XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 28 febbraio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il capitolo delle bonifiche dei siti inquinati, e quindi del risanamento di aree fortemente compromesse, rappresenta uno dei più importanti aspetti delle politiche ambientali, sia per la sua valenza di necessaria tutela ambientale e sanitaria, sia per la sua valenza sociale e produttiva in quanto le aree bonificate, in particolare quelle industriali, possono diventare l'occasione di una rinascita, attraverso nuove iniziative imprenditoriali, agricole, residenziali, o la realizzazione di aree e attrezzature di interesse pubblico;
attualmente nel nostro Paese vi sono circa 15.000 siti di interesse regionale e 57 siti d'interesse nazionale. Questi ultimi rappresentano le zone maggiormente inquinate del nostro Paese, con un impatto rilevante sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ambientale, le cui procedure di bonifica sono attribuite al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
dai dati forniti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i siti d'interesse nazionale ricomprendono aree a terra e a mare per un'estensione pari a circa 700.000 ettari, corrispondenti al 3 per cento del territorio nazionale; tra i siti d'interesse nazionale rientrano oltre 3.000 soggetti privati proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero;
sono aree del nostro territorio definite in relazione alle loro caratteristiche, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti e all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico. La maggior parte di questi siti è rappresentato da agglomerati industriali come quelli presenti in prossimità di grossi poli petrolchimici, tra cui quelli di Brindisi, Falconara Marittima, Livorno, Milano-Bovisa, Piombino, Porto Marghera, Priolo e Gela e altri, ma sono presenti anche aree industriali come Crotone e Bagnoli, o aree di particolare valenza naturalistica, tra cui le lagune di Venezia e Orbetello;
la bonifica dei siti d'interesse nazionale stenta fortemente a decollare, tanto che di questi siti finora nessuno ha potuto certificare l'avvenuta completa bonifica e quindi la possibilità di avvio di un recupero completo dell'area;
come ricordava il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella sua audizione alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati del 20 ottobre 2010, per ciascuno di tali siti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare esamina e approva i progetti di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica dei suoli e della falda; finanzia e realizza interventi di bonifica in aree pubbliche attraverso lo strumento dell'accordo di programma; gestisce il contenzioso amministrativo, civile e penale e stipula atti transattivi con i privati in materia di bonifica e danno ambientale;
al fatto che praticamente ancora in nessun sito d'interesse nazionale si sia potuta certificare la conclusione definitiva degli interventi di bonifica e ripristino certamente contribuiscono la farraginosità delle attuali procedure, la loro centralizzazione, la carenza di risorse finanziarie e i numerosi contenziosi conseguenti anche al fatto che all'interno di ciascun sito d'interesse nazionale ricadono interessi e proprietà sia di soggetti pubblici che privati;
la legge prescrive che i lavori di bonifica debbano essere a carico degli effettivi responsabili, secondo il condiviso principio comunitario per il quale «chi inquina paga». Troppo spesso per cercare di non farsi carico degli oneri di bonifica dei luoghi, si assiste a lunghi contenziosi e

ricorsi ai competenti tribunali amministrativi regionali da parte dei soggetti privati che contestano le determinazioni e gli stessi decreti decisi in sede di conferenza di servizi, qualora questi ultimi impongano ai medesimi soggetti privati l'onere della messa in sicurezza e del ripristino dei luoghi;
il decreto-legge n. 208 del 2008 ha modificato le norme in tema di risarcimento del danno ambientale causato dai soggetti pubblici e privati che hanno inquinato il territorio. In particolare, l'articolo 2: introduce la possibilità di transazioni per la quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino; riconosce ad enti e soggetti interessati la possibilità di fare le osservazioni all'accordo transattivo, ma senza prevedere l'obbligo della risposta; prevede che la transazione tra lo Stato ed il privato responsabile dell'inquinamento «comporta abbandono del contenzioso pendente e preclude ogni ulteriore azione per rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale»;
detta norma sembra ridurre di fatto la possibilità, per gli enti locali e le popolazioni interessate di svolgere sul proprio territorio un ruolo attivo, sin dalla prima fase del procedimento di danno ambientale, contro chi inquina il territorio con conseguenze nocive per la salute pubblica;
un aspetto che è necessario rivedere è certamente quello legato alla non sempre efficiente gestione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle conferenze di servizi per la valutazione dell'iter e l'autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica, tanto che andrebbe valutata la possibilità di spostare la gestione dell'iter di bonifica in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;
è indispensabile, soprattutto in un ambito che riguarda l'inquinamento di un territorio e quindi i suoi effetti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini, garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica. Un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe infatti svolgere lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito internet;
va ricordato il fenomeno, strettamente connesso al ripristino delle aree inquinate sottoposte a bonifica, che Legambiente ha battezzato come «Le mani dell'ecomafia sull'affare bonifiche». La movimentazione dei rifiuti prodotti dalle bonifiche dei siti industriali contaminati va infatti ad aumentare il lucroso business delle ecomafie. Da qui l'evidente necessità di rivedere i meccanismi di gestione delle operazioni di recupero dei territori;
troppo spesso, infatti, da una parte vengono avviate le necessarie azioni di bonifica di un sito, dall'altra i materiali inquinati rimossi vanno poi a finire nel nulla, scompaiono, contribuendo così a incrementare l'enorme quantità di rifiuti speciali che purtroppo sfugge sistematicamente ai controlli e che va a inquinare pesantemente qualche altra area del territorio;
se la normativa attuale sulla bonifica dei siti inquinati favorisce il trattamento sul posto per evitare la movimentazione dei rifiuti, in realtà molte delle bonifiche continuano a prevedere spostamenti sostanziosi e difficilmente controllabili, con il rischio concreto di contribuire, come si è visto, all'enorme business illegale dei rifiuti. Occorrerebbe, quindi, favorire maggiormente lo smaltimento dei rifiuti là dove sono prodotti, per poter verificare più facilmente i processi di trattamento;
se è improcrastinabile la necessità di rivedere alcune procedure riguardanti la gestione dei siti di interesse nazionale, e più in generale la velocizzazione delle procedure per il ripristino e la bonifica

delle aree più inquinate già individuate e perimetrate, è altrettanto necessario avviare parallelamente un piano nazionale per procedere all'individuazione e al censimento delle tante aree oggetto di sversamenti abusivi e depositi illegali di rifiuti nocivi e pericolosi per la salute pubblica, la cui quantificazione è assolutamente sottostimata seppure sia fenomeno ben diffuso e conosciuto e che sfugge ancora al pieno controllo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e degli enti territoriali;
rimane ancora aperto, per esempio, e più che mai drammaticamente attuale - seppur ormai apparentemente dimenticato - il capitolo relativo al fenomeno dei traffici illegali dei rifiuti, con particolare riferimento alle cosiddette «navi dei veleni». Un fenomeno criminale conosciuto da tempo e tornato alla ribalta nell'estate del 2009, a seguito dell'individuazione, a largo delle coste calabresi, di un relitto di una nave che sembrava contenesse fusti di sostanze tossiche e di fanghi radioattivi;
peraltro la cronologia di affondamenti sospetti nelle acque italiane in questi anni è certificato e a dir poco inquietante; nel corso della XIII legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvava un documento sui traffici illeciti e sulle ecomafie, che disegnava un quadro inquietante sulla questione delle «carrette del mare» colate a picco, probabili mezzi di smaltimento di rifiuti tossici o radioattivi: 39 affondamenti sospetti di navi dal 1979 al 1995 e il forte dubbio che «non si sappia di altri, negli anni successivi, solo perché mancano indagini sulle cosiddette «navi a perdere»;
la medesima Commissione d'inchiesta, il 25 ottobre 2000, scriveva come ad alimentare il mercato illecito fossero anche le industrie a rilevanza nazionale ed internazionale, che utilizzavano la rete semiclandestina delle navi a perdere per ottenere uno smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione finale del rifiuto;
detto allarme sul deposito incontrollato dei rifiuti e i conseguenti gravi rischi di inquinamento marino e costiero possono ugualmente essere estesi anche al territorio italiano;
si tratta di terreni e fiumi dove vengono scaricati abusivamente inquinanti di ogni genere in grado di produrre fenomeni di inquinamento profondo e dove spesso è possibile riscontrare l'esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità, o di patologie collegabili alla presenza nell'area dei suddetti livelli di inquinamento e contaminazione;
lo stesso recentissimo dossier del Wwf «fiumi d'Italia», del gennaio 2011, ha evidenziato in modo drammatico lo stato di inquinamento in cui versano il territorio e i fiumi italiani, e la conseguente urgenza di efficaci politiche di bonifica dei luoghi;
il rilevamento dei depositi o delle discariche abusive ha, per esempio, fatto emergere un problema estremamente grave e pericoloso: l'estrema diffusione sul territorio di eternit/amianto abbandonato, spesso nascosto nella vegetazione, semisommerso nel fango delle rive o ancora presente su baracche fatiscenti nelle aree di esondazione fluviale. Dei tratti fluviali censiti dal Wwf ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit. L'eternit che si riesce a vedere, purtroppo, è solo una parte modesta di quello che probabilmente è stato disperso nell'ambiente. Lo smaltimento di questa sostanza - come ha sottolineato l'associazione ambientalista - costa troppo: rimuovere amianto compatto costa circa 10-15 euro a metro quadrato, ma, quando lo si trova in situazioni più complesse, come, ad esempio, per rivestimenti di tubi in una cantina, i costi lievitano vertiginosamente;
a seguito di questi fatti criminali, e purtroppo ben conosciuti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha finora mai predisposto, con il coinvolgimento degli enti locali, alcuna strategia efficace e credibile finalizzata ad avviare una seria e capillare indagine e un monitoraggio dei nostri

territori, dei fiumi e delle coste italiane più a rischio, per individuare le aree più contaminate, incrociando a tal fine le informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;
la prevenzione dei rischi per la salute rende quindi necessario il potenziamento e lo sviluppo di reti informative integrate: una mappatura delle aree contaminate e delle azioni di relativo risanamento, correlata con le banche dati territoriali relative alla prevalenza e all'incidenza delle patologie;
è del tutto evidente che, a monte di una vera politica di salvaguardia ambientale a difesa del territorio e della salute pubblica dall'inquinamento e di conseguenti efficaci interventi di monitoraggio e di bonifica delle aree maggiormente inquinate, rimane inevitabilmente la questione legata alle risorse finanziarie che vengono messe a disposizione dal Governo per tali scopi;
purtroppo, in questi ultimi tre anni, si è assistito sotto questo aspetto a una costante e pesante riduzione di risorse assegnate dalle ultime leggi finanziarie al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, di conseguenza, alle stesse politiche di bonifica dei siti. Si parla di un taglio secco in tre anni di circa 1 miliardo di euro della dotazione complessiva per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
si ricorda che l'ultima legge di bilancio per il 2011, approvata a fine 2010, ha stanziato per il programma 18.12 (tutela e conservazione del territorio e delle risorse idriche, trattamento e smaltimento rifiuti, bonifiche) 164,3 milioni di euro, con una riduzione di 81,1 milioni di euro, pari a un taglio di ben il 33 per cento rispetto al 2009. Peraltro la maggior parte della consistente riduzione degli stanziamenti del programma è dovuta all'azzeramento della dotazione del capitolo 7509 »Finanziamento di interventi urgenti di perimetrazione e messa in sicurezza, bonifica, disinquinamento e ripristino ambientale« (la cui dotazione nel bilancio assestato 2010 era pari a 40,1 milioni di euro), a seguito del venir meno della relativa autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 867, della legge finanziaria per il 2007, relativa ai canali portuali di grande navigazione della laguna di Venezia-Porto Marghera, nonché per gli interventi di risanamento del polo chimico Laghi di Mantova,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di predisporre delle semplificazioni e degli snellimenti nell'iter amministrativo nei procedimenti di bonifica e di recupero dei terreni dei siti di interesse nazionale, controbilanciando dette semplificazioni nelle procedure amministrative, con una necessaria intensificazione dei controlli ambientali in tutte le fasi relative al processo di bonifica dei siti;
a garantire l'adeguatezza delle strutture dell'Ispra, alla luce del fondamentale e ineludibile supporto di tale ente nelle attività direttamente e indirettamente riconducibili all'attività di messa in sicurezza dei siti inquinati e di bonifica delle aree;
a riconsiderare il ruolo dell'intervento pubblico nell'ambito dei siti di interesse nazionale, valutando la possibilità di assegnare la gestione dell'iter di bonifica dei siti di interesse nazionale in capo alle regioni o ai comuni, garantendo in ogni caso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento;
a prevedere, sin dalle prime fasi del procedimento previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, il diretto coinvolgimento degli enti locali e delle popolazioni interessate nella programmazione di attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti di interesse nazionale e al risarcimento del danno subito dal territorio e dalla salute pubblica;

ad assumere iniziative affinché una congrua parte dei proventi della transazione tra soggetto pubblico e privato, ai fini del risarcimento del danno ambientale sia destinata ai comuni e agli enti locali interessati;
a prevedere forme di incentivazione per quei soggetti privati che, nell'ambito del contenzioso e della prevista procedura stragiudiziale con il soggetto pubblico ai fini degli oneri di bonifica e di ripristino del danno ambientale, decidono di farsi carico in tempi brevi dei suddetti interventi di bonifica;
ad agevolare e rendere maggiormente conveniente - con politiche fiscali mirate - il recupero di un'area industriale abbandonata o sottoutilizzata in conseguenza di un inquinamento ambientale, rispetto alla scelta di nuovi insediamenti produttivi in nuove aree, anche alla luce del fatto che, almeno 37 dei siti di interesse nazionale a tutt'oggi individuati, sono potenzialmente interessati a piani di riqualificazione industriale e produttiva;
ad attivarsi per garantire la massima trasparenza e le informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale nonché le informazioni utili a ricostruire l'iter di bonifica e di recupero dell'area, considerato che un ruolo fondamentale in questo senso lo dovrebbe svolgere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche tramite il suo sito istituzionale;
ad avviare su tutto il territorio nazionale un efficace programma di controllo e mappatura - di concerto con gli enti locali - finalizzato all'individuazione di quelle aree e di quei siti inquinati a rischio ambientale e sanitario non ancora localizzati e censiti, oggetto di sversamenti e scarichi illegali di rifiuti tossici e nocivi, anche attraverso l'incrocio di informazioni di tipo sanitario, quali per esempio la presenza in determinate aree di eventuali picchi di forme tumorali o altre patologie potenzialmente collegabili a elevati livelli di inquinamento dell'ecosistema;
a valutare l'opportunità di prevedere per i suddetti fini maggiori risorse finanziarie, attualmente insufficienti, finalizzate agli interventi di individuazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino delle aree maggiormente a rischio ambientale e sanitario;
ad aumentare i controlli al fine di verificare che il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti a seguito di bonifica avvengano là dove questi sono prodotti, così da evitare la movimentazione difficilmente controllabile dei rifiuti stessi e da poter verificare più facilmente i processi di trattamento, riducendo il rischio concreto di favorire l'enorme business illegale dei rifiuti.
(1-00571)
«Piffari, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
il problema della gestione dei siti contaminati si configura come una delle maggiori criticità sul versante ambientale nel nostro Paese, come nel resto dell'Europa;
la contaminazione ambientale è una forma di inquinamento diffuso del suolo attraverso l'immissione nell'ecosistema di quantità ingenti di elementi chimici organici e inorganici, derivati da attività industriali, civili e agricole, che rappresentano un fattore di rischio per la salute dell'uomo e per la salubrità dell'intero ecosistema;
sulla base dei dati elaborati dall'annuario Ispra 2008, in Italia i siti potenzialmente contaminati ammontano a oltre 13.000 unità, 12.943 dei quali risultano di competenza regionale, mentre 57 sono di interesse nazionale;
la competenza in materia di gestione della procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale spetta al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e prevede l'indizione, ai sensi del

decreto legislativo n. 152 del 2006, di una conferenza di servizi in ordine all'approvazione del piano di caratterizzazione predisposto dall'operatore, del documento di analisi del rischio sulla base delle risultanze della caratterizzazione e del progetto di bonifica;
sulla base delle criticità evidenziate dall'Arpa, quanto agli aspetti amministrativi relativi ai procedimenti di bonifica, emergono complessità in virtù del fatto che nelle medesime aree possono ricadere proprietà di diversi soggetti, sia privati che pubblici, tali da rendere complessa la dinamica di gestione delle procedure previste dalla normativa vigente e tanto da bloccare o limitare lo stato di avanzamento delle bonifiche stesse;
stando all'annuario Ispra 2008 sullo stato di avanzamento delle bonifiche circa i siti di interesse nazionale, le aree completamente bonificate o svincolate a seguito di procedura ammontano all'1,50 per cento, mentre la percentuale delle aree ancora da caratterizzare ammonta al 70 per cento e quella delle aree con piano di caratterizzazione approvato ammonta al 24 per cento;
le ragioni degli evidenziati ritardi o rallentamenti vanno ricercati in una molteplicità di concause afferenti all'incertezza dei tempi autorizzativi da parte dell'amministrazione, oltre che a difficoltà di tipo organizzativo-procedurale, da parte del dicastero competente, a cui si aggiungono le resistenze dei privati, i cui interessi ricadono nell'area, nel caso in cui non vi sia diretta responsabilità da parte degli stessi nella contaminazione, con conseguenti conflittualità e contenziosi tra privati e autorità pubbliche;
non esiste in Italia un quadro completo e aggiornato a livello nazionale dello stato di attuazione degli interventi di bonifica; ciò si aggiunge un quadro di applicazione della normativa vigente particolarmente vasto e complesso, nel quale sarebbe auspicabile un processo di semplificazione, al fine di accelerare le attuali procedure amministrative, la cui farraginosità sta rallentando ulteriormente l'attuazione degli interventi stessi;
nel quadro dell'esigenza di riordino della materia sotto il profilo normativo, all'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, è stata introdotta una procedura alternativa a quella definita dalla normativa vigente in materia di copertura di oneri di bonifica e risarcimento del danno ambientale nei siti di bonifica di interesse nazionale, attraverso la stipula di contratti di transazione con le imprese direttamente interessate, in ordine al rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino di ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale;
alla luce di quanto evidenziato attualmente sussiste una prioritaria esigenza di alleggerimento e riordino della normativa e della procedura amministrativa in materia, a cui deve associarsi la necessità di garantire che le attività di vigilanza e di controllo sulle operazioni di bonifica dei siti siano svolte da strutture e da realtà adeguate e competenti,


impegna il Governo:


a procedere, sotto il profilo normativo, amministrativo e finanziario, ad una profonda revisione delle dinamiche sottese ai procedimenti di bonifica;
ad implementare il meccanismo di informazione istituzionale in materia, coinvolgendo il Parlamento attraverso la comunicazione degli accordi di programma compiuti, dei risultati conseguiti e delle risorse finanziarie impiegate;
a valutare l'opportunità, promuovendo un'adeguata modifica della normativa vigente, di affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza dei siti contaminati alle regioni direttamente interessate;
a consentire - attraverso adeguate iniziative anche di natura normativa - la giusta durata del procedimento di bonifica

e conseguente riqualificazione dei territori, segnatamente per quelle aree oggetto di intensivo sfruttamento e deterioramento ambientale a causa di attività industriali;
a coinvolgere gli enti locali, con particolare riguardo alle regioni per le fasi attuative, nell'elaborazione della proposta di transazione di cui alla legge n. 13 del 2009, in coerenza con il principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 118 della Carta costituzionale;
a prevedere che le risorse finanziarie provenienti dalle transazioni vengano destinate agli interventi di bonifica e che siano valorizzate forme di investimento locale a questi destinate.
(1-00572)
«Di Biagio, Della Vedova, Cosenza».

La Camera,
premesso che:
in Italia i siti contaminati di interesse nazionale sono 57; di questi ben 20 sono situati al Sud. Si tratta di aree fortemente inquinate che con la loro presenza rappresentano rischi gravissimi per la salute dei cittadini e che hanno fortemente compromesso e inquinato l'ambiente: centinaia di migliaia di ettari del territorio nazionale con un enorme costo economico per i territori compromessi e per l'intera nazione;
i siti contaminati di interesse nazionale sono aree di proprietà di soggetti privati e, tra questi, figurano colossi industriali dei settori chimici e petroliferi sia italiani che esteri, che sono rimasti indifferenti all'inquinamento provocato e che spesso non hanno informato in maniera adeguata i lavoratori e i cittadini in merito ai rischi per la salute né fatto nulla per evitare la contaminazione delle aree;
il Mezzogiorno è un territorio che ha pagato pesantemente la presenza di industrie chimiche e petrolifere che hanno compromesso l'ambiente e che hanno impattato profondamente sulla salute dei cittadini. Un territorio piagato da produzioni ambientalmente incompatibili che oggi rappresentano un macigno che spesso impedisce la reindustrializzazione di quelle zone;
l'area industriale di Priolo, in provincia di Siracusa, è nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998 e già dal 1990 era tra le aree a elevato rischio di crisi ambientale;
nel 2006 l'Eni ha riconosciuto un indennizzo di 11 milioni di euro complessivi alle 101 famiglie dei bambini nati malformati nel periodo dal 1991 al 2003 nel territorio di Priolo, prima ancora che queste si costituissero parte civile in un procedimento contro l'azienda;
a Priolo, per quanto riguarda le bonifiche, però, è ancora tutto fermo, e a tutt'oggi risultano realizzati solo interventi di messa in sicurezza, cioè semplici barriere che dovrebbero arginare un'ulteriore contaminazione delle acque sotterranee e di superficie;
Gela è inclusa nell'elenco dei siti contaminati di interesse nazionale dal 1998. Nell'Annuario Ispra 2007 risultava approvato il progetto preliminare di bonifica per il 47 per cento di terreni e fondali e quello definitivo per il 100 per cento della falda. Ciò che è stato realizzato finora sono soltanto i doppi fondi ai serbatoi per gli idrocarburi e le barriere per evitare che le sostanze tossiche nei terreni sotto l'area industriale continuino a disperdersi nelle acque del mare e di falda. Infine, per ridurre le emissioni di ossidi di azoto in atmosfera è stato installato un sistema SNOx;
tra le aree maggiormente inquinate in Italia figurano nel Mezzogiorno anche Brindisi, il litorale domizio-flegreo, l'agro aversano e Taranto;
dal 2001 anche Crotone è stato dichiarato sito contaminato di interesse nazionale; in questa città l'area contaminata è amplissima e non si ferma alla sola

area industriale, già di per se estesa, ma riguarda anche le zone circostanti quella industriale;
dal 2001 a Crotone non si è fatto praticamente nulla e sia i lavoratori che lavoravano nei siti inquinati che i cittadini hanno continuato ad essere esposti e continueranno ad esserlo senza un intervento ormai improrogabile. Dal 2001 non sono arrivati finanziamenti per la bonifica né è stato definito un piano per le aree interessate;
si è assistito, nel corso degli ultimi anni, ad un progressivo blocco delle bonifiche dei siti: contaminati di interesse nazionale a causa di questioni interpretative della legislazione vigente, ma in particolare il blocco è dovuto all'assoluta insufficienza dei finanziamenti, laddove sarebbe necessario intervenire senza indugio e rendere la questione della bonifica dei siti contaminati e la loro reindustrializzazione una priorità nazionale;
oltre ai siti contaminati di interesse nazionale esistono decine di migliaia di siti contaminati non tutti censiti, visto che, ad esempio, non sono conosciuti i dati relativi al censimento dei siti contaminati non di interesse nazionale delle regioni Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Molise,


impegna il Governo:


ad individuare come priorità nazionale la bonifica dei siti contaminati di interesse nazionale, con adeguata dotazione di finanziamenti;
ad avviare un percorso di monitoraggio con le regioni interessate dalla presenza di siti contaminati di interesse nazionale, finalizzato a conoscere e definire lo stato di avanzamento delle bonifiche, l'individuazione di finanziamenti certi, una tempistica che garantisca l'effettuazione delle bonifiche e i programmi di reindustrializzazione dei siti interessati;
a prevedere il più ampio coinvolgimento delle regioni interessate dalla presenza di siti contaminati di interesse nazionale, in particolare nella messa in sicurezza dei siti e nel coordinamento delle operazioni di bonifica;
a sollecitare le regioni Campania, Puglia, Calabria, Molise e Basilicata a fornire i dati sulla presenza di siti contaminati non di interesse nazionale;
a prevedere la possibilità di snellimento e semplificazione delle norme e delle procedure amministrative che deve avvenire contestualmente al rafforzamento e alla piena efficacia delle attività di controllo e vigilanza sulle bonifiche che interessano i siti contaminati di interesse nazionale, prevedendo anche in questo caso il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali interessati.
(1-00573)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la tematica delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale costituisce senza dubbio una problematica complessa, sia per l'estensione dei siti di interesse nazionale (oltre il 3 per cento del territorio nazionale), sia per la gravità delle tipologie di contaminazione e la correlata necessità di investire notevoli risorse private e pubbliche per ripristinarne lo stato di sicurezza, sia per il fatto che si tratta spesso di contaminazioni avvenute in date «storiche» e, quindi, determinate in gran parte da attività e produttori non più presenti sui siti;
per la realizzazione delle bonifiche sono necessari tempi lunghi, soprattutto se - come è in genere auspicabile per i suoli - si privilegiano tecnologie in situ, evitando di trasportare all'estero o, comunque, a lunga distanza enormi quantità di rifiuti;
nel nostro Paese, nonostante le notevoli difficoltà incontrate, sono stati realizzati molti passi importanti, ad esempio negli ultimi due anni si è attivato un

positivo confronto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende proprietarie delle aree, che ha prodotto apprezzabili risultati sia in termini di progetti presentati ed approvati, sia in termini di transazioni stipulate, sia infine in termini di rapida riduzione del contenzioso;
vanno posti in evidenza tra i significativi risultati raggiunti quelli per il sito di Cengio e Saliceto (Acna), dove la bonifica dell'area dell'ex stabilimento è ormai praticamente conclusa, nonché per il sito di Manfredonia e per quello dell'area ex Sisas di Pioltello Rodano, per i quali la bonifica delle discariche di rifiuti interessate verrà ultimata entro i primi mesi dell'anno 2011, facendo così ritenere che possano, con buona probabilità, essere positivamente definite le procedure d'infrazione comunitaria che erano state aperte negli anni precedenti in ordine alla mancata bonifica delle discariche in questione, evitando quindi le pesanti sanzioni pecuniarie già emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;
il sistema vigente non risulta «Stato-centrico» e, per converso, coinvolge le autorità locali territorialmente interessate, sia per la bonifica dei siti regionali, sia nel corso del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, come è testimoniato dalle oltre 1.300 conferenze di servizi istruttorie e decisorie svoltesi in 10 anni, di cui 140 nel solo biennio 2009-2010, con il risultato alla data odierna (oltre le centinaia di progetti di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza approvati e realizzati) che sono stati approvati 200 progetti definitivi di bonifica di cui 60 nell'ultimo anno;
appare da prediligersi un approccio «integrato», mediante l'azione comune e sinergica dei vari attori sociali (amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori) e la condivisione di responsabilità volte a mutare la tendenza al deterioramento delle risorse, approccio che, appunto, è stato prescelto dal legislatore nazionale in sede di recepimento della disciplina comunitaria sulla responsabilità ambientale (direttiva 2004/35/CE);
alla luce delle predette riflessioni, la disciplina attuale garantisce adeguatamente la partecipazione al processo decisionale delle realtà territoriali interessate, senza che sia perciò necessario affidare la regia delle operazioni di bonifica alle regioni; va anche tenuto conto della impossibilità di mettere a confronto i siti di bonifica d'interesse regionale con i siti di bonifica a rilievo nazionale, che vedono presenti oltre 3.000 soggetti, a cui fanno riferimento le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero e la cui considerazione necessita di una «visione» unitaria e nazionale, fondata su criteri operativi uniformi;
il coinvolgimento degli enti territoriali nelle procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale avviene anche attraverso il frequente ricorso da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo strumento dell'accordo di programma, attraverso il quale vengono stanziate e programmate le risorse per il risanamento ambientale di aree demaniali o pubbliche e definiti, d'accordo con gli enti locali, gli interventi da realizzare; si tratta di strumento rilevatosi eccellente, basti pensare che negli ultimi due anni sono stati sottoscritti 11 accordi che testimoniano il forte impegno economico assunto dal Governo in tale materia, con la continua e proficua collaborazione del Ministero dello sviluppo economico e delle autorità locali competenti per la bonifica e il recupero economico produttivo nei siti di interesse nazionale (accordo di programma per il sito di interesse nazionale del basso bacino fiume Chienti del 7 aprile 2009 - risorse stanziate 3.610.000 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale delle aree del litorale vesuviano del 8 giugno 2009 - risorse stanziate 1.040.000 euro; accordo di programma per il progetto Mose-Venezia del luglio 2009 - risorse stanziate 4.800.000 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale

dell'area industriale di Porto Torres del 22 settembre 2009 - risorse stanziate 8.232.727 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale delle Strillaie del 24 settembre 2009 - risorse stanziate 2.456.892,14 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale di Brescia-Caffaro del 29 settembre 2009 - risorse stanziate 6.752.727 euro; atto integrativo all'accordo di programma del 23 gennaio 2007 per il sito di interesse nazionale della Valle Bormida del 30 novembre 2009 - risorse stanziate 32.396.814,40 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale dell'area industriale di Val Basento del 21 dicembre 2009 - risorse stanziate 4.545.454 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale dei fiumi Saline e Alento del 25 febbraio 2010 - risorse stanziate 2.404.245 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale di Falconara Marittima del 20 luglio 2010 - risorse stanziate 3.272.727 euro; accordo di programma per il sito di interesse nazionale del Sulcis per il bacino fanghi rossi nello stabilimento Eurallumina del 21 dicembre 2009 - risorse stanziate 1.500.000 euro), alle cui risorse vanno aggiunti i finanziamenti recentemente stanziati per la bonifica del per il sito di interesse nazionale di Pioltello Rodano (25 milioni di euro), Manfredonia (10 milioni di euro), Taranto (4 milioni di euro), litorale domizio-flegreo ed agro aversano (Giuliano e laghetti di Castel Volturno - 47 milioni di euro);
tale modus operandi continua ad essere costantemente osservato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come testimoniato dal fatto che risale soltanto a pochi giorni fa la stipula di un accordo di programma con la regione Calabria, il comune e la provincia di Crotone per il risanamento ambientale di alcune aree di Crotone, per il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto lo stanziamento di circa 10 milioni di euro che andranno ad aggiungersi ai fondi stanziati in precedenza nell'ambito del programma nazionale di bonifica e che saranno destinate alla realizzazione, o al completamento delle misure di messa in sicurezza di emergenza su aree pubbliche, o per eventuali interventi sostitutivi su aree per le quali non risulti esser stata assunta alcuna iniziativa da parte dei soggetti obbligati;
va posto in evidenza il dato che, nell'ultimo anno circa, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato una serie di provvedimenti in grado di imprimere un'accelerazione alle procedure di messa in sicurezza e di bonifica del sito: sono difatti stati adottati decreti ministeriali ex articolo 252, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 20006 di autorizzazione in via provvisoria all'avvio dei lavori di bonifica, tra i quali si annovera quello datato 15 febbraio 2010 avente ad oggetto l'autorizzazione in via provvisoria all'avvio dei lavori di bonifica del sito di Crotone;
per quanto riguarda la situazione del sito di Crotone, occorre considerare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha potuto agire in prima persona soltanto a partire dal 2008, dopo che è cessata la gestione commissariale straordinaria che era stata disposta in materia di bonifiche in Calabria sin dall'epoca di istituzione del sito di interesse nazionale in questione;
sul piano generale ogni singola area ricompresa nel perimetro dei siti di interesse nazionale presenta proprie specifiche criticità e dette aree rappresentano un'enorme risorsa connessa alle potenzialità di sviluppo economico ed infrastrutturale del nostro Paese; pertanto, si ritiene fondamentale promuovere iniziative di bonifica ambientale senza interferire con la prosecuzione delle attività produttive, al fine di farne occasione di rilancio e riutilizzo del territorio per usi di impresa e civili;
tali compiti comportano per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che è obbligato a far fronte a tagli crescenti alle risorse disponibili (il bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare è stato più che dimezzato), l'esame di progetti ad elevatissimo contenuto tecnico, presentati dalle più grandi imprese nazionali ed estere;
è necessario promuovere un approccio che tenga conto del delicato periodo di congiuntura economica estremamente negativo, in cui le imprese che operano nei siti hanno difficoltà a competere sui mercati;
sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare grava anche l'onere di sostituirsi ai soggetti privati destinatari degli obblighi di bonifica che, però, non adempiono a tali obblighi, e tale onere non può essere compitamente osservato senza la previsione di appositi stanziamenti di risorse economiche;
negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni per un importo complessivo di oltre 110 milioni di euro e sono in corso di stipula decine di atti transattivi, essendo state già definite le clausole principali tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende interessate, cosicché lo strumento transattivo, esteso a molti siti come Brindisi, Napoli orientale, Priolo, si è dimostrato particolarmente efficace, al punto che esso è stato assunto a base della particolare forma di transazione globale di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009,


impegna il Governo:


a dare ulteriore impulso alle operazioni di bonifica dei siti di interesse nazionale, in modo da completarne con maggiore celerità gli interventi di ripristino;
a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale uniforme su tutto il territorio nazionale, assicurando il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero, Ispra, Iss) e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità (anche mediante analisi costi-benefici);
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, alla luce dell'esperienza maturata;
a promuovere lo strumento della transazione globale per reperire ulteriori fonti di finanziamento da impiegare per le bonifiche e per gli interventi di risanamento da intraprendere nei siti ai quali si riferiscono le transazioni;
ad agevolare i percorsi per consentire la rapida utilizzabilità dei proventi derivanti dalle transazioni già concluse in favore degli interventi di risanamento ambientale per i siti di interesse nazionale interessati;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale ed, in particolare, per poter garantire l'effettivo esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei soggetti obbligati ma inadempienti agli obblighi di bonifica.
(1-00574)
«Tommaso Foti, Ghiglia, Baldelli, Scilipoti, Aracri, Bonciani, Di Cagno Abbrescia, Germanà, Gibiino, Iannarilli, Lisi, Pizzolante, Stradella, Tortoli, Vella, Vessa».

La Camera,
premesso che:
la tematica delle bonifiche dei siti inquinati di interesse nazionale costituisce senza dubbio una problematica complessa,

sia per l'estensione dei siti di interesse nazionale (oltre il 3 per cento del territorio nazionale), sia per la gravità delle tipologie di contaminazione e la correlata necessità di investire notevoli risorse private e pubbliche per ripristinarne lo stato di sicurezza, sia per il fatto che si tratta spesso di contaminazioni avvenute in date «storiche» e, quindi, determinate in gran parte da attività e produttori non più presenti sui siti;
per la realizzazione delle bonifiche sono necessari tempi lunghi, soprattutto se - come è in genere auspicabile per i suoli - si privilegiano tecnologie in situ, evitando di trasportare all'estero o comunque a lunga distanza enormi quantità di rifiuti;
nel nostro Paese, nonostante le notevoli difficoltà incontrate, sono stati realizzati molti passi importanti, ad esempio negli ultimi due anni si è attivato un positivo confronto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende proprietarie delle aree, che ha prodotto apprezzabili risultati sia in termini di progetti presentati ed approvati, sia in termini di transazioni stipulate, sia infine in termini di rapida riduzione del contenzioso;
vanno posti in evidenza tra i significativi risultati raggiunti quelli per il sito di Cengio e Saliceto (Acna), dove la bonifica dell'area dell'ex stabilimento è ormai praticamente conclusa, nonché per il sito di Manfredonia e per quello dell'area ex Sisas di Pioltello Rodano, per i quali la bonifica delle discariche di rifiuti interessate verrà ultimata entro i primi mesi del 2011, facendo così ritenere che possano, con buona probabilità, essere positivamente definite le procedure d'infrazione comunitaria che erano state aperte negli anni precedenti in ordine alla mancata bonifica delle discariche in questione, evitando quindi le pesanti sanzioni pecuniarie già emesse dalla Corte di giustizia dell'Unione europea;
il sistema vigente non risulta «Stato-centrico» e, per converso, coinvolge le autorità locali territorialmente interessate, sia per la bonifica dei siti regionali, sia nel corso del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, come è testimoniato dalle oltre 1.300 conferenze di servizi istruttorie e decisorie svoltesi in 10 anni, di cui 140 nel solo biennio 2009-2010, con il risultato alla data odierna (oltre le centinaia di progetti di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza approvati e realizzati) che sono stati approvati 200 progetti definitivi di bonifica di cui 60 nell'ultimo anno;
appare da prediligersi un approccio «integrato», mediante l'azione comune e sinergica dei vari attori sociali (amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori) e la condivisione di responsabilità volte a mutare la tendenza al deterioramento delle risorse, approccio che, appunto, è stato prescelto dal legislatore nazionale in sede di recepimento della disciplina comunitaria sulla responsabilità ambientale (direttiva 2004/35/CE);
alla luce delle predette riflessioni, la disciplina attuale garantisce adeguatamente la partecipazione al processo decisionale delle realtà territoriali interessate, anche tenuto conto che i siti di bonifica a rilievo nazionale vedono presenti oltre 3.000 soggetti, a cui fanno riferimento le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero e la cui considerazione necessita di una «visione» unitaria e nazionale, fondata su criteri operativi uniformi;
il coinvolgimento degli enti territoriali nelle procedure di bonifica dei siti di interesse nazionale avviene anche attraverso il frequente ricorso da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo strumento dell'accordo di programma, attraverso il quale vengono stanziate e programmate le risorse per il risanamento ambientale di aree demaniali o pubbliche e definiti, d'accordo con gli enti locali, gli interventi da realizzare; si tratta di uno strumento rilevatosi eccellente, basti pensare che negli ultimi due anni sono stati sottoscritti 11

accordi di programma che testimoniano il forte impegno economico assunto dal Governo in tale materia;
sul piano generale ogni singola area ricompresa nel perimetro dei siti di interesse nazionale presenta proprie specifiche criticità e che dette aree rappresentano un'enorme risorsa connessa alle potenzialità di sviluppo economico ed infrastrutturale del nostro Paese; pertanto, si ritiene fondamentale promuovere iniziative di bonifica ambientale senza interferire con la prosecuzione delle attività produttive, al fine di farne occasione di rilancio e riutilizzo del territorio per usi di impresa e civili;
tali compiti comportano per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che è obbligato a far fronte a tagli crescenti alle risorse disponibili, l'esame di progetti ad elevatissimo contenuto tecnico, presentati dalle più grandi imprese nazionali ed estere, ed è a tal fine necessario promuovere un approccio che tenga conto del delicato periodo di congiuntura economica estremamente negativo, in cui le imprese che operano nei siti hanno difficoltà a competere sui mercati;
sul Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare grava anche l'onere di sostituirsi ai soggetti privati destinatari degli obblighi di bonifica che però non adempiono a tali obblighi e tale onere non può essere compitamente osservato senza la previsione di appositi stanziamenti di risorse economiche;
negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni per un importo complessivo di oltre 110 milioni di euro e sono in corso di stipula decine di atti transattivi, essendo state già definite le clausole principali tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende interessate; inoltre si è dimostrato efficace lo strumento transattivo, anche grazie al nuovo strumento della transazione globale di cui all'articolo 2, del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009,


impegna il Governo:


a dare ulteriore impulso alle operazioni di bonifica dei siti di interesse nazionale, in modo da completarne con maggiore celerità gli interventi di ripristino;
a mantenere e a garantire un approccio alla bonifica ambientale uniforme su tutto il territorio nazionale, assicurando il coordinamento tra le direttive delle istituzioni nazionali (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ispra, Iss) e le amministrazioni locali, con lo strumento delle conferenze di servizi e con quello degli accordi di programma;
a rafforzare un effettivo e costruttivo contraddittorio tra pubblica amministrazione e privati destinatari dei provvedimenti, evitando, nei limiti del possibile, l'imposizione di scelte tecniche e interventi precostituiti, ma sviluppando gli stessi in relazione alla peculiarità ambientale del sito, tenendo altresì conto della loro sostenibilità, anche mediante analisi costi-benefici;
a promuovere l'adeguamento della normativa ambientale in materia, alla luce dell'esperienza maturata;
a promuovere lo strumento della transazione globale per reperire ulteriori fonti di finanziamento da impiegare per le bonifiche e per gli interventi di risanamento da intraprendere nei siti ai quali si riferiscono le transazioni;
ad agevolare i percorsi per consentire la rapida utilizzabilità dei proventi derivanti dalle transazioni già concluse in favore degli interventi di risanamento ambientale per i siti di interesse nazionale interessati;
ad assicurare comunque, al di là dei proventi derivanti dalle transazioni anzidette, la disponibilità di adeguate risorse finanziarie e strumentali da poter impiegare per le attività di bonifica dei siti di interesse nazionale ed, in particolare, per poter garantire l'effettivo esercizio dei poteri

sostitutivi dei soggetti obbligati ma inadempienti agli obblighi di bonifica.
(1-00575)
«Guido Dussin, Alessandri, Lanzarin, Togni, Montagnoli, Luciano Dussin, Lussana, Fogliato, Chiappori, Torazzi, Desiderati, Maggioni».

La Camera,
premesso che:
in base al rapporto bonifiche 2010 di Federambiente, i siti contaminati di interesse nazionale, ovvero quelle aree del territorio nazionale definite in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali sono 57, per un'estensione pari a oltre il 3 per cento del territorio italiano. I siti di interesse nazionale sono individuati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, che si occupa anche della loro procedura di bonifica;
secondo il citato rapporto, i siti inquinati censiti sono 12.638, di questi il 68 per cento del totale risultano appartenere solo a Lombardia, Abruzzo e Toscana. Nella sola Lombardia sono stati censiti 4.533 siti contaminati, pari a circa il 40 per cento del totale. Mentre sono risultati 1.359 i comuni italiani interessati da almeno un sito contaminato;
in Toscana l'88 per cento dei comuni è interessato da almeno un sito contaminato; in circa 1.800 siti la causa della contaminazione è costituita da un'attività industriale ed in circa 1.400 siti si tratta di punto vendita carburanti; 800 siti riguardano impianti al servizio della gestione rifiuti, sia urbani che speciali, come vecchie discariche o impianti di trattamento dismessi; in 1.000 casi circa l'inquinante principale è costituito da idrocarburi e in circa 500 casi si tratta di inquinamento da metalli pesanti;
il programma nazionale di bonifica, pertanto, individua le aree che richiedono gli interventi più urgenti tra cui figurano alcune tra le più importanti aree industriali del Paese: i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela, le aree urbane e industriali di Napoli, Trieste, Piombino, La Spezia, Brescia, Mantova. A questi territori occorre aggiungere tutte le discariche abusive presenti in certe regioni del sud Italia, le scorie di fonderia, i sali da rifusione di alluminio, i fanghi, le morchie oleose, gli oli esausti, le melme acide, le ceneri da incenerimento, le polveri di abbattimento fumi della siderurgia, i pesticidi, ddt, arsenico e mercurio presenti nel suolo e nel sottosuolo, nelle acque e nei sedimenti delle aree coinvolte, presenti in concentrazioni che superano di milioni di volte i limiti di legge;
l'emergenza ambientale nell'ex area industriale di Crotone viene riconosciuta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel 2001: l'area comprende i due complessi industriali di Pertusola sud ed ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo che ha raccolto rifiuti urbani, speciali, sanitari, ma anche quelli dell'alluvione del 1996 e i fanghi di depurazione civile, la fascia costiera tra il mare e la zona industriale nella quale sono state individuate discariche abusive per 300 mila metri cubi di rifiuti speciali e pericolosi, e i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra, dove venivano smaltite abusivamente le ferriti di zinco prodotte da Pertusola sud. Sono del settembre 2009 i risultati dello screening realizzato per conto della procura di Crotone, che ha accertato la presenza di metalli pesanti in concentrazioni elevate negli alunni delle due scuole «Alcmeone» e «Lucifero» sequestrate per sospetta contaminazione. A ciò si aggiunge l'ultimo studio epidemiologico dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che, sebbene datato (gli ultimi dati risalgono al 2001), evidenziava un eccesso di mortalità nella città di Crotone, con ogni evidenza connesso alle attività industriali presenti nell'area. Le attività dello stabilimento metallurgico

ex Pertusola e degli impianti del colosso dell'industria chimica ex Montedison, tra i principali poli industriali della storia italiana, hanno lasciato un'eredità di metalli pesanti (principalmente zinco, cadmio, piombo, rame e arsenico) che a tutt'oggi mette a rischio la salute dei cittadini;
un'altra emergenza nazionale è rappresentata dai 75 mila ettari di territorio contaminato da fibre di amianto che, in attesa della bonifica dei siti, continuano a mettere a rischio la salute dei cittadini. Nel periodo compreso tra il 1993 e il 2004 sono stati registrati in Italia oltre 9 mila casi di mesotelioma pleurico, il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione della fibra di amianto, con una esposizione che nel 70 per cento dei casi è stata di tipo professionale. L'amianto in Italia è presente in molte zone e in varie forme: circa un milione di metri quadrati utilizzati nelle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Alessandria), 45 milioni di metri cubi di pietrisco di scarto contaminato utilizzato per il rimodellamento dei versanti e delle valli circostanti la miniera di Balangero (Torino), passando per i 90 mila metri cubi di fibra contenuti nello stabilimento produttivo di cemento-amianto nella città di Bari, fino ad arrivare ai 40 mila sacchi con rifiuti d'amianto prodotti fino ad oggi nella bonifica di Bagnoli a Napoli. Sono almeno 2 mila all'anno le morti causate dall'esposizione all'amianto nel nostro Paese: circa 900 per mesotelioma pleurico, altrettanti per il tumore ai polmoni, il resto per il tumore alla laringe e alle ovaie. I settori lavorativi maggiormente coinvolti ed esposti all'amianto sono stati l'edilizia, i cantieri navali e ferroviari, l'industria pesante (metalmeccanica e metallurgica) e ovviamente quella del cemento-amianto;
si tratta, quindi, di un fenomeno, quello dei siti contaminati, che riguarda tutto il paese, senza eccezioni, dal Nord al Sud. Gli agenti contaminanti, inoltre, possono persistere nell'ambiente per tempi estremamente lunghi che, in alcuni casi, arrivano fino a centinaia di anni. L'unica soluzione possibile, pertanto, è rappresentata dalla bonifica dell'area interessata;
tuttavia, le bonifiche, di cui si occupa il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono iniziate in pochissimi siti; in particolare, secondo il rapporto di Confindustria sulla gestione delle bonifiche in Italia del 2009, «i dati ufficiali raccolti ed analizzati mostrano che in Italia le bonifiche, soprattutto a livello nazionale, non sono state fatte se non in minima parte, né si stanno attualmente realizzando», con evidenti responsabilità organizzative e di gestione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,


impegna il Governo:


a procedere alla realizzazione di concrete operazioni di bonifica, di messa in sicurezza e di risanamento ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, al fine di garantire la salubrità delle acque, dei terreni e la tutela della salute;
a far sì che gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di un sito inquinato siano tali da privilegiare tecniche che favoriscano il ricorso a tecnologie innovative nell'ottica di una maggiore sostenibilità ambientale;
ad adottare iniziative per il riordino della materia per quanto riguarda gli aspetti normativi e organizzativi oltreché di risorse disponibili, anche nel segno di un possibile recupero del tessuto industriale ed economico dei territori interessati;
a predisporre azioni finalizzate a prevenire tali fenomeni attraverso una rete più efficace di controlli e la previsione di sanzioni più gravi per coloro che si rendono responsabili delle diverse forme di inquinamento;
a predisporre una tabella contenente, accanto all'indicazione di ciascun sito contaminato,

del tempo di intervento, della durata, della provvista finanziaria, nonché delle eventuali azioni risarcitorie;
a convocare, di seguito alla realizzazione di detta tabella, una o più riunioni della conferenza Stato-regioni per l'elaborazione di linee d'indirizzo urbanistico per le aree decontaminate.
a promuovere azioni per la riqualificazione economica e sociale dei siti industriali contaminati la cui valorizzazione risulta strategica sia per la tutela dell'ambiente che per l'economia nazionale.
(1-00576)
«Mosella, Tabacci, Calgaro, Lanzillotta, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che,
il Governo ha chiesto e ottenuto, ormai molti mesi fa, un parere favorevole dal Parlamento, in poco tempo e senza praticamente dibattito, per l'acquisto di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35 che potrebbero impegnare il nostro Paese fino al 2026; dal maggio 2009 è attiva una campagna di pressione «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F-35» lanciata da Sbilanciamoci! e da Rete italiana per il disarmo affinché il Governo italiano rinunci all'acquisto di queste armi e usi in maniera migliore per la popolazione gli oltre 17 miliardi di euro di spesa previsti (e in crescita secondo le ultime stime);
questa mobilitazione vede anche il sostegno di Unimondo.org e del progetto «Science or Peace». Nel dicembre 2009 la campagna ha già consegnato simbolicamente al Governo le firme allora raccolte. Sono poi 156 le organizzazioni di diversa natura ad aver aderito all'appello;
il 24 novembre 2010, durante il convegno «Volano gli aerei o i costi?» organizzato da Sbilanciamoci! e Rete italiana per il disarmo per la prima volta il Ministero della difesa, attraverso il competente Sottosegretario, ammette ufficialmente che sono sorti dei dubbi sull'acquisto di tutti i caccia previsti; inizialmente, la Lockeed Martin rende note le prime cifre con cui sarebbero venduti agli USA i primi 30 aerei attualmente in linea di montaggio;
il costo complessivo supererebbe i 5 miliardi di dollari, comprendenti eventuali integrazioni successive di sistemi avionici e d'arma, ma esclusi i propulsori (i motori);
ciò porterebbe il costo medio per singolo esemplare intorno ai 170 milioni di dollari, senza i propulsori. Il 79 per cento in più rispetto al costo unitario di 94,8 milioni di dollari calcolato nel giugno 2006 dal Centro ricerche del Congresso USA e il 174 per cento in più rispetto al costo iniziale di 62 milioni di dollari previsto dalla Lockeed Martin;
ai costi attuali l'acquisto dei 131 aerei F35/JSF comporterebbe per l'Italia una spesa di oltre 17 miliardi di euro, a cui bisognerebbe aggiungere i costi dei propulsori. Il costo unitario stimato per un motore Pratt F135 (a inizio 2010) è di 7,3 milioni di dollari (il 52 per cento in più del costo iniziale). Calcolando la cifra in euro e moltiplicandola per il numero degli aerei in acquisto con i soldi dei contribuenti italiani, si aggiungono ulteriori 735 milioni di euro;
la spesa prevista a oggi per l'acquisto degli F35 ha, quindi, raggiunto circa diciotto miliardi di euro ai quali si devono aggiungere i fondi già spesi (1 miliardo e 456 milioni di euro), quelli stanziati per il 2011 (472 milioni di euro) e quelli che ancora dovranno essere spesi per lo sviluppo, la progettazione e l'industrializzazione del programma, compresa la predisposizione tecnico-logistica (di una linea per la produzione di parti (le semiali) e per l'assemblaggio solo dei velivoli che saranno comprati dall'Italia;
da diverse fonti giornalistiche emerge che alcuni esponenti del Governo USA hanno fatto «trapelare» un quadro

sicuramente non positivo del programma JSF, nonostante sia il più costoso investimento in campo militare della storia (382 miliardi di dollari per il suo sviluppo), lasciando prevedere la possibilità di altri tre anni di ritardo. Ciò significa che la fase di sviluppo e progettazione, invece di terminare nel 2012, terminerà presumibilmente nel 2015, con conseguente riflesso anche sull'avvio della produzione standardizzata a Cameri prevista nel 2013;
l'avvio della produzione delle semiali all'inizio del 2013, e dell'aereo completo nel 2014, è destinato quindi a essere differito nel tempo, così come le attese occupazionali (i 1.816 addetti suddivisi in due turni, distribuiti su sei giorni la settimana) dichiarate dal Sottosegretario alla difesa;
a distanza di quattro anni l'attuale Sottosegretario, Giuseppe Cossiga, con deleghe al procurement degli armamenti e al settore tecnico-industriale della difesa ha dovuto ammettere in un'intervista che, nonostante l'ingente investimento di risorse per gli F35, in conseguenza della chiusura della linea Eurofighter, ci saranno in Italia 3 mila occupati in meno nel settore militare dell'industria aerospaziale;
inoltre, a fianco degli hangar in cui già oggi i Tornado e gli Eurofighter Typhoon vengono risistemati, dopo incidenti in volo o eventuali problematiche maggiori, un investimento cospicuo di soldi pubblici creerà una nuova struttura che fino al 2026 dovrebbe vedere la costruzione di diverse decine di F35, a completamento del programma (partito ancora negli anni '90 con le prime fasi di sviluppo) per il quale molti fondi sono stati spesi;
l'Italia ha già contribuito con circa un miliardo di euro in questi ultimi 15 anni, ma l'ultimo stanziamento in ordine di tempo è stato previsto con la legge di stabilità approvata a dicembre 2010: 795,6 milioni di euro per la costruzione di questo nuovo impianto. Fino allo scorso anno l'onere previsto era di poco superiore ai 600 milioni di euro, mentre dopo soli 20 mesi la cifra è lievitata di quasi 200 milioni;
in questi mesi si è letto che la crisi finanziaria che imperversa in tutta l'Europa ha portato i vari Governi a tagliare le spese militari; la difesa inglese, in particolare, ha rinunciato alla versione più costosa del caccia multiruolo F-35B [variante a decollo corto o verticale e atterraggio verticale (STOVL)] dal costo di 120 milioni di dollari per quella meno costosa, l'F-35C, con una riduzione dei costi generali del 25 per cento. Anche la Francia e la Germania hanno annunciato una diminuzione delle spese militari di 3,5 miliardi di euro; il Canada ha rimandato la decisione relativa all'acquisto di 15 F-35 al 2013, così come la Danimarca (rinvio al 2014); l'Olanda ha rinunciato all'acquisto (manterrà 2 prototipi) a favore di un aggiornamento degli F-16; Israele ne riceverà 20, ma l'acquisto degli aerei sarà coperto dagli aiuti che Israele riceverà dagli Stati Uniti per la sua difesa: tre miliardi di dollari ogni anno per il prossimo decennio;
il Ministero della difesa italiano non solo non intende tagliare il numero degli F-35, ma sembra che manterrà anche la versione B che gli inglesi stessi hanno abbandonato per l'elevato costo;
in uno scenario di tagli di fondi a 360o è evidente che le spese militari non vedono la riduzione di un solo euro, ma prevedono un aumento considerevole di risorse. Si va dall'acqua in cui sibileranno i siluri per i sommergibili U-212 e navigherà una nuova unità militare di appoggio (87 milioni di euro pagati a WASS e 125 milioni di euro per Fincantieri rispettivamente), alla terra su cui si stenderà la nuova rete informatica militare DII (236 milioni a vantaggio di Elsag Datamat), 271 nuovi mortai (22,3 milioni di spesa), nuovi elicotteri prodotti da Agusta Westland, mentre nuovi sistemi di puntamento (Ots della Selex Galileo) e nuovi missili anticarro Spike verranno montati sugli A129 Mangusta, gli stessi di stanza in Afghanistan.

Il costo di quest'ultima fornitura è di 200 milioni di euro. Una spesa complessiva di circa 950 milioni di euro nei prossimi anni a cui sembra si colleghi l'acquisto dei primi 10 elicotteri AW139 e di 12 macchine pesanti, modello AW101, per circa un miliardo di euro di spesa. Elicotteri acquisiti in versione combattimento e salvataggio per sostituire entro il 2014 quelli oggi in servizio;
sono tutte risorse che saranno sottratte ad altri comparti economici, magari in difficoltà e che non trovano necessità e urgenza di essere investite per queste armi;
a partire già da quest'anno, il mercato europeo della difesa cesserà di essere solo un auspicabile obiettivo per cominciare a diventare una realtà concreta;
va tenuto conto, inoltre, che le regole attualmente utilizzate nel mercato italiano della difesa sono destinate a essere radicalmente modificate nel quadro del processo di integrazione europea e uno degli obiettivi primari sarà quello di migliorare il controllo parlamentare sulle decisioni del Governo relativamente ai nuovi programmi di equipaggiamento delle Forze armate, oltre al superamento della frammentazione del mercato europeo della difesa che rappresenta un limite sia per lo sviluppo delle capacità tecnologiche e industriali europee, sia per la competizione con i grandi gruppi americani sul mercato internazionale;
è da tempo che il Governo sulla ridefinizione del modello di difesa annuncia grandi cambiamenti, ma manca anche solo una proiezione di come nei prossimi dieci anni l'Italia intenderà approntare un proprio sistema di difesa e con quali strategie, sistema che dovrebbe essere ispirato a criteri coerenti, definiti e dovrebbe essere frutto di un'accurata analisi in ordine alla compatibilità delle risorse impiegate rispetto agli obiettivi da perseguire;
nonostante gli impegni assunti, per l'elaborazione della proposta di un nuovo modello di difesa è stata insediata un'apposita Commissione di alta consulenza e studio che ha da tempo concluso i suoi lavori a seguito dei quali non risulta essere stata elaborata e presentata la relazione finale,


impegna il Governo:


a sospendere la prosecuzione del programma per la realizzazione e acquisto dei cacciabombardieri Joint Strike Fighter (JSF) F-35;
a procedere, in tempi brevi, alla ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale, ad adeguare il quadro normativo in materia e a colmare le carenze nel settore difesa, per evitare che l'Italia sia fra gli ultimi Paesi a recepire nell'ordinamento le decisioni assunte a livello europeo.
(1-00577)
«Di Stanislao, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando».

La Camera,
premesso che:
l'acuirsi della crisi politica in Libia e degli altri paesi del Maghreb, che sperimentano situazioni di forte instabilità istituzionale e sociale, pone di fronte all'Italia il rischio - per le settimane e i mesi a venire - di una massiccia ondata migratoria, rappresentata da cittadini degli stessi Paesi nordafricani e da centinaia di migliaia di cittadini dell'Africa sub-sahariana che, secondo le stime dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) e della Lega Araba, stanziano attualmente in territorio libico;
le istituzioni italiane hanno il dovere di rispondere alla questione con efficacia e pragmatismo, evitando che

l'emergenza umanitaria diventi oggetto di un indesiderato scontro politico e di inopportune campagne allarmistiche;
è auspicabile che, nell'affrontare questa imminente emergenza umanitaria, l'Italia - come comunità nazionale, prima che come istituzioni - dimostri un forte senso di solidarietà e disponibilità, rispondendo alle sue responsabilità - storiche e culturali, prima che geografiche, nei confronti della Libia e del Nord Africa - e ispirando il suo intervento ad un autentico spirito di tolleranza e volontà di integrazione;
come già avvenuto in passato, in occasione di importanti ondate migratorie, come quella proveniente dall'Albania e relativa ai profughi kosovari nel biennio 2000-2001, è opportuno che, nell'implementare il piano di accoglienza presso apposite strutture pubbliche, il Governo eviti fenomeni di eccessiva concentrazione nelle aree più prossime alle coste meridionali meta degli sbarchi, con i relativi costi finanziari per gli enti territoriali coinvolti e in termini di disagio sociale per le popolazioni residenti,


impegna il Governo


a predisporre un piano dettagliato e trasparente di distribuzione dei migranti sulle varie aree del territorio nazionale, adottando come soli criteri per la selezione dei siti di accoglienza: la dimensione demografica delle regioni ospitanti, la densità abitativa delle aree interessate, la disponibilità di strutture pubbliche (a partire dagli immobili militari dismessi), la presenza di organizzazioni pubbliche o private di solidarietà sociale e di una rete di servizi sanitari e assistenziali efficienti.
(1-00578)
«Lo Presti, Della Vedova, Bocchino, Patarino, Briguglio, Menia, Giorgio Conte, Paglia, Perina, Angela Napoli, Toto, Proietti Cosimi, Consolo, Granata».

Risoluzione in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
il gioco del bingo ha registrato nel biennio 2007-2008 una significativa flessione nei volumi di gioco del 14 per cento, perdendo il 20 per cento di occupati, circa 3.000 posti di lavoro. Nei mesi di settembre e ottobre 2009 si è registrato infatti il minimo storico dei volumi di raccolta;
la maggiore percentuale di posti di lavoro persi è dovuta al fatto che in ogni sala bingo è presente un servizio di ristorazione che risente più che proporzionalmente della flessione dei volumi di gioco;
tale flessione ha comportato di conseguenza una significativa riduzione delle entrate erariali provenienti dal gioco del bingo;
l'amministrazione autonoma dei monopoli di stato ha, quindi, proposto al Ministero dell'economia e delle finanze la rimodulazione in via sperimentale del prelievo unico erariale (PREU) per l'anno 2010 al fine di stimolare la ripresa del settore;
il Governo nel decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 (cosiddetto «decreto Abruzzo»), ha introdotto la possibilità di ridurre in via sperimentale il prelievo erariale, destinando il 70 per cento delle somme giocate ai montepremi;
l'adozione della misura sperimentale di riduzione del PREU avviata nel mese di novembre 2009, ha avuto un esito positivo immediato sulla ripresa dei volumi di gioco (tra novembre e dicembre 2010 + 25 per cento) così come lo stesso rappresentate del Governo e dell'amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato hanno avuto modo di testimoniare nel corso del recente ciclo di audizioni tenutosi presso la VI Commissione della Camera dei deputati;

dalla frequentazione delle sale bingo deriva un gettito erariale che è legato ad una pluralità di giochi e servizi svolti nelle sale e, quindi, la misura sperimentale ha un duplice effetto sia diretto sul gioco del bingo che indiretto sui volumi di gioco alternativi presenti nelle sale stesse;
le sale bingo sono locali da gioco controllati in via telematica dalla Sogei per conto dell'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in cui è vietato l'accesso ai minori di anni 18;
la modifica della percentuale di ritorno in vincita al 70 per cento ha consentito di lanciare la modalità di gioco del bingo a distanza, sulla rete internet, nuova formula di gioco che ha permesso la raccolta di nuovo gettito erariale ed il contrasto al gioco non controllato ed illegale. Il valore del 70 per cento di ritorno in vincita è la soglia minima per poter essere competitivi sul mercato online;
con l'introduzione del decreto legge cosiddetto «mille proroghe», il Governo ha prorogato la sperimentazione del PREU per il gioco del bingo solo per i primi tre mesi del 2011;
gli operatori del settore si trovano in una prolungata situazione di incertezza per l'esiguo periodo di rinnovo della stessa sperimentazione, un ritorno alla percentuale del 58 per cento non sarebbe accettato dal cliente giocatore che percepirebbe tale modifica come la volontà da parte del concessionario di limitare le vincite, e ne conseguirebbe l'abbandono delle sale, innescando una crisi ben più rilevante di quella evidenziata fino all'ottobre 2009;
esiste inoltre l'ulteriore rischio di dover chiudere temporaneamente le sale ai fini di riadeguare i sistemi contabili di corresponsione dei premi ai giocatori e del prelievo fiscale per lo Stato. Con un ulteriore danno economico sia ai concessionari che all'erario stesso;
le recenti norme contenute nella cosiddetta legge di stabilità 2011, prevedono ulteriori adeguamenti e pesanti oneri a carico dei concessionari, pena la decadenza della concessione stessa;
il decreto-legge mille-proroghe conferisce al Governo la facoltà di emanare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ulteriori proroghe,


impegna il Governo


a prorogare entro il mese di marzo le misure sperimentali a favore del settore del bingo per l'intero anno 2011 e a prevedere l'adozione definitiva del nuovo regime del PREU in caso di conferma dei risultati positivi anche nel secondo anno di sperimentazione.
(7-00507) «Soglia».

...

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro degli affari esteri.- Per sapere - premesso che:
gli italiani all'estero, da più di una stima approssimativa, pare siano almeno 60 milioni, sparsi per tutto il mondo di cui solo una piccola parte iscritta all'AIRE. Gli elettori aventi diritto al voto (quindi iscritti nei registri Aire tenuti, per legge, da tutti i comuni italiani) per le elezioni politiche sono 2.924.178 (1.633.658 solo in Europa). I cittadini italiani all'estero pagano, come tutti, i propri tributi di competenza allo Stato italiano per la titolarità del loro status;
l'associazione «Nuova Italia» con sede in Gran Bretagna che riunisce centinaia di cittadini italiani all'estero segnala alcune serie problematiche che più stanno a cuore ai concittadini residenti all'estero ed iscritti nei registri AIRE;
per i cittadini italiani residenti all'estero:
avendo la propria residenza all'estero, è estremamente raro ricevere gli avvisi per pagamenti inerenti i propri

tributi dovuti allo Stato italiano (come per esempio l'ICI) perché i comuni di residenza italiani non li spediscono al luogo di residenza estero ma all'indirizzo italiano dove, ovviamente, non sono reperibili per quasi tutto l'anno. Questo comporta che il cittadino italiano iscritto all'AIRE o non riceve l'avviso per pagamento perché non ne è a conoscenza o lo trova quando ritorna nel proprio comune di residenza con i termini ampiamente scaduti e per entrambi i casi è soggetto a sanzioni ed interessi;
spesso i dati riguardanti i tributi dovuti variano durante l'anno (accorpamenti, variazioni, modifiche, e altro) e, anche per i motivi sopra descritti, non si sa mai cosa, dove, quanto e come pagare;
per rinnovare il proprio documento di riconoscimento all'estero, il cittadino italiano deve recarsi agli uffici consolari centrali, anche per via del fatto che i nuovi passaporti impongono le impronte digitali. Questo, pur con le enormi difficoltà di chi vive lontano dagli uffici consolari centrali, è possibile per i cittadini in condizione di salute normale. I diversamente abili e i cittadini non autosufficienti (per esempio gli anziani che vivono in cliniche e case di cura) si trovano nell'impossibilità di rinnovare i loro documenti;
per rinnovare un documento di identità in Italia, per legge, è dato agli uffici un termine massimo di 15 giorni. Un italiano all'estero deve aspettare un tempo medio di 70 giorni;
molti comuni italiani emettono documenti in multilingue. All'estero i consolati emettono documenti solo in italiano che poi devono essere tradotti in modo automatico con aggravio non solo dei costi ma anche dei tempi per renderli legali;
i documenti emessi da Stati ed enti stranieri dove risiedono vengono emessi in lingua straniera ma i consolati italiani non li ritengono validi se non tradotti e legalizzati con aumento sia di costi che di tempi -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire in modo: a) che le comunicazioni ICI o analoghe, riguardanti i cittadini iscritti all'AIRE siano inviate per tempo all'indirizzo della residenza estera; b) che i pagamenti dovuti possano essere effettuati con bonifico bancario; c) che gli uffici consolari all'estero istituiscano un servizio telematico per il rilascio dei documenti d'identità a disabili e non autosufficienti applicando anche all'estero il limite massimo di 15 giorni o 30 per necessità particolari per il rinnovo; d) che i consolati italiani in maniera automatica rilascino ogni tipo di documentazione richiesta nella lingua del Paese di residenza estera e riconoscendo quelli rilasciati dagli Enti stranieri come validi.
(4-11062)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della difesa, il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa di questi giorni (La Nuova Sardegna del 4 e 5 gennaio 2011) da un'indagine (ancora non consegnata) svolta dai servizi veterinari delle aziende USL n. 8 (Cagliari) e n. 3 (Lanusei) emergerebbe che nella zona circostante il poligono interforze di Quirra-Perdasdefogu sarebbero numerose e gravi le malformazioni di animali e ben il 65 per cento degli allevatori di Quirra si sarebbero ammalati di leucemie e linfomi. Sembrerebbe una prima conferma di quanto sostenuto più volte dalla ricercatrice Antonietta

Morena Gatti, direttrice del laboratorio dei biomateriali dell'università di Modena ed uno dei maggiori esperti in materia di nano patologie. Infatti, le particelle infinitesimamente piccole - le nano particelle - di materiali esplodenti e di metalli, quali il tungsteno, possono provocare tumori gravissimi e malformazioni;
l'assessorato regionale della difesa dell'ambiente (nota protocollo n. 15565 del 29 aprile 2004) e l'azienda U.S.L. n. 8 (nota protocollo n. 2942/95 del 23 aprile 2004) hanno risposto con una voluminosa serie di documentazioni alla richiesta di informazioni a carattere ambientale inoltrata (nota del 17 marzo del 2004) dalle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d'intervento giuridico e rivolta alle amministrazioni pubbliche competenti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, assessorato regionale della difesa dell'ambiente, aziende USL n. 8 e n. 3, comuni di Villaputzu e di Escalaplano) sulle insorgenze tumorali e sulle malformazioni verificatesi nell'area di Quirra, vicino al poligono sperimentale e di addestramento interforze, nei comuni di Villaputzu e di Escalaplano;
risultava così che, con deliberazione della giunta regionale n. 2/1 del 21 gennaio 2003, era stato fatto il punto sullo stato di attuazione del programma di interventi relativo alla «compromissione ambientale del Salto di Quirra» stabilito con la precedente deliberazione n. 8/3 del 14 marzo 2002 nei seguenti termini:
a) era stato avviato il programma per la valutazione del rischio chimico-tossicologico per la prevenzione della salute della popolazione all'esposizione di alte concentrazioni di metalli pesanti (importo 130.000,00 euro) da parte del presidio multizonale di prevenzione (PMP) dell'azienda U.S.L. n. 8;
b) era stata avviata l'indagine da parte dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna sulla catena alimentare al fine di evidenziare eventuali presenze di metalli pesanti ed arsenico oltre i limiti di legge (importo 59.000,00 euro);
c) i primi dati raccolti dal servizio igiene pubblica dell'azienda U.S.L. n. 8 esclusivamente sui dati relativi ai ricoveri ospedalieri dei residenti nel comune di Villaputzu (in particolare fra il 1998 ed il 2001) non avrebbero evidenziato alcuna anomalia: tuttavia, avrebbero dovuto essere completati da specifica indagine epidemiologica sulla popolazione interessata al fine di verificare eventuali patologie direttamente collegabili alla presenza dell'attività mineraria e dei relativi residuati (importo complessivo 150.000,00 euro);
d) era stato accelerato il monitoraggio delle acque superficiali ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni dell'area in esame (avviato nel marzo 2002 in tutto il territorio regionale) ed è stata realizzata una stazione di prelevamento sul Rio Quirra: in merito non sarebbe stato evidenziato inquinamento da arsenico a valle del Rio Corr'e Cerbu;
e) era stato effettuato uno screening un campione di n. 150 volontari (50 per cento residenti civili, 50 per cento dipendenti militari e delle Società Socam e Vitrociset) residenti nella zona di Quirra: fino al 13 novembre 2002 «non è emersa alcuna patologia immediatamente correlabile all'inquinamento», tuttavia l'indagine è stata limitata (si veda la nota dell'azienda U.S.L. n. 8 prot. n. 2942/95 del 23 aprile 2004), di fatto a sole 131 persone;
f) con deliberazione della giunta regionale n. 39/46 del 10 dicembre 2002 era stato concesso un finanziamento di 150.000,00 euro al comune di Villaputzu per la realizzazione del piano di caratterizzazione dell'area (articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e successive modifiche ed integrazioni e decreto ministeriale n. 471 del 1999), la cui realizzazione era stata affidata dall'assessorato regionale della difesa dell'ambiente alla Progemisa Spa nel luglio 2002;
g) i comuni di Villaputzu e di San Vito avevano adottato ordinanze contingibili ed urgenti (rispettivamente la n. 20 del

14 novembre 2002 e la n. 41 del 5 agosto 2002) relative al divieto di utilizzo di ampie aree lungo il corso del Rio Corr'e Cerbu a partire dalla miniera dismessa di Baccu Locci (circa 8 km);

l'azienda U.S.L. n. 8 dopo le indagini effettuate, ha sottolineato che «è evidente la necessità di sviluppare ulteriormente l'osservazione epidemiologica ed ambientale con uno studio sia retrospettivo che prospettico». Il PMP dell'azienda U.S.L. n. 8 (nota prot. n. 2626 del 27 febbraio 2003), al termine di un'indagine preliminare condotta con prelievi di terreno e sedimenti nell'alveo e nelle vicinanze del Rio Corr'e Cerbu e del Rio Quirra, ha affermato di aver riscontrato l'assenza di contaminazione da «uranio impoverito», mentre sono risultati presenti «quantità elevate di metalli pesanti ed in particolar modo di arsenico» (fino 1.402 milligrammi/chilo. In campione di terreno agricolo senza sedimenti prelevato alla confluenza del Rio Quirra con il Rio Corr'e Cerbu) lungo tutto il corso del Rio Corr'e Cerbu, anche nei campioni di acqua prelevati: «il quadro ambientale... appariva molto critico per l'alta potenzialità dei metalli tossici capaci di interessare anelli decisivi della catena alimentare». Il medesimo PMP affermava di ritener necessario il completamento di tutte le indagini ambientali in materia per averne un quadro affidabile;
a tutt'oggi non sono state fornite informazioni certe e definitive sull'evoluzione degli ulteriori accertamenti preannunciati con la documentazione sopra richiamata relativamente allo stato di inquinamento dell'area di Quirra e sullo stato epidemiologico della popolazione residente;
si susseguono, invece, notizie più allarmanti, quali quelle riportate dagli organi di stampa e richiamate in premessa, dalle quali emergerebbe - se vero - che le amministrazioni centrali e regionali avrebbero omesso di tenere un costante monitoraggio sulla situazione che già da tempo appariva di pesante compromissione ambientale con gravissimo rischio per la salute di persone ed armenti. O, peggio ancora, avrebbero omesso di riconoscere e di comunicare l'esistenza di quelle serissime compromissioni cosa che, però, mai può andare a discapito della tutela di diritti fondamentali, come quello alla salute riconosciuto dall'articolo 32 della Costituzione;
le acque del poligono militare più grande d'Europa sono un cimitero di missili, radio bersagli, razzi. Ogni tanto i residuati vengono a galla. L'ultimo episodio risale agli inizi del mese di febbraio 2011, quando un missile si è incagliato nelle reti di un peschereccio a cinque miglia dal poligono. Il missile era ancora «vivo», carico di trecento chili di esplosivo, fatti brillare al largo;
pochi giorni fa sono state ritrovate 5 casse con materiali altamente radioattivi scoperti dalla magistratura nel poligono militare sardo. Il ritrovamento è avvenuto in uno dei due depositi ispezionati nella base tra Ogliastra e Sarrabus. Si sospetta la presenza di uranio impoverito;
in presenza di tale vivo allarme, occorre eliminare eventuali seri dubbi circa la compromissione ambientale l'adempimento da parte delle amministrazioni pubbliche del loro dovere di accertare la situazione, di informarne le popolazioni interessate e di porre in essere i rimedi alla situazione di compromissione ambientale della salute -:
se siano a conoscenza della situazione esposta e se abbiano disposto indagini su di essa e quali ne siano gli eventuali risultati;
quali siano comunque le loro conoscenze in proposito e attraverso quali vie e strumenti le abbiano acquisite;
quali iniziative intendano attuare, eventualmente in raccordo con la regione autonoma della Sardegna, al fine di appurare il reale stato di inquinamento dell'area di Quirra e lo stato di salute delle persone e delle specie animali, selvatiche e di allevamento, ivi presenti;

quali siano le attività svolte presso il poligono sperimentale e di addestramento interforze di Perdasdefogu;
se tutte le attività ivi svolte avvengano effettivamente sotto il controllo delle autorità militari e civili italiane con particolare riferimento all'uso di materiale che sviluppa nano particelle perniciose ed ai controlli sulle ricadute per l'ambiente e la salute;
se vi siano, e quali siano, i risultati di iniziative precedenti e in corso volte ad appurare i reali effetti su ambiente, popolazione residente e specie animali presenti nelle zone circostanti il suddetto poligono interforze;
quali iniziative intendano attuare - con l'urgenza pari alla straordinaria gravità che sembra riguardare h situazione ambientale - per rendere edotte le popolazioni interessate, oltre che le amministrazioni locali, di tutto quanto risulta essere accertato in relazione a quanto riportato in premessa con il supporto dell'autorevolezza, ma anche con il peso della responsabilità posto che le popolazioni sono oramai stremate dalle ricorrenti voci sul grave pericolo cui sono esposte insieme agli animali che ivi stazionano;
come intendano velocizzare l'iter di approvazione delle decine di pratiche di approvazione di indennizzo e salvaguardare la salute dei cittadini;
se non intendano sospendere immediatamente le convenzioni che permettono l'utilizzo del poligono da parte di aziende produttrici di armi e di eserciti stranieri;
come e quando intendano procedere ad un'opera di bonifica, prevenzione e controllo ferreo delle attività che si svolgeranno sul luogo.
(2-00982)
«Palomba, Di Stanislao, Evangelisti, Donadi»

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la riserva naturale di Monte Mario a Roma istituita nel 1997, comprende un territorio collinare di circa 238 ettari ed è parte del sistema di aree protette che fa capo a Roma Natura. È stato istituita dalla legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 ed è gestita dall'ente regionale per la, gestione del, sistema delle aree naturali protette nel comune di Roma Si tratta di una vasta zona boscosa che con i suoi 139 metri di quota rappresenta il rilievo più imponente dei monti della Farnesina; al suo interno sono numerose le specie vegetali e quelle animali protette. Nella riserva sono inoltre tracciati alcuni sentieri panoramici di grande bellezza;
per la sua vastità e la sua vicinanza al centro cittadino più volte è stata occupata da vagabondi senza fissa dimora, in questi ultimi anni per la gran parte dell'est europeo, e più volte sgomberata; l'occupazione avviene con tende, mezzi di fortuna e materiali raccolti nelle strade cittadine; ad ogni sgombero l'assessore all'ambiente della Capitale fa presenti l'entità ed i costi dell'operazione;
da alcuni mesi a ridosso del palazzo di giustizia di piazzale Clodio e lungo la rampa di viale dei Cavalieri di Vittorio Veneto e la parallela via Trionfale, sono in corso una occupazione ed un insediamento abusivi particolarmente virulenti; gli accampamenti sono localizzati in più punti e crescono di giorno in giorno; gli occupanti, tra i quali sono segnalati diversi minori, hanno trasformato l'intera area in una discarica, tra materassi non più utilizzati, plastica e imballi di cibo e poiché nel corso della notte sono segnalati dei fuochi, è del tutto possibile che si stia procedendo al taglio di specie arboree tutelate; alcuni insediamenti sono così ben nascosti, che sono individuabili solo tramite gli sversamenti di rifiuti;
gli occupanti abusivi avrebbero ricevuto persino solidarietà e sostegno da non

meglio identificati soggetti sociali o istituzionali, maturando pertanto la convinzione di stare usufruendo di un diritto; ciò ha accelerato la crescita dei diversi insediamenti abusivi; peraltro gli abitanti della zona stanno evitando di utilizzare il parco e di percorrere a piedi di notte l'isolata via Trionfale; nessuna denunzia o richiesta di intervento sembra essere pervenuta dagli occupanti del Palazzo di giustizia, che pure godono di ampia vista sugli insediamenti e le discariche;
interpellate dai firmatari del presente atto le autorità della riserva naturale si sono dette a conoscenza del fatto ed hanno affermato che il motivo per il quale non si procede allo sgombero ed al ripristino dei luoghi fa capo alla mancanza di risorse per pagare l'azienda municipale ambiente ed al fatto che, una volta individuati gli occupanti, questi si affrettano a richiedere sostegno umanitario; inoltre i guardiaparco non hanno e non possono svolgere compiti che la legge assegna ad altre autorità (polizia, carabinieri, polizia municipale e guardia forestale) e l'Ente parco, che dipende dalla regione, è gestore soltanto del vincolo che insiste su terreni che sono in parte privati ed in gran parte di proprietà del comune di Roma;
tuttavia rapidamente l'intera collina che da piazzale Clodio va verso Monte Mario si sta trasformando in una tendopoli ed in una indecorosa discarica, ad onta del fatto che la regione in questi ultimi anni ha stanziato milioni di euro per la sicurezza nelle aree verdi e nei parchi, ad esempio per sistemi di videosorveglianza; peraltro va sottolineato che i guardiaparco hanno comunque un potere di segnalazione e che se effettuassero le loro ispezioni quotidianamente, tramite l'intervento immediato della forza pubblica sarebbe possibile stroncare qualunque insediamento sul nascere;
l'interrogante valuta che per il ripristino dei luoghi occorrano già diverse centinaia di migliaia di euro, ma la situazione peggiora di giorno in giorno, in quella che appare l'inerzia delle autorità competenti -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative dirette ad introdurre nel decreto legislativo n. 152 del 2006 poteri sostitutivi penetranti a fronte dell'inadempienza degli organi regionali nella tutela nelle aree protette di loro competenza anche con riferimento a possibili comportamenti omissivi rispetto ad ipotesi di reato ambientale; se non si ritenga opportuno assumere iniziative per introdurre disposizioni che considerino i guardiaparco quali ufficiali pubblici abilitati a indagare e perseguire i reati ambientali perpetrati nelle aree di loro competenza, precisando che il loro lavoro consiste precipuamente nella sorveglianza e nel presidio diretto e quotidiano del territorio di competenza;
se ritenga precorribile, ai fini della tutela delle aree naturali protette, comunque definite, la possibilità di costituire «ronde ambientali», organizzate da associazioni ambientaliste, nei termini previsti dall'articolo 3, commi 40-43, della legge 15 luglio 2009, n. 94 e coi limiti imposti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 226 del 2010;
se il Governo non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per contrastare il fenomeno degli insediamenti abusivi, promuovendo altresì l'introduzione di norme che prevedano come pena per i responsabili la pulizia delle aree da essi deturpate.
(2-00983) «Mario Pepe (IR)»

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul sito www.costruendo.lindro.it si apprende che dal 25 novembre al 13 dicembre 2009 si è

consentita la ricerca di petrolio mediante air gun ovvero cannoni pneumatici che sparano onde acustiche sui fondali al largo della Puglia per valutare la risposta sismica;
l'attività è stata svolta dalla nave - battente bandiera olandese - «Pelagia» come si evince dall'ordinanza numero 58/2009 emessa il 23 novembre 2009, dal capitano a capo della guardia costiera di Gallipoli e dall'ordinanza numero 71/2009, in data 24 novembre 2009 del comandante dell'ufficio circondariale marittimo di Otranto;
nel telex del 9 novembre 2009, inviato da Maridipart a Maristat (Stato maggiore della marina) inoltre si legge: «Si porta all'attenzione di codesto Stato Maggiore che le aree della campagna insistono su zone di esercitazione permanenti (...) dall'esame del carteggio emerge che parte dell'area in cui è intendimento svolgere lavori di campionamento, insistono alcune aree denominate area impiegata per il rilascio di ordigni da parte di aeromobili Nato presenti nel Centro/Meridionale dell'Adriatico tra l'Italia e il territorio croato, da Vieste verso Sud, che sarebbe auspicabile, da parte della nave Pelagia, apportare le varianti alla zona di campionamento»;
in un telex militare precedente (22 ottobre 2009) trasmesso da Maristat al Ministero degli affari esteri ed a varie altre autorità militari, è scritto: «l'attività di nave Pelagia in tali zone potrebbe essere sospesa in caso di attivazione delle stesse aree per attività militari»;
le prospezioni farebbero ricorso a metodi invasivi che si basano su fenomeni di riflessione e rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente artificiale, la cui velocità di propagazione dipende dal tipo di roccia, ed è variabile tra i 1.500 metri al secondo e i 7.000 m/s. Questa sorgente artificiale dà luogo ad un'onda d'urto che si propaga sui fondali;
secondo l'ingegnere ambientale Giuseppe De Leonibus si tratta della «sorgente ad aria compressa detta Air Gun, utilizzata in quasi tutti i rilievi sismici marini. Tale metodica di ricerca è ufficialmente annoverata tra le forme riconosciute di inquinamento dalla proposta di direttiva numero 2006/16976 recante gli indirizzi della strategia comunitaria per la difesa del mare. A ridosso degli air gun si possono misurare picchi di pressione dell'ordine di 230 decibel e anche più che danneggiano soprattutto i mammiferi marini»;
la marina militare degli Stati uniti d'America starebbe attualmente sperimentando dei cannoni pneumatici che sparano sugli abissi onde sonore fino a 270 decibel con intervalli di 20 secondi e la cetacean international society ha denunciato una dozzina di esperimenti realizzati in gran segreto dall'Alleanza atlantica (Nato) nel mar Ligure. Contaminazione causata non solo dai cannoni acustici calibrati, ma anche dai meno conosciuti Surtass Lfai dell'US Navy e della Nato. Si tratta di sistemi sonori per individuare sommergibili con uso di onde sonore di 250 decibel a bassa frequenza di 450-750 Hz;
ed i sonar militari possono provocare effetti sui cetacei fino a 100 chilometri di distanza, producendo non solo disorientamento, ma molto spesso danni fisici che possono causarne anche la morte e secondo la cetacean international society la tolleranza acustica massima dei capodogli è di 150 decibel;
oltre ai 7 capodogli spiaggiati il 10 dicembre 2009 lungo le coste del Gargano, Greenpeace ha recentemente segnalato lo spiaggiamento di due cetacei sulle coste di Siracusa mentre era in corso un'esercitazione NATO, denominata Proud Manta 11, con l'impiego di sei sommergibili e sofisticate apparecchiature sonar;
lo scorso settembre sempre Greenpeace aveva lanciato l'allarme perché la NATO è stata autorizzata a sperimentare attrezzature sonar subacquee addirittura nelle acque di Pianosa, nel Parco dell'Arcipelago Toscano e dentro il Santuario dei Cetacei;

infine una balena è morta sul litorale tra Pisa e Livorno il 28 gennaio 2011, dove la valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relativa al rigassificatore off-shore, aveva dichiarato che nell'area non ci sarebbero cetacei -:
se sia vero quanto riferito in premessa;
se vi sia e quale sia la connessione tra lo spiaggiamento dei cetacei e le perforazioni e le esercitazioni militari;
se siano state chieste le dovute garanzie che le esercitazioni NATO/NURC a Pianosa e in tutto il Santuario dei Cetacei non siano pericolose per i cetacei dell'area e se siano state fatte le opportune verifiche;
se non si ritenga di dover vietare questi lavori di campionamento e queste esercitazioni soprattutto nelle aree in cui gli zifi sono più diffusi come lo Ionio e l'alto Tirreno.
(4-11077)

PAOLO RUSSO, NASTRI, DI CATERINA, CASTIELLO, FAENZI, DIMA, BIASOTTI, D'ANNA, NICOLUCCI, LABOCCETTA, CESARO, BACCINI, ABRIGNANI, GALATI, GREGORIO FONTANA e DE CAMILLIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore il disposto dei commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, a mente dei quali il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con quelli dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole, avrebbe dovuto avviare un programma sperimentale «per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili» (comma 1129);
in data 30 dicembre 2010 il Ministero dello sviluppo economico con un comunicato stampa rendeva noti i termini per lo smaltimento dei prodotti non biodegradabili da parte degli esercizi artigianali e commerciali stabilendo che la cessione dei medesimi debba effettuarsi gratuitamente e a favore dei consumatori, mentre per i produttori nessuna dilazione ulteriore operava poiché già ampiamente concessa in precedenza;
nel mercato del biodegradabile si fronteggiano sostanzialmente tre tecnologie:
a) i cosiddetti biopolimeri, ossia polimeri ottenuti da sorgenti naturali rinnovabili (mais), detti anche bioplastiche - di cui si conosce ampiamente il Mater-BI (prodotto e commercializzato dalla Novamont S.p.a.);
b) gli additivi che rendono le plastiche biodegradabili, - tra i tanti, il più noto in quanto certificato, l'ECM MasterBatch pellets (prodotto dall'azienda statunitense ECM Biofilms e distribuito in Italia dalla Italcom Srl;
c) i cosiddetti oxo-degradabili, ossia plastiche additivate che si degradano nel terreno ma non subiscono alcun processo di biodegradazione (vedi EPI, d2W, Symphony);

in data 17 gennaio 2011 è stato reso pubblico un provvedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato - che non risulta ancora sia inoppugnabile - il quale sanzionava tre operatori economici, tra i quali la Italcom srl per pubblicità ingannevole riferita esclusivamente all'omissione dell'indicazione dei tempi di biodegradazione dei manufatti additivati con l'ECM;
il decreto legislativo n. 205 del 2010 ha, all'articolo 9, modificato l'articolo 182-ter del decreto legislativo introducendo per i sacchetti destinati alla raccolta dei rifiuti il richiamo alla norma UNI EN 13432-2002;
si riscontra dai media (http://www. ecodallecitta.it/notizie.php?id=105196) che il

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avrebbe affermato che è intenzione del Ministero imporre il rispetto della norma EN 13432;
parrebbe inoltre che presso gli uffici del Ministero vi siano state, nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione del citato provvedimento dell'autorità garante della concorrenza e del mercato, numerosi accessi e visite al fine di caldeggiare appunto l'applicazione della predetta norma EN 13432;
come si legge nel sito ufficiale delle Comunità europee a proposito della normativa in tema di imballaggi (http://europa.eu/legislation_summaries/environment/waste_management/121207_it.htm) la norma EN 13432 è stata ritenuta quale conferente presunzione di conformità alla direttiva 94/62 CE solo nella versione del 2000;
come si apprende sempre dal diritto comunitario vigente, le norme EN non sono norme di osservanza obbligatoria e non sono giuridicamente vincolanti (direttiva 98/34/CE articolo 1), essendo per di più pacifico che il CEN non fa parte degli organi istituzionali della Comunità europea;
d'altro canto, pare pacifico - alla luce della vigente giurisprudenza comunitaria - che un'attuazione nazionale di una normativa comunitaria eccedente i limiti della norma stessa sarebbe illegittima e fonte di responsabilità, com'è accaduto nel 2007 alla Francia;
tra i compiti del Ministero, come pure degli altri che dovrebbero dare vita al citato programma sperimentale, vi è quello della salvaguardia delle produzioni agricole e del loro impiego naturale quali risorse per l'uomo e non per l'industria;
è notorio ed affermato dagli stessi produttori (in particolare Novamont) che le cosiddette bioplastiche utilizzano in misura addirittura superiore al 50 per cento della loro composizione appunto prodotti agricoli, ragione per la quale ove il settore degli imballaggi in plastica dovesse essere approvvigionato solo da bioplastiche parte consistente del prodotto agricolo sarebbe destinato ad impieghi industriali -:
se risponda effettivamente agli intendimenti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la richiesta di imporre l'applicazione della normativa EN 13432 e, in caso affermativo, quali siano le ragioni di tale scelta e in che misura la stessa possa essere ritenuta compatibile con il diritto comunitario vigente;
se risponda al vero che nei giorni immediatamente successivi, alla pubblicazione della delibera dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato vi siano stati molteplici accessi e visite per caldeggiare l'applicazione della citata norma EN 13432 e, in caso affermativo, in quali circostanze, da parte di chi ed a quale titolo ciò sarebbe avvenuto;
quale sia lo stato del programma sperimentale di riduzione della commercializzazione dei sacchi di asporto e quali siano, qualora deliberate, le linee guida del Ministro;
quali siano gli intendimenti del Ministro ai fini della salvaguardia delle produzioni agricole e del loro impiego a favore dell'utilizzo naturale dei prodotti agricoli, ossia il consumo o l'utilizzo nel comparto agroindustriale;
quali siano le ragioni che eventualmente indurrebbero il Ministero a ritenere superabili le obiezioni mosse dall'Unione europea alla Francia nel 2007, per fattispecie analoghe a quelle descritte in premessa.
(4-11080)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI,

MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie generale n. 39 del 17 febbraio 2011, è stato pubblicato il decreto ministeriale con il quale il Ministro interrogato ha decretato l'approvazione dello statuto della società «Difesa servizi Spa»;
inspiegabilmente agli articoli 2 e 3 del decreto pubblicato, al posto dei nominativi dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della predetta società, è scritta la parola «omissis» -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover dare immediata e ampia pubblicità dei nominativi dei componenti degli organi societari citati in premessa;
quali siano le ragioni che abbiano imposto di non indicare detti nominativi al punto che gli stessi membri nominati non possono conoscere o sapere il nome degli altri componenti i medesimi organi societari.
(4-11072)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, rispondendo all'interrogazione n. 4-04376 ha affermato che «In merito, così come ribadito in diverse sedi parlamentari e circostanze, si conferma ancora una volta che le Forze armate italiane non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito e che non risultano scorte di tale munizionamento stoccate in depositi militari italiani. Allo stesso tempo, si ribadisce che tale tipologia di munizionamento mai è stata sperimentata, neppure da forze armate straniere che hanno effettuato esercitazioni sul territorio italiano»;
un articolo dal titolo «Blitz nel poligono di Quirra, sequestrate casse radioattive» pubblicato sull'edizione del 26 febbraio 2011, del quotidiano La Nuova Sardegna, riportava la notizia che «sono cinque le casse metalliche, contenente materiale militare risultato radioattivo, poste sotto sequestro dal procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, a seguito dell'ispezione in due magazzini del Poligono di Perdasdefogu-Salto di Quirra. [...] nei prossimi giorni continuerà l'opera di scavo per portare alla luce tutto il materiale sepolto in una fossa e messo in luce dalle piogge dei giorni scorsi che hanno fatto affiorare parti di missili e di radiobersagli. Da un primo esame, il materiale potrebbe essere stato usato dall'Aeronautica tedesca durante esercitazioni effettuate negli anni '60-'70 e poi interrato dopo la bonifica» -:
se il Ministro interrogato non ritenga di fornire ulteriori elementi ad integrazione della risposta citata in premessa e se non intenda chiarire quale sia il contenuto delle casse poste sotto sequestro dall'autorità giudiziaria.
(4-11073)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere che - premesso che:
l'agenzia ANSA il 27 febbraio del 2011 diffondeva la notizia da Lanusei Ogliastra secondo la quale non ci sarebbero più dubbi: nel poligono interforze di Perdasdefogu c'è uranio 238, cioè uranio arricchito;
la cosa sarebbe stata accertata dall'inchiesta aperta a metà gennaio del 2011 dalla procura della Repubblica di Lanusei per fare chiarezza sui numerosi casi di linfoma di Hodgking registratisi in questi anni nella popolazione e su alcune malformazioni negli animali, al termine delle ispezioni ordinate dal procuratore Domenico Fiordalisi in due magazzini della base sperimentale e nella diramazione di Capo San Lorenzo;
sono state sequestrate le cinque cassette metalliche, dove i rilevatori degli esperti hanno registrato valori di radioattività

cinque volte superiori alla norma, e l'intero deposito dove erano custodite;
sono stati portati via anche tutti i documenti (disposizioni interne, ordini di servizio, turni di lavoro, regolamento dei magazzini) con i quali si potranno accertare responsabilità, soprattutto sul fatto che sia all'ingresso del magazzino, sia sopra le casse non erano stati posti i segnali necessari a distinguere la presenza di materiale radioattivo;
due militari, che di recente hanno svolto regolarmente servizio in quel magazzino, si sono ammalati di tumore e hanno dovuto sottoporsi a trattamenti chemioterapici;
una squadra di poliziotti e vigili del fuoco specializzati, accompagnati dalla dottoressa Maria Antonietta Gatti, responsabile del laboratorio dei biomateriali del dipartimento di neuroscienze dell'università di Modena e Reggio Emilia, e dal fisico nucleare professor Paolo Randaccio hanno effettuato un sopralluogo nella base militare facendo poi la scoperta che forse apre definitivamente uno squarcio sull'intera vicenda;
il materiale ritrovato è ora nel bunker dell'università di Cagliari ed in queste ore viene disposto il controllo accurato per capire dove sia contenuto l'uranio 238 -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, se sia vero in particolare che due militari che hanno svolto regolarmente servizio nei magazzini e nei depositi si siano ammalati di tumore, e che si siano riscontrati valori di radioattività cinque volte superiori alla norma;
se sia vero che le casse contenenti materiale radioattivo erano prive dei contrassegni e dei segnali necessari a distinguere la presenza di materiale radioattivo e per responsabilità di chi sia potuto accadere;
dove sia contenuto l'uranio 238 di cui si è rilevata la presenza;
se risulti quanti siano esattamente i casi di linfoma di Hodgking registratisi in questi anni tra la popolazione della zona;
quali urgenti iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a quanto sopra esposto.
(4-11074)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO e DI GIUSEPPE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si è appresa la notizia sulla paventata chiusura del tribunale di Larino;
il tribunale di Larino, pur non avendo sede nel capoluogo di provincia, si è sempre contraddistinto per un'elevata produttività, a fronte di un carico di lavoro tale da giustificare il mantenimento di tale presidio di legalità;
l'eventuale chiusura avrebbe delle gravi ripercussioni sul tessuto socio-economico del territorio. Si assisterebbe ad un calo della popolazione residente ed ad un incremento della crisi occupazionale che già colpisce il Molise. I servizi presenti attualmente sul territorio e che sono strettamente collegati alle attività giudiziarie del tribunale, come ad esempio il Comando dei carabinieri, la tenenza della Guardia di finanza e la caserma della Polizia di Stato, rischierebbero di non aver più ragione d'essere;
la scelta che si sta operando renderebbe le aree interne della regione Molise ancora più isolate e carenti dei servizi -:
se il Governo stia valutando attentamente la percorribilità di soluzioni alternative e meno drastiche rispetto alla paventata della chiusura del Tribunale di Larino.
(4-11059)

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
combattere le mafie, di ogni genere e di ogni nome, è un impegno imprescindibile in una società come quella italiana;
il loro fatturato, frutto di attività criminali, è in continua espansione e nonostante molti capi ai loro vertici siano stati assicurati alla giustizia, altri probabilmente ne stanno prendendo il posto senza timore alcuno;
le attività mafiose rivolgono in particolare la loro attenzione verso il settore degli appalti pubblici sia per le forniture (beni e prodotti di consumo di ogni genere) che per i lavori pubblici (strade, edifici civili di qualunque genere, lavori marittimi, lavori aeroportuali, opere idrauliche, produzione energia, opere fluviali, restauri, impianti smaltimento rifiuti e altro) e servizi (manutenzione mezzi, smaltimento rifiuti, progettazioni, sanitari e sociali, funerari, rilevamento dati, trasporto persone e altro);
negli appalti pubblici, con l'attuale normativa, è possibile per una organizzazione malavitosa aggiudicarsi un appalto grazie al fatto che esistono vari tipi di gare di appalto che, al contrario del passato, permettono l'aggiudicazione al prezzo più basso (praticamente chi offre di meno);
inoltre, è possibile sempre più spesso negoziare con gli enti che indicono gare, la propria offerta (procedura negoziata) oppure appartenere ad un gruppo ristretto che viene regolarmente invitato dagli enti (procedura ristretta) o, in ultimo, fare offerte migliorative (offerta più vantaggiosa) che restano nelle prerogative degli enti per la loro eventuale valutazione finale per l'aggiudicazione, in base a dei punteggi prestabiliti;
queste forme, alle quali si aggiunge (formula sempre meno applicata) l'offerta «aperta con esclusione delle ali» (detta in gergo antico «mediata») che, in fase di aggiudicazione, calcola una prima media fra tutti i partecipanti (somma delle offerte economiche diviso il numero dei partecipanti) dalla quale vengono escluse le offerte più basse e quelle più alte con il ricalcolo successivo di una seconda media alla quale chi ci si avvicina di più si aggiudica la gara e che resta quella con più garanzie e quella più difficile da pilotare, sarebbero in un paese normale civili e moderne. Ma il nostro Paese è soggetto alla pressione di potentissimi gruppi mafiosi che delle gare di appalto pubbliche fanno un punto di forza;
naturalmente tutto peggiora quando gli appalti diventano urgenti, dovuti a vere o presunte emergenze, dove la forma «aperta con esclusione delle ali» sparisce completamente;
inoltre, come recita l'articolo 38 della legge che regola gli appalti pubblici, sia che un'impresa partecipi direttamente ad una gara di appalto che intenda assumerne un sub-appalto, è richiesta una autodichiarazione del possesso del certificato antimafia che viene controllato solo dopo la gara e in fase di acquisizione dei lavori. Prudenza e ragione vorrebbero invece che il controllo sia preventivo e prima della partecipazione alla gara o dell'espressione di volontà di voler assumere sub-appalti. In fase di gara infatti le imprese possono dichiarare di voler sub-appaltare ma non hanno l'obbligo di dire a chi vogliono sub-appaltare;
bisognerebbe dunque modificare il decreto legislativo che regola gli appalti, che attualmente con le regole in esso contenute permette alle mafie di farla spesso da padrone -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover promuovere la modifica del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, tenendo conto delle osservazioni della presente interrogazione.
(4-11061)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio Permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», redazione «Radiocarcere» e redazione «Ristretti orizzonti», un detenuto di 38 anni si è suicidato nel carcere di Pavia il 12 febbraio 2011;
l'uomo si chiamava Jon R. ed era di origini romene. Ha aspettato che i compagni di cella uscissero per l'ora di socializzazione. Una volta rimasto solo ha inalato il gas della bomboletta che viene data ai detenuti per cucinare e si è infilato un sacchetto di plastica in testa, per aumentarne gli effetti. Il giovane detenuto è morto in pochi minuti. I compagni di cella, al ritorno, lo hanno trovato steso per terra, vicino alla branda. Ormai senza vita. I medici del 118, subito allertati, hanno fatto il possibile per salvarlo, ma per il ragazzo non c'è stato niente da fare. Inutile il trasporto in ospedale;
il detenuto era arrivato nel carcere di «Torre del Gallo» un mese fa, proveniente da un altro istituto penitenziario. Era recluso nel reparto «protetti», riservato a chi deve scontare pene per reati ritenuti «infamanti» dagli altri carcerati. Infatti, l'uomo era in carcere per violenza sessuale. Non si conoscono i motivi del gesto, ma pare che da giorni fosse in uno stato di prostrazione dovuto proprio alle accuse per cui era detenuto -:
se il detenuto morto suicida fosse sottoposto ad un trattamento psicologico;
quanti psicologi siano effettivamente in servizio presso il carcere di Pavia;
se non intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità e/o illiceità disciplinare nella condotta del personale penitenziario che aveva in custodia il detenuto;
quali provvedimenti intenda adottare al fine ridurre la piaga dei suicidi all'interno delle carceri italiane.
(4-11066)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», redazione «Radiocarcere» e redazione «Ristretti orizzonti», un detenuto di 27 anni è morto nella casa circondariale di Chieti, in via Janni;
l'uomo si chiamava Gaetano Busiello ed era originario di Napoli. Il giovane, detenuto a Chieti da circa 4 mesi, è presumibilmente morto tra le 23 di sabato 12 febbraio 2011 e le 4 del mattino di domenica 13. Lo hanno scoperto senza vita i compagni di cella, L'autopsia chiarirà le cause del decesso, al momento l'ipotesi è quella di «infarto»;
della morte sono stati subito informati, oltre ai familiari, anche il direttore del carcere, il comandante e il magistrato di sorveglianza. Con la morte di Busiello da inizio anno salgono a 9 i suicidi in carcere e a 15 il totale dei detenuti morti: 6 di loro avevano meno di 30 anni e altri 7 un'età compresa tra i 32 e i 39 anni -:
quali siano le cause che hanno portato al decesso di Gaetano Busiello;
con quante persone il detenuto dividesse la cella al momento del decesso;
se risulti all'amministrazione penitenziaria che l'uomo soffrisse di disturbi cardiaci o di patologie di altro tipo;
se il detenuto fosse in cura presso il centro clinico dell'istituto penitenziario;
se non intendano avviare, negli ambiti di rispettiva competenza, una indagine amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità e/o illiceità disciplinare nella condotta

dei personale aveva in cura e custodia il detenuto.
(4-11067)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la mattina del 14 febbraio 2011, nel carcere di Castrovillari, Vasile Gavrilas, 48enne, in attesa di giudizio con l'accusa di «concorso in omicidio», si è impiccato alle sbarre con i lacci delle scarpe;
Vasile era in carcere dal 25 ottobre 2011, quando fu arrestato assieme ai fratelli Costel e Cristinel Habliuc, di 28 e 29 anni, anch'essi romeni, con l'accusa di avere ucciso il bracciante agricolo bulgaro Angelov Krasimir, di 33 anni;
i fratelli Habliuc, durante l'udienza di convalida tenutasi nel carcere di Castrovillari, avevano risposto alle domande, fornendo la loro versione dei fatti e confermando l'avvenuto pestaggio scoppiato per delle «avances» fatte dalla vittima a una sedicenne romena, fidanzata di uno dei tre fermati. Vasile Gravilas, invece, si era avvalso della facoltà di non rispondere;
il corpo senza vita di Angelov Krasimir, originario di Vidin (Bulgaria) e residente a Cassano Ionio (Cs), era stato rinvenuto da alcuni addetti alla vigilanza del villaggio turistico di Marina di Sibari sotto un eucalipto in un'area di parcheggio adiacente alla carreggiata e posta all'entrata del villaggio turistico -:
se con riferimento al suicidio di Vasile Gavrilas intenda aprire una indagine amministrativa interna al fine di verificare l'eventuale sussistenza di profili di responsabilità disciplinare in capo al personale penitenziario che aveva in cura e custodia il detenuto.
(4-11068)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il presidente della corte di appello di Brescia ha definito la situazione del carcere lombardo «allarmante»;
in particolare, l'enorme sovraffollamento del carcere di Brescia penalizza tanto i detenuti, esposti a gravissimi disagi, quanto gli agenti, costretti a turni di lavoro insostenibili. Inoltre, all'interno della struttura penitenziaria in questione, non sono affatto rispettate le adeguate condizioni di igiene e sicurezza e per questo il carcere necessita di urgentissimi interventi di ristrutturazione;
le carenze sopra descritte appaiono lesive della dignità e dei più elementari diritti del personale e dei detenuti del carcere di Brescia -:
cosa intenda fare per ripristinare al più presto all'interno della predetta struttura carceraria le dovute condizioni di vivibilità, nonché il rispetto delle norme igieniche e di sicurezza;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di dare il via agli interventi di ristrutturazione di cui il carcere necessita.
(4-11069)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, associazione «Il detenuto ignoto», associazione «Antigone», associazione «A buon diritto», redazione «Radiocarcere» e redazione «Ristretti orizzonti», un detenuto di 37 anni si è suicidato nella casa circondariale di Velletri il 14 febbraio 2011;
Gianluca Corsi ha tagliato le lenzuola e dopo averle annodate ne ha fatto un cappio con cui si è impiccato alle sbarre della sua cella nel carcere veliterno;

l'uomo era detenuto da oltre sette mesi in attesa di giudizio, si trovava in una cella di isolamento ed era padre di una bambina piccola;
a diffondere la notizia di quello che è il primo suicidio del 2011 nelle carceri delle regione Lazio è stato il «garante dei detenuti del Lazio», avvocato Angiolo Marroni -:
per quali motivi l'uomo si trovasse rinchiuso all'interno di una cella di isolamento;
se non intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di accertare l'esistenza di eventuali profili di responsabilità disciplinare nella condotta del personale penitenziario che aveva in custodia il detenuto.
(4-11070)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Giuseppe Reito, detenuto nel carcere di Brucoli, ha scritto una lettera pubblicata sul quotidiano La Sicilia il 18 febbraio 2011, nella quale lamenta alcuni disagi sofferti dalla popolazione detenuta nella casa di pena di Augusta, nonché l'inefficacia delle attenzioni per le sue condizioni di salute;
nella missiva è dato leggere quanto segue: «In questo istituto ci sono molti disagi. Prima di tutto non esiste un dirigente sanitario al quale rivolgersi. Il risultato è che attendo da circa un anno il mio trasferimento in una struttura ospedaliera per l'ernia inguinale di cui soffro e che ha raggiunto una certa gravità. L'acqua calda non c'è e siamo costretti a lavarci tutti i giorni con acqua gelida. La matricola non funziona. Un esempio è che non si riescono a trovare i moduli di richiesta per alcuni servizi. È così che non riesco a frequentare nemmeno la scuola e non riesco a fare domanda di trasferimento in un altro istituto. Insomma, qui succede di tutto tranne che inserirmi nella società. Da parte mia sto scontando la pena, come è giusto che sia, ma non mi sembra altrettanto giusto che venga trattato come un animale. Sono un ragazzo solo e senza nessuno che mi aiuta. Mi rivolgo a voi che siete la mia ultima spiaggia» -:
quali provvedimenti urgenti intendano adottare, nell'ambito delle rispettive competenze, affinché il detenuto Giuseppe Reito venga trasferito in una struttura ospedaliera dove potersi curare l'ernia inguinale che lo affligge da circa un anno;
se il Ministro competente non intenda adottare i provvedimenti necessari affinché ai detenuti della casa di pena di Augusta venga data la possibilità di lavarsi con acqua calda;
per quali motivi l'ufficio matricola del predetto istituto di pena non funzioni e cosa intenda fare affinché ne sia ripristinata nel più breve tempo possibile la funzionalità a pieno regime.
(4-11071)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato il 18 febbraio del 2011, la camera penale «Sardiello» di Reggio Calabria ha sollevato la questione relativa ai box destinati ai colloqui difensore-assistito esistenti all'interno del carcere calabrese;
i penalisti lamentano che le sale colloquio «sono in numero insufficiente e finiscono per impedire gli stessi colloqui tra detenuti e difensori con grave nocumento per il diritto di difesa. Si pensi che il carcere di Palmi dispone di 12 box, mentre a Reggio Calabria ve ne sono soltanto 4, sicché i difensori, spesso, sono costretti a rinunciare a recarsi nell'istituto penitenziario ben sapendo di non riuscire a effettuare, comunque, il colloquio con l'assistito per impossibilità di espletarlo nei limiti dell'orario»;

già con la lettera inviata lo scorso autunno la camera penale aveva segnalato l'anomalia consistente nel fatto che esiste uno stanziamento di 110 mila euro per il rifacimento della sala magistrati e avvocati ma che, purtroppo, non si è ancora proceduto ad affidare l'incarico per l'esecuzione dei lavori -:
se con riferimento alla mancata esecuzione dei lavori di rifacimento della sala colloqui tra avvocati e detenuti non intenda verificare l'eventuale sussistenza di profili di responsabilità disciplinari in capo ai dirigenti del Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria i quali, già raggiunti da diffide da parte dei penalisti calabresi, continuano a mantenere sul punto un contegno omissivo;
se non intenda adottare provvedimenti urgenti volti a consentire l'immediato rifacimento della sala colloqui nel carcere di Reggio Calabria.
(4-11075)

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a seguito della sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee, secondo la quale, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 43 e 49 del Trattato nell'ambito delle disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, relativamente alla materia delle guardie particolari, degli istituti di vigilanza e di investigazione, è stato avviato un processo di riforma;
il decreto-legge 2 aprile 2008 (decreto salva infrazioni) ha fissato i criteri direttivi, mentre è rimesso ai decreti di attuazione la determinazione dei requisiti minimi organizzativi, gli standard professionali, la capacità tecnica e la qualità dei servizi che deve essere garantita dagli istituti di vigilanza privata per poter stare sul mercato;
il Ministro interrogato ha firmato il decreto n. 557/PAS/-10089.D(1)Reg. Il testo definisce i requisiti minimi che le aziende devono possedere per poter operare sul mercato, in base all'individuazione del tipo di attività che intendono svolgere, in base all'estensione territoriale che le imprese vogliono coprire ed in base al livello di servizi che si intendono offrire. In relazione alle citate categorie, alle imprese vengono richiesti determinati requisiti minimi qualitativi, che afferiscono alla capacità economico-finanziaria, al corredo tecnologico, alle caratteristiche del progetto organizzativo e gestionale, alla professionalità del titolare/istitore/direttore tecnico, alle certificazioni di regolarità contributiva eccetera;
il decreto potrebbe avere effetti significativi rispetto agli istituti di vigilanza medio piccoli, con conseguenti ricadute occupazionali -:
se e come il Ministro intenda promuovere le misure necessarie a tutelare il posto di lavoro di coloro che sono attualmente occupati negli istituti medio piccoli.
(4-11060)

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
è almeno dal 2009 che viene denunciato il fenomeno del trasporto abusivo dei cavalli da equitazione e da corsa con le relative e gravi ripercussioni che esso riflette sull'economia e sul sistema delle piccole e medie imprese del trasporto. Tali situazioni sono state segnalate, in particolare dall'Associazione nazionale trasportatori cavalli (ANTRAC) di Bastia Umbra (Perugia);

il distorsivo fenomeno del trasporto illegale dei cavalli da equitazione e da corsa ha assunto vaste proporzioni nel settore dell'ippica ed è in continua e preoccupante crescita. Secondo stime da accertare, l'ottanta per cento dei trasporti dei cavalli sportivi sarebbe effettuato da soggetti abusivi e del tutto sconosciuti al fisco;
i trasporti illegali nell'ippica stanno costringendo alla chiusura centinaia di piccole e medie imprese del settore dei trasporti, impossibilitate a concorrere rispetto a soggetti che in virtù della loro abusività possono praticare prezzi notevolmente inferiori a quelli del mercato legale;
i soggetti che effettuano i predetti trasporti abusivi si possono suddividere in due categorie: coloro che non posseggono alcuna licenza di trasporto e coloro che pur avendo una licenza per il trasporto in conto proprio, trasportano però cavalli di proprietà di terzi, segnatamente di istruttori di equitazione, di titolari di circoli ippici, di titolari di scuderie di cavalli da corsa o di persone fisiche proprietarie di cavalli;
invero, il trasporto conto terzi può essere effettuato solamente da soggetti che risultino iscritti all'albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche, in possesso di partita iva e che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi ed abbiano ottenuto apposita autorizzazione, così come previsto dall'articolo 41 della legge n. 298 del 1974;
per capire l'entità del possibile fenomeno fraudolento, basterebbe esaminare le movimentazioni equine che avvengono nell'ambito dei concorsi ippici che settimanalmente si svolgono in seno al territorio amministrativo della Capitale, dove si spostano circa 300 cavalli a concorso per circa 4 o 5 concorsi. Ciò genera una movimentazione di circa 1.500 cavalli a settimana e mantenendo l'ipotesi dell'80 per cento di abusivismo sopra indicato, avremmo un'evasione corrispondente a circa 1.200 trasporti;
i controlli per stroncare il grave fenomeno potrebbero riguardare i trasporti su strada e in tale circostanza procedere alla verifica del trasportatore, accertando se sia in possesso di licenza, quale sia la provenienza dei cavalli trasportati, i passaporti degli equini ed i relativi proprietari;
altre verifiche si dovrebbero incentrare sugli ippodromi o nei circoli ippici nelle giornate di corse o di manifestazioni, andando ad accertare la sussistenza delle dichiarazioni di provenienza e di destinazione dei cavalli che le predette strutture devono trattenere in copia -:
se siano a conoscenza dell'esistenza del fenomeno dei trasponi abusivi nel sistema dell'ippica e se non intendano con urgenza assumere le opportune iniziative affinché siano effettuati maggiori e più mirati controlli nel settore dei trasporti dei cavalli da corsa e da equitazione, nonché presso i centri ippici nelle giornate di concorso, allo scopo di contrastare e reprimere comportamenti illegali commessi da parte di trasportatori abusivi.
(4-11076)

MIGLIORI e MASSIMO PARISI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
con la legge regionale 29 maggio 1997, n. 38, la regione toscana ha istituito il circondario dell'Empolese Valdelsa, formato dai comuni di Capraia e Limite, Castelfiorentino, Cerreto Guidi, Certaldo, Empoli, Fucecchio, Gambassi Terme, Montaione, Montelupo Fiorentino, Montespertoli e Vinci, «quale circoscrizione territoriale omogenea di decentramento amministrativo della Regione Toscana nonché per l'esercizio di funzioni e servizi di ambito sovra comunale»;

con l'articolo 2, comma 185-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono stati soppressi i circondari provinciali e sono stati abrogati i commi 1 e 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267;
con la delibera di giunta n. 431 del 31 marzo 2010, la regione Toscana ha confermato la legittimità del circondario dell'Empolese Valdelsa «in quanto detto ente, a differenza degli organismi di decentramento provinciali di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 267 del 2000:
è stato istituito con legge regionale 29 maggio 1997, n. 38, che costituisce espressione della potestà legislativa regionale di disciplina delle forme associative di enti locali;
è in effetti ordinato come ente associativo dei Comuni, a norma degli articoli 2 e 4 della legge regionale n. 38 del 1997, disposizioni che regolano rispettivamente il procedimento di adozione dello statuto del Circondario e la composizione degli organi circondariali ad esclusiva partecipazione dei comuni interessati;
è destinatario di compiti ad esso affidati dai comuni, dalla Regione e, previa adozione - a norma dell'articolo 3 della legge regionale n. 38 del 1997 - dell'atto negoziale denominato Protocollo aggiuntivo stipulato tra i comuni interessati e la Provincia di Firenze, dalla Provincia medesima»;
la legge regionale 29 maggio 1997, n. 38 «Istituzione del Circondario dell'Empolese Valdelsa quale circoscrizione di decentramento amministrativo» motiva l'istituzione del circondario inserendola nell'ambito del processo di formazione dell'area metropolitana fiorentina;
l'articolo 117 della Costituzione della Repubblica attribuisce allo Stato potestà legislativa esclusiva su: «organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane» -:
se ritenga coerente con il quadro normativo vigente l'interpretazione fornita con la delibera di cui in premessa e, in caso contrario, quali conseguenti iniziative di competenza intenda assumere.
(4-11081)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) ha più volte ribadito che il nuovo liceo scientifico (opzione scienze applicate) debba fornire «competenze particolarmente avanzate negli studi afferenti alla cultura scientifico tecnologica con particolare riferimento alle scienze matematiche, fisiche, chimiche, biologiche, naturali, della terra, all'informatica e alle loro applicazioni»;
nei nuovi regolamenti degli istituti tecnici e professionali della scuola secondaria superiore le discipline biologiche, naturalistiche e di scienze della terra risultano come un'unica materia e il monte ore loro assegnato è sbilanciato rispetto a quello delle altre discipline scientifiche (fisica, matematica, chimica);
nella commissione per la revisione delle classi di concorso della scuola secondaria superiore non risultano essere presenti rappresentanti universitari di area biologica, mentre, ad avviso dell'interrogante, oltre che con tali rappresentanti, sarebbe opportuno integrare tali commissioni anche con membri di società scientifiche del settore, quale ad esempio l'Unione zoologica italiana;
l'Unione zoologica italiana (UZI) onlus è una delle più antiche società scientifiche italiane e tra i suoi scopi primari vi sono quelli di promuovere gli studi nelle varie discipline zoologiche oltreché di sostenere e garantire un adeguato

inserimento della zoologia e più in generale della biologia animale non soltanto nelle strutture di ricerca pubbliche e private ma anche nelle sedi dove a diversi livelli si insegnano le scienze biologiche, naturali e ambientali;
i rappresentanti dell'UZI, in qualità di esperti in biologia animale, sono presenti in vari comitati di Ministeri quali quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltreché di amministrazioni regionali e provinciali -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di consentire che le scienze biologiche e naturali abbiano al pari delle altre discipline scientifiche un adeguato ed equilibrato monte ore, onde consentire agli studenti di acquisire adeguate conoscenze scientifiche;
se ritenga opportuno integrare le diverse commissioni che si occupano della riforma della scuola secondaria superiore con rappresentanti di docenti universitari di area biologica e/o rappresentanti di società scientifiche del settore, come ad esempio l'UZI.
(5-04292)

ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la riforma «Gelmini» ha provocato molti dissesti nell'organizzazione della rete scolastica italiana, determinando un taglio all'organico di circa 1800 posti;
risulta che neppure i piani regionali di riordino per l'anno scolastico 2011/2012 riescano a perseguire gli obiettivi previsti;
in proposito il direttore generale dell'ufficio scolastico della Puglia, Lucrezia Stellacci, ha denunciato in un articolo apparso il 22 febbraio 2011 su La Repubblica di Bari che il drammatico taglio all'organico e la mancata attivazione dei licei musicali e coreutici sono i primi risultati del «terremoto Gelmini»;
in particolare, il direttore ha affermato che pur non essendoci ancora comunicazioni ufficiali da parte del Ministero, il piano regionale dell'offerta formativa regionale sarà stravolto e che i nuovi indirizzi di scienze applicate, le ulteriori classi a tempo pieno alle elementari e a tempo prolungato nelle medie sono a rischio;
il direttore ha anche dichiarato nel medesimo articolo che «per il prossimo anno scolastico non c'è garanzia di autorizzare tutte le classi richieste, oltre alla mancata attivazione dei licei musicali e coreutici nati proprio dalla riforma Gelmini» -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se nella regione Puglia sia a rischio l'attivazione dei licei musicali e coreutici.
(5-04293)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI, FONTANELLI e GATTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
per competere nel mondo e affrontare la crisi è sempre più evidente e necessario che si rafforzi il legame tra economia ed investimenti in ricerca e innovazione. Questo vale per tutti i paesi e a maggior ragione per l'Italia che ha chance di competere nella globalizzazione se punta con decisione su questa sfida del futuro;
il quadro della ricerca in Italia emerso dal confronto internazionale rivela una situazione di forte ritardo sia rispetto ai principali Paesi industriali che ad alcune economie europee di minori dimensioni;
l'ampliamento dei fondi per il finanziamento per lo studio scientifico e soprattutto la certezza di un'erogazione costante dei fondi allocati costituiscono i

cardini fondamentali per condurre con successo progetti di ricerca importanti per lo sviluppo della ricerca e dell'Italia;
la società consortile tra poli scientifici e tecnologici della Toscana occidentale srl, nata preminentemente per portare a compimento il progetto di cui trattasi, ancorché partecipata dalla provincia di Pisa, Peccioli Produce e Polo Navacchio Spa, è ad oggi prevalentemente sostenuta in termini organizzativi, di risorse e know how da Polo Navacchio. Il Polo Tecnologico di Navacchio, con sede a Navacchio (Pisa), è nato con lo scopo di creare i presupposti per la crescita di competitività sul mercato delle piccole e medie imprese attraverso l'integrazione tra le esigenze innovative delle stesse e l'offerta di conoscenze tecnologiche provenienti dai centri di eccellenza e dal sistema della ricerca;
tra i diversi ed importanti progetti di ricerca avviati negli ultimi anni si conta quello per lo sviluppo e la validazione di un sistema integrato per caratterizzazione della qualità degli oli di oliva basato sull'utilizzo di un Sistema olfattivo artificiale, finanziato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sull'articolo 10 legge 46 del 1982, con decreto ministeriale prot. n. 144 dell'11 maggio 1999;
il suddetto progetto si è concluso il 30 aprile 2005 con il raggiungimento degli obiettivi previsti nel capitolato e nel novembre 2006 è stata effettuata, con esito positivo, la relativa verifica tecnica;
al contempo, nel 2006, sono state avviate le verifiche contabili, ai cointestatari e ai terzi affidatari, che sono terminate nel corso del 2009. Dei controlli effettuati e delle risultanze emerse, gli esperti incaricati hanno dato evidenza nelle relazioni tecniche ed amministrative. Nel corso del 2010, i partner hanno poi inviato al S. Paolo IMI la documentazione richiesta per l'erogazione della tranche di finanziamento relativa all'ultimo stato di avanzamento 11 protrarsi di tale situazione, oltre 5 anni dalla chiusura del progetto, ha prodotto costi aggiuntivi e sta rendendo insostenibile la gestione finanziaria delle operazioni bancarie attivate anticipatamente per disporre di ingenti risorse finanziarie per liquidare i terzi affidatari per l'attività svolta -:
quali iniziative urgenti intenda prendere il Ministro interrogato al fine di calcolare con la massima celerità e per tramite degli uffici tecnici competenti, il residuo dovuto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a favore dell'intera liquidazione del progetto sopradescritto e se non intenda indicare quando questo finanziamento possa essere definitivamente erogato, considerando il fatto che un ulteriore ed ennesimo rinvio, dopo 5 anni, del pagamento potrebbe pregiudicare l'esistenza della società consortile a capo del progetto.
(4-11064)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
l'iscrizione alle liste di mobilità senza indennità di cui all'articolo 6 della legge n. 223 del 1991 è prevista per i dipendenti licenziati o messi in mobilità da datori di lavoro imprenditori con più di 15 dipendenti e poi estesa dall'articolo 4, della legge n, 236 del 1993 ai lavoratori licenziati da imprese, anche artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano anche meno di quindici dipendenti, per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro;
la definizione di imprenditore non comprende le associazioni politiche o i sindacati, il volontariato, e gli studi professionali, anche in forma associata, a meno che non siano equiparati ad

un'azienda, per numero di dipendenti. Esiste una disparità di trattamento, dunque, tra chi lavora in azienda e chi in studi professionali, associazioni o onlus;
la legislazione statale riconosce sgravi fiscali solo a chi assume persone in mobilità, di conseguenza i dipendenti di studi professionali che insieme a chi ha lavorato per associazioni onlus non si possono iscrivere alle liste di mobilità, se licenziati per giusta causa, rischiano di non essere convenienti per le aziende;
la regione Veneto, con delibera di Giunta n. 1109 del 22 marzo 2010, ha deliberato l'iscrizione dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro non imprenditori nelle liste di mobilità senza indennità;
si è determinata in tal modo una disparità di trattamento che ha generato licenziati di «serie A» e di «serie B»; il Veneto si è adeguato e ha reso possibile riscrizione anche ai lavoratori licenziati degli studi professionali, le altre regioni ancora non hanno risolto il problema -:
se non ritenga di dover adottare con urgenza le opportune iniziative normative atte a garantire un'interpretazione chiara, uniforme e oggettiva della norma in questione e tale da impedire disparità di trattamento tra lavoratori licenziati nella stessa posizione ma appartenenti a regioni diverse.
(2-00984)«Poli, Galletti, Ruggeri».

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Catanzaro un operaio, il signor Stefano Guarascio, di 24 anni, dipendente della ditta «Piano Lago Calcestruzzi», che stava lavorando assieme ad alcuni colleghi, per motivi che ancora non sono stati accertati è precipitato nel vuoto e dopo un volo di circa 18 metri è deceduto in seguito al violentissimo impatto con il suolo -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-11079)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ROTA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la conferenza delle regioni e delle province autonome, con un documento approvato il 17 febbraio 2011, ha manifestato preoccupazione per la continuità nell'esercizio delle funzioni relative alla tenuta dei libri genealogici e ai controlli funzionali del bestiame, sottolineando la difficile situazione in cui versa il sistema a seguito dei pesanti tagli operati dal decreto-legge n. 78 del 2010;
nel 2010 gli stanziamenti pubblici per i controlli e i miglioramenti erano arrivati a 62 milioni di euro, cifra forse non sostenibile; poi la politica aveva ipotizzato un taglio a soli 25 milioni di euro (stanziamento limitato, ma al quale gli operatori del settore si stavano rassegnando);
il decreto «mille proroghe» che per prassi comprende norme eterogenee, nel 2011, ha inflitto un duro colpo al settore

italiano dell'allevamento, lasciandolo privo dei finanziamenti essenziali per tutelare la qualità della zootecnia italiana;
l'intero sistema rischia di essere smantellato con pesanti ricadute innanzitutto di natura occupazionale (rischiano infatti di perdere il lavoro gli oltre 4.000 addetti del settore), compromettendo altresì definitivamente la sicurezza alimentare e la tracciabilità delle produzioni zootecniche, con pesanti oneri anche in termini di perdita di competitività del Paese;
il decreto «mille proroghe» non recepisce nulla per salvaguardare questo settore, ma com'è già accaduto ogni sei mesi riesce a trovare i soldi per coprire la rateizzazione delle multe che devono pagare i produttori di latte che hanno sforato le quote, calpestando così tutti gli allevatori che hanno seguito le regole -:
quali iniziative e provvedimenti urgenti il Ministro intenda adottare al fine di evitare che l'intero sistema zootecnico venga smantellato e come giustifichi il protrarsi dell'ennesima rateizzazione fatta a favore degli allevatori che hanno sforato le quote latte.
(4-11065)

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SALUTE

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la radioterapia viene effettuata con apparecchiature che erogano radiazioni ionizzanti con fasci collimati focalizzati sul tumore, con standard definiti acceleratori lineari (Linac) capaci di modulare l'irradiazione (IMRT), salvaguardando il più possibile i tessuti sani;
gli acceleratori Linac, da quelli più semplici a quelli più sofisticati in grado di documentare con immagini la precisione dell'irradiazione (IGRT), hanno una durata media ottimale di circa 10 anni;
la provincia di Cuneo, in particolare, è dotata di soli due acceleratori, di cui uno del 1993 e non in grado di modulare l'irradiazione (IMRT) né di effettuare la IGRT, e uno del 2001 capace di effettuare IMRT ma non IGRT;
ogni centro per la radioterapia necessita di almeno due apparecchiature Linac funzionati per poter far fronte alle emergenze; nel caso in cui invece ne sia previsto uno solo è necessario prevedere una convenzione con altri centri locali per poter gestire le eventuali urgenze;
da uno studio effettuato sulla distribuzione di tali apparecchiature, risulta che la media italiana di acceleratori per numero di abitanti sia di un Linac ogni 178.000 abitanti;
secondo questa media, la provincia di Cuneo dovrebbe essere dotata di 3 acceleratori moderni e funzionanti, in relazione al suo bacino di utenza di oltre 580.000 abitanti, diversamente da quanto finora premesso;
stando all'attuale distribuzione di Linac su tutto il territorio piemontese, si evince un'irrazionale disomogeneità nella dotazione a disposizione delle diverse province, secondo cui nella provincia di Torino vi è un Linac ogni 135.000 abitanti, nella provincia di Cuneo uno ogni 294.000, in quelle di Novara/Vercelli/Biella/VCO uno ogni 163.000, in quelle di Alessandria/Asti uno ogni 165.000 e in quella di Aosta uno ogni 127.000;
quanto premesso finora evidenzia la necessità di far luce sui criteri applicati per la distribuzione territoriale degli acceleratori lineari, nonché sulle procedure di controllo delle apparecchiature, spesso utilizzate ben oltre la loro durata ottimale -:
se vi siano indirizzi programmatici e atti ministeriali che disciplinano i criteri per l'attribuzione di risorse finalizzate alla

dotazione territoriale degli acceleratori lineari in base al relativo bacino d'utenza;
quali iniziative, in suo potere, intenda adottare al fine di garantire una più equa e omogenea dotazione territoriale di moderne apparecchiature Linac, capace di rispondere alle effettive esigenze dei pazienti e far fronte alle eventuali emergenze.
(3-01490)

Interrogazione a risposta scritta:

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la direzione delle unità operative di medicina della riproduzione (U.O.M.R.), che si occupano di tutti gli aspetti della vita riproduttiva, in alcuni casi è stata attribuita a medici non specialisti in ginecologia ed ostetricia (come avvenuto nell'università di Padova, nell'ospedale San Paolo di Milano e nell'ospedale di Latina dove le unità operative di medicina della riproduzione sono dirette da endocrinologi ed urologi), in contrasto con l'articolo 10 della legge n. 40 del 2004;
le attività delle unità operative di medicina della riproduzione spazieranno dalla chirurgia dell'infertilità all'endocrinologia riproduttiva, dalla ginecologia dell'adolescenza alla diagnostica ecografica, dalla terapia dell'abortività ricorrente alla genetica riproduttiva, e perciò sono profondamente diverse dai «centri» di procreazione medica assistita (P.M.A.) o da un ambulatorio di seminologia, che invece trattano singoli aspetti della riproduzione umana;
il bagaglio di competenze necessario per chi assume la responsabilità delle unità operative di medicina della riproduzione non può evidentemente derivare che dal percorso formativo di chi consegue la specializzazione in ginecologia ed ostetricia, pertanto la medicina della riproduzione è una specialità di tipo chirurgico dell'ambito ostetrico-ginecologico;
tali situazioni, indipendentemente dalle condizioni locali e dalle soggettività dei protagonisti, sono tali da determinare dei precedenti pericolosi a danno dei ginecologi. Al momento già accade che, su indicazione della regione Veneto, il ruolo di coordinatore del gruppo di lavoro sulla procreazione medica assistita del tavolo tecnico della Conferenza Stato-regioni sia stato assegnato ad uno dei protagonisti dei casi di direzione non ginecologica delle unità operative di medicina della riproduzione;
si potrebbe arrivare quindi alla paradossale conclusione che il tavolo tecnico della Conferenza Stato-regioni - in difformità da quanto prescritto dalla legge n. 40 del 2004 e dal documento approvato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome in data 11 novembre 2004 che indica esplicitamente che la direzione delle strutture di procreazione medicalmente assistita deve essere affidata ad un ginecologo, confondendo la medicina della riproduzione con la procreazione medica assistita - dia indicazione alle regioni di assegnare la responsabilità delle unità operative di medicina della riproduzione anche specialisti in «andrologia» o «embriologia», il che vorrebbe dire che un endocrinologo dovrebbe occuparsi di chirurgia laparoscopica dell'endometriosi o un laureato in biologia di aborto abituale -:
quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo a tutela dei pazienti e delle stesse unità operative di medicina della riproduzione, che dovrebbero diventare delle unità complesse e iperspecializzate in medicina della riproduzione, pertanto dirette e dotate di professionisti adeguatamente specializzati in tale campo, anche alla luce delle nuove disposizioni derivanti dal recepimento delle normative europee che di fatto equiparano queste strutture per complessità organizzativa ad un centro trapianti.
(4-11063)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

MEREU. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha chiesto all'Italia di recuperare quasi 18 milioni di euro di aiuti di Stato incompatibili con le norme dell'Unione europea che sono stati concessi sotto forma di tariffe elettriche preferenziali a carico di tre imprese del settore metallurgico: Portovesme (produttore di zinco e piombo), Eurallumina (alluminio) e Ila (prodotti finiti in alluminio);
i regimi tariffari agevolati per l'energia elettrica introdotti in Sardegna a favore delle tre imprese ad alta intensità energetica costituiscono a giudizio della Commissione europea «aiuti al funzionamento incompatibili»;
la necessità di sovvenzionare le imprese ad alta intensità energetica in Sardegna nasce dal fatto che nell'isola l'energia è più costosa ma, secondo la Commissione, la «compensazione di un'impresa per il maggiore livello dei costi dell'energia o di altri costi falsa la concorrenza sul mercato e rischia con il tempo di dare il via nell'Unione europea ad una corsa alle sovvenzioni che non sarebbe certo nel comune interesse»;
la Commissione ha ricordato come il primo regime di aiuti, avviato nel 2004 senza notificarlo alla Commissione, dopo essere stato interrotto a seguito di una indagine dell'esecutivo dell'Unione europea, sia stato riavviato nel 2005 a favore degli stessi tre beneficiari e anche della società Syndial, un produttore di cloro con sede anch'esso in Sardegna cui è seguita una nuova indagine approfondita dell'Unione europea nell'aprile 2006;
l'importo degli aiuti ammonterebbe a circa 12 milioni di euro per Portovesme, 5 milioni di euro per Eurallumina e 300.000 euro per ILA;
da tempo è stato richiesto un intervento del Governo volto a sanare una situazione che necessita di soluzioni certe nei tempi e nei modi -:
se non ritenga di intervenire urgentemente per sostenere presso le istituzioni europee l'opportunità di adottare una soluzione ai problemi delle imprese industriali energivore che operano in condizioni di svantaggio rispetto ai loro competitor italiani e stranieri.
(3-01489)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il movimento politico «Le Rondini» Rosolina Rovigo denuncia l'allarmante disoccupazione nel territorio della provincia di Rovigo, così come testimoniato da recenti crisi aziendali:
a) Bassano Grimeca Ceregnano, 815 lavoratori azienda in concordato fallimentare i lavoratori riceveranno a marzo le lettere di mobilità;
b) Ro car Loreo, 120 lavoratori settore metalmeccanico licenziati;
c) Cantieri navali Visentini Porto Viro, circa 400 operai in cassa integrazione;
d) zuccherificio Porto Viro dismesso, maestranze licenziate, più di 200 persone con l'indotto;
e) Alchemia industria chimica di Adria, cassa integrazione con 25 lavoratori a rischio mobilità;
altri 30 lavoratori a rischio di licenziamento si aggiungono a migliaia di disoccupati della provincia di Rovigo;
ora tocca ai dipendenti stagionali da più di 20 anni precari con contratti a termine rinnovati annualmente, alcuni di solo 3 mesi nell'azienda che fa capo alla regione Veneto (Veneto Agricoltura);

ad Adria come a Rosolina vi sono persone di 40 anni senza lavoro da più di 2 anni, mantenute da genitori pensionati di 70 anni, con 3 mesi di lavoro stagionale nel turismo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire affinché si possa dare risposta alla richiesta di occupazione e lavoro di quel territorio.
(4-11078)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello n. 4-03652, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-01642, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cassinelli n. 4-03688, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-03696, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-01671, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Sbai n. 5-01675, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili e altri n. 4-03724, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Laboccetta n. 4-03725, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-03728, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-03731, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Laboccetta n. 4-03737, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-03739, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bocciardo n. 4-03742, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-03743, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-03744, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ascierto n. 4-03755, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Bergamini n. 3-00623, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-03771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cicchitto n. 4-03792, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-01693, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Siragusa e Farina Coscioni n. 4-10953, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Samperi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Palomba n. 3-01396 del 13 gennaio 2011;
interrogazione a risposta in Commissione Guido Dussin n. 5-04203 del 10 febbraio 2011;
interrogazione a risposta orale Delfino n. 3-01473 del 22 febbraio 2011.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BRATTI, MARIANI, BRAGA, REALACCI, MORASSUT, MARGIOTTA, FRANCESCHINI, SORO e GINOBLE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la gestione dei siti contaminati rappresenta uno dei maggiori problemi ambientali per i Paesi europei. Recenti dati della European environmental agency (EEA) mostrano come la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi, rappresenta una delle più importanti minacce. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può portare ad effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi;
sulla base dei dati raccolti dall'ISPRA (già APAT) e riportati nell'annuario dei dati ambientali 2008 in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15.000. Fra questi oltre 3.400 sono stati dichiarati già contaminati. Si tratta di un numero impressionate destinato a crescere ogni anno. A tale numero vanno aggiunti gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 57 siti di interesse nazionale ad oggi istituiti dal Ministro del'ambiente e della tutela del territorio e del mare che corrispondono a circa il 3 per cento dell'intero territorio italiano e a oltre 330.000 ettari di aree a mare;
all'interno dei 57 siti di interesse nazionale (mega-siti contaminati) ricadono le più importanti aree industriali della penisola: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela; le aree urbane ed industriali di Napoli Orientale, Trieste, Piombino, Massa Carrara, La Spezia, Brescia, Mantova, Milano. Il quadro della contaminazione nei siti di interesse nazionale è notevolmente complesso, in quanto nella maggior parte dei casi attività industriali di diversa origine ed intensità si sono susseguite negli anni, compromettendo irreparabilmente l'utilizzo delle risorse ambientali e paesaggistiche e creando vere e proprie emergenze sanitarie come nel caso dei siti di Brescia, di Priolo e di vaste aree della Campania;
nel novembre 2008 i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto un documento tecnico che individua tra le aree di preminente interesse per il recupero ambientale di siti contaminati il sito di Pioltello-Rodano (provincia di Milano);
il sito di interesse nazionale di Pioltello e Rodano, in provincia di Milano, è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale con la legge n. 388

del 2000 ed è stato perimetrato con decreto ministeriale 31 agosto 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 29 ottobre 2001;
il perimetro del sito di interesse nazionale, di estensione pari a circa 830.000 metri quadrati, include interamente il polo chimico ubicato al confine tra i territori comunali di Pioltello e di Rodano (localizzati a est del capoluogo di provincia), delimitato a nord dal tracciato ferroviario e a sud dalla strada provinciale 14 «Rivoltana»;
a sud del polo chimico insiste il confine del parco agricolo sud Milano;
nell'area erano stati realizzati dalla SISAS alcuni pozzi per abbassare la falda sottostante il corpo delle discariche presenti in area ex-SISAS, tramite emungimento, al fine di impedire il contatto tra la falda e il fondo delle discariche medesime. L'esercizio di tali pozzi è stato assicurato dalla curatela, con oneri a proprio carico, dal 2000 fino al gennaio 2006. Dal febbraio 2006 i comuni di Rodano e Pioltello sono subentrati - per il mantenimento delle condizioni di messa in sicurezza della falda idrica - alla curatela fallimentare a causa della manifestata indisponibilità di quest'ultima a continuare l'intervento. Ad oggi tale intervento risulta a carico del privato acquirente dell'area;
in data 18 aprile 2001 viene emessa dal tribunale di Milano, sezione II la dichiarazione di fallimento della società SISAS spa e viene nominato un curatore fallimentare dell'area;
nei primi mesi del 2002 il curatore fallimentare ha comunicato che, la società A.I.U. American international underwriters aveva manifestato interesse a condurre a proprie spese un'indagine ambientale completa del sito SISAS ed a condividerne i risultati con le amministrazioni pubbliche al fine di una migliore valutazione dell'eventuale fattibilità di un progetto industriale relativamente allo stabilimento SISAS, a condizione fosse escluso ogni altro suo coinvolgimento riguardo ad ulteriori interventi ambientali;
pertanto, dopo una prima serie di riunioni tecniche preliminari (dal dicembre 2001), in data 8 luglio 2002, fu stipulato un accordo negoziale per la caratterizzazione ambientale del sito SISAS, sottoscritto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle attività produttive, Ministero della salute, regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello, comune di Rodano, A.I.U. (American international underwriters, società del gruppo A.I.G. American international group) ed il curatore fallimentare. Con tale accordo fu individuata la possibilità di realizzare un duplice interesse collettivo: quello di procedere alla attivazione delle procedure ed interventi ambientali per la tutela pubblica (con la predisposizione del piano della caratterizzazione del sito) e quello del risparmio di risorse finanziarie della comunità. In accordo con quanto previsto e AIU/Turnaround ha effettuato le campagne di indagine di caratterizzazione sia del suolo che delle acque sotterranee per l'intera area SISAS;
con nota acquista dal Ministero dell'ambiente al protocollo numero 10024/Ri.Bo/B del 5 novembre 2002 la società Turnaround comunicò l'abbandono del progetto di acquisizione dell'area dello stabilimento ex SISAS e, mantenendo gli impegni assunti con l'accordo negoziale, si impegnò a consegnare agli enti i risultati della caratterizzazione realizzata e successivamente il progetto preliminare di bonifica;
in sede di conferenza di servizi decisoria del 18 novembre 2002 furono presentate dalla società Turnaround le attività eseguite ed i risultati della caratterizzazione;
nella conferenza di servizi decisoria dell'8 aprile 2003 si prese atto della validazione dei dati analitici fornita da ARPA Lombardia sui suoli e sulla falda e approvarono i risultati della caratterizzazione limitatamente ai suoli. La conferenza decisoria chiese, inoltre, alla curatela

fallimentare SISAS di ottemperare le richieste fornite dalla regione Lombardia in merito al mantenimento delle attività di messa in sicurezza e monitoraggio sull'area SISAS per le acque di falda;
nella conferenza di servizi decisoria del 4 luglio 2003 furono approvate anche le integrazioni al piano di caratterizzazione - area ex SISAS;
la società AIU/Turnaround ha presentato i risultati della caratterizzazione relativo all'area ex Sisas. I risultati evidenziarono una contaminazione del terreno essenzialmente da mercurio e in pochi casi limitati da zinco limitata, in genere, ai prelievi più superficiali. In merito alle discariche presenti sul sito i rifiuti contenuti nelle discariche hanno manifestato presenza generalizzata di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), di mercurio e ftalati. I prelievi delle acque di falda rilevarono una contaminazione da cromo esavalente, di tricloro metano e di tricloro etilene;
la società, al fine di portare al termine gli accordi presi con la curatela fallimentare, nel mese di marzo 2004 trasmise il progetto preliminare di bonifica (acquisito al protocollo del Ministero dell'ambiente con n. 3537/QdV/DI del 9 marzo 2004). La conferenza di servizi decisoria del 15 giugno 2004 richiese che il medesimo dovesse essere ripresentato tenuto conto delle dichiarazioni dei comuni, nonché delle osservazioni tecniche illustrate in sede di conferenza di servizi istruttoria del 24 maggio 2004, con particolare riferimento alla mancanza di adeguate risposte circa soluzioni alternative di bonifica. In tale sede, non essendo state giudicate idonee alcune scelte progettuali, erano state formulate opportune prescrizioni tecniche al progetto esaminato ai fini della sua ripresentazione. Si è osservato, infatti, che l'orientamento generalizzato da parte di tutte le amministrazioni ed anche della commissione europea si basava sull'eliminazione delle discariche. Le medesime ponevano tra l'altro una riduzione della disponibilità di aree e, in tal senso, si rivelava fondamentale l'acquisizione dell'indirizzo delle amministrazioni comunali relativamente alle destinazioni urbanistiche future;
in questo contesto si inquadra la condanna con la sentenza del 9 settembre 2004 della Corte di giustizia europea per la mancata bonifica dell'area ex SISAS;
la conferenza di servizi decisoria del 19 gennaio 2005 richiese, atteso l'abbandono del progetto da parte della società americana, al curatore fallimentare un nuovo progetto preliminare di bonifica dell'intera area entro il 31 gennaio 2005 incentrato sull'eliminazione delle discariche presenti sul sito, tenendo conto delle sopracitate osservazioni e prescrizioni, in accordo con le previsioni urbanistiche-territoriali dei comuni di Rodano e Pioltello ed coordinato dalle stesse amministrazioni con l'obiettivo prioritario dell'allontanamento dei rifiuti dall'area ex SISAS;
il curatore impugnò il deliberato della suddetta conferenza di servizi decisoria dinanzi al TAR della Lombardia; con ordinanza n. 1159/95 del 10 maggio 2005 il T.A.R. per la Lombardia - Sezione IIa ha dichiarato «la totale estraneità giuridica della curatela fallimentare e del Curatore a rivestire la qualità di destinatari di provvedimenti del tipo di quello di cui alla Conferenza di Servizi in data 19 gennaio 2005»;
la successiva conferenza di servizi decisoria del 24 maggio 2005 approvò il progetto preliminare di bonifica dei suoli, comunque presentato dalla curatela, nella versione che contemplava la rimozione dei rifiuti presenti nelle discariche denominate A-B-C. I costi complessivi dell'intervento facevano riferimento a differenti ipotesi in relazione alla tipologia dei rifiuti da smaltire (pericolosi o non pericolosi) ed in funzione degli impianti di smaltimento finale nazionali o esteri. Tali opzioni prevedevano costi che variavano da 110.000.000 euro a 139.000.000 euro;
la medesima conferenza di servizi individuava le priorità d'intervento nello

smaltimento dei rifiuti presenti nella discarica C e richiedeva la presentazione del progetto definitivo di bonifica, secondo le prescrizioni riportate nel relativo verbale;
la citata conferenza di servizi decisoria del 24 maggio 2005, «deliberava di richiedere alla Curatela Fallimentare la presentazione del progetto definitivo di bonifica - secondo le prescrizioni riportate nel relativo verbale - o, in alternativa, di comunicare la volontà di trasferire alla Regione e/o agli Enti locali, a titolo non oneroso, la medesima area per l'effettuazione della bonifica da realizzarsi nei termini di cui sopra»;
in sede di conferenza di servizi istruttoria del 18 ottobre 2005, il curatore del fallimento SISAS, che aveva impugnato il suddetto deliberato dinanzi al TAR della Lombardia, al fine di superare la situazione di stallo, propose di valutare come soluzione operativa della questione la definizione di un apposito accordo di programma;
la successiva conferenza di servizi decisoria del 16 dicembre 2005, confermò, data la pericolosità dei rifiuti ivi presenti, la necessità di procedere prioritariamente agli interventi di rimozione del corpo rifiuti della discarica «C» e richiese la presentazione del relativo progetto alla regione Lombardia;
in ottemperanza a quanto richiesto dalle sopra citate conferenze di servizi decisorie, la regione Lombardia ha quindi trasmesso un «Piano di rimozione e smaltimento dei rifiuti presenti nella discarica "C«", relativo alla parte dei rifiuti in essa contenuti giudicati più pericolosi, da attuarsi quale primo intervento di messa in sicurezza dei medesimi rifiuti presenti nella discarica C, prevedendo di avvalersi sulle risorse finanziarie derivanti dai finanziamenti concessi alla regione Lombardia dal programma nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale n. 468 del 2001;
la regione Lombardia, congiuntamente alle amministrazioni comunali di Pioltello e Rodano, pertanto, avviò una trattativa con il curatore fallimentare, finalizzata alla cessione dell'area a favore delle amministrazioni pubbliche, al fine di consentire la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate;
data la precedente pronuncia del TAR sulla estraneità giuridica della curatela, l'onere della bonifica, solo in parte recuperabile in caso di successiva cessione dell'area a terzi, sarebbe stato in carico alla pubblica amministrazione;
la conferenza di servizi decisoria del 1° marzo 2006 deliberò di potersi avvalere, in mancanza di una conclusione positiva delle citate trattative avviate dalla curatela, delle previsioni della legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266 all'articolo 1 - commi 434, 435, 436 e 437 che prevede una disciplina che consente la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari. A tal fine, la norma prevede un accordo di programma che individua il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell'area. In tale caso, gli ingenti oneri per la bonifica sarebbero stati a carico della pubblica amministrazione e sarebbe stata applicata, come previsto dal citato comma 437, «... la normativa in materia di responsabilità del soggetto che ha causato l'inquinamento nelle aree e nei siti di cui al comma 434», con il conseguente accertamento dell'eventuale danno ambientale. Trattandosi di area inserita in un fallimento, sarebbe stato difficile recuperare somme per danno ambientale;
in questo contesto si colloca la comunicazione della curatela in merito ad una trattativa con soggetti privati interessati (Gruppo Zunino e Walde Ambiente) per la cessione, dietro corrispettivo da versare di circa 4-5 milioni di euro a tacitazione dei creditori, dell'area ex-SISAS. Tale trattativa risulta dalla corrispondenza

tra il curatore fallimentare ed il gruppo Zunino con note acquisite al protocollo del Ministero dell'ambiente nr. 5389/QDV/DI del 14 marzo 2006 e prot. nr. 5553/QDV/Di del 15 marzo 2006;
successivamente, con nota del 6 ottobre 2006, la curatela fallimentare ha comunicato al Ministero dell'ambiente la disponibilità del Gruppo Zunino e del Gruppo Walde Ambiente ad acquistare gli impianti allora esistenti nell'ex stabilimento e a bonificare l'intera area;
in considerazione della trattativa privata, che avrebbe posto interamente a carico dell'acquirente privato ogni onere connesso alla bonifica del sito, senza finanziamento alcuno da parte della pubblica amministrazione, la regione Lombardia ha promosso presso gli enti coinvolti la stipula di un atto di intenti con i citati soggetti privati acquirenti che prevede che i soggetti privati interessati all'acquisto dell'area procedessero alla messa in sicurezza di emergenza e successiva bonifica dell'area ex-SISAS, «... senza alcun intervento di finanziamenti pubblici», a fronte della rinuncia, da parte degli enti ad attivarsi nei confronti:
«del Fallimento SISAS e dei suoi aventi causa per la richiesta di risarcimento del danno ambientale, con rinuncia a qualsiasi credito per bonifica e messa in sicurezza di emergenza, e con abbandono della causa da parte di tutti i soggetti interessati»;
«delle Società proponenti, nella loro qualità di acquirenti delle aree cedute dal Fallimento, a titolo di recupero delle spese di bonifica, risarcimento di danno ambientale, messa in sicurezza d'emergenza e ogni altro titolo derivante dalla situazione ambientale delle aree, nel rispetto delle vigenti leggi»;
l'atto di intenti è stato, successivamente, sottoscritto in data 21 dicembre 2006 dai soggetti privati acquirenti e dagli enti (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia, provincia Milano, comune di Rodano e comune di Pioltello);
a seguito della sottoscrizione dell'atto di intenti, in ottemperanza a quanto previsto dal medesimo, in data 29 dicembre 2006 la società T.R. Estate Due srl (in qualità di soggetto terzo interessato, ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006) ha trasmesso il progetto di bonifica dell'area ex-SISAS, incentrato sulla asportazione e smaltimento in impianti esterni dei rifiuti presenti nella discarica C e sulla rimozione e smaltimento dei rifiuti presenti nelle discariche A e B presso una idonea discarica, all'interno del sito, autorizzata ai sensi della normativa vigente. L'importo complessivo di tali interventi risultava pari a circa 120 milioni di euro;
il progetto di bonifica dei suoli dell'area ex-SISAS, a partire dalla rimozione dei rifiuti come sopra riportato, è stato approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 10 gennaio 2007;
in data 15 gennaio 2007 sono stati avviati gli interventi di asportazione dei rifiuti, presenti nell'area C, su base volontaria dal soggetto privato ad oggi titolare dell'area;
è stato sottoscritto in data 21 dicembre 2007 un accordo di programma, per il perfezionamento del sopracitato atto d'intenti, sempre promosso dalla regione Lombardia (D.G.R. n. 4117 del 14 febbraio 2007), finalizzato alla realizzazione degli interventi di bonifica e alla conseguente riqualificazione urbanistica dell'area ex-SISAS, tra tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello e comune di Rodano) e il soggetto privato acquirente. Il citato accordo definisce un processo di riqualificazione funzionale dell'area ex SISAS, da attuare mediante interventi di ristrutturazione urbanistica che comportano la necessità di introdurre varianti agli strumenti

urbanistici generali dei comuni di Pioltello e Rodano;
inoltre, a valle della sottoscrizione dell'accordo è stato avviato il percorso per la definizione di un atto transattivo con l'operatore economico interessato all'acquisizione e bonifica dell'area (TR Estate Due Srl);
parallelamente alle attività amministrative sopra citate, considerato il rilevante impatto che le previsioni di sviluppo urbanistico, programmate dal sopra menzionato accordo, avranno sul territorio dei due comuni di Pioltello e Rodano, è stato avviato, su istanza delle amministrazioni comunali, la promozione di un secondo accordo di programma per la definizione degli interventi di riqualificazione delle aree interessate dal sito di interesse nazionale di «Pioltello-Rodano» (cosiddetto «Misure Compensative»), tra regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello e comune di Rodano. Tale accordo è finalizzato a garantire l'attivazione di mirati interventi di mitigazione (ambientali e socio-economici) dei potenziali impatti connessi al futuro assetto urbanistico dell'area ex-SISAS nonché a garantire una complessiva riqualificazione del territorio dei due comuni;
sono state affinate le procedure relative all'atto integrativo dell'accordo di programma e degli altri atti amministrativi in corso di perfezionamento;
al fine di accelerare la risoluzione dell'accordo, è stato aperto un tavolo tecnico locale, per la sola parte urbanistica, costituito dai rappresentanti delle amministrazioni comunali, dai rappresentati della direzione generale territorio e urbanistica della regione Lombardia e dai rappresentanti dei soggetti privati, che avrebbe dovuto garantire in tempi ristretti la definizione condivisa del riassetto territoriale dell'area ex-SISAS, all'interno di un più ampio disegno di sviluppo urbanistico dell'intero polo chimico di Pioltello e Rodano;
in data 23 dicembre 2008 è stato sottoscritto il II atto integrativo Apq all'accordo di programma quadro ambiente - Energia - stralcio bonifiche. Tale atto prevede un finanziamento a favore della regione Lombardia pari a 35 milioni di euro di cui 20 milioni destinati a finanziare gli interventi indicati all'accordo di programma «cosiddetto misure compensative». Al riguardo si precisa, inoltre, che il trasferimento alla regione Lombardia delle citate risorse è comunque subordinato alla completa attuazione di tutti gli adempimenti e di tutte le procedure tecnico-amministrative previste nell'accordo di programma sottoscritto il 21 dicembre 2007 e nei successivi atti modificativi;
con nota prot. 002564 del 22 gennaio 2009 l'ISPRA ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione di valutazione preliminare relativa all'azione di risarcimento del Danno ambientale per l'area ex SISAS. Da tale nota si evince che il danno ambientale dato dalla somma dei costi di ripristino più il valore dell'indisponibilità della risorsa è stato valutato pari a circa 320.263.200,00 euro. Il costo previsto per la rimozione dei rifiuti dalle discariche A, B e C è stato stimato pari a 132.192.000,00 euro;
in data 11 giugno 2009 è stato sottoscritto l'atto di transizione tra il soggetto privato ed il fallimento SISAS necessario per l'acquisizione dell'area;
in data 26 giugno 2009 la SISAS ha comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di aver completato la rimozione e lo smaltimento all'esterno del sito dei i rifiuti presenti nella discarica C da parte del soggetto privato;
con nota del 17 aprile 2009, la società TR ESTATE DUE s.r.l. ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una variante al progetto di bonifica dell'area ex SISAS;
con decreto ministeriale d'urgenza del 14 settembre 2009 è stato autorizzato l'avvio dei lavori della variante al progetto di bonifica dei suoli dell'area ex Sisas,

approvato nella precedente conferenza di servizi decisoria del 24 aprile 2009. Tale progetto prevede lo smaltimento di tutto il nerofumo contenuto nelle discariche A e B off site in impianti autorizzati comportando un risparmio sulla tempistica generale di esecuzione in quanto le attività verranno compresse dagli iniziali 24 mesi ai previsti 18 mesi e comunque entro il 31 dicembre 2010. Il nuovo costo complessivo per la bonifica dell'area ex-SISAS è stato stimato in circa 143 milioni di euro. La fideiussione è confermata nel 50 per cento dell'importo totale dell'intervento. Tuttavia, tenuto conto che con la variante i rifiuti verranno smaltiti all'estero e che ciò determinerà l'obbligo per l'operatore di prestare ulteriori garanzie fideiussorie, al fine di evitare una duplicazione delle stesse, l'importo garantito della garanzia finanziaria da prestare a favore della regione Lombardia, secondo lo schema approvato dalla giunta regionale con deliberazione n. 2744 del 15 giugno 2006, sarà ridotto della quota prestata a garanzia degli obblighi derivanti dalla spedizione transfrontaliera (trasporto e smaltimento) dei rifiuti delle discariche. Al termine delle attività di trasporto la garanzia residua non potrà comunque essere inferiore al 50 per cento dei costi residui della bonifica ancora da effettuare. La garanzia finanziaria potrà inoltre prevedere la riduzione dell'importo garantito per lo smaltimento dei rifiuti sulla base della presentazione degli stati di avanzamento lavori e della percentuale di rifiuti smaltiti, con cadenza trimestrale. A tal fine gli stati di avanzamento lavori dovranno essere approvati dagli enti di controllo;
in data 30 settembre 2009 è stato sottoscritto, tra tutte le amministrazioni competenti, «l'atto integrativo dell'Accordo di Programma stipulato in data 21 dicembre 2007 avente ad oggetto la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e riqualificazione urbanistica dell'area ex Sisas»;
in data 30 settembre 2009 e 5 ottobre 2009 è stato, altresì, sottoscritto, tra tutte le amministrazioni competenti, l'accordo di programma per «la definizione degli interventi di riqualificazione delle aree interessate dal sito di interesse nazionale di Pioltello-Rodano (cosiddetto Misure Compensative)»;
risultano in corso le attività di bonifica nell'area delle discariche, in particolare, il quantitativo totale di rifiuti inviati a smaltimento off-site autorizzato, alla data del 3 luglio 2009 risultava pari a 29.924,60 tonnellate;
la regione Lombardia con nota prot. TI.2009.0022367 del 5 novembre 2009, acquisita al prot. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota 22983/QdV/DI del 10 novembre 2009, ha comunicato che le attività in corso e quelle programmate nei tempi brevi dall'azienda presentano un ritardo rispetto al cronoprogramma riportato nella variante del progetto di bonifica in cui si ipotizzava l'inizio delle attività di smaltimento del nerofumo delle discariche A e B dal mese di luglio 2009. Tali attività alla data di trasmissione della nota non risultavano essere state avviate;
con nota del 6 novembre 2009, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alla regione Lombardia, a garanzia del conseguimento degli interventi previsti, di far conoscere in via immediata i propri intendimenti sull'attuabilità dell'atto integrativo dell'accordo di programma. Nel caso il giudizio fosse negativo la regione è stata invitata a considerare l'opportunità di procedere all'adozione degli atti necessari alla sostituzione, salvo rivalsa, del soggetto TR Estate 2 srl mediante il ricorso a procedure d'urgenza che presuppongano la richiesta regionale di dichiarazione dello stato di emergenza sull'area ex Sisas e all'adozione di successiva ordinanza di protezione civile;
con nota del 20 novembre 2009 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alla società TR Estate due srl di comunicare, con urgenza, le misure che la società intendesse intraprendere per ovviare al

ritardo, al fine di rispettare il cronoprogramma presentato, che consentisse di rispettare le scadenze già comunicate alla Commissione europea, nonché di confermare la disponibilità al rilascio in favore della regione Lombardia delle garanzie fideiussorie;
con nota prot. 164362 del 4 dicembre 2009 l'Arpa Lombardia ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la «Relazione di sopralluogo effettuato c/o la ditta ex SISAS, Polo chimico Pioltello-Rodano». Dalla relazione si evince che alla data del 23 novembre 2009 erano iniziati i lavori di perforazione tramite sondaggi sull'area della discarica B e che i lavori sulla discarica A erano momentaneamente rimandati alla definizione dell'area di ubicazione di un gasdotto Snam che passa all'interno della discarica stessa, risultavano in corso le attività di smaltimento dei terreni contaminati provenienti dalla discarica C presso la discarica di Barricalla spa di Collegno (Torino) e le operazioni di smaltimento del parco serbatoi nella zona impianti;
con nota del 1° dicembre 2009, acquisita al prot. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con prot. n. 25194/QdV/DI del 4 dicembre 2009, la società Tr Estate due s.r.l ha comunicato, tra l'altro, la piena operatività del nuovo consiglio di amministrazione, la disponibilità a convenire le forme di costituzione, a favore della regione Lombardia, della garanzia fideiussoria al fine di completare la bonifica entro i tempi previsti (31 dicembre 2010). Con la medesima nota la società ha poi richiesto a questa direzione generale un incontro tecnico;
al fine di esaminare la definizione delle forme di costituzione della garanzia fideiussoria, prevista a favore della regione Lombardia, nonché questioni connesse alle attività connesse alla bonifica dell'area ex Sisas, la direzione generale ha convocato, per il giorno 17 dicembre 2009, una riunione con la società T.R. Estate Due srl e la regione Lombardia;
dal sopralluogo effettuato il 9 dicembre 2009 nell'area ex Sisas dall'Arpa si evince che erano in corso operazioni di scavo e rimozione di una porzione di nerofumo nell'area centrale della discarica A ed invio in Belgio, per realizzare una sperimentazione a scala industriale finalizzata alla migliore definizione del destino finale;
con nota del 4 gennaio 2010, è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che durante i periodo festivo:
a) è avvenuta secondo programma la rimozione e l'invio a smaltimento dei
rifiuti dell'argine sud est della discarica B;
b) è stata eseguita la campionatura dei terreni degli argini sud ed ovest;
c) è stato approntato la messa in sicurezza del fronte di scavo dell'argine sud est della discarica B (copertura con teli ed ancoraggi);
d) sono proseguiti gli smaltimenti dei rifiuti residui stoccati presso la platea e dei rifiuti liquidi;
e) sono proseguite le attività di bonifica delle tubazioni circostanti la discarica B e dell'impiantistica del settore nord est dello stabilimento;
con successiva nota del 3 marzo 2010 è stato trasmesso un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che i quantitativi totali di rifiuti del cumulo B inviati a smaltimento off site, alla data del 20 marzo 2010 ammontano a circa 17.600 tonnellate;
in data 16 aprile 2010, il Governo, su richiesta del presidente della regione Lombardia e d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha provveduto a dichiarare lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 255 del 1992 per la bonifica delle discariche A e B dell'ex stabilimento Sisas;

alla dichiarazione di emergenza ha fatto seguito la predisposizione di uno schema di ordinanza di protezione civile con il quale si prevede, tra l'altro, la nomina di un commissario appositamente incaricato dal Governo di sorvegliare sulla puntuale prosecuzione dei lavori di bonifica;
con nota del 27 aprile 2010, acquisita è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che i quantitativi totali di rifiuti del cumulo della discarica B inviati a smaltimento off site alla data del 17 aprile 2010 ammontano a circa 24.000 tonnellate;
l'ordinanza di protezione civile n. 3874 del 30 aprile 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2010) Disposizioni urgenti per la realizzazione degli interventi di bonifica da porre in essere nel sito di interesse nazionale di «Pioltello e Rodano» per le discariche A e B dell'area ex SISAS nomina l'avvocato Luigi Pelaggi commissario delegato per la bonifica del sito e stanzia per la bonifica del sito le seguenti risorse (articolo 7):
a) quanto ad euro 20.000.000,00 a valere sulle risorse già impegnate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a favore della regione Lombardia e destinati ad interventi di riqualificazione ambientale ed infrastrutturale nei comuni di Pioltello e Rodano a seguito delle previsioni urbanistiche dell'area ex SISAS nell'ambito dell'Accordo di programma quadro in materia di ambiente ed energia - stralcio bonifiche e riqualificazione siti inquinati regione Lombardia - II Atto integrativo del 23 dicembre 2008 e così ripartite:
euro 5.000.000,00 a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul cap. 7082-P.G.02, U.P.B. 1.2.3.5. es. fin 2004, in perenzione amministrativa;
euro 15.000.000,00 a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul cap. 7503 - es. fin 2008;
b) quanto ad euro 9.873.069,79 a valere sulle risorse già impegnate a favore della regione Lombardia con decreto prot. n. 8717/Q.d.V./DI/G/SP del 30 novembre 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad ulteriore copertura dell'impegno programmatico pari ad euro 50.000.000,00 previsto dall'articolo 22 del I Atto integrativo dell'Accordo di programma quadro «Ambiente ed Energia» sottoscritto in data 5 settembre 2002;
c) quanto ad euro 20.000.000,00 a valere sulle risorse finanziarie del bilancio della regione Lombardia, capp. 980, 5999 e 6361, oltre a ulteriori risorse che si renderanno eventualmente disponibili;
Luigi Pelaggi, il commissario straordinario nominato dal Governo Berlusconi per portare a termine la bonifica della ex Sisas di Pioltello-Rodano attualmente è:
capo segreteria tecnica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Direttore dell'area marina protetta delle isole Egadi;
membro del consiglio di amministrazione di ACEA SpA;
Commissario alla emergenza idrica alle isole Eolie;
consigliere nel consiglio di amministrazione di Sogesid;
commissario delegato alla bonifica ex SISAS;
avvocato a Roma;
lo stesso commissario in sedi istituzionali ha riferito di un coinvolgimento nelle progettazioni per la bonifica delle discariche dette A e B del sito della società Sogesid di cui, come riportato, è consigliere di amministrazione;
la Commissione Bicamerale di inchiesta sul traffico illecito dei rifiuti ha nel

mese di luglio 2010, durante il sopralluogo eseguito in Lombardia ha riportato (si veda i numerosi articoli di stampa) per il sito di Pioltello-Rodano una situazione ambientale critica con possibile aggravio dovuto al fatto che la società TR ESTATE DUE s.r.l non intende procedere nell'iter definito dall'accordo di programma, da indagini delle procure competenti che riguarderebbero illeciti di varia natura -:
quale sia la strategia che intende perseguire il Governo in tema di siti contaminati, con particolare riguardo ai siti di interesse nazionale; quali accordi di programma siano stati realizzati che vedono la presenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e/o dello Sviluppo economico e quali siano i risultati conseguiti e le risorse finanziarie impegnate;
quali e quanti siti di interesse nazionale sono stati, in base alla normativa vigente, restituiti bonificati e quanti sono oggetto di processi di reindustrializzazione o comunque di attività economiche compreso il recupero edilizio;
in quanto tempo per i siti bonificati siano state espletate le operazioni autorizzative e le successive bonifiche o messe in sicurezza;
in quanti siti di interesse nazionale sia presente la Sogesid e per quali importi e una volta conseguito l'incarico, come abbia proceduto all'assegnazione di eventuali lavori e con quali ditte;
se non si ritenga opportuno affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza alle regioni visto il clamoroso insuccesso delle politiche ministeriali anche promuovendo una profonda modifica legislativa;
come si intenda proseguire nel sito di Pioltello-Rodano dopo la bonifica delle discariche di rifiuti A e B oggetto del contenzioso con la Commissione Europea, in particolar modo se il Governo intenda contribuire a farsi garante che i terreni del sito vengano comunque bonificati evitando che i costi ricadano sul sistema degli enti locali;
se gli incarichi plurimi conseguiti dall'avvocato Pelaggi non siano quanto meno inopportuni configurando anche conflitti di interesse e se quindi pertanto non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza dirette a rimuovere l'avvocato Pelaggi dagli incarichi assunti in posizione di conflitto di interessi; quali siano gli emolumenti percepiti dall'avvocato Pelaggi relativamente alle attività ordinarie e straordinarie svolte per conto della pubblica amministrazione;
se non ritenga alla luce delle infiltrazioni criminali ormai diffuse nelle attività di bonifica sia al sud che al nord del Paese definire un programma di controllo e monitoraggio specifico delle attività collegate insieme alle regioni interessate.
(4-09707)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, riguardante le strategia del Governo circa le attività di bonifica nel nostro paese, con particolare riguardo al sito di interesse nazionale di Pioltello Rodano, si rappresenta quanto segue.
Quella delle bonifiche costituisce, senza dubbio, una problematica complessa per le seguenti ragioni:
sia per l'estensione dei Sin, che riguardano oltre il 3 per cento del territorio nazionale;
sia per la gravità della contaminazione, con conseguente necessità di impiegare ingenti risorse finanziarie, private e pubbliche;
sia per il fatto che si tratta spesso di una contaminazione «storica», quindi determinata in gran parte da imprese non più presenti sui siti.

Nel tempo, l'attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incontrato notevoli difficoltà, anche per effetto dei numerosi ricorsi amministrativi proposti dalle imprese proprietarie

delle aree inquinate, contro i provvedimenti prescrittivi adottati. D'altra parte l'attività di bonifica richiede tempi non brevi per la sua completa realizzazione, soprattutto se si privilegiano tecnologie in situ, evitando di trasportare all'estero, o comunque a lunga distanza, enormi quantità di rifiuti.
Il problema riguarda anche altri paesi, ad esempio l'
environmental protection agency (Epa) degli Stati Uniti stima che oltre il 50 per cento dei progetti di bonifica delle falde siano ancora in corso, pur essendo partiti almeno 10 anni prima di noi.
In ogni caso va anche precisato che nel nostro Paese, pur in assenza di una normativa comunitaria applicabile alla protezione del suolo, molti passaggi importanti sono stati già conclusi.
Negli ultimi due anni, si è attivato un confronto tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende proprietarie delle aree che ha prodotto significativi risultati, sia in termini di progetti presentati ed approvati, sia in termini di transazioni stipulate, sia infine in termini di deflazione del contenzioso.
Va, inoltre, sottolineato come il sistema vigente non sia assolutamente Stato-centrico: bensì, sia per la bonifica dei siti regionali che per quelli di interesse nazionale (Sin), sono state coinvolte nel procedimento di bonifica le autorità locali territorialmente interessate.
Nel prediligere un approccio «integrato» che prevede, cioè, l'azione comune e sinergica dei vari attori del processo (amministrazioni pubbliche, imprese pubbliche e private, cittadini e consumatori), e la condivisione di responsabilità, volte a mutare la tendenza al deterioramento delle risorse naturali, il legislatore ha quindi operato delle scelte coerenti con i princìpi comunitari che riconoscono la disciplina statale sulla responsabilità ambientale (direttiva 2004/35/CE).
La partecipazione al processo decisionale da parte delle realtà territoriali interessate viene dunque garantita, pur affermandosi la competenza in capo allo Stato. Non si condivide quanto suggerito dagli interroganti, di affidare la regia delle operazioni di bonifica alle regioni.
D'altra parte, non è possibile metter a confronto i siti di bonifica d'interesse regionale - che spesso coincidono con «semplici» depositi o punti vendita di carburanti - con quelli a rilievo nazionale: basti pensare che all'interno dei 57 Sin sono presenti oltre 3.000 soggetti privati proprietari delle aree, tra cui le più importanti realtà industriali italiane ed estere in campo chimico e petrolifero, il che impone una visione unitaria che poggi su criteri operativi uniformi, cosa che potrebbe essere garantita dalle singole regioni solo con molta difficoltà.
Nonostante ci sia molto ancora da fare, tuttavia l'attività posta in essere dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare soprattutto negli ultimi tempi, è stata molto intensa. I numeri parlano chiaro:
complessivamente, sino ad oggi, sono state tenute oltre 1.300 conferenze di servizi istruttorie e decisorie - in 10 anni una media di una conferenza di servizi ogni 3 giorni. Solo nel biennio 2009-2010, sono state tenute circa 140 conferenze;
alla data odierna, a parte le centinaia di progetti di caratterizzazione e messa in sicurezza di emergenza approvati e realizzati, sono stati approvati 200 progetti definitivi di bonifica, di cui 60 nell'ultimo anno.

Si ritiene che, sullo stato di realizzazione degli interventi di bonifica, da tempo vengano diffusi dati non corrispondenti alla reale situazione, che tendono cioè a sottostimare i risultati raggiunti. Pertanto, si sta lavorando per realizzare una banca dati, su supporto informatico, aggiornata costantemente circa l'andamento delle procedure di messa in sicurezza e bonifica.
Si può anticipare, sebbene il lavoro non sia ancora concluso e tenendo presente che la situazione è diversa da sito a sito, che dai dati in possesso risulta che:
è stata eseguita la caratterizzazione dell'80 per cento delle aree a terra (suoli) perimetrate all'interno dei Sin;

sono stati realizzati interventi di messa in sicurezza d'emergenza per circa il 60 per cento delle aree a terra perimetrate all'interno dei Sin;
sono stati approvati progetti definitivi di bonifica dei suoli e/o delle acque di falda per circa il 40 per cento delle aree a terra perimetrate all'interno dei Sin, aree in cui le attività di bonifica sono pertanto in corso di realizzazione.

Per citare alcuni esempi di bonifiche in avanzato stato di realizzazione, oltre al sito di interesse nazionale di Porto Marghera, si possono citare:
sito di Cengio e Saliceto (Acna), dove la bonifica dell'area dell'
ex stabilimento è ormai praticamente conclusa;
siti di Manfredonia e dell'area
ex Sisas di Pioltello Rodano, dove la bonifica verrà in gran parte ultimata entro i primi mesi del prossimo anno, soprattutto grazie ai fondi messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni.

Ciò peraltro consentirà, soprattutto per il sito di Manfredonia, il superamento, si auspica in maniera conclusiva, delle procedure d'infrazione comunitaria che erano state aperte negli anni precedenti in ordine alla mancata bonifica delle discariche in questione, evitando quindi sanzioni pecuniarie.
Per quanto attiene la stipula di accordi di programma nei siti di interesse nazionale al fine di finanziare la realizzazione di interventi di bonifica in aree pubbliche, in questi ultimi due anni sono stati sottoscritti 11 accordi per un totale di circa 70 milioni di euro che testimoniano il forte impegno economico del Governo in tale materia, nonché la continua e proficua collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico e le Autorità locali competenti per la bonifica e il recupero economico produttivo nei Sin.
Alle risorse stanziate con gli accordi di cui sopra, si devono aggiungere i finanziamenti recentemente stanziati per la bonifica del Sin di Pioltello Rodano, Manfredonia, Taranto, Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano (Giugliano e laghetti di Castel Volturno) per complessivi 86 milioni di euro.
È in corso di predisposizione infine un Accordo di programma per il risanamento ambientale delle aree di Crotone, ricomprese nell'omonimo sito di bonifica di interesse nazionale, sul quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha previsto lo stanziamento di circa 10 milioni di euro. Detti fondi, resisi recentemente disponibili, saranno destinati al superamento delle difficili condizioni ambientali in cui si trovano le aree in questione, ed andranno ad aggiungersi ai fondi stanziati in precedenza nell'ambito del programma nazionale di bonifica. Tali risorse aggiuntive saranno destinate alla realizzazione o al completamento delle misure di messa in sicurezza di emergenza su aree pubbliche, o ad eventuali interventi sostitutivi su aree per le quali non risulti esser stata assunta alcuna iniziativa da parte dei soggetti obbligati.
Altro settore nel quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha sviluppato la sua azione è quello delle transazioni stipulate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con le aziende private per il risarcimento del danno ambientale. Esse rappresentano senza dubbio di uno strumento virtuoso che consente, allo stesso tempo, di risolvere il problema della bonifica delle aree di proprietà delle aziende, di restituire agli usi legittimi importanti aree già infrastrutturate per investimenti produttivi e sostenibili ed, infine, di incamerare risorse finanziarie da destinare alla bonifica delle aree pubbliche. Senza considerare il risparmio che deriva alla collettività dal venir meno di un contenzioso decennale che non ha sinora consentito di ottenere nessun risultato in termini ambientali.
Più in particolare negli ultimi due anni sono state sottoscritte 15 transazioni, per un importo complessivo di oltre 110 milioni di euro, e decine di atti transattivi sono in corso di stipula essendo state già definite le clausole principali tra il Ministero

dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le aziende interessate.
Lo strumento transattivo che precedentemente era stato utilizzato solo per il sito di Venezia, è stato esteso a molti altri siti come Brindisi, Napoli Orientale, Priolo e, anche per effetto della sua riconfigurazione ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 13 del 2009, si confida che presto potranno arrivare i primi risultati.
Riguardo alla questione specifica legata alla bonifica dell'
ex area Sisas nel sito di Pioltello Rodano, l'ampia ricostruzione della storia delle attività compiute in ordine a tale sito, effettuata in modo puntuale nell'interrogazione consente di non dover dilungarsi sulle vicende che hanno contraddistinto l'area del sito in questione, se non per evidenziare come circostanze quali l'assoggettamento a fallimento di uno dei principali responsabili della contaminazione, l'individuazione da parte della curatela fallimentare, a più riprese, di soggetti distinti cui trasferire gli oneri di bonifica al fine di non farli pesare eccessivamente sulla finanza pubblica, l'apertura nel 2004 di una infrazione comunitaria da parte della Commissione europea, abbiano comportato la necessità di mettere in piedi un complicato meccanismo procedurale che ha fatto del sito in questione un unicum nel panorama delle bonifiche di interesse nazionale.
Tale meccanismo si è complicato sempre più a causa delle difficoltà incontrate dall'ultimo operatore privato individuato, dai molteplici soggetti pubblici coinvolti, al fine di portare avanti la bonifica dell'area
ex Sisas (TR Estate 2 srl), la quale, seppur iniziata con la rimozione dei rifiuti da una delle tre discariche interessate, correva il rischio di non rispettare il cronoprogramma comunicato alla commissione europea per evitare l'irrogazione delle sanzioni comminate nell'ambito della anzidetta procedura d'infrazione nel 2005. Motivo, questo, per il quale la regione Lombardia ha chiesto l'intervento sostitutivo dello Stato con procedure e poteri straordinari quali quelli connessi alla dichiarazione d'emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992, avvenuta il 30 aprile 2010, a cui è succeduta la nomina a Commissario delegato dell'avvocato Luigi Pelaggi.
Il primo impellente impegno del neocommissario è stato quello di bandire una gara d'appalto per la rimozione dei rifiuti dalle discariche «A» e «B», in modo da intervenire sulle criticità oggetto d'infrazione. A fine luglio di quest'anno è stata bandita la gara europea; a settembre è stata aggiudicata la gara e nello stesso mese sono stati avviati i lavori di rimozione dei rifiuti dalle discariche «A» e «B», la cui conclusione è fissata al massimo al 31 gennaio 2011.
Da tutto ciò si evince, chiaramente, che la gestione del Commissario delegato, in meno di 9 mesi, ha impresso una forte accelerazione per le operazioni di bonifica: basti pensare che dalla pubblicazione della gara d'appalto all'inizio dei lavori, sono trascorsi meno di due mesi e l'Ati affidataria ha già rimosso dalle discariche «A» e «B» più di 200.000 tonnellate di rifiuti.
È una corsa contro il tempo, che impone di recuperare rapidamente gli innumerevoli ritardi accumulati in questi anni e a cui il commissario delegato sta provvedendo facendo ricorso a tutte le procedure utili, nel rispetto della legge, per anticipare la data del termine dei lavori ed evitare le conseguenze delle sanzioni previste dalla Commissione europea per il mancato rispetto dei termini indicati e dimostrare, quindi, una sostanziale inversione di tendenza da parte del Paese.
È fermo intendimento del Governo quello di condurre a termine gli interventi di bonifica così iniziati, non solo per quel che riguarda l'area dell'
ex stabilimento Sisas, ma per tutto il sito di Pioltello Rodano.
A tal riguardo, si evidenzia che tale sito di interesse nazionale è interessato dalla presenza di altri insediamenti industriali attivi e dismessi che ha fatto sì che la falda acquifera sottostante, come accertato da Arpa, presenti una contaminazione di fondo per i parametri cromo VI, triclorometano e tetracloroetilene. In merito, va evidenziato che le amministrazioni pubbliche competenti hanno stipulato un apposito accordo di programma, sottoscritto in data 21 dicembre 2007, per l'adozione di un progetto

consortile di bonifica della falda per l'intero sito di interesse nazionale tendente, sulla base della valutazione delle alternative tecniche, ad individuare la soluzione progettuale più adatta al contesto territoriale, garantendo la tutela della salute pubblica e dell'ambiente e la sostenibilità economica dell'intervento. In attuazione di questo accordo, è stata poi sottoscritta, in data 17 dicembre 2009, una convenzione tra questo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lombardia e la Sogesid s.p.a. al fine della predisposizione del progetto di bonifica delle acque di falda comprese nel Sin di Pioltello e Rodano comprensivo del modello idrogeologico. In data 26 ottobre 2010, infine, la Sogesid ha trasmesso gli elaborati tecnici sopra citati che saranno oggetto della prossima conferenza di servizi istruttoria.
Va anche precisato che, nella conferenza di servizi decisoria del 20 aprile 2009, nelle more della finalizzazione di detto
iter, è stato prescritto alle società coinsediate nel sito di interesse nazionale di Pioltello e Rodano di procedere all'attivazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda, in ottemperanza al disposto normativo vigente, che prevede l'obbligo di contenere la contaminazione, al fine di evitare la diffusione della stessa al di fuori dell'area di proprietà. Per una parte di detto sito e precisamente per quella facente capo alla società Italferr (Rfi), nella medesima conferenza di servizi la procedura di bonifica è già conclusa, come attestato dalla certificazione ambientale provinciale di avvenuta bonifica trasmessa dalla regione Lombardia in data 12 marzo 2008.
Allo stato, sono stati presentati ed approvati con prescrizioni, in sede di conferenza di servizi, i progetti di bonifica dei suoli per le seguenti aree, che rappresentano l'assoluta maggioranza delle superfici del Sin:
antibioticos;

air-liquide Italia produzione;
energheia.

Alle altre società coinsediate (c.g.t., thermo electron, immobiliare 2c), di piccola superficie, la conferenza di servizi sul Sin di Pioltello Rodano sta sollecitando la presentazione di detti progetti di bonifica dei suoli.
Da ultimo, si rappresenta che la commissione di illeciti comunque connessi alle attività di bonifica è un fenomeno fortemente attenzionato da questo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha già messo in campo alcuni strumenti per limitarne la portata o tenere comunque sotto controllo il fenomeno stesso.
Uno di questi è senz'altro il sistri, che permetterà di tracciare anche i rifiuti provenienti dalle operazioni di bonifica o diretti verso aree incluse in siti contaminati.
Altri strumenti ai quali si è pensato consistono nella possibile istituzione di un albo dedicato alle imprese che operano nel campo della bonifica dei siti contaminati allo scopo di facilitare le attività di controllo (ad oggi tale tipologia ricade nell'albo nazionale dei gestori ambientali in categoria 9 per chi è intenzionato a svolgere attività «...
di bonifica di siti» e categoria 10, infine per le attività di bonifica di siti e beni contenenti amianto). All'albo «dedicato» potrebbe essere anche assegnato il compito di elaborare un prezziario nazionale delle attività di bonifica da aggiornare periodicamente sulla base degli avanzamenti delle conoscenze tecnico-scientifiche di settore (sviluppo di nuove tecnologie di trattamento).
Non v'è dubbio, poi, che dall'intensificazione dei controlli e della vigilanza istituzionale sulle attività di bonifica dei siti contaminati non possano che derivarne risultati positivi ai fini che qui rilevano, senza però che possa aversi l'illusione o la pretesa che le attività in questione possano essere totalmente impermeabili ad appetiti criminali.
Proprio la vicenda della Lombardia è emblematica sotto tale punto di vista, dove l'iniziativa di coinvolgere soggetti e capitali privati nelle operazioni di bonifica, pur nata in un ambito pubblicistico quale quello della curatela fallimentare, e quindi

sottoposto a più di un controllo, non ha impedito che nell'attuazione concreta di tali interventi ci siano stati problemi di rilevanza penale.
Per quanto attiene le attività di supporto tecnico-specialistico espletate dalla Società Sogesid, sulla base di pertinenti atti convenzionali, finalizzate all'attuazione di interventi di messa in sicurezza e bonifica sui siti di interesse nazionale (Sin), tali attività risultano funzionali al perseguimento degli obiettivi prioritari del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm), nonché coerenti con le peculiarità statutarie e con il ruolo strumentale della società alle esigenze dello stesso dicastero.
I suddetti atti convenzionali - ripartiti tra i n. 6 Sin coinvolti - ammontano complessivamente a circa 38,6 milioni/euro. Rispetto a tale ammontare, si registra un avanzamento procedurale pari a circa il 50 per cento delle attività affidate. Le convenzioni sono volte a dare attuazione a specifici atti di programmazione negoziata sottoscritti nel settore delle bonifiche (protocolli d'intesa e accordi di programma).
Rispetto alle modalità di affidamento, la Sogesid, operando in qualità di stazione appaltante, ruolo disciplinato dal decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni e dal Regolamento attuativo del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni, garantisce gli affidamenti nel totale rispetto delle disposizioni dettate dalla normativa sugli appalti sopra richiamata, senza deroghe alle procedure di legge.
Il rapporto fiduciario con l'avvocato Luigi Pelaggi, Capo della segreteria tecnica del Ministro, scaturisce dalla sua comprovata esperienza maturata in diversi campi e settori, afferenti il mondo delle imprese, delle grandi organizzazioni imprenditoriali e in ambito universitario, all'interno dei quali ha rivestito incarichi di gestione e responsabilità di indubbio rilievo per la risoluzione di problematiche e situazioni complesse.
Inoltre, la sua particolare capacità di dedicarsi e di impegnarsi, in modo totalizzante e senza limiti di orari, ai compiti assegnati rappresenta garanzia di affidabilità e professionalità, requisiti, questi, indispensabili per chi svolge incarichi che richiedono, in molti casi, risposte e azioni tempestive e risolutive.
Le nomine, cui si fa riferimento nell'interrogazione, sono maturate, peraltro, all'interno di contesti emergenziali per i quali, il trascinarsi nel tempo di situazioni irrisolte, ha determinato forti disagi e inefficienze, con gravi conseguenze sulla qualità della vita in alcuni importanti territori.
Basti pensare alla situazione delle isole Eolie di cui l'avvocato Pelaggi è stato nominato commissario all'emergenza idrica nel febbraio 2009, per affrontare una situazione emergenziale che risale alla fine degli anni '90 e che tutti i commissari, succedutesi dal 2002 in poi, non hanno mai risolto. In un anno di lavoro l'avvocato Pelaggi è riuscito, dopo innumerevoli passaggi burocratici, a bandire la prima gara pubblica di appalto per la realizzazione delle opere relative al dissalatore di Lipari, con relativo impianto fotovoltaico, e per l'eliminazione delle strozzature della rete idrica. La gara pubblica è stata aggiudicata e tra breve inizieranno i lavori.
Entro il mese di febbraio 2011, verrà bandita la gara pubblica di appalto per la realizzazione dei depuratori di Lipari e Vulcano, che si prevede di aggiudicare entro l'estate, insieme ad un'ulteriore opera che da pochi mesi il Dipartimento della protezione civile ha assegnato al commissario, e cioè la realizzazione della condotta sottomarina dal depuratore di Lipari a quello di Vulcano.
Ebbene, in meno di due anni sono state avviate opere che da più di 11 anni erano state programmate e nessun commissario era riuscito a portare a termine, con la conseguenza che, una volta realizzate queste infrastrutture, lo Stato italiano e la regione siciliana potranno risparmiare ben 15 milioni di euro, oggi necessari per gli oneri del trasporto dell'acqua in queste isole.
Analoga considerazione riguarda la nomina dell'avvocato Pelaggi a direttore dell'area marina protetta delle isole Egadi, che è intervenuta (ad agosto 2009) a seguito di un periodo di gravi difficoltà gestionali. Anche in questo caso, in solo un anno

l'avvocato Pelaggi è riuscito, dopo 17 anni, a far approvare «il Regolamento di esecuzione e organizzazione» di questa area marina che è la più grande di Europa, come pure ha posto in essere tutti gli atti necessari per lo svolgimento delle attività di sorveglianza e di informazione.
Dal settembre 2010, l'avvocato Pelaggi, con grande dispiacere del comune di Favignana, ha lasciato l'incarico avendo raggiunto gli obiettivi prefissati.
L'avvocato Pelaggi è anche componente, senza alcuna delega specifica, del Consiglio di amministrazione della società Sogesid, società in
house del Ministero, sulla quale l'amministrazione esercita un controllo analogo a quello svolto sui propri servizi. In tal senso, ricordo, che si è espressa la stessa Commissione europea alla fine dello scorso anno, per cui, come è già stato precisato in risposta ad analoghe interrogazioni parlamentari, non vi può essere conflitto di interesse tra la carica di commissario delegato per l'emergenza delle isole Eolie e l'incarico di componente del Consiglio di amministrazione della Sogesid, poiché non vi è un rapporto di terzietà tale da poter giustificare l'insorgere di un conflitto di interesse.
Per completezza, si ricorda che il coinvolgimento della Sogesid nell'attività di progettazione del dissalatore per l'emergenza idrica delle isole Eolie è antecedente alla nomina dell'avvocato Pelaggi nel Consiglio di amministrazione di detta società e che Sogesid svolge esclusivamente il supporto tecnico e amministrativo, giacché la realizzazione delle opere viene affidata dal commissario tramite apposite procedure di gara ad evidenza pubblica.
Alla luce di quanto esposto, non si ritiene assolutamente «inopportuna» la scelta di affidare questi incarichi all'avvocato Pelaggi, né si ritiene si configurino situazioni di «conflitto d'interessi» nelle posizioni attribuite.
In merito, poi, agli emolumenti, va segnalato che l'avvocato Pelaggi percepisce attualmente, con esclusione dell'incarico in Acea, una somma annua lorda inferiore rispetto a quella che viene ad essere erogata ai dirigenti di I fascia (dirigenti generali del Ministero dell'ambiente).
Per quanto riguarda, infine, la nomina dell'avvocato Pelaggi quale componente del Consiglio di amministrazione dell'Acea, questa non riguarda una scelta del Ministero, ma attiene esclusivamente alla sfera personale dell'avvocato, giacché è stato il comune di Roma che lo ha cooptato nel consiglio di amministrazione, non conferendogli peraltro, alcuna delega specifica.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Stefania Prestigiacomo.

BURTONE e GRASSI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 19 ottobre 2009 il capo dipartimento per l'università del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca emanava una circolare ai Rettori delle Università italiane con la quale comunicava le «nuove linee di indirizzo per le Scuole di specializzazione da istituire presso le facoltà di Medicina e Chirurgia» redatte da una commissione di esperti;
le scuole da attivare in tutti gli atenei sono in totale 10 sulla base di requisiti particolarmente impegnativi quali: volume dell'attività formativa, dimensione di ogni singola facoltà di medicina, sussistenza di docenti della tipologia di ogni singola scuola;
il 9 dicembre 2009 il coordinatore dei direttori delle scuole di specializzazione inviava ai rettori il resoconto di una riunione presso il Ministero nel corso della quale il numero delle scuole di specializzazione veniva ulteriormente ridotto a 9;
non è mai stata una spiegazione alla drastica riduzione delle scuole di specializzazione mediche rispetto al numero attuale;
le scuole di specializzazione in pneumologia, attualmente compresa fra le scuole esistenti non compare fra quelle da attivare già dal prossimo anno accademico

nonostante l'elevatissimo rilievo epidemiologico e socio economico delle malattie dell'apparato respiratorio e nonostante l'Oms abbia dichiarato che insieme alla rianimazione la specialità pneumologia sarà quella chiamata ad affrontare prioritariamente le emergenze sanitarie -:
se non si ritenga di intervenire urgentemente per fare inserire la scuola di specializzazione in Pneumologia fra quelle di prima fascia da attivare presso tutte le facoltà di medicina delle università italiane.
(4-05501)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame riguardante le scuole di specializzazione in malattie dell'apparato respiratorio, si comunica che la commissione di esperti, nominata per affrontare la razionalizzazione delle scuole di specializzazione, relativamente all'anno accademico 2009/2010, ha ritenuto opportuno, preliminarmente, richiamare l'attenzione sull'importanza del procedimento di verifica e controllo dei requisiti, quale presupposto necessario per l'attivazione delle scuole. Tale procedimento è stato individuato dall'osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica, ufficializzato con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 21 luglio 2009, e prevede la valutazione critica dei dati inseriti dagli Atenei nel sito Cineca. La valutazione di tali dati, rimessa all'osservatorio attraverso l'istituzione di apposite commissioni, consentirà il confronto tra il volume delle attività professionalizzanti delle scuole e i corrispondenti DRG, (Diagnosis related groups) registrato presso il Ministero della salute.
La commissione ha, inoltre, ritenuto fondamentale il monitoraggio dei risultati della formazione, al fine della successiva conferma dell'attivazione delle scuole.
Premesso quanto sopra, la commissione ha individuato dieci scuole di specializzazione di carattere generale e di maggior impatto per il Servizio sanitario nazionale; esse sono: anestesia e rianimazione, radiodiagnostica, chirurgia generale, malattie dell'apparato cardiovascolare, medicina interna, pediatria, ginecologia ed ostetricia, psichiatria, ortopedia e traumatologia, igiene e medicina preventiva.
La scelta di queste tipologie, per le quali è prevista l'attivazione in via prioritaria presso tutti gli Atenei con facoltà di medicina, ha tenuto conto della disponibilità dei contratti nazionali e delle esigenze del Servizio sanitario nazionale per il triennio 2008/2009-2010/2011.
La scuola di specializzazione in malattie dell'apparato respiratorio, in particolare, è risultata essere al ventesimo posto.
Stante, inoltre, l'impossibilità di attivare tutte le tipologie di scuole presso ogni facoltà di medicina, la selezione delle scuole non comprese nell'elenco di cui sopra, comporta la valutazione comparativa dei requisiti, valutati complessivamente.
1. dotazione di docenti (I e II fascia) specifici della tipologia di scuola, unitamente alla valutazione della produzione scientifica e della competenza professionale;
2. volumi di attività della rete formativa, valutata sulla base delle soglie di attività e del
case mix;
3. adeguatezza delle dimensione della facoltà di medicina e chirurgia, riferita specificatamente alla scuola, in particolare in termini di corpo docente necessario alla gestione del tronco comune (decreto ministeriale 1o agosto 2005) e degli insegnamenti fondamentali compresi nei requisiti di docenza (decreto ministeriale 28 marzo 2006);
4. attività pregressa delle scuole che, pur avendo un valore indicativo dell'esperienza acquisita, non è un requisito vincolante.

Inoltre, va evidenziato l'impulso che è stato dato alla costituzione delle reti di scuole di specializzazione, superando l'originario modello federativo con scuola capofila, al fine di implementare l'offerta formativa specialistica.
Sempre in tale ottica, va tenuta presente la possibilità, accordata col decreto ministeriale 5 febbraio 2010, in materia di assegnazione di contratti relativi all'anno

accademico 2009/2010 nelle scuole di specializzazione mediche, di attivare contratti finanziati dalle regioni, da enti pubblici, nonché quelli derivanti da finanziamenti comunque acquisiti dalle università che si aggiungono ai contratti statali, così come deliberato nella conferenza Stato-regioni, al fine di garantire una più ampia offerta formativa specialistica.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
qualche settimana fa l'Università Parthenope di Napoli, ha firmato con la Uil della Campania una convenzione che consentirà a chi ha in tasca la tessera del sindacato guidato da Luigi Angeletti di vedersi riconoscere fino a 60 crediti per il corso di laurea triennale in giurisprudenza. Uno sconto, secco, di un anno su tre;
la convenzione così recita: «In considerazione delle conoscenze e delle abilità che i lavoratori iscritti alla Uil potranno certificare in ragione delle funzioni e delle mansioni a loro attribuite verranno riconosciuti 60 crediti al personale impegnato in attività di tipo tecnico, gestionale o direttivo ...50 crediti al personale impiegato in attività caratterizzato da conoscenze mono specialistiche...»;
l'articolo 2 della convenzione afferma che: «La Uil segreteria regionale della Campania si impegna a collaborare con l'Università nell'individuazione dei requisiti nella fase istruttoria delle richieste degli iscritti»;
secondo quanto riportato dal Corriere della sera in data 12 ottobre 2009 il riconoscimento degli esami sarà curato dalla stessa Uil;
sempre nell'articolo del Corriere della sera del 12 ottobre si afferma che: «convenzioni come quella appena stipulata dall'ateneo delle "dieci famiglie", come la definì nel giugno 2007 un articolo di Repubblica, nelle università italiane non sono affatto rare. Quando alla fine degli anni Novanta con la riforma voluta dal centrosinistra vennero istituite le lauree triennali, si decise di riconoscere crediti formativi accumulati con l'esperienza lavorativa. C'era una disposizione europea. Ma in Italia l'opportunità diventò ben presto occasione per i furbi. Da lì al malcostume vero e proprio il passo fu breve. E il malcostume dilagò. Si arrivò a regalare i pezzi di carta: c'erano convenzioni che consentivano di vedersi abbuonare anche tutti i crediti formativi del corso di laurea. Bastava discutere la tesi. E in qualche caso neanche quello»;
ad avviso dell'interrogante la pratica delle convenzioni con sindacati, enti e ministeri sostanzia di fatto delle situazioni di privilegio rispetto all'ordinamento degli studi ordinario cui sono sottoposti tutti gli studenti universitari italiani -:
se sia a conoscenza delle circostanze riportate in premessa e se vi siano ulteriori elementi di cui voglia mettere al corrente la Camera dei deputati;
se e quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per eliminare il malcostume delle convenzioni, pratica e strumento in palese contrasto con i principi di merito e di uguaglianza professati e perseguiti dall'attuale Esecutivo.
(4-04530)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il riconoscimento dei crediti per il corso di laurea triennale in giurisprudenza presso l'università Parthenope di Napoli, si comunica quanto segue.
Il comma 147, articolo 2, della legge 24 novembre 2006, n. 286 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262) ha stabilito che «... le università disciplinano nel proprio regolamento didattico le conoscenze e le abilità professionali, certificate ai sensi della normativa

vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi. In ogni caso, il numero di tali crediti non può essere superiore a sessanta».
Alla luce di quanto stabilito dalla predetta norma il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel ribadire che il riconoscimento delle conoscenze e delle abilità professionali, nonché delle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello
post-secondario, può essere effettuato in relazione al percorso formativo, sia nei corsi di I livello che in quelli di II livello, ma non può superare il limite dei sessanta crediti, ha altresì richiamato l'attenzione dei rettori delle università sull'obbligo di inserire nei regolamenti didattici di ateneo la disciplina del riconoscimento dei Cfu in questione e di trasmettere la documentazione relativa alle suddette modifiche di RAD (Regolamento didattico di ateneo) al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'approvazione.
Nel caso specifico, l'università Parthenope di Napoli all'articolo 7, comma 4, del regolamento didattico di ateneo ha stabilito che: «Sulla base di specifiche convenzioni stipulate dall'università, le facoltà ovvero, su delega di queste, i competenti Consigli di coordinamento didattico, possono prevedere il riconoscimento, secondo criteri predeterminati nel rispetto della normativa vigente in materia e con procedure definite negli appositi regolamenti, di crediti acquisiti dallo studente per competenze ed abilità professionali, ovvero di competenze ed abilità maturate in attività formative di livello
post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l'università o altro ateneo abbia concorso».
Il citato regolamento didattico di ateneo è stato approvato con decreto direttoriale del 15 maggio 2008.
Con l'occasione si fa rilevare, altresì, che non esiste un corso di laurea triennale con denominazione «giurisprudenza», mentre esistono corsi di laurea triennale, afferenti alla classe L-14, scienze dei servizi giuridici. Il corso di studi in «giurisprudenza» è un corso di laurea magistrale, a troncone unico o ciclo unico, di durata quinquennale, afferente alla LMG/01-classe delle lauree magistrali in giurisprudenza.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nell'anno scolastico 2009/10 è stata avviata l'applicazione, nelle scuole del Paese, del programma «frutta nelle scuole» ai sensi dei regolamenti europei n. 1234/2007 e n. 288/2009;
con la comunicazione del 28 ottobre 2009 il Ministro interrogato - insieme ai titolari dei dicasteri delle politiche agricole, alimentari e forestali e della salute - ha indirizzato ai direttori degli uffici scolastici regionali una circolare in cui si legge che il fine del programma «frutta nelle scuole» consiste nel «far fronte allo scarso consumo di frutta e verdura da parte dei bambini, aumentando durevolmente la porzione di frutta e verdura nella loro dieta, nella fase in cui si formano le abitudini alimentari. (...) Il ruolo della prevenzione e dell'educazione alimentare diventa la leva principale di una strategia volta ad introdurre comportamenti maggiormente consapevoli fra i giovanissimi ed informare insegnanti e genitori per rendere i programmi più efficaci»;
inoltre gli uffici tecnici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno anche messo a punto un documento, poi approvato dalla Conferenza Stato-regioni, recante: «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica», in cui si afferma che il menù deve essere elaborato secondo i princìpi di una alimentazione equilibrata dal punto di vista nutrizionale, utilizzando anche alimenti tipici al fine di insegnare ai bambini il mantenimento delle tradizioni alimentari,

e misurata sul piano della quantità, in particolare limitando la possibilità che vengano date ai bambini porzioni doppie;
la materia oggetto degli interventi sopra descritti è di grande importanza e attualità considerato che - come documentato dalla ricerca del Ministero della salute «Okkio alla salute» svolta nelle scuole primarie - sempre maggiore sta diventando, soprattutto in alcune regioni tra le quali spicca la Campania con un tasso pari al 24 per cento, la quota di bambini in condizioni di sovrappeso o obesità, il che rappresenta un grave rischio per la salute e per le prospettiva di sana crescita dei minori -:
quali iniziative siano state messe in campo e quali siano le ulteriori eventuali misure in programma da parte del Governo per attuare concretamente, nelle scuole dell'intero territorio nazionale, il programma «frutta nelle scuole» e le «linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica» e quali strumenti siano disponibili per monitorarne i risultati e quindi avere garanzia della tutela della salute alimentare dei bambini.
(4-08898)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, relativa al programma «frutta nelle scuole» ai sensi dei regolamenti europei n. 1234 del 2007 e n. 288 del 2009, l'interrogante chiede di conoscere le iniziative messe in campo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la concreta sua attuazione e per la messa in atto delle linee guida di indirizzo nazionale riferite alla ristorazione scolastica.
In numerosi Paesi del mondo, con l'intento di fornire indicazioni su come alimentarsi in modo sano, proteggendo la propria salute, istituzioni pubbliche e organismi scientifici, hanno provveduto ad elaborare apposite linee guida.
Proprio in Italia un gruppo di esperti, costituito presso l'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran) ha elaborato le «linee Guida per una sana alimentazione italiana», mirate a definire e divulgare le informazioni di base per una alimentazione equilibrata e mirata al benessere.
Tra i punti chiave delle «linee guida per una sana alimentazione italiana» è presente l'invito al consumo di cereali, legumi, ortaggi e soprattutto frutta.
Anche la scuola è intervenuta e sta intervenendo su questo fronte con specifici progetti tesi a contrastare le scorrette abitudini alimentari derivanti, in special modo, dalla casualità e dallo squilibrio nella combinazione della dieta giornaliera: quantità sbagliate e scarsa varietà sono infatti causa di danni molto gravi per l'organismo, soprattutto nella fase della crescita.
Molte sono infatti le iniziative poste in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in materia di educazione alimentare, anche al fine di incentivare l'adozione di stili di vita salutari. A tale proposito vanno evidenziate in particolare le iniziative realizzate nell'ambito dei programmi: «scuola e cibo» - piani di educazione scolastica alimentare, «frutta nelle scuole» e «guadagnare salute».
In relazione al documento linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica del Ministero della salute, approvato dalla conferenza Stato-regioni e richiamato opportunamente nel testo della interrogazione parlamentare in oggetto, sono stati resi fruibili una serie di indirizzi
web nel sito del Governo italiano - Presidenza del Consiglio dei ministri, in cui sono reperibili specifiche informazioni, tese all'attuazione concreta delle stesse linee di indirizzo a cui fa riferimento l'interrogante.
A partire dall'approvazione e progressiva introduzione delle nuove norme sul primo ciclo di istruzione, tutta una serie di innovazioni e modifiche, didattiche e operative, verranno nel complesso a coinvolgere l'intero sistema scolastico in una riforma organica.
È l'occasione per fare della scuola, dell'università e dell'intero sistema formativo nazionale, un comparto adeguato e moderno, al passo con i sistemi vigenti nell'Unione europea, cogliendone opportunità e

indicazioni, in un quadro di orientamento che veda gli studenti di tutte le età muoversi in uno scenario comunitario, preparandosi per un soddisfacente e qualificato ingresso nel mondo del lavoro.
In questo rinnovato quadro e nelle prospettive che da esso derivano un aspetto di particolare rilievo riguarda l'indispensabile conoscenza dei contenuti legati a
Cittadinanza e Costituzione, insegnamento interdisciplinare introdotto nelle scuole di ogni ordine e grado con la legge n. 169 del 30 ottobre 2008. Un'approfondita preparazione sugli argomenti collegati con il quotidiano esser parte di una comunità, nonché sui diritti e doveri del cittadino, aiuterà i giovani a partecipare in maniera più consapevole e positiva alla costruzione e al miglioramento della società.
In tale contesto, un tema di primaria importanza è quello dell'alimentazione.
Nel nostro Paese già da tempo si è evidenziato l'aumento dell'incidenza di molte patologie legate agli stili di vita, nonché il ruolo fondamentale dell'attività fisica e della corretta alimentazione per la protezione della salute.
Dati che suscitano estrema preoccupazione sono quelli relativi al notevole aumento dei casi di sovrappeso ed obesità nella nostra popolazione, già a partire dall'età infantile. Rilevante è, pertanto attenzione riservata dalle Istituzioni ai temi della salute e della prevenzione, in particolare nelle fasce di età giovanili.
La conveniente comprensione del processo di nutrizione personale e collettiva, delle funzionalità della filiera alimentare, delle valenze mediche e ambientali, nonché della stagionalità e territorialità dei prodotti alimentari, dei consumi responsabili oltre che dei contesti economici e sociali entro i quali si muove nel suo complesso il
sistema-cibo è del tutto indispensabile, per sé stessi e per le comunità di cui ogni individuo fa parte.
L'estrema attualità degli argomenti relativi all'alimentazione e nutrizione, alla sicurezza degli alimenti, agli obblighi nazionali e comunitari, suggerisce che tali tematiche costituiscano oggetto di attento studio e riflessione da parte di docenti, studenti e loro famiglie in un'ottica interdisciplinare, trasversale al
curriculum, con particolare riferimento alle discipline scientifiche, storico-geografiche e all'educazione civica e motoria.
In materia di
educazione alimentare, anche al fine di incentivare l'adozione di stili di vita salutari, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha posto in essere, come prima accennato, tramite apposito comitato tecnico-scientifico, il programma «scuola e cibo» - piani di educazione scolastica e il programma comunitario «frutta nelle scuole», coerenti con la strategia intersettoriale sviluppata dal programma «guadagnare salute».
Per mezzo della prevenzione, ci siamo inoltre preposti di creare una cultura del benessere, contribuendo alla riduzione di quei fattori di rischio che, maggiormente, attentano alla salute pubblica, con particolare attenzione al mondo dei giovani e degli adolescenti.
Il programma comunitario «frutta nelle scuole» si propone di far fronte allo scarso consumo di frutta e verdura da parte di bambini e ragazzi, aumentando durevolmente e qualitativamente le porzioni di frutta e verdura nella loro dieta, nella fase in cui si formano le abitudini alimentari. A tale proposito si veda la nota n. 9236 del 28 ottobre 2009 a firma congiunta del sottoscritto Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Questo programma comunitario, realizzato quindi dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero della salute e le regioni, intende pertanto:
incentivare il consumo di frutta e verdura tra i bambini compresi tra i sei e gli undici anni di età;
realizzare un più stretto rapporto tra il produttore-fornitore e il consumatore, indirizzando i criteri di scelta e le singole azioni, affinché si affermi una conoscenza e

una consapevolezza nuova tra chi produce e chi consuma;
offrire ai bambini, anche attraverso informazioni finalizzate e rese con metodologie pertinenti, più occasioni, ripetute nel tempo, per conoscere e verificare concretamente prodotti naturali diversi in varietà e tipologia, per potersi poi orientare fra le continue pressioni della pubblicità, sviluppando una capacità di scelta consapevole, anche legata alla stagionalità dei prodotti ed al territorio di provenienza.

Nell'anno scolastico 2009-2010 (prima annualità), «frutta nelle scuole», ha visto il coinvolgimento di circa 800.000 bambini delle scuole primarie articolandosi, nello specifico, nella distribuzione gratuita di prodotti ortofrutticoli freschi, nel rispetto del carattere di stagionalità e territorialità, privilegiando prodotti di qualità certificati (denominazione d'origine protetta, identificazione geografica protetta, biologici) e/o prodotti ottenuti con metodi di produzione integrata certificata. Nell'anno scolastico 2010-2011 (seconda annualità) è previsto il coinvolgimento di più di 1.300.000 studenti. Al termine del suo sviluppo pluriennale, il programma comunitario si prefigge comunque di raggiungere tutti gli alunni di età compresa tra i sei e gli undici anni.
Al fine di renderlo efficace e sostenibile, è prevista, anche in sinergia con il già citato programma «scuola e cibo», la realizzazione di misure di accompagnamento, quali attività di informazione e sensibilizzazione per i docenti e le famiglie, nonché iniziative per far conoscere e scoprire i prodotti ortofrutticoli ai più giovani, prolungando in questo modo l'effetto di induzione generato dal loro consumo.
Considerate le numerose adesioni al programma, che coinvolgerà il 50 per cento della popolazione scolastica delle primarie lo stesso Ministero delle politiche agricole, d'intesa con la conferenza Stato-regioni, ed in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il 5 agosto scorso ha emanato l'invito a presentare offerte per la distribuzione nell'ambito del programma «frutta nelle scuole», di prodotti ortofrutticoli agli allievi degli istituti scolastici di primo grado «anno scolastico 2010-2011», finalizzato a selezionare le organizzazioni di produttori agricoli, che procederanno alla distribuzione assistita di prodotti frutticoli ed orticoli presso le scuole aderenti.
Il dicastero delle politiche agricole con nota n. 3793 dell'11 ottobre 2010 ha specificato, in merito alla distribuzione della frutta nelle scuole, che in conformità con la strategia nazionale del programma, ed acquisita l'intesa della conferenza Stato-regioni in data 29 luglio 2010, l'invito alla partecipazione prevede un minimo di distribuzioni, pari a 28, di prodotti ortofrutticoli di stagione, di 8 specie frutticole e 2 orticole differenti, sia interi che porzionati e pronti all'uso, provenienti da produzione integrata e di qualità certificata (denominazione d'origine protetta, identificazione geografica protetta e biologico), prodotti del territorio, direttamente edibili dai bambini, in confezioni singole tali da garantire il rispetto degli standard igienico-sanitari.
È prevista, altresì, la distribuzione di spremute e/o centrifugati immediatamente somministrati ai bimbi.
Lo stesso Ministero evidenzia infine che, avendo la normativa europea previsto che gli Stati membri, dopo aver valutato l'efficacia del loro programma frutta nella scuola, notifichino alla Commissione (entro il 29 febbraio 2011) i risultati relativi al periodo 1o agosto 2010-31 luglio 2011, la valutazione stessa dovrà essere effettuata dall'inizio della distribuzione alla fine dell'anno scolastico 2010/2011. I controlli relativi all'attuazione del programma sono di competenza dell'organismo pagatore Agea.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria 2008, n. 244 del 2007, stabiliva nell'articolo 2, comma 413, un tetto massimo di circa 91.000 unità al

numero di insegnanti di sostegno da nominare in organico di fatto, secondo un rapporto medio nazionale di 1 posto ogni 2 alunni con certificazione di disabilità;
nel seguente comma 414, la stessa legge, pur riconfermando il principio dell'integrazione scolastica e dell'assegnazione delle ore di sostegno secondo il criterio delle «effettive esigenze rilevate», vietava comunque la possibilità di deroghe al rapporto medio nazionale di 1 a 2, stabilito nel comma 413, deroga precedentemente consentita dalla normativa in organico di fatto;
la Corte costituzionale, con la sentenza numero 80, depositata il 26 febbraio 2010, ha dichiarato incostituzionali i suddetti commi 413 e 414 dell'articolo 2, della citata legge, in quanto contrari all'articolo 3 della Costituzione, con le seguenti motivazioni:
a) gli alunni con disabilità lieve o più seria non possono essere equiparati dalla normativa;
b) il «divieto di deroghe» risulta «irragionevole» nel momento in cui si ribadisce il principio del rispetto delle «effettive esigenze rilevate»;
la suddetta sentenza obbliga il Ministero ad adeguare l'organico per il prossimo anno scolastico 2010-2011-:
quali iniziative abbia intrapreso per rendere effettiva l'applicazione della suddetta sentenza n. 80 del 2010 ed in particolare se il Ministero abbia già approntato una nuova ordinanza sugli organici di fatto, rendendosi necessario un radicale cambiamento della vigente normativa, in ottemperanza al dettato costituzionale e per evitare ai tribunali amministrativi un aggravio di lavoro dovuto ad inevitabili contenziosi con famiglie e scuole per l'attribuzione di ore di sostegno in deroga.
(4-08106)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame con la quale si chiede quali iniziative il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende assumere per consentire agli alunni tutto il sostegno del quale essi hanno effettivamente bisogno alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010.
Com'è già noto all'interrogante la Corte costituzionale con sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010 ha sancito l'illegittimità dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 nella parte in cui fissava un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e dell'articolo 2, comma 414, della medesima legge nella parte in cui escludeva la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449 di assumere insegnanti in deroga, in presenza nelle classi di disabilità gravi, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.
È stata, pertanto, abrogata la disposizione che fissava il tetto massimo di posti di sostegno (comprensivo delle deroghe) attivabili in organico di fatto a livello nazionale, nonché la disposizione relativa al graduale raggiungimento del rapporto nazionale di un docente ogni due alunni disabili.
La suprema Corte invece non ha rivolto censure al comma 414 della norma citata nella parte in cui prevede che le dotazioni dell'organico di diritto dei docenti di sostegno deve essere progressivamente rideterminata nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento, nell'anno scolastico 2010-2011 di una consistenza pari al 70 per cento del numero dei posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006-2007. Tenuto conto della succitata sentenza nella circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale è stato trasmesso lo schema di decreto, riguardante le dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2010-2011, è stato precisato che alla complessiva dotazione di docenti di sostegno assegnata a ciascun ufficio scolastico regionale vanno aggiunti gli eventuali posti in deroga da autorizzare, da parte dei direttori degli uffici scolastici regionali, ai sensi dell'articolo 35, comma 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 secondo le effettive esigenze rilevate ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera
b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che deve tenere in

debita considerazione la specifica tipologia di handicap di cui è affetto l'alunno. Successivamente, con circolare n. 59 del 23 luglio 2010, riguardante l'adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto è stata richiamata la scrupolosa osservanza delle vigenti disposizioni sia per quanto concerne le modalità e le procedure di individuazione dei soggetti con disabilità, sia per ciò che concerne l'assegnazione delle ore di sostegno.
Si ricorda che la proposta relativa al numero delle ore di sostegno da attribuire a ciascun alunno disabile: è affidata al gruppo di lavoro ai cui all'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994.
Gli Uffici scolastici regionali in accordo con le regioni, gli enti locali, e tutti i soggetti pubblici competenti individueranno modalità di equilibrata ed accorta distribuzione delle risorse professionali e materiali utili per la piena integrazione degli alunni disabili anche attraverso la costituzione di reti di scuole.
Si fa presente, inoltre che il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 assicura per l'anno 2010-2011 un contingente di posti di sostegno pari a quello funzionante nell'organico di fatto 2009-2010, fatta salva l'autorizzazione di posti di sostegno in deroga da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità previste dall'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992.
L'assegnazione dei posti in deroga ha fatto sì che il numero dei docenti di sostegno, a livello nazionale, passasse da 90.031 dell'anno scolastico 2009/2010 agli oltre 94.430 del corrente anno scolastico, con un incremento di 4.400 unità e con la conseguente riduzione del rapporto alunni disabili/docenti di sostegno. Ma vi è di più, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è adoperato per ridurre il più possibile situazioni di disagio degli alunni disabili. Infatti oltre all'istituzione dei citati 4.400 posti in deroga, la circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010 ha raccomandato di limitare, il più possibile, in presenza di gravi disabilità, la formazione di classi con più di 20 alunni, facilitando e favorendo in tal modo l'inserimento degli alunni disabili nella classe interessata.
Si ritiene opportuno precisare, infine, che il docente di sostegno è una risorsa assicurata alla scuola, perché su tutta la scuola (sulla molteplicità delle sue componenti) ricade il dovere di apprestare, per l'alunno disabile, gli strumenti che ne favoriscano l'integrazione, l'educazione e l'apprendimento.
Proprio in quanto risorsa assegnata alla scuola e non al singolo allievo disabile, il docente di sostegno fa parte a pieno titolo del consiglio di classe, ne assume la contitolarità e partecipa alla programmazione educativa e didattica, alla elaborazione e alla verifica delle attività di competenza del consiglio stesso con riferimento a tutti gli alunni della classe e non al solo portatore di
handicap, come previsto dal Testo unico sull'istruzione approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
attualmente 650 dipendenti del Ministero dell'interno impiegati presso lo sportello unico per l'immigrazione delle prefetture e questure d'Italia versano in una condizione di estrema precarietà;
lo sportello unico per l'immigrazione, di cui fanno parte, ha assunto nel corso degli ultimi anni un numero crescente di compiti, alcuni dei quali di notevole rilevanza e di estrema delicatezza: dalle procedure per l'emersione del lavoro irregolare di colf e badanti, alle pratiche di ricongiungimento familiare per gli stranieri, a quelle per l'assunzione di lavoratori neo-comunitari, ai procedimenti di conversione del permesso di soggiorno e di perfezionamento dell'ingresso per attività di lavoro subordinato a tempo indeterminato o determinato, stagionale, autonomo, nell'ambito delle quote stabilite dal «decreto-flussi»,

e così via. Per le esigenze di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture - uffici territoriali del Governo e degli uffici delle questure sono stati assunti con contratto a tempo determinato della durata totale di 36 mesi (a partire dal gennaio 2008), a conclusione di una procedura concorsuale destinata al personale precario del Ministero dell'interno, anche se di fatto sono stati utilizzati sin dal marzo 2003 per far fronte ad una più efficace gestione dei compiti connessi alla procedura di regolarizzazione (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3262 del 31 gennaio 2003);
l'assunzione a tempo determinato era motivata dall'esigenza, ancora attuale, di rafforzare in maniera adeguata ed immediata l'organizzazione dello sportello unico per l'immigrazione, al fine di garantire in modo più efficace la continuità delle attività relative all'espletamento delle procedure amministrative connesse all'attuazione della normativa in materia di immigrazione;
l'importanza delle attività che svolgono e la serietà con cui operano quotidianamente risultano dalle note di merito di diversi questori e prefetti, nonché dalle numerose comunicazioni inviate dalle medesime autorità al Ministero dell'interno, al fine di mantenere le 650 unità in servizio ben oltre il 2010, e dunque con implicita richiesta di stabilizzazione del personale interessato -:
se il Governo intenda assumere iniziative per stabilizzare i 650 dipendenti precari del Ministero dell'interno e, in caso negativo, se il Governo dal 1° gennaio 2011 intenda sostituire tale personale civile con personale di polizia e come ritenga di garantire la sicurezza del Paese, se si vedrà costretto a dislocare poliziotti per lo svolgimento di attività amministrativa.
(4-09467)

Risposta. - Il Governo, sin dal suo insediamento, ha dedicato particolare attenzione all'esigenza di garantire l'operatività degli sportelli unici delle prefetture e degli uffici immigrazione delle questure, nella consapevolezza dell'importanza e della delicatezza delle funzioni svolte da queste importanti strutture del Ministero dell'interno.
Infatti, le iniziative adottate per migliorare la funzionalità di tali uffici sono state indirizzate su molteplici versanti.
Più in particolare, a partire dal 2009, sono state adottate alcune misure organizzative e di sistema per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto all'implementazione della tecnologia negli uffici.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009, con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 15 dicembre 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 1.347.779 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 4.640 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge.
Anche il ricorso all'assunzione temporanea di 650 unità di personale interinale - autorizzato con l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 per un periodo non superiore a sei mesi e per le specifiche esigenze di espletamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare - va inquadrato nel medesimo contesto ed ha consentito, ad oggi, la definizione di oltre l'80 per cento delle istanze.
Proprio nell'ottica di continuare ad avvalersi di personale che ha già acquisito

una sicura professionalità ed ormai costituisce un punto di riferimento per la migliore operatività degli uffici del Ministero dell'interno che si occupano di immigrazione - il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 recante Proroga di termini, che all'articolo 2 comma 6 prevede una specifica disposizione con la quale viene autorizzato il proseguimento per ulteriori 12 mesi dei contratti di lavoro delle 650 unità di personale a tempo determinato.
Il competente dipartimento di questo Ministero, lo stesso 29 dicembre 2010, con telegramma urgente, aveva rappresentato ai prefetti degli uffici territoriali del Governo interessati la necessità di provvedere tempestivamente alla stipula dell'atto di rinnovo dei contratti individuali ed agli adempimenti conseguenti.
Le 650 unità di personale cui fa riferimento l'interrogante proseguiranno il servizio fino al 31 dicembre 2011.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
sul Corriere della Sera nella sua edizione del 29 maggio 2010, a pagina 33; si da conto della gravissima accusa mossa da tre docenti universitari, i professori Nicola Panocchia e Maurizio Bossola, del servizio emodialisi del policlinico Gemelli, e il professor Giacomo Vivanti, psicologo californiano, che in un articolo pubblicato sulla rivista American Journal of trasplantation, passano in rassegna la «letteratura giuridica e costituzionale», e analizzando una delibera della regione Veneto, denunciano come detta delibera preveda l'esclusione delle persone con ritardo mentale dalle liste dei trapianti di organo;
i tre professori concludono che non «esiste un motivo razionale per negare un organo a pazienti non in grado di intendere e volere», e che «l'incapacità di migliorare la qualità di vita e la presunta scarsa aderenza alla terapia sono le giustificazioni avanzate da chi è favorevole alla selezione», ma opportunamente e doverosamente fanno presente che queste tesi - che l'interrogante non esita a definire aberranti - non è sorretta da alcun dato scientifico;
il professor Bossola, interpellato successivamente dall'agenzia di informazioni «ANSA» ha ulteriormente chiarito che «tutte le regioni prevedono come unici criteri di esclusione la malattia psichiatrica grave, la psicosi; invece in Veneto c'è una contro-indicazione assoluta che riguarda tutte le malattie mentali»;
nonostante la blanda smentita dell'assessore alla sanità Luca Coletto («Le nostre linee guida non indicano priorità ma raccomandano anzi la valutazione caso per caso. Questi pazienti sono semplicemente definiti come persone cui porre speciale attenzione. Il nostro è un sistema di avanguardia. È bene riflettere su questi interrogativi per non utilizzare in modo improprio le risorse»), nella delibera in questione, la n. 851 del 31 marzo 2009 si legge di «controindicazioni assolute al trapianto d'organo», in caso di - tra l'altro - «danni cerebrali irreversibili», e «ritardo con quoziente intellettivo inferiore a 50», mentre tra le «controindicazioni relative» figura invece «il ritardo mentale con quoziente intellettivo inferiore a 70»;
opportunamente il direttore del Centro nazionale trapianti, professor Alessandro Nanni Costa ha osservato come «nessuno in Italia sia mai stato penalizzato a priori»;
la Costituzione fissa come principio inderogabile, indiscutibile, irrevocabile, che tutte le persone sono egualmente titolari di diritti e doveri, e senza discriminazione;
opportunamente il direttore del centro di bioetica, professor Adriano Pessina

sostiene il principio dell'universalità dei trattamenti, e che non devono e non possono essere ignorati i diritti dei disabili;
il centro nazionale trapianti, ai sensi della legge n. 91 del 1999, articolo 8, comma 6, lettere c) e d) «individua i criteri per la definizione di protocolli operativi per l'assegnazione degli organi e dei tessuti secondo parametri stabiliti esclusivamente in base alle urgenze ed alle compatibilità risultanti dai dati contenuti nelle liste di cui alla lettera a)» e «definisce linee guida rivolte ai centri regionali o interregionali per i trapianti allo scopo di uniformare l'attività di prelievo e di trapianto sul territorio nazionale» e, ai sensi della lettera e) della medesima disposizione, «verifica l'applicazione dei criteri e dei parametri di cui alla lettera e) e delle linee guida della lettera d)» -:
quale sia l'orientamento del Governo in relazione a quanto sopra esposto;
se non ritengano necessario e urgente accertare - dal momento che la delibera risale al 31 marzo del 2009 - quanti e quali casi di «controindicazioni assolute» al trapianto d'organo e quante «controindicazioni relative» al trapianto d'organo si siano verificate nella regione Veneto;
se non si ritenga necessario e opportuno verificare se anche altre regioni italiane hanno adottato analoghe delibere come quella della regione Veneto.
(4-07440)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il trapianto comporta profonde implicazioni psicologiche, esistenziali, affettive, relazionali e sociali sia per il candidato al trapianto stesso che per il donatore vivente e la famiglia. Lo studio e la valutazione degli aspetti psichici sono di fondamentale importanza per scongiurare che taluni aspetti, non adeguatamente considerati, possano con il trapianto determinare disagio psichico e sofferenza psicologica per il paziente stesso.
Sin dal 2005 le problematiche attinenti al trapianto e al relativo impatto sulle condizioni psicologiche e psichiatriche del paziente sono stati oggetto di attenzione da parte del Ministero della salute.
In questo contesto vanno viste sia le linee guida del centro nazionale trapianti, finalizzate a definire modalità e
standard omogenei per prevenire o arginare eventuali complicanze psichiche post-trapianto, trasmesse agli assessori regionali alla salute e alla rete trapiantologica nel giugno del 2005, sia la formazione di un gruppo di esperti nelle discipline di psichiatria e psicologia dei trapianti, che attualmente si è costituito in società scientifica.
La valutazione psicologica-psichiatrica è di particolare importanza per l'inserimento in lista di attesa per trapianto di organi. L'inserimento, infatti, deve avvenire anche in considerazione di alcuni aspetti psicologici, di carattere generale, del paziente e del contesto relazionale all'interno del quale lo stesso vive. Tali criteri, lungi dall'essere criteri selettivi, devono considerarsi dei parametri di valutazione da adottare in ogni singolo caso e, soprattutto, volti a garantire al meglio la salute del paziente.
Nel merito della questione, si osserva che nel 2009 la regione Veneto ha elaborato un indirizzo che integra i criteri da utilizzare per la valutazione dei pazienti pretrapianto. Nell'allegato A) alla delibera di giunta regione Veneto n. 851 del 2009 vengono citate le indicazioni e posizioni, in materia, di diversi autori, ma va da subito chiarito che l'impianto e le indicazioni contenute nella citata delibera sono in linea con i principi condivisi e le valutazioni sopra esposte.
A tal riguardo, è opportuno rilevare che presso la sola struttura di nefrologia pediatrica dialisi e trapianto di Padova (Centro nazionale trapianto di rene pediatrico), dal 1987 ad oggi sono stati eseguiti 377 trapianti, di cui 29 (8 per cento) in bambini con ritardo mentale da moderato a gravissimo, dei quali 11 residenti nella regione Veneto e 18 provenienti da altre regioni, con una mediana in lista di attesa sovrapponibile a quella degli altri pazienti. In aggiunta a questi, risultano altri 8 pazienti

adulti trapiantati o iscritti in lista (anche successivamente alla delibera di giunta regione Veneto n. 851 del 2009), in situazione di comorbilità di tipo neuro-cognitivo e/o psichiatrico.
A seguito di una interpretazione non in linea con i contenuti della delibera, riferita ad una pubblicazione scientifica, la regione Veneto ha inteso adottare una circolare esplicativa dei contenuti della medesima delibera, in modo da superare le difficoltà interpretative che si erano determinate.
In particolare, tale circolare chiarisce che il «documento ha il significato di indicare ed evidenziare le condizioni nelle quali, per eseguire con successo il trapianto, è necessario mettere in atto interventi di tipo diagnostico e terapeutico nonché una rete di sostegno, finalizzati a garantire il massimo delle possibilità di cura, anche in presenza di rischi aumentati».
Va detto, inoltre, che il coordinamento regionale trapianti ha reso nota la casistica dei pazienti con disabilità mentale sottoposti a trapianto d'organo, dalla quale risulta evidente che il disturbo autistico, la sindrome di
down ed altre forme di patologia comportante ritardo mentale, non hanno impedito l'iscrizione in lista per trapianto, e il successivo trapianto, né da donatore cadavere né da vivente, in età pediatrica o adulto.
Da ultimo, lo stesso coordinamento sta ottemperando all'incarico deliberato al punto 4 della delibera di giunta regione Veneto n. 851 del 2009 di «sorvegliare la corretta applicazione delle linee guida» proseguendo l'attività del «gruppo dei referenti per gli aspetti psicologici e psichiatrici dei trapianti d'organo del Veneto». Inoltre, è in fase di realizzazione, in collaborazione con il Dipartimento di
information technology dell'azienda ospedaliera di Padova, una cartella clinica informatizzata messa a punto dallo stesso gruppo di referenti, che permetterà la rilevazione sistematica dell'attività psicologico clinica, psichiatrica e neuropsichiatrica infantile realizzata presso i 4 poli trapiantologici della regione.
Alla luce delle valutazioni formulate, non occorre verificare se in altre regioni siano state adottate delibere di contenuto analogo a quella della regione Veneto.
Si segnala, peraltro, che la questione sarà posta, in accordo con quanto proposto dall'assessore alle politiche sanitarie del Veneto, anche in seno alla conferenza degli assessori, al fine di condividere ed unificare gli indirizzi a livello nazionale, nonché i criteri di inserimento di persone affette da disabilità nelle liste d'attesa e il
follow up di eventuali problematiche post-trapianto.
Tali attività seguiranno le indicazioni fino ad ora fornite alle regioni dal centro nazionale trapianti, anche in collaborazione con gli esperti che, come sopra riferito, dal 2005 si interessano di tali materie.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
indagini della Guardia di finanza su disposizione della procura della Repubblica di Napoli sulla clinica «Villa Russo» di Miano avrebbero accertato quello che definiscono «un sistema dei ricoveri ripetuti e delle dimissioni simulate»;
le indagini - come pubblicato dal quotidiano «Il Mattino» nella sua edizione dell'8 maggio 2010 in un ampio e dettagliato articolo del giornalista Leandro Del Gaudio, riguarderebbero i ricoveri ripetuti in materia di lungodegenza: i pazienti non lasciano mai la clinica privata, garantendo sempre un costante flusso di denaro, proveniente dalle casse dello Stato, trattandosi di una realtà convenzionata con l'ASL competente;
un meccanismo ben oliato, sostengono gli inquirenti, «al punto tale da trasformare una clinica privata in un ospizio a tutti gli effetti, in pieno regime di monopolio»;
il cosiddetto «ricovero seriale», si legge in un decreto di perquisizione, consisterebbe

nel fatto che «un paziente non lascia mai di fatto il lettino della clinica. O meglio, lo lascia solo sulla carta, per due o tre giorni, per poi ricoverarsi con un altro certificato medico (prescritto da un medico di base "distratto" o "colluso") e riprendere il posto di prima»;
la cosiddetta «lungodegenza» non può durare oltre sessanta giorni, e secondo gli inquirenti si verrebbe dimessi solo sulla carta: spesso, sostengono, il paziente resta addirittura «gratis» in clinica, pur di non lasciare mai il lettino, vitto e alloggio offerto dalla clinica: tempo qualche giorno dalle dimissioni, il malato verrebbe di nuovo «accolto» in clinica, riprendendo anche da un punto di vita formale il possesso del ricovero lasciato libero, un «sistema» che gli inquirenti non esitano a definire «falso e truffaldino»; gli inquirenti nella loro ricostruzione parlano di «medici senza diligenza professionale, capaci di prescrivere ricoveri seriali, sempre agli stessi pazienti, sempre nella stessa struttura. Il tutto grazie all'assenza di verifiche, neanche solo a campione, da parte degli organi di controllo» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga, anche in ragione del commissariamento in atto in Campania per il rientro dai disavanzi sanitari, di assumere iniziative al fine di fare piena luce sulla vicenda e di evitare che tali fenomeni abbiano a ripetersi con sperpero di ingenti fondi pubblici.
(4-07441)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In base all'analisi delle attività di ricovero erogate dalla casa di cura privata accreditata «Villa Russo» di Miano (Napoli) nell'anno 2008, tale casa di cura si presenta come clinica a prevalente carattere di lungodegenza, sia per l'elevato numero di posti letto disponibili per la corrispondente disciplina, sia per la ridotta dotazione delle discipline per acuti (cardiologia, geriatria e neurologia), evidentemente a carattere di supporto dell'attività di lungodegenza.
La casistica per acuti trattata dalla clinica «Villa Russo», infatti, appare di bassa complessità e scarsa rilevanza, con una bassa efficienza.
Per quanto concerne la lungodegenza, considerando unicamente i soggetti che hanno avuto più di un episodio di ricovero, il numero medio di ricoveri a testa è pari a 3,38.
La durata media di tali episodi di ricovero risulta pari a poco meno di 77 giorni.
Se si considerano tutti i ricoveri di un dato soggetto consecutivamente, il valore della degenza media effettiva (senza, cioè, il frazionamento degli episodi di ricovero) sale a circa 260 giorni.
In base all'analisi delle più frequenti diagnosi principali e procedure effettuate, rispettivamente per acuti e per lungodegenza, si conferma la presenza di diagnosi generiche e procedure di bassa complessità, oppure diagnostico-terapeutiche.
Nella delibera del Consiglio dei ministri di nomina del commissario
ad acta nella persona del Presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, del 24 aprile 2010, si prevede al punto 1) del suo mandato, alla lettera c), la realizzazione del riassetto della rete ospedaliera e territoriale, con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia, analisi del fabbisogno e verifica dell'appropriatezza; conseguente revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate, conseguente modifica del vigente piano ospedaliero regionale in coerenza con il piano di rientro.
Tale piano di riassetto della rete ospedaliera è stato adottato il 14 luglio 2010 con decreto del commissario
ad acta n. 42 ed ha ricevuto una valutazione complessivamente favorevole nel corso della riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, tenutasi il 21 luglio 2010.
Pertanto, nell'attività istituzionale di affiancamento e verifica, i ministeri coinvolti, il tavolo tecnico e il comitato terranno in debito conto la vicenda segnalata nell'interrogazione in esame, evidenziando alla

regione Campania la necessità di provvedere agli aggiustamenti necessari per ovviare ad incongruenze quali quelle rappresentate, nell'ambito della complessiva opera di riorganizzazione dell'offerta sanitaria che il commissario è tenuto a portare a termine.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 17 luglio 2010 il sito on line «Corriere.it» ha pubblicato un articolo firmato Nino Luca, intitolato «Cosa farò fra tre mesi senza il mio farmaco?», e che per la sua importanza e drammaticità, si ritiene opportuno pubblicare integralmente: «Angela, 25 anni, affetta da morbo di Wilson, ha lanciato una richiesta di aiuto sul web: "Sono una ragazza di 25 anni, affetta dal morbo di Wilson...". La mail ai mezzi d'informazione sembra l'ultima speranza per Angela. E non solo per lei. Anche Franco e Anna, suo fratello, di 37 anni, e sua sorella, di 32, vivono nell'attesa di una buona notizia. Angela studia economia all'Università di Cosenza, ma la sua vita è in provincia di Crotone, a Roccabernarda, poco più di tremila abitanti. Porta il cognome degli Iaquinta. In Calabria sono un'infinità. Uno, Vincenzo, cugino di cugini, è noto a tutti per essere diventato campione del mondo con la Nazionale di calcio. Al contrario la storia di Iaquinta Angela non riesce a farsi strada. Anzi, rischia di finire nel dimenticatoio. Angela, Franco e Anna sono affetti dal morbo di Wilson, malattia che deve il nome al suo primo osservatore, il neurologo britannico Samuel Alexander Kinnier Wilson, che nel 1912 ne osservò e descrisse i sintomi: un accumulo di rame nel fegato e nel cervello che può provocare gravi danni e anche la morte. Dal morbo di Wilson non si guarisce, ma si può controllarlo con un farmaco. Che comincia a essere difficile da trovare. La famiglia di Angela ha già vissuto un momento terribile nel 1985 quando, un quarto fratello, Tommaso, a soli 16 anni, anche lui colpito dal morbo di Wilson, non ce la fece. Rientrò in tutta fretta dalla Svizzera dov'era emigrato con la famiglia in cerca di fortuna. Ma in Calabria fu fatta una diagnosi sbagliata: epatite C. D'altronde il morbo di Wilson è un vero puzzle scientifico, difficile da diagnosticare perché può essere confuso con molte altre condizioni. Ma se la diagnosi giusta arriva tardi, l'esito può essere fatale. Come nel caso di Tommaso. "Oggi - dice Angela - anche noi ci sentiamo in pericolo. Da quando sono piccola assumo un farmaco, il «Pemine» che serve a tenere sotto controllo la malattia. Adesso scopro che la casa farmaceutica che ne è titolare ha deciso di interromperne la produzione. Sono venuta a conoscenza del fatto solo per caso, navigando su Internet. Ci dicono che c'è disponibilità del prodotto solo per altri tre mesi. E dopo? Io e i miei fratelli non siamo gli unici in Italia con questa patologia, riconosciuta come «rara» dallo Stato italiano. Rara e ora anche senza cure". Addio, dunque, alle nove pillole di cui Angela ha bisogno ogni giorno? Addio ai 15 pacchi di Pemine che ogni mese gli Iaquinta ritirano dalla farmacia? Angela è un fiume in piena: «Grazie ai sacrifici di mio padre siamo riusciti ad arrivare fino ad oggi conducendo una vita quasi normale in "compagnia" delle medicine. Ma che cosa accadrà tra novanta giorni? Oggi il morbo di Wilson è ben noto e si conoscono i danni che provoca. D'accordo, non si riesce a guarire, ma si può sopravvivere. Ora, incredibilmente, sparisce il farmaco che ci dà speranza. A questo punto chiedo a tutti: è giusto privarci delle cure per dei meri conti economici?» -:
se sia vero, in particolare, che la casa farmaceutica che produce il «Pemine» ha deciso di interromperne la produzione;
se non ritenga necessario e opportuno un «censimento» per accertare quanti siano i cittadini italiani affetti dal morbo di Wilson;

quali urgenti iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda assumere in relazione a quanto sopra esposto.
(4-08083)

Risposta. - In merito ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha inteso precisare quanto segue.
Per far fronte all'emergenza venutasi a creare in seguito alla decisione dell'azienda «Eli Lilly», titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Aic) del medicinale «Pemine», di non rinnovare l'Aic dello stesso farmaco, l'Aifa ha attivato, fin dalla prima settimana dello scorso luglio, misure idonee a gestirne la carenza, sia nell'immediato che a lungo termine.
La diffusione delle informazioni relative alle misure intraprese è stata effettuata attraverso tre comunicati, pubblicati in successione nel sito dell'Aifa
(http://www.agenziafarmaco.it/it/attualita), i quali riportano le indicazioni per consentire ai pazienti la continuità dell'accesso al farmaco. A tali comunicati è stata data la massima diffusione anche tramite la specifica associazione dei malati e le altre associazioni interessate.
Il mantenimento della terapia ai pazienti in trattamento con «Pemine» è stato assicurato dalle scorte di medicinali ancora disponibili presso la «Eli Lilly». Al fine di consentire un'equa distribuzione del farmaco ai pazienti e di evitare problemi di dispersione, le confezioni disponibili sono state consegnate tramite le strutture sanitarie presso le quali i pazienti sono in trattamento. Al riguardo, il farmaco è stato riservato ai pazienti affetti da morbo di
Wilson o da altre patologie comprese tra le indicazioni terapeutiche autorizzate per il «Pemine» che non abbiano alternative terapeutiche accettabili.
In merito al secondo quesito, l'Aifa ha già provveduto ad accertare quanti siano i cittadini italiani affetti dal morbo di
Wilson; i pazienti, infatti, sono stati invitati a contattare il presidio sanitario territoriale a loro più vicino (Asl di appartenenza o presidio ospedaliero o centro di riferimento) per fornite i propri dati.
I presidi sanitari hanno comunicato all'Aifa l'elenco dei pazienti in trattamento, specificando per ognuno le iniziali di nome e cognome, la data di nascita, il sesso, lo schema posologico ed il numero totale di confezioni necessarie per coprire un fabbisogno trimestrale.
Tali dati sono stati raccolti dall'Aifa su un registro di monitoraggio delle richieste, che vengono poi inoltrate alla «Eli Lilly», la quale a sua volta provvede a far recapitare il farmaco alla struttura richiedente.
Alla suddetta temporanea soluzione è stato affiancato un piano per garantire ai pazienti l'accesso al farmaco anche in futuro, qualora non potessero o non volessero proseguire la cura con medicinali diversi.
Al termine della distribuzione gratuita delle scorte, la continuità del trattamento farmacologico con «D-Penicillamina» sarà assicurata ai pazienti con una nuova produzione del medesimo medicinale, che, in considerazione della decadenza dell'Aic, non potrà mantenere la stessa denominazione commerciale, ma avrà la denominazione generica «D-Penicillamina».
La produzione del farmaco «D-Penicillamina 150 milligrammi capsule rigide-penicillamina cloridrato», avverrà ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219: tale articolo contempla i medicinali «preparati industrialmente su richiesta, scritta e non sollecitata, del medico, a ciò ritenuto idoneo dalle norme in vigore, il quale si impegna ad utilizzare i suddetti medicinali su un determinato paziente proprio o della struttura in cui opera, sotto la sua diretta e personale responsabilità».
In base ad accordi raggiunti tra l'Aifa, l'«Eli Lilly» (azienda
ex titolare dell'Aic e distributrice) e l'«Alfa Wassermann» (che produce il medicinale «Pemine»), tale produzione avverrà, nel 2011, in un'unica soluzione presso l'«Alfa Wassermann», che è la medesima officina di produzione del «Pemine». La distribuzione verrà effettuata dalla «Eli Lilly» alle strutture richiedenti.
L'Azienda «Alfa Wassermann» si è, inoltre, impegnata ad effettuare un trasferimento tecnologico allo stabilimento chimico

farmaceutico militare, che potrà continuare la produzione a regime.
Al fine di sincronizzare le richieste da parte delle strutture sanitarie per la fabbricazione industriale del farmaco a cura dell'officina di produzione, l'Aifa ha pubblicato sul proprio sito internet un modello di richiesta che ogni struttura ha inviato in originale all'«Alfa Wassermann» entro e non oltre il 15 settembre 2010.
Tali richieste devono riferirsi al fabbisogno annuale della struttura, tenuto conto delle necessità per i pazienti in terapia, dell'utilizzo come antidoto negli avvelenamenti, delle necessità diagnostiche e delle scorte di reparto.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno un numero compreso tra 500 e 700 mila pazienti contrae infezioni in ospedale; l'80 per cento di queste, riguarda ferite chirurgiche, apparato respiratorio, urinario e infezioni sistematiche;
le cause più frequenti sono da addebitare a cateteri vascolari e resistenza agli antibiotici;
i reparti più a rischio di infezione risultano essere quelli di terapia intensiva, cardiochirurgia, medicina generale;
le linee guida con regole anti-batteriche che riguardino i camici, le uniformi, parti del corpo, vestiti, accessori, lavatrici, cambiamenti, spostamenti e quant'altro, risultano praticamente disattese -:
se non si ritenga necessario e opportuno attivarsi perché i camici bianchi siano vietati, in quanto potenziali fonti di infezioni batteriche e prescrivere che infermieri e primari indossino grembiuli di plastica, usa e getta, colorati;
se non si ritenga che l'uniforme indossata dal personale debba essere cambiata a ogni turno, per contrastare in questo modo le infezioni causate da batteri insidiosi quali lo stafilococco aureus, resistente agli antibiotici; e se non si intenda prescrivere che i medici visitino i pazienti con le braccia scoperte, perché risulterebbe che una delle vie di trasmissione è costituita dai polsini delle camicie.
(4-08177)

Risposta. - Le infezioni ospedaliere sono un'importante causa di morbilità e mortalità, con evidenti e connessi costi, e la loro frequenza in Italia è simile a quella riscontrata in altri Paesi occidentali, quali Gran Bretagna e Stati Uniti.
Numerosi organismi nazionali ed internazionali hanno emanato raccomandazioni che riguardano la prevenzione ed il controllo delle infezioni ospedaliere.
In Italia è stato reso recentemente disponibile un compendio delle principali misure per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all'assistenza, predisposto nell'ambito di un progetto finanziato dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute.
La misura più efficace (anche in termini di semplicità ed economicità) per prevenire le infezioni ospedaliere e la diffusione di batteri antibioticoresistenti è il lavaggio delle mani con sapone e acqua, o la decontaminazione con soluzioni alcoliche, sia da parte dei medici che degli altri operatori sanitari, prima e dopo il contatto con ogni paziente.
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha emanato specifiche linee-guida sull'igiene delle mani nell'assistenza sanitaria e il Ministero della salute, in collaborazione con le regioni, ha lanciato a livello nazionale la campagna «cure pulite sono cure più sicure», con l'obiettivo di diffonderle ed implementarle.
Nei reparti in cui i pazienti ospitati sono ad alto rischio di contrarre infezioni ospedaliere, quali i reparti di terapia intensiva, trapianti, oncoematologia e chirurgia, l'uso di un abbigliamento di barriera che comprenda

non solo camici usa e getta, ma anche guanti e, dove necessario, la mascherina, è già raccomandato e praticato.
Le stesse misure devono essere applicate ai pazienti con infezioni da batteri antibiotico-resistenti, anche se si trovano in reparti di degenza non ad alto rischio, per evitare la diffusione di tali batteri ad altri pazienti.
L'implementazione di queste pratiche all'interno di ogni ospedale, ed eventualmente la loro estensione anche a reparti dove il rischio è minore, compete al comitato per il controllo delle infezioni ospedaliere (Cio), di cui ogni ospedale deve essere dotato (circolare del Ministero della sanità n. 52 del 1985).
L'uso di camici usa e getta o di altre misure di vestiario non garantisce, di per sé, l'assenza di contaminazione e trasmissione batterica, in quanto i batteri possono aderire anche a materiali quali la plastica o altri tessuti sintetici.
Riguardo alla raccomandazione di visitare i pazienti a braccia scoperte, occorre tenere conto che la cute è un veicolo di batteri potenzialmente patogeni e, pertanto, questa misura sarebbe efficace solo se fosse garantito il lavaggio o la disinfezione degli avambracci e delle mani tra la visita di un paziente e quella successiva.
Si sottolinea, al riguardo, che le misure sopra considerate non devono essere ritenute come una sostituzione o una riduzione delle procedure raccomandate, quali il lavaggio delle mani, che rimane lo strumento principale per il controllo delle infezioni ospedaliere.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dalla salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Salvatore Sannina, sessantunenne imprenditore napoletano quando, il 25 agosto 2010 è stato trasferito nel reparto di rianimazione dell'ospedale dei Pellegrini, risultava ricoverato in ospedale già da undici ore;
il signor Sannina è deceduto pochi minuti dopo il trasferimento, e i familiari sostengono essere «evidenti le negligenze nell'assistenza»;
sulla vicenda la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, ed è già stata sequestrata la cartella clinica, in vista dell'autopsia nell'istituto di medicina legale del Secondo Policlinico;
secondo quanto riferito dal figlio del signor Sannina, il padre «era uno sportivo. Godeva di buona salute, non sappiamo la causa dei decesso che è dipeso da un malore improvviso... domenica scorsa, al mare a Minori, aveva nuotato a lungo senza dare segni di stanchezza»; poi sono sopravvenute febbre alta, diarrea, conati di vomito. «La sera dei 23 agosto lamentava questi sintomi. Il medico di famiglia l'aveva visitato il giorno seguente. E aveva notato il colore scuro dei piedi, le prime ecchimosi sulle braccia e sulle gambe: ci aveva raccomandato di tenere sotto controllo la situazione»; qualche ora dopo, l'sos al 118 e il trasporto in ambulanza nella struttura sanitaria della Pignasecca. «Alle 22.30 gli anno praticato i prelievi ematici, ma poiché il sangue coagulava molto velocemente non era facile avere un quadro clinico completo. Tra le ipotesi più gravi formulate come diagnosi, la leucemia. Oppure un problema ematico». Da qui il ricovero: «In barella, nel corridoio del reparto di ortopedia. Senza alcun tipo di assistenza adeguata», ripete il figlio del paziente. E aggiunge: «Gli hanno dato un telo di plastica avvolto in una federa come cuscino, e gli hanno praticato una flebo. Però mio padre non ha chiuso occhio, non ha mai smesso di lamentare dolori, le ecchimosi sul suo corpo sono aumentate, senza che fosse accertata la causa per poter tentare una terapia mirata tempestiva. Né gli è stato proposto il trasferimento in un reparto specialistico anche di un altro ospedale. La mattina seguente, gli

hanno effettuato un'altra flebo, fino a quando la situazione è precipitata...» -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere o adottare.
(4-08514)

Risposta. - Il Ministero della salute è a conoscenza della vicenda segnalata nell'interrogazione in esame, in considerazione di una nota acquisita dalla prefettura - ufficio territoriale del Governo di Napoli.
A seguito del decesso del paziente, il commissario straordinario della Asl NA 1 ha disposto l'effettuazione di due indagini, una del direttore sanitario del presidio ospedaliero dei pellegrini, l'altra a cura del servizio ispettivo aziendale.
In esito alle indagini, saranno valutati dalla struttura commissariale dell'Asl NA 1 i provvedimenti disciplinari a carico del personale inadempiente e verranno emanate direttive per l'attivazione di procedure correttive adeguate, al fine di scongiurare episodi come quello in esame.
Inoltre, l'Asl NA 1 ha trasmesso alla Procura della Repubblica di Napoli tutta la documentazione disponibile riguardante lo stesso episodio.
Pertanto, il Ministero della salute non ritiene, allo stato, di dover avviare specifiche iniziative al riguardo, tenuto conto delle indagini attualmente in corso.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 18 settembre 2010 riferiva del decesso della signora Iolanda Boccuni, deceduta dopo essere caduta da una barella nel reparto di diagnostica dell'ospedale Cardarelli di Napoli il 29 agosto 2010;
secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, l'anziana era stata portata in ospedale dalla figlia in seguito a una caduta nella quale si era fratturata un femore. Mentre veniva accompagnata da tre infermieri a fare le radiografie, la donna era caduta dalla barella riportando una grave ferita alla testa; in seguito alla caduta e alle ferite riportate, la donna ha cessato di vivere la mattina di mercoledì 15 settembre;
secondo il legale della famiglia della donna morta, il personale del Cardarelli è stato «incredibilmente superficiale, sia prima della caduta sia dopo, durante la degenza»;
secondo Federico Vigoriti, figlio della signora Boccuni la sorella aveva fatto molte raccomandazioni agli infermieri e ai tecnici di radiologia, informandoli che la madre soffriva di Alzheimer e si era offerta di assistere la madre: «Ma si è sentita rispondere, in modo sgarbato, che non poteva entrare. Dopo dieci minuti ha visto un infermiere che usciva con la barella spingendola velocemente. Il cuscino era intriso di sangue. Alla sua richiesta di spiegazioni, il dipendente si è limitato a rispondere: "Non abbiamo fatto le radiografie perché c'è stato un problema«" -:
quali iniziative - nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà - intenda promuovere o intraprendere per fare piena luce su quanto riportato on premessa.
(4-08645)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Napoli ha comunicato che il direttore sanitario dell'azienda ospedaliera «Cardarelli» ha reso noto che il giorno successivo al decesso della paziente, è stata nominata dalla direzione strategica aziendale una commissione interna, al fine di svolgere un'indagine conoscitiva in ordine ai fatti accaduti il 29 agosto 2010, giorno nel quale la paziente era stata ricoverata presso il citato nosocomio.
Peraltro, risulta presentata presso la Procura della Repubblica di Napoli una denuncia per i fatti occorsi; le relative

indagini, a seguito di delega dell'Autorità giudiziaria, sono state svolte dal personale della sezione di Polizia giudiziaria della stessa Procura.
Pertanto, il Ministero della salute non ritiene, allo stato, di dover avviare specifiche iniziative al riguardo, tenuto conto delle indagini attualmente in corso.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Stampa nella sua edizione del 24 settembre 2010 ha pubblicato un lungo e dettagliato articolo di Federico Genta, intitolato: «Assessore choc: fuori i disabili dalle classi»;
nel citato articolo si attribuiscono all'assessore all'istruzione del comune di Chieri affermazioni che, ove fossero confermate, risulterebbero inaccettabili per il loro sapore, ad avviso degli interroganti, razzista, antiscientifico e incivile, dal momento che si sostiene che i disabili «non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato»;
le citate affermazioni sarebbero state pronunciate nel corso del consiglio comunale, affermazioni che hanno comprensibilmente indignato i genitori di bimbi portatori di handicap, e che legittimamente sognano e lavorano perché ai loro figli sia assicurato un futuro fatto di integrazione, e non di isolamento;
in replica alle comprensibili contestazioni di genitori di ragazzi disabili, l'assessore Pellegrino avrebbe replicato: «Ma di cosa si lamentano? Noi facciamo tantissimo per questi studenti. Ma anche i genitori devono rendersi conto che sono tempi duri per tutti...Aiutiamo i genitori e gli consigliamo il percorso migliore per i propri figli»; e ha ribadito l'opinione che occorre «creare luoghi adeguati ai reali bisogni di questi ragazzi. Oggi ci sono comunità specializzate. Non sempre mamma e papà sono d'accordo, ma è nostro compito convincerli»; questo perché secondo l'assessore Pellegrino la scuola non servirebbe: «Lasciarli in classe con gli altri compagni è inutile. Ci sono ragazzi, qui da noi, che passano la mattina a dare calci e pugni ad un muro. Disturbano e non imparano nulla»; e per quel che riguarda gli insegnati di sostegno che dovrebbero assisterli, «non possono fare nulla. E questi ragazzi con l'istruzione non hanno nulla a che fare»;
le citate dichiarazioni, a giudizio degli interroganti, sono inaccettabili e offensive, oltre che discriminatorie e razziste -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano adottare al fine di promuovere una migliore integrazione e assistenza degli studenti portatori di handicap e affinché in tutte le sedi istituzionali sia assicurato un adeguato supporto ai portatori di handicap scongiurando ogni forma di discriminazione.
(4-08815)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante rileva la necessità di promuovere una migliore integrazione ed assistenza degli studenti portatori di handicap e di assicurare un adeguato supporto ai portatori di handicap in tutte le sedi istituzionali.
Al riguardo si rileva che l'integrazione degli alunni disabili rappresenta una delle maggiori peculiarità del nostro sistema educativo in ambito europeo, dove difficilmente è possibile rinvenire una normativa avanzata come quella presente nel nostro ordinamento nazionale.
Nella scuola dell'autonomia la piena inclusione degli alunni con disabilità rappresenta un obiettivo prioritario che permette a tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, di realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. È per questi motivi che le annuali direttive

con cui si individuano gli interventi prioritari ed i criteri generali per la ripartizione delle risorse finanziarie, per lo svolgimento del monitoraggio e per la valutazione dei risultati raggiunti, ai sensi della legge n. 440 del 1997, hanno sempre riservato una particolare attenzione all'assunzione delle iniziative volte a dare un reale e produttivo sostegno agli alunni diversamente abili.
Sotto questo profilo, la direttiva del 30 novembre 2009, n. 93, assegna risorse finanziarie specifiche per le iniziative finalizzate al potenziamento ed alla qualificazione dell'integrazione scolastica, anche attraverso forme di associazione in rete, ed alla formazione del personale docente che opera nelle classi con alunni disabili.
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è consapevole che una più proficua integrazione degli alunni disabili si svolge su diversi piani, in modo da consentire il superamento di alcune criticità ancora presenti nel sistema scolastico, prevalentemente riferibili al coordinamento tra servizi scolastici, sociali e sanitari, e alla rimozione delle barriere culturali e materiali che ostacolano il completo inserimento scolastico e sociale degli alunni disabili.
Come condiviso anche dalle associazioni dei disabili, il perseguimento degli obiettivi prospettati avviene attraverso l'intensificazione della formazione, sia iniziale che in servizio, del personale docente, e la diffusione della cultura della massima integrazione dei soggetti disabili e svantaggiati, contrastando e superando così comportamenti discriminatori.
Al riguardo le linee guida per l'integrazione degli alunni con disabilità del 4 agosto 2009 individuano la posizione di questa Amministrazione nei confronti dell'inclusione scolastica, stabilendo espressamente che: «l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità è un processo irreversibile e, proprio per questo, non può adagiarsi su pratiche disimpegnate che svuotano il senso pedagogico, culturale e sociale dell'integrazione, trasformandola da un processo di crescita per gli alunni con disabilità e per i loro compagni a una procedura solamente attenta alla correttezza formale degli adempimenti burocratici».
La necessità di un fattivo inserimento dell'alunno disabile si fonda anche sulla consapevolezza che in tal modo si conseguono dimostrabili miglioramenti nelle capacità cognitive degli alunni e negli ambiti relativi all'autonomia ed alla socializzazione.
È attraverso la predisposizione del piano educativo individualizzato che si consente agli alunni diversamente abili di trovare nella classe un'occasione di crescita e, in presenza dei cosiddetti «comportamenti problema», che rappresentano una stretta minoranza di casi particolarmente gravi, un elemento di previsione e compensazione.
In tale direzione si collocano le iniziative relative al piano nazionale di formazione per l'integrazione degli alunni disabili denominato «
i care: imparare, comunicare, agire in una rete educativa» ed ai progetti afferenti alle tematiche che attengono all'educazione ed alla cittadinanza quali «Cittadinanza e Costituzione».
Il piano di formazione nazionale «
i care» ha avuto lo scopo di migliorare la realizzazione delle pratiche di inclusione condotte all'interno della scuola sotto molteplici profili (prassi didattiche, piano educativo individualizzato, collaborazioni con il territorio, AA.ss.ll., coinvolgimento delle famiglie). Allo stato attuale il progetto ha coinvolto l'80 per cento delle scuole interessate ed ha visto la partecipazione di oltre 20.000 insegnanti, di cui 14.000 curricolari. Il riscontro ricevuto dall'iniziativa ha indotto questa amministrazione a effettuare una selezione e raccolta delle migliori «buone pratiche» attivate, che verranno rese pubbliche entro la fine dell'anno, in modo da consentire alle istituzioni scolastiche interessate di attingere ad un archivio di attività progettuali.
Inoltre le esperienze effettuate nell'ambito del piano formativo
i care e dedicati all'Icf (International classification of functioning) potranno trovare continuità e

sviluppo nel progetto Icf - dal modello dell'Oms alla progettazione per l'inclusione, che prenderà avvio entro il corrente anno solare.
Scopo del progetto è il concreto supporto alla cultura dell'integrazione mediante la sperimentazione e la definizione di un modello che, nell'ambito delle competenze del Ministero della salute, renda possibile individuare i fattori contestuali che condizionano la qualità dell'inclusione scolastica.
La qualità degli interventi attivati trova un ulteriore strumento nella realizzazione di ventisei prodotti informatici predisposti in base all'azione 6 del «progetto nuove tecnologie e disabilità». Tali
software consentono alle istituzioni scolastiche di fruire gratuitamente di sistemi informatici che facilitano l'accesso ai documenti didattici agli studenti con disabilità e potenziano le abilità di apprendimento.
Sono stati contestualmente finanziati i centri territoriali di supporto, novantotto in ambito nazionale, quali poli territoriali dedicati alle tecnologie per l'integrazione e punti di riferimento per gli utenti interessati.
L'attenzione riservata agli alunni disabili è confermata dall'opera di stabilizzazione degli interventi didattici nei loro confronti attraverso l'autorizzazione di ben 5.022 assunzioni di personale docente ed educativo nel sostegno, che rappresentano circa il 50 per cento delle assunzioni autorizzate nell'anno scolastico 2010/2011.
Si ritiene che le iniziative indicate possano costituire un effettivo e sostanziale contributo per il miglioramento del processo di integrazione degli alunni con disabilità, fermo restando l'impegno dell'amministrazione a risolvere eventuali criticità che dovessero emergere nel processo in questione.
Si rappresenta infine che il Ministero della salute ha impartito indicazioni e disposizioni ai responsabili degli uffici scolastici regionali e territoriali affinché intraprendano tutte le iniziative utili all'attivazione di collaborazioni con le regioni, gli enti locali, le forze sociali ed i soggetti a vario titolo competenti ed interessati in materia di integrazione e di sostegno ai disabili.
In tal senso il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Piemonte ha comunicato di aver sempre messo in atto tutte le misure idonee a favorire l'integrazione scolastica e lo sviluppo di una scuola realmente inclusiva.
Le istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, hanno attivato percorsi, reti di scuole ed alleanze con il territorio, finalizzate ad incrementare e diffondere una cultura dell'integrazione, tali da consentire una prosecuzione dei percorsi di sensibilizzazione ben oltre la scadenza naturale del progetto
I care.
Gli sforzi compiuti sono stati spesso riconosciuti dalle famiglie e contribuiscono a creare una rete di solidarietà e consenso per gli interventi attivati.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

FERRARI e CORSINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori precari della pubblica amministrazione, assunti con un contratto a tempo determinato dal Ministero dell'interno, restano tuttora senza alcuna certezza sul futuro, malgrado ricoprano mansioni tutt'altro che stagionali;
a Brescia sono impiegati presso lo sportello unico per l'immigrazione della prefettura e nell'ufficio immigrazione della questura, 35 lavoratori a tempo determinato, per la maggior parte in una situazione di precariato da sei anni, il cui contratto scade il 31 dicembre 2010;
a livello nazionale in questa situazione si trovano 650 lavoratori assunti con un concorso pubblico per tre anni a decorrere dal 1° gennaio 2008, il cui contratto pertanto scadrà il prossimo 31 dicembre. Le norme in vigore e i tagli apportati dal Governo al personale delle pubbliche amministrazioni, di conseguenza, sembrano non permettere la stabilizzazione

del suddetto personale, con la conseguente probabile paralisi delle attività di regolarizzazione dei cittadini stranieri;
già ora vengono consegnati permessi di soggiorno già scaduti e l'attesa va sempre oltre i limiti della legge;
il Governo ha già risposto negativamente alle ripetute sollecitazioni in merito degli interroganti -:
se sia previsto - come sarebbe necessario - il rinnovo dei contratti ai lavoratori occupati presso le prefetture e le questure, e quali iniziative siano previste per risolvere i problemi pratici che ostacolano le legittime aspettative degli immigrati e dei loro datori di lavoro.
(4-09868)

Risposta. - Il Governo, sin dal suo insediamento, ha dedicato particolare attenzione all'esigenza di garantire l'operatività degli sportelli unici delle prefetture e degli uffici immigrazione delle questure, nella consapevolezza dell'importanza e della delicatezza delle funzioni svolte da queste importanti strutture del Ministero dell'interno.
Infatti, le iniziative adottate per migliorare la funzionalità di tali uffici sono state indirizzate su molteplici versanti.
Più in particolare, a partire dal 2009, sono state adottate alcune misure organizzative e di sistema per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto all'implementazione della tecnologia negli uffici.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009, con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 15 dicembre 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 1.347.779 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 4.640 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge.
Anche il ricorso all'assunzione temporanea di 650 unità di personale interinale - autorizzato con l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 per un periodo non superiore a sei mesi e per le specifiche esigenze di espletamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare - va inquadrato nel medesimo contesto ed ha consentito, ad oggi, la definizione di oltre l'80 per cento delle istanze.
Proprio nell'ottica di continuare ad avvalersi di personale che ha già acquisito una sicura professionalità ed ormai costituisce un punto di riferimento per la migliore operatività degli uffici del Ministero dell'interno che si occupano di immigrazione - il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 recante «Proroga di termini», che all'articolo 2 comma 6 prevede una specifica disposizione con la quale viene autorizzato il proseguimento per ulteriori 12 mesi dei contratti di lavoro delle 650 unità di personale a tempo determinato.
Il competente dipartimento del Ministero dell'interno, lo stesso 29 dicembre 2010, con telegramma urgente, aveva rappresentato ai prefetti degli uffici territoriali del Governo interessati la necessità di provvedere tempestivamente alla stipula dell'atto di rinnovo dei contratti individuali ed agli adempimenti conseguenti.
Le 650 unità di personale cui fa riferimento l'interrogante proseguiranno il servizio fino al 31 dicembre 2011.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

FOLLEGOT, FEDRIGA, GOTTARDO e CONTENTO. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 482 del 1999 riconosce l'importanza delle lingue storiche garantendo risorse finanziarie per l'applicazione della norma in svariati settori, in particolare nelle pubbliche amministrazioni;
il Friuli Venezia Giulia ha sempre avuto ottimo riscontro sia per i progetti approvati che per le risorse a disposizione;
i finanziamenti, negli anni, sono stati ridotti e per il 2010 ammontano a 5.629.242,00 euro per i progetti presentati dalle amministrazioni territoriali e locali;
con nota 15 marzo 2010, il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ha comunicato la metodologia di ripartizione delle risorse, che non tiene conto della popolazione residente nel territorio in cui una lingua è ammessa a tutela, ma solamente del numero dei comuni in cui tale lingua risulta presente;
le minoranze più numerose, in particolare quella friulana ma anche la slovena e la tedesca, vengono di molto penalizzate a vantaggio delle comunità non molto numerose ma presenti in un alto numero di comuni -:
se non ritenga di rivedere i parametri di ripartizione delle risorse in modo tale che le comunità più numerose non vengano penalizzate;
se non ritenga opportuno implementare le risorse al fine di valorizzare le lingue e le culture maggiormente rappresentative, fondamento delle comunità locali.
(4-09571)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
I fondi assegnati alle minoranze linguistiche ai sensi della legge 15 dicembre 1999, n. 482, sono diminuiti da 9.428.853,28 euro stanziati nel 2005 a 2.274.425,00 euro, finanziati nel 2009. Il Governo, pur in un periodo di crisi, per l'anno 2010 ha stanziato un finanziamento più che doppio rispetto a quello dell'anno precedente e pari a 5.684.674,00 euro, invertendo il
trend dei finanziamenti negli ultimi anni e ridando slancio alla tutela delle minoranze linguistiche.
I criteri utilizzati per la ripartizione dei fondi tra le diverse minoranze linguistiche per l'anno 2010 indicati nella circolare del dipartimento per gli affari regionali del 15 marzo 2010 non sono diversi da quelli già in precedenza adottati. Nelle circolari del dipartimento per gli affari regionali degli anni passati, circolare del 1o aprile 2008 relativa ai fondi 2008 e 9 aprile 2009 relativa ai fondi 2009, così come nella citata circolare relativa ai fondi 2010, si legge infatti che la ripartizione è attuata «sulla base del numero dei comuni in cui sussistono minoranze linguistiche». Nella ripartizione degli ultimi anni si è assegnato il 5 per cento del finanziamento in misura uguale tra le minoranze linguistiche ed il 95 per cento in proporzione alla radice quadrata del numero di comuni nei quali sussiste ciascuna lingua minoritaria. Nelle circolari relative ai fondi 2008 e 2009 la suddetta funzione di ripartizione era stata espressa con la formula in misura meno che proporzionale rispetto al numero dei comuni interessati da ciascun gruppo. Che i criteri adottati per l'assegnazione dei fondi 2010 non si discostino da quelli degli anni precedenti lo si ricava anche dal fatto che la percentuale dei finanziamenti assegnati alle regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna, nelle circolari relative ai fondi 2008, 2009 e 2010, sono pressoché costanti. A fronte di uno stanziamento iniziale destinato agli enti locali pari a 5.617.000,00 euro nel 2008, 2.274.425,00 euro nel 2009 e 5.629.242,00 euro nel 2010, la regione Friuli Venezia Giulia ha avuto assegnazioni rispettivamente di 1.169.677,00 euro, 452.602,00 euro e 1.154.318,00 euro che corrispondono al 20 per cento del finanziamento annuo, precisamente al 20,82 per cento nel 2008, 19,90 per cento nel 2009 e 20,51 per cento nel 2010. La regione Sardegna, analogamente, ha avuto assegnazioni rispettivamente di 1.205.110,00 euro,

469.777,00 euro e 1.201.088,00 euro che corrispondono al 21 per cento del finanziamento annuo, precisamente al 21,45 per cento nel 2008, 20,65 per cento nel 2009 e 21,33 per cento nel 2010.
I criteri per l'attribuzione e la ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15 della legge 482 del 1999 sono definiti, secondo quanto previsto dall'articolo 8 del regolamento di attuazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche emanato con decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345, sentiti il comitato consultivo, al quale partecipano anche rappresentanti delle regioni e delle province, e la conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per cui è già assicurato il confronto con le regioni e le province autonome.
I fondi 2010, come quelli degli anni precedenti, sono stati ripartiti sulla base «della rilevanza territoriale di ogni minoranza linguistica ammessa a tutela dalla legge e dell'opportunità di finanziare almeno un progetto a favore di ogni singola minoranza di ogni regione o provincia autonoma» secondo quanto previsto dall'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007. Nei criteri di ripartizione non viene utilizzata la numerosità della popolazione perché, per principio, dovrebbe farsi riferimento alla popolazione che si avvale della lingua minoritaria e non già della totalità della popolazione ma questo dato non viene censito e quindi l'informazione non è disponibile per un eventuale inserimento nell'ambito dei criteri di riparto.
La tutela delle minoranze linguistiche non può prescindere dal fatto che le minoranze più esigue abbiano necessità di maggiori tutele e, a conferma di questo indirizzo, nei criteri di assegnazione dei fondi è indicata l'opportunità di finanziare almeno un progetto a favore di ogni singola minoranza di ogni regione o provincia autonoma.

Il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale: Raffaele Fitto.

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse in questi giorni sulla stampa (Repubblica - Bologna del 18 settembre 2008) l'interrogante apprenderebbe l'ennesimo episodio di presunto nepotismo presso l'Ateneo Bolognese e concernente l'aggiudicazione (quattro candidati, due ritirati) da parte del figlio del preside della Facoltà di Medicina e chirurgia, di uno dei due posti a disposizione come ricercatore di Ematologia;
per tale fatto il Rettore dell'università bolognese avrebbe annunciato che la questione finirà sul tavolo del Comitato etico che dovrà fare chiarezza sulle presunte situazioni di nepotismo;
fatto salvo che il grado di parentela con cattedratici non può essere penalizzante per la selezione dei docenti e la conseguente assegnazione di cattedre, a parere dell'interpellante, è doveroso esercitare la massima severità nel premiare chi ha effettivi meriti scientifici;
l'università di Bologna non sarebbe nuova ad episodi di questo genere che l'interpellante ha fatto oggetto di precedenti interpellanze in cui chiedeva una precisa verifica da parte del Governo;
alla luce di questo fatto, ma anche con riferimento alle situazioni di grave sofferenza in cui verserebbero, non solo la Facoltà di Medicina e chirurgia ma anche altre Facoltà del medesimo Ateneo, si confermerebbe la necessità, da tempo auspicata dall'interpellante, di avviare non solo un'indagine conoscitiva sul sistema universitario ma soprattutto un'ispezione ministeriale per accertare la realtà dei fatti per procedere ad una modifica del sistema di selezione del personale docente universitario -:
se il Ministro interpellato non intenda adottare, senza inutili tergiversazioni, iniziative normative volte a modificare dalle fondamenta il sistema di selezione del personale docente.
(4-06758)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame riguardante l'episodio di presunto nepotismo presso l'università degli studi di Bologna si comunica che il concorso a n. 2 posti di ricercatore Universitario per il SSD MED/15 malattie del sangue, è stato bandito su proposta della facoltà di medicina e chirurgia della medesima, con decreto rettoriale n. 633 del 16 maggio 2007 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale concorsi n. 42 del 29 maggio 2007.
Nel bando del concorso in parola, per il quale hanno presentato domanda di partecipazione n. 4 candidati, veniva indicato in 25 il numero massimo di pubblicazioni che sarebbero state valutate per ciascun candidato, la conoscenza della lingua inglese e Bologna quale sede di servizio.
Con decreto rettoriale n. 1641 del 6 novembre 2007 pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale concorsi n. 94 del 27 novembre 2007, sulla base dei risultati delle elezioni per la formazione delle commissioni giudicatrici, è stata nominata la commissione insediatasi il 21 gennaio 2008, della quale hanno fatto parte il professore ordinario Giuseppe Torelli dell'università di Modena e Reggio Emilia, il professore associato Fabrizio Vinante ed il ricercatore Mauro Krampera, ambedue dell'università di Verona.
Due candidati hanno presentato formale rinuncia al concorso, rispettivamente in data 14 gennaio 2008 e 19 febbraio 2008; i due rimanenti hanno partecipato alle prove e sono risultati vincitori.
Successivamente alla approvazione, senza riserve, degli atti concorsuali, con decreto rettoriale del 21 marzo 2008, si è appreso da notizie di stampa che uno dei due vincitori, il dottor Vittorio Stefoni, è il figlio del professor Sergio Stefoni, inquadrato nel SSD MED/14 nefrologia eletto, a decorrere dal 1o novembre 2007, preside della facoltà di medicina e chirurgia. Il rettore, pertanto, anche al fine di evitare ogni speculazione, ha posto il problema all'attenzione della commissione etica che, dopo aver esaminato il caso ai sensi dell'articolo 6 del codice etico «nepotismo e favoritismo», è giunta alle seguenti conclusioni.
Il nepotismo presuppone di norma, nell'accezione generale del termine, un preciso impegno nel favorire il «protetto» a scapito di altri più meritevoli, impedendo così la valorizzazione dei meriti individuali di altri candidati o aspiranti mediante criteri di selezione costituiti dalla validità della produzione scientifica e dalla oggettiva bravura dei candidati.
Gli elementi che lo caratterizzano sono l'impegno nel favorire ed una distorta valutazione del supposto merito del protetto, da cui può derivare, per conseguenza ed eventualmente, un danno nei confronti dei più meritevoli.
Comunque, ai sensi di quanto previsto dal codice etico, l'accertamento dei casi di nepotismo e favoritismo da parte della commissione richiede un approccio che tenga conto del contesto e delle circostanze, al fine di bilanciare i diversi valori in gioco ed evitare arbitrarie discriminazioni di candidati obiettivamente meritevoli ed eccellenti.
Il curriculum del dottor Vittorio Stefoni (laurea conseguita nel 1999 con 110 e lode, specializzazione in ematologia ed il
master universitario di II livello in clinica, patologia e terapia dei linfomi) ed il risultato positivo del concorso individuano una figura di studioso preparato e continuo, il che fa venir meno la circostanza del favore a un candidato immeritevole.
La commissione non ha trovato elementi che possano far ritenere che sia stato violato l'articolo 6 del codice etico ed ha inteso sottolineare l'importanza, anche per il futuro, di una approfondita analisi di tutti i casi di nepotismo e/o favoritismo che si possano presumere all'interno dell'ateneo, e ciò sia nei confronti dei presunti danneggiati, sia di quelli sospettati di essere stati protetti.
Per completezza di informazione si comunica che, avverso il giudizio della commissione giudicatrice del concorso in parola, non sono stati presentati ricorsi al Tribunale amministrativo regionale o al Capo dello Stato.


Si fa anche presente che la commissione medesima all'unanimità, ha confermato l'utilità di inviare il codice etico a tutti i candidati che presentano domanda per concorsi banditi dall'ateneo, per cercare, fra l'altro, di prevenire l'abitudine di ritirare la domanda di partecipazione al concorso in presenza di altri candidati di cui è nota la parentela con docenti dell'università e di continuare il rafforzamento di quella
«moral suasion» nei confronti dei colleghi che ha già dato buoni risultati dopo la pubblicazione del codice etico.
Si riferisce, infine, che nella legge di riforma del sistema universitario, promulgata in data 30 dicembre 2010, è prevista una nuova disciplina per il reclutamento dei professori universitari al fine di eliminare le criticità dell'attuale sistema. Tale nuovo modello sarà basato su un doppio canale: abilitazione scientifica nazionale e procedure di selezione bandite dalle università, consentendo la chiamata diretta dei professori e ricercatori già in servizio che sono in possesso stessa abilitazione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GRIMOLDI e CAVALLOTTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con le sentenze depositate il 28 aprile 2010 il Tribunale amministrativo regionale della Toscana per la prima volta si è espresso favorevolmente relativamente alle istanze presentate dai genitori di studenti portatori di handicap per ciò che concerne i tagli all'insegnamento di sostegno;
fino ad oggi non vi erano sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana che avessero accolto le suddette istanze e le famiglie toscane erano state costrette a cercare di ottenere provvedimenti cautelari o decisori solo presso altri Tribunali amministrativi regionali (Lazio o Liguria) con la successiva opposizione per incompetenza territoriale;
in tutti i casi sui quali il Tribunale amministrativo regionale della Toscana si è espresso, relativi a situazioni della provincia di Massa Carrara, è stato riconosciuto il pieno diritto alla scolarizzazione e ad un sostegno fornito da insegnanti specializzati, valutato in ragione delle reali esigenze dell'alunno e non solo dettato dalle motivazioni di bilancio;
anche in alcuni istituti scolastici del Casentino si sono verificati casi in cui purtroppo si assiste ad una continua riduzione delle ore assegnate ai singoli alunni, provocando una pericolosa inversione di tendenza nell'accettazione scolastica, indebolendo i rapporti tra gli alunni, gli insegnanti e le famiglie; i genitori degli alunni portatori di handicap hanno visto restringere le possibilità di apprendimento e di inserimento offerte ai loro figli;
la sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010 ha sancito l'illegittimità dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; la sentenza ha sancito inoltre l'illegittimità dell'articolo 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente;
numerosi pronunciamenti di altri Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato, oltre alle recenti decisioni del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, segnano un punto fermo fondamentale, decisamente non modificabile e sicuramente di grande impegno sociale per la tutela degli studenti portatori di handicap;
in conseguenza dei suddetti pronunciamenti, le amministrazioni scolastiche non potranno più giustificare la carenza di

sostegno con esigenze di bilancio e non si potranno surrogare al sostegno altre figure che, pur utili, necessarie ed importanti, non possono mai sostituire l'insegnante specializzato -:
quali iniziative concrete il Ministro intenda assumere al fine di approntare tutte le misure, anche extrabilancio, atte a consentire agli alunni tutto il sostegno del quale gli stessi avranno effettivamente bisogno.
(4-07265)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame con la quale si chiede quali iniziative il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende assumere per consentire agli alunni tutto il sostegno del quale essi hanno effettivamente bisogno alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010.
Com'è già noto all'interrogante la Corte costituzionale con sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010 ha sancito l'illegittimità dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 nella parte in cui fissava un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e dell'articolo 2, comma 414, della medesima legge nella parte in cui escludeva la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti in deroga, in presenza nelle classi di disabilità gravi, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.
È stata, pertanto, abrogata la disposizione che fissava il tetto massimo di posti di sostegno (comprensivo delle deroghe) attivabili in organico di fatto a livello nazionale, nonché la disposizione relativa al graduale raggiungimento del rapporto nazionale di un docente ogni due alunni disabili.
La suprema Corte invece non ha rivolto censure al comma 414 della norma citata nella parte in cui prevede che le dotazioni dell'organico di diritto dei docenti di sostegno deve essere progressivamente rideterminata nel triennio 2008-2010, fino al raggiungimento, nell'anno scolastico 2010-2011 di una consistenza pari al 70 per cento del numero dei posti complessivamente attivati nell'anno scolastico 2006-2007. Tenuto conto della succitata sentenza nella circolare n. 37 del 13 aprile 2010 con la quale è stato trasmesso lo schema di decreto, riguardante le dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2010-2011, è stato precisato che alla complessiva dotazione di docenti di sostegno assegnata a ciascun ufficio scolastico regionale vanno aggiunti gli eventuali posti in deroga da autorizzare, da parte dei direttori degli uffici scolastici regionali, ai sensi dell'articolo 35, comma 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, secondo le effettive esigenze rilevate ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera
b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che deve tenere in debita considerazione la specifica tipologia di handicap di cui è affetto l'alunno. Successivamente, con circolare n. 59 del 23 luglio 2010, riguardante l'adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto è stata richiamata la scrupolosa osservanza delle vigenti disposizioni sia per quanto concerne le modalità e le procedure di individuazione dei soggetti con disabilità, sia per ciò che concerne l'assegnazione delle ore di sostegno.
Si ricorda che la proposta relativa al numero delle ore di sostegno da attribuire a ciascun alunno disabile è affidata al gruppo di lavoro di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994.
Gli uffici scolastici regionali in accordo con le regioni, gli enti locali, e tutti i soggetti pubblici competenti individueranno modalità di equilibrata ed accorta distribuzione delle risorse professionali e materiali utili per la piena integrazione degli alunni disabili anche attraverso la costituzione di reti di scuole.
Si fa presente, inoltre che il decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 assicura per l'anno 2010-2011 un contingente di posti di sostegno pari a quello funzionante nell'organico di fatto 2009-2010, fatta salva l'autorizzazione di posti di sostegno in deroga da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità previste dall'articolo 3, comma 3 della legge n. 104 del 1992.


L'assegnazione dei posti in deroga ha fatto sì che il numero dei docenti di sostegno, a livello nazionale, passasse da 90.031 dell'anno scolastico 2009/2010 agli oltre 94.430 del corrente anno scolastico, con un incremento di 4.400 unità e con la conseguente riduzione del rapporto alunni disabili/docenti di sostegno. Ma vi è di più, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è adoperato per ridurre il più possibile situazioni di disagio degli alunni disabili. Infatti oltre all'istituzione dei citati 4.400 posti in deroga, la circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010 ha raccomandato di limitare, il più possibile, in presenza di gravi disabilità, la formazione di classi con più di 20 alunni, facilitando e favorendo in tal modo l'inserimento degli alunni disabili nella classe interessata.
Si ritiene opportuno precisare, infine, che il docente di sostegno è una risorsa assicurata alla scuola, perché su tutta la scuola (sulla molteplicità delle sue componenti) ricade il dovere di apprestare, per l'alunno disabile, gli strumenti che ne favoriscano l'integrazione, l'educazione e l'apprendimento.
Proprio in quanto risorsa assegnata alla scuola e non al singolo allievo disabile, il docente di sostegno fa parte a pieno titolo del consiglio di classe, ne assume la contitolarità e partecipa alla programmazione educativa e didattica, alla elaborazione e alla verifica delle attività di competenza del consiglio stesso con riferimento a tutti gli alunni della classe e non al solo portatore di
handicap, come previsto dal testo unico sull'istruzione approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GRIMOLDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.- Per sapere - premesso che:
l'istituto comprensivo di Castel Focognano, situato nella comunità montana del Casentino, in provincia di Arezzo, è composto da 11 plessi scolastici situati a molti chilometri di distanza fra loro, in un territorio prettamente montano;
dal prossimo anno scolastico in forza all'istituto sono previste solo 13 unità di personale Ata, a fronte del già risicato organico attuale di 17 unità e delle 24 unità degli scorsi anni;
tale riduzione di personale non permetterà all'istituto comprensivo di far fronte a tutti i servizi necessari per rendere operativi tutti i plessi scolastici;
tali plessi sono di essenziale importanza per un territorio già morfologicamente molto difficile e vasto; la chiusura dei plessi scolastici comporterebbe infatti un ulteriore spopolamento delle aree di montagna;
il problema è dovuto, da un lato, ai tagli sulla scuola, dall'altro, ben più rilevante, alle tabelle ministeriali che assegnano il numero di collaboratori scolastici in base al numero degli alunni e non ai plessi scolastici di competenza; in sostanza, non si tiene conto se una scuola sia concentrata tutta in un plesso o sia divisa in 13 plessi sparsi in un territorio, per di più a carattere montagnoso;
la conseguenza del metodo di assegnazione dei collaboratori scolastici è che una realtà come quella di Castel Focognano con 11 plessi scolastici in territorio montano abbia diritto ad una sola persona in più rispetto a realtà con 5 plessi, in territorio piano;
se nulla cambierà sarà inevitabile che molte di queste scuole in territorio montano dovranno chiudere, gli alunni trasportati in altre sedi, i comuni (e, di riflesso, i genitori) dovranno farsi carico di altre spese per i trasporti e per le mense;
secondo le dichiarazioni del sindaco di Castel Focognano, fino a dicembre il comune è disposto ad attingere alle casse per pagare il personale Ata, ma dal primo gennaio questo non sarà più possibile perché non disporrà dei fondi necessari;

la medesima situazione si prefigura anche a Stia, sempre nel territorio del Casentino -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere affinché le scuole di montagna siano salvaguardate;
se non intenda modificare i parametri di valutazione delle tabelle ministeriali perché calcolare il numero di collaboratori Ata in base al numero di alunni anziché a quello degli istituti scolastici significa sostanzialmente condannare alla chiusura tutte le scuole di montagna, con un conseguente spopolamento delle aree montane.
(4-08692)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame con la quale l'interrogante ritiene che la dotazione organica del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario assegnato per l'anno scolastico 2010-2011 all'istituto comprensivo di Castel Focognano in provincia di Arezzo sia insufficiente e chiede iniziative affinché la stessa dotazione nelle scuole di montagna venga assegnata sulla base dei plessi e delle sezioni staccate.
Al riguardo si premette che, nel quadro dell'opera di generale riorganizzazione degli organici del personale docente ed ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) a livello nazionale previste dall'articolo l'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 119, disciplina la revisione dei criteri e dei parametri per la definizione degli organici del personale amministrativo tecnico ed ausiliario con una proiezione di carattere triennale.
L'attività di razionalizzazione prevede l'utilizzo in ambito regionale e locale di parametri idonei a determinare la consistenza della dotazione organica sulle effettive esigenze dell'istituzione scolastica interessata. La quantificazione avviene sia sulla base del numero degli alunni sia sulla base delle specificità degli ambiti territoriali considerati, facendo particolare riferimento, per quanto riguarda il caso in esame, alle peculiarità strutturali e operative della singola scuola e tenendo conto del contesto del territorio, delle distanze e dei collegamenti del comune montano in cui opera. Queste modalità di articolazione dell'organico, nel rispetto delle esigenze di contenimento della spesa pubblica, assicurano il funzionamento delle istituzioni scolastiche in condizioni di sicurezza per gli alunni e di efficacia ed efficienza del servizio erogato.
Anche per il corrente anno scolastico i principi richiamati, in cui le esigenze delle istituzioni scolastiche articolate su più plessi trovano tutela, sono applicati nella definizione degli organici del personale ata. In proposito il decreto interministeriale n. 72 del 5 agosto 2010, recante disposizioni concernenti la definizione dei criteri e dei parametri degli organici del personale ata e la consistenza della dotazione organica per l'anno scolastico 2010-2011, prevede che nei circoli didattici, nelle scuole secondarie di I grado e negli istituti comprensivi il numero dei collaboratori scolastici aumenti in relazione al numero dei plessi, delle succursali e delle sezioni staccate presenti nell'istituzione scolastica.
È su tali presupposti ed in considerazione delle caratteristiche dell'Istituto comprensivo di Castel Focognano, collocazione in comune montano e articolazione del servizio in 11 plessi, che l'Ufficio scolastico regionale per la Toscana ha determinato l'organico del personale amministrativo. A fronte di n. 645 alunni frequentanti all'istituto sono stati assegnati n. 17 posti complessivi di personale non docente articolati in n. 1 direttore dei servizi generali ed amministrativi, n. 2 assistenti amministrativi e n. 14 collaboratori scolastici.
Si fa inoltre presente che la normativa vigente prevede l'accantonamento, a cura del Direttore dell'Ufficio scolastico regionale, di una quota pari al tre per cento della dotazione organica regionale. L'accantonamento deve essere effettuato prima della ripartizione dell'organico nelle singole province ed è finalizzato a fronteggiare

situazioni di disagio legate a specifici contesti locali per i quali vi sia la necessità di salvaguardare esigenze di funzionamento di particolare rilevanza e complessità.
Pertanto l'Ufficio scolastico regionale ha ritenuto opportuno incrementare l'organico dei collaboratori scolastici con l'attribuzione di 18 ore aggiuntive.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
ogni anno, in estate, si registra un calo delle donazioni di sangue, per questo l'associazione Avis cerca di sensibilizzare i cittadini promuovendo la Giornata mondiale del donatore, che viene festeggiata ogni anno da 100 Paesi il 14 giugno, anniversario della nascita di Karl Lansteiner, medico di origine austriaca che nel 1900 scoprì l'esistenza di gruppi sanguigni, meritando il premio Nobel nel 1930;
l'associazione Avis si rivolge sia ai donatori abituali che a quelli potenziali, ricordando che durante le ferie si assiste sempre ad un calo fisiologico delle donazioni, anche se il periodo estivo è quello che necessita maggiormente di scorte di sangue. Le donazioni, infatti, devono rispettare dei tempi ben precisi: un uomo non può donare il sangue prima che siano trascorsi 90 giorni dall'ultima volta, mentre per una donna il lasso di tempo sale fino a sei mesi;
per quanto riguarda il numero di donazioni nella provincia di Bergamo, è stato registrato un piccolo aumento, passando dalle 20.628 del 2007 alle 20.762 del 2008. In calo invece, le donazioni effettuate in strutture ospedaliere, con una riduzione di circa 377 donatori. Per questo, secondo la sezione nazionale dell'Avis orobica, è necessario sensibilizzare sempre di più i cittadini verso l'importanza della donazione del sangue. Pertanto, durante i festeggiamenti dello scorso 14 giugno, è stato lanciato l'appello a tutti gli iscritti Avis, a non partire per le vacanze senza prima aver fatto una donazione;
il problema delle donazioni di sangue nel periodo estivo emerge anche a livello nazionale. Anche se non si può parlare di emergenza, è necessario che i cittadini siano sensibilizzati verso questa problematica, come ha anche affermato Mario Rivola, presidente della sezione Avis di Bergamo, al quale, durante la Giornata mondiale del donatore, si sono rivolte decine di persone interessate ad avere maggiori informazioni riguardanti l'associazione Avis nella sua globalità -:
se e con quali iniziative il Ministro intenda promuovere un'opera di sensibilizzazione a livello nazionale per far conoscere l'importanza, i metodi e le conseguenze della donazione del sangue.
(4-04209)

Risposta. - La legge 21 ottobre 2005, n. 219 «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati», ha riconosciuto alle associazioni e federazioni dei donatori di sangue la funzione di sostenere e promuovere la donazione volontaria, anonima, responsabile e gratuita del sangue e dei suoi componenti, tramite le proprie strutture organizzative, in stretta sinergia con le componenti del sistema trasfusionale (servizi trasfusionali, strutture regionali di coordinamento).
A livello nazionale, le stesse si rapportano direttamente con il centro nazionale sangue (Cns) nello svolgimento di attività di promozione della donazione e di organizzazione di specifiche iniziative, campagne ed eventi.
Il Cns, istituito nel rispetto delle disposizioni della legge n. 219 del 2005 e del decreto del Ministro della salute del 26 aprile 2007, attuativo dell'articolo 12 della medesima legge, sostiene la donazione volontaria dei sangue, operando in stretta sinergia con le principali associazioni e federazioni dei donatori, riunite nel Coordinamento interassociativo volontari italiani

del sangue (Civis) e rappresentate all'interno del comitato direttivo dello stesso Cns.
Le attività di promozione della donazione del sangue sono pianificate in occasione di eventi già istituiti (tra gli altri, la giornata nazionale del donatore di sangue, indetta per il 14 giugno di ogni anno dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2006), ma sono anche realizzate ogni volta che il «sistema sangue» nazionale si trovi ad affrontare situazioni di emergenza, come quella che può verificarsi nel periodo estivo.
Il Cns ha predisposto il sito istituzionale
www.centronazionalesangue.it, dove è possibile consultare tutte le attività di promozione della donazione realizzate fino a questo momento.
Il Ministero della salute, in sinergia con il Cns e gli enti associativi citati, ha sviluppato una serie di iniziative nell'ambito del settore trasfusionale, con il fine di contribuire a promuovere la cultura del dono e di fornire un approccio positivo al tema del sangue e del suo appropriato utilizzo.
Sono state organizzate diverse campagne di sensibilizzazione e gli strumenti di comunicazione utilizzati sono stati molteplici: «
spot» televisivi e radiofonici, affissioni di manifesti in tutto il territorio nazionale, informazione su stampa quotidiana e periodica a diffusione nazionale, attivazione di un portale internet dedicato agli approfondimenti informativi. Le campagne si sono avvalse anche del contributo di «testimonial» molto conosciuti dal pubblico (cantanti, atleti della nazionale italiana di canottaggio e della squadra femminile olimpionica di nuoto sincronizzato).
Nel 2009 e nel 2010, tuttavia, la limitatezza delle risorse a disposizione, unitamente a contingenti priorità in materia di comunicazione, non hanno permesso di realizzare specifiche campagne di comunicazione sulla promozione della donazione del sangue.
Peraltro, il Ministero della salute è impegnato nella definizione del programma delle iniziative di comunicazione per il 2011, e in tale ambito si potrà prevedere una specifica iniziativa volta a sensibilizzare la popolazione alla donazione del sangue, anche in collaborazione con le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Università Parthenope di Napoli qualche settimana fa ha firmato con la Uil segreteria regionale della Campania una convenzione che consentirà agli studenti iscritti al sindacato di vedersi riconoscere fino a 60 crediti per il corso triennale in giurisprudenza. Tale agevolazione equivale, in realtà, ad uno sconto di un anno di studi su tre, facendo apparire la convenzione come uno strumento destinato unicamente a fare cassa, a conquistare studenti, strappandoli ad altri atenei, sbaragliando così la concorrenza;
da quanto stipulato nell'accordo, il vantaggio sarà ottenuto «in considerazione delle conoscenze e delle abilità che i lavoratori iscritti alla Uil potranno certificare in ragione delle funzioni e delle mansioni a loro attribuite». Nell'articolo 2 della convenzione, viene addirittura affidata, allo stesso sindacato, di concerto con l'università, la facoltà di stabilire i requisiti per avere diritto allo sconto «La Uil segreteria regionale della Campania - recita il testo - si impegna a collaborare con l'Università nell'individuazione dei requisiti nella fase istruttoria delle richieste degli iscritti»;
dal canto loro, gli studenti si dichiarano sconcertati ed indignati. Andrea Volpi dirigente nazionale di Azione Universitaria afferma che «Lo scandalo dei 60 crediti attribuiti agli studenti tesserati Uil evidenzia ancora di più la necessità di una riforma volta ad affermare la qualità e il merito e a mettere fine a sprechi e privilegi»;

il caso dell'Università Parthenope non è isolato. Con la precedente riforma universitaria, che istituì le lauree triennali, venne deciso, in base a quanto stipulato a livello europeo, di riconoscere crediti formativi accumulati con l'esperienza lavorativa. Tale pratica, tuttavia, diede ampio decorso al dilagante fenomeno di concedere la laurea senza il riconoscimento dell'adeguato merito. Benché si sia tentato di porre un freno a tale situazione, episodi di abuso legati alle concessioni di crediti extrauniversitari si sono ripetuti incessantemente. Basti ricordare che, nell'anno 2007, l'Università statale di Messina stipulò una convenzione con la Cisl analoga a quella siglata dall'università napoletana -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro intenda adottare affinché la concessione di crediti extrauniversitari non si trasformi in una occasione per ottenere facili scorciatoie nel compimento del percorso universitario;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per far sì che il sistema universitario nazionale si basi soltanto sulla logica della meritocrazia, permettendo così una giusta competizione con le maggiori università internazionali, anche alla luce del fatto che nella sesta edizione della classifica del Times, tra le prime 100 università del mondo non figura nemmeno un ateneo italiano.
(4-04876)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante il riconoscimento dei crediti per il corso di laurea triennale in giurisprudenza presso l'università Parthenope di Napoli, si comunica quanto segue.
Il comma 147, articolo 2, della legge 24 novembre 2006, n. 286 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge del 3 ottobre 2006, n. 262) ha stabilito che «...le Università disciplinano nel proprio regolamento didattico le conoscenze e le abilità professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello
post-secondario da riconoscere quali crediti formativi. In ogni caso, il numero di tali crediti non può essere superiore a sessanta».
Alla luce di quanto stabilito dalla predetta norma, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel ribadire che il riconoscimento delle conoscenze e delle abilità professionali, nonché delle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello
post-secondario, può essere effettuato in relazione al percorso formativo, sia nei corsi di I livello che in quelli di II livello, ma non può superare il limite dei sessanta crediti, ha altresì richiamato l'attenzione dei rettori delle università sull'obbligo di inserire nei regolamenti didattici di ateneo la disciplina del riconoscimento dei cfu in questione e di trasmettere la documentazione relativa alle suddette modifiche di regolamento didattico di ateneo al ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'approvazione.
Nel caso specifico, l'università Parthenope di Napoli all'articolo 7, comma 4, del regolamento didattico di ateneo ha stabilito che: «Sulla base di specifiche convenzioni stipulate dall'Università, le facoltà ovvero, su delega di queste, i competenti consigli di coordinamento didattico, possono prevedere il riconoscimento, secondo criteri predeterminati nel rispetto della normativa vigente in materia e con procedure definite negli appositi regolamenti, di crediti acquisiti dallo studente per competenze ed abilità professionali, ovvero di competenze ed abilità maturate in attività formative di livello
post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l'università o altro ateneo abbia concorso».
Il citato regolamento didattico di ateneo è stato approvato con decreto direttoriale del 15 maggio 2008.
Con l'occasione si fa rilevare, altresì, che non esiste un corso di laurea triennale con denominazione «giurisprudenza», mentre esistono corsi di laurea triennale, afferenti alla classe L-14, scienze dei servizi giuridici. Il corso di studi in «giurisprudenza» è un corso di laurea magistrale, a troncone

unico o ciclo unico, di durata quinquennale, afferente alla LMG/01-Classe delle lauree magistrali in giurisprudenza.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

LEHNER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Accademia Britannica srl, già oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo ai quali si contestavano episodi di evasione fiscale, si occupa tra l'altro delle vacanze di studio in Gran Bretagna e in Irlanda di studenti italiani, ai quali poi vengono rilasciati diplomi per l'accreditamento scolastico;
risulta all'interrogante che talune società operanti nel medesimo settore abbiamo avviato un procedimento dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania contestando l'emissione di diplomi non validi ai fini dell'accreditamento, in quanto gli istituti utilizzati in Gran Bretagna da Accademia Britannica srl non sarebbero riconosciuti dal British council;
in particolare risulta da documenti in possesso dell'interrogante che la Waterloo School, utilizzata da Accademia Britannica srl, con sedi in diverse località inglesi, sia riconosciuta dal British council per la sola sede di Londra;
da altro documento, presentato da società concorrente alla Accademia Britannica srl, emerge che a fronte di espressa richiesta effettuata al British council, riguardante il riconoscimento di una serie di istituti in elenco, questi abbia risposto che nessuno era riconosciuto;
porrebbe che analoga situazione sia stata rilevata in Irlanda -:
se non ritenga opportuno chiarire la validità, ai fini dell'accreditamento scolastico, dei diplomi di lingua inglese rilasciati da Accademia Britannica srl.
(4-05885)

LEHNER. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Accademia Britannica srl, che si occupa tra l'altro delle vacanze di studio in Gran Bretagna e in Irlanda di studenti italiani figli di dipendenti INPDAP, è stata già oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo nei quali si sosteneva l'esistenza di attività che potevano risolversi in danno dell'erario e della qualità dei titoli di studio attribuiti agli studenti;
in relazione alle vicende complessivamente esposte nelle interrogazioni 5-00051, 4-00491, 4-01632, 4-05004, 4-05885, che evidenziavano fatti di evasione fiscale, violazioni delle regole di concorrenza, false attestazioni e falsità in atto pubblico il giudice per le indagini preliminari, in data 20 gennaio 2010 il tribunale di Roma ha richiesto il rinvio a giudizio degli amministratori della società e della consociata Accademia Britannica International House, della quale Accademia britannica è affittuaria di un ramo di azienda, e di taluni funzionari dell'INPDAP;
i capi di imputazione riguardano l'abuso di ufficio e la concussione a carico dei funzionari INPDAP per aver tentato di arrecare ingiusti vantaggi patrimoniali alla società in titolo; la truffa, la falsità ideologica e la falsa attestazione per gli amministratori, in concorso tra loro, rei di aver prodotto documentazioni mendaci o false per ottenere la gestione dei viaggi di studio -:
quali provvedimenti intenda adottare il ministro interrogato per impedire che episodi come quelli descritti in titolo abbiano a ripetersi, in danno della qualità dello studio e dei titoli degli studenti italiani.
(4-07505)

Risposta. - In relazione alle interrogazioni in esame, l'interrogante ritiene opportuno chiarire la validità, ai fini dell'accreditamento scolastico, dei diplomi di lingua inglese rilasciati dall'Accademia Britannica srl.


Al riguardo, nel premettere che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca può fornire riscontro limitatamente alle materie di propria competenza, tra le quali non rientrano l'accreditamento scolastico e gli appalti indetti da altre amministrazioni, si comunica quanto segue.
Le esperienze che danno luogo ai crediti formativi, ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale del 24 febbraio 2000, n. 49, sono quelle esperienze acquisite al di fuori della scuola di appartenenza, in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona e alla crescita umana, civile e culturale, quali quelli relativi, in particolare alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, all'ambiente, alla solidarietà, alla cooperazione, allo sport.
Detti crediti vengono attribuiti dal consiglio di classe sulla base di indicazioni e parametri preventivamente individuati dal collegio dei docenti (cfr. articolo 8, commi 1 e 8, ordinanza ministeriale n. 40 del 2009).
In relazione ai crediti formativi acquisiti all'estero, l'articolo 3, comma 3, del richiamato decreto ministeriale n. 49 del 2000 prevede che le certificazioni concernenti le attività di formazione del settore linguistico devono essere rilasciate, o previamente convalidate, da enti legittimati a rilasciare certificazioni ufficiali riconosciute nel Paese di riferimento e devono recare l'indicazione del livello di competenza linguistica previsto dall'ordinamento locale o da un sistema ufficiale di standardizzazione.
Sul punto sono state emanate due circolari, la circolare ministeriale 14 aprile 2000, n. 117 e la circolare ministeriale 10 settembre 2002, n. 96, con le quali si specifica la validità delle certificazioni del settore linguistico che, per quanto non provenienti da istituzioni pubbliche, siano rilasciate o previamente convalidate da enti legittimati a rilasciare certificazioni ufficiali e riconosciute nel Paese di riferimento.
In particolare, in relazione all'ordinamento britannico, si prevede che deve essere riconosciuto il carattere di ufficialità ai certificati riconosciuti e alle istituzioni accreditate dal
British council, a cui ora si affiancano anche le certificazioni rilasciate dalle scuole e dai corsi accreditati dalla Association of british language schools.
Relativamente all'ordinamento irlandese, i corsi di inglese per stranieri possono essere impartiti esclusivamente da istituzioni a carattere privato per le quali sia intervenuto il riconoscimento da parte del competente dipartimento dell'educazione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

MELIS, SARUBBI e TOUADI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'occasione del recente tragico episodio dell'uccisione della cittadina rumena Maricica Hahaianu, a Roma, Anagnina, ad opera del cittadino italiano Alessio Burtone, che - come documenta un video più volte trasmesso dai media - ha aggredito con un pugno la Hahaianu, provocandone la caduta a terra e la morte per trauma conseguente, i giornali (specificamente Il Messaggero del 19 ottobre 2010) e alcune TV hanno documentato reazioni offensive nei confronti della vittima e di solidarietà con l'aggressore;
una diffusa trasmissione televisiva ha raccolto, senza alcun specifico contraddittorio, le dichiarazioni minimizzanti della madre dell'aggressore, presentando del Burtone un ritratto di parte, che non tiene conto dei precedenti di violenza emersi a suo carico;
all'atto dell'arresto lo stesso Burtone è stato oggetto di manifestazioni di solidarietà, con cori di sostegno e ulteriori dichiarazioni dei suoi sodali di offesa alla vittima e alla sua appartenenza alla comunità rumena -:
se i fatti qui enunciati corrispondano al vero;
se non ritengano i Ministri tale situazione meritevole di essere affrontata con opportuni interventi di politica culturale,

sia promuovendo campagne specifiche sul tema dell'immigrazione attraverso i media e la scuola, sia con specifici interventi volti a diffondere tra i giovani valori elementari di educazione alla convivenza e alla cittadinanza.
(4-09091)

Risposta. - Si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante rileva l'opportunità di effettuare interventi di politica culturale a seguito dei tragici fatti avvenuti nella stazione Anagnina di Roma e delle espressioni di solidarietà formulate nei confronti dell'aggressore.
Al riguardo si fa presente che tra i compiti della scuola vi è quello di contribuire a rimuovere ogni forma di violenza e pregiudizio, di promuovere la crescita culturale dei giovani evitando intolleranze e discriminazioni e di favorire un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali e sull'educazione alla legalità.
Diffondere la cultura della legalità e il rispetto delle regole fra i giovani è impegno prioritario del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che a tal fine ha attivato nel tempo numerose iniziative.
Tra queste si segnala l'attivazione di un numero verde nazionale per l'ascolto e la consulenza in casi di violenza a scuola, che ha consentito di svolgere un ruolo di mediatore tra scuola e famiglia per la gestione di casi difficili e altamente conflittuali e di far emergere situazioni di disagio.
L'esperienza maturata ha permesso di sviluppare un modello di risposta e di analisi del fenomeno che rappresenta una buona pratica per l'individuazione degli indicatori di rischio.
Sul territorio l'attività di monitoraggio di comportamenti aggressivi e prevaricatori si sviluppa anche tramite gli osservatori regionali permanenti, ai quali è stato attribuito il compito di promuovere all'interno delle scuole percorsi di educazione alla legalità sia in ambito curricolare che
extracurriculare.
Queste attività hanno a fondamento la formazione culturale degli studenti intesa come presa di coscienza e condivisione delle regole poste alla base della convivenza civile e considerano la diversità, nelle sue molteplici accezioni, quale elemento di identità della scuola e occasione per l'integrazione nel sistema formativo di tutte le differenze.
L'attenzione ai valori della legalità e del rispetto delle regole ha portato all'istituzione, nell'ambito della direzione generale per lo studente, di un apposito ufficio a cui è stato attribuito il compito di promuovere la cultura della legalità, della cittadinanza attiva e del rispetto dei diritti umani e di svolgere azioni di prevenzione e contrasto degli atti di bullismo.
È in relazione a questo ultimo fenomeno che il protocollo d'intesa sottoscritto con l'associazione nazionale dei genitori intende favorire iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, genitori e docenti su temi che riguardano tutte le forme di bullismo, compresi atti di intolleranza razziale o religiosa, e di violenza giovanile comunque manifestata.
Alle iniziative di approfondimento di rilevanza nazionale connesse alle tematiche in questione, si affiancano iniziative di sostegno finanziario agli interventi didattici ed educativi con i quali facilitare l'inserimento degli stranieri mediante l'assegnazione di appositi fondi integrativi alle direzioni scolastiche regionali.
Si fa presente inoltre che il decreto-legge n. 137 del 1o settembre 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, ha introdotto l'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», al fine di ripristinare nella scuola il concetto di regola e il rispetto della norma e della legalità.
Questo insegnamento, anche attraverso una serie molto ampia e diffusa di articolati progetti sperimentali, mira fra l'altro a fornire a tutti gli studenti le conoscenze e le competenze per apprezzare e condividere le regole fondamentali della convivenza e comprendere a fondo i principi della integrazione delle culture, della legalità e della democrazia.
Infine, qualora le esigenze della comunità e del territorio di riferimento richiedano

specifici interventi, le singole istituzioni scolastiche hanno l'autonomia e la competenza per intraprendere le opportune iniziative sui temi richiamati.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

MIOTTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli insegnanti di religione cattolica della scuola primaria e secondaria sono stati immessi in ruolo dal settembre 2005 in applicazione della legge n.186 del 2003 ed hanno acquisito il diritto alla ricostruzione della carriera, mediante il programma ministeriale «SIDI» che prevede un doppio canale, uno per gli insegnanti delle scuole materne-elementari ed un secondo per gli insegnanti delle scuole medie-superiori;
in molte province detti docenti hanno ottenuto il riconoscimento della ricostruzione di carriera, mentre nelle province di Vicenza e Padova, le rispettive direzioni provinciali del tesoro hanno respinto le domande presentate dagli insegnanti;
tale orientamento sarebbe ispirato da una interpretazione, difforme nel Paese, delle norme che equiparano il docente della scuola media al docente della scuola media superiore, mentre la normativa è inequivocabile;
la formazione delle cattedre è prevista in verticale, così come stabilito dal concorso per l'immissione in ruolo, e pertanto va tenuto presente il principio della situazione più favorevole dal punto di vista economico;
le norme che consentono l'applicazione delle tabelle stipendiali previste per i docenti laureati della scuola media superiore anche agli insegnanti della scuola media sono riferibili al comma 6 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 399 del 23 agosto 1988, richiamato dal comma 7 dell'articolo 66 del contratto collettivo nazionale del 1995, confermato dal contratto collettivo nazionale del 2003 e recepito nell'ultimo contratto di lavoro all'articolo 146;
in tal senso appare orientato il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Veneto, che, con nota del 12 giugno 2009, ha formalmente invitato i dirigenti degli uffici scolastici provinciali a procedere all'inquadramento retributivo sulla base delle norme citate, ma la ricostruzione della carriera nelle province di Vicenza e Padova non può avvenire a causa del diverso orientamento della direzione provinciale del tesoro e ciò determina una disparità di trattamento alla quale il Ministero, già sollecitato per un chiarimento, dovrebbe porre rimedio -:
quali iniziative si intendano assumere al fine di rimuovere le difficoltà interpretative emerse a Vicenza e Padova che finora hanno bloccato la ricostruzione della carriera agli insegnanti di religione cattolica della scuola secondaria di primo grado.
(4-07979)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, relativa ai provvedimenti di ricostruzione di carriera dei docenti di religione, in ruolo nella scuola media, predisposti dai competenti dirigenti scolastici delle province di Padova e di Vicenza mediante il programma ministeriale Sidi.
In particolare, il problema segnalato concerne i rilievi che sugli anzidetti provvedimenti sono stati mossi dalle ragionerie territoriali dello Stato di Padova e di Vicenza le quali, diversamente da altre ragionerie territoriali, hanno eccepito l'illegittimità dell'equiparazione stipendiale degli insegnanti di religione assunti in ruolo nella scuola media a quelli assunti in ruolo nella scuola superiore.
Considerata la rilevanza generale della questione, questa amministrazione, con nota del 9 ottobre 2009, ha interessato il Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) affinché impartisse alle competenti ragionerie territoriali istruzioni per la corretta ed uniforme applicazione della normativa vigente in materia.


A seguito della richiesta di questo dicastero, il Ministero dell'economia e delle finanze (dipartimento della ragioneria generale dello Stato - ispettorato generale di finanza), al fine di assicurare uniformità di indirizzo, con circolare protocollo n. 0100132 del 25 novembre 2010 ha trasmesso alle ragionerie territoriali dello Stato la nota con la quale l'ispettorato generale per gli ordinamenti del personale ha fornito il parere di competenza in merito ai chiarimenti richiesti in ordine al trattamento economico da corrispondere agli insegnanti di religione a tempo indeterminato in servizio nella scuola secondaria di primo grado. Nel parere reso dall'Igop, è evidenziato che la normativa vigente non opera alcuna distinzione tra il trattamento economico dei docenti di religione della scuola secondaria di primo grado e quelli della scuola secondaria di secondo grado. Ciò risulta, peraltro, confermato dall'istituzione di un ruolo unico per tutti i docenti di religione della scuola secondaria disposta dalla legge 18 luglio 2003, n. 186.
La questione segnalata nell'interrogazione può pertanto considerarsi superata.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

PALADINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
650 dipendenti del Ministero dell'interno impiegati presso lo sportello unico per l'immigrazione delle prefetture e questure d'Italia versano in una posizione di estrema precarietà; tale personale assunto per esigenze di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture, con contratto a tempo determinato della durata totale di 36 mesi (a partire dal gennaio 2008), a conclusione di una procedura concorsuale destinata al personale precario del Ministero dell'interno, è stato di fatto utilizzato sin dal marzo 2003 per far fronte ad una più efficace gestione dei compiti connessi alla procedura di regolarizzazione (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3262 del 31 gennaio 2003);
detto sportello unico per l'immigrazione ha assunto nel corso degli ultimi anni un numero crescente di compiti, alcuni dei quali di notevole rilevanza e di estrema delicatezza: procedure per l'emersione del lavoro irregolare di colf e badanti, pratiche di ricongiungimento familiare per gli stranieri e di assunzione di lavoratori neo-comunitari, procedimenti di conversione del permesso di soggiorno e di perfezionamento dell'ingresso per attività di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato;
nell'esercizio di tali compiti, il personale suddetto ha acquisito e migliorato le proprie competenze, assolvendo pienamente alle funzioni richieste derivate da un'esigenza tuttora improrogabile e presente che è quella di rafforzare in maniera adeguata ed immediata l'organizzazione dello sportello unico per l'immigrazione, al fine di garantire in modo più efficace la continuità delle attività relative all'espletamento delle procedure amministrative connesse all'attuazione della normativa in materia di immigrazione;
i 650 addetti con nomina a tempo determinato continuano ad operare quotidianamente con serietà in queste importanti attività; per tale motivo sono stati oggetto di note di merito da parte di diversi questori e prefetti con numerose comunicazioni inviate dalle medesime autorità al Ministero dell'interno, da dove si evince la volontà di mantenere le 650 unità in servizio ben oltre il 2010;
la necessità di avere una maggiore legalità e sicurezza è emersa su più fronti ed anche il Governo sembra propenso all'adozione di interventi per la stabilizzazione dei precari -:
se il Ministro interrogato, trascorso il periodo di contratto a tempo determinato della durata totale di 36 mesi (cioè fino al 1° gennaio 2011), non intenda prendere in considerazione l'avvio di risolute iniziative atte a mantenere in servizio il suddetto personale;
se non ritenga opportuno accogliere tale richiesta, mantenendo le forze dell'ordine

nei loro specifici compiti, senza, come sembra, sostituire il personale civile assunto per esigenze di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture con personale di polizia.
(4-09710)

Risposta. - Il Governo, sin dal suo insediamento, ha dedicato particolare attenzione all'esigenza di garantire l'operatività degli sportelli unici delle prefetture e degli uffici immigrazione delle questure, nella consapevolezza dell'importanza e della delicatezza delle funzioni svolte da queste importanti strutture del Ministero dell'interno.
Infatti, le iniziative adottate per migliorare la funzionalità di tali uffici sono state indirizzate su molteplici versanti.
Più in particolare, a partire dal 2009, sono state adottate alcune misure organizzative e di sistema per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto all'implementazione della tecnologia negli uffici.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009, con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 15 dicembre 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 1.347.779 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 4.640 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge.
Anche il ricorso all'assunzione temporanea di 650 unità di personale interinale - autorizzato con l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 per un periodo non superiore a sei mesi e per le specifiche esigenze di espletamento delle procedure di emersione del lavoro irregolare - va inquadrato nel medesimo contesto ed ha consentito, ad oggi, la definizione di oltre l'80 per cento delle istanze.
Proprio nell'ottica di continuare ad avvalersi di personale che ha già acquisito una sicura professionalità ed ormai costituisce un punto di riferimento per la migliore operatività degli uffici del Ministero dell'interno che si occupano di immigrazione - il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 recante «Proroga di termini», che all'articolo 2 comma 6 prevede una specifica disposizione con la quale viene autorizzato il proseguimento per ulteriori 12 mesi dei contratti di lavoro delle 650 unità di personale a tempo determinato.
Il competente dipartimento di questo Ministero, lo stesso 29 dicembre 2010, con telegramma urgente, aveva rappresentato ai prefetti degli uffici territoriali del Governo interessati la necessità di provvedere tempestivamente alla stipula dell'atto di rinnovo dei contratti individuali ed agli adempimenti conseguenti.
Le 650 unità di personale cui fa riferimento l'interrogante proseguiranno il servizio fino al 31 dicembre 2011.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibromialgia o sindrome fibromialgica (FM) è una patologia caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso associato a rigidità, alla quale si affiancano una vasta gamma di disturbi tra cui dolore cranico, insonnia e astenia;
la tensione muscolare è la principale causa di dolore, dolore che in alcuni casi è localizzato (le sedi più frequenti sono il collo, le spalle, la schiena, le gambe), ma

talora è diffuso dappertutto provocando rigidità, limitando i movimenti o dando una sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni;
chi è affetto da FM si sente sempre stanco e si affatica anche per minimi sforzi; la fibromialgia causa insonnia;
nel 1990 sono stati messi a punto i criteri diagnostici della malattia e nel 1994 la diagnosi di FM è stata accettata a livello internazionale con la cosiddetta «Dichiarazione di Copenaghen»: si tratta quindi di una malattia conosciuta da molto tempo, ma che solo recentemente è stata meglio definita;
i maggiori studi epidemiologici sulla FM evidenziano una frequenza nella popolazione generale compresa fra il 3 e il 4 per cento, che aumenta progressivamente con l'età e nel sesso femminile fino a raggiungere l'8-9 per cento: anche se si tratta soprattutto di studi americani e canadesi, quindi su popolazioni con caratteristiche demografiche differenti da quelle europee;
la ricerca medica in Italia non ha ancora approfondito in maniera adeguata studi sulla fibromialgia;
recentemente uno studio estero, esteso ad una popolazione italiana di 1000 soggetti, ha ricavato una prevalenza possibile del 4,1 per cento nella popolazione generale e del 6,9 per cento nelle sole donne; si potrebbe dunque ipotizzare una prevalenza in Italia nella popolazione generale intorno al 6-7 per cento (che significa tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti);
la FM colpisce prevalentemente donne in età fertile ed è frequente, quindi, che le pazienti già in terapia per tale patologia consultino lo specialista per l'insorgenza della gravidanza; la malattia, dunque, non sembra influenzare la fertilità, ma non esistono ricerche volte a valutare gli effetti della fibromialgia in gravidanza (e viceversa);
tipico della fibromialgia, come di altri disturbi neurovegetativi, è che l'andamento dei sintomi varia in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento: c'è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni «di passaggio», cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti (discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia);
alla fibromialgia spesso si correlano altre due gravi sindromi, la CFS (Chronic Fatigue Syndrome o sindrome da fatica cronica) e la MCS (o sindrome da multi-sensibilità chimica); in tutte e tre, in vario grado, è possibile osservare alterazioni in senso autoimmune del sistema immunitario dell'individuo affetto;
le cause di questa malattia sono tuttora sconosciute e la comunità medica sta conducendo diverse ricerche sulle cause e sui possibili strumenti a disposizione per la diagnosi certa della patologia;
questa sindrome è riconosciuta dall'Organizzazione mondiale della sanità che la classifica nell'International statistical classification of diseases and related health problems (ICD-10) alle voci M79, Other soft tissue disorders, not elsewhere classified, e M79.O, Rheymathism, Unspecified-Fibromyalgia-Fibrositis;
secondo la Dichiarazione del Parlamento europeo sulla fibromialgia, approvata il 13 gennaio 2009, circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3 per cento della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia;
ad oggi, il Sistema sanitario nazionale non prevede alcuna forma di riconoscimento per questa patologia e non esistono per essa adeguati protocolli clinico-assistenziali;
i pazienti che soffrono di fibromialgia devono effettuare più visite generiche e specialistiche, ottenendo un maggior numero

di certificati di malattia e ricorrendo più spesso ai servizi di degenza; essi rappresentano così un notevole onere economico;
i malati affetti da questa patologia possono essere considerati orfani della sanità, sia dal punto di vista della ricerca scientifica sia a livello di assistenza clinica, vista la difficoltà - anche per i medici - di far fronte ad una patologia che, in buona parte, non si conosce -:
quali iniziative si intendano assumere per il riconoscimento di questa patologia e delle patologie ad essa correlate e per la loro inclusione nell'elenco delle malattie sociali di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1961;
quali iniziative intenda intraprendere per adeguare i protocolli clinico-sanitari del servizio sanitario nazionale;
quali forme di sostegno alla ricerca medica italiana si intendano adottare per completare gli studi e le sperimentazioni garantendo così al malato diagnosi rapide e certe, consentendo di approfondire la correlazione della malattia anche con fattori esterni all'organismo umano;
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, per prevedere il riconoscimento, ai lavoratori affetti da questa patologia, di permessi di astensione dal lavoro per la cura della sintomatologia nonché per prevedere l'esenzione dal pagamento dei ticket e dei farmaci per la cura dei sintomi, per gli affetti da fibromialgia.
(4-05962)

Risposta. - Occorre premettere che il riconoscimento delle malattie, intese come singole entità nosologiche, non è compito delle istituzioni sanitarie di un Paese, ma della comunità scientifica internazionale: peraltro, la fibromialgia, la sindrome da fatica cronica (Cfs) e la sensibilità chimica multipla (Mcs) sono già tutelate attraverso le prestazioni sanitarie contenute nei livelli essenziali di assistenza (Lea).
Queste condizioni sono da tempo oggetto di un numero crescente di richieste di assistenza sanitaria, di segnalazioni da parte di associazioni di pazienti e di interrogazioni parlamentari, volte a domandare sia una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e delle classe medica sia l'eventuale inserimento tra le patologie soggette a specifica tutela ai fini dell'esenzione (decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, sulle malattie croniche ed invalidanti e decreto ministeriale n. 279 del 2001 sulle malattie rare). Tale ultima questione, in particolare, è all'attenzione del Ministero della salute che ha coinvolto società scientifiche ed esperti della materia, vagliando tutte le informazioni disponibili.
È riportato dalle associazioni richiedenti che in Italia vi sia un elevato numero di pazienti affetti da fibromialgia (dal 2 per cento all'8 per cento della popolazione generale), con diversa condizione di gravità e, conseguentemente, con diversi bisogni assistenziali. Esiste quindi allo stato attuale, una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti, nel rispetto dei criteri previsti dal decreto legislativo n. 124 del 1998 circa la gravità clinica, il grado di invalidità e l'onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del trattamento, con la conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione dell'impatto che tale eventuale inserimento avrebbe sotto il profilo economico ed organizzativo.
Anche per quanto riguarda la sindrome da fatica (Cfs), attualmente non sussistono i presupposti per una sua collocazione tra le patologie soggette a una specifica tutela: vale infatti lo stesso discorso fatto per la fibromialgia sulla difficoltà di identificare le forme gravi ed invalidanti, nonché onerose dal punto di vista del trattamento. Risulta parimenti difficile individuare le prestazioni rispondenti ai criteri dettati dalla normativa, con conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione di impatto economico ed organizzativo.


Quanto all'inserimento tra le malattie rare, da un lato, la contraddittorietà dei dati epidemiologici esistenti in letteratura scientifica non consente di considerare la Cfs come una malattia rispondente al limite di prevalenza 5/10.000 abitanti adottato nell'ambito della Unione europea, dall'altro, la mancanza di segni e sintomi patognomonici e di accertamenti specifici, fa sì che alla diagnosi di Cfs si arrivi sempre per esclusione, al termine di un complesso
iter diagnostico differenziale nei confronti di numerose altre condizioni patologiche. Considerando che il decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede l'erogazione gratuita delle prestazioni in fase diagnostica sulla base di un sospetto formulato dallo specialista del Servizio sanitario nazionale, una eventuale inclusione della Cfs tra le malattie rare rischierebbe di tradursi in un meccanismo di induzione della spesa sanitaria, senza alcuna possibilità di controllo.
Ciò che lamentano maggiormente i pazienti affetti da fibromialgia e Cfs è la scarsa conoscenza delle loro patologie, che li costringe dapprima a lunghi e tortuosi percorsi diagnostici, poi, di fronte alla persistente negatività degli accertamenti, ad estenuanti peregrinazioni alla ricerca del centro o del sanitario che finalmente conosca il loro male ed operi una diagnosi corretta.
Tale problema è particolarmente rilevante per la fatica cronica, ancora scarsamente nota al di fuori degli ambienti specialistici, anche se centri per la diagnosi e la presa in carico del paziente sono stati istituiti presso alcune strutture ospedaliere ed universitarie appartenenti al Servizio sanitario nazionale (Aviano, Verona, Pisa, Chieti, Roma, Bari). A riprova di ciò, quasi tutte le associazioni di pazienti mettono al primo posto, tra i loro obiettivi, la promozione della conoscenza delle malattie.
Per le motivazioni sopra rese, il Ministero della salute ha proposto, per il corrente anno, l'inserimento della fibromialgia tra gli argomenti oggetto del programma nazionale linee guida, sviluppato presso l'Istituto superiore di sanità; tale proposta è all'attenzione del comitato per la redazione delle linee guida.
Sono inoltre in valutazione alcune iniziative operative, tra le quali l'avvio di uno studio, per cui incaricare il Consiglio superiore di sanità, volto a chiarire le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e terapeutiche ed i bisogni assistenziali dei pazienti, con l'elaborazione di un documento di supporto ai medici per l'applicazione di criteri diagnostici oggettivi ed il più possibile omogenei, nonché la realizzazione di una
Consensus conference, con il contributo di istituzioni e società scientifiche in ambito specialistico, nonché dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, al fine di sviluppare un consenso aggiornato per stimolare la ricerca e implementare la conoscenza di tali malattie presso la classe medica.
Quanto alla condizione nota come sensibilità chimica multipla (Mcs), si segnala che la seconda sezione del Consiglio superiore di sanità, esprimendosi nella seduta del 25 settembre 2008 sul documento di sintesi prodotto dal gruppo di lavoro istituito presso il Centro nazionale per le malattie rare dell'Istituto superiore di sanità, ha ritenuto che l'indisponibilità di evidenze nella letteratura scientifica internazionale non consenta al momento di considerare la Mcs come entità nosologicamente individuabile, e che, comunque, il Servizio sanitario nazionale attraverso i livelli essenziali di assistenza (Lea), sia già in grado di fornire adeguata assistenza a tutti coloro che mostrano intolleranza all'esposizione a sostanze chimiche.
Peraltro, la mancanza di conoscenze consolidate dal punto di vista clinico, diagnostico e terapeutico, non permette, allo stato attuale, di prevedere un inserimento della sindrome tra le malattie rare, a causa dei problemi che si porrebbero nel riconoscere in modo puntuale e corretto i destinatari dei benefici di legge, nonché nella individuazione delle prestazioni, incluse tra i Lea, efficaci ed appropriate ai fini del trattamento, del monitoraggio dell'evoluzione della malattia e della prevenzione degli ulteriori aggravamenti. Analoghe considerazioni possono essere fatte circa un suo eventuale inserimento tra le malattie

croniche ed invalidanti di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999.
Anche in tale ambito le iniziative più efficaci consistono nella promozione di studi e progetti di ricerca che possano colmare le lacune ancora imponenti nella conoscenza di tale sindrome, anche attraverso
trials clinici controllati, che contribuiranno a definirne l'eziologia e la patogenesi, a produrre stime epidemiologiche più affidabili, a proporre validati schemi di trattamento.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'evoluzione tecnologica e scientifica che ha interessato il mondo della sanità italiana ha coinvolto non solo gli infermieri, ma tutti gli operatori che lavorano nel settore sanitario, con il conseguente riordino del sistema nel suo complesso. L'evidente carenza di infermieri ha determinato il ricorso a figure di supporto alle quali delegare gran parte del lavoro di cura «non prettamente infermieristico»;
in questo contesto si inserisce l'operatore socio-sanitario, sinteticamente denominato OSS, che è una figura professionale codificata dall'accordo Stato-regioni del 22 febbraio 2001;
l'OSS sostituisce le precedenti figure professionali che si occupavano di assistenza, sia nell'area sanitaria (OTA) che nell'area sociale (ASA, OSA, ADEST e altre), con una figura più completa, integrando funzioni, compiti e competenze delle due aree, in un unico iter formativo;
il compito è quello di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i propri bisogni fondamentali, finalizzate al recupero, al mantenimento e allo sviluppo del livello di benessere, promuovendone l'autonomia e l'autodeterminazione;
gli operatori socio-sanitari lavorano sia all'interno di strutture sanitarie (come ospedali, cliniche, asl), che nell'ambito di strutture sociali (centri diurni integrati, case di riposo, assistenza domiciliare, comunità di recupero, case famiglia, comunità alloggio, servizi di integrazione scolastica e altre) e si trovano quindi a lavorare in supporto e collaborazione con professionisti dell'area sociale (assistenti sociali, educatori) e dell'area sanitaria (medici, infermieri, fisioterapisti), a seconda del campo in cui sono chiamati ad intervenire;
il titolo di operatore socio-sanitario viene conseguito in seguito alla frequentazione di un corso di qualifica teorico-pratico, le cui peculiarità e modalità variano da regione a regione. La Conferenza Stato-regioni indica come necessario ed imprescindibile il solo requisito della scuola dell'obbligo;
la formazione degli OSS è attualmente in una fase di disorientamento generale, si parla di una professione nascente, ma in realtà è evidentemente una professione trascurata, senza omogeneità, spinta ad adattarsi alle richieste dell'emergenza infermieristica che ha caratterizzato il Paese negli ultimi anni;
purtroppo, in Italia, per gli OSS si è diffusa una formazione disomogenea, il più delle volte incompleta e non aggiornata allo stato attuale della realtà sanitaria e sociale del nostro Paese. Percorsi di formazione - organizzati a livello regionale, ma anche da organizzazioni private - di 1000-1200 ore al massimo, che hanno spesso il solo obiettivo di fornire agli iscritti il maggior numero di concetti nel minor tempo possibile, magari senza essere arricchiti da uno stage o da un tirocinio pratico, che invece sono fondamentali;
in alcuni casi sono previsti addirittura di corsi di formazione a distanza;
c'è da sottolineare inoltre che i corsi organizzati da strutture private, a fronte di una spesa onerosa, non sono spesso spendibili al di fuori di queste stesse strutture, risultando, quindi, inutili nell'ambito pubblico;

sarebbe invece opportuno ed importante inserire gli operatori socio-sanitari all'interno di strutture ospedaliere garantendo un'adeguata formazione professionale, in assenza della quale, si potrebbero determinare, ad avviso dell'interrogante, spiacevoli episodi di malasanità - in quanto molto spesso gli operatori sociosanitari sostituiscono gli infermieri professionali in quasi tutte le fasi del loro lavoro;
in Norvegia, ad esempio, la formazione degli OSS viene affidata ai licei ad indirizzo socio-sanitario, con un percorso di studio che ha una durata triennale, al termine del quale l'operatore può proseguire gli studi con un altro anno in uno dei settori che più lo interessano;
in Italia i processi organizzativi e di lavoro all'interno delle strutture sanitarie non hanno subito adeguamenti a fronte dell'introduzione della figura dell'OSS; è stata in alcuni casi semplicemente ricalibrata la divisione del lavoro interno, in relazione alle competenze sanitarie che l'OSS possiede e di cui la vecchia figura non disponeva;
tutte le professioni che operano nell'ambito dell'assistenza dovrebbero essere regolamentate, definite e soprattutto riconosciute giuridicamente -:
se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, dare avvio alla predisposizione di un censimento nazionale degli operatori socio-sanitari, per fotografare lo stato attuale di questa professione nel nostro Paese, in quanto, la mancanza di una specifica normativa sulla formazione ha determinato un numero imprecisato di OSS sul territorio nazionale;
se non ritenga importante, in seguito alla predisposizione di tale elenco, avviare un progetto per monitorare e qualificare maggiormente i percorsi di formazione professionale degli operatori socio-sanitari, al fine di rendere omogenea, di concerto con le regioni, a livello nazionale, la formazione di queste importanti figure, fornendo agli operatori tutte le competenze tecniche e relazionali richieste sulla base dei processi di sviluppo e di cambiamento in atto nel settore dell'assistenza sanitaria, anche a livello europeo.
(4-07996)

Risposta. - La figura ed il profilo professionale degli operatori socio-sanitari (Oss) sono stati individuati con l'accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, che ne disciplina dettagliatamente la formazione e le competenze.
Per quanto attiene alla formazione, si segnala che la stessa è di competenza delle regioni e delle province autonome, che provvedono all'organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche: i corsi devono prevedere almeno 550 ore di attività pratiche (esercitazioni,
stages e tirocini).
Considerato che il percorso formativo per diventare Oss è di 1000 ore, è evidente che più della metà dello stesso è dedicato all'acquisizione di competenze prettamente operative. Pertanto, laddove vi fossero, come affermato nell'interrogazione in esame, taluni corsi nei quali la formazione pratica venisse trascurata, ciò non dipenderebbe da carenze normative, bensì da anomalie nell'organizzazione dei percorsi formativi.
Per quanto attiene al rilievo dell'interrogazione, secondo cui i corsi organizzati da strutture private, a fronte di una spesa onerosa, «...non sono spesso spendibili al di fuori di queste stesse strutture, risultando, quindi, inutili nell'ambito pubblico», si precisa che, contrariamente a quanto ora riportato, i corsi regolarmente autorizzati dalle Regioni consentono di acquisire un titolo che è spendibile su tutto il territorio nazionale.
In merito agli episodi di malasanità cui si fa riferimento nell'atto parlamentare, si rappresenta che gli stessi non sono dovuti a carenze formative degli Oss, ma si verificano in quanto detti operatori vengono, a volte, impropriamente impiegati ai posto degli infermieri. Si ritiene, pertanto, che un adeguato approccio al serio problema rappresentato non si concretizza nel modificare la formazione degli Oss bensì nel perseguire fenomeni distorsivi del sistema, quali sono gli impieghi impropri di personale.


Per quanto attiene alla richiesta di effettuare un censimento degli Oss, si rappresenta che una iniziativa in tal senso, sebbene potenzialmente utile a fini statistici, deve tener conto che, ai sensi dell'accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, le singole regioni e province autonome che attivano i corsi per Oss devono farlo in ragione del rispettivo fabbisogno. Pertanto, è logico ritenere che il numero di Oss presenti nel territorio sia frutto di un'attenta valutazione del fabbisogno di ogni singola regione e provincia autonoma.
Per quanto riguarda la formazione degli Oss, che secondo l'interrogazione dovrebbe essere omogenea e idonea a qualificate ulteriormente detti operatori, occorre precisare che la stessa, come visto, dev'essere strutturata secondo i parametri di cui al citato accordo Stato-Regioni e, pertanto, essa risulta omogenea su tutto il territorio nazionale.
In merito all'ulteriore qualificazione degli Oss, si segnala che tali operatori hanno specifiche competenze in campo sociale e in campo sanitario in ragione del ruolo che ad essi si chiede di ricoprire nel sistema. In altri termini, l'attuale formazione degli Oss è conforme alla funzione che gli stessi ricoprono.
In ogni caso, si rammenta che ai sensi di quanto previsto dall'accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003: «Per far fronte alle crescenti esigenze di assistenza sanitaria nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono provvedere alla organizzazione di moduli di formazione complementare di assistenza sanitaria, per un numero di ore non inferiore a 300, di cui la metà di tirocinio, riservati agli operatori socio sanitari in possesso dell'attestato di qualifica di cui all'articolo 12 dell'accordo intervenuto il 22 febbraio 2001...».
Risulta dunque evidente che nel sistema esistono già delle norme che consentono alle regioni e alle province autonome di attivare specifici corsi per qualificare gli Oss, conferendo agli stessi competenze di carattere specificamente sanitario.
Per completezza d'informazione, si segnala che nel corso di alcuni incontri, tenuti presso il Ministero della salute con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e di alcune associazioni professionali, è emersa la rilevanza di determinate problematiche relative al personale di supporto alle professioni infermieristiche e ostetriche: problematiche afferenti, in particolare, al mercato del lavoro e all'organizzazione dello stesso nei servizi sanitari e sociosanitari, con risvolti sul processo formativo e sull'esatta individuazione del necessario fabbisogno.
Pertanto, è stato istituito uno specifico tavolo tecnico, a cui prendono parte rappresentanti delle regioni, delle organizzazioni sindacali, delle federazioni dei collegi degli infermieri e delle ostetriche e delle associazioni di categoria, che ha il compito di approfondire ruolo, funzioni, formazione e programmazione del fabbisogno dell'operatore socio sanitario.
Nell'ambito di tale tavolo tecnico si stanno elaborando delle proposte su percorsi formativi, sedi della formazione, ruolo, funzioni e competenze dell'Oss, che potranno essere rappresentate alle amministrazioni regionali come spunti di riflessione per eventuali ulteriori iniziative.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

PISICCHIO, CAPANO, DE MICHELI, VICO, ZAZZERA, GINEFRA, MARANTELLI, GRASSI, GENOVESE, MASTROMAURO, BOCCIA, MOSELLA, TABACCI, RECCHIA, ANDREA ORLANDO, GRAZIANO, CUOMO, CESARIO, CALGARO, BORDO e SERVODIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
le elezioni regionali della primavera 2010 sono state celebrate secondo il dettato dell'articolo 122 della Costituzione facendo riferimento a procedimenti elettorali ispirati dalle leggi approvate dalle singole assemblee regionali o, in mancanza, dalla legge nazionale n. 43 del 1995, il cosiddetto «Tatarellum»;

la norma costituzionale che faculta le regioni all'adozione, di leggi elettorali locali, pone il limite della compatibilità delle stesse con la legge elettorale nazionale, la citata n. 43 del 23 febbraio 1995 che afferma il principio dei premio di governabilità. Secondo tale principio il presidente risultato vittorioso dalle urne deve poter esercitare la funzione di governo assistito da una maggioranza adeguata. La misura di tale adeguatezza è valutata nel 60 per cento dei consiglieri e, conseguentemente, la misura dell'adeguatezza del ruolo dell'opposizione è secondo il «Tatarellum», del 40 per cento dei consiglieri regionali;
la regione Puglia e la regione Lazio hanno registrato vicende elettorali simmetriche e in qualche modo sovrapponibili anche in ragione della somiglianza degli statuti e delle leggi elettorali regionali che ne regolano la rappresentanza; per entrambe le regioni, infatti, gli statuti prevedono l'assegnazione di 70 consiglieri, per entrambe le regioni le leggi elettorali prevedono l'attribuzione al vincente del premio di governabilità in ottemperanza al dispositivo contenuto nel «Tatarellum». In entrambe le regioni, inoltre, i risultati elettorali hanno consegnato alle opposizioni una rappresentanza così consistente da mettere in moto l'utilizzo dei premio di governabilità al fine di garantire al presidente risultato vittorioso, la maggioranza prevista del 60 per cento dei seggi. Per entrambe le regioni, infine, l'utilizzo dei seggi previsti per il premio di governabilità ha fatto sì che si superasse il numero di 70 indicato nello statuto;
se le condizioni di partenza erano le medesime per la regione Puglia e la regione Lazio, così non è stato per l'attività delle corti d'appello chiamate ad effettuare le proclamazioni che hanno attribuito alla regione Lazio il giusto premio di governabilità oltre la soglia dei 70 consiglieri regionali (nella misura, dunque, utile a garantire al governatore eletto il 60 per cento dei seggi stabilito dal Tatarellum), mentre la corte d'appello della Puglia, svolgendo un perplesso ruolo paragiudiziale di cui la legge non fa menzione (attribuendo ad essa, invece, una funzione meramente declaratoria), ha stabilito che il limite dei 70 consiglieri non fosse superabile, negando così al governatore della Puglia ciò che, invece, è stato concesso al governatore del Lazio: il 60 per cento dei seggi stabilito dal «Tatarellum» a beneficio della governabilità;
le proclamazioni effettuate dalle corti d'appello della Puglia e del Lazio, hanno dato vita a ricorsi presso i tribunali amministrativi regionali delle due regioni da parte degli interessati;
rispetto a tali ricorsi desta meraviglia e preoccupazione l'atteggiamento di «dispar condicio» assunto dall'Avvocatura dello Stato che, nel difendere, in situazioni giuridiche del tutto simili, i competenti uffici elettorali ha proceduto in Puglia ad un incomprensibile, puntiglioso ed assai articolato tentativo di confutazione delle argomentazioni proposte dai ricorrenti, volte a veder riconoscere il premio di governabilità, negato, pertanto, dall'avvocatura; laddove è rimasta, invece sul punto, del tutto silente nel Lazio, di fronte ad un caso perfettamente sovrapponibile a quello pugliese, salvo che per il colore politico del governatore vittorioso -:
se non intenda acquisire urgentemente elementi di informazione al riguardo;
quali urgenti interventi, nell'ambito delle proprie competenze, intenda compiere per superare questa distonia nei comportamenti dell'Avvocatura dello Stato che sembrerebbe ispirata, nei due casi evocati, da inaccettabili ragioni politiche piuttosto che giuridiche.
(4-07851)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, concernente il premio di governabilità per le regioni Puglia e Lazio e sulla base di quanto comunicato dall'Avvocatura generale dello Stato, si fa presente quanto segue.
Nella regione Lazio, l'ufficio elettorale ha provveduto alla nomina di 70 consiglieri regionali, secondo il numero previsto dalla legge regionale.


Il numero di 70 consiglieri è costituito da 56 consiglieri eletti sulla base di liste circoscrizionali concorrenti e da 14 consiglieri eletti con il sistema maggioritario.
Questi ultimi 14 consiglieri eletti sono stati l'espressione del cosiddetto «listino» del Presidente e costituiscono un premio per favorire la formazione di una maggioranza stabile.
L'ufficio elettorale ha, inoltre, attribuito 3 consiglieri in più alla maggioranza, in applicazione del premio previsto dalla legge statale n. 43 del 1995 (cosiddetta
Tatarellum, doppio premio di maggioranza), la quale prevede che, per favorire stabili maggioranze, occorre che sia, comunque, rispettato un rapporto 60-40 per cento tra maggioranza e opposizione. Per rispettare detto quoziente del 60 per cento, l'ufficio elettorale ha portato a 73 il numero totale degli eletti.
L'ufficio elettorale ha applicato il premio di governabilità previsto dalla legge statale, ritenendola applicabile al caso di specie, visto il rinvio alla fonte statale operato dall'articolo 1, comma 2 della legge regionale del Lazio n. 2 del 2005.
Il Tribunale amministrativo regionale Lazio, II-
bis, con le sentenze n. 32494/2010 e n. 32495/2010, ha ritenuto non applicabile in parte qua la legge statale, cioè nella parte in cui attribuisce alla coalizione vincente il premio di governabilità, poiché la legge regionale del Lazio, stabilendo attraverso una espressa previsione il numero di 70 consiglieri regionali (articolo 19, comma 1 legge regionale n. 1 del 2004), in armonia con quanto previsto dall'articolo 19, dello Statuto, escluderebbe, sul punto della composizione del numero dei consiglieri, il rinvio alla legge statale sul cosiddetta Tatarellum.
La sentenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio n. 32494/2010 è stata impugnata da uno dei controinteressati.
Nella regione Puglia l'ufficio elettorale ha, invece, provveduto alla nomina di 70 consiglieri, 56 in base al sistema proporzionale e 14 in base a quello maggioritario, senza attribuire il doppio premio di maggioranza quantificabile in 8 consiglieri, in ragione dell'inapplicabilità della legge statale n. 43 del 1995 alla luce dell'articolo 1, comma 2, e dell'articolo 10 della legge regionale della Puglia n. 2 del 2005 che opererebbero un richiamo limitato alla disciplina statale, senza consentire di attribuire il doppio premio di maggioranza con superamento del numero di 70 consiglieri.
Nei giudizi promossi dai ricorrenti per l'applicazione del doppio premio di maggioranza anche nella regione Puglia, il Tribunale amministrativo regionale Puglia ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'articolo 10 della legge regionale 28 gennaio 2005 n. 2, in relazione all'articolo 123 della Costituzione, per contrasto con l'articolo 24 dello Statuto della regione Puglia.
Secondo il Tribunale amministrativo regionale Puglia, l'articolo 10, diversamente da quanto opinato dall'ufficio elettorale, conterrebbe un rinvio materiale alla disciplina statale, ivi compreso il doppio premio di maggioranza, ponendo, per l'effetto, problemi di compatibilità della legge regionale con lo Statuto che individua in 70 il numero dei consiglieri.
Ciò premesso, l'avvocatura dello Stato fa presente che, anche a fronte dei precedenti giurisprudenziali, i quali muovono da una diversa lettura della normativa regionale rispetto a quella propugnata dai rispettivi uffici elettorali, deve qui ribadirsi che la posizione assunta in giudizio dall'Avvocatura generale dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale Lazio è stata coerente con la giurisprudenza costante, che considera legittimata passiva l'amministrazione interessata alle operazioni elettorali e, quindi, a seconda dei casi, la regione, la provincia ed il comune (Consiglio di Stato 24 febbraio 1986, n. 136; 7 marzo 1986, n. 156; 24 aprile 1986, n. 234).
Ancora di recente il Consiglio di Stato così si è espresso: «Nell'elezione di organi comunali, la parte necessaria da evocare in giudizio è l'amministrazione comunale e non già l'amministrazione statale. La carenza di legittimazione passiva concerne anche l'ufficio elettorale, in quanto lo stesso è un organo straordinario, destinato

a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti, che al pari del Ministero degli interni, non è portatore di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti, per la posizione di neutralità che assume nella competizione elettorale» (Consiglio di Stato sezione V, 2 marzo 2009, n. 1159).
Quanto poi alla posizione processuale assunta dalla locale avvocatura dello Stato dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale Puglia, l'avvocatura ribadisce di avere sollevato principalmente proprio la predetta eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva, sussistendo la legittimazione della regione Puglia, con richiamo all'uopo della giurisprudenza in materia, di cui prima si è riferito, mentre solo in via gradata e per completezza di difesa, in ragione di una particolarità della disciplina regionale pugliese, ha illustrato nel merito i rapporti tra statuto e legge regionale e tra legge statale e legge regionale in punto di composizione numerica del consiglio regionale.
Le situazioni giuridiche definite «del tutto simili» nell'interrogazione, peraltro, paiono presentare consistenti differenze testuali e di principio tra le rispettive norme dello statuto e della legge elettorale.
Quale che ne sia la corretta interpretazione, l'articolo 24 dello statuto della regione Puglia ha, invero, semplicemente riconosciuto la competenza del legislatore regionale sulla materia elettorale senza, tuttavia, richiamare esplicitamente, a differenza dell'articolo 19 dello statuto della regione Lazio, il limite del rispetto dei principi fondamentali delle leggi dello Stato.
La legge elettorale pugliese - legge regionale 28 gennaio 2005, n. 2 - all'articolo 1, comma 2, inoltre, recepisce «per quanto non espressamente previsto e in quanto compatibile con la presente legge» la legge 17 febbraio 1968 n. 108 e la legge 23 febbraio 1995 n. 43, con successive modifiche e integrazioni; per contro la legge regionale elettorale del Lazio - legge regionale 13 gennaio 2005, n. 2 - non solo all'articolo 1, comma 2, non subordina il recepimento alla «compatibilità», ma all'articolo 3, comma 1, statuisce che i consiglieri regionali vengono eletti «nei modi previsti dalle disposizioni vigenti nella legge n. 43 del 1995» e, quindi, richiama espressamente il premio di governabilità.
Che le problematiche non siano «del tutto simili» è, del resto, apparso anche al Tribunale amministrativo regionale Lazio, il quale, nelle richiamate pronunce, con riferimento all'ulteriore aspetto peculiare evidenziato dal Tribunale amministrativo regionale Puglia nel rimettere alla Corte costituzionale la questione della costituzionalità dell'articolo 10 della legge elettorale pugliese, afferma che «i profili di illegittimità costituzionale della legge regionale n. 2 del 2005 per violazione dello Statuto e, quindi, dell'articolo 123 della Costituzione, eccepiti in subordine dai ricorrenti, pur essendo stati fatti oggetto di ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale da parte di altro Tribunale amministrativo regionale, nella specifica fattispecie, risultano non rilevanti e, comunque, manifestamente infondati» (pagina 34 sentenza n. 32494 del 2010 e pagina 36 sentenza n. 32495 del 2010).
In conclusione in entrambi casi la difesa è stata svolta, come è prassi dell'avvocatura, prescindendo da ogni angolazione non di carattere squisitamente giuridico e rimanendo nell'ambito di compatibili strategie difensive rimesse alla scelta tecnico-discrezionale del singolo avvocato difensore difendendo la correttezza dei comportamenti posti in essere dai rispettivi uffici elettorali.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

ROSATO, STRIZZOLO e MARAN. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 482 del 1999 ha dato attuazione all'articolo 6 della Costituzione e la sua applicazione ha consentito negli anni la tutela e la promozione delle lingue minoritarie, patrimonio di tante nostre comunità;
i fondi in questi ultimi anni si sono ridotti sempre di più, fino ad arrivare agli

stanziamenti per il 2010 che ammontano solamente a 5.629.242 euro per i progetti presentati dalle amministrazioni territoriali e locali;
con circolare del 15 marzo 2010 il dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ha comunicato alle regioni e alle province autonome il riparto delle risorse, stravolgendo completamente i criteri fino ad oggi utilizzati e passando da quello che premia la popolazione residente nel territorio in cui la lingua è ammessa a tutelata a quello che valuta solamente il numero dei comuni in cui tale lingua è presente;
questo cambiamento di criterio di riparto, ad avviso degli interroganti ingiustificato e fortemente discutibile sotto il profilo della coerenza logica, ha prodotto una pesante decurtazione in particolare alle comunità di lingua friulana, slovena e tedesca nel Friuli Venezia Giulia, e sarda in Sardegna -:
se il Governo non intenda convocare le regioni e le province autonome coinvolte al fine di rivedere concordemente i criteri di riparto.
(4-09468)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
I fondi assegnati alle minoranze linguistiche ai sensi della legge 15 dicembre 1999 n. 482 sono diminuiti da 9.428.853,28 euro stanziati nel 2005 a 2.274.425,00 euro finanziati nel 2009. Il Governo, pur in un periodo di crisi, per l'anno 2010 ha stanziato un finanziamento più che doppio rispetto a quello dell'anno precedente e pari a 5.684.674,00 euro, invertendo il
trend dei finanziamenti negli ultimi anni e ridando slancio alla tutela delle minoranze linguistiche.
I criteri utilizzati per la ripartizione dei fondi tra le diverse minoranze linguistiche per l'anno 2010 indicati nella circolare del dipartimento per gli affari regionali del 15 marzo 2010 non sono diversi da quelli già in precedenza adottati. Nelle circolari del dipartimento per gli affari regionali degli anni passati, circolare del 1o aprile 2008 relativa ai fondi 2008 e 9 aprile 2009 relativa ai fondi 2009, così come nella citata circolare relativa ai fondi 2010, si legge infatti che la ripartizione è attuata «sulla base del numero dei comuni in cui sussistono minoranze linguistiche». Nella ripartizione degli ultimi anni si è assegnato il 5 per cento del finanziamento in misura uguale tra le minoranze linguistiche ed il 95 per cento in proporzione alla radice quadrata del numero di comuni nei quali sussiste ciascuna lingua minoritaria. Nelle circolari relative ai fondi 2008 e 2009 la suddetta funzione di ripartizione era stata espressa con la formula in misura meno che proporzionale rispetto al numero dei comuni interessati da ciascun gruppo. Che i criteri adottati per l'assegnazione dei fondi 2010 non si discostino da quelli degli anni precedenti lo si ricava anche dai fatto che la percentuale dei finanziamenti assegnati alle regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna, nelle circolari relative ai fondi 2008, 2009 e 2010, sono pressoché costanti. A fronte di uno stanziamento iniziale destinato agli enti locali pari a 5.617.000,00 euro nel 2008, 2.274.425,00 euro nel 2009 e 5.629.242,00 euro nel 2010, la regione Friuli Venezia Giulia ha avuto assegnazioni rispettivamente di 1.169.677,00 euro, 452.602,00 euro e 1.154.318,00 euro che corrispondono al 20 per cento del finanziamento annuo, precisamente al 20,82 per cento nel 2008, 19,90 per cento nel 2009 e 20,51 per cento nel 2010. La regione Sardegna, analogamente, ha avuto assegnazioni rispettivamente di 1.205.110,00 euro, 469.777,00 euro e 1.201.088,00 euro che corrispondono al 21 per cento del finanziamento annuo, precisamente al 21,45 per cento nel 2008, 20,65 per cento nel 2009 e 21,33 per cento nel 2010.
I criteri per l'attribuzione e la ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15 della legge n. 482 del 1999 sono definiti, secondo quanto previsto dall'articolo 8 del regolamento di attuazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche emanato con decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001 n. 345, sentiti il comitato consultivo, al quale partecipano

anche rappresentanti delle regioni e delle province, e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 per cui è già assicurato il confronto con le regioni e le province autonome.
I fondi 2010, come quelli degli anni precedenti, sono stati ripartiti sulla base «della rilevanza territoriale di ogni minoranza linguistica ammessa a tutela dalla legge e dell'opportunità di finanziare almeno un progetto a favore di ogni singola minoranza di ogni regione o provincia autonoma» secondo quanto previsto dall'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007. Nei criteri di ripartizione non viene utilizzata la numerosità della popolazione perché, per principio, dovrebbe farsi riferimento alla popolazione che si avvale della lingua minoritaria e non già della totalità della popolazione ma questo dato non viene censito e quindi l'informazione non è disponibile per un eventuale inserimento nell'ambito dei criteri di riparto.
La tutela delle minoranze linguistiche non può prescindere dal fatto che le minoranze più esigue abbiano necessità di maggiori tutele e, a conferma di questo indirizzo, nei criteri di assegnazione dei fondi è indicata l'opportunità di finanziare almeno un progetto a favore di ogni singola minoranza di ogni regione o provincia autonoma.

Il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale: Raffaele Fitto.

SBROLLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 12 settembre 2010 la trasmissione televisiva «Presa Diretta» ha proposto al pubblico il tema dell'evasione fiscale portando alla luce piccoli e grandi situazioni di evasione;
questo fenomeno colpisce principalmente il sistema produttivo che opera nella legalità e nel rispetto delle regole, oltre a rappresentare un illecito;
la trasmissione televisiva ha raccontato anche l'evasione presente nel nord-est del Paese, portando come esempio le vicende illecite che si sviluppano nella zona di Arzignano (Vicenza);
in un percorso formativo sulla «Legalità» il video sopra citato è stato proposto ad alcune classi (4° e 5°) del Liceo Da Vinci di Arzignano;
sulla stampa locale, (Il Giornale di Vicenza del 23 settembre 2010 pag. 30) viene riportato questo fatto con prese di posizione ufficiali e con dichiarazioni del Sindaco di Arzignano che ad avviso dell'interrogante vanno stigmatizzate;
il Sindaco, con un intervento che, a giudizio dell'interrogante, sconfina impropriamente in un ambito riservato all'autonomia scolastica e alla sfera dell'insegnamento, con le sue dichiarazioni sminuisce la portata del messaggio che gli educatori volevano trasmettere agli studenti e rischia di generare confusione in una vicenda così complessa -:
quali iniziative intenda assumere per favorire e promuovere percorsi formativi come quello di cui in premessa, tutelando al contempo l'autonomia scolastica e la libertà di insegnamento.
(4-08828)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede che tipo di iniziative intenda assumere questo ministero, per tutelare l'autonomia scolastica e la libertà d'insegnamento, in seguito ai fatti verificatosi nelle classi quarta e quinta del liceo Da Vinci di Arzignano in provincia di Vicenza.
Nella stessa interrogazione viene fatto rilevare il presunto intervento invasivo del sindaco sulla dirigenza scolastica, in merito ad un video sul tema della legalità, trasmesso nel programma televisivo «Presa Diretta» e divenuto motivo di confronto tra gli studenti, all'interno di un progetto di educazione alla legalità, parte integrante del piano dell'offerta formativa d'istituto.


I nostri uffici periferici del Veneto, chiamati opportunamente a relazionare su questo delicato episodio, hanno sottolineato che la scuola indicata nel caso specifico, si è impegnata a realizzare un intervento di reale identità locale, nella sua piena libertà e autonomia di insegnamento, in linea con il nuovo insegnamento, Cittadinanza e Costituzione, in attuazione dell'articolo 1 della legge 30 ottobre 2008, n. 169.
I suoi contenuti trasversali incrociano, come nel caso di Arzignano, i temi della legalità e della coesione sociale, ma possono anche interessare l'appartenenza nazionale ed europea nel quadro di una comunità internazionale e interdipendente; diritti umani; le pari opportunità; il pluralismo; il rispetto delle diversità, del dialogo interculturale, dell'etica della responsabilità individuale e sociale, della bioetica, della tutela del patrimonio artistico e culturale.
La direzione regionale scolastica interpellata ha altresì evidenziato, con nota n. 4239 del 9 novembre scorso, che l'istituto di istruzione superiore «Leonardo da Vinci» di Arzignano propone infatti nel suo Pof, fin dall'anno scolastico 2004-2005, un progetto di educazione alla legalità.
Inizialmente tale progetto, spiega il nostro organismo territoriale, nato in collaborazione e con il sostegno del comune di Arzignano, prevedeva la partecipazione di una delegazione di studenti alle manifestazioni organizzate a Palermo in ricordo dei magistrati Falcone e Borsellino.
Dopo l'omicidio Fortugno e la nascita del movimento studentesco della Locride «Adesso ammazzateci tutti», la scuola nel giugno 2006 si gemellava con il liceo «Marconi» di Siderno (Reggio Calabria), dando vita ad una serie di scambi e viaggi d'istruzione con la cittadina calabrese.
Col tempo il progetto ha creato una diffusa sensibilità al tema della legalità, intesa non solo come lotta alla mafia.
Gli studenti di Arzignano hanno, infatti, partecipato da protagonisti alle attività della consulta provinciale degli studenti, al concorso «parole di legalità» promosso dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'anno scolastico 2009/10 e hanno dedicato un intero numero del giornalino scolastico alle riflessioni sulla legalità.
Nell'anno scolastico in corso, in sintonia con il percorso svolto fino ad oggi, la docente referente aveva proposto all'attenzione degli studenti alcuni spezzoni della trasmissione televisiva «Presa Diretta», che trattava di una massiccia operazione condotta dalla Guardia di finanza a contrasto dell'evasione fiscale nel territorio di Arzignano.
Lo scopo evidente era quello di far riflettere i ragazzi sulle numerose implicazioni del concetto di legalità e sui doveri civici propri di tutti i cittadini.
Infatti, con la stessa nota, la competente direzione generale scolastica ha fatto anche presente che, il giorno successivo alla visione degli spezzoni televisivi, il sindaco di Arzignano e l'assessore comunale all'istruzione, nel corso di un colloquio con la dirigente scolastica durante una visita all'istituto, chiedevano il motivo di tale proiezione.
In quella occasione, si precisa ancora nella relazione del nostro ufficio periferico, la dirigente, per motivi di corretta prassi istituzionale, ha inteso fornire agli amministratori locali le spiegazioni richieste che risiedono, sostanzialmente, nel coerente percorso di legalità intrapreso dalla scuola ormai da parecchi anni.
L'episodio si è, così, concluso nel pieno rispetto dell'autonomia scolastica e della libertà d'insegnamento dei docenti interessati, in conformità con il progetto adottato dai relativi organi collegiali e inserito nel piano dell'offerta formativa del corrente anno scolastico.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SCALERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 19 ottobre 2009 il Capo Dipartimento per l'università del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca emanava una circolare indirizzata ai

rettori delle università italiane con la quale comunicava le «nuove linee di indirizzo per le scuole di specializzazione da istituire presso le facoltà di medicina e chirurgia» redatte da una commissione di esperti;
le scuole da attivare in tutti gli atenei sono in totale 10 sulla base di requisiti particolarmente impegnativi quali: volume dell'attività formativa, dimensione di ogni singola facoltà di medicina, sussistenza di docenti della tipologia di ogni singola scuola;
il 9 dicembre 2009 il coordinatore dei direttori delle scuole di specializzazione inviava ai rettori il resoconto di una riunione presso il citato Ministero nel corso della quale il numero delle scuole di specializzazione veniva ulteriormente ridotto a 9;
non è mai stata data una spiegazione alla drastica riduzione delle scuole di specializzazione mediche rispetto al numero attuale;
la scuola di specializzazione in pneumologia, attualmente compresa fra le scuole esistenti, non compare fra quelle da attivare già dal prossimo anno accademico nonostante l'elevatissimo rilievo epidemiologico e socio economico delle malattie dell'apparato respiratorio e nonostante, l'organizzazione mondiale della sanità abbia dichiarato che insieme alla rianimazione la specialità «pneumologia» sarà quella chiamata ad affrontare prioritariamente le emergenze sanitarie -:
se non si ritenga di intervenire urgentemente per inserire la scuola di specializzazione in pneumologia fra quelle di prima fascia da attivare presso tutte le facoltà di medicina delle università italiane.
(4-05874)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame riguardante le scuole di specializzazione in malattie dell'apparato respiratorio, si comunica che la commissione di esperti, nominata per affrontare la razionalizzazione delle scuole di specializzazione, relativamente all'anno accademico 2009-2010, ha ritenuto opportuno, preliminarmente, richiamare l'attenzione sull'importanza del procedimento di verifica e controllo dei requisiti, quale presupposto necessario per l'attivazione delle scuole. Tale procedimento è stato individuato dall'osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica, ufficializzato con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 21 luglio 2009, e prevede la valutazione critica dei dati inseriti dagli atenei nel sito Cineca. La valutazione di tali dati, rimessa all'osservatorio attraverso l'istituzione di apposite commissioni, consentirà il confronto tra il volume delle attività professionalizzanti delle scuole e i corrispondenti raggruppamenti omogenei di diagnosi, registrato presso il Ministero della salute.
La commissione ha, inoltre, ritenuto fondamentale il monitoraggio dei risultati della formazione, al fine della successiva conferma dell'attivazione delle scuole.
Premesso quanto sopra, la commissione ha individuato dieci scuole di specializzazione di carattere generale e di maggior impatto per il Servizio sanitario nazionale; esse sono: anestesia e rianimazione, radiodiagnostica, chirurgia generale, malattie dell'apparato cardiovascolare, medicina interna, pediatria, ginecologia ed ostetricia, psichiatria, ortopedia e traumatologia, igiene e medicina preventiva.
La scelta di queste tipologie, per le quali è prevista l'attivazione in via prioritaria presso tutti gli Atenei con facoltà di medicina, ha tenuto conto della disponibilità dei contratti nazionali e delle esigenze del Servizio sanitario nazionale per il triennio 2008-2009/2010-2011.
La scuola di specializzazione in malattie dell'apparato respiratorio, in particolare, è risultata essere al ventesimo posto.
Stante, inoltre, l'impossibilità di attivare tutte le tipologie di scuole presso ogni facoltà di medicina, la selezione delle scuole non comprese nell'elenco di cui sopra, comporta la valutazione comparativa dei requisiti, valutati complessivamente:
1) la dotazione di docenti (I e II fascia) specifici della tipologia di scuola, unitamente

alla valutazione della produzione scientifica e della competenza professionale;
2) volumi di attività della rete formativa, valutata sulla base delle soglie di attività e del case
mix;
3) adeguatezza della dimensione della facoltà di medicina e chirurgia, riferita specificatamente alla scuola, in particolare in termini di corpo docente necessario alla gestione del tronco comune (decreto ministeriale 1o agosto 2005) e degli insegnamenti fondamentali compresi nei requisiti di docenza (decreto ministeriale 28 marzo 2006);
4) attività pregressa delle scuole che, pur avendo un valore indicativo dell'esperienza acquisita, non è un requisito vincolante.

Inoltre, va evidenziato l'impulso che è stato dato alla costituzione delle reti di scuole di specializzazione, superando l'originario modello federativo con scuola capofila, al fine di implementare l'offerta formativa specialistica.
Sempre in tale ottica, va tenuta presente la possibilità, accordata col decreto ministeriale 5 febbraio 2010, in materia di assegnazione di contratti relativi all'anno accademico 2009-2010 nelle scuole di specializzazione mediche, di attivare contratti finanziati dalle regioni, da enti pubblici, nonché quelli derivanti da finanziamenti comunque acquisiti dalle università che si aggiungono ai contratti statali, così come deliberato nella conferenza Stato-Regioni, al fine di garantire una più ampia offerta formativa specialistica.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SCILIPOTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in vari servizi televisivi di questi giorni si sono visti in Afghanistan mezzi blindati Lince con il «mitragliere in ralla» esposto ad un elevato rischio, come dimostrato da gravi incidenti verificatisi in passato, in particolare quello relativo alla morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio (14 luglio 2009);
fin dal 1994 sono stati sperimentati sistemi automatizzati di controllo a distanza (remote control) che permettono di manovrare la mitragliera con un «joy stick» dall'interno del mezzo, evitando così i rischi che corre il «mitragliere in ralla»;
il sistema automatizzato è stato applicato già da anni ai blindati inglesi Lince ridenominati Panther, con una torretta prodotta dalla Bae System e armata con una mitragliera da 12,7 ml;
già i blindati Puma utilizzati dagli alpini anni or sono nell'area di Kabul, hanno avuto gli stessi problemi dei Lince e sono morti 4 militari nel 2006, mentre solo nel 2007 vennero dotati di torretta Oto Melara;
anche lo stesso Ministro della difesa il 16 giugno 2009 parlò della necessità di «migliorare la sicurezza dei militari che stanno nei blindati»;
non si è affrontato il gravissimo problema della insufficiente cura nei riguardi dei nostri militari, ciò sia per quanto riguarda le mancate protezioni dei mezzi, sia per quanto riguarda le mancate protezioni dell'uranio impoverito che attengono al personale, ma anche ai depositi di munizioni, depositi di vestiario, depositi di automezzi e ciò si riferisce sia alle missioni all'estero che in Italia: nei poligoni e zone adiacenti. Lo stesso problema delle mancate protezioni che si è manifestato a Nassiriya dove sarebbe stato sufficiente sistemare 5 pali di cemento fuori dalla caserma per evitare che l'auto bomba potesse entrare all'interno -:
quali siano le ragioni dei gravi ritardi nella necessaria protezione dei mezzi Lince ed anche dei ritardi dell'invio in Afghanistan dei mezzi Freccia, più resistenti alle esplosioni di ordigni sistemati lungo le strade;
se in questa vicenda non si verifichi ancora una volta quanto già avvenuto in

precedenza in merito a gravi ritardi nell'adozione nelle misure di protezione per i nostri militari, ciò con particolare riferimento alla mancata adozione di misure di protezione nei riguardi dell'uranio impoverito in Somalia, dove reparti degli Stati Uniti avevano adottato già dal 14 ottobre del 1993 severissime misure di protezione che furono infatti del tutto disattese dai nostri reparti, misure di protezione, che, per quanto riguarda le forze italiane, si ebbero solo 6 anni dopo e precisamente il 22 novembre 1999, in ragione delle disposizioni emanate dalla KFOR nei Balcani.
(4-08521)

Risposta. - In premessa alle questioni sollevate con l'interrogazione in esame, si reputa necessario confermare, ancora una volta, l'assoluta priorità che l'amministrazione della difesa attribuisce alla protezione dei nostri militari impegnati nelle missioni internazionali e in particolare di quelli che operano in Afghanistan.
L'azione del dicastero è costantemente diretta, attraverso una stretta sinergia tra gli organi dell'area tecnico-operativa e quelli dell'area tecnico-amministrativa, al tempestivo aggiornamento dei mezzi e degli equipaggiamenti impiegati in teatro, mediante lo studio e la realizzazione delle soluzioni tecniche più avanzate atte a tutelare, al meglio, la sicurezza del personale, in termini di prevenzione e di contrasto delle minacce attualmente esistenti e di quelle ragionevolmente ipotizzabili.
Ciò premesso, con particolare riguardo al Veicolo tattico leggero multiruolo (Vtlm) «Lince», è stata avviata l'acquisizione di ralle servoassistite per la protezione balistica da proiettili e schegge del mitragliere, che migliorano ulteriormente le caratteristiche complessive di sicurezza del mezzo.
Il primo lotto di 58 di tali sistemi è stato immesso in teatro operativo a partire dai primi giorni di ottobre 2009.
Sulla base delle indicazioni/osservazioni che emergono dall'impiego in operazioni reali si sta determinando la configurazione definitiva delle ralle per procedere, nel corso dell'anno 2011 all'approvvigionamento di un ulteriore quantitativo.
Sempre nel 2009 è stato avviato l'approvvigionamento di n. 81 torrette remotizzate, che si differenziano dalle ralle servoassistite in quanto consentono anche al mitragliere di operare in sicurezza dall'interno della cellula di sopravvivenza del «Lince».
Va precisato, tuttavia, che soltanto dopo aver ultimato le necessarie prove tecniche ed operative del sistema, cioè solo al termine dell'
iter di omologazione, sarà avviata la produzione in serie.
Conseguentemente l'immissione nel teatro afgano di tali torrette potrà avvenire dopo la consegna prevista entro il primo trimestre del 2011.
È di tutta evidenza che le ralle servoassistite e le torrette remotizzate sono caratterizzate da specifiche differenti peculiarità operative e andranno a equipaggiare, in alternativa, i Vtlm in funzione delle tipologie d'impiego del mezzo.
Il «Lince» - che rammento è utilizzato anche da altre sette nazioni - è stato concepito e realizzato sulla base del più avanzato stato dell'arte nel settore della protezione balistica e antimina; al momento nell'ambito delle capacità produttive industriali a livello mondiale non è disponibile un'alternativa più valida in grado di garantire almeno lo stesso livello di protezione.
Sempre con riferimento alla disponibilità di mezzi più sicuri, si evidenzia la prossima acquisizione del veicolo protetto denominato Vtmm, realizzato secondo la moderna concezione del «Lince» e destinato principalmente all'assolvimento dei compiti specialistici delle unità di supporto al combattimento e di sostegno logistico.
Al momento, sono stati definiti i requisiti generali del veicolo e quelli specifici delle versioni ambulanza, genio «esplorazione» e genio «bonifica ordigni esplosivi».
Nell'ambito delle misure tese al miglioramento della protezione e della sicurezza del personale impiegato in Afghanistan, agli inizi del mese di luglio 2010 sono stati immessi i primi 17 esemplari di veicolo blindato medio (Vbm) «Freccia» nel teatro afgano, il cui impiego è stato avviato a

partire dal successivo mese di agosto, dopo il necessario periodo di test operativi.
I «Freccia», rappresentando la prima piattaforma «digitalizzata» della forza armata, sono sistemi complessi e richiedono un adeguato periodo di addestramento per un utilizzo in sicurezza da parte del personale che opera a bordo.
Tale mezzo - è bene ricordarlo - è destinato non a sostituire ma ad integrare gli attuali assetti operativi basati sul «Lince», trattandosi di due tipi di veicoli destinati ad operare in modo complementare.
Pertanto i tempi di immissione sono stati calibrati in modo da consentire, dopo l'acquisizione e la fase di sperimentazione in Italia, anche un indispensabile periodo di addestramento all'impiego operativo da parte di una prima compagnia equipaggiata con queste nuove piattaforme.
Aggiungo, in particolare, che al fine di incrementare il livello di protezione del personale, sono stati acquisiti dagli Stati Uniti i mezzi speciali denominati «Cougar» e «Buffalo», che vengono impiegati per le attività
Route clearance, finalizzate alla ricognizione e bonifica di itinerari ad elevato rischio di minaccia da possibili ordigni improvvisati (Ied - Improvised explosive device).
Al momento, sono presenti nel Teatro afgano n. 7 veicoli «Buffalo» e n. 12 mezzi «Cougar», distribuiti alle compagnie genio a supporto delle
Task Forces di manovra.
Ulteriori mezzi e materiali sono in progressiva acquisizione per aumentare la protezione e sicurezza del personale; ciò ridurrà il rischio ma, come ribadito più volte, non potrà comunque mai eliminarlo del tutto.
Sul piano generale va sottolineato, infatti, che ogni sistema di protezione o di difesa deve essere visto in relazione alla continua evoluzione della minaccia.
Ciascun elemento protettivo/difensivo trova sempre un limite nella contro-risposta della minaccia e, conseguentemente, a tale nuova minaccia occorre far fronte con nuovi sistemi di difesa secondo il classico schema dell'
escalation «lancia-scudo» o «proiettile/corazza».
Pertanto non possono esserci soluzioni definitive alle minacce del tipo in questione, in quanto il livello di protezione è determinato dalle caratteristiche del materiale e può risultare insufficiente a fronte di un'imprevedibile evoluzione della tipologia e della quantità di esplosivo.
Quello che risulta di fondamentale importanza, invece, è il sistema complessivo posto in atto per fronteggiare la minaccia.
Si tratta di far ricorso, a integrazione del livello di sicurezza garantito dai mezzi, all'
intelligence, alla ricognizione aerea delle rotte terrestri mediante velivoli senza pilota (Predator), alle tattiche di movimento, alle tecniche di osservazione del terreno, all'addestramento del personale e anche alle interrelazioni con la popolazione locale.
Per concludere si rammenta che la pericolosità ed i rischi correlati allo svolgimento della missione in Afghanistan mai sono stati sottaciuti o minimizzati né sottovalutati, per cui il livello di attenzione è sempre stato e rimane massimo.
I nostri militari, pur nella consapevolezza dei pericoli e delle minacce presenti nel teatro afgano, stanno svolgendo il loro dovere con encomiabile dedizione, professionalità, anche a costo dell'estremo sacrificio, guadagnando l'unanime apprezzamento della comunità internazionale e delle autorità e della popolazione afgane.

Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

TOCCAFONDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola materna denominata «Madonna dei Braccini» e situata a «La Borra», località del comune di Pontedera (Pisa), necessita di una terza sezione per soddisfare le esigenze di una frazione che si è notevolmente espansa negli anni;
la scuola sopraccitata è una scuola statale, quindi di competenza del Governo nazionale;

per l'anno scolastico 2009/2010, questa terza sezione è stata in qualche modo attivata, anche attraverso il finanziamento specifico da parte della regione Toscana. La regione si è impegnata a finanziare una terza sezione anche per l'anno scolastico 2010/2011, facendo però presente che non rientra nella sue competenze e che, quindi, non può garantire un finanziamento anche per l'anno scolastico successivo;
il Governo ha recentemente autorizzato l'istituzione di una nuova sezione di scuola materna nel territorio dell'Unione dei comuni della Valdera;
era compito dell'Unione indicare in quale comune questa sezione dovesse essere istituita;
il Governo, in assenza di un pronunciamento dell'amministrazione locale, ha assegnato una nuova sezione al comune di Bientina (la prima in ordine alfabetico);
se la regione Toscana non fosse intervenuta con mezzi propri, 34 bambini residenti nel comune di Pontedera non avrebbero trovato posto nelle scuole materne;
nell'anno scolastico 2011/2012, dunque, in assenza di uno specifico intervento governativo volto a istituire una terza sezione nella scuola «Madonna dei Braccini», più di 30 famiglie del comune di Pontedera rischieranno di trovarsi senza scuola materna per i propri figli -:
quali siano i criteri demografici che regolano l'istituzione e il finanziamento di nuove sezioni di scuola materna nei comuni;
se il Governo possa prevedere, visto che se ne presenta la necessità, l'istituzione di una nuova sezione nella frazione «La Borra» nel comune di Pontedera (Pisa).
(4-08193)

Risposta. - Nell'interrogazione in esame, l'interrogante pone due quesiti in relazione alla richiesta di istituzione, per l'anno scolastico 2010-2011, di una terza sezione presso la scuola dell'infanzia «Madonna dei Braccini», situata in località «La Borra» del comune di Pontedera (Pisa).
Il primo quesito, di carattere generale, è diretto a conoscere «quali siano i criteri demografici che regolano l'istituzione e il finanziamento di nuove sezioni di scuola materna nei comuni».
Va premesso che le disposizioni normative in materia di organici e di formazione di sezioni e classi sono contenute nel regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009, recante «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».
Detto regolamento prevede che le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente sia a livello nazionale che per ambiti regionali tenuto conto degli assetti ordinamentali, dei piani di studio e delle consistenze orarie previsti dalle norme in vigore, in base:

a) alla previsione dell'entità e della composizione della popolazione scolastica e con riguardo alle esigenze degli alunni disabili e degli alunni di cittadinanza non italiana;
b) al grado di densità demografica delle varie province di ciascuna regione e della distribuzione della popolazione tra i comuni di ogni circoscrizione provinciale;
c) alle caratteristiche geo-morfologiche dei territori interessati e alle condizioni socio-economiche e di disagio delle diverse realtà;
d) all'articolazione dell'offerta formativa;
e) alla distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi sulla base di un incremento del rapporto medio, a livello nazionale, alunni/classe di 0,40 da realizzare nel triennio 2009-2011;
f) alle caratteristiche dell'edilizia scolastica.

La determinazione e la distribuzione delle dotazioni organiche tra le regioni avviene sentita la conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali.
I dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali, a loro volta, provvedono alla ripartizione delle consistenze organiche a livello provinciale, avendo cura di promuovere interlocuzioni e confronti con le regioni e con gli enti locali al fine di realizzare una piena coerenza tra le previsioni programmatiche del piano regionale di localizzazione delle istituzioni scolastiche e dell'offerta formativa e l'attribuzione delle risorse.
L'assegnazione delle risorse è effettuata con riguardo alle specifiche esigenze ed alle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle istituzioni scolastiche. Nella determinazione dei contingenti provinciali di organico si tiene conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alle piccole isole, nonché alle aree che presentano elevati tassi di dispersione e di abbandono.
Per quanto concerne la formazione delle classi e in specie la costituzione delle sezioni di scuola dell'infanzia, il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 stabilisce che le sezioni stesse sono costituite, di norma, con un numero di bambini non inferiore a 18 e non superiore a 26. Ove non sia possibile ridistribuire i bambini tra scuole viciniori, eventuali iscrizioni in eccedenza sono ripartite tra le diverse sezioni della stessa scuola senza superare, comunque, le 29 unità, escludendo dalla redistribuzione le sezioni che accolgono alunni con disabilità.
Per il corrente anno scolastico, la quantificazione delle dotazioni organiche a livello nazionale e regionale e i criteri di ripartizione in relazione alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche sono stati definiti nello schema di decreto interministeriale allegato alla circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010, sulla base delle suddette disposizioni normative.
Per quello che riguarda in particolare la consistenza delle dotazioni organiche della scuola dell'infanzia, per l'anno scolastico 2010-2011, nell'ottica della generalizzazione del servizio sono stati confermati in organico di diritto i posti attivati in organico di fatto nell'anno scolastico 2009-2010. Inoltre, come fatto presente nella circolare ministeriale n. 59 del 23 luglio 2010, relativa all'adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto per l'anno scolastico 2010-2011, non avendo la scuola dell'infanzia carattere obbligatorio, eventuali domande di iscrizione in esubero non determinano la necessità di apportare variazioni in aumento delle sezioni; pertanto, incrementi di posti finalizzati all'estensione del servizio possono essere autorizzati dai competenti uffici scolastici periferici solo nell'ambito delle risorse complessivamente assegnate.
Premesso il quadro normativo di riferimento, si comunica quanto segue in merito al secondo quesito, concernente la richiesta di istituzione di una nuova sezione di scuola dell'infanzia nella frazione «La Borra» nel comune di Pontedera.
A tal proposito, la competente direzione scolastica regionale per la Toscana ha in primo luogo evidenziato che, come già detto, l'organico relativo alla scuola dell'infanzia prevede esclusivamente la conferma delle sezioni già funzionanti nel decorso anno scolastico; l'eventuale espansione può avvenire soltanto nel caso in cui possa effettuarsi una compensazione con la dotazione di organico relativa agli altri ordini di istruzione.
Nel caso di specie, la dotazione organica disponibile non ha consentito di istituire un terza sezione nella scuola «Madonna dei Braccini».
Per il prossimo anno scolastico, la richiesta sarà attentamente esaminata tenendo conto delle norme in materia e della dotazione organica disponibile.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano II Sole 24 Ore di lunedì 29 marzo 2010, negli ultimi tempi diverse organizzazioni di volontariato hanno chiuso - o sono fortemente tentate di farlo - per cause burocratico - amministrative;
alcuni esempi riportati nell'articolo: un'associazione della provincia laziale, che agiva a livello di quartiere con risultati visibili, non ha presentato il modello Eas all'agenzia delle entrate e ha dovuto chiudere; a Roma, nel campo della lotta alle povertà, la difficoltà gestionale ha scoraggiato i soci che faticavano a coinvolgere giovani dal cercare possibili strade nuove; a Napoli, l'associazione «Mani Unite» sta seriamente discutendo sull'opportunità di chiudere data la mancanza di tempo per dedicarsi alle attività reali perché la maggior parte di esso è impegnato da adempimenti burocratici;
vi sono casi in cui si chiude perché gli adempimenti non sono rispettati dai partner: un nucleo comunale di volontari di protezione civile è stato messo in difficoltà proprio dal comune, che non pagava l'assicurazione obbligatoria. I volontari hanno perciò sciolto il nucleo e si sono costituiti come associazione autonoma. Tuttavia l'amministrazione si è rifiutata di riconoscerla formalmente: ora l'associazione lavora con la provincia e con la regione, ma non con il comune;
in Molise, a Termoli, Lina Melis è presidente di Incontrarsi: una quindicina di volontari nell'ambito della disabilità mentale. «La gestione diventa più pesante, le regole ci vogliono ma perché ogni anno, per confermare l'iscrizione al registro regionale, devo ripresentare tutta la documentazione?»;
anche al Csv della provincia di Milano arriva qualche informazione di associazioni che chiudono, ma giungono soprattutto molti segnali di scontento. Il presidente Lino Lacagnina spiega: «Rispondiamo cercando di offrire consulenze e supporti: un modello di bilancio e un modello di rendicontazione semplificati; il lavoro per la riammissione al 5 per mille delle organizzazioni escluse. Ai Csv spetti un doppio ruolo: da una parte sensibilizzare i decisori per una semplificazione, dall'altra offrire aiuto alle organizzazioni» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della realtà descritta;
se e quali azioni di competenza si intendano intraprendere per una gestione più snella, efficiente, trasparente e pubblica dell'apparato burocratico e per una semplificazione delle procedure.
(4-06647)

Risposta. - Nell'articolo di stampa pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore al quale si fa riferimento nella interrogazione, è riportata una situazione di diffusa criticità delle associazioni di volontariato che lamenterebbero di essere ostacolate nello svolgimento della loro attività da un eccesso di oneri amministrativi. Tra questi vi sono: la presentazione del modello Eas all'Agenzia delle entrate; i corsi obbligatori previsti dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 per la sicurezza nei luoghi di lavoro; il pagamento dell'assicurazione obbligatoria per i volontari, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 266 deI 1991; le difficoltà per la conferma dell'iscrizione al registro regionale; gli adempimenti connessi alla predisposizione del bilancio e del rendiconto.
Attualmente nel nostro Paese sono presenti circa 8.000 organizzazioni di volontariato. In virtù del valore sociale della funzione di partecipazione, solidarietà e pluralismo svolta, esse godono di un regime giuridico e fiscale agevolato. Tuttavia, l'accesso a tale regime è condizionato a vari adempimenti volti a ridurre il rischio di abuso da parte di soggetti che nascondono un'autentica natura di società commerciale dietro l'apparenza di associazioni o enti
no profit.


La valutazione degli oneri connessi all'iscrizione delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale nei registri regionali e provinciali e la loro riduzione esula dalla competenza del Ministero per la semplificazione normativa, che si riserva tuttavia di promuovere nelle opportune sedi l'adozione di accordi o intese volte a semplificare e uniformare le discipline regionali.
L'obbligo di trasmettere il modello Eas risponde all'obiettivo primario di tutelare le vere forme associazionistiche incentivate dal legislatore fiscale e, conseguentemente, di isolare e contrastare l'uso distorto dello strumento associazionistico suscettibile di intralciare - tra l'altro - la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali.
L'introduzione dell'onere della comunicazione a carico degli enti che si avvalgono dei regimi agevolativi ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, è funzionale al monitoraggio degli enti associativi esistenti ed è volta ad acquisire per ciascun soggetto informazioni sugli elementi di identificazione e qualificazione soggettiva, sui contenuti statutari e sui profili organizzativi, sul settore di operatività e sulle specifiche attività poste in essere. In tal modo, l'azione di controllo fiscale può concentrarsi sulle pseudo-associazioni, piuttosto che su quelle correttamente organizzate che operano nell'interesse degli associati. Fermo restando che la maggior parte delle Onlus non è soggetta all'obbligo di trasmissione del modello EAS, per le rimanenti organizzazioni si deve segnalare lo sforzo dell'Agenzia delle entrate di agevolarne l'adempimento tramite la predisposizione di modelli e l'adozione di circolari interpretative.
Per quanto concerne il meccanismo del 5 per mille, l'onere di rendicontare l'utilizzo delle somme percepite è stato introdotto a tutela dei contribuenti che hanno scelto di destinare una parte delle imposte sui redditi prodotti ad enti di volontariato. In questo modo potranno avere la certezza che le proprie elargizioni saranno utilizzate realmente da enti meritevoli e per i fini statutari. Appare comunque ipotizzabile una semplificazione del procedimento per l'ammissione al riparto del 5 per mille, da valutare congiuntamente all'Agenzia delle entrate.
Con riferimento all'onere dell'assicurazione obbligatoria per tutti gli aderenti alle organizzazioni di volontariato, si ritiene che, in ragione dell'essenzialità dell'adempimento a tutela degli stessi volontari, esso non possa essere eliminato. Provvederò tuttavia a valutare la possibilità di introdurre modalità semplificate con riferimento alla tenuta del registro degli aderenti previsto dall'articolo 3 del decreto ministeriale 14 febbraio 1992.
Quanto alla critica riportata nell'articolo de
Il Sole 24 Ore circa «i corsi obbligatori previsti dalla legge 626 per la sicurezza nei luoghi di lavoro», si fa presente che il Governo ha già provveduto a semplificare tale onere rendendo facoltativi i corsi per le Onlus (articolo 21, comma 2, decreto legislativo n. 81 del 2008). Peraltro, la recente semplificazione in materia di sicurezza sul lavoro ha risposto all'esigenza di superare le criticità dell'aprioristica equiparazione tra i «volontari» e i «lavoratori» a fini antinfortunistici, tale da produrre effetti gravemente distorsivi dell'attività delle associazioni o degli enti di volontariato rispetto ai quali era invece necessario prevedere un regime di tutela peculiare. Si tratta quindi, ad oggi, di obblighi limitati e adeguati a garantire la tutela dei volontari nell'esercizio delle proprie attività.
Per quanto attiene infine agli obblighi di rendicontazione posti in capo alle Onlus (bilancio di esercizio, rendiconto dei proventi dalle raccolte di fondi, rendiconto dei proventi del 5 per mille), si sottolinea la loro importanza quali strumenti atti a giustificare i particolari vantaggi fiscali e tributari, a cui le Onlus vengono ammesse in virtù delle particolari finalità solidaristiche che le animano, e a garantire che detti vantaggi non vengano indebitamente sfruttati da soggetti che svolgono attività commerciali. Inoltre, come già specificato, la rendicontazione risponde ad una generale esigenza di garantire l'
accountability delle

organizzazioni di volontariato nei confronti di contribuenti, donatori e aderenti. A tale riguardo, nonostante l'impossibilità di eliminare tali forme di controllo, mi riservo di valutare, assieme alle amministrazioni coinvolte e ai soggetti interessati, la possibilità di introdurre misure di semplificazione consistenti, in particolare, nell'accorpamento di tali informazioni in un unico documento contabile.
Il Ministro per la semplificazione normativa: Roberto Calderoli.