XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 15 marzo 2011

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, tutelato dall'articolo 21 della Costituzione, è messo a rischio non soltanto dalle autorizzazioni o dalle censure assunte nei confronti della stampa, attraverso un processo di intervento mediato dai pubblici poteri, bensì con maggiore insidiosità dal formarsi in ambito economico di addensamenti di interesse protesi a determinare situazioni di vantaggio monopolistico ovvero oligopolistico;
pur nella cornice di garanzia nella quale si inscrivono le sentenze della Corte costituzionale, permane l'esigenza di tradurre in una norma di rango costituzionale le esigenze di governo della comunicazione, potere costituitosi con crescente consistenza attraverso l'applicazione delle tecnologie e, tuttavia, sprovvista di previsioni di bilanciamento;
il succedersi di disposizioni legislative, dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 178, al decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha determinato il rischio, messo in luce dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di un « vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto di incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
di fatto, la norma di origine decretizia ha disposto che il divieto, per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani è prorogato fino al 31 marzo 2011, con la previsione della possibilità di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011 mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
in sostanza, al Presidente del Consiglio dei ministri, notoriamente attivo nel settore radiotelevisivo, spetterà decidere l'eventuale proroga del termine citato, fino al 31 dicembre 2011; tale decisione spetterà, cioè, al titolare di un interesse, in una condizione di conflitto potenziale segnalata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
in sostanza, sussiste una condizione di conflitto potenziale, la cui valutazione è rimessa al soggetto del conflitto;
si tratterebbe, poi, di un caso in cui appare evidente la sussistenza di condizioni di urgenza che giustificherebbero un immediato intervento del Governo, su cui potrebbe registrarsi un'ampia condivisione,


impegna il Governo


data la rilevanza costituzionale della questione e tenuto conto dell'imminente spirare del termine del 31 marzo 2011, ad assumere iniziative normative urgenti al fine di prorogare la disposizione dell'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, fino al 31 dicembre 2012 e, contestualmente, a presentare al Parlamento un disegno di legge organico per la regolamentazione della materia.
(1-00597)
«Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
l'attuale costo, determinato dagli incentivi per il fotovoltaico, è di 0,60 euro al mese a famiglia (corrispondente all'1,6 per cento della bolletta);
la crisi che ha colpito il comparto fotovoltaico, con l'approvazione del nuovo decreto legislativo per la produzione di energie rinnovabili, comporta la perdita di oltre 15 mila posti di lavoro e la compromissione di un indotto dove sono impiegati oltre 100 mila addetti;
gli investitori istituzionali, fondi e banche, hanno denunciato duramente la perdita di credibilità del sistema Paese, minacciando, in particolare le banche estere (Aibe), di bloccare ogni investimento infrastrutturale in itinere in Italia. Già in questi giorni si vedono gli effetti di tale timore che si è tradotto in un aumento del differenziale sui tassi di interesse rispetto ai Paesi europei virtuosi;
dopo pochi mesi dall'approvazione, nel mese di agosto del 2010, della legge sul nuovo «conto energia», il 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato, com'è noto, una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
in questa fase i Paesi più industrializzati in Europa e nel mondo, considerata la grave crisi energetica e gli enormi costi che questa comporta, stanno producendo il massimo sforzo proprio per incrementare e sviluppare le produzioni energetiche a partire dalle fonti rinnovabili; valga per tutti l'esempio della Germania che ha deciso di aumentare la produzione di energie rinnovabili dagli attuali 18 a 52 gigawatt (Gw);
se confermate, le attuali norme rischierebbero di affossare un settore industriale tra quelli maggiormente in espansione e gli indubbi vantaggi che, da un punto di vista di impatto ecoambientale, questo tipo di energia determina;
con l'attuale grave crisi energetica e con il crescente aumento del prezzo al barile del petrolio, sarebbe davvero inspiegabile non rafforzare il settore delle energie rinnovabili, così come una decisione del genere sarebbe incomprensibile per le migliaia di famiglie e piccole e medie imprese che puntano a diventare indipendenti in quanto a consumi energetici;
nel senso auspicato dagli operatori del settore, d'altro canto, va letto il parere positivo, in sede di commissioni parlamentari, sullo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, che, in materia di energia da fonti rinnovabili, si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta a ridurre la dipendenza delle fonti combustibili fossili e le emissioni di anidride carbonica;
il decreto legislativo approvato dal Governo ha disatteso le puntuali pregnanti condizioni poste dalle Commissioni attività produttive della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
nello stesso decreto non sono stati correttamente salvaguardati gli interessi degli investimenti in via di realizzazione, penalizzando le iniziative in corso in aree agricole marginali e inutilizzate;
a fronte di una crisi che non smette di colpire il tessuto produttivo, il settore delle rinnovabili si muove in netta controtendenza. Gli incentivi, si ricorda, non solo non gravano sul bilancio dello Stato, ma contribuiranno nel 2011 ad entrate fiscali pari a circa 1,5 miliardi di euro;
non va dimenticato che l'incertezza che pesa sul futuro delle energie rinnovabili e la mobilitazione delle associazioni ambientaliste avversa alla produzione di energia da fonti eoliche ha ridotto significativamente lo sviluppo dell'energia eolica, che potrebbe essere efficacemente sostituito dall'aumento del tetto di produzione fotovoltaica;

sono stati segnalati, dal Gestore dei servizi elettrici, negli ultimi mesi, dati contraddittori sullo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili nel Paese: questi parametri hanno, di fatto, portato prima ad una sopravvalutazione degli incentivi negli anni precedenti ed ora a scelte che hanno prodotto un'improvvisa paralisi del settore;
il decreto legislativo del 3 marzo 2011 che blocca il «conto energia» al 31 maggio 2011, senza programmare un periodo transitorio per completare gli investimenti in corso, di fatto blocca definitivamente tutti i finanziamenti bancari in essere,


impegna il Governo:


a vigilare sulla puntualità e l'esattezza delle rilevazioni del Gestore dei servizi elettrici, fondamentali per un'equilibrata politica degli incentivi;
ad assumere le iniziative di competenza per portare al 31 dicembre 2011 il termine ultimo per la connessione degli impianti attualmente in costruzione, in coerenza con l'attuale «conto energia» a cui hanno fatto riferimento i piani finanziari degli investimenti;
ad elevare in maniera considerevole l'attuale tetto previsto di 8 gigawatt (Gw), indicando, sin d'ora, le riduzioni percentuali dei livelli di incentivazione per i gigawatt aggiuntivi ed i tempi di realizzazione degli stessi;
a definire, con la massima urgenza, lo schema complessivo d'incentivazione del comparto fotovoltaico che deve prevedere, nel caso di raggiungimento del nuovo tetto di potenza installabile, anche un arco temporale, quantomeno di sei mesi, successivo al raggiungimento di tale tetto per poter consentire finanziabilità e completamento dei cantieri e dei progetti in essere;
a concordare nella Conferenza Stato-regioni criteri trasparenti e certi per i percorsi amministrativi necessari al conseguimento delle autorizzazioni.
(1-00598)
«Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Iannaccone, Lehner, Milo, Moffa, Mottola, Nola, Orsini, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Porfidia, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Soglia, Stasi, Taddei».

La Camera,
premesso che:
con l'approvazione in Consiglio dei ministri il 3 marzo 2011 del decreto legislativo con il quale l'Italia recepisce la direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili al 2020, il Governo ha modificato il meccanismo di concessione degli incentivi per la costruzione di impianti fotovoltaici;
il suddetto decreto, infatti, prevede che gli incentivi per la produzione di energia si applichino agli impianti solari fotovoltaici per i quali l'allacciamento alla rete elettrica abbia luogo entro il 31 maggio 2011, e che la disciplina degli incentivi agli impianti solari fotovoltaici allacciati dopo il 31 maggio 2011 sarà definita attraverso un nuovo decreto del Ministero dello sviluppo economico emanato entro il 30 aprile 2011 che dovrà stabilire un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti e la rideterminazione delle tariffe incentivanti;
il nuovo regime sugli incentivi previsto dal decreto cambia la disciplina sulle procedure autorizzative cui dovranno adeguarsi le regioni, per l'installazione degli impianti che producono energia da fonte rinnovabile e fissa le nuove condizioni per accedere al terzo «conto energia» per il fotovoltaico, introdotto nel nostro ordinamento con due distinti provvedimenti e più precisamente il decreto ministeriale 6 agosto 2010 relativo alla terza versione del «conto energia», ed il decreto ministeriale 10 settembre 2010, sulle «Linee guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»;

la terza versione del «conto energia» - consistente in un meccanismo di incentivazione dell'energia prodotta da impianti fotovoltaici incentrato sull'erogazione di una tariffa incentivante proporzionale all'energia prodotta, aggiuntiva rispetto al prezzo di vendita nel caso della cessione alla rete o di valorizzazione della stessa, mediante lo scambio sul posto o l'autoconsumo - dettava i criteri per incentivare gli impianti che entreranno in servizio nel triennio 2011-2013 nonché ulteriori premi allo sviluppo di tecnologie innovative per la conversione fotovoltaica, fissando un tetto massimo di potenza incentivabile pari a ulteriori 3.000 megawatt e si applicava, alle condizioni indicate dalla legge, anche agli impianti realizzati entro la fine del 2010 e che sarebbero entrati in servizio entro il 30 giugno 2011;
il decreto che, nel recepire la suddetta direttiva europea, avrebbe dovuto promuovere lo sviluppo delle fonti, sembra piuttosto essersi rivelato lo strumento per limitare lo sviluppo del settore in cui, peraltro, proprio nell'interstizio di arbitrarietà e incertezza che deriva dalla continua stratificazione normativa e dall'onerosità e discrezionalità delle procedure, possono trovare origine comportamenti speculativi;
il nuovo decreto governativo nel cambiare, con efficacia retroattiva, le suddette regole, fissando scadenze temporali ravvicinate ed oramai incompatibili con l'installazione della capacità già autorizzata e, a maggior ragione, di quella in via di autorizzazione, e generando incertezza sulle tariffe, produrrà conseguenze gravi per tutte quelle imprese che vedranno modificata in corsa la redditività di progetti già avviati e bloccati investimenti e finanziamenti futuri;
tutte le regioni del Sud, sia pure in maniera differenziata, hanno avviato da tempo programmi per favorire le fonti energetiche rinnovabili che sono uno dei fattori fondamentali per realizzare, con tutta la green economy, le condizioni per un loro sviluppo futuro. Le fonti energetiche rinnovabili rappresentano un indicatore relativo ad un settore innovativo dell'economia italiana che non traccia il solito divario tra nord e sud del Paese. Proprio le regioni del Sud, infatti, producono energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso un mix energetico più equilibrato rispetto a molte regioni del Nord in cui vi è un forte sbilanciamento a favore dell'idroelettrico;
secondo i dati del rapporto 2010 dell'Isvem dal 2000 al 2008 la potenza degli impianti e l'elettricità prodotta con le fonti rinnovabili al Sud è cresciuta in modo rilevante del 108 per cento e l'elettricità prodotta del 151 per cento, superando di 3 e 4 volte il dato nazionale (rispettivamente 31 per cento e 15 per cento);
con l'attuale formulazione, il decreto colpisce mortalmente un settore di punta dell'economia del futuro, uno dei pochi che nel periodo di crisi economica, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione;
il provvedimento sconvolge l'assetto del giovane mercato italiano sul quale poggia uno dei comparti ritenuti strategici, dal resto dell'Europa e dagli Stati Uniti, per la sostenibilità energetica, ambientale e il rilancio dell'occupazione; il settore è in ginocchio, si stanno già avendo i primi effetti devastanti con l'annuncio di chiusura di numerose aziende soprattutto nel Sud, ove numerose sono quelle imprese che, confidando sugli incentivi del «terzo conto energia» che avrebbe dovuto rimanere in vigore fino al 2013, hanno avviato piani di sviluppo chiedendo finanziamenti alle banche;
il decreto è oggetto di dure critiche anche da parte del relatore della direttiva europea sulle fonti rinnovabili al Parlamento europeo, Claude Turmes, che in un comunicato ufficiale lo definisce come un provvedimento che va nella direzione diametralmente opposta rispetto agli obiettivi posti dall'Europa all'Italia sulle rinnovabili,

ossia di arrivare entro il 2020 al 17 per cento dei consumi finali di energia,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative dirette a rivedere il decreto individuando con maggiore chiarezza gli strumenti da adottare per la produzione di energia da fonti rinnovabili, rimuovendo le barriere che pongono ostacoli allo sviluppo di alcune tecnologie e semplificando le procedure ed i percorsi autorizzativi;
a promuovere una disciplina degli incentivi che garantisca il mantenimento del livello di incentivazione per gli impianti in costruzione o già autorizzati;
ad adottare una rimodulazione del sistema incentivante, anche alla luce dell'accresciuta competitività raggiunta dal settore;
ad adottare nuove iniziative normative atte a prevedere incentivi specifici per gli enti locali territoriali affinché possano raggiungere l'autonomia energetica attraverso il ricorso alle fonti rinnovabili;
ad istituire, attraverso la Cassa depositi e prestiti, una linea di credito per agevolare il percorso degli enti locali verso l'autonomia energetica.
(1-00599)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la ricerca e la promozione delle fonti energetiche rinnovabili e delle tecnologie tese alla riduzione delle emissioni inquinanti costituiscono, oltre che un impegno assunto dall'Italia in seno alla comunità internazionale e nell'ambito delle politiche energetiche comunitarie, una sfida strategica per il futuro del Paese;
la politica energetica nazionale va orientata alla creazione di un «paniere» ampio di fonti energetiche, che coniughi sicurezza dell'approvvigionamento, tutela dell'ambiente, efficienza e competitività del sistema economico, cogliendo le opportunità di sviluppo e innovazione della cosiddetta green economy;
la direttiva comunitaria 2009/28/CE stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili e fissa al 20 per cento la quota minima di energia da fonti rinnovabili da consumare nell'Unione europea entro il 2020, assegnando a ciascuno Stato membro un obiettivo nazionale da raggiungere entro tale data. Al fine di consentire tale obiettivo, gli Stati membri sono autorizzati ad adottare, tra l'altro, regimi di sostegno atti a promuovere l'uso di tali forme di energia. Per quanto riguarda l'Italia, la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2020 è fissata al 17 per cento;
la legge 4 giugno 2010, n. 96, legge comunitaria 2009, ha stabilito, all'articolo 17, i principi e i criteri direttivi cui avrebbe dovuto attenersi il legislatore nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE. Tali principi includono, tra l'altro, la necessità di «adeguare e potenziare il sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e della efficienza e del risparmio energetico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche mediante l'abrogazione totale o parziale delle vigenti disposizioni in materia, l'armonizzazione ed il riordino delle disposizioni di cui alla legge 23 luglio 2009, n. 99, e alla legge 24 dicembre 2007, n. 244»;
il 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, che sono causa di incertezze del mercato e di congelamento degli investimenti; in base a tali principi, gli Stati membri dovranno tenere conto e garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio, in modo da salvaguardare la convenienza dell'investimento complessivo nel tempo;

è ampiamente condivisa l'opportunità di intervenire in un sistema normativo - quale è quello relativo agli incentivi della produzione di energia da fonti rinnovabili - che, nonostante le recenti riforme, è ancora considerato farraginoso e distorsivo; le procedure autorizzative vigenti necessitano di uno snellimento, di una maggiore trasparenza e di tempi certi, mentre è opportuno riformare i meccanismi di sostegno agli investimenti privati, razionalizzandoli sulla base delle dinamiche di mercato e orientandoli all'innovazione di processo e al minor consumo di territorio;
pur operando per il perseguimento degli obiettivi sopra richiamati, il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/CE (approvato dal Governo il 3 marzo 2011) - rimandando la disciplina puntuale dell'incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici ad un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 30 aprile 2011, e limitando l'efficacia delle attuali disposizioni in materia, previste dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 agosto 2010 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 197 del 24 agosto 2010), agli impianti che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011 - non fissa alcun parametro economico per la determinazione del futuro regime d'incentivazione, determinando in questo modo un'incertezza normativa per gli operatori, che, sulla base delle disposizioni vigenti, avevano impostato e realizzato i loro investimenti pluriennali nel settore;
tale incertezza investe, tra l'altro, quanti si trovano attualmente a implementare o a valutare l'opportunità di un investimento nel settore della produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici e, più in generale, nell'economia italiana, come recentemente evidenziato dall'Associazione delle banche estere operanti nel nostro Paese;
sin dall'entrata in vigore del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, recante attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, gli operatori del settore della produzione di energia da impianti fotovoltaici hanno fatto legittimo affidamento sull'esistenza di una tariffa garantita, certa e prestabilita, idonea a garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti;
stante l'assenza di una disciplina relativa al periodo successivo al 31 maggio 2011, quanti abbiano conseguito l'autorizzazione alla realizzazione e alla messa in funzione di impianti fotovoltaici dalla fine del 2010 in avanti, ma che non siano ancora operanti, rischiano di vedere seriamente compromesso il proprio investimento; a fortiori, considerato che la possibilità di realizzazione di impianti fotovoltaici è solitamente subordinata alla stipula, da parte dell'imprenditore, di un contratto di finanziamento con uno o più istituti di credito, che gli stessi concedono sulla base di un piano pluriennale di ritorno dell'investimento, gli imprenditori non ancora operanti rischiano di non poter accedere al mercato del credito o di poterlo fare solo a condizioni particolarmente onerose;
il decreto legislativo non supera alcune delle attuali contraddizioni in materia di semplificazione amministrativa: pur introducendo una cosiddetta «procedura semplificata» per gli impianti fino a 1 megawatt di potenza, resta irrisolto il nodo della tempistica per l'espletamento della procedura di autorizzazione, con la conseguente lievitazione dei costi per gli investitori,


impegna il Governo:


a provvedere in tempi rapidi all'adozione del decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da pannelli solari fotovoltaici che sarà in vigore dopo il 31 maggio 2011, superando l'incertezza normativa ed evitando che la

medesima, oltre a ridurre l'attrattività dell'Italia per gli investimenti esteri nel settore, danneggi quanti - sulla base di un legittimo affidamento alla stabilità della disciplina degli incentivi - hanno investito e stanno investendo nel settore;
a tenere conto delle condizioni ed osservazioni poste dalle competenti Commissioni parlamentari nella stesura del prossimo decreto ministeriale che dovrà disciplinare il sistema degli incentivi agli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare per il fotovoltaico;
a provvedere, nel quadro di un riordino della normativa settoriale, anche attraverso modifiche al decreto legislativo 3 marzo 2011 recentemente approvato:
a) ad estendere agli impianti fotovoltaici autorizzati entro il 31 maggio 2011, nonché agli impianti la cui richiesta di autorizzazione sia stata effettuata entro la data di emanazione del decreto legislativo 3 marzo 2011, la vigenza dell'attuale sistema d'incentivazione;
b) ad assicurare una maggiore semplificazione del quadro delle autorizzazioni degli impianti, al fine di ridurre i tempi di attesa - e i relativi costi per gli operatori - e rendere più trasparente l'iter amministrativo di approvazione;
c) ad adottare meccanismi d'incentivazione che premino l'innovazione di processo;
a promuovere una riorganizzazione e rimodulazione del sistema di incentivi alle fonti rinnovabili e a convocare un tavolo di concertazione con gli operatori di settore, le associazioni di categoria e gli enti locali, per la definizione della nuova disciplina;
ad adottare iniziative più incisive volte al perseguimento degli obiettivi europei sull'energia prodotta dalle fonti rinnovabili;
a promuovere le attività di ricerca nel settore delle fonti rinnovabili;
a promuovere misure atte a disincentivare i comportamenti speculativi degli operatori, in particolare quelli orientati a realizzare investimenti esclusivamente improntati a logiche finanziarie;
ad assumere le iniziative di competenza affinché gli operatori deputati all'allaccio degli impianti alla rete elettrica stabiliscano regole certe ed impegni sostanziali a beneficio degli operatori in regola con le autorizzazioni e pronti a far entrare in esercizio gli impianti entro il 31 maggio 2011.
(1-00600)
«Libè, Lo Presti, Tabacci, Galletti, Della Vedova».

La Camera,
premesso che:
l'Italia ritiene essenziale lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in armonia con gli obiettivi internazionali di riduzione dei gas serra e delle emissioni da combustione degli idrocarburi, e ravvisa l'importanza di approfondire la ricerca tecnologica sulle nuove fonti energetiche, con la volontà di sostenere lo sviluppo del settore, anche al fine di promuovere la diversificazione energetica;
il 3 marzo 2011 il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
il decreto legislativo definisce il quadro giuridico, gli strumenti ed i sistemi di incentivazione necessari per raggiungere entro il 2020 l'obiettivo vincolante, imposto dall'Unione europea per l'Italia, della quota del 17 per cento di fonti energetiche rinnovabili sui consumi energetici nazionali, perseguendo due finalità essenziali:
a) la semplificazione delle procedure di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia;
b) il riordino del sistema degli incentivi sulla base di criteri di efficacia,

in relazione all'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, e di sostenibilità, in relazione agli oneri a carico dei consumatori finali, famiglie e imprese;
a tale scopo il decreto legislativo delinea un nuovo sistema di incentivazione, da definire nel dettaglio mediante i decreti attuativi, che, pur promuovendo il raggiungimento dell'obiettivo di aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, corregge le distorsioni provocate dal sistema vigente e pone sotto controllo gli oneri che ne derivano per il prezzo dell'energia;
il nuovo sistema si applica agli impianti che entrano in esercizio dal 1o gennaio 2013 e prevede per gli impianti di piccola taglia un meccanismo a tariffa fissa e per quelli di taglia maggiore un meccanismo di aste al ribasso, in modo da favorire le soluzioni più efficienti; il limite di potenza di 5 megawatt rappresenta una soglia minima per l'adozione del sistema delle aste, rispetto alla quale, nei provvedimenti attuativi, potranno essere determinati limiti più elevati, opportunamente diversificati a seconda delle caratteristiche delle diverse fonti rinnovabili;
è previsto l'inserimento, nel nuovo sistema, di incentivi per i rifacimenti totali e parziali, secondo contingenti di potenza e sulla base di percentuali pari al 25 per cento, per i rifacimenti parziali, e al 50 per cento, per i rifacimenti totali, della tariffa prevista per i nuovi impianti; nel caso degli impianti per biomasse e per rifiuti tali percentuali sono fissate, rispettivamente, all'80 per cento e al 90 per cento;
per favorire il passaggio al nuovo sistema di incentivazione si adotta un complesso di misure transitorie, tra le quali la prosecuzione fino al 2015 del meccanismo dei certificati verdi, prevedendone il ritiro da parte del Gestore dei servizi energetici (Gse) ad un prezzo pari al 78 per cento del prezzo praticato dal Gestore dei servizi energetici (Gse) sulla base della normativa vigente;
si introduce una specifica disciplina che limita l'installazione dei pannelli fotovoltaici a terra nelle aree agricole, al fine di tutelare il paesaggio agricolo e di favorire la partecipazione a questa attività da parte delle imprese agricole, anziché delle grandi imprese interessate all'installazione di impianti di notevoli dimensioni;
per quanto concerne in modo specifico gli incentivi destinati alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici, il decreto legislativo ne prevede la rideterminazione, al fine di contenere il rilevantissimo aumento degli oneri che tali incentivi determineranno per le famiglie e per le imprese, anche per effetto delle disposizioni contenute nel cosiddetto decreto-legge «salva Alcoa», che hanno esteso l'ambito di applicazione del «secondo conto energia»;
occorre, infatti, considerare che, per effetto delle disposizioni sopra richiamate, l'onere per i consumatori finali derivante dagli incentivi per gli impianti fotovoltaici raggiungerà nel 2011 la cifra complessiva di 3,5 milioni di euro annui e per il periodo 2011-2032 sarà pari complessivamente a circa 70 miliardi di euro; al tempo stesso tali incentivi verranno a rappresentare circa il 50 per cento della componente A3;
il costo degli incentivi relativi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici risulta in Italia dalle due alle tre volte più elevato di quello che si registra in Germania;
l'onere connesso all'incentivazione non appare in alcun modo proporzionato rispetto alla quantità di energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici;
in questo contesto il decreto legislativo demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro il 30 aprile 2011, la determinazione degli incentivi da applicare agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio successivamente al 31 maggio 2011;

il nuovo sistema di incentivi per il fotovoltaico sarà applicato sulla base di criteri che prevedono la determinazione di un limite annuale di potenza incentivabile, la considerazione del processo di riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto, la parametrazione al livello degli incentivi riconosciuti negli altri Stati dell'Unione europea e la differenziazione sulla base della natura della superficie utilizzata (tetti o terra e, nel caso di moduli a terra, destinazione e caratteristiche del terreno);
il decreto legislativo, infine, rafforza significativamente il sistema dei controlli, per contrastare i frequenti fenomeni di frodi che si sono verificati nel settore;
occorre pervenire quanto più rapidamente possibile alla definizione dei criteri e dei valori degli incentivi per il fotovoltaico, in modo da offrire un quadro certo agli operatori del settore; occorre, altresì, che tali criteri e valori siano determinati in modo da assicurare una prospettiva di crescita di lungo termine al settore medesimo, che ne consenta il radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema industriale, ponendo le condizioni per pervenire al raggiungimento della grid parity e, su questa base, ad una sostenibilità del settore medesimo assicurata dalle condizioni di mercato,


impegna il Governo:


a definire, in tempi rapidi, il decreto interministeriale attuativo del decreto legislativo che stabilisce il nuovo quadro di incentivi per il settore fotovoltaico;
a determinare gli incentivi previsti in modo tale da armonizzarli con il livello di incentivazione adottato nei principali Paesi dell'Unione europea;
a definire un sistema di incentivazione che garantisca nel nostro Paese una prospettiva di crescita di lungo termine per il settore fotovoltaico, che consenta un maggior radicamento nell'economia reale e favorisca le ricadute positive sul sistema produttivo nazionale;
nella rideterminazione del sistema di incentivi per il fotovoltaico, a tenere in considerazione, oltre alla loro sostenibilità, gli investimenti già effettuati per la realizzazione di impianti fotovoltaici, l'esigenza di accrescere l'efficienza energetica nell'edilizia e l'opportunità di prevedere meccanismi di adeguamento del livello dell'incentivo alle dinamiche dei costi delle tecnologie e degli impianti;
a rendere ancor più trasparente l'impatto delle agevolazioni sui costi dell'energia elettrica di famiglie e imprese.
(1-00601)«Ghiglia, Gava, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
nel campo dell'energia elettrica ottenuta tramite fonti rinnovabili l'Unione europea ha da tempo provveduto a definire un ordinamento normativo chiaro ed esaustivo, allo scopo approvando specificatamente la direttiva n. 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità;
tale direttiva è stata successivamente sostituita dalla direttiva 2009/28/CE, in corso di recepimento dal nostro Paese, con un decreto legislativo il cui schema è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, previo parere delle Commissioni parlamentari;
l'Unione europea riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, attribuendo a tali fonti un'importanza strategica per la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici e anche ai fini del raggiungimento

della sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell'ambito del mercato interno dell'elettricità;
con il «pacchetto clima-energia, obiettivo: 20/20/20», finalizzato a ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra entro il 2020, lo Stato italiano è tenuto a ridurre, entro tale data, le emissioni di anidride carbonica del 20 per cento rispetto al 1990;
oltre a puntare sul risparmio e sull'efficienza energetica, sia nei trasporti sia nei consumi di energia elettrica e calorica, l'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti si può efficacemente conseguire soprattutto sfruttando l'energia solare, la fonte energetica rinnovabile più compatibile con le caratteristiche geografiche e paesaggistiche del nostro Paese;
infatti, il nostro Paese gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri Paesi europei, come la Germania, che puntano più dell'Italia sull'approvvigionamento energetico dal settore fotovoltaico;
lo sviluppo del settore delle fonti energetiche rinnovabili e l'indotto ad esso connesso, specialmente nell'attuale momento di crisi economica mondiale, creano occupazione locale e hanno un impatto positivo sulla coesione sociale;
uno degli esempi più virtuosi in questo campo è rappresentato proprio dal settore fotovoltaico, che nel nostro Paese è composto da circa 1.000 aziende, 15.000 posti di lavoro diretti ed oltre 100.000 indiretti, con una stima di volume d'affari nel 2010 compresa tra i 6 e gli 8 miliardi di euro;
soprattutto, il settore del fotovoltaico a concentrazione è oggi in forte fermento e si stanno sviluppando, anche nel nostro Paese, tecnologie innovative, interamente italiane, che, se supportate dagli atti necessari per promuoverne lo sviluppo, possono adeguatamente maturare e trovare un definitivo sbocco industriale e commerciale a tutto vantaggio del «sistema Paese»;
la direttiva n. 2001/77/CE è stata recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387; in particolare, l'articolo 7 di tale decreto legislativo è specificatamente dedicato all'energia solare, demandando ad un apposito decreto ministeriale la disciplina e l'entità dell'incentivazione per l'elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica e prevedendo una specifica tariffa incentivante, di importo decrescente e di durata tale da garantire un'equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio degli impianti («conto energia»);
con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 6 agosto 2010, recante «Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare», in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono stati ridefiniti i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, specificando che le relative tariffe incentivanti si applicano per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
il parere sullo «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - Atto n. 302», approvato all'unanimità dalle Commissioni VIII e X della Camera dei deputati, ed in particolare il punto 31 delle condizioni, invita il Governo a posticipare dal 1o gennaio 2013 al 1o gennaio 2014 la decorrenza della soppressione dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 387 del 2003, concernente le tariffe incentivanti del «conto energia», allo scopo di rendere coerente tale soppressione con la parte dello stesso schema di decreto legislativo, inerente ai meccanismi di incentivazione

(articolo 24, comma 5, lettera a)), che fa salve le decorrenze fissate ai sensi dei decreti attuativi previsti dal sopra citato articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per gli impianti che entrano in esercizio nel 2012 e 2013;
lo scopo delle due Commissioni parlamentari è stato quello di garantire, con norme chiare, la continuità degli investimenti, la garanzia del credito bancario e la certezza del diritto, fermo restando l'obbiettivo del decrescere degli incentivi sancito dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003;
infatti, anche la Commissione europea, in data 31 gennaio 2011, ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, invece, all'articolo 25, blocca al 31 maggio 2011 le tariffe incentivanti già previste dal «conto energia», prevedendo l'emanazione di un ulteriore decreto ministeriale che dovrà ridefinire gli incentivi per gli impianti che entrano in esercizio a decorrere dal 1o giugno 2011 e fino al 31 dicembre 2012, lasciando ad altri decreti ministeriali la disciplina degli incentivi a regime, con doppia modalità di incentivazione, tariffa incentivante o asta pubblica; da questo contesto normativo sono esclusi gli impianti incentivati ai sensi dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, che entrano in esercizio entro il 30 giugno 2011, per i quali si applicano le tariffe incentivanti del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, cosiddetto «secondo conto energia» («decreto-legge Alcoa»);
con l'obiettivo di colpire abusi e speculazioni nel settore fotovoltaico, il blocco previsto dal nuovo decreto legislativo rischia di colpire l'intero mercato del settore fotovoltaico;
notizie di stampa riportano un blocco del credito bancario per un ammontare di 40 miliardi di euro di commesse e un rischio di cassa integrazione per circa 10.000 lavoratori;
l'obiettivo di evitare le speculazioni sui terreni agricoli è ampiamente soddisfatto dal testo del nuovo decreto legislativo, che, attenendosi ad una condizione posta dalle Commissioni parlamentari, riconosce la possibilità dell'installazione degli impianti fotovoltaici ai soli proprietari dei terreni agricoli, nel contempo ponendo limiti rigorosi alla potenza degli impianti e alla superficie agricola occupata;
occorre evitare conseguenze gravi e non volute sugli investimenti programmati, assegnando tempi congrui per il completamento degli impianti e l'allaccio alla rete;
a tal fine occorre definire nell'immediato norme che possano porre rimedi al blocco degli incentivi del «conto energia» al 31 maggio 2011, attraverso una graduale diminuzione degli incentivi che in ogni caso garantisca la certezza degli investimenti ai soggetti - imprese o privati cittadini - che abbiano sottoscritto impegni sulla base di norme precedenti;
occorre garantire procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni nel settore delle fonti rinnovabili, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della coincidenza tra il costo del kilowattora (kWh) da fonti rinnovabili con il costo del kilowattora (kWh) prodotto da fonti convenzionali per tutte le categorie di utenti e per tutte le fasce orarie;
una disincentivazione rigida del settore delle energie da fonti rinnovabili potrebbe compromettere il raggiungimento della quota del 17 per cento stabilita ai fini del conseguimento degli impegni comunitari;
specialmente in questo periodo di crisi energetica, anche conseguente alla crisi libica, occorre sfruttare la posizione geografica italiana, non trascurando la

sostenibilità delle nostre bellezze naturali, magari rivedendo le percentuali tra fotovoltaico ed eolico dichiarate alla Commissione europea per il raggiungimento degli obiettivi «post Kyoto»;
un buon punto di confronto potrebbe essere il modello tedesco, che, nonostante preveda meno incentivi di quelli italiani sull'energia prodotta, garantisce sostanziosi incentivi per la ricerca, lo sviluppo e il sostegno delle proprie aziende, strategia che è riuscita ad allargare la diffusione del mercato dei prodotti tedeschi all'estero;
nell'ambito della disciplina del decreto ministeriale di cui all'articolo 25, comma 10, del nuovo decreto legislativo, sarebbe comunque opportuno garantire l'applicazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici, come previste dalle lettere a), b) e c) della tabella A del comma 2 dell'articolo 8 del decreto ministeriale 6 agosto 2010, per gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2011, al fine di garantire gli investimenti già avviati;
il Governo ha dovuto comunque garantire che, dall'applicazione delle norme del nuovo decreto legislativo, non derivino costi eccessivi a carico della bolletta elettrica che gravino oltre misura sui bilanci delle imprese e dei cittadini, prevedendo l'allineamento degli incentivi per le fonti rinnovabili stabiliti nel nostro Paese a quelli applicati negli Stati membri dell'Unione europea,


impegna il Governo:


a convocare immediatamente un tavolo di confronto con tutti gli operatori del settore delle fonti rinnovabili, per poter definire al più presto un nuovo sistema di incentivi, in attuazione dell'emanando decreto legislativo, basato sul raggiungimento graduale della nuova disciplina di incentivazione;
ad emanare in tempi strettissimi il decreto attuativo di cui all'articolo 25, comma 10, del nuovo decreto legislativo, inerente al settore del fotovoltaico, allo scopo di definire con certezza il quadro di incentivazione per i prossimi anni, permettendo a imprese e banche di pianificare lo sviluppo futuro del settore, con particolare riguardo alle imprese che abbiano già avviato propri investimenti sulla base del precedente quadro di incentivazione, ma non riescono a giungere alla messa in esercizio degli impianti entro il 31 maggio 2011;
nell'ambito della quantificazione delle tariffe incentivanti, a favorire la realizzazione di impianti integrati su edifici e manufatti, salvaguardando il territorio agricolo dalle speculazioni;
ad assumere iniziative per porre definitivamente fine al sistema di incentivazione tariffaria, noto come CIP6, di cui alla delibera del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992;
a rivedere il piano di azione nazionale per le energie rinnovabili, anche al fine di ridefinire gli obiettivi relativi al fotovoltaico e all'eolico, allo scopo di sfruttare la posizione geografica del nostro Paese che gode di un'insolazione ampiamente superiore rispetto ad altri Paesi europei, senza trascurare la tutela delle bellezze naturali italiane;
a sostenere la ricerca e lo sviluppo dei processi di industrializzazione delle nuove tecnologie del settore fotovoltaico.
(1-00602)
«Guido Dussin, Reguzzoni, Torazzi, Montagnoli, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Allasia, Maggioni, Desiderati, Dal Lago, Alessandri, Lanzarin, Togni, Bitonci».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 22 (Perequazione infrastrutturale) della legge n. 42 del 2009 dispone quanto segue: «In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e

delle finanze, d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
(...) g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione»;
l'articolo 3 della Costituzione italiana dispone: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
la questione insulare è quella più rilevante della nuova autonomia sarda;
l'ordinamento costituzionale italiano non ha, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, in alcun modo recepito l'evoluzione ordinamentale dell'Unione europea relativamente alla questione insulare;
lo statuto autonomo della Sardegna, legge di rango costituzionale, risulta anch'esso privo di un seppur minimo richiamo alla condizione insulare e all'ordinamento comunitario in materia;
l'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che costituisce la base giuridica per la politica di coesione sociale ed economica dell'Unione europea, fa specifica menzione all'obiettivo di ridurre il ritardo delle regioni insulari. L'articolo 174 recita: «Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna»;
al Trattato di Amsterdam è seguita la contestuale dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari che definisce gli obblighi dell'Unione nei confronti delle regioni insulari. La dichiarazione n. 30 prevede: «La Conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale. La Conferenza riconosce pertanto che lo legislazione comunitaria deve tener conto di tali svantaggi e che possono essere adottate misure specifiche, se giustificate, a favore di queste regioni per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque»;
analogo richiamo è contenuto all'articolo 349 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dove si prescrive di adottare misure specifiche per tali regioni tenendo conto delle caratteristiche e dei vincoli», compresa la loro «insularità»;
l'articolo 170 del medesimo trattato si occupa della questione insulare relativamente alle reti trans-europee. Esso prevede che nello sviluppo di reti trans-europee l'Unione «tiene conto in particolare

della necessità di collegare alle regioni centrali dell'Unione le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche»;
al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nei Trattati europei la Commissione europea ha fatto predisporre, dal Consorzio Planistat Europe & Bradley Dunbar, un rapporto finale riguardante l'analisi delle regioni insulari dell'Unione europea, dal quale emergono informazioni importanti circa l'esigenza di dotarsi di alcune precondizioni di base per aiutare le regioni insulari ed uscire dal loro isolamento;
l'Eurostat ha classificato 286 territori insulari popolati da circa 10 milioni di abitanti, con una superficie di 100 mila chilometri quadrati (3 per cento della popolazione dell'Unione e 3,2 per cento della superficie totale);
l'86 per cento di questa popolazione insulare europea risiede nel Mediterraneo (53 per cento in Sicilia, la stessa che in Danimarca e Finlandia), 17 per cento in Sardegna, 8 per cento nelle Baleari, 5 per cento a Creta e 3 per cento in Corsica);
la sola Italia conta il 78 per cento della popolazione totale con 31 isole (praticamente le più grandi) su 286, che aumenta al 95 per cento (con 123 isole) se si considera l'intero Mediterraneo;
le analisi sulle strutture economiche delle regioni insulari fanno rilevare che le stesse sono basate su un unico o su un numero esiguo di settori di attività. I problemi principali collegati con l'insularità riguardano indicativamente:
a) il costo elevato dei trasporti e delle comunicazioni, nonché la forte dipendenza da infrastrutture e sistemi di prestazione di servizi spesso insufficienti;
b) il costo elevato per le imprese obbligate a immagazzinare le materie prime e altre merci in quantità maggiori (in media 2-3 mesi) per difendersi dai rischi di trasporto del clima e altro, che rende i loro fattori di produzione più cari del 20 per cento in media in rapporto alla concorrenza del centro;
c) lo scarso approvvigionamento e il costo elevato delle risorse idriche ed energetiche;
d) la difficoltà di accesso a servizi, come ad esempio l'istruzione, la sanità, l'aggiornamento, la comunicazione, l'informazione, le attività ricreative, l'amministrazione;
e) l'emergere di problemi ambientali come l'inquinamento marino e costiero, l'inquinamento dovuto allo smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, l'erosione e la desertificazione delle coste e del territorio in generale, l'esaurimento, la salinizzazione o l'inquinamento delle falde acquifere;
f) la carenza di superfici utilizzabili e lo sfruttamento eccessivo o insufficiente delle località turistiche;
g) la carenza di personale specializzato;
h) la difficoltà di trattenere la popolazione, che impone di affrontare i problemi di diversificazione dell'economia locale, del carattere stagionale delle attività, della promozione di nuove attività produttive;
tali problemi, dovuti alle piccole dimensioni delle isole, al loro isolamento naturale e alla lontananza rispetto ai centri europei e nazionali, determinano una ridotta competitività nelle imprese insulari e, in generale, una scarsa capacità di attrazione per l'insediamento permanente di individui, imprese e capitali;
i limiti, secondo il rapporto finale sui territori insulari, sono sintetizzabili in cinque grandi questioni:
perifericità, trasporti, e accesso ai mercati;
struttura economica;
popolazione attiva e evoluzioni demografiche;

accesso ai servizi pubblici, quali le tecnologie dell'informazione e comunicazione, la salute e l'educazione;
problemi ambientali e limitazione delle risorse naturali;
su questi temi, in alcuni Stati dell'Unione, sono state sviluppate alcune best practice, utili come riferimento per i precedenti giuridici e attuativi nell'ambito europeo, di seguito se ne richiamano alcune;
per quanto riguarda il settore economico si tratta di:
a) interventi complementari e di supporto alle attività agricole e turistiche dalle quali dipende generalmente la struttura economica delle isole;
b) miglioramento delle prestazioni delle industrie insulari tradizionali, quali l'agricoltura, la pesca e l'attività artigianale, migliorando la qualità dei prodotti e lanciando delle iniziative di commercializzazione;
c) sviluppo delle strategie turistiche durevoli e del turismo «verde»;
d) servizi d'aiuto alle piccole e medie imprese, quali il sostegno alle imprese emergenti, la modernizzazione degli edifici, l'etichettatura dei prodotti e il sostegno in materia di commercializzazione;
e) aiuti alle esportazioni delle imprese insulari;
f) costruzione di locali professionali nei territori con terreno disponibile o modernizzazione dei locali attuali;
g) creazione di reti di piccole e medie imprese;
h) creazione di condizioni interessanti per le nuove imprese agendo, ad esempio, sulla disponibilità e prezzi dei terreni, l'esistenza di parchi tecnologici, permettendo delle sinergie, una fiscalità più favorevole, tipo zone franche, facile accesso agli strumenti di ingegneria finanziaria (capitale di rischio, e altro), esistenza di centri di formazione tecnica dei lavoratori a tempo pieno;
relativamente all'accesso ai servizi pubblici si fa riferimento a:
a) progetti di telemedicina (come quello situato a Creta) nel quadro delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
b) progetti di comunicazione a banda larga a favore delle piccole e medie imprese come nelle isole Aland;
per quanto riguarda la mobilità, trasporti e accesso ai mercati risultano prioritarie azioni che consentano:
a) introduzione di sovvenzioni per i passeggeri e le merci trasportate per mare e cielo;
b) miglioramento delle infrastrutture portuali e aeroportuali per ridurre i tempi di percorso (tra le isole e i centri di decisione europei e nazionali);
relativamente alla demografia ed alla popolazione attiva, le priorità risultano:
a) il management;
b) le tecnologie dell'informazione e nuove tecnologie;
c) l'esportazione;
d) il marketing;
per i problemi ambientali e la limitazione delle risorse naturali, è indispensabile affrontare:
a) il ricorso alle energie rinnovabili;
b) l'approvvigionamento di acqua potabile;
c) lo scarico e la gestione dei rifiuti;
il rapporto finale sui territori insulari ritiene indispensabile, infine, la creazione di un Osservatorio in grado di raccogliere e diffondere tutte le informazioni statistiche e le buone pratiche relativamente

alle regioni insulari europee, al fine di meglio orientare le misure straordinarie e permanenti necessarie per ridurre o compensare i divari conseguenti all'insularità;
in questo quadro d'insieme emerge in tutta la sua stringente attualità federalista l'indispensabile e preventiva esigenza di riallineamento e di coesione territoriale per quelle regioni gravate dai limiti rilevanti di un grave divario insulare;
è indispensabile affermare il «principio-diritto» al riequilibrio e alla compensazione di tali divari;
è indispensabile non ridurre la questione insulare ad un generico, quanto inappropriato, richiamo a principi di solidarietà, che appartengono ad una sfera non misurabile e non oggettiva della compensazione, ma ricondurla a parametri certi e misurabili funzionali ad un reale diritto al riequilibrio;
è, quindi, indispensabile attuare questo principio attraverso una puntuale analisi, che costituisce fondamento giuridico, metodologico e normativo, della questione insulare;
l'assenza di parametri oggettivi ha, sino ad oggi, non solo reso impraticabile una corretta coesione territoriale, ma ha finito per provocare un danno ulteriore a quelle regioni, come la Sardegna, gravate da un divario insulare unico nel suo genere e ulteriormente penalizzate nell'applicazione di parametri di valutazione tutt'altro che oggettivi e veritieri, come per esempio quello del prodotto interno lordo;
il prodotto interno lordo non può essere l'unico indicatore della performance economica e del progresso sociale, soprattutto quando non si tiene conto dei fattori della produzione che hanno determinato l'apparente crescita economica, vedasi il caso delle raffinerie petrolifere in Sardegna che hanno provocato la fuoriuscita della regione dall'obiettivo 1, senza aver in alcun modo inciso in modo concreto sull'economia regionale;
è evidente che gli effetti legati alla condizione insulare hanno una ricaduta su gran parte degli indicatori economici e sociali e che quindi gli stessi devono essere individuati e con puntualità analizzati;
per quanto riguarda i territori specifici, come le isole, gli indicatori devono riflettere soprattutto i vincoli territoriali, non direttamente correlati alle situazioni economiche e sociali, come l'accessibilità (dimensioni, isolamento, frequenza e costo dei trasporti, disponibilità dei servizi pubblici e privati), le risorse naturali (acqua, energia) e più in generale l'ambiente naturale e culturale (vulnerabilità del territorio alle forme di inquinamento, importanza delle zone protette, patrimonio artistico e culturale);
l'attuazione dell'articolo 22 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale presuppone come elemento oggettivo di valutazione dell'insularità la misurazione e la compensazione del divario infrastrutturale ed economico sociale rispetto alla media nazionale;
occorre definire i criteri di valutazione dei fabbisogni infrastrutturali collegandoli a modelli di sviluppo economico e sociale che tengano conto delle diverse specificità territoriali e ambientali in un determinato contesto politico-istituzionale;
è indispensabile un modello di analisi che consenta di ridefinire il fabbisogno e di conseguenza porre le basi per una diversa valutazione del rapporto tra esigenze di infrastrutturazione e fabbisogni finanziari, rimettendo in discussione gli attuali criteri di distribuzione delle risorse disponibili;
il primo elemento di valutazione deve essere quello relativo agli indicatori e la loro definizione;
l'avvalersi di sistemi di indicatori allo scopo di definire opportuni sistemi informativi da utilizzare per la valutazione delle condizioni di sviluppo socio-economico o per la misurazione delle trasformazioni (possibili o in atto) in un certo contesto territoriale è uno dei metodi

maggiormente utilizzati nella ricerca scientifica e nei processi di policy making;
dalla lettura e dall'analisi degli indicatori si giunge alla definizione di indici parametrici;
nel caso delle infrastrutture di trasporto, un indicatore in grado di misurare in maniera soddisfacente la dotazione infrastrutturale di una realtà territoriale come la Sardegna deve necessariamente tenere conto, non solo degli aspetti quantitativi (come ad esempio la lunghezza complessiva della rete viaria e la sua tipologia, o il numero di snodi ferroviari), ma anche degli aspetti qualitativi e prestazionali legati alla qualità della rete, all'orografia del territorio e alla topologia del reticolo di trasporto. In questo modo è possibile ipotizzare e selezionare alcuni indicatori di tipo nuovo in grado di condurre alla costruzione di specifici indici;
è indispensabile predisporre un sistema di indicatori di dotazione infrastrutturale definito a seguito di un opportuno processo di media, che assuma come riferimento «indici di accessibilità» definiti a livello territoriale;
in attesa di definire con apposite norme l'individuazione di tali indici sono sufficienti a comprendere il divario insulare che grava sulla Sardegna quelli messi a disposizione dall'atlante infrastrutturale (CNEL e Istituto Tagliacarte), dal quale emergono dati di comparazione assolutamente emblematici dell'assenza di coesione e unità nazionale;
per quanto riguarda le reti energetiche, l'indice è di 100 per l'Italia; di 64,54 per il Mezzogiorno; di 35,22 per la Sardegna;
per quanto riguarda le reti stradali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,10 per il Mezzogiorno; di 45,59 per la Sardegna;
per quanto riguarda le reti ferroviarie, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,81 per il Mezzogiorno; di 15,06 per la Sardegna;
per quanto riguarda l'analisi delle infrastrutture economico sociali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 84,45 per il Mezzogiorno; di 66,16 per la Sardegna;
a questi indici infrastrutturali di dotazione si aggiungono le analisi compiute da Cresme relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture contenute nel rapporto del 2 luglio del 2010 predisposto a seguito della deliberazione dell'ufficio di presidenza dell'VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici del 22 luglio 2009;
nell'analisi che si propone, prescindendo da ulteriori articolazioni e interdipendenze, come per esempio il divario conseguente all'insularità, sono stati presi in esame due parametri oggettivi, quali quello territoriale (spesa per chilometri quadrati) e quello demografico (spesa pro capite);
con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato, il primo parametro preso in esame è quello della superficie territoriale dal quale emerge che il valore medio nazionale del costo dell'intero programma risulta pari a circa un milione e 190 mila euro per chilometro quadrato;
nove sono le regioni con valori superiori a questa media nazionale: innanzi tutto la Liguria, che sfiora i 4 milioni a chilometro quadrato, seguita dalla Calabria, con 3 milioni. Tra il milione e i due milioni si attestano alcune regioni più grandi, nell'ordine la Lombardia, il Veneto, la Sicilia e la Campania. Seguono tra le altre il Molise, il Friuli e il Piemonte. Leggermente al di sotto della media il Lazio. Ultime della graduatoria risultano la Sardegna con 237.000 euro per chilometro quadrato e il Molise con 225.000 euro per chilometro quadrato;
i dati elaborati sull'intero programma di infrastrutture strategiche, il cui valore complessivo è attualmente pari a 358 miliardi di euro, in base ad una

ripartizione sul parametro territoriale, fanno emergere la seguente graduatoria regionale - monitoraggio aprile 2010 - (euro per chilometro quadrato):
Liguria 3.884.719 euro/chilometro quadrato; Calabria 3.074.912 euro/chilometro quadrato; Lombardia 1.646.189 euro/chilometro quadrato; Veneto 1.625.508 euro/chilometro quadrato; Sicilia 1.408.644 euro/chilometro quadrato; Campania 1.379.566 euro/chilometro quadrato; Molise 1.302.502 euro/chilometro quadrato; Friuli Venezia Giulia 1.289.567 euro/chilometro quadrato; Piemonte 1.217.754 euro/chilometro quadrato; Lazio 1.125.066 euro/chilometro quadrato; Emilia Romagna 1.069.755 euro/chilometro quadrato; Umbria 868.401 euro/chilometro quadrato; Basilicata 837.065 euro/chilometro quadrato; Abruzzo 767.266 euro/chilometro quadrato; Toscana 649.124 euro/chilometro quadrato; Puglia 448.032 euro/chilometro quadrato; Trentino Alto Adige 446.560 euro/chilometro quadrato; Valle d'Aosta 290.038 euro/chilometro quadrato; Sardegna 237.463 euro/chilometro quadrato; Marche 225.478 euro/chilometro quadrato;
la rappresentazione economica del divario nella pianificazione infrastrutturale del Paese rende, ad avviso degli interroganti, il dato macroscopico tale da evidenziare una vera e propria emergenza nazionale sul piano della coesione economica ed infrastrutturale, minando i presupposti fondamentali della stessa Carta costituzionale in termini di coesione nazionale, uguaglianza tra cittadini e libertà;
tale analisi assume una valenza ancor più significativa nel dato relativo al valore pro capite dell'investimento infrastrutturale nel nostro Paese;
con riferimento allo stanziamento pro capite - dall'esame dello studio richiamato - il valore pro capite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari ad una media di circa 6.000 euro ad abitante se si considera l'intero costo, quindi compresa la quota non ripartibile a livello regionale (14.143 milioni/euro);
il dato pro capite fa registrare la Calabria con circa 23.000 euro, il Molise con oltre 18.000 euro ad abitante, la Basilicata con 14.000 euro, la Liguria con 13.000 euro, il Friuli e l'Umbria con oltre 8.000 euro. Tra le regioni più grandi, al di sopra della media regionale si collocano; la Sicilia con oltre 7.000 euro; il Piemonte, con un importo leggermente inferiore (6.978 euro); il Veneto (oltre 6.000 euro). L'Emilia Romagna supera i 5.000 euro, la Lombardia registra un valore intorno ai 4.000 euro, come la Toscana, mentre Lazio e Campania si attestano sui 3.000 euro. La Sardegna si attesta sui 3.423 euro pro capite;
il divario pro capite tra regioni è rappresentato dai seguenti dati (euro/persona): Calabria 23.085; Molise 18.018; Basilicata 14.165; Liguria 13.037; Friuli Venezia Giulia 8.231; Umbria 8.212; Valle d'Aosta 7.449; Sicilia 7.187; Piemonte 6.978; Veneto 6.119; Abruzzo 6.206; Trentino Alto Adige 5.965; Emilia Romagna 5.456; Lombardia 4.032; Toscana 4.025; Lazio 3.441; Sardegna 3.423; Campania 3.225; Puglia 2.127; Marche 1.393;
i dati emersi configurano un gravissimo divario di trattamento tra regioni che, anche escludendo opere interregionali o di interesse nazionale, costituisce un vero e proprio ulteriore limite alla coesione nazionale;
il mancato perseguimento di un riequilibrio infrastrutturale nella pianificazione strategica si aggiunge ad un divario strutturale che diventa ancor più rilevante per regioni come la Sardegna che, oltre ad avere stanziamenti decisamente inferiori a quanto gli spetterebbe in base ai dati medi nazionali per quanto riguarda la proiezione sia sulla superficie territoriale che su quella pro capite, deve scontare un divario permanente legato alla condizione insulare,


impegna il Governo:


a predisporre un apposito decreto attuativo ai sensi dell'articolo 22 della

legge n. 42 del 2009 relativamente al divario insulare, alla sua misurazione e alla conseguente compensazione;
ad elaborare parametri oggettivi di misurazione del divario insulare che tengano conto delle analisi richiamate in premessa sul piano strutturale, infrastrutturale, economico e sociale, in grado di essere compensato con misure economiche e fiscali;
ad intervenire si dalla prossima decisione di finanza pubblica con un piano di recupero sia del divario infrastrutturale, come previsto dall'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, sia del grave squilibrio di stanziamenti registrato ed evidenziato in premessa;
a predisporre con urgenza un piano di riequilibrio da sottoporre al Cipe che preveda l'immediato sblocco dei fondi per le aree sottoutilizzate (Fas) delle singole regioni, già penalizzate da tale ripartizione, e ad utilizzare i fondi indistinti a disposizione del Governo per colmare i mancati stanziamenti sin qui registrati;
a proporre e a definire un criterio parametrato che impedisca nel futuro uno squilibrio economico-finanziario di tale rilevanza, evitando di porre in essere atti che compromettano la coesione nazionale incidendo sull'uguaglianza tra cittadini di uno stesso Stato e sulla stessa unità nazionale.
(1-00603)
«Pili, Murgia, Vella, Testoni, Porcu, Nizzi, Centemero, Picchi, Pianetta, Carlucci».

Risoluzioni in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
nei primi giorni di marzo, il litorale adriatico del Gargano (tra Vieste e Peschici) e della parte meridionale della provincia di Foggia e settentrionale della BAT, è stato colpito da eventi alluvionali e mareggiate che hanno provocato l'esondazione di diversi corsi d'acqua e la rottura degli argini marini;
a seguito dell'anomalo afflusso d'acqua si è verificato l'allagamento di centinaia di ettari di terreno agricolo e di alcuni villaggi turistici nei territori dei comuni di Manfredonia, Margherita di Savoia, Peschici, Vieste e Zapponeta;
gli allagamenti hanno arrecato danni immediati per alcuni milioni di euro alle aziende agricole e turistiche, oltre ad avere compromesso, in alcuni casi definitivamente, la produttività dei terreni invasi dall'acqua marina;
le abbondanti piogge hanno danneggiato ampi tratti della rete viaria provinciale della zona e la gran parte del sistema della viabilità rurale di competenza comunale;
la stessa area è stata già colpita da eventi alluvionali di altrettanto grave portata nel novembre 2010, i cui effetti non sono stati ancora del tutto assorbiti dal tessuto economico e dalla rete infrastruttura le dell'area,


impegna il Governo:


a procedere con urgenza al riconoscimento dello stato di calamità naturale per le zone colpite dall'alluvione;
a mettere a disposizione le risorse necessarie da impiegare per interventi a favore delle aziende agricole e turistiche danneggiate, per il ripristino della rete infrastrutturale nonché per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua e per il rafforzamento delle barriere naturali a protezione dalle mareggiate allo scopo di prevenire ulteriori danni al territorio ed alle comunità.
(7-00517)«Marantelli, Bordo».

La VIII Commissione,
premesso che:
la Snam Rete Gas Spa ha presentato nel marzo 2004 un progetto volto alla realizzazione di un metanodotto denominato «Rete Adriatica» della lunghezza

complessiva di 687 chilometri, lungo un unico tracciato che va da Massafra (provincia di Taranto) fino a Minerbio, (provincia di Bologna), attraversando dieci regioni, tre parchi nazionali, uno regionale ed oltre venti siti di rilevanza comunitaria;
l'opera è stata concepita riferendosi ad un ampio quadro programmatico volto a potenziare la capacità di trasporto lungo le dorsali, nella previsione di nuovi approvvigionamenti di gas dal Caucaso, dal Mar Caspio e in genere dal Medio Oriente con i gasdotti ITGI o Poseidon (Interconnessione Turchia-Grecia-Italia) dell'Edison, con il TAP (trans adriatic pipeline) della Svizzera Elg e con il South Stream della joint venture Eni-Gazprom al fine di rafforzare il ruolo di hub della società e dell'Eni, come rivenditore di gas a Paesi terzi del centro Europa;
attualmente il fabbisogno di gas in Italia è di circa 85 miliardi di metri cubi l'anno, mentre le infrastrutture esistenti hanno una capacità di 107 miliardi di metri cubi annui;
la costruzione del metanodotto, secondo i documenti prodotti dalla società Snam per gli studi di impatto ambientale, si sviluppa in cinque lotti funzionali: il metanodotto Massafra-Biccari, il metanodotto Biccari-Campochiaro, il metanodotto Sulmona-Foligno, il metanodotto Foligno-Sestino e il metanodotto Sestino-Minerbio;
il tratto compreso tra Foligno e Sestino lungo 113,7 chilometri, che è in fase autorizzativa, secondo quanto disposto dal Ministero dello sviluppo economico con decreto ministeriale del 21 ottobre 2010, al 1o gennaio 2011, prevede il passaggio attraverso il territorio di numerosi comuni umbri e marchigiani compresi nella fascia appenninica: Foligno, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Gubbio, Pietralunga, Città di Castello, Apecchio, Mercatello sul Metauro e Borgo Pace;
la direttiva n. 85/337/CEE e n. 97/11/CE e la giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia CE, sezione II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07) sanciscono l'obbligo di una valutazione di impatto ambientale (VIA) di tipo complessivo, che tenga conto dell'effetto cumulativo dei progetti frazionati;
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 agli articoli 4 e seguenti stabilisce che i piani o programmi che possono avere effetti sensibili sull'ambiente devono essere sottoposti a preventivo e vincolante procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS) in applicazione della direttiva n. 42/2001/CE, che disciplina l'obbligo di applicazione della procedura e della direttiva n. 92/43/CEE, che riguarda la salvaguardia degli habitat naturali;
la Snam Rete Gas Spa ha presentato cinque VIA parziali anziché un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale - qualora l'impianto sia considerato quale «opera» unitaria - ovvero un preventivo e vincolante procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS) - qualora lo stesso sia preso in considerazione quale «piano» o «programma»;
alla luce delle caratteristiche del progetto e della sua rilevanza, appare irragionevole la decisione di procedere attraverso una serie di procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) parziali e minimali;
la strada seguita da Snam Rete Gas Spa sino ad ora, sembra essere il tentativo ad evitare la valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale unica, in palese violazione delle disposizioni comunitarie e nazionali che impongono la valutazione complessiva degli interventi proposti come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria e da quella amministrativa nazionale;
in data 7 ottobre 2010 la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha espresso parere favorevole riguardo alla compatibilità ambientale di un solo troncone progettuale, il tratto di metanodotto Sulmona-Foligno e la centrale di

compressione di Sulmona, parere richiesto dal proponente Snam Rete Gas S.p.A;
nello stesso, la commissione pone come condizione che si ottemperi a numerose prescrizioni che appaiono contraddittorie rispetto alla stessa espressione del parere favorevole, e rileva che l'impianto si troverebbe ad attraversare territori ad elevata pericolosità sismica, «sia dal punto di vista della frequenza di eventi che dei valori di magnitudo»;
in data 7 marzo 2011 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pubblicato il decreto VIA del tratto Sulmona-Foligno sopra citato;
diversi enti territoriali interessati hanno altresì espresso il loro parere negativo in proposito;
è grave l'assenza di una valutazione sull'impatto complessivo di una struttura che interessa dieci regioni del Paese e che ha una indubbia valenza strategica;
avverso tale progetto, in data 25 giugno 2010 è stato presentato ricorso ex articolo 226 trattato CE alla Commissione europea da amministrazioni pubbliche (province di Pesaro-Urbino e di Perugia, comunità montana Catria e Nerone, comune di Gubbio, comune di Città di Castello e comune dell'Aquila), associazioni ecologiste, e oltre un migliaio di cittadini di varie parti d'Italia (in particolare delle regioni maggiormente colpite Marche, Umbria e Abruzzo) che si sono preoccupati della rischiosità del progetto; la Commissione europea ha già aperto una procedura di accertamento;
le ragioni del passaggio sull'asse appenninico sembrano essere dettate solo da interessi economici della società poiché le spese di servitù del passaggio sono più basse rispetto la costa;
la grande opera poterà guadagni alla Snam e profitti ai privati, i costi ambientali ed economici delle ambizioni della Snam invece, li sosterranno le comunità dell'Appennino;
un'azienda privata, la British Gas, si occuperà della distribuzione del metano, senza alcuna apparente ricaduta né contropartita per i territori interessati dal passaggio del condotto,


impegna il Governo


ad assumere tutte le iniziative di competenza, anche dopo un necessario approfondimento attraverso un tavolo tecnico, ed in accordo con le amministrazioni interessate, per disporre la modifica del tracciato ed escludere la fascia appenninica al fine di evitare, sia gli alti costi ambientali che deriverebbero, sia l'elevato pericolo per la sicurezza dei cittadini dovuto al rischio sismico che metterebbe a dura prova la vulnerabilità del metanodotto.
(7-00518)
«Mariani, Lolli, Vannucci, Verini».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
ad oggi, è pendente davanti al Tribunale internazionale dell'Aja un ricorso tedesco, presentato nel 2008, che contesta all'Italia di aver violato gli obblighi verso la Germania in base al diritto internazionale, dal momento che la magistratura italiana, ivi inclusa la Corte di cassazione, negando la sussistenza dell'immunità giurisdizionale ha condannato la Germania a risarcire i cittadini italiani che durante l'occupazione nazista in Italia sono stati deportati in quel Paese per essere utilizzati quale mano d'opera non volontaria al servizio di imprese tedesche;

le disposizioni contenute nell'articolo 1 del decreto-legge n. 63 del 2010, hanno un'immediata ricaduta su tale contenzioso italo-tedesco. Ad oggi è difficoltoso pervenire a una precisa quantificazione degli aventi diritto e delle procedure giudiziarie che potrebbero essere intraprese da parte dei lavoratori coatti internati in Germania durante il secondo conflitto mondiale, sia militari sia civili;
si stima siano oltre 200 i cittadini italiani che hanno già richiesto un risarcimento alla Germania presentando ricorsi in 24 tribunali regionali e due Corti d'appello del nostro Paese;
il nostro Paese non ha ancora firmato, ratificato e dato attuazione nell'ordinamento interno della Convenzione delle Nazioni Unite sull'immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni adottata nel 2004;
tuttavia, come è noto, per la effettiva entrata in vigore della convenzione citata occorrerà che l'abbiano sottoscritta e ratificata almeno 30 Paesi, mentre attualmente ad averlo fatto sono solo in nove, e l'Italia non l'ha ancora sottoscritta;
in sede di esame del provvedimento, la Commissione giustizia ha ritenuto opportuno che le disposizioni di cui al citato articolo 1 trovassero una applicazione temporale limitata alla situazione di necessità e urgenza che ha giustificato l'emanazione del decreto-legge in esame, ovvero entro il 31 dicembre 2011, anche se da più parti è stato ritenuto che l'adozione del citato limite temporale rischia di essere un rimedio che danneggerebbe i cittadini italiani;
a sostenere le posizioni italiane sulla vicenda in oggetto c'è anche la Grecia che, per iniziativa del premier Jorgos Papandreou, ha fatto ricorso al tribunale internazionale dell'Aja al fine di ottenere indennizzi per le vittime della strage nazista di Distomo nella Grecia occupata;
il Ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle, dichiarando «di non comprendere assolutamente» l'azione dei colleghi greci, immemore che massacri come quello del 10 giugno del 1944 a Distomo sono stati gravissimi delitti di guerra per i quali, come stabilito anche dalla sentenza della Corte di cassazione, gli Stati non posso pretendere l'immunità quando commettono gravi crimini di guerra o contro l'umanità -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione a quanto esposto in premessa;
se non ritenga di prevedere per i lavoratori coatti internati in Germania durante il secondo conflitto mondiale, sia militari sia civili, un adeguato riconoscimento risarcitorio per ciò che hanno subito.
(2-01004) «Evangelisti».

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
numerose agenzie di stampa nazionale, organi di informazione specializzata ed un articolo pubblicato su «La Repubblica» del 24 febbraio 2011 dal titolo: «L'olio taroccato diventa legale - Bruxelles autorizza i deodorati», descrivono gli effetti dell'introduzione del nuovo regolamento comunitario relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi di analisi ad essi attinenti;
l'Unione europea, con il regolamento (CE) 61/2011, in vigore dal 1o aprile 2011, inserisce un nuovo parametro chimico nella determinazione dal contenuto di «alchil esteri» per la classificazione degli oli nella categoria «Extravergine», inserendo un valore di 150 milligrammi per chilogrammi come soglia massima consentita degli «alchil-esteri»;
con la denominazione «alchil-esteri» si indicano alcune componenti chimiche

che si formano naturalmente nell'olio in seguito a fenomeni fermentativi e degradativi delle olive e che comportano la produzione di alcol metilico ed etilico. L'olio buono, secondo gli esperti, non ha più di 20-30 milligrammi di alchil esteri per ogni chilo;
l'aumento di queste componenti chimiche «difettose» avviene quando le olive prima della spremitura hanno subito «maltrattamenti», ad esempio schiacciature, ammaccature, oppure se sono rimaste molto tempo sotto il sole in attesa della spremitura. In questi casi, l'olio ricavato ha un odore cattivo e risulterebbe perciò difettoso. Per aggirare l'ostacolo i produttori lo deodorano, magari miscelandolo con oli buoni, e lo vendono come extravergine;
è assolutamente necessario tener presente che, a fronte di una forte concentrazione di alchil esteri, corrisponderebbe poi un difetto organolettico dell'olio: un'alta acidità o un odore troppo forte. Condizioni che non consentirebbero di definire il prodotto come extravergine, a meno che non venga corretto e magari deodorato, ritrovando così «l'extraverginità» perché miscelato con una buona dose di extravergine ben fruttato;
nessun chimico è in grado di far sparire contemporaneamente i difetti organolettici e le loro tracce chimiche. È quindi prevedibile che il regolamento dell'unione europea, che prevede di quintuplicare il limite massimo di alchil-esteri concessi, vada ad incentivare la messa in commercio di prodotti di scarsissima qualità;
secondo gli esperti del settore e i numerosi consorzi di tutela d'Italia, la normativa non bonifica il mercato bensì legalizza la presenza di condimenti difettosi;
in sede di dibattimento presso il Consiglio oleicolo internazionale (Coi) per mettere a punto la norma, l'Italia era contraria ai nuovi limiti per gli alchil esteri perché un buon olio al massimo ne contiene da 10 a 30 milligrammi per chilogrammo, tuttavia a Bruxelles sono state ratificate le decisioni di Madrid. L'adozione di così alti valori di alchil esteri è un compromesso accettato con la prospettiva di ridurre il livello massimo nei prossimi anni -:
quali iniziative urgenti intenda mettere in campo il Governo al fine di tutelare la qualità della produzione oleicola nazionale;
se non si ritenga indispensabile proporre alcune deroghe al nuovo regolamento (CE) 61/2011 per la definizione di olio «extravergine» e se non sia necessario introdurre chiare indicazioni di sofisticazione e «deodoraggio/miscelaggio» dell'olio stesso all'atto della sua commercializzazione, al fine di promuovere la piena consapevolezza del consumatore nell'acquisto di olio deodorato.
(4-11273)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata:

VERNETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all'unanimità una risoluzione che ha imposto alla Libia un embargo sulle armi, bloccato le disponibilità finanziarie all'estero del colonnello Gheddafi, dei suoi familiari e di diversi esponenti del regime libico e deferito Gheddafi alla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità;
il Governo francese ha riconosciuto come legittimo rappresentante del popolo libico il Transitional national council formatosi a Bengasi il 5 marzo 2011;
il Consiglio di cooperazione del Golfo, la Lega araba, il Parlamento europeo e diversi Governi europei hanno richiesto l'istituzione di una no fly zone sulla

Libia, con l'obiettivo prioritario di difendere la popolazione civile e permettere alle forze dell'opposizione al regime di Gheddafi di poter realizzare la propria azione militare in condizione meno impari;
permane elevato il rischio per la popolazione civile della Libia di rappresaglie militari da parte delle forze leali al colonnello Gheddafi;
elevati sono anche i rischi di nuovi e incontrollati flussi migratori clandestini provenienti proprio dalla Libia -:
come il Governo italiano intenda affrontare la nuova realtà che si sta determinando in Libia, in particolare se si intenda riconoscere il Transitional national council come legittimo rappresentante del popolo libico, e se intenda farsi promotore insieme ai partner europei di una proposta di risoluzione da presentare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per realizzare una no fly zone sui cieli della Libia.
(3-01518)

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
al momento del violento sisma che alle ore 14.46 locali (le 6.46 in Italia) ha colpito il Giappone, il maestro Zubin Mehta, gli artisti, i tecnici, l'orchestra e il coro del maggio erano impegnati al Teatro Bunka Kaikan in una prova d'insieme dell'opera Forza del destino di Giuseppe Verdi; risulta che altri componenti dello staff si trovavano invece nel «quartier generale» della tournée, l'albergo Grand Prince New Takanawa;
la soprintendente Francesca Colombo, favorevole alla permanenza del gruppo in un Paese fortemente provato da una catastrofe di dimensioni immani, ha dichiarato; «...stiamo bene e siamo tranquilli. Stare qua è anche un modo per dare un segnale forte alla popolazione giapponese e per fare la nostra parte... ma quattro persone del gruppo del maggio - in tutto sono 304 in Giappone - psicologicamente provate e che non se la sentivano di proseguire la tournée, sono già partite per tornare a Firenze»;
contestualmente è stata pubblicata online una petizione diretta proprio alla soprintendente della Fondazione del maggio, affinché «dichiari sospesa la tournèe e permetta il rimpatrio immediato della delegazione, indipendentemente dalle perdite economiche che tale decisione possa comportare» e sembra che almeno la metà dei facenti parte della spedizione musicale siano favorevoli al rientro in patria;
quello che adesso sta tenendo in apprensione i parenti dei 300 membri della tournèe fiorentina nel nostro Paese è il pericolo di contaminazione radioattiva derivante dal grave incidente occorso alla centrale nucleare di Fukushima 1 e dall'allarme sulla tenuta del reattore 3 della stessa centrale che sta già spingendo molti stranieri a pianificare la partenza da Tokyo e dalle aree limitrofe; ma ancora più grave, stando alle ultimissime notizie, è il fatto che le barre di combustibile all'interno del reattore numero 2 di questa centrale adesso non sono più coperte dall'acqua e questo significa che diventa impossibile raffreddare il nocciolo del reattore che continua quindi ad accumulare calore con il rischio concreto che il nocciolo si fonda in breve tempo;
l'ambasciata di Francia ha raccomandato ai propri cittadini di lasciare Tokyo e la regione colpita, l'area metropolitana, a causa del rischio di altri terremoti e l'incertezza circa la situazione dei danni agli impianti nucleari; altri Paesi europei, come Germania e Olanda, hanno già fatto rientrare i propri connazionali -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione a quanto citato in
premessa;
se non ritenga opportuno invitare al rientro tutti i cittadini italiani, garantendo

a tutti la possibilità di farlo con l'assistenza e il supporto di mezzi e logistica forniti dal nostro Governo.
(4-11277)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i tragici eventi che hanno colpito il Giappone stanno riaprendo il dibattito sulla sicurezza dell'energia nucleare sia a livello nazionale, sia a livello europeo e internazionale;
nella giornata del 14 marzo 2011, secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, due nuove esplosioni si sono verificate nel reattore 3 della centrale nucleare di Fukushima, alzando notevolmente il livello di allarme e i timori di una tragedia nucleare di proporzioni al momento incalcolabili;
il Commissario europeo all'energia, Günther Öttinger, avrebbe convocato per martedì 15 marzo 2011 una riunione di esperti sulla sicurezza nucleare dell'Unione europea per discutere delle conseguenze del terremoto in Giappone. Al riguardo il Commissario Öttinger ha dichiarato espressamente che: «Tutto ciò che si riteneva impensabile, in qualche giorno è avvenuto (...) Se prendiamo la cosa sul serio e diciamo che l'incidente ha cambiato il mondo - ed è in discussione il modo in cui noi, come società industriale, abbiamo guardato alla sicurezza e alla gestibilità - allora non possiamo escludere nulla»;
in Germania, il Ministro degli esteri, Guido Westerwelle, ha riferito che la decisione del Governo di Berlino, assunta nel mese di settembre 2010, di prolungare mediamente di 12 anni la vita delle vecchie centrali atomiche, potrebbe essere rivista a seguito della crisi nucleare in corso in Giappone;
la Svizzera ha sospeso il programma di rinnovo delle proprie centrali nucleari, mentre in Austria il Ministro dell'ambiente, Nikolaus Berlakovich, ha chiesto la verifica della sicurezza delle centrali nucleari europee;
appare di tutta evidenza che quanto è accaduto in Giappone rappresenti la prova provata del fatto che il nucleare sicuro in Italia e nel mondo non esiste;
alla luce di quanto precede il Governo italiano, ad avviso degli interroganti, dovrebbe trarre le dovute conseguenze in relazione alla pervicacia con cui continua a promuovere l'opzione nuclearista nel nostro Paese;
nei prossimi mesi si voterà per il referendum promosso dall'Italia dei Valori contro il nucleare, al fine di abrogare la normativa che intende dare il via libera alla realizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale -:
se sia nelle intenzioni del Governo, alla luce di quanto descritto in premessa, rivedere la scelta politica di realizzare nuovi impianti di produzione di energia nucleare in Italia.
(3-01521)

FRANCESCHINI, MARIANI, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, BRATTI, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI, VIOLA e RUBINATO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
resta alto l'allarme sulla sicurezza delle centrali nucleari in Giappone dopo il devastante terremoto dell'11 marzo 2011,

nonostante gli elevati standard di sicurezza adottati dal suddetto Paese per prevenire il rischio sismico;
secondo autorevoli osservatori la situazione nelle centrali nucleari colpite dal sisma in Giappone è molto grave e non è scongiurato il rischio di una grande catastrofe nucleare;
il Commissario europeo all'energia, Günther Öttinger, ha chiesto all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) di convocare una riunione d'emergenza dei Paesi membri dell'organizzazione per valutare le misure di emergenza e di sicurezza da adottare in Europa in seguito all'allarme nucleare in Giappone e le possibili implicazioni degli eventi giapponesi sulla sicurezza degli impianti nucleari;
in Europa la Germania ha deciso di sospendere il prolungamento del ciclo di vita operativo dei 16 reattori atomici civili ancora attivi nel Paese; la Svizzera ha bloccato la procedura di domanda di autorizzazione alla costruzione di tre nuovi siti; l'Austria chiede un riesame a livello europeo; il Belgio sta ripensando a fondo l'uso dell'energia nucleare, da cui ricava oltre il 70 per cento del fabbisogno; domani a Bruxelles la Commissione europea terrà un vertice con i responsabili ufficiali dei Paesi dell'Unione europea con centrali nucleari e con i gestori degli impianti;
molti Paesi dell'Unione europea sembrano orientati in tempi brevi a ripensare alla scelta nucleare e ad incentivare il più possibile la conversione delle fonti energetiche verso le energie rinnovabili;
le Commissioni ambiente e attività produttive, mercoledì 16 marzo 2011, dovrebbero esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo (atto 333) correttivo del decreto legislativo n. 31 del 2010, che disciplina la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio nel territorio nazionale di impianti nucleari;
la decisione, assunta dal Governo, di tornare all'energia nucleare sembra caratterizzata più da una pulsione ideologica che da una vera e propria pianificazione strategica, basata su un'attenta analisi costi-benefici, che tenga conto dei rischi ambientali e sanitari dell'opzione atomica; basti pensare che il costo di decommissioning degli impianti attualmente presenti in Italia è valutato in circa 4 miliardi di euro, con esclusione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti;
a dimostrare l'incertezza che caratterizza l'azione del Governo si registra: sia l'emanazione di un provvedimento correttivo del decreto attuativo della norma sul ritorno all'energia nucleare, con cui erano state dettate le linee per la localizzazione, la realizzazione e l'esercizio degli impianti nucleari, dando così prova di una sostanziale approssimazione legislativa; sia la mancanza dell'individuazione dei siti di stoccaggio, parametro essenziale e irrinunciabile per un Paese che, con serietà e responsabilità, abbia deciso di intraprendere una così delicata scelta in materia di produzione energetica; inoltre, il provvedimento non riconosce il ruolo fondamentale e vincolante in merito alla gestione delle centrali e delle scorie che le regioni dovrebbero avere in un Paese realmente federalista;
il recente rapporto dell'Enea, «Energia e ambiente», segnala che il Governo prospetta di realizzare nucleare di terza generazione migliorata - non ci sono infatti, secondo l'Enea, prospettive temporali praticabili per le centrali di quarta generazione - e prevede l'installazione del primo impianto Epr (European pressurized reactor) da 1,6 gigawatt (GW) nel 2025, fino ad una capacità totale di oltre 11 gigawatt (GW), corrispondenti a 7 centrali, nel 2050;
secondo elaborazioni dell'Enea, l'introduzione di centrali nucleari in Italia entrerà in competizione con la produzione elettrica da impianti a gas naturale e, nell'ultimo decennio, anche con impianti a fonti rinnovabili, arrivando a coprire fino al 20 per cento del fabbisogno elettrico in Italia nel 2050; si prevede un costo totale di investimento nel periodo considerato di oltre 35 miliardi di euro, esclusi i costi di

decommissioning, ossia i costi di smantellamento e chiusura di una centrale nucleare;
rilevanti sono i costi da sostenere per la messa in sicurezza delle scorie radioattive; un impianto in corso di realizzazione in Francia per lo stoccaggio di scorie radioattive ha un costo iniziale di 15 miliardi di euro; vi è, inoltre, da rilevare che al momento il Governo non ha ancora individuato il sito dove stoccare le scorie che provengono da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie, dall'attività di smantellamento delle vecchie centrali e dalle attività delle nuove centrali; soltanto entro il 2015 si prevede l'effettiva individuazione dell'area che ospiterà il deposito nazionale, la cui costruzione è prevista entro i cinque anni successivi (2020);
il Partito Democratico ritiene che la soluzione ai problemi energetici non sia un ritorno al nucleare che, a questo stato di tecnologia, comporta costi elevati e ingenti risorse da investire tali da spiazzare investimenti alternativi in tecnologie per le energie rinnovabili anche molto promettenti, come il progetto Archimede in Sicilia, per la realizzazione di centrali con una tecnologia che nel 2050 potrebbe non corrispondere ai requisiti di sicurezza richiesti dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea);
in tutto l'Occidente sono in costruzione due soli impianti nucleari, uno in Francia a Flamanville e uno in Finlandia a Oikiluoto, entrambi con tecnologia francese Areva, la stessa scelta dall'Enel e dal Governo italiano, oggi oggetto di contenzioso tra le istituzioni;
l'impianto di Oikiluoto avrebbe dovuto essere consegnato nel 2010, si parla ora del 2012 e i costi di costruzione sono già aumentati del 60 per cento;
il 22 ottobre 2009 c'è stata una significativa e irrituale messa in mora dei sistemi di questi impianti con tecnologie Areva espressa con un comunicato congiunto delle tre agenzie per la sicurezza nucleare: la francese ASN, la britannica HSÈsND e la finlandese Stuk. Questo determinerà ulteriori allungamenti dei tempi e ulteriori innalzamenti dei costi;
il Massachussets institute of technology (Mit) ha sottolineato come il costo del chilowattora nucleare sia significativamente superiore a quello delle altre fonti tradizionali;
la scelta nucleare fu a suo tempo bocciata dai cittadini italiani con il referendum del 1987, quindi una sua riproposizione richiede grande cautela anche dal punto di vista democratico;
gran parte del territorio del nostro Paese è caratterizzato da aree ad elevato rischio sismico e idrogeologico per la cui prevenzione sono stanziate attualmente risorse insufficienti -:
quali iniziative intenda assumere per disporre la sospensione delle procedure relative alla localizzazione e alla realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia in considerazione dell'imprescindibile esigenza di attendere l'esito delle valutazioni in sede scientifica degli eventi giapponesi, nonché del referendum abrogativo della disposizione che ammette la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia giudicato pienamente ammissibile dalla Corte costituzionale con sentenza n. 28 del 2011.
(3-01522)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, MELANDRI e DE BIASI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 9 novembre 2009 è stato depositato l'atto di sindacato ispettivo 4-04888 - al quale non è ancora stata data risposta - in merito alle motivazioni che hanno portato alla emanazione da parte del Ministero per i beni e le attività

culturali del decreto n. 4705 del 2009, che ha rimosso il vincolo di non esportabilità (annullando un precedente decreto di notifica e vincolo del 17 gennaio 1986) sulla famosa e rarissima commode realizzata nel 1744 dall'ebanista Antoine-Robert Gaudreaus (con piano in marmo, rivestimento in lacche giapponesi e finiture in bronzo dorato opera dello scultore Jacques Caffieri) dal valore di circa 15 milioni di euro, di proprietà della «E. J. Safira Philantropic Foundation»;
il decreto n. 4705 del 2009, a quel che consta alle interroganti, è stato emanato in contrasto con il parere reso dall'ufficio legale del Ministero per i beni e le attività culturali ed è successivo di soli due anni ad un atto di parere opposto. Sulla permanenza del vincolo, nel frattempo, si erano inoltre espressi il Tar, l'Avvocatura dello Stato e la soprintendenza di Roma e la direttrice dell'ufficio esportazione del Ministero, la quale bloccò il trasferimento e chiese che venisse reintrodotto il vincolo;
solo il Comitato tecnico-scientifico per i beni storico-artistici, nella primavera del 2009, giudicò «accettabile» l'istanza di revisione del vincolo, smentendo la ventennale indicazione del Ministero e avallando la decisione poi assunta con il citato decreto n. 4705. Il Comitato, come ebbe a dichiarare pubblicamente la presidente, sostenne le ragioni contenute nella relazione scientifica, commissionata dalla proprietà della commode, di Alvar González Palacios, secondo il quale l'opera era totalmente estranea alla tradizione artistica italiana e quindi non sussistevano ragioni per trattenerla in Italia;
ad avviso delle interroganti le valutazioni del Comitato appaiono in contrasto con le disposizioni della legge italiana, che inserisce fra i beni culturali vincolabili «le cose mobili e immobili che presentano interesse artistico particolarmente importante» di proprietà privata: essa fa pertanto riferimento ai caratteri intrinseci delle opere da tutelare, indipendentemente dalla nazionalità dell'artista che le ha realizzate e dalla durata della «permanenza» nel nostro Paese;
conseguentemente, le interroganti valutano che il patrimonio artistico italiano subirebbe un danno grave non solo dalla specifica esportazione della commode di Antoine-Robert Gaudreaus, ma dalla prassi che a partire da un simile episodio potrebbe avviarsi;
dagli organi di stampa si apprende che a metà del mese di febbraio 2011 è stato disposto il sequestro della commode per decisione del giudice dell'indagine preliminare del tribunale di Roma su richiesta della procura. Nel procedimento, per abuso d'ufficio, figurano tre indagati: il segretario generale del Ministero dei beni culturali, Roberto Cecchi, la direttrice regionale del Lazio, Federica Galloni, e l'avvocato Giovanni Ciarrocca. Gli inquirenti sostengono che, da una serie di intercettazioni telefoniche, risultano contatti tra soggetti privati e funzionari pubblici in coincidenza con la decisione, nel 2009, di rimuovere il vincolo di non esportabilità alla preziosa commode;
in particolare, dall'esame degli atti, risulta che il Comitato tecnico-scientifico per i beni storico-artistici si sia riunito due volte a distanza di un mese nella primavera 2009 per decidere le sorti della preziosa opera e che in quel breve lasso di tempo abbia cambiato opinione in merito al vincolo: nel primo incontro il comitato si sarebbe orientato per il rinnovo, mentre nel secondo espresse - come noto - un parere opposto. La procura ha accertato che ad entrambe le riunioni furono presenti il segretario generale Roberto Cecchi e, violando una prassi consolidata, Giovanni Ciarrocca, l'avvocato dei proprietari della commode, il cui nome è stato omesso dai verbali del Comitato -:
quali siano le ragioni per le quali l'avvocato Ciarrocca - che non rappresenta un esperto terzo, bensì gli interessi privati - abbia partecipato alle adunanze del comitato tecnico-scientifico per i beni storico-artistici convocate per decidere sul vincolo di esportabilità della preziosa commode e se tale presenza ad avviso degli interroganti non conforme alla normativa

vigente ne abbia condizionato le determinazioni;
quali siano le motivazioni che determinarono l'emanazione del decreto n. 4705 del 2009, che ha rimosso il vincolo di non esportabilità della rarissima opera di Antoine-Robert Gaudreaus, e se il Ministro interrogato non intenda annullare tale decreto per la tutela del bene in questione.
(5-04394)

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Vinci (Firenze) è sita la Pieve di San Giovanni Battista e Sant'Ansano in Greti, opera di eccezionale valore storico ed architettonico, già menzionata dall'imperatore Ottone III nel 998;
il monumento è in condizioni precarie, con notevoli problemi di stabilità nella zona absidale e con enormi pezzi di intonaco in procinto di caduta, situazione che mette a rischio, oltre all'incolumità delle persone, gli stalli lignei intarsiati del coro;
è stato inoltre necessario spostare i quadri, di grandi artisti del Trecento e del Seicento, che adornavano le pareti in una zona più sicura della chiesa;
nel 2005 il Ministero per i beni e le attività culturali investì 150 mila euro per un intervento urgente di consolidamento, effettuato allora dalla soprintendenza per arginare i movimenti franosi del terreno, che avevano causato cedimenti strutturali;
nel 2009 la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana richiedeva notizie (richiesta protocollo 5228 del 17 aprile del 2009) circa la Chiesa sopra citata, la soprintendenza per i beni archeologici e paesaggistici storici ed etnoantropologici di Firenze, Pistoia e Prato, la quale rispondeva (protocollo 8698 del 7 maggio del 2009) nei termini seguenti: «Il bene culturale è stato oggetto di somma urgenza, eseguito dalla scrivente tra l'ottobre del 2005 e l'aprile del 2006, per l'esecuzione di muri di sostegno impostati su pali gettati in opera e riguardanti la porzione dei terreni del resede maggiormente interessati dal fenomeno franoso. Tali interventi hanno impedito la perdita del monumento, ma non sono esaustivi del consolidamento necessario a conservare l'integrità del medesimo. Il preoccupante quadro fessurativo riscontrato, già oggetto di monitoraggio, è indicativo di movimenti in corso che afferiscono al sistema delle strutture verticali ed orizzontali, che necessita di un intervento diretto di consolidamento, mediante adeguante opere di sottofondazione»;
la stessa soprintendenza, peraltro, ipotizzava un impegno economico di circa 700.000 euro necessari al ripristino della sicurezza per la pubblica incolumità e per la conservazione e valorizzazione del bene culturale in oggetto -:
quali siano le valutazioni tecnico-architettonico da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, riguardo al grave problema posto alla sua attenzione;
quali iniziative urgenti si intendano attuare per evitare la perdita di un così importante bene artistico, che risulta essere anche un'importante risorsa culturale, storica e dunque turistica per il territorio nel quale è collocato.
(4-11274)

PILI e MURGIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i rappresentanti del gruppo di democrazia partecipativa Parlamentares di Quartucciu Alessandra Porru e dell'associazione UNIDOS Quartucciu-Club della Libertà Walter Pibiri, Giuseppe Fanti vicesindaco di Quartucciu e Damiano Paolucci assessore allo sport e alla cultura del comune di Quartucciu hanno segnalato che la tomba di giganti in località «Is Concias»

a Quartucciu risulta essere presa di mira ripetutamente dai vandali e di essere stata gravemente danneggiata;
il presidente del gruppo cavità Cagliaritane Marcello Polastri ha segnalato allo stesso Ministro per i beni e le attività culturali lo stato di profondo degrado in cui versa la zona archeologica di Pixina Nuxedda-Is Concias a Quartucciu (Ca);
i massi della Tomba dei giganti sarebbero stati utilizzati per barbecue:
la situazione nonostante le reiterate segnalazioni che da tempo si susseguono risulta non essere cambiata come attestano numerose segnalazioni, anche fotografiche, pervenute al gruppo speleo-archeologico, al portale internet Sardegna Sotterranea e sul social network Facebook;
risulta indispensabile un intervento di consolidamento e restauro nonché di vigilanza per preservare il predetto bene identitario consentendo la sua completa valorizzazione;
attraverso verifiche fatte di recente è stato possibile accertare la fragilità del sito archeologico con le presenza di persone che camminano sulle fragili strutture della tomba;
esiste il fondato timore che ignoti potrebbero portar via le grandi pietre e smontare, pezzo dopo pezzo, il monumento;
l'associazione del «Gruppo Cavità cagliaritane» ha offerto il massimo supporto per gli interventi di tutela auspicati -:
se non intenda promuovere un'urgente ispezione sul sito e constatare lo stato del bene archeologico della tomba dei giganti nel territorio comunale di Quartucciu;
se non intenda promuovere un apposito incontro tra le autorità competenti e l'amministrazione comunale di Quartucciu al fine di valutare gli interventi sia di restauro che di ripristino dell'intero sito archeologico;
se non ritenga disporre provvedimenti tesi alla salvaguardia e valorizzazione del bene archeologico provvedendo allo stanziamento di apposite risorse finanziarie nell'ambito dei programmi di spesa del Ministero;
se non ritenga necessario valutare se eventualmente siano individuabili responsabili dell'incuria e abbandono del sito e se gli organi preposti abbiano provveduto alle dovute segnalazioni sul caso denunciato.
(4-11282)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
all'inizio del 2000, a seguito di un processo di ristrutturazione aziendale, diversi lavoratori della società Ferservizi del gruppo Ferrovie dello Stato spa, hanno aderito alla proposta aziendale di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro;
l'accordo, ratificato presso la Direzione provinciale del lavoro, prevedeva l'erogazione da parte dell'azienda di una somma aggiuntiva di indiscutibile natura incentivante, al fine di convincere il dipendente ad anticipare il collocamento a riposo;
l'articolo 19, comma 4-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 - TUIR -, che prevedeva un regime agevolato riservato ai dipendenti di età superiore a 55 anni o 50 anni, a seconda se uomini o donne, consistente nell'applicazione su tali somme accessorie di un'aliquota dimezzata rispetto a quella calcolata sul tfr, è stato successivamente abrogato dall'articolo 36, comma 23, del decreto-legge n. 223 del 2006, per l'esigenza

di corrispondere alle indicazioni desumibili dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 21 luglio 2005 (causa C-207/04) relative all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne;
come chiarito anche dalla risoluzione dell'Agenzia delle entrate, n. 17/E del 29 gennaio 2003, le somme corrisposte al dipendente in aggiunta al tfr a titolo di incentivo all'esodo, rientravano nell'ambito delle altre indennità e somme percepite una tantum ed alle stesse era applicabile il regime di tassazione separata secondo l'articolo 17 (già articolo 16) del TUIR, già previsto in sede di tassazione del tfr; mentre nei casi in cui dette somme erano corrisposte a soggetti di età superiore a 50 anni, se donne, e 55, se uomini, si applicava il regime agevolato citato di cui all'articolo 19 (già articolo 17), comma 4-bis, del TUIR;
l'articolo 36, comma 23, del decreto-legge n. 223 del 2006, nell'abrogare il comma 4-bis dell'articolo 19 del TUIR ha tuttavia fatto salvi gli effetti sulle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima dell'entrata in vigore del decreto-legge (ovvero in attuazione di atti o accordi di data certa anteriore al medesimo termine), cioè anteriori al 4 luglio 2006;
in conseguenza della citata abrogazione, si è creato uno sdoppiamento di trattamento e di fatto: se il rapporto di lavoro è cessato entro il 3 luglio 2006 (o è cessato successivamente, ma in attuazione di accordi o atti aventi data certa anteriore al 4 luglio 2006), sulle somme corrisposte a titolo di incentivo all'esodo, continua ad applicarsi la normativa agevolativa prevista dal citato articolo 19 (già articolo 17), comma 4-bis, del TUIR, mentre in tutte le altre situazioni si applica la stessa aliquota Irpef determinata in sede di tassazione del trattamento di fine rapporto, ai sensi dell'articolo 17 (già articolo 16) del TUIR;
l'Agenzia delle entrate ha provveduto a chiedere successivamente alla concessione del beneficio di cui al citato articolo 19 (già articolo 17), comma 4-bis del TUIR, il recupero del rimborso, ritenuto dalla stessa «erroneamente erogato» per carenza dei presupposti;
l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 10 del 16 febbraio 2007 ha inteso disciplinare il regime transitorio successivo all'abrogazione della norma avvenuta nel 2006, per i soggetti per i quali gli effetti erano fatti salvi, in quanto maturati alla data antecedente all'entrata in vigore della legge e ad essi richiede, per usufruire dell'aliquota ridotta per incentivo all'esodo, il rispetto di determinate condizioni: in primis la presenza di atti, accordi e delibere aziendali recanti le condizioni per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro, nonché l'invito al personale interessato ed il termine ultimo per la presentazione dell'adesione; inoltre, sono necessari, al fine di soddisfare le condizioni per l'agevolazione, l'invio della copia della domanda di adesione e l'invio della dichiarazione dello stato di crisi dell'azienda da parte del comitato ministeriale; in ultimo è necessario l'accordo sottoscritto dalle parti, in presenza dei rispettivi sindacati, e dal funzionario dell'ispettorato del lavoro;
i dipendenti della Ferservizi che hanno aderito al pensionamento anticipato hanno visto recapitarsi la richiesta di rimborso per carenza dei requisiti da parte dell'Agenzia successivamente al godimento del beneficio previsto dalla tassazione agevolata di cui all'articolo 19 del TUIR;
in particolare, l'Agenzia delle entrate, nella richiesta di rimborso, ha evidenziato che il verbale di conciliazione rileva solo la transazione effettuata fra lavoratore e datore di lavoro, mediata dai sindacati di categoria, per la cessazione del rapporto di lavoro con la corresponsione di una somma aggiuntiva al tfr, che non riveste il carattere di «incentivo all'esodo», atto a tacitare qualunque ulteriore ragione di credito del lavoratore verso il datore di lavoro al momento della cessazione del

rapporto, e pertanto si desume che la somma cui è stato applicato il regime di tassazione è stata corrisposta non solo per incentivare la risoluzione del rapporto di lavoro, ma anche per risolvere una controversia già insorta per indennità concesse al rapporto di lavoro ed al fine di evitare l'insorgere di analoghe future controversie: pertanto, poiché la stessa non è stata esclusivamente erogata per incentivare l'esodo, non è applicabile il regime agevolato di cui all'articolo 19 comma 4-bis del TUIR;
la Cassazione civile, nella sentenza 9 aprile 2008 n. 9202 - sezione V, per un caso analogo, ha sostenuto che la disposizione agevolata prevista dall'articolo 19, comma 4-bis, del TUIR si limita a stabilire l'istituto dell'esodo dei prestatori di lavoro, senza alcuna formale richiesta di requisiti al fine dell'applicazione stessa, e pertanto il rimborso richiesto dall'Agenzia delle entrate non è dovuto;
la tassazione agevolata della parte considerata come incentivo all'esodo è stata sicuramente presa in considerazione dai singoli lavoratori al fine di valutare l'opportunità di aderire o meno all'offerta;
sono pendenti presso molte commissioni tributarie provinciali e regionali diversi ricorsi avversi ad un'interpretazione restrittiva dell'Agenzia delle entrate tendente a non riconoscere l'aliquota agevolata da applicare sulle somme corrisposte a titolo di incentivo all'esodo -:
come intenda procedere il Governo per riconoscere, ai lavoratori ex dipendenti della società Ferservizi del gruppo Ferrovie dello Stato spa, che hanno accettato la cessazione anticipata del rapporto di lavoro a seguito di accordi sindacali antecedenti alla data del 4 luglio 2006, i benefici fiscali previsti dalla normativa indicata in premessa per l'incentivazione all'esodo dei lavoratori dipendenti.
(5-04389)

SOGLIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 2010 contiene novità normative in materia di fondi immobiliari (pluralità dei sottoscrittori ed indipendenza della gestione dei suddetti fondi immobiliari da parte della società di gestione del risparmio);
tali previsioni sono attese dagli operatori del settore, in quanto consentiranno di rilanciare il settore dei fondi immobiliari e, quindi, l'intero comparto immobiliare;
ai sensi del comma 2 del predetto articolo 32, il Ministro dell'economia e delle finanze deve emanare le disposizioni di attuazione del comma 1; inoltre, il comma 9 prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate siano definite le modalità di attuazione dei commi 4 e 5 -:
quali siano tempi per l'emanazione della predetta disciplina di attuazione delle norme introdotte dall'articolo 32 del decreto-legge n. 78 del 2010.
(5-04390)

FUGATTI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 9 dicembre 2009 il conservatore del registro delle imprese inviava una direttiva al consiglio dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Vicenza, che invitava a diffondere con urgenza presso gli associati l'invito a tener conto delle esposizioni che sollecitavano gli stessi a non inviare al registro delle imprese atti sprovvisti di autentica notarile, a seguito di provvedimenti del tribunale di Vicenza che avevano ordinato la cancellazione dal registro delle imprese dell'iscrizione di un atto di cessione di quote di una società a responsabilità limitata, trasmesso da un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008;

la comunicazione in questione fa riferimento a provvedimenti del giudice del registro delle imprese e del tribunale ordinario di Vicenza, peraltro non meglio identificati, che non hanno nessuna forza vincolante per il conservatore del registro delle imprese se non con riferimento al caso di specie;
nella direttiva del conservatore non viene indicato, ai sensi della legge n. 241 del 1990, su quale provvedimento della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) si basava tale atto;
l'ordinanza del giudice del registro delle imprese di Vicenza (Proc. R.G. n. 2498/2009 del 17 aprile 2009, notificata al registro delle imprese di Vicenza il 7 maggio 2009 e confermata dal tribunale di Vicenza con ordinanza n. 3817/09 RG del 24 settembre 2009) motiva il provvedimento affermando che le firme digitali apposte sugli atti di cui all'articolo 36, comma 1-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, devono essere autenticate dal notaio, al fine di controllo di mera legittimità formale dell'atto in funzione della sua iscrizione (si cita la frase riportata in un messaggio di correzione inviato dal registro delle imprese di Vicenza, relativamente ad una pratica di cessione quote di società a responsabilità limitata: «Si chiede di riallegare l'atto di cessione quote munito di autentica notarile delle firme quale requisito di legittimità per l'iscrizione al Registro delle Imprese»);
si ritiene che il controllo di legittimità formale dell'atto di cessione di quote, ai fini della sua iscrizione al registro delle imprese, possa altresì essere effettuato da un dottore commercialista regolarmente iscritto all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in quanto professionista in possesso dei requisiti richiesti per un legittimo controllo;
con l'intervenuta direttiva emessa dal conservatore del registro delle imprese di Vicenza, viene rigettata la pratica telematica di trasferimento di partecipazioni in società a responsabilità limitata eseguita dagli intermediari regolarmente iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli Esperti contabili di ogni Ordine territoriale, per mancanza di firma digitale autenticata da notaio;
la citata direttiva, in violazione di quelle di indirizzo generale dell'Unionecamere, ha efficacia solo per le pratiche relative alle società iscritte presso il registro delle imprese di Vicenza, mentre nelle altre province rimangono in vigore le modalità precedentemente adottate anche da questo stesso ente, in cui tale autentica notarile non è richiesta;
tale soluzione emerge dall'estensione erga omnes di un'ordinanza emessa dal giudice del registro delle imprese del tribunale di Vicenza, seppur confermata in sede di reclamo dal tribunale, che però ha efficacia solo tra le parti;
il rifiuto da parte del registro delle imprese di Vicenza dell'iscrizione di un atto di cessione di quote di società a responsabilità limitata trasmesso da un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo, 36, comma 1-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fa venire meno, ad avviso degli interroganti, l'efficacia della norma stessa determinando in concreto lo svuotamento dell'introdotta norma di liberalizzazione, disattendendo la volontà del legislatore di estendere ai citati soggetti abilitati la possibilità di trasferire le quote sociali, con un danno all'intera collettività, soprattutto in termini di costi per gli operatori;
il registro delle imprese di Vicenza è l'unico in Italia che rigetta l'iscrizione di questo tipo di pratiche, per mancanza di autentica notarile;
nonostante una specifica richiesta effettuata dal presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Vicenza al conservatore del registro delle imprese di Vicenza, a mezzo di diffida, è, ad oggi, rimasta disattesa la richiesta relativa all'indicazione dell'organo cui rivolgersi per uniformare il comportamento

della camera di commercio di Vicenza a quello delle altre province;
la procedura, a parere degli interroganti, con la quale i professionisti iscritti all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di firmare e trasmettere atti di cessione di quote di società a responsabilità limitata, legittimata dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008, deve essere attuabile presso tutto il territorio nazionale, senza limitazione di sede sociale, come accade attualmente per le società a responsabilità limitata in provincia di Vicenza -:
quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere il Ministro interrogato affinché sia risolta senza indugio su tale incresciosa vicenda, nell'evidente considerazione che il suo protrarsi, rebus sic stantibus, comporterà effetti di spostamento della costituzione ed iscrizione di nuove società e del trasferimento di sedi società a favore di limitrofe di commercio, con un evidente danno per l'economia vicentina nel suo complesso, la quale sta a cuore alla stessa categoria professionale e all'intera provincia, soprattutto nel presente periodo di crisi.
(5-04391)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la stampa sta dando grande rilievo ai risultati dell'ultima edizione dell'Index of economic freedom, elaborato da un importante centro di ricerca statunitense e dal Wall Street Journal;
tale rapporto prende in considerazione 183 Paesi, sulla base di alcuni parametri di rilevanza economica, tra i quali la libertà fiscale, la libertà di investimento e la libertà finanziaria;
da tale indice risulta che l'Italia si situa, nel 2011, all'ottantasettesimo posto della classifica mondiale, avendo perduto, rispetto al 2010, ben 13 posti in tale classifica;
i risultati di tale rapporto, che costituiscono del resto un elemento notorio per quanti conoscano la realtà del Paese, e che l'interrogante aveva in qualche modo anticipato nel corso di un convegno tenutosi l'11 marzo 2011 presso l'università di Nola, organizzato da una costituenda banca di credito cooperativo, appaiono particolarmente preoccupanti per le prospettive economiche dell'Italia, e segnalano quella che all'interrogante appare un'assoluta incapacità del Governo a elaborare e perseguire una coerente politica economica che sia in grado di aiutare il sistema economico nazionale ad uscire dalla gravissima crisi che lo attanaglia ormai da tempo;
in tale contesto si rileva come il Governo continui a dare poca importanza ad un elemento tenuto in forte considerazione dai mercati, quello della «certezza delle regole», che rappresenta un fattore fondamentale rispetto alla capacità dell'economia di un Paese di attrarre gli investitori;
appare dunque quanto mai urgente dare concretezza agli annunci, più volte rinnovati dal Ministro dell'economia e delle finanze di voler riformare il sistema fiscale nazionale, al fine di porlo in condizioni di misurarsi con le sfide del nuovo contesto economico e finanziario internazionale;
in tale contesto appare inoltre urgente rafforzare le strutture del sistema finanziario italiano, il quale costituisce un elemento imprescindibile per il finanziamento del tessuto imprenditoriale, al fine di renderlo più attrattivo nei confronti degli investitori esteri e di assicurare maggiore tutela e trasparenza nei confronti dei piccoli risparmiatori;
risulta altresì indispensabile, ai fini di una crescita duratura e sana dell'economia nazionale, contrastare tutti i fenomeni di illegalità che si registrano nel sistema finanziario, sia per quanto riguarda la gestione degli intermediari, in particolar modo delle banche, sia per quanto riguarda le infiltrazioni della criminalità

organizzata, che si avvale dei canali del sistema finanziario ufficiale per ripulire i capitali di provenienza mafiosa o illecita, sia per quanto attiene alla tutela dei piccoli investitori e dei risparmiatori nei rapporti contrattuali con gli intermediari;
occorre infatti mantenere alta la consapevolezza che la corruzione e la criminalità organizzata costituiscono un handicap per chi vuole investire in Italia, e più segnatamente nel Mezzogiorno, dove è più forte la morsa delle mafie, rendendo pertanto impossibile la crescita economica del Sud -:
quali informazioni possa fornire in merito allo stato di avanzamento del processo di riforma dell'ordinamento tributario nazionale, e quali iniziative intenda assumere per rafforzare i presidi normativi volti a garantire la sana e prudente gestione degli intermediari finanziari, ad assicurare la piena trasparenza del mercato finanziario, a tutela degli investitori e dei piccoli risparmiatori, nonché a contrastare efficacemente il fenomeno del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita.
(5-04392)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la riduzione delle risorse finanziarie attribuite agli enti locali ha comportato, come conseguenza, l'impossibilità, per gli enti locali, di confermare le risorse da essi attribuite a sostegno di manifestazioni culturali di rilevante interesse nazionale;
risulta, ad esempio, che il sindaco della città di Mantova abbia annunciato che quest'anno il contributo al Festival della letteratura sarà dimezzato: da 102 mila euro dell'anno 2010 a 60 mila euro;
il Festival, che rappresenta la più importante manifestazione di Mantova e che ha proiettato la città in una dimensione internazionale, ha avuto la stessa sorte di altre manifestazioni di rilievo internazionale che hanno visto una forte riduzione dei contributi assegnati da parte degli enti locali a seguito dei tagli che si sono abbattuti sulla cultura italiana;
l'interrogante ritiene che, al di là delle esigenze di bilancio, il Festival della letteratura di Mantova, che richiama da anni migliaia di appassionati di libri da ogni parte del mondo, rischia di essere considerato alla stregua di una normale manifestazione quando invece esso rappresenta un evento prestigioso per l'intero Paese atteso ed apprezzato in tutto il mondo -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire alla cultura italiana fondi adeguati assicurando agli enti locali le risorse necessarie affinché eventi quali il Festival della letteratura di Mantova non abbiano a subire alcun ridimensionamento di risorse.
(4-11285)

NEGRO, BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le tensioni nel nord Africa hanno generato forti rincari delle materie prime, causando pesanti effetti sull'economia; l'indice dei prezzi al consumo è salito oltre le previsioni sia in Europa, sia in Cina, ma il presidente della BCE è fiducioso sul fatto che nel medio-lungo periodo l'aumento si attesti intorno al 2 per cento, che è l'obiettivo che la banca centrale si era posto;
nei giorni scorsi il presidente della BCE ha annunciato che è possibile che ad aprile vi sia un ritocco verso l'alto dei tassi di interesse, con conseguente aumento dei tassi sui mutui per le famiglie;
gli istituti bancari italiani hanno, di fatto, nelle settimane scorse, anticipato le mosse della BCE, aumentando i tassi di interesse sui mutui e sul credito al consumo

e, contemporaneamente, abbassando i tassi di interesse riconosciuto sui depositi e sui conti correnti dei consumatori;
la conseguenza è quella di aumentare le già pesanti difficoltà delle famiglie italiane, alle prese con le conseguenze di una crisi non ancora superata; prova ne è il fatto, secondo i dati Banca d'Italia, che sta aumentando la richiesta di prestiti da parte delle famiglie (+ 5 per cento gennaio 2011 rispetto a dicembre 2010), a fronte della diminuzione delle consistenze sui conti correnti (- 1,7 per cento su base annua rispetto al - 1,2 per cento dicembre);
i tassi di interesse sui mutui alle famiglie per l'acquisto della casa sono aumentati a gennaio al 3,36 per cento 3,18 per cento di dicembre, mentre quelli sul credito al consumo sono aumentati all'8,78 per cento dal 8,33 per cento di dicembre -:
di quali elementi disponga il Governo nell'ambito delle sue competenze in ordine di fatti e alle prospettive esposte in premessa.
(4-11287)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

LIBÈ, GALLETTI e RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Emilia Romagna è la regione che registra il più alto tasso di sovraffollamento nelle carceri (ci sono oltre 2.000 detenuti in più rispetto alla capienza dei posti disponibili), la maggiore carenza di personale di polizia penitenziaria (ne mancano 650), nonché la più rilevante presenza di stranieri (circa il 55 per cento) e di tossicodipendenti (oltre il 25 per cento);
nonostante la costruzione di nuovi padiglioni detentivi (oltre a Piacenza, ne sono previsti altri a Bologna, Reggio Emilia, Modena e Ferrara) consenta sicuramente di avere più spazi detentivi per deflazionare gli istituti esistenti, occorre ricordare che ce ne sono altri ristrutturati, come a Parma e a Rimini, non funzionanti per mancanza di personale di polizia penitenziaria;
anche a Forlì c'è un carcere in costruzione da anni e quando, si spera presto, sarà ultimato, bisognerà assumere altri agenti per aprirlo -:
se non intenda garantire in tempi rapidi la funzionalità delle strutture e dei servizi esistenti, nonché di quelli che saranno costruiti in futuro, attraverso l'assegnazione in regione dei 650 agenti mancanti, e successivamente, di almeno altri 300 agenti, oltre a quelli necessari a sopperire a coloro che annualmente vanno in pensione.
(3-01515)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

IANNACCONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 24 settembre 2010 il Senato della Repubblica ha convertito in legge il cosiddetto decreto trasporti, adottato il 4 agosto dal Consiglio dei ministri, che rinviava al 30 aprile 2011 l'introduzione di nuovi pedaggi sui tratti autostradali gestiti dall'Anas;
la Camera dei deputati, in data 30 settembre 2010, ha approvato l'ordine del giorno numero 9/03725/3, a firma Iannaccone, Belcastro, Gaglione, Milo e Sardelli, che impegnava il Governo ad applicare i pedaggi sui raccordi autostradali e sulle tangenziali gestite dall'Anas solo alle autovetture

e ai mezzi di trasporto che ne fanno uso per recarsi sulle autostrade;
tale ordine del giorno è scaturito dalla necessità di evitare ulteriori aggravi alle popolazioni locali e ai pendolari, già particolarmente colpiti dalla crisi economica, in particolare nel Mezzogiorno del Paese;
il decreto cosiddetto milleproroghe, recentemente approvato in via definitiva, non ha disposto lo slittamento della data di attuazione di detti pedaggi -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare in virtù dell'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno numero 9/03725/3 e se il Ministro interrogato non ritenga di doversi adoperare per escludere l'introduzione di nuovi pedaggi sui raccordi autostradali del Mezzogiorno e sulla Salerno-Reggio Calabria.
(3-01520)

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
le ferrovie tedesche (DBB) quest'anno cancelleranno circa 90 treni sulla tratta Monaco-Verona e questo comporterà un danno notevole per il turismo dell'Alto Adige, del Trentino e del Veneto. Vi sarà quindi una diversa destinazione per i flussi turistici che verranno dirottati verso località austriache;
la decisione delle ferrovie tedesche nasce dalle elevate tariffe praticate da Trenitalia per il noleggio dei locomotori sulla tratta italiana, ma contrasta con la vocazione turistica di un territorio ampio e di notevole ricettività;
quali siano le priorità del sistema ferroviario nazionale che dovrebbe avere la funzione di favorire il trasporto dei passeggeri e di essere complementare al nostro tessuto economico ma che appare all'interrogante interessato solo all'alta velocità della tratta Milano-Napoli.
(4-11271)

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2010 Trenitalia decise unilateralmente di togliere i due treni a lunga percorrenza da Bolzano a Roma;
la determinazione venne motivata con lo scarso numero di passeggeri che non consentiva di sostenere i costi, suscitando l'immediata protesta da parte dell'utenza, degli enti locali e comportando anche l'interessamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
successivamente Trenitalia ripristinò il collegamento con Roma mettendo a disposizione un treno Freccia d'Argento e, negli ultimi mesi, addirittura un secondo treno -:
su quali basi Trenitalia abbia deciso di sopprimere i due treni giornalieri, adducendo la motivazione di uno scarso numero di passeggeri ed ora, sostanzialmente con la stessa utenza, abbia deciso di ripristinarli entrambi.
(4-11276)

HOLZMANN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Bolzano il traffico merci con le ferrovie è progressivamente calato fino ad arrivare a zero e non si comprende come si sia potuto lentamente perdere questo settore strategico a scapito del trasporto su gomma che, soprattutto sull'arco alpino, tutti gli stati vorrebbero ridurre;
l'Italia sta andando in netta controtendenza favorendo, con contributi anche da parte degli enti locali, l'acquisto di autocarri che fanno concorrenza alle ferrovie e che costituiscono una delle principali fonti d'inquinamento oltre a comportare un notevole peso sulla viabilità della rete stradale ed autostradale -:
quale sia la politica del Governo in materia di trasporti ferroviari e come intenda sostenere questo mezzo di trasporto

assai più ecologico e compatibile con l'ambiente, rispetto all'incentivazione che viene garantita al settore dell'autotrasporto.
(4-11278)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 20 luglio del 2000, comune di Bergamo e provincia di Bergamo hanno fondato la TEB Spa, tramvie elettriche bergamasche, con l'obiettivo di realizzare l'opera metrotramviaria riutilizzando l'ex sedime ferroviario;
il tracciato della linea T1 Bergamo - Albino, 16 fermate lungo i 12,5 chilometri che lo pongono, tocca i comuni di Bergamo, Torre Bordone, Ranica, Alzano Lombardo, Nembro e Albino, interessando un bacino di utenza di oltre 220.000 abitanti;
la spesa per realizzare l'opera, comprensiva di parcheggi d'interscambio, piste ciclabili e/o pedonali e costi societari ammonta a circa 155 milioni di euro, poco meno di 13 milioni di euro per singolo chilometro, comprensivo di materiale rotabile;
dei 155 milioni, 100 sono rappresentati da costi per opere civili, impianti tecnologici e deposito; 30 milioni di euro circa, sono stati spesi per il materiale rotabile, mentre le quote residue sono da riferirsi a espropri, progettazione e direzione lavori, collaudi e costi operativi;
l'investimento di cui sopra sarebbe stato finanziato per il 50 per cento dal Ministero delle infrastrutture dei trasporti mentre regione Lombardia avrebbe contribuito con 30 milioni di euro e la rimanente parte sarebbe stata a carico dei soci TEB sulla base delle quote societarie possedute, ovvero provincia di Bergamo 45 per cento, ATB per conto del comune di Bergamo 45 per cento e camera di commercio di Bergamo 10 per cento, e con una operazione di aumento di capitale da parte di TEB;
con una convenzione sottoscritta da regione Lombardia, provincia di Bergamo, comune di Bergamo e TEB, l'affidamento del servizio è stato affidato a TEB;
nella stessa convenzione sono stati definiti il dimensionamento della produzione (tram/chilometro) e i relativi costi, calcolati sulla base del programma di attivazione del servizio, per il triennio 2009-2011. I costi per il 2009 sono stati stimati a 3.503.300 euro riferiti alla fase di preesercizio e di progressiva attivazione dello stesso al pubblico, i costi calcolati per il 2010 ammontano a 5.166.000 euro mentre per il 2011, considerata una produzione di 600.000 tram/chilometro, è stato previsto un costo di 5.269.000 euro;
come previsto dalle norme in materia di trasporto pubblico locale (urbano ed extraurbano) una quota dei costi di gestione del servizio, a carico degli enti locali competenti, è stata suddivisa tra regione Lombardia, per il 50 per cento, e tra provincia e comune di Bergamo rispettivamente per il 25 per cento ciascuno;
stando al contenuto della convenzione, nel triennio 2009-2011, la regione Lombardia spenderà circa 4.206.494 euro mentre provincia e comune di Bergamo saranno chiamati a spendere rispettivamente 2.103.248 euro risorse alle quali sommare i ricavi tariffari;
l'intera tratta della «Tramvia delle Valli» è stata inaugurata il 24 aprile del 2009, a seguito dell'approvazione in consiglio provinciale, 5 marzo del 2009, dello schema dell'atto integrativo e modificativo della convenzione tra regione Lombardia, provincia di Bergamo, comune di Bergamo e TEB Spa, approvato anche dalla regione;
secondo quanto appreso dalla stampa locale, Eco di Bergamo dell'11 marzo, il bilancio 2010 di TEB Spa, atteso a breve al passaggio in consiglio di amministrazione e assemblea dei soci, rischia di essere in rosso a causa del mancato versamento di 19 milioni di euro da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

secondo quanto dichiarato dal Presidente del consiglio di amministrazione e assemblea dei soci la perdita non sarebbe causa della gestione ma del ritardo nello stanziamento delle risorse da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione descritta e se risulti corrispondente al vero e, se così fosse, quali siano i motivi di tale ritardo nel finanziamento di 19 milioni di euro per opere di trasporto pubblico completate e operative da circa due anni.
(4-11280)

FUGATTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la polizia stradale del Trentino effettua regolarmente controlli sui camion e i mezzi pesanti che circolano sulle strade, per verificare il rispetto, da parte dei vettori nazionali, comunitari ed extracomunitari, delle disposizioni vigenti in materia di tempi di guida, pause e riposi degli autisti, e delle altre disposizioni volte a garantire la sicurezza nelle strade;
sono stati recentemente divulgati i dati contenuti nel rapporto biennale della Commissione europea, relativa al periodo 2007-2008, sui controlli, da parte delle autorità competenti degli Stati membri, sul rispetto del regolamento n. 561/2006 sui tempi di guida e di riposo;
dai dati del rapporto emerge che in Italia le verifiche sono state effettuate, nell'80 per cento dei casi, su veicoli e autisti nazionali, mentre in alcuni Paesi la tendenza è invertita e i controlli sono stati effettuati per la maggior parte sui veicoli stranieri;
una politica di controlli congiunti fra l'Italia e i Paesi confinanti potrebbe essere più fruttuosa e produttiva per sviluppare una cooperazione operativa, che porti ad elevare gli standard di sicurezza stradale e, contemporaneamente, a combattere la concorrenza sleale;
controlli più frequenti sui camion stranieri, soprattutto nelle zone di confine, come ad esempio il Trentino Alto Adige, in cui circolano in numero elevato, potrebbero migliorare le problematiche transfrontaliere, come per esempio la violazione sulle norme di cabotaggio stradale -:
se il Ministro non ritenga opportuno sviluppare iniziative di controlli congiunti, soprattutto nelle zone di confine del nostro territorio come il Trentino Alto Adige, con i Paesi confinanti per verificare il rispetto delle disposizioni vigenti in termini di circolazione stradale da parte dei camion e dei mezzi pesanti nazionali, comunitari ed extracomunitari, equilibrando cosi il numero di verifiche effettuate sui vettori italiani e quelli stranieri.
(4-11281)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ondata di rivolte che ha investito il Maghreb arabo a partire dall'inizio del 2011 sta provocando una situazione di

crescente instabilità e violenza in un'area molto vasta, determinando grandi movimenti di persone da un Paese all'altro e verso le coste mediterranee più vicine, in particolare quelle del nostro Paese, con un flusso destinato a crescere per il permanere dell'instabilità politica nei Paesi di origine e la contestuale riorganizzazione delle attività criminali degli scafisti;
ad oggi la mancanza di una politica migratoria e di asilo comune a livello comunitario fa sì che, a fronte di un'ondata di migranti che si dirige verso l'Europa nel suo complesso, l'intero onere di accoglimento, identificazione, istruttoria e soggiorno dei singoli immigrati gravi esclusivamente in capo al Paese di primo arrivo, creando una situazione oggettivamente insostenibile in una circostanza come quella attuale, nella quale i numeri dell'esodo sono del tutto straordinari e che, come il Ministro interrogato ha chiesto fin dal mese di febbraio 2011 all'Unione europea, devono essere affrontati in modo solidale a livello comunitario attraverso il burden sharing di profughi, richiedenti asilo ed immigrati clandestini;
il Consiglio europeo straordinario dell'11 marzo 2011 ha affrontato il tema delle rivolte nel Maghreb, con particolare attenzione alla situazione politica libica, per ora invitando gli Stati membri a fornire a Frontex ulteriori risorse umane e tecniche e chiedendo alla Commissione europea di mettere a disposizione risorse supplementari, invitando inoltre il Consiglio giustizia e affari interni a riunirsi e preparare, assieme alla Commissione europea ed entro il Consiglio europeo di giugno 2011, un piano europeo di gestione dei flussi migratori. Tuttavia, la tempistica appare piuttosto lenta se confrontata alla possibile rapida escalation degli arrivi e le risorse che saranno messe a disposizione appaiono ancora indefinite nel loro reale ammontare -:
quali siano ad oggi le previsioni sul numero effettivo degli arrivi dai Paesi in rivolta nei prossimi giorni e nei prossimi mesi e quali azioni l'Unione europea intenda mettere concretamente in campo per affrontare l'emergenza migratoria in modo solidale ed efficace all'interno dell'intero spazio comunitario.
(3-01523)

GALLETTI, SCANDEREBECH, TASSONE, MANTINI, RAO, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO, POLI e LIBÈ. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è svolta una manifestazione di protesta ad Arcore, presso la residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, dei sindacati di polizia e di una rappresentanza dei vigili del fuoco contro i tagli al comparto sicurezza;
non è la prima volta che le sigle sindacali si riuniscono davanti alla residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, cui è stato chiesto di tener fede agli impegni presi con il personale impiegato nelle forze di polizia;
con striscioni e cartelloni sono stati ricordati i tagli di circa due miliardi e mezzo di euro in tre anni, l'imposizione del tetto salariale al triennio 2011-2013, la negazione di corrispondere oltre tale tetto anche le indennità dovute in ordine allo svolgimento di lavoro straordinario, alle progressioni di carriera, alle indennità per servizio esterno o per missione;
gli effetti negativi della manovra di luglio 2010 sulle specificità economiche delle forze di polizia sono tuttora evidenti e le rappresentanze sindacali chiedono l'adozione di provvedimenti adeguati per sanare la situazione e di tornare ad investire sulla sicurezza, soprattutto in vista dei nuovi compiti e dei nuovi impegni cui si dovrà far fronte nei prossimi mesi per effetto delle nuove emergenze causate dalle vicende politiche che stanno interessando il Nord Africa;
il Presidente del Consiglio dei ministri, anche questa volta, si è impegnato con gli operatori della sicurezza per presentare nel Consiglio dei ministri del 23 marzo 2011

un provvedimento per recuperare i fondi che le sigle sindacali ritengono indispensabili per il funzionamento del comparto;
non si conosce l'ammontare di tali fondi, ma, ad avviso degli interroganti, la sicurezza è un diritto fondamentale che non può essere compromesso da tagli indiscriminati senza esporre a gravi rischi i cittadini ed il Paese, né può essere garantita dai buoni uffici del Presidente del Consiglio dei ministri se sollecitato da proteste e manifestazioni -:
quali siano le misure che concretamente si intendano adottare, facendo seguito alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
(3-01524)

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla grave crisi politica e umanitaria che ha coinvolto le popolazioni di Tunisia, Egitto e Libia, e nella prospettiva di governare il conseguente possibile arrivo sul territorio nazionale di migliaia di profughi provenienti dal Nord Africa, il 22 febbraio 2011 il Ministero dell'interno ha inviato una comunicazione urgente a tutte le prefetture chiedendo ai dirigenti degli uffici territoriali del Governo di inviare al dicastero l'elenco sommario delle strutture immediatamente disponibili per la gestione dell'emergenza;
il prefetto di Padova Ennio Maria Sodano, in ottemperanza alla sopra citata richiesta del Viminale, ha provveduto a individuare nei locali dell'ex caserma «Romagnoli» in via Chiesanuova, 141 - già sede del reparto comando artiglieria contraerea, in dismissione dal 1o gennaio 2009 - la struttura temporaneamente idonea a ospitare i profughi nordafricani, stimando la capacità di accoglienza della stessa in una novantina di persone con la possibilità di implementare il numero fino a 450 profughi entro il mese di aprile 2011;
l'individuazione della caserma «Romagnoli» come sede provvisoria per l'accoglienza dei profughi ha, per ora, carattere indicativo, come dichiarato dal prefetto di Padova secondo cui è attualmente in corso un'attività logica e doverosa del Ministero dell'interno di predisposizione di eventuali piani per una possibile emergenza, che prevede una prima fase di verifica di siti idonei a partire proprio dalle caserme in quanto beni dello Stato e immediatamente disponibili;
il 10 marzo 2011 il presidente del consiglio di quartiere 6-Ovest del comune di Padova Fabrizio Boron, esponente della Lega Nord, ha dichiarato agli organi dell'informazione locale l'intenzione di promuovere una raccolta di firme tra i residenti nelle zone limitrofe alla caserma «Romagnoli» contro la previsione di accoglienza dei profughi predisposta dal Ministero, specificando che «il prefetto Ennio Maria Sodano e il sindaco Flavio Zanonato non hanno pensato a nulla di meglio della vecchia caserma Romagnoli, con buona pace per la sicurezza e la tranquillità degli abitanti del quartiere» come riportato dai quotidiani locali;
il diffondersi di iniziative sul modello di quelle promosse a Padova dal presidente del consiglio di quartiere 6-Ovest della Lega Nord rischia, ad avviso dell'interrogante, di alimentare un pericoloso clima di ostilità nei confronti di profughi, il cui diritto-dovere all'accoglienza è stato più volte ribadito anche dal Governo -:
se sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali provvedimenti intenda assumere per tutelare da accuse che appaiono strumentali e immotivate il puntuale ed efficace lavoro del prefetto di Padova, rappresentante territoriale del Governo, che ha risposto in maniera tempestiva a una richiesta del Ministro per prevenire e gestire una situazione di emergenza umanitaria;
quali iniziative intenda assumere al fine di evitare che la doverosa accoglienza

di profughi in fuga da regimi antidemocratici possa essere ostacolata da iniziative, che contribuiscono a diffondere pericolosi e strumentali allarmi sociali che possono favorire un clima xenofobo e razzista.
(4-11272)

BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di domenica 6 marzo 2011, organi di stampa di Padova (Mattino di Padova e Gazzettino) hanno riportato come il comune di Padova abbia assunto a tempo determinato, e fino al termine del mandato, un portavoce personale del sindaco, in precedenza collaboratore esterno dello stesso, e per un costo stimato di circa 50 mila euro;
gli organi di stampa riportano anche come l'ufficio stampa del comune di Padova sostiene costi annui ammontanti ad oltre centomila euro per incarichi vari a consulenti o società esterne incaricate dal comune di seguire la rassegna stampa, la comunicazione e la promozione del comune;
l'articolo 6, comma 7, del decreto legge n. 78 del 2010, afferma come «Al fine di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni, a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati, non può essere superiore al 20 per cento di quello sostenuta nell'anno 2009. L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale»;
un recente parere della Corte dei conti, sezione regionale della Lombardia, del 28 febbraio 2011, n. 111, conferma come le spese per incarichi di collaborazione di addetti stampa e portavoce rientrino a pieno a titolo nel complesso dei tagli dell'80 per cento rispetto al 2009, evidenziando come la violazione di tale precetto costituisca illecito disciplinare e determini responsabilità erariale -:
quali orientamenti intenda esprimere il Governo sugli incarichi per comunicazione affidati dal comune di Padova a società esterne e se, in virtù anche della attuale difficile situazione economica e finanziaria, non ritenga opportuno adottare misure di controllo sulla gestione delle risorse pubbliche del comune in questione anche in virtù delle recenti disposizioni nazionali in merito di riduzione delle spese per gli incarichi di collaborazione di addetti stampa e portavoce.
(4-11286)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

GHIZZONI e MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dal 1998 presso l'istituto D'Arte Paolo Toschi di Parma è attivo un indirizzo sperimentale di discipline dello spettacolo, riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i numerosi studenti frequentanti il corso vi hanno trovato corrispondenza ai loro talenti e alle loro attese artistiche, oltre che una innovativa possibilità di crescita individuale, di confronto e di preparazione professionale al mondo dello spettacolo e della formazione post-diploma e universitaria, anche grazie al coinvolgimento della competenza di professionisti, qualificati e laureati, che operano direttamente nel settore dello spettacolo;
tale «personale esterno», in particolare, è stato docente di discipline, quali regia cinematografica e televisiva e storia

del teatro, del cinema e della TV, pur non essendo in possesso di abilitazione in quanto non esiste una classe di concorso corrispondente;
a seguito del riordino della scuola secondaria superiore avviata dal Governo, tale sperimentazione verrà soppressa e l'esperienza del corso discipline dello spettacolo proseguirà nell'indirizzo di nuova istituzione discipline dell'audiovisivo e multimediali, nel quale le materie discipline audiovisive e laboratorio audiovisivo sostituiranno le già citate regia cinematografica e televisiva e storia del teatro, del cinema e della TV. Ne consegue che con l'avvio del nuovo indirizzo i docenti fino ad ora coinvolti nell'insegnamento di tali materie non potranno più assolvere a tale compito e non potranno pertanto più arricchire la formazione di centinaia di studenti -:
se il Ministro interrogato, considerando la specificità delle materie, non ritenga opportuno consentire al personale esterno che ha insegnato in corsi sperimentali, come nel caso citato in premessa e che attiene all'istituto D'Arte Paolo Toschi di Parma, la possibilità di abilitarsi e continuare così a trasmettere le proprie competenze ai tanti studenti che desiderano specializzarsi in ambiti come quello dello spettacolo.
(4-11279)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 7 febbraio del 2011 è stato pubblicato dall'Inpdap il bando di concorso per le vacanze in Italia vacanze studio denominato «Valore Vacanze»;
in data 11 febbraio 2011 l'Inpdap ha pubblicato un avviso di procedura di accreditamento finalizzata all'accreditamento di soggetti economici operanti nel settore della organizzazione di viaggi a cui affidare la gestione dei soggiorni estivi in Italia e all'estero in favore dei giovani per la stagione 2011 e rinnovabile per un anno del valore pari a 56 milioni e mezzo di euro;
appare alquanto dubbio che tale tipo di gestione non veda attivata una gara europea;
l'attuale procedura evidenzia che gli standard qualitativi richiesti sono inferiori a qualsiasi pacchetto acquistabile in una agenzia viaggi ma con un costo nettamente superiore;
il prezzo non è oggetto di valutazione alcuna con una inclinazione ad andare non verso il basso con un aggravio per le famiglie che dovessero farvi ricorso;
gli standard qualitativi sono bassi per i corsi di lingua, che tra l'altro risultano privi di qualsiasi accreditamento di ente predisposto e quindi privo di qualsiasi garanzia formativa, che poi dovrebbe esserne la ragione primaria per una vacanza studio erogata da un ente pubblico;
è stata eliminata anche la dizione «insegnanti madrelingua»;
tali corsi non saranno validi come crediti formativi scolastici;
anche la valutazione del tempo libero presenta criteri e punteggi al di sotto delle valutazioni precedenti;
non viene prevista una adeguata fornitura di assistenza medica in quanto il rapporto medico studenti passa a 1 ogni 150 e i gruppi al massimo sono composti da 80 ragazzi;
persino le pulizie delle camere risultano diminuite;
gravi perplessità sulle procedure si manifestano anche nel momento in cui nella procedura di accreditamento l'Istituto prevede, una volta conclusa la prima fase, di far stipulare apposito contratto di accreditamento con impegno della ditta

accreditata di organizzare prenotare e contrattualizzare quanto da essa stessa proposto per l'accreditamento della prima fase. Cioè solo se supera la prima fase provvederà a stipulare un apposito contratto;
tutto ciò avverrà con sistema informatico che è stato appena cambiato, dopo due anni con notevole esborso da parte dell'Inpdap -:
quali iniziative il ministero intenda adottare per verificare quanto in premessa e procedere alla sospensione delle suddette procedure di accreditamento che presentano notevoli dubbi circa l'effettiva trasparenza.
(5-04388)

Interrogazione a risposta scritta:

MAGGIONI e BITONCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un clima di agitazione e preoccupazione caratterizza in questi giorni la Cablelettra spa di Robbio, multinazionale del cablaggio auto, dopo la diffusione della proposta di piano industriale della giapponese Yazaki, che sta acquisendo il gruppo (il passaggio terminerà il 31 luglio 2011);
secondo quanto riportato sulla stampa locale (vedi La Provincia Pavese) il piano della Yazaki, che ha già uno stabilimento in Italia a Grugliasco nel torinese, prevede produzione in Polonia e Tunisia ed investimento in Italia per la riallocazione delle attività in siti più vicini al cliente, il che mette appunto a repentaglio lo stabilimento di Robbio;
il piano prevede altresì 200 tagli al personale delle tre filiali italiane della multinazionale; a «salvarsi» saranno solo in 77, che saranno assunti da Yazaki per almeno un biennio e tra questi solo due operai italiani, peraltro che lavorano in Tunisia, mentre gli altri saranno 4 dirigenti (uno per la Polonia, uno per la Tunisia, uno per la finanza e la tesoreria e l'altro per l'area commerciale), 10 quadri (6 di quelli in servizio a Robbio, 2 nello stabilimento Cablelettra di Limatola nel beneventano, 1 in servizio in Tunisia ed 1 in Polonia) e 61 impiegati (45 in organico dello stabilimento di Robbio, 7 in quello di Limatola, 8 in Tunisia ed 1 in Polonia);
per i circa 200 non riassunti, invece, il piano prevede la cassa integrazione fino al termine della cessazione aziendale, poi la mobilità per un anno per i dipendenti sotto i 40 anni, 2 anni per quelli fino a 50 anni e 3 anni per quelli over 50; per il primo anno di mobilità l'indennità sarà uguale a quella percepita durante la cassa integrazione e poi ci sarà una riduzione del 20 per cento ogni anno -:
quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare, anche in termini di «moral suasion», nei confronti della Cablelettra affinché sia rivisto il piano di riduzione di personale proposto dalla Yazaki, a salvaguardia dei livelli occupazionali dei circa 200 dipendenti interessati, e quali atti intenda porre in essere per contribuire al rilancio del territorio e dei poli industriali della Lomellina.
(4-11284)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e SALTAMARTINI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è lontana dagli obiettivi stabiliti a Lisbona nel 2000 per quanto riguarda l'occupazione femminile;
elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona è l'ampliamento dei servizi alla prima infanzia;
le politiche di sostegno all'occupazione femminile vedono un tassello importante

proprio nel sostegno alla prima infanzia tale da consentire politiche di conciliazione;
il piano «Italia 2020» - Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro ha avviato un piano strategico di azione per la conciliazione e le pari opportunità;
il piano, recante il sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, investe 40 milioni di euro del fondo pari opportunità in finanziamenti per le tagesmutter, per il telelavoro, per la formazione volta a sostenere il rientro nel lavoro dopo un periodo di congedo per maternità -:
quale sia lo stato di attuazione dei suddetti piani e quali siano le iniziative del Governo per favorire le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro.
(3-01519)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRANDOLINI, BENAMATI, LENZI, MARCHIGNOLI, MARCHI, SANTAGATA, MIGLIOLI, BRATTI, LEVI, ALBONETTI, GHIZZONI, MOTTA e MARCHIONI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 31 gennaio 2011 presso l'ispettorato generale si è aperto il tavolo tecnico nazionale per la revisione delle piante organiche del Corpo forestale dello Stato;
nel corso degli incontri i rappresentanti dell'amministrazione in tale tavolo hanno presentato una proposta di revisione delle dotazioni organiche molto lontana da una razionale e corretta distribuzione sul territorio in grado di migliorare la funzionalità soprattutto nelle regioni più in sofferenza;
le regioni del nord non sono state, ancora una volta, adeguatamente considerate da un'amministrazione poco attenta al tema di una equa distribuzione del personale sul suolo nazionale, proponendo addirittura per regioni in maggiore difficoltà un decremento dell'organico previsto - previsto, non effettivo, ma comunque importante perché indica l'obiettivo da raggiungere - a favore delle regioni del centro-sud;
la proposta iniziale, respinta dalle organizzazioni sindacali, è stata sostituita da una ipotesi di redistribuzione delle dotazioni organiche che di nuovo esclude le regioni del nord, infatti, al predetto tavolo tecnico l'amministrazione ha proposto di sottrarre dalla pianta organica dell'ispettorato generale di Roma circa 75 unità e di destinarle a regioni che già sono in pieno organico, se non addirittura in sovraorganico;
il rapporto forestali/superficie delle regioni destinatarie delle 75 unità trasferite è, inoltre, ampiamente superiore sia a quello dell'Emilia Romagna come delle altre regioni del nord Italia in particolare la regione Emilia Romagna che da anni soffre di una carenza cronica di personale con una vacanza effettiva di oltre 200 forestali, su una pianta organica di 636 unità (comprensive delle 12 unità transitate nel 2009 dalla regione marche ai sensi della legge n. 117 del 2009 che ha sancito il passaggio dalla provincia di Pesaro e Urbino alla provincia di Rimini dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello) - a fronte di impegni che crescono di anno in anno nel campo dell'illegalità ambientale, della lotta agli incendi boschivi, della vigilanza agli obiettivi sensibili e della tutela del patrimonio naturalistico - si vedrebbe quindi esclusa da tale ridistribuzione di risorse umane e, al contempo, vedrebbe accrescere l'esodo di personale verso le regioni del centro sud, proprio in virtù dell'ampliamento delle dotazioni organiche di queste ultime -:
quali iniziative intenda porre in essere nei confronti della direzione Centrale

del Corpo forestale dello Stato al fine di inserire anche l'Emilia Romagna tra le regioni beneficiarie della redistribuzione delle dotazioni organiche dell'ispettorato generale.
(5-04386)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i dati forniti dalle misure indicano che il telefono, cellulare è probabilmente la tecnologia elettromagnetica più inquinante attualmente in uso. Il professor Ross Adey, aprendo il congresso internazionale sui campi elettromagnetici di Bologna nel 1997, dichiarò che dai suoi studi risultava che il 40 per cento del segnale emesso da un telefono cellulare è assorbito dalla testa. E quindi, eseguendo qualche rapido calcolo, si comprende che una telefonata può fare assorbire dalla testa mediamente 0,04 W/m2 (assumendo S = 0,1 W/m2). Confrontando questi dati con il limite attuale di legge, che è tra i limiti di legge più cautelativi in occidente, ma non cosi protettivo come può sembrare, siamo a livello di circa 6 V/m, che corrispondono a circa 0,01 W/m2: ne consegue che il telefono è uno strumento che può far assorbire alle cellule cerebrali una radiazione quattro volte maggiore del limite dato dal decreto n. 381 del 1998, nel quale è fissato un limite è 0,01 W/m2;
il problema consiste nel determinare quali siano i possibili danni sanitari non termici derivanti dall'utilizzo intenso e prolungato nel tempo del telefono cellulare. In generale, poiché gli studi degli effetti cronici sulla salute dovuti ai telefoni cellulari sono ancora all'inizio, le indicazioni fomite dai diversi enti sono improntate alla cautela;
l'Istituto superiore di sanità (ISS) fornisce il seguente suggerimento: «...particolarmente interessante è il caso di telefoni ad antenna estensibile: quando non è estratta, questa viene a trovarsi vicinissima alla testa e l'assorbimento aumenta di molto. L'effetto è ancor più evidente nel caso dei telefoni cellulari (GSM) che regolano automaticamente la loro potenza in funzione della qualità della trasmissione: nel caso di antenna interna, il livello è innalzato per compensare l'energia dispersa nel cranio, con conseguente ulteriore aumento dell'assorbimento (oltre ad un più rapido consumo delle batterie). Pur in assenza di qualunque indicazione di pericolosità, ragioni di elementare cautela e buon senso suggeriscono quindi di utilizzare sempre il telefono con l'antenna estesa...» (P. Vecchia, 1994; Laboratorio di Fisica ISS);
secondo l'ISPESL, tenendo conto dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche, è opportuno assumere un atteggiamento di cautela, teso a minimizzare, per la popolazione, l'esposizione a radiofrequenza e ad evitare quella non necessaria (A. Moccaldi, 1997; Direttore ISPESL);
il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni con il decreto del giugno 1995 n. 485, all'articolo 1 fornisce la seguente raccomandazione di sicurezza per i telefoni cellulari: «... gli utenti sono avvisati che per un uso soddisfacente dell'apparato e per la sicurezza personale, si raccomanda che nessuna parte del corpo deve trovarsi ad una distanza inferiore a 20 cm dall'antenna durante il funzionamento dell'apparato...». L'inconveniente di questa raccomandazione è che a 20 centimetri di distanza la conversazione telefonica è impossibile;
prolungate esposizioni a campi emessi da telefoni cellulari sono state provate come possibili promotori del cancro in modelli di ratti. Sulla scia di queste considerazioni, il 17 maggio 2000 sir William

Stuart, biologo e coordinatore del UK's Microbiological Research Authority, presentando un'interpellanza al Governo inglese sulla sicurezza della telefonia mobile ha fornito le prime testimonianze di «effetti sottili» sulle funzioni cerebrali ed ha invitato ad un approccio prudente al problema, da concretizzare nella dichiarazione da parte delle ditte produttrici della potenza di emissione dei vari apparecchi e nella interdizione della loro vendita ai minori di 16 anni (limite della maggiore età in Inghilterra). Le motivazioni per tale richiesta risiederebbero rispettivamente nella maggiore sottigliezza del cranio, nelle minori dimensioni del capo e nello sviluppo del sistema nervoso ancora incompleto nei più giovani, che li espone a maggiori rischi;
un recente studio condotto da F. Marinelli, del CNR di Bologna, evidenzia che cellule leucemiche esposte per 48 ore ad un campo elettromagnetico di 900 MHz vanno incontro a morte programmata più rapidamente rispetto ai controlli; inoltre nelle cellule sopravvissute si osserva una riproduzione più elevata rispetto a quelle non esposte (Televideo RAI, pag. 169, 23 ottobre 2002; CITY-ROMA, pag. 6, giovedì 24 ottobre 2002). Alcuni recentissimi risultati di misure relative ai telefoni cellulari sono riportati decreto ministeriale 20 giugno 1995 n. 458, «Rettifica al regolamento recante norme per la trasposizione di una specifica tecnica in regola tecnica valida per l'omologazione in ambito nazionale delle apparecchiature dei terminali mobili d'utente del sistema radiomobile analogico pubblico di comunicazione operante nella banda dei 900 MHz adottato con (decreto ministeriale 5 gennaio 1995 n. 71 (Gazzetta Ufficiale del 4 novembre 1995 n. 258)» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se e quali iniziative anche normative, siano poste in essere a tutela della salute dei cittadini.
(4-11275)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
si fa riferimento alle gravi e allarmanti notizie di incidenti ed esplosioni nella centrale nucleare di Fukushima e di rilascio di materiali radioattivi nell'atmosfera -:
quali informazioni il Governo sia in grado di dare, allo stato delle cose, sulla situazione in Giappone;
se il Governo non ritenga indispensabile annunciare formalmente una pausa di riflessione sul proprio programma nucleare, fino a quando non si sia fatta assoluta chiarezza sui rischi di incidenti alle centrali;
se non ritenga a tal fine di dover istituire una commissione di scienziati ed esperti di altissimo livello che mettano a disposizione della pubblica opinione tutti gli elementi per un giudizio maturo sulla possibilità di sviluppare impianti nucleari in piena sicurezza.
(2-01005) «La Malfa, Brugger».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nel corso di un incontro svoltosi il 14 marzo 2011 presso la sede della Confindustria di Cagliari tra l'azienda Portovesme srl e le organizzazioni sindacali è stato affrontato il problema del costo dell'energia, atteso che a dicembre 2010 è scaduto l'accordo bilaterale con l'Enel che garantiva prezzi competitivi, e dell'approvvigionamento, tenuto conto che a fronte di una richiesta di 76 megawatt ne verranno assegnati 53;

la Glencore, società proprietaria dell'impianto, ha programmato investimenti per 300 milioni di euro con un accordo di programma con la regione Sardegna che avrebbero rilanciato il sito e garantito un futuro meno problematico al territorio e ai suoi 1500 lavoratori, ma di fronte a questi problemi potrebbe rivedere i suoi programmi di investimento;
a complicare le cose vi sono anche la probabile riduzione dei certificati verdi, che causerebbe un blocco dell'autoproduzione di energia da eolico, ed il pagamento della «multa» europea di 12 milioni di euro, che determinerebbe la sospensione delle attuali agevolazioni -:
se non intenda assumere iniziative di competenza, d'intesa con la regione Sardegna, per cercare di superare le criticità di cui in premessa al fine di scongiurare l'eventualità di un disimpegno dal punto di vista degli investimenti della società Glencore.
(2-01006)«Mereu, Galletti».

Interrogazione a risposta immediata:

RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, istituisce la legge annuale per il mercato e la concorrenza, al fine di rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo o amministrativo, all'apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza, anche con riferimento alle funzioni pubbliche e ai costi regolatori condizionanti l'esercizio delle attività economiche private, nonché di garantire la tutela dei consumatori;
sulla base dei termini fissati dalle legge istitutiva, entro il 31 maggio 2010, trascorsi sessanta giorni dalla data di trasmissione al Governo della relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Governo avrebbe dovuto presentare alle Camere il primo disegno di legge annuale;
la mancata presentazione alla Camera del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, trascorsi ormai nove mesi dalla scadenza e all'approssimarsi del nuovo termine per il 2011, rappresenta un'evidente violazione del dettato della norma, che non consente di eludere i rilievi dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ma al contrario impone all'Esecutivo di motivare le ragioni per cui ritenga di non dar seguito alle segnalazioni e ai pareri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle altre autorità indipendenti;
le politiche di liberalizzazione nei maggiori settori del sistema produttivo italiano sono una priorità non rinviabile, affinché l'economia possa ritrovare un sentiero di crescita duratura, di competitività internazionale e di ripresa della produttività;
in linea teorica, il Governo si dichiara favorevole ad una politica di liberalizzazione dell'economia, al punto di ritenere indispensabile - a tal fine - la modifica dell'articolo 41 della Costituzione;
né il suddetto articolo, né altri vincoli di natura costituzionale impediscono, però, al Governo di dar corso a quelle riforme che assicurino la conformità dell'ordinamento interno ai principi comunitari in materia di concorrenza e apertura dei mercati -:
per quali ragioni o, nel caso, a causa di quali impedimenti di natura istituzionale, il Governo non abbia provveduto a presentare entro il 31 maggio 2010, secondo quanto previsto dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99, il disegno di legge annuale per la concorrenza e il mercato.
(3-01525)

Interrogazioni a risposta orale:

TABACCI e MOSELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
il Mezzogiorno d'Italia costituisce un obiettivo di interesse nazionale, sul piano

del suo sviluppo, del recupero occupazionale, della competitività, della strategicità mediterranea;
le azioni positive verso il Mezzogiorno appartengono all'iniziativa politica, a quella governativa, alle scelte imprenditoriali;
le politiche per il Mezzogiorno possono essere dirette o indirizzate; in questo secondo caso, spetta al Governo ed alla sua iniziativa definire prospettive di interesse per le imprese, sostenere l'iniziativa privata, indicare un sistema logico di priorità e di ragionevoli trattamenti non discriminatori;
nel comune di San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo Valentia, con forte vocazione turistica e una presenza di piccole aziende che coltivano il desiderio di affermarsi nel mondo della produzione e contribuire al riscatto dei loro territori, sostenendo l'occupazione ed i redditi, si riscontra la perdurante assenza di copertura ADSL;
il comune, nell'assenza di interventi da parte della Telecom, a proprie spese ha realizzato un collegamento wi-fi; tuttavia, a causa della crescente esiguità dei fondi disponibili, il servizio, alla fine, è stato interrotto;
i comuni limitrofi hanno copertura ADSL di prima e seconda generazione;
sei mesi fa sono stati effettuati lavori per l'interramento dei necessari cavi in fibra ottica lungo la strada che congiunge Vibo Valentia con San Nicola da Crissa;
la ragionevole aspettativa di ricevere, finalmente, la copertura è andata delusa quando è stato comunicato che il comune di San Nicola da Crissa non rientra nei piani di ampliamento della rete -:
se il Governo, nell'ambito del programma di abbattimento del digital divide, non intenda intervenire con tutti gli strumenti a sua disposizione per l'inserimento nel calendario delle attivazioni per il 2011 della centrale telefonica a servizio del comune di San Nicola da Crissa, dei suoi abitanti, uomini e donne, degli imprenditori, delle imprenditrici, dell'interesse della regione e dell'intero Paese.
(3-01516)

RIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - permesso che:
dopo una serie di lungaggini e vicende - anche di carattere giurisdizionale - durate oltre venticinque anni, si è concluso favorevolmente l'iter amministrativo per la realizzazione della «strada regionale n. 8», congiungente Lecce-Vernole-Melendugno;
attualmente si può procedere alla cantierizzazione dell'opera la cui copertura finanziaria di 60.622.340,04 euro è totalmente garantita, anche in esecuzione della ordinanza del Consiglio di Stato n. 888 del 24 febbraio 2009;
il Ministero per lo sviluppo economico (CIPE) ha erogato alla regione Puglia una prima tranche di finanziamento di 28.911.208,04 euro e pare abbia in corso di trasferimento, anche su disposizione del TAR Lazio del 16 febbraio 2011, la restante somma di 31.711.060 euro;
dopo tanto lunga attesa, e nelle condizioni di criticità infrastrutturale e sociale, da alcune settimane si determina, inaspettato, un ulteriore motivo di ristagno determinato dalle contrastanti posizioni di regione e Ministero che ad oggi non hanno trovato una soluzione operativa condivisa, poiché alla immediata cantierizzazione si frappone la determinazione della regione Puglia di non sottoscrivere il contratto con l'impresa aggiudicataria in attesa dell'accredito della restante parte del finanziamento da parte del Ministero per lo sviluppo economico (CIPE), che fino ad oggi non vi ha ancora provveduto;
con nota protocollo 2380 del 2 marzo 2011 il sindaco del comune di Vernole, Mario Mangione, sollecitava il Ministero e, contestualmente, il presidente della giunta e l'assessore regionale ai lavoratori pubblici

della Puglia ad adottare immediatamente gli accorgimenti necessari per avviare, prima possibile, il cantiere;
la cantierizzazione dell'opera è assolutamente necessaria non solo per dotare il territorio di una infrastruttura atta a garantire sicurezza e fluidità del traffico, ma anche per offrire sbocco occupazionale in un momento di gravissima tensione e sofferenza sociale;
le ragioni dell'attuale fermo non vengono bene intese dalla pubblica opinione che interpreta, con sfiducia e scoramento, il nuovo blocco quale ulteriore occasione di sterile contrapposizione politica -:
se il Ministro dello sviluppo economico sia a conoscenza delle ragioni di questi ritardi del CIPE nell'erogazione delle somme dovute alla regione Puglia;
se non ritenga di intervenire al più presto al fine di sbloccare l'erogazione della restante somma dovuta o, in subordine, di attivare una mediazione con la regione Puglia, affinché attivi il cantiere con le cospicue risorse finanziarie già disponibili, eventualmente prevedendo, nella fase contrattuale con l'impresa aggiudicataria, opportune clausole di salvaguardia per le opere da eseguire con la seconda tranche del finanziamento, la cui spesa non è certo immediata, ferma restando la garanzia del completamento dell'opera.
(3-01517)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO e RAO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2009 è iniziato il processo di switch off per il passaggio definitivo dal segnale televisivo analogico a quello digitale terrestre;
le promesse relative al miglioramento del servizio televisivo, con l'implemento del numero dei canali offerti, non sono state di certo rispettate, anzi in alcune zone del Paese, tra cui la provincia di Cuneo, non è possibile vedere nemmeno i canali convenzionali Rai per i quali gli utenti continuano a pagare il canone;
il blackout totale dei canali Rai è un fenomeno ormai consolidato nel territorio piemontese, dove continuano a dilagare le proteste dei cittadini in modo sempre più veemente, ai quali non viene garantito un servizio dovuto ormai da troppo tempo;
a rendere la situazione ancor più paradossale è inaccettabile rimpallo continuo tra i numeri verdi della Rai e del dipartimento delle comunicazioni, con operatori che non sanno dare risposte concrete sulla motivazione di tale disservizio;
ad essere indignati non sono solo i cittadini, che in alcuni casi hanno dovuto ricorrere (a proprie spese) all'acquisto di parabole per poter vedere la televisione, ma anche gli operatori turistici che nel periodo di alta stagione sono stati costretti ad offrire un servizio inadeguato ai clienti, seppur in regola con il pagamento del canone, pagando per questa iniqua situazione con un calo di clientela;
l'oscuramento del segnale della televisione pubblica per lunghi periodi è un fatto di estrema gravità, soprattutto in relazione alla sua recidività, e inaccettabile anche per un atteggiamento superficiale e arrogante della Rai;
è indubbio che tale disservizio stia arrecando un grave danno alla stessa azienda Rai, in quanto così facendo si sta incentivando il già diffuso fenomeno dell'evasione del canone;
a tal proposito, il sindaco del comune di Acceglio come segno di protesta alla continua disattenzione dell'azienda Rai a risolvere il problema, si è rifiutato di pagare il canone fino a quando il servizio non venga ripristinato, ma come risposta ha avuto solo lettere di sollecito a mettersi in regola, pena il pignoramento dell'auto;
è indubbio che tali atteggiamenti siano il frutto di un insostenibile protrarsi di disservizi e di una intollerabile inadempienza

dell'azienda Rai che non risulta aver avviato gli interventi necessari per garantire quanto dovuto;
gli enti locali, decisamente a sostegno dei cittadini privi del servizio e oppressi dalle intollerabili e reiterate richieste di pagamento del canone, stanno promuovendo ogni utile iniziativa per ottenere dalla Rai i necessari interventi, sollecitando a tal fine, in tutte le sedi, le autorità competenti;
è doveroso porre rimedio a questa insostenibile situazione, evitando ai cittadini il gravoso ricorso alla magistratura ordinaria per interruzione di pubblico servizio, definendo tempi certi entro i quali i problemi tecnici possano essere risolti -:
quali urgenti iniziative intenda adottare per la risoluzione della problematica sopraesposta, al fine di scongiurare il ripetersi di disservizi di questo genere e di garantire ai cittadini un servizio dovuto nel pieno rispetto degli obblighi in capo al sistema televisivo nazionale;
quale iniziativa sarà assunta dal Governo per risarcire tutti gli utenti interessati da questo blackout dei canali Rai.
(5-04387)

CENNI, CECCUZZI, NANNICINI, FRONER e FLUVI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2010, il decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 «Modifiche al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il codice della proprietà industriale, ai sensi dell'articolo 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99»;
l'articolo 123 di tale decreto legislativo ha come oggetto «Limiti alla protezione accordata del diritto d'autore»; tale articolo, le cui norme sono entrate in vigore il 2 settembre 2010, dispone che il diritto d'autore venga esteso anche «alle opere dei disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute di pubblico dominio»;
tale disposizione stravolge l'intero sistema normativo nazionale relativo al comparto produttivo dell'industrial design, rischiando di mettere in crisi centinaia di aziende del settore, quasi esclusivamente piccole e medie imprese (peraltro già duramente colpite dagli effetti della crisi economica internazionale), e conseguentemente migliaia di posti di lavoro;
con la nuova normativa tali aziende non potranno infatti più produrre prodotti di design fino ad oggi di «pubblico dominio»;
questa normativa ribalta i contenuti di una legge dello Stato, approvata solamente alcuni mesi fa (articolo 19, comma 6, della legge n. 99 del 23 luglio 2009), con la quale era stata confermata, per le aziende, la legittimità di fabbricare e commercializzare opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001;
la normativa introdotta dalla legge n. 99 del 2009 era stata necessaria per colmare un vuoto normativo verificatosi con il recepimento, nell'ordinamento nazionale, della direttiva comunitaria 98/71/CE, relativa al diritto d'autore e tutela brevettuale dell'industrial design;
una legge quindi (la n. 99 del 2009) capace di raggiungere una sintesi equilibrata ed efficace fra le disposizioni dell'Unione europea e gli investimenti e la programmazione economica, produttiva e commerciale delle aziende che fabbricavano fino ad oggi, nel pieno rispetto delle norme vigenti, opere di disegno industriale riconosciute di pubblico dominio;
risulta evidente che le norme introdotte dal decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 danneggiano gravemente tali aziende, favorendo inevitabilmente le grandi imprese in grado di ottenere molto più facilmente il monopolio per la produzione dei classici del design;

va inoltre aggiunto che le norme introdotte dal decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010, nel fissare l'estensione retroattiva prevista dal diritto d'autore, implicano anche la qualificazione di illegittimità dell'attività pregressa, dell'attività cioè che la norma precedente (la citata legge n. 99 del 2009) aveva sancito come legittima. È quindi palese che tali provvedimenti abbiano un effetto retroattivo e siano quindi, ad avviso dell'interrogante, in netto contrasto con i principi stessi della Costituzione;
le aziende che avranno gravissime ricadute a causa della nuova normativa sono dislocate su tutto il territorio nazionale ed, in particolare, nei distretti produttivi del centro Italia;
l'entrata in vigore immediata delle nuove disposizioni sull'industrial design causeranno infatti, per numerose aziende, il blocco della fabbricazione di oggetti di design, la perdita di investimenti su macchinari e risorse umane oltre alla necessità di riconvertire la produzione. Saranno quindi inevitabili, anche alla luce degli effetti della crisi internazionale e dei mercati e della perdurante difficoltà di accesso al credito soprattutto per le piccole e medie imprese, il ridimensionamento o il fallimento di numerose aziende del settore e, conseguentemente, la perdita di migliaia di posti di lavoro;
gli enti locali (ed in particolare la regione Toscana, territorio dove sono presenti molti distretti industriali interessati, che ha chiamato in causa in ripetute occasioni il Ministro dello sviluppo economico) e le associazioni di categoria sono subito intervenute con forza e tempestività per denunciare i gravi effetti prodotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 e per sollecitare le istituzioni competenti in relazione all'impellente necessità di rivedere i contenuti di tale normativa;
le problematiche relative al decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 ed, in particolare, le difficoltà interpretative circa i contenuti delle disposizioni sulla nuova formulazione della normativa nazionale sul codice della proprietà industriale sono state evidenziate nella interrogazione a risposta in Commissione Attività Produttive n. 5-03523 (a prima firma del deputato Rolando Nannicini) presentata il 1o ottobre 2010;
nello specifico l'interrogazione sopracitata rimarcava come l'articolo 123 di tale decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 sia di dubbia costituzionalità per due motivi: perché la norma ha un effetto retroattivo e perché il Governo avrebbe legiferato al di fuori degli ambiti della delega conferita dal Parlamento stesso, modificando sostanzialmente i contenuti dell'ordinamento vigente in materia;
nella risposta all'interrogazione n. 5-03523 (fornita in data 2 dicembre 2010 dal Sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia) sono state, in sostanza, confermate le problematiche causate dall'articolo 123 di tale decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 ed è stata ribadita la volontà del Ministero competente di «valutare l'opportunità di inserire un'apposita modifica legislativa che possa essere approvata nell'ambito dei provvedimenti legislativi di fine anno»;
nonostante l'impegno del Governo e del Ministro dello sviluppo economico ad inserire una norma capace di risolvere la situazione non è stato, ad oggi, emanato nessun provvedimento utile. Recentemente nel dibattito di Commissione al Senato in sede di conversazione del cosiddetto decreto-milleproroghe («Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie») sono stati presentati emendamenti da esponenti di numerose forze politiche volti a posticipare i termini di attuazione dell'articolo 123 di tale decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010. Emendamenti i cui contenuti sono stati poi riproposti anche in sede di dibattito alla Camera dei deputati. In entrambi i

casi le proposte emendative non sono state approvate;
l'attuale incertezza normativa ha provocato numerose cause giudiziarie che stanno coinvolgendo aziende in tutto il Paese. Cause giudiziarie che sono ad oggi ristrette nel solo ambito del disegno industriale dell'arredamento, ma che potrebbero riguardare in futuro altri settori chiave dell'economia, dell'industria e dell'occupazione italiana, come ad esempio l'oggettistica, la pelletteria, la moda, la meccanica;
il 27 gennaio 2011 la sentenza della Corte di giustizia europea (contrariamente a quanto l'attuale articolo 239 del codice della proprietà industriale italiano - decreto legislativo n. 30 del 2005) ha acclarato che la tutela autoriale ex articolo 17 della direttiva 98/71/CE non può essere applicata ai disegni e modelli che, prima della entrata in vigore della normativa nazionale di trasposizione della direttiva 98/71/CE nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro (per l'Italia la data di riferimento è il 19 aprile 2001, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 95 del 2001), erano di pubblico dominio a causa della mancata registrazione;
con questa sentenza la Corte di giustizia ha quindi chiarito che non può essere invocata la tutela di disegni o modelli che erano di pubblico dominio prima del 19 aprile 2001, contrariamente a quanto stabilito dalla modifica introdotta dal Governo italiano ed entrata in vigore nel settembre 2010;
va segnalato, in questo contesto, l'ulteriore iniziativa della regione Toscana: l'assessore regionale alle attività produttive, Gianfranco Simoncini, in data 4 marzo 2011, ha infatti inviato una nuova lettera al Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sottolineando la necessità, da parte del dicastero, di promuovere una revisione della legislazione nazionale sul codice di proprietà Industriale per adeguare la normativa italiana a quella comunitaria, in seguito alla citata interpretazione della Corte di giustizia -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere, rispetto a quanto esposto in premessa e soprattutto alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 27 gennaio 2011, (che supera e modifica di fatto quanto stabilito dal decreto-legge 131 del 2010), per adeguare la norma nazionale e modificare i contenuti restrittivi e gli effetti retroattivi introdotti dall'articolo 123 del decreto legislativo n. 131 del 13 agosto 2010 (anche per i citati profili di dubbia costituzionalità) e per salvaguardare i livelli produttivi ed occupazionali delle imprese del settore, permettendo nuovamente alle aziende di produrre prodotti di design fino ad oggi considerati di «pubblico dominio».
(5-04393)

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il tema delle energie rinnovabili in questi ultimi giorni è diventato di interesse nazionale, in particolare i tagli annunciati dal Governo nel settore del fotovoltaico stanno agitando le acque di molti comuni di diverse regioni tra cui il Veneto: si sta parlando di una buona fetta del prodotto interno lordo della provincia di Padova e, in particolare, nel comune di Carmignano di Brenta, che copre circa il 60 per cento dell'intera produzione nazionale, e di migliaia di posti di lavoro messi seriamente a rischio;
molte aziende che si occupano del fotovoltaico sono state in grado di assorbire i lavoratori provenienti dal settore metalmeccanico e edile in difficoltà. Si sta parlando di circa 20.000 posti di lavoro. Tagliare i contributi significherebbe quindi creare, in un settore in espansione, una crisi che sarebbe difficile gestire. Gli stessi comuni che hanno iniziato ad installare impianti sui propri edifici si troverebbero ora in difficoltà economiche per portare avanti le opere senza gli incentivi statali;

in questa direzione le aziende del comparto fotovoltaico italiano hanno indetto una manifestazione che si è tenuta a Padova, sotto le finestre della provincia e della Confindustria, lunedì 14 marzo 2011 contro il provvedimento del Governo che mette a rischio l'intero comparto, questa mobilitazione è un grido d'allarme lanciato dalla green economy che non può non essere ascoltato; occorre evitare che anche in questo settore il nostro Paese sia sempre il fanalino di coda dell'Europa, dove invece tale comparto è visto come un'opportunità di crescita e sviluppo e non solo come un costo;
il decreto ministeriale sul fotovoltaico previsto entro il 30 aprile dovrà fare salvi, per tutto il 2011, gli incentivi già stabiliti dal decreto ministeriale 10 settembre 2010. È necessario evitare, da un lato, il blocco degli investimenti e, dall'altro, una netta penalizzazione degli imprenditori che hanno già intrapreso iniziative -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per non limitare al 31 maggio 2011 il termine per usufruire delle tariffe agevolate per i nuovi impianti, verificando la possibilità di ristabilire la precedente scadenza degli incentivi al 31 dicembre 2013 (modificata dal decreto legislativo approvato nel Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011).
(4-11283)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00580, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rigoni.

La mozione Gentiloni Silveri e altri n. 1-00587, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rigoni.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fogliardi, Bucchino, Gasbarra, Zucchi, Bossa, Rampi, Lucà.

La mozione Galletti e altri n. 1-00591, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Della Vedova, Tabacci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-04716, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pittelli n. 4-04743, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-04745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-04763, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Aracri n. 4-04776, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-04778, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-02035, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Savino e altri n. 4-04792, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Angeli n. 4-04793, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Nastri n. 4-04798, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-04807, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Sbai n. 4-04809, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Zampa n. 5-04362, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

L'interrogazione a risposta in Commissione Di Pietro e altri n. 5-04383, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cimadoro.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Rao n. 1-00592, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 448 del 14 marzo 2011.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, disponeva per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete il divieto, fino al 31 dicembre 2010, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha disposto la proroga di tale divieto fino al 31 marzo 2011 e ha previsto la possibilità, attraverso l'emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di un ulteriore rinvio al 31 dicembre 2011;
la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, secondo paragrafo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali);
in data 24 novembre 2010, è stata emessa una segnalazione al Governo dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
con la sentenza citata la Corte costituzionale ha ritenuto necessario ribadire il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico, reputando indispensabile, altresì, chiarire che il pluralismo

dell'informazione radiotelevisiva significa, innanzitutto, possibilità di ingresso, nell'ambito dell'emittenza pubblica e di quella privata, di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità nell'emittenza privata - perché il pluralismo esterno sia effettivo e non meramente fittizio - che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza il pericolo di essere emarginati, a causa dei processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi, e di essere menomati nella loro autonomia;
in forza di ciò, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sottolineava l'opportunità di mantenere in vigore il divieto recato dal citato articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e in data 2 marzo 2011 con una nuova segnalazione ha nuovamente richiamato l'attenzione sul «vuoto normativo che si verrebbe a determinare ove entro il corrente mese di marzo, con una norma di legge o avente forza di legge, il divieto di incrocio tra stampa e tv non venisse congruamente prorogato adeguando la formulazione attuale del divieto d'incrocio alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta con l'evoluzione tecnologica digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella di mercato del settore»;
della questione si è occupata più volte anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato che, nella sua segnalazione del 10 marzo 2011, ha ricordato, in particolare, che la presenza di rilevanti partecipazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in più di una rete televisiva nazionale rende questa materia particolarmente sensibile sotto il profilo del conflitto di interessi (legge n. 215 del 2004) e che per questo motivo è opportuno che tale proroga sia sottratta alle competenze dell'attuale Presidente del Consiglio dei ministri;
in assenza di un intervento normativo, vi è il concreto rischio di assistere ad una preoccupante concentrazione dei media italiani,


impegna il Governo:


ad adottare iniziative normative volte a prorogare la disposizione recata dall'articolo 43, comma 12, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad assumere, altresì, immediate iniziative di natura normativa finalizzate a sottrarre alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri il potere di disciplinare discrezionalmente il periodo di vigenza del citato divieto, così come auspicato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
a promuovere urgentemente una regolamentazione organica ed efficace dell'intera materia per colmare il vuoto normativo attuale, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato, al fine di rispettare il pluralismo dell'informazione.
(1-00592) (Nuova formulazione) «Rao, Galletti, Enzo Carra, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Naro, Libè, Occhiuto».

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

Si pubblica il testo ulteriormente riformulato della mozione Di Pietro n. 1-00579, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 442 del 1o marzo 2011.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'iter parlamentare di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie (atto Camera n. 4086) era stato inserito, all'articolo 2, un comma aggiuntivo, il

comma 12-duodecies, che apportava delle modifiche all'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi di media audiovisivi, il quale prevedeva fino al 31 dicembre 2010 il divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani;
il predetto comma prorogava il divieto fino al 31 dicembre 2012;
nel corso dell'esame in Assemblea emergeva la necessità di un coordinamento nel senso di procedere alla soppressione del comma 12-duodecies dell'articolo 2, in quanto la proroga era già contenuta nella tabella n. 1 del decreto-legge fino al 31 marzo 2011, successivamente prorogabile al 31 dicembre 2011 con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sarebbe stato preferibile prevedere la soppressione dall'allegato 1 citato della disposizione e, viceversa, il mantenimento nel testo di tale comma 12-duodecies;
in pratica, si è introdotta la proroga sic et simpliciter del divieto di incroci tra giornali e televisioni solo fino al 31 marzo 2011 (e non fino a fine 2012, come prevedeva il testo precedente del decreto-legge, come modificato nel corso dell'iter parlamentare), essendo il rinvio al 31 dicembre 2011 facoltativo e rimesso alla volontà dell'Esecutivo;
dopo la data del 31 marzo 2011 il divieto decadrà e chi ha una posizione dominante nel mondo delle televisioni potrebbe entrare anche nella proprietà degli altri media, stampa in primis;
l'articolo 1 del decreto-legge n. 225 del 2010 fissa al 31 marzo 2011 la scadenza dei termini e dei «regimi giuridici» indicati nella tabella n. 1 allegata e autorizza il Governo a disporre, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, un'eventuale ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011;
la questione relativa al divieto di incroci stampa e tv è stata recentemente oggetto di una segnalazione al Governo emessa dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in data 24 novembre 2010, nella quale si afferma che la disposizione in materia di limiti antitrust all'incrocio tra stampa e giornali quotidiani è stata sin dall'inizio concepita dal legislatore a tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione e di informazione, sulla base delle indicazioni date dalla Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha, inoltre, indicato l'opportunità di adeguare la formulazione attuale dell'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici alla trasformazione del sistema radiotelevisivo intervenuta dal 2004 ad oggi e, in particolare, all'evoluzione tecnologica del digitale terrestre, satellitare e via cavo, nonché a quella del mercato di settore;
in data 26 febbraio 2011, in sede di esame presso il Senato della Repubblica del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 225 del 2010, il Governo ha approvato l'ordine del giorno G/2518-B/100/1, nell'ambito del quale si impegna l'Esecutivo ad adottare le opportune iniziative normative volte a prorogare per un congruo periodo di tempo, non inferiore comunque al 31 dicembre 2012, il termine previsto dall'articolo 43, comma 12, del testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici, relativo al divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni di imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, preservando così il pluralismo dell'informazione, contestualmente ridefinendo la formulazione del divieto in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato;

la protezione del pluralismo informativo è uno dei principi fondamentali dell'Unione europea (articolo 11, comma secondo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali) e, in forza di ciò, la giurisprudenza della Corte di giustizia europea ha riconosciuto il diritto degli Stati membri a mantenere una legislazione speciale in materia, più restrittiva del diritto della concorrenza,


impegna il Governo:


a prorogare nell'immediato, la disposizione citata in premessa almeno fino al 31 dicembre 2011 e ad adottare le opportune iniziative normative per prorogare comunque tale disposizione almeno fino al 31 dicembre 2012;
ad adottare ogni iniziativa normativa volta a garantire la ridefinizione dell'ambito di applicazione del divieto di incroci stampa-televisione, in modo da adeguarla all'evoluzione tecnologica nel frattempo intervenuta e ai conseguenti nuovi assetti di mercato, al fine di rispettare il pluralismo dell'informazione.
(1-00579) (Ulteriore nuova formulazione) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Favia, Cambursano, Monai, Zazzera».

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Della Vedova n. 1-00595 del 14 marzo 2011;
mozione Libè n. 1-00596 del 14 marzo 2011.

Ritiro di firme da una mozione.

Mozione Galletti e altri n. 1-00591, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 marzo 2011: sono state ritirate le firme dei deputati: Volontè, Naro, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Libè, Rao, Occhiuto.

...

ERRATA CORRIGE

Mozione Franceschini e altri n. 1-00590 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 448 del 14 marzo 2011. Alla pagina 20279, prima colonna, dalla riga sesta alla riga nona deve leggersi: «approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso» e non: «approvato in via definitiva il decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla promozione dell'uso», come stampato.
Alla pagina 20281, seconda colonna, dalla riga trentottesima alla riga trentanovesima deve leggersi: «ad adottare iniziative volte ad eliminare i» e non: «ad adottare iniziative volte ad eliminare, nel medesimo decreto ministeriale, i», come stampato.

Interrogazione a risposta scritta Maurizio Turco e altri n. 4-11262 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 448 del 14 marzo 2011. Alla pagina 20331, prima colonna, dalla riga tredicesima alla riga quindicesima deve leggersi: «il decreto-legge di cui si tratta non sembra aver disciplinato la materia in relazione al caso in cui il personale alle» e non: «il decreto-legge di cui si tratta sembra aver disciplinato la materia in relazione al caso in cui il personale alle», come stampato.