XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 26 gennaio 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
in data 13 novembre 2007, il comandante pro-tempore del Corpo militare della Croce rossa italiana ha respinto la domanda di arruolamento di Stefania Ciamei;
contro la decisione l'interessata ha fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la cui terza sezione il 16 luglio 2008 ha annullato il diniego opposto dal comandante del Corpo militare della Croce rossa italiana, disponendo contestualmente l'arruolamento dell'interessata ricorrente nella sentenza n. 7944/08, depositata il 28 agosto 2008 e notificata il 24 settembre 2008;
avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale per il Lazio il Ministero della difesa ha fatto a sua volta ricorso presso il Consiglio di Stato, ottenendo il 9 ottobre 2010 l'annullamento della precedente pronuncia della giustizia amministrativa e la conseguente sospensione dell'arruolamento di Stefania Ciamei;
l'esclusione sembra in contraddizione sia con la presenza, all'interno della Croce rossa italiana, del Corpo infermiere volontarie, esclusivamente composto da donne, sia con le recenti innovazioni legislative che hanno aperto le Forze armate al reclutamento di personale femminile, cui sono state dischiuse anche mansioni che implicano l'esposizione al combattimento;
l'articolo 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226, prevede espressamente che i posti messi annualmente a concorso nelle carriere iniziali nelle forze di polizia ad ordinamento militare e civile e nel Corpo militare della Croce rossa siano riservati ai volontari in ferma prolungata di un anno, o in rafferma annuale, tra i quali possono esservi anche donne;
il medesimo articolo precisa tuttavia come sia necessario il possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle predette carriere;
alla base dell'incresciosa esclusione del personale femminile dall'accesso al Corpo militare della Croce rossa italiana può esservi l'assenza di una normativa relativa ai requisiti richiesti alle donne per farne parte;
non risulta che siano stati banditi concorsi per l'accesso al Corpo militare della Croce rossa italiana successivamente all'entrata in vigore della predetta legge 23 agosto 2004, n. 226,


impegna il Governo


ad assumere le iniziative necessarie a rimuovere la discriminazione compiuta a danno delle donne, rendendone possibile il reclutamento nel Corpo militare della Croce rossa italiana.
(7-00480)
«Gidoni, Negro, Chiappori, Fugatti, Cirielli, Fallica».

L'VIII Commissione,
premesso che:
il benzo(a)pirene è il componente più tossico tra gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), è classificato dallo IARC nel gruppo 1 per pericolosità («cancerogeno per l'uomo») ed è immesso nell'atmosfera da combustioni industriali e da inquinamento da traffico;
al benzo(a)pirene è associato, secondo l'OMS, un rischio di incremento di 9 casi di cancro ai polmoni ogni 100 mila abitanti per ogni incremento di 1 nanogrammo a metro cubo della sua concentrazione nell'aria;
il benzo(a)pirene era inizialmente disciplinato dal decreto legislativo n. 152 del 2007 che dava attuazione alla direttiva 2004/107/CE sugli IPA e sul benzo(a)pirene, il quale, nel fissare per tale inquinante il raggiungimento del valore obiettivo

di un nanogrammo a metro cubo entro il 31 dicembre 2012 per le aree urbane con meno di 150 mila abitanti, faceva salve le norme del decreto ministeriale 25 novembre 1994 per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti per le quali aveva pertanto confermato l'obiettivo di qualità (pari a 1 nanogrammo a metro cubo), previsto dal gennaio 1999;
il decreto legislativo n. 155 del 2010, abrogando il decreto legislativo n. 152 del 2007, nonché il citato decreto ministeriale 25 novembre 1994, ha eliminato il richiamato obiettivo di qualità dal 1o gennaio 1999 per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti, prevedendo invece il raggiungimento in qualsiasi zona del «valore obiettivo», sempre di un nanogrammo al metro cubo, entro il 31 dicembre 2012,


impegna il Governo:


a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a reintrodurre norme analoghe a quelle di cui al decreto legislativo n. 152 del 2007 in ordine al vincolo dell'obiettivo di qualità del benzo(a)pirene di un nanogrammo al metro cubo, già vigente a partire dal 1o gennaio 1999 per le aree urbane con più di 150 mila abitanti, anche per quanto concerne gli obblighi di intervento in caso di superamento dell'obiettivo di qualità medesimo;
a valutare l'opportunità di estendere il vincolo del citato obiettivo di qualità per tutte le aree urbane.
(7-00479) «Ghiglia».

La Commissione VIII,
premesso che:
l'11 gennaio 2011 durante un travaso da una nave cisterna alla centrale E.On di Porto Torres è stato riversato in mare un quantitativo elevato di olio combustibile che ha invaso e devastato l'intera costa del nord Sardegna;
l'azienda E.On, responsabile della banchina dalla quale si è verificato lo sversamento, ha dichiarato che si tratta di 10.000 litri di olio combustibile, ma appare ormai evidente, in base a tutti i rilievi effettuati, che si tratti di quantitativi notevolmente superiori a quelli dichiarati, riversatisi in mare perché la falla non è stata individuata in tempo;
l'incidente è accaduto nel porto industriale di Porto Torres dove, per un errore tecnico, sono stati sversati in mare molti metri cubi di olio combustibile destinati alla centrale termoelettrica di Fiumesanto, ai vecchi gruppi 1 e 2 che risalgono ai primi anni Ottanta;
l'olio combustibile riversato in mare è un prodotto petrolifero, un derivato appunto del petrolio. Le conseguenze sono gravemente dannose per l'ambiente proprio perché si tratta di un prodotto non biogeno;
la dinamica dell'olio combustibile è diversificata: una parte galleggia, una parte si raffredda, si mischia all'acqua di mare e crea grumi neri, una parte ancora cade nei fondali;
inizialmente sono risultate gravemente interessate le coste dei comuni di Sorso, Porto Torres e Sassari;
la situazione risulta essere particolarmente grave soprattutto nell'area di Platamona e nella Marina di Sorso dove si è spiaggiata una quantità enorme di catrame; un fronte di oltre 30 chilometri verso est, fino a Marritza e a Punta Tramontana, dove si è spostata l'ondata nera;
risulta essere stata gravemente interessata dall'inquinamento petrolifero anche l'area nord della provincia della Gallura, da Santa Teresa di Gallura ad Aglientu, aree vicine al parco nazionale dell'Arcipelago La Maddalena e alla riserva delle Bocche di Bonifacio, in territorio francese;
la procura della Repubblica di Sassari ha aperto un'inchiesta, affidata al sostituto procuratore Paolo Pira;

l'ipotesi di reato sarebbe disastro ambientale;
nell'area colpita da questo grave disastro ambientale non risulta in essere alcuna misura specifica di controllo ambientale, nessuna norma speciale di sicurezza per attività pericolose, nessun limite allo sviluppo industriale per proteggere questo prezioso ecosistema marino;
il Mediterraneo risulta essere il mare più inquinato al mondo da idrocarburi;
il 30 per cento del traffico commerciale di idrocarburi del pianeta transita nelle nostre acque e innumerevoli sono gli impianti industriali costieri che utilizzano tali risorse. La maggior parte dell'inquinamento arriva proprio dalle operazioni di travaso e trasporto di idrocarburi,


impegna il Governo:


a riferire nel più breve tempo possibile in modo puntuale e tempestivo gli effetti del grave danno provocato dallo sversamento nelle coste del nord Sardegna dell'olio combustibile fuoriuscito dalla banchina della società E.On;
ad adottare tutti i provvedimenti necessari a garantire puntuali ed efficaci azioni di bonifica sulla costa, sia per quanto riguarda gli interventi a terra che in mare;
a valutare l'opportunità di costituirsi parte civile per il risarcimento del danno provocato all'intera costa dal grave sversamento;
a promuovere nuovi regolamenti e norme di sicurezza che impediscano il ripetersi di simili disastri ambientali, al fine di tutelare le coste della Sardegna;
a predisporre urgentemente un protocollo di sicurezza che metta al sicuro il grande giacimento ambientale delle coste sarde.
(7-00481)
«Pili, Porcu, Nizzi, Vella, Ghiglia, Murgia».

La IX Commissione,
premesso che:
la normativa in materia di circolazione stradale è stata recentemente modificata dal Parlamento sulla base del criterio essenziale della tutela della vita e della sicurezza dei cittadini e dei conducenti degli autoveicoli di fronte a casi di comportamenti irresponsabili di alcuni guidatori avventati, che hanno provocato numerose vittime sulle strade;
il Governo è intervenuto con alcuni provvedimenti contenenti norme piuttosto rigide in materia di circolazione stradale, in risposta ad un sentimento diffuso nell'opinione pubblica di inasprimento delle regole relativamente alle violazioni del codice della strada;
dopo alcuni mesi, però, si sono registrate diverse disfunzioni e applicazioni inappropriate delle suddette normative che a volte si sono rivelate ingiustamente vessatorie e strumentali applicazioni della legge per finalità estranee alla medesima. In tal senso la normativa concernente il ruolo degli enti locali beneficiari in gran parte delle sanzioni pecuniarie è stata ulteriormente prevista dal Governo al fine di evitare abusi e di risolvere le difficoltà di bilancio di comuni e province con strumenti impropri: infatti, le difficoltà di bilancio dei comuni non possono consentire inutili vessazioni che nulla hanno a che fare con le violazioni del codice della strada. Con la presente proposta di legge, composta da un articolo unico, si introducono modifiche al codice della strada con l'obiettivo innanzitutto di circoscrivere casi di particolare gravità e giustamente sanzionabili con pene pecuniarie-amministrative significative distinguendoli però da violazioni di lieve entità che richiedono un maggiore senso di responsabilità da parte degli enti locali soprattutto nel caso di conducenti per i quali la guida dell'automezzo costituisca l'attività professionale prevalente o esclusiva;
infine, per prevenire eventuali abusi peraltro già verificatisi in molte

realtà del Paese, da parte degli enti locali, sono state aumentate le sanzioni nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto agli obblighi di legge, e si è previsto pure nell'ambito della conferenza provinciale permanente un obbligo per il prefetto di verificare il corretto utilizzo da parte degli enti locali degli strumenti di rilevamento della velocità,


impegna il Governo:


a promuovere alcune iniziative normative dirette a modificare l'articolo 142 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 nel senso di:
a) subordinare la possibilità di prevedere limiti di velocità diversi da quelli previsti dalla citata norma al fatto che l'ente proprietario abbia accertato situazioni di pericolosità tali da compromettere la sicurezza stradale;
b) prevedere un periodico controllo da parte dell'ente proprietario sulle apparecchiature per il calcolo della velocità;
c) prevedere che, nel caso in cui la guida del veicolo costituisca per il conducente che abbia effettuato una violazione che dovrebbe implicare la sospensione o il ritiro della patente di guida la sua attività professionale prevalente o esclusiva, il prefetto possa sulla base di una specifica istanza presentata dall'interessato entro cinque giorni dal ritiro della patente disposto ai sensi dell'articolo 218, prevedere che la citata sanzione amministrativa accessoria sia comminata per un periodo inferiore a quello previsto dal primo periodo, ovvero possa concedere, durante la sospensione, un permesso di guida temporaneo per un numero di ore giornaliero idoneo a consentire l'esercizio dell'attività professionale;
d) innalzare la sanzione irrogata nei confronti degli enti locali che non trasmettano la relazione prevista dal comma 12-quater dell'articolo 142 del nuovo codice della strada, dal 30 al 40 per cento;
e) prevedere, nell'ambito della conferenza provinciale permanente di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300, che il prefetto sia tenuto a convocare semestralmente gli organismi pubblici e le associazioni private più rappresentative nel campo della sicurezza stradale al fine di verificare il corretto utilizzo da parte degli enti locali degli strumenti di rilevamento della velocità.
(7-00482) «Bergamini, Garagnani».

TESTO AGGIORNATO AL 5 APRILE 2011

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI, GIOVANELLI e GHIZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 22 gennaio 2011 a causa di una grossa nevicata è crollato il tetto del convento di San Bernardino ad Urbino;
il convento, del '500, è attiguo alla chiesa che costituisce il mausoleo dei duchi di Urbino;
il monumento è di grande importanza e valore culturale ed architettonico; progettato da Francesco di Giorgio Martini ospitava, come noto, la pala di Brera di Piero della Francesca;
il convento abitato da una comunità di frati minori conventuali è stato prontamente evacuato ed è stato momentaneamente chiuso al pubblico il mausoleo;
la proprietà del convento appartiene alla provincia Picena di San Giacomo della Marca, mentre il mausoleo dei Duchi è di proprietà comunale;

i danni registrati sono ingenti e non si sa ancora se quanto accaduto possa pregiudicare l'apertura al pubblico del mausoleo, eventualità che sarebbe preoccupante vista la mole di visitatori della chiesa, sono pochi infatti i turisti che visitando le bellezze di Urbino non si rechino a visitare il mausoleo dei duchi;
come noto il centro storico di Urbino è dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco;
i siti dell'Unesco beneficiano per legge dello Stato italiano di una priorità di attenzione;
appare indispensabile intervenire prontamente per evitare l'ulteriore degrado del monumento che potrebbe pregiudicare il completo recupero;
occorre intervenire per scongiurare la chiusura del mausoleo e per restituire ai quattro frati residenti la sede propria della loro missione -:
se il Ministro sia stato informato dell'accaduto;
se intenda disporre un'immediata verifica ed una approfondita analisi della situazione che coinvolga tutte le amministrazioni dello Stato interessate;
se vi sia la possibilità, anche attraverso il dipartimento della Protezione civile, di disporre un pronto intervento per la messa in ripristino;
se intenda, sulla base di un progetto generale, finanziare e con quali strumenti, il restauro dell'intero complesso costituito dal convento di San Bernardino e dall'attigua chiesa Mausoleo dei Duchi di Urbino.
(5-04105)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Manifesto del 25 gennaio 2010 si apprende che terminata, la scorsa estate, una prima fase di rilevazioni del fondale marino al largo della Sicilia alla ricerca di possibili giacimenti sia di petrolio che di gas, l'inglese Northern Petroleum ha annunciato ai suoi azionisti la decisione di dare avvio alle trivellazioni entro la fine del prossimo mese di aprile 2011;
un decreto firmato il 26 agosto del 2010 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stabilisce un limite di sicurezza di 12 miglia entro il quale è vietato eseguire le trivellazioni e la Northern Petroleum monterà le piattaforme oltre questo limite, il che però non rassicura rispetto ad eventuali incidenti;
in particolare le caratteristiche del fondale del canale di Sicilia preoccupano soprattutto per l'esistenza di forti rischi sismici;
una ricerca condotta dalla sezione di Catania dell'Istituto di geofisica e vulcanologia evidenzia la presenza al largo di Sciacca di una vasta area vulcanica «attiva e di grandi dimensioni», ma anche di altri vulcani sottomarini che, ricorda sempre lo studio, potrebbero «in qualsiasi momento dare luogo a eruzioni sottomarine di tipo esplosivo le quali, a loro volta, potrebbero generare tsunami» con le conseguenze immaginabili da tutti;
inoltre, ci sono i possibili danni che un'attività legata all'estrazione del petrolio potrebbe portare per la flora e la fauna marina;
in Sicilia attualmente sono dodici le concessioni vigenti sia per la ricerca che per l'estrazione di petrolio e riguardano anche zone di alto valore ambientale e turistico;
inoltre, dall'articolo si apprende che la legge fissa per le piattaforme off shore anche una franchigia di produzione di 50

mila tonnellate di petrolio annue, sotto la quale non è previsto alcun pagamento di royalties, già di per sé particolarmente basse -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla possibilità che un terremoto sia generato nel canale di Sicilia a causa di attività estrattiva;
quali iniziative si stiano promuovendo per tutelare il Mediterraneo dal rischio trivellazioni anche rispetto agli altri Paesi che vi si affacciano;
se non si ritenga comunque di assumere iniziative per interdire nel frattempo le trivellazioni e comunque disincentivarle economicamente.
(4-10587)

NUCARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la presenza di acqua, le opportunità di accesso a tale risorsa e la sua distribuzione e controllo sono questioni strategiche che incidono nei rapporti fra le diverse aree del mondo e costituiscono un problema fondamentale in Italia;
la Corte costituzionale nella seduta del 12 gennaio 2011 ha ritenuto legittimo ed ammesso il referendum contro la privatizzazione dei servizi Idrici;
il Concordato del 1929 tra lo Stato italiano e lo Stato della Città dei Vaticano all'articolo 6, primo comma, prevede che «l'Italia provvederà a mezzo degli accordi occorrenti con gli Enti interessati che alla Città del Vaticano sia assicurata un'adeguata quantità di acqua in proprietà»;
l'ulteriore accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede del 18 febbraio 1984 nulla chiarisce in merito, lasciando inalterato quindi quanto previsto dal citato articolo 6;
la definizione di «adeguata quantità di acqua» è tale da poter essere soggetta a qualunque interpretazione;
lo Stato italiano deve rimborsare l'ACEA, società fornitrice per tutto ciò che attiene alle necessità dello Stato Città del Vaticano in relazione alle forniture idriche, e ciò comporta un onere pari a diversi milioni di euro l'anno;
sulla base degli atti non è chiaro se la fornitura idrica debba essere assegnata anche alle 13 dipendenze della Santa Sede che godono del regime di extra-territorialità;
nulla è scritto nel Concordato per quanto concerne il servizio afferente le acque reflue, «bianche» e «nere» che costituiscono un onere per chi gestisce tale servizio -:
a quanto ammonti, in metri cubi, la fornitura idrica dell'ACEA e quale sia l'onere finanziario a carico dello Stato italiano;
quali siano le informazioni del Governo in ordine alle motivazioni che inducono la Santa Sede a non onorare i pagamenti relativi al riciclo delle acque;
quali iniziative intenda assumere il Governo italiano per indicare in via definitiva a quanto debba ammontare la fornitura idrica e, considerato il problema del riciclo delle acque, quale direttiva intenda impartire per il pagamento degli oneri finanziari relativi;
se, più in generale, il Governo non ritenga sia giunto il momento di una revisione critica del Concordato almeno per gli aspetti sopra citati.
(4-10588)

SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato stampa diramato il 24 gennaio 2011 da Amia, azienda municipalizzata

di igiene ambientale di Palermo, si legge: «L'Amia ha completato la verifica sui disagi provocati giovedì scorso dal contemporaneo guasto delle pale meccaniche della discarica di Bellolampo che trasportano i rifiuti dalla stazione di trasferenza ai trituratori. I commissari straordinari hanno disposto l'immediato trasferimento di chi è risultato responsabile di comportamenti e ritardi che stanno alla base dei fatti accertati. Intanto, però, la volontà dell'azienda di recuperare nel fine settimana l'arretrato di giovedì è stata vanificata dal fatto che, nonostante la disponibilità manifestata, il trituratore gestito da Unieco, sebbene sabato abbia lavorato tutto il giorno, ieri, domenica, ha solo stoccato rifiuti che triturerà oggi. Quindi, nel fine settimana il trituratore Mammouth a noleggio ha potuto trattare solo una parte dei rifiuti raccolti sabato e ieri, mentre l'arretrato nella stazione di trasferenza è rimasto tale e quale, anzi la giacenza è aumentata. Molti camion anche oggi sono pieni in attesa di scaricare, e sono saltati diversi turni di raccolta. È stato possibile ripulire solo alcune zone della città. Per tale ragione l'Amia ha installato nei pressi della stazione di trasferenza un terzo trituratore fisso più piccolo per cercare di velocizzare, a partire da oggi, lo svuotamento dell'area di stoccaggio. E solo da oggi si dovrebbe riuscire a pretrattare più rifiuti di quelli raccolti in città nella giornata, a intaccare la mole di arretrato e a riattivare con regolarità le operazioni di scarico degli autocompattatori. In tale situazione è probabile che occorreranno diversi giorni per rimuovere dalle strade tutti i cumuli di rifiuti. I commissari straordinari di Amia rilevano che questa ennesima emergenza, a parte contingenti anomalie organizzative che sono state definitivamente e drasticamente affrontate, anche questa volta deriva dalla mancanza, negli anni passati, di investimenti in discarica, che oggi si presenta inadeguata sotto il profilo infrastrutturale e di mezzi, vetusti e non manutenzionati per anni. La gestione commissariale è costretta ad affrontare le continue emergenze con manutenzioni straordinarie e con provvedimenti tampone, in quanto il mancato trasferimento dei fondi assegnati dal Cipe impedisce a tutt'oggi di realizzare gli investimenti, già programmati e progettati da Amia, che imprimerebbero una svolta radicale alla gestione della discarica»;
in merito alla discarica di Bellolampo l'interrogante ha più volte chiesto l'intervento del Ministro interrogato in diversi atti di sindacato ispettivo, da ultimo con le interrogazioni 5-02533 del 22 febbraio 2010 e 4-08939 del 6 ottobre 2010 -:
per quali motivi non siano state ancora accreditate ad Amia le somme assegnate dal Cipe, e, in particolare, se non ritenga il Ministro di accelerare le procedure per permettere ad Amia i necessari interventi strutturali;
se non ritenga urgentissimo ogni intervento utile a verificare se la raccolta differenziata nella città di Palermo sia conforme a quanto previsto dalle normative, posto che in questo momento consta all'interrogante che sia limitata al porta a porta in una zona limitatissima della città.
(4-10610)

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AFFARI ESTERI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
nel periodo di Natale dell'anno 2004, Simona Ciavarra cittadina italiana residente a Ostellato (Ferrara) si trovava a Danzica, Polonia, presso la nonna materna ove si era trattenuta ancora qualche settimana dopo la partenza dei genitori;
il 14 gennaio 2005 era uscita di casa per acquistare una rivista da leggere durante il viaggio di ritorno verso l'Italia ma non fece mai ritorno;

il 15 gennaio la ragazza veniva ritrovata priva di vita sulla pensilina di un edificio a fianco di quello della nonna, e il corpo presentava ecchimosi sul collo, un dente rotto e sangue sulla bocca come le fosse stato impedito con violenza di gridare e chiedere aiuto;
a 3 mesi dall'accaduto il caso veniva archiviato come irrisolto senza tuttavia approfondire le indagini;
tra le ipotesi avanzate è stato prospettato il suicidio ma i familiari respingono questa tesi poiché Simona era cattolica osservante e praticante, con un grande rispetto per la vita, in procinto di laurearsi e molto legata alla sua famiglia;
a fronte di una evidente carenza nelle indagini della polizia locale al fine di approfondire le possibili dinamiche e la causa della morte di questa ragazza, la famiglia ha conseguentemente svolto proprie ricerche;
i genitori di Simona Ciavarra si sono rivolti al consolato italiano a Varsavia senza peraltro ricevere alcuna risposta e, a quel che segnalato dai medesimi genitori, sarebbero stati trattati in maniera sbrigativa, successivamente hanno presentato il caso della propria figlia all'Ufficio dei Casi Irrisolti a Danzica dove hanno atteso per ore senza ottenere alcun riscontro -:
se corrisponda al vero che il console italiano abbia avuto tale comportamento;
se il Ministro abbia elementi in relazione alle indagini da parte degli organi inquirenti e sugli esiti che queste abbiano avuto;
se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per poter dare una risposta ai familiari che da troppo tempo attendono invano di conoscere la verità.
(2-00946) «Bratti».

Interrogazione a risposta scritta:

GIULIETTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 14 dicembre 2010, l'ex direttore del centro di permanenza temporanea Regina Pacis di San Foca (Lecce), don Cesare Lodeserto, è stato condannato con rito abbreviato a un anno e quattro mesi di reclusione per truffa aggravata ai danni dello Stato. Don Cesare avrebbe indebitamente percepito oltre 230.000 euro da parte del Dipartimento per le pari opportunità, somma destinata al programma «Ali Nuove» - per il recupero delle donne scampate alla prostituzione e alla cosiddetta «tratta di esseri umani» - mai utilizzata per il finanziamento del programma;
per don Lodeserto si tratta della quarta condanna. Nel maggio del 2005 era stato condannato a otto mesi di reclusione per simulazione di reato, avendo inviato al proprio telefono cellulare minacce di morte al fine della concessione della scorta. Nel luglio dello stesso anno era stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per violenza privata e lesioni ai danni di 17 migranti di origine maghrebina che avevano tentato la fuga dal centro di Regina Pacis. Infine, nel settembre del 2007, era stato condannato dal gup del tribunale di Lecce a cinque anni e quattro mesi di reclusione per i reati di calunnia, minaccia per costringere a commettere reati, abuso di mezzi di correzione e sequestro di persona nei confronti di alcune ragazze migranti ospiti del centro;
don Lodeserto vive dalla fine del 2007 in Moldavia, a Chisinau, dove è stato inviato dall'arcivescovo di Lecce monsignore Cosmo Francesco Ruppi in missione fidei donum; ivi continua a gestire altri progetti della fondazione regina pacis -:
risulta dal medesimo sito della fondazione che il patronato Acli di Chisinau, soggetto che agisce sotto la vigilanza del

Ministero del lavoro e delle politiche sociali, abbia sottoscritto un accordo con la fondazione «Regina Pacis» del 2009 e che il Ministero degli affari esteri fosse informato di tale accordo;
nonostante le condanne nei confronti di don Cesare Lodeserto risulterebbe che la fondazione «Regina Pacis» continui a lavorare in Moldova, Ucraina, Romania e nel territorio della Transnistria -:
se esistano forme di collaborazione tra la fondazione «Regina Pacis» e i Ministeri o enti sottoposti alla vigilanza dei Ministri interrogati e se non si ritenga di interrompere ogni collaborazione con la citata fondazione fintantoché don Cesare Lodeserto ricopra ruoli di responsabilità nella medesima, viste le gravi e numerose condanne nelle quali è incorso.
(4-10609)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

FLUVI, RUGGHIA, GAROFANI, RECCHIA, MOGHERINI REBESANI, LAGANÀ FORTUGNO, VILLECCO CALIPARI, LA FORGIA e GIANNI FARINA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 27 ottobre 2010 è apparso sul giornale Il Tirreno un'articolo con un elenco di 37 nomi (militari e civili), che furono internati o deportati nei campi nazisti e che, alla fine del loro calvario, sono stati sepolti in Germania, Austria e Polonia;
la pubblicazione della notizia ha profondamente emozionato i familiari di questi caduti e li ha anche sorpresi perché: «...purtroppo chi nel dopoguerra si occupò di ricercare, riesumare e traslare i nostri Caduti nei cimiteri militari italiani, si "dimenticò" d'informare i familiari dell'avvenuta inumazione, negando a migliaia di famiglie italiane di avere almeno una tomba su cui piangere»;
l'unico ente dello Stato legalmente autorizzato ad approntare le pratiche relative al rimpatrio di caduti in guerra è, al momento, il Commissariato generale per le onoranze ai caduti di guerra (Onorcaduti);
il legittimo desiderio dei familiari di riportare in patria le salme dei loro parenti incontra anche difficoltà economiche, considerato che le spese sono a carico dei richiedenti;
con le ultime leggi finanziare sono stati profondamente ridimensionati i fondi per l'esercizio, con particolare riguardo a quelli destinati alle associazioni combattentistiche nonché a quelli destinati ad Onorcaduti senza nessun riguardo ai valori fondamentali che queste associazioni hanno il compito di onorare e mantenere vivi -:
se, considerato il ritardo con cui i familiari sono venuti a conoscenza della tumulazione dei loro parenti, intenda adoperarsi per agevolare il rientro in patria di queste salme e rendere possibile, anche attraverso iniziative normative, una partecipazione alle spese da parte dell'amministrazione della difesa.
(4-10592)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRAZIANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto all'articolo 1, commi 460 e 461, che la società Sviluppo Italia Spa, ora Invitalia spa, assuma la denominazione di Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo

d'impresa Spa, a capitale interamente pubblico, e predisponga un piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie nei settori non strategici di attività, piano che, entro il 31 dicembre 2010, come da ultimo prorogato, preveda un numero di società controllate ridotto a non più di tre, la cessione, anche tramite una società veicolo, delle partecipazioni di minoranza acquisite. Per le società regionali si procede di intesa con le regioni interessate anche tramite la cessione a titolo gratuito alle stesse regioni o altre amministrazioni pubbliche delle partecipazioni;
in data 27 marzo 2007 è stata emanata la direttiva del Ministero dello sviluppo economico recante priorità e obiettivi dell'Agenzia, nonché indirizzi per il piano di riordino e dismissione delle partecipazioni societarie e per la riorganizzazione interna della società. Tra gli obiettivi prioritari caratterizzanti l'azione della stessa figurano il recupero e la crescita del Mezzogiorno, l'implementazione del suo sviluppo e la convergenza verso le aree sviluppate del Paese;
in particolare per le società regionali, Invitalia avrebbe promosso il trasferimento delle stesse alle amministrazioni regionali e per agevolare tale processo avrebbe potuto garantire, mediante contratti pluriennali, lo svolgimento di attività e servizi già svolti dalle medesime società regionali. La direttiva menzionata ha previsto che il piano di riordino fosse attuato nel pieno rispetto della salvaguardia dei livelli occupazionali, secondo criteri di efficienza e valorizzazione delle risorse umane;
in Campania, la legge regionale n. 1 del 2008 (legge finanziaria 2008), all'articolo 36 ha previsto l'acquisizione a titolo gratuito da parte della regione delle partecipazioni detenute dall'Agenzia nelle società regionali, senza oneri a carico del bilancio regionale, e secondo un piano aziendale che definisca le attività, gli ambiti di intervento e le risorse necessarie, lasciando immutate le forme contrattuali dei rapporti di lavoro in essere;
da quella data la regione discute sulla modifica dell'articolo 36 citato, a fronte della richiesta dell'Agenzia di circa 5 milioni di euro per l'acquisizione delle partecipazioni e del patrimonio immobiliare della società regionale. Il 20 febbraio 2009 è stato firmato dalla regione, dal Ministero dello sviluppo economico e dall'Agenzia un protocollo di intesa in cui vengono stabilite le modalità operative del trasferimento, subordinato al passaggio delle competenze statali alle regioni previste dal decreto legislativo n. 185 del 2000 e della relativa dotazione finanziaria. Dopo la proroga al 31 dicembre 2010 per il completamento del piano di riordino e dopo l'insediamento della nuova giunta regionale non è stato avviato alcun tavolo di trattativa ufficiale;
al momento risulta costituita la sola Newco finanza e le società di scopo continuano ad esistere. La società veicolo è stata costituita attraverso la variazione della ragione sociale di Sviluppo Italia Lazio Spa in Invitalia Partecipazioni Spa, in essa è confluita, in contrasto con la legge finanziaria 2007 e la relativa direttiva ministeriale menzionate la società regionale Sviluppo Italia Piemonte Spa che a sua volta ha incorporato le società regionali Marche, Emilia Romagna e Lombardia. 8 società regionali sono state cedute alle amministrazioni regionali o loro controllate, mentre le altre continuano ad essere controllate da Invitalia. Per queste ultime le trattative per la cessione sono ferme per motivi diversi. In data 8 ottobre 2010 sono state messe in liquidazione, con avvio della procedura di messa in mobilità di tutti i dipendenti, 4 società regionali - Campania (65 lavoratori), Calabria (140), Sardegna (12) e Abruzzo (19) - e per esse non è stato previsto l'inserimento nella società veicolo al pari delle altre società regionali;
ad ora, è dato constatare:
il mancato rilancio delle attività delle società regionali. È stato favorito soltanto quello delle attività della capogruppo: alle società regionali sono state

sottratte attività, attribuendo nuove commesse, operative anche su territori periferici, solo alla capogruppo. Le attività dell'agenzia sono quelle riferite al decreto legislativo n. 185 del 2000 che resta senza possibilità di rifinanziamento ma che contribuisce in maniera rilevante al fatturato aziendale e in maniera esclusiva al fatturato delle società regionali;
la mancata salvaguardia dei livelli occupazionali. L'avvio della procedura di mobilità oltre a non essere prevista da nessun atto di origine ministeriale o dell'agenzia riguarda società regionali meridionali;
una certa sperequazione tra centro e periferia, sia con riguardo alle attività sia con riferimento ai dipendenti. Per quanto attiene al primo aspetto, se finora le società regionali hanno operato in convenzione con Invitalia, attraverso contratti unilaterali che prevedono notevoli margini a favore della stessa, ora talune attività sono state sottratte alle società regionali e svolte dalla sede centrale, con notevole incremento dei costi e dispersione delle professionalità territoriali. Sul piano delle risorse umane, la disparità di trattamento è evidente non solo nella messa in mobilità presso le sedi regionali, ma anche dall'incertezza che i livelli occupazionali siano garantiti nel medio-lungo periodo anche dopo la conclusione degli accordi con le amministrazioni regionali -:
quali iniziative, misure e provvedimenti il Ministro interrogato vorrà intraprendere per evitare la chiusura delle società regionali e l'abbandono del territorio da parte delle istituzioni preposte allo sviluppo del Mezzogiorno coinvolgendo le regioni interessate alle procedure per la messa in mobilità dei lavoratori e, in particolare, la regione Campania, al fine di salvaguardare il knowhow dei dipendenti, quel valore aggiunto che hanno realizzato per l'Agenzia e che possono ancora offrire allo sviluppo e alla crescita del territorio campano e delle altre regioni e di evitare l'ulteriore impoverimento delle regioni in un momento economico sfavorevole.
(5-04112)

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la cooperativa sociale «La Picena» a. r. l. con sede in Grottammare è stata esclusa dal diritto all'attribuzione della quota del cinque per mille per l'anno d'imposta 2008, così come da disposizione del direttore regionale dell'Agenzia delle entrate delle Marche n. 27356 del 17 novembre 2010;
l'esclusione è stata motivata dalla mancata presentazione della dichiarazione sostitutiva prevista dall'articolo 1 - comma 6 - del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2008, il cui termine di scadenza del 30 giugno 2009 è spirato inutilmente;
le cooperative sociali sono ONLUS di diritto -:
quali motivazioni abbiano dettato la dichiarazione di decadenza dal diritto all'attribuzione del cinque per mille, dal momento che si tratta di una cooperativa sociale che è ONLUS di diritto;
se non si ritenga di chiarire che la dichiarazione sostitutiva di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 aprile 2009, non debba essere richiesta alle cooperative sociali, in quanto si tratta di ONLUS di diritto.
(5-04113)

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Infracom Spa è una società di telecomunicazioni con sede in piazzale Europa a Verona e con capitale sociale pari a 24.148.000 euro. La società è composta da 36 soci tra i quali risultano Infragruppo spa (che detiene il 66 per cento di Infracom), Serenissima Brescia-Padova Holding spa (10,18 per cento) e Società delle autostrade di Venezia e Padova spa (2,13 per cento). Attualmente Infracom è a capo di

un gruppo di aziende diversificate che gestisce oltre 6.000 chilometri di cavi gestiti in 31 città. È anche leader in Italia nell'erogazione di servizi per la mobilità autostradale e urbana;
Infracom è stata fondata nel 1999 con il nome di Serenissima Infracom. Nel corso del 2003 ha acquisito Autostrada TLC, operatore nazionale di primaria importanza nell'offerta di soluzioni di connettività alle grandi imprese, e nel settembre dello stesso anno l'assemblea straordinaria della società ha approvato la fusione per incorporazione di Autostrada TLC in Serenissima Infracom e il conseguente cambiamento del nome in Infracom Italia;
Infracom è cresciuta attraverso l'acquisizione di Multilink, operatore di telefonia in Veneto, e Inform, società leader nelle soluzioni per la Pubblica amministrazione e per il settore «finance». Nel corso del 2002 Infracom ha acquisito il controllo di Wintec. Nel 2003 ha acquisito il 100 per cento di Autostrade Telecomunicazioni e si è dotata di una dimensione nazionale. Nel 2004 ha proceduto alla partecipazione di Acantho, operatore di TLC dell'Emilia Romagna. Nel 2005 Infracom Italia ha acquisito, inoltre, le società Area Partners, STT e Netscalibur, oltre alla partecipazione in Thera, ratificata nel 2006;
come riportato nell'edizione del 14 gennaio 2011 del quotidiano Il mattino di Padova «Il nodo Infracom arriva al pettine di Autostrada Brescia-Padova: il 27 gennaio 2010 verrà esposto al Consiglio di amministrazione della concessionaria il piano industriale e la manovra finanziaria prevista per la società di telecomunicazioni controllata dalla Brescia-Padova. Sul tavolo, però, ci saranno anche i conti di Infragruppo - che controlla il 66 per cento di Infracom ed è riferibile al 49 per cento a Serenissima - e della stessa Infracom. E i numeri delle due società produrranno effetti negativi nel conto economico 2010 della Brescia-Padova. L'impatto è in fase di definizione, ma risulta già evidente che Infragruppo - la cui proprietà è per il 49 per cento di Serenissima, per il 27,05 per cento di sviluppo mobilità, per il 21,7 per cento di Imi Investimenti e per il 2,23 per cento di Rdz Net - porterà in dote alla società Brescia-Padova qualcosa come una perdita pari a 131,2 milioni e un patrimonio netto negativo pari a 94,3 milioni al di sotto del limite legale»;
nello stesso articolo si dà conto che «Infragruppo, a fronte di tale situazione, a fine dicembre 2010 aveva convocato un'assemblea chiamata a decidere se ricapitalizzare la società o, in alternativa, procedere alla messa in liquidazione. Per scongiurare il peggio, la Brescia-Padova si è assunta gli obblighi derivanti dal contratto di finanziamento in essere tra Cassa di risparmio del Veneto e Infragruppo. Va ricordato, infatti, che per acquisire le azioni Infracom, Infragruppo ha contratto un debito di 135,5 milioni con Cariveneto e di 37 milioni verso Serenissima. Debito che doveva essere estinto attraverso la quotazione in Borsa di Infracom che, invece, non è andata in porto»;
nonostante i soci di maggioranza di Serenissima abbiano nel recente passato rifinanziato Infracom con 50 milioni di euro, il bilancio consolidato del gruppo (al 31 dicembre 2009) ha visto il valore della produzione attestarsi a 256 milioni di euro, (contro i 273 del 2008) e il margine operativo lordo diminuire a 45 milioni (contro i 50 del 2008). Il risultato netto operativo del gruppo Infracom è risultato quindi pari a 13,2 milioni di passivo;
la solidità patrimoniale della società Autostrada Brescia-Padova, titolare della concessione di servizi autostradali la cui scadenza è fissata per il 2013 e il cui rinnovo è, allo stato attuale, sottoposto a una procedura di infrazione dell'Unione europea, risulterebbe messa in discussione a causa di una garanzia rilasciata alla partecipata Infracom per i debiti da questa contratti. Di conseguenza la società concessionaria potrebbe essere chiamata a rispondere dell'esposizione finanziaria nei

confronti del gruppo Intesa (162.000.000 euro di cui 135.000.000 dovuti al finanziamento della società Infragruppo, e 37.000.000 prestati a Infracom);
per effetto del sopra esposto quadro finanziario si profila il rischio per gli enti pubblici, rappresentanti la maggioranza dell'azionariato della società Autostrada Brescia-Padova, di perdere per intero la loro quota di capitale;
come risulta dalla risposta scritta fornita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli l'8 marzo 2010 all'interrogazione n. 4-03019 presentata il 14 maggio 2009, «la situazione della società Autostrada Brescia-Padova Spa è oggetto da tempo di un attento monitoraggio da parte dell'Ispettorato di vigilanza concessioni autostradali (Ivca) a tutela degli interessi pubblici sottesi». Nel medesimo atto, il Ministro ha ricordato altresì come «nonostante precedenti interventi di Brescia-Padova la situazione di Infracom presenta margini di criticità per quanto attiene alla relativa situazione economica, tali da far ritenere necessaria, tra l'altro, una significativa immissione di liquidità»;
inoltre, secondo quanto contenuto nella sopra citata risposta del Ministro «l'ispettorato, alla luce della definizione del quadro oggetto di analisi ispettiva, procederà alla valutazione di ogni pertinente iniziativa, ivi compreso, ove sussistano gli elementi di legittima applicabilità, il procedimento sanzionatorio, a danno della concessionaria. È stato comunque formulato un preciso richiamo formale alla concessionaria al fatto che le operazioni in questione non possono e non debbono influire negativamente sul piano economico e finanziario, né distogliere, in alcun modo, risorse necessarie per lo svolgimento delle attività assentite in concessione»;
il 30 settembre 2010 il presidente di Infracom Roberto Reboni ha presentato le dimissioni «in seguito al perdurare di una situazione societaria piuttosto critica», come ha specificato il quotidiano Il Giornale di Vicenza in un articolo pubblicato a ottobre 2010. La stessa fonte ha puntualizzato come Reboni avrebbe rimesso il mandato «dopo alcuni tentativi di trovare la quadra su un piano di reale risanamento e rilancio della società messa a dura prova dalla crisi del settore ma anche dalla forte esposizione finanziaria, e non ultimo, dalla perdita di commesse, quindi di fatturato»;
a dicembre è stato nominato presidente di Infracom Attilio Schneck, attuale presidente della provincia di Vicenza e della società Serenissima autostrade, che ha manifestato pubblicamente l'intenzione di vendere Infracom;
in questa situazione di difficoltà, e in assenza di un piano industriale - concordato con tutti i soggetti pubblici coinvolti e sottoposto a valutazione del Governo, vista l'importanza strategica della rete autostradale oggetto di concessione - appare sempre più concreto il rischio che alcune partecipate di Infracom vengano vendute in modo poco trasparente e antieconomico;
recentemente Infracom è stata esclusa dalla gara sui telepedaggi Anas sui raccordi autostradali «I chiarimenti chiesti dal raggruppamento d'imprese capitanate da Infracom con riferimento alla gara per la fornitura e la messa in opera di un sistema di pedaggi senza barriere sulle autostrade e i raccordi autostradali appaiono costituire un'offerta condizionata che in quanto tale non può essere suscettibile di valutazione, meritando invece l'esclusione dalla procedura», si legge nella motivazione della III sezione del Tar del Lazio -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti esposti in premessa;
quali iniziative concrete i Ministri intendano assumere, per il tramite dell'ispettorato di vigilanza delle concessioni autostradali Ivca, a tutela degli interessi pubblici;
in che modo intendano monitorare le criticità di Infracom sopra descritte, al

fine di scongiurare effetti negativi per i cittadini utenti e per il servizio pubblico di cui la società Autostrada Brescia-Padova è concessionaria.
(4-10605)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

CASSINELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa confermate da fonti della polizia penitenziaria riferiscono che la scorsa settimana, all'interno della casa circondariale di Genova Marassi, un agente della polizia penitenziaria in servizio è stato aggredito e ferito mentre tentava di sedare una rissa tra alcuni detenuti albanesi;
la condizione delle carceri della Liguria, ed in particolare di quella di Marassi, è sempre più preoccupante: il numero di agenti di polizia penitenziaria impiegati nelle strutture liguri è pari a circa il 68 per cento del numero previsto e necessario (864 a 1.264), mentre la media nazionale, pur critica, è dell'847 per cento; solo nel penitenziario di Marassi mancano 150 unità; il sovraffollamento medio delle carceri liguri si afferma al 142 per cento;
nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad ora degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata dagli agenti di polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose per l'incolumità loro ed anche dei detenuti -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per far sì che la situazione delle carceri della Liguria, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità.
(4-10589)

LUCIANO DUSSIN, DOZZO e GUIDO DUSSIN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tribunale di Treviso è in difficoltà operativa perché risulta essere sotto organico da ormai troppo tempo;
il Ministro interrogato è già informato dell'attuale insostenibile situazione e delle relative ripercussioni negative che investono a tal riguardo l'intera provincia trevigiana -:
come e quando intenda intervenire per risolvere il problema segnalato.
(4-10594)

DI BIAGIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 12 maggio 2008, l'onorevole e avvocato Buonfiglio, veniva nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, Sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari e forestali;
lo stesso, dunque, essendo incorso in una delle cause di incompatibilità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), e comma 4 della legge 215 del 2004, formulava al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, istanza di sospensione dall'esercizio della professione, in conformità al dettato normativo che considera l'incarico governativo causa di impedimento temporaneo all'esercizio della professione;
il Consiglio dell'Ordine di Roma, nella persona del suo Presidente pro-tempore, avvocato Alessandro Cassiani, ritenendo la fattispecie della sospensione incompatibile con quanto previsto dall'ordinamento professionale di appartenenza, chiedeva all'istante di procedere a cancellazione volontaria dall'albo;
in conformità, l'onorevole avvocato Antonio Buonfiglio inviava la dichiarazione così come richiesta dal Consiglio e, conseguentemente, subiva:
a) l'interruzione del periodo di esercizio continuativo della professione

necessario per ottenere l'abilitazione al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori;
b) la cancellazione della posizione contributiva dalla Cassa di Previdenza, con perdita dei versamenti effettuati;
da un esame di altre situazioni consimili, membri di Governo, anche avvocati, risultano regolarmente iscritti ai rispettivi ordini professionali;
in passato, successivamente all'entrata in vigore della norma in esame, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma non ha inteso procedere alla cancellazione di altro Sottosegretario, per di più alla Giustizia;
sulla scorta di tali informazioni, il 5 ottobre 2010, l'onorevole Buonfiglio, nell'intento di regolarizzare la propria posizione, ha chiesto la revoca del provvedimento adottato e la reiscrizione con efficacia retroattiva, seppure in regime di sospensione;
nell'adunanza del 14 ottobre 2010, il Consiglio ha rigettato detta istanza «ritenendo la carica di Sottosegretario incompatibile con l'iscrizione» e non con l'«esercizio della professione», come recita il dettato normativo;
non solo, a seguito delle dimissioni dal Governo, in data 15 novembre 2010, ha nuovamente presentato domanda di reiscrizione ottenendo un ulteriore diniego sul presupposto che fosse necessario «documentare la causa di cessazione dell'incompatibilità», nonostante la conoscenza oggettiva non solo per la mediaticità dell'evento ma anche per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 2010;
in data 22 novembre 2010, infine, ha richiesto copia integrale del primo provvedimento di diniego e degli atti a corredo non ricevendo, ad oggi, alcuna risposta;
la situazione dinanzi descritta procura un evidente nocumento sia di natura professionale che economica all'onorevole Buonfiglio, stante la palese violazione delle finalità individuate dalla richiamata legge - secondo cui l'attribuzione di cariche di governo o politiche non deve essere d'ostacolo al percorso professionale di chiunque sia chiamato a ricoprirle - ma anche, e soprattutto, del principio di uguaglianza;
tutto ciò premesso e considerato, appare grave che una legge dello Stato possa avere diverse ed arbitrarie applicazioni a seconda della dislocazione territoriale dell'ordine di appartenenza e che all'interno dello stesso Consiglio dell'Ordine, possano tollerarsi disparità di trattamento;
occorre chiarire se la postilla inserita nella domanda di iscrizione al Consiglio dell'Ordine di Roma, riferita alla legge professionale del 1934, sia tuttora vigente ovvero in che modo essa trovi applicazione, tenuto conto che ha ad oggetto l'autocertificazione dell'insussistenza di situazioni di incompatibilità derivanti da «qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle province, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficienza, della Banca d'Italia, della lista civile, del Gran Magistero degli ordini cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati, ed in generale di qualsiasi altra Amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni»;
appare inoltre sconcertante che si disconosca il valore di pubblicità legale attribuito alla Gazzetta Ufficiale -:
se e in che modo gli ordini professionali abbiano ritenuto di considerare la posizione degli avvocati che ricoprono l'ufficio di parlamentari;
se intenda assumere le iniziative di competenza nei confronti del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma a fronte di disparità palesemente contrastanti con la legge in vigore oltre che con il dettato costituzionale.
(4-10608)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 13 ottobre 2010 è stata presentata dal firmatario del presente atto un'interrogazione relativa ai fatti del 2 febbraio 1992 quando l'ex colonnello dell'Aeronautica militare italiana, Sandro Marcucci, rimase vittima di un strano «incidente aereo», mentre era in missione di avvistamento incendi per la regione Toscana;
in data 27 ottobre 2010 il Governo, per voce del Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti, Bartolomeo Giachino, ha confermato la propria disponibilità ad avviare una ricerca sia presso i propri archivi sia presso quelli dell'Enac della documentazione inerente all'incidente in questione al fine di valutarne gli elementi di rilievo;
alla data odierna il Governo non è stato ancora in grado di fornire gli annunciati chiarimenti sul caso in questione -:
di quali elementi sia venuto a conoscenza o quali accertamenti abbia raccolto in merito alla vicenda.
(5-04106)

Interrogazioni a risposta scritta:

D'INCECCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
circa 35 anni fa è stata realizzata una importante strada di collegamento tra Pescara e il territorio circostante denominata comunemente «Asse attrezzato» e indicata come raccordo autostradale 12 Chieti-Pescara;
tale strada, realizzata con l'intento di alleggerire il traffico sulla SR 5 Tiburtina Valeria, è diventata di fatto una strada urbana della città di Pescara ed è percorsa quotidianamente da migliaia di pendolari che la utilizzano per raggiungere i luoghi di lavoro e di studio;
la legge 163 del 2010 prevede che sull'asse attrezzato di Pescara possa essere applicato un pedaggio, anche se la complessa situazione giuridica della strada non consente di individuare con chiarezza chi e come questo pedaggio dovrebbe incassarlo;
la strada risulta gestita, oggi, dall'Anas in base ad un rapporto concessorio provvisorio, siglato in due riprese tra il concessionario consorzio industriale e gestore Anas;
il pagamento di un pedaggio sull'asse attrezzato di Pescara rappresenterebbe un grave colpo per decine di migliaia di utenti, già provati dalla crisi economica, e un balzello micidiale per operatori economici, imprese, nei loro collegamenti con l'hinterland e con assi viari di raccordo con il resto della regione;
forte preoccupazione per l'eventualità di un pedaggio è stata espressa sia dai consigli comunali e provinciali di Pescara, che hanno approvato documenti all'unanimità, sia dal consiglio regionale dell'Abruzzo che, con una mozione approvata all'unanimità, ha chiesto di valutare la declassificazione dell'arteria metropolitana da raccordo autostradale a strada a scorrimento veloce;
da alcuni approfondimenti tecnici, infatti, sarebbe emerso che l'asse attrezzato, in quanto raccordo autostradale, cosi come definito dalle norme, potrebbe non possedere tutti i requisiti di sicurezza previsti per questa tipologia di arteria viaria, soprattutto in relazione alle caratteristiche delle rampe di uscita e dei guard-rail e che, anche sotto il profilo tecnico, sarebbe utile una sua riclassificazione a superstrada;
inoltre l'asse attrezzato è stato realizzato con la specifica finalità di facilitare e snellire il traffico veicolare tra il capoluogo adriatico e le zone industriali e commerciali

dell'area metropolitana Pescara-Chieti, pertanto l'apposizione di un pedaggio, oltre a procurare un grave danno economico, rischia anche di rallentare la circolazione sulla stessa via oltre che su altre arterie, come la statale Tiburtina, che sarebbe preferita dagli utenti nel tratto comune Chieti-Pescara, ingolfando i centri urbani e provocando un aumento dell'inquinamento e dei pericoli -:
se sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte, se non ritenga utile una sua iniziativa ai fini di una verifica tecnica sulla strada in questione, per accertare l'eventuale declassificazione, per motivi tecnici e di sicurezza, del raccordo autostradale 12 Chieti-Pescara a superstrada.
(4-10595)

PAGANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 24 dicembre 2010 un convoglio ferroviario intercity in partenza da Torino e diretto in Sicilia è giunto a destinazione 21 ore oltre l'orario di arrivo previsto, fatto questo confermato da tutte le agenzie di informazione;
testimonianze dirette riferite alla stessa data hanno altresì evidenziato che un secondo convoglio intercity in partenza da Milano e avente medesima destinazione avrebbe percorso la propria tratta nonostante la totale assenza a bordo di servizi igienici;
i disservizi derivanti da tali circostanze hanno sovraesposto l'utenza a disagi gravi e di vario ordine. L'assenza dei servizi igienici sui convogli, ad esempio, oltre a non essere giustificabile in nessun caso, e soprattutto in presenza di mezzi a lunga percorrenza, diventa ancora più odiosa quando, come accaduto nel caso di specie, costringe lo stesso treno ad effettuare soste più numerose e più durature. A causa di tale disservizio, infatti, tutti i passeggeri, senza riguardo alcuno e con grande nocumento per gli utenti affetti da problemi di salute e di mobilità, sono stati invitati dal personale di bordo a servirsi delle aree di servizio attrezzate nelle singole stazioni ferroviarie, con conseguenti ritardi sulla tabella di marcia;
le spiacevoli circostanze più sopra esposte destano particolare preoccupazione per almeno tre ordini di ragioni. In primo luogo perché i disservizi hanno gravemente penalizzato soprattutto i cittadini italiani di origine meridionale in partenza da Torino e Milano, ossia da due dei centri nevralgici del nostro Paese che hanno maggiormente tratto dei benefici economici dalle migrazioni interne. In secondo luogo perché si sono verificate a ridosso di un periodo dell'anno - le festività natalizie - caratterizzato da maggiore mobilità e che pertanto, in virtù di tale peculiarità, richiederebbe un potenziamento del servizio ferroviario;
occorre inoltre rilevare che i disservizi che i passeggeri sono costretti a patire - sebbene siano in possesso di regolare titolo di viaggio -, e che hanno raggiunto l'apice della gravità nel periodo natalizio, purtroppo non possono considerarsi «occasionali». Gli utenti di Trenitalia, specie coloro che sono diretti al Sud Italia, devono, infatti, misurarsi quotidianamente con vetture fatiscenti e maleodoranti; con una gestione della climatizzazione assurda che costantemente è rovente nel periodo estivo e gelida in quello invernale; con la scarsità dei posti disponibili; con ritardi sulla tabella di marcia sempre più frequenti e sempre più dilatati;
i fatti summenzionati sembrerebbero essere la dimostrazione concreta di una preoccupante strategia posta in essere da Trenitalia nei confronti del Meridione d'Italia; strategia contraddistinta dal progressivo disimpegno e decurtamento dei convogli ferroviari, nonché volta a scoraggiare nei viaggiatori la scelta del mezzo ferroviario in favore di forme di trasporto alternative -:
se il Ministro non ritenga opportuno accertare le cause dei fatti esposti in premessa; quali siano le iniziative di propria competenza che il Ministro intende

porre in essere affinché venga garantita l'omogeneità, in termini tanto di quantità quanto di qualità, delle prestazioni ferroviarie su tutto il territorio nazionale, in modo da favorire il progetto di rilancio del Mezzogiorno annunciato dal Governo in occasione del lancio del cosiddetto «Piano per il Sud».
(4-10598)

DE ANGELIS. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale Cassia è l'unica via di collegamento tra Roma e Viterbo e con moltissimi altri centri urbani e di grande interesse artistico non serviti dall'A1;
il manto stradale è rovinato in molti tratti e laddove è stato rifatto manca di segnaletica orizzontale con evidenti ricadute sugli standard di sicurezza soprattutto della circolazione notturna;
da Monterosi a Viterbo la Cassia attraversa i centri abitati di Sutri, Capranica, Cura di Vetralla e Vetralla ed è rallentata dal traffico pesante e da quello agricolo -:
a che punto di attuazione sia il progetto di raddoppio della via Cassia nel tratto Monterosi-Viterbo;
cosa intenda fare l'ANAS per mettere in sicurezza la via Cassia (manto stradale drenante, segnaletica orizzontale e verticale).
(4-10601)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MESSINA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la direzione risorse umane del comune di Firenze ha sospeso il pagamento del gettone di presenza ai consiglieri circoscrizionali, in seguito al parere interpretativo sulla recente modifica dell'articolo 82 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, espresso dalla ragioneria di Stato in risposta ad una richiesta del comune di Bari (prot. n. 0082428 del 7 ottobre 2010);
l'articolo 82 comma 2 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, così come modificata dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce infatti che nessuna indennità sia dovuta ai consiglieri circoscrizionali ad eccezione dei consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane;
il parere della ragioneria di Stato sopra menzionato afferma che: «Non appare sufficiente lo status di capoluogo di regione per legittimare l'attribuzione dei gettoni di presenza ai consiglieri circoscrizionali. Tale attribuzione deve ritenersi legittima solo in presenza di Città Metropolitane a tutti gli effetti costituite»;
l'interpretazione della ragioneria appare però ad avviso dell'interrogante non in linea i criteri interpretativi delle norme giuridiche, disciplinati dall'articolo 12 delle preleggi, secondo cui, quando l'interpretazione letterale appare equivoca, come nel caso di specie, si deve ricorrere all'interpretazione logica (volontà del legislatore) o sistematica (inquadramento della norma nell'ordinamento giuridico anche costituzionale);
l'interpretazione sistematica in tal modo consentirebbe l'attribuzione del gettone di presenza ai consiglieri circoscrizionali, poiché Firenze è ricompresa nelle città metropolitane previste dalla Costituzione;
inoltre è da considerare che, a norma dell'articolo 77 del TUEL: «la Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge» e che,

secondo quanto previsto dal comma 2 del suddetto articolo, tra gli amministratori vanno compresi anche i componenti degli organi di decentramento;
a parere dell'interrogante, la sospensione della liquidazione del gettone di presenza costituisce un arbitrio -:
se, non essendo il parere della ragioneria vincolante, non si intenda sciogliere l'equivoco interpretativo che si è generato.
(5-04114)

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
individuare al più presto gli autori delle liste di ebrei «influenti» che compaiono sulle pagine italiane del Forum neonazista Usa Stormfront è la richiesta bipartisan che arriva da tutto il mondo politico italiano, nel giorno della pubblicazione della notizia delle blacklist trascritte, a più riprese, sul sito americano. L'indignazione, per questo gesto, è unanime; dal Ministero della giustizia si afferma l'impegno del Governo a condannare un simile gesto. Una delle azioni che verranno intraprese sarà la sigla del protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità, protocollo di strategica rilevanza poiché mira alla repressione dei reati di tipo razzista e xenofobi commessi attraverso sistemi informatici. Alla polizia postale, adesso, spetterà il compito di lavorare sulle tracce telematiche lasciate dagli autori di quei post, che, nel loro forum, ostentano sicurezza e spavalderia: «Non abbiamo commesso nessun reato» sostengono convinti, scandendo ancora insulti antisemiti;
Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, e promotore di un appello per introdurre in Italia il «reato di negazionismo», oltre ad esprimere solidarietà a tutte le persone inserite nella lista, evidenzia come il vuoto legislativo possa rendere difficile il contrasto a questo fenomeno. «Sulla rete - dice - il sistema è totalmente fuori controllo. In Italia, dopo le nostre denunce è stato possibile far oscurare i siti perché è stata rintracciata la sede legale e quindi si è potuto agire di conseguenza, ma sulla rete questo non è possibile. Il problema è che queste persone, o gruppi organizzati, possono ricominciare altrove, in Paesi dove non è possibile scoprirli o raggiungerli per le vie legali poiché non vi è collaborazione in ambito giudiziario con il Paese che li ospita». Le possibilità di intervento, per le autorità, ci sono: «In Italia - osserva Pacifici - siti neonazisti sono stati chiusi e se la comunità ebraica americana presenta le denunce di rito anche negli Stati Uniti si potrà intervenire. Lancio un appello alle istituzioni, al governo italiano affinché si rendano promotori di una legge internazionale, in Italia c'è e funziona bene, che possa contrastare questo fenomeno»;
della necessita di un intervento su internet, a livello legislativo, parla anche il Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) - istituto che appena un mese fa aveva denunciato l'incremento dell'antisemitismo on-line: «Occorre, senza ledere i diritti, stringere le maglie del controllo». La rivelazione di un sito antisemita, strettamente legato ad esponenti del Klu Klux Klan, che si rende portavoce della pubblicazione di numerosi nominativi ebraici influenti nel mondo della finanza e dei media, conferma che la diffusione dell'antisemitismo on-line non si è arrestata. Per questo, consapevolmente, quest'anno, tra le manifestazioni organizzate in occasione del Giorno della memoria, ci sarà anche una «tavola rotonda, promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sul tema del pregiudizio antiebraico nell'epoca di internet», sottolinea Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di combattere l'insorgenza di fenomeni neo-nazisti, che, purtroppo, è sempre più diffusa on line.
(4-10590)

TESTO AGGIORNATO AL 1° MARZO 2011

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, COSCIA, DE PASQUALE, SIRAGUSA, ANTONINO RUSSO, DE TORRE, PES e ROSSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è stata di recente accolta dal tribunale amministrativo regionale del Lazio la prima class action italiana contro la pubblica amministrazione;
l'azione avviata contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fa riferimento alle cosiddette «classi pollaio», ossia quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni supera i limiti fissati dalla legge, con grave danno per la sicurezza di studenti e insegnanti;
dal punto di vista della giurisdizione, il tribunale amministrativo regionale ha ritenuto immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, in quanto: «Sono in primo luogo da sciogliersi i dubbi circa i profili di ammissibilità dell'azione, dichiaratamente fondata sulle norme di cui al decreto legislativo 20 dicembre 2009 n. 198 (in Gazzetta Ufficiale, 31 dicembre, n. 303) recante "attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici". Trattasi di uno strumento di tutela aggiuntivo rispetto a quelli previsti dal codice del processo, azionabile da singoli "titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori" od anche da "associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati" comunque appartenenti alla pluralità citata»;
in tema di numero massimo di alunni per aula, il tribunale amministrativo regionale ha dedotto la mancata emanazione, del «piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica» previsto dall'articolo 3 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009 n. 81. La norma, da ultimo citata, prescrive che «per il solo anno scolastico 2009-2010 restano confermati i limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 24 luglio 1998, n. 331, e successive modificazioni, per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze», «il decreto interministeriale del 23 settembre 2009, emanato in dichiarata attuazione dell'articolo 3 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, non avrebbe la natura ed i requisiti di un piano di riqualificazione scolastica ma quelli, ben più limitati, di un elenco di edifici scolastici in situazione di criticità per i quali sono ammessa deroghe rispetto al numero massimo di alunni. La natura contingente e non pianificatoria dell'elenco adottato risulterebbe altresì dal limite che le stesse amministrazioni avrebbero concordemente fissato in seno al decreto, consistente nell'inserimento - fra le situazioni critiche - di un massimo del 28 per cento delle strutture scolastiche insistenti nel territorio regionale;
il tribunale amministrativo regionale, accertata la mancata emanazione del piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica previsto dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, ha ordinato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed al Ministero dell'economia e delle finanze, l'emanazione, di concerto, del predetto piano generale, entro 120 giorni dalla comunicazione o notifica della sua sentenza in materia;
pertanto, il Ministro interrogato ha 120 giorni di tempo per emanare un piano in grado di rendere sicure le aule scolastiche ed evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna;

la stampa ha riportato dichiarazioni del Ministro interrogato che tendono a eludere o a ridimensionare il significato di tale decisione del tribunale amministrativo -:
quali siano le iniziative concrete che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende adottare per dare attuazione a quanto previsto dalla sopracitata sentenza del tribunale amministrativo regionale Lazio e dalle disposizioni regolamentari vigenti.
(5-04107)

GHIZZONI, TOCCI, BACHELET, MAZZARELLA e NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato ha definito nuovi requisiti necessari all'attivazione di tutti i corsi di laurea e di laurea magistrale con il decreto ministeriale 22 settembre 2010, n. 17 (che sostituisce i contenuti del decreto ministeriale n. 544 del 2007); il decreto ministeriale era stato già annunciato «in corso di adozione» nella nota n. 18 del 27 gennaio 2010;
l'approccio adottato nel decreto ministeriale, precipuamente finalizzato alla riduzione della spesa e alla contrazione dell'offerta formativa, costringe gli atenei esclusivamente al rispetto di meri vincoli quantitativi, inducendo l'adozione formale di regole piuttosto che l'avvio di processi di autocorrezione nella direzione della trasparenza e della qualità;
il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti solo il 20 gennaio 2011, a distanza di ben quattro mesi dalla sua adozione;
l'adozione del decreto ministeriale impone ora ai diversi atenei una complessa e defatigante riprogettazione della propria offerta formativa, peraltro già definita in tempi assai recenti con il decreto ministeriale n. 544 del 2007, che necessita di adeguati tempi operativi e di programmazione;
sul decreto ministeriale in questione non è stato chiesto al Consiglio universitario nazionale di rendere il proprio parere nonostante il provvedimento sia destinato a incidere profondamente sulla programmazione didattica degli atenei nei prossimi anni, inducendo lo stesso organismo, nell'adunanza del 6 ottobre 2010, ad adottare una propria mozione per manifestare «vivo disappunto» a tale proposito. Nella medesima mozione il Consiglio universitario nazionale ha espresso un giudizio decisamente negativo sull'approccio adottato per la redazione nel decreto ministeriale contestandone la stessa ragione d'essere, dichiarata nella premessa e cioè che il precedente decreto ministeriale n. 544 del 2007 non abbia portato progressi significativi in ordine alla proliferazione di corsi di laurea e di laurea magistrale. Il Cun, infatti, ricorda che «dai dati disponibili nelle Banche dati del Miur e del Cineca risulta che, dopo aver raggiunto un numero massimo pari a 5519 nell'anno accademico 2007/2008, il numero di corsi di studio non potrà superare nel corrente anno accademico la soglia dei 4598 immessi in banca dati Off.f Inoltre, i corsi aperti alle immatricolazioni pure, vale a dire i corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico, dopo aver raggiunto un picco di 3103 non potranno essere nel nuovo anno accademico più di 2501, con un sostanziale ritorno alle dimensioni precedenti alla riforma dei due cicli quando i corsi erano 2444;
l'articolo 1, comma 2, del decreto ministeriale n. 17 del 2010 dispone che «i termini temporali per l'applicazione del presente decreto sono stabiliti con il decreto ministeriale relativo alle linee generali d'indirizzo della programmazione delle Università per il triennio 2010-2012, in coerenza con l'attuazione del quadro generale delle indicazioni operative previste da tali linee generali d'indirizzo finalizzato alla razionalizzazione e alla qualificazione dell'offerta formativa»;
lo schema del citato decreto ministeriale relativo alle linee generali d'indirizzo della programmazione delle università per

il triennio 2010-2012 è stato trasmesso, per il previsto parere, a Crui, Cun e Cnsu con nota n. 105 il 27 ottobre 2010, cioè al termine del primo anno del triennio di adozione;
ai medesimi soggetti, con successiva nota n. 128 del 16 dicembre 2010 il Ministero ha comunicato che nel decreto ministeriale sulla programmazione per il triennio 2010-2012 «è stato impropriamente omesso di precisare, al termine del § 34-bis dell'allegato B, che il decreto ministeriale 22 settembre 2010, n. 17 (requisiti necessari all'attivazione dei corsi di studio) dovrà comunque trovare applicazione a decorrere dall'anno accademico 2011/2012»;
nell'adunanza del 17 dicembre 2010, il Consiglio universitario nazionale ha espresso il previsto parere, circostanziato ed analitico, nel quale sono state evidenziate molte criticità sui contenuti dello schema di decreto sulla programmazione triennale 2010-2012. In quella stessa adunanza e stata altresì approvata una mozione sulla citata nota n. 128 del 16 dicembre 2010, nella quale si osserva che tale nota, anche alla luce del ritardo con cui sarà adottato il decreto ministeriale sulla programmazione per il triennio 2010-2012, «introdurrebbe una sostanziale modifica nella tempistica sulla base della quale gli Atenei hanno già predisposto l'offerta formativa per l'anno accademico 2011/2012. Inoltre, la rimodulazione dei termini temporali per la chiusura della Banca dati dell'offerta formativa (sezioni RAD e Off.F) dovrebbe essere necessariamente estesa e tale da risultare di fatto incompatibile con i tempi richiesti per l'esame degli ordinamenti da parte del Consiglio universitario nazionale, il loro inserimento nella banca dati Off.F e l'approvazione dei manifesti degli studi per il regolare avvio del prossimo anno accademico con grave disagio non solo per gli Atenei ma soprattutto per gli studenti»;
nonostante la precisa denuncia del Consiglio universitario nazionale, il Ministero con nota n. 130 del 20 dicembre 2010 ha comunicato agli atenei che «Al fine di corrispondere alle richieste di precisazione pervenute per le vie brevi con riferimento all'anno accademico a decorrere dal quale trova applicazione il predetto decreto ministeriale n. 17/2010, il Ministro con nota n. 128 del 16 dicembre 2010, inviata a CRUI, CUN e CNSU, che si unisce in copia e al cui testo si fa rinvio, ha precisato che i nuovi requisiti necessari previsti dal decreto ministeriale n. 17/2010 trovano applicazione a decorrere dall'anno accademico 2011/2012.». Nella stessa nota si informano gli atenei che sono stati procrastinati i termini per la chiusura della banca dati dell'offerta formativa, ma soprattutto si comunica che: «Considerato che non sarà comunque possibile dare attuazione al quadro delle indicazioni operative previste nel decreto ministeriale relativo alle linee generali d'indirizzo 2010-2012 in tempo utile per il prossimo anno accademico 2011/2012, si fa presente che nuovi criteri e procedure per l'inserimento dei corsi di studio di studio nella Banca dati dell'offerta formativa coerenti con le predette linee generali d'indirizzo potranno essere definiti, secondo quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale n. 17/2010, soltanto con decorrenza dal successivo anno accademico 2012/2013. Pertanto, per l'anno accademico 2011/2012, le operazione relative alla verifica del possesso dei requisiti necessari di cui al decreto ministeriale n. 17/2010 e all'inserimento dei corsi nella Banca dati dell'offerta formativa verranno effettuate, nei termini temporali sopraindicati, secondo i medesimi criteri e procedure utilizzati negli anni passati»;
il Consiglio nazionale degli studenti universitari non è stato convocato in tempo utile e non ha ricevuto la richiesta di parere sul decreto ministeriale n. 17 del 2010, sebbene di fondamentale rilievo per il percorso di formazione degli studenti: il Consiglio ha pertanto espresso fondati rilievi al decreto con una mozione adottata all'unanimità e inviata al Ministro in data 18 gennaio 2011, nella quale si afferma, tra l'altro, che «Gli studenti rischiano di

vedere tagliata l'Offerta Formativa in maniera non utile ai fini della Qualificazione che deve accompagnare la Razionalizzazione del sistema universitario, così come previsto dal Decreto Ministeriale sulle Linee Generali d'Indirizzo di Programmazione dell'Università 2010-2012. I curricula infatti, che nel Decreto rientrano nel calcolo dei requisiti di docenza minima, in questi anni hanno spesso contribuito ad ampliare e migliorare l'offerta formativa; e il non ragionato «taglio» di alcuni di essi, per rispettare i Requisiti, rischia di limitare l'offerta formativa eliminando i percorsi di studio migliori, o perlomeno non quelli in eccedenza»;
oltre al palese ritardo nella comunicazione dell'entrata in vigore dei requisiti identificati nel decreto ministeriale n. 17 del 2010, si sottolinea anche, opportunamente, la concomitanza dell'attuazione di tali requisiti con la modifica degli statuti per ridefinire gli organi accademici e l'articolazione interna delle strutture didattiche e scientifiche, a cui dovranno attendere tutti gli atenei nei prossimi sei mesi a seguito dell'approvazione della legge n. 240 del 30 dicembre 2010, e la preoccupazione che tale contestualità suscita nei rappresentanti del sistema universitario così come nelle componenti di docenti, ricercatori e studenti;
questa osservazione induce a riconsiderare l'opportunità di avviare un'operazione tanto impegnativa e defatigante ad opera di organi collegiali destinati ben presto ad essere sostituiti nella loro composizione e articolazione scientifica e disciplinare da quelli delineati nella legge sopravvenuta n. 240 del 2010 e che, evidentemente, sono stati giudicati più adeguati a promuovere quel rinnovamento della organizzazione e della definizione dei modelli formativi coerenti con i nuovi indirizzi programmatici per gli atenei;
la legge sopravvenuta n. 240 del 2010 prevede, infatti, il superamento delle facoltà e l'incardinamento dei corsi di laurea in nuove strutture dipartimentali, diverse in numero e composizione, con conseguente necessità per gli atenei di rivedere, a seguito dell'approvazione dei statuti, l'intero impianto formativo; si obbligherebbero quindi gli atenei a modificare l'offerta formativa per il 2011-2012 ai fini di rispettare i requisiti imposti dal decreto ministeriale n. 17 del 2010 e a modificarla nuovamente nell'anno immediatamente successivo, in coerenza con il nuovo disegno delle strutture didattiche previsto dalla riforma. Ciò comporterebbe non solo un inutile dispendio di risorse nell'anno in corso per una progettazione di breve respiro, ma anche la grossa difficoltà di dover gestire negli anni futuri diversi ordinamenti didattici che verrebbero a sovrapporsi in ragione delle diverse «annate» di partenza. Creerebbe inoltre disorientamento negli studenti presenti e futuri, nonché per la collettività nel suo complesso, costretta a misurarsi con un quadro di offerta in continuo mutamento, non soggetto ad alcuna sedimentazione che ne permetta una riconoscibilità oltre che una valutazione -:
se il ministro interrogato non ritenga che l'applicazione del decreto ministeriale n. 17 del 2010 sui nuovi requisiti necessari all'attivazione di tutti i corsi di studio (peraltro registrato dalla Corte dei conti solo il 20 gennaio 2011) vada procrastinata, in considerazione: a) della mancata pubblicazione del decreto ministeriale relativo alle linee generali d'indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2010-2012 alla quale è subordinata l'entrata in vigore del detto decreto ministeriale n. 17 del 2010; b) della mancata espressione del parere da parte del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio nazionale degli studenti universitari; c) della inusuale procedura di integrare il testo di un decreto in via di adozione mediante una nota; d) della programmazione dell'offerta formativa per il prossimo anno accademico che gli atenei, nelle more dell'entrata in vigore del detto decreto ministeriale n. 17 del 2010 - sul cui ritardo è responsabile il Ministero -, hanno già predisposto secondo la tempistica e le disposizioni del decreto ministeriale n. 544 del 2007; e) della impossibilità

tecnica da parte del Ministero di verificare, per l'anno accademico 2011/2012, il rispetto dei requisiti che il Ministero stesso prevede per i corsi di studio, con la certa conseguenza, ad avviso degli interroganti, di caos informativo e organizzativo; f) della inevitabile riduzione dell'offerta formativa, dovuta al criterio della razionalizzazione adottato nel decreto ministeriale medesimo, che determinerà la diminuzione dell'apporto dell'università pubblica alla domanda di alta formazione del Paese, in generale, e degli studenti, in particolare; g) dell'opportunità di avviare questo delicato e determinante processo di incisiva riprogettazione dell'offerta formativa, ad opera di organismi in condizioni di rinnovata legittimazione accademica, a seguito della revisione organizzativa delle strutture didattiche e scientifiche degli atenei, che dovrebbe assicurare quegli spazi di autonomia, differenziazione ed eccellenza dei corsi di studio, giustamente rivendicati dalla rappresentanza studentesca del Consiglio nazionale degli studenti universitari.
(5-04110)

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 20 gennaio 2011 si è tenuta a Roma la conferenza dei rettori, nel corso della quale - stando a guanto si legge in vari siti (in particolare nelle comunicazioni rese pubbliche dall'ANDU) - sono state rivolte da più parti severe critiche alla legge di riforma appena approvata dalle Camere che limiterebbe l'autonomia degli atenei protetta dall'articolo 33 della Costituzione; inoltre, sono stati segnalati la difficoltosa applicazione di alcune norme della legge che presenterebbero incoerenze ed errori, la progressiva centralizzazione delle strutture, l'eliminazione dei consigli di facoltà che hanno rappresentato in passato un elemento di moderazione per l'azione dei presidi, il tema dei ricercatori a tempo indeterminato collocati su quello che appare un «binario morto» e il tema specifico delle supplenze da conferire ai ricercatori nel secondo semestre dell'attuale anno accademico. È stato denunciato il consistente taglio subito il 2010 dal fondo di finanziamento ordinario che porterà moltissime università a subire il blocco del turn-over a seguito del superamento del tetto del 90 per cento nel rapporto tra assegni fissi e fondo di finanziamento ordinario;
gran parte dei rettori intervenuti nel dibattito, hanno sostenuto che si sono ridotti gli spazi di autonomia e allargati per converso quelli per l'intervento della burocrazia ministeriale, i cui esponenti - è stato detto - sono stati inseriti numerosi in commissioni di studio, e gruppi di lavoro e ispirano le ultime circolari, tutte affette da un'impostazione burocratica;
risulta che il rettore di Roma «La Sapienza» Frati, tra gli altri, abbia criticato la compressione in atto dell'autonomia universitaria, paventando il rischio di vere e proprie forme di commissariamento di fatto degli atenei, ed abbia osservato che l'Anvur si va trasformando profondamente rispetto ai suoi obiettivi originari, finendo per occuparsi persino della chiamata dei docenti;
risulta altresì che il rettore di Foggia Volpe abbia denunciato il sacrificio dell'autonomia universitaria, sottolineando il paradosso che ciò avviene proprio mentre si propugna la riforma federalista dello Stato; ed abbia avvertito dei gravi rischi insiti nella creazione di un sistema universitario discriminante verso gli atenei del Sud;
risulta inoltre che il rettore di Sassari Mastino abbia lamentato la scarsa rappresentatività della stessa Crui nella fase dell'approvazione ed ora della applicazione della legge, denunciando anch'egli il taglio delle risorse e le conseguenze che ne derivano specialmente per i piccoli atenei del Mezzogiorno e delle isole, alcuni dei quali vantano una storia secolare;
molti interventi hanno espresso preoccupazioni circa il fondo di finanziamento

ordinario per gli anni 2011 e 2012 (è previsto un taglio valutato in 325 milioni di euro rispetto al consistente taglio subito nei due anni precedenti) ed hanno criticato gli indicatori attualmente utilizzati dal Ministero per l'assegnazione del fondo, modificati di anno in anno senza una seria programmazione -:
se il Ministro sia al corrente del sotto-finanziamento del sistema universitario italiano rispetto agli altri Paesi europei e delle serie preoccupazioni espresse dai rettori sullo stato della riforma e sulle sue conseguenze sul sistema-Paese e quali iniziative intenda adottare, in sede applicativa, per scongiurare gli effetti perversi dei tagli finanziari e della eccessiva burocratizzazione e centralizzazione ministeriale denunciata dai rettori.
(4-10604)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la vicenda del deficit dell'università di Siena è ormai cosa nota avendo il buco di bilancio dell'ateneo senese toccato, in alcuni momenti, la punta dei 300 milioni di euro;
i responsabili dell'università di Siena hanno ribadito, dinanzi al prefetto di Siena, in data 14 dicembre 2010, l'impossibilità di addivenire alla sottoscrizione di un accordo economico con le organizzazioni sindacali, a causa dei pareri negativi espressi dall'organo di controllo dell'ateneo per procedere alle progressioni economiche orizzontali per il personale del comparto universitario relativamente agli anni 2009 e 2010;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato all'Ateneo, alla fine del mese di ottobre 2010, relazione ispettiva, che avrebbe evidenziato, per gli anni 2000-2007 che le risorse destinate al fondo per il trattamento accessorio del personale tecnico ed amministrativo sarebbero state determinate in maniera non corretta e, dal 2000 al 2009, sarebbero state liquidate al personale somme maggiori rispetto a quelle spettanti;
il rettore ha inoltre comunicato che, a partire dal gennaio 2011, sarà sospeso il pagamento degli emolumenti relativi ai trattamento accessorio, salvo quelli derivanti da impegni assunti precedentemente alla data del 31 dicembre 2010 (competenza contrattuale 2010);
cercando di ripianare il deficit di bilancio dell'ateneo di Siena l'amministrazione universitaria sta di fatto tentando di limitare tutte le uscite possibili per generare risparmi e, così operando, sul salario accessorio si creeranno minori uscite;
un tale modus operandi rischia di far pagare al personale tecnico-amministrativo la crisi dell'università di Siena, pur non avendo esso colpe dirette per il buco di bilancio;
è unanimemente ritenuta inaccettabile la decisione unilaterale dell'amministrazione universitaria di togliere voci stipendiali accessorie previste dal contratto come l'indennità ex articolo 41 stabile;
come già dato, cercando di ripianare il deficit di bilancio dell'ateneo di Siena l'amministrazione universitaria sta di fatto tentando di limitare tutte le uscite possibili tagliando anche il XXVIII ciclo dei dottorati di ricerca, con esclusione della categoria dei docenti per i quali, anzi, si sta provvedendo al pagamento degli arretrati degli aumenti stipendiali che erano stati bloccati dal 2009, per generare risparmi e, così operando, sul salario accessorio si creeranno minori uscite -:
se, anche alla luce degli esiti dell'attività ispettiva svolta, risulti, una correlazione tra il deficit di bilancio dell'università di Siena e la determinazione dell'amministrazione di non procedere alle progressioni economiche orizzontali;
se sia nella disponibilità dell'amministrazione universitaria senese revocare unilateralmente il contratto collettivo integrativo

o dichiararlo decaduto dato che il dipartimento della funzione pubblica con circolare n. 7 del 2010 ha precisato che il decreto legislativo n. 150 del 2009 prevede un sistema graduale di applicazione delle disposizioni in materia di contrattazione integrativa, e tra le disposizioni di applicazione immediata non è prevista la performance, dalla cui mancata applicazione deriverebbe la «decadenza» degli accordi integrativi.
(4-10607)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

IANNUZZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a partire da giugno 2010, in attuazione delle più recenti modifiche normative, è stata istituita dall'INPS a livello nazionale una commissione medica superiore alla quale vanno trasmesse tutte le pratiche amministrative, già esaminate e concluse nelle diverse sedi dell'INPS nelle singole province in materia di invalidità;
l'esame, il controllo ed il giudizio di tale commissione medica superiore istituita dall'INPS a livello centrale condizionano e vincolano la definizione delle differenti procedure amministrative, relative sia all'accertamento dei diversi stati e gradi di invalidità, sia alla verifica dei trattamenti d'invalidità già riconosciuti ed in corso di erogazione;
ne deriva che, fino all'espletamento della fase di competenza della predetta commissione nazionale, rimane sospesa l'erogazione dei trattamenti economici, già riconosciuti e sottoposti a verifica presso le sedi periferiche dell'INPS con esito positivo e conseguente riconferma del riconoscimento dello stato di invalidità;
da giugno 2010 non risulta all'interrogante che tale commissione medica superiore abbia espletato e definito il controllo delle pratiche;
ne discende una situazione assurda di paralisi e di blocco totale che pregiudica gravemente innanzitutto i tanti soggetti invalidi e disabili, che traggono proprio dai trattamenti economici già riconosciuti per le proprie condizioni di invalidità le risorse per l'acquisto dei farmaci necessari; per di più tali farmaci, in assenza del definitivo riconoscimento dello stato di invalidità a causa della paralisi in cui versa la Commissione INPS a livello centrale, vanno pagati per intero dagli interessati -:
se e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere nei confronti dell'INPS per sbloccare la situazione di paralisi nella quale si trova la commissione medica superiore, istituita dall'INPS a livello nazionale, con la conseguente mancata definizione da giugno 2010 delle tantissime procedure amministrative, già concluse presso le sedi INPS nelle diverse province e relative sia ai nuovi accertamenti per il riconoscimento dello stato e grado di invalidità, sia alla conferma di trattamenti economici per invalidità già riconosciuti e sottoposti a giudizio di verifica.
(5-04102)

BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in tutta Italia in questi giorni si sono registrati fortissimi ritardi nell'espletamento delle pratiche inerenti all'invalidità civile e nella conseguente erogazione degli assegni agli aventi diritto. Solo in provincia di Lecce si parla di ben cinquemila persone che da diversi mesi, sono in attesa di ricevere risposta ed eventuali benefici economici;
l'avvio, a partire dal 1o gennaio 2010, ai sensi del comma 3 dell'articolo 20 del decreto-legge n. 78 del 2009, della «mini-riforma» delle procedure di accertamento

sanitario e di erogazione delle prestazioni, con la presenza nelle commissioni ASL di un medico dell'Inps ed il trasferimento della potestà concessoria dai comuni all'Inps, avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di accorciare i tempi di riconoscimento e di erogazione della prestazione;
nei fatti, però, la citata normativa sta producendo un vero e proprio corto circuito nel sistema. L'informatizzazione del servizio di trasmissione dalle commissioni mediche ASL all'Inps dei verbali di accertamento sanitario e dei certificati di riconoscimento delle invalidità civili ha prodotto dei ritardi a scapito dei cittadini, che aspettano, oramai da mesi, una risposta in merito;
in tutta Italia si sono attivate numerose proteste da parte dei cittadini, attraverso denunce pubbliche sulla stampa e le TV nazionali, i quali, in molti casi, hanno bisogno dell'indennizzo per poter acquistare i farmaci per migliorare la propria qualità di vita. Si tratta in alcuni casi di persone con gravi handicap, bisognose di assistenza e di cure continue, prive di reddito e per le quali l'indennizzo di invalidità o l'assegno di accompagnamento rappresentano l'unica fonte di sostentamento -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con urgenza per porre rimedio a questa situazione, affinché questi cittadini che versano già in una condizione di vita estremamente difficile non siano sottoposti ad ulteriori penalizzazioni.
(5-04103)

NASTRI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo l'associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, l'impressionante serie di decessi avvenuti nel settore agricolo, nelle ultime settimane e denunciate dagli organi di stampa, destano profonda preoccupazione e allarme, in considerazione del ridotto numero di addetti rispetto al numero di infortuni, nonché della mancanza di una mirata attività ispettiva che verifichi le risorse regolarmente impiegate in questo ambito lavorativo;
la stessa associazione inoltre, denuncia che il numero di vittime sul lavoro nel comparto agricolo, avviene a causa della identica dinamica: l'instabilità e l'insicurezza dei trattori, come confermato anche dai dati fomiti dall'osservatorio Centauro-Asaps resi noti pochi giorni fa, che stimano pari a 300 gli incidenti causati dai mezzi agricoli nello scorso anno, di cui 176 mortali (con 221 feriti);
risulta evidente, a giudizio dell'interrogante, che la scia di vittime nel comparto agricolo, rappresenta l'ennesima tragica conferma che il trattore, costituisce un mezzo utilizzato per trainare un rimorchio o agganciare delle attrezzature specifiche per l'agricoltura, altamente pericoloso per l'incolumità del conducente -:
se non ritengano opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, prevedere adeguate iniziative volte ad incrementare l'attività ispettiva, che verifichi le risorse regolarmente impiegate nell'ambito lavorativo agricolo, nonché il livello qualitativo di funzionamento dei macchinari agricoli in uso, al fine di evitare che l'aumento esponenziale del numero di vittime nel settore agricolo, avvenuto in cinque diverse province italiane, possa proseguire il suo negativo trend.
(5-04108)

POLLEDRI, CROSIO e FEDRIGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il rapporto di lavoro del personale non dirigente di Poste Italiane spa è regolamentato dal contratto collettivo nazionale (CCNL) dell'11 luglio 2007 che ne disciplina tutti gli elementi fondamentali e costituisce fonte primaria di regolamentazione degli aspetti normativi ed economici

del personale, in coerenza con le indicazioni di politica dei redditi e dell'occupazione stabiliti dal Governo e dalle parti sociali;
il CCNL dell'11 luglio 2007, attraverso un insieme organico ed articolato di regole certe e condivise, fattivamente orientate alla prevenzione e al superamento dei possibili motivi di conflitto, è finalizzato a favorire il conseguimento degli obiettivi competitivi dell'azienda, la qualità del lavoro e il valore delle persone, nonché la valorizzazione e lo sviluppo delle professionalità;
nel corso dell'anno 2009, a seguito di indagini svolte dalla polizia giudiziaria, il signor Mauro Coruzzi, direttore dell'ufficio postale di Montecchio Emilia, suo malgrado, veniva coinvolto in un procedimento penale, ad oggi pendente, d'innanzi al tribunale di Modena per violazione della normativa di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998;
in data 28 luglio 2009, in seguito all'esecuzione del provvedimento di custodia cautelare a carico del signor Coruzzi, Poste Italiane gli intimava, ex articolo 59 del CCNL 11 luglio 2007, la sospensione temporanea senza diritto alla retribuzione e, successivamente, in seguito alla rimessa in libertà dello stesso applicava al signor Coruzzi, ex articolo 58 del CCNL, provvedimento cautelare non disciplinare, assegnandolo provvisoriamente presso lo staff del direttore della filiale di Reggio Emilia;
in data 16 febbraio 2010, Poste Italiane, rilevando che i fatti e le circostanze addebitati al signor Coruzzi costituivano una chiara violazione dei doveri e degli obblighi sullo stesso gravanti ai sensi degli articoli 2104 e 2105 del codice civile come richiamati dall'articolo 54 del CCNL, procedeva ad una formale contestazioni di addebiti alla quale seguivano le puntuali giustificazioni del signor Coruzzi;
in particolare, Poste Italiane contestava al signor Coruzzi di aver accettato plichi assicurati volti all'ottenimento del permesso di soggiorno di soggetti extracomunitari non dai diretti interessati ma da un collega delle stesse Poste Italiane, omettendo così l'identificazione dello straniero interessato all'ottenimento del permesso di soggiorno; nonché di non aver versato all'atto dell'accettazione dei plichi il dovuto importo per un totale di euro 810,00; contestazione di addebito, ad avviso degli interroganti, quanto mai generica in quanto non permetteva di sussumere, con certezza, i fatti contestati in uno specifico articolo del CCNL, al fine di poter intuire la successiva sanzione, che sarebbe stata il licenziamento senza preavviso, e poter far valere il diritto alla difesa;
in data 4 marzo 2010, infatti, viene intimato al signor Coruzzi il licenziamento senza preavviso, in quanto i fatti allo stesso addebitati «valutati sia disgiuntamente che congiuntamente sono di tale gravità da non consentire, neppure provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto di lavoro»;
il signor Coruzzi, è persona incensurata, assunto alle Poste Italiane nel 1981 ed oggi quadro di I livello, che ha diretto, per molti anni, diversi uffici postali di Reggio Emilia con diligenza e nel rispetto dell'obbligo di fedeltà, al quale, a quanto pare, sarebbe stato intimato il licenziamento senza che sia mai stato sentito a propria difesa, così come prevede l'articolo 57 comma I del CCNL che recita «La Società non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito con la tempestività del caso e senza averlo sentito a propria difesa»;
i fatti contestati al signor Coruzzi in data 16 febbraio 2010, valutati da Poste Italiane di tale gravità da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro, avrebbero dovuto essere, così come previsto dal CCNL, di carattere doloso, carattere doloso che non è mai stato determinato, se non in modo a giudizio degli interroganti, molto discutibile stante l'attuale pendenza del processo che coinvolge il signor Coruzzi e la sua integerrima

carriera professionale che evidenzia la sua assoluta buona fede ed onestà;
il procedimento disciplinare adottato da Poste Italiane al signor Coruzzi, che oggi versa in condizioni economiche molto precarie e con a carico una figlia disabile, non è stato applicato ad altri suoi dipendenti macchiatisi della commissione di fatti più gravi ed evidentemente dolosi e per i quali si è attesa, quanto meno, la conclusione del giudizio di primo grado;
il CCNL in questione ha come finalità quella di favorire, oltre che il conseguimento degli obiettivi aziendali, anche e soprattutto la tutela della qualità del lavoro e il valore delle persone, nonché la valorizzazione e lo sviluppo delle professionalità, prevedendo per questo un organico di regole certe che devono essere applicate correttamente e in maniera inequivocabile dalle aziende interessate al fine di porre il lavoratore nella condizione di potersi tutelare al meglio -:
se il Governo non intenda intervenire per verificare se siano stati rispettati tutti i diritti del lavoratore coinvolto attraverso la corretta applicazione della normativa richiamata, nel caso in questione, da Poste Italiane;
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di verificare se la sanzione disciplinare adottata da Poste Italiane nel caso illustrato sia stata applicata nel rispetto della normativa vigente a tutela del lavoratore coinvolto.
(5-04111)

Interrogazione a risposta scritta:

SANGA e MISIANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009 affida all'Inps l'accertamento definitivo sulle situazioni di salute di cui chiede il riconoscimento dell'invalidità civile;
la stessa legge prevede che l'Inps accerti anche la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile che già percepiscono pensione e assegni;
la procedura individuata per colpire i «falsi invalidi» ha determinato situazioni di grave difficoltà per i «veri invalidi», molti dei quali si ritrovano con le pratiche bloccate e senza assegno mensile da settembre;
secondo i riscontri delle associazioni degli invalidi civili, in numerose province italiane pare che la pensione di invalidità e l'assegno di accompagnamento per gli invalidi già riconosciuti da tempo vengano sospesi dal momento in cui si diventa oggetto di una verifica a prescindere dall'esito della stessa;
sono, pertanto, molti i casi di pensioni bloccate relative a invalidità già accertate ma per le quali l'Inps ha chiesto una visita di verifica;
questi assegni sono vitali per il sostentamento e per pagare assistenza e cure;
i ritardi, oltre a fermare l'erogazione delle pensioni, impediscono il riconoscimento del diritto all'esenzione del ticket e l'impossibilità di iscriversi al collocamento mirato per i disabili;
nella sola provincia di Bergamo, sono oltre ventimila le persone in attesa di risposte dall'Inps, dal mese di settembre ad oggi, secondo quanto segnalato dalle associazioni degli invalidi civili -:
quali iniziative urgenti ritenga di attivare per cambiare la procedura prevista ed evitare il moltiplicarsi di situazioni insostenibili per le persone e le famiglie coinvolte.
(4-10596)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MANCUSO, CATANOSO, CECCACCI RUBINO, CICCIOLI e BARANI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il settore apistico è di rilevante importanza economica per il nostro Paese: solo la produzione di miele produce un giro d'affari annuo di 30 milioni di euro (il doppio, se si considera anche l'indotto);
l'uso illecito di molecole farmacologicamente attive nel settore apistico sembra ormai essere divenuto la regola;
anche la cera, scheletro degli alveari, risulta oggi essere pregna di inquinamento, con il conseguente indebolimento delle colonie e riduzione della vita media dell'ape;
l'industria farmaceutica non procede alla registrazione dei farmaci specifici, a causa del predominio del mercato di farmaci non registrati;
il progetto APENET, teso a indagare le cause della moria di api di questi anni e finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con 2.300.000 euro all'anno per un triennio, non tiene conto della professionalità veterinaria necessaria, affidandosi più che altro a «esperti apistici», indirizzando gli apicoltori a segnalare le patologie dell'alveare alle associazioni, ai centri di ricerca e agli IZZSS, omettendo di coinvolgere i servizi veterinari territoriali;
il progetto APENET, ad avviso degli interroganti, non agisce in maniera efficiente: dispone monitoraggi alveari in luoghi mai notificati alle ASL, confonde o sovrappone le attività di monitoraggio del progetto con le segnalazioni di moria, imbastisce sistemi di pronto soccorso apistico completamente svincolati dai servizi sanitari e fuori da ogni controllo veterinario;
il Ministero della salute ha dichiarato di non essere in alcun modo coinvolto nel progetto APENET -:
se il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali intenda intervenire per riorganizzare in modo efficace ed efficiente il settore apistico;
se il Ministro della salute intenda assumere iniziative per disciplinare il settore farmacologico legato al settore apistico, mettendo freno all'indiscriminato utilizzo di farmaci e pratiche farmacologiche illeciti.
(5-04109)

Interrogazione a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo la stampa nazionale più volte ha dato notizie delle molteplici problematiche ed incongruenze inerenti al settore ippico, area trotto;
in proposito, va rilevato che, ai sensi dell'articolo 2, lettera i), del relativo statuto, spetta all'U.n.i.r.e. (Unione nazionale per l'incremento delle razze equine), ente sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in virtù dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 449 del 1999, provvedere «a tutte le incombenze di carattere tecnico e disciplinare connesse alle corse di cavalli purosangue, trottatore e da sella italiano ed alle altre manifestazioni, emanando le normative di riferimento e provvedendo al controllo della regolarità di tutte le attività relative alle corse, alla qualificazione, nomina e revoca dei Commissari e degli altri funzionari di riunione, alla sorveglianza sull'azione dei medesimi, provvedendo altresì alla regolamentazione, organizzazione e gestione delle strutture disciplinari»; in particolare, secondo le norme di procedura disciplinare definite dallo stesso U.n.i.r.e. (articolo 4) compete al consiglio

di amministrazione dell'U.n.i.r.e. il compito di effettuare le nomine dei commissari di riunione e dei membri delle giurie;
numerose sono le lamentele sulla gestione delle nomine dei giudici, principalmente dell'area trotto;
da circa due anni risulta all'interrogante che si stiano verificando molte anomalie e difformità di giudizio rispetto alle nomine dei giudici;
in proposito, va osservato che ciascun giudice di gara sottoscrive, tra l'altro, un atto riguardante l'incompatibilità di funzione -:
se i dipendenti dell'ente U.n.i.r.e. possano lavorare anche come giudici e quanti dipendenti effettivamente svolgano tale attività;
quali accertamenti o verifiche siano state svolte o si intendano svolgere in relazione alla nomina dei giudici, anche al fine di assicurare il rispetto della disciplina in materia di incompatibilità, se siano state rilevate irregolarità e, in particolare, se risulti che durante le corse si sovrappongano, nel lavoro nello stesso ippodromo, operatori della gestione e guidatori di trotto;
se sussistano e quali siano le ragioni delle difformità di compensi fra funzionari giudici di gara dello stesso grado e livello in relazione alle giornate lavorate.
(4-10593)

...

POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
è stata recentemente approvata in sede di Unione europea una nuova direttiva finalizzata a lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. La direttiva tutelerà meglio gli interessi dei creditori, nella maggior parte dei casi si tratta di piccole e medie imprese, pur nel pieno rispetto dell'autonomia contrattuale. La nuova norma fissa un termine di 30 giorni per gli enti pubblici che possono salire a 60, nel caso della sanità pubblica e in altri casi eccezionali. Superato il termine dovranno essere corrisposti gli interessi di mora all'8 per cento oltre al tasso di riferimento della Bce. In tempi record le istituzioni europee hanno dato una risposta chiara e rigorosa a una delle piaghe che più affligge il sistema delle professioni in Italia e che non trova riscontri in altri Paesi dell'Unione europea. I tempi di pagamento di una parcella da parte della pubblica amministrazione oscillano in media tra i 180 e i 200 giorni, con punte soprattutto nel settore del costruzioni, superiori a un anno e mezzo. Il fenomeno ha assunto notevoli dimensioni soprattutto negli ultimi due anni e ha investito pressoché l'intero sistema delle professioni;
difficile quantificare i debiti della pubblica amministrazione verso i liberi professionisti. Secondo le stime del Ministero dell'economia e delle finanze l'ammontare complessivo dell'indebitamento commerciale della pubblica amministrazione è pari a 37 miliardi di euro. I cronici ritardi di pagamento e il blocco delle opere pubbliche stanno rallentando la possibile ripresa di questi settori professionali. In uno scenario così complesso, Confprofessioni, in concomitanza con il via libera dell'Unione europea alla direttiva contro i ritardi di pagamento ha stretto un alleanza con Unicredito, in modo da poter risolvere, almeno temporaneamente, la situazione di liquidità;
un'illustrazione articolata del testo che modifica i regolamenti in materia di ritardi di pagamento contenuti nella precedente direttiva 2000/35, è stata fatta dalla dottoressa Daira Robayna-Alfonso, intervenuta in rappresentanza della DG Imprese e Industria della Commissione

europea. Riguardo ai tempi di applicazione, la dottoressa Alfonso ha precisato che a decorrere dalla data di pubblicazione, i Paesi membri avranno 24 mesi di tempo per adeguare la propria normativa alla direttiva europea.
quali iniziative il Governo intenda adottare, al fine di recepire tempestivamente la direttiva comunitaria di cui in premessa.
(4-10612)

...

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica del 24 gennaio scorso, ha pubblicato un articolo nel quale si evidenzia come i prodotti derivati dal sangue, commercializzati in Italia, potrebbero non essere sicuri dal punto di vista infettivo;
a sospettare il possibile rischio di contagio derivante dagli emoderivati, è lo stesso professor Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), in quanto non verrebbero eseguiti tutti i controlli per escludere la presenza di vari virus. Per tale motivo lo stesso Rasi avrebbe minacciato di chiedere il sequestro dei lotti a rischio. Di parere diverso, il professor Enrico Garaci, presidente dell'istituto superiore di Sanità (ISS), secondo il quale il rischio di contagio sarebbe minimo, ed ha pertanto autorizzato l'impiego dei prodotti in questione. Il professor Garaci, inoltre, si opporrebbe al sequestro poiché il ritiro di tali emoderivati provocherebbe un danno maggiore (essendo la ditta produttrice, la Kedrion spa, monopolista nel settore), lasciando gli ospedali e le farmacie privi di «sacche» o flaconi necessari a molti pazienti;
il Ministero della salute avrebbe chiesto il parere al Consiglio superiore di sanità (CSS) - presieduto dallo stesso professor Garaci - al fine di dirimere la questione e giungere ad una soluzione che non comprometta in alcun modo la salute pubblica;
la vicenda, come riporta dettagliatamente l'articolo de La Repubblica, ha inizio quasi casualmente un paio di mesi fa, quando la Kedrion spa - società farmaceutica tra i leader mondiali del settore plasma-derivati - chiede l'autorizzazione europea alla commercializzazione di alcuni lotti di derivati del sangue. Per farlo, scopre documenti e carte che fino ad allora - non si sa perché - nessuno si era preoccupato di visionare con attenzione. Solo così quel carteggio passa al vaglio scrupoloso dell'Aifa, l'ente al quale spetta per legge di stabilire le regole che per le ditte farmaceutiche che vogliono vendere sul mercato i loro prodotti. L'Aifa si accorge, quindi, che la documentazione presentata dalla Kedrion spa non è conforme a quanto richiesto;
si ricorda che l'iter procedurale prevede che i Centri regionali sangue raccolgano il sangue dai donatori, inviandolo poi alla medesima società Kedrion spa per la trasformazione in emoderivati, i quali vengono venduti successivamente alle stesse regioni di provenienza;
l'Aifa, che nella AIC (autorizzazione immissione in commercio) richiedeva sui lotti finali di sangue specifiche analisi atte ad escludere la presenza contaminazioni virali, si accorge che Kedrion spa effettua solo la ricerca del virus dell'epatite C e trascura tutti gli altri, tra cui HIV e HBV;
l'Aifa, quindi, ritiene di avere il diritto-dovere di chiedere il ritiro di quei lotti, in quanto non conformi all'autorizzazione; poiché il rischio di contagio, seppur molto basso, esiste. Opposta la posizione dell'Istituto superiore di sanità che afferma - in sintonia con la posizione della Kedrion spa - che non sussistono rischi reali di contagio anche se vengono utilizzati lotti non conformi alle norme dell'Aifa, considerato che il sangue all'origine è ben controllato anche dal punto di vista infettivo;

è indispensabile che il Ministero della salute attivi la massima vigilanza: la nostra storia recente ha purtroppo dimostrato che interessi privati e corruzione possono infiltrarsi in campo sanitario, provocando danni irreparabili. Lo scandalo del sangue infetto è ancora una vergogna nazionale ed ha mietuto già troppe vittime -:
se il Ministro interrogato non intenda fare piena chiarezza sulla vicenda esposta in premessa e sui conseguenti potenziali rischi per la salute pubblica, affrontando immediatamente la querelle tra l'Agenzia del farmaco e l'Istituto superiore di sanità e le diverse versioni proposte dai due soggetti, circa i mancati controlli sugli emoderivati, a piena garanzia della salute dei cittadini;
se, alla luce delle affermazioni dell'istituto superiore di sanità, la normativa dell'Aifa sia da ritenere vincolante o possa essere derogata;
se non si ritenga necessario che i prodotti per i quali l'Aifa ha chiesto il ritiro dal mercato siano preventivamente accantonati per evitare qualsiasi possibilità di contagio;
come e se il Ministro intenda risolvere l'anomalo ruolo del professor Enrico Garaci, che riveste il doppio incarico di presidente dell'Istituto superiore di sanità e allo stesso tempo del Consiglio superiore di sanità.
(5-04104)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il circuito economico mosso dai farmaci contraffatti muove all'incirca settanta miliardi di dollari l'anno e 2 miliardi di euro, per quanto riguarda il mercato italiano. I farmaci falsi si vendono quasi esclusivamente, almeno in Italia, su internet, mezzo che più di ogni altro si presta a rimanere fuori controllo, presentando una preponderanza in alcuni settori specifici. Viagra, Cialis, e persino il principio attivo sildenalfil, risultano fra i più falsificati. Persino i generici hanno i loro imitatori, con una precisione sconcertante, tanto da rendere quasi impossibile la distinzione, almeno visuale. Fortunatamente, la rete di distribuzione farmaceutica italiana è una delle più sicure, basata esclusivamente su rivenditori autorizzati come farmacie e parafarmacie e tracciabile grazie al bollino ottico che consente il monitoraggio del prodotto dalla produzione fino all'ingresso in farmacia. Ma il pericolo di venire a contatto con medicinali contraffatti è quotidiano: a cominciare dalla posta elettronica, nella quale vengono inviati messaggi promozionali ingannevoli. Rilevante è il mercato dei cosiddetti farmaci mascherati: integratori, vitaminici, dimagranti, che si presentano come alimentari o cosmetici, e perciò reperibili presso palestre, centri estetici e sexy shop, ma che contengono principi attivi propri dei medicinali. La frode può riguardare non solo il principio attivo ma gli eccepienti, la fabbricazione ed il confezionamento;
si stima che i medicinali contraffatti venduti nel mondo arrivino al 10 per cento del totale: la diffusione è alta nei Paesi in via di sviluppo per i salvavita (antibiotici, antimalarici) ma il fenomeno è in crescita in Occidente relativamente ai prodotti lifestyle (steroidi, anoressizzanti, psicotropici, antidepressivi, ormonali, contro l'impotenza). I casi sono i più disparati: esistono pomate a base di anti-infiammatori cortisonici usate dalle popolazione africane per schiarire la pelle. Alcune ditte europee ufficiali producono questi farmaci solo per l'export, anche se a volte rientrano illegalmente in Italia per essere venduti negli etno-shop, tramite i quali rientrano anche prodotti falsi. Casi di contraffazione riguardano soprattutto le materie prime: nel 2008 alcuni produttori non autorizzati di eparina avrebbero, secondo indagini del Congresso, messo in circolo grandi quantità di principio attivo contraffatto arrivato nella filiera legale Usa. In sede europea si parla di un necessario rinforzo dei controlli (revisione della direttiva 2001/83) per i prodotti che arrivano dall'Asia, continente

chiave della contraffazione, alla luce delle previsioni della Chemical Pharmaceutical Generic Association che stimano in aumento le vendite cinesi (9,9 miliardi di dollari nell'anno in corso) e indiane (4,8 miliardi). «Il costo delle materie prime impatta in modo decisivo sul prezzo del medicinale - spiega Giorgio Foresti, presidente dell'Assogenerici - e se questo scende in modo eccessivo il produttore è costretto a fornirsi di matrici più convenienti a scapito della qualità»;
l'Aifa, in collaborazione con l'Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l'operazione impact con una task-force che coinvolge l'Istituto superiore di sanità, i carabinieri dei Nas, l'Agenzia delle dogane, i Ministeri della salute, dell'interno e dello sviluppo economico, allo scopo di garantire la sicurezza degli acquisti sul territorio e soprattutto on-line. Questo si rende necessario in quanto occorrono un coordinamento delle attività investigative, una campagna informativa e una serie di certificazioni per garantire la corretta attività dell'e-commerce. Infatti, secondo il servizio di verifica statunitense Legiscript, il 99 per cento delle web-pharma non rispetterebbe gli standard di legge e il 50 per cento dei medicinali venduti in rete sarebbe contraffatto. In Italia, l'operazione Pangea III ha portato al sequestro di 10.000 prodotti importati illegalmente. «Per inserirsi sul mercato bisogna seguire una serie di pratiche garantiste che molti eludono piazzando la merce pericolosa tramite reti di vendita facile come i cybershop», commenta Rosario Broccolo, responsabile e-commerce di Servitel. «I prodotti della vetrina web prima di essere offerti al pubblico, devono essere controllati dalla Polizia sanitaria presso la Dogana e notificati al Ministero della salute: ben venga una campagna legislativa di certificazioni per Internet» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di contrastare efficacemente la diffusione di farmaci contraffatti, volgendo particolare attenzione a quelli che, illegalmente, vengono commercializzati e venduti tramite e-commerce senza alcuna certificazione, a garanzia del consumatore.
(4-10591)

DI BIAGIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la difficile situazione dei pazienti affetti da CIDP, polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante, mette in luce una significativa carenza nel nostro sistema sanitario nazionale;
la CIDP è una grave patologia del sistema nervoso periferico. Con le modalità specifiche di ciascun caso, le crisi arrivano a generare una progressiva paralisi degli arti, a cominciare dagli arti inferiori, con possibilità di evoluzione in tetraparesi e con rischi di insufficienze respiratorie per paresi delle corde vocali;
la gravità di questa patologia dal risvolto doloroso e invalidante, nonché il disagio, sia fisico che psichico, di questi pazienti, hanno giustamente motivato l'intenzione di una loro maggiore tutela da parte del nostro sistema sanitario nazionale. Intenzione legittimata dal fatto che la CIDP si trova iscritta nell'elenco delle malattie rare del Ministero della salute - Allegato 1 del decreto ministeriale n. 279 del 2001 - codice di esenzione RF0180;
in merito alla delicata situazione sopraesposta, si manifesta una grave discordanza tra intenti e realizzazione effettiva nelle condizioni di assistenza a questi pazienti, discordanza legata in primo luogo alle consistenti difficoltà di accesso al trattamento terapeutico più accreditato per tale patologia, la somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa (IVIg). L'ampia letteratura in merito, sia sul territorio nazionale che in ambito internazionale - non ultimo un recentissimo contributo, presente su affermate riviste internazionali, dei neurologi dell'IRCCS Humanitas legato all'università di Milano - attestano che il trattamento con IVIg si trova in prima linea nella cura di neuropatologie autoimmuni ed in particolare della CIDP;

la somministrazione di immunoglobuline è praticata in day hospital a questi pazienti, con una certa regolarità che varia da caso a caso, presso le strutture ospedaliere di riferimento. Qualora questo iter incontri ostacoli, essi sono costretti, in caso di crisi in atto, a correre in pronto soccorso, dove vengono sottoposti a ricovero ospedaliero nel corso del quale viene loro somministrata la terapia già menzionata;
la difficoltà di cui sopra si traduce nel fatto che, a dispetto della consistente e accreditata letteratura nonché della stessa prassi ospedaliera, i pazienti si confrontano da alcuni anni con gravi restrizioni nell'accessibilità o disponibilità del farmaco: le loro esperienze evidenziano strutture farmaceutiche che affermano l'impossibilità di prescrizione del farmaco per il trattamento della CIDP oppure che, pur in presenza di specifiche richieste mediche e piani terapeutici autorizzati, non ne hanno la disponibilità, avendo esaurite le rispettive voci previste dal bilancio annuale. Emergono spiacevoli situazioni che attestano mancanza di chiarezza, per non dire gravi carenze, sulle condizioni di assistenza di questi malati e sulle loro possibilità di trovare sul nostro territorio nazionale una sollecita e adeguata tutela;
parlare di «difficoltà di reperimento del farmaco» per questi pazienti corrisponde all'oggettivo e sofferto aggravamento di una situazione già di per sé non facile né indolore: difatti se la somministrazione non è praticata tempestivamente, il peggioramento delle condizioni del paziente, al manifestarsi della crisi, si fa rapido e drastico e, conseguentemente, il recupero è più lento e sofferto -:
se il Ministero sia a conoscenza di quanto evidenziato nelle premesse;
quali iniziative - anche di natura normativa - intenda predisporre al fine di rettificare la suindicata situazione di drammatica criticità, affinché agli intenti di tutela corrisponda un effettivo e pieno sostegno per coloro che, insieme alle loro famiglie, si trovano o possono trovarsi ad affrontare situazioni di cosi grave disagio.
(4-10597)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dalle pagine del Corriere della Sera del 24 gennaio 2011, Alessandro Fiocchi direttore della divisione pediatrica dell'ospedale Macedonio Melloni di Milano spiega che: «Stiamo riempiendo e svuotando i letti in continuazione. Molti casi di bronchiolite, bambini che non riescono a respirare. I pazienti più gravi li ricoveriamo in rianimazione. Rispetto a gennaio 2010», prosegue Fiocchi, «c'è un aumento considerevole delle infezioni da virus respiratorio sinciziale. Siamo passati dal 16 al 20,4 per cento dei lattanti». «L'aria densa di inquinanti è l'habitat ideale per la trasmissione di virus e batteri», conferma Luca Bernardo, primario del Fatebenefratelli. «Ho il reparto pieno di piccoli ricoverati per malattie respiratorie, intestinali e gastroenteriche»;
i figli dello smog arrivano in braccio ai genitori, stanchi, si annunciano al pronto soccorso a colpi di tosse;
un'indagine coordinata nel 2009 da Luigi Nespoli, pediatra dell'ospedale Filippo del Ponte di Varese, è arrivata al risultato che le impennate di Pm10 provocano un rialzo del 2 per cento negli accessi al pronto soccorso dovuti a malattie respiratorie (è il 4 per cento con l'ossido di carbonio e il 15 per cento per l'anidride solforosa);
agli stessi risultati per il biossido di azoto è giunto anche il San Paolo e uno studio dell'ospedale Macedonio Melloni afferma che: «fissato a 100 il livello delle polveri sottili, le visite respiratorie rappresentano il 40 per cento degli accessi al pronto soccorso. Se la soglia sale a 150, le visite toccano quota 57»;

la legge stabilisce un valore di tolleranza di 50 microgrammi di Pm10 per metro cubo d'aria: a Milano in questi primi giorni del 2011, è stata anche triplicata;
il clima, il freddo, la nebbia e l'inquinamento fanno esplodere le infezioni alle basse vie aeree, commenta Susanna Esposito pediatra della clinica De Marchi, ma lo smog è innanzitutto causa di recidività degli episodi;
l'Italia viola il diritto comunitario relativamente alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria e ai valori limite di Pm10 -:
di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per contenere il problema ed adeguarsi alle norme europee.
(4-10599)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come evidenziato dalla rete Elettrosmog-Free Italia, a distanza di dieci anni dall'approvazione della legge n. 36 del 2001 sulla tutela sanitaria dall'inquinamento elettromagnetico, che prevedeva l'emanazione di una serie di decreti attuativi e l'espletamento di una serie di attività volte a contribuire ad elevare il grado di protezione della popolazione e dell'ambiente, tali provvedimenti non sono stati approvati;
delle 11 azioni normative previste solo 2 sono state adottate, quelle relative ai limiti di esposizione in bassa ed in alta frequenza che - come prevedevano gli stessi decreti - dovevano essere riaggiornate dal 2006 cosa che non è stata fatta;
il risultato è che oggi il grado di protezione della popolazione dagli effetti dannosi dell'elettrosmog è pressoché inesistente a fronte del più elevato sviluppo di tecnologie inquinanti nel campo dell'energia e delle telecomunicazioni mai avvenuto;
la conseguenza è che anche nel nostro Paese cominciano a diffondersi a livello di massa fenomeni nuovi, come la elettrosensibilità e l'aumento rilevante di patologie leucemiche e tumorali anche nei bambini e negli adolescenti, mentre continua a destare allarme sociale la proliferazione selvaggia delle infrastrutture delle telecomunicazioni;
anche il Parlamento europeo si è recentemente pronunciato con la risoluzione/raccomandazione del 24 aprile 2009 per segnalare ai Paesi membri l'urgenza di adottare seri provvedimenti cautelativi nei confronti delle esposizioni ai campi elettromagnetici non ionizzati sottolineando che, come dimostrato da un gruppo di studi indipendenti come il rapporto di Bioinitiative, gli attuali limiti di esposizione ai campi elettromagnetici sono obsoleti ed in particolare non tengono in considerazione gli effetti a-termici sulla salute -:
se non ritenga il Governo di adottare con urgenza i decreti attuativi della legge n. 36 del 2001 per ridurre i livelli di emissione elettromagnetica sul territorio nazionale e per ricondurre i livelli di qualità a quelli suggeriti da recenti ricerche;
quali azioni si intendano perseguire per dare attuazione al recente pronunciamento del Parlamento europeo citato in premessa.
(4-10600)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Gianni Lannes pubblicato sul sito www.costruendo.lindro.it si apprende che ad Orta Nova, in provincia di Foggia vi sono circa 6 impianti per

telefonia mobile (Telecom, Vodafone, H3G, Wind) concentrati in un'area dove sono presenti asili pubblici e privati, le due scuole elementari, la scuola media, l'istituto tecnico Olivetti ed il liceo;
inoltre sarebbero in fase di autorizzazione da parte del comune altre stazioni radiobase, con anche un impianto abusivo nel cuore del paese;
l'articolo 8 della legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico (legge n. 36 del 2001) ha stabilito espressamente che i comuni possano adottare un regolamento che disciplini il corretto insediamento territoriale degli impianti per ridurre al minimo l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici;
ad Orta Nova non esiste il regolamento sul corretto insediamento territoriale degli impianti per ridurre al minimo l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici;
quanto al monitoraggio, il 13 maggio 2007 l'Arpa Puglia ha inviato al sindaco di Orta Nova e alla Telecom Italia un documento attestante la verifica dei campi elettromagnetici (nell'area interessata dall'antenna) che rientrerebbero nei limiti di legge che risulta però fatta in data 17 maggio 2007 il che suscita negli interroganti dubbi sulla serietà della verifica;
sempre l'Arpa, dice: «È necessario comunicare, da parte della Telecom Italia s.p.a. al comune di Orta Nova e al dipartimento prov. ARPA FOGGIA, l'attivazione dell'impianto suddetto per la predisposizione dei controlli finalizzati al rilascio del certificato di conformità post attivazione» ma a tutt'oggi il certificato di conformità post attivazione non esiste;
ad Orta Nova si sarebbero registrati gravi casi di leucemia;
numerosi studi e studiosi citati nell'articolo (studi compiuti in Australia e in Inghilterra, professor Gianni Mattioli, docente di Fisica matematica all'università La Sapienza di Roma, Giulio Brautti, docente di Struttura della materia all'università di Bari, il rapporto del 1989 dell'Istituto superiore di sanità «Istisan 99», Livio Giuliani, responsabile dell'unità radiazioni dell'ISPEL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, Codacons e WWF) documentano la pericolosità per la salute dell'esposizione ad onde elettromagnetiche -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito ai danni alla salute da esposizione ad onde elettromagnetiche;
se si intenda promuovere un'ampia indagine su tutto il territorio nazionale sui rischi da esposizione ad onde elettromagnetiche;
se e quali azioni si intendano promuovere per colmare le lacune normative in merito all'esposizione a frequenze da telefonia mobile;
se corrisponda al vero quanto segnalato nel comune di Orta Nuova e quali iniziative di competenza si intendano adottare.
(4-10606)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio 2010 la dirigenza di Lyondell/Basell ha annunciato la decisione di chiudere lo stabilimento sito nel polo chimico di Terni, determinando in breve tempo pesanti ricadute sulle altre aziende del polo che dipendevano per gli approvvigionamenti di polipropilene dall'impianto di Basell, e a luglio è stato sottoscritto, presso la regione, l'accordo per la cassa integrazione straordinaria di un anno a zero ore per 94 lavoratori della Basell, determinato appunto dalla cessazione delle attività da parte dell'azienda, nonostante i risultati positivi conseguiti

anche nell'anno precedente, come dimostra la cifra dell'utile netto dell'impianto ternano nel 2009, pari ad oltre 9 milioni di euro;
la situazione del polo chimico di Terni, alla luce degli ultimi avvenimenti, rimane critica e la preoccupazione per il futuro delle aziende del distretto, coinvolte direttamente o indirettamente nelle decisioni della Basell di sospendere la produzione, è unanimemente condivisa, anche a causa delle gravi ricadute sul piano sociale, economico e ancor più occupazionale dell'intera area del ternano e delle città vicine;
in risposta alla precedente interrogazione (n. 4/06378), pervenuta il 14 giugno 2010, il Sottosegretario Saglia aveva dichiarato apertura e collaborazione in quanto dichiarava: «La proposta del MSE, condivisa con le Istituzioni locali e le Organizzazioni Sindacali, unite nella volontà di mantenere la produzione e l'occupazione, è quella di non chiudere gli impianti prima che si sia trovata una soluzione alternativa, con la condizione ulteriore di due requisiti minimi: avere il tempo necessario per fare delle valutazioni senza la scadenza incipiente del 30 giugno prossimo e la disponibilità dell'Azienda a valutare tutte le ipotesi percorribili senza scartare nulla» e ancora «L'incontro si è concluso senza una posizione condivisa, con la decisione, tuttavia, di mantenere aperto il tavolo di confronto fino a quando non si riuscirà a trovare soluzioni adeguate e si saranno esplorate tutte le strade possibili. In questi giorni si stanno susseguendo contatti anche con Confindustria-Terni e con le singole aziende, sia per affrontare le problematiche del sito che per la reindustrializzazione dello stesso. Le decisioni dell'Azienda non possono, infatti, prescindere da un contesto composto da una pluralità di "attori", ci si aspetta, quindi, che anche il piano di Basell possa cambiare, con l'auspicio che tutti contribuiscano con coerenza ad una possibile soluzione positiva. I prossimi giorni sono ritenuti dal Governo cruciali per continuare nel confronto e si auspica che, anche, da parte dell'Azienda ci sia l'intenzione di proseguire concretamente su questa strada»;
nonostante i numerosi incontri presso il Ministero dello sviluppo economico la cordata interessata a rilevare lo stabilimento di Basell, composta da Novamont e Banca Intesa, ha incontrato finora una grave e reiterata indisponibilità da parte della dirigenza aziendale di Lyondell/Basell alla vendita dell'impianto. Nel frattempo la dirigenza di Lyondell/Basell ha proceduto ad avanzare proposte di trasferimento ai lavoratori dei propri stabilimenti in Italia, in un progetto di riallocazione del capitale umano che prevederebbe sia la dislocazione di parte delle maestranze all'estero che il riassorbimento nell'impianto di Ferrara di un numero imprecisato di lavoratori cassintegrati di Terni;
la notizia dell'ingresso dell'ENI nella proprietà societaria della Novamont sembrerebbe offrire una seria speranza per la soluzione del problema, offrendo a Terni non solo l'occasione per il superamento di una situazione di crisi, ma una grande opportunità per la costituzione di un'attività industriale innovativa, ecocompatibile e quindi di grande futuro;
questa potrebbe essere un'opportunità importante per il comune di Terni, per la provincia di Terni e per la regione Umbria tutta, in quanto ogni sforzo ed ogni energia o risorsa disponibile dovrebbe essere spesa per salvaguardare il polo chimico ternano, con la prospettiva di una produzione ecocompatibile, leader in Italia ed in Europa, trasformando un momento di grave difficoltà in occasione di nuovo sviluppo;
questa situazione pone fortemente al centro dell'interlocuzione, tra Governo centrale ed enti locali, il tema della delocalizzazione dei processi produttivi - che, ultimamente, sappiamo non interessare solo il polo chimico di Terni, ma anche altre e numerose realtà industriali italiane -, che non ha visto interventi in grado di garantire pienamente l'interesse pubblico

rispetto a quello privato, primato che solo può assicurare alle istituzioni democratiche il necessario potere di contrattazione rispetto alle grandi aziende internazionali;
sarebbe, quindi, auspicabile ripristinare, nella trattativa con Lyondell/Basell, questo primato nelle forme sancite dalla carta costituzionale, anche al fine di garantire alle maestranze impiegate nella totalità del polo chimico ternano la legittima continuità del reddito, in quanto si apprende che la cassa integrazione guadagni sarebbe stata finanziata con risorse ingenti che le regioni hanno stanziato attraverso l'utilizzo del Fondo sociale europeo (Fse), e la maggioranza delle regioni, avrebbe espresso l'intenzione, condiviso anche dalla giunta della regione Umbria, di non prolungare i termini degli accordi di cassa integrazione sottoscritti dalle regioni nel 2010, escludendo virtualmente ulteriori azioni tese a garantire la continuità del reddito dei lavoratori interessati;
il polo chimico di Terni è riconosciuto nel documento annuale di programmazione (Dap) come una delle infrastrutture strategiche tanto per la strutturazione di politiche industriali ad alto contenuto d'innovazione quanto per la ormai urgente trasformazione ecosostenibile dei modelli produttivi vigenti, due tematiche strettamente intrecciate e costituenti il nucleo fondante di quanto si intende per green economy -:
quali azioni il Governo intenda perseguire al fine di scongiurare il depauperamento dell'industria chimica italiana rilanciando il polo chimico di Terni e garantire la continuità del reddito dei lavoratori interessati.
(4-10602)

SCHIRRU e FADDA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'istituzione delle zone franche urbane era stata prevista originariamente con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), pensata dal Governo guidato da Romano Prodi come agevolazione per le nuove iniziative produttive in alcune zone del Paese, attraverso l'esenzione fiscale e contributiva. La realizzazione del progetto si era arenata sul fatto che le agevolazioni previste erano eccessivamente ampie e la copertura prevista sarebbe stata probabilmente insufficiente per tutti i benefici: esenzione da imposte sui redditi, Irap, Ici ed esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Perciò successivamente la legge Finanziaria per il 2008 aveva circoscritto i benefici (anche dal punto di vista territoriale), lasciando a un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di circoscrivere ulteriormente l'agevolazione;
il 28 ottobre 2009, con una cerimonia alla presenza dello stesso Ministro dello sviluppo economico, sono state istituite 22 «zone franche urbane», cioè aree individuate in quartieri che vivono situazioni di disagio sociale ed occupazionale e con un particolare bisogno di strategie per lo sviluppo e l'occupazione;
l'istituzione di zone franche urbane (ZFU) è prevista dalla legge finanziaria per il 2008 legge 244 del 2007, articolo 2, commi 561 e seguenti, che hanno modificato la finanziaria precedente): si tratta di zone caratterizzate da una situazione di disagio economico che, a seguito dell'espletamento della procedura prevista, godranno di particolari agevolazioni fiscali;
presso il Ministero dello sviluppo economico, infatti, è costituito un apposito fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;
le «zone franche» hanno, quindi, una funzione di rilancio dell'economia, stimolando la nascita di piccole e micro imprese attraverso esenzioni fiscali e contributive (Ires, Irap, Ici e contributi previdenziali) sino a 14 annualità. Le agevolazioni sono operative dal 1o gennaio 2010;
selezionate sulla base di una serie di indicatori, con una procedura durata circa un anno, sono sorte a: Catania,

Gela, Erice, Crotone, Rossano, Lamezia Terme, Matera, Taranto, Lecce, Andria, Napoli, Torre Annunziata, Mondragone, Campobasso, Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Velletri, Sora, Pescara, Massa Carrara e Ventimiglia;
secondo un comunicato stampa diffuso nei primi giorni di dicembre, il Ministro ha affermato che «nell'ambito dello schema di decreto legislativo di riordino degli incentivi alle imprese non è prevista la soppressione delle misure relative alle zone franche urbane»;
il comunicato arrivava dopo che la soppressione delle zone franche urbane sembrava cosa fatta (esemplificativa l'inchiesta riportata dal Sole 24 Ore del lunedì del 6 dicembre 2010) sulla base della bozza di decreto legislativo per la riforma degli incentivi;
tale scelta abolizionista aveva suscitato preoccupazioni e critiche, tra cui ad esempio, un ordine del giorno della provincia di Carbonia Iglesias, in attesa dell'inserimento della città di Carbonia, segnata da una grave crisi economica sociale a causa del decadimento dello sviluppo industriale della zona;
l'articolo 43 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che, laddove le zone a «burocrazia zero» (istituite dallo stesso decreto) coincidano con le «zone franche urbane», le risorse siano utilizzate per le iniziative previste dalla manovra estiva del 2010. Secondo il decreto-legge n. 78 del 2010, quando le due tipologie di zone coincidono, le risorse previste per le zone franche «sono utilizzate dal sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero»;
fuori dalle regioni del Sud di zone franche ce ne sono quattro (Ventimiglia, Massa-Carrara, Velletri e Sora). Il Sole 24 Ore del 27 maggio 2010 aveva spiegato: «La nuova misura di fatto cancella le zone franche urbane su cui aveva fortemente puntato l'ex ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola»;
la cancellazione delle zone franche comporterebbe sicuramente l'esclusione di quelle collocate in comuni fuori dai territori meridionali. E per le città del Sud, nel caso in cui vi fosse una coincidenza fra zone «franche» e a «burocrazia zero», muterebbero le modalità di intervento (da esenzioni automatiche ad aiuti) -:
quali siano i reali orientamenti del Governo a proposito delle zone franche;
se non si ritenga opportuno assumere iniziative per il rilancio e il finanziamento delle esistenti zone franche urbane, prevedendo nuove aree territoriali del Sud con svantaggi economici e sociali a cui destinare risorse economiche per iniziative di sviluppo.
(4-10603)

CATANOSO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il processo di automazione dei servizi e dello smaltimento dei prodotti postali è stato avviato dall'allora Ministero delle poste e telecomunicazioni negli anni '70 grazie anche all'assistenza tecnica della Elsag, società del gruppo Finmeccanica;
anche a Catania l'assistenza e la manutenzione degli impianti sono tuttora affidati in appalto alla Elsag che li ha sub-appaltati a partire dal 2007 alla romana Logos s.p.a.;
il 1o ottobre 2007, con il rinnovo della gara d'appalto e grazie anche all'impegno del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fu stilato un accordo con cui si garantivano i livelli occupazionali fino all'anno 2012;
nonostante l'eccellente lavoro quotidiano dei tecnici e manutentori delle ditte sub-appaltatrici di Elsag, questi lavoratori vivono costantemente con l'assillo di procedure di crisi aziendali paventate o messe in atto dalla Logos, che lamenta il calo delle commesse;

la professionalità di questi lavoratori, dopo più di 30 anni di attività continua ed ininterrotta, è evidente e Poste italiane spa non può farne a meno se non vuole che ne risenta la qualità del servizio prestato all'utenza, servizio attualmente di ottimo livello senza nulla da invidiare agli altri competitor europei;
a giudizio dell'interrogante sarebbe opportuno che Poste italiane riprendesse nel proprio perimetro aziendale i macchinari, la manutenzione, i tecnici ed i lavoratori dei centri di meccanizzazione postale al solo fine di garantire il mantenimento dei livelli di professionalità raggiunti da questi lavoratori e evitare, in tal modo, l'insostenibile precarietà dei lavoratori coinvolti, ridotti alla mercé, nonostante una professionalità maturata in 30 anni e più di servizio, dei vari vincitori d'appalto -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire al fine di garantire la stabilità del lavoro ai tecnici interessati e la qualità del servizio di Poste italiane.
(4-10611)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Gatti e altri n. 7-00470, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Jannone 4-09619, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Contento e Gottardo 4-09653, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09667, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09668, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera 4-09669, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09670, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Biancofiore n. 4-09683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09685, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09686, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09687, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-03881, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-03882, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Dima n. 4-09711, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Gioacchino Alfano n. 4-09716, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Giulio Marini n. 4-09735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori 4-09736, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-09777, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Berardi n. 4-09784, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03905, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Stradella n. 4-09826, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-09828, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Taddei n. 4-09829, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-09831, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Fallica e altri n. 4-09833, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Colucci n. 4-09837, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-09838, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Laboccetta n. 4-09878, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili ed altri n. 4-09888, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Rampelli n. 4-09889, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Garagnani n. 5-03936, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Barbieri n. 4-09901, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Migliori n. 4-09914, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Antonione n. 4-09915, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Landolfi 4-09956, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-09979, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-09980, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Galati n. 4-09981, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Ceccacci Rubino n. 4-09989, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09992, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09993, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09995, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09996, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-09998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Zacchera n. 4-10013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mancuso e altri n. 4-10015, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Mancuso e Barani n. 4-10016, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta in commissione Contento n. 5-03963, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta scritta Pili n. 4-10037, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.

L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Miotto e altri n. 3-01420, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ceccuzzi, Braga, Mariani, Codurelli.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e De Biasi n. 5-04091, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiorio.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Rugghia e altri n. 5-04097, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Codurelli, Froner, Motta.