XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 15 febbraio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'Italia ha firmato la convenzione concernente «la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori», firmata a L'Aja il 19 ottobre 1996;
il nostro Paese avrebbe dovuto ratificare la convenzione, secondo la decisione del Consiglio dell'Unione europea del 5 giugno 2008 (2008/431/CE), entro il 5 giugno 2010; l'Italia, tuttavia, non ha ancora provveduto alla ratifica di tale convenzione e quindi è sotto esame da parte dell'Unione europea;
la sua ratifica contribuirebbe, invece, a creare uno spazio giudiziario comune e permetterebbe di dare risposta a un'infinità di situazioni problematiche, a tutt'oggi irrisolte, che vedono coinvolti migliaia di minori provenienti da situazioni familiari alquanto difficili: minori non accompagnati, bambini che provengono da Paesi colpiti da catastrofi naturali o eventi bellici, minori in difficoltà familiare che non sono ancora stati adottati, e minori in kafala (il più alto strumento di protezione dell'infanzia negli Stati nordafricani; si tratta, infatti, dell'unica pratica consentita dall'Islam, una sorta di impegno a prendersi cura per sempre di un minore abbandonato, ma l'Italia non ha ancora riconosciuto questo istituto);
sebbene il Ministero dell'interno abbia posto inizialmente una riserva tecnica sulla kafala, evidenziando la necessità di verificarne la compatibilità con l'ordinamento italiano e le esigenze di tutela dei minori, il 6 ottobre 2010, durante lo svolgimento di una interrogazione a risposta immediata in Commissione esteri relativa all'argomento citato, il Governo ha reso noto nella risposta che «il fatto che il Ministero dell'Interno abbia sciolto - con riferimento alla sola kafala giudiziale - la riserva precedentemente posta, permette al Ministero della Giustizia di riconvocare il tavolo interministeriale perché, nei tempi consentiti dagli ultimi necessari approfondimenti, possa essere completato il complesso concerto finalizzato al ddl governativo di ratifica della Convenzione»;
la convenzione in esame aggiorna quella de L'Aja del 5 ottobre 1961, vigente in Italia, e prevede provvedimenti di protezione del minore e dei suoi beni, escludendo l'adozione, gli obblighi alimentari e la sottrazione dei minori già regolamentati da altre convenzioni internazionali. Essa definisce gli ambiti di applicazione, stabilendo quali siano lo Stato competente e le autorità in esso esistenti che devono proteggere il minore nei singoli casi specifici, anche in riferimento alla localizzazione fisica dello stesso minore in un determinato momento, anche al fine di adottare provvedimenti di urgenza, determinare le leggi applicabili, garantire l'esecuzione delle misure di protezione del minore, cooperare con altri Stati coinvolti nel caso;
inoltre, la convenzione prevede una procedura di consultazione - da parte dell'autorità competente a disporre le «misure di protezione della persona e dei beni del minore» (dello Stato di residenza del minore) - dell'«autorità centrale» dello Stato nel quale il provvedimento dovrà essere eseguito. L'articolo 33, comma 2, stabilisce infatti che «la decisione sul collocamento o l'assistenza potrà essere presa nello Stato richiedente solo se l'Autorità centrale dello Stato medesimo avrà approvato tale collocamento o assistenza, tenuto conto del superiore interesse del minore»;
in particolare, il Consiglio dell'Unione europea sottolinea la necessità di operare al fine di creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni

giudiziarie e che tale convenzione nel contesto della conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato apporta un valido contributo alla protezione dei minori a livello internazionale ed è pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano applicate al più presto;
la Commissione europea considera questa convenzione estremamente importante per la protezione dei diritti dei minori nelle situazioni di custodia di tipo internazionale e che coinvolgono più Stati. La mancata ratifica della convenzione da parte dell'Italia fa emergere il rischio che la commissione europea attivi una procedura di infrazione che potrebbe anche comportare una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del diritto comunitario;
tra l'altro, l'articolo 3 della versione consolidata del trattato sull'Unione europea, in vigore dal 1o dicembre 2009, stabilisce chiaramente che «L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»,


impegna il Governo:


ad avviare tutte le procedure necessarie per la ratifica della convenzione dell'Aja nei tempi e nei modi dovuti e comunque in un arco temporale ragionevole al fine di tutelare tutti i diritti dei minori nelle situazioni di custodia che coinvolgono più Stati.
(1-00560)
«Di Stanislao, Leoluca Orlando, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
la missione Isaf-International security assistance force è stata costituita a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 1386 del 20 dicembre 2001 che, come previsto dall'accordo di Bonn, ha autorizzato la predisposizione di una forza di intervento internazionale con il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell'Autorità provvisoria afghana e del personale delle Nazioni Unite. Accanto alle attività militari, Isaf assicura la fornitura di beni di necessità alla popolazione e promuove la ricostruzione delle principali infrastrutture economiche; a tal fine, la missione collabora in modo stretto con l'Assistance Mission dell'Onu (Unama);
nel novembre del 2002 al vertice Nato di Praga si è deciso che, nell'ambito di un approccio globale per la difesa contro il terrorismo, le forze dell'alleanza Nato possono intervenire, per la tutela degli interessi dei paesi membri, anche al di fuori dell'area di difesa degli stessi;
il 16 aprile 2003 il Consiglio nord atlantico (Nac) ha deciso l'assunzione, da parte della Nato, della guida dell'operazione Isaf a decorrere dall'11 agosto 2003;
l'Isaf comprende, al 25 gennaio 2011, circa 131.000 militari appartenenti a contingenti di 48 paesi, dei quali i maggiori contributori sono gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Francia, l'Italia e il Canada;
la missione è stata da ultimo prorogata al 13 ottobre 2011 con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 1943 (2010), approvata il 13 ottobre 2010;
la partecipazione italiana all'operazione Isaf, autorizzata dal Parlamento e riconfermata per tre legislature, avviene in attuazione di tali risoluzioni dell'Onu e nell'ambito della Nato, nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, che prevede si il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni;

nell'ambito degli sforzi della comunità internazionale nella lotta al terrorismo e per il rispetto dei principi sacri della pace, della libertà e della legalità, l'Italia, grazie alla qualità e alla quantità del suo contributo alle missioni internazionali, tra cui in particolare Isaf, oltre a confermare il suo ruolo di prestigio sulla scena internazionale, si è guadagnata il convinto e unanime riconoscimento, fra tutti in particolare, del Presidente americano Obama, del Segretario generale della Nato Rasmussen, del comandante di Isaf il generale Petraeus, nonché delle autorità e popolazioni afghane, che, in più di una circostanza, hanno espresso giudizi di apprezzamento per il pregevole lavoro svolto dai nostri militari;
l'ultimo provvedimento di proroga del finanziamento delle missioni internazionali, il decreto-legge n. 102 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2010, contempla un ulteriore aumento della presenza italiana, autorizzando un contingente complessivo di 3.900 unità, costituito da personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza;
in seguito agli impegni assunti in sede Nato, e da ultimo al vertice di Lisbona, il decreto di proroga delle missioni internazionali, approvato alla Camera dei deputati ed attualmente all'esame del Senato, porterà il contingente italiano inquadrato in Isaf, nell'arco del 2011, ad una consistenza di 4.200 effettivi, inclusi gli addestratori;
in un quadro quindi di comune impegno internazionale, avallato e riconosciuto a più riprese in sede Onu, pur mantenendo le responsabilità assunte nell'area della capitale Kabul, l'Italia ha assunto, dal giugno 2005, il comando della regione occidentale (Regional command west) che comprende le province di Herat, Farah, Badghis e Ghor;
la maggior parte del contingente italiano è dislocato nell'ovest del paese: l'Italia è infatti a capo del Comando regionale ovest, ed è responsabile di un territorio grande all'incirca come il Nord Italia. Il quartier generale del Comando ovest si trova nella città di Herat. In questa regione l'Italia ha la responsabilità di un prt (provincial reconstruction team) per ricostruire il paese in termini di infrastrutture e istituzioni;
dall'inizio della partecipazione italiana alla missione Isaf, nel 2002, hanno perso la vita 36 militari italiani, che non sono morti invano. Hanno perso la vita compiendo il loro dovere in una missione internazionale voluta, riconosciuta ed avallata dall'Onu, una missione di pace, per la libertà e la sicurezza del popolo afghano. Una missione di importanza strategica fondamentale anche per garantire la stabilità internazionale. Un intervento necessario per l'affermazione della democrazia in un paese nel quale si giocano i destini di un'intera area che non può essere lasciata sotto la minaccia di forze fondamentaliste terroristiche ed antidemocratiche. Non a caso le Nazioni Unite esprimono il loro sostegno al processo di ricostruzione dell'Afghanistan con diverse risoluzioni: n. 1363 (sostegno all'accordo di Petersberg), n. 1373 (strategia contro il terrorismo internazionale), n. 1378 (istituzione di un'amministrazione transitoria in Afghanistan) ed appunto la risoluzione n. 1386 (istituzione della missione Isaf-International security assistance force);
la presenza ed il ruolo di Isaf sono, inoltre, riconosciuti ed apprezzati dalla stessa Assemblea generale delle Nazioni Unite, come testimonia, da ultimo, la risoluzione n. 65/8 del 2010 sulla situazione in Afghanistan;
la missione italiana in Afghanistan non è dunque solo una missione di pace, è anche una missione di libertà e di democrazia. Perché senza libertà e democrazia la pace non può avere lo stesso valore. Per questo motivo è una missione ancora più difficile, per certi versi estrema, un impegno che si sta dimostrando drammatico, ma dal quale non possiamo retrocedere;
i talebani si rendono conto che gli alleati hanno cambiato strategia perché

prima, nelle zone «calde», la Nato colpiva e ripartiva: ora invece tenta di espandere l'area sotto il suo controllo e mantenerla;
in questi ultimi mesi si sono poste le basi per l'avvio del processo di transizione, si sta stabilizzando con la presenza italiana un'area sempre più vasta del paese, e chi non vuole la stabilizzazione dell'Afghanistan reagisce in maniera ancora più violenta. Per questo, gli irriducibili sono diventati «più aggressivi». Come è stato ricordato in zone come il Gulistan e Bala Murghab, fino a qualche mese fa, non vi erano contingenti militari, almeno non stabilmente e, dunque, non vi era motivo di attaccare;
l'Italia è determinata a mantenere l'impegno preso con la comunità internazionale per contribuire alla stabilizzazione, alla pacificazione e alla lotta contro il terrorismo in Afghanistan, con la presenza dei suoi contingenti a Kabul e a Herat e non per condurre una guerra;
gli atti ostili che sono stati condotti ultimamente nei confronti dei nostri militari si inquadrano in una recente recrudescenza registratasi nell'area di responsabilità e sono da mettere in relazione ad un maggior impegno delle forze nazionali nel controllo e nella stabilizzazione dell'area;
la base «Snow», recentemente oggetto di diversi attacchi da parte di insurgent, si trova nella valle del Gulistan, che insieme ai distretti di Bakwa e del Pur Chaman, situati nella fascia orientale dell'estesa provincia di Farah, rappresentano oggi aree ad alto rischio insurgent, in quanto confinano con l'Helmand, roccaforte dei talebani. Si tratta di una vasta area, questa, mai presidiata stabilmente in precedenza da italiani, passata dal 1o settembre 2010 sotto la responsabilità della task force South east, unità del Regional command west;
compiti principali della task force South east, analoghi a quelli delle altre forze della coalizione, consistono nel creare e garantire sicurezza, sviluppo e governabilità da parte delle autorità locali, a favore della popolazione, in un'area dove la presenza di strutture governative legalmente riconosciute è ridotta al minimo, nonché nel contribuire alla ricostruzione del paese e favorire il consenso della popolazione nei confronti delle autorità locali;
i nostri militari, con grande professionalità e spirito di sacrificio, stanno svolgendo numerose e variegate attività che hanno consentito di conseguire importanti risultati e ottenere significativi progressi rispetto all'inizio della missione;
dall'inizio della missione, sono state numerosissime le attività esterne condotte dai nostri militari che agiscono in un ambito operativo particolarmente impegnativo: dalle importanti visite nei villaggi circostanti, alle operazioni più complesse, quali le scorte ai convogli logistici o le attività di pattugliamento. Ma oltre agli interventi più strettamente legati alla sicurezza, sono moltissime le attività in favore della popolazione locale, avviate o già portate a termine dalla task force a guida italiana, come l'apertura di una scuola femminile, il restauro di una moschea, l'installazione di tre nuove pompe per pozzi e la costruzione di un ponte e di un acquedotto. Fra gli eventi più significativi nella prospettiva della ricostruzione e dello sviluppo, l'organizzazione, da parte dei nostri militari, della prima shura (riunione) alla quale hanno partecipato ben 82 capi villaggio, che si sono detti disposti a cooperare con le forze Isaf e con le forze di sicurezza afghane, nonostante le pressioni ricevute da parte degli insorti. Fra gli argomenti affrontati, infatti: la sicurezza dell'area in cui operano i militari italiani della South east, le principali necessità della popolazione e lo sviluppo di vari progetti;
ciò che i nostri militari hanno realizzato a Bala Murghab è rappresentativo del processo in corso in Afghanistan ed, in particolare, dell'efficacia dell'azione italiana per il recupero del controllo del territorio, sottraendolo agli insorti. L'incremento

delle forze e dei mezzi italiani ha consentito, infatti, di estendere a 20 chilometri la «bolla di sicurezza» attorno alla base italiana di Bala Murghab, consentendo a circa 10.000 afghani di rientrare nei villaggi esistenti all'interno di tale bolla che precedentemente erano spopolati per la presenza degli insurgent;
l'obiettivo è quello di poter ottenere lo stesso risultato raggiunto nel distretto di Bala Murghab, naturalmente prima ad ovest e poi in tutto il territorio afghano;
ai fini del conseguimento di questo risultato è stata condivisa con gli alleati della Nato l'esigenza di incrementare il numero di militari e della polizia afghana, ma più in particolare il loro livello di addestramento e di possibilità di impiego;
la condizione indispensabile per la consegna dei territori agli afghani infatti non è solo la loro completa pacificazione, bensì un livello di sicurezza accettabile, o meglio compatibile con la capacità di risposta adeguata da parte delle forze di sicurezza afghane;
ciò è coerente con l'attuale strategia della Nato, delineata nel recente vertice di Lisbona, che prevede l'avvio, nei prossimi mesi dell'anno, di una nuova fase - la transizione - che lancia il processo attraverso il quale le autorità afghane assumeranno gradualmente piena responsabilità;
tale strategia si ricollega alle riflessioni già avviate a partire dal 2010, allorquando è maturata nella comunità internazionale la convinzione, a causa della perdurante instabilità dell'area, che la soluzione esclusivamente militare al problema afghano non fosse sufficiente, ma che fosse necessaria una soluzione politica globale per il rafforzamento delle istituzioni afghane;
la transizione, che prevede, pertanto, la messa in campo - in un'ottica di comprehensive approach - di tutto l'ampio spettro di strumenti politici, sociali, economici e militari a disposizione, dovrà essere graduale, non dettata da scadenze temporali prefissate, ma subordinata alle reali condizioni sul terreno, ovvero vincolata al conseguimento di adeguati livelli di sicurezza, di governance e di sviluppo socio-economico;
l'attività di tutoraggio e di formazione delle forze di sicurezza afghane costituisce, come anzidetto, il fattore catalizzante che può consentire concretamente di accelerare il progressivo passaggio delle piene responsabilità in materia di sicurezza all'esercito e alla polizia afghani;
per rendere materialmente possibile tale passaggio di responsabilità in tema di sicurezza, alle nazioni contributrici è stato richiesto di aumentare ulteriormente lo sforzo nel settore della formazione e dell'addestramento a favore delle forze afghane;
in questo ambito di forte impulso alla formazione delle forze di sicurezza afghane, sarà incrementato e consolidato il ruolo e il contributo nazionale grazie all'invio di ulteriori 200 istruttori la cui eccellenza è ampiamente riconosciuta e apprezzata;
la riorganizzazione del paese procede parallelamente anche grazie all'intenso impegno civile prodotto dall'Italia attraverso le attività finanziate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. Essa si affianca all'azione militare per gettare le basi dello sviluppo: rafforza i servizi di base per la popolazione e, soprattutto, sostiene le istituzioni governative afghane, sviluppando e consolidando la loro capacità di gestire in proprio i processi di sviluppo e di controllare e governare il territorio. Tale azione si sta concentrando su Herat, provincia sede del prt (provincial reconstruction team) italiano, quale concreto impegno a sostegno dell'attuazione della strategia di transizione finalizzata al passaggio nelle mani del legittimo Governo afghano dei processi di sviluppo, governo del territorio e mantenimento della sicurezza. In stretto coordinamento con la comunità internazionale dei donatori, con

il Governo afghano e la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, la cooperazione italiana ha identificato e finanziato una mole importante di iniziative inquadrate nella Strategia nazionale afghana di sviluppo (Ands) e finalizzate a sostenere il bilancio dello Stato (che dipende in gran parte dall'aiuto internazionale) e i principali programmi di investimento governativi in vari settori;
in una prima fase alcuni paesi hanno assunto, oltre agli impegni finanziari per la ricostruzione, il ruolo di «lead» per l'assistenza in specifici settori dell'amministrazione: giustizia (Italia), esercito (Usa), polizia (Germania), lotta al narcotraffico (Regno Unito) e - successivamente - disarmo e smobilitazione delle milizie irregolari (Giappone). In tale veste, di concerto con le autorità afghane e Unama (United Nations assistance mission to Afghanistan, l'ente delle Nazioni Unite preposto alla ricostruzione del paese), l'Italia ha ospitato a Roma una conferenza internazionale sullo stato di diritto in Afghanistan (luglio 2007), inaugurata dal Presidente Karzai e dal ministro degli affari esteri Frattini, in cui sono state delineate le strategie guida della riforma, ora integralmente guidata dalle istituzioni afghane; mentre in una seconda fase si è valorizzata la «ownership» e la responsabilità afghana per le scelte effettuate permanendo un ruolo di stretta assistenza da parte dei paesi chiave, fra cui l'Italia per la giustizia e lo stato di diritto;
l'impegno civile dell'Italia in Afghanistan non è circoscritto al settore giustizia, e rappresenta, nel suo complesso, una componente essenziale della partecipazione del nostro Paese allo sforzo della comunità internazionale per la ricostruzione dopo la caduta del regime talebano. Tale impegno è stato annunciato e confermato in occasione delle Conferenze internazionali per la ricostruzione e per lo sviluppo succedutesi a Tokyo (2002), Berlino (2004), Londra (2006 e 2010), Parigi (2008) e Kabul (2010), tutte occasioni nelle quali l'Italia ha dichiarato la disponibilità di risorse per il finanziamento di programmi di sviluppo socio-economico ed umanitari per una media di 50 milioni di euro l'anno. Sinora sono stati erogati 442 milioni di euro su 518 milioni stanziati per programmi approvati;
in particolare, nel periodo 2007-2010, tenuto conto dei tagli di bilancio sofferti negli ultimi anni, solo grazie alla disponibilità di fondi derivanti dai decreti-legge sulla proroga delle missioni internazionali è stato possibile adempiere compiutamente a tale impegno. I finanziamenti italiani - come detto - sono in gran parte destinati a programmi nazionali afghani previsti dalla Strategia nazionale di sviluppo (Ands) adottata a Parigi 2008, e sono in gran parte (oltre il 70 per cento attualmente) canalizzati attraverso il bilancio nazionale e le strutture operative afghane, in significativa coerenza con le raccomandazioni sull'efficacia dell'aiuto e agli impegni assunti in sede di conferenza di Londra e di Kabul;
i settori di maggior concentrazione della cooperazione civile italiana con l'Afghanistan sono attualmente:
a) governance, a livello nazionale e locale, incentrato sulla provincia di Herat;
b) sistema giudiziario e diritti fondamentali, particolarmente su Kabul ed Herat;
c) sviluppo rurale e agricoltura, incentrato nella regione ovest;
d) sanità, con focus particolare su Kabul e Herat;
e) infrastrutture stradali;
f) aiuto umanitario alle fasce vulnerabili, prevalentemente nella regione ovest;
la nostra cooperazione allo sviluppo per l'Afghanistan continuerà nel corso del 2011, in misura determinata delle risorse rese disponibili attraverso i decreti-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali, la focalizzazione degli interventi sulla regione ovest ed Herat

soprattutto, in particolare nei settori della sanità e della protezione delle fasce vulnerabili, dello sviluppo rurale e dell'agricoltura e micro finanza, attraverso programmi bilaterali realizzati e gestiti direttamente dai ministeri afghani della sanità e i ministeri della riabilitazione e sviluppo rurale e dell'agricoltura, risorse idriche e allevamento, nonché con finanziamenti per la realizzazione della rete stradale rurale e per favorire il processo di riconciliazione e reintegrazione nella società civile dell'insorgenza. Tale impostazione consentirà (in un contesto che comunque prevede le necessarie forme di controllo per il corretto utilizzo delle risorse finanziarie) di favorire la crescita delle strutture governative, la maturazione delle necessarie competenze e quindi «l'afghanizzazione» della ricostruzione;
in tale contesto, il Governo afghano ha richiesto all'Italia un impegno consistente e duraturo, con particolare riguardo alle dinamiche di sviluppo locali ed un più spinto livello di coordinamento della componente civile con la componente militare italiana, con i donatori e le istituzioni presenti sul territorio. Il team di esperti ad Herat sosterrà le istituzioni locali ai vari livelli e garantirà il coordinamento generale, nell'ambito dell'impegno italiano per la piena attuazione della transizione;
attualmente sono in corso 48 iniziative sostenute da fondi allocati negli anni precedenti, in larga parte destinati a progetti e programmi localizzati nella regione occidentale, in particolare nella provincia di Herat. Per il 2011 le risorse messe a disposizione dal decreto sulle missioni per il primo semestre sono pari a 16,5 milioni di euro, Le organizzazioni non governative italiane che continuano a operare sono cinque: Aispo, Cesvi, Emergency, Gvc e Intersos. Alcune con finanziamenti della cooperazione italiana; altre con fondi provenienti da altri donatori. La cooperazione italiana, peraltro, è affiancata da comuni, regioni, università, onlus e privati che danno un loro contributo allo sviluppo di questo paese;
i progetti in corso fanno capo a diversi settori di intervento:
a) rule of law e amministrazione della giustizia: con un contributo complessivo di 13 milioni di euro, la cooperazione italiana è intervenuta per la riabilitazione e il sostegno al sistema giudiziario e penitenziario afghano; il supporto alla strategia per la giustizia nazionale, con particolare attenzione ai diritti fondamentali ed all'accesso alla giustizia per popolazione; la formazione e la creazione di capacità per la sostenibilità delle iniziative, attraverso una scuola di magistratura (Inltc), concepita e realizzata dall'Italia e con programmi attuati con la collaborazione delle università italiane;
grazie al sostegno del Governo italiano, molti risultati sono stati già conseguiti e, in particolare, vanno segnalate le seguenti iniziative: redazione di un codice di procedura penale ad interim, tuttora vigente; redazione di un codice di procedura penale più avanzato, con il concorso di istituzioni afghane e altre componenti della comunità internazionale; organizzazione giudiziaria primaria sul territorio; redazione di un codice minorile in cooperazione con l'Unicef; revisione del diritto di famiglia e del codice civile, in collaborazione con Unifem; riforma della normativa penitenziaria, condotta dall'Unodc; corsi di formazione presso la scuola di magistratura afghana, presso istituzioni internazionali e università italiane di centinaia di magistrati, funzionari governativi e avvocati, fra cui molte donne; riabilitazione della corte di appello e delle strutture penitenziarie di Kabul (carcere di Pol-e-Charki e Detention Center di Kabul); realizzazione di un Women detention center a Kabul, in collaborazione con Unifem e Unodc; prestazione di assistenza legale e difesa in giudizio a migliaia di cittadini indigenti, donne e minori;
b) sanità: gli interventi si sono allineati ai programmi sanitari afghani e sono volti a migliorare l'accesso alle cure da parte della popolazione. Gli aiuti (10 milioni di euro) si sono concentrati nel

settore materno-infantile e nell'emergenza dei grandi ustionati, nel sostegno all'ospedale pediatrico e a quello regionale di Herat, nonché all'ospedale Esteqlal di Kabul. Ad Herat è, inoltre, stata avviata la costruzione di una centrale delle ambulanze che servirà la popolazione della provincia e delle zone limitrofe, per rimediare al problema dell'accesso alle strutture sanitarie, uno dei fattori che più limitano il miglioramento delle condizioni di salute degli afghani, soprattutto nelle zone rurali;
c) agricoltura e sviluppo rurale: l'Italia sostiene il National solidarity programme, iniziativa in corso nell'intero paese il cui scopo è mettere a disposizione delle comunità rurali fondi per realizzare microprogetti, scelti dalle comunità stesse, attraverso il più ampio coinvolgimento possibile di tutti i membri del villaggio e la costituzione di comitati;
d) buon governo: ha un ruolo centrale nel processo di transizione del paese e la cooperazione italiana ha incrementato il suo impegno nel settore del buon governo, soprattutto nella provincia di Herat per il rafforzamento delle capacità dell'amministrazione locale, con l'intento di generare, a partire dal livello locale, un effetto di ricaduta positiva a livello nazionale;
e) infrastrutture stradali: iniziative per la costruzione dei 136 chilometri della strada tra Bamyan e Maidan Shar per un importo complessivo di 103 milioni di euro;
f) aiuti umanitari: nel 2010 sono stati realizzati interventi di sminamento umanitario nelle province di Herat e Kabul e iniziative di emergenza in favore delle popolazioni vulnerabili di Herat, province limitrofe e altre aree del paese in collaborazione con le Nazioni Unite, ma anche con le organizzazioni non governative italiane;
g) iniziative nel sociale: sul versante delle pari opportunità, la cooperazione italiana finanzia un programma di formazione imprenditoriale e professionale femminile a Kabul attraverso cui sono state costituite piccole imprese femminili nel taglio gemme, nel settore dell'elettronica e del fotovoltaico, nei servizi di catering e di ristorazione, unico esempio gestito da donne in tutta Kabul; l'impegno a sostegno delle donne afghane ha riguardato anche programmi per la riduzione della violenza contro le donne, un fenomeno purtroppo ancora molto diffuso in Afghanistan;
su un piano più generale, l'Italia ha ben presente la centralità della dimensione politica e sta portando avanti un'intensa attività diplomatica, in tutte le occasioni di incontro internazionale dedicate all'Afghanistan, per favorire un approccio regionale alla questione afghana e per incrementare il profilo civile dell'assistenza internazionale al paese. La sessione ministeriale G8 outreach svoltasi a Trieste nel giugno 2009 e la riunione dei rappresentanti speciali per Afghanistan e Pakistan svoltasi a Roma il 18 ottobre 2010, che ha visto la partecipazione dei principali attori della regione, incluso l'Iran, si inseriscono in questa prospettiva;
alla luce dei risultati ottenuti e di quelli che ancora si possono e si devono raggiungere nonché della maggiore aggressività dimostrata dalle forze talebane, in virtù anche della circostanza per la quale il nostro Paese è impegnato in Afghanistan nell'ambito di una missione internazionale e potrà disimpegnarsi solo nel quadro di decisioni comuni, appare necessario intervenire per focalizzare lo sviluppo migliore della missione, riflettendo sulle potenzialità e sugli obiettivi di breve e medio termine dell'impegno internazionale,


impegna il Governo:


a confermare, coerentemente con la nuova strategia condivisa nell'ambito del recente vertice di Lisbona, il proprio contributo aggiuntivo con particolare riguardo al settore della formazione delle forze di sicurezza afghane, ai fini del definitivo trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza;

a proseguire nella collaborazione con le autorità afghane e gli alleati Isaf affinché le forze di sicurezza afghane siano messe quanto più possibile nelle condizioni di potere assumere la guida e la conduzione delle operazioni di sicurezza entro il 2014, fermo restando che l'impegno della Nato a sostegno dell'Afghanistan non verrà meno a quella scadenza, ma proseguirà anche attraverso lo strumento di cooperazione fra le parti, approvato in occasione del vertice di Lisbona;
ad accrescere l'impegno civile italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, in termini di sviluppo, rafforzamento istituzionale e collaborazione economica, per contribuire in tal modo a creare le condizioni affinché il processo di transizione sia irreversibile e sostenibile;
a continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo, nei fori internazionali dedicati all'Afghanistan, per evidenziare l'importanza di un approccio regionale alla questione afghana e per facilitare il processo politico inter-afghano.
(1-00561)
«Cicu, Antonione, Baldelli, Stefani, Cirielli, Dozzo, Pini, Ascierto, Barba, De Angelis, Fallica, Gregorio Fontana, Holzmann, Giulio Marini, Antonio Martino, Mazzoni, Nola, Petrenga, Luciano Rossi, Sammarco, Speciale, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Chiappori, Gidoni, Molgora, Pirovano».

La Camera,
premesso che:
la missione Isaf in Afghanistan, deliberata con voto unanime delle Nazioni Unite e gestita in un contesto multilaterale, fu una scelta difficile ma doverosa all'indomani dell'11 settembre 2001, per contrastare le reti del terrorismo jihadista e assicurare la pace e la stabilità di un paese che ha tuttora un ruolo cruciale in un contesto regionale ancora molto precario;
nel corso di questi anni, tuttavia, le difficoltà che si sono registrate rinviano ai molti interrogativi ancora non sciolti su come affrontare il tema della democratizzazione, che, per quel che riguarda l'Afghanistan, rimandano alle particolari caratteristiche etniche e sociali della società afghana, che hanno reso da sempre difficile la costruzione di un vero Governo centrale;
tali difficoltà, insieme alla presenza di una corruzione endemica - fortemente esasperata dall'essere l'Afghanistan il principale produttore di oppio - hanno posto la comunità internazionale di fronte alla necessità di un ripensamento dei modi e delle forme attraverso cui conseguire i suoi principali obiettivi, la sconfitta del terrorismo e la stabilizzazione del paese, non ignorando l'esistenza di un oggettivo fattore tempo, anche in relazione alle opinioni pubbliche occidentali;
nessun processo di stabilizzazione può essere raggiunto senza un netto miglioramento del contesto regionale e un deciso coinvolgimento di tutti gli attori, dal Pakistan, all'India, all'Iran, che debbono diventare convinti protagonisti di questo processo di pace, indispensabile anche ai fini della loro stabilizzazione. In assenza di questi processi sarebbe molto difficile dare concreto seguito alla nuova strategia annunciata dal Presidente Obama, condivisa dalla comunità internazionale e dall'Italia, che prevede un graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare internazionale, dando così ufficialmente avvio ad una lunga fase di transizione;
la riduzione graduale e concordata, che dovrebbe iniziare dal luglio 2011, dovrà progressivamente comportare la trasformazione della missione militare italiana in una sempre più specifica attività

di addestramento che favorisca l'accelerazione del processo di afghanizzazione e non sarebbe, pertanto, compatibile con il mero dislocamento delle Forze militari italiane in altre province dell'Afghanistan;
la cosiddetta exit strategy non può, però, tradursi in una sorta di fuga con conseguenze incalcolabili, tanto sulla popolazione civile, quanto sulla stabilità dei Governi dei paesi dell'area; è, perciò, indispensabile in questa nuova fase che si dia avvio, da un lato, ad una accelerazione di quel processo di governo e gestione della sicurezza del paese da parte degli stessi afghani; dall'altro, ad un'elaborazione di una strategia che si potrebbe definire del «doppio pedale», nella quale contestualmente al progressivo e graduale ridimensionamento delle forze armate, si preveda un rafforzamento deciso e consistente dell'azione politica, civile e sociale delle forze internazionali, con l'obiettivo di responsabilizzare il Governo afghano e le variegate componenti etniche e territoriali che compongono il Paese;
in questo nuovo quadro appare, dunque, indispensabile, accanto alla leadership esclusivamente militare che dovrà progressivamente ridursi, rafforzare la leadership civile dell'Onu, al fine di contribuire a governare la difficile fase di transizione, aiutare il consolidamento delle istituzioni afghane e, soprattutto, sostenere ed indirizzare la trattativa tra le varie componenti della società afghana, comprese quelle rimaste sinora estranee al processo di State building e tra gli insorgenti disponibili alla trattativa di pace. Tale trattativa è, infatti, cruciale: chiama in causa anche i Governi dell'area, primo tra tutti il Pakistan, e dovrà condurre ad un accordo molto ampio e, al tempo stesso, innovativo dal punto di vista istituzionale, prendendo atto delle particolarità del Paese;
la comunità internazionale sarà chiamata, anche in vista del progressivo graduale ritiro di alcuni contingenti nazionali, ad assumere le necessarie determinazioni; a questo fine è necessario che la coalizione possa agire con una strategia realmente unitaria, rilanciando il ruolo della Nato quale luogo di elaborazione di decisioni effettivamente condivise tra gli alleati, nell'ambito del mandato delle Nazioni Unite; in tale contesto il nostro Paese dovrà concorrere affinché, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, si preveda un forte rafforzamento degli interventi civili, al fine di conseguire l'obiettivo della stabilizzazione del quadro politico, civile e istituzionale dell'Afghanistan;
in occasione del graduale e progressivo ridimensionamento della presenza militare, occorre, altresì, ripensare, in una strategia di lungo periodo, ad un riequilibrio complessivo della quantità e qualità della nostra presenza nelle missioni internazionali all'estero, che tenga conto, in particolare, di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo, un'area strategicamente prioritaria per gli interessi geo-politici del nostro Paese;
va ribadito in questa fase il diritto del Parlamento ad una discussione sulle linee della nostra iniziativa diplomatica nella regione ed il diritto ad un'informazione preventiva in merito ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana; a questo fine si auspica che il Parlamento possa giungere quanto prima all'approvazione della proposta di legge quadro sulle missioni internazionali, al fine di dotarsi di strumenti finanziari certi per il loro finanziamento e di procedure definite con legge per la loro autorizzazione,


impegna il Governo:


ad adottare ogni iniziativa utile, per quanto di sua competenza, affinché il graduale previsto ritiro delle Forze militari dia luogo ad una nuova strategia, che, contestualmente alla graduale riduzione delle truppe, preveda un forte rafforzamento dell'azione politica e civile delle forze internazionali, con l'obiettivo di dare al Governo afghano e alle componenti

della società civile afghana la possibilità di pervenire alla necessaria stabilizzazione del paese;
a farsi promotore nelle opportune sedi internazionali di una nuova impostazione del processo di institution building in atto in Afghanistan, che, rispettando le peculiarità civili, sociali ed etniche del paese, permetta di giungere a forme efficaci di intesa e di coinvolgimento di grande parte del popolo afghano;
ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi multilaterali volta a rafforzare la leadership civile dell'Onu, per consentire una più efficace gestione, coerenza ed efficacia degli interventi civili, compresi gli aiuti, nella fase di transizione che si aprirà con il previsto graduale ritiro delle truppe, per accompagnare e sostenere il Governo afghano nella riforma interna delle istituzioni e, in particolare, nella trattativa in atto con diversi segmenti degli insorgenti, che appare decisiva ai fini di allargare il consenso verso le istituzioni del paese;
a sostenere, specialmente in ambito dell'Onu, ogni iniziativa internazionale che favorisca la definizione di una complessiva strategia diplomatica regionale volta a promuovere forme di coordinamento e coinvolgimento di tutti i Paesi dell'area - a partire da Iran, Pakistan e India - per giungere alla convocazione in tempi brevi di una conferenza internazionale, in cui si possa valorizzare il ruolo di mediazione del nostro Paese e dell'Unione europea;
ad assicurare la preventiva consultazione del Parlamento, a prescindere dalla periodica discussione parlamentare sul rifinanziamento delle missioni all'estero, rispetto ad ogni eventuale decisione politica di modifica sostanziale della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza italiana;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere quel percorso di riconciliazione con tutte le componenti afghane, anche tra gli insorgenti, disponibili ad abbandonare l'uso della violenza e tale da permettere al popolo afghano di cercare le soluzioni politiche atte a garantire l'equilibrio tra le tradizioni religiose e culturali e la crescita democratica;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale e incrementando il numero degli addestratori italiani inviati in loco, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia, dell'azione italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, quale condizione per una lotta efficace contro la diffusa corruzione, ma soprattutto quale condizione per ristabilire un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche del paese;
ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, affinché, anche attraverso una maggior cooperazione con il Governo afghano, sia rafforzata una pianificazione e una conduzione delle missioni internazionali in Afghanistan che ponga la tutela dei civili e l'esclusione di cosiddetti danni collaterali come obiettivo prioritario e ineludibile, garantendo, altresì, nei casi di vittime civili, indagini trasparenti e chiare sul rispetto delle norme internazionali di diritto umanitario;
a stanziare più credibili risorse finanziarie dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, promuovendo - in accordo col Governo afghano - una rinnovata attenzione allo sviluppo locale, che garantisca la protezione dei civili attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo, e ripensando radicalmente nuove strategie per affrontare il problema dell'oppio, alla luce del fallimento di quelle fin qui utilizzate, nella consapevolezza che occorre combattere anche il secondo e il terzo livello del traffico di droga, affrontando, quindi, in modo radicale il tema della corruzione e della collusione dei signori

dell'oppio con gli apparati pubblici, politici e amministrativi, nonché le questioni dei loro collegamenti internazionali;
ad adottare ogni iniziativa utile, anche nelle opportune sedi internazionali, per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti e, più in generale, a favorire progetti di cooperazione che stimolino i diversi settori della società civile afgana, per una ricostruzione del paese non solo materiale, ma anche morale e sociale.
(1-00562)
«Tempestini, Rugghia, Maran, Villecco Calipari, Barbi, Colombo, Corsini, Gianni Farina, Garofani, Giacomelli, La Forgia, Laganà Fortugno, Losacco, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Narducci, Pistelli, Porta, Recchia, Rigoni, Rosato».

La Camera,
premesso che:
dopo l'attentato terroristico dell'11 settembre 2001 gli Stati Uniti appoggiati dall'Onu decidono di invadere l'Afghanistan, dando il via all'operazione Enduring freedom (libertà duratura), che si poneva come obiettivo la fine del regime dei talebani e la distruzione dei campi di addestramento e della rete di Al Qaeda, l'insieme di entità politico-militari di ispirazione islamica che con mezzi terroristici intende destabilizzare l'Occidente e che ha a capo Osama Bin Laden;
dopo durissimi bombardamenti ed azioni di guerra, il regime talebano viene rovesciato in poco più di un mese, nel novembre del 2001. Al potere si insedierà Hamid Karzai, tuttora Capo di Stato dell'Afghanistan;
nel paese, a causa dell'instabilità politica e dei numerosi attentati terroristici dei talebani, radicati ancora nel sud-est del paese al confine con il Pakistan, sono costrette a permanere le truppe della Nato per contribuire a ristabilire la democrazia;
le forze dell'Isaf sono lì per garantire sicurezza e stabilità al nuovo Governo Karzai;
attualmente l'addestramento della polizia afghana (Afghan national police) è gestito dall'Afghanistan police program;
nonostante sia la polizia a mantenere ufficialmente l'ordine, qualche volta sono i comandi militari regionali ad occuparsi di ciò, soprattutto nelle campagne. Nel 2003, su decisione della NATO, il mandato dell'Isaf fu esteso oltre l'area di Kabul. Nonostante ciò le aree in cui mancano truppe internazionali sono spesso sotto il controllo delle milizie islamiche; per riprendere il controllo di queste zone, sprovviste della copertura di forze di polizia, è stato inviato l'esercito afghano (Afghan national army);
l'attuale Presidente, il primo dalla caduta dei talebani nel 2001, Hamid Karzai, già Capo di Stato ad interim fra il 2001 e il 2004, è stato eletto nel 2004 e riconfermato, nonostante i brogli a lui contestati, nel 2009, in seguito al ritiro del suo sfidante al ballottaggio, Abdullah Abdullah;
la missione Isaf (International security assistance force) è una forza di intervento internazionale che ha il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell'autorità afghana che si è insediata a Kabul il 22 dicembre 2001, a seguito della risoluzione n. 1386 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001;
dall'agosto del 2003 il contingente è passato alle dipendenze della Nato;
il 2010 è stato sicuramente il più difficile per le truppe alleate e, in generale, per il conflitto afghano; la perdita di vite umane, per i contingenti militari stranieri, è stata superiore agli anni precedenti: 711 da gennaio 2010, tra i quali 498 statunitensi e 103 britannici. Cifre che portano il

totale dei caduti in nove anni di guerra a oltre 2.000, inclusi i morti per incidenti e malattie;
in Afghanistan il primo contingente italiano risale al 2003, con l'invio di un piccolo contingente a Khost, nella zona sul confine pachistano, e potenziato dal 2005 con lo schieramento di una forza sempre più grande nella regione sud-occidentale e a Kabul. Mentre fino al 2007 le truppe impegnate in combattimento erano pochissime - circa 150 uomini più un nucleo di commandos della Task force 45 - dal 2008 c'e stata un'escalation con una sempre maggiore presenza militare nelle zone di guerra. Da qui il crescente numero di morti italiane. Nessun dato certo lascia intendere che questa tendenza possa declinare, tutt'altro;
più truppe disponibili significa poter dislocare i reparti in più settori e aumentare le operazioni contro gli insorti. Alla proporzione tra aumento di organici e di perdite non è sfuggito neppure il contingente italiano, che nel 2010 ha avuto 12 dei suoi 35 caduti in Afghanistan, due in più dei 33 soldati uccisi in Iraq tra il 2003 e il 2006. Di questi, dieci militari e un agente dell'intelligence sono stati uccisi dal fuoco talebano, mentre un militare è rimasto ucciso in un incidente e un altro si è suicidato;
le perdite subite dal contingente italiano sono proporzionali all'incremento delle forze in campo, salite da 3.200 a 4.000 rispetto al 2009, quando i caduti italiani furono nove, sette dei quali uccisi dai talebani;
l'incremento dei caduti coincide con quanto registrato anche da altri contingente europei, come quello francese (16 morti da gennaio 2010, 52 dal 2002) e tedesco (12 caduti da gennaio 2010 e 46 nell'intero conflitto), mentre le truppe danesi schierate nell'infuocata provincia di Helmand continuano a subire le perdite più elevate in proporzione agli appena 750 militari dislocati in Afghanistan;
il portavoce del Ministero dell'interno afghano, Zemari Bashary, ha specificato che i civili uccisi sono stati il 20 per cento in più rispetto al 2009: 2.042 i morti e 3.750 feriti, colpiti per quasi l'80 per cento dagli insorti. Sul fronte opposto i talebani uccisi sono stati 5.225 e 949 feriti;
le ultime elezioni afghane si sono tenute in un clima di alta tensione nel settembre 2010, con un afflusso alle urne del 40 per cento degli aventi diritto: alle presidenziali del 2009 aveva votato il 30 per cento. I razzi dei talebani hanno provocato, in questa occasione, 14 morti;
non va dimenticato il preziosissimo lavoro svolto dalle nostre Forze militari, che, dall'inizio della missione, hanno portato a termine numerose iniziative di sostegno alla popolazione civile, contribuendo, in vaste zone, a ripristinare condizioni di vita «normale»;
oltre agli interventi più strettamente legati alla sicurezza, sono moltissime le attività svolte a sostegno delle popolazioni locali, avviate e già portate a termine dalla Task force: apertura di scuole, restauri di edifici e moschee, installazione di pompe per pozzi, costruzione di importanti infrastrutture, come ponti, strade e acquedotti. Il tutto per sostenere la vita della popolazione locale;
fra gli eventi più importanti si vuole ricordare la riunione da parte delle Forze italiane; con ben 82 capivillaggio, che hanno assicurato la loro cooperazione con le forze Isaf e le forze afghane;
tutto questo lavoro ha meritato l'encomio del Presidente Usa Obama;
nonostante gli sforzi profusi, la situazione odierna dell'Afghanistan non è affatto come si sperava divenisse. Gli enormi sacrifici, anche di vite umane, hanno di molto migliorato la situazione, ma non hanno prodotto quelle condizioni che si ritenevano indispensabili per riportare la democrazia in Afghanistan, in particolare lo scenario di guerra è sempre più duro e il nostro contingente è immerso in quella realtà;

è necessario chiarire al Paese che le nostre truppe sono impegnate in zone di guerra per interessi nazionali e sovranazionali e, allo stesso tempo, è altresì giusto che ci si interroghi, insieme ai nostri alleati, sui tempi della nostra permanenza in quelle terre;
in tal senso, appare fondamentale appoggiare e sostenere il lavoro svolto dai nostri soldati in Afghanistan, affinché si determinino in quell'area condizioni di stabilità che possano permettere al popolo afghano, nella certezza di una raggiunta democrazia, di camminare da solo nella propria storia,


impegna il Governo:


a confermare, coerentemente con la nuova strategia condivisa nell'ambito del recente vertice di Lisbona, il proprio contributo aggiuntivo, con particolare riguardo al settore della formazione delle forze di sicurezza afghane, ai fini del definitivo trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza;
a presentare al Parlamento un piano, predisposto in accordo con gli alleati e le autorità afghane, che possa assicurare certamente entro il 2014, ma se possibile anche prima, un rientro delle nostre truppe dall'Afghanistan, fermo restando che l'impegno della Nato a sostegno dell'Afghanistan non verrà meno a quella scadenza, ma proseguirà anche attraverso lo strumento di cooperazione fra le parti, approvato in occasione del vertice di Lisbona;
ad accrescere l'impegno civile italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan, in termini di sviluppo, rafforzamento istituzionale e collaborazione economica, per contribuire in tal modo a creare le condizioni affinché il processo di transizione sia irreversibile e sostenibile;
a continuare a svolgere un ruolo attivo e propositivo, nei fori internazionali dedicati all'Afghanistan, per evidenziare l'importanza di un approccio regionale alla questione afghana e per facilitare il processo politico inter-afghano.
(1-00563)
«Porfidia, Sardelli, Belcastro, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Iannaccone, Milo, Moffa, Mario Pepe (IR), Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini».

La Camera,
premesso che:
il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione n. 1386 del 20 dicembre 2001, ha autorizzato la costituzione di una forza multinazionale, International security assistance force (Isaf), con il compito di condurre operazioni militari secondo il mandato ricevuto, in cooperazione e coordinazione con le forze di sicurezza afghane ed in coordinazione con le forze della coalizione, al fine di assistere il Governo afghano nel mantenimento della sicurezza, favorire lo sviluppo delle strutture di Governo, di estendere il controllo del Governo su tutto il paese e di assistere gli sforzi umanitari e di ricostruzione, nel quadro degli accordi di Bonn del 5 dicembre 2001;
la missione Isaf in Afghanistan è stata decisa pochi giorni dopo il tragico attentato alle Torri gemelle di New York l'11 settembre 2001, con un voto unanime del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha considerato di interesse comune della comunità internazionale il contrasto al terrorismo jihadista e l'avvio di una serie di interventi militari e civili per assicurare la pace e la stabilità in quell'area così strategica;
l'Afghanistan, in seguito alla caduta del regime talebano ed al contrasto alle cellule di Al Qaeda insediate nel paese, è sicuramente cambiato: è iniziata una faticosa ricostruzione delle infrastrutture materiali, sono state riaperte migliaia di scuole ed a milioni di bambine e ragazze è stato nuovamente possibile frequentare

corsi scolastici; è iniziato il rientro di numerosi profughi dal Pakistan; è iniziata una complessa fase di nation building con numerose elezioni a tutti i livelli (locali, parlamentari, presidenziali), con l'avvio di importanti riforme nel settore della giustizia e dello stato di diritto;
il nostro Paese è uno dei principali contributori alla missione Isaf in termini di personale militare, il cui operato è ampiamente e pienamente apprezzato non soltanto da tutti i partner presenti in quel teatro operativo, ma anche dalle autorità e dalle popolazioni locali;
l'Italia ha svolto sin dal 2002 un significativo ruolo nella costruzione istituzionale dell'Afghanistan, a cominciare dall'iniziale assunzione della posizione di «nazione guida» nel settore della giustizia, che ha permesso di creare le condizioni per la realizzazione di un piano nazionale per la giustizia. In questo contesto l'Italia continua a dare un importante contributo all'affermazione dei principi dello stato di diritto ed alla tutela e promozione dei diritti fondamentali di tutti i cittadini;
l'Italia ha fornito in questi quasi 10 anni di impegno militare e civile in Afghanistan un contributo qualitativo e quantitativo di estrema importanza, sia nelle attività di contrasto al terrorismo ed all'insorgenza talebana, sia nelle azioni per avviare un concreto progresso economico, sociale ed istituzionale dell'Afghanistan;
l'operazione Isaf non va, però, considerata una missione a tempo indeterminato, in quanto il suo obiettivo è quello di creare le condizioni minime di sicurezza nel paese, formare le forze di sicurezza locali, consolidare le istituzioni democratiche, permettere le condizioni sul terreno per avviare concrete azioni per lo sviluppo economico;
la fondamentale azione della componente militare, nel garantire le condizioni di sicurezza e di controllo del territorio, ed il ruolo della componente civile, nella ricostruzione istituzionale ed economica, costituiscono i due aspetti inscindibili dell'approccio onnicomprensivo adottato dalla comunità internazionale per la stabilizzazione e la ricostruzione dell'Afghanistan;
è importante proseguire la riflessione strategica iniziata con la Conferenza di Londra del 2010, finalizzata a migliorare l'azione sul terreno, con l'obiettivo di migliorare l'efficacia e l'autorità delle istituzioni afghane, di combattere la corruzione, di ridurre le perdite fra i civili, di contrastare il fenomeno della produzione dell'oppio, di consolidare la stabilità e la sicurezza in aree sempre maggiori per permettere l'avvio di concrete iniziative per lo sviluppo. Tali azioni permetteranno di avvicinare il momento in cui gli afghani saranno in grado di governare e gestire autonomamente la sicurezza nel loro paese;
con tale obiettivo in mente sarà decisivo dare un più consistente impulso all'azione politica e sociale, in modo da rendere efficace quella militare, destinare maggiori risorse alla popolazione e più attenzione allo sviluppo locale, sostenere vigorosamente la nuova concezione della sicurezza che consideri la protezione dei civili una priorità;
si esprime un grande apprezzamento per il lavoro svolto dalle donne e dagli uomini del contingente militare italiano in Afghanistan, che hanno operato in questi anni in un teatro difficile con grande professionalità, apprezzata da tutte le componenti civili e militari della missione. In particolare, si esprime grande apprezzamento per il lavoro svolto in questi anni nella regione di Herat, dove l'Italia ha guidato il Regional command west delle forze della coalizione e dove grazie all'impegno del contingente italiano sono aumentate in modo significativo le condizioni di sicurezza e di sviluppo dell'intera area ed è stata realizzata una fondamentale attività di formazione della polizia afghana, dell'esercito afghano e della polizia di frontiera;
si rinnova il sentimento di vicinanza e di profondo cordoglio alle famiglie

dei caduti in Afghanistan durante lo svolgimento del loro dovere, assolvendo al compito loro affidato di contribuire a garantire la pace e la sicurezza per il nostro Paese attraverso il contrasto del terrorismo internazionale,


impegna il Governo:


a rafforzare la capacità di risposta e di protezione dei nostri soldati in termini di mezzi e di equipaggiamenti, nonché ad assumere iniziative per adeguare la tutela normativa connessa all'alto rischio che la missione comporta;
a confermare, coerentemente con la nuova strategia discussa e condivisa nell'ambito dell'Alleanza atlantica, il proprio contributo di risorse militari agli sforzi internazionali, ai fini dell'avvio della fase di transizione, destinata ad accelerare e completare il processo di trasferimento delle responsabilità in materia di sicurezza alle forze afghane;
a valutare l'opportunità di potenziare la capacità addestrativa del contingente italiano, che già si è conquistata alta considerazione, riconosciuta a livello internazionale, mediante l'incremento del numero delle unità addestrative;
a promuovere, nelle sedi competenti, le iniziative per sviluppare maggiormente gli interventi di ricostruzione e di assistenza umanitaria alla popolazione afghana, nonché i progetti necessari a favorire la ricostruzione civile ed economica del paese;
a promuovere con forza il processo di afghanizzazione della sicurezza dell'area, aumentando le risorse disponibili all'addestramento dell'esercito e della polizia locale, al fine di accelerare il trasferimento dei compiti di controllo del territorio;
a verificare l'efficacia dell'azione della comunità internazionale e italiana nel riformare il sistema giudiziario afghano, adottando ogni ulteriore iniziativa utile a combattere con decisione la diffusa corruzione;
ad assumere iniziative volte a stanziare adeguate risorse finanziarie, sia destinate direttamente alla popolazione, sia dirette ad incentivare le attività di cooperazione civile presenti in loco, rilanciando nuove strategie atte ad affrontare con efficacia il problema dell'oppio e a garantire la protezione dei civili, anche attraverso la soddisfazione dei loro diritti primari, quali l'educazione, la salute, l'accesso all'acqua e al cibo;
ad adottare ogni iniziativa utile volta a sostenere un processo di dialogo tra tutte le componenti politiche della società afghana che accettino di partecipare al processo democratico, di abbandonare la violenza e di avviare così un serio percorso di riconciliazione con tutte le componenti;
ad adottare ogni iniziativa utile per la realizzazione di programmi in sostegno delle donne afghane e per la promozione dei loro diritti;
a riferire costantemente sull'evoluzione della situazione in Afghanistan, sia sugli aspetti relativi all'impegno militare che sullo stato di attuazione delle attività di sostegno alla ricostruzione ed allo sviluppo dell'Afghanistan.
(1-00564)
«Vernetti, Adornato, Della Vedova, Moroni, Bosi».

Risoluzione in Commissione:

La VIII Commissione,
premesso che:
con il decreto legislativo n. 151 del 2005 è stata recepita la normativa dell'Unione sulla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, e sullo smaltimento dei relativi rifiuti (direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE);
con l'emanazione dei decreti ministeriali 185 del 25 settembre 2007 e 65

dell'8 marzo 2010 il sistema di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) è diventato finalmente operativo. Il primo ha istituito gli organi di gestione: il registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti, il centro di coordinamento per l'ottimizzazione delle attività di competenza dei sistemi collettivi e il comitato d'indirizzo sulla gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, definendone le modalità di funzionamento; il secondo ha disciplinato le procedure di conferimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche presso i punti vendita, il cosiddetto sistema «1 contro 1», sulla base del quale il negoziante ha l'obbligo di ritirare a titolo gratuito un Raee equivalente per ogni nuovo acquisto;
il decreto ministeriale n. 185 del 2007, inoltre, ha stabilito le regole di gestione del sistema nella fase di prima attuazione, ponendo le basi per un accordo di programma tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ANCI e le organizzazioni nazionali di categoria dei produttori e dei distributori di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche attraverso il quale i comuni hanno continuato a occuparsi del trattamento dei RAEE provenienti dai nuclei domestici fino al 31 dicembre 2007, mentre l'onere del finanziamento delle attività di gestione (trasporto dai centri di raccolta e trattamento) svolte dai comuni stessi è stato sostenuto dai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
secondo l'articolo 6 del decreto legislativo n. 151 del 2005, il nostro Paese avrebbe dovuto ottenere «entro il 31 dicembre 2008, il raggiungimento di un tasso di raccolta separata dei RAEE provenienti dai nuclei domestici pari ad almeno 4 chilogrammi in media per abitante l'anno». La partenza ritardata dell'operatività di raccolta dei RAEE, determinata principalmente dai ritardi nell'emanazione dei decreti di attuazione, ha fatto si che tale obiettivo sia stato raggiunto solo alla fine del 2010;
sono ormai operativi numerosi sistemi collettivi per il trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettroniche, costituiti dai fabbricanti generalmente sotto forma di consorzi volontari, che gestiscono circa il 30 per cento dei Raee prodotti in Italia, il restante 70 per cento è tuttora fuori controllo, quindi smaltito in modo indifferenziato o peggio illegale. Tale dato, analogo, peraltro, a quello medio europeo, dimostra quanto ancora resti da fare. Il cosiddetto sistema «1 contro 1», disciplinato dal decreto ministeriale n. 65 del 2010, stenta a decollare per mancanza di informazione e ancor più per l'insufficiente organizzazione da parte dei punti vendita, in particolare della piccola distribuzione, ciò costituisce un handicap grave per il decollo della raccolta: in altri Paesi dove tale modalità di raccolta è attiva da tempo, attraverso questo canale è raccolto circa il 30 per cento del totale, si pensi alla Svezia dove vengono trattati dai sistemi collettivi 16 chilogrammi di RAEE l'anno a persona, il quadruplo del quantitativo italiano;
questo deficit ha un impatto negativo notevole, oltre che dal punto di vista ambientale anche sotto l'aspetto economico. Ogni anno in Italia sfuggono al circuito virtuoso del riciclo dei Raee, da cui si ottiene alluminio, ferro, rame, oro, vetro e plastiche, circa 435.000 tonnellate di materiali potenzialmente derivanti dal riutilizzo di tutte le 830.000 tonnellate di Raee prodotte in Italia, di cui solo 250.000 sono correttamente indirizzate al sistema nazionale dei consorzi. Uno studio condotto dal dipartimento di ingegneria gestionale del politecnico di Milano ha stimato che per ogni frigorifero trattato e riciclato il CFC raccolto equivale a circa 1,65 chilogrammi di CO2 non immesso nell'atmosfera, l'equivalente del CO2 emesso in atmosfera da un'automobile di medie dimensioni per ogni chilometro. Un'altra recente ricerca ha calcolato che solo nel 2009 si sono perduti circa 27 milioni di euro esclusivamente dai materiali riciclabili di apparecchi tv, telefonini, cordless, pc e macchine fotografiche dismessi e finiti in discarica e in 660 mila le

tonnellate di CO2 disperse nell'aria come prodotto di questo tipo particolare di rifiuti e che potevano essere risparmiate all'atmosfera. La situazione è destinata ad aggravarsi vista la crescita dei Raee (+ 5 per cento l'anno), 3 volte più alta di quella dei rifiuti normali;
se ancora molto si deve fare per accrescere responsabilità e consapevolezza da parte dei cittadini verso la raccolta differenziata dei Raee, ancor più necessario è l'adeguamento delle infrastrutture: la rete di isole ecologiche sul territorio è insufficiente e fortemente squilibrata tra Nord, Centro e Sud, se ne contano poco più di 3.000 in tutta Italia, di cui più di due terzi concentrate al Nord. Tale carenza influisce negativamente sull'elemento più importante del sistema vale a dire la piena efficienza della modalità «1 contro 1» presso i punti vendita, che ha come elemento essenziale proprio una rete capillare di centri di raccolta su tutto il territorio nazionale;
allo scopo di raggiungere la miglior efficienza nella gestione dei RAEE è opportuno apportare con urgenza alcuni correttivi suggeriti dalla prima applicazione del sistema e completare il quadro definito dal decreto legislativo n. 151 del 2005. Il registro nazionale dei produttori (i soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE), istituito al fine di controllare la gestione dei RAEE e di definire le quote di mercato in base alle quali gli oneri di gestione del sistema sono ripartiti, non è ancora pienamente operativo, da ciò discende direttamente la mancanza di controlli sui soggetti che operano nel settore, di verifiche ed, eventualmente, di sanzioni in relazione alla correttezza delle procedure. È necessario pervenire, inoltre, alla concreta applicazione del protocollo di intesa per la regolazione dei rapporti fra i distributori ed i centri di raccolta dei RAEE domestici, per realizzare quanto prima sul portale www.cdcraee.it una completa mappatura, su base nazionale, dei centri di raccolta disposti ad accettare i RAEE conferiti dai distributori. Gli oneri sia burocratici sia economici che la distribuzione sta responsabilmente sostenendo per adempiere correttamente l'obbligo di ritiro «uno contro uno», infatti, saranno del tutto vanificati se non sarà risolto nel breve periodo il problema del conferimento dei RAEE presso i centri di raccolta. La distribuzione deve essere messa nella condizione di conferire ai centri di raccolta, senza ulteriori ritardi, i RAEE provenienti dai nuclei domestici;
è essenziale emanare sollecitamente il decreto, previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 151 del 2005, che stabilisce le tariffe per la copertura dei costi del sistema, nonché le relative modalità di versamento, che consentirebbe ai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di rendere disponibili le risorse economiche necessarie al funzionamento del comitato di vigilanza e controllo e del registro nazionale. Risulta che nel mese di dicembre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare lo abbia trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze ma non si hanno ulteriori notizie al riguardo. Il cosiddetto decreto tariffe è indispensabile, non solo per garantire il corretto funzionamento degli organi ma anche per procedere ai controlli di mercato necessari per individuare i «free riders». L'Associazione delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE) ha sollecitato più volte, in questi anni, l'emanazione del suddetto decreto;
appare, altresì, opportuno apportare alcune modifiche e integrazioni al decreto ministeriale 8 marzo 2010 n. 65, anche affinché gli accordi sottoscritti tra il centro di coordinamento RAEE, ANCI e le associazioni della distribuzione (il protocollo di intesa relativo all'ingresso dei distributori nei centri di raccolta pubblici e l'accordo di programma relativo al ritiro dei RAEE da parte dei sistemi collettivi presso i «luoghi di raggruppamento» istituiti dai distributori) possano diventare pienamente efficaci, in particolare:
a) chiarire, in merito a quanto indicato nell'articolo 8, comma 1, del decreto

ministeriale in questione, se i centri di raccolta realizzati in forza di autorizzazioni ordinarie da parte di province o regioni siano, ai fini del conferimento dei RAEE domestici da parte dei distributori, assimilabili ai centri di raccolta istituiti ai sensi del decreto ministeriale 8 aprile 2008;
b) stabilire che il quantitativo limite di RAEE stoccabili presso ciascun luogo di raggruppamento, di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), non sia pari a 3.500 chilogrammi in totale ma a 3.500 chilogrammi per ciascun raggruppamento di RAEE ed elevare il limite temporale per lo stoccaggio degli stessi nei luoghi di raggruppamento da uno a tre mesi;
c) prevedere la possibilità di eseguire il trasporto con automezzi con massa complessiva non superiore a 7.500 chilogrammi invece che a 6.000 chilogrammi (articolo 2, comma 1, lettera d) e mezzi autorizzati al trasporto in regime ordinario, ex articolo 212, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, riguardo a quanto stabilito dall'articolo 10, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale n. 185 del 2007, circa le condizioni alle quali il ritiro da parte dei sistemi collettivi competenti, dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche raccolti dai distributori, è effettuato direttamente presso i medesimi. In tal caso sarà anche opportuno chiarire come i trasportatori debbano adempiere gli obblighi concernenti il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti);
d) individuare una soluzione, anche in via interpretativa, che consenta alle imprese che effettuano commercio on-line e vendite a distanza, di agire sul mercato senza contravvenire alle norme e senza uno spropositato aggravio di costi. Oggi per adempiere alla normativa in materia, invero, è necessario effettuare il ritiro del RAEE con un mezzo diverso da quello con il quale si effettua il trasporto del prodotto nuovo (i mezzi degli spedizionieri normalmente utilizzati non sono idonei al trasporto dei RAEE);
risulta, infine, opportuno, al fine di evitare i danni ambientali causati dallo smaltimento abusivo dei rifiuti di sorgenti luminose, definire modalità adeguate (ad esempio stabilendo una soglia quantitativa) per il conferimento di tali rifiuti da parte degli installatori. Attualmente, infatti, gli installatori di sorgenti luminose non sono accolti presso le isole ecologiche per il conferimento dei rifiuti di lampade al mercurio, essendo essi, di norma, soggetti diversi dai cittadini residenti nei comuni serviti. In realtà il decreto legislativo n. 151 del 2005 considera tutte le sorgenti luminose quali rifiuti domestici ed i produttori finanziano il loro smaltimento attraverso l'eco-contributo,


impegna il Governo:


ad emanare al più presto il decreto previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 151 del 2005, ad apportare, prendendo in considerazione le soluzioni indicate in premessa, le opportune integrazioni e modificazioni ai decreti attuativi già emanati e a svolgere ogni azione di propria competenza, anche presso gli organismi dell'Unione, dov'è attualmente in discussione la revisione della normativa di settore, al fine di completare e rendere pienamente operativo il sistema di gestione dei RAEE.
(7-00495)
«Margiotta, Mariani, Realacci, Bratti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,

al Ministro della salute, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 10 febbraio 2011 seguito di un furto ad un deposito di una autobotte piena di 18 mila litri di carburante, una grande quantità di carburante agricolo è stato versato nel torrente Almone, che scorre nel cuore del Parco della Caffarella e riceve le acque delle numerose sorgenti ancora presenti nell'area; le sue acque vengono deviate al depuratore di Roma sud;
da notizie stampa il gasolio rischia di arrivare al Tevere e poi in mare anche se non ci sarebbero rischi per la popolazione, ma per i tecnici la notevole quantità di carburante ha provocato sicuramente danni all'ambiente e alla fauna del fiume;
squadre dei vigili del fuoco sono impegnate a contenere le migliaia di litri versati nel torrente Aimone;
l'allarme è scattato dopo che venerdì mattina sono state segnalate larghe macchie di carburante nel fiume Aimone, a Roma. I cittadini di diversi municipi hanno segnalato ai vigili urbani un forte odore in tutta l'area della Caffarella e gli agenti dei gruppi IX, X e XI sono risaliti lungo il torrente fino al deposito, notando nelle acque chiazze di carburante nel torrente che costituisce un'importante risorsa d'acqua per i campi agricoli della zona -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo e se e quali iniziative di competenza intenda promuovere a tutela della salute e dell'ambiente posto che il parco della Caffarella è vincolato ai sensi delle leggi n. 1497 del 1939, n. 1089 del 1939 e n. 431 del 1939.
(4-10850)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ha individuato come priorità del suo dicastero la lotta ai cosiddetti «fannulloni», termine dallo stesso utilizzato per indicare il personale inoperoso della pubblica amministrazione;
nell'ambito di questa mission il Ministro ha posto in essere tutta una serie di iniziative, tra le quali la stretta sulle assenze, la registrazione di entrate ed uscite degli impiegati, incentivi per gli statali produttivi e penalità per chi non è efficiente, obbligo per i medici di spedire on line i certificati di malattia all'INPS, e altro;
la misurazione, valutazione e trasparenza delle performance del personale avrebbe dovuto rappresentare il perno della riforma della pubblica amministrazione;
con l'articolo 13 del decreto legislativo 20 ottobre 2009, n. 150, recante «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni», è stata istituita, a tal fine, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, conosciuta con l'acronimo CIVIT;
alla CIVIT, insediata il 23 dicembre 2009, si riconosce il ruolo di indirizzare, coordinare e sovrintendere alla valutazione dei dipendenti pubblici e garantire la trasparenza delle amministrazioni nell'ambito di una riforma finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e all'efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, della quale, a ben vedere, essa rappresenta uno dei momenti di maggior rilievo;
la CIVIT, suo malgrado, è finita alla ribalta delle cronache giudiziarie la scorsa estate quando il suo presidente Antonio Martone è rimasto coinvolto nell'inchiesta sull'eolico e la cosiddetta «nuova P3»;
è notizia di qualche giorno fa che Pietro Micheli, uno dei cinque membri nominati nel mese di dicembre 2009, arrivato

dalla Gran Bretagna, ove era consulente del medesimo organismo inglese, si è dimesso;
in una lettera aperta al Ministro, riportata da diversi organi di stampa, il commissario dimissionario ha denunciato le carenze di impianto e i difetti nel modo in cui si sta attuando la riforma;
nella lettera-denuncia Micheli sintetizza le sue accuse dichiarando che i vizi di un sistema da riformare non sono stati affrontati in modo corretto e con l'intensità di energie politiche e risorse economiche che la sfida richiede;
le critiche non si esauriscono qui, il commissario dimissionario rileva come la commissione non ha né poteri ispettivi né sanzionatori al contrario dell'omologo national audit office inglese, il quale ha peraltro un organico di 800 persone a fronte delle poche decine di quello italiano, privo peraltro di un'autonoma sede e ospitato negli uffici dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran);
ancor più grave è la denuncia relativa alla mancanza di indipendenza della commissione che dovrebbe indirizzare, coordinare e sovrintendere alle valutazioni dei dipendenti pubblici e garantire la trasparenza delle amministrazioni e che, al contrario, subirebbe forti ingerenze da parte della politica su come utilizzare la gran parte delle risorse pari a 8 milioni di euro all'anno, peraltro non ancora allocate per il 2010;
sono sotto accusa quindi non solo l'impianto della riforma ma i poteri della commissione che si sovrapporrebbero a quelli di altri soggetti, come, tra gli altri, la ragioneria dello Stato, e il management, in gran parte costituito da giuristi la cui indipendenza sarebbe minata dal fatto che il Governo si riserva di determinarne le nomine, i compensi e gli ambiti di operatività;
a questo punto c'è il fondato rischio che nei prossimi mesi vi sia una defezione dei Ministeri dalla valutazione dei dipendenti, come già accaduto con l'autoesclusione della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'economia e delle finanze;
gli obiettivi della riforma sono stati quindi secondo gli interroganti mancati; premi e sanzioni ne dovevano essere il fulcro, ma la legge di stabilità ha azzerato le risorse destinate ai primi. L'assenteismo in parte si è ridotto ma la campagna mediatica ha finito per deprimere la reputazione e il senso da appartenenza di tanti dipendenti demotivati. Micheli ritiene piuttosto che per rendere la pubblica amministrazione più efficiente e competitiva bisogna risolvere i problemi dal punto di vista organizzativo e di sistema puntando sulla creazione di valore pubblico e la valutazione degli impatti dell'azione amministrativa. In ultima istanza, l'interesse principale dei cittadini e delle imprese è la qualità dei servizi che vengono loro resi. Il meccanismo del premio e della sanzione è strumentale a questo obiettivo, mentre è finito per essere (specie la sanzione) il vero fulcro dell'azione;
le denunce sollevate sull'impianto della riforma, sulla mancanza di indipendenza e sull'ingerenza della politica nella CIVIT risultano evidentemente gravi e palesano sempre secondo gli interroganti il totale fallimento dell'opera riformatrice del Ministro priva di incisività per deficit di indirizzo politico e per grave mancanza di risorse necessarie -:
quali siano, ad oggi, i risultati della riforma e se, alla luce di questi, i rilievi formulati dall'ex commissario sulla negativa impostazione generale della stessa ed in particolare sulla mancata autonomia e indipendenza della CIVIT rispondano a realtà;
nel caso in cui ciò sia vero, se non si intenda avviare un serio confronto ai fini di intraprendere, un'effettiva riforma innovatrice della pubblica amministrazione nell'opportuna condivisione del metodo, mettendo in campo i mezzi necessari e dotandoli di autonomia e adeguate risorse strumentali ed economiche, al fine di adeguare

la pubblica amministrazione del nostro Paese e gli organi di valutazione della stessa agli standard europei e restituire dignità e senso di appartenenza perso a fronte di generalizzate e ad avviso degli interroganti propagandistiche campagne screditanti.
(4-10856)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
i tumori costituiscono la seconda causa di mortalità per la popolazione italiana e già in precedenza il Parlamento è intervenuto in materia, vietando il fumo nei locali pubblici come misura per prevenire il cancro ai polmoni, ritenendo il contrasto di tale patologia un interesse della collettività;
secondo i dati del sistema informativo del Ministero della salute, presentati nel «2o Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici anno 2010», predisposto dall'Osservatorio permanente della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO), è progressivamente e costantemente aumentato in questi anni il numero dei cittadini che sopravvivono alle esperienze di tumore ed il loro numero sarebbe di circa 2.200.000 persone;
secondo quanto documentato nel medesimo rapporto risulta fortemente carente l'assistenza di riabilitazione, di recupero fisico, di assistenza domiciliare integrata, di terapia del dolore, di cure palliative e di accompagnamento terminale, con differenze notevoli tra regione e regione, per cui vengono nei fatti disattesi sia i livelli essenziali di assistenza, sia il principio dell'eguaglianza di trattamento per le persone con esperienze di tumore in rapporto alla sede di residenza, con l'ulteriore effetto di un consistente flusso di mobilità sanitaria interregionale per ricercare altrove le prestazioni negate nella regione di appartenenza -:
se il Governo non ritenga opportuno, in sede di determinazione dei costi standard, secondo le indicazioni del decreto di attuazione del federalismo fiscale per il settore sanitario, definire, nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno specifico costo standard riferito all'assistenza post acuzie di patologie gravi, con la conseguenza che all'erogazione del finanziamento relativo debba corrispondere obbligatoriamente nei diversi ambiti regionali l'erogazione delle prestazioni di riabilitazione, recupero, assistenza domiciliare integrata, terapia del dolore, cure palliative e accompagnamento terminale in hospice, supportando la definizione del costo con l'obbligo del monitoraggio dell'effettività dell'erogazione delle prestazioni e con la previsione di interventi sostitutivi, nei modi di legge, nei casi di inadempienza.
(4-10859)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferisce il quotidiano ambientalista Terra diversi depuratori campani, ma soprattutto i 5 che si trovano a cavallo tra le province di Napoli e Caserta (Acerra, Cuma, Napoli Nord, Villa Literno e Marcianise), funzionano male praticamente fin dall'inizio ed oggi sono del tutto «obsoleti», perché mai rimodernati e con scarsa manutenzione ordinaria. In pratica nessuno funziona in modo efficiente o almeno sufficiente, anche solo per trattare le acque reflue;
tra questi va segnalato che il depuratore di Cuma è il più grande della Campania, addirittura il secondo d'Italia e serve otto comuni Bacoli, Calvizzano, Marrano, Monte di Procida, parte di Napoli,

Pozzuoli, Qualiano e Quarto per un totale di 1 milione e 488 mila abitanti che scaricano a mare 20 tonnellate di acque reflue al giorno quasi 7300 all'anno. Sequestrato nel 2006 oggi il depuratore di Cuma conta su una struttura di 14 vasche di cui solo 7 funzionano con il nuovo metodo di depurazione di ossigenazione biologica mentre le altre che dovrebbero essere messe a norma entro il 2012 al momento risulterebbero vuote, in manutenzione o comunque non funzionanti a dovere;
già nel luglio 2009, l'equipe di Benedetto De Vivo, docente di geochimica ambientale al dipartimento scienze della terra dell'università Federico IIo di Napoli, aveva mandato campioni di sedimenti e acque marine, prelevati nei pressi del depuratore di Cuma, nel tratto di costa tra Licola e Miliscola (Na), ai laboratori Chelab di Treviso. Oltre ai streptochocchi fecali e escherichia coli, i batteri presenti negli scarichi fecali che possono diventare vettori di infezioni acute del tratto urinario, ma anche di polmoniti e meningiti, «in tutti i 5 siti campionati vengono superate le soglie tabellari per quanto riguarda le concentrazioni di metalli/metalloidi nelle acque e in alcuni casi per i sedimenti»;
la relazione sui risultati, inviata anche alla magistratura, denuncia che «la prossimità degli scarichi del depuratore induce ad ipotizzare che gli scarichi possano essere responsabili dei valori fuori norma riscontrati». Tanto che alla fine la stessa Arpac (Agenzia regionale protezione ambiente Campania), dovrà ammettere, che «tutti i depuratori della Regione, ad eccezione di quelli del Sarno, non sono adeguati»;
l'articolo 10 del decreto-legge 90 del 2008 sui rifiuti, prevede che «sono autorizzate presso gli impianti di depurazione delle acque reflue, siti nella regione Campania, le attività di trattamento e smaltimento del percolato prodotto dalle discariche regionali»;
la società Hydrogest (10 per cento Giustino Costruzioni e 90 per cento Termomeccanica, a sua volta partecipata al 40 per cento da Intesa-San Paolo) che nel 2003 aveva vinto la gara d'appalto ha anche gestito i 5 depuratori secondo modalità, che il pubblico ministero di Santa Maria Capua Vetere Donato Ceglie, ha ritenuto tali da aver lesinato sugli interventi di manutenzione degli impianti che col passare del tempo sono diventati inefficienti e inservibili, pur di aumentare i guadagni. E per risparmiare sui costi dello smaltimento dei fanghi, la società avrebbe scaricato in mare numerose tonnellate di liquami -:
se non ritenga di assumere iniziative normative dirette a rivedere quanto previsto dall'articolo 10 del decreto-legge 90 del 2008 sui rifiuti;
se il Governo intenda costituirsi parte civile nel processo a carico della Hydrogest;
se e quali misure di competenza intendono promuovere a tutela della salute e dell'ambiente dei cittadini dell'area.
(4-10864)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo pubblicato sul Corriere della Sera risulta che l'Italia è scivolata, nell'arco di trent'anni, al quinto posto per attrezzatura ricettiva (era al secondo) per presenze estere, per incassi turistici e per saldo valutario (mentre prima era al primo posto);
la classifica per la «competitività» turistica ci vede addirittura al ventottesimo posto; l'Italia ha il maggior numero di siti UNESCO, 45, ma un dossier del dicembre 2010 di Pwc (Pricewaterhouse Coopers, la più grossa società di analisi del mondo per volume d'affari) rivela che lo

sfruttamento turistico dei nostri siti Unesco è nettamente inferiore a quello degli altri Paesi;
alla fine di gennaio del 2011 Giampaolo Visetti scriveva sulla Repubblica che «sarà il turista cinese ad alimentare la crescita dei viaggi a lungo raggio ed entro il 2015 diventerà il padrone assoluto dei pacchetti organizzati e dello shopping di lusso in Europa. Il rapporto annuale dell'Accademia cinese del turismo prevede che nell'anno in corso trascorreranno le ferie all'estero 57 milioni di cinesi (...) e il Piano turistico nazionale calcola che entro il 2015 si recheranno all'estero tra i 100 e i 130 milioni di persone, arrivando a spendere oltre 110 miliardi di euro»;
tuttavia l'Italia ha perso posizione anche rispetto all'attrattiva del turismo cinese poiché secondo Zhu Shanzhong, vicecapo dell'ufficio nazionale del turismo cinese, il nostro Paese era «il punto di partenza ideale per un tour europeo. Poi ci avete un pochino trascurati». Al punto che «la promozione turistica dell'Italia in Cina è inferiore a quella dei Paesi Bassi»;
per verificare la fondatezza dell'accusa basta farsi un giro sul portale turistico aperto dal governo italiano in cinese, www.yidalinihao.com, dove, come ha scoperto il Fatto Quotidiano, è solo un copia-incolla dal sito cinese della Regione Emilia-Romagna aimiliyaluomaniehuanyingni.com (...). Ma ancora più stupefacenti sono i video che illustrano le nostre venti regioni, dove non solo non c'è un testo in cinese ma ogni filmato è accompagnato da un sottofondo musicale di musicisti stranieri nonostante sia un sito che dovrebbe far conoscere la cultura italiana con regioni che hanno dato i natali a numerosi celeberrimi musicisti;
quanto a capacità di tradurre in risorse per il paese l'immenso patrimonio artistico di cui l'Italia dispone l'articolo riporta alcune cifre. Le gallerie della Tate Britain hanno «fatturato» nell'ultimo anno fiscale 76,2 milioni di euro, poco meno degli 82 milioni entrati nelle casse con i biglietti di tutti i musei e i siti archeologici statali italiani messi insieme. Il merchandising ha reso nel 2009 al Metropolitan Museum quasi 43 milioni di euro, ben oltre gli incassi analoghi di tutti i musei e i siti archeologici della penisola, fermi a 39,7. Ristorante, parcheggio e auditorium dello stesso museo newyorkese hanno prodotto ricavi per 19,7 milioni di euro, tre in più di tutte le entrate di Pompei, il nostro gioiello archeologico, dove i «servizi aggiuntivi» sono stati pari a 46 centesimi per visitatore: un ottavo che agli Uffizi, un quindicesimo che alla Tate, un ventisettesimo che al Metropolitan, un quarantesimo che al MoMa, il Museum of Modem Art;
secondo l'ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine di Vienna, quello delle opere d'arte trafugate è il terzo business mondiale del crimine dopo i traffici di droga e di armi, ma questo tipo di reati non risulta perseguito nel nostro Paese;
l'Italia è infine il Paese che secondo uno studio del 2004 dell'Associazione europea cementieri è ai primi posti per milioni di metri cubi di cemento, 46,05, battuto di un soffio solo dalla Spagna con l'accorgimento però che la Spagna ha 90,6 abitanti per chilometro quadrato, mentre in Italia ve ne sono 199,3: più del doppio -:
se quanto riferito nell'articolo di cui in premessa corrisponda al vero;
quanto sia costato il portale turistico aperto dal Governo italiano in cinese e chi l'abbia realizzato;
se e quali iniziative si intendano adottare per tutelare e valorizzare il paesaggio e segnare così un'inversione di tendenza rispetto all'incuria che ha causato un grave declassamento del nostro Paese.
(4-10867)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da recenti notizie a mezzo stampa nonché da segnalazioni provenienti da alcuni cittadini si appende che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca utilizzerebbe strumenti del Ministero, segnatamente l'ufficio stampa, per intervenire direttamente nella polemica politica di questi giorni attraverso delle dichiarazioni;
suddette dichiarazioni, sotto forma di comunicati stampa recanti come intestazione «Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca», contengono esplicite prese di posizione, ad esempio sul cosiddetto Rubygate o sull'operato della magistratura;
all'interno di un comunicato datato 4 febbraio 2011, a quanto consta agli interroganti, diffuso su carta intestata del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e recante la denominazione «Dichiarazione del Ministro Mariastella Gelmini», il Ministro si premura di valutare la qualità e il tenore politico dei servizi di due importanti telegiornali nazionali, quali il Tg1 e il Tg3 -:
se ritengano corretto e legittimo questo comportamento, sia dal punto di vista della distinzione tra ruoli istituzionali e ruoli politici che da quello del corretto utilizzo delle risorse e degli uffici pubblici;
se intendano adottare tutte le misure atte a porre termine ad una prassi tanto più discutibile in quanto riscontrabile nell'operato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dicastero preposto a gestire un aspetto tanto delicato quale la formazione e l'istruzione di milioni di studenti.
(4-10871)

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Presidenza del Consiglio del ministri nel mese di gennaio 2011 ha sottoscritto una convenzione con l'istituto bancario Bnl per accreditare i rimborsi spettanti ai volontari del servizio civile tramite l'apertura di migliaia di conti «Bnl revolution» intestati agli stessi;
il conto, a detta del Sottosegretario Giovanardi, è stato scelto per la sua totale gratuità, fatto salvo per il canone mensile che scatta solo in presenza di operazioni effettuate presso gli sportelli Bnl, e comunque gratuito fino al 27o anno di età;
secondo il take d'agenzia «Bnl revolution, il conto che si gonfia di spese» pubblicato dall'AgenParl il 10 gennaio 2011, il conto Bnl Revolution a partire da dicembre 2010 è diventato totalmente a pagamento, anche per le operazioni svolte in home banking;
la Bnl non ha ritenuto opportuno rispondere alle sollecitazioni dell'Agenzia che chiedeva delucidazioni, ma soprattutto alle denunce delle associazioni dei consumatori, come Adoc e Adusbef, interpellate dall'AgenParl, che oltre a rilevare il comportamento scorretto della banca, stanno registrando le lamentele di molti correntisti;
il comportamento di Bnl nei confronti dei suoi correntisti potrebbe, ad avviso dell'interrogante rappresentare un abuso di posizione dominante -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se, per l'anno in corso, la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda rinnovare alla Bnl la convenzione per l'accredito dei rimborsi ai volontari del servizio civile, a fronte di un atteggiamento, ad avviso dell'interrogante scorretto, della Bnl, che in meno di un anno ha cambiato i connotati al conto scelto per la sua convenienza e gratuità.
(4-10877)

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi i rapporti fra lo Stato italiano e la Repubblica di S. Marino sono diventati particolarmente tesi;
il Ministro dell'economia e delle finanze italiano ha inserito la piccola Repubblica nella black list dei paesi rifugio degli evasori fiscali; a ciò si è aggiunto il recente rapporto dell'Ocse che ha rilevato che «ci sono numerose lacune nell'ordinamento» di S. Marino, «di una gravità tale da non consentire uno scambio di informazioni ai fini fiscali in linea con gli standard Ocse»
a giudizio degli interroganti non si può negare che, nonostante lo sforzo compiuto nell'ultimo anno dal Governo sanmarinese di promuovere accordi con istituzioni del nostro Paese e provvedimenti che vadano nella direzione di allineare la propria legislazione alle regole Ocse, permangono gravi carenze sul piano normativo e della trasparenza per quanto riguarda una parte dei soggetti, (società fiduciarie, trust, società di persone straniere con sede a S. Marino, e altri) che strutturano l'economia del Titano e che queste opacità mettono in ombra anche la parte sana del tessuto economico e imprenditoriale. Ma non si può pensare che la crisi economica di S. Marino, non abbia ripercussioni su tutto il territorio circostante;
a causa della crisi che nell'ultimo anno ha prodotto una riduzione delle entrate del 30 per cento, l'uscita dal territorio sammarinese di molte aziende e banche, la perdita di posti di lavoro (900 in meno di cui 400 italiani frontalieri), il Governo di S. Marino ha varato nel dicembre scorso una finanziaria di tagli e risanamento (la prima volta nella storia della Repubblica del Titano) per incassare 12 milioni di euro atti a coprire parzialmente il deficit. Parte di essi derivano purtroppo da una mancata detrazione del 9 per cento (con un prelievo che varia da cento a quattrocento euro mensili) sulle buste paga dei lavoratori frontalieri, che sono circa 7 mila, italiani in grande maggioranza residenti nelle province di Rimini, Pesaro e Forlì;
questa decisione determina un peggioramento delle condizioni economiche dei lavoratori frontalieri italiani occupati a San Marino, modifica e differenzia le retribuzioni tra sammarinesi e italiani che svolgono le medesime mansioni lavorative non garantendo quindi la parità di trattamento, delle tutele e dei diritti. Il tema dell'uguaglianza dei trattamenti sui luoghi di lavoro è un elemento fondamentale e viene visto dai «nostri frontalieri italiani» come una vera e propria discriminazione che li determina come lavoratori di serie B;
la mancata detrazione si aggiunge alle regole fiscali applicate dall'Italia per i frontalieri, finora definita ogni anno per mezzo della legge Finanziaria;
l'atteggiamento del Governo italiano nei confronti di S. Marino è stato negli ultimi mesi di totale chiusura, mentre è da tutti, compresi gli esponenti della maggioranza delle regioni Marche ed Emilia-Romagna, rilevata la necessità di tornare ad una normalizzazione dei rapporti bilaterali italo-sanmarinesi, anche per supportare la piccola Repubblica nel suo percorso di adeguamento alle regole dell'Unione europea. Va sottolineato che in questi giorni il Governo di S. Marino ha avviato attraverso i canali diplomatici formale richiesta di integrazione all'Unione europea non escludendo la possibilità di una richiesta di adesione (l'eventuale successo del prossimo referendum propositivo potrebbe segnare un primo piccolissimo passo) -:
quale sia la strategia del Governo per affrontare con urgenza gli attuali problemi

che coinvolgono i nostri concittadini lavoratori frontalieri;
quali azioni intenda promuovere per riprendere il dialogo con la Repubblica di S. Marino al fine di individuare soluzioni di positiva e leale collaborazione;
se la volontà del Governo sanmarinese di rientrare negli standard OSCE, manifestata anche attraverso l'approvazione di alcune leggi in tal senso, sia stata presa in adeguata considerazione dal Ministero dell'economia e delle finanze al fine di rivedere il proprio atteggiamento nei confronti del Governo sanmarinese.
(2-00971)
«Marchioni, Lenzi, Bratti, Miglioli, Bressa, Giacomelli, Albonetti, Migliavacca, Gozi, Zampa, Antonio Martino, Vannucci, Sposetti, Gnecchi, Narducci, Gasbarra, De Torre, Tocci, Morassut, Pistelli, Fogliardi, Levi, Castagnetti, Mogherini Rebesani, Recchia, D'Antona, Andrea Orlando, Calearo Ciman, Gianni, Cesario, Mura, Cimadoro, Argentin, Pisicchio, Benamati, Laratta, Ciriello, Laganà Fortugno, Mattesini».

Interrogazioni a risposta scritta:

GIAMMANCO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
i proprietari del circo Embell Riva hanno chiesto l'aiuto del Ministero degli affari esteri per rientrare dalla Siria. Il circo sarebbe bloccato nel Paese mediorientale a causa di una truffa. L'impresario egiziano che ha curato la tournée siriana avrebbe «venduto» il circo per poi dileguarsi e ora i circensi hanno chiesto l'aiuto della Farnesina poiché la Siria concede loro di lasciare il Paese, ma senza gli animali, che verrebbero abbattuti;
già a gennaio 2011 il Ministero degli affari esteri aveva inviato una nave in Tunisia per recuperare uomini e animali del circo Bellucci, rimasto bloccato in mezzo ai tumulti di piazza senza cibo né acqua. E nel 2010 il circo Darix Togni-Florilegio fu costretto a una rocambolesca fuga dall'Iran, a causa di disordini interni;
le tournée all'estero dei circhi italiani si stanno confermando dei veri e propri incubi per gli animali, soprattutto se queste si svolgono in Paesi che non offrono garanzie di stabilità o di una tranquilla permanenza;
i turisti, decidendo di recarsi in questi Paesi contro gli inviti alla prudenza, lo fanno di propria volontà mentre gli animali del circo non hanno alcuna possibilità di scelta, sono assolutamente dipendenti dai loro padroni e in caso di emergenza sono sacrificabili e rischiano di perdere la vita;
recuperare turisti ha un costo, recuperare un circo ne ha un altro, ben più alto -:
quali forme di controllo siano state messe in atto nei confronti dei circhi che hanno chiesto e ottenuto contributi per l'attività svolta all'estero (particolarmente in Paesi terzi) in conformità all'articolo 10 del decreto ministeriale 20 novembre 2007, e successive modificazioni ed integrazioni, specificatamente per quanto attiene alla loro idoneità a rappresentare la cultura italiana nel mondo e se si ritenga necessario fissare limiti alle tournée estere dei circhi italiani, tanto più in Paesi considerati a rischio, e far firmare loro prima di tali tournée una dichiarazione di responsabilità oggettiva ai circhi che ritengono di recarsi in Paesi a rischio.
(4-10838)

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la direzione culturale del Ministero degli affari esteri ha assegnato un nuovo

incarico di ispettore scolastico presso l'Istituto italiano di cultura di Madrid -:
quali siano i criteri adottati per tale selezione e se, in particolare, la persona prescelta abbia superato le prove scritte e orali di lingua spagnola, nell'ambito degli esami per la selezione del personale da assegnare alle istituzioni scolastiche italiane all'estero.
(4-10879)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

VACCARO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del sistema di scambio delle quote di emissione di CO2 (Emission Trading System -ETS), istituito con la direttiva 2003/87/CE e successive modificazioni ed integrazioni e recepito nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 216 del 2006, le quote rilasciate a ciascun impianto produttivo a titolo gratuito, sulla base di piani nazionali di assegnazione, sono immesse in un sistema di mercato, in cui vengono riacquistate e scambiate tra gli operatori;
i piani nazionali di assegnazione devono prevedere una riserva di quote per i nuovi entranti; con la decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012 adottata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro dello sviluppo economico, nel caso di esaurimento della riserva il Governo italiano si è impegnato «ad assicurare la disponibilità di quote di CO2 ai nuovi entranti che ne hanno diritto (...) nel rispetto della parità di trattamento di cui alla direttiva 2003/87/CE e di non alterazione della concorrenza del mercato nazionale ed interno. Al fine di assicurare tale disponibilità si terrà conto anche di analoghi modelli già utilizzati da altri Stati Membri e di quanto stabilito dall'articolo 2, comma 554, lettera e), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008)»; nello specifico, nella legge finanziaria per il 2008 si prevedeva la creazione di un fondo, alimentato con risorse pubbliche, per gestire le quote da destinare alla riserva per i nuovi entranti; tale fondo non è mai stato istituito;
con le assegnazioni di quote di emissione agli impianti entrati nel sistema ET tra il 1o gennaio 2008 e l'aprile 2009, la riserva di quote per i nuovi entranti si è esaurita; con il decreto-legge n. 72 del 2010, convertito dalla legge 19 luglio 2010, n. 111, per le imprese nuove entranti che non hanno potuto beneficiare delle quote gratuite ma che hanno dovuto acquistarle, il Governo ha previsto un meccanismo di rimborso; tale rimborso avverrà nei limiti dei proventi della vendita all'asta delle quote non assegnate gratuitamente per il periodo successivo al 2013, prevista dall'articolo 10 della direttiva 2003/87/CE così come modificata dalla direttiva 2009/29/CE;
a causa della necessità di acquistare le quote, con un eventuale rimborso dei relativi oneri differito al 2013, le imprese nuove entranti si trovano in una condizione di evidente svantaggio, contrariamente a quanto esplicitamente indicato nella direttiva 2003/87/CE, ai sensi della quale «il piano nazionale di assegnazione deve essere predisposto in modo tale da non generare alterazioni delle dinamiche competitive, evitando discriminazioni tra imprese o settori produttivi»;
in particolare, nel settore dell'industria conserviera, le oltre trenta imprese nuove entranti nel 2010 non hanno potuto accedere alle assegnazioni gratuite, trovandosi in una situazione particolarmente onerosa in un momento di grave crisi -:
quali siano stati i criteri utilizzati nella distribuzione delle quote gratuite tra i vari settori produttivi e tra le imprese al loro interno;

se i Ministri interrogati siano a conoscenza del quantitativo stimato di quote da mettere all'asta, e se questo sia sufficiente a coprire le somme da rimborsare alle imprese nuove entranti;
dato il momento di particolare crisi, quali ulteriori iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di garantire il rispetto del principio della concorrenza e la gratuità delle quote per le imprese nuove entranti.
(4-10843)

COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il regolamento (CE) n. 850 del 2004 relativo agli inquinanti organici persistenti, adottato nell'aprile 2004 al fine di applicare all'interno dell'Unione europea la convenzione di Stoccolma e il protocollo POP della convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, contiene disposizioni concernenti la produzione, l'immissione in commercio e l'uso di sostanze chimiche, la gestione di scorte e rifiuti nonché misure per ridurre il rilascio non intenzionale degli inquinanti organici persistenti;
lo stesso regolamento pone in capo agli Stati membri dell'Unione europea l'obbligo di predisporre degli inventari delle emissioni per i POP prodotti non intenzionalmente, dei piani di attuazione nazionali e dei meccanismi di monitoraggio e scambio delle informazioni, in base ai quali la Commissione europea presenta periodicamente una relazione di sintesi dei dati raccolti -:
quale sia il contenuto specifico degli inventari inviati dall'Italia alla Commissione europea e quali considerazioni e iniziative siano state formulate dal Governo in materia di tutela dell'ambiente dai pericoli legati agli inquinanti organici persistenti.
(4-10846)

COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Istat ha reso disponibili i risultati della rilevazione, riferita al 2008, sulle spese per la protezione dell'ambiente sostenute dalle imprese industriali, ammontate in totale a 1,8 milioni di euro;
il dato più significativo e sul quale è necessario riflettere riguarda la constatazione che le imprese industriali realizzano prevalentemente investimenti atti a rimuovere l'inquinamento dopo che questo è stato prodotto piuttosto che integrare i propri impianti con tecnologie pulite che contribuiscano a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo;
gli alti livelli di inquinamento dell'aria presenti nelle aree del Paese a maggiore tasso di industrializzazione testimoniano come, anche in questo settore, sia doveroso intervenire anzitutto sul piano della prevenzione ammodernando e rendendo energeticamente più efficiente, con particolare attenzione ai settori maggiormente evidenziati dall'Istat come la metallurgia e la chimica, gli impianti di produzione industriale -:
quali eventuali iniziative il Governo intenda assumere, anche facendo ricorso agli strumenti della fiscalità ambientale, per incentivare e sostenere gli investimenti da parte delle industrie per dotare i propri impianti di tecnologie pulite che contribuiscano a rimuovere alla fonte l'inquinamento generato dal processo produttivo.
(4-10847)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa e testate giornalistiche di informazione locale marchigiane del 29 gennaio 2011 hanno riportato la notizia del rinvenimento di una testa di

lupo mozzata, e volta appesa ad un cartello stradale turistico del Parco nazionale dei Monti Sibillini, lungo la statale Valnerina, a pochi chilometri dal comune di Visso (Macerata);
alla testa mozzata era stato aggiunto un messaggio su cui c'era scritto: «signor sindaco-signor presidente», come presumibile generica minaccia incisa su un pezzo di latta legato alla testa dell'animale;
a scoprire il macabro trofeo sono stati gli agenti del Corpo forestale dello Stato, che stanno svolgendo indagini. Al momento sono poi in corso analisi sulla testa dell'animale mentre sono già stati effettuati tutti i rilievi necessari per tentare di scoprire gli autori di questo gesto criminale;
il fatto è avvenuto proprio in un momento delicato in cui nel parco, come precisa l'ente «si è aperto al dialogo costruttivo con le popolazioni locali per trovare soluzioni condivise al problema della predazione di animali selvatici». È infatti in corso un intenso confronto tra associazioni del territorio, Legambiente Marche, Parco dei Monti Sibillini e Coldiretti per coordinare azioni volte sia alla tutela della fauna selvatica sia degli allevatori che hanno stimato in 250 gli animali uccisi dai lupi del territorio;
l'uccisione di questo lupo non è un caso isolato; nel 2009, ad esempio, sono stati ritrovati all'interno del parco ben 3 lupi morti contemporaneamente per avvelenamento da stricnina;
il Parco nazionale dei Monti Sibillini è stato istituito nel 1993 e si estende a cavallo delle regioni Marche ed Umbria. L'ente gestore del parco, Ente parco nazionale dei Monti Sibillini, ha sede a Visso. Da anni il parco nazionale dei Sibillini, studia le tracce della presenza dei lupi. Si stima ce ne siano circa tra i 20 ed 25 esemplari, dai 3 ai cinque branchi, che in una notte possono muoversi per cacciare sino a 70-80 chilometri. Il trend di popolazione è stato in aumento sino al 2009, quando si è registrata una riduzione nel territorio dell'area protetta;
il Parco nazionale dei Monti Sibillini ha avuto nel 2010 un contributo ordinario pari a soli euro 1.778.601 a ciò va aggiunta la scarsità di risorse umane: i dipendenti in servizio del parco sono solo 19 per la gestione di un territorio di circa 70.000 ettari, mentre il personale in servizio del Corpo forestale dello Stato è di circa 50 unità a fronte di un organico previsto di 70 unità;
il parco nonostante le esigue risorse sta portando avanti importanti progetti per la riduzione dei conflitti con i grandi carnivori, grazie a fondi comunitari e regionali. In particolare, partecipa al progetto Life «Ex-Tra» in collaborazione con il PN Gran Sasso-Laga, il Parco dell'Appennino Tosco emiliano e partner di Romania, Bulgaria e Grecia; inoltre partecipa anche ad un progetto sui carnivori cofinanziato dalla regione Marche. Nelle attività di monitoraggio del lupo nel 2008 era coinvolto, in qualità di referente scientifico, anche il professor Luigi Boitani dell'università la Sapienza di Roma;
la presenza del lupo in Italia ha toccato il suo punto più basso agli inizi degli anni settanta. Una stima indicava che la popolazione si era ridotta a un centinaio di lupi, concentrati sui monti dell'Abruzzo e della Calabria. Attualmente grazie alle leggi di protezione, il numero dei lupi è lentamente cresciuto e stime recenti lo calcolano in circa 600-700 esemplari, distribuiti lungo tutto l'Appennino, dall'Aspromonte fino alla Alpi marittime, con presenze anche sugli Appennini laziali e nella Toscana centro-meridionale; è comunque una specie tutt'ora a rischio estinzione -:
se il Ministro sia a conoscenza del grave fatto ai danni di un esemplare di fauna protetta nonché del preoccupante gesto intimidatorio nei confronti dell'Ente parco dei Monti Sibillini;
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, mettere in campo azioni

concrete per coadiuvare le indagini e trovare i responsabili dell'odioso gesto;
quali azioni intenda mettere in campo in accordo con l'Ente parco per far sì che simili episodi non si verifichino in futuro e se non intenda farsi parte attiva per risolvere la questione della convivenza tra il lupo e gli insediamenti umani all'interno dell'area protetta al fine di preservare la biodiversità, risorsa importante per tutto il territorio montano ed il turismo.
(4-10849)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI e MATTESINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comma 9 dell'articolo 29 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede che l'insegnamento del restauro sia impartito anche da soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato;
il decreto ministeriale del 26 maggio 2009, n. 87, ha attuato le disposizioni dell'articolo 29, commi 8 e 9, circa i criteri e i livelli di qualità cui si adegua l'insegnamento del restauro, le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti che impartiscono tale insegnamento, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell'esame finale, il titolo accademico rilasciato a seguito del superamento di detto esame;
l'articolo 5 del suddetto decreto ministeriale 87/2009 prevede che con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanarsi entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso, è istituita presso il Ministero per i beni e le attività culturali, una commissione tecnica per le attività istruttorie finalizzate all'accreditamento delle istituzioni formative e per la vigilanza sull'insegnamento del restauro;
ad oggi, il decreto ministeriale previsto all'articolo 5 del decreto ministeriale non è ancora stato emanato, pertanto la commissione tecnica non è stata istituita e nulla è dato sapere agli enti che vorrebbero ottenere l'accreditamento della propria proposta formativa -:
quale sia il motivo per il quale a distanza di diciotto mesi, ovvero dal giugno 2009, la commissione prevista dall'articolo 5 del decreto ministeriale 87 del 2009 non sia stata istituita, impedendo in tal modo l'accreditamento da parte dei soggetti pubblici e privati che, secondo la disposizione del comma 9 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 42 del 2004, possono, impartire l'insegnamento di restauro;
in che tempi i Ministri interrogati ritengano di poter ottemperare alla disposizione del citato articolo 5 al fine di assicurare agli enti di formazione richiedenti, l'accreditamento in tempo utile per avviare i corsi già nel prossimo anno accademico.
(5-04207)

GOISIS e NEGRO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 17 ottobre 2003 la conferenza generale dell'Unesco ha approvato la convezione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, ratificata dall'Italia nel settembre 2007, che, tra i suoi principali obiettivi, intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del patrimonio culturale immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e

incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale (articolo 1);
all'articolo 2 della invenzione il patrimonio immateriale è descritto come «le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi - che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale». Tale patrimonio culturale intangibile, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi interessati in conformità al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana;
per i Paesi che hanno ratificato la convenzione si aprono nuove prospettive di promozione del loro patrimonio immateriale sulla scena mondiale: gli Stati membri possono infatti presentare la candidatura per uno o più beni che ritengono particolarmente meritevoli di essere iscritti nella lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell'Unesco per la ricchezza e la diversità del patrimonio culturale che rappresentano;
il Palio di Siena, espressione delle tradizioni del popolo senese, è una manifestazione che sa coniugare tradizione, arte, paesaggio e creatività, rappresentando una delle tradizioni storiche più straordinarie in Italia e contemporaneamente una rappresentazione di una cultura ancora vissuta e sentita, che trascende ogni tipo di esperienza folklorica per elevare il Palio a un simbolo e a un fenomeno socio-culturale unico;
sia per le sue peculiarità storiche e culturali che per l'impegno che esprime nella tutela del cavallo da corsa, il Palio di Siena sembra poter concorrere ad ottenere il riconoscimento dell'Unesco come esempio virtuoso di gestione del patrimonio immateriale in Italia;
il sottosegretario per i beni e le attività culturali,Francesco Giro, ha giudicato il Palio di Siena non soltanto una corsa agonistica straordinaria, ma anche un'iniziativa che intorno a sé ha un patrimonio ricco di linguaggi, tradizioni che la rendono unica al mondo;
nella lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell'Unesco del 2010, l'Italia è presente, congiuntamente a Spagna, Grecia e Marocco, per la dieta mediterranea, mentre nella lista del 2009, l'Italia è completamente assente -:
se il Ministro, in occasione della presentazione delle candidature dei beni immateriali mondiali all'Unesco, non ritenga opportuno intraprendere le iniziative necessarie affinché il Palio di Siena possa essere inserito nella lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell'Unesco, in virtù del valore che storicamente, culturalmente e socialmente rappresenta in Italia e nel mondo.
(5-04208)

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DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO e RUGGHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la petroliera Savina Caylyn, battente bandiera italiana, è stata sequestrata nell'Oceano indiano nei giorni scorsi ad opera presumibilmente di cosiddetti «Pirati somali»;
la stampa nazionale aveva successivamente dato notizia della pronta mobilitazione della fregata Zeffiro della Marina militare italiana;
secondo quanto pubblicato da organi di stampa, qualche tempo fa la Confederazione italiana armatori chiese di poter avere a bordo, a proprie spese, militari armati della Marina militare per difendersi dai possibili attacchi dei pirati;

sempre secondo notizie di stampa un piano per la difesa dei mercantili in transito nel Golfo di Aden, elaborato dalla Marina militare italiana è stato presentato al Ministro interrogato il quale non ha per adesso dato seguito a queste ipotesi;
ieri il quotidiano on-line Linkiesta ha dato notizia del fatto che il Ministro della difesa avrebbe intimato, con comunicazione formale, allo Stato maggiore della Marina militare di sospendere qualsiasi comunicazione verso l'esterno circa la vicenda della petroliera Savina Caylyn e dell'intervento della Fregata Zeffiro -:
se corrisponda al vero la richiesta del Ministro allo Stato maggiore della Marina militare di interrompere qualsiasi informazione pubblica sui fatti in oggetto;
se risulti vero che la Marina militare abbia elaborato un piano di difesa dei nostri mercantili e se questo piano sia stato bloccato e se si per quali motivi;
se sia vero che sia stato predisposto un piano di difesa dei mercantili attuato con polizia privata e quali siano le caratteristiche di tale piano;
quali siano al momento le notizie circa lo stato della petroliera Savina Caylyn e del suo equipaggio, se vi siano trattative in corso, se tali trattative comprendano anche un corrispettivo di pagamento in denaro;
quali siano allo stato la posizione e l'utilizzo della fregata Zeffiro.
(5-04210)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano il Resto del Carlino del 12 febbraio 2011 è pubblicato a pagina 18 un articolo dal titolo «Il figlio è morto suicida a Kabul "Non ci credo, voglio la verità" Il padre solleva dubbi sulla tragica fine del capitano Callegaro» a firma di Carlo Cavriani nel quale vengono riportate le dichiarazioni rese dal padre del militare deceduto il 25 luglio 2010 a Kabul (Afghanistan);
in particolare il genitore del militare afferma che «Mio figlio, probabilmente, era venuto a conoscenza di qualcosa che non andava. E lui era una persona che se notava qualcosa che non era corretta, non era in grado di lasciarla perdere. Era il suo carattere», «Telefonava spesso. Un giorno di maggio mi ha chiamato e mi ha detto: "Papà, ho fatto una cosa grande. Qui la mensa è uno schifo, ho reclamato e ho messo d'accordo tutti, mi hanno pure applaudito. Voglio fare risparmiare soldi all'Italia"», «Pochi giorni dopo quella telefonata, mi è arrivata a casa una lettera spedita da Marco dove da un lato c'era il discorso (scritto in inglese) con la petizione per chiedere un miglioramento del cibo della mensa e, nel retro, c'erano i saluti per noi e una frase che a ripensarci mi fa riflettere», «Oltre a ribadire il fatto che il cibo della mensa faceva pena e che per questo aveva messo d'accordo tedeschi, francesi, greci e turchi per migliorare la situazione, Marco diceva anche: "Pensate, il Comandante italiano sta dalla mia parte, tutti gli italiani sono dalla mia parte (vorrei ben vedere) tranne tre. Ci vogliono sempre i guastafeste"»;
nel medesimo articolo si legge «Il capitano Callegaro avrebbe lasciato anche un biglietto il cui contenuto non è però mai stato svelato. "Ho chiesto più volte di farmi vedere quel biglietto, ma non ho mai ricevuto risposta.[...] Non ho mai creduto che mio figlio si fosse ammazzato"»;
il genitore del capitano Callegaro avrebbe espresso i suoi dubbi a un alto ufficiale dell'Esercito che gli avrebbe suggerito di rivolgersi a un legale per conoscere il contenuto del citato biglietto;
nella medesima edizione del citato quotidiano, in un secondo articolo dal titolo «Le indagini e la replica dell'esercito», il colonnello Marco Centritto, dell'Ufficio pubblica informazione intervistato sul caso ha dichiarato «Capisco le perplessità

del genitore che ha perso il figlio, ma temo che i risultati dell'inchiesta (che ritengo tutt'ora in corso) non si discostino dal suicidio. Per il resto non sono in grado di aggiungere altro» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritenga doveroso e improcrastinabile dare immediata attuazione all'ordine del giorno 9/3996-A/5 (Farina Coscioni, Bernardini, Beltrandi, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti) accolto dal Governo;
quali siano le motivazioni per cui il capitano Callegaro avrebbe dichiarato al genitore «Voglio fare risparmiare soldi all'Italia», quali siano i costi delle gestioni dei servizi ristorazione a carico del contingente italiano;
quali siano state le inefficienze riscontrate dal capitano Marco Callegaro durante la sua attività di capo gestione patrimoniale presso il centro amministrativo d'intendenza (Cai) di Kabul dal 12 aprile al 22 settembre 2007 e capo cellula J8 del comando «Italfor Kabul» dal 30 marzo al 25 luglio 2010, se le abbia segnalate e a chi e quali le conseguenti azioni;
chi sia il comandante italiano a cui si fa riferimento nell'articolo di stampa e quali siano le sue azioni in merito alle segnalazioni del capitano Callegaro;
se esista e quale sia il contenuto del biglietto a cui fa riferimento il genitore del militare deceduto;
se le indagini svolte dalla magistratura competente siano concluse.
(4-10855)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nell'inchiesta giornalistica a cura di Gianni Lannes pubblicata su www.costruendo.lindro.it si legge che in Italia vi sarebbero armi atomiche americane per una complessiva potenza distruttiva pari a 900 volte l'effetto prodotto sulle bombe sganciate alla fine della seconda guerra mondiale dagli Usa sul Giappone (Hiroshima e Nagasaki);
nell'articolo si legge che ben «480 bombe nucleari sono dislocate in otto basi aeree in sei Paesi europei della Nato: 150 in Germania, 110 in Gran Bretagna, 90 in Italia, 90 in Turchia, 20 in Belgio e 20 in Olanda»;
gli ordigni in questione sarebbero le bombe B61, ordigni tattici affusolati adatti ad essere trasportati, fissati alle ali, dai cacciabombardieri; la loro potenza può variare da 0,3 a 170 chilotoni; quella della bomba sganciata su Hiroshima era di circa 15;
nel 2006 - secondo qualificate fonti militari Usa - 24 ordigni atomici che stazionavano in Grecia, sarebbero stati trasferiti segretamente ad Aviano;
nell'aprile 1999 il Governo italiano ha sottoscritto un accordo sulla «pianificazione nucleare collettiva» della Nato in cui si stabilisce che «l'Alleanza osserverà forze nucleari adeguate in Europa, con caratteristiche di flessibilità e capacità di sopravvivenza tali da essere percepite come un elemento credibile ed efficace nella strategia atlantica di prevenzione dei conflitti». Tale strategia, consistente nel «prevenire i conflitti» tenendo gli altri sotto mira con le proprie armi nucleari, fa propria la «Direttiva 60» promulgata nel 1997 dal presidente Clinton: essa stabilisce che «le armi nucleari non solo continuano a essere puntate su Russia e Cina, ma possono essere usate contro stati-canaglia e contro soggetti non-statali che minaccino gli Stati Uniti, le loro truppe all'estero e i loro alleati con armi di distruzione di massa, anche non nucleari»;
se così fosse si ravviserebbe secondo gli interroganti una violazione del Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari che, all'articolo 2, stabilisce: «Ciascuno degli stati militarmente non-nucleari, si impegna a non ricevere da chicchessia

armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, direttamente o indirettamente»;
la presenza delle armi nucleari Usa in Italia sarebbe regolata da un accordo segreto denominato «Stone Ax»: il piano «ascia di pietra» in base al quale gli Usa possono schierare armi nucleari sul nostro territorio e stabilisce il principio della doppia chiave, ossia prevede che una parte di queste armi possa essere usata dalle forze armate italiane una volta che gli Usa ne abbiano deciso l'impiego. A tal fine, documenterebbe il rapporto «piloti italiani vengono addestrati all'uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone)»;
secondo rapporti dell'U.S. Air Force, «vi sono crescenti problemi di sicurezza relativi alla conservazione di queste armi». L'aeronautica militare americana ammonisce che «la normale procedura può comportare il rischio di esplosioni nucleari accidentali se un fulmine, ad esempio, colpisse gli ordigni del tipo B61»;
l'ammiraglio (in pensione) Falco Accame, ex presidente della Commissione difesa della Camera, avrebbe avuto occasione di affermare: «in caso di incidente, non esiste alcun piano coordinato di emergenza tra autorità militari, protezione civile, prefettura ed enti locali. È del tutto evidente che ci troviamo di fronte a una grave lesione delle prerogative democratiche del Parlamento, che rimane all'oscuro di ciò che accade nelle basi e della natura degli accordi tra Italia e Usa»;
il 10 marzo 2005, il sottosegretario alla difesa Giuseppe Drago in risposta ad un'interpellanza urgente (2/01481) aveva ammesso che «la presenza di armi nucleari in Europa, sul territorio di paesi alleati non detentori di ordigni nucleari, costituisce un aspetto essenziale del nuovo concetto strategico della NATO che assicura la copertura, ma anche il coinvolgimento dell'intera Alleanza, nel cosiddetto ombrello nucleare della NATO stessa»;
i sei Paesi che ospitano le armi atomiche possano rimuovere questa minaccia restituendo agli Usa le testate: la strada è già stata tracciata da Canada, Grecia, Danimarca e Islanda -:
se sia vero che nel territorio italiano vi sono armi nucleari americane;
in caso affermativo, quale sia il numero e la tipologia;
se sia vero che l'accordo Stone Ax regolamenta la presenza di armi nucleari americane in Italia;
se esista un piano coordinato di emergenza tra autorità militari, protezione civile, prefettura ed enti locali ed, in caso negativo, se si intenda procedere per la sua adozione;
se si intenda procedere nella restituzione delle armi atomiche agli Stati Uniti.
(4-10865)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

GALLETTI e CERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 67, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi) comprende tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione;
la medesima disposizione esclude di converso le plusvalenze realizzate mediante la cessione di beni immobili costruiti da più di cinque anni;
l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008 a seguito di un interpello di un contribuente

che riguardava la cessione di due fabbricati posseduti da più di cinque anni, rientranti in un'area soggetta ad un piano di recupero già approvato dal comune, ha ritenuto di dover considerare oggetto della compravendita, non più i singoli fabbricati, ma l'area edificabile su cui gli edifici insistono;
tale interpretazione darebbe luogo all'emersione di plusvalenze anche in caso di possesso superiore ai cinque anni, a norma del citato articolo 67 del testo unico delle impose sui redditi, ancorché al momento della cessione i beni conservino la natura e le caratteristiche dei fabbricati;
successivamente a tale interpretazione è intervenuta la sentenza del 19 novembre 2009, causa C-461/08 della Corte di giustizia CE, in materia di imposta sulla cifra d'affari (IVA), con la quale è stata ammessa la riqualificazione di un atto di trasferimento immobiliare da «cessione di fabbricati» a «cessione di area non edificata», in presenza tuttavia delle seguenti condizioni: i vecchi fabbricati sovrastanti dovevano essere demoliti per far posto a nuove costruzioni, la demolizione era stata assunta contrattualmente a carico del venditore e la stessa era già iniziata (ma non ancora completata) al momento della cessione;
nella risposta dell'Agenzia delle entrate n. 10 ai quesiti, selezionati dagli esperti de Il Sole 24 Ore in occasione della manifestazione «Telefisco 2011» del 26 gennaio 2011, si affronta l'argomento (sia pure ai fini IVA) pervenendo ad un risultato che sembra ribaltare la precedente interpretazione; in questo caso, alla domanda sulla natura dell'atto di cessione di un complesso industriale in dismissione, ricadente in un'area interessata da un piano di riqualificazione urbana, l'Agenzia risponde che occorre guardare alla natura del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all'atto della cessione: quindi, in questo caso, la cessione riguarderebbe un «fabbricato»;
gli uffici periferici dell'Agenzia in molti casi stanno notificando avvisi di accertamento a contribuenti che hanno stipulato cessioni di fabbricati, qualificate come tali nei relativi atti notarili, qualora venga reperita la notizia, dallo scambio di informazioni con i comuni interessati, che sia stata richiesta una concessione edilizia dall'acquirente, non tanto di ampliamento o di nuova costruzione, ma anche solo di ristrutturazione edilizia, intervento che non comporta com'è noto l'aumento di volumetria degli immobili -:
se non ritenga di chiarire definitivamente la materia, atteso che gli stessi notai roganti non sono in grado di informare in modo compiuto i propri clienti sui rischi fiscali delle operazioni di cessione di fabbricati, anche alla luce della giurisprudenza della Corte CE citata, contribuendo a porre un chiaro discrimine giuridico tra le compravendite di fabbricati che possono essere riqualificate come atti relativi ad «aree edificabili», e quelle che devono essere considerate senza ambiguità cessioni di fabbricati.
(5-04214)

CECCUZZI, TRAPPOLINO e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la risoluzione 3/T/2008 (n. 3 del 6 novembre 2008) l'Agenzia del territorio ha stabilito che le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici «devono essere accertate nella categoria "D/1 - opifici"» con significative conseguenze per quel che concerne l'imponibilità dell'ICI: le medesime conclusioni concernono gli impianti eolici (circolari 14/T/2007 e 4/T/2006);
l'Agenzia del territorio arriva a tale determinazione attraverso l'interpretazione di una sentenza della Corte di cassazione (sentenza 16824 del 2006) in merito alla questione riguardante l'inclusione delle turbine nella determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche e sulla scorta di tale sentenza stabilisce che «le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accertate nella categoria "D/1 opifici" e che nella determinazione della relativa rendita catastale devono

essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in analogia con la prassi ormai consolidata, adottata in merito alle turbine delle centrali elettriche»;
l'Agenzia delle entrate, con circolare 46/E del 2007 (par. 9.2.1.2) aveva diversamente stabilito che «l'impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo» e che pertanto le centrali elettriche fotovoltaiche non rientrano nella fattispecie indicata dalla sentenza della Cassazione precedentemente citata;
i pareri espressi dalle commissioni tributarie provinciali risultano non omogenei, rendendo cosi manifesta l'incertezza normativa in materia di accatastamento e di applicabilità dell'imposta sugli immobili;
tale misura incide in uno dei settori strategici dell'economia del Paese dove maggiore risultano le aspettative in termini di sviluppo, di investimento e di crescita tecnologica -:
se intenda risolvere l'incertezza in merito all'accatastamento delle centrali elettriche a pannelli fotovoltaici attraverso uno specifico provvedimento tale da chiarire, in via definitiva, l'assoggettabilità o meno di detti impianti all'imposta comunale sugli immobili.
(5-04215)

FUGATTI e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 10, comma 1,lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, sono deducibili le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
le istruzioni al modello Unico 2010, rigo RP27, chiariscono che le spese di assistenza specifica sostenute dai disabili sono quelle relative:
all'assistenza infermieristica e riabilitativa;
al personale in possesso della qualifica professionale di addetto all'assistenza di base o di operatore tecnico assistenziale esclusivamente dedicato all'assistenza diretta della persona;
al personale di coordinamento delle attività assistenziali di nucleo;
al personale con la qualifica di educatore professionale;
al personale qualificato addetto ad attività di animazione e/o di terapia occupazionale;
in merito alla fattispecie illustrata si pone quindi il problema di come considerare le prestazioni rese da una cooperativa sociale, Onlus di diritto, a favore di soggetti diversamente abili aventi i requisiti di cui alla legge n. 104 del 1992: l'agenzia delle entrate-DRE Lombardia, in passato, con risposta n. 904.117/2005, ha affermato che è consentita la deducibilità delle spese di assistenza specifica a favore di persone disabili anche quando siano rese da enti attraverso proprio personale specializzato;
tali prestazioni non vengono necessariamente rese direttamente e personalmente da un educatore professionale o da un soggetto in possesso di titolo analogo, anche se trovano comunque supervisione, organizzazione e coordinamento comunque in un educatore professionale o in personale qualificato: infatti, le equipe di tutti i servizi della cooperativa sono formate da un numero di educatori variabile in base alla numerosità dell'utenza secondo un rapporto numerico stabilito dalla provincia. Ad ogni educatore sono affidati uno, due o più utenti, rispetto ai quali ha il compito di programmare e svolgere l'attività educativa individualizzata e di assicurare una costante continuità relazionale ed educativa all'interno del servizio. Ogni servizio è gestito da un responsabile che ne è referente. Le competenze

di tutto il personale della cooperativa sono costantemente valutate dalla direzione;
a parere dell'interrogante non è chiaro cosa debba intendersi per personale specializzato, considerato che la norma non parla di prestazioni specialistiche ma di prestazioni specifiche;
se siano deducibili, ai sensi dell'articolo 10, lettera b), del TUIR, le prestazioni socio-assistenziali ed educative svolte presso strutture residenziali, centri diurni e direttamente presso il domicilio della persona disabile dalle cooperative sociali - Onlus, sul presupposto che sono comunque prestazioni di assistenza a favore di soggetti ex lege n. 104 del 1992, rese, anche se in modo indiretto, da personale con i requisiti di educatore professionale o da personale qualificato.
(5-04216)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca d'Italia, a seguito di un'ispezione presso la Banca Popolare di Spoleto, ha chiesto una discontinuità nella governance della Banca, soprattutto in ordine al presidente Giovannino Antonini, al quale vengono attribuite dagli ispettori di via Nazionale gravi responsabilità nel corso della sua presidenza, ed il cui nome è comparso in alcune intercettazioni riguardanti la cosiddetta P3, e più precisamente in telefonate tra Flavio Carboni ed il senatore Marcello dell'Utri che spende il nome, appunto di Antonini, per la realizzazione di un parco eolico;
sulla base di tali sollecitazioni della Banca d'Italia, per salvaguardare la BPS e gli azionisti erano state annunciate le dimissioni del Presidente Antonini e del vicepresidente vicario Marco Bellingacci;
secondo notizie contenute in un articolo apparso il 15 febbraio 2011 su Finanza&Mercati, pare tuttavia che ci sia stata una retromarcia del Presidente Antonini, il quale ha dichiarato che: «La parola dimissioni non è stata ancora pronunciata, né tantomeno è decaduto il Consiglio»;
da notizie di stampa si apprende inoltre che Antonini «sta tentando un blitz per conquistare la presidenza della Spoleto credito e servizi Scrl, controllante al 51 per cento della BPS al posto di Fausto Protasi, che a sua volta diventerebbe Presidente della Popolare»;
è molto preoccupante assistere a siffatti comportamenti degli amministratori delle banche, ed occorre pertanto che, a fronte di operazioni irregolari o comportamenti scorretti dei manager, il Governo assuma provvedimenti legislativi volti ad impedire il libero ed indisturbato transito da una banca all'altra di banchieri discussi, molti dei quali si sono finora segnalati per aver compiuto scelte utili solo a se stessi, in danno dei consumatori, dei piccoli azionisti e dei clienti delle banche, quali, ad esempio, il nuovo capo della divisione corporate di Unicredit, Jean Pierre Mustier, condannato per insider trading in relazione ad una vicenda occorsa nel suo precedente incarico presso altra banca -:
quali iniziative di carattere normativo intenda assumere per proteggere consumatori, clienti e piccoli azionisti delle banche da comportamenti poco trasparenti e spregiudicati, in particolare definendo una normativa più stringente che, prima ancora dei pronunciamenti di sentenze penali, consenta l'accesso a ruoli di importante responsabilità nell'amministrazione delle banche solo a quei manager che si qualifichino, oltre che per la capacità professionale, anche per una forte connotazione etica.
(5-04217)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO e LO MORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
per contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire

l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, l'articolo 1, comma 340, della legge finanziaria per il 2007, successivamente modificato dall'articolo 2, comma 561, della legge finanziaria per il 2008, ha previsto l'istituzione di zone franche urbane (ZFU), a tal fine costituendo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU; i commi da 341 a 341-quater del medesimo articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, individuavano le agevolazioni di cui potevano beneficiare le piccole imprese e le microimprese allocate nelle ZFU;
l'avvio degli incentivi per le zone franche urbane era subordinato all'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per la definizione del massimale di esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nonché di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che, a norma del comma 341-quater del citato articolo 1, avrebbe dovuto definire le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali per le ZFU;
altri adempimenti gravavano sul CIPE, che, a seguito di una modifica della disciplina delle ZFU disposta dalla legge n. 244 del 2007, avrebbe dovuto provvedere alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per l'individuazione e selezione delle ZFU, nonché, successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole ZFU e alla concessione del finanziamento a sostegno dei programmi di intervento;
l'efficacia delle agevolazioni era altresì subordinata all'autorizzazione della Commissione europea;
quasi tutte le istituzioni e le amministrazioni coinvolte hanno provveduto ad adempiere alle prescrizioni di legge, affinché le zone franche e le previste agevolazioni fossero avviate nei tempi previsti, e in particolare:
la Commissione europea ha dichiarato tale regime di aiuto compatibile con l'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato con la decisione C(2009)8126 del 28 ottobre 2009 (aiuto di Stato n. 346/2009 - Italia);
il Cipe, con delibera 30 gennaio 2008, n. 5, ha definito i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle ZFU, il cui numero è stato inizialmente determinato in 18 ed elevato poi a 22 dalla delibera CIPE n. 14 del 2009; con l'allegato alla delibera n. 14 sono stati identificati i confini delle ZFU attraverso l'elenco delle sezioni censuarie;
il Ministero dello sviluppo economico, con circolari del 26 giugno 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 155/2008 e Gazzetta Ufficiale n. 164/2008), emanate dal competente dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione, ha definito i contenuti e le modalità di presentazione delle proposte progettuali delle amministrazioni comunali, nonché l'anno di riferimento per il calcolo della percentuale di popolazione residente nelle ZFU rispetto al totale della popolazione residente nell'area urbana interessata;
viceversa, non risulta mai emanato il previsto decreto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze che avrebbe dovuto definire i criteri per l'attribuzione delle risorse assegnate alle ZFU e già ripartite;
le risorse del 2008, del 2009 e del 2010 rischiano di andare in economia e di essere riassegnate all'entrata del bilancio dello Stato;
la dotazione annua per ciascuna ZFU è stata attribuita per il 60 per cento secondo un criterio di dimensione demografica e per il 40 per cento secondo l'intensità di disagio economico e sociale, al netto dell'attribuzione a ciascuna ZFU di un contributo annuo, in misura fissa,

pari a 750.000 euro, quale base di accesso al beneficio identica per tutte le ZFU;
le risorse stanziate per il 2008 (50 milioni) e quelle per il 2009 (49.955.833 euro) con i citati criteri assegnano a Crotone, in Calabria, 2.429.492 per il 2008 e 2.427.278 per il 2009, somme inferiori, ad esempio, a quelle previste per Massa-Carrara (2.604.060 nel 2008 e 2.601.616 nel 2009) che, pur essendo la provincia toscana meno ricca, registra comunque un reddito annuo di 18.038 euro pro capite, una condizione molto diversa da quella di Crotone, che per livello di reddito pro capite (11.061 euro nel 2009) si colloca costantemente all'ultimo posto nella graduatoria delle 103 province italiane;
Crotone, peraltro, ha dimostrato, in passato, di avere le risorse umane per reagire a una condizione di storica arretratezza: tra il 1995 e il 2002 la stessa Crotone ha registrato il più alto tasso medio di sviluppo del prodotto interno lordo pro-capite, cioè in media, la creazione maggiore di valore aggiunto rispetto al resto d'Italia nell'arco di soli sette anni;
il 19 gennaio 2011, è stata organizzata a Crotone una manifestazione nazionale che ha visto scendere in piazza le 22 città che fanno parte delle ZFU; all'iniziativa ha partecipato anche un camper che, con un tour itinerante - partito da Matera in gennaio - ha promosso una campagna di sensibilizzazione per stimolare il Governo nazionale ad emanare i necessari provvedimenti di attuazione;
l'avvio della zona franca urbana per la città di Crotone e per tutta la provincia è una condizione essenziale per il rilancio di un territorio che ha vissuto l'unico processo di industrializzazione della Calabria e che ora, con la perdita della struttura produttiva che è stata per lungo tempo il fiore all'occhiello della Calabria e dell'intero Mezzogiorno, soffre una lacerante crisi economica e sociale, con un drammatico livello di disoccupazione;
l'iniziativa del 19 gennaio 2011 è stata una circostanza solenne ed esemplare di unità di intenti tra tutte le ZFU, che rafforza Crotone e le sue prospettive di sviluppo -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere:
a) per provvedere all'emanazione del previsto decreto ministeriale che, a norma del comma 341-quater dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, è essenziale per definire le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali per le zone franche urbane;
b) per rimuovere le cause effettive della mancata attivazione delle agevolazioni fiscali e contributive previste per il sostegno delle attività imprenditoriali e dei lavoratori delle zone franche;
c) per mantenere in bilancio le risorse assegnate 2008, 2009 e 2010 che, non essendo impegnate al termine dell'esercizio, rischiano di andare in economia;
d) per disporre l'immediata erogazione ai beneficiari delle risorse assegnate anche per favorire, come avvenuto in altre città europee sede di zone franche urbane, l'attrazione di nuovi investimenti e l'insediamento di nuove attività economiche.
(5-04211)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione finanziaria con il concorso del dicembre del 2008, ha previsto l'assunzione di nuovi funzionari dell'Agenzia - terza area funzionale - a termine di un complesso e articolato iter concorsuale. Preliminarmente si sono svolte due prove scritte (una di carattere tecnico-professionale ed una prova oggettiva-attitudinale). Coloro i quali hanno superato le due prove citate sono stati ammessi ad un tirocinio teorico-pratico,

della durata di sei mesi e retribuito con una borsa di studio e nessun contributo previdenziale. Alla fine del periodo di tirocinio è stato svolto un ulteriore esame, volto a vagliare le competenze acquisite durante il periodo di formazione, con conseguente graduatoria finale. Dalle graduatorie regionali risultano candidati idonei ma non vincitori del concorso (circa 120 a livello nazionale). Si sottolinea che l'Agenzia delle entrate nel penultimo concorso del febbraio 2008 ha assunto sia i vincitori che gli idonei perché aveva necessità di ulteriori funzionari;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 novembre 2010 registrato alla Corte dei conti nel gennaio 2011 risulta la disponibilità all'Agenzia delle entrate di un ulteriore bando di concorso per 310 funzionari. Si manifesta evidente, ad avviso dell'interrogante, spreco di denaro e di risorse, in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, in quanto si tratta di persone già «formate» da parte dell'Agenzia delle entrate e ritenute idonee a svolgere le mansioni lavorative rientranti nella qualifica professionale. Invece di assumere questi funzionari, l'amministrazione preferisce bandire nuovi concorsi, per personale da formare, che verrà assunto successivamente. Tale modo di operare, inoltre, a giudizio dell'interrogante, presenta una evidente illogicità rispetto alle finalità proprie dell'Agenzia delle entrate che consistono, anche, nella lotta all'evasione fiscale;
l'amministrazione, rinunciando a personale valido ed utile, preferisce bandire ulteriori concorsi per persone da formare e rendere (in futuro e forse) funzionari. Già in passato, e per tipologie concorsuali diverse (contratti di formazione e lavoro, che prevedevano solo un esame scritto ed un esame orale), si è provveduto ad «allargare» le graduatorie, operando uno scorrimento delle stesse - grazie ad un intervento del legislatore - per l'assunzione di candidati idonei non vincitori, prima dell'indizione di altri concorsi, in quanto ciò è stato ritenuto conforme alla ratio ed ai principi di una corretta azione amministrativa secondo il dettato dell'articolo 97 della Costituzione (buon andamento, economicità);
deve inoltre essere evidenziato e sottolineato come la procedura concorsuale in questione, si differenzi notevolmente dalle esperienze del passato, stante la semplice e banale considerazione che per un lasso di tempo, i candidati idonei non vincitori sono stati impiegati effettivamente presso l'amministrazione finanziaria, con aspetti funzionali assimilati e parificati ai dipendenti e funzionari dell'Agenzia della entrate, ed, alla fine risultano essere idonei a svolgere l'attività lavorativa per cui è stato svolto il concorso -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se non intendano promuovere un'iniziativa, anche normativa, per porre rimedio a questa situazione.
(4-10841)

AGOSTINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Ascoli Piceno esiste una strutturale carenza di infrastrutture;
la strada provinciale denominata «mezzina» rappresenta l'unica strada verso nord, con le altre provincie delle marche, verso sud, con la provincia di Teramo e la A25 (Teramo-Roma);
la regione marche con proprie deliberazioni, la prima nel marzo del 2003 la seconda nel 2005, stanziava una somma complessiva di 13 milioni di euro da fondi deliberati dal CIPE per l'ammodernamento del primo tratto della strada provinciale «mezzina» (Castel di Lama-Offida);
la provincia di Ascoli Piceno ha accumulato un eccessivo ritardo nella progettazione, e conseguentemente nell'appalto

dei lavori, che sono stati consegnati alla ditta aggiudicatrice dell'appalto solo nel maggio del 2009;
a seguito dell'inizio dei lavori la strada è stata chiusa con grave pregiudizio per le popolazioni, e le attività economiche dei comuni serviti da tale tratto di strada;
sono state individuate strade alternative che risultano essere molto pericolose (carreggiate molto strette, eccessive pendenze, fondo stradale dissestato eccessiva curiosità), anche in relazione alla quantità di traffico che quotidianamente percorre le strade individuate come alternative;
nel periodo di chiusura della strada principale si sono verificati nelle strade alternative numerosi e pericolosi incidenti;
la provincia di Ascoli ha già prorogato 9 volte con relative ordinanze la data di riapertura della strada;
il presidente della provincia di Ascoli Piceno nonostante le numerose proroghe, non ha mai avuto la sensibilità istituzionale di informare i sindaci e le amministrazioni dei comuni interessati;
ad oggi nessuna informazione è stata data circa lo stato dei lavori, e nessun crono programma è stato realizzato, capace di definire la data per la conclusione dei lavori;
i cittadini e le attività economiche esprimono oramai da tempo forti preoccupazioni, che potrebbero sfociare in manifestazioni di proteste;
da notizie di stampa parrebbe che il CIPE, qualora permanesse l'attuale situazione di inerzia, potrebbe revocare il finanziamento dell'opera -:
se sussista realmente il rischio che i fondi destinati a questa importantissima infrastruttura possano essere revocati qualora permanga la situazione di sostanziale inerzia descritta in premessa.
(4-10878)

...

GIOVENTÙ

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI, MANNUCCI e CALABRIA. - Al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica in Italia colpisce soprattutto i giovani, creando difficoltà che si ripercuotono drammaticamente su molti aspetti della loro vita quotidiana, come il problematico inserimento nel mondo del lavoro o l'emergenza abitativa;
risulta essere rilevante la necessità di porre in essere politiche di sostegno dei giovani durante il loro percorso di studi successivo al conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore;
esistono anche le difficoltà per i giovani di emergere nel mondo della libera impresa o di far valere il proprio talento e la propria creatività in relazione alle diverse professioni ed attività produttive;
il Governo ha riservato grande attenzione alle tematiche giovanili, tanto che ha delegato ad hoc il Ministro interrogato ad esercitare le funzioni e i compiti, ivi compresi quelli di indirizzo e coordinamento, di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili ed a promuovere e coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare l'attuazione delle politiche in favore dei giovani in ogni ambito, ivi compresi gli ambiti economico, fiscale, del lavoro, dello sviluppo umano e sociale, dell'educazione, dell'istruzione e della cultura -:
quali siano state le iniziative del Governo, e in particolare del Ministro interrogato, per sostenere ed orientare i giovani nelle possibili scelte volte alle maggiori opportunità occupazionali, all'autoimpiego, alla possibilità di acquisto di una prima casa, nonché al proseguimento degli studi universitari.
(3-01468)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
venerdì 28 gennaio 2011, l'interrogante ha visitato la casa circondariale di Genova-Marassi assieme ad Irene Testa (segretaria dell'associazione Il detenuto ignoto), Alessandro Rosasco (membro del comitato nazionale di Radicali italiani), Susanna Mazzucchelli (segretaria dell'associazione Radicali Genova) e Stefano Petrella (segretario del gruppo radicale Adele Faccio); la delegazione è stata accompagnata dal direttore, (dottore Salvatore Mazzeo;
dalla visita di sindacato ispettivo è emerso il seguente quadro: nel carcere di Genova-Marassi sono presenti 726 detenuti rispetto ad una capienza regolamentare di 466 posti; 219 sono nella I sezione, 312 nella II, 20 nella III sezione a custodia attenuata, 36 nella IV, 45 nella V, 94 nella VI sezione, cioè nel CDT (centro diagnostico terapeutico) dove è ubicato anche il reparto HIV che ospita 19 detenuti; 7 detenuti, al momento della visita, sono ricoverati presso l'ospedale cittadino; nelle celle concepite per ospitare 4 detenuti, sono in realtà presenti dalle 7 alle 9 persone; nell'istituto sono presenti anche alcuni ergastolani;
i detenuti tossicodipendenti sono 300 e si trovano dislocati nelle diverse sezioni; i casi psichiatrici sono in aumento, il 50 per cento dei detenuti fa uso di psicofarmaci, 20 detenuti sono in regime di stretta sorveglianza perché casi psichiatrici gravi; gli stranieri costituiscono il 60 per cento della popolazione detenuta e sono soprattutto magrebini, rumeni, albanesi e sudamericani;
meno del 10 per cento dei detenuti ha accesso alle attività lavorative: per l'esattezza si tratta di 66 persone che si dividono 33 posti di lavoro ruotando ogni 15 giorni, ragione per cui, quasi tutti i reclusi trascorrono in celle sovraffollate almeno 19 ore della loro giornata essendo peraltro notevolmente ridotte sia le attività scolastiche che quelle sportive; gli agenti di polizia penitenziaria registrano un deficit di organico di 60 unità; questa carenza, oltre che a ripercuotersi sulle condizioni di lavoro oltremodo stressanti, limita notevolmente le attività trattamentali dei detenuti; inoltre, non vengono mai rimpiazzati gli agenti più anziani che vanno in pensione;
gli educatori sono solo 7 mentre ne servirebbero almeno il doppio; anche gli psicologi sono insufficienti e in particolare il servizio «nuovi giunti» ha subito un forte degrado dopo il passaggio della sanità penitenziaria alle ASL e nessuna garanzia è all'orizzonte per il rinnovo della convenzione che scadrà fra sei mesi;
quanto alla sanità, il passaggio di competenze alla ASL ha comportato non pochi problemi; infatti il personale preesistente è stato interamente sostituito disperdendo così un patrimonio di competenze specifiche che si erano formate negli anni; il servizio infermieristico fornito dalla cooperativa Il Gabbiano è discontinuo e con difficoltà da parte del personale che non viene pagato con regolarità;
con la legge n. 199 del 2010 sono usciti dal carcere di Marassi, per beneficiare della pena alternativa della detenzione domiciliare, 12 detenuti;
nella casa circondariale di Marassi non vige il regolamento interno previsto dal secondo comma dell'articolo 32 della legge n. 354 del 1975; il direttore informa la delegazione che il testo redatto è al vaglio del magistrato di sorveglianza;
l'8 febbraio 2010 Ciprian Florin Gheorghita, 25 anni, romeno, è stato trovato agonizzante nel bagno della sua cella, con accanto un sacco nero di plastica che

emanava ancora gas butano, ed è morto poco dopo nell'infermiera mentre provavano a rianimarlo -:
se sia a conoscenza di quanto scritto in premessa;
in che modo intenda attivarsi e in quali tempi per superare gli evidenti problemi di sovraffollamento del carcere di Marassi;
in che modo intenda ripristinare il fondo per il lavoro in carcere dei detenuti, visto che nelle condizioni attuali, solo un'estrema minoranza di loro ha la possibilità di svolgere un attività, peraltro poco qualificante, all'interno dell'istituto;
in che tempi verrà ripristinato l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e degli psicologi;
cosa si intenda fare per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti tenuto presente l'alto numero di tossicodipendenti e di casi psichiatrici;
in particolare, quali notizie ulteriori dispongano il Ministro della giustizia e il Ministro della salute sulla morte del giovane rumeno, se siano stati messi in atto tutti gli accorgimenti del caso vista la sua condizione di tossicodipendenza e se il Ministro della giustizia intenda avviare un'indagine amministrativa interna al carcere per individuare eventuali responsabilità;
quanti dei 19 reclusi nel reparto HIV siano nello stadio di AIDS conclamato;
in che tempi verrà sanata la violazione normativa riguardante l'inesistenza di un regolamento interno all'istituto.
(4-10844)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 29 gennaio 2011, l'interrogante ha visitato il carcere di Imperia assieme ad Irene Testa (segretaria dell'Associazione Il Detenuto Ignoto), Alessandro Rosasco e Gian Piero Buscaglia (membri del Comitato nazionale di Radicali Italiani), Susanna Mazzucchelli (segretaria dell'Associazione Radicali Genova); la delegazione è stata accompagnata dal direttore, Nicolò Mangraviti;
dalla visita ispettiva è emerso il seguente quadro:
nel carcere di Imperia sono presenti 99 detenuti rispetto ad una capienza regolamentare di 78 posti; 57 detenuti sono condannati in via definitiva, i rimanenti sono in attesa di giudizio e, fra questi, 18 sono imputati; gli stranieri sono il 60 per cento mentre i tossicodipendenti sono circa 40 di cui, seguiti dal Sert 27 e, in trattamento metadonico 4; 3 sono i reclusi affetti da HIV; i casi psichiatrici sono numerosi, circa 10, soprattutto fra gli extracomunitari; gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 52 a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 72, ma occorre tenere presente che 4 agenti sono al nucleo traduzioni, 8 si occupano dei colloqui, 10 sono distaccati in altre sedi; gli educatori sono due; un solo psicologo;
l'area sanitaria presenta gravi problematiche in primo luogo perché non è previsto un servizio sanitario h24; a ciò si aggiunge il fatto che il defibrillatore è semi-automatico e che nelle ore notturne scoperte dal presidio, quando non ci sono nemmeno gli infermieri, gli agenti di turno - non avendo fatto alcun corso - non sono in grado di usare il dispositivo nel caso di un arresto cardio-circolatorio; il Sert dovrebbe esser più presente, soprattutto la psichiatra, infatti, da più di un mese non mette piede nell'istituto;
i detenuti che lavorano non sono più di 15; lo fanno a rotazione e dopo un mese di prestazioni possono contare su un salario di 100 euro che viene decurtato di 50 euro per le spese di mantenimento in carcere; la scuola di alfabetizzazione è frequentata da 9 detenuti, la media da 5 il corso di francese da 8 e quello di inglese

da 9; ciò che è chiaro è che chi non ha la fortuna di lavorare, passa 19 ore della giornata in cella;
positiva, invece, è la sperimentazione fatta dall'istituto nella sezione «dimittendi» che ospita 35 detenuti che hanno le celle aperte dalle 8.30 alle 15.30; questa «custodia attenuata»- a detta dei dirigenti del carcere - dà buoni risultati consentendo ai detenuti di fare alcune attività come il corso di teatro e di pittura, il gruppo di gestione dei conflitti alla presenza di una psicologa del Sert, o alcune attività sportive come la pallavolo;
quanto alla sanità, il passaggio di competenze alla ASL sembra non abbia comportato particolari traumi anche perché è stato assorbito tutto il personale della precedente gestione dell'amministrazione penitenziaria: solo il dirigente sanitario è cambiato;
con la legge n. 199 del 2010 sono usciti dal carcere di Imperia, per beneficiare della pena alternativa della detenzione domiciliare, 6 detenuti, mentre 2 sono in attesa di risposta da parte del magistrato di sorveglianza;
nella sala colloqui c'è ancora il vietatissimo muretto che divide i detenuti negli incontri con i loro familiari; non c'è l'area verde per le visite dei minori;
nell'Istituto penitenziario di Imperia non vige il regolamento interno previsto dal secondo comma dell'articolo 32 della legge n. 354 del 1975 -:
se sia a conoscenza di quanto scritto in premessa;
in che modo intenda attivarsi e in quali tempi per superare i problemi di sovraffollamento del carcere di Imperia;
in che modo intenda ripristinare il fondo per il lavoro in carcere dei detenuti, visto che nelle condizioni attuali, solo in pochi hanno la possibilità di svolgere un attività, peraltro poco qualificante, all'interno dell'istituto;
in che tempi verrà ripristinato l'organico degli agenti di polizia penitenziaria;
cosa si intenda fare per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti, considerata la presenza di 40 tossicodipendenti e di una decina di casi psichiatrici; quando verrà ripristinato il servizio sanitario h24 e in che modo si intenda urgentemente far fronte ad eventuali gravi emergenze notturne;
in che tempi verrà abbattuto il muretto nella sala colloqui e quando sarà consentito ai bambini di avere colloqui in un luogo meno deprimente; quando verrà istituita l'area verde; quando verranno ripristinati fondi adeguati per la manutenzione ordinaria e per i sussidi da destinare ai detenuti più indigenti;
in che tempi verrà sanata la violazione normativa riguardante l'inesistenza di un regolamento interno all'istituto.
(4-10852)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
domenica 30 gennaio 2011 la prima firmataria del presente atto ha visitato il carcere di Sanremo nuovo complesso (inaugurato nel 1996) assieme ad Irene Testa (segretaria dell'Associazione Il detenuto ignoto), Alessandro Rosasco e Gian Piero Buscaglia (membri (del comitato nazionale di Radicali italiani) e Susanna Mazzucchelli (segretaria dell'associazione Radicali Genova); la delegazione è stata accompagnata dal comandante, commissario Sergio Orlandi;
dalla visita ispettiva è emerso il seguente quadro:
nel carcere di Sanremo sono presenti 355 detenuti rispetto ad una capienza regolamentare di 209 posti; 218 detenuti sono condannati in via definitiva, i rimanenti sono in attesa di giudizio e, fra questi, 58 sono imputati; 187 sono i detenuti

stranieri appartenenti a 34 nazionalità diverse; fra i condannati 22 sono i collaboratori di giustizia e 8 gli ergastolani;
i detenuti tossicodipendenti sono 70 di cui 8 in terapia metadonica; 6 sono i reclusi affetti da HIV;
gli agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio sono 156 a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 254; gli educatori previsti in organico sono 6 mentre quelli effettivamente in servizio sono 4; nell'istituto opera un solo psicologo del Sert mentre un altro è presente solo per poche ore al mese;
i detenuti che lavorano sono in tutto solo 40: 30 dipendenti dall'amministrazione che ruotano ogni 15 giorni, 5 addetti alle lavorazioni di serramenti pagati con fondi provinciali erogati alla cooperativa «Galeotta S.r.l.», e 5 detenuti semiliberi che lavorano in proprio; la quasi totalità dei detenuti passa in cella quasi 19 ore, tolte le 4 ore d'aria mattutine e pomeridiane e l'ora e un quarto della socializzazione che si svolge dalle 16.45 alle 18.00; i corsi di alfabetizzazione occupano 10 detenuti così come la scuola media; solo uno degli 8 ergastolani lavora;
nel 2010 nell'istituto sono morti due detenuti, uno dei quali si chiamava Fernando Paniccia invalido al 100 per cento affetto da ritardo mentale, epilettico e semiparalizzato; Paniccia, che pesava 186 chili, è morto nella cella, ucciso probabilmente da un arresto cardiaco; le sue condizioni di salute erano critiche da tempo e, secondo quanto riferito dal comandante, è stato lui a rifiutare il ricovero in ospedale quando, il giorno di Natale 2010, si è sentito male;
a proposito di eventi critici, da segnalare 12 casi di autolesionismo nel 2010 e 1 nel 2011 e due aggressioni contro dipendenti dell'amministrazione penitenziaria;
quanto alla sanità, il passaggio di competenze alla ASL sembra non abbia comportato particolari traumi anche perché è stato assorbito tutto il personale della precedente gestione dell'amministrazione penitenziaria: solo il dirigente sanitario è cambiato;
con la legge 199 del 2010, sono usciti dal carcere di Sanremo, per beneficiare della pena alternativa della detenzione domiciliare, 8 detenuti;
nonostante l'istituto sia di relativa recente costruzione, nella sala colloqui c'è ancora il vietatissimo muretto che divide i detenuti negli incontri con i loro familiari; l'area verde per le visite dei minori deve ancora essere messa a norma;
nell'istituto penitenziario di Sanremo Nuovo complesso non vige il regolamento interno previsto dal secondo comma dell'articolo 32 della legge n. 354 del 1975; il Comandante informa la delegazione che il testo redatto è al vaglio del magistrato di sorveglianza -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
in che modo intenda attivarsi e in quali tempi per superare i problemi di sovraffollamento del carcere di Sanremo nuovo complesso;
in che modo intenda ripristinare il fondo per il lavoro in carcere dei detenuti, visto che nelle condizioni attuali, solo un'estrema minoranza di loro ha la possibilità di svolgere un attività, peraltro poco qualificante, all'interno dell'istituto;
in che tempi verrà ripristinato l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e degli psicologi;
cosa si intenda fare per vigilare affinché venga garantito il diritto alla salute dei detenuti considerata la presenza di 70 tossicodipendenti e di numerosi casi psichiatrici;
in particolare, quali notizie ulteriori dispongano i ministri interrogati sulla morte di Fernando Paniccia, se siano stati messi in atto tutti gli accorgimenti del caso vista la sua condizione di infermità mentale

e se il Ministro della giustizia intenda avviare un'indagine amministrativa interna al carcere per individuare eventuali responsabilità in merito al suo malore, al mancato ricovero seguito e alla sua successiva morte;
in che tempi verrà abbattuto il muretto nella sala colloqui e quando sarà consentito ai bambini di avere colloqui in un luogo meno deprimente; quando verrà istituita l'area verde;
quando verranno ripristinati fondi adeguati per la manutenzione ordinaria, per l'acquisto di materiali per la pulizia delle celle e per i sussidi per i detenuti più indigenti;
in che tempi gli ergastolani del carcere di Sanremo potranno vivere una detenzione secondo quanto previsto dalla normativa vigente, cioè scontando la pena in istituti ad hoc, in isolamento notturno e con l'obbligo di lavorare;
in che tempi verrà sanata la violazione normativa riguardante l'inesistenza di un regolamento interno all'istituto.
(4-10853)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
con precedenti interrogazioni n. 5-01403 e n. 5-01985 a risposta in Commissione era stato richiesto al Governo di fornire un resoconto puntuale sulle modalità di realizzazione della linea AV/AC Milano-Genova (Terzo Valico dei Giovi) e il Sottosegretario Bartolomeo Giachino in data 12 novembre 2009, aveva fornito il quadro riepilogativo seguente: «Il CIPE, con la delibera 80/2006, ha approvato il Progetto Definitivo dell'intervento, fissando il limite di spesa in 4.962 milioni di euro. Va ricordato che, per effetto di quanto disposto dall'articolo 13 del decreto-legge n. 7/2007, convertito in legge n. 40/2007, erano state revocate improvvidamente dal precedente Governo le concessioni a TAV e, conseguentemente, gli affidamenti delle linee AV/AC Milano-Genova, Milano-Verona e Verona-Padova. Con l'articolo 12 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, il Governo Berlusconi ha disposto il ripristino delle convenzioni con i General Contractor, trasferendone senza soluzione di continuità, la titolarità, originariamente prevista in capo a TAV, a RFI. Da ultimo il CIPE, con delibera n. 52/2009 del 15 luglio 2009 ha previsto, in via programmatica, l'assegnazione di un finanziamento di importo pari a 500 milioni di euro per la realizzazione di una prima fase costruttiva dell'intervento.»;
il CIPE, con la delibera n. 97/2009 del 6 novembre 2009, ha approvato un I lotto costruttivo della linea AV/AC Genova-Milano «Terzo Valico dei Giovi», con un'assegnazione complessiva di 500 milioni di euro, di cui 400 a valere su risorse della legge obiettivo e 100 sul fondo infrastrutture;
dall'informativa fornita dall'amministratore delegato di RFI in Commissione trasporti in data 23 novembre 2010 risulta che i costi dell'opera sono nel frattempo lievitati in 6.200 milioni di euro;
il commissario straordinario del terzo valico dei Giovi, ingegner Walter Lupi, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 5 agosto 2009, ha avuto il compito di intraprendere le iniziative necessarie per l'individuazione del lotto costruttivo connesso ai finanziamenti stanziati dal CIPE e di promuovere

la sottoscrizione dell'atto integrativo alla convenzione principale fra COCIV e RFI necessario per il concreto avvio dei lavori;
alla luce di queste premesse in data 8 febbraio 2010 si è svolta presso la stazione ferroviaria di Genova-Sampierdarena la cerimonia di inaugurazione dei lavori del I lotto alla presenza di Ministri e dei vertici aziendali del gruppo FS spa;
a oltre un anno di distanza da quell'evento in realtà le opere non sono state effettivamente avviate e secondo le notizie apparse su vari organi di informazione la causa sarebbe da addebitare ad un contenzioso irrisolto tra il consorzio COCIV, concessionario dei lavori, e RFI, stazione appaltante;
tale situazione di stallo ha trovato conferma nel corso del convegno svoltosi a Milano in data 7 febbraio 2011 nel corso del quale è stato lanciato il progetto «MI NOVA» per un'alleanza strategica fra le due città legata alle infrastrutture e allo sviluppo del sistema portuale ligure;
lo sviluppo di questo ultimo progetto e il decollo del corridoio europeo 24 Genova-Rotterdam che prevede la realizzazione di una rete ferroviaria fra i due porti, in buona parte già attuata dalla Confederazione elvetica e da completare in Germania e in Italia nella tratta fra il confine della Svizzera e Milano e da Milano verso Genova, tratta che comprende il terzo valico dei Giovi come tassello fondamentale, appare essenziale -:
se il Governo intenda ancora dare attuazione al progetto del terzo valico dei Giovi, il cui progetto definitivo è stato approvato dal CIPE nel 2006, mentre il I lotto costruttivo è stato approvato il 6 novembre 2009, in quanto dopo l'avvio dei cantieri annunciato nel corso della cerimonia inaugurale tenutasi a Genova l'8 febbraio 2010, i lavori non sono mai effettivamente cominciati;
quali siano le attività portate avanti dal commissario straordinario e quale sia lo stato del contenzioso tra RFI e il concessionario COCIV;
se il Governo intenda comunque rispettare gli accordi procedimentali con gli enti locali sottoscritti ai tempi della prima approvazione del progetto definitivo avvenuta con delibera CIPE n. 80/2006 e quali siano le opere effettivamente previste nel I lotto costruttivo approvato dal CIPE il 6 novembre 2009.
(2-00972)
«Lovelli, Tullo, Letta, Meta, Velo, Rossa, Lucà, Pizzetti, Portas, Zucchi, Nicco, La Forgia, Livia Turco, Mariani, Braga, Tidei, De Pasquale, Minniti, Melis, Miglioli, Sereni, Pollastrini, Gatti, Causi, Carella, D'Incecco, Migliavacca, Fogliardi, Bonavitacola, Piccolo, Fluvi, Tenaglia, Tempestini, Damiano, Ceccuzzi, Fioroni, Gentiloni Silveri».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
è necessario dare attuazione alle decisioni assunte a seguito dell'indagine conoscitiva del 12 febbraio 2009 sugli aeroporti italiani e alle azioni auspicate da intraprendere per sostenere il settore;
la Commissione Trasporti della Camera si è riservata di vigilare in merito all'attuazione delle enunciate linee di intervento;
dalle citate conclusioni è trascorso un tempo sufficiente per valutare l'atteggiamento del Governo in ordine al suddetto problema e sono ormai disponibili i risultati di un apposito studio, commissionato in materia dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
quali provvedimenti di esecuzione siano stati adottati e quale sia lo stato di avanzamento degli stessi.
(2-00966) «Tassone».

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si apprende in un articolo pubblicato l'8 febbraio 2011, dal quotidiano La Repubblica, che tutti gli alberi, anche quelli secolari che si trovano entro sei metri dalle strade extraurbane, sono fuorilegge. È l'innovativo principio giuridico di sicurezza stradale stabilito dalla Cassazione nella sentenza di condanna per omicidio colposo al capo cantoniere dell'Anas di Foligno, Bruno Bruni. Secondo la Corte suprema, l'uomo avrebbe dovuto provvedere a mettere in sicurezza, predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta, la statale centrale umbra orlata da una fila di alberi secolari, bellissimi da vedere, ma pericolosissimi per gli automobilisti. Se l'avesse fatto, Michela Crucianelli non si sarebbe schiantata a bordo della sua vettura contro uno di quei platani killer. E non sarebbe morta;
l'articolo 26 del regolamento che dà attuazione al codice della strada, entrato in vigore il 1o gennaio del 1993, aveva vietato la presenza di alberi entro una distanza minima di sei metri. Pareva, però, che quella norma non fosse retroattiva, ovvero che non fosse riferita agli alberi preesistenti, ma solo a quelli piantati da quel momento in poi. Però dopo ben 17 anni la Cassazione ha deciso che il divieto vale per tutto il patrimonio arboreo che orla le strade extraurbane, sia quello piantato prima del 1993, sia quello piantato successivamente. A questo punto la sentenza che ha condannato a un anno e sei mesi il cantoniere dell'Anas di Foligno costituirà un punto di riferimento per tutti i tribunali e le procure;
oggi il destino di migliaia di piante che costeggiano strade suggestive del nostro Paese sarà quello, se non ci sarà un concreto intervento da parte del Ministro interrogato, di essere tagliate. Di fatto scomparirebbero di colpo tutte quelle numerosissime, affascinanti e caratteristiche strade quali, come a titolo esplicativo: la Chiantigiana o l'Aretina, l'Appia antica o la Bolgherese, la Col di Tenda o la via degli ulivi da Assisi a Spello;
per quanto possa essere grave l'incidenza delle morti causate dalla presenza di alberature ai bordi delle strade è importante evidenziare che in Italia oltre il 70 per cento degli incidenti stradali avvengono in area urbana ed i decessi da incidenti stradali in area urbana sono circa 3.000 ogni anno (8,2 al giorno), mentre il numero dei feriti ammonta a oltre 150.000 all'anno (410 al giorno);
a tal proposito si sottolinea che un incidente stradale è sempre la risultante dell'interazione di tre fattori: uomo, veicolo ed ambiente. Per aumentare realmente il livello di sicurezza e diminuire il numero di incidenti, morti e feriti è necessario intervenire al massimo e in modo concertato su tutti e tre i fattori. Quindi anche con la messa in sicurezza di guardrail, alberi, ma anche pali della luce, non percepiti come pericolosi, ma strutturalmente più rischiosi di altre situazioni -:
quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in modo da predisporre un piano massiccio di messa in sicurezza delle strade, in particolare di quelle alberate, tutelando in questo modo un patrimonio che tutto il mondo invidia all'Italia, raccordandosi con l'ANAS e gli altri gestori, per assicurare l'installazione di guardrail che garantiscano la sicurezza stradale degli automobilisti e dei motociclisti;
quali iniziative urgenti intenda adottare per far sì che vengano rispettati i limiti di velocità, perché è del tutto evidente che la colpa degli incidenti non è degli alberi, ma, è sempre la risultante dell'interazione dell'alta velocità e dell'errore umano.
(4-10866)

MISIANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo svincolo e il casello autostradale di Dalmine (Bergamo) rientravano tra gli interventi da realizzare da parte di Autostrade concessioni e costruzioni spa nell'ambito della convenzione sottoscritta con l'ANAS il 4 agosto 1997;
la Conferenza di servizi per l'approvazione del progetto per la realizzazione della quarta corsia autostradale del tratto Milano-Bergamo della A4 ha stabilito che lo spostamento del casello autostradale di cui sopra, affidato ad Autostrade per l'Italia spa, fosse avviato per poter essere completato in corrispondenza con l'entrata in esercizio della nuova tangenziale sud di Bergamo;
il 18 dicembre 2006 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, l'ANAS e la provincia di Bergamo hanno firmato un accordo per la realizzazione di una serie di infrastrutture in provincia di Bergamo nel quadro del programma decennale ANAS 2003-2012. In tale accordo è prevista la progettazione, il finanziamento e la realizzazione della tangenziale sud di Bergamo. Lo spostamento del casello di Dalmine è stato inserito nel I lotto, 2o stralcio dei lavori, nel tratto Treviolo-Stezzano;
la tangenziale sud è stata progettata tenendo in considerazione il progetto preliminare presentato dalla Società autostrade, che prevedeva la demolizione dell'attuale casello e il suo spostamento a sud-est della A4, a nord del cimitero di Sabbio e al confine con il territorio di Stezzano, garantendo l'ingresso e l'uscita dal casello attraverso una bretella di collegamento con il rondò di snodo della tangenziale sud;
in sede di definizione del nuovo testo di «convenzione unica» sottoscritta il 12 ottobre 2007 e approvata dal decreto-legge n. 59 del 2008, ANAS e Autostrade per l'Italia spa (Aspi) hanno valutato «a fronte del non ancora consolidato scenario infrastrutturale, con particolare riferimento al tracciato e alla realizzazione della Pedemontana, di stralciare l'intervento, destinando il relativo impegno di spesa ad altri interventi di più immediata realizzazione. Al ricrearsi dei presupposti per la realizzazione dell'intervento, ANAS spa, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, potrà richiedere ad Autostrade per l'Italia spa di svilupparne la progettazione e valutarne congiuntamente l'inserimento nell'ambito degli impegni di convenzione;
il 6 febbraio 2010 a Cassano Magnago (Varese) è stato aperto il primo cantiere della Pedemontana. È in corso la gara per la tratta bergamasca, da Vimercate a Osio Sotto. Il tracciato della Pedemontana è definitivo e non presenta alcun legame progettuale o realizzativo con il casello autostradale di Dalmine;
il 23 marzo 2010 è stato inaugurato il tratto Treviolo-Stezzano della nuova tangenziale sud e il 12 luglio 2010 la provincia di Bergamo ha deliberato il completamento del tratto Zanica-Stezzano;
lo scenario infrastrutturale è dunque ormai delineato. Sussistono dunque i presupposti sopra citati per la realizzazione del nuovo casello autostradale di Dalmine;
in assenza dello spostamento del casello il sottopasso della ex strada statale 525, pur realizzato, è inutilizzabile. Di conseguenza il flusso in entrata e uscita dall'attuale casello - ben 22 mila veicoli al giorno, il 23 per cento dei quali sono mezzi pesanti - si incolonna in una bretellina di collegamento stretta e poco illuminata, per poi riversarsi nella rotatoria della ex statale 525, aggravando fortemente la congestione del traffico;
il 7 febbraio 2011 si è svolto a Roma un incontro tra Autostrade per l'Italia spa, il sindaco e l'assessore all'urbanistica del comune di Dalmine. Secondo quanto riportato dagli organi di informazione, i vertici di Aspi avrebbero affermato che l'opera «non è una priorità» e «i soldi non ci sono»;

secondo il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2010, il Gruppo Atlantia, la holding che detiene il 100 per cento del capitale sociale di Autostrade per l'Italia spa, nei primi nove mesi del 2010 ha registrato ricavi per 2 miliardi e 838 milioni di euro (+9,2 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2009) e utili per 576 milioni (+32,3 per cento). A decorrere dal 1o gennaio 2010 Autostrade per l'Italia spa ha applicato un aumento tariffario pari a +2,4 per cento -:
se e quali il Ministro intenda assumere nei confronti di Autostrade pre l'Italia spa per sollecitare la realizzazione del nuovo casello autostradale di Dalmine e del raccordo con la nuova tangenziale sud di Bergamo, alla luce delle problematiche sopra evidenziate e del mutato quadro infrastrutturale della zona.
(4-10870)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'attuale emergenza umanitaria conseguente agli sbarchi di clandestini provenienti dalla Tunisia era facilmente prevedibile, atteso che già nel mese di gennaio 2011 sono arrivate 25 imbarcazioni con 245 persone, ovvero la metà di tutti gli arrivi dalla Tunisia nel 2010, numero che rappresentava già un aumento di quasi il doppio rispetto al 2009;
d'altronde, situazioni di improvviso e profondo cambiamento in Paesi vicini hanno sempre provocato l'esodo di persone, sia come rifugiati che come sfollati e migranti, come è successo nel caso dell'Albania, della Bosnia e del Kosovo;
la direttiva comunitaria sulla protezione temporanea del 2001 e recepita dall'Italia nel 2003 prevede già in caso di afflusso massiccio di sfollati la condivisione europea delle responsabilità per le persone in arrivo dal nord Africa ed esiste anche un fondo comunitario per tali situazioni che l'Italia - se necessario - potrebbe attivare attraverso una semplice richiesta alla Commissione europea;
non si conosce il numero di quanti, tra i cittadini tunisini arrivati presenteranno richiesta di protezione internazionale che potrà solo stabilirsi sulla base di valutazioni individuali da parte delle apposite commissioni territoriali d'Asilo che dovranno anche tener conto, eventualmente, del fatto che tra le persone arrivate possano esserci coloro che si sono macchiati di crimini durante il regime dell'ex presidente Ben Ali -:
se non ritenga di aprire subito la struttura già esistente a Lampedusa come centro di puro transito per chi arriva via mare dal nord Africa, anche perché le persone sbarcate hanno spesso bisogno di un primo soccorso e comunque di una breve sosta prima del trasferimento nei centri sulla terraferma;
se le persone sbarcate siano state informate sul loro diritto di richiedere protezione internazionale all'Italia e sulla possibilità di ammissione alla procedura d'asilo per chi intende fare uso di tale diritto;
quali iniziative intenda assumere per verificare l'applicazione delle cosiddette «clausole di esclusione» dal beneficio della protezione, prevista dalla normativa internazionale ed italiana.
(2-00968)
«Pezzotta, Galletti».

Interrogazioni a risposta immediata:

RAISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 7 febbraio 2011 c'è stato un intervento massiccio delle forze dell'ordine nel campo nomadi abusivo di Colunga a San Lazzaro di Savena;

lo stesso era stato concordato, la settimana precedente, durante l'ennesimo incontro coordinato dalla prefettura, al fine di «ripristinare la legalità» e procedere allo sgombero definitivo del campo, in applicazione delle ordinanze comunali emesse nei mesi scorsi;
ancora una volta si è assistito ad un atteggiamento accondiscendente da parte dell'autorità che dovrebbe procedere secondo quanto previsto dalla legge;
il sindaco Macciantelli, infatti, invece di procedere allo sgombero, ha accettato l'ennesima promessa da parte degli abusivi, che hanno formalizzato per iscritto la volontà di andarsene spontaneamente: cosa che già avevano fatto in passato -:
quanto sia costata all'amministrazione pubblica la massiccia mobilitazione delle forze dell'ordine che si è poi risolta nell'ennesimo nulla di fatto e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo, in considerazione dei rischi per l'ordine e la sicurezza pubblica connessi alla presenza del campo nomadi di cui in premessa.
(3-01464)

MOSELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni, lungo le coste di Lampedusa si assiste ad uno sbarco continuo di immigrati provenienti dal Maghreb, dove la crisi, che nell'ultimo periodo ha coinvolto la Tunisia e l'Egitto, ha prodotto una fuga di massa di migliaia di profughi;
è cronaca di qualche giorno fa la notizia che un barcone si è spezzato in due perché troppo carico, affondando al largo delle coste tunisine, provocando morti e dispersi, così come la notizia di un naufragio avvenuto nella notte tra sabato 12 febbraio 2010 e domenica 13 febbraio 2010 a largo della località tunisina di Zarzis;
in quattro giorni sono sbarcati sulle coste di Lampedusa circa 4 mila immigrati, dando vita ad una sorta di esodo, una vera e propria emergenza umanitaria;
alla luce di quanto sopra, si conta che ogni giorno arrivino in media a Lampedusa circa mille tra profughi e rifugiati richiedenti asilo, con un flusso inarrestabile, per entità e ritmo degli arrivi, che rischia di rendere la situazione all'interno dei centri di accoglienza del tutto fuori controllo -:
quali misure, in concreto, intenda adottare il Ministro interrogato al fine di gestire l'emergenza, con riferimento all'assistenza a terra e in mare dei profughi e quali iniziative formali intenda assumere per coinvolgere le istituzioni dell'Unione europea nella più ampia ottica di solidarietà tra i Paesi membri.
(3-01465)

FRANCESCHINI, BRESSA, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, BOCCIA, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO, FIANO, GOZI, LIVIA TURCO, ZACCARIA e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si leggono le drammatiche notizie di migliaia di sbarchi dalla Tunisia;
l'emergenza immigrazione ha colto impreparato il Governo italiano;
probabilmente l'emergenza continuerà, sarà lunga e le persone che arriveranno saranno migliaia, anche perché ancora non si sa a quali altri Paesi mediterranei potrebbe estendersi il vento di rivolta che ha per adesso toccato Algeria, Tunisia ed Egitto;
il Ministro interrogato parla di «esodo biblico mai visto prima» e accusa l'Unione europea di disinteressarsi del problema;
il portavoce della Commissaria europea Cecilia Malmstrom ha dichiarato che la Commissione europea «è pronta ad aiutare e a mostrare concreta solidarietà

all'Italia» per far fronte all'eccezionale ondata di arrivi dalla Tunisia e si dichiara «molto sorpresa» per le accuse di risposta «lenta e burocratica» riportate dalla stampa italiana, poiché di fronte all'offerta di aiuti della Commissione europea il Governo italiano avrebbe negato la necessità di aiuti da parte della Commissione stessa -:
se il Ministro interrogato intenda chiarire, di fronte alla smentita della Commissione europea sulla richiesta mai pervenuta dall'Italia di aiuto per fronteggiare l'emergenza sbarchi a Lampedusa, come sono andate le cose, quando sono stati presi i contatti con le autorità europee dopo l'emergenza sbarchi e quali erano le proposte italiane, nonché se il Governo intenda promuovere una conferenza regionale mediterranea tra tutti i Paesi del bacino.
(3-01466)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 19 gennaio del 2011 veniva assassinato Angelo Di Masi nei pressi di un sala giochi nel quartiere romano di Tor Tre Teste, il soggetto pregiudicato veniva attinto da numerosi colpi di pistola;
il 15 ottobre del 2010 veniva assassinato a colpi di pistola all'Infernetto, Roma, Giuseppe Criniti pregiudicato già raggiunto da un provvedimento restrittivo emesso nell'ambito di indagini della DDA di Firenze;
il 5 giugno del 2009 veniva assassinato ad Acilia Emidio Salomone, già raggiunto da un provvedimento cautelare per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso e secondo le indagini della squadra mobile di Roma elemento apicale di una consorteria criminale attiva ad Ostia;
il 29 febbraio del 2008 veniva assassinato a Roma Umberto Morzilli, collegato ai figli di Enrico Nicoletti, con i quali risultava essere condannato in primo grado per il delitto di tentata estorsione; Morzilli risultava altresì indagato nel procedimento contro il faccendiere Danilo Coppola;
il 18 ottobre 2002, alle ore 16,40, Paolo Frau, pluripregiudicato, già membro di spicco della «Banda della Magliana» e fino al decesso notoriamente capo dell'organizzazione criminale operante sul litorale romano e dedita alla commissione di molteplici e gravi delitti, veniva ucciso sotto la sua abitazione, sita in Ostia Lido, da due uomini con il volto coperto da caschi integrali, a colpi di arma da fuoco;
il 22 novembre 2002 veniva assassinato nel comune di Ciampino il pregiudicato Michele Stettanni, collegato alla consorteria criminale Senese -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti espressi in premessa e quali misure intenda adottare per contrastare l'escalation della criminalità organizzata nel territorio in questione;
se il Ministro dell'interno intenda promuovere una convocazione straordinaria del comitato per l'ordine e la sicurezza esclusivamente dedicato alla lotta della criminalità organizzata nella provincia di Roma e più in generale nella regione Lazio.
(4-10837)

CAPODICASA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comune di Santa Margherita Belice, provincia di Agrigento, ubicato in una zona ad alta densità sismica è stato già colpito da un evento sismico nel 1968 con gravi danni a cose e persone e in quell'occasione più di mille vigili del fuoco furono impegnati nelle opere di soccorso;
i vigili del fuoco di S. Margherita Belice ad oggi sono alloggiati in una piccola struttura ricavata da una ex stazione di autolinee, priva dei più elementari requisiti previsti in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro;

il sindacato autonomo dei vigili del fuoco, CONAPO, ha denunciato più volte tale situazione, evidenziando il fatto che un simile contesto di degrado rappresenta una minaccia alla salute e alla sicurezza del personale dei vigili del fuoco che lì presta servizio e la stessa organizzazione sindacale provinciale di Agrigento con nota 09.2011 in data 27 gennaio 2011 ha proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale operativo;
nel giugno del 2009 il sottosegretario di Stato con delega ai vigili del fuoco, Francesco Nitto Palma, aveva comunicato che era in fase di ultimazione l'iter per l'ottenimento delle autorizzazioni necessarie per l'appalto dei lavori per il nuovo distaccamento dei vigili del fuoco di Santa Margherita Belice, per una previsione di spesa di due milioni di euro inseriti nella programmazione dei lavori pubblici 2010;
da allora non sembra essere seguita alcuna concreta iniziativa per assicurare ai vigili del fuoco di Santa Margherita Belice una sede dignitosa per garantire loro accettabili condizioni di lavoro -:
se non ritenga di assumere urgenti iniziative finalizzate all'immediato inizio dei lavori per la costruzione e l'apertura della nuova sede del distaccamento permanente dei vigili del fuoco di Santa Margherita Belice.
(4-10842)

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende dalla stampa locale che il numero di stranieri che si è sottoposto al test di italiano il 6 febbraio 2011 a Modena era molto elevato;
circa il 50 per cento dei partecipanti, però, non ha superato l'esame;
un dato molto preoccupante se paragonato a quello delle altre province italiane, dove invece la percentuale dei non idonei è stata molto bassa;
sempre dalla stampa si apprende che tale divario è dovuto al fatto che a Modena hanno sostenuto il test di italiano anche stranieri che sono in Italia da meno di 5 anni;
la normativa vigente, però, è chiara e stabilisce che possono chiedere il permesso di soggiorno per lungo periodo solo i cittadini stranieri che vivono in Italia regolarmente da cinque anni, previo superamento del test d'italiano, che è facoltativo per i minori dai 14 ai 18 anni e non è previsto per i minori di 14 anni;
coloro, quindi, che hanno superato il test, ma non sono in Italia da almeno cinque anni, non possono ottenere il permesso di lungo soggiorno, ma bensì vedersi rinnovato solo quello ordinario di due;
il presidente del Ctp di Modena, centro territoriale permanente per la formazione, ha dichiarato che, dopo questi risultati fallimentari, sono aumentate le richieste da parte di stranieri che vogliono prendere lezioni di lingua italiana;
è evidente, confrontando i dati con le altre province italiane, che a Modena si è verificata un'anomalia nelle procedure per l'ammissione ai test, autorizzando anche coloro che non ne avevano diritto, perché residenti in Italia da meno di 5 anni, a partecipare all'esame -:
se sia a conoscenza di quanto accaduto a Modena e quali siano i suoi orientamenti in merito;
come sia possibile che la prefettura di Modena, al momento della ricezione delle domande di ammissione al test di lingua italiana, non abbia effettuato un vaglio dei requisiti per l'accettazione, ma abbia consentito a tutti di partecipare;
se il metodo seguito dalla Prefettura di Modena sia in contrasto o meno con le direttive nazionali ed inoltre comporti maggiori oneri a carico dello Stato;
se non ritenga che l'ammissione al test di tutti coloro che ne fanno domanda, anche di chi non ne ha i requisiti, comporti un caos organizzativo e un maggior onere per le questure che poi devono rilasciare il permesso di lungo periodo;

quali misure intenda adottare per fare in modo che in ogni provincia le procedure seguite siano uniformi e soprattutto conformi al dettato ministeriale;
se sia in grado di fornire dati in merito al numero di immigrati che hanno partecipato al test d'italiano nelle varie province e le relative percentuali di bocciati e promossi.
(4-10848)

GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 14 febbraio 2011 il quotidiano Secolo XIX di Genova ha pubblicato un'articolo nel quale si racconta che Anna Carrino, collaboratrice di giustizia dal 2007, che con le sue deposizioni ha contribuito a svelare numerosi progetti criminali del clan Bidognetti, abbia dovuto lasciare la località protetta nella quale di trovava a seguito di minacce e di un progetto di attentato con esplosivo;
grazie alle dichiarazioni della collaboratrice, la cui figura è particolarmente rilevante perché legata ad uno dei capi del clan dei casalesi, sono già stati eseguiti numerosi arresti;
la figura del collaboratore di giustizia è ancora particolarmente rilevante per le indagini contro le mafie, e che ogni notizia sulla carenza delle condizioni di sicurezza può comportare un rischio di diminuzione della quantità e della qualità delle collaborazioni -:
se quanto riportato nell'articolo del quotidiano corrisponda al vero;
se siano stati svolti gli opportuni accertamenti per sapere come sia stato possibile che esponenti della camorra fossero a conoscenza della località protetta e del numero di telefono della collaboratrice di giustizia;
se siano state prese tutte le misure necessarie a garantire pienamente la sicurezza della collaboratrice di giustizia.
(4-10854)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2010 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto «decreto flussi 2010», ovvero il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 novembre 2010, concernente la «Programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato, per l'anno 2010» ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modifiche e integrazioni;
la finalità di tale decreto è quella di regolarizzare oltre 98.000 extracomunitari che dovrebbero poter entrare in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale, mediante apposita richiesta dei datori di lavoro da presentare esclusivamente per via telematica;
si tratterebbe, in particolare, di 98.080 nuovi lavoratrici e lavoratori extracomunitari non stagionali, dei quali 30.000 colf e badanti senza vincoli di provenienze, oltre 16.000 ingressi particolari e 52.080 lavoratori provenienti da Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi in materia di contrasto all'immigrazione clandestina;
gli utenti interessati hanno la possibilità di presentare le domande di ingresso solo attraverso una procedura telematica da effettuare esclusivamente sul portale informatico del Ministero dell'interno;
i moduli per l'invio telematico sono disponibili dal 17 gennaio 2011 sul sito del Ministero, e attraverso tale portale, come già accaduto negli anni passati, i datori di lavoro dovrebbero presentare le relative domande;
in particolare, i datori di lavoro devono inviare la suddetta domanda il 31

gennaio 2011 per i lavoratori delle nazionalità privilegiate (ai sensi dell'articolo 2 del decreto), il 2 febbraio 2011 per i lavoratori domestici e di assistenza alla persona (articolo 3), il 3 febbraio 2011 per tutti i restanti settori (ai sensi degli articoli 4, 5 e 6 del decreto citato);
risulterebbe che il sistema informatico del Ministero per la gestione delle pratiche relative al decreto flussi non funzioni e non consenta l'accesso alla modulistica per l'invio telematico delle domande;
questo malfunzionamento del portale ministeriale contribuirebbe a determinare gravi disagi e discriminazioni per gli utenti, i quali hanno solo tre giorni per presentare le richieste di ingresso, pertanto solo i più fortunati in ordine di iscrizione potranno essere regolarizzati;
a causa di tale malfunzionamento, risulterebbe che anche i diversi operatori, come la CISL, la CGIL e la UIL, impegnati a garantire un supporto all'utenza sulle modalità della presentazione delle richieste, abbiano riscontrato serie problematicità per accedere al portale del Ministero e siano preoccupati di non riuscire a garantire il corretto invio delle domande -:
se il Ministro sia a conoscenza dei gravi disagi riscontrati da famiglie, datori di lavoro, nell'accedere al portale e dell'impossibilità di inserire le domande a causa del funzionamento intermittente dello stesso;
quali iniziative urgenti ritenga di dover predisporre al fine di garantire al più presto il corretto funzionamento del portale informatico per garantire il buon esito delle procedure per l'ingresso dei lavoratori extracomunitari in Italia;
quali misure immediate intenda adottare per riparare al disservizio e ai gravi disagi causati e per assicurare il servizio agli utenti interessati e agli operatori che assistono gli utenti stessi;
se non ritenga opportuno attuare iniziative di competenza al fine di sospendere l'intera procedura, prorogando i termini per i «click day», fino a quando non sarà ripristinata l'operatività del portale, al fine di non pregiudicare la corretta applicazione del decreto di cui in premessa.
(4-10857)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 28 dicembre 2010, una delegazione di circa 200 cittadini italiani, rappresentante il settore economico della pastorizia sarda, sbarcava nel porto di Civitavecchia, dove aveva noleggiato cinque pullman che avrebbero dovuto condurla a Roma;
l'intenzione del gruppo era quella di portarsi pacificamente davanti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, improvvisandovi una conferenza stampa e chiedendo un incontro con il Ministro per illustrargli le ragioni della richiesta di interventi del Governo e dell'Unione europea per fronteggiare la crisi del settore;
le Forze di polizia, impegnate nel servizio di ordine pubblico, hanno impedito ai manifestanti di lasciare l'area del porto di Civitavecchia, bloccando l'accesso ai pullman e l'utilizzazione di qualsiasi altro mezzo di trasporto per raggiungere la città di Roma. Dopo il blocco dei mezzi di trasporto sono nati tafferugli, nei quali diversi manifestanti sono rimasti contusi;
la delegazione dei pastori sardi è stata trattenuta nell'area portuale sino alle ore 23 del 28 dicembre, quando ha potuto reimbarcarsi su una nave diretta ad Olbia, senza aver potuto presentare le proprie istanze a nessuna istituzione competente;
il 29 dicembre il consiglio regionale della Sardegna, con il consenso di tutti i gruppi politici rappresentati, ha impegnato

la giunta regionale ad inoltrare al Governo nazionale una formale protesta per quanto accaduto;
i principi costituzionali di libera manifestazione del pensiero e di libera circolazione delle persone appaiono violati da tale preventiva azione di impedimento di una pacifica manifestazione, posta in essere da operatori economici privati che agivano a volto scoperto, non armati, perfettamente identificabili dalle Forze dell'ordine in caso di violazioni di legge, ad oltre 80 chilometri dal luogo dove avrebbe potuto svolgersi l'incontro con i rappresentanti ministeriali -:
sulla base di quali disposizioni Costituzionali e di legge, e di quali indirizzi del Governo, sia stato disposto l'impedimento della manifestazione del 28 dicembre 2010 mediante il blocco preventivo dei partecipanti in una struttura portuale distante 80 chilometri dalla capitale;
se la pratica di impedire preventivamente l'accesso alla città di Roma, a gruppi di consistenza minima come quello dei pastori provenienti dalla Sardegna, sia stata precedentemente posta in essere ed in quali casi;
se non ritenga di dover impartire adeguate e precise disposizioni affinché la denunciata modalità di gestione dell'ordine pubblico non sia più adottata;
se non ritenga che una più accorta gestione dell'ordine pubblico, volta a ridurre le tensioni sociali determinate dalla crisi economica, si persegua favorendo e rendendo possibile, in condizioni di sicurezza per manifestanti e rappresentanti delle istituzioni, il dialogo ed il confronto tra le parti.
(4-10858)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 23 dicembre 2010 la giunta regionale della Lombardia, su proposta del presidente Roberto Formigoni, di concerto con gli assessori regionali alla sanità, Luciano Bresciani, e alla famiglia, conciliazione, integrazione e solidarietà sociale, Giulio Boscagli, ha varato le nomine dei direttori generali delle 15 Asl, delle 29 Aziende ospedaliere della Lombardia e dell'azienda regionale emergenza e urgenza;
a capo della Asl Milano 1, una delle più grandi d'Italia, comprensiva di 73 comuni, è stato nominato il dottor Pietrogino Pezzano, con le funzioni di direttore generale, già direttore della Asl della provincia Monza e Brianza;
la nomina del dottor Pezzano a Direttore generale della Asl Milano 1 ha suscitato accese polemiche e forti reazioni nel mondo politico per un supposto coinvolgimento nella maxi-inchiesta sulla criminalità organizzata del luglio 2010, denominata operazione «infinito»;
molti sindaci dei territori interessati si sono schierati contro la nomina inopportuna del dottor Pezzano, chiedendone la revoca;
proprio durante tale inchiesta, il dirigente sanitario, allora direttore della Asl di Monza e Brianza, sarebbe stato fotografato e intercettato in compagnia di due presunti malavitosi, affiliati alla 'ndrangheta;
da notizie di stampa, si desume che il dottor Pezzano avrebbe avuto contatti con personaggi legati alla criminalità organizzata;
in Lombardia risulta allarmante il fenomeno delle infiltrazioni della 'ndrangheta, che sarebbe emerso di recente a seguito degli atti giudiziari e di diverse inchieste condotte dalla direzione investigativa antimafia e dagli attuali fatti di cronaca -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano i loro orientamenti in merito;
quali iniziative, per quanto di competenza, intendano promuovere o adottare

a fronte della situazione descritta, al fine di evitare che le istituzioni sanitarie possano essere pregiudicate da fenomeni di infiltrazioni criminali;
se non sia opportuno inviare al più presto la commissione d'accesso antimafia presso la struttura sanitaria citata e nel caso in cui se ne accertassero i presupposti far sì che tale incarico cessi.
(4-10861)

PICIERNO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 11 novembre 2010, nel corso della seduta n. 394, la sottoscritta ha presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09414, indirizzata ai Ministri dell'interno e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sottoponendo quanto emerso dalle inchieste giornalistiche apparse su Il Mattino nel corso del mese di ottobre e dalle denunce dei cittadini molisani e di alcuni esponenti del consiglio regionale in merito alla possibilità che nell'area compresa tra la Bifernina e la Trignina si verificassero sversamenti illegali di rifiuti tossici, con gravi rischi di contaminazione dei corsi d'acqua, dei boschi e terreni circostanti;
l'area in questione veniva individuata in un quadrilatero compreso tra la statale Bifernina, la Trignina, le province di Isernia e Campobasso. A sud-ovest la zona confina con Vairano-Patenora e l'area industriale di Venafro, mentre a nord est lambisce la discarica di Montagano, il depuratore di Termoli, aree boschive e disabitate. Nell'interrogazione parlamentare suddetta si rendeva conto di varie denunce dei cittadini che segnalavano il via vai di camion sospetti, legati a ditte su cui gravano ombre di rapporti con la camorra, e si rilevavano numerose irregolarità nella procedura di smaltimento rifiuti nei depuratori di Termoli, di Montenero di Bisaccia (CB) e più in generale nel basso Molise;
a Montagano si è costituito un comitato spontaneo sostenuto da una Rete di 128 associazioni e comitati molisani contro l'ampliamento della discarica e la costruzione di un inceneritore autorizzati dalla Regione a beneficio della ditta Giuliani Environment. La discarica di Montagano era sorta quindici anni fa per un bacino di utenza di 17.000 cittadini, oggi ne serve 150.000 e accoglie rifiuti da varie regioni d'Italia: la popolazione molisana, infatti, produce meno di un terzo dei rifiuti che gli impianti della regione smaltiscono legalmente;
nel dicembre 2010 Ia procura di Larino nell'ambito dell'inchiesta, denominata «Open Gates», sugli impianti di depurazione di Montenero di Bisaccia e del nucleo industriale di Termoli, ha evidenziato e confermato lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici su terreni agricoli circostanti e conseguenti sversamenti a mare e nei corsi d'acqua in tali zone. A seguito dell'inchiesta, la procura ha convalidato l'arresto del presidente del nucleo industriale di Termoli, del dirigente dell'Assessorato all'ambiente e di altri funzionari della regione Molise e della provincia di Campobasso, iscritto nel registro degli indagati il Presidente della giunta regionale del Molise Michele Iorio, il direttore Generale dell'ARPA Luigi Petracca, il consigliere regionale Francesco Di Falco e altre persone;
l'area di Colle Santo Ianni, dove sorge la discarica di rifiuti solidi urbani di Montagano e dove è stato deciso con delibera di giunta regionale n. 674 del 6 agosto 2010 di collocare nella medesima un centro di stoccaggio di rifiuti pericolosi e con decreto del presidente della giunta regionale n. 392 del 23 dicembre 2010 con il quale si prevedono piazzole in cui abbancare le ecoballe, dista poche centinaia di metri dal Biferno e il percolato, i reflui e altre sostanze, per il tramite di un canale, giungono al fiume e da lì alla diga del Liscione dove, a metà ottobre 2010, si è verificata un'insolita moria di carpe;
lo scorso 22 dicembre 2010 è scattato il divieto di usare l'acqua della rete pubblica

per bere e cucinare nei municipi di Termoli, Larino, Guglionesi, Montenero di Bisaccia, Petacciato, Ururi, San Martino in Pensilis e Portocannone, fermo restando che a Campomarino il servizio idrico è stato interrotto dal 17 dicembre. La ragione di tale interruzione è stata indicata nei livelli eccessivi di trialometani, rispetto a quanto stabilito dal decreto legislativo del 2 febbraio 2001 n. 31. I trialometani - sottoprodotti di disinfezione - sono composti chimici che si formano dalla reazione tra il cloro (utilizzato per la disinfezione) e le sostanze organiche naturalmente presenti nell'acqua (sostanze umide, composti solubili prodotti dalle alghe, composti azotati naturali) sostanze sospettate di creare danni epatici, ai reni ed al sistema nervoso centrale;
molti cittadini, l'associazione Ambiente basso Molise, l'associazione Ecologisti democratici del Molise e il consigliere regionale Michele Petraroia con note del 6 novembre 2010, 23 dicembre 2010, 28 dicembre 2010 e 5 gennaio 2011 si sono rivolti alla procura della Repubblica di Larino per far accertare le cause connesse alla contaminazione dell'acqua potabile in Basso Molise;
l'associazione Ecologisti democratici del Molise ha posto alcuni quesiti all'amministrazione regionale sulla carenza di informazioni che i comuni interessati dalla sospensione del servizio idrico hanno fornito ai cittadini in merito ai rischi, nonché sull'assenza di iniziative per una verifica di laboratori di analisi terzi sulla salubrità dell'acqua, per effettuare una bonifica ambientale in seguito al ritrovamento delle migliaia di carcasse di carpe nell'invaso del Liscione, per verificare le cause dell'inquinamento del fiume Biferno e della diga del Liscione, con relativi accertamenti anche di possibili sversamenti di rifiuti tossici nei terreni agricoli contigui, nel fiume e nei suoi affluenti, ivi compresa l'immissione di percolato di discarica;
l'associazione suddetta ha anche presentato un esposto sulle ragioni dei ritardi con cui è stata avvisata la popolazione e dell'intervento emergenziale carente di Molise Acque, dell'Asrem, dell'Arpam, dei comuni interessati e della regione; ha inoltre chiesto che venga revocata la delibera di giunta regionale n. 674 del 6 agosto 2010, con la quale è stato individuato come impianto di stoccaggio per i rifiuti speciali, tossici e pericolosi la discarica situata nella zona di Colle Santo Ianni, nel comune di Montagano, e il decreto emanato dal presidente della giunta regionale n. 392 del 23 dicembre 2010 con il quale si prevede l'abbancamento temporaneo delle eco balle nelle piazzole presso la medesima discarica -:
se il Ministro della salute e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare siano a conoscenza dei fatti riportati e se e quali iniziative di propria competenza intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente, vista la grave situazione determinatasi nell'area dell'Invaso del Liscione, la cui diga rifornisce di acqua 80.000 cittadini residenti nel basso Molise;
quali azioni intenda mettere in atto il Ministro dell'interno al fine di fare piena luce sulla presenza di traffici di rifiuti e sversamenti abusivi in terreni e acque del Molise, tenuto conto che dall'inchiesta della procura della repubblica di Larino emergono contatti con aziende campane a rischio più volte attenzionate per i loro rapporti con la criminalità organizzata.
(4-10874)

MARIO PEPE (IR), LEHNER, SOGLIA, CIRIELLI e VESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da segnalazioni pervenute da alcuni cittadini, emergono discutibili e incongruenti dichiarazioni rese dal sindaco di Salerno Vincenzo De Luca attraverso un video caricato di recente sul sito internet «YouTube»;
nel suddetto video il primo cittadino, ripreso in occasione di un incontro pubblico organizzato in un noto locale del centro di Salerno per il tradizionale scambio

di auguri natalizio, ha rivendicato il suo impegno alla guida della città ed ha escluso, durante il suo mandato, possibili infiltrazioni camorristiche ad opera del famoso clan dei «Casalesi», collegando altresì, indebitamente, tale organizzazione camorristica al coordinatore regionale del PdL in Campania, onorevole Nicola Cosentino;
nella circostanza il sindaco De Luca ha pronunciato affermazioni ambigue e pericolose, dichiarando testualmente: Voi dovete difendere le vostre famiglie, perché questa è una Città che, se la molliamo, in due mesi se la mangiano... se la mangiano Fra clientele, ladri e Casalesi. Per essere chiari, Cosentino. Se la mangiano! Allora, teniamoci i delinquenti nostri... i miei... Con i miei riesco a parlare... se c'è qualcuno un po' equivoco fra Mariconda e... ma sono salernitani... ma non ci devono rompere le scatole. Quindi teniamoci i nostri, ma che qualcuno debba pensare di far venire da Casal di Principe qualcuno a mettere le mani sulla Città...»;
in tal modo, il sindaco di Salerno avrebbe distinto i camorristi originari di Casal di Principe dai delinquenti salernitani, esplicitando una sorta di «preferenza» per la seconda categoria criminale sulla base della provenienza geografica e l'appartenenza alla città di Salerno e alludendo, in tal modo, ad una pericolosa connivenza tra l'amministrazione comunale ed alcune frange della criminalità organizzata salernitana;
a discapito del suo delicato ruolo istituzionale, De Luca non avrebbe condannato in modo assoluto ed incondizionato ogni forma di criminalità organizzata, ma al contrario avrebbe esternato una equivoca simpatia e perfino connivenza con i delinquenti locali;
simili dichiarazioni, rese in pubblico e diffuse attraverso il popolare sito internet «YouTube», non possono ritenersi accuse sporadiche di stampo politico e propagandistico, ma necessitano di essere approfondite nelle sedi opportune, al fine di garantire la massima sicurezza ai cittadini salernitani e la trasparenza dell'amministrazione comunale;
peraltro il sindaco De Luca già in passato aveva indirizzato, in qualche modo, l'attività dell'Amministrazione in modo da non «infastidire» interessi della criminalità organizzata;
in passato, in una vicenda relativa alla revoca di case popolari, un membro della giunta De Luca, avvocato Rosa Egidio Masullo, assessore alle politiche sociali e all'emergenza abitativa, è stata vittima di attentati da parte di un noto esponente della criminalità locale a cui età stato revocato l'alloggio e in quella circostanza, in maniera quantomai equivoca il sindaco De Luca non ritenne opportuno far costituire parte civile l'amministrazione comunale di Salerno;
in seguito, il nuovo assessore, succeduto nella delega all'avvocato Masullo riassegnò proprio al medesimo delinquente l'alloggio precedentemente revocato, a conferma, ad avviso dell'interrogante, dell'attiguità dell'amministrazione De Luca con alcuni ambienti della criminalità organizzata salernitana e quest'ultimo assessore risultò condannato per abuso d'ufficio;
i presupposti normativi per l'esercizio di forme di controllo in relazione al pericolo di infiltrazioni criminali presso gli enti locali, delineati dalla normativa vigente, appaiono all'interrogante meritevoli di ampliamento;
pur considerata infatti l'opportunità di non compromettere l'autonomia amministrativa degli enti locali, la possibilità di esercitare l'accesso, e comunque forme di controllo adeguate, dovrebbe essere tuttavia estesa, ad avviso degli interroganti, in maniera chiara quanto meno a tutti quei casi nei quali i pubblici amministratori, specie se operanti in territori notoriamente a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, in qualunque forma, in via diretta e anche mediante proprie dichiarazioni pubbliche, comunichino

elementi che lascino inequivocabilmente intendere una conoscenza o una frequentazione della criminalità locale;
è altresì auspicabile che - anche in relazione all'incombenza della campagna elettorale per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale di Salerno - quanto affermato dal sindaco De Luca costituisca oggetto di apposite indagini da parte degli organi competenti -:
se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza e comunque di assumere iniziative normative al fine di ampliare i presupposti che possano giustificare la possibilità di indagini da parte del Ministero dell'interno presso gli enti locali anche a fronte di fatti quali quelli descritti nelle premesse.
(4-10876)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
è di questi giorni la notizia della bocciatura da parte della Corte Costituzionale dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, riguardante «Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010», convertito dalla legge 24 novembre 2009, n. 167;
la Corte costituzionale ha bocciato le graduatorie «in coda», dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma per cui il docente che dalla graduatoria di una provincia vuole spostarsi a quella di un'altra finisce in coda, a scapito della meritocrazia e del punteggi ottenuti fino a quel momento;
in particolare la Corte ha ritenuto che la norma impugnata introduce con effetto temporale e circoscritto ad un biennio, una disciplina inusuale, per non dire eccentrica, rispetto alla regola dell'inserimento «a pettine» dei docenti nelle graduatorie, vigente non solo nel periodo anteriore, ma persino in quello posteriore all'esaurimento del biennio in questione;
il legislatore ha scelto questo ultimo assetto normativo quale regola ordinamentale, anche con l'intenzione di non ostacolare indirettamente la libera circolazione delle persone sul territorio nazionale, disciplinato dall'articolo 120, primo comma della Costituzione, e rispetto al quale la norma impugnata ha veste «derogatoria»;
la sentenza della Corte avrà sicuramente effetti devastanti perché l'amministrazione sarà costretta ad assumere tutti quei docenti che, collocati in coda, nelle graduatorie aggiuntive, si sarebbero trovati in posizione utile per l'immissione in ruolo -:
quali iniziative si ritenga opportuno assumere al fine di tutelare chi lavora con competenza e passione da parecchio tempo nella scuola, e di garantire la continuità didattica fondamentale ai fini della buona qualità del sistema scolastico.
(2-00969)
«Capitanio Santolini, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Enzo Carra, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale con la sentenza n. 41 del 9 febbraio 2011 ha cancellato

l'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge n. 134 del 2009 per la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, rendendo in executivis le ordinanze di commissariamento disposte dai giudici del Tar Lazio, ex plurimis le nn. 5140, 5141, 5142, 5143, 5144, 5145, 5146, 5147, 5148, 5149 e 5150 R.G. del 2009, su ricorsi presentati dall'Anief per l'inserimento a pettine e non in coda nelle province aggiuntive scelte dai docenti inseriti nelle graduatorie e per il trasferimento a pettine in altra provincia;
la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca protocollo n. AOODGPER./1999 del 17 febbraio 2010 a firma del direttore generale, dottor Luciano Chiappetta, faceva esplicito riferimento alla sospensione delle ordinanze del TAR Lazio sopra indicate, sospensione che l'ordinanza n. 41 del 9 febbraio 2011 ha di fatto revocato, riconoscendo pertanto piena e immediata efficacia ai provvedimenti di commissariamento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sopra citati che hanno acquisito l'autorità del giudicato cautelare;
il contratto collettivo nazionale integrativo sulla mobilità e il Contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni e sulle assegnazioni provvisorie, rispettivamente del 16 febbraio e del 16 luglio 2010, garantiscono per l'anno scolastico 2010-2011 al personale docente di ruolo il diritto al trasferimento da un'istituzione scolastica all'altra, anche tra regioni e province diverse, mentre la direttiva comunitaria 1999/70/CE sancisce la parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato;
diversi atti di sindacato ispettivo presentati da deputati del Partito Democratico (interrogazioni a risposta in Commissione n. 5-01418 di giovedì 14 maggio 2009, seduta n. 177, n. 5-01622 di lunedì 13 luglio 2009, seduta n. 201, n. 5-01684 di lunedì 27 luglio 2009, seduta n. 209, n. 5-02192 di mercoledì 9 dicembre 2009, seduta n. 255, n. 5-0336 del 30 luglio 2010) hanno sollecitato e invitato più volte il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fin dalla pubblicazione delle graduatorie per l'anno scolastico 2009-2010, a garantire il trasferimento da una provincia all'altra del personale docente precario nel rispetto di quanto previsto dalla legge 3 maggio 1999 n. 124, articolo 1, comma 6, della legge 20 agosto 2001, n. 333, articolo 1, comma 1 e dalla legge 4 giugno 2004, articolo 1, comma 4, e a rispettare le ordinanze cautelari emesse dall'autorità giudiziaria;
non risulta ancora ultimato il piano di 150.000 immissioni in ruolo voluto dal precedente Governo di centro-sinistra con l'approvazione della legge n. 296 del 2006;
al contrario, l'attuale Governo ha previsto tagli di 87.000 posti di personale docente con il decreto-legge n. 112 del 2008;
tali decurtazioni hanno provocato un drastico malfunzionamento della scuola, una grave discontinuità didattica a detrimento dell'apprendimento dei ragazzi e una profonda incertezza in tutti gli operatori del settore dell'istruzione;
nel comparto scuola non sembra applicato quanto previsto dal decreto legislativo n. 368 del 2001, in ottemperanza all'accordo quadro comunitario sui rapporti di lavoro a tempo determinato e sulla stabilizzazione del personale a tempo determinato con tre anni di contratto anche non consecutivi, come disciplinato dalla direttiva dell'Unione europea n. 1999/70/C -:
quali iniziative intenda predisporre per riformulare le graduatorie ad esaurimento del personale docente;
quali iniziative intenda predisporre per consentire il trasferimento in altra provincia all'atto del prossimo aggiornamento biennale delle graduatorie ad esaurimento previsto dalla legge n. 296 del 2006, in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale che ripristina la normativa vigente in materia;

quali iniziative intenda promuovere, a garanzia della valorizzazione della professionalità del personale precario della scuola, in particolare già presente in posizione utile nelle medesime graduatorie e che ha prestato servizio negli scorsi anni, per consentire la copertura con contratto a tempo indeterminato di tutti i posti vacanti e disponibili, la stabilizzazione prevista già dalla normativa italiana e comunitaria del personale scolastico, e un nuovo massiccio piano di immissioni in ruolo.
(2-00970)
«Antonino Russo, Siragusa, Leoluca Orlando, Colombo, Ghizzoni, Rugghia, Pes, Samperi, Lulli, Veltroni, Pedoto, Calvisi, Zamparutti, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Merloni, Bernardini, Beltrandi, Iannuzzi, Sarubbi, Bachelet, Schirru, De Pasquale, Melandri, Lo Moro, Di Giuseppe, Favia, Cambursano, Di Stanislao, Paladini, Piffari, Aniello Formisano, Zazzera, Evangelisti, Palagiano, Barbato, Palomba, Cimadoro, Rota, Mecacci, Trappolino, Martella».

Interrogazione a risposta orale:

TABACCI e CALGARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
appare sempre più preoccupante la situazione dell'università degli studi di Siena, la quale da oltre ventotto mesi deve affrontare un grave dissesto finanziario;
l'università di Siena, così come qualunque altra università del nostro Paese, non può e non deve essere considerata come una cittadella fortificata, isolata dall'esterno ed avulsa dalla realtà sociale e politica nella quale cresce e si sviluppa;
a giudizio degli interroganti, vi potrebbero essere responsabilità di rilievo penale in questo dissesto, che dovranno essere stabilite dalle opportune attività della magistratura; ma a queste non possono non aggiungersi responsabilità più generali e politiche;
si aggiunga che l'elezione del nuovo rettore dell'università di Siena, avvenuta il 21 luglio 2010, è ancora sub judice per le presunte irregolarità avvenute al momento del voto;
questo ed altri episodi indicano quale sia la situazione istituzionale di un ateneo prestigioso come quello senese, che versa oggi in gravi difficoltà, evidenziando un quadro desolante che non può lasciare indifferenti;
la situazione qui sopra esposta non deve essere del tutto sconosciuta al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dato che è stata più volte prorogata la data di naturale scadenza del mandato del rettore uscente -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e, in caso affermativo, cosa intenda fare, nell'ambito delle sue competenze, per contribuire all'uscita dell'università degli studi di Siena da questa situazione di crisi che appare francamente inaccettabile.
(3-01460)

Interrogazioni a risposta scritta:

RAMPELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comma 9 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005, recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, attuato mediante i decreti ministeriali n. 90 del 2009 e n. 124 del 2009, mira a conformare il percorso didattico delle istituzioni statali di musica, ossia dei conservatori, al modello europeo, con l'istituzione di un triennio al termine del quale si consegue una laurea di primo

livello e un biennio di specializzazione, come già avvenuto per le università italiane;
la riforma dei conservatori porterà a conferire titoli di diploma accademico di primo e secondo livello del tutto equiparati alle lauree di primo e secondo livello universitarie;
la norma, per la fase di transizione tra vecchio e nuovo ordinamento (il cui avvio è stato previsto per l'a.a. 2010/2011), consente agli studenti iscritti ai vecchi corsi decennali di proseguire col pregresso regime, ma nulla dispone per chi, non da iscritto bensì da privatista, sosteneva esame del vecchio ordinamento;
ciò comporta che ad oggi, e per il futuro, molti conservatori potrebbero rifiutare le richieste dei privatisti di sostenere gli esami e i privatisti vedrebbero in tal modo vanificata la propria pregressa carriera;
la questione è particolarmente avvertita tanto che, su un sito on-line per la proposizione di una petizione (http://www.firmiamo.it/privatisti-in-conservatorio), già sono state raccolte migliaia di firme;
già in passato, in entrambi i rami del Parlamento, la questione relativa alla disciplina delle attività di cui sopra è stata oggetto di interesse, mediante atti di sindacato ispettivo o altro;
non da ultimo, si ricorda un ordine del gioco all'AS 1905, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario», presentato dal senatore Stiffoni e accolto come raccomandazione, e il cui dispositivo impegna il Governo «in sede di emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 5 del provvedimento in esame, la garanzia per i giovani musicisti, in virtù proprio del loro particolare percorso formativo, di poter sostenere come privatisti gli esami previsti dai corsi delle Scuole di alta formazione e specializzazione, anche se non in possesso del diploma di scuola media superiore» -:
se sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se ravvisi motivi ostativi all'emanazione di una circolare interpretativa che estenda analogicamente le previsioni valevoli per gli studenti di conservatorio iscritti al vecchio ordinamento anche ai privatisti.
(4-10862)

CICCIOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi sono comparse in alcuni articoli di giornale della stampa locale notizie relative a ipotetiche tensioni all'interno del liceo Mamiani di Pesaro;
le particolari tensioni tra il dirigente scolastico e il corpo docente, a quanto consta all'interrogante, sarebbero insorte in seguito a rimproveri verbali a due docenti per aver tenuto un comportamento non conforme al codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in occasione di un incontro riservato ai docenti e al personale ATA eletti nel consiglio d'istituto, per argomentazioni pretestuose, ostruzionistiche e non attinenti all'ordine del giorno (è di competenza del dirigente scolastico - decreto legislativo n. 150 del 2009 - l'esercizio dell'azione disciplinare ove ne ricorrano i presupposti);
i rapporti con gli studenti e il dirigente scolastico sono sempre stati sereni e colloquiali, punti di vista divergenti si sono registrati alla fine dell'anno scolastico, allorché è stata proposta la formulazione dell'orario per l'anno scolastico 2010-2011, in concomitanza con l'applicazione della cosiddetta «riforma Gelmini» che prevede il rispetto del monte ore annuale per ciascuna disciplina;
i sit-in di cui parla la stampa locale, definendoli atteggiamenti di «guerra aperta», sono state serene proteste da parte degli studenti preoccupati dell'eventuale allungamento del tempo scuola derivante

dall'applicazione dei regolamenti vigenti; il dirigente scolastico ha più volte invitato gli studenti a prendere atto di quanto avviene in tutte le altre scuole della provincia, soprattutto in quelle con lo stesso indirizzo di studi, ma i richiami alla normativa non sono stati ascoltati, ritenendo - sia gli alunni che parte del personale docente - che l'autonomia scolastica di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 permetta qualsiasi arbitraria organizzazione del servizio scolastico;
il 21 aprile 2010 il direttore dell'ufficio scolastico regionale delle Marche ha conferito al dirigente Bozzi l'incarico di esperire accertamenti per situazioni di conflitto al liceo Mamiani, ma il conferimento di tale incarico è stato oltremodo generico in quanto non sono stati indicati l'oggetto dell'ipotetico conflitto, né quali siano le persone coinvolte. Alle richieste della direzione sulle motivazioni di tale inchiesta non è stato dato alcun chiarimento, ciò anche considerando il comportamento dell'ispettore designato, ad avviso dell'interrogante, alquanto anomalo soprattutto nei confronti del dirigente scolastico, soprattutto in considerazione della genericità delle motivazioni;
l'intervento delle forze dell'ordine, peraltro verificatosi in un contesto legittimo (il dirigente scolastico in occasione della riunione dello staff di dirigenza, aveva chiesto di allontanarsi all'ispettore Bozzi, la cui presenza era ritenuta incompatibile con la natura dell'incontro, intralciando immotivatamente un servizio pubblico), non incide negativamente né lede in alcun modo l'operato della scuola né di chi vi lavora;
ad oggi, a parte i provvedimenti disciplinari relativi ai richiami ai due docenti, non vi sono altri contenziosi aperti (se non un ricorso al tribunale amministrativo regionale e uno al Presidente della Repubblica per atti compiuti sotto la precedente dirigenza scolastica) -:
se il Ministro interrogato, considerato l'interesse venutosi a creare nei confronti del liceo Mamiani in seguito a semplici e fisiologiche divergenze interne, non ritenga necessario assumere iniziative finalizzate a chiarire le motivazioni specifiche dell'inchiesta ispettiva ordinata per accertamenti sui conflitti al liceo Mamiani, ad avviso dell'interrogante, strumentalmente utilizzata ad altri fini.
(4-10868)

CATANOSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito della riforma del sistema scolastico ed universitario recentemente approvata dal Parlamento sono stati attuati dei tagli alle risorse economiche destinate al funzionamento della scuola;
il taglio delle risorse economiche ha costretto tutti gli operatori del settore ad operare tagli ai propri budget consequenziali al taglio delle risorse a livello ministeriale;
in provincia di Catania questo è avvenuto in misura maggiore con conseguenze devastanti sul piano della riduzione di personale e di ore lavorate;
il caso della società Dussmann è, come denuncia il sindacato Ugl-igiene ambientale di Catania, emblematico, ad avviso dell'interrogante, di come un buon provvedimento di risparmio di risorse pubbliche venga utilizzato da operatori privati che lucrano denaro pubblico per operare tagli agli stipendi, al personale ed alle ore lavorate;
la Dussmann è una società che si occupa del servizio di pulizie dei locali scolastici della provincia di Catania;
a giudizio dell'interrogante e del sindacato Ugl, e considerato il fatto che la misura dei tagli alle risorse della scuola si aggira intorno al 25 per cento del budget dell'anno precedente, gli eventuali tagli che la Dussman avrebbe dovuto compiere si dovevano attestare sulla stessa percentuale, mentre, invece, la stessa sta operando tagli alle ore lavorate fino al 75 per cento mettendo sul lastrico intere famiglie;

secondo quanto ha deciso la Dussmann ogni lavoratore dovrebbe fare solamente 2 ore e 15 minuti al giorno piuttosto che le regolari 6;
a giudizio dell'interrogante queste condizioni sono inaccettabili e devono essere ridiscusse anche a costo di ridiscutere l'aggiudicazione dell'appalto da parte della Dussmann che non è immaginabile possa essere stato vinto a queste condizioni di lavoro «capestro» -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-10869)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
lo sport è da sempre una risorsa per la società, oltre che un diritto per i cittadini. Esso infatti favorisce vincoli di amicizia, di educazione morale e sociale sia a livello personale che comunitario;
i valori dello sport e l'organizzazione di eventi sportivi rappresentano non solo una ricchezza in sé ma anche una opportunità di ripresa sociale ed economica, sopratutto per i comuni che vivono in dissesti finanziari;
Taranto, nota capitale della Magna Grecia, nel suo periodo di massimo splendore ha avuto diversi atleti vincitori delle antiche olimpiadi ed ancora in occasione delle ultime olimpiadi di Pechino, il corredo funerario del famoso «Atleta di Taranto» è stato trasferito in Cina al fine di valorizzare i giochi e richiamare i suddetti valori di cui l'«Atleta di Taranto» fu portatore;
nonostante i nobili trascorsi sportivi oggi la città si trova, in questo ambito, in uno stato di obbiettiva mortificazione. Sono, infatti, diversi gli atleti tarantini di rilievo nazionale costretti ad iscriversi con altre società di fuori provincia per poter gareggiare. L'unico impianto sportivo pubblico di atletica leggera esistente è denominato «Campo Scuola». Tale denominazione fu data proprio con l'intento di far sviluppare il movimento sportivo e i suoi valori educativi fin dagli anni della scuola;
sin dal 2001 la gestione del «Campo Scuola» è regolamentata da una convenzione stipulata tra comune di Taranto, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e CONI;
il suddetto «Campo Scuola», però, attualmente si trova in uno stato di grande trascuratezza, con grosse buche sulla pista e sulle pedane dei salti, rendendo non sicura l'attività praticata. L'impianto di illuminazione non è funzionante da diversi anni e costringe gli atleti ad allenarsi al buio nei mesi invernali. Al posto del prato cresce la vegetazione spontanea, che viene tagliata solo in rare occasioni;
nonostante la città di Taranto abbia circa 190.000 abitanti, gli studenti delle scuole da diversi anni non possono usufruire dell'impianto sportivo. Da tempo anche i giochi studenteschi sono organizzati nei comuni o nelle province limitrofe con forti disagi per le organizzazioni scolastiche, gli studenti e le loro famiglie;
diversi comuni italiani, anche piccoli, hanno dato dimostrazione di virtuosismo nelle azioni amministrative in tal senso, costruendo impianti completi di tutto, usufruibili gratuitamente dai cittadini e che favoriscono meeting a livello nazionale ed internazionale, a tal punto da rappresentare una risorsa economica e ricevere anche stanziamenti europei per la realizzazione di tali progetti -:
se risultino, in particolare in considerazione della convenzione citata in premessa eventuali motivi di impedimento per cui i cittadini ed in particolare gli studenti di Taranto non possano riutilizzare, in maniera efficiente per la pratica sportiva, il loro impianto denominato «Campo scuola» nel quartiere Salinella;
se risulti che il comune di Taranto abbia presentato domande di finanziamento per la sistemazione di questo punto sportivo e in questo caso se si intendano

orientare stanziamento di fondi per la ristrutturazione dell'impianto in questione, facendosi garante per eventuali prestiti come ad esempio attraverso il credito sportivo, qualora l'ente locale dovesse esprimere la propria volontà di accedere a tale tipo di opportunità;
se comunque sia intenzione dei Ministri interrogati, di intraprendere alternative iniziative di competenza relative all'attuazione della citata convenzione al fine di fare in modo che ai cittadini e agli studenti di Taranto non venga più negato il diritto da sempre ed universalmente riconosciuto come quello della pratica sportiva, nella consapevolezza del valore educativo, del bene dei singoli e della società nel complesso.
(4-10875)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il 24 giugno 2010, fu sottoscritto un accordo fra le organizzazioni sindacali e la Teleperformance, che prevedeva l'introduzione dei contratti di solidarietà per l'intera platea dei lavoratori della suddetta società, al fine di scongiurare il licenziamento di 847 lavoratori, delle tre sedi italiane di Roma, Fiumicino e Taranto;
la Teleperformance fornisce in outsourcing il servizio di call center a numerose aziende tra cui Alitalia e Sky;
nel suddetto accordo la Teleperformance si impegnava a rafforzare i volumi di lavoro in Italia, anziché continuare a dirottare le attività nelle sedi albanesi;
recentemente, le organizzazioni sindacali hanno denunciato che la Teleperformance, non abbia fornito i segnali di discontinuità richiesti e starebbe valutando di spostare la lavorazione «in bound» per Alitalia nelle sedi di Durazzo e Tirana;
a fronte degli 847 esuberi dichiarati dalla Teleperformance nelle sedi italiane, le sedi albanesi della suddetta società hanno visto aumentare, nel periodo 2008-2010, il numero dei lavoratori da 100 a 700;
se tale circostanza venisse confermata, si tratterebbe di un tentativo di competizione nel settore, basato sulla contrazione dei costi del lavoro, a danno dei lavoratori e della qualità del servizio offerto ai consumatori -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative si intendano assumere al fine di tutelare i lavoratori della Teleperformance che hanno sottoscritto un accordo volto all'introduzione dei contratti di solidarietà, nel giugno del 2010, che verrebbe disatteso dalla suddetta azienda che starebbe provvedendo alla delocalizzazione delle proprie commesse;
quali iniziative si intendano assumere al fine di introdurre misure volte alla disincentivazione della delocalizzazione, anche attraverso cessione di ramo d'azienda o per attività produttive appaltate ad aziende terze.
(2-00967)«Berretta».

Interrogazione a risposta immediata:

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI,

GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la recessione ha colpito nel nostro Paese non solo tantissime piccole e medie aziende, ma anche grandi fabbriche, come la Komatsu di Este, nel padovano;
trattasi della più grande azienda meccanica della provincia, un colosso giapponese, che produce macchine per la movimentazione della terra, con sede centrale a Tokyo-Minato Ku;
fino al 2007 l'azienda contava 730 dipendenti, compresa la filiale di Noventa Vicentina, ma già nel 2009 circa 250 dipendenti sono stati messi in cassa integrazione ed ora, il 14 gennaio 2011, gli amministratori di Komatsu Italia spa hanno avviato la procedura di mobilità territoriale, chiedendo il licenziamento di ulteriori 83 lavoratori: 63 operai e 20 impiegati;
la motivazione della richiesta pare sia riconducibile all'oggettiva difficoltà di Komatsu Italia spa di garantire la ricollocazione di parte dei dipendenti sospesi;
la notizia del licenziamento è giunta ai diretti interessati come un fulmine a ciel sereno, tenuto conto che gli stessi amministratori dell'azienda avevano previsto per i dipendenti in esubero la possibilità di usufruire dell'esodo incentivato -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare, anche in termini di moral suasion, nei confronti della Komatsu, affinché sia ritirata la richiesta di licenziamento e si attivi tra le parti un confronto per una soluzione concertata che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali.
(3-01461)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il testo unico della sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni) ha ridisegnato il ruolo sociale dell'Inail, attribuendo all'ente anche il compito di provvedere, con risorse «proprie», a iniziative di promozione di salute e sicurezza, fattori di progresso sociale e di civilizzazione del sistema economico;
l'istituto ha organizzato per il 12 gennaio 2011 l'operazione ISI 2010, nota come «click-day», per finanziare la realizzazione di progetti aziendali di investimento e formazione in materia di sicurezza. L'avviso pubblico ha dato la possibilità a tutte le imprese di aggiudicarsi, a titolo di contributo in conto capitale, un importo variabile tra mille e 100 mila euro, fino a saturazione di un primo stanziamento di 60 milioni di euro prelevati dal bilancio dell'istituto;
il bando ha previsto la possibilità per le imprese di accedere ai finanziamenti inviando la domanda di contributo allo sportello informatico. Tuttavia, prima della scadenza del bando il portale Inail, è stato «ingolfato» dai collegamenti di 20 mila imprese, le quali, avrebbero causato il blocco del portale, che comunque già dalle 15 sarebbe stato chiuso per esaurimento dei fondi;
il «click day» si è dimostrato uno strumento inadeguato per l'accesso alle risorse disponibili, escludendo dagli incentivi Inail imprese che ne avevano fatto richiesta, non sulla base del merito del progetto ma per pura casualità -:
quali iniziative o provvedimenti urgenti intenda adottare per garantire a tutte le imprese ed, in particolare, a quelle che non hanno avuto la possibilità di accedere al bando, di usufruire in futuro di simili iniziative, potendo ci si augura competere con le altre sul piano del talento e dell'affidabilità

piuttosto che sulla fortuna di un «click» che, a parere dell'interrogante, danneggia la cultura imprenditoriale meritocratica e la credibilità istituzionale dell'intero sistema-Paese.
(5-04205)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, ZAMPARUTTI e LENZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, all'articolo 20, ha ridefinito i percorsi relativi all'accertamento e al riconoscimento delle minorazioni civili, prevedendo che:
a) a decorrere dal 1o gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo;
b) in ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS;
c) a decorrere dal 1o gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS, secondo modalità stabilite dall'ente medesimo. L'Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle aziende sanitarie locali;
l'INPS con determinazione del commissario straordinario del 20 ottobre 2009, n. 189, e con la Circolare INPS 28 dicembre 2009, n. 131, ha fissato le linee guida e le modalità operative dei procedimenti precisando, in particolare, che:
a) la presenza del medico INPS in commissione di accertamento ASL consente, nel caso di unanimità di giudizio, un iter accelerato di convalida dei verbali di invalidità, handicap (legge n. 104 del 1992) e disabilità (legge n. 68 del 1999), a vantaggio del cittadino;
b) tutti i passaggi dei procedimenti sono gestiti con uno specifico software INPS per via telematica al fine di garantire celerità e trasparenza degli atti;
c) i tempi massimi fra la domanda e la concessione delle eventuali provvidenze possono essere contenuti entro i 120 giorni;
d) i tempi - di norma - per le convocazioni a visita ordinaria devono essere contenuti in 30 giorni (15 per i malati oncologici);
sono gli stessi medici INPS a confermare preoccupazioni, dubbi e accuse sui nuovi procedimenti relativi al riconoscimento dell'invalidità civile;
in una lettera aperta inviata ad alcune associazioni, oltre che al commissario straordinario (Mastrapasqua) e alla massima dirigenza INPS, l'associazione dei medici INPS (ANMI-FeMEPA), con toni durissimi ed elementi circostanziati, denuncia una procedura - non solo informatica - che non funziona, gli ordini di servizio contraddittori, la mole gigantesca di lavoro generata nell'ultimo anno e i disagi gravi che vengono causati ai cittadini;
da numerose ASL giungono segnalazioni di difficoltoso funzionamento del software gestito dall'INPS, tale da comportare la trasmissione degli atti su supporto cartaceo;
l'INPS ha affidato a fine 2010 a Postel l'incarico dell'inserimento dei dati relativi ai procedimenti in questione;
secondo l'ordinamento vigente, le persone con disabilità, per accedere a qualsiasi agevolazione, prestazione, servizio a loro destinato devono essere in possesso di un verbale che ne certifichi lo status e che tale verbale decade nella data in cui è prevista una eventuale rivedibilità anche nelle more della revisione -:
in quale misura sia stata garantita la presenza del medico INPS all'interno delle commissioni al fine di conformarne la composizione al dettato normativo;

in quanti casi e con quali indicazioni si sia applicata l'ipotesi di «validazione» accelerata sugli atti, in caso di approvazione all'unanimità dei verbali di accertamento;
in quale misura, a distanza di un anno, siano state informatizzate le pratiche relative all'invalidità civile di nuova presentazione;
dopo l'entrata a regime delle nuove procedure, quali siano i tempi medi di attesa per le diverse fasi (convocazione, conferma, concessione, erogazione) dei procedimenti, con quali differenze territoriali e con quali differenze rispetto agli anni precedenti -:
se tali ritardi nell'ordinaria amministrazione siano imputabili alla contestuale conduzione dei piani straordinari di verifica sulle invalidità civile (200mila controlli nel 2010, 100mila controlli nel 2009);
quanti ricorsi giurisdizionali risultino pendenti al 31 dicembre 2010 in materia di minorazioni civili e quale sia la soccombenza;
quante domande di accertamento vi siano state nel 2009 e nel 2010 e quale sia il trend rispetto agli anni precedenti;
quali siano i contenuti e quali le motivazioni del coinvolgimento di Postel da parte di INPS nella gestione delle nuove procedure.
(5-04206)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2007, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) bandiva un concorso pubblico, per esami, per l'assegnazione di 50 posti nei moli del personale amministrativo dell'INPS, area funzionale B, posizione economica B1 e le cui prove si sono concluse nell'aprile 2010;
in data 14 giugno 2010 è stata pubblicata la graduatoria finale del concorso, al termine del quale sono risultati idonei 319 candidati;
nel 2008 l'INPS ha intrapreso un processo di riorganizzazione, conducendo numerose iniziative finalizzate ad offrire servizi sempre più integrati, puntuali e funzionali ai cittadini, nel rispetto dei criteri di efficienza ed economicità, nonché a pervenire ad una sempre maggiore integrazione con le altre pubbliche amministrazioni;
per fronteggiare la grave carenza di organico, l'INPS ha sottoscritto in data 24 marzo 2010 (15 giorni prima della conclusione del concorso) un contratto per la fornitura di 900 lavoratori interinali, per 4 ore giornaliere, per 12 mesi, con mansioni di «addetto all'acquisizione dati su supporto informatico ed ai sistemi di archiviazione», profilo equivalente alla posizione B1 del contratto collettivo nazionale di lavoro degli enti pubblici non economici, con l'agenzia TEMPOR spa, specificatamente per il ruolo dell'area funzionale B. In data 25 giugno 2009, l'Inps ne aveva assunti altri 750, per 4 ore giornaliere, per 3 mesi, sempre con le stesse mansioni e lo stesso inquadramento;
i 319 candidati risultati idonei chiedono la precedenza a rivestire la posizione richiesta nel bando nonché la deroga al blocco delle assunzioni alla luce del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e l'ampliamento dei posti messi a concorso;
nonostante il blocco delle assunzioni previsto dagli interventi legislativi degli ultimi anni, si registra, infatti, un rallentamento dello scorrere delle graduatorie dei concorsi già espletati a causa della pratica di colmare i consistenti vuoti di organico col ricorso a contratti di lavoro interinale. Questa prassi è, ad avviso dell'interrogante, contraria all'articolo 97, terzo comma, della Costituzione, che indica espressamente il concorso pubblico come lo strumento fondamentale di accesso al lavoro nella pubblica amministrazione,

al fine di garantire il buon andamento e l'imparzialità, nonché la legalità e l'oggettività del merito;
rimane saldo l'insegnamento consolidato della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui le deroghe legislative al principio dell'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso, seppure previste espressamente dallo stesso articolo 97, terzo comma, della Costituzione, sono sottoposte al sindacato di legittimità costituzionale. In particolare, «l'area delle eccezioni» al concorso deve essere «delimitata in modo rigoroso» (sentenza n. 215 del 2009, sentenza n. 363 del 2006). Le deroghe, cioè, sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006). In altre parole, la deroga al principio del concorso pubblico deve essere essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione (sentenza n. 293 del 2009; sentenza n. 9 del 2010);
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ottobre 2010, rispondendo all'interrogazione 4 - 07733, inerente allo stesso concorso indetto dall'INPS, ha riferito quanto segue: «Come confermato dal ministero dell'economia e delle finanze, il ricorso a forme di lavoro flessibile non ha alcun riflesso su eventuali procedure concorsuali in itinere, dato che, dette tipologie di contratti, rispondono, per definizione, ad esigenze temporanee delle amministrazioni interessate e non modificano, in alcun modo, gli assetti relativi all'organico, pertanto, non rendono strutturale la relativa spesa»;
ad avviso dell'interrogante è però chiaro che di fatto si è utilizzato lo strumento delle assunzioni flessibili in modo da superare i vincoli posti dalle leggi finanziarie alle assunzioni a tempo indeterminato e non in relazione ad esigenze «temporanee» dell'amministrazione stessa, considerati i ripetuti rinnovi dei contratti di somministrazione;
a conferma dell'anomalo ricorso al lavoro flessibile, in deroga al principio concorsuale espresso dall'articolo 97 della Costituzione, sul blog del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione si legge che «Non è un segreto che le amministrazioni pubbliche abbiano spesso utilizzato i contratti di lavoro atipici per ovviare ai vincoli finanziari posti in materia di assunzioni a tempo indeterminato; assumere personale mediante forme di reclutamento semplificate, se non addirittura fondate sull'intuitu personae. Attraverso un utilizzo improprio delle proroghe e dei rinnovi del contratto di lavoro, anche oltre i limiti temporali previsti dalla normativa vigente in materia, si sono così create forme di precariato che non hanno certo dato un buon apporto all'immagine della P.a.»;
vi è una contraddizione insanabile tra quanto dichiarato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e quanto scrittodal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione a testimonianza di quello che all'interrogante appare il fallimento dell'azione di questo Governo;
non pare di poco conto, da ultimo, il fatto che sotto l'aspetto economico la pubblica amministrazione sostiene un costo maggiore facendo ricorso alle assunzioni interinali, ripetutamente rinnovate, rispetto all'assunzione dei soggetti risultati idonei nelle graduatorie del concorso INPS, così sperperando secondo l'interrogante le poche risorse pubbliche -:
se il Governo intenda promuovere l'assunzione di personale amministrativo stabile da parte dell'INPS nell'area funzionale B, facendo ricorso ai candidati risultati idonei al concorso concluso, per garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione;
se il Governo intenda promuovere un graduale scorrimento delle graduatorie non ancora esaurite, con una proroga della validità delle medesime, parimenti all'avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici e alla copertura delle carenze negli organici, al fine di evitare l'indizione

di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero lo spreco di denaro pubblico.
(4-10851)

SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il reparto di ostetricia del policlinico «città di Quarta», dal primo febbraio ha chiuso dopo cinque anni di vita. Una decisione presa all'improvviso dalla Kinetica, società proprietaria dell'istituto e del policlinico «Sant'Elena» nell'ambito di una riorganizzazione interna, che seppur giustificata dall'azienda dall'esigenza di aderire alle linee guida emanate dal Ministero della salute in tema di numero dei parti annui per punto nascita, risulta incomprensibile se si valutano i risultati degli ultimi anni e in particolare l'incremento avuto a partire dal luglio 2009 che ha portato l'ostetricia della casa di cura policlinico «città di Quartu» a erogare assistenza al parto per 250 mamme e una prospettiva di ulteriore incremento a seguito della l'attivazione del percorso per il parto in acqua;
inoltre, alla chiusura del reparto di ostetricia è seguita la chiusura del reparto di ginecologia nonostante rimanga attivo il servizio di P.M.A. che fa capo al reparto di ginecologia e si ipotizza la sospensione di altre specialistiche come l'urologia, l'otorino laringoiatria e la chirurgia pediatrica e la riduzione delle attività di riabilitazione intensiva cod. 56, senza per questo che venisse modificato il budget complessivo assegnato alla Kinetika Sardegna;
secondo quanto sostenuto in un primo momento dall'amministratore delegato della Kinetica, al 1o febbraio 2011 l'attività è stata sospesa anche a seguito del taglio di cinque milioni subito da parte della regione, poi smentito dall'assessore regionale della sanità, che invece ha predisposto un incremento del tetto di spesa del 5,3 per cento e nello specifico del policlinico «Città di Quartu» di 1 milione 146.000 euro. Ancora, la giunta regionale approva i tetti di spesa per i contratti tra le aziende sanitarie e gli erogatori privati fino al 2012, secondo i limiti imposti dal «piano di rientro», sottoscritto coi Ministeri dell'economia e delle finanze e della salute, e perciò invalicabili, fatte salve eventuali modifiche conseguenti alla prossima riorganizzazione del Sistema sanitario regionale. Peraltro, dalla cifra totale si evidenzia che non c'è stato alcun taglio in tema di sanità privata convenzionata, infatti, lo stanziamento è il medesimo del 2009: 102 milioni di euro;
dal 2010, l'assessorato regionale alla sanità ha cancellato il meccanismo della compensazione e della regressione tariffaria, interno al comparto della sanità privata, che negli ultimi anni ha consentito alla Kinetika e ad altri operatori, di fatturare prestazioni per importi ben superiori al budget assegnato, pur senza superare il tetto massimo previsto per la sanità privata nella regione;
i dipendenti del reparto di ostetricia hanno iniziato venerdì 21 gennaio 2011 una raccolta firme per dire no alla chiusura. Oltre duemila persone in tre giorni hanno aderito all'iniziativa. Sono stati organizzati anche dei sit-in di protesta nel cortile della clinica con le future mamme, le ostetriche e le mamme che hanno partorito nella clinica. Il personale è in mobilitazione con presidio permanente davanti all'ingresso della casa di cura polispecialistica Sant'Elena, sede della Kinetika Sardegna;
nel frattempo la Kinetica ha manifestato la disponibilità ad acquistare la Maria Ausiliatrice e la clinica Lay: un elemento che il gruppo cerca di tenere distinto e distante dalla vertenza in corso ma che, invece, è evidente non può prescinderne;
l'azienda il 29 dicembre 2010 ha attivato le procedure per il licenziamento di 121 dipendenti su 360 complessivi e che in interessano tutte le figure professionali dal personale medico all'ausiliario. Successivamente grazie anche alla mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori si è

giunti a prevedere l'attivazione della cassa integrazione guadagni in deroga per 122 dipendenti;
la Cgilfp e la Cislfp hanno proposto all'azienda un accordo per distribuire il peso della cassa integrazione guadagni in deroga su tutti i lavoratori delle tre strutture in parti uguali prevedendo anche la rotazione tra le strutture, e per generare quel principio di solidarietà che in casi di crisi aziendale come questa risulta un valore aggiunto ai fini del recupero di operatività;
tale proposta è osteggiata dall'azienda che considera le strutture come autonome per quanto riguarda la gestione del personale e nel contempo l'autonomia viene meno quando si tratta di trasferire da una struttura all'altra le singole prestazioni o accorpare interi reparti. Una concezione che ha trovato l'accordo di alcune organizzazioni sindacali con le quali è stato sottoscritto un accordo che ha determinato una frattura tra le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl da una parte e Uil, Css e Ugl dall'altra;
tale accordo penalizza fortemente alcuni lavoratori che saranno collocati in cassa integrazione per tutto il 2011, mentre altri lavoratori di pari qualifica potranno evitarlo o, al più essere collocati in cassa integrazione guadagni in deroga per un breve periodo;
si tratta di una disparità di trattamento tra il personale che opera nelle tre cliniche della Kinetika, Sant'Elena, Città di Quartu e la cagliaritana San Salvatore, che, ad avviso dell'interrogante, non trova alcuna giustificazione plausibile, atteso che la gran parte del personale interessato è inquadrato con la qualifica di operaio, ausiliario, OSS, fisioterapista, tecnico e altro, tutte figure professionali totalmente fungibili al loro interno;
inoltre è stato inviato in cassa integrazione guadagni in deroga il personale medico dipendente, mentre le attività sono svolte in gran parte dal personale medico che opera con contratto libero professionale;
sintomatica è la situazione del servizio di radiologia del policlinico Città di Quartu dove è presente in organico un unico medico radiologo dipendente che risulta anche essere il responsabile del servizio e che attualmente è collocato in cassa integrazione guadagni in deroga dal 1o febbraio 2011, mentre le attività della radiologia sono state assegnate al personale medico assunto con contratto libero professionale dalla Kinetika e che ha sempre prestato la propria opera nella casa di cura Polispecialistico Sant'Elena -:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di porre rimedio alla situazione che si è venuta a determinare nel ricorso alla cassa integrazione in deroga verificando le modalità di erogazione al fine di garantire che le risorse pubbliche destinate agli ammortizzatori sociali in deroga siano utilizzate secondo un principio di equità tra tutte le lavoratrici e i lavoratori interessati.
(4-10873)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi il tema degli OGM ha subito una forte accelerazione sia sul piano politico, sia sul piano del dibattito tra le varie associazioni del settore agricolo;
ai primi di marzo 2010 la Commissione europea ha autorizzato la coltivazione della patata GM Amflora che contiene geni di resistenza ad antibiotici importanti per la salute umana; ciò grazie al parere «tecnico» dell'Efsa, l'agenzia europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma;

oltre al via libera per la coltivazione dell'Amflora, la Commissione ha autorizzato l'importazione di una serie di mais transgenici, cosiddetti «stacked genes», ovvero sviluppati per una resistenza combinata agli insetti e all'erbicida;
l'Unione europea ha adottato un quadro giuridico, riguardo all'autorizzazione dei prodotti costituiti o comunque ricavati da OGM, che prevede un sistema di autorizzazioni con un duplice scopo, evitare da una parte gli effetti negativi e nocivi degli organismi in questione e dall'altra creare ed assicurare un mercato interno per tali tipi di prodotti;
questo sistema normativo è stato sottoposto a verifiche da parte degli Stati membri, i quali hanno portato davanti alla Commissione nuove proposte con il fine di riconoscere un margine di libertà dei singoli Stati in relazione alla coltivazione degli OGM e alla protezione da possibili forme di inquinamento genetico dell'agricoltura biologica e convenzionale;
la Commissione ha configurato un sistema volto a combinare sia l'apparato normativo comunitario di autorizzazioni fondato sulla scienza, sia la libertà dei Paesi membri di decidere sull'ammissibilità di coltivazioni OGM;
molte associazioni agricole, dei consumatori, della pesca e ambientaliste hanno in più occasioni manifestato la loro contrarietà, insieme con quella degli italiani, circa la coltivazione di OGM in Italia;
nel nostro Paese la competenza a definire le linee guida sulla coesistenza delle coltivazioni è assegnata alle regioni;
il 30 settembre 2010 durante la riunione degli assessori all'agricoltura non è stata raggiunta l'intesa sulle linee guida riguardo alla coesistenza tra le varie colture, convenzionali, biologiche, OGM;
durante la stessa riunione le regioni hanno all'unanimità manifestato l'intenzione di chiedere al Governo misure di salvaguardia, intenzione confermata dai presidenti delle regioni il 7 ottobre 2010;
si manifesta la convinzione che l'Italia debba avvalersi della facoltà, prevista dalla direttiva 2001/18/CE, di escludere la coltivazione, sul territorio nazionale, di OGM autorizzati dall'Unione europea, alla luce dei potenziali effetti socio-economici negativi delle colture transgeniche sui vari sistemi agricoli locali, caratterizzati dalla tipicità e qualità dei prodotti e dal collegamento degli stessi col territorio;
nelle more dell'adozione della sopra citata normativa europea, non esiste al momento alcuna automatica autorizzazione alla coltivazione di piante OGM in Italia, prima dell'emanazione dei piani di coesistenza regionali;
il primo febbraio 2011 è stato presentato alla Commissione agricoltura e sviluppo rurale il progetto di parere sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio (COM(2010)0375 - C7-0178/2010-2010-0228(COD);
la proposta di regolamento in questione, presentata dalla Commissione nel mese di luglio 2010, vuole attribuire agli Stati membri la possibilità di vietare o limitare, in tutto o in parte del loro territorio, la coltivazione di OGM autorizzati dall'Unione. Tale facoltà, per la quale si prevede l'introduzione di un nuovo articolo nel corpo della direttiva 2001/18/CE, spetterebbe agli Stati a prescindere dalle motivazioni di ordine scientifico legate alla valutazione degli effetti negativi sulla salute e sull'ambiente, sul presupposto che le questioni connesse alla coltivazione, diversamente da quelle relative al commercio e all'importazione, sono fortemente sentite a livello locale e regionale;

la modifica non coinvolgerebbe, peraltro, la competenza comunitaria per quanto attiene alla commercializzazione e alla procedura di autorizzazione -:
attraverso quali modalità intenda assicurare in ambito europea una piena rappresentatività delle posizioni assunte dalle regioni e dalle province autonome mirate ad una totale contrarietà rispetto alla legalizzazione delle coltivazioni OGM;
quale posizione il Governo intenda assumere circa la piena libertà da parte degli Stati di vietare la coltivazione di OGM e di regolamentare in modo adeguato la coesistenza di produzione di OGM free e OGM, al fine di garantire totalmente da possibili contaminazioni le coltivazioni OGM free.
(2-00965) «Delfino».

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
con determina dirigenziale n. 111 del 14 agosto 2010, resa pubblica il 7 settembre, sono stati approvati bandi per 8 concorsi per un numero totale di 23 posti alla provincia di Barletta-Andria-Trani;
per i suddetti concorsi sono giunte 7.500 domande di partecipazione. I partecipanti al concorso sono stati poi ridotti a 300 attraverso una modalità di preselezione mediante test; lo stesso test, peraltro, è stato profondamente contestato dai partecipanti relativamente alla modalità di pubblicizzazione, di svolgimento, al merito delle domande, alle verifiche, tanto che è stato fatto anche ricorso al Tar Puglia-Bari;
con delibera della giunta provinciale n. 210 del 31 dicembre 2010 è stato autorizzato lo scorrimento delle graduatorie e l'assunzione di ulteriori 20 persone per il medesimo bando;
con la medesima delibera il dirigente del Settore Personale è stato altresì autorizzato ad utilizzare graduatorie approvate da altri enti per procedere all'assunzione di personale, per un totale di 8 posti. Il Dirigente del Settore Personale ha, quindi, proceduto ad assumere a tempo pieno ed indeterminato personale presente nelle graduatorie avviate dai concorsi banditi dai comuni di Canosa di Puglia e Minervino Murge;
pertanto, l'iniziale previsione di assumere 23 unità (determina dirigenziale n. 111 del 14 agosto 2010), attraverso «successivi» scorrimenti delle graduatoria e «impropri» utilizzi di graduatorie di altri enti locali, si è allargata a 51 unità (quale effetto della delibera della giunta provinciale n. 210 del 31 dicembre 2010);
la facoltà di utilizzare graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, di cui all'articolo 3, comma 61, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, prevede l'accordo preventivo tra le amministrazioni interessate per non gravare sui bilanci;
tuttavia, emerge che entrambi i concorsi banditi dai comuni di Minervino Murge e Canosa di Puglia non prevedono alcuna facoltà di utilizzazione della graduatoria da parte di altri enti e che entrambi i concorsi siano stati banditi solo successivamente al bando di concorso della provincia di Barletta Andria e Trani;
sembrerebbe, inoltre, che non sia mai stato sottoscritto prima del bando alcun accordo fra gli enti interessati, per disciplinare la modalità di utilizzazione delle graduatorie e di assegnazione dei posti degli idonei, così violando sia la normativa vigente in materia di accessi al pubblico

impiego nelle pubbliche amministrazioni, articolo 35 del decreto legislativo del 30 marzo 2001 n. 165, che l'articolo 97 della Costituzione italiana, in conformità con il parere n. 6351 del 13 marzo 2004 espresso dal Dipartimento della funzione pubblica;
desta perplessità il mancato accordo tra gli enti, anche alla luce del fatto che il sindaco di Canosa e quello di Minervino ricoprono rispettivamente anche la carica di presidente della provincia e di consigliere provinciale dello stesso ente locale che ha indetto i concorsi de quo;
va, inoltre, rilevato che al 31 dicembre 2010 risultano assunte in servizio con contratto 56 persone, mentre l'elenco degli assunti autorizzato avrebbe dovuto fermarsi a 43, e che alcuno di questi neo assunti risultano dichiarati non idonei per la provincia non si comprende su quali atti fondi questa ulteriore «lievitazione» degli assunti che non hanno sostenuto e vinto la procedura concorsuale;
in questi giorni è scoppiata un'aspra polemica, alimentata dall'evidente disagio dei giovani partecipanti, sulla regolarità della procedura concorsuale e sulla mancata trasparenza di alcuni passaggi della stessa;
va rilevato, peraltro, che alla neo costituita provincia Barletta-Andria-Trani, nata espressamente per raccordare aree territoriali un tempo considerate periferie delle province di Bari e Foggia, è stato dato come vincolo quello della neutralità della spesa (come, del resto alla provincia di Monza e a quella di Fermo, nate con la stessa legge), in particolar modo pare essere stato violato il principio dell'utilizzo del personale già in carico alle pubbliche amministrazioni appartenenti al territorio della provincia -:
se non intenda promuovere ogni verifica di competenza, alla luce dei poteri conferiti dall'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(2-00973)
«Boccia, Mastromauro, Ginefra, Vico, Bordo, Bellanova, Losacco, Grassi, Concia, Capano, Genovese, Graziano, Nicolais, Picierno, Iannuzzi, Mazzarella, Recchia, Garavini, Amici, Bocci, Bucchino, Burtone, Capodicasa, Marchioni, Naccarato, Porta, Sarubbi, Piccolo, Sbrollini, Murer, Velo, Cardinale, Rossomando, Giovanelli, Maran, Pierdomenico Martino, Rosato, Servodio».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PALADINI, PORCINO, BORGHESI e DONADI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
le procedure concorsuali per l'assunzione nei ruoli della pubblica amministrazione per una prassi negativa che è purtroppo consolidata e rappresenta quasi la regola, si concludono con la selezione di vincitori che non vengono assunti o con liste di idonei che vengono lasciate decadere;
ogni giorno vengono rivolte ai parlamentari numerose richieste da parte dei cittadini che chiedono che questa situazione cessi e che vi sia la certezza, quando si vince un concorso pubblico, che a questo conseguirà l'assunzione;
ad oggi non è dato sapere quanti siano i vincitori di concorsi banditi dalla pubblica amministrazione che non sono stati assunti e quanti selezionati risultino inseriti nelle liste degli idonei;
è vero che negli ultimi anni ci sono state continue limitazioni alle nuove assunzioni, ma al contempo sono stati banditi nuovi concorsi o assunti lavoratori interinali, quando bastava scorrere le liste dei vincitori di concorsi precedenti, per ricoprire gli stessi ruoli, oltretutto con notevole risparmio di risorse pubbliche e private;

l'indizione dei bandi di concorso ha un costo rilevante per le casse pubbliche e il loro protrarsi per anni ne aggrava la spesa, ma costano moltissimo in termini economici anche ai cittadini che vi partecipano, i cui sforzi non è possibile che vengano vanificati;
non di poco rilievo sono anche: il contenzioso giudiziario generato dalle mancate assunzioni e i costi che questo genera per il bilancio dello Stato; gli oneri che derivano a carico della macchina della giustizia amministrativa, già molto oberata;
la prassi che si denuncia è dunque contraria ai principi del buon andamento della pubblica amministrazione;
è necessario modificare le regole che disciplinano la materia dei concorsi pubblici al fine di ridurre lo sperpero di denaro pubblico anche su questo fronte e assicurare il buona andamento della pubblica amministrazione;
vanno poi introdotte misure che nel rispetto dei principi del buon andamento della pubblica amministrazione, dell'affidamento dei cittadini e dei rapporti tra questi e la stessa pubblica amministrazione, tutelino le aspettative di quanti risultano vincitori di concorso o sono inseriti in liste di idonei, superando l'orientamento della giurisprudenza secondo la quale i vincitori di un concorso pubblico e tanto più i candidati risultati idonei all'esito della procedura selettiva pubblica, non sono titolari di un diritto soggettivo alla nomina, potendo l'amministrazione non procedervi nei casi in cui sia venuta meno la necessità o la convenienza di ricoprire i posti messi a concorso ovvero in cui si siano verificati mutamenti oggettivi delle condizioni relative alla nomina;
va introdotta uniformità tra i concorsi pubblici al fine di semplificare le procedure. Ad esempio, non appare opportuno che ci siano concorsi nei quali le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine predeterminato dalla data della loro pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili, ed altri concorsi in cui ciò non è previsto. Lo stesso dicasi per lo scorrimento delle liste dei selezionati risultati idonei;
quanti siano i concorsi della pubblica amministrazione già espletati che, ad oggi, presentano graduatorie con vincitori di concorso non assunti e liste di idonei ugualmente non assunti, con l'esatta indicazione della eventuale data di scadenza dell'efficacia delle graduatorie.
(5-04212)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

DONADI, DI PIETRO, EVANGELISTI, BORGHESI e FAVIA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 1861 si riunì a Torino il primo Parlamento e venne proclamato il Regno d'Italia: era nata politicamente la nazione italiana;
l'articolo 7-bis del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n 100, ha stabilito che il giorno 17 marzo 2011, ricorrenza della proclamazione dell'Unità d'Italia, fosse dichiarato festa nazionale;
lo stesso articolo ha previsto che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, siano disciplinate le procedure amministrative per il compimento delle attività previste per celebrare la ricorrenza di questa festa nazionale;
l'unica altra festa nazionale della Repubblica, quella del 2 giugno, è considerata giorno festivo agli effetti civili, giorno

cioè nel quale si osserva il completo orario festivo e per il quale è fatto divieto di compiere determinati atti giuridici;
le celebrazioni di questa importante ricorrenza sono oggetto di dispute, perfino dentro lo stesso Governo;
il Ministro Gelmini ha dato l'indicazione che gli alunni quel giorno devono andare in classe, mentre diversi presidenti di regione (Lazio, Sicilia, Basilicata) hanno proclamato la volontà di chiudere le scuole il 17 marzo 2011, mentre l'Associazione nazionale dei presidi sostiene che le lezioni perse per «una celebrazione così importante» si potrebbero facilmente recuperare;
il Ministro Calderoli ha sostenuto che la proclamazione di tale data come giorno festivo sarebbe privo di copertura finanziaria;
il riferimento del Ministro Calderoli ad un supposto parere contrario della Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati del 23 giugno 2010 sul citato decreto-legge n. 64 del 2010 è in realtà una semplice osservazione nell'ambito di un parere complessivamente favorevole sul provvedimento. Peraltro, in quell'occasione il gruppo dell'Italia dei Valori aveva sollevato la questione di quale fosse il reale intendimento del Governo in merito alla celebrazione della giornata del 17 marzo;
in ogni caso si ricorda come il rinnovo delle amministrazioni locali nel mese di maggio 2011 vedrà la riduzione dei membri dei consigli provinciali e comunali, con un risparmio complessivo per l'anno 2011 di 93 milioni di euro, che avverrà con una decurtazione dei trasferimenti ordinari agli enti locali di pari misura, risparmi che confluiranno in un fondo istituito per interventi «urgenti e indifferibili nei settori dell'istruzione e per l'organizzazione degli eventi celebrativi»;
il presidente di Confindustria lamenta che si perderebbero ore di lavoro. Dietro l'argomento della signora Marcegaglia si sono nascosti gli esponenti politici contrari a festeggiare l'unità del Paese, ma che non hanno avuto il coraggio di dichiararlo apertamente;
al riguardo le parole giuste sono state espresse dall'ex Capo dello Stato, Azeglio Ciampi, che in una sua recente intervista ha dichiarato che «non è su queste cose che si possono fare rinunce»;
il Ministro Bossi è arrivato ad affermare che «la festa sarà percepita in modo diverso e diversa intensità a seconda dei luoghi» e che quel giorno si deve andare a lavorare. Anche il Ministro Sacconi si sarebbe espresso in senso sostanzialmente contrario alla festività;
i Ministri La Russa, Romani e Meloni, al contrario, sostengono che il 17 marzo deve essere un giorno festivo a tutti gli effetti. Come ha sostenuto il Ministro La Russa, «c'è un subdolo tentativo di declassare la festa dei 150 anni dell'Unità d'Italia e si vorrebbe farla diventare una festa di serie B»;
i simboli per le nazioni sono importanti e festeggiare questa ricorrenza come una vera festività rappresenta un simbolo irrinunciabile, una festa che deve ricordare a tutti i cittadini italiani di appartenere ad un'unica nazione. Lo si deve alle generazioni passate e a quelle future -:
se il Governo intenda prendere gli opportuni provvedimenti per celebrare il 17 marzo 2011 come giornata festiva a tutti gli effetti.
(3-01467)

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata:

D'ANNA, SARDELLI, BELCASTRO, CALEARO CIMAN, CATONE, CESARIO, GRASSANO, GIANNI, IANNACCONE, MILO, MOFFA, MARIO PEPE (IR), PIONATI, PISACANE, POLIDORI, PORFIDIA,

RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI e SILIQUINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, prevede, tra l'altro, al comma 2: «in attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliere-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano:
a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;
b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza. Le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell'azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati»;
nell'ambito del riparto della potestà legislativa in materia sanitaria, alla luce anche della riforma del titolo V della Costituzione, la norma innanzi evidenziata assume funzione di indirizzo e natura precettiva, attesa la necessità di assicurare sul territorio nazionale un'applicazione omogenea ed uniforme delle prescrizioni ivi previste;
sempre in conseguenza della riforma del titolo V della Costituzione, nella materia della sanità spetta allo Stato in via esclusiva la potestà legislativa in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
tale garanzia è attuata solamente applicando pedissequamente le previsioni normative stabilite nel decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, e, in particolare, nell'articolo 8-quinquies;
la previsione contenuta al comma 2, lettera b), dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, stabilisce con estrema chiarezza che la programmazione della spesa sanitaria debba essere fatta individuando i volumi di prestazioni per ciascuna branca specialistica (per tipologia), dai quali far discendere i livelli economici di spesa;
attualmente la regione Campania è l'unica regione ad applicare correttamente il criterio della programmazione secondo quanto prescritto dall'articolo 8-quinquies, comma 2, lettera b), ovvero fissando i volumi di prestazioni per ciascuna branca specialistica, dai quali far discendere i correlati livelli economici di spesa (tetti di spesa);
la detta programmazione della spesa nella regione Campania non ha prodotto disavanzo e al tempo stesso ha garantito, e garantisce, i livelli di assistenza, perché appunto organizzati per branca specialistica;
in molte regioni, in particolare nel Lazio, nell'Abruzzo, in Calabria, nelle Marche, in Puglia, in Sicilia, in Toscana, in Emilia Romagna, nel Veneto, in Liguria e in Piemonte, il procedimento, prescritto dal comma 2, lettera b), del più volte richiamato articolo 8-quinquies, che ha natura precettiva nei confronti delle regioni, è sistematicamente disatteso, ovvero è sostanzialmente invertito, nel senso che nelle dette regioni la programmazione della spesa si riduce ad una mera attribuzione a ciascuna struttura sanitaria provvisoriamente accreditata di un tetto economico, senza determinare nel contempo gli accordi con le analoghe strutture, gestite dal pubblico, che vengono così retribuite a piè di lista;
il sistema di programmazione della spesa mediante attribuzione di un tetto economico alle singole strutture erogatrici, nel violare i principi fissati dalla richiamata

normativa, non garantisce i livelli essenziali di assistenza, né il reale fabbisogno assistenziale, poiché non individua la quantità e la tipologia delle prestazioni necessarie, né concorre alla riduzione del deficit della spesa sanitaria;
l'attribuzione di meri tetti economici ingessa le strutture sanitarie erogatrici, limita la concorrenza - così come ha evidenziato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in diversi interventi in materia (da ultimo AS 451 del mese di aprile 2008 indirizzata alla regione Puglia) - e soprattutto disincentiva l'ammodernamento delle strutture e la qualità delle prestazioni offerte all'utenza;
siffatto sistema costituisce una palese disomogeneità applicativa dei principi e dei criteri dettati dall'articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, determinando così anche posizioni di vantaggio di alcune strutture sanitarie provvisoriamente accreditate, fortemente sanzionate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, da ultimo con nota AS 451 del mese di aprile 2008;
tale insostenibile e difforme situazione, tra l'altro immotivata, rende necessario l'intervento del Governo e, in particolare, del Ministro interrogato, al fine di assicurare sull'intero territorio nazionale un'uniforme e corretta programmazione del fabbisogno di prestazioni sanitarie, che indichi alle regioni i criteri prescritti dall'articolo 8-quinquies, comma 2, lettera b), ovvero che la programmazione della spesa debba essere fatta individuando i volumi di prestazioni per ciascuna branca specialistica e i volumi di attività, dai quali far discendere i correlati livelli economici di spesa -:
quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire in tutte le regioni l'applicazione dei criteri fissati nell'articolo 8-quinquies, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, con particolare riferimento al criterio di programmazione della spesa con la preventiva determinazione dei volumi di prestazioni per ciascuna branca specialistica, dai quali far discendere i correlati livelli economici di spesa (tetti di spesa).
(3-01462)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO, VIGNALI, MAZZOCCHI e TOCCAFONDI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 27 aprile 2010 alcuni giornali ed agenzie di stampa hanno riportato il caso sconcertante di un aborto terapeutico conclusosi con la sopravvivenza del feto abortito ma abbandonato a se stesso sul tavolo di metallo della sala operatoria dove era avvenuto l'operazione della donna;
l'aborto terapeutico è stato praticato su una donna alla 22esima settimana di gestazione, poco più di cinque mesi di gravidanza, a causa di un malformazione del feto;
stando alle notizie riportate dai media e dai testimoni, il cappellano dell'ospedale di Rossano nella giornata di sabato 24 aprile 2010 essendosi recato in prossimità dei locali dove era avvenuto l'intervento chirurgico per pregare accanto al piccolo cadavere del feto, abortito quattro ore prima, si sarebbe reso conto dopo qualche minuto che sotto le garze che lo ricoprivano il piccolo corpo si muoveva e respirava ancora nella completa e totale noncuranza del personale medico;
il sacerdote avrebbe lanciato l'allarme ed il piccolo sopravvissuto sarebbe stato trasportato d'urgenza all'ospedale di Cosenza, dove è presente un reparto per i neonati prematuri. Presso la struttura sanitaria i medici si sono attivati con tutti i mezzi possibili al fine di tenere in vita il neonato, ma il grave quadro clinico dovuto alle malformazioni nonché alle poche settimane di gestazione lo hanno condotto alla morte dopo 48 ore dall'intervento chirurgico abortivo operato sulla madre;

ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 194 del 1978 contenente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza qualora sussista la possibilità di vita autonoma del feto, il medico che esegue l'intervento è chiamato ad adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto;
stando alle dichiarazioni di medici e neonatologi, un feto - espiantato dall'utero materno a seguito di intervento abortivo - sebbene presenti un quadro clinico complesso può sopravvivere anche diverse ore a seguito dell'intervento ed in molti di questi casi il personale sanitario si troverebbe in grave difficoltà operativa, in considerazione del fatto che la normativa - che risulta essere pertanto poco chiara e completa in merito alla questione sollevata - non impone il monitoraggio della condizione del feto espiantato, se sopravviva o meno al trauma dell'intervento;
la fattispecie in esame lascia emergere anche un ulteriore controsenso poiché evidenzierebbe una posizione complessa del medico che - abilitato all'esecuzione dell'aborto quindi alla morte del feto stesso - dovrebbe essere tenuto a salvaguardarne la vita qualora questo sopravviva all'intervento, senza però averne l'obbligo di monitoraggio delle condizioni post-traumatiche;
la vicenda di Rossano squarcia un velo su un dramma silenzioso a cui mai è stata data attenzione e che rischia di essere etichettato come caso raro nell'ambito del panorama sanitario italiano -:
se si ritenga opportuno avviare un percorso di analisi della situazione di gap normativo evidenziata in premessa, e se si intenda assumere un'iniziativa normativa al fine di meglio definire le procedure di intervento e di monitoraggio medico nonché le responsabilità dei medici chiamati ad operare un aborto terapeutico, segnatamente nei casi in cui l'aborto sia praticato dopo i primi 90 giorni di gravidanza, quando le possibilità di vita autonoma del feto espiantato sono più elevate.
(5-04213)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
circa 61 mila persone, un quinto dell'intera popolazione della provincia di Viterbo, sono da alcuni giorni senza acqua potabile a causa della concentrazione di arsenico, con punte vicine o superiori ai 50 milligrammi;
i comuni in cui è stato vietato totalmente l'uso dell'acqua a scopi alimentari sono 9: Capranica (42 milligrammi/litro), Carbognano (30 milligrammi/litro), Castel Sant'Elia, Civita Castellana (21 milligrammi/litro in un acquedotto, 9 nell'altro), Farnese (26 milligrammi/litro) Ronciglione (28 e 32 milligrammi/litro), Sutri (20 e 40 milligrammi/litro), Vetralla (21 e 48 milligrammi/litro) Villa San Giovanni in Tuscia (22 milligrammi/litro). A Viterbo il divieto riguarda alcune zone dove complessivamente vive un migliaio di abitanti;
per il momento, a parte le iniziative di alcuni comuni che fanno distribuire acqua minerale nelle scuole o che stanno facendo installare impianti dearsenificatori nelle mense scolastiche, non risulta essere stato attuato alcun provvedimento;
in altri 24 comuni della Tuscia, per una popolazione complessiva di 160 mila abitanti, è stata rilevata una concentrazione di arsenico tra gli 11 e i 20 milligrammi/litro. Si tratta di situazioni per le quali non è previsto, al momento, il divieto assoluto dell'uso dell'acqua a scopi alimentari (tranne che per i bambini al di sotto di 3 anni e le donne incinte) ma solo alcune limitazioni e questo nonostante la normativa vigente stabilisca in 10 microgrammi

per litro il parametro da non superare per concentrazione di arsenico;
in particolare a Latina sarebbe stato affisso nelle strade un avviso alla cittadinanza che attribuisce al territorio provinciale di Latina la possibilità di utilizzare acque contenenti arsenico con concentrazione massima fino a 20 microgrammi per litro, su deroga della Commissione Europea;
le persone coinvolte a vario titolo nell'emergenza arsenico sarebbero, secondo notizie stampa, quindi circa 220 mila;
a distanza di quasi due mesi dalla pubblicazione del decreto emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri non è ancora noto l'elenco dei comuni della regione Lazio per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza;
la gravità della situazione era stata già portata all'attenzione del Governo con l'interrogazione 4-09703, anche a fronte del diniego da parte della Commissione europea a consentire una deroga -:
se esista un piano per garantire l'acqua potabile alla popolazione;
quali misure siano state adottate per affrontare l'impatto negativo della presenza di arsenico l'acqua per l'industria alimentare e più in generale a tutela della salute dei cittadini.
(4-10839)

BORGHESI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il signor Paolo Pioppi è affetto da CIDP (polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante, detta anche poliradicoloneurite) diagnosticata nel 1997 all'ospedale S. Camillo di Roma (diagnosi poi confermata a Verona, Policlinico G. B. Rossi di Borgo Roma, nel 2001);
da anni le manifestazioni della sua malattia si ripetono sempre allo stesso modo con la regolarità di un orologio: nel volgere di una decina di giorni dall'inizio delle crisi perde in particolare completamente l'uso degli arti inferiori, ma anche in misura rilevante del braccio sinistro fino ad arrivare a una condizione di tetraparesi. Solo la somministrazione di immunoglobuline endovena (IGv) blocca rapidamente la degenerazione e gli restituisce forza ed equilibrio, consentendo una vita relativamente normale. Altre terapie (corticosteroidi, plasmaferesi, immunomodulatori come azatioprina, ciclosporina) non hanno avuto nessun esito. La terapia con IGv è estremamente efficace, ma va ripetuta periodicamente perché l'effetto non dura più di tre settimane, dopo di che il meccanismo delle crisi si ripete, sempre allo stesso modo. La sua vita dipende pertanto rigidamente dalla possibilità di somministrazioni di IGv, che da anni sono state quantificate dai medici in 100 grammi ogni tre settimane circa, in modo da evitare il ripetersi di crisi distruttive;
i risultati sin qui raggiunti sono però attualmente minacciati dalle restrizioni in atto nell'uso delle IGv. Le ultime due infusioni gli sono state praticate in ritardo. La prima volta perché i responsabili della farmacia sostenevano che il farmaco non poteva essere prescritto per la CIDP. Questa obiezione è stata poi superata da una specifica richiesta di autorizzazione dei medici per il suo caso. La seconda volta perché il farmaco non era disponibile, avendo la farmacia esaurito le relative voci di bilancio per il 2010. Anche in questo caso si è trovata una soluzione dopo una settimana, si presume però a spese di altri pazienti, forse in condizioni meno gravi delle sue, a cui la terapia può essere stata ritardata. Attualmente non si sa quando potrà essergli praticata una nuova infusione, ma sicuramente ne avrà bisogno a breve. In caso di mancata terapia in day hospital la sola alternativa che gli rimane è presentarsi al pronto soccorso per il ricovero ospedaliero, nel corso del quale gli dovrebbero comunque praticare la stessa terapia con il farmaco disponibile per le emergenze presso il centro trasfusionale. Inutile sottolineare l'importanza per il signor Pioppi di poter contare su

date certe e ravvicinate della terapia anche dal punto di vista psicologico e per le sofferenze indirette dei familiari. Si sottolinea il fatto che, come possono certificare i medici che lo hanno seguito, il suo è un caso assai particolare tra le stesse persone affette da CIDP per la precisione e regolarità con cui le crisi si ripresentano, tanto da essere assolutamente prevedibili. È inoltre il caso di precisare che la terapia con IGv è normalmente praticata come emergenza in caso di GBS (sindrome di Guillain-Barrè) malattia che si presenta con una crisi acuta che, in mancanza di interventi efficaci, può colpire anche le vie respiratorie e portare al decesso. La CIDP è considerata la forma cronica della GBS, ma il rapporto tra l'una e l'altra non è chiarissimo;
nel caso del signor Poppi è come se si manifestasse con regolare periodicità una crisi di tipo GBS. Sarebbe paradossale se l'essere etichettato in cartella come CIDP dovesse comportare l'attesa ogni volta dell'acutizzarsi della crisi prima di intervenire;
il problema naturalmente non è solo del signor Pioppi. La somministrazione di IGv è attualmente considerata terapia di prima linea per la CIDP insieme ai corticosteroidi o alla plasmaferesi. Si tratta poi sempre di valutare la risposta dei pazienti, che possono essere più o meno reattivi all'una o all'altra terapia. Per quanto riguarda la terapia con IGv, come si può leggere in un recente studio di un gruppo di neurologi, in Italia negli ultimi due anni molti pazienti hanno dovuto interrompere o ridurre il trattamento con IGv per l'indisponibilità del farmaco;
a Roma c'è stata nel 2008 la denuncia di un gruppo di pazienti dell'ospedale S. Eugenio a cui erano state rifiutate le terapie perché la possibilità di prescrivere la terapia IGv per determinate patologie era stata prima concessa ma poi ritirata. Non si conosce la conclusione della vicenda di quei pazienti;
sempre nel 2009 il problema della prescrivibilità delle IGv per alcune patologie tra cui la CIDP fu portato all'attenzione del Ministro della salute con un atto di sindacato ispettivo. La questione rimane aperta;
è chiaro che il problema è sostanzialmente riconducibile agli alti costi e alle restrizioni di spesa in atto -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
quali iniziative si intendano assumere affinché tali pazienti non debbano arrivare in pericolo di vita prima che il sistema sanitario intervenga.
(4-10840)

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Società italiana di gerontologia e geriatria ha reso noto, di recente, che l'attuale disponibilità di posti letto e di spazi dedicati per l'assistenza agli anziani che soffrono di malattie croniche e acute sarebbe inferiore alle necessità imposte da un trend demografico che vede allungare sempre più l'aspettativa di vita;
inoltre, secondo la società scientifica, è opportuno potenziare la rete integrata di servizi tra ospedale e territorio sia per il crescente numero di casi cronici da seguire, sia per la necessità di razionalizzare le spese in aumento legate all'assistenza ospedaliera -:
quali iniziative, nell'ambito della politica sanitaria del Governo, si intendano assumere in merito a una nuova e più aggiornata organizzazione dell'assistenza, sia ospedaliera che domiciliare, in favore degli anziani che soffrono di malattie croniche.
(4-10845)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibromialgia o sindrome fibromialgica è una patologia caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso associato

a rigidità, alla quale si affianca una vasta gamma di disturbi tra cui dolore cranico, insonnia e astenia, ovvero affaticamento cronico;
alla fibromialgia spesso si correlano altre due gravi sindromi, la CFS (chronic fatigue syndrome o sindrome da fatica cronica), e la MCS (o sindrome da multi-sensibilità chimica). In tutte e tre, in vario grado, è possibile osservare alterazioni in senso autoimmune del sistema immunitario dell'individuo affetto;
le cause di questa malattia sono tuttora sconosciute e la comunità medica sta conducendo diverse ricerche sulle cause e sui possibili strumenti a disposizione per la diagnosi certa della patologia;
questa sindrome è riconosciuta dall'organizzazione mondiale della sanità che la classifica nell'International statistical classification of diseases and relaed health problems (ICD-10) alla voce M79 Other soft tissue disorders, not elsewhere classified - M79.0 Rhemathism, unspecified - Fibromyalgia - Fribrositis;
ad oggi, il sistema sanitario nazionale non prevede alcuna forma di riconoscimento per questa patologia e non esistono per essa adeguati protocolli clinico-assistenziali -:
quali urgenti misure si intendano assumere per il riconoscimento di queste patologie e la loro inclusione nel nomenclatore emanato dal Ministero;
quali forme di sostegno alla ricerca medica si intendano adottare per completare gli studi e le sperimentazioni garantendo così al malato diagnosi rapide e certe;
se il Ministro interrogato non ritenga che sia opportuno assumere iniziative anche normative dirette a prevedere, con urgenza, il riconoscimento, ai lavoratori affetti da questa patologia, di permessi di astensione dal lavoro per la cura della sintomatologia;
se non ritenga inoltre opportuno prevedere, per coloro che soffrono di questa patologia, l'esenzione dal ticket dei farmaci per la cura dei sintomi.
(4-10860)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il papilloma virus umano (HPV) rappresenta la causa principale dello sviluppo del cancro alla cervice uterina; il tipo di tumore che può generare al collo dell'utero è nel mondo la seconda forma di cancro più diffusa tra le donne dopo il tumore al seno, con oltre 500.000 nuovi casi ogni anno, eppure questo tumore è l'unica forma di cancro di cui si conoscono esattamente le cause e come prevenirle. Eppure le infezioni da HPV sono purtroppo ancora molto diffuse, con un impatto clinico e sociale elevato;
in Italia si registrano circa 3.500 nuovi casi ogni anno e circa 1.500 decessi. Oltre al Pap test le donne oggi hanno a disposizione il vaccino e il test HPV: quest'ultimo, grazie alla tecnologia molecolare Hybrid Capture 2 (HC2), è in grado di rilevare la presenza del papilloma virus ad alto rischio con grande anticipo rispetto al Pap test, ed è indicato per tutte le donne oltre i 30 anni di età;
i test diagnostici hanno svolto un ruolo importantissimo nel diminuire il numero dei nuovi casi e anche l'indice di mortalità; tuttavia esiste una fascia di donne che ancora non accede ai test diagnostici e rappresenta soprattutto quella su cui tale malattia incide maggiormente;
attualmente sono in commercio dei vaccini, che si rivelano efficaci a proteggere in età adulta dal rischio di contrarre il cancro alla cervice uterina. I dati che provengono dagli Stati dove, da circa un decennio, è in uso tale vaccinazione, fanno

ben sperare che questo tipo di pratica preventiva contro i più diffusi tipi di papilloma virus permetterà alle donne di domani di non essere più contagiate;
già a partire dal 2008 si era provveduto a stanziare un contributo alle regioni e alle province autonome per promuovere l'agevolazione e la diffusione della vaccinazione contro l'HPV, ma in molte realtà l'assessorato regionale competente non ha prestato la giusta sensibilità ed attenzione alla diffusione delle citate vaccinazioni. Per questo motivo le aziende sanitarie locali ed i presidi sanitari, che pure, a seguito di questo contributo, hanno acquistato il vaccino, non sono state in grado di garantire la diffusione uniforme sul territorio della vaccinazione;
allo stato attuale il 56 per cento di mamme, con figlie tra gli 11 e 18 anni, dichiara di non aver ricevuto specifiche informazioni o di non aver sentito mai parlare della vaccinazione. Questi dati trovano riscontro da quanto confermato dall'Istituto superiore di sanità: solo il 59 per cento delle adolescenti, nate nel 1997, si è sottoposto alla vaccinazione, risultato ben lontano da quello del 95 per cento che si intendeva raggiungere per questa prima coorte di giovani -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere per la ricerca scientifica e per garantire in modo uniforme sull'intero territorio nazionale il test HPV per le donne e la vaccinazione gratuita per le adolescenti, attraverso una concreta azione di monitoraggio ed informazione, in considerazione del fatto che tutte le cittadine italiane hanno diritto a poter usufruire di tale importante strumento di prevenzione su tutto territorio tramite informazioni chiare e complete;
se intendano predisporre un piano più efficace, anche coinvolgendo le scuole, per garantire un migliore risultato delle coperture vaccinali già disponibili, al fine di accrescere la percentuale delle adolescenti che arrivano a completare l'intero ciclo dei tre richiami previsti per una corretta vaccinazione.
(4-10863)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la rete di rilevamento della qualità dell'aria del Veneto, attualmente gestita da Arpav, Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto, rileva costantemente il livello di concentrazione del particolato atmosferico Pm10 e Pm2.5 nell'aria attraverso centraline automatiche e manuali, con frequenza giornaliera, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 155 del 2010. I dati rilevati ai fini della misurazione della qualità dell'aria vengono elaborati ed utilizzati per la predisposizione di tabelle, grafici e bollettini che pubblicati sul sito dell'Arpav consentono una immediata lettura della situazione della qualità dell'aria;
il sito web del dipartimento provinciale Arpav di Vicenza, nella tabella di qualità dell'aria, pubblica i dati del PM10 di 1 sola centralina su 11 attive nella città di Vicenza e provincia. Sono 10 le centraline di rilevamento che dall'autunno 2010 non pubblicano i dati del PM10 (VI - San Felice - VI - Ferrovieri - Montebello Nord - Montecchio Maggiore - Schio - Valdagno - Bassano - Thiene - Asiago Cima Ekar - Chiampo);
il sito web del dipartimento provinciale Arpav di Verona, nella tabella di qualità dell'aria, pubblica i dati del PM10 di solo 5 centraline su 11 attive nella città di Verona e provincia. Sono 6 le centraline di rilevamento della città e provincia di Verona che dall'autunno 2010 non pubblicano i dati del PM10 (VR - S. Giacomo - VR - P.zza Bernardi - VR ZAI - Legnago - San Martino B.A. - Villafranca);
il sito web del dipartimento provinciale Arpav di Venezia, nella tabella di qualità dell'aria, pubblica i dati del PM10

di solo 5 centraline su 10 attive nella città di Venezia e provincia. Sono 5 le centraline di rilevamento della città e provincia di Venezia che dall'autunno 2010 non pubblicano i dati del PM10 (VE - Malcontenta - VE - V. Tagliamento - Concordia Sagittaria - Maerne - S. Dona Piave);
dall'autunno 2010 il sito web dell'Arpav ha sospeso l'accesso ai dati dell'archivio storico delle tabelle dei dati validati;
dall'autunno 2010 le tabelle di qualità dell'aria non pubblicano i dati relativi alla media annuale di PM10 e alla media annuale di benzo(a)pirene;
dall'autunno 2010 il sito web dell'Arpav ha sospeso la pubblicazione dei bollettini di previsione meteo degli inquinanti nell'aria che garantiscono alla popolazione, ed in particolare alle fasce sensibili, l'informazione giornaliera relativamente alle concentrazioni di polveri PM10;
dall'inizio dell'anno sono 33 i giorni di superamento dei limiti giornalieri del Pm10 rilevati a Padova. La legge consente un limite annuo di 35 giorni;
da 15 giorni consecutivi si registrano in tutte le centraline del Veneto picchi di inquinamento acuto da Pm10: 236 a Padova, 169 a Vicenza, 180 Venezia, 234 Treviso, 126 Rovigo, 144 Feltre, 126 Rovigo;
l'Italia è parte della Convenzione di Arhus sulla trasparenza dei dati ambientali;
la gravità della situazione relativa alla qualità dell'aria era stato portata all'attenzione del Governo già con l'interrogazione 4-05680 tutt'ora rimasta senza risposta -:
se e quali azioni il Governo intenda adottare affinché sia assicurato il rispetto della convenzione di Ahrus sulla trasparenza dei dati ambientali in modo tale che alla popolazione siano garantite le informazioni, in modo chiaro e tempestivo, sullo stato dell'inquinamento atmosferico.
(4-10872)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

MONDELLO, GALLETTI, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI, PEZZOTTA, COMPAGNON, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 2010 è stato un anno difficile per la cantieristica italiana, settore che per numero di occupati, strategicità ed impatto sull'export italiano meriterebbe un'attenzione ed un impegno ben maggiori da parte del Governo;
rispetto ad una situazione gravissima, infatti, non vi è stata un'azione di rilancio forte di una realtà produttiva che conta più di 30 mila occupati tra lavoratori diretti e indotto;
le organizzazioni sindacali manifestano una forte preoccupazione per la situazione in cui versa Fincantieri: cassa integrazione nel 2011 per tutti i cantieri e il rischio di non avere commesse;
particolarmente colpita da questo stato di crisi è la Liguria, che presenta tre sedi cantieristiche: Genova Sestri Ponente, Riva Trigoso (Sestri Levante) e Muggiano (La Spezia);
nonostante lo stabilimento di Riva Trigoso sia quello più produttivo e con meno assenteismo, sembrerebbe quello a maggior rischio di ridimensionamento, anche alla luce di un episodio avvenuto recentemente: un pattugliatore commissionato dagli Emirati Arabi, costruito a Riva Trigoso, è stato varato in tutto silenzio, trasferito al cantiere di Muggiano ed ufficialmente inaugurato nei giorni scorsi alla presenza dei committenti con una cerimonia ufficiale, quasi a voler oscurare il lavoro svolto nello stabilimento di Riva Trigoso;
una società pubblica, emanazione del Ministero dell'economia e delle finanze,

dovrebbe valorizzare i suoi punti (poli) produttivi, sostituendo, ad esempio, la gru danneggiata nel settembre 2008 e non ripristinata -:
se non ritenga di fornire rassicurazioni sul futuro della cantieristica ligure in generale e dello stabilimento di Riva Trigoso in particolare, tenuto conto anche di una bozza di piano industriale di Fincantieri 2010-2014, emersa a settembre 2010 e poi accantonata dopo un incontro con i sindacati, che colpiva in modo incisivo proprio i siti liguri.
(3-01463)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 7 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2010, (Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 38 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge 133 del 2008, viene riordinata e semplificata la disciplina degli sportelli unici per le attività produttive (SUAP), che, ai sensi della normativa vigente, devono essere l'unico punto d'accesso per le pratiche amministrative relative allo svolgimento dell'attività imprenditoriale;
in base all'articolo 2, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica SUAP è «l'unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività, ivi compresi quelli di cui al decreto legislativo 26 marzo 2010, n.59»;
per qualsiasi «vicenda amministrativa» riguardante le attività produttive il SUAP, da attivarsi presso ogni comune, fornisce alle imprese una risposta telematica unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le pubbliche amministrazioni comunque coinvolte nel procedimento, comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico e artistico, o alla tutela della salute e della pubblica incolumità;
per il SUAP costituisce requisito fondamentale di natura tecnico-operativa, per operare in conformità alle previsioni del decreto del Presidente della Repubblica, la capacità di avviare, gestire e concludere i procedimenti sopra richiamati, per via informatica e telematica;
per questi specifici aspetti il documento di riferimento è l'allegato tecnico al regolamento, che descrive compiutamente le modalità telematiche con cui procedere alla comunicazione e al trasferimento dei dati tra il SUAP e tutti i soggetti coinvolti nel procedimento;
ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010 le domande, le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività ed i relativi elaborati tecnici ed allegati sono presentati esclusivamente in via telematica al SUAP competente per il territorio in cui si svolge l'attività, che provvede all'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, le quali adottano modalità telematiche di ricevimento e trasmissione;
tutte le comunicazioni inerenti il procedimento sono trasmesse al richiedente esclusivamente dal SUAP e non possono essere inviate dalle altri amministrazioni interessate;
il SUAP cura altresì l'informazione attraverso il portale «impresa in un giorno» in relazione agli adempimenti necessari allo svolgimento dell'attività, alle

dichiarazioni, segnalazioni e domande presentate, alle informazioni sullo stato delle pratiche;
in base all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010, entro il 28 gennaio 2011 i comuni che hanno già avviato uno sportello unico in grado di operare almeno nel rispetto dei requisiti tecnici minimi trasmettono al Ministero dello sviluppo economico un'attestazione di conformità, ai fini dell'iscrizione del SUAP nell'elenco nazionale pubblicato sul portale; tale elenco può essere integrato successivamente su richiesta dei comuni i cui SUAP abbiano nelle more acquisito tali requisiti;
nel caso in cui il comune non abbia istituito il SUAP, o questo non abbia i requisiti minimi richiesti, o in mancanza dell'accreditamento del Ministero, le funzioni dello sportello unico sono delegate provvisoriamente alla camera di commercio territorialmente competente, che provvede alla gestione telematica dei procedimenti;
tra le novità contenute nel citato decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010 che permettono di velocizzare l'avvio di un'impresa vi è la possibilità, nei casi in cui sia sufficiente la segnalazione di inizio attività, di una contestuale presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e della comunicazione unica per la nascita d'impresa presso il registro delle imprese che ha compiti di natura istruttoria e di accertamento dei requisiti per la realizzazione dell'intervento e che trasmette successivamente la SCIA allo sportello unico, il quale rilascia automaticamente una ricevuta che ha efficacia di un provvedimento di accoglimento della domanda da parte dell'amministrazione e costituisce titolo autorizzatorio all'immediato inizio dell'attività;
la riforma dello sportello unico informatizzato mira quindi a rendere possibile l'avvio di attività in un solo giorno, contestualmente alla costituzione dell'impresa mediante l'invio telematico della comunicazione unica, già in vigore dal 1o aprile 2010, attraverso la quale tutti gli adempimenti relativi alla nascita di un'impresa o alle variazioni di imprese già esistenti possono essere assolti con una singola comunicazione al registro delle imprese, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge n. 7 del 2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 40 del 2007;
i regolamenti approvati con decreto del Presidente della Repubblica n. 159 del 2010 e n. 160 del 2010 hanno lo scopo di semplificare la normativa sullo sportello unico e compensare le lacune e le difficoltà operative relative a tale strumento, rendendo esclusivamente telematica la procedura di comunicazione e di avvio di attività;
il SUAP non ha infatti ancora funzionato in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale in quanto i comuni, soprattutto quelli più piccoli, non sono adeguatamente informatizzati e la mancata interoperabilità tra gli enti ne ha fortemente limitato l'impatto in termini di funzionalità e semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese;
si è pertanto reso necessario con il decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010 riscriverne la disciplina, semplificando e informatizzando tutti i procedimenti amministrativi esistenti, compresi i pagamenti, e affidando le funzioni del SUAP, laddove non ancora costituito, alle camere di commercio territorialmente competenti, che potrebbero così sopperire alle carenze informatiche, anche parziali, dei comuni;
infatti, utilizzando la rete telematica del sistema camerale, abituato da anni a dialogare telematicamente con il sistema delle imprese attraverso la informatizzazione del registro delle imprese, si dovrebbe riuscire a rilanciare l'operatività dei SUAP in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
la completa informatizzazione consentirà finalmente di unificare le due fasi oggi separate necessarie per l'avvio di

un'impresa: l'iscrizione nel registro delle imprese e l'autorizzazione all'inizio dell'attività;
al fine di garantire all'impresa la possibilità di avere, relativamente a tutti i procedimenti che la riguardano un unico interlocutore istituzionale, il Ministero ha assicurato che i SUAP saranno operativi per la gestione della SCIA dal prossimo 1o aprile e che l'accesso alle nuove procedure semplificate sarà possibile sia per le imprese operanti nei comuni che a quella data abbiano un SUAP funzionante ed accreditato, sia per le imprese dei comuni che, in mancanza di un SUAP, si avvarranno automaticamente della delega della gestione delle funzioni alle camere di commercio competenti per territorio;
il Ministero ha anche precisato che, riguardo al connesso strumento costituito dalle agenzie delle imprese, le attività di predisposizione dei relativi adempimenti amministrativi ed informatici sono in fase di avanzamento tale che dovrebbero essere concluse prima della data di avvio dell'operatività dei SUAP -:
quali iniziative o provvedimenti di competenza intenda adottare qualora la nuova disciplina dei SUAP non riuscisse ad essere operativa entro la data stabilita, essendo la scadenza del 1o aprile ormai prossima.
(5-04209)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Pili e altri n. 7-00360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Garagnani n. 2-00748, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-05891, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cassinelli n. 4-05892, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cassinelli n. 4-05894, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-05902, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Aracri e altri n. 4-05924, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-05937, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-05944, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-05967, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in commissione Nastri n. 5-02414, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-02423, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Bosi n. 3-00926, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Libè.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07621, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07622, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07625, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07626, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-07634, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta D'Ippolito Vitale n. 4-07653, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-07665, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cicchitto e altri n. 4-07670, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03073, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03079, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mistrello Destro n. 4-07678, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03088, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fallica e Terranova n. 5-03090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-07702, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 22 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-07703, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Tommaso Foti n. 5-03101, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Ciccioli n. 3-01145, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Corato n. 4-07711, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Corato n. 4-07712, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gava e altri n. 4-07721, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Toccafondi n. 4-07727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-07742, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-03106, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso e Ciccioli n. 5-03117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-07756, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mussolini n. 4-07780, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Frassineti n. 5-03140, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-07794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili e Murgia n. 4-07797, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-07816, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-07825, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 30 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-03151, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-07869, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07874, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07875, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone n. 4-07882, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dei 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-03178, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-03185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in commissione Nastri n. 5-03188, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta orale Sbai n. 3-01169, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Torrisi n. 4-07922, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Stradella n. 4-07924, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-07929, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-07931, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-07932, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Angelis n. 4-07933, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mancuso e altri n. 4-07934, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta De Angelis n. 4-07960, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-07962, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-08003, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-08004, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Del Tenno n. 5-03211, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Girlanda n. 4-08016, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-08024, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-08128, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-08129, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Marsilio e Rampelli n. 4-08133, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Catanoso n. 4-08135, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fluvi n. 5-04197, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Modifica dell'ordine dei firmatari e cambio di presentatore di un documento di sindacato ispettivo.

Il primo firmatario dell'interrogazione a risposta scritta Laratta ed altri n. 4-10710 pubblicata nell'Allegato B al resoconto della seduta del 3 febbraio 2011, deve intendersi il deputato Cesare Marini.

Contestualmente l'ordine delle firme viene così modificato: «Cesare Marini, Laratta, Oliverio, Villecco Calipari, Lo Moro, Tidei, Servodio, Capodicasa, Burtone, Calvisi, Fluvi, Pedoto, Iannuzzi, La Forgia, Bossa, Scarpetti, Schirru, Tempestini, Pizzetti, Bordo, Fogliardi, Agostini, Mecacci, D'Incecco, Naccarato, Codurelli, Cenni, Santagata, Giovanelli, Miotto, Sarubbi, Touadi, Mario Pepe (PD), Coscia, Madia, Ferranti, Tenaglia, Livia Turco, Zucchi, Froner, Giacomelli, Colombo, Antonino Russo, Vico, Gianni Farina, Marchignoli, Arturo Mario Luigi Parisi, Barbi, Lulli, Tullo, Zunino, Sbrollini, Rugghia, Fadda, De Micheli, Bellanova, Picierno, Motta, Rampi, Strizzolo, Margiotta, Rossa, Pes,

Ciriello, Piccolo, Albonetti, Graziano, Bachelet, Narducci, Nicolais e Vannucci».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Raisi n. 4-10818 del 10 febbraio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Biagio e altri n. 4-06989 del 28 aprile 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04213.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Ciccioli e Carlucci n. 3-01145 del 23 giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10868;
interrogazione a risposta scritta Paladini e altri n. 4-09569 del 19 novembre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04212.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in Commissione Carra Marco e altri n. 5-04038 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 416 del 12 gennaio 2011. Alla pagina 18542, seconda colonna, dalla riga ventiquattresima alla riga ventottesima, deve leggersi: «Marco Carra, Colaninno, Corsini, Pizzetti, Ferrari, Tabacci, Marcazzan, Fava, Alessandri, Volpi, Torazzi e Comaroli. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -» e non «Marco Carra, Colaninno, Corsini, Pizzetti, Ferrari, Tabacci, Marcazzan, Fava, Alessandri, Velo, Torazzi e Comaroli. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -», come stampato.