XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 24 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un problema diffuso che ha gravi conseguenze sociali e inevitabili ripercussioni sulla salute fisica e psichica delle donne. Si ripercuote per generazioni e non risparmia nessuna nazione o Paese, sia industrializzato che in via di sviluppo. Sia le vittime che gli aggressori appartengono a tutte le classi sociali; secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) una donna su cinque ha subito, nella sua vita, abusi fisici o sessuali da parte di un uomo;
si è in presenza di un problema globale che deve essere affrontato responsabilmente da parte di tutte le istituzioni. Secondo le rilevazioni effettuate dall'Organizzazione mondiale della sanità tra i fattori causa del problema concorrono motivi individuali, familiari, della comunità e della società che accrescono il rischio di violenza contro le donne: bassa posizione socioeconomica e istruzione; dipendenza da sostanze; cattivo funzionamento della famiglia; marcata diseguaglianza di genere nella comunità e scarsa coesione sociale; società con norme che conferiscono insufficiente autonomia alle donne. Purtroppo, quelli enumerati sono solo una parte delle cause del fenomeno;
si tratta di una violazione dei diritti umani, troppo spesso ignorata o sottostimata che dovrebbe essere trattata con priorità nella sanità pubblica; l'esperienza internazionale della violenza sulle donne ha creato una sorta di «libro nero» dei diritti umani delle donne, noto nella sua crudezza e tragicità, da cui si rileva come nel mondo sia aperta una sorta di guerra in ordine sparso, che ha come oggetto il dominio e la sopraffazione del corpo delle donne; il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione, diritti sanciti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
nel corso della prima Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne nell'ambito della Presidenza italiana del G8 nel 2009 è stata affermata la necessità di educare tutte le società ai valori dell'uguaglianza, senza distinzione di «sesso, religione, razza, lingua, opinioni politiche, condizioni personali e sociali e di creare una grande alleanza tra tutti i Governi e la società civile per porre fine a ogni forma di violenza contro le donne»;
ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna, rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento;
purtroppo, non molto è stato fatto; infatti, dall'ultimo rapporto Eures-Ansa emergono numeri preoccupanti che fotografano una situazione tutt'altro che rassicurante. Teatro delle violenze è sempre più spesso l'ambito familiare. Gli uomini continuano ad occupare il primo posto nella classifica delle vittime di omicidio, ma il numero delle donne morte per mano di un assassino è cresciuto vertiginosamente negli ultimi anni. In Italia una vittima di omicidio su quattro è donna. Si è passati dal 15,3 per cento delle vittime femminili di delitti nel biennio 1992-1994 al 23,8 per cento tra il 2007 e il 2008;
l'Istat, nella prima indagine sulla sicurezza interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne, riporta che in Italia, nel 2006, quasi sette milioni di donne - tra i 16 e i 70 anni - sono state vittime di

violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita. Il sommerso è elevatissimo ed è consistente anche la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite. Ciò accade perché la donna anche se vittima si sente in colpa e ha difficoltà a riconoscere la violenza subita come reato;
tra le morti da violenza contro le donne vanno annoverati i delitti d'onore (5.000 l'anno in tutto il mondo), i suicidi, gli infanticidi di femmine e le morti materne da aborto insicuro. In Italia, un omicidio su quattro avviene in famiglia e il 70 per cento delle vittime sono donne;
il fenomeno della violenza fisica e sessuale degli uomini contro le donne ha riguardato un terzo delle donne che vivono in Italia: sono, infatti, 6 milioni e 743 mila (il 31,9 per cento) le donne vittime di tali violenze nel corso della propria vita. Tra queste, quasi 4 milioni di donne hanno subito violenza fisica (il 18,8 per cento, il 16 per cento se si esclude la sola minaccia di violenza) e circa 5 milioni (23,7 per cento) hanno subito violenza sessuale. Se fra le violenze sessuali si considerano solo lo stupro e il tentato stupro, la percentuale di vittime è pari al 4,8 per cento, che corrisponde a oltre un milione di donne;
lo stupro colpisce ogni parte del globo: i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità fissano tra il 14 ed il 20 per cento il numero di donne che, negli Stati Uniti, subiscono uno stupro durante il corso della vita. Percentuali analoghe sono rilevate in Canada, Corea e Nuova Zelanda. La violenza sessuale è anche un'arma di guerra, solo da poco riconosciuta come tale dalle leggi internazionali. I conflitti con un forte connotato etnico, come quelli nei Balcani o in Africa centrale, vedono l'uso dello stupro come strumento bellico da parte di entrambi i contendenti. Nel 1993, il Centro per i crimini di guerra di Zenica aveva documentato in Bosnia 40 mila casi di stupro, ma le cifre reali sono ritenute ben più alte e vi sono sospetti che persino alcuni soldati dell'Onu si siano resi responsabili di aggressioni;
l'indagine Istat presenta dati che fanno riflettere e spostano il quadro dell'immaginario collettivo rispetto alle violenze. Le donne vittime di abusi sessuali o stupri sono nel 45 per cento dei casi donne divorziate, con una laurea e con lavori di responsabilità. Nel 64 per cento dei casi abitano al Centro-Nord;
tali dati dimostrano che il ventaglio della diffusione della violenza sessuale sta mettendo radici su diversi livelli di stratificazioni sociali. Le donne che dovrebbero essere meno soggette a tale problematica, che dovrebbero essere più capaci a difendersi e con una possibilità economica maggiore per poter essere indipendenti, purtroppo non risultano essere, attenendosi ai dati, così capaci;
anche le cosiddette donne in carriera mostrano fragilità a livello personale, insicurezza relazionale e, quindi, possibilità di divenire vittime di violenze intrafamiliari. Va considerato anche che esse sono sempre più sole e sempre meno protette dalla famiglia d'origine per l'impianto della famiglia mononucleare; donne sempre più sole in città sempre più affollate e costrette a difendere se stesse e i propri figli dalla ferocia dei violenti;
il 25 novembre, giornata simbolo scelta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999) per celebrare la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, diverse istituzioni e vari enti hanno festeggiato questa giornata attraverso iniziative politiche e culturali;
purtroppo, nonostante l'intervento delle istituzioni, a fronte di un fenomeno che registra un generale aumento delle richieste di aiuto e della gravità dei casi, le risorse a sostegno dei centri antiviolenza rischiano di subire i tagli dovuti alla crisi: sostenere adeguatamente chi aiuta le vittime è il primo atto di responsabilità sociale da parte dei Governi locali e nazionale;
nel mese di novembre 2010, da un importante convegno tenuto dall'Aogoi,

l'Associazione ginecologi ed ostetrici ospedalieri italiani, che ha affrontato la delicata tematica della violenza sessuale sulle donne, è emerso che le conseguenze di una violenza sessuale, a livello fisico e psichico, sono, devastanti e distruttive;
si è rilevato che l'81 per cento delle donne che si sono suicidate, erano persone vittime di abusi. Inoltre, le donne violate, presentano disturbi fisici importanti, che vanno dalla sindrome post traumatica da stress, a seri disturbi del sonno, a problematiche alimentari piuttosto gravi ed alla pericolosa tendenza ad isolarsi socialmente; un dato inquietante, ad esempio, mette in evidenza che in Italia le denunce contro gli atti di violenza avvenuti in famiglia vengano spesso scoraggiate dalle forze dell'ordine. A livello giudiziario, spesso un padre violento nei confronti della propria moglie o compagna in molti casi non viene valutato negativamente come genitore, mentre le due cose non dovrebbero essere scisse;
in Italia, purtroppo, si è ancora molto indietro su questa tematica ed il personale sanitario non è sempre all'altezza di seguire con accuratezza le donne violate; la metà delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza si ritengono non autosufficienti dal punto di vista economico e questo dato è tanto più negativo se si pensa che è spesso lo stesso partner ad usare violenza. Metà delle donne non possono garantirsi l'indipendenza economica e, di conseguenza, non possono garantirla ai figli; questo fattore determina che la maggior parte delle donne che subiscono violenza economica e psicologica la subiscono perché non si sentono economicamente autosufficienti e non vedono alternative alla situazione di cui sono vittime;
il sistema sanitario italiano sente la coscienziosa esigenza di poter intervenire in modo corretto e competente, unendo le forze mediche, psicologiche e legali; questo significa che il problema esiste ed è sempre più grave;
solo nel 2009 si è legiferato sullo stalking, il reato di atti persecutori e molestie insistenti, introdotto con il decreto-legge cosiddetto anti-stupri del 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38. Da allora i dati del Ministero della giustizia riferiscono di 5.200 denunce e oltre 1.000 arresti dall'introduzione del reato, con un aumento delle richieste d'aiuto del 25 per cento; nei primi tre mesi del 2010 le persone denunciate per stalking sono state 1.592, quelle arrestate 293,


impegna il Governo:


a promuovere una più incisiva strategia politico-sociale in grado di portare allo sviluppo dell'equità tra tutte le persone senza distinzioni di età e sesso, anche attraverso adeguate procedure amministrative che rendano più facile l'accesso alle informazioni;
a potenziare la prevenzione della violenza attraverso interventi che aumentino l'istruzione e le opportunità per le donne e le ragazze e che riducano tutti i tipi di disuguaglianze, nonché a rendere operativi programmi per i ragazzi che crescono in famiglie con violenza domestica, dal momento che risiede proprio là il rischio maggiore che diventino adulti violenti;
a promuovere, in linea anche con quanto sancito dal nuovo contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, che prevede un maggior rispetto dell'immagine e della dignità della donna, dei codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'immagine femminile e, più complessivamente, per il contrasto dei linguaggi violenti e prevaricanti per evitare una strumentalizzazione della donna in genere e del corpo della donna in particolare, che, attraverso immagini che feriscono la dignità umana e non solo quella femminile, provoca la riduzione della figura femminile ad esclusivo oggetto di desiderio;
a garantire una rapida conclusione ed entrata in vigore del contratto di servizio pubblico tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico per il 2010-2012,

non ancora firmato pur essendo il precedente già scaduto a dicembre 2009, permettendo in tal modo l'applicazione delle proposte ivi contenute e atte a sostenere una migliore rappresentazione delle donne;
ad incentivare interventi complessivi e integrati a sostegno delle donne che subiscono violenza attraverso il coordinamento dei centri antiviolenza sorti a livello regionale con il piano nazionale antiviolenza, al fine di attuare una politica unitaria più compatta e duratura;
ad attivare con tempestività un sistema di monitoraggio a livello di sanità pubblica, atto ad individuare e ridurre le conseguenze della violenza sulle donne, sia sul piano assistenziale che organizzativo, attraverso una maggiore informazione e formazione di personale addetto che sia in grado di affrontare i casi specifici con piena consapevolezza;
a stimare le risorse realmente messe a disposizione dal Governo per le donne vittime di violenza, assumendo iniziative per incrementare i fondi a favore della loro assistenza legale, dei centri di aiuto e degli sportelli anti-violenza sorti in tutta Italia;
a collocare il contrasto alla violenza contro le donne ai primi posti della programmazione politica, sia sul piano nazionale che su quello territoriale, prevenendo i reati più gravi come le lesioni personali e l'omicidio e facendo in modo che le iniziative normative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale garantiscano la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati;
a valutare - alla luce degli ultimi fatti di cronaca che dimostrano che la molestia troppo spesso si trasforma in omicidio - quali misure urgenti possano essere messe in campo per una più efficace collaborazione tra soggetti istituzionali e l'Osservatorio nazionale stalking, ai fini dell'attività di protezione delle vittime.
(1-00534)
«Binetti, Capitanio Santolini, Mondello, Anna Teresa Formisano, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Rao».

La Camera,
premesso che:
il 25 ottobre 2010 il Consiglio dell'Unione europea aveva invitato le autorità bielorusse a garantire che le elezioni si sarebbero tenute il mese successivo si svolgessero in conformità alle regole e alle norme internazionali in materia di elezioni democratiche, nonché agli impegni assunti dalla Bielorussia stessa nell'ambito dell'Osce e dell'Onu per quanto riguarda i miglioramenti da apportare alla propria legge elettorale, al fine di allinearla alle norme internazionali in materia di elezioni democratiche, assicurando anche che avrebbe consultato tempestivamente l'Osce in merito alle modifiche previste;
l'Assemblea nazionale bielorussa ha, invece, approvato una riforma del codice elettorale senza aver preventivamente consultato l'Osce;
la dichiarazione sui risultati e le conclusioni preliminari della missione internazionale di osservazione delle elezioni presidenziali in Bielorussia sono state rese note dall'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Osce e dall'Assemblea parlamentare dell'Osce il 20 dicembre 2010 e hanno evidenziato, malgrado i pochi miglioramenti intervenuti nel periodo pre-elettorale, che le elezioni presidenziali del 19 dicembre 2010 non si sono svolte nel rispetto delle norme internazionali in materia di elezioni libere, eque e trasparenti; le elezioni hanno comunque portato alla rielezione del Presidente Lukashenko, con l'80 per cento dei voti;
a seguito delle critiche mosse dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa circa le irregolarità del voto durante le ultime elezioni presidenziali, il Presidente bielorusso

ha disposto il 31 dicembre 2010 l'immediata chiusura dell'ufficio dell'Osce a Minsk;
oltre 700 persone sono state arrestate per aver partecipato alla manifestazione del 19 dicembre 2010 a Minsk e la maggior parte di esse sono state rilasciate dopo aver scontato brevi pene amministrative, mentre 24 militanti e giornalisti dell'opposizione, tra cui 6 candidati presidenziali, sono stati accusati di aver organizzato disordini di massa, attacchi violenti e resistenza armata, il che potrebbe comportare pene detentive fino a 15 anni;
all'indomani di tali gravi fatti, alcuni Paesi dell'Unione europea hanno dichiarato Lukashenko quale «persona non grata», mentre sono in corso discussioni in all'interno dell'Unione europea sulla necessità di ripristinare sanzioni nei confronti degli esponenti del Governo bielorusso, anche con l'adozione di una nuova risoluzione del Parlamento europeo;
tale ipotesi prevedrebbe, tra l'altro, di impegnare il Consiglio, la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Unione europea: a rivedere la politica dell'Unione europea nei confronti della Bielorussia, anche esaminando la possibilità di imporre sanzioni economiche mirate e di congelare tutti gli aiuti macrofinanziari forniti attraverso prestiti del Fondo monetario internazionale e operazioni di prestito della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo; a modificare l'orientamento della politica europea di vicinato e dell'assistenza nazionale a favore della Bielorussia, in modo da garantire un adeguato sostegno alla società civile; a reintrodurre immediatamente il divieto di visto per i dirigenti bielorussi, estendendolo anche ai funzionari pubblici, ai magistrati e agli ufficiali di sicurezza potenzialmente responsabili dei brogli e delle rappresaglie postelettorali, nonché dell'arresto degli esponenti dell'opposizione, e a congelare i beni di tali persone;
il Governo polacco e il Parlamento lituano, in tal senso, hanno già imposto restrizioni di viaggio ai rappresentanti del regime di Minsk e, nel contempo, semplificato l'accesso all'Unione europea per i cittadini bielorussi;
tale sospensione non dovrebbe essere applicata ai rappresentanti di organizzazioni non governative e della società civile;
già il 15 febbraio 2010 furono arrestati in Bielorussia 40 attivisti, per la maggior parte membri dell'Unione dei polacchi di Bielorussia (Upb), tra cui Angelika Borys (presidente dell'Upb), Igor Bancer (portavoce dell'Upb), Mieczyslaw Jaskiewicz (vicepresidente), Andrzej Poczobut (presidente del consiglio di vigilanza dell'Upb) e Anatol Lebedzka, leader del partito di opposizione bielorusso, il Partito civico unito, allo scopo di impedire loro di partecipare al processo concernente la Casa dei polacchi di Ivyanets; la comunità dei polacchi, circa 400.000 persone, è costantemente oggetto di repressione e censura da parte delle autorità bielorusse;
il ricorso alla violenza da parte della polizia e dei servizi del Kgb nei confronti dei manifestanti durante la giornata elettorale e, in particolare, la brutale aggressione a Vladimir Neklyayev, hanno comportato gravi violazioni dei principi democratici fondamentali, come quelli della libertà di riunione e della libertà di espressione, nonché dei diritti umani;
preoccupazione hanno destato i tentativi delle autorità bielorusse di affidare alla custodia dello Stato Danil Sannikov, figlio di tre anni del candidato alle elezioni presidenziali Andrei Sannikov e di Irina Chalip, una giornalista investigativa, i quali dal giorno delle elezioni si trovano entrambi in carcere;
il Presidente del Parlamento europeo, l'Alto rappresentante dell'Unione europea e il Segretario generale dell'Onu hanno condannato la repressione della manifestazione del 19 dicembre 2010 e le ulteriori misure adottate dalle forze di polizia nei confronti dell'opposizione democratica,

dei mezzi di comunicazione indipendenti e degli attivisti della società civile;
risulta che gli avvocati che rappresentano i manifestanti, gli oppositori politici o le loro famiglie sono minacciati di perdere la loro licenza o essere radiati;
la dichiarazione del vertice di Praga sul partenariato orientale aveva ribadito gli impegni, sottoscritti anche dalla Bielorussia, nei confronti dei principi del diritto internazionale e dei valori fondamentali, tra i quali la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
il 1o febbraio 2010 Alexander Lukashenko aveva firmato un decreto che imponeva la censura su internet e aveva creato un «centro d'analisi» in grado di monitorare internet e di esigere che i fornitori di accesso al servizio potessero bloccare nel giro di 24 ore qualsiasi sito web specificato, fatto che ha posto la Bielorussia allo stesso livello di Paesi come la Cina, la Corea del Nord e l'Iran;
il Consiglio dell'Unione europea ha ribadito la propria disponibilità ad approfondire le relazioni con la Bielorussia subordinatamente al raggiungimento in Bielorussia di sviluppi positivi verso la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto, così come la disponibilità ad assistere il Paese nel conseguimento di questi obiettivi;
la mossa della Federazione russa, che ha riconosciuto le elezioni e descritto la repressione come un «affare interno», è stata deplorata anche dalla Commissione europea intenta a avviare un processo di dialogo, consultazione e coordinamento politico con i Paesi terzi limitrofi della Bielorussia, che intrattengono tradizionalmente relazioni speciali con tale Paese, onde massimizzare l'efficienza della politica dell'Unione europea nei confronti della stessa e cooperare al fine di coniugare opportunamente la risposta al deficit democratico e alle violazioni dei diritti umani con la necessità di evitare l'isolamento internazionale del Paese;
va ricordato, infine, che in occasione del primo vertice bilaterale tra un Capo di Governo di un Paese membro dell'Unione europea e il Presidente bielorusso, che si è svolto il 30 novembre 2009 a Minsk, il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi dichiarò pubblicamente, rivolgendosi a Lukashenko: «La sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo», elezioni che furono, invece, definite dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa in grave violazione degli standard internazionali sottoscritti dai Paesi membri dell'Osce;
nel 2014 è previsto che si svolga in Bielorussia il campionato mondiale di hockey su ghiaccio;
secondo notizie a mezzo stampa, la posizione del Governo italiano - in linea con le dichiarazioni a sostegno di Lukashenko del Presidente del Consiglio dei ministri del novembre 2009 - sarebbe contraria a una dura condanna politica di quanto avvenuto nel corso delle elezioni presidenziali del 2010,


impegna il Governo:


a sostenere con forza l'azione europea circa l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali, quanto meno fintantoché tutti i prigionieri e i detenuti politici non saranno stati liberati e scagionati da ogni accusa;
a sospendere l'adozione di iniziative bilaterali con il regime bielorusso, che minano la credibilità e l'efficacia della politica estera europea;
a chiedere nelle sedi opportune e attraverso i canali diplomatici il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone arrestate durante la giornata elettorale

e all'indomani della stessa, nonché dei prigionieri di coscienza riconosciuti da Amnesty international;
a chiedere alle autorità bielorusse di fornire ai detenuti accesso senza restrizioni ai propri familiari, all'assistenza legale e alle cure mediche;
a condannare fermamente le azioni delle autorità bielorusse nei confronti dei membri dell'organizzazione che rappresenta la minoranza nazionale polacca e a ribadire il proprio appello alla Bielorussia affinché rispetti i diritti umani e i diritti di tutti i suoi cittadini;
a chiedere con forza che vengano garantite la libertà dei media, la libertà di associazione e di riunione, la libertà di religione per le chiese diverse dalla Chiesa ortodossa bielorussa e gli altri diritti e libertà politiche;
a sostenere la posizione avanzata in sede europea secondo la quale sarebbe auspicabile che non si svolgano in Bielorussia i campionati mondiali di hockey su ghiaccio previsti per il 2014, fintantoché restano ancora in prigione i detenuti politici.
(1-00535)
«Di Stanislao, Evangelisti, Donadi, Borghesi, Leoluca Orlando».

La Camera,
premesso che:
in occasione delle ultime elezioni presidenziali avvenute in Bielorussia il 19 dicembre 2010 l'Osce, insieme all'Unione europea e agli Stati Uniti, ha nuovamente denunciato la non democraticità delle procedure elettorali, che hanno portato alla rielezione del Presidente Lukashenko con l'80 per cento dei voti; tali organizzazioni, insieme a molte altre, hanno, inoltre, denunciato con forza l'arresto ingiustificato di centinaia di attivisti che manifestavano la sera del 19 dicembre 2010 per denunciare tali irregolarità;
a seguito delle critiche mosse dagli osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa circa le irregolarità del voto durante le ultime elezioni presidenziali, il Presidente bielorusso ha disposto il 31 dicembre 2010 l'immediata chiusura dell'ufficio dell'Osce a Minsk;
il 12 gennaio 2011, in una dichiarazione congiunta del Presidente del Parlamento europeo e dei Presidenti rispettivamente della Commissione affari esteri, della sottocommissione per i diritti umani e delle delegazioni per le relazioni con la Bielorussia e per l'Assemblea parlamentare Euronest - in seno al Parlamento europeo - è stata stigmatizzata la brutale repressione delle pacifiche dimostrazioni avvenute il 19 dicembre 2010; una repressione caratterizzata da una violenza sproporzionata e arresti di massa, nonché dal ferimento di centinaia di attivisti bielorussi, giornalisti e rappresentanti della società civile;
nella stessa dichiarazione, veniva messo in luce come le elezioni del 19 dicembre 2010 si fossero svolte senza un adeguato rispetto degli standard internazionali di elezioni libere, giuste e trasparenti e si poneva la necessità di ripensare le relazioni dell'Unione europea con la Bielorussia, in particolare prevedendo la sospensione dei visti verso l'Unione europea e il congelamento dei beni all'estero di esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso coinvolti nei gravi fatti del 19 dicembre 2010, condizionando la futura attenuazione o sospensione di queste misure al rilascio di tutti i leader delle opposizioni detenuti dal 19 dicembre 2010;
tra gli arrestati vi sono anche sei candidati alla presidenza che, insieme ad altre decine di attivisti, sono stati maltrattati dalle forze di polizia durante la detenzione - come denunciato da numerose organizzazioni non governative indipendenti - e sono attualmente sotto processo, rischiando lunghe condanne detentive, mentre giungono notizie preoccupanti anche

sulla sorte di minori con legami di parentela con alcuni degli oppositori arrestati;
secondo notizie a mezzo stampa, all'indomani dei gravi fatti avvenuti il 19 dicembre 2010, alcuni Paesi dell'Unione europea, come Germania e Polonia, ma anche Gran Bretagna, Francia, Svezia, Olanda e Repubblica ceca, si sarebbero espressi per la necessità di sanzioni ferme e chiare e misure restrittive per i membri dell'establishment di Lukashenko, mentre la posizione del Governo italiano sembrerebbe ai firmatari del presente atto di indirizzo, da alcune notizie a mezzo stampa, contraria ad una dura condanna politica di quanto avvenuto nel corso delle elezioni presidenziali del 2010;
del resto tale posizione sembrerebbe in linea con gli ottimi rapporti personali del Presidente del Consiglio dei ministri con il Presidente bielorusso, confermati dalle dichiarazioni rilasciate già in occasione del primo vertice bilaterale tra un Paese membro dell'Unione Europea e il Presidente bielorusso, che si tenne a Minsk il 30 novembre del 2009, nelle quali, secondo quanto riportato dagli organi di informazione, Berlusconi pubblicamente, rivolgendosi a Lukashenko, affermava che: «La sua gente la ama e questo è dimostrato dai risultati delle elezioni, che sono sotto gli occhi di tutti, che noi apprezziamo e conosciamo»;
la necessità di rivedere le relazioni europee e bilaterali con la Bielorussia e di introdurre nuove sanzioni è finalizzata all'obiettivo di ripristinare quanto prima una situazione di normalità democratica sotto il profilo del rispetto dei diritti umani, della libertà di espressione e manifestazione, nonché dalla necessità di ottenere in via immediata il rilascio degli oppositori politici e di tutti i giornalisti ed esponenti della società civile, che hanno espresso il legittimo dissenso sulle modalità in cui sono state tenute le ultime elezioni;
il dialogo con la Bielorussia, il suo coinvolgimento stabile in un'area di democrazia e il suo ingresso nel novero dei Paesi che rispettano i diritti umani e i principi dello stato di diritto resta l'obiettivo principale nell'interesse strategico, tanto dell'Italia quanto dell'Unione europea;
tuttavia, solo a fronte del riaprirsi di un dialogo politico e di una disponibilità del Governo bielorusso a conformarsi al rispetto degli standard europei e internazionali in materia di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, le sanzioni potrebbero essere attenuate o tolte, come già avvenuto nel recente passato quando l'Unione europea a seguito delle elezioni del 2006 approvò sanzioni nei confronti del medesimo Presidente bielorusso per le modalità con cui erano state gestite le elezioni nel 2006 e successivamente represse le conseguenti manifestazioni di protesta,


impegna il Governo:


ad assumere una dura presa di posizione politica, sia a livello europeo che a livello bilaterale, nei confronti dei comportamenti del Governo bielorusso contro le opposizioni democratiche di quel Paese e ad adottare ogni iniziativa utile volta ad ottenere l'immediata scarcerazione di quanti siano stati arrestati a seguito degli avvenimenti del 19 dicembre 2010;
ad adottare - in seno alla riunione del Consiglio dei Ministri degli esteri prevista per il 31 gennaio 2011 - ogni iniziativa utile volta a sostenere, in linea con la dichiarazione congiunta del 12 gennaio 2011 dei Presidenti del Parlamento europeo e di importanti Commissioni, l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali;
ad adottare ogni iniziativa utile a livello europeo volta a sostenere l'introduzione di sanzioni personali, come il congelamento

dei beni all'estero di esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso coinvolti nei gravi fatti del 19 dicembre 2010, condizionando il loro eventuale futuro ritiro al rilascio di tutti i leader dell'opposizione detenuti dal 19 dicembre 2010;
a farsi sostenitore della necessità di aumentare il sostegno finanziario alla società civile bielorussa, ai media indipendenti e alle organizzazioni non governative, anche prevedendo il rilascio di borse di studio e di visti di viaggio a favore degli studenti, molti dei quali sono stati espulsi dall'università a causa della loro partecipazione alle manifestazioni del 19 dicembre 2010;
ad adottare ogni iniziativa utile a livello europeo volta ad introdurre una riduzione delle tasse per il rilascio di visti a favore dei cittadini bielorussi, anche valutando l'opportunità di abolirle del tutto nei confronti di studenti, scienziati e artisti di cittadinanza bielorussa;
ad adottare ogni iniziativa utile, sia nelle sedi europee che a livello bilaterale, volta a favorire l'immediata riapertura dell'ufficio dell'Osce a Minsk.
(1-00536)
«Tempestini, Mecacci, Maran, Amici, Barbi, Beltrandi, Bernardini, Colombo, Corsini, Farina Coscioni, Losacco, Narducci, Pistelli, Porta, Maurizio Turco, Zamparutti».

La Camera,
premesso che:
a seguito delle elezioni presidenziali di marzo 2006, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato delle sanzioni contro la Bielorussia, adottando misure restrittive contro i responsabili politici e amministrativi delle violazioni degli standard elettorali internazionali, con l'obiettivo di indurre il Governo della Bielorussia a conformarsi alle regole basilari di un ordinamento democratico;
nel 2008, a seguito della liberazione di alcuni militanti dell'opposizione incarcerati due anni prima, l'Unione europea ha deciso di spronare il Governo bielorusso a proseguire sulla via di una graduale democratizzazione e di mandare un segnale di incoraggiamento in tal senso, sospendendo le sanzioni, tra le quali figurano limitazioni alle concessioni di visti ed il congelamento dei beni finanziari all'estero di una lista di alti esponenti bielorussi, compreso il Presidente Lukashenko;
nell'ottobre 2010 l'Unione europea ha deciso di confermare il «congelamento» delle misure restrittive, prorogandolo fino al 31 ottobre 2011, anche nel quadro della politica di dialogo critico nel frattempo avviata con il Governo di Minsk nell'intento di instaurare un canale di comunicazione più strutturato ed efficace;
il medesimo Consiglio affari esteri di ottobre 2010 aveva, altresì, indicato che «chiari e visibili progressi nella condotta delle elezioni» del 19 dicembre 2010 avrebbero avuto effetti positivi nei rapporti tra Unione europea e Bielorussia;
il 20 dicembre 2010 gli osservatori internazionali dell'Organizzazione per la Sicurezza e la cooperazione europea (Osce) hanno riscontrato gravi irregolarità nello svolgimento delle elezioni in Bielorussia, in particolare in fase di conteggio dei voti, i cui risultati ufficiali hanno portato a massicce proteste di piazza, a centinaia di inaccettabili arresti ed a violente repressioni contro oppositori del regime, compresi diversi candidati presidenziali, in assoluta violazione di tutti gli standard democratici sulla libertà politica e sulla libertà di protesta e manifestazione pacifica;
nelle settimane successive alle elezioni, si sono susseguiti espulsioni di studenti universitari dagli atenei bielorussi e licenziamenti di lavoratori, con motivazioni meramente politiche, alimentando un'atmosfera di insicurezza e di repressione delle libertà democratiche;

a fine dicembre del 2010 le autorità bielorusse hanno unilateralmente disposto la chiusura della missione Osce a Minsk, a seguito delle valutazioni da questa espresse in merito alle irregolarità nelle votazioni e ai gravi episodi di violenza verificatisi, vanificando l'opera di raccordo e di dialogo intrapresa in tale ambito sin dal 2003;
la comunità internazionale, in particolare l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, hanno condannato con decisione sia lo svolgimento delle elezioni che i gravi episodi di violenza registrati successivamente, richiedendo la liberazione immediata delle persone detenute per motivi politici dal regime del Presidente Lukashenko;
il Governo italiano ha da subito espresso la più ferma condanna delle misure repressive adottate dalle autorità della Bielorussia. Il Ministro degli affari esteri Frattini, con dichiarazioni rese il 20 dicembre 2010, ha qualificato come «inaccettabili» le violenze ai danni dei manifestanti e gli arresti di esponenti dell'opposizione. Lo stesso Ministro Frattini ha successivamente ribadito al suo omologo bielorusso Martynov la forte preoccupazione del Governo italiano in merito alla condotta di Minsk, anche in relazione ai riflessi sul dialogo con l'Unione europea delle misure prese dalla Bielorussia,


impegna il Governo:


a sollecitare l'immediato rilascio di quanti siano ancora detenuti per motivazioni di natura esclusivamente politica;
ad impegnarsi assieme ai partner dell'Unione europea per esercitare le necessarie pressioni, anche attraverso il temporaneo ripristino di sanzioni verso i responsabili degli abusi, affinché le autorità di Minsk imbocchino con decisione il cammino verso il raggiungimento degli standard europei in materia di stato di diritto e libertà democratiche;
ad effettuare concreti gesti di solidarietà e di sostegno alla società civile bielorussa, nello spirito di una collaborazione con l'Unione europea che va incoraggiata e rilanciata.
(1-00537)
«Antonione, Stefani, Sardelli, Baldelli, Angeli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera, Dozzo, Pini, Cesario, Grassano, Moffa, Razzi, Ruvolo».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
a seguito delle elezioni presidenziali di marzo 2006, il Consiglio dell'Unione europea ha adottato delle sanzioni contro la Bielorussia, adottando misure restrittive contro i responsabili politici e amministrativi delle violazioni degli standard elettorali internazionali, con l'obiettivo di indurre il Governo della Bielorussia a conformarsi alle regole basilari di un ordinamento democratico;
nel 2008, a seguito della liberazione di alcuni militanti dell'opposizione incarcerati due anni prima, l'Unione europea ha deciso di spronare il Governo bielorusso a proseguire sulla via di una graduale democratizzazione e di mandare un segnale di incoraggiamento in tal senso, sospendendo le sanzioni, tra le quali figurano limitazioni alle concessioni di visti ed il congelamento dei beni finanziari all'estero di una lista di alti esponenti bielorussi, compreso il Presidente Lukashenko;
nell'ottobre 2010 l'Unione europea ha deciso di confermare il «congelamento» delle misure restrittive, prorogandolo fino al 31 ottobre 2011, anche nel quadro della politica di dialogo critico nel frattempo avviata con il Governo di Minsk nell'intento di instaurare un canale di comunicazione più strutturato ed efficace;
il medesimo Consiglio affari esteri di ottobre 2010 aveva, altresì, indicato che «chiari e visibili progressi nella condotta delle elezioni» del 19 dicembre 2010 avrebbero avuto effetti positivi nei rapporti tra Unione europea e Bielorussia;
il 20 dicembre 2010 gli osservatori internazionali dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (Osce) hanno riscontrato che, nonostante alcuni miglioramenti, esiste ancora una lunga strada da percorrere da parte della Biolorussia affinché siano raggiunti gli standard richiesti dall'Osce per certificare la correttezza nello svolgimento del procedimento elettorale, in particolare per quel che concerne le operazioni di spoglio e di conteggio dei voti. Alle manifestazioni di piazza che sono seguite si è risposto con centinaia di arresti e violente repressioni contro oppositori del Governo, compresi diversi candidati presidenziali, in assoluta violazione di tutti gli standard democratici sulla libertà politica e sulla libertà di protesta e manifestazione;
secondo alcune fonti, nelle settimane successive alle elezioni si sarebbero susseguiti espulsioni di studenti universitari dagli atenei bielorussi e licenziamenti di lavoratori, con motivazioni meramente politiche, alimentando un'atmosfera di insicurezza e di repressione delle libertà democratiche;
il 31 dicembre 2010 è scaduto il mandato della missione Osce a Minsk e le autorità bielorusse non hanno al momento ancora rinnovato l'accordo con l'Osce per prolungare il mandato di tale missione, almeno di un altro anno, rischiando di vanificare l'opera di raccordo e di dialogo intrapresa in tale ambito sin dal 2003;
la comunità internazionale, in particolare l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, ha condannato con decisione sia lo svolgimento delle elezioni che i gravi episodi di violenza registrati successivamente, richiedendo la liberazione immediata delle persone detenute per motivi politici;
il Governo italiano ha da subito espresso la più ferma condanna delle misure repressive adottate dalle autorità della Bielorussia. Il Ministro degli affari esteri Frattini, con dichiarazioni rese il 20 dicembre 2010, ha qualificato come «inaccettabili» le violenze ai danni dei manifestanti e gli arresti di esponenti dell'opposizione. Lo stesso Ministro Frattini ha successivamente ribadito al suo omologo bielorusso Martynov la forte preoccupazione del Governo italiano in merito alla condotta di Minsk, anche in relazione ai riflessi sul dialogo con l'Unione europea delle misure prese dalla Bielorussia;
oltre agli eventi politico-elettorali dell'ultimo mese, meritano ugualmente di essere posti in rilievo i legami consolidati di fratellanza e di amicizia tra l'Italia e la Bielorussia costruiti in questi anni attraverso l'operato dei rispettivi governi e quel movimento dal basso che lega entrambi i Paesi, attraverso progetti di accoglienza, permessi di studio e adozioni instauratisi a seguito del disastro di Chernobyl che oggi più che mai coinvolgono nel nostro Paese migliaia di famiglie;
in virtù di questo legame tra i due popoli, negli ultimi anni l'Italia ha avviato, unico Paese nel consesso europeo, attraverso le delegazioni di rappresentanza parlamentare internazionale, quali i gruppi parlamentari presso l'Osce e presso il Consiglio d'Europa, ed anche a livello governativo attraverso più tavoli di confronto, un proficuo dialogo volto a creare quella dialettica costruttiva per «condurre» la parte bielorussa verso una maggiore apertura verso l'Unione europea;
occorre assolutamente evitare di arrivare ad una netta contrapposizione tra le parti, andando a danneggiare il percorso di avvicinamento con la Bielorussia, ponendo con ogni probabilità pericolosamente a repentaglio i risultati positivi fin qui raggiunti nelle relazioni italo-bielorusse sulle adozioni internazionali e gli accordi attualmente in discussione sui permessi studio; quindi, una sterile condanna senza ricorrere ad un atteggiamento di critica, pressante ma costruttiva, potrebbe portare ad atteggiamenti negativi relativi al destino di centinaia di bambini,


impegna il Governo:


a sollecitare l'immediato rilascio di quanti siano ancora detenuti per motivazioni di natura esclusivamente politica;
a sollecitare il Governo bielorusso ad accettare l'estensione di almeno un anno del mandato relativo alla missione Osce a Minsk per garantire la funzionalità di tale ufficio;
ad impegnarsi assieme ai partner dell'Unione europea per esercitare le necessarie pressioni, anche attraverso l'eventuale temporaneo ripristino di sanzioni verso i responsabili degli abusi, affinché le autorità di Minsk imbocchino con decisione il cammino verso il raggiungimento degli standard europei in materia di stato di diritto e libertà democratiche;
ad effettuare concreti gesti di solidarietà e di sostegno alla società civile bielorussa, nello spirito di una collaborazione con l'Unione europea che va incoraggiata e rilanciata, e a continuare nel dialogo con le autorità bielorusse per evitare di erigere nuovi muri tra l'Est e l'Ovest dell'Europa e per favorire ed incentivare l'azione congiunta, soprattutto in settori di grande impatto sociale, come quello delle adozioni internazionali, che coinvolgono tantissime famiglie del nostro Paese.
(1-00537)
(Nuova formulazione) «Antonione, Stefani, Sardelli, Angeli, Baldelli, Barbieri, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Di Caterina, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Mussolini, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Palmieri, Pianetta, Picchi, Scandroglio, Zacchera, D'Amico, Dozzo, Giancarlo Giorgetti, Pini, Cesario, Grassano, Moffa, Razzi, Ruvolo».

La Camera
premesso che:
i diritti delle donne sono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche; combattere con forza ogni atteggiamento e comportamento che tendono a tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le donne è, pertanto, assoluta priorità di ogni livello di Governo; vale la pena citare le parole di Kofi Annan: «La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace»;
nonostante il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale è ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel mondo;
a livello mondiale, le cronache riportano con puntuale periodicità episodi di violenza commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate, uccise, cui si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi ad irragionevoli

dettami fanatico-religiosi, nonché altre forme di violazione dei diritti delle donne o che con la violenza contro le donne sono connesse, come la violenza sui luoghi di lavoro, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili, la tratta di donne e di bambine;
per chiarire la gravità e la frequenza di questi episodi di soprusi occorre riportare l'attenzione su alcuni dati: secondo l'Organizzazione mondiale della sanità una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo; nel mondo viene uccisa una donna ogni otto minuti, di cui il 50 per cento è vittima del partner; la violenza subita da mariti, fidanzati, padri è la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne tra i sedici e i quarantaquattro anni, più del cancro, degli incidenti stradali, della guerra;
la situazione non è affatto rosea nemmeno in Italia. Secondo stime Istat quasi il 32 per cento delle donne italiane (circa 6 milioni e 743 mila) ha subito forme di violenza fisica o sessuale; quasi il 5 per cento di esse (oltre un milione) ha subito uno stupro vero e proprio. Si pensi poi che, sempre secondo dati Istat, il 91,6 per cento degli stupri non viene denunciato alle autorità;
la violenza sulle donne, purtroppo, non è un fenomeno tipico di ambienti degradati e poveri, ma è trasversale a tutte le classi sociali e culturali; per contrastare a tutti i livelli questa terribile piaga sociale, sono necessarie azioni concrete di prevenzione e sostegno alle donne vittime di violenza, le quali troppo spesso sono lasciate sole;
la raccomandazione del Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa REC(2002)5, del 30 aprile 2002, ha invitato gli Stati membri a promuovere la ricerca e la raccolta di dati sulla violenza contro le donne;
in sede di Consiglio d'Europa è, attualmente, in discussione una convenzione finalizzata «alla prevenzione e alla lotta contro la violenza domestica nei confronti delle donne, alla tutela e al sostegno delle vittime di tali atti, nonché al perseguimento penale degli autori di reato»;
nella consapevolezza che per garantire la tutela delle donne contro ogni forma di violenza e di sopraffazione non è più sufficiente l'attività di un singolo Governo, ma è necessario stabilire un momento di confronto internazionale, il Ministero per le pari opportunità ha promosso nel settembre 2009, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri, una Conferenza dedicata al tema della violenza contro le donne e sulle sue molteplici manifestazioni, nell'ambito della Presidenza italiana del G8; la Conferenza è stata preceduta dall'importante campagna di comunicazione, partita il 4 settembre 2010, «respect women respect the world»: una rosa bianca, simbolo del candore del mondo femminile, diventa gradualmente nera, avvelenata da quel «male oscuro» che è la violenza contro le donne, causa di un dolore che resta troppo spesso privato e taciuto, per paura o vergogna;
lo studio e l'attuazione di interventi volti a prevenire gli episodi di violenza, abuso e vessazione di cui le donne sono vittime rappresenta, quindi, uno dei principali obiettivi del Ministero per le pari opportunità, nonché una priorità dell'intero Esecutivo;
il decreto-legge n. 11 del 2009, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito con modificazioni dalla legge n. 38 del 23 aprile 2009, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico, con l'articolo 612-bis del codice penale, il reato di stalking, è una chiara dimostrazione dell'attenzione del Governo all'individuazione di strategie di contrasto, di prevenzione della violenza e di reinserimento delle vittime di tale reato;
dall'introduzione di tale nuova fattispecie di reato ad oggi, emergono circa

10.149 casi di stalking; le persone denunciate sono state 10.385, quelle arrestate 1.811. Sono stati emessi dai questori 1.891 provvedimenti di ammonimento, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n. 38 del 2009 e da parte dell'autorità giudiziaria sono stati disposti 2.629 divieti di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
i dati riferiti sottolineano i punti di forza della normativa in materia di atti persecutori: il riconoscimento del disvalore sociale e criminale degli atti persecutori nonché l'importanza di proteggere e tutelare l'incolumità psicofisica della persona;
il Governo nella presente legislatura si è distinto in un impegno che non trova precedenti nella storia della nostra Repubblica, mirato ad affrontare misure di contrasto contro ogni forma di violenza; l'attività del Governo si è, infatti, caratterizzata per una serie di costanti interventi in materia di sicurezza. Il cosiddetto «pacchetto sicurezza» del Governo comprende una serie di provvedimenti che, dal 2008 ad oggi, hanno fatto del rafforzamento della sicurezza urbana e della repressione dei reati di particolare allarme sociale due fondamentali obiettivi da perseguire costantemente;
il tema della violenza in generale, quella nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle case, quella che riguarda ogni essere umano, di qualsiasi età, religione e nazionalità, è un tema che il Governo ha affrontato in tutte le sue forme, attraverso provvedimenti che hanno interessato ciascun Ministero;
contestualmente all'emanazione della legge sullo stalking, con Protocollo d'intesa del 15 gennaio 2009 - sottoscritto dal Ministro per le pari opportunità e dal Ministro della Difesa - è stata istituita la sezione «atti persecutori», una task-force che studia il fenomeno degli atti persecutori e delle manifestazioni di violenza e di vessazione con il compito di delineare strategie di prevenzione e di contrasto aggiornate ed efficaci;
ad ulteriore conferma dell'impegno del Governo nel combattere ogni forma di violenza è altresì importante ricordare la firma, nel luglio 2009, di ulteriori due protocolli d'intesa per altrettante iniziative contro la violenza e le discriminazioni;
il Ministro per le pari opportunità ed il Ministro dell'interno hanno, infatti, siglato un protocollo d'intesa concernente il miglior raccordo dell'attività del Dipartimento per le pari opportunità con le azioni delle forze dell'ordine; il protocollo d'intesa, finalizzato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere e dello stalking, alla protezione e all'assistenza delle vittime; da ultimo ha portato, il 12 gennaio 2011, alla firma di due convenzioni tra il capo Dipartimento per le pari opportunità e il direttore dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia: la prima consentirà un raccordo più efficace tra le forze dell'ordine ed il servizio di accoglienza telefonica 1522 (inaugurata già nel settembre 2009) per le vittime di violenza allo scopo di ottimizzare il servizio svolto dal numero di pubblica utilità e prevede la possibilità di un contatto diretto, sia telefonico che telematico, tra il call center e le forze di polizia per gli episodi che presentino caratteristiche di emergenza; il secondo documento prevede la realizza zione di un progetto integrato per la raccolta e la condivisione dei dati quantitativi e qualitativi sul fenomeno delle violenze sessuali e di genere. La banca dati sarà istituita presso la Direzione centrale della polizia criminale - Servizio analisi criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno - e sarà alimentata dal flusso dei dati provenienti dalla banca dati interforze del sistema di indagine, dal Ministero della sanità e dal Ministero della giustizia raccolti dall'Istat, dal Dipartimento per le pari opportunità attraverso proprio il servizio di accoglienza telefonica 1522;
il secondo protocollo siglato nel luglio 2009 è quello che porta la firma del Ministro per le pari opportunità e del Ministro dell'istruzione, dell'università e

della ricerca: in particolare questo ha istituito la «settimana contro la violenza» all'interno degli istituti scolastici, che ha coinvolto nelle due edizioni finora svolte studenti, genitori e docenti in iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, con approfondimenti ed eventi dedicati, avvalendosi anche della partecipazione di esperti di carabinieri, polizia postale, polizia di Stato, Telefono azzurro e altre associazioni;
all'interno del medesimo protocollo di intesa tra i Ministeri per le pari opportunità e dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è inserito anche il progetto «Campus non-violenza», rivolto agli studenti del quinto anno delle scuole superiori e alle matricole delle università; si tratta di un'iniziativa con l'obiettivo di promuovere nei ragazzi una presa di coscienza delle regole che sono alla base della convivenza civile, del rispetto e dell'integrazione; oltre 250 i ragazzi tra i 18 e i 22 anni e i docenti provenienti da tutta Italia sono partiti dal 22 al 28 febbraio 2010 per trascorrere tre giorni di soggiorno negli ostelli della gioventù italiani nelle città di Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bologna e Perugia, per vivere un'esperienza unica nel suo genere, che li ha visti coinvolti in attività creative e formative sul tema dell'integrazione e della non violenza;
tra le iniziative che fanno capo al Dipartimento per le pari opportunità si ricordano: il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta: tale progetto consiste in un servizio telefonico gratuito (attivo 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale) in grado di fornire alle vittime, e a coloro che intendono aiutarle, tutte le informazioni sulle possibilità di aiuto e assistenza che la normativa italiana offre per uscire dalla situazione di sfruttamento; il progetto, attivo dal 2000 a supporto delle vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, dal 2007 si rivolge anche alle vittime di tratta per sfruttamento del lavoro, dell'accattonaggio e delle economie illegali; il numero verde nazionale 800669696, per l'ascolto e la consulenza in casi di violenza a scuola; ben ventuno progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile;
nella sua costante azione propulsiva di contrasto ad ogni forma di violenza il Governo ha ottenuto l'appoggio del Parlamento che, come accaduto con le norme relative allo stalking, ha approvato una serie di misure che hanno trovato anche l'unanimità delle forze politiche;
lo stesso decreto-legge n. 11 del 2009, convertito dalla legge n. 38 del 2009, che ha introdotto il reato di stalking, ha inoltre previsto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale (esclusi i casi di minore gravità) e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefici penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n.11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;
la Camera dei deputati ha poi licenziato nelle scorse settimane, in terza lettura, all'unanimità, il disegno di legge di ratifica della Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote); il testo approvato individua il nuovo delitto di adescamento di minorenni (per

cui si applica la pena della reclusione da uno a tre anni), nonché introduce il reato di istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia, punito con la reclusione da tre a cinque anni. La nuova fattispecie di reato è individuata nella condotta di chi, anche con mezzi telematici, pubblicamente istiga a commettere o fa l'apologia di delitti a sfondo sessuale in danno di minorenni. Il disegno di legge incide anche su altri aspetti del diritto e della procedura penale, prevedendo in particolare: il raddoppio dei termini di prescrizione per alcuni delitti a sfondo sessuale (tra i quali la violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenne, con esclusione di alcune fattispecie di minore gravità) e per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi; l'inasprimento delle pene per l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati sessuali nei confronti di minori; l'introduzione di una nuova aggravante dell'omicidio commesso in occasione dei delitti di prostituzione minorile o di pornografia minorile; l'individuazione di ulteriori condotte riconducibili ai reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e di corruzione di minorenne; l'inasprimento delle pene per il reato di corruzione di minorenne; l'applicabilità del delitto di atti sessuali con minorenne, oltre che all'ascendente, al genitore o al tutore, a qualunque persona a cui il minore sia affidato o che conviva con il minore; l'esclusione dell'applicazione del patteggiamento alla prostituzione minorile; l'inserimento nel catalogo dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza del delitto di atti sessuali con minorenne; l'estensione della competenza delle procure distrettuali all'associazione a delinquere diretta a commettere alcuni reati a sfondo sessuale nei confronti di minori;
tali provvedimenti sono il frutto di un intenso lavoro del Governo e del Parlamento sul tema, che è cominciato sin dall'inizio della legislatura; già nel luglio 2009 l'assemblea della Camera dei deputati aveva approvato un testo unificato di numerosi progetti di legge (uno dei quali del Governo), che recava un organico intervento in materia di violenza sessuale; molti degli interventi contenuti nel testo sono stati poi a vario titolo introdotti nei diversi provvedimenti approvati in materia di sicurezza nell'ultimo anno;
va segnalata, inoltre, la discussione all'interno della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati in merito ad una serie di proposte di legge di iniziativa bipartisan sul divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab, o comunque indumenti che rendono difficoltoso il riconoscimento della persona in pubblico: si tratta di proposte dirette a tutelare la pubblica sicurezza e la dignità della donna;
va segnalato, infine, quanto disposto dall'articolo 1, comma 1261, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che prevede la destinazione di una quota parte del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità all'elaborazione di un piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere;
il suddetto piano dovrà affrontare, in modo organico ed in sinergia con i principali attori coinvolti sia a livello centrale che territoriale, il fenomeno della violenza contro le donne, nel pieno rispetto degli interventi in atto a livello locale e regionale;
in particolare, il piano dovrà contribuire a potenziare i centri antiviolenza quale luogo privilegiato per l'assistenza e il sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro bambini,


impegna il Governo:


a proseguire nelle iniziative già avviate con successo, tra le quali si ricordano in particolare:
a) la rete nazionale antiviolenza, il telefono di pubblica utilità 1522 e il potenziamento del sito www.antiviolenzadonna.it;
b) il numero verde contro la tratta degli esseri umani (n. 800290290) per la protezione sociale delle vittime della tratta;

c) il protocollo contro la violenza e le discriminazioni del Ministero per le pari opportunità d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ha istituito la «settimana contro violenza» negli istituti scolastici;
d) l'attività di prevenzione e tutela contro gli atti persecutori con il Ministero dell'interno e le forze dell'ordine;
a dare attuazione al piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere, utilizzando le risorse all'uopo stanziate, individuando specifiche iniziative volte a potenziare i servizi e le misure di assistenza delle vittime di violenza, ad aumentare il livello di formazione degli operatori coinvolti, a monitorare efficacemente il fenomeno della violenza sulle donne;
a promuovere in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano azioni volte ad incentivare la realizzazione di misure a favore delle vittime di violenza e a coinvolgere le stesse, laddove sia necessario, in percorsi di formazione e di inserimento lavorativo.
(1-00538)
«Saltamartini, Lussana, Polidori, Cicchitto, Reguzzoni, Sardelli, Lorenzin, Bertolini, Santelli, Bergamini, Aprea, Armosino, Beccalossi, Bernini Bovicelli, Biancofiore, Bocciardo, Boniver, Calabria, Carlucci, Castellani, Castiello, Ceccacci Rubino, Centemero, Comaroli, Dal Lago, De Camillis, De Girolamo, De Nichilo Rizzoli, Di Centa, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Renato Farina, Frassinetti, Giammanco, Golfo, Goisis, Lanzarin, Mannucci, Milanato, Mistrello Destro, Laura Molteni, Munerato, Mussolini, Negro, Nirenstein, Pastore, Pelino, Petrenga, Repetti, Rivolta, Mariarosaria Rossi, Savino, Sbai, Siliquini, Stasi».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
gli impiegati dell'amministrazione degli affari esteri a contratto regolato dalla legge locale operanti presso l'ambasciata d'Italia e l'istituto di cultura in New Delhi, sotto il profilo retributivo sono oggetto di pesanti restrizioni tali da configurarli in una condizione di evidente disparità rispetto al personale in servizio presso le rappresentanze diplomatiche di altri Paesi in India, avente pari mansioni;
la disparità di trattamento è stata evidenziata dal legale di fiducia dell'ambasciata, avvocato Madhusudhan Babu, che ha definito «arbitrari ed irragionevoli i dislivelli retributivi che caratterizzano la categoria degli impiegati a contratto locale, tali da sollecitare urgente soluzione»;
le disparità sono ancora più marcate tra il personale con mansioni ausiliarie per il quale si rileva la mancata applicazione della normativa indiana relativa al «bonus», ossia la 13a mensilità che a norma di contratto dovrebbe essere corrisposta contemporaneamente alla 12a mensilità. Una disposizione che non è stata mai applicata dal Ministero degli affari esteri, accentuando ancor più i dislivelli retributivi rispetto agli impiegati a contratto regolati dalla legge locale in servizio presso le rappresentanze diplomatiche di altri Paesi in India;
la situazione retributiva riguardante gli impiegati a contratto con mansioni ausiliarie a legge locale risulta sperequativa se si tiene conto che lo stipendio mensile di 340 euro, che corrisponde a circa la metà di quanto percepito dall'impiegato parigrado in servizio presso l'Ambasciata di Germania e dei Paesi Bassi, è addirittura al di sotto della soglia minima di sostentamento fissata localmente all'incirca sui 480 euro;
le attuali retribuzioni corrisposte al personale con contratto a legge locale, collocano l'intera categoria in condizioni

di effettiva povertà e si configurano in contrasto con il principio della «congruità» retributiva sancita dall'articolo 157 del decreto-legge n. 103 del 2000,


impegna il Governo


a predisporre quanto prima il rinnovo dei contratti d'impiego della citata categoria di lavoratori, al fine di renderli rispondenti alle disposizioni della legge locale vigente, rimuovendo tutti gli elementi che sinora hanno dato luogo alla disparità retributiva per garantire al personale tutto, retribuzioni uniformi a parità di mansioni.
(7-00473) «Menia, Di Biagio».

La V Commissione,
esaminata, ai sensi dell'articolo 125 del Regolamento della Camera, la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 20 ottobre 2010 in esito all'esame della relazione predisposta dalla Commissione speciale sulla crisi finanziaria, economica e sociale (Doc. XII. n. 576);
considerato l'invito alle commissioni competenti di tutti i Parlamenti nazionali a comunicare al Parlamento europeo, tenendo anche conto di un questionario elaborato dalla medesima Commissione speciale sulla crisi finanziaria, economica e sociale, eventuali osservazioni in vista della predisposizione di una ulteriore risoluzione sulla crisi;
preso atto favorevolmente del ricorso da parte del Parlamento europeo ad apposite procedure e strumenti istruttori volti ad articolare in modo più efficace la cooperazione con i parlamenti nazionali su temi e proposte normative di particolare importanza;
richiamato il documento finale relativo alle proposte legislative per la riforma della governance economica dell'Unione europea approvato dalle Commissioni riunite V e XIV nella seduta del 10 dicembre 2010;
richiamate le osservazioni formulate nel documento finale approvato il 30 luglio 2010 dalle Commissioni V e XIV della Camera dei deputati al termine dell'esame della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche» (COM(2010)250 def.);
richiamati, altresì, gli impegni contenuti nella risoluzione Pescante ed altri (6-00043), approvata dalla Camera il 13 luglio 2010, a conclusione dell'esame del programma di lavoro della Commissione per l'anno 2010 e del programma delle tre presidenze del Consiglio spagnola, belga e ungherese e nella risoluzione Toccafondi (8-00095), approvata dalla V Commissione della Camera il 12 novembre 2010, a conclusione dell'esame del progetto di Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020;
premesso che:
appare condivisibile l'analisi del Parlamento europeo circa le cause della crisi finanziaria, iniziata a seguito della politica monetaria espansiva eccessivamente elastica degli Stati Uniti, e poi sviluppatasi in ragione di fattori specifici del sistema finanziario, come la complessità e l'opacità di taluni strumenti speculativi, sistemi di remunerazione a breve termine, nonché modelli imprenditoriali inadeguati;
risulta altresì equilibrata l'analisi degli effetti della crisi medesima, che ne evidenzia peraltro oltre la dimensione puramente finanziaria, anche i rilevanti costi sociali, in particolare con riferimento a determinate aree dell'Unione e a determinate fasce della popolazione, in particolar modo i giovani;
pur riconoscendo l'importanza e l'adeguatezza delle risposte fornite dalla Banca centrale europea e dal Consiglio

ECOFIN per la definizione di un meccanismo finanziario di stabilità al fine di affrontare i rischi di insolvenza dei mutuatari sovrani, sottolinea l'opportunità, condividendo le preoccupazioni in proposito espresse dal Parlamento europeo, di un maggiore coinvolgimento delle Istituzioni rappresentative della sovranità popolare sia a livello europeo che a livello nazionale;
è comunque auspicabile un maggiore coordinamento delle iniziative di rilancio e finalizzate all'uscita dalla crisi a livello europeo;
risultano necessari una più rigorosa vigilanza finanziaria volta a garantire la massima trasparenza dei rendiconti finanziari sia degli Stati membri che delle imprese, un sistema di vigilanza a livello globale al fine di addivenire all'applicazione di regole comuni per i servizi finanziari, nonché l'introduzione di nuovi standard per i dati statistici relativi al settore finanziario, rafforzando la capacità di monitoraggio dei rischi e di vigilanza della Commissione europea;
ritiene indifferibile l'esigenza di riformare le economie dei Paesi membri al fine di affrontare il nodo della competitività e di garantire una maggiore e più solida crescita economica, riducendo gli attuali squilibri macroeconomici, e la necessità di una maggiore coerenza delle azioni intraprese in tal senso;
condivide la necessità, evidenziata dal Parlamento europeo, di garantire la solidarietà intergenerazionale, non scaricando sulle generazioni future il debito contratto nel passato ed addivenendo all'adozione di riforme previdenziali a livello europeo, volte a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, che dovrà basarsi su fonti di finanziamento non esclusivamente pubblico;
ribadisce, come già espresso nel Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV nella seduta del 10 dicembre 2010, che il Patto di stabilità non è stato in grado di fornire adeguati incentivi a ridurre il debito pubblico in tempi favorevoli e, pertanto, molti Paesi si sono trovati a fronteggiare la recente crisi con livelli di debito elevati e situazioni di finanza pubblica non sufficientemente solide;
lo stesso Parlamento europeo riconosce, peraltro, come il Patto di stabilità e crescita non tenga conto di altri ed importanti squilibri finanziari, come l'impatto del debito privato, espressamente richiamato nella risoluzione, come un fattore che ha una diretta incidenza sull'unione monetaria;
condivide l'auspicio del Parlamento europeo relativo al passaggio ad una fase ulteriore dell'unione monetaria «che consentirebbe l'emissione mutua di una parte del debito sovrano degli Stati membri, gestita gettando le basi di una sorveglianza multilaterale più elaborata, con l'assistenza del FME e del SESF, al fine di garantire una più grande attrattività del mercato di tutta l'area euro, nonché una gestione comune del debito»;
fa propria l'osservazione secondo cui l'uscita dalla crisi del debito sovrano richiederà un processo a lungo termine che deve essere ben concepito e garantire uno sviluppo equilibrato e sostenibile, ammettendo «la possibilità di compromessi tra crescita, equità e stabilità finanziaria» che dovranno essere oggetto di una decisione politica;
con riferimento alla politica regionale e di coesione, condivide la necessità di politiche in grado di affrontare i problemi specifici in maniera differenziata, unitamente all'opportunità di stimolare l'imprenditorialità e i finanziamenti destinati alle piccole e medie imprese, facendo in modo che il supporto finanziario alle medesime previsto dalla politica di coesione tenda al finanziamento del capitale di rischio, in quanto ciò consentirebbe un maggiore coinvolgimento del settore bancario e un uso più efficiente dei fondi strutturali;
con riferimento agli obiettivi fissati nell'ambito della Strategia Europa 2020,

esprime apprezzamento per il richiamo alla necessità di investimenti nella ricerca e ad una maggiore attenzione al tema dell'efficienza energetica ed all'utilizzo delle fonti rinnovabili, sviluppando anche una riflessione sulla mobilità pubblica e sul parco dei mezzi per il trasporto pubblico, nonché ai temi dell'occupazione, in particolare alla necessità dell'emersione del lavoro sommerso;
formula le seguenti osservazioni:
a) con riferimento ai progetti, alle azioni ed alle proposte legislative dell'Unione europea volte a migliorare il potenziale dell'economia dell'Unione in termini di sostenibilità, competitività e occupazione in una prospettiva decennale, tenendo conto della strategia UE 2020 e del funzionamento del mercato interno, nonché agli strumenti finalizzati a promuovere l'innovazione, la competitività e gli investimenti a lungo termine, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI):
si sottolinea il carattere prioritario delle misure prospettate nell'Atto per il mercato unico presentato dalla Commissione europea nello scorso ottobre/COM(2010)608) che, secondo le stime della Commissione stessa, potrebbero tradursi in una crescita pari a circa il 4 per cento del PIL europeo entro il 2020. Tra le iniziative ivi indicate particolare rilievo ed urgenza assumono:
1) l'adozione di un piano d'azione per migliorare l'accesso delle PMI ai mercati dei capitali, sviluppando una rete efficace di borse o di mercati regolamentati espressamente dedicati alle PMI e rendendo più adatti alle PMI gli obblighi di quotazione in borsa e di pubblicità, nonché le modifiche alle norme contabili per semplificare gli obblighi di informazione finanziaria e diminuire gli oneri amministrativi per le PMI;
2) la revisione degli orientamenti europei in materia di reti transeuropee di trasporto (TEN-T) e l'introduzione un quadro globale di finanziamento delle infrastrutture di trasporto nonché le altri azioni destinate a rimuovere gli ostacoli tecnici, amministrativi e normativi che impediscono la realizzazione nell'UE di un unico sistema di trasporto transfrontaliero interconnesso, interoperabile ed efficace;
3) la definizione di un quadro normativo per lo sviluppo dei partenariati pubblico-privato (PPP) che, unitamente alla concessione di servizi, permetterebbero di mobilitare investimenti a lungo termine nel settore dell'energia, la gestione dei rifiuti o le infrastrutture di trasporto;
4) la proposta di direttiva volta ad istituire una base imponibile comune dell'imposta sulle società, risolvendo i problemi di doppia imposizione o di doppia esenzione fiscale imputabili alla disparità o all'incompatibilità tra le normative fiscali nazionali nonché la revisione dell'attuale regime in materia di IVA, basato su numerose esenzioni, deroghe e opzioni che comporta notevoli oneri amministrativi per le imprese, compromettendone la competitività;
5) le misure per la lotta alla contraffazione e la pirateria, che comportano per l'UE costi stimati in miliardi di euro e perdite per milioni di posti di lavoro, allo sviluppo del commercio elettronico, che sino ad ora in Europa non ha ancora manifestato tutte le sue potenzialità di sviluppo;
6) la proposta sull'imprenditoria sociale per sostenere lo sviluppo di progetti di impresa innovativi sul piano sociale utilizzando il rating sociale e l'etichettatura etica ed ambientale e di proposte volte a migliorare la qualità delle strutture giuridiche dell'economia sociale (quali fondazioni e cooperative) per ottimizzarne il funzionamento e facilitarne lo sviluppo in seno al mercato unico;
7) la proposta legislativa volta ad assicurare una maggiore simmetria nell'accesso agli appalti pubblici nei paesi industrializzati e nei grandi paesi emergenti (2011) al fine di superare le divergenze attuali tra la relativa apertura del

mercato degli appalti nell'UE e la mancanza di accesso dell'UE agli appalti dei propri partner commerciali;
b) con riferimento alle risorse finanziarie necessarie per rilanciare la ripresa economica dell'Unione europea, tenendo conto dei principi di sostenibilità, sussidiarietà e solidarietà ed all'orientamento in merito all'introduzione di meccanismi di finanziamento propri all'Unione europea, come i cosiddetti «Eurobond», in quanto strumento di finanziamento di progetti specifici dell'Unione europea:
richiamando da ultimo il Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV nella seduta del 10 dicembre 2010, si ribadisce l'opportunità, al fine di rilanciare la crescita dell'economica europea, di disciplinare l'emissione, eventualmente da parte della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, di titoli europei, da destinare al finanziamento di progetti europei in materia di grandi infrastrutture a rete necessarie per il completamento del mercato interno, di progetti di ricerca, di piani di conversione ecologica del sistema produttivo, ritenendo che in tal modo si potrebbero così avere effetti positivi sia a breve sulla domanda interna e sia a più lungo termine sulla capacità di offerta e di crescita;
appare altresì condivisibile l'iniziativa della Commissione europea, preannunciata nell'Atto per il mercato interno, di promuovere l'emissione di obbligazioni europee (projetc bonds) da parte di privati per il finanziamento di progetti europei e il ricorso al bilancio dell'UE in misura superiore rispetto ad oggi al fine di rafforzarne il rating ed attirare i finanziamenti della Banca europea degli investimenti, delle altre istituzioni finanziarie e degli investitori privati sui mercati dei capitali, quali i fondi pensione e quelli assicurativi;
vanno parimenti sostenute le misure prospettate dalla Commissione europea per stimolare gli investimenti privati, in particolare quelli a lungo termine, al fine di contribuire più attivamente alla realizzazione degli obiettivi della strategia UE 2020, tra cui la riforma della gestione delle imprese, la creazione di incentivi per gli investimenti a lungo termine, la valutazione indipendente degli investimenti;
c) con riferimento all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie:
ritiene possibile l'avvio di una discussione sull'opportunità di una tale misura, precisando che essa dovrebbe avere carattere omogeneo in tutta l'Unione europea e dovrebbe tenere conto del contesto internazionale;
d) con riferimento alle azioni ulteriori da intraprendere a livello dell'Unione europea e a livello nazionale per accrescere la coesione territoriale e regionale e la coesione sociale, nonché per stimolare un mercato del lavoro inclusivo e mobile, come anche la sostenibilità dei modelli sociali europei:
richiamando il Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV in merito alla consultazione sulla futura Strategia UE 2020 nella seduta del 10 marzo 2010, ribadisce che la politica di coesione, sia pure riformata e flessibile, e adattata alle nuove esigenze, dovrebbe rappresentare un elemento chiave della Strategia UE 2020, riducendo le differenze strutturali tra Paesi e Regioni nonché migliorando e riequilibrando la competitività delle singole Regioni;
ritiene opportuna la previsione di misure volte a prevedere interventi finanziari specifici per aree caratterizzate da una situazione di oggettivo svantaggio economico, sociale e territoriale, quali, in particolare, le regioni insulari;
rileva l'opportunità che le Istituzioni dell'UE si avvalgano adeguatamente e tempestivamente della nuova base giuridica introdotta dal Trattato di Lisbona per la coesione territoriale. Occorre evitare, in vista della revisione del bilancio dell'UE, ogni tentativo di rinazionalizzazione della politica regionale, affermando un approccio

adattato alle esigenze delle regioni più svantaggiate, non strettamente legato al PIL, ma che tenga conto, in particolare, del tasso di disoccupazione, nonché mantenere, anche per le regioni attualmente incluse nell'obiettivo Convergenza, un livello di risorse non inferiore a quello previsto dal quadro finanziario 2007-2013;
si concentrino le risorse disponibili su obiettivi ad alto valore aggiunto europeo non perseguibili a livello esclusivamente nazionale: competitività, innovazione, ricerca, sostegno alle piccole e medie imprese;
e) in merito ai meccanismi per creare una governance economica europea efficace, che consenta di superare gli squilibri macroeconomici; di uscire dalla crisi del debito pubblico e di impedire che essa si ripresenti negli Stati membri, promuovendo nel contempo la crescita, l'occupazione e la coesione sociale, nonché sull'introduzione di un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi a livello dell'Unione europea:
ribadisce la proposta, già avanzata nel Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV sull'opportunità di istituire una Agenzia europea del debito, che prenda il posto dell'attuale Fondo europeo di stabilità finanziaria, che potrebbe finanziare fino al 50 per cento e, in circostanze eccezionali, anche fino al 100 per cento, i titoli emessi dagli Stati membri;
ribadisce altresì quanto affermato nel richiamato Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV nella seduta del 10 dicembre 2010 ed in particolare:
attraverso l'introduzione di una sorveglianza macroeconomica appare possibile realizzare un coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri che, tenendo nella dovuta considerazione il quadro economico complessivo dei singoli Paesi, dovrebbe basarsi essenzialmente su un rapporto collaborativo e cooperativo tra le Istituzioni dell'Unione europea e gli Stati membri;
appare opportuno prevedere che, qualora per uno Stato sussista un eccessivo squilibrio macroeconomico, la Commissione, nel trasmettere le risultanze dell'istruttoria svolta, chieda allo Stato medesimo di esprimere le proprie valutazioni a riguardo, prima dell'eventuale adozione di raccomandazioni da parte del Consiglio;
l'estensione della vigilanza agli squilibri macroeconomici dovrà consentire di esprimere valutazioni tecnicamente fondate sulla qualità e sostenibilità dei processi di sviluppo, prevenendo eventuali tentativi di occultamento della reale situazione delle finanze pubbliche;
nell'ambito del nuovo modello di sorveglianza macroeconomica, andrebbero meglio individuati gli indicatori di rischio, con l'obiettivo di riflettere fedelmente le prospettive di medio termine delle economie dei diversi Paesi; a tal fine, andrebbero in particolare considerati, oltre ai diversi indicatori riferiti al debito pubblico, altri indicatori relativi al debito del settore privato, alla stabilità del mercato immobiliare, all'andamento della spesa in relazione all'invecchiamento della popolazione e alla stabilità del sistema bancario;
appare opportuno approfondire la proposta di destinare le entrate eccezionali e straordinarie alla sola copertura del debito pubblico, anche in ragione delle difficoltà che si incontrano nell'individuare in modo univoco tali tipologie di entrate;
f) con riferimento alle ulteriori eventuali iniziative da assumere a livello globale e, in particolare, a livello dell'Unione europea per stabilizzare e riformare i mercati finanziari nella prospettiva di investimenti a lungo termine e di uno sviluppo sostenibile:
occorre in via prioritaria utilizzare pienamente le potenzialità offerte dal nuovo quadro europeo di vigilanza finanziaria e, in particolare, del nuovo Sistema europeo di vigilanza finanziaria (ESFS), procedendo alla rapida adozione di uno o più quadri o «codici» di regole armonizzate

(single rulebook) applicabili a tutte le istituzioni finanziarie e giuridicamente vincolanti per le autorità nazionali competenti, composti in via prevalente da norme europee direttamente applicabili, e solo in via residuale da norme nazionali;
è condivisibile la richiesta del Parlamento europeo di valutare l'istituzione di un'agenzia europea indipendente di valutazione dei crediti e di attribuire alle Corti dei conti, in quanto organi indipendenti, un contributo attivo alla valutazione del debito sovrano;
è auspicabile giungere alla realizzazione di un sistema di vigilanza internazionale sull'operatività delle agenzie di rating, le più importanti delle quali operano a livello mondiale;
è altresì necessario, come riconosciuto anche dal Parlamento europeo, adottare misure volte ad assicurare la solidità e lo sviluppo delle banche regionali e locali, come le casse di risparmio, le banche popolari e le banche cooperative, le cui diverse aree di competenza e conoscenze di base si è dimostrata utile nella crisi finanziaria e ha apportato stabilità;
g) con riferimento all'opportunità di una riforma delle strutture globali di governance finanziaria ed economica:
sostiene pienamente le indicazioni della risoluzione del Parlamento europeo in merito all'opportunità di assumere iniziative volte a migliorare, mediante riforme, l'efficacia, la portata globale e la responsabilità del Fondo monetario internazionale e di altre istituzioni delle Nazioni unite, al fine di dotarle del mandato di operare quali piattaforme per iniziative di coordinamento globale del settore economico e finanziario;
ritiene opportuno procedere in tal senso attraverso un coinvolgimento del G-20, eventualmente promuovendone una convocazione ad hoc sui temi della crisi e della governance globale;
richiamando il Documento finale approvato dalle Commissioni riunite V e XIV nella seduta del 10 dicembre 2010, ribadisce la necessità di sviluppare la dimensione esterna della nuova governance economica, assicurando, in coerenza con l'articolo 138 del Trattato sul funzionamento dell'Unione, la posizione comune e la rappresentanza unificata dell'Eurozona e, ove possibile, dell'UE nelle competenti istituzioni e conferenze finanziarie internazionali,


impegna il Governo


ad attenersi alle osservazioni formulate nella presente risoluzione nei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea.
(7-00476)«Toccafondi».

L'VIII Commissione,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa;
il comma 4 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 125 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 163 del 2010 specifica che Anas «entro il 30 aprile 2011» debba provvedere alla realizzazione di impianti e sistemi occorrenti per il «pedaggiamento» di segmenti di infrastrutture viarie interconnesse con le autostrade;
fra i tratti gestiti dall'Anas e per cui è prevista l'introduzione del pedaggio sono i presenti la Firenze-Siena e la Bettolle-Perugia: infrastrutture viarie che incidono in maniera rilevante sulla promozione del tessuto sociale, economico e produttivo della Toscana e della provincia di Siena. La Firenze-Siena, in particolare, assume un ruolo strategico di primo piano in quanto collega direttamente Siena con il capoluogo di regione e, conseguentemente, con il sistema autostradale del Nord Italia;

lo stato di manutenzione del manto stradale del tratto di strada Firenze-Siena è veramente disastroso, a causa delle migliaia di mezzi pesanti che vi transitano quotidianamente e degli sporadici adeguamenti locali effettuati da parte di Anas spa, che spesso consistono in precari rimedi di rattoppo, realizzati in economia con scarsissima qualità di asfalto, e che si deteriorano appena pochi mesi dopo il rifacimento;
tale situazione rende la strada scivolosa e la percorrenza pericolosissima, soprattutto nei periodi invernali in coincidenza di forti piogge, a causa dell'effetto specchio ed aquaplaning;
il territorio del sud della provincia di Firenze e l'intera provincia di Siena presentano un grado di infrastrutturazione e industrializzazione alquanto carente e conseguentemente mostrano un indice di sviluppo bloccato da anni e risentono più di altri territori la crisi economica mondiale;
l'introduzione di un pedaggio su questo tratto di strada rappresenterebbe un'iniqua imposizione per i residenti e le aziende che hanno sede sul territorio, soprattutto in considerazione dei dati macroeconomici che evidenziano come la regione Toscana stia uscendo dalla crisi più lentamente di altre realtà del Nord Italia;
al di là delle posizioni ideologiche sull'imposizione dei pedaggi e delle critiche verso le amministrazioni locali per le carenze infrastrutturali della zona, il problema dell'introduzione del pedaggio sulla Firenze-Siena va comunque affrontato per evitare di peggiorare la situazione;
nell'attuale momento di crisi economica mondiale che ha comportato, tra l'altro, degli impegni economici straordinari da parte del Paese per il salvataggio delle nazioni europee giunte al collasso finanziario e per far fronte alle emergenze nazionali da calamità naturali, l'introduzione di pedaggi ai raccordi autostradali sembra indispensabile ai fini della gestione delle strade da parte dell'ANAS, per poter garantire liquidità finanziaria all'ANAS stessa e permettere un'adeguata manutenzione delle strade;
l'introduzione di un pedaggio sul tratto di strada Firenze-Siena non deve colpire i residenti delle province di Siena e di Firenze che utilizzano questo tratto stradale principalmente per spostamenti di lavoro e che si troverebbero in enorme difficoltà, dato che non esistono vere e proprie strade alternative per congiungere i due capoluoghi di provincia se non quelle tortuose che attraversano i piccoli paesini situati sulle colline senesi e fiorentine;
occorrerebbe pertanto introdurre alcuni limiti all'introduzione del pedaggio, escludendone l'applicazione nei confronti dei cittadini residenti e delle imprese presenti sul territorio, e utilizzare le risorse provenienti dai pedaggi, ivi comprese quelle già incassate nel periodo transitorio, per la manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per l'ammodernamento della strada,


impegna il Governo:


ad assumere iniziative volte a garantire, sulla base di una logica federalista, in maniera incontrovertibile, che ogni risorsa ottenuta dall'introduzione del pedaggio della Siena-Firenze debba essere utilizzata per l'ammodernamento, la manutenzione ordinaria e straordinaria e la messa in sicurezza della strada medesima;
a prevedere l'esclusione di ogni forma di pedaggio sulla Siena-Firenze per i cittadini residenti e per le imprese presenti sul territorio e a stanziare le risorse occorrenti, come assicurate dai pedaggi, sia quelli futuri che quelli relativi al periodo transitorio, per la manutenzione ordinaria e straordinaria del relativo tratto;
ad inserire quanto prima l'infrastruttura Siena-Firenze tra le priorità ricomprese nell'accordo Stato/regioni per l'invio al Cipe, al fine di deliberare il relativo e necessario finanziamento.
(7-00475)
«Guido Dussin, Lanzarin, Togni».

La XII Commissione,
premesso che:
i disturbi dello spettro autistico (ASD), che rappresentano una condizione altamente invalidante e a tutt'oggi ancora senza una definizione eziologica certa, costituiscono un rilevante problema di sanità pubblica visti gli effetti sulle persone che ne sono affette e sulle loro famiglie;
l'autismo, in particolare, è ormai considerato, secondo le indicazioni consolidate della letteratura internazionale, come una patologia precoce del sistema nervoso centrale che determina una disabilità complessa che colpisce pervasivamente la comunicazione, la socializzazione ed il comportamento;
l'eziologia dell'autismo è, purtroppo, ancora scarsamente conosciuta e non esistono trattamenti farmacologici mirati;
gli studi epidemiologici condotti sia negli Stati Uniti sia in Europa, nell'ultimo decennio, riportano un generalizzato aumento delle diagnosi di autismo, con una prevalenza fino a 8 su 1.000 del complesso dei disturbi dello spettro autistico (fonte: Istituto superiore di sanità, 2009) e la letteratura internazionale stima la nascita di un bambino con disturbi dello spettro autistico ogni 150 nati;
in Italia, non esistono dati nazionali sulla frequenza dell'autismo nella popolazione; le stime disponibili (Osservatorio autismo della regione Lombardia) indicano una prevalenza minima di 4,5 casi per 10.000;
dall'8 al 10 ottobre 2010 si è svolto a Catania il IX Congresso internazionale di Autism Europe;
esso ha rappresentato un'opportunità di incontro per le persone affette da disturbo dello spettro autistico, per i loro familiari e per i professionisti del settore al fine di condividere informazioni attendibili sui progressi della scienza e sulle migliori pratiche;
le problematiche che le famiglie incontrano in questi casi sono le più disparate: l'inadeguata informazione di base dovuta all'insufficiente diffusione di campagne di sensibilizzazione e di divulgazione sul fenomeno; la mancata applicazione di sistemi standardizzati di criteri per la diagnosi dei casi di autismo, troppo spesso imprecisa e tardiva; la carenza di competenze nei servizi per la presa in carico degli individui autistici una volta divenuti adulti; la difficoltà di individuare percorsi terapeutici standardizzati, riferendosi soprattutto ai diritti delle persone autistiche, diritti che dovrebbero essere posti al centro del percorso terapeutico;
la complessità e l'eterogeneità delle sindromi autistiche richiedono un significativo supporto alle famiglie per sostenere i processi di inclusione scolastica e sociale delle persone con autismo;
è fondamentale l'esigenza di una più efficiente organizzazione della rete di servizi sanitari specialistici, di diagnosi e trattamento, affinché questi siano accessibili e omogeneamente diffusi in tutti i territori regionali;
è, altresì, importante il ruolo del pediatra di base nei sistemi di valutazione e screening al fine della diagnosi precoce,


impegna il Governo:


a promuovere, con adeguati finanziamenti, anche in collaborazione con l'università, la ricerca nei vari aspetti, da quelli genetici ed eziologici a quelli diagnostici e terapeutici;
ad adottare iniziative, con il coinvolgimento delle regioni, volte a definire modelli organizzativi per la garanzia dei percorsi di diagnosi, presa in cura e trattamento, al fine di individuare standard diagnostici e di trattamento adeguati alle ormai consolidate conoscenze internazionali più recenti;
a sostenere le politiche di miglioramento della qualità degli interventi attraverso specifici percorsi di formazione;

ad istituire, in collaborazione con le regioni, un registro di prevalenza dei disturbi dello spettro autistico;
a promuovere forme di coordinamento e collaborazione tra le istituzioni interessate, al fine di sostenere i processi di inclusione scolastica e sociale delle persone con autismo;
a prevedere forme di politiche attive dirette ai familiari, dal punto di vista sia del sostegno che dell'informazione e della formazione.
(7-00472)
«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

La XII Commissione,
premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia altamente invalidante che colpisce in Italia circa 58.000 persone;
l'insufficienza venosa cerebrospinale cronica (CCSVI) è una condizione clinica che consiste in stenosi congenite o di altra natura che colpiscono le vene giugulari e altre vene del tronco, determinando un alterato deflusso del sangue dal cranio al torace. Inserita fra le malformazioni venose di tipo trunculare, ovvero fra quelle che si sviluppano fra il terzo ed il quinto mese di vita intrauterina, la CCSVI è già stata riconosciuta come condizione clinica e la sua diagnosi, così come potenziali protocolli terapeutici, sono stati descritti anche dal professor Paolo Zamboni, responsabile del centro malattie vascolari dell'università di Ferrara, e sono stati inseriti nella «Consensus conference» mondiale dei chirurghi vascolari e votati dai rappresentanti di 47 Paesi, all'unanimità, nel settembre 2009, a Monaco;
la CCSVI, secondo autorevoli studi scientifici, risulta spesso associata con la sclerosi multipla; l'angioplastica dilatativa è una procedura consolidata da 25 anni, mininvasiva, con rischi minimi;
in diversi Paesi sono stati avviati studi clinici per verificare l'efficacia e l'appropriatezza della angioplastica dilatativa nella cura della CCSVI, considerato che la correlazione individuata tra le due patologie non poteva non suscitare un comprensibile interesse tra i malati di sclerosi multipla per il possibile beneficio derivante dall'accesso al trattamento di eventuali anomalie nel sistema venoso extracranico, interesse accentuato da passaparola via internet e poi anche da trasmissioni televisive;
la teoria dell'associazione tra le due malattie ha prodotto enorme attenzione nella comunità scientifica internazionale e in molti Paesi è già stata avviata la sperimentazione clinica sui malati di sclerosi multipla;
in Italia ci sono centri pubblici e privati dove vengono eseguiti l'esame con ecodoppler per la diagnosi della CCSVI nonché l'angioplastica dilatativa che cura questa condizione;
tali operazioni sono state autorizzate dal Ministro della salute con la circolare del 27 settembre 2010, indicando anche un codice, generico e non specifico, da utilizzare per le operazioni: ICD-9-CM codice 3950 «angioplastica o aterectomia di altro/i vaso/i non coronarico/i»;
in tale circolare, tuttavia, non è stato fornito un codice specifico per la CCSVI, che non è stata inserita nei livelli essenziali di assistenza; perciò tale circolare ha solo concesso di continuare ad operare a quei centri vascolari che lo stanno facendo o vogliono farlo, senza entrare nel merito di come questo intervento sarà fatto né di come e dove sarà eseguita la diagnosi di CCSVI;
il professor Zamboni ha sostenuto, anche in sede di audizione dinnanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale del Senato, che la durata dell'esame e il metodo con cui questo viene realizzato siano parametri necessari affinché l'esito sia affidabile;

in detta circolare viene più volte indicato uno studio diagnostico della Fondazione italiana sclerosi multipla quale studio finalizzato a testare l'eventuale correlazione con la sclerosi multipla, senza considerare che il professor Zamboni stesso è uscito dal gruppo di lavoro di questo studio denunciandone le gravi carenze,


impegna il Governo:


affinché il Ministero della salute, anche attraverso l'Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità, chiarisca come e dove possa essere effettuata la diagnosi, nonché il trattamento, della CCSVI, e in base a quali parametri, anche con la consulenza dello scopritore di questa patologia, il professor Zamboni;
ad istituire un codice apposito per la diagnosi e la cura della CCSVI, in modo da consentire la tracciabilità dei dati;
a monitorare la raccolta dei dati di correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla e a predisporre controlli adeguati sulla correttezza delle sperimentazioni in atto;
ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché il Consiglio superiore di sanità fornisca il parere già richiesto da mesi;
ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché l'Istituto superiore di sanità realizzi un censimento e una mappatura di tutti i luoghi e i centri, pubblici e privati, in cui vengono realizzati diagnosi con ecodoppler e trattamenti con angioplastica, omogeneizzando la raccolta dei dati affinché dalla loro lettura si possa verificare l'efficacia terapeutica della dilatazione venosa mediante angioplastica, sulla base dell'urgenza e della responsabilità nonché del rigore scientifico che la procedura richiede.
(7-00474)
«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è salita alla ribalta della cronaca la notizia di una giovane donna ucraina che ha venduto il proprio figlio, appena nato, ad una coppia di cittadini italiani, per la cifra di venticinquemila euro. Sullo sfondo un accordo, una compravendita di bambino che si intreccia tra l'Ucraina, l'agro aversano e Cassino, che vede l'arresto di otto persone, tra cui anche un avvocato casertano, del foro di Santa Maria Capua Vetere, che avrebbe fornito un contributo «tecnico» e avrebbe dovuto rendere legale la pratica. È il quadro emerso dalle indagini avviate da carabinieri e procura di Cassino. Il sostituto procuratore Beatrice Siravo ha richiesto ed ottenuto i mandati di arresto anche per una coppia di cittadini russi e per due persone italiane stanziali nel casertano: i quattro sono ritenuti gli intermediari per l'arrivo del neonato in Italia, con i due stranieri che avrebbero fatto da «ponte» per il pagamento della cifra pattuita. Per i sei destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare spiccata dal giudice per le indagini preliminari, Alessandra Tudino, è stata mossa l'accusa, in concorso, di soppressione di stato civile di minore e alterazione di stato. Per gli investigatori, tutti hanno avuto un ruolo più o meno preciso in questa vicenda, che ha scosso le coscienze, anche quella dell'abate di Montecassino, don Pietro Vittorelli, che afferma: «Esprimo immenso dispiacere per l'accaduto. È da considerare sempre deprecabile e da condannare che una madre "venda" il proprio figlio»;

le indagini sono partite nel luglio 2010, quando i carabinieri hanno scoperto che due coniugi italiani residenti a Cervaro si prendevano cura di un neonato, presentandolo come loro figlio. All'origine, vi sarebbe stata la segnalazione di un medico di base, a cui la coppia si era rivolta per far visitare un bimbo di pochi mesi colpito da febbre alta. Sono scattati così gli accertamenti, da cui è emerso che la nascita del piccolo non risultava registrata né i coniugi avevano alcun documento che lo dimostrasse. Sulla base di quanto emerso, la coppia, che gestiva una piccola attività commerciale, ai carabinieri aveva spiegato che era il figlio di un'amica, la quale aveva chiesto loro di tenerlo fin quando non fosse tornata a riprenderlo. Da lì le ulteriori verifiche, ed i sospetti di un'adozione irregolare. Per sei mesi le indagini sono andate avanti e hanno portato i carabinieri di Cassino a scoprire i retroscena e a incastrare altre sei persone, ritenute implicate nella trattativa e nella vendita del neonato. Tra queste, una ragazza ucraina, madre naturale del bimbo, accusata di aver venduto suo figlio dietro il pagamento di venticinquemila euro, a una coppia che, a quanto risulta, non poteva averne. Stando alle indagini, l'intera operazione ha visto il coinvolgimento di una coppia di cittadini russi, un uomo e una donna che avrebbero fatto da intermediari e favorito l'arrivo del neonato. Non solo: sarebbero stati loro i referenti per il pagamento della cifra concordata e a far raggiungere un punto di incontro tra la «domanda» e l'«offerta». Ma i carabinieri hanno impedito il versamento dell'ultima rata, diecimila euro. Un ruolo attivo è stato attribuito anche alla coppia di italiani residenti nell'agro aversano, che avrebbe lavorato per stabilire i contatti; l'avvocato del foro avrebbe dovuto lavorare sulla pratica per mettere in regola la nuova famiglia. I genitori «adottivi» avrebbero versato gli ultimi diecimila euro solo alla fine del procedimento di adozione. Proprio i tempi lunghi della procedura, però, avevano indotto i due cittadini russi a far pressione per provare ad ottenere subito il denaro. È a questo punto che i neo genitori si sarebbero trasferiti in un albergo di San Giorgio a Liri per far perdere le loro tracce;
il terribile «traffico di bambini» sembra una via usata parallelamente dalle coppie che non possono avere figli, per adottarne uno. Secondo un'antica tradizione del mercato ucraino, organizzazioni efficientissime, specializzate nella tratta dei minori, possono persino proporre un catalogo, come si fa per scegliere i cuccioli di razza, possono organizzare compravendite attraverso un ricco repertorio di espedienti, persino «travestirle» da adozione, con le carte in regola. Basta pagare, tutto ha un prezzo. Gli «addetti» possono accettare ordinazioni di bambini, oppure agire lungo un mercato parallelo alle adozioni legali, all'interno del sistema, per accelerare i tempi, semplificare, favorire una selezione, permettere una scelta del «prodotto», in base alle esigenze e ai gusti dell'utente. «Fuggite da chi ve le propone», ammonisce Gianfranco Amoletto, presidente di Cifa Onlus, 385 adozioni nell'ultimo anno, tempi di attesa dodici mesi o poco più. «Cercate di non farvi prendere dall'ansia: all'adozione si arriva sempre, nei tempi, nei modi e con la spesa giusta, affidandosi a persone competenti, ad Enti seri»;
eppure alcune coppie cadono in trappola, stremate dalle frustrazioni dall'ansia dall'attesa, capaci di violare la legge e la coscienza. Così il «suggeritore» le indirizza verso un ufficio legale competente. Legale non proprio: si tratterà di attivare intermediari giusti in un ambiente obliquo per reperire l'«area» di fabbricazione, un ventre accogliente, una ragazza che si trasforma in un'incubatrice umana per disperazione, per miseria, perché schiava di qualcuno che la sfrutta senza pietà, così che anche una gravidanza, indesiderata o commissionata, può trasformarsi in un affare d'oro. Questo c'è dietro storie come quella di Cassino, e come chissà quante altre simili che restano sepolte e sconosciute. Gente che scappa lontano da un itinerario complicato lungo il quale si vaga, in un Paese straniero tra uffici,

funzionari e avventurieri, mentre una sinergia di inefficienze, opportunismi e illegalità vessa il cuore. Il fatto è che i bambini ucraini sono in Italia al terzo posto tra quelli più adottati. E c'è chi sa trasformare questa propensione in un ricatto, manipolando i sogni fino a trasformarli in una fonte di guadagno. E non tutte le coppie sono preparate, tante inseguono un sogno integralista, dimenticando che a ispirare un'adozione dovrebbe essere solo l'interesse di un bambino -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di contrastare il «mercato di bambini» adottati illegalmente, che sta prendendo sempre più piede fra Ucraina, altri Paesi dell'Est europeo, Paesi in via di sviluppo e l'Italia.
(4-10519)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: consolidamento statico e restauro conservativo della cappella di San Catello nella chiesa con cattedrale di Santa Maria Assunta e San Catello in Castellammare di Stabia (Napoli) - Ente: parrocchia Santa Maria Assunta e San Catello - Euro: 1.885.462,82 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale

italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10529)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Saluzzo è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro dell'organo monumentale Serassi-Vittino della chiesa

parrocchiale M.V. Assunta di Busca (Cuneo) - Ente: parrocchia Maria Vergine Assunta in Busca - Euro: 68.516,98 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10530)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi

63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo siano stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: restauro e consolidamento statico e funzionale del Monastero di San Domenico in Sora (Frosinone) - Ente: parrocchia e Monastero di San Domenico Abbate in Sora - Euro: 202.605,27;
Intervento: consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di San Carlo Borromeo in Carrufo - Villa Santa Lucia degli Abruzzi (L'Aquila) - Ente: chiesa San Carlo Borromeo in Carrufo - Euro: 306.934,94 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10531)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia

di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di SulmonaValva sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: restauro della chiesa di San Marco Evangelista in Castel del Monte (L'Aquila) - Ente: parrocchia San Marco Evangelista in Castel del Monte - Euro: 426.047,64;
Intervento: restauro e consolidamento statico del complesso monumentale di Santa Maria Assunta in Castel di Ieri (L'Aquila) I fase - Ente: parrocchia di Santa Maria Assunta in Castel di Ieri - Euro: 58.402,91;
Intervento: completamento del restauro e consolidamento statico del complesso monumentale di San Martino Vescovo - Gagliano Aterno (L'Aquila) - Ente: parrocchia di San Martino Vescovo in Gagliano Aterno - Euro: 1.358.200,88;
Intervento: completamento del restauro e consolidamento statico della chiesa di Santa Gemma in Goriano Sicoli (L'Aquila) - Ente: parrocchia di Santa Maria Nova in Goriano Sicoli - Euro: 1.937.019,93 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10532)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta

gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Teano-Calvi è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro della chiesa di San Nicola in località Terracorpo - Marzano Appio (Caserta) - Ente: parrocchia di Santa Maria Maggiore in località Terracorpo - Marzano Appio - Euro: 286.902,40 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10533)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;

detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Teramo-Atri è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: chiesa di San Pietro Ad Lacum in frazione S. Pietro Ad Lacum (Teramo) esecuzione di una campagna di analisi ed indagini diagnostiche e la conseguente stesura del progetto di consolidamento e/o restauro redatto da professionista qualificato, autorizzato dalla/e soprintendenza/e competente/I - Ente: parrocchia di San Pietro Ad Lacum in Teramo - Euro: 21.302,38 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10534)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Terni-Narni-Amelia sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: consolidamento della chiesa di San Giovanni Battista in Giove (Terni) - Ente: comune di Giove - Euro: 156.289,27;
Intervento: recupero di Palazzo Vici in Stroncone (Terni) - Ente: seminario vescovile di Narni - Euro: 940.207,67;
Intervento: recupero del complesso edilizio denominato Episcopio sito in Amelia (Terni) - Ente: diocesi di Terni Narni Amelia - Euro: 1.034.594,44 -:
se le stesse opere siano stata già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è

quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10535)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Tivoli è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: restauro conservativo della chiesa Beata Maria Vergine Assunta in cielo in Ciciliano (Roma) - Ente: parrocchia Beata Maria Vergine Assunta in cielo in Ciciliano - Euro: 162.164,38 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;

se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10536)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
periodicamente vengono allineati i dati dell'ANAG-Aire (Aire dei singoli comuni italiani) con i dati contenuti nell'anagrafe di tutti gli uffici consolari nel mondo: i cosiddetti dati MIN/MAE;
l'ultima operazione di allineamento ha messo in luce, ancora una volta, marcate discordanze tra le banche dati del Ministero dell'interno e del Ministero degli affari esteri nonostante la mole di lavoro e gli sforzi consistenti prodotti negli ultimi anni dalla rete consolare per l'ottimizzazione dell'anagrafe degli italiani residenti all'estero e per la più estesa e corretta registrazione possibile dei cittadini italiani residenti all'estero;
si ha l'impressione, alla luce delle sfasature che emergono nell'operazione di allineamento, che numerosi comuni non abbiano proceduto ad effettuare le integrazioni pervenute dagli uffici consolari all'estero, i quali, con un notevole impegno, hanno verificato e integrato decine di migliaia di posizioni (con invio ai comuni dei moduli denominati CONS 01 di aggiornamento) per espungere errori di registrazione e richiedere l'iscrizione di innumerevoli nuclei familiari, residenti all'estero da decenni e non figuranti nell'ANAG-Aire;
in particolare, suscita forti perplessità la perdurante mancata registrazione di cittadine straniere divenute italiane ai sensi della legge n. 555 del 1912, la cui posizione è stata corretta mediante invio ai comuni degli atti di nascita e dei CONS 01;
un'altra inesattezza che emerge dalla recente operazione di allineamento, denunciata per altro abbondantemente in occasione delle verifiche preordinate in passato, riguarda la incompleta registrazione dei nuclei familiari: in svariati casi figurano, all'interno dello stesso nucleo familiare, alcuni componenti del medesimo (per esempio, i figli) e non risultano invece i rimanenti componenti (per esempio, i genitori) o viceversa;
un'altra fattispecie di errore risultante dall'allineamento è data dai nominativi dei cittadini che non risultano negli elenchi degli iscritti Aire, mentre la verifica telefonica presso il competente comune - con dispendio di energie umane ed economiche - conferma la regolarità della loro posizione/iscrizione, il che fa pensare ad una probabile dispersione dei dati nell'operazione di trasferimento da un supporto all'altro;
è poi sorprendente - visto che l'errore è stato denunciato da anni e i comuni sono stati ripetutamente sollecitati a procedere alle correzioni - l'errata registrazione della sede di appartenenza consolare di molti cittadini italiani residenti all'estero. Per essere chiari, accade ancora, per esempio, che cittadini italiani appartenenti alla sede consolare di Zurigo figurino come appartenenti alla sede di Lugano,

oppure cittadini italiani residenti in Svizzera siano attribuiti addirittura a sedi consolari di altre nazioni europee;
le inefficienze sopra elencate oltre a infondere forti perplessità sull'efficienza delle amministrazioni responsabili - visto che tale stato di cose è stato denunciato fin dalla prima applicazione della legge n. 459 del 2001 sul voto per corrispondenza, in occasione della consultazione referendaria popolare del 15 giugno 2003, e si perpetua tuttora - suscitano fondate preoccupazioni sulle conseguenze che le divergenze tra le due banche dati comportano per il corretto allestimento degli elenchi elettorali -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, nella sua sfera di competenza, per porre rimedio agli errori macroscopici emersi ancora una volta nell'ultima operazione di allineamento dei dati, al fine di garantire la massima coerenza degli elenchi elettorali, un obiettivo che nell'era delle tecnologie in cui si vive dovrebbe essere a portata di mano.
(5-04085)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nonostante il 2009 sia stato un anno fondamentale per la giustizia internazionale, le lacune esistenti nella giustizia globale sono state acuite dal potere della politica. È quanto affermato da Amnesty International, che ha presentato il rapporto annuale 2010. Nella sua analisi sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel periodo gennaio-dicembre 2009, Amnesty International segnala violazioni in 159 Paesi. «La repressione e l'ingiustizia prosperano nelle lacune della giustizia globale, condannando milioni di persone a una vita di violazioni, oppressione e violenza», ha dichiarato Christine Weise, presidente della sezione italiana di Amnesty International, nel corso della presentazione del rapporto annuale. «I governi devono assicurare che nessuno si ponga al di sopra della legge e che ogni persona abbia accesso alla giustizia, per tutte le violazioni dei diritti umani subite. Fino a quando i governi non smetteranno di subordinare la giustizia agli interessi politici, la libertà dalla paura e dal bisogno rimarrà fuori dalla portata della maggior parte dell'umanità», ha affermato Weise. L'organizzazione per i diritti umani ha pertanto rinnovato la richiesta ai Governi di garantire che renderanno conto del loro operato, di dare piena adesione alla Corte penale internazionale e di assicurare che i crimini di diritto internazionale saranno sottoposti a procedimenti giudiziari ovunque nel mondo. Agli Stati che rivendicano una leadership globale, tra cui quelli del G20, compete la responsabilità specifica di dare l'esempio;
il mandato di cattura emesso nel 2009 dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente del Sudan, Omar Hassan Al Bashir, per crimini di guerra e contro l'umanità, è stato un evento epocale. Tuttavia, il rifiuto da parte dell'Unione africana di cooperare, nonostante la terribile violenza che ha colpito centinaia di migliaia di persone nel Darfur, è stato un crudo esempio di come i Governi antepongano la politica alla giustizia. Le raccomandazioni del rapporto Goldstone per accertare le responsabilità di quanto accaduto nel conflitto di Gaza attendono ancora di essere tenute in conto da parte di Israele e Hamas. A livello mondiale, le lacune della giustizia hanno rafforzato un pernicioso reticolo di repressione. Le ricerche di Amnesty International hanno documentato torture e altri maltrattamenti in almeno 111 Paesi, processi iniqui in almeno 55 Paesi, restrizioni alla libertà di parola in almeno 96 Paesi e detenzioni di prigionieri di coscienza in almeno 48 Paesi. Gli organismi per i diritti umani e le attiviste e gli attivisti che li difendono sono finiti sotto attacco in molti Paesi, i cui Governi hanno impedito di lavorare od omesso di fornire protezione. Nelle regioni del Medio Oriente e dell'Africa del Nord, l'intolleranza dei Governi nei confronti

delle critiche è stata sistematica in Arabia Saudita, Siria e Tunisia e la repressione è aumentata in Iran. Secondo il rapporto, migliaia di persone, a causa della forte repressione e delle difficoltà economiche, hanno lasciato la Corea del Nord e il Myanmar. Lo spazio per le voci indipendenti e per la società civile si è ridotto in alcune parti della regione Europa e Asia centrale: inique limitazioni alla libertà di espressione hanno avuto luogo in Azerbaigian, Bielorussia, Russia, Turchia, Turkmenistan e Uzbekistan. Il continente americano è stato tormentato da centinaia di omicidi illegali commessi dalle forze di sicurezza in vari Paesi tra cui Brasile, Colombia, Giamaica e Messico. Governi africani, come quelli di Guinea e Madagascar, hanno affrontato il dissenso con un uso eccessivo della forza e omicidi illegali, mentre le voci critiche sono state oggetto di repressione, tra gli altri in Etiopia e Uganda;
un impietoso disprezzo per le popolazioni civili ha caratterizzato i conflitti. Gruppi armati e forze governative hanno violato il diritto internazionale nella Repubblica Democratica del Congo, nello Sri Lanka e nello Yemen, Nel conflitto di Gaza e del sud di Israele, le forze israeliane e i gruppi armati palestinesi hanno ucciso e ferito illegalmente i civili. Migliaia di persone hanno subito le conseguenze dell'escalation di violenza da parte dei talebani in Afghanistan e Pakistan, così come degli scontri in Iraq e Somalia. Nella maggior parte dei conflitti, le donne e le bambine sono state stuprate o sottoposte ad altre forme di violenza da parte delle forze governative e dei gruppi armati. La dimensione globale di milioni di persone spinte nella povertà dalle crisi alimentare, energetica e finanziaria ha dimostrato l'urgente bisogno di contrastare gli abusi che determinano la povertà. «I governi devono essere chiamati a rispondere per le violazioni dei diritti umani che causano e aumentano la povertà. La Conferenza Onu di revisione degli Obiettivi di sviluppo del millennio, costituirà un'opportunità per i leader del mondo per passare dalle promesse a impegni vincolanti», ha proseguito Weise;
sulle donne, in particolare quelle povere, si abbatte il peso dell'incapacità dei Governi di realizzare questi obiettivi. Si stima che le complicazioni legate alle gravidanza siano costate la vita a circa 350.000 donne. La mortalità materna è spesso la conseguenza diretta della discriminazione di genere, della violazione dei diritti sessuali e riproduttivi e della negazione del diritto alle cure sanitarie. «Se vogliono fare passi avanti negli obiettivi di sviluppo del millennio, i governi devono promuovere l'uguaglianza di genere e contrastare la discriminazione contro le donne», ha sottolineato Weise. Amnesty International ha chiesto agli Stati del G20 ancora inadempienti di ratificare lo statuto della Corte penale internazionale. Nonostante i gravi insuccessi registrati nel 2009 nei tentativi di assicurare giustizia, molti avvenimenti hanno fatto segnare dei progressi. In America Latina sono state riaperte inchieste su crimini coperti da leggi di amnistia, come dimostrano le epocali sentenze riguardanti l'ex presidente del Perù, Alberto Fujimori, condannato per crimini contro l'umanità, e l'ultimo presidente militare dell'Argentina Reynaldo Bignone, condannato per sequestri e torture. Tutti i processi celebrati dalla Corte speciale per la Sierra Leone, si sono conclusi salvo quello, ancora in corso, contro l'ex presidente della Liberia, Charles Taylor. «Il bisogno di giustizia globale è una lezione fondamentale da trarre dallo scorso anno. La giustizia porta equità e verità alle vittime, è un deterrente nei confronti delle violazioni dei diritti umani e, in definitiva, conduce verso un mondo più stabile e sicuro», ha concluso Weise -:
quali iniziative il Governo intenda adottare, al fine di promuovere la ratifica dello statuto della Corte penale internazionale, così come richiesto da Amnesty International agli Stati membri del G20.
(4-10520)

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
negli anni 90, per i media e gli abolizionisti di tutto il mondo, sembrava che la pena di morte esistesse solo negli Stati Uniti e i condannati a morte fossero solo americani. Le campagne abolizioniste e le «azioni urgenti» per tentare di salvarne uno erano rivolte quasi tutte a quella realtà, anche se essa costituiva una piccola parte del problema. Dal 1990 ad oggi l'attenzione internazionale si è rivolta anche a numerose altre nazioni, portando alla ribalta la grave incidenza della pena di morte nelle loro politiche. Dall'attuale rapporto 2010 sulla pena di morte, emerge che dei 43 Stati che ancora mantengono la pena capitale, 36 sono Paesi illiberali e in 18 di questi, nel 2009, sono state compiute almeno 5.619 esecuzioni, circa il 99 per cento del totale mondiale. Nel 2007 l'ONU ha approvato la risoluzione sulla moratoria universale delle esecuzioni, iniziando un difficile percorso di democratizzazione degli Stati interessati. Infatti, con l'approvazione di quella risoluzione, l'ONU ha scelto di far prevalere il primato della persona su quello dello Stato;
dal 1993 ad oggi, ben 55 Paesi hanno abbandonato la pratica della pena di morte, 17 dei quali lo hanno fatto negli ultimi tre anni e mezzo, cioè dopo il rilancio dell'iniziativa al Palazzo di Vetro. E i fatti più significativi, nel senso dell'abolizione, sono avvenuti proprio in luoghi del mondo apparentemente immutabili e inaccessibili. Hanno abolito la pena di morte il New Jersey e il New Mexico, negli Stati Uniti, dove casi di abolizione non si verificavano da oltre quarant'anni. Il Vietnam ha eliminato la pena di morte per otto reati dei ventinove per cui era prevista. In Cina le sentenze capitali emesse dai tribunali sono diminuite di anno in anno fino al 30 per cento mentre la Corte Suprema ha annullato a sua volta il 15 per cento di quelle che aveva esaminato. Il Governo federale pakistano ha approvato nel 2008 la commutazione in ergastolo di tutte le condanne a morte nei confronti di circa 7.000 prigionieri e, nel 2009, per la prima volta del Paese non sono state effettuate esecuzioni. Lo stesso è accaduto in Kenia per gli oltre 4.000 prigionieri del braccio della morte, e in Mongolia, dove, oltre a graziare i condannati, è stata introdotta una moratoria delle esecuzioni capitali;
questi fatti positivi non preludono certo all'abolizione immediata della pena di morte né a cambiamenti radicali in senso democratico in molti di questi Paesi, ma non sono dati irrilevanti in termini di vite umane, considerato che, ad esempio, in Pakistan e in Vietnam le esecuzioni fino a qualche anno fa erano centinaia e che in Cina, essendo ancora migliaia all'anno, una riduzione pur limitata può significare centinaia di giustiziati in meno. Il percorso internazionale che è stato fatto per l'abolizione della pena di morte non deve essere abbandonato, ma, al contrario, rafforzato, al fine di creare Stati di diritto in cui la popolazione possa vivere democraticamente; per questo è necessario che tutti i Paesi democratici, quali anche l'Italia, si adoperino per raggiungere tale obiettivo. A tal fine, sarebbe auspicabile l'istituzione, da parte del segretario generale dell'ONU, della figura di un inviato speciale che abbia il compito non solo di monitorare la situazione ed esigere una maggiore trasparenza nel sistema della pena capitale, ma anche di continuare a persuadere chi ancora la pratica ad adottare la linea stabilita dalle Nazioni Unite. Oltre a ciò, è necessario diffondere la soluzione in Paesi che ancora praticano la pena di morte, a partire dall'Africa, che è il continente dove vi è il numero più alto di Paesi abolizionisti di fatto e dove negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi verso l'abolizione della pena di morte. Ruanda, Burundi e Togo hanno cancellato completamente la pena capitale e, soprattutto nei primi due Paesi, l'abolizione ha avuto uno straordinario valore simbolico, oltre che giuridico e politico,

essendo terre dove la catena perpetua della vendetta ha avuto la rappresentazione forse più tragica e attuale -:
quali iniziative a livello internazionale, il Governo intenda intraprendere al fine di rendere finalmente esecutiva la risoluzione dell'ONU sulla condanna alla pena di morte, risalente al 2007, in quei Paesi dove ancora questa barbarie è applicata.
(4-10550)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le piante potrebbero diventare fabbriche «verdi», progettate, grazie all'ingegneria genetica, per produrre plastica, e liberare dalla necessità, come accade oggi, di ottenerla attraverso la lavorazione del petrolio. Il gruppo di ricerca del Brookhaven National Laboratory, del Dipartimento per l'energia degli Usa, insieme ad altri collaboratori, ha realizzato un primo passo importante che incoraggia l'idea che si possa giungere a una produzione così elevata di materie prime dalle piante per produrre plastica da diventare di interesse industriale. «Abbiamo progettato un nuovo percorso metabolico nei vegetali per la produzione di un tipo di acido grasso, l'omega 7, che potrebbe essere utilizzato come precursore delle particelle chimiche per produrre il polietilene, la più comune tra le materie plastiche», spiega John Shanklin, biochimico a capo della ricerca. «Le materie prime per la maggior parte dei precursori della plastica oggi derivano dal petrolio o dal carbone, il nostro metodo invece si basa su una fonte rinnovabile e sostenibile, gli acidi grassi dei semi delle piante. La nostra ricerca dimostra che possono essere ottenuti dalle piante alti livelli di acidi grassi omega 7 per produrre plastica»;
la scoperta dei geni che codificano per gli enzimi responsabili della cosiddetta produzione «insolita» di oli vegetali, ha incoraggiato molti ricercatori a studiare il modo per far esprimere i geni al fine di far produrre questi oli in altre specie di piante. «Ci sono piante che producono naturalmente questi acidi grassi omega 7, che si trovano per esempio nei semi dell'euforbia, ma il loro rendimento e le caratteristiche di crescita non sono adatti per la produzione commerciale - spiega Shanklin - e anche i tentativi iniziali di far esprimere i geni in altre piante hanno portato a livelli molto bassi degli oli desiderati». Per superare il problema gli scienziati hanno affrontato una serie di esperimenti di ingegneria metabolica per aumentare l'accumulo di omega 7 in piante transgeniche. La specie utilizzata è stata la Arabidopsis thaliana. Hanno costruito una variante di un enzima naturale della pianta che «lavora» più velocemente e con maggiore specificità per la produzione di acidi grassi omega 7. In questo modo l'accumulo delle sostanze necessarie è passato dal 2 per cento al 14 per cento. Ma questo miglioramento non era ancora sufficiente per la produzione industriale, così, apportando una serie di ulteriori modifiche metaboliche della pianta e dopo aver testato singole caratteristiche, si sono combinate le più promettenti in una nuova pianta. Il risultato è stato un accumulo di acidi grassi omega 7, che ha raggiunto un livello del 71 per cento;
«Questo esperimento - conclude Shanklin - è la dimostrazione della validità della strategia che punta a modificare il metabolismo per la produzione di acidi grassi omega 7, come fonte di materie prime industriali. Ma quest'approccio in generale può anche essere sfruttato per migliorare la produzione di una vasta gamma di acidi grassi nei semi delle piante». È pur vero che già oggi molti recipienti vengono realizzati con acido polilattico ed esistono resine derivate dal

l'amido di mais o dalla canna da zucchero. Ma in questo caso si tratta di piante alimentari e nasce il problema della sottrazione alla loro funzione primaria. La nuova ricerca invece punta alla produzione di plastica biodegradabile da piante non commestibili -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare la sperimentazione della produzione di plastica tramite il nuovo sistema studiato dall'equipe di John Shanklin, in modo da ridurre l'impatto ambientale grazie ai packaging realizzati con questo materiale.
(4-10523)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 12 gennaio 2011 numerosi organi di stampa nazionale e sarda nonché molti siti internet di informazione ambientale hanno riportato la notizia di una grave perdita di olio combustibile dalla banchina nell'impianto portuale della Società E.On. a Porto Torres (Sassari), dalla linea di «trasferimento-prodotto» fino al deposito carburanti della centrale termoelettrica di «Fiume Santo». Secondo le prime verifiche, lo sversamento sarebbe avvenuto a terra e poi avrebbe raggiunto il mare;
secondo quanto riferito da E.On sono 20 i metri cubi di olio combustibile riversatisi in mare;
la sopraddetta sostanza è altamente inquinante e dannosa per l'ecosistema marino, oltre che cancerogena. Al contatto con l'acqua aumenta il suo volume di ben 16 volte ed è stato così che la marea nera ha inquinato un ampio tratto di arenile tra Porto Torres, Sassari e Sorso, causando gravi morie di pesci e uccelli, a cui va aggiunto un grave deterioramento dell'ecosistema marino circostante. Ciò ha anche costretto le autorità locali ad emettere ordinanze di divieto di balneazione e interdizione degli arenili. Inoltre il vento di ponente e poi maestrale, che soffiava al momento dell'incidente, ha spinto la chiazza verso est, arrivando pericolosamente oltre che alle spiagge di Platamona e Marritza, fino a Castelsardo, ovvero a decine di chilometri dal polo chimico di Porto Torres. Nei giorni seguenti, l'inquinamento ha purtroppo interessato anche Santa Teresa di Gallura;
considerata l'estensione dell'area inquinata, è pertanto ipotizzabile che probabilmente si sia riversato in mare un quantitativo ben superiore ai 20 metri cubi;
l'incidente sarebbe stato causato da un guasto meccanico nella linea di drenaggio del «collettore manichette» posizionato all'interno della banchina. Secondo quanto descritto dai rilievi tecnici della capitaneria di porto e dalle squadre specializzate dei vigili del fuoco di Sassari a cedere sarebbe stato un tubo vetusto e in cattive condizioni. Si ipotizzano poi alcune «fenditure» nei cassoni per il contenimento dell'olio sulla banchina. In entrambi i casi la già avviata inchiesta della procura competente per reato di danno ambientale verificherà se vi siano state gravi negligenze nelle operazioni di scarico e nel controllo dei macchinari utilizzati;
ad una settimana esatta dalla perdita si sarebbe aggiunta una seconda questa volta nel petrolchimico;
Legambiente Sardegna riferisce che a Fiume Santo ENI intende realizzare uno dei più grandi serbatoi di idrocarburi del Mediterraneo con conseguente aumento di traffico di petroliere e maggiori rischi ambientali per un tratto di mare tra i più belli del nord della Sardegna;
è utile ricordare che il polo petrolchimico di Porto Torres insiste proprio sul Golfo dell'Asinara, già parco nazionale, santuario per la tutela dei cetacei ed area marina protetta. È per quanto detto, uno dei luoghi a più alto valore paesaggistico ed ambientale d'Italia oltreché di grande attrazione turistica e di valenza economica anche per la pesca -:
di quali elementi dispongano in merito alla reale entità dell'incidente verificatosi

a Porto Torres e alla effettiva stima del danno ambientale da esso provocato;
quali azioni risarcitorie si intendano avviare nei confronti di E. On. s.p.a.;
se non intendano mettere in campo le iniziative più urgenti a sostegno delle complete operazioni di bonifica degli arenili e del tratto di mare interessati, adeguate alle particolarità paesaggistiche ed ambientali del territorio che comprende importanti siti di interesse comunitario;
se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza anche per il tramite degli uffici territoriali competenti, affinché l'azienda E. On. ristrutturi, con l'adozione delle più aggiornate innovazioni tecnologiche, tutto il sistema delle infrastrutture di trasferimento e contenimento dei combustibili, valutando l'opportunità dell'aggiornamento degli obbligatori piani di prevenzione ed allerta del polo industriale sassarese, al fine di impedire in futuro il ripetersi di episodi analoghi;
quali siano i piani di bonifica previsti per le aree dismesse dell'area industriale di Porto Torres e il relativo stato di avanzamento.
(4-10561)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'iter autorizzativo connesso alla realizzazione della terza linea dell'inceneritore di Brescia presenta, secondo il Comitato ambiente città di Brescia, anomalie;
il 30 gennaio 2002, con la delibera della giunta comunale di Brescia, impianto di termoutilizzazione Asm Bresciana spa si approva la realizzazione della terza linea con impiego di biomassa, per aggirare in questo modo l'ostacolo della VIA, sfruttando a giudizio del Comitato, una norma controversa del decreto Ronchi che prevedeva per determinate tipologie di rifiuti non necessaria l'autorizzazione preventiva, ma solo una comunicazione alla provincia ed il meccanismo del silenzio assenso (articolo 33 del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997);
il 15 marzo 2002, l'Asm informava le autorità, in corso d'opera, che stava costruendo la terza linea ed intendeva avvalersi delle procedure semplificate per cui non presentava istanza per ottenere alcuna autorizzazione, ritenendo sufficiente la licenza edilizia, concessa in tempi molto brevi (10 giorni) dal comune di Brescia proprietario della stessa Asm e dell'inceneritore;
il 13 settembre 2002, le associazioni Cittadini per il riciclaggio e Comitato ambiente città di Brescia inoltravano un atto formale a tutte le autorità competenti in cui si contestava quella delibera del comune argomentando come, ai sensi della legislazione nazionale ed europea, la terza linea dovesse essere preventivamente sottoposta a valutazione di impatto ambientale;
il 3 dicembre 2002, le associazioni Cittadini per il riciclaggio e Comitato ambiente città di Brescia ricorrevano all'Unione europea;
il 1o luglio 2003, le associazioni Cittadini per il riciclaggio e Comitato ambiente città di Brescia si rivolgevano alla provincia ed all'Arpa per ribadire la non applicabilità delle procedure semplificate per la terza linea e la necessità della VIA preventiva, anche perché Asm dichiarava di voler mescolare con i rifiuti urbani prima dell'incenerimento le cosiddette biomasse;
il 6 agosto 2003, la regione Lombardia rispondeva al quesito della provincia del 7 luglio sostenendo che la terza linea non potesse avvalersi delle procedure semplificate e che si dovesse applicare il normale iter con autorizzazione preventiva e conseguente valutazione di impatto ambientale;

il 1o dicembre 2003, amministrazione comunale di Brescia ed Asm informavano che si stava collocando un muretto divisorio nell'unica vasca dei rifiuti, per tenere separati i rifiuti speciali, destinati alla terza linea, dagli RSU, nella presunzione che in questo modo si sarebbe potuta evitare la VIA;
il 17 dicembre 2003, l'unione europea, Direzione per l'applicazione del diritto comunitario, decideva di inviare allo Stato italiano la lettera di messa in mora per la mancata VIA ed altre violazione nell'inceneritore Asm di Brescia;
il 30 marzo 2004, l'Asm, in una comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sembrava essersi convinta ad effettuare la VIA, anche se, a suo parere, non dovuta;
il 26 maggio 2004, l'Asm annunciava che ormai la terza linea era pronta per il collaudo, avendo lavorato a tambur battente per finire l'impianto mentre la VIA non era stata neppure avviata;
il 7 luglio 2004, la Commissione dell'Unione europea, non convinta dalle argomentazioni del Governo italiano, decideva un ulteriore passo nella procedura di infrazione per la mancata valutazione di impatto ambientale, inviando il parere motivato al quale lo Stato membro avrebbe dovuto conformarsi entro un determinato termine. In caso contrario, la Commissione poteva adire la Corte di giustizia. Nello stesso parere l'Unione europea fa capire che nel frattempo l'impianto debba rimanere fermo per rendere effettiva la VIA;
nel luglio 2004, il comune di Brescia ed Asm, d'intesa con il Governo Berlusconi, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Altero Matteoli, decidevano di attuare la VIA, con procedura straordinaria, senza fermare l'impianto, che ormai funziona ininterrottamente a pieno regime;
il 3 agosto 2004, Cittadini per il riciclaggio e Comitato ambiente città di Brescia inviavano una comunicazione formale a tutte le autorità competenti, perché la VIA fosse effettuata quindi ad attività totalmente sospesa fino al termine della procedura, e revocando tutte le autorizzazioni illegittimamente concesse;
il 4 agosto 2004, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sollecitava Asm a presentare la procedura di VIA;
il 7 dicembre 2004, l'Asm presenta al Ministero lo studio di impatto ambientale per la cosiddetta procedura di VIA;
il 7 gennaio 2005, Cittadini per il riciclaggio e Comitato ambiente città di Brescia presentavano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare osservazioni sullo studio di Asm, sottolineando in premessa: «Illegalità della procedura: la valutazione di impatto ambientale deve essere effettuata prima dell'autorizzazione dell'impianto». Le stesse osservazioni vengono trasmesse in copia all'Unione europea;
il 18 gennaio 2005, la Commissione dell'Unione europea, decideva di deferire l'Italia alla Corte di giustizia per violazione del diritto comunitario relativamente all'inceneritore Asm di Brescia, per omessa VIA e mancata informazione e consultazione della cittadinanza interessata ma la terza linea ha continuato a funzionare a pieno regime, introitando le risorse, in particolare legate ai Cip6 (circa 20 milioni di euro all'anno);
il 20 giugno 2005, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «approvava» la VIA per la terza linea Asm;
il 5 luglio 2007, la Corte di giustizia europea condannava lo Stato italiano per la mancata VIA alla terza linea dell'inceneritore Asm e per non aver comunicato gli atti al pubblico, non ritenendo evidentemente di nessun valore una procedura di VIA espletata ad impianto già autorizzato e già funzionante -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo e quali iniziative intenda

assumere in ottemperanza alle direttive europee.
(4-10563)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

RIA, CERA e RUGGERI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da mesi è in corso di realizzazione, in Locorotondo (Bari), il primo tratto di circonvallazione/strada panoramica, destinato a collegare via Martina Franca e via Fasano, così da consentire al traffico, in particolare quello pesante, di evitare il centro del Paese che, come è noto, è uno dei borghi più belli d'Italia;
parte del previsto tracciato ricade in Contrada Grofoleo, nota per la presenza, in passato, di antichi insediamenti abitativi;
nel corso dei lavori, sino ad oggi costati 150.000,00 euro circa, sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici, tra cui numerose tombe e corpi, in buono stato di conservazione, unitamente a corredi funebri, suppellettili che testimoniano, in tutta probabilità, la presenza, su quei luoghi, di antichissimi insediamenti abitativi;
secondo le prime valutazioni, operate anche e soprattutto con i responsabili della sovrintendenza al beni archeologici, si tratterebbe di un'antica necropoli riconducibile al VI/V secolo a.C;
ad oggi si è in attesa di un ulteriore parere da parte della stessa sovrintendenza, che evidenzi con chiarezza la reale portata di quanto è sino ad oggi emerso, la natura degli interventi e degli approfondimenti da eseguire, per preservare quanto è già emerso e/o potrà ancora emergere, in tutta probabilità;
nonostante la rilevanza della scoperta, in ragione della mancanza di risorse sufficienti per completare ogni approfondimento necessario, che non potrà prescindere dall'estensione degli scavi e dallo studio accurato dell'intera area interessata, vi è il concreto rischio che l'intero sito archeologico venga restituito alla terra;
ove ciò dovesse accadere, di certo ne risulterebbe gravemente danneggiata la storia e la cultura di un intero territorio, che certamente merita grande attenzione, nel dovuto rispetto della straordinaria testimonianza del passato che oggi si rivela in tutto il suo valore -:
se, compatibilmente con la realizzazione dalla suddetta circonvallazione e nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio, non ritenga di adottare provvedimenti idonei ed adeguati a preservare l'intera area interessata dalla scoperta dei suddetti reperti archeologici e, quindi, della necropoli emersa ad oggi solo in parte;
se non ritenga di individuare e garantite le risorse necessarie per l'estensione degli scavi ed il loro completamento, affinché possa finalmente emergere a pieno ed in tutta la sua estensione ogni testimonianza del passato, a beneficio di tutti ed in particolare delle future generazioni.
(3-01416)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli articoli 1 e seguenti della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e gli articoli 1 e seguenti della legge 26 luglio 1978, n. 417, e successive modificazioni, riconoscono un trattamento economico, a compensazione

degli oneri e dei disagi, ai militari comandati a prestare servizio fuori dalla ordinaria sede di servizio temporaneamente, tale posizione assume il nome giuridico di «missione»;
gli articoli 17 e seguenti della legge 18 dicembre 1973, n. 836, gli articoli 11 e seguenti della legge 26 luglio 1978, n. 417 e l'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, e successive modificazioni, riconoscono un trattamento economico, a compensazione degli oneri e dei disagi, ai militari trasferiti da una ad altra sede di servizio permanente, tale posizione assume il nome giuridico di «trasferimento»;
nei confronti del personale della marina militare, con specifici messaggi telegrafici sono disposti d'autorità provvedimenti di imbarco temporaneo su unità navali, anche per periodi di lunga durata;
detti messaggi non recano alcuna dicitura di «missione» o di «trasferimento», ma quella del tutto neutra ed atecnica di «temporaneo imbarco», A fronte di tali disposizioni di servizio non viene corrisposta al personale destinatario alcun tipo di emolumento per il disagio dovuto al mutamento della sede di servizio;
con il decreto del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare del 1 o febbraio 2005, è stato affermato che «il temporaneo imbarco si configura quale trasferimento temporaneo»;
il TAR per la Lombardia, sezione II, I nella sentenza 18 febbraio 2004, n. 986 e il Consiglio di Stato, sezione IV, nella sentenza 18 maggio 2004, n. 7627 hanno precisato che il trasferimento provvisorio/temporaneo è una posizione giuridica inesistente e che il mutamento dalla sede di servizio deve essere inquadrato nelle richiamate posizioni giuridiche -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa;
se non ritenga necessario assumere le necessarie iniziative presso lo Stato maggiore della Marina militare affinché qualifichi il «temporaneo imbarco» come una «missione fuori sede», ovvero come un «trasferimento ad altra sede di servizio»;
quale sia il numero degli ufficiali, dei sottufficiali, dei graduati e militari di truppa della marina militare che siano stati interessati nel biennio 2009-2010 da provvedimenti amministrativi di imbarco temporaneo su unità navali.
(4-10538)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il commercio di contrabbando sta diventando ogni giorno più invasivo e pericoloso per l'economia italiana: si contano numerosi container e camion carichi di sigarette, giocattoli taroccati, cuccioli di cane, medicinali, alcol e oli minerali che provano a passare le frontiere italiane con trucchi sempre più sofisticati. «Qui abbiamo visto di tutto - racconta Umberto Testini, direttore dell'agenzia delle dogane al porto di Ancona -. Tabacchi nascosti in carichi di profilati d'alluminio, steroidi anabolizzanti tra i kiwi, lanterne per zanzare clandestine, migliaia e migliaia di «falsi di marca» magari mimetizzati in mezzo a un carico di pesce fresco. Un fiume in piena che continua a crescere». Solo il business dei prodotti contraffatti in arrivo dall'estero vale secondo Confindustria 5 miliardi di euro di mancate entrate erariali l'anno. E tra stecche di sigarette, medicinali, metalli - ad Ancona sono appena state intercettate 2,5 tonnellate di silicio metallico clandestino arrivato dalla Cina - la voragine si allarga almeno a 6,5 miliardi di euro. Una volta il traffico da e per l'Italia era affare della criminalità

tricolore. Oggi il settore si è globalizzato. Sulla scena lavorano gli ex agenti dei servizi segreti russi e cittadini cinesi che in pochi anni si sono costruiti una specie di monopolio nel mondo dei tabacchi e dei falsi. «Sono realtà diverse ma che hanno imparato a collaborare tra di loro», dice Testini;
Ancona, i moli di Venezia e di Bari o i valichi del Friuli sono le principali porte per entrare nel nostro Paese. I doganieri confermano che il 2010 è l'anno della rinascita del contrabbando di sigarette. Già il 2009 aveva visto un aumento dell'11 per cento dei sequestri. Da gennaio però si è verificata un'escalation; solo nel porto di Ancona il traffico delle stecche di sigarette è aumentato del 300 per cento. A Gioia Tauro in un giorno sono finiti nella rete degli investigatori tre container arrivati dalla Cina con 31 tonnellate di sigarette (pari al 12 per cento di tutti i sequestri del 2009) marchio Manchester e sigillo «made in UK». Il traffico di tabacchi illegale, arrivato era al 15-20 per cento del mercato a metà anni '80, era stato debellato a inizio millennio. L'anno scorso era già risalito al 3 per cento e quest'anno la cifra è destinata a fare un balzo in avanti verso il 13 per cento medio dell'Europa. Il fenomeno è ripartito anche a «colpa anche della sproporzionata regolamentazione del settore - dice Giovanni Crucci, vicepresidente Italia di Bat Italia, la multinazionale che ha firmato un accordo da 200 milioni con la Ue per la lotta al fenomeno -. Il giro di vite sulle accise, alla fine, stimola i fumatori a rivolgersi al mercato illegale»;
secondo i valori del 2009, a causa del contrabbando, il fisco tricolore perde annualmente 370 milioni di euro; l'Europa ha un buco di 14,5 miliardi di euro di mancate accise, mentre ai produttori mancano 3,7 miliardi di ricavi ogni dodici mesi. I contrabbandieri, stima la World Custom Organization, lucrano invece un rendimento sul capitale investito del 375 per cento. Un carico di sigarette comprato in Ucraina e rivenduto a metà prezzo rispetto al costo di mercato in Gran Bretagna rende 68.500 euro per un viaggio in furgone, 6.800 con un'auto e 1,1 milione se viaggia in container. Cifre che da sole spiegano perché la criminalità organizzata stia tornando a interessarsi a questo ramo d'affari. «Poche settimane fa, per la prima volta dopo anni, abbiamo rintracciato in Grecia a Lagonissi una base di transito clandestina messa in piedi dalla mafia», racconta Yannis Kapeleris, lo 007 ellenico a capo della task force anti crimine voluta dal presidente Gorge Papandreou. La Cina è di gran lunga in testa alla classifica dei produttori di tabacchi da contrabbando (il 64 per cento dei sequestri secondo l'Unione europea), seguita da Ucraina e Russia. Fabbriche clandestine sono state trovate persino in Grecia e Belgio;
oltre alle sigarette, anche il business dei medicinali di contrabbando è un affare arrivato ormai all'astronomica cifra di 100 miliardi di euro l'anno. Con pacchi di prodotti illegali pari al 50 per cento del mercato «in alcune zone dell'Africa e dell'Asia» come calcola Guido Rasi, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco e l'Italia ferma - per fortuna - allo 0,1 per cento, «grazie alla tracciabilità delle confezioni». Anche se il trend è in crescita. «Nel mondo ci sono più medicinali illegali che reali» ammette Cristophe Zimmerman, responsabile contraffazione dell'organizzazione mondiale delle dogane. La classifica delle pillole più richieste dal mercato italiano è una fotografia fedele delle patologie dei tempi moderni: in vetta da almeno sei anni ci sono i prodotti per le disfunzioni erettili maschili. Nel solo porto di Venezia dall'inizio di questo anno sono state intercettate ventimila confezioni di Viagra, Cialis e Lecita. Dall'esordio della magica pillola blu nel 2004 «sono state sequestrate nel mondo 63 milioni di confezioni false e materiale per produrne altri 64», dice Steve Allen, direttore della divisione sicurezza della Pfizer, la casa produttrice. Seguono in graduatoria gli anti-depressivi, dimagranti e anabolizzanti. Arrivano un po' da tutto il mondo. Nella rete dell'operazione «Pangea» - chiusa un mese fa da Nas e Agenzia delle dogane con cinque arresti e il sequestro di 10 mila

farmaci illegali - sono finite pillole e fiale partite da Moldavia, Romania, Russia e India. Un insospettabile pensionato in Mercedes faceva invece la spola con Svizzera e San Marino per comprare prodotti non autorizzati in Italia o più economici, venduti poi, sostengono le indagini della Guardia di finanza chiuse pochi mesi fa, attraverso il circuito legale. Un giro d'affari da 12 milioni di euro di guadagni in nero e 2,5 sottratti al fisco che ha messo nei guai 26 farmacie di Brescia. Tuttavia, in Italia, dati alla mano, non è rischioso comprare un farmaco. La rete ufficiale tricolore è tra quelle a più alta trasparenza in Europa con un tasso di rischio dello 0,1 per cento contro la media continentale dell'1 per cento. Il vero problema è il boom del commercio di medicinali di contrabbando via internet. Un recente studio dell'European alliance for access to safe medicine ha calcolato che il 62 per cento dei prodotti in vetrina in rete è falso o contraffatto. Una bomba ad orologeria visto che tra l'altro il 90 per cento dei siti analizzati non chiedeva alcuna ricetta medica. «Un altro dei canali a rischio sono le farmacie illegali aperte dalla criminalità organizzata in beauty center, palestre e sexy shop», sostiene Rasi, e conclude «un prodotto contraffatto può essere identico all'originale. Ma anche non aver traccia di principio attivo o contenere in qualche caso sostanze tossiche. Basta pensare al caso recente dell'eparina contraffatta che solo negli Usa ha provocato 100 morti»;
uno dei business del contrabbando a più alto tasso di crescita è quello che riguarda gli autoricambi. In Europa, stima la Commissione, tra il 5 e il 10 per cento dei pezzi montati sulle auto è di contrabbando per un giro d'affari annuo di 1,2 miliardi di euro. L'Italia, in questo risiko di bielle, pedali di freni, cerchioni e cuscinetti ha un doppio ruolo: da consumatore visto che il Censis calcola nell'1,6 per cento del mercato i ricambi taroccati. Ma soprattutto da centrale di smistamento del materiale di contrabbando verso il resto d'Europa. «Buona parte del traffico dei falsi - confermano al Clepa, l'organizzazione continentale di settore - entra da noi attraverso i porti dell'Italia». Per la produzione e provenienza di questi prodotti, il Quality brand protection committee (Qbpc) ha individuato come area più critica la regione cinese del Zhejiang e in particolare la città di Thaizou per paraurti e parti di carrozzeria e Ruj'An sui filtri di aria e di olio. «Qui accanto alle fabbriche ufficiali c'è un mercato parallelo che produce milioni di pezzi falsi», spiega lo studio dell'istituto di ricerca. Da quest'area, ad esempio, provenivano 4 mila cerchi da ruota per la Fiat Grande Punto destinati a un'azienda trevigiana sequestrati all'inizio dell'anno a Venezia dentro un container dalla finanza. Pezzi perfetti fino al dettaglio del marchio e dei codici del produttore ma ben più pericolosi come affidabilità: i cerchi erano di dimensioni sbagliate (un po' più grandi degli originali) e soprattutto molto rischiosi per chi si fosse trovato a montarli sulla sua vettura. Le prove effettuate dall'ente certificatore Tuv e dalla Fiat hanno dimostrato che in tre casi su quattro i prodotti falsi si rompevano prima della conclusione dei test regolamentari. Così come difettosi erano i 180 mila cuscinetti a sfera (90 tonnellate di materiale) e contraffatti e di contrabbando con il marchio Skf in provincia di Caserta. I prodotti più richiesti sono le candele, i filtri, le cinture di sicurezza. Ma la cosa più preoccupante - sottolineano al Qbpc - «è che negli ultimi tempi sono stati recuperati diverse parti di impianti frenanti contraffatti di contrabbando». Tali ricambi vengono utilizzati o da consumatori che, pur di risparmiare, accettano il rischio, o da carrozzieri poco onesti che lucrano in proposito sulla forbice di valore tra un originale e la copia di contrabbando. Forbice che induce in tentazione perché spesso - malgrado la legge autorizzi la produzione di ricambi non originali certificati di pari qualità - è comunque molto ampia;
nato pochi anni fa, l'odioso fenomeno del contrabbando dei cuccioli, è decollato in pochissimi anni raggiungendo oggi in Italia, secondo le stime della Lav, un valore di circa 300 milioni di euro l'anno. La rotta classica è quella che dall'Est

Europa, specie l'Ungheria porta all'Italia via terra. Chihuahua, yorkshire, bulldog e altre specie pregiate vengono comprate nelle puppy-mill locali a un prezzo medio di 65 euro attorno ai due mesi di età, troppo presto per staccarli dalla madre. Stipati nelle gabbiette e nascosti nei bagagli di furgoni e auto viaggiano per 15-16 ore fino all'Italia dove vengono poi introdotti sul mercato legale con la complicità di negozi conniventi. Gli animali che riescono ad arrivare a destinazione, tra l'altro, sono comunque in condizioni di salute precarie. «La tratta ci costringe ad avere a che fare con cuccioli gravemente ammalati, affetti da patologie importanti, come parvovirosi e cimurro o infestati da parassiti intestinali - racconta Carlo Scotti, presidente dell'associazione medici veterinari italiani -. Per non parlare di patologie ereditarie derivanti da progenie non controllate, non selezionate dal punto di vista riproduttivo». Il guadagno per i contrabbandieri è altissimo. «In media abbiamo sequestrato carichi di 300 cuccioli per mezzo - raccontano alla Guardia di finanza di Bologna dove è stata stroncata una banda che in quattro anni aveva portato in Italia 70mila animali. Ogni cane viene rivenduto in Italia attorno ai 1.000-1.500 euro e quindi, al netto delle spese di viaggio, una singola auto rendeva almeno 30mila euro a tratta». Il contrabbando di bestie non è però limitato solo alla barbarie sui cuccioli. Il business del traffico degli animali esotici, dai pappagalli ai pitoni, dai ragni fino all'iguana, vale nel nostro Paese 2 miliardi di euro l'anno. Ogni anno in Italia si sequestrano duemila animali vivi. L'ultimo bizzarro blitz è andato in onda l'estate scorsa sulle acque del Lago Maggiore dove la Guardia di finanza ha controllato un grande barcone mimetizzato nel traffico lacustre d'agosto. A bordo 26mila inconsapevoli avannotti di trote clandestini sulla rotta Italia-Svizzera -:
quali interventi il Governo intenda attuare al fine di intensificare i controlli volti al contrasto alle diverse attività di contrabbando.
(4-10544)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo pubblicato dal quotidiano L'Unità del 21 gennaio 2011, «Emilia Romagna e Basilicata, in particolare la località Craco nel materano, sono in cima a una lista in mano alla Sogin, la società statale che gestisce il decommissioning (lo smantellamento) delle vecchie centrali, stilata da tempo ma mai rivelata. Una lista che comprende anche altre regioni: Toscana, Lazio, Sardegna, Campania, Puglia»;
i siti «ritenuti più idonei» sarebbero dunque già stati individuati da tempo nonostante la Sogin abbia sempre smentito la circostanza e avesse fatto trapelare lo scorso settembre una rosa di siti in base alla quale le aree papabili sarebbero 52;
secondo un'intercettazione telefonica del luglio del 2008 fatta dalla procura di Potenza, Silvio Cao, già componente il consiglio di amministrazione di Sogin e molto amico del generale Carlo Jean alle 8.44 del mattino chiamando un cellulare avrebbe detto, secondo quanto riferito dai carabinieri: «Il Cao chiama utilizzando la linea del generale Jean tale Giancarlo e chiede se ricorda i nomi che erano stati individuati da loro per le seconde categorie. Il Cao fa riferimento al fatto che uno era Craco e poi chiede quali altri siti erano stati individuati. Il Giancarlo riferisce che al momento non ricordava i nomi e che avrebbe controllato e fatto sapere»;
l'informativa dei carabinieri non specifica chi fosse Giancarlo, ma tutti gli indizi sembrano portare al nome di Giancarlo Ventura che faceva parte della prima task force Enea incaricata, nel 2003, di individuare il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi;
passati venti minuti dalla prima telefonata «Il Cao richiama il Giancarlo e

lui dice che sta aprendo un file e gli detta i nomi di questi siti che in totale sono sei: due in Basilicata, uno nel Lazio, tre in Puglia, per quelli di tipo superficiale. Poi cade la conversazione.»;
sarebbero dunque sei i siti potenziali per ospitare i rifiuti di seconda categoria, quelli che presentano un grado di pericolosità alto ma non massimo;
trenta secondi dopo l'interruzione, Cao richiama per la terza volta «Giancarlo»;
scrivono i Carabinieri: «Dopo aver ribadito che i superficiali erano i sei prima individuati, il Giancarlo dice che i subsuperficiali erano nove. Ed erano tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana»;
la telefonata prosegue: «Poi (CAO) chiedeva i nomi dei primi classificati delle due categorie e il Giancarlo dice che sicuramente avevano messo Craco e quello dell'Emilia Romagna»;
Craco per i rifiuti di superficie, un luogo non specificato dai carabinieri - ma sicuramente in Emilia Romagna - per quelli di terza categoria. In Emilia c'è Caorso (Piacenza), che ospita una ex centrale mentre alcune associazioni ecologiste hanno parlato di Forlì;
nella mappa redatta dalla task force di Ventura ci sono anche zone dell'Appennino piacentino. Ma quelle parole possono anche essere interpretate diversamente. Può darsi che Craco sia primo e Emilia seconda. Craco, infatti, può benissimo ospitare un deposito di profondità;
a conferma di tale scenario vi sarebbe poi la testimonianza di Paolo Togni, anche lui nel board di Sogin per parecchio tempo che nel verbale di dichiarazioni di persona informata sui fatti, redatto il 30 marzo del 2004 dalla procura di Potenza, il professor Togni dichiarava: «Già intorno al 1967 era stato individuato il sito di Scanzano in una indagine del servizio geologico nazionale. Il secondo sito della Basilicata considerato idoneo è quello di Craco»;
secondo Togni, già nel 2004 Craco era stato scelto come sito idoneo per contenere rifiuti -:
se sia vero quanto riferito in premessa e di quali informazioni disponga in merito il Governo.
(4-10553)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Libertà, in data 16 gennaio 2011 un detenuto nella casa circondariale delle Novate (Piacenza) si è conficcato in testa un pezzo di ferro che ha ricavato dagli arredi della sua cella, dopodiché è stato chiamato il 118 e l'uomo è stato soccorso dai sanitari dell'infermeria della casa circondariale;
da quanto si è appreso, il protagonista dell'episodio è un detenuto di origini straniere con problemi psichici che un paio di giorni prima era stato purtroppo protagonista di un altro simile episodio. Nella precedente circostanza infatti si era conficcato in testa due viti e anche allora era dovuto ricorrere alle cure dei sanitari, fortunatamente anche quella volta le ferite che si era provocato non erano state gravi -:
quali iniziative, anche normative, urgenti il Governo intenda adottare al fine di far sì che i detenuti affetti da gravi patologie psichiatriche siano assegnati a strutture, diverse da quelle carcerarie ordinarie, in grado non solo di contenerli ma

anche di predisporre nei loro confronti un adeguato trattamento terapeutico, cosi come previsto dalle norme sull'ordinamento penitenziario.
(4-10540)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
una delegazione del sindacato di polizia penitenziaria, guidata la Mimmo Mastrulli (vice segretario nazionale dell'Organizzazione sindacati agenti di polizia penitenziaria) ha effettuato una visita ispettiva al nuovo reparto detentivo del carcere di Trani che dovrebbe ospitare, a breve, altri 180 detenuti che si aggiungeranno ai 260 attualmente reclusi nella struttura di via Andria;
i lavori, costati oltre 7 milioni di euro e durati poco meno di quattro anni, hanno interessato un'ala in passato occupata dalla sezione Giovani adulti. Il nuovo reparto si ispira al modello delle carceri americane e prevede - una rarità in Italia - anche due celle per detenuti disabili. La delegazione sindacale, al termine della visita, ha però contestato alcune disfunzioni strutturali;
secondo quanto dichiarato da Mastrulli, «il carcere di Trani tornerà ad accogliere anche detenuti di un certo spessore ma non è nelle condizioni di poter compiere questo passo, né di accogliere così tanti detenuti. Le nuove celle, seppur in linea con gli standard delle migliori carceri internazionali, lamentano alcune deficienze che ne mettono a rischio la sicurezza. Mancano le telecamere, non tutti i bagni sono dotati di spioncini e, nel caso dovesse andare in tilt la centrale operativa, si costringerebbe il personale di polizia ad effettuare controlli su di un muro a cielo aperto, con qualsiasi condizione metereologica. Il problema maggiore peraltro riguarda la cronica carenza di personale, visto che a Trani, nel giro di pochi anni, potremmo registrare un'utenza carceraria di circa 800 detenuti, soprattutto se verranno posti in essere i lavori di ristrutturazione di un'altra ala. Ad oggi, nella struttura, mancano circa 60 agenti di polizia penitenziaria. Per questo motivo chiedo l'istituzione di un tavolo di confronto al provveditorato regionale della Puglia invocando il rientro in sede a Trani di tutta la polizia penitenziaria distaccata da tempo presso altre strutture oltre che l'arrivo in città di un nuovo commissario di reparto. Le nostre richieste sono condivise dalla direzione locale, un motivo in più per proseguire nella nostra battaglia» -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare affinché venga posto rimedio, nel più breve tempo possibile, alle disfunzioni e alle carenze denunciate dal vice segretario dell'Osapp, dottor Mimmo Mastrulli.
(4-10541)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, Antonino Montalto, 22enne, recluso a Prato, si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella il pomeriggio del 20 gennaio 2011;
ne ha dato notizia Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari, che ha commentato: «Chi ha competenze politiche e amministrative, potrà anche continuare a perpetrare un ostinato, quanto offensivo, silenzio e negare risposte a chi, come noi, pone senza indugio e foglie di fico la questione penitenziaria in termini crudi e nudi, ma non potrà sottrarsi, prima o poi, dall'affrontare la tragica realtà delle morti in cella»;
nei primi 20 giorni dell'anno salgono cosi a 5 i suicidi in carcere e a 6 il totale dei detenuti morti -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative

o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Prato e quanti quelli previsti in pianta organica;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-10542)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il 20 gennaio 2011 Salvatore Camelia, trentanovenne, si è suicidato in carcere, a Caltagirone, impiccandosi, con un lenzuolo, alla grata della finestra della sua cella. Inutili i primi soccorsi degli agenti dell'istituto penitenziario e i successivi interventi di rianimazione dell'uomo, il cui corpo è giunto privo di vita all'ospedale «Gravina» di Caltagirone;
secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri di Mineo, che avevano eseguito il provvedimento restrittivo, l'uomo aveva aggredito e ferito la sua compagna con un coltello. Dopo l'arresto, Camelia era stato accompagnato nel carcere calatino. L'accusato sarebbe stato interrogato dalla competente autorità giudiziaria, che gli avrebbe contestato i reati di tentato omicidio e lesioni -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Caltagirone e quanti quelli previsti in pianta organica;
se non si intenda immediatamente assumere le necessarie iniziative per stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di afflizione ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società.
(4-10543)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Tribuna di Treviso del 19 gennaio 2011 è stato pubblicato un articolo intitolato: «Così mi hanno picchiato in carcere. In aula il racconto di un detenuto rumeno arrestato per stupro. L'uomo ha accusato tre agenti di polizia penitenziaria di averlo pestato»;
il rumeno Lucian Elwis Andricsak, 28 anni, ha accusato in un'aula di giustizia tre agenti di polizia penitenziaria del carcere di Santa Bona di averlo picchiato tra il 12 e il 13 ottobre 2007, dopo che l'uomo era stato arrestato per aver violentato una brasiliana a Spresiano (condannato a 5 anni). I tre - Pasquale T., Gaspare C. e Maurizio V. - sono ora a processo con l'accusa di abuso d'ufficio;
nel corso della sua deposizione il rumeno ha raccontato quanto segue: «Mi hanno picchiato di brutto il giorno dopo il mio arrivo in carcere. Sono venuti tre

volte in un giorno, mi hanno colpito alla schiena con calci e pugni. E sono tornati anche il giorno dopo. Mi hanno picchiato a mani nude, più volte: quando il giudice mi ha interrogato gli ho detto che ero stato picchiato. Ho avuto dolori per un anno dopo l'accaduto. Non capivo niente di quello che mi dicevano» -:
se sulla vicenda sia stata avviata un'indagine amministrativa interna e, in caso affermativo, quali ne siano stati gli esiti.
(4-10546)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il 19 gennaio 2011 un detenuto egiziano di 66 anni, Mahmoud Tawfic, proveniente dalla libertà vigilata e tornato in carcere da due mesi, si è suicidato nel carcere di Sulmona;
il detenuto era affetto da tempo da una forte depressione che aveva minato il suo equilibrio psichico. Ad agosto aveva ottenuto la libertà dopo aver finito di scontare la sua pena. Ma la lunga detenzione gli aveva procurato forti contraccolpi a livello psichico. Uscito dal carcere, ha cercato di rifarsi una vita trasferendosi a Roma ma nella capitale si sarebbe macchiato di nuovi reati tanto che nel mese di dicembre 2010 è tornato nel carcere di Sulmona, questa volta da internato. Infatti, proprio in seguito al comportamento assunto una volta uscito dal carcere, il giudice lo ha ritenuto socialmente pericoloso, condannandolo all'ulteriore pena della casa di lavoro;
nei primi 20 giorni dell'anno salgono cosi a 5 i suicidi in carcere e a 6 il totale dei detenuti morti -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere di Sulmona e quanti quelli previsti in pianta organica;
quanti internati siano impegnati in attività lavorative, quali i lavori svolti e quale sia lo stanziamento destinato alle mercedi in un anno;
più in generale cosa intenda fare affinché le case lavoro siano effettivamente tali con occupazioni che aiutino gli internati a superare il loro stato di «pericolosità sociale»;
se non ritenga di dover assumere iniziative volte a rivedere la normativa, risalente al codice Rocco del 1930, varato nel corso del ventennio fascista, riguardante le misure di sicurezza personali.
(4-10548)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con precedente interrogazione n. 4-05789, presentata nella seduta del 20 gennaio 2010, si è chiesto di sapere quali iniziative il Ministro della giustizia intenda adottare allo scopo di valutare, con riferimento al lungo periodo di custodia cautelare in carcere patito dal signor Giancarlo Benedetti, la sussistenza dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare a carico dei magistrati investiti del relativo procedimento penale; nonché se la direzione degli istituti di pena all'interno dei quali il signor Benedetti è stato rinchiuso abbiano garantito al detenuto la presenza costante di un adeguato supporto psicoterapeutico come richiesto dalle sue precarie condizioni di

salute, ed inoltre quali iniziative di rispettiva competenza il Ministro della giustizia ed il Ministro della salute intendessero adottare affinché al detenuto Giancarlo Benedetti fosse garantito il rispetto dei diritti inviolabili, in primis quello alla salute;
nonostante i solleciti del 9 febbraio 2010; del 4 marzo 2010; del 22 marzo 2010; del 12 aprile 2010; 12 ottobre 2010 e del 1o dicembre 2010, al predetto atto di sindacato ispettivo non è stata data ancora alcuna risposta;
nel frattempo lo stato di salute del signor Giancarlo Benedetti è andato lentamente peggiorando, atteso quanto accertato con apposita perizia medico-legale redatta in data 8 maggio 2010 dal professor dottor Maurizio Marasco, specialista in neurologia e in psichiatra, il quale nella conclusione della sua Relazione clinica ha rilevato (tra l'altro) quanto segue: «[...] A tutt'oggi, dopo oltre 40 giorni, il Benedetti non è stato ancora visitato dallo psichiatra del carcere, nonostante in data 14 gennaio 2010 il medico del reparto ove è alloggiato il predetto detenuto abbia richiesto la consulenza psichiatrica [...]»; «[...] Si rammenta, come rilevato nelle precedenti relazioni cliniche dello scorso anno e di qualche giorno fa, che si tratta di un soggetto con alto tasso di familiarità per le forme bipolari, patologia psichiatrica che si è presentata prevalentemente in forma depressiva e che funestamente ha colpito la madre del paziente, suicidatasi, ed altri familiari del Benedetti; il quale, dal canto suo, pur non avendo mai manifestato episodi acuti di depressione o di disturbo bipolare, sin dall'adolescenza soffre di disturbo da attacchi di panico, disturbo d'ansia che in realtà viene considerato un equivalente dei disturbi depressivi e non a caso richiede un trattamento farmacologico con farmaci anti-ansia, appoggiati a farmaci antidepressivi [...]»; «[...] In questo caso non si comprende la ragione per la quale, pur essendo stata richiesta la visita psichiatrica, il Benedetti a tutt'oggi non è stato posto a visita specialistica con il rischio che il disturbo da attacchi di panico che ormai si è cronicizzato si aggravi slatentizzando quella condizione depressiva che è latente ed insita nei geni del soggetto [...]»; «[...] Dunque, al fine di prevenire l'aggravamento della patologia di cui soffre attualmente il Benedetti, di prevenire in particolare il rischio che il suo disturbo da attacchi di panico si trasformi in una condizione depressiva franca, è indispensabile che il soggetto venga immediatamente sottoposto ad un trattamento farmacologico con farmaci antidepressivi e che venga anche sostenuto da una psicoterapia di supporto qualificata, oltre che sostenuto dal costante ed assiduo appoggio dei referenti affettivi. È dunque indispensabile avviare un programma multidisciplinare che non è realizzabile in ambiente penitenziario, non solo perché il supporto psicoterapeutico non è realizzabile nel circuito penitenziario ove la presenza dello psicologo è appena sufficiente ad osservare i nuovi giunti per un colloquio di primo ingresso e dove l'elevato numero di detenuti non consente allo psicologo la frequenza, la costanza e l'assiduità del supporto psicoterapeutico necessaria, ma anche in relazione al fatto che al supporto psicoterapeutico va affiancato il sostegno dei referenti affettivi, senza considerare il fatto che un paziente con la patologia di cui soffre il soggetto va assiduamente seguito anche dallo psichiatra, cosa che nello specifico non si sta verificando, considerato che la visita psichiatrica richiesta il 14 gennaio 2010, non è stata ancora eseguita ed anche se lo fosse a breve, comunque dovrebbe essere ripetuta a cadenza settimanale, il che, considerato che nel carcere di Rebibbia nuovo complesso sono operativi due psichiatri che devono fronteggiare una popolazione di oltre 1000 detenuti, appare utopistico. Per le sovraesposte ragioni ritengo, secondo scienza e coscienza, che il Benedetti presenti condizioni di salute psicofisica incompatibili con la persistenza del regime detentivo in carcere»;
contrariamente alle indicazioni contenute nelle relazioni cliniche del professor Marasco, il signor Giancarlo Benedetti, durante la sua permanenza negli istituti di

pena di Regina Coeli, di Velletri e di Rebibbia nuovo complesso, non ha usufruito né di un adeguato supporto psicoterapeutico, né di un adeguato trattamento farmacologico;
nel corso del lungo periodo di custodia cautelare in carcere, al detenuto non sono mai stati concessi gli arresti domiciliari, pur essendo lo stesso persona incensurata e, quindi, sebbene difficilmente potesse essere ravvisato nel caso concreto il pericolo di reiterazione del reato e/o di fuga e né, tanto meno, il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che i fatti di cui era accusato il signor Benedetti erano abbastanza risalenti nel tempo;
in data 11 novembre 2010, dopo 15 mesi trascorsi in carcere in custodia cautelare, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, dottor Riccardo Amoroso, assolveva il signor Giancarlo Benedetti, nel caso di specie difeso e assistito dall'avvocato Renato Borzone, perché «il fatto non sussiste»;
peraltro, sempre con riferimento alla carcerazione preventiva dal medesimo sofferta, consta agli interroganti che il signor Giancarlo Benedetti abbia preannunciato l'intenzione di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo al fine di chiedere la condanna dello Stato italiano per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali -:
se, anche alla luce della recente sentenza di assoluzione pronunciata in data 11 novembre 2010, il Ministro non ritenga opportuno valutare la sussistenza nella vicenda processuale illustrata in premessa dei presupposti per un'eventuale promozione di un'azione disciplinare nei confronti dei magistrati che sono stati investiti nel corso del tempo della questione relativa allo status detentionis del signor Benedetti, respingendo di volta in volta le richieste della difesa volte ad una sostituzione della misura cautelare carceraria;
se nel corso della sua detenzione il signor Giancarlo Benedetti sia stato sottoposto a visita psichiatrica così come dallo stesso richiesto dopo il 14 gennaio 2010;
se il detenuto abbia usufruito di un adeguato supporto psicoterapeutico e farmacologico nel corso della sua reclusione all'interno degli istituti di pena di Velletri e di Rebibbia nuovo complesso;
se, più in generale, al detenuto in questione sia stato garantito il rispetto dei suoi diritti inviolabili, a partire da quello alla salute.
(4-10552)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un comunicato stampa del 17 gennaio 2011, l'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, alla luce delle recenti rivolte scoppiate in Tunisia, invita l'amministrazione penitenziaria a fornire tutti i mezzi necessari affinché i detenuti di nazionalità tunisina possano mettersi in contatto fin da subito con le famiglie di appartenenza, sia che si trovino dentro, sia che si trovino fuori dell'Italia;
ed invero su 67.973 mila reclusi presenti nelle carceri italiane, ben 3.122 sono di nazionalità tunisina, sicché sarebbe opportuno e necessario che l'amministrazione penitenziaria consentisse loro di entrare immediatamente in contatto con i propri parenti attraverso gli strumenti diplomatici nonché, anche in deroga all'ordinamento penitenziario, consentendo agli stessi di telefonare al proprio Paese di origine -:
se il Ministro interrogato intenda attivarsi al fine di consentire alle persone recluse di nazionalità tunisina di mettersi in contatto con i propri parenti attraverso gli strumenti diplomatici e/o per consentire agli stessi, anche in deroga a quanto previsto dalle norme dell'ordinamento penitenziario, di telefonare al proprio Paese di origine.
(4-10558)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si apprende dall'articolo, pubblicato sulla cronaca romana del quotidiano La Repubblica di domenica 12 dicembre 2010 e dal titolo «Riaprite la biblioteca degli ex detenuti» che la biblioteca del Casale di Ponte di Nona, progettata e realizzata dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, ha chiuso il 19 novembre 2010 i servizi al pubblico; motivo della chiusura della biblioteca del Casale di Ponte di Nona è la mancanza di disponibilità economiche sia per gli stipendi degli operatori (tra cui vi sono anche detenuti ed ex detenuti) sia per il pagamento dei servizi delle utenze;
negli anni 2004-2005, l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha utilizzato una parte di due piccoli finanziamenti ottenuti dalla regione Lazio per iniziare ad allestire e organizzare una vera e propria biblioteca in una zona periferica del Municipio VIII di Roma;
l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha, poi, raccolto migliaia di libri da cittadini provenienti da ogni parte della città di Roma, e ha pagato corsi di formazione che hanno permesso ad un gruppo di detenuti ed ex detenuti di imparare le basi della catalogazione con il sistema Sebina SBN, quello maggiormente utilizzato nei più importanti sistemi bibliotecari del Paese;
nel settembre del 2005 il comune di Roma ha assegnato all'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus un piccolo casale nel nuovo quartiere periferico denominato Nuova Ponte di Nona, come sede degli uffici dell'associazione e al fine di svolgervi iniziative di carattere socio-culturale rivolte prevalentemente alle fasce socialmente disagiate e in particolare agli ex detenuti e ai detenuti in misura alternativa;
nel giugno del 2006 l'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus ha inaugurato e aperto al pubblico, utilizzando i locali del piano terra del proprio casale, una vera e propria biblioteca, ossia la biblioteca del Casale di Ponte di Nona;
date le sue caratteristiche professionali, la biblioteca del Casale di Ponte di Nona è stata inserita nel polo bibliotecario della Sapienza di Roma;
grazie ai suoi 7.200 volumi e alla lunga serie di attività culturali e ludiche promosse dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, la biblioteca del Casale di Ponte di Nona è stata, sino al giorno della sua chiusura, un prezioso luogo di aggregazione e di condivisione per tutti gli abitanti della zona, in particolar modo per i bambini;
l'attuale presidente della regione Lazio, Renata Polverini, il 17 aprile 2010, durante uno spettacolo della tradizione romanesca organizzato dall'Associazione Papillon, ha avuto modo di visitare la biblioteca e di apprezzare il lavoro socio-culturale svolto a Nuova Ponte di Nona dall'associazione Papillon - Rebibbia;
il 25 giugno 2010, il presidente Renata Polverini, durante l'inaugurazione della casa dello studente situata nel quartiere, ha inoltre confermato pubblicamente la sua volontà di sostenere lo sviluppo socio-culturale di Nuova Ponte di Nona, affermando che: «Questo quartiere, composto per lo più di giovani, ha certo bisogno di strade, ferrovie e servizi, ma ha anche bisogno di strutture dove usufruire gratuitamente della Cultura e dove poter socializzare»;
il 18 gennaio 2010, il consiglio dell'VIII municipio (Torbellamonaca) ha approvato all'unanimità una mozione bipartisan che chiede alle istituzioni competenti di intervenire per sostenere economicamente la biblioteca del Casale Ponte di Nona, dato che quest'ultima è stata considerata un centro di valorizzazione socio-culturale dell'estrema periferia dell'VIII Municipio -:
se a fronte dei menzionati fatti, e di un'apposita domanda dell'associazione

non s'intenda aprire un'istruttoria per valutare in modo concreto se sussistano le condizioni affinché la Cassa delle ammende finanzi il centro di promozione socio-culturale organizzato dall'associazione culturale Papillon - Rebibbia Onlus, che ha come elemento centrale la biblioteca del Casale di Ponte di Nona e che offre quotidianamente un servizio socio-culturale per tanti cittadini, costituendo al tempo stesso un posto di lavoro e di reinserimento sociale per detenuti ed ex detenuti.
(4-10559)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2011 il Tar ha annullato la gara che affidava alla ditta Carena di Genova i lavori per il completamento del tratto della Perugia-Ancona tra Valfabbrica e Casacastalda;
tale decisione rischia di bloccare per lungo tempo la realizzazione di un tratto cruciale dell'arteria Perugia-Ancona, la più importante opera infrastrutturale umbra degli ultimi anni;
tutte le istituzioni umbre hanno espresso grande preoccupazione per l'inevitabile ritardo che tale sentenza produrrà nel completamento dell'opera e sono intenzionate a chiedere l'intervento delle massime autorità dello Stato -:
se non ritenga di assumere un'iniziativa volta a risolvere la situazione, anche chiedendo all'ANAS di ricercare un accordo fra le due ditte in contenzioso, che eviti un ulteriore ricorso di carattere giudiziario.
(5-04086)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che a Giulio Cavalli sia stato comunicata la scelta dell'Ucis di Roma di revocargli la scorta: egli, consigliere regionale lombardo ed attore impegnato in spettacoli di teatro civile antimafia, è sotto protezione dal 2008, a causa delle innumerevoli intimidazione mafiose subite;
in segno di protesta e di coerenza, il presidente dell'associazione «Sos racket e usura» ha scritto al prefetto di Milano chiedendo che anche la sua scorta venga revocata, a fronte della sua condizione, meno rischiosa rispetto a quella di Giulio Cavalli, che ne risulta privato;
l'impegno civile di Cavalli è aumentato e si è fatto ancora più incisivo da quando siede nel consiglio regionale, ove ha avuto modo di toccare i fili delle infiltrazioni mafiose nel milanese e gli interessi della 'ndrangheta nei lavori dell'Expo;
appare del tutto immotivata, ad avviso dell'interrogante, la scelta della revoca della protezione a fronte dell'aumento del suo impegno per la legalità e contro la criminalità organizzata, che ora svolge anche al livello politico, denunciandone le nefandezze dai banchi del consiglio regionale;
la diminuzione della tutela e della protezione nei confronti di Giulio Cavalli, in questo momento, offre, ad avviso dell'interrogante, un messaggio negativo da parte dello Stato a tutta la società e, oltre a porre a rischio la vita stessa di Cavalli,

rischia di apparire ambiguo nei confronti del crimine organizzato -:
quali motivi abbiano portato alla decisione di revoca della scorta indicata e se non si intenda rivederla.
(2-00936)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Favia, Palomba».

Interrogazione a risposta orale:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un comunicato del 28 agosto 2010, diffuso alle agenzie di stampa dal Coisp, (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia), dal titolo «Il Governo delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Disabilitate le chiamate all'estero dai centralini delle prefetture e questure. Uffici stranieri in tilt», si apprende che presso alcune questure sarebbe stata disabilitata la possibilità di effettuare chiamate telefoniche verso le numerazioni degli Stati esteri e che ciò avrebbe causato problemi agli uffici immigrazione per l'impossibilità di contattare le ambasciate interessate, nonché agli uffici della polizia stradale impossibilitati a contattare le varie ditte di trasporti estere che quotidianamente vengono interessate da verbali con fermo di veicoli pesanti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, quali siano i motivi di tale scelta e quali immediate azioni intenderà adottare per ripristinare il regolare svolgimento del servizio.
(3-01415)

Interrogazione a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sabato 15 gennaio 2011, a Luino, comune in provincia di Varese, si è tenuto un convegno organizzato dal movimento «Patria Nostra» presso Palazzo Verbania, edificio storico e situato sul lungo lago a pochi passi dal centro cittadino;
per l'occasione il centro cittadino è stato tappezzato di inquietanti manifesti con inequivocabili richiami fascisti, raffiguranti, cioè, giovani rasati a braccio teso, croci celtiche e martelletto etrusco, firmati «i camerati» e intitolati «Acca Larentia»;
la legge Mancino 25 giugno 1993, n. 205, vieta l'ostentazione di simboli fascisti o che a esso facciano esplicito riferimento;
com'è noto, «Acca Larentia» fu la strage che si consumò il 7 gennaio 1978, nella quale morirono tre giovani militanti del Movimento sociale italiano, uccisi in un agguato teso da estremisti di sinistra;
il 15 gennaio 2011, a seguito di successive polemiche a mezzo stampa sul quotidiano locale on-line VareseNews, i responsabili del Movimento, nello specifico il segretario nazionale e il vice segretario nazionale, hanno smentito, non solo il richiamo al fascismo, ma anche lo scopo commemorativo di quell'evento, dichiarando che il convegno mirava esclusivamente a «presentare le linee politiche 2011». Contestualmente, negavano ogni addebito relativo alle affissioni di tali manifesti, avvenute, secondo quanto da loro rilasciato alla stampa, «all'insaputa degli organizzatori»;
in contraddizione con quanto suddetto, nel luogo dell'incontro era presente un gazebo corredato dei manifesti in questione, che difficilmente poteva passare inosservato agli organizzatori;
da un comunicato del 16 gennaio 2011 riportato dal quotidiano on-line VareseNews si apprende che al convegno hanno partecipato il consigliere comunale, Vittorio Sarchi, l'addetta stampa del comune di Luino, Simona Fontana -:
se il Ministro interrogato sia al corrente degli avvenimenti sopra esposti e

quali misure intenda porre in essere per evitare il ripetersi di gravi episodi di propaganda di idee e simboli fascisti.
(4-10566)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

BARBIERI, APREA e GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 21 gennaio 2011 il quotidiano Il Resto del Carlino, a pagina 18 della cronaca di Bondeno e alto Ferrarese, pubblicava un articolo dal titolo «Non vogliamo i politici a scuola» nel quale si rappresentava il come e il perché il consiglio d'istituto del Carducci di Bondeno, abbia bocciato la proposta fatta dagli studenti di organizzare per il 31 gennaio 2011 un faccia a faccia sulla riforma Gelmini nel medesimo istituto scolastico, tra i parlamentari Giancarlo Mazzuca del PdL e Maria Teresa Bertuzzi del PD;
nel verbale del consiglio di istituto del Carducci di Bondeno, secondo quanto riporta il quotidiano sopra citato, si afferma che poiché «sono saltate tutte le gite scolastiche per la protesta degli insegnanti contro la riforma Gelmini, il rappresentante degli studenti ha proposto di invitare politici di diversi schieramenti durante l'assemblea d'istituto per intervenire sul tema della riforma» a tale proposta la risposta del consiglio, avallata dal dirigente scolastico, professoressa Licia Piva, è stata testualmente: «Siamo in disaccordo con proposte che abbiano a che fare con la politica all'interno della scuola poiché vi sono rischi di strumentalizzazioni. Meglio chiamare dei tecnici, esperti della riforma». Questa affermazione del consiglio d'istituto, oltre ad essere, ad avviso degli interroganti, pretestuosa perché tesa a ledere i princìpi di libertà e di espressione contenuti nella nostra Carta costituzionale, appare ancor più grave alla luce del fatto che mentre da un lato gli insegnanti adottano forme di protesta contro la riforma Gelmini facendo saltare i programmi scolastici e comprimendo i diritti degli studenti, dall'altro se questi chiedono un confronto bipartisan per fare chiarezza sulla medesima riforma questo gli viene inspiegabilmente negato benché l'impostazione del dibattito presentata dagli stessi studenti al consiglio d'istituto garantisse pari rappresentanza ad entrambi gli schieramenti;
sull'affermazione «Meglio chiamare dei tecnici, esperti della riforma» poi il consiglio di istituto del Carducci ha ignorato il fatto che gli studenti avessero invitato il deputato Giancarlo Mazzuca che della Commissione cultura della Camera ne è un componente e che nella stessa Commissione ha lungamente ed approfonditamente esaminato la cosiddetta riforma Gelmini assieme a tutti i suoi colleghi di ogni schieramento;
questa vicenda che ha dell'assurdo, per un Paese democraticamente evoluto come l'Italia e che per di più è avvenuta in una regione come l'Emilia Romagna che vanta una fortissima e radicata tradizione democratica e di massimo rispetto dei diritti civili e della libertà di espressione costituzionalmente garantita, purtroppo ed incredibilmente è vera e, svilisce, sempre ad avviso degli interroganti, il ruolo dei parlamentari nella loro funzione di istituzione costituzionale della Repubblica, benché la richiesta della loro presenza fosse stata fatta direttamente dagli studenti;
il consiglio d'istituto del Carducci, infatti, negando il confronto tra studenti e parlamentari ha di fatto negato il ruolo di istituzione costituzionale dei rappresentanti del popolo eletti al Parlamento e, conseguentemente, la loro funzione primaria di rappresentanza e collegamento tra i cittadini, il Parlamento stesso nella sua interezza e le altre istituzioni dello Stato;
la vicenda rappresentata rischia, inoltre, di configurare un pericoloso precedente

dove l'autorità della decisione, si sostituisce d'imperio all'autorevolezza comprimendo ad avviso degli interroganti così i diritti del singolo e generando il disinteresse dei giovani, in questo caso verso la politica ma più in generale verso ogni forma di dialogo democratico e civile che affronti le problematiche del Paese e sia quindi utile al formarsi della libera coscienza civica di ogni cittadino. Aspetto quest'ultimo che gli stessi studenti di Bondeno hanno ricordato ai dirigenti scolastici replicando che «così s'incoraggia il disinteresse dei giovani verso la politica» -:
quali siano le iniziative urgenti che il Ministro interrogato intenda assumere al fine di verificare da un lato le effettive motivazioni che hanno indotto il consiglio d'istituto del Carducci di Bondeno a negare l'assenso ai civile dibattito chiesto dagli studenti per confrontarsi sulla cosiddetta riforma Gelmini e dall'altro garantire che agli studenti, così come già è per ogni cittadino italiano, siano pienamente garantiti i diritti costituzionali.
(5-04088)

Interrogazione a risposta scritta:

DE POLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel Contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l'anno scolastico 2010/2011, all'articolo 7, paragrafo VII, si dice testualmente: «il personale chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali a norma della legge 3 agosto 1999, n. 265 e del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, durante l'esercizio del mandato, ha titolo, nell'ambito della fase dei trasferimenti intercomunali, alla precedenza nel trasferimento, purché venga espressa come prima preferenza la sede dove espleta il proprio mandato amministrativo»;
inoltre, si evidenzia che, all'articolo 7, comma 2, punto VII (personale che ricopre cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali): non sono inseriti nella graduatoria d'istituto per l'identificazione dei perdenti posto da trasferire d'ufficio, a meno che la contrazione di organico non sia tale da rendere strettamente necessario il loro coinvolgimento (ad esempio soppressione della scuola...); in tal senso il docente, consigliere comunale o provinciale eletto, non entrerebbe a far parte della graduatoria che l'istituto annualmente redige valutando per i candidati l'anzianità di servizio, i titoli, le specializzazioni, la continuità di insegnamento all'interno dell'istituto, e altro;
i docenti che, per effetto della riforma Gelmini, andrebbero a 0 ore rischiano così di essere trasferiti a prescindere dalla valutazione dei titoli -:
se si ritenga necessario riconsiderare tale disposizione del contratto collettivo per evitare che gli eletti nei consigli comunali e provinciali non abbiano una corsia preferenziale che li favorisca nelle graduatorie.
(4-10565)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
le politiche perseguite dal legislatore in questi ultimi dieci anni in tema di tutela della maternità, hanno avuto come obiettivo la creazione di un sistema che soddisfacesse le esigenze di organizzazione della vita quotidiana. La valorizzazione delle politiche sociali costituisce uno dei fattori primari nelle strategie di promozione della qualità di vita e dello sviluppo di un Paese;
uno dei tasselli chiave di tale processo riorganizzativo è costituito dalla legge n. 53 del 2000 «Disposizioni per il

sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città» che, dettando «disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità», si propone come fine ultimo quello di armonizzare i tempi di cura, di formazione e di relazione (tempi delle città) tra genitori e figli introducendo una maggiore condivisione dei compiti all'interno del nucleo familiare. Occuparsi dei propri figli quando sono piccoli è sì un dovere ma prima di tutto un diritto;
la tutela della famiglia si è sviluppata, negli anni, attraverso anche la previsione di un insieme di garanzie e tutele idonee a salvaguardare la funzione della donna all'interno della famiglia. Non va, infatti, dimenticato che tale importantissimo ruolo è garantito dalla stessa Costituzione che all'articolo 37, oltre a sancire la parità normativa e retributiva tra lavoratori e lavoratrici, assicura alla donna condizioni di lavoro che consentono «l'adempimento della sua essenziale funzione familiare», nonché una speciale e adeguata protezione della madre e del bambino;
la tutela della maternità e dell'infanzia, insieme al principio di uguaglianza tra i due sessi, rappresentano, quindi, nel nostro ordinamento giuridico, valori primari;
l'istituto del congedo parentale, introdotto dalla legge n. 53 del 2000 che riconosce sia ai padri che alle madri il diritto di assentarsi dal lavoro per la cura dei propri figli, è una grande conquista sociale: la cura dei figli smette di essere prerogativa delle sole madri dal punto di vista legislativo e coinvolge anche i padri garantendogli uguali diritti e tutele -:
se il Ministro sia a conoscenza dei dati relativi all'applicazione della legge n. 53 del 2000 ed in particolare:
a) quelli relativi all'applicazione dell'articolo 4 «Congedi per eventi e cause particolari»;
b) quelli relativi all'applicazione dell'articolo 7 «Anticipazione del trattamento di fine rapporto»;
c) quelli relativi all'applicazione dell'articolo 8 «Prolungamento dell'età pensionabile»;
d) quelli relativi all'articolo 9 «Misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro» e se ritenga opportuno in un ottica di rilancio delle politiche per la famiglia individuare i fondi necessari per rifinanziare tale articolo al fine di poter approvare dei progetti che consentano alle lavoratrici e ai lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile in entrata o in uscita, sui turni e su sedi diverse, orario concentrato;
e) quelli relativi all'articolo 12 «Flessibilità dell'astensione obbligatoria»;
f) quelli relativi all'articolo 19 «Permessi per l'assistenza a portatori di handicap» e all'articolo 20 «Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap».
(2-00937)
«Livia Turco, Miotto, Lenzi, Murer, Sarubbi, Bucchino».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI, MARCO CARRA e MATTESINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Inail ha indetto un bando che prevede per l'anno 2010 uno stanziamento di 60 milioni di euro, ripartiti in budget regionali, per incentivare le imprese a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. L'incentivo è costituito da un contributo in conto capitale nella misura dal 50 per cento al 75 per cento dei costi del progetto. Il contributo è compreso tra un minimo di 5.000 euro ed un massimo di 100.000 euro. Destinatari sono

le imprese, anche individuali, iscritte alla camera di commercio industria, artigianato ed agricoltura;
a partire dal 10 dicembre 2010, sul sito www.inail.it le imprese hanno potuto, attraverso la semplice compilazione di campi obbligati, verificare la possibilità di presentare la domanda di contributo. Per la presentazione reale della domanda bisognava aspettare l'apertura dello sportello telematico, a partire dalle ore 14,00 del 12 gennaio 2011;
numerosissime aziende, a partire dalle ore 14.00 del suddetto giorno, hanno provato ad accedere al portale dell'Inail per inoltrare la loro domanda. Invece, non solo si è verificata l'inaccessibilità del portale Inail (computer bloccati, collegamenti saltati un attimo prima del fatidico momento, e altri) ma le risorse sono andate esaurite in una manciata di minuti;
numerose sono state anche le denunce e i ricorsi degli imprenditori e delle associazioni di categoria che hanno chiesto all'Inail di avviare un'indagine interna e di definire modalità di accesso ai bandi meno casuali;
le aziende, soprattutto in un momento di grave crisi come quello che stanno attraversando, hanno difficoltà concrete dell'accesso al credito e pertanto hanno diritto di accedere a finanziamenti statali in modo chiaro e trasparente e non attraverso meccanismi telematici che assomigliano più ad una lotteria a premi;
già in passato alcuni imprenditori avevano dovuto subire la beffa del credito d'imposta per gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo. Anche in quell'occasione il meccanismo del «click day» aveva scatenato una protesta da parte delle associazioni di categoria e la presentazione di un'interrogazione in Parlamento; la commissione tributaria di Pescara aveva poi accolto il ricorso presentato da oltre 1.500 aziende. In quell'occasione era stato chiesto al Governo di rivedere al più presto un meccanismo che premia non le aziende migliori, ma quelle in grado di accedere più velocemente ai servizi telematici;
nel caso specifico del bando Inail, i finanziamenti andrebbero assegnati sulla base di una valutazione da parte di organismi competenti della qualità dei progetti predisposti e dell'effettiva ricaduta che essi avranno in termini di prevenzione, incentivando le procedure di sicurezza semplificate e gestite per conto delle piccole aziende artigiane che non hanno la struttura in grado di seguire in modo autonomo la complessità degli adempimenti in materia -:
se non reputino doveroso acquisire ogni informazione utile al fine di capire cosa sia realmente successo; in particolare, se ritengano di disporre la pubblicazione dell'elenco dei contribuenti ammessi al beneficio e di quelli esclusi, con l'indicazione dell'ora di presentazione delle domande e dell'importo prenotato a credito, dettagliato per anno di riferimento;
se ritengano di stabilire criteri, modalità e tempistiche per la ridistribuzione delle risorse prenotate dai richiedenti che hanno avuto accesso al beneficio e che non ne fruiranno per rinuncia volontaria - totale o parziale - e/o per mancanza di requisiti oggettivi;
se ritengano di provvedere allo stanziamento delle ulteriori risorse necessarie all'erogazione del benefico ai contribuenti esclusi, in particolare a coloro che sono stati penalizzati dalle modalità introdotte in via retroattiva;
se ritengano, alla luce di quanto occorso, di adottare iniziative per modificare per il futuro le modalità previste per l'erogazione del predetto beneficio per gli investimenti sulla sicurezza ripristinando il meccanismo automatico di incentivazione ed eliminando il tetto finanziario e gli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
(5-04087)

Interrogazioni a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'azienda giapponese Yamaha, nell'ambito di un riassetto mondiale del gruppo, che prevede la chiusura di 7 siti produttivi, ha deciso di fermare per sempre la linea di produzione nei capannoni di Lesmo (Monza-Brianza), dove viene realizzato il motoveicolo modello «Tenerè»;
il 28 ottobre 2009 i vertici di Yamaha Italia hanno comunicato alle maestranze impiegate nello stabilimento di Gerno di Lesmo (Monza-Brianza), senza concordare le modalità di divulgazione con i sindacati, la volontà di licenziare 66 dipendenti, tra cui due dirigenti nonché la chiusura dell'intero reparto produzione, attuando la procedura di licenziamento collettivo per i 19 dipendenti del settore commerciale e per i 47 operai della linea produttiva;
il 24 novembre 2009, la stampa locale ha diffuso la notizia della rottura del tavolo di trattativa e concertazione tra azienda e sindacati, ospitato nella sede dell'Unione Industriali di Monza e Brianza, e la volontà espressa dalla Yamaha di non ricorrere alla cassa integrazione straordinaria proposta dalle sigle sindacali come alternativa al licenziamento di 66 dipendenti dello stabilimento di Gerno di Lesmo, ma di voler proseguire sulla propria strada fino alla fatidica data dell'8 gennaio 2011, quando l'intera produzione brianzola sarà trasferita in Spagna e gli operai licenziati;
a seguito del fallimento della trattativa, il 15 dicembre 2009, quattro operai della Yamaha di Lesmo decidono di protestare platealmente occupando il tetto dello stabilimento Brianzolo, per chiedere la cassa integrazione straordinaria;
il 7 gennaio 2010 viene firmato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un accordo tra Yamaha Motor Italia e sindacati con cui l'azienda si impegna a riconoscere la cassa integrazione straordinaria agli operai in esubero;
di recente i lavoratori cassintegrati, che dal 13 dicembre 2010, dopo la definitiva chiusura delle trattative del 10 dicembre 2010 presidiano i cancelli di via Tinelli, hanno chiesto all'azienda di ricevere un incentivo economico attingendolo dal fondo di 7.140.000 euro previsto nel bilancio 2009 della casa motoristica nipponica e accantonati per far fronte agli esuberi;
l'azienda, con nota ufficiale inviata ai sindacati, ha risposto annunciando di aver presentato «la domanda per il rinnovo del secondo anno di CIGS per trenta lavoratori del settore industria - alcuni dei quali tra l'altro impiegati come lavoratori socialmente utili presso il Tribunale di Monza - mentre entrano in mobilità undici impiegati del settore commercio, come previsto nell'accordo stipulato con le rappresentanze sindacali il 7 gennaio 2010». Il comunicato della casa nipponica, inoltre, precisa: «... il bilancio 2009 è stato redatto secondo corretti principi contabili, ma nonostante ciò si finge di non aver ricevuto tali spiegazioni al fine di alimentare ulteriori richieste ... Yamaha Motor Italia ha ottemperato pienamente ai suoi impegni stabiliti nell'ambito dell'accordo, andando anzi oltre a quanto concordato. Le nostre energie e i nostri sforzi sono oggi rivolti al futuro e concentrati nel fronteggiare il periodo economico negativo» -:
se il Ministro interrogato sia al corrente sugli ultimi sviluppi della vicenda che colpisce i lavoratori dello stabilimento Yamaha di Lesmo;
se e quali iniziative intenda predisporre per lenire il disagio patito dai lavoratori cassa integrati;
se non ritenga opportuno indire, come nel gennaio 2010, un nuovo tavolo di trattativa tra azienda e sindacati, alla luce delle risorse di cui l'azienda dispone, per arrivare a un accordo economico che

possa alleviare le sofferenze delle famiglie colpite da licenziamenti.
(4-10539)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come ha riportato l'agenzia di informazioni «AGI» il 22 gennaio 2011 si è verificato un grave incidente sul lavoro all'interno di un deposito di materiale edile a Misilmeri, in provincia di Palermo, nel corso del quale è deceduto il signor Paolo Pellegrino -:
di quali elementi disponga il Ministro in merito alla dinamica dell'incidente;
se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10547)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per le pari opportunità, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
nella risoluzione n. 6-00052 approvata quasi unanimemente dalla Camera dei deputati il 12 gennaio 2010, il Governo si impegna «a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi sia direttamente dalle autorità di governo sia attraverso un tacito assenso e l'impunità dei violenti» e anche «a richiedere in ambito internazionale di concerto con i partner dell'Unione europea la rimozione delle limitazioni dei diritti umani, ed in particolare della libertà religiosa, in quei paesi dove vige la sharia, rafforzando il dialogo già esistente tra Unione europea e Stati islamici»;
tra i casi citati nella suddetta risoluzione compare quello della signora Asia Bibi, contadina e madre di famiglia, cittadina pachistana di religione cristiana, che è in carcere dal 2009 ed è stata condannata a morte per impiccagione da un tribunale del Punjab su denuncia di un imam con l'accusa di blasfemia, avendo essa difeso, secondo testimonianze concordi, la sua fede;
con una decisione che l'interrogante giudica di grande sensibilità è stata esposta a Roma sulla facciata di Galleria Colonna, palazzo di pertinenza della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'immagine della signora Sakineh Mohammadi Ashtiani, cittadina iraniana condannata a morte per lapidazione e impiccagione, a sostegno della quale la Camera si era espressa concordemente con la mozione n. 1-00450 e successivamente, cedendo alle pressioni dell'opinione pubblica e alle proteste dei Governi, la pena della signora Sakineh, pur nell'incertezza delle ultime notizie, è stata commutata nella reclusione per dieci anni -:
se non ritengano opportuno, applicando la medesima sensibilità dimostrata nel caso della donna iraniana, esporre l'immagine di Asia Bibi fino all'auspicata risoluzione positiva del suo caso, nel frattempo segnalando alle autorità pachistane questa iniziativa umanitaria -:
se il Governo sia a conoscenza di notizie certe circa la sospensione effettiva di entrambe le condanne a morte della signora Sakineh;

alla luce della legge sulla blasfemia vigente in Pakistan quali passi abbia fatto o intenda compiere presso il legittimo Governo di Islamabad, ricordando anche che in questo momento il Ministro per le minoranze religiose, ospite del Parlamento italiano nel mese di settembre 2010; il cristiano Shabaz Bhatti, che ha criticato spesso la legge sulla blasfemia, ha dichiarato (fonte: Asianews) di aver ricevuto «costantemente durante il caso di Asia Bibi minacce di morte» e di essere diventato «il bersaglio più alto» dei possibili assassini dopo l'omicidio di Salman Taseer, il governatore musulmano del Punjab freddato mortalmente da un fanatico per aver difeso Asia Bibi e preso posizione contro la legge sulla blasfemia.
(2-00938)
«Renato Farina, Angelucci, Lorenzin, Calabria, Mussolini, Pianetta, Centemero, Scalera, Aprea, Pili, Vella, Iannarilli, Nirenstein, Ceccacci Rubino, Iapicca, Saltamartini, Corsaro, Boniver, Corsini».

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge Finanziaria per il 2007 «al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio anti-incendio negli aeroporti» (articolo 1, comma 1328) aveva introdotto a carico dei passeggeri «un incremento di 50 centesimi» dell'addizionale sui diritti di imbarco (68 milioni per il 2007 e 66,9 milioni per il 2008) e «un apposito fondo, alimentato dalle società aeroportuali in proporzione al traffico generato» nel corso dell'anno, fino alla concorrenza di «30 milioni di euro annui»;
la disposizione della legge Finanziaria per il 2007 è stata successivamente modificata dall'articolo 4, comma 3-bis del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, aggiunto dalla legge di conversione, prevedendo che le risorse del fondo anti-incendi «sono utilizzate, a decorrere dal 1o gennaio 2009, per il 40 per cento al fine dell'attuazione di patti per il soccorso pubblico da stipulare, di anno in anno, tra il Governo e le organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per assicurare il miglioramento della qualità del servizio di soccorso prestato dal personale del medesimo Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e per il 60 per cento al fine di assicurare la valorizzazione di una più efficace attività di soccorso pubblico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevedendo particolari emolumenti da destinare all'istituzione di una speciale indennità operativa per il servizio di soccorso tecnico urgente espletato all'esterno»;
l'articolo 4 del citato decreto n. 185 del 2008 ha altresì disposto che «Le modalità di utilizzo delle risorse di cui al comma 3-bis sono stabilite nell'ambito dei procedimenti negoziali di cui agli articoli 37 e 83 del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217», recante ordinamento del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco;
la modifica del 2009, ha alterato la natura del fondo, destinando le somme del fondo alla copertura dei costi generali del corpo dei vigili del fuoco, ossia a finalità totalmente estranee da quelle inizialmente individuate, che riguardano il rinnovo del contratto nazionale per i 32 mila pompieri impegnati sul territorio nazionale, di cui solo 720 unità vengono impiegate per il servizio di sicurezza anti-incendio negli scali aeroportuali italiani;
tredici delle società di gestione aeroportuale, che in questo modo si sono trovate a finanziare il lavoro di tutti i vigili del fuoco e non solo quello degli addetti al

servizio negli scali aeroportuali, il 9 dicembre 2009 hanno presentato ricorso alla commissione tributaria provinciale di Roma, chiedendo di sospendere definitivamente la procedura di conferimento obbligatorio delle quote al fondo anti-incendi;
la commissione tributaria, di recente, ha accolto il ricorso;
dopo tre lunghi anni, ad ottobre 2010, è stato rinnovato il contratto di lavoro del corpo nazionale dei vigili del fuoco, relativo al biennio 2008/2009;
il contratto rinnovato, che contiene disposizioni esclusivamente economiche e definisce l'utilizzo di risorse finanziarie lorde pari a circa 109,9 milioni, di cui ben 30 derivanti dal fondo anti-incendi, a cui sono quindi vincolate e che la commissione tributaria ha bloccato;
i nuovi accordi contrattuali rischiano così di essere depauperati di quasi il 28 per cento delle risorse economiche totali, destinate in particolare a coprire il «patto per il soccorso» e l'«indennità dei servizi esterni» da corrispondersi al personale inserito nel dispositivo di soccorso -:
quali informazioni e documenti intendano fornire in relazione al provvedimento della commissione tributaria di Roma e se il Governo intenda assicurare, con risorse aggiuntive, la copertura del contratto di lavoro rinnovato del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, relativo al biennio 2008/2009.
(4-10527)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una pillola blu nata dalla miscela di due farmaci è riuscita a ridurre del 44 per cento i casi di infezione da Aids in un campione di popolazione maschile ad alto rischio di contagio. Il farmaco si chiama Truvada e, secondo i risultati dei test, la sua assunzione quotidiana diminuisce drasticamente i rischi di infezione da Hiv di oltre il 70 per cento fra gli uomini che ne hanno fatto un uso regolare per due anni. Secondo gli autori della ricerca, è la prima volta che si riesce a dimostrare che il rischio di contagio del virus può essere ridotto attraverso un farmaco preventivo. L'annuncio della scoperta è stato dato sul New England Journal of Medicine. Il test è stato condotto da un team internazionale di scienziati in varie parti del mondo su un campione complessivo di circa 2.500 gay, transgender e maschi bisessuali. Il Truvada è il frutto della «combinazione» di due altre molecole della Gilead Sciences Inc, tenofovir e l'emtricitabina, già usati nel trattamento delle infezioni da Hiv;
lo studio numero 1 , chiamato iPrEx, ha preso in considerazione un campione molto ampio. Gli scienziati della University of California di San Francisco hanno infatti condotto per due anni - dal luglio 2007 al dicembre 2009 - una sperimentazione su 2.500 uomini (bisessuali e omosessuali) provenienti da sei Paesi: Stati Uniti, Sud Africa, Brasile, Thailandia, Ecuador e Perù. «I risultati - spiega Anthony S. Fauci, capo della divisione del National Institutes of Health, che ha finanziato lo studio insieme con la Bill and Melinda Gates Foundation - fanno ben sperare, soprattutto perché il farmaco in questione funziona, non ha mostrato resistenza ed è già in commercio». I ricercatori temevano che assumere il Truvada desse un falso senso di sicurezza e che, per questo, rendesse gli uomini meno propensi a usare il preservativo con i propri partner. In realtà è successo il contrario: non solo il farmaco ha funzionato, ma ha anche ridotto i rapporti a rischio. Lo studio avverte, però, che il livello di protezione varia notevolmente a seconda dell'aderenza alla terapia. In altre parole, più gli uomini rispettavano le dosi prescritte dai ricercatori, tanto più aumentava l'efficacia della molecola. Chi usava correttamente il prodotto, rispettando la terapia

nel 90 per cento dei casi, vedeva ridursi il rischio di Hiv nel 73 per cento dei casi; in quelli che avevano un'aderenza inferiore al 90 per cento, il rischio è diminuito, ma solo del 21 per cento;
secondo i ricercatori, questo tipo di protezione, chiamata Prep (Pre-Exposure Propfiylaxis), potrebbe essere utile soprattutto per quegli uomini che, non usano altri tipi di schermi al contagio; per quelli che sono a rischio di violenze sessuali, come può accadere a detenuti; per chi perde le inibizioni perché sotto gli effetti dell'alcol. Il tenofovir, uno dei due princìpi attivi del Truvada, aveva già mostrato di funzionare come «barriera» contro l'Aids. Alla conferenza internazionale di Vienna sull'Aids, del mese di luglio 2010, gli esperti avevano mostrato che grazie alla combinazione con un gel, il farmaco antiretrovirale dava una copertura al virus nel 39 per cento dei casi, una percentuale che salirebbe al 54 per cento con la massima aderenza alla terapia. I risultati, si leggeva nello studio pubblicato su Science, parlavano chiaro: il gel battericida riduce del 50 per cento la percentuale delle infezioni dopo un anno di utilizzo, del 39 per cento dopo due anni e mezzo. «Il Truvada - dicono ora ricercatori di San Francisco - ha una marcia in più rispetto al gel microbicida: è già disponibile e prescrivibile in molti paesi, mentre il gel c'è, ma in piccole quantità ed è utilizzabile solo per le sperimentazioni cliniche». Il test non è concluso. I 2.499 uomini coinvolti nella sperimentazione continueranno ad assumere il Truvada e ad essere controllati. In questo modo sarà possibile controllare la resistenza al farmaco e verificare l'eventuale presenza di effetti collaterali nel lungo termine. Finora, come conseguenza fastidiosa si è registrato solo il mal di testa;
in merito al Truvada, il «Center for disease control and prevention» ha pubblicato le linee guida provvisorie per gli operatori sanitari: a) il Prep ha dimostrato di ridurre l'infezione da Hiv tra gli uomini che hanno relazioni sessuali con altri uomini. Non ci sono dati in relazione alla sua efficacia tra gli eterosessuali o consumatori di droghe iniettabili; b) il farmaco sperimentato è il Truvada che è già in commercio. Tuttavia i pazienti devono sapere che la prevenzione rispetto all'Hiv non è attualmente indicata fra gli usi sull'etichetta del farmaco; c) il Prep deve essere utilizzato solo tra individui che sono Hiv-negativi. Prima di sottoporsi alla terapia è necessario fare il test; d) il Prep non dovrebbe mai essere visto come la prima difesa contro l'Hiv. Anche perché non protegge dalle altre malattie sessualmente trasmissibili; e) ricordare le regole basilari di prevenzione per gli uomini che hanno rapporti a rischio con altri uomini; f) il farmaco ha dimostrato di essere efficace solo se si rispetta il regime giornaliero; g) il Prep deve essere assunto sotto controllo medico -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di favorire le condizioni necessarie alla sperimentazione, in alcuni centri di ricerca, del farmaco Truvada nei confronti di soggetti a rischio contagio Hiv.
(4-10521)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
«Una svolta epocale per la lotta al tumore del polmone». Così l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) ha commentato l'esito dello studio Cosmos sui grandi fumatori, realizzato a Milano, che conferma i dati del National cancer institute (Nei) negli Usa, secondo i quali la diagnosi precoce con tac spirale nei soggetti a rischio permette di ridurre del 20 per cento il tasso di mortalità di questo tumore. Umberto Veronesi, nel dare l'annuncio, ha aggiunto che i risultati dello Ieo sono persino molto più incoraggianti di quelli del Nci, perché prefigurano una riduzione della mortalità fino al 50 per cento. La ragione di tale diversità, ha spiegato l'oncologo, sta nel fatto che lo studio americano dal 2002 ha riguardato 53 mila fumatori accaniti sottoposti a tre tac spirale annuali. Era stato uno studio randomizzato, con gruppo di controllo,

conclusosi anzitempo per motivi etici, visto che metà del campione non beneficiava della sperimentazione;
per questo lo studio Cosmos è stato condotto senza un gruppo di controllo, esaminando alla tac spirale tutti i soggetti arruolati (in totale 6.200 forti fumatori) e senza limitarsi a sole tre tac, ma continuando a seguirli annualmente. Alla fine, allo Ieo sono state eseguite 40 mila tac che hanno portato a diagnosticare 297 carcinomi polmonari, nel 75 per cento dei casi allo stadio iniziale, e quindi molto più facilmente curabili. «Grazie allo studio Cosmos - ha concluso Umberto Veronesi - il cancro del polmone, da 30 anni big killer inchiodato a una sopravvivenza del 15 per cento potrà avere una diagnosi precoce con la Tac spirale, come il tumore della mammella con la mammografia, quello al collo dell'utero col pap test. E sappiamo bene che se individuato a uno stadio di pochi millimetri, è guaribile»;
senza diagnosi precoce - ha spiegato a sua volta Massimo Bellomi, coordinatore insieme a Giulia Veronesi dello studio Cosmos - ancor oggi più del 70 per cento dei tumori del polmone viene scoperto quando la malattia è già in fase avanzata, spesso inoperabile e con una percentuale di guarigione non superiore al 15 per cento. La diagnosi precoce con Tac spirale ha ribaltato questa percentuale: più dell'80 per cento dei pazienti può essere operato con un intervento conservativo, lobectomia invece che l'asportazione dell'intero polmone, e con una percentuale di sopravvivenza del 70 per cento dopo 5-10 anni di controlli». «La nostra proposta - ha detto Veronesi - sarà quella di considerare per il futuro questo screening per la popolazione a rischio, al pari di quello già attivato per il cancro al seno. Stiamo meditando come formularla, ma certamente faremo questa richiesta». Secondo il team dello Ieo, se si cominciasse domani a fare la tac spirale a basso dosaggio a tutti i forti fumatori, si potrebbero salvare 6.500 vite all'anno -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di inserire la pratica di diagnosi precoce denominata «studio Cosmos» all'interno dei protocolli previsti dal Sistema sanitario nazionale.
(4-10522)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di informazioni Italia, in un suo dispaccio da Cagliari del 15 gennaio 2011, ha dato notizia della morte di un militare della Brigata Sassari di 28 anni, il meccanico carrista di Quartu Sant'Elena Alessandro Bellisai;
il militare, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa è deceduto all'ospedale oncologico di Cagliari, stroncato in pochi mesi da un tumore scoperto l'anno scorso al rientro da una missione in Afghanistan;
risulta inoltre che Bellisai abbia prestato servizio anche nella base di Capo Teulada, nel Sulcis, e nel poligono interforze del Salto di Quirra, l'estesa area militare fra le province di Cagliari e Ogliastra dove una recente relazione preliminare di veterinari delle Asl di Cagliari e Lanusei ha rilevato un abnorme numero di casi di leucemie fra i pastori delle campagne circostanti e di animali nati con malformazioni -:
se non ritengano di doversi attivare, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, perché sia fatta chiarezza, come peraltro chiedono i familiari del militare deceduto, sulle cause della malattia che ha ucciso il giovane, una rara forma di tumore emolinfatico;
se sul corpo di Bellisai sia stata disposta l'autopsia, e quali esiti abbia dato;
se non si ritenga di dover disporre esami e controlli sanitari tra i commilitoni di Bellisai, sia tra coloro che hanno prestato servizio nel poligono interforze del

Salto di Quirra che tra coloro che sono partiti in missione di pace in Afghanistan, e gli esiti di tali esami e controlli.
(4-10525)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di informazioni «Adnkronos Salute», in un suo dispaccio del 15 gennaio 2011 riprendeva quanto pubblicato nell'edizione palermitana del quotidiano La Repubblica, a proposito del caso di una donna, ultrasessantenne rimasta per ben tre giorni e tre notti su una sedia del pronto soccorso;
la paziente, colta da crisi ipertensiva ha potuto sdraiarsi su una lettiga dell'ospedale civico, solo dopo 72 ore; secondo il racconto fornita dall'interessata, la donna è stata «mezza giornata in piedi con la flebo attaccata al braccio. Poi ho trovato una sedia che è diventato il mio giaciglio per tre notti» -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
se situazioni di questo genere che pregiudicano in maniera evidente i livelli essenziali di assistenza possano dipendere dal ridimensionamento dei servizi sanitari connesso all'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario.
(4-10526)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso sul quotidiano Il fatto quotidiano del 5 ottobre 2010, si apprende che in Italia sono stati «ottantamila i morti o ammalati per trasfusioni di sangue infetto negli ultimi 30 anni. Di questi solo 409 sono le vittime accertate e appena 700 quelli che hanno ottenuto un risarcimento. Mentre altre cinquemila persone che attendono i soldi dallo Stato molto probabilmente non vedranno un euro a causa della prescrizione» del reato;
l'articolo 33 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevedeva uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007 per le transazioni da stipulare con soggetti danneggiati e che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 361, autorizzava una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere 2008, per le suddette transazioni da stipulare con soggetti danneggiati da trasfusione di sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti;
la medesima legge, al successivo comma 362, prevedeva l'adozione di un decreto del Ministro della salute in cui fossero fissati, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, i criteri in base ai quali venissero definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 361;
nel gennaio 2008 la sentenza 581 della Corte di cassazione sezioni unite civili, pur stabilendo in cinque anni il termine per cui il reato viene estinto, imputa senza mezzi termini al Ministero della salute la responsabilità diretta per «omessa tracciabilità del sangue»;
il reato viene trasformato, prima dal Gup di Trento nel 2002, Giorgio Flaim, e poi nel 2007 dal Gip di Napoli, Maria V. De Simone, da «omessa vigilanza della sangue» in «epidemia colposa», rimodulata sotto la dicitura «omicidio colposo plurimo aggravato», per il quale reato la prescrizione va da 5 a 15 anni, restituendo di fatto il diritto di risarcimento alle vittime;
in data 28 aprile 2009 è stato emanato, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il decreto ministeriale n. 132, che determina i criteri per la stipula delle transazioni con soggetti

danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni che siano ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso;
a seguito della circolare ministeriale 20 ottobre 2009, n. 28, sono state presentate oltre settemila domande di adesione alla procedura transattiva proposta dal Ministero della salute da parte dei cittadini cui sono stati riconosciuti danni da trasfusioni infette o da vaccinazione obbligatoria;
detta circolare prevedeva che la presentazione delle domande dovesse compiersi entro 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 22 ottobre 2009. Pertanto il termine è ampiamente trascorso;
vista la complessità dell'operazione, come comunicato dallo stesso Ministro interrogato, si prevede che la data della stipula dei primi atti transattivi è stata prevista a partire dal mese di dicembre 2010 -:
se il Ministro interrogato abbia rispettato la data della stipula per le prime transazioni, definendo anche i tempi previsti per concludere tutti gli accordi e liquidare gli aventi diritto;
per coloro che rischiano l'esclusione per prescrizione del reato, se non ritenga doveroso emanare in tempi brevi un decreto che consenta il riconoscimento del giusto risarcimento, rifinanziando l'apposito fondo, nel rispetto del diritto costituzionale alla tutela della salute, senza discriminazione per alcuno e nel pieno adempimento del proprio compito istituzionale.
(4-10528)

JANNONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno circa 2 miliardi di euro vengono spesi per cercare di debellare la cosiddetta «infezione ospedaliera», un'insidiosa malattia del sistema sanitario, che viene contratta dal paziente in ospedale. Si tratta di una nuova patologia, composta da ceppi batterici aggressivi e resistenti che vengono appena scalfiti dai normali antibiotici. Simili infezioni interessano tutte le strutture, pubbliche e private, senza risparmiare i punti di eccellenza: la media nazionale italiana è dell'8,7 per cento (poco meno di un paziente su 10) contro il 7,7 per cento della media europea. E la forbice dell'incidenza per questo genere di malasanità varia, in Italia, dal 5 per cento al Nord al 17 per cento al Sud. Tra gli episodi più recenti, si può citare la vicenda di Antonella Mansueto, 22 anni, morta all'inizio di ottobre 2010 dopo un mese e mezzo di agonia, per aver contratto un'infezione all'ospedale di Putignano (Bari), dove era stata ricoverata per l'asportazione di una cisti; oltre a lei, Carmelo Finocchiaro, 33 anni camionista, originario di Taormina, deceduto alla fine di settembre all'ospedale Cannizzaro (Catania) in seguito ad uno shock settico; diciassette medici di due ospedali, quello di Catania e quello di Castrovillari (Cosenza), sono indagati per omicidio colposo. L'uomo era stato ricoverato in agosto dopo un incidente stradale: poi un principio di cancrena, un secondo ricovero, l'amputazione del braccio ed il coma;
simili casi, la cui sequela raggelante; sarebbe lunghissima e in continuo aggiornamento, non risparmiano neppure le regioni settentrionali: il 2 ottobre, per esempio, Loredana Mainetti, 59 anni, muore all'ospedale Maggiore di Bologna per una setticemia contratta dopo un'endoscopia per l'asportazione di un polipo duodenale (una dozzina i medici indagati). Il numero dei pazienti infettati, soltanto nel 2009, è stimato tra 500 e 750 mila, con una correlata mole di decessi che oscilla tra i 4.500 e i 7.500, più degli incidenti stradali. E le ricadute economiche sono enormi: le infezioni ospedaliere comportano complessivamente oltre 3,7 milioni di giornate aggiuntive di ricovero all'anno (dati 2009), il cui costo è di circa 1,9 miliardi di euro. Un ricovero semplice costa 600-700 euro al giorno, che diventano circa 2.000 euro nel caso di una degenza in terapia intensiva, spesso necessaria. «Le leggi per contrastare

le infezioni ospedaliere ci sono da una ventina d'anni e sono buone, ma non vengono applicate in maniera sistematica e vengono il più delle volte lasciate ad iniziative personali lodevoli ma inefficaci», spiega Luigi Toma, infettivologo dell'istituto nazionale tumori Regina Elena e dell'istituto dermatologico San Gallicano, nonché consulente dell'ospedale Sant'Eugenio e del Cto. Rimane spesso sulla carta l'obbligo ministeriale di istituire sul territorio appositi comitati infezioni ospedaliere. «Occorre una svolta», dice Toma. «I direttori generali degli ospedali dovrebbero essere valutati anche per la capacità di contrastare le infezioni ospedaliere con adeguate iniziative di tipo strumentale e culturale. Se alcune di queste infezioni sono difficilmente prevenibili, un buon 30 per cento si può decisamente evitare con una corretta azione di prevenzione»;
il risparmio economico sarebbe considerevole; una rilevante questione connessa è poi l'uso degli antibiotici. «L'Agenzia italiana del farmaco ha divulgato lo scorso 18 novembre, giornata europea degli antibiotici, un dato significativo: 413 milioni di euro è l'eccesso di spesa, del tutto evitabile, causato dai consumi non appropriati di antibiotici prescritti con superficialità e spesso assecondando la cosiddetta medicina difensiva, che ha a sua volta aumentato ulteriormente le spese». L'esito nocivo è in tal caso l'antibiotico-resistenza: ovvero i pazienti non rispondono più alle terapie perché i germi imparano a resistere a quei farmaci. Secondo la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), le infezioni si sviluppano maggiormente nell'apparato urinario (26 per cento e in quello respiratorio (le polmoniti sono il 25 per cento). Ci sono poi quelle del sangue (18 per cento) e della ferita chirurgica (16 pr cento). E particolarmente vulnerabili sono le sale operatorie, le unità di terapia intensiva, i reparti di oncologia, di ematologia, di geriatria, o comunque, dove si trovano pazienti immunodepressi. Teoricamente il personale sanitario è ampiamente istruito sulle normali misure di profilassi: lavarsi spesso le mani e asciugarle con carta, usare con ogni accorgimento guanti e mascherina, evitare con cura di uscire dagli ambienti di degenza con il camice e gli zoccoli. Ma queste regole, specie nei centri più grandi e affollati, vengono spesso disattese. E tuttavia il problema più strutturale è quello della collaborazione e manutenzione degli ambienti più esposti, che spesso, più degli scorretti comportamenti individuali, è la vera causa della presenza dei batteri. «Nelle strutture - spiega Toma - in cui non c'è un reparto di infettivologia o comunque manca un consulente infettivologo, la sorveglianza epidemiologica e l'appropriatezza prescrittiva degli antibiotici sono inadeguate. Bisogna puntare l'attenzione sulle infezioni ospedaliere anche quando non producono effetti mediaticamente eclatanti. Ed è necessario che di questa materia vengano a rispondere i direttori generali degli ospedali, responsabilizzandoli sempre di più. Del resto, la procurata infezione ospedaliera è un reato, come ha affermato il procuratore aggiunto di Torino, Guariniello, e come ben sanno gli avvocati che intentano azioni giudiziarie di richieste risarcitorie con sempre maggior frequenza» -:
quali iniziative di correttezza il Ministro intenda adottare al fine di promuovere controlli più severi e restrittivi sulle infezioni ospedaliere, che possono essere contratte anche a seguito di operazioni chirurgiche elementari e basilari.
(4-10545)

JANNONE. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le aziende farmaceutiche italiane si trovano in fondo alla classifica europea stilata in base alla redditività; se non esportassero quote crescenti dei loro prodotti i loro risultati sarebbero ancora peggiori: nel 2009 il 54 per cento dei ricavi proveniva dall'export; per il 2010 si prevede che la media salirà fra il 56 per cento e il 57 per cento. Purtroppo sembra che quello che sta frenando il comparto sia la

forbice esistente fra tempi di pagamento più lunghi da parte del settore pubblico e prezzi più bassi sul mercato interno rispetto alla concorrenza internazionale, che sta creando una seria crisi all'intero settore. Sono questi, in estrema sintesi, i risultati di uno studio condotto da Prometeia per conto di Farmindustria su circa 900 bilanci della Unione europea a 15 nel periodo compreso fra il 2002 e il 2008;
ad essere colpiti da questa situazione sono tutte le imprese farmaceutiche con sedi in Italia, dalle maggiori proprietà nazionali, alle imprese minori senza escludere le sedi locali delle grandi multinazionali. Non è un caso, infatti, se già un paio di anni fa alcuni gruppi rilevanti nel settore farmaceutica hanno chiuso le proprie sedi italiane. Per dare un congruo giudizio occorre confrontare la situazione europea con quella italiana. Nel 2008 l'Europa a 15 aveva un ROI (Return on investment, cioè l'indice di redditività del capitale investito) del 7,2 per cento pari a 8 decimi di punto in meno rispetto ai primi anni 2000. In Italia, però, la situazione risultava ben più pesante. Il ROI delle aziende farmaceutiche italiane, infatti, è calato dal 7,1 per cento del 2002 al 5,9 per cento del 2008 con una diminuzione del 17 per cento contro il 10 per cento della Unione europea a 15. «Le differenze negative per l'Italia», recita la ricerca di Prometeia, «sono peraltro amplificate in termini di redditività complessiva ROE (Return on common equity, l'indice che misura la redditività del capitale proprio) per effetto della maggiore pressione fiscale nel nostro paese». In Italia, infatti, l'incidenza media delle imposte sull'utile lordo nel corso del periodo 2002-2008 è stata del 48,2 per cento contro il 33,3 per cento del campione riferito alla Unione europea a 15;
secondo il presidente di Farmindustria, Sergio Dompè, lo studio di Prometeia conferma le difficoltà in cui si dibatte l'industria italiana del settore. Dompè sottolinea la perdita di competitività e poi ne spiega le cause: «Da una parte, oltre a subire ritardi nei pagamenti di 250-300 giorni da parte del settore pubblico, vendiamo i nostri prodotti a prezzi sensibilmente più bassi della media europea. Ogni 10 euro di farmaci venduti al pubblico le aziende europee ne incassano in media 8, noi appena 6». Fra i risultati di questa situazione c'è il pericolo che «le aziende non abbiano risorse sufficienti», dice sempre Dompè, «per sostenere gli investimenti indispensabili alla competizione sui mercati globali». Il rischio è quello della delocalizzazione: un fenomeno che non riguarda solo i grandi gruppi. A questo proposito Dompè cita l'esempio di una piccola azienda che si sta preparando alla quotazione e che ha scelto di basare a Zurigo i propri laboratori di ricerca;
Alessandra Benedini, responsabile analisi dei settori industriali di Prometeia, afferma: «Purtroppo il problema è nel sistema Paese. Lo conferma il fatto che stia calando progressivamente la redditività delle nostre migliori imprese farmaceutiche il cui ROI è divenuto il più basso fra quelli dei paesi analizzati». Ma non basta. Come osserva sempre Benedini anche a causa di questo fenomeno in Italia si «è ulteriormente ridotta la variabilità della redditività media». Insomma, non solo le aziende italiane più competitive rischiano di perdere l'aggancio con la concorrenza del resto del vecchio continente. Ma si sta chiudendo anche la «forbice» fra i migliori e i peggiori ratificando così che il problema va cercato, appunto all'interno dei nostri confini. Il rapporto di Prometeia offre parecchi spunti per capire in che modo si sta riducendo la competitività della farmaceutica made in Italy, a cominciare dal calo dei prezzi sul mercato interno, che fra il 2001 e il 2010 è stato del 26 per cento a fronte di un'inflazione del 20 per cento;
un altro elemento riguarda i tempi di pagamento del settore pubblico giudicati i più lunghi d'Europa. A questo proposito occorre sottolineare come l'esposizione finanziaria legata ai tempi di pagamento dei clienti fra il 2002 e il 2008 sia stata per le nostre aziende farmaceutiche pari al 26,4

per cento del valore della produzione contro il 19 per cento della Unione europea a 15 e il 7,5 per cento della Germania. È dunque in questa cornice che Dompè esprime da una parte la propria ammirazione per le «eccellenze italiane in campo scientifico in settori come l'oncologia, la neurologia e le malattie rare solo per citarne alcuni». E quindi segnala come in alcune regioni quali la Lombardia «tutto il settore è all'avanguardia a livello internazionale» -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di garantire al settore farmaceutico italiano una maggiore competitività a livello internazionale, nonché un insieme di strutture e di personale di alta eccellenza e qualità.
(4-10556)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come hanno riferito agenzie di stampa e notiziari radio-televisivi, presso il reparto di terapia intensiva dell'ospedale San Giuseppe di Empoli è deceduto il signor Matteo Di Stefano, 67 anni, infermiere in pensione di Castelfiorentino, morto dopo 12 giorni di agonia a seguito di un'operazione per togliere i calcoli;
i famigliari del signor Di Stefano hanno presentato una formale denuncia per chiedere un accertamento delle cause che hanno portato al decesso dell'uomo, definito dai congiunti «sanissimo, in ottima salute»;
secondo quanto spiegato dai figli del signor Di Stefano, il padre è stato sottoposto, il 10 gennaio 2011, ad un intervento di colecistectomia laparscopica per rimuovere i calcoli della colecisti;
l'operazione è durata circa 40 minuti, ma dopo tre ore l'uomo ha iniziato ad accusare dolori forti, ed è stato operato nuovamente la notte del 12 gennaio; a quel punto i medici hanno comunicato che nel corso del primo intervento era avvenuta una perforazione dell'ansa ileale, la quale ha provocato uno choc settico; l'anziano è stato mantenuto in coma farmacologico ed è deceduto il 22 gennaio 2011 -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per fare piena luce sulla vicenda.
(4-10560)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano il Gazzettino nella sua edizione del 22 gennaio 2011 ha pubblicato un articolo del giornalista Renzo Favaretto, significativamente intitolato: «Scorzé, autoparco, l'amianto resta»;
in particolare, si denuncia come siano trascorsi ormai 15 mesi da quando sono stati bloccati i lavori al locale autoparco nei pressi di Rio S. Martino, e messa sotto sequestro tutta l'area;
il 3 novembre del 2009 il sindaco di Scorzé ha emesso un'ordinanza di chiusura del cantiere per inquinamento d'amianto sui 50 mila metri quadri dove è previsto il progetto dell'autoparco;
all'intervento della magistratura e all'ordinanza del sindaco, nel marzo del 2010 ha fatto seguito il ricorso al TAR della ditta che opera nel cantiere, del progettista e dei proprietari dell'area; si tratta di un ricorso che non incide sulla vera questione del problema su cui è in corso un procedimento giudiziario e amministrativo, ma solo l'aspetto formale dell'ordinanza;
già lo scorso anno, dopo una conferenza dei servizi con la ULSS, l'ARPAV e l'amministrazione comunale, si stava concretizzando l'ipotesi di una bonifica totale dell'area, come del resto auspicato dal sindaco, con l'asporto del materiale inquinato cosparso per pavimentare l'area, circa 26 mila metri cubi;

come sia, dal 2009 si staglia uno spettrale scheletro di cemento attorniato da un acquitrino che preoccupa gli abitanti delle zone limitrofe per il deflusso delle acque;
la soluzione prospettata sarebbe quella di ripulire e asportare totalmente il materiale inquinato e restituire l'intera zona bonificata;
l'area al momento appare una sorta di discarica, che pregiudica e squalifica le zone adiacenti, peraltro adibite a coltivazione del pregiato radicchio rosso;
andrebbe chiarito per quale motivo una situazione simile si protragga da ben 15 mesi e per responsabilità di chi -:
di quali elementi disponga al riguardo e quali urgenti iniziative di competenza si intendano sollecitare o adottare perché la situazione sopra denunciata sia risolta.
(4-10562)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo una ricerca Ibm, nei prossimi cinque anni, le identità saranno sempre più digitali, la tecnologia personale perderà il valore di «accessorio» e si innesterà sulle nostre esistenze. Fornirà nuovi servizi agli individui, ma anche energia alle città, recuperata da quella che oggi si utilizza male. Lo studio che racconta tutto questo si chiama «next five in five» ed è basato su trend sociali e di mercato, tenendo conto delle potenzialità delle tecnologie emergenti. L'obiettivo è capire come potrà cambiare il nostro vivere quotidiano, tra nuove risorse e possibilità che verranno fornite dagli smartphone, fino ad arrivare alla sostenibilità di un futuro sempre più connesso e bisognoso di energia;
l'ottimizzazione delle fonti energetiche mobili sarà un aspetto prioritario nei prossimi cinque anni, per soddisfare le richieste di gadget e telefoni sempre più potenti fino a quelle dei veicoli elettrici. Secondo lo studio Ibm, le batterie presenti nei dispositivi elettronici saranno più piccole e più leggere, e allo stesso tempo dieci volte più potenti di quanto non siano oggi. Anche il concetto di «ricarica» come lo si intende oggi subirà un'evoluzione e probabilmente si potrà rifornire la batteria del computer portatile o del cellulare senza «metterlo in carica», ma utilizzando sistemi di nuova concezione, tra cui il recupero dell'energia in tutte le sue forme. La ricerca scientifica sta mettendo a punto tecnologie di rigenerazione che rivoluzioneranno le batterie di tutti i dispositivi, dalle macchine elettriche ai piccoli elettrodomestici. La ricerca di Ibm punta a ridurre il fabbisogno energetico dei dispositivi elettronici: con il tempo si potrà essere in grado di fare a meno delle batterie in alcuni dispositivi come i telefoni cellulari o i lettori digitali. Questi apparecchi potrebbero infatti essere caricati semplicemente attraverso la tecnica con cui si ricaricano da tempo alcuni orologi da polso: con il movimento del braccio. Lo stesso concetto potrebbe essere utilizzato per ricaricare i telefoni cellulari, per esempio: basterebbe agitare e comporre il numero;
chiunque avrà un telefonino avrà anche un sensore di movimento sempre con sé e sempre acceso. Nei prossimi cinque anni, i sensori presenti negli smartphone, nelle automobili, negli oggetti personali, sommati agli indicatori di «status» dei social network, potranno essere utilizzati per raccogliere dati in tempo reale dello stato dell'ambiente. Il cittadino comune diventerà un «agente di ricerca», che assieme a milioni di altri produrrà enormi volumi di dati utili per analizzare lo stato dell'ambiente. Secondo Ibm, i computer saranno in grado di individuare

movimenti sismici, per rendere più semplici gli interventi mirati a salvare vite umane. La stessa azienda americana dispone di tecnologie capaci di analizzare eventi naturali e fenomeni geologici e tsunami. Nel futuro prossimo, si potranno misurare e analizzare perfettamente le zone interessate dagli eventi per fornire aiuto in maniera ottimale. Le innovazioni dei prossimi cinque anni consentiranno ai computer e ai «data centre» di provvedere alla gestione termica delle zone urbane, riscaldando e raffreddando gli edifici a seconda delle necessità e contribuendo al raggiungimento del fabbisogno energetico nei picchi di temperatura. Secondo «next five in five» oggi oltre il 50 per cento dell'energia consumata da un «data centre» viene impiegata per il raffreddamento e gran parte si disperde a contatto con l'atmosfera. Le tecniche di raffreddamento ad acqua attualmente in sviluppo consentiranno di riutilizzare le risorse per regolare le temperature degli edifici;
le tecnologie di navigazione satellitare evolveranno al punto da prevedere quale sarà il percorso migliore per chi si mette in macchina, fino a definire suggerimenti personalizzati al metro e al minuto, incrociando i flussi di informazione sul traffico e la circolazione. Questo in attesa di automobili in grado di guidarsi da sole, rispettando limiti di velocità, divieti e distanze di sicurezza. A parcheggiarsi in autonomia sono già capaci adesso, ma nel prossimo futuro le macchine saranno davvero molto più «auto» di adesso. Oltre alle innovazioni importanti ma quasi invisibili, non mancheranno novità più scenografiche, ma utilissime. Grazie al progresso della tecnologia 3d, presto si potrà interagire con la nostra rete di contatti attraverso degli ologrammi, proiettati in tempo reale dal telefonino. Dopo cinema e tv, la terza dimensione sta infatti per arrivare negli smartphone, nelle fotocamere e nelle videocamere. Tutti oggetti che a breve saranno non solo in grado di riprodurre immagini in 3d ma anche di catturarle. Per fornire una dimensione virtuale in più alle comunicazioni tra individui, che potrà di fatto supplire quasi completamente all'assenza fisica di una persona in un determinato luogo. Le possibili applicazioni di questa tecnologia sono notevoli, dalle attività quotidiane più banali a quelle più complesse -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché siano incentivate équipe di ricerca che, tramite scambi internazionali di lavoro, possano supportare le attività di ricerca finalizzate al deposito di nuovi brevetti in Italia, con particolare riguardo per le applicazioni necessarie allo sviluppo delle tecnologie indicate dallo studio Ibm «next five in five».
(4-10524)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Lombardia viene molto spesso soprannominata «la locomotiva d'Italia», a causa dei suoi 310.952 miliardi di euro di prodotto interno lordo, un quinto della ricchezza nazionale. Nonostante il periodo critico passato in questi ultimi anni di crisi economica globale, la Lombardia si sta preparando ad essere una delle prime regioni europee. I numeri dell'ultimo anno sono tutt'altro che rosei, ma, secondo le stime, il 2010 si chiuderà con una leggera ripresa. A prezzi costanti, il prodotto interno lordo nel 2009, è diminuito del 6,3 per cento rispetto all'anno precedente, intaccando anche il prodotto interno lordo per abitante (31.743 euro, -5 per cento), sceso più in Lombardia che a livello nazionale (25.237, -3,7 per cento). Quasi tutti i settori sono apparsi in sofferenza. Il valore aggiunto dell'industria è crollato del 13 per cento le costruzioni del 5,9 per cento i servizi del 2,8 per cento. L'unica eccezione è stata l'agricoltura che con un recupero del 2 per cento ha decisamente fatto meglio del resto d'Italia, che globalmente è scesa del 3,1 per cento. In uno scenario del genere, non deve sorprendere il parallelo crollo del mercato del lavoro, soprattutto là dove l'impiego di manodopera è più intenso. Secondo i dati elaborati da Unioncamere Lombardia, le unità

di lavoro si sono ridotte complessivamente del 3,1 per cento in Lombardia e del 2,6 per cento a livello nazionale. La riduzione più consistente è avvenuta nel settore dell'industria (-6,2 per cento più di 98 mila unità in meno), seguito dai servizi (-1,4 per cento, 40 mila unità in meno) e dall'agricoltura (-2,7 per cento, quasi 3 mila unità in meno). Solo nelle costruzioni le unità di lavoro sono salite dell'1 per cento. La debolezza della spesa per consumi delle famiglie fa sì che il sistema di esportazioni rappresenti realmente la via della ripresa, i cui segnali sono già arrivati fin dai primi mesi dell'anno, anche se nel terzo trimestre la produttività ha frenato di nuovo. «Il terzo trimestre 2010 registra un rallentamento della crescita della produzione manifatturiera lombarda: la variazione su base annua si attesta infatti al +4,8 per cento (contro il +5,9 per cento dello scorso trimestre) e rispetto al secondo trimestre 2010 la cui variazione è stata negativa per l'1,2 per cento», spiega il presidente di Unioncamere, Francesco Bettoni;
secondo Bettoni «è sicuramente il momento, pur rispettando i vincoli derivanti dal debito pubblico, di lanciare segnali e iniziative che consolidino un trend positivo, evitando che le incertezze congiunturali si trasformino in ulteriore caduta dei livelli produttivi». Lo sforzo per agganciare la ripresa dovrebbe comunque partire dalle imprese e dalle istituzioni e passare soprattutto attraverso gli investimenti. «Nell'ambito del pacchetto anticrisi, sono stati messi a disposizione dalla regione Lombardia circa 578 milioni di euro, recuperati soprattutto grazie ai fondi Ue. A essere più in difficoltà sono proprio le aziende più dinamiche, quelle che si sono mosse per investire e sono state sopraffatte dalla crisi», commenta Marco Nicolai, direttore generale di Finlombarda, finanziaria per lo sviluppo della regione Lombardia. «In media - prosegue Nicolai - Finlombarda evade ogni anno qualcosa come 3.000-3.500 domande di sovvenzione agli investimenti. Nel 2009 le domande che hanno avuto via libera sono state ben 5.631, il 56 per cento in più rispetto all'anno passato. Nel 2009 sono stati investiti 165 milioni di euro, nel 2010 al 31 dicembre sono già stati messi in cantiere fondi per 150 milioni di euro. Si tratta di investimenti per start up, innovazione e tecnologia»;
questi sforzi rappresentano la spinta propulsiva per la Lombardia, che è riuscita ad entrare fra le prime 100 regioni europee. Lo studio sulla competitività europea («Eu regional competitiveness index» (RCI) elaborato dal Joint Research Centre) stima che la Lombardia si trova al 95o posto su 268 regioni. La metodologia per il calcolo dell'indice Rci ricalca quella dell'indice di competitività tra i Paesi del World Economic Forum, e si basa su undici pilastri, divisi in tre categorie: quelli di base, come la qualità delle istituzioni, la stabilità macroeconomica, le infrastrutture, la sanità, e l'istruzione primaria, quelli di efficienza, ovvero il funzionamento del mercato del lavoro, le dimensioni del mercato e l'istruzione superiore e infine quelli legati all'innovazione (i brevetti, la capacità tecnologica e la sofisticazione delle aziende). In base a questi criteri, la competitività delle nostre regioni, complessivamente, risulta particolarmente bassa. A parte la Lombardia, troviamo l'Emilia Romagna al 121o posto e il Lazio al 133o. Nessun'altra regione compare nella metà alta della classifica e addirittura la Sardegna e la Basilicata sono rispettivamente al 234o e 235o posto;
«Sulla performance delle nostre regioni hanno pesato negativamente due fattori in particolare: la qualità delle istituzioni, come percepita dai cittadini, e l'efficacia del sistema educativo di base», spiega Paola Annoni che, insieme con Komelia Kozovska è l'autrice dello studio. La Lombardia, al contrario, eccelle in alcuni comparti, come per esempio nella categoria della sofisticazione del tessuto delle aziende dove grazie alla forza dei distretti si colloca al 20o posto, anche se risente della mancanza di competitività del nostro Paese più delle altre regioni: «la preparazione di base dei nostri studenti non è a livello di quella europea e l'uso

delle tecnologie (Ict) da parte di imprese e famiglie è tutt'altro che diffuso», sostiene Paola Annoni. Se si considera la capacità di innovazione (brevetti, pubblicazioni scientifiche, spesa per R&S), la Lombardia resta prima in Italia, ma non riesce a entrare nelle prime 80 regioni europee. La vetta della classifica spetta alle regioni olandesi, a Londra e a Parigi -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di migliorare, in un ambito regolativo, l'efficienza dei comparti competitivi italiani, con particolare riguardo per le potenzialità espresse nei differenti ambiti scolastici e regionali.
(4-10537)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'impronta digitale gnomica, la nanomedicina, le membrane nanometriche per il trattamento delle acque, l'attività di stoccaggio e sequestrazione della CO2 in siti sotterranei, i catalizzatori per la sintesi chimica che permettono di utilizzare quasi al 100 per cento) le materie prime, sono tutti settori di innovazione in cui l'Italia è una delle nazioni all'avanguardia, secondo l'analisi effettuata dall'Airi (Associazione italiana per la ricerca industriale), in un rapporto che sarà presentato nei prossimi giorni al Silometro Rosso di Bergamo. L'elenco delle innovazioni realizzate grazie alla ricerca industriale è appassionante: web semantica capace di rispondere a domande complesse e di interpretare e ordinare una maggiore quantità di dati, trasporti sempre più integrati e meno inquinanti per una mobilità sostenibile, nanorivestimenti che migliorano la qualità e le performance di materiali trapiantandovi altre tipologie di sostanze, tecnologie e processi per il trattamento dei rifiuti e delle acque, per lo sfruttamento di fonti alternative in nome dell'energia pulita o verde. Queste e tante altre sono, secondo l'ultimo rapporto Airi le aree di innovazione delle aziende italiane, che ricoprono dieci settori: energia, informatica, nanotech, biotecnologie, microelettronica, chimica, ambiente, trasporti, aeronautica, spazio, materiali;
il rapporto «Le innovazioni del prossimo futuro: tecnologie prioritarie per l'industria» compie un'analisi sia di breve, sia di lungo periodo degli indirizzi della ricerca industriale, per un totale di 105 tecnologie sulle quali le aziende stanno investendo e saranno in grado con le loro applicazioni immediate e future di innovare non solo i comparti nei quali sono state sviluppate ma l'intera economia. «Per riacquistare competitività - scrive il rapporto - occorre sviluppare tecnologie su materiali, processi, fonti energetiche, secondo modelli di sviluppo insistenti su parole d'ordine quali salvaguardia dell'ambiente, sviluppo sostenibile, salute, sicurezza, società della conoscenza». Frutto delle analisi e della collaborazione di cento ricercatori dei più importanti gruppi industriali ed enti pubblici italiani, il rapporto per ogni settore seleziona da 7 a 14 tecnologie in base a criteri quali la durata delle attività di sviluppo, le risorse finanziarie necessarie, la fattibilità tecnica ed economica, le ricadute occupazionali. E quantifica le risorse aggiuntive, cioè non ancora stanziate, che saranno necessarie per conseguire risultati utili in termini produttivi e commerciali: 5 miliardi di euro in 7 anni;
esistono settori tecnologici caratterizzati da un'evoluzione dei prodotti molto rapida, nei quali l'attività di sviluppo è spostata verso miglioramenti, magari soltanto incrementali ma essenziali per il mantenimento del vantaggio competitivo, che richiedono un impegno di risorse economiche intensivo soprattutto nella fase di validazione del nuovo prodotto. Ve ne sono altri in cui l'evoluzione tecnologica di prodotto e di processo è più radicale e quindi l'innovazione necessita di un periodo più ampio e di risorse finanziarie più significative fin dalla fase di ricerca di base. «Si stanno sviluppando tecnologie di estrema importanza e attualità

- spiega Renato Ugo, presidente dell'Airi - come quelle per la bonifica dei siti contaminati, l'inertizzazione dei rifiuti pericolosi, il trattamento e il riutilizzo delle acque, la mobilità sostenibile sia su ruota che su nave. L'industria italiana sa che tutto ciò deve avvenire in un sistema in cui si considerano sia gli aspetti ambientali che quelli socio-economici». L'industria energetica fronteggia insieme la sfida della crescita dei fabbisogni e temi come interdipendenza, sicurezza delle forniture, impatto ambientale;
«troverà risposte sensate muovendosi verso la diversificazione delle fonti pur sapendo che il petrolio sarà ancora per decenni la principale: esistono - spiega Ugo - tecnologie che permettono l'utilizzazione di frazioni pesanti del greggio, oggi utilizzato per il 95 per cento. L'ultimo 5 per cento, la parte alto bollente, come il bitume, grazie a tecnologie catalitiche può essere trasformato in prodotti leggeri come le benzine. È possibile poi usare gli scisti bituminosi (sabbie impregnate di idrocarburi degradati da batteri) del Venezuela e del Canada, la cui raffinazione era costosa e inquinante». Ma l'industria italiana è presente anche nelle nuove frontiere del solare, come gli specchi lineari e le celle organiche, e in fonti ancora più nuove come i biocombustibili da microrganismi vegetali o animali quali lieviti, batteri e alghe, in grado di assicurare produttività più elevate. Nell'ambito dei trasporti nel breve-medio periodo ci saranno sviluppi fortissimi verso veicoli elettrici, dotati di sistemi per recuperare il calore di scarto, e di sistemi fotovoltaici integrati per la produzione e lo stoccaggio di energia elettrica. Quanto agli altri settori, nell'aeronautica, ci saranno sistemi di controllo del velivolo capaci di riconfigurarsi in caso di guasti e di rispondere attivamente. Sistemi tali saranno applicati a veicoli senza pilota dotati di intelligenza artificiale e sensori di navigazione capaci di reagire a stimoli e pianificare le missioni;
nella farmaceutica e nel biotech, le innovazioni vanno verso terapie personalizzate grazie a gnomica, proteomica (il proteoma è l'insieme di tutti i possibili prodotti proteici espressi in una cellula che differiscono tra i diversi tipi cellulari di uno stesso organismo) e metabonomica (lo studio sistematico delle impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari). Presenza importante anche nelle nanotecnologie, un settore trasversale con applicazioni dalla medicina alla meccanica, dal tessile alla cosmetica: «Il nanotech è utilizzato nelle celle solari di terza generazione, nelle antenne o celle a bordo di satelliti, in molti materiali compositi che acquistano particolari qualità di leggerezza, elasticità, termoresistenza, o possono diventare attrattivi o repellenti nei confronti di altre sostanze. Si pensi solo alle applicazioni spaziali: la navicella è più leggera, se ne possono costruire di più grandi, costa meno il lancio propulsivo». La sfida è la progettazione di antenne made in Italy per l'esplorazione planetaria e la trasmissione dei data capaci di autoconfigurarsi, di tecnologie elettroniche per apparati di bordo, di elementi strutturali compositi per l'esplorazione planetaria. Il rapporto elenca poi i sistemi catalitici nanostrutturati, le applicazione di infomobilità, nonché i polimeri conduttori di energia elettrica che serviranno anche per le celle solari. Per quanto riguarda i finanziamenti, lo stesso Ugo afferma: «Occorrono interventi delle istituzioni e delle aziende, ma anche da parte del sistema bancario che potrebbe sostenere l'innovazione con prestiti mirati. Esiste già una Banca Europea per gli Investimenti e il Piano Industria 2015 volto a sostenere l'innovazione in alcuni settori come energia, made in Italy, mobilità sostenibile. Ma ciò di cui l'industria ha bisogno è anche snellire le procedure e accelerare le pratiche burocratiche -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di conferire maggiori risorse economiche finalizzate allo sviluppo della ricerca industriale, nell'ambito descritto e nelle altre attività di eccellenza del nostro Paese.
(4-10549)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i dati del terzo trimestre 2010, analizzati da «Gfk Temax Italia», affermano che i consumi relativi al settore dell'information technology e l'elettronica di consumo, risentono ancora della crisi congiunturale. Il mercato italiano dei technical consumer goods, infatti, chiude il terzo trimestre dell'anno in negativo, -1,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, e con un giro di affari pari a 4,6 miliardi di euro. Le buone performance di settori quali grandi e piccoli elettrodomestici, fotografia e office equipment non riescono, ancora, a controbilanciare il calo generale dell'elettronica di consumo, in un periodo in cui le vendite di TVlcd non beneficiano dell'effetto leva dello switch off al digitale terrestre. Il trend negativo si riflette anche sui comparti dell'informatica e della telefonia, nonostante il grande interesse espresso dal pubblico per i nuovi «tablet» e per gli smart phone;
il mercato italiano dei technical consumer goods quindi, ha mostrato i primi forti segnali di flessione, legati principalmente al calo delle vendite a valore di TV e Set Top Box, anche se resiste nel cumulato anno (+2,1 per cento). I settori con trend positivi sono: fotografia (+14,8 per cento), piccoli elettrodomestici (+13,8 per cento office equipment (+6,2 per cento e grandi elettrodomestici (+5,3 per cento), questi ultimi in parte aiutati ancora dagli incentivi statali. In calo invece i settori informatica (-2,1 per cento), elettronica di consumo (-7,0 per cento) e telefonia (-14,0 per cento). Nel terzo trimestre del 2010 il settore attinente la fotografia mostra risultati molto positivi, per un giro di affari di 201 milioni di euro. Il mercato delle fotocamere si presenta particolarmente vivace nel 2010 principalmente per due fattori. Le forti promozioni che molte delle maggiori insegne stanno effettuando sia su fotocamere compatte sia reflex, ma anche sugli accessori foto. Una piccola nota la merita il fenomeno mirrorless (ovvero fotocamere compatte ma con ottiche intercambiabili): il segmento sta indubbiamente crescendo spinto soprattutto dall'essere una importante innovazione tecnologica, che ha tutte le basi per poter crescere ulteriormente entro la fine del 2010 e del 2011;
il giro d'affari del comparto del piccolo elettrodomestico, pari a 406 milioni di euro, ha registrato un trend molto positivo e a doppia cifra nel terzo trimestre del 2010 (+13,8 per cento). Il mercato più importante, quello relativo ai condizionatori, è cresciuto grazie ad un luglio molto caldo, in cui il segmento dei portatili ha raddoppiato il suo giro di affari. Da sottolineare, inoltre, la crescita del fatturato dei condizionatori fissi con funzione inverter. Si confermano invece dinamici i segmenti delle macchine da caffè espresso ma anche delle moka elettriche. Continua la forte crescita delle «kitchen machines» all'interno del mercato delle «food preparation». Il settore office equipment chiude il terzo trimestre con un giro d'affari di 359 milioni di euro registrando un trend positivo del +6,2 per cento. Le stampanti multifunzione stanno vivendo un momento di forte crescita che si conferma anche in questi ultimi tre mesi. Trend particolarmente positivo per quelle con tecnologia laser, che registrano valori di crescita al di sopra della media, soprattutto nel segmento a colori con 4 funzioni in 1 (copia, stampa, scanner e fax). Nel terzo trimestre del 2010 l'informatica registra invece un calo del giro d'affari del -2,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, chiudendo a 711 milioni di euro. La causa principale è il rallentamento della domanda di notebook, che rappresentano il 59 per cento del valore delle vendite totali, e il declino dei PC fissi. Crescono solo le vendite di notebook e dei PC da tavolo all in one;
l'elettronica di consumo, dopo aver registrato andamenti molto positivi negli ultimi mesi, per la prima volta nel 2010 registra un trend negativo del -7,0 per cento sviluppando un giro di affari di 1.117 milioni di euro. Il trend negativo non riflette un reale peggioramento delle vendite del settore, quanto piuttosto rappresenta

un «ritorno alla normalità» di un trimestre che non ha beneficiato di impulsi esterni alle vendite (switch off). Completano il trend negativo nei singoli fattori che lo generano, i TVlcd ed, in particolare, i set top box, prodotti che più hanno contribuito alla crescita dell'elettronica di consumo negli ultimi mesi. Analizzando il mercato dei TVlcd va sottolineato come gli schermi Led rappresentino ormai, più del 40 per cento del fatturato totale del segmento, mentre per quanto concerne la tecnologia 3D nel mese di settembre 2010 si è assistito ad un notevole impulso delle vendite, soprattutto a valore. Sarà interessante vedere come il mercato affronterà nei prossimi mesi il fisiologico e graduale affievolirsi del fenomeno. Il settore della telefonia ha sviluppato nel secondo trimestre 2010 un giro di affari di 758 milioni di euro con un trend negativo del 14,0 per cento. I cellulari rappresentano oggi circa il 50 per cento del fatturato sviluppato dal totale telefonia, e con il loro trend negativo continuano ad influenzare pesantemente il trend totale del mercato. Gli smartphone a loro volta, sebbene in crescita, non sono ancora in grado di contrastarne il calo anche se sono arrivati a pesare per circa il 38 per cento del totale -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di incentivare il mercato relativo all'elettronica di consumo e di servizio.
(4-10551)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Cna si rivolge di nuovo all'Esecutivo chiedendo la promozione e l'attuazione di una decisiva politica industriale per le piccole e medie imprese. Secondo la Cna «in mancanza di scelte che tengano conto del tessuto industriale del Paese, che è fatto soprattutto di piccole e piccolissime imprese, sarà impossibile tornare ai livelli di sviluppo precedenti». Secondo la Confederazione, le politiche industriali attuate fino ad oggi, infatti, sono state indirizzate quasi sempre verso la grande industria, lasciando le piccole e medie imprese al loro destino. Un destino infausto considerato che queste si confrontano con un fisco spesso ingiusto e vessatorio e con la perenne difficoltà di accesso al credito. Non solo: «È sufficiente pensare con quali difficoltà le Pmi riescono (se ci riescono) ad ottenere i pagamenti dai privati e, soprattutto, dalla Pa», osserva la Cna. La cronaca quotidiana riporta che le istituzioni statali pagano in ritardo, ed è lo stesso per gli enti locali ed i piccoli comuni, per un ammontare complessivo di debiti presso i fornitori di circa 60 miliardi di euro, secondo le stime della Unione europea e di circa 30 miliardi secondo il Ministero dell'economia e delle finanze;
un'indagine della Das Italia, compagnia specializzata nella tutela legale di Alleanza Toro, che ha analizzato le pratiche di recupero crediti avviate dai clienti titolari di una polizza specializzata, evidenzia che il Trentino Alto Adige è la regione italiana più affidabile e puntuale per i pagamenti alle imprese con una media comunque di circa 80 giorni, che resta molto alta se paragonata ai 30 giorni circa dei Paesi scandinavi, della Germania e anche di nazioni dell'Est europeo, come Polonia ed Estonia. L'Abruzzo, anche per ragioni legate al terremoto la Basilicata e la Calabria sono le regioni peggiori per i tempi di pagamento alle imprese, con un ritardo che sarebbe però di «solo» un mese in più rispetto al Trentino Alto Adige. La situazione peggiora ulteriormente per quanto riguarda i privati. Gli ultimi dati resi noti dal Cribis D&B, società leader nella business information, riguardanti il terzo trimestre 2010 evidenziano che, tra i privati, sono proprio le micro e piccole realtà a distinguersi per la puntualità, mentre solo l'11 per cento delle grandi aziende paga alla scadenza. Grande il divario tra le piccole e le realtà di maggiore dimensione: le micro-aziende, infatti, hanno rispettato i termini contrattuali nel 43,87 per cento dei casi; mentre le piccole nel 32,76 per cento. Da qui la necessità di recepire al più presto, senza

attendere il termine ultimo del 2013, la direttiva europea di prossima approvazione che fissa a 30 giorni i termini di pagamento per la pubblica amministrazione, che potranno salire a 60 solo in casi eccezionali, e a 60 quelli tra privati;
qualche segnale positivo arriva, invece, dall'adempimento delle pratiche amministrative: un campo dove, a differenza degli altri settori, sono stati fatti passi in avanti. L'istituzione dello sportello unico e quello dell'Agenzia per le imprese, che diventerà operativa nel mese di marzo 2011, hanno ridotto all'osso i tempi per l'avvio di una nuova attività. Dal primo aprile del 2010, su proposta della Cna, è entrata in vigore «ComUnica» che raccoglie in un unico modulo tutte le documentazioni necessarie per l'attivazione di un'impresa e che al 30 settembre aveva ricevuto circa 1.280.000 comunicazioni. L'istituzione della «Scia» (segnalazione certificata di inizio attività), inoltre, prevede l'operatività immediata eliminando le attese per collaudi o permessi. Passi in avanti sono stati fatti anche sul fronte delle procedure con l'istituzione del «Moa» (misurazione degli oneri amministrativi) presso il Dipartimento della funzione pubblica che, con la collaborazione delle associazioni di categoria, ha stabilito che il costo degli oneri amministrativi, per le piccole e medie imprese fino a 249 addetti, ammonta a 21.541.792 miliardi di euro annui;
altri due settori, infine, evidenziano non poche criticità: concorrenza ed incentivi. Nel primo caso, le imprese italiane spesso sono costrette ad operare in un mercato interno protetto e questo le mette in condizioni di netta inferiorità rispetto a quelle europee: «Basti pensare al mondo degli appalti dove le grandi imprese, di fatto, sono le uniche a potervi accedere a causa della complessità delle procedure, dell'eccessiva dimensione dei lotti e della possibilità di far fronte a eventuali ricorsi», sottolinea la Cna. Nel secondo caso, le piccole e medie imprese hanno bisogno di incentivi per la ricerca, l'innovazione e l'internazionalizzazione. «Ancora una volta però, anche in questo campo, la grande impresa è stata nettamente privilegiata rispetto alle piccole», attacca la Cna. Una critica, questa, legittimata dai dati pubblicati nella «relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive» del Ministero dello sviluppo economico, da cui emerge che negli ultimi anni le agevolazioni sono in costante diminuzione e che riguardano soprattutto il Mezzogiorno. Le ultime cifre a disposizione, quelle relative al 2008, evidenziano che l'85 per cento delle agevolazioni concesse si concentra sul credito di imposta per le aree svantaggiate e su alcuni interventi a sostegno dell'innovazione. Infine, il confronto con il resto dell'Europa è nettamente perdente: nel 2007 lo Stato ha concesso aiuti per 5,10 miliardi di euro di cui 3,86 per industria e servizi, contro i 16,23 e i 14,5 della Germania, o i 9,80 e 6,89 della Francia, collocandosi ben al di sotto della media europea nella percentuale sul prodotto interno lordo (0,25 a fronte dello 0,40 dell'Unione europea) -:
quali iniziative i Ministri intendano attuare al fine di monitorare e sostenere lo sviluppo del tessuto delle piccole e medie imprese italiane.
(4-10554)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo sviluppo della società dell'informazione è indicato dalla Commissione europea come un passo necessario per favorire lo sviluppo economico dei Paesi membri. La disponibilità dei servizi a banda larga è considerata la condizione abilitante per l'affermazione della società dell'informazione ed è, quindi, indicata come una delle priorità nella politica dell'Unione europea. La Commissione europea, di conseguenza, sta attivamente incoraggiando i Paesi membri ad adottare piani nazionali per la diffusione della banda larga. Anche il Parlamento europeo ha approvato il 19 giugno 2007 una risoluzione sulla messa a punto di una politica europea in materia di banda larga (cfr. 2006/2273 (INI)). Al

fine di indicare con maggior accuratezza la copertura dei relativi servizi, il Parlamento europeo incoraggia gli Stati membri ad elaborare una mappa delle infrastrutture a banda larga. Si sottolinea la necessità di creare un'infrastruttura a banda larga a livello di comunità locali, applicando il principio del partenariato pubblico-privato e tenendo conto della parità d'accesso. Si ribadisce l'esigenza di una neutralità tecnologica unita alla necessità di evitare la frammentazione degli interventi, la duplicazione delle infrastrutture esistenti e di tener conto dell'evoluzione tecnologica e delle esigenze degli utilizzatori;
nell'aprile 2010 è stato pubblicato il primo rapporto 2010 dell'Italian Broadband Qualità Index, l'iniziativa per l'analisi e il monitoraggio delle prestazioni dei servizi a banda larga in Italia. Nonostante la velocità di download del mobile broadband pubblicizzata dagli ISP sia in pratica allineata a quelle delle offerte fisse prevalenti (7 Mbit/s), le analisi dimostrano che il download medio delle connessioni mobile broadband italiane è pari a 1,39 Mbit/s, ovvero meno del 35 per cento di quello fisso, pari a 4,1 Mbit/S, con una notevole differenza tra l'operatore più performante e il peggiore. Un altro importante risultato riguarda il divario tra le grandi aree metropolitane e le zone rurali: nelle prime, il download medio risulta pari a 4,8 Mbit/s, contro i 3,2 Mbit/s delle seconde, che scende ulteriormente a circa 2,6 Mbit/s se si considerano i comuni con meno di 2.000 abitanti. L'indagine condotta a gennaio 2010, ha preso in esame le prestazioni di circa 11.400 collegamenti broadband distribuiti tra le grandi aree metropolitane, le città e le aree rurali della penisola italiana, per un totale di oltre 120.000 test. I collegamenti vengono monitorati ogni giorno e a cadenza regolare attraverso isopure, il nuovo software di analisi delle performance delle connessioni broadband. Le connessioni, sia in mobilità che da fisso, sono analizzate con riferimento all'esperienza di consumo degli utenti, in particolare attraverso lo studio di attività quali la navigazione in rete, il download di film e musica, o il gamaging on line. Le prestazioni offerte dagli ISP italiani sono monitorate sia sulla base della velocità in download e upload effettivamente fornita al consumatore, sia sulla base dei tempi di ping e di ricerca indirizzo;
l'atteggiamento delle imprese italiane nei confronti dell'ICT si conferma caratterizzato da una limitata propensione ad investire in innovazione (a maggior ragione in un momento di congiuntura economica sfavorevole), per quanto cresca la consapevolezza che le nuove tecnologie svolgono un ruolo chiave nel creare o consolidare un vantaggio competitivo. Le aziende italiane scontano un problema di risorse da destinare agli investimenti ICT, inferiori alla media europea, penalizzati da una percezione non ancora sufficientemente chiara del «value for money» dell'offerta ICT a supporto della loro attività. Gli effetti di questa valutazione conservativa degli impatti dell'uso dell'ICT si notano a partire dal livello di informatizzazione «di base» delle aziende italiane: mentre le aziende con almeno 10 addetti sono tutte informatizzate, in quelle più piccole il PC è presente solo in tre quarti dei casi. A compensare parzialmente questa carenza va ricordato che, nelle aziende minori, non è infrequente che il PC domestico sia usato anche a fini lavorativi, attenuando così leggermente la dimensione del problema dell'informatizzazione delle imprese SoHo. Per quanto riguarda l'uso dei diversi servizi di comunicazione, il telefono rappresenta ancora il principale mezzo di interazione con l'esterno, in particolare verso i clienti ed il sistema finanziario, mentre con colleghi e fornitori è relativamente più diffuso l'uso delle e-mail, ad indicare una progressiva sostituzione dei canali tradizionali con quelli digitali, anche se ancora solo verso interlocutori «molto vicini» all'azienda. La banda larga è presente nel 60 per cento delle imprese e segue da vicino il livello di informatizzazione di queste aziende: è infatti presente nel 58 per cento delle SoHo e nella totalità delle SME. La connessione solo da fisso rimane la modalità

più diffusa di collegamento, ma cresce a tassi significativi l'utilizzo del broadband mobile, più ad integrazione del servizio fisso che in sostituzione dello stesso. Passando all'utilizzo dei servizi on-line, le attività di comunicazione rimangono quelle più diffuse;
oltre all'analisi sulle dotazioni e sulla domanda di servizi on-line, l'Osservatorio ha posto l'attenzione sulla percezione delle imprese riguardo le possibili evoluzioni, nella fruizione delle nuove tecnologie, a supporto dello sviluppo competitivo. La dotazione percepita come sempre più importante è la connessione a internet in mobilità (da cellulare o con chiavetta). Anche l'aumento delle prestazioni della connessione è considerata un'esigenza prioritaria, soprattutto per migliorare la customer experience, in particolare per la navigazione internet, la comunicazione e l'uso delle applicazioni in rete. Per quanto riguarda la presenza on line dell'azienda, il sito web è presente nel 65 per cento delle imprese SME e nel 35 per cento delle SoHo. Nella maggior parte dei casi, si tratta ancora di un sito vetrina, con funzionalità di base, anche se aumenta la consapevolezza delle potenzialità dell'e-commerce per sviluppare l'attività aziendale. Cresce infine, l'attenzione per i servizi di social networking e per le nuove piattaforme di fruizione dei servizi in rete (cloud computing, software as a service, e altri) anche grazie allo sforzo innovativo messo in campo dagli operatori del settore, come è emerso nel dibattito conclusivo dell'incontro;
il termine «digital divide infrastrutturale» indica il divario fra chi abita in zone dove sono disponibili infrastrutture e servizi a banda larga e chi abita in aree remote, ove tali infrastrutture e servizi non sono disponibili. Tale problema è strettamente legato alla difficoltà degli operatori di telecomunicazioni di garantire l'evoluzione dei collegamenti telefonici delle famiglie verso infrastrutture a banda larga, che siano disponibili in modo capillare sul territorio. A livello nazionale, a fine giugno 2007, il 10 per cento della popolazione italiana (6 milioni di cittadini) abitava in zone di «digital divide infrastrutturale», ovvero in aree dove i collegamenti a banda larga possono essere realizzati solo attraverso costosi collegamenti dedicati o soluzioni satellitari, e non con la tecnologia che oggi è considerata di riferimento per la banda larga, cioè l'ADSL. Per comprendere la possibile evoluzione temporale del fenomeno e la reale complessità degli interventi necessari all'eliminazione del «digital divide infrastrutturale», è fondamentale valutare lo stato delle infrastrutture di telecomunicazione che servono le zone attualmente non raggiunte dalla copertura ADSL. In particolare, condizione abilitante per l'offerta e la diffusione dei servizi con velocità di accesso elevate è la connessione in fibra ottica della centrale telefonica alla rete di trasporto. Inoltre, condizione tecnica necessaria per la fornitura di servizi a banda larga attraverso la rete fissa è la presenza di specifici apparati denominati DSLAM nelle centrali telefoniche. Sulla base di queste due dimensioni di intervento è possibile differenziare il territorio non solo in funzione della mancanza di copertura ADSL, ma anche in relazione alla complessità e onerosità degli interventi necessari per superarla;
in Italia l'infrastruttura per l'accesso a banda larga ha avuto nell'ultimo periodo uno sviluppo significativo, sia in termini qualitativi, sia quantitativi. A metà 2007, la copertura ADSL ha raggiunto il 90 per cento della popolazione, contro il 41 per cento di fine 2001. L'area in cui gli operatori alternativi hanno concentrato gli investimenti infrastrutturali (prevalentemente, in unbundling del local loop) ha ormai superato la metà della popolazione (52 per cento a fine giugno 2007), ma è anch'essa destinata a crescere di poco nel tempo. I principali operatori hanno, inoltre, avviato la copertura della seconda generazione di banda larga. La disponibilità della tecnologia ADSL2+, che garantisce un significativo aumento delle prestazioni dei collegamenti, sebbene in rapido aumento, è ancora limitata a poco più della metà della popolazione italiana (56

per cento a metà 2007). Solo per la metà della popolazione italiana il contesto competitivo di riferimento è caratterizzato dai massimi livelli di innovazione tecnologica e di prodotto e, quindi, dalla più ampia accessibilità all'intera gamma dei servizi a banda larga. Si affaccia, quindi, la prospettiva di nuove forme di «digital divide», il che rende ancora più urgente la risoluzione del «digital divide» attuale, ma richiede anche la messa a punto di meccanismi di più lungo periodo;
il «digital divide infrastrutturale» tocca la maggior parte delle regioni, a prescindere dal loro potenziale economico. La copertura ADSL è fortemente differenziata sul territorio e, nonostante l'elevato livello di copertura nazionale, sono ancora molte le regioni in cui la disponibilità di servizi a banda larga risulta inferiore alla media. Anche all'interno di una stessa regione il livello di copertura non appare comunque omogeneo. Le zone con i livelli più elevati di copertura ADSL, infatti, corrispondono alle aree metropolitane e alle zone del territorio morfologicamente più agevoli da infrastrutturare, pianure e zone ad alta densità di popolazione. La reale entità del problema «digital divide» può essere percepita soltanto tenendo presente di come l'Italia sia caratterizzata dalla presenza di molti comuni di dimensioni piccole o piccolissime, situati in zone la cui morfologia rende finanziariamente onerose e tecnicamente complessa la realizzazione di infrastrutture che garantiscano la disponibilità di servizi a banda larga. Un aspetto ulteriore della gravità del problema del «digital divide», quindi, è rappresentato dall'elevato numero di comuni non coperti dall'ADSL. Si tratta in particolare di piccoli comuni, generalmente con meno di 2.000 abitanti e situati in zone ortograficamente svantaggiate del nostro Paese. A giugno 2007, i comuni in cui si registrava una copertura della popolazione inferiore al 5 per cento della popolazione erano poco più di 2.700;
i piani per il superamento del «digital divide» in corso di attuazione oggi in Italia si basano sostanzialmente su due differenti opzioni tecnologiche per l'accesso, implementate con i diversi modelli visti in precedenza: l'aumento della copertura ADSL, sfruttando la rete in rame esistente; lo sviluppo di infrastrutture di accesso alternative con tecnologie wireless. Le due opzioni non sono alternative in assoluto, ma possono coesistere in uno stesso piano. La segmentazione dei territori serve anche per ricorrere a modelli diversi in diverse porzioni di territorio. Negli ultimi anni, le tecnologie wireless sono state oggetto di particolare attenzione, soprattutto per i bassi investimenti e i ridotti tempi di installazione delle reti. A tale interesse ha fatto seguito un'intensa attività progettuale, sia pubblica, sia privata, volta alla realizzazione di reti di accesso basate su tali tecnologie, specialmente per rispondere all'esigenza di collegare a banda larga le aree non ancora servite dai servizi ADSL. Considerando l'attuale stadio di maturità delle tecnologie attualmente commercializzate, le tecnologie wireless possono rivestire un ruolo distinto e potenzialmente complementare rispetto a quello svolto dalle soluzioni wired. Per i ridotti costi di implementazione, le tecnologie disponibili commercialmente trovano oggi il loro impiego ideale quando si tratta di fornire copertura ad aree circoscritte, ed offrire servizi ad un numero limitato di utenti nomadici. I limiti prestazionali e di affidabilità rendono, inoltre, conveniente il ricorso a soluzioni wireless nei casi in cui non esista alcun modo economicamente sostenibile per realizzare il servizio con infrastrutture wired. Molti enti territoriali hanno già predisposto, emanato, ed in molti casi avviato la realizzazione dei loro piani territoriali per la banda larga. Tutte le regioni hanno ad esempio avviato una qualche forma di intervento sulla banda larga, ma un po' meno di metà di esse ha un piano strutturato -:
quali iniziative il ministro intenda adottare al fine di monitorare e sostenere l'allineamento alle linee guida europee degli enti pubblici, delle istituzioni e delle imprese, nell'ambito dello sviluppo e dell'implementazione di reti wireless e di tecnologie innovative, di facile e semplice accesso per tutti i cittadini.
(4-10555)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 1990, il programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha pubblicato il suo primo rapporto sullo sviluppo umano, che introduceva l'innovativo indice dello sviluppo umano (ISU). La premessa su cui si fondava l'ISU, al tempo considerata radicale, era tanto semplice quanto elegante: lo sviluppo di una nazione dovrebbe essere misurato non solo in base al reddito nazionale, com'era consuetudine fare, ma anche tenendo conto dell'aspettativa di vita e del tasso di alfabetizzazione, fattori per cui già esistevano dati compatibili per la maggior parte dei Paesi. A vent'anni di distanza, l'assoluta rilevanza di quel paradigma originario rimane inconfutabile. Oggi è quasi universalmente riconosciuto che il successo di un Paese o il benessere di un individuo non possono essere valutati su base prettamente monetaria. Il reddito, naturalmente, è determinante, tuttavia, occorre considerare anche se le persone possono condurre una vita lunga e sana, se hanno l'opportunità di ricevere un'istruzione e se sono libere di usare le loro conoscenze e i loro talenti per forgiare il proprio destino. Questa, che era la visione originaria, resta tuttora il principale successo dei creatori dei rapporti sullo sviluppo umano: Mahbub ul Haq, pachistano, e il suo stretto collaboratore e amico Amartya Sen, indiano, che si sono avvalsi anche del contributo di altri esperti mondiali di sviluppo. La loro concezione ha ispirato non solo i rapporti mondiali sullo sviluppo umano pubblicati negli ultimi vent'anni, ma anche oltre 600 rapporti nazionali sullo sviluppo umano - tutti scritti e pubblicati nei rispettivi Paesi, sulla base di ricerche condotte localmente - e innumerevoli stimolanti rapporti regionali, prodotti con il sostegno delle sedi regionali dell'UNDP;
all'epoca in cui Mahbub ul Haq si fece promotore visionario dell'approccio dello sviluppo umano, erano già numerose le voci di scontento che auspicavano l'adozione di un metodo che andasse oltre le misure economiche tradizionali, avanzando proposte alternative. Con grande intuito, Mahbub intravide la possibilità di far convergere queste iniziative verso l'elaborazione di un approccio alternativo più ampio, che fosse al tempo stesso pratico e inclusivo. I rapporti sullo sviluppo umano aprirono uno spazio inedito per una ricca varietà di informazioni e analisi relative ai diversi aspetti della vita umana. Dal 1990 sono stati compiuti molti progressi, ma l'approccio dello sviluppo umano è determinato a concentrarsi su ciò che ancora resta da fare, su quei temi a cui il mondo contemporaneo dovrebbe dedicare la massima attenzione, dalla povertà e la privazione alla disuguaglianza e l'insicurezza. Nel flusso continuo di rapporti sullo sviluppo umano vengono proposte ogni anno nuove tabelle statistiche e messi a punto nuovi indici che vanno ad affiancare l'ISU e ad arricchire l'analisi stessa. Parallelamente, anche le nuove sfide da affrontare si sono intensificate: è il caso della protezione ambientale e della sostenibilità del benessere e delle libertà fondamentali;
oggi la maggioranza delle persone è più sana, vive più a lungo, è più istruita e può accedere ad una gamma più vasta di beni e servizi. Anche gli abitanti dei Paesi con condizioni economiche svantaggiate hanno visto migliorare considerevolmente i livelli di salute e di istruzione. E al di là dei miglioramenti nei suddetti settori e dell'innalzamento dei redditi, ottimi risultati sono stati conseguiti anche nell'accrescere il potere delle persone di scegliere i propri leader, influenzare le decisioni pubbliche e condividere la conoscenza. Tuttavia, il quadro globale non è del tutto positivo. In questi anni la disuguaglianza è aumentata, a livello sia nazionale sia internazionale, e si sono affermati modelli di produzione e di consumo che si sono rivelati sempre più insostenibili. L'entità del progresso nello sviluppo umano varia notevolmente; in alcune regioni, come l'Africa meridionale e l'ex Unione Sovietica, la popolazione ha vissuto periodi di regresso,

soprattutto nella sfera della salute. L'emergere di nuove vulnerabilità richiede politiche pubbliche innovative, che consentano di affrontare i rischi e le disuguaglianza pur sfruttando il dinamismo delle forze di mercato per il bene di tutti. Le sfide contemporanee richiedono anche una nuova prospettiva politica; infatti, se è vero che non esistono soluzioni miracolose o ricette magiche per lo sviluppo umano, vi sono tuttavia alcune implicazioni politiche evidenti. Primo, non si può dare per scontato che lo sviluppo avrà sempre il medesimo andamento che in passato: il presente e il futuro riservano maggiori opportunità sotto molti punti di vista. Secondo, la varietà delle esperienze e la specificità dei contesti impediscono di formulare raccomandazioni politiche onnicomprensive, consigliando invece principi e linee guida più generali. Terzo, nuove minacce si profilano all'orizzonte, prima fra tutte il cambiamento climatico;
quello dello sviluppo umano è tradizionalmente un approccio dinamico, non fossilizzato: lo sviluppo umano consiste nell'accrescere la libertà delle persone di condurre una vita lunga, sana e creativa, di lavorare alla realizzazione di altri obiettivi a loro cari, e di partecipare attivamente alla promozione di uno sviluppo equo e sostenibile in un mondo condiviso. Le persone sono sia i beneficiari sia la forza motrice dello sviluppo umano, tanto a livello individuale quanto di gruppo. I progressi potrebbero essere fragili e soggetti a ripiegamenti, e le generazioni future dovranno ricevere un trattamento coerente, per questo occorre compiere uno sforzo considerevole per garantire uno sviluppo umano duraturo, ossia sostenibile. Lo sviluppo umano si impegna anche a combattere le disparità strutturali, ed è quindi indispensabile che sia equo. Ma sviluppo vuol dire anche offrire alle persone la possibilità di operare scelte individuali e di partecipare ai processi decisionali a livello familiare, comunitario e nazionale, collaborando alla loro definizione e traendone i relativi benefici, in altre parole, sviluppo significa empowerment. L'ISU medio mondiale è cresciuto del 18 per cento dal 1990, e del 41 per cento dal 1970, rispecchiando i grandi passi in avanti compiuti complessivamente nel campo dell'aspettativa di vita, della scolarizzazione, dell'alfabetizzazione e del reddito. Quasi tutti i Paesi hanno beneficiato di questo progresso generale. Dei 135 Paesi inclusi nel campione per il periodo 1970-2010, che rappresentano il 92 per cento della popolazione mondiale, solo tre (Repubblica democratica del Congo, Zambia e Zimbabwe) hanno oggi un ISU più basso rispetto al 1970. Complessivamente, i Paesi poveri stanno colmando il divario con quelli ricchi in termini di ISU. Questa convergenza delinea un quadro molto più ottimistico rispetto alla prospettiva ristretta alle tendenze del reddito, dove invece la divergenza permane. Il progresso, però, non è avvenuto ovunque con la stessa rapidità, e le differenze sono ragguardevoli. I Paesi in cui i miglioramenti sono stati più lenti sono quelli dell'Africa sub-sahariana, colpiti dall'epidemia di HIV/AIDS, e quelli dell'ex Unione Sovietica, che hanno subito un innalzamento del tasso di mortalità i adulti. Tra i «top movers», cioè i Paesi che hanno registrato i maggiori progressi nel migliorare il proprio ISU, si trovano i protagonisti del cosiddetto «miracolo economico», come la Cina, l'Indonesia e la Corea del Sud, ma anche Paesi come il Nepal, l'Oman e la Tunisia, che hanno fatto passi avanti altrettanto notevoli nelle dimensioni non reddituali dello sviluppo umano. È sorprendente trovare tra i primi 10 classificati Paesi normalmente non associati a risultati d'eccellenza; all'undicesimo posto compare anche l'Etiopia, mentre altri tre Paesi dell'Africa sub-sahariana, Botswana, Benin e Burkina Faso, si attestano nelle prime 25 posizioni;
uno dei risultati più sorprendenti emerso dalla ricerche sullo sviluppo umano degli ultimi anni e confermato da questo rapporto è l'assenza di una correlazione significativa tra la crescita economica e i miglioramenti nel campo della salute e dell'istruzione. La nostra ricerca dimostra che questa relazione è particolarmente debole a livelli ISU medio-bassi.

Ciò è riconducibile al cambiamento del modo in cui si realizzano i progressi in fatto di salute e di istruzione. La correlazione tra i livelli odierni, che contrasta con l'assenza di correlazione tra le variazioni temporali, non è che un riflesso delle tendenze storiche; un tempo, infatti, solo i Paesi che diventavano ricchi erano in grado di finanziare i costosi miglioramenti nei settori della salute e dell'istruzione. Oggi, invece, il progresso tecnologico e i cambiamenti all'interno della struttura sociale consentono anche ai Paesi più poveri di compiere notevoli passi in avanti. Il reddito e la crescita economica rimangono fondamentali. Il reddito è essenziale in quanto determina il controllo esercitato sulle risorse necessarie per assicurarsi l'accesso a cibo, alloggio e indumenti nonché a una più vasta gamma di possibilità. Il reddito è anche la fonte delle entrate tributarie e di altra natura di cui i Governi hanno bisogno per erogare servizi pubblici ed attuare politiche redistributive. L'aumento generalizzato del reddito rimane dunque una delle principali priorità politiche;
l'incorporazione della disuguaglianza in ognuna delle dimensioni dell'ISU realizza un obiettivo annunciato per la prima volta nel rapporto del 1990. In presenza di disuguaglianza nella distribuzione della salute, dell'istruzione e del reddito, l'ISU della persona media in una società è inferiore all'ISU aggregato; quanto minore è l'ISU corretto per la disuguaglianza, tanto più pronunciata è la disuguaglianza. Applicando questa misura a 139 Paesi si ottengono alcuni dei seguenti risultati: il calo medio dell'ISU provocato dalla disuguaglianza ammonta a circa il 22 per cento, in altre parole, una volta corretto per la disuguaglianza, l'ISU globale per il 2010 passerebbe da 0,62 a 0,49 retrocedendo dalla categoria ad alto ISU a quella a ISU medio. La flessione varia dal 6 per cento al 45 per cento, quattro quinti dei Paesi fanno segnare un calo superiore al 10 per cento e quasi due quinti una perdita superiore al 25 per cento. I Paesi con uno sviluppo umano inferiore tendono a evidenziare una maggiore disuguaglianza in più dimensioni e quindi fanno registrare le perdite più consistenti di sviluppo umano. A causa della disuguaglianza multidimensionale, la popolazione della Namibia ha subito una perdita del 44 per cento, quella della Repubblica centrafricana del 42 per cento e quella di Haiti del 4 per cento. Gli abitanti dell'Africa sub-sahariana subiscono le maggiori perdite di ISU a causa di una disuguaglianza pronunciata in tutte le dimensioni. In altre regioni le perdite sono più direttamente attribuibili alla disuguaglianza in un'unica dimensione, come la salute nel caso dell'Asia meridionale. Nei 104 Paesi analizzati dall'indice multidimensionale della povertà (IMP) circa 1,75 miliardi di persone, pari a un terzo della loro popolazione totale, vive in condizioni di povertà multidimensionale: ciò significa che almeno un terzo degli indicatori rileva uno stato acuto di privazione nel campo della salute, dell'istruzione o degli standard di vita. Questo dato è superiore agli 1,44 miliardi di persone che in quegli stessi Paesi, secondo le stime, vivono con non più di 1,25 dollari al giorno. I modelli di privazione differiscono inoltre da quelli della povertà di reddito sotto alcuni importanti aspetti;
l'impatto del rapporto sullo sviluppo umano ha dimostrato come la riflessione politica può essere guidata e stimolata dall'esplorazione più approfondita delle dimensioni cruciali dello sviluppo umano. Un elemento fondamentale di questa tradizione è la presenza di un fitto programma di ricerca e analisi. Secondo il rapporto le priorità per migliorare l'approccio socioeconomico di ogni Paese, sono tre: migliorare i dati e le analisi che formano la base del dibattito sullo sviluppo, fornire un'alternativa agli approcci convenzionali alla ricerca e approfondire la comprensione dei fenomeni della disuguaglianza, dell'empowerment, della vulnerabilità e della sostenibilità. In particolare, occorre ripensare radicalmente l'economia della crescita e la sua relazione con lo sviluppo. Esiste un'ampia letteratura, sia teorica, sia empirica, quasi universalmente concorde nel far coincidere crescita economica

e sviluppo. Generalmente, i suoi modelli presumono che le persone abbiano a cuore solo il consumo, e le sue applicazioni empiriche si concentrano quasi esclusivamente sugli effetti esercitati dalle politiche e dalle istituzioni sulla crescita economica. Il presupposto centrale dell'approccio dello sviluppo umano, al contrario, è che il benessere delle persone è molto più che una questione di denaro, poiché consiste nella possibilità di realizzare i progetti di vita che gli individui hanno ragione di scegliere e perseguire. Da qui il richiamo ad una nuova economia, un'economia dello sviluppo umano, che abbia come obiettivo la promozione del benessere umano e della crescita, e che si impegni a valutare e perseguire attivamente politiche alternative nella misura in cui permettono di migliorare lo sviluppo umano a breve e lungo termine -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, sulla base di quanto evidenziato dal rapporto sullo sviluppo umano 2010, ed in particolare di quanto recepito dalle nostre istituzioni, al fine di migliorare l'indice ISU del nostro Paese.
(4-10557)

BUONANNO e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in seguito al passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre, migliaia di cittadini della provincia di Vercelli e Novara lamentano numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale Rai e in molti casi le tre reti Rai sono del tutto oscurate;
i cittadini non sono a conoscenza se le cause che generano tale problema siano imputabili alla mancanza di ripetitori, o alla mancanza di manutenzione della rete di ripetitori esistenti o di frequenze, ma convengono che non siano state attivate azioni mirate al fine di garantire una reale situazione di accesso al nuovo sistema che doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente;
la Rai, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe svolgere un servizio pubblico sul territorio italiano, sulla base di un contratto nazionale stipulato con il Ministero dello sviluppo economico, assicurando a tutti i cittadini la possibilità di usufruire di tale servizio;
i cittadini della Valsesia non sono stati messi nelle condizioni di poter accedere al segnale Rai e pertanto è stato loro negato l'accesso al servizio pubblico radiotelevisivo, eppure sono chiamati puntualmente a pagare il canone alla concessionaria -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali azioni intenda intraprendere per tutelare il diritto di accesso alle reti Rai attraverso la trasmissione in tecnica digitale terrestre dei cittadini della provincia di Vercelli e Novara, garantendo loro la possibilità di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo;
se non ritenga doveroso, a causa dei disagi subiti dai cittadini della provincia di Vercelli e Novara, valutare la possibilità di iniziative normative dirette a prevedere la sospensione del pagamento del canone Rai fintanto che non sia ripristinato il servizio di trasmissione, o altresì a prevedere un rimborso per tutti gli abbonati Rai che stanno regolarmente pagando per un servizio di cui non usufruiscono.
(4-10564)

...

Apposizione di una firma ad una mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento) e modifica dell'ordine dei firmatari.

La mozione di sfiducia Buttiglione ed altri n. 1-00533, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: La Malfa. Contestualmente l'ordine delle firme viene così modificato:
«Buttiglione, Granata, Tabacci, Melchiorre, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Casini, Cera, Cesa, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontà, Zinzi, Bocchino, Della Vedova, Giorgio Conte, Moroni, Barbaro, Bellotti, Bongiorno, Briguglio, Buonfiglio, Consolo, Cosenza, Di Biagio, Divella, Lamorte, Lo Presti, Menia, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ronchi, Rosso, Ruben, Scalia, Toto, Tremaglia, Urso, Calgaro, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, La Malfa, Tanoni».

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Amici e altri n. 1-00512, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lo Moro.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-10503 del 20 gennaio 2011.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Maurizio Turco e altri 4-08428 dell'8 settembre 2010 in interrogazione a risposta orale n. 3-01415.