XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 17 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 19 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
come ampiamente riportato dalla stampa, il Presidente della Repubblica federativa del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, nell'ultimo giorno del suo mandato, ha rifiutato l'estradizione di Cesare Battisti, l'ex terrorista rosso condannato in via definitiva in Italia all'ergastolo per 4 omicidi commessi nel nostro Paese, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi, quando negli anni '70 era leader dei Proletari armati per il comunismo (Pac);
in precedenza, Battisti aveva trovato rifugio in Francia per più di venti anni, dal 1981 al 2004, e, quando la giustizia francese si era infine espressa a favore della sua estradizione verso l'Italia, era prontamente riparato in Brasile, dove era stato arrestato nel 2007 in attesa della definizione della richiesta di estradizione presentata dall'Italia;
l'atto presidenziale di diniego dell'estradizione di Cesare Battisti ha suscitato profonda indignazione nel nostro Paese e viene giudicato come un attentato contro la sovranità dell'Italia, dal momento che mette in dubbio il rigore e l'indipendenza della giustizia italiana e afferma l'esistenza di un rischio per l'integrità di Battisti, sostenendo che potrebbe essere sottoposto a trattamenti persecutori ove fosse consegnato alle autorità italiane;
tali motivazioni appaiono tanto infondate quanto offensive, del tutto ignare delle garanzie dell'ordinamento giuridico e della tradizione democratica dell'Italia, dove il regime di detenzione, oltre a prevedere numerosi benefici, è supportato da un sistema di garanzie interne e internazionali;
l'estradizione rappresenta la forma classica e più antica di collaborazione internazionale nella lotta contro il crimine, consistendo nella consegna da parte di uno Stato di un individuo, che si trova nel suo territorio, ad altro Stato perché sia da quest'ultimo giudicato o sottoposto all'esecuzione di sanzioni penali già inflittegli;
essendo l'estradizione istituto essenzialmente convenzionale, tra Italia e Brasile sussiste un accordo internazionale rappresentato dal trattato di estradizione firmato a Roma il 17 ottobre 1989 e in vigore dal 1o agosto 1993, per cui l'accertamento delle condizioni cui è subordinata l'estradizione riguarda unicamente le condizioni previste dal trattato, lo Stato non se ne può discostare e deve rispettare gli obblighi internazionali assunti con il trattato;
ai sensi del trattato italo-brasiliano, l'estradizione non è concessa, in particolare, se il fatto per il quale è domandata è considerato dalla parte richiesta reato politico e se la parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona verrà sottoposta ad atti persecutori per motivi politici;
la decisione in oggetto si fonderebbe proprio sulla natura politica dei reati commessi, oltre che sul rischio della sottoposizione di Battisti a trattamenti persecutori in Italia;
oltre all'assenza del rischio di trattamenti persecutori, è ragionevole dubitare della natura politica dei delitti commessi da Cesare Battisti, dove le vittime Andrea Santoro, Pierluigi Torregiani, Lino Sabbadin e Andrea Campagna erano persone comuni, completamente estranee al potere politico;
oltre che opinabile sul piano giuridico, la decisione del Governo brasiliano appare immotivata e in palese contrasto con quanto sancito nel trattato di estradizione con l'Italia, oltre che nelle pronunce delle Corti europee e internazionali, che più volte si sono espresse in favore dell'estradizione in Italia, evidenziando, altresì, una rottura nella cooperazione

giudiziaria internazionale diretta alla lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata;
nonostante il Presidente Lula abbia negato l'estradizione, nello stesso Brasile, tra le varie istituzioni la posizione di Battisti è da tempo controversa, al punto che nel mese di novembre 2010 il Tribunale supremo federale ha dichiarato nullo il provvedimento di riconoscimento dello status di rifugiato a Battisti e nei giorni scorsi ha negato la scarcerazione e inviato gli atti al giudice relatore per un ulteriore esame del caso in sede plenaria,


impegna il Governo:


a promuovere ogni opportuna iniziativa presso ogni sede istituzionale e giurisdizionale, presso il Tribunale supremo federale del Brasile, presso la Commissione di conciliazione, istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale Italia-Brasile, e presso la Corte internazionale di giustizia Onu dell'Aja, affinché Cesare Battisti possa essere estradato in Italia e scontare il debito in sospeso da anni nei confronti della giustizia italiana che in più sedi lo ha riconosciuto colpevole di efferati delitti;
a mantenere alta l'attenzione sulla questione nei rapporti politici con il nuovo Presidente del Brasile Dilma Rousseff, affinché sia data una corretta interpretazione del trattato bilaterale e possa essere rivista una decisione eticamente discutibile, che offende la memoria delle vittime del terrorismo, i familiari e tutti i cittadini italiani.
(1-00523)
«Reguzzoni, Lussana, Luciano Dussin, Fogliato, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».

La Camera,
premesso che:
Cesare Battisti è stato condannato all'ergastolo con sentenza della Corte d'assise d'appello di Milano del 1988 (definitiva in Corte di cassazione nel 1993), per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi;
il 18 marzo 2007 il connazionale è stato arrestato a Rio de Janeiro ed il 24 marzo 2007 l'Italia ne ha richiesto l'estradizione;
il 13 gennaio 2009 l'allora Ministro della giustizia brasiliano ha concesso a Battisti lo status di rifugiato politico;
nella seduta del 18 novembre 2009, il Tribunale supremo federale del Brasile ha dichiarato nullo il provvedimento di riconoscimento dello status di rifugiato, concesso l'estradizione richiesta dall'Italia e autorizzato il Presidente della Repubblica a consegnare Cesare Battisti al nostro Paese, in conformità al vigente trattato bilaterale in materia di collaborazione in tema di estradizione, pur precisando che la pronuncia faceva salve le competenze del Presidente stesso;
il Capo dello Stato, attraverso dichiarazioni pubbliche e atti ufficiali, e il Governo italiano, nelle diverse occasioni di contatto istituzionale, hanno sottolineato alle autorità brasiliane che si aspettavano il rispetto della decisione del Tribunale supremo federale di concessione dell'estradizione del Battisti; in particolare, alla luce di questa presa di posizione unitaria,

il Ministro degli affari esteri ha dato sempre precise e ferme istruzioni in tal senso;
il 30 dicembre 2010 l'Avvocatura generale dello Stato brasiliana ha reso pubblico il proprio parere, approvato dal Vice Avvocato generale, contrario alla concessione dell'estradizione di Battisti, pur contestualmente negando la concessione dello status di rifugiato allo stesso e così smentendo la precedente decisione del Ministro della giustizia;
il 31 dicembre 2010 il Presidente uscente, negli ultimi giorni del suo mandato presidenziale, ha reso nota la propria decisione - conforme al parere dell'Avvocatura - che non accoglie la richiesta di estradizione dell'Italia nei confronti di Battisti;
il diniego all'estradizione, vigendo un trattato internazionale bilaterale, non è nella esclusiva discrezionalità politica del Governo brasiliano, ma deve essere conforme al dettato e alle condizioni previste dalle norme pattizie;
il trattato bilaterale di estradizione prevede che vi possa essere un diniego alla richiesta di estradizione se il fatto per il quale è domandata è considerato dalla parte richiesta, in questo caso il Brasile, reato politico ovvero se la parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona verrà sottoposta ad «atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti» (articolo 3, capo I, lettera f), del trattato);
è escluso che i reati commessi dal Battisti possano essere considerati «politici», in primo luogo in quanto non certo commessi nel quadro di un'opposizione a un regime autoritario che negava le libertà civili e politiche, in secondo luogo perché i crimini sono stati perpetrati nei confronti di persone che nulla avevano a che vedere col potere politico;
quanto al secondo profilo, il pericolo che nel Paese richiedente l'estradando sia sottoposto a un trattamento persecutorio, a parte l'incoerenza con la decisione delle stesse autorità brasiliane di non concedere lo status di rifugiato, è da considerare che lo stesso Comitato dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite ha, a suo tempo, riconosciuto che la legislazione italiana non ha mai, in nessun caso, adottato misure derogatorie ai diritti garantiti dal patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite;
infine, quanto al rischio di trattamenti persecutori o di maltrattamenti nei luoghi di detenzione, l'adesione incondizionata del nostro Paese alle convenzioni internazionali ed europee in tema di diritti umani e il sistema di garanzia interne ed internazionali esistente in Italia, nonché il controllo da parte di soggetti istituzionali e non e da parte della stessa opinione pubblica è largamente in grado di scongiurare e fare fronte a tali eventualità, assolutamente ipotetiche;
pertanto, la mancata estradizione di Cesare Battisti configura, nell'opinione di autorevoli giuristi, una violazione del predetto trattato bilaterale di estradizione del 1989 da parte del Brasile;
la decisione brasiliana di addurre le motivazioni di cui al citato articolo 3 del trattato rende tale diniego ancor più ingiusto sul piano dei principi e infondato sul piano legale;
il Presidente del Tribunale supremo federale del Brasile, con decisione del 6 gennaio 2011, ha, in ogni caso, negato la scarcerazione di Battisti e inviato gli atti al giudice relatore per un ulteriore esame del caso in sede plenaria,


impegna il Governo:


a perseguire, in primo luogo, ogni possibile strada di ricorso giurisdizionale prevista dall'ordinamento brasiliano, a partire dalle prossime pronunce del Tribunale supremo federale, affinché il rifiuto opposto dall'ex Presidente del Brasile

venga rimosso e Cesare Battisti possa essere estradato e consegnato alla giustizia italiana, conformemente alle previsioni del trattato bilaterale;
ad avviare, nell'eventualità nella quale tali azioni fossero insufficienti a raggiungere lo scopo, le ulteriori procedure, negoziali e di conciliazione, previste da accordi internazionali e bilaterali per la soluzione delle controversie tra i due Paesi, sino a giungere senza indugio ad adire la Corte internazionale di giustizia al fine di vedere riconosciuta la violazione da parte del Brasile del trattato di estradizione del 1989;
nel quadro delle ottime relazioni tradizionalmente in essere con il Brasile e in parallelo con il percorso giudiziario, a mantenere costantemente viva la questione in sede di dialogo politico con quel Governo, cogliendo l'occasione di tutti i possibili contatti con la nuova Presidente della Repubblica, per rappresentare alle autorità brasiliane la nostra aspettativa per una corretta interpretazione del contenuto del trattato bilaterale e, quindi, per l'accoglimento dell'estradizione;
in ragione delle profonde relazioni di amicizia tra i due Paesi, rafforzate dalla presenza in Brasile di diversi milioni di cittadini di origine italiana, ad espletare tutti gli sforzi necessari alla soluzione della questione nel quadro degli storici rapporti di collaborazione tra il popolo italiano e brasiliano;
a fare in modo che la soluzione finale della vicenda sia in sintonia con le norme di tale trattato e con i sentimenti di un'opinione pubblica, che, senza distinzioni di colori ed orientamenti, è sorpresa e indignata per gli ultimi sviluppi.
(1-00524)
«Tempestini, Porta, Maran, Amici, Barbi, Colombo, Corsini, Losacco, Narducci, Pistelli».

La Camera,
premesso che:
Cesare Battisti, ex terrorista, membro del gruppo eversivo dei Proletari armati per il comunismo, venne arrestato a Copacabana, in Brasile, il 18 marzo 2007, a seguito di indagini congiunte di agenti francesi e carabinieri del raggruppamento operativo speciale;
in Italia Cesare Battisti è stato condannato in contumacia all'ergastolo perché giudicato responsabile di quattro omicidi e di varie rapine;
indiscrezioni della stampa brasiliana danno per scontata la ratifica, da parte del Tribunale supremo federale brasiliano, del decreto di non estradizione di Cesare Battisti firmato dall'ex Presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva il 31 dicembre 2010 nell'ultimo giorno del suo mandato;
decisioni come quella presa dall'ex Presidente Luiz Inacio Lula da Silva impediscono all'Italia di chiudere definitivamente la tragica stagione degli anni di piombo;
dichiarare rifugiato politico e mettere in libertà un criminale colpevole di ben quattro omicidi e di svariate rapine suona come una vera e propria beffa nei confronti del popolo italiano, offeso dalla violenza del terrorismo, delle vittime e dei parenti, colpiti negli affetti più cari;
una vasta rete di protezione internazionale sembra tuttora proteggere gli ex terroristi rossi, con l'obiettivo di sottrarre alla giustizia italiana pericolosi assassini condannati con sentenze passate in giudicato;
l'Aula del Parlamento europeo discuterà e voterà una risoluzione bipartisan per chiedere l'estradizione di Cesare Battisti e tale risoluzione è sottoscritta da tutti i gruppi politici ed è presentata dai due vicepresidenti italiani del Parlamento europeo Roberta Angelilli e Gianni Pittella e dai capi delegazione Mario Mauro, Carlo Casini, David Maria Sassoli, Niccolò Rinaldi, Francesco Enrico Speroni;

le storiche relazioni di amicizia tra Italia e Brasile vengono messe a repentaglio dal rifiuto, da parte delle autorità brasiliane, di estradare Cesare Battisti in base a motivazioni superficiali, infondate nel merito e contrarie al trattato di estradizione vigente tra i due Paesi;
l'Italia ha diritto al riconoscimento dell'estradizione nei confronti di un condannato per gravi crimini comuni e con finalità politiche, ai sensi del trattato di estradizione vigente tra Italia e Brasile, nonché dei principi di cooperazione giudiziaria internazionale che sono alla base dello sviluppo di un diritto globale tra i popoli da promuovere in molti campi, ben oltre l'ambito penale,


impegna il Governo:


a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il Tribunale supremo federale del Brasile, la Commissione di conciliazione, istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile, e presso la Corte internazionale di giustizia Onu dell'Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente, affinché, ricercando ogni soluzione condivisa con la Repubblica federativa del Brasile, si pervenga all'estradizione di Cesare Battisti.
(1-00525)
«Carlucci, Aprea, Barba, Barbieri, Bruno, Cazzola, Ciccioli, Di Cagno Abbrescia, Fucci, Garagnani, Garofalo, Lehner, Giulio Marini, Marsilio, Mazzuca, Milanese, Palmieri, Paniz, Pelino, Pizzolante, Pugliese, Rampelli, Luciano Rossi, Savino, Simeoni, Soglia, Stagno D'Alcontres, Stasi, Tortoli, Vella».

La Camera,
premesso che:
Cesare Battisti, cittadino italiano, è stato condannato in contumacia all'ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per aver commesso, personalmente e in concorso con altri, quattro omicidi tra il 1977 e il 1979; complessivamente ben sette processi e ventiquattro giudici italiani ne hanno stabilito la colpevolezza;
nel corso della sua lunga latitanza, che ha avuto inizio nel 1981 a seguito dell'evasione dal carcere di Frosinone, Battisti ha soggiornato all'estero, in Messico e per un tempo maggiore in Francia, dove ha beneficiato, insieme ad altri terroristi, della cosiddetta dottrina Mitterrand;
anche a seguito del rafforzamento della cooperazione europea in campo giudiziario che ha ormai raggiunto traguardi molto elevati con il mandato d'arresto europeo, la Francia non può più essere rifugio di terroristi e infatti il 30 giugno 2004 venne concessa l'estradizione in Italia di Battisti, resosi, però, immediatamente latitante per sfuggire alla cattura, riparando, come è noto, in Brasile;
un ultimo ricorso, presentato alla Corte europea dei diritti dell'uomo, contro la sua estradizione in Italia, è stato dichiarato dalla stessa Corte inammissibile nel dicembre del 2006 in quanto manifestamente infondato, la quale ha stabilito, tra l'altro, che i giudici italiani avevano perfettamente rispettato gli standard europei (quanto a diritto d'accesso e informazioni sul procedimento, diritti della difesa);
comunque, il 18 marzo 2007 a Rio de Janeiro, grazie a un'operazione congiunta di nuclei antiterrorismo dei carabinieri e della polizia francese, Battisti venne arrestato e il 24 marzo 2007 il nostro Paese ne ha prontamente richiesto l'estradizione;
contro la richiesta di estradizione inoltrata dall'Italia, Battisti ha avanzato una domanda al Ministero della giustizia brasiliano, al fine del riconoscimento dello status di rifugiato politico;
il 28 novembre 2008, il Comitato nazionale per i rifugiati (Conare), organismo competente a giudicare in prima istanza, composto, peraltro, anche da

membri rappresentanti l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati e la Caritas, ha negato, con una votazione a maggioranza dei suoi componenti, il riconoscimento di tale status;
contro la decisione del Conare, Battisti ha presentato ricorso al Ministro della giustizia brasiliano Tarso Genro, il quale, in data 13 gennaio 2009, capovolgendo la decisione del Conare, ha accordato lo status di rifugiato politico al richiedente;
tra Brasile e Italia esiste un trattato di estradizione entrato in vigore nel 1993 e la mancata estradizione di Cesare Battisti configura, nell'opinione di autorevoli giuristi, una violazione del predetto trattato bilaterale di estradizione del 1989 da parte del Brasile, ciò che implicherebbe la responsabilità del Brasile sul piano internazionale per aver disatteso le disposizioni dell'accordo stesso;
tuttavia, nella seduta del 18 novembre 2009, il Tribunale supremo federale ha dichiarato nullo il provvedimento di rifugio, concesso l'estradizione richiesta dall'Italia e autorizzato il Presidente Lula a consegnare Cesare Battisti al nostro Paese, in conformità al vigente trattato bilaterale in materia di collaborazione in tema di estradizione, pur precisando che la pronuncia faceva salve le competenze del Presidente stesso;
il 30 dicembre 2010, l'Avvocatura generale dello Stato brasiliana ha reso pubblico il proprio parere, approvato dal Vice Avvocato generale, che, richiamando l'articolo 3, capo I, lettera f), del trattato bilaterale di estradizione («l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti»), si poneva in senso contrario alla concessione dell'estradizione di Battisti;
il 31 dicembre 2010 il Presidente Lula, proprio in conclusione del suo secondo mandato presidenziale, ha reso nota la propria decisione - conforme al parere dell'Avvocatura - che non accoglie la richiesta di estradizione dell'Italia nei confronti del connazionale, decisione che appare ancor più inaccettabile per il nostro Paese sia perché ingiusto sul piano dei principi, sia perché infondato sul piano legale, in quanto, mettendo in dubbio che il sistema giudiziario dell'Italia sia in grado di offrire adeguate garanzie al condannato, mette contestualmente in dubbio il rispetto dei principi stessi di civiltà giuridica da parte di tutta l'Unione europea, nella sua natura di comunità di valori e spazio di libertà e giustizia, essendone l'Italia un Paese membro;
da questo punto di vista, l'Italia si è trovata sola e non ha avuto il sostegno dell'Unione europea; il portavoce della Commissione europea ha, infatti, dichiarato che l'affaire è strettamente bilaterale e non coinvolge l'Unione europea, dimenticando che la lotta al terrorismo investe gli interessi dell'intera Unione e che, quantunque nel caso concreto si tratti di terrorismo interno, la dimensione internazionale è provata dalla fuga dell'imputato in Brasile, dopo aver soggiornato in un Paese dell'Unione europea, la Francia, grazie a «dottrine» più o meno interessate e all'influenza sull'opinione pubblica di alcuni intellettuali,


impegna il Governo:


a esperire tutte le iniziative che possano promuovere, nel quadro della cooperazione giudiziaria internazionale, una revisione della decisione adottata e conseguentemente favorire l'estradizione del cittadino italiano Cesare Battisti, affinché sconti le pene comminate dalle condanne definitive inflittegli in seguito a regolari procedimenti giudiziari - ai quali si è peraltro volontariamente sottratto - nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali e processuali che l'ordinamento italiano ha sempre riconosciuto;

a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il Tribunale supremo federale del Brasile, la Commissione di conciliazione, istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile, e presso la Corte internazionale di giustizia Onu dell'Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente, affinché, ricercando ogni soluzione condivisa con la Repubblica federativa del Brasile, si pervenga all'estradizione del connazionale;
a sviluppare tutti i possibili contatti con la nuova amministrazione Rousseff per rappresentare alle autorità brasiliane la nostra aspettativa per una corretta interpretazione del contenuto del trattato bilaterale e, quindi, per l'accoglimento dell'estradizione stessa.
(1-00526)
«Evangelisti, Donadi, Borghesi, Di Stanislao».

La Camera,
premesso che:
tra l'Italia ed il Brasile esiste un trattato di estradizione firmato a Roma il 17 ottobre 1989 ed entrato in vigore il 1o agosto 1993;
l'articolo 1, comma 3, del trattato stabilisce che «l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha fondati motivi per ritenere che la persona sarà oggetto di atti di molestie e discriminazioni basate su razza, religione, sesso, nazionalità, lingua, opinione politica, condizione sociale o situazione personale, o la sua posizione potrebbe esser aggravata da uno degli elementi di cui sopra»;
in data 29 dicembre 2010 i media internazionali lasciano trapelare la decisione del Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva di non concedere l'estradizione dell'ex brigatista dei Proletari armati per il comunismo Cesare Battisti, condannato all'ergastolo in contumacia dalla magistratura italiana per l'omicidio di quattro persone fra il 1978 e il 1979, malgrado il parere favorevole alla stessa già espresso dal Tribunale supremo federale in data 16 aprile 2010;
in data 31 dicembre 2010 il Presidente Lula da Silva, al suo ultimo giorno di mandato, ha concesso lo status di rifugiato politico a Battisti, ufficializzando la mancata estradizione attraverso una nota diramata dal Ministro degli esteri brasiliano, Celso Amorim, evidenziando come la decisione del Governo brasiliano non rappresenti un affronto verso un altro Paese nel momento in cui si creano situazioni particolari che possono generare rischi per la persona, nonostante il carattere democratico dei due Stati, giustificando in tal modo l'orientamento;
il parere dell'Avvocatura dello Stato al Presidente brasiliano sottolinea che Battisti «agitatore politico operò negli anni difficili della storia italiana, sebbene condannato per crimini di matrice comune, potrebbe subire conseguenze negative dalla sua estradizione. Ci sono ponderate ragioni per ipotizzare che il detenuto potrebbe soffrire forme di aggravamento della sua situazione»;
tale tesi - basata sulle motivate richieste di estradizione di esponenti istituzionali e politici italiani e dalla quale l'Avvocatura deduce che «è abbastanza chiaro che la vicenda di Battisti scontenta settori della destra e della sinistra (...) mentre ciò non dovrebbe avere conseguenze sul caso in esame» - rappresenta evidentemente un esplicito giudizio negativo sul rispetto, da parte dello Stato italiano, dei diritti e delle garanzie dei detenuti;
le reazioni di alcune delle massime autorità italiane, additate come «impertinenti» dallo stesso Ministro Amorim nella sopra indicata nota, non sono tardate ad arrivare, sebbene alle proteste verbali non siano finora seguite azioni specifiche sul piano del diritto internazionale e dei rapporti bilaterali;
tra l'Italia ed il Brasile esiste una solida relazione di partenariato commerciale e diplomatico, da ultimo rafforzata

dalla manifesta amicizia tra il Presidente del Consiglio dei ministri italiano e il Presidente uscente Lula, come hanno dimostrato i reciproci attestati di stima espressi in occasione del vertice bilaterale Italia-Brasile del mese di giugno 2010, che evidentemente contrasta con l'approccio di chiusura e scarsa collaborazione usato dal Governo brasiliano nei confronti di una legittima istanza formulata dalle autorità italiane nel caso Battisti;
la vertenza tra i Governi non può essere affrontata attraverso il ricorso a ritorsioni commerciali, né a forme di ostruzionismo in materia di cooperazione internazionale, azioni che produrrebbero i loro effetti dannosi sul sistema delle imprese e dei consumatori italiani e brasiliani;
a differenza di quanto evidenziato a più riprese dal Presidente brasiliano uscente Lula, secondo il diritto internazionale, qualora tra due Paesi viga un accordo bilaterale in materia di estradizione, la concessione della stessa non è da considerarsi un atto sovrano dello Stato in cui lo stesso risiede, non soggetto a censura da parte dello Stato richiedente l'estradizione,


impegna il Governo:


a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il Tribunale supremo federale del Brasile, la Commissione di conciliazione, istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile, presso la Corte internazionale di giustizia Onu dell'Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente, affinché si possa pervenire all'estradizione di Cesare Battisti.
(1-00527)
«Bocchino, Barbareschi, Barbaro, Bellotti, Bongiorno, Briguglio, Buonfiglio, Consolo, Giorgio Conte, Cosenza, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ronchi, Rosso, Ruben, Scalia, Toto, Tremaglia, Urso».

La Camera,
premesso che:
Cesare Battisti è stato condannato all'ergastolo per quattro omicidi commessi tra il giugno del 1978 e l'aprile del 1979, oltre che per varie rapine, e la sua azione terroristica ha lasciato una lunga scia di sangue e dolore;
il pluricondannato Battisti non ha mai scontato la sua pena, essendo fuggito dapprima in Francia, dove ha vissuto tra il 1981 ed il 1982 in clandestinità, prima di trasferirsi in Messico, dove comincia una sua attività di scrittore, proseguita poi tranquillamente nel corso del tempo;
successivamente Battisti è tornato in Francia, dove ha vissuto per molti anni, sino all'arresto avvenuto a Parigi il 10 febbraio 2004;
successivamente la Francia concede l'estradizione in Italia, però mai di fatto concretizzatasi per la fuga di Battisti, ricomparso in Brasile dove viene nuovamente arrestato;
nel 2006 la Corte europea dei diritti dell'uomo dichiara inammissibile «perché manifestamente infondato» il ricorso di Battisti contro la sua estradizione in Italia;
nel 2007 il Governo brasiliano accorda a Battisti lo status di rifugiato politico, perché, secondo l'organismo che valuta le richieste di asilo, «vi sarebbe fondato timore di persecuzioni del Battisti per le sue idee politiche» in Italia;
nel 2009 interviene il Tribunale supremo federale brasiliano, dichiarando illegittima la concessione di tale status e concedendo l'estradizione richiesta dall'Italia, in conformità a quanto previsto dal trattato bilaterale che regola i rapporti tra Brasile e Italia in materia di estradizione, pur facendo salvo il potere del Presidente brasiliano Lula di decidere in ultima istanza sull'estradizione;
l'Avvocatura generale dello Stato brasiliana ha reso noto successivamente il

proprio parere in merito alla questione, richiamando l'articolo 3, capo I, lettera f), del trattato bilaterale in materia di estradizione, secondo cui «l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha serie ragioni per ritenere che la persona richiesta verrà sottoposta ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, o che la situazione di detta persona rischia di essere aggravata da uno degli elementi suddetti»;
un importante esponente del Governo brasiliano ha dichiarato che l'estradizione di Battisti non veniva concessa perché sarebbe stata a serio rischio l'incolumità personale dello stesso Battisti;
pertanto, sulla scorta delle posizioni manifestate dall'Avvocatura, il 31 dicembre 2010 il Presidente Lula ha annunciato la sua decisione del tutto conforme al parere espresso dall'organo brasiliano, respingendo di fatto la richiesta di estradizione avanzata dall'Italia nei confronti di Cesare Battisti;
le ragioni alla base delle scelte operate dal Governo brasiliano appaiono inaccettabili perché partono da un presupposto errato, che considera Battisti un perseguitato politico, condannato in Italia sulla base di motivazioni politiche e non giuridiche, mettendo in discussione l'intero sistema giudiziario italiano, che non sarebbe pertanto in grado di fornire adeguate garanzie circa il rispetto di un principio fondamentale quale quello ad un equo processo;
appaiono, inoltre, inaccettabili perché l'Italia non può, né deve, prendere lezioni dal Brasile in materia di Stato di diritto, tra l'altro da uno Stato che non è noto per le sue posizioni garantiste nei confronti dei carcerati nel proprio Paese;
la mancata estradizione appare incomprensibile e infondata, a fronte della quale sussiste il diritto dell'Italia ad una corretta applicazione delle norme del trattato bilaterale vigente in materia tra Italia e Brasile e il rispetto delle più elementari norme di diritto internazionale,


impegna il Governo:


ad intraprendere ogni possibile iniziativa presso le sedi competenti affinché si possa arrivare ad ottenere l'estradizione di Cesare Battisti ed eventualmente adire la Corte internazionale di giustizia;
a proseguire, nell'ambito delle relazioni diplomatiche con il Brasile, un intenso dialogo con la nuova amministrazione Rousseff, al fine di trovare una soluzione condivisa della vicenda e rispettosa delle ragioni di entrambi i Paesi.
(1-00528)
«Vernetti, Tabacci, Mosella, Brugger».

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
l'attuazione della cosiddetta «direttiva nitrati» (direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), nonostante da lungo tempo in vigore, continua a porre gravi problemi che, di fatto, ne inficiano la piena e corretta applicazione e, quindi, anche il raggiungimento degli importanti obiettivi di tutela delle acque dall'inquinamento da nitrati che, con la stessa direttiva, ci si proponeva di conseguire;
tra le varie difficoltà applicative, le principali sono, indubbiamente, riferibili alla corretta individuazione delle cosiddette «zone vulnerabili» che non può - come purtroppo è stato finora - essere limitata alla sola considerazione di parametri riguardanti il carico agricolo e zootecnico, ma deve essere effettuata in riferimento al complesso delle fonti di inquinamento, incluse, dunque, le acque reflue dei depuratori e gli scarichi industriali;

i risultati di recenti studi hanno, infatti, chiaramente validato l'ipotesi che indica il carico zootecnico come fattore non determinante nell'inquinamento da nitrati, evidenziando come la vulnerabilità di una determinata zona a tale forma d'inquinamento, non sia riconducibile solo ad aspetti settoriali agricoli, ma riguardi il complesso degli aspetti che ne determinano le particolarità idrogeologiche in riferimento al contesto socio-economico della zona medesima;
l'ultima relazione elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sull'applicazione della direttiva evidenzia come la situazione delle acque superficiali sia senz'altro rassicurante, posto che oltre il 97 per cento appartiene alla classe migliore, mentre per quanto riguarda le acque sotterranee il valore medio superiore al limite di 50 milligrammi per litro è misurato per il 12 per cento dei punti di monitoraggio, con un'evidente contraddizione rispetto all'assoluta ampiezza delle designazioni di zone vulnerabili. Ancora, rispetto alle acque marino-costiere, la stessa relazione ministeriale evidenzia un netto miglioramento della loro qualità, soprattutto se confrontata con quella dei Paesi del Nord Europa;
il metodo, seguito fino ad oggi, di procedere alla designazione delle aree vulnerabili da nitrati, facendo riferimento alle sole fonti di inquinamento agricolo, anche alla luce delle suddette, nuove ipotesi e risultanze, ha finito, di fatto, per assumere una connotazione più politica che tecnica, il cui risultato è quello di scaricare sul settore agricolo il peso economico di responsabilità che, in tutto, o in parte, non sono allo stesso riferibili;
anche a seguito dei problemi metodologici di cui sopra e della conseguente, non corretta applicazione della direttiva, si sono determinati gravi problemi che, nel 2006, portarono la Commissione europea ad aprire una procedura di infrazione contro l'Italia (n. 2006/2163) per insufficiente designazione di zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, che richiedeva la classificazione a tale titolo dell'intera area di pianura del bacino padano;
detta procedura, come noto, è stata archiviata nel giugno 2008 e ciò ha consentito all'Italia di inoltrare, in data 20 gennaio 2010, una richiesta di deroga in riferimento alle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, a supporto della quale è seguita, in data 29 aprile 2010, l'approvazione del nuovo Piano strategico nazionale sui nitrati che, tra le altre cose, pone particolari ed ulteriori vincoli alle aziende agricole;
tra le deroghe ottenibili, la più rilevante è quella che riguarda la possibilità di ridurre i carichi di azoto dai 340 chilogrammi ad ettaro per anno, previsti per le zone non vulnerabili, a 250 chilogrammi per ettaro e per anno, anziché a 170, come, stando alle norme comunitarie, sarebbe necessario per le aree vulnerabili;
sembra del tutto sottovalutato il fatto che l'eventuale ottenimento di una deroga non modificherebbe in modo significativo i termini del problemi che risulterebbero attenuati solo per poche forme di allevamento, ma del tutto invariati per quelle maggiormente toccate dalla necessità di ridurre i carichi azotati, primo fra tutti l'allevamento bovino da latte, per il quale, dunque, il problema della «direttiva nitrati» andrebbe catastroficamente a sovrapporsi con quello delle «quote latte»;
per quanto sopra, risulta evidente che, ai fini della corretta attuazione della «direttiva nitrati» il problema non è, allo stato, quello di ottenere una deroga, bensì quello di procedere ad una rigorosa, nonché scientificamente credibile, designazione delle aree vulnerabili che tenga conto, non solo degli aspetti agricoli, ma che si basi sull'effettiva verifica delle fonti puntuali e diffuse di inquinamento, con particolare riguardo alla depurazione delle acque reflue urbane, materia rispetto alla quale, sono, peraltro, numerose le condanne per inadempimento adottate dall'Unione europea nei confronti dell'Italia;

la direttiva nitrati, essendo regolarmente recepita e, quindi, a tutti gli effetti parte del nostro ordinamento giuridico, può, tranquillamente, vedere l'emanazione di atti amministrativi, anche transitori, finalizzati alla sua corretta attuazione,


impegna il Governo


a promuovere anche attraverso una valutazione congiunta della problematica in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano una revisione delle zone vulnerabili in riferimento ai dati sulle qualità delle acque superficiali e sotterranee, già disponibili presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed in attesa della realizzazione di nuovi studi finalizzati a fornire metodi e criteri per la corretta designazione delle zone vulnerabili in riferimento al complesso delle fonti di inquinamento presenti sul territorio.
(7-00466)«Fogliato, Bitonci».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

RUGGERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
recentemente, è apparsa sulla stampa la notizia secondo cui l'ENIT (Agenzia nazionale del turismo) intenderebbe fornire, a partire dal corrente anno, servizi di assistenza promozionale, formazione, realizzazione di «business plan» e supporto professionale agli operatori del settore turistico ed alle regioni;
tale notizia fa seguito ad un'altra vicenda, riguardante la stessa ENIT, che nei mesi scorsi ha lanciato una insolita campagna promozionale tesa ad incentivare il turismo interno, anziché i flussi esteri, con ciò modificando sensibilmente la sua «mission» istituzionale;
oltre al cambio intervenuto alla direzione generale, che ha visto la sostituzione di un manager di indubbio spessore (proveniente dai ruoli, interni all'Agenzia) con un esterno senza competenze specifiche ed esperienza settoriale, in questa fase l'ENIT soffre pesantemente i tagli finanziari effettuati al suo bilancio, tali che le risorse attualmente disponibili coprono a malapena i costi fissi di struttura;
nel contesto descritto, diviene sempre più difficile per l'Agenzia svolgere qualsiasi attività minima ed anche per questo appaiono quanto mai estemporanei e velleitari i tentativi di dare all'ENIT un profilo diverso dai compiti precipui d'istituto, atteso comunque il fatto che non è stata effettuata alcuna riqualificazione o corso di formazione per il proprio personale interno, nonché la stessa ENIT pare non abbia mai utilizzato fondi europei di alcun genere e non conosca minimamente le relative procedure;
le regioni, in svariate occasioni, hanno espresso riserve sul modo di procedere del Governo in materia di turismo e sulle stesse modalità di collaborazione tra ENIT, dipartimento del turismo ed amministrazioni regionali e locali -:
quali attività sinora l'ENIT abbia seriamente posto in essere per ovviare alla sempre più marcata carenza di risorse finanziarie;
se corrispondano al vero le dichiarazioni rilasciate alla stampa da rappresentanti dell'ENIT che, nonostante l'acclarata carenza di risorse destinate a sostenere i compiti di istituto, intenderebbero trasferire ad una nuova società appositamente costituita ingenti fondi invece utilizzabili dall'ente per lo svolgimento di uno dei suoi compiti istituzionali a sostegno del turismo congressuale proveniente dall'estero;

con quale modello organizzativo, procedure gestionali e norme amministrative sarà possibile per l'ENIT erogare, a partire dal corrente mese, prestazioni in favore dei potenziali committenti (operatori privati, amministrazioni regionali ed enti locali) e se siano state rispettate le norme di contabilità pubblica;
come intenda l'Agenzia sviluppare le attività di business e quelle promozionali per ottenere incarichi da soggetti terzi;
se sia possibile, alla luce dell'attuale normativa in materia, per l'ENIT effettuare prestazioni ed attività come quelle indicate in premessa;
se sia previsto, su tali argomenti, un serio confronto con le regioni e se le stesse siano state preventivamente interpellate in proposito, come anche sul termine della gestione commissariale e sulla stesura del nuovo regolamento dell'agenzia.
(3-01401)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
dopo gli eventi eccezionali del mese di febbraio 210, che hanno determinato l'adozione della ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3862 del 31 marzo 2010, l'intero costone denominato «Cancello Rosso», già area a rischio frana R3, ha iniziato un lento ed inesorabile movimento franoso che pone in serio pericolo le abitazioni e l'incolumità degli abitanti della zona. Questo territorio, con i suoi duemila abitanti, rappresenta uno dei quartieri più popolosi di Vibo Valentia;
alle iniziative ed ai molteplici sopralluoghi che hanno interessato il sito non sono seguiti gli interventi che la situazione richiede per eliminare il rischio quotidiano cui sono sottoposti i cittadini;
il comune di Vibo Valentia, con il piano triennale delle opere pubbliche, ha previsto la sistemazione dell'area «Cancello Rosso» con somme di cui alla legge regionale n. 9 del 2007 e risulta inoltre siglato, in data 24 novembre 2010, un accordo quadro di programma Ministero ambiente e della tutela del territorio del mare-regione Calabria che prevede fondi per 2.000.000 di euro da destinare all'area in questione e di 1.000.000 di euro per la sistemazione del torrente Candrilli, che insiste nella stessa zona e che è causa di molteplici danni;
la situazione emergenziale di «Cancello Rosso» merita un diverso e più incisivo approccio ed una risposta di tipo straordinario. Qualsiasi risorsa economica messa a disposizione degli enti locali non può sortire l'efficacia auspicata se la sua utilizzazione dovrà rispettare la tempistica ordinaria prevista dalla legislazione in materia di lavori pubblici (bandi di gara per lo studio, per la progettazione, per l'affidamento dei lavori, espropri, e altro);
il comitato cittadino «Cancello Rosso», attraverso il suo presidente, ingegnere Giovanni Russo, ha sollecitato il Presidente del Consiglio dei ministri in data 29 novembre 2010 ad intervenire affinché vengano riconosciuti al Sindaco della città di Vibo Valentia gli stessi poteri dei soggetti attuatori di cui alla ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3862, per poter utilizzare in deroga sia le risorse di cui all'accordo di programma quadro Ministero-regione, sia quelle di cui alla legge regionale n. 9 del 2007, ed eventualmente altre somme destinate allo scopo;
con la stessa nota il suddetto comitato ha chiesto che vengano riconosciuti gli stessi poteri al presidente della provincia relativamente alla competenze sul torrente Candrilli e sulle risorse di 1.000.000 di euro, di cui all'accordo di programma Ministero-regione;
allo stato attuale, in attesa delle necessarie iniziative che avrebbe dovuto promuovere il comune di Vibo Valentia, gli unici studi/monitoraggi di carattere tecnico eseguiti nell'area propriamente detta «Cancello Rosso» sono stati effettuati da privati cittadini e messi a disposizione

degli enti pubblici, unitamente agli strumenti tecnici installati nella proprietà privata (inclinometri e piezometri) -:
quante risorse, e se siano sufficienti, siano state messe a disposizione degli enti locali di Vibo Valentia per fronteggiare questa grave emergenza e quando verranno effettuati i relativi trasferimenti al comune e alla provincia;
se il Governo non ritenga urgente, per il necessario presidio delle abitazioni ed a salvaguardia della incolumità degli abitanti, l'adozione di un provvedimento ex articolo 4 della legge n. 225 del 1992 che metta in condizione il comune e la provincia di Vibo Valentia di poter derogare alle procedure ordinarie per effettuare immediatamente i lavori di sistemazione e di messa in sicurezza dell'area in frana denominata «Cancello Rosso» o, in subordine, di predisporre un urgentissimo intervento tramite il dipartimento della protezione civile.
(5-04062)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Lecce sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Completamento del restauro statico e recupero della torre campanaria della chiesa di Maria SS. Assunta

in Cavallino (Lecce) - Ente: Parrocchia di SS. Maria assunta in Cavallino - Euro: 106.415,75;
Intervento: Consolidamento statico e restauro della chiesa di Santa Maria della Nova in Lecce - Ente: Confraternita del Santissimo Sacramento e Gesù flagellato - Euro: 185.340,79;
Intervento: Opere di bonifica e recupero funzionale delle pertinenze della chiesa di S. Maria degli Angeli in Lecce - Ente: Confraternita Maria SS. presentata al tempio e San Francesco di Paola in Lecce - Euro: 330.305,84;
Intervento: Completamento del restauro dei prospetti posteriori, antiche mura della città e recupero vecchi locali del monastero delle benedettine di San Giovanni Evangelista di Lecce - Ente: Monastero delle suore Benedettine di San Giovanni Evangelista di Lecce - Euro: 1.414.864,65 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10381)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle

finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di L'Aquila sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Chiesa di Santa Lucia - Fraz. Pedicciano nel comune di Fagnano Alto (L'Aquila): Esecuzione di una campagna di analisi ed indagini diagnostiche - Ente: Chiesa di Santa Lucia in Fraz. Pedicciano di Fagnano Alto - Euro: 21.302,38;
Intervento: Completamento del consolidamento e restauro della chiesa di San Basilio in L'Aquila e di alcuni locali del complesso monumentale - Ente: Comunità delle suore Benedettine Celestine - Euro: 663.614,17;
Intervento: Consolidamento e restauro della chiesa di Sant'Egidio Abate in Verrecchie di Cappadocia (L'Aquila) - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo - Euro: 130.264,06;
Intervento: Lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della Chiesa di San Vincenzo a Carsoli (L'Aquila) - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo - Euro: 292.869,95;
Intervento: Restauro della chiesa di Santa Maria dei Sassi in Ridotti di Balsorano (L'Aquila) - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo - Euro: 319.024,47;
Intervento: Completamento della valorizzazione della chiesa di San Pietro in Rocca di Botte (L'Aquila) - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo - Euro: 291.075,74;
Intervento: Recupero statico e restauro conservativo del complesso-chiesa parrocchiale monumentale San Benedetto in Arischia (L'Aquila) - Ente: Parrocchia San Benedetto in Arischia - Euro: 1.214.235,76;
Intervento: Recupero statico e restauro conservativo del complesso monumentale in Santa Maria assunta in paganica (L'Aquila) - Ente: Parrocchia Santa Maria Assunta in Paganica - Euro: 2.342.674,63;
Intervento: Recupero statico e restauro conservativo del complesso chiesa Sant'Eusanio Forconese (L'Aquila) - Ente: Parrocchia di Sant'Eusanio Martire in Sant'Eusanio Forconese - Euro: 2.254.644,09;
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;

se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10382)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Genova sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Restauro conservativo delle superfici pittoriche, della chiesa dei Santi Vittore e Carlo, rifarcimento delle coperture del convento annesso alla chiesa e parziale rifarcimento dell'intonaco dei prospetti del convento - Genova - Ente: Chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Genova - Euro: 1.853.548,64;
Intervento: Restauro consolidamento statico e recupero funzionale dei

locali del monastero di Santa Chiara in San Martino D'Albaro (Genova) - Ente: Provincia dei frati minori della SS. Annunziata in Genova - Euro: 626.788,19-:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10383)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione

statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Gaeta è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro, valorizzazione e fruibilità da parte del pubblico della chiesa di San Giovanni Battista e della Torre Medievale in Castelforte (Latina) - Ente: Comune di Castelforte - Euro: 388.790,81-:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10384)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di

culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Lanciano-Ortona è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Adeguamento strutturale e ristrutturazione della chiesa di Santa Maria Maggiore in Lanciano (Chieti) - Ente: Parrocchia di Santa Maria Maggiore in Lanciano - euro: 937.800,29;
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10385)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille

IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Campobasso-Boiano è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro e consolidamento degli elementi lapidei della chiesa di Santa Maria Assunta in cielo in Ferrazzano (Campobasso) - Ente: Parrocchia di Santa Maria Assunta in Cielo in Ferrazzano - Euro: 162.238,94-:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10386)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;

il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni rotondo è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Interventi sulle facciate e relative opere provvisionali del complesso monumentale della Basilica di Santa Maria Di Siponto nel comune di Manfredonia (Foggia) - Ente: Curia arcivescovile di Manfredonia-Vieste-San Giovanni rotondo - Euro: 782.971,37 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10387)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010, supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010, «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;

l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010, al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009, dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Fermo sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Restauro consolidamento statico e miglioramento sismico della chiesa di San Paolino in Falerone (Fermo) - Ente: Parrocchia di San Paolino in Falerone - euro: 706.173,96;
Intervento: Restauro conservativo della chiesa di San Nicolò in Lapedona (Fermo) con destinazione ad auditorium, sale convegni e concerti - Ente: Comune di Lapedona - Euro: 333.725,91-:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985, dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10388)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adnkronos del 10 gennaio 2011, una coppia di fidanzati ventenni, lavoratori stagionali a Madonna di Campiglio, sarebbe stata arrestata dai carabinieri con l'accusa di avere avviato una piccola coltivazione di marijuana nella loro abitazione. Nel caso di specie i carabinieri

avrebbero perquisito l'abitazione di proprietà del ragazzo, situata nel centro di Campiglio, trovando due piante di marijuana di 40 centimetri sistemate in una serra ricavata in un armadio;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali sarebbe inconcepibile una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare, ad avviso degli interroganti, davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
in data 24 luglio 2009 la prima firmataria del presente atto ha depositato il progetto di legge n. 2641 rubricato «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione della coltivazione domestica di piante dalle quali possono essere estratte sostanze stupefacenti o psicotrope»;
la citata proposta di legge intende modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere, come opportunamente evidenziato nel provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, dottor Guido Salvini, la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione della prima firmataria del presente atto che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione

cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente, anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il testo unico sugli stupefacenti così come interpretato da un certo orientamento giurisprudenziale, nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
di quali informazioni dispongano circa la notizia diramata dall'agenzia di stampa Adnkronos e riportata in premessa;
se il Governo non ritenga di dover fornire dettagliati elementi in ordine agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e, in particolare, con riferimento a: a) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; b) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; c) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; d) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se, anche alla luce di operazioni di polizia quali quelle riportate in premessa, il Governo non reputi di dover intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana, sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica», venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-10392)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo del Corriere della Sera del 28 dicembre 2010, riporta che il 16 dicembre 2010 due fratelli nonché intellettuali berberi - Madghis e Mazigh Buzakhar - sono stati prelevati dalla loro casa ad opera di agenti della sicurezza interna libica e da allora non se ne sa più nulla;
il 16 dicembre 2010, inoltre, la casa dei due fratelli Buzakhar è stata perquisita e l'intero archivio - biblioteca dei due è stato requisito;
come riportato dal suddetto articolo del Corriere della Sera, i due intellettuali berberi sarebbero stati arrestati con l'accusa di «aver parlato a un turista italiano nella zona del Gebel Nafusa delle discriminazioni subite dai berberi in Libia»;
poche settimane prima dell'arresto dei due fratelli Buzakhar, un cantante berbero della Libia, Abdullah Ashini, di Zuara, è stato condannato a 5 anni di prigione;
il cantante è stato considerato reo di aver partecipato con una canzone in berbero al festival della canzone berbera a Las Palmas circa due anni fa;
sempre pochi giorni prima dell'arresto dei fratelli Buzakhar, il 4 dicembre 2010 come riportato in arabo sul sito ossanlybia.com, anche Simone Mauri, cittadino

italiano, ricercatore presso il SOAS (School of Oriental and African Studies) di Londra e studioso della cultura berbera è stato arrestato dalla polizia libica all'aeroporto di Tripoli, mentre, faceva ritorno in Italia;
a seguito dell'arresto, Simone Mauri ha trascorso un periodo di detenzione nelle carceri libiche sino al 24 dicembre 2010, quando grazie all'intervento dell'ambasciata italiana stato liberato;
sempre lo scorso dicembre, come si apprende dal sito internet berbero del Marocco - www.amazighworld.org/human rights/, anche due ricercatori marocchini, Mahfoud Asmahri e Hassan Ramo, e membri dell'IRCAM (Istituto reale della cultura Amazigh) sono stati detenuti nelle carceri libiche per poi esser rilasciati-:
se il Governo italiano sia a conoscenza dei fatti sopramenzionati;
quali siano le ragioni che hanno portato alla detenzione e poi alla scarcerazione del ricercatore italiano e dei due ricercatori marocchini;
se, alla luce dei suddetti fatti, il Governo italiano non intenda intervenire in modo deciso in sede bilaterale nei confronti della Libia, che nonostante la ratifica del «Trattato di Amicizia, partenariato e cooperazione del 2008», ad avviso degli interroganti non rispetta quanto sancito all'articolo 6, ossia il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
(4-10393)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

CAVALLARO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo un articolo pubblicato il 22 settembre da Il Sole 24 Ore e ripreso nei giorni scorsi diffusamente dalla stampa quotidiana locale delle Marche, la Sogin, società controllata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha individuato fra le 52 aree idonee alla localizzazione delle scorie nucleari almeno una in territorio marchigiano;
l'area in questione avrebbe dimensioni di circa 300 ettari e sarebbe situata tra i comuni di Jesi, Osimo e Filottrano, anche se la localizzazione precisa non è ancora nota essendo la mappa non disponibile;
la procedura finora seguita per la realizzazione del sito di stoccaggio sembra improntata alla massima segretezza ed alla totale mancanza di coinvolgimento di tutti quei soggetti istituzionali, in particolare la regione Marche, che ha specifiche competenze nel settore della produzione dell'energia e della localizzazione degli impianti relativi;
la notizia sta gettando allarme e rabbia nell'opinione pubblica locale anche perché pare che il criterio della scelta dei siti, da parte della Sogin, non deriverebbe da un accurato e adeguato processo di selezione dei luoghi più adatti ad ospitare impianti preposti allo stoccaggio delle scorie nucleari, ma da un semplice processo di esclusione dei posti dove l'impianto non va messo;
la regione Marche in più occasioni ha dichiarato la propria contrarietà all'utilizzo del proprio territorio per la produzione di energia nucleare sia come sede di centrali nucleari sia anche solo come sede di stoccaggio di scorie atomiche;
con una nota diffusa in data 15 ottobre 2010 anche l'ordine dei geologi delle Marche ha rilevato come il territorio marchigiano non può accogliere scorie nucleari, in quanto tale scelta, specie se riguardasse un'area agricola come quella della media-bassa Vallesina, «andrebbe a cozzare con la politica di sviluppo economico, ambientale ed energetico della Regione

Marche, volta al concetto di sostenibilità ambientale e all'utilizzo di energie alternative»;
nel territorio regionale non sussistono le condizioni geologiche, dal punto di vista strutturale e fisico, per accogliere aree destinate allo smaltimento delle scorie radioattive, soprattutto per la presenza di problematiche ambientali che vanno dal dissesto idrogeologico, con frane e possibili alluvioni, al rischio sismico e all'inquinamento sia puntuale sia diffuso delle acque sotterranee e superficiali;
ai fini della sostenibilità ambientale e dello sviluppo economico anche in relazione alla vocazione largamente paesaggistica e turistica della regione Marche è assai più opportuno concentrare l'attenzione sulla potenzialità delle energie rinnovabili, in particolare quella geotermica;
la questione appare di competenza plurima dei Ministri interrogati, in quanto la Sogin è controllata totalmente dal Ministero dell'economia e delle finanze, il compito di realizzare il recente programma di rientro del paese nella produzione di energia nucleare è del Ministero dello sviluppo economico, mentre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrebbe preventivamente vigilare sulla compatibilità paesistico-ambientale e con lo sviluppo sostenibile dell'economia locale della eventuale installazione di siti che fanno capo al ciclo della produzione di energia mediante centrali atomiche -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della realizzazione di una sede di stoccaggio di scorie atomiche o di altra struttura appartenente al ciclo di produzione dell'energia mediante centrali atomiche in territorio marchigiano, specificando, in caso affermativo, il luogo e le caratteristiche dell'impianto medesimo e se nella localizzazione dei siti per lo stoccaggio di scorie atomiche siano stati tenuti in considerazione, i rilievi sopra esposti dall'ordine dei geologi delle Marche, nonché quello non meno fondamentale dell'alta densità abitativa e della forte e diffusa antropizzazione del territorio marchigiano;
se tale eventuale scelta sia stata o debba essere ancora sottoposta al parere o alla concertazione con gli enti locali e con la regione Marche e quali determinazioni intendano assumere i Ministri interrogati in relazione alla contrarietà ad eventuali installazioni di tal genere già espressa dalle istituzioni interessate.
(3-01403)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
notizie apparse su www.corriere.it riferiscono della presenza di amianto in quantità considerevoli in molte case di proprietà del comune (1504) e dell'Aler (1000) di Milano il che espone 2.500 famiglie al rischio di cancro ai polmoni, all'intestino, alla laringe e allo stomaco;
si segnala in particolare il caso di via Russoli, a pochi passi dalla Iulm, dove 200 famiglie vivono in 4 palazzoni di otto piani, di proprietà dell'Aler, completamente rivestiti in amianto per un totale di 136 tonnellate di amianto, la cui presenza era già a conoscenza dal 1997 della stessa Aler, che ha causato il decesso di almeno otto persone per mesotelioma conclamato;
rispondendo all'interrogazione parlamentare 5-01233, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare riferiva il 24 giugno 2009 che, ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente n. 101/2003, era in corso la mappatura, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dell'amianto individuando, in una prima fase, i siti con amianto (tenendo conto di quattro categorie di ricerca: impianti industriali attivi o dimessi; edifici pubblici e privati; presenza naturale; altra presenza di amianto

da attività antropica) e, in una seconda fase, selezionando quelli maggiormente a rischio con la previsione di completare tale attività entro la fine del 2009 e che i siti fino a quel momento censiti erano 23.000;
con decreto ministeriale dell'8 aprile 2008, su iniziativa del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, è stato istituito un gruppo di studio per la verifica dello stato di attuazione, della rispondenza delle norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto e per l'implementazione di azioni atte al loro completamento, del quale fanno parte, tra gli altri, un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un rappresentante del coordinamento delle regioni, i due rappresentanti del Ministero della salute nominati nella vecchia commissione amianto -:
se il caso riferito in premessa rientri tra i siti censiti nell'ambito della mappatura ex decreto ministeriale n. 101/2003;
se e quali considerazioni ed azioni, in merito al fatto riferito in premessa, siano state fatte dal gruppo di studio di cui al decreto ministeriale dell'8 aprile 2008 e se il caso in questione non sia da annoverare tra gli interventi urgenti;
quali siano le risorse a disposizione del Ministero per interventi di bonifica sull'amianto su edifici pubblici e privati.
(5-04058)

Interrogazione a risposta scritta:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da un articolo del Corriere della Sera di giovedì 13 gennaio 2011 si apprende dell'inchiesta da parte della procura di Pisa sulle morti e sulle malattie provocate dall'esposizione all'amianto a Lardedello, dove è ubicato il più grande impianto geotermico d'Italia;
il predetto impianto, vero e proprio villaggio-fabbrica, strutturato in 34 centrali geotermoelettriche che estraggono vapore dal sottosuolo per trasformarlo in energia, originariamente di proprietà della «Larderello Spa», fu acquisito da «Enel» nel 1963 e oggi è gestito da «Enel Green Power»;
i chilometri di tubi che trasportano il vapore, oggi completamente bonificati dall'amianto e messi in sicurezza nel rispetto della normativa sull'amianto del 1991, per decenni sono stati coibentati con amianto da operai che non hanno mai preso alcuna precauzione a tutela della propria salute;
tale massiccia presenza di amianto, utilizzato per un periodo di tempo così lungo, non ha esposto a rischio solo gli operai dell'impianto ma ha prodotto una esposizione all'amianto che gli inquirenti, stando a quanto riportato dalla stampa, hanno definito «ambientale» o «familiare»;
per anni, quindi, l'amianto non solo è stato lavorato ma anche dismesso senza precauzioni al punto che i casi di malattia non si limitano ai lavoratori e alle loro famiglie, ma colpiscono anche semplici residenti in determinate zone contaminate dall'asbesto;
dalla stessa fonte si apprende che oltre all'indagine sui 19 lavoratori morti a causa del «mesotelioma pleurico», forma tumorale molto aggressiva che colpisce i polmoni e si sviluppa attorno alle fibre di amianto inalate in un periodo medio stimato in 35/40 anni, sono 111 le denunce di malattia che dal 1991 al 2009 sono pervenute alla Usl 5 di Pisa;
il dramma delle malattie provocate dall'esposizione all'amianto, sebbene in misura ridotta, non colpisce solo questo specifico territorio ma diverse realtà industriali dislocate su tutto il territorio nazionale -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'entità reale dei casi di malattia

direttamente imputabili all'esposizione all'amianto e di quanti contenziosi o cause di risarcimento danni siano in corso tra Enel e cittadini colpiti da tale «malattia professionale», non solo in Val di Cecina ma su tutto il territorio nazionale.
(4-10390)

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
la gara A è stata ulteriormente frazionata in otto lotti, rispettivamente denominati come segue: A1, A2, A3, A4, A5, A6, A7 ed A8;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: due imprese per il lotto Al; un'impresa per il lotto A2; due imprese per il lotto A4; un'impresa per il lotto A5; due imprese per il lotto A6; due imprese per il lotto A7 ed un'unica impresa per il lotto A8;
soltanto con riferimento al lotto A3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: quattro;
soltanto un'impresa è risultata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste citate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10401)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;
la gara B è stata ulteriormente frazionata in nove lotti, rispettivamente denominati come segue: B1, B2, B3, B4, B5, B6, B7, B8 e B9;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: due imprese per il lotto B1; un'impresa per il lotto B2; due imprese per il lotto B4; due imprese per il lotto B5; tre imprese per il lotto B6; due imprese per il lotto B7, un'unica impresa per il lotto B8 e tre per il lotto B9;
soltanto con riferimento al lotto B3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: cinque;
soltanto un'impresa è risultata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste citate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10402)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una serie di gare d'appalto, denominate rispettivamente A, B e C, per la fornitura di materiale di vestiario ed equipaggiamento destinato all'Arma dei carabinieri;

la gara C è stata ulteriormente frazionata in otto lotti, rispettivamente denominati come segue: C1, C2, C3, C4, C5, C6, C7 e C8;
a dispetto delle difficoltà in cui versava il comparto nazionale del tessile-abbigliamento, alla competizione per l'aggiudicazione dei relativi appalti partecipavano: tre imprese per il lotto C1; un'impresa per il lotto C2; due imprese per il lotto C4; tre imprese per il lotto C5; una sola impresa per il lotto C6; due imprese per il lotto C7 ed una sola impresa per il lotto C8;
soltanto con riferimento al lotto C3 si è riscontrata la partecipazione di un numero relativamente più ampio di aziende: cinque;
nessuna impresa, inoltre, è stata esclusa dalle aste -:
se sia noto per quali ragioni la partecipazione delle imprese italiane alle aste indicate in premessa è stata così bassa pur in costanza di una grave crisi congiunturale nel comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10403)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 3 dicembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto per la fornitura di un quantitativo non meglio specificato di uniformi ed accessori vegecam destinato al comando interforze per le operazioni delle forze speciali;
aggiudicataria dell'appalto è l'impresa Brooklin srl avente sede ad Empoli;
stando all'avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale la Difesa ha ricevuto un'unica offerta;
l'importo della fornitura è pari a 672.569 euro -:
se sia noto quali ragioni si ritenga abbiano causato una così ridotta partecipazione alla gara d'appalto e se in particolare sia ipotizzabile un difetto nelle strategie di comunicazione prescelte dal Ministero per assicurare la più ampia pubblicità possibile alla commessa.
(4-10404)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 29 novembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto suddivisa in due tronconi, rispettivamente denominati «gara A» e «gara B»;
la gara B contemplava a sua volta quattro lotti per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento destinati all'Arma dei carabinieri;
l'importo inizialmente stimato dei lotti era pari, rispettivamente, a: euro 1.853.800; euro 2.535.000; euro 5.111.750; euro 909.000 iva esclusa;
stando a quanto è scritto nell'avviso concernente l'esito della gara B pubblicato in Gazzetta, si è fatto ricorso alla procedura ristretta accelerata;
alla gara per l'assegnazione dei singoli lotti ha partecipato un solo concorrente per lotto, in tutti i casi un raggruppamento temporaneo di imprese -:
se sia noto quali ragioni si ritenga abbiano causato una così ridotta partecipazione alla gara d'appalto e se in particolare sia ipotizzabile un difetto nelle strategie di comunicazione prescelte dal Ministero per assicurare la più ampia pubblicità possibile alla commessa.
(4-10405)

REGUZZONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 29 novembre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto suddivisa in due tronconi, rispettivamente denominati «gara A» e «gara B»;

la gara A contemplava a sua volta quattro lotti per la fornitura di materiali di vestiario ed equipaggiamento destinati all'Arma dei carabinieri;
l'importo inizialmente stimato dei lotti era pari, rispettivamente, a: euro 5.533.000; euro 3.177.000; euro 444.000; euro 712.750 iva esclusa;
stando a quanto è scritto nell'avviso concernente l'esito della gara A pubblicato in Gazzetta, si è fatto ricorso alla procedura ristretta accelerata;
alla gara per l'assegnazione dei singoli lotti hanno partecipato rispettivamente: una sola impresa a quelle indette per il primo, il secondo ed il terzo lotto; tre imprese alla selezione per il quarto lotto;
risulta altresì essere stata esclusa un'impresa -:
quali siano le ragioni più probabili ad avviso del Ministro per una partecipazione tanto esigua e cosa abbia invece permesso la partecipazione di un numero relativamente più ampio di concorrenti alla procedura di selezione relativa al quarto lotto.
(4-10406)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
sul giornale on line Affari Italiani il 29 novembre 2010 è apparsa una lettera di un'azionista del Sole 24 Ore Spa, in cui «contesta, bilanci alla mano, gli errori di gestione del gruppo. Dall'Ipo, alle acquisizioni, alle scelte editoriali»;
il prospetto informativo di un IPO (Initial public offering) è un documento che fornisce le informazioni necessarie «affinché gli investitori possano pervenire a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull'evoluzione dell'attività dell'emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti»;
in linea di massima, si può ritenere che l'IPO sia un documento ispirato al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, che consenta una consapevole formazione della volontà contrattuale da parte dell'investitore, favorendo lo sviluppo di un clima di fiducia nel mercato finanziario da parte del pubblico dei risparmiatori-investitori;
all'epoca della quotazione in borsa del Sole 24 Ore (Il semestre 2007), il presidente del consiglio di amministrazione era il cavalier Giancarlo Cerutti che alla vigilia dell'evento assicurava che «il titolo Sole 24 Ore ha l'obiettivo di rappresentare un investimento tranquillo, solido, anche per investitori di lungo periodo, perché basa la propria forza sulla cultura dei fatti e dei risultati»;
l'Ops (offerta pubblica delle azioni) del titolo venne curata da Mediobanca di cui lo stesso cavalier Cerutti era azionista aderente al patto di sindacato e membro di diversi organi sociali (prima del consiglio di amministrazione e poi del consiglio di sorveglianza);
non vi era stato debutto in borsa negli ultimi due anni che avesse avuto un tasso relativamente così basso di sottoscrizione da parte degli istituzionali;
in occasione della quotazione del Sole 24 Ore è stata rilevata un'assegnazione anomala delle azioni fra investitori istituzionali e piccoli risparmiatori. In particolare, si sono spostate azioni dal book degli istituzionali ai piccoli risparmiatori, a cui sono state travasate 7 milioni di azioni in più;
all'epoca, l'intervallo di prezzo dell'Ops del Sole 24 Ore (5,75-7,00 euro) fu ritenuto di dubbia congruità: Morgan Stanley, una delle più importanti banche d'affari del mondo, sostenne che «per

rendere attraente il titolo sarebbe necessario collocarlo ad un prezzo vicino ai 4 euro» (sarà poi quotato a 5,75 euro);
in seguito si è assistito ad una continua discesa del titolo che, a dispetto di tutti gli indici e panieri di riferimento, nella prima settimana di dicembre 2010 ha toccato l'ennesimo minimo storico (-80 per cento dalla quotazione);
con l'Ops sono stati raccolti 210 milioni di euro, ma nei 42 mesi successivi il gruppo ne ha bruciati circa 203 milioni (in altri termini ed a parità di condizioni, senza i soldi raccolti dai piccoli risparmiatori, la società sarebbe andata in default) -:
se abbia ricevuto informazioni e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare in considerazione di quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974.
(2-00928)
«Palagiano, Borghesi, Evangelisti, Donadi, Di Pietro, Messina, Barbato, Favia, Palomba, Leoluca Orlando, Di Stanislao, Cambursano, Zazzera, Monai, Cimadoro, Paladini, Porcino, Mura, Di Giuseppe, Rota, Piffari, Aniello Formisano».

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 8 ottobre 2010, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto ripartita su tre lotti, rispettivamente: per la fornitura di 1.500 uniformi estive e 3 mila pantaloni estivi al personale femminile della Guardia di finanza; la fornitura di 12.320 paia di scarpe basse nere e 120 mila camicie a maniche corte destinate al personale maschile del medesimo Corpo;
l'avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale non chiarisce quante imprese abbiano effettivamente partecipato alla gara d'appalto e quante siano state eventualmente escluse -:
quante imprese abbiano partecipato alla gara e se il numero possa considerarsi congruo rispetto alla situazione di grave crisi congiunturale abbattutasi sul comparto tessile-abbigliamento del nostro Paese.
(4-10407)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 23 dicembre 2009, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l'esito di una gara d'appalto per la fornitura di un quantitativo «variabile da un minimo di 500 tute e 200 giubbetti ad un massimo di 700 tute e 400 giubbetti» per il Corpo della Guardia di finanza;
sempre stando alla Gazzetta Ufficiale, sono state ricevute dall'amministrazione appaltante cinque offerte;
l'importo della fornitura era pari a 143.955 euro, iva esclusa -:
se cinque offerte possano considerarsi un numero congruo, considerate anche le condizioni di crisi in cui versa il comparto tessile-abbigliamento, e se si ritenga possibile che con opportune misure di comunicazione sia possibile ampliare il numero dei partecipanti alle gare d'appalto future.
(4-10408)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

RAO, GALLETTI, BOCCHINO, TABACCI, LO MONTE, MELCHIORRE, LANZILLOTTA, RIA, MORONI e TANONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione nazionale magistrati ha espresso forti critiche per la mancanza

di fondi destinati ai servizi di manutenzione e assistenza dei sistemi informatici degli uffici giudiziari;
analoghe preoccupazioni sono state espresse dal personale e dai dirigenti del Ministero della giustizia che confermano l'allarme per la sospensione dei servizi di assistenza tecnica, giudicandolo «più che giustificato» ed evidenziano che gli oltre 60 mila computer e 5 mila server dislocati negli oltre 1.800 uffici e 3.000 edifici rischiano di non poter contare su una assistenza continua e che occorrerà ripiegare su un numero verde dove lasciare - così recita la circolare di via Arenula - un messaggio di cortesia;
l'emergenza era nota da mesi e, secondo fonti ministeriali, per continuare a lavorare a pieno regime servirebbero subito 18,4 milioni di euro per garantire assistenza per i primi mesi del nuovo anno, mentre per l'intero anno servirebbero in tutto, oltre ai 27,3 milioni già accantonati, altri 33 milioni di euro;
le conseguenze possono essere le più varie: dall'impossibilità di rilasciare certificati all'iscrivere una causa a ruolo, dall'iscrizione nel registro degli indagati alla catalogazione delle notizie di reato, con il rischio concreto che dai tribunali non possa essere più erogato un servizio adeguato ai cittadini;
ovviamente anche l'attività di intercettazione subirebbe una sospensione, in quanto le registrazioni e i tabulati si basano su un sistema informatico;
queste carenze incideranno anche sui rapporti di cooperazione internazionale che avvengono, quasi esclusivamente, per via telematica;
sono inevitabili le ricadute negative in termini di sicurezza, dal momento che procure e tribunali trattano dati molto sensibili e fascicoli secretati, sui quali non vi sarebbe più alcuna garanzia relativamente agli interventi sui sistemi informatici;
senza assistenza informatica si tornerebbe indietro di venti anni sotto il profilo dell'efficienza e della rapidità, con danni irreparabili alle indagini, ai rapporti tra polizia e procure e ai processi civili, rendendo impossibile una «ragionevole durata del processo» a danno dei cittadini;
la politica governativa di annunci, impegni e assicurazioni sulla piena informatizzazione degli uffici giudiziari si scontra, nella realtà, con un effettivo atteggiamento di chiusura del Ministero dell'economia e delle finanze sulle proposte per
recuperare risorse e ridurre le spese;
nel mese di dicembre 2010, il sottosegretario Caliendo ha assicurato in Parlamento di aver chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti di trovare nuove risorse o autorizzare variazioni di bilancio, per evitare che al 31 dicembre il contratto di assistenza si interrompesse;
il Ministro interrogato, dopo aver pubblicamente dichiarato di aver chiesto aiuto a Giulio Tremonti ma di non averne ricevuto, ha comunicato in data 5 gennaio 2011 che «il problema è stato risolto» e che il servizio riprenderà regolarmente ancora prima della piena ripresa del lavoro negli uffici giudiziari, grazie ad una variazione del bilancio interno del Ministero che ha consentito di reperire le risorse mancanti;
la soluzione tampone adottata dal Ministro interrogato ben rappresenta il grado di attenzione che questo Governo rivolge ai problemi della giustizia e sacrifica risorse già destinate dal Ministero ad altri centri di spesa di cui però non si ha conoscenza;
sarebbe opportuno che prima di annunciare grandi riforme nel campo della giustizia il Governo si preoccupi intanto di garantire la già precaria ordinaria amministrazione del settore giudiziario che deve

affidarsi a virtuosismi di tecnica contabile per assicurare il funzionamento del settore della giustizia italiana -:
se non ritenga di adottare adeguate iniziative che assicurino in modo strutturale i fondi necessari ad impedire che questa situazione possa ripetersi, rischiando di mettere in ginocchio l'intero sistema giudiziario italiano, già pesantemente colpito da gravi problemi di funzionamento, nonché di fornire elementi utili ad individuare i settori ed i centri di spesa interessati dalle citate variazioni di bilancio effettuate.
(3-01400)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:

RIA e RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'attuale assetto della categoria dei magistrati onorari non corrisponde più al modello teorico, in quanto il servizio reso dalle toghe suddette corrisponde invece a una prestazione di lavoro subordinato: questo anche l'orientamento della Corte costituzionale e della Corte di cassazione;
la magistratura onoraria non ha un ruolo complementare e occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini;
ad oggi, l'articolo 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374, in materia di durata dell'ufficio del giudice di pace, prevede che il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni e, al termine, può essere confermato una sola volta per uguale periodo, subordinatamente ad un giudizio di idoneità a svolgere le funzioni per il successivo quadriennio, espresso dal consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell'articolo 4, nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto;
già dal 2011 circa 800 giudici di pace dovranno lasciare l'incarico, poiché sono in scadenza i mandati dei magistrati prorogati e di quelli immessi nelle funzioni nel 1999, con l'impossibilità di essere sostituiti, atteso che le procedure concorsuali sono bloccate e con consequenziale rischio di paralisi della giustizia;
sarebbe opportuno assicurare a questi magistrati eque e dignitose retribuzioni, prestazioni di sicurezza sociale che assicurino protezione in caso di maternità, malattia, vecchiaia, nonché ferie retribuite;
vi sono degli autorevoli precedenti in materia di stabilizzazione: per i magistrati tributari e per i magistrati onorari del tribunale per i minorenni, infatti, il rapporto a tempo determinato è stato di recente trasformato in rapporto a tempo indeterminato e neppure i conciliatori, precursori dell'ordinamento dei giudici di pace, avevano limiti di durata temporale degli incarichi;
con ordine del giorno (A.C. 3778-A) del 20 novembre 2010 la Camera aveva impegnato il Governo ad avviare in modo concreto una riforma organica che assicuri la stabilizzazione della categoria in questione, in linea con le direttive comunitarie in materia di trattamenti riservati ai giudici onorari, con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la Carta di Strasburgo -:
conseguentemente a quanto esposto in premessa, quali iniziative intenda prendere per dare seguito all'impegno assunto con il suddetto ordine del giorno e, in particolare, se non ritenga di poter intervenire assumendo le opportune iniziative normative dirette a modificare il suddetto articolo 7 della legge 21 novembre 1991, n. 374, al fine di garantire da subito la rinnovabilità degli incarichi dei giudici di pace, posto che questo intervento normativo eviterebbe la dispersione di professionalità formatesi in decenni di esercizio della giurisdizione e non comporterebbe

costi aggiuntivi a carico dello Stato per l'espletamento delle procedure di concorso e per la lunga e necessaria formazione dei nuovi assunti.
(5-04063)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Corriere della Sera del 13 dicembre 2010 veniva dato ampio risalto al mancato proscioglimento di un cittadino indagato nell'ambito di un'inchiesta penale di competenza della procura della Repubblica di Roma;
secondo l'estensore, il sostituto procuratore incaricato delle indagini avrebbe ammesso che, pur essendoci la prova dell'innocenza dell'interessato fin dal finire del 2008, non era possibile provvedere in senso favorevole all'indagato, perché ciò comportava lo stralcio del procedimento e non vi era, presso l'ufficio, una dotazione di carta sufficiente a fotocopiare i numerosi faldoni di cui era composto il fascicolo processuale;
la vicenda ha sollevato scalpore dal momento che l'opinione pubblica, a parere dell'interrogante, è stata indotta a ritenere che la prolungata sottoposizione al procedimento penale di un innocente è causata dalla mancanza di fondi o, peggio, di beni di consumo come la carta per la fotocopiatrice;
abbastanza sorprendente, poi, sempre a giudizio dell'interrogante, appare la notizia accreditata secondo la quale, ai fini del proscioglimento, risulterebbe necessario fotocopiare, attraverso lo stralcio, l'intero fascicolo processuale e non soltanto le parti strettamente necessarie a verificare la genesi dell'imputazione contestata al malcapitato e gli atti idonei a dimostrare l'innocenza del medesimo;
il fascicolo in questione risulterebbe aver «riposato», durante il passaggio da un sostituto ad un altro, per un periodo non indifferente, durante il quale, magari, la disponibilità di carta per le fotocopie poteva essere maggiore rispetto a quella odierna;
appare corretto chiarire i termini della vicenda ai fini del buon andamento degli uffici coinvolti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere circa quanto accaduto in ordine al procedimento penale in questione, anche ricorrendo, se del caso, ad un'ispezione presso l'ufficio giudiziario interessato.
(5-04064)

Interrogazioni a risposta scritta:

DONADI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco Di Lorenzo, residente a Mozzo (Bergamo), per comprare nel 1988 un appartamento in un immobile in costruzione aveva versato all'impresa costruttrice la somma di 14 milioni di lire;
il contratto sottoscritto prevedeva la permuta della sua vecchia abitazione, ma i tempi di consegna del nuovo appartamento si sono allungati oltre misura. La società immobiliare in difficoltà economiche si è fatta anticipare dall'istituto di credito l'ammontare del mutuo intestato al signor Di Lorenzo, mentre, viceversa, il mutuo doveva decorrere dal momento della consegna dell'appartamento;
l'istituto di credito iniziò ad esigere gli interessi passivi che la società immobiliare addebitava ai futuri inquilini: si trattava di tre milioni di lire per ogni acquirente;
dal rifiuto del signor Di Lorenzo di pagare tali interessi è iniziata una serie di contenziosi sul possesso dell'appartamento (che resterà di proprietà dell'immobiliare) e su acconti, lavori effettuati, spese, interessi;
da ultimo vi è stato il pignoramento dell'appartamento dove vive il signor Di Lorenzo, il quale, pensionato e con due figli adulti senza lavoro, ha manifestato il

4 marzo del 2009 incatenandosi davanti al tribunale, che ha impiegato 19 anni per prendere una decisione in merito al suo caso -:
quali iniziative normative intenda assumere il Governo per snellire le cause civili al fine di restituire ai cittadini la certezza del diritto;
se il Ministro, alla luce dell'abnorme durata del processo, non intenda assumere iniziative ispettive per l'esercizio dei poteri di competenza.
(4-10380)

BOFFA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2004 a Borgoforte (Mantova) veniva assassinato Alfredo Di Dio, piccolo artigiano originario della provincia di Benevento;
per l'omicidio del signor Di Dio veniva condannato per omicidio volontario il signor Diego Pavan, di Maranello (Modena);
i familiari della vittima non hanno ricevuto dalle istituzioni alcun sostegno materiale, giuridico e sociale;
la nostra legislazione, infatti, prevede alcuni fondi di solidarietà soltanto per alcune tipologie di vittime;
tale situazione genera una discriminazione categoriale che ha determinato nei familiari delle vittime un sentimento di abbandono e di ingiustizia che ha spinto alcuni di loro a rivolgersi all'interrogante per chiedere l'intervento da parte delle istituzioni;
la direttiva n. 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa all'indennizzo delle vittime di reato stabilisce un sistema di cooperazione tra autorità nazionali operativo dal 1o gennaio 2006 volto a facilitare alle vittime di reati violenti ed intenzionali l'accesso ad un equo e congruo indennizzo;
tale sistema di cooperazione dovrebbe operare sulla base dei meccanismi in vigore negli Stati membri per garantire l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori;
a tale scopo la direttiva, all'articolo 12, paragrafo 2, dispone che «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime»;
la direttiva prevede che il risarcimento sia, nella pratica, facilmente accessibile, indipendentemente dal luogo dell'Unione Europea in cui un cittadino sia vittima di un reato;
la ragion d'essere di tale sistema di indennizzo è sinteticamente ed efficacemente riassunta dal considerando n. 10 della Direttiva n. 2004/80/CE: «Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito»;
l'articolo 2 della direttiva, rubricato «Responsabilità per il pagamento dell'indennizzo», stabilisce: «L'indennizzo è erogato dall'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato;
il paragrafo 1 dell'articolo 18 («Attuazione») della direttiva n. 2004/80/CE stabilisce: «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente Direttiva entro il 1o gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1o luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione»;
sul legislatore, dunque, incombeva l'obbligo comunitario di istituire, entro il 1o luglio 2005, un sistema generale di

indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti di cui all'articolo 12 paragrafo 2 della direttiva n. 2004/80/CE;
lo Stato italiano non ha mai dato completa e precisa trasposizione alla direttiva n. 2004/80/CE;
il decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 204, rubricato «Attuazione della direttiva n. 2004/80/CE relativa all'indennizzo delle vittime di reato», è giunto con un notevole ritardo rispetto ai termini previsti, e, cosa ancor più grave, non dà attuazione alcuna al disposto di cui all'articolo 12, paragrafo 2, della direttiva in questione, non contemplando affatto un sistema di indennizzo assimilabile a quello previsto da tale norma;
tale provvedimento disciplina soltanto gli aspetti formali della procedura, sul presupposto che siano già individuati (alcuni e non tutti) i reati intenzionali e violenti cui ricollegare il sistema di indennizzo: il legislatore non ha istituito un sistema di indennizzo applicabile a tutte le fattispecie di reato di tipo violento e intenzionale, come richiedeva l'articolo 12 paragrafo 2 della direttiva n. 2004/80/CE; si è limitato, al contrario, ad indicare come legittimate all'ottenimento di un indennizzo soltanto le vittime di reati a cui disposizioni preesistenti già garantivano tale diritto;
l'inadempimento dell'Italia, per le questioni di cui si tratta, è conclamato: la Corte di giustizia europea, con sentenza del 29 novembre 2007, ha considerato fondato il ricorso della Commissione europea del 26 febbraio 2007 (causa C-112/07), e ha dichiarato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva n. 2004/80/CE;
la condotta inadempiente dello stato risulta tanto più grave in quanto il medesimo era già inottemperante rispetto alla Convenzione europea sul risarcimento delle vittime di crimini violenti del Consiglio d'Europa del 1983, non ratificata dall'Italia;
venendo al caso di specie (l'omicidio del signor Di Dio) va osservato che, non esistendo nell'ordinamento italiano, allo stato attuale delle cose, un sistema di indennizzo delle vittime di reati violenti, si è verificata una lesione del diritto dei familiari all'ottenimento di un equo e congruo indennizzo da parte dello Stato italiano, diritto derivante loro dalle disposizioni della direttiva n. 2004/80/CE;
il tribunale di Torino, sez. IV civile, nel giudicare una controversia per molti aspetti simile a quella oggetto della presente interrogazione, con sentenza n. 3145 del 3 maggio 2010, dopo aver accertato l'inadempimento della Presidenza del Consiglio dei ministri per mancata attuazione della direttiva n. 2004/80/CE, ha condannato la stessa al pagamento di un risarcimento liquidato in 90.000,00 euro in favore di una donna vittima del reato di «violenza sessuale» cui era stato negato l'accesso ad equo sistema di indennizzo;
una consolidata giurisprudenza comunitaria ha affermato il diritto del singolo al risarcimento del danno patrimoniale subito per effetto dell'inadempimento dello Stato membro: quando il pregiudizio al singolo derivi dalla violazione di una norma di diritto comunitario da parte dello Stato, questo dovrà rispondere nei confronti del soggetto leso in conformità alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilità della pubblica amministrazione;
la sentenza n. 7630 del 2003 della Cassazione afferma che, in tema di risarcibilità del danno subito dal singolo in conseguenza della mancata attuazione di direttiva comunitaria da parte del legislatore italiano, deve riconoscersi il diritto del privato al risarcimento del danno, sia che l'interesse leso giuridicamente rilevante sia qualificabile come interesse legittimo sia come diritto soggettivo; la mancanza di leggi a tutela delle vittime di reati gravi potrebbe diventare un fattore di rischio che andrebbe a sommarsi a quegli intrinseci all'evento tragico perché i famigliari delle vittime possono percepire questo

vuoto legislativo come una seconda vittimizzazione nei loro confronti; si avverte la necessità per i familiari delle vittime di reati violenti di un sostegno materiale, psicologico, giuridico e sociale, come dimostrato da alcuni studi disponibili, provenienti prevalentemente dagli Stati Uniti d'America, che confermano la gravità e la complessità delle conseguenze subite dalle cosiddette surviving families -:
se non ritenga il Ministro interrogato doveroso colmare al più presto il vuoto giudiziario derivante dalla mancata e piena attuazione di quanto disposto dalla direttiva n. 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa all'indennizzo delle vittime di reato al fine di assicurare ai familiari delle vittime di reati gravi quel giusto e legittimo risarcimento riconosciuto dalla giurisprudenza europea, evitando al contempo nuove sentenze di condanna nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri come già avvenuto con la citata sentenza n. 3145 del 3 maggio 2010 emessa dal tribunale di Torino, sez. IV civile.
(4-10389)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito giustiziagiusta.info, a Milano, a causa della tecnica del «copia e incolla», un imputato è stato tenuto in galera con le motivazioni di un altro;
nel caso di specie sembrerebbe che i pubblici ministeri, di fronte ad una richiesta di scarcerazione, si siano limitati a copiare e incollare il parere già espresso per un altro detenuto, senza neanche ricordarsi di cambiare il nome. E, circostanza ancora più grave, il giudice avrebbe accolto il parere come se niente fosse, senza accorgersi che riguardava un altro imputato;
la vicenda riguarda un imputato, Giovanni Valdes, ex sindaco di un paese tra Milano e Pavia, in carcere da tre mesi, festività comprese, per un reato (la turbativa d'asta) che la legge punisce con una pena esigua: talmente esigua da rendere praticamente certo che, in caso di condanna, ci sarà la sospensione condizionale della pena;
ecco la ricostruzione operata dallo stesso Giovanni Valdes e riportata sul sito la giustizia.info: «Il 24 dicembre il difensore di Valdes, Mario Brasa, chiede al gip Andrea Ghinetti la scarcerazione del suo assistito. Lo stesso giorno il pubblico ministero Paolo Storari, braccio destro del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, scrive: »Parere sulla istanza di revoca/modifica avanzata dalla difesa di Valdes. Allo stato si esprime parere contrario per i seguenti motivi: si tratta della terza istanza avanzata da Introini. Introini dopo pochi mesi dall'aver ricoperto la carica di sindaco si è subito messo a disposizione«, eccetera eccetera. Il maldestro »copia - e - incolla« è vistoso, ma il giudice Ghinetti non fa una piega. E tre giorni dopo, »visto il parere negativo del pubblico ministero«, respinge l'istanza» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non intenda avviare un'ispezione presso la procura di Milano e, se del caso, avviare tutte le iniziative di competenza.
(4-10410)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la notte del 7 gennaio 2011 due detenuti sarebbero stati rinvenuti feriti all'interno del carcere della Dogaia (Prato);
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno, alcuni testimoni oculari, passata la mezzanotte, avrebbero visto due detenuti mentre venivano accompagnati al pronto soccorso dell'ospedale. Entrambi perdevano sangue, ma uno era in condizioni critiche, tanto che è stato subito

portato in sala operatoria, mentre l'altro è stato medicato dai sanitari sul posto;
al momento la direzione del carcere nega che sia avvenuto un accoltellamento - si parla genericamente di una caduta - e di questa vicenda ufficialmente non si sono occupati né i carabinieri né la polizia -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di verificare l'esatta dinamica che ha condotto al ferimento dei due detenuti.
(4-10412)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il Detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, il 13 gennaio 2011 il detenuto Michele Massaro, 23enne, si è suicidato nel carcere Capanne di Perugia inalando il gas di una bomboletta da camping. L'uomo era detenuto nel carcere umbro dallo scorso mese di ottobre, quando i carabinieri lo prelevarono dalla comunità terapeutica nella quale era ricoverato;
i trascorsi da tossicodipendente ed i reati «contro il patrimonio», che spesso contrassegnano l'esistenza di chi deve procurarsi i soldi per la «dose», avevano fatto accumulare a Michele Massaro una pena che considerava sproporzionata: 8 anni, troppi per avere una misura alternativa, ma per lui troppi anche da trascorrere in una cella, evidentemente;
Massaro ha approfittato del cosiddetto momento di «socialità» in cui l'altro detenuto è uscito, forse uno dei pochi in cui la vittima è stata lasciata completamente sola nelle ultime settimane, per togliersi la vita;
in seguito al fax inviato dal suo legale alla direzione del carcere di Capanne - comunicazione avvenuta dopo l'incontro coi familiari sconvolti, ai quali era stato confidato l'intento suicida da Michele - il giovane era seguito dal personale con un'attenzione maggiore. Lui, che si era sempre mostrato passivo e quasi per niente coinvolto nelle attività ricreative dell'istituto penitenziario, è stato portato via - dopo che il medico legale Sergio Pantuso Scalise ne ha constatato il decesso - nel silenzio rispettoso dei detenuti del braccio maschile;
da inizio anno, in soli 12 giorni, salgono così a 6 i detenuti «morti di carcere»: il più «anziano» aveva 35 anni, Michele Massaro era il più giovane. Due si sono suicidati, gli altri 4 sono morti per «infarto»;
nel carcere di Perugia l'ultimo decesso risaliva all'ottobre 2007, quando Aldo Bianzino - falegname arrestato per il possesso di alcune piante di marijuana - fu trovato morto in cella in circostanze mai del tutto chiarite (la procura ha recentemente archiviato il relativo fascicolo, che come ipotesi di reato riportava «omicidio volontario contro ignoti») -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità del personale penitenziario in ordine al suicidio del detenuto Michele Massaro;
se e che tipo di sostegno psicologico fosse stato predisposto nei confronti del detenuto;
quanti siano gli psicologi e gli educatori effettivamente in servizio presso il carcere Capanne di Perugia e quanti quelli previsti in pianta organica;
se non intendano adottare le opportune iniziative normative al fine di istituire gli istituti a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti;
se non si intendano immediatamente stanziare fondi per migliorare la vita degli

agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di afflizione ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società.
(4-10413)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno, nel corpo di Yuri Attinà, il giovane di 28 anni morto nel carcere delle Sughere il 7 gennaio 2010, sarebbero state trovate tracce di gas. È quanto emerge dalle prime indiscrezioni emerse dall'autopsia eseguita sabato mattina dal medico legale, Luigi Papi. I risultati ufficiali devono ancora arrivare, ma in base a quanto emerso il giovane avrebbe assunto una notevole quantità di gas prima di morire. Lo conferma anche il fatto che accanto al suo corpo è stata trovata una bomboletta (tipo quelle da campeggio) che vengono date in dotazione alle celle per preparare il caffè. Yuri era alle Sughere, al settimo padiglione, in cella con due compagni. Nei prossimi giorni, arriveranno anche gli esiti delle verifiche tossicologiche;
secondo la nipote del detenuto deceduto, «Yuri fumava il gas in cella, invece il direttore dell'istituto detentivo ci aveva assicurato che era impossibile perché »i controlli sono scrupolosi«. Inoltre ci risulta che Yuri aveva assunto gas anche mentre era detenuto a Pisa, due anni fa circa. Non capisco come mai alle Sughere lui avesse ancora a disposizione il fornellino. Ci hanno detto che è morto subito e che i soccorsi sono stati immediati. Invece c'è chi dice che l'ambulanza sia arrivata molto dopo. Io non so come stiano le cose e non voglio certo cercare colpe che non esistono. La responsabilità di questa storia è di Yuri, che l'ha pagata anche cara. Ma se c'è qualcuno che ha sbagliato è giusto che paghi» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di verificare se in relazione al decesso del detenuto siano ravvisabili responsabilità del personale penitenziario;
per quali motivi il detenuto avesse a disposizione il fornellino da camping nonostante i familiari avessero in più occasioni avvertito la direzione dell'istituto penitenziario che l'uomo era solito fumare il gas in cella;
se e che tipo di controlli fossero stati predisposti dalla direzione del carcere nei confronti dell'uomo;
se nel caso di specie risulti se i soccorsi siano stati tempestivi.
(4-10414)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero, nella sua edizione del 13 gennaio 2011 ha pubblicato un articolo della giornalista Isabella Faggiano;
nell'articolo si riferisce di un clamoroso caso di «mala-giustizia», di cui sono stati vittima i signori Vittorio Raffaele Gallo, dipendente delle Poste; Bruno Del Moro, autista dell'azienda di trasporto pubblico di Livorno; Franco Foschini; e Giorgio Mariotti;
i quattro sono stati coinvolti, per errore, in una vicenda giudiziaria cominciata tredici anni fa, quando vennero arrestati con l'accusa di essere i responsabili di alcune rapine avvenute in alcuni uffici postali romani;
la sentenza di primo grado, che condannava i quattro a pene varianti tra i quattro e i sei anni di reclusione risale al 2004, ben otto anni dopo le rapine e sette anni dopo gli arresti;

le modalità delle rapine, scrive la giornalista, sono state «ben dettagliate fin dall'inizio, ma carenti in un unico particolare, il principale: l'identificazione degli autori del fatto. Per 14 anni la giustizia si è accanita contro chi quelle rapine non le ha mai commesse»;
il signor Gallo, accusato di essere il basista delle rapine, ha trascorso un anno in carcere e le poste, quando furono privatizzate, lo ha licenziato in tronco, perché era venuto meno il rapporto fiduciario; come riferisce il legale del signor Gallo, «ha perso casa, lavoro e affetti»;
analogo calvario hanno patito gli altri tre imputati;
i giudici di appello hanno assolto i signori Gallo, Del Moro, Foschini e Mariotti, stabilendo che non sono i responsabili delle rapine di cui erano stati accusati -:
se quanto sopra esposto e riferito dalla giornalista del Messaggero corrisponda a verità;
in caso affermativo, se non ritenga disporre iniziative ispettive per l'esercizio dei poteri di competenza.
(4-10417)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI e CHIAPPORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse su diversi quotidiani si apprende che sarebbero stati spesi, a carico del bilancio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 105 mila euro per la ristrutturazione dei bagni dell'appartamento del prefetto di Genova;
si riferisce che i costi particolarmente elevati sarebbero da imputare alle particolari dotazioni di pregio scelte e al tipo di interventi progettati, comprendenti la realizzazione di un bagno turco con illuminazione per la cromoterapia, vasca idromassaggio, rivestimento in marmo verde e bianco, installazione di sanitari «serie lusso»;
i lavori, affidati dopo una gara hanno fatto registrare diversi aumenti di spesa, dovuti proprio alla complessità delle soluzioni che l'impresa doveva eseguire secondo il progetto, e hanno implicato l'impegno ulteriore di operai specializzati; si sono inoltre registrati sovrapprezzi dal 20 al 30 per cento a pezzo, per la fornitura dei sanitari o delle rubinetterie «per la particolarità dei pezzi scelti»;
in un periodo di rigore economico e di tagli alla spesa pubblica notizie come quelle riportate suscitano a dir poco sconcerto, sia in considerazione del valore assolutamente esorbitante della spesa della ristrutturazione, sia per il tipo di interventi progettati -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e quali iniziative intenda assumere per accertare le responsabilità dell'accaduto ed in particolare come possa essere stata autorizzata a carico del bilancio del Ministero l'impegno di spesa in oggetto.
(4-10400)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
si moltiplicano i disagi causati da ritardi sugli orari dei treni e da guasti tecnici piuttosto gravi. Il disservizio sui treni a lunga percorrenza che uniscono il nord Italia con il sud e la Sicilia sembra sia diventato una prerogativa costante e inevitabilmente legato ai viaggi su rotaia. Troppo spesso i viaggiatori hanno viaggiato e viaggiano in condizioni pessime: l'inagibilità dei servizi igienici, durata, come nel caso del treno Intercity che collega Milano con Reggio Calabria, per tutto il viaggio, è uno dei casi più gravi e più recenti della storia del trasporto ferroviario verso il Meridione. Per ovviare alla inaccettabile inefficienza, i responsabili del personale

viaggiante di Trenitalia hanno dovuto far fermare il treno, con soste lunghe e anche straordinarie, presso le stazioni di Roma, di Formia e di Napoli, al fine di consentire ai numerosi passeggeri presenti nelle carrozze del treno l'accesso e l'uso delle toilette delle stazioni di transito per sopperire all'assurda situazione di inagibilità delle toilette di un treno che impiega circa 12 ore per effettuare il collegamento fra Milano e Reggio Calabria. Al disagio, terminato in Calabria di alcuni passeggeri, si aggiunge quello ulteriore dei passeggeri che proseguono per la Sicilia e che raggiungono le lontane e mal servite province di Agrigento e di Trapani;
è dunque questo un altro episodio che si aggiunge alla ormai lunghissima lista dei disagi patiti dai passeggeri che utilizzano le ferrovie come mezzo di trasporto per spostarsi lungo l'asse Sud-Nord-Sud;
sommiamo a questo i disagi di tutti quei treni, (come ad esempio l'intercity Roma-Reggio Calabria, fermatosi a Napoli per un guasto tecnico e non più ripartito, che ha costretto i passeggeri a trasbordare sul servizio sostitutivo su gomma), che presentano problemi tecnici irrisolvibili, bloccando i passeggeri anche per ore e senza nessuna notizia sulla nuova partenza e sull'arrivo alla destinazione finale;
la penalizzazione dei cittadini residenti nel meridione, in particolare in Calabria e Sicilia, è sempre più evidente. Certamente, il materiale rotabile utilizzato da Trenitalia non è qualificabile come efficiente e non si evince una volontà dell'azienda di trasporto di migliorare, visto che i disagi, anziché la qualità, caratterizzano i viaggi dei cittadini siciliani e calabresi e di chiunque altro utilizza i treni da e per il Sud -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per cambiare la situazione ferroviaria del Meridione, in particolare dei treni transitanti dallo stretto di Messina per l'estremo sud e per il sempre più lontano nord, per ridurre o eliminare i disagi dovuti all'assenza di una rete di trasporti ferroviari moderna e a materiale rotabile non più idoneo al trasporto passeggeri.
(4-10409)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in un articolo di Enzo Angelini del 5 gennaio 2011 dal titolo «Un'altra interdittiva antimafia per la Safab Spa. Questa volta l'Anas si adegua» pubblicata su Antimafia2000.com si legge che la prefettura di Roma il giorno 23 novembre 2010 ha emesso interdittiva antimafia alla nuova Safab spa controllata al 100 per cento dall'ex manager Michele De Capoa che ha rilevato il ramo principale della vecchia società;
Anas spa, una delle principali committenti Safab, ha reso noto che: «A seguito della comunicazione dell'interdittiva antimafia positiva emessa il 23 novembre 2010 dalla Prefettura di Roma nei confronti della SAFAB S.p.A., la Condirezione Generale Tecnica dell'Anas, con nota del 9 dicembre 2010, ha ordinato ai Responsabili del Procedimento degli appalti in esecuzione da parte della SAFAB, di disporre l'immediata interruzione dei lavori, previa messa in sicurezza delle opere»;
successivamente, la direzione centrale nuove costruzioni, con nota del 14 dicembre 2010, ha chiesto ai responsabili del procedimento di essere immediatamente informata dell'avvenuta ottemperanza all'ordine di interruzione dei lavori e li ha invitati a trasmettere, con la massima urgenza, una dettagliata relazione tecnico-amministrativa sui lavori oggetto di interruzione unitamente ad ogni altra informazione utile al fine di poter tempestivamente disporre il recesso di ANAS dal contratto secondo quanto stabilito dall'articolo 11, comma 3, del decreto

del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 e pianificare gli adempimenti successivi;
attualmente tutti i lavori in corso di esecuzione da parte della SAFAB sono stati sospesi, mentre sono in fase di completamento le operazioni di messa in sicurezza delle opere (si tratta di tre cantieri ancora non ultimati);
si tratta, da parte di Anas, di una decisione diametralmente diversa rispetto a quella assunta rispetto alla precedente ostativa antimafia come evidenziato nell'interrogazione parlamentare 4-06928;
è stata avanzata richiesta unitaria dai sindacati per l'ottenimento della cassa integrazione guadagni, in attesa della pronuncia della pronuncia del Tribunale amministrativo regionale sulla questione con la Safab che ha fatto ricorso -:
per quali ragioni l'Anas abbia assunto la decisione di interruzione dei lavori a differenza di quanto avvenuto rispetto alla precedente ostativa antimafia del 25 novembre 2009;
quali forme di tutela si intendano assumere a tutela dei lavoratori.
(4-10416)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:

CENNI e CECCUZZI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie rese note nei giorni scorsi, non supportate da atti e documenti, e riprese anche da organi di informazione locale, è stata ipotizzata la possibilità che la compagnia dei carabinieri di Abbadia San Salvatore (provincia di Siena) venga declassata a tenenza. La riduzione di personale conseguente (circa 20 agenti rispetto alle attuali 43 unità) avrebbe ripercussioni negative soprattutto per l'efficace e puntuale controllo del territorio ed il rispetto dell'ordine pubblico dei comuni del territorio (in particolare, Piancastagnaio, Radicofani, Castiglione d'Orcia, San Casciano dei Bagni) e, in generale, della vasta zona dei Monte Amiata, caratterizzata da aree marginali, da una rete infrastrutturale viaria limitata e spesso da nuclei abitativi frastagliati ed isolati;
la più vicina compagnia dei carabinieri di riferimento (in cui verrebbe peraltro trasferito anche il nucleo operativo radiomobile di Abbadia San Salvatore) sarebbe, conseguentemente, quella presente a Montalcino, centro abitato distante alcune decine di chilometri dal Monte Amiata e, quindi, in una sede logistica non ottimale per poter permettere ai carabinieri lo svolgimento efficace e tempestivo delle funzioni d'istituto;
tale notizia è stata annunciata, nel corso del consiglio comunale di Abbadia San Salvatore svolto il 28 novembre 2010, dal capogruppo consiliare Pdl-Lega Andrea Tondi, che ha letto un documento in cui erano riportati, nel dettaglio, i dati relativi al trasferimento della compagnia locale dei carabinieri. Il documento reso noto da Andrea Tondi non è stato comunque ad oggi consegnato all'amministrazione comunale per essere visionato nonostante sia pervenuta allo stesso capogruppo consiliare Pdl-Lega, una richiesta formale da parte del sindaco Lorenzo Avanzati;
tale episodio, di assoluta gravità in quanto il trasferimento ufficiale della compagnia non è stato ad oggi comunicato né agli enti locali competenti, né al comando provinciale dei carabinieri e al prefetto di Siena testimonia, secondo anche quanto riporta una lettera inviata il 5 gennaio 2011 dal sindaco di Abbadia San Salvatore al Ministro dell'interno, «un comportamento non consono alla corretta collaborazione istituzionale» in quanto il «sindaco sarebbe venuto a sapere di un ridimensionamento» della unità di carabinieri locale da un consigliere comunale appartenente allo «schieramento politico dello stesso Ministro dell'interno»;
per completezza di informazione il sindaco Lorenzo Avanzati, come si evince

da una missiva sulla stessa tematica inviata sempre il 5 gennaio 2011 al prefetto di Siena ed al comandante provinciale dei carabinieri, aveva avuto notizia nel mese di giugno 2010, dallo stesso prefetto e dal comandante dell'Arma, che sussisteva la possibilità di una riorganizzazione dei presidi territoriali dei carabinieri, anche se ad oggi l'amministrazione di Abbadia San Salvatore non ha ricevuto nessuna comunicazione ufficiale da parte degli organismi competenti. Parimenti nessuna comunicazione sul declassamento della compagnia dei carabinieri di Abbadia San Salvatore è stata fino ad oggi ufficializzata alla prefettura di Siena ed al comando provinciale dell'Arma;
le amministrazioni comunali interessate dal declassamento e le rispettive comunità locali hanno avanzato perplessità e preoccupazione rispetto a tale ipotesi di trasferimento della compagnia dei carabinieri di Abbadia San Salvatore, la cui azione di controllo del territorio è stata fino ad oggi un punto di riferimento e sinonimo di tranquillità per la cittadinanza e per gli operatori economici. Il trasferimento di agenti e di nuclei operativi comporterebbe infatti inevitabilmente un «ridimensionamento» del controllo delle forze dell'ordine in una zona caratterizzata, come già citato, da una bassa concentrazione demografica e da una difficile copertura viaria;
un modello di riorganizzazione delle unità operative che non tenga conto infatti delle peculiarità dei centri abitati e dei territori interessati contrasterebbe palesemente con le promesse espresse in numerose occasioni dall'attuale Governo, rispetto alla reale volontà di elevare e garantire i livelli di sicurezza per i cittadini su tutto il territorio nazionale -:
se la notizia sul declassamento della compagnia dei carabinieri di Abbadia San Salvatore a tenenza, annunciata pubblicamente nel dettaglio dal capogruppo consiliare Pdl-Lega Andrea Tondi, corrisponda a realtà;
in caso affermativo, per quali motivi, ad oggi, non sia stata ufficializzata alle autorità e amministrazioni locali competenti, ma resa nota da un consigliere comunale attraverso un documento riservato (che non è stato peraltro ancora consegnato all'amministrazione comunale di Abbadia San Salvatore);
se non ritenga quindi necessario assumere tutte le iniziative urgenti per chiarire il grave episodio e per fare luce sulle dinamiche che hanno portato tale informazioni riservate e non ufficiali all'attenzione di un consigliere comunale e non al sindaco dello stesso comune;
se non ritenga necessario, qualora il declassamento della compagnia di Abbadia San Salvatore venga ufficializzato, operare una riorganizzazione della attività di controllo sul territorio che tenga conto delle riserve espresse dagli enti locali e che sia realmente in grado di tutelare gli attuali standard di sicurezza, standard che la compagnia dei carabinieri di Montalcino, per le motivazioni espresse in premessa, non potrebbe assicurare al territorio del Monte Amiata.
(4-10398)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DELFINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel mese di dicembre 2010 è stata disposta la nomina di circa 3000 revisori dei conti da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in vista della scadenza di suddetti incarichi presso le istituzioni scolastiche statali relativi al triennio 2008-2010;
le istanze di iscrizione, attivate nel mese di ottobre 2010, dovevano essere perfezionate mediante un'apposita procedura informatizzata sul sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

da numerose segnalazioni, pervenute all'interrogante, risulterebbe che le domande on-line non consentissero di inserire il curriculum completo dei soggetti interessati, bensì dati anagrafici e una panoramica sommaria delle esperienze professionali, per un massimo di 250 caratteri;
preso atto dell'intervenuta normativa in materia di «revisori legali dei conti» e della necessità, espressa dallo stesso Ministero, di dover procedere all'aggiornamento dell'apposito elenco, mediante la re-iscrizione dei soggetti interessati, risulta quanto mai doveroso chiarire quali siano i criteri applicativi delle nomine -:
quali siano i criteri applicativi che il Ministero ha predisposto per nominare, con specifica distinzione, i revisori interni e i revisori esterni iscritti al registro dei revisori contabili.
(5-04059)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 13 settembre 2010 Norman Zarcone, un giovane dottorando in filosofia del linguaggio, si è tolto la vita gettandosi dal settimo piano della facoltà di lettere di Palermo;
questa drammatica vicenda ha commosso l'opinione pubblica suscitando immediati sentimenti di vivo e unanime cordoglio presso gli ambienti istituzionali, accademici e studenteschi;
in data 21 dicembre 2010 le agenzie di stampa hanno riportato la notizia secondo cui il Ministro interrogato ha inviato una lettera al rettore di Palermo, Roberto Lagalla, in cui chiede di intitolare al più presto un'aula della facoltà di lettere a Norman Zarcone;
tale proposta non ha trovato positivo riscontro da parte degli organi di governo dell'ateneo palermitano che si è espresso contrariamente in una votazione sull'argomento;
gli amici e gli studenti hanno, nonostante la posizione assunta dall'ateneo, apposto una targa in memoria del ragazzo nell'aula magna della facoltà di lettere di Palermo;
in data 10 gennaio 2010 le agenzie rendono noto che la targa di cui sopra è stata rimossa;
il padre del ragazzo nel denunciare l'episodio ha annunciato «l'inizio di uno sciopero della fame perché ancora le istituzioni universitarie non hanno messo in pratica gli annunci fatti per ricordare la memoria di Norman che si è suicidato perché impigliato nel terrore di non riuscire ad entrare nel mondo accademico in cui imperano logiche baronali» -:
se il Ministro non intenda, nel rispetto dell'autonomia dell'università degli studi di Palermo, chiedere al rettore spiegazioni sull'accaduto e perché sia dato seguito alle richieste, già formulate dal Ministro medesimo, di intitolare un'aula della facoltà di lettere alla memoria del giovane dottorando scomparso.
(5-04060)

ZAZZERA e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2010 si è suicidato Norman Zarcone, giovane laureato in filosofia della conoscenza e della comunicazione col massimo dei voti e dottorando in filosofia del linguaggio. Norman si è gettato dal terrazzo del settimo piano della sua facoltà a Palermo, dopo aver scritto un messaggio sulla libertà di pensiero e la libertà di morire;
da quanto risulta, il giovane stava attraversando un periodo di forte depressione, probabilmente a causa delle incertezze sul suo futuro. Fidanzato da tempo, Norman era in cerca di un lavoro, ma la convinzione di non poter entrare nel mondo accademico a causa delle logiche «baronali» e la totale assenza di prospettive, lo avrebbero indotto al tragico gesto;

dopo la sua morte gli studenti e gli amici hanno affisso una targa nell'ateneo in ricordo di Norman, divenuto inconsapevole simbolo del disagio lavorativo dei giovani. Anche il Ministro interrogato nel mese di dicembre 2010 ha invitato il rettore dell'università, Roberto Lagalla, ad intitolare quanto prima l'aula di lettere a Norman;
ad oggi, la targa richiesta dal Ministro non è stata ancora affissa e notizie stampa riportano che il 10 gennaio 2011 quella apposta dagli studenti è stata inspiegabilmente rimossa. Il padre di Norman, Claudio Zarcone, da quel giorno ha annunciato lo sciopero della fame contro le istituzioni universitarie, che con tale gesto sembrerebbero dimostrare di non voler accogliere la richiesta di mantenere il ricordo di Norman -:
quale sia stato l'esito della richiesta del Ministro di intitolare l'aula di lettere alla memoria di Norman Zarcone e quali siano le ragioni della rimozione della targa affissa dagli studenti in memoria di Norman Zarcone dall'università di Palermo, luogo ove il giovane si è suicidato;
quali iniziative intenda adottare al fine di preservare il ricordo di Norman, che è divenuto anche simbolo del disagio lavorativo giovanile.
(5-04061)

Interrogazione a risposta scritta:

GALLETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a Voghiera in provincia di Ferrara esiste una scuola media di eccellenza ad indirizzo musicale che permette all'alunno di vivere l'esperienza pratica di suonare e di condividere con i compagni l'esperienza della musica d'insieme, con momenti di straordinaria crescita emotiva e culturale;
la scuola, a cui si accede tramite delle prove di ingresso, gode di un tendenza positiva di iscrizioni da diversi anni, ha un esperienza ventennale nell'indirizzo musicale che porta ogni anno riconoscimenti regionali e nazionali per gli alunni e docenti;
il prossimo anno scolastico nonostante l'elevato numero di preiscrizioni il numero delle classi sarà ridotto da tre a due escludendo 8 studenti dalla possibilità di frequentare questa scuola e di completare la propria formazione con l'insegnamento dello strumento musicale molto formante, pur non essendoci ostacoli legati a servizi e spazi adeguati si è negato alle famiglie quel diritto di scegliere la scuola che offre attraverso un piano formativo differenziato e adeguato alla crescita culturale ed umano del proprio figlio e obbligandole così a ripiegare su una diversa scuola;
le norme lasciano alla famiglia la libertà di scelta educativa all'interno del sistema scolastico pubblico, ma questa libertà di scelta che riguarda un tema così fondamentale come l'istruzione non può avvenire a causa dei continui tagli al settore;
tagli che si ripercuotono sulla possibilità di formare più classi nonostante il numero elevato di alunni, allo stato attuale, in questa scuola di eccellenza le due classi che si formerebbero sarebbero composte da ben ventotto alunni rendendo la didattica molto difficile e l'apprendimento molto faticoso anche per gli studenti che vi sono stati ammessi;
questo nonostante la Costituzione nell'articolo 34 oltre a garantire il diritto all'istruzione indica come la scuola deve essere aperta a tutti -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda promuovere per evitare che la riduzione di risorse alla scuola si trasformi in un taglio all'eccellenze formative del Paese e per consentire a tutti gli alunni che hanno scelto una formazione musicale di poter accedere al diritto allo studio.
(4-10415)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero, nella sua edizione del 13 gennaio 2011 ha pubblicato una lettera della signora Clementina Corradini, con la quale viene segnalato il caso di un invalido civile al 100 per cento, il signor Enzo Di Gregorio, che dal mese di agosto 2010 non percepisce più la pensione INPS;
nonostante abbia chiesto spiegazioni dall'INPS non ha ricevuto alcuna comunicazione;
che dopo diversi contatti, sempre verbali, con gli impiegati della sede romana dell'INPS di via Longoni, al signor Di Gregorio sarebbe stato comunicato che l'INPS ha disposto dei controlli a campione sui titolari di pensione di invalidità civile, e che il signor Di Gregorio non si sarebbe presentato alla visita;
il signor Di Gregorio vive in un appartamento popolare nel quartiere di Tor Bella Monaca e asserisce di non aver ricevuto alcuna comunicazione o convocazione da parte dell'INPS;
nonostante ciò, il signor Di Gregorio ha comunque fatto pervenire il data 29 ottobre 2010 tutta la documentazione relativa alla sua invalidità, consegnatagli dalla ASL, e gli è stato comunicato che la sua pratica era conclusa;
in una mail inviata alla signora Corradini l'INPS ha comunicato che la pratica era in via di liquidazione;
conclusa o in via di liquidazione che sia, fatto è che al momento il signor Di Gregorio non ha ancora ricevuto nulla di ciò che gli spetta di diritto, ed è costretto a vivere grazie ad avvilenti prestiti di amici e versa attualmente in uno stato di grave depressione psico-fisica;
il signor Di Gregorio ha necessità di acquistare cortisone, perché affetto da lupus, e per questa ragione spende circa un centinaio di euro al mese; lo scorso mese è stato costretto al ricovero presso il policlinico di Tor Vergata; non è in condizione di pagare le bollette, e da ultimo la società Romeo che gestisce le case popolari di Tor Bella Monaca, gli ha intimato lo sfratto per morosità;
un caso che appare paradossale, dal momento che il signor Di Gregorio non dispone neppure di una qualunque comunicazione scritta da parte dell'INPS che possa attestare alla ditta Romeo che lo stato di morosità è indipendente dalla sua volontà -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
in caso affermativo, se non si ritenga, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, di dover sollecitare, adottare, promuovere tutte le iniziative urgenti necessarie per risolvere la penosissima situazione di cui il signor Di Gregorio è vittima ma non responsabile e gli altri casi di disagio emersi agli esiti di queste attività di controllo.
(4-10394)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Gianni Lannes del 7 gennaio si apprende che, a seguito della sua inchiesta giornalisti di denuncia della presenza d'amianto nello stabilimento industriale Barilla di Melfi e per la quale è stato anche oggetto di denuncia da parte del legale dell'azienda, avvocato professor Vincenzo Mariconda, l'azienda, che per ben due anni aveva negato quanto riferito dal giornalista in merito alla presenza di

eternit, ha ammesso il 14 ottobre 2010, che: «Solo 11.000 metri quadri sono in materiale di cemento amianto in accordo con la normativa vigente non costituiscono pericolo per la salute delle persone e dell'ambiente»;
tant'è che è in atto la cosiddetta «rimozione» a cui però, come documenta il giornalista al link http://costruendo.lindro.it/2011/01/07/basilicata-amianto-alla-barilla/, lavora una manciata di operai senza protezione (tute, guanti, mascherine), vale a dire a mani nude -:
quali misure siano state assunte a tutela della salute e dell'ambiente in merito alle operazioni di smaltimento dell'amianto e in particolare se e quali iniziative il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda adottare per verificare le modalità di rimozione dell'amianto in assenza di protezione anche esercitando i poteri di competenza a tutela dei consumatori.
(4-10397)

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la casa degli angeli è una società cooperativa che ha esclusivamente fini educativi e culturali ed è retta dai princìpi di mutualità e assistenza (articolo 1 dello statuto);
nel mese di dicembre il presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa sociale che gestisce l'attività dell'istituto scolastico della casa degli angeli, Angelo Agosti ha comunicato, a mezzo di raccomandata, a 3 socie-lavoratrici (due bidelle e un'impiegata amministrativa) la loro esclusione da socio della cooperativa ai sensi dell'articolo 15 lettera b) del vigente statuto sociale, perché iscritte alla CGIL, un sindacato che non ha, a detta dei vertici della cooperativa, «radici e ispirazione cattolica»;
la CGIL, ha chiesto alla cooperativa di revocare immediatamente i provvedimenti perché illegittimi, anticostituzionali e contrari ai fondamentali princìpi di diritto che regolano la nostra Repubblica, non escludendo di adire le vie legali, in tutte le sedi giudiziarie per tutelare i diritti delle lavoratrici iscritte e della stessa organizzazione sindacale;
l'interrogante aveva posto analogo problema con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-03548 che esponeva il fatto di un operaio che non veniva assunto solo perché iscritto alla CGIL;
il Ministro del lavoro nella risposta ha fatto presente quanto segue: il caso di specie, come è noto, è disciplinato dal nostro ordinamento dall'articolo 15, primo comma, lettera a) della legge n. 300 del 1970, che dispone la nullità di qualsiasi patto od atto diretto a subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte. Il datore di lavoro ha quindi l'obbligo, già nella fase di formazione e conclusione dei contratti di lavoro, di astenersi dal discriminare i lavoratori incorrendo, in caso contrario, in un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale;
quanto sopra esposto è di una gravità inaudita dal punto di vista giuridico, costituzionale, sindacale, politico e anche etico, ed è ancor più grave il fatto che un istituto che beneficia di contributi pubblici possa mettere in atto gravi discriminazioni nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori -:
quali iniziative intendano assumere per quanto di rispettiva competenza in relazione a quanto rappresentato in premessa.
(4-10411)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BECCALOSSI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato recentemente da alcuni quotidiani, per effetto del meccanismo «taglia leggi», previsto dalla legge 24 novembre 2005, n. 246, recante: «Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005», sarebbe stata abrogata la legge 30 aprile 1962, n. 283, recante «Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande», che prevedeva anche una serie di sanzioni per le adulterazioni e le contaminazioni alimentari;
in particolare, la suddetta legge n. 283 del 1962 risulterebbe abrogata in quanto non ricompresa negli elenchi delle disposizioni ritenute da salvare, individuate con appositi decreti legislativi;
se fosse confermato quanto suesposto, l'abrogazione delle disposizioni della suesposta legge, e in particolare quelle in materia di sanzioni per le adulterazioni alimentari, priverebbe le autorità competenti di uno strumento normativo fondamentale per garantire una maggiore tutela e salvaguardia per i prodotti agroalimentari del made in Italy, nonché per fronteggiare il pericoloso aumento della cosiddetta agro-pirateria e garantire ai consumatori una qualità certa e sicura degli alimenti che giungono sulle tavole;
conseguentemente, i reati che riguarderebbero la produzione alimentare, il cui numero esponenziale da molti anni affligge il nostro Paese e l'intera filiera agricola e agroalimentare, rimarrebbero impuniti per mancanza delle adeguate disposizioni sanzionatorie -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e in caso affermativo quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire la tutela della qualità delle produzioni alimentari italiane e, con essa, la tutela dei consumatori e del sistema agroalimentare del nostro Paese.
(5-04066)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da uno studio effettuato dalle ASL di Cagliari e di Lanusei, risulta che ben il 65 per cento degli allevatori che vivono e lavorano intorno al poligono interforze del Salto di Quirra, negli ultimi dieci anni si è ammalato di leucemia e di linfomi negli ultimi dieci anni;
si registra un inquietante numero di animali nati con gravi deformità;
da tempo, secondo indiscrezioni, si racconta di una spaventosa incidenza di tumori al sistema emolinfatico tra i pastori che vivono e lavorano intorno al poligono interforze del Salto di Quirra;
tra le indiscrezioni filtrate in questi giorni quella del numero inquietante di animali nati con gravi deformità, un fenomeno sul quale ha indagato nel recente passato la professoressa Antonietta Morena Gatti del Policlinico universitario di Modena e consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito;
la professoressa Gatti avrebbe scoperto, attraverso un sofisticato microscopio elettronico a scansione, nanoparticelle di metalli pesanti e di leghe di metalli che

non esistono in natura, nei tessuti di alcuni agnelli deformi nati nella zona di Quirra;
analoghi risultati si sarebbero ottenuti sulle analisi effettuate sui tessuti dei militari ammalatisi di tumore nei Balcani; un fenomeno che non può non riportare al «caso Escalaplano» dove, alla fine degli anni ottanta, nacquero almeno 13 bambini affetti da gravi deformità, un dramma sul quale non si è mai indagato seriamente e sul quale è caduto subito un silenzio colpevole;
i nuovi dati, che certificano l'«anomalia» di Quirra, sono stati raccolti dai veterinari dottor Giorgio Melis e dottor Sandro Lorrai, dati che dovranno essere completati con i rilievi effettuati anche nelle campagne di Perdasdefogu;
secondo quanto riferito dal quotidiano La Repubblica in una corrispondenza dell'inviato Giuseppe Salvaggiulo, si sono verificate inquietanti nascite: agnelli con un solo occhio, senza bocca, con tre zampe o cinque, con le orecchie al posto degli occhi, capretti ciechi, sventrati, con teste deformate e lesioni cerebrali;
il poligono di Quirra, il più grande d'Europa, con 135 chilometri quadrati di superficie, si estende dal centro della Sardegna fino alla costa, a Sud-Est;
i medici rilevano «un chiaro eccesso statisticamente significativo di casi di malformazioni genetiche degli animali nati in quel territorio»;
«il 65 per cento del personale impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti ubicati entro il raggio di 2,7 km dalla base militare risulta colpito da gravi malattie tumorali» quattro casi solo negli ultimi due anni, l'ultimo un ragazzo di 24 anni morto nel luglio dello scorso anno;
gli esperti citano come «caso emblematico» quello della località Tintinau, «sede di due allevamenti di circa 200 capi ovini per allevamento, condotti da quattro fratelli. Tre fratelli nell'arco di pochi anni si sono ammalati di malattie tumorali. Contemporaneamente anche gli animali che pascolano in quei terreni sono stati interessati da problemi sanitari e da problematiche genetiche. (...) in un «sito ambientale potenzialmente contaminato» l'insorgenza di tre casi di gravi malattie neoplastiche in altrettante persone in un breve arco cronologico e il contemporaneo interessamento degli animali con casi di grave malformazione genetica è indubbiamente indice di una elevatissima criticità dell'ambiente e di quel territorio. Situazioni sanitarie analoghe sono presenti anche in altri allevamenti di Quirra... «colpisce l'insorgere contemporaneo di problematiche genetiche negli animali e gravi malattie tumorali nelle persone. Questo fenomeno potrebbe essere ritenuto una sentinella d'allarme per l'uomo»; e per questo i due veterinari ritengono «indispensabile un impegno immediato» da parte dell'autorità sanitaria;
nonostante le prime denunce risalgano a circa dieci anni, il promesso e annunciato monitoraggio ambientale «che doveva concludersi entro il 2009 non è ancora terminato», e che lo stanziamento per portare a termine gli studi è del 2006 e finora tutto Ma finora tutto è andato con una sconcertante e inquietante lentezza;
secondo i dati raccolti dalla professoressa Mariella Cao, tra le animatrici del comitato «Gettiamo le basi», e che ha monitorato anche la situazione sanitaria con un «registro tumori» fai da te, «quando abbiamo cominciato a raccogliere dati, c'erano 14 malati su 150 residenti, ora siamo a 21 solo a Quirra»;
alla cifra sopra riportata occorre aggiungere altri due malati residenti nei dintorni, e ben 22 muratori che hanno lavorato al poligono, e 23 militari o ex militari: in tutto 68 malati di leucemia e 14 bambini nati con malformazioni -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero;
su che basi e fondamento il Ministero della difesa, come ha già fatto in passato, continui a negare un rapporto tra poligono e malattie;

quale spiegazione si dia per l'inquietante casistica relativa a cittadini della zona di Quirra malati di leucemia e tumori;
quali spiegazioni si diano per l'inquietante verificarsi di gravi malformazioni tra gli animali della zona;
quali sia per gli anni dal 1985 al 2010 l'elenco degli Enti/Reparti delle Forze armate italiane e straniere che hanno utilizzato il poligono in premessa, e per ogni utilizzatore il sistema d'arma, il tipo di armamento, la quantità e il tipo di munizionamento impiegato in attività addestrative e sperimentali;
quale sia per gli anni dal 1985 al 2010 l'elenco dei soggetti non militari che hanno utilizzato il poligono in premessa, e per ogni utilizzatore, il tipo di armamento, la quantità e il tipo di munizionamento impiegato in attività addestrative e sperimentali;
quali siano in dettaglio i contenuti delle disposizioni di cui al «disciplinare ambientale adottato in via sperimentale per i soli poligoni insistenti sul territorio della regione Sardegna, quale sia la composizione e i compiti dei comitati per la tutela ambientale;
quali iniziative si intendono promuovere, adottare, sollecitare in ordine a quanto sopra riferito per tranquillizzare la popolazione residente intorno al poligono di Quirra.
(4-10391)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come informa l'agenzia di informazioni ANSA il 12 gennaio 2011 un anziano di 92 anni residente a Castelnuovo Bocca D'Adda, ricoverato in seguito a un incidente stradale, in ospedale a Codogno, è stato dimesso immediatamente perché le sue condizioni sono state ritenute non gravi, e - al contrario - dopo due settimane è deceduto a causa di una vertebra fratturata;
risulterebbe dal referto rilasciato all'anziano, il quale - il 27 dicembre 2010 - era tornato alla sua abitazione con mezzi propri, che la prognosi era di pochi giorni;
due giorni dopo tuttavia l'uomo era stato colpito da una paralisi, e veniva ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Cremona, e dopo due settimane di agonia è deceduto -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per fare piena luce sulla vicenda.
(4-10395)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta orale:

MOSELLA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni Confindustria e Federturismo hanno illustrato il piano nazionale di rilancio del turismo, sottolineando come i siti italiani dell'Unesco rappresentino una grande ricchezza per il nostro Paese;
Confindustria e Federturismo hanno, però aggiunto che questa ricchezza è enormemente svalutata e sottoutilizzata;
secondo recenti notizie di stampa, la SOGIN, società pubblica del nucleare avrebbe approntato una short list sulle aree nel nostro Paese ritenute idonee a ospitare i depositi di residui nucleari;
questa short list indicherebbe cinquanta comuni situati in Basilicata, Puglia, Lazio, Toscana;
si tratta di regioni che vantano un gran numero di siti Unesco, con addirittura

zone altamente pregiate per il turismo come il viterbese e la zona di Siena -:
se al Ministro interrogato risulti se tra le zone indicate da Sogin vi siano siti che l'Unesco ha individuato nel nostro Paese come patrimonio dell'umanità, cosa che si configurerebbe come una scelta gravissima e contro ogni logica e che contraddirebbe gli auspici dello stesso Governo, che si aspetta grandi contributi al prodotto interno lordo nazionale da parte del settore turistico.
(3-01402)

SCARPETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
numerosi articoli di stampa, nazionale e locale, hanno dato conto del fatto che la società Sogin spa, società pubblica a cui il decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31 ha affidato la responsabilità di realizzare e gestire il parco tecnologico, comprensivo del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, ha comunicato al Governo, nel settembre 2010, l'elenco di 52 siti adatti ad accogliere il futuro deposito dei residui nucleari;
tra i siti individuati, sempre secondo indiscrezioni di stampa, ve ne sarebbero due in Toscana: uno nella zona tra il Montalbano ed il Padule di Fucecchio in Valdinievole e l'altro nel grossetano;
la normativa (articolo 27 del decreto legislativo n. 31 del 2010) prevede un articolato procedimento per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito nazionale delle scorie e, pur prevedendo varie procedure concertative con le regioni e gli enti locali, autorizza il Consiglio dei ministri, in caso di mancata intesa, ad individuare autonomamente e coattivamente il sito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sostitutivo dell'intesa con la regione interessata;
l'elenco in questione non è stato reso pubblico e a distanza di circa tre mesi dalla diffusione della notizia non esistono né conferme né smentite sull'effettiva comunicazione di Sogin spa al Governo a proposito dei 52 siti adatti ad accogliere il futuro deposito di residui nucleari e si stanno comprensibilmente creando preoccupazione ed allarme fra le popolazioni interessate -:
se corrispondano al vero le notizie e le indiscrezioni di stampa relative alla effettiva identificazione di alcune località toscane come possibili siti del deposito nazionale delle scorie nucleari e se, in caso affermativo, siano state espletate le procedure previste dalla normativa.
(3-01404)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GRAZIANO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ad oggi il mercato assicurativo è interessato da problematiche importanti che riguardano l'aumento delle tariffe per la responsabilità civile auto, il fenomeno delle frodi assicurative, l'elusione dell'obbligo a contrarre, soprattutto nelle regioni meridionali, la ristrutturazione del sistema distributivo;
l'aumento del prezzo delle polizze, dovuto solo in parte all'aumento dei massimali minimi di legge, non è omogeneo: forti sono le differenziazioni geografiche e anagrafiche, essendo colpiti maggiormente le regioni del Sud e gli automobilisti più giovani, non solo neopatentati. Inoltre, sui nuovi e continui rincari per le assicurazioni per la responsabilità civile auto, annunciati dalle compagnie assicurative, si realizza la spirale pericolosa fatta di truffe, aumenti e conseguenti truffe, che per le famiglie meridionali significa sopportare spese elevate sul proprio budget mensile;
i problemi di frode assicurativa e di evasione (sinistri inventati, danni gonfiati, automobilisti in circolazione senza polizza o con contrassegni falsificati) vedono in testa alle classifiche tutte regioni meridionali, le stesse che registrano rincari delle

polizze più elevati. Sebbene l'incidenza sia diversa, si tratta di tematiche di rilevanza nazionale. Dai dati estratti per Milano Finanza dalla nuova banca dati dell'Isvap che raccoglie informazioni sugli incidenti avvenuti negli ultimi cinque anni, su un totale di circa 20 milioni di persone coinvolte in un incidente, più del 10 per cento risultano coinvolte in sinistri a rischio frode. Nel 7,4 per cento dei casi si registra il coinvolgimento di una stessa persona in almeno tre sinistri negli ultimi i 8 mesi. Ugualmente significativi sono i dati relativi a persone coinvolte negli ultimi i 8 mesi in almeno due sinistri nei quali abbiano riportato lesioni;
la progressiva e continua fuga delle compagnie assicurative dal Sud è un fenomeno che si va acuendo. Proprio dopo alcune segnalazioni di clienti meridionali, l'Isvap ha aperto otto nuove istruttorie a carico di società per sospetta elusione dell'obbligo a contrarre previsto dalla legge a carico delle imprese e analoga iniziativa è stata presa nei riguardi del fenomeno delle disdette dei contratti per la responsabilità civile auto, attuate da compagnie con azioni di tipo massivo. Una lettera è stata inviata dall'istituto al mercato al fine di scoraggiare le massicce disdette e di garantire il rispetto della regola per la quale, in caso di disdetta, l'assicurato conserva la tariffa applicabile al momento della ripresa del contratto senza ulteriori aumenti;
dalle segnalazioni che le associazioni dei consumatori ricevono emerge come in molti casi le disdette sono comunicate al cliente via posta semplice, senza raccomandata, o peggio ancora solo al momento del pagamento presso le agenzie. Vigendo l'obbligatorietà a contrarre, al cliente viene proposto un nuovo contratto con una maggiorazione esorbitante rispetto a quanto dovuto fino a quel momento;
dagli aumenti indiscriminati e dalle disdette forzate, per l'utente il cambio di compagnia assicurativa è un'alternativa poco realizzata e fruttuosa. Questo comporta l'effetto a cascata di avere un'impennata dei risarcimenti del fondo vittime della strada per quanti subiscono sinistri da vetture sprovviste di tagliando assicurativo ovvero un aumento degli utenti che non si assicurano;
tutte le problematiche evidenziate in premessa segnalano sofferenze di due categorie in rivolta, le agenzie e i consumatori, a tutela delle loro posizioni ed esigenze. Le agenzie sono investite da un periodo di crisi, colpite da difficoltà di bilancio e dalla chiusura commerciale da parte delle imprese, per cui rischiano, e con esse anche le loro famiglie, non solo di essere travolte dagli eventi, accorpando e chiudendo i loro punti vendita, ma anche di scomparire a vantaggio di forme di vendita alternative alle reti di agenzie. Un fenomeno preoccupante è quello della revoca dei mandati soprattutto al Sud. I consumatori, fortemente sfiduciati e tentati a non assicurarsi per aumenti impossibili da sostenere nell'attuale contesto socio-economico, non sono garantiti nell'esercitare la libera scelta circa la compagnia assicurativa -:
quali iniziative antifrode, anche di carattere normativo, si intendano realizzare per regolate il mercato assicurativo e, in particolare, le fasi di gestione e liquidazione del sinistro, maggiormente esposte a illeciti e fenomeni di malcostume;
quali concrete iniziative di competenza si intenda porre in essere al fine di garantire alle compagnie assicurative di operare in condizioni concorrenziali che non mettano a rischio il loro equilibrio economico;
quali iniziative si intendano intraprendere per contrastare l'allarme sociale della speculazione che si realizza a danno dei consumatori e se non ritenga che vada applicata una corretta attribuzione alle province delle imposte sui premi di competenza, che oggi penalizza fortemente le regioni meridionali, al fine di contrastare l'aumento assai rilevante delle tariffe per la responsabilità civile auto.
(5-04065)

Interrogazioni a risposta scritta:

CIRIELLI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da segnalazioni pervenute da alcuni privati cittadini, emergono alcune incongruenze e disfunzioni organizzative in ordine alla gestione dei buoni fruttiferi postali da parte dell'ufficio postale di Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno;
in particolare, alcuni utenti del suddetto ufficio postale avrebbero di recente lamentato la scarsa efficienza negli adempimenti connessi all'emissione del duplicato dei buoni fruttiferi smarriti che, come si evince dal sito internet della società emittente i prodotti di risparmi postale, Cassa depositi e prestiti spa, può essere richiesta presso qualunque ufficio postale presente sul territorio nazionale, mediante compilazione e sottoscrizione della denuncia di perdita;
gli utenti interessati, tuttavia, pur avendo regolarmente versato le spese di ricerca, non sarebbero riusciti ad ottenere il duplicato a causa delle lungaggini connesse alla ricerca stessa ed alla scarsa disponibilità di personale impiegato all'esercizio di queste funzioni;
l'ufficio postale di Cava de' Tirreni non avrebbe, quindi, dato corretta applicazione alle disposizioni di cui alla legge 30 luglio 1951, n. 948, che prevedono, ai fini del rilascio del duplicato, alcuni necessari adempimenti sia da parte dell'intestatario che da parte dell'ufficio postale;
tale disservizio, legato anche alla mancata informatizzazione degli elenchi dei buoni fruttiferi depositati presso i vari uffici postali, avrebbe provocato un danno per gli utenti interessati, costretti ad attendere con incertezza e preoccupazione i tempi necessari per rintracciare i loro titoli di risparmio;
la crescente digitalizzazione dei servizi, pubblici e privati, impone una rapida ed efficace informatizzazione anche di tutti i servizi postali, al fine di consentire a tutti gli utenti di poter operare in circolarità e soprattutto di poter conoscere, in tempo reale, le condizioni dei propri titoli di risparmio;
la corretta gestione dei prodotti di risparmio postale risponde non solo ad un generale criterio di efficienza dei servizi erogati da Poste Italiane, ma anche all'esigenza di tanti cittadini, spesso di età avanzata, di vedere tutelato e garantito nel tempo il proprio risparmio, di cui il buono fruttifero postale rappresenta uno dei principali strumenti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, una volta verificata la veridicità degli stessi, se ritenga possibile adottare provvedimenti finalizzati ad elevare il grado di informatizzazione dei servizi erogati da Poste italiane, anche al fine di assicurare maggiore celerità e trasparenza nella gestione dei buoni fruttiferi postali e degli altri prodotti di risparmio postale.
(4-10396)

EVANGELISTI e CIMADORO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
è stato segnalato all'interrogante che il Volkswagen Group Italia, con sede a Verona, negli ultimi anni ha richiesto ingenti investimenti immobiliari ai propri concessionari, al fine di valorizzazione i brand e lanciare nuovi programmi commerciali;
nonostante l'impegno profuso dai concessionari italiani, l'azienda ha in poco tempo introdotto regole apparentemente incomprensibili, relative alle attività che le concessionarie possono svolgere e all'organizzazione degli spazi delle concessionarie;
tale politica ha portato alcuni concessionari a non essere più in grado di rispettare le richieste della Volkswagen Group Italia e a perdere importanti introiti necessari anche per rientrare degli investimenti immobiliari richiesti dall'azienda;

la conseguenza o il rischio è che gli imprenditori si vedano ritirare i mandati di concessione dei marchi Volkswagen e Audi, con danno per l'economia e l'occupazione;
a quanto consta all'interrogante questa vicenda avrebbe avuto anche conseguenze giudiziarie presso il tribunale di Verona, dove sarebbe in corso un procedimento nei confronti della Volkswagen Group di Verona, anche per verificare se ci siano state violazioni delle norme sulla concorrenza e, per lo stesso motivo, il caso è stato segnalato alla Commissione europea -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti riportati, se abbia notizie o documenti da comunicare alla Camera e se abbia preso o intenda prendere iniziative relative alla vicenda segnalata.
(4-10399)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Antonione e altri n. 1-00519, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cazzola.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Chiappori n. 4-08855, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Comaroli e Lanzarin n. 4-09804, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-10011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Follegot e Bitonci n. 4-10028, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti e Bitonci n. 4-10029, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Follegot n. 4-10038, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Follegot n. 4-10158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-10166, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 dicembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n. 4-10285, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-10360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 gennaio 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Galletti n. 3-01123 del 15 giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10415;
interrogazione a risposta scritta Mosella n. 4-08821 del 29 settembre 2010 in interrogazione a risposta orale n. 3-01402;
interrogazione a risposta scritta Cavallaro n. 4-09126 del 21 ottobre 2010 in interrogazione a risposta orale n. 3-01403;
interrogazione a risposta scritta Scarpetti n. 4-10136 del 21 dicembre 2010 in interrogazione a risposta orale n. 3-01404.