XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 8 febbraio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
è da osservare che di fronte ad una necessità pianificata di alloggi per la Difesa, pari a circa 51.000 unità, il patrimonio disponibile oggi è di 17.576 alloggi, di cui 5.384 detenuti da utenti con il titolo concessorio scaduto (cosiddetto «sine titulo») e di questi 3.284 detenuti da utenti non ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dal decreto ministeriale di gestione annuale del patrimonio abitativo (vedove e famiglie con reddito non superiore a oltre 40.000 euro o con familiare a carico portatore di handicap);
l'articolo 297, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (come già previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 2, comma 627) stabilisce: «In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 231, comma 4»;
lo stesso decreto legislativo n. 66 del 2010, all'articolo 306, comma 3, prevede il diritto alla continuità della conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, laddove sancisce che sia assicurata «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e del coniuge superstite, alle condizioni di cui al comma 2, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato con il decreto ministeriale di cui al comma 2, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici Istat»;
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, all'articolo 6, comma 21-quater, prevede: «Con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa»;
nel maggio 2010 è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 recante il regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare;
l'elaborazione e la presentazione di detto programma pluriennale sono state sollecitate dal Sottosegretario alla Difesa con delega sulla materia, onorevole Guido Crosetto;
il Ministero della difesa ha promosso una nuova strategia che porta alla formulazione, nel medio e lungo periodo, di una politica alloggiativa su scala nazionale ed interforze e tendente a recuperare, nel breve ed immediato periodo, con mirate assegnazioni straordinarie quella parte di patrimonio non utilizzato per pregresse carenze manutentive e che alimenta, dopo oltre 16 anni, il cosiddetto

«fondo casa» per il quale sono stati posti in essere i propedeutici strumenti attuativi ed operativi;
il gettito dei canoni di locazione ammonta per l'anno 2010 a circa 26 milioni di euro, di cui circa 13 milioni vanno al Ministero dell'economia e delle finanze, circa 11,05 milioni alla Difesa e circa 1,95 milioni è confluito al predetto «fondo casa»;
è opportuno che a tale azione si aggiunga anche la previsione dell'adeguamento al cosiddetto prezzo di mercato del canone di utilizzo degli alloggi detenuti in regime cosiddetto «sine titulo». Tale adeguamento dovrà essere ricavato, d'intesa con l'Agenzia del Demanio, facendo riferimento alle quotazioni riportate dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia del Territorio, che rileva esclusivamente le quotazioni dei contratti di affitto regolarmente registrati al fine di salvaguardare il personale interessato e soprattutto coloro i quali rientrano nelle cosiddette «fasce protette» che il Ministero della difesa intende tutelare;
è necessario, altresì, disporre che nella rideterminazione del canone per tutto il personale cosiddetto «sine titulo», debba essere dedicata particolare attenzione alla tutela del personale rientrante nei parametri fissati dal decreto ministeriale annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, prevedendo la non applicabilità della rideterminazione dei redditi fino ad una determinata somma;
è, altresì, necessario sottolineare l'importanza del rilascio dell'alloggio da parte degli stessi conduttori con titolo scaduto, ad esclusione delle categorie protette che devono essere tutelate attraverso il decreto ministeriale di gestione del patrimonio della Difesa, al fine di rispondere anche alle legittime richieste alle quali la Difesa deve fare fronte. Infatti lo stesso Ministero abbisogna di 51.000 unità abitative per coloro che, pur avendone la titolarità, non possono usufruirne e sono costretti a pagare canoni allineati alla quotazione «reale» di mercato esterna, di gran lunga superiori, in certe aree e città, a quelli che si appresta ad applicare la Difesa. In ogni caso, non si procederà al recupero degli alloggi nelle aree ove non sussistano impellenti esigenze non altrimenti risolvibili,


impegna il Governo:


a prevedere nell'emanando decreto di cui all'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che le eventuali variazioni di canone, rispetto a quello già in vigore, non siano applicabili nei confronti degli utenti cosiddetti sine titulo che, al 31 dicembre 2010, abbiano un reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato con il decreto del Ministro della difesa del 23 giugno 2010, emanato ai sensi dell'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ovvero rientrino nelle ulteriori categorie di cui all'articolo 2 del citato decreto;
a porre in essere tutte le possibili iniziative, anche normative, al fine di garantire agli interessati che la decorrenza della rideterminazione del canone abbia efficacia a partire dalla data di notifica effettuata dall'Amministrazione militare, che è tenuta ad effettuare tutti gli adempimenti nei termini previsti, salvo risponderne amministrativamente agli organi competenti;
a chiarire il disposto dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 112 del 2010, garantendo che l'esercizio del diritto di acquisto dell'usufrutto ai sensi dello stesso articolo, sia riconosciuto ai conduttori, così come definiti nel comma 4 del citato articolo, senza la necessità di corrispondere una caparra confirmatoria a mezzo di assegno circolare non trasferibile, ovvero fideiussione bancaria o assicurativa pari al 5 per cento del valore dell'usufrutto medesimo, considerato il carattere oneroso di tale garanzia che per altro risulta non necessaria, in quanto l'Amministrazione della difesa è già garantita, così come previsto dal comma 4, lettera a), dello stesso articolo 7, attraverso il pagamento

di un importo complessivamente non superiore al 20 per cento del reddito mensile del conduttore.
(1-00559)
«Bosi, De Angelis, Villecco Calipari, Gidoni, Di Biagio, Di Stanislao, Porfidia, Pisicchio, Lo Monte, Cicu, Rugghia».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
nella data del 25 aprile, che sancì la fine della fase belligerante da parte della nostra Nazione, si festeggia nel Paese la Liberazione dell'Italia dall'occupazione delle truppe naziste dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943;
nel 2010, in occasione del 65o anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato nel discorso tenuto al Teatro La Scala di Milano che: «... con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell'occupazione nazista, rinacque proprio l'amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale...»;
in quei mesi d'occupazione, il ruolo degli alleati anglo-americani dell'Italia è stato decisivo, oltre che per la sconfitta del nazismo e del fascismo e la conseguente liberazione dell'Italia, anche per l'affermazione della democrazia;
possono essere elencati molteplici esempi circa il concorso di militari italiani alla liberazione del nostro Paese, il cui molo in questi 65 anni è stato spesso dimenticato, anche nelle cerimonie pubbliche, ingenerando il convincimento che il movimento della resistenza fosse composto solo da civili, mentre invece è noto che i primi nuclei di insorgenza all'occupazione tedesca si costituirono proprio grazie agli appartenenti alle Forze armate a cui, successivamente, si unirono le formazioni partigiane e il Corpo italiano di liberazione;
devono sempre più diventare sentimento unanimemente condiviso il riconoscimento e il profondo rispetto verso coloro che, in una fase storica come quella vissuta nei 20 mesi di occupazione, attraverso il loro impegno e sacrificio, posero, con il loro esempio, a basi portanti della futura Repubblica italiana, la libertà, il senso di scoperta dell'appartenenza ad una nazione, la lotta per l'indipendenza del Paese, la solidarietà e l'eguaglianza tra le genti,


impegna il Governo


a dare risalto al contributo fornito dalle Forze armate italiane alla Resistenza e alla lotta di Liberazione concordando con le associazioni combattentistiche e d'arma e l'Associazione nazionale partigiani d'Italia iniziative da inserire nelle celebrazioni del 150o anniversario della Unità d'Italia da svolgere con la partecipazione delle istituzioni locali e le popolazioni nei luoghi che videro protagonisti della lotta di Liberazione i reparti delle nostre Forze armate.
(7-00490) «Cirielli, Cicu».

La X Commissione,
premesso che:
una delle principali minacce allo sviluppo di importanti settori industriali del Paese, dal comparto moda, all'arredamento, all'elettronica e ai beni di largo consumo, è rappresentata dalla forte presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffatti provenienti principalmente dal sud-est asiatico;
l'aggressiva e ad avviso del sottoscrittore del presente atto sleale concorrenza di questi Paesi, che è ingiustamente favorita da costi di produzione e di manodopera estremamente bassi, dovuti a scarse misure di tutela del lavoro, nonché alla mancanza di ogni controllo sulla sicurezza e qualità dei prodotti, mette l'Italia nell'impossibilità di competere;

molte aziende italiane, complice anche la crisi internazionale, si sono dovute confrontare con una domanda di beni di basso costo, ovvero della gamma bassa del mercato, e si sono trovate in diretta concorrenza con le merci importate da Paesi che costantemente violano le leggi sulla tutela del lavoro, della sicurezza dei consumatori e dell'ambiente. La concorrenza sleale di questi Paesi danneggia le imprese che producono sul territorio, costringendo alcune di queste addirittura alla chiusura;
contraffazione e importazioni parallele costituiscono un giro d'affari enorme ed in continuo sviluppo. Secondo l'Ocse, nel mondo vengono contraffatti prodotti per un valore di 200 miliardi di dollari, pari a circa il 7 per cento del valore del commercio mondiale;
l'Italia importa circa il 50 per cento dei prodotti al consumo da Paesi che non rispettano le norme europee in materia di rispetto dell'ambiente, tutela dei consumatori e consumo di risorse energetiche e materie prime. Su campionatura circa il 17 per cento di tali importazioni è a rischio, poiché soggetto a contraffazione, o non conforme alle minime norme di sicurezza per il consumatore in termini di impiego di sostanze tossiche e prevenzione degli incidenti domestici;
secondo i dati forniti dal Censis, il mercato del falso nel nostro Paese ha realizzato nel corso del 2008 un «fatturato» di 7 miliardi e 107 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono stati oltre 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
sempre secondo il Censis, se si riportasse il fatturato complessivo della contraffazione sul mercato legale, si genererebbe una produzione aggiuntiva, diretta e indotta, per un valore di quasi 18 miliardi di euro, con un valore aggiunto di circa 6 miliardi. Per ogni euro sottratto al mercato della contraffazione si attiverebbe nell'economia nazionale legale una produzione aggiuntiva di 2,5 euro, stimolando acquisti di materie prime, semilavorati, servizi e attivando nuova occupazione regolare;
il fenomeno della contraffazione si verifica sia direttamente, con la violazione delle nostre frontiere, sia indirettamente, in quanto i prodotti, passando attraverso altri confini, giungono comunque nel nostro mercato;
l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dallo sviluppo del mercato del falso perché ha una significativa quota di produzione, quella del made in Italy appunto, che risulta maggiormente esposta alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti. I settori merceologici più colpiti dalla contraffazione sono quelli dell'abbigliamento e degli accessori (2,6 miliardi di euro), dei Cd, Dvd e software (più di 1,6 miliardi) e dei prodotti alimentari (oltre 1,1 miliardi), tutti settori trainanti dell'economia italiana;
in Parlamento è stata più volte evidenziata, in particolare dalla Lega Nord, la necessità di adottare, in ambito nazionale e comunitario, più stringenti disposizioni per la tutela delle imprese italiane ed europee dalla concorrenza sleale, attraverso l'adozione di azioni europee antidumping e la protezione della denominazione e dei marchi di origine;
un traguardo importante è stato raggiunto con l'approvazione della legge 8 aprile 2010, n.55 recante «disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» che, introducendo un sistema di etichettatura a garanzia della qualità del made in Italy, rappresenta un valido strumento di contrasto ai fenomeni di contraffazione;
a livello europeo, lo scorso mese di settembre, la Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo ha adottato una proposta di regolamento sull'indicazione del paese di origine di alcuni prodotti importati da paesi terzi, a garanzia

di una corretta informazione dei consumatori sul paese di origine dei prodotti acquistati;
è ormai forte l'esigenza di garantire la conformità dei prodotti provenienti da Paesi terzi, in particolar modo da quelli del sud-est asiatico, alle norme e ai regolamenti in materia di tutela del lavoro e di sicurezza dei consumatori e dell'ambiente,


impegna il Governo:


a farsi promotore, in ambito nazionale è comunitario, di iniziative di contrasto alla concorrenza sleale subita dalle imprese italiane ed europee, anche attraverso l'applicazione di più stringenti misure doganali volte ad impedire l'ingresso nei mercati internazionali di prodotti contraffatti che non rispettino le norme sulla tutela del lavoro e sulla sicurezza della salute umana e dell'ambiente;
ad attuare tutte le iniziative di tutela dei prodotti nazionali e ad intensificare il controllo delle frontiere nazionali ed europee dall'ingresso di prodotti contraffatti.
(7-00489)
«Torazzi, Reguzzoni, Allasia, Maggioni, Dal Lago, Bitonci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

SERVODIO, GINEFRA, BELLANOVA, CAPANO, GRASSI, LOSACCO, VICO e CONCIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società «Northern Petroleum Ltd», con comunicazioni a comuni e con pubblicazione sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 6 novembre 2010, ha reso noto che «sono stati depositati, per la libera consultazione da parte dei soggetti interessati, lo studio di impatto ambientale, il progetto e la sintesi non tecnica, relativi alla prima fase del programma Lavori collegato all'Istanza di permesso di ricerca idrocarburi in mare»;
l'area interessata ha un'estensione pari a 733,5 chilometri quadrati ed è localizzata nel mare Adriatico meridionale a circa 70 chilometri a nord-est di Brindisi e circa 60 chilometri a est di Bari, a una distanza minima dalla costa pari a 22,4 chilometri (circa 12,1 miglia marine);
la costruzione di piattaforme di estrazione del petrolio, corrosivo e non trasportabile, che richiede lavorazioni altamente inquinanti, rappresenta un potenziale pericolo per la salute umana e per l'ambiente, quindi per l'agricoltura, la pesca e il turismo;
la Puglia è rinomata per la bellezza del suo territorio digradante dalle colline verso la sua multiforme costa, sempre più meta di un turismo qualificato ed esigente;
la qualità e la peculiarità delle risorse agricole, ittiche ed enogastronomiche della Puglia sono strettamente connesse a questa unicità e tipicità del territorio;
anche l'agricoltura, che costituisce una voce crescente di reddito nella regione trainando nuove forme di turismo legate alla salubrità del territorio e alla tipicità dei suoi prodotti, potrebbe subire indirettamente danni dalla realizzazione delle piattaforme petrolifere;
la pesca, altro settore economico rilevante, subirebbe danni irreversibili considerata anche la conformazione quasi chiusa del mare Adriatico;
le perforazioni legate alla ricerca e coltivazione degli idrocarburi aumentano inevitabilmente l'incidenza del rischio sismico in territori simili a quello pugliese;
i proventi delle royalties sulle attività estrattive di idrocarburi non potranno

compensare i gravi danni causati alla salute, all'ambiente e alle attività fondanti la nostra economia;
il territorio pugliese continua ad essere martoriato dalla presenza della centrale a carbone Enel di Cerano (Brindisi), dalla presenza dell'Ilva, della raffineria Eni e della cementeria Cementir (Taranto), che rappresentano solo alcuni dei punti di maggiore criticità ambientale;
in altri Paesi i limiti per le installazioni di piattaforme a mare sono molto più stringenti che in Italia: 160 chilometri lungo le coste atlantiche e pacifiche degli USA, distanza considerevole che, peraltro, non è stata sufficiente per scongiurare i danni incalcolabili provocati dall'affondamento della piattaforma Deepwater Horizon della British Petroleum avvenuto nel Golfo del Messico;
in data 7 luglio 2010, il commissario europeo responsabile per l'energia Günther Oettinger ha dichiarato che «ogni governo responsabile dovrebbe al momento praticamente congelare i nuovi permessi per le perforazioni. Questo significa di fatto una moratoria sulle nuove trivellazioni fino a che le cause dell'incidente del Golfo del Messico non saranno note e fino a che non saranno state individuate le giuste misure per prevenire e affrontare questo tipo di emergenze»;
la Puglia produce l'88 per cento in più dell'energia che consuma; il 12,3 per cento del totale di energia dal sole prodotta a livello nazionale viene dalla Puglia; la potenza energetica regionale in Puglia è di 53,3 megawatt; mentre l'energia eolica è pari al 24,4 per cento della produzione sul totale nazionale;
la regione Puglia e la città di Ostuni hanno presentato e vinto un ricorso al TAR che ha portato alla sospensione di quella prima richiesta;
in merito all'attuale richiesta, le amministrazioni comunali dei territori coinvolti, di concerto con le associazioni locali, si sono già attivate per presentare osservazioni di carattere tecnico-scientifico e legale, e per allargare la mobilitazione dello scorso gennaio all'intero territorio regionale;
la giunta regionale ha dato mandato all'avvocatura - su proposta dell'assessore all'ecologia Onofrio Introna - di proporre ricorso al Tar del Lazio contro le autorizzazioni rilasciate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la ricerca di petrolio e idrocarburi al largo delle coste pugliesi (Bari Nord, Monopoli e Bari Sud fino al confine con Brindisi) per la società «Northern Petroleum» -:
se il Ministro interrogato non ritenga che la particolare fragilità degli ecosistemi marini e le drammatiche conseguenze sull'ambiente e sull'economia del territorio che la mancanza di adeguate cautele potrebbe comportare rendano necessaria una attenta verifica di ogni singolo aspetto dell'iter autorizzativo dei sondaggi e delle prospezioni geosismiche, il cui obiettivo è quello di installare piattaforme petrolifere su tutto lo specchio di mare antistante le coste pugliesi;
se non ritenga che la legislazione vigente, che ha consentito l'istanza di permesso di ricerca di idrocarburi in mare finalizzate alla installazione di piattaforme per l'estrazione petrolifera, debba essere rivista in modo da dare maggiori garanzie sulla compatibilità ambientale di interventi di questo tenore, valutando anche l'ipotesi della previsione del divieto di installazione delle piattaforme petrolifere in tutta l'estensione del mare Adriatico di competenza nazionale;
se il Governo intenda farsi promotore presso l'Unione europea di una nuova normativa comunitaria, al fine di meglio regolamentare l'installazione delle piattaforme petrolifere, che preveda l'installazione delle stesse a una distanza minima dalla costa pari almeno a 160 chilometri.
(4-10770)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

MOGHERINI REBESANI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 6 luglio 2010 è stata discussa in Aula alla Camera dei deputati un'interpellanza urgente a prima firma dell'onorevole Federica Mogherini Rebesani sul progetto di costruzione della diga Gibe III in Etiopia, sul bacino del fiume Omo, circa 250 km sud-ovest di Addis Abeba;
nell'interpellanza, si segnalava come risultasse dal sito ufficiale del «Gibe III Hydroelectric Project» che il Governo etiope avesse avanzato formalmente al Governo italiano una richiesta di finanziamento per il progetto Gibe III, e che lo stesso Governo italiano avesse previsto di stanziare circa 250 milioni di euro a copertura parziale dei costi del progetto;
si ricordava come il Governo italiano avesse in precedenza già erogato un credito di aiuto per il progetto Gibe II per un importo pari a 220 milioni di euro, nonostante un parere contrario del dipartimento del Tesoro - direzione rapporti finanziari internazionali, che contestava l'eccessiva grandezza dell'ammontare del credito in rapporto alla consistenza del fondo rotativo, oltre all'inopportunità di rilasciare, un credito di aiuto all'Etiopia in violazione sostanziale della delibera n. 139 del 29 luglio 2003 sull'assistenza finanziaria ai paesi HIPC (ossia High indebitated poor countries);
si sottolineava inoltre come anche il nucleo di valutazione tecnica della direzione generale della cooperazione allo sviluppo avesse presentato un parere in merito al contributo italiano nel quale si rilevava l'anomalia dell'affidamento del contratto di realizzazione delle opere attraverso una trattativa diretta, in violazione delle norme italiane e comunitarie in materia di appalti pubblici che impongono, anche per iniziative di cooperazione, l'espletamento di una procedura di selezione ad evidenza pubblica;
si ricordava, infine, come lo stesso nucleo di valutazione tecnica della direzione generale della cooperazione allo sviluppo avesse lamentato l'assenza di uno studio di fattibilità preventivo alla stipula del contratto, l'insufficienza dello studio di impatto ambientale, l'inadeguatezza delle garanzie sulle modalità di adempimento del monitoraggio, nonché l'inopportunità di concedere un credito di aiuto ad un Paese con il quale era già in corso una trattativa per la cancellazione di 360 milioni di euro di debiti;
nell'interpellanza già citata, si sollecitava il Governo italiano a chiarire se avesse già assunto una decisione formale in relazione allo stanziamento di ulteriori 250 milioni di euro per il progetto Gibe III, per il quale permanevano molte delle obiezioni già avanzate in occasione del finanziamento del Gibe II nei rispettivi pareri del ministero dell'economia e delle finanze, e del nucleo tecnico di valutazione della Direzione Generale della cooperazione allo Sviluppo;
nella replica del Governo svolta in assemblea l'8 luglio 2010, il Sottosegretario agli affari esteri Stefania Craxi confermava come il Governo etiope avesse avanzato la richiesta di finanziamento citata e precisava che «al momento il Governo italiano non ha ancora adottato una decisione sulla richiesta. Sono, infatti, tuttora in corso i necessari approfondimenti dell'iniziativa sul piano tecnico, socio-ambientale, finanziario e giuridico» -:
quali siano gli esiti degli approfondimenti tecnici, di impatto ambientale, di sostenibilità finanziaria e di natura giuridica che sono stati effettuati dal Governo sino ad oggi;
se siano pervenuti al Governo pareri formulati dal dipartimento del tesoro - direzione rapporti finanziari internazionali e dal nucleo tecnico di valutazione

della direzione generale della cooperazione dello sviluppo anche in merito al progetto Gibe III;
quale orientamento il Governo italiano intenda assumere in merito alla richiesta di un credito d'aiuto di 250 milioni di euro avanzata dalle autorità etiopi per il cofinanziamento del progetto di costruzione della diga Gibe III.
(4-10771)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI BIAGIO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane i livelli di inquinamento registrati sul litorale dell'hinterland napoletano e in particolare nell'area flegrea a nord del capoluogo partenopeo, risultano essere drammaticamente incrementati;
secondo i dati elaborati dal rapporto acque di balneazione 2009, soltanto nella provincia di Napoli i chilometri di costa inquinata ammontano a 30, un dato enormemente superiore alla media di altre città italiane;
i dipendenti di Hydrogest, gestore del depuratore di Cuma, nell'area flegrea, hanno bloccato per due giorni l'impianto per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi, sversando come segno di protesta direttamente in mare i liquami provenienti da Napoli e dall'entroterra a Nord, con gravi conseguenze sul livello di inquinamento e soprattutto con grave impatto sul tenore turistico dell'intera zona;
si parla di sversamento in mare non solo di liquami e acque reflue ma anche di materiali organici, probabilmente di origine ospedaliera, che avrebbero condotto alla proliferazione di parassiti e organismi microbiologici;
molti dei parassiti e degli organismi proliferati con il pesante inquinamento marino, sopravvivono in acque stagnanti e putride e sono visibili ad occhio nudo dai cittadini, soprattutto lungo le coste flegree e lungo il litorale casertano;
il deterioramento ambientale avrebbe condotto al sorgere di infezioni che colpiscono soprattutto i bambini, e alcune fonti di informazione locale testimoniano di un incremento delle patologie contratte al mare o sulla spiaggia;
sembra dilagare l'allarmismo tra i cittadini del napoletano e tra i turisti, che sembrerebbe però non essere affrontato adeguatamente dai media, se non da giornali di quartiere o piccole emittenti private, e dalle istituzioni;
l'inquinamento balneare appare un argomento tabù sul quale sarebbe opportuno fare chiarezza, sia sotto il profilo degli effetti sanitari che questa emergenza potrebbe comportare sia informando adeguatamente i bagnanti circa le aree più pericolose o più esposte ai rischi di patologia da inquinamento, onde evitare che si crei un castello di menzogne pericoloso nell'opinione pubblica;
il settore turistico balneare della provincia di Napoli ha subito un brusco freno, e la perdita è quantificabile intorno al 70 per cento rispetto ai dati 2008, un duro colpo ad una regione, ricca di bellezze e patrimoni, in cui il turismo rappresenta una delle più importanti voci di bilancio -:
se i ministri interrogati sono a conoscenza di quanto verificatosi negli ultimi due mesi nella regione Campania sotto il profilo dell'inquinamento delle coste;
se intendono fare chiarezza sui dati relativi alle presunte infezioni e alle malattie

contratte dai cittadini che malauguratamente si sono imbattuti nelle acque infette delle coste campane;
se intendano predisporre d'intesa con le amministrazioni competenti adeguati accertamenti e rilievi al fine di verificare la corretta applicazione dei parametri operativi del depuratore di Cuma;
quali iniziative intendano intraprendere al fine di fornire una corretta informazione su quanto sopra descritto e al fine di fornire una dovuta tutela della salute dei cittadini campani e del tanti turisti che arrivano ogni giorno nella regione.
(5-04172)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
un numero considerevole di artisti interpreti ed esecutori vivono una condizione di disagio economico a causa dell'annosa vicenda relativa all'Imaie;
l'Imaie, ente privato mutualistico per la difesa dei diritti degli artisti, incaricato di raccogliere e ridistribuire i proventi loro dovuti in seguito alla riutilizzazione televisiva delle opere da essi interpretate, è stato estinto con un provvedimento del prefetto di Roma, in data 30 aprile 2009;
al provvedimento di estinzione è seguito un contenzioso legale che ha visto coinvolti da una parte gli artisti che chiedevano la sospensione del provvedimento in quanto illegittimo, e dall'altra il Ministro ed il prefetto che ne chiedevano la conferma;
l'estinzione è stata perfezionata con il decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64 (convertito dalla legge n. 100 del 2010), che prevede la costituzione del nuovo Imaie, sotto il controllo del Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero del lavoro e della Presidenza del Consiglio e dei ministri;
i fondi maturati competenza degli artisti sono arrivati alla considerevole cifra di 166 milioni (118 milioni al 31 dicembre 2008, più 24 per il 2009 e 24 per il 2010) e i titolari di questi diritti sono oltre 70.000, ma i diritti maturati non sono stati erogati agli artisti, nonostante il decreto prefettizio dichiarasse che soltanto con la messa in liquidazione dell'Imaie gli artisti avrebbero ricevuto i loro diritti accumulati;
la legge prevedeva l'emanazione di norme sanzionatorie per chi non trasmetteva ogni dato per l'individuazione degli artisti e l'erogazione dei diritti agli stessi; prevedeva altresì che i Ministeri vigilanti, Ministro per i beni e le attività culturali, Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero del lavoro e delle politiche sociali) avrebbero dovuto emettere un decreto di riordino dell'intera materia del diritto connesso; ad oggi nessun atto d'iniziativa del Ministro è stato attuato;
la gestione commissariale del vecchio Imaie ha di fatto sospeso il diritto connesso agli artisti aventi diritto e a molti di loro non è stato corrisposto neanche il 30 per cento dei compensi relativi agli anni pregressi;
il problema della gestione delle risorse spettanti agli artisti è già stato sollevato dagli interpellanti durante lo svolgimento di una interrogazione a risposta immediata al Ministro per i beni e le attività culturali il 19 maggio 2010;
in quell'occasione il Ministro Bondi ha risposto dando ampie rassicurazioni affermando che «uno degli elementi di maggiore novità introdotto dal decreto-legge è costituito dall'espressa previsione della vigilanza ministeriale. Questa previsione, lungi dal voler creare, come ipotizzato dagli onorevoli interroganti, una sorta di inappropriata gestione ministeriale delle funzioni, a peggio dei fondi dell'Imaie,

mira proprio a prevenire e ad impedire il ripetersi, per il futuro, di situazioni di paralisi e di inefficacia nello svolgimento dei compiti di interesse generale del nuovo Istituto»;
il 29 settembre 2010 il Ministero per i beni e le attività culturali ha approvato lo statuto del nuovo ente senza consentire un'idonea partecipazione agli artisti che ne avevano fatto richiesta preventiva, anche perché nel nuovo statuto, come denunciano i rappresentati di categoria, sono state introdotte norme assai discutibili, che avrebbero invece meritato un confronto democratico e il conforto del voto degli artisti rappresentati (basti pensare al «voto pesante» e l'obbligo della reiscrizione per tutti gli artisti a fronte del passaggio automatico dal vecchio al nuovo istituto);
la situazione di crisi economica investe il mondo della cultura in modo devastante e gli artisti versano in una condizione di difficoltà, economica senza precedenti -:
se il Ministro non ritenga improcrastinabile intervenire al fine di risolvere definitivamente una situazione oltremodo incresciosa a difesa dell'autonomia e della dignità di una categoria di lavoratori esposti più di ogni altra ai rischi di precarietà in ogni fase del percorso professionale;
se non ritenga altresì di dover fornire agli artisti indicazioni sui tempi entro i quali riceveranno quanto di loro spettanza.
(2-00958)
«Borghesi, Donadi, Zazzera».

Interrogazione a risposta immediata:

FONTANELLI, REALACCI, VENTURA, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, GATTI, GHIZZONI e MELANDRI - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1998 a Pisa, in occasione della costruzione di un nuovo centro direzionale delle Ferrovie dello Stato, ubicato poco all'esterno delle mura della città medievale e in seguito al rinvenimento nel suolo sottostante di importanti parti di manufatti lignei, si decise di procedere all'esplorazione del sito ferroviario, allestendo un cantiere di carattere estensivo, denominato cantiere delle «Navi antiche di Pisa»;
lo straordinario ritmo incalzante di rinvenimenti, sedici relitti, interi o parzialmente conservati, individuati in pochi mesi portò, nell'estate del 1999, alla decisione di destinare l'intera area alla ricerca archeologica. Dal dicembre 1999, stipulato l'accordo che passava alla soprintendenza la piena responsabilità dello scavo, si è proceduto con una nuova strategia di intervento, che, secondo i principi della stratigrafia archeologica, permettesse il recupero e il trasferimento dei relitti individuati in luoghi adatti alla conservazione e al restauro;
lo scavo archeologico, all'avanguardia sia per le attrezzature impiegate per il recupero sia per il restauro dei materiali, agibile e visitabile anche da parte del pubblico, costituisce un esempio di straordinaria rarità e unicità nel panorama degli scavi archeologici mondiali;
come lamenta l'articolo di Giovanni Parlato, pubblicato il 5 dicembre 2010 su Il Tirreno, il prezioso sito archeologico delle «Navi antiche di Pisa» si trova in stato di semiabbandono e di limbo senza alcuna certezza per il suo futuro, in ragione degli scarsissimi fondi messi a disposizione dal Ministero per i beni e le attività culturali, che rendono ancora più incerto il prosieguo dello scavo e del progetto del Museo delle navi, che dovrebbe essere ospitato negli arsenali medicei alla Cittadella;
dal 1998, anno della scoperta in occasione dei lavori per l'ampliamento della stazione di San Rossore, al 2010 sono stati stanziati 13 milioni di euro, ma già uno studio di fattibilità dell'epoca indicava come necessari 25 milioni di euro. Attualmente si sopravvive con 300 mila euro del finanziamento per il mantenimento del cantiere aperto, che non permette, però,

altra attività e per il 2011 sono previsti solo 20 mila euro, come denunciato dall'articolo de la Repubblica del 13 dicembre 2010, che parla di «rischio collasso» entro pochi mesi -:
quali iniziative urgenti intenda assumere per mettere a disposizione fondi sufficienti al prosieguo dell'importante scavo archeologico delle «Navi antiche di Pisa» e se non ritenga opportuno farsi parte attiva per l'inserimento del sito fra i beni tutelati dall'Unesco, come altri gioielli artistici della città di Pisa e d'Italia.
(3-01454)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FOGLIARDI, BITONCI e FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha introdotto, dal 1o luglio 2010, l'obbligo di effettuare una ritenuta a titolo d'acconto del 10 per cento sui bonifici bancari e postali effettuati dai contribuenti, relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio ed agli interventi di risparmio energetico, per i quali è possibile fruire del beneficio della detraibilità nella misura, rispettivamente, del 36 per cento e del 55 per cento;
per le imprese individuali e per le società di capitali tale ritenuta può essere recuperata dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui essa è stata effettuata;
il predetto meccanismo di ritenuta determina un drenaggio di liquidità in danno delle imprese destinatarie dei pagamenti, che risulta tanto più grave, in un periodo, come quello attuale, di congiuntura economica molto negativa;
inoltre tale procedura, per le società di persone, crea notevoli problemi, in quanto la ritenuta deve prima essere indicata nella dichiarazione dei redditi dei soci e scomputata dall'IRPEF da questi dovuta, e poi, eventualmente, essere recuperata in compensazione dalla società, secondo la procedura stabilita dal Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia delle entrate, con la circolare n. 56 del 23 dicembre 2009;
quest'anno il credito derivante dalla ritenuta del 10 per cento risulterà ancora più consistente, in quanto interessa un periodo di 12 mesi, anziché di 6 mesi, come nell'anno precedente -:
se non ritenga opportuno consentire che sia le società di persone sia le società di capitali possano utilizzare direttamente, a partire dal 1o gennaio 2011, tale credito in compensazione delle imposte dovute, attraverso l'adozione di un apposito codice tributo.
(5-04177)

FUGATTI, NICOLA MOLTENI e BITONCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, disciplina la riscossione delle imposte sul reddito e, in particolare, la possibilità per i debitori di richiedere la rateazione delle somme da versare; l'articolo 19 prevede la ripartizione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di 72 rate mensili, nelle ipotesi di temporanea situazione di difficoltà del contribuente;
nella direttiva di Equitalia n. DSR/NC/2008/012 del 27 marzo 2008 veniva precisato che, nell'ipotesi di concessione del beneficio della rateazione, nella prima rata del piano di ammortamento, il debitore deve versare in unica soluzione l'importo degli interessi di mora, degli aggi, delle spese per le procedure di riscossione coattiva e dei diritti di notifica della cartella; tale obbligo mette in difficoltà molte imprese, essendo in molti casi non sostenibile il pagamento della prima rata;

nei giorni scorsi su un quotidiano della provincia di Como è stata segnalata la vicenda, peraltro comune a molte imprese, di un'azienda artigiana che ha chiesto la rateazione del proprio debito tributario di circa 100 mila euro; tale debito deriva da una progressiva perdita di fatturato dovuta alla crisi economico-finanziaria e al fatto che l'azienda ha privilegiato il pagamento degli stipendi rispetto a tutti gli altri adempimenti; tale richiesta viene, di fatto, vanificata dalla richiesta di Equitalia di pagare immediatamente il 40 per cento debito complessivo, compresi gli interessi;
secondo notizie recenti è che le richieste di rateazione sono in continua crescita, tanto che Equitalia ha comunicato che, alla data del 31 dicembre 2010, ne sono state concesse oltre un milione per un importo complessivo superiore a 14 miliardi di euro;
consapevole di questo trend negativo, conseguente alla crisi, Equitalia, con la direttiva n. DSR/NC/2009/02, ha corretto quanto indicato nella direttiva 12/2008, affermando che «tenuto conto delle numerose segnalazioni che evidenziano una situazione di diffusa difficoltà nel sostenere l'onere finanziario in tal modo gravante sulla prima rata ed acquisito in materia il conforme parere dell'Agenzia delle Entrate e dell'I.N.P.S., riteniamo che per l'avvenire debbano essere rateizzati anche gli interessi di mora ed i compensi di riscossione.»;
la questione evidenziata dalla stampa comasca appare in contraddizione con quanto stabilito nel gennaio 2009 e, in ogni caso, a parere dell'interrogante è necessario rivedere complessivamente la disciplina della rateazione della riscossione delle imposte, alla luce degli effetti devastanti della crisi economica sulle imprese, soprattutto su quelle più piccole -:
se le indicazioni contenute nella direttiva di Equitalia n. DSR/NC/2009/02 relative alla rateazione degli interessi di mora e degli aggi di riscossione siano pienamente applicate e se allo studio altri provvedimenti per permettere alle imprese debitrici, in questa fase di crisi, di assolvere i propri debiti tributari in maniera sopportabile, senza mettere a repentaglio l'esistenza stessa dell'impresa.
(5-04178)

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Banca nazionale del lavoro ha proposto sul mercato un prodotto bancario, un conto corrente denominato «BNL revolution», il quale, secondo le informazioni pubblicitarie fornite al pubblico, avrebbe assicurato ai sottoscrittori un conto corrente sostanzialmente privo di spese;
tale conto era stato scelto dall'Ufficio nazionale del servizio civile per il pagamento dei compensi ai volontari: secondo quanto indicato dal Sottosegretario Giovanardi nella risposta fornita ad un'interrogazione parlamentare presentata in merito, il conto sarebbe stato scelto per una serie «di agevolazioni e di benefici per i volontari», tra i quali si segnalava anche «l'assenza di costi per le operazioni via internet»;
il 20 settembre 2010 la BNL ha cambiato unilateralmente ed improvvisamente alcune condizioni contrattuali del predetto conto «BNL revolution», prevedendo che operazioni precedentemente gratuite diverranno ora onerose: ad esempio, le operazioni via internet comporteranno il pagamento di una commissione di 0,50 centesimi se effettuate verso altri clienti BNL e di 1 euro se effettuate verso clienti di altre banche;
sembra che ai correntisti sia stato lasciato uno spazio di tempo brevissimo, pari a ventiquattro ore, per rifiutare le nuove condizioni rescindendo il contratto;
appare evidente come tale comportamento da parte della banca risulti assai poco rispettoso dei diritti dei consumatori e della disciplina in materia di trasparenza dei rapporti bancari -:
se non intenda adottare iniziative normative per restringere la facoltà delle

banche di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali nei confronti dei consumatori, soprattutto ove queste ultime siano state oggetto di diffusione attraverso campagna pubblicitaria.
(5-04179)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una visita ispettiva effettuata dall'interrogante il 4 febbraio 2011, nel carcere di Lecco è emersa la presenza di 67 detenuti in un carcere la cui capienza regolamentare sarebbe di 50 posti a cui però devono sottrarsi due celle da 4 posti l'una per inagibilità; le tipologie di reati riguardano la violazione della legge sugli stupefacenti, furti rapine e di recente anche a sfondo sessuale. I soggetti extracomunitari oscillano tra il 40 per cento e si registra una presenza di detenuti italiani sempre più giovani;
una parte degli italiani risiede sul territorio e proviene da tutti i contesti sociali senza distinzione alcuna, spesso sono portatori di problematiche personali, familiari e sociali complesse, che richiedono l'intervento di professionalità di cui spesso la casa circondariale non dispone;
il lavoro del personale penitenziario è reso sempre più difficile dal sovraffollamento e dalla presenza di detenuti che spesso appartengono a circuiti diversi a cui va aggiunta la grave carenza di risorse umane e strumentali;
le condizioni sono tali per cui in celle da 1 posto sono per lo più in realtà detenute 2 persone;
vi sarebbero infatti disposizioni per cui nel caso di problemi legati allo stato di manutenzione delle celle è meglio chiuderle che ripararle vista la carenza di risorse finanziarie;
ulteriore problema riscontrato nella casa circondariale di Lecco sono gli spazi ristretti per cui non trovano spazio attività lavorative e ricreative;
il carcere di Lecco è stato oggetto di ristrutturazione nel 2005 ma già da 4 anni emergono problemi che vanno dalle infiltrazioni a quelli legati al funzionamento della centrale termica ed elettrica;
la situazione economica finanziaria è tale per cui la struttura potrà disporre per il 2011 di circa 80 mila euro a fronte di debiti pregressi di circa 200 mila euro; quanto agli esiti concreti del provvedimento cosiddetto «svuota carceri» si è rilevato che solo 1 detenuto ne ha potuto usufruire e che quindi a giudizio degli interroganti il provvedimento risulta del tutto ininfluente rispetto ai problemi di sovraffollamento -:
se e come il Ministro intenda rafforzare le professionalità di cui la casa circondariale non dispone per il trattamento di soggetti problematici, a partire da quelli più giovani;
se e come si intenda affrontare e risolvere la situazione di sovraffollamento che si è venuta a creare a seguito dell'inagibilità di alcune celle;
se e come si intenda affrontare e risolvere la situazione di gestione da parte del personale di detenuti che spesso appartengono a circuiti diversi;
quale sia la ditta che ha eseguito i lavori nel 2005 e se intenda rivalersi a fronte dei problemi che da tempo emergono nella struttura carceraria;
se e di quali dati disponga il Ministero in merito agli esiti sull'intero territorio nazionale del cosiddetto decreto «svuota carceri».
(4-10768)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
«Il problema della GRANDE MILANO vale cento volte quello della Torino-Lione». È quanto ha sostenuto ieri l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, intervenendo alla Mobility Conference 2011. Secondo il manager la competizione globale si gioca anche sulla competizione tra le grandi conurbazioni e in Italia Milano è la più grande. Per questo, secondo Moretti, devono essere affrontati ancor prima che i problemi dei grandi assi internazionali i problemi delle grandi conurbazioni. Se queste non vivono, è difficile che possano produrre risultati sui grandi assi, per questo la realizzazione della Torino-Lione è meno importante del progetto della GRANDE MILANO;
queste dichiarazioni sono l'ennesima testimonianza di quanto l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato ritenga scarsamente strategica la realizzazione della tratta italiana del corridoio 5, nonostante la Camera dei deputati abbia approvato non più tardi di due mesi fa una mozione approvata all'unanimità che riconferma la strategicità dell'opera;
sarebbe opportuno, ad avviso degli interroganti, che le linee di sviluppo strategico infrastrutturale dell'Italia siano discusse e decise nelle competenti sedi istituzionali più che in convegni come quello di cui in premessa -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere affinché le Ferrovie dello Stato e il loro amministratore delegato operino concordemente con le linee strategiche definite dal Governo e dal Parlamento.
(2-00961)
«Esposito, Fontanelli, Luongo, Cesare Marini, Boccuzzi, Berretta, Cuperlo, Portas, D'Antoni, Ginoble, Razzi, Bossa, Iannuzzi, Mario Pepe (Pd), Vernetti, Margiotta, Froner, Marchignoli, Cambursano, Verini, Bordo, Motta, Lolli, De Micheli, Tullo, Arturo Mario Luigi Parisi, Santagata, Zunino, Bellanova, Calgaro, Graziano».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è notizia dei primi giorni di dicembre 2010, che nell'aggiornamento del contratto di servizio tra lo Stato e le Ferrovie, i progetti previsti per la Sardegna sono stati totalmente cancellati. Nessun intervento per velocizzare il percorso tra Olbia, Sassari e San Gavino (607 milioni), per potenziare la tratta Cagliari-Oristano (129 milioni), per lo sviluppo della flotta navale per il trasporto di vagoni ferroviari a Golfo Aranci (50 milioni), per la stazione ferroviaria all'aeroporto di Elmas come prima tappa per l'interconnessione con tutto l'hinterland (7,7 milioni di euro);
l'agenzia nazionale per la sicurezza ha depositato qualche mese fa alla Camera un rapporto a dir poco devastante che riguarda la Sardegna. Un dato su tutti: sono 66 i punti critici cedevoli della piattaforma ferroviaria sarda, che costituisco il 10 per cento di tutte le emergenze nazionali. Un dato eloquente che stride con gli stanziamenti per la Sardegna. Da una parte la massima autorità sulla sicurezza denuncia una situazione gravissima delle rete sarda e dall'altra la società RFI propone un piano dove non risulta alcun investimento in Sardegna;
la realizzazione della stazione ferroviaria presso l'aeroporto di Cagliari-Elmas «Mario Mameli» è struttura di indiscussa utilità ed il cui progetto ha ricevuto la concertazione e l'approvazione di tutti gli

enti e le autonomie locali competenti, ed ovviamente della regione. La sua realizzazione è attesa non solo perché ammodernerebbe e rafforzerebbe i collegamenti tra Cagliari e il principale aeroporto della Sardegna, ma inaugurerebbe una nuova interconnessione economica e diretta tra lo scalo, i centri urbani dell'hinterland e soprattutto le città di Oristano, Iglesias e Carbonia, oltre a favorire le ricadute turistiche in tutta l'isola del grande incremento di arrivi registrato dall'aeroporto negli ultimi anni per effetto dell'attivazione di nuove rotte, molte delle quali internazionali, operate da vettori low cost;
mentre la società concessionaria della gestione dell'aeroporto, la So.G.Aer. spa, ha già ultimato il terminal arrivi e tutte le opere di propria competenza, non si intravede invece l'attività di cantiere di RFI ovvero di ditte incaricate della realizzazione della stazione, e delle poche centinaia di metri di percorso pedonale necessario a collegarla allo scalo aeroportuale -:
se non si ritenga urgente definire un piano di riequilibrio delle condizioni infrastrutturali in Sardegna e assumere iniziative nei confronti delle Ferrovie dello Stato e Rfi per un adeguamento strutturale dei tracciati delle principali dorsali ferroviarie;
se RFI spa si sia dotata degli elaborati esecutivi dell'opera e se abbia avviato e concluso le procedure d'appalto, quando questo sia avvenuto e in cosa consistano in dettaglio gli interventi per la realizzazione dell'opera e quale sia il suo costo aggiornato;
quale sia la ditta aggiudicataria della realizzazione dell'opera;
quali siano le ragioni del grave ritardo nei tempi di realizzazione dell'importante opera;
se nell'ambito delle più volte annunciate riprogrammazioni dei fondi strutturali non spesi dalle competenti autorità relativi al periodo 2000/2006, il Governo intenda confermare le opere di cui in premessa e garantirne la realizzazione, caso si rendesse necessario incrementarne la copertura finanziaria.
(5-04176)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:

LANZILLOTTA - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il «decreto milleproroghe», adottato alla fine di dicembre 2010, è stata disposta la cessazione delle norme del cosiddetto decreto Pisanu in materia di accesso alle reti wi-fi e di oneri burocratici per i gestori e fruitori di internet point;
tale decisione, adottata dal Governo anche a seguito di un'iniziativa parlamentare bipartisan e di una grande mobilitazione della rete, è stata salutata con favore e, per quanto riguarda l'interrogante, con un esplicito plauso al Ministro interrogato per avere egli colto la necessità di agire per la massima diffusione dell'accesso a internet;
va rilevato, tuttavia, che, pur avendo il decreto per sua natura, immediata efficacia, l'accesso alle reti wi-fi non risulta affatto liberalizzato -:
come il Ministro interrogato, dopo gli annunci mediatici, intenda dare effettivo corso alla liberalizzazione dell'accesso alla rete.
(3-01451)

ZAZZERA, DONADI, EVANGELISTI e BORGHESI - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato su L'espresso del 29 ottobre 2010 si apprende che la polizia postale italiana ha stretto un patto di collaborazione a Palo Alto, in California, che consente l'attivazione di controlli sulle pagine dei social network, senza previa autorizzazione della magistratura;

la finalità dell'intesa è quella di prevenire i reati, che certamente trovano terreno fertile in internet, ma la mancata autorizzazione del pubblico ministero ai fini della suddetta attività investigativa certamente lede diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini;
a ciò va aggiunto che su social network come Facebook, che solo in Italia conta quasi 17 milioni di profili, è sufficiente «dare amicizia» a qualcuno sospetto per la polizia, perché si attivi il meccanismo del controllo preventivo;
nei fatti, dunque, come si legge nell'articolo, le forze dell'ordine hanno «il passepartout per aprire le porte delle nostre case virtuali» senza alcuna autorizzazione, né della magistratura, né, ovviamente, nostra. L'utente del social network non sa e non saprà mai di essere costantemente monitorato dalle forze dell'ordine;
gli interroganti ritengono, pertanto, violato l'articolo 13 della Costituzione, che recita: «Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;
l'articolo sopra menzionato, inoltre, riporta le dichiarazioni di un ufficiale dei carabinieri, il quale ammette chiaramente che le violazioni della legge sulla privacy avvengono «con disinvoltura». In particolare, parlando delle tecniche usate su internet dalle forze dell'ordine, l'ufficiale riferisce che, creando false identità, il carabiniere «virtuale» entra in contatto con la persona su cui si vuole raccogliere informazioni, e non solo, perché, infiltrandosi nel suo gruppo, riesce molto rapidamente a diventare «amico» di tutti i soggetti con i quali è in relazione;
di tale attività, prosegue l'ufficiale, non sempre si fa un resoconto alla procura e nei verbali ci si limita a «citare una fantomatica fonte confidenziale»;
l'agenzia Ansa del 28 ottobre 2010, ripresa su L'espresso del 29 ottobre 2010, riporta le dichiarazioni del direttore della polizia postale e delle comunicazioni, Antonio Apruzzese, con cui smentisce «la possibilità di entrare nei domicili informatici, né nelle caselle postali degli utenti internet, senza autorizzazione della magistratura»;
la risposta de L'espresso, contenuta nel medesimo articolo del 29 ottobre 2010, appare assolutamente coerente. Il quotidiano, infatti, conferma parola per parola quanto pubblicato dall'Ansa il giorno 28 ottobre 2010, precisando che per la stesura dell'articolo sono state utilizzate «proprio fonti interne alla polizia postale», peraltro contattate direttamente dal giornale;
inoltre, precisa L'espresso, le informazioni sono state confermate «da altre fonti autorevoli e qualificate della polizia e dei carabinieri»;
L'espresso aggiunge, infine, che il dirigente della polizia postale contattato, nel descrivere l'accordo raggiunto in California, avrebbe precisato: «L'accordo prevede la collaborazione tra Facebook e la polizia delle comunicazioni che prevede di evitare la richiesta all'autorità giudiziaria e un decreto per permettere la tempestività, che in questo settore è importante». Sulle ripercussioni dell'accordo avrebbe detto: «La fantasia investigativa può spaziare, si tratta di osservazioni virtuali, che verranno utilizzate anche in indagini preventive»;
il direttore Apruzzese non ha, di fatto, smentito i gravissimi fatti riportati su L'espresso -:
quale sia l'esatto contenuto del patto di collaborazione sottoscritto dalla polizia postale italiana a Palo Alto, in California, citato in premessa.
(3-01452)

OCCHIUTO, ZINZI, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ e RIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia

di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, stabilisce all'articolo 14, comma 2, che i trasferimenti erariali, comprensivi della compartecipazione irpef, dovuti alle province dal Ministero dell'interno sono ridotti di 300 milioni di euro per l'anno 2011 e di 500 milioni di euro per l'anno 2012;
l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, demanda alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali di fissare criteri e modalità di riparto, secondo principi che tengano conto dell'adozione di misure idonee ad assicurare il rispetto del patto di stabilità interno, della minore incidenza percentuale della spesa per il personale rispetto alla spesa corrente complessiva e del conseguimento di adeguati indici di autonomia finanziaria;
la norma citata prevede che, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro i 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del suddetto decreto, il Ministero dell'interno, entro i successivi 30 giorni, emani il decreto di riparto di riduzione dei trasferimenti secondo un criterio proporzionale;
per l'anno 2011 il decreto ministeriale ha previsto una riduzione di trasferimenti in modo proporzionale a ciascuna provincia, per un ammontare pari al 22,934 per cento, rispetto all'importo assunto a base di riferimento per la riduzione, quest'ultimo costituito dal totale generale di trasferimenti erariali attribuiti in spettanza alla data del 16 novembre 2010, con la sola esclusione delle somme relative alla restituzione dell'addizionale energetica dell'anno 2004;
il criterio di riduzione proporzionale, pari a 22,934 per cento per ogni provincia, previsto dal citato decreto ministeriale, ha determinato un considerevole squilibrio oggettivo tra le medesime province, in quanto alcune concorrono al risanamento dei conti pubblici con un'incidenza media pro capite di 3 euro, mentre altre concorrono con un'incidenza di 18 euro pro capite;
pertanto, il decreto ministeriale appare in contrasto con quanto previsto dalla legge n. 122 del 2010, che, ai fini delle decurtazioni, fa riferimento esclusivamente ai trasferimenti erariali e alle compartecipazioni irpef, mentre nel decreto sono state inclusi anche i trasferimenti relativi alle funzioni trasferite con decreto-legge n. 112 del 2008 (strade competenza Anas - mercato del lavoro);
in particolare, dal quadro di riparto pubblicato dal Ministero dell'interno, si evince una sperequazione tra le province, in quanto alcune concorrono alla riduzione dei trasferimenti con una percentuale altissima, mentre altre in maniera minore;
sarebbe, quindi, auspicabile un criterio più oggettivo ed equo, al fine di concorrere, da parte di tutti, al risanamento dei conti pubblici -:
se i tagli citati abbiano interessato anche il fondo di perequazione e quali iniziative urgenti intenda assumere per apportare i necessari e opportuni correttivi al criterio adottato con il decreto ministeriale del 9 dicembre 2010, al fine di pervenire ad un riparto più equo tra le province, che tenga conto esclusivamente dei trasferimenti erariali, compresa la compartecipazione irpef, e non anche delle spettanze relative alle funzioni trasferite, che, peraltro, non sono state adeguate al tasso di inflazione programmato, tenuto conto che le suddette decurtazioni comporterebbero un mancato espletamento delle stesse funzioni.
(3-01453)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCHIGNOLI e AMICI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 15 settembre 2010 il sindaco della città di Imola ha inviato al Ministro

dell'interno una lettera in merito alla situazione di difficoltà nella quale si trova ad operare il commissariato di Polizia della città chiedendo un incontro urgente;
il Ministro non risulta abbia risposto al sindaco né sul merito dei problemi segnalati né alla richiesta di incontro;
evidenziando che tali problematiche, nonostante la utile collaborazione con la prefettura e la questura di Bologna, non soltanto persistono ma nel frattempo si sono aggravate per causa della ulteriore riduzione degli organici assegnati al commissariato imolese oggi ridotto a sole 61 unità;
si segnala inoltre che tale aggravamento ha indotto la prefettura e la questura di Bologna a prevedere la chiusura del posto di polizia al servizio dei quartieri più popolosi della città (quartiere Pedagna e quartiere Zolino);
tale posto è stato istituito con decreto del capo della Polizia di Stato n. 558 del 10 aprile 1984 per entrare in funzione il 15 settembre dello stesso anno con assegnazione in organico di 23 agenti di cui ora solamente 2 in servizio;
sono forti le preoccupazioni espresse dall'autorità locale, dai cittadini, dai sindacati di polizia in merito al tema sicurezza che non può che essere garantita dotando le forze dell'ordine di strumenti, risorse ed organici adeguati all'efficacia del controllo del territorio -:
quali azioni concrete intenda intraprendere al fine di affrontare il tema anche rispondendo alla richiesta di incontro che ha avanzato, ormai 5 mesi fa, il sindaco di Imola.
(5-04173)

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
giovedì 3 febbraio 2011 alcuni militanti di estrema sinistra riconducibili all'area dei centri sociali padovani hanno occupato per circa mezz'ora il piazzale antistante all'hotel Crowne Plaza nelle vicinanze del casello autostradale di Padova ovest. Lo stesso gruppo si è reso inoltre protagonista dell'imbrattamento del viale d'ingresso dell'albergo con scritte offensive, oltre che dell'affissione di manifesti ingiuriosi nei confronti del senatore del Partito democratico Pietro Ichino - invitato a un'iniziativa pubblica organizzata dalla Fim-Cisl prevista per venerdì 4 febbraio 2011, all'hotel Crowne Plaza - con l'evidente intento di turbare l'incontro con il parlamentare;
questo grave episodio è solo l'ultimo di una serie di fatti analoghi accaduti nei mesi scorsi a Padova. In particolare - come già ricordato in una precedente interrogazione al Ministro a firma dell'interrogante - il 13 ottobre 2010, approfittando di uno sportello aperto al pubblico, una cinquantina di aderenti al centro sociale «Pedro» occupava per circa 45 minuti la sede di Confindustria Padova, in via Masini. Nel corso dell'irruzione i militanti del centro sociale imbrattavano muri e vetrate dell'edificio incollando manifesti, mentre un altro gruppo composto da circa venti persone si recava al terzo piano dello stabile, appendendo ai balconi striscioni inneggianti all'«unità contro la crisi». Il giorno seguente, 14 ottobre 2010, scritte ingiuriose nei confronti del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni sono state ritrovate nei pressi degli ingressi alle sedi cittadine della Cisl nelle vie Tasso e Zanchi;
il ripetersi di episodi di illegalità come quelli sopra descritti non va in alcun modo sottovalutato;
il perpetuarsi di simili eventi rischia di provocare un clima di tensione con il pericolo che si diffondano gli episodi di illegalità e intimidazione di cui sopra -:
se sia al corrente dei fatti esposti in premessa;

quali misure concrete intenda assumere per evitare la diffusione delle pratiche illegali e intimidatorie sopra citate.
(4-10773)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
in data 3 dicembre 2010 il Parlamento ha approvato la legge n. 202 del 2010 che reca rinnovazione della procedura concorsuale per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale 22 novembre 2004, annullata dal Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia (con la sentenza del 10 novembre 2009, n. 1065);
la rinnovazione è disposta nel rispetto dell'interesse legittimo dei ricorrenti che hanno subito l'arresto procedimentale ed è tesa al soddisfacimento del loro «bene della vita», nonché a rispettare la posizione di chi non ha subito alcun arresto procedimentale ed ha maturato posizioni di diritto soggettivo derivanti dai contratti in essere e dall'utile posizionamento in graduatoria;
la legge n. 202 del 2010 facilita, riducendolo, il completamento dell'iter concorsuale per ricorrenti e non ammessi alla fase orale, con la previsione di un colloquio finale successivo e non propedeutico al corso di formazione ed una prova confermativa dell'iter concorsuale già esaurito per vincitori ed idonei in graduatoria;
in data 3 gennaio 2011 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato il decreto ministeriale n. 2, che ricalca il dettato legislativo anche per quel che concerne le modalità di espletamento delle prove;
le modalità del procedimento di rinnovazione trovano giustificazione in ovvie esigenze di celerità nel rispetto dei principi fissati dalle decisioni del giudice d'appello siciliano e nel contempo consentono all'amministrazione, cui viene conferito incarico di disporre, con opportuna decretazione esecutiva, l'esecuzione del dettato legislativo, di riappropriarsi del potere di valutare tutti i pubblici interessi coinvolti in questa vicenda;
il 14 gennaio 2011 l'Ufficio scolastico regionale con suo decreto «in ossequio a quanto disposto dalla legge n. 202/2010» individua e nomina la commissione giudicatrice del corso-concorso;
in pari data, con altro provvedimento del seguente tenore: «VISTO il decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011 che determina le modalità di svolgimento della procedura secondo i criteri stabiliti dalla legge citata; VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2011, n. 341 .... Si rende noto che, come comunicato ai candidati con telegrammi individuali, le prove scritte previste, rispettivamente, dal comma 1 e dal comma 5 dell'articolo 3 del decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011 applicativo della legge citata in oggetto avranno luogo a Palermo presso la Scuola Media «Leonardo da Vinci» sita in via Serradifalco n. 190 nei seguenti giorni: giorno 31 gennaio 2011 per coloro che rientrano nella fattispecie di cui all'articolo 3, comma 1, decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011. Giorno 1 febbraio 2011 per coloro che rientrano nella fattispecie di cui all'articolo 3, comma 5 del decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011...»;
l'ufficio scolastico regionale pertanto convoca i «candidati»;
successivamente, con decreto cautelare del 18 gennaio 2011, sui ricorsi nn. 1166/10 e 1167/10 proposti da alcuni ricorrenti nei confronti: del commissario ad acta incaricato dalla sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la

regione siciliana n. 1383/10 del 4 novembre 2010 e del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, per l'annullamento: 1) del decreto 12 novembre 2010 del Commissario ad acta; 2) del provvedimento del dirigente vicario prot. n. AOO. DIRSI. REG. UFF. 26770 UFF. IV; 3) - del decreto ministeriale n. 2 del 3 gennaio 2011 del Ministero della pubblica istruzione relativo all'applicazione della legge n. 202/2010; riguardante: Rinnovazione prove concorsuali dirigenti scolastici, il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, dottor Riccardo Virgilio, ha sospeso la procedura di rinnovazione delle prove concorsuali;
tale provvedimento contiene elementi tecnicamente incomprensibili ma ritenuti validi per l'urgenza. Infatti non sono desumibili in alcun modo i cosiddetti «effetti irreversibili ed irreparabili» che deriverebbero dallo svolgimento delle prove previste dalle norme citate. Quand'anche le prove si fossero svolte e la magistratura avesse trovato nel frattempo validi vizi formali, queste potevano benissimo essere «congelate» nelle more delle soluzioni dei vizi medesimi;
il provvedimento succitato, inoltre, provoca forte disagio sociale ed istituzionale cui lo Stato non può rimanere indifferente e permettere che si perpetri un abuso destabilizzante delle regole che governano il Paese;
la mancata e celere attuazione delle norme emanate comprometterà la normale successione delle azioni indispensabili a più di 400 scuole siciliane, oltre ad assegnare un altro duro colpo alla fiducia che i cittadini devono portare alle istituzioni -:
ferma restando l'autonomia della magistratura se e quali misure di competenza intenda adottare per garantire la piena funzionalità delle scuole interessate.
(2-00962)
«Barbieri, Giammanco, Siragusa».

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica del 10 ottobre 1996, n. 567, sono state istituite le consulte provinciali degli studenti quali organismi di rappresentanza e confronto fra gli studenti di tutte le istituzioni di istruzione secondaria di secondo grado statali e paritarie delle province italiane;
con decreto del Presidente della Repubblica del 13 febbraio 2001, n. 105, è stata prevista la costituzione in un coordinamento regionale rappresentativo di dette consulte provinciali, da istituirsi in ogni regione italiana con proprio regolamento disciplinante la composizione e le modalità organizzative;
detti coordinamenti regionali hanno avuto notevoli difficoltà, rallentamenti e inadempienze nella loro attuazione sul territorio nazionale a distanza di anni dalla loro istituzione;
in data 17 aprile 2008 si è provveduto all'adozione del regolamento interno del coordinamento regionali delle consulte provinciali degli studenti della Toscana, diffuso ed ufficializzato con nota protocollo 6738 del 25 agosto 2008 dall'ufficio III dell'ufficio scolastico regionale della Toscana;
alla suddetta seduta del coordinamento regionale, tenutasi a Prato, hanno preso parte i delegati delle rispettive consulte assieme ai «docenti referenti» dell'area «Sostegno alla persona e alla partecipazione studentesca» delegati dai singoli uffici dell'amministrazione periferica;
a tale riunione non tutti i presidenti delle consulte erano presenti e che, in particolare, il rappresentante della consulta provinciale degli studenti di Firenze era sprovvisto di regolare delega;
ai presidenti delle consulte provinciali degli studenti, o loro delegati, non è

data alcuna potestà decisionale ed esecutiva in assenza di uno specifico mandato assembleare o statutario;
la composizione disciplinata all'interno del regolamento del suddetto coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti, di cui all'articolo 1, prevede la presenza dei presidenti delle consulte provinciali degli studenti delle dieci province toscane, nonché dei docenti referenti per le politiche giovanili presso i rispettivi uffici scolastici provinciali, del docente referente regionale presso l'ufficio III della direzione generale dell'ufficio scolastico regionale della Toscana e di due studenti eletti successivamente in seno all'organo regionale di garanzia in qualità di membri di diritto, per un totale di ventitre componenti con diritto di voto;
la presidenza del sopraccitato coordinamento regionale è stata affidata al «docente referente» dell'area «sostegno alla persona e alla partecipazione studentesca» dell'ufficio scolastico regionale della Toscana;
il numero legale per la validità delle sedute, di cui all'articolo 1, è stato previsto con la presenza di almeno sei presidenti e di un analogo numero di docenti referenti;
le consulte provinciali degli studenti toscane non hanno in alcun modo ratificato il suddetto regolamento;
la rappresentanza studentesca toscana ha in più occasioni auspicato ed invitato senza successo una revisione della regolamentazione regionale del coordinamento, al fine dell'opportuno rispetto della centralità della componente studentesca al suo interno, fornendo anche proposte alternative;
detta composizione non rispecchia, infatti, la logica, la strutturazione e la prassi prevista e consolidatasi, invece, per le consulte provinciali degli studenti, prevedendo infatti la normativa che il ruolo del docente referente dell'area «sostegno alla persona e alla partecipazione studentesca» individuato in ciascuna sede provinciale e regionale dell'amministrazione periferica, sia atto al supporto organizzativo ed alla consulenza tecnico-scientifica necessaria al fine di un migliore e proficuo operato dei rappresentanti degli studenti nel rispetto dell'autonomia della componente studentesca;
impostazioni similari a livello regolamentare sono state disciplinate anche per i coordinamenti delle regioni Lazio, Veneto e Lombardia;
i fondi attualmente destinati alle attività dei coordinamenti regionali non sono stati diffusamente vincolati, come invece avviene per le consulte provinciali degli studenti, al voto collegiale di detti organi, bensì affidati alla discrezione delle rispettive direzioni generali dell'amministrazione periferica;
l'attribuzione di diritti quali il riconoscimento dell'espressione di voto, della condizione di componente ufficiale, nonché della presidenza formale di un organismo di partecipazione studentesca ai docenti referenti possa frapporsi a qualsiasi livello con le prerogative della partecipazione studentesca, anche con la limitazione delle legittime istanze e delle attività della rappresentanza degli studenti;
a tal proposito si è verifica nell'anno scolastico, 2009/2010 una forte contrapposizione tra la componente studentesca e quella docente del coordinamento regionale in oggetto nell'ambito della nomina del ruolo di rappresentante presso la direzione nazionale delle consulte provinciali degli studenti dove, in quella occasione, la componente docente ha fatto prevalere un proprio candidato rispetto, invece, alla volontà generale dei membri studenti;
la suddetta votazione è stata successivamente annullata dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale della Toscana, che ha poi consentito ai soli presidenti delle consulte degli studenti di esprimersi in merito; quest'ultimo episodio sancisce l'importanza della centralità e della autonomia della componente studentesca

nell'ambito di questi organismi di partecipazione - siano essi a carattere provinciale, regionale o nazionale - nonché l'illegittimità di una vera e propria parificazione con i «docenti referenti», che può appunto dare adito al prevalere di istanze e decisioni anche in piena controtendenza con quella che è la legittima autonomia della rappresentanza studentesca -:
se la modalità di adozione del regolamento del Coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti della Toscana sia regolare;
se sia da considerarsi opportuno, il riconoscimento dei docenti referenti quali membri ufficiali di un organismo regionale rappresentativo delle consulte provinciali degli studenti e, dunque, della sola componente studentesca;
se il ruolo del docente referente dell'area «sostegno alla persona e alla partecipazione studentesca» possa prevedere azioni di diretta gestione delle attività della consulta, oltre all'attribuzione di diritti come il potere di voto e di presidenza di un organismo di partecipazione studentesca;
se il Ministro non ritenga opportuno e prioritario, data l'annosità della questione e le conseguenti difficoltà attuative, emanare precise e circostanziate indicazioni circa le modalità di strutturazione ed adozione dei coordinamenti regionali delle consulte provinciali degli studenti, che ne affermino complementarmente al centralità della rappresentanza studentesca nelle modalità organizzative e gestionali.
(4-10769)

NACCARATO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i passaggi degli studenti tra i diversi indirizzi di studio all'interno del sistema d'istruzione e formazione sono consentiti e promossi dalla normativa per prevenire ed evitare il fallimento dei percorsi di studio e la dispersione scolastica dei ragazzi;
fino al 2003, la possibilità per gli studenti di cambiare percorso di studio era garantita dalle cosiddette «passerelle». Tale sistema ha permesso agli studenti, attraverso l'acquisizione di crediti didattici ed un esame integrativo, di poter cambiare indirizzo di studio facendo valere quanto avevano studiato nella scuola di provenienza;
le modalità dell'esame per effettuare i passaggi all'interno del sistema scolastico sono state definite dall'articolo 24, comma 3, dell'ordinanza ministeriale n. 90 del 2001, che si richiama al decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1999, attuativo della legge n. 9 del 1999;
la legge n. 53 del 2003 ha abrogato la legge n. 9 del 1999. Di conseguenza, secondo molti dirigenti scolastici, appare logico che - a seguito di tale abrogazione - vengano abrogati sia il già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1999 attuativo della legge sia tutte le norme che ad esso si richiamano, ovvero anche l'articolo 24, comma 3, dell'ordinanza ministeriale n. 90 del 2001;
l'abrogazione della legge n. 9 del 1999 e, conseguentemente, del decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1999 e dell'articolo 24, comma 3, e dell'ordinanza ministeriale n. 90 del 2001, ripristina di fatto l'obbligatorietà dell'esame integrativo. In mancanza di un decreto attuativo della legge n. 53 del 2003 attualmente non è assicurata la possibilità di cambiare indirizzo all'interno del sistema dell'istruzione mentre sono possibili i passaggi degli studenti dal sistema dell'istruzione a quello della formazione professionale (e viceversa) perché disciplinati da un'ulteriore ordinanza ministeriale, la n. 87 del 2004;
si è cosi determinata una situazione di grande incertezza e confusione perché la legge n. 9 del 1999 è stata abrogata ma è rimasta in vigore l'ordinanza ministeriale n. 90 del 2001 con il suo richiamo al

già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1999 attuativo - di conseguenza - di una legge ormai abrogata;
la poca chiarezza in merito alle modalità di passaggio degli studenti all'interno del sistema dell'istruzione non permette ai dirigenti scolastici di regolarsi in modo univoco per facilitare il passaggio degli studenti da un indirizzo di studio ad un altro;
per quanto riguarda il Veneto, la provincia di Padova ha promosso nel 2010 un progetto specifico denominato «Percorsi individualizzati per il riorientamento degli studenti delle classi prime e seconde - provincia di Padova» nel quale si prevede che, per effettuare un passaggio all'interno del sistema dell'istruzione, è necessario sostenere solamente un colloquio e non un esame integrativo;
il progetto della provincia di Padova ripropone l'impostazione delle «Linee guida per l'effettuazione dei passaggi fra istruzione e formazione nel secondo ciclo», elaborate e pubblicate dalla direzione generale dell'ufficio scolastico regionale in accordo con la regione Veneto;
la lacuna normativa che si è venuta a creare, non ancora colmata con una regolamentazione chiara dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, produce palesi contraddizioni con le normative promosse da regioni e province su questo tema pregiudicando la possibilità degli studenti di cambiare indirizzo di studio in modo agevole;
in tale situazione all'interrogante non appare chiaro se, per effettuare i passaggi, gli studenti debbano ancora sostenere un esame integrativo oppure solo un colloquio, cosi come previsto dal citato progetto «Percorsi individualizzati per il riorientamento degli studenti delle classi prime e seconde - provincia di Padova» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per confermare l'obiettivo di facilitare i passaggi degli studenti all'interno del sistema dell'istruzione al fine di contrastare la dispersione scolastica in modo efficace; quali misure il Ministro intenda porre in essere per chiarire le modalità di passaggio da un indirizzo scolastico ad un altro colmando il vuoto normativo che si è venuto a creare su questo tema e facilitando, in tal modo, il lavoro dei dirigenti scolastici.
(4-10772)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
l'asbesto (o amianto), è un insieme di minerali del gruppo dei silicati, appartenente alla serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli, è un materiale molto comune e diffuso in natura, costituito da fibre sottili ma molto addensate che lo rendono altamente resistente dal punto di vista meccanico, e al tempo stesso flessibile;
inoltre, pur non essendo un materiale refrattario, ha una buona resistenza, non solo termica, ma anche rispetto all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura;
è necessario un breve excursus cronologico relativo all'impiego dell'amianto che, in ragione delle ottime caratteristiche chimiche e meccaniche, è stato utilizzato fino agli anni ottanta, nella fabbricazione di oltre 3.000 prodotti e manufatti industriali, anche unito ad altri materiali in diverse percentuali, al fine di sfruttare al meglio le sue intrinseche qualità;
si ricordano, per inciso, solo alcuni dei prodotti più diffusi realizzati impiegando amianto, ovvero, tubi per acquedotti,

fogne, lastre e fogli in cemento-amianto, mattonelle per pavimentazioni, frizioni, freni e prodotti vari per attrito, guarnizioni, filtri per bevande, tute, coperte, guanti antincendio, pannelli fonoassorbenti e/o isolanti, vernici, rivestimenti, stucchi, feltri e tegole;
a fronte del massiccio utilizzo del minerale, a causa delle sue intrinseche qualità, questo materiale reca con sé un paradosso eclatante, infatti, le fibre e la polvere di asbesto sono estremamente pericolose per la salute umana, e già nel 1900, in Inghilterra, fu descritta la prima malattia che venne riconosciuta come provocata dalla polvere di amianto e denominata «asbestosi», nel dettaglio, si tratta di una fibrosi polmonare interstiziale causata dall'esposizione professionale, quindi continuativa, alle polveri contenenti asbesto;
il meccanismo d'azione attraverso il quale si produce la malattia, è legato alla penetrazione delle fibre di asbesto attraverso la bocca e il naso, lungo l'albero bronchiale, fino a giungere agli alveoli polmonari;
la gravità dell'asbestosi, dipende dalla durata, ovvero dagli anni di esposizione, e dall'intensità, cioè dalla quantità di fibre inalate: si tratta pertanto di una malattia per la quale esiste una stretta correlazione tra «dose» di asbesto inalata e «risposta» dell'organismo;
dal 1994, insieme all'asbestosi che è stata la prima malattia amianto-correlata riconosciuta dall'INAIL, sono state altresì tabellate come tali anche il carcinoma polmonare e il mesotelioma (pleurico, pericardico e peritoneale), malattie che compromettono anche la popolazione non esposta professionalmente, ma residente in zone del territorio che ospitano insediamenti industriali che lavorano amianto;
infine, va rilevato che l'amianto opera un'azione sinergica di sostegno al altri agenti patogeni, rafforzando il loro potere cancerogeno, e infatti, tra le fasce di popolazione professionalmente esposte ad asbesto, si registra, oltre ad un'elevata mortalità causata da malattie specifiche provocate dall'amianto, anche un forte incremento del tasso generale di mortalità, ed in particolare della mortalità per cancro che colpisce le vie respiratorie e l'apparato gastrointestinale;
dopo questa breve introduzione relativa ai dati eziologici ed epidemiologici, preme esporre la circostanza che in Italia, la lotta alla fibra killer, ha preso le mosse dalla legge n. 257 del 27 marzo 1992 relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto, la prima ad occuparsi anche dei lavoratori ad esso esposti, e che ha fissato alla data del 28 aprile 1994, il divieto per l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto e di prodotti contenenti amianto. Tuttavia non era previsto, un divieto assoluto di impiego di materiali contenenti amianto (ad esempio pezzi di ricambio), acquistati prima del 1994;
la portata rivoluzionaria della citata legge n. 257 del 1992, emerge dal dettato dell'articolo 13, in base al quale sono stati introdotti diversi benefici consistenti in una rivalutazione contributiva del 50 per cento ai fini pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale nocivo;
in particolare, tale beneficio è stato previsto in favore dei lavoratori di cave e miniere di amianto, a prescindere dalla durata dell'esposizione (comma 6), per i lavoratori che abbiano contratto una malattia professionale asbesto-correlata in riferimento al periodo di comprovata esposizione (comma 7), e infine per tutti i lavoratori che siano stati esposti per un periodo superiore ai dieci anni (comma 8);
in seguito alla normativa indicata, nel 1995, venne stabilita una procedura amministrativa che coinvolgeva l'INAIL per l'accertamento dei presupposti di legge per il riconoscimento dei predetti benefici previdenziali: in particolare, l'INAIL procedeva all'accertamento dei rischi presso lo stabilimento del datore di lavoro, tramite

la cosiddetta CONTARP, ovvero la consulenza tecnica di accertamento dei rischi professionali;
sulla base della mappa del rischio così predisposta e dei curricula professionali dei lavoratori, venivano quindi rilasciati agli stessi, gli attestati dell'eventuale periodo di avvenuta esposizione all'amianto: tale procedura, è stata sostanzialmente confermata con decreto interministeriale del 27 ottobre 2004, adottato ai sensi della legge n. 326 del 2003, che ha però ridotto la rivalutazione contributiva al 25 per cento, e stabilito che il beneficio è utile solo ai fini della misura della pensione e non più, quindi, anche per la maturazione del diritto;
si pone altresì il problema che, il singolo lavoratore, in assenza di una CONTARP, può incontrare serie difficoltà nel documentare in sede amministrativa la propria esposizione all'amianto, dovendo pertanto ricorrere spesso ad un accertamento giudiziale;
infine, occorre ricordare che, oltre alla vigente normativa italiana relativa alla tutela della salute dei lavoratori esposti ad amianto, con il decreto legislativo del 25 luglio 2006, n. 257, entrato in vigore il 26 settembre 2006, lo Stato italiano ha attuato la direttiva 2003/18/CE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto durante il lavoro;
tutto ciò premesso, si sottolinea il caso siciliano, visto che nella regione Sicilia si registrano ogni anno 400 decessi accertati per cancro alla pleura, e sono state presentate 36.000 domande di risarcimento da parte di alcune categorie di lavoratori che sono stati a contatto con l'amianto, ma se nel computo si integrassero anche i nuclei familiari, la cifra si moltiplicherebbe. Cosa ancor più allarmante è la consapevolezza che la scia delle vittime è destinata ad allargarsi, poiché come è ormai accertato, i danni di questo minerale killer si manifestano dopo circa venti o più anni, mettendo quindi a repentaglio il benessere delle generazioni future, in totale e assoluto spregio della responsabilità intergenerazionale che deve ispirare la comune condotta civile;
in Sicilia la questione dell'esposizione all'amianto riguarda diversi centri industriali in particolare:
la ex Sacelit, industria che, sita ad Archi, frazione di San Filippo del Mela, in provincia di Messina, dal 1958 al 1993, ha prodotto in Sicilia tubi, contenitori e lastre a base di amianto, e che si è meritata il triste appellativo di «fabbrica della morte» visto che, dal 1975 si sono susseguiti ininterrottamente decessi di lavoratori, e su un totale di 220 dipendenti assunti nel periodo di attività dell'azienda, solo 8 non si sono ammalati di patologie polmonari; nel 2001, è iniziata l'erogazione dei primi risarcimenti agli ex dipendenti e ai familiari dei deceduti;
nel 2007, la Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, ha sequestrato lo stabilimento, la cui attività era cessata 14 anni prima, ma l'area non è stata sottoposta a bonifica ed i capannoni dal 2001, erano adibiti a deposito da un'azienda che commerciava in detersivi e prodotti alimentari e solo da due anni, essendo stata inserita come area di bonifica di interesse nazionale, sono stati iniziati i lavori nel terreno esterno e da qualche mese nell'aria interna l'azienda;
la società Pirelli di Villafranca Tirrena, sempre in provincia di Messina, i cui ex dipendenti hanno lavorato sottoposti a rischio amianto, a causa degli impianti di produzione totalmente coibentati e isolati con amianto, con talco contenente tremolite (amianto) e altri prodotti altamente cancerogeni, e devono quindi essere beneficiari dei diritti previdenziali previsti, soprattutto in ragione del terrificante dato che su circa 1.000 ex dipendenti, sono stati già registrati più di 300 decessi direttamente riconducibili all'ambiente di vita e di lavoro e dopo 16 anni dal licenziamento e pensionamento sono ancora in attesa di una sorveglianza sanitaria che doveva tutelarne la loro integrità fisica e salvare qualche vita umana;

l'INAIL di Milazzo, sta conducendo con un atteggiamento che denota, ad avviso degli interpellanti, scarsa sensibilità, pratiche concernenti il riconoscimento delle malattie professionali a coloro che sono stati esposti e le reversibilità ai superstiti;
il tenore delle risposte rese è, con frequenza il seguente: «gli accertamenti effettuati consentono di ritenere il tipo di rischio lavorativo cui è stato esposto non idoneo a provocare la malattia professionale» oppure «per il decesso dell'assicurato non può essere riconosciuto il diritto alla rendita ai superstiti in quanto la morte non è riconducibile all'evento»;
ciò ha portato ad instaurare dei procedimenti legali che, dopo lungo periodo, sono stati e saranno tutti positivi. Si sta inoltre assistendo ad una sorta di conflitto di interesse interno all'INAIL che, momentaneamente, ricopre il duplice molo sia di ente erogatore, che di ente controllore, mentre è indispensabile che i riconoscimenti vengano effettuati direttamente dall'azienda sanitaria provinciale e dello Spresal, che sono gli enti deputati ed autorizzati a procedere alla sorveglianza sanitaria degli ex dipendenti in pensione che sono stati esposti a elementi cancerogeni;
tra l'altro sebbene la disciplina vigente prevede che sia le Asl (recentemente ridenominate «ASP») si attivino per dare avvio ai censimenti ed alle mappature dei fabbricati in cui è presente amianto, sia i proprietari degli immobili informino le Asl al riguardo e, in caso di imprenditori titolari di capannoni industriali, questi sono obbligati a procedere alla nomina di un "responsabile cori compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive connesse al manufatto contenente amianto", in Sicilia non sono mai stati effettuati né i censimenti, né una mappatura del territorio che abbia ad oggetto la presenza di materiale contenente amianto, per cui risulta difficile quantificare ed annoverare esattamente i prodotti nocivi;
c'è grande urgenza di individuare un mezzo di smaltimento dell'amianto, che non sia l'interramento ma un vero impianto di inertizzazione, ovvero un impianto all'interno del quale i prodotti di amianto, vengano trattati a temperature elevatissime di circa 1.200-1.300 gradi, ricavandone un prodotto da utilizzare, eventualmente, come additivo in edilizia -:
quali iniziative, quali impegni verranno assunti e quali azioni verranno implementate per fronteggiare l'emergenza amianto in Sicilia e in particolare con riferimento agli stabilimenti produttivi citati in premessa.
(2-00959)
«Germanà, Ghiglia, Bonciani, Gibiino, Lazzari, Tortoli, Sisto, Cassinelli, Scandroglio, Mario Pepe (IR), Vincenzo Antonio Fontana, Torrisi, Franzoso, Vella, Vignali, Bocciardo, Centemero, Nirenstein, Simeoni, Golfo, Stracquadanio, Biancofiore, Vitali, Lehner, Traversa, Iapicca, Palumbo, Cicu, D'Ippolito Vitale, Antonione, Nastri, Cazzola, Pugliese, Berruti, Calabria, Contento, Barba, De Girolamo, Lisi, Misuraca, Terranova».

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si ricordano:
l'interrogazione 4-05571 presentata il 22 dicembre 2009, seduta n. 261, riguardante il facile ricorso alla cassa integrazione e false cessioni di ramo d'azienda a società che fungono da contenitore per permettere alle multinazionali farmaceutiche di ridurre il numero degli ISF aggirando le leggi vigenti, contenente i seguenti elementi precisi:
a) licenziamento diretto e indiretto di 15.000 ISF;

b) utilizzazione ad avviso dell'interrogante delle multinazionali delle aziende contenitore X-Pharma, Marvecspharma e Innovex per licenziare gli ISF;
c) la verifica della legittimità dei licenziamenti diretti e indiretti eseguiti dalle aziende che realizzano rilevanti profitti e l'eventuale intervento del Governo per bloccare quella che, ad avviso dell'interrogante è un'ingiusta serie di licenziamenti;
l'interrogazione 4-05835, seduta 261 del 22 gennaio 2010 nella quale è stato evidenziato che:
a) Astrazeneca e Simesa promuovono da qualche anno solo farmaci Astrazeneca, non solo, ma Astrazeneca scarica in Simesa i costi del personale impegnato per produrre per Astrazeneca;
b) Simesa ha effettuato co-promotion dei farmaci Astrazeneca, identici ai farmaci della stessa Simesa;
c) strane cessioni di ramo d'azienda e mobilità di Astrazeneca e Simesa, l'anomalia di cessione del ramo resp.gi e poi l'acquisizione di un ramo d'azienda resp.gi, richiedendone la verifica di legittimità;
d) consistenti riduzioni di personale ad avviso dell'interrogante operazioni che formalmente appaiono conformi alla disciplina vigente, ma in realtà tendono ad aggirare la normativa in materia»;
e si richiedeva:
a) quali iniziative intendono assumere per impedire che ammortizzatori sociali vengano concessi ad aziende farmaceutiche con floridi bilanci;
b) di acquisire elementi circa le operazioni finanziarie riguardanti i rapporti tra le due società Astrazeneca e Simesa;
c) se non si intenda acquisire elementi circa la gestione disinvolta di Astrazeneca e Simesa nel governare i listini di farmaci tra loro concorrenti erogati a carico del SSN;
d) di verificare l'opportunità della decurtazione del prezzo dei farmaci Astrazeneca e Simesa i cui costi sono stati abbattuti rispetto al momento della contrattazione dei prezzi;
l'interrogazione a risposta scritta 4/06677 del 31 marzo 2010, seduta 303 riguardante il licenziamento collettivo effettuato dalle aziende farmaceutiche attraverso cessioni di ramo d'azienda a società satelliti che simulano una continuità del rapporto di lavoro che spesso falliscono e che al momento dell'acquisto dei lavoratori presentano bilanci in rosso, contenente i seguenti elementi precisi:
a) Marvecspharma acquista di rami d'azienda da Pfizer, Simesa, Astrazeneca, a prezzi risibili in data 31 gennaio 2007, 26 luglio 2007, 5 ottobre 2007 e il giorno 11 gennaio 2008 pone in CIGS inizialmente 200 informatori scientifici del farmaco e subito dopo arriva a 450. In data 12 marzo 2010 annuncia di volere collocare altri 420 ISF in CIGS;
b) Astrazeneca (che è proprietaria anche di Simesa) ha indicato le motivazioni che l'interrogante giudica singolari per le quali ha provveduto alla consistente riduzione d'organico e ha effettuato il passaggio di lavoratori Simesa e Astrazeneca in Marvecspharma, posto in mobilità 288 lavoratori Astrazeneca e la successiva acquisizione di tutti gli ISF dipendenti da Simesa;
c) di verificare l'opportunità e la legittimità dell'erogazione di risorse da parte dello Stato alle aziende (Pfizer, Astrazeneca ed altre) che hanno licenziato centinaia di lavoratori e usufruito degli ammortizzatori sociali;
d) è stato richiesto ai Ministeri competenti se:
1) disponevano di elementi di conferma dei fatti descritti nell'atto e, nel caso affermativo, quali iniziative intendeva prendere il Governo a tutela degli ISF;
2) intendevano assumere iniziative volte ad attivare una accurata verifica

dei prezzi dei farmaci delle aziende che avevano abbattuto i costi di produzione attraverso drastici tagli di personale;
3) intendevano per quanto di competenza «effettuare una verifica dei contratti di cessione di ramo d'azienda e di mobilità effettuati dalle aziende farmaceutiche»;
l'interrogazione 4-09630 del 22 novembre 2010, seduta 399 con cui si chiedeva:
a) se non si ritenga di intervenire, per quanto di competenza, per evitare che l'azienda AstraZeneca continui a pubblicizzare farmaci identici con marchi diversi e con diversa autorizzazione all'immissione in commercio (AIC);
b) se non si ritenga di verificare, per quanto di competenza, se la gestione contemporanea da parte di AstraZeneca dei farmaci Simesa, identici ai farmaci AstraZeneca, entrambi tutelati da AIC avvenga nel rispetto delle norme che regolano la materia;
c) se l'informazione scientifica per i farmaci Simesa sia disposta dal responsabile del servizio scientifico Simesa;
d) se la farmacovigilanza sui farmaci Simesa è garantita da un responsabile alla farmacovigilanza Simesa;
e) se i campioni gratuiti dei farmaci Simesa consegnati ai medici, che la legge prevede in numero limitato, siano conteggiati a parte rispetto ai farmaci AstraZeneca consegnati dal singolo informatore scientifico del farmaco;
f) con quali modalità AstraZeneca indichi il numero delle visite annuali effettuate al singolo medico e se distingua le visite effettuate per i farmaci a marchio Simesa da quelle effettuate per i farmaci AstraZeneca, visto che trattasi dei medesimi farmaci;
g) se siano a conoscenza che aziende che hanno posto in mobilità gli informatori scientifici del farmaco o che hanno fatto ricorso a cessioni di ramo ad aziende, fallite subito dopo o che da mesi non erogano i pagamenti dovuti (stipendi, Fonchim, Faschim) agli informatori scientifici del farmaco acquisiti, starebbero facendo forti pressioni sugli informatori scientifici perché presentino le dimissioni e rinuncino al posto di lavoro;
h) quali iniziative si ritenga di assumere verso quelle che appaiono disinvolte gestioni di esuberi di personale tra gli informatori scientifici del farmaco e le operazioni fiscali su acquisti/cessioni -:
il fallimento della Marvecspharma service srl, dichiarato dal Tribunale di Milano, con sentenza n. 09/2011 del 13 gennaio 2011 e depositata il 14 gennaio 2011 evidenzia l'esattezza delle denunce poste all'attenzione dei Ministeri competenti;
se i Ministri interroganti, per quanto di competenza intendano verificare la legittimità delle cessioni di ramo d'azienda documentatamente di comodo effettuate nei riguardi di Marvecspharma service srl;
quali iniziative intendano assumere al fine di tutelare i lavoratori licenziati illegittimamente attraverso cessioni di ramo d'azienda fittizie;
quali iniziative intendano assumere nei confronti delle aziende farmaceutiche titolari di autorizzazione all'immissione in commercio, che consistono in vere e proprie concessioni, qualora dovessero avere agito in violazione di legge.
(4-10775)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e SBAI. -Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
si stima che nel mondo 140 milioni di donne e ragazze siano colpite dalle mutilazioni genitali, di cui circa 35 mila tra le immigrate in Italia;

questa pratica viola i diritti umani fondamentali delle donne e minaccia gravemente la loro salute;
il 6 febbraio 2011 si è celebrata in tutto il mondo la giornata mondiale contro l'infibulazione e le mutilazioni genitali femminili -:
quali siano le iniziative del Governo per combattere la pratica delle mutilazioni genitali femminili.
(3-01450)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO, BERRETTA, BURTONE, ZUCCHI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
giovedì 4 febbraio 2010, nel corso della trasmissione «Bontà loro», in onda su Rai Uno, il conduttore Alessandro Di Pietro, il cosiddetto «difensore civico della famiglia italiana», sollecitato da una domanda di Maurizio Costanzo sulla «emergenza pomodoro Pachino» ha dichiarato che la filiera del pomodoro di Pachino è in mano alla mafia e che quindi lo stesso va boicottato;
nello specifico, ha richiamato alcune dichiarazioni del procuratore Antimafia Pietro Grasso che sulla questione aveva detto che «Quel tipo di prodotto viene trasportato dal sud della Sicilia al mercato di Fondi, a Latina, per essere confezionato e poi trasferito nuovamente in Sicilia per la distribuzione nei grandi magazzini», aggiungendo che il mercato di Fondi è al centro di diverse indagini antimafia e che i passaggi forzati farebbero lievitare i costi al consumo fino ad undici volte il prezzo alla produzione (50 centesimi in media);
a seguito di questa analisi, il conduttore Alessandro Di Pietro ha invitato i consumatori a boicottare l'acquisto del pomodoro Pachino;
il mercato ortofrutticolo di Fondi è un centro agroalimentare all'ingrosso che ospita circa 120 aziende grossiste con punto vendita e la cui collocazione geografica lo rende un'importantissima piattaforma logistica europea nonché uno dei maggiori centri di approvvigionamento ortofrutticolo di tutta l'Italia;
a seguito dell'importante operazione antimafia «Sud Pontina» avvenuta in data 10 maggio 2010, risultato di indagini della direzione investigativa antimafia che hanno preso il via proprio dal mercato ortofrutticolo di Fondi, il procuratore nazionale antimafia, nel corso della conferenza stampa seguita alla maxi operazione a proposito dell'inquietante realtà che ne è emersa, ha parlato di una «rete criminale che questi clan hanno tessuto su gran parte del territorio nazionale che può tranquillamente essere definita federalismo mafioso»;

le indagini hanno evidenziato una vera e propria «filiera della mafia», nella quale i clan assumevano ogni decisione operando in forme talvolta monopolistiche così da imporre i prezzi di mercato, di fatto sottomettendo i produttori ed i distributori;
è evidente quindi che il problema non riguarda solamente il pomodoro Pachino ma un intero sistema che ha portato ad un'alterazione del mercato, con maggiorazioni dei prezzi sull'ortofrutta che, per effetto della irregolarità e della distorsione della lunga filiera, sono arrivati ad incrementi fino al 200 per cento, mettendo da un lato in serie difficoltà economiche i produttori e, dall'altro, alterando pesantemente l'intero mercato a totale discapito dei consumatori finali (oltre che degli operatori onesti);
a seguito delle esternazioni di Alessandro Di Pietro, le associazioni di categoria hanno vivamente protestato schierandosi a difesa del prodotto alimentare pomodoro di Pachino - che ha garantito lo sviluppo economico e sociale del territorio - e affermando che la mafia va combattuta incrementando il controllo del territorio e non penalizzando i produttori onesti;
le associazioni di categoria denunciano, inoltre, come mettere sotto accusa il pomodoro Pachino, proponendone il boicottaggio mercantile, è stato un errore gravissimo poiché si è penalizzato, inutilmente e solamente, la parte meno forte della filiera, criminalizzando uno dei prodotti simbolo del made in Italy agroalimentare;
associare il pomodoro di Pachino a fenomeni criminali e a chi specula sui troppi passaggi della filiera ha l'unico effetto di indebolire l'immagine, costruita con anni di lavoro e di investimenti, di un sistema che coinvolge oltre cinquemila imprese e che ha raggiunto performance commerciali elevatissime; al contrario, è fondamentale perseguire con maggiore impegno l'obiettivo di una filiera più trasparente con relazioni più dirette, tra produzione e distribuzione;
tutto ciò premesso, risulta quanto mai inopportuno e dannoso l'appello al boicottaggio del pomodoro Pachino, in considerazione del fatto che la questione riguarda l'intero mercato alimentare -:
se non si ritenga urgente predisporre una corretta e adeguata campagna informativa sulla questione esposta che tuteli gli imprenditori onesti dalla proposta di boicottaggio del pomodoro Pachino avanzata durante la puntata di «Bontà loro»;
se intendano intraprendere un'attività di monitoraggio dei prezzi relativi ai prodotti del settore agroalimentare;
quali provvedimenti urgenti intendano intraprendere per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose all'interno della filiera produttiva agroalimentare.
(5-04174)

Interrogazione a risposta scritta:

FALLICA, GRIMALDI, PUGLIESE, STAGNO D'ALCONTRES e TERRANOVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
durante la puntata del 3 febbraio 2011 della trasmissione «Bontà Loro» di Maurizio Costanzo, il giornalista Alessandro Di Pietro, adducendo prove ad avviso degli interroganti assolutamente inconsistenti, ha proposto di boicottare l'acquisto dei pomodorini di Pachino per presunte infiltrazioni mafiose tra i produttori;
è intollerabile, che in un programma del servizio televisivo pubblico, si destabilizzi uno dei più importanti comparti agricoli siciliani e nazionali, perpetuando nello stesso tempo i luoghi comuni contro i quali la Sicilia combatte ogni giorno -:
quali iniziative intenda prendere il Ministro interrogato per fare in modo che il settore agricolo siciliano non venga gravato di ulteriori problemi, oltre quelli già esistenti e per promuovere adeguate iniziative dirette a rettificare l'erronea

percezione della realtà che le incaute dichiarazioni del citato giornalista possono aver ingenerato nei consumatori.
(4-10774)

TESTO AGGIORNATO AL 9 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
con l'approvazione del disegno di legge «Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari» l'Italia è il primo paese in Europa ad avere etichette chiare e trasparenti a tutela dei prodotti tipici e tradizionali e a vantaggio dei consumatori che saranno informati sulla qualità del prodotto che acquistano;
come già segnalato in fase di approvazione della legge rimangono, tuttavia, ancora da approfondire, alcuni aspetti fondamentali, tra i quali il principale è rappresentato dal fatto che si tratta di un provvedimento applicato solo in Italia e non a livello europeo; la nuova disciplina, infatti, risulta avanzata rispetto all'orientamento europeo;
in sede europea è in discussione la proposta di Regolamento relativo alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori (COM(2008)40), presentata dalla Commissione il 30 gennaio 2008; nello scorso mese di dicembre in sede di Consiglio europeo Occupazione, politiche sociali, sanità e consumatori è stato raggiunto un accordo politico sulla proposta di regolamento rendendo obbligatoria solo l'etichettatura per gli indicatori nutrizionali, dei valori energetici e delle quantità di certi elementi (grassi, acidi grassi saturi, proteine, zucchero e sale);
l'obbligo d'indicare in etichetta il luogo di provenienza per i prodotti agricoli, per i prodotti mono ingrediente e per carne e pesce, ove utilizzati come unico ingrediente nei prodotti trasformati, che era stato introdotto in Parlamento europeo dopo il lungo e complesso lavoro della commissione agricoltura, è stato sostituito da un sistema di etichettatura su base volontaria, ad eccezione del caso in cui si induca in errore il consumatore; i Ministri europei poi per gli altri prodotti rimandano ad una relazione della Commissione, da presentare al Parlamento entro tre anni, per valutare l'opportunità di introdurre sistemi di etichettatura obbligatoria;
nei giorni scorsi è trapelata la notizia che i commissari alla salute, John Dalli e all'agricoltura, Dacian Ciolos hanno inviato una lettera al Ministro delle politiche agricole in relazione alla legge italiana sull'etichettatura nella quale definiscono «inopportuna» l'approvazione della normativa nazionale, in quanto «aggiunge tensione e complessità» ai negoziati in corso sulla direttiva riguardante le informazioni ai consumatori, sulla quale il 14 febbraio prossimo il Consiglio «adotterà formalmente una posizione comune», dopo il parere del parlamento europeo del 16 giugno 2010;
il 14 febbraio prossimo, quando i ministri della salute degli stati membri voteranno in seconda lettura la proposta di regolamento sulle informazioni ai consumatori, è quindi una data cruciale per difendere l'etichettatura di origine e l'Italia ha il compito di promuovere e far accogliere la posizione che, già maturata nel Parlamento europeo, chiede l'etichettatura per tutti i prodotti freschi e per quelli trasformati monoingrediente; infatti, da questo successo dipende la piena applicazione della normativa italiana sull'etichettatura di origine -:
se siano in corso sforzi negoziali, e quali, per assicurare che, nel Consiglio dei ministri della salute del 14 febbraio 2011; ci sia una maggioranza a favore dell'approvazione delle disposizioni sull'etichettatura d'origine prevista all'articolo 9, paragrafo 1, lettera i), della proposta di regolamento UE così come è stata approvata dal Parlamento europeo e che, prevedendo l'obbligo dell'etichettatura di origine per la carne, il pollame, i prodotti lattiero-caseari, gli ortofrutticoli freschi e gli altri prodotti a base di un unico ingrediente di carne, pollame e pesce ove utilizzati come ingrediente in prodotti alimentari trasformati, di fatto consentirà la piena applicazione della normativa italiana sull'etichettatura e il suo inserimento e coordinamento nella disciplina comunitaria in materia di etichettatura di origine.
(2-00960)
«Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Vaccaro, Fadda, Coscia, Madia, Siragusa, Villecco Calipari, Vannucci, Losacco, Bellanova, Nannicini, Cavallaro, Gianni Farina, Viola, Strizzolo, Baretta, Ferranti, Rigoni, Rubinato, Giorgio Merlo, D'Antoni».

Interrogazioni a risposta immediata:

DI BIAGIO - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione dei pazienti affetti da cidp, polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante, mette in luce una significativa carenza nel nostro sistema sanitario nazionale;
la cidp è una grave patologia del sistema nervoso periferico. Con le modalità specifiche di ciascun caso, le crisi arrivano a generare una progressiva paralisi degli arti, a cominciare dagli arti inferiori, con possibilità di evoluzione in tetraparesi e con rischi di insufficienze respiratorie per paresi delle corde vocali;
la gravità di questa patologia dal risvolto doloroso e invalidante, nonché il disagio, sia fisico che psichico, di questi pazienti hanno giustamente motivato l'intenzione di una loro maggiore tutela da parte del nostro sistema sanitario nazionale. Intenzione legittimata dal fatto che la cidp si trova iscritta nell'elenco delle malattie rare del Ministero della salute - allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 - codice di esenzione RFO180;
in merito alla delicata situazione sopra esposta, si manifesta una grave discordanza tra intenti e realizzazione effettiva nelle condizioni di assistenza a questi pazienti, discordanza legata, in primo luogo, alle consistenti difficoltà di accesso al trattamento terapeutico più accreditato per tale patologia, la somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa (IVIg). L'ampia letteratura in merito, sia sul territorio nazionale che in ambito internazionale - non ultimo un recentissimo contributo, presente su affermate riviste internazionali, dei neurologi dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Humanitas, legato all'Università di Milano - attestano che il trattamento con IVIg si trova in prima linea nella cura di neuropatologie autoimmuni e, in particolare, della cidp;
la somministrazione di immunoglobuline è praticata in day hospital a questi pazienti, con una certa regolarità che varia da caso a caso, presso le strutture ospedaliere di riferimento. Qualora questo iter incontri ostacoli, essi sono costretti, in caso di crisi in atto, a correre in pronto soccorso, dove vengono sottoposti a ricovero ospedaliero, nel corso del quale viene loro somministrata la terapia già menzionata;
la difficoltà di cui sopra si traduce nel fatto che, a dispetto della consistente e accreditata letteratura, nonché della stessa prassi ospedaliera, i pazienti si confrontano da alcuni anni con gravi restrizioni nell'accessibilità o disponibilità del farmaco: le loro esperienze evidenziano strutture farmaceutiche che affermano l'impossibilità di prescrizione del farmaco per il trattamento della cidp oppure che, pur in presenza di specifiche richieste mediche e piani terapeutici autorizzati, non ne hanno la disponibilità, avendo esaurite le rispettive voci previste dal bilancio annuale. Emergono spiacevoli situazioni che attestano mancanza di chiarezza, per non dire gravi carenze, sulle condizioni di assistenza di questi malati e sulle loro possibilità di trovare sul nostro territorio nazionale una sollecita e adeguata tutela;
parlare di «difficoltà di reperimento del farmaco» per questi pazienti corrisponde all'oggettivo e sofferto aggravamento di una situazione già di per sé non facile, né indolore: difatti, se la somministrazione non è praticata tempestivamente, il peggioramento delle condizioni del paziente, al manifestarsi della crisi, si fa rapido e drastico e, conseguentemente, il recupero è più lento e sofferto -:
se il Ministero interrogato sia a conoscenza di quanto evidenziato nelle premesse

e quali iniziative - anche di natura normativa - intenda predisporre al fine di rettificare la sopra indicata situazione di drammatica criticità, affinché agli intenti di tutela corrisponda un effettivo e pieno sostegno per coloro che, insieme alle loro famiglie, si trovano o possono trovarsi ad affrontare situazioni di cosi grave disagio.
(3-01447)

GIANNI, SARDELLI, BELCASTRO, CALEARO CIMAN, CATONE, CESARIO, D'ANNA, GRASSANO, IANNACCONE, MILO, MOFFA, MARIO PEPE (IR), PIONATI, PISACANE, POLIDORI, PORFIDIA, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SCILIPOTI e SILIQUINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore della legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, in Sicilia si è avviato il riordino della rete sanitaria attraverso percorsi di rifunzionalizzazione e/o conversione di alcuni presidi, oltre che tramite un ridimensionamento dei posti letto disponibili per l'intero territorio siciliano;
il dettato normativo sopra citato ha definito le regole perché si avviasse una riforma generale del settore sanitario, mantenendo ed assicurando gli standard minimi perché fosse garantito il diritto all'assistenza medica e, quindi, alla salute;
tale principio, nonostante le dichiarazioni dell'assessore regionale per la salute, è stato spesso messo in secondo piano, in virtù di tagli indiscriminati e spesso contrari allo stesso dettato legislativo;
i sempre più diffusi casi di malasanità che si sono registrati nell'isola non sono, spesso, riconducibili all'incuria del comparto medico, ma più verosimilmente alle condizioni precarie in cui gli operatori sanitari si vedono costretti ad operare, con condizioni sempre più inaccettabili in termini di strutture e servizi;
nonostante la politica di tagli indiscriminati adottata dall'assessore regionale per la salute, la maggior parte delle aziende sanitarie regionali continua ad aumentare la propria situazione debitoria, a fronte di una sempre più povera offerta sanitaria;
il legislatore regionale, nell'approvare le norme di riordino sanitario di cui sopra, ha espresso con chiarezza la volontà di potenziare l'offerta ospedaliera nelle aree considerate a rischio ambientale;
nettamente in contrasto con ciò appare la decisione di procedere, sostanzialmente, al declassamento dell'Ospedale «Muscatello» di Augusta, che rischia di diventare esclusivamente un presidio per la lungadegenza, in seguito alla decisone di sopprimere il pronto soccorso e di trasferire il reparto di ginecologia e di pediatria;
nel territorio in cui ricade l'Ospedale «Muscatello», ovvero quello di Augusta, zona ad alto rischio ambientale per la massiccia presenza di produzione di idrocarburi, i casi di malattie oncologiche sono, purtroppo, annualmente in crescita;
sia nella legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, sia nell'accordo sottoscritto il 31 luglio 2007 tra le parti in causa, in cui veniva definito il piano di contenimento e riqualificazione del servizio sanitario (piano di rientro della regione Sicilia) non si menzionano dismissioni di presidi sanitari, soprattutto se ricadenti in aree industriali a forte impatto ambientale, secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 3, della legge sopra citata;
a giudizio degli interroganti, la politica del Governo siciliano, in materia di sanità pubblica, si scontra, di fatto, con il dettato costituzionale in materia di diritto alla salute, penalizzando i cittadini della provincia di Siracusa, che, non solo subiscono le conseguenze determinate dal vivere in una zona a forte rischio ambientale, ma si vedono anche privare dell'unico presidio medico ospedaliero nell'area di Augusta -:
se non si ritenga necessario, per quanto di competenza, accertare la compatibilità delle scelte descritte in premessa

con il piano di rientro sottoscritto tra le parti e, nel caso, se non si ritenga opportuno avvalersi dei poteri sostitutivi previsti dalla normativa in materia.
(3-01448)

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in un farmaco il principio attivo costituisce l'ingrediente più importante, il componente chimico responsabile dell'attività curativa del medicinale;
il nostro Paese svolge il ruolo di vero e proprio leader mondiale nella produzione dei principi attivi farmaceutici; le ragioni di tale successo sono da ascriversi anche alla lunga tradizione italiana di ricerca e di presenza industriale nel campo chimico;
le numerose industrie chimiche farmaceutiche italiane di respiro internazionale si contraddistinguono per la qualità dei loro prodotti, certificata dalle norme Gmp (Good manufacturing practices), dal sistema qualità e dalla certificazione in accordo alle norme internazionali ISO 9000; la verifica del rispetto di tali norme da parte del Ministero della salute rappresenta una condizione preliminare per il rilascio alle aziende di settore dell'autorizzazione alla produzione. II successo internazionale delle aziende chimiche farmaceutiche italiane è confermato dal fatto che l'85 per cento del fatturato proviene da esportazione;
il 5 dicembre 2006 è stata approvata dal Parlamento europeo una dichiarazione sulla tutela dei consumatori finalizzata, in particolare, ad assicurare la tracciabilità dei principi attivi nei medicinali, attraverso l'apposizione di un'indicazione, sull'etichetta del farmaco, attestante il luogo di provenienza del principio attivo, le relative modalità di produzione e il rispetto degli standard di sicurezza garantiti dalle produzioni europee. La dichiarazione ha, inoltre, inteso obbligare produttori e importatori di principi attivi a presentare un «certificato di buone norme di fabbricazione (gmp)» rilasciato dalle autorità europee a seguito di ispezioni obbligatorie nelle fabbriche e nei laboratori;
l'ingresso nel mercato unico europeo di principi attivi provenienti da Paesi terzi, ma non coperti dalle medesime garanzie e non sottoposti a misure di tracciabilità, rischia di compromettere i livelli di sicurezza garantiti al consumatore in rapporto alla produzione nazionale; tale problema si pone, in particolare, per Paesi come la Cina e l'India, produttori di principi attivi, che ad oggi non devono sottoporre ad ispezione i propri laboratori per poter esportare prodotti farmaceutici in Europa. Diversamente avviene con le esportazioni di principi attivi da parte delle imprese nazionali, in quanto un'impresa europea che intenda esportare negli Stati Uniti deve sottoporre i propri laboratori ad ispezioni e soddisfare i criteri di gradimento della Food and drugs administration (Fda);
secondo uno studio pubblicato dall'Università di Würzburg per conto del Ministero tedesco per la salute, circa un terzo di tutti gli active ingredients importati sul mercato europeo nel periodo 2002-2003 da parte di Palesi non membri dell'Unione europea è contraffatto; la maggior parte dei prodotti proviene dall'India e dalla Cina (ove sono concentrati 10.000/15.000 produttori di principi attivi). I Paesi

nei quali non esiste una tradizione di norme sulla qualità nella produzione possono essere fonte di gravi pericoli per gli utenti, in quanto in tali realtà le imprese non sembrano essere preparate all'implementazione delle «norme di buona fabbricazione», da tempo in uso nei Paesi occidentali;
purtroppo, i medicinali ad oggi immessi in commercio nel nostro Paese non recano né sulla confezione, né sul foglietto informativo l'indicazione del luogo di produzione del principio attivo associato al farmaco; paradossalmente, una ben più ampia informazione è garantita al consumatore in relazione al luogo di produzione dei principali prodotti alimentari, che pure non costituiscono prodotti sanitari in senso tecnico, pur potendo condizionare in forma anche grave la salute umana -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per promuovere la produzione nazionale di qualità nel settore farmaceutico, offrendo ai consumatori un'effettiva trasparenza in merito alla provenienza dei principi attivi contenuti nei medicinali immessi in commercio nel nostro Paese.
(3-01449)

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TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARIANI. - Al Ministro del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 16 maggio 1996 è stata stipulata tra la Fondazione Carnevale di Viareggio e la Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento per il turismo, una convenzione ai fini della realizzazione della Cittadella del Carnevale con finanziamento agevolato ai sensi del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, recante «interventi urgenti in favore dell'economia», convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237;
la Fondazione Carnevale di Viareggio ha come unico socio fondatore il comune e tutti i membri del consiglio di amministrazione sono nominati dal sindaco;
la Fondazione è priva di risorse proprie e per le proprie attività riceve annualmente risorse direttamente dal comune di Viareggio per un ammontare di alcune centinaia di migliaia di euro;
in base all'articolo 7 della citata convenzione, la Fondazione ha chiesto autorizzazione al dipartimento del turismo per l'alienazione al comune di Viareggio del complesso immobiliare Cittadella del Carnevale, ottenendola in data 3 agosto 1998. L'atto di compravendita definitivo è del 19 luglio 2006;
successivamente, con atto d'obbligo del notaio Rizzo del 16 maggio 2002, la Fondazione ha vincolato, ai sensi dell'articolo 2 della citata convenzione, il complesso immobiliare Cittadella del Carnevale alla destinazione e all'uso previsti. Tale vincolo risulta tutt'ora iscritto a favore del Ministero delle attività produttive e del turismo (oggi Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri), con scadenza 30 luglio 2011;
attualmente il comune di Viareggio è proprietario del complesso immobiliare denominato Cittadella del Carnevale, complesso che è in uso alla Fondazione;
in data 16 aprile 2010 il comune di Viareggio ha richiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, il parere e l'autorizzazione alla vendita del suddetto complesso alla Fondazione Carnevale di Viareggio;
dal documento di richiesta di parere del comune di Viareggio del 16 aprile 2010 al dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, si evince che la Fondazione si è dimostrata disponibile all'acquisto e si è rivolta per il finanziamento ad una società di leasing che acquisirebbe il complesso immobiliare per

cederlo in leasing alla Fondazione, con l'obbligo (e non possibilità) per quest'ultima di acquistarlo al prezzo di riscatto al termine del periodo;
nella risposta del 30 aprile 2010, il capo dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, non configura alcun elemento ostativo all'autorizzazione alla vendita trattandosi di un atto di cessione uguale e contrario a quella per cui era stata concessa l'autorizzazione alla vendita. Essa tuttavia deve avvenire alle seguenti condizioni:
a) che permanga il vincolo di destinazione e d'uso iscritto contro la Fondazione Carnevale di Viareggio;
b) che rimangano in vigore gli impegni presi dal gestore (Fondazione e successivamente dal comune) in relazione all'utilizzo secondo quanto previsto dalla convenzione sulla cui base è stato concesso il contributo pubblico;
la cessione, organizzata con un'architettura negoziale complessa, vede protagonisti: il comune che vende l'immobile alla banca BNP ed incamera le risorse necessarie per riportare in pareggio il bilancio, e la Fondazione Carnevale di Viareggio, di fatto ente strumentale del comune, privo di adeguate risorse patrimoniali e finanziarie proprie, che sottoscrive con la BNP Paribas Lease Group spa un contratto di leasing immobiliare, di durata ventennale, per l'acquisto dell'immobile le cui condizioni sono state modificate in data 3 settembre 2010, con lettera della BNL indirizzata alla Fondazione Carnevale di Viareggio, con la quale la banca dichiara di accettare l'operazione acquisto della Cittadella insieme al Monte dei Paschi di Siena precisando che la stessa operazione necessita di ulteriori approfondimenti preliminari e dell'assunzione di una specifica approvazione creditizia e comunque solo in presenza di formali approvazioni degli organi deliberanti delle banche interessate; la nuova proposta prevede: durata 240 mesi; canoni mensili 24 di euro 40.500,00 + iva cadauno; 216 canoni mensili da euro 86.774,90 + iva cadauno, valore di riscatto 30 per cento + iva; tasso indicizzato euribor tre mesi 0,87900 per cento; spese istruttorie euro 800,00 + iva; modalità di pagamento prelievo RID;
in relazione a quanto sopra esposto, le risorse che annualmente l'amministrazione comunale dovrà trasferire alla Fondazione saranno superiori ad un milione di euro. Tale impegno si tradurrà nei fatti in una obbligazione diretta e presumibilmente crescente del comune;
si rileva che la forma del leasing, pur consentendo di iscrivere a bilancio il bene patrimoniale, non configura la proprietà e quindi, poiché si tratta di una vendita da ente pubblico (il comune) a un gruppo privato (le banche), essa non ricadrebbe nella fattispecie di un atto di cessione uguale e contrario; in questo caso, ad avviso dell'interrogante, essendo il parere viziato, potrebbe venir meno anche la clausola che prevede la permanenza del vincolo di destinazione e d'uso che scade il 30 luglio 2011;
inoltre, l'articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, vieta alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 la possibilità di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, e di rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali;
infine, la Corte dei conti, in una relazione inviata al Parlamento nel gennaio 2010, ha sottolineato che le operazioni di leasing immobiliare, pur previste dall'ordinamento, pongono evidenti problemi quando si ricorra ad esse con finalità elusiva della disciplina relativa all'indebitamento ovvero al rispetto del patto di stabilità e che pertanto lo strumento non

può essere utilizzato dagli enti locali per eludere i vincoli di finanza pubblica che l'ente è tenuto ad osservare -:
se il ministro condivida le preoccupazioni esposte in premessa e come intenda garantire la necessaria permanenza del vincolo di destinazione d'uso sulla Cittadella del Carnevale.
(5-04175)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Cazzola e altri n. 1-00427, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Garagnani n. 2-00810, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Ascierto n. 4-08320, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mario Pepe (IR) n. 4-08322, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Barbieri n. 4-08340, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gibiino n. 4-08341, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso n. 5-03353, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08355, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08356, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08357, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08358, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ghiglia n. 4-08378, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cazzola n. 4-08380, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08382, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08388, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08389, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-08391, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ghiglia n. 4-08392, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Renato Farina n. 4-08393, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Laboccetta n. 4-08395, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Bernini Bovicelli e Cazzola n. 5-03358, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-03368, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Bertolini n. 4-08528, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Garagnani n. 4-08535, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03382, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Desiderati n. 4-10721, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-10731, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n. 4-10732, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-10745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta scritta Bragantini e altri n. 4-10762, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Fugatti e Negro n. 5-04166, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 febbraio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Di Biagio n. 1-00451 del 7 ottobre 2010;
mozione Bosi n. 1-00488 del 9 novembre 2010;
mozione Villecco Calipari n. 1-00541 del 27 gennaio 2011;
mozione Di Stanislao n. 1-00543 del 31 gennaio 2011;
mozione Cicu n. 1-00551 del 31 gennaio 2011;
mozione Porfidia n. 1-00553 del 31 gennaio 2011;
mozione Lo Monte n. 1-00554 del 31 gennaio 2011;
mozione Tabacci n. 1-00558 del 1o febbraio 2011;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Tommaso Foti n. 4-04384 del 1o ottobre 2009;
interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-09907 del 13 dicembre 2010;
interrogazione a risposta scritta Di Biagio n. 4-10597 del 26 gennaio 2011;
interrogazione a risposta scritta Nicola Molteni n. 4-10617 del 27 gennaio 2011;

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Biagio n.4-03946 del 14 settembre 2009 in interrogazione a risposta in Commissione n.5-04172.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Mariani n. 4-08931 del 6 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n.5-04175.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Scilipoti n.4-10704 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 428 del 2 febbraio 2011. Alla pagina 19244, seconda colonna, dalla riga trentaquattresima alla riga trentaseiesima, deve leggersi: «scorporandolo dalla percentuale attribuita alla distribuzione intermedia (del 3 o 6,65 per cento) che non effettua direttamente trasporto dei farmaci,» e non «scorporandolo da 3 per cento attribuito alla distribuzione intermedia che non effettua direttamente trasporto dei farmaci,», come stampato.