggiamento e i cui requisiti strutturali siano coerenti con gli standard europei e con il codice della strada;
a prevedere l'esclusione decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di prossima adozione (e dalla conseguente introduzione del pedaggio) delle tratte autostradali e dei raccordi autostradali per i quali non esiste adeguata e funzionale rete stradale alternativa, nonché delle tratte e dei raccordi per i quali non sono stati completati i lavori di ammodernamento e messa in sicurezza, ovvero per i quali risultano insufficienti le condizioni di utilizzo e di sicurezza escludendo ogni pedaggio sui tratti qualificabili come strade extraurbane;
a prevedere, comunque, l'esclusione di ogni forma di pedaggio per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio ed a stanziare le risorse provenienti dal pedaggio (ivi comprese quelle già incassate nel periodo transitorio) per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei tratti dei quali si ritiene necessario l'adeguamento e l'ammodernamento;
a subordinare l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ad un preventivo confronto nelle competenti sedi parlamentari in considerazione dei contenuti di un provvedimento di portata cosi rilevante per l'intero sistema infrastrutturale, dei trasporti e della mobilità del nostro Paese;
a prevedere forme e modalità di finanziamento per le attività dell'ANAS di gestione e manutenzione della rete stradale ed autostradale nazionale in gestione diretta, tenuto conto che dovere primario dello Stato è finanziare l'ANAS con risorse stabili, permanenti e ordinarie nel bilancio statale, anno per anno.
(7-00526)
«Iannuzzi, Mariani, Bratti, Margiotta».

La IX Commissione,
premesso che:
le imprese di autotrasporto siciliane scontano inefficienze logistiche e carenze infrastrutturali che compromettono la fluidità e la regolarità della catena del trasporto e della consegna delle merci, soprattutto con riguardo ai prodotti della filiera agroalimentare;
tali inefficienze e carenze si verificano principalmente nel ciclo operativo e commerciale dalla produzione al consumo, e in occasione degli imbarchi allo Stretto di Messina;
il protrarsi dei tempi di attesa al traghettamento dei veicoli adibiti al trasporto dei prodotti agroalimentari, connesso all'esigenza di rispettare i tempi di consegna di tali prodotti, comporta ripercussioni negative sul rispetto delle norme imposte dalla disciplina comunitaria sui tempi di guida e di riposo, contenute nel regolamento 2006/561/CE, ed espressamente richiamate dall'articolo 174 del codice della strada;
tale situazione sta creando notevoli disagi agli operatori del settore dell'autotrasporto della regione siciliana, a causa dei tempi di attesa necessari per l'attraversamento dello Stretto di Messina, con sensibili conseguenze sull'economia regionale;

sarebbe auspicabile che regione ed enti locali valutino la possibilità di istituire corsie preferenziali per i veicoli che trasportano prodotti agroalimentari deperibili, con particolare riguardo a quelli ortofrutticoli,


impegna il Governo:


a promuovere presso le autorità comunitarie una proposta di deroga alla disciplina in materia di tempi di guida e di riposo, secondo la procedura stabilita dall'articolo 14 del Regolamento 2006/561/CE, al fine di sterilizzare, relativamente al trasporto dei prodotti agroalimentari, i tempi di attesa agli imbarchi per l'attraversamento dello Stretto di Messina, fino all'ultimazione dei lavori di adeguamento dell'approdo di Tremestieri;
ad assumere iniziative affinché per quanto di competenza soluzioni atte a migliorare i tempi di imbarco ai traghetti, anche attraverso la creazione di corsie preferenziali dedicate ai veicoli che trasportano prodotti agroalimentari deperibili, con particolare riguardo a quelli ortofrutticoli;
a promuovere intese con la regione siciliana, nell'ambito dell'attuazione del nuovo Piano, Nazionale della logistica, volte ad ottimizzare il sistema logistico della filiera agroalimentare siciliana, con particolare riguardo ai percorsi e agli orari, anche attraverso il finanziamento e la realizzazione di specifici progetti-pilota dedicati alla catena della raccolta, del trasporto e della consegna dei prodotti ortofrutticoli, che comprenda l'implementazione di applicazioni telematiche per la gestione dei rapporti fra I diversi soggetti che partecipano al processo logistico.
(7-00527)
«Garofalo, Valducci, Gibiino».

La XI Commissione,
premesso che:
la legge 13 agosto 1980, n. 466: «Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche» all'articolo 12, prevede quanto segue: «Il coniuge superstite ed i figli dei soggetti appartenenti alle categorie di cui agli articoli 3, 4, 5 e 11 della presente legge hanno ciascuno diritto di assunzione presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e le aziende private secondo le disposizioni della legge 2 aprile 1968 n. 482 e della legge 1o giugno 1977, n. 285, e successive modificazioni, con precedenza su ogni altra categoria indicata nelle predette leggi»;
la legge 20 ottobre 1990, n. 302: «Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata» al comma 1, dell'articolo 14, prevede quanto segue: «Il coniuge superstite, i figli ed i genitori dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi in misura non inferiore all'80 per cento della capacità lavorativa, in conseguenza delle azioni od operazioni di cui all'articolo 1 hanno ciascuno il diritto di assunzione presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e le aziende private secondo le disposizioni della legge 2 aprile 1968, n. 482 e della legge 1o giugno 1977, n. 285 e successive modificazioni, con precedenza su ogni altra categoria indicata nelle predette leggi»;
la legge 23 novembre 1998, n. 407 «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata» prevede - all'articolo 1, comma 2, a seguito di molteplici modificazioni - il diritto al collocamento obbligatorio agevolato per: «I soggetti di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, come modificato dal comma 1 del presente articolo (ossia gli invalidi di ogni ordine e grado), nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli (ossia per i coniugi ed i figli di

soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa servizio, di guerra o di lavoro nonché per i soggetti invalidi vittime del terrorismo e della criminalità organizzata è consentita l'iscrizione negli elenchi del collocamento riservato ai disabili esclusivamente in via sostitutiva dell'avente diritto a titolo principale, qualora lo stesso sia stato cancellato dagli elenchi del collocamento obbligatorio senza essere mai stato avviato ad attività lavorativa. Tale previsione è precisata all'articolo 1 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 233: Regolamento di esecuzione per l'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili). Per i soggetti di cui al presente comma, compresi coloro che svolgono già un'attività lavorativa, le assunzioni per chiamata diretta sono previste per i profili professionali del personale contrattualizzato del comparto Ministeri fino all'ottavo livello retributivo (ossia le attuali posizioni economiche da B3 a C2). Ferme restando le percentuali di assunzioni previste dalle vigenti disposizioni, per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo le assunzioni, da effettuarsi previo espletamento della prova di idoneità di cui all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, come sostituito dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1997, n. 246, non potranno superare l'aliquota del 10 per cento del numero di vacanza nell'organico (periodo in sostituzione di uno precedente ed introdotto dal comma 1, articolo 2 legge del 17 agosto 1999, n. 288). Alle assunzioni di cui al presente comma, non si applica la quota di riserva di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68 (periodo aggiunto dall'articolo 5, comma 7 del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 102 convertito nella legge 3 agosto 2010, n. 126);
il quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, si interpreta nel senso che il superamento della quota di riserva di cui all'articolo 18 comma 2 della legge 12 marzo 1999, n. 68, ivi richiamata, deve in ogni caso avvenire, per le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa di legge per l'anno di riferimento e che resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 3 agosto 1999, n. 68, e successive modificazioni, in materia di assunzione obbligatoria e quote di riserva in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili (interpretazione autentica introdotta dal progetto di legge n. 2545 Schirru approvato in via definitiva in Senato il 23 febbraio 2011);
la legge 23 dicembre 2000, n. 388 al comma 1 dell'articolo 82 ha esteso a decorrere dal 1o gennaio 1990 alle vittime del dovere l'applicazione dei benefici previsti dalla legge n. 302 del 1990 e dalla legge n. 407 del 1998 fra cui anche il diritto al collocamento obbligatorio;
al comma 5 dell'articolo 82, la stessa legge, ha previsto l'applicazione dei benefici delle leggi n. 392 del 1990 e n. 407 del 1998, in favore delle vittime del terrorismo a decorrere dal 1o gennaio 1967, estendendo i medesimi benefici, incluso il diritto al collocamento obbligatorio anche alle vittime della criminalità organizzata;
il decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243 al comma 1, lettera b), punto 2, dell'articolo 4 ha riconosciuto alle vittime del dovere i benefici in materia di assunzioni dirette a decorrere dal 1o gennaio 1967;
la legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» all'articolo 3, «Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva», in particolare al comma 1, prevede per i datori di lavoro pubblici e privati l'obbligo di avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle diverse categorie di disabili di cui all'articolo 1, con modalità diverse a seconda dell'organico, a partire dalla misura del 7 per cento dei lavoratori occupati;

al comma 2, dell'articolo 18, la stessa legge, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti dei deceduti per causa di lavoro, guerra o di servizio nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio o di lavoro, attribuisce una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati, a partire da un punto percentuale, commisurata all'organico;
il decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000 n. 233: «Regolamento di esecuzione per l'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili» al comma 2, dell'articolo 1, espressamente stabilisce: «In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro per tali categorie (i disabili di cui all'articolo 1 della legge n. 68 del 1999) possono essere iscritti negli elenchi di cui al comma 1;
i soggetti di cui all'articolo 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999, nonché quelli di cui alla legge 23 novembre 1998, n. 407, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, come modificata dalla legge 17 agosto 1999, n. 288, questi ultimi anche se non in possesso dello stato di disoccupazione. Per i coniugi ed i figli di soggetti di cui alla citata legge n. 407 del 1998 e successive modificazioni ed integrazioni, l'iscrizione nei predetti elenchi è consentita esclusivamente in via sostitutiva dell'avente diritto a titolo principale. Tuttavia, il diritto all'iscrizione negli elenchi per le predette categorie sussiste qualora il dante causa sia stato cancellato dagli elenchi del collocamento obbligatorio senza essere mai stato avviato ad attività lavorativa, per cause al medesimo non imputabile»;
la circolare n. 6 del 2009 della Presidenza della Consiglio dei ministri (dipartimento della funzione pubblica U.P.P.A.) al punto 4, deroga dal divieto di assumere, riguardante organismi pubblici statali, strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato nonché i Ministeri vigilanti, le categorie protette, nei limiti del completamento della quota d'obbligo, da ritenersi le due quote di riserva di cui agli articoli 3 e 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008) al comma 123 dell'articolo 3 estende, seppur con limitazioni, ai superstiti delle vittime del lavoro le disposizioni agevolative sul collocamento obbligatorio già riconosciute alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, prevedendo espressamente: «Le disposizioni relative al diritto al collocamento obbligatorio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono estese agli orfani o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro»;
la circolare n. 2 del 2010 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'oggetto: «Assunzioni obbligatorie al punto 7: Ulteriori limitazioni per l'esclusione dei soggetti di cui all'articolo 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999» espressamente prevede: «Si ritiene opportuno far presente che i soggetti di cui all'articolo 3, comma 123 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 - orfani o in alternativa coniuge superstite di coloro che deceduti per "fatto di lavoro" - vanno a soddisfare, così come tutti i soggetti normodotati enunciati dall'articolo 18 della legge n. 68 del 1999, dalla legge n. 407 del 1998 nonché dalla legge n. 466 del 1980 e successive loro modificazioni, la quota d'obbligo prescritta dal comma 2 dell'articolo 18 della citata legge n. 68 del 1999 e quindi, sono computabili esclusivamente in tale quota di riserva»;
l'interpretazione autentica del comma 2, dell'articolo 1, della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le

assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili (atto Camera 2545 Schirru, Fedriga) approvato definitivamente al Senato il 23 febbraio 2011, il cui relativo testo unificato prevede all'articolo 1: «Il quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 16, si interpreta nel senso che resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili»;
in data 19 ottobre 2010 il Governo, rispondendo all'interrogazione a risposta scritta n. 5-03384 (prima firmataria onorevole Amalia Schirru) ammette che «da una prima lettura combinata delle disposizioni parrebbe discendere che il diritto al collocamento obbligatorio, a favore delle vittime previsto del terrorismo e della criminalità organizzata, nonché dei loro familiari, sia preminente rispetto ad analoghi diritti previsti a favore di altre categorie di soggetti»;
inoltre - nello stesso atto - ritiene opportuno avviare un apposito tavolo tecnico «che avrà il compito di trovare soluzioni idonee a garantire l'uniforme applicazione e operatività della disciplina in materia di collocamento obbligatorio, nonché ogni possibile iniziativa che conduca alla soluzione della vicenda con l'obiettivo di scongiurare inopportune contrapposizioni tra persone che, seppur a diverso titolo, vivono quotidianamente una condizione di fragilità»;
secondo quanto espressamente previsto dal comma 2, dell'articolo 1, della legge 23 novembre 1998 n. 407, tali soggetti godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli;
per un vuoto legislativo che si è venuto a determinare, è stata loro preclusa anche l'unica modalità di concreto esercizio di tale diritto, disciplinato dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, per l'impossibilità di essere ricompresi nei due fondi di riserva ivi previsti;
la quota dell'1 per cento di cui all'articolo 18, comma 2, da cui sono stati esclusi a seguito del periodo aggiunto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 102 convertito dalla legge 3 agosto 2010 n. 126, che ha integrato il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 407 del 1998;
l'altra quota di riserva del 7 per cento prevista dall'articolo 3, con esclusione dei soggetti tutelati a seguito dell'approvazione definitiva al Senato il 23 febbraio 2011 del progetto di legge n. 2545 riguardante l'interpretazione autentica del quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, per la quale resta comunque fermo ed esclusivo beneficio dei lavoratori disabili, l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 delle legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva»,


impegna il Governo


ad assumere iniziative interpretative amministrative al fine di dare concreta attuazione al diritto al collocamento obbligatorio per le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, del dovere e loro familiari, nonché per i superstiti delle vittime del lavoro, così come stabilito a loro espressa tutela dalla normativa vigente con obbligo di assunzione a carico dei datori di lavoro privati e pubblici, in deroga all'attuale blocco delle assunzioni.
(7-00528)
«Santagata, Cazzola, Rossa, Villecco Calipari, Lenzi, Damiano, Vincenzo Antonio Fontana».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore agroalimentare è stato pesantemente interessato dalla crisi economica

e necessita di politiche strutturali e di un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore, che consenta all'Italia di stare al passo con gli altri Paesi dell'Unione europea, che hanno già predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere l'agricoltura;
il Governo, in occasione della conversione del cosiddetto «decreto milleproroghe» ha ritenuto di non dover prendere in considerazione gli appelli del mondo agricolo, finalizzati all'adozione delle opportune misure di sostegno del settore: sono stati esclusi gli interventi sul gasolio utilizzato nelle serre ad accisa agevolata; per la prima volta sono stati disattesi gli impegni presi a livello europeo in relazione all'effettiva erogazione delle risorse al settore bieticolo-saccarifero, sono state drasticamente ridotte le risorse per il finanziamento delle associazioni provinciali degli allevatori (APA) - servono 60 milioni di euro - impegnate, in particolar modo, nella tenuta dei libri genealogici;
risulta paradossale e incomprensibile che tutte le misure di effettiva necessità del settore primario siano state ritenute inammissibili, mentre, ancora una volta, si è ritenuto di salvaguardare gli interessi di quanti, non in regola con i pagamenti delle multe per la violazione della disciplina comunitaria sulle quote latte, espongono l'intero settore zootecnico e il Paese al discredito ed alle pesanti sanzioni monetarie previste dall'Unione europea;
il mancato rifinanziamento del sistema delle associazioni provinciali degli allevatori (APA) le mette nell'impossibilità di adempiere compiutamente il proprio ruolo. Le associazioni provinciali degli allevatori svolgono, infatti, un'essenziale funzione nelle attività di controllo sulla sicurezza alimentare, per il benessere animale, per il miglioramento genetico e, quindi, per la competitività del settore zootecnico;
tutte le organizzazioni sindacali di categoria hanno con forza evidenziato come il mancato intervento del Governo mette in serio pericolo quasi 4000 posti di lavoro e aumenta il rischio per i consumatori, in quanto senza i controlli sul miglioramento genetico è impensabile immaginare un percorso di qualità per le produzioni del settore;
il coordinatore degli assessori regionali all'agricoltura ha annunciato, in una conferenza stampa, che proporrà alla Commissione politiche agricole di sospendere l'espressione dei pareri delle regioni sui provvedimenti agricoli, fino a che non saranno reperite le risorse per il sistema allevatoriale; gli assessori regionali all'agricoltura hanno, inoltre, deciso unanimemente di chiedere al presidente della Conferenza delle regioni di non partecipare più ai lavori della Conferenza Stato-regioni fino a che non sarà convocato un tavolo per affrontare il problema dei finanziamenti al sistema allevatoriale,


impegna il Governo


ad assumere iniziative per reperire le risorse, valutate in almeno 60 milioni di euro, per il finanziamento delle associazioni provinciali degli allevatori (APA) e in subordine, a promuovere un confronto in sede di Conferenza Stato-regioni per valutare la possibilità di addivenire ad una soluzione condivisa.
(7-00523)
«Marco Carra, Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Fiorio, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino».

La XIII Commissione,
premesso che:
la riforma dell'organizzazione comune del mercato dello zucchero (OCM zucchero) adottata dall'Unione europea nel 2006 ha disposto, contestualmente alla programmazione del taglio delle quote di produzione di zucchero, l'erogazione per un periodo pari ad un quinquennio di aiuti comunitari e nazionali (articolo 36

del regolamento (CE) n. 318/2006) a favore degli operatori bieticolo-saccariferi attivi negli Stati ove fosse stata ceduta una quota produttiva superiore al 50 per cento;
il settore bieticolo-saccarifero nazionale ha contribuito attivamente al perseguimento degli obiettivi di tale riforma, mediante la cessione di oltre il 66 per cento delle quote di produzione, con ciò creando le condizioni normative regolamentari per l'erogazione dei citati aiuti;
l'accordo interprofessionale dell'8 febbraio 2006 aveva disposto espressamente i criteri per la ripartizione degli aiuti nazionali previsti dal nuovo regime;
solo gli aiuti comunitari, a valere sulle risorse rese disponibili dai bilanci dell'Unione europea, sono stati regolarmente erogati da AGEA per l'intero quinquennio 2006/2010 come indicato dai regolamenti comunitari;
gli aiuti nazionali, invece, sono stati finora erogati agli operatori solo con riferimento a tre delle cinque campagne programmate e, in particolare, con riferimento alle campagne produttive del 2006, del 2007 e del 2008;
al fine dell'erogazione degli aiuti nazionali, il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha istituito con l'articolo 2, comma 4, il fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione del settore bieticolo-saccarifero;
lo stesso decreto-legge n. 2 del 2006 ha attribuito a tale fondo una dotazione finanziaria pari a 65,8 milioni di euro;
successivi rifinanziamenti per il prosieguo dell'erogazione degli aiuti nei successivi anni del quinquennio indicato dai regolamenti comunitari sono stati disposti dall'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall'articolo 2, comma 122, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
pertanto gli aiuti nazionali per le campagne produttive realizzate nel 2009 e nel 2010 (quarto e quinto anno del programmato quinquennio) non sono stati ancora erogati agli operatori, nonostante la ripetuta conferma di tale impegno del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, conferma ribadita anche ad opera del Comitato interministeriale istituito ai sensi della citata legge 11 marzo 2006, n. 81, e nonostante le ripetute sollecitazioni formalmente operate dalle Commissioni parlamentari competenti;
ai fini dell'effettiva erogazione di tali aiuti nazionali per le due campagne produttive del 2009 e del 2010, per una misura pari a circa 86 milioni di euro, su richiesta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il CIPE - stanziando una quota parte pari a 64 milioni di euro - ha adottato la delibera del 16 novembre 2010, di cui è in corso la procedura amministrativa per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e l'immediata successiva attuazione;
al fine della completa e definitiva erogazione dell'intero ammontare degli aiuti nazionali in questione, il 7 maggio 2010, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali aveva trasmesso all'AGEA una propria direttiva con la quale aveva disposto la riprogrammazione di risorse non utilizzate per un ammontare di circa 21 milioni di euro, disponendo quindi la pronta erogazione delle somme in passato già stanziate a favore del medesimo settore bieticolo-saccarifero nazionale e ancora presenti nel bilancio dell'AGEA;
il preminente interesse al mantenimento dell'attuale quota di produzione di zucchero nel nostro Paese, per garantire la continuità strategica del settore economico in questione così da garantire almeno una quota di auto approvvigionamento, oltre che di gestione logistica dello zucchero all'interno del territorio nazionale, rende ulteriormente indispensabile dar seguito agli impegni assunti dal Governo;
l'AGEA ha già formalmente evidenziato la presenza nel proprio bilancio di

somme precedentemente stanziate per azioni di interesse del settore bieticolo saccarifero per una cifra complessiva pari a 21.624.066,30 euro, di cui euro 14.640.747,12 a suo tempo destinati espressamente al finanziamento degli aiuti nazionali (dalle leggi 27 dicembre 2002, n. 289; 24 dicembre 2003, n. 350; 23 dicembre 2005, n. 266) e euro 6.983.319,18 destinati (dalle citate leggi 27 dicembre 2006, n. 296, e 24 dicembre 2007, n. 244) specificatamente al rifinanziamento del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera costituito presso l'AGEA dalla citata legge 11 marzo 2006, n. 81;
per l'evidente identità dei soggetti destinatari e le espresse indicazioni ministeriali e governative già formalmente manifestate, l'utilizzo di tali somme ai fini dell'erogazione degli aiuti nazionali in questione non richiede l'adozione di un apposito provvedimento di legge;
tali somme risultano pertanto a pieno titolo di spettanza del settore bieticolo saccarifero e devono essere erogate agli operatori aventi diritto - nella misura indicata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e coerentemente con quanto disposto dagli accordi interprofessionali - per le campagne produttive del 2009 e del 2010 quali quarto e quinto anno del quinquennio programmato dai regolamenti comunitari,


impegna il Governo:


ad operare quanto prima la completa e definitiva erogazione degli aiuti nazionali per le campagne produttive del 2009 e del 2010 a favore degli operatori del settore bieticolo-saccarifero aventi diritto, procedendo ad un rapido completamento della procedura amministrativa di attuazione della delibera CIPE del 16 novembre 2010;
a provvedere immediatamente all'utilizzo a tal fine di tutte le risorse richiamate e già evidenziate in seno al bilancio dell'AGEA, in quanto tale utilizzo è coerente con le finalità della legge a sostegno del settore bieticolo-saccarifero ed agli orientamenti più volte espressi dal Parlamento.
(7-00524)
«Paolo Russo, Beccalossi, Brugger, Delfino, Di Giuseppe, Muro, Ruvolo, Zucchi, Agostini, Bellotti, Biava, Brandolini, Marco Carra, Catanoso Genoese, Cenni, Cuomo, D'Ippolito Vitale, Dal Moro, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, Faenzi, Fiorio, Gottardo, Marrocu, Nastri, Nola, Oliverio, Mario Pepe (PD), Romele, Rosso, Rota, Sani, Servodio, Trappolino».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
il processo cosiddetto «La Fiorita» riguarda la presunta esistenza di un accordo illecito volto ad assicurare alla società cooperativa di pulizie «La Fiorita», operante nell'ambito della sanità pubblica pugliese, concessioni di servizi di pulizia, sanificazione ed ausiliariato da parte di enti pubblici e di Asl pugliesi e l'affidamento di un appalto da 198 milioni di euro ad una società dell'editore Giampaolo Angelucci per la gestione di 11 residenze sanitarie assistite;
i fatti contestati si riferiscono agli anni 1999-2005, quando il Ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto era presidente della regione Puglia. Lo stesso Fitto, insieme a circa 60 persone, è stato imputato nella maxi inchiesta;

il quotidiano La Repubblica del 25 gennaio 2011 rende noto che l'associazione a delinquere «La Fiorita» «contava su una fitta rete di rapporti con esponenti politici, ufficiali della guardia di finanza, docenti presso la scuola di Polizia tributaria, ufficiali del Sisde e ispettori del ministero della Giustizia»;
vi sarebbe inoltre stata una fuga di notizie «in favore della Fiorita: un troncone, relativo a vere e proprie talpe che, dall'interno dello stesso Palazzo di giustizia e grazie all'appoggio di intermediari, riusciva a fare arrivare ai componenti l'associazione indicazioni utili sullo status delle inchieste» (La Repubblica, 25 gennaio 2011) -:
di quali elementi disponga in ordine a quanto riportato dal quotidiano La Repubblica del 25 gennaio 2011 e se, nell'ambito delle sue competenze, intenda svolgere approfondimenti sul coinvolgimento di ufficiali dell'ex Sisde nei gravi fatti descritti in premessa.
(2-01015)
«Zazzera, Barbato, Palagiano».

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 ha istituito un Fondo per la prevenzione del rischio sismico;
la Commissione, nominata con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010, n. 3843 per definire gli obiettivi e i criteri per l'individuazione degli interventi di prevenzione del rischio sismico, ha concluso i lavori individuando quali interventi finanziabili con le risorse del Fondo di cui al punto precedente: a) gli studi di microzonazione sismica; b) gli interventi di riduzione del rischio su opere pubbliche strategiche e rilevanti; c) gli interventi di riduzione del rischio su edifici privati;
per disciplinare la ripartizione e l'utilizzo delle risorse disponibili per l'annualità 2010 e così dare attuazione alle iniziative di riduzione del rischio sismico, è stata disposta l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3907, che è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 1o dicembre 2010, (n. 281 del 1o dicembre 2010 - supplemento ordinario n. 262);
per l'anno 2010 sono stati stanziati 42 milioni di euro - da ripartire tra le regioni a cura del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri - per la copertura degli oneri connessi alla realizzazione delle seguenti tipologie di intervento individuate nell'articolo 2 dell'ordinanza in oggetto:
a) indagini di microzonazione sismica (per il quale è necessario il cofinanziamento al 50 per cento di regioni e comuni);
b) interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico (con eventuale demolizione e ricostruzione) su edifici pubblici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali;
c) interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico (con eventuale demolizione e ricostruzione) su edifici privati;
d) altri interventi urgenti e indifferibili;
secondo l'articolo comma 1 dell'ordinanza, il dipartimento della protezione civile ripartisce i contributi fra le Regioni sulla base dell'indice medio di rischio sismico elaborato secondo i criteri riportati nell'allegato 2;
le risorse disponibili sono destinate esclusivamente ai comuni, nei quali l'accelerazione massima al suolo è superiore a un valore stabilito (0,125G) i quali, ai sensi dell'articolo 3 dell'ordinanza, devono far pervenire alla Regione, entro 60 giorni

dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di quest'ultima, le manifestazioni di interesse per l'accesso alle risorse disponibili;
sulla base delle proposte di cui al punto precedente, le regioni predispongono un programma per la realizzazione degli interventi di riduzione del rischio sismico individuati nell'articolo 2, da realizzare con le risorse del Fondo;
l'articolo 5 comma 3 dell'ordinanza prevede che le regioni, sentiti gli enti locali interessati, individuino i territori per i quali è prioritaria l'esecuzione di studi di microzonazione;
per quanto concerne gli interventi strutturali di rafforzamento locale o di miglioramento sismico su edifici pubblici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali - di cui all'articolo 2 comma 1 lettera b) - nell'ordinanza si fa riferimento a quelle strutture la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, e agli edifici e alle opere che possano assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un collasso;
l'articolo 4 dell'ordinanza stabilisce che va riconosciuta una priorità nell'accesso ai contributi per gli interventi su strutture o infrastrutture pubbliche e sugli edifici privati a quelli che interessano:
a) gli edifici prospicienti le vie di fuga previste dal piano di emergenza per il rischio sismico;
b) le strutture che fanno parte dell'infrastruttura a servizio della via di fuga o che interferiscano con essa;
il dipartimento della protezione civile non ha ancora comunicato la ripartizione degli importi stanziati ai sensi dell'articolo 16 della predetta ordinanza, ripartizione che sarà effettuata sulla base dei criteri riportati nell'allegato 2 dell'ordinanza in oggetto;
le regioni, ad oggi, possono procedere alla predisposizione del programma degli interventi, di cui al comma 3 articolo 3 dell'ordinanza, sulla base di una stima presunta delle risorse a loro disposizione -:
quando il Dipartimento procederà alla ripartizione tra le Regioni delle risorse del Fondo per la prevenzione del rischio sismico, di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito, con modificazioni, della legge n. 77 del 2009;
se sia conoscenza delle iniziative assunte dalle regioni, successivamente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'ordinanza in questione, e in particolare di quelle poste in essere per dare adeguata informazione sui contenuti e gli adempimenti connessi all'ordinanza, e per supportare, ove necessario, i comuni, di cui all'allegato n. 7, nella presentazione delle proposte di priorità con l'indicazione degli edifici presenti all'interno dei propri ambiti, per i quali chiedere l'accesso alle risorse messe a disposizione dal Fondo;
se, e in che modo, intenda verificare l'appropriatezza e l'efficacia dei programmi regionali previsti dall'ordinanza, con particolare attenzione alla presenza di interventi sugli edifici pubblici di interesse strategico, sulle opere infrastrutturali, e sugli edifici prospicienti vie di fuga o punti di raccolta e/o luoghi sicuri previsti dai piani di emergenza per il rischio sismico, costituenti quelle strutture urbane minime che, in situazioni di emergenza, devono resistere, assicurare una funzionalità - anche ridotta - dell'organismo urbano, e rendere possibile lo svolgimento delle funzioni pubbliche essenziali.
(5-04408)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO e ANIELLO FORMISANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'alluvione dei giorni 8, 9 e 10 novembre del 2010, dovuta all'esondazione del fiume Tanagro nel Vallo di Diano, in

provincia di Salerno, ha prodotto notevoli danni all'agricoltura, al territorio rurale e alle abitazioni civili. Alcune famiglie, che abitano nelle campagne ricadenti nel comprensorio, in prossimità delle rotture degli argini del fiume che attraversa longitudinalmente tutta la vallata, sono state soccorse dal locale comando dei carabinieri e dai vigili del fuoco con professionalità e abnegazione;
da allora, poco o nulla è stato fatto per rimuovere le cause dei continui allagamenti in pianura. In particolare, poco o nulla è stato fatto per riparare gli argini del fiume Tanagro, ormai scomparsi in più punti, tanto che, alle nuove piogge le acque fuoriescono liberamente dal fiume e invadono le abitazioni situate in campagna. La situazione è stata, peraltro, bene esposta sulla stampa locale, con interviste alla gente del luogo e agli amministratori locali. A circa quattro mesi dall'evento, questo continuo stato di emergenza sta seriamente danneggiando le famiglie che vivono del lavoro dei campi. L'angoscia in cui vivono gli agricoltori a ogni pioggia è palpabile: questi cittadini non solo sono preoccupati per l'attività principale che dà loro sostentamento, ma temono per la loro stessa incolumità. A fronte di questa situazione drammatica, quello che colpisce è l'inerzia delle istituzioni a prevenire questi eventi e a far fronte all'emergenza, cosa che certamente non è sfuggita ai cittadini del Vallo di Diano;
contrariamente alla vocazione agricola del territorio, inoltre, insediamenti produttivi crescono nella piana anche in siti di elevato pregio paesistico. Due esempi di zone industriali sorte, a circa cinque chilometri una dall'altra, in «siti di particolare pregio ambientale», così come definiti dalla «Carta di destinazione d'uso del territorio», adottata nel 2003 dalla comunità montana del Vallo di Diano: il «boschetto paleo-palustre» in località Cappuccini in Sassano e «l'areale della cicogna». Il primo sito è incastonato tra due affluenti del Tanagro e costituisce l'ultima testimonianza della natura paludosa della vallata antecedente alla bonifica. In esso si conservavano, prima dell'intervento infrastrutturale finanziato con fondi pubblici, le specie arboree e faunistiche autoctone; il secondo sito ospita il nido della cicogna bianca, che dal 1996 nidifica presso un incantevole tratto del Tanagro, adibito adesso ad area PIP;
gli enti pubblici, dal loro canto, da un lato affermano l'elevata valenza agricola e ambientale che la pianura riveste, dall'altro prontamente utilizzano i finanziamenti pubblici per infrastrutturare luoghi che andrebbero invece valorizzati per il loro intrinseco pregio paesistico. E ciò, nonostante la legge regionale n. 17 del 1998 della regione Campania che recita: «I Comuni orientano i loro piani regolatori alle indicazioni della carta di destinazione d'uso del territorio elaborata dalla Comunità Montana;
il fiume Tanagro, risorsa idrica e ambientale d'inestimabile valore, costituisce una tappa obbligata per le specie avicole migratorie. Per questa ragione, alcune associazioni ambientaliste (VAS Campania, CODACONS Sala Consilina, ATAPS-FIPSAS, WWF Campania, Associazione Risorse di Santa Marina, LIPU) chiesero, in data 15 dicembre 2005, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e alla regione Campania l'istituzione urgente di una zona di protezione speciale a norma della direttiva Uccelli del 2 aprile 1979. La regione Campania, per mezzo dell'assessorato alle politiche ambientali, propose, in data 15 dicembre 2005, sulla base della richiesta, in una riunione con i rappresentanti degli enti locali, una prima perimetrazione, che interessava i comuni di Sala Consilina, San Rufo, Sassano e Teggiano. Da allora, gli enti locali, nonostante fossero stati sollecitati dalla sede CODACONS locale in data 22 settembre 2006, non hanno mai presentato la perimetrazione dell'area per l'istituzione di una ZPS, mentre hanno lasciato libero il passo all'aggressione del cemento, nonostante gli obblighi previsti dalla legge regionale n. 17 del 1998;
gli interventi, compatibili con l'ambiente, per il rafforzamento delle sponde

del fiume Tanagro sono stati insufficienti a prevenire le continue tracimazioni di questi giorni: ad ogni pioggia le acque del fiume sono fuoriuscite dagli argini invadendo i terreni agricoli ed i pianterreni delle abitazioni nelle località Sant'Agata e San Giovanni facendo registrare preoccupanti allagamenti, e i residenti delle zone Sant'Agata e San Giovanni che non vogliono continuare a vivere con il timore di essere sorpresi dalle acque del fiume Tanagro, denunciano che questa è la nona tracimazione dal 10 novembre -:
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere e quali provvedimenti si intendano adottare per tutelare i legittimi diritti dei coltivatori diretti del Vallo di Diano;
se siano a conoscenza di iniziative dirette a istituire una ZPS lungo le sponde del fiume Tanagro;
se non si ritenga opportuno e urgente assumere le iniziative di competenza dirette a preservare l'integrità territoriale della vallata.
(4-11325)

DAL MORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 16 marzo 2011, in seguito alle forti piogge abbattutesi in Veneto e in concomitanza con il prevedibile scioglimento della neve, il fiume Tramigna ha nuovamente esondato nel comune di Soave nella provincia di Verona, e preoccupa per ulteriori esondazioni nei comuni di Monteforte d'Alpone, Roncà e San Bonifacio;
malgrado siano caduti solo circa 120 millimetri d'acqua, la zona è nuovamente in allerta inondazione, a distanza di soli cinque mesi dall'alluvione che ha colpito la stessa zona nell'autunno del 2010, a causa della particolare condizione di debolezza idraulica e idrogeologica del territorio;
in particolare, il comune di Soave è sommerso da quasi un metro e mezzo d'acqua, con diverse famiglie già evacuate dalle loro case e le campagne circostanti allagate;
da notizie dei media locali si apprende inoltre che il centro funzionale della protezione civile del Veneto, dove vengono raccolte le previsioni meteo dell'Arpav e quelle idrogeologiche e idrauliche della direzione difesa del suolo, ha emesso più avvisi di criticità idrogeologica e idraulica e ha dichiarato lo stato di allarme per diverse zone del territorio regionale;
nonostante gli eventi meteorologici in atto siano ampiamente prevedibili in considerazione della stagione in corso, non è stato predisposto alcun piano per la prevenzione del rischio di nuove esondazioni;
a distanza di cinque mesi nessun intervento definitivo è stato eseguito negli argini del fiume;
oltre ai disagi e ai danni per i cittadini, gravi pregiudizi si profilano per le attività agricole, commerciali e artigianali, che si trovano in ginocchio per la seconda volta in cinque mesi -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per accertare, anche per il tramite dell'autorità di bacino, le cause della mancata realizzazione degli adeguati interventi di prevenzione del rischio alluvionale, ed evitare il ripetersi di tali accadimenti;
quali urgenti iniziative, e in quali tempi, il Governo intenda porre in essere, per quanto di competenza, per far fronte alla grave situazione verificatasi e sostenere concretamente la popolazione nuovamente colpita.
(4-11334)

VERINI, NICOLAIS, VASSALLO, ZAMPA, SANTAGATA, BENAMATI, LENZI, ROSSA e MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in un recente articolo dal titolo «Caso Ustica, non toccate i generali» -

pubblicato dal settimanale L'Espresso - si legge che i familiari delle vittime della tragedia di Ustica sono avvertiti: rischierà una sonora querela chiunque sosterrà che il DC-9 dell'Itavia fu abbattuto sui cieli di Ustica il 27 giugno del 1980 durante un combattimento aereo tra velivoli militari o da un missile, tirando in ballo i depistaggi dell'Aeronautica militare italiana; per il Governo, che mette in campo i risultati di tutti i processi e di tutte le commissioni di esperti che hanno lavorato attorno alla tragedia, c'è, dunque, una sola verità: a far esplodere l'aereo fu una bomba. E 31 anni dopo ha incaricato il Ministro per i rapporti con il Parlamento di vigilare sul rispetto di questa versione, anche tramite l'Avvocatura dello Stato, onde tutelare l'onore dell'Aeronautica e dei suoi generali se qualche scettico dovesse tornare a ipotizzare loro responsabilità;
il 18 maggio 2010, in occasione delle celebrazioni del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affermato di «comprendere il tenace invocare, da parte dei parenti delle vittime della strage di Ustica, di ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali per giungere ad una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980»; «Intrecci eversivi, nel caso di Ustica anche forse intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all'accertamento della verità, nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti familiari per effetto delle stragi degli anni Ottanta»;
nella sentenza - ordinanza del giudice Rosario Priore del 1999, mai smentita nel corso del successivo iter giudiziario della vicenda, è scritto che «l'incidente al DC-9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC-9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha mai dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto»;
la successiva assoluzione dei generali dell'Aeronautica dall'accusa di alto tradimento in relazione ai depistaggi delle indagini sulla strage non ha messo in discussione le conclusioni contenute nella sentenza;
dando seguito a quella sentenza il Governo italiano ha ordinato diverse rogatorie internazionali nei confronti della Libia, della Francia, della Germania, del Belgio e degli Stati Uniti;
la procura di Roma ha, in seguito, aperto una nuova indagine, successivamente alle dichiarazioni del Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga del 2007, che confermavano la sentenza ordinanza del giudice Rosario Priore;
ad avviso degli interroganti la versione che potrebbe, secondo quanto riportato da L'Espresso, essere oggetto di querela è in realtà autorevolmente sostenuta e supportata dalle sentenze della magistratura e non appare, pertanto, affatto chiaro il motivo per il quale il Governo avrebbe deciso di assumere una posizione così ostile nei confronti dei familiari delle vittime e del loro legittimo diritto alla ricerca della verità, qualunque essa sia -:
se quanto pubblicato dal settimanale L'Espresso corrisponda a verità e, in caso di risposta affermativa, quali siano le motivazioni che avrebbero spinto il Governo ad assumere in merito la posizione esposta in premessa;
quali ulteriori iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto, in tutte le sedi necessarie, per giungere finalmente alla verità riguardo alla tragedia di Ustica, che rappresenta ancora, dopo tutti questi anni, una ferita aperta per i familiari delle vittime, per l'opinione pubblica, per il nostro Paese.
(4-11342)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si legge in un articolo pubblicato dal settimanale L'Espresso del 18 marzo 2011 dal titolo «Intrigo nucleare», di Stefania Maurizi, documenti di Wikileaks rivelano sospetti da parte degli USA per tangenti legate al progetto di realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia;
si legge in particolare che «Negli oltre quattro mila cablo dell'ambasciata americana di Roma la parola corruzione compare pochissime volte e in termini generici. Quando invece si parla delle nuove centrali da costruire, allora i documenti trasmessi a Washington diventano espliciti, tratteggiando uno scenario in cui sono le mazzette a decidere il destino energetico del Paese»;
in particolare, nel 2008, quando Berlusconi assicura agli Usa che il suo Esecutivo «rilancia sul serio il settore. Se andranno davvero avanti, ci saranno contratti per decine di miliardi» afferma anche che: «Vediamo già un'azione di lobbying ad alto livello da parte dei leader del governo inglese, francese e russo». I colloqui con il consigliere diplomatico del Ministro Claudio Scajola, Daniele Mancini, «suggeriscono che i francesi e i russi stanno già manovrando e facendo lobbying per i contratti»;
viene quindi avanzata la seguente previsione: «La corruzione è pervasiva in Italia e temiamo che potrebbe essere uno dei fattori che dovremo affrontare andando avanti»;
l'avversario è Parigi, che può sfruttare gli intrecci economici tra Enel ed Edf per stendere la sua trama. «Temiamo che i francesi abbiano una corsia preferenziale a causa della loro azione di lobbying ai più alti livelli e a causa del fatto che le compagnie che probabilmente costruiranno gli impianti in Italia hanno tutte un qualche tipo di French connection. Continueremo i nostri energici sforzi per garantire che le aziende americane abbiano una giusta chance»;
dopo che, nel febbraio 2009, Sarkozy sigla con il nostro Governo l'accordo che assegna ad Areva la costruzione di quattro reattori modello Epr in Italia, la diplomazia statunitense vuole impedire che il successo di Parigi si trasformi in scacco matto. E intensifica gli sforzi per occupare gli spazi rimasti, ossia la fornitura di almeno altre due centrali, tant'è che in maggio si reca in Italia il Ministro dell'energia americano, Steven Chu;
l'ambasciata lo mette in guardia: «L'intensa pressione dei francesi, che forse comprende tangenti (corruption payment) a funzionari del Governo italiano, ha aperto la strada all'accordo di febbraio tra le aziende parastatali italiana e francese, Enel e Edf, in modo da formare un consorzio al 50 per cento per costruire centrali in Italia e altrove. L'intesa prevede la costruzione di quattro reattori dell'Areva entro il 2020 e, cosa ancora più preoccupante, può imporre quella francese come tecnologia standard per il ritorno dell'Italia al nucleare». Gli americani ipotizzano che dietro la scelta degli standard a cui affideremo il nostro futuro e la sicurezza del Paese ci possano essere state bustarelle. E chiedono al Ministro per l'energia: «Dovrebbe far presente che abbiamo preoccupanti indicazioni del fatto che alle aziende americane sarà ingiustamente negata l'opportunità di partecipare a questo programma multimiliardario»;
nell'articolo si legge ancora che dal 2009 le attenzioni degli americani si concentrano su Claudio Scajola, «un collaboratore di lunga data di Berlusconi, che guida un superministero». Affidano a Chu il compito di «conquistarlo», sin dal summit romano del maggio 2009. Ma il momento chiave è il viaggio negli States del settembre successivo: «Vediamo questa visita come un'opportunità decisiva per gli Stati Uniti per contrastare la preferenza

italiana nei confronti della tecnologia nucleare francese e per aprire le porte a lucrativi contratti per le aziende statunitensi»;
Scajola accetta anche «l'invito di Westinghouse a fare un tour nei suoi impianti». Lo strumento per fare leva sul Ministro è l'Ansaldo nucleare, la società di Finmeccanica «che ha stretti rapporti con Westinghouse»;
l'ambasciatore Thorne scrive: «Noi abbiamo saputo che Scajola ha un'altra ragione per appoggiare il coinvolgimento delle aziende statunitensi. L'accordo con la Francia ha tagliato fuori dai contratti le società italiane che vogliono contribuire a costruire le centrali. Una di queste, Ansaldo Nucleare, ha sede nella regione di Scajola: la Liguria. E così se Westinghouse ottiene la sua parte, Ansaldo - azienda della terra di Scajola - ne beneficia. Noi abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile nel nostro sostegno alle aziende Usa. Se Scajola ha anche un interesse locale nel cercare di fare in modo che le ditte americane ottengano commesse, questo è un vantaggio da cogliere e da massimizzare a beneficio degli Stati Uniti»;
l'interesse statunitense si è tradotto la scorsa settimana nella cessione del 45 per cento di Ansaldo Energia - che controlla Ansaldo Nucleare - al fondo First reserve corporation, con un'operazione da 1.200 milioni di euro;
a seguito del viaggio di Scajola negli Stati Uniti del 2009, vengono firmati due accordi di cooperazione con Chu ed il cablo ha toni sollevati: i francesi non sono più «l'unico protagonista (the only game in town). Il reattore AP1000 della Westinghouse è diventato un forte concorrente per le centrali nucleari che saranno costruite oltre a quelle proposte dal consorzio Enel-Edf». E una schiera di aziende americane si prepara a sfruttare la breccia nel dicastero di via Veneto: «General Eletric, Exelon, Battelle, Burns and Roe, Lightbridge ed Energy Solutions», elenca Thorne;
il database di WikiLeaks si ferma prima del maggio 2010, data delle dimissioni di Scajola per la casa con vista al Colosseo «pagata a sua insaputa». Nelle primissime dichiarazioni, il Ministro ligure grida al complotto e comincia la sua lista di sospetti con un riferimento esplicito: «Le mie dimissioni indeboliscono il governo, ma chi può avere interesse a farlo? La Francia, in prospettiva, ha tutto da perdere dal nostro programma nucleare...» -:
se risulti che l'ipotesi evidenziata, in premessa a partire dai documenti Wikileaks secondo la quale alla base del programma italiano per la costruzione di nuove centrali nucleari potrebbero esservi delle tangenti sia stata verificata con il giusto rigore e comunque di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito a quanto riferito in premessa.
(4-11344)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il provvedimento legislativo di «Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista», fatto a Bengasi il 30 agosto 2008, riporta nella relazione introduttiva i seguenti argomenti: «Onorevoli Deputati! - Il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia è stato firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 dall'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e dal leader della Rivoluzione, Muammar El Gheddafi, a coronamento degli sforzi compiuti negli ultimi anni per trovare una soluzione soddisfacente ai contenziosi storici e per definire un nuovo e bilanciato partenariato.
L'Italia è stata, negli anni dell'isolamento internazionale della Libia, il principale partner di riferimento per Tripoli.

Nonostante ciò, mentre la Libia andava normalizzando i propri rapporti con i Paesi occidentali, continuavano a pesare sul rapporto bilaterale italo-libico tutte le problematiche e i contenziosi retaggio del passato coloniale. Il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione persegue, pertanto, l'obiettivo strategico, per un verso, della chiusura definitiva del «capitolo del passato», con la soluzione dei contenziosi bilaterali, e, per l'altro verso, della costruzione di una nuova fase delle relazioni italo-libiche, basata sul rispetto reciproco, sulla pari dignità e su un rapporto paritario e bilanciato.
Tale duplice finalità è affermata esplicitamente nel Preambolo del Trattato, nel quale si fa anche riferimento al rammarico già espresso dall'Italia per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana, alle iniziative già realizzate dal nostro Paese in attuazione delle precedenti intese, nonché al contributo dato dall'Italia al superamento dell'embargo nei confronti della Libia.
Sempre nel Preambolo, le due Parti esprimono l'intenzione di fare del Trattato il quadro giuridico di riferimento per lo sviluppo di un rapporto bilaterale «speciale e privilegiato», caratterizzato da un forte e ampio partenariato politico, economico e in tutti gli altri settori di collaborazione.
Su un piano più generale, dopo aver rimarcato i legami di amicizia tra i due popoli e il comune patrimonio storico e culturale, le due Parti riaffermano il loro impegno a operare per il rafforzamento della pace, della sicurezza e della stabilità, in particolare nella regione del Mediterraneo. A questo riguardo è fatto anche riferimento, sempre nel Preambolo, alla partecipazione dell'Italia e della Libia rispettivamente all'Unione europea e all'Unione africana, nei cui ambiti le Parti si riconoscono impegnate nella costruzione di forme di cooperazione e di integrazione in grado di favorire l'affermazione della pace, la crescita economica e sociale e la tutela dell'ambiente.
Oltre al Preambolo, il Trattato si compone di 23 articoli, suddivisi in tre capi: il primo (articoli 1-7) relativo ai princìpi generali; il secondo (articoli 8-13) concernente la chiusura del capitolo del passato e dei contenziosi; il terzo (articoli 14-23) relativo al nuovo partenariato bilaterale»;
il Trattato in questione non prevede in alcuna sua parte dei meccanismi di denuncia del trattato, né fa riferimento a delle forme specifiche per ottenere lo scopo, pur rimanendo vigente la generale disciplina di diritto internazionale in argomento;
di fatto, il Trattato è a tutti gli effetti in una fase di sospensione, ovvero di mancata operatività effettiva;
le dichiarazioni provenienti da membri dell'esecutivo raffigurano una situazione fattuale ben diversa da quella esistente all'atto della sottoscrizione del trattato;
il 17 marzo, il Governo ha pubblicato tali dichiarazioni alla fine del Consiglio dei Ministri: «Si è svolto a Palazzo Chigi un Consiglio dei Ministri straordinario, presieduto dal Presidente Berlusconi, dedicato all'evolversi della situazione in Libia alla luce della Risoluzione Onu n. 1973 del 17 marzo 2011.
Il Governo ha ritenuto indispensabile autorizzare, come gli altri Paesi disponibili, ogni opportuna iniziativa per garantire sostegno umanitario alle popolazioni civili della Libia, assicurando un ruolo attivo dell'Italia per la protezione dei civili e delle aree sotto pericolo di attacco, ivi compresa la concessione in uso di basi militari esistenti sul territorio nazionale.
La determinazione del Governo, partecipata al Presidente della Repubblica ed adottata con il consenso del Consiglio, è stata immediatamente comunicata alle Camere, dove nel pomeriggio di oggi si sono riunite le Commissioni Esteri e Difesa di Senato e Camera in seduta congiunta.
Al termine del Consiglio dei Ministri, i Ministri Frattini e La Russa si sono recati in Senato per comunicare le decisioni prese in Consiglio dei Ministri. È stata approvata, in conclusione di seduta, una risoluzione che impegna il Governo «ad

adottare ogni iniziativa necessaria per assicurare che l'Italia partecipi attivamente alla piena attuazione della risoluzione Onu»;
il Ministro Frattini, più recentemente, domenica 20 marzo, ha dichiarato: «Non è la prima volta che le autorità libiche dichiarano la loro intenzione di applicare un cessate il fuoco per mettere fine alle violenze contro la popolazione civile libica.
Noi auspichiamo, così come già fatto dal Segretario Generale dell'ONU Ban Ki moon, che questa volta alle dichiarazioni facciano seguito azioni concrete», sostiene il Ministro Frattini in riferimento al comunicato del governo libico di voler cessare le ostilità a partire dalle ore 21 di questa sera.
«Un cessate il fuoco, immediato, effettivo, e rigorosamente rispettato sarebbe il modo migliore per attuare da subito le disposizioni della risoluzione dell'ONU 1973, che è stata da noi concepita per il solo obiettivo di proteggere la popolazione civile libica dalle violente repressioni del proprio regime e non di condurre una guerra in territorio libico». Si potrebbe così prevenire l'ulteriore perdita di vite umane a cui noi tutti teniamo;
sempre lo stesso Ministro ha dichiarato, il giorno seguente a tali dichiarazioni, rilevate sul sito ufficiale del dicastero da Egli presieduto: «L'Italia chiede che le operazioni della comunità internazionale in Libia per far rispettare la risoluzione dell'ONU passino "sotto l'ombrello della NATO". Lo ha spiegato il Ministro Franco Frattini nel corso di un Consiglio dei Ministri degli Esteri UE a Bruxelles, nel terzo giorno dell'operazione "Odissey Dawn"», a cui partecipano anche i caccia italiani.
In Libia - ha affermato Frattini - non ci deve essere una «guerra» e l'Italia intende verificare «la coerenza» dell'azione della coalizione internazionale con il pieno rispetto della risoluzione 1973 dell'Onu, ossia «fare rispettare il cessate il fuoco, fare fermare le violenze e proteggere la popolazione». Ed è per questo che «crediamo sia tempo di muovere da una coalizione dei volenterosi ad un approccio più coordinato sotto la Nato, perché la Nato ha l'esperienza e la capacità per guidare un'azione meglio coordinata» e per «evitare i rischi di una moltiplicazione dei centri di comando», ha aggiunto il Ministro, sottolineando che su quest'opzione «c'è un crescente consenso».
E quando il cessate il fuoco e la no fly zone funzioneranno, il Ministro Frattini ritiene che UE, Onu, Lega araba e Unione africana debbano promuovere un dialogo nazionale di riconciliazione in Libia, che tenga conto dei gruppi tribali di cui la Libia è composta, perché la risoluzione 1973 «parla proprio di questo». L'Unione europea intanto si appresta ad indurire ulteriormente le sanzioni contro il regime libico, in accordo con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU.
A Bruxelles i Ministri degli Esteri Ue hanno trovato un accordo politico di principio sulla necessità di allungare la lista delle persone a cui saranno congelati beni ed averi e si prevedono nuovi interventi per garantire l'efficacia dell'embargo delle armi e l'interdizione dei voli commerciali libici in tutti i cieli della Ue. L'implementazione delle nuove misure dovrà però passare il vaglio dei leader della Ue, il 24 e il 25 prossimi a Bruxelles.
L'Unione europea è pronta inoltre a intraprendere azioni umanitarie anche con l'impegno di strutture militari se l'ONU lo chiederà. Sul fronte immigrazione, è stata espressa solidarietà e disponibilità a dare il necessario sostegno ai Paesi più «colpiti» dai flussi.
In Italia la crisi libica è stata affrontata in un Consiglio dei Ministri, durante il quale il Presidente Silvio Berlusconi ha informato sui particolari delle decisioni assunte nel Vertice di Parigi. Il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha svolto una relazione sull'evolversi della situazione, fornendo piena assicurazione circa il mantenimento delle operazioni nell'ambito di quanto previsto dalla Risoluzione 1973 dell'ONU. Con riferimento all'isola di Lampedusa, il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha spiegato che «l'intensità degli sbarchi sta creando disagi forti» e

che «sono allo studio misure di carattere economico e strutturale per compensare l'isola di quando sta subendo». Maroni ha anche specificato che è stata intensificata l'attività investigativa per proteggere gli obiettivi sensibili e sono stati elevati i controlli contro il rischio di infiltrazioni terroristiche sugli sbarchi.
Gli ultimi sviluppi della situazione in Libia saranno al centro di una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, in programma a New York alle 20 italiane, su richiesta della Russia, che si è detta pronta a contribuire come mediatrice della crisi;
ancora lo stesso giorno, il Ministro interrogato dichiarava: «Nel secondo giorno dell'operazione "Odissey Down" della coalizione internazionale, che ha visto la prima missione anche di caccia italiani al fianco dei jet statunitensi, britannici e francesi, a Bruxelles è in programma il Consiglio esteri dell'Ue, mentre è prevista una nuova riunione del Consiglio atlantico: resta da completare il «planning» per assicurare la «no fly-zone» sulla Libia. Per il ministro Frattini che partecipa al Consiglio Esteri Ue «è giunto il momento di passare sotto l'ombrello della Nato». In Libia - secondo quanto affermato dal ministro - non ci deve essere una «guerra» e l'Italia intende verificare «la coerenza» dell'azione della coalizione internazionale con il pieno rispetto della risoluzione 1973 dell'Onu. L'Italia - ha aggiunto Frattini - «ha accettato di fare parte della coalizione internazionale proprio per fare rispettare il cessate il fuoco, fare fermare le violenze e proteggere la popolazione».
«Vogliamo verificare molto attentamente - ha sottolineato Frattini - tutte le azioni che saranno prese per verificarne la loro coerenza con la risoluzione Onu. Ecco perché «crediamo sia tempo di muovere da una coalizione dei volenterosi ad un approccio più» coordinato sotto la Nato, perché «la Nato ha l'esperienza e la capacità per guidare un'azione meglio coordinata», ha aggiunto il capo della Farnesina.
Frattini nel commentare le critiche pervenute dal segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa alle operazioni militari della coalizione internazionale ha detto detto di «confidare» che nelle prossime ore si «ripristini un rapporto di collaborazione con la Lega Araba che per noi è assolutamente necessario». Per il ministro il disappunto di Mussa si riferisce, in particolare, «alle modalità della prima fase dell'attacco da parte francese, ma non ha rinnegato la decisione presa» della necessità di una no-fly zone sulla Libia. Sulla questione dell'emergenza immigrazione Frattini ha ribadito che l'Italia si aspetta che la comunità europea si faccia carico dell'emergenza immigrazione dalla Libia e che ogni paese condivida la propria parte di onere. «Proprio perché siamo parte di una coalizione internazionale per portare il popolo ad una riconciliazione nazionale e fare cessare le violenze, vogliamo condividere il peso onerosissimo dell'immigrazione illegale», ha detto Frattini;
la situazione di cooperazione originariamente fondante il trattato è stata oggettivamente sostituita dall'adesione del nostro Governo ad atti emanati da organismi internazionali che ci pongono, nei confronti della Libia, in una situazione che di fatto, ancorché non giuridicamente, è di molto prossima alla guerra -:
se l'Esecutivo abbia intenzione di denunciare il trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, e nell'eventualità positiva, a quali norme di diritto internazionale intenda ricorrere considerando che il testo, come già segnalato in premessa, nulla ha previsto per i casi quali quelli che attualmente stanno sconvolgendo lo Stato libico, che tante negative ripercussioni possono portare per la vita dei nostri concittadini, di quelli libici e dei tanti migranti che, causa delle scelte politiche inefficaci, ad avviso degli interroganti contrarie al diritto internazionale, ma nonostante ciò sottoscritte dal nostro Governo nel trattato in oggetto, sono oggi

causa non di minaccia meramente potenziale, bensì di realtà drammaticamente e pericolosamente attuali.
(4-11347)

DI PIETRO e DONADI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 3 Marzo 2011, sul «Corriere della Sera.it», Berlusconi aveva dichiarato di avere le prove che la ragazza soprannominata Ruby Rubacuori, che secondo i PM di Milano avrebbe avuto con lui almeno un rapporto a pagamento mentre era minorenne, all'epoca dei fatti era invece più che maggiorenne. Berlusconi ha rivelato che la ragazza è stata registrata all'anagrafe due anni dopo essere nata;
in data 10 marzo 2011, la prima pagina del giornale Il Fatto quotidiano conteneva un articolo secondo il quale il 7 febbraio 2011, due non meglio noti «emissari» italiani avrebbero offerto un'ingente somma di denaro ad un'impiegata dell'anagrafe di Fkih, in Marocco, per convincerla a falsificare i dati anagrafici della signorina Karima el Mahroug meglio nota col nome di Ruby;
la donna, ha raccontato che il 7 febbraio scorso due italiani le hanno offerto del denaro per cambiare la data di nascita di Ruby anticipandola al 1o novembre 1990, invece che il 1o novembre 1992 come invece risulta dal registro, che nella cittadina marocchina viene ancora compilato a mano;
l'addetta comunale marocchina, nel suo racconto non svela nomi, identità, nemmeno altri particolari, aggiunge solo di non essersela sentita e di aver allontanato i due individui;
un'operazione maldestra, avvenuta lo scorso 7 febbraio, impossibile da realizzare paradossalmente per il fatto che il registro non è informatizzato. «Per fare un lavoro perfetto - scrive il Fatto - bisognerebbe riscrivere tutto il volume (del 1992) omettendo la pagina che si vuole cambiare. Poi si fa lo stesso lavoro sul registro di due anni prima, ma qui invece di cancellare si aggiunge un foglio, quello della persona di cui si vuole spostare la data di nascita»;
con l'invecchiamento improvviso di due anni di Ruby si sarebbe consentita la cancellazione del reato di prostituzione minorile del quale è accusato il Presidente del Consiglio dei ministri -:
se il Governo non reputi opportuno per quanto di competenza, vista l'importanza del caso, adottare iniziative per far luce sulla veridicità delle notizie emerse dall'articolo di giornale citato in premessa, che se veritiero imporrebbe di verificare l'identità sia dei soggetti sia degli eventuali mandanti.
(4-11348)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:

BARBI e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Unione europea, nonostante la crisi economico-finanziaria, svolge un ruolo importante nell'ambito della politica di cooperazione allo sviluppo, rappresentando il maggiore donatore a livello mondiale (60 per cento degli aiuti);
le nuove basi giuridiche introdotte dal Trattato di Lisbona definiscono la politica di sviluppo come una delle dimensioni fondamentali dell'azione esterna dell'Unione e, dunque, una componente essenziale della sua politica estera. Di particolare rilevanza è l'entrata a pieno titolo, e per la prima volta nel Trattato, della lotta alla povertà quale obiettivo principale da perseguire (articolo 208 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Inoltre, l'espressa previsione di un coordinamento fra l'Unione e gli Stati membri sulle rispettive politiche in materia

di cooperazione allo sviluppo e di una concertazione sui rispettivi programmi di aiuto costituisce un momento centrale per l'efficacia delle azioni e il concreto raggiungimento dell'obiettivo (articolo 210 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Conseguentemente, gli Stati membri sono chiamati a concordare sia il rispetto di standard quantitativi e l'impegno di risorse, sia l'armonizzazione di procedure e di cornici operative ispirate a principi comuni;
il mutamento dell'architettura istituzionale europea con la revisione delle sue basi giuridiche in tema di cooperazione allo sviluppo è stato accompagnato anche dall'introduzione di nuovi e importanti strumenti, tra cui rileva la cooperazione delegata, un mezzo innovativo finalizzato alla maggiore concentrazione delle cooperazioni nazionali in quei Paesi beneficiari dove più evidente è il valore aggiunto di uno specifico donatore. La Commissione europea o gli Stati membri possono delegare ad un altro Stato membro i fondi per la gestione di iniziative di cooperazione (mediante accordi di delega);
fino ad oggi risulta che la Commissione europea ha siglato 27 accordi di delega per 111 milioni di euro (altri 38 per un valore di 186 milioni di euro sono in corso di finalizzazione) e 12 accordi di trasferimento da Stati membri per circa 80 milioni di euro (altri 8 per un valore di circa 24 milioni di euro in corso di finalizzazione);
per la gestione di iniziative di cooperazione delegata è richiesto uno specifico riconoscimento e, fino ad oggi, risultano essere accreditate dodici agenzie, un dato confermato dal Commissario europeo per lo sviluppo, Andris Piebalgs, in sede di audizione delle Commissioni riunite III-XIV di Camera e Senato del 24 gennaio 2001;
i princìpi ispiratori della cooperazione delegata sono la reciprocità e l'equilibrio tra gli Stati membri fruitori della stessa. Tali princìpi presuppongono un impegno da parte degli Stati membri a trasferire alla Commissione un importo pari almeno alla metà di quanto è già stato ad essa delegato, nonché la garanzia di un'equa ripartizione dei fondi comunitari. Tuttavia, sia il princìpio di reciprocità che quello di equilibrio rischiano di essere disattesi, in quanto sembra emergere un disequilibrio fra «delegation agreements» e «transfer agreements». Allo stato attuale, le maggiori percentuali di fondi delegati sono attribuiti a soggetti che hanno sottoposto le loro candidature per primi - in particolare l'agenzia di cooperazione tedesca, GTZ - a fronte di fondi trasferiti alla Commissione da agenzie e cooperazioni di altri Paesi, come Francia, Belgio e Svezia;
dal rapporto informativo del 31 agosto 2010 della Commissione europea sulla cooperazione delegata, nel contesto dell'attuazione del codice di condotta dell'Unione europea sulla divisione del lavoro e la complementarietà dei donatori, al momento non risulta accreditata alcuna entità italiana. Dallo stesso rapporto emerge l'avvio di procedure per il vaglio di due enti italiani, la Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST) e il Ministero per gli affari esteri, e che la conclusione di tali procedure è condizionata dal superamento del processo di audit, cosiddetto «dei 6 pilastri», iniziato alla fine dell'estate 2010. Per poter partecipare alla cooperazione delegata e concordare con la Commissione europea accordi di delega, risulta che la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo - DGCS - abbia istituito allo scopo una specifica Task force interna per il superamento dell'audit, di cui il Parlamento non conosca ancora l'esito;
il nostro Paese, in quanto terzo contribuente netto al bilancio dell'Unione europea in materia di sviluppo e quarto contribuente del Fondo europeo di sviluppo (FES), potrebbe ambire a pieno titolo al riconoscimento di Lead donor, sia per i tradizionali rapporti politico-culturali con determinati Paesi, sia per le competenze e le esperienze maturate nell'ambito di particolari aree tematiche di intervento, finalizzate alla realizzazione di

progetti finanziati o cofinanziati nell'ambito della cooperazione delegata;
le potenzialità offerte dalla cooperazione delegata sono particolarmente evidenti e rappresentano un'importante occasione, soprattutto per il nostro Paese, in quanto permetterebbero in una situazione di difficile congiuntura per il reperimento delle risorse in favore dell'APS, di poter indirizzare, coordinare interventi e specifici programmi incentrati sulla riduzione della povertà e su forme di sviluppo democratico e sostenibile, soprattutto in quei Paesi ed aree geografiche che attualmente assumono una speciale valenza strategica, connessa alle priorità della regione dei Balcani e del Mediterraneo, con ricadute positive sia per l'Italia che per l'Europa -:
quale sia lo stato della procedura di audit, cui è sottoposta la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per l'anno 2011, nonché le ulteriori iniziative fino ad ora intraprese per favorire l'accesso di entità italiane ai relativi fondi, anche al fine di conoscere se, il Ministro degli affari esteri intenda sostenere l'accreditamento di altri enti italiani, per consentire al nostro paese di esercitare il ruolo di donatore leader o di codonatore per i progetti di sviluppo europei.
(5-04424)

MENIA e DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Ministro degli affari esteri, nella notte del 20 marzo 2011, ha provveduto a comunicare agli impiegati italiani dell'ambasciata, del consolato e dell'istituto di cultura italiana a Tripoli l'urgenza di abbandonare il territorio libico;
nell'arco di poche ore i cittadini italiani convocati hanno dovuto lasciare le loro case ed il territorio libico, senza avere neanche il tempo di preparare i bagagli e portare con sé gli effetti personali, per essere trasferiti a Roma dove, al momento dell'arrivo, non sono state fornite adeguate informazioni, risorse ed eventuali generi di conforto;
tra gli impiegati evacuati vi è un numero di impiegati di cittadinanza italiana con contratto a legge locale, attualmente fermi nella città di Roma, la cui situazione è particolarmente critica. Infatti, i suindicati impiegati, che in Libia usufruiscono di uno stipendio pari a 800 euro mensili, sono costretti a risiedere a Roma, a proprie spese e senza alcun tipo di riferimento logistico, in attesa che la Farnesina definisca la loro organizzazione e consenta l'organizzazione dei loro spostamenti;
nel corso delle ultime ore l'amministrazione degli affari esteri, alla luce delle evidenti difficoltà cui è sottoposto il gruppo di impiegati a legge locale, derivanti dal fenomeno di sfollamento bellico, ha dato attuazione ad alcuni provvedimenti di emergenza, di cui il personale a contratto ha beneficiato, che tuttavia non possono essere considerati esaustivi dei bisogni di quest'ultimo, che riguardano il soggiorno di durata non quantificabile nella capitale e la loro sistemazione logistica -:
se non ritenga opportuno avviare un monitoraggio della situazione determinatasi a seguito dell'evacuazione, cui è stato costretto il personale dell'ambasciata, del consolato e dell'istituto italiano di cultura di Tripoli e che ha coinvolto anche il personale a contratto che al momento risulta in larga parte privo di punti di riferimento in Italia.
(5-04425)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

AMICI, TEMPESTINI, PORTA, COLOMBO e BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è purtroppo tristemente nota alla cronaca la disperata richiesta di aiuto proveniente da parte di profughi eritrei caduti da diversi mesi nelle mani di una

banda di trafficanti d'esseri umani che avrebbero preteso il pagamento di 8.000 dollari per la loro liberazione;
questi profughi, fuggiti dalla Libia nel tentativo di raggiungere l'Europa attraverso Israele, si troverebbero nel Sinai, al confine tra Egitto e Israele;
l'allarme era stato lanciato dall'agenzia di cooperazione Habeshia e dal sacerdote eritreo cattolico Mussi Zerai che, dal 24 novembre 2010, era in contatto telefonico con questi sventurati, ai quali i carcerieri lasciavano usare il cellulare per richiedere il pagamento del riscatto;
dalle informazioni in possesso del prete eritreo e pubblicate a mezzo stampa, alcune persone sarebbero state torturate e uccise a sangue freddo; altre sarebbero state uccise in seguito a tentativi di fuga repressi con inaudita violenza, mentre giungevano nel mese di dicembre 2010 preoccupanti notizie circa la presenza di alcune donne incinte e sulle generali condizioni di disumanità cui erano sottoposti gli ostaggi, incatenati, maltrattati, abusati, senza vitto e acqua;
il 14 dicembre 2010, in occasione dello svolgimento di un'interrogazione in III Commissione, a prima firma Tempestini, il Sottosegretario agli affari esteri Craxi, affermava che «la specifica situazione degli ostaggi eritrei "era in evoluzione, e che proseguivano" gli sforzi corali per giungere ad una soluzione positiva»;
tuttavia allo stato attuale non sembrano essere stati compiuti significativi progressi per la liberazione dei 250 profughi, mentre da più di quattro mesi non si hanno più notizie circa la sorte di 100 di questi profughi, che potrebbero essere stati trasferiti o venduti ad un altro gruppo di trafficanti;
inoltre, secondo quanto dichiarato dall'agenzia di cooperazione Habeshia, tra il 28 novembre 2010 e il 5 marzo 2011 altre 20 persone sarebbero state uccise, mentre altri profughi sarebbero stati sottoposti a interventi chirurgici per l'espianto di un rene quale forma di pagamento del riscatto -:
se il Governo disponga di informazioni dettagliate circa l'attuale condizione dei 250 profughi eritrei imprigionati in Sinai e quali ulteriori iniziative urgenti intenda adottare, sia nelle opportune sedi internazionali sia nei confronti del Governo egiziano, affinché, qualora le notizie citate trovassero conferma, queste persone vengano immediatamente liberate e siano garantite loro incolumità e sicurezza.
(5-04418)

SIRAGUSA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 4-novies del decreto-legge n. 225 del 2010, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» prevede che «Il servizio all'estero del personale docente e amministrativo della scuola è prorogato, nella stessa sede, fino al raggiungimento di un periodo di permanenza non superiore complessivamente a nove anni scolastici non rinnovabili. La durata del servizio all'estero non può quindi essere superiore ai nove anni scolastici. La proroga del servizio all'estero non si applica conseguentemente al personale che abbia già prestato un servizio all'estero per un periodo pari o superiore ai nove anni scolastici. Limitatamente agli anni scolastici 2010-2011, 2011-2012 e 2012-2013, sono sospese le procedure di mobilità estero per estero relative al predetto personale a tempo indeterminato in servizio presso le iniziative e istituzioni scolastiche italiane all'estero e presso i lettorati. Sono comunque garantite le procedure di mobilità del personale in servizio presso le Scuole europee. Sono altresì assicurati i trasferimenti d'ufficio e quelli da sedi particolarmente disagiate. Ai fini dell'applicazione del presente comma, sono utilizzate sino

al 31 agosto 2012 le graduatorie riformulate e aggiornate per la destinazione all'estero del personale scolastico a tempo indeterminato, relative al triennio scolastico 2007-2008, 2008-2009 e 2009-2010»;
tali disposizioni hanno come conseguenze immediate che: i docenti nominati nel periodo che va dal 2002/2003 al 2005/2006, che attualmente si trovano nel triennio di intervallo in servizio in Italia, hanno potuto svolgere un unico mandato di 5 anni giuridici, caso unico nella storia della docenza all'estero, che ha visto soluzioni di 21 anni (7+7+7), 14 (7+7), 12 (7+5), in precedenza anche sine die, e che vede diventare di 9 anni continuativi il mandato in atto;
i docenti che quest'anno dovevano essere restituiti ai ruoli metropolitani per fine mandato, i quali sono stati nominati dalla graduatoria formulata nel 2002, vedono il loro mandato all'estero prorogato di 4 anni; tali docenti nella graduatoria del 2002 si erano collocati molto dopo di coloro i quali (nominati nel periodo che va dal 2002/2003 al 2005/2006) hanno potuto fare un mandato di soli 5 anni;
questa proroga, ad avviso dell'interrogante, non tiene quindi conto del merito, premia chi in graduatoria era dopo e penalizza chi era prima, generando una sperequazione inaccettabile e un criterio di merito capovolto. Di fatto, i docenti, nominati nel 2006/2007 dalla medesima graduatoria, vedono premiato il fatto di occupare una posizione più arretrata in graduatoria;
va rimarcata un'altra sperequazione tuttora in essere che il Ministro degli affari esteri ad oggi non ha rimosso, generata dall'ordinanza del Ministro degli affari esteri del 13 dicembre 2006, che ha escluso dalle graduatorie molti docenti in possesso di uno o più titoli che contrattualmente hanno diritto a essere inseriti in graduatoria: infatti, la citata ordinanza nel 2006 impedì l'immissione nelle nuove graduatorie di coloro che in quel momento prestavano servizio all'estero e che dalle graduatorie erano stati depennati all'atto della nomina;
il Contratto collettivo nazionale scuola 2007 prevede che le graduatorie devono essere aggiornate ogni 3 anni; quella che all'interrogante appare l'inerzia del Ministro degli affari esteri ha fatto sì che, dopo oltre 5 anni, queste graduatorie sono ancora vigenti e sono state prorogate, con il citato comma 4-novies, fino al 31 agosto 2012, perpetuando anche una paradossale situazione che vede alcuni docenti che continuano a stare in graduatoria e ad essere nominati con i titoli del 2002 o del 2006 ed altri docenti che, pur in possesso degli stessi titoli, non sono nemmeno in graduatoria;
ingiustizia nell'ingiustizia alcuni docenti hanno superato le prove di accertamento linguistico del 2006, e ancora oggi, dopo oltre cinque anni non hanno potuto usare quel titolo;
a breve gli uffici del Ministro degli affari esteri preposti, inizieranno le procedure per individuare il personale utilmente collocato nelle graduatorie ai fini della nomina all'estero e, se ciò avvenisse prima della riformulazione e dell'aggiornamento delle graduatorie, si continuerebbero a generare disparità e sperequazioni fra i docenti;
il Governo, nella seduta del 25 febbraio 2011, ha accolto un ordine del giorno a firma dell'onorevole Narducci, che rileva la necessità che il Ministro degli affari esteri emani un regolamento attuativo dell'articolo 2, comma 4-novies, del decreto-legge «milleproroghe», che dipani la materia eliminando ogni elemento di disparità fra pari;
tutti i sindacati hanno protestato contro l'iniquità e l'inapplicabilità del suddetto comma, che non tenendo conto della complessità della materia e delle varie situazioni, genererà un'infinita serie di contenziosi legali che possono mettere a rischio la funzionalità dell'intero settore delle scuole e delle iniziative scolastiche italiane all'estero, che rappresentano un pilastro della diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo;

per sanare le sperequazioni in atto è necessario adottare delle direttive che vadano nel senso di:
a) aggiornare immediatamente le graduatorie anche non in occasione di nuove prove selettive, con inclusione di tutti i docenti che hanno superato almeno una delle selezioni linguistiche del 2002 o del 2006, che si trovano ad oggi esclusi dalla graduatoria e quindi dalla possibilità di essere nominati per completare il mandato di 9 anni e con la possibilità di mantenere il miglior punteggio ottenuto tra le due selezioni linguistiche citate, come avvenuto in occasione dell'aggiornamento delle «graduatorie 2006», aggiornando i titoli conseguiti fino al 2006, per parità di trattamento con i docenti inseriti nelle graduatorie vigenti, che sono state prorogate fino al 31 agosto 2012;
b) stabilire il diritto per chi ha svolto un solo mandato di 5 anni, di essere richiamato a svolgere un periodo di quattro anni in equiparazione al novennio di nuova indizione (5+4);
c) chiarire che la legge, avendo abrogato la precedente formula (5 anni all'estero + 3 anni in Italia + 5 anni all'estero), sancisce di fatto, l'abrogazione della norma precedente che impediva la nomina prima di avere svolto 3 anni di servizio in territorio metropolitano, tra un mandato e l'altro -:
se e quali disposizioni siano state emanate o si intendano emanare, al fine di applicare correttamente l'articolo 2, comma 4-novies del decreto-legge n. 225 del 2010, per sanare le sperequazioni, le disparità in atto e per ridurre al minimo il pregiudizio per i docenti in servizio in Italia e all'estero, e per garantire la piena funzionalità del sistema delle scuole e delle iniziative scolastiche italiane all'estero.
(5-04420)

ZAMPA e FARINONE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le note vicende che hanno scosso i paesi del Nord Africa (Libia, Tunisia, Egitto, Algeria) hanno provocato la ripresa degli sbarchi di cittadini extracomunitari sulle coste siciliane, in particolare sull'isola di Lampedusa;
nella maggior parte dei casi si tratta di giovani uomini, ma l'agenzia per le Nazioni Unite UNHCR parla anche di donne e minori, molti dei quali non accompagnati;
secondo l'organizzazione internazionale Save The Children sono già 286 i minori di nazionalità tunisina, per lo più soli, approdati nell'isola a partire dal 10 febbraio scorso, un numero 5 volte maggiore rispetto a quello dei minori tunisini arrivati nel 2010 (55);
diversi di loro, già collocati nelle comunità di accoglienza in Sicilia, nei giorni scorsi sono fuggiti. Riferiscono gli operatori di Save The Children che al momento degli sbarchi a Lampedusa non è stata fatta immediatamente l'identificazione dei migranti e che di conseguenza i minori, non identificati, erano stati collocati insieme agli adulti. Solo a seguito dell'intervento di Save The Children i minori sono stati collocati in un luogo protetto rispetto a quello a degli adulti;
molti minori hanno subito e assistito a violenze e traumi nel Paese di origine e intendono raggiungere le loro comunità o i loro gruppi famigliari;
il centro di accoglienza di Lampedusa, che ha una capacità di ottocento persone, oggi ne contiene più di duemila, e anche gli altri centri in Italia hanno raggiunto la massima capacità. Si profila una nuova emergenza umanitaria -:
quale sia la situazione dei minori stranieri non accompagnati provenienti dal nord Africa e approdati a Lampedusa;
se non ritenga urgente ristabilire al più presto il diritto dei minori migranti non accompagnati, già dal momento dello sbarco, alla tutela in un luogo di prima accoglienza riservato a loro, secondo adeguati

standard, affinché i ragazzi possano iniziare un percorso di accoglienza e integrazione e nessuno di essi rimanga senza protezione o diventi «invisibile».
(5-04423)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

CECCACCI RUBINO, GIAMMANCO, MINASSO, MANCUSO, REPETTI, ANTONIONE, CATANOSO GENOESE e MANNUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - permesso che:
con decreto legislativo del 21 marzo 2005, n. 73, è stata data attuazione alla direttiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici;
i giardini zoologici, per poter essere in funzione, devono ottenere un'apposita licenza, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri della salute e delle agricole e forestali, sentita la Conferenza unificata (articolo 3 del decreto-legge 73/2005);
nel sito http://www.iedunedeldelta.it/progetto.htm viene annunciata come imminente l'apertura del parco «Safari le dune del delta», e viene comunicato tra l'altro: «Il parco inoltre vuole porsi in collaborazione con il Corpo forestale e i Centri di Accoglienza per animali esotici, al fine di offrire ospitalità, cure e assistenza agli animali esotici provenienti dalle più svariate situazioni.
La vera punta di diamante de Le Dune del Delta saranno le tre Palazzine della Divulgazione: ("Interattività con gli Animali: la Nursery", "Le Bio Diversità Notturne" e, un omaggio alle terra di Ravenna, il progetto scientifico/divulgativo "Dal Mare alla Terra"), strutture a tema che permetteranno a tutti i visitatori un incontro guidato e più ravvicinato con aspetti altrimenti poco visibili del mondo animale»;
quanto pubblicizzato sul sito risulta, per quanto consta agli interroganti, discordante con la documentazione prodotta nel progetto presentato per l'approvazione che non prevedeva né una nursery aperta ai visitatori - oltretutto interattiva - né la presenza di uccelli notturni, né un acquario rettilario;
a pagina 15 della risposta alle osservazioni del gennaio 2006, la società Alfa 3000 precisa in relazione agli aspetti scientifici: Viene fatto osservare che «la proprietà crede tanto a tale connubio da aver previsto intere aree del parco destinate alla ricerca in Sito di Università, Enti, ed Associazioni nonché alla didattica»;
tra queste ricerche sono previste: ricerche sull'orso dal collare asiatico; cicli ovarici degli elefanti femmine; biosonar dei delfini Turdiops Truncatus; programma di pet therapy e dolphin therapy per disabili (pagina 16 del documento citato);
non c'è uno studio che riguardi emù, nandù, bovini, anatidi, mufloni, ibis e gli altri animali indicati nell'elenco allegato alla relazione di progetto; nessuna ricerca o studio, quindi, in Sito, contrariamente a quanto affermato dalla società;
poiché, invece, orsi e delfini si trovano nel safari park di Fasano, gestito dalla società Alfa 3000 o da persone che fanno parte di questa società, potrebbe determinarsi il rischio che questi studi siano eseguiti in altro sito, ovvero in struttura diversa;
i programmi di «therapy» non entrano tra i requisiti previsti per legge per un giardino zoologico. E la «dolphin therapy» non sarà attuata o studiata «in sito» per mancanza di delfini, mentre ci si interroga sulla possibilità di una «muflon therapy» o di una «emù therapy»; quindi, sin dall'inizio la struttura non presenta un piano scientifico;

in data 7 luglio 2009 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito una risposta ad interrogazione scritta 4-01165 da cui sostanzialmente si evince che: «Per completezza di informazione si precisa che la Questura di Ravenna ha reso noto che la società Alfa 3000 srl è proprietaria dello Zoosafari di Fasano (Brindisi), il quale ospita 1.500 animali esotici e di 200 specie diverse, del parco giochi Fiabilandia di Rimini e amministra, attraverso la famiglia De Rocchi, il circo Medrano.» e che: «Lo stesso Comando del Corpo forestale dello Stato riferisce che non è a conoscenza di documenti che individuino il luogo ove detenere animali sequestrati e/o confiscati»;
sempre nella risposta all'interrogazione 4-01165, si afferma che «Dagli atti risulta che la società Alfa 3000 ha presentato altresì domanda per ottenere la licenza di giardino zoologico ai sensi del decreto legislativo n. 73 del 2005 in data 25 luglio 2005 per il parco naturalistico "Le Dune del Delta", tuttavia il Ministero con nota del 2 agosto 2006 ha comunicato che la documentazione inviata dalla struttura non è risultata sufficiente a dimostrare l'esistenza dei requisiti richiesti dall'articolo 3 del citato decreto, ciò è dovuto soprattutto al fatto di essere ancora in fase di realizzazione e quindi con i lavori in corso si è impossibilitati a comprovare tutto ciò che secondo la legge dovrebbe formare oggetto di verifica.»; e, per quanto concerne l'aspetto floristico messo in evidenza dall'interrogazione, si afferma che: «, il Comando provinciale del Corpo forestale ha rilevato che in rapporto alla zona pianeggiante in cui è previsto il parco: a) il labumum anagyroides è un arbusto che vive il suo optimum nella fascia montana, si trova specialmente nei boschi di faggio e teme la siccità estiva. I semi contengono un alcalide estremamente velenoso per l'uomo e per gli animali, anche se sembra che alcuni animali selvatici se ne possano cibare senza problemi. Non è presente in pianura, se non messo a dimora artificialmente in parchi urbani e giardini, principalmente per l'abbondante fioritura che lo caratterizza nel mese di maggio, da cui il nome volgare di "maggiociondolo"»;
appare agli interroganti alquanto strano e fuori di ogni regola il fatto che a priori, ancora in fase di discussione preliminare del progetto, si dia per scontata la collaborazione con gli organi dello Stato per ricoverare animali sequestrati o abbandonati; affermazioni aprioristiche circa future convenzioni con il Corpo forestale dello Stato debbono essere smentite e stroncate sul nascere, dovendo le stesse basarsi, a posteriori, su fattori di affidabilità non valutabili a livello di progetto -:
se le modifiche al progetto originariamente approvato (nursery, acquario rettilario e uccelli notturni) siano state sottoposte a esame ed approvate nelle sedi competenti;
se sia ritenuta accettabile una autorizzazione a detenere animali sulla base di una lista generica;
se si ritenga che le affermazioni relative ai criteri di scientificità e didattica siano aderenti alla lettera e spirito della legge;
quali controlli intenda attivare il Ministro sulla movimentazione animale e sulle attività scientifico didattiche, visto il collegamento tra Safari le dune del delta, Zoosafari Fasano, Fiabilandia, Mirabilandia e circo Medrano;
quale sia lo stato dei controlli in relazione al rilascio della licenza;
se sia consentito dalla normativa vigente che un nuovo giardino zoologico pubblicizzi l'apertura prima di aver ottenuto la licenza, tenuto conto che la direttiva 22/99/CE, recepita dal decreto legislativo n. 73 del 2005, prevede espressamente - articolo 4.2 - che i nuovi giardini zoologici devono essere in possesso della licenza prima dell'apertura al pubblico;
se non si ritenga, soprattutto in presenza di grosse strutture che comportano grossi investimenti, di dover effettuare i controlli relativi all'aderenza ai dettati di cui al decreto legislativo n. 73 del 2005, prima che la struttura stessa apra, evitando

che, dopo, intervengano inevitabilmente fattori valutativi di tipo economico che nulla hanno a che fare con i criteri di norma, e quindi se non ritenga di attivare ispezioni immediate sulla struttura in questione volte a definire il reale stato della strutture;
se, a seguito dell'accertata pericolosità di piante, ad avviso degli interroganti, non adeguatamente considerata nel progetto, lo stesso sia stato modificato e in che modo.
(4-11337)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

TASSONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è stata fatta richiesta, da parte del comune di Amaroni, in provincia di Catanzaro, di un sopralluogo urgente per la statua di San Fulgenzio, ormai in stato di degrado, che si trova nella chiesa di S. Barbara;
in particolare, si richiede che la statua venga visionata da esperti e, di conseguenza, venga disposto un piano di intervento per il recupero dell'opera che risale all'anno 1000, cioè al periodo in cui venne portata in Italia dai padri basiliani;
san Fulgenzio fu vescovo nordafricano ed è celebrato come santo dalla Chiesa cattolica, nacque nel 462 e mori nel 527, fu vescovo di Ruspe in Tunisia, subì la persecuzione dei Vandali, divenne monaco dedito alla preghiera, alla lettura e alla scrittura -:
quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare, al fine di salvaguardare un'opera che rappresenta un vanto per la regione Calabria ed anche per il patrimonio culturale italiano.
(4-11311)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su corriere.it si apprende che l'antica dimora flegrea di Annibale a Pozzuoli versa in uno stato di forte degrado essendosi trasformata in una discarica con tavoli, bottiglie di plastica, ombrelli, vetro, sedie e pattume vario;
corrose dagli agenti atmosferici e sorrette da tubi innocenti in parte piegati, le tettoie indicano che su quel terreno, nel bel mezzo di palazzine tutte uguali, qualcosa di prezioso è venuto alla luce e si è pur cercato di tutelare. Era il periodo dell'emergenza bradisismo e durante gli scavi per la realizzazione delle palazzine popolari nei primi anni '80, un'interessante scoperta archeologica riportò alla luce gli antichi resti di una villa rustica romana di notevole estensione. L'area, sottratta all'edilizia popolare e sottoposta alla tutela della soprintendenza, restituì interessanti cisterne, gli interni di una villa realizzati in opus reticolarum e preziosi mosaici che si cercò di tutelare realizzando opportune coperture. Poi la cattiva gestione, l'abbandono e l'incuria che caratterizza spesso i quartieri periferici, ha fatto di quest'interessante sito archeologico una vera e propria discarica a cielo aperto, dove viene gettato di tutto -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa e quali misure si intendano adottare a tutela dell'area.
(4-11322)

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DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 2, comma 27, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria

per il 2010), è stata prevista la costituzione della società per azioni denominata «Difesa servizi spa»;
nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, serie generale n. 39 del 17 febbraio 2011, è stato pubblicato il decreto ministeriale con il quale è promulgato lo statuto della società «Difesa servizi spa»;
il sopra indicato decreto, agli articoli 2 e 3, risulta silente in merito ai nominativi dei componenti del consiglio di amministrazione della suddetta società e alla nomina del collegio sindacale;
la citata legge finanziaria per il 2010, all'articolo 2, comma 34, dispone che «con lo stesso decreto (di approvazione dello statuto della società »Difesa servizi spa«) siano nominati i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale per il primo periodo di durata in carica»;
alcune indiscrezioni di stampa, circolate all'indomani della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del citato decreto, hanno rivelato il nominativo del presidente del consiglio di amministrazione, nonché quello dei tre componenti dello stesso consiglio, tutti esponenti del mondo militare, imprenditoriale ed economico milanese;
la sopra indicata società si configurerebbe come soggetto giuridico di diritto privato avente come socio unico il Ministero della difesa, come strumento organizzativo dello stesso, avente per oggetto la gestione economica di beni, servizi e attività strettamente correlate al dicastero, nonché gestione, promozione e valorizzazione del marchio delle Forze armate, a cui si aggiunge la molteplicità di finalità sancite dall'articolo 4 del sopra indicato statuto;
si profilerebbe, dunque, un meticoloso progetto di esternalizzazione di funzioni proprie della pubblica amministrazione, attraverso il conferimento di attività tipicamente svolte da un'amministrazione dello Stato - qual è il Ministero della difesa - ad un soggetto giuridico terzo, al quale confluiscono anche attività ed operazioni estranee alla pubblica amministrazione e collocabili nella fattispecie di società a regime privatistico, con tutte le conseguenze in termini di controllo e monitoraggio pubblico, segnatamente sul fronte del controllo di contabilità;
ai sensi dell'articolo 2, comma 32, della citata legge finanziaria, l'attività negoziale diretta all'acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni da parte di «Difesa servizi spa» sarebbe svolta anche attraverso l'espletamento delle funzioni di «centrale di committenza», legittimando, dunque, l'ipotesi di affidamento di eventuali appalti e commissioni, fatta eccezioni di quelli in materia di armamenti, anche in assenza di specifici bandi di gara pubblici;
ai sensi dell'articolo 15 dello statuto della «Difesa servizi spa», la società è amministrata dal consiglio di amministrazione, la cui nomina spetterebbe al Ministero delle difesa; ne emergerebbe, dunque, un margine di discrezionalità e di autonomia procedurale, scevro da valutazioni e controlli in sede parlamentare sulla compatibilità delle cariche;
le evidenze citate e legittimate dai provvedimenti attuativi lasciano emergere la trasmigrazione di competenze, operazioni e valutazioni da un regime pubblicistico a quello privatistico, con il margine di discrezionalità che ne consegue unito ad uno svincolamento dal controllo parlamentare su alcuni versanti, in contrasto - secondo l'interrogante - con quanto sancito dal dettato costituzionale, che definisce l'amministrazione pubblica come apparato burocratico a sé stante, separato dal potere politico e caratterizzato dalla sua imparzialità, da buon andamento, dalla trasparenza e dall'efficienza -:
se sia a conoscenza di quanto indicato in premessa riguardo alle nomine del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale e se non ritenga che le sopra indicate mutazioni in termini organizzativi e normativi del comparto difesa della pubblica amministrazione possano alterare in maniera vistosa e deleteria la

fisionomia, costituzionalmente sancita, del Ministero della difesa e le sue responsabilità, competenze e risorse, tali da comprometterne l'imparzialità, il buon andamento delle attività, la trasparenza e l'efficienza.
(3-01537)
(21 marzo 2011)

Interrogazione a risposta orale:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 18 marzo 2011 le commissioni riunite Affari Esteri e Difesa del Senato hanno approvato una risoluzione che, valutata positivamente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numero 1973 del 17 marzo 2011, impegna il Governo Ad adottare ogni iniziativa necessaria per assicurare che l'Italia partecipi attivamente con gli altri Paesi disponibili, ovvero nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui il Paese è parte, alla piena attuazione della risoluzione 1973 ai fini della protezione dei civili e delle aree popolate sotto pericolo di attacco, ivi compresa la concessione in uso di basi sul territorio nazionale, nonché a tenere costantemente informato il Parlamento;
l'Italia ha ufficialmente notificato al segretario generale dell'Onu e alla Lega Araba la sua adesione alla coalizione internazionale per dare seguito alla risoluzione;
il Ministro della difesa ha quindi affermato che l'Italia ha reso disponibili per l'operazione 8 velivoli: 4 F-16 e 4 Tornado ECR, altamente specializzati nella guerra elettronica e in grado di neutralizzare radar;
il 20 marzo, fra le ore 20.00 e le 22.20, una prima missione italiana è stata condotta da 4 Tornado ECR e da 2 Tornado Tanker idonei al loro rifornimento in volo, tutti partiti dalla base di Trapani Birgi;
la sera stessa una nota dello Stato Maggiore della Difesa riferiva: «I caccia ECR hanno portato a termine la loro missione di soppressione delle difese aeree presenti sul territorio libico, che viene condotta mediante l'impiego di missili aria-superficie AGM-88 HARM»;
da parte sua, il comandante del 37o Stormo e della base, colonnello Mauro Gabetta, dichiarava: «L'operazione condotta dai nostri velivoli è stata un'operazione di soppressione delle difese aeree avversarie ed è stata condotta positivamente. Gli obiettivi sono stati raggiunti e i nostri ragazzi sono tornati a casa»;
il giorno dopo, il maggiore Nicola Scolari, pilota di uno dei Tornado ECR impiegati, ha invece spiegato in un'intervista televisiva - apparentemente non autorizzata dai suoi superiori: «Nella missione condotta in Libia abbiamo solo pattugliato la zona nei pressi di Bengasi ma non abbiamo ritenuto di lanciare i missili contro i radar»;
in una dichiarazione, il Ministro della difesa ha quindi precisato che le affermazioni del maggiore Scolari «rispondono a verità», ma aggiungendo di aver dato disposizione che «notizie di questo genere rimangano in futuro riservate;
il maggiore Scolari è stato subito esonerato dalla missione e rimandato allo stormo di appartenenza, il 50o di base a Piacenza, mentre la base di Trapani veniva chiusa per circa un'ora ai giornalisti;
nella stessa giornata del 21 marzo 2011, nel corso di una conferenza stampa a Torino, il presidente del Consiglio dichiarava testualmente: «I nostri aerei non hanno sparato e non spareranno»;
tutto questo sembra indicare scarsa chiarezza sulle modalità operative e sugli stessi obiettivi della missione;

il Governo italiano ha richiesto che le operazioni siano poste al più presto sotto il coordinamento della NATO;
il 21 marzo il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, che hanno assicurato inizialmente il coordinamento delle operazioni militari, ha dichiarato di attendersi che tale coordinamento passi entro alcuni giorni a una coalizione guidata o dalla NATO o da Francia e Regno Unito -:
quali siano le regole di ingaggio, ovvero le direttive diramate dalle competenti autorità militari, che specificano le circostanze e i limiti entro cui le forze armate italiane possano colpire obiettivi o iniziare un combattimento nell'ambito dell'impiego in attuazione della Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza;
in caso di operazioni che prevedano l'impiego di velivoli in assetto da combattimento IDS/ECR quali siano le disposizioni impartite e quali le procedure per l'eventuale rilascio di carichi bellici non impiegati, quali le aree designate e quali siano le modalità di recupero -:
se il Ministro intenda disporre la tenuta di regolari conferenze stampa da parte di portavoce ufficiali dello Stato maggiore della Difesa che, al termine di missioni non di routine, spieghino, analogamente a quanto avviene da parte di altri comandi alleati, quali obiettivi siano stati di volta in volta effettivamente perseguiti e raggiunti;
quale sia la posizione del Governo nel caso in cui venga formalizzata la richiesta da parte di Stati che partecipano alla coalizione di assegnare il coordinamento delle operazioni alla Francia e al Regno Unito e tale ipotesi finisca col prevalere su quella dell'assegnazione del coordinamento alla NATO;
quando il Governo intenda presentare un disegno di legge o emanare un decreto-legge contenente la previsione dei costi e la copertura finanziaria della missione.
(3-01542)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 23 giugno 2010 Francesco Saverio Positano, caporal maggiore scelto, nel 32esimo reggimento genio della brigata alpina Taurinese in forza alla task-force centre a Shindand, paese ad ovest dell'Afghanistan, ha perso la vita;
Francesco era alla sua settima missione, la terza in Afghanistan, dove dal 19 marzo 2010 prestava servizio con l'incarico di guastatore;
al ragazzo non è stata fatta subito l'autopsia, ciononostante le notizie hanno reso noto che Francesco sarebbe caduto accidentalmente, a causa di un malore improvviso, dalla pedana del mezzo blindato «Buffalo» durante una sosta lungo la strada tra Shindad ed Herat, riportando un fatale trauma cranico;
l'autopsia è stata fatta solo a gennaio 2011, in seguito all'apertura di un fascicolo da parte della procura di Roma senza ipotesi di reato. La suddetta analisi ha certificato che il caporal maggiore era in perfetta salute. Tuttavia il pubblico ministero Paolo Ielo ha archiviato il caso ipotizzando una «repentina ripartenza del mezzo blindato» quando il militare «non aveva verosimilmente recuperato una posizione di piena stabilità», cadendo quindi da più di cinque metri;
se si considera che il Buffalo non è più alto di 4 metri, la pedana arriva a 2, che il ragazzo aveva una corporatura massiccia, era protetto da circa 20 chili di equipaggiamento ed indossava il casco antiproiettile, la ricostruzione succitata dei fatti secondo cui, cadendo da due metri, questo ragazzo ha riportato la completa frattura di metà cranio, delle orbite e la deviazione della mandibola, appare inverosimile;
del resto anche le versioni dei testimoni della tragedia non sono concordi sull'esatta dinamica degli eventi;

i familiari del militare hanno chiesto una perizia ai medici legali Domenico Natale e Pietrantonio Ricci, i quali hanno esaminato attentamente varie ipotesi possibili;
ad avviso dei medici, come si legge nella perizia, l'ipotesi più probabile della morte di Francesco Positano è «un investimento da mezzo in movimento in retromarcia o caduta accidentale con successivo investimento da veicolo in retromarcia o che segue»;
i genitori della vittima hanno scritto anche al Capo dello Stato chiedendo la verità sulla morte del figlio. Ciò non potrà restituirlo ai suoi cari, ma «potrà rendere meno doloroso il pensiero della sua morte, perché avrà trovato giustizia» -:
se quanto riportato nella presente interrogazione corrisponda al vero;
se il Ministro ritenga opportuno far luce sulle esatte cause della morte di Francesco Positano, accogliendo l'appello dei genitori della vittima.
(5-04421)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in un articolo comparso sul quotidiano Calabria Ora di domenica 13 marzo 2011 viene riportato il caso del decesso del maresciallo dei carabinieri paracadutisti Pasquale Cinelli, nato a Paola in provincia di Cosenza, a causa di un cancro all'intestino con metastasi, che lo ha portato a morire prematuramente, a soli 41 anni e nell'arco di brevissimo tempo;
nel titolo viene riportato, a caratteri cubitali, che il sottufficiale, che ha partecipato a numerose operazioni di pace fuori dal territorio nazionale, pur essendo morto per la patria è stato ignorato dallo Stato, che ha negato ogni responsabilità e non ha concesso contributi di alcun tipo sia alla vedova che alla figlia;
il Maresciallo Cinelli ha partecipato, in particolare, all'operazione nei Balcani, presso Mostar e Sarajevo in Bosnia Erzegovina, nel corso della quale le forze della Nato hanno bombardato obiettivi serbi con proiettili all'uranio impoverito. Come altri militari italiani e stranieri impiegati in tale teatro operativo, anche il sottufficiale può quindi essere entrato in contatto con il materiale radioattivo senza che venisse presa alcuna precauzione; ciò in quanto a quel tempo nessuno aveva reso noto né l'utilizzo di tale tipo di proiettili né la possibilità che potessero essere causa di tumori;
la Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause delle morti e di gravi malattie fra i militari impegnati nelle missioni all'estero, istituita dal Senato con deliberazione del 17 novembre del 2004, nella sua relazione finale, ha in sintesi evidenziato che:
a) dalle indagini e verifiche svolte e dalle testimonianze raccolte non sono emersi elementi che consentano di affermare con certezza che le patologie in questione siano da attribuire ad effetti tossicologici e/o radiologici derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti o alla contaminazione chimica dovuta al munizionamento all'uranio impoverito (UI);
b) dalla pubblicistica scientifica acquisita, l'esistenza di un rischio significativo per la salute sembra, peraltro, doversi circoscrivere ai soggetti che abbiano inalato l'aerosol che si sviluppa a seguito dell'impatto di proiettili all'uranio impoverito;
c) è necessario ricordare, comunque, che quasi tutte le forme di tumore hanno un'eziologia multicausale e che l'esposizione ad una varietà di agenti chimici, fisici o biologici può avere effetti mutageni e oncogeni;
d) l'inalazione di nanoparticelle, corpuscoli di forma sferica di grandezza inferiore ad un micron, che sembrano prodursi in presenza delle alte temperature

che si sviluppano in seguito all'impatto di proiettili all'uranio impoverito contro obiettivi corazzati o blindati, è stata indicata come possibile causa di aumentata incidenza di tumori;
e) appare, comunque, verosimile che almeno una parte dei casi di gravi malattie insorte durante o dopo l'impiego nell'ambito delle missioni internazionali di pace siano correlabili all'esposizione a fattori chimici, tossici o radiologici presenti nei vari teatri;
la Commissione conclude sottolineando quindi che, indipendentemente dal fatto che ricorrano, nei singoli casi, le condizioni per il riconoscimento della causa di servizio, appare necessario individuare il modo più appropriato per assicurare ai cittadini che hanno onorato la Patria, operando nel quadro delle missioni internazionali, e che hanno perso la salute, quando non anche la vita, e alle loro famiglie un'adeguata assistenza sia in termini di accessibilità alle prestazioni sanitarie sia di sostegno del reddito familiare -:
se corrisponda al vero che la famiglia del maresciallo Cinelli non ha ricevuto alcuna forma d'aiuto;
se non sia il caso di adottare, in armonia con le considerazioni della Commissione d'inchiesta, provvedimenti idonei ad assicurare sia un doveroso e tangibile riconoscimento della meritevole opera svolta dal militare sia un adeguato sostegno economico alla sua famiglia.
(4-11315)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato da Gianni Lannes sul sito costruendo.lindro.it si legge che si starebbe usando in Iraq ed Afghanistan un ordigno denominato «Jdam» (joint direct attak munition), ovvero, munizione interforza per attacco diretto, o più semplicemente, un «missile» a caduta guidata;
le bombe ad alto potenziale che gli aerei angloamericani hanno sganciato a tappeto sull'Iraq ed ora sull'Afghanistan sono dotate di un nuovo sistema di guida, costruito dall'industria italiana Alenia Marconi System che le rende ancora più micidiali. Si tratta di un perfezionamento ideato dall'azienda tricolore: un congegno che permette di trasformare le «bombe stupide» a caduta inerziale, in «bombe intelligenti», «capaci di dirigersi sul bersaglio con un errore compreso tra 13 e 30 metri»; almeno così recita il manuale illustrativo. La procedura d'impiego è stata denominata dagli esperti italiani «sgancia e dimentica», in quanto, dopo il lancio, la bomba si dirige autonomamente verso il bersaglio. L'effetto chirurgico, in teoria, è reso possibile dall'aggiunta di una nuova sezione di coda - un timone mobile controllato da un congegno elettronico - che guida la bomba sul bersaglio attraverso il sistema satellitare di posizionamento globale (Gps), abbinato al sistema di navigazione inerziale (Ins). «La bomba così modificata è abbastanza precisa», puntualizzano i tecnici della società pubblica italiana, pur essendo sganciata da un'altitudine che oscilla tra 9.150 e 10.675 metri per non esporre l'aereo al fuoco nemico. In realtà, il «targeting» è comunque ancora sfocato e per colpire un singolo bersaglio occorrono in media 6 di questi costosissimi ordigni (per il modello «jsbw» il prezzo cadauno è di 375 mila dollari);
il modello GBU-31 (bomba Mk-84 da 907 chilogrammi ) è disponibile anche con penetratore BLU-109, mentre la GBU-32 (bomba Mk-83 da 454 chilogrammi) o GBU-35 (Mk-83) possono montare il penetratore BLU-110; quanto alla nuova GBU-38 (bomba Mk-82 da 227 chilogrammi) nulla è dato sapere;
l'US Air Force usa gli A-10: i Thunderbolt sparano al minuto 3.900 proiettili incendiari e penetranti all'uranio impoverito;

secondo il Pentagono «l'aviazione statunitense ha effettuato in una settimana 330 missioni di appoggio aereo ravvicinato alle truppe Isaf in Afghanistan»;
gli Usa impiegano anche i micidiali velivoli pesanti del 34th Expeditionary Bomb Squadron riforniti in volo da aerei cisterna francesi e britannici. Il B-1B un bombardiere strategico per l'attacco nucleare, utilizzato anche con ordigni convenzionali. Durante una missione può sganciare 24 Gbu-31 Jdam a guida Gps da 2 mila libbre (quasi una tonnellata), 8 Mk-82 da 500 libbre, 30 bombe a grappolo di vario tipo e decine di altre munizioni letali. Le bombe Jdam possono essere liberate simultaneamente a distanza di 65 chilometri -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
se le Jdam possano caricare anche testate all'uranio impoverito;
se i 2 mila soldati italiani dislocati a Herat e nei dintorni di Kabul siano stati avvertiti del pericoloso fuoco amico.
(4-11323)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa si è appreso che all'inizio del 2010 il maggiore dei carabinieri Giampietro Lago sostituì il colonnello dei carabinieri Luciano Garofano al comando del reparto investigazioni scientifiche di Parma;
il maggiore Lago è un ufficiale appartenente al ruolo normale e, contrariamente a quanto previsto dall'assetto ordinativo, riveste un incarico che sarebbe invece da attribuirsi ad un ufficiale del ruolo tecnico logistico, specialità alla quale apparteneva il colonnello Garofano;
nell'organico del raggruppamento investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri esiste un forte esubero di ufficiali inferiori e superiori del ruolo tecnico logistico rispetto alle effettive posizioni di comando previste;
alcune di queste posizioni di comando che prevedono ufficiali del ruolo tecnico logistico sono attualmente occupate da ufficiali di altri ruoli -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
quali siano i motivi che hanno indotto i vertici militari ad affidare al maggiore Giampietro Lago il comando del reparto investigazioni scientifiche di Parma, anziché designare un ufficiale del ruolo tecnico logistico specialità investigazioni scientifiche come sarebbe invece previsto;
se nella fase di valutazione del nuovo comandante del reparto investigazioni scientifiche di Parma, siano stati interpellati tutti gli ufficiali del ruolo tecnico logistico potenzialmente idonei a rivestire tale carica;
quali siano i precedenti incarichi svolti dal maggiore Giampietro Lago, indicando se esso abbia mai rivestito doppi incarichi e quali siano le motivazioni di tale scelta;
se il maggiore Giampietro Lago abbia mai partecipato al concorso per l'immissione nel ruolo tecnico logistico e con quale esito;
se il Ministro non intenda adottare gli opportuni provvedimenti volti a garantire una più lineare gestione degli incarichi di comando nel raggruppamento investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri al fine di valorizzare gli ufficiali del ruolo tecnico logistico.
(4-11328)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la nota n. 594/153/18354 data 23 dicembre 2010 della Stato maggiore dell'esercito emanata con ordine di servizio in

data 15 marzo 2011, ha portato alla costituzione presso il policlinico militare di Roma di 3 macroaree, 17 dipartimenti oltre al dipartimento di lungodegenza di Anzio, il reparto servizi generali, l'ufficio amministrazione e l'assistenza spirituale, ulteriori 24 reparti clinici, oltre 50 servizi ed oltre 10 sezioni, cui afferisce un organico presunto di circa 1200 persone più i consulenti e convenzionati. Tutte queste cariche e UU.OO., al momento, servono per meno di 100 posti letto realmente fruibili (molto meno del numero delle unità organizzative);
per converso, prendendo ad esempio un ospedale romano, il San Giovanni Calabita, - Fatebenefratelli - isola tiberina, ha, di massima (dati tratti dal sito web dell'ospedale), lo stesso numero di dipendenti e ben 382 posti letto. Il numero di ricoveri ordinari dell'ospedale Calabita nel 2009 è stato pari a 20.666. L'occupazione media, nello stesso periodo, è passata dal 96 per cento al 98 per cento, e la degenza media è passata, dai 9.9 giorni del 1994 ai 5.7 giorni del 2009. L'indice di rotazione per posto letto nel 2009 è risultato pari a 5,2. Le attività di day hospital medico e chirurgico hanno registrato, nel corso dell'anno 2009, 3907 dimessi. L'attività ambulatoriale ha registrato in totale, nel 2009, 1.077.694 prestazioni per esterni, di cui 968.721 a favore del servizio sanitario nazionale, 108.973 in libera professione, e 45.972 prestazioni di radiologia, 43.485 prestazioni di Radioterapia, circa 569.401 prestazioni di laboratorio analisi. L'attività di pronto soccorso ha visto in totale nel 2009, 31.347 prestazioni non seguite da ricovero e 631 trasferimenti per ricovero in altri nosocomi;
richiamandosi all'interrogazione n. 404735 del 27 ottobre 2009 che ancora non ha ottenuto risposta, sembra agli interroganti che il quadro organizzativo come delineato serva per offrire e stabilizzare l'enorme numero di posizioni dirigenziali mediche nel grado di colonnello e non abbia invece una funzione clinica legata al soddisfacimento dei reali bisogni della comunità militare afferente -:
quale sia la necessità di costituire e quali siano le funzioni del dipartimento day hospital con in organico 7 persone dislocate in ulteriori tre servizi quando in tutte le altre realtà sanitarie risulta essere una funzione trasversale alle varie attività di degenza;
quali siano le valutazioni anche in termini di sostenibilità economica e di numero minimo di utenza militare di ambito necessaria per il funzionamento di reparti ad elevata specializzazione che hanno consentito di dare avvio alla costituzione del reparto di cardiochirurgia e UTIPO e dei servizi di emodinamica e cardioanestesia;
quali siano i dati relativi a numero di personale in servizio suddiviso per categoria e formazione professionale, compreso il personale VFP1, quali siano i dati concernenti il numero di ricoveri, l'occupazione media, il numero ricoveri in day hospital, il numero di interventi chirurgici e delle attività ambulatoriali divisi per singolo dipartimento e servizio, le prestazioni radiologiche e radioterapiche, laboratorio e pronto soccorso, il numero di prestazioni effettuate nei confronti di non aventi titolo effettuati dal policlinico militare di Roma;
quali siano le disposizioni che regolamentano il pagamento delle prestazioni (ticket o altro), di chi siano a carico gli oneri di funzionamento del policlinico militare ivi compresa la ripartizione dei costi per forza armata, come siano regolati i rapporti con il servizio sanitario regionale e nazionale e come siano regolate e previste esenzioni di pagamento per specifiche categorie di personale tra le quali il personale interno e i familiari;
quali urgenti iniziative il Ministro della difesa intenda assumere rispetto alle citate problematiche, anche relative ad eventuali profili di responsabilità del personale che ha contribuito all'approvazione delle tabelle ordinative organiche e all'attuale quadro organizzativo come profilato, al fine di assicurare condizioni di massima correttezza dell'amministrazione anche e

soprattutto ai fini della tutela della salute dei cittadini alle armi.
(4-11329)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che a diversi medici militari del policlinico militare di Roma sia consentito di impiegare, sulla base di presunti scopi didattico addestrativi, presidi sanitari e strumentario chirurgico, al di fuori della struttura ospedaliera militare;
risulta che in qualche occasione, per interventi urgenti all'interno del Policlinico Militare si è dovuto ricorrere all'utilizzo di kit chirurgici alternativi o a posticipare l'effettuazione degli interventi -:
si chiede pertanto di conoscere se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e nei confronti di quanti e di quali soggetti venga svolta tale attività didattico addestrativa e quali siano le motivazioni poste a sostegno;
se il Ministro della difesa sia a conoscenza di tali procedure, quale ne sia la frequenza e se queste siano compatibili con le norme in vigore, tenuto conto anche dei profili di responsabilità amministrativa correlata;
se nell'eventualità in parola, gli scopi didattico addestrativi possano, per converso, corrispondere all'utilizzo del materiale del policlinico militare per lo svolgimento di attività libero professionali del personale medico militare presso strutture private;
di chi siano imputati gli oneri di sterilizzazione e risterilizzazione degli strumenti di cui in premessa e se siano noti casi di materiale precocemente usurato o danneggiato;
quali urgenti iniziative intenda porre in atto il Ministro interrogato per la problematica segnalata.
(4-11350)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
i dirigenti civili del Ministero della difesa hanno manifestato forte preoccupazione ed inquietudine per la recente nomina di un esponente dell'Avvocatura dello Stato a vice segretario generale della Difesa, incarico tradizionalmente attribuito in via esclusiva ad un esperto dirigente di 1a fascia della Difesa;
tale nomina, che sembra sia stata conferita ad avviso degli interroganti con eccessiva discrezionalità e senza una rigorosa procedura valutativa dei curricula e dei percorsi professionali dei dirigenti civili in servizio presso il Ministero della difesa ove hanno svolto l'intera carriera, non consente a parere degli interroganti di assicurare adeguati livelli di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa presso il citato dicastero, anche in considerazione che il nominato continua a mantenere anche l'incarico che già rivestiva presso l'organismo di provenienza;
è di tutta evidenza che l'incarico apicale di vice segretario generale della difesa, che costituisce il più importante e prestigioso incarico riservato alla dirigenza civile della difesa, da attribuirsi a dirigente esterno solo in mancanza di idonee professionalità all'interno dei ruoli dell'Amministrazione difesa, deve necessariamente essere svolto in via esclusiva - e non parziale - se si vuole garantire il buon andamento e la funzionalità dell'amministrazione medesima;
il predetto conferimento, oltre a concretizzare, sempre secondo gli interroganti, una ingiustificata mortificazione della dirigenza della Difesa, comporta anche un maggiore esborso per l'erario derivante dalla maggiore retribuzione percepita dal neo vice segretario generale, senza che il medesimo possa assicurare migliori prestazioni in ambito Difesa, dato che allo stesso viene consentito di mantenere il

doppio incarico, di cui è appena il caso di sottolineare alcuni profili di dubbia legittimità e compatibilità;
ulteriormente sempre presso il medesimo Ministero della difesa, sembra che gli attuali dieci dirigenti generali percepiscano da anni un trattamento economico maggiorato rispetto a quello spettante loro in base alle norme vigenti, in quanto l'ammontare retributivo disponibile, parte variabile, viene inspiegabilmente commisurato alla consistenza organica degli stessi pari a undici unità, ma di fatto ripartito fra gli effettivi (numero 10), con innegabile vantaggio a favore degli stessi. Se tale situazione corrispondesse al vero, oltre a generare una evidente ed illogica disparità sostanziale di trattamento nei confronti degli altri colleghi dirigenti generali in servizio presso altre amministrazioni pubbliche, potrebbero configurarsi anche ipotesi di danno erariale, causato dalle eventuali somme percepite indebitamente dagli interessati -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere rispetto alle citate problematiche al fine di assicurare condizioni di massima correttezza, trasparenza ed imparzialità presso l'amministrazione della difesa.
(4-11351)

TESTO AGGIORNATO AL 24 MARZO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la scalata ai marchi italiani non è un fatto nuovo, dopo le cessioni di Gucci, di Bnl a Bnp Paribas e di Sma ad Auchan, la vendita del gruppo Lucchini al gruppo siderurgico russo Severstal e le notizie di una possibile acquisizione di Alitalia da parte di Air France;
nei giorni scorsi l'allarme è cresciuto con il riassesto di Edison, che stava per finire nelle mani del socio statale Edf, l'evitato ingresso di Groupama nel capitale Premafin, finanziaria del gruppo Ligresti, l'offerta pubblica di acquisto su Bulgari da parte di Lvmh e l'acquisto a sorpresa dell'11,4 per cento di Parmalat per conto del primo marchio mondiale alimentare Lactalis;
su Parmalat si concentrano una serie di interessi dell'industria agricola italiana e delle grandi cooperative del latte, che temono di perdere un grande cliente nazionale, e ci si preoccupa delle sorti di un'azienda rinata da uno dei peggiori fallimenti della storia;
dopo la recente cessione di Gianfranco Ferrè al Paris group di Dubai, con la cessione di Bulgari a Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy) è stata segnata una nuova tappa dell'esodo dei marchi storici del lusso italiano;
lo sfaldamento del made in Italy nel campo della moda è cominciato già da anni; sono diversi i brand italiani acquisti soprattutto da gruppi francesi, come il marchio Fendi, venduto anch'esso al Lvmh, che controlla anche la maison Emilio Pucci, Valentino è passato qualche anno fa dal gruppo Marzotto al fondo di private equity Permira Holdings Limited (Phl), mentre Gucci e Bottega Veneta fanno parte entrambi del gruppo francese Ppr (Pinault - Printemps - Redout);
preoccupa fortemente l'intenzione di diversi fondi di private equity di mettere sul mercato altri marchi noti, come Coin, Rinascente, Giochi Preziosi, Blu vacanze, Metroweb;
il passaggio in mani straniere di tanti marchi italiani può provocare pesanti ripercussioni sull'economia del nostro Paese e, quindi, introdurre norme che scoraggino scalate di investitori esteri sulla base della mancanza di reciprocità da parte di altri Paesi è utile;
tuttavia, la quota di aziende a controllo estero (fonte «The global operations of European firms. The second efige policy report»), definite come quelle con almeno

il 50 per cento del capitale posseduto da azionisti stranieri, in Italia è bassa (4,1 per cento), meno della metà di quella francese (10,3 per cento) e un terzo di quella del Regno Unito (12,2 per cento);
il confronto internazionale indica che il sistema di imprese italiano è più chiuso sia in entrata che in uscita, le imprese italiane sono anche meno frequentemente parte di un gruppo, molto raramente hanno un venture capitalist nella compagine azionaria e hanno una quota di finanziamento bancario superiore a quello degli altri Paesi;
è necessario, dunque, occuparsi in primo luogo delle condizioni in cui le imprese operano e dei problemi di competitività di sistema: il controllo delle imprese italiane soffre di problemi antichi e mai risolti, come la sottocapitalizzazione e la struttura proprietaria incentrata sulla famiglia, generalmente contraria all'apertura del capitale per timore di perdere il controllo;
è, altresì, necessario accrescere la capitalizzazione delle imprese, favorendo l'afflusso del risparmio delle famiglie verso forme di investimento azionario, sviluppando il mercato borsistico, facendo crescere il settore del venture capital e del private equity, predisponendo una strategia di politica industriale che manca all'economia italiana;
è contestualmente utile varare, sulla base del criterio della reciprocità ed evitando di incorrere in procedure di infrazione da parte della Commissione europea, norme contro le scalate ostili sulla falsariga della «norma anti-opa» annunciata dal Governo francese nel luglio del 2005, dopo il tentativo di scalata del gigante americano Pepsi-Cola alla Danone, seguito, un mese dopo, dall'interesse del gruppo siderurgico Vale do Rio per la Erame;
da allora il Governo francese è in grado di dire sì o no a una società che intende acquisire una partecipazione o il controllo di un gruppo francese «strategico», dettando nel caso le condizioni per ottenere il nullaosta: sono stati, infatti, definiti 11 settori strategici ed è stata prevista una distinzione tra aziende predatrici dell'Unione europea ed extra Unione europea per evitare interventi da parte dell'Unione europea;
tra le norme più forti previste dalla normativa francese è rilevante quella che dà all'Amf (la Consob francese) il potere di chiedere al presunto scalatore, anche solo in base a notizie che anticipano l'effettiva scalata, un piano dettagliato entro 48 ore, in caso di mancata risposta è previsto un blocco di sei mesi, come è accaduto all'Enel quando nel 2006 tentò di scalare Suez, nel caso della progettata fusione fra la spagnola Abertis e Autostrade e con il tentativo da parte di Ferrovie dello Stato di entrare nelle ferrovie francesi;
anche il Canada ha promulgato fin dal 1985 una legge federale che prevede l'obbligo di notifica per gli stranieri che prendono il controllo di una impresa canadese: l'Investment Canada act dà al Governo la facoltà di vietare investimenti stranieri cospicui se non portano un beneficio al Paese;
il Ministro interpellato, con una mossa tardiva, ha lanciato nei giorni scorsi l'allarme per l'escalation verificatasi nelle ultime settimane -:
quali iniziative intenda assumere per accelerare l'adozione di misure a tutela delle imprese strategiche italiane, basate sulla reciprocità, nel rispetto delle regole europee, anche rifacendosi al modello della normativa esistente in Francia e in Canada, contro le scalate ostili.
(2-01013)
«Vico, Amici, Bellanova, Bernardini, Berretta, Bonavitacola, Bressa, Burtone, Capodicasa, Cavallaro, Ceccuzzi, Ciriello, Dal Moro, D'Antona, De Pasquale, D'Incecco, Ghizzoni, Ginefra, Ginoble, Grassi, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Mecacci, Miglioli, Miotto, Peluffo, Piccolo, Pistelli, Quartiani, Tullo, Maurizio Turco».
(Presentata il 22 marzo 2011)

Interrogazione a risposta orale:

PALOMBA, MESSINA e BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 1994 gli uffici dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia del territorio di Cagliari sono stati accorpati in un'unica sede, denominata «Cittadella Finanziaria», con l'intento di attribuire funzionalità ed efficienza agli uffici stessi e di semplificare i rapporti tra fisco e contribuenti. L'accorpamento ha effettivamente prodotto i risultati aspettati, con generale soddisfazione degli utenti e dei dipendenti degli stessi uffici, oltre che delle istituzioni locali;
nel 2003 l'Agenzia delle entrate ha presentato un progetto di trasferimento dei suoi uffici, separandoli da quelli dell'Agenzia del territorio, provocando una protesta generalizzata perché a Cagliari tutti i contribuenti trovavano incomprensibile modificare una situazione logistica ottimale;
un anno più tardi, nel 2004, si è espressa sulla questione la VI commissione (Finanze) della Camera dei deputati, la quale, nelle sedute 454 e 467, nell'esercizio delle proprie funzioni di indirizzo, votando ben due risoluzioni (no 7/0041 no 7/00432) ha impegnato il Governo «ad evitare progetti di scorporo, come quello degli uffici finanziari di Cagliari, e anzi a favorire progetti di aggregazione e accorpamento per favorire semplificazioni dei rapporti con i contribuenti». Tali risoluzioni evidenziavano peraltro che le riduzioni dei costi per gli uffici periferici non potessero contemplare lo scorporo degli uffici stessi e che comunque qualsiasi progetto di tal genere, oltre alla necessità di essere corredato da una analisi di costi-benefici, per le ricadute che i trasferimenti possono comportare sui contribuenti, dovessero prevedere un parere preventivo degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni dei professionisti interessati;
dopo una indagine conoscitiva avviata dalla stessa Commissione finanze della Camera, che ha ascoltato a Cagliari i rappresentanti di tutte le istituzioni locali e quelli degli ordini professionali (che hanno confermato l'opportunità di mantenere la sede in via Pintus) il trasferimento non ha avuto luogo;
nonostante ciò, dopo qualche anno, l'Agenzia del territorio ha deciso unilateralmente di riavviare le procedure di trasferimento degli uffici senza sentire preventivamente né gli enti locali, né le organizzazioni sindacali, né i rappresentanti degli ordini professionali. E soprattutto senza dare alcuna informazione finalizzata a giustificare almeno l'economicità dell'operazione;
in data 16 dicembre 2009 il comitato di gestione dell'Agenzia, a firma del presidente, Gabriella Alemanno, ha infatti deliberato di stipulare un nuovo contratto di locazione (per via Jenner) con la società Antonio Puddu costruzioni e ben dopo un mese e mezzo, cioè il 4 febbraio 2010, la commissione per la valutazione delle offerte relative alle ricerche di mercato, istituita dal direttore regionale della Sardegna, ha ritenuto di accogliere l'offerta della stessa ditta, che reca, tra l'altro, a supporto, una motivazione molto vaga della scelta;
in una riunione, convocata dal prefetto di Cagliari, la CGIL, la CISL, la UIL, il SALFI, l'USB, l'UGL, la RSU dell'ufficio provinciale del territorio, l'Adiconsum, la Federconsumatori, l'Adoc, Cittadinanzattiva, i presidenti degli ordini professionali dei notai, commercialisti, geometri nonché il garante del contribuente, ben 15 soggetti diversi, hanno ribadito la necessità che la Cittadella Finanziaria non venga smantellata perché risponde appieno alle esigenze dell'utenza e alla proficuità dei servizi forniti dal Fisco. In tale riunione il dottor Bruno Corda, vice prefetto che nel corso della riunione ha sostituito il prefetto, ha sollecitato l'Agenzia a dare tutte le informazioni richieste, sottolineando che la trasparenza era sempre dovuta quando

occorreva fornire la dimostrazione della bontà delle scelte fatte e che l'assenza di trasparenza rendeva meno sicura l'economicità. Inoltre ha rappresentato la necessità di un'analisi dei costi-benefici per verificare le ricadute dei costi sull'utenza che, per via Jenner, parevano consistenti, a differenza dei costi che si sostengono in via Pintus;
incurante dei consigli ricevuti dal vice-prefetto, l'Agenzia ha rivendicato il diritto-dovere di non trasmettere tutte le notizie richieste, non preoccupandosi di dare il necessario contenuto alla asserita economicità e lasciando l'intera operazione priva di motivazioni. In particolare, non ha dato le risposte relative ai motivi del mancato accoglimento dell'offerta che sarebbe stata fatta dal proprietario degli uffici finora utilizzati (che occupano 2 fabbricati denominati B2 e B3) per il solo fabbricato B2, offerta che risulterebbe pari a 850.000 euro sembra coincidere nei metri quadri a quelli richiesti nel bando di ricerca dei locali. Tale offerta, quindi, comportava la permanenza nella sede ottimale di via Pintus;
alle proteste delle parti sociali si è aggiunta anche la perplessità del sindaco di Cagliari, dottor Emilio Floris che, in un'intervista, alla domanda finalizzata a conoscere il suo pensiero in ordine al trasferimento, ha detto: «Quello che risulta incomprensibile è il tentativo di smembrare gli uffici. L'obiettivo è accorpare, anche per l'Amministrazione che guido, per dare un servizio più efficiente agli utenti. Per questa ragione sarebbe comprensibile se si spendesse di più per cercare di accorpare gli uffici, ma spendere di più per smembrare gli uffici è francamente incomprensibile. È un enigma»;
il 29 novembre 2010 i sindacati della funzione pubblica (FPCGIL, FPCISL, UILPA, UGL/INTESA, SALFI e USB) hanno scritto una lettera appello al ministro dell'economia e delle finanze e al presidente della Repubblica chiedendo di scongiurare lo smantellamento della Cittadella Finanziaria consentendo la permanenza degli uffici dell'Agenzia del territorio nella sede attuale evitando che questa inspiegabile, ingiusta e antieconomica operazione;
ciò nonostante la direzione dell'Agenzia si è dimostrata sorda alle istanze delle istituzioni, degli ordini professionali, dei rappresentanti del lavoratori e degli utenti e il 10 marzo 2011 ha dato il via alle operazioni di trasferimento della sede;
nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali della funzioni pubblica (FPCGIL, FPCISL, UILPA, UGL/INTESA, SALFI e USB) hanno incontrato le associazioni delle categorie professionali di notai, ingegneri, architetti, geometri, periti agrari, periti industriali e le associazioni dei consumatori per discutere la vertenza e programmare le iniziative di protesta. In particolare, gli ordini professionali hanno manifestato preoccupazione per gli effetti di tale trasferimento, dal momento che il 30 aprile scadranno i termini, fissati dal decreto-legge 78/2010, per l'accatastamento dei cosiddetti «fabbricati fantasma». L'interruzione del servizio in questa fase avrà infatti conseguenze pesantissime sui professionisti, impossibilitati a garantire i tempi, e soprattutto sui cittadini che si troveranno a dover pagare sanzioni per la ritardata presentazione delle pratiche di accatastamento. Anche l'ordine dei notai ha espresso sconcerto per l'impossibilità di poter accedere ai documenti necessari per la corrispondenza tra il catasto e la conservatoria che porterà al blocco o comunque a forti ritardi nella stipula degli atti e dei mutui, con conseguenze facilmente deducibili a carico dei cittadini in attesa di finanziamenti. I sindacati hanno infine espresso forte contrarietà per le modalità e per le ragioni del trasferimento e hanno evidenziato la lesione dei diritti di cittadinanza che il trasferimento produrrebbe per i costi che verranno sostenuti dai cittadini della provincia di Cagliari, del Medio Campidano e del Sulcis Iglesiente;
tutte le parti hanno in definitiva stigmatizzato il comportamento della direzione

che appare arrogante agli interroganti e la scarsissima considerazione dimostra nei confronti dei diritti e degli interessi dei sardi, annunciando una serie di iniziative contro il trasferimento degli uffici dell'Agenzia del territorio;
anche la provincia di Cagliari ha manifestato il proprio dissenso rispetto al comportamento della direzione e nei prossimi giorni ha convocato una conferenza di servizi alla quale dovrebbero partecipare anche i rappresentanti dell'Agenzia. In ogni caso il presidente Graziano Milia non ha escluso di impugnare dinanzi al tribunale amministrativo regionale il provvedimento;
come segnalato dalla stampa locale, con una lettera del 14 marzo 2011 le sigle della funzione pubblica di Cgil, Cisl, Uil, Usb, Salfi, Ugl e le Rsu dell'Agenzia hanno invocato l'intervento del servizio prevenzione e sicurezza del lavoro della Asl 8, e del servizio ispettivo della direzione provinciale del Lavoro denunciando che il trasferimento dell'Agenzia del territorio dalla Cittadella finanziaria in via Jenner, iniziato - come detto - il 10 marzo 2011 è tutt'ora in corso, sta avvenendo «in palese violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza nei posti di lavoro». Secondo le organizzazioni dei lavoratori la direzione regionale avrebbe infatti utilizzato il «personale per attività diverse dal profilo di competenza». In pratica, gli impiegati dell'Agenzia sarebbero utilizzati «come manovali per il trasloco». Le organizzazioni sindacali lamentano altresì «la mancata predisposizione delle misure necessarie alla tutela della salute e sicurezza per i lavoratori» e il fatto che «la direzione ha avviato il trasferimento senza che fossero attivate le procedure previste dal sistema di partecipazione del contratto collettivo nazionale di lavoro»;
gli ordini professionali di notai, ingegneri, architetti, geometri, periti agrari e industriali, assieme ai sindacati e alle associazioni dei consumatori, stanno valutando se denunciare la direzione regionale per interruzione di pubblico servizio. Il bacino di utenza dell'Agenzia infatti abbraccia circa metà dell'intera Sardegna: le province di Cagliari, Sulcis-Iglesiente e Medio Campidano con un totale di oltre 600 mila utenti -:
se sia a conoscenza di questa inaccettabile situazione, posta in essere in maniera unilaterale e ad avviso degli interroganti arrogante nonostante il pronunciamento contrario del Parlamento italiano e il coro di proteste delle istituzioni locali, dei sindacati e delle associazioni dei liberi professionisti del settore e degli utenti;
se la decisione sia da attribuire alla responsabilità delle istituzioni centrali o ad altra sede, e quale del Ministero;
quali iniziative intenda porre in essere per bloccare immediatamente il trasferimento degli uffici dell'Agenzia del territorio di Cagliari in via Jenner che appare assolutamente priva di senso ed evitare così lo smantellamento della Cittadella Finanziaria di Cagliari che, sin dalla sua realizzazione nel 1994, ha reso gli uffici dell'erario molto più efficienti e fruibili ai cittadini di tutta la Sardegna meridionale, eventualmente assumendo le conseguenti decisioni nei confronti di chi avesse assunto la decisione senza o contro il volere dell'autorità centrale.
(3-01539)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

V Commissione:

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il disegno di legge di bilancio per il 2011 aveva originariamente previsto un taglio del capitolo relativo ai contributi alle scuole paritarie pari a 258 milioni di euro;

nel corso dell'esame parlamentare, un emendamento al disegno di legge di stabilità ha disposto il reintegro di tale dotazione per 245 milioni di euro;
la copertura di tale stanziamento è stata determinata a valere sulle risorse derivanti dalla vendita delle frequenze televisive digitali;
l'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità 2011 dispone una clausola di salvaguardia, in caso di mancata vendita delle frequenze, prevedendo che si proceda riduzione lineare, fino alla concorrenza dello scostamento finanziario riscontrato, delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente, nell'ambito delle spese rimodulabili;
da tale riduzione cautelativa non risulta escluso espressamente il capito relativo ai contributi per le scuole paritarie che ha natura rimodulabile;
peraltro l'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, già aveva disposto una riduzione lineare, a decorrere dal 2011, di tutte le spese di natura rimodulabile, nella misura del 10 per cento -:
quali iniziative intenda adottare ai fine di garantire l'effettività del reintegro del capitolo di bilancio relativo ai contributi per le scuole paritarie, in caso di mancata vendita delle frequenze televisive digitali.
(5-04441)

BITONCI e MONTAGNOLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella pratica odierna dei rapporti commerciali tra soggetti economici il fenomeno della sponsorizzazione ha conosciuto significativo sviluppo nella prassi, in particolare nei settori sportivi e culturali;
l'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 ha riconosciuto espressamente alle pubbliche amministrazioni la possibilità di stipulare contratti di sponsorizzazione, al fine di favorire l'innovazione dell'organizzazione amministrativa e realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, purché detti contratti siano diretti a perseguire interessi pubblici e non cagionino conflitti di interesse tra attività pubblica e attività privata, comportando risparmi di spesa rispetto agli stanziamenti disposti;
in seguito, per gli enti locali, l'articolo 119 del decreto legislativo n. 267 del 2000 ha precisato che «in applicazione dell'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze e servizi aggiuntivi»;
il decreto-legge n. 78 del 2010, all'articolo 6, comma 8, afferma come «A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità»;
la Corte dei conti, sezione regionale della Lombardia, con sentenza del 23 dicembre 2010 ha chiarito che il divieto di sponsorizzazioni per le amministrazioni pubbliche stabilito con decreto-legge n. 78 del 2010, articolo 6, comma 9, non si applica ai contributi che i comuni elargiscono alle relazioni locali (sportive, ricreative, culturali, e altro) che svolgono attività nell'interesse della collettività e che rientrano nelle competenze dell'ente -:
se, considerata l'estrema importanza per gli enti locali di poter usufruire dell'istituto della sponsorizzazione, e valutato

altresì come il taglio esteso anche alle spese per manifestazioni, mostre e rappresentanza si traduca, oltre che in gravoso vincolo, anche in una limitazione dell'autonomia dei comuni, non ritenga, anche alla luce della recente sentenza della Corte dei conti sezione Lombardia, di assumere iniziative volte a rivedere le limitazioni sopra descritte.
(5-04442)

RUBINATO, BARETTA e MISIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la manovra di stabilizzazione economica e finanziaria realizzata nell'estate del 2010 dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha profondamente modificato il sistema delle sanzioni applicabili agli enti locali nelle ipotesi di mancato rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno per gli anni 2010 e successivi, integrando le disposizioni applicabili agli anni 2008-2011, ai sensi dell'articolo 77-bis, comma 20, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
prima delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2010, il sistema sanzionatorio per il mancato rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali, oltre a vincoli aggiuntivi alle spese correnti, alle assunzioni di personale e all'indebitamento, prevedeva che alla provincia o comune inadempiente fossero ridotti per un importo pari alla differenza, se positiva, tra il saldo programmatico e il saldo reale, e comunque per un importo non superiore al 5 per cento, i contributi ordinari dovuti dal Ministero dell'interno per l'anno successivo;
l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha invece previsto che in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e successivi i trasferimenti dovuti agli enti locali che risultino inadempienti nei confronti del patto di stabilità interno siano ridotti, nell'anno successivo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, stabilendo altresì che in caso di insufficienza dei trasferimenti, ovvero nel caso in cui fossero stati in parte o in tutto già erogati, la riduzione viene effettuata a valere sui trasferimenti degli anni successivi;
quest'ultima disposizione ha determinato un drastico inasprimento delle sanzioni applicabili agli enti locali per il mancato rispetto del patto di stabilità interno, che, unitamente al taglio dei trasferimenti erariali disposto dal comma 2 del medesimo articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, rischia di creare insormontabili problemi per gli enti locali interessati dalle riduzioni dei trasferimenti;
in particolare, la modifica del sistema sanzionatorio, pur applicandosi anche al caso del mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2010, è intervenuta solo alla fine del mese di maggio del medesimo esercizio e, quindi, al momento della sua entrata in vigore, gli enti locali avevano già approvato i propri bilanci di previsione ed avviato la realizzazione degli interventi previsti, tenendo conto delle assai più contenute sanzioni applicabili sulla base del previgente sistema sanzionatorio, non potendo ragionevolmente ipotizzare un inasprimento delle sanzioni delle dimensioni di quello realizzato dal decreto-legge n. 78 del 2010;
a seguito dell'applicazione delle sanzioni, numerosi comuni si troverebbero nella condizione di non poter approvare i propri bilanci di previsione per il 2011;
a fronte di tale difficile situazione, è quindi opportuno rivedere il sistema sanzionatorio per il mancato rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali, considerando altresì che tale revisione non dovrebbe determinare effetti negativi per la finanza pubblica, dal momento che gli andamenti tendenziali di finanza pubblica non dovrebbero tenere conto degli effetti di eventuali sanzioni a carico degli enti

locali, peraltro non considerati dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 78 del 2010 -:
se intenda assumere iniziative, anche di carattere normativo, per rivedere la disciplina delle sanzioni applicabili agli enti locali nelle ipotesi di mancato rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno, prevista dall'articolo 14, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevedendo in questo quadro, nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2010, l'applicazione delle sanzioni già in vigore alla data di approvazione dei bilanci di previsione o quantomeno un alleggerimento delle sanzioni stesse, in analogia a quanto stabilito per le regioni dall'articolo 1, comma 148-bis, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, inserito dall'articolo 2, comma 33, lettera del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, in ogni caso modificando conseguentemente il meccanismo di premialità previsto dal comma 122 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
(5-04443)

VI Commissione:

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel mese di ottobre 2010 è stata presentata la relazione di monitoraggio sullo stato del contenzioso tributario e sull'attività delle commissioni tributarie relativa all'anno 2009;
dalla lettura della detta relazione emergono alcuni dati rilevanti: il numero di ricorsi presentati nelle commissioni tributarie nel biennio 2008-2009 è aumentato dell'8,6 per cento, con un incremento presso le commissioni provinciali pari al 9,12 per cento e un incremento presso quelle regionali del 6,20 per cento; il tasso di litigiosità del contribuente è cresciuto nel triennio 2007-2009 in maniera costante, con alcune regioni che hanno un tasso più elevato come la Sicilia, la Campania, la Calabria ed il Lazio; in ordine alla tipologia dei tributi oggetto di ricorso, l'irpef, insieme con l'Ire, raggiunge il 18 per cento circa del totale; l'irap, anche in combinazione con altre imposte, raggiunge il 21,54 per cento, l'iva, singolarmente o in combinazione con altre imposte il 7,14 per cento;
focalizzando l'attenzione sulla provincia autonoma di Trento, si può evidenziare come il tasso di litigiosità, sebbene in aumento, sia il più basso d'Italia con 1,82 ricorsi per abitante, contro una media nazionale di 5,41; i ricorsi pervenuti in primo grado sono passati dai 662 del 2006 ai 1018 del 2009; il numero dei ricorsi pendenti è passato dai 648 di fine 2008 ai 1116 di fine 2009 in primo grado, mentre è passato da 142 a 245 in secondo grado;
altro dato interessante è quello sugli esiti dei giudizi delle commissioni: a livello nazionale i ricorsi definiti con esito interamente a favore del contribuente sono il 35,63 per cento in primo grado e il 44,21 per cento in secondo grado, mentre in provincia di Trento sono il 29,24 per cento in primo grado e il 28,46 per cento in secondo grado; è evidente, quindi, un forte scostamento tra i dati provinciali e le medie nazionali -:
se le evidenti differenze tra i dati della provincia di Trento e le medie nazionali siano da ascrivere ad una diversa efficienza del sistema della giustizia tributaria ed, in caso affermativo, quali indirizzi, per quanto di propria competenza, intenda adottare il Governo per realizzare un maggior equilibrio territoriale nei rapporti con i contribuenti.
(5-04438)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 31 commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30

luglio 2010, n. 122, ha previsto che, a partire dal 1o gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e del servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo;
il citato articolo stabilisce, inoltre, che per poter accedere alla compensazione diretta, è richiesto alle aziende di acquisire la certificazione dell'esistenza del credito, che dovrebbe essere rilasciata entro venti giorni, da parte della stessa amministrazione debitrice;
l'attuazione delle citate disposizioni è demandata a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'emanazione del quale, tuttavia, non è stato previsto alcun termine;
non si conoscono le ragioni per le quali, ad oggi, il decreto non sia stato ancora emanato e se esse siano riconducibili a difficoltà tecniche ovvero ai possibili effetti sulla finanza pubblica; non a caso, il decreto avrebbe dovuto «garantire il rispetto degli equilibri finanziari»;
si tratta di una norma attesa dal mondo produttivo: secondo alcune stime circolate lo scorso anno, i nuovi meccanismi di compensazione avrebbero potuto rimettere in circolo tra il sessanta ed i settanta miliardi di euro -:
se si sia conclusa la fase istruttoria e, pertanto, quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto di cui in premessa.
(5-04439)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i giornali stanno dando in questi giorni ampia evidenza alle forti polemiche in corso in seno al consiglio di amministrazione del gruppo Generali, relativamente ad una controversa operazione finanziaria con il Gruppo Ppf, riconducibile al finanziere ceco Petr Kellner, il quale detiene circa il 2 per cento del capitale sociale di Generali e siede nel consiglio di amministrazione del gruppo stesso;
in particolare, nel 2007 il gruppo Generali ha acquistato dal gruppo Kellner il 51 per cento delle sue attività assicurative, che versavano in quel momento in una difficile situazione finanziaria, confluite nella joint venture Generali Ppf Holding, concedendo al medesimo Kellner un'opzione a vendere (put) da circa 3 miliardi di euro, sul 49 per cento della predetta joint venture Generali Ppf, che lo stesso Kellner potrebbe rivendere a Generali nel 2014;
a testimonianza degli strettissimi rapporti finanziari esistenti tra il gruppo Generali e il gruppo Kellner, Generali ha effettuato investimenti comuni con il predetto Kellner nel primo gruppo assicurativo russo ed ha acquistato una partecipazione in una società energetica controllata dal medesimo soggetto, la Ep Holding;
il vice presidente del consiglio di amministrazione, Vincent Bolloré, ha sollevato forti dubbi circa la bontà e la trasparenza dell'operazione relativa alla joint venture Generali Ppf Holding, con particolare riferimento all'entità economica della predetta opzione, nonché sulle condizioni alla quale essa potrebbe essere esercitata nel 2014;
in tale contesto, le dichiarazioni di Bolloré hanno innescato una polemica con altri consiglieri di amministrazione di Generali, principali azionisti della società, nonché con il management della compagnia assicurativa;
in tale ambito i tre consiglieri indipendenti presenti nel consiglio di amministrazione di Generali hanno chiesto al presidente del medesimo consiglio di amministrazione Cesare Geronzi, di replicare ufficialmente alle valutazioni critiche espresse da Bolloré, accusando quest'ultimo, sostanzialmente, di aver diffuso al mercato informazioni fuorvianti in merito alla trasparenza contabile di Generali;

a fugare i dubbi e le incertezze che ormai da mesi caratterizzano la gestione e le scelte strategiche del gruppo Generali non sono valse le dichiarazioni, piuttosto generiche, dello stesso presidente Geronzi, il quale si è, del resto, segnalato per le critiche rivolte nei confronti dell'amministratore delegato del gruppo, Giovanni Perissinotto, nonché per essersi fatto promotore di talune iniziative che sembrano stravolgere le opzioni strategiche di fondo della gestione del gruppo, nonché porne potenzialmente a rischio la stabilità;
in tale clima di incertezza e confusione, la stampa riporta la notizia che la Consob, così come l'Isvap, starebbe svolgendo accertamenti in merito alla predetta operazione;
in particolare, secondo informazioni emerse sulla stampa, la Consob avrebbe sollecitato Generali a rendere immediatamente pubblica sul suo sito internet la nota integrativa al bilancio relativa alla opzione finanziaria sulla joint venture Generali Ppf Holding;
in considerazione della rilevanza cruciale che il gruppo Generali assume nell'ambito del sistema finanziario italiano, appare di fondamentale importanza assicurare la piena trasparenza sulla gestione del gruppo, a tutela degli interessi dei piccoli azionisti, nonché a garanzia del corretto funzionamento del mercato finanziario -:
di quali informazioni disponga in merito alla vicenda evidenziata e quali iniziative abbia assunto o stia assumendo la Consob, nell'esercizio delle proprie competenze, rispetto alla richiamata operazione finanziaria, al fine di assicurare al mercato un quadro informativo chiaro e trasparente in merito alla gestione finanziaria di quella che costituisce una tra le principali società italiane quotate, nonché il più importante gruppo assicurativo italiano, a tutela dei piccoli azionisti e degli investitori.
(5-04440)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
dell'attuale stanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, già ridotto quest'anno a 258 milioni di euro, ulteriori 27 milioni sono congelati in base a disposizioni derivanti dall'articolo 1, comma 13, della legge n. 220 del 2010;
in base a tale articolo, i 27 milioni non potranno essere utilizzati sino a fine anno, anche qualora la vendita delle frequenze televisive avesse buon esito;
sulla dotazione originaria del FUS pari a 258 milioni era già stato approntato uno schema di ripartizione su cui è atteso il parere della consulta dello spettacolo;
in base a questa ripartizione, alle fondazioni lirico-sinfoniche sarebbero andati 123 milioni (contro i 197 milioni dell'anno scorso), alle attività musicali 35 (contro 57 del 2010), alla danza 5,8 (contro 9), al teatro 42 (contro 76 dell'anno scorso), al circo 4 (anziché i 6 del 2010) e al cinema, che comprende anche Cinecittà, 48 (contro i 76 dell'anno scorso);
il Fondo unico dello spettacolo ha sofferto in questi anni di una serie di tagli che ne hanno ridotto in maniera considerevole e progressiva la dotazione;
in seguito a questa ulteriore riduzione di fondi le aziende del settore cinematografico e dello spettacolo, numerosi teatri ed altre istituzioni culturali rischiano la completa paralisi;
cultura e spettacolo costituiscono uno dei fattori distintivi dell'Italia nel mondo e necessitano di accurata tutela attraverso stanziamenti adeguati di risorse -:
se non si ritenga necessario ed urgente assumere le necessarie iniziative normative per riconsiderare la decisione del congelamento dei finanziamenti destinati al Fondo unico per lo spettacolo individuando fonti alternative per garantire il ripristino della dotazione prevista originariamente.
(5-04422)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONTAGNOLI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un'indagine condotta da ANCI Veneto, relativa all'addizionale IRPEF dell'anno 2007, a cui ha risposto più del 25 per cento dei comuni veneti, si rileva come oltre il 65 per cento degli enti ha ricevuto mediamente circa 42.000 euro in meno di quanto registrato in bilancio, per un ammontare complessivo di oltre 16 milioni di euro;
dalla stessa indagine si rileva come oltre il 55 per cento dei comuni ha ricevuto mediamente circa 89.000 euro in meno di quanto spettante sulla base dell'applicazione dell'aliquota della compartecipazione sul complesso dell'ammontare IRPEF 2007, rilevato dai dati ministeriali, per un ammontare complessivo, a livello regionale, di oltre 28 milioni di euro;
fino al 31 dicembre 2007, l'addizionale veniva versata dai contribuenti e sostituti d'imposta che utilizzavano il modello di versamento F24, senza indicare il comune beneficiario del versamento e le somme riscosse tramite F24 venivano riversate dall'ufficio struttura di gestione dell'Agenzia delle entrate sull'apposita contabilità speciale n. 1903 gestita dal Ministero dell'interno; le somme complessivamente affluite sulla citata contabilità speciale n. 1903 venivano, infine, ripartite tra i comuni beneficiari a cura del Ministero dell'interno, entro l'anno successivo a quello in cui era stato effettuato il versamento, sulla base dei dati statistici relativi all'anno precedente, forniti dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 giugno, secondo quanto previsto dal comma 7 dell'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360;
a partire dal 1o gennaio 2008 sono state introdotte le nuove modalità di versamento delle addizionali comunali all'IRPEF e da allora non sono stati registrati mancati incassi di somme da parte dei comuni;
ad un'interrogazione del maggio 2010, veniva risposto che l'Agenzia delle entrate avrebbe proceduto all'erogazione delle somme mancanti, senza però specificare tempi e metodi -:
quali siano i tempi per l'erogazione da parte dell'Agenzia delle entrate del saldo dell'addizionale all'IRPEF relativa al 2007.
(4-11313)

GNECCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con lettera dell'Agenzia delle entrate - direzione centrale del personale, datata 14 marzo 2011 (prot. n. 2011/42376) è stato disposto il collocamento in posizione di esonero dal servizio dal 1° aprile 2011 della dipendente Renata Debertol - ai sensi dell'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, senza che alla stessa venga riconosciuta, nel calcolo del trattamento economico di esonero, l'indennità di bilinguismo;
la dipendente di cui sopra, che opera in provincia di Bolzano, percepisce la cosiddetta indennità di bilinguismo (legge n. 1165 del 1961), che rientra nel trattamento economico fondamentale ed è corrisposta con carattere fisso e continuativo, facendo parte della retribuzione individuale mensile dei dipendenti pubblici che operano in provincia di Bolzano, ove il bilinguismo è costituzionalmente riconosciuto;
tutte le altre amministrazioni pubbliche hanno inserito, ai dipendenti posti in esonero dal servizio nei termini di cui sopra in provincia di Bolzano, l'indennità di bilinguismo nella base di calcolo per la determinazione del trattamento economico di esonero;
la decisione dell'Agenzia delle entrate sta comportando incertezze fra il personale che non comprende questa disparità

di trattamento, a fronte di comportamenti più coerenti con le norme da parte delle altre amministrazioni pubbliche -:
come si intenda intervenire per sanare una situazione di difforme applicazione della norma richiamata per i dipendenti pubblici in provincia di Bolzano.
(4-11331)

ROSATO e GIACOMELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a causa della grave crisi di regime che sta da più di trenta giorni investendo la Libia, numerose imprese italiane, pubbliche e private, si trovano di fatto nell'impossibilità di esigere i loro crediti nei confronti di imprese di Stato libiche e/o autorità statali libiche, anche per gli effetti della risoluzione delle Nazioni Unite che ha bloccato tutte le risorse finanziarie collegate a Gheddafi e alla sua famiglia;
pertanto una tale situazione rischia di avere delle conseguenze esiziali per i bilanci delle medesime imprese e per i livelli occupazionali degli addetti a causa dell'interruzione nel flusso del credito dovuto all'incertezza ed instabilità della situazione;
in questi anni molte imprese sono state spinte ad investire in Libia anche per i rafforzati rapporti istituzionali e politici che si sono creati tra il nostro Governo e Gheddafi;
gli investimenti e i depositi collocati in Italia e direttamente riconducibili a fondi sovrani libici o ad altre autorità comunque riconducibili alla nazione libica sono ingenti e rilevanti e il Governo dopo una mappatura puntuale e dettagliata, avrebbe dovuto disporne il blocco -:
se, nel rispetto delle convenzioni stipulate e del diritto internazionale pubblico e privato, il Governo e, nella fattispecie il Ministro dell'economia e delle finanze - utilizzando anche il lavoro di ricognizione che il Ministero degli affari esteri e Confindustria stanno svolgendo - e in attesa di una ridefinizione dei rapporti con un nuovo auspicabile Governo libico, ritenga opportuno considerare le partecipazioni e i depositi indicati nella premessa come risorse vincolabili a favore del sistema bancario a garanzia dei crediti maturati ed esigibili delle nostre imprese.
(4-11345)

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il comune di Carife (Avellino) è stato incluso nell'elenco dei comuni «gravemente danneggiati» dal sisma del 23 novembre 1980 e per tale motivo, fu ammesso a fruire dei finanziamenti di cui alla legge n. 219 del 1981 e successive modificazioni, dall'anno 2001 all'anno 2006;
gli stanziamenti ottenuti a favore della ricostruzione furono ripartiti dal consiglio comunale con proprie deliberazioni:
delibera CIPE n. 46/2001 di euro 1.042.726,48, riparto operato con deliberazione del consiglio comunale n. 8 del 2002;
delibera CIPE n. 123/2003 di euro 600.000,00 riparto operato con deliberazione del consiglio comunale n. 34 del 2004;
delibera CIPE n. 37/2006 di euro 700.000,00 riparto operato con deliberazione del consiglio comunale n. 2 del 2007;
gli stanziamenti di cui alla legge n. 219 del 1981 e successive modificazioni sono «fondi a destinazione vincolata e a contabilità speciale» e quindi da impiegarsi esclusivamente per le finalità stabilite dalla legge;
il totale degli stanziamenti, ammontante a 2.342.726,48 euro doveva essere impiegato principalmente per l'assegnazione

di decreti di ricostruzione a favore dei soggetti terremotati inclusi negli elenchi delle priorità a) e b) dell'articolo 3 della legge n. 39 del 1992, così come prescritto dalla legge e determinato dal consiglio comunale con le deliberazioni sopra citate;
dalla scheda «Movimenti e situazioni relativi al mese di luglio 2009 - contabilità speciale comune di Carife legge n. 219/81» della Banca d'Italia - Tesoreria dello Stato - Sezione di Avellino, risulta che tali stanziamenti siano stati tutti spesi senza che un decreto di ricostruzione o di riparazione sia stato assegnato;
gli ultimi decreti di ricostruzione erogati dal comune di Carife risalgono, infatti, all'anno 2002, ma nessuno di essi risulta liquidato con i fondi assegnati dal CIPE nell'anno 2001 (delibera CIPE n. 46/2001) ma con fondi della delibera CIPE n. 163/1999;
gli stanziamenti assegnati al comune di Carife con le delibere CIPE sopra citate dovevano essere impegnati così come stabilito e ripartito dalle deliberazioni consiliari del comune sopra citate;
il comune di Carife non ha mai adottato provvedimenti modificatori di quanto precedente mente deliberato;
la parte di finanziamenti destinati all'assegnazione di buoni/contributi ai cittadini aventi diritto era di 1.699.044,86 euro, e, per quanto risulta all'interrogante, nessuna erogazione di decreti di ricostruzione o di riparazione è arrivata agli stessi;
dalla Banca d'Italia, tesoreria dello Stato, sezione di Avellino dal 2002 ad oggi, i fondi della legge n. 219 del 1981 sono stati puntualmente prelevati dal comune di Carife con la precisa motivazione di destinazione degli stessi per l'edilizia privata connessa con il sisma;
allo stato attuale la disponibilità di cassa, relativa alla contabilità speciale della legge n. 219 del 1981 del comune di Carife, presso la tesoreria provinciale della Banca d'Italia di Avellino, e pari alla somma di euro 0,00;
dalla documentazione contabile si desume che ai fondi di cui alla legge n. 219 del 1981 e successive modificazioni, il comune di Carife attinge per il pagamento di proprie spese gestionali che dovrebbero, invece far capo ad altri capitoli del bilancio ordinario -:
se i Ministri non ravvisino la necessità di effettuare i rilievi e gli accertamenti necessari a verificare la situazione sopra esposta in considerazione dell'imminente ulteriore accreditamento da parte del CIPE di fondi ex legge n. 219 del 1981 e successive a favore del comune di Carife.
(4-11349)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è nota da molto tempo la grave situazione in cui versano le carceri italiane sia a causa del generale sovraffollamento e quindi dell'insufficienza delle strutture a fronte di una popolazione penitenziaria in costante aumento, sia per la carenza di personale amministrativo e di polizia e di una sua non funzionale distribuzione;
la forzata convivenza in pochi metri quadrati di detenuti giovani e adulti, di imputati e condannati, di diverse razze e religioni, di soggetti sani e con problemi psichiatrici, e la compressione dei diritti fondamentali della persona sfociano spesso in episodi di forte tensione e di autolesionismo e in aggressioni verso i poliziotti, senza contare l'alto numero di suicidi, circa 31 da inizio anno, e di tentati suicidi;
per far fronte a tali emergenze il Consiglio dei ministri ha deliberato da più di un anno un piano penitenziario straordinario,

finalizzato alla costruzione di nuove strutture carcerarie, mentre nella recente relazione alle Camere, il Ministro della giustizia, nell'indicare le criticità, ha annunciato un piano per 1.800 nuove assunzioni di agenti penitenziari;
tale preoccupante situazione coinvolge anche i sette istituti penitenziari marchigiani che, secondo i dati pubblicati nella relazione del Garante dei diritti dei detenuti delle Marche vedono la presenza, a dicembre 2010, di 1.166 detenuti a fronte di una capienza regolare di 747 unità e di una capienza tollerata fino a 995 unità;
il personale di polizia ivi impiegato è sottodimensionato (si parla di una carenza di circa 183 agenti) e costretto ad operare all'interno di strutture fatiscenti, dove, nel 2010, si sono registrati 4 casi di suicidi;
particolarmente difficile è la situazione in cui versa il carcere di Montacuto di Ancona dove i reclusi sono 365, contro una capienza regolamentare di 172 e una capienza massima tollerabile di 313 unità e dove negli ultimi mesi si sono registrati anche tentativi di evasione;
preoccupanti sono altresì le condizioni di vita nelle strutture carcerarie di Ascoli Piceno e di Fermo, dove più detenuti sono costretti a convivere nella stessa cella, in locali a dir poco malsani;
nelle Marche esistono due strutture altamente sottoutilizzate per carenza di organico della polizia penitenziaria e, precisamente, il carcere di Barcaglione di Ancona, con 180 celle di detenzione pronte ma di fatto inutilizzate, e la ex casa mandamentale di Macerata Feltria, che ospita mediamente 20 detenuti rispetto ad una potenzialità di circa 60;
le strutture di Barcaglione e Macerata Feltria, se dotate di adeguato organico di polizia penitenziaria, potrebbero immediatamente rispondere al drammatico fabbisogno di una maggiore ricettività del sistema carcerario della regione;
la realizzazione entro il 2013 del nuovo carcere di Camerino, inserito nel piano governativo di interventi per l'edilizia penitenziaria e che ospiterà circa 450 detenuti, seppur necessaria, sarà in grado di attenuare, ma non di risolvere completamente, e comunque non nell'immediato, la grave situazione carceraria marchigiana -:
se il Ministro interrogato, in attesa dell'effettiva realizzazione del cosiddetto «piano carceri» e dell'assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria, intenda assicurare una distribuzione più efficiente delle risorse umane e materiali esistenti e se, nel caso specifico delle Marche, quest'opera di razionalizzazione possa consentire l'utilizzo delle strutture carcerarie di Macerata Feltria, al fine di risolvere, almeno in parte e nell'immediato, il grave problema del sovraffollamento carcerario delle Marche.
(5-04410)

GHIZZONI, MIGLIOLI, LEVI e SANTAGATA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come è stato più volte riconosciuto in diverse autorevoli sedi, il tribunale di Modena dispone di un organico del tutto inadeguato, quanto a giudici e a personale amministrativo, pur rispondendo alle esigenze di un territorio tra i più evoluti del Paese sul piano economico-sociale;
in un precedente atto di sindacato ispettivo (3-01194 del 21 luglio 2010 a firma Miglioli, Ghizzoni, Levi, Santagata) a tutt'oggi senza risposta, si chiedeva al Ministro interrogato quali misure intendesse adottare a seguito del trasferimento di 4 magistrati (su una pianta organica di 35) ad altra sede senza previsione di sostituzione;
in particolare, con il trasferimento tra marzo e giugno del 2009 di tre giudici addetti al dibattimento penale - e che avevano standard molto elevati per quanto attiene alle decisioni, pari a circa mille sentenze all'anno - si sono ulteriormente aggravati i carichi di lavoro dei sei giudici

rimasti in servizio, con le evidenti conseguenze - ad oggi - di allungamento dei tempi nello smaltimento delle cause e di concreto rischio di prescrizione per numerosi processi. In tale contesto, anche il personale di cancelleria è da tempo sottoposto a ritmi di lavoro frenetici e affannosi;
ancora più grave è la carenza di personale amministrativo: rispetto al previsto organico di 119 unità nel 2005, si è passati a 112 nel 2007, con una ulteriore riduzione fino a 105 unità nel 2010. Attualmente sono presenti solo 81 unità, pertanto la scopertura del personale amministrativo è al 23 per cento. È facile immaginare il carico insopportabile di lavoro che grava sul personale in servizio - che non si risparmia per contenere la riduzione delle attività operative e per attenuarne le ricadute sull'utenza - ma che non può materialmente sopperire alla mancata sostituzione di un quarto degli addetti previsti;
in relazione alla dotazione organica di magistrati e personale amministrativo, le ordinarie ispezioni ministeriali hanno accertato un livello di produttività dell'ufficio superiore alla media. Tuttavia, alla progressiva carenza di personale sopra evidenziata, corrisponde un costante aumento del carico di lavoro, come possono dimostrare i dati nel biennio 2009 e 2010. Ad esempio, le cause al tribunale del lavoro sopravvenute sono state rispettivamente 598 e 817 (con un incremento di quelle esaurite: da 794 a 815); le esecuzioni mobiliari presentate sommano a 2760 e 2969 (con incremento, anche in questo caso, di quelle esaurite: da 2766 a 2869); analoga sorte per quelle immobiliari che sono passate da 547 a 812 (stabile il numero di quelle esaurite), mentre le procedure di fallimento sono state 169 e 180 (quelle esaurite 192 e 215). Le nuove cause penali sono state 3030 nel 2009 e 3587 nel 2010 (con un rallentamento nello smaltimento, che passa da 3379 a 2943, per i motivi precedentemente espressi), mentre quelle in carico al GIP sono state 9480 e 12605 (in questo caso si assiste ad una forte accelerazione dell'esaurimento dei procedimenti: 5723 nel 2009 a fronte dei 13676 nel 2010);
i dati sopra riportati dimostrano inoltre che l'aggravarsi della crisi economica, abbattutasi con particolare durezza su un distretto produttivo molto dinamico, ha determinato una maggiore richiesta di giustizia. La situazione appare preoccupante soprattutto nel settore delle esecuzioni mobiliari e immobiliari, per il quale si assiste ad una vera impennata delle sopravvenienze. Quanto al settore fallimenti e alle procedure concorsuali in genere, a seguito della riforma della legge fallimentare, le cause riguardano il più delle volte aziende di dimensioni economiche di rilievo, con ovvie ricadute negative sull'occupazione;
nonostante le difficoltà espresse in premessa, il tribunale di Modena ha affrontato positivamente l'introduzione di strumenti informatici per la gestione digitalizzata dei fascicoli relativi a procedimenti penali in fase di indagini preliminari e per la creazione di un archivio digitale della procura della Repubblica, grazie al fattivo contributo delle istituzioni territoriali e del sistema bancario locale (fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola, fondazione di Vignola, camera di commercio, comune di Modena, regione Emilia Romagna). In particolare, l'informatizzazione di parte dell'attività del settore civile è stata resa possibile attraverso la «Fondazione Modena Giustizia» (che annovera tra i soci fondatori: camera di commercio, Banca popolare dell'Emilia Romagna, Banca popolare di Verona - S. Geminiano e S. Prospero, Unicredit Banca, Ordine degli avvocati di Modena e Ordine dei dottori commercialisti), espressione tangibile di un territorio che partecipa al bisogno di giustizia del proprio territorio: la fondazione si è fatta carico degli strumenti informatici necessari per attivare i decreti ingiuntivi telematici (che consentono il recupero del credito in tempi brevissimi), le notifiche telematiche (che comportano un rilevante risparmio di risorse

economiche per lo Stato) e, da ultimo, le esecuzioni immobiliari telematiche (che consentiranno di incrementare le vendite degli immobili con soddisfazione del credito). Da ultimo, grazie ad un protocollo d'intesa tra provincia di Modena, tribunale e procura della Repubblica è stato possibile utilizzare lavoratori in mobilità per sostenere i suddetti progetti di innovazione tecnologica;
a fronte dell'impegno profuso dal personale e dalle istituzioni locali, tocca rilevare purtroppo l'assenza dell'amministrazione centrale;
in due successivi atti di sindacato ispettivo (3-00190 del 31 luglio 2008 e n. 3-00581 del 3 marzo 2009 presentati al Senato a firma Barbolini-Bastico, a tutt'oggi senza risposta) veniva chiesto se il Governo ritenesse opportuno, in linea con quanto previsto da una norma della legge finanziaria per il 2008, applicare un criterio premiale per trasferire al tribunale di Modena una parte significativa delle risorse economiche introitate dall'attività giudiziaria svolta in quella sede, pari a 1.005.113 euro nel 2006, da destinare al potenziamento delle dotazioni degli uffici giudiziari, all'aumento del personale in organico, ampiamente insufficiente alle esigenze del tribunale, e alla costruzione di nuove sedi per svolgimento dell'attività giudiziaria;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo. A tal fine, è necessario assicurare un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è indispensabile stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia -:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato al fine di risolvere la situazione di carenza di magistrati e di personale amministrativo del tribunale di Modena.
(5-04416)

RENATO FARINA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il detenuto Edmondo Di Biasio nato a Taranto in data 1o settembre 1935, detenuto a Biella, si trova in uno stato di salute fisico e psichico che desta serie preoccupazioni ai suoi familiari;
respinta l'istanza di arresti domiciliari il 17 novembre 2010, si trova in carcere nonostante nella perizia del dottor Ambrogio Pennati psichiatra, nella quale già lo scorso 29 settembre 2010 si affermava che «appare necessaria e improrogabile l'attivazione di un programma terapeutico atto ad evitare l'aggravamento acuti, potenzialmente letale, del quadro clinico rilevato»;
oltre alle patologie legate all'età, ha un grave deficit visivo e acustico, grave eduntulia, difficoltà di deambulazione e dall'inizio della detenzione ad oggi ha perso molto peso (circa 20 chili);
già operato nel 1994 per un tumore al colon in occasione di un episodio di emorragia intestinale non è stato portato in ospedale né visitato come sarebbe stato effettuato nei confronti di qualsiasi paziente;
presentate da tempo adeguate richieste alla direzione del carcere, è in attesa di poter eseguire una biopsia per problemi diagnosticati alla prostata, di poter ricevere - se non una dieta diversa rispetto agli altri detenuti - almeno il cibo che gli porterebbero i suoi familiari, di poter essere spostato in una cella dove ci sia acqua calda -:
se questo stato di cose corrisponda alle informazioni in possesso del Ministero;
se tutto ciò sia compatibile con gli standard minimi di condizioni vivibili di detenzione;
se e come si intenda procedere perché siano fornite al detenuto le cure adeguate nel rispetto del suo stato di salute come diritto costituzionalmente garantito.
(5-04433)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCHIRRU, MELIS, PES, FADDA, CALVISI e MARROCU. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nonostante le numerose sollecitazioni d'intervento, la situazione nelle carceri sarde non migliora: ai disagi e alla precarietà - spesso dovuta alle carenze strutturali e degli organici del personale, che deve prestare servizio per garantire correttamente le attività - si aggiunge da qualche tempo la protesta dei medici di guardia Sias (Servizio integrativo di assistenza sanitaria) e degli infermieri parcellisti che lavorano senza percepire lo stipendio. Dall'inizio dell'anno non vengono pagate le retribuzioni. Un problema che si ripropone e che puntualmente sembra avviato sulla strada della soluzione, salvo tornare nelle stesse condizioni di prima;
come si apprende dalla stampa e da alcuni incontri avuti con il personale medico, negli ultimi giorni è circolata la notizia che l'assessorato regionale alla sanità avrebbe stanziato dei fondi per la sanità penitenziaria, ma nella realtà mancano certezze su come e da chi verranno gestiti, in virtù del fatto che le competenze non sono state erogate ai medici, psicologi ed infermieri parcellisti (che poi sono quelli che garantiscono la cosiddetta «continuità assistenziale» ai detenuti che popolano gli istituti penitenziari sardi). Così i medici parcellisti che lavorano nelle carceri isolane continuano a lavorare senza stipendio e senza risposte: solo la professionalità e l'abnegazione hanno portato i medici a continuare ad assicurare un servizio fondamentale per le persone in carcere;
non si hanno notizie in Sardegna del passaggio della medicina penitenziaria al sistema sanitario nazionale, nonostante il decreto, datato 1o aprile 2008, che detta il percorso. Sardegna e Sicilia sono le uniche due regioni in Italia che ancora non hanno attuato il passaggio. Dopo il lungo e travagliato iter per la stesura in commissione paritetica e l'approvazione a maggioranza del consiglio regionale della Sardegna, conclusosi però ben oltre due mesi fa, è gravissimo il ritardo accumulato dal Consiglio dei ministri sulla norma di attuazione per il trasferimento definitivo della sanità penitenziaria dallo Stato alla regione;
la medicina penitenziaria versa in condizioni di assoluta precarietà per mancanza di mezzi e risorse e i medici, gli infermieri, e psicologi che lavorano nei 206 istituti penitenziari italiani continuano a portare avanti con difficoltà un'opera particolarmente importante e delicata a tutela della salute della popolazione detenuta, sebbene impossibilitati a provvedere al rinnovamento delle strutture e all'adeguamento del personale in sotto organico;
il 13 febbraio 2011 è andata in onda su Rai 3 la trasmissione «PresaDiretta» del giornalista Riccardo Iacona dedicata alla questione delle carceri italiane, nell'ambito della quale sono state raccolte numerose testimonianze che hanno evidenziato in particolar modo il problema del sovraffollamento nelle carceri. Inoltre, dalla suddetta trasmissione, si apprende che negli appalti milionari delle carceri in Sardegna compare il nome dell'Anemone Costruzioni e soci, tristemente nota per essere al centro dello scandalo dei lavori del G8;
la consegna dei lavori iniziati a novembre del 2006, inizialmente ipotizzata per giugno 2011, era già stata preceduta da contrasti e ricorsi amministrativi dei proprietari delle aree espropriate. Da un articolo de La Nuova Sardegna del 12 marzo 2011, risulta anche che l'apertura del nuovo carcere slitti al 2012 a causa dei ritardi del cantiere;
è stato evidenziato «un problema di spazi, modesti in rapporto alla futura popolazione carceraria e agli organici di polizia penitenziaria, agenti, funzionari, psicologi e altro personale. Celle, uffici, sale per gli agenti, laboratori e strutture dove fare sport, sale comuni e sale colloqui, tutto sembra ridotto al minimo. In più, finestre e aperture verso l'esterno

sono troppo ristrette». Inoltre, sono ancora in fase di costruzione le strade di accesso al carcere e per via della discarica ubicata nei pressi, l'ambiente è malsano e insalubre e gli odori sono insopportabili, oggi per gli stessi operai del cantiere, ma un domani lo saranno per tutta la popolazione carceraria: detenuti e agenti;
non si sa nulla rispetto agli arredi interni, e non è stato preso in considerazione il problema degli organici, che dovranno essere comunque incrementati in modo che non si lavori subito in piena emergenza. Già oggi il numero degli agenti in servizio a Buoncammino è chiaramente sottodimensionato rispetto alle esigenze. Non è stato fatto neppure lo studio delle cosiddette «fasi di servizio», che mette in conto degli organici un 35 per cento in più per le necessarie ferie, i congedi e i riposi;
la necessità di risparmiare ha provocato anche questo tipo di problemi, moltiplicando quindi le proteste da parte della commissione interna degli agenti che lamentano mancanza di «dignità a chi lavora nel carcere ma anche a chi sconta la pena»;
nel progetto iniziale erano previsti 550 posti per detenuti (400 comuni, 100 ad alta sicurezza, 30 riservati alle donne e 30 ai reclusi in semilibertà). Ad aggiudicarsi la gara, inizialmente fissata su 72 milioni di euro, è stata la società Opere pubbliche. I lavori sono stati divisi in due fasi per un costo complessivo di 85 milioni di euro. Il primo gruppo da 42 milioni di euro è stato completato. Nella seconda fase da 43 milioni di euro sono realizzati aumenti di volumetrie. Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) aveva fissato i tempi dei lavori, che dovevano essere conclusi entro marzo 2011, ma che, è noto, slitteranno di circa sei mesi;
nel nuovo istituto di pena dovrebbero essere realizzati anche gli edifici destinati agli agenti di polizia penitenziaria e al personale amministrativo. Il progetto prevede la costruzione di sei palazzine dove saranno alloggiati circa 80 poliziotti. Ancora, non si conosce con quale personale verrà gestito e se saranno realizzate le infrastrutture necessarie ad assicurare il trasporto del personale e dei parenti in visita;
in assenza ancora del nuovo provveditore regionale, parrebbe che nel nuovo carcere saranno ospitati anche i detenuti che scontano condanne di mafia e terrorismo. Per cui, dalla data di consegna al netto dei collaudi del carcere di Uta, potranno arrivare i boss di Cosa Nostra, della camorra e della 'ndrangheta nella sezione di massima sicurezza che dovrà essere predisposta allo scopo. Un problema che si aggiunge ai tanti segnalati dai sindacati e dalle tante interrogazioni parlamentari a cui non si dà risposta -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sta accadendo in Sardegna e nel Paese in merito alla sanità penitenziaria e se non ritenga di promuovere apposite ed urgenti iniziative ispettive;
quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di scongiurare l'ipotesi sospensione della somministrazione delle cure ai detenuti negli istituti della regione Sardegna e per dare effettiva attuazione alla riforma della medicina penitenziaria;
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa inerenti al carcere di Uta e quali iniziative intenda adottare per rimediare ai problemi sopra evidenziati;
quali informazioni sia in grado di fornire sul nuovo carcere di Uta, in particolare quale sarà l'organico previsto per le diverse funzioni, se si stiano realizzando le infrastrutture necessarie ad assicurare il trasporto del personale e dei parenti in visita nel piccolo comune in provincia di Cagliari e se la notizia del trasferimento dei detenuti in regime di 41-bis corrisponda al vero.
(4-11317)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 16 marzo 2011, il quotidiano La Città di Salerno ha riportato una notizia che faceva riferimento ad una lettera inviata al giornale dai detenuti tossicodipendenti del carcere Fuorni di Salerno;
nell'articolo intitolato «Lettere: i detenuti tossicodipendenti di Salerno; qui non è garantito il diritto alla salute» si leggeva: «Il diritto alla salute è un diritto non garantito ai carcerati». È un disperato appello quello che arriva dai carcerati della seconda sezione tossicodipendenti del carcere di Salerno. «Siamo costretti in otto in una cella di pochi metri quadrati per oltre 22 ore al giorno - scrivono tre detenuti in una lettera al nostro giornale. Siamo costretti a subire intimidazioni e minacce, mentre noi vorremmo solo riuscire, con l'aiuto delle istituzioni competenti, ad uscire dal tunnel della droga ed avere una vita migliore, ma tutto questo non è possibile», I detenuti sottolineano come il carcere sia «una non risposta» delle istituzioni ai problemi sociali. Un luogo, tra l'altro, «con condizioni disumane, senza la possibilità di essere visitati e curati dai medici. Veniamo rinchiusi in una cella come si fa in un canile e spesso abbandonati a noi stessi, calpestando la nostra dignità». Ma, anche in una struttura carceraria, la salute dovrebbe essere un diritto garantito ad ogni individuo. In particolare per persone tossicodipendenti che necessitano di maggiore attenzione.»;
già nella visita ispettiva effettuata il 19 aprile del 2010, la prima firmataria del presente atto aveva rappresentato al Ministro della giustizia le difficilissime condizioni di vita all'interno del carcere salernitano e, in particolare, dello stato in cui si trovavano (e, a quanto pare, si trovano ancora) i detenuti tossicodipendenti;
nell'interrogazione del 4 maggio del 2010 n. 4-07052 (che a distanza di quasi un anno non ha ancora ricevuto risposta), l'interrogante rimarcava in particolar modo la condizione di forte sofferenza fisica e psicologica in cui si trovavano i detenuti tossicodipendenti che allora erano 91 su 501 ristretti; nell'interrogazione, si chiedeva «se e quali urgenti iniziative di carattere normativo e/o amministrativo il governo intendesse adottare al fine di creare i cosiddetti istituti di custodia attenuata per i detenuti tossicodipendenti, così come previsto dalla mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio del 2010» e «se non ritenesse necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull'ordinamento penitenziario al fine di assicurare, attraverso una maggiore personalizzazione del trattamento, una "detenzione giusta", rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali degli individui, se del caso, istituendo in ogni carcere degli appositi presidi specializzati per prevenire il rischio delle morti violente e le altre emergenze legate ai disagi psicologici dei detenuti, in specie di quelli tossicodipendenti»;
purtroppo, non solo le domande rivolte al Governo non hanno avuto risposta, ma per quel che riguarda i tossicodipendenti le condizioni sembrano addirittura peggiorate se corrisponde al vero che questa tipologia di detenuti trascorre in cella ben 22 ore al giorno, che questa permanenza è in spazi angusti di pochi metri quadrati e che l'assistenza sanitaria è del tutto carente -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
cosa intenda fare per assicurare il rispetto dei diritti umani dei detenuti tossicodipendenti nel carcere di Fuorni e, più in generale negli istituti penitenziari italiani tenuto conto degli impegni presi con la mozione n. 1-00288 approvata dalla Camera dei deputati il 12 gennaio del 2010.
(4-11326)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco Sparaccio, nato a Brindisi l'11 giugno 1957, è deceduto il 6 marzo 2011 presso la casa circondariale di Carinola (Caserta), per cosiddette «cause naturali», apparentemente un infarto;
detenuto dal 2003 e condannato in via definitiva alla pena dell'ergastolo, dopo un breve periodo presso la casa circondariale di Lecce, Francesco Sparaccio era stato trasferito a Carinola, dove aveva manifestato seria preoccupazione per il suo stato di salute, accusando strani malesseri allo stomaco;
nell'ultimo anno le sue condizioni di salute erano peggiorate al punto che il detenuto chiedeva espressamente di essere visitato, di effettuare dei controlli e in tutta risposta - per come lo stesso riferiva alla convivente Margherita Russo durante i colloqui - otteneva medicinali dalla posologia poco chiara che, a dire dei sanitari dell'istituto, gli avrebbero placato i dolori, medicinali che per un periodo il detenuto avrebbe acquistato anche a proprie spese;
negli ultimi mesi le condizioni di salute erano peggiorate tanto che a suo dire spesso non riusciva ad alzarsi dal letto e a compiere le ordinarie occupazioni e attività e tanto avveniva sempre nella sua cella, nella sezione in cui era ubicato e tanto alla convivente veniva ripetutamente riferito durante i colloqui anche dagli altri detenuti o dai familiari di questi;
«Erano mesi che cercava un disperato aiuto per essere curato. Sveniva, vomitava sangue, aveva un gonfiore allo stomaco che sembrava una palla, ma non c'era niente di quella flebile salute che allarmasse veramente un dottore», ha detto la convivente Margherita Russo in un'intervista pubblicata dal Quotidiano di Puglia l'8 marzo 2011. La donna ha aggiunto: «Ho visto Franco per l'ultima volta il 18 febbraio, era affaticato, irriconoscibile... Non era più lui. La settimana dopo, il 25 febbraio, mi ha chiamato a casa intorno alle 17. Diceva che aveva ancora dolori, sempre più forti, tanto da voler smettere di prendere farmaci: «Mi sto intossicando, ogni mattina vomito schiuma, peggioro sempre più, si era lamentato in quei dieci minuti di telefonata». A quanto pare, la malattia di Franco Sparaccio non era nemmeno recente. «Quattro anni fa ero andata a trovarlo per un colloquio ma gli era stato negato perché stava tanto male che non poteva alzarsi dal letto», ha detto la convivente;
nel mese di dicembre-gennaio scorsi, proprio a causa del suo malessere e degli intensi dolori, Francesco Sparaccio si era recato in infermeria e qui aveva ribadito al medico il suo malore, i mancamenti continui e i dolori insopportabili a livello addominale e, a suo dire, il medico gli avrebbe appoggiato la mano sul ventre per poi rassicurarlo consigliandogli la prosecuzione della terapia;
in questa occasione, forse a causa dell'effettivo malessere accumulato e a fronte della per lui inadeguata risposta, il detenuto aveva chiesto con forza di essere visitato con più accuratezza e/o di essere ricoverato presso un ospedale per una diagnosi più approfondita, giungendo anche a usare violenza fisica contro il medico dell'istituto che aveva ignorato la sua richiesta di aiuto, ragion per cui l'amministrazione penitenziaria, in quell'occasione, lo aveva anche punito con la sanzione disciplinare dell'isolamento per 5 giorni;
il detenuto ha anche riferito alla convivente che tra il mese di dicembre e gennaio aveva avuto due svenimenti preceduti da forti dolori al petto e all'addome e la situazione si era risolta, in un caso, con il trasporto in ospedale in cui gli sarebbe stato effettuato solo un tracciato (nessun prelievo di sangue per la ricerca di eventuali alterazioni degli enzimi sentinella di un infarto) seguito dal consiglio di

assumere all'occorrenza dell'acqua mista a zucchero e, nel secondo episodio, con il trasferimento in infermeria, dove i medici dell'istituto avrebbero semplicemente provveduto a misurare i parametri della pressione arteriosa;
affinché si facesse qualcosa per diagnosticare l'origine del suo male, la convivente di Francesco Sparaccio si rivolgeva all'avvocato Daniela d'Amuri di Brindisi che, in data 25 gennaio 2011, redigeva una istanza che la stessa convivente personalmente spediva a mezzo posta al magistrato di sorveglianza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, istanza nella quale si chiedeva di voler ordinare il ricovero del detenuto in ospedale ovvero l'ingresso in carcere di un medico specialista esterno affinché lo visitasse e prescrivesse dei controlli più accurati;
in data 6 marzo 2011, per come riferiscono alcuni compagni di detenzione e per come questi hanno dichiarato a mezzo di missive inviate alla convivente del detenuto e all'avvocato Daniela d'Amuri, sarebbe accaduto che intorno alle ore 14,00 Sparaccio Francesco unitamente ad altri detenuti lasciava la sua cella per recarsi nella zona «passeggio» dove ha accusato un lancinante dolore al petto e alla gamba;
l'agente addetto in quel momento al controllo dei detenuti «a passeggio» è intervenuto e ha accompagnato (a piedi) il detenuto sofferente presso un primo cancello della sezione dove è ubicata l'infermeria; secondo la testimonianza di un detenuto (come scritto in una delle precitate missive all'avvocato Daniela d'Amuri), questo cancello dotato di una apertura mediante scheda magnetica, in questa occasione e nonostante vari tentativi, non si sarebbe aperto immediatamente, il che sarebbe avvenuto dopo che erano trascorsi diversi minuti, al quinto tentativo;
sempre per come riferisce il detenuto testimone, all'arrivo dell'ambulanza, Francesco Sparaccio, sempre più provato, «ha dovuto fare a piedi un corridoio di ben 200 metri» e una volta giunto vicino all'ambulanza si è accasciato; cosi, in questo momento, prima ancora di salire sull'ambulanza, prima ancora di giungere all'ospedale, il detenuto è morto;
l'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999 afferma che «I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci e appropriate»;
l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975, al comma 2, recita «Ove siano necessarie cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti, con provvedimento del magistrato di sorveglianza, in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura (...); al comma 5 "All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. L'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati"; al comma 6 "Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta; deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche"»;
al di là della causa ultima, la morte di Francesco Sparaccio potrebbe essere stata determinata da uno stato di malattia preesistente le cui manifestazioni sintomatiche, come dicono la convivente e i detenuti che lo hanno conosciuto e/o vissuto la sua malattia, sarebbero state frequenti, chiare, manifeste e per le quali il detenuto avrebbe più volte chiesto aiuto ai medici del carcere sia implicitamente con gli episodi di malessere, svenimento e impossibilità ad attendere alle ordinarie occupazioni e sia con esplicite richieste di visite e controlli medici diagnostici che gli sarebbero stati negati -:
cosa risulti dalla cartella biografica carceraria e, ove possibile, da quella clinica

circa le condizioni di vita e di salute di Francesco Sparaccio dalla data del suo ingresso presso il carcere di Carinola sino al suo decesso, in particolare, quali siano stati gli interventi medici, diagnostici e le cure mediche praticate al detenuto, quale siano stati i tempi e i modi dell'intervento del personale di custodia e del soccorso medico avvenuti in data 6 marzo 2011, giorno del malore mortale e nel caso in cui il decesso sia dipeso da colpa, omissione o imperizia di quanti all'interno dell'istituto di pena erano preposti alla cura, alla salvaguardia dei diritti primari alla vita e all'integrità fisica, costituzionalmente garantiti a ogni persona, anche se detenuta, quali iniziative di competenza si intendono assumere.
(4-11332)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'11 marzo 2011, l'interrogante ha visitato il carcere di Perugia-Capanne accompagnata da Liliana Chiaramello e Francesco Mangone ambedue dell'Associazione radicaliperugia.org; nella prima parte della visita erano presenti anche i deputati del PD Marina Sereni e Walter Verini che ben conoscono l'Istituto penitenziario umbro;
dalla visita, guidata dalla direttrice Bernardina Di Mario, è venuto fuori il seguente quadro: aperto nel 2004, il carcere di Perugia-Capanne, è in buone condizioni dal punto di vista strutturale anche se maggiori disponibilità per la manutenzione ordinaria scongiurerebbero per il futuro il degrado che necessariamente si manifesta quando poco si investe nella conservazione e cura degli edifici e sei suoi impianti;
a Capanne sono presenti 521 detenuti (441 uomini e 80 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 352 posti letto; il 75 per cento dei detenuti sono stranieri; 138 sono i tossicodipendenti di cui 52 in terapia metadonica;
nel carcere di Perugia entrano ogni anno circa 2.000 detenuti molti dei quali vi rimangono per pochissimi giorni caricando l'Istituto di una notevole mole di lavoro soprattutto per il servizio dei nuovi giunti;
le celle, concepite per ospitare un solo detenuto, sono attualmente occupate da due e qualche volta tre detenuti i quali vi trascorrono la maggior parte della giornata visto che solo in 39 (11 donne e 28 maschi) hanno la possibilità di svolgere attività lavorative; in diverse celle il terzo posto-letto è un materasso che la notte viene buttato a terra; gli agenti sono sicuramente insufficienti: solo 237 (l'istituto non è ancora dotato della pianta organica della polizia penitenziaria): gli educatori sono solo 4 a fronte di una pianta organica che ne prevede 8; nonostante l'alta presenza di stranieri il carcere non ha un mediatore culturale e solo la ASL di riferimento ne fornisce uno assolutamente insufficiente alle esigenze;
il taglio del monte ore degli psicologi si ripercuote moltissimo sulle attività di osservazione e trattamento;
nel corso dell'ultimo semestre del 2010 si sono registrati 138 atti di autolesionismo e nel corso di questi primi mesi del 2011 c'è stato un suicidio;
per molti detenuti, soprattutto stranieri, avere rapporti con i familiari è pressoché impossibile; alcuni non vedono i figli da anni; un nigeriano non ha mai visto il figlio nato il 21 febbraio 2011 perché essendo la moglie senza permesso di soggiorno questa ha paura di portare il neonato in visita al padre;
i drastici tagli fatti dal Ministero su molti capitoli di spesa rendono veramente difficile se non addirittura impossibile alla Direzione assicurare quella pur minima assistenza finalizzata al trattamento e alla rieducazione dei detenuti: il capitolo delle mercedi, per esempio, ammonta a soli 300.000 euro all'anno a fronte dei 570.000 che l'amministrazione aveva richiesto per consentire a un numero maggiore di detenuti

di poter lavorare; persino la voce «fornitura per pulizie» è stata cosi decurtata da essere prevista solo per i detenuti più indigenti;
la regione Umbria pur avendo istituito da 4 anni il garante dei detenuti, non procede ancora alla nomina -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
in che modo pensi di risolvere il problema dei detenuti che permangono per pochissimi giorni nel carcere di Perugia-Capanne;
quali iniziative intenda mettere in atto per riportare la popolazione detenuta nel carcere di Capanne nel limite dei posti regolamentari disponibili;
in che tempi verranno adeguati gli organici di agenti, educatori e psicologi;
in che tempi intenda intervenire per assicurare le attività trattamentali, in primo luogo il lavoro, che consentano ai detenuti e alle detenute di intraprendere un percorso riabilitativo;
se intenda ricostituire i fondi drasticamente tagliati di mercedi, manutenzione ordinaria, assistenza psicologica;
se sia in grado di fornire un quadro di quanti garanti per i diritti privati della libertà personale siano stati istituiti a livello regionale, provinciale e comunale, e, per quel che riguarda le regioni, quali, pur avendo istituito la figura del garante non abbiano proceduto alla nomina.
(4-11338)

TESTO AGGIORNATO AL 24 MARZO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno il 9 marzo 2011, il porto di Bari, a seguito delle disposizioni previste dal decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative e d'interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», successivamente convertito in legge con modificazioni, subirà una revoca dei finanziamenti, pari a 55 milioni di euro, concessi all'Autorità portuale del Levante, per la mancata realizzazione di opere infrastrutturali, finanziamenti dalla stessa autorità non utilizzati entro i cinque anni dall'assegnazione;
la revoca dei predetti finanziamenti, a giudizio degli interpellanti, costituisce un grave ed irreparabile danno per lo scalo barese, considerato altresì che, a seguito del protrarsi dei contenziosi amministrativi, la colmata di Marisabella, è rimasta da anni incompiuta, privando così il porto di un'area indispensabile per la crescita dei traffici commerciali e condizionando così fortemente la sua competitività;
l'intervenuta revoca del finanziamento a disposizione del porto per investimenti infrastrutturali rappresenta, a giudizio degli interpellanti, il segnale preoccupante dell'inerzia e dell'incapacità programmatoria e gestionale da parte dell'ex presidente ed attuale commissario dell'Autorità del Levante, Francesco Palmiro Mariani;
nell'arco ormai di un quinquennio del suo mandato infatti, il predetto Mariani (a parte il completamento dei lavori della darsena interna, peraltro progettati ed appaltati durante la precedente presidenza dell'autorità portuale) non è stato in grado di avviare e portare a termine, nessun significativo investimento, capace di potenziare le dotazioni infrastrutturali del porto di Bari, soprattutto sul versante commerciale;
le motivazioni adottate dal Mariani, nell'ambito dell'articolo prima citato, circa il fatto che il finanziamento appena revocato riguardasse un'opera non strategica, sono del tutto inconferenti e cercano soltanto,

in modo imbarazzato, di coprire le sue negligenze, costituite da un'assenza complessiva di un quadro strategico per lo sviluppo dell'hub portuale barese;
nell'arco dei cinque anni appena trascorsi infatti, vi era, a giudizio degli interpellanti, tutto il tempo per rimodulare i programmi del porto e destinare quei finanziamenti ad altre opere che lo stesso Mariani avesse ritenuto maggiormente «strategiche»;
a causa dell'assoluta inefficienza dimostrata dal medesimo, peraltro in un complessivo contesto gestionale già di per sé molto critico che, non a caso, aveva indotto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti a commissariare la stessa Autorità del Levante, il porto di Bari, pertanto, disperde le uniche risorse a disposizione per la propria crescita infrastrutturale, che verranno, invece, dirottate a vantaggio di altre autorità portuali, anche del nord Adriatico, capaci, invece, di progettare e realizzare tempestivamente i propri investimenti;
si tratta di una vicenda, a giudizio degli interpellanti, che a causa dell'incapacità gestionale dell'Autorità portuale del Levante, vede depauperarsi la già esigua disponibilità per investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno, penalizzando inoltre l'intero sistema logistico pugliese, che dovrebbe avere nello scalo marittimo barese uno dei punti di forza -:
quali siano gli ulteriori orientamenti in relazione alle gravi negligenze che hanno determinato la revoca del finanziamento in questione e quali iniziative intenda adottare per consentire all'Autorità portuale del Levante di operare con ben diversa efficienza, ai fini del proprio potenziamento infrastrutturale, assolutamente urgente, e per permettere allo scalo marittimo barese di avere un ruolo competitivo, in particolare per i traffici commerciali, attualmente ridottisi ad un livello del tutto marginale;
se non ritenga opportuno acquisire ulteriori elementi al fine di comprendere i motivi per i quali non sono stati sufficienti oltre cinque anni per adempiere alla realizzazione dell'opera infrastrutturale all'interno dell'area portuale barese ed eventualmente quali siano stati gli ostacoli che hanno determinato la revoca dei fondi previsti per il porto di Bari, il cui mancato utilizzo comporterà una perdita di competitività con gli altri scali portuali dei corridoi adriatici.
(2-01010)
«Di Cagno Abbrescia, Distaso, Baldelli, Franzoso, Lazzari, Fucci, Vitali, Sbai, Savino, Sisto, Antonio Pepe, Carlucci, Barba, Lisi, Nastri».
(Presentata il 22 marzo 2011)

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del turismo, per sapere - premesso che:
l'aeroporto di Trapani-Birgi, è un aeroporto militare aperto al traffico civile. Lo scalo civile è intitolato a Vincenzo Florio, quello militare alla medaglia d'oro al valor militare Livio Bassi dista circa 15 chilometri dalla città di Trapani e 14 dalla città di Marsala;
dalle ore 8.30 del 21 marzo 2011 l'aeroporto è stato chiuso al traffico civile; sono stati dirottati all'aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo i 30 voli previsti per la giornata e i 1920 passeggeri presenti nella struttura di Trapani sono stati ivi trasferiti in pullman;
con effetto immediato la struttura è stata destinata alle operazioni dei nostri Tornado in Libia, ma risulta che abbia ospitato anche velivoli militari di altri Paesi;
le esigenze militari non hanno tenuto conto dei problemi che la chiusura dello scalo civile ha prodotto sul tessuto economico e lavorativo locale; i circa 100 impiegati interinali che prestano servizio nell'aeroporto

civile Vincenzo Florio si sono trovati senza lavoro con effetto immediato;
nella stessa serata del 21 marzo il presidente della regione Lombardo ha espressamente chiesto per quale motivo si debba utilizzare l'aeroporto di Trapani, chiudendolo all'uso civile. Lombardo ha correttamente osservato che lo scalo di Sigonella è sessanta volte più sicuro di quello di Birgi e ha chiesto conto di quali motivazioni strategiche possano giustificare il danno che la chiusura dell'aeroporto di Birgi sta arrecando all'economia trapanese;
dello stesso tenore le prese di posizione del sindaco di Trapani Gerolamo Fazio e della Confindustria locale; il Presidente della Provincia di Trapani Girolamo Turano ha convocato per il 22 marzo le forze produttive e le organizzazioni sindacali allo scopo di esaminare la grave situazione di crisi economica determinata dalla chiusura dei voli civili dell'aeroporto di Birgi;
la prima preoccupazione riguarda l'allarme lanciato dai tour operator circa l'annullamento delle prenotazioni alberghiere sul territorio trapanese anche in vista delle festività pasquali; con la decisione suddetta viene posto in discussione il lavoro costante delle istituzioni locali che ha consentito un rilevante sviluppo dell'economia turistica locale ed un conseguente forte incremento, negli ultimi anni, del traffico civile nello scalo trapanese;
ma più in generale si ha notizia di un massiccio numero di disdette relative alla stagione estiva, in particolare per quel che riguarda la fascia medio-alta del turismo e i resort più prestigiosi dell'isola, essendo evidentemente maturata la convinzione che la Sicilia sia in prima linea nelle rivolte che infiammano l'altra sponda del Mediterraneo;
va altresì osservato che le immagini che vengono diffuse in tutto il mondo sui continui sbarchi di clandestini, frettolosamente classificati come profughi, sulle coste siciliane e la loro permanenza in Sicilia sta producendo una pioggia di disdette nel settore turistico, con il rischio, per l'anno 2011, di una catastrofe economica dell'intero settore -:
quali siano le intenzioni del Governo riguardo all'utilizzo dell'aeroporto di Trapani - Birgi per le operazioni militari in Libia;
quali provvedimenti urgenti siano in corso di adozione per favorire una più equa distribuzione degli immigrati tra tutte le regioni italiane e nella Unione europea e se non ritenga più opportuna una politica di respingimento immediato qualora la Unione europea continui ad ignorare le richieste italiane;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno predisporre sin da subito una campagna informativa internazionale al fine di rassicurare l'opinione pubblica internazionale sulla mancanza di rischi e la qualità dell'offerta turistica siciliana.
(2-01014)
«Marinello, Pagano, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BOCCI e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la trasformazione in autostrada dell'attuale E45 nel tratto da Mestre a Civitavecchia costituisce una priorità su cui il Governo e le regioni interessate Veneto, Toscana, Umbria e Lazio hanno preso impegni formali, in modo da creare un'alternativa all'autostrada A1 che non riesce più ad assorbire il traffico Nord-Sud della penisola;
in particolare, il completamento del tratto della superstrada Viterbo-Civitavecchia costituisce oggi una priorità strategica per Umbria e Lazio, per superare le gravi difficoltà del traffico che dall'interno si sposta verso il Tirreno e viceversa, costretto oggi ad attraversare centri abitati e a percorrere strade di campagna;

nello specifico, tale opera costituirebbe il collegamento diretto al mare delle province di Terni, Rieti e Viterbo, dell'interporto di Orte, i cui lavori sono in fase di ultimazione, e di tutte le aree industriali - compresi i poli siderurgico e chimico ternano - con il porto di Civitavecchia, divenuto già dal 2008 porto crocieristico del Mediterraneo;
il completamento di tale opera, inserita come prioritaria nel «patto di territorio» sottoscritto nel lontano agosto del 2005 tra il Governo Berlusconi e gli enti locali, costituisce impegno formale e solenne, oggi ancor più essenziale, per la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro nel bacino industriale della provincia di Terni, occupati nel polo siderurgico-meccanico (AST Thyssen-Krupp ed indotto) ed in quello chimico (costituito da varie multinazionali), interessati da un processo di graduale deindustrializzazione e delocalizzazione, anche a causa dei costi proibitivi dell'energia e dei trasporti -:
quale sia l'esatto stato dei lavori della superstrada Terni-Orte-Viterbo-Civitavecchia e quali siano i motivi del forte ritardo nella sua realizzazione;
quale sia la data prevista per il completamento dell'opera.
(5-04409)

SIRAGUSA e VELO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per saper - premesso che:
l'accordo di programma quadro per il trasporto ferroviario è stato stipulato in data 5 ottobre 2001 tra il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ferrovie dello Stato s.p.a., Gestione governativa ferrovia circumetnea e la regione siciliana e prevedeva per il comune di Palermo un sistema di trasporto pubblico su rotaia a mezzo di «MetroTram» da realizzarsi come integrazione funzionale per la chiusura dell'anello ferroviario, con un sistema di circolazione promiscuo su ferro su linea ferroviaria e su linea tram, con un costo complessivo di circa 116 milioni di euro, a costo zero per il comune;
nel dicembre 2001 e fino al 2005, il nuovo sindaco Diego Cammarata, che mantiene per sé la delega all'urbanistica e alle opere pubbliche, nomina consulente l'ingegnere Antonino Bevilacqua, in qualità di esperto dell'amministrazione comunale di Palermo in materia di opere pubbliche, infrastrutture, mobilità ed urbanistica;
l'amministrazione comunale, su parere dei consulenti, ha ritenuto di modificare le scelte precedenti e archiviare il progetto già approvato e finanziato, stabilendo di utilizzare i fondi della legge n. 211 del 1992 per la realizzazione della chiusura dell'anello ferroviario e la realizzazione della metro-ferrovia;
con delibera 103 del 30 maggio 2002 il consiglio comunale di Palermo approva il «piano integrato del trasporto pubblico di massa a guida vincolata» che ripropone la chiusura dell'Anello ferroviario di Palermo con la realizzazione di una «metro-ferrovia» in sotterranea in luogo della precedente ipotesi «metro-tranvia»;
tale scelta urbanistica investe pesantemente l'area portuale: mentre infatti il sistema metro-tram prevedeva la chiusura dell'anello in superficie e la realizzazione dei binari di collegamento tranviario, la nuova ipotesi si sviluppa quasi per intero in sotterranea con un breve tratto in trincea, dentro il porto, con interventi più massicci e interferenze con le sottoreti;
per realizzare l'opera, nel 2002, è stato stipulato un protocollo di intesa tra il comune di Palermo, la regione siciliana, la provincia regionale di Palermo e RFI;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'8 giugno 2003 si esprime favorevolmente alla rimodulazione dell'intervento; così anche il Cipe che il 25 luglio 2003 evidenzia un incremento del costo dell'intervento pari ad 8 milioni di euro, dovuto a «necessario approfondimento ed integrazione di alcune voci che non erano state considerate nel computo metrico del

progetto preliminare», ed integra il finanziamento a valere sulla delibera CIPE 17/2003. L'importo del progetto definitivo dell'opera è pari a 124.103.656,43 euro;
l'opera è finanziata con:
45.768.656,43 euro a valere sulle risorse liberate dalla misura 5.04 del POR SICILIA 2000-2006;
8.614.000,00 euro a valere sulla delibera CIPE 17/2003;
69.463.000 a valere sulle risorse della legge n. 211 del 1992;
258.000,00 euro dal comune di Palermo, con delibera n. 827-2000;
258.000 euro dalla provincia di Palermo, con provvedimento 107/2000;
poiché però tale somma non copriva la spesa per la definizione di tutto il progetto, il dipartimento regionale trasporti cofinanzia il primo stralcio funzionale relativo alla tranche Giachery-Politeama;
è di solare evidenza che, mentre il sistema metro-tram avrebbe potuto essere interamente finanziato e realizzato con una spesa inferiore, la decisione di passare al metro-ferrovia innalza il costo e impedisce la completa realizzazione dell'opera, escludendo la tratta Politeama-Notarbartolo;
l'accordo di programma quadro prevede che il soggetto tecnico attuatore sia FS SPA, e per essa, la sua società controllata RFI spa, concessionaria della Stato per la materia in questione e il comune il soggetto beneficiario, i quali siglano una convenzione nel 2006;
il bando di gara per l'aggiudicazione della progettazione esecutiva e realizzazione dell'anello ferroviario (stazione appaltante RFI) è stato pubblicato nel giugno 2006, con un importo a base d'asta di circa 95 milioni di euro;
in data 21 giugno 2007 interveniva a favore della TECNIS spa l'aggiudicazione provvisoria con un ribasso del 22,67 per cento (offerta anomala);
in data 2 luglio 2007 la 2a classificata, con il ribasso del 19,0487 per cento (offerta non anomala) ATI Salini-Locatelli depositava, presso il TAR Lazio, apposito ricorso con istanza di sospensione contro il provvedimento di aggiudicazione provvisoria alla TECNIS;
in data 22 novembre 2007 il TAR Lazio respingeva l'istanza cautelare della Salini-Locatelli;
in data 9 gennaio 2008 l'ATI Salini-Locatelli depositava appello presso il Consiglio di Stato contro l'ordinanza del TAR Lazio;
il 12 febbraio 2008 il Consiglio di Stato accoglieva l'istanza cautelare in primo grado, sospendendo i provvedimenti impugnati;
in data 29 maggio 2008, il TAR Lazio decretava l'annullamento della aggiudicazione provvisoria a TECNIS;
in data 14 ottobre 2008, il comune di Palermo, riscontrando la nota RFI del 23 luglio 2008, dava notizia di avere interessato la propria avvocatura comunale con nota del 5 agosto 2008 e che, in considerazione della risposta dalla stessa ricevuta, riteneva che Ferrovie potessero «procedere all'espletamento delle procedure di appalto come da disposto della sentenza del TAR Lazio che, essendo immediatamente esecutiva, non lascia spazio a scelte che siano diverse dalla verifica dei requisiti della seconda classificata»;
il TAR Lazio emetteva la sentenza n. 6535 del 2009 con la quale si pronunciava favorevolmente alla richiesta della Salini-Locatelli;
la TECNIS presentava ricorso al Consiglio di Stato per respingere la predetta sentenza che veniva accettato. Il Consiglio di Stato revocava l'aggiudicazione alla Salini-Locatelli;

in data 10 settembre 2009 veniva emessa l'aggiudicazione definitiva alla TECNIS spa ed in data 21 settembre 2009 veniva sottoscritta la convenzione n. 20/2009 tra Tecnis e Italferr, struttura tecnica di RFI;
l'importo a base d'asta era di 95 milioni di euro e i lavori sono stati aggiudicati alla TECNIS spa per 76 milioni di euro con un ribasso del 22,67 per cento;
il 14 ottobre 2009 è stata effettuata la consegna delle prestazioni alla TECNIS e da quella data partivano i tempi contrattuali per adempiere alla redazione della progettazione, previsti in 180 giorni; quindi, la TECNIS avrebbe dovuto presentare il progetto entro il 12 aprile 2010;
ad oggi sembra che non sia stato ancora presentato il progetto in maniera completa e l'impresa aggiudicataria ha presentato più volte richiesta di proroga;
l'iter di definizione del progetto esecutivo, ad oggi, a circa 500 giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva, non è stato completato, con un ritardo, alla data odierna, di 320 giorni;
i motivi addotti dall'impresa TECNIS, stando a non smentite notizie di stampa, sono inerenti alla necessità di adeguare il progetto esecutivo alle prescrizioni di soggetti a ciò deputati;
la normativa in merito all'esecuzione degli appalti integrati stabilisce che qualora l'ente appaltante o l'appaltatore ravvisino la necessità di adeguare il progetto definitivo o di effettuare studi di maggior dettaglio rispetto a quelli utilizzati dalla stazione appaltante per la redazione del definitivo posto a base di gara, l'impresa è tenuta a provvedere agli adeguamenti senza compensi aggiuntivi o aumento dell'importo contrattuale;
da notizie di stampa si apprende che la TECNIS ha presentato il quadro economico del progetto esecutivo che evidenzia un importo complessivo di 170 milioni di euro a fronte dell'importo contrattuale pari a circa 76 milioni e che la lievitazione dei costi sarebbe dovuta a «imprevisti emersi dalle analisi geologiche e interferenze nel tracciato di molte sottoreti» (Giornale di Sicilia del 17 febbraio 2011);
gli uffici del comune hanno dichiarato (commissione consiliare urbanistica del 14 marzo 2011) che concorrono all'elevatissimo incremento del costo, tra l'altro, la bonifica e lo smaltimento di materiali di risulta di alcuni terreni di proprietà demaniale e comunale dichiarati inquinati e la risoluzione di interferenze con i collettori fognari di proprietà comunale;
queste criticità aggraveranno ulteriormente il quadro economico dell'appalto anche rispetto all'«enorme valore della variante richiesta» (Giornale di Sicilia del 17 febbraio 2011);
la seconda classificata nella gara di appalto, l'impresa Salini, ha richiesto l'accesso agli atti e questo lascia presupporre un contenzioso anche con il comune di Palermo che potrebbe essere chiamato a rifondere eventuali danni alla stessa impresa;
alla luce di quanto emerge lo stesso «enorme valore della variante richiesta» rischia di essere insufficiente per coprire gli ulteriori costi che si stanno delineando, con un dato finale che va di molto oltre gli stessi 170 milioni di euro ipotizzati, visto che l'autorità portuale ha fatto altre, ulteriori e sinora non conteggiate, richieste di risarcimenti, di variazioni progettuali e simili che l'impresa aggiudicataria reputa non rientranti fra i costi dell'appalto;
i costi della variante riportati dalla stampa superano largamente il tetto previsto dal comma 4 dell'articolo 25 della legge n. 109 del 1994, che prevede un massimo di un quinto dell'importo, a pena della risoluzione del contratto e dell'indizione di una nuova gara;
l'ingegner Bevilacqua con decreto del Ministro dei trasporti del 29 settembre 2004 è stato nominato presidente dell'Autorità portuale di Palermo. Nel 2003 fa parte del Comitato tecnico scientifico nominato

dal commissario per l'emergenza traffico, Diego Cammarata, sindaco di Palermo, che discute delle «problematiche connesse con la realizzazione dell'anello ferroviario». Da settembre 2004 a dicembre 2005 ha rivestito la doppia funzione di esperto del comune di Palermo e presidente dell'Autorità portuale nel medesimo periodo della definizione del progetto completo dell'anello (Giachery-Notarbartolo);
tra le opere previste all'interno dell'area portuale vi è la demolizione di un edificio dove ha sede l'officina del porto, un «laboratorio di pensiero dove si sviluppa l'attività di progettazione affidata a una serie di architetti internazionali e di giovani architetti palermitani» (dall'intervista a Davide Rampello nel numero 593 della rivista Interni), fondata e promossa dallo stesso Bevilacqua per il quale l'Autorità portuale chiede soluzioni onerose per lo spostamento degli occupanti;
sembra agli interroganti anomala la posizione dell'ingegnere Antonino Bevilacqua che, nella storia di questo appalto, ha agito nella quintuplice veste di consulente del comune, componente della commissione tecnica del commissario al traffico, direttore dei lavori di una grande opera RFI nel comune di Palermo, presidente dell'Autorità portuale e promotore della stessa officina del porto;
mentre lo statuto dell'Autorità portuale prevede che è il presidente che «provvede al coordinamento delle attività svolte nel porto dalle pubbliche amministrazioni», le lettere di contestazione e richieste al comune sulla vicenda dell'appalto dell'anello ferroviario seppur legittimate sono firmate da altri soggetti a ciò non deputati;
non risulta che il comune di Palermo abbia posto in essere le necessarie tutele per i legittimi interessi dell'ente a fronte del lievitare dei costi dell'appalto, avviando invece procedure e contatti con l'ente regione per caricare tali ulteriori costi sulle finanze pubbliche (Giornale di Sicilia del 17 febbraio 2011);
risulta che a fronte dell'«abnorme importo delle varianti valutato dall'appaltatore», ITALFERR si è limitata a chiedere al comune l'aggiornamento della propria parcella e il comune, non contestando tale abnorme aumento dei costi si è limitato a chiedere la definizione in tempi brevi dell'iter del progetto, dal cui importo congruito e validato sarà possibile quantificare i maggiori importi che dovranno essere riconosciuti all'Ente appaltante;
solo dopo la pubblicazione di un articolo di denuncia del citato abnorme aumento dei costi (Giornale di Sicilia del 30 novembre 2010), che provoca la richiesta di accesso agli atti da parte della Impresa SALINI (11 gennaio 2011) e la richiesta di chiarimenti da parte della regione (9 febbraio 2011), e in coincidenza di un secondo articolo del Giornale di Sicilia (17 febbraio 2011), il comune ha deciso di attivarsi. Uscendo, infatti, dall'«aplomb» che ha caratterizzato tutta la precedente corrispondenza e, prendendo spunto dalla lettera della regione che lamenta di «non essere stata messa a conoscenza dell'iter relativo agli sviluppi e alla definizione del Progetto esecutivo», il comune contesta, infatti, a RFI (che ha maturato già un ritardo, non contestato sino ad allora, di 300 giorni nella consegna del progetto) «lo spirito di voler rallentare la procedura approvativa del progetto e mettere a serio rischio la realizzazione dell'opera», invitandola a una «solerte definizione dell'iter di competenza, nei termini contrattuali» (già abbondantemente scaduti);
ad avviso delle interroganti i fatti richiamati mettono a repentaglio la fattibilità dell'opera e producono, qualunque ne sia l'esito, un grave danno per la città e per l'erario -:
se non ritenga con urgenza di verificare la regolarità delle procedure e la corretta utilizzazione dei fondi statali.
(5-04446)

Interrogazioni a risposta scritta:

DESIDERATI e BITONCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'inquinamento, sia acustico che ambientale, crea gravi problemi per la salute pubblica e sono varie le norme, a livello nazionale e a livello locale, che disciplinano l'inquinamento prodotto dalle infrastrutture del trasporto aereo;
il trasporto aereo incide per il 10 per cento sul totale globale dell'effetto serra e gli sforzi e gli investimenti che si faranno nei prossimi 2 o 3 decenni avranno un grande impatto sulle opportunità di realizzare dei livelli di stabilizzazione più bassi e una diminuzione del rischio di impatti severi sui cambiamenti climatici;
il traffico aereo, e quindi l'inquinamento ad esso collegato, è la fonte di emissioni di gas serra che aumenta più in fretta, tanto che uno studio della Commissione europea ha stimato che nel 2004 le emissioni di gas serra prodotte dai voli aerei internazionali imputabili all'Unione europea sono cresciute dell'87 per cento rispetto al 1990 e l'effetto serra da aviazione civile si triplicherà entro il 2050;
il Parlamento europeo ha chiesto di includere dal 2012 il trasporto aereo nel sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas serra e questo comporta anche che le compagnie aeree adottino procedure specifiche che riducano le proprie emissioni del 10 per cento rispetto al passato;
l'inquinamento acustico potrebbe essere ridotto utilizzando una serie di procedure antirumore relative all'uso delle piste, alle restrizioni al suolo, al divieto di volo per apparecchi vecchi e quindi particolarmente rumorosi, allo studio di nuove rotte che riducano il sorvolo delle aree residenziali;
anche le procedure di decollo e atterraggio che prevedano la riduzione dei motori a 1000 piedi, anziché 1500, potrebbero giovare molto alla riduzione dell'inquinamento ambientale e acustico, ma alcune compagnie aeree non tengono conto di questo semplice ed utilissimo criterio;
molte compagnie aeree europee hanno intrapreso azioni volte a ridurre le emissioni di gas inquinanti dei voli e a ridurre il rumore provocato dai propri aereomobili, adeguandosi alle norme europee antinquinamento e antirumore, presentando anche accordi tra compagnie aeree, aeroporti e costruttori;
l'articolo 3-ter del codice dell'ambiente stabilisce che la tutela dell'ambiente deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente -:
se i Ministri siano al corrente delle iniziative intraprese dalla compagnia aerea Alitalia per ridurre l'emissione di gas inquinanti e il rumore dei propri aeromobili, come per esempio le procedure di riduzione dei motori in fase di decollo, al fine di minimizzare l'impatto ambientale delle attività aeroportuali, e se non ritenga opportuno rendere note, a tal proposito, quali siano le azioni ispirate ai princìpi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, così come previsto dall'articolo 3-ter del codice dell'ambiente, previste dal piano industriale di Alitalia, per una programmazione corretta e condivisa basata sull'utilizzo di procedure ad hoc e sull'impiego di strumenti e tecnologie avanzate.
(4-11310)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
un costone di collina è franato sulla corsia nord della A1 Roma-Napoli nel

tratto compreso tra i caselli di Ceprano e Frosinone. Fango e alberi hanno travolto un tir e un furgone. Una persona è morta e altre due rimaste ferite e ricoverate all'ospedale di Frosinone e le loro condizioni sono gravi;
la frana si è verificata all'altezza del chilometro 630, nel comune di Pofi. In base a una prima ricostruzione degli agenti della sottosezione A1 di Frosinone, è stata la pioggia che sta battendo la Ciociaria da 48 ore a causare il cedimento del terreno. L'autostrada è rimasta chiusa per alcune ore in direzione Roma sin dal casello di Cassino. Una coda di oltre 6 chilometri si è formata nel tratto compreso tra Ceprano e Frosinone. Sul posto sono intervenute squadre dei vigili del fuoco, ma per rimuovere l'immensa mole di fango e detriti è stata chiesta una speciale ruspa al comando provinciale di Latina -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito alle cause della tragedia riferita in premessa;
se siano previsti controlli periodici sulla sicurezza delle autostrade in merito al rischio idrogeologico;
quali siano stati i controlli più recentemente realizzati sul tratto di strada interessata alla frana e se risultavano segnalazioni in merito al possibile rischio frana;
quali azioni si intendano promuovere per verificare la sicurezza della intera rete autostradale italiana.
(4-11324)

MAGGIONI e DESIDERATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i pendolari che utilizzano quotidianamente il treno come mezzo di trasporto sulle linee Alessandria-Pavia e Alessandria-Milano subiscono con troppa frequenza e da troppo tempo disagi a causa della soppressione dei treni, dei ritardi, delle pessime condizioni igieniche, del congelamento degli scambi nei mesi invernali e dei guasti agli impianti di riscaldamento delle carrozze vecchie e usurate;
alcune stazioni ferroviarie del territorio pavese, come Sannazzaro o Vigevano, ad esempio, versano in condizioni disastrose: i tabelloni degli arrivi e delle partenze funzionano raramente, le obliteratrici sono tutte guaste tranne una, dove quindi si crea una coda interminabile col rischio di perdere il treno, i servizi igienici sono spesso allagati o comunque impraticabili;
nonostante il servizio offerto agli utenti non migliori e i disagi si protraggano ormai da anni, dal 1o febbraio 2011 le tariffe ferroviarie in Lombardia hanno subito un aumento straordinario del 10 per cento senza alcun incremento del servizio e della sua qualità, con l'introduzione di nuovi titoli che non portano alcun vantaggio ad una grossa fetta di pendolari che ogni giorno si recano nel capoluogo lombardo a lavorare o studiare;
ad oggi, i viaggiatori lombardi pagano con biglietti e abbonamenti quasi il 40 per cento dei ricavi della società ferroviaria italiana e pretendono che agli aumenti dei biglietti corrispondano un miglioramento delle condizioni di viaggio e nuovi investimenti per il materiale rotabile, le manutenzioni e la pulizia;
l'effetto prodotto da questa situazione è un'ulteriore esasperazione dei pendolari, che temono una consistente ricaduta sui bilanci familiari e che, in alcuni casi, optano per il trasporto con mezzo privato o per i treni regionali -:
se il Ministro, per quanto di sua competenza, non reputi opportuno mettere in atto, anche iniziative e azioni a beneficio dei cittadini utenti, soprattutto nei confronti dei pendolari delle linee Alessandria-Pavia e Alessandria-Milano, i quali sono costretti a servirsi del trasporto ferroviario per necessità lavorative e di studio;

se non ritenga necessario intervenire per favorire una concertazione, anche attraverso un tavolo di confronto con la società ferroviaria Trenitalia e le amministrazioni competenti, al fine di definire univocamente dei sistemi tariffari per le diverse tipologie di convogli, evitando così che decisioni unilaterali arrechino disagi agli utenti dei comuni lombardi che si recano abitualmente nel capoluogo di provincia.
(4-11327)

LO MONTE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la recente modifica datata 7 marzo della traccia oraria del treno 1936/1938 Palermo/Siracusa-Roma ha comportato, come effetto domino, una sequela di modifiche organizzative e di esercizio che danneggia ulteriormente l'utenza siciliana, aggravando la già critica situazione della rete ferroviaria dell'isola e che di fatto prevede la forzata interruzione della circolazione dei treni alle ore 22 con forti penalizzazioni anche sul trasporto regionale oltre al fermo notturno di un'altra nave traghetto che opera nello Stretto di Messina mentre solo il ripristino in esercizio della seconda nave è in grado di garantire la sopravvenuta della divisione cargo in Sicilia;
la suddetta riduzione dell'offerta si aggiunge a quella già posta in essere da Trenitalia riguardo al precedente orario commerciale in vigore fino al dicembre 2010, allorquando la stessa tratta Sicilia-Roma, che antecedentemente a quella data veniva effettuata da tre distinti convogli, veniva coperta, dopo l'accorpamento di questi ultimi, da un unico treno oggi chiamato 1938, operazione che ha comportato per gli utenti siciliani una riduzione in termini di offerta di circa 450 posti;
tali ultime decisioni amplificano e confermano l'operazione di dismissione del Gruppo FS in atto nell'area dello Stretto di Messina che ha visto in soli cinque anni diminuire, nella sola provincia messinese, il numero di ferrovieri di circa 550 unità che vanno ad aggiungersi alle 100 occupate nelle ditte in appalto, queste ultime, tutte attualmente impegnate in gravi vertenze occupazionali e costrette a ricorrere a contratti di solidarietà a 20 ore settimanali, notoriamente anticamera della fuoriuscita dal ciclo produttivo, come sta accadendo a 23 lavoratori della Multiservice operanti fino al 28 febbraio 2011 nella struttura ferrotel di Messina chiusa su decisione di Ferservizi;
in tale contesto, dal 2007 ad oggi si riscontra una contrazione del 65 per cento dei treni passeggeri a lunga percorrenza traghettati, percentuale che sale a circa il 75 per cento nel settore dei treni merci. Sempre dal 2007 ad oggi le navi in esercizio nello Stretto di Messina sono passate da 3 ad una e mezza che si riduce ad una nel turno notturno, con il reale rischio che si giunga ad una interruzione totale del servizio;
ad oggi la riduzione sostanziale del settore «Treni notte» da e per la Sicilia, oltre a penalizzare l'utenza ed il diritto alla mobilità dei cittadini siciliani, è causa di forti ricadute occupazionali sul settore «accompagnamento notte», ragione questa che ha indotto la società Servirail New Rest Wagon Lits a proporre la chiusura dell'unico impianto commerciale siciliano ubicato a Messina attraverso la messa in esubero di 85 lavoratori, scegliendo così in maniera ingiustificata, come linea politica di riorganizzazione aziendale, di sacrificare il meridione per pareggiare i conti di bilancio societari;
lo spostamento orario del treno 1938 appare funzionale solo alla strategia di assoluta trascuratezza commerciale attuata negli anni da Trenitalia nei confronti del trasporto siciliano al solo fine di allontanare la clientela dal prodotto treno attraverso lo scadimento della qualità del materiale rotabile utilizzato e l'aumento della durata della percorrenza delle tratte dei treni «espresso», come quella da Palermo

a Messina pari o superiore alle 4 ore e 30 minuti a fronte di una durata minore, pari a meno di 3 ore coperta dai convogli del trasporto regionale;
la politica di riposizionamento oraria della divisione cargo esce fortemente penalizzata dalla prospettiva di una chiusura notturna della rete siciliana. Nella sola linea Messina-Catania circa 20 capi stazione risulteranno in esubero a seguito di tale chiusura, mentre le ricadute occupazionali sulla direzione navigazione di Messina per l'ulteriore fermo di una nave nel turno notturno (circa 9 corse giornaliere in meno tra le sponde), ammontano a circa 60 unità tra personale marittimo e manovra ed almeno a 30 nell'indotto della ristorazione/pulizia a bordo. Persino l'ultima modifica organizzativa RFI che ha visto lo spostamento sotto la direzione navigazione Messina delle unità di manovra di Messina e villa S. Giovanni e che potrebbe preludere alla creazione positiva di una struttura robusta e più funzionale per le attività di traghettamento, appare nell'ottica della riduzione della flotta in atto e del progressivo disimpegno nell'area dello Stretto, divenuta oramai un contenitore in cui riversare temporaneamente le risorse da smaltire nel tempo con prossime operazioni di esternalizzazione di segmenti di segmenti di trasporto navale pubblico al contrario andrebbero promosse idonee riorganizzazioni ripensando; siano già adottati da Trenitalia e garantendo piena autonomia gestionale al trasporto passeggeri di lunga percorrenza nell'isola;
il cambio orario del collegamento ferroviario Palermo-Roma, che originariamente partiva dalla stazione di Palermo Centrale alle ore 20.30, che viene anticipato a far data dal 7 marzo 2011 alle ore 18.30, sembra essere funzionale unicamente alla politica di interruzione delle linee, ed al contestuale raggiungimento da parte del gruppo FS di due obbiettivi: da una parte interrompere il servizio e dall'altra allontanare la clientela e giustificare così ulteriori, successivi tagli;
nel mese di luglio del 2009 il sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca, siglava un accordo con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con il quale si impegnava a redigere un progetto complessivo di riordino e rilancio del settore ferroviario nell'area dello Stretto, progetto che, secondo gli accordi ministeriali, doveva prevedere il potenziamento della navigazione, della lunga percorrenza e dell'attività Cargo attraverso l'istituzione del cosiddetto «ferro-bonus», un contributo da corrispondere alle aziende che avrebbero utilizzato il trasporto merci ferroviario, spostando sulla linea ferrata il traffico gommato, con il conseguente abbattimento dei costi per le stesse;
di contro, il recente decreto-legge «Milleproroghe 2011» stanzia 700 milioni di euro a favore del trasporto su gomma, alimentando così il già smisurato aumento di Tir che invadono giornalmente le strade della città di Messina -:
se non ritenga necessario per quanto di competenza, anche al fine di evitare la totale dismissione della rete ferroviaria siciliana, salvaguardare il nodo ferroviario messinese, che ricopre grande valore strategico, assumendo ogni iniziativa per favorire una riconsiderazione dell'opera di ulteriore riduzione della flotta in atto insieme a tutte le strategie di possibili esternalizzazioni di parti del settore;
se non ritenga improcrastinabile assumere ogni iniziativa affinché sia rivisto il piano di abbandono e di depotenziamento dei centri direzionali e degli impianti della divisione Trenitalia passeggeri N/I ubicati a Messina nell'ottica della garanzia del servizio universale;
quali iniziative alla luce di quanto premesso, si intendano assumere per scongiurare lo smantellamento del settore notte SERVIRAIL, oramai unico impianto-siciliano esistente;
se non ritenga che l'obiettivo di equiparare i costi del traghettamento e di attraversamento dello Stretto di Messina ai costi medi kilometro/treno vigenti sul

resto del territorio nazionale, applicando l'equazione «nave = binario», reperendo le dovute risorse, alleggerirebbe le imprese ferroviarie del peso dei costi di attraversamento, che costituisce all'avviso dell'interrogante oggi solo un alibi per le stesse, consentendo così ai siciliani di recuperare il servizio a lunga percorrenza ed il diritto alla continuità territoriale.
(4-11330)

DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere quante e quali deroghe agli accordi bilaterali vigenti nel campo del trasporto aereo abbia concesso l'ENAC dall'entrata in vigore delle nuove normative (decreto-legge n. 185 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) che hanno liberalizzato il trasporto aereo.
(4-11341)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la prefettura di Catanzaro, nel ridefinire l'ambito dei collegi provinciali (che da trenta passano a ventiquattro), in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, avrebbe dovuto attenersi ai criteri della consistenza demografica, della struttura economico-sociale, della contiguità, nonché del tribunale nella cui circoscrizione è compreso il territorio del collegio;
dalla disamina della ridefinizione dei collegi provinciali operata dalla prefettura emerge palesemente come la stessa non abbia affatto rispettato i citati parametri;
infatti, mentre i collegi del comune di Catanzaro hanno in media una popolazione di 13.000 abitanti ed i collegi del comune di Lamezia Terme una popolazione in media di 14.000 abitanti, gli altri comuni risultano raggruppati in collegi aventi, in media, una popolazione di 17.000 abitanti; gli abitanti totali della provincia di Catanzaro sono 369.947: divisi per i 24 collegi, risultano mediamente per collegio 15.415 abitanti;
difficilmente, quindi, i collegi esterni alla città di Catanzaro e Lamezia Terme potranno esprimere un proprio rappresentante in seno al consiglio provinciale;
la prefettura non ha esattamente registrato il numero degli abitanti dei comuni costituenti i vari collegi provinciali: ad esempio, il comune di Belcastro risulta avere, nella nota del 12 aprile 2010, un numero di abitanti di 3.612, laddove la cifra esatta è di 1.400;
si è, inoltre, operata una riduzione dei collegi del comune di Catanzaro da otto a sette, senza tuttavia dividere il numero degli abitanti del comune per i sette collegi elettorali -:
se non intenda intervenire in modo che la proposta di ridefinizione dei collegi elettorali risulti conforme ai criteri ricordati in premessa.
(2-01011)«Tassone, Galletti».
(Presentata il 22 marzo 2011)

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'ingegnere Alessandro Calì, ex presidente dell'ordine degli ingegneri di Palermo e autore del libro-inchiesta «disOrdini» è stato vittima, nei giorni scorsi, di un grave atto intimidatorio che ha visto colpite la sua abitazione e la sua autovettura;
l'ingegnere Calì, a suo tempo, da presidente dell'ordine di Palermo, è stato protagonista di un percorso di moralizzazione

che, coraggiosamente, ha portato anche all'espulsione dell'ingegnere Aiello, proprietario della clinica Santa Teresa di Bagheria ed uomo riconosciuto al servizio della mafia;
il libro di Calì rappresenta un contributo determinante, ed assolutamente nuovo, per i suoi contenuti, nel denunciare le gravi collusioni tra professionisti ed organizzazioni mafiose, squarciando un velo prima assolutamente impenetrabile;
risulta evidente come tale atto rappresenti un vile tentativo volto ad intimidire e fermare un processo di rinnovamento prima impensabile, oltre che sconosciuto, all'interno degli ordini professionali;
è necessario, al fine di garantire efficienza, moralità e trasparenza anche nella pubblica amministrazione, in particolare nel settore degli incarichi e degli appalti, spezzare un legame perverso tra malaffare, malapolitica e certo libero professionismo non sempre specchio dell'onestà -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se intenda prevedere misure di tutela per garantire la sicurezza personale ad Alessandro Calì, ex presidente dell'ordine degli ingegneri di Palermo e autore del libro-inchiesta «disOrdini»;
se il Governo sia in possesso di dati circa il fenomeno denunciato e quali iniziative intenda adottare al fine di combattere tale diffuso malcostume che spesso sconfina nella illegalità.
(2-01009) «Antonino Russo, Lo Presti».

Interrogazione a risposta immediata:

PELUFFO, VELTRONI, FIANO, BRESSA, GARAVINI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, BRAGA, MARCO CARRA, CODURELLI, COLANINNO, COLOMBO, CORSINI, DE BIASI, DUILIO, FARINONE, FERRARI, MARANTELLI, MISIANI, MOSCA, PIZZETTI, POLLASTRINI, SANGA, SORO, ZACCARIA e ZUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse già a settembre 2010 sulla stampa locale sembra evidente che le intercettazioni e le indagini svolte nel territorio bollatese portano alla realistica ipotesi che nelle scorse elezioni amministrative del comune di Bollate vi sia stato un tentativo di infiltrazione della 'ndrangheta negli organi amministrativi del comune;
tale notizia risulta confermata dagli atti dell'ordinanza del tribunale ordinario di Milano n. 43733/06 r.g.n.r. e n. 8265/06 r.g.g.i.p., relativa all'indagine definita «infinito», condotta dall'Arma dei carabinieri e, in particolare, dal nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Monza;
dall'ordinanza si evidenzia una fitta rete di interessi dei clan calabresi nel territorio della Lombardia, in particolare nei territori di: Milano, Cormano, Bollate, Bresso, Corsico, Legnano, Limbiate, Solaro, Piotello, Rho, Pavia, Ganzo, Mariano Comense, Erba, Desio e Seregno;
nell'ultima Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia, presentata a dicembre 2010, si denuncia che: «in Lombardia la 'ndrangheta si è diffusa non attraverso un modello di semplice imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli organizzativi e di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso»;
dalle intercettazioni telefoniche riportate nell'ordinanza sopra citata, si evidenzia il chiaro sodalizio tra gli esponenti della 'ndrangheta ed esponenti del mondo istituzionale, tra cui componenti delle forze dell'ordine, candidati alle elezioni e dipendenti della pubblica amministrazione;

nella stessa ordinanza emerge chiaramente il tentativo di infiltrazione della 'ndrangheta in occasione delle competizioni elettorali a Bollate dell'aprile 2010, attraverso la presentazione di una lista civica composta da esponenti legati al mondo malavitoso -:
quali iniziative intenda intraprendere, anche alla luce della citata relazione annuale della Direzione nazionale antimafia, affinché sia fatta luce sui tentativi di infiltrazioni da parte della 'ndrangheta nel comune di Bollate, verificando che questi non abbiano condizionato il voto della primavera 2010, alterando la volontà dei cittadini di Bollate, e se non ritenga utile avviare la procedura per la verifica delle condizioni per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, in base all'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
(3-01538)
(21 marzo 2011)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
non sono ancora stati adottati gli atti di autorizzazione formale e definitiva all'immissione all'albo dei segretari comunali e provinciali dei vincitori del concorso COA3;
la mancata adozione di tali atti determina l'impossibilità per numerosi comuni di nominare i segretari titolari;
l'assenza della possibilità di fare queste nomine determina una crisi della funzionalità di molti enti locali. Nei comuni del cratere colpiti dal sisma dell'aprile 2009 e, più in generale, nei comuni dell'intera provincia dell'Aquila la situazione è particolarmente complessa a causa dell'enorme aumento di attività determinato dagli adempimenti legati alla fase post sisma e alle scadenze previste -:
se si preveda di adottare con la massima celerità gli atti di autorizzazione all'iscrizione dei vincitori del concorso COA3 all'albo dei segretari comunali e provinciali.
(5-04412)

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2011 si veniva a conoscenza del trasferimento forzato di 167 ospiti del centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), di Bari presso la struttura di Mineo (Catania);
ciò sarebbe avvenuto senza alcun provvedimento individuale, senza alcun ragionevole criterio, senza nessuna considerazione né delle categorie vulnerabili né dei percorsi individuali di cura e presa in carico già intrapresi presso i locali servizi socio-sanitari;
tra le persone da trasferire figurerebbero richiedenti che nei prossimi giorni avrebbero dovuto sostenere audizione presso la competente commissione territoriale, richiedenti che hanno presentato regolare ricorso avverso il diniego della protezione internazionale innanzi al tribunale civile di Bari, sezione vol. giurisdizione, minori non accompagnati già segnalati al competente tribunale per minorenni ed in attesa di idonea collocazione in comunità per minori; titolari di protezione in attesa di rilascio di permesso di soggiorno, vulnerabili e persone già in carico ai servizi sanitari; «casi Dublino» ricorrenti con trasferimento sospeso dalla CEDU (corte europea per i diritti dell'uomo);
se accertata detta situazione lederebbe profondamente il diritto di asilo, il diritto alla difesa ed i diritti fondamentali delle persone, così come sanciti da norme italiane ed internazionali;
questa procedura pone problemi di legittimità per lo sradicamento delle competenze in sede amministrativa e giurisdizionale;

in questo modo si rallenta l'intera procedura soprattutto relativamente alle richieste di protezione già depositate ed a danno dei richiedenti che attendono da molti mesi nel CARA anche a causa dei tempi di notifica dello stato competente da parte dell'Unità Dublino;
va considerato infine l'ingente costo di tutta l'operazione -:
con quale provvedimento e con quale motivazione veniva disposto il trasferimento dei richiedenti asilo dal CARA di Bari a Mineo;
se il Ministro interrogato intenda adottare provvedimenti atti a garantire le libertà fondamentali dei migranti trasferiti dal CARA di Bari al centro di accoglienza di Mineo (Catania);
se codeste procedure siano propedeutiche ad una modifica del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, ed in caso affermativo quali sarebbero le prospettive del nuovo sistema d'accoglienza;
se si intenda creare procedure differenziate per tutte le persone provenienti dall'area del Maghreb e dalla Tunisia;
se sarà garantita la libertà di circolazione ai richiedenti trasferiti a Mineo e per le persone provenienti dalla Tunisia e dall'area del Maghreb.
(5-04428)

FIANO e PELUFFO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito di una visita presso il centro di identificazione ed espulsione di via Corelli di Milano, effettuata il 22 marzo 2011, si riscontra che il numero di persone ospitate in quella data è inferiore alla massima capienza;
vi è la presenza di un numero relativo, di circa 20 unità, di persone provenienti dagli sbarchi del mese di gennaio scorso dall'isola di Lampedusa e di origine probabilmente tunisina;
la stragrande maggioranza della popolazione ospite risulta invece proveniente da precedenti esperienze di detenzione presso istituti carcerari italiani dove hanno scontato pene varie relative a condanne per reati commessi sul nostro territorio;
molte delle situazioni sopra descritte hanno per oggetto persone il cui permesso di soggiorno è scaduto nel corso della detenzione carceraria e non ha più avuto rinnovo;
in tale centro, come in altri analoghi, si sono verificati sino al dicembre scorso numerose rivolte, con danneggiamento, feriti e connessi tentativi di fuga;
anche in questo periodo sono numerosi i tentativi di fuga da parte degli ospiti;
sono in aumento i tentativi di suicidio; quattro o cinque dei quali riscontrati nel corso dell'ultima settimana;
sono in aumento gli scioperi della fame; tre dei quali ancora in corso;
alcuni ospiti denunciano episodi di violenza da parte di agenti della polizia di Stato avvenuti, secondo quanto riferito dalle forze dell'ordine, nel corso di azioni di contrasto ai tentativi di fuga;
nel corso della visita si riscontra una situazione di gravissimo degrado dei servizi igienici ed in particolare delle docce, molte delle quali non sono funzionanti, probabilmente per evidenti atti di vandalismo operati dagli ospiti stessi, ma il cui mancato funzionamento produce tuttavia una non accettabile situazione di degrado;
recentemente, a seguito di una disposizione del Ministero dell'interno, agli ospiti non è consentito l'utilizzo dei telefoni cellulari ma essi possono acquistare tessere prepagate da utilizzare in appositi apparecchi pubblici presenti in un numero di due per ogni reparto;
nel corso della visita si è riscontrato il non funzionamento di tre apparecchi su quattro visionati;

dalla giornata di sabato scorso il sistema di riscaldamento del centro non è funzionante -:
se le strutture dei centri di identificazione ed espulsione faranno parte del sistema di accoglienza predisposto in accordo con le regioni in ordine al paventato arrivo di 50.000 profughi dalle coste del nord Africa verso il nostro Paese;
se siano previsti progetti di manutenzione e/o ristrutturazione del centro di identificazione ed espulsione di Milano in ragione dell'adeguamento della legge italiana alla normativa europea che prevede ora la possibilità di permanenza degli ospiti fino ad un totale di 180 giorni con la conseguente modificazione delle esigenze sociali e di deambulazione degli ospiti stessi;
quanti siano i fondi previsti dal Ministero dell'interno per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei centri di identificazione ed espulsione in Italia e nello specifico del centro di identificazione ed espulsione di Milano;
che fine abbia fatto l'annunciato progetto di costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione in tutta Italia ed, in particolare, in Lombardia.
(5-04437)

Interrogazione a risposta scritta:

TOUADI e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
solamente nei primi quindici giorni del mese di marzo 2011 nella provincia di Roma e più in generale nella regione Lazio è stata più volte evidenziata dalle forze dell'ordine, dalla magistratura, dai giornali e dalle associazioni la massiccia e crescente presenza di infiltrazioni mafiose, principalmente di stampo camorristico, su tutto il territorio;
l'importante operazione, denominata «Verde Bottiglia» del 15 marzo 2011, condotta dalla direzione investigativa antimafia di Napoli nel basso Lazio, ha portato al sequestro di società, ditte individuali, fabbricati, terreni, potenti vetture e rapporti finanziari per una valore stimato di 100 milioni di euro e tutte riconducibili al clan camorristico dei Casalesi;
l'importante operazione denominata «Hummer» del 9 marzo 2011, condotta dalla Guardia di finanza, contro la mafia calabrese, su tutto il territorio nazionale, ed in particolare nella regione Lazio, ha consentito il sequestro di numerosi fabbricati, terreni, quote di partecipazioni societarie, aziende, autovetture di lusso per un valore stimato che si aggirerebbe attorno ai 40 milioni di euro;
l'11 marzo 2011 è avvenuto l'arresto, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, del sindaco di Pignataro Maggiore (Caserta), Giorgio Magliocca, nonché consulente di gabinetto della segreteria dall'attuale sindaco di Roma Alemanno;
l'associazione Libera nel suo rapporto «Riprendiamoci il Maltolto» ha denunciato che il Lazio è la sesta regione in Italia per numero di beni confiscati alle mafie presenti sul territorio, mentre Roma si pone come settima provincia per numero di beni sequestrati, dopo Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Catania, Milano e Caserta. Dal rapporto emerge anche che circa il 40 per cento degli stabili sequestrati alle mafie e affidati alle decisioni del comune di Roma, giace in uno stato di abbandono o non viene utilizzato per i fini sociali. Secondo Libera la causa di questo sarebbe riconducibile non al mancato rispetto delle norme di legge e quindi degli accordi previsti fra prefettura, demanio e comune per il riutilizzo de beni confiscati, ma alle inefficienze decisionali del comune di Roma;
il problema delle infiltrazioni mafiose nella regione Lazio non è una questione nuova, anzi è stato oggetto, sin dall'inizio della XVI legislatura, di numerose interrogazioni parlamentari al Ministro dell'interno, alle quali nella maggior parte dei casi non è stata data alcuna risposta -:
se il Ministro abbia disposto una mappatura puntuale del fenomeno per

comprendere e monitorare la penetrazione e l'operato delle mafie nel tessuto finanziario e produttivo della capitale e della regione Lazio, nonché dell'incidenza delle operazioni malavitose sulla sicurezza dei cittadini e sulla trasparenza e libertà delle attività economiche;
se intenda promuovere una convocazione straordinaria del comitato per l'ordine e la sicurezza esclusivamente dedicato alla lotta della criminalità organizzata nella provincia di Roma e, più in generale, nella regione Lazio;
se intenda promuovere delle attività per sensibilizzare - in chiave di prevenzione - l'opinione pubblica, gli operatori economici e i giovani delle scuole di Roma e del Lazio;
se non intenda assicurare, tramite l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il rispetto degli obblighi di legge e quindi la congrua destinazione dei beni sequestrati alle mafie nel territorio del comune di Roma.
(4-11314)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
le classi di concorso delle materie letterarie nelle scuole secondarie di II grado, secondo la dicitura tradizionale attualmente vigente, sono le seguenti: a) A052: lettere, latino, greco al liceo classico; b) A051: lettere, latino nei licei e istituti magistrali; c) A050: lettere negli istituti di istruzione secondaria di II grado;
la suddivisione delle classi di concorso dell'ambito disciplinare di lettere serve ad assegnare agli insegnanti cattedre nelle diverse tipologie di istituti secondari di II grado e, dalle tabelle dei decreti ministeriali del 2 marzo 1972 (recante indicazioni circa le nuove classi di abilitazione all'insegnamento secondario e nuove classi di concorso a cattedre), del 3 settembre 1982 (recante indicazioni circa le nuove classi di concorso a cattedre) e n. 39 del 30 gennaio 1998 (testo coordinato delle classi di concorso) risulta con chiarezza la seguente associazione delle classi di concorso ai diversi insegnamenti dei vari istituti superiori: a) A052: italiano, latino, greco, storia, educazione civica, geografia al ginnasio del liceo classico; latino e greco al triennio; b) A051: italiano, latino, storia, educazione civica, geografia al biennio del liceo scientifico; italiano e latino al triennio del liceo classico e scientifico; italiano, latino, storia, educazione civica, geografia al primo anno dell'istituto magistrale, latino e storia al triennio; c) A050: materie letterarie negli istituti magistrali, istituti tecnici, istituti professionali, licei artistici, istituti d'arte e istituto per la decorazione e l'arredo della chiesa;
comunque ogni classe di concorso più alta possiede i requisiti professionali e i titoli necessari per insegnare in quelle inferiori (si parla a questo proposito infatti di «abilitazioni a cascata», come indicato dal decreto ministeriale n. 54 del 1998) e, quindi, la classe di concorso più alta in assoluto tra quelle delle materie letterarie, cioè l'A052, è abilitata all'insegnamento delle materie letterarie in qualsiasi istituto secondario inferiore o superiore;
fino all'entrata in vigore della riforma delle superiori attuata dal Ministro interpellato, le classi di concorso sopra elencate erano considerate atipiche solo in rare eccezioni, ad esempio al triennio del liceo classico. Lì l'insegnamento del latino era assegnato sia alla A052, classe di concorso cui inevitabilmente deve competere l'insegnamento delle lingue e delle lettere classiche al liceo classico, data la valenza specifica dell'abilitazione conseguita, sia alla A051, esclusivamente per ottemperare ad esigenze strettamente legate alla didattica, ossia con l'obiettivo di

garantire agli insegnanti e agli studenti l'omogeneità dei consigli di classe e delle sezioni;
le sovrapposizioni tra le classi di concorso letterarie determinate dalle atipicità erano, tuttavia, tollerate fino all'anno scolastico 2010-2011 (cioè fino all'entrata in vigore della riforma delle scuole secondarie), perché era prassi dei dirigenti scolastici attribuire le cattedre di lettere agli istituti professionali e tecnici attingendo dalla classe di concorso A050, ai licei (escluso il ginnasio del classico) attingendo dalla classe A051, ai ginnasi dei licei classici attingendo esclusivamente dalla A052, al triennio del liceo classico per italiano e latino dalla A051, per latino e greco dalla A052;
già nella primavera 2010, in occasione dell'emanazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca della nota (protocollo 1348 del 21 aprile 2010) che stabiliva la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti del primo anno degli istituti superiori secondo la riforma in vigore dall'anno scolastico 2010-2011, gli interpellanti si sono trovati a sottoporre all'attenzione del Ministro interpellato il problema riguardante l'estensione, contemplata dalle tabelle allegate alla suddetta nota, dell'atipicità nell'ambito degli insegnamenti di lettere alle superiori; estensione che, senza alcun riguardo per le esigenze di didattica delle lingue classiche presenti nel biennio del liceo classico, penalizza la classe di concorso A052, cioè quella in possesso di competenze certificate per l'insegnamento al liceo classico e, nel rispetto del principio del merito, quella che ha maggiori titoli per insegnare le materie letterarie anche negli altri istituti superiori;
il Ministro interpellato, evidentemente riconoscendo la propria svista, aveva emanato successivamente un'altra nota (protocollo n. 968 dell'11 maggio 2010) che, recependo le istanze rappresentate come legittime, era intervenuta a modificare le tabelle di confluenza precedentemente pubblicate;
ora il 14 marzo 2011 è stata emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una nuova nota (protocollo 272 del 14 marzo 2011) che stabilisce per il prossimo anno scolastico la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti dei primi due anni degli istituti superiori per effetto della «riforma Gelmini»;
secondo la suddetta nota 272 e le tabelle ad essa allegate, gli insegnanti di lettere e latino al primo e secondo anno del liceo classico verranno reclutati dalle classi di concorso A051 e A052, mentre in tutti gli altri licei per le materie dell'ambito disciplinare di lettere saranno reclutati insegnanti esclusivamente dalle graduatorie A050 e A051 e per gli istituti tecnici e professionali esclusivamente dalla classe di concorso più bassa A050;
risulta, pertanto, evidente che la nota ministeriale sopra citata assegna alla classe di concorso A051 la possibilità di insegnare in contrasto con la vigente normativa al ginnasio del liceo classico, mentre, come risulta dalle tabelle allegate al decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 attualmente vigente, i docenti della classe di concorso A051 non possiedono il titolo abilitante per l'insegnamento al ginnasio; allo stesso modo, sempre in contrasto con la vigente normativa, assegna alla classe di concorso A050 la possibilità di insegnare nei licei, dal momento che gli insegnanti in possesso dell'abilitazione A050 non hanno il titolo necessario per legge;
tale situazione, ad avviso degli interpellanti non coerente con le disposizioni vigenti, consente così la possibilità per gli abilitati delle classi di concorso più basse (A051 e A050) di accedere ad un cospicuo numero di istituti (A050 estesa ai licei escluso il classico, A051 estesa al biennio del classico) e la conseguente limitazione delle possibilità lavorative della classe di concorso più alta;
tale situazione, poi, oltre a penalizzare il personale di ruolo della A052 che ha prestato per anni servizio nei licei

classici, porterà alla completa estromissione dall'insegnamento degli insegnanti precari abilitati nella medesima classe di concorso che da anni lavorano con contratti a tempo determinato e che, all'interno delle graduatorie permanenti, non hanno la possibilità di far valere il loro punteggio sulle classi di concorso A051 e A050, per le quali posseggono l'abilitazione ma non il riconoscimento del pieno punteggio;
queste iniziative del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si ripercuoteranno negativamente sulla qualità della didattica delle lingue classiche. Infatti, per la prima volta dall'anno scolastico 2011-2012 ad insegnare lettere e latino al ginnasio del liceo classico diventerà norma utilizzare abilitati nella classe A051, rendendo prassi abituale dividere l'insegnamento ginnasiale del latino e del greco, discipline caratterizzate da un elevatissimo grado di interdisciplinarità e pertanto comprensibili più efficacemente se affidate ad uno stesso docente esperto di entrambe le discipline;
inoltre, considerata la cospicua riduzione delle ore di latino, italiano e storia-geografia nei licei, gli esuberi nella classe di concorso A051 saranno tali da costringere i dirigenti scolastici di istituti con diversi indirizzi, per via della salvaguardia della titolarità, ad assegnare le cattedre di lettere e latino al liceo classico al personale perdente posto nella classe di concorso A051 oppure, come recita la nota in esame, in assenza di titolari da «salvaguardare» l'attribuzione dovrà avvenire prioritariamente previa intesa con l'ufficio scolastico territoriale, scegliendo le classi di concorso in esubero a livello provinciale;
è, inoltre, in corso la revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole secondarie e, come emerge dall'analisi delle bozze delle tabelle, per quanto riguarda le materie letterarie negli istituti secondari superiori, il Ministro interpellato, proseguendo sulla strada inaugurata dalle sopra citate note ministeriali, si appresta, ad avviso degli interpellanti, a sacrificare totalmente il principio del merito (abilitazione superiore e servizio specifico) alla logica del riciclaggio degli esuberi determinatisi in seguito all'applicazione della sua riforma delle superiori -:
se il Ministro interpellato intenda ritirare la nota del 14 marzo 2011 e rivedere le diciture delle classi di concorso, in modo da permettere a chi ha titoli maggiori e professionalità più elevate di avere almeno le stesse opportunità lavorative di chi è inserito all'interno dell'ambito disciplinare (quindi A052: lettere, latino e greco negli istituti secondari di secondo grado) oppure lasciare che il liceo classico sia appannaggio esclusivo degli insegnanti abilitati A052 e, quindi, modificare le diciture delle classi di concorso A051 (lettere, latino nei licei, escluso il classico) e A050 (lettere negli istituti tecnici e professionali).
(2-01012)
«Di Pietro, Di Giuseppe, Donadi, Zazzera».
(Presentata il 22 marzo 2011)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SIRAGUSA, GHIZZONI, SCHIRRU, COSCIA, DE PASQUALE, PES, ROSSA, MAZZARELLA, BACHELET e NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'acquisizione dei diritti previsti dalla legge n. 68 del 1999 è subordinata a un iter di riconoscimento molto lungo e complesso, ma il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca consente di dichiarare l'appartenenza alla categoria dei riservisti solo in concomitanza all'aggiornamento delle graduatorie. Ne deriva che un docente, all'atto della riapertura delle graduatorie, potrebbe trovarsi ancora in fase di riconoscimento di tale diritto e che debba poi attendere il successivo decreto di aggiornamento per poter dichiarare lo status nel frattempo acquisito e certificato;

non si comprende, dunque, perché il Ministero conceda solo trenta giorni ogni biennio per poter dichiarare alcune situazioni invalidanti o di svantaggio sociale che - invece e purtroppo - non hanno scadenza, mentre in altri ambiti lavorativi è sempre possibile aggiornare eventuali diritti acquisiti;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante «misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione», all'articolo 6, comma 3-bis, recita: «L'accertamento dell'invalidità civile ovvero dell'handicap, riguardante soggetti con patologie oncologiche, è effettuato dalle commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, ovvero all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, entro quindici giorni dalla domanda dell'interessato. Gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione medica periferica di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti»;
il decreto ministeriale n. 42 del 2009 per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, non prevede, fino a successivo provvedimento normativo, la possibilità di aggiornamento delle proprie posizioni e pertanto l'inserimento di una sopravvenuta riserva per disabilità, neanche per «soggetti con patologie oncologiche», come pur previsto dalla legge. Tale grave omissione elude, ad avviso degli interroganti, la disposizione di legge citata che parla di «efficacia immediata» dei benefici derivanti dall'accertamento di una patologia oncologica;
si tratta secondo gli interroganti, di una grave inottemperanza di quanto previsto all'articolo 6, comma 3-bis, della legge 9 marzo 2006, n. 80, che deve essere sanata con urgenza, poiché è proprio nella immediata spendibilità di tutti i benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica che si attua lo spirito della legge -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa non ritenga necessario e urgente modificare il decreto ministeriale n. 42 del 2009, consentendo ai soggetti di cui alla legge n. 68 del 1999 e a quelli con patologie oncologiche di cui all'articolo 6 comma 3-bis del decreto-legge n. 4 del 2006 di chiedere il riconoscimento della riserva e l'inserimento di tale titolo nelle graduatorie provinciali di cui all'articolo 1, comma 605, della legge n. 296 del 2006, ogniqualvolta essi ottengano lo status di invalidi.
(5-04415)

BOSSA, GHIZZONI, SIRAGUSA, SCHIRRU, PES, SBROLLINI e ZAMPA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'istituto scolastico paritario Sacro cuore di via Bernardo Cavallino a Napoli è stato oggetto di denuncia pubblica da parte del genitore di un alunno, così come di altri casi sollevati dalla stampa locale, in ordine al rapporto tra la scuola e gli alunni disabili;
nello specifico, l'ultima denuncia del genitore di un alunno, riguarda un'anomala nota sul diario del ragazzo, con cui si informavano i genitori che «il figlio Enrico è risultato impreparato all'interrogazione anche se era stato avvisato con ampio anticipo. In più, la scorsa settimana, per tutta l'ora non ha fatto altro che dormire profondamente. Sarebbe meglio che studiasse gli argomenti schematizzandoli attraverso mappe o sintesi perché non si riscontra alcun passo in avanti nella sua preparazione»;
l'alunno Enrico, di cui si parla nella nota sul diario del ragazzo, però, è un bambino autistico, ha 12 anni, ha una diagnosi funzionale che richiede un progetto educativo diverso, specifico, per la sua particolarità, e ha necessità di un sostegno visto che, come è definito nel suo profilo personale, è soggetto a «Frustrazioni che possono determinare gravi problemi anche in ambienti extrascolastici»;

al piccolo Enrico è sostanzialmente negato ogni sostegno. Fino al 22 dicembre 2010 l'aiuto era garantito solo da una volontaria dell'Avog. Da quando si è concluso il progetto di volontariato, la scuola ripete che non può provvedere perché non ha abbastanza fondi;
alla luce dei problemi del giovane, e del mancato sostegno, la nota dell'insegnante, quindi, oltre che fortemente anomala, è anche gravissima dal momento che questa viola, ad avviso degli interroganti, almeno tre princìpi:
a) annota sul diario personale del ragazzo autistico, in modo che egli stesso la legga, una considerazione che di sicuro agisce in termini negativi sul livello di autostima del ragazzo;
b) dichiara che l'alunno ha dormito lungamente a scuola senza che, però, siano stati presi provvedimenti a sua tutela nelle immediatezze del fatto;
c) fornisce ai genitori indicazioni didattiche sui metodi di studio quando poi la didattica stessa, peraltro così specifica, dovrebbe essere curata dal corpo docente e dalla scuola, con un programma di sostegno;
lo stesso Enrico, rispetto all'istituto Sacro Cuore, un mese fa, era stato involontario protagonista di un altro caso, cioè la mancata iscrizione a scuola. La richiesta a nome del bambino disabile, infatti, non era stata ammessa «perché la scuola non ha insegnanti di sostegno. E non ha intenzione di assumerne». Il papà aveva presentato denuncia alla Polizia e ai giornali, dichiarando che la scuola «avrebbe accettato mio figlio solo nel caso in cui io sarei stato disposto a pagare di mia tasca la somma di 1500 euro per lo stipendio dell'insegnante»; il caso si è risolto solo dopo l'intervento di polizia, associazioni e mass media;
l'istituto paritario ha l'obbligo di adeguarsi, a norma di legge, a tutti gli standard della scuola pubblica; percepisce contributi statali e deve, ovviamente, rispettare le regole, garantire diritti ai lavoratori, agli studenti; deve quindi riconoscere il sostegno a chi ne ha bisogno, e deve garantire all'alunno in età di obbligo scolastico il completamento del ciclo di studi nello stesso istituto -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se, considerata la gravità dell'episodio, non intenda intervenire per la tutela del diritto dell'alunno disabile ad avere il sostegno necessario per completare con profitto il suo ciclo di studi nell'istituto paritario in questione e se non ritenga necessario avviare un'ispezione nell'istituto Sacro cuore di via Bernardo Cavallino a Napoli, al fine di accertare eventuali violazioni di legge in ordine a quanto esposto dalla normativa per gli istituti scolastici paritari.
(5-04419)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti sottopongono al Ministro interrogato il caso, uno fra molti altri simili, di una docente scolastica di cui si omette il nome, per ovvi motivi di privacy, vittima di un vulnus normativo che impone con urgenza una necessaria correzione legislativa;
la suddetta professoressa, è una docente inclusa nelle graduatorie ad esaurimento provinciali di Roma, ed è affetta da una patologia oncologica;
detta patologia è sopravvenuta dopo la chiusura delle procedure per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento di cui al decreto ministeriale n. 42 dell'8 aprile 2009 «Graduatorie ad esaurimento docenti anno scolastico 2009-2011»;
pertanto solo successivamente alla chiusura delle procedure di aggiornamento ho avuto il riconoscimento di handicap grave rientrante tra i requisiti previsti dall'articolo 3, comma 3, legge 104 del 1992, nonché il certificato di invalidità

civile al 100 per cento relativo a «patologia oncologica» e si è iscritta allo specifico elenco di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante «misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione», convertito dalla legge 9 Marzo 2006, n. 80, all'articolo 6, comma 3-bis recita: «L'accertamento dell'invalidità civile ovvero dell'handicap, riguardante soggetti con patologie oncologiche, è effettuato dalle commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, ovvero all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, entro quindici giorni dalla domanda dell'interessato. Gli esiti dell'accertamento hanno efficacia immediata per il godimento dei benefici da essi derivanti, fatta salva la facoltà della commissione medica periferica di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, di sospenderne gli effetti fino all'esito di ulteriori accertamenti»;
il suddetto decreto ministeriale n. 42 del 2009, per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, non prevedeva, fino a successivo provvedimento normativo, la possibilità di aggiornamento delle proprie posizioni e pertanto l'inserimento di una sopravvenuta riserva per disabilità, neanche per «soggetti con patologie oncologiche» come pur previsto dalla legge n. 80 del 2006. Tale grave omissione si pone in chiara contraddizione con la disposizione di legge citata che parla di «efficacia immediata» dei benefici derivanti dall'accertamento di una, patologia oncologica;
vista la grave omissione del decreto ministeriale n. 42 del 2009 di quanto previsto all'articolo 6, comma 3-bis, della suindicata legge 9 marzo 2006, n. 80, non può essere altro che un provvedimento ad hoc a sanare con urgenza la situazione, poiché è proprio la celere esecutività che è imposta dalla legge richiamata. È proprio e solo nella immediata spendibilità di tutti i benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica che si adempie allo spirito del legislatore -:
se non si intenda per quanto di competenza provvedere con specifica e urgente disposizione, all'esecuzione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 3-bis, della legge n. 80 del 2006, indicando agli uffici scolastici regionali e provinciali di attivare immediatamente le procedure necessarie per l'immediata «spendibilità» dei benefici derivanti dall'accertamento di patologia oncologica, ivi compreso il rientrare a pieno titolo ed immediatamente nella categoria dei docenti «in situazione di disabilità personale di cui all'articolo 21 della legge 104 del 1992 inseriti nella graduatoria ad esaurimento, ferma restando l'iscrizione all'elenco di cui al comma 1, della legge «Norme per il diritto al lavoro dei disabili».
(4-11320)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
numerose organizzazioni e associazioni di ragazzi disabili hanno denunciato che ai prossimi giochi della gioventù, edizione 2011 che si terranno a Nove i portatori di handicap saranno esclusi, a seguito di una decisione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
detta esclusione appare in netto contrasto con le politiche sull'integrazione scolastica e costituisce un'odiosa e inaccettabile discriminazione nei confronti di ragazzi di nulla colpevoli e solo più sfortunati dei loro coetanei -:
quali siano le ragioni che hanno portato il ministro ad assumere la decisione di escludere dai giochi della gioventù dei ragazzi portatori di handicap;
se non si ritenga di dover riconsiderare la decisione di cui sopra e modificare questo provvedimento antisociale.
(4-11336)

LABOCCETTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel volume «Vieni via con me», edito da Feltrinelli, nel quale si raccolgono i monologhi televisivi, esternati da Roberto Saviano sulla medesima trasmissione di Rai Tre, lo scrittore ripropone la tragica vicenda del terremoto di Casamicciola, in questa tragedia il grande filosofo Benedetto Croce perse l'intera sua famiglia e fu l'unico miracoloso sopravvissuto. Scrive Saviano: «Nel luglio del 1883 il filosofo Benedetto Croce si trovava in vacanza con la famiglia a Casamicciola, a Ischia. Era un ragazzo di diciassette anni. Era a cena con la mamma, la sorella e il padre e si accingeva a prendere posto. A un tratto, come alleggerito, vide suo padre ondeggiare e subito sprofondare sul pavimento, mentre sua sorella schizzava in alto verso il tetto. Terrorizzato, cercò con lo sguardo la madre e la raggiunse sul balcone, da cui insieme precipitarono. Svenne e rimase sepolto fino al collo nelle macerie. Per molte ore il padre gli parlò, prima di spegnersi. Gli disse: "Offri centomila lire a chi ti salva". Benedetto sarà l'unico superstite della sua famiglia massacrata dal terremoto»;
come documentato da varie interviste rese a quotidiani nazionali e da uno scritto di suo pugno apparso sul Corriere del Mezzogiorno (il fascicolo meridionale del Corriere della Sera), la nipote di Croce, la professoressa Marta Herling, ha inoppugnabilmente dimostrato la manipolazione del testo da parte di Saviano, soprattutto nella parte in cui inventa di sana pianta il particolare delle centomilalire;
«Si tratta di una superficiale ricostruzione», ha rilevato la professoressa Herling, «condita di particolari non irrilevanti, falsi, fatta per piegare una storia vera a esigenze ideologiche e scenografiche del personaggio Saviano»;
Saviano avrebbe potuto consultare in qualsiasi biblioteca italiana o acquistare in libreria una copia delle «Memorie della mia vita», diffusissimo saggio dell'aprile del 1902, dove lo stesso Benedetto Croce raccontò, con dovizia di particolari, la distruzione della sua famiglia. «Nel luglio del 1883», annota Croce, «mi trovavo da pochi giorni, con mio padre, mia madre, mia sorella Maria, a Casamicciola, in una pensione chiamata Villa Verde nell'alto della città, quando la sera del 29 accadde il terribile terremoto. Ricordo che si era finito di pranzare, e stavamo raccolti tutti in una stanza... Vidi in un baleno mio padre levarsi in piedi e mia sorella gettarsi nelle braccia di mia madre; io, istintivamente sbalzai sulla terrazza, che mi si aprì sotto i piedi, e perdetti ogni coscienza. Rinvenni a notte alta, e mi trovai sepolto fino al collo, e sul mio capo scintillavano le stelle, e vedevo intorno il terriccio giallo... Chiamai al soccorso per me e per mio padre, di cui ascoltavo la voce poco lontano... Verso la mattina fui cavato fuori da due soldati e steso su una barella all'aperto. Mio padre, mia madre e mia sorella, furono rinvenuti solo nei giorni seguenti, morti sotto le macerie: mia sorella e mia madre abbracciate»;
nel testo del grande filosofo non c'è traccia della vicenda delle centomilalire. La professoressa Herling ha chiarito bene il senso «politico» di questa invenzione. Il testo è inserito nel capitolo «Il terremoto a L'Aquila», a pagina 7 del libro, dove lo scrittore punta ad accreditare la tesi della speculazione sul sisma abruzzese. Il messaggio che Saviano tenta di accreditare è quello delle «mazzette», del danaro che corrompe, allora per il terremoto di Casamicciola, ora mazzette a L'Aquila. La storia che si ripete, il malcostume dal quale non sarebbe stato immune, sia pur sotto le macerie e sotto il bisogno di salvarsi, un grande uomo come Croce;
«Uso pericoloso e improprio», ha dichiarato la professoressa Herling, «che, offende la memoria di Croce e offre un cattivo esempio per lo studio dei classici»;
lo scorso mese di gennaio, l'università di Genova ha concesso a Roberto Saviano la laurea honoris causa in giurisprudenza, «per l'importante contributo prestato», è

scritto nella motivazione, «alla lotta contro la criminalità organizzata e alla difesa nel nostro Paese del principio di legalità»;
pur condividendo la motivazione e pur riconoscendo a Saviano di essersi impegnato, in una prima fase della sua attività, per denunciare la presenza devastante della criminalità, occorre ora domandarsi se sia giusto e soprattutto di esempio per le giovani generazioni che una così alta onorificenza resti conferita a chi ha tradito gli stessi valori connessi alla legalità manipolando parole e concetti di un gigante della cultura italiana come Benedetto Croce e il tutto per fini strettamente politici;
la legislazione vigente sottopone all'approvazione definitiva del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la procedura per il conferimento della laurea honoris causa;
la posizione dello scrittore Roberto Saviano ad avviso dell'interrogante non è stata opportunamente vagliata dagli organi dell'ateneo genovese, soprattutto tenuto conto che il Saviano era già stato protagonista di una vicenda analoga, riferita da vari quotidiani e relativa all'uso, senza citazione, della fonte di altri libri e articoli di giornale per il volume Gomorra -:
se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda tener conto di quanto rappresentato in premessa in sede di approvazione della laurea honoris causa allo scrittore Roberto Saviano.
(4-11343)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU, FADDA, MARROCU e CALVISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in questi anni sono stati demandati all'INPS ulteriori compiti e funzioni l'area cagliaritana è interessata come non mai da una crisi che sta mettendo a dura prova la tenuta del già debole tessuto economico, produttivo e occupazionale, l'Istituto in questo contesto assume un ruolo di primaria importanza per i 793.913 cittadini con relative 318.246 famiglie residenti nell'ampio territorio di propria competenza;
la grave carenza degli organici nella sede provinciale INPS di Cagliari, che comprende anche il personale delle sedi delle province del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano, in questi anni, ha subito una drastica riduzione fino alle attuali 296 unità. Personale che con grandi difficoltà garantisce l'apertura di 12 sedi su tutto il territorio. Una dimensione delle risorse umane che non consente, già oggi, di assicurare le normali attività istituzionali e che alla luce dell'incremento dei compiti e del territorio assegnato non sopporta un ulteriore calo della forza lavoro;
la preoccupazione cresce per il fatto che al 31 del mese di marzo del 2011 cesseranno, a livello nazionale, per effetto del decreto Tremonti, tutti i rapporti di lavoro interinali privando l'INPS di Cagliari di altri 20 dipendenti e nel corso dell'anno 2011, l'organico della sede di Cagliari si ridurrà, per pensionamento, di altre dieci unità;
il comitato provinciale, riunito il 9 marzo del 2011, ha fatto proprie le rimostranze ricevute dalle parti sociali e dai rappresentanti dei dipendenti dell'Istituto, in merito all'acuirsi delle criticità derivanti dalla continua riduzione del personale, diretto e con contratti di somministrazione, che sta producendo effetti negativi sull'efficienza produttiva e sulla gestione delle attività;
le prestazioni di sostegno ai soggetti più deboli e svantaggiati interessano decine di migliaia di lavoratori e cittadini attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali, sia in deroga (oltre 5.600 unità) che ordinari (disoccupazione speciale e mobilità riguardano oltre 29.228 unità) e inoltre si registra un rapporto pensioni/popolazione

pari al 17,66 per cento (circa 176.786 pensioni) con il conseguente aggravio di lavoro; le aziende attive risultano 21.978, gli artigiani 18.500, i commercianti 23.000, i coltivatori diretti 6.863 e i parasubordinati 43.913;
in gran parte dei 122 comuni delle province di Cagliari (71), Carbonia-Iglesias (23) e Medio Campidano (28), oltre all'inadeguatezza della rete viaria e dei mezzi di trasporto, si registra un indice ai vecchiaia al 187,02 per cento, percentuale di gran lunga superiore alla media regionale (116 per cento) e nazionale (131,38 per cento);
i problemi che vive la struttura si ripercuotono negativamente anche sulle persone con disabilità. Si fornisce qualche dato sugli organici logistica della Commissione medico legale di Cagliari. Quanto alla dotazione organica vi sono 6 dirigenti medici legali dipendenti INPS; 14 medici con contratto di lavoro annuale a 20 ore settimanali; 4 infermiere di cui una a turno, per tre giorni la settimana. Quanto alla logistica, si registrano 11 ambulatori, 2 stanze per infermieri, 1 stanza-sportello, 1 sala d'attesa, 1 archivio, il tutto distribuito in tre stabili con accesso dal viale Regina Margherita al n. 9. L'accesso agli ambulatori è sprovvisto delle infrastrutture necessarie per i diversamente abili. Ogni anno vengono effettuate circa 11.000 visite medico legali; 80.000 validazioni di certificati di malattia; 6.000 visite di verifica straordinarie; 2.000 visite medico legali dirette per invalidità civile e handicap; 17.000 verbali per validazione invalidità civile. L'inadeguata dotazione organica dei medici, non permette la partecipazione degli stessi alle commissioni mediche integrate presso le ASL, in quanto in contemporanea sono convocate 17 Commissioni mediche in due diverse ASL: Cagliari e Sanluri. Conseguentemente non è possibile seguire completamente il contenzioso giudiziario. La carenza è di almeno tre sale per le visite mediche, di cui una per le visite specialistiche e in mancanza di una stanza per infermieri. La sala d'attesa è inadeguata ad ospitare gli 80 soggetti chiamati a visita giornalmente con relativi accompagnatori;
la ridotta dotazione dell'organico medico non permette un corretto e funzionale collegamento con l'area dell'invalidità civile, mentre il ristretto numero degli infermieri e del personale amministrativo costringe i medici ad occuparsi di compiti per surrogare le carenze logistiche, quali la chiamata nell'ambulatorio dei soggetti da visitare, il reperimento dei fascicoli e l'istruttoria dei fascicoli Sigas;
vanno sottolineate la funzione sociale svolta dall'Istituto a favore degli associati e dell'intera comunità e l'esigenza degli stessi, di avere risposte adeguate ed in tempi accettabili -:
se non ritenga di dover assumere iniziative nei confronti dell'INPS, al fine di reintegrare le risorse umane necessarie che permettano di garantire uno standard dei servizi in linea con le esigenze della popolazione;
se non ritenga di dover assumere iniziative per una apposita deroga al blocco delle assunzioni per l'INPS, affinché, possa avere una dimensione della propria forza lavoro che permetta di garantire l'erogazione delle prestazioni in tempi accettabili.
(5-04413)

GNECCHI, DAMIANO, RUBINATO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'INPS ha annunciato che da quest'anno, sia nei confronti dei pensionati sia per i dipendenti non presterà più assistenza fiscale, adducendo la motivazione della mancanza di personale, per cui l'Istituto non sarebbe in grado di garantire al meglio tale servizio, e pertanto gli interessati

si dovranno rivolgere ai CAAF per la presentazione della dichiarazione dei redditi con il modello 730;
l'INPS sostiene che il servizio è svolto gratuitamente anche dai CAAF e, quindi, non c'è nessun aggravio né per i pensionati né per i dipendenti;
l'assistenza fiscale ha riguardato milioni di contribuenti, i quali hanno visto nell'INPS, per oltre vent'anni, da quando questo servizio è stato prestato, un'istituzione credibile e in cui riporre la propria fiducia, senza tener conto, inoltre, che per l'Inps disporre già della banca dati con le dichiarazioni dei redditi dei pensionati può essere utile;
tale strategia risponde all'esigenza di ridurre i costi, attraverso anche la riduzione del personale, ma il ridimensionamento dei servizi resi dall'INPS ha come effetto l'aumento dei costi per il cittadino;
per i cittadini, infatti, rappresenterà anche un aumento di costo indiretto, perché aumenteranno i compensi che lo Stato riconoscerà ai centri di assistenza fiscale per i servizi resi ai cittadini -:
se il Ministro interrogato non ritenga urgente intervenire nei confronti dell'INPS per ripristinare il servizio di assistenza fiscale, evitando nuovi aggravi di costi e disagi per pensionati e pensionate, già inseriti nella banca dati dello stesso istituto.
(5-04414)

BOBBA e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
R.D. ad agosto del 2008 ha avuto in collocamento provvisorio, poi diventato affido preadottivo, una bambina che ora ha 6 anni e nello stesso periodo ha vinto un concorso pubblico per dirigente, per il quale è stata assunta nel 2010 presso l'Agenzia delle dogane;
la signora R. è attualmente in congedo parentale e al termine di questo periodo, cioè fra circa un mese, sarà costretta a dare le dimissioni, in quanto l'Agenzia ha deciso il suo trasferimento a Messina, nonostante l'ampia disponibilità di posti in Toscana, regione dove risiede;
la signora R. dovrà scegliere tra il lavoro e la sua famiglia, in quanto il trasferimento a Messina, comporterebbe la disgregazione familiare, qualora andasse da sola, oppure la disoccupazione del marito, che lavora in una società informatica privata e che non avrebbe buone probabilità di collocamento in Sicilia;
essendo la bambina in affidamento preadottivo sono ancora in corso i controlli e i colloqui con i servizi sociali;
a seguito della notizia del trasferimento la signora R. ha presentato ricorso al giudice del lavoro senza vittoria, in quanto la legge (articolo 42-bis del decreto legislativo 151 del 2001) tutela i bambini fino a tre anni di età, non prevedendo che, in caso di adozione, si debba considerare la data di ingresso in famiglia, a prescindere dall'età anagrafica;
la signora R. ha cercato altre soluzioni, come la mobilità in un'altra pubblica amministrazione ma non ha ricevuto nessuna risposta, nonostante il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, favorisca lo stesso strumento della mobilità;
in occasione dello scorso otto marzo, tante sono state le affermazioni sul disagio lavorativo delle donne, purtroppo però, a parere dell'interrogante, in questo caso è proprio la pubblica amministrazione a non tutelare le donne mamme lavoratrici;
di recente è stato firmato un accordo tra Governo e parti sociali e nel testo dell'avviso comune si legge che le parti «condividono il valore di una flessibilità family friendly come elemento organizzativo positivo e l'importanza di una modulazione flessibile degli orari di lavoro» e ancora «si impegnano, fermi restando gli assetti della contrattazione collettiva, a

valorizzare le buone pratiche di flessibilità family friendly e di conciliazione esistenti» -:
se non si ritenga urgente e doveroso intervenire affinché la signora R.D. veda garantito il proprio diritto al lavoro e alla famiglia;
se non si intenda promuovere un rafforzamento della normativa relativa alla conciliazione e alla mobilità, al fine di garantire alle madri lavoratrici reali pari opportunità;
se non si intenda assumere iniziative normative per una modifica dell'articolo 42-bis del decreto legislativo 151 del 2001, - attualmente esporto al rischio di censura di illegittimità costituzionale prevedendo che, in caso affido/adozione, i tre anni decorrano dall'ingresso in famiglia.
(5-04429)

GNECCHI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dal 1° luglio 2010, in seguito alla manovra «correttiva» della scorsa estate, decreto-legge n. 78 del 2010, sono state soppresse tutte le norme che consentivano le ricongiunzioni dei contributi gratuite, che si riportano nel merito; le possibilità di ricongiunzione, per la quale non era previsto alcun onere finanziario a carico del richiedente, riguardavano: tutti i dipendenti pubblici (statali, dipendenti degli enti locali) e gli iscritti ai fondi speciali Inps, che cessavano dal servizio senza diritto alla pensione del fondo di provenienza; in questo caso il trasferimento dei vari «spezzoni» contributivi avveniva gratuitamente presso il regime generale Inps;
la ricongiunzione onerosa è disciplinata da 2 diverse normative; la legge 29 del 1979 consente la ricongiunzione nel fondo lavoratori dipendenti Inps dell'eventuale contribuzione versata in qualità di coltivatore diretto, artigiano e commerciante; la stessa legge prevede anche che i dipendenti pubblici possano ricongiungere presso il proprio fondo di appartenenza l'eventuale quota versata nel regime generale Inps, con la logica che l'onerosità è legata al fatto che la prestazione pensionistica migliorerà; l'altra normativa onerosa di ricongiunzione è prevista dalla legge 45 del 1990,che consente la ricongiunzione presso l'Inps della contribuzione versata in una cassa o in un fondo libero professionale, sempre con la medesima logica, l'onerosità legata alla realizzazione di un aumento della misura della pensione;
il decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha introdotto significative modifiche nel sistema previdenziale che stanno comportando pesantissime conseguenze a tutti, in generale, e drammatiche su una vasta platea di lavoratori e lavoratrici;
le disposizioni di cui alla legge n. 322 del 1958 e all'articolo 1 della legge 29 del 1979 abrogate e riviste dalla norma richiamata erano pilastri del sistema previdenziale che consentivano a tutti i dipendenti pubblici e agli iscritti ai fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria, qualora non avessero contributi sufficienti per una prestazione, di costituire gratuitamente una posizione assicurativa presso l'Inps;
l'assicurazione generale obbligatoria Inps, tra i diversi fondi esistenti, è quella che ha sempre erogato ed eroga pensioni con criteri meno favorevoli, motivo fondamentale per il quale la costituzione di posizione o il trasferimento dei contributi, qualora ci fosse stato un passaggio ad un lavoro dipendente nel privato, era gratuito;
la legge n. 29 del 1979 ha introdotto anche l'onerosità per la ricongiunzione dei contributi dall'Inps ad altri fondi proprio per il vantaggio che tale ricongiunzione poteva comportare per il calcolo della pensione;

è indispensabile che ogni modifica normativa sia supportata da una profonda analisi dei motivi che la rendono necessaria o utile e delle conseguenze che comporta, quindi da calcoli precisi sulla causa-effetto;
sicuramente il Governo ha monitorato e raccolto e fatto previsioni precise rispetto ai risparmi e alle conseguenze dell'articolo 12 del decreto-legge 78 del 2010 che sembra importante siano portati a conoscenza degli interroganti, peraltro componenti della XI commissione permanente, competente in materia di lavoro e pensioni; non si dubita che sia stata fatta un'analisi dettagliata;
è necessario avere dati precisi sull'utilizzo almeno negli ultimi 10 anni delle leggi abrogate per comprendere i motivi che hanno spinto il Governo a prevedere le abrogazioni di cui l'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 -:
quanti lavoratori e lavoratrici negli ultimi 10 anni abbiano trasferito gratuitamente i contributi all'Inps per la costituzione di posizione assicurativa, specificando quanti anni in media per ogni trasferimento;
quanti lavoratori e lavoratrici abbiano ricongiunto i propri contributi all'Inps gratuitamente, specificando quanti anni in media per ogni ricongiunzione.
(5-04430)

TRAPPOLINO, VERINI, SERENI e BOCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con lettera del 10 marzo 2001 l'Arcs (Associazione regionale cooperative servizi dell'Umbria) portava a conoscenza dell'interrogante, del prefetto di Terni, del sindaco di Orvieto, dell'assessore regionale alle politiche sociali dell'Umbria e di altre figure istituzionali gli insostenibili ritardi con cui le amministrazioni locali erogano i pagamenti alle cooperative del settore servizi;
in particolare, la lettera, spedita dall'Arcs anche agli organi di stampa regionali, evidenziava il particolare stato di eccezione relativo al comune di Orvieto. «La situazione dell'Orvietano - scrive l'Arcs - non ha nessuna possibilità di confronto con altre realtà». Il comune di Orvieto ha infatti accumulato ritardi nel pagamento dei crediti vantati dalle cooperative di servizi superiori ai 24 mesi;
le dimensioni dei crediti - l'importo di quest'ultimi, per alcune imprese, è equivalente al valore della produzione complessiva - e la consistenza dei ritardi stanno determinando tra le cooperative dei servizi operanti sul territorio orvietano una crisi che rischia di diventare irreversibile;
nel febbraio 2010 i sindaci delle maggiori città della provincia di Terni si impegnarono a ripianare i debiti verso l'ASL per i servizi in delega. A quanto pare, il comune di Orvieto non ha fatto seguire a tale incontro alcun provvedimento concreto;
a destare vivissima preoccupazione è quindi l'assenza di una pur minima manifestazione di volontà politica da parte dell'amministrazione comunale di Orvieto tale da definire un qualche impegno in vista del superamento di tale stato di eccezione. Questa inerzia concorre oggettivamente al permanere e all'aggravarsi di una crisi ampiamente nota;
l'intera vicenda precipita in un contesto territoriale e sociale già duramente provato dalle difficoltà prodotte dalla crisi economica - ben evidenziate dai numeri recentemente diffusi dalla Caritas orvietana e dal sempre più frequente ricorso alla cassa integrazione da parte delle imprese -, contribuendo, in ragione delle dimensioni occupazionali delle cooperative coinvolte e per via della specificità dei servizi erogati nell'ambito di azioni di welfare municipale, ad alimentare uno stato di fortissima tensione sociale;
le difficoltà economiche-finanziarie in cui versa il comune di Orvieto non giustificano

affatto la trascuratezza con cui si è voluto affrontare la complessa vicenda, una trascuratezza che chiama in causa responsabilità politiche che hanno tuttavia effetti concreti e pesanti sulla coesione sociale della città e del territorio -:
di quali elementi dispongano in merito a quanto rappresentato in premessa e se intendano assumere iniziative normative in armonia con la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali per evitare situazioni come quella sopra descritta;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, fonte di lavoro e di stabilità economica e sociale per gli addetti e le loro famiglie.
(5-04444)

ZAMPA, LENZI, BENAMATI, LA FORGIA e VASSALLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i 196 dipendenti della Verlicchi s.p.a., storica azienda bolognese leader nel settore dei telai per motociclo, dal mese di marzo 2010 sono in cassa integrazione a zero ore e sono arrivati alla fine dell'anno appena trascorso con stipendi arretrati e buste paga mancanti;
ad inizio del 2011 la situazione dell'azienda si è aggravata i maggiori clienti si allontanano, gli istituti di credito restringono il credito, mentre si accumulano debiti e in particolar modo non vengono versati i contributi previdenziali dei dipendenti;
fra gennaio e febbraio 2011 si prospetta l'ipotesi di un nuovo possibile acquirente, rappresentato dal gruppo Caponi, con sede principale a Pontedera (Pisa). Ma dopo un iniziale interesse e i primi contatti, il gruppo Caponi sembra voler ritirare l'offerta di acquisizione;
a febbraio 2011 la situazione precipita e le maestranze, le poche che continuano a lavorare, fermano lo stabilimento: mancano i fondi che la nuova pseudo-proprietà ha promesso di versare. La vecchia proprietà si dice disposta ad una collaborazione paritetica, invece accade che le sorelle Verlicchi cedono le quote azionarie al fratello, il quale cede a sua volta il 100 per cento dell'azienda (sembra in cambio di azioni del gruppo acquirente), alla JBF Pontedera srl, azienda senza capitale sociale che si occupa di «esercizio di attività sportive dilettantistiche, formazione e preparazione di squadre nella disciplina sportiva e l'insegnamento della pallacanestro, e delle attività motorie in genere»;
la JBF Pontedera appartiene al gruppo Caponi. L'ufficio personale della Verlicchi Bologna viene immediatamente spostato presso Tecnocontrol Pontedera, dove si occuperanno di tutto: gestione buste paga, cassa integrazione, e altro;
l'amministratore delegato della nuova società è il signor Giuseppe Valdemaro Paviani, 75 anni, indagato a Brescia per associazione a delinquere in materia di reati tributari e truffa aggravata ai danni dello Stato, i dirigenti sono Massimo Stella, consulente di Giacomo Commendatore ex n. 1 di Eminflex e un tal Bertelli, già finito a suo tempo nei guai per bancarotta (fonte: Corriere della Sera, edizione Bologna del 17 febbraio 2011);
la nuova dirigenza ha subito dichiarato: di non voler impiegare risorse nella Verlicchi (riunione del 16 febbraio con le autorità istituzionali), di avere 140 esuberi, di voler assumere una posizione privilegiata in un futuro e probabile fallimento e di proporre lo spostamento della causa fallimentare a Pontedera, vista la vicinanza dello stabilimento principale. Inoltre non hanno manifestato alcuna intenzione di versare gli arretrati ai dipendenti della Verlicchi;
nelle giornate del 14 e 15 marzo 2011 i dipendenti si sono fisicamente opposti al tentativo della nuova proprietà di spostare

i macchinari per procedere alla loro vendita impedendo così lo smantellamento dell'impresa, mentre intorno a loro l'intero paese e le autorità provinciali e comunali si muovevano a sostegno;
allo stato attuale delle cose la strada del fallimento è sempre più vicina. Questa situazione potrebbe di fatto indurre ad una scissione della Verlicchi in due, (prima del fallimento) formando una good company e una bad company sul modello di Alitalia. Verrebbe così acquisita di fatto l'azienda quasi a costo zero, cancellando i debiti a suo carico (che resterebbero alla bad company). Per i dipendenti, invece, si prospettano 6 mesi con rinnovo della cassa integrazione provinciale in deroga, senza alcun contributo versato e con molti interrogativi sulla mobilità alla fine dell'erogazione della cassa integrazione;
di fatto la cassa integrazione straordinaria è cessata il 7 marzo 2011 e i dipendenti tramite il sindacato, organizzati in presidio davanti allo stabilimento, hanno intrapreso un'azione di ingiunzione fallimentare, facendo partire di fatto la nuova cassa integrazione guadagni fallimentare, che darebbe loro la possibilità di usufruire della cassa integrazione per fallimento (12 mesi + 12 mesi), della mobilità al termine, del versamento dei contributi previdenziali e della presenza di un curatore fallimentare nominato dal tribunale di Bologna che dovrebbe pronunciarsi sull'eventuale capacità produttiva del sito produttivo per il futuro -:
se sia al corrente della situazione descritta in premessa, in particolare della condotta, ad avviso degli interroganti, illegittima, messa in atto dalla proprietà e se non reputi doveroso intervenire al fine di attivare le procedure di cassa integrazione previste dalla legge per quanto riguarda l'ipotesi del fallimento aziendale, salvaguardando così non solo i diritti dei lavoratori ma anche le future prospettive occupazionali di un settore strategico, per la provincia di Bologna, come quello del motociclo.
(5-04445)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI,BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il documento protocollo n. 33 del 2010, «Esposizione a Sostanze tossiche-nocive nei siti industriali del comparto fibre» emesso dall'associazione, A.I.E.A. VBA & CSA il 15 ottobre 2010, mette in risalto quanto sia emerso dallo studio epidemiologico effettuato, su mandato della procura della Repubblica di Nola, tra i lavoratori degli ex stabilimenti Montefibre di Acerra e Casoria e quanto si sta riscontrando tra i lavoratori dello stabilimento ex EniChem di Pisticci;
il documento è stato al centro del dibattito nel convegno tenutosi a Marconia di Pisticci il 15 gennaio 2011, presenti le istituzioni territoriali e regionali, il dottor Roberto Riverso giudice della sezione lavoro del tribunale di Ravenna, il dottor Cosimo Lequaglie direttore del CROB di Rionero (Potenza), i rappresentanti confederali nazionali, i rappresentanti della politica nazionale e territoriale;
lo stabilimento ex EniChem di Pisticci (Matera), insediatosi nel 1962, negli anni 80 vantava un livello occupazionale complessivo di circa 5.000 persone tra dipendenti diretti (circa 3.000 persone) e maestranze esterne che hanno prestato la loro attività lavorativa all'interno del sito industriale (circa 2.000);
delle cinquemila unità lavorative potenzialmente esposte, circa 1.850 lavoratori hanno inoltrato all'INAIL, entro il 15 giugno 2005, la richiesta per il riconoscimento dell'esposizione all'amianto, in conformità a quanto previsto dalla legge n. 257 del 1992 e successive modificazioni;
di questi lavoratori, attraverso una lunga vertenza, che ha coinvolto: organizzazioni sindacali, le parti sociali, l'INAIL, l'INPS, la direzione provinciale del lavoro, con la mediazione del prefetto di Matera,

ad oggi, hanno ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali circa 660 persone;
di questi, ancora, circa 560 riconoscimenti sono stati ottenuti con l'estensione delle linee guida di indirizzo di cui alla nota Ministero del lavoro, protocollo 451 del 7 marzo 2001, mentre altri circa 100, sono stati riconosciuti dalla CONT.A.R.P.-INAIL a seguito di presentazione di una serie documentale tecnica che ha dimostrato l'esposizione significativa di questi lavoratori per similitudine ad altri lavoratori che avevano prestato servizio in impianti di produzione fibre sintetiche, confrontabili a quelli dello stabilimento di Pisticci;
nella comunicazione datata Potenza 16 luglio 2008, l'INAIL (direzione regionale per la Basilicata), comunicava alle organizzazioni sindacali di categoria (Filcem-CGIL, Femca-CISL e Uilcem-UIL) e per conoscenza al prefetto di Matera, direzione provinciale del lavoro e INAIL provincia di Matera, il riepilogo delle mansioni operative per le quali sussistono i requisiti per accedere ai benefici previsti dalla legge n. 257 del 1992;
durante l'iter riconoscitivo sopraesposto, senza alcuna valida spiegazione, l'INAIL, nonostante il parere formale e favorevole da parte della Syndial (ex EniChem), datata 19 gennaio 2009 prot. GARI/20, a vantaggio dei lavoratori degli altri reparti non esaminati, dichiarava, in presenza del prefetto di Matera, di aver esaurito il suo mandato, invitando le parti interessate di adire le vie legali per rivendicare gli stessi diritti riconosciuti a tutti gli altri lavoratori;
inoltre, si evidenzia che tale decisione da parte dell'INAIL, è stata presa, nonostante le dichiarazioni testimoniali dell'alta dirigenza dell'ex EniChem VBA e gli accertamenti prodotti dalla direzione provinciale del lavoro di Matera sulle bonifiche d'amianto effettuate nello stabilimento di Pisticci;
la decisione conclusiva dell'INAIL di rimettere la propria responsabilità verso l'INPS (Ente erogatore del beneficio) ha aumentato le disuguaglianze tra i lavoratori aventi diritto e generato costose controversie che si traducono in gravi ripercussioni in termini di costi gravanti sulla collettività;
l'AIEA Val Basento ha continuato a sviluppare una notevole quantità di documenti tecno-legislativi sulle mansioni reali dei lavoratori e sugli ambienti di lavoro in cui operavano, necessari per la difesa di tutti i lavoratori ex esposti illegittimamente discriminati e nell'ambito di questa attività, in merito ai benefici previdenziali, ha registrato:
a) casi di lavoratori ex esposti, riconosciuti tali da parte della CONT.A.R.P.-INAIL per il periodo lavorativo ex EniChem, ma non per il periodo successivo SNIA, pur svolgendo le stesse mansioni nello stesso impianto, nello stesso ambiente inquinato di fibre di amianto e per un solo giorno non possono godere dei benefici previdenziali (9 anni 11 mesi 30 giorni di esposizione);
b) la negazione del diritto alla certificazione dalla CONT.A.R.P.-INAIL, per i lavoratori degli impianti di produzione, dove erano presenti manufatti di amianto in tutte le forme specie, come dimostrato da piani di bonifica ed accertamenti della direzione provinciale del lavoro e dalla testimonianza dei responsabili che hanno gestito i relativi siti;
c) l'Istituto INPS, che eroga i benefici previdenziali sulla base delle certificazioni INAIL, positive all'esposizione, è stato investito da un rilevante contenzioso che sovraccarica gli uffici legali ed intasa le sezioni lavoro del tribunale di Matera e corte di appello di Potenza. Basti ricordare che vi sono una decina di studi legali della provincia di Matera che lavorano intensamente per difendere i diritti dei singoli lavoratori ex esposti con i seguenti risultati:
1) circa 300 cause in corso;
2) un centinaio in fase preparatoria con la collaborazione tecnica dell'associazione;

3) 34 cause definite anche in corte di appello con esito favorevole;
4) centinaia di attestati prodotti dalla direzione provinciale del lavoro di Matera con accertamento dell'ambiente di lavoro, ai sensi della legge 27 ottobre 2004, articolo 47, ed articolo 3, commi 4-5-6;

altrettanti sono in corso di esame con evidenti costi legati alla difesa legale che ricadranno sulle casse pubbliche;
l'AlEA Val Basento, in merito alle malattie professionali ha inoltre registrato numerosi casi di patologie tumorali, oltre 280, tra i lavoratori ex esposti e/o esposti, molte di queste patologie sono in uno stato avanzato e, purtroppo, oltre 150 con morte prematura (10 casi nel 2010, 2 casi ad oggi nel 2011), molti di questi lavoratori operavano negli impianti esclusi dalla CONT.A.R.P.-INAIL dai riconoscimenti di esposizione all'amianto;
per una decina per i lavoratori e/o per i loro familiari, dopo il riconoscimento della malattia professionale, è stato ottenuto l'attestato di esposizione ed relativi benefici previdenziali, ai sensi del comma 7 dell'articolo 13 della legge n. 257 del 1992, modificato dalla legge n. 271 del 1993;
vi sono casi di patologie tumorali (carcinoma polmonare, asbestosi, tumore ovaio, placche pleuriche) tra le vedove dei lavoratori; per le quali è stata inoltrata al dipartimento salute e solidarietà sociale della regione Basilicata, ai sensi del DGR n. 1662/2009, la richiesta di sorveglianza sanitaria;
per molti lavoratori con patologie tumorali conclamate, in fase di cura chemioterapica, non è stata fatta alcuna denuncia preventiva per malattia professionale facendo perdere ogni beneficio ed ogni diritto contributivo (disattenzione - se così si può definire - sia del medico curante che della struttura sanitaria operante);
diversi casi di lavoratori ex esposti, anche con premorienze, che pur avendo il riconoscimento INAIL di malattia professionale, non vengono riconosciuti dall'INPS come aventi diritto alla rivalutazione contributiva (diretta e/o agli eredi) perché pensionati prima della legge 27 marzo 1992 che appare in tali casi come una norma ingiusta che lede i diritti dell'uomo e solleva secondo gli interroganti motivi di illegittimità costituzionale;
molti casi di patologie asbesto-correlate rilevate dalla sorveglianza sanitaria, DGR n. 1662 del 25 settembre 2009, si stanno trasformando in rivendicazioni di malattia professionale, presso l'INAIL, dalla stessa medicina del lavoro;
sembrerebbe che quanto dall'AIEA più volte denunciato sia minimale rispetto a quanto stia emergendo dalle visite preventive;
molti casi di patologie multifattoriali, con altrettanti casi di morte prematura, probabilmente dovute all'esposizione di un cocktail di sostanze tossiche e nocive ed in presenza di asbesto, richiederebbero una analisi approfondita che solo attraverso uno studio epidemiologico del sito, potrebbero essere riconosciute come malattie professionali;
a giudizio degli interroganti è urgente che, come chiesto dall'AIEA Val Basento, si attivi un tavolo di concertazione regionale presso la prefettura di Matera con la partecipazione dell'INAIL, dell'INPS, della direzione provinciale del lavoro, delle organizzazioni sindacali regionali, delle parti sociali (AIEA VBA), dell'assessorato alle politiche del lavoro per la soluzione delle problematiche evidenziate in premessa -:
se nell'ambito delle proprie competenze il Governo intenda sostenere la proposta di istituzione del suddetto tavolo di concertazione regionale presso la prefettura di Matera;
se e quali ulteriori iniziative intenda promuovere al fine di ottenere, per i lavoratori ex EniChem di Pisticci (Matera):
a) il riconoscimento dei benefici previdenziali ai lavoratori ex esposti che,

durante la loro attività lavorativa, hanno operato in ambienti e con mansioni simili a coloro i quali gli sono stati riconosciuti giuridicamente;
b) il risarcimento del danno patrimoniale complessivo derivato dalla negazione del diritto alla maggiorazione contributiva in tempo reale, riconosciuto dopo anni per alcuni, solo in seguito a sentenza;
c) il riconoscimento dei diritti negati senza la costrizione di adire ulteriori azioni legali.
(4-11321)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 22 marzo del 2011 un operaio di Rieti è rimasto seriamente ferito mentre lavorava in un cantiere alla periferia di Frascati;
come riferisce l'agenzia «ANSA» l'uomo sarebbe rimasto schiacciato dal braccio di una gru, mentre scaricava ponteggi -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11339)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI e SANI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il sistema dei riconoscimenti dop e igp è stato introdotto dall'Unione europea con il regolamento numero 2081 del 1992, per armonizzare una serie di normative o atti dei singoli stati membri, che già esistevano a tutela della autentica «tipicità» di alcuni prodotti agroalimentari. Nel marzo 2006 il regolamento (CE) 2081/92 è stato sostituito dal regolamento del Consiglio (CE) n. 510/2006;
per quanto riguarda, in sintesi, l'iter di riconoscimento (sia dop che igp) è il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che trasmette all'Unione europea la relativa domanda, presentata dalla organizzazione associativa che riunisce tutti gli operatori interessati ad ottenere il marchio per un determinato prodotto tipico del territorio;
nello specifico la «denominazione di origine protetta» (dop), è un marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dall'Unione Europea a quegli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio, inclusi i fattori naturali ed umani, in cui sono prodotti;
affinché un prodotto sia riconosciuto Dop, tutte le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono quindi avvenire in un'area geografica delimitata;
rispetto alla denominazione Dop, per ottenere la certificazione Igp («Indicazione geografica protetta») solo una fase del processo produttivo deve avvenire in una particolare area;
risulta quindi evidente come il riconoscimento dop valorizzi maggiormente, rispetto a quello Igp, il prodotto locale coinvolgendo direttamente tutto il processo di filiera presente sul territorio a cui l'alimento fa riferimento;
l'Italia è, ad oggi, il Paese con il numero di maggiori prodotti a marchio Dop. Un riconoscimento che valorizza l'eccellenza del settore agroalimentare e rappresenta un indiscutibile volano economico, occupazionale, produttivo e turistico dell'intera nazione;

tra i numerosi alimenti riconosciuti con la Dop ci sono anche alcune tipologie di pane («pane di Altamura» e «pagnotta del Dittaino»);
nell'anno 2001 è nato il comitato promotore per il consorzio pane toscano con la finalità di ottenere il riconoscimento Dop di tale prodotto. Nel 2004 tale organismo ha preso il nome di consorzio di promozione e tutela del pane toscano a lievitazione naturale;
dal 2001 ad oggi, prima il comitato promotore e successivamente il consorzio di promozione, hanno inviato al Ministero competente la documentazione (comprensiva di modifiche ed integrazioni) per ottenere il riconoscimento Dop del pane toscano, anche in relazione alle variazioni che sono intercorse in questo arco temporale rispetto alla normativa comunitaria di riferimento (richiamata precedentemente in premessa);
per completezza di informazione va evidenziato come la regione Toscana, con le delibere della giunta numero 148 del 18 febbraio 2002 e numero 951 del 17 dicembre 2007 abbia dato parere favorevole al riconoscimento Dop del pane toscano sostenendo pienamente le iniziative promosse prima dal comitato promotore e successivamente dal consorzio di promozione;
per integrare la documentazione relativa alla domanda per il riconoscimento Dop per il pane toscano e per venire incontro alle richieste specifiche del Ministero competente rispetto alla necessità di attestare con «indagini scientifiche» le peculiarità del pane toscano prima e del grano toscano in questi ultimi anni, il Consorzio di promozione ha commissionato uno studio sulla caratterizzazione del pane toscano e dei lieviti utilizzati alla università degli Studi di Pisa, scuola superiore di Sant'Anna e alla università degli studi di Firenze (dipartimento di scienze delle produzioni vegetali, del suolo e dell'ambiente agroforestale) una verifica «caratterizzazione dei frumenti teneri coltivati in Toscana»;
da quest'ultimo documento (redatto il 28 dicembre del 2010) è emerso che «alcune elaborazioni statistiche eseguite con metodi univariati e multivariati sui dati relativi alle caratteristiche produttive e qualitative reperiti sul sito de MiPAF (Banca dati monitoraggio sul valore tecnologico-qualitativo delle varietà di frumento coltivate in Italia) nel periodo di riferimento 1992-2010, evidenziano come le farine ottenute dalla coltivazione di frumenti in Toscana siano relativamente distinguibili da quelle ottenute da frumenti coltivati in altre regioni». «Concludendo - riporta ancora il documento - si può quindi dire che, in base ai dati considerati per le analisi delle qualità della cariosside e del glutine, la coltivazione dei cereali in Toscana produce delle cariossidi caratterizzate da una bassa durezza, da un valore basso di W e un medio valore di P/L che le renderebbero relativamente diverse da quelle prodotte nelle altre regioni italiane. Queste caratteristiche potrebbero quindi risultare molto importanti nel determinare le proprietà qualitative del pane toscano»;
va inoltre rimarcato che il riconoscimento dop del pane toscano viene sostenuto con forza e convinzione dalle associazioni di categoria regionali;
il riconoscimento della dop al pane toscano rappresenterebbe infatti anche una straordinaria opportunità per valorizzare l'intera filiera locale legata alla produzione cerealicola, soprattutto in relazione alla perdurante crisi del settore che si sta registrando ormai da anni a livello nazionale;
nonostante i numerosi incontri tra i rappresentanti del consorzio di promozione e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, il dicastero competente ha fino ad oggi ritenuta incompleta la documentazione ricevuta rispetto alla domanda di riconoscimento del marchio Dop per il pane toscano;
secondo quanto sarebbe emerso da tali incontri risulterebbe che l'indicazione degli uffici ministeriali competenti auspicherebbe il riconoscimento Igp. Un marchio

che presenterebbe un iter meno complesso e con maggiori garanzie di successo rispetto a quello Dop, ma che non si riconosce nelle finalità e negli obiettivi del consorzio di promozione in quanto tale ipotesi non potrebbe garantire l'intera filiera di produzione all'interno della regione Toscana preservando l'approvvigionamento del frumento con le caratteristiche necessarie all'ottenimento del pane toscano così come definite dal disciplinare -:
per quali reali e giustificati motivi il Ministero non ritenga completa ed idonea la documentazione dettagliata, integrata e scientificamente comprovata, per il riconoscimento dop del pane toscano predisposta dal consorzio di promozione;
se corrisponda a verità il fatto che il Ministero intenda promuovere il riconoscimento igp per il pane toscano nonostante, ad avviso degli interroganti, sussistano tutte le condizioni per cercare di ottenere il marchio dop, alla luce di quanto espresso in premessa, ed in particolare dal momento che, sul territorio nazionale, altre tipologie di pane hanno ottenuto in precedenza la denominazione di origine protetta.
(5-04426)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

GNECCHI, DAMIANO, GIOVANELLI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva, ma anche la possibilità di esonero dal servizio, se in possesso di 35 anni di contributi, garantendo il 50 per cento della retribuzione o il 70 per cento se impegnati in associazioni di volontariato;
con gli articoli 12 e seguenti Governo del decreto-legge n. 78 del 2010 il Governo ha elevato, a partire dal 1o gennaio 2012, a 65 anni di età il requisito di accesso alla pensione di vecchiaia per le donne del pubblico impiego, e, a partire dal gennaio 2011, ha deciso il posticipo di un anno del pensionamento, al conseguimento dei requisiti previsti per l'accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia;
con circolare n. 48733 del 3 novembre 2010 della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica venivano forniti chiarimenti sulla disciplina dell'esonero di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, precisando che, nel caso l'esonero fosse già in corso, l'entrata in vigore della nuova finestra mobile, porterà come conseguenza l'allungamento del periodo dell'esonero retribuito, superando il limite del quinquennio e comportando un ulteriore costo per la pubblica amministrazione, per l'anno in più, da retribuire al 50 per cento o al 70 per cento, nonché i maggiori oneri sul TFS/TFR;
l'articolo 2, comma 54,del decreto-legge n. 225 del 2010 («mille-proroghe») modifica l'articolo 72, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 prevedendo anche per gli anni 2012, 2013 e 2014 la possibilità per i dipendenti pubblici di essere esonerati dal servizio nel quinquennio precedente il raggiungimento dell'anzianità massima contributiva, con domanda di esonero (con esclusione del personale scolastico) da presentarsi entro il 31 marzo di ogni anno, con modalità identiche; il comma 1-bis inoltre stabilisce che chi è in esonero non possa rientrare in servizio, quindi si troverà costretto/a a rimanere un anno in più a retribuzione

ridotta, anche rispetto a ciò che potrebbe avere di pensione e con il ritardo di 1 anno per la riscossione del TFS/TFR -:
in base a quali dati, relativi alle richieste di esonero autorizzate, sia stata promossa la proroga fino all'anno 2014;
quanti uomini e quante donne stiano utilizzando questo istituto, con la ripartizione per regione e amministrazione;
se sia corretta l'interpretazione per cui gli interessati debbano prolungare di un anno la loro situazione in attesa di pensione, e, qualora questa interpretazione fosse corretta, non si ritenga opportuno chiedere agli interessati se intendono confermare la loro situazione di esonero dal servizio, nonostante il prolungamento obbligatorio di un anno;
se l'istituto dell'esonero dal servizio sia un diritto del dipendente o la singola amministrazione possa scegliere se aderire alla norma o meno e, nel caso in cui intenda applicarla, se possa accettare la domanda di esonero di un dipendente e non di un altro, nella stessa amministrazione, a discrezione e senza motivare il diniego;
se tale disciplina abbia avuto uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale.
(4-11312)

GNECCHI, DAMIANO, GIOVANELLI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva;
con gli articoli 12 e seguenti del decreto-legge n. 78 del 2010 il Governo ha elevato, a partire dal 1o gennaio 2012, a 65 anni di età il requisito di accesso alla pensione di vecchiaia per le donne del pubblico impiego, e, a partire dal gennaio 2011, ha previsto il posticipo di un anno del pensionamento al conseguimento dei requisiti previsti per l'accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia;
le modifiche sulle pensioni intervenute con la manovra di luglio 2010, evidenziano, ad avviso degli interroganti, l'assoluta mancanza di un progetto di questo Governo, che da un lato promuove norme per pensionare forzatamente i dipendenti pubblici e dall'altra decide che sia opportuno che si lavori un anno in più, introducendo la finestra mobile, senza alcun beneficio sul calcolo della relativa pensione;
il Ministro interrogato rispondendo all'atto ispettivo n. 4-04782 sul numero delle dipendenti donne cui sia stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ha sostenuto l'8 febbraio 2010: «Tuttavia, in conformità ai princìpi di trasparenza ed accessibilità a cui deve ispirarsi in ogni caso l'attività degli uffici pubblici, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intende, anche in riscontro all'istanza dell'interrogante, avviare, presso tutte le amministrazioni pubbliche, una ricognizione delle modalità di applicazione delle suddette normative e dei relativi effetti»;
già con atto ispettivo 5/03152 del 30 giugno 2010 si è richiesto nuovamente al Ministro se sia stata effettuata questa ricognizione sui dipendenti interessati alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro; appare inconcepibile, infatti, che non ci sia un monitoraggio sui pensionamenti coatti, visto che con il decreto-legge n. 78 del 2010 si è prorogato di un anno il mantenimento in servizio di un anno per tutti -:
quanti dipendenti pubblici siano stati collocati a riposo obbligatoriamente (in base all'articolo 17, comma 35-novies, della legge n. 102 del 2009), in particolare quanti uomini e quante donne con la

specificazione dell'età anagrafica degli interessati, suddivisi per settore della pubblica amministrazione e se la normativa richiamata sia stata applicata in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale e da tutte le amministrazioni interessate.
(4-11316)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

ANNA TERESA FORMISANO, RAO, RIA, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ, NUNZIO FRANCESCO TESTA, BINETTI, DE POLI, LIBÈ e OCCHIUTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale del Senato della Repubblica ha svolto nei giorni scorsi un monitoraggio sugli ospedali psichiatrici giudiziari italiani e le immagini di tale monitoraggio sono state trasmesse dal programma «Presa diretta» di Raitre;
il video, girato in sei strutture (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere), ha mostrato la condizione disumana in cui versano i malati nelle strutture visitate, lasciati senza cure e spesso legati con le corde a letti fatiscenti con lenzuola mai cambiate per settimane, muri cadenti, farmaci scaduti;
il numero complessivo di pazienti presenti negli ospedali giudiziari sono 1535, di questi 376 sono stati giudicati guariti, ma ne sono stati dimessi solo 65, mentre per 115 è stata prevista una proroga della pena e solo 5 sono ritenuti pericolosi;
molti vengono trattenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari per mancanza di percorsi alternativi di assistenza e solo grazie alle pressione della Commissione il Governo ha promesso uno stanziamento di 10 milioni di euro per l'assistenza di coloro che devono essere seguiti una volta dimessi dall'ospedale psichiatrico giudiziario;
secondo la Commissione almeno tre dei sei ospedali psichiatrici giudiziari visitati andrebbero chiusi e andrebbero individuate strutture nuove da destinare al trattamento sanitario degli internati;
il decreto del Presidente della Repubblica del 1o aprile 2008 ha trasferito al servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia;
al fine di dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, con le funzioni sanitarie afferenti agli ospedali psichiatrici giudiziari, sono stati trasferiti alle regioni gli arredi, i beni strumentali e le attrezzature afferenti alle attività sanitarie e concessi in uso gratuito i locali adibiti all'esercizio delle funzioni sanitarie -:
quali iniziative urgenti, di propria competenza, intenda adottare al fine della chiusura delle strutture segnalate dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale del Senato della Repubblica e della realizzazione di strutture adeguate da destinare al trattamento sanitario degli internati.
(3-01531)
(21 marzo 2011)

SCILIPOTI e SARDELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
numerose ricerche scientifiche hanno evidenziato i gravi rischi per la salute derivanti dall'uso di imballaggi e contenitori di plastica per alimenti o bevande;
il materiale plastico utilizzato in tali oggetti contiene, infatti, sostanze organiche, come il cloruro di polivinile, e altre

sostanze, quali i bifenili policlorati o i ftalati, suscettibili di arrecare gravi danni alla salute dei consumatori;
le ricerche condotte dall'Istituto oncologico di Bologna hanno potuto dimostrare, sin dal 1971, che il monocloruro di vinile è una sostanza cancerogena, suscettibile, quindi, di favorire l'insorgenza di patologie tumorali nei soggetti che con essa vengono a contatto;
inoltre, l'uso del materiale plastico in contenitori o imballaggi di cibi o bevande determina il rilascio di ftalati in conseguenza del contatto della plastica con grassi - animali o vegetali - o con sostanze alcoliche contenuti negli alimenti o bevande, posti all'interno dei suddetti imballaggi;
gli ftalati, così rilasciati e trasmessi al consumatore, si concentrano nel tessuto adiposo, attraverso un processo noto come «bioaccumulo». Tale processo ha ripercussioni di assoluta gravità sul sistema immunitario e riproduttivo dei soggetti, in particolare di coloro che, come i bambini o gli ammalati, versano in condizioni di salute particolarmente vulnerabili;
gli effetti pregiudizievoli di tale processo di bioaccumulo e dello stesso rilascio degli ftalati nell'organismo umano sono, inoltre, aggravati dalla concentrazione dei suddetti composti chimici, che è direttamente proporzionale alle temperature raggiunte dalla sostanza alimentare contenuta negli imballaggi in questione. La maggiore concentrazione di tali sostanze nocive, rilasciate nell'organismo umano dalla plastica, determina, quindi, il rischio di accelerare i processi legati allo sviluppo puberale, nonché l'insorgenza di patologie tumorali;
è, pertanto, evidente come sia assolutamente necessario tutelare i consumatori da tali gravi pericoli per la salute, proteggendo, in particolare, i soggetti, quali bambini o gli ammalati, che, per le condizioni in cui versano, sono maggiormente esposti ai rischi connessi all'uso della plastica in imballaggi o contenitori di alimenti;
l'uso della plastica crea, come è noto, problemi non solo nel settore alimentare, ma anche nella fase dello smaltimento dei rifiuti;
appare, di conseguenza, urgente promuovere una campagna di sensibilizzazione rispetto ai rischi connessi all'utilizzo di materiale plastico, favorendo il ricorso a materiale completamente biodegradabile che possa essere riciclato e smaltito, così da non danneggiare l'ambiente -:
se non ritenga improcrastinabile, al fine della tutela della salute pubblica, promuovere una campagna di sensibilizzazione rispetto ai rischi connessi all'utilizzo di materiale plastico e contestualmente prevedere atti o provvedimenti che, nel medio periodo, stabiliscano il divieto di commercializzazione, diffusione ed uso, nelle mense scolastiche, aziendali e ospedaliere, di imballaggi o contenitori per alimenti o bevande di materiale plastico contenente cloruro di polivinile, bifenili policlorati, ftalati o altri materiali simili, con l'obbligo di utilizzare, in sostituzione di tali materiali, sostanze completamente biologiche e biodegradabili.
(3-01532)
(21 marzo 2011)

BALDELLI e BOCCIARDO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il servizio sanitario nazionale costituisce una garanzia per la tutela della salute dei cittadini e i livelli essenziali di assistenza rappresentano lo strumento per assicurare a tutti i cittadini italiani condizioni di uniformità e omogeneità per l'accesso ai servizi sanitari, sia in termini quantitativi che qualitativi, in relazione a predeterminate risorse;
il servizio sanitario nazionale si articola su livelli dotati di autonomia politico-istituzionale: Stato, regioni e province autonome ed aziende locali;
l'evoluzione della sanità in rete è da tempo al centro di numerose iniziative a tutti i livelli istituzionali, stante la necessità,

oggi ancora più stringente, di bilanciare le risorse disponibili con la qualità dell'assistenza sanitaria prestata, favorendo l'accesso ai servizi sanitari e, nel contempo, migliorando la continuità di cura ed i processi organizzativo-gestionali;
il raggiungimento di tali obiettivi è una sfida che tutti i Paesi avanzati devono rapidamente affrontare e vincere e che, nel nostro Paese, presenta profili di percorribilità più o meno complessi in relazione alle realtà regionali -:
quali siano le attività e le iniziative che il Ministero della salute intenda adottare per la tematica in esame, con particolare riferimento al «fascicolo sanitario elettronico».
(3-01533)
(21 marzo 2011)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

MUSSOLINI, BARANI e DE LUCA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
esiste una notevole carenza di preparazioni farmaceutiche pediatriche per cui i bambini vengono curati come se fossero «piccoli adulti», riducendo cioè la dose in rapporto con il peso corporeo;
un atteggiamento che non considera il fatto che il bambino è soprattutto un organismo in via di sviluppo e quindi i farmaci possono avere, per quanto riguarda efficacia e tossicità, effetti diversi da quelli che esercitano negli adulti;
oltre il 75 per cento dei medicinali usati in età pediatrica non è stato mai sperimentato per i bambini. Percentuale che arriva al 90 per cento per alcune patologie;
solo il 40 per cento dei farmaci prescritti è riportato nella guida all'uso dei farmaci per bambini, prontuario pediatrico pubblicato dal Ministero della salute nel 2003;
pur considerando le restrizioni della guida, va sottolineato come l'impiego nei bambini non è adeguatamente supportato da prove di efficacia e/o sicurezza;
tutto ciò nonostante il 27 dicembre 2006 sia stato pubblicato sulla Gazzetta Ue (L 378/1) il regolamento europeo sui medicinali pediatrici, rendendo operative le norme in esso contenute in tutti i Paesi dell'Unione;
attualmente nell'Unione europea vi sono 80 sperimentazioni già in atto (sulle 3.000 attese entro il 2020 in Europa secondo la stima dell'Agenzia del farmaco europea);
pur prevedendo incentivi alle industrie farmaceutiche virtuose e finanziamenti per la ricerca da parte degli Stati membri e dell'Unione europea, questi appaiono inadeguati per la realizzazione di studi clinici pediatrici molto costosi;
inoltre, manca una chiara indicazione per la realizzazione di un vero e proprio registro dei trial clinici in pediatria con il relativo obbligo di registrazione, per evitare che vi siano inutili e dannose ripetizioni dello stesso esperimento -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per ovviare a questa carenza di sperimentazione che non permette di valutare in maniera adeguata la sicurezza e l'efficacia dei farmaci prescritti ai bambini in età pediatrica.
(5-04435)

MIOTTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa riportano la notizia che il responsabile del Servizio misure radiometriche del dipartimento nucleare dell'Ispra, Giancarlo Torri, ha affermato che tra mercoledì 23 marzo e giovedì 24 marzo 2011 vi sarà in Italia il passaggio della nube radioattiva fuoriuscita dopo l'esplosione della centrale nucleare di

Fukushima danneggiata dal terribile terremoto di magnitudo 8,9 della scala Richter, che venerdì 11 marzo 2011 ha sconvolto il Giappone;
lo stesso assicura che ciò non dovrebbe comportare rischi per la popolazione, in quanto - da rilevazioni di sistemi di rete nazionale di sorveglianza della radioattività - la quantità di radioattività presente «dovrebbe essere tra mille e 10 mila volte meno di quella che arrivò dopo Chernobyl»;
lo stesso Torri afferma che, però, non vi sono ancora dati precisi sulla pericolosità della nube tossica, in quanto: «Il valore della nube dipende da quanto materiale radioattivo è uscito, da quanto sta in alto e da quali fenomeni di diluizione è influenzato» -:
quale sia allo stato attuale la situazione, quali misurazioni siano state richieste ed a quali soggetti pubblici, quali canali di informazione e di controllo siano stati attivati con altri Paesi nordeuropei sulla concentrazione di sostanze radioattive nonché quali precauzioni il Governo abbia attuato e se vi sia un piano d'emergenza, qualora la nube tossica dovesse risultare dannosa per la popolazione.
(5-04436)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PEDOTO, FONTANELLI, LENZI, D'INCECCO e GRASSI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Centro nazionale trapianti ha pubblicato i dati relativi al 2010, in base ai quali, si è registrato un calo dei trapianti di oltre il 9 per cento;
sembrerebbe emergere, una mancanza di organizzazione sul territorio: infatti dall'approvazione della legge n. 91 del 1999 sono state create le strutture, nazionali, interregionali, regionali e locali per poter segnalare i potenziali donatori di organi, ma non sono state sviluppate adeguatamente le rianimazioni;
si registra altresì una diminuzione del 6,2 per cento dei donatori effettivamente utilizzati, in ragione della modificazione epidemiologica nelle rianimazioni, con una diminuzione delle morti di pazienti celebrolesi o dei decessi al di sotto dei 40 anni, con conseguenze particolari su alcune patologie;
inoltre, il taglio dei finanziamenti colpisce anche la campagna ministeriale per la sensibilizzazione alla donazione degli organi, che ogni anno vede ridotto il finanziamento;
in Italia la cultura della donazione ha avuto ottimi risultati, con una percentuale di opposizioni alla donazione che ruota ancora intorno al 30 per cento, ma nel 2010 si è registrato un incremento al 31,5 per cento -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di scongiurare che la carenza dei centri di rianimazione e gli andamenti nella disponibilità alla donazione possano minare alla base quanto raggiunto in termini di efficienza e efficacia del nostro sistema trapianti.
(5-04417)

MARCO CARRA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso di questo primo scorcio del 2011 si sono verificati, presso la struttura ospedaliera dell'azienda di Mantova, fatti drammatici che hanno visto, nell'imminenza del parto, 4 (quattro) neonati perdere la vita;
le tragedie di cui sopra sono accadute presso gli ospedali di Mantova e di Pieve di Coriano (Mantova);
la magistratura ha deciso di aprire, su questi casi, due inchieste -:
quali iniziative urgenti di competenza intenda intraprendere affinché sia fatta chiarezza su questi tragici fatti anche acquisendo ogni elemento necessario sulle vicende citate.
(5-04434)

Interrogazioni a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia cronica del sistema nervoso centrale, una malattia che colpisce i giovani adulti e li porta a una progressiva invalidità;
secondo studi e analisi condotte in merito alla sclerosi multipla, è emerso che in Italia sono 60 mila le persone colpite, di cui 5 mila solo in Veneto;
dai mezzi di informazione si apprende in questi giorni l'intenzione di chiudere per mancanza di fondi Casa Breda, struttura unica nel suo genere in Veneto e che da sempre con impegno, professionalità e dedizione si occupa di assistere i malati affetti da tale patologia;
25 pazienti di Casa Breda nel padovano affetti da sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica hanno chiesto al presidente della regione Zaia di non negare loro l'assistenza e di tenere aperto il centro operativo;
la struttura dedicata ai pazienti con gravi patologie neurologiche, come persone completamente paralizzate che respirano solo grazie ad uno speciale ventilatore, potrebbe chiudere tra breve, lasciando dei malati gravi senza alcuna assistenza o soluzione alternativa; la stessa preoccupazione avanzata dai malati è sentita da tutti gli operatori e volontari che lì svolgono il loro prezioso servizio;
Don Francesco Sposato, parroco della Chiesa Santo Stefano re d'Ungheria, che è sceso a fianco dei pazienti, ha sottolineato come la struttura di accoglienza sia ben radicata nel territorio e sia riuscita nel tempo ad instaurare un grande legame con la comunità cristiana;
il parroco ha ricordato come il territorio sul quale sorge Casa Breda sia stato donato dall'Opera don Guanella, una congregazione religiosa a servizio degli emarginati con la volontà di realizzare una struttura per l'assistenza a persone affette da sclerosi multipla per tutelare le persone e il prezioso dono della vita;
i malati, pur essendo consapevoli di rappresentare un costo notevole per la sanità regionale, fanno presente da onesti cittadini veneti, di aver lavorato duramente e pagato le tasse per decenni, finché la salute gliel'ha consentito, reclamando ora dunque il loro diritto di ricevere l'attenzione che meritano dalla regione e l'inserimento nel bilancio anche del contributo necessario per il mantenimento della gestione del centro -:
quali iniziative di propria competenza intenda adottare per risolvere questo increscioso e doloroso caso che vede coinvolti i malati del centro Casa Breda nel padovano e quali misure intenda attuare affinché casi simili non si ripresentino in futuro anche in considerazione della proposta di accordo in Conferenza Stato-regioni per la «presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari e malattie analoghe dal punto di vista assistenziale» di recente formulata dal Ministro interrogato.
(4-11319)

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione all'articolo 32, che testualmente recita «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
l'ospedale civile S. Francesco Caracciolo di Agnone (IS) rappresenta un presidio fondamentale che adempie tale principio. Inaugurato nel 1952, si è connotato come ospedale di zona (ex legge Mariotti del 12 febbraio 1968, n. 132) con quattro reparti di base, medicina generale, chirurgia generale, ostetricia e ginecologia, pediatria, e servizi di supporto (laboratorio analisi, radiologia, anestesia), e rappresenta una delle strutture essenziali per l'altissimo Molise;

l'ospedale di Agnone è stato sede prima di USL e, fino al 2005, di ASL Alto Molise e copre un territorio montano di circa 15.000 abitanti della regione Molise a cui debbono aggiungersi circa altri 20 mila abitanti del limitrofo Abruzzo, data la posizione di confine fra Molise e Basso Chietino. A seguito del piano di rientro legato ai disavanzi finanziari della sanità molisana varato nel 2007, nel 2010 l'ospedale è stato accorpato gestionalmente all'ospedale «Veneziale» di Isernia, costituendo un unico ospedale denominato complesso ospedaliero di Isernia. Sono stati conseguentemente ridimensionati i reparti di medicina con annessa lungodegenza, chirurgia generale e day surgery, e ginecologia, e sono stati aboliti i reparti di ostetricia e di pediatria, il cosiddetto punto nascita. Il pronto soccorso è stato trasformato in «punto di primo soccorso» in cui operano medici dei reparti ospedalieri e medici del servizio 118;
negli ultimi anni si è registrata una progressiva emorragia di personale qualificato, primari, medici, infermieri, dirigenti amministrativi e personale specializzato, senza applicare né prevedere alcun reintegro, il tutto a chiaro danno della struttura;
la sanità molisana ha raggiunto livelli di indebitamento considerevoli, che derivano da quella che all'interrogante appare una dissennata gestione delle risorse finanziarie impiegate in interventi spesso non finalizzati a garantire un servizio di qualità e destinati piuttosto al potenziamento della sanità privata a scapito di quella pubblica;
appare necessario un intervento di revisione della sanità molisana per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini circa il ridimensionamento dell'ospedale di Agnone, che colpirebbe un'area montana in difficoltà dal punto di vista occupazionale, socioeconomico e dei servizi sanitari. Tale ridimensionamento comporterebbe inoltre un declassamento della qualità del servizio sanitario e un maggiore spopolamento di un territorio già drasticamente colpito dal fenomeno migratorio;
occorre intervenire per tutelare il personale medico e infermieristico in crescente difficoltà e avviare un processo di ricostruzione sociale ed economica in virtù dei valori di solidarietà del territorio alto molisano;
le attività di pronto soccorso sono attualmente espletate a turno dai medici dei reparti e il servizio di rianimazione non è mai stato presente. Il servizio ospedaliero ha presentato una flessione nel numero di posti letto, che è stato forzatamente ridotto da 120 agli attuali 40 nonostante la costante richiesta di ricoveri, puntualmente deviata su strutture private;
è indispensabile guardare alla qualità delle prestazioni offerte al cittadino, all'efficienza dell'intero sistema sanitario, all'organizzazione interna e all'attenzione rispetto ai pazienti;
la regione Molise, con legge regionale n. 15 del 16 aprile 2003 (B.U.R. Molise n. 9 del 30 aprile 2003), per la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione del territorio montano, all'articolo 20, in materia di servizi socio-sanitari, prevede tra l'altro:
a) «parametri differenziati per le aziende sanitarie locali operanti prevalentemente sul territorio classificato montano»;
b) «l'adozione di criteri derogatori rispetto agli standard di dotazione media di posti-letto sia per acuti che per la riabilitazione»;
c) «risorse aggiuntive rispetto alla spesa pro-capite, con particolare riferimento agli indici di invecchiamento della popolazione, di dispersione territoriale e di bassa intensità demografica»;

il comune di Agnone, come è noto, si trova nell'area montana interna, costretto ai margini della direttrice di sviluppo ed

ha quindi bisogno di una particolare attenzione propria della citata legge sulla montagna -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione che da tempo si protrae;
quali siano le iniziative che il governo intende intraprendere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per garantire sopravvivenza dell'importante presidio sanitario e per tutelare il diritto alla salute dei cittadini e, in particolare, se non si ritenga che sia opportuno salvaguardare e potenziare una struttura già funzionante, piuttosto che finanziare complessi minori e dispersi in modo sconnesso, anche tenendo conto delle peculiari esigenze del territorio montano.
(4-11333)

LOLLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
presso la ASL di riferimento della provincia dell'Aquila sono in servizio 329 precari che svolgono attività fondamentali che entro il 15 marzo 2011 dovranno essere licenziati in quanto l'importo stanziato dal decreto-legge n. 78 del 2010 è stato interamente utilizzato;
questa situazione è determinata dal fatto che, non potendo sostituire il personale congedato per pensione con assunzioni a tempo indeterminato, la ASL per far fronte all'emergenza, ha fatto ricorso al lavoro a tempo determinato;
la conseguente carenza di personale in tutte le strutture sanitarie della provincia, duramente colpita dal terremoto, si traduce in una paralisi del sistema ospedaliero e aggrava una situazione di per sé già enormemente compromessa;
i dati relativi alle figure professionali più numerose che verrebbero a mancare sono i seguenti:
medici: 36 all'Aquila, 29 ad Avezzano, 16 a Sulmona, 7 a Castel di Sangro;
infermieri: 29 all'Aquila, 11 ad Avezzano, 10 a Sulmona, 3 a Castel di Sangro, 1 a Tagliacozzo;
tecnici di radiologia: 12 all'Aquila, 4 ad Avezzano, 1 a Tagliacozzo;
tecnici di laboratorio: 7 a L'Aquila, 2 ad Avezzano, 3 a Sulmona, 4 a Castel di Sangro, 1 a Tagliacozzo;
biologi: 1 all'Aquila, 1 ad Avezzano, 1 Castel di Sangro;
il personale precario, vive in molti casi questa condizione da molti anni, e consiste in personale sanitario spesso impiegato in strutture di emergenza e d'urgenza;
la significativa riduzione del personale andrebbe a caricare di ulteriori disagi i cittadini che già devono subire particolari ritardi di prestazioni sanitarie come mobilità passiva, riduzione di servizi, accorpamento di reparti, per non parlare delle liste di attesa -:
se il Ministro intenda intervenire per porre rimedio a questa drammatica situazione anche tenuto conto che sussiste il rischio della compromissione dei livelli essenziali di assistenza nella provincia.
(4-11346)

TESTO AGGIORNATO AL 24 MARZO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nel corso di un incontro svoltosi il 14 marzo 2011 presso la sede della Confindustria di Cagliari tra l'azienda Portovesme srl e le organizzazioni sindacali è stato affrontato il problema del costo dell'energia, atteso che a dicembre 2010 è scaduto l'accordo bilaterale con l'Enel che garantiva prezzi competitivi, e dell'approvvigionamento, tenuto conto che a fronte di una richiesta di 76 megawatt ne verranno assegnati 53;
la Glencore, società proprietaria dell'impianto, ha programmato investimenti

per 300 milioni di euro con un accordo di programma con la regione Sardegna che avrebbero rilanciato il sito e garantito un futuro meno problematico al territorio e ai suoi 1500 lavoratori, ma di fronte a questi problemi potrebbe rivedere i suoi programmi di investimento;
a complicare le cose vi sono anche la probabile riduzione dei certificati verdi, che causerebbe un blocco dell'autoproduzione di energia da eolico, ed il pagamento della «multa» europea di 12 milioni di euro, che determinerebbe la sospensione delle attuali agevolazioni -:
se non intenda assumere iniziative di competenza, d'intesa con la regione Sardegna, per cercare di superare le criticità di cui in premessa al fine di scongiurare l'eventualità di un disimpegno dal punto di vista degli investimenti della società Glencore.
(2-01016)«Mereu, Galletti».

Interrogazioni a risposta immediata:

DONADI, PIFFARI, CIMADORO, EVANGELISTI, BORGHESI e CAMBURSANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il nostro Paese, a seguito del referendum del 7 e dell'8 novembre 1987, esprimeva la propria contrarietà rispetto all'uso di energia proveniente da fonte nucleare. Pur tuttavia, in palese contrasto con quanto deciso dalla maggioranza degli italiani in tale occasione, l'attuale Governo ha pervicacemente voluto riprendere la scelta energetica nucleare;
nelle stesse ore in cui il Giappone - ma non solo - vive una vera e propria catastrofe nucleare e molti leader europei, a cominciare da quello tedesco e da quello francese, stanno con coraggio ripensando l'avventura nucleare, il Governo italiano non ha alcuna decisione da prendere, nessuna proposta da presentare ai nostri partner europei, ma dichiara che si metterà a disposizione e si uniformerà alle decisioni che l'Unione europea potrebbe prendere in materia di produzione nucleare di energia;
lo stesso Commissario europeo all'energia, Günther Öttinger, ha dichiarato nei giorni scorsi che: «Tutto ciò che si riteneva impensabile, in qualche giorno è avvenuto (...) Se prendiamo la cosa sul serio e diciamo che l'incidente ha cambiato il mondo - ed è in discussione il modo in cui noi, come società industriale, abbiamo guardato alla sicurezza e alla gestibilità (...) allora non possiamo escludere nulla»;
membri del Governo italiano hanno dichiarato, ad avviso degli interroganti in maniera ambigua, di dovere prendere una pausa di riflessione;
il Ministro interrogato ha precisato che «è irreversibile la scelta di capire dal punto di vista della sicurezza se siamo nella condizione di massima sicurezza in base ai requisiti e standard che abbiamo immaginato e che vengono resi operativi da un organismo europeo». «Una volta che saremo sicuri che tutto questo è stato risolto nella direzione auspicata, a quel punto la scelta nucleare del Governo potrà proseguire», ha assicurato;
il Governo italiano, dunque, non ha fatto marcia indietro sul programma nucleare, ma si è preso una «pausa responsabile di riflessione come molti altri Paesi europei che già avevano fatto la scelta nucleare»;
in data 16 marzo 2011, lo stesso Sottosegretario Saglia dichiarava: «Se l'Unione europea decidesse di bloccare la costruzione di nuovi centrali nucleari sul territorio comunitario l'Italia non si opporrebbe (...) Avremo i primi impianti intorno al 2020. C'è molto tempo per cambiare idea prima del 2020»;
nel corso della medesima giornata del 16 marzo 2011 anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'onorevole Stefania Prestigiacomo, ribadiva come «il Governo intenda affrontare la questione della sicurezza nucleare

in ambito europeo, uniformando le proprie scelte a quelle che verranno assunte in sede di Unione europea»;
in Germania gli impianti nucleari più vecchi, che attualmente sono rimasti aperti solo in seguito alla decisione di prolungare la vita di tutte le centrali, chiuderanno subito. La Germania, inoltre, sospenderà per tre mesi la decisione del previsto prolungamento della vita dei 17 impianti nucleari tedeschi;
la Germania è decisa ad accelerare l'addio al nucleare. Lo ha detto alla FrankfurterAllgemeine Sonntagszeitung il Ministro dell'ambiente Norbert Roettgen, sottolineando che i «rischi residui dell'atomo» sono troppi. E secondo anticipazioni del quotidiano Die Welt, nel mese di maggio 2011, seppur per revisioni, verifiche e controlli provvisori, si creerà una situazione in cui dei 17 reattori nucleari tedeschi solo 4 saranno in servizio;
il che vorrà dire che temporaneamente, come in una simulazione di emergenza decisa per abituarsi al futuro, la più grossa e competitiva economia dell'Unione europea e quarta economia mondiale spegnerà il 75 per cento della capacità nucleare. «Possiamo dire addio all'atomo più velocemente di quanto previsto finora, la situazione dopo il dramma giapponese è una cesura, una svolta senza ritorno», ha affermato Roettgen;
la Svizzera ha annunciato, invece, la sospensione delle procedure relative alle domande di autorizzazione per le nuove centrali nucleari. Il Ministro dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Doris Leuthard - afferma un comunicato - «ha deciso di sospendere le tre procedure relative alle domande di autorizzazione di massima per le nuove centrali nucleari finché non sarà stata fatta un'analisi approfondita degli standard di sicurezza e non si sarà proceduto a un loro eventuale adeguamento»;
gli altri Paesi si possono permettere una pausa di riflessione, visto che il nucleare lo hanno scelto e stanno ora valutando di abbandonarlo. L'Italia no, perché il nostro Paese sta scegliendo ora, controcorrente e fuori tempo massimo, se adottare o meno il nucleare. Per questo, la pausa di riflessione annunciata dal Ministro interrogato è solo uno stratagemma per neutralizzare il referendum;
appare di tutta evidenza che quanto è accaduto in Giappone rappresenti la drammatica dimostrazione del fatto che il nucleare sicuro in Italia e nel mondo non esiste;
a favore del nucleare non depone neanche l'analisi dei costi: il kilowattora prodotto dall'atomo non è affatto meno costoso di quello prodotto da altre fonti, perché non si considerano mai i costi aggiuntivi, quelli per stoccare le scorie e i costi sociali ed economici in caso di incidenti. Tutti oneri che ricadranno sui cittadini -:
se non ritenga il Governo italiano di dover revocare in maniera netta e chiara la propria scelta a favore del nucleare in luogo di una semplice moratoria o pausa di riflessione, che appare incompatibile con la perentorietà della scadenza referendaria, e di privilegiare gli investimenti nelle energie rinnovabili, facendo una scelta coraggiosa adottando la linea della Germania, che ha deciso di produrre l'80 per cento dell'energia da eolico e fotovoltaico.
(3-01534)
(21 marzo 2011)

LA MALFA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le recenti dichiarazioni del Ministro interrogato hanno posto in evidenza la necessità di fare una pausa di riflessione sul programma nucleare italiano -:
se il Governo non ritenga opportuna la costituzione di un comitato composto di scienziati di riconosciuto prestigio ed indipendenza, ai quali affidare il compito di predisporre, nei tempi dal comitato stesso ritenuti congrui, una relazione sulle cause

dell'incidente di Fukushima e sulle sue conseguenze e sulla possibilità di costruire, allo stato delle presenti conoscenze scientifiche e tecnologiche, impianti nucleari che siano in grado di non presentare in qualunque circostanza rischi per la popolazione e l'ambiente, sospendendo fino alla presentazione e alla discussione pubblica di questo rapporto il programma nucleare italiano, e se non ritenga di adottare iniziative normative con il quale si formalizzino queste procedure.
(3-01535)
(21 marzo 2011)

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la concorrenza nel mondo globalizzato si realizza tra le economie dei diversi Stati, attraverso il controllo delle aziende e dei settori chiave, escludendo così dal know-how e/o dalla distribuzione dei prodotti le economie concorrenti;
l'Italia in questa competizione è in grave svantaggio, poiché, pur essendo la seconda economia manifatturiera d'Europa, ha visto, a causa di politiche di sviluppo poco lungimiranti, colonizzare i propri asset strategici, diventando così marginale o ricoprendo un ruolo inferiore al dovuto, in diversi settori nei quali rivestiva un ruolo di eccellenza;
negli anni più recenti, con i Governi del centrodestra, il Paese ha iniziato una nuova strategia, che con la difesa di aziende, come Eni e Finmeccanica, ha ridato un minimo di penetrazione sul mercato globale al sistema Italia;
questa attenzione si è, tuttavia, concentrata solo sui gruppi di grandissime dimensioni, mentre la necessità di un'estensione più ampia della politica dell'interesse di sistema e, quindi, nazionale è sempre più stringente;
nelle ultime settimane molta inquietudine negli operatori del settore agroalimentare, sia primario che secondario e delle relative catene di fornitura, hanno destato le notizie sulla sorte della Parmalat;
è assolutamente vitale mantenere e sviluppare un polo italiano del latte e tale visione strategica non può prescindere dalla sorte di Parmalat e dalle sue future alleanze e/o integrazioni;
non si può, pertanto, non guardare con preoccupazione alle manovre di Lactalis e di fondi d'investimento stranieri, ampiamente riportate nella stampa nazionale, considerato che dal futuro di Parmalat dipenderà anche il futuro di altre aziende, come, ad esempio, Granarolo -:
quali iniziative, in particolare di carattere normativo, il Governo intenda assumere, al fine di favorire lo sviluppo di alleanze e sinergie tra le aziende operanti in Italia volte a promuovere i settori primario e manifatturiero nazionale nel mercato globale, in primis riguardo alla creazione di un polo nazionale del latte ed in generale per tutti i settori dove l'eccellenza italiana è minacciata da acquisizioni che hanno principalmente lo scopo di sterilizzare le possibilità di crescita dei settori più strategici dell'economia nazionale.
(3-01536)
(21 marzo 2011)

Interrogazioni a risposta orale:

CICCANTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la situazione dei prezzi dei carburanti al pubblico rappresenta, ormai, una vera e propria giungla nella quale il cittadino consumatore fa fatica ad orientarsi;
il fatto che i listini dei prezzi non siano depositati presso il Ministero dello sviluppo economico o che lo siano solo ai fini statistici e, quindi, non fruibili dai consumatori, determina una condizione di confusione diffusa che tende a fuorviare i comportamenti ed a rendere i cittadini-consumatori prigionieri di una politica dei prezzi scollegata dalla realtà fattuale;
a questo scenario si aggiunge quella che all'interrogante appare una situazione di vera e propria concorrenza sleale, ove si consideri che l'azienda leader del mercato il cui capitale, sia detto per inciso, è controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze, abbia applicato e stia applicando listini di vendita al pubblico diversificati per impianto, senza alcuna logica industriale e commerciale, rompendo un corretto equilibrio nello stesso stadio distributivo e nello stesso bacino di utenza e finendo per disorientare i cittadini-consumatori, cui tali scelte non soltanto non sono spiegate ma appaiono inspiegabili;
il massimo della confusione, anche con aggravi per le imprese che gestiscono le aree di servizio poste lungo le autostrade, è la pratica di prezzi diversificati fra impianti che espongono lo stesso marchio, prezzi che, a volte, superano anche i 12 centesimi di euro per litro nel raggio di poche decine di chilometri, lungo una viabilità nella quale gli automobilisti sono di fatto costretti e per la quale pagano anche un gravoso pedaggio a vantaggio delle società concessionarie della tratta;
anche l'introduzione del cosiddetto «prezzo amico», cioè di uno «sconto supplementare» accettato dalle compagnie petrolifere affidatarie del servizio per aggiudicarsi le gare promosse dalle concessionarie, finisce per determinare secondo l'interrogante un elemento di anomalia del mercato che, a volte, genera anche problemi di ordine pubblico per l'inspiegabilità della scelta, spesso attribuita non già alle compagnie petrolifere o alle concessionari delle tratte autostradali (che già lucrano margini vicini ai 100 euro ogni mille litri distribuiti e fino al 50 per cento sulle attività di ristorazione e sui panini), ma alle imprese che gestiscono tali attività che, invece, risultano essere fortemente penalizzate;
la sommatoria del prezzo differenziato introdotto da Eni e del «prezzo amico» imposto dalle concessionarie autostradali determina un pericoloso stato di incertezza in pochi chilometri di percorso autostradale; vale ricordare che la stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ripetutamente sottolineato come il «mercato rilevante» in autostrada possa essere definito all'interno dei 100 chilometri di percorrenza -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per evitare che si creino situazioni di forte contraddizione sulla gestione del pricing differenziato sia presso gli impianti posti lungo la viabilità ordinaria suddivisi in cluster disomogenei, sia per quelli posti lungo la viabilità autostradale che confliggono, ad avviso dell'interrogante, con il principio stesso della concorrenza, in quanto il fornitore in esclusiva nella stessa tratta e nello stesso stadio distributivo, indica a ciascun «gestore» un prezzo diverso da praticare al pubblico, un prezzo raccomandato attraverso il quale lo stesso fornitore in esclusiva può decidere del destino di una impresa autonoma di gestione dell'impianto, provocando danni irreversibili con prezzi più alti e meno competitivi, oppure le sue fortune commerciali con listini più bassi;
quali iniziative si intendano adottare al fine di rendere più «trasparente» per cittadini e consumatori la formazione del

prezzo, anche al di là dei cosiddetti «benzacartelloni», il cui posizionamento certamente influisce su una comunicazione carente ed opaca.
(3-01540)

CARELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come noto, in data 30 marzo 2010, il Ministero dello sviluppo economico e la Videocon Indiana, società controllante la VDCt di Anagni, hanno sottoscritto un'intesa avente i seguenti punti vincolanti:
a) la società VDCt si impegna attraverso un apposito memorandum alla cessione degli impianti e delle tecnologie alla multinazionale SSIM, realtà imprenditoriale individuata come la più idonea alla re-industrializzazione del sito;
b) si prevedono l'avvio della procedura ex articoli 182-bis e 182-ter della legge fallimentare e, per quanto necessario, l'impegno dei soci a sostenerla finanziariamente;
in data 17 dicembre 2010, nel corso di un apposito incontro presso il medesimo Ministero, tra le organizzazioni sindacali e la società VDCt, si conveniva che quest'ultima non fosse in grado di completare la procedura ex 182-bis della legge fallimentare a causa delle resistenze manifestate dai vertici di Banca Intesa, maggiore creditore di Videocon, ad accogliere una ragionevole transazione del debito in essere;
in data 3 febbraio 2011, presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati, il Ministro interrogato ha assicurato che entro il mese di febbraio l'iter sarebbe stato completato;
nel frattempo, attraverso la contrattazione del debito dei creditori chirografari (aziende e società fornitrici del territorio) si sono trovate le intese di mediazione necessarie alla presentazione presso il tribunale di Frosinone della procedura ex 182-bis e, a questo punto, il citato istituto di credito ha garantito l'intero debito, riservandosi, qualora non si trovino accordi con Videocon, di esercitare formale escussione presso la borsa di Bombay;
la permanenza di un presidio industriale della dimensione e delle caratteristiche tecnologiche di Videocon, con oltre 1.300 dipendenti, rappresenta un obiettivo irrinunciabile per un'area come quella del frusinate e per l'area meridionale della provincia di Roma, già pesantemente colpite dagli effetti della crisi economico-industriale di questi ultimi anni;
tra l'altro, per difendere il loro posto di lavoro e le prospettive economiche di tali aree, alcuni lavoratori sono stati colpiti da un provvedimento di condanna per aver occupato la sede dell'autostrada A1 -:
quali siano le ragioni che ostacolino tuttora la positiva conclusione di quanto definito nel citato accordo del 30 marzo 2010, soprattutto, alla luce del positivo atteggiamento dei creditori locali e della necessità di evitare il collasso socio-economico della provincia di Frosinone e della zona sud della provincia di Roma, ponendo le basi per un futuro industriale e di lavoro per i 1.300 addetti della VDCt di Anagni.
(3-01541)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FADDA, CALVISI, MARROCU, MELIS, PES, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo Stabilimento della società Portovesme s.r.l., leader in Italia nella produzione di piombo e zinco, è situato nella zona industriale di Portovesme nel bacino del Sulcis-Iglesiente e rappresenta, a livello internazionale, uno dei più importanti impianti nel settore della metallurgia dei non ferrosi sia per valori di produzione, sia per il livello tecnologico legato ai processi di automazione e informatizzazione delle operazioni;

per contrastare la crisi del comparto industriale che ha investito anche la Portovesme srl, il 24 aprile 2009, la società del gruppo svizzero Glencore, che è titolare della fabbrica, aveva sottoscritto un verbale di intesa che avrebbe dovuto riportare in primo piano gli investimenti industriali dell'azienda chimico-metallurgica;
l'azienda del gruppo svizzero aveva contestualmente annunciato un piano di investimenti di circa 300 milioni di euro, di cui almeno 50 milioni di euro per consentire l'allungamento della vita del polo integrato piombo-zinco, assicurando i posti di lavoro per almeno altri 15-20 anni, e per potenziare l'impianto elettrolitico al fine di permettere alla fabbrica di raggiungere una produzione massima di zinco di 200.000 tonnellate l'anno;
l'apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione europea ha bloccato l'applicazione delle misure di cui al decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, che prevedeva all'articolo 11, l'applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica destinata alle produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco, situate nel territorio della regione Sardegna, che tenessero conto dei singoli processi produttivi e del prezzo medio pagato dai diretti concorrenti europei;
le produzioni industriali sarde non hanno avuto ancora alcuna garanzia sul regime tariffario previsto dal decreto-legge n. 35 del 2005 che non è stata mai applicata e che al momento risulta sotto la lente della commissaria alla concorrenza;
l'accordo bilaterale Enel-regione Sardegna, che garantiva prezzi competitivi e, sul fronte dell'interconnessione con le reti estere, ottenimento, non conseguito, dei 76 megawatt richiesti e indispensabili per soddisfare il fabbisogno energetico dei cicli di produzione, è scaduto a dicembre 2010;
i vertici delle industrie energivore del Sulcis sottolineano l'urgenza di costruire, nel polo industriale, un impianto eolico, con una potenza complessiva di circa 130 megawatt, finalizzato ad alleggerire l'importo della bolletta energetica;
nell'incontro, avvenuto il 14 marzo 2011, presso la Confindustria, tra l'azienda Portovesme srl e le organizzazioni sindacali, sono state annunciate le difficoltà legate all'impianto eolico e ai costi dell'energia che non creano le giuste condizioni alla società svizzera Glencore, per dare avvio al previsto piano di investimenti da circa 300 milioni di euro, e, qualora non dovessero cambiare entro il 31 marzo 2011 gli scenari relativi al problema del costo dell'energia, è stato annunciato il blocco degli impianti;
la probabile riduzione dei certificati verdi costringerebbe senza dubbio la Glencore a rivedere i propri programmi di investimento per l'autoproduzione di energia attraverso le fonti rinnovabili come l'eolico, considerato che i programmi di investimento sono anche fortemente condizionati dalla richiesta della Commissione europea alla Portovesme srl di restituire allo Stato 12 milioni di euro a fronte di aiuti di Stato ritenuti incompatibili;
la chiusura di uno stabilimento che impiega oltre 1.200 dipendenti, sarebbe un evento disastroso in termini di ricadute sull'occupazione per tutto il territorio del Sulcis;
finora sembrano essere tutti disattesi gli accordi e le intese firmate sia dal Governo che dalla regione, volti alla salvaguardia dell'occupazione in una delle zone della Sardegna più colpite dalla crisi economica e sociale;
i vertici della Portovesme srl sollecitano uno sforzo economico da parte del Governo con un contratto di programma per il piano industriale -:
quale iniziative e provvedimenti urgenti di competenza si intendano adottare al fine di assicurare alle industrie energivore del Sulcis, compresa quindi la Portovesme srl, una riduzione del costo dell'energia, la certezza di una interconnessione con le reti estere capace di assegnare

i megawatt richiesti e la sicurezza di ricorrere all'energia da fonti rinnovabili secondo le necessità dello stabilimento.
(5-04411)

FADDA, CALVISI, MARROCU, MELIS, PES, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Euroallumina è una strategica realtà nazionale di produzioni ad elevata tecnologia nell'area del Mediterraneo, capace di produrre ossido di alluminio e integrare la filiera con gli impianti di Alcoa e Fusina;
da diversi giorni è ripresa una forte mobilitazione dei lavoratori dell'Euroallumina a difesa del posto di lavoro, con l'occupazione permanente degli spazi di fronte al consiglio regionale della Sardegna;
gli impianti sono fermi dal marzo del 2009, nonostante le promesse del Ministro dello sviluppo economico, che si era impegnato nel marzo del 2010 affinché la società venisse inclusa tra le imprese energivore con la possibilità di accesso all'energia elettrica prelevata dagli impianti di generazione in Sardegna mediante il sistema dell'operatore elettrico virtuale, previsto dalla legge n. 99 del 23 luglio 2009, che non ha avuto attuazione in quanto le direttive ministeriali hanno imposto la vendita di energia agli intermediari del mercato elettrico e non alle imprese industriali;
nella risposta del 17 febbraio 2011 all'interrogazione n. 5-03806 del 16 novembre 2010 fornita dal sottosegretario Saglia, è contenuta soltanto la promessa di una nuova convocazione del tavolo di verifica tra Governo, regione Sardegna, provincia, organizzazioni sindacali e azienda e la rassicurazione della messa in campo di misure idonee a garantire il presidio ed il reale rilancio di un settore strategico quale quello della produzione nazionale di ossido di alluminio e dell'intera filiera;
la crisi per questa importante società è addebitabile non solo al Governo nazionale che non riesce a definire con l'ENI un programma di abbattimento dei costi dell'olio combustibile per quelle imprese costrette per vari motivi alla sospensione delle loro produzioni per un periodo superiore a sei mesi, ma anche secondo gli interroganti, alla regione Sardegna che non esercita le necessarie iniziative presso lo stesso per risolvere definitivamente la crisi industriale in particolare nell'area del Sulcis-Iglesiente;
ad oggi, poiché anche le determinazioni del protocollo di intesa siglato nel 2009 da Governo, regione Sardegna, sindacati riguardanti l'Euroallumina sono completamente disattese, le organizzazioni sindacali richiedono l'incontro con le parti, convocato a fine febbraio e ancora una volta slittato a data da definire;
le proteste sono la naturale reazione di quanti stanno sopportando da troppo tempo gli effetti di una crisi che rischia di minare il tessuto sociale dei territori che gravitano intorno al polo industriale di Portovesme -:
se non ritenga opportuno ed urgente riconvocare le parti per trovare finalmente in via definitiva le soluzioni che consentano l'immediato riavvio degli impianti dell'Euroallumina, e dare risposte ai lavoratori di questa importante realtà industriale della Sardegna.
(5-04427)

VANNUCCI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a seguito della pesante crisi economica ancora in corso sono molte le grandi imprese che si trovano in situazione di difficoltà e vengono poste in amministrazione straordinaria nell'intento di assicurare

la prosecuzione dell'attività e attenuare nell'immediato l'impatto economico e sociale sui territori coinvolti;
la preoccupazione è assicurare che vengano messi in campo interventi organici che affianchino agli strumenti di sostegno al reddito dei dipendenti dell'impresa in crisi adeguate misure a favore delle piccole e medie imprese dell'indotto, soprattutto a quelle monofornitrici e quelle più piccole che risentono in maniera drammatica della crisi della grande impresa che comporta, com'è noto, sia la sospensione del pagamento delle fatture pregresse, sia la mancata assegnazione di nuovi contratti di fornitura o sub-fornitura;
accanto alle misure già attivate a livello centrale e regionale, soprattutto sul piano della garanzia pubblica per agevolare l'accesso al credito e il rafforzamento del sistema dei confidi, sarebbe importante intervenire con altre misure di immediata efficacia che correggano l'asimmetria esistente nell'intervento di sostegno pubblico;
per andare incontro alle esigenze delle imprese dell'indotto, le quali, nel proprio interesse e in quello dell'amministrazione straordinaria possono assicurare la continuità della produzione, pur versando in condizioni finanziarie molto critiche, occorre anche intervenire sul piano legislativo, modificando la legge «Marzano», al fine di estendere i benefici anche alle imprese dell'indotto e prevedendo, qualora le circostanze lo richiedano e con tutte le cautele del caso, anche una apposita norma di sospensione del pagamento degli oneri fiscali e previdenziali per le imprese subfornitrici della grande impresa in crisi. Ciò si rende indispensabile per completare il quadro complessivo dell'intervento pubblico, in quanto attualmente le piccole e medie imprese dell'indotto e i lavoratori che occupano rimangano l'anello debole su cui ricadono in maniera pesante gli effetti della crisi;
da una ricerca fatta e dalla rilettura della comunicazione della Commissione europea relativa agli «Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà» pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell'unione european. 244 del 1o ottobre 2004, risulta palese un' interpretazione restrittiva della norma, applicata dall'Italia, laddove si prevede la possibilità di interventi a favore di imprese con più di 49 dipendenti, mentre il testo comunitario fa riferimento ad imprese «a prescindere dalla dimensione»;
da ciò, viene naturale pensare alla reale possibilità di modificare la normativa in vigore, legge «Marzano» in direzione di un'estensione della possibilità di interventi anche a favore delle micro e piccole imprese -:
quali azioni siano in essere per garantire, alle piccole e medie imprese, degli «indotti» di aziende in amministrazione straordinaria, misure di sostegno al reddito, di tutela dei lavoratori dipendenti, e di tenuta della capacità produttiva;
se non ritenga opportuna un'iniziativa normativa per rivedere le disposizioni a tutela delle piccole imprese, in caso di crisi aziendale del committente, con particolare riferimento alla soppressione del limite dei 49 dipendenti ad avviso degli interroganti impropriamente adottato nel recepimento della direttiva europea.
(5-04431)

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'edizione locale del quotidiano La Stampa, da alcuni giorni uno dei più importanti uffici postali di Novara, situato in corso Torino, ha chiuso i propri sportelli, causando evidenti problemi per gli utenti della zona ed, in particolare, per i molti anziani fruitori del servizio;
il responsabile regionale delle pubbliche relazioni per l'ente poste ha affermato che la chiusura rientra nel piano di riorganizzazione degli uffici ed, in particolare,

quello interessato, richiedeva da tempo una serie d'interventi di ristrutturazione;
nonostante quanto sostenuto dal suddetto dirigente, la chiusura della sede postale di corso Torino, a giudizio dell'interrogante, è destinata a creare notevoli disagi, in considerazione del fatto che, come suesposto, tale ufficio era utilizzato sia da cittadini-utenti di età avanzata sia da molti uffici ed aziende beneficiari del servizio postale;
il decreto del Ministro delle comunicazioni del 28 giugno 2007, nel definire le linee generali di intervento relative alla rimodulazione degli orari di apertura al pubblico degli uffici postali, nonché della stessa riorganizzazione degli uffici, tiene conto tanto delle esigenze organizzative di Poste italiane s.p.a., quanto delle istanze del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, in modo tale che il contemperarsi delle prime con le seconde consenta di assicurare un livello di offerta del servizio in linea con le esigenze della popolazione su tutto il territorio nazionale -:
se e quali iniziative intenda intraprendere nei confronti di Poste italiane s.p.a. affinché disponga la riapertura nei tempi più brevi possibili, dell'importante ufficio postale di Novara di cui in premessa, e per garantire, conseguentemente, un servizio efficiente per i cittadini novaresi e le attività produttive della zona interessata.
(5-04432)

Interrogazioni a risposta scritta:

TORAZZI, COMAROLI, FAVA, MAGGIONI e BITONCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è ben nota al Ministro interrogato la situazione di crisi in cui si trova la raffineria Tamoil di Cremona a causa della decisione unilaterale della proprietà di chiudere la produzione della raffineria, limitando l'attività ad un semplice deposito logistico;
si tratta di una decisione invisa alla città, in quanto, mentre verrebbero meno circa 1000 posti di lavoro tra lavoratori Tamoil ed indotto, rimarrebbero tutti i problemi ambientali legati al rischio di perdita, in presenza di danni già accertati;
il Ministro, che ha seguito con attenzione la crisi, conosce bene questa situazione;
oggi, su quanto sopra esposto, si innesta la crisi politica libica ormai alla guerra civile;
tale evoluzione estende il rischio già in atto per l'impianto di Cremona a tutto la struttura della Tamoil, coinvolgendo migliaia di famiglie;
gli interroganti sono consapevoli della difficile situazione, ma proprio per questo ancora più convinti della necessità di un'iniziativa del Governo -:
quali siano gli orientamenti del Ministro e quali strategie si intendano adottare, sia al fine di rilanciare l'occupazione, sia al fine di assistere i lavoratori in difficoltà.
(4-11318)

MURA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Verlicchi & figli di Zola Predosa, in provincia di Bologna, è un'azienda metalmeccanica che dal 1934 produce semilavorati per il comparto motociclistico ed oggi conta 196 dipendenti per un indotto di 400 addetti;
tra i clienti principali fino alla fine del 2010 si annoverano le grandi case motociclistiche come BMW, Ducati, Honda, MBK, Husqvarna. Complice la crisi internazionale, nel 2010 si registra un notevole aumento dei debiti pari a circa undici milioni di euro, di conseguenza gli istituti bancari interrompono le linee di credito portando la Verlicchi a ritardare la produzione a causa della mancanza di liquidità per l'acquisto di materie prime.

Tali ritardi portano nel gennaio 2011 BMW, Honda, MBK, Husqvarna a disdire le commesse, mentre Ducati, pur mantenendole, le riduce;
l'8 marzo 2010 l'azienda ricorre alla cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale della durata di 12 mesi per 191 dipendenti. Di fatto i lavoratori e le lavoratrici della Verlicchi percepiscono l'ultima busta paga nel mese di dicembre 2010, e da allora la tredicesima mensilità, i premi di produzione per il 2009 e 2010, le retribuzioni di gennaio e febbraio 2011 non vengono erogate dall'azienda;
a fine gennaio 2011 il Gruppo Caponi con sede a Pontedera (PI) si interessa all'acquisto della Verlicchi, l'ipotesi appare una soluzione valida, ma l'acquirente ben presto si ritira;
a metà febbraio 2011 l'azienda viene ceduta in blocco alla JBF Pontedera srl (newco del Gruppo Caponi), con capitale sociale pari a 10 mila euro, che si occupa di: «esercizio di attività sportive dilettantistiche, formazione e preparazione di squadre nella disciplina sportiva e insegnamento della pallacanestro e delle attività motorie in genere»;
l'amministratore delegato della nuova proprietà è il signor Giuseppe Valdemaro Peviani che secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, edizione Bologna del 17 febbraio 2011, risulterebbe indagato a Brescia per associazione a delinquere in materia di reati tributari e truffa aggravata ai danni dello Stato. Al pari, da medesima fonte, altri due dirigenti della nuova azienda: Massimo Stella, consulente di Giacomo Commendatore ex numero uno di Eminflex, e Mariano Bertelli, di Industrie Meccaniche Capponi sono già stati coinvolti in inchieste per bancarotta;
nella riunione del 16 febbraio 2011 tenutasi tra i rappresentanti sindacali, l'azienda e le autorità locali, la nuova dirigenza manifesta l'intenzione di non voler investire nella Verlicchi, dichiarando 140 esuberi;
fatto ancora più grave, il 12 marzo 2011 un gruppo di uomini, sembra facenti capo al Gruppo Caponi, tenta di smantellare il capannone industriale impacchettando e cercando di portare altrove i macchinari. Lo smantellamento è stato vanificato grazie all'intervento degli stessi lavoratori. Da questa occasione i lavoratori e le lavoratrici della Verlicchi hanno organizzato un presidio 24 ore su 24 per impedire ogni ulteriore tentativo di smantellamento da parte della JBF, che sta proseguendo ancora oggi;
scaduta la cassa integrazione straordinaria, le sigle sindacali e i lavoratori hanno deciso di depositare istanza di fallimento presso il tribunale, al fine di garantirsi in prima battuta il diritto di accedere alla cassa integrazione per fallimento e alla successiva mobilità e, nel medio periodo, permettere al curatore fallimentare di definire al meglio i passaggi necessari e chiarire le zone di ombra che ancora sussistono tanto sulla nuova proprietà quanto sugli scopi della stessa -:
se i Ministri siano a conoscenza di quanto sta accadendo alla Verlicchi, se abbiano intenzione di affrontare la delicata questione e come intendano farlo, considerando che questa realtà a tutti gli effetti rappresenta un patrimonio di professionalità riconosciuta in tutto il mondo che ad oggi interessa un'importante segmento del tessuto economico e sociale della provincia bolognese.
(4-11335)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il contratto nazionale di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la Rai, Radiotelevisione italiana s.p.a. è scaduto nel dicembre 2009;
il parere sullo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. per il triennio 2010-2012 -

parere che deve essere necessariamente reso dalla commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per la sottoscrizione del nuovo contratto - è stato reso, come previsto dalla legge, nella seduta notturna della Commissione di mercoledì 9 giugno 2010;
nonostante il necessario adempimento parlamentare, il nuovo contratto non è ancora stato sottoscritto;
stando così le cose, il precedente contratto di servizio mantiene la sua validità solo per regolare i rapporti tra i due contraenti;
tale situazione crea un enorme vulnus all'ordinamento giuridico, poiché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha il potere legale di verificare lo stato effettivo di attuazione delle norme ivi contenute, solo nel periodo di ordinaria vigenza dello stesso;
attualmente, quindi, o meglio dal 1o gennaio 2010, l'Autorità non può verificare l'effettivo rispetto delle disposizioni contenute nel contratto -:
quali elementi intenda fornire al riguardo e quali iniziative urgenti intenda porre in essere per siglare il contratto in questione e ripristinare completamente il rispetto del principio dello stato di diritto, principio ad avviso degli interroganti, attualmente violato a causa dell'inapplicabilità delle prerogative di controllo che la legge attribuisce all'Autorità garante per le garanzie nelle telecomunicazioni.
(4-11340)

...

Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Garagnani n. 7-00209, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

La risoluzione in Commissione Bressa e altri n. 7-00506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Paniz n. 2-00503, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Rampelli e altri n. 4-04393, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cassinelli n. 5-01863, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello n. 4-04411, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili e altri n. 4-04412, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-00699, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gregorio Fontana n. 4-04430, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-04437, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Germanà n. 5-01880, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-00700, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-00701, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-04454, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-04461, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-04468, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-04486, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Lehner n. 4-04501, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Fallica n. 4-04502, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-04536, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-04537, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mancuso n. 4-04550, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Taglialatela n. 4-04551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Garagnani n. 5-01945, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Garagnani n. 5-01949, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Garagnani n. 5-01950, pubblicata

nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso e altri n. 4-11185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: La Loggia, Gibiino, Antonione, Cazzola.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-11139 del 7 marzo 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Zampa n. 5-04362 del 9 marzo 2011;
interpellanza urgente La Malfa n. 2-01005 del 15 marzo 2011;
interpellanza urgente Mereu n. 2- 01006 del 15 marzo 2011.

Trasformazione di un documento di sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Zamparutti e altri n. 4-10644 del 31 gennaio 2011 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04408.

Ripubblicazione di testi.

Si pubblicano di seguito i testi di due risoluzioni in Commissione riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa), già pubblicate nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 18 marzo 2011 in allegato al resoconto della seduta delle Commissioni riunite in argomento:

ATTI DI INDIRIZZO

Le Commissioni riunite III e IV,
valutata positivamente la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1973 del 17 marzo 2011,


impegnano il Governo:


ad adottare ogni iniziativa per assicurare la protezione delle popolazioni della regione, nello scrupoloso rispetto della risoluzione n. 1973 e delle relative prescrizioni;
ad adottare ogni iniziativa necessaria per assicurare che l'Italia partecipi attivamente con gli altri Paesi disponibili, ovvero nell'ambito delle organizzazioni internazionali di cui il paese è parte, alla piena attuazione della risoluzione n. 1973 ai fini della protezione dei civili e delle aree popolate sotto pericolo di attacco, ivi compresa la concessione in uso di basi sul territorio nazionale;
a tenere costantemente informato il Parlamento.
(7-00520)
«Nirenstein, Garofani, Boniver, Gregorio Fontana, Tempestini, Rugghia, Adornato, Cesa, Ruben, Di Biagio, Sardelli, Vernetti, Moles, Renato Farina, Barbi».

Le Commissioni riunite III e IV,
valutata positivamente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1973 del 17 marzo 2011,


impegnano il Governo:


a revocare il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba libica popolare socialista che, al

l'articolo 4, tra l'altro, recita: «l'Italia non userà né permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà né permetterà l'uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l'Italia» e, all'articolo 5, « le parti definiscono in modo pacifico le controversie che potrebbero insorgere tra loro (...) per non pregiudicare la pace e la sicurezza (...);
ad adottare ogni iniziativa per assicurare il sostegno umanitario alle popolazioni civili della regione;
ad adottare ogni iniziativa per assicurare la piena attuazione della risoluzione ONU;
a tenere costantemente informato il Parlamento.
(7-00521)«Evangelisti».