XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 16 febbraio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i 150 anni dell'Unità d'Italia rappresentano un momento importante e decisivo per la storia unitaria del nostro Paese;
nella memoria dei nostri antenati e di tutte le generazioni presenti, passate e future che hanno concorso e concorreranno con il loro sacrificio ed impegno a fare sempre più vivo forte e unito il nostro Paese, deve rimanere vitale e visibile il ricorso e il significato di quella giornata e, soprattutto, del percorso di costruzione dell'Italia unita che ha attraversato questi 150 anni di storia italiana;
l'autorevole magistero del Presidente della Repubblica, il forte richiamo di molte istituzioni locali, l'invito dei comuni italiani, a partire dal Presidente dell'ANCI Sergio Chiamparino, la sollecitazione che arriva dal vasto mondo dell'associazionismo culturale, sociale e politico del nostro Paese spinge il Parlamento ad assumere una posizione chiara ed inequivoca in vista della giornata del 17 marzo;
i cittadini italiani e tutti coloro che vivono e lavorano nel nostro Paese devono poter dedicare una giornata di festa alla riflessione sulla propria storia e sulla propria identità anche e soprattutto per ritrovare lo slancio con cui costruire il presente proiettato nel futuro. Una giornata di festa in un anno dove si accavallano molte festività è utile anche per far scattare la scintilla comunitaria. Una giornata in cui ciascuno potrà, nelle diverse forme, momenti e sedi a ciò dedicate, contribuire a ricordare il valore dell'Unità del nostro Paese e a riscoprire il significato di essere italiani, uomini e donne impegnati nel lavoro, nella famiglia, nella società e nelle istituzioni,


impegna il Governo


a garantire il pieno rispetto del vigente articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2010 n. 64, convertito in legge con modificazioni della legge 29 giugno 2010 n. 100, che ha dichiarato il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza del 150o anniversario della proclamazione dell'Unità d'Italia, festa nazionale e conseguentemente ad attivare le necessarie direttive amministrative per il dipanarsi degli effetti civili di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1949, n. 260.
(1-00565)
«Franceschini, Fassino, Esposito, Giorgio Merlo, Barbi, Lucà, Bobba, Vernetti, Boccuzzi, Rossomando, Portas, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Giachetti, Quartiani, Rosato, Sereni, D'Antoni, Oliverio».

Risoluzioni in Commissione:

Le Commissioni I e VIII,
premesso che:
la Corte dei Conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, con lettera datata 22 novembre 2010 ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione concernente la gestione delle opere secretate ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni;
tale documentazione è stata trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente) e annunciata all'Assemblea il 24 novembre 2010;
la relazione prende in considerazione gli appalti relativi alle opere secretate

i cui atti sono pervenuti alla Corte nel periodo 2005-2007 (con aggiornamenti per i lavori presi in esame);
per la mole del documenti da esaminare e per il generalizzato ricorso alla speciale procedura della secretazione da parte delle Amministrazioni interessate, l'indagine è stata circoscritta dalla Corte al ministero dell'interno ed al Ministero della difesa con riferimento a Vigili del fuoco e Carabinieri;
per il periodo preso in considerazione la norma applicabile è l'articolo della legge 109 del 1994; l'adozione della procedura di secretazione consentiva, in base a tale normativa, che i lavori di realizzazione delle opere potessero essere eseguiti senza procedure ad evidenza pubblica e senza controlli, se non quello successivo della Corte dei conti sulla gestione. La legge è stata sostituita con l'entrata in vigore, il 1o luglio 2006, del nuovo codice per gli appalti pubblici (specificamente articolo 17 del decreto legislativo n. 163 del 2006);
sia nell'articolo 33 della legge 109 del 1994 che nell'articolo 17 del codice degli appalti è posta una specifica condizione oggettiva ai fini della possibilità di utilizzo della deroga, cioè che la procedura sia attivabile solo nei casi in cui sono richieste misure speciali di sicurezza e segretezza in conformità a disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative vigenti quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello stato. Ed entrambi gli articoli considerano la deroga facoltativa;
«la potestà regolamentare dell'amministrazione non è libera, bensì circoscritta, nella individuazione dei casi in cui sono necessarie misure speciali di segretezza e sicurezza: queste devono essere richieste da disposizioni legislative, regolamentari, amministrative vigenti ovvero originate dall'esigenza di proteggere "gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato"»;
nella vigenza della legge del 1994 sono richiesti per l'applicazione della procedura anche i requisiti di indifferibilità ed urgenza delle opere;
la Corte dei conti, nella quasi totalità degli atti relativi ai casi presi in considerazione, ha rilevato che:
a) la dichiarazione di secretazione è stata espressa in termini generici e che il ricorso alla secretazione è stato fatto in via generalizzata quando per legge avrebbe dovuto essere limitato ai presupposti dell'articolo 33;
b) mancano riferimenti alla indifferibilità ed urgenza per opere che poi sono state assegnate in ritardo o portate a termine in anni;
c) manca o è generica la motivazione del ricorso alla procedura stessa;
d) sono state riscontrate irregolarità anche nella gestione degli appalti (mancata programmazione degli interventi, ritardi, varianti in prossimità della scadenza dei termini contrattuali, omissione di documentazione, omissioni dell'abilitazione di sicurezza);
e) sono state riscontrate irregolarità contabili (esempio assunzione dell'impegno di spesa prima della stipula del contratto);
f) tutti gli appalti presi in considerazione sono in violazione della legge.
la Corte dei conti nella sua relazione pone il problema, della lacuna della legge relativamente al soggetto legittimato a decidere la procedura di secretazione. La Corte sottolinea la sua propensione per la dottrina che attribuisce tale competenza al Ministro e non ai dirigenti generali;
l'articolo 8 comma 10 del decreto-legge n. 78 del 2010 è intervenuto sulla disciplina delle opere secretate attraverso la modifica del testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001 all'articolo 16); tale modifica in primo luogo riforma la disciplina formalizzando la prassi di lungo corso che la Corte dei conti nella sua relazione stigmatizza, cioè che la secretazione possa

essere dichiarata a livello di dirigenza e non al solo livello ministeriale e dall'altro non pare perseguire un obiettivo di chiarezza, trasparenza, semplificazione e migliore regolazione in quanto interviene con decreto-legge su una disciplina non immediatamente correlabile a quella degli appalti,


impegna il Governo:


a fare in modo che i ministri competenti operino un controllo sugli appalti in corso per i quali è stata disposta la procedura di secretazione e formulando le opportune informazioni al Parlamento;
ad assumere le più opportune ed efficaci iniziative urgenti al fine di controllare che non sia utilizzata in mancanza dei presupposti di legge tale procedura di secretazione;
mettere a disposizione del Parlamento un elenco delle imprese aggiudicatarie degli appalti;
a predisporre gli interventi necessari a definire i profili soggettivi connessi alla procedura di secretazione, anche in considerazione dell'orientamento della Corte dei conti in merito;
ad assumere tempestivamente delle iniziative volte ad assicurare la piena trasparenza dell'operato delle amministrazioni pubbliche, promuovendo l'adozione di norme di immediata applicabilità in grado di rendere effettivo tale principio, nonché, ipotizzando dei meccanismi di pubblicità relativamente al sistema degli incarichi dirigenziali.
(7-00496)
«Giovanelli, Ginoble, Zaccaria, Fontanelli, Naccarato».

La I Commissione,
premesso che:
il Governo della Repubblica ha deliberato nella seduta del Consiglio dei ministri del 28 gennaio scorso che giovedì 17 marzo 2011 sarà festa civile per ricordare solennemente i 150 anni dell'unità d'Italia, proclamata a Torino il 17 marzo 1861;
l'unità di un Paese raccoglie in sé l'identità di ogni cittadino italiano che è un valore assoluto da salvaguardare;
l'unità della Repubblica Italiana è un valore fondamentale della nostra Carta Costituzionale e, non solo va costantemente preservato ma alimentato anche attraverso iniziative dal valore fortemente simbolico come quella assunta dal Governo per la ricorrenza del 150o anniversario dell'unità d'Italia;
il Governo, peraltro, ha precisato che tale ricorrenza sarà festa nazionale solo per l'anno in corso;
la decisione assunta dal Governo è divenuta, suo malgrado, motivo di una contrapposizione anche politica, che si fonda su argomentazioni che nulla hanno a che fare con il senso reale della celebrazione e che, seppur per taluni aspetti possono apparire condivisibili anche in considerazione della particolare congiuntura economica del Paese, non devono essere utilizzate per minare l'alto valore morale e istituzionale dell'iniziativa;
nonostante ciò, vi è la consapevolezza che la giornata di festa comporterà un costo per le aziende private e per lo stesso bilancio dello Stato;
la perdita per le sole aziende private del sistema Italia è stata calcolata in 4 miliardi di euro; una cifra che, in considerazione della particolare congiuntura che vede il nostro Paese via via consolidarsi sul percorso per uscire dalla crisi economica, potrebbe rappresentare un fattore di criticità in quanto il costo della alla giornata di festa non è stato preventivato e rischia di incidere proprio sulla ripresa di quelle aziende più esposte alla coda della crisi;
per compensare questo costo economico, per il comparto produttivo del Paese, senza voler sminuire il significato di un'altra importante ricorrenza, quella

delle celebrazioni della Repubblica italiana che cade il 2 giugno che cade di giovedì come il 17 marzo, il Governo potrebbe valutare se unificare, eccezionalmente per l'anno in corso, le due ricorrenze nella giornata del 17 marzo o, in alternativa, annullare solo per il 2011 la festività del 2 giugno, spostando le manifestazioni programmate alla domenica 5 giugno,


impegna il Governo


a operare una scelta circa l'accorpamento, per il solo anno corrente, delle festività del 17 marzo e del 2 giugno, o dell'annullamento - solo per l'anno corrente - della festività del 2 giugno spostando le manifestazioni programmate alla domenica 5 giugno, tenendo prioritariamente in considerazione i seguenti criteri:
a) i lavoratori non devono veder diminuite le giornate di festività complessive nel corso del 2011;
b) le aziende italiane non devono essere gravate da un maggior costo del lavoro o dalla mancata produzione derivante dalla giornata di festa del 17 marzo 2011;
c) la festività del 17 marzo non deve comportare nuovi oneri nel pubblico impiego a carico del bilancio dello Stato, perché compensati dal 2 giugno considerato lavorativo.
(7-00497)
«Calderisi, Mazzuca, Speciale, Holzmann, Pizzolante, Barba, Minardo, Garofalo, Versace, Cazzola, Ceroni, Bertolini, Mazzoni, Cicu».

La VIII Commissione,
premesso che:
una relazione pubblicata dalla Commissione europea l'8 ottobre 2010 ha confermato che l'Unione europea non ha raggiunto gli obiettivi prefissati quattro anni fa per arrestare entro il 2010 la perdita di biodiversità (consistente nei danni causati da fattori esterni all'ecosistema marino, alla flora e alla fauna) che rappresenta un grave danno per l'ambiente;
nonostante lo sviluppo del progetto comunitario «Natura 2000», consistente nell'individuazione e nell'organizzazione finora di circa 26 mila siti protetti, la Commissione afferma che non sono stati compiuti passi in avanti realmente significativi perché le eccessive pressioni esercitate sull'ambiente - in particolare in termini di cambiamento di destinazione d'uso dei terreni, di inquinamento, di specie invasive e di mutamenti climatici - continuano a costituire una grave minaccia per la biodiversità dell'Europa;
in Italia la perdita di biodiversità e le politiche da attuare per avviare finalmente un virtuoso percorso in controtendenza siano temi prioritari. Ciò è evidente alla luce dei danni inestimabili finora causati a livello ambientale dall'inquinamento del mare, del suolo e della falde acquifere che colpisce vaste aree del Paese e soprattutto nel Mezzogiorno (si pensi in particolare ai danni terribili provocati al suolo dall'emergenza rifiuti in Campania e alle falde acquifere dal malfunzionamento degli impianti di depurazione);
non vi è quindi dubbio che, sia a livello europeo che a livello nazionale, sia necessario un rinnovato e davvero convinto impegno non più solo da parte della Commissione europea a livello di indicazioni e di impulso alla ricerca, ma anche e soprattutto dagli Stati membri in termini di azioni legislative e di concreto impegno in materia a livello comunitario, perché a questo punto si possano gettare le basi per il raggiungimento, nel 2020, del prossimo obiettivo elaborato dalla Commissione europea, ovvero quello consistente nel porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici nella Unione europea entro il 2020 al tempo stesso ripristinandoli;
a indicare quanto ciò sia davvero vitale per il futuro dell'Europa è d'altronde un altro studio scientifico pubblicato

sempre dalla Commissione che, riportando i risultati del progetto The economics of ecosystems and biodiversity, ha analizzato anche il valore economico degli ecosistemi e della biodiversità. Questo studio innovativo ha dimostrato inequivocabilmente quanto il loro degrado comporti anche costi e voci passive nel lungo periodo insostenibili perché la nostra società possa permetterseli;
inoltre le politiche utili a realizzare gli obiettivi comunitari sopra richiamati devono essere accompagnate da pressioni, da parte dell'Unione europea, nei confronti dei Paesi emergenti i quali, per portare avanti nei tempi più rapidi possibile il proprio vorticoso boom economico, continuano ad attuare politiche industriali dannose e quindi capaci di neutralizzare i benefici ambientali apportati a livello mondiale dallo sforzo europeo in corso di tutelare l'ambiente e la biodiversità. Quanto quest'ultima esigenza rappresenti una priorità per l'efficacia delle politiche ambientali europee e italiane lo dimostra il caso, davvero esemplare, della Cina dove l'inquinamento prodotto dalle centrali a carbone è davvero dannoso per la tutela dell'ambiente e della biodiversità,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative normative, nell'ambito delle proprie politiche per l'ambiente, concrete e tempestive per proteggere sull'intero territorio nazionale l'ambiente e la biodiversità, così da garantire la necessaria programmazione di tutti quegli interventi necessari a mettere l'Italia in condizione di rispettare i nuovi impegni europei in materia da raggiungere entro il 2020;
a farsi portavoce, nell'ambito dell'Unione europea, dell'inderogabile necessità di un'azione congiunta nei confronti dei Paesi emergenti affinché questi adottino parametri ambientali in linea con quelli comunitari, anche per evitare che si creino condizioni di concorrenza economica e industriale sfavorevoli agli Stati membri dell'Unione europea.
(7-00498)«Cosenza».

La XIII Commissione,
premesso che:
la ciliegicoltura rappresenta nel nostro Paese una produzione agricola di elevata qualità e di eccellenza ben conosciuta nel mondo, dove l'Italia risulta essere il quarto Paese produttore di ciliegie;
nonostante la sua elevata qualità, la ciliegicoltura italiana negli ultimi anni ha subito una significativa riduzione della produzione, a fronte delle forte crescita complessiva del mercato mondiale, con una diminuzione degli impianti passati da 29.740 (nel 2008) a 29.726 (nel 2009); tendenza negativa riconfermata anche nel 2010 da tutti gli indici di riferimento;
le principali cause di questo trend negativo sono da riscontrare negli elevati costi di produzione e nei rischi di impresi molto alti, condizionati dalla brevità della stagione produttiva, fortemente legata a fattori climatici e metereologici, dalla produzione disseminata su terreni frazionati e di estensione ridotta, da una produzione estera sempre più dinamica, nonché dalla necessità di migliorare, mediante idonei progetti di ricerca, il panorama vegetale con l'offerta di nuove tipologie produttive;
è indubbio, dunque, che occorre definire misure adeguate mirate per invertire il trend negativo, in modo da rilanciare il settore della ciliegicoltura, rendendo la produzione più competitiva nel mercato mondiale sviluppando progetti di valorizzazione e di promozione di questo prodotto di eccellenza che, realizzando una efficace sinergia con altri prodotti agricoli di qualità, rafforzino il «made in Italy» nel mondo;

risulta pertanto indispensabile promuovere azioni concrete per un ulteriore miglioramento della qualità del prodotto per sostenere lo sviluppo della produzione considerando anche i positivi riflessi occupazionali assicurati dal settore in parola;
è necessario infine valorizzare la ciliegicoltura nell'ampia e articolata realtà produttiva ortofrutticola italiana, che rappresenta un comparto strategico della nostra agricoltura da promuovere, valorizzare e difendere unitariamente nel mondo per consolidare il «made in Italy» e per tutelarlo da fenomeni, purtroppo sempre più diffusi, di agropirateria e di sofisticazioni,


impegna il Governo:


ad istituire un «tavolo di settore» presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, mirato ad approfondire e ad affrontare tutte le problematiche della ciliegicoltura italiana, attraverso efficaci politiche rivolte al miglioramento delle tecniche di produzione e di ricerca, alle attività di difesa fitosanitaria, nonché al potenziamento della filiera produttiva e al marketing territoriale;
a prevedere la partecipazione dell'associazione nazionale «Città delle Ciliegie» nella Commissione per la promozione e la valorizzazione del turismo enogastronomico;
a sviluppare un reale coordinamento nella valorizzazione di tutto il qualificato paniere di produzioni ortofrutticole finalizzato a promuovere concrete e specifiche azioni promozionali per consolidare il mercato del «made in Italy» in Italia, in Europa e nel mondo nonché a tutelare la ciliegicoltura e tutti i nostri prodotti di qualità da fenomeni di agropirateria e di sofisticazioni.
(7-00499) «Delfino».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Convenzione europea sull'adozione dei minori approvata il 24 aprile 1967 a Strasburgo, è il punto di riferimento di tutte le legislazioni europee in materia di adozione dei minori. Il documento consta di 28 articoli e insiste ripetutamente sul fatto che la legge debba permettere l'adozione di un minore solo da parte di due persone unite in matrimonio. Solo l'articolo 6 accenna alla possibilità che l'adozione in casi particolari possa essere fatta anche da un solo adottante e tra le condizioni vincolanti prevede le seguenti:
a) la differenza di età con il minore, per cui l'adottante, in modo analogo a quanto accade nel rapporto tra genitori e figli, non sia inferiore a 21 anni né superiore di 35 anni;
b) la maturità psicologica dell'adottante, il suo stato di salute e la sua condizione economica debbono offrire tutte le garanzie necessarie per assicurare al minore adeguate condizioni di vita;
c) il clima e la situazione del nucleo familiare devono essere idonei ad accogliere il bambino;
d) l'autorità giudiziaria deve accertare che l'adozione risponda all'esclusivo interesse del bambino;
la Corte di cassazione in un recentissimo obiter dictum e una sentenza ha affermato che i tempi sarebbero maturi affinché il Parlamento modifichi le norme,

favorendo con le dovute cautele, l'ingresso dei minori nelle case dei single;
d'altra parte il Sottosegretario Giovanardi in recenti interviste ha sostenuto che ci sono centinaia di coppie regolarmente sposate in attesa da anni di poter adottare un bambino. Concretamente ha detto: «Abbiamo molti aspiranti e pochi bambini: che senso ha allargare le liste d'attesa e i criteri di adozione?»;
nel 2010 è vistosamente diminuito il numero delle idoneità concesse che sono passate dalle 6000 idoneità del 2006 alle attuali 3000, ciò sia a causa della lungaggine delle pratiche burocratiche che per l'indubbio lievitare dei costi che rende spesso inaccessibile alle coppie l'espletamento complessivo delle diverse pratiche;
inoltre, un requisito essenziale per l'adozione è che si tratti di coppie regolarmente sposate e il numero delle coppie sposate sta progressivamente diminuendo rispetto all'aumento delle coppie di fatto e tra le cause che ritardano il matrimonio per le giovani coppie ci sono le gravi difficoltà economiche in cui versano i giovani che attualmente vivono una condizione di precariato, che rallenta il passaggio al matrimonio -:
se non ritenga di dover snellire le procedure di adozione facilitando la possibilità di adottare un bambino in tempi ragionevolmente più brevi per le coppie;
se non ritenga che sia necessario ridurre i costi legati alle pratiche adottive, sempre nello spirito di facilitarle;
se non ritenga necessario mettere a disposizione delle giovani coppie risorse necessarie e sufficienti per aiutarle a stabilizzare la loro condizione aiutandole a contrarre matrimonio con agevolazioni per la casa, con aiuti alla natalità, sia sotto forma di servizi disponibili, che con significative riduzioni e agevolazioni fiscali.
(3-01471)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO e META. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 19 gennaio 2011 un Ministro della Repubblica italiana ha utilizzato un volo di Stato per la tratta Cuneo-Levaldigi/Roma-Ciampino;
non risulta all'interrogante che in quella data ci fossero missioni istituzionali programmate, né risulta esserci alcun documento ufficiale che certifichi il viaggio stesso -:
chi abbia usufruito del volo di Stato di cui in premessa e quale ne sia la ragione.
(5-04224)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARTELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Ministro dell'interno ha dichiarato il 15 febbraio 2011 che nella provincia di Venezia sarà collocato un centro di identificazione ed espulsione (CIE) nel comparto in cui sarà insediato anche il nuovo carcere;
l'intesa tra la regione Veneto e lo stesso Ministero prevede l'insediamento del nuovo carcere di Venezia in località Campalto, per 450 detenuti;
il consiglio comunale di Venezia con proprio ordine del giorno ha richiesto di sospendere i termini di applicazione dell'intesa e di avere chiarimenti sulla natura della struttura carceraria, ad oggi del tutto sconosciuti -:
quali siano le reali intenzioni del Governo, in particolare se si intenda edificare nello stesso comparto sia il nuovo istituto penitenziario, sia il centro di identificazione ed espulsione e se il comune di Venezia sia stato interessato o coinvolto nella scelta.
(4-10886)

VACCARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con la «legge obiettivo» sono stati assegnati 190 milioni di euro al potenziamento, mediante realizzazione della terza corsia, e alla messa in sicurezza del raccordo stradale A3 Avellino-Salerno;
come riportato anche da organi di stampa, una parte di tali fondi (cento milioni di euro) è stata sottratta da tale destinazione e impegnata per la realizzazione della tratta ferroviaria Trieste-Lubiana, sulla base dell'intesa Italia-Slovenia, siglata alla presenza del Vice Ministro, Roberto Castelli;
dal primo maggio 2011 il Governo ha stabilito il pedaggio per il suddetto raccordo A3 Avellino-Salerno;
il raccordo A3 Avellino-Salerno costituisce un'arteria nevralgica nella viabilità della zona ed è molto trafficato, anche per la prossimità di due poli importanti come l'ospedale «A. Landolfi» di Solofra (Avellino) e l'università degli studi di Fisciano (Salerno);
in alcuni punti, come purtroppo attestano i tanti episodi tragici che continuano a verificarsi, si presenta ad alto rischio di incidenti;
da anni i sindaci dei comuni della provincia di Avellino, limitrofi alla suddetta strada (Atripalda, Solofra, Serino e i comuni del serinese, Montoro Superiore e Montoro Inferiore), si battono per ottenere la messa in sicurezza e l'ammodernamento del raccordo;
i lavori non sono più rinviabili, tali e tanti sono i ritardi che si sono accumulati, nonostante il Governo continui a propagandare il proprio interesse per il Mezzogiorno, sulla base di un «piano per il Sud» ampiamente pubblicizzato -:
se il Governo intenda ripristinare l'assegnazione della totalità delle risorse inizialmente stanziate per la realizzazione dell'intervento programmato nell'ambito della «legge obiettivo»;
se il Governo intenda assumere iniziative per abolire il pedaggio precedentemente stabilito per il raccordo A3 Avellino-Salerno;
in quali tempi si procederà all'avvio dei lavori, non più procrastinabili.
(4-10901)

PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il rappresentante del gruppo di democrazia partecipativa «Parlamentares» Giannetto Satta, consigliere comunale di Valledoria, ha segnalato al sottoscritto interrogante la gravissima situazione venutasi a creare nella notte tra il 1o e il 2 febbraio la piana del Coghinas, nel territorio del Comune di Santa Maria Coghinas, in seguito ad un'imponente inondazione provocata dall'apertura delle paratie della diga di Casteldoria con campagne allagate, bestiame disperso e annegato e danni ingenti per il settore agricolo, già martoriato da una gravissima crisi;
la piana del Coghinas a seguito dell'inondazione improvvisa si presentava come un grande lago, con l'area completamente devastata dall'imponente massa d'acqua che è stata riversata;
la grave inondazione è stata provocata dalla decisione improvvisa dell'Enel di aprire le paratie della diga a monte, decisione attribuita a motivi di sicurezza dopo le eccezionali precipitazioni dell'ultimo periodo;
la violenta massa d'acqua ha travolto in modo irreversibile carciofaie, vigneti, frutteti e orti. La forza dell'acqua ha praticamente trascinato via tutto, comprese alcune mandrie di bovini al pascolo;

notevoli disagi sono stati creati anche nel nuovissimo impianto termale di Casteldoria, dove alcune pompe di sollevamento sono state sommerse dall'acqua e danneggiate, con conseguente rallentamento dell'attività;
i danni per il comparto agricolo, il settore più importante dell'economia dell'Anglona, sono ingenti e ancora non sono stati quantificati;
l'Enel, responsabile della diga di Casteldoria, ha sostenuto di aver allertato tutte le istituzioni del territorio;
i sindaci del territorio è scritto nella segnalazione del rappresentante di «Parlamentares» Giannetto Satta non sono stati avvisati tempestivamente rendendo impossibile il tentativo di alleviare i danni e i disagi provocati dall'alluvione;
i danni nella valle del Coghinas sono conseguenti non solo del tardivo allarme da parte delle autorità preposte ma anche dalla scarsa manutenzione degli argini che, secondo i calcoli previsti dal Pai (piano assetto idrogeologico regionale), sono insufficienti a contenere eventi meteorologici eccezionali;
l'inondazione ha interessato la golena che va dalla piana di Viddalba fino a quella limitrofa di Valledoria;
gli amministratori dei comuni interessati all'inondazione hanno preannunciato di volersi costituire parte civile per il risarcimento dei danni patrimoniali all'ambiente;
lo sbarramento della diga di Muzzone ha una capacità, a pieno carico di 223.900.000 metri cubi d'acqua. La centrale è classificata a «Serbatoio», chiamata così perché è alimentata dal lago. La diga ha un salto di 101,50 metri; la turbina è in grado di fornire una potenza di 22700 chilowatt;
la portata di questa inondazione ha posto tutta una serie di questioni relative al grado di sicurezza dei sistemi di gestione dell'invaso, da quelli relativi all'efficacia dell'allarme e dall'altra quella relativa alla sistemazione idraulica a valle del bacino;
l'inondazione ha proposto nuovamente l'esigenza di valutare la concessione idroelettrica in relazione sia agli aspetti della sicurezza delle popolazioni che delle aree interessate sia sul piano ambientale che paesaggistico;
lo spreco di imponenti risorse idriche con danni irreparabili per l'intero territorio, da quelli ambientali a quelli economici per il mancato utilizzo produttivo dell'acqua stessa, ripropone con forza l'esigenza dell'interconnessione dei bacini idrografici della Sardegna -:
se non ritenga il Governo di dover valutare nell'ambito delle proprie competenze in materia di protezione civile le cause, i pericoli e i danni provocati dalla gestione idroelettrica del bacino del Coghinas;
se non ritenga di intervenire con un urgente sopralluogo dei propri tecnici proprio per valutare se vi siano ancora pericoli e se attraverso la gestione delle precipitazioni prevedibili possano essere prevenuti negli effetti;
se non ritenga di verificare alla luce delle normative nazionali il protocollo di sicurezza messo in atto in occasione dell'inondazione sulla Piana del Coghinas e se lo stesso sia a norma con le disposizioni nazionali in materia di sicurezza e protezione civile;
se non ritenga di dover valutare la possibile dichiarazione di stato di calamità per le aree interessate e provvedere di concerto con le autorità locali a definire l'ammontare dei danni e chiedere all'ente gestore della stazione idroelettrica il pagamento dell'intero danno causato al territorio e ai singoli;
se non ritenga il Governo di dover proseguire nell'intervento di connessione dei bacini idrografici della Sardegna così come previsto nella legge obiettivo e nell'accordo

di programma quadro sulle risorse idriche del 24 febbraio 2002.
(4-10917)

ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
in data 17 novembre 2010 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale - 1a Serie speciale - Corte costituzionale - n. 46, la sentenza della Corte Costituzionale n. 324 del 2010, decisa il 3 novembre 2010, dopo l'udienza pubblica del 6 luglio 2010, e depositata in data 12 novembre 2010;
detta decisione, tra l'altro, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 40, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetto decreto Brunetta), sollevate, con distinti ricorsi poi riuniti, dalle regioni Piemonte, Toscana e Marche;
i ricorsi delle predette regioni attenevano all'applicabilità alle regioni dell'articolo 19, comma 6-ter, del decreto legislativo n. l65 del 2001 (introdotto dal citato articolo 40, comma 1, lettera f) del decreto Brunetta);
in altri termini la Corte è stata chiamata a decidere, per quanto qui interessa, se le percentuali di incarichi dirigenziali conferibili ad esterni, stabilite dai commi 6 e 6-bis dello stesso articolo 19 (8 per cento e 10 per cento a seconda del livello), siano applicabili anche alle regioni;
avendo la Corte con decisone peraltro scontata (stante il chiaro dettato normativo), chiarito l'applicabilità della norma alle regioni, ne è derivata l'illegittimità dei provvedimenti regionali eventualmente adottati in misura superiore alle percentuali, che, quindi, vanno rimossi per riportare la situazione in condizioni di rispetto della norma, entrata in vigore nel novembre 2009;
la giunta della regione Calabria, successivamente all'entrata in vigore della norma (a seguito delle consultazioni elettorali del 2010, che hanno rinnovato il Consiglio regionale), ha ritenuto inapplicabile il limite percentuale fissato dal decreto «Brunetta» e, al contrario, applicabile la propria normativa, che consente il superamento delle percentuali e che ha, senza dubbio alcuno, perso la propria efficacia proprio con l'entrata in vigore del «decreto Brunetta»;
così facendo, quindi, rispetto ad una dotazione organica di 164 dirigenti, che al massimo (ma il limite esatto potrebbe necessitare di ulteriori precisazioni) consente di incaricare 16 soggetti esterni (10 per cento), la giunta Scopelliti avrebbe già provveduto alla nomina di quasi 40 dirigenti, debordando in modo ragguardevole rispetto al consentito;
tra l'altro non è di poco riguardo considerare che, nel mentre le regioni Piemonte, Toscana e Marche, tanto resesi ben conto dell'applicabilità della norma alle regioni, hanno quanto meno investito responsabilmente la Corte della questione, al fine di «tentare» (tentativo poi fallito) di porre nel nulla il dettato normativo impugnato (e quindi, evidentemente, si saranno ben guardate dall'illegittimo superamento delle percentuali), la Calabria, meno responsabilmente ha operato in aperta violazione della norma statale ed applicando la propria normativa ormai palesemente caducata da tempo;
e certamente non v'è dubbio che la sentenza di rigetto della Corte costituzionale ha soltanto confermato ciò che già era contenuto nelle norme, per cui non dispiega alcun effetto rispetto a provvedimenti (quali quelli della regione Calabria) palesemente illegittimi nella misura in cui superano il limite percentuale, indipendentemente dell'epoca della loro adozione, laddove comunque adottati dopo l'entrata in vigore dal decreto Brunetta (com'è nel caso della regione Calabria);

detti provvedimenti, contrari a legge, vanno quindi soltanto annullati nella misura necessaria a riportare la percentuale di esterni conforme al dettato normativo, senza possibilità di ipotesi surrogatone basate sulla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della sentenza della Corte costituzionale, scelta che appare soprattutto fantasiosa;
è parso al legislatore regionale possibile ipotizzare non meglio precisate «eccezionali ragioni di continuità nell'azione amministrativa» per tenere in vita provvedimenti illegittimi ab origine: così infatti ha stabilito l'articolo 15 (disposizioni in materia di conferimento di incaricò dirigenziali) della recentissima legge regionale n. 34 del 29 dicembre 2010 (cosiddetto collegato alla manovra finanziaria), una vera e propria «legge omnibus»
si è, infatti, realizzata una pretestuosa riflessione sulla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, prevedendo proprio che detta data fissa la linea di discrimine tra incarichi che rimangono validi ed incarichi non più conferibili: in pratica ciò che non si poteva fare fin dall'inizio dell'attuale legislatura e si è, ciò nonostante illegittimamente fatto, rimane valido, come se la sentenza della Corte costituzionale riguardasse la regione Calabria o, comunque, avesse fissato dei principi nuovi;
la declamata continuità amministrativa si garantisce essenzialmente non violando la legge o, al limite, avendola palesemente violata, riportando l'azione amministrativa entro canoni legali, non certamente reiterando per via legislativa la violazione;
la norma appena approvata non è altro, infatti, che una escamotage per «costringere» il Governo ad impugnare la norma di fronte alla Corte costituzionale, che, visto il precedente, non farebbe altro che dichiararla incostituzionale, con la grave patologia (ancor di più grave perché già conosciuta) di allungare gli incarichi illegittimi per un altro paio d'anni e (visti i costi spropositati di alcuni incarichi, su cui necessiterebbe un discorso ad hoc) anche continuare nel sostanziale «dissanguamento» delle casse regionali;
inoltre, sull'argomento, non va sottaciuto il sistema di reclutamento degli esterni, privo di qualsivoglia riferimento, come previsto dalla legge, all'obbligo di rendere conoscibili con apposito avviso i posti disponibili (comma 1-bis dello stesso articolo 19 del decreto 165), nonché all'obbligo di verifica e di motivazione sulla non rinvenibilità nell'organico delle professionalità necessarie (comma 6 sempre dell'articolo 19 del decreto 165) -:
se non ritengano necessario ed urgente impugnare la legge regionale n. 34 del 29 dicembre 2010, almeno relativamente all'articolo 15, disposizioni in materia di conferimento di incarichi dirigenziali.
(4-10930)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI e BUTTIGLIONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scrutinio dello storico referendum di autodeterminazione (9-15 gennaio 2011) ha fatto del Sud Sudan il più giovane Stato indipendente della comunità internazionale; di fatto il referendum per l'indipendenza del Sud ha ottenuto il 99 per cento delle preferenze;
ciò nonostante nelle settimane seguenti ci sono stati numerosi scontri a fuoco tra l'esercito e le truppe ribelli, solo negli ultimi giorni; il 12 febbraio 2011 negli scontri armati tra le truppe regolari del Sud Sudan e le truppe ribelli, guidate dall'ex generale George Athor, si sono registrate oltre 100 morti e altrettanti feriti gravi. Il giorno dopo, il 13 febbraio

sono proseguiti gli scontri a fuoco con almeno altri 25 morti e un centinaio di feriti gravi;
la zona delle violenze coinvolge la regione amministrativa di Jonglei, la più popolosa del Sud Sudan, e ha interessato in modo speciale le città di Fangak e Dor; gli scontri sempre più intensi di questi giorni mettono a nudo i gravi problemi della sicurezza nella regione, cancellando l'ottimismo suscitato dal risultato del referendum;
Omar el-Bashir, presidente del Sudan, ha promesso rispetto e sostegno per quanto deciso dai cittadini del Sud-Sudan, ma di fatto non riesce a controllare la situazione e ci sono concreti sospetti che da Khartum si cerchi di alimentare il disagio interno al giovane Paese sostenendo i ribelli organizzati in una sorta di esercito parallelo, che si è autoproclamato Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA). Da Khartum giungerebbero loro armi e mezzi di sussistenza;
l'alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati ha chiesto 53 miliardi di dollari per sostenere il rientro a casa di 800.000 persone e per favorire i ricongiungimenti familiari e il recupero dei beni personali, casa, terre, e altro. Attualmente inoltre sono oltre 20.000 i cittadini del Sud Sudan bloccati a Khartum e impossibilitati a raggiungere la loro nuova destinazione -:
se non ritenga urgente riconoscere il giovane Stato del Sud Sudan per favorire i processi di pacificazione del Paese e l'acquisizione di risorse internazionali per la ricostruzione del Paese;
se non sia urgente intervenire con trattative diplomatiche per offrire al Sud Sudan da parte dell'Italia gli aiuti necessari a riorganizzare in modo autonomo la struttura di Paese libero e democratico, attraverso scambi di tipo culturale che offrano consulenze in questa fase iniziale per scrivere la Costituzione e stipulare accordi internazionali, scambi commerciali e altro.
(3-01470)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a dieci anni dalla richiesta del consiglio di sicurezza di un maggiore coinvolgimento delle donne nella costruzione della pace, uno studio ONU rileva che le missioni di pace delle Nazioni Unite presentano un bilancio articolato e che occorre per questo raddoppiare gli sforzi per raggiungere l'obiettivo;
il vice segretario generale per le operazioni di pace Onu, Alain Le Roy, ha dichiarato che «lo studio d'impatto è un appello all'azione indirizzato ai vertici della struttura per accelerare l'attuazione della risoluzione 1325», adottata dal consiglio nell'ottobre 2000, con l'obiettivo di porre fine alla violenza sessuale contro donne e ragazze nei conflitti armati, e incoraggiare una loro maggiore partecipazione nelle attività di pace;
lo studio, realizzato congiuntamente dal dipartimento per le operazioni di peacekeeping (DPKO) e dal dipartimento di supporto sul terreno (DFS), chiede alle missioni di pace ONU di lavorare con donne locali, autorità nazionali e Stati membri per accrescere la limitata partecipazione delle donne nei negoziati di pace, nelle istituzioni della sicurezza nazionale e nella governance in situazioni di post-conflitto;
la capacità delle donne di contribuire efficacemente a governare le loro società è spesso ostacolata dalla persistente discriminazione. Occorre una migliore pianificazione rapida e coordinata delle missioni di pace, attraverso il sistema delle Nazioni Unite e con i partner nazionali, per garantire cambiamenti duraturi e significativi per le donne in situazioni di post-conflitto;
nel corso della presentazione dello studio decennale d'impatto sull'attuazione della risoluzione 1325 delle Nazioni Unite (2000) su donne, pace e sicurezza nel

peacekeeping, Alain Le Roy ha dichiarato che «continuerà a dare la priorità a questa agenda e a fornire la guida necessaria per garantire che l'intera "famiglia" di azioni di peacekeeping sia effettivamente mobilitata per sostenere la costruzione di una società post-conflitto più giusta ed equa»;
è emerso come il mantenimento della pace abbia svolto un ruolo cruciale nei significativi progressi raggiunti dalle donne nella partecipazione alla politica, come elettrici, candidate ed elette, soprattutto in Paesi in cui esistono quote ad esse riservate;
le missioni di pace hanno influenzato anche le riforme giuridiche e giudiziarie, sostenendo l'adozione di leggi sulla parità di genere in diversi Paesi, tra cui la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e la Sierra Leone. Il dispiegamento di pattuglie in zone ad alto rischio in Darfur e in RDC ha inoltre determinato una maggiore protezione delle donne;
d'altra parte lo studio ha rilevato che il peacekeeping non è riuscito a migliorare significativamente la partecipazione delle donne ai negoziati di pace, rilevando la necessità di una strategia per garantire un impegno con diversi gruppi di donne. Inoltre le missioni di pace dovrebbero anche intensificare la spinta ad ampliare la rappresentanza delle donne nelle istituzioni della sicurezza nazionale, la salvaguardia dei loro diritti e aumentarne le opportunità di crescita professionale;
lo studio ha anche evidenziato che c'è bisogno di una reazione più energica nel combattere la violenza sessuale generata da conflitti, che resta molto diffusa nelle zone di operazione, oltre che di stanziare risorse a tutela di donne rifugiate o sfollate, con il supporto di partner internazionali, e di aumentare il livello di responsabilità dei vertici delle operazioni, in conformità con la risoluzione 1325;
i progressi chiave includono un aumento esponenziale delle donne impiegate come personale civile nelle missioni di pace delle Nazioni Unite: dal 20 per cento nei 32 anni tra il 1957 e il 1989, al 30 per cento del personale civile attualmente impiegato (19.800 unità). Sono donne otto tra rappresentanti speciali del segretario generale (SRSGs) e vice SRSGs nelle operazioni di pace, così come il 9 per cento dei 12.000 agenti di polizia impiegati, rispetto al sei per cento del 2005;
ad oggi sono presenti tre unità di polizia interamente al femminile, - indiana in Liberia, bangalese ad Haiti, e samoana a Timor Est - e l'attuale consigliere di polizia delle Nazioni Unite, che supporta il DPKO circa questioni connesse alla polizia, è una donna;
l'ONU ha lanciato un piano mirato all'assunzione di più donne come agenti di polizia, in servizi di polizia nazionali e nelle operazioni di polizia delle Nazioni Unite in tutto il mondo, con l'obiettivo di raggiungere il 20 per cento entro il 2014 -:
se e come il Governo intenda recepire le richieste dell'ONU circa l'attuazione di uno sforzo maggiore per coinvolgere le donne nel processo di costruzione e mantenimento della pace.
(4-10891)

ZACCHERA e MURGIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il primo firmatario del presente atto ebbe già ad interrogare il Ministro in merito alla detenzione in Romania del cittadino italiano Massimo Loddo avendone una sollecita risposta;
sono passati alcuni mesi dalla predetta risposta e da parte dei parenti dell'incarcerato vengono avanzate preoccupazioni circa la correttezza del processo soprattutto per quanto attiene ai diritti della difesa, alle traduzioni linguistiche, alla invocata prova di controllo del DNA che potrebbe discolpare l'imputato -:
quale assistenza si continui a dare all'imputato soprattutto per quanto riguarda le visite consolari e quali siano i

tempi che si ritengono necessari per il completo svolgimento del processo di primo grado.
(4-10896)

CASSINELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
martedì 8 febbraio 2011 la «Savana Caylyn», petroliera italiana della società Fratelli d'Amato, è stata abbordata e sequestrata da un commando di pirati armati in pieno Oceano indiano, 500 miglia a ovest delle coste indiane e 880 a est di quelle somale;
secondo notizie di stampa confermate dalle istituzioni e dai vertici della compagnia Fratelli d'Amato, i 22 membri dell'equipaggio presi in ostaggio dai pirati non sono in pericolo di vita e hanno a disposizione provviste per oltre un mese;
negli ultimi due anni una dozzina di mercantili italiani hanno subito attacchi di pirateria, tra cui le due navi «Jolly Rosso» e «Jolly Smeraldo» della compagnia ligure Messina;
si verificano sempre con maggiore frequenza attacchi armati a mercantili e petroliere italiane, mettendo in pericolo l'incolumità degli equipaggi e la riuscita di importanti scambi commerciali -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, anche coinvolgendo l'Unione europea, per porre rimedio a questo difficile problema, valutando l'ipotesi di consentire agli armatori di imbarcare guardie armate per restituire serenità ai naviganti e per ristabilire canali di scambio stabili e floridi.
(4-10905)

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia dell'ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi auspica un intervento immediato per affrontare la situazione umanitaria nella striscia di Gaza, dove la disoccupazione ha raggiunto il 45 per cento all'inizio di quest'anno;
Christopher Gunness, portavoce per l'Agenzia delle Nazioni Unite a sostegno dei profughi palestinesi (UNRWA), ha informato che l'agenzia sta monitorando la situazione nella regione, nella speranza che vengano individuate nuove strategie per mettere fine alla crisi umanitaria;
oltre alla crescita del tasso di disoccupazione, il guadagno mensile pro capite è diminuito del 9,5 per cento tra la metà del 2009 e la fine del 2010, ha notato Gunness, aggiungendo che la crisi umanitaria nell'enclave sottoposta al blocco israeliano dal giugno 2007 è destinata a peggiorare senza un intervento immediato;
la regione è diventata un vero test per la comunità internazionale, ha sottolineato Gunness, esortando i leader a non abbandonare 1,5 milioni di persone che vivono a Gaza. Nel giugno 2010 Israele ha iniziato a permettere la circolazione di merci civili dentro Gaza, mentre è ancora ristretto l'accesso ad acciaio, cemento e altri materiali che l'ONU ha dichiarato essere necessari per riparare i devastanti danni causati dall'offensiva israeliana tra il 2008-2009;
lo scorso mese B. Lynn Pascoe, vice segretario ONU per gli affari politici, ha detto al consiglio di sicurezza che l'obiettivo fondamentale dell'ONU è la rivitalizzazione dell'economia a Gaza e la fine delle politiche israeliane di chiusura. Pascoe ha segnalato che, pur essendosi registrato rispetto al periodo precedente un cambiamento in senso positivo nella politica israeliana, il livello delle importazioni ed esportazioni è ancora sensibilmente sotto la situazione precedente il 2007;
la Cooperazione italiana allo sviluppo nei territori palestinesi prevede interventi d'emergenza e ricostruzione nella striscia di Gaza, assistenza sanitaria alle popolazioni beduine della valle del Giordano, sostegno agli imprenditori tramite microcredito e credito d'aiuto nonché centri

antiviolenza per le donne, fisioterapia per i bambini disabili, progetti di teatro e di cultura, iniziative per la divulgazione dei diritti umani, «scuole verdi» e programmi agricoli -:
come il Governo si stia adoperando per fronteggiare l'attuale situazione umanitaria nella striscia di Gaza.
(4-10921)

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la tensione in Albania, dopo i moti del 21 gennaio 2011 a Tirana stenta a diminuire. Gli scontri tra il premier Sali Berisha e il suo oppositore Edi Rama, capo del partito socialista e sindaco della capitale, ormai sta spaccando in due Paese;
il perdurare di questa situazione di stallo rischia di provocare un'involuzione del processo che stava conducendo l'Albania verso la piena integrazione nell'Unione europea, tanto più che, ancora prima degli ultimi eventi, la Commissione per l'allargamento presieduta dal commissario europeo Stefan Fuele già considerava irrealistica la richiesta albanese di completare il processo di adesione entro il 2014;
Edi Rama chiede agli Stati Uniti e all'Unione europea di non tollerare più il regime fascista di Berisha. Dichiara che i socialisti porteranno avanti la causa delle elezioni anticipate partecipando in Parlamento e protestando ovunque; sarebbe una nuova opportunità perché tutte le parti possano essere uguali di fronte alla costituzione;
il leader dell'opposizione albanese, Edi Rama, ha lanciato un appello all'Italia e all'Unione europea perché condannino il Governo di Tirana per l'uccisione di tre manifestanti, affermando che «Italia e l'Europa non devono accettare in Albania una realtà inaccettabile per il mondo democratico e devono condannare la violenza di Stato che uccide gente innocente». Il leader socialista ha anche denunciato gli attacchi del premier Sali Berisha al procuratore generale Ines Rama dopo che la Procura ha emesso sei richieste di arresto per altrettanti componenti della Guardia Repubblicana nell'ambito dell'inchiesta sulla uccisione di tre manifestanti venerdì scorso nella capitale albanese;
l'obiettivo dell'adesione all'Unione europea visto con favore da oltre il 90 per cento della popolazione, è in cima all'agenda politica di tutti i Governi che si sono succeduti dal 1991. L'adesione del Paese alla Nato nell'aprile 2009 ha ulteriormente accresciuto questa ambizione. Anche l'Unione europea, pur attraverso le sue complesse procedure, si è sempre dimostrata disponibile a un graduale avvicinamento dell'Albania;
il passo fondamentale, che ha mutato lo status del Paese nei confronti dell'Unione è stata la firma dell'accordo di stabilizzazione e associazione (Asa), il 12 giugno 2006. La firma era stata preceduta, già nel 1999, dall'inclusione dell'Albania, assieme agli altri Paesi dei Balcani occidentali, nel processo di stabilizzazione e associazione (Psa), che a Feira, l'anno seguente, avevano assunto lo stato di «candidati potenziali»;
dopo le ricorrenti accuse di corruzione emerse anche durante i recenti disordini, taluni ambienti della Commissione e del Parlamento europeo, già in parte scettici verso l'adesione dell'Albania, richiederanno a gran voce una scrupolosa verifica dell'impiego delle ingenti risorse sinora concesse;
altri Paesi, tra i quali l'Italia, temono invece che i troppi ritardi allontanino pericolosamente l'Albania dall'Unione europea, lasciando così spazio - specie nel nord del Paese - all'attivismo islamico, sempre latente. Come, per certi aspetti, sta accadendo in Bosnia e in Turchia;
il Ministro interrogato, che a favore dell'Albania si è speso molto, ha lanciato un appello alla calma ed alla ragionevolezza. L'Italia è il primo partner commerciale, primo investitore e, con un miliardo

di euro, anche primo Paese donatore dell'Albania. Secondo la Caritas, in Italia la comunità albanese, stimata in 430 mila regolari stanziali, è la meglio integrata per lingua, lavoro e livello di scolarità, con 84 mila alunni negli istituti di formazione, di cui 20 mila nelle università;
nel marzo 2010 l'ambasciata italiana aveva lanciato un imponente programma di scambi culturali, che ha annoverato oltre ottanta eventi, nel quadro della stagione «Italia e Albania 2010: due popoli, un mare, un'amicizia», mentre l'italiano si sta facendo rapidamente spazio come lingua straniera più diffusa -:
quale sia la posizione del Governo, alla luce dei rapporti e degli interessi che legano l'Italia all'Albania e se e in che modo intenda adoperarsi al fine di contribuire alla soluzione di questa nuova crisi che potrebbe creare ripercussioni e scontri a livello internazionale.
(4-10922)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la vigente normativa in materia di protezione del diritto d'autore fatica a conciliarsi con le nuove realtà determinate dallo sviluppo tecnologico e dalla diffusione delle moderne forme di fruizione dei contenuti multimediali;
l'argomento è stato oggetto anche della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, che, al considerando n. 31, ha ribadito la necessità di un giusto equilibrio tra le pretese dei titolari dei diritti e quelle degli utenti dei materiali protetti; alla citata direttiva è seguita nel 2008 l'adozione di un libro verde da parte della Commissione europea dal titolo «Il diritto d'autore nell'economia della conoscenza», al fine di promuovere un dibattito sui migliori mezzi per assicurare la diffusione on-line delle conoscenze per la ricerca, la scienza e l'istruzione;
sono all'esame delle due Camere alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare che, in termini diversi, mirano a modificare tale normativa (C. 185, 1506, 1575, 2427, 2525; S. 590, 1757);
alla luce di quanto già esposto, si considera necessario ed urgente un esame delle succitate proposte di legge al fine di realizzare quanto prima una organica riforma della materia che tenga conto delle esigenze poste dal progresso e della necessità di non contrastare il naturale percorso di evoluzione dei costumi degli utenti;
con delibera n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una «Consultazione pubblica su lineamenti di provvedimento concernente l'esercizio delle competenze dell'Autorità nell'attività di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica»;
la legge vigente attribuisce all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni alcune circoscritte competenze in materia di tutela del diritto d'autore e, in particolare, quelle previste dall'articolo 182-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, introdotto dalla legge 18 agosto 2000, n. 248, e successivamente più volte modificato ed integrato;
l'allegato «B» alla menzionata delibera contiene «lineamenti di provvedimento» su cui si è avviata la consultazione pubblica;
all'interno di tali «lineamenti» sono ipotizzate, tra le altre cose, nuove modalità di contrasto alla pirateria che lascerebbero alla discrezionalità dell'Autorità la decisione

in merito all'inibizione del sito web «i cui server siano localizzati al di fuori dei confini nazionali»;
la tutela costituzionale che garantisce la libertà di comunicazione e di manifestazione del pensiero impone quantomeno una riflessione sull'opportunità e la legittimità di affidare ad un ente amministrativo, e non all'autorità giudiziaria, una tale prerogativa;
anche alla luce dell'interesse che l'opinione pubblica ha dimostrato di nutrire nei confronti della questione, è opportuno che sull'intera materia vi sia una riflessione di carattere generale volta a valutare ogni singola questione nel contesto della già invocata riforma del diritto d'autore;
in quella sede, peraltro, potranno essere utilmente valutati, secondo le procedure prescritte, tutti gli eventuali apporti e le eventuali valutazioni delle autorità coinvolte -:
se il Governo non ritenga di assumere adeguate iniziative, anche di carattere normativo, al fine di pervenire rapidamente alla revisione della disciplina del diritto d'autore.
(2-00975)
«Cassinelli, Della Vedova, Abrignani, Ascierto, Baccini, Bergamini, Bernini Bovicelli, Biasotti, Castiello, Ceccacci Rubino, Ciccioli, Costa, Di Caterina, Di Centa, Distaso, Faenzi, Gregorio Fontana, Frassinetti, La Loggia, Laboccetta, Landolfi, Malgieri, Mannucci, Marinello, Muro, Nicolucci, Orsini, Paniz, Papa, Massimo Parisi, Pecorella, Pescante, Paolo Russo, Savino, Taddei, Zacchera, Scandroglio, Palmieri, Bonino, Garofalo, Concia, Calearo Ciman, Torrisi, Vitali, Chiappori, Pianetta, Rao, De Biasi».

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VILLECCO CALIPARI, LO PRESTI, VERINI, CONCIA, RUGGHIA, META, GIULIETTI e MORASSUT. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante da notizie di stampa (Libero, prima pagina, martedì 1o febbraio 2011) che nei giorni scorsi a Roma, durante una normale attività di controllo della viabilità, una pattuglia dei carabinieri del nucleo radiomobile della Capitale ha fermato in via Tuscolana una Lexus 4000 con a bordo l'ex presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo, e un'altra persona;
una volta conclusi gli accertamenti di rito, in assenza di qualsivoglia irregolarità, Marrazzo è stato lasciato andare, come si evince dalla lettura dell'articolo del succitato quotidiano: «non è emersa alcuna irregolarità né penale né amministrativa nei confronti di Marrazzo, il quale aveva tutti i documenti in ordine, rispettava i limiti di velocità consentiti e manteneva un'andatura regolare»;
risulta evidente il taglio scandalistico del suddetto articolo, nel quale, oltre alla ricostruzione di fatti non penalmente rilevanti, a giudizio dell'interrogante sono contenute affermazioni molto gravi nei confronti dell'ex presidente della Regione Lazio, personaggio noto ma che, ormai da molti mesi, è un privato cittadino, non ricoprendo più alcuna carica pubblica;
appare grave il fatto che, in assenza di una notizia di reato (dotata in sé di un interesse pubblico alla diffusione) e in mancanza anche di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, notizie altamente riservate acquisite durante un controllo di routine operato dalle forze dell'ordine, quali i dati trasposti nei verbali e delle relazioni dei carabinieri, siano giunte in possesso degli

organi di stampa e da questi utilizzate per pubblicare un articolo dai toni diffamatori -:
se e come intendano accertare le modalità di trasmissione, divulgazione ed acquisizione da parte di terzi dei dati personali raccolti dai carabinieri nell'ambito della vicenda suesposta, anche in relazione all'individuazione degli eventuali responsabili.
(5-04234)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
dopo lunga attesa, è stata approvata nel novembre 2010 la perizia di variante tecnica per i lavori inerenti alla strada statale 36 e il conseguente aggiornamento del relativo cronoprogramma delle lavorazioni;
operazioni di bonifica bellica sono necessariamente propedeutiche all'avvio di ognuna delle fasi previste dal nuovo programma dei lavori successivo alla perizia di variante tecnica del novembre 2010;
infatti, prima di svolgere qualsiasi tipo di operazione in profondità nel terreno è obbligatorio provvedere a un carotaggio dei terreni interessati agli scavi per verificare la presenza di residui bellici;
tale nuovo cronoprogramma, peraltro, già evidenzia una forte dilatazione dei tempi realizzativi inizialmente preventivati; questo comporta gravissimi disagi per la popolazione del territorio monzese e lombardo in genere;
i ritardi già registrati nel corso dei lavori e i conseguenti disagi provocati ai cittadini monzesi e milanesi e a tutti gli utenti della statale non possono avere ulteriore seguito;
pertanto si devono ridurre i tempi di tutte le operazioni necessarie allo svolgimento dei lavori, con la previsione di struttura in loco del genio militare;
tale struttura permanente è necessaria per ridurre i tempi morti e per permettere un lavoro di bonifica bellica continuativo e la gestione delle pratiche previste dalle norme vigenti -:
se il Ministro non ritenga opportuno prevedere che presso il cantiere di viale Lombardia della strada statale 36 sia presente un'apposita struttura del genio militare per la necessaria bonifica bellica operativa che vada così incontro alle necessità di una città e di un territorio che sono già duramente provati dal cantiere e che attendono da parte di tutti il massimo impegno nell'evitare lungaggini burocratiche e procedurali.
(4-10889)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la Commissione diritti umani dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), il 9 luglio 2010 ad Oslo, ha approvato la risoluzione sulla situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali del personale delle forze armate;
l'Assemblea parlamentare dell'OSCE:
a) chiede ai Governi degli Stati partecipanti, in particolare a quelli che hanno preferito non rispondere al questionario, di impegnarsi per diffondere ampiamente le informazioni sui diritti umani e le libertà fondamentali tra gli

appartenenti alle loro forze armate, tra il personale qualificato nel campo della difesa e tra i singoli e gli organi delle loro istituzioni politiche, riferendo anche le modalità secondo le quali tali diritti sono riconosciuti al di là dei confini nazionali. In particolare, ciò può esser realizzato traducendo e diffondendo il Manuale sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate;
b) invita i Governi degli Stati partecipanti, in particolare quelli che hanno preferito non rispondere al questionario, a impegnarsi per emendare le leggi in modo da consentire agli appartenenti alle forze armate di avere una gamma di tutele più ampia, al fine di attuare le norme che sono necessarie alla costruzione di un vero esercito europeo e transnazionale i cui appartenenti abbiano le stesse regole e gli stessi diritti;
l'Italia è uno dei Paesi che non ha ritenuto opportuno rispondere al questionario promosso dall'ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE (ODIHR) e dal Centro di Ginevra per il controllo democratico (Centre for the democratic control of armed forces - DCAF);
a seguito di tale questionario è stato pubblicato il manuale sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate, al fine di raccogliere informazioni sulle politiche degli Stati partecipanti dell'OSCE sui diritti umani e le libertà fondamentali del personale delle forze armate -:
quali iniziative il Governo stia intraprendendo per rispettare quanto prescritto dalla suddetta risoluzione.
(4-10892)

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in ogni parte d'Italia si stanno programmando celebrazioni per il 150o anniversario dell'unità d'Italia;
molti monumenti, cippi, ricordi o testimonianze sono legati ad eventi bellici e molti di essi si trovano all'interno di strutture militari dismesse - dove hanno avuto sede reparti delle Forze armate -:
se siano state promosse iniziative tese al restauro di elementi legati al nostro Risorgimento conservati all'interno di caserme o altre strutture militari dismesse e, in questo caso, se siano stati intrattenuti rapporti con gli enti locali interessati al fine di recuperare queste testimonianze legate a fatti d'armi legati alla storia militare italiana dalle guerre risorgimentali all'ultimo conflitto mondiale.
(4-10895)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la pirateria nell'Oceano indiano ha preso una piega preoccupante di recente con scontri frequenti e con conseguenze drammatiche;
analizzando i progressi compiuti nella lotta contro la pirateria al largo della Somalia emergono statistiche che non sono affatto incoraggianti;
attualmente almeno 30 navi sono sotto sequestro, insieme a più di 700 ostaggi. I pirati sono in giro con otto cosiddette «navi madre», grandi navi in cattività con gli ostaggi a bordo che consentono loro di rimanere in attività durante i venti violenti;
la pirateria nell'Oceano indiano sta diventando sempre più redditizia e più violenta;
ci sono investitori, contabili e leader dei pirati a terra, poi, naturalmente, il gruppo di attacco reale che viene messo in mare;
una ditta di sicurezza marittima ha studiato come i pirati operano. Ogni uomo è addestrato per certi aspetti: i pirati sono addestrati in materia di navigazione, addestrati ad operare con gli impianti che

posseggono, ricevono una formazione per l'utilizzo di armi, hanno informazioni dettagliate sul tipo di nave su cui sono a bordo e sono molto consapevoli dell'ambiente in cui operano;
recentemente uno dei carichi più ricchi in assoluto di greggio è stato sequestrato al largo Oman per un valore di 200 milioni di dollari. È la quarta volta i superpetroliera viene attaccata dai pirati;
le autorità sindacali hanno dichiarato di essere sul punto di bloccare la navigazione in queste zone con conseguenze disastrose per l'economia mondiale;
pochi giorni fa nell'Oceano indiano la petroliera italiana Savina Caylyn è stata catturata con tutto l'equipaggio da una piccola barca-pirata. È la trentesima nave attualmente sotto sequestro nell'area del Corno d'Africa, una zona sempre più instabile dalla fine della guerra fredda a oggi, dove il fenomeno della pirateria somala sta mettendo in crisi l'approvvigionamento internazionale di greggio. E la crisi è accentuata dalla minaccia islamista in Somalia;
il 14 febbraio 2011 più di nove civili sono stati uccisi e altri 35 feriti nel micidiale fuoco incrociato nell'ultimo confronto mortale a Mogadiscio, che ha costretto centinaia di residenti a fuggire dalla zona;
ci sono più di 1,4 milioni di sfollati interni in Somalia. Più di 300.000 di loro hanno cercato rifugio a Mogadiscio;
è evidente che la Somalia sta vivendo una situazione grave che peggiora costantemente sia in termini di pirateria che di instabilità interna al Paese -:
quale sia la posizione dell'Italia in questo scenario, in che modo il Governo intenda contribuire e attivarsi per placare e contrastare la pirateria marittima, per la quale è impegnato con due missioni internazionali (Atalanta e Ocean Shield), e quale sia il contributo concreto apportato dalla partecipazione alla missione EUTM-Somalia il cui obiettivo è l'addestramento delle forze di sicurezza somale.
(4-10903)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, commi 7 e 8 della legge 23 marzo 1983, n. 78 dispone che «Al personale militare dell'Aeronautica, dell'Esercito e della Marina, in caso di collaudo in volo di aeromobili di produzione o che abbiano subito grandi riparazioni, revisioni generali o lavori di trasformazione quando il collaudo non sia stato effettuato dalla stessa ditta o ente che ha eseguito i lavori, è corrisposto un compenso, per ogni collaudo, cumulabile con le indennità previste dalla presente legge, in misura pari al 12 per cento della misura mensile dell'indennità d'impiego operativo stabilita per la fascia I di cui all'annessa tabella I, escluse le maggiorazioni indicate alle note a) e b) della tabella stessa. Il compenso di cui al comma precedente non può superare mensilmente, per ciascun dipendente militare, la somma corrispondente a tre collaudi»;
la direttiva CL-111 ed. 11 ottobre 2005 regolamenta i «Voli di controllo militare, di collaudo e prove sugli aeromobili dell'Aeronautica Militare»;
la norma tecnica Aer n. 30 della Marina militare del 15 giugno 1995 regolamenta i «Voli collaudo e voli prova»;
le definizioni di «volo di collaudo» e «volo prova» vengono disciplinate in modo differente tra la Marina militare e l'Aeronautica militare;
per effetto delle disposizioni emanate, a parità di collaudo in volo di aeromobili, al personale della Marina militare la previsione di cui all'articolo 13, commi 7 e 8, citata è applicata in modo differente rispetto al personale dell'Aeronautica militare -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e quali

iniziative intenda assumere affinché le citate disposizioni siano armonizzate/unificate al fine di evitare l'insorgenza di situazioni di disparità di trattamento nei confronti del personale della Marina militare;
quale sia il numero degli ufficiali, dei sottufficiali, dei graduati e militari di truppa dell'esercito della Marina militare e dell'Aeronautica militare che abbiano preso parte a operazioni di collaudo e quale sia stata l'effettiva spesa per ogni singola forza armata per il pagamento del previsto emolumento.
(4-10915)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, come modificato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, stabilisce inderogabilmente che nelle amministrazioni pubbliche il cinquanta per cento degli incarichi dirigenziali di prima fascia venga attribuito mediante concorso pubblico per titoli ed esami;
il Ministero della difesa, ad avviso dell'interrogante non conformemente alla predetta normativa, avrebbe recentemente conferito i seguenti quattro incarichi da direttore generale: direttore centrale dell'ufficio centrale per le ispezioni amministrative, vice capo di gabinetto del Ministro della difesa, capo del 1o reparto del segretariato generale della difesa, capo del 2o reparto del segretariato generale della difesa;
a tali nomine si aggiungano le due precedenti effettuate circa un anno fa, ossia quelle di direttore generale della direzione generale di commissariato e di servizi generali, e direttore generale della direzione generale per il personale civile, anch'esse effettuate discrezionalmente e senza bandire concorso;
per tutte le indicate nomine, di cui ben quattro a favore di donne, pare non sia stata applicata la rigorosa procedura selettiva basata sulla valutazione comparativa dei curricula dei candidati, al fine di individuare, sulla base del percorso professionale di ciascuno, il dirigente più meritevole;
l'incarico di direttore centrale dell'ufficio per le ispezioni amministrative è stato conferito ad un dirigente posizionato al 72o posto nel ruolo dei dirigenti di 2a fascia del Ministero della difesa di cui al decreto dirigenziale 31 dicembre 2009, il quale è stato prescelto a scapito di concorrenti più anziani nel grado e secondo l'interrogante più meritevoli in quanto a titoli professionali posseduti;
l'incarico di vice capo di gabinetto è stato conferito ad una dirigente posizionata addirittura all'80o posto, scavalcando - senza apparente ragione - candidati più anziani e meritevoli in possesso anche del titolo preferenziale acquisito presso il centro alti studi della Difesa;
la genericità dei criteri generali di cui al decreto ministeriale 5 ottobre 2010 del Ministro della difesa, presumibilmente adattabile ad un gran numero di candidati, non ha consentito di salvaguardare le legittime aspettative di imparzialità e meritocrazia dei possibili candidati; tale decreto, peraltro, è successivo alle prime due nomine ed è stato emesso dopo la pubblicazione dell'avviso di vacanza del posto presso l'ufficio centrale per le ispezioni amministrative e dopo l'acquisizione delle relative istanze prodotte dagli interessati alla nomina;
al fine di garantire il buon andamento e l'efficienza della pubblica amministrazione, la Corte di cassazione con la sentenza n. 19233 del 23 maggio 2007 ha bocciato l'attribuzione discrezionale degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni;
i recenti conferimenti di incarichi dirigenziali di prima fascia presso il Ministero della difesa, hanno originato numerose

situazioni di malcontento nei dirigenti civili del dicastero a causa del mancato rispetto di procedure finalizzate alla massima trasparenza ed imparzialità; i medesimi dirigenti, considerato anche la mancata pubblicazione dell'esito delle procedure di nomina, paventano logiche poco chiare che non consentono di ottimizzare le risorse dirigenziali, né di incentivare la meritocrazia -:
se il conferimento degli incarichi di cui in premessa sia stato effettuato nel pieno rispetto della normativa vigente che espressamente prevede il pubblico concorso al fine di coprire il cinquanta per cento dei posti dirigenziali di prima fascia;
se tutti i possibili candidati siano stati posti in situazione di parità sostanziale di trattamento nella valutazione comparativa dei curricula, e se le nomine scaturiscano da una effettiva procedura selettiva e meritocratica dei concorrenti;
se l'attribuzione degli incarichi in questione sia stata effettuata secondo criteri predefiniti, specifici e dettagliati per ciascun incarico da ricoprire, nel pieno ed assoluto rispetto della vigente normativa;
quali urgenti iniziative si intendano assumere rispetto alle citate problematiche.
(4-10928)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCHIGNOLI e MARCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4, comma 7, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, ha disposto la revoca del finanziamento statale previsto per l'opera «Sistema di trasporto rapido di massa a guida vincolata per la città di Parma» (metropolitana di Parma);
lo stesso comma 7 ha riconosciuto al contraente generale la facoltà, a tacitazione di ogni diritto e pretesa, di richiedere un indennizzo da corrispondersi a valere sulla quota parte del finanziamento non ancora erogata;
il successivo comma 8 ha stabilito che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro competente, la quota di finanziamento statale residua all'esito della destinazione delle risorse per le finalità di cui ai commi 6 (che trasferisce al «Fondo per le infrastrutture portuali una quota non superiore al cinquanta per cento delle risorse destinate all'ammortamento del finanziamento statale destinato alla metropolitana di Parma) e 7, può essere devoluta integralmente, su richiesta del comune di Parma, ad altri investimenti pubblici;
il decreto è stato convertito, con modificazioni in legge 22 maggio 2010 n. 73 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 del 25 maggio 2010;
in data 25 maggio 2010 la regione Emilia-Romagna ha proposto ricorso presso la Corte costituzionale (ricorso n. 81 del 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 del 28 luglio 2010) avverso l'articolo 4 commi 6, 7, 8 del sopraccitato decreto-legge, nella parte in cui viene revocato il finanziamento statale - oltre 172 milioni di euro - già deliberato per la metropolitana di Parma e viene stabilita la riassegnazione dello stanziamento;
in particolare il ricorso proposto lamenta l'annullamento unilaterale di un'opera concordata tra lo Stato e la regione nell'ambito della procedura prevista per la realizzazione del programma degli interventi ricompresi nella legge obiettivo (legge n. 443 del 2001), nonché la violazione delle competenze legislative della regione in materia di trasporto locale. In particolare la regione ha eccepito il fatto che tale disposizione di legge sia maturata nell'ambito di contatti intercorsi tra il comune di Parma e il Governo, al di fuori delle intese precedentemente concluse e in violazione delle competenze regionali;

il 22 febbraio 2010 è fissata l'udienza pubblica relativa al ricorso per legittimità costituzionale presentato dalla regione Emilia-Romagna -:
se corrisponda al vero la notizia diffusa da alcuni organi di stampa locali circa il fatto che siano in corso contatti tra il comune di Parma e il Governo affinché, prima della pronuncia della Corte costituzionale, venga emanato il decreto di cui all'articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 40 del 2010, che assegnerebbe al comune parte delle risorse già stanziate per la realizzazione della metropolitana di Parma.
(5-04225)

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Eni, società a partecipazione pubblica, ha istituito un proprio ufficio di conciliazione accessibile solamente on line;
l'articolo 2 del relativo regolamento prevede la fruizione del servizio da parte delle associazioni di categoria a cui venga dato apposito mandato o direttamente dal singolo utente;
in realtà, se non si risulti iscritti ad un qualche sodalizio di consumatori, non sembra possibile proseguire con la compilazione dei dati personali nella pagina web «conciliazione» attiva su www.eni.com;
il campo relativo all'associazione di riferimento è stato, infatti, indicato come obbligatorio, non consentendo l'inoltro del modulo telematico in assenza di tale qualifica;
quanto sopra risulta evidentemente non in linea con i più elementari canoni di gestione di una società pubblica, nonché di rispetto dei diritti dell'utenza -:
se siano a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative si intendano adottare perché la stessa venga risolta al più presto, permettendo anche ai singoli cittadini di aderire al servizio conciliativo on line dell'Eni;
per quali obiettive ragioni l'Eni abbia intrapreso una simile politica di rapporto con la propria clientela e se i Ministri interrogati, alla luce di quella che appare all'interrogante una manifesta violazione delle più basilari regole di etica professionale, intenda promuovere eventuali iniziative sanzionatorie nei confronti dei vertici della propria partecipata.
(5-04228)

Interrogazioni a risposta scritta:

GALLETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 23 giugno 2010 è stata pubblicata la risposta all'interrogazione n. 5-03055, con la quale si chiedeva al Ministro dell'economia e delle finanze se non ritenesse opportuno - al fine di garantire la necessaria trasparenza del procedimento - applicare alle rilevazioni dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio (Omi), il sistema vigente per gli studi di settore, prevedendo la validazione dei relativi dati da parte delle categorie interessate;
nella citata risposta, il Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze Sonia Viale ha richiamato quanto in proposito rappresentato dall'Agenzia del territorio, la quale - dopo avere osservato che i valori catastali sono «da considerarsi stabili e non collegati ad alcuna logica di mercato» - sottolinea che la finalità delle quotazioni dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio «non è di natura fiscale», bensì «quella di rilevare le quotazioni medie di mercato», con la conseguenza che l'Agenzia stessa «non ravvisa i presupposti fondamentali per procedere verso un modello simile a quello per gli studi di settore»;
l'affermazione relativa alla finalità non fiscale delle quotazioni dell'Omi può dirsi conferente solo con l'attuale legislazione,

in quanto prima che l'Unione europea censurasse le disposizioni del nostro ordinamento in tema di accertamento tributario sulle compravendite immobiliari sulla base del «valore normale» degli immobili, l'Agenzia delle entrate aveva stabilito - con provvedimento 27 luglio 2007 («Disposizioni in materia di individuazione dei criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati, di cui all'articolo 1, comma 307, della legge 27 dicembre 2006, n. 296») - che tale valore fosse determinato proprio sulla base delle quotazioni dell'Omi, così testualmente essendo previsto dal citato provvedimento: «Il valore normale dell'immobile è determinato dal prodotto fra la superficie in metri quadri risultante dal certificato catastale ovvero, in mancanza, calcolata ai sensi dell'allegato C al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138 ed il valore unitario determinato sulla base delle quotazioni immobiliari dell'osservatorio del mercato immobiliare e dei coefficienti di merito relativi alle caratteristiche dell'immobile»;
l'affermazione relativa alla finalità non fiscale delle quotazioni dell'Omi non può dirsi comunque conferente con l'atteggiamento tenuto dall'Amministrazione finanziaria (oltre che dai comuni, con riferimento alle imposte di propria competenza) sia in sede di accertamento sia in sede di contenzioso tributario, come dimostra la giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di imposte sia dirette sia indirette (si vedano al Cassazione 5 agosto 2004, n. 15078; Commissione Trib. provinciale Cagliari 22 dicembre 2008, n. 350; Commissione Trib. provinciale Reggio Emilia 28 gennaio 2009, n. 32; Cassazione 26 marzo 2010, n. 24), dalla quale traspare la prassi di utilizzare le stime dell'osservatorio quale fondamento di recuperi a tassazione relativamente a diversi cespiti immobiliari;
deve inoltre sottolinearsi quanto la stessa Agenzia del territorio scrive sul proprio sito internet in sede di descrizione delle funzioni dell'Omi, richiamando l'articolo 64 del decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999, regolante l'attività della stessa Agenzia e dell'Omi stesso: «L'Osservatorio ha il duplice obiettivo di concorrere alla trasparenza del mercato immobiliare e di fornire elementi informativi alle attività dell'Agenzia del Territorio nel campo dei processi estimali»; con ciò confermando la valenza fiscale dell'attività dell'osservatorio, essendo noto che i processi estimali costituiscono il fondamento della tassazione degli immobili -:
se - sulla base delle considerazioni sopra esposte - non si ritenga necessario ripensare alla scelta di non applicare anche alle rilevazioni dell'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio il sistema vigente per gli studi di settore, essendo indubbia la loro valenza fiscale prevedendosi la validazione dei relativi dati da parte categorie interessate.
(4-10882)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni la Guardia di finanza e successivamente la magistratura sono intervenute a seguito di controlli legati alle attrezzature elettroniche destinate a giochi nei pubblici esercizi cui sono seguiti inizi di procedimenti giudiziari;
in moltissimi casi queste apparecchiature non sono infatti risultate conformi alle norme e vi sono stati innumerevoli sequestri;
il numero di questi «giochi» si sono moltiplicati in maniera esponenziale sul territorio creando veri e propri casinò, ciascuno con decine di apparecchiature le più diverse;
ogni comune di fatto applica propri regolamenti circa gli orari di utilizzo di queste apparecchiature -:
se non si ritenga di dover assumere iniziative a livello nazionale per una regolarizzazione degli orari di utilizzo di questi giochi elettronici, tenendo conto del grave pericolo sociale concretizzato dalla

gioco-dipendenza di innumerevoli cittadini che davanti a queste macchinette distruggono i bilanci delle proprie famiglie;
se non sia da ribadire il divieto di accesso ai giochi da parte dei minori.
(4-10897)

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il mondo illegale della contraffazione, in Italia, si configura come un reticolo di piccoli boss invisibili alle forze dell'ordine, e di giovani aspiranti boss dai metodi meno discreti. Queste tipologie di organizzazione si trovano concentrate nelle aree italiane di maggiore immigrazione, ma anche nei crocevia del traffico internazionale attraverso i quali si smistano i container carichi di ogni tipo di merce. Smuovano ingenti quantitativi di denaro illegale che riciclano in immobili o reinvestono in patria. Stipulano accordi con la criminalità organizzata, pagano la loro quota alla mafia cinese, sfruttano e danneggiano le migliaia di cittadini cinesi, che si sono creati un futuro onestamente nel nostro Paese. E, da ultimo, danno lavoro a un piccolo esercito di professionisti italiani, indispensabili mercenari dell'illegalità. Dai laboratori full-time di Prato o di Carpi all'incessante lavorio di negozianti delle varie chinatown di Roma, Milano o Napoli, le comunità che negli ultimi trent'anni si sono insediate in Italia sono fabbriche-mercati a ciclo continuo in cui talvolta distinguere ciò che è legale da ciò che non lo è diventa impossibile anche per chi le studia da tempo. Nel complesso sono cinquantamila le imprese cinesi in Italia, molte delle quali regolari. «È vero, noi lavoriamo tanto. Abbiamo forti motivazioni, ambizioni e obiettivi», spiega Marco Wong, ingegnere, nato e cresciuto in Italia da genitori immigrati. Wong non ha dubbi sul fatto che l'illegalità sia di una minoranza e tuttavia ammette che le varie comunità fanno ancora fatica a dialogare con la società italiana, istituzioni comprese. «L'immigrazione cinese in Italia è un fenomeno recente», osserva Giancarlo Maffei, ex consigliere della provincia di Prato per i rapporti con l'oriente e tra i maggiori esperti italiani nelle relazioni con la Cina. «Per avere un dialogo effettivo, credo che si dovrà aspettare il passaggio di almeno una generazione»;
attualmente i cittadini cinesi di prima generazione sono per la maggior parte cinquantenni che appaiono barricati all'interno della nicchia etnica. Per molti di loro il contatto con i cittadini italiani si riduce alle relazioni indispensabili. I giovani sono altrettanto diffidenti ma meno prudenti. Gli italiani ammessi all'interno di queste comunità sono pochi, soltanto quelli strettamente necessari: qualcuno che superi la barriera della lingua, che sappia districarsi nella giungla delle norme e della burocrazia. Figure molto ben identificate nella galassia del Malaffare cinese: commercialisti, spedizionieri doganali, dirigenti bancari, notai e agenti immobiliari. È un piccolo insieme di professionisti disinvolti quello che lavora per il grande business illegale: un «circolo chiuso» che, in tutto il Paese, probabilmente, non va oltre le cento unità. Nella mappa della galassia illegale, quei nomi italiani rispondono a professionisti che operano nelle grandi città ma anche in provincia. Alcuni di loro, da anni, sono gli inseparabili assistenti di imprenditori cinesi, che riescono ad intricare sapientemente attività lecite con affari proibiti. Secondo la Dia (direzione investigativa antimafia), due cittadini italiani avrebbero aperto a Roma una società finanziaria con sede a piazza Vittorio, luogo storico dell'immigrazione a Roma. Nei loro uffici ricevevano i guadagni illeciti di svariate decine di clienti cinesi, tutti operatori del mercato del falso, dal tessile all'elettronica. Erano soldi da riciclare e per farlo, secondo le indagini, utilizzavano la sede della banca sottostante i loro uffici: grazie all'apertura di un centinaio di conti correnti, quei soldi venivano mascherati dalla concessione mutui e poi fatti riemergere come «regolari pagamenti» per operazioni commerciali fittizie con misteriosi referenti in

varie città della Cina. Dopo una lunga indagine battezzata «operazione ultimo imperatore» e conclusa nel maggio scorso, la procura di Roma ha inquisito 47 persone, tra cui alcuni italiani. Ma ciò che desta impressione è il giro d'affari. «In poco più di due anni», spiegano gli investigatori della Dia, «la Centrale Fiduciaria ha movimentato oltre cento milioni di euro»;
la fabbrica del falso non chiude mai, produce e spedisce a getto continuo. In Italia il business della contraffazione fattura 7,5 miliardi di dollari all'anno. Nel mondo 250 miliardi. Il fenomeno è globale e non risparmia nessuno. In Italia, il 64 per cento delle merci contraffatte proviene dalla Cina, se si aggiungono i sequestri di container che arrivano da Hong Kong e dai porti della Grecia si tocca la considerevole quota del 74 per cento. Seguono Vietnam, Thailandia e Singapore. Contraffazione, false fatturazioni, evasione dei dazi e dell'Iva, concorrenza sleale, riciclaggio di denaro, alterazione di mercato. Questo e altro, con il suo corollario di corruzione e complicità, forma l'imponente carico di illegalità che il traffico del falso porta con sé. Solo di evasione fiscale, la contraffazione costa allo Stato italiano due miliardi e mezzo di euro, 130 mila i posti di lavoro persi all'anno -:
quali interventi i dicasteri coinvolti intendano adottare al fine di intensificare i controlli contro il sistema economico di contrabbando che, annualmente, colpisce l'economia artigianale italiana.
(4-10909)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in numerosi atti parlamentari presentati nella legislatura in corso si pongono in evidenza numerose e sempre più frequenti fattispecie di netto contrasto con il principio della territorialità della pena; tra gli ultimi presentati si ricorda l'interrogazione a risposta scritta 4-09937 presentata dalla prima firmataria del presente atto, il 13 dicembre 2010, nella seduta n. 407, inerente alla vicenda del signor Congiu, indagato per una rapina e trasferito al carcere di Taranto, pur essendo arrestato in Sardegna ed essendo un cittadino di Milis;
si tratta di detenuti che sono trasferiti da un istituto penitenziario all'altro e, in certi casi, come per esempio accade ai cittadini sardi, allontanati in strutture fuori dall'isola, prescindendo del tutto dal principio della territorialità o della residenza del detenuto e della famiglia. Questa situazione, di fatto, priva i detenuti degli unici punti di sostegno morale e psicologico che possiedono, costringendo i familiari a sostenere veri e propri viaggi pur di portare conforto al proprio caro, ovviamente solo quando le condizioni economiche lo permettono;
ci si trova, dunque, dinanzi ad uno scenario serio e multiproblematico i cui effetti non incidono solo sui detenuti, ma toccano inevitabilmente anche tutto il personale addetto alla vigilanza, alla tutela ed al recupero sociale degli stessi detenuti e gli stessi avvocati;
in base alla normativa attuale, il detenuto deve scontare la pena in strutture che non distino oltre 300 chilometri dal luogo di nascita o residenza, senza considerare che sono detenute lontano da casa anche persone ancora in attesa di giudizio;
il 12 gennaio 2010, oltre un anno fa quindi, la camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, una mozione sulle carceri sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento che prevede alla lettera h) del primo capoverso, «la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario,

in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza»;
esiste un protocollo d'intesa tra la regione sarda e l'amministrazione penitenziaria che prevede l'applicazione del criterio della territorialità della pena, con destinazione ai carceri dell'isola di detenuti sardi, principio, lo si ricorda, sancito ormai 36 anni fa con la legge n. 354 del 1975 e, successive modifiche e ribadito, appunto, nel protocollo d'intesa tra il Ministero della giustizia e la regione autonoma della Sardegna del 7 febbraio 2006 -:
se e quali iniziative urgenti intenda assumere per assicurare pienamente il principio della territorialità della pena, in tutto il territorio nazionale, evitando così lo sperpero di risorse pubbliche e facendo si che possano essere finalmente esercitate tutte quelle attività di sostegno e trattamento dei detenuti, che richiedono relazioni stabili e assidue tra questi ultimi, i loro familiari ed i servizi territoriali della regione di residenza;
se e come intenda intervenire in relazione ai casi segnalati in premessa e già evidenziati negli atti parlamentari sopra citati e quali iniziative intenda adottare al fine di dare immediata attuazione al protocollo firmato con la regione Sardegna relativamente al rispetto del principio della territorialità della pena.
(2-00974)
«Schirru, Melis, Miotto, Vaccaro, Marco Carra, Bucchino, Pedoto, Pes, Fiano, Narducci, Arturo Mario Luigi Parisi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa risulta che più di 300 sentenze emesse dal giudice del lavoro di Venezia e già passate in giudicato non possano trovare concreta applicazione in quanto non ancora registrate negli appositi elenchi interni del tribunale cittadino;
qualche tempo fa una situazione analoga risultava affliggere il tribunale penale di Venezia, con vari provvedimenti esecutivi non ottemperati a causa di disguidi burocratici -:
se sia a conoscenza delle situazioni esposte in premessa e se le stesse corrispondano al vero;
in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda adottare, anche all'esito di un'eventuale ispezione conoscitiva presso il tribunale di Venezia, al fine di risolvere la situazione qui evocata.
(5-04227)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella XIV legislatura il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza la legge 8 febbraio 2006, n. 54, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli;
la portata innovativa di questo testo, in linea con l'orientamento prevalente nei Paesi dell'Unione europea, risiede nel riconoscere che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale»;
la legge, novellando l'articolo 155 del codice civile, si pone così l'obiettivo di riequilibrare l'asimmetria giuridica e pedagogica (considerato che ben l'88 per cento degli affidamenti hanno carattere esclusivo) che portava i minori, nella maggioranza

dei casi, a perdere progressivamente ogni significativo rapporto con il genitore non affidatario;
tuttavia, nei primi quattro anni di vigenza della succitata legge, risulta una diffusa sostanziale inapplicazione da parte dei diversi tribunali della Repubblica, dovuta principalmente alla difficoltà, da parte dei giudici, a distaccarsi da precedenti prassi consolidate, che sono peraltro proprio quelle che la nuova legge intende correggere;
in particolare, la confusione nasce dall'idea che l'affidamento condiviso sia solo una nuova veste lessicale dell'affidamento congiunto già previsto dalla precedente normativa, come risulta dalla motivazione di numerose sentenze, con la conseguenza di poter trasporre nelle nuove situazioni tutta la precedente giurisprudenza;
in questo modo, molti tribunali continuano a sostenere che l'affidamento condiviso può essere concesso solo in un numero limitatissimo di casi, negandolo, in particolare, in presenza di conflittualità, tenera età dei figli, distanza tra le abitazioni dei due genitori;
al contrario, la legge n. 54 del 2006 pone invece dei limiti precisi proprio all'affidamento esclusivo, consentendolo solo nelle situazioni in cui un genitore (quello da escludere dall'affidamento) costituirebbe motivo di pregiudizio per i figli, prevedendo altresì la possibilità di condanna per lite temeraria del genitore che abbia pretestuosamente, o infondatamente accusato l'altro di essere pregiudizievole per la prole;
alla precedente ipotesi si affianca a quel che consta agli interroganti peraltro un'altra forma, più subdola, di inosservanza della legge: stabilire l'affidamento condiviso, privandolo però dei suoi contenuti qualificanti, quali la presenza equilibrata presso i due genitori (alcune sentenze introducono il concetto di «collocazione» dei figli, rendendo «collocatario» il precedente genitore «affidatario») e l'assegnazione di compiti di cura, anche sotto il profilo economico, a ciascuno di essi;
simili gravi carenze rappresentano, ad avviso degli interroganti, un danno per la collettività intera, ma soprattutto per i figli, che in caso di separazione dei genitori hanno invece diritto di mantenere, se non la famiglia, almeno relazioni positive con ciascun genitore, onde prevenire sofferenze psicologiche e danni allo sviluppo della loro personalità, che possono arrivare ad innescare depressioni, suicidi, tossicodipendenze e comportamenti asociali;
la Repubblica italiana si basa sul principio dello Stato di diritto e del rispetto della legge -:
quali iniziative nell'ambito delle sue competenze il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione e in particolare quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 54 del 2006 in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati.
(5-04232)

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI e SCANDROGLIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la condizione delle carceri della Liguria è sempre più preoccupante: il numero di agenti di polizia penitenziaria impiegati nelle strutture liguri è pari al 67 per cento del numero previsto e necessario (858 a 1.264), decisamente inferiore alla media nazionale, pur critica, dell'84 per cento;
nel carcere di Chiavari si manifesta una grave carenza di personale, diventata ormai insostenibile: 41 unità, a fronte di un organico minimo di 60 unità indispensabile per garantire la sicurezza e il funzionamento dell'impianto;
notizie di stampa, confermate da fonti della polizia penitenziaria, attestano

il pesante sovraffollamento presente nel carcere di Chiavari: i detenuti dovrebbero essere 70 a fronte di 95;
in alcune celle ci sono sette letti ed il settimo, durante il giorno per consentire agli occupanti di muoversi, viene rimosso;
l'istituto circondariale di Chiavari è dotato di sistemi di sorveglianza obsoleti e di un muro di cinta insufficiente a garantire la sicurezza;
nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad oggi degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata dalla direttrice del carcere e dagli agenti di polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose per l'incolumità loro ed anche dei detenuti -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per far si che la situazione del carcere di Chiavari, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità e sicurezza.
(4-10893)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 28 gennaio 2011, la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Chiavari assieme ad Irene Testa (Segretaria dell'Associazione Il Detenuto Ignoto), Alessandro Rosasco e Valter Noli (membri del Comitato Nazionale di Radicali Italiani), Susanna Mazzucchelli (segretaria dell'Associazione Radicali Genova); la delegazione è stata accompagnata dalla direttrice dottoressa Paola Penco e dal comandante Andrea Tonellotto;
dalla visita di sindacato ispettivo è emerso il seguente quadro:
nel carcere di Chiavari sono presenti 95 detenuti rispetto ad una capienza regolamentare di 70 posti;
54 detenuti sono condannati in via definitiva, i rimanenti sono in attesa di giudizio e, fra questi, 11 sono imputati; gli stranieri sono 43, mentre i tossicodipendenti sono 26 di cui 3 in trattamento metadonico; 2 sono i reclusi affetti da HIV;
gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 46 a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 60, ma occorre tenere presente che la forza effettiva operante è di 37 unità e che sono solo 27 gli agenti che svolgono i turni nel reparto; inoltre, il nucleo traduzioni e piantonamento (composto da 4 unità compreso il coordinatore) non disponendo di forze sufficienti, è costretto ad attingere al reparto già sofferente in caso di traduzioni, visite specialistiche o ricoveri di detenuti; ad avviso della prima firmataria del presente atto, nella situazione descritta, è assolutamente impossibile garantire i diritti del personale (addestramento e formazione, ferie, riposi, congedi parentali, legge n. 104, permessi sindacali, malattie occasionali) e la sicurezza dell'istituto; gli educatori sono due; un solo psicologo;
i detenuti che lavorano sono 32, cioè il 33,6 per cento, percentuale che costituisce il picco più alto riscontrato nei penitenziari liguri; 24 sono dipendenti dall'amministrazione, 4 lavorano per conto di imprese e cooperative, 4 sono i detenuti semiliberi dipendenti da datori di lavoro esterni;
dal punto di vista strutturale l'istituto presenta evidenti carenze che ne pregiudicano la sicurezza interna: basti osservare il muro di cinta che cade a pezzi e che, per la sua dislocazione e il parcheggio di mezzi nei pressi, più che scongiurare evasioni e intromissioni, sembra fatto apposta per propiziarli; a ciò deve peraltro aggiungersi l'obsolescenza dei sistemi di sorveglianza;
nonostante la criticità del quadro sopra descritto, occorre dare atto alla direttrice, al comandante e all'ottimo rapporto interpersonale che i due dirigenti riescono a mantenere con il personale

tutto, che il clima all'interno dell'istituto è ottimo, raramente riscontrabile in altri istituti; malgrado il drastico taglio delle risorse (sia umane che materiali), infatti, le attività trattamentali non sono state ridotte anzi, per molti versi, sono aumentate e i detenuti, apprezzando questo sforzo, sono molto collaborativi; il modello di carcere «aperto» alla società civile, dà indubitabilmente i suoi frutti: nell'istituto sono praticamente inesistenti gli episodi di autolesionismo;
il rischio che agli interroganti appare evidente è però quello per cui proprio laddove le cose funzionino meglio per capacità organizzative, manageriali e umane della dirigenza degli istituti, siano proprio questi stessi istituti ad essere dimenticati anziché valorizzati dall'amministrazione centrale; a questo proposito, si segnala la mancata risposta a diversi progetti di ristrutturazione profonda da tempo richiesti dalla direzione del carcere di Chiavari sia per quanto riguarda il miglioramento dei reparti detentivi, sia per quanto attiene la destinazione dei locali dell'ex caserma e degli ex uffici amministrativi, sia per le zone d'accesso dei familiari, dei visitatori esterni e degli operatori;
nel carcere di Chiavari, oltre ad essere stata allestita (con donazioni del Rotary locale) l'area verde per le visite dei detenuti con i minori, vige anche il regolamento interno previsto dal secondo comma dell'articolo 32 della legge n. 354 del 1975, fatto pressoché unico nel panorama degli istituti penitenziari italiani -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
in che modo intenda attivarsi e in quali tempi per superare i problemi di sovraffollamento del carcere di Chiavari;
in che tempi verrà ripristinato l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, oggi drasticamente ridotto;
cosa si intenda fare per la necessaria ristrutturazione dell'istituto, sia per quanto riguarda la «sicurezza» dello stesso, sia per quel che riguarda le condizioni di vita dei detenuti;
quando verranno ripristinati fondi adeguati per la manutenzione ordinaria e per i sussidi da destinare ai detenuti più indigenti.
(4-10894)

SANGA e PIZZETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la corte d'appello di Brescia, sezione lavoro, deputata a decidere in secondo grado tutte le cause di lavoro dei tribunali di Cremona, Crema, Bergamo, Brescia e Mantova, è strutturata con un organico di tre unità, un presidente e due giudici a latere;
dalla fine di novembre 2010, la corte di appello di Brescia, sezione lavoro, è priva del presidente;
la suddetta corte non si trova nelle condizioni di poter pienamente funzionare, nel senso che uno dei due giudici a latere svolge la funzione di presidente e affinché il collegio possa raggiungere le tre unità viene chiamato a rotazione un giudice esterno;
si viene così a determinare un incurabile rallentamento dell'attività della corte, in una delicata materia come quella del lavoro -:
quali iniziative di competenza il ministro intenda assumere al fine di assicurare con urgenza la piena funzionalità della corte d'appello di Brescia, sezione lavoro.
(4-10898)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARIANI, BRAGA, REALACCI, MARGIOTTA, BOCCI, MOTTA, BRATTI,

VIOLA e GINOBLE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 1158 del 1971, recante «Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente», con le successive modifiche, ha affidato alla società Stretto di Messina s.p.a. il compito di progettare e realizzare il ponte sullo Stretto di Messina;
la società, costituita nel 1981, sempre in mano totalmente pubblica, dal 2007 è passata dalla società Fintecna sotto il controllo dell'Anas, che è proprietaria dell'81,85 per cento del pacchetto azionario; gli altri soci sono Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. con il 13 per cento, la regione Calabria con il 2,57 per cento e la regione siciliana con il 2,57 per cento;
la spesa per l'opera, risultante dall'importo previsto nel progetto preliminare approvato nel 2003, ammontava a 4,68 miliardi di euro, ma nell'allegato infrastrutture al DPEF 2009/2013, l'importo per il ponte sullo stretto di Messina è indicato in 6,1 miliardi di euro. Lo stesso importo è indicato nell'allegato infrastrutture al DPEF 2010/2013;
la Corte dei conti nella relazione approvata con deliberazione n. 24/2009/G sugli «Esiti dei finanziamenti per il ponte sullo Stretto di Messina» afferma che da notizie acquisite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'onere complessivo dell'investimento, a dicembre 2009, risultava pari a 6.350 milioni di euro da coprirsi per la quota di 2.500 milioni di euro (pari al 40 per cento del costo totale dell'investimento) da risorse proprie della società Stretto di Messina (per 1,2 miliardi di euro) e dai contributi in conto impianti assegnati dalla legge n. 102 del 2009 (1,3 miliardi di euro, imputati dall'allegato infrastrutture al DPEF 2010-2013, sulla quota dell'85 per cento riservata alle regioni del Mezzogiorno sul FAS) e per la parte rimanente del 60 per cento, pari a 3.850 milioni di euro, da finanziamenti da reperire sui mercati internazionali, senza garanzie da parte dello Stato;
il costo complessivo dell'opera, come esposto dall'allegato infrastrutture alla DFP 2011-2013, presentato il 5 ottobre 2010 alle Camere, risulta pari a 7.239 milioni di euro di cui, 6.100 milioni per la realizzazione del ponte, 850 milioni per le opere complementari e 289 milioni di euro per le opere ferroviarie connesse;
il 30 novembre 2009 è stata stipulata la convenzione aggiornata, comprendente il Piano finanziario, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Stretto di Messina. Il 22 dicembre 2009, con apposita norma contenuta nella legge finanziaria per il 2010, è stata approvata la Convenzione stipulata tra la Stretto di Messina ed il Ministero delle infrastrutture (legge n. 192 del 2010 articolo 2, comma 205).
il piano finanziario del ponte sullo Stretto di Messina conferma la partecipazione al finanziamento dell'opera a carico della società concessionaria Stretto di Messina S.p.A. per una quota pari a 1,2 miliardi di euro, di cui 300 milioni già deliberati dagli azionisti della società nell'ottobre 2003; per i rimanenti 900 milioni è prevista la partecipazione di Rei e Ferroviaria Italiana (RFI) per 117 milioni, della regione Siciliana per 100 milioni e di ANAS per 683 milioni;
con la programmazione CIPE del 17 dicembre 2009 a valere sul Fondo infrastrutture sono stati destinati 117 milioni in favore di RFI e 213 milioni in favore di ANAS, per un totale di 330 milioni di euro;
per la restante quota a carico di ANAS, pari a 470 milioni di euro (683 milioni - 213 milioni), la legge finanziaria per il 2010 (legge n. 192 del 2009, articolo 2, comma 204) autorizza per l'anno 2012 la spesa di 470 milioni di euro per un ulteriore aumento del capitale della società per lo studio, la progettazione, la gestione e l'esercizio del solo collegamento viario, a valere Fondo grandi eventi di cui all'articolo 7-quinques, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009;

nel piano finanziario il versamento connesso all'aumento di 900 milioni è previsto nell'anno 2013 per 377,578 milioni di euro e nell'anno 2014 per 522,422 milioni di euro;
per quel che riguarda i contributi in conto impianti autorizzati dalla legge n. 102 del 2009 per un totale di 1,3 miliardi di euro (a valere sul fondo infrastrutture/FAS), risulta assegnata solo la prima quota annua, relativa all'anno 2009, pari a 12,676 milioni di euro; a riguardo si sottolinea che l'allegato infrastrutture al DPEF 2010-2013 prevedeva una cadenza cronologica di spesa diversa, pari a 130 milioni di euro nel 2010, 390 milioni di euro nell'anno 2011, e 780 milioni di euro dopo l'anno 2011;
il Governo tra il 2008 e il 2010 ha riprogrammato le risorse ex Fintecna (1.363,5 milioni di euro) per finanziare spese di parte corrente - tra cui l'abolizione dell'ICI - e per migliorare i saldi di bilancio, al contrario di quanto avvenuto nel 2006 quando le risorse ex Fintecna vennero distolte dall'obiettivo «Ponte sullo Stretto» per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell'ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria (Finanziaria 2006);
infatti, l'articolo 5, comma 6 del decreto-legge n. 93 del 2008 ha previsto che le risorse iscritte nel bilancio dello Stato per l'anno 2008, nell'ambito della missione «Infrastrutture pubbliche e logistica», programma «Sistemi stradali e autostradali», in attuazione dell'articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, già destinate fino al 2006, alla realizzazione del collegamento stabile viario e ferroviario fra la Sicilia e il continente (ex risorse Fintecna per il «Ponte sullo Stretto»), affluissero al «Fondo per interventi strutturali di politica economica» per l'intero importo di 1.363,5 milioni di euro;
si disponeva inoltre che a valere sulle predette risorse una quota pari a 611 milioni di euro fosse versata, nell'anno 2008, su apposita contabilità speciale, ai fini del riversamento all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2009 per 438 milioni di euro, e nell'anno 2010 per 173 milioni di euro.
una quota di tali risorse - aventi natura economica di parte capitale - pari a 725,5 milioni di euro, quale differenza tra l'importo complessivo confluito al citato fondo (1.363,5 milioni di euro) e l'importo riversato dal Fondo medesimo alla contabilità speciale (611 milioni di euro), ha contribuito esplicitamente alla copertura degli oneri di parte corrente recati dal decreto-legge n. 93 del 2008, mediante iscrizione nel fondo per interventi strutturali di politica economica (di parte corrente); questa disposizione comporta la messa in discussione della regola della non-dequalificazione della spesa che è posta a presidio della qualità della struttura del bilancio;
la restante quota pari a 611 milioni di euro è affluita sul capitolo 2136 del Ministero dell'economia e delle finanze, appositamente istituito per consentire il passaggio della somma in contabilità speciale e quindi il successivo riversamento all'entrata del bilancio dello Stato negli anni 2009 e 2010;
di fatto tale passaggio non è mai avvenuto e la somma di 611 milioni di euro è rimasta ferma sul capitolo 2136 fino alla perenzione amministrativa; di conseguenza le risorse sono andate a migliorare i saldi di bilancio;
nell'allegato al documento di finanza pubblica 2011-2013, la scheda di sintesi dell'opera per lo Stretto di Messina - collegamento stabile stradale e ferroviario tra la Sicilia e il continente - riporta un costo di 6.100 milioni di euro, con una disponibilità di finanziamenti totali pari a 2.153 milioni di euro ed un fabbisogno residuo a carico dei privati pari a 3.947 milioni di euro; il progetto è indicato allo stato di progettazione definitiva con istruttoria in corso;
l'ANAS Spa - Ponte sullo Stretto di Messina, indica, ad oggi, un onere complessivo dell'investimento pari a oltre 6,3 miliardi di euro;

il 60 per cento delle risorse per la realizzazione dell'opera deve comunque essere reperito tramite finanziamenti sui mercati nazionali ed internazionali dei capitali secondo lo schema tipico del project finance;
a riguardo, come rilevato dalla Corte dei conti nella relazione citata, risulta opportuno mantenere costante l'attenzione sulle dinamiche dei flussi di traffico sperati sull'ipotesi di collegamento stabile Calabria-Sicilia poiché solo una adeguata stima dei volumi di traffico viario e ferroviario consentirà - rispettando il quadro della finanza di progetto su cui si fonda il 60 per cento delle risorse complessive - di sostenere gli oneri finanziari per interessi, che graveranno sui capitali presi a mutuo;
se le valutazioni delle stime di traffico siano aggiornate e, ad avviso dei ministri interrogati, consentiranno di reperire sul mercato internazionale il 60 per cento delle risorse necessarie per la realizzazione dell'opera;
se ci siano già risorse private e in ogni caso in che modo si intenda procedere per reperirle;
quali siano i tempi di approvazione del progetto definitivo, lo stato di avanzamento dei lavori e i tempi di realizzazione dell'opera;
quali misure il Ministero intenda adottare per recuperare i 611 milioni andati in perenzione amministrativa.
(5-04218)

CODURELLI, MISIANI e MARANTELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 3 febbraio 2011 sono stati presentati alla stampa i dati dell'indagine «non è una stazione per pendolari» effettuata dalla FILT - CIGL Lombardia su un campione di stazioni lombarde ad alto utilizzo pendolare. L'inchiesta è stata realizzata nella seconda metà di dicembre 2010 e durante il mese di gennaio 2011. Le linee coinvolte sono:
a) Varese-Treviglio;
b) Treviglio-Bergamo;
c) Milano-Lecco.

Mentre le stazioni oggetto dell'indagine sono:
a) Varese, Gazzada-Schianno-Morazzone, Castronno, Albizzate-Solbiate-Arno, Cavaria-Oggiona-Ierago, Gallarate, Busto Arsizio, Legnano, Canegrate, Milano Lancetti, Milano Repubblica, Milano P.ta Venezia, Milano Porta Vittoria, Pioltello-Limito, Vignate, Melzo, Pozzuolo Martesana, Trecella, Cassano D'Adda, Treviglio;
b) Treviglio ovest, Arcene, Verdello- Dalmine, Levate, Stezzano, Bergamo;
c) Milano Centrale, Milano Greco Pirelli, Sesto S. Giovanni, Monza, Arcore, Carnate-Usmate, Osnago, Cernusco-Merate, Olgiate-Calco-Brivio, Airuno, Caloziocorte-Olginate, Lecco Maggianico, Lecco;

l'inchiesta certifica in modo puntuale lo stato di degrado delle stazioni lombarde con cui ogni giorno i pendolari fanno i conti;
circa il 50 per cento delle stazioni monitorate non è dotata di una sala d'attesa idonea ad ospitare i pendolari che per ogni tipo di esigenza avessero necessità di sostare. Nei casi in cui essa è presente risulta non avere standard minimi di accoglienza con vere e proprie punte di degrado persino con una significativa presenza di rifiuti. Su alcune tratte la valutazione rilevata dimostra che circa il 75 per cento delle sale d'attesa risulta essere visibilmente sporco. Circa un terzo (30 per cento) delle sale d'attesa rilevate su alcune tratte risulta essere danneggiata e con graffiti estesi lungo le pareti;
in circa il 60 per cento dei sottopassi lungo la linea Milano-Lecco si registrano danneggiamenti;

in alcune tratte si registra nel 46 per cento delle stazioni l'assenza della segnaletica direzionale, sufficiente ad orientare i viaggiatori;
il 100 per cento delle stazioni non espongono tariffari regionali, non dispongono di info point turistici, neppure di tipo automatico;
nel 62 per cento delle stazioni manca una mappa della rete ferroviaria indispensabile per muoversi tra una linea ed un'altra;
in nessuna stazione monitorata è presente un distributore di dépliant informativi sulla rete ferroviaria. È come se la rete ferroviaria sia organizzata solo per chi compie lo stesso tratto tutti i giorni e che quindi «per esperienza» ha le informazioni minime purché gli orari dei treni non cambino o non ci siano variazioni. L'esatto contrario di quello di cui avrebbe bisogno una città come Milano che si appresta a ricevere le milioni di persone che approderanno in Lombardia per raggiungere Expo 2015;
sono state registrate tratte in cui circa il 70 per cento delle stazioni è privo di servizi igienici, in circa il 62 per cento delle stazioni di alcune tratte non vi è collegamento con il trasporto extraurbano;
per quanto riguarda la presenza di videosorveglianza o presidi di polizia si raggiungono punte del 45 per cento di stazioni senza alcun sistema di videosorveglianza in funzione e circa il 77 per cento di stazioni senza presidi di polizia;
l'accesso alle stazioni per i cittadini con problemi di disabilità risulta essere inadeguato o impossibile;
la linea Milano-Lecco presenta i seguenti dati: 54 per cento di stazioni inaccessibili ai disabili, 85 per cento delle stazioni in cui sono presenti marciapiedi rialzati, 77 per cento delle stazioni rilevate senza rampe di acceso per i disabili. Nel 31 per cento delle stazioni rilevate non ha mappe o indicazioni per ipovedenti. Il 46 per cento delle stazioni rilevate non dispone di biglietterie con personale e il dato diventa ancora più preoccupante se si considera che, sempre sulla stessa tratta, circa il 62 per cento delle stazioni rilevate non dispone di emettitrici automatiche;
nello specifico delle stazioni del Passante ferroviario di Milano monitorate non vi è alcuna informazione al pubblico, né a proposito delle tariffe applicate, né su gli abbonamenti, neppure dove è possibile acquistarli;
le Stazioni di Milano Cadorna, Milano Garibaldi e Milano Centrale sono totalmente prive di sale d'attesa. A questo si aggiunga che Milano Garibaldi, una delle stazioni più utilizzate nel trasporto pendolare e nel passante ferroviario, presenta punti del tutto inaccessibili alle persone portatrici di handicap come il senso percepito di insicurezza totale;
analoga situazione di disagio, di degrado, di mancanza di informazione e di disservizi si registra anche sulla tratta Lecco-Tirano, con stazioni che sembrano non degne di un Paese industrializzato, ma abbandonate a sé stesse;
la Lombardia ha il più grande bacino di pendolari in Italia con 594 mila viaggiatori ogni giorno sui treni: è lombardo ben il 22 per cento di tutti i pendolari ferroviari del Paese;
il Governo con la manovra finanziaria per il 2011 ha tagliato risorse al trasporto pubblico locale destinate sia agli investimenti che al trasporto passeggeri con la conseguenza che alla riduzione dei servizi si è aggiunto l'aumento delle tariffe del 10 per cento dal 1o febbraio e del 10 per cento dal 1o maggio. Aumento ingiustificato visto che i parametri qualitativi non sono stati ad oggi definiti e i disagi per i pendolari sono in continuo aumento. È probabile che questi aumenti, a fronte della mancanza di risorse per migliorare il servizio offerto, convincano molti pendolari ad optare per l'automobile, congestionando il traffico e aumentando i livelli di inquinamento dell'aria, già sforati in molte città;

è urgente e necessario considerare il servizio pubblico di trasporto ferroviario nazionale e dei pendolari, una priorità nell'ambito delle finalità alle quali riservare, risorse aggiuntive, alla luce dei tagli operati su un settore strategico e di un'esigenza di una mobilità sostenibile -:
se non ritenga doveroso assumere ogni iniziativa per incentivare un trasporto pubblico locale di qualità, secondo gli standard europei e cosa intenda fare per eliminare lo stato di degrado diffuso che emerge dall'indagine suddetta, che non giova soprattutto all'immagine di una regione come la Lombardia, e per ripristinare maggiore equilibrio tra qualità del servizio e aumento delle tariffe.
(5-04219)

META, TULLO, VELO e LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il recente sequestro della nave cisterna di bandiera italiana Savina Caylyn caduta lunedì scorso con i suoi ventidue uomini di equipaggio, tra cui cinque italiani, nelle mani dei pirati somali ripropone con pressante urgenza il problema della sicurezza delle navi mercantili che transitano nel Golfo di Aden e nell'oceano indiano;
prima della Savina Caylyn molte altre navi mercantili italiane sono già state oggetto di numerosi attacchi fortunatamente tutti sventati con la sola eccezione del supply vessel «Buccaneer» rimasto sotto sequestro dei pirati per lunghissimi mesi;
purtroppo come è sotto gli occhi di tutti il problema della pirateria in questo tratto di mare di così vitale importanza per i traffici marittimi mondiali che transitano per il canale di Suez è in costante drammatica evoluzione;
come è emerso in un recente convegno organizzato sul tema dall'istituto italiano di navigazione, il 30 per cento dei traffici energetici mondiali e circa il 15 per cento dei traffici globali passa per AdenMar Rosso e Suez;
sebbene le compagnie armatrici si siano da tempo dotate di numerosi strumenti per proteggersi passivamente dagli attacchi dei pirati e grazie alla cooperazione internazionale sia stato creato un corridoio di sicurezza nel golfo di Aden, dove i mercantili transitano in convoglio scortati dalle marine militari dei Paesi Nato e non solo, è evidente che tutto questo non basta a scoraggiare i pirati che con i loro barchini e con l'ausilio di navi madri riescono ormai a portare i loro attacchi a centinaia di miglia dalla costa;
a tale riguardo le protezioni armate a bordo delle navi di alcuni Paesi comunitari hanno fatto notevolmente diminuire il numero di attacchi fungendo da deterrente senza comportare l'uso effettivo della forza;
la Savina Caylyn è stata catturata mentre navigava ad oltre 850 miglia nautiche dalle coste somale e ad oltre 500 da quelle indiane;
per questo motivo, la Marina militare italiana, anche venendo incontro alle richieste di Confitarma, ha elaborato un progetto che consentirebbe di imbarcare su base volontaria, con la compartecipazione delle spese da parte degli stessi armatori, soldati dei propri reparti speciali a bordo dei mercantili nazionali;
il progetto prevede l'attivazione di quattro basi in porti strategici dell'area, Gibuti in primis, ove le navi mercantili potrebbero imbarcare ufficiali della Marina militare a difesa della vita degli equipaggi e dei carichi di così grande valore e vitale interesse economico per il Paese;
il progetto dello Stato maggiore della marina militare è stato portato all'attenzione, fin dall'agosto scorso, del Ministro della difesa e del Ministro degli affari esteri;

a tutt'oggi nessun riscontro è stato dato agli armatori italiani anche di fronte ad una sensibile escalation degli atti criminali in mare quale il drammatico sequestro in atto -:
quali determinazioni intenda assumere da subito a tutela della sicurezza degli equipaggi e delle navi italiane che quotidianamente corrono rischi gravissimi durante la presenza commerciale in quelle acque;
quali siano le decisioni in merito al possibile utilizzo su base volontaria di militari italiani a bordo delle nostre navi mercantili secondo il progetto dello Stato maggiore della Marina militare italiana o in merito ad eventuali altre forme di protezione ed ai tempi concreti di attuazione.
(5-04226)

MARIANI, GINOBLE, BRAGA, REALACCI, MARGIOTTA, BOCCI, MOTTA, BRATTI e VIOLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il gruppo che fa capo all'imprenditore Toto acquisterà per 89 milioni di euro dall'Atlantia della famiglia Benetton il 60 per cento della strada dei parchi, la società che gestisce l'autostrada Roma-Teramo (A24) e la tratta da Torano a Pescara (A25);
in tal modo il gruppo TOTO costruzioni Generali S.p.A. - che già oggi detiene il 40 per cento della società di gestione della strada dei parchi - diventerà unico azionista di un'infrastruttura essenziale, nonostante non offra adeguate garanzie di solidità economico-finanziaria: risulta gravato da una forte esposizione debitoria e da un complicato sistema di impegni finanziari e di contratti da onorare;
la Toto Spa, quale azionista unico, dovrà inserire in bilancio i conti della strada dei parchi, in perdita da anni: oltre a debiti con le banche per 220 milioni, sono da considerare versamenti dovuti all'Anas per 640 milioni di euro a titolo di canone per tutta la durata della concessione;
in base alla nuova convenzione firmata con Anas il gruppo Toto si è impegnato ad effettuare lavori di adeguamento e manutenzione della strada, con oneri rilevanti: 250 milioni per risolvere i problemi di congestione da traffico all'ingresso di Roma negli orari dei pendolari; 708 milioni per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;
da notizie di stampa si apprende che il gruppo conta di realizzare «in proprio» tali opere senza ricorrere a procedure ad evidenza pubblica che, se trasparenti ed aperte, non discriminatorie e quindi meno esposte al rischio della collusione e della corruzione, potrebbero generare risparmi sensibili sui costi totali di realizzazione delle infrastrutture;
in base alla nuova convenzione firmata con Anas, si prevede un aumento medio delle tariffe di pedaggio dell'8,14 per cento, a decorrere dal primo gennaio 2011, con forte aggravio per gli utenti, in particolare per i pendolari;
il finanziamento delle previste opere sarà, in parte, reperito mediante un'operazione di project financing - in fase di negoziazione - con Dexia e Société Générale per un valore di 580 milioni di euro, che consente di porre a carico dell'intero ciclo di vita dell'opera la garanzia per il finanziamento e la mitigazione del rischio - dalla progettazione alla gestione - senza gravare sui conti della società concessionaria e appaltatrice dei lavori;
le tariffe - secondo indiscrezioni - subiranno ulteriori aumenti e saranno presto allineate ad alcune tratte autostradali che hanno richiesto lavori di perforazione con costi molto elevati (è il caso dei 10,2 chilometri del traforo sotto il Gran Sasso, a cui si applica un prelievo di 0,80 euro per il transito e gli 11,6 chilometri del tunnel del Monte Bianco per i quali si pagano 36,8 euro);

il trasferimento delle azioni è subordinato all'assenso, da parte di Anas, al cambio di controllo della partecipazione e quindi al subentro dell'acquirente nella convenzione unica di strada dei parchi, alla sottoscrizione e prima erogazione del finanziamento in project finance a favore di strada dei parchi per la copertura degli investimenti previsti dalla concessione, al nulla osta da parte dell'autorità Antitrust, che dovrà valutare la compatibilità dell'intera iniziativa con le regole europee in tema di concorrenza, anche considerando che la cessione delle azioni - secondo alcuni analisti, con una modesta contropartita - è contestuale all'aumento delle tariffe autostradali (con un incremento pari a circa l'8 per cento giustificato, secondo il nuovo concessionario, dagli onerosi interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, per la strada dei parchi e dai necessari nuovi investimenti, in particolare per la realizzazione dell'asse di penetrazione urbana della A24 nella capitale -:
quali urgenti iniziative intendano intraprendere per accertare che:
a) l'operazione in questione si svolga in piena trasparenza e correttezza;
b) l'acquisizione delle azioni e l'affidamento delle opere rispettino appieno la normativa comunitaria in tema di procedure di evidenza pubblica;
c) la società acquirente abbia i requisiti per subentrare nella convenzione unica di strada dei parchi;
d) gli interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, per la strada dei parchi e i necessari nuovi investimenti previsti dalla concessione abbiano integrale copertura finanziaria, anche con risorse a carico dei privati;
e) per evitare l'insostenibile aumento dei pedaggi autostradali, in particolare per i pendolari, con inevitabili ricadute in termini di inflazione.
(5-04235)

Interrogazioni a risposta scritta:

FADDA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel porto storico di Cagliari in corrispondenza del molo dove è ubicata da decenni la sede della capitaneria e della direzione marittima è in fase di avanzata realizzazione una pesante recinzione in cemento armato che interrompe la continuità e le fruibilità del lungomare e dello specchio d'acqua antistante adibito in prevalenza ad approdo per natanti di diporto;
da informazioni assunte presso le istituzioni locali e regionali non risulta che il cantiere sia stato aperto con le necessarie autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche;
un vasto movimento di opinione alimentato da associazioni culturali e dai cittadini cagliaritani, ha rivendicato e ottenuto l'abbattimento di tutte le barriere che nei decenni precedenti avevano interrotto il collegamento della città col lungomare;
a seguito di cospicui finanziamenti pubblici si sta completando sia l'infrastrutturazione del porto a fini sociali e turistici, sia una moderna passeggiata a mare sul fronte degli edifici della marina militare;
appare pertanto anacronistica, ingiustificata e inaccettabile la chiusura della banchina e dello spazio antistante alla sede di rappresentanza della capitaneria di porto -:
quali interventi intenda promuovere con la massima tempestività per bloccare la realizzazione di un'opera così penalizzante per la comunità cagliaritana e assolutamente non necessaria per l'attività istituzionale della capitaneria di porto che, in quanto organo tecnico della marina militare, è chiamata a svolgere funzioni collegate in prevalenza con l'uso pubblico del mare per fini civili.
(4-10884)

SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Dalmine (Bergamo), a seguito di un incontro tenutosi con i vertici di ASPI nei giorni scorsi, ha dichiarato che per la società autostrade la realizzazione del nuovo casello di Dalmine (autostrada A4 Milano Bergamo) non rientra tra le priorità;
dal casello di Dalmine passano 803.000 veicoli l'anno, circa 22.000 veicoli al giorno, di cui il 23 per cento costituito da mezzi pesanti;
la attuale bretella di collegamento al casello è inadeguata e pericolosa, consistendo di fatto in uno stretto peduncolo;
la situazione è ormai diventata grave e insostenibile;
già in data 4 agosto 1997, veniva sottoscritta la convenzione tra Anas, autostrade concessioni e costruzioni autostrade spa con l'impegno di queste a realizzare lo svincolo e la stazione di Dalmine;
il suddetto intervento doveva essere ultimato con l'entrata in funzione della tangenziale sud, tratto Stezzano-Treviolo, inaugurato nella primavera del 2010;
il 6 ottobre 2003, si è tenuta al centro formazione autostrade di Roma, la conferenza conclusiva dei servizi, concernente l'ampliamento a quattro corsie dell'autostrada A4 Milano-Bergamo e nello svolgimento della seduta, come risulta a pagina 10 del verbale, il sindaco di Dalmine, sostenuto dalla regione Lombardia e dalla provincia di Bergamo, prende atto dell'impegno da parte di società autostrade di procedere allo spostamento del casello con raccordo alla nuova tangenziale sud (tratto Stezzano-Treviolo) non appena l'avanzamento dei lavori di quest'ultima l'avrebbe consentito, richiesta che il sindaco aveva già avanzato in diversi incontri istituzionali;
la mancata realizzazione del nuovo casello non consente il concretizzarsi dei benefici conseguenti alla ultimazione del suddetto tratto della tangenziale sud, lasciando così inalterato il livello del traffico, il problema delle code, il blocco della viabilità in alcune ore del giorno -:
quali iniziative il ministro intenda assumere con urgenza, affinché la società autostrade proceda in tempi brevi allo spostamento del casello autostradale di Dalmine, rimediando ad una situazione divenuta insostenibile in uno dei punti nevralgici della viabilità della provincia di Bergamo.
(4-10885)

VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come recita il sito www.tangenzialedinapoli.it: «La Tangenziale di Napoli è un asse viario pensato e realizzato per allargare i confini ed i collegamenti di una delle maggiori metropoli italiane, la città di Napoli;
sin dal momento dell'inaugurazione del primo tratto della tangenziale (8 luglio 1972, apertura del tratto «dalla Domitiana allo svincolo di Fuorigrotta»), l'utilizzo di tale infrastruttura da parte degli utenti è stato subordinato al pagamento di un pedaggio. La tangenziale di Napoli ha, infatti, da sempre rappresentato un unicum: essa è l'unica strada extraurbana d'Italia dove i cittadini-usufruitori sono stati da sempre costretti a pagare un iniquo ed esoso pedaggio;
nei progetti preliminari alla realizzazione dell'arteria stradale, la tangenziale, all'atto del completamento, doveva essere demanializzata, al fine di consentirne l'utilizzo gratuito agli utenti attraverso il passaggio agli enti pubblici. A distanza di quasi quaranta anni dall'inaugurazione del primo tratto della tangenziale di Napoli, l'opera è continuamente sottoposta a modifiche ed ampliamenti con nuove uscite e nuove rampe, rimanendo tutt'oggi nel possesso di una società privata, la Tangenziale di Napoli spa, e soggetta al pagamento, da parte di coloro che percorrono la medesima

- per di più lavoratori, i quali spesso non hanno alcuna alternativa per raggiungere il posto di lavoro in considerazione del fatto che la tangenziale rappresenta l'unica arteria di collegamento - di un balzello in continuo aumento;
oggi il pedaggio, costo effettivo del servizio sopportato dagli utenti, è strutturato in modo da prescindere dal percorso effettuato e dal tipo di mezzo, in quanto il sistema di classificazione individua i veicoli in base agli assi. L'ultimo aumento tariffario è relativo al 1o gennaio 2011 e per la categoria più numerosa delle autovetture ed altri veicoli a due assi, esso ammonta a euro 0,85;
inoltre su Facebook sono nati numerosi gruppi ideati dagli utenti della tangenziale di Napoli che invitano ad abolire il balzello in vigore;
in ultimo, in data 12 febbraio 2011, il Movimento di insorgenza civile ha promosso, al fine di pervenire ad una tangenziale di Napoli gratuita, un corteo di auto con partenza dall'ingresso di Capodichino e arrivo a Fuorigrotta -:
se sia nei piani del Governo assumere iniziative per rendere gratuita la percorrenza della tangenziale, visto il carattere prevalentemente urbano dell'arteria;
se non si intenda promuovere - come già avvenuto per la Napoli-Salerno, come richiesto dall'interrogante - la revisione dell'iniquo sistema di pedaggio attualmente vigente, avendo cura di commisurare la tariffazione in base alle tratte e all'effettivo chilometraggio percorso dagli utenti.
(4-10900)

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la circolazione di autoveicoli a metano dovrebbe essere favorita per la positiva risposta che questo tipo di veicoli possono dare alle problematiche legate all'inquinamento ed al contenimento dei consumi energetici;
la rete di distributori di gas metano per autoveicoli è purtroppo molto ridotta e l'esiguità dei punti di rifornimento è un motivo condizionante per la scelta di questo carburante;
la situazione si fa ancora più critica quando chiudono impianti unici in un area piuttosto vasta, mettendo in crisi gli utenti che di norma si servono di uno specifico punto di rifornimento;
ciò avviene, ad esempio, nella provincia di Novara per la chiusura dell'impianto esistente in comune di Gattico che serviva una vasta area circostante del medio ed alto novarese e di parte della provincia di Verbania -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per ampliare la rete di distribuzione di gas metano atto alla circolazione dei veicoli e quali iniziative abbia intrapreso - se cosa fattibile - per pervenire alla riapertura dell'impianto di Gattico.
(4-10906)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa di questi giorni riferiscono di numerosi sbarchi di persone presumibilmente provenienti in particolare dalla Tunisia, teatro nelle scorse settimane dello scoppio di una rivolta popolare con conseguente cambio di Governo;
il numero totale di persone sbarcate dall'inizio della rivolta in Tunisia nell'isola di Lampedusa assommerebbe a circa mille;
il Ministro interrogato ha dichiarato che il centro di accoglienza di Lampedusa non verrà riaperto;

il Ministro ha altresì dichiarato la sua preoccupazione circa la fuga di criminali dalle carceri della Tunisia e il rischio di infiltrazioni terroristiche tra i tunisini in arrivo sulle coste italiane -:
se il numero di arrivi nell'isola di Lampedusa di cui in premessa corrisponda al vero;
se il Ministro intenda mantenere chiuso il centro di accoglienza di Lampedusa e come, nell'attuale situazione di emergenza, stia altrimenti provvedendo;
quale sia, allo stato delle cose il pericolo derivante da possibili infiltrazioni terroristiche;
se con riferimento alla rivolta in corso in Egitto e anche a quella avvenuta in Algeria vi siano evidenze di movimenti migratori presso le nostre coste ed evidenze di rischi di infiltrazioni criminali o terroristiche.
(5-04221)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 febbraio 2011 il quotidiano La Repubblica, in un articolo di Alberto Custodero, dava notizia che i nostri agenti di polizia - come si evince da una circolare firmata dal direttore logistico del Ministero dell'interno D'Agnano - sarebbero sprovvisti di munizioni per le esercitazioni a causa della sospensione dall'utilizzo di 8 lotti di cartucce che risultate potenzialmente difettose e del razionamento delle altre da mantenere in caso di situazioni emergenziali -:
quale sia la motivazione della scelta di pallottole che, secondo diverse organizzazioni sindacali sarebbero state di scarsa qualità;
quale sia l'effettiva disponibilità attuale delle riserve di munizioni.
(5-04223)

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel mese di ottobre 2010, nel territorio del comune di Selvazzano Dentro (Padova), la signora Croitoru Vesco Ala, nata il 30 luglio 1980 in Moldavia, ha trovato ed accompagnato dalla autorità competente i due fratelli di origine rumena, Cazacu Stefana, nata a Galati (Romania) il 27 dicembre 1994, alla quale è stato assegnato il CUI 0467LYS, e Cazacu Catalin Sorin, nato a Galati (Romania) il 9 aprile 1998, al quale è stato assegnato il CUI 0467M8V;
i militari, dopo aver informato il giudice di turno della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Venezia ed aver affidato i due minori ad una associazione Noi Famiglie Padovane, con cui la signora Croitoru collabora, hanno inviato comunicazioni al comune di Selvazzano Dentro ed alla prefettura di Padova ai fini dell'invio dei dati all'organismo centrale di raccordo ai sensi dell'accordo bilaterale Italia-Romania;
in attesa delle decisioni dell'organismo centrale di raccordo in merito al rimpatrio dei fratelli, anche alla luce del fatto che, come dimostrato, in Romania vivono il padre e i sei fratelli dei due ragazzi, tutti maggiorenni, associazione «Noi» ha avviato un progetto di inserimento scolastico per il bambino di dodici anni e la partecipazione ad un corso di italiani per stranieri adulti per l'altra minore, ipotizzando inoltre la possibilità di un affido familiare, comunicando peraltro che il costo giornaliero presso la propria struttura ammonta a 52,50 euro a persona e che tale costo dovrebbe essere sostenuto dal comune di Selvazzano Dentro;
il comune di Selvazzano Dentro ha manifestato, anche con nota scritta, la difficoltà ad adempiere a tale disposizione, non solo per i noti motivi di ristrettezza economica in cui molti enti locali si trovano oggigiorno a confrontarsi, ma anche in quanto, in ottemperanza alla circolare

n. 246 emessa il 20 gennaio 2009 dal Ministero stesso, è di competenza dell'organismo centrale di raccordo la valutazione e la predisposizione dei piani di rientro dei minori in patria -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di poter trovare idonee soluzioni al fine di favorire l'avvio delle procedure da parte dell'organismo centrale di raccordo così da permettere il rimpatrio dei due minori nel più breve tempo possibile.
(4-10880)

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Save the Children è impegnata da anni nella protezione e nella promozione dei diritti dei minori stranieri in Italia, attraverso interventi progettuali sul campo, attività di ricerca e dialogo e pressione sulle istituzioni locali, nazionali, europee ed internazionali;
il 3 gennaio 2011 Save the Children presenta il secondo rapporto annuale «Minori stranieri in Italia» in cui si descrive il 2010 come «anno nero». Sono almeno 4.500 i minori stranieri non accompagnati in Italia, ma, mentre cresce il numero di quelli residenti, passando da 412.432 nel 2004 a 932 mila nel 2010, c'è un netto peggioramento in termini di «accoglienza e inclusione». La maggior parte di loro, circa 572 mila (10,4 per cento in più rispetto al 2009) è nata in Italia, rappresentando quelle che vengono definite «le seconde generazioni». Va tenuto conto, altresì, che le informazioni sui minori residenti non sono complete, poiché trascurano gruppi di minori che per diversi motivi non vengono registrati negli elenchi anagrafici;
tra i minori stranieri non accompagnati, il gruppo più numeroso è quello costituito dai minori afghani (20 per cento), seguito da quelli provenienti dal Marocco (14,7 per cento), Egitto (11 per cento), Albania (9 per cento), Bangladesh (5 per cento), Somalia (3,9 per cento), Repubblica del Kosovo (3,8 per cento), Palestina (3,1 per cento), Eritrea;
dal rapporto emerge che i minori che continuano ad arrivare in Italia sono costretti a viaggi sempre più rischiosi, nascosti dentro tir o furgoni, nel caso di minori afghani o bengalesi, o su navi da diporto irriconoscibili e non facilmente intercettabili, nel caso di minori provenienti per esempio dal medio-oriente. A gestire i viaggi sono trafficanti che chiedono per ciascun ragazzo 4-5.000 euro. Per ripagare il debito contratto dalle famiglie, i ragazzi sono molto esposti al rischio di sfruttamento o di caduta in circuiti di devianza ed illegalità;
la responsabile programmi Italia-Europa di Save the Children Italia alla domanda su come l'Italia ha provveduto all'accoglienza, integrazione, protezione, istruzione di un milione di minori stranieri che sono sul territorio nazionale, risponde che il 2010 è stato un anno nel complesso critico, in cui sono stati compiuti molti passi indietro;
è emerso che la legge n. 94 del 2009, più nota come legge sulla sicurezza, si sta rivelando un ostacolo che interrompe o rende più difficile il percorso d'integrazione intrapreso - spesso con grande abnegazione e impegno - da tanti minori stranieri non accompagnati, i cui viaggi verso l'Italia peraltro sono diventati ancora più rischiosi a seguito della ratifica dell'accordo Italia-Libia avvenuta nel febbraio 2009;
la scuola italiana è sempre più in affanno e la previsione di un tetto del 30 per cento di alunni stranieri per classe ha contribuito a peggiorare la situazione;
il 2010 ha segnato inoltre un periodo di grave difficoltà per centinaia di bambini rom, a causa di sgomberi realizzati senza predisporre misure alternative di accoglienza;
i dati statistici confermano come la presenza di bambini e adolescenti stranieri sia in costante crescita e consolidamento,

presenza che deve essere necessariamente accompagnata e sostenuta, perché l'integrazione di un bambino con radici culturali e sociali diverse può essere difficoltosa;
Save the Children chiede di fare subito almeno tre cose: dare seguito alle misure sull'integrazione dei minori previste nel piano nazionale «identità e incontro», varato dal Governo nel maggio 2010 che ora deve essere attuato, potendo contare sugli investimenti necessari; rivedere le norme sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori non italiani, prevedendo il riconoscimento della cittadinanza prima del compimento del diciottesimo anno in modo che possa sentirsi pienamente «cittadino» del Paese in cui è nato e cresce; approntare un programma organico per la protezione dei minori stranieri che vivono le condizioni di maggior rischio -:
in che modo il Governo si stia impegnando per la tutela e l'integrazione di tutti i minori stranieri residenti e non accompagnati presenti in Italia;
se, in che modo e con quali tempi, il Governo intenda dare atto alle richieste di Save the Children, al fine di dare piena dignità e riconoscere tutti i diritti a questi bambini.
(4-10890)

FEDERICO TESTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si apprende da un articolo pubblicato sul Corriere di Verona del 4 febbraio 2011 i poliziotti in servizio presso la questura di Verona dispongono di un limitatissimo numero di giubbotti antiproiettile del modello cosiddetto «sottocamiciale», ovvero quelli che possono essere indossati sotto gli indumenti senza che se ne noti la presenza, e che, soprattutto, diversamente da quelli tradizionali, consentono libertà di movimento a bordo dei veicoli di servizio, e più in concreto consentono di salire e scendere dalle auto. Quelli tradizionali, invece, di fatto irrigidiscono il tronco di chi lo indossa, rivelandosi un pericoloso impedimento nelle fasi più delicate degli interventi;
si tratterebbe in altri termini di una protezione da usare in particolari servizi investigativo - operativi, che consente a personale delle forze di polizia in abiti civili di eseguire pedinamenti ed appostamenti nei quali è presumibile possa verificarsi un conflitto a fuoco;
in effetti il pezzo giornalistico prende le mosse da una sparatoria avvenuta in provincia di Modena pochi giorni prima, nel corso della quale è deceduto uno dei rapinatori che gli uomini della squadra mobile della questura di Verona, grazie ad intercettazioni telefoniche, sapevano avrebbero tentato di commettere una rapina. Il redattore dell'articolo evidenzia che i circa dieci poliziotti della questura di Verona, che date le circostanze dovevano necessariamente indossare abiti civili e dissimulare la loro presenza sul luogo dell'appostamento, disponevano di soli sei giubbotti antiproiettile del tipo sottocamiciale. Scendendo nel dettaglio il giornalista ha rappresentato che in realtà la squadra mobile dispone di soli tre giubbotti, mentre gli altri tre erano stati chiesti in prestito alla Digos, che li utilizza ordinariamente per le scorte ai politici;
nel contributo sono state pubblicate anche le dichiarazioni dei rappresentanti territoriali di pressoché tutte le sigle sindacali della polizia di Stato, a tenore delle quali questa situazione sarebbe imputabile alla limitata capienza dei fondi di bilancio destinati all'approvviggionamento ed al rinnovo degli equipaggiamenti. Una situazione grave al punto che negli altri reparti della polizia di Stato della provincia di Verona, che pure operano con modalità quali quelle dianzi segnalate, non solo non sarebbe disponibile alcun giubbotto sottocamiciale, ma addirittura i giubbotti in dotazione, di vecchia generazione e quindi affetti dai vizi dianzi segnalati, sarebbero per giunta scaduti di validità, essendo il materiale protettivo soggetto a naturale decadimento;

in base alle informazioni assunte il costo dei giubbotti antiproiettile sottocamiciali, che tra l'altro vengono indossati anche dalle personalità più esposte a rischio attentati e dalle loro scorte, varia in una forbice compresa all'incirca tra i 700 e i 2000 euro. Dotare quindi la questura di Verona di almeno una ventina di questi modelli comporterebbe un impegno di spesa decisamente contenuto, nell'ordine approssimativo di una somma che può essere stimata intorno ai 25 mila euro;
per quanto è dato sapere la questura di Verona ha da tempo sollecitato l'invio del materiale in questione, senza invero ottenere risposta al riguardo -:
se sia vero che, a fronte di spese sostanzialmente irrilevanti, si metta in discussione la sicurezza della vita di poliziotti per un'asserita carenza di fondi di bilancio;
che cosa intenda fare il Ministro interrogato per rimuovere questa situazione che, se rispondente al vero, oltre che una violazione di ogni comune buon senso, rappresenterebbe, ad avviso dell'interrogante, una vergognosa disistima delle vite del personale delle forze di Polizia che, come attestato dal successo dell'operazione conclusiva delle lunghe indagini condotte nella vicenda della rapina in provincia di Modena di cui in premessa, non esitano a mettere generosamente a rischio la loro stessa incolumità per assicurare alla giustizia pericolosi criminali armati.
(4-10899)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si diffonde sempre di più in Italia - forse anche in conseguenza della crisi economica - il numero degli autoveicoli che circolano senza assicurazione di responsabilità civile per danni verso terzi;
a volte sono esposti certificati di assicurazione falsi o comunque irregolari;
in caso di incidente vi sono gravissime conseguenze per chi subisce dei danni e di fatto nessun indennizzo in caso di incidente con danni a cose e contenziosi defatiganti nel caso di danni a persone -:
se non si ritenga di dover promuovere la costituzione di un data-base incrociando i dati degli uffici della motorizzazione con quelli delle compagnie assicurative, al fine di celermente scoprire i veicoli privi di assicurazione e di intervenire in modo concreto per fronteggiare il fenomeno;
quali altre iniziative siano state attivate per sanzionare, risolvere o almeno ridurre il fenomeno segnalato.
(4-10907)

MURER. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con un accordo tra il commissario straordinario per l'emergenza del sovrappopolamento carcerario e la regione Veneto si è decisa la localizzazione di una nuova casa circondariale, della capienza di 450 posti, in località Campalto, ove trasferire la maggior parte dei detenuti dell'attuale struttura carceraria di Santa Maria Maggiore in Venezia;
detta scelta (pur considerando necessario intervenire sul grave stato di sovraffollamento e di degrado del carcere di Santa Maria Maggiore, che non garantisce più il rispetto delle condizioni minime di dignità delle persone) viene fortemente contestata, a causa innanzitutto di una procedura che ha escluso dalle consultazioni e dalla scelta la comunità locale, ma soprattutto perché comprometterebbe gravemente le scelte urbanistiche, territoriali, sociali e turistiche, sintetizzate nel piano integrato per l'area di Campalto, già approvato dalla regione Veneto, a seguito di un iter amministrativo partecipato e condiviso dalla cittadinanza veneziana;

l'articolo 17-ter del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010 prevede che il commissario straordinario per il sovrappopolamento carcerario provvede all'individuazione delle aree per la realizzazione di nuove strutture carcerarie «d'intesa con il Presidente della Regione territorialmente competente e sentiti i Sindaci dei Comuni interessati»;
in aggiunta alla decisione sopra riportata, il Ministro interrogato ha annunciato, con una conferenza stampa, che il Ministero vorrebbe affiancare alla erigenda struttura carceraria un nuovo Centro di identificazione ed espulsione; «Nel Piano delle carceri era già prestabilito che laddove si realizzeranno nuove strutture penitenziarie - accanto a queste, separati, ma vicini - si edificheranno anche i Cie, uno per regione. Questo proprio per ottimizzare l'uso delle risorse umane e finanziarie e garantire maggiore sicurezza, senza disperdere le forze dell'ordine. Entro un anno ci sarà la posa della prima pietra del Cie accanto al nuovo carcere deciso a Venezia», questo avrebbe detto il Ministro Maroni alla stampa a margine dell'incontro avvenuto in prefettura a Venezia con gli industriali per la firma sul protocollo per la legalità;
i cosiddetti «Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie)», istituiti dalla legge Bossi-Fini sull'immigrazione, sono strutture secondo l'interrogante crudeli e inefficaci. La natura stessa di queste centri risulta, per l'interrogante infatti, in aperto contrasto con i diritti fondamentali della persona umana, riconosciuti da accordi e convenzioni internazionali e con gli stessi principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, in particolare gli articoli 3 e 13. La normativa che istituisce i Cie prevede, infatti, la possibilità di rinchiudere, per via amministrativa fino a sei mesi e senza alcun intervento del magistrato competente, persone che non hanno commesso alcun delitto e la cui unica colpa è quella di non trovarsi in regola con le norme sull'immigrazione definite dalla legge Bossi-Fini;
il centro di identificazione ed espulsione veneto dovrebbe, quindi, sorgere a Campalto, periferia est di Mestre, sulla direttrice che porta al mare; la struttura sarebbe già finanziata e dovrebbe ospitare circa 300 stranieri in attesa di espulsione;
una decisione di tale portata sarebbe stata presa senza aver mai avviato alcuna consultazione con i cittadini, con le forze politiche e con le amministrazioni territoriali locali; lo stesso Governatore della Regione Veneto Zaia ha precisato che «nulla è stato deciso e che tutte le iniziative si dovranno» discutere sui territori -:
l'annuncio ha acceso le proteste di tutti i cittadini e di tutte le forze politiche, comprese quelle di centrodestra, che si rendono conto che si rischia di creare nel territorio di Campalto un concentrato molto particolare di degrado, che distruggerà il territorio e minerà le migliori intenzioni della comunità locale, impegnata da tempo in un progetto di sviluppo socio-economico e turistico della zona -:
se corrispondano al vero le dichiarazioni attribuite al Ministro interrogato, così come riportate dalla stampa; se il Ministro sia a conoscenza delle fortissime contestazioni rispetto alle sue proposte sia degli organi istituzionali che dei cittadini; per quale motivo non siano stati coinvolti nella discussione e nella eventuale scelta dei siti in questione i cittadini, le forze politiche locali che li rappresentano e le amministrazioni territoriali, a partire dal comune di Venezia; se non ritengano più opportuno e comunque utile, avviate le necessarie azioni di concerto con il comune di Venezia e con le municipalità interessate, individuare le possibili soluzioni al problema carcere, che non creino ai cittadini fortissimi disagi e danni, escludendo invece il Cie.
(4-10916)

AGOSTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Ascoli Piceno, il territorio denominato frazione di Villa Sant'Antonio

di Ascoli Piceno (di circa 950 abitanti), amministrato dal comune medesimo (di circa 51.300 abitanti), distante chilometri 14 circa dal capoluogo, rappresenta e costituisce di fatto con l'omonimo e contermine centro abitato amministrato dal comune di Castel di Lama (8.511 abitanti) un unico agglomerato urbano;
le due parti del popoloso centro abitato, denominato Villa Sant'Antonio, separate in senso longitudinale dall'ex strada statale Salaria, sono amministrate dai due comuni suddetti;
la separazione amministrativa dell'agglomerato urbano di Villa Sant'Antonio, seppur originata da tempi remoti quando Castel di Lama (Ascoli Piceno) rappresentava un piccolo borgo, è divenuta, con la crescita demografica ed economica del comune di Castel di Lama, anacronistica ed innaturale procurando ai residenti disagi e disparità nella fruizione dei servizi pubblici con evidenti negative conseguenze nei rapporti sociali, culturali, economici, amministrativi, di tempo libero e di tradizioni tra la stessa popolazione amministrata dai due comuni;
tale anacronistica situazione amministrativa si ripercuote non solo nella fruizione dei servizi pubblici locali, quanto nel diversificato sviluppo edilizio e commerciale dei territori le cui pianificazioni nel medesimo comparto abitativo risentono delle scelte programmatorie riconducibili alle rispettive amministrazioni comunali;
da molti anni l'amministrazione comunale di Castel di Lama (Ascoli Piceno), avvertendo maggiormente il disagio amministrativo della popolazione ricadente nel territorio amministrato dal comune di Ascoli Piceno e facendosi carico di molteplici servizi erogati promiscuamente alla popolazione stanziale di Villa Sant'Antonio, ha reclamato la ridefinizione dei confini territoriali e, conseguentemente, quelli amministrativi con il Comune di Ascoli Piceno sulla base della configurazione naturale del territorio;
con l'accentuato sviluppo dei servizi pubblici, giustamente reclamati dai cittadini, la richiesta dell'amministrazione comunale di Castel di Lama verso quella di Ascoli Piceno si è fatta più pressante, tanto da richiedere ufficialmente alla regione Marche la promozione di proposta di legge, prevista dalla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 10, recante «Norme sul riordinamento territoriale dei Comuni e delle Province nella Regione Marche», concernente il distacco della frazione di Villa Sant'Antonio dal comune di Ascoli Piceno ed incorporazione nel comune di Castel di Lama;
stante la complessa procedura per addivenire a tale definitiva determinazione, nell'anno 2003 la giunta regionale Marche, in concerto con l'amministrazione provinciale di Ascoli Piceno, e il prefetto della provincia di Ascoli Piceno, si sono adoperati, attraverso diverse conferenze di servizio, a ricercare tra le due amministrazioni comunali possibili soluzioni concordatarie che, accantonando temporaneamente la richiesta di ridefinizione dei confini territoriali, definiscano - in medio tempore - l'assetto organizzativo e coordinato di funzioni e servizi che interessano tutta la popolazione del centro urbano di Villa Sant'Antonio;
la fattiva collaborazione sopra indicata non ha tuttavia portato i frutti sperati ed ad oggi, stante l'inerzia del comune di Ascoli Piceno, le trattative sono interrotte;
si sono svolti diversi incontri presso la prefettura di Ascoli Piceno per definire le citate problematiche -:
quali iniziative si intendano intraprendere, anche attraverso il coinvolgimento degli uffici periferici e nella spesa del tavolo istituzionale già costituito, al fine di affrontare la problematica in questione.
(4-10920)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2011

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con riferimento al ripristino, per l'anno 2011, dei 245 milioni di euro, nella somma complessiva dei contributi statali per le scuole paritarie, rispetto al taglio iniziale di 258 milioni di euro con riferimento alle medesime risorse già previste dalla legge n. 62 del 2000, la copertura, nel bilancio è prevista con una quota della vendita, da parte dello Stato, delle frequenze televisive digitali;
tanto l'interrogante quanto la FISM che la FIDAE sono allarmate per il tipo di copertura e per il fatto che la somma stanziata per la stessa non sia stata collocata con la legge finanziaria per l'anno 2011 nell'apposito capitolo per le scuole paritarie, ma in un altro capitolo, che comporterà per la sua erogazione, come già fatto rilevare in un'altra precedente interrogazione a firma della sottoscritta una procedura complessa e lunga;
infatti è fondato il rischio che si potrebbe determinare di non disponibilità reale della somma tenuto conto dei tempi per il bando, per la procedura di vendita delle frequenze televisive digitali e per l'incasso delle relative somme, anche rispetto a quanto preventivato in bilancio;
ancora di più detto rischio sembra concretizzabile dopo la diffusione da parte di alcuni organi di stampa della notizia che slitta ancora, ed è tutta da rifare, la gara che assegnerà i tre multiplex ai nuovi entrati nel mercato del digitale terrestre, a causa non meglio descritte diatribe, non si sa come e se risolvibili, sul principio di reciprocità «in tema di attribuzione del diritto d'uso delle frequenze radio per la diffusione televisiva»;
nel caso le somme previste dalla norma finanziaria non venissero reperite ed erogate velocemente alle scuole paritarie moltissime di loro dovrebbero interrompere il servizio con gravissimo pregiudizio per moltissimi studenti, le loro famiglie e tutte le comunità dei territori del nostro Paese;
si determinerebbe inoltre una gravissima inadempienza di un dettato normativo che dall'anno 2000 include nel sistema pubblico di istruzione tanto la scuola statale quanto quella paritaria e che, se la legge finanziaria non venisse ottemperata e quindi non venisse ripristinata almeno la somma di 245 milioni di euro, verrebbe completamente snaturato per impossibilità di sopravvivere delle scuole paritarie -:
quali urgenti ed indispensabili provvedimenti ed azioni il signor Ministro intenda adottare al fine di garantire la certezza della esistenza e della veloce erogabilità alle scuole paritarie delle somme previste nella legge finanziaria per il 2011, così come rappresentato in premessa;
con quali disponibilità ed in che tempi, il Governo intenda coprire la somma prevista nella finanziaria per il 2011 per il ripristino di parte delle risorse dovute alle scuole paritarie nel caso non si rendessi disponibile quella relativa alla vendita delle frequenze televisive digitali.
(5-04222)

GHIZZONI, DE PASQUALE e BELLANOVA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero interrogato ha inviato alla Corte dei Conti, senza alcuna informativa alle organizzazioni sindacali e datoriali (sebbene fosse stato previsto un apposito incontro fissato per l'11 febbraio 2011), la direttiva n. 103 del 30 dicembre 2010 sulle nuove disposizioni per l'indizione delle gare d'appalto relative ai servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie nelle scuole, che attualmente impiegano

26.000 lavoratori esterni alla scuola. Gli appalti in essere sono stati prorogati fino al prossimo 30 giugno 2011;
la direttiva conferma la nota sul programma annuale 2010, che ha ridotto del 25 per cento la spesa per gli appalti, costringendo le scuole a ridurre il servizio e ad aumentare i carichi di lavoro del personale dipendente dalle ditte di pulizia e degli stessi collaboratori scolastici;
essa, inoltre, definisce gli ambiti operativi, le modalità di gestione, i contenuti delle nuove gare d'appalto, che sarebbero affidate direttamente ai singoli istituti scolastici. Purtroppo non prevede alcuna clausola sociale a salvaguardia dei lavoratori attualmente dipendenti dalle ditte appaltatrici, con conseguenze gravi sui loro livelli occupazionali, così come conferma l'incremento del carico di lavoro per il personale collaboratore scolastico che subirà, per il prossimo anno scolastico, una ulteriore riduzione di organico di circa 15 mila unità -:
se il Ministro interrogato, al fine di garantire la qualità del servizio e quindi la salubrità e sicurezza degli ambienti scolastici, non intenda assumere iniziative per rimuovere i tagli di risorse e di organico previsti dalla nota sul programma annuale 2010;
se, a tutela dei lavoratori attualmente dipendenti delle ditte appaltatrici, non ritenga di inserire nella direttiva citata in premessa una clausola sociale a loro salvaguardia;
se sia stata valutata la compatibilità dell'affidamento ai singoli istituti scolastici delle procedure d'appalto con la normativa nazionale e comunitaria, in particolare con l'articolo 13 della legge n. 136 del 2010, che dispone in merito alla riduzione e alla qualificazione delle stazioni appaltanti.
(5-04229)

GHIZZONI, TOCCI, MOTTA, SANGA, BACHELET e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 29, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, afferma che per la copertura dei posti di assegnista di ricerca le università possano avvalersi esclusivamente delle procedure previste dalla stessa legge;
l'articolo 29, comma 11, della stessa legge 30 dicembre 2010, n. 240, dispone l'abrogazione dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che aveva precedentemente istituito lo strumento dell'assegno di ricerca;
in data 21 gennaio 2011 l'università di Modena e Reggio Emilia con circolare prot. n. 1154 ha affermato che l'entrata in vigore della succitata legge 30 dicembre 2010, n. 240, impedisce all'amministrazione di adottare le procedure di rinnovo degli assegni in corso;
analoghe decisioni sono state assunte da diversi atenei italiani;
tali interpretazioni della legge 30 dicembre 2010, n. 240, parrebbero infondate in quanto la citata legge non dispone alcuna interruzione delle procedure già avviate alla data di entrata in vigore, né intacca i diritti acquisiti dai titolari di assegni di ricerca che, nel bando originale, prevedevano esplicitamente la possibilità di rinnovo -:
se il Ministro non ritenga opportuno chiarire la corretta interpretazione delle disposizioni di cui all'articolo 22 e all'articolo 29, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
se non ritenga necessario emanare quanto prima il decreto di cui all'articolo 22, comma 7, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, per determinare il trattamento economico minimo spettante ai titolari degli assegni di ricerca di cui allo stesso comma, onde consentire alle università di procedere all'emanazione di bandi per assegni di ricerca di cui allo

stesso articolo 22 ed evitare un blocco che avrebbe conseguenze negative sull'operatività immediata dei gruppi di ricerca.
(5-04231)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli studenti dei corsi di laurea delle professioni sanitarie infermieristiche e tecnico-sanitarie per l'anno 2010-11 sono stati oltre 28.142, quelli per il corso di laurea in medicina e chirurgia sono stati 9.527; il rapporto è di 3 studenti delle professioni sanitarie infermieristiche e tecnico-sanitaria e 1 di medicina e chirurgia;
gli studenti per le professioni infermieristiche sono passati dagli 8.650 posti disponibili nell'anno accademico 2006-2007 ai 16.336 posti del corrente anno accademico;
gli iscritti totali ai corsi di laurea delle professioni sanitarie ed in particolare delle lauree infermieristica alle università in Italia sono oltre 80.000 rispetto a circa 35.000 iscritti ai corsi di laurea in medicina e chirurgia;
le iscrizioni ai corsi di infermieristica ed ai master di area sanitaria producono le maggiori entrate anche economiche per la facoltà di medicina e per le università;
i docenti di ruolo universitari «medici» di area sono 10.362 mentre quelli dell'unico settore afferente alle scienze infermieristiche sono 33, rappresentando appena lo 0,3 per cento del totale, tra cui ulteriormente l'unico professore ordinario ed alcuni tra professori associati e ricercatori risultano impropriamente inseriti nel settore in quanto di formazione medica;
i corsi di laurea in infermieristica vedono, al momento, la quasi totalità della docenza del settore scientifico disciplinare infermieristico (MED45) lasciati in una provvisorietà di affidamento annuale di incarico che crea di certo nocumento allo sviluppo e alla ricerca disciplinare;
i docenti medici universitari assumono le funzioni di ruolo di presidente di tutti i corsi di laurea, sia di 1o livello che di 2o Livello, così come gestiscono, nei fatti, le nomine a contratto e convenzionali del personale docente infermieristico -:
quali iniziative si intendano porre in atto per sviluppare, per converso, il ruolo dei professori di ruolo del settore (attualmente denominato MED/45), in modalità tali che, nelle università ove risultano presenti, sia coerentemente affidato a chi appartiene al settore disciplinare di riferimento la presidenza e la responsabilità del corso di laurea in infermieristica/scienze infermieristiche/ostetriche;
quali iniziative si intendano porre in atto per garantire e sviluppare la disciplina infermieristica nel mondo accademico, ivi comprese la creazione di una macroarea specifica per le scienze infermieristiche all'interno della quale istituire ulteriori specifici settori di ambito, come nella maggioranza degli altri Stati dell'Unione europea, degli USA e del resto del mondo;
quali siano le motivazioni poste alla base dell'ipotesi di iniziativa normativa di docenza aziendale infermieristica presentata da rappresentanti del Ministero della salute, dell'università e dei collegi professionali, nel corso del Forum Risk Management di Arezzo del mese di ottobre 2010, che sembra porre un definitivo vincolo allo sviluppo disciplinare specifico, confinando il ruolo infermieristico in ambito esclusivamente tecnico-clinico, anziché sviluppare modalità di più ampia integrazione accademica;
quali iniziative si intendano porre in atto per regolare l'offerta formativa di master di area infermieristica, in particolare per le università on-line, per le strutture universitarie non dotate di facoltà di

area sanitaria e di strutture cliniche e delle competenze infermieristiche per erogare la specifica formazione, con conseguenze sulla formazione degli studenti e sulla salute del cittadino;
quali iniziative si intendano assumere per la valorizzare la ricerca e la docenza nelle scienze infermieristiche attraverso modalità di reclutamento specifico, in linea le determinazioni dall'International Council Nursing (ICN), anche attraverso l'emanazione di specifiche linee guida per la creazione di specifici dipartimenti di scienze infermieristiche universitari, diretti da personale di formazione infermieristica.
(4-10914)

GIRLANDA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 15 febbraio 2010 i principali quotidiani regionali dell'Umbria riportavano la notizia di un compito assegnato da una docente di materie artistiche della scuola media «Dante Alighieri» agli studenti della sua classe consistente in un disegno di un carro allegorico ispirato alle vicende personali che hanno recentemente visto coinvolto nei dibattiti mediatici il Presidente del Consiglio, dal titolo «Berlusconi porcellone, le signorine porcelline»;
diversi genitori dei ragazzi hanno immediatamente protestato nei confronti della docente, interessando anche il capogruppo in consiglio comunale del Pdl, che ha presentato un'interrogazione a riguardo all'assessore all'istruzione;
la preside della scuola media, informata da diversi genitori, si è subito mossa aprendo un procedimento nei confronti della docente e inviando all'ufficio del direttore scolastico regionale una dettagliata relazione;
esistono diversi disegni eseguiti dagli alunni che provano l'oggetto del compito, malgrado l'assenza di note scritte impartite dalla docente;
è assolutamente necessario che gli insegnanti non infondano connotazioni politiche alle materie oggetto del loro insegnamento, né amplifichino la eco di dibattiti politico-mediatici inerenti le più alte cariche dello Stato, onde evitare di compromettere il loro ruolo di educatori e fornitori di strumenti culturali per i più giovani;
è necessario mantenere alta l'attenzione in relazione a questo genere di fenomeni che, a volte involontariamente, possono conoscere momenti di recrudescenza in concomitanza con il periodo carnevalesco;
sarebbe opportuno assicurare, ad avviso dell'interrogante, un controllo capillare delle modalità con le quali i temi inerenti i dibattiti politici e giudiziari vengono affrontati nelle aule scolastiche da parte di professori che finiscono per costituire esempio di parzialità nella loro opera educativa -:
quali siano le iniziative che si intendano assumere nei confronti della docente protagonista di tale episodio.
(4-10923)

VACCARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo l'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 («Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio Sanitario Nazionale»), i requisiti specifici di ammissione ai concorsi di livello dirigenziale per il profilo professionale di ingegnere sono: a) diploma di laurea rispettivamente in ingegneria nelle branche specifiche da indicarsi nel bando, in architettura, in scienze Geologiche; b) abilitazione all'esercizio

professionale; c) cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità, relativa al concorso specifico, prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni; d) iscrizione ai rispettivi albi professionali, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando;
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328 («Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti»), ai fini dell'iscrizione all'Ordine degli ingegneri - settore dell'informazione, è ritenuta valida, oltre alla laurea specialistica nella classe 35/S - ingegneria informatica, anche la laurea specialistica nella classe 23/S - informatica;
ciononostante, si verifica molto spesso che i laureati in informatica non siano ammessi ai concorsi pubblici per dirigente ingegnere informatico del Servizio sanitario nazionale, pur essendo regolarmente iscritti all'Ordine degli ingegneri informatici ed essendo abilitati all'esercizio della professione -:
se risultano i motivi per cui permanga l'esclusione dei laureati in informatica da molti concorsi pubblici di livello dirigenziale per ingegnere informatico, nonostante l'intervenuta equiparazione dei titoli di studio ai fini dell'esercizio della professione di ingegnere informatico;
quali iniziative e in quali tempi il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, per adeguare la disciplina concorsuale e porre termine al grave pregiudizio per i laureati in informatica.
(4-10929)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

SCHIRRU, CALVISI, PES, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SORO, FADDA e MELIS. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Meridiana Fly ha annunciato un piano di esuberi per 910 lavoratori di Olbia e Gallarate, sui 2.023 dipendenti totali; il 45 per cento del personale sarà dunque licenziato, tra piloti, hostess, steward e addetti di terra, dei 2.023 dipendenti, attualmente, in forza nell'aviolinea;
subiranno la perdita del posto di lavoro 408 lavoratori che inizialmente erano stati assunti a tempo determinato, il cui contratto poi era stato trasformato a tempo indeterminato, dopo un'azione giudiziaria degli stessi dipendenti, per poi essere posti immediatamente in mobilità; altri 330 dipendenti di Gallarate avranno lo stesso trattamento e, infine, altri 210 lavoratori saranno esternalizzati, come comunica la stessa Meridiana;
come emerge dalle lettere di apertura della procedura di mobilità e di licenziamento, inviate ai sindacati dall'amministratore delegato Massimo Chieli, di questi 910 esuberi 84 sono piloti, 520 assistenti di volo e 306 lavoratori di terra. Ed è da questi pesanti numeri che partirà ora la trattativa tra l'azienda e i sindacati per arrivare a un accordo per la gestione di queste eccedenze di personale. Come previsto dalla legge n. 223 del 1991, le parti hanno ora 75 giorni di tempo per arrivare a un'intesa. Il piano prevede 84 eccedenze tra il personale di condotta (44 comandanti e 40 piloti). Solo a Olbia, gli esuberi sono 48, mentre i rimanenti sono distribuiti sulle altre basi d'armamento (Cagliari, Malpensa, Firenze e Verona). Le eccedenze di hostess e steward sono di 520 unità, di questi 348 sono su Malpensa e

107 a Olbia. Trecentosei sono gli esuberi tra il personale di terra, dei quali 295 quadri e impiegati e 11 operai. La stragrande maggioranza di queste eccedenze è concentrata su Olbia con 264 unità. Va precisato che degli oltre 300 lavoratori, circa 210 sono interessati dai processi di esternalizzazioni previsti dal piano;
a determinare questi esuberi sarebbe la strategia di ristrutturazione: la compagnia ha deciso di ridurre il numero di aeromobili di 9 unità, di cancellare una serie di rotte e snellire la struttura organizzativa del proprio quartier generale. A indebolire la competitività di Meridiana Fly è stata poi la ristrutturazione di Alitalia;
i sindacati giudicano incomprensibile il piano aziendale, che taglia quasi metà del personale, creando effetti sociali devastanti, in una regione già fortemente debole, sul fronte occupazionale, come la Sardegna e si chiede l'immediata apertura di un tavolo di confronto con la regione Sardegna, per discutere delle prospettive occupazionali dei lavoratori in esubero e della situazione aziendale specifica;
in riferimento alle notizie di stampa apparse sabato, Meridiana Fly precisa che, come indicato già nel giugno 2009 dal suo azionista di controllo S.A. l'Aga Khan, il futuro della compagnia è in partnership sia nazionali che internazionali. I contatti con Alitalia riportati sulla stampa di sabato vanno pertanto inquadrati in questo contesto. Allo stato non c'è alcun accordo di partnership e nessuna decisione è stata presa. Di conseguenza, allo stato, a qualsiasi ipotesi di valorizzazione dell'azienda appare priva di fondamento -:
se non ritenga di convocare urgentemente un tavolo a livello nazionale con la partecipazione della regione Sardegna e dell'azienda Meridiana Fly.
(5-04230)

FEDRIGA, DESIDERATI e REGUZZONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo indiscrezioni i dirigenti della società Alitalia-Cai costringono il personale a loro sottoposto ad aprire giornate di malattia indebita anziché concedere i giorni di ferie a loro spettanti;
così facendo, la dirigenza dimostra - nell'ottica del raggiungimento degli obiettivi di produttività e del relativo premio di produzione - le proprie capacità nel far partire i voli con un numero di naviganti inferiore alle reali necessità;
in tal modo i dirigenti fanno risparmiare l'azienda, che non deve assumere maggior personale, e mascherano un operativo sotto organico con un personale «assenteista»;
se ciò corrispondesse al vero, si palesa a parere degli interroganti una vera e propria frode ai danni dell'Inps -:
quale sia la percentuale di assenze per malattie pagate dall'Inps nel 2010 ai piloti della società Alitalia-Cai e se, comunque, il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative atte a verificare i fatti di cui in premessa.
(5-04233)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel Veneto, un gruppo di giovani donne, ex disoccupate ed ex cassintegrate, hanno deciso di dar vita ad una cooperativa artigianale, capace di fornire manodopera qualificata alle grandi aziende del territorio. Un primo indotto a rispondere è stato quello relativo al marchio di moda «Bottega Veneta». La cooperativa, che copre il territorio di Alto Astico e Posina, in provincia di Vicenza, è formato da diciotto persone, che arriveranno a trentadue in aprile. Una delle caratteristiche

principali è che gli utili saranno equamente ridistribuiti a fine anno, tra tutte le dipendenti. Nell'ultimo trimestre del 2010, il fatturato di Bottega Veneta è cresciuto del 42 per cento, con un aumento attuale costante delle commesse: «da nicchia che eravamo, ci siamo ritrovati in un mercato che vuole esattamente il tipo di lusso raffinato che facciamo noi», dice l'amministratore delegato Marco Bizzarri;
per questo era necessario avere il supporto di altri artigiani, quello che la cooperativa ha potuto offrire. «Speriamo di essere monopolisti della cooperativa, però niente esclusive», prosegue Bizzarri che insegue un modello di azienda diffusa: il cervello a Vicenza, nel quartier generale dove si studiano prototipi, modelli da sfilata, si mettono a punto le tecniche della «borsa perfetta» (lo testimonia il fatto che i clienti più assidui sono i giapponesi) e le mani in 110 piccoli laboratori artigianali, dislocati soprattutto in Veneto, a cui si aggiunge ora la cooperativa montana femminile di Arsero, i cui locali si trovano nel centro del paese. «Da quando si è sparsa la voce, ogni giorno riceviamo almeno cinque richieste di donne che vogliono entrare a lavorare qui», affermano le ragazze. Entro l'anno partirà una cooperativa simile a Pedemonte, sempre nel vicentino;
«il modello giusto contro l'aggressività cinese», lo ha definito Luca Zaia, presidente della regione, all'inaugurazione della cooperativa. Il contributo della regione non è stato necessario; come istituzione ha rappresentato soltanto il medio tramite cui le parti si sono potute incontrare e giungere ad un accordo. La provincia ha garantito per un prestito d'onore di 20 mila euro, con cui attrezzare i locali. Selezione, da settantacinque professioniste ne sono rimaste soltanto diciotto, corso di formazione ed infine inizio dell'attività lavorativa. Quattrocento milioni di euro il fatturato di Bottega Veneta nel 2009 - nel 2001 erano 30, la corsa è stata veloce -, nei primi nove mesi del 2010 le vendite erano cresciute del 16 per cento; poi l'accelerazione. «Anche noi abbiamo sentito le sirene della delocalizzazione - confessa Bizzarri -: minori costi di produzione e tutta una serie di pseudo vantaggi. Ma se siamo riusciti a crescere tanto il merito è del nostro strettissimo rapporto con gli artigiani: se loro sono una realtà forte, anche noi lo diventiamo. L'obiettivo è rimettere in piedi il distretto vicentino in crisi per la fuga all'estero delle manifatture»;
in Veneto - secondo i dati forniti dalla regione - i disoccupati sono 106 mila, pari al 4,8 per cento. È il terzo valore più basso fra le regioni, e molto distante dalla media nazionale del 7,8 per cento. Ma la disoccupazione femminile sta rapidamente aumentando: nel Vicentino si trovano circa diecimila persone disoccupate, pari al 6,2 per cento. «È una grande occasione, noi ci crediamo», dice la responsabile della cooperativa Donata Sella, che per trenta anni ha lavorato nell'azienda del marito, trovandosi poi senza lavoro una volta chiusa l'attività. Secondo Zaia è necessario «rivedere la legge sul Made in Italy delle manifatture. Non è sufficiente che ci siano tre lavorazioni fatte in Italia per definire un prodotto italiano, deve essere fatto qui al 100 per cento, se la gente vede che dietro ci sono realtà come questa, è anche disposta a spendere di più» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di incentivare in Italia la nascita di strutture imprenditoriali e lavorative, sul modello di quanto realizzato dalla «cooperativa montana femminile», che possano fornire manodopera alle grandi realtà artigianali del nostro Paese.
(4-10912)

SCHIRRU, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, DAMIANO, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, FARINA COSCIONI, GRASSI, LENZI, MIOTTO, MURER, PEDOTO, SARUBBI, SBROLLINI, LIVIA TURCO, TRAPPOLINO

e SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 20, ha ridefinito i percorsi relativi all'accertamento e al riconoscimento delle minorazioni civili, prevedendo:
a) che a decorrere dal 1o gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo;
b) che in ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS;
c) che a decorrere dal 1o gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS, secondo modalità stabilite dall'ente medesimo. L'Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle aziende sanitarie locali;
l'INPS con determinazione del commissario straordinario del 20 ottobre 2009, n. 189, e con la circolare INPS 28 dicembre 2009, n. 131, ha fissato le linee guida e le modalità operative dei procedimenti precisando in particolare:
a) che la presenza del medico INPS in commissione di accertamento ASL consente, nel caso di unanimità di giudizio, un iter accelerato di convalida dei verbali di invalidità, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999) a vantaggio del cittadino;
b) che tutti i passaggi dei procedimenti sono gestiti con uno specifico software INPS per via telematica al fine di garantire celerità e trasparenza degli atti;
c) che i tempi massimi fra la domanda e la concessione delle eventuali provvidenze possono essere contenuti entro i 120 giorni;
d) che i tempi - di norma - per le convocazioni a visita ordinaria devono essere contenuti in 30 giorni (15 per i malati oncologici);
dai cittadini con disabilità, dalle loro famiglie, dalle organizzazioni che li rappresentano e dai patronati sindacali giungono numerose e diffuse segnalazioni di ritardi pari o superiori alla precedente gestione che in alcuni casi giungono ad un anno di attesa;
da numerose ASL e patronati sindacali giungono segnalazioni di difficoltoso funzionamento del software gestito dall'INPS, tale da comportare la trasmissione degli atti su supporto cartaceo;
l'INPS ha affidato a fine 2010 a Postel l'incarico dell'inserimento di dati relativi ai procedimenti in questione;
secondo l'ordinamento vigente, le persone con disabilità, per accedere a qualsiasi agevolazione, prestazione, servizio a loro destinato devono essere in possesso di un verbale che ne certifichi lo status, e tale verbale decade nella data in cui è prevista una eventuale rivedibilità anche nelle more della revisione;
risulta infine che dopo la prima visita di verifica della Asl, l'Inps richiami senza distinzioni tutti i disabili a visita, spesso attraverso sms, non garantendo quindi il corretto ricevimento della comunicazione, specialmente quando si tratta di anziani -:
in quale misura sia stata garantita la presenza del medico INPS all'interno delle commissioni al fine di conformarne la composizione al dettato normativo;
in quanti casi e con che indicazioni si sia applicata l'ipotesi di «validazione» accelerata sugli atti in caso di approvazione all'unanimità dei verbali di accertamento;

in quale misura, a distanza di un anno, siano state informatizzate le pratiche relative all'invalidità civile di nuova presentazione;
dopo l'entrata a regime delle nuove procedure, quali siano i tempi medi di attesa per le diverse fasi (convocazione, conferma, concessione, erogazione) dei procedimenti; con quali differenze territoriali e con quali differenze rispetto agli anni precedenti;
se tali ritardi nell'ordinaria amministrazione siano imputabili alla contestuale conduzione dei piani straordinari di verifica sulle invalidità civile (200 mila controlli nel 2010, 100 mila controlli nel 2009);
quanti ricorsi giurisdizionali risultino pendenti al 31 dicembre 2010 in materia di minorazioni civili e quale sia la soccombenza;
quante domande di accertamento vi siano state nel 2009 e nel 2010 e quale sia il trend rispetto agli anni precedenti;
quali siano i contenuti e quali le motivazioni del coinvolgimento di Postel da parte di INPS nella gestione delle nuove procedure.
(4-10927)

STRIZZOLO e FARINA COSCIONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, all'articolo 20, ha ridefinito i percorsi relativi all'accertamento e al riconoscimento delle minorazioni civili, prevedendo:
a) che a decorrere dal 1o gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo;
b) che in ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS;
c) che a decorrere dal 1o gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS, secondo modalità stabilite dall'ente medesimo. L'istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle aziende sanitarie e locali;
l'INPS con determinazione del Commissario straordinario del 20 ottobre 2009, n. 189 e con la circolare INPS 28 dicembre 2009, n. 131 ha fissato le linee guida e le modalità operative dei procedimenti precisando in particolare:
a) che la presenza del medico INPS in commissione di accertamento ASL consente, nel caso di unanimità di giudizio, un iter accelerato di convalida dei verbali di invalidità, handicap (legge 104 del 1992) e disabilità (legge 68 del 1999), a vantaggio del cittadino;
b) che tutti i passaggi dei procedimenti sono gestiti con uno specifico software INPS per via telematica al fine di garantire celerità e trasparenza degli atti;
c) che i tempi massimi fra la domanda e la concessione delle eventuali provvidenze possono essere contenuti entro i 120 giorni;
d) che i tempi - di norma - per le convocazioni a visita ordinaria devono essere contenuti in 30 giorni (15 per i malati oncologici);
dai cittadini con disabilità, dalle loro famiglie, dalle organizzazioni che li rappresentano e dai patronati sindacali giungono numerose e diffuse segnalazioni di ritardi pari o superiori alla precedente gestione che in alcuni casi giungono ad un anno di attesa;
da numerose ASL e patronati sindacali giungono segnalazioni di difficoltoso funzionamento del software gestito dall'INPS, tale da comportare la trasmissione degli atti su supporto cartaceo;

l'INPS ha affidato a fine 2010 a Postel l'incarico dell'inserimento di dati relativi ai procedimenti in questione;
secondo l'ordinamento vigente, le persone con disabilità, per accedere a qualsiasi agevolazione, prestazione, servizio a loro destinato devono essere in possesso di un verbale che ne certifichi lo status, e tale verbale decade nella data in cui è prevista una eventuale rivedibilità anche nelle more della revisione -:
in quale misura sia stata garantita la presenza del medico INPS all'interno delle commissioni al fine di conformarne la composizione al dettato normativo;
in quanti casi e con che indicazioni si e applicata l'ipotesi di «validazione» accelerata sugli atti in caso di approvazione all'unanimità dei verbali di accertamento;
in quale misura, a distanza di un anno, siano state informatizzate le pratiche relative all'invalidità civile di nuova presentazione;
dopo l'entrata a regime delle nuove procedure, quali siano i tempi medi di attesa per le diverse fasi (convocazione, conferma, concessione, erogazione) dei procedimenti; con quali differenze territoriali e con quali differenze rispetto agli anni precedenti;
se tali ritardi nell'ordinaria amministrazione siano imputabili alla contestuale conduzione dei piani straordinari di verifica sulle invalidità civile (200 mila controlli nel 2010, 100 mila controlli nel 2009);
quanti ricorsi giurisdizionali risultino pendenti al 31 dicembre 2010 in materia di minorazioni civili e quale sia la soccombenza con riferimento alla regione Friuli Venezia Giulia;
quante domande di accertamento vi siano state nel 2009 e nel 2010 e quale sia il trend rispetto agli anni precedenti sempre per quanto attiene a soggetti residente in Friuli Venezia Giulia;
quali siano i contenuti e quali le motivazioni del coinvolgimento di Postel da parte di INPS nella gestione delle nuove procedure e quali direttive siano state emanate con specifico riferimento al servizio da erogare ai cittadini interessati residenti in Friuli Venezia Giulia.
(4-10931)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

GIANNI, SARDELLI, BELCASTRO, CALEARO CIMAN, CATONE, CESARIO, D'ANNA, GRASSANO, IANNACCONE, MILO, MOFFA, MARIO PEPE (IR), PIONATI, PISACANE, POLIDORI, PORFIDIA, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI e SILIQUINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 3 febbraio 2011, il presentatore televisivo, Alessandro Di Pietro, ha lanciato un invito al boicottaggio del pomodoro pachino perché la filiera sarebbe controllata dalla mafia;
tale forzatura il conduttore ha ritenuto di farla in virtù delle dichiarazioni del Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che aveva denunciato che «quel tipo di prodotto viene trasportato dal sud della Sicilia al mercato di Fondi, per essere confezionato e poi trasferito nuovamente in Sicilia per la distribuzione nei grandi magazzini»;
dichiarazioni queste che se corrispondessero al vero dovrebbero vedere il conseguente intervento delle autorità predisposte alla repressione dei fenomeni criminali, ma che non dovrebbero essere utilizzate in maniera impropria da un qualunque presentatore in cerca di notorietà;

tale dichiarazione irresponsabile sta aggiungendo di fatto nuovi elementi di crisi in un settore, quello della produzione del pomodoro pachino, che già deve fare i conti con la crisi profonda che attraversa il mondo agricolo;
in questo modo, senza contraddittorio, si è lanciato un'anatema che ha raggiunto l'unico scopo di mettere in crisi un settore produttivo che vede migliaia di persone occupate, le quali rischiano, cosi da un momento all'altro, di vedere fallire i propri sforzi e il proprio lavoro;
appare incomprensibile che nella televisione pubblica, che dovrebbe collaborare a sponsorizzare i prodotti di qualità italiani, si possa, al contrario, arrivare a invitare al boicottaggio di uno dei più conosciuti e apprezzati prodotti del made in Italy agroalimentare;
quanto accaduto ha sollevato la giusta indignazione dei circa cinquemila piccoli produttori e delle quattordici cooperative che producono pomodoro pachino, nonché la dura presa di posizione delle amministrazioni locali, della Confagricoltura e di alcuni autorevoli rappresentanti del Governo nazionale;
l'indignazione nasce non in virtù di un rifiuto delle problematiche denunciate dal procuratore nazionale antimafia ma per il modo con cui si è cercato lo «scoop» televisivo a tutto scapito dei piccoli e medi produttori del pomodoro pachino -:
se il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro dello sviluppo economico intendano:
a) dichiarare lo stato di crisi per il settore produttivo del pomodoro pachino che, proprio grazie alle dichiarazioni ad avviso degli interroganti irresponsabili del presentatore televisivo, ha subito danni devastanti con il rischio concreto, per molti piccoli produttori, di dover chiudere definitivamente le proprie aziende agricole;
b) tutelare uno dei più noti e apprezzati prodotti del made in Italy agroalimentare attraverso una campagna informativa sul lavoro di qualità che accompagna la produzione del pomodoro pachino;
c) contrastare in maniera efficace le attività di contraffazione dei prodotti ortofrutticoli nazionali che vengono danneggiati continuamente dall'importazione incontrollata di prodotti similari, non certo per la qualità, da tutta l'area mediterranea;
se il Ministro dell'interno intenda:
a) rafforzare e sostenere la lotta degli apparati dello Stato, preposti alla repressione dei fenomeni criminali, al fine di accertare tutti i tentativi di inquinare il comparto produttivo del pomodoro pachino attraverso l'allungamento della filiera, rendendo la stessa trasparente e inaccessibile ad eventuali infiltrazioni mafiose;
b) effettuare simili controlli per quanto riguarda tutta la produzione ortofrutticola, al fine di non fare pagare costi alterati ai consumatori a causa di eventuali infiltrazioni criminali, riuscendo, al contempo, a dare un aiuto concreto ai produttori onesti che da simili infiltrazioni criminali risultano essere i primi danneggiati.
(4-10888)

ZACCHERA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
in silenzio, miliardi di api stanno morendo e la nostra intera catena alimentare rischia di essere messa in pericolo, tenuto conto che le api non solo producono il miele, ma sono una gigantesca forza lavoro, perché impollinano ben il 90 per cento delle piante che si coltivano;
diversi studi scientifici hanno individuato in un gruppo di pesticidi tossici la loro drastica diminuzione, mentre la popolazione delle api è aumentata incredibilmente

nei quattro Paesi europei che hanno vietato questi prodotti. Ma alcune potenti industrie chimiche stanno facendo pressioni enormi per continuare a vendere questo veleno;
l'opportunità che si ha per salvare le api ora è di spingere gli Stati Uniti e l'Unione europea a unirsi nella messa al bando di quei prodotti: la loro azione è cruciale perché avrebbe un effetto a catena nel resto del mondo;
le api sono essenziali per la vita sulla Terra: ogni anno impollinano piante e coltivazioni per un valore stimato in 40 miliardi di dollari, oltre un terzo delle scorte alimentari in molti Paesi. Senza un'azione immediata per salvare le api, si potrebbe rimanere senza frutta, verdura, noci, oli e cotone;
negli ultimi anni la popolazione delle api ha registrato un notevole declino globale: alcune specie di api sono ora estinte e altre arrivano solo al 4 per cento del loro numero precedente. Gli scienziati si stanno arrovellando per trovare le risposte. Alcuni studi ritengono che il declino sia dovuto alla combinazione di alcuni fattori, incluse malattie, la perdita dell'habitat naturale e prodotti chimici tossici. Ma reiterate ricerche pubblicate sulla stampa specializzata ed al centro di numerosissimi incontri tra gli operatori del settore annunciano dati incontrovertibili che danno la colpa ai pesticidi neonicotinoidi. Francia, Italia, Slovenia e Germania, Paesi in cui è basato il loro più grande produttore Bayer, hanno vietato uno di questi killer delle api. Ma Bayer continua a esportare il suo veleno in tutto il mondo -:
quali iniziative si intendano ulteriormente assumere a livello di Unione europea per affrontare questo problema e quali pratiche decisioni ne siano scaturite o si intendano prendere in considerazione.
(4-10908)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
le segreterie nazionali di FeLSA CISL, NIdiL CGIL, UIL CPO hanno denunciato più volte la grave situazione che sta per verificarsi, e in alcuni casi si è già verificata, in relazione al taglio del lavoro precario presso la pubblica amministrazione previsto dalla manovra di bilancio varata a luglio (decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010);
il ricorso al lavoro atipico nella pubbliche amministrazioni è figlio del blocco del turn-over nelle amministrazioni e del mancato adeguamento, attraverso pubblici concorsi, delle piante organiche degli enti, come più volte denunciato dalle organizzazioni sindacali di settore e dal PD;
tali lavoratori chiamati a svolgere un lavoro, spesso ordinario e strutturale negli enti, utile perché produce servizi necessari ai cittadini e alle imprese, vengono cancellati con un colpo di spugna per contribuire al ripiano dei conti pubblici;
questa vera e propria crisi, che non riguarda l'industria ma servizi resi ai cittadini presso enti previdenziali e ministeri, è una crisi dimenticata e nascosta; elemento forse provocato dalla natura temporanea dei contratti di questi lavoratori che li rende meno forti e visibili;
FeLSA NIdiL CPO (le categorie che rappresentano all'interno delle confederazioni i lavoratori atipici) hanno chiesto al Parlamento e alle forze politiche di sospendere il taglio previsto nella manovra di luglio 2010 che riduce, assieme al lavoro, servizi essenziali e strutturali delle amministrazioni pubbliche resi ai cittadini e alle imprese; un taglio che comporterà

comunque un costo in termini di sostegno al reddito e di ammortizzatori sociali previsti dalla legge e in termini di ulteriori spese per interventi che potranno essere messi in campo dalla bilateralità di settore;
la vicenda socialmente più grave dal punto di vista numerico è quella specifica che riguarda i lavoratori dell'Inps, ad oggi quasi 1800 persone (dei quali 60 in Veneto e 9 a Vicenza in forza presso la sede provinciale - 7 donne ed 2 uomini, perlopiù giovani con una formazione medio alta e in maggioranza operanti presso la sede di Vicenza da circa un biennio - la maggioranza delle quali da diversi anni occupati nelle sedi dell'Istituto di tutta Italia con contratti di somministrazione di lavoro attraverso varie agenzie per il lavoro;
questi lavoratori sono spesso adibiti negli uffici dell'Inps a funzioni ordinarie e strutturali di lavoro, tanto che la loro mancata presenza non potrà far altro che rallentare, quando non sospendere, l'iter di pratiche pensionistiche e sociali di competenza dell'Istituto. Nello specifico a Vicenza si occupano di pratiche di cigo e cigs, mobilità, disoccupazione, liquidazione TFR, fondi di garanzia e fondi di tesoreria quindi attività in prevalenza strutturali;
la situazione veneta e italiana non si discosta di molto da quella vicentina;
le ricadute con la «cancellazione» di queste figure saranno pesanti sia dal punto di vista della spesa sia sull'erogazione di servizi necessari ai cittadini e alle imprese. Si pensi ad esempio ai lavoratori già in difficoltà e ai pensionati in attesa di risposte dall'Istituto -:
se si siano attuate le proroghe dei contratti in scadenza a dicembre parificandoli per tutti alla data del 31 marzo 2011 (550 in Italia, 3 a Vicenza sono in scadenza il 31 dicembre 2010, gli altri scadranno tutti il 31 marzo 2010);
quale strategia il Governo intenda attuare per evitare la perdita dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione in particolare per l'INPS, con la conseguente ed inevitabile perdita di capacita nel fornire servizi adeguati nei tempi e nella qualità ai cittadini utenti;
se intenda promuovere la modifica del decreto-legge n. 78 del 2010 per giungere alla salvaguardia di tutti i posti di lavoro in somministrazione tuttora attivi presso l'istituto.
(4-10904)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere che - premesso che:
come risulta da notizie diffuse dall'agenzia «ANSA» il 14 febbraio 2011, è sempre più diffuso il fenomeno della sordità, circa 5-7 milioni di ipoacusi, in particolare tra le persone anziane, ma ultimamente il problema riguarda anche molti bambini e giovani;
le protesi acustiche hanno raggiunto costi ragguardevoli e costano anche il triplo rispetto ad altri Paesi europei, per cui per molte persone, in un periodo di indubbia crisi economica come quello che il paese sta attraversando, «tornare a sentire» diventa un lusso insostenibile;
l'associazione Luca Coscioni ha già inviato un esposto all'antitrust perché «possa aprire un'istruttoria circa la sensibile differenza di prezzo tra le protesi acustiche vendute in Italia e le stesse vendute nel resto d'Europa»;
l'auspicio è che l'Autorità voglia aprire nel minor tempo possibile una istruttoria per capire il motivo dei prezzi esorbitanti delle protesi acustiche in Italia e la ragione per cui le stesse, a parità di marca e modello, costino un terzo negli altri Paesi europei;

in Germania, infatti, il costo di un determinato modello è pari a 1600 euro, contro i quasi 5000 euro previsti in Italia, cifra spropositata soprattutto alla luce dei rimborso di 1200 euro che viene riconosciuto dall'ASL;
quanto sopra evidenziato viene confermato anche da esperti come, per fare un solo esempio, il direttore della clinica di otorinolaringoiatria del policlinico Gemelli di Roma, professor Gaetano Plaudetti, secondo il quale in Italia le protesi hanno raggiunto costi altissimi e questo perché in vari casi vi è un ricarico eccessivo da parte degli autoprotesisti, che applicano le protesi ai pazienti dopo averle acquistate dalle ditte produttrici, quasi tutte straniere... In questo settore c'è poca trasparenza e sono necessari più controlli;
vengono da parte dell'associazione Luca Coscioni e dagli esperti consultati avanzate due proposte: porre un tetto massimo ai ricarichi sulle protesi; rendere gli ospedali stessi erogatori di questi presidi -:
quale sia l'orientamento del ministro in ordine a quanto sopra esposto;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere, o adottare in relazione alla situazione che, riguardando milioni di cittadini italiani, è a tutti gli effetti da considerare un vero e proprio problema sociale.
(4-10881)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il direttore generale dell'Aifa, Guido Rasi, sospetta che alcuni prodotti derivati dal sangue già in uso in Italia potrebbero non essere sicuri dal punto di vista infettivo. Su questi prodotti sembra che non siano stati effettuati tutti i controlli necessari per escludere la presenza di vari virus trasmissibili col sangue, pertanto sarebbe auspicabile, secondo il direttore generale dell'Aifa, il ritiro dei lotti a rischio. Il presidente dell'istituto superiore di sanità (ISS), al contrario, ritiene che il rischio contagio sia minimo, tanto da rilasciare l'autorizzazione dei prodotti in questione, opponendosi al sequestro, dato che il ritiro dei farmaci lascerebbe gli ospedali e le farmacie senza quei medicinali necessari a molti pazienti. Per dirimere lo scontro fra Aifa e (ISS) si è chiesto il parere del CSS (Consiglio superiore della sanità), in modo da poter arrivare ad una soluzione che non comprometta in alcun modo la salute pubblica;
la vicenda ha inizio all'incirca un paio di mesi fa quando la Kedrion Spa, società farmaceutica tra i leader mondiali del settore plasma derivati, chiede l'autorizzazione europea alla commercializzazione di alcuni lotti di derivati del sangue. Per farlo, è stato necessario presentare documenti e carte che, fino ad allora, nessuno si era preoccupato di visionare con attenzione. Il carteggio passa in questo modo all'Aifa, l'ente al quale spetta, di diritto, l'emanazione delle regole che le ditte farmaceutiche devono rispettare per vendere sul mercato i loro prodotti. L'organismo si accorge che la documentazione presentata dalla Kedrion non è conforme a quanto richiesto. La lavorazione del sangue per la produzione di emoderivati parte dai centri regionali. In queste strutture si raccoglie il sangue dei donatori, che viene in seguito inviato alla ditta per la trasformazione in emoderivati. Il prodotto finale viene poi rivenduto alle stesse regioni da cui proveniva il sangue;
l'Aifa aveva indicato nell'autorizzazione all'immissione in commercio che sui lotti finali di sangue venissero effettuato analisi precise e molto sensibili per escludere la presenza di una serie molto pericolosa di virus. Esaminando il carteggio, però, si scopre che Kedrion effettua solo la ricerca del virus dell'epatite C e trascura tutti gli altri tra cui HIV e HBV. Nonostante queste gravi inadempienze, l'ISS aveva comunque autorizzato il rilascio dei lotti, per questo l'Aifa si è detta molto preoccupata a riguardo dei prodotti emoderivanti presenti nelle strutture ospedaliere italiane, richiedendone l'istantaneo

ritiro e sequestro. Il rischio di contagio, seppur minimo (stime dicono che si tratta di un rischio attorno a 0,1-1 per milione di sacche di sangue), non è zero. Opposta la posizione dell'ISS che afferma, che non vi sono rischi reali di contagio anche se vengono utilizzati lotti non conformi alle norme dell'Aifa, considerato che il sangue all'origine è ben controllato anche dal punto di vista infettivo e che la lavorazione per estrarre gli emoderivati, fa diminuire ulteriormente il rischio di infettare i pazienti a cui vengono somministrati quei prodotti. L'ISS considera che il vero rischio sia, piuttosto, il ritiro dei lotti in questione perché il Paese rischierebbe di rimanere sprovvisto di quei farmaci fondamentali per trattare numerose patologie soprattutto legate a stati di immunodepressione -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di far chiarezza sulla questione relativa ai prodotti emoderivati, promuovendo o provvedendo direttamente l'eventuale sequestro dei lotti indicati dall'Aifa.
(4-10910)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 14 febbraio 2011 l'agenzia di informazioni «Adnkronos» riferiva della protesta e dell'allarme dei genitori degli alunni della scuola elementare «Ronconi» e della materna «Giramondo» di Roma;
nelle due citate scuole si sarebbe rilevata la presenza di amianto;
dopo tante promesse circa la messa in sicurezza delle due scuole, i genitori hanno deciso di avviare quella che viene definita «una dura protesta» e hanno l'intenzione di inviare un esposto alla procura della Repubblica di Roma;
la richiesta è di chiusura immediata della mensa e di verifica dell'agibilità e della sicurezza per la salute dei piccoli;
i genitori vengono periodicamente rassicurati sul problema dell'amianto che sarebbe «sotto controllo perché i pannelli di eternit sono coperti da vernice e ogni sei mesi c'è una verifica tecnica»;
tuttavia i genitori hanno rilevato scrostature della vernice su molti punti e hanno così scritto una lettera-denuncia e molti di loro sarebbero intenzionati a non far mangiare più i loro figli nella struttura -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere o adottare per tutelare e garantire la salute degli alunni e del personale delle due scuole.
(4-10924)

MANCUSO, BARANI, DE LUCA e GIRLANDA. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2010, tutta la documentazione relativa alle «domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, siano presentate all'INPS secondo modalità stabilite dall'Ente medesimo» e quindi in via telematica;
lo stesso INPS, nel suo sito, dedica una pagina alle novità introdotte dal decreto, ai fini del riconoscimento dell'inabilità in tempi più rapidi e modalità più chiare;
il messaggio n. 7567 del 16 marzo 2010 dell'INPS chiarisce che «si considera esaurita la fase transitoria di presentazione delle (domande di invalidità) in modalità diversa da quella elettronica»;
nel messaggio l'INPS raccomanda a tutti i direttori delle strutture territoriali di porre in essere tutte le iniziative interne ed esterne mirate ad agevolare la presentazione

in via telematica delle istanze volte al riconoscimento dei benefici in questione;
la commissione ASL per i ciechi civili di Salerno ha sottoposto a visita, in data 25 maggio 2010, cittadini richiedenti l'assegno legato al riconoscimento di cecità civile;
la Commissione ha spedito i relativi verbali in forma cartacea alla sede romana dell'INPS, provocando un allungamento inconcepibile delle tempistiche di risposta da parte dell'Istituto;
inspiegabilmente i verbali di altre visite effettuate nello stesso periodo sono stati correttamente inviati in via telematica e gli interessati hanno, in effetti, già ottenuto quanto spettante -:
quali iniziative si intendano assumere per favorire l'invio dei verbali in formato elettronico come previsto ormai in via definitiva dall'Inps.
(4-10926)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

DELFINO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Consorzio per lo sviluppo integrato del sistema industriale piemontese, con domanda di accesso alla programmazione negoziata del 7 ottobre 2004, ha presentato un piano progettuale, concernente la realizzazione di un piano di investimenti nel settore ortofrutta fresca e trasformata, dei cereali e delle oleoproteaginose, da realizzarsi nella regione Piemonte e nelle province di Cuneo e Torino;
il CIPE, con una delibera del 22 dicembre 2006, ha autorizzato la stipula del contratto di programma;
in data 14 settembre 2009, il Ministero dello sviluppo economico ha sottoscritto a Cuneo congiuntamente alle imprese interessate il predetto contratto di programma;
le imprese del Consorzio hanno pressoché tutte completato gli investimenti programmati, nonostante la crisi economica abbia avuto gravi conseguenze su tutti i comparti agricoli di interesse delle aziende consortili;
ciò premesso, è evidente che le imprese consortili abbiano bisogno di tempi certi in ordine all'erogazione dei contributi, in quanto le spese sostenute sono di elevato importo e stanno comportando una significativa esposizione finanziaria presso gli istituti di credito;
nonostante i numerosi solleciti, il CIPE non ha ancora assunto le decisioni attese, generando enormi preoccupazioni nelle imprese coprotagoniste del contratto di programma; appare assolutamente inaccettabile che il Governo non provveda a definire, in tempi certi, lo sblocco delle erogazioni previste -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire, in tempi certi l'erogazione dei predetti contributi, alle imprese consortili che hanno già realizzato gli elevati investimenti previsti dal contratto di programma per rafforzare la loro competitività e per consentire alle medesime di rispondere positivamente alle pressanti e legittime aspettative delle migliaia di aziende agricole, fornitrici o conferitrici di materie prime e/o semilavorate e coprotagoniste del contratto di programma.
(3-01469)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRANDOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il presidente della Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) Emilia-Romagna e il sindaco di Cesena hanno segnalato al presidente della RAI le persistenti

difficoltà di ricezione del TG 3 dell'Emilia Romagna in diverse aree territoriali della regione;
nel comune di Cesena numerose zone ed, in particolare, i popolosi quartieri di Ponte Abbadesse, di Calisese e della valle del Savio ricevono il segnale proveniente da altre regioni quali il Veneto (proveniente da Padova) o il Lazio (proveniente da San Marino) e, pertanto, sono privati dell'informazione regionale della testata giornalistica dell'Emilia-Romagna;
pur comprendendo le difficoltà derivate dal passaggio al digitale terrestre ritengo sia doveroso assicurare ai cittadini, in tutta la sua completezza, la fruizione del servizio pubblico televisivo, compreso quindi il TG della propria regione -:
quali iniziative intenda porre in essere per risolvere tempestivamente il problema al fine da garantire a tutti i cittadini il servizio pubblico televisivo nella sua interezza.
(5-04220)

Interrogazioni a risposta scritta:

D'INCECCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in località San Silvestro Colle, situata nel territorio del comune di Pescara, a partire dal 1952 sono stati dislocati diversi tralicci per antenne radiotelevisive che da tempo sono al centro di un'indagine da parte delle autorità competenti a causa della rilevanza di una così alta concentrazione di antenne per la trasmissione radiotelevisiva sul piano dell'inquinamento elettromagnetico, soprattutto in ragione della loro prossimità ad un popoloso centro abitato;
nel corso degli anni, a seguito delle numerose e pressanti proteste da parte della popolazione locale, preoccupata per i gravissimi rischi alla salute che sembrano derivare dalle esposizioni ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento e all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi, e su sollecitazione delle competenti autorità locali, l'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente (ARTA) ha più volte effettuato campagne di misurazione dei livelli di inquinamento di elettrosmog, certificando il superamento in località San Silvestro dei valori del campo elettromagnetico fissati dai decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003;
in particolare, entrambi i sopralluoghi tecnici effettuati dall'ARTA nell'aprile e nel novembre 2007 si sono conclusi con la certificazione del superamento dei limiti previsti dal citato decreto, sia con riferimento al campo totale, costituito dal concorso di tutte le emittenti presenti nelle località attraverso la misurazione a banda larga, sia per quanto riguarda le singole emissioni di talune radio e televisioni, i cui superamenti sono stati rilevati attraverso la misurazione cosiddetta a banda stretta;
a seguito di tali certificazioni, il sindaco di Pescara, con le ordinanze n. 238 e 239 del 21 marzo 2008 e n. 405 del 16 maggio 2008, ha diffidato le emittenti radiotelevisive dal continuare l'esercizio delle trasmissioni in condizioni di superamento dei valori di attenzione rilevati nelle predette postazioni, ordinando al contempo alle stesse emittenti l'adeguamento immediato dei propri impianti collocati sul territorio di San Silvestro Colle ai limiti previsti dalla normativa vigente in materia;
successivamente, con ordinanza del presidente della giunta della regione Abruzzo n. 1 del 24 giugno 2008, è stata ordinata la delocalizzazione entro 180 giorni di tutti gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva dall'attuale postazione in località San Silvestro Colle in un altro sito ritenuto idoneo dall'allora Ministero delle comunicazioni, le cui competenze sono ora demandate al Ministero dello sviluppo, economico, avviando così la procedura di cui all'articolo 28, comma 7, del Testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005;
tale ordine è stato ulteriormente esplicitato dall'ordinanza del presidente

della giunta della regione Abruzzo n. 2 del 1o luglio 2008, con riferimento ai siti indicati nei piani nazionali di assegnazione delle frequenze;
inoltre, la delocalizzazione di tutti gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva presenti in località san Silvestro Colle è dovuta, indipendentemente dal superamento dei valori di precauzione, anche per la sopravvenuta inidoneità della ripetuta località in quanto il piano nazionale di assegnazione delle frequenze e le delibere dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 68/1998, n. 249/2002 e n. 15/2003 non includono più la località di San Silvestro Colle tra i siti idonei ad ospitare emittenti;
ai sensi dell'articolo 28, comma 7, del Testo unico citato, espressamente richiamato nella suddetta ordinanza del presidente della giunta della regione Abruzzo n. 1 del 2008, «gli impianti che superano o concorrono a superare i limiti sono trasferiti (...) su iniziativa delle regioni (...) dal Ministero (...) che dispone il trasferimento e, decorsi inutilmente centoventi giorni (...) disattiva gli impianti»; in sostanza le regioni hanno il potere di iniziativa in materia, ma non quello dispositivo, che spetta al Ministero delle comunicazioni, cui medio tempore è subentrato il Ministero dello sviluppo economico;
con una sentenza del 22 gennaio 2009, n. 2.09, il Tribunale amministrativo regionale dell'Abruzzo ha respinto il ricorso con cui alcune società titolari di emittenti televisive operanti da San Silvestro Colle di Pescara chiedevano l'annullamento delle citate ordinanze del presidente della giunta regionale, e ha ribadito la propria posizione con la sentenza n. 358 dell'11 maggio 2009;
in seguito a questa decisione del TAR che ha nuovamente rigettato un ricorso delle emittenti radiotelevisive, la protesta degli abitanti di San Silvestro Colle si è fatta ancora più forte ed esasperata, dal momento che nonostante tutte le decisioni prese dalle competenti autorità nel corso degli ultimi anni le trasmissioni radio-televisive e dunque le emissioni di elettrosmog sono continuate;
alla fine di maggio 2009, il presidente della regione Abruzzo ha pubblicamente dichiarato di avere compiuto «tutti i passi necessari per favorire l'individuazione di siti idonei ad ospitare i ripetitori», ma che in ogni caso solamente il Ministero dello sviluppo economico ha il potere di spegnere gli impianti di trasmissione;
nella giornata del 1o giugno 2009, presso il comune di Pescara, si è svolto un incontro che ha visto riunite le diverse forze politiche rappresentative del territorio e i rappresentanti di regione, provincia e comune di Pescara, in cui è stata dibattuta la questione della delocalizzazione delle antenne di San Silvestro; tra i punti in discussione, in particolare, ne è emerso uno di particolare rilevanza, ovvero come avviare e favorire un processo di rapida transizione al digitale terrestre per la regione Abruzzo, contestualmente a ciò che sta avvenendo in regioni limitrofe come il Lazio e la Campania, così da trovare una soluzione definitiva al problema delle emissioni elettromagnetiche nella zona, e in modo da far fronte concretamente alle istanze sollevate dal residenti della zona;
nella giornata del 1o luglio scorso, al termine di una riunione congiunta delle commissioni consiliari Va (Sanità e sicurezza sociale e del lavoro) e IVa (Commercio, industria, ecologia, energia, trasporti) della regione Abruzzo, è stato elaborato un documento, con il quale si impegna la giunta regionale: - all'adozione del piano di risanamento regionale per l'attuazione delle norme che regolano i tetti di radiofrequenza, così come previsti dalle leggi nazionali; - ad anticipare i tempi di conclusione dello studio della fattibilità per la «delocalizzazione dei siti di broadcasting congestionati ai fini della copertura del litorale abruzzese» commissionato alla facoltà di ingegneria elettrica e di informatica dell'Università dell'Aquila; - ad assicurare il trasferimento immediato

degli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva di San Silvestro in Pescara nei siti individuati nel piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive, senza che ciò comporti disagi di alcun genere per la popolazione. Soprattutto, ritenendo che il disagio sodale presenta nel quartiere di San Silvestro di Pescara è un valido motivo per l'inserimento urgente della regione Abruzzo nel calendario per il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale terrestre, il documento impegna la giunta a sollecitare determinazioni in merito alla richiesta di anticipare il passaggio al digitale terrestre da parte del Ministero dello sviluppo economico;
secondo le conoscenze scientifiche oggi disponibili in materia, la prolungata esposizione alle onde elettromagnetiche rappresenta un gravissimo pericolo per la salute pubblica; infatti, vi è un documentato rapporto di causalità tra l'esposizione a campi elettromagnetici e l'insorgenza di gravi malattie anche di tipo tumorale, nonché alterazioni sensibili al sistema immunitario;
l'incertezza dell'attuazione della suddetta ordinanza sta determinando gravi preoccupazioni sia nei cittadini direttamente interessati che nelle emittenti radiotelevisive le quali devono essere poste nelle condizioni di ottenere una diversa soluzione conforme alle prescrizioni di legge e di anche in vista dell'introduzione del digitale televisivo terrestre, secondo le decisioni del Ministero competente e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2008 è stato fissato il calendario per il passaggio definitivo dell'Italia alla televisione digitale terrestre; il decreto prevede una transizione al digitale progressiva, a partire dal secondo semestre del 2009 fino al secondo semestre del 2012, delle varie regioni italiane. Nel secondo semestre del 2009 la transizione riguarda Lazio, Campania, Trentino Alto Adige e Piemonte, mentre l'area ricomprendente Abruzzo e Molise dovrebbe completare il passaggio nel primo semestre del 2011 -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di assumere urgenti iniziative al fine di garantire alle popolazioni, da molto tempo esposte alle onde elettromagnetiche irradiate dai citati impianti, il diritto costituzionalmente garantito alla salute e ad un ambiente salubre, nonché per garantire certezze alle emittenti televisive per lo svolgimento delle loro attività; se non ritenga di assumere le iniziative necessarie ad anticipare l'introduzione del digitale terrestre in Abruzzo, ridefinendo il calendario per il passaggio definitivo alla trasmissione digitale terrestre così da attuare nei tempi più brevi possibili lo switch-off altrimenti previsto per il 2011-2012.
(4-10883)

MARTELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è da lungo tempo nota la situazione di stallo nelle commesse per lo stabilimento Fincantieri di Porto Marghera;
i ripetuti allarmi e le richieste di intervento fatte dalle organizzazioni sindacali, così come da parte del mondo politico ed istituzionale veneziano, non hanno sortito alcuna iniziativa del Governo in grado di rilanciare la produttività dello stabilimento;
al momento le trattative in corso tra Fincantieri e alcuni gruppi armatoriali non hanno portato alla stipula di alcun contratto per la costruzione di nuovi navi a Porto Marghera;
non esiste allo stato attuale un unico tavolo istituzionale di confronto tra enti locali ed organizzazioni sindacali;
in assenza di uno sblocco della situazione si prevede che alla fine del mese di febbraio 2011 300 dei 1.200 dipendenti dello stabilimento verranno messi in cassa

integrazione per 13 settimane mentre a settembre 2011 si aggiungeranno altri 290 cassaintegrati -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione di crisi che attraversa lo stabilimento Fincantieri di Porto Marghera;
quali iniziative intenda assumere per favorire una ripresa delle commesse per lo stabilimento e garantire dunque gli attuali assetti occupazionali.
(4-10887)

MANCUSO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'associazione turistica pro loco di Trecate riunisce in associazione tutte le persone fisiche che intendono operare attivamente per favorire lo sviluppo turistico, culturale, ambientale, sociale, storico, artistico del territorio del comune di Trecate e il miglioramento della vita dei suoi residenti;
l'associazione turistica pro loco di Trecate è una associazione apolitica e apartitica, non ha finalità di lucro ed i suoi associati operano a favore della medesima con il concetto del volontariato, secondo un ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati;
l'associazione turistica pro loco di Trecate occupa una piccola sede c/o il palazzo comunale di Trecate;
l'associazione aveva posto nella vetrina della sua sede un vecchio apparecchio televisivo con tubo catodico, non collegato ad alcuna antenna e, quindi, assolutamente impossibilitato a trasmettere programmazione televisiva;
l'apparecchio veniva utilizzato unicamente per la trasmissione, a circuito chiuso, di fotografie delle feste organizzate dalla stessa pro loco;
per tale apparecchio è stato richiesto alla pro loco di Trecate il pagamento del canone Rai, ammontante a 110,50 euro;
essendo un'associazione senza fini di lucro e quindi con un budget estremamente limitato, la pro loco di Trecate è costretta a rinunciare all'apparecchio televisivo e al relativo servizio ai cittadini di Trecate della visione delle fotografie del loro paese;
secondo quanto dispone l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246, il canone dev'essere corrisposto da chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo (sentenza della Corte costituzionale 12 maggio 1988 n. 535 - sentenza della Corte di cassazione 3 agosto 1993 n. 8549);
la disposizione appare obbiettivamente eccessivamente restrittiva e non adeguata alle molteplici situazioni concrete che si possono presentare -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative per la modifica dell'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, in modo da escludere dal pagamento del canone tutti gli apparecchi televisivi che, in maniera palese ed incontestabile, vengono utilizzati, fuori da dimore private, da organizzazioni non lucrative di utilità sociale e da associazioni senza fini di lucro.
(4-10902)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Federmacchine, Federazione imprenditoriale della meccanica strumentale, con un fatturato nel 2009 di 28 miliardi e circa 175 mila addetti, sembra essere uno degli strumenti più validi per la ripresa dell'industria italiana. Nella Federazione si raggruppano i produttori di macchinari per la lavorazione dei metalli, del legno, della plastica, del cuoio, degli imballaggi, che hanno colto per primi, e con maggior prontezza, i segnali provenienti dalle piazze internazionali. Emblematico il caso

della Cina, divenuta il primo mercato per l'export del settore davanti a Germania, Francia e Stati Uniti. I produttori italiani sono stati etichettati, nella maggior parte dei casi, come i «sarti» della meccanica, le cui macchine sono costruite «su misura» sulle esigenze di ogni singolo cliente. A confermare queste considerazioni è la fresca indagine congiunturale del centro studi della Federmacchine;
lo studio, condotto su un campione significativo composto di centinaia di imprenditori, dimostra che il settore della meccanica strumentale è in ottima ripresa. Il 29 per cento degli intervistati si aspetta una crescita degli ordini interni mentre il 71 per cento prevede la stabilizzazione della situazione. Il dato più significativo è che nessuna risposta indica un calo degli ordini stessi. Sottolinea Alfredo Mariotti, segretario generale di Federmacchine: «Ormai da mesi si registra un progressivo miglioramento nei risultati del settore». L'86 per cento degli imprenditori intervistati non ha dubbi: gli ordini stessi sono destinati a crescere. Solo il 14 per cento si attende una domanda internazionale stazionaria. Anche in questo caso non si registra alcuna risposta negativa, anche se, se si passa dalle attese al giudizio sullo stato attuale delle commesse, si nota che per il 57 per cento degli industriali il livello è già alto, per il 29 per cento è normale, ma che il 14 per cento lo ritiene basso. Un anno fa, la rilevazione al 30 marzo 2010 evidenziava una situazione ben diversa: ordini bassi per il 50 per cento degli intervistati e alti solo per il 10 per cento. Dunque, Federmacchine è riuscita a reagire, con un enorme lavoro di tutti i federati. Anche le statistiche ufficiali convalidano questa tendenza. Basta esaminare con attenzione quanto è avvenuto fra gennaio e giugno del 2010, perché la crescita complessiva dell'export pari all'8,5 per cento fino a raggiungere 8,1 miliardi di euro, spiega solo in parte quanto è avvenuto;
è sempre Mariotti a mettere sotto i riflettori il cambiamento che ha letteralmente ridisegnato la geografia della meccanica strumentale. Spiega: «La Cina con quasi 709 milioni di export è oggi il nostro mercato estero più importante. Rispetto al 2009 abbiamo registrato un balzo del 47 per cento». Poi aggiunge: «Crescono a doppia cifra anche il Brasile (+69,8 per cento) e l'India con un balzo del 53 per cento da un anno all'altro». E vanno forte anche paesi come la Turchia (+24,6 per cento) e l'Iran (+54,8 per cento). Ma non è tutto. Perché fra i primi dieci mercati esteri quattro possono essere considerati in rapido sviluppo: oltre la Cina, si tratta di Russia, Turchia e Brasile, cinque se inseriamo nel gruppo anche la Polonia». In realtà, Federmacchine mantiene il proprio ruolo strategico anche su mercati tradizionali come Germania (6.902 milioni di euro, in calo del 5,7 per cento), Francia (685 milioni -4,6 per cento) e Stati Uniti (5,9 per cento). All'interno della Federazione spicca il molo dell'Ucimu, l'associazione dei produttori delle macchine utensili utilizzate per la lavorazione del metallo. Non solo perché si tratta del comparto più grande (circa 4 miliardi di export). Ma anche perché tradizionalmente gli imprenditori dell'Ucimu sono gli ultimi a beneficiare della ripresa;
«le nostre sono macchine complesse», osserva Giancarlo Losma, presidente dell'Ucimu stesso, «ci vuole tempo per costruirle». Lo stesso Losma, però, non nasconde la sua soddisfazione, affermando: «La nostra indagine rapida dell'8 febbraio ci dice, ad esempio, che il 61 per cento delle imprese si aspetta un aumento degli ordini esteri. Appena due mesi fa, questa percentuale era al 55 per cento. Losma non ha dubbi: i miglioramenti raggiunti all'estero sono dovuti alla capacità mostrata dagli imprenditori Ucimu di «aggredire» con convinzione i mercati emergenti (il 61,5 per cento dei nostri ricavi - dice - è ottenuto dall'export»). Quindi aggiunge: «Siamo stati fra i primi a capire che la geografia era cambiata». Senza dimenticare la flessibilità mostrata dalle imprese per utilizzare in modo creativo la tecnologia. Lo scopo: costruire macchinari «su misura per le esigenze dei nostri clienti». Di flessibilità ne sanno

anche qualcosa all'Assomac, l'associazione che raggruppa i produttori di macchine per calzature, pelletteria e conceria. Racconta Giovanni Gaia a capo della Atom, società specializzata nella produzione di tavoli da taglio: la crisi è stata dura e molte aziende per sopravvivere hanno ridotto i costi diventando più piccole ma più flessibili». Quanto al recupero «è avvenuto tutto sull'export. A trainare è stato soprattutto il Far East ma anche il Brasile si è mostrato interessante» -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di incentivare il settore della meccanica strumentale, che si è rivelato strategico per la ripresa dell'economia italiana all'estero.
(4-10911)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i distretti tecnologici di eccellenza, rappresentanti del modello italiano di industrializzazione diffusa, hanno reagito con ferma capacità e volontà all'incalzare della Cina e dell'India. La certificazione di questa situazione viene dall'ufficio studi Intesa San Paolo, che arriva a chiedersi se non sia iniziata «una nuova stagione per i distretti italiani». A supportare questo giudizio ci sono le performance dell'export delle piccole imprese in Cina grazie alla metalmeccanica, all'oreficeria di Vicenza, alla concia di Arzignano e alle calzature di Fermo - e persino alla seta di Como -, ma anche un'intensa attività brevettale che sosterrà la competitività futura. Tutti fattori che permettono di dire all'amministratore delegato Corrado Passera che «la grande capacità di reazione fa leva sul diventare più flessibili e sulla capacità di investire in innovazione e internazionalizzazione». La riprova viene dalla prima mappatura fornita da Intesa Sanpaolo e relativa ai distretti tecnologici. I ricercatori ne hanno censiti 18, constatando come siano proprio loro ad aver raggiunto i migliori risultati;
i distretti tecnologici nascono in maniera diversa da quelli tradizionali, l'innesco è dato quasi sempre da un forte investimento nel campo della ricerca ad opera di istituzioni pubbliche o aziende private, «Un distretto tecnologico - dice la ricercatrice Serena Fumagalli - si distingue per la presenza di imprese con manodopera particolarmente qualificata e collegate a poli universitari e centri di ricerca». Per crescere nell'high tech è necessaria un'azione combinata, per questo Passera sottolinea come «la crescita prevista per il nostro Paese non è sufficiente, dobbiamo crescere di più per creare occupazione». Se lo facessimo, come accade in media in Francia e Germania, il nostro Pil aumenterebbe, secondo Passera, «di 27 miliardi di euro in due anni». I 18 poli censiti hanno già iniziato a produrre beni commercializzabili e con un grado di internazionalizzazione commerciale sufficiente. I settori interessati sono quattro: farmaceutica, biomedicale, aeronautica e informatica. La loro presenza sul territorio è sostanzialmente equilibrata tra Nord e Sud e questa è a suo modo una novità perché i distretti tradizionali sono invece addensati soprattutto nel settore Nord del nostro Paese;
nei poli farmaceutici prevalgono imprese di dimensioni medie (attorno ai 100 addetti) a causa di un mercato con alte barriere all'ingresso e nel quale operano in qualità di competitor numerose multinazionali straniere. Due terzi degli addetti sono concentrati nelle aree milanese e laziale, e in quest'ultima regione spicca il peso della provincia di Latina, dove sono insediati anche i maggiori gruppi esteri. Nei distretti lombardi e laziali si brevetta e si esporta molto. I mercati più accoglienti sono quelli emergenti, dall'America Latina alla Russia, passando per Cina, India, Romania e Repubblica Ceca. Due terzi delle vendite all'estero del farmaceutico italiano si devono ai distretti. Intesa Sanpaolo ne indica quattro: il polo milanese, quello laziale, quello toscano e quello napoletano. In tutto circa 70 mila addetti che hanno prodotto dal '98 al 2007 ben 1.100 brevetti. Il distretto biomedicale è

quello di Mirandola, in provincia di Modena, specializzato nella produzione di componenti monouso, apparecchiature per la emodialisi, prodotti per la cardiochirurgia, la trasfusione e l'anestesia. Nato attorno agli anni '60 grazie all'intuizione di un imprenditore locale, Mario Veronesi, il distretto presenta oggi realtà molto diverse tra loro sia per dimensione sia per campo di azione. Grandi multinazionali operano accanto a piccole imprese e hanno in comune l'impegno nelle attività di ricerca e innovazione. In tutto si tratta di 243 unità locali che danno lavoro a 2 mila addetti;
più complesso si è rivelato il lavoro dei ricercatori per individuare le filiere delle piccole imprese di Information and communication technology (Ict). Sono stati selezionati 8 poli che rappresentano il 59 per cento del totale degli addetti italiani del settore (circa 200 mila). La prevalenza è di piccole e piccolissime imprese (media di 7 addetti) con elevata propensione all'export. Alla testa della classifica si trovano Milano e Roma, anche se esiste un polo Ict veneto, uno torinese, uno genovese, uno catanese, uno dislocato tra Bologna e Modena e uno a L'Aquila. Milano da sola occupa quasi 70 mila persone e Roma 50 mila. Segue Torino con 25 mila. A far registrare il maggior numero di brevetti è la provincia di Milano (quasi 2 mila), seguita da Torino, ma il dato di ciascun distretto è sottostimato perché non tiene conto dei brevetti registrati dalle università o dai centri di ricerca, nonché delle innovazioni introdotte nel software e non brevettabili;
l'ultimo settore preso in considerazione è l'aeronautico con cinque distretti. Gli addetti totali sono 24 mila; Varese, Napoli e Torino si contendono il primo posto. Le imprese in questo caso sono di dimensioni più grandi. A Varese è insediato il distretto con la dimensione più elevata, che però è coadiuvato da una filiera di piccole e medie. Tutto ciò genera una grande capacità di esportazione, il 34 per cento del volume nazionale. Nonostante la crisi economica, quattro aziende su 10 sono riuscite a crescere di fatturato, soprattutto nel settore farmaceutico ed aerospaziale, caratterizzati da una domanda meno sensibile al ciclo economico. In merito al futuro dei 18 poli, l'indagine di Intesa Sanpaolo afferma come anche nei settori ad alta innovazione la formula distrettuale ottenga buoni risultati. «Per assistere le imprese - chiosa Passera - è necessario adoperarsi come banche non soltanto assicurando il credito ma anche mettendo a disposizione il capitale per favorire la crescita dimensionale anche attraverso il consolidamento tra aziende» -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di rendere maggiormente competitivi i distretti di eccellenza tecnologica italiani, nonché, al fine di creare le condizioni adatte alla nascita di ulteriori poli industriali.
(4-10913)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il progetto Desertec si propone di produrre elettricità con varie tecnologie da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, solare termodinamico a concentrazione) nelle aree desertiche, con una portentosa supergrid paneuropea che permetta l'interconnessione di reti elettriche tra le due sponde del Mediterraneo; a tal proposito il commissario europeo per l'energia, Gunther Oettinger, affermava qualche giorno fa: «ritengo che già nei prossimi 5 anni dal Sahara arriveranno centinaia di megawatt sul mercato europeo». Al progetto, che si prefigge una produzione di energie pulite su larga scala per coprire, una volta soddisfatto il consumo interno dei Paesi sahariani, il 15 per cento del fabbisogno elettrico europeo entro il 2050, lavora una squadra di una trentina di specialisti a Monaco di Baviera, quartier generale di Desertec, impegnati a delineare l'assetto economico e costruire il quadro regolatorio per avviare la super zona euromediterranea di energie pulite. Prima ancora di

essere un progetto industriale, Desertec è un paradigma di sviluppo dell'area nord africana all'insegna della green economy. Il Nord Africa, infatti, nonostante i tumulti susseguitisi in questo periodo, concentra diversi vantaggi: risorse, spazio, soprattutto sole. A quelle latitudini, l'irradiazione solare incrementa del 50-100 per cento l'efficienza degli impianti rispetto al centro e nord Europa. Come sintetizza il fisico Gerhard Knies, supervisore scientifico di Desertec «nell'intero deserto, in sei ore, l'energia disponibile nello spettro solare è sufficiente per sopperire al fabbisogno annuale del pianeta». E poi ci sono gli spazi infiniti: l'occupazione del suolo è un aspetto non marginale dello sviluppo delle fonti rinnovabili visto che, a parità di energia prodotta, una centrale fotovoltaica richiede quasi mille volte lo spazio necessario di una centrale elettrica tradizionale, per salire a 3 mila volte nel caso dell'eolico. In un contesto densamente popolato come l'Europa questa caratteristica è ambientalmente insostenibile, mentre nel Sahara queste installazioni non sacrificano né colture né vincoli paesaggistici;
elemento non trascurabile è la crescita della domanda interna: dal Marocco all'Egitto, annualmente le economie registrano 3-7 per cento di incremento della domanda di energia. Tant'è che il Marocco ha già avviato un mega impianto solare di 2 Gigawatt per intenderci, a fine 2010 la capacità solare totale installata in Italia è 7 Gigawatt) e ne progetta un altro di 500 Megawatt a Ouzarzate per il quale Enel Green Power si è prequalificata. Sono questi primi progetti che alimentano l'ottimismo del commissario Oettinger quando conferma l'appoggio dell'Unione europea. Sarebbe riduttivo considerare Desertec una mera delocalizzazione energetica in aree dove i fattori fisici ed economici rendono più attrattivi i rendimenti da energie rinnovabili. C'è reciprocità di interessi come si riscontra nelle intese di collaborazione già firmate con i Governi di Marocco e Tunisia. «È una partnership a doppio senso: la disponibilità di capitali e tecnologia con l'obiettivo di partecipare al crescente mercato delle rinnovabili in questi paesi, si bilancia con la creazione di occupazione e anche di una filiera industriale locale visto che parte della componente impiantistica si realizzeranno sul posto», spiega Ingmar Wilhelm, responsabile business development di Enel Green Power, una delle tre società italiane socie di Desertec. Varato sotto l'impulso di un nucleo di società tedesche, il progetto ha ora riequilibrato la compagine societaria con l'adesione di aziende spagnole e francesi. Con l'ingresso di Enel Green Power, Tema e Italgen di Italcementi, si afferma il ruolo fortemente strategico dell'Italia, nella catena di trasmissione transnazionale di energia del deserto;
per quanto tecnicamente non insormontabile, la sfida più importante di Desertec è il trasporto. A partire dall'integrazione di diversi impianti situati in zone remote per migliaia di chilometri senza perdite eccessive e su diversi sistemi di rete attualmente non interconnessi. L'unico collegamento sottomarino con cavi ad alta tensione esistente è nello stretto di Gibilterra sul quale i chilowattora viaggiano a senso unico: dalla Spagna verso il Marocco. La Sicilia diventerebbe naturalmente l'altro ponte. Sui costi complessivi dell'operazione per la verità non c'è molta chiarezza. Si parlava di 400 miliardi di euro, cifra calcolata da un istituto di ricerca tedesco che fissava l'ammontare delle risorse per coprire il 15 per cento della domanda elettrica dell'Unione europea. «Stiamo verificando gli investimenti necessari con una prospettiva industriale e sarà presto pronto uno studio di fattibilità», spiega Alexander Mohanty, portavoce del progetto. Istituzioni come la Banca mondiale, European Investment Bank e African Development Bank hanno già manifestato interesse ad intervenire -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di incentivare la presenza italiana nel progetto Desertec, che porterà, secondo quando previsto anche dai commissari europei, numerosi vantaggi energetici per tutti gli Stati membri europei.
(4-10919)

LO MONTE e BRUGGER. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale del 21 ottobre 2010, il Ministro interpellato ha aggiornato la rete nazionale dei gasdotti per il trasporto di gas naturale su istanza della Società Snam Rete-Gas con la quale chiedeva l'inserimento di nuovi metanodotti, tra i quali quelli Sealine Monforte S. Giorgio-Policastro Bussentino e San Pier Niceto-Monforte San Giorgio;
l'articolo 3 del decreto ministeriale 22 dicembre 2000, con il quale è stata individuata la rete nazionale dei gasdotti, dispone che il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico) provvede, su richiesta di una impresa di trasporto del gas, all'inclusione nella rete nazionale dei gasdotti di nuovi gasdotti rispondenti ai requisiti di legge, sentite l'autorità per l'energia elettrica e il gas, le regioni e le province autonome interessate, e provvede, in funzione delle modifiche intervenute, all'aggiornamento degli allegati al predetto decreto, dandone comunicazione all'autorità per l'energia elettrica e il gas, alle regioni interessate ed ai soggetti che svolgono attività di trasporto e dispacciamento sulla rete nazionale di trasporto;
nella fattispecie, come recita in premessa il suddetto decreto ministeriale del 21 ottobre 2010, il predetto parere favorevole dell'autorità per l'energia elettrica e il gas delle varie regioni interessate sarebbe stato acquisito per comunicazione scritta o per intervenuto silenzio-assenso, essendo trascorsi i termini previsti per la formulazione del parere richiesto senza che sia pervenuta alcuna manifestazione di dissenso;
il 20 gennaio 2009 la società Snam Rete Gas ha accettato la proposta dell'assessore regionale all'industria della regione Sicilia onorevole Giuseppe Gianni, di realizzare in una zona ricadente nel comune di Fondachelli Fantina, in provincia di Messina, la centrale di compressione gas, denominata «Sealine», inizialmente prevista a Monforte San Giorgio dietro stipula di un accordo tra l'amministrazione regionale e il gruppo Snam, in raccordo con l'amministrazione comunale di Fondachelli Fantina, per definire le misure compensative in favore del territorio di quest'ultima -:
quando e con quale modalità sia stato espresso il parere favorevole dell'autorità per l'energia elettrica e il gas della regione Sicilia;
di quali elementi disponga il Ministro, per quanto di competenza, con riferimento a quanto riportato in premessa con specifico riferimento al mancato spostamento del comune di Monforte San Giorgio a Fondachelli Fantina dell'infrastruttura.
(4-10925)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il turismo è un'attività complessa che coinvolge vari comparti economici e ha ricadute su buona parte del settore dei servizi. Ognuno, per la propria parte e con le proprie competenze, partecipa alla definizione delle linee guida per lo sviluppo del turismo: Governo, regioni e, per certi aspetti, i privati stessi, data la natura stessa del settore. La legge n. 135 del 2001 prevede, a tale scopo, che ogni due anni sia convocata la conferenza nazionale del turismo, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, proprio per elaborare e aggiornare le linee guida. La quinta conferenza, che si è svolta il 15 e il 16 ottobre 2010, ha gettato le basi per la preparazione del

piano strategico riguardante l'ambito turistico del 2011. Per l'economia italiana il turismo è un settore strategico, che rappresenta all'incirca il 10 per cento del prodotto interno lordo e da lavoro, direttamente o indirettamente, a 2,5 milioni di persone. Se si osserva l'incidenza sul prodotto interno lordo, l'Italia è allineata ad economie come quelle di Francia e Regno Unito. Ma gli asset «naturali» - beni culturali, storici, artistici, paesaggistici, tradizioni e professionalità - distinguono nettamente l'Italia dai principali competitori europei. Non solo: nel gruppo costituito da Italia, Francia, Spagna e Grecia, l'Italia è di gran lunga il primo Paese per consistenza del comparto alberghiero (2 milioni e 200 mila posti letto contro il milione e 200 mila della Francia, che invece possiede circa il doppio dei nostri posti letto extralberghieri, 4 milioni e mezzo contro 2 milioni e mezzo);
l'Italia deve dunque gestire un considerevole patrimonio immobiliare, più impegnativo e costoso di quello extralberghiero, con un tasso di utilizzazione lorda delle camere molto elevato in luglio e agosto - 55,2 e 61,4 per cento - (secondo dati Istat relativi al 2008) e relativamente basso negli altri mesi dell'anno. Il principale obiettivo italiano deve essere quindi contrastare la tendenza alla stagionalità delle nostre imprese ed elevare significativamente il tasso medio di occupazione delle camere nelle strutture ricettive. Esistono, letteralmente, gli «spazi» per farlo, come sono presenti, in termini di risorse umane e materiali, le premesse per incrementare di parecchi punti, e forse raddoppiare, il contributo del turismo al prodotto interno lordo italiano. A livello globale, i primi sei mesi del 2010 sono stati caratterizzati da una ripresa degli arrivi internazionali: secondo l'interim report dell'Unwto, pubblicato a settembre, circa il 7 per cento in più rispetto al difficile 2009, una ripresa, trainata dal Medio Oriente e dall'Asia, che si prevede prosegua nella seconda metà dell'anno. Il tasso di crescita è più basso in Europa (+2 per cento) ma con notevoli differenze tra il nord del continente, ancora in perdita, e il Sud Europa, che evidenzia un +3 per cento incoraggiante. In Italia i primi dati consuntivi (gennaio-settembre) dell'Osservatorio nazionale del turismo fotografano un 2010 complesso, con andamenti diversi per stagione e per area del Paese. La performance del settore turistico è stata condizionata dalle ripercussioni nazionali della crisi globale, cioè dai cambiamenti correlati della domanda interna, e dalla struttura stessa dell'offerta italiana, competitiva su alcuni fronti ma debole su altri;
il sistema Italia ha dimostrato di essere competitivo e attrattivo nei confronti della domanda internazionale. Nel primo semestre gli arrivi dall'estero sono aumentai del 5,3 per cento, mentre altri competitori diretti sono rimasti indietro. Basti pensare al +0,4 per cento della Spagna e al +2,2 per cento della Francia, con la Grecia penalizzata dal forte disagio sociale per il rischio default (-5,3). Un'autorevole conferma arriva da Bankitalia: nei primi otto mesi del 2010 le spese dei viaggiatori stranieri in Italia, per 20.476 milioni di euro, sono aumentate dell'1 per cento. All'incremento hanno contribuito principalmente i viaggiatori provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea e in particolare quelli asiatici. Gli italiani hanno continuato ad andare in vacanza (ben 31,8 milioni sono state le partenze tra giugno e settembre) ma con tendenza a ridurre permanenza e spesa anche scegliendo giugno, luglio e settembre quali alternative più convenienti all'altissima stagione. Le imprese ricettive, sacrificando i propri fatturati, hanno pratica una politica di prezzi al ribasso, che non sempre ha dato i risulti sperati e comunque è stata più efficace verso il turismo internazionale. Gli arrivi di stranieri sono aumentati del 5 per cento nella settimana di ferragosto (secondo l'indagine rapida dell'Istat) e la loro quota rispetto alle presenze totali negli

alberghi è stabilizzata intorno al 32 per cento nel terzo trimestre (dati dell'Osservatorio nazionale del turismo);
un grande cambiamento ha interessato il mercato turistico soprattutto nell'ultimo decennio: l'evoluzione dal turismo per destinazione, al turismo per motivazione. La scelta del turista dipende sempre di più dalla specifica finalità creativa che con il viaggio si intende soddisfare. Ecco perché oggi si parla di prodotti turistici. Non più di turismo, ma di tanti turismi diversi. Il primo passo che la pubblica amministrazione deve compiere è riconoscere questa mutata realtà ed è quello che l'Italia ha fatto anche dal punto di vista normativo. Infatti, il codice del turismo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2010, per la prima volta definisce «i circuiti nazionali di eccellenza, i percorsi, i prodotti e gli itinerari tematici omogenei che collegano regioni diverse lungo tutto il territorio nazionale». Il codice, inoltre, impegna il Ministro del turismo a «promuovere i circuiti nazionali di eccellenza nel contesto nazionale ed internazionale», anche con il contributo delle regioni, degli enti locali e delle associazioni di categoria «che concorrono alla formazione dell'offerta» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di promuovere maggiormente, nell'ambito della nuova stagione turistica 2011 che sta iniziando, il territorio italiano, in particolare all'interno dei circuiti dei tour operator internazionali.
(4-10918)

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Apposizione di firme a risoluzioni.

La risoluzione in Commissione Ascierto n. 7-00290, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

La risoluzione in Commissione Valducci e altri n. 7-00292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

La risoluzione in Commissione Barani e altri n. 7-00293, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Marinello e altri n. 2-00595, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-05854, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-05855, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-02381, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Holzmann n. 4-05860, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-05906, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ventucci e Lehner n. 4-05912, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-05914, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Scalera n. 4-05916, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-06511, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marinello n. 4-06534, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-06535, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Barbieri n. 3-00975, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-06543, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-06548, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Laboccetta n. 4-06565, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Mistrello Destro e Gava n. 3-00979, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Mistrello Destro e Gava n. 3-00980, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-06590, pubblicata nell'allegato B al resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Minardo n. 4-06592, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-06597, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso n. 5-02685, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Murer n. 5-02761, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Miotto n. 4-08732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Murer n. 4-09001, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Murer n. 4-09184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Murer e Schirru n. 4-09350, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Miotto n. 4-09900, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Miotto n. 4-10148, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Murer n. 4-10155, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta scritta Miotto n. 4-10349, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco.

L'interrogazione a risposta in Commissione Zazzera n. 5-04118, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cera.

L'interrogazione a risposta in Commissione Guido Dussin e altri n. 5-04203, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Motta.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Fugatti n. 5-04216, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Comaroli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Lo Monte n. 2-00947 del 27 gennaio 2011;
interpellanza urgente De Micheli n. 2-00963 del 9 febbraio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bernardini e altri n. 4-08504 dell'8 settembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04232.

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Mario Pepe (IR) e altri n. 4-10876 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 434 del 15 febbraio 2011. Alla pagina 19555, prima colonna, dalla riga undicesima alla riga quindicesima deve leggersi: «se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza e comunque di assumere iniziative normative al fine di ampliare i presupposti che possano giustificare la possibilità di indagini da parte del» e non «se non ritenga di adottate ogni iniziativa di competenza e comunque di assumete iniziative normative al fine di ampliate i presupposti che possano giustificare la possibilità di indagini da parte del», come stampato.