XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 8 marzo 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
la gestione dei siti contaminati rappresenta uno dei maggiori problemi ambientali per i Paesi europei; recenti dati della European environmental agency (EEA) mostrano come la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi, rappresenta una delle più importanti minacce. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può portare ad effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi;
la gestione amministrativa dei procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale è di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, in quanto responsabile del procedimento, convoca conferenze di servizi ed emana il decreto di approvazione dei progetti;
la gestione di tali procedimenti è particolarmente complessa in quanto in ciascuna delle 57 aree perimetrate di interesse nazionale, di cui alla Tabella A allegata, ricadono proprietà di diversi soggetti (pubblici e privati) e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti che spesso ostacolano l'avvio degli interventi di bonifica,


impegna il Governo:


a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale che assicuri il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero, Ispra, Iss), le regioni e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità (anche mediante analisi costi-benefici);
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, anche alla luce dell'esperienza maturata, assicurando fra l'altro certezza di tempi nell'attuazione delle operazioni di bonifica;
ad assicurare il mantenimento sul territorio delle risorse derivanti dalle transazioni;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità, su scala pluriennale, di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale;
a definire procedure per la valutazione dei rischi e l'attribuzione delle risorse pubbliche disponibili, secondo criteri di trasparenza ed accessibilità dei dati ambientali, coinvolgendo gli enti locali e i cittadini secondo i principi definiti dalla convenzione di Aarhus.

(1-00584)
«Alessandri, Bratti, Tommaso Foti, Guido Dussin, Piffari, Di Biagio, Libè, Commercio, Mosella, Zamparutti, Mariani, Realacci, Margiotta, Braga».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nella notte del 1o marzo 2011, nel Comune di Ginosa (Taranto), l'improvvisa esondazione del fiume Bradano e di alcuni suoi affluenti metteva a rischio numerose abitazioni costringendo circa 200 abitanti a cercare riparo in alberghi messi a disposizione dal comune, oltre che presso parenti ed amici;
contemporaneamente, venivano chiuse al traffico diverse strade provinciali tra cui la superstrada 106 Jonica nel tratto Metaponto-Ginosa, e bloccata la linea ferroviaria in direzione di Reggio Calabria e Potenza, linea tuttora interrotta;
nella fase di prima emergenza, anche con l'apporto della prefettura di Taranto che ha operato in stretto raccordo con il sindaco e con la Regione Puglia, sono stati affrontati i problemi più urgenti, come il ripristino dell'erogazione idrica e lo smaltimento delle numerose carcasse di animali annegati, per prevenire rischi di tipo sanitario;
nella zona colpita, continua l'impegno operativo del personale della brigata Pinerolo, intervenuta il 4 marzo 2011 su richiesta della prefettura di Taranto, in estensione all'intervento già in atto nella limitrofa zona di Metaponto dove incessante è l'impegno dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e dei volontari della protezione civile;
gli interventi dei militari riguardano principalmente la messa in sicurezza degli argini del fiume Bradano, nonché il ripristino della funzionalità delle abitazioni;
nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 7 marzo 2011 alla quale hanno partecipato il comandante provinciale dei vigili del fuoco e il capo di gabinetto della prefettura di Taranto, il sindaco di Ginosa ha espresso forte preoccupazione sulle ripercussioni che l'evento calamitoso avrà sul versante del turismo che rappresenta, insieme all'agricoltura, la più significativa risorsa dell'economia locale;
i danni subiti sono molto ingenti, anche se al momento non è ancora possibile fare una stima precisa;
molte aziende locali, operanti soprattutto nei settori degli allevamenti, della produzione ortofrutticola e del turismo, sono state messe in ginocchio con effetti devastanti che si protrarranno non solo nell'immediato futuro ma anche per i prossimi anni, essendo necessario ricostruire molti siti produttivi -:
se e come intenda attivarsi per individuare e mettere a disposizione del comune di Ginosa, risorse straordinarie urgenti, necessarie a far fronte ai danni subiti dalla popolazione e indispensabili alla ripresa dell'economia locale, già fortemente in crisi.
(2-00992)
«Franzoso, Marsilio, Fallica, Gioacchino Alfano, Toccafondi, Antonio Pepe, Aracu, Pescante, Renato Farina, Savino, Gava, Torrisi, Bruno, Terranova, Pianetta, Osvaldo Napoli, Picchi, Di Centa, Fucci, Formichella, Castiello, Nastri, Bernardo, Lazzari, Dima, Catanoso, Nicolucci, Lunardi, De Angelis, Mistrello Destro, Minasso, Milanato, Migliori».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
l'intera regione Marche e parte della regione Abruzzo sono state colpite nei giorni scorsi da forti calamità naturali;

dopo la fase dell'emergenza occorre pensare alla ricostruzione;
l'eccezionale precipitazione piovosa ha colpito le cinque province marchigiane Pesaro, Ancona, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e la provincia di Teramo;
secondo i dati della protezione civile, 52 sono le zone allagate, 113 le persone allontanate dalle abitazioni, 43 le località senza elettricità, 70 le strade interrotte;
le conseguenze più pesanti si sono avute nella provincia di Fermo dove, come è noto, l'esondazione del fiume Ete ha provocato vittime;
i danni più pesanti sono così riassumibili:
a) allagamenti di aziende artigiane e industriali con conseguente interruzione dell'attività e pregiudizio della ripresa generalizzata nelle aree prossime ai fiumi Ete, Chienti, Tenna e Tronto. Ma anche in altre zone e province delle Marche;
b) ancora più vasta l'area compromessa per le colture agricole, con particolare riferimento al comparto fioro-vivaistico molto presente nella zona;
c) su tutta la costa da Pesaro a Teramo forti danni alle strutture turistiche balneari e drammatica erosione delle spiagge in grado di compromettere la prossima stagione;
d) danni consistenti alle infrastrutture viarie dovute a smottamenti e frane su tutto il territorio regionale con strade ancora chiuse al traffico;
e) compromissione delle regimentazioni e degli argini fluviali in tutto il territorio regionale;
la regione Marche sentiti i comuni e le province ha approntato una prima stima dei danni consistenti in 480 milioni per danni a privati ed infrastrutture pubbliche, mentre non è ancora quantificata la stima per i danni alle colture agricole;
la situazione richiede la deliberazione dello stato di emergenza e le conseguenti ordinanze per lo stato di calamità naturale;
azioni vanno assunte per il riconoscimento dei danni alle aziende colpite di ogni settore fornendo gli strumenti per la ripresa produttiva con moratoria immediata sugli adempimenti fiscali e contributivi e sugli impegni bancari delle aziende;
vanno stanziate risorse per il ripristino della rete viaria, per la sistemazione del dissesto idro-geologico che si è prodotto e per il ripristino delle aree di costa sia per le infrastrutture che per il ripascimento delle spiagge;
con la recente conversione in legge, del decreto-legge n. 225 del 29 dicembre 2010 riferito a «proroga termini» si è intervenuto (articolo 2, commi da 2-quater a 2-octies) con significative modifiche alla legge 24 febbraio 1992 n. 225 istitutiva del servizio nazionale della protezione civile;
in particolare con l'aggiunta del comma 5-quater e 5-quinques all'articolo 5, della citata legge 225, sembra condizionarsi la possibilità per le regioni, di accedere al Fondo per la protezione civile, all'assunzione di aumenti delle proprie imposizioni tributarie e/o all'elevazione delle imposte regionali sulla sanzione;
anche nel caso di accesso al fondo di riserva per le spese impreviste sembra intendersi che vada prevista una reintegrazione del fondo mediante l'aumento di accise sui carburanti;
l'interpretazione delle norme richiamate non è chiara, non essendo mai stata attuata la recente procedura e non sembra nel caso specifico dell'alluvione delle Marche essere attuabile richiedendo decreti attuativi per la sua applicazione non ancora emessi;
in ogni caso andrebbero emanate «linee guida» non ancora predisposte;
la circostanza consiglierebbe di agire sulla base delle norme preesistenti -:
quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Governo per la calamità

naturale occorsa nella regione Marche; quante risorse siano state destinate o quante ne intenda destinare, con quali strumenti e per quali finalità fra le cinque indicate in premessa;
quale sia la corretta interpretazione delle norme introdotte con la legge n. 10 del 26 febbraio 2011 (cosiddetta «proroga termini») che modificano la legge n. 225 del 1992 istitutiva del servizio nazionale di protezione civile e se le stesse siano applicabili all'emergenza Marche senza che siano stati emessi i decreti attuativi e comunque le linee guida per la nuova procedura.
(2-00993)
«Ventura, Vannucci, Agostini, Merloni, Giovanelli, Cavallaro, Pistelli, De Torre, Ginoble».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
nell'ambito dell'acceso dibattito recentemente sviluppatosi sulla scuola, da taluni sono state strumentalizzate le giuste affermazioni del Presidente del Consiglio circa un certo grado di condizionamento ideologico presente nelle istituzioni educative statali;
si rileva l'anomalia esistente, per quanto concerne il diritto allo studio, fra alcune regioni del nord ove il pluralismo educativo e la libertà di scelta delle famiglie sono ampiamente riconosciuti rispetto ad altre regioni, come ad esempio l'Emilia Romagna, ove permane un monopolio regionale che nega alle famiglie quei diritti fondamentali che in Lombardia, Veneto, Piemonte sono garantiti (la giunta regionale dell'Emilia Romagna ha formulato linee di indirizzo che secondo gli interpellanti escludono di fatto la libertà di scelta educativa);
in tempi recenti il sottoscritto interpellante ha raccolto l'adesione di molti consiglieri comunali e provinciali dell'Emilia Romagna, i quali hanno attribuito importanza fondamentale al diritto allo studio ed alla libertà di scelta del percorso educativo più consono alle esigenze delle famiglie;
senza mettere in discussione l'autonomia regionale in questa delicata materia, esiste un dovere dello Stato di assicurare a tutti i cittadini la fruizione di diritti essenziali quale quello allo studio, evitando disparità di trattamento fra regione e regione -:
se il Presidente del Consiglio intenda non solo precisare le iniziative svolte recentemente a favore della scuola statale ma anche precisare i propri orientamenti sulla funzione pubblica svolta dalla scuola paritaria in Italia in genere e in alcune regioni in particolare;
se non si intendano assumere iniziative normative che, rispettando l'autonomia regionale, stabiliscano su tutto il territorio nazionale un livello minimo delle prestazioni assicurate dal comparto pubblico.
(2-00996)
«Garagnani, Di Virgilio, Mazzuca, Luciano Rossi, Palmieri, Centemero, Renato Farina, Pianetta, Pelino, Carlucci, Speciale, Mazzoni, Holzmann, Del Tenno, Valentini, Lunardi, Dell'Elce, De Camillis, Stasi, Antonione, Scandroglio, Gottardo, Nastri, Taddei, Frassinetti, Di Centa, Scelli, Sbai, Torrisi, Gibiino, Rosso, Bonciani, Bernardo, Bocciardo, Lainati, Romele».

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, LARATTA e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,

al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il maltempo si è, ancora una volta, accanito contro l'Italia e la situazione, soprattutto al Sud, è molto preoccupante. La Calabria, in particolare, è la regione nella quale si conta il maggior numero di danni: nubifragi e frane, infatti, oltre ad avere paralizzato in molte zone la circolazione, ha creato seri difficoltà ai centri abitati e minacce alla stessa incolumità dei cittadini;
la situazione è critica soprattutto in provincia di Reggio Calabria, dove diversi sono stati i torrenti tracimati. Molte abitazioni di Gioia Tauro, sono ancora completamente invase dal fango, trascinato dall'esondazione del torrente Budello. Nella zona nord di Reggio Calabria, tra San Giuseppe e Petto Gallico, si è verificata una frana che ha travolto un'auto di passaggio, provocando, purtroppo, una vittima. A causa di un violento acquazzone, un uomo che viaggiava a bordo del suo fuoristrada sulla strada statale 106 nelle locride, ha perso il controllo del mezzo schiantandosi contro l'ingresso di un bar, fortunatamente chiuso, perdendo anch'egli la vita. Smottamenti vengono segnalati anche nella periferia di Reggio Calabria, tra Boschicello e Gallina, dove i cedimenti di terreno dovuti alla pioggia incessante hanno di fatto isolato numerose famiglie;
ma anche nelle altre province non va meglio: nel vibonese, già colpita nel 2006 da una devastante alluvione, i vigili del fuoco hanno dovuto tirar fuori dalle case invase dal fango e da diverse auto, decine di persone rimaste bloccate. Sempre nel vibonese molte strade sono state chiuse, causa allagamento;
tutta la provincia di Crotone è stata funestata dal maltempo, cosi come allagamenti si sono verificati nel catanzarese e nel cosentino. L'intero litorale Jonico è stato colpito per giorni da forti mareggiate, che hanno creato ingenti danni alle abitazioni e alle infrastrutture e che hanno interessato in modo particolare i comuni di Crucoli, Cirò Marina, Melissa, Isola Capo Rizzuto e Botricello;
diversi, in particolare, nella giornata del 1o marzo i disagi manifestatisi per la circolazione;
sulla linea ferroviaria tra Villa San Giovanni e Bagnara si è potuto circolare solo sul solo binario direzione nord, a causa di una frana riversatasi su quello sud;
tra Zambrone e Parghelia, in provincia di Vibo Valentia, la circolazione è stata sospesa per diverse ore, per la caduta sui binari di detriti, che hanno investito anche il treno regionale n. 12665 Lamezia-Rosarno, per fortuna senza conseguenze per i passeggeri;
interrotta per allagamento anche la linea Lamezia-Catanzaro, tra Marcellinara e Catanzaro, che ha indotto Trenitalia ad istituire un servizio sostitutivo con autobus tra Lamezia e il capoluogo calabrese;
anche la carreggiata sud dell'A/3, tra Cosenza e Rogliano, è stata provvisoriamente chiusa per consentire verifiche tecniche alle opere di presidio della sede stradale, per la rimozione di fango e detriti caduti sul piano viabile. Il traffico di lunga percorrenza diretto a sud è stato deviato allo svincolo di Cosenza nord-Rende sulla strada statale 107 prima, e successivamente sulla strada statale 18, con rientro in A/3 solo allo svincolo di Falerna;
il tutto comportando enormi disagi agli automobilisti costretti a percorrere strade ancor più pericolose;
ingenti i danni cagionati all'agricoltura provocati dal maltempo. Agrumeti, e molti altri alberi da frutta non ci sono più, perché spazzati via da frane e smottamenti, oltre che dalla furia della pioggia;
moltissimi i terreni agricoli, da giorni sott'acqua, che vanno necessariamente ripristinati

per poter essere nuovamente coltivati, con spese non certo indifferenti;
da una analisi della Coldiretti in merito alle frane ed agli allagamenti provocati dal maltempo, tutti i comuni della Calabria sono considerati a rischio per frane ed alluvioni anche per effetto della progressiva cementificazione del territorio che ha sottratto terreni fertili all'agricoltura;
la situazione in Calabria, con i suoi 409 comuni, si conferma ancora più grave rispetto alla media nazionale;
una situazione aggravata dai cambiamenti climatici in atto che - affermano le organizzazioni degli agricoltori - si manifestano con una maggiore frequenza, e che provocano eventi estremi, sfasamenti stagionali, maggior numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, aumento delle temperature estive e una modificazione della distribuzione delle piogge;
tutte situazioni che mettono a rischio la sicurezza idrogeologica del Paese ed in particolare della Calabria -:
se il Governo intenda mettere a disposizione delle realtà locali colpite adeguate risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, stabilendo meccanismi di attribuzione delle stesse al fine di garantire che la distribuzione avvenga in modo da privilegiare le aree a più alto rischio franoso, come quella della Calabria;
se il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità naturale, in seguito alla nuova violenta perturbazione che ha investito nei giorni scorsi gran parte dei territori calabresi, già penalizzati dalla scelte del Governo che nel cosiddetto decreto milleproroghe, ha sottratto alle regioni meridionali cento milioni di euro dei fondi Fas, per destinarle alle zone alluvionate di regioni del Nord.
(5-04346)

Interrogazioni a risposta scritta:

PATARINO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra martedì 1o marzo e mercoledì 2 marzo 2011 la provincia di Taranto ed in particolare il comune di Ginosa, nonché la sua marina sono stati colpiti da un'alluvione causata da un tremendo nubifragio;
finora l'alluvione ha provocato danni incalcolabili: la devastazione dell'agricoltura e la morte di molti animali (bovini, pollame e ovini); il cedimento di manti stradali, l'esondazione di fiumi; l'allagamento di case e villaggi turistici, fino a costringere i residenti a rifugiarsi sui tetti; gravissimi e pesantissimi danni alle piccole e medie aziende e alle attività commerciali (perdita del prodotto, danni alle strutture e alle attrezzature);
il sindaco del comune di Ginosa ha già disposto 13 ordinanze di sgombero di abitazioni per ben 32 persone con conseguenti danni alle strutture e la perdita delle suppellettili -:
se non ritengano di dover intervenire con la massima urgenza, mettendo in atto le più opportune iniziative di competenza al fine di assicurare:
a) il sostegno a favore del comune di Ginosa per i danni subiti;
b) interventi mirati di natura economica a favore delle aziende agricole coinvolte;
c) il blocco di tutti i pagamenti in scadenza nei prossimi giorni e, il successivo abbattimento dei contributi previdenziali;
d) la sospensione di tutte le procedure esecutive in atto (debiti INPS ed esposizioni bancarie) per tutte le aziende agricole colpite;

e) l'immediata disponibilità dei fondi per gli interventi sulle strutture colpite per mettere i produttori nelle condizioni di programmare e procedere ai lavori di ripristino, avendo a disposizione la liquidità necessaria;
f) interventi specifici a favore delle aziende zootecniche che, a causa dell'allagamento dei campi, saranno costrette ad acquistare mangimi e foraggi dal libero mercato per l'approvvigionamento alimentare del proprio bestiame;
g) la concessione di prestiti a tasso agevolato per le maggiori spese di conduzione delle aziende conseguenti ai danni e per la perdita del prodotto, con una percentuale di abbuono del capitale;
h) la concessione di mutui decennali, a tasso agevolato, per il ripristino e la costruzione degli impianti arborei.
(4-11165)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Tamoil Italia spa è la holding italiana del gruppo Oilinvest (Netherlands) B.V.;
il gruppo Oilinvest (Netherlands) B.V., che ha sede in Olanda, fa parte del gruppo Oilinvest International NV, che ha sede nelle Antille olandesi;
lo Stato italiano ha inserito le Antille olandesi nell'elenco dei paradisi fiscali (decreto del ministro delle finanze del 21 novembre 2001);
come riportato dal giornale olandese Volkskrant il 26 febbraio 2011, la società Oilinvest è stata sulla lista antiterrorismo del Governo americano per 13 anni e, in effetti, il 14 novembre 1994 (Federal Register/Vol. 59, No. 221/Thursday, November 17, 1994) sono state inserite tra le altre le seguenti società:
Oilinvest (a.k.a. Foreign Petroleum Investment Corporation; a.k.a. Libyan Oil Investments International Company; a.k.a. OIIC; a.k.a. - Oilinvest International N.V.), Netherlands Antilles [Libya];
Oilinvest (Netherlands) B.V. (a.k.a. Oilinvest Holland B.V.) Museumpln 11, 1071 DJ Amsterdam, Netherlands [Libya];
Tamoil Italia s.p.a., Cremona Refinery, Italy [Libya];
Tamoil Italia s.p.a., Piazzetta Bossi 3, I - 20121 Milan, Italy [Libya];
Tamoil Petroli Italiana s.p.a., (1,977 gasoline retail outlets in Italy) [Libya] -:
come il Governo intenda far fronte alle esigenze della città di Cremona, dei cittadini e dei dipendenti della raffineria Tamoil, di fronte alla possibilità che la proprietà libica - approfittando della situazione nel proprio Paese o dell'alto costo che avrebbe ristrutturare o riconvertire la raffineria - lasci alla città una raffineria obsoleta che ha già causato non pochi danni all'ambiente e alle persone, dipendenti innanzitutto;
se non intenda congelare azioni e beni della società Tamoil Italia spa anche al fine di poter avviare le opportune iniziative per la tutela dell'ambiente e della salute nell'area interessata.
(4-11173)

TESTO AGGIORNATO AL 9 MARZO 2011

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:

GHIGLIA e TORTOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione della giunta regionale della regione Veneto n. 1667 del 22 giugno 2010, veniva previsto, tra l'altro,

che il destino dei rifiuti prodotti presso impianti di smaltimento e recupero di rifiuti va deciso dal produttore dei rifiuti stessi, che è tenuto ad avviarli, sotto la propria diretta responsabilità, alle «filiere» di smaltimento o di recupero (codificate, rispettivamente, come operazioni D o R, negli Allegati B e C, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006) in funzione di una serie di variabili, privilegiando il principio di prossimità e favorendo i trattamenti volti al recupero di materia o, in subordine, di energia;
la citata previsione, di sicuro rilievo per tutti gli operatori del settore, chiariva finalmente, da un lato, che in virtù delle lavorazioni a cui i rifiuti possono essere sottoposti, i titolari degli stabilimenti di trattamento preliminare regolarmente autorizzati dalle amministrazioni competenti (definibili con operazioni D9-D13-D14 ovvero con operazione R12), non devono intendersi quali meri detentori, ma risultano essere dei produttori di rifiuti; dall'altro lato, che spetta a tali soggetti, nella loro qualità di produttori di rifiuti, decidere sotto la propria diretta responsabilità la destinazione dei rifiuti prodotti avviandoli alle «filiere» di smaltimento o di recupero (codificate come operazioni D o R), indipendentemente da come le partite originarie siano state assunte in carico (operazioni codificate D ovvero R) presso detti impianti regolarmente autorizzati;
inoltre, la citata deliberazione della giunta regionale della regione Veneto n. 1667 del 22 giugno 2010, che appariva in linea, già al momento della sua approvazione, con la normativa comunitaria e nazionale, appare oggi totalmente in armonia con la nuova disciplina del codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) introdotta dal decreto legislativo n. 205 del 2010, di recepimento della direttiva 2008/98/CE (nuova direttiva-quadro sui rifiuti), che ha introdotto significative novità sul piano dei principi fondamentali in materia di gestione dei rifiuti, fissando, ad esempio, un nuovo e diverso ordine di priorità nella gerarchia dei rifiuti ed accentuando ancor di più l'esigenza di avviare a recupero i rifiuti prodotti, incoraggiando gli Stati membri ad adottare quelle soluzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo;
dopo l'approvazione dell'atto regionale in questione, a seguito della manifestazione di talune perplessità di carattere interpretativo ed applicativo, la giunta regionale della regione Veneto ha adottato un nuovo atto (deliberazione n. 2795 del 23 novembre 2010), con la quale si è stabilito di sospendere provvisoriamente l'efficacia della precedente deliberazione, in attesa di conoscere le determinazioni degli uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai quali era stata segnalata la delicatezza delle problematiche descritte, con specifica richiesta di determinarsi in ordine alla corretta applicazione della disciplina statale in merito all'intera vicenda -:
se non ritenga di dover emanare una specifica circolare applicativa della nuova disciplina in materia di gestione dei rifiuti che confermi in modo certo e definitivo (anche al di là della questione riferita in premessa), con effetti su tutto il territorio nazionale, che spetta al produttore dei rifiuti, nella sua accezione più ampia e quindi anche quella del produttore che genera il rifiuto da operazioni di trattamento, operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti, decidere sotto la propria diretta responsabilità la destinazione dei rifiuti prodotti avviandoli alle «filiere» di smaltimento o di recupero (codificate come operazioni D o R) in funzione di una serie di variabili, privilegiando il principio di prossimità e favorendo i trattamenti volti al recupero di materia o, in subordine, di energia, indipendentemente da come le partite originarie siano state assunte in carico (operazioni codificate D ovvero R) presso detti impianti regolarmente autorizzati.
(5-04349)

MARIANI, BRAGA, BRATTI, IANNUZZI, BENAMATI, BOCCI, ESPOSITO, GINOBLE, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI e VIOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il territorio del nostro Paese è particolarmente fragile per quanto riguarda i fenomeni di dissesto idrogeologico: circa il 10 per cento è classificato ad elevato rischio per alluvioni, frane e valanghe; i 2/3 delle aree esposte a rischio interessano centri urbani, infrastrutture e aree produttive; il rischio di frane e alluvioni, seppur con diversa intensità, riguarda praticamente tutto il territorio nazionale: sono oltre l'80 per cento i comuni a rischio idrogeologico mentre 5,8 milioni di italiani vivono sotto minaccia;
l'assenza di una cultura della pianificazione territoriale responsabile, motivazioni politiche ed esigenze di cassa unite a forti vincoli di bilancio, ostacolano anche a livello territoriale razionali strategie di prevenzione; gravi sono i provvedimenti di condono edilizio e di deroga alla normativa urbanistica varati in questi anni dai governi di centro-destra, che premiano e incentivano pratiche di abusivismo edilizio e di speculazione immobiliare, totalmente indifferenti alla sicurezza del territorio;
la maggiore criticità esistente nel campo delle politiche della difesa del suolo, oltre alla scarsità di risorse su cui fare affidamento, è dovuta al mancato completamento del riassetto della governance prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e da una frammentazione di competenze, soggetti e strumenti che appesantiscono, rendendolo meno efficiente, il sistema di prevenzione, programmazione e gestione degli interventi;
i continui drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza sempre più frequente colpiscono le diverse regioni del nostro Paese sono acuiti dall'incuria e da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici, nonché dall'assenza di una seppur minima politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione del territorio;
la legge di stabilità per il 2011 certifica la preoccupante riduzione degli stanziamenti destinati alla tutela dal rischio idrogeologico, che passano da oltre 40 a 31 milioni di euro e sono ridotte di 9 milioni di euro le dotazioni per la costruzione, sistemazione, riparazione e manutenzione di opere idrauliche e per interventi di sistemazione del suolo e per le necessità più urgenti in caso di pubbliche calamità; il bilancio del Ministero è ormai sotto la soglia di sopravvivenza: dal 2008 ad oggi, è stato tagliato quasi un miliardo di euro, oltre la metà della somma totale a disposizione del Ministero dell'ambiente;
lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per il 2011 rispetto al dato assestato per il 2010 registra una diminuzione di circa il 31,2 per cento, mentre Missione relativa allo «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente» quest'anno vede ridurre le risorse a sua disposizione di circa il 35 per cento rispetto allo scorso anno;
i Piani di assetto idrogeologico (PAI) hanno fornito un quadro completo dello stato di dissesto e di rischio idrogeologico sul nostro territorio nazionale: il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati (l'81,9 per cento dei comuni italiani). Di questi, il 24,9 per cento è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
il fabbisogno stimato dal Ministero dell'ambiente per la messa in sicurezza complessiva del territorio italiano dal rischio idrogeologico ammonta a 44 miliardi di euro: 27 per il centro nord, 13 per il Sud e 4 per il territorio costiero; si stima che la spesa dello Stato per gli interventi conseguenti all'emergenza sia finora stata mediamente tra 2 e 3,5 miliardi di euro l'anno;

il comma 240 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009 n. 191 (legge finanziaria per il 2010) ha destinato ai piani straordinari per rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico in tutto il territorio nazionale, le risorse - pari a 1 miliardo di euro, poi ridotte a 900 milioni - assegnate dalla delibera CIPE 6 novembre 2009 per interventi di risanamento ambientale a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
in particolare, la finanziaria 2010, al fine di coordinare e indirizzare tutte le risorse disponibili - statali e regionali - in un unico piano coordinato, ha previsto il ricorso all'accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente, nell'ambito del quale è definita la quota di cofinanziamento regionale ed imposto commissari rendendo più lenta l'applicazione della normativa;
a più di un anno dallo stanziamento delle risorse per la difesa del suolo e dalla definizione della normativa sugli accordi di programma, i benefici sui territori non sono ancora definibili poiché, da un lato, le risorse non sono state ancora erogate - se non in percentuali minime - rendendo impossibile ogni attività di programmazione degli interventi necessari e accentuando la crisi del tessuto produttivo dei territori e delle istituzioni territoriali; dall'altra lato ancora non è chiaro quali siano gli accordi di programma definiti e la loro pronta operatività;
ad oggi risulterebbero siglati molti accordi di programma con le regioni, nel rispetto del criterio di ripartizione territoriale previsto dalla vigente normativa in materia di risorse rivenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate che attribuisce l'85 per cento delle risorse alle regioni meridionali e il 15 per cento alle restanti regioni; in realtà le otto regioni meridionali hanno ottenuto solo 25 milioni di euro (Campania e Comuni della provincia di Messina) sui 200 ad oggi già stanziati;
infatti, l'articolo 17, comma 2-bis, del decreto legge n. 195 del 2009 ha già destinato, per gli interventi urgenti delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi metereologici eccezionali del dicembre 2009 e del gennaio 2010, 100 milioni di euro a valere su dette risorse FAS;
successivamente con l'articolo 2, comma 12-quinquies, del provvedimento cosiddetto «Milleproroghe», decreto-legge 225 del 2010 sono stati stanziati 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per far fronte agli eccezionali eventi metereologici che hanno colpito alcune parti del territorio nazionale, destinandoli in particolare: alla regione Liguria per 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Veneto per 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; alla regione Campania per 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012; ai comuni della provincia di Messina per 5 milioni di euro per l'alluvione del 2009 per ciascuno degli anni 2011 e 2012;
alla copertura del relativo onere si è provveduto, per l'anno 2011, a valere sulle risorse FAS di cui al predetto articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 (finanziaria per il 2010), che sono state corrispondentemente ridotte di pari importo, intendendosi pertanto ridotte di pari importo le risorse disponibili, già destinate, con delibera CIPE del 6 novembre 2009, al finanziamento degli interventi di risanamento ambientale;
se dai dati in nostro possesso non risulta rispettato il criterio di ripartizione territoriale, allo stesso modo non risultano ancora effettivamente erogate le risorse assegnate alle regioni Toscana ed Emilia Romagna destinate, dalla delibera CIPE 41 del 13 maggio 2010, per i gravissimi eventi che hanno colpito le regioni a Natale 2009; per i suddetti eventi, i cui danni ammontavano per le tre regioni Toscana, Emilia e Liguria ad oltre 700 milioni, il Governo con il decreto-legge 195 del 2009 ha destinato 100 milioni ripartiti per 52 milioni

di euro alla Toscana, 24 milioni di euro all'Emilia e per 24 milioni di euro alla Liguria; in realtà i 100 milioni non sono stati ancora erogati e le regioni sono intervenute con risorse proprie, e nel caso della Toscana, con 67 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento da parte dello Stato di 66 milioni;
per gli eventi calamitosi nella regione Toscana del novembre 2010, a fronte di un danno complessivo di circa 80 milioni di euro, sono stati assegnati fondi per un totale di 2 milioni di euro, cifra assolutamente inadeguata per il superamento delle criticità in essere relative a dissesti che hanno prodotto l'isolamento di intere comunità e provvedimenti di evacuazione per oltre 300 persone solo in parte rientrate con interventi di prima emergenza;
consapevoli dei vincoli di ripartizione territoriale dei fondi FAS nonché dei vincoli di bilancio, le regioni colpite da gravi eventi calamitosi negli anni 2009 e 2010, hanno richiesto al Governo l'erogazione effettiva di risorse almeno pari al 30 per cento del fabbisogno certificato, in coerenza con i provvedimenti assunti nei confronti della regione Veneto che su un fabbisogno certificato di circa un miliardo di euro ha fino ad ora ottenuto uno stanziamento effettivo di 300 milioni di euro; pur condividendo lo sforzo economico realizzato nei confronti del Veneto è però evidente che la inadeguatezza degli stanziamenti per le altre regioni penalizza di fatto i loro territori impedendo il ritorno alla normalità -:
se l'utilizzo delle risorse di cui all'articolo 2, comma 240 della Finanziaria 2010, fin qui disposto e pari a 200 milioni di euro, sia stato coordinato e gestito dal Ministro interrogato e in che modo intenda provvedere per erogare, con urgenza e in maniera equa, le necessarie risorse a tutte le regioni colpite dagli eccezionali eventi metereologici negli anni 2009 e 2010.
(5-04350)

GUIDO DUSSIN e FUGATTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 1996 in Trentino, ha preso avvio il progetto di reintroduzione dell'orso bruno mediante un cofinanziamento di fondi dell'Unione europea: il progetto Ursus. Il progetto è stato promosso dal parco naturale Adamello Brenta e condotto in stretta collaborazione con la provincia autonoma di Trento e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica;
in questi anni il numero di orsi presenti sul territorio della regione Trentino Alto Adige è in continuo aumento ed attualmente sembra potersi ipotizzare una presenza di circa 50 orsi;
tale rilevante presenza è fonte di notevole preoccupazione per la popolazione ancora molto legata a quelle attività tradizionali di cui fanno parte l'allevamento e l'alpeggio. I danni subiti in questi anni dalla presenza degli orsi sono stati rilevanti e solo parzialmente indennizzati per gli aspetti materiali, ma ora, anche per le modalità di predazione che causano grandi sofferenze agli animali domestici e per il fatto che dette predazioni avvengono in forma cruenta nelle immediate vicinanze delle abitazioni della popolazione residente in montagna, si sta diffondendo un sentimento di paura, in particolare fra quelle famiglie i cui bambini frequentano abitualmente i prati e le pertinenze delle abitazioni attorno alle quali la presenza dell'orso è sempre più documentabile;
le azioni di disturbo messe in campo dal personale forestale provinciale si sono evidenziate poco efficaci contro gli orsi e, quindi, la preoccupazione nella prospettiva dell'uscita dal letargo degli orsi è crescente;
la popolazione che, pur tra molti sacrifici, ha deciso di vivere in montagna rappresenta oltre che un grande valore sociale e di tradizione per la regione Trentino Alto Adige, anche un importante fattore economico, tenuto conto della rilevanza

dell'attività turistica e dell'alpicoltura, attività queste assolutamente collegate -:
se abbia ricevuto richieste da parte delle province autonome di Trento e di Bolzano volte ad individuare soluzioni operative alle tematiche esposte in premessa ed, in caso affermativo, in quali termini siano state riscontrate visto che si tratta di un problema che necessita di adeguate valutazioni e di risposte concrete in quanto potrebbe essere fonte di problemi anche maggiori di quelli sopra evidenziati per la popolazione montana della regione Trentino Alto Adige.
(5-04351)

MONDELLO e DIONISI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 74 comma 1 lettera h) del decreto legislativo n. 152 del 2006 uno scarico proveniente da attività di frantoio oleario è inquadrato come «industriale» a prescindere dalla quantità e qualità dello stesso poiché proveniente da edifici in cui si svolgono attività diverse da quelle domestiche o di servizio;
secondo la citata lettera infatti sono «acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue proveniente da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento»;
diversamente, è classificato come «non industriale» un refluo immesso in fognatura proveniente da insediamenti quali le imprese agricole ed i frantoi inseriti in latifondi, benché producano e/o commercializzino un bene proprio;
i frantoi oleari liguri, per fare un esempio, sono del tutto analoghi ai frantoi inseriti in latifondi e caratterizzati da finalità di servizio in quanto predisposti per servire una miriade di piccoli coltivatori che considerano il frantoio come ineliminabile propaggine del loro fondo;
inoltre, i frantoi oleari liguri per smaltire i residui di lavorazione delle olive, in particolare le sanse e le acque reflue, devono sostenere numerosi disagi connaturati nella specificità della lavorazione, dell'acclività del versante ligure e della conurbazione di valle;
l'allaccio e lo scarico in fognatura dei reflui industriali devono essere preventivamente autorizzati da parte dell'autorità competente, mentre i limiti di riferimento per lo scarico dei reflui industriali deputanti in fognatura sono quelli riportati nella tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
alcuni frantoi oleari liguri (soprattutto nella zona del Tigullio) hanno potuto scaricare i reflui in fognatura grazie alle autorizzazioni concesse dalle amministrazioni locali dal 2000 al 2008, investendo consistenti somme nel pretrattamento dei reflui e sfruttando le deroghe concesse dalla normativa, ma recentemente gli stessi frantoi hanno ricevuto dagli ATO il diniego all'istanza di rinnovo allo scarico in fognatura;
ciò genera una disparità di trattamento fra categorie di operatori strutturalmente e funzionalmente analoghi e rischia di mettere in ginocchio un comparto che rappresenta un vanto dell'offerta agroalimentare non solo ligure ma anche italiana;
deve, inoltre, considerarsi la sempre maggiore concorrenza sleale di importatori/imbottigliatori sul mercato locale, nazionale ed internazionale che danneggia economicamente la categoria dei frantoi dediti anche alla promozione/commercializzazione del prodotto molito -:
se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, affinché venga chiarita definitivamente la questione dello smaltimento/lavorazione dei residui lavorativi e dei sottoprodotti di lavorazione valutando la possibilità dello scarico, in regime di controllo e di pretrattamento, delle acque reflue dei frantoi, sia in Liguria che nell'intero territorio

nazionale, evitando così che i costi riferibili alle singole aziende possano ricadere sull'intera filiera.
(5-04352)

DI BIAGIO e COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 31 gennaio 2011 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in cui invita gli Stati membri ad incoraggiare le politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, scoraggiando esplicitamente strumenti normativi retroattivi, causa di incertezza sul mercato e di congelamento degli investimenti;
nei giorni scorsi si è concluso l'iter parlamentare per l'esame dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/28/CE sulle fonti rinnovabili, passato successivamente al vaglio del Governo;
lo schema di decreto suindicato, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, presenterebbe delle criticità non trascurabili proprio in materia di sostegno ed incoraggiamento dell'energia rinnovabile, segnatamente sul fronte del solare fotovoltaico;
nei giorni che hanno preceduto il Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011 in occasione del quale è stato varato il suindicato decreto, si è sviluppato un intenso dibattito che ha coinvolto operatori del settore, associazioni di categoria e mondo politico-istituzionale, tra i quali forte era la preoccupazione che il provvedimento potesse disporre che, in caso di raggiungimento anticipato dell'obiettivo specifico per il solare fotovoltaico, fissato a 8.000 megawatt per il 2020 nell'ambito del piano di azione, venisse sospesa l'assegnazione di incentivi per ulteriori produzioni da solare fotovoltaico, comportando dunque l'interruzione degli incentivi anche per gli impianti precedentemente autorizzati;
a tali criticità si sarebbe aggiunto anche quanto disposto dall'articolo 8, comma 5, il quale prevedrebbe che, entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento, per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in aree agricole, l'accesso agli incentivi statali sia consentito solo per impianti non superiori a 1 megawatt e comunque per impianti di potenza non superiore a50 chilowatt per ettaro;
tale approccio introdurrebbe una differenziazione tra quegli impianti che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del provvedimento, a condizione che entrino in esercizio entro un anno, e quelli ancora in fase di autorizzazione che rischiano seriamente di essere esclusi dal sistema di incentivazione;
le citate criticità, alla luce di quanto deliberato dal Consiglio dei ministri, non sembrerebbero sostanzialmente risolte: infatti, stando a quanto deliberato, «per quanto riguarda, in particolare, il fotovoltaico, si procederà ad una ridefinizione di criteri, parametri e quote a decorrere dal 1o giugno, per assicurare la sostenibilità dei costi di incentivazione», con il rischio di spostare l'eventuale criticità legata al limite incentivabile nel corso del 2011, con tutte le conseguenze negative in termini di blocco delle attività imprenditoriali e degli investimenti da parte degli operatori del mercato e degli istituti di credito;
tale orientamento rischierebbe di introdurre, ad avviso degli interroganti, una deleteria quanto inaspettata inversione di tendenza da parte del Governo sul fronte del sostegno al fotovoltaico con prevedibili conseguenze sui livelli di competitività del sistema Paese e sullo stesso tessuto produttivo nazionale;
le citate disposizioni rischiano di alimentare complesse ricadute sul sistema economico italiano mettendo a rischio circa 120.000 lavoratori soltanto nel settore della produzione di energia fotovoltaica;
le politiche di sostegno e valorizzazione dell'energia rinnovabile in Italia, segnatamente sul versante del fotovoltaico,

hanno consentito non trascurabili benefici occupazionali ed economici che hanno permesso di raggiungere anche importanti obiettivi ambientali - sanciti a livello comunitario - come il contenimento delle emissioni di gas serra e l'aumento della quota di energia rinnovabile -:
quali iniziative intenda assumere, anche in vista dell'emanazione del previsto decreto interministeriale sui nuovi obiettivi delle diverse fonti rinnovabili, per garantire il rispetto degli impegni di politica ambientale assunti in sede europea e internazionale, assicurando, in una prospettiva di sviluppo del settore, l'accesso agli incentivi per l'installazione di impianti di produzione di energia da solare fotovoltaico, anche al di là del raggiungimento dei suddetti obiettivi, e avendo particolare riguardo agli incentivi per i quali la richiesta di autorizzazione è da considerarsi ad oggi avviata.
(5-04353)

PIFFARI e ZAZZERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 29 novembre 2010 si è tenuto presso il Ministero per gli affari regionali l'incontro tra Governo e regioni per trovare una soluzione all'emergenza rifiuti in Campania;
dall'incontro del 29 novembre 2010 è emersa la disponibilità di tutte le regioni, tranne Veneto e Piemonte, a contribuire allo smaltimento dei rifiuti in Campania in questo momento dì emergenza;
il 1o dicembre 2010 è stato convocato un tavolo tecnico tra regioni e Governo per verificare le condizioni e le quantità che ogni regione potrà smaltire;
il presidente della regione, Nichi Vendola, ha confermato che la Puglia accoglierà i rifiuti provenienti dalla Campania;
da informazioni di stampa risulterebbe inoltre che in Puglia dovrebbero essere smaltiti almeno 50 mila tonnellate di rifiuti provenienti dalla Campania -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se il Ministro interpellato alla luce del tavolo tecnico del 1o dicembre 2010 intenda chiarire il genere di rifiuti che dalla Campania arriveranno in Puglia ed indicare i siti presso cui tali rifiuti saranno smaltiti.
(5-04354)

Interrogazione a risposta scritta:

PES. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono state presentate dalla firmataria del presente atto due interrogazioni (5-02094; 5-02096) per chiedere quali iniziative i Ministri interrogati intendessero assumere per tutelare i beni ambientali minacciati dai progetti, per la realizzazione di parchi eolici off-shore sulle coste della Sardegna;
le interrogazioni, nonostante solleciti, non hanno ricevuta ancora alcuna risposta;
con delibera 10/02 del 12 marzo 2010 (Realizzazione di impianti eolici off-shore nel mare antistante le coste della Sardegna) e n. 10/3 del 13 marzo 2010 («Applicazione della legge regionale n. 3 del 2009, articolo 6, comma 3, in materia di procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Atto di indirizzo e linee guida») la giunta regionale della Sardegna ha diffidato al rilascio di provvedimenti autorizzativi riguardo alla realizzazione degli impianti eolici off-shore nel mare antistante le coste della Sardegna;
con le sentenze nn. 32, 33, 34, 35, 36, 37 del 14 gennaio 2011 il tribunale amministrativo per la Sardegna ha disposto l'annullamento delle delibere regionali n. 10/02 e 10/03 del 12 marzo 2010;
le sentenze del T.A.R. riaccendono quindi l'allarme tra la popolazione, che in

maniera compatta e unanime aveva espresso un giudizio negativo sulla realizzazione di impianti eolici off-shore;
la Sardegna, da come si evince dall'articolo pubblicato il 6 marzo 2011 su La Nuova Sardegna, è del tutto autonoma rispetto alla rete nazionale: ogni giorno impiega all'incirca 1.730 megawatt (la notte 1.300) contro i 2.200 prodotti;
anche col potenziamento del cavo Sapei tra Punta Tramontana e la Toscana (via Corsica), l'isola non potrà esportare più di 1.000 megawatt;
la realizzazione di altri impianti appare del tutto inutile -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno:
a) vigilare affinché tali impianti siano realizzati in base alle reali ed effettive esigenze dell'isola;
b) promuovere iniziative normative per tutelare i beni ambientali minacciati dalla realizzazione di impianti eolici off-shore.
(4-11170)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

PALOMBA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
dal 2000, purtroppo, l'anfiteatro romano di Cagliari, il principale monumento di epoca romana esistente in Sardegna nonché uno dei tre soli anfiteatri romani scavati nella roccia ancora esistenti, è occupato da un allestimento ligneo per gli spettacoli estivi inizialmente predisposti dall'ente lirico di Cagliari, che ne ostruisce la piena e soddisfacente fruizione culturale;
l'anfiteatro romano riveste le caratteristiche di bene culturale ai sensi degli articoli 10 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e successive modifiche ed integrazioni, ed è tutelato con vincolo paesaggistico ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche ed integrazioni; ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche ed integrazioni, «I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione»;
l'intervento comunale di allestimento ligneo ha beneficiato di un finanziamento pubblico di 6,5 miliardi complessivi di vecchie lire, ai sensi della legge n. 270 del 1997, e della legge regionale n. 30 del 1993, condizionato all'utilizzo dell'intervento medesimo per almeno 5 anni, ampiamente scaduti;
l'assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport - ufficio tutela del paesaggio - aveva rilasciato il nullaosta paesaggistico n. 9164 del 30 novembre 1998, ex articolo 151 del decreto legislativo n. 490 del 1999 allora vigente «visto il carattere di amovibilità e temporaneità dell'intervento» ed il medesimo consiglio comunale aveva approvato il progetto definitivo ex articolo 42 della normativa di attuazione del piano regolatore generale allora vigente (deliberazione n. 21 del 23 febbraio 1999) con la considerazione che «il progetto è costituito essenzialmente da strutture di adeguamento quasi interamente amovibili ad eccezione di alcuni locali (servizi igienici, ndr) di modesto volume»;
l'intervento di allestimento ligneo, definito in tutti gli atti disponibili «temporaneo e reversibile», risulta autorizzato «con condizioni» sul piano della tutela archeologica con note della soprintendenza ai beni archivistici n. 7252/1 del 14 ottobre 1998; n. 8840 del 9 novembre 1998; n. 9373 del 25 novembre 1998; n. 8989/1 del 23 dicembre 1999 (relativa

alle modalità del rilievo archeologico, che presuppone la completa rimozione degli interventi); n. 9170 del 30 dicembre 1999 (individuazione dei 44 punti di appoggio ed ancoraggio) e n. 3375/1 del 16 maggio 2000. D'altra parte, la soprintendenza non poteva non autorizzare un intervento relativo ad «usi non compatibili con il ... carattere storico od artistico oppure tali da creare pregiudizio alla ... conservazione o integrità», ex articolo 21 del decreto legislativo n. 490 del 1999 allora vigente (cassazione penale, sezione III, 19 gennaio 1994, n. 2288); con la nota n. 6735 del 9 ottobre 2000;
il soprintendente invitava, quindi, il comune di Cagliari «a provvedere, con la consentita sollecitudine, alla restituzione del monumento alla naturalità del contesto archeologico e perciò a rimuovere tutte le impalcature lignee relative alla platea ed al palco, nonché alle gradinate delle estremità settentrionale, orientale e occidentale e delle relative vie di fuga, fatti salvi gli apprestamenti idonei a consentire l'agibilità dell'edificio alla visita del pubblico ... e quanto altro necessario a garantire, sul piano della sicurezza, il rispetto della normativa vigente»;
detta nota veniva dall'amministrazione comunale cagliaritana impugnata davanti, al TAR Sardegna con l'esito sostanziale di fermare, fino al momento attuale, qualsiasi operazione di rimozione di quello che doveva essere un allestimento amovibile e temporaneo;
in proposito, si ricorda che, ai sensi degli articoli 16 del regio decreto n. 1457 del 1940 e 158 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, l'autorizzazione paesaggistica perde efficacia con lo scadere del periodo di cinque anni dall'emanazione (vedi cassazione penale, sezione III, 7 agosto 2007, n. 32200; Consiglio di Stato, sezione VI, 22 agosto 2003, n. 4766; Consiglio di Stato, sezione V, 14 gennaio 2003, n. 87; TAR Sardegna, sezione II, 27 febbraio 2008, n. 277; TAR Puglia, sezione II, 7 novembre 2002, n. 4854), per cui, non essendo intervenuto nuovo nullaosta, dal dicembre 2003 l'allestimento ligneo non risulta autorizzato sul piano paesaggistico, come confermato dall'assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport - servizio tutela del paesaggio, con note protocollo n. 16101/GTCA del 29 maggio 2009 e n. 20297 del 17 aprile 2007, secondo qui «lo scrivente ufficio non ha emanato provvedimenti ulteriori rispetto alla nota n. 9164 del 30 novembre 1998 e che alla data odierna non risultano pervenute ulteriori istanze di autorizzazione»;
ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche ed integrazioni, l'assessorato regionale degli enti locali, finanze e urbanistica - direzione generale della pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia o, in via suppletiva, il direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna dispongono, con ordinanza ai trasgressori, la rimozione delle opere non autorizzate esistenti ed il ripristino ambientale delle aree interessate, nonché provvedono all'esecuzione coattiva delle ordinanze di rimozione e ripristino ambientale relative ad opere non autorizzate, qualora non eseguite da parte dei trasgressori;
le associazioni ecologiste Gruppo d'Intervento Giuridico, Amici della Terra, cittadini organizzati in comitati e a titolo individuale, da anni, sistematicamente, chiedono la rimozione dell'allestimento ligneo ormai non più autorizzato, proponendo soluzioni alternative,
in queste ultime settimane la soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari avrebbe definitivamente negato ogni proroga per l'uso del bene culturale quale sede di spettacoli e il comune di Cagliari avrebbe predisposto un progetto per lo smontaggio dell'attuale allestimento ligneo e metallico. Tuttavia l'organizzazione Sardegna Concerti, affidataria non si sa a quale titolo, avrebbe avviato la vendita di biglietti per spettacoli della stagione estiva 2011, pur in presenza di indagini da parte

della procura della Repubblica presso il tribunale di Cagliari -:
se siano a conoscenza di quanto descritto, quali motivi impediscano al Ministro interrogato e al direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna di disporre i necessari provvedimenti coattivi finalizzati alla rimozione dell'allestimento ligneo e metallico ormai da anni non più autorizzato e per quali motivi il Ministro interrogato, il direttore regionale per i beni culturali ed il paesaggio per la Sardegna, i competenti soprintendenti continuino a consentire, in una struttura ormai priva dei necessari requisiti di legittimità, lo svolgimento di spettacoli sostenuti anche con fondi pubblici.
(4-11164)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:

GIDONI e CHIAPPORI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 28 febbraio 2011 la stampa italiana ha dato notizia dell'avvenuto sequestro da parte della procura della Repubblica di Lanusei di materiale radioattivo custodito nella base militare di Quirra, dove si trova il poligono interforze di Perdasdefogu;
il predetto materiale radioattivo è risultato racchiuso in cinque casse, stoccate nel magazzino della base senza alcuna particolare precauzione, malgrado contenessero munizioni all'uranio impoverito, evidentemente impiegate nelle esercitazioni a fuoco condotte nell'area;
i materiali sequestrati sono stati prontamente trasferiti all'università di Cagliari -:
se le autorità fossero a conoscenza dell'elevata incidenza di malattie neoplastiche tra i militari addetti alla sorveglianza del magazzino della base di Quirra e per quali ragioni non siano state adottate misure di prevenzione per scongiurarne l'insorgenza.
(5-04339)

RUGGHIA, FLUVI, GAROFANI, RECCHIA, MOGHERINI REBESANI, LAGANÀ FORTUGNO, VILLECCO CALIPARI, LA FORGIA e GIANNI FARINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre 2010 è apparso sul giornale Il Tirreno un articolo con un elenco di 37 nomi (militari e civili), che furono internati o deportati nei campi nazisti e che, alla fine del loro calvario, sono stati sepolti in Germania, Austria e Polonia;
la pubblicazione della notizia ha profondamente emozionato i familiari di questi caduti e li ha anche sorpresi perché: «...purtroppo chi nel dopoguerra si occupò di ricercare, riesumare e traslare i nostri Caduti nei cimiteri militari italiani, si "dimenticò" d'informare i familiari dell'avvenuta inumazione, negando a migliaia di famiglie italiane di avere almeno una tomba su cui piangere»;
l'unico ente dello Stato legalmente autorizzato ad approntare le pratiche relative al rimpatrio di caduti in guerra è, al momento, il Commissariato generale per le onoranze ai caduti di guerra (Onorcaduti);
il legittimo desiderio dei familiari di riportare in patria le salme dei loro parenti incontra anche difficoltà economiche, laddove le spese fossero a totale carico dei richiedenti;
con le ultime leggi finanziare sono stati profondamente ridimensionati i fondi per l'esercizio, con particolare riguardo a quelli destinati alle associazioni combattentistiche compresi quelli destinati ad Onorcaduti, con poca attenzione alle funzioni e ai valori che queste associazioni

hanno il compito di onorare e mantenere vivi -:
se, considerato il ritardo con cui i familiari sono venuti a conoscenza della tumulazione dei loro parenti, intenda assumere iniziative, anche normative, per agevolare il rientro in patria di queste salme rendendo possibile una partecipazione alle spese da parte dell'amministrazione della difesa.
(5-04340)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 7 dicembre del 2010 sono rientrati in Italia con un velivolo C-130J della 46a brigata aerea di Pisa i componenti della missione «Quattro stelle per l'Uganda», che ha visto operare insieme, medici e infermieri di Esercito, Marina militare, Aeronautica militare e Arma dei carabinieri;
il team composto da 20 militari, tra medici, infermieri e addetti alla logistica, e 2 medici civili ha operato per due settimane presso l'ospedale St Joseph di Kitgum, cittadina del nord Uganda vicina al confine con il Sudan;
nelle note ufficiali si evidenzia che sono stati eseguiti oltre cento interventi chirurgici, 230 endoscopie digestive, centinaia di visite ginecologiche e ostetriche, ecografie, colposcopie e visite ortopediche e circa 500 analisi microscopiche e test di laboratorio. È stata anche condotta un'attività didattica nei settori della prevenzione e diagnosi del cancro della mammella e del primo soccorso cardio-polmonare di base;
infine, la missione ha donato all'ospedale St Joseph di Kitgum, un elettrobisturi per la chirurgia, un apparecchio completo per endoscopia, una bilancia elettronica per la pesatura del plasma e grandi quantitativi di medicinali e materiale sanitario per pronto soccorso;
l'Uganda è un Paese di presenza tradizionale per la cooperazione italiana anche se è stata approvata la prospettiva di una graduale uscita entro il prossimo triennio;
appare sempre più necessario garantire la sostenibilità degli interventi, soprattutto la manutenzione delle attrezzature, e assicurare che l'intervento s'inserisca coerentemente nella strategia di lungo periodo della cooperazione italiana -:
quale sia stato il costo della missione a carico del bilancio dello Stato, compresi il trasporto e la trasferta del team, e se ciò si possa ritenere il modo più efficace per destinare le risorse di cui alla premessa.
(5-04341)

TESTO AGGIORNATO AL 9 MARZO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale, per sapere - premesso che:
dalle tabelle elaborate dalla Commissione europea nel gennaio 2011 sullo stato degli impegni/pagamenti per Paese/obiettivo ed esecuzione dei fondi strutturali al 31 dicembre 2010, emergono ritardi preoccupanti sullo stato di attuazione dei programmi operativi italiani relativi al periodo di programmazione 2007-2013; la media dei pagamenti effettuati a valere sui diversi programmi operativi non supera il 15 per cento;
il regolamento (CE)539/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 giugno 2010 ha posticipato la scadenza per la certificazione della spesa: l'Italia dovrà certificare complessivamente circa 7 miliardi di euro entro il 31 dicembre 2011; ciò comporta una spesa nel prossimo anno di un importo pari a quanto è stato speso nei primi quattro anni (dal 1o gennaio 2007 ad oggi);
se le spese rendicontate saranno inferiori al valore obiettivo si rischia la revoca dei fondi comunitari. Il rischio di

definanziamento è particolarmente elevato non solo per i programmi operativi regionali come il POR Calabria, il POR Campania, il POR Sicilia, il POR Abruzzo, il POR Puglia e il POR Lazio, ma anche per importanti programmi operativi interregionali e nazionali come il PON ricerca e sviluppo, il POIN attrattori culturali ed energia, il PON reti e mobilità (questi ultimi due non hanno ancora ottenuto l'approvazione da parte della Commissione europea);
il commissario europeo Johannes Hahn ha lanciato l'allarme sul pericolo concreto di una perdita di risorse importanti e ha espresso profonda preoccupazione sui tempi necessari per una riprogrammazione, richiedendo scelte rapide e risposte chiare al Governo italiano; l'allarme è stato lanciato sulla base dei dati comunicati ufficialmente dal Ministero dell'economia e delle finanze al 31 ottobre 2010, secondo i quali i pagamenti italiani effettuati per finanziare i progetti rappresentano solo il 9 per cento delle risorse finanziarie assegnate ai programmi operativi, mentre quelli giuridicamente vincolanti si attestano intorno al 19 per cento;
la delibera Cipe dell'11 gennaio 2011, prendendo atto del fortissimo ritardo accumulato e del grave rischio di disimpegno, ha definito gli «Indirizzi per l'accelerazione e la riprogrammazione della spesa dei fondi strutturali 2007-2013» al fine di ottimizzare gli investimenti pubblici. Pertanto, le amministrazioni competenti sono invitate a individuare obiettivi in termini di impegni giuridicamente vincolanti entro il termine limite del 31 maggio 2011 e del 31 dicembre 2011, pena la riprogrammazione/rimodulazione a favore di altri programmi dello stesso obiettivo comunitario e cofinanziati dallo stesso fondo strutturale. Inoltre, ha stabilito che i grandi progetti non confermati entro 30 giorni dalla data di approvazione della delibera sono da considerarsi non realizzabili nell'attuale periodo di programmazione. Infine, si precisa che per i programmi attuativi delle regioni del Mezzogiorno è prevista una revisione entro 30 giorni (dall'adozione della delibera del Cipe) per renderli coerenti con il piano nazionale per il sud e l'approvazione entro i 15 giorni dalla conclusa revisione;
la medesima delibera Cipe segnala anche la riduzione delle assegnazioni FAS 2000-2006 e 2007-2013, avvenuta per effetto della riduzione della dotazione finanziaria della Missione di spesa Sviluppo e riequilibrio territoriale, come disposta dall'articolo 2 del decreto legge 78/2010;
la particolare congiuntura economica ha messo molti Stati membri in seria difficoltà nel reperire le risorse per il cofinanziamento, ma, a differenza di altri Paesi, l'Italia si presenta in tale congiuntura con maggiore debolezza, anche per effetto di scelte governative operate nell'attuale legislatura;
l'Italia ha scelto, ad avviso degli interpellanti, irresponsabilmente di sottrarre 28 miliardi di euro di fondi per le aree sottoutilizzate per interventi di carattere emergenziale o per far fronte a spese ordinarie di parte corrente, anziché destinare tali risorse alla finalità di garantire l'«addizionalità» delle politiche, finanziare interventi «strutturali» per le regioni del Sud e adeguare i servizi essenziali dei territori depressi del nostro Paese agli standard di vita della Unione europea. In tale modo, è stato interrotto quel processo virtuoso iniziato dal precedente Governo, caratterizzato dalla «programmazione unitaria» di fondi Strutturali europei e di fondi Fas da destinare alle politiche di coesione, nell'ambito del quadro strategico nazionale (QSN);
la ricognizione, la concentrazione e la riprogrammazione delle risorse avviate con il decreto-legge 112 del 2008, in luogo di riqualificare il disegno del quadro strategico nazionale per centrare le politiche su infrastrutture strategiche e su pochi, ma decisivi, interventi hanno operato un progressivo «svuotamento» della principale fonte finanziaria del quadro strategico nazionale, destinandola a fonte di finanziamento delle politiche anticicliche su tutto il territorio nazionale;

il decreto-legge n. 225 del 2010, cosiddetto «Milleproroghe» di recente convertito in legge, con modificazioni dal Parlamento, dispone nell'ambito delle proroghe ex lege al 31 marzo 2011, anche la proroga della riprogrammazione delle risorse non impegnate, correlate a programmi operativi 2000-2006 e a programmi operativi 2007-2013, originate da progetti finanziati a valere sui fondi di cofinanziamento nazionale, oggetto di rimborso a carico del bilancio comunitario e del fondo di rotazione (prorogando l'articolo 6-sexies, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133). Tuttavia, tale norma - con riferimento alla ricognizione delle risorse non impegnate attraverso obbligazioni giuridicamente vincolanti - specifica solo che dovrà, essere effettuata dalla Presidenza del Consiglio, sentito il Ministro dello sviluppo economico. Tale disposizione è, dunque, priva di qualsiasi riferimento alla necessaria concertazione e intesa con le regioni e i soggetti attuatori delle politiche di coesione;
ulteriore fattore di debolezza italiana è il previsto assoggettamento delle risorse per il cofinanziamento dei fondi strutturali europei ai vincoli del patto di stabilità operato con la legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011); ciò rende di fatto impossibile impegnare ed erogare i fondi necessari alla realizzazione di interventi infrastrutturali compatibilmente con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno per gli enti locali per il triennio 2011-2013 -:
quali iniziative intendano assumere i ministri interrogati, ciascuno per le proprie parti di competenza, in considerazione del forte ritardo italiano sullo stato di attuazione dei programmi operativi per la programmazione 2007-2013, al fine di scongiurare il rischio di disimpegno di ingenti risorse che verrebbero sottratte alle politiche di sviluppo, con danni gravissimi per il rilancio degli investimenti infrastrutturali sia a livello locale che nazionale;
se non ritengano di assumere tempestivamente ogni iniziativa di competenza al fine di escludere dal computo del saldo finanziario, in sede di applicazione delle regole del patto di stabilità interno per gli enti locali per il triennio 2011-2013, i cofinanziamenti nazionali relativi ai programmi dei fondi strutturali europei, analogamente a quanto previsto per le risorse provenienti dall'Unione europea;
se non ritengano necessario attivarsi in sede europea, in considerazione della difficile congiuntura economica, per sostenere la proposta concernente l'innalzamento, in via temporanea e transitoria, della quota di cofinanziamento comunitario previsto per tutti gli obiettivi, dall'attuale 50 per cento al 75 per cento.
(2-00995)
«Gozi, Meta, Brandolini, Pompili, Zampa, Farinone, Trappolino, Levi, Recchia, Rubinato, Arturo Mario Luigi Parisi, Luongo, Velo, Nannicini, Pes, Narducci, Bordo, Nicolais, Sanga, Antonino Russo, Zaccaria, Tempestini, Sani, Tocci, Melis, Touadi, Rugghia, Duilio, Calvisi, Concia».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

FUGATTI, COMAROLI, FORCOLIN, MONTAGNOLI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi gli istituti di credito che applicano una pesante commissione sui prelevamenti di contanti allo sportello; l'ultima banca in ordine temporale ad applicare tale commissione è la BNL che addebiterà tre euro per i prelevamenti inferiori ai duemila euro; la stampa nazionale rileva che almeno sei sono gli istituti che applicano tale «balzello»: BNL appunto, Unicredit, BPM, UBI, Cariparma e MPS;

i costi per i prelievi sono rilevanti per il correntista, se rapportati alle somme prelevate e al rendimento dei conti correnti che sono vicini allo zero;
tali costi incidono soprattutto sui correntisti più anziani, i quali sono ancora poco avvezzi all'uso del bancomat e dei conti on line e, quindi, non hanno alternative al prelevamento allo sportello;
la politica degli istituti di credito è quella di spingere i clienti ad utilizzare gli strumenti ed i canali con costi più bassi, in modo da massimizzare i profitti, in un periodo di tassi molto bassi;
se è corretto, da un lato, puntare sulla limitazione dell'uso del contante e sulla diffusione degli strumenti di pagamento elettronici e telematici, non è corretto, dall'altro, penalizzare le fasce di clientela più deboli, che non hanno alternative rispetto al tradizionale rapporto con il cassiere della filiale;
la diffusione dell'applicazione di tale commissione tra gli istituti potrebbe costituire violazione delle norme sulla libera concorrenza, qualora fosse accertata un'azione concertata tra le aziende, tanto che l'Antitrust secondo gli organi di stampa, sta indagando sul fenomeno -:
se intenda assumere iniziative per la limitazione dell'applicazione da parte delle banche delle commissioni sui prelievi di denaro contante presso lo sportello, eventualmente anche promuovendo un'azione di sensibilizzazione in tal senso nei confronti dell'ABI.
(5-04342)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, commi da 290 a 293, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, (finanziaria 2008) ha introdotto disposizioni fiscali dirette a utilizzare il maggior gettito IVA dovuto all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi per la riduzione temporanea dell'aliquota di accisa sui carburanti e, quindi, del, prezzo al consumo;
in particolare, il comma 291 dispone che, in presenta di una crescita dei prezzi petroliferi superiore al 2 per cento rispetto al valore del petrolio indicato nel documento di programmazione economica e finanziaria, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili sono ridotte al fine di compensare il maggiore gettito IVA dovuto all'incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi: la riduzione delle aliquote di accisa è determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico;
tramite questo strumento è, pertanto, possibile impedire che il consumatore sia gravato da un duplice aumento, quello determinato dal prezzo e quello originato dalla tassazione, consentendo così il trasferimento sul prezzo finale del solo incremento dei costi di acquisto;
la misura garantisce, peraltro, la neutralità finanziaria, provvedendo, a parità di gettito complessivo, ad una ricomposizione della quota Iva e della accisa;
in attuazione di quanto disposto dal citato comma è stato emanato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 7 marzo 2008, che ha ridotto le aliquote di accisa per il periodo tra il 20 marzo 2008 e il 30 aprile 2008, ed ha così sterilizzato il maggior gettito IVA conseguito nel periodo dal 1° gennaio 2008 al 29 febbraio 2008, valutato in 162,03 milioni di euro;
nelle ultime settimane, le quotazioni del greggio hanno superato i 117 dollari al barile (rispetto a un prezzo stimato dalla Decisione di finanza pubblica di 75,1 dollari al barile) ed il prezzo medio nazionale della benzina, rilevato dalla stampa specializzata, è arrivato a 1,566 euro al litro, con punte massime di 1,611 euro al litro nel Mezzogiorno, mentre quello del gasolio per autotrazione è a 1,458 euro al litro;
dai dati messi a disposizione da quotidiano energia, che riporta le quotazioni medie giornaliere dei diversi prodotti petroliferi,

emerge che l'incremento percentuale del prezzo della benzina da gennaio a ottobre 2010 è stato del 2,7 per cento, e del diesel del 5,8 per cento, mentre nel periodo ottobre 2010-febbraio 2011 c'è stata un impennata dei prezzi che ha portato ad un aumento percentuale del 9,3 per cento del prezzo della benzina e dell'11 per cento del prezzo del diesel;
l'incremento del prezzo del greggio si è riflesso sul prezzo dei carburanti, determinando un incremento del gettito Iva di alcune centinaia di milioni di euro al mese, senza che il Governo abbia provveduto ad emanare l'atteso decreto sulla cosiddetta accisa mobile trimestrale, al fine di abbassare subito il prezzo dei carburanti;
la richiesta che le parti sociali e le associazioni dei consumatori hanno sollevato con insistenza, anche al fine di scongiurare una possibile deriva inflazionistica, è stata fino ad ora disattesa ed il ritardo nell'emissione del decreto al momento sta creando, attraverso il rialzo del prezzo del petrolio, un ingiusto introito per l'erario, a danno delle economie dei privati -:
se il Governo intenda procedere rapidamente all'emanazione del decreto di riduzione dell'accisa sui carburanti in attuazione della norma prevista dalla legge finanziaria per il 2008, in modo tale da utilizzare il maggior gettito IVA dovuto all'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi per la riduzione temporanea dell'aliquota di accisa sui carburanti e, quindi, del prezzo al consumo.
(5-04343)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i dati recentemente forniti dall'Unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d'Italia in merito al fenomeno del riciclaggio di capitali di provenienza illecita appaiono particolarmente preoccupanti;
ad esempio, nel confronto tra il 2008 ed il 2010 si evidenzia un continuo incremento delle operazioni segnalate come sospette, che hanno raggiunto l'anno scorso il numero di 37.000;
parimenti, risulta molto aumentato il numero delle segnalazioni trasmesse all'autorità giudiziaria, le quali sono passate da 18.000 a 27.000 in un solo anno;
in tale contesto si evidenzia altresì come molte delle operazioni di regolarizzazione realizzate ai sensi della normativa sul cosiddetto «scudo fiscale» siano state utilizzate per realizzare forme di riciclaggio: a tale proposito, i dati forniti dall'UIF indicano come circa 700 operazioni di rientro siano sospettate di essere in qualche modo relative a capitali frutto di attività criminali o illecite;
in tale contesto appare particolarmente sorprendente lo scarso apporto delle banche al meccanismo di contrasto del riciclaggio, atteso che oltre 200 banche, pari a più di un quarto del numero di istituti di credito, nel 2010 non hanno effettuato alcuna segnalazione a fini antiriciclaggio;
appare evidente come quello del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita costituisca uno dei problemi più rilevanti per il Paese, sia sotto il profilo del contrasto alle organizzazioni criminali, le quali, soprattutto nelle regioni meridionali, rappresentano un gravissimo ostacolo allo sviluppo di quelle aree, sia per il corretto e trasparente funzionamento del sistema economico-finanziario nazionale -:
a fronte di tale preoccupante scenario, quali iniziative intenda assumere al fine di rafforzare i presìdi normativi per il contrasto al riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e indurre le banche a collaborare in termini più fattivi al meccanismo di segnalazione delle operazioni sospette.
(5-04344)

VINCENZO ANTONIO FONTANA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
appare sempre più evidente il fenomeno dell'elusione dell'ICI, legata in particolare all'assunzione di residenze fittizie al fine di godere dell'esenzione prevista per la prima casa di abitazione;
ad esempio, risulta piuttosto frequente il caso che i coniugi assumano residenza in due diversi immobili per poter fruire entrambi dell'esenzione ICI;
a tale proposito una recente sentenza della V sezione civile della corte di cassazione (n. 14389 del 15 giugno del 2010), ha stabilito il principio di diritto secondo il quale l'abitazione posseduta dal contribuente può essere considerata come principale solo se nella stessa dimorino abitualmente sia il contribuente sia i suoi familiari, non essendo pertanto sufficiente che il contribuente proprietario dimori abitualmente nell'unità immobiliare qualora i suoi familiari dimorino altrove;
su tale tematica interviene anche lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo municipale, che dovrebbe prossimamente essere emanato, il quale prevede, all'articolo 8, che l'imposta municipale propria, con cui sarà sostituita, a decorrere dal 2014, l'ICI, non si applica all'abitazione principale, intesa come l'unità immobiliare nella quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente;
in tale contesto sussistono molte incertezze circa la possibilità di recuperare l'eventuale imposta evasa attraverso tali fenomeni elusivi, ed alcuni comuni si sono posti il problema se sia possibile subordinare il riconoscimento dell'esenzione per l'abitazione principale alla presentazione di una dichiarazione di responsabilità da parte di entrambi i coniugi che attesti quale sia la dimora abituale del nucleo familiare -:
quali iniziative intenda assumere per fare chiarezza in materia, assicurando certezze agli enti impositori ed ai contribuenti e, in particolare, se ritenga possibile l'emanazione di avvisi di accertamento relativi all'ICI non pagata nel caso in cui due coniugi abbiano fruito dell'esenzione dall'imposta per l'abitazione principale per immobili diversi, in quanto hanno la residenza in due distinte unità immobiliari, ovvero richiedere ai coniugi una dichiarazione di responsabilità attestante quale sia la dimora abituale.
(5-04345)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

LO MONTE. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario e nel novembre 2004 sono state approvate le graduatorie (sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei);
nel luglio 2005 sopraggiunge l'autorizzazione all'assunzione solo per 102, che a fine luglio diventano 154 ed a settembre 248 (questi primi vincitori vengono assunti solo in 4 regioni del nord: Lombardia, Piemonte, Liguria e Veneto);
successivamente, il comma 97 della legge finanziaria 2005 - Governo Berlusconi (legge n. 311 del 30 dicembre 2004 - pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 306 del 31 dicembre 2004) in deroga al blocco delle assunzioni è stato statuito che: «...Nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata l'immissione in servizio: ... c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443

posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 98 del 13 dicembre 2002; ...»;
il Ministro della funzione pubblica del tempo, onorevole Baccini, in un incontro con un gruppo di vincitori-idonei, in data 19 maggio 2005 manifestò la chiara intenzione del Governo ad assumere tutti i restanti vincitori delle regioni del centro-sud ed una parte degli idonei entro l'anno, mentre i rimanenti idonei sarebbero assunti entro il biennio successivo, rilevando che l'unico ostacolo all'assunzione immediata di tutti i concorrenti è di natura economica;
il Sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, onorevole Vitali, in un successivo incontro del 27 giugno 2005 assicurò l'assunzione dei vincitori ed una parte degli idonei entro il 2005 e dei restanti idonei entro il maggio 2006;
in data 27 luglio 2005 il Governo ha accolto un ordine del giorno (n. 9/6016/11 - con cui sostanzialmente - impegnava lo stesso Governo a reperire le risorse necessarie ad assumere i restanti vincitori e tutti gli idonei al Concorso a 443 posti di ufficiali giudiziari C1;
in data 15 dicembre 2005 il Governo accoglie con raccomandazione un altro ordine del giorno (su disegno di legge di bilancio, n. 9/06177/157) con il quale si impegnava il Governo ad assumere gli idonei;
in data 3 agosto 2005 il Consiglio dei ministri - Presidente Berlusconi, ha autorizzato l'assunzione di 350 Ufficiali Giudiziari C1;
successivamente il Governo Prodi, a seguito di una richiesta di assunzione formulata dal Ministero della giustizia ne ha autorizzato solo 230;
oggi restano da assumere 90 idonei -:
se non ritengano necessario ed urgente procedere alla assunzione dei restanti 90 idonei vincitori del concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 13 dicembre 2002.
(4-11163)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel trasporto passeggeri sulle linee dell'alta velocità ferroviaria prenderà prossimamente avvio l'attività della nuova società ferroviaria NTV (nuovo trasporto viaggiatori S.p.A.), in concorrenza con Trenitalia;
in occasione del work shop di Federmanager/Assidifer del 3 marzo 2011 a Roma, il Viceministro Roberto Castelli, a proposito della liberalizzazione del trasporto ferroviario nel sistema Alta Velocità italiano, ha affermato che: «è del tutto evidente che il processo di nascita di NTV non è stato così trasparente» e che è responsabilità del «governo di allora che ha permesso questa nascita» (Il Sole 24 Ore del 4 marzo 2011);
nel corso del dibattito l'amministratore delegato di NTV Giuseppe Sciarrone, ha replicato affermando che, alla caduta del Governo Prodi «l'avventura di NTV era appena cominciata e sospendemmo le nostre attività per quattro mesi, mentre l'ok al progetto è arrivato dal nuovo Governo con ampio supporto delle dichiarazioni di Berlusconi»;
le affermazioni del Viceministro Castelli appaiono all'interrogante discutibili e superficiali nel momento in cui il Governo non assume iniziative adeguate per garantire che la concorrenza sui binari avvenga in modo trasparente e regolato, a cominciare dalla istituzione di una autorità di

regolazione indipendente e dalla perimetrazione del servizio universale -:
se condivida le affermazioni del Viceministro Castelli in relazione alla nascita di NTV;
quali iniziative intenda intraprendere per garantire che la liberalizzazione del servizio ferroviario proceda conformemente alle normative europee;
se ritenga adeguato l'attuale quadro regolatorio non solo nell'ambito dell'alta velocità ferroviaria, ma anche nel complesso dei collegamenti a media e lunga percorrenza e regionali.
(5-04348)

Interrogazione a risposta scritta:

FUGATTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 6 dicembre del 2010 l'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva stabilito il divieto per i treni della compagnia tedesca Db (Deutsche Bahn) e di quella austriaca Obb (Osterfeichische Bundesbahenen), in transito in Italia e diretti a Verona, Venezia, Bologna e Milano, di sostare nelle stazioni di Trento, Rovereto e Bolzano;
il provvedimento è stato motivato spiegando che i collegamenti di cui sopra non sono di pertinenza internazionale ma nazionale e vanno quindi a danneggiare, sotto il profilo economico, l'attività di Trenitalia che, in base ad un accordo contrattuale con gli enti locali, offre già lo stesso tipo di servizio;
in seguito alla reazione contraria delle province autonome di Trento e Bolzano, che nel periodo natalizio avrebbero subito notevoli disagi a causa della decisione ministeriale, l'attuazione del provvedimento è stata posticipata di tre mesi ossia a decorrere dai primi giorni di marzo 2011;
l'associazione di imprese LeNord srl di Milano e le compagnie ferroviarie Db e Obb hanno presentato ricorso al Tar del Lazio per chiedere l'annullamento del provvedimento ministeriale, ritenendolo lesivo della libertà di circolazione dei cittadini, italiani e stranieri, intenzionati ad oltrepassare il Brennero;
la decisione ministeriale, se da una parte impedisce che le compagnie ferroviarie tedesche vengano utilizzate per viaggi locali e quindi si sostituiscano a Trenitalia, dall'altra pregiudica il diritto alla mobilità dei cittadini delle province di Trento e Bolzano che intendono recarsi in territorio austriaco o tedesco e viceversa;
secondo un'analisi del servizio trasporti pubblici della provincia di Trento, cosi come riportano gli organi di stampa locali, il confronto fra il traffico passeggeri del novembre 2010 e quello del novembre 2009 dimostra che Trenitalia non ha subito cali di passeggeri sui treni regionali negli orari vicini a quelli delle compagnie straniere -:
se non si ritenga opportuno annullare il provvedimento preso dall'ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari, o comunque sospenderlo in attesa del giudizio del Tar del Lazio, in quanto lo stesso, ad avviso dell'interrogante, risulta lesivo del diritto di mobilità dei cittadini italiani che intendano recarsi sul territorio austriaco o tedesco, considerato anche che i viaggi internazionali non sono oggetto del contratto di servizio che regola i rapporti fra la compagnia Trenitalia e lo Stato.
(4-11166)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
gli organi di stampa nazionale hanno reso noto nei giorni scorsi l'episodio di una giovane donna che sarebbe stata vittima di un abuso sessuale compiuto da

alcuni carabinieri all'interno dei locali della stazione dei carabinieri del quartiere Quadraro di Roma, dove si trovava nella notte tra il 23 e il 24 febbraio 2011 in stato di fermo in attesa dell'udienza di convalida;
tale episodio ha destato una viva reazione nell'opinione pubblica, al punto che, nei giorni successivi, hanno avuto luogo proteste degli abitanti dello stesso quartiere di fronte all'ingresso della stazione dei carabinieri, confermando una preoccupazione sempre più forte tra i cittadini di Roma per un crescente senso di insicurezza alimentato dai numerosi episodi di violenta verificatisi negli ultimi mesi nella Capitale, di cui sono state vittime le donne;
l'eventuale responsabilità per fatti, penalmente rilevanti che dovesse emergere dall'attività istruttoria in corso sarebbe ovviamente individuale. Tuttavia, è altrettanto importante che l'accertamento e i provvedimenti conseguenti siano rigorosi, affinché nessuna ombra cali sull'operato e sulla credibilità dei carabinieri, tanto apprezzati sia nell'opera di contrasto alla criminalità organizzata e nel controllo del territorio, sia nelle attività di peace-keeping e di formazione delle forze di polizia, svolte nell'ambito delle missioni internazionali -:
quali siano gli elementi informativi sino ad ora a disposizione in relazione a tale episodio e come i Ministri intendano adoperarsi, ciascuno per la propria competenza, per fornire la massima collaborazione alle autorità inquirenti, al fine di favorire quell'esito rapido e trasparente delle attività di indagine in corso necessario a fare piena luce sull'accaduto e sulle responsabilità ad esso connesse.
(2-00994)
«Mogherini Rebesani, De Biasi, Zampa, Argentin, Livia Turco, Velo, Realacci, Sereni, Margiotta, Soro, Martella, Froner, Fontanelli, Garofani, Giacomelli, Gatti, Gentiloni Silveri, Gasbarra, Touadi, Bocci, Sarubbi, Servodio, Recchia, Lenzi, Cardinale, Mosca, Murer, Pollastrini, Cuperlo, Giovanelli, Gnecchi, Mattesini, Mazzarella, Colombo, Morassut, Melis, Verini, Losacco».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

AMICI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 141 del testo unico degli enti locali stabilisce, in via straordinaria ed eccezionale, che i consigli comunali (o provinciali) sono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, nei casi e per i motivi tassativamente previsti dalla legge;
in particolare, l'articolo 141, comma 1, lettera b), punto 3, prevede che lo scioglimento sia disposto in «caso di cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco (o il presidente della provincia)»;
al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro dell'interno contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di scioglimento è data immediata comunicazione al Parlamento e il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (articolo 141 comma 6 del testo unico degli enti locali);
con il decreto di scioglimento, si dispone anche la nomina di un commissario straordinario, che provvede all'amministrazione dell'ente, esercitando le attribuzioni che, in concreto, gli sono affidate dal decreto stesso. Il rinnovo del consiglio deve avvenire entro novanta giorni dal decreto di scioglimento. Il termine può essere prorogato per ulteriori novanta giorni, al solo fine di far coincidere le elezioni con il primo turno elettorale utile;

nel consiglio comunale di Latina (Latina), rinnovato nelle consultazioni elettorali del 27 e 28 maggio 2007 e composto dal sindaco e da quaranta consiglieri, si è venuta a determinare una grave situazione di crisi a causa delle dimissioni rassegnate da ventidue componenti del corpo consiliare, con atti separati acquisiti al protocollo dell'ente in data 15 aprile 2010;
le citate dimissioni, che sono state presentate per il tramite di tre consiglieri dimissionari, hanno determinato l'ipotesi dissolutoria dell'organo elettivo disciplinata dall'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
pertanto, il prefetto di Latina ha proposto lo scioglimento del consiglio comunale sopracitato disponendone, nel contempo, con provvedimento n. 7917/Area II/E.L. del 19 aprile 2010, la sospensione, con la conseguente nomina del commissario per la provvisoria gestione del comune nella persona del prefetto Guido Nardone;
con decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 maggio 2010, n. 120, si è provveduto allo scioglimento del consiglio comunale di Latina e alla contestuale nomina del commissario straordinario nella persona del prefetto Guido Nardone, al quale sono stati conferiti i poteri spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco;
nello svolgere il suo incarico, il commissario ha ritenuto di dovere entrare nel merito di scelte politiche operate dal consiglio comunale sciolto e, nello specifico, possono essere sottolineati alcuni decisivi interventi che fino ad ora hanno contraddistinto l'operato del commissario:
a) il primo intervento ha riguardato lo scioglimento della fondazione teatro attraverso la liquidazione e senza la preventiva valutazione delle possibilità di risolverne i problemi economici. In tal caso, è stata intaccata ed annullata una scelta operata dal precedente consiglio comunale;
b) il secondo intervento commissariale da prendere in esame riguarda la realizzazione della metro tramvia di Latina. Fin dal suo insediamento il commissario straordinario ha ritenuto che questa importante infrastruttura fosse un problema per la città;
c) il terzo intervento in esame riguarda la riorganizzazione della pianta organica del comune di Latina;
d) il quarto, e non ultimo per ordine di importanza, è la modifica del piano urbanistico con la previsione di una variante per la riqualificazione della zona a ridosso della via Epitaffio;
i suddetti interventi hanno suscitato diverse contestazioni nei confronti dell'operato del commissario straordinario Guido Nardone accusato di compiere scelte politiche considerate quanto meno non opportune e in forte contrasto con le legittime scelte operate dal precedente consiglio comunale (Latina oggi 20 novembre 2010 «Lo spoil system di Nardone»; 21 novembre 2010 «Il nostro commissario politico»);
in particolare, i provvedimenti in materia urbanistica rientrano negli atti di programmazione e di pianificazione del territorio la cui importanza è giudicata cosi rilevante dall'ordinamento da affidarli alla competenza del consiglio comunale e non alla giunta, in quanto il consiglio è l'organo più rappresentativo perché coinvolge con il sindaco tutte le rappresentanze politiche sia di maggioranza che di opposizione -:
quali siano gli orientamenti del Ministro in merito a quanto esposto in premessa e se ritenga che rientri nell'ambito dei poteri conferiti al commissario straordinario, l'adozione di atti da parte dello stesso che parrebbero avere natura fortemente politica e che, nell'imminenza delle elezioni municipali, rischiano, per alcuni interventi, non solo di avere durata temporanea connessa alla scadenza del mandato del commissario, ma di condizionare l'azione del nuovo sindaco.
(5-04338)

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 6 settembre 2010 nella città di Altamura in provincia di Bari, veniva assassinato Bartolomeo Dambrosio, ritenuto a capo della ramificazione locale di uno dei clan della malavita barese;
nei giorni successivi all'omicidio numerosi esponenti dell'amministrazione comunale di Altamura hanno rilasciato ai mezzi di informazione locale diverse dichiarazioni sull'accaduto, esprimendo apprezzamenti positivi nei confronti di Dambrosio e non condannando il fatto che fosse ritenuto a capo del già citato clan malavitoso barese;
tra le suddette dichiarazioni spiccano quelle di Nicola Dambrosio, presidente del consiglio comunale di Altamura nonché cugino di secondo grado del presunto boss, il quale parlava del defunto come di «Persona che con il suo comportamento cercava il riscatto sociale. Una persona buona e disponibile verso il prossimo» e quelle dell'assessore alla cultura e pubblica istruzione del comune di Altamura, dottor Giovanni Saponaro, che definiva il boss come «Persona dotata di grande charme»;
tali dichiarazioni hanno naturalmente generato diverse polemiche, comprensibile scalpore e, soprattutto, profonda incredulità nella comunità altamurana, spingendo lo stesso sindaco, dottor Mario Stacca, a chiedere al presidente del consiglio comunale di rassegnare le dimissioni dal suo incarico, ritenendo la sua figura ormai compromessa;
la stessa richiesta non è stata fatta nei confronti dell'assessore alla cultura e pubblica istruzione;
alla richiesta di dimissioni si è associato il sottosegretario per l'Interno, onorevole Alfredo Mantovano, a margine della riunione del comitato per la pubblica sicurezza tenutasi pochi giorni dopo il delitto ad Altamura;
nonostante le pressioni giunte da più parti, comunque, il presidente del consiglio comunale non ha ritenuto di dover rassegnare le dimissioni dal proprio incarico;
il sindaco, Mario Stacca, al fine di raggiungere la massima chiarezza sugli episodi sopra ricordati e dopo aver appreso che il presidente del consiglio comunale, Nicola Dambrosio, non si era dimesso, aveva rassegnato le proprie dimissioni; allo stesso modo il sindaco era venuto a conoscenza, accettandole, delle dimissioni del signor Pasquale Lomurno, segretario particolare;
il signor Pasquale Lomurno, che fa parte dello staff del primo cittadino con incarico fiduciario, dopo un periodo di autosospensione seguito da un lungo periodo di ferie non godute - cinque mesi - è tornato a lavorare benché avesse dichiarato che al termine di tali periodi avrebbe risolto il suo rapporto di lavoro;
ritornato a lavoro, Pasquale Lomurno è stato delegato dallo stesso sindaco a seguire le attività relative al censimento della popolazione e alla costituzione del piano sociale di zona «nella sua veste di interfaccia tra gli uffici e l'organo politico»;
pur in assenza delle auspicate dimissioni del presidente del consiglio comunale tuttavia il sindaco di Altamura pochi giorni dopo ha ritirato le proprie dimissioni lasciando inalterato il quadro politico pur fortemente scosso dagli eventi;
successivamente, da indiscrezioni di stampa sarebbe emerso che le indagini della direzione distrettuale antimafia sul delitto Dambrosio avrebbero fatto emergere l'esistenza di collegamenti radicati tra il clan capeggiato dal Dambrosio e «ambienti del consiglio comunale», soprattutto in relazione agli interessi attinenti la gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti -:
come il Ministro intenda agire nell'ambito delle proprie competenze rispetto all'incresciosa situazione venutasi a creare

nella città di Altamura affinché venga chiarita una situazione da troppo tempo tenuta in sospeso e che mina la credibilità delle istituzioni agli occhi dei cittadini, anche valutando se sussistano i presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
(5-04355)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la relazione del procuratore generale presso la corte d'appello di Roma per l'inaugurazione dell'anno giudiziario del 2011 ha evidenziato la grave situazione della criminalità organizzata nel comprensorio della procura di Tivoli, segnalando in particolare che: «Il territorio di Tivoli presenta un tessuto criminale di spessore in cui la gestione degli affari illeciti viene ripartita pacificamente tra criminalità italiana e criminalità straniera»;
i gruppi criminali italiani hanno sviluppato un particolare interesse nel settore dell'usura e delle estorsioni, prendendo di mira soprattutto gli imprenditori del settore ittico, ortofrutticolo e agroalimentare che operano nella zona per la presenza del centro agroalimentare di Roma (CAR);
sempre nella zona di Tivoli e Palestrina si è riscontrata la presenza di alcune famiglie calabresi, legate alla «ndrina», attiva nella zona di Sinopoli (Reggio Calabria). Tali famiglie non pongono in atto comportamenti criminali nella zona nella quale vivono, ma fungono da punto di riferimento per le attività economiche della «ndrina» e danno occasionalmente supporto a soggetti provenienti dalla terra di origine;
anche i comuni a nord di Roma, registrano la presenza di elementi collegati a formazioni criminali di origine calabrese della zona di Reggio Calabria (Africo, Melito Porto Salvo, Bruzzano Zeffirio), alcuni dei quali pregiudicati per reati in materia associativa. Si tratta di famiglie tra loro legate da rapporti di parentela e residenti nei comuni di Rignano Flaminio, Castelnuovo di Porto, Morlupo e Campagnano di Roma;
per quanto riguarda l'usura, il fenomeno dell'erogazione e gestione dei finanziamenti usurari interessa capillarmente la vita economica del territorio, soprattutto le fasce maggiormente urbanizzate come quelle di Tivoli, Guidonia e Monterotondo, tanto da generare un vero e proprio sistema alternativo del credito. Tale attività criminosa è diffusa, oltre che nell'ambito nelle imprese edili, in quelle commerciali, soprattutto nell'attività che viene svolta nel centro agroalimentare di Roma -:
se il Governo sia al corrente di tali fatti;
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, alla luce dei fatti esposti in premessa, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini residenti e del loro patrimonio nel territorio in questione;
se si intendano rafforzare i presidi delle forze di polizia nella città di Guidonia, istituendo un commissariato di polizia e una compagnia della guardia di finanza;
se si intenda attivare il centro operativo della direzione investigativa antimafia, al fine di monitorare il centro agroalimentare di Guidonia.
(4-11167)

PALOMBA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 7 marzo del 2011 è stata inaugurata nella foresta di Burgos (Sassari) la scuola interforze di polizia a cavallo di Burgos ed è stato avviato il primo corso destinato a 11 commissari della Polizia di Stato, Penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato. La scuola, unica in Italia, nata come sede dell'allevamento dei cavalli del Regio Esercito, è stata recuperata grazie ad un finanziamento

del programma di sicurezza per lo sviluppo del mezzogiorno; quando sarà a regime potrà ospitare trentacinque persone;
la manifestazione, organizzata probabilmente senza una pubblicità adeguata a un evento atteso da una decina d'anni dalla comunità di Burgos, si è svolta alla presenza di Nicola Izzo, vice dirigente generale di pubblica sicurezza in rappresentanza delle autorità statali. In rappresentanza della regione Sardegna era presente l'assessore agli enti locali Nicola Rassu mentre in rappresentanza del comune di Burgos era presente soltanto il sindaco Salvatore Arras, che peraltro ha pubblicamente lamentato il mancato invito all'evento degli esponenti della sua Giunta comunale. Non sono stati inoltre invitati alla manifestazione gli altri sindaci del Goceano, il presidente della comunità montana e i rappresentanti istituzionali provinciali e regionali, nonostante da tempo si battano per la valorizzazione di un territorio di grandissimo pregio come la foresta di Burgos. Né è stata prestata la dovuta attenzione alla comunità locale che ha messo a disposizione quelle aree nella speranza della realizzazione di una struttura che dia finalmente risposte occupazionali alla popolazione;
dalle dichiarazioni delle autorità presenti, riportate dalla stampa, è emerso che quando la scuola sarà a regime il personale dell'agenzia regionale Agris e dell'ente foreste della Sardegna si occuperà della cura del verde e degli animali, mentre non si è fatto cenno alle ricadute occupazionali nel territorio, nonostante molte professionalità presenti nella zona (artieri ippici, manutentori e operai generici) avessero da tempo ricevuto precise garanzie di assunzione nella scuola di polizia a cavallo -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quello che i rappresentanti istituzionali e la stessa comunità di Burgos, che attendeva positive ricadute per le popolazioni dalla istituzione della Scuola di polizia a cavallo, hanno percepito come un vera e proprie mancanza istituzionale in contrasto con la politica di avvicinamento delle istituzioni di sicurezza, presente a livello di forze di polizia ma, in questo caso, assente nella sensibilità di chi ha maldestramente organizzato l'evento;
per quali motivi alla manifestazione non siano stati invitati i rappresentanti della giunta comunale di Burgos, gli altri sindaci del Goceano, il presidente della comunità montana e i rappresentanti istituzionali provinciali e regionali che hanno lamentato una scarsa considerazione per il territorio e quali iniziative intendano assumere per ripristinare corretti rapporti istituzionali;
cosa intendano fare perché non siano disattese le aspettative delle popolazioni del territorio che attendono da quasi dieci anni le ricadute occupazionali che una struttura così prestigiosa può e deve garantire alla comunità di Burgos.
(4-11168)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:

FRANCESCHINI, GHIZZONI, MARAN, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, BACHELET, COSCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, MELANDRI, NICOLAIS, PES, ROSSA, ANTONINO RUSSO e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri, in occasione del recente congresso dei Cattolici riformisti, ha affermato, citando il programma elettorale nel 1994 (a suo dire valido ancora oggi) che: «Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che

sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli, educandoli nell'ambito della loro famiglia»;
di fronte all'ondata di critiche il Presidente del Consiglio dei ministri è corso ai ripari, dichiarando di essere stato frainteso e il Ministro interrogato si è sentito in dovere di precisare e di interpretare le parole del Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che: «Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del Premier un attacco alla scuola pubblica è figlio della erronea contrapposizione tra scuola statale e scuola paritaria». «Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana, la scuola può essere sia statale, sia paritaria. In entrambi i casi è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini»;
l'Esecutivo, come abitudine ormai frequente, può anche reinterpretare e giustificare le parole del proprio Presidente del Consiglio dei ministri, ma i dati sui tagli alla scuola statale inflitti dal Governo, di fatto, dimostrano chiaramente la volontà di indebolirne la funzione: infatti, l'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha disposto una draconiana decurtazione di poco meno di 8 miliardi di euro in tre anni, pari alla cancellazione di posti di personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (ata) pari a 42.105 cattedre e 15.167 posti di ata nell'anno scolastico 2009/10, a cui si aggiungono, nell'anno scolastico 2010/11, 25.560 posti di docenti e 15.167 ata e dal prossimo settembre 2011 oltre 34 mila posti, di cui circa 19.700 del personale docente e 15 mila ata;
le richiamate dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, per un verso, appaiono agli interroganti come un rozzo tentativo per recuperare credibilità nei confronti di alcuni ambienti, dall'altro denotano un approccio del tutto distorto riguardo al ruolo della scuola e delle stesse famiglie, che in nessun caso, né l'una, né le altre possono essere ridotte ad agenzie finalizzate a «inculcare» valori, anziché rispettivamente a istruire ed educare;
non sembra accettabile un giudizio così ideologicamente sommario e superficiale, che evidenzia un disprezzo per il lavoro e per l'impegno di centinaia di migliaia di docenti e personale scolastico, che quotidianamente svolgono con passione e grande professionalità la difficile funzione educativa e si fanno carico di rendere realmente esigibile il diritto allo studio previsto dalla Costituzione, pur nelle difficoltà crescenti determinate da una politica governativa che nega il valore del sapere e la sua funzione sociale e democratica -:
sulla base di quali elementi si possano esprimere giudizi tanto screditanti per la scuola statale e per l'operato del personale scolastico ivi impegnato.
(3-01500)

DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni, in particolare, a partire dalla pubblicazione del decreto ministeriale 8 aprile 2009, n. 42, si è assistito ad un progressivo proliferare di ricorsi contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
in numerose circostanze i tribunali italiani hanno emesso sentenze di condanna nei confronti dei provvedimenti adottati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai danni dei lavoratori precari della scuola, che, pur in un clima di esasperante ostilità (si pensi alle numerose dichiarazioni del Ministro interrogato che, mentre taglia 135.000 precari in 3 anni, si permette di parlare della scuola come «ammortizzatore sociale», del Ministro Brunetta che parla dei docenti definendoli «insegnanti fannulloni», delle recentissime affermazioni del Presidente del Consiglio dei ministri al congresso dei Cristiani riformisti, che dice «gli insegnanti educano a valori diversi da quelli delle famiglie», che poi sono quelli

della Costituzione), hanno continuato a garantire il funzionamento della scuola pubblica;
è recentissima la sentenza n. 41 della Corte costituzionale, che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, aggiunto dalla legge di conversione 24 novembre 2009, n. 167, sottolinea la natura meritocratica delle graduatorie istituite «per individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito» e si esprime con chiarezza contro gli inserimenti dei docenti «in coda», che comportano «il totale sacrificio del principio del merito posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e la correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica»;
la suddetta sentenza della Corte costituzionale rischia di dar vita ad una nuova ondata di ricorsi da parte di chi, in un modo o nell'altro, a causa della riconosciuta illegittimità dei provvedimenti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si è visto negato il diritto ad un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato;
la tensione dei lavoratori precari della scuola è ulteriormente esasperata dalla politica dei tagli al sistema di istruzione perpetrata dall'attuale Governo attraverso il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che, all'articolo 64, comma 4, recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola», prevede una sensibile riduzione degli organici;
l'attuale regime di tagli, che continua ad essere vigente nonostante i devastanti effetti prodotti, ha stravolto completamente il piano programmatico di assunzioni del Governo Prodi, previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, all'articolo 1, comma 605, lettera c), in virtù del quale le graduatorie dei precari della scuola venivano trasformate in graduatorie permanenti ad esaurimento;
tale piano programmatico aveva lo scopo di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente. Analogo piano di assunzioni a tempo indeterminato era predisposto per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ata) per complessive 20.000 unità;
la smisurata quantità di ricorsi effettuati dai precari della scuola per la trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, in occasione della scadenza dei termini imposti dal cosiddetto collegato lavoro (legge n. 183 del 2010), rende ormai improcrastinabile la ricerca di una strategia risolutiva che ponga fine alla situazione di allarmante instabilità delle istituzioni scolastiche, causa prima della discontinuità didattica;
tali ricorsi si appellano alla normativa del diritto comunitario (direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999), volta a limitare l'illegittimo utilizzo protratto nel tempo dei contratti a tempo determinato;
il tribunale di Siena, sezione lavoro, nella sentenza n. 699 del 27 settembre 2010, ha riconosciuto del resto che la stipula dei contratti a tempo determinato nella scuola, finalizzati alla copertura di posti vacanti, appare un abuso, in quanto destinata a soddisfare bisogni ordinari di lavoro «correnti, immutati nel tempo, permanenti e durevoli, tutt'altro quindi che eccezionali o temporanei» -:
se, a fronte di tale situazione, il Ministro interrogato, avendo come obiettivo l'esaurimento delle graduatorie permanenti, intenda elaborare un piano di immissioni in ruolo che parta da una valutazione attenta e responsabile dei requisiti maturati dai precari inseriti nelle

graduatorie (e che, quindi, hanno conseguito l'abilitazione a seguito del superamento di prove selettive concorsuali concluse con un esame di Stato finale), tenendo in considerazione le normative stabilite dal diritto comunitario.
(3-01501)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

DIONISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la C.R. Appalti Srl, assegnataria del servizio di pulizia dei locali dal 1o gennaio 2010 delle sedi Enea di Roma e Casaccia, sarebbe venuta a conoscenza di una sostanziale riduzione dell'importo contrattuale di circa il 35 per cento per quanto riguarda la sede di Enea di Casaccia, e del 29,5 per cento per quanto riguarda la sede Enea di Roma;
ciò produrrà una sostanziale riduzione del personale presso tali sedi e creerà notevoli disagi economico/finanziari al personale (diversi coniugi lavorano entrambi presso l'Enea e altri sono monoreddito), a cui sarà ridotto il parametro contrattuale e di conseguenza le retribuzioni percepite, aggravando le già difficili condizioni di vita;
la riduzione, inoltre, non permetterebbe a numerose persone di mantenere le ore minime contrattuali previste dalla legge e dal contratto collettivo nazionale di categoria, che sono di 14 ore settimanali, e contro tale riduzione i sindacati stanno ponendo in atto forti forme di sciopero;
inoltre ciò produrrebbe un notevole danno economico finanziario nei confronti dell'azienda, che ha affrontato investimenti a lungo termine (automezzi, macchinari, attrezzature, contratti con i fornitori ed altro), che andrebbero a decadere;
pur dovendosi tener conto delle attuali condizioni economiche del nostro Paese, quanto sopra descritto aggraverà ulteriormente la condizione economica e finanziaria delle famiglie dei lavoratori interessati;
qualora fossero applicate le riduzioni previste, sarà necessario redigere un nuovo capitolato d'appalto per le effettive prestazioni da eseguire -:
quali iniziative di propria competenza intendano adottare per tutelare i livelli occupazionali e gli investimenti programmati dall'azienda di cui in premessa.
(3-01499)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:

RAZZI e SARDELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la cucina, l'attenzione per il cibo e lo stare a tavola costituiscono elementi distintivi della cultura italiana;
esistono decine di migliaia di ristoranti siti fuori dal territorio nazionale che si ispirano alla tradizione enogastronomica e culinaria italiana e tali esercizi sono frequentati da milioni di clienti in tutto il mondo;
un elevato numero di tali esercizi si avvale di riferimenti impropri all'italianità, pur non rispettando la cultura enogastronomica e la tradizione culinaria italiane, esclusivamente al fine di ottenerne un vantaggio commerciale;
è, perciò, necessario offrire uno strumento di tutela a favore dei ristoratori esercenti all'estero, che dimostrano di conoscere, rispettare, valorizzare e diffondere la tradizione enogastronomica italiana e i prodotti agroalimentari di qualità che la caratterizzano;

la tradizione enogastronomica italiana, basata sui principi della dieta mediterranea, di recente dichiarata dall'Unesco patrimonio immateriale dell'umanità, va protetta dalle imitazioni e dalle contraffazioni per salvaguardarne la storia, la cultura, la qualità e la genuinità;
i ristoranti di cucina italiana all'estero possono costituire un canale privilegiato per far conoscere e diffondere i prodotti agroalimentari di qualità italiani, incentivando in tale maniera l'incremento delle esportazioni di tali prodotti;
l'incremento delle esportazioni di prodotti agroalimentari di qualità, riconosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, potrebbe costituire il volano per il rilancio del sistema agroalimentare italiano -:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di mettere in campo al fine di valorizzare il lavoro dei ristoranti italiani all'estero, promuovendo al contempo la tradizione enogastronomica italiana e i prodotti di qualità che ne costituiscono l'essenza.
(3-01505)

LIBÈ, DELFINO, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ, NARO, RAO, OCCHIUTO e CERA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 12-duodecies, del decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, prevede un ulteriore differimento, al 30 giugno 2011, dei termini per il pagamento degli importi previsti dai piani di rateizzazione delle multe sulle quote latte di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, e al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
secondo un'agenzia di stampa Ansa del 22 febbraio 2011, tuttavia, quasi diecimila allevatori, sugli 11.558 interessati, hanno deciso di pagare comunque la propria rata di multa sulle quote latte e di non usufruire della dilazione di sei mesi offerta dal decreto-legge n. 225 del 2010;
l'agenzia riferisce che, dei 27,297 milioni di euro complessivi dovuti dagli allevatori, ne sono già stati versati, al 31 gennaio 2011, poco più di 20 milioni (esattamente 20,145) e che la maggioranza dei «virtuosi» (9.740 allevatori) è costituita da quelle imprese che si sono messe in regola con il decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, il cui piano di ammortamento delle multe dovute prevede rate annuali, e non avevano potuto approfittare della prima proroga di sei mesi (da luglio al 31 dicembre 2010) andata ad esclusivo vantaggio di quegli allevatori (232) che avevano aderito nel 2010 alla sanatoria prevista dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 voluta dall'allora Ministro Zaia;
la proroga prevista dal decreto-legge n. 225 del 2010 riguarderebbe, dunque, un ammontare complessivo di poco più di 7 milioni di euro (7,252 milioni). Trattandosi, poi, di una proroga di sei mesi di una multa che dovrà essere comunque pagata - sottolinea la fonte dell'agenzia di stampa che vuole restare anonima - la copertura finanziaria necessaria alla misura non sarebbe di 5 milioni di euro, come previsto, ma riferiti solo agli interessi dovuti per la moratoria pari a poco più di 200.000 euro, calcolando un interesse di mercato del 6 per cento -:
se tali notizie corrispondano al vero e quanti e chi siano gli allevatori interessati alla proroga.
(3-01506)

BALDELLI e BIAVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
saranno di circa 114 mila ettolitri i volumi di vini a denominazione di origine (do) e ad indicazione geografica (ig) che

saranno sottoposti a distillazione di crisi, il procedimento che consiste nella possibilità per i produttori di distillare le eccedenze di produzione;
questi 114 mila ettolitri di vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica sono concentrati per lo più in particolari aree che hanno manifestato una certa sofferenza di mercato, quali Piemonte, Calabria, Lazio, Sardegna, Marche e Puglia;
per i vini comuni il quantitativo massimo ipotizzabile si attesta a circa 135 mila ettolitri, in massima parte riferibili alla regione Puglia;
a fronte di tali quantitativi, la spesa prevista è stimabile intorno ai 7 milioni di euro per i vini a denominazione di origine e ad indicazione geografica e a 2,9 milioni di euro per quelli comuni, per un costo complessivo pari al 10 per cento dello stanziamento assegnato al programma nazionale di sostegno del settore vitivinicolo -:
quale sia la valutazione dello stato di salute complessivo del comparto vitivinicolo da parte del Ministro interrogato, alla luce dei dati citati nella premessa, e quali siano le iniziative promosse per tutelare e rilanciare questo importante settore dell'economia italiana.
(3-01507)

TESTO AGGIORNATO AL 6 APRILE 2011

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:

DI BIAGIO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 22 febbraio 2011, n. 5, limitatamente al 2011 dichiara il 17 marzo «giorno festivo ai sensi degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260»;
l'articolo 1, comma 2, del sopra indicato decreto dichiara, altresì, che: «Al fine di evitare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e delle imprese private, derivanti da quanto disposto nel comma 1, per il solo anno 2011 gli effetti economici e gli istituti giuridici e contrattuali previsti per la festività soppressa del 4 novembre non si applicano a tale ricorrenza ma, in sostituzione, alla festa nazionale per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia proclamata per il 17 marzo 2011»;
per l'anno 2011 la ricorrenza del 150o anniversario dell'Unità d'Italia viene dichiarato «giorno festivo», nel senso «della osservanza del completo orario festivo», a norma degli articoli 2 e 4 della legge 27 maggio 1949, n. 260, e, a distanza di un comma, disciplinata alla stregua di un giorno di ferie obbligatorio, figurativamente compensato dalla festività soppressa del 4 novembre;
questa contraddizione ha comportato un'evidente confusione sul piano normativo, che non può considerarsi risolta sul piano interpretativo dalla relazione tecnica del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, secondo cui «l'effetto derivante dalla compensazione tra 17 marzo e 4 novembre, come disposto dal provvedimento, si risolve nella circostanza che i lavoratori non potranno disporre in piena libertà, secondo le loro esigenze, di tutte e quattro le giornate di riposo compensativo, essendo sostanzialmente previsto l'obbligo ex lege che uno di questi riposi cada nella giornata del 17 marzo»;
la confusione ha portato alcune amministrazioni locali - come Novara - ad adottare e poi revocare determinazioni nel senso della giornata di ferie «obbligata» e altre - come Torino e Pavia - ad adattarsi all'interpretazione del Dipartimento della funzione pubblica;
a tali criticità afferenti ai lavoratori della pubblica amministrazione si aggiungono quelle relative, invece, ai lavoratori del settore privato; per quanto riguarda determinate categorie professionali, a

quanti prestano lavoro in occasione della citata festività nazionale (in quanto festività nazionale una tantum) dovrebbe essere corrisposto il compenso per lavoro straordinario, con conseguenti maggiori oneri a carico delle imprese e, dunque, in violazione del comma 2 dell'articolo 1 del citato decreto-legge;
le sopra indicate criticità dimostrano la scarsa chiarezza del portato normativo e lasciano emergere un conseguente stato di grave incertezza, poiché quella della giornata di ferie «obbligata» rappresenta, per definizione, una contraddizione in termini, non potendo essere disposta da parte del datore di lavoro, o per legge, senza o contro la disponibilità del dipendente -:
se non si ritenga di adottare le iniziative utili a risolvere la contraddizione di cui in premessa, rendendo la disciplina di questo «giorno festivo» congruente con la sua implicazione contrattuale, anche per evitare contenziosi che potrebbero conseguire a quella che l'interrogante ritiene l'impropria qualificazione del giorno festivo del 17 marzo 2011.
(3-01503)

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
le risorse ICT (tecnologia dell'informatizzazione e della comunicazione) costituiscono ormai il principale mezzo di lavoro, soprattutto in seguito all'avvio del processo di informatizzazione della pubblica amministrazione, attuato attraverso il decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e successivamente con il decreto legislativo n. 159 del 2006 che introduce il codice dell'amministrazione digitale, che impone alle pubbliche amministrazioni di adottare nella proprie attività amministrative, le tecnologie informatiche, sia per l'attività interna e di comunicazione con le altre amministrazioni, sia come strumento di dialogo con i privati cittadini;
la rete rappresenta, per i lavoratori del campo medico-sanitario, un'enorme fonte di approvvigionamento e di risorse per la formazione professionale, la ricerca scientifica, il rapporto istituzionale con i collegi di appartenenza e i datori di lavoro, nonché lo scambio di informazioni fra colleghi;
secondo un'indagine condotta da research international, rispetto al 2009 la consultazione di internet è aumentata in Italia del 13 per cento e sono complessivamente in 28 milioni a navigare abitualmente da casa, il 91 per cento dei quali alla ricerca di informazioni, soprattutto a carattere medico-scientifico;
il web è ormai parte integrante delle professioni sanitarie, influenzandone quotidianamente le tendenze e medici e infermieri usano quotidianamente internet per scopi professionali;
il Ministro Brunetta, attraverso la direttiva 26 maggio 2009, n. 2, è intervenuto per indicare, ai dirigenti responsabili, i metodi da applicare per il rispetto di alcune norme relative all'utilizzo di internet e della casella di posta elettronica istituzionale sul luogo di lavoro, da parte dei dipendenti, soprattutto per evitare un uso improprio dello strumento informatico;
la suddetta direttiva fissa il primo principio cardine nel dovere della pubblica amministrazione, in quanto datore di lavoro e per fini di sicurezza interna e sicurezza dei sistemi, di controllare l'uso di internet e della posta elettronica istituzionale, specificando che tale controllo deve rispettare il principio di proporzionalità, ossia non può essere perenne, deve avere delle tempistiche, essere motivato da reali necessità e soprattutto deve essere adeguato allo scopo da raggiungere;
alcuni dirigenti sanitari hanno male interpretato la direttiva, sentendosi autorizzati a limitare l'accesso alla rete da parte dei dipendenti, indipendentemente dai siti visitati, compresi quelli di aggiornamento professionale;

le aziende sanitarie, se da una parte tendono a limitare l'accesso a internet, dall'altra incentivano l'utilizzo degli strumenti informatici per il monitoraggio dei pazienti ricoverati, per la cartella clinica elettronica e per svolgere riunioni di lavoro e corsi di formazione a distanza;
la legge 28 gennaio 2009, n. 2, all'articolo 16, comma 7, prevede che «i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica» e che «gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata»;
alle categorie professionali di infermieri e medici è richiesto quindi di dotarsi della posta elettronica certificata, ma le Asl, gli ospedali e gli uffici sanitari ne rendono difficile, se non impossibile, l'utilizzo a causa dell'oscuramento della rete -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire, anche attraverso una circolare interpretativa, per chiarire che la direttiva 26 maggio 2009, n. 2, non è volta a limitare l'uso indiscriminato della rete internet da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ma esclusivamente l'uso improprio che se ne potrebbe fare, e che le misure messe in atto dalle amministrazioni per questo fine non possono includere la privazione assoluta degli strumenti informatici, che invece, in linea con l'avvio del processo di informatizzazione della pubblica amministrazione, sono una risorsa necessaria e imprescindibile per la crescita culturale e professionale dei lavoratori.
(4-11169)

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:

COMMERCIO. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
nell'estate del 2009 campeggiavano sulle prime pagine delle maggiori testate nazionali i proclami mediatici del Governo su «nuovi piani Marshall» e «piani straordinari per il rilancio del Mezzogiorno». Si sarebbe dovuto trattare di una grande scommessa per il Mezzogiorno, di un progetto di particolare valore politico e sociale, che avrebbe dovuto portare, secondo il Governo, nel giro di dieci anni, lo sviluppo del Sud nella media nazionale, fronteggiando la delocalizzazione e trasformando l'intera area del Meridione in un polo di attrazione internazionale;
il 25 gennaio 2010 il Governo, per bocca dell'allora Ministro Scajola, dichiarava che entro un mese avrebbe varato il piano decennale per il Sud e che lo stesso sarebbe stato operativo entro l'estate del 2010;
alla ripresa dalla pausa estiva il Governo ha fatto rientrare il «piano per il Sud» tra i cinque punti sui quali ha chiesto il 29 settembre 2010 la fiducia al Parlamento;
il 26 novembre 2010 viene presentato al Consiglio dei ministri, con un nuovo grande impatto mediatico, un documento programmatico denominato «piano per il Sud», articolato su otto punti: infrastrutture, ricerca, scuola, giustizia, sicurezza, pubblica amministrazione e servizi pubblici, incentivi alle imprese, Banca del Sud;
il 26 gennaio 2011, nel corso dello svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, con la quale si chiedeva quale fosse a quella data il reale stato di attuazione del piano per il Sud, il Ministro interrogato rispondeva che: «Il

percorso di attuazione è in fase avanzata perché i provvedimenti correlati sono già stati oggetto di un confronto con le parti sociali e anche della valutazione e del voto all'interno della Conferenza unificata e della Conferenza Stato-regioni, tutte cose che consentono, oggi, al Governo di poterne indicare una tempistica più rapida sul fronte dell'attuazione e per questo è stata attivata, insieme con i Ministeri competenti, una serie di tavoli per definire in modo specifico gli interventi entro il prossimo mese di febbraio 2011»;
in quella data, il Ministro interrogato affermava, altresì, che: «I prossimi giorni saranno decisivi in questa direzione. Febbraio sarà il mese nel quale i primi importanti provvedimenti troveranno una loro approvazione finale e, quindi, la fase di attuazione troverà un suo concreto avviamento nel merito delle indicazioni manifestate dal Governo in più circostanze»;
il 2 febbraio 2011 il Ministro interrogato, rispondendo ad un analogo atto di sindacato ispettivo, alla domanda su quali fossero gli sviluppi del procedimento di attuazione del piano per il Sud, affermava: «Nel mese di febbraio il Governo proporrà i primi atti concreti in questo senso, rispettando la tabella di marcia indicata nell'approvazione del piano nei mesi scorsi»;
non risulta all'interrogante che ci siano ad oggi ulteriori sviluppi rispetto alla tabella di marcia delineata dal Ministro interrogato, facendo così accrescere il timore che si sia trattato solamente di una grande operazione mediatica;
secondo l'ultima esternazione del Ministro interrogato sull'argomento: «Dal 1o di marzo ci sarà l'approvazione definitiva delle delibere Cipe sugli interventi regionali e nazionali» -:
quale sia ad oggi il reale stato di attuazione del piano per il Sud e se sia stata finora rispettata la tabella di marcia esposta al Parlamento dal Ministro interrogato.
(3-01502)

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il meccanismo di determinazione e riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale rappresenta la risultante di due distinti procedimenti di cooperazione tra lo Stato e le regioni: il primo procedimento è quello relativo alla determinazione del fabbisogno sanitario nazionale, che viene concordato tra lo Stato centrale e le regioni con apposito accordo o intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (il cosiddetto patto per la salute); il secondo procedimento è quello relativo alla determinazione del fabbisogno regionale con un nuovo accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, successivamente recepito dal Cipe;
secondo l'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 56 del 2000, la determinazione delle risorse da erogare a ciascuna regione a copertura della spesa sanitaria deve essere effettuata tenendo presenti più aspetti: il fabbisogno sanitario; la popolazione residente; la capacità fiscale; la dimensione geografica di ciascuna regione. In via di prassi, tuttavia, gli accordi Stato-regioni hanno di fatto determinato

il riparto del fabbisogno nazionale sulla base del solo criterio del fabbisogno sanitario;
in particolare, per l'anno 2011 la proposta di riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale è stata predisposta inglobando i valori del livello di finanziamento ordinario a carico del bilancio dello Stato, come definiti dalla normativa vigente dopo la sottoscrizione del nuovo patto per la salute 2010-2012;
anche per l'esercizio finanziario in corso si è seguito il consueto meccanismo di riparto basato sul criterio della quota capitaria ponderata, che computa la popolazione residente (calcolata sulla base dei dati per classi di età forniti dall'Istat al 1o gennaio 2010, corretta), correggendola con i parametri dell'articolo 1, comma 34, della legge n. 622 del 1996, per rappresentare, in particolare, la frequenza per consumi sanitari per età e sesso;
le correzioni alla quota capitaria di cui sopra rappresentano, di fatto, uno strumento che, nella concertazione interregionale, consente di rimodulare il riparto orientandolo a favore di quelle regioni che presentano maggiori esigenze assistenziali o si trovano in una situazione di particolare difficoltà economica-finanziaria: così, per molti anni, la proposta finale di riparto adottata in sede di conferenza dei presidenti delle regioni ha attribuito ad alcune regioni (storicamente, la Liguria, la Calabria, la Basilicata, l'Abruzzo, il Molise e la Campania) quote più elevate di quelle originariamente previste nella proposta di riparto del Ministero della salute, scomputando tale maggiore quota da quella di altre regioni (storicamente, la Lombardia, il Veneto e il Lazio); dal 2007, invece, tali correzioni finali sono state di regola orientate a favore delle regioni impegnate dai piani di rientro dai disavanzi sanitari;
il riparto del fabbisogno sanitario per l'anno 2011 assume un'importanza per molti versi strategica nella prospettiva della futura applicazione del meccanismo di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard previsto dalla legge delega n. 42 del 2009 e del relativo schema di decreto attuativo, rispetto al quale, in data 16 dicembre 2010, si è acquisita l'intesa in seno alla Conferenza unificata;
nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale, la pesatura della popolazione inserita nella proposta di riparto 2011 rappresenta un importante elemento di dibattito in sede regionale. Le regioni, infatti, stentano a raggiungere un accordo condiviso, in quanto alcune di loro per la prima volta vorrebbero introdurre quale criterio di correzione della quota capitaria il cosiddetto «indice di deprivazione», un indice statistico atto a rappresentare le condizioni socio-economiche in cui versano i cittadini;
su richiesta delle regioni, l'Agenas, sulla base dei dati di consumo ospedaliero ed ambulatoriale desunti dal nuovo sistema informativo del Ministero della salute (nsis), ha elaborato uno studio sul predetto indice di deprivazione, che è stato messo a disposizione delle regioni, ma non del Ministero della salute; nello studio dell'Agenas si sostiene, tuttavia, che la popolazione e la correzione per sesso ed età restano i criteri fondamentali da applicare per il riparto;
l'applicazione di tale indice di deprivazione solleva non pochi problemi di ordine sia politico che istituzionale, in quanto gli indicatori di deprivazione misurano dati statistici (in particolare, quelli relativi al livello di istruzione e alle condizioni reddituali) per molti versi opinabili, che attengono più alla sfera sociale che a quella sanitaria; in altri termini, non è scientificamente provata la diretta correlazione tra le condizioni di deprivazione, lo stato di salute dei cittadini e, quindi, i bisogni sanitari rilevati a livello regionale da soddisfare attraverso l'attribuzione alle aree deprivate di maggiori risorse finanziarie;
il Ministero della salute non ha al momento ricevuto dalle regioni alcuna proposta tecnica alternativa a quella originariamente

presentata, situazione questa che rischia di inibire il raggiungimento di un accordo sul riparto delle risorse finanziarie destinate al servizio sanitario nazionale per l'anno 2011;
in sede di acquisizione dell'intesa Stato-regioni del 16 dicembre 2010 sullo schema di decreto legislativo in materia di costi standard, le regioni hanno proposto un emendamento all'articolo 22, comma 6, del suddetto decreto che sopprime la lettera e), la quale prevedeva che l'applicazione del costo standard a livello regionale per la popolazione pesata avvenisse secondo criteri fissati in Conferenza Stato-regioni, tenendo conto anche di «indicatori relativi a particolari situazioni territoriali, ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari»;
la possibilità di una successiva revisione di tali criteri di pesatura della popolazione, una volta che il nuovo sistema di riparto delle risorse basato sui fabbisogni standard sarà entrato a regime, è comunque prevista dall'articolo 23 del predetto schema di decreto, il quale stabilisce che: «Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi sanitari regionali, i criteri di cui all'articolo 22 possono essere rideterminati previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, comunque nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale» -:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato rispetto alla problematica di cui in premessa e, in particolare, se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rinviare alla fase attuativa dell'emanando schema di decreto legislativo sui fabbisogni standard nel settore sanitario la rideterminazione dei criteri di pesatura della popolazione per il riparto delle risorse destinate al funzionamento del servizio sanitario nazionale, con particolare riguardo all'inserimento dell'indice di deprivazione.
(3-01504)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2011 il Governo ha presentato al Parlamento la relazione sull'attuazione delle disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore relativa all'anno 2010;
dalla relazione emerge che nelle regioni del Centro-sud la rete delle cure palliative soffre un notevole ritardo; infatti, sul fronte della rete delle cure palliative si registra ancora una volta un Paese diviso tra Nord e Centro-sud; un Nord che guarda all'Europa e un Centro-sud in cui stentano a decollare programmi per il miglioramento dell'offerta delle prestazioni;
come si legge nello stesso rapporto «è auspicio condiviso che il processo innescato con l'emanazione della legge n. 38 del 2010 possa far colmare il divario assistenziale esistente nei prossimi due-tre anni»-:
quali iniziative il Governo intenda adottare per raggiungere tale risultato e con quali risorse, vista l'esiguità degli stanziamenti a tal fine previsti nella citata legge;
se non ritenga di dover promuovere appositi piani di intervento volti a recuperare il divario strutturale e qualitativo dell'offerta sanitaria tra le diverse realtà regionali, nell'ottica del raggiungimento dell'universalità del servizio e della sua equità.
(5-04347)

TESTO AGGIORNATO AL 30 MARZO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FEDERICO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la situazione geopolitica e le note disfunzioni del mercato italiano dei carburanti stanno determinando ulteriori aumenti

dei prezzi, già cresciuti dell'11 per cento nel corso del 2010, che suscitano un significativo aumento di costo della vita per i cittadini e per l'attività delle imprese e un allarme per gli effetti inflazionistici;
secondo quanto denunciato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato il 23 febbraio 2011 nel corso dell'audizione presso la Commissione straordinaria per la verifica dell'andamento generale dei prezzi al consumo del Senato della Repubblica, in molte aree del Paese i consumatori possono sempre trovare un ventaglio di prezzi molto diversificato dovuto alla necessità delle compagnie petrolifere di reagire alla concorrenza dei distributori non appartenenti a nessuna compagnia che nell'ultimo trimestre del 2010 hanno praticato prezzi inferiori tra i 4 e i 10 centesimi di euro/litro;
i consumatori italiani stanno progressivamente aumentando la propensione alla ricerca sul territorio delle migliori opportunità, come testimoniato proprio dallo sviluppo dei distributori indipendenti no-logo che hanno raddoppiato la propria presenza negli ultimi 4 anni e si avvicinano ad una quota del 10 per cento del mercato;
intuendo tale sviluppo il Parlamento, per favorire la più ampia diffusione delle informazioni sui prezzi dei carburanti per autotrazione praticati da ogni singolo impianto sull'intero territorio nazionale a fini di confronto concorrenziale (come già da anni in moltissimi Paesi tra i quali quelli europei confrontabili con l'Italia e gli Stati Uniti), con l'articolo 51 della legge 23 luglio 2009, n. 99, stabilì l'obbligo per chiunque eserciti l'attività di vendita al pubblico di carburante per autotrazione per uso civile di comunicare al Ministero dello sviluppo economico i prezzi praticati per ogni tipologia di carburante per autotrazione commercializzato;
il citato articolo prevedeva che il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, avrebbe dovuto individuare, secondo criteri di gradualità e sostenibilità, le decorrenze di tale obbligo per la pubblicazione dei prezzi sul sito internet del Ministero medesimo ovvero anche attraverso altri strumenti di comunicazione atti a favorire la più ampia diffusione di tali informazioni presso i consumatori;
ad oggi, a distanza di oltre 20 mesi dalla approvazione della legge, dei 22.900 distributori censiti dall'Unione petrolifera ne risultano collegati solo 320 relativi alla rete autostradale e la pubblicazione riguarda solo uno dei prezzi della modalità servito o self service, che impedisce il confronto esaustivo tra gli impianti di distribuzione;
l'applicazione iniziale alla sola rete autostradale (rinviando l'inclusione alla rete stradale a successivi decreti), la distinzione tra modalità di erogazione del servizio tra self service e servito e la limitazione dell'obbligo di pubblicazione solo ad uno dei due prezzi sono stati introdotti dal decreto 15 ottobre 2010 del Ministro dello sviluppo economico, adottato otto mesi oltre la scadenza del termine previsto dalla legge;
le limitazioni introdotte dal decreto 15 ottobre 2010 non erano previste dalla legge n. 99 del 2009 che, pertanto, attua solo parzialmente e in modo ad avviso dell'interrogante distorto tale legge;
peraltro, l'obbligo era già in vigore per tali soggetti ed attuato almeno dalla società Autostrade per l'Italia, agli effetti dell'articolo 2 del decreto-legge 31 gennaio 2007, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile 2007, n. 40;
sono sempre più diffusi e disponibili a livello nazionale e mondiale una pluralità di strumenti per la raccolta, diffusione e pubblicizzazione di dati del tipo di quelli relativi ai prezzi dei carburanti anche nell'ordine di svariate centinaia di migliaia al giorno;
il volume di dati in questione dovrebbe essere di soli 90.000 giornalieri, relativi ad una media di comunicazione da parte delle 22.900 stazioni di servizio di 4 prezzi sul totale possibile di otto: benzina

servito e self; diesel servito e self; diesel speciale servito e self; gpl; gas naturale;
nessuna scadenza o altra indicazione è prevista dal decreto attuativo 15 ottobre 2010 per l'attuazione della norma in riferimento ai distributori siti sulla restante rete stradale nazionale, configurando di fatto un rinvio sine die della disponibilità della totalità dei prezzi a favore dei consumatori e ad avviso dell'interrogante uno svuotamento della volontà del Parlamento -:
quali provvedimenti intenda adottare per recuperare il ritardo gravemente lesivo dei diritti dei consumatori e dare attuazione completa e definitiva all'obbligo di raccolta, trasmissione e diffusione di dati di prezzo di tutti gli impianti e i prodotti per renderli immediatamente disponibili ai consumatori.
(5-04337)

Interrogazioni a risposta scritta:

MUNERATO e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - permesso che:
il 26 marzo del 1999 venne sottoscritto il patto territoriale per il Polesine, finalizzato a favorire iniziative industriali allo sviluppo economico e sociale del territorio e che aveva portato, tra i diversi aspetti, alla sottoscrizione, il 20 febbraio 2008 di un accordo tra la provincia di Rovigo, Consvipo, Adriatic LNG e Edison per la compensazione territoriale destinata al Polesine e legata all'insediamento di un terminal al largo della costa polesana;
l'impianto, che fa capo a terminale GNL Adriatico Srl - società partecipata da Qatar Terminal Limited (45 per cento), ExxonMobil Italiana Gas (45 per cento) e Edison (10 per cento) - è una tra le prime strutture offshore al mondo per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del gas naturale liquefatto, e con una capacità di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi di gas l'anno, il terminale contribuisce alla diversificazione e alla sicurezza delle fonti energetiche in Italia;
la legge 23 luglio 1999, n. 99, all'articolo 45, comma 1, prevede che l'aliquota dovuta dai produttori di idrocarburi dal 7 per cento al 10 per cento, e che tale variazione debba essere convogliata in un fondo annuale a beneficio delle regioni che ospitano i giacimenti di idrocarburi e che tale compensazione avvenga sottoforma di sconti sul prezzo della benzina a favore dei residenti ove sono situati tali giacimenti;
nel maggio del 2009, con l'emendamento, presentato al Senato, 27-bis. 302, i senatori Stiffoni, Cagnin e Monti, chiedevano ed ottenevano, con l'approvazione dell'emendamento stesso, l'estensione di tale agevolazione anche alle regioni che ospitano dei rigassificatori attraverso impianti fissi di tipo offshore;
la regione Veneto e i suoi residenti non hanno ancora ricevuto il bonus derivante dalla normativa sopracitata, alla luce del fatto che il decreto che ripartisce i fondi derivanti dall'innalzamento dell'aliquota dovuta dai produttori, non considera l'attività di rigassificazione operata nella struttura del Polesine, essendo quest'ultima, dal punto di vista tecnico, attività di trasformazione e non di estrazione -:
quale sia lo stato dell'arte in merito all'opportunità di inserire anche i residenti della regione Veneto tra i beneficiari del previsto sconto sul prezzo della benzina, anche in considerazione dell'importante impatto che l'attività estrattiva ha nel territorio e sulla popolazione della provincia di Rovigo, ove l'impianto è ubicato.
(4-11171)

REALACCI, FRANCESCHINI, MARIANI, MARAN, MARGIOTTA, BRATTI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MORASSUT, MOTTA, VIOLA, MATTESINI, CARDINALE, SERENI, DE PASQUALE, GATTI, CARELLA, CENNI e SERVODIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Governo il 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva lo schema di

decreto legislativo in attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
tale decreto avrebbe dovuto riformare gli incentivi in modo da rendere raggiungibili gli obiettivi europei che per il nostro Paese prevedono il raggiungimento del 17 per cento di fonti rinnovabili sul consumo energetico finale al 2020 e che sono stati recepiti dal piano di azione nazionale che il nostro Governo ha inviato a Bruxelles;
tale obiettivo va ovviamente perseguito garantendo procedure certe e trasparenti per contrastare speculazioni e illegalità, puntando ad una progressiva riduzione degli incentivi fino al raggiungimento della grid parity;
nella versione approvata non vengono tenute in considerazione numerosissime condizioni poste nei pareri resi all'unanimità dalle commissioni competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
in particolare il Governo non ha ritenuto di aderire alla richiesta di elevare la soglia di potenza (prevista a 5 megawatt) oltre alla quale si prevede l'introduzione di un sistema di aste al ribasso considerato da quasi tutti gli operatori del settore farraginoso, poco comprensibile e che non è stato adottato con successo in nessun Paese, causando in concreto l'interruzione di ogni possibile programmazione da parte degli operatori su impianti eolici in particolare;
al fine di impedire l'utilizzo improprio di territorio agricolo a fini energetici si è voluto porre mano agli incentivi previsti per il fotovoltaico in aree agricole, ma nella modifica approvata non si sono adeguatamente fatti salvi gli investimenti già in essere e le percentuali di occupazione del terreno previste risultano poco chiare e renderebbero in pratica impossibile la realizzazione di impianti anche in quelle aree agricole marginali e non più utilizzate e per cui non sarebbe necessaria alcuna tutela particolare oltre a quelle già previste dalle ordinarie procedure di valutazione di impatto ambientale;
l'anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del secondo conto energia sul fotovoltaico, rimandando a un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 30 aprile, getta nella totale incertezza un intero settore e ha già bloccato tutti gli investimenti in essere;
in generale l'approvazione del decreto ha suscitato un diffuso ed elevatissimo allarme in tutte le associazioni di imprenditori del settore delle rinnovabili (tra cui Anev, Aper, Anie-Gifi, Assosolare, Assoenergie Future) e nella stragrande maggioranza delle imprese tanto che nelle ore immediatamente precedenti l'approvazione del decreto, il Governo ha ricevuto oltre 14 mila e-mail di protesta;
il settore delle rinnovabili in questo periodo di crisi economica è stato tra i pochi che, in controtendenza, ha aumentato l'occupazione;
secondo le stime di Asso Energie Future sono circa 120.000 coloro che direttamente o indirettamente sono occupati nel settore del fotovoltaico;
Gifi-Anie, associata a Confindustria, ha denunciato che sono a rischio 40 miliardi di euro di investimenti programmati nei prossimi mesi nel fotovoltaico e che per almeno 10.000 persone si dovrà far ricorso immediato alla cassa integrazione;
anche i nuovi investimenti nell'eolico sono attualmente a rischio a causa dell'incertezza dovuta al non chiaro funzionamento dei nuovi meccanismi basati sulle aste al ribasso;
il sistema bancario ha già annunciato la sospensione dei finanziamenti previsti e che entro il 16 marzo 2011 svolgerà una riunione di Abi sull'argomento;

negli ultimi giorni sono stati diffusi dati sugli oneri in bolletta dovuti agli incentivi alle rinnovabili imprecisi e confusi;
dal 1992 ad oggi, grazie anche al CIP6, sono stati destinati tra i 40 e i 50 miliardi di euro, prelevati dalle bollette degli italiani, alle fonti fossili e alla chiusura del ciclo del vecchio nucleare;
a fronte di tale «regalo» ingiustificato la cifra effettivamente sostenuta nel 2010 per incentivare le rinnovabili è stata di 2,7 miliardi di euro quando nello stesso anno cittadini e imprese hanno dovuto sostenere oneri ulteriori e impropri in bolletta per oltre 3 miliardi di euro;
la Germania, vero caso di successo in Europa nel settore, produce già oltre 40 terawatt ora di energia elettrica da eolico contro poco più di 6 terawatt ora in Italia e che prevede di arrivare a 100 terawatt ora nel 2020 dalla stessa fonte, e che in quel Paese sono stati già istallati oltre 16.00 megawatt di fotovoltaico e si prevede di arrivare a 52.000 megawatt nel 2020;
il sistema tedesco ha permesso uno sviluppo impetuoso delle imprese e a quel Paese di conquistare la leadership europea e mondiale nelle rinnovabili e per questo nessuno in Germania mette in discussione il sostegno in bolletta alle rinnovabili (9 miliardi di euro lo scorso anno);
il decreto, nella sua versione approvata, di fatto rende molto difficile il perseguimento degli obiettivi europei richiamati -:
se abbiano tenuto conto della grave crisi procurata a centinaia di aziende tra le più innovative del nostro sistema economico;
se non ritengano di dovere immediatamente intervenire per correggere gli errori e le sottovalutazioni commessi ad avviso degli interroganti con l'approvazione del decreto, recuperando anche le indicazioni giunte dal Parlamento e dalla Conferenza delle regioni;
se comunque non ritengano assolutamente necessario e indispensabile non lasciare nell'incertezza tutto il settore del fotovoltaico sino al 30 aprile 2011 e anticipare quindi l'emanazione del decreto ministeriale senza imporre tetti limitanti allo sviluppo del mercato riconoscendo un valore degli incentivi adeguato.
(4-11172)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Pianetta n. 4-03106, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ascierto n. 4-03135, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ascierto n. 4-03136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Lupi e altri n. 4-03138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Biancofiore n. 4-03147, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03162, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03163, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03165, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03168, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03183, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03187, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03189, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03190, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03192, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03203, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03204, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-03205, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mazzocchi n. 4-03211, pubblicata nell'allegato

B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Barani e Di Virgilio n. 5-01480, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Trappolino n. 5-04115, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sereni.

L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e Reguzzoni n. 4-10680, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e altri n. 4-10682, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e altri n. 4-10685, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e altri n. 4-10747, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Maggioni e altri n. 4-10748, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni n. 5-04207, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mattesini.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-11114, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-11121, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Forcolin e Maggioni n. 4-11124, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Ginefra n. 5-04327, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 444 del 7 marzo 2011.

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Presidente del Tribunale Civile di Bari, dottor Vito Savino, ha accolto il ricorso per accertamento tecnico preventivo proposto dagli attori popolari Luigi Paccione (Presidente dell'Associazione Class Action Procedimentale) e Alessio Carlucci, ha ordinato l'ingresso nel CIE di Bari dell'ing. Francesco Saverio Campanale, già Provveditore alle Opere Pubbliche per il Lazio, Abruzzo e Sardegna, al fine di verificare se «...lo stato, la condizione, l'organizzazione del Centro di Identificazione e di Espulsione di Bari, puntualizzando se in base ai parametri propri della funzione a cui è adibito sia in grado di assicurare ai trattenuti necessaria assistenza e pieno rispetto della loro dignità; in caso di constatazione di negatività, evidenzi gli interventi necessari per eliminarle»;

il perito presterà il giuramento all'Udienza del 28 marzo 2011;
come recita il suddetto ricorso: a norma della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza»;
«Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione»;
«Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona»;
«Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti»;
«Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica»;
«Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione»;
a norma della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali: «Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o a trattamenti disumani o degradanti»;
a norma della Costituzione della Repubblica italiana: «L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»;
«La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali»;
«La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;
«In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto»;
«È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà»;
«La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva»;
«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
«La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»;
«Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale»;
a norma dello statuto della regione Puglia: «La Puglia, nell'unità e indivisibilità della Repubblica e nell'ambito dell'Unione europea, è Regione autonoma fondata sul rispetto della dignità, dei diritti, delle libertà della persona umana e sui valori che hanno informato quanti si sono battuti per la Liberazione e per la riconquista della democrazia nel nostro Paese»;
«La Puglia, per la storia plurisecolare di culture, religiosità, cristianità e laboriosità delle popolazioni che la abitano e per il carattere aperto e solare del suo territorio proteso sul mare, è ponte dell'Europa verso le genti del Levante e del Mediterraneo negli scambi culturali, economici e nelle azioni di pace»;
«La Regione Puglia favorisce l'autogoverno dei suoi abitanti e ne persegue il benessere e la sicurezza ispirandosi ai principi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, della Carta dei

diritti fondamentali dell'Unione europea e della Costituzione italiana»;
«La Regione riconosce nella pace, nella solidarietà e nell'accoglienza, nello sviluppo umano e nella tutela delle differenze, anche di genere, altrettanti diritti fondamentali dei popoli e della persona, con particolare riferimento ai soggetti più deboli, agli immigrati e ai diversamente abili»;
a norma dello statuto della provincia di Bari: «La Provincia di Bari informa la propria azione amministrativa ai principi della Carta Europea delle autonomie locali, riconoscendo che il rafforzamento dell'autonomia locale rappresenta un contributo essenziale alla edificazione dell'Europa dei popoli fondata sui principi della democrazia e del decentramento e della sussidiarietà di funzioni proprie e di quelle conferite dalle leggi dello Stato e delle Regioni»;
a norma dello statuto della città di Bari: «La città di Bari, capoluogo della Regione Puglia, è una comunità aperta a uomini e donne, anche di diversa cittadinanza e apolidi. Bari, luogo tradizionale di incontri e di scambi ha la vocazione di legare civiltà, religioni e culture diverse, in particolare quelle del Levante e quelle Europee»;
«Considera la persona umana come l'unico parametro di valutazione del sistema sociale e politico»;
«Sostiene e promuove l'affermazione dei diritti umani, la cultura della pace, della cooperazione internazionale e dell'integrazione etnico-culturale, ispirandosi ai principi dell'unità e dell'integrazione dell'Unione Europea»;
«Tutela e valorizza le diverse realtà etniche, linguistiche, culturali, religiose e politiche presenti nella città, rifacendosi ai valori della solidarietà e dell'accoglienza, in conformità alle tradizioni storiche della città e alla sua vocazione di città aperta»;
«Tutela e promuove lo sviluppo delle persone, con riferimento a situazioni di particolare disagio o svantaggio, attivando un sistema di solidarietà sociale, anche attraverso l'apporto del volontariato laico e religioso, dell'associazionismo e del terzo settore con lo scopo di realizzare effettive condizioni di benessere e di sicurezza sociale, salvaguardando le locali tradizioni storiche e culturali»;
a seguito di alcuni sopralluoghi nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Bari-Palese, da quanto constatato la condizione in cui versa la struttura all'indomani dei numerosi arrivi di imbarcazioni tunisine sulle coste siciliane e al conseguente smistamento degli immigrati anche nelle suddette strutture non risulta positiva;
la situazione nelle strutture baresi, grazie anche all'abnegazione degli operatori civili e militari in esse impegnati è sotto controllo, ma allo stesso tempo risulta essere al limite del collasso: si registra infatti una oggettiva condizione di sovraffollamento;
inoltre permangono i problemi già riscontrati in precedenti sopralluoghi relativi alle condizioni igienico-sanitarie in cui versano i bagni e gli alloggi, nonostante il Ministero abbia stanziato per la struttura barese un ulteriore milione di euro che si somma ai settecentomila già previsti per gli interventi di manutenzione straordinaria, ma ad oggi non è stato realizzato alcun intervento manutentivo;
c'è da sottolineare che dei 108 ospiti circa la metà (52) risultano essere di dichiarata cittadinanza tunisina: alcuni tra questi, giunti in Italia con i primi sbarchi all'indomani della rivolta nel paese nord africano e transitati dal centro brindisino di Restinco, per i quali sono state regolarmente avviate le procedure di richiesta di asilo politico, denunciano di essere ingiustamente detenuti nel centro di identificazione ed espulsione anziché affidati al Centro di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) come avvenuto per molti

altri loro compagni di viaggio; tale disfunzione potrebbe derivare da un disguido determinatosi a causa della promiscuità della sede brindisina;
il centro richiedenti asilo politico di Bari, come già ricordato, è ben oltre i limiti di capienza massima previsti e in vista di possibili nuovi arrivi si sta, tuttavia, predisponendo un piano di emergenza idoneo ad ospitare - attraverso l'utilizzo della tenda ad oggi impiegata per le attività socio ricreative e per il servizio mensa - almeno altre quattrocento unità. Tutto ciò, a detta degli stessi operatori, avverrebbe in totale assenza di direttive del Governo centrale;
secondo i già illustrati principi fondamentali in tema di diritti umani dettati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalla Costituzione della Repubblica italiana, dallo statuto della regione Puglia, dalla legge regionale Puglia n. 32 del 2009, dallo statuto della provincia di Bari e dallo statuto della città di Bari, nonché richiamando il quadro giuridico in tema di trattamento dei migranti extra comunitari non muniti di valido titolo per il soggiorno nel territorio italiano, si deduce l'esistenza nel territorio della città di Bari di un centro di identificazione ed espulsione (CIE), erogante un trattamento penitenziario nei confronti di persone ritenute responsabili del reato contravvenzionale di ingresso senza titolo nel territorio nazionale;
si è a conoscenza di allarmanti segnalazioni sulle condizioni di vita delle persone ristrette nel centro di identificazione ed espulsione di Bari, in violazione al diritto alla dignità di essere delle regole di igiene e salute pubblica, e in difetto di garanzia degli standard minimi di vivibilità imposti dalla legge e dai regolamenti per il trattamento dei detenuti del circuito carcerario europeo -:
quali misure il Ministero intenda prendere affinché venga fatta chiarezza su questa allarmante situazione che ripropone in tutta la sua evidenza l'inadeguatezza della struttura che ospita il C.I.E. di Bari, sia in ordine alle norme che disciplinano il trattamento erogato verso gli «ospiti» sia in relazione alle norme che la disciplinano in linea tecnico-edilizio-costruttivo.(5-04327)

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Bratti n. 1-00510 del 2 dicembre 2010;
mozione Libè n. 1-00569 del 25 febbraio 2011;
mozione Piffari n. 1-00571 del 28 febbraio 2011;
mozione Di Biagio n. 1-00572 del 28 febbraio 2011;
mozione Lo Monte n. 1-00573 del 28 febbraio 2011;
mozione Tommaso Foti n. 1-00574 del 28 febbraio 2011;
mozione Guido Dussin n. 1-00575 del 28 febbraio 2011;
mozione Mosella n. 1-00576 del 28 febbraio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Lo Monte n. 3-01495 del 7 marzo 2011 in interrogazione a risposta scritta n. 4-11163.