XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 10 gennaio 2011

TESTO AGGIORNATO AL 13 GENNAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'ultimo gravissimo attentato terroristico, verificatosi in Egitto, contro la comunità cristiana copta, nel quale sono morte ventuno persone, ricorda ancora una volta il dramma degli attacchi massicci di cui i cristiani sono bersaglio in numerosi Paesi a maggioranza religiosa diversa, per lo più musulmana, ma anche induista;
con motivazioni religiose o pseudoreligiose, questi attacchi continui rinnovano e aggravano le persecuzioni ideologiche già subite dai cristiani nel Novecento ad opera dei regimi comunisti e che ancora oggi perdurano in un contesto gravemente segnato da violazioni sistematiche dei diritti umani come quello cinese;
la lista funerea delle azioni anticristiane ha motivazioni oggi dichiaratamente religiose e va dai Paesi africani al Medio Oriente e all'India, fino a ricollegarsi alla storia drammatica di Timor Est, dove un intero popolo a maggioranza cattolica stava per cadere vittima di un genocidio fermato all'ultimo momento dall'intervento della comunità internazionale al quale prese parte anche un contingente militare italiano;
non è da passare sotto silenzio che in più casi i mezzi di informazione vengono meno alla loro funzione informativa, rubricando questi fenomeni sotto la denominazione tendenziosa di «scontri religiosi», quando invece nell'attentato egiziano, come negli altri casi di cristiani colpiti da accuse precostituite o da veri e propri linciaggi, non vi è alcuno «scontro», a meno che non si intenda con ciò il semplice opporsi fisico di un corpo inerme agli strumenti scelti di volta in volta per eliminarlo. Oramai gli attacchi anticristiani rappresentano un sottofondo costante delle cronache relative a vaste aree del pianeta;
ciò è motivo di riflessione e dovrebbe coinvolgere credenti e non credenti: una consapevolezza maggiore sulle origini culturali delle nostre idee e istituzioni democratiche non può che rafforzarne la tenuta; del resto, la stessa laicità democratica ha tratto linfa vitale dall'esplicito riconoscimento biblico ed evangelico dell'autonomia del mondo storico e umano, così come dall'attenzione verso i deboli e gli emarginati che caratterizza il messaggio cristiano. Per questo anche in Occidente va ricordato sempre l'innegabile ruolo storico e culturale svolto dal Cristianesimo;
tutto ciò conferma l'urgenza di un problema che, oltre che culturale e morale, è strettamente politico: l'opinione pubblica e la classe politica devono destarsi da un torpore che sconfina nell'indifferenza, quasi queste fossero cose che non riguardino tutti;
la storia dimostra che la libertà religiosa è il pilastro portante di tutte le libertà, così come l'intolleranza religiosa porta inevitabilmente non solo alla violazione dei diritti umani fondamentali, ma a conflitti cruenti e devastanti: se l'attuale processo di espulsione dei cristiani e del Cristianesimo, iniziato in Medio Oriente già nei primi decenni del XX secolo, andasse avanti, ciò significherebbe la destabilizzazione di Paesi strategici per gli equilibri mondiali, oltre che di primaria rilevanza per gli interessi europei e italiani. Paesi come l'Egitto e la Turchia, per non parlare dell'Iraq o della stessa Palestina, rinnegherebbero la loro storia e conoscerebbero una deriva fondamentalista che potrebbe avere conseguenze devastanti per la pace nel mondo;
lo spettro tanto paventato ed esorcizzato a parole dello «scontro di civiltà» si potrebbe materializzare sotto l'aspetto mostruoso di una guerra di religione munita di armi di distruzione di massa;
in definitiva, la persecuzione in atto contro i cristiani nel mondo non è un

evento lontano, ma una minaccia diretta alla sopravvivenza della nostra stessa democrazia, per non dire della stessa umanità come noi oggi la si conosce,


impegna il Governo:


ad esercitare ogni forma possibile di pressione politica e diplomatica sugli Stati e i Governi che oggi impediscono o comunque non garantiscono la libertà religiosa, perché mettano in atto misure efficaci di contrasto ad ogni forma di persecuzione religiosa, con particolare riguardo alle comunità cristiane oggi tra le più colpite, insieme a misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;
a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, finalizzata a dar vita ad un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e ad impegnare gli Stati nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi;
ad assumere iniziative affinché alla base delle relazioni internazionali e delle collaborazioni economiche sia posto il rispetto dei principi di cui agli articoli 8 e 19 della Costituzione così come costantemente applicati nel nostro Paese, e affinché la violazione di tali principi sia considerata sanzionabile da parte degli organismi internazionali.
(1-00515)
«Fioroni, Veltroni, Realacci, Gentiloni Silveri, Benamati, Berretta, Bobba, Bocci, Cardinale, Cavallaro, D'Antona, D'Incecco, Farinone, Ferranti, Fogliardi, Garavini, Gasbarra, Genovese, Giachetti, Ginoble, Grassi, Merloni, Pedoto, Mario Pepe (PD), Portas, Rubinato, Sanga, Sarubbi, Schirru, Servodio, Strizzolo, Tullo, Vico, Viola, Coscia, Zampa, Siragusa, Touadi, Marco Carra, Castagnetti, De Torre».

La Camera,
premesso che:
la libertà di religione fa parte dei diritti fondamentali e inalienabili dell'uomo, quali sono espressi nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, e tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti;
il rispetto pieno di tale diritto, da ogni parte, è premessa fondamentale per la costruzione di un'umanità che cammini sulla via della pace e del progresso;
purtroppo il diritto di libertà religiosa sembra oggi essere rimesso in discussione, generando in alcuni contesti crescenti livelli di intolleranza religiosa, i quali, spesso alimentati e strumentalizzati da motivi politici ed economici, sempre più di frequente producono aberranti atti di violenza collettiva a danno delle minoranze;
a fronte di tali pericolose dinamiche di violazione di un pur fondamentale e riconosciuto diritto umano, si riscontra da parte del mondo occidentale e delle sue istituzioni un atteggiamento di indifferenza, che finisce con l'essere complicità morale, frutto di una cultura marchiata dalla centralità della dimensione economica e assai poco attenta invece alla dimensione spirituale dell'essere umano;
un appello forte a rompere tale silenzio è arrivato il 1o gennaio 2011 dal messaggio Libertà religiosa via per la pace, di Benedetto XVI, in cui è stato ricordato a tutti gli uomini di buona volontà che abbiamo bisogno di pace, perché senza pace non c'è sviluppo né progresso, non c'è sicurezza né giustizia, non c'è fraternità tra uomini che hanno la stessa dignità umana. Tale messaggio

ha denunciato quindi la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono tanti esseri umani, tra i quali i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una diaspora che crea in loro e nelle loro famiglie un drammatico senso di sradicamento. D'altra parte questi stessi Paesi privati del contributo culturale e valoriale di concittadini cristiani, residenti da secoli in quegli stessi luoghi, non possono che diventare sempre più poveri e più intolleranti;
nell'attuale momento storico il fronte dell'intolleranza tocca vaste aree, tra cui: la Cina che, nonostante il suo prodotto interno lordo in crescita vertiginosa, non offre un'adeguata tutela dei diritti umani e, abusando del suo potere politico, ferisce il sentimento religioso dei cristiani, intervenendo nella vita e nella organizzazione della Chiesa cattolica; il Pakistan, dove donne e bambine sono oggetto di violenze e di stupri solo perché cristiane; la Nigeria, dove sembra esplosa una guerra di religione che miete vittime soprattutto tra i cristiani, che sono tra i più poveri nel Paese; l'Iraq, dove a Baghdad poche settimane fa l'attentato nella cattedrale ha ferito e ucciso fedeli raccolti in orazione; l'Egitto, dove lo stesso episodio si è ripetuto ad Alessandra, colpendo persone la cui unica colpa era di quella di essersi riunite per pregare nella loro chiesa;
il silenzio delle istituzioni nazionali e internazionali non è ammissibile, così come la volontà di delegittimare o mettere a tacere chi prova a protestare;
è giunto il momento di un'iniziativa forte e decisa a carico della diplomazia internazionale, che coinvolga l'ONU, finora inerte, e gli stessi media internazionali, pronti a mobilitarsi in campagne di denuncia su gravi violazioni dei diritti umani, ma in questo caso rimasti in silenzio; l'Unione europea dimentica che la cultura dei diritti umani è nata nel suo seno, dalle sue radici cristiane, e dovrebbe trovare invece una voce forte ed autorevole con cui schierarsi dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione,


impegna il Governo:


a fare del rispetto della libertà religiosa il perno di una politica italiana volta a generare pace e sviluppo;
ad assicurare una forte azione nel 2011 a tutela della libertà religiosa considerato che essa appartiene a quei valori universali non disponibili, che non permettono cedimenti di alcun tipo, e che non ci possono essere problemi più urgenti o più importanti;
a farsi carico con determinazione del diritto di libertà religiosa, fondamento di ogni altra libertà, denunciando non solo tutte le forme di cristianofobia ovunque emergano, ma qualsiasi situazione, in qualsivoglia parte del mondo, in cui si riscontri il radicarsi dell'intolleranza religiosa, promuovendo misure di prevenzione;
a promuovere a livello di istituzioni come le università progetti comuni volti a formare classi dirigenti nella logica del dialogo e non del conflitto;
a tener conto del rispetto dei diritti umani nelle relazioni con i Paesi con cui ci sono scambi economici, in coerenza e in applicazione dell'articolo 8 della nostra Costituzione, posto che pace e sicurezza vanno sostenute dalla fiducia reciproca verso forme condivise di vita, economica, politica e religiosa e dalla capacità di creare un contesto in cui l'incontro produca benessere e libertà per tutti;
a promuovere, sia in sede europea che in sede Onu, una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose per impegnare i diversi Stati ad intervenire

tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi.
(1-00516)
«Casini, Bocchino, Mosella, Binetti, Cesa, Adornato, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, Delfino, Dionisi, De Poli, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi, Buonfiglio, Barbareschi, Barbaro, Bellotti, Bongiorno, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Cosenza, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ronchi, Rosso, Ruben, Scalia, Toto, Tremaglia, Urso, Calgaro, Lanzillotta, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Gianni, Mannino, Pisacane, Romano, Ruvolo, Tanoni, Melchiorre, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti».

La Camera,
premesso che:
la decisione dell'ex presidente della Repubblica Federativa del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva di negare l'estradizione di Cesare Battisti, pluricondannato per omicidio e reati di terrorismo in Italia, ha colpito ed offeso le coscienze del popolo italiano;
proprio per le importanti relazioni di amicizia tra Italia e Brasile, storicamente fondate, desta meraviglia una decisione motivata con argomenti superficiali, infondati nel merito e contrari al trattato di estradizione vigente tra i due Paesi;
nel parere reso dall'Avvocatura dello Stato al Presidente del Brasile si sostiene che Cesare Battisti «agitatore politico che operò negli anni difficili della storia italiana, sebbene condannato per crimini di matrice comune, potrebbe subire conseguenze negative dalla sua estradizione. Ci sono ponderate ragioni per ipotizzare che il detenuto potrebbe soffrire forme di aggravamento della sua situazione»;
tale tesi è basata sulle motivate richieste di estradizione di esponenti istituzionali e politici italiani da ciò deducendo che «è abbastanza chiaro che la vicenda di Battisti scontenta settori della destra e della sinistra, a voler usare espressioni del vocabolario della guerra fredda, mentre ciò non dovrebbe avere conseguenze sul caso in esame»;
risulta evidente l'assoluta incongruità di tali motivazioni poiché sono del tutto legittime le libere esternazioni politiche in favore dell'estradizione nel Paese dove i gravi crimini sono stati commessi e perché da ciò non può dedursi alcun «aggravamento» del trattamento riservato dal sistema giudiziario dell'Italia nei confronti del condannato Battisti, tale da essere coerente con il testo dell'articolo 3, capo I, lettera F del trattato di estradizione fra Italia e Brasile, che stabilisce che «l'estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha fondati motivi per ritenere che la persona sarà oggetto di atti di molestie e discriminazioni basate su razza, religione, sesso, nazionalità, lingua, opinione politica, condizione sociale o situazione personale, o la sua posizione potrebbe esser aggravata da uno degli elementi di cui sopra»;
non sussiste alcun elemento persecutorio o di aggravamento della situazione personale nei confronti di Cesare Battisti che dovrà scontare in Italia la pena comminata dai tribunali, con sentenza definitiva, nelle ordinarie condizioni di detenzione e con i benefici previsti dall'ordinamento giudiziario in relazione alla condotta e alle circostanze;

tra queste condizioni vi è la valutazione da parte del giudice indipendente dell'elemento soggettivo e della condotta del detenuto, con effetti sulla misura della pena, secondo principi di civiltà giuridica e non sussistono in Italia, né tra i familiari delle vittime né tra le forze politiche o nell'opinione pubblica, richieste o atteggiamenti vendicativi che possano mettere in dubbio tali garanzie;
risulta con evidenza fondato il diritto dell'Italia al riconoscimento dell'estradizione nei confronti di un condannato per gravi crimini comuni e con finalità politiche, ai sensi del trattato di estradizione vigente tra Italia e Brasile nonché dei principi di cooperazione giudiziaria internazionale che sono alla base dello sviluppo di un diritto globale tra i popoli da promuovere in molti campi, ben oltre l'ambito penale,


impegna il Governo


a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il tribunale supremo federale del Brasile, la Commissione di conciliazione istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile e presso la Corte internazionale di giustizia ONU dell'Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente affinché, ricercando ogni soluzione condivisa con la Repubblica federativa del Brasile, si pervenga all'estradizione di Cesare Battisti.
(1-00517)
«Casini, Cesa, Galletti, Buttiglione, Tassone, Mantini, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Rao, De Poli, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Nunzio Francesco Testa, Zinzi».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il turismo, settore di primaria importanza per l'economia italiana, nel quale sono impegnati più di tre milioni di cittadini, da alcuni anni è interessato da una crisi acuta, evidenziata dai dati 2009 di Federalberghi-Confturismo che rispetto all'anno precedente segnalano una flessione delle presenze nel nostro Paese pari al 3,8 per cento che equivalgono a quasi 10 milioni di pernottamenti in meno ed a circa 3,5 milioni di mancati arrivi; questi in termini economici rappresentano, tra spese dirette ed indirette, una perdita economica per il settore di almeno 1 miliardo di euro e soprattutto una flessione occupazionale del 4,7 per cento;
a fronte di questi dati preoccupanti è ormai evidente l'esigenza di ridisegnare la missione dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo, affinché possa rispondere in modo più efficace alle novità che si manifestano sul mercato internazionale, e di riorganizzarne coerentemente la struttura; prima che questo avvenga, tuttavia, l'opportunità di una più intensa promozione non consiglia di mettere in discussione gli uffici esteri dell'ente che hanno dato prova di potere svolgere un'importante funzione nel promuovere l'immagine turistica dell'Italia all'estero e nel dare supporto alla commercializzazione dei prodotti turistici italiani nel mondo;
il commissario straordinario del consiglio d'amministrazione dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo ha assunto la decisione di chiudere gli uffici di Monaco di Baviera e di Amsterdam e non è chiaro

se si sia in procinto di estendere tale orientamento anche ad altre sedi europee;
queste decisioni seguono quella assunta nel 2009 relativamente alla chiusura dell'ufficio ENIT di Berlino, che ha così interrotto la sua più che decennale attività nella capitale tedesca, dove aveva contribuito a rafforzare in modo rilevante il ruolo dell'Italia come meta turistica in un mercato dal quale proviene circa il 27 per cento del turismo straniero in Italia, vale a dire la quota più consistente degli ultimi anni;
le decisioni di chiusura risultano incoerenti con la valutazione di produttività degli uffici interessati, dal momento che in passato hanno raggiunto importanti risultati procurando indirettamente migliaia di posti di lavoro in Italia;
la probabile riduzione del numero di turisti provenienti dai Paesi investiti dalle decisioni di chiusura vanifica l'intento di risparmio che ne è alla base e rischia al contrario di arrecare un significativo danno economico all'Italia;
mentre si sviluppa questo intervento di riduzione della rete ENIT nel mondo si istituisce con decreto 30 settembre 2008 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una struttura di missione per la promozione dell'immagine dell'Italia nel mondo, in parallelo con la struttura dell'ENIT esistente, e ad essa si destinano risorse importanti, per una funzione che lo stesso ente potrebbe svolgere se orientato da un preciso indirizzo e sorretto da risorse adeguate;
l'interruzione dei servizi offerti dagli uffici ENIT sopraindicati, oltre ad arrecare un notevole danno d'immagine all'Italia, indebolisce il nostro Paese in una fase di difficile competizione nel mercato internazionale del turismo;
la regione Liguria, per voce dell'assessore al turismo, ha manifestato profonda preoccupazione per la decisione di chiusura dell'ufficio dell'ENIT di Monaco di Baviera, da cui al pari di Amsterdam, provengono importanti flussi di turisti;
le deliberazioni di chiusura, peraltro, sono state assunte senza un'adeguata comunicazione ai soggetti interessati e senza coinvolgere gli impiegati che si vedono colpiti nei loro interessi diretti e distolti dal loro impegno di promozione del turismo in Italia -:
se non ritenga di fornire elementi su quanti e quali uffici dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo saranno chiusi in conseguenza del minore finanziamento governativo destinato all'Agenzia summenzionata;
quali siano le linee di riorganizzazione e di rilancio dell'ENIT per i prossimi anni e che cosa si intenda fare per evitare sovrapposizione di missione e duplicazioni operative nell'ambito delle azioni di governo promosse dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministro per turismo;
se non ritengano di assumere iniziative, d'accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze per reperire risorse integrative che consentano almeno di ripristinare la rete degli uffici dell'ENIT all'estero esistente prima delle recenti decisioni di chiusura, recuperando così le professionalità già sperimentate in loco.
(4-10259)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 5 gennaio 2010 si apprende che il progetto «Rete Adriatica», della Snam rete gas spa, con la partecipazione della British Gas, presentato nel 2005, prevede la realizzazione di un grande tubo per portare il gas, che arriva dall'Algeria e dalla Libia, da Massafra di Taranto fino a Minerbio di Bologna, per un totale di 687 chilometri percorsi in gran parte sul crinale dell'Appennino, ultima zona quasi intatta d'Italia;

si tratta di un tubo dal diametro di 1,2 metri che va messo in una trincea cinque metri sotto terra e che ha bisogno di una servitù di venti metri per parte, insomma di una fetta di territorio di 40 metri per il quale serviranno, in molte zone montane, anche strade che permettano l'accesso delle ruspe e degli escavatori necessari ai lavori di sbancamento e alla messa in posa del tubo;
secondo Stefania Pezzopane, assessore al comune dell'Aquila, «Il gasdotto segue la faglia del nostro terremoto ed entra poi in Umbria, sulla faglia del terremoto del settembre 1997. Noi abbiamo saputo in ritardo di questo progetto. La richiesta è arrivata infatti al comune dell'Aquila il giorno 8 aprile 2009, due giorni dopo il grande sisma, quando ancora si cercavano i morti e i feriti. Avremmo dovuto dare risposta scritta entro trenta giorni, altrimenti il silenzio sarebbe stato interpretato come assenso. Ma in quei giorni il comune nemmeno aveva una sede. Appena ripreso fiato, dopo i mesi della disperazione, l'anno scorso come presidente della Provincia ho firmato il ricorso alla Comunità europea. Adesso anche il comune ha preso la stessa decisione, così come la provincia di Pesaro, quella di Perugia, i Comuni di Gubbio, Città di Castello e tante associazioni ambientaliste come Wwf e Italia nostra»;
il progetto iniziale prevedeva il raddoppio di un altro gasdotto che già esiste sulla costa, come avvenuto per l'altro gasdotto sulla costa tirrenica. Poi la Snam ha annunciato di avere riscontrato «insuperabili criticità» su quel percorso e ha deciso di deviare il grande tubo sull'Appennino -:
se corrisponda al vero quanto riferito in premessa;
in che cosa consistano le insuperabili criticità che hanno indotto la Snam a rivedere il progetto iniziale che prevedeva il raddoppio del gasdotto sulla costa;
se siano al vaglio del Governo soluzioni alternative alla realizzazione di un gasdotto che segue la faglia del terremoto dell'Aquila ed entra poi in Umbria, sulla faglia del terremoto del settembre 1997.
(4-10280)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9

dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella Diocesi di Cosenza-Bisignano sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Restauro conservativo del ciclo pittorico di dipinti murali nella chiesa di S. Giovanni Therestis in Bivongi (CS) - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni ambientali architettonici artistici ed etnoantropologici della Calabria - Euro 336.577,63;
Intervento: Lavori di restauro del portale in pietra, delle pitture murali, di un dipinto olio su tela raffigurante l'immacolata ed una scultura lignea raffigurante il crocifisso nella chiesa del SS. Salvatore in Cosenza - Ente: Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni ambientali architettonici artistici ed etnoantropologici della Calabria - Euro 80.949,05;
Intervento: Manutenzione straordinaria e consolidamento chiesa di San Francesco di Paola in Pedace (CS) - Ente: Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in Pedace - Euro 296.343,82 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, «ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10297)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;

detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Conversano-Monopoli è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro, risanamento delle coperture, consolidamento delle facciate, della struttura lignea autoportante del soffitto e delle opere di finitura del paramento interno del complesso monumentale che ospita la «Chiesa ex conventuale delle Carmelitane» in Putignano (BA) - Ente: Rettoria Chiesa dell'ex convento delle Carmelitane - Euro 340.838,11 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10298)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella Diocesi di Chieti-Vasto sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Restauro, recupero e valorizzazione della Chiesa di San Michele Arcangelo in Miglianico (CH) - Ente: Parrocchia San Michele Arcangelo in Miglianico - Euro 524.733,94;
Intervento: Restauro, valorizzazione e riqualificazione dell'Eremo di Santo Spirito a Majella in Roccamorice (PE) - Ente: Comune di Roccamorice - Euro 302.756,84 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica

n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10299)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e che in particolare, nella Diocesi di Cesena-Sarsina è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro, risanamento conservativo e consolidamento del complesso parrocchiale di San Paterniano in Cesena (FC) - Ente: Parrocchia di San Vittore in Cesena - Euro 410.285,11 -:
se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;

se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10300)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella Diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant'Agata de' Goti sono stati finanziati i seguenti progetti:
Intervento: Completamento del restauro della Chiesa di San Lorenzo Martire - San Lorenzo Maggiore (BN) - Ente: Parrocchia di San Lorenzo Martire - Euro 144.493,79;

Intervento: Consolidamento e restauro della Chiesa di San Tommaso D'Aquino in Sant'Agata de' Goti (BN) - Ente: Parrocchia di San Tommaso D'Aquino - Euro 1.030.475,58 -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10301)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;

il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Catanzaro-Squillace è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Recupero e restauro della Chiesa della Madonna del Rosario in Catanzaro - Ente: Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace - Euro 511.257,16 -:

se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento.»
(4-10302)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 e euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno

2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella Diocesi di Catania è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro di parte degli arredi della Chiesa di S. Agata la Vetere (CT) di particolare interesse artistico - Ente: Chiesa ex conventuale Sant'Agata la Vetere - Euro 131.702,99 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10303)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 298 del 22 dicembre 2010 supplemento ordinario n. 282 è pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 dicembre 2010 «Ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 (10A15355)»;
detto decreto fa riferimento alla legge 20 maggio 1985, n. 222 il cui articolo 47 dispone tra l'altro che «A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.»;
l'articolo 48 di detta legge specifica che le somme «sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo.»;
il 28 maggio 2010 al termine della sessantunesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana la stessa - «considerate le proposte di ripartizione e assegnazione presentate dalla Presidenza

della CEI e preso atto che, sulla base delle informazioni ricevute in data 9 dicembre 2009 dal Ministero dell'economia e delle finanze, la somma relativa all'8 per mille IRPEF che lo Stato è tenuto a versare alla CEI nel corso dell'anno 2010 risulta pari a euro 1.067.032.535,28 (euro 90.021.557,25 a titolo di conguaglio per l'anno 2007 ed euro 977.010.978,03 a titolo di anticipo dell'anno 2010)» - ha assegnato per l'edilizia di culto 190 milioni (di cui 118 milioni destinati alla nuova edilizia di culto, 7 milioni destinati alla costruzione di case canoniche nel Sud d'Italia e 65 milioni destinati alla tutela e al restauro dei beni culturali ecclesiastici); e, tra l'altro 30 milioni «per accantonamento a futura destinazione per le esigenze di culto e pastorale e per gli interventi caritativi»;
il totale della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per l'anno 2010 ammonta a 144.431.387,64 euro e che di questi 63.424.212,61 euro, pari al 44 per cento dell'ammontare totale è stata destinata alla tutela e al restauro di beni ecclesiastici o è stata gestita da enti ecclesiastici e in particolare, nella diocesi di Cassano all'Ionio è stato finanziato il seguente progetto:
Intervento: Restauro conservativo del santuario della Madonna delle armi nel Comune di Cerchiara di Calabria (CS) - Ente: Comune di Cerchiara di Calabria - Euro 906.897,05 -:
se la stessa opera sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base a tale legge, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che il progetto non sia stato già finanziato con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se, quanti e quali controlli siano stati fatti e da chi rispetto all'unico obbligo per i soggetti destinatari dei contributi che è quello di presentare, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998, «tempestivamente, ai Ministeri competenti, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa, accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di notorietà resa dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per le pubbliche amministrazioni, sottoscritta dal responsabile del procedimento».
(4-10304)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in data 27 settembre 2010 l'ingegnere Carlo Gubitosa, direttore responsabile della rivista «Mamma!» e rappresentante legale dell'associazione culturale «Altrinformazione» ha richiesto al comune di Desenzano del Garda di prendere visione ed estrarre copia della delibera del consiglio comunale n. 33 del 31 marzo 2000, avente per oggetto «Mozione di sfiducia al presidente del consiglio comunale presentata dai consiglieri di minoranza e rinvio elezione nuovo Presidente»;
tale accesso agli atti è stato richiesto nell'ambito delle attività di promozione culturale dell'associazione in questione;
in particolare si è inteso verificare le notizie apparse sulla rete internet e su fonti giornalistiche secondo la quale l'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Mariastella Gelmini sarebbe stata sfiduciata dall'incarico di presidente del consiglio comunale di Desenzano per «manifesta incapacità ed improduttività politica ed organizzativa»;

in virtù della sua iscrizione all'albo dei giornalisti, il richiedente era portatore di un oggettivo diritto di accesso a quei documenti, funzionale al pubblico interesse verso i suoi contenuti, e in qualità di rappresentante legale di associazione culturale era altresì portatore di un interesse diretto, concreto e attuale a conoscere le valutazioni espresse nella delibera in questione sulle competenze delle personalità politiche oggetto della delibera stessa, di indubbio rilievo nel settore della cultura;
tale delibera è a tutti gli effetti un atto pubblico, e come tale soggetto alle disposizioni dell'articolo 10, comma 1, del testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000);
in base al comma 1 di tale articolo, «Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia»;
non risulta che l'atto in questione sia stato secretato per espressa indicazione di legge o su disposizione del sindaco o del presidente della provincia;
ciononostante, l'accesso a tale delibera è stato negato in due occasioni dal segretario comunale di Desenzano, Edoardo Leone, che ha negato il diritto di accesso ai documenti richiesti motivando il diniego con riferimento all'articolo 22 della legge n. 241 del 1990 -:
quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire il diritto di accesso agli atti nel caso di cui in premessa, anche alla luce dei poteri riconosciuti alla commissione per l'accesso ai documenti amministrativi;
se, ai sensi della normativa vigente, l'obbligo di pubblicazione delle delibere comunali sia assolto con la semplice affissione all'Albo Pretorio comunale, impedendo la visione o l'estrazione di copie in seguito alla loro affissione;
se non si intendano assumere iniziative normative per definire in modo uniforme il regime di pubblicità degli atti degli enti pubblici assicurandone la consultazione su internet.
(4-10305)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 27 dicembre 2010 sulla spiaggia di Scarlino sono comparsi i resti di animali, quali pesci, arselle e granchi, alcuni ancora agonizzanti e distesi in due file parallele lunghe quasi due chilometri, in un tratto della costa a due passi dall'area industriale del comune, dove sono presenti industrie chimiche e l'inceneritore;
i rilevamenti e le analisi da parte delle autorità sono iniziati immediatamente con prelievi di campioni di acqua e con la raccolta di vongole, crostacei e muggini, alcuni morti altri agonizzanti, per farli analizzare all'Istituto zooprofilattico di Pisa e accertarne le cause della moria -:
quali siano le cause della moria e quali conseguenti iniziative si intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-10275)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) ha evidenziato, presso il sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, nel

Comune di Oricola (AQ), l'esistenza di una grave e persistente situazione di rischio e di possibile danno alla salute per i cittadini che vivono nelle vicinanze del sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (AQ) per la presenza di amianto nel sito in questione che non è stato rimosso né il relativo territorio è stato bonificato;
il capannone di diecimila metri quadri in cemento/amianto, aggredito da fattori antropici e naturali, è oggetto da circa un ventennio di sfaldamenti e crolli e che un cedimento definitivo accrescerebbe a dismisura l'amianto aerodisperso e risulterebbe verosimilmente devastante per la popolazione residente;
non si è provveduto né alla copertura con teli impermeabili fissati al suolo dei materiali classificati come pericolosi né alla rimozione del materiale accumulato nel cavo delle lastre di copertura del tetto e sul terreno né, più in generale, ad adottare tutte le misure, preliminari e/o definitive, indicate da ARTA per evitare che i materiali contenenti amianto fossero disturbati meccanicamente e/o aggrediti dagli eventi atmosferici;
la tardiva quanto inefficace messa in sicurezza tramite recinzione non pone alcun riparo alla diffusione delle pericolose particelle di eternit;
il sito è ubicato a ridosso di case abitate: le più vicine sono a 40 metri;
le microfibre dell'amianto disgregato e corrotto, diffuse nell'aria e veicolate dal vento, sono, se inalate, letali e cancerogene anche a distanze notevoli;
le ispezioni e gli esami effettuati dall'Agenzia per l'Ambiente ARTA Abruzzo hanno accertato e certificato la presenza di amianto in matrice friabile del tipo crisotilo o asbesto bianco e crocidolite o asbesto blu;
il tempo trascorso dalle certificazioni ASL e ARTA che riferiscono di gravi rischi e pericoli è di tre anni e mezzo; a tal proposito va considerato che il materiale analizzato e il rapporto di prova saranno conservati dal laboratorio ARTA, dipartimento provinciale Teramo, per un periodo rispettivamente di 10 anni dalla data di esecuzione della prova analitica e per un periodo di 4 anni dalla sua emanazione;
il tempo massimo di trenta giorni previsto dall'ultima ordinanza del comune di Oricola per lo sgombero e la bonifica è scaduto da tre anni;
il tempo trascorso dal sequestro penale e dalle prime notifiche sanzionatone è di due anni e mezzo;
il tempo trascorso dall'emanazione della sentenza del Tribunale di Avezzano è di un anno e considerato che la sentenza a cui si fa riferimento è stata impugnata ed il procedimento è passato dal tribunale di Avezzano alla corte d'appello dell'Aquila si preannunciano tempi lunghi, ulteriori proroghe e rinvii;
si profila così uno scenario inaccettabile da parte di chi da decenni convive con l'amianto che necessita, a giudizio degli interroganti, da parte della pubblica amministrazione, l'esercizio dei poteri sostitutivi;
emerge dunque una situazione di grave inadempienza e inottemperanza, rispetto a quanto stabilito dall'autorità Giudiziaria, dalle ordinanze sindacali e dalle vigenti leggi in ordine a: demolizione/rimozione delle strutture contenenti materiali pericolosi e amianto, lo smaltimento degli stessi e la bonifica del territorio;
è necessario pervenire alla soluzione delle criticità evidenziate tenuto conto della documentazione già emessa e/o acquisita, dalla sentenza del procedimento n. 698/08 del tribunale di Avezzano, dell'ordinanza sindacale n. 21 (13 settembre 2007) del comune di Oricola, del decreto-legge n. 152/2006, stante il perdurante status di stallo della vicenda -:
si chiede di sapere se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga

di inserire il sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (AQ), nei siti di bonifica di interesse nazionale di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 settembre 2001 n. 468 (in riferimento all'articolo 1, comma 3, legge 9 dicembre 1998 n. 426) o quali altri provvedimenti intenda adottare per permettere alla messa in sicurezza e la bonifica in tempi certi e brevi.
(4-10287)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato su Liberazione del 4 gennaio 2011 a firma Ercole Olmi riferisce che nel poligono di Quirra in Sardegna, i medici veterinari delle Asl sarde di Cagliari e Lanusei, a seguito di un'indagine svolta la primavera scorsa sugli allevamenti di ovini nella base militare, hanno ufficializzato uno scenario di grave criticità;
l'analisi, che è parte del «Monitoraggio ambientale al Poligono interforze Salto di Quirra» ha infatti messo in evidenza l'insorgere contemporaneo di problematiche genetiche (malformazioni) negli animali e gravi malattie tumorali nelle persone che si occupano della conduzione degli allevamenti intorno alla zona perimetrale della base militare di Capo San Lorenzo;
il 65 per cento del personale impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti ubicati entro il raggio di 2,7 chilometri dalla base militare di Capo San Lorenzo a Quirra, risulta colpito da gravi malattie tumorali;
in sette aziende su dodici sono stati riscontrati casi di tumore. Dal 2000 al 2010 le persone che risultano colpite da neoplasie sono dieci su diciotto e si evidenzia una tendenza all'incremento, tanto che «negli ultimi due anni sono quattro i nuovi casi di neoplasie che hanno colpito altrettanti allevatori della zona». Per i veterinari si tratta di un «grave fenomeno sanitario», paragonabile solo ad una «antropo-zoonosi», cioè a una malattia infettiva umana trasmessa dagli animali, «che colpisce indistintamente giovani, meno giovani, anziani, decimando le persone occupate nell'allevamento degli animali nei territori di Quirra»;
anche sullo stato sanitario degli animali le considerazioni finali non sono incoraggianti. L'area più colpita è sempre quella più vicina alla base di Capo San Lorenzo. I periodi dal 1985 al 1988 e dal 2003 al 2005 sono quelli interessati dal maggior numero di malformazioni genetiche: nascita di capretti ciechi e con lesioni cerebrali, ipofertilità e altre gravi patologie. La ricerca sottolinea un caso emblematico. Tre di quattro fratelli impegnati nell'allevamento in due aziende vicine si sono ammalati di tumore nell'arco di pochi anni e «contemporaneamente anche gli animali che pascolano in quei terreni sono stati interessati da problemi sanitari e genetici. E di recente è stata registrata la nascita di un agnello con una gravissima deformità». L'insorgenza di tre casi di malattie neoplastiche in un breve arco cronologico e la contemporanea osservazione di malformazioni negli animali che pascolano nello stesso territorio «è indubbiamente indice di una elevatissima criticità dell'ambiente», ribadiscono gli scienziati;
le conclusioni della ricerca veterinaria fanno il paio con un altro dato significativo. In seguito al decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 2009 che disciplina le cause di servizio per militari e civili esposti a polveri di metalli pesanti, in guerra o nelle basi, sessanta sardi residenti attorno ai poligoni hanno presentato la richiesta di risarcimento. Un

record se si pensa che al 7 novembre 2009 erano in tutto 329 le istanze pervenute al Ministero della difesa;
l'analisi veterinaria è una porzione del più ampio piano di monitoraggio avviato a febbraio del 2008 dal Ministero per far luce sulla cosiddetta «Sindrome di Quirra» che, come denuncia da tempo il comitato che storicamente ha guidato la lotta contro la presenza militare nell'isola, «Gettiamo le basi», vede forze armate, Ministero della difesa e Nato mantenere il doppio ruolo di controllori e controllati -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito al problema segnalato in premessa;
quali misure si intendano promuovere a tutela della salute dei soggetti residenti nell'area e dell'ambiente;
se e come si intenda garantire un imparziale monitoraggio della situazione nell'area di Quirra.
(4-10273)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i giubbotti antiproiettile in uso al personale delle forze armate e di polizia, impiegati in particolari condizioni operative o per attività di contrasto alla criminalità sono generalmente realizzati in Kevlar, una fibra aramidica dotata di una incredibile resistenza meccanica e buona resistenza agli agenti chimici;
le fibre aramidiche, come ad esempio il Kevlar, sono inclini ad idrolisi e quindi a perdere le loro caratteristiche organolettiche, meccaniche e chimiche. Per questa ragione, i materiali prodotti con dette fibre riportano una data di scadenza che ne consente un impiego, in condizioni normali, per un periodo massimo di 5 anni dalla data di produzione, proprio in ragione del lento degrado cui il predetto materiale è sottoposto a causa degli agenti chimici, fisici ed atmosferici -:
quanti e di quale modello siano i giubbotti antiproiettile in dotazione al personale delle Forze armate e delle forze di polizia a ordinamento militare e civile, quanti quelli scaduti nel 2010 e quelli che scadranno negli anni 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, quali siano le relative previsioni di spesa per la sostituzione o per eventuali nuove acquisizioni e quali siano i costi sostenuti per il corretto smaltimento dei giubbetti scaduti;
quali siano le disposizioni impartite da ogni singola amministrazione per garantire una immediata sostituzione dei giubbotti scaduti o deteriorati.
(4-10281)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in merito alla vicenda del primo caporal maggiore Valentina Fabri, del sesto reggimento Genio pionieri dell'Esercito, diffusa dalle agenzie di stampa il giorno 3 gennaio 2011, alle quali il militare aveva denunciato di essere stata esclusa dal concorso per passare in servizio permanente effettivo poiché era incinta, con un comunicato stampa del successivo 4 gennaio il segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), Luca Marco Comellini, ha inteso sottolineare che «...non c'è nessun caso di discriminazione, c'è semmai un vuoto regolamentare che andava colmato prima e a prescindere della situazione oggettiva verificatasi che tanto sta facendo discutere e della quale oggi il ministro La Russa si stupisce invece di assumersi la responsabilità per non aver adeguatamente vigilato sull'operato dei suoi generali»;
il bando di concorso per il quale il militare aveva presentato domanda di partecipazione, emanato con il decreto ministeriale n. 114 del 28 agosto 2009, conclusosi con la pubblicazione della graduatoria di cui al decreto n. 120 del 30 dicembre 2010, all'articolo 2, comma 2,

prevede espressamente, anche in merito al requisito dell'idoneità fisica, che «I requisiti suindicati debbono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso e mantenuti fino alla data di effettiva incorporazione per i militari in congedo e fino alla data di decorrenza giuridica per l'immissione in servizio permanente per i militari in servizio, pena l'esclusione dal concorso disposta dalla Direzione generale per il personale militare»;
una nota ANSA del 5 gennaio 2011 (SV/FLO 05-gen-2011 21:05) ha diffuso la notizia secondo cui il Ministro interrogato avrebbe dichiarato «Credo che il problema si ponga quando una donna è incinta e non ha la possibilità di ripetere i test: ho chiesto al mio Ufficio legislativo di approfondire per capire se è necessario creare una norma ad hoc che in ogni caso dia un'altra chance, una sorta di proroga. Tuttavia non è il caso di questa soldatessa, che ha invece altre possibilità e tempo per ripetere il concorso»;
presso il Ministero della difesa, opera dal 19 marzo 2007 il Comitato per le pari opportunità del Ministero della difesa. Il Comitato ha poteri propulsivi e consultivi - ma non decisionali -, ha il compito di promuovere iniziative volte ad affermare sul lavoro la pari dignità - formulando proposte in ordine alle materie di propria competenza (flessibilità orario di lavoro, processi di mobilità, part-time, accesso e modalità di svolgimento dei corsi di formazione e aggiornamento, e altro) - e di realizzare «azioni positive» che costituiscono lo strumento voluto dal legislatore per combattere ogni forma di discriminazione nei confronti delle lavoratrici e favorire l'attuazione dei principi di parità e di pari opportunità tra uomini e donne -:
quali siano state le indicazioni in materia di arruolamento del personale femminile per l'immissione nei ruoli dei volontari di truppa in servizio permanente delle Forze armate offerte dal Comitato di cui in premessa in occasione della procedura concorsuale citata e di quelle successivamente bandite dall'amministrazione militare;
quali immediati e urgenti provvedimenti intenderà adottare affinché sia garantito il pieno rispetto delle norme del bando di concorso di cui in premessa e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per disciplinare in modo inequivocabile i casi di temporanea inidoneità al servizio militare incondizionato e le eventuali deroghe nell'ottica di un'adeguata tutela della condizione di maternità nel pieno rispetto delle pari opportunità fra uomini e donne.
(4-10290)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa informano che, nella ricostruzione dello scontro a fuoco che ha provocato la morte di Matteo Miotto, le informazione da parte dei militari siano giunte tardive e incomplete e si sospetta che tutto ciò sia avvenuto per la necessità di raccontare una verità senza creare allarme, per fornire all'opinione pubblica una verità indolore;
la fase finale del tragico evento sarebbe stata fotografata. Da tale fotografia si desumerebbe che un cecchino ha esploso il colpo che ha ucciso Matteo Miotto mentre si trovava sulla garitta;
sempre secondo la stampa, il Ministro interrogato avrebbe ammesso la ricostruzione, sostenendo contemporaneamente di non aver avuto modo di conoscere sin dall'inizio le condizioni nelle quali è avvenuta la morte del militare italiano;
l'evento luttuoso, secondo il Ministro interrogato, sarebbe avvenuto durante uno scambio di colpi durato diversi minuti. È possibile che il colpo sia stato sparato effettivamente da un solo cecchino, ma certamente c'era la presenza con armi leggere, e quindi con gittata minore, di

altre persone che sono state intercettate poco dopo dall'aereo americano intervenuto che le ha viste: erano 5, 6, 8 non è chiaro, certo più di quattro;
l'ipotesi prevalente, ma non ancora definitivamente accertata, induce a ritenere che abbia sparato una sola persona con il fucile di precisione, da un chilometro, un chilometro e mezzo, ma è possibile che sia stata accompagnata da altre persone con le armi leggere. Sicuramente c'è stato uno scambio di colpi durato diversi minuti, al quale gli italiani e lo stesso Miotto hanno preso parte, reagendo con prontezza;
sempre secondo il Ministro interrogato, «Questa parte della notizia non è stata ritenuta nelle prime ore importante da comunicare a me e a voi. Mi sono arrabbiato con i militari che non me l'hanno detto e quando, il 4 pomeriggio, mi è stata comunicata anche la parte che c'era stato un conflitto a fuoco, prima di rendere noto il tutto ho voluto aspettare ieri, il 5, per parlare personalmente con il generale Bellacicco, il comandante del contingente»;
lo stesso Ministro rileva di avere un'idea del perché la notizia non è stata data subito completa: «è il riflesso di un vecchio metodo - dice -, di cercare di indorare la pillola della realtà dei fatti, di dire la verità ma nel modo più indolore possibile. Questo non appartiene al mio modo di comunicare le notizie, tanto è vero che quando l'ho saputo l'ho reso noto. Bisogna voltare pagina rispetto a un passato che io, senza polemica, faccio risalire ai passati governi, forse perfino al primo governo Berlusconi, sicuramente al Governo Prodi, per motivi obiettivi che capisco, di dare sempre la notizia, vera, con la preoccupazione di non allarmare. Io, invece, proprio per il rispetto del lavoro dei militari, ho sempre voluto fotografare la realtà esattamente com'è»-:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda porre in essere per evitare che in futuro vengano a ripetersi episodi quali quelli descritti.
(4-10293)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un'agenzia stampa del 27 dicembre 2010, (Il Velino) riportava la notizia secondo cui «Il generale dei Ros Giampaolo Ganzer avrebbe avuto "accordi e contatti con pericolosi trafficanti ai quali avrebbe garantito di poter rendere in Italia ingenti quantitativi di droga nell'assoluta impunità". È quanto si legge nelle motivazioni dei giudici dell'ottava sezione penale di Milano per la condanna a 14 anni di reclusione (contro i 27 richiesti dall'accusa), nel processo per le presunte irregolarità commesse da Ganzer durante alcune operazioni antidroga. Il 12 luglio 2010, Ganzer era stato condannato per traffico internazionale di droga in riferimento a operazioni sotto copertura, insieme ad altre 13 persone, tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottoufficiali dei carabinieri. Ganzer era stato assolto dall'accusa di associazione per delinquere ma condannato per episodi singoli legati al traffico internazionale di stupefacenti. Secondo i giudici, Ganzer e gli altri imputati non avevano costituito una struttura autonoma e gerarchizzata con lo scopo di commettere reati. Da parte loro, infatti, ci sarebbe stata soltanto l'intenzione di seguire alcune operazioni proprio per dare lustro e visibilità ai Ros davanti ai propri superiori e all'opinione pubblica. Al generale dei Ros non sono state concesse le attenuanti generiche non solo per "l'estrema gravità" dei reati commessi ma soprattutto per quella che i giudici hanno definito "preoccupante personalità", che renderebbe Ganzer capace di "commettere gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione". Durante il processo,

Ganzer si sarebbe difeso con "la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi sottoposti", preferendo inoltre passare per un "distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti".»;
il medesimo giorno fonti di stampa riportavano anche la notizia che il generale Ganzer non si sarebbe dimesso dall'incarico di comandante del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) dell'Arma;
il 20 dicembre 2010, il maresciallo del corpo militare della Croce Rossa Vincenzo Lo Zito, con ordinanza commissariale n. 643-10, in attuazione della previsione normativa contenuta nel codice dell'ordinamento militare, emanato con il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, veniva sospeso dal servizio a tempo indeterminato per essere stato rinviato a giudizio innanzi al tribunale militare di Roma;
con il decreto ministeriale n. 453/III-7/2010 del 15 ottobre 2010, il maresciallo dell'Esercito Gelsomino Iannarone veniva sospeso dal servizio per mesi due a seguito della sentenza della corte militare d'appello n. 94/09 emessa il 14 ottobre 2009, divenuta irrevocabile il 29 novembre 2009, che lo aveva assolto dal reato di disobbedienza aggravata con la formula «il fatto non costituisce reato» -:
quali siano stati i criteri adottati per disporre le citate sospensioni dal servizio dei militari Lo Zito e Iannarone e quali siano i motivi che invece hanno determinato il mantenimento in servizio del generale Ganzer;
quanti siano i militari appartenenti ai ruoli dei graduati di truppa dei sergenti e dei marescialli attualmente sospesi dal servizio per motivi disciplinari o penali, quanti gli ufficiali inferiori e superiori, quanti gli ufficiali generali;
quanti siano attualmente gli ufficiali generali in servizio nelle forze armate compresa l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza che sono imputati di reato o condannati per reati comuni o militari;
se non si ritenga di dover disporre la revoca dei provvedimenti della sospensione dal servizio nei confronti di tutti quei militari che si trovino nella condizione di imputato di reato o che siano stati assolti con le formule perché «il fatto non sussiste» ovvero perché «il fatto non costituisce reato», in caso contrario quali siano i motivi e quali conseguentemente i provvedimenti che adotterà nei confronti del generale Ganzer.
(4-10295)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
come emerge dalla video inchiesta di Gennaro Savio su www.pcimltv.blogspot.com, presso l'unico ospedale pubblico dell'isola d'Ischia si rischia la paralisi per la scadenza, prevista il 31 dicembre 2010, del contratto dei medici e degli infermieri precari;
si tratta di quattordici medici e di oltre quaranta tra infermieri e operatori sanitari vari i quali, se tra meno di una settimana non saranno chiamati a firmare il rinnovo del contratto, sull'isola d'Ischia si potranno assicurare solo gli interventi d'urgenza rappresentando i precari il 50 per cento del personale medico ed infermieristico operativo presso la struttura sanitaria isolana;
la situazione di estremo disagio che già si sta vivendo presso l'ospedale «Anna Rizzoli» di Lacco Ameno, è ben esemplificata dal testo del fax sottoscritto da ben sei medici e inviato al commissario straordinario dell'ASL Napoli 2 avvocato

Rocca, al direttore sanitario aziendale dottor Bruno, al direttore sanitario del Rizzoli dottoressa Grossi e al responsabile dei servizi infermieristici dottoressa Peluso in cui si comunica che: «Alle ore 16.30 di oggi 25 dicembre 2010 risultano presenti in tutto il Presidio Ospedaliero Rizzoli numero 12 infermieri professionali divisi mediamente in numero di 2 per reparto e peraltro è vacante il turno di reperibilità per il Pronto Soccorso. In particolare in Pronto Soccorso sono presenti solo due unità infermieristiche e si è dovuto pertanto provvedere ad attivare la reperibilità notturna disponendo ordine di servizio all'infermiera smontante dal turno di mattina. Si sottolinea come tale carenza esponga a gravi rischi la qualità dell'assistenza poiché il numero degli infermieri è al disotto delle unità previste, particolarmente in Pronto Soccorso e nell'Unità Operativa Complessa di Chirurgia. Tanto si comunica per opportuna conoscenza»;
l'ospedale serve una popolazione residente di oltre sessantamila abitanti e milioni e milioni di turisti che ogni anno scelgono Ischia per trascorrervi le vacanze;
il problema del rinnovo dei contratti per i lavoratori precari presso questa struttura era stato già sollevato dagli interroganti con l'interrogazione 4-07698;
il presidente della regione avrebbe dichiarato di aver chiesto in merito al rinnovo del contratto dei precari in Campania una valutazione ai ministeri competenti, Funzione Pubblica ed Economia, e che sarebbe in attesa di una risposta;
il 30 dicembre l'agenzia di stampa ANSA ha riportato la notizia che dal 1o gennaio al Rizzoli di Lacco Ameno (Ischia) saranno garantite solo le urgenze e tutte le operazioni programmate saranno rinviate poiché da fonti sanitarie è emerso il mancato rinnovo del contratto di lavoro a due chirurghi, un pediatra, un ortopedico, un ginecologo ed un farmacista precedentemente assunti su chiamata diretta -:
quali misure urgenti i Ministri interrogati intendano assumere al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza considerato che l'ospedale di Lacco Ameno è l'unico dell'isola di Ischia.
(4-10278)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio Permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali Italiani, Ristretti Orizzonti, Radiocarcere, Il Detenuto Ignoto, Antigone e A Buon Diritto, Pietro Salvatore Mollo, calabrese, arrestato per associazione mafiosa, detenuto in regime «duro», quello del 41-bis, si è tolto la vita nel supercarcere «Le Costarelle» di Preturo, frazione ovest dell'Aquila;
l'uomo era giunto nel supercarcere da circa un mese e al momento non si conoscono le cause del gesto estremo messo in pratica con un lenzuolo che è stato legato ad una delle inferriate della finestra della cella. Mollo era stato arrestato a luglio 2010 a Corigliano Calabro (Cosenza) insieme ad altre 66 persone nell'ambito dell'operazione «Santa Tecla» condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed eseguita dagli uomini del Gico della Guardia di finanza di Catanzaro, in collaborazione con i colleghi dello Scico di Roma e dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza. Alle persone coinvolte, accusate di far parte di una pericolosa organizzazione 'ndranghetistica con base nell'alto Ionio cosentino, furono contestati i reati di associazione mafiosa, estorsione, usura, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti;
secondo gli inquirenti Mollo, 41 anni, ricopriva una posizione di rilievo all'interno del clan coriglianese, e, unitamente al cognato Alfonso Sandro Marrazzo e ad altri sodali, avrebbe avuto un ruolo di

assoluto rilievo nel traffico di droga gestito dalla cosca nonché in diverse attività estorsive e usurarie. La salma del detenuto è stata messa a disposizione dell'autorità giudiziaria che potrebbe disporre l'autopsia prima di concedere il nullaosta per i funerali -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se intenda verificare, per quanto di competenza, il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti del detenuto Pietro Salvatore Mollo siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
quali siano i risultati acquisiti in passato dal monitoraggio avviato sui casi di suicidio in carcere dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo quali quelle previste dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;
quali misure intenda mettere in atto per arrestare questo drammatico flusso di morte che si manifesta dentro le carceri italiane con l'alto numero dei suicidi.
(4-10260)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali Italiani, Ristretti Orizzonti, Radiocarcere, Il Detenuto Ignoto, Antigone e A Buon Diritto, Alessandro Luzzani, 31enne, detenuto nel carcere del Bassone di Como dal mese di settembre 2010, calabrese, si è tolto la vita il 18 dicembre 2010 all'interno della sua cella;
secondo quanto emerso fino a questo momento, l'uomo si sarebbe suicidato mettendosi sulla testa un sacchetto in plastica;
l'ultimo episodio accaduto nel carcere di Como risale al maggio 2010 quando a togliersi la vita era stato un 57enne che, più volte finito in carcere, da alcuni giorni aveva iniziato uno sciopero della fame sostenendo di sentirsi perseguitato dalla magistratura -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere di Como siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-10261)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le agenzie di stampa del 28 dicembre 2010 hanno battuto la notizia della morte in carcere di Fernando Paniccia, detenuto invalido al 100 per cento, affetto da ritardo mentale, epilettico e semiparalizzato, il cui peso corporeo era pari a 186 chili;

Paniccia era entrato in carcere per la prima volta a 19 anni, per il furto di 3 palloni di cuoio in una palestra, e da allora era stato più volte arrestato per piccoli reati di cui probabilmente non era nemmeno consapevole, poiché la sua capacità di comprensione era quella di un bambino di tre anni. Avrebbe terminato di scontare la sua ultima condanna il 31 dicembre 2011;
al quotidiano Il Messaggero i parenti hanno dichiarato che «il giorno di Natale l'uomo aveva accusato un malore ed aveva chiesto di essere visitato. Dopodiché è stato dapprima visitato presso l'infermeria dell'ospedale e poi riportato in cella. Lamentava tachicardia e battiti irregolari; probabilmente, se fosse stato ricoverato, non sarebbe morto. E invece è stato di nuovo portato in carcere»;
subito dopo il decesso i due avvocati dell'uomo hanno chiesto alla procura della Repubblica di approfondire il caso. E così, mentre è stato aperto un fascicolo, contro ignoti, per omicidio colposo è stata disposta anche l'autopsia da parte del sostituto procuratore Antonella Politi;
a tal proposito gli avvocati della madre e dei fratelli della vittima hanno dichiarato: «Non vogliamo accusare nessuno, vogliamo solo chiarezza. Non si può morire per un malore e, probabilmente, il detenuto è stato dimesso troppo frettolosamente. L'obesità? Certo, Fernando era su con il peso, ma in carcere faceva palestra ed era sceso di diversi chili. Ci preme sottolineare, inoltre, che Fernando era lucido e affetto da handicap ad una mano, ma niente di particolarmente grave come qualcuno ha detto»;
non appare chiaro quanti siano esattamente i disabili detenuti nelle carceri italiane dal momento che non risulta esista un sistema di monitoraggio nazionale sulle condizioni di salute sui carcerati; al momento risultano essere quattro, le sezioni attrezzate per i «minorati fisici», 143 posti in tutto, di cui molti ancora inagibili; sette risultano le sezioni per disabili motori, per un totale di una trentina di posti;
accade spesso che chi varca la soglia di un carcere, porta con sé gli esiti di un trauma o di una malattia che hanno ridotto le sue capacità motorie o mentali;
appare incredibile e inaccettabile che, a fronte di una popolazione carceraria che ha raggiunto ormai le 70 mila unità, vi siano meno di duecento posti riservati ai disabili fisici e disabili motori e che una quantità di detenuti con disabilità siano costretti a vivere in celle troppo strette, all'interno di istituti pieni di barriere architettoniche e affidati in molti casi solo all'assistenza di agenti della polizia penitenziaria e compagni di cella -:
se non ritengano urgente avviare un'inchiesta amministrativa interna al fine di accertare se al detenuto Fernando Paniccia sia stata garantita un'adeguata assistenza sanitaria nel corso della sua detenzione e per quali motivi lo stesso non sia stato ricoverato pur avendone fatto espressa richiesta a causa delle sue critiche condizioni di salute;
se non si ritenga necessario e urgente realizzare un monitoraggio nazionale per accertare quanti siano i detenuti con disabilità fisiche e in quali carceri siano ristretti e se non si ritenga di doversi dotare di un sistema unitario di raccolta dati sull'indice della malattia in carcere;
quante delle strutture con sezioni attrezzate per disabili fisici siano effettivamente funzionanti, quanti detenuti vi siano ricoverati e quante di queste sezioni siano inagibili e per quale ragione.
(4-10262)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS del 21 dicembre 2010, un detenuto polacco di 33 anni, appena arrivato dal carcere di Brescia,

avrebbe tentato il suicidio tramite impiccamento nell'istituto penitenziario di Trieste;
il gesto disperato del detenuto, il quale ha tentato di impiccarsi con i lacci del lenzuolo, è stato sventato dal personale di polizia penitenziaria -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
per quale reato il detenuto che ha tentato il suicidio si trovasse in carcere, se fosse in attesa di giudizio o condannato in sede definitiva e da quanto tempo fosse detenuto;
se prima di questo gesto disperato, il detenuto risultasse essere seguito da uno psicologo;
se consti che attualmente l'uomo benefici di un adeguato supporto psico-terapeutico.
(4-10263)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa AGI del 24 dicembre 2010, un detenuto di nazionalità palestinese avrebbe tentato di evadere dal carcere di Vibo Valentia, scavalcando il muro dei passeggi, dove stava effettuando la prevista ora d'aria, all'esterno della cella detentiva;
l'aspirante evasore è soggetto pericoloso, imputato di omicidio. In passato, peraltro, il medesimo detenuto si era reso responsabile di altri eventi critici, come un tentativo di suicidio. Nella circostanza l'uomo è stato bloccato dagli agenti della polizia penitenziaria, prima che riuscisse ad uscire fuori dal carcere;
la vicenda è stata resa nota da Giovanni Battista Durante e Damiano Bellucci, rispettivamente segretario generale aggiunto e segretario regionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria, i quali hanno rilasciato alla stampa la seguente dichiarazione. «Nel carcere di Vibo Valentia ci sono 450 detenuti, a fronte di una capienza di 256 posti, con un sovraffollamento del 175 per cento. Gli stranieri, pari a 160, quindi al 35,55 per cento, superano di circa il 10 per cento la media regionale. Il personale di polizia penitenziaria è di 157 unità, a fronte di una pianta organica di circa 200. Sarebbe opportuno un immediato incremento dell'organico di polizia penitenziaria, vista la continua crescita dei detenuti. Chiediamo che l'amministrazione proceda al più presto con le assunzioni previste dalla legge Alfano, di recente approvata dal Parlamento» -:
quale sia l'esatta dinamica di questa tentata evasione e se, sul punto, il Ministro interrogato intenda avviare un'indagine amministrativa interna;
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere, adottare e sollecitare in relazione alla grave situazione che si è determinata nel carcere di Vibo Valentia, con particolare riferimento al versante della sicurezza interna, del sovraffollamento e della mancanza di un numero adeguato di agenti di polizia penitenziaria.
(4-10264)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Tirreno del 24 dicembre 2010 è stato pubblicato un articolo intitolato: «Detenuto 50enne tenta il suicidio impiccandosi, viene salvato dagli agenti»;
nell'articolo viene descritto il tentato suicidio di un cinquantenne detenuto nel carcere di Pisa, il quale nella circostanza è stato soccorso da un assistente della polizia penitenziaria e poi da un medico del Centro clinico del carcere Don Bosco, intervenuti in tempo per strapparlo alla morte;
l'uomo ha tentato di impiccarsi nel primo pomeriggio di sabato 18 dicembre

con un lenzuolo nella sua cella. Lo ha scoperto quasi subito l'assistente Michele Vignali e sul posto è arrivato immediatamente un medico del centro clinico del carcere Don Bosco, il dottor Mario Caporale. In pochi minuti hanno sciolto l'uomo dal cappio e sono riusciti a rianimarlo. È stata quindi chiamata un'ambulanza e l'uomo è stato portato in ospedale, dove si trova tuttora ricoverato: le sue condizioni però non destano preoccupazioni e la prognosi è confortante -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
per quale reato il detenuto che ha tentato il suicidio si trovasse in carcere, se fosse in attesa di giudizio o condannato in sede definitiva e da quanto tempo fosse detenuto;
se prima di questo gesto disperato, il detenuto risultasse essere seguito da uno psicologo;
se consti che attualmente l'uomo benefici di un adeguato supporto psico-terapeutico.
(4-10265)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Sicilia del 21 dicembre 2010 è stato pubblicato un articolo intitolato: «Il Comune di Gela contro il Ministero della Giustizia, inaccettabile il carcere ancora chiuso»;
l'articolo citato solleva il problema della struttura penitenziaria ubicata nel comune di Gela, la quale, pur potendo in teoria contenere almeno cento posti, continua a rimanere chiusa;
secondo quanto sostiene l'assessore all'edilizia e urbanistica Giuseppe D'Aleo, il comune di Gela avrebbe da tempo consegnato l'immobile direttamente al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma l'apertura del predetto istituto di pena, ancora non si intravede;
qualche mese fa, il Sottosegretario alla giustizia, dottor Giacomo Caliendo, in Senato, aveva fissato la definitiva conclusione dei lavori del carcere galese per gli ultimi mesi del 2010, al contempo, però, un documento ufficiale firmato dal dottor Franco Ionta, capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ha spostato la partenza del penitenziario al dicembre del 2012 -:
quali siano i motivi per cui il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia inteso spostare nel lontano dicembre del 2012 l'apertura del nuovo istituto di pena di Gela.
(4-10266)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Gazzettino del giorno 31 dicembre è apparso un articolo di Antonio Franchini, presidente della camera penale veneziana, intitolato: «Nel carcere di Santa Maria Maggiore condizioni da Terzo mondo»;
nel citato articolo, l'avvocato penalista espone i seguenti fatti: «La notizia della decisione di costruire un nuovo carcere a Campalto è di quelle che fanno sentire di appartenere ad un paese civile. Sembrava impossibile che, di fronte ad una situazione come quella del carcere di S. Maria Maggiore, con le bocche di lupo nelle celle, con il sovraffollamento selvaggio da Paese del terzo mondo, con storie suicidiarie, con la sistematica violazione delle regole igieniche (un water in cella per 8/9 detenuti), con il mancato rispetto dello spazio minimo per ogni detenuto (tre metri quadri), il governo nazionale, quello regionale, un sindaco illuminato come Giorgio Orsoni non intervenissero in nome di una democrazia liberale, che deve assicurare a chi delinque una pena certa, ma in condizioni di vita civile e con lo scopo costituzionale della rieducazione del condannato. Per non parlare dei detenuti in attesa di giudizio, presunti innocenti fino

alla sentenza definitiva. I penalisti veneziani in questi anni hanno spesso protestato per le condizioni dei detenuti di S. Maria Maggiore, condizioni che non dipendono certo dalla Direzione della struttura o dalle guardie penitenziarie, che fra mille sacrifici si trovano coinvolte nel degrado e nel sovraffollamento del carcere (243 numero fisiologico di detenuti, 363 attuali presenze) e continueranno a protestare con azioni sempre più incisive finché questa vergogna non sarà cancellata. Già 20 anni fa Nicolò Amato emise un decreto di chiusura del carcere di S. Maria Maggiore, decreto che poi venne bloccato dalla giustizia amministrativa. Era un segnale ed un simbolo. Ora è necessario andare fino in fondo, senza incertezze o ripensamenti, perché non succeda che un dibattito infinito (del quale si avvertono i primi segnali) ritardi o, peggio, blocchi un'opera di giustizia e civiltà. Intanto, finché non sarà costruito il nuovo carcere, è comunque necessario intervenire urgentemente per alleviare una situazione che resta drammatica. Vi è, infatti, un dato impressionante che, fa capire come intervenire si possa e si debba. Nell'arco dell'anno 2010 i detenuti "in transito" sono stati più di 1000: costoro restano in carcere 3-4 giorni e poi vengono liberati per una serie di motivi tecnici (assoluzione o sospensione condizionale della pena nei processi per direttissima, mancate convalide degli arresti, eccetera). In realtà, se il Tribunale garantisse la celebrazione delle udienze di convalida e dei giudizi direttissimi entro 24 ore dall'arresto, questi detenuti potrebbero essere condotti direttamente davanti al Giudice senza transitare per il carcere, ma rimanendo in custodia presso le camere di sicurezza della Polizia o dei Carabinieri. Questi detenuti "provvisori" entrano invece in carcere con il risultato di un insostenibile aggravio numerico della popolazione carceraria e una moltiplicazione burocratica del tutto inutile. Le Autorità preposte (Procuratore della Repubblica, Questore, Comandante dei Carabinieri) devono urgentemente intervenire per mutare questa situazione. Nell'immediato non esistono altre ricette; per il futuro si chiuda finalmente S. Maria Maggiore e si costruisca finalmente il nuovo carcere senza tentennamenti, senza se e senza ma» -:
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di riportare le condizioni di detenzione all'interno del carcere di Santa Maria Maggiore compatibili con il dettato costituzionale e con le norme e i regolamenti in materia di trattamento penitenziario;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di riportare il numero dei detenuti reclusi nel carcere veneziano all'interno della capienza regolamentare;
se ed entro quali tempi sia prevista la chiusura del carcere indicato in premessa.
(4-10268)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - emesso che:
secondo quanto reso noto dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio, avvocato Angiolo Marroni, e riportato dall'agenzia di stampa Il Velino, un giovane detenuto rom ventiquattrenne, Rambo Djurdjevic, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella del carcere romano di Rebibbia nuovo complesso;
a quanto appreso dai collaboratori del garante, Djurdjevic era arrivato il 16 giugno 2010 nel reparto G 12 di Rebibbia Nuovo Complesso dove stava scontando, insieme al fratello, una condanna per furti con un fine pena fissato a maggio 2011. A trovarlo senza vita sono stati gli agenti di polizia penitenziaria nel corso di un controllo. Il giovane era entrato per la prima volta in carcere nel 2002 all'istituto penale minorile di Casal del Marmo, quindi aveva conosciuto anche le carceri di Velletri e Arezzo. I familiari sono stati avvertiti dalle autorità di quanto accaduto;
si tratta del decimo decesso registrato in un carcere della regione Lazio nel 2010, il quarto suicidio. Mentre a livello nazionale,

nello stesso arco temporale, i decessi in carcere sono stati i 72 e i suicidi 66 -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità disciplinari nella morte detenuto avvenuta nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso;
se ed in che misura il detenuto morto suicida disponesse di un adeguato supporto psicologico;
se non si ritenga di fornire con la massima urgenza elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione con caratteristiche esclusivamente afflittive, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative, anche normative, per favorire il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane.
(4-10269)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa 9Colonne del 29 dicembre 2010, Giuseppe Belcastro, 50enne, condannato all'ergastolo in primo e secondo grado per omicidio e associazione mafiosa, sarebbe tornato in libertà perché il magistrato che ha emesso la sentenza di condanna all'ergastolo, non ha depositato, dopo 4 anni e mezzo le motivazioni della sentenza;
la scarcerazione è stata motivata dal fatto che i motivi della sentenza d'appello con cui Giuseppe Belcastro è stato condannato all'ergastolo sono stati depositati quattro anni e mezzo dopo l'emissione della sentenza, avvenuta nel marzo del 2006. Un ritardo che ha provocato la scarcerazione anche di un altro imputato del processo «Prima Luce», per la faida di Sant'Ilario, Luciano D'Agostino, condannato a 15 anni di reclusione;
la procura generale di Reggio Calabria aveva già segnalato alla corte d'appello i ritardi nel deposito della motivazione della sentenza «Prima luce» con la condanna all'ergastolo, tra gli altri, di Giuseppe Belcastro, che per tale motivo è stato scarcerato grazie alla scadenza dei termini di custodia cautelare. È quanto hanno riferito fonti della procura generale, secondo le quali, tra l'altro, il giudice estensore, che è Enrico Trimarchi, «non è nuovo a ritardi nel deposito delle motivazioni delle sentenze» -:
se non ritenga necessario ed urgente avviare un'apposita iniziativa ispettiva presso la Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria, verificando il motivo per cui il deposito delle motivazioni sia avvenuto a distanza di ben quattro anni e sei mesi dall'emissione della relativa sentenza, ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare.
(4-10270)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 30 dicembre 2010, un detenuto è morto a causa di problemi cardiaci all'interno della struttura di reclusione di Larino (Campobasso);

l'uomo, recluso per reati contro il patrimonio, era in attesa di giudizio definitivo. In cura per malattie del sistema cardiocircolatorio, era in cella insieme ad altri due detenuti;
sulla vicenda il consigliere nazionale del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) Aldo Di Giacomo ha voluto rilasciare la seguente sconfortante dichiarazione: «Questa morte purtroppo conferma che le carceri italiane sono diventate una pattumiera dell'umanità; si continua a mettere in galera tutti senza creare differenziazioni nei circuiti carcerari e misure alternative» -:
se intendano, negli ambiti di rispettiva competenza, acquisire elementi per valutare se al detenuto morto per una crisi cardiaca siano state garantite l'assistenza e le cure mediche che il suo precario stato di salute imponevano;
più in generale, se e quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro della giustizia intenda promuovere, al fine di garantire una efficace e concreta differenziazione tra i circuiti carcerari;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative, anche normative, per favorire il ricorso a forme di misure e pene alternative al carcere.
(4-10271)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un comunicato dell'ufficio stampa di Antigone, diffuso nel pomeriggio del 5 gennaio 2011, ha dato la drammatica notizia del suicidio di un internato nell'Ospedale pischiatrico giudiziario di Aversa, verificatosi nel pomeriggio del 4 gennaio;
secondo l'osservatorio dell'associazione Antigone Campania, l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa ospita attualmente circa 300 internati, persone sofferenti psichicamente, autori di reati e condannati ad una misura di sicurezza;
l'uomo che si è tolto la vita è Massimo B., aveva 32 anni e si è impiccato nella propria cella; sull'accaduto, il portavoce campano dell'associazione, Stefano Dell'Aquila, ha dichiarato: «È triste constatare che un sofferente psichico, che ha fatto il suo ingresso in Opg a luglio dello scorso anno, sottoposto a misura di sicurezza provvisoria per reati non di particolare gravità, trovi la morte, dopo nemmeno sei mesi in una struttura in cui dovrebbe ricevere, in teoria, una adeguata assistenza sanitaria»; "Pur ammettendo tutti i limiti dovuti alla esiguità di risorse, - ha proseguito il portavoce dell'associazione - rimane inspiegabile che una persona sottoposta ad un doppio regime di sorveglianza, sanitario e penitenziario, abbia modo di togliersi la vita senza che nessuno se ne accorga»; «Lo spirito della riforma della sanità penitenziaria, ha concluso Dell'Aquila, era quello di superare la logica manicomiale e avviare un processo di sostanziale trasformazione di questi luoghi. Ad oggi constatiamo che vi è una distanza enorme tra la realtà degradante di questi luoghi e le nostre aspettative» -:
di quali informazioni dispongano in merito a quanto riportato in premessa;
in che modo fosse seguito dal punto di vista psico-pedagogico il giovane suicida, se sia stato previsto per lui un progetto individualizzato di cura e riabilitazione e quanto tempo abbia trascorso in totale in strutture che ospitano internati, siano state esse ospedali psichiatrici giudiziari o case di lavoro;
quale sia la collaborazione tra l'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa e il dipartimento di salute mentale presso la Asl competente sul territorio e quale sia il modello organizzativo adottato ai fini del perseguimento degli obiettivi per la tutela della salute degli internati;
quali informazioni risultino - in base alle periodiche relazioni della ASL - in merito agli standard igienico-sanitari dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa;

quali specifici programmi mirati alla riduzione dei rischi di suicidio siano stati attivati con riferimento all'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa.
(4-10288)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 20 dicembre 2010 si è impiccato nel carcere di Genova Pontedecimo il signor Marco Fiori;
fin dall'inizio le modalità del suicidio hanno attirato l'attenzione della procura della Repubblica tanto è vero che sul quotidiano Il Secolo XIX del 22 dicembre 2010 è apparso un articolo intitolato: «24enne si impicca in carcere: per la Procura è istigazione al suicidio»;
l'articolo contiene spunti interessanti rispetto ai quali il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dovrebbe fare piena luce: «La svolta è arrivata ieri mattina, quando il sostituto procuratore Alberto Lari ha aperto ufficialmente l'indagine per "istigazione al suicidio". E il passaggio successivo, altrettanto importante, è stata la richiesta d'un dettagliato dossier alla direttrice del carcere, mentre nelle prossime ore sarà eseguita l'autopsia all'istituto di medicina legale del San Martino. C'è qualcosa che non torna, nella morte di Marco Fiori, il ventiquattrenne che domenica sera si è impiccato nel penitenziario di Pontedecimo, legando una corda nel bagno. O meglio: i passati problemi della vittima, che già in due occasioni aveva provato a togliersi la vita ed era inquadrato quale "detenuto ad alto rischio", come potevano conciliarsi con il recentissimo trasferimento nella cella di Fabrizio Bruzzone, carabiniere assassino a sua volta considerato borderline? È questo il nocciolo degli accertamenti, che devono dar risposta a due domande delicate. Primo: si poteva in qualche modo evitare il suicido, c'è stata qualche falla (burocratica) nel meccanismo che non ha infine saputo evitare la tragedia? E soprattutto: c'è chi potrebbe aver spinto Marco a compiere un gesto estremo? Non è un mistero che, da subito, il caso di Fiori fosse stato considerato anomalo. Il giovane era infatti agli arresti dal 7 maggio scorso, quando fu bloccato a San Fruttuoso dopo aver rapinato un supermercato per pagarsi debiti di droga. Sulle prime era stato dipinto come il bandito che aggrediva e derubava le anziane del quartiere, e per questo "punito" con una violentissima aggressione a Marassi. In altre due occasioni era stato invece picchiato perché aveva contribuito con le sue dichiarazioni a incastrare una banda di spacciatori, o per aver semplicemente incrociato un folle durante l'ora d'aria. Fatto sta che, profondamente depresso, era stato trasferito a Pontedecimo e qui aveva cercato la morte: prima inalando gas dalla bomboletta in dotazione per cucinare, quindi tagliandosi le vene. Proprio perché instabile (da ragazzino era stato riformato dal militare per questioni comunque psicologiche) la direttrice Maria Milano aveva chiesto che fosse accompagnato in una struttura protetta, a Torino. La sua pratica era già al vaglio del tribunale di sorveglianza (che ha competenza su tutto ciò che riguarda carcerazione o buona condotta) e il nome di Marco Fiori risultava inserito in una lista d'attesa, ma evidentemente non s'è fatto in tempo. E però nell'opinione del pubblico ministero è probabilmente un altro, l'aspetto che va chiarito definitivamente e chiama in causa gli ultimi dieci giorni di vita della vittima. Recentemente, infatti, Fiori aveva chiesto d'essere spostato e la sua non era stata una proposta come tante, in quanto può capitare sovente che i detenuti aspirino a nuove sistemazioni. Fiori aveva espresso la volontà di condividere i pochi metri quadrati nei quali si svolge quotidianamente la vita dietro le sbarre con Fabrizio Bruzzone, il carabiniere che l'8 agosto scorso uccise a coltellate la moglie Mara Basso. Lo stesso che sabato, ventiquattro ore prima di Marco, ha tentato a sua volta di uccidersi in cella. Secondo alcune indiscrezioni filtrate nelle ultime ore, Bruzzone avrebbe sussurrato durante un colloquio che era

stato proprio il nuovo compagno a salvarlo, prima che intervenissero gli agenti penitenziari. Che cosa ha poi innescato la sua scelta di farla finita, con chi potrebbe aver parlato, di cosa? "Non dovevano lasciargli le lenzuola" insiste il legale Carlo Contu, dando voce alle parole di Giovanni Fiori, padre di Marco. Il primo passo è rappresentato dall'autopsia, per capire almeno come è morto Marco. Poi il dossier che scandisca i tempi ed eventualmente qualche interrogatorio. La legge è chiara. Per contestare l'istigazione al suicidio, è necessario dimostrare che qualcuno abbia determinato o rafforzato il proposito di uccidersi. Difficilissimo, ma s'è deciso di vederci chiaro»;
inoltre, sempre sulla stessa vicenda, il 22 dicembre 2010, è stato pubblicato il seguente articolo sul Corriere Mercantile intitolato: «La disperazione nelle ultime lettere di Marco dalla cella prima del suicidio»: «Tutti gli altri detenuti giocano, si divertono ecc. Io me ne sto dentro la mia cella a pensare alla mia ragazza, alla madre e ai miei cari. So che così è peggio, ma non riesco assolutamente a entrare nel contesto che sono un detenuto, io non sono un carcerato e non faccio parte di questa vita». Era il 6 ottobre quando Marco Fiori, il ragazzo di 24 anni che domenica si è tolto la vita in carcere scriveva queste parole al suo avvocato, Carlo Contu, lanciandogli un disperato appello tra urla di dolore. «Io sto molto male, so che quando vieni a trovarmi mi vedi meglio, lo so, ma dentro soffro, perché io non voglio abituarmi al carcere». Marco era disperato. Per lui le porte del carcere si erano aperte a maggio, quando aveva messo in atto una maldestra rapina ai danni del supermercato Pam di via Donghi, a San Fruttuoso. Il colpo, nel quale fu arrestato in flagranza dai carabinieri, gli era costato due anni e 8 mesi in abbreviato. La sentenza fu pronunciata dal gup Massimo Cusatti che aveva dovuto tenere conto delle aggravanti, ovvero che si era opposto all'arresto e, nel tentativo di divincolarsi, aveva rotto il naso ad un uomo. Fiori tentò la rapina perché doveva dei soldi a degli spacciatori da cui aveva avuto della droga da vendere e che lo minacciavano. I primi guai giudiziari li ebbe ad Asti dove doveva spacciare la droga ma fu preso. Fu condannato a due anni e 8 mesi per detenzione e spaccio, pena che ottenne di scontare in affidamento, lavorando di giorno (faceva il gommista) e dormendo a casa la notte. Proprio al gup, a novembre, Marco Fiori scrisse una lettera di supplica dopo avere ricevuto il rigetto di un'istanza di attenuazione della custodia. «Sono pentito per ciò che ho fatto, la prego, sono rinchiuso da 8 mesi in carcere e ogni giorno penso a ciò che ho fatto per ritrovarmi in questa situazione». E ancora: «Ho preso atto del crimine da me fatto e posso assicurarle che mi manca tantissimo la mia famiglia... Per lo psicologo io ho fatto la rapina senza capirne poi le conseguenze ed è proprio così». «Quando feci la rapina - aggiunse il ragazzo - ero sotto psicofarmaci e in più ero perseguitato e minacciato da altre persone». Cusatti ricevette successivamente una richiesta di trasferimento in una struttura sanitaria che firmò il giorno stesso. Per Fiori il tribunale di sorveglianza aveva disposto il trasferimento nell'ospedale psichiatrico giudiziario. Era in lista d'attesa per lasciare il carcere di Pontedecimo, dove era stato trasferito dopo essere stato nuovamente picchiato da un detenuto. Non ha avuto la forza di attendere il trasferimento. Un'altra missiva al suo legale porta la data del 21 ottobre 2010. Gronda dolore e segue il primo tentativo di suicidio. «Sono sotto stretta sorveglianza - scriveva Marco Fiori - perché non so se ti è capitato in mano il giornale o hai visto il telegiornale: ho tentato il suicidio. La motivazione è che mi manca la mia famiglia». E aggiunge: «Purtroppo con la testa ancora non sto tanto bene, ero lì per salutare tutti». E conclude: «Ti prego, se i miei non sono venuti a sapere niente non dirgli niente del tentato suicidio. Ora sono sotto controllo ma sono veramente giù di morale, non so più dove girarmi». Marco Fiori poco dopo tentò di tagliarsi le vene del collo

con una lametta da barba, quindi ingoiò una lametta da barba. Venerdì scorso il suo compagno di cella, il carabiniere uxoricida Fabrizio Bruzzone, ha tentato il suicidio. Domenica, durante una visita di personale sanitario, il ventiquattrenne si è ritirato in bagno, ha fabbricato un cappio con un lenzuolo e si è impiccato -:
quale sia l'esatta dinamica che ha condotto il giovane detenuto a togliersi la vita;
se corrisponda al vero il fatto che, già prima del suicidio, il detenuto avesse tentato due volte di togliersi la vita;
se siano note le ragioni per le quali il detenuto non risultasse ancora essere stato trasferito presso una struttura protetta, come espressamente richiesto dalla direttrice del carcere di Genova-Pontedecimo;
per quali motivi nella cella del detenuto Marco Fiori, che già in due occasioni aveva provato a togliersi la vita ed era inquadrato quale «detenuto ad alto rischio», sia stato trasferito Fabrizio Bruzzone, persona considerata borderline;
se nel corso della sua detenzione, Marco Fiori abbia potuto usufruire di un adeguato supporto e sostegno psicologico;
per quali motivi al detenuto aspirante suicida sia stato consentito di tenere con sé un lenzuolo e perché sia stato lasciato solo e senza sorveglianza consentendogli di togliersi la vita;
se, più in generale, intenda avviare una indagine amministrativa interna, nel rispetto dell'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica, al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere di Genova siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e, quindi, se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto.
(4-10289)

BERNARDINI, BELTRANDI,FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul Corriere di Como del 29 dicembre 2010 è apparso un articolo intitolato: «Medici del carcere in rivolta: siamo pronti a dimetterci tutti»;
i sei medici del servizio integrazione di assistenza sanitaria (Sias) del carcere Bassone di Como si sono uniti alla protesta iniziata la scorsa settimana dagli agenti di polizia penitenziaria lamentando che i muri degli ambulatori sono scrostati, di non avere una connessione a internet e che i locali sono così freddi che si vedono costretti a visitare i pazienti con guanti e giacca;
la dottoressa Teresa Cera, portavoce del pool di medici in sciopero, ha dichiarato: «Il primo problema è la condizione igienico-sanitaria in cui lavoriamo. Gli ambulatori della sezione maschile e femminile sono in condizioni totalmente inadatte: in quello femminile ci sono dieci gradi, a volte dobbiamo visitare con guanti e giacca. Soltanto da quest'anno abbiamo una stufetta elettrica che riscalda un po' l'ambiente dove viene utilizzata. Nell'ambulatorio maschile la temperatura oscilla tra i 12 e i 16 gradi. I caloriferi perdono, l'intonaco cade e c'è muffa nel bagno e nell'ambulatorio. Due settimane fa è andata a fuoco un presa ed è saltato un computer. Non abbiamo un fax personale e nemmeno una connessione a internet, che servirebbe anche per l'elettrocardiografo. Oltretutto, dal 2005 prendiamo 23 euro lordi all'ora, a qualsiasi ora di qualsiasi giorno dell'anno. Da due anni non dipendiamo più dal ministero della Giustizia, ma da quello della Salute, e le nostre condizioni sono invariate: o la situazione cambia, oppure saremo pronti a dimetterci» -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
quali provvedimenti urgenti intendano promuovere o adottare, negli ambiti

di rispettiva competenza, al fine di rimuovere i problemi, le criticità e i disagi denunciati dai sei medici del servizio integrazione di assistenza sanitaria (Sias) assegnati presso il carcere Bassone di Como.
(4-10291)

BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
su La Nuova Sardegna del 29 dicembre 2010, pagina 36, è apparso un articolo intitolato: «Un atto di clemenza per Grazia Marine»;
l'articolo riporta la vicenda di Grazia Marine, donna che compirà 74 anni il prossimo 21 gennaio, madre di 10 figli, rinchiusa nel carcere sardo di Badu 'e Carros da ben 4 anni (con fine pena a gennaio 2013) perché accusata di essere stata la carceriera di Silvia Melis;
negli scorsi mesi i familiari dell'anziana detenuta si sono rivolti alla presidente dell'associazione Socialismo diritti e riforme, Maria Grazia Caligaris, sostenendo che per ragioni di salute Grazia Marine non può rimanere dentro quel carcere, in quanto, stando al loro racconto, la detenuta soffrirebbe di un numero piuttosto elevato di malanni vari;
sulla vicenda la ex consigliera regionale Maria Grazia Caligaris ha dichiarato: «La permanenza in carcere soprattutto in questi ultimi mesi sta mettendo a dura prova la resistenza fisica e psichica di Grazia Marine, orgolese, ristretta nel carcere di Badu 'e Carros. Da diversi anni in cura per ipertensione arteriosa, la donna, che ha avuto un infarto negli anni scorsi, convive con numerosi disturbi, tra i quali vi sarebbe anche la gotta, il che le impedisce di deambulare. Per cui, continuare a tenerla in stato di detenzione mette a rischio la sua vita»;
i familiari della detenuta sostengono che l'anziana non può più essere curata in modo adeguato all'interno del carcere e ciò nonostante le attenzioni dei medici e della polizia penitenziaria;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, per una donna così anziana che ha sempre vissuto in condizioni decisamente poco agiate, forse sarebbe opportuno pensare a una pena attenuata almeno per garantirle il mantenimento della dignità -:
di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
se sia noto quali siano attualmente le condizioni di salute della signora Grazia Marine e se venga garantita alla detenuta tutta l'assistenza medico-sanitaria che il suo precario stato di salute richiede;
quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, affinché alla signora Grazia Marine venga assicurato il fondamentale diritto alla salute riconosciuto a livello costituzionale.
(4-10292)

TESTO AGGIORNATO AL 25 GENNAIO 2011

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

TIDEI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
martedì 28 dicembre 2010 circa 200 pastori appartenenti al movimento pastori sardo sono sbarcati alle ore 6:45, provenienti da Olbia, nel porto di Civitavecchia;
le loro intenzioni dichiarate erano quelle di recarsi a Roma sotto il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per richiamare l'attenzione del Governo e dell'opinione pubblica, attraverso un presidio e una successiva conferenza stampa, sullo stato di grave crisi della pastorizia sarda e sulla inefficacia delle misure adottate dal Governo centrale e da quello regionale;
secondo quanto riferito dalla questura di Roma l'obiettivo reale dei manifestanti

era quello di recarsi nella capitale per procedere, quale forma di protesta, ad un blocco della circolazione lungo l'autostrada A1 Milano-Napoli in corrispondenza dello svincolo «Bufalotta»;
in entrambe le possibili circostanze, sempre secondo quanto riferito dalla questura di Roma, trattavasi di manifestazioni non preventivamente comunicate e pertanto non autorizzate;
in virtù di quanto sopra, una volta sbarcati nel porto di Civitavecchia, i 200 manifestanti sono stati bloccati da un ingente schieramento di Forze dell'ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza), che ha intimato e impedito loro di uscire dallo scalo;
i cinque pullman da loro affittati e già pagati, che li attendevano nel porto di Civitavecchia per trasferirli a Roma, sono stati sequestrati dalle Forze dell'ordine;
ritenendo immotivato quello che si palesava come un vero e proprio sequestro preventivo nello scalo di Civitavecchia, i circa 200 manifestanti hanno cercato di superare il blocco delle Forze dell'ordine per uscire dallo scalo;
di fronte a tale tentativo le Forze dell'ordine hanno reagito duramente, come testimoniato da immagini televisive e fotografie, manganellando i manifestanti;
tra i circa 200 manifestanti erano presenti anche donne, giovani e ragazze;
alcuni di loro, a seguito dei colpi ricevuti dalle Forze dell'ordine, sono rimasti contusi e che una donna è stata costretta al ricovero presso il pronto soccorso dell'Ospedale S. Paolo di Civitavecchia;
successivamente tutti i 200 pastori sardi, pur in assenza di reati specifici e senza che alcuno di essi fosse pregiudicato sono stati identificati dalle Forze dell'ordine;
a seguito di tali identificazioni alcuni dei manifestanti si sono diretti a piedi verso la stazione ferroviaria di Civitavecchia con l'intenzione di raggiungere la città di Roma in treno;
a fronte di tale intenzione le Forze dell'ordine hanno istituito, lungo viale della Repubblica, un blocco di accesso a circa 100 metri dalla stazione Fs di Civitavecchia;
a tutti i manifestanti che a piedi si stavano recando alla stazione Fs di Civitavecchia è stato impedito, in qualunque modo l'accesso alla suddetta stazione così come è stato impedito loro, pur con regolare biglietto ferroviario, l'accesso a qualunque convoglio diretto a Roma;
da indiscrezioni risulta che la procura della Repubblica di Civitavecchia avrebbe aperto una indagine giudiziaria a carico della Questura di Roma per accertare la legittimità del comportamento delle Forze di polizia nei confronti dei pastori;
quanto accaduto nel porto di Civitavecchia si configura, secondo l'interrogante, come un vero e proprio sequestro preventivo di cittadini italiani non disciplinato e motivato da alcuna norma di legge -:
quali siano i motivi che hanno indotto le Forze dell'ordine all'identificazione e alla repressione realizzata con metodi di censurabile violenza del semplice tentativo dei 200 pastori sardi di fuoriuscire dal porto di Civitavecchia nonché al sequestro dei pullman da loro affittati;
se il tentativo di impedire l'uscita dei 200 pastori dal porto di Civitavecchia prima, l'impossibilità di accedere alla stazione ferroviaria della città e di utilizzare un convoglio per recarsi a Roma poi, attuato da parte delle Forze dell'ordine, rappresenti una palese violazione dell'articolo 16 della nostra Costituzione avendo di fatto leso il diritto di ogni cittadino di «circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale» tanto più che, come recita lo stesso articolo 16 della nostra Costituzione, «Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche»

e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto rappresentato in premessa.
(3-01384)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto dichiarato dal consigliere regionale Roberto Antonaz al quotidiano Il Piccolo del 31 dicembre 2010, nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Gradisca d'Isonzo vi sarebbero attualmente 130 immigrati, tensione altissima, restrizioni per l'ora d'aria (due il giorno, meno che in un carcere) e servizi mensa scadenti;
il 50 per cento degli immigrati ristretti nel centro non sono delinquenti ma persone che hanno smarrito il permesso di soggiorno o non l'hanno mai avuto: l'altra metà è gente che viene dal circuito carcerario, ed è un'altra assurdità, atteso che a queste persone viene inflitto un supplemento di pena, perdendo tempo per un'identificazione che andava fatta prima;
la prefettura di Gorizia, intanto, ha reso noto che sui siti del Ministero dell'interno e della stessa prefettura è online l'avviso pubblico per l'affidamento della gestione del Cie e del Cara per il periodo dal 1o marzo 2011 al 28 febbraio 2014. Si tratta di un bando di gara con una base d'asta di poco superiore ai 15 milioni di euro per tre anni -:
per quali motivi gli immigrati non vengano identificati durante il loro passaggio all'interno del circuito carcerario, evitando così ai medesimi un supplemento di pena rappresentato da un ulteriore periodo di privazione della libertà personale all'interno di un CIE che può durare anche fino a sei mesi;
se il livello dei servizi erogato fino a questo momento dall'ente gestore sia adeguato alle esigenze del centro indicato in premessa;
se le condizioni di vita quotidiana dei trattenuti nel CIE di Gradisca d'Isonzo corrispondano agli standard umanitari previsti dall'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione laddove si afferma che le modalità del trattenimento devono assicurare la necessaria assistenza allo straniero e il pieno rispetto della sua dignità;
se esistano dei piani ministeriali che facilitino il collegamento con le istituzioni locali, le quali, se opportunamente sostenute, potrebbero attivarsi per rendere un po' più umana la permanenza degli extracomunitari nei CIE con attività di studio, di insegnamento della lingua italiana, culturali e ricreative;
se non reputi opportuno procedere alla immediata chiusura del centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo.
(4-10267)

ZAMPARUTTI,BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che nella mattinata del 28 dicembre 2010 le forze dell'ordine hanno eseguito ad Ischia l'ordine della procura della Repubblica di Napoli, di sottrazione di una bambina di 5 anni alla madre nel corso della quale si sono generati momenti di tensione e di esasperazione tra i parenti;
per eseguire la sentenza, gli agenti della polizia municipale di Napoli, coadiuvati dalla polizia di Stato, che hanno provveduto a trasferire la bambina in commissariato si sono recati a casa della piccola che sin dalla nascita ha vissuto con la mamma;
secondo la ricostruzione dei parenti della bambina, la sottrazione sarebbe avvenuta con modi bruschi che avrebbero traumatizzato la piccola;
secondo l'assessore del comune di Ischia, Carmine Barile, con delega alle politiche sociali il giorno prima «i nostri uffici non sono stati avvertiti e l'assistente

sociale è stato chiamato dai cittadini della zona. Una volta giunto sul posto questi non ha trovato nessuno ed è andato di sua iniziativa in commissariato. Qui ha trovato la piccola prelevata da casa in pigiama e senza scarpe, tant'è che un giubbotto se l'è tolto un poliziotto e glielo ha messo addosso. Un fatto questo che mi lascia perplesso e che ha lasciato sgomenta, ed ha indignato, l'intera comunità isolana» e per questo lo stesso comune di Ischia chiederà chiarimenti al Tribunale dei minori su quanto accaduto ieri mattina a Campagnano (Ischia) con particolare riferimento alle modalità operative che sono state poste in essere per sottrarre la piccola di 5 anni dalle braccia della mamma» -:
se quanto sopra riferito sia vero e in tal caso quali provvedimenti si intendano adottare nei confronti di chi si è reso responsabile di queste modalità operative.
(4-10277)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal 14 luglio 2010 un container, proveniente dal porto saudita di Gedda, e che emette radioattività molto superiore al limite di sicurezza risulta depositato al porto di Genova al terminal 6 di Prà Voltri, area da considerarsi off-limits;
il container, che costituisce un carico illegale, è circondato da una serie di barriere per abbattere il livello di radioattività circostante in attesa del definitivo smaltimento, che dovrebbe avvenire entro febbraio;
la sostanza che emette radioattività è il cobalto 60;
da un articolo pubblicato sul corriere.it si apprende che secondo gli esperti la popolazione del Ponente ligure non è stata interessata a dosi di radioattività superiori al normale, a parte i pescatori che, nonostante i divieti, vanno a pescare sugli scogli del terminal 6 e che nelle settimane successive alla scoperta scattarono proteste e scioperi - perché nei primi sei giorni nessun lavoratore era stato avvertito del rischio - con la richiesta di rimuovere il container al più presto, anche per poter utilizzare l'area che è isolata da cinque mesi e mezzo;
dopo la denuncia alla magistratura del carico illegale, la procura di Genova ha avviato una procedura di emergenza definita dagli stessi esperti, come riporta il quotidiano ligure, «inedita nella storia marittima italiana», alla quale sta lavorando una squadra specializzata della direzione centrale della difesa civile del Ministero dell'interno -:
che tipo di monitoraggio sia stato effettuato a tutela della salute della popolazione;
per quale motivo non sia stata data tempestiva comunicazione ai lavoratori e ai cittadini interessati del rischio;
quali forme di smaltimento del container siano all'esame;
se sia al vaglio del Governo un sistema nazionale di sicurezza contro il rischio radioattività.
(4-10279)

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un dirigente della polizia di Stato, in un'intervista televisiva presente anche sul sito Youtube mostra alle telecamere il corridoio degli uffici della polizia a Roma, dove sono esposti ritratti fotografici incorniciati di personaggi come i capi della criminalità organizzata, serial killer ed altri malviventi condannati con sentenze molto pesanti e passate in giudicato;
il dirigente in questione mostra anche tra i successi del Servizio centrale operativo, subito dopo le immagini del capo della mafia, Bernardo Provenzano, un ritratto fotografico incorniciato della

studentessa americana Amanda Knox, per la quale come è noto è appena iniziato il processo d'appello;
da quanto è dato vedere nelle immagini dell'intervista, non vi è traccia di foto riguardanti l'altro imputato nello stesso processo e non vi è traccia dell'unico imputato recentemente condannato in via definitiva nell'ambito di tale procedimento giudiziario;
sembra, pertanto, che si sia scelto di rappresentare unicamente l'imputata a più alto valore mediatico, che infatti diviene l'oggetto di interviste televisive da parte di dirigenti della polizia di Stato che hanno partecipato alle indagini;
il video in questione è stato tradotto e diffuso anche negli Stati Uniti, alimentando, non senza ragione, le accuse verso il nostro Paese di aver raffigurato tra i tre imputati nel processo di Perugia unicamente una cittadina americana, in attesa di giudizio, affiancandola peraltro ai più noti capimafia destinatari di condanne in via definitiva a numerosi ergastoli;
tale ritratto è stato affisso presso gli uffici della polizia di Stato, a quanto consta all'interrogante, prima ancora dell'inizio del processo di primo grado, ed accompagnato da discutibili dichiarazioni alla stampa del suddetto dirigente, presenti anche nel video citato, dove egli sostiene che un'investigazione unicamente «psicologica», e senza nessun altro ausilio tecnico-scientifico, avrebbe consentito di arrivare in brevissimo tempo all'individuazione dei colpevoli;
va doverosamente ricordato, anche sulla base delle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal suddetto dirigente, che in base ai principi giuridici del nostro Paese un imputato può essere eventualmente definito colpevole al termine di tre gradi di giudizio da parte della magistratura, e non al termine degli interrogatori di polizia;
come è noto infatti, la magistratura conferisce agli organi di polizia giudiziaria specifica delega alle indagini, e non certo delega al ruolo giudicante;
appare invero piuttosto curioso ed inquietante per uno Stato di diritto che, malgrado quanto espressamente prescritto dal codice di procedura penale all'articolo 530 circa la necessità di prove assolutamente certe ed inequivocabili, sia possibile giudicare un cittadino colpevole solo su base «psicologica» e dopo un interrogatorio di polizia;
nel caso questo precedente venisse accettato, ciò potrebbe autorizzare in futuro ad affiggere presso le sedi della polizia di Stato, tra le immagini dei criminali condannati, anche le foto di qualsiasi cittadino, studente, imprenditore, giornalista, docente, politico, per il quale siano state svolte indagini e sia stato richiesto un rinvio a giudizio -:
chi abbia formalmente autorizzato le riprese televisive all'interno degli uffici in una sede della polizia di Stato nonché l'intervista a tale dirigente, in che data e con quale motivazione;
quali iniziative sul piano amministrativo ed disciplinare si intenda assumere in relazione alla grave violazione del principio di presunzione di innocenza da parte del dirigente della polizia di Stato di cui in premessa, che definisce pubblicamente «colpevoli» degli imputati a quanto pare prima ancora dell'inizio del processo di primo grado in un filmato purtroppo diffuso e tradotto anche all'estero;
chi abbia deciso, con un'iniziativa che all'interrogante pare presentare un profilo diffamatorio e comunque in violazione del principio giuridico della presunzione di innocenza, di affiggere insieme a quelli dei più efferati criminali il ritratto di una studentessa americana soltanto imputata e per la quale all'epoca non era neppure iniziato il giudizio in primo grado;
se non si intenda disporre l'immediata rimozione di tale ritratto, almeno fino al completamento della vicenda processuale ed in attesa di una sentenza definitiva da parte della magistratura giudicante,

unico organo in questo Paese a cui è attribuita la decisione sulla colpevolezza di un imputato.
(4-10296)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

MESSINA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo gli ultimi dati diffusi dalle organizzazioni sindacali l'annata agricola 2010 presenta ancora un calo della produzione (meno 1,8 per cento) e del valore aggiunto (meno 3 per cento), prezzi non remunerativi (la crescita dello 0,8 per cento non recupera affatto il crollo del 14 per cento registrato l'anno precedente) e costi e oneri complessivi in ulteriore crescita (più 4-5 per cento). I redditi degli agricoltori subiscono così un nuovo «taglio», anche se meno drastico (tra il 6 e il 7 per cento) rispetto ai precedenti dodici mesi, quando segnarono una flessione di circa il 21 per cento. Diverse migliaia di aziende in Sicilia sono state costrette a chiudere;
in questo quadro si inserisce, in particolare, la crisi detta viticoltura siciliana che, nell'attuale fase congiunturale vede i piccoli agricoltori in lotta per la sopravvivenza, costretti a vendere le uve a poco prezzo e a fare ricorso alta pratica della potatura verde per non vendere sottocosto il loro prodotto. Mentre i prezzi rimangono lontani da un livello remunerativo adeguato, i costi di produzione hanno subìto un ulteriore rincaro su cui pesa soprattutto, oltre al «caro-gasolio», un ingiustificato aumento dei prodotti organici e chimici necessari per la coltivazione. A fronte di spese di gestione di 2.500/3.000 euro/ettaro i viticoltori avrebbero ricavi inferiori a 2.000 euro, con gravi perdite economiche;
la viticoltura siciliana soffre, inoltre, una certa difficoltà di accesso ai mercati, nonostante l'ottima qualità dei suoi prodotti. Sarebbero necessarie una maggiore aggregazione di filiera e relazioni più strette con la grande distribuzione organizzata (gdo) nonché una valida promozione che evidenzi la qualità del prodotto «made in Italy» e dia un'immagine positiva e propositiva del nostro vino e delle sue specificità territoriali;
d'altra parte, le dimensioni aziendali in Sicilia, fatta di piccole e medie aziende, non consentono l'investimento di risorse per la commercializzazione e rendono difficile ed antieconomica la meccanizzazione dei vigneti. Conseguentemente, si hanno costi di gestione troppo elevati e poco competitivi in un contesto internazionale;
nelle more di interventi legislativi strutturali, gli unici sbocchi per i produttori vinicoli siciliani rimangono ancora le poche cantine sociali che, però, tranne qualche rara eccellenza (cantina Settesoli di Menfi e poche altre) sono anch'esse in gravi difficoltà economiche, strutturali e organizzative e necessitano di urgenti ammodernamenti delle strutture produttive. Delle circa 78 cantine sociali esistenti in Sicilia, ben 46 hanno un conferimento annuo inferiore a 50.000 quintali di uva, per cui hanno allo stato attuale dimensioni assolutamente inadeguate per ridurre i costi di trasformazione, di confezione dei prodotti e di commercializzazione. Il 42 per cento delle cooperative non imbottiglia e solamente 6 cantine sociali hanno un volume di vino confezionato superiore ad un milione di bottiglie da 750 ml (pari a 7.500 ettolitri): complessivamente il vino confezionato dalla cooperazione rappresenta appena il 16 per cento del totale siciliano;
l'abbandono e l'estirpazione dei vigneti, previsti dalla riforma del settore vitivinicolo, avranno ripercussioni negative sull'occupazione, sull'ambiente e sulla economia dell'intero territorio siciliano, nonché

sui costi di trasformazione delle uve e sulla competitività commerciale dei nostri prodotti in ambito nazionale ed estero. Si prevede, infatti, nel breve termine, un dimezzamento della superficie vitata siciliana con grave impatto ambientale ed una perdita di 22-25.000 posti di lavoro in ambito viticolo e di 40-000 nell'indotto;
la Sicilia si colloca ai primi posti in Italia per la produzione di uve ed in particolare di vino, con una produzione regionale che supera i sei quintali annui (Istat 2009) e dunque è notevole il peso che il settore vitivinicolo siciliano ricopre, non solo per l'economia siciliana (circa il 25 per cento del Prodotto interno lordo siciliano, attorno al quale ruotano molte altre attività collaterali senza che vi siano ad oggi altre valide alternative) ma per l'intero comparto italiano -:
se il Ministro intenda assicurare una qualche forma di tutela della produzione ed, in particolare, quale controllo intenda mettere in atto sui costi di produzione, in particolare sulle industrie di prodotti organici e chimici necessari per la coltivazione, che sembrerebbero aver operato un innalzamento considerevole e ingiustificato dei prezzi che incide pesantemente sui costi di produzione agricoli;
quali iniziative intenda adottare per destinare risorse congrue finalizzate alle commercializzazioni soprattutto sui mercati esteri;
quali iniziative normative intenda adottare il Ministro al fine di favorire la nascita di consorzi di valorizzazione e promozione delle produzioni di qualità;
quali iniziative intenda adottare e quali risorse intenda destinare al fine di garantire, a tutela della produzione e dei lavoratori del settore, un miglior funzionamento e una riorganizzazione delle aziende di produzione agricola e delle cantine sociali o, in alternativa, un aiuto diretto alle singole imprese che si impegnano a rispettare protocolli di qualità.
(4-10283)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per disposizione della regione Puglia il 29 dicembre sono stati prelevati 730 ovini di due allevamenti di Taranto al fine del loro abbattimento in quanto nelle loro carni sono state riscontrate concentrazioni di diossina e PCB superiori ai limiti previsti dalla legge; l'abbattimento ha lo scopo di evitare che le loro carni siano immesse sul mercato alimentare;
nel marzo 2008 l'associazione PeaceLink Taranto ha commissionato analisi sul formaggio locale, dai cui esiti è emerso una concentrazione di diossina e PCB tre volte superiore alla legge, da cui è scaturito un esposto alla procura della Repubblica;
da quel momento è stata avviata un'indagine che ha appurato una contaminazione di pecore e capre;
fino al 2008 è avvenuto, verosimilmente, un consumo di prodotti locali contaminati da diossina e PCB senza alcuna informazione per i consumatori;
nel 2001 la Commissione europea inviò agli Stati una importante comunicazione in cui si legge che «l'esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale (TWI Tolerable Weekly Intake) e la dose tollerabile giornaliera (TDI Tolerable Daily Intake) in parte considerevole della popolazione europea» (la comunicazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 17 novembre 2001 ed è conosciuta dagli esperti come «Strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati»);
la comunicazione della Commissione europea enunciava quanto segue: «Non basta semplicemente informare l'opinione pubblica: occorre anche coinvolgerla affinché

contribuisca in modo attivo alla prevenzione delle emissioni di sostanze contaminanti nell'ambiente»;
la comunicazione focalizzava l'attenzione sugli impianti di sinterizzazione quali fonti prioritarie di diossina («La sinterizzazione dei minerali ferrosi potrebbe diventare in futuro la fonte principale di emissioni industriali»);
a Taranto vi è il più grande impianto di sinterizzazione europeo; nello stabilimento Uva la Commissione europea sottolineava nella già citata comunicazione agli Stati membri l'esigenza di sensibilizzare l'opinione pubblica con «informazioni affidabili, accurate, chiare e comprensibili» e con «una adeguata strategia di comunicazione del rischio in riferimento alle diossine e ai composti affini» anche al fine di «consentire un'autoidentificazione dei gruppi a rischio» -:
se i Ministeri interrogati abbiano, nell'ambito delle rispettive prerogative, informato e coinvolto l'opinione pubblica nella prevenzione;
per quale ragione chi aveva il compito di informare non ha tutelato i consumatori e la salute di cittadini, pur in presenza di una dettagliata comunicazione della Commissione Europea che dal 2001 invitava ad intervenire;
se il Governo intenda applicare agli allevatori di Taranto con apposito decreto le stesse indennità previsti per quelli campani colpiti dall'emergenza diossina;
se sia previsto un piano di bonifica del territorio attorno all'area industriale per evitare la contaminazione di nuovi capi di bestiame;
se e quali iniziative di propria competenza i Ministri interrogati intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente vista la grave situazione ambientale a Taranto.
(4-10284)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si è appreso da organi di stampa che in un ospedale di Lecce sembra siano state rifiutate le cure e l'assistenza necessaria nel caso di un aborto terapeutico. Si è appreso inoltre che una signora aveva deciso di abortire quando, alla ventiduesima settimana, i medici le hanno diagnosticato danni al sistema cerebro spinale del feto di una gravità tale da essere definiti «incompatibili con la vita»;
gli organi di stampa riportano che al momento del ricovero della donna per l'induzione del parto, tutto il personale della divisione di ginecologia presente in ospedale si sia dichiarato indisponibile ad assistere la paziente in quanto obiettori di coscienza;
sempre dagli organi di stampa si apprende che la donna è stata lasciata senza assistenza al punto che ha partorito il bimbo nella sua stanza alla sola presenza dei familiari, senza l'aiuto e l'intervento del personale sanitario -:
di quali elementi disponga il Ministro in relaziona a quanto esposto in premessa;
se il Ministro non intenda avviare una riflessione su quali strumenti adottare negli ospedali pubblici per tutelare, da un lato, il diritto all'obiezione di coscienza del personale medico ed infermieristico e, dall'altro, il diritto alle cure di tutti i pazienti e il rispetto delle norme previste dalla legge n. 194 del 1978.
(5-04022)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2010 le agenzie di stampa riferivano del caso di un anziano

81enne, il signor Giovanni Fermi, ricoverato nell'ospedale di Pavona, la cui morte sarebbe stata provocata dall'inserimento di un sondino che gli avrebbe trafitto un polmone;
secondo quanto riferito dai familiari del signor Fermi, al paziente avrebbe dovuto essere inserito un catetere per il dosaggio degli antibiotici, ma l'operazione sarebbe culminata con la perforazione di un polmone che ne avrebbe determinato il decesso -:
quale sia l'esatta dinamica dei fatti, e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si siano adottate o si intendano intraprendere per accertare i fatti.
(4-10272)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di agenzia di stampa successivamente riprese dai quotidiani e dai siti on line, si è appreso che il 30 dicembre 2010 presso la casa di cura Madonnina di Cosenza un neonato è deceduto -:
quale sia l'esatta dinamica dei fatti, e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà si siano adottate o si intendano intraprendere per accertare quanto riportato in premessa.
(4-10274)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa e da quanto riferito dalla signora Arma De Prisco, anestesista precaria dell'ASL di Salerno, la madre, affetta da una grave forma di tumore polmonare, è stata, letteralmente «messa alla porta» dal reparto Oncologia dell'ospedale di Perugia, dove si trovava in trattamento chemioterapico;
il provvedimento sarebbe stato motivato dal fatto che la regione Campania non paga il migliaio di euro necessari per la sua terapia;
la signora, inoltre, ha fatto ritorno a Salerno senza avere alcuna indicazione di centri di eccellenza alternativi dove recarsi, e ora dovrà sottoporsi ad un altro calvario, quello delle prenotazioni presso altre strutture, dove le liste di attesa anche per la radioterapia sono lunghissime;
sembra che la signora De Prisco non sia che la prima di una lunga serie di pazienti oncologici che dovranno rinunciare alle terapie fuori regione, perché l'ASL umbra ha emesso una circolare che mette nella «lista nera» i pazienti provenienti dalla Campania, e specificatamente dall'ASL di Salerno;
i funzionari di Perugia hanno spiegato alla signora De Prisco che la ASL di Salerno non effettua i rimborsi delle prestazioni in day hospital e di conseguenza da febbraio 2011 tutto sarà bloccato;
la signora De Prisco beneficiava di una prestazione salvavita, che ha portato tra l'altro non pochi giovamenti e registrava un progressivo rallentamento della diffusione delle metastasi polmonari;
il timore ora è che i protocolli di Perugia non siano esattamente applicati in altri centri, se e quando si riuscirà a trovare una nuova collocazione;
in provincia di Salerno si parla di liste di attesa fino a sei mesi per la chemioterapia e la radioterapia;
gli ammalati oncologici vivono dunque il dramma di doversi sottoporre a pesanti trattamenti farmacologici o radioterapici in centri distanti centinaia di chilometri dalle loro residenze e ora di vedersi rifiutare i trattamenti in regime di assistenza da parte del servizio sanitario nazionale, se praticati fuori regione;
la circolare della ASL umbra, che ha posto i pazienti originari di Salerno in una «lista nera» a cui non prestare cure se non pagate direttamente dagli stessi malati, non

appare agli interroganti compatibile non solo con il doveroso senso di umanità e solidarietà cui tutti sono tenuti, ma con il dettato costituzionale, secondo il quale è diritto di ogni cittadino avere le cure necessarie per le malattie di cui è affetto -:
quali urgenti iniziative si intendano adottare o promuovere in ordine a quanto sopra esposto e denunciato;
quanti pazienti della provincia di Salerno si trovino nelle condizioni della signora De Prisco e quanti siano i pazienti in lista d'attesa per trattamento farmacologico o radioterapici negli ospedali «Pascale» e «Umberto I» di Napoli.
(4-10286)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GENNAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in attuazione dell'articolo 30, comma 20, della legge n. 99 del 2009, che prevede l'adozione, da parte del Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di decreti relativi a meccanismi per la risoluzione anticipata delle convenzioni CIP 6/92, sono stati adottati, solamente per impianti alimentati da combustibili di processo o residui o recuperi di energia nonché per impianti assimilati alimentati da combustibili fossili, il decreto ministeriale 2 dicembre 2009 e, successivamente, il decreto ministeriale 2 agosto 2010 e il decreto ministeriale 8 ottobre 2010 che stabiliscono la definizione dei criteri e i parametri per il calcolo dei corrispettivi spettanti per la risoluzione delle convenzioni, fissando in un primo momento al 29 ottobre 2010 il termine per la presentazione al Gestore del servizio elettrico dell'istanza vincolante di risoluzione delle convenzioni CIP 6, poi differito al 19 novembre 2010, la cui efficacia decorrerà dal 1o gennaio 2011 e le modalità per l'erogazione in più rate annuali, su richiesta dell'operatore, del corrispettivo spettante -:
quante istanze di risoluzione delle convenzioni CIP 6 siano state presentate e da quali soggetti.
(4-10276)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel corso delle recenti vacanze natalizie, si è assistito ad un anomalo rialzo dei prezzi dei carburanti. Secondo i dati diffusi di Quotidiano Energia - le compagnie hanno messo in atto nuovi ritocchi ai listini facendo sì che il costo al litro arrivi a sfiorare l'euro e mezzo;
la nuova ventata di aumenti ha suscitato la protesta dei consumatori, anche perché arriva nelle stesse ore in cui si profila una schiarita sul fronte delle quotazioni internazionali (il costo al barile è sceso sotto i 90 dollari), in una fase di crisi economica ancora acuta;
è stato calcolato che, nell'ultimo anno, per la benzina vi sia stato un aumento complessivo di 18 centesimi (da 1,30 di gennaio agli attuali 1,48 euro), con una spesa complessiva degli automobilisti di 1,51 miliardi in più rispetto al 2009. Quanto al gasolio, il maggior costo è stato di 22 centesimi (da 1,14 di gennaio a 1,36 euro al litro oggi) con un aggravio di 3,3 miliardi in più rispetto al 2009;
nel 2010 quindi, è stato stimato che gli automobilisti hanno speso 4,81 miliardi di euro in più per i carburanti, di cui ben 528 milioni andati a finire nelle casse dell'erario -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti intenda assumere per dare soluzione alle criticità evidenziate, soprattutto per evitare la rapidità

nell'innalzare i listini al risalire delle quotazioni del petrolio e la lentezza nel ribassarli quando il prezzo scende, senza che vengano seguite le naturali oscillazioni del prezzo del petrolio.
(4-10282)

FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da sei giorni la cooperativa Sant'Orsola, organizzazione di produttori agricoli specializzata nella produzione e commercializzazione di piccoli frutti, situata in Valsugana in Trentino, sta vivendo una situazione di grave disagio, essendo completamente isolata dai collegamenti telefonici fissi;
questo guasto rende impossibile per la cooperativa ricevere prenotazioni telefoniche e via fax, causando quindi gravi danni economici stimabili, secondo i responsabili dell'esercizio commerciale, in circa 60.000 euro;
la cooperativa sta tentando di arginare i danni contattando le aziende e i clienti con i telefoni cellulari, ma dopo una settimana, la situazione diventa ingestibile;
il guasto sembrerebbe causato da un cavo usurato che porta la linea alla sede della cooperativa e i tecnici che sono intervenuti non sono stati in grado di risolvere il problema, visto che si tratta di un danno strutturale;
i responsabili della cooperativa Sant'Orsola esigono di veder garantiti i loro diritti di utenti e pretendono che la compagnia telefonica risolva tempestivamente il danno strutturale, anche a fronte del regolare pagamento del cospicuo canone effettuato alla Telecom Italia;
quanto sopra riportato è un disservizio da parte della compagnia telefonica Telecom Italia in Trentino, che non fornisce il servizio adeguato nell'erogazione del servizio universale e nella riparazione dei danni ad essa imputabili -:
con quali misure il Ministro, per quanto di sua competenza, intenda intervenire per tutelare i diritti degli utenti consumatori, fra cui anche la cooperativa Sant'Orsola di Pergine Valsugana, che hanno subito disagi nella propria vita personale e professionale a causa del grave disservizio imputabile alla Telecom Italia, vivendo una condizione di isolamento telefonico che sta arrecando cospicui danni economici;
se il Ministro sia in possesso delle informazioni adeguate ed aggiornate sull'efficienza nella fornitura del servizio universale da parte di Telecom Italia nella provincia di Trento e che cosa il Ministero intenda fare per far rispettare gli impegni che la medesima società ha assunto in termini di garanzia nell'erogazione del servizio pubblico.
(4-10285)

FRONER. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dalla metà di dicembre e fino al giorno 24 dicembre 2010 la cooperativa Sant'Orsola, azienda di piccoli frutti della Valsugana (Trento), è stata senza linea telefonica. La cooperativa S. Orsola è un'azienda che dà lavoro a 250 persone e che ha come base 5.000 agricoltori della zona e quindi questo tipo di isolamento, soprattutto in un periodo festivo, è stato causa di danni particolarmente gravi;
l'impossibilità di ricevere ordini via fax e di comunicare con le aziende ha prodotto una perdita giornaliera di 60.000 euro. Nei giorni di interruzione l'azienda ha calcolato un danno di più di 300.000 euro. È vero che la cooperativa ha tentato di ovviare con i telefoni cellulari, ma le ditte cercavano il numero di telefono fisso: infatti è tramite il fax che vengono fatti gli ordini. La rete internet è rimasta accessibile perché la Sant'Orsola è collegata tramite un ponte radio separato dalla linea telefonica, che serve anche per interconnettere i magazzini e le sedi periferiche dell'azienda, ma per quanto riguarda i collegamenti «voce» la linea Telecom rimaneva indispensabile;

la causa dell'interruzione della linea è nata, sembra, da un cavo usurato che porta la linea da Pergine, via Lagorai, verso la sede della cooperativa. Si è trattato cioè di un problema di mancata manutenzione e mancato rinnovo della rete, che deve essere addebitato, a giudizio dell'interrogante, esclusivamente alla responsabilità della Telecom -:
quali iniziative di competenza intenda promuovere affinché certi fatti non abbiano a ripetersi a tutela degli utenti consumatori ivi compresa la cooperativa Sant'Orsola di Pergine Valsugana.
(4-10294)

...

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Mazzocchi n. 1-00486, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 391 dell'8 novembre 2010.

La Camera,
premesso che:
la strage perpetrata alla cattedrale dei Santi contro la comunità copto-ortodossa ad Alessandria d'Egitto, durante la celebrazione della Messa per il nuovo anno, verosimilmente opera del terrorismo al-qaedista che minaccia contemporaneamente il governo di Mubarak, è il culmine di un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo, in particolare dove ha carattere di minoranza religiosa;
l'immagine del Cristo imbrattata di sangue innocente diffusa dai media di tutto il mondo, con la sua potenza simbolica, ha scosso l'indifferenza di molta opinione pubblica occidentale, fin qui poco disposta a impegnarsi attivamente anche in presenza di situazioni che si protraggono tragicamente da anni. Tra i casi persecuzione conclamata si segnalano, senza voler esaurire l'elenco:
a) il già citato caso dell'Egitto, dove negli ultimi anni «hanno avuto luogo atti ricorrenti di violenza contro cristiani copti» costituenti circa il 10 per cento degli 80 milioni di cittadini (risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2007), come le conversioni forzate l'Islam di ragazze cristiane a seguito di rapimenti, la condanna a morte tramite fatwa di chiunque pubblicizzasse la sua conversione al cristianesimo, fino agli attentati alle chiese del 6 gennaio 2010;
b) la vera e propria, pulizia etnica che riguarda le varie denominazioni cristiane in Iraq, presenze fondativi: della civiltà mesopotamica, oggetto da anni di una sequela ininterrotta di sequestri di persona, omicidi di vescovi, sacerdoti e semplici fedeli, emarginazione dalla vita pubblica, fino allo spaventoso attentato nella cattedrale sirocattolica di Baghdad del 31 ottobre 2010, con più di cinquanta morti. Il dato attuale è che la comunità ecclesiale, che prima della guerra del 2003 era costituita da oltre un milione di persone, ora, costretta alla diaspora, è ridotta a meno della metà e spinta a costituirsi in ghetti nel Nord del Paese;
c) la persecuzione che dall'agosto del 2008 investe in particolare i cristiani dello Stato di Orissa, in India. In quel primo pogrom, perpetrato da fanatici indù sostenuti da partiti nazionalisti, si sono contate un centinaio di vittime linciate. I numeri parlano di 50 mila profughi fuggiti nelle foreste, i quali una volta tornati a casa sono oggetto di minacce per la conversione forzata all'induismo, la distruzione di 6.500 case, 350 chiese e 45 scuole;
d) in Pakistan la legge sulla blasfemia è usata per consegnare al carcere e alla morte i cristiani più attivi. Tra i casi recenti si segnala il linciaggio dei fratelli Emmanuel, assassinati mentre in manette venivano trascinati in prigione, e la sentenza capitale contro Asia Bibi, una contadina che non ha accettato di rinunciare alla sua fede;
e) lo stato di tensione per la volontà di imporre la sharia anche nelle zone

della Nigeria e del Sudan dove sono presenti comunità cristiane; da ultimo l'assalto durante il Natale a numerose chiese in Nigeria, con eccidi e successivi scontri e vittime anche tra i musulmani;
f) la situazione di persecuzione totale dei cristiani in Corea del Nord, immediatamente consegnati, quando scoperti come tali, al sistema concentrazionario equivalente alla morte certa;
g) l'oppressione in Vietnam dei cattolici Montagnard, una etnia cattolica, oggetto per questo di vessazioni continue;
in Cina la carcerazione e l'internamento nei lager (Laogai) di clero e laici cattolici fedeli a Roma;
la libertà religiosa è un diritto essenziale, in quanto coinvolge direttamente la coscienza della persona in relazione alla sua identità più profonda. Come è stato scritto, essa è la madre di tutte le libertà; è un principio di civiltà universale, che deve interessare tutti, anche i non credenti. I delitti commessi contro di essa sono una ferita all'umanità in quanto tale. E per questo essa è tutelata in maniera particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, trovando nell'articolo 9 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali» (Cedu) la sua formulazione più completa, che qui conviene ribadire nella sua interezza:
«Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui».
il termine «cristianofobia» è quello che descrive più compiutamente questo fenomeno di portata universale, e come tale è stato adottato dall'Onu sin dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007. Con questa espressione si vuole qualificare l'unicità di questa persecuzione, che si esprime in odio cruento in Paesi dove il cristianesimo è in minoranza, ma trova fertile terreno anche in Occidente dove si vuole negare la pertinenza pubblica della fede cristiana o se ne censurano i simboli o si vuole limitare l'obiezione di coscienza in questioni sensibili di etica sociale;
il Governo italiano si è fatto promotore di una politica attiva di difesa della libertà di coscienza e di religione ovunque nel mondo, ed in particolare in Medio Oriente; in ossequio alla sua vocazione culturale e alla collocazione geografica di «ponte» tra l'Europa e il Mediterraneo, tra Nord e Sud, ha da tempo sviluppato un'azione per promuovere l'apertura ed il dialogo reciprocamente rispettoso con i popoli vicini di religione islamica. Un'azione che è stata intensificata negli ultimi anni a fronte dei numerosi attacchi contro le minoranze religiose nel mondo, in particolare quelle cristiane. Il Governo Berlusconi, all'interno dell'Unione europea, ha proposto un piano d'azione che rafforzerà l'impegno ed il coordinamento dei paesi europei per il rispetto delle libertà religiose nel mondo. Su impulso italiano, i paesi europei hanno presentato alle Nazioni unite una risoluzione sulla libertà religiosa, che è stata approvata nel dicembre del 2009 e che è stata presentata nuovamente e con rinnovata forza alla 65 Assemblea generale delle Nazioni Unite;


impegna il Governo:


a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica

il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa per legge o per prassi sia direttamente dalle autorità di Governo sia attraverso un tacito assenso e l'impunità dei violenti;
a promuovere in Italia, nelle scuole e in ogni ambito culturale, la sensibilità alle tematiche della libertà religiosa e della «cristianofobia»;
a vincolare accordi commerciali o diplomatici bilaterali o multilaterali stipulati dal nostro paese alla effettiva rispondenza degli Stati contraenti a requisiti di tolleranza e libertà religiosa, fino al diritto sancito alla «libertà di cambiare religione o credo»;
a promuovere l'adozione di un analogo vincolo a livello di Unione europea e di qualsiasi altro organismo internazionale per l'assegnazione di aiuti agli Stati;
a continuare nell'impegno perché la risoluzione sulla libertà religiosa sia effettivamente implementata negli Stati dell'Onu promuovendo la costituzione di un organismo dedicato.
(1-00486)
«Mazzocchi, Angelucci, Di Virgilio, Renato Farina, Pagano, Laboccetta, Baldelli, Pittelli, Speciale, Malgieri, De Nichilo Rizzoli, Antonio Pepe, Gioacchino Alfano, Aprea, Aracri, Armosino, Ascierto, Baccini, Barani, Barbieri, Beccalossi, Bergamini, Bernardo, Bernini Bovicelli, Berruti, Bertolini, Biancofiore, Bianconi, Bocciardo, Boniver, Bruno, Calabria, Carlucci, Castellani, Catanoso, Cazzola, Ciccioli, Cirielli, Colucci, Corsaro, De Camillis, Del Tenno, Di Caterina, Franzoso, Frassinetti, Fucci, Garagnani, Garofalo, Germanà, Ghiglia, Giammanco, Girlanda, Gottardo, Holzmann, La Loggia, Laffranco, Landolfi, Lehner, Lisi, Lorenzin, Lupi, Mancuso, Mantovano, Giulio Marini, Marsilio, Mazzuca, Migliori, Minardo, Minasso, Mussolini, Nirenstein, Nola, Palmieri, Palumbo, Pelino, Pianetta, Polidori, Porcu, Pugliese, Rampelli, Razzi, Mariarosaria Rossi, Saltamartini, Sammarco, Savino, Sbai, Scalera, Scandroglio, Sisto, Stagno d'Alcontres, Stradella, Toccafondi, Torrisi, Valducci, Ventucci, Versace, Vignali, Zacchera».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore della cantieristica italiana sta vivendo una fase di grave crisi strutturale con una flessione significativa degli ordinativi per l'intero comparto;
a Castellammare di Stabia ha sede il più vecchio stabilimento del gruppo Fincantieri che può vantare una lunga tradizione nella progettazione e nella costruzione di navi. Oltre duecento anni di storia segnati dalla costruzione di navi che hanno dato, e continuano a dare, lustro all'industria italiana nel mondo;
la situazione della città di Castellammare di Stabia è già seriamente compromessa da un punto di vista occupazionale;
la situazione nel cantiere di Castellammare si fa sempre più critica. Lo stabilimento, che conta 680 dipendenti e oltre un migliaio di lavoratori legati alle piccole imprese che orbitano attorno ad esso, allo stato attuale è coinvolto da un programma di cassa integrazione che interessa nei diversi cantieri dell'area stabiese circa 1.000 lavoratori;
secondo indiscrezioni pubblicate dai quotidiani si apprende dell'esistenza di un piano (2010/14) elaborato da Fintecna che prevederebbe la chiusura o riconversione di alcuni stabilimenti tra cui quello di Castellammare di Stabia;
la regione Campania non ha sottoscritto il protocollo di intesa relativo alla realizzazione del nuovo bacino di carenaggio, firmato invece dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla provincia di Napoli e dal comune di Castellammare di Stabia;
il 18 dicembre 2009, nel contesto di un incontro volto ad analizzare le possibili soluzioni per far fronte alle problematiche relative alla situazione di crisi della cantieristica italiana, il Governo si è impegnato ad accelerare la fornitura di unità navali per la Marina militare e per la Protezione civile, a favorire la costruzione di piattaforme galleggianti quale soluzione flessibile a fronte dell'emergenza carceraria ed infine ad utilizzare l'occasione del passaggio della Tirrenia Spa alle regioni per rinnovare la flotta del traghetti;
e infine a sostenere a livello europeo il programma di rinnovamento dei mezzi navali da trasporto merci e passeggeri al fine di favorire il miglioramento della sicurezza e limitare l'impatto ambientale negativo;
in quella sede le istituzioni locali si erano impegnate ad attivare le opportune iniziative impiantistiche e strutturali per ovviare alle attuali diseconomie produttive

per sostenere lo sviluppo del sito di Castellammare -:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative urgenti volte a:
a) sbloccare quegli strumenti finanziari necessari a far partire le promesse commesse alla Fincantieri;
b) affrontare la questione della rottamazione delle flotte, visto che l'80 per cento delle navi ha più di 25 anni;
c) accelerare l'individuazione di un nuovo pacchetto di commesse pubbliche;
d) verificare la concreta attuazione del protocollo di intesa, siglato tra Governo, regione e comune di Castellammare di Stabia, per la realizzazione del bacino di carenaggio, struttura indispensabile per il futuro dello stabilimento di Castellammare.
(4-08752)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La cantieristica è il comparto che presenta il più elevato e il più articolato grado d'interrelazione con il resto del sistema produttivo nazionale, il che le conferisce un valore strategico di rilievo, proprio perché essa si configura come una delle poche branche industriali italiane in grado di competere con forza ed efficienza sui mercati internazionali.
Nel 2009 il forte impatto negativo della crisi globale di fine 2008, ha colpito in misura superiore alle attese il settore della navalmeccanica.
Tale crisi ha determinato, infatti, una significativa riduzione dei traffici marittimi, con una riduzione del 10 per cento nel 2009 rispetto al 2008, cui si è accompagnato un crollo degli ordini per nuove unità navali a livello mondiale e la cancellazione di ordini già emessi.
La riduzione della domanda di nuove unità navali nel 2010 è stata drastica con un calo degli ordini del 71 per cento rispetto al 2008 e dell'86 per cento rispetto al 2007.
Ciò ha determinato un livello degli ordinativi attestatosi ai minimi storici rispetto alla crisi della metà degli anni '80.
La contrazione risulta evidente in termini di valore degli investimenti in nuove navi che nel 2009 sono diminuiti dell'88 per cento rispetto al 2008.
Tale andamento sta determinando un riassetto del settore della navalmeccanica costringendo numerosi
players al ridimensionamento strutturale o alla chiusura, con forti tagli e un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali che vanno a impattare su più del 20 per cento dell'occupazione del settore.
Si segnala che a oggi a livello europeo sono stati persi circa 40.000 posti di lavoro nella navalmeccanica.
La situazione attuale, inoltre, ha portato alcuni operatori alla riconversione dei propri stabilimenti, come nel caso del cantiere tedesco
Nordseewerke, che ha orientato la produzione verso la costruzione di componenti per parchi eolici offshore, con inevitabili ricadute negative sui livelli occupazionali.
Altri
players versano in estrema difficoltà in quanto si ritrovano senza commesse o con portafogli ordini esigui, come nel caso della cantieristica turca, con la quasi totalità dei cantieri che esaurirà il carico di lavoro entro il 2011.
In altri casi si registrano situazioni in cui le società si trovano in uno stato d'insolvenza o sono state messe in vendita dallo Stato (come ad esempio in Croazia e Polonia).
In merito alla situazione di Fincantieri, a giugno 2010 sono stati perfezionati nuovi ordini per la costruzione di navi da crociera commissionate dalla Carnival, il più grande operatore del settore.
La situazione appare molto critica per quanto riguarda la costruzione dei traghetti e dei mega
yacht rispetto ai quali il mercato globale è ancora fermo.
Tale stato di cose si riflette sull'operatività di alcuni siti produttivi di Fincantieri, in particolare in quelli di Castellammare, di cui chiede l'interrogante, Palermo e Ancona, dove nell'ultimo periodo si è fatto ampio ricorso alla cassa integrazione.


Per sostenere la ripresa del settore, in particolar modo nei cantieri in maggiore difficoltà, il 18 dicembre 2009 è stato firmato un accordo tra Ministero dello sviluppo economico, Fincantieri e le istituzioni locali, che riassume gli impegni di tutti i sottoscrittori dell'accordo.
In particolare, per quanto riguarda le due navi della capitaneria di porto, è in corso di espletamento la gara di aggiudicazione premesso che, in fase di prequalifica, Fincantieri è risultata essere l'unica società qualificata per accedere al bando di gara; mentre per il finanziamento delle due navi multiruolo, l'articolo 4 del decreto-legge n. 40 del 2010 permette lo stanziamento necessario per l'avvio di tale programma oltre che per l'avvio delle attività in altri settori ritenuti di grande rilevanza per lo sviluppo del Paese.
Sulla base di tale situazione, il Governo e, in particolare, il Ministero dello sviluppo economico, continuerà a seguire, con grande attenzione, l'evolversi della situazione, sia con riferimento alle commesse internazionali che a quelle nazionali, e, per tale motivo, riconvocherà un tavolo per il 28 ottobre 2011, con Fincantieri, le parti sociali e le istituzioni locali interessate, anche al fine di verificare gli impegni sottoscritti.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BELCASTRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la diga sul fiume Melito rappresenta, per volume di investimenti e durata dei lavori un'opera che avrà un forte impatto economico per la provincia di Catanzaro e per l'intera Calabria;
il presidente del consorzio di bonifica «Ionio Catanzarese», dottor Grazioso Manno, ha reso pubblica una lettera di protesta inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale lamenta un'assoluta mancanza di informazione sui tempi e l'avvio dei lavori della diga in questione nonostante le molte sollecitazioni in merito inviate;
la vicenda della diga sul fiume Melito rischia di diventare una delle tante «vicende incompiute» che caratterizzano la storia del Mezzogiorno e della Calabria;
il progetto per la costruzione della diga di Gimigliano sul fiume Melito fu approvato nel lontano 1982; tale opera imponente doveva, sulla carta, diventare il più grande cantiere del Sud e risolvere i problemi idrici per circa mezzo milione di abitanti della Calabria (cinquanta comuni), oltre a centinaia di aziende agricole e imprese;
nel luglio 1990 Italstrade si aggiudicò, a distanza di otto anni dalla delibera, i lavori per 97,4 milioni; tre anni dopo iniziano un serie infinita di vertenze, a partire da quelle tra i Ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici e il Consorzio di bonifica Alli-Punta di Copanello, responsabile dell'esecuzione dei lavori;
dopo anni di trattative, Astaldi (che aveva nel frattempo incorporato Italstrade) firma la transazione con il Consorzio di bonifica, dopo che la società aveva minacciato di risolvere il contratto e chiedere il pagamento dei lavori fino ad allora eseguiti, oltre al risarcimento dei danni;
dopo varie vicissitudini, nel 2008, a ventisei anni dall'approvazione del progetto, sembrava che finalmente si potessero portare a termine i lavori della tanto sospirata diga, ma la realtà è che, ancora oggi, si è in attesa di un via definitivo ai lavori;
il Ministro interrogato, a sua volta, ha risposto pubblicamente dichiarando che «il progetto della diga sul fiume Melito, sarà sottoposto entro il corrente mese di giugno al parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, a complemento dell'istruttoria prevista per un'opera, che per dimensioni non ha uguali in Italia....pertanto

nessuna omissione da parte del Ministero e della direzione generale competente» -:
se non si ritenga necessario, pur riconoscendo l'impegno del Ministro interrogato sul tema in questione, di dover convocare un tavolo di confronto, tra le varie istituzioni interessate alla realizzazione della diga sul fiume Melito, per definire, di comune accordo, i tempi per avviare concretamente i lavori, dando, in questo modo, più certezze alle popolazioni interessate e dimostrando, allo stesso tempo, una volontà politica concreta di dare avvio alle opere necessarie al rilancio dello sviluppo nel Mezzogiorno.
(4-07571)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 giugno 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La diga di Gimigliano sul fiume Melito è costituita da uno sbarramento di materiali sciolti, di altezza 108 metri e sviluppo del coronamento di circa 1.500 metri. La capacità utile del serbatoio è calcolata in 106 milioni di metri cubi e la regione Calabria nel suo piano acque - 2003 - ha previsto una domanda annua di circa 80 milioni di metri cubi.
L'uso della risorsa è potabile, irriguo e industriale. Per il riempimento del serbatoio è necessario allacciare anche tre bacini contermini.
L'opera fu finanziata dalla Cassa per il mezzogiorno che nel 1983 assentì la concessione per l'esecuzione dei lavori al consorzio di bonifica Alli-Punta di Copanello (ora Ionio catanzarese); successivamente, il comitato di gestione dell'agenzia per la promozione dello sviluppo del mezzogiorno deliberò nel 1988 il trasferimento di tutte le competenze per la realizzazione dell'opera allo stesso consorzio in uno al finanziamento del relativo importo di lire 502.918.133.969 (euro 259.735.539,97).
I lavori furono appaltati nel luglio 1990 e consegnati nel febbraio 1991 (contratto gennaio 1991 importo lavori euro 78.739.043,63 importo espropri euro 18.711.749,91) con ultimazione prevista agosto 1997.
Per problematiche connesse al procedimento di Valutazione di impatto ambientale (Via) e a controversia con impresa, i lavori furono sospesi nel 1993; risolte le questioni impeditive, nel settembre 2003 i lavori furono ripresi con ultimazione prevista al dicembre 2009; l'importo dei lavori in appalto si elevò a complessivi euro 169.555.235,30 (di cui euro 21.980.965,90 per espropri).
Già dal 2004 insorsero una serie di contestazioni da parte dell'impresa sul piano tecnico ed amministrativo (peraltro l'impresa contestava l'ineseguibilità del progetto di contratto) che, infine, ha portato a un lodo arbitrale intentato dall'impresa e al provvedimento da parte del concessionario di risoluzione del contratto in danno (22 maggio 2008).
Alla data del 30 aprile 2008 erano stati eseguiti espropri per euro 20.107.883,88 e lavori contrattuali netti euro 13.636.590,70 (scavo delle gallerie di scarico e relativa vasca di dissipazione).
Il consorzio ha successivamente trasmesso nell'aprile 2009, ai fini del riappalto dell'opera, un aggiornamento progettuale «Riassetto ed adeguamento del progetto delle opere di completamento - perizia esecutiva».
La direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che da sempre, in maniera anche informale, è stata vicino al consorzio per ogni esigenza tecnica e supporto nella valutazione delle questioni tecniche emerse, già in data 26 febbraio 2009 aveva indicato gli elementi di cui il progetto in rielaborazione avrebbe dovuto tenere in conto per una oculata progettazione sulla base delle maggiori conoscenze nel frattempo acquisite in particolare modo per gli aspetti geologici e geotecnici del sito e dei materiali da costruzione dello sbarramento (circa 20 milioni di metri cubi).
Contestualmente venivano, altresì, rappresentati forti dubbi sulla adeguatezza ed idoneità degli scavi di progetto per la zona

della spalla destra della diga, per cui si consigliava di riconsiderare le scelte progettuali.
Tanto veniva esaminato negli incontri tecnici che nel frattempo intervenivano con i rappresentanti del consorzio.
Il progetto aggiornato, che ha recepito in parte le osservazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fu inviato dal consorzio nel mese di aprile 2009 perché venisse assoggettato all'
iter istruttorio ed approvativo di legge.
Nel frattempo, il consorzio ha ritenuto di dover dare corso all'affidamento di una «Perizia stralcio di estrema urgenza», relativa al completamento delle gallerie di scarico e relativa vasca di dissipazione, che nel maggio 2009 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha approvato, in linea tecnica, per gli aspetti di competenza.
Il presidente del consorzio, con nota del maggio 2010, ha lamentato «ritardi» negli adempimenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e chiesto un «pronunciamento immediato» sul progetto trasmesso. Al riguardo, il ministero ha dato riscontro precisando che l'istruttoria è stata tempestivamente avviata e sviluppata e che il ritardo, se intervenuto, era da addebitarsi unicamente al consorzio stesso, in quanto l'acquisizione di correzioni e integrazioni richieste, per chiarire importanti contraddizioni degli elaborati progettuali presentati dal consorzio, sono state trasmesse solo nel gennaio ed aprile 2010.
Si evidenzia, che la delicata e complessa geologia dei luoghi ha già comportato nel passato, all'epoca dell'approvazione del progetto, la necessità di vari posizionamenti della diga (di dimensioni per il suo genere assolutamente imponenti), peraltro ubicata in un territorio caratterizzato, anche per legge, da valori di sismicità tra i più alti del territorio nazionale.
È bene rilevare che le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono sempre state vigili sul problema e massima è stata in ogni momento la collaborazione con il consorzio.
Non può non evidenziarsi che il progetto contempla solo lo sbarramento (diga), le opere di scarico e sicurezza e gli interventi complementari sul bacino (deviazione strada statale) con delocalizzazione di zona abitativa.
Peraltro, a distanza di circa 30 anni dall'approvazione del progetto, a oggi, risultano realizzate solo le due gallerie di scarico e opere minori.
La costruzione dello sbarramento ancora non è avviata. Peraltro, è opinione della direzione generale competente che, oggi, la tecnologia costruttiva come prevista nel progetto originario potrebbe essere ottimizzata.
Non risultano, allo stato, programmate le gallerie allaccianti al bacino né le opere di derivazione a valle per l'utilizzo delle acque sia per gli aspetti progettuali che finanziari.
Per quanto concerne la regolarità nella trattazione della pratica, si evidenzia che tutti gli aspetti di affidamento e successiva gestione dei contratti rientrano nelle competenze del consorzio concessionario; le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, afferiscono, per legge, ai soli aspetti tecnici inerenti la sicurezza delle dighe e la salvaguardia della pubblica incolumità delle popolazioni a valle delle stesse.
In data 3 giugno 2010 è stato emesso il comunicato con il quale, precisando che nessuna omissione c'è stata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che si è mosso e si muoverà con la doverosa cautela che l'intervento richiede ed ovviamente nel rispetto delle normative vigenti, è stato precisato che entro il mese di giugno 2010 il progetto presentato dal consorzio sarebbe stato sottoposto all'esame e parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, difatti, detto inoltro è avvenuto in data 25 giugno 2010. Allo stato attuale è in corso l'istruttoria presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici da parte del comitato relatore per la trattazione dell'argomento in assemblea generale.
In tale contesto appare, comunque, opportuno, per i risvolti innanzi evidenziati, un coinvolgimento dell'ente regionale per una definizione complessiva dell'intervento territoriale di cui l'opera di sbarramento in questione è solo una parte. Infatti, sia le

difficoltà incontrate nel corso del pregresso appalto e sia soprattutto le maggiori conoscenze tecniche maturate negli oltre 30 anni trascorsi dalla progettazione originaria (fine anni 70) ad oggi, portano a ritenere che la costruzione di una diga caratterizzata da così rilevanti dimensioni (altezza superiore a 100 metri e volume di materiali del corpo diga di circa 20 milioni di metri cubi) e da peculiari complessità e particolarità del sito (con valori di sismicità locale tra i più alti del territorio nazionale), debba essere perseguita solo in un contesto tecnico-economico certo di eseguibilità e completamento dell'intero sistema idrico, comprese quindi le allaccianti in ingresso e le derivazioni in uscita.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BELLOTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della diffusione di droga tra gli adolescenti è un problema che deve essere affrontato con la massima attenzione, dati i seri rischi cui l'uso di sostanze psicotrope espone;
più specificamente recenti casi di cronaca hanno dimostrato come le droghe sintetiche siano capaci di uccidere;
focalizzare l'attenzione sui vari passaggi da cui si giunge alla commercializzazione di tali droghe, dal momento della loro produzione a quello dell'importazione a quello, infine, della diffusione, non deve far perdere di vista che alcuni contesti sono l'humus ideale per procedere allo smercio di questa sostanza;
è indubitabile che, accanto alle discoteche, un luogo fertile per il consumo dell'ecstasy, di ketamina e di altre sostanze chimiche sono i cosiddetti «rave party» dove, in una situazione del tutto abusiva ed in modo improvvisato, vengono approntate strutture per la diffusione di musica
ad alto volume e per la vendita illegale di superalcolici;
in queste feste, organizzate spesso con il passaparola e senza la necessaria richiesta alla Questura, in un clima diffuso d'illegalità, si venderebbe e si farebbe uso di droghe, specie di Mdma, molecola base dell'ecstasy, che si configurerebbe come una delle droghe più tipiche del «rave party»;
i casi più recenti assurti agli onori della cronaca indicherebbero che non si tratta di innocenti trasgressioni: il 20 luglio 2008, a quanto si apprende da un articolo apparso su Repubblica.it lo stesso giorno, sulla spiaggia degli Alberoni al Lido di Venezia una ragazza originaria di Rovigo di 16 anni di età, è morta per aver assunto una pastiglia di ecstasy ad un rave party non autorizzato dalla Questura;
più di recente, il 14 settembre, durante un altro rave party nella provincia di Siena, una studentessa di vent'anni, secondo quanto si apprende nell'articolo tratto da la Repubblica.it del 15 settembre 2008, sarebbe deceduta a seguito «dell'assunzione di una dose massiccia di ketamina [...] dopo aver trascorso il sabato sera a un rave party organizzato da gruppi di "punkabbestia" in un capanno di caccia»;
ciò che lascia maggiormente preoccupati sono le parole del pm senese Nicola Marini riportate sullo stesso articolo: «Le persone che abbiamo incontrato quando siamo arrivati - ha detto, riferendosi ai partecipanti al rave - erano in condizioni disastrose. Non lasciano alcuna speranza»;
da ciò che si evince dal primo articolo citato, quello de la Repubblica.it del 20 luglio 2008, «nel 2007 sono stati 589 i morti per droghe sintetiche, primo killer l'ecstasy», ossia quasi due decessi al giorno;
è evidente che servono risposte chiare sia per ciò che concerne la lotta alle droghe sintetiche sia per impedire manifestazioni non autorizzate come i rave

party in cui lo sballo, anche con sostanze illegali, è il principale obiettivo -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure di propria competenza il Governo intenda adottare per limitare la produzione, l'importazione, lo spaccio e il consumo di droghe sintetiche entro i confini nazionali;
quali misure il Governo abbia posto in essere per frenare la diffusione dei cosiddetti rave party, manifestazioni non autorizzate che sono il terreno fertile per la vendita illegale di alcol e droghe.
(4-01125)

Risposta. - Con riferimento al primo quesito, i dati forniti dal Ministero dell'interno, consentono di specificare ulteriormente i tragici avvenimenti riferiti dall'interrogante, in cui hanno perso la vita due giovani ragazze di Rovigo e Siena.
Nel primo caso, il prefetto competente per territorio ha precisato che il decesso della giovane rodigina nella notte del 20 luglio 2008 al Lido di Venezia non è avvenuto durante un vero e proprio
rave party. Le indagini hanno, infatti, consentito di acclarare che nel corso della notte in questione non si svolse alcuna di tali feste; diversamente, la morte della ragazza fu determinata dall'assunzione di sostanze stupefacenti del tipo MDMA, acquistate, poco prima, nell'isola da due sconosciuti e consumate sulle spiagge del Lido dove numerose persone si erano spostate alla fine dello spettacolo pirotecnico in Bacino San Marco, nell'ambito dei festeggiamenti del «Redentore», improvvisando raduni spontanei o semplicemente coricandosi sulla battigia in attesa del mattino.
Nel secondo caso, invece, il decesso è avvenuto alle ore 8,00 del 14 settembre 2008, nei pressi di un capanno di cacciatori nei boschi di Orgia di Sovicille (Siena), mentre si teneva effettivamente una manifestazione musicale non autorizzata (
rave party). Secondo quanto emerso dalle indagini, Eleonora Lamorte, di anni 20, morì per un arresto cardiorespiratorio nell'ospedale del capoluogo senese dopo aver accusato un malore in seguito all'assunzione di ketamina ed ecstasy.
In ordine al tema dei
rave party, i responsabili del dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio hanno a lungo studiato il fenomeno pervenendo, nell'ottobre del 2009, a qualificate conclusioni compendiate in un apprezzato «Rapporto sui Rave Parties».
I
raves parties sono manifestazioni musicali, spesso illegali, organizzate in tutto il mondo all'interno di aree industriali abbandonate o in spazi aperti, dalla durata di una notte o anche di alcuni giorni (in questo caso vengono solitamente definiti teknival e sono caratterizzati dalla presenza di più sound system, con diffusori sonori installati su camion). Il termine proviene dalla parola inglese rave che letteralmente significa «delirio», ma, in senso più ampio, indica la voglia comune di svincolarsi da regole e convenzioni socialmente imposte, la ricerca di una libertà totale, fisica e mentale, che si esprime attraverso il ballo e anche attraverso il consumo di droghe. I free parties sono un'ulteriore forma di degenerazione di questo fenomeno. In alcuni paesi europei come la Francia, i Paesi Bassi, la Svizzera, il Belgio e la Germania le autorità governative hanno cercato di arginare e controllare tali eventi musicali, disciplinandone normativamente lo svolgimento.
I «
raves parties» nascono alla fine degli anni ottanta in Gran Bretagna e Stati Uniti come forme di rivolta alle prime leggi che in questi Paesi imponevano limitazioni di età e di orario alla musica all'aperto e al consumo di alcolici. Ai rave seguiranno i cosiddetti «after hours» («dopo orario», inteso quello di chiusura del rave), con musica ininterrotta ad altissimo volume per 10-12 ore, fino al giorno successivo. La somministrazione di musica dirompente, in particolare «techno», risulta pericolosa per la salute di chi ne fruisce dal momento che tale pratica si accompagna spesso al consumo di sostanze stupefacenti per alterare la psiche e compensare la fatica del ballo.
Le stesse droghe, gli alcolici e il contorno di illegalità (che ha finito per caratterizzare queste manifestazioni), sono così

costantemente presenti da diventare per molti frequentatori il motivo principale che li spinge a prendervi parte.
Ma quello che per molti partecipanti sembra quasi un gioco, per organizzatori privi di scrupoli è, invece, un vero
business, reso ancora più consistente dalla scarsa considerazione per le misure di sicurezza e di protezione delle persone. Si registra costantemente, infatti, una pressoché totale mancanza di sicurezza dell'ambiente prescelto, sia esso open air o indoor, l'assenza dei presidi sanitari di primo soccorso e di quelli più essenziali come la distribuzione gratuita dell'acqua, specialmente se la festa si svolge al chiuso, o l'impraticabilità delle vie di accesso o di fuga in caso di pericolo. Rispetto a 30 anni fa, i rave sono sicuramente più facili da organizzare, perché è più facile pubblicizzarli e ottenere adesioni; più facile è trovare «locations» fuori della portata dei controlli di polizia; più facile è dare indicazioni solo ai diretti interessati, poiché l'uso spregiudicato di internet e della telefonia mobile rende tutto più veloce, simile ad una caccia al tesoro, con un timing dettato solo dall'imminenza dell'evento.
Queste cosiddette «feste non autorizzate», organizzate fuori da tutti i canali ufficiali, sono quindi il risultato del tam tam di
sms, e-mail, blog dedicati (detti anche meeting point) e passaparola in centri sociali e luoghi di aggregazione giovanile. Nei meeting points segnalati dall'organizzatore si ritrovano i fans dei musicisti in programma e il loro linguaggio è quasi sempre costituito da mezze parole, acronimi seguiti da puntini, sigle incomprensibili e rimandi a blog o siti dove incontrarsi e scambiarsi informazioni più liberamente. La notizia di un rave, data in modo completo, non è mai attendibile, poiché all'ultimo momento i riferimenti della logistica vengono cambiati e comunicati su altri meeting points.
I problemi correlati allo svolgimento dei
raves parties attengono soprattutto alla sicurezza ambientale, sociale e sanitaria e vanno affrontati in modo multidisciplinare e coordinato.
Quanto avviene prima, durante e dopo queste feste ha il potere di modificare volontà e comportamenti di decine di migliaia di giovani, che piegano le proprie esigenze al condizionamento fisico e psichico, di musica e droga, pur di toccare l'
azimut dello sballo a qualsiasi costo. La prevenzione e un'azione di tutela dell'ordine pubblico suggeriscono controlli coordinati e capillari del territorio, dialogo con chi organizza questo genere di manifestazioni e programmi d'informazione e comunicazione mirata sui danni fisici e neurobiologici provocati in generale dall'assunzione delle sostanze stupefacenti. Innanzitutto, è opportuno provvedere alla costituzione di un'agile task force interforze, opportunamente addestrata, che comprenda anche elementi delle diverse specialità delle Forze dell'ordine (polizia forestale e polizie municipali e provinciali comprese), con compiti investigativi anche «sotto copertura».
In quest'ottica, i dipartimento per le politiche antidroga, nell'attesa di una specifica convenzione Onu, ha messo a punto il progetto denominato Rave Party Prevention, che si propone di sperimentare metodologie e dispositivi operativi per l'individuazione, fin dalla fase organizzativa sui siti
internet, dei rave party, ritenendoli ad alto rischio per la salute dei partecipanti.
Più in particolare, il progetto, affidato alla Croce rossa italiana e svolto in collaborazione con la polizia delle comunicazioni, il sistema nazionale di allerta precoce e risposta rapida per le droghe, la direzione centrale per i servizi antidroga, il
reitox italian focal point e la fondazione villa Maraini, attiva un monitoraggio preventivo e permanente degli eventi di questo tipo organizzati nel nostro Paese, con particolare riferimento a quelli clandestini.
Il sistema di monitoraggio si basa sulla considerazione che la maggior parte dei
rave party sono pubblicizzati in internet o attraverso sms o mms e hanno tempi di realizzazione di due o tre giorni, quando non anche di poche ore, proprio per evitare la possibilità di intercettazione e di controlli da parte delle autorità di pubblica sicurezza.


Unità di controllo della rete
internet, costituite da personale della polizia delle comunicazioni, battono la rete con l'obiettivo di intercettare la data e il luogo dell'evento e di darne comunicazione al sistema nazionale di allerta precoce che, a sua volta, con un protocollo operativo standardizzato e con procedura d'urgenza, allerta le autorità di pubblica sicurezza competenti per territorio affinché impediscano, con tecniche dissuasive, lo svolgimento della manifestazione.
Qualora ciò non riesca, né sia possibile interrompere il
rave già avviato, gli organizzatori vengono comunque esortati ad adottare le misure più idonee per garantire la tutela e il mantenimento dell'ordine pubblico e ad assicurare margini di sicurezza accettabili per i partecipanti. Sempre in quest'ultimo caso, si avrà cura di allestire, in prossimità della manifestazione, presidi sanitari per scongiurare i più importanti rischi sanitari, tra cui le overdose da sostanze stupefacenti e di sollecitare la predisposizione di servizi di controllo per contrastare il fenomeno dello spaccio, ineliminabile corollario di questo genere di raduni.
Contemporaneamente, il dipartimento per le politiche antidroga sta perseguendo l'obiettivo di pervenire ad una regolamentazione del fenomeno «
"rave» anche dal punto di vista strettamente normativo attraverso un progetto di legge o un eventuale atto regolamentare sulla falsa riga della normativa attualmente vigente in Francia. Un primo tentativo di introdurre nell'ordinamento una regolamentazione dei rave party è avvenuto nel corso dell'iter di approvazione della legge 120 del 2010 sulla sicurezza stradale. Un'articolata disciplina, in parte simile al provvedimento francese «Mariani», ha trovato collocazione all'interno di un emendamento di più ampia portata a firma del senatore Gallo, poi ritirato a causa dell'ostruzionismo dell'opposizione.
L'intervento normativo prevedeva l'inserimento di una nuova fattispecie nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza con cui si applica «ai raduni a carattere musicale, organizzati in spazi non attrezzati, che presentano rischi per la sicurezza dei partecipanti a causa della mancanza di allestimenti o per la particolare configurazione del luogo nel quale si svolgono» l'obbligo di autorizzazione da parte del questore entro quindici giorni dalla data di inizio della manifestazione e quello di garantire le migliori condizioni di sicurezza e di tutela dei partecipanti attraverso la costituzione di un servizio d'ordine, la presenza di una postazione medica dotata di appositi dispositivi sanitari, il servizio antincendio e quello di raccolta dei rifiuti e di pulizia del luogo, la fornitura di acqua potabile.
Ai contravventori di queste disposizioni si sarebbe potuto applicare la sanzione dell'arresto fino a otto mesi e la confisca degli strumenti musicali, degli impianti di diffusione sonora e di ogni altra attrezzatura finalizzata allo svolgimento del raduno con i quali è stato commesso il reato.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

BORGHESI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno ha assunto 650 persone attraverso agenzia interinale prima e tramite concorso per tre anni dopo, presso gli uffici immigrazione delle questure e gli sportelli unici delle prefetture;
questa assunzione avveniva allo scopo di contenere quella che si credeva essere un'emergenza momentanea creatasi in questi uffici per fronteggiare i picchi di lavoro che ne derivavano:
ma l'emergenza, col passar del tempo è diventata la normalità, al punto da investire tutti le 650 persone di un carico di lavoro e di responsabilità inattese e mai neanche lontanamente ipotizzate, tanto da venir interamente coinvolte ed assorbite nella materia «Immigrazione» con l'attribuzione di competenze e mansioni al pari di quelle che fino ad allora erano esclusiva prerogativa di agenti di pubblica sicurezza;

oramai sono al lavoro da quasi 10 anni e spesso si trovano da soli a reggere interi uffici mettendoci il massimo per renderli efficienti, fra le mille difficoltà insite in un lavoro del genere, la gestione di un'utenza avida d'informazioni allo sportello, ed al telefono, lo smaltimento di code interminabili di gente in attesa, archivi e scrivanie colme di carte che provano a gestire al meglio, il malcontento dei cittadini extracomunitari che spesso faticano ad integrarsi, uniformarsi e accettare un sistema burocratico a volte lontano dalla propria cultura, e l'elenco sarebbe ancora lungo;
ebbene, in una situazione del genere già di per sé gravosa, vengono ad apprendere che, nonostante si siano attenuti scrupolosamente alle regole ed i dettami imposti, dopo aver acquisito un particolare tipo di professionalità e conoscenza, dopo aver superato un concorso per ricoprire un posto che già occupavano da anni, seppur sotto contratto con agenzia interinale, non esiste affatto la volontà politica di mantenerli al loro posto di lavoro e stabilizzarli con contratto a tempo indeterminato, come è stato lasciato credere per tutti questi anni;
la motivazione che viene fornita dal Governo, sta nella mancanza di fondi da ricercarsi nella crisi economica che investe anche il nostro Paese;
dal loro canto sono ben coscienti della gravità della situazione economica in cui l'intera nazione versa, ma non riescono a spiegarsi come mai nel febbraio scorso, a pochi mesi dalla scadenza del loro contratto di lavoro, il Ministero dell'interno decida di avvalersi di ulteriori 650 lavoratori selezionati tramite agenzia interinale, con ulteriore dispendio di denaro. Questi nuovi collaboratori, assunti con l'agenzia di lavoro interinale «GI group», li affiancano quotidianamente nell'espletamento del loro lavoro, mentre da più parti arrivano notizie circa l'eventualità che la sopracitata agenzia abbia vinto un appalto per la fornitura di personale al Ministero degli interni della durata di 3 anni, vale a dire fino al 2012;
va da sé che tali notizie, provocano sconforto dal momento che credono fortemente in questo lavoro, sul quale hanno puntato e investito tanto, sono inoltre coscienti di quanto sia complesso e delicato il settore emigrazione e della gravissima situazione in cui si verrebbe a trovare la cittadinanza, per le evidenti ricadute negative sui processi di regolarizzazione, emersione ed anche sulla sicurezza e l'ordine pubblico, nel caso in cui il Ministero dell'interno, a fine anno, dovesse sostanzialmente scegliere di ridurre in modo considerevole, invece di stabilizzare, il proprio organico di 650 unità nel delicato settore dell'immigrazione, disperdendo, peraltro, un patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite in quasi 10 anni di lavoro precario;
gli interessati fanno notare come non si possano più adottare, con riferimento all'immigrazione, misure emergenziali, ma vadano programmati interventi strutturali, anche nelle politiche del personale, per dare, in tempi rapidi, le dovute risposte agli immigrati ed alle esigenze della cittadinanza in termini di assistenza, sicurezza e certezza delle posizioni giuridiche -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire adottando tutti i necessari e urgenti provvedimenti per assicurare la stabilizzazione a tempo indeterminato delle 650 unità di cui sopra.
(4-07657)

Risposta. - Le questioni sollevate nell'interrogazione in esame vanno inquadrate nel più ampio contesto delle diverse iniziative che - su molteplici versanti - sono state adottate proprio per garantire la migliore funzionalità degli uffici delle prefetture e delle questure che si occupano di immigrazione.
Si tratta di misure imposte da esigenze di carattere temporaneo e straordinario, adottate per attuare specifiche strategie organizzative.
La stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato cui l'interrogante fa riferimento

non è al momento consentita dalle esigenze di contenimento del disavanzo pubblico che ha portato ad interventi di eccezionale rigore. Peraltro, le medesime esigenze di razionalizzazione e di contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni hanno imposto al Ministero dell'interno un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche del personale.
D'altra parte, gli uffici di prefetture e questure fanno fronte ai relativi compiti d'istituto avvalendosi delle altre misure organizzative e di sistema che - a partire dal 2009 - sono state adottate per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto sull'implementazione della tecnologica negli uffici.
Sono state, infatti, assegnate agli uffici immigrazione delle questure 300 nuove postazioni di lavoro, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico.
Sono state, altresì, distribuite 70 nuove apparecchiature
visascan di ultima generazione, per il più rapido rilevamento delle impronte digitali.
Si è provveduto, inoltre, ad affrontare situazioni di forte criticità degli uffici maggiormente impegnati, con l'invio
in loco di un'apposita «unità di intervento rapido», istituita presso la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere: una vera e propria task force specializzata per risolvere le problematiche via via emergenti.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati nella concessione dei titoli di primo soggiorno, nei rinnovi dei permessi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. Questi i dati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009 con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 31 agosto 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 858.414 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 2.629 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di progressivi, ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge, che il Governo intende raggiungere entro la fine della legislatura.
L'attività degli uffici, pertanto, non subirà né pause né soluzioni di continuità, e ciò grazie all'implementazione delle tecnologie e alle misure organizzative adottate.
Per quel che riguarda l'impiego di ulteriori 650 unità di personale, l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 ha autorizzato il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «ad utilizzare per un periodo non superiore a sei mesi, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di 650 e 300 unità, da ripartire tra le sedi di servizio coinvolte nelle procedure di regolarizzazione del lavoro irregolare».
Il ricorso a tale personale, per il quale si è provveduto alla copertura dei conseguenti oneri con le risorse derivanti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro per ciascuna istanza di emersione dal lavoro irregolare, si è reso necessario al fine di consentire l'espletamento, in termini di urgenza, di tutte le misure organizzative indispensabili per una efficace gestione delle procedure amministrative connesse alle dichiarazioni di emersione. Il personale è stato infatti destinato esclusivamente all'espletamento dell'attività relativa alla procedura di emersione, con il risultato che ad oggi sono state evase l'80 per cento delle istanze.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

BORGHESI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da sempre si conosce l'esistenza dei cosidetti «tombaroli», che ogni anno depredano e devastano migliaia di siti in tutta Italia e soprattutto nel Lazio, regione in cui si concentra il numero maggiore di scavi clandestini. Alimentano un traffico che per profitti è secondo solo a quello della droga: dagli anni settanta ad oggi almeno 1 milione di oggetti scavati illegalmente e 10.000 inquisiti;
oltre ai «tombaroli» vi sono grandi mercanti, che si muovono con centinaia di prestanome. Tra questi, personaggi noti alle cronache come Giacomo Medici, 8 anni di condanna in secondo grado e 10 milioni di euro da restituire allo Stato italiano per danni accertati. Quando i carabinieri nel 1995 sono entrati nel suo magazzino di Ginevra vi hanno trovato oltre 3000 opere di tutti i generi, da una stanza di affreschi strappati a Pompei a un capitello sottratto a Villa Celimontana. O personaggi come Gianfranco Becchina, nato povero vicino Trapani, oggi produttore di un olio famoso venduto negli Usa a 70 dollari il litro e che ha partecipazioni nell'Atlas, società di cemento siciliana. È il più grande «collettore» di reperti scavati nel Sud e contro di lui è in piedi un processo per aver venduto al Getty Museum capolavori dell'arte mondiale, come il grande cratere apulo del pittore Asteas (un Raffaello del IV secolo a.C.) raffigurante il «ratto d'Europa»;
è in corso un ampio dibattito volto a far «riemergere» un patrimonio occulto valutato in milioni di pezzi. Si ipotizza che chi possiede illegalmente un manufatto archeologico possa sanare la sua posizione denunciandone il possesso e versando allo Stato una somma fissa sia per le spese di registrazione, sia per ogni pezzo dichiarato, qualsiasi ne sia il valore commerciale. Lo Stato, si sostiene, ne avrebbe un vantaggio economico immediato, mentre la comunità scientifica verrebbe finalmente a conoscenza dei beni sottratti;
in Italia a fronte di tale situazione sarebbe piuttosto necessario l'inasprimento delle leggi per frenare questa «grande razzia». Le pene per i «predatori» sono infatti ridicole: se colto sul fatto un «tombarolo» rischia fino a tre anni per scavi clandestini, ma dopo 6 anni e mezzo il reato è prescritto. La ricettazione è stata dichiarata un reato non continuato, cioè viene contestato solo all'ultimo possessore mentre il reato dovrebbe esistere dal momento dello scavo e rimanere in tutti i passaggi ulteriori. Come ha dichiarato il sostituto procuratore Ferri, che per anni ha combattuto il fenomeno: «In Italia è più facile finire in prigione per un furto di jeans che per aver sottratto un vaso dal sottosuolo. Le pene sono così lievi che non scoraggiano nessuno e quasi tutto finisce in prescrizione» -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano di dover intervenire, anche attraverso opportune iniziative normative, al fine di salvaguardare il principio millenario della demanialità del sottosuolo e colpire coloro che razziano e commerciano beni di grande rilevanza artistica e archeologica.
(4-08915)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Negli ultimi anni l'attività del Ministero si è intensificata nelle azioni di contrasto al traffico clandestino di beni culturali e nell'azione di recupero di opere illecitamente esportate dal territorio italiano.
I risultati positivi ottenuti sono dovuti in buona parte al contrasto delle forze dell'ordine e della magistratura, ed anche alla nuova politica di prestiti e di accordi culturali adottata dal ministero: di fatto i grandi acquirenti (soprattutto musei e collezionisti americani) hanno cessato di acquistare materiale archeologico sul mercato internazionale e, per l'Europa, soprattutto a Ginevra, a Basilea ed a Londra.
Tutto questo ha avuto un benefico riflesso sugli scavi illeciti, nel senso che l'attività di scavo clandestino non appare più effettuata in modo sistematico e continuativo.

Tuttavia ciò non significa che siano cessate le condotte dei cosiddetti tombaroli e costoro, seppure il loro numero si sia ridotto rispetto agli anni settanta, ottanta e novanta, continuano a recare danno al patrimonio culturale. Senza contare che una ripresa delle loro attività a pieno ritmo può essere facilmente prevista, qualora nuovi ed emergenti mercati rendano appetibili tali condotte, le quali, com'è noto, recano grave ed irreparabile pregiudizio.
I territori maggiormente esposti al saccheggio della criminalità di settore sono quelli della regione Puglia e non del Lazio.
Ciò può essere attestato sia dal numero delle denunce effettuate dalle soprintendenze interessate, sia dagli interventi delle forze dell'ordine; ma anche da un dato singolare, ma significativo: nel corso delle perquisizioni effettuate nelle regioni ora in riferimento, il numero dei reperti falsi sequestrati, rispetto a quelli autentici, appare variare sensibilmente.
Ed è dato altresì riscontrare una precisa circostanza: se il territorio risulta in passato ampiamente saccheggiato, come quello del Lazio, il sequestro di beni culturali falsificati è assai maggiore rispetto alla Puglia, dove vi siano ancora siti archeologici da esplorare e da scavare.
Anche in questo caso la criminalità risponde puntualmente al mercato, adeguandosi alle sue leggi. Se, infatti, è facile reperire, pur in modo illecito, un reperto archeologico, allora non vi è convenienza a contraffarlo; viceversa la creazione del falso (anche di ottima fattura, visto che i reperti venivano «costruiti» con tecniche originarie, in grado altresì di resistere alla prova della termoluminescenza, essendo stati posti in camera iperbarica, per le opportune e addirittura codificate esposizioni ed irraggiamenti) diviene una opportunità in più per una clientela che, seppure sovente spregiudicata, non va lasciata alla mercè di tale delinquenza, non fosse altro che per il danno scientifico e di immagine che ne segue.
Quanto al passato, va comunque detto che non è assolutamente giustificabile che si sia potuto verificare, quasi senza reazione alcuna, un così vasto saccheggio del patrimonio dello Stato italiano, protrattosi per circa quaranta anni e sanzionato con pene irrisorie o di scarsa afflittività.
Al riguardo, non può essere dimenticato il numero ed il valore di scambio dei reperti illecitamente commercializzati in tale arco di tempo: probabilmente quasi un milione e di questi alcune centinaia sono stati venduti all'acquirente finale per svariati miliardi delle vecchie lire; e, comunque, per parte di essi sono state, con relativa facilità, raggiunte somme che superano i 100.000 dollari per ciascuno oggetto.
Tuttavia il dato più allarmante è con sicurezza un altro. Si fa riferimento ad una precisa statistica la quale indica che per rinvenire uno solo di quegli oggetti, quantomeno quelli acquistati da istituzioni museali, sono state mediamente scavate dieci e più tombe o altrettanti siti archeologici. Ne consegue che per avviare al commercio molti dei reperti in questione, sono stati alterate, decontestualizzate e devastate almeno dieci volte le strutture archeologiche che li raccoglievano, perse definitivamente alla ricerca scientifica, con un danno culturale irreparabile; proprio perché, com'è noto, trattasi di beni o fonti non rinnovabili.
Va poi ricordato come le operazioni di riciclaggio di beni culturali siano non solo numerosissime, ma pure particolarmente insidiose.
In particolare, i beni archeologici sono spesso interessati da operazioni fittizie, volte a cancellare o comunque occultare la provenienza od origine delittuosa dei beni medesimi, ovvero la loro illecita esportazione in territorio estero.
Si assiste, infatti, a molte operazioni grazie alle quali il bene culturale viene fisicamente trasferito in territorio estero, solo per nascondere la sua vera provenienza.
Tali triangolazioni vengono effettuate per collocare l'oggetto artistico in altri Paesi ove la normativa è più permissiva; per poi essere avviato in quei mercati che invece offrono maggiori possibilità di profitto.
Va ricordata pure un'altra condotta particolarmente insidiosa, ma assai ricorrente: il reperto archeologico scavato illecitamente, anche se rinvenuto integro, è talora

volontariamente spezzato in più frammenti; e comunque, se trovato in tali condizioni, non è affatto restaurato. Tale condotta, che può, a prima vista, apparire contraria agli interessi di coloro che commercializzano i reperti archeologici, è, viceversa, assai utile alla delinquenza di settore, contribuendo, tra l'altro, a riciclare i reperti medesimi.
Ed infatti ciò agevola da un lato l'esportazione del bene perché è indubbio che un bene frammentato viene occultato con maggiore facilità e genera limitato sospetto nel corso di eventuale controllo doganale, per il minor valore che viene attribuito, specie in territorio comunitario, a frammenti pur di un unico reperto, da persone in genere non esperte e non in grado di apprezzare l'importanza del bene.
D'altro canto i frammenti stessi vengono in genere suddivisi tra i partecipi di un medesimo sodalizio criminale. E ciò sia perché con tale operazione viene per così dire «spartito il bottino» dell'illecita attività; sia perché si rafforzano i legami del sodalizio stesso. Sia, infine, perché, paradossalmente, l'organizzazione criminale consegue maggior profitto in termini economici, creando un legame duraturo ed estortivo con l'acquirente.
Si assiste così ad un pericoloso sistema di vendita di frammenti di vasi, generalmente di altissimo livello qualitativo, destinati ad essere ricomposti, in parte o del tutto, in pochi anni. Questo rivela una studiata ed accorta politica delle vendite da parte dei mediatori e trafficanti, che immettono sul mercato solo una parte del vaso, aumentando poi di volta in volta i prezzi degli altri frammenti (talora invero utilizzati come promozione rispetto ad altre compravendite); frammenti che servono per completare l'oggetto, oramai necessari a colui che possiede il pezzo principale: sia perché desideroso di renderlo il più possibile completo; sia perché preoccupato dal fatto che taluni frammenti - in gergo i così detti «orfanelli» - possano denunciarne con esattezza la provenienza e l'illegittimità dell'acquisto.
Altro espediente utilizzato dalla delinquenza di settore per ammantare di liceità la provenienza di un bene che si sa essere, invece, di illegittima acquisizione, è stato, almeno in passato, quello di richiedere notizie alle banche dati, ad esempio la
Foundation for art research di New York, ovvero l'Art loss register di Londra, le quali documentano, nei loro archivi, le opere denunziate come sottratte. Ovviamente, le notizie sulla provenienza delittuosa di un determinato reperto archeologico saranno negative se proveniente da scavo clandestino; ed in quanto tale non potrà essere mai registrato come oggetto furtivo. Tuttavia, il dealer disonesto (che è stato, addirittura, trovato in possesso delle foto di scavo) potrà così mostrare al suo acquirente la certificazione della banca dati interpellata; e d'altro canto, se inquisito, avrà una giustificazione e ragione per accampare una condotta sorretta da buona fede, per aver fatto tutto il possibile al fine di accertare la lecita provenienza del bene.
Va pure ricordato che, di frequente, la stessa delinquenza di settore «introduce» fittiziamente un bene culturale in una collezione al fine di conferirgli una legittima provenienza e di celare la recente acquisizione da scavo clandestino.
Affermare che il bene stesso proviene da quella collezione, mentre a quella
universitas non è mai appartenuto, indubbiamente avvantaggia poiché in assenza di idonee risultanze non è sempre possibile contrastare tali assunti.
Inoltre, portare un bene presso una casa d'asta per venderlo e riacquistarlo attraverso prestanome o società di comodo: è un'operazione fittizia, destinata esclusivamente a «ripulire» l'oggetto e ad attribuirgli un valore talora arbitrario. Questa condotta è poi particolarmente insidiosa sia perché si possono alterare i valori di mercato (valori che com'è noto sono spesso incerti e determinabili solo per comparazione con altre opere di pari interesse culturale); sia perché, in genere, negli acquisti che avvengono in «
overt market», il cosiddetto time limit, ossia il termine per agire in rivendica, è molto breve.
Ciò premesso e venendo nel merito della questione posta dall'interrogante, si ritiene che la previsione di severe pene per gli artefici di tali condotte illecite servirà da

deterrente non solo per i «tombaroli», ma anche per gli acquirenti, specie quelli facoltosi, che in passato hanno acquistato, quantomeno con disinvoltura, beni archeologici di notevole valore, incrementando il traffico illecito, reso più allettante dagli ingenti guadagni.
E non si può dimenticare che con la dichiarazione UNESCO di Parigi del 17 ottobre 2003 è stata prevista non solo una cooperazione tra gli stati; ma addirittura si è stabilita una sorta di giurisdizione universale avverso «gli atti di distruzione intenzionale del patrimonio culturale che riveste una grande importanza per l'umanità».
Atti dei quali sono responsabili, secondo il diritto internazionale, anche e direttamente gli Stati che non abbiano preso le «misure appropriate per interdire, prevenire, far cessare e sanzionare ogni distruzione intenzionale di tale patrimonio» e per quel che riguarda l'autorità giudiziaria: punire con adeguate sanzioni ogni fatto di volontaria decontestualizzazione che possa ripercuotersi significativamente sul patrimonio culturale mondiale.
Va anche detto che, con la mutata politica di prestiti e di scambi con varie istituzioni museali, nessuno, nell'altro versante - quello della criminalità -, potrà pensare di ottenere tutti quei vantaggi economici che sino ad oggi accompagnavano il traffico dei beni culturali; illeciti profitti che, come già accennato, incentivavano gli scavi clandestini e/o in genere le condotte di decontestualizzazione, con tutti gli scempi a cui quotidianamente potevamo assistere. Attività illecita che poi, com'è statisticamente dimostrato, accresceva gli appetiti non solo di coloro che trafficavano in opere d'arte vere; ma anche di quel settore della criminalità che, sfruttando l'elevata domanda, proponeva contraffazioni e falsi sempre più perfetti ed in maniera sempre più abbondante.
Oggi è sempre più necessario rivedere la disciplina dei delitti di ricettazione e di riciclaggio (ma altrettanto potrebbe affermarsi per i fatti di danneggiamento), quando tali condotte delittuose hanno ad oggetto beni culturali.
Andrebbe comunque rivista l'intera disciplina del cosiddetto furto archeologico e la sua sanzione, veramente ad oggi risibile, tanto da non consentire alcun arresto o provvedimento restrittivo, anche in caso di grave, conclamata ed attuale violazione.
Al contrario, per furti anche di minor impatto sociale, sono consentiti provvedimenti di sicuro rilievo preventivo e dissuasivo. Non solo, l'assenza di adeguata sanzione impedisce l'utilizzo di sistemi investigativi all'avanguardia idonei a contenere i fenomeni in esame.
Al riguardo, va detto come la direzione generale per le antichità abbia, almeno in parte, cercato di ovviare al problema, redigendo un progetto di modifica con riferimento all'uso del
metal detector e degli altri strumenti impiegati dai «tombaroli» negli scavi clandestini.
Più in generale, occorre una disciplina che favorisca in modo incisivo la collaborazione delle persone sottoposte ad indagine, cosicché costoro, in virtù di una legislazione premiale, vengano stimolati a dare indicazioni idonee per il recupero e per la ricontestualizzazione dei beni culturali illecitamente commercializzati.
Sarebbe anche opportuna una normativa che agevoli le indagini, autorizzando quelle sotto copertura, cosicché si possa far fronte ad investigazioni sovente complesse e che talora mettono a repentaglio l'integrità del bene culturale da recuperare.
Le indagini in materia di beni culturali sono, infatti, peculiari dovendo da un lato penetrare ed investigare una criminalità spesso di tipo associativo (ove l'omertà è fortissima: eventuali confidenze alle autorità si pagano, quantomeno, con l'immediata espulsione dal gruppo e dal relativo mercato) ed organizzata anche in strutture sociali articolate, soprattutto in territori esteri (composte per lo più di società
off shore).
D'altro canto lo scopo delle investigazioni è più ampio rispetto all'ordinario; poiché l'attività repressiva deve necessariamente tenere conto di una finalità sovente diametralmente opposta, quale quella del recupero del bene culturale, contenendo ogni, frequente rappresaglia sullo stesso.


Nella prospettiva sopra indicata, di un più severo approccio rispetto agli illeciti commessi ai danni del patrimonio culturale, si sta movendo soprattutto la comunità internazionale, la quale, ad esempio attraverso il
Memorandum di intesa Italia-U.S., ha chiesto un inasprimento delle pene ed un più efficace contrasto alla delinquenza di settore.
Occorre infatti opporsi alla piaga delle spoliazioni, saccheggi ed accaparramenti che sono da sempre esistiti; ma che certo non onorano almeno al tempo presente chi li compie, né facilitano la comprensione tra i popoli.
Va pure ricordato che il traffico illecito di opere d'arte, pur venendo dopo quello degli stupefacenti e delle armi, come ricchezza e volumi di affari si colloca di certo prima di molti altri fenomeni criminali.
Ne consegue che occorrere una vera e propria radicale svolta, iniziando a riconsiderare i valori che vengono violati. E l'esigenza di cambiamento si avverte a livello internazionale, dove si assiste ad una difesa sempre più efficace dei patrimoni culturali dei paesi ricchi di vestigia del passato.
Recentemente può essere segnalata una tendenza a dare puntuale attuazione alle convenzioni e raccomandazioni di settore e segnatamente a quelle dell'Unesco, con restituzioni di reperti da parte di molte istituzioni museali estere che così, non solo onorano la scienza archeologica, ma offrono un sicuro aiuto all'opera di contrasto avviata anche in sede processuale.
Occorre, almeno per il futuro e come già sottolineato, una risposta penale proporzionata al danno economico e culturale e ai profitti conseguiti. E lo strumento penale, per quanto estremo, risulta tuttavia tra i più efficaci ed idonei a fronteggiare in maniera risolutiva il fenomeno di cui si discute, la cui gravità è riassunta dall'espressione (che ne rende il vero significato): «
stealing history», da usare come vero e proprio marchio.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.

BRIGANDÌ e STUCCHI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in Torino, via Paolo Gaidano n. 103/3, risulta essere terminata - dall'agosto del 2003 - la costruzione di due palazzine per complessivi 58 alloggi finalizzati ad ospitare appartenenti alle Forze dell'ordine provenienti da altre regioni per la lotta alla criminalità organizzata, come da previsione dell'articolo 18 della legge n. 203 del 1991;
la convenzione stipulata a suo tempo che ha dato via ai lavori è relativa ad un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino e la cooperativa Acacia, vincitrice del bando, con uno stanziamento del predetto Ministero di circa 3 milioni di euro;
nonostante il tempo trascorso dal termine dei lavori (agosto 2003), i suddetti alloggi non risultano ancora formalmente consegnati alla prefettura di Torino per l'assegnazione;
l'ente comunale per l'edilizia popolare e agevolata (ATC), in attesa di prenderli in consegna, ha rilevato che mancano ancora le caldaie e il certificato di idoneità da parte dei vigili del fuoco;
nonostante il lungo lasso di tempo trascorso ed il costante interessamento da parte dei mass-media, nulla è allo stato cambiato;
pervengono pressanti richieste da parte di numerosi appartenenti alle Forze di Polizia, che denunciano gravi difficoltà nel poter sostenere le proprie famiglie a causa degli alti importi da destinare agli affitti presenti sul libero mercato, ovvero la cronica carenza di immobili che impedisce anche il ricongiungimento dei propri nuclei familiari;
tale inerzia cagiona un danno notevole ai potenziali beneficiari, nonché un grave danno all'erario per gli investimenti pubblici sostenuti, per i mancati introiti e

per il degrado e l'abbandono in cui versano gli immobili;
il permanere di siffatta situazione ha suscitato l'attenzione del comune di Torino, nelle persone del sindaco Sergio Chiamparino e dell'assessore alla casa Roberto Tricarico i quali hanno manifestato - già nel novembre del 2007 - interesse all'acquisizione dell'immobile allo scopo di destinarli ad edilizia popolare;
tale vicenda è già stata oggetto di pressanti richieste da parte del CoBaR della Guardia di finanza del Piemonte che, con più delibere, nel tempo ha chiesto alle autorità competenti un intervento risolutore, nonché l'interessamento della Corte dei conti allo scopo di accertare eventuali danni erariali connessi allo spreco di denaro pubblico evidenziato;
presso la procura regionale per il Piemonte della Corte dei conti risulterebbe essere iniziata fin dal 26 marzo 2003 un'istruttoria inerente la costruzione degli alloggi oggetto della presente;
nel marzo 2009, su sollecitazione sempre della rappresentanza militare della Guardia di finanza, in un'intervista della trasmissione televisiva «Le Iene» il Ministro alle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli aveva promesso un intervento risolutore per giungere finalmente alla consegna degli alloggi agli aventi diritto -:
se i Ministri competenti non intendano intervenire al fine di pervenire finalmente all'assegnazione degli alloggi in questione alle Forze dell'ordine di Torino.
(4-06225)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per portare a conclusione l'intervento di edilizia sovvenzionata per n. 58 alloggi finanziati ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 203 del 1991, stante l'inadempienza del soggetto attuatore, ha affidato al provveditorato opere pubbliche del Piemonte e della Valle d'Aosta la funzione di stazione appaltante degli interventi di completamento necessari.
In particolare, con nota ministeriale in data 4 settembre 2009 protocollo 10031, il citato provveditorato interregionale è stato autorizzato ad adottare gli adempimenti per l'esecuzione dei lavori di completamento.
Tali lavori saranno finanziati con le risorse non ancora erogate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al soggetto attuatore Acacia.
Ciò posto, a seguito di procedura di gara negoziata, è stato approvato il contratto di appalto stipulato in data 7 aprile 2010 con l'impresa aggiudicataria Arte e tecnologie spa (Ar.Te. s.p.a) per l'importo di euro 245.180,44 per lavori al netto del ribasso del 2 per cento comprensivo di oneri per la sicurezza, non soggetti a ribasso.
I citati 58 alloggi di edilizia residenziale sovvenzionata sono localizzati in due edifici rispettivamente di 34 e 24 alloggi e relative opere di urbanizzazione e sono da concedere in locazione ai sensi dell'articolo 18 della legge 203 del 1991.
Si evidenzia che l'articolo 18, comma 2, della Convenzione 20 novembre 1997, sottoscritta tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino ed il soggetto attuatore prevede, ai sensi della legge 12 luglio 1991, n. 203, che gli alloggi di edilizia sovvenzionata siano conferiti in proprietà agli ex IACP (Istituto autonomo case popolari) comunque denominati per essere assegnati in locazione o godimento ai dipendenti statali in possesso di determinati requisiti.
Va evidenziato, inoltre, che a seguito dell'ultimazione parziale dell'intervento di edilizia sovvenzionata è sorto un contenzioso tra la cooperativa Acacia e alcune imprese e soggetti coinvolti a vario titolo che vantano crediti nei confronti della cooperativa Acacia per fatture non pagate.
In particolare, il credito vantato dall'impresa Ar.Te. spa ammonta complessivamente a euro 1.006.950,82 in relazione al quale la stessa Ar.Te. spa ha promosso una azione giudiziaria comportante il sequestro

conservativo cautelare relativo al fabbricato di n. 58 alloggi Erps di Via Gaidano 121 (provvedimento del tribunale di Torino 25 maggio 2009).
Risulta poi a carico di Acacia un ulteriore debito complessivo di circa 2.799.236,36 nei confronti di vari creditori (professionisti, utenze, Banca S. Paolo, eccetera).
Si segnala, inoltre, che la prefettura di Torino, sentita più volte in merito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato le procedure per l'assegnazione dei n. 58 alloggi di edilizia sovvenzionata.
È opportuno evidenziare, in tale contesto, che l'Atc di Torino ha manifestato la volontà di sottoscrivere una scrittura privata tra Ar.Te. (Architetture e tecnologie spa); Acacia scrl, ed Atc (Agenzia territoriale della casa della provincia di Torino) al fine di mediare le rispettive pretese e per cancellare, a cura e spese di Ar.Te, la trascrizione del provvedimento di sequestro conservativo apposto sugli alloggi di edilizia sovvenzionata.
Successivamente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si impegnerà, a conclusione delle verifiche da effettuare da parte dell'Atc di Torino anche presso la società Equitalia sulla posizione debitoria del soggetto attuatore e con il consenso del soggetto attuatore medesimo a sottoscrivere un apposito protocollo d'intesa per la conclusione del programma integrato in oggetto corrispondendo all'Atc della provincia di Torino - a fronte degli impegni assunti - l'importo residuo del programma di edilizia sovvenzionata ed agevolata pari ad euro 259.714,08.
Con la sottoscrizione del richiamato protocollo (che dovrà essere approvato dal Consiglio di amministrazione dell'Atc, che sta per essere rinnovato) l'Atc di Torino si farà inoltre carico:

a) di sostenere l'onere finanziario derivante dalla definizione del contenzioso tra Ar.Te. la cooperativa Acacia tramite il versamento da parte dell'Atc alla società Ar.Te. della somma di 858.000,00 di euro con le modalità stabilite nella scrittura privata tra l'Atc, la società Ar.Te. e Acacia scrl;
b) di assumere l'onere finanziario degli ulteriori debiti del soggetto attuatore Acacia scrl, inerenti agli oneri tributari sopraindicati pari a 322.000,00 ed il debito contratto con banca Intesa San Paolo pari a euro 470.000,00, per un importo complessivo di euro 792.000,00;
c) di destinare gli alloggi acquisiti ad edilizia sovvenzionata in locazione permanente, da assegnare prioritariamente a dipendenti dello Stato appartenenti alle forze dell'ordine. Con la sottoscrizione del protocollo d'intesa il presidente della cooperativa Acacia scrl si impegna:
a) a sottoscrivere, ai sensi dell'articolo 18, comma 2, della convenzione 20 novembre 1997, l'atto di cessione all'Atc dei 58 alloggi di edilizia residenziale sovvenzionata realizzati in via Gaidano 109 con annessi locali accessori, posti auto e pertinenze, sostenendo le spese necessarie, entro 60 giorni dalla sottoscrizione del presente atto in assenza di tale adempimento protocollo d'intesa sarà privo di efficacia;
b) a coprire con risorse proprie le somme residue ancora dovute ai creditori per l'intervento di cui all'oggetto, al netto di quelle indicate nei punti precedenti, a carico dell'Atc;
c) a fornire ogni documento utile richiesto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Atc per verificare e giustificare l'utilizzo delle risorse pubbliche.

Con la sottoscrizione del presente atto e ad avvenuto trasferimento degli alloggi di edilizia sovvenzionata in proprietà all'Atc della provincia di Torino il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rinuncia a richiedere l'escussione delle polizze fidejussorie presentate dal soggetto attuatore e a svincolarle all'avverarsi del trasferimento degli alloggi di edilizia sovvenzionata e all'avvenuta registrazione del protocollo d'intesa in argomento da parte degli organi di controllo.
Per quanto sopra riportato, pertanto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

assicura il proprio impegno affinché si possa pervenire in tempi rapidi all'assegnazione degli alloggi in questione agli appartenenti alle forze dell'ordine.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

CALVISI, SCHIRRU, SORO, MARROCU e PES. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'autorità marittima di Cagliari ha avviato in data 19 maggio 2010 una procedura di delimitazione definitiva delle aree demaniali di pertinenza del Porto Canale di Cagliari;
analoga procedura fu avviata e conclusa altre quattro volte nel corso degli anni che seguirono la fine dei lavori di costruzione e l'entrata in esercizio del porto;
in questa ultima proposta di delimitazione si modifica la precedente in modo tale da sconvolgere l'assetto consolidato delle aree ricomprese nel consorzio Cacip di Cagliari, in particolare si riconduce alla pertinenza demaniale del porto luoghi dove insistono da tempo iniziative di aziende private che hanno regolarmente acquisito le aree dal consorzio con atti di acquisto regolarmente registrati e consolidati da molto tempo;
tutto ciò appare in netta contraddizione con gli orientamenti presenti nel decreto legislativo recentemente varato dal Governo in materia di trasferimento agli enti territoriali dei beni demaniali, il cosiddetto federalismo demaniale;
le aree non hanno alcuna correlazione alla specifica attività del porto e all'esercizio delle attività portuali, pertanto la revisione avrebbe esclusivo interesse di carattere patrimoniale;
i comuni di Assemini, Sarroch, Capoterra, Elmas, Uta, Cagliari e la provincia di Cagliari patrimonialmente titolari delle aree oggetto della proposta delimitazione hanno espresso netta contrarietà e si apprestano ad aprire un conflitto in sede di giurisdizione -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle specifiche attività poste in essere dall'autorità marittima e dall'Agenzia del demanio territorialmente competenti;
se non ritengano opportuno assumere ogni utile iniziativa volta ad evitare un conflitto fra soggetti pubblici per la contesa di aree ormai da tempo destinate ad altre attività di interesse pubblico e privato, qualora la delimitazione in corso mantenesse gli obiettivi proposti dall'autorità statale che ha avviato la procedura.
(4-08735)

Risposta. - Si premette che l'articolo 32, comma 1, del codice della navigazione attribuisce piena prerogativa al capo del compartimento marittimo di valutare la sussistenza dei presupposti per attivare il procedimento di delimitazione del demanio marittimo in caso di obiettiva incertezza o comunque ragionevole dubbio circa il confine del demanio marittimo.
L'incertezza oggettiva può scaturire da diversi fattori, consistenti in circostanze di diritto o di fatto che rendono scarsamente percepibile il limite della linea confinaria, creando confusione fra le rispettive estensioni dei beni privati e di quelli demaniali. In tali casi il procedimento di delimitazione perde i suoi connotati di attività discrezionale quanto all'
an per acquistare le caratteristiche di procedura doverosa d'ufficio, cui sempre e soltanto il capo del compartimento marittimo deve necessariamente attendere per accertare gli esatti confini del demanio.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ordine alla presente vicenda si è limitato a richiedere gli sviluppi istruttori del caso ed a fornire mere indicazioni di opportunità al competente capo del compartimento marittimo, il quale ha poi agito secondo la propria legittima competenza.
La delimitazione in questione si è conclusa in data 24 giugno 2010 ma ad oggi ancora non risulta essere stata approvata.

Per completezza d'informazione si comunica che parte delle aree oggetto della procedura delimitativa in parola sono state a suo tempo espropriate dal consorzio per l'area di sviluppo industriale di Cagliari (Casic oggi Cacip) proprio per la realizzazione del porto industriale dietro apposito finanziamento integralmente erogato dalla Cassa per il mezzogiorno che ne aveva approvato il progetto. Si riportano per punti i fatti principali relativi alle aree in questione:
con deliberazione del 4 agosto 1972, del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) adottata su proposta del Ministero per gli interventi straordinari nel mezzogiorno con il parere favorevole del Ministero della marina mercantile, avente valenza di riconoscimento della pubblica utilità dell'opera, è stato approvato il progetto presentato dalla regione autonoma della Sardegna per la realizzazione del porto industriale di Cagliari denominato «Progetto speciale n. 1»;
il progetto del porto industriale fu finanziato con una serie di delibere e convenzioni dell'allora Casmez e cessata quest'ultima dalla Agensud per un valore complessivo di lire 332.448.326.472;
il consorzio per l'area di sviluppo industriale di Cagliari, divenuto ente attuatore dell'opera a seguito di apposita convenzione stipulata con la Agensud in data 18 maggio 1989, ha proceduto sia agli espropri in danno dei privati sia per la gran parte agli atti necessari per ottenere la disponibilità di aree già pubbliche in prevalenza facenti già parte del demanio marittimo. Successivamente, a seguito di detta attività espropriativa per la quale, peraltro, è stata riconosciuta al Casic una remunerazione pari all'11 per cento delle indennità sostenute e delle spese notarili e giudiziarie, il consorzio ha intestato le aree nelle quali doveva sorgere l'opera portuale in proprio favore;
completati i primi stralci delle opere portuali ed eseguiti i primi collaudi veniva dato corso alle prime delimitazioni demaniali marittime per ricomprendervi le aree portuali realizzate e riconsegnate alle amministrazioni statali come da progetto ordinario;
nelle predette procedure di riconfinamento demaniale si dava atto che si trattava di delimitazioni solo parziali di quelle opere al momento già pronte e collaudate e relative ai vari stralci progettuali via via ultimati;
in ottemperanza alle conclusioni di apposite riunioni ed in forza anche dell'impulso dell'avvocatura distrettuale dello Stato, la Commissione di cui agli articoli 32 del codice della navigazione e 58 del regolamento del codice della navigazione, previa convocazione dei privati interessati (ivi compreso Casic oggi Cacip), ha redatto il verbale recante l'individuazione del nuovo confine demaniale marittimo all'intero compendio portuale;
come previsto dalla citata normativa la commissione, stante la rilevanza della questione, ha assegnato ai privati interessati il termine di 90 giorni per la presentazione di memorie avverso la procedura delimitativa in questione;
ad oggi, la capitaneria di porto di Cagliari ha comunicato che al termine assegnato (23 settembre 2010) dalla commissione in sede di verbale di delimitazione del 24 giugno 2010 per le contestazioni, sono state presentate memorie da sette soggetti interessati alla vicenda.

Atteso quanto sopra, il capo del compartimento marittimo di Cagliari ha rappresentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che intende attivare le seguenti successive azioni amministrative:
1) invio delle contestazioni a tutti i membri della commissione di delimitazione nonché all'Avvocatura distrettuale dello Stato;
2) valutazione delle osservazioni dei predetti uffici;
3) redazione del provvedimento di risoluzione delle contestazioni in via amministrativa

ai sensi dell'articolo 32, comma 2, del codice della navigazione;
4) in caso di mancato accoglimento delle contestazioni, trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del provvedimento di risoluzione di cui al precedente punto 3, ai sensi e per gli effetti del comma 4, dell'articolo 32 del codice della navigazione;
5) mera comunicazione ai controinteressati della mancata risoluzione delle contestazioni in via amministrativa e della conseguente trasmissione degli atti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Pertanto, si fa presente che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pur essendo a conoscenza delle considerevoli problematiche locali, non potrà che valutare le opportune eventuali azioni soltanto al termine del complesso procedimento amministrativo di approvazione da parte del direttore marittimo, così come disposto dall'articolo 32 del codice della navigazione.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

CAZZOLA, GARAGNANI e MAZZUCA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale n. 63 è un'arteria fondamentale della regione Emilia Romagna che collega la Lombardia alla Toscana, attraversando la provincia di Reggio Emilia;
il sottosegretario di Stato alle infrastrutture e ai trasporti, in data 20 gennaio 2010, nel dare risposta in sede di VIII Commissione permanente (Ambiente, territorio e lavori pubblici) alla Camera, all'atto di sindacato ispettivo 5-02097 sul traffico relativo alla strada statale n. 63, evidenziava come «la variante in corrispondenza dell'abitato di Bocco, in comune di Casina (Reggio Emilia) è un intervento inserito nel piano di investimenti dell'ANAS 2007-2011 previsto dal contratto di programma 2009 che si sviluppa su un'estesa di 1,5 chilometri prevalentemente in galleria. Il progetto definitivo ha ottenuto tutte le approvazioni stabilite dalla normativa vigente e, entro il corrente mese di gennaio, l'ANAS bandirà la gara per l'appalto integrato. L'intervento, che ha una previsione di costo di 50 milioni di euro è interamente finanziato»;
con lettera del 7 settembre 2010 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, informava il consigliere regionale dell'Emilia Romagna, dottor Fabio Filippi, che il progetto relativo alla realizzazione del tratto viario sulla strada statale n. 63 Bocco-Canala aveva ottenuto un ulteriore finanziamento di 13,474 milioni di euro a seguito della rimodulazione del contratto di Programma ANAS 2009, autorizzato nel mese di luglio 2010 e che le risorse complessivamente assegnate all'intervento ammontano a 64,474 milioni di euro. Nella medesima comunicazione il Ministro informava di aver già sollecitato i competenti uffici dell'ANAS per quanto riguarda la tempistica di appalto dei relativi lavori;
il completamento dei lavori sul tratto della strada statale n. 63 Bocco-Canala, comune di Casina, sostituirebbe un tratto viario attualmente inadeguato, particolarmente trafficato e pericoloso -:
se il Ministro interrogato, in considerazione del fatto che si è già interessato della questione esposta, intenda adottare, per quanto di sua competenza, idonee misure volte a portare a compimento l'opera, mantenendo informati gli amministratori locali sullo sviluppo delle varie fasi dei lavori previsti sulla strada statale n. 63 Bocco-Canala, anche in considerazione dell'importanza strategica e per la sicurezza stradale, che il progetto viario citato in premessa ha per il territorio della provincia di Reggio Emilia e per la regione Emilia Romagna tutta.
(4-08585)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla realizzazione della variante in corrispondenza dell'abitato di Bocco (comune di Casina) lungo la

statale 63 «del Cerreto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il progetto definitivo dell'infrastruttura è stato approvato in data 25 febbraio 2010, dal consiglio di amministrazione di Anas Spa.
Il bando di gara per appalto integrato, a procedura ristretta, è stato pubblicato il 31 marzo 2010 con termine di presentazione delle domande di partecipazione entro l'11 maggio 2010.
Il 24 agosto 2010 sono state trasmesse le lettere d'invito ai partecipanti, con scadenza al 27 ottobre 2010, per la presentazione delle offerte.
Si segnala, inoltre, che, trattandosi di appalto integrato, l'impresa aggiudicataria assume anche l'impegno di redigere il progetto esecutivo, entro il termine di 90 giorni dalla data di ordine per l'avvio del progetto stesso.
Gli elaborati del progetto esecutivo dovranno, infine, pervenire all'Anas per la valutazione tecnica e la successiva approvazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da un indagine sull'assunzione di alcolici da parte di giovani e adolescenti, pubblicata dall'Istituto superiore di sanità ad aprile 2008, emergono numeri di un fenomeno preoccupante: il 67 per cento dei giovani al di sotto della maggiore età consuma bevande alcoliche e quasi il 50 per cento ne beve dai tre ai sei bicchieri fino a ubriacarsi;
a marzo 2008, il Ministero della salute ha reso noti risultati di uno studio condotto nel biennio 2005-2006 dai quali è emerso che il 25 per cento degli adolescenti tra i quindici e i diciannove anni fa uso di cannabis e il 5 per cento assume cocaina, con un trend in aumento;
il consumo di droghe di ogni genere e l'abuso di bevande alcoliche tra i giovani e gli adolescenti, sono diventati un problema sociale preoccupante che comporta costi per lo Stato divenuti insostenibili. Un fenomeno che coinvolge ragazzi di fasce di età sempre più basse e che vede oggi adolescenti già a dodici anni iniziare a stordirsi con cocktail di cannabis, pasticche e alcol;
i soli strumenti della deterrenza, consentiti dalla legislazione vigente, non sembrano sufficienti a contrastare efficacemente il fenomeno;
occorre mettere in campo ogni strumento utile per ottenere un cambiamento culturale profondo, un intervento sulle coscienze dei giovani, degli adolescenti per ribaltare quella cultura che vuole in quanti sono dediti allo sballo e vorrebbe emarginare invece quei giovani portatori dei veri valori condivisibili e appropriati per un'adolescenza serena;
per raggiungere questo obiettivo occorre un'efficace opera di prevenzione culturale che informi gli adolescenti sulle drammatiche conseguenze derivanti dall'uso di sostanze stupefacenti leggere o pesanti, dall'abuso di alcol, dalle dipendenze in genere;
la riforma del sistema scolastico avviata dal governo con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 che prevede, tra l'altro, con ricorso alla regolamentazione, la ridefinizione dei curricoli nei diversi ordini di scuola, la rimodulazione dell'organizzazione didattica della scuola primaria e della formazione professionale dei docenti, è un'occasione da non perdere. È necessario introdurre nei percorsi formativi della scuola dell'obbligo iniziative idonee alla prevenzione del fenomeno del consumo di sostanze stupefacenti e di bevande alcoliche da parte dei giovani e degli adolescenti;
per affrontare la sfida di sovvertire quella cultura dello «sballo», ancora inneggiata dai brani di alcuni cantanti e in molti programmi televisivi è necessario partire dai processi educativi di tutte le

classi della scuola dell'obbligo. È dalla scuola che deve partire la riscoperta dei valori e dell'autostima, baluardi indispensabili per dire basta allo sballo a tutti i costi alle trasgressioni e alle violenze del «branco» -:
se, nella riforma del sistema scolastico, e soprattutto con le norme regolamentari attuative, il Governo vorrà inserire e, in quali termini, nella didattica della scuola dell'obbligo, iniziative volte a favorire la formazione di una coscienza giovanile diffusa di contrasto a ogni forma di dipendenza attraverso la costruzione di un percorso formativo che favorisca l'acquisizione della consapevolezza dei danni psicofisici e sociali derivanti dall'assunzione di sostanze stupefacenti e di bevande alcoliche nonché della adeguata formazione e aggiornamento professionale del personale docente necessari per questa nuova lettura dei fenomeni delle dipendenze nell'età adolescenziale.
(4-01452)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante si chiede, nel far riferimento all'indagine 2008 in materia di uso di tabacco, alcool e di droghe illegali, interventi per favorire la formazione di una coscienza giovanile diffusa di contrasto ad ogni forma di dipendenza.
Si premette che il ministero è da tempo impegnato affinché i giovani possano raggiungere livelli il più possibile elevati di benessere psicofisico e a motivarli a realizzare una vita sempre più sana e ricca di valori personali e sociali.
Interventi informativi ed educativi per prevenire l'uso di tabacco, alcool e stupefacenti e mettere ciascun individuo in grado di sviluppare la capacità di prendere decisioni coscienti nei riguardi del proprio benessere, sono stati previsti già dal 1990 con decreto del Presidente della Repubblica n. 309, recante il «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza».
Dal 1992 in poi sono state progettate una serie di iniziative di formazione del personale direttivo e docente sulle tematiche della prevenzione.
Nel giugno 1998 lo statuto delle studentesse e degli studenti, emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 249, e successive modificazioni ha impegnato la scuola a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona e un servizio educativo-didattico di qualità, la salubrità e la sicurezza degli ambienti, nonché servizi di sostegno e promozione della salute e di assistenza psicologica.
Successivamente, per quel che riguarda la scuola dell'infanzia e il primo ciclo di istruzione, il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 - allegato b - obiettivi specifici di apprendimento per l'educazione a Ira convivenza civile - sottolinea la necessità di attivare comportamenti di prevenzione adeguati ai fini della salute nel suo complesso, nelle diverse situazioni di vita.
In attuazione della suddetta normativa, il ministero promuove da anni interventi e progetti di educazione alla salute.
Interventi di educazione e prevenzione sessuale sono stati poi previsti nelle linee guida del 18 aprile 2007, riguardanti il piano triennale per il benessere dello studente. Tali interventi, oltre a prevedere una maggiore collaborazione e interazione tra scuola, genitori e strutture sanitarie locali, hanno consentito anche di individuare le maggiori criticità sul versante del disagio, della salute psichica e relazionale e delle malattie sessualmente trasmissibili. Le attività previste dal suddetto piano hanno mirato inoltre a favorire la creazione di un clima relazionale positivo volto al rispetto e alla tutela della persona.
Inoltre, le direttive ministeriali annuali, concernenti l'individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la ripartizione delle somme stanziate nel fondo istituito dalla legge n. 440 del 1997, pongono, tra gli interventi prioritari da attuare nell'ambito dei piani dell'offerta formativa definiti dalle istituzioni scolastiche, le iniziative per la realizzazione di percorsi multidisciplinari di educazione alla salute, nonché le iniziative per la formazione del

personale della scuola dirette alla prevenzione e al superamento del disagio e del disadattamento giovanile.
Ed ancora, posto che uno degli obiettivi della politica scolastica del Governo è quello riguardante la qualità nei rapporti e negli apprendimenti, per vincere la sfida dell'emergenza educativa di cui sono gravi indicatori fatti quali la tossicodipendenza, la violenza e il bullismo, si segnala che in attuazione dell'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 10 settembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 30 ottobre 2008, a decorrere dall'anno scolastico 2008-2009 sono attivate, oltre ad una sperimentazione nazionale, azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione le conoscenze e competenze relative all'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», che comprende, tra l'altro, le basi dell'educazione alla salute.
In merito poi alle iniziative specificamente finalizzate a promuovere nelle scuole un clima educativo attento al benessere dello studente, si ricorda il protocollo di intesa sottoscritto il 5 gennaio 2007 tra questo Ministero e il Ministero della sanità, nel quale è stato delineato un programma comune di collaborazione, mirato alla prevenzione di patologie croniche e al contrasto di fenomeni tipici dell'età giovanile, da realizzarsi attraverso progetti sperimentali, ricerche e programmi per diffondere la cultura della salute e migliorare la qualità della vita, all'interno del sistema dell'istruzione e nel quadro di valori e significati relazionali, etici e sociali.
Nell'ambito delle strategie delineate nel suddetto piano, sono previste iniziative congiunte di informazione-educazione sulle tematiche della affettività, della sessualità e della prevenzione di patologie a trasmissione sessuale.
È stato promosso, tra l'altro, un programma nazionale relativo alla «Educazione alla salute e prevenzione primaria: Sensibilizzazione degli operatori e programmazione degli interventi di Ricerca-Azione», la cui articolazione e realizzazione è stata affidata all'ufficio scolastico regionale per il Piemonte.
Tale progetto, volto a potenziare il confronto intersistemico tra i referenti della «Scuola» e della «Sanità» nel campo dell'educazione alla salute, è orientato agli obiettivi strategici dei piani nazionali e del programma «Guadagnare salute» e prevede lo sviluppo di una programmazione partecipata, con ricadute nei diversi ambiti del territorio regionale, provinciale e dei distretti sociosanitari.
Il progetto si è articolato in tre fasi fondamentali, finalizzate al confronto tra i referenti regionali di educazione alla salute della scuola e della sanità, unitamente a quelli scolastici provinciali e delle singole aziende sanitarie locali, per la condivisione e l'integrazione di conoscenze e di esperienze.
La prima fase, ha previsto l'organizzazione, in tre edizioni, di un modulo di ricerca azione, di cinque giorni, che si è svolta a Torino nelle seguenti date:
15-19 febbraio 2010 per le regioni Liguria, Lombardia, Sardegna, Sicilia, Umbria e per la provincia autonoma di Bolzano;
22-26 febbraio 2010 per le regioni Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia-Giulia, Marche, Toscana, Valle d'Aosta, Veneto;
1o-5 marzo 2010 per le regioni Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e provincia di Trento.

La seconda fase ha previsto l'organizzazione e gestione di un project work a distanza, nei mesi di aprile-maggio 2010, caratterizzato da accompagnamento da parte di tutor, individuati tra i partecipanti al modulo di ricerca-azione, per l'elaborazione di percorsi di ricaduta nelle specifiche realtà regionali e/o provinciali.
La terza fase ha previsto un nuovo momento in presenza di due giorni a Roma, alla fine del mese di giugno 2010, durante il quale tutti i partecipanti ai moduli, condividendo e valutando le esperienze maturate

sui relativi territori, hanno consolidato la rete integrata per le successive azioni di monitoraggio e verifica dei processi e dei risultati.
L'intero percorso sarà validato dall'Istituto superiore di sanità.
Queste sono le principali iniziative a livello nazionale alle quali vanno aggiunte le molteplici ulteriori iniziative che le scuole, nella loro autonomia, programmano per aiutare i giovani a raggiungere il benessere psicofisico.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la vecchia educazione civica è stata sostituita, a partire dall'anno scolastico 2009/10, dall'insegnamento di «cittadinanza e costituzione», introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 137 del 2008;
secondo l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 tale insegnamento viene effettuato, utilizzando le risorse umane ed economiche vigenti nelle scuole, nell'ambito delle materie storico-geografiche;
come evidenziato dal documento d'indirizzo del 9 marzo 2009 del Ministro interrogato che ne spiega la fase applicativa, l'insegnamento di «cittadinanza e costituzione» si sviluppa in tutto l'arco della carriera scolastica, ovviamente con diverse metodologie educative e con scopi diversi, dalla scuola dell'infanzia alla scuola superiore -:
quale sia stato il tasso di concreta applicazione nelle scuole italiane del nuovo insegnamento;
quali criticità e quali positività siano eventualmente emerse da questa prima fase di sperimentazione;
in vista del prossimo anno scolastico, quali eventuali modifiche migliorative siano ritenute necessarie.
(4-08142)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di conoscere gli sviluppi che concretamente si sono avuti in ambiente scolastico sull'introduzione di «Cittadinanza e Costituzione» ai sensi della legge 169 del 2008, di conversione del decreto legge 137 del 2008.
Va premesso che la cultura della legalità costituisce un obiettivo prioritario della politica scolastica del Governo, che intende intensificare l'impegno dell'amministrazione e delle istituzioni scolastiche nella realizzazione di iniziative di educazione e formazione ai diritti umani e alla convivenza civile, sulla scorta dei valori costituzionali, al fine di favorire nelle giovani generazioni la diffusione e lo sviluppo della cultura della legalità stessa, oltre che del rispetto di sé e degli altri.
La citata legge 169 prevede che «a decorrere dall'inizio dell'anno scolastico 2008/2009, oltre ad una sperimentazione nazionale condotta ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all'acquisizione, nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», nell'ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell'infanzia».
Al fine di favorire l'acquisizione dei saperi e delle competenze relative essa aveva previsto, già dall'anno scolastico 2008- 2009, una sperimentazione nazionale secondo le modalità di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999; ossia mediante progetti da realizzare, e, attraverso diverse ed ulteriori iniziative da assumersi nell'ambito delle aree di insegnamento storico-geografica, per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado (come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 20

marzo 2009 riguardante là revisione del ciclo di istruzione) e storico-sociale, per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado.
La disposizione si colloca in una rinnovata presa di coscienza del compito centrale della scuola di formare cittadini informati, consapevoli e responsabili per la società di domani.
Le iniziative di sperimentazione e di sensibilizzazione si accompagnano alla formazione dei docenti, che è presupposto indispensabile per la migliore riuscita delle stesse e per arrivare all'introduzione a regime del nuovo insegnamento avente ad oggetto le tematiche inerenti a «Cittadinanza e Costituzione».
In data 18 novembre 2008, è stato siglato il protocollo d'intesa con l'associazione italiana dei costituzionalisti (Aic) che si è impegnata ad organizzare incontri, seminari e dibattiti con gli studenti delle scuole primarie e secondarie aventi come tema la Costituzione e la sua storia e a favorire le iniziative, concordate con il ministero, alle quali le scuole avrebbero potuto partecipare sulla base di progetti educativi e didattici deliberati autonomamente.
Il 27 maggio 2009 è stato bandito un concorso indirizzato alle scuole di ogni ordine e grado per la progettazione e la sperimentazione di percorsi di innovazione organizzativa e didattica su «Cittadinanza e Costituzione».
Durante l'anno scolastico 2008-2009, si è assistito infatti al proliferare tra gli studenti di una serie molto ampia e diffusa di progetti sperimentali che hanno mirato a diffondere le conoscenze e le competenze per apprezzare e condividere le regole fondamentali della convivenza e comprendere a fondo i principi della integrazione delle culture, della legalità e della democrazia.
A dimostrazione della sensibilità e del grande impegno delle scuole, si rileva che nella sperimentazione sono state coinvolte 4.366 scuole (di cui 367 premiate) e sono stati presentati 3.202 progetti (di cui 104 selezionati).
Inoltre dalla sperimentazione in atto a livello nazionale si è in attesa di conoscere i seguenti elementi e dati:

a) indicatori di risultato riconoscibili come punti di riferimento per le scuole;
b) un elenco (archivio) di conoscenze ritenute fondamentali;
c) messa a fuoco degli aspetti di funzionamento e di strutturazione della scuola che fanno trasparire l'impegno della scuola come istituzione nella concretizzazione dei diritti di Cittadinanza;
d) indicazioni sui modi con cui la scuola può oggi meglio rispondere agli imperativi costituzionali che ne definiscono il compito ed il senso.

L'Agenzia nazionale per la sperimentazione dell'autonomia scolastica (Ansas), attraverso un apposito sito internet, ha sostenuto le scuole coinvolte nella sperimentazione nazionale e ha attivato le azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale previste dalla legge.
Gli esiti del monitoraggio saranno pubblicati sui siti
internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della stessa agenzia (Ansas). Si può comunque sin da ora evidenziare una particolare attenzione delle scuole per la dimensione trasversale dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione». Quanto alla scuola secondaria di secondo grado nell'ambito del riordino sono state fornite disposizioni concernenti le conoscenze e le competenze relative.
Ulteriori precisazioni di ordine didattico sono inserite nelle Indicazioni nazionali per i licei e nelle linee guida per gli istituti tecnici e professionali.
In data 27 ottobre 2010, con protocollo 7746 è stata infine diramata e l'anno scolastico 2010-2011, in applicazione dell'articolo 1 della legge n. 169 del 2008, la circolare ministeriale sull'insegnamento di «cittadinanza e Costituzione» diretta ad approfondirne gli aspetti normativi, didattici e metodologici.
Si fa anche presente che in data 15 luglio 2010 il Miur, ha sottoscritto un

protocollo d'intesa con il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) di notevole importanza in quanto i soggetti interessati si impegnano a portare avanti iniziative comuni affinché l'educazione alla bioetica sia parte integrante della formazione scolastica all'interno dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione», in modo da garantire alle nuove generazioni pari opportunità di partecipazione al dibattito pubblico sui problemi etici, sociali e giuridici posti dal progresso scientifico e tecnologico.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI BIAGIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
recentemente la stampa italiana ha riportato la notizia che la Commissione europea ha messo in mora lo Stato italiano, su una serie di voci improprie che da diversi anni gravano sulla bolletta elettrica degli italiani e che se tagliate permetterebbe alle famiglie italiane di beneficiare di 5,6 miliardi di euro;
tre le voci incriminate presenti in bolletta, la A2 che riguarda le spese di smantellamento delle centrali nucleari, disposto con il referendum del 1987, la A3 che riguarda le sovvenzioni alle energie alternative e la A5, che va ad incentivare le spese di ricerca nel settore energia;
la voce di spesa relativa allo smantellamento delle centrali nucleari, cosiddetta A2, a far data dal 1987, incide sulle bollette degli italiani oramai da più di 20 anni e per un costo annuo di 1 miliardo di euro;
a giudizio dell'interrogante, l'energia elettrica è il principale elemento di crescita necessario allo sviluppo di un Paese e pertanto è necessario rimuovere tutti gli ostacoli per contenere i prezzi energetici che sono relativamente elevati al fine di ridurre la pressione fiscale sui nuclei familiari -:
se i ministri interrogati possano informare sullo stato di avanzamento del piano di smantellamento delle centrali nucleari, a chi sia stato affidato l'incarico ed entro quale termine si debba concludere tale operazione, quali altresì le azioni di sorveglianza e supervisione attuate per il raggiungimento dell'obiettivo finale;
se i ministri interrogati non ritengano necessaria un'iniziativa normativa a sostegno del reddito familiare volto ad alleggerire la bolletta degli italiani da voci improprie e gravose.
(4-06342)

Risposta. - Il 31 maggio 1999, in ottemperanza all'articolo 13, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, nell'ambito della riforma del sistema elettrico nazionale, l'Enel Spa ha costituito la Sogin Spa per gestire in sicurezza la chiusura del ciclo di vita degli impianti nucleari italiani, ovvero, lo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse e la gestione dei relativi rifiuti radioattivi, «missione» indicata di seguito come commessa nucleare.
Precisamente, a Sogin sono state conferite, da Enel Spa le quattro centrali nucleari italiane di Trino, Caorso, Latina e Garigliano. Inoltre, nel 2003, le sono stati affidati in gestione gli impianti di ricerca sul ciclo del combustibile nucleare di Enea (Eurex di Saluggia, Opec e Ipu della Casaccia-Roma, e Itrec di Rotondella). L'impianto di fabbricazione del combustibile di Bosco Marengo è stato acquisito nel 2005.
La Sogin è una società per azioni che fa capo al Ministero dell'economia e delle finanze, il quale è anche titolare delle specifiche questioni inerenti la vigilanza amministrativa. Dal 16 settembre 2004, acquisendo il 60 per cento delle azioni di nucleco Spa si è costituito il gruppo Sogin.
Ai sensi del predetto articolo 13 del decreto legislativo n. 79 del 1999, il Ministero dello sviluppo economico ha il compito precipuo di definire gli indirizzi strategici ed operativi attinenti all'oggetto sociale,

mentre la competenza del controllo e verifica dei bilanci della Sogin Spa spetta alla Corte dei conti, dopo essere stati approvati dagli organi statutari interni.
Il decreto del Ministro delle attività produttive 2 dicembre 2004 «Indirizzi strategici e operativi alla Sogin S.p.A.» prevede che la Sogin provveda «alla disattivazione accelerata di tutte le centrali e altri reattori nucleari, e degli impianti del ciclo del combustibile nucleare dismessi entro venti anni procedendo direttamente allo smantellamento fino al rilascio incondizionato dei siti ove sono ubicati gli impianti. Il perseguimento di questo obiettivo e i tempi sono condizionati dalla localizzazione e realizzazione in tempo utile del deposito nazionale provvisorio o definitivo dei rifiuti radioattivi».
I costi per la commessa nucleare della Sogin trovano copertura sia nella componente A2 della tariffa elettrica - corrispettivo introdotto dall'articolo 3, commi 10 e 11, del già menzionato decreto legislativo n. 79 del 1999 - sia negli acconti nucleari ricevuti da Enel Spa.
In particolare, il comma 11 predetto recita che «entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, con uno o più decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono altresì individuati gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ivi inclusi gli oneri concernenti le attività di ricerca e le attività di cui all'articolo 13, comma 2, lettera
e). L'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede al conseguente adeguamento del corrispettivo di cui al comma 10. La quota parte del corrispettivo a copertura dei suddetti oneri a carico dei clienti finali, in particolare per le attività ad alto consumo di energia è definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori»; ed è l'articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto interministeriale 26 gennaio 2000 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, come modificato dal decreto interministeriale 3 aprile 2006, che include tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico i costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare e alle attività connesse e conseguenti (detti «oneri nucleari»). L'inclusione degli oneri nucleari tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico è anche prevista dall'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 17 aprile 2003, n. 83.
L'articolo 9, comma 2, del predetto decreto interministeriale 26 gennaio 2000 prevede che «entro il 31 dicembre 2000 e, successivamente, ogni anno entro il 30 giugno, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ridetermina gli oneri di cui all'articolo 8 ed aggiorna l'onere annuale, sulla base del programma e della relazione di cui al comma 1 e tenendo conto di criteri di efficienza economica nello svolgimento delle attività previste al medesimo articolo, nonché degli oneri già reintegrati sulla base di quanto disposto dai provvedimenti in materia del Comitato interministeriale dei prezzi, come modificati dalla deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 12 giugno 1998, n. 58/98, e di quanto previsto dall'articolo 5 della deliberazione della medesima Autorità 22 dicembre 1998, n. 161 del 1998.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas comunica al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ed al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica le proprie determinazioni in merito, che divengono operative sessanta giorni dopo la comunicazione, salvo diverse indicazioni dei Ministri medesimi».
Ad oggi, il processo di smantellamento e messa in sicurezza degli impianti nucleari esistenti, messo in atto dalla Sogin sta procedendo secondo gli indirizzi dettati dal Mise e risulta in linea con il nuovo programma a vita intera (redatto nel 2007 in sostituzione del precedente predisposto nel 2004) presentato dalla società, che prevede la conclusione delle attività di
decommissioning entro il 2019, in anticipo di circa 5 anni rispetto ai tempi massimi inizialmente previsti.


Nel merito, si evidenzia che le scelte di politica energetica che il Governo sta operando sono volte proprio al contenimento dei costi dell'energia elettrica che, oggi, sono del 30 per cento circa superiori alla media dei Paesi europei. La fornitura di elettricità a, prezzi più convenienti si tradurrebbe in un vantaggio economico diretto tanto per le famiglie quanto per il sistema produttivo.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

DI PIETRO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella scuola, fra gli altri, vengono, disposti comandi annuali di personale docente di ruolo sollecitati da associazioni riconosciute ed aventi diritto, i cui costi vengono totalmente ascritti alle associazioni medesime sia per quanto attiene allo stipendio del docente richiesto che per suoi contributi pensionistici;
ai sensi del decreto-legge n. 240 del 28 agosto 2000, convertito con modificazioni nella legge n. 306 del 27 ottobre 2000, dopo anni cinque ininterrotti di rinnovato comando, la norma prevede la perdita di titolarità del docente richiesto nella scuola di provenienza dall'associazione; ciò comporta la perdita del posto e, ad esaurimento della posizione di comando, la necessità di una nuova operazione di assegnazione;
attualmente, a causa della riduzione delle cattedre a seguito dei tagli operati con la riforma Gelmini, ed ancor più negli anni a venire, nonostante viga una sorta di precedenza, la perdita di titolarità comporta ugualmente non solo il rischio di una mancata assegnazione alla vecchia scuola di appartenenza, bensì anche quello di venire integrato in un istituto appartenente a tutt'altro luogo geografico, se non di rimanere «perdente posto» e non ritrovare la titolarità in nessuna scuola dell'intera provincia, dovendo passare così, di anno in anno, da un'assegnazione provvisoria ad un'altra;
migliaia di «distaccati» sindacali il cui stipendio ed i cui contributi pensionistici sono pagati interamente dallo Stato, pur trovandosi in posizione di comando presso l'Organizzazione di appartenenza, non vengono ricompresi nella citata norma relativa alla perdita di titolarità dopo cinque anni di incarico;
quest'anno, nella provincia di Roma, per la prima volta è stato dato seguito alla norma su citata, nonostante essa, come già chiarito, sia in vigore dal 2000, intervenendo però, secondo l'interrogante, in modo del tutto inappropriato nei tempi e discriminatorio rispetto alle persone;
nell'intera provincia di Roma risultano essere oltre cento i «comandati» rientranti nella fattispecie in parola con almeno anni cinque di percorso presso una qualche associazione senza soluzione di continuità alle spalle;
la perdita del posto di titolarità è stata disposta per sole tre persone, fra le quali il docente Stefano d'Errico, comandato con stipendio e contributi pensionistici completamente a carico dell'Associazione culturale «Unicorno - l'AltrascuolA» (soggetto qualificato alla formazione con decreto MIUR N-177/2000), e due altri insegnanti rientranti solo marginalmente nella casistica (avendo richiesto l'avvicinamento al coniuge), mentre s'è «soprasseduto» per tutto il resto del personale docente, in particolare per quello amministrato da altre Associazioni;
la perdita di posto di titolarità è stata disposta nell'ultimo periodo utile per rientrare nei movimenti del personale, in particolare, in modo assai tardivo, il 10 marzo 2010, con una comunicazione all'interessato (fax prot. 4142 inviato al dirigente scolastico del 1° circolo didattico di Roma) a firma del dottor G. Minichiello, primo dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Roma, il quale, in pari data imponeva, nel caso in cui il docente si fosse trovato nella condizione di rientrare

in servizio il 1° settembre 2010, di produrre domanda di mobilità «entro 5 giorni dal ricevimento della notifica», anticipando addirittura la scadenza naturale prevista dall'ordinanza generale per il 22 marzo. Tutto ciò, nonostante la normativa annuale relativa ai trasferimenti aprisse queste operazioni dal 22 febbraio, come previsto appunto dall'ordinanza del Ministero dell'istruzione n. 19 del 19 febbraio 2010;
il docente Stefano d'Errico, che ha ottenuto anche per il prossimo anno l'utilizzazione presso l'associazione «Unicorno - l'AltrascuolA», al momento non aveva ancora risposta in merito e Comunque avrebbe anche potuto trovarsi nella condizione di dover rientrare in servizio dal prossimo anno, con il disagio di essere stato avvertito improvvisamente, irritualmente (non nei tempi dovuti) e con un ristrettissimo margine di tempo per trovare nuova collocazione;
il docente Stefano d'Errico risulta essere il segretario nazionale dell'organizzazione Unicobas Scuola, sindacato attivamente impegnato nella contestazione della riforma Gelmini, cosa che, attesa la discriminazione operata rispetto agli altri docenti nella sua stessa posizione di comando pluriennale, lascia profondamente perplesso l'interrogante in relazione ai motivi di tale scelta;
la richiamata norma relativa alla perdita di titolarità trascura completamente il dovere di garantire il diritto di voto dell'insegnante perdente titolarità ed in posizione di comando relativamente alle consultazioni sindacali per l'elezione delle Rappresentanze sindacali unitarie, che peraltro dovranno tenersi entro il prossimo dicembre. Il diritto di voto in queste elezioni è inviolabile, poiché non soprassiedono unicamente a designare i rappresentanti dei lavoratori abilitati alle trattative sul contratto di istituto, bensì anche a definire la rappresentatività nazionale delle organizzazioni sindacali ai fini dell'accesso alle trattative nazionali e di ogni altro beneficio accordato alle organizzazioni sindacali «maggiormente rappresentative». Tutto ciò avviene ai sensi del decreto legislativo n. 396 del 4 novembre 1997 (e successive modificazioni). La richiamata norma relativa alla perdita di titolarità nemmeno si preoccupa di prendere anche solo in esame l'analogo problema che viene a crearsi con riguardo alle elezioni degli organi provinciali e nazionali dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), previste anch'esse entro il presente anno solare;
tale diritto di voto viene negato nei fatti, dal momento che con la perdita di titolarità non risulterebbe più il luogo fisico ove espletarlo, non potendo, con le normative vigenti, il docente comandato ma perdente titolarità venire ricompreso nell'elenco degli aventi diritto, né nella vecchia scuola di provenienza, né in alcun altro ambito del comparto scuola ove hanno titolo a costituirsi i seggi elettorali per entrambe le citate consultazioni;
l'insegnante in parola gode dell'indiscutibile diritto di voto in tali elezioni ed ha titolo a partecipare anche alle elezioni ENAM, dove peraltro risulta eletto già da due mandati presso il comitato provinciale ENAM funzionante per Roma e provincia -:
quali siano le motivazioni secondo le quali il dottor Minichiello, dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Roma (ex provveditorato) non ha operato applicando le norme a tutti coloro che risultavano nella stessa situazione dell'insegnante D'Errico, relativamente alla perdita di titolarità in tutti i casi che interessavano altre persone e associazioni;
se il Ministro non ritenga di sanare urgentemente la indiscutibile disparità, assumendo iniziative affinché nell'immediato tutti coloro che si trovano nella medesima condizione del docente in parola abbiano lo stesso trattamento (come prevede la legge);
se, viceversa, nelle more relative ad una normativa che ad avviso dell'interrogante si disinteressa di garantire istituti

determinanti e costituzionalmente tutelati come il diritto di voto (disposto con apposita legge) nelle elezioni sindacali e di categoria, il Ministro non ritenga di assumere iniziative per il ritiro della disposizione relativa all'insegnante in parola ed alle altre due docenti che hanno parimenti subito la perdita di titolarità, rinviando l'applicazione di dette norme in tempi utili a fornire garanzie e condizioni adeguate e non precipitose riguardo ai termini di preavviso come avvenuto quest'anno per questi unici tre casi;
se il Ministro non ritenga suo dovere fornire comunque le risposte necessarie ed ufficiali atte a garantire il diritto di voto nelle due diverse consultazioni elettorali citate, per tutti quanti siano o dovessero trovarsi in posizione di comando ma senza titolarità, in tempi utili perché l'inalienabile diritto al voto possa essere onorato nelle due citate procedure elettorali il cui avvio risulta a breve scadenza;
infine se il Ministro non ritenga di assumere iniziative dirette a sospendere e rivedere le norme citate, operando in modo equanime e ricomprendendo fra i perdenti posto anche tutte le tipologie dei duemila distaccati sindacali di «lungo corso» (in molti casi si parla di più di un decennio), che siano a totale o parziale carico dello Stato, semiesoneri inclusi, ai quali la titolarità viene garantita ad libitum e senza alcuna strettoia normativa, ciò perché il disagio creato alla scuola di appartenenza, ove i posti dei comandati sindacali vengono coperti con incarichi annuali che mutano costantemente, risulta essere esattamente lo stesso creato dai comandati presso associazioni professionali e così non si lederebbe il diritto al distacco sindacale che verrebbe comunque garantito.
(4-07210)

Risposta. - Nell'interrogazione in esame, l'interrogante rappresenta la situazione del docente Stefano D'Errico, comandato presso l'associazione culturale «Unicorno - l'AltrascuolA», che ha perso la titolarità nella scuola di provenienza avendo fruito del collocamento fuori ruolo per oltre un quinquennio.
Va premesso il quadro normativo di riferimento.
Come è noto, il collocamento fuori ruolo (o il comando) del docente in parola è stato disposto ai sensi del decreto-legge 28 agosto 2000, n. 240, convertito con modificazioni nella legge 27 ottobre 2000, n. 306.
Questa normativa stabilisce che, qualora il collocamento fuori ruolo (o il comando) abbia durata non superiore ad un quinquennio, a partire dall'anno scolastico 2001/2002, i docenti, all'atto della cessazione dalla posizione di collocamento fuori ruolo (o di comando), sono assegnati alla sede nella quale erano titolari all'atto del provvedimento. Qualora, invece, i collocamenti fuori ruolo (o i comandi) abbiano durata superiore ad un quinquennio, a partire dall'anno scolastico 2001/2002, comportano la perdita della sede di titolarità. I docenti che perdono la titolarità, all'atto del rientro in ruolo o della cessazione del comando hanno priorità di scelta tra le sedi disponibili, secondo le modalità definite in sede di contrattazione collettiva nazionale integrativa in materia di mobilità.
Per l'anno scolastico 2010-2011, le modalità relative alle operazioni di rientro e restituzione al ruolo di provenienza sono definite nell'articolo 5 del contratto collettivo nazionale integrativo sottoscritto il 16 febbraio 2010, diramato con nota protocollo 2078 del 19 febbraio 2010 unitamente all'ordinanza ministeriale n. 19 del 19 febbraio 2010, concernente le norme di attuazione dello stesso contratto.
Il citato articolo 5 del contratto integrativo prevede in particolare che:
le operazioni di mobilità sono precedute dalle assegnazioni definitive di sede disposte nei confronti di quelle categorie di personale che cessano dal collocamento fuori ruolo e che vengono restituiti al ruolo di provenienza;
il personale della scuola collocato fuori ruolo ai sensi della legge 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 26, commi 8 e 10, come modificati dall'articolo 1 del sopra citato decreto-legge 28 agosto 2000, n. 240 (a questa tipologia appartiene il docente in parola), ai fini dell'assegnazione della

scuola di titolarità prima delle operazioni di mobilità, presenta domanda al competente ufficio entro i termini stabiliti dalla ordinanza ministeriale sulla mobilità (22 marzo 2010); il medesimo personale ha diritto all'assegnazione con precedenza nella scuola indicata nel comune di servizio, subordinatamente al personale che cessa dal collocamento fuori ruolo ai sensi del comma 5 dell'articolo 35 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (trattasi del personale docente dichiarato dalla competente commissione medica inidoneo alla propria funzione per motivi di salute ma idonei ad altri compiti). Nel caso in cui vi siano più aspiranti allo stesso posto, trovano applicazione gli elementi di cui alla tabella per i trasferimenti a domanda. L'assegnazione deve essere disposta dal competente ufficio entro il termine ultimo di comunicazione al Centro elaborazione dati (Ced) delle domande di mobilità e dei posti disponibili ai fini delle operazioni di mobilità per l'anno scolastico 2010-2011, garantendo, comunque, all'interessato di produrre istanza di trasferimento qualora, per mancanza di disponibilità, non sia stato possibile assegnare alcuna delle sedi richieste.
Ciò premesso, in relazione allo specifico caso segnalato nell'interrogazione il dirigente dell'ambito territoriale per la provincia di Roma dell'ufficio scolastico regionale per il Lazio ha assicurato che l'Ufficio ha operato nei confronti del docente D'Errico, così come nei confronti degli altri tre docenti cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, a seguito di precisa richiesta dei rispettivi dirigenti scolastici; questi, infatti, con l'avvento delle norme sull'autonomia scolastica sono divenuti competenti per quanto riguarda lo stato giuridico dei docenti. In altre parole, l'ufficio territoriale, a seguito delle richieste pervenute (non ce ne sono state altre di altri dirigenti scolastici oltre quelle anzidette) non poteva non intervenire aggiornando la posizione giuridica al sistema informativo del ministero, nel rispetto delle istruzioni fornite dal ministero stesso con circolare n. 13 del 12 febbraio 2010.
Quanto alla lamentata differenza di trattamento rispetto alle altre categorie di personale, non ricomprese nella norma che determina la perdita di titolarità dopo cinque anni di incarico, il predetto ufficio ha evidenziato di avere correttamente applicato la normativa vigente. In effetti, dagli atti inviati con riferimento all'interrogazione non risulta che l'ufficio abbia tenuto nei confronti degli interessati comportamenti non conformi alla sopra citata circolare ministeriale n. 13 del 2010.
Anche per quello che riguarda l'affermazione secondo cui lo stesso ufficio avrebbe soprasseduto in altre situazioni, il dirigente in parola ha fatto presente che l'ufficio ha operato allo stesso modo nei casi per i quali è pervenuta la richiesta formale del competente dirigente scolastico, inviata per conoscenza in alcuni casi anche alle organizzazioni sindacali del comparto scuola.
Relativamente alla partecipazione alle elezioni degli organi provinciali e nazionali dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (Enam), si allega il testo dell'articolo 17 (disponibile presso il Servizio Assemblea) del regolamento per l'elezione degli organi di governo del medesimo ente. Si ricorda peraltro che l'Enam è stato soppresso con il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010.
L'interessato potrà richiedere ogni eventuale, ulteriore chiarimento all'istituzione scolastica dell'ultima sede di titolarità. Questa, infatti, ai sensi delle vigenti disposizioni, resta il punto di riferimento anche per ciò che riguarda la gestione del fascicolo personale del docente, fino a quando il docente medesimo non ottiene una nuova sede di titolarità con le modalità previste dalle specifiche norme.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI STANISLAO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 dicembre 2009 sul quotidiano La Repubblica viene pubblicato un articolo

dal titolo «Quel ragazzo senza braccia sul treno dell'indifferenza». Al suo interno viene riportata una lettera indirizzata al Direttore del quotidiano da parte dello scrittore ed editore Shulm Vogelman;
la lettera è la testimonianza dello scrittore presente sul treno Eurostar Bari-Roma durante l'episodio di umiliazione e privazione dei diritti nei confronti di un passeggero disabile. La lettera, tra l'altro, cita: «caro direttore, è domenica 27 dicembre. Eurostar Bari-Roma. Intorno a me famiglie soddisfatte e stanche dopo i festeggiamenti natalizi, studenti di ritorno alle proprie università, lavoratori un po' tristi di dover abbandonare le proprie città per riprendere il lavoro al nord. Insieme a loro un ragazzo senza braccia. Sì, senza braccia, con due moncherini fatti di tre dita che spuntano dalle spalle. È salito sul treno con le sue forze. Posa la borsa a tracolla per terra con enorme sforzo del collo e la spinge con i piedi sotto al sedile. Crolla sulla poltrona. Dietro agli spessi occhiali da miope tutta la sua sofferenza fisica e psichica per un gesto così semplice per gli altri: salire sul treno. [...] Poco prima della stazione di (...) passa il controllore. Una ragazza di venticinque anni truccata con molta cura e una divisa inappuntabile. Raggiunto il ragazzo senza braccia gli chiede il biglietto. Questi, articolando le parole con grande difficoltà, riesce a mormorare una frase sconnessa: "No biglietto, no fatto in tempo, handicap, handicap". Con la bocca (il collo si piega innaturalmente, le vene si gonfiano, il volto gli diventa paonazzo) tira fuori dal taschino un mazzetto di soldi. Sono la cifra esatta per fare il biglietto. Il controllore li conta e con tono burocratico dice al ragazzo che non bastano perché fare il biglietto in treno costa, in questo caso, cinquanta euro di più. Il ragazzo farfugliando le dice di non avere altri soldi, di non poter pagare nessun sovrapprezzo, e con la voce incrinata dal pianto per l'umiliazione ripete "Handicap, handicap". I passeggeri del vagone, me compreso, seguono la scena trattenendo il respiro, molti con lo sguardo piantato a terra, senza nemmeno il coraggio di guardare. A questo punto, la ragazza diventa più dura e si rivolge al ragazzo con un tono sprezzante, come se si trattasse di un criminale; negli occhi ha uno sguardo accusatorio che sbatte in faccia a quel povero disgraziato. Per difendersi il giovane cerca di scrivere qualcosa per comunicare ciò che non riesce a dire; con la bocca prende la penna dal taschino e cerca di scrivere sul tavolino qualcosa. La ragazza gli prende la penna e lo rimprovera severamente dicendogli che non si scrive sui tavolini del treno. Nel vagone è calato un silenzio gelato. Vorrei intervenire, eppure sono bloccato. La ragazza decide di risolvere la questione in altro modo e in ossequio alla procedura appresa al corso per controllori provetti si dirige a passi decisi in cerca del capotreno. Con la sua uscita di scena i viaggiatori riprendono a respirare, e tutti speriamo che la storia finisca lì: una riprovevole parentesi, una vergogna senza coda, che il controllore lasci perdere e si dedichi a controllare i biglietti al resto del treno. Invece no. Tornano in due. Questa volta però, prima che raggiungano il giovane disabile, dal mio posto blocco controllore e capotreno e sottovoce faccio presente che data la situazione particolare forse è il caso di affrontare la cosa con un po' più di compassione. Al che la ragazza, apparentemente punta nel vivo, con aria acida mi spiega che sta compiendo il suo dovere, che ci sono delle regole da far rispettare, che la responsabilità è sua e io non c'entro niente. Il capotreno interviene e mi chiede qual è il mio problema. Gli riepilogo la situazione. Ascoltata la mia "deposizione", il capotreno, anche lui sulla trentina, stabilisce che se il giovane non aveva fatto in tempo a fare il biglietto la colpa era sua e che comunque in stazione ci sono le macchinette self service. Sì, avete capito bene: a suo parere la soluzione giusta sarebbe stata la macchinetta self service. "Ma non ha braccia! Come faceva a usare la macchinetta self service?" chiedo al capotreno che con la sua logica burocratica mi risponde: "C'è l'assistenza". "Certo, sempre pieno di assistenti delle Ferrovie dello Stato accanto alle macchinette self service" ribatto io, e aggiungo che

le regole sono valide solo quando fa comodo perché durante l'andata l'Eurostar con prenotazione obbligatoria era pieno zeppo di gente in piedi senza biglietto e il controllore non è nemmeno passato a controllare il biglietti. "E lo sa perché?" ho concluso. "Perché quelle persone le braccia ce l'avevano...". Nel frattempo tutti i passeggeri che seguono l'evolversi della vicenda restano muti. Il capotreno procede oltre e raggiunto il ragazzo ripercorre tutta la procedura, con pari indifferenza, pari imperturbabilità. Con una differenza, probabilmente frutto del suo ruolo di capotreno: la sua decisione sarà esecutiva. Il ragazzo deve scendere dal treno, farsi un biglietto per il successivo treno diretto a Roma e salire su quello. Ma il giovane, saputa questa cosa, con lo sguardo disorientato, sudato per la paura, inizia a scuotere la testa e tutto il corpo nel tentativo disperato di spiegarsi; spiegazione espressa con la solita esplicita, evidente parola: handicap. La risposta del capotreno è pronta: "Voi (voi chi?) pensate che siamo razzisti, ma noi qui non discriminiamo nessuno, noi facciamo soltanto il nostro lavoro, anzi, siamo il contrario del razzismo!". E detto questo, su consiglio della ragazza controllore, si procede alla fase B: la polizia ferroviaria. Siamo arrivati alla stazione di (...). Sul treno salgono due agenti. Due signori tranquilli di mezza età. Nessuna aggressività nell'espressione del viso o nell'incedere. Devono essere abituati a casi di passeggeri senza biglietto che non vogliono pagare. Si dirigono verso il giovane disabile e come lo vedono uno di loro alza le mani al cielo e ad alta voce esclama: "Ah, questi, con questi non ci puoi fare nulla altrimenti succede un casino! Questi hanno sempre ragione, questi non li puoi toccare". Dopodiché si consultano con il capotreno e la ragazza controllore e viene deciso che il ragazzo scenderà dal treno, un terzo controllore prenderà i soldi del disabile e gli farà il biglietto per il treno successivo, però senza posto assicurato: si dovrà sedere nel vagone ristorante [...]»;
l'episodio ha provocato proteste, indignazione e forti accuse contro un comportamento inaccettabile, disumano e di prepotenza nei confronti di una situazione delicata, particolare e che meritava senz'altro un finale diverso e principalmente una maggiore sensibilità e più rispetto;
successivamente Ferrovie dello Stato ha chiesto scusa al disabile protagonista e alle associazioni di categoria che giustamente hanno sentito il dovere e il diritto di protestare e manifestare la loro disapprovazione e indignazione;
è decisamente venuto meno il rispetto del diritto costituzionale alla mobilità dei cittadini, in particolar modo di un disabile senza accompagnamento e con evidenti problemi di comunicazione;
quel ragazzo è stato umiliato, rimproverato e ha subito dei disagi notevoli -:
se il Governo intenda chiarire quale sia il modo con cui vengono gestite e organizzate le Ferrovie dello Stato e il personale al suo interno con particolare riguardo a quanto narrato in premessa;
se il Governo intenda fare chiarezza non solo su questo episodio, ma anche al fine di accertare se ve ne siano stati altri taciuti e se siano atteggiamenti frequentemente tenuti, ciò per evitare che accada di nuovo in futuro.
(4-05686)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ferrovie dello Stato pone prioritariamente in rilievo che il servizio di assistenza alla clientela disabile, i cui costi di effettuazione sono interamente sostenuti da Trenitalia, è attualmente fornito in un circuito di 252 stazioni abilitate ed è coordinato ed organizzato da centri di assistenza denominati «Sale Blu», che costituiscono il punto di riferimento per tutte le esigenze di viaggio di tale categoria di viaggiatori.
Le «Sale Blu», aperte tutti i giorni dalle 7.00 alle 21.00, assicurano servizi per:
informazioni;
prenotazioni di posti;

eventuale messa a disposizione di sedie a rotelle;
guida in stazione e accompagnamento al treno;
guida fino all'uscita di stazione o ad altro treno coincidente;
salita e discesa con carrelli elevatori per i clienti su sedia a rotelle;
eventuale servizio, a richiesta e gratuito, di portabagagli a mano.

È inoltre a disposizione un nuovo servizio, denominato «Posto Blu», che consente per alcune tipologie di viaggio di pre-riservare i posti al momento della richiesta di assistenza, perfezionando successivamente il pagamento ed il ritiro del titolo di viaggio.
Il servizio di assistenza ai portatori di disabilità può essere richiesto attraverso diverse modalità: direttamente presso le «Sale Blu» presenti in 14 stazioni principali oppure presso i presidi di assistenza clienti; attraverso posta elettronica all'indirizzo e-mail dell'assistenza disabili o via telefono utilizzando i diversi numeri telefonici abilitati a questo servizio.
Riguardo agli specifici rilievi posti dagli interroganti circa l'episodio occorso al disabile sull'eurostar 9354 Lecce-Roma in data 27 dicembre 2009, Ferrovie dello Stato fa presente che, al fine di verificare la dinamica dei fatti ed accertare eventuali responsabilità, è stata costituita un'apposita commissione di inchiesta. Dagli accertamenti della commissione suddetta nonché dalla relazione fornita dalla Polizia ferroviaria, è emerso quanto si riporta di seguito.
Il capo treno in servizio sull'eurostar ha riscontrato, durante le operazioni di controllo dei biglietti tra le stazioni di Bari e Foggia, che un viaggiatore disabile, privo del braccio sinistro, risultava sprovvisto del titolo di viaggio ed occupava il posto prenotato da altro cliente. Pertanto il capo treno stesso ha informato il viaggiatore circa le regole di ammissione a bordo del convoglio.
Considerata la particolare condizione del viaggiatore, lo stesso capo treno si è attivato per consentire al cliente disabile di proseguire il viaggio sul medesimo eurostar, evitando l'applicazione delle sanzioni previste dalle condizioni di trasporto in caso di accesso al treno senza titolo di viaggio.
A tal fine, infatti, durante la sosta del convoglio a Foggia, il capo treno è sceso ed ha effettuato l'acquisto del biglietto in stazione per conto del viaggiatore che ha, quindi, proseguito il viaggio sullo stesso treno.
Tale comportamento è confermato dalla relazione della Polizia ferroviaria nella quale si rileva come in tale circostanza il personale ferroviario di bordo abbia agito con tatto ed umanità consentendo al disabile la prosecuzione del viaggio a bordo dello stesso treno, in quanto, come viene specificato sempre nella relazione della Polfer, la soluzione trovata dal personale di Trenitalia ha garantito, con indubbio buon senso, sia il diritto di assistenza e quello di mobilità del disabile sia la doverosa applicazione dei regolamenti ferroviari.
La ricostruzione dei fatti sopra riportata ha trovato, inoltre, conferma anche nelle testimonianze di altri viaggiatori presenti sul luogo dell'episodio.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DI STANISLAO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere -premesso che:
secondo l'Istat, il numero delle morti per incidente stradale causate dall'alcol è pari al 2,9 per cento del totale;
l'Istituto di statistica non prende in considerazione i dati provenienti dalle polizie municipali che invece fanno un gran numero di controlli con l'etilometro e quando analizza i modelli in uso dalle forze di polizia, si sofferma solo sulle cause che hanno determinato il sinistro: se un ubriaco fa un incidente per mancata precedenza o per un sorpasso in curva saranno questi gli elementi ad essere indicati nel verbale di Polizia e saranno

questi elementi ad essere riportati nelle statistiche ufficiali;
secondo l'Aci e l'Istat nel 2008 (ultima rilevazione) il numero complessivo di incidenti è 218.963, mentre dal numero degli incidenti risarciti dalle società di assicurazione emerge che sono molti di più;
ultimamente il direttore della Società italiana di alcologia ha affermato: «In base alla revisione sistematica della letteratura scientifica internazionale sull'analisi della mortalità alcol-correlata, sia l'Oms che la Commissione europea hanno attribuito all'alcol assunto dal guidatore una percentuale tra il 30 e il 40 per cento di tutti gli incidenti stradali». Questa consapevolezza è stata la «cornice legale - come prosegue ancora il direttore - entro la quale, nel dicembre del 2007, il Parlamento europeo ha lanciato la sua strategia contro l'alcol»;
le evidenze scientifiche comuni a tutti gli studi svolti nel mondo hanno portato a una tabella delle capacità di guida rispetto ai livelli alcolemici. Oggi, in Italia, si è passibili di sanzioni dallo 0,5 grammi di alcol per litro di sangue in su, ma la tabella dice che con 20 mg. di etanolo per ogni 100 mi di sangue (0,2 per litro) il 20 per cento dei soggetti manifesta un iniziale allungamento del tempo di reazione allo stimolo visivo; con il 30 inizia il deficit del senso di profondità; con il 40 compare un ottundimento del riflesso corneale e peggiora il rendimento di guida a una velocità che non sia modesta; con il 50 il 30 per cento dei soggetti è incapace di guidare correttamente; con il 65 cominciano i disturbi dell'equilibrio e dal 90 le conseguenze sono spesso irreparabili;
in occasione del Vinitaly, la più importante manifestazione enologica che si tiene nel nostro paese, l'ex Ministro Zaia si è espresso così circa la richiesta di alcuni gruppi di abbassare drasticamente la soglia di tolleranza di alcol presente nel sangue: «Il tasso alcolemico pari a zero è una cretinata [...] Mettetevi l'anima in pace perché il 98 per cento degli incidenti stradali non sono causati dallo stato di ebbrezza, ma da tutte le altre cose che nessuno ha il coraggio di affrontare»;
il neopresidente della regione Veneto ha poi aggiunto: «Bevete due bicchieri di vino e state tranquilli. E poi visto che ci siamo, bevetevi anche una buona grappa, [...] Lo diciamo perché siamo stanchi di sentirci dire che bere due bicchieri a pasto e andare a guidare significa essere degli ubriaconi. Evidentemente qualcuno non conosce la legge nazionale, che prevede come limite 0,5 milligrammi di alcool in un litro di sangue, il che significa due bei bicchieroni di vino»;
è noto a tutti che anche la Francia è un importante produttore di vino e, nonostante ciò, ha attivato già da tempo massicce campagne educative contro l'abuso di l'alcol per chi si mette alla guida;
si ricorda il programma d'azione europeo per la sicurezza stradale 2003-2010 che prevede una serie di misure come il rafforzamento dei controlli stradali, l'ampio ricorso a nuove tecnologie per la sicurezza, il miglioramento delle infrastrutture stradali e azioni intese a migliorare il comportamento degli utenti. L'obiettivo finale è quello di ridurre di almeno il 50 per cento il tasso dei decessi entro il 2010;
tra l'altro, l'allegato 1 del decreto 30 luglio 2008 «Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione» contiene la tabella descrittiva dei principali sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica. Vengono identificati otto raggruppamenti di valori alcolemici, per ciascuno dei quali sono riportati in un linguaggio comprensibile i principali sintomi ed effetti psico-fisici correlati. Viene sottolineato che anche un'alcolemia considerata bassa (da 0,1 a 0,3 grammi per litro) può avere, in particolare per alcuni soggetti, effetti concreti sulla guida, si parte dal tasso alcolemico pari a zero, l'unico che può essere considerato

veramente sicuro per la guida. Nell'allegato 2, invece, dello stesso decreto vengono principalmente analizzati i fattori per il calcolo del tasso alcolemico come peso corporeo, sesso, condizione dello stomaco (pieno o digiuno);
tra le vittime i più colpiti sono i giovani, ragazzi coinvolti in centinaia di «terribili incidenti del sabato sera», giovani che ascoltano l'invito del Ministro di turno e delle fazioni pro-alcol sostenuti da statistiche che rafforzano continuamente l'idea che l'alcol non è una causa rilevante degli incidenti stradali -:
se il Governo abbia intenzione di prendere in considerazione le tante problematiche della sicurezza stradale del nostro Paese, con conseguenze umane ed economiche enormi, puntando l'attenzione sulle nuove generazioni avviando iniziative, progetti e campagne di sensibilizzazione, anche all'interno delle scuole, dei rischi reali dell'assunzione di alcol prima di guidare.
(4-07397)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La sicurezza stradale costituisce, senza dubbio, una importante criticità sociale ed economica nel nostro Paese, come, d'altronde, anche per tutti i paesi dell'Unione europea. Per questo motivo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha costituito al suo interno una direzione generale con lo specifico compito di lavorare in questo delicato settore.
Anche se l'intenso impegno profuso nel settore ha consentito, in questi ultimi anni, di raggiungere risultati importanti, l'incidentalità stradale determina ancora troppi decessi e troppi feriti.
La guida sotto l'influenza dell'alcol rappresenta attualmente uno dei maggior fattori di rischio per incidente stradale grave o mortale, anche in considerazione del fatto che l'alcol interagisce fortemente con altre sostanze psicoattive, tra cui le droghe, oggi, purtroppo, molto utilizzate dai giovani e meno giovani. La percezione del rischio può drasticamente ridursi in chi ha bevuto e la probabilità di provocare un incidente stradale grave o mortale cresce esponenzialmente con l'aumentare dell'alcolemia del conducente e al diminuire dell'età dello stesso.
Il ministero, cosciente dell'importanza di conferire ai giovani, in particolar modo nella fascia d'età adolescenziale, quella cultura dell'educazione stradale tale da diventare un valore intrinseco alla propria cultura, sta sempre di più indirizzando le proprie risorse verso introduzione di corsi di sicurezza stradale nelle scuole.
A tale proposito, anche ai sensi dell'articolo 230 dell'attuale codice della strada, è stato di recente istituito, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un comitato scientifico per l'individuazione e il coordinamento delle iniziative ed eventi per la promozione dell'educazione alla sicurezza stradale nelle scuole di ogni ordine e grado. Il comitato scientifico avrà il compito di definire le linee guida e le priorità di intervento che saranno di indirizzo ad un gruppo di lavoro composto da funzionari di entrambi i dicasteri. Il gruppo di lavoro provvederà attivamente a promuovere e realizzare progetti finalizzati. Tal provvedimento si inserisce in quel filone che già da tempo vede l'impegno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la realizzazione di 10 cortometraggi sulla sicurezza stradale realizzati interamente da giovani studenti che hanno partecipato al «Trofeo mondiale del film sulla sicurezza stradale» cui è stato conferito 1o premio a Parigi nell'anno 2008.
Per quanto attiene le campagne di comunicazione istituzionale, il ministero ha puntualmente condotto tale attività, con un impegno economico e finanziario di notevole entità, su tutti i principali
media ed è stata avviata la campagna dal claim «Sulla buona strada...» dal titolo «Quando guido io non scherzo».
Sul piano della corretta ed uniforme rilevazione dei dati da parte degli organi accertatori di incidenti stradali, siano essi Polizia di Stato, Carabinieri e polizie locali è stato istituito già da tempo un comitato di gestione degli incidenti stradali, nell'ambito

di un protocollo di intesa tra Istat, Ministero dell'interno, Ministero della difesa, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conferenza delle regioni e delle province autonome, unione delle province italiane e associazione nazionale dei comuni italiani. Tale comitato si prefigge di individuare, tra le altre cose, delle medesime modalità di rilevazione dei dati incidentali indicando sul verbale e su una banca dati informazioni quanto più dettagliate possibili, sempre non in contrasto con le vigenti normative in materia di privacy, in modo da superare quelle discrepanze esistenti, in fase di analisi dell'informazione, che attribuiscano in modo poco preciso le cause dell'incidente. Sfruttando questo meccanismo di uniformità si potranno meglio individuare le cause scatenanti dell'incidente (esempio abuso di alcool o droga alla guida) e quindi individuare le relative strategie per eliminarle.
Alla luce dell'articolo 1, comma 1 del codice della strada secondo cui la «sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato» e del comma 3 dello stesso articolo, che affida al Ministero delle infrastrutture e trasporti il compito di definire il piano nazionale per la sicurezza stradale, con il preciso obiettivo di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali e di coordinarsi con gli obiettivi e gli indirizzi espressi dalla Commissione europea, assumono evidente importanza le recenti modifiche al codice della strada apportate dalla legge varata il 29 luglio 2010, legge n. 120 del 2010.
Le nuove disposizioni in materia di sicurezza stradale intervengono, infatti, sotto tutti i profili nei quali la sicurezza può essere perseguita: infrastrutture, veicoli, formazione dei conducenti e norme di comportamento.
La nuova legge, sotto il profilo delle norme di comportamento, non poteva non tenere in debita considerazione l'evidenza sempre più allarmante della guida alterata dall'assunzione di alcool e sostanze stupefacenti. Il fenomeno delle «morti del sabato sera» richiedeva un intervento urgente, preciso e puntuale sotto il profilo della sicurezza stradale.
Il nuovo articolo 186-
bis, introduce una disciplina speciale, la cosiddetta norma alcol zero, per i conducenti da anni 18 a 21, per i neopatentati e per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o cose.
In particolare viene previsto:
il divieto di guida dopo aver assunto bevande alcoliche e l'applicazione di una sanzione pecuniaria, da euro 155 a 624, in caso di accertamento di un tasso alcolemico superiore a 0 grammi/litro ed inferiore a 0,5 per cento grammi/litro e, in caso di incidente, il raddoppio della sanzione;
l'aumento delle sanzioni di un terzo per i casi in cui sia stato accertato un tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 per cento grammi/litro, da un terzo alla metà se accertato superiore a 0,8 per cento grammi/litro;
la revoca della patente di guida nel caso di recidiva nel triennio per guida con tasso alcolemico superiore a 1,5 per cento grammi/litro ad esclusione degli autotrasportatori, ai quali la revoca si applica dalla prima violazione;
la preclusione per il conducente minore di anni diciotto, di conseguire la patente B prima del diciannovesimo anno di età, nel caso sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 0 ma non superiore a 0,5 per cento grammi/litro, e prima del ventunesimo, qualora sia stato accertato un tasso alcolemico superiore a 0,5 per cento grammi/litro.

Anche con riferimento alla disciplina dei già vigenti articoli 186 e 187 del codice, rispettivamente dedicati a guida sotto l'effetto di alcool e di sostanze stupefacenti, sono state introdotte importanti novità, tutte nel senso di punire in modo particolarmente emblematico, e comunque sempre nel rispetto della doverosa proporzionalità tra gravità del comportamento e sanzione, quegli atteggiamenti che pongono a rischio

la propria e l'altrui incolumità nella circolazione stradale.
In particolare, le modifiche apportate alla disciplina all'articolo 186, guida sotto l'effetto di sostanze alcoliche, prevedono quanto segue:
la depenalizzazione dei casi di guida in stato di ebbrezza con tasso alcoolemico compreso tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento grammi/litro, per i quali è disposta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria in luogo dell'ammenda;
il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida se il veicolo appartiene a persona estranea al reato in caso di guida con tasso alcoolemico sopra l'1,5 per cento, per il quale dovrebbe procedersi alla confisca;
il fermo del veicolo per 180 giorni, in luogo degli attuali 90, per il conducente in stato di ebbrezza che sia stato coinvolto in un incidente stradale con tasso alcoolemico inferiore a 1,5 per cento grammi/litro;
la revoca della patente per il conducente in stato di ebbrezza, in luogo della sospensione da uno a due anni, con tasso alcolemico superiore a 1,5 per cento grammi/litro che provochi un incidente stradale;
la tempestiva trasmissione al prefetto, per i provvedimenti di competenza, dei documenti relativi allo stato di ebbrezza di chi ha causato l'incidente;
la sostituzione, per una sola volta, delle pene detentive e pecuniarie previste per i reati consistenti nella guida in stato di ebbrezza, qualora non sia stato provocato un incidente stradale, con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità.

Quanto alle modifiche all'articolo 187, guida sotto l'effetto di sostanze psicotrope e stupefacenti, viene previsto l'incremento del minimo edittale della pena detentiva, l'arresto per un periodo minimo di sei mesi, in luogo degli attuali 3; il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, nell'impossibilità di procedere con la confisca, nonché la revoca della patente per il conducente in stato di guida alterata da droghe, in luogo della sospensione da uno a due anni, che provochi un incidente stradale.
Per quanto concerne i controlli della guida sotto l'effetto di sostanze, la normativa prevede altresì che gli organi di polizia stradale possono effettuare accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni della mucosa del cavo orale (o su liquidi del cavo orale) dei conducenti risultati positivi ai test effettuati attraverso apparecchi portatili, al fine di verificarne lo stato di alterazione in conseguenza dell'assunzione di stupefacenti. Le modalità di effettuazione degli accertamenti e gli strumenti con cui effettuarli sono demandati ad un decreto ministeriale, sentito il dipartimento politiche antidroga ed il Consiglio superiore della sanità. Solo nel caso in cui non sia possibile effettuare il prelievo o il conducente si rifiuti di sottoporsi a tale accertamento, ovvero nel caso in cui si sia verificato un incidente, si procede secondo le modalità attualmente vigenti, gli agenti di polizia devono accompagnare il conducente presso strutture sanitarie dove effettuare il prelievo su campioni e la relativa visita medica.
Viene prevista inoltre la sostituzione, per una sola volta, delle pene detentive e pecuniarie previste per i reati consistenti nella guida in stato di alterazione da droghe, qualora non sia stato provocato un incidente stradale, con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità.
Infine, una ulteriore significativa novità introdotta dalla recente legge n. 120 del 29 luglio 2010, attiene alla necessità che neopatentati e conducenti professionali dimostrino, in sede di certificazione dei requisiti di idoneità psico-flsica, il non abuso di sostanze alcoliche ed il non uso di sostanze stupefacenti, attraverso l'esibizione di apposita certificazione.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DONADI, BORGHESI, PALADINI, PORCINO e EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno ha assunto per il triennio 2008-2010, mediante concorso pubblico, per titoli ed esami, 650 lavoratori con contratto a tempo determinato nel profilo professionale di coadiutore amministrativo contabile, area funzionale B, posizione economica B1, assegnati agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture;
le mansioni svolte da questi lavoratori agli sportelli degli uffici immigrazione spaziano dal rilascio di nulla osta, al ricongiungimento familiare, ai flussi migratori, alle sanatorie, ai rilasci e consegna dei permessi e carte di soggiorno, solo per citarne alcune. In molti casi sono essi a reggere interi uffici, cercando di rendere efficienti i servizi che prestano;
l'esperienza accumulata da questi lavoratori rappresenta un patrimonio non rinunciabile per la pubblica amministrazione, tenuto conto che gli stessi hanno lavorato negli stessi ruoli già prima di vincere il concorso, attraverso diverse tipologie di contratto che si sono succedute nell'ultimo decennio;
la crescita continua del carico di lavoro sopportato da questi uffici nell'arco dell'ultimo decennio, lungi dal rappresentare una situazione momentanea ed emergenziale come si credeva, è diventata strutturale;
ciò è confermato da ultimo dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3828 del 27 novembre 2009, che ha autorizzato il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad utilizzare, per un periodo non superiore a sei mesi, per il tramite di una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di ulteriori 650 e 300 unità, da destinare agli uffici immigrazione;
il settore dell'immigrazione richiede che siano garantite efficienza, trasparenza e procedure celeri, venendo fuori dalla logica dell'emergenza continua attraverso la programmazione di interventi strutturali soprattutto nelle politiche del personale;
alle persone immigrate, ai datori di lavori e alla cittadinanza è necessario dare sicure risposte in termini di assistenza e certezza delle posizioni giuridiche -:
se il Governo non intenda stabilizzare le 650 unità di personale a tempo determinato presso gli uffici delle questure e delle prefetture, il cui contratto triennale scadrà il 31 dicembre 2010, per evitare che venga perso l'importante patrimonio di professionalità da essi acquisito.
(4-07750)

Risposta. - Le questioni sollevate nell'interrogazione in esame vanno inquadrate nel più ampio contesto delle diverse iniziative che - su molteplici versanti - sono state adottate proprio per garantire la migliore funzionalità degli uffici delle prefetture e delle questure che si occupano di immigrazione.
Si tratta di misure imposte da esigenze di carattere temporaneo e straordinario, adottate per attuare specifiche strategie organizzative.
La stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato cui l'interrogante fa riferimento non è al momento consentita dalle esigenze di contenimento del disavanzo pubblico che ha portato ad interventi di eccezionale rigore. Peraltro, le medesime esigenze di razionalizzazione e di contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni hanno imposto al Ministero dell'interno un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche del personale.
D'altra parte, gli uffici di prefetture e questure fanno fronte ai relativi compiti d'istituto avvalendosi delle altre misure organizzative e di sistema che - a partire dal 2009 - sono state adottate per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto sull'implementazione della tecnologia negli uffici.


Sono state, infatti, assegnate agli uffici immigrazione delle questure 300 nuove postazioni di lavoro, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico.
Sono state, altresì, distribuite 70 nuove apparecchiature
visascan di ultima generazione, per il più rapido rilevamento delle impronte digitali.
Si è provveduto, inoltre, ad affrontare situazioni di forte criticità degli uffici maggiormente impegnati, con l'invio
in loco di un'apposita «unità di intervento rapido», istituita presso la direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere: una vera e propria task force specializzata per risolvere le problematiche via via emergenti.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati nella concessione dei titoli di primo soggiorno, nei rinnovi dei permessi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. Questi i dati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009 con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 31 agosto 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 858.414 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 2.629 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di progressivi, ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge, che il Governo intende raggiungere entro la fine della legislatura.
L'attività degli uffici, pertanto, non subirà né pause né soluzioni di continuità, e ciò grazie all'implementazione delle tecnologie e alle misure organizzative adottate.
Per quel che riguarda l'impiego di ulteriori 650 unità di personale, l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 ha autorizzato il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «ad utilizzare per un periodo non superiore a sei mesi, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di 650 e 300 unità, da ripartire tra le sedi di servizio coinvolte nelle procedure di regolarizzazione del lavoro irregolare».
Il ricorso a tale personale, per il quale si è provveduto alla copertura dei conseguenti oneri con le risorse derivanti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro per ciascuna istanza di emersione dal lavoro irregolare, si è reso necessario al fine di consentire l'espletamento, in termini di urgenza, di tutte le misure organizzative indispensabili per una efficace gestione delle procedure amministrative connesse alle dichiarazioni di emersione. Il personale è stato infatti destinato esclusivamente all'espletamento dell'attività relativa alla procedura di emersione, con il risultato che ad oggi sono state evase l'80 per cento delle istanze.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica nella sua edizione del 27 luglio 2009 ha pubblicato un articolo dal titolo «Milano, treni all'amianto abbandonati in periferia»;
nel citato articolo si riprendono la denuncia e le segnalazioni di alcuni ferrovieri che riferiscono di treni all'amianto abbandonati senza vigilanza sui binari di

alcuni scali alla periferia di Milano, una situazione che «ha fatto emergere quella che potrebbe essere una bomba ambientale»;
secondo le segnalazioni, i vagoni e i locomotori arrugginiti e sventrati, su cui spicca la «A» di amianto, si trovano nel grande scalo «smistamento» tra il capoluogo e il comune di Pioltello, dietro alle montagne russe di un luna park e a ridosso di zone abitate, aziende e di una strada trafficata;
detti vagoni e locomotori si troverebbero senza protezione «nonostante un protocollo siglato da FS preveda per il materiale accantonato una serie dettagliata di norme di sicurezza»;
i resti di un altro treno abbandonato si troverebbero ad alcuni chilometri, tra la stazione centrale e lo scalo di Greco; si tratta di vetture andate a fuoco il 3 maggio 2009, e attualmente, secondo le testimonianze di abitanti del luogo fungerebbero da dormitorio per senza-tetto;
come riferito dal segretario milanese della Filt-Cgil Rocco Ungaro, «il programma di bonifica di questi mezzi dovrebbe essere terminato da un pezzo. Se questo è lo stato delle cose l'azienda deve immediatamente risanare i piazzali e terminare lo smaltimento» -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
in caso affermativo, quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare e comunque adottare perché sia accertato in tempi rapidi la pericolosità dei rottami delle Ferrovie dello Stato con componenti di amianto.
(4-03783)

Risposta. - Ferrovie dello Stato fa sapere che dal 15 ottobre 2004 non esistono più siti di rete ferroviaria italiana contenenti veicoli con amianto.
Inoltre, la stessa società tiene a precisare che le carrozze ferroviarie e i locomotori in attesa di demolizione, che stazionano nelle aree ferroviarie di Milano smistamento e in altre aree milanesi, si trovano in condizioni di assoluta sicurezza; esse non contengono amianto allo stato libero e non sussiste quindi alcun rischio di dispersione di fibre.
Soltanto una parte di carrozze e di locomotori potrebbero presentare componenti di bordo con particolari manufatti contenenti amianto in «matrice compatta», ossia in forma non disperdibile. Per questo a titolo precauzionale sono state adottate le relative segnalazioni.
In tali casi, pur in assenza di rischio di dispersione, il decreto del Presidente della Repubblica n. 215 del 1988 impone all'esterno del rotabile l'etichettatura di «prodotti contenenti amianto» affinché gli esecutori della demolizione espletino tale attività informati della situazione.
Infine, per quanto riguarda le vetture incendiate presenti nel parco di Milano centrale, Ferrovie dello Stato fa sapere che esse sono occupate da senzatetto e risultano essere prive di amianto. La presenza negli scali di vetture in attesa di riparazione o di demolizione costituisce un'occasione di riparo per senzatetto, sbandati e tossicodipendenti. Queste vengono monitorate da protezione aziendale e soggette a periodici blitz da parte delle forze dell'ordine.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come riferisce l'agenzia di informazioni «ANSA» il 20 maggio 2010 ha messo in rete una notizia, proveniente da Firenze, nella quale si racconta che un disabile non è potuto scendere dal treno, «Frecciargento Brescia-Roma» perché allo scalo Campo di Marte di Firenze non si è presentato l'addetto della cooperativa incaricata di manovrare la piattaforma che permette alla carrozzine di superare il dislivello fra vagone e pensilina;

per questa ragione il convoglio non è potuto ripartire, cosicché il treno è arrivato a Roma con 25 minuti di ritardo;
nel chiedere scusa al passeggero, le Ferrovie hanno spiegato che il servizio è affidato in gestione a una cooperativa, che era stata avvertita dell'esigenza di un addetto in stazione, per l'arrivo di un viaggiatore in carrozzina. Il passeggero è stato comunque assistito da personale di Trenitalia, che lo ha aiutato a scendere dal treno. Ferrovie avvieranno accertamenti e contesteranno alla cooperativa il mancato servizio -:
quale sia l'esito degli annunciati accertamenti;
quali provvedimenti le Ferrovie abbiano adottato nei confronti della cooperativa responsabile del mancato servizio.
(4-07424)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 6 luglio 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il servizio di assistenza ai viaggiatori disabili, i cui costi di effettuazione sono interamente sostenuti dalla società Trenitalia, è attualmente fornito in un circuito di 252 stazioni abilitate ed è coordinato ed organizzato da centri di assistenza denominati sale blu, che costituiscono il punto di riferimento per tutte le esigenze di viaggio di tale categoria di passeggeri.
Trenitalia dedica un'attenzione particolare alle esigenze dell'utenza diversamente abile come testimoniato dalle progressive implementazioni del servizio alla stessa dedicato, dai rapporti costanti e costruttivi con le associazioni delle categorie interessate ed dai circa 160.000 interventi di assistenza effettuati nel corso del 2009.
Relativamente allo specifico episodio che ha interessato un portatore di handicap in viaggio per Firenze sull'Eurostar alta velocità «Frecciargento» Brescia-Roma in data 20 maggio 2010, Ferrovie dello Stato fa presente che il servizio di assistenza richiesto dal disabile per il proprio arrivo nella stazione di Firenze Campo di Marte è stato regolarmente programmato e organizzato dalla sala blu competente per il territorio fiorentino. Il centro di assistenza in questione aveva per due volte richiesto e ricevuto conferma della relativa effettuazione da parte della ditta incaricata dello svolgimento del servizio in parola.
All'arrivo del treno, non essendo presente l'operatore della ditta incaricata dell'esecuzione dei servizi connessi all'accoglienza disabili, il personale di bordo, coadiuvato dal personale di macchina e dall'addetto al servizio di assistenza alla clientela di Trenitalia, ha comunque provveduto alla discesa dal treno del viaggiatore diversamente abile che è stato accompagnato al taxi, appositamente messo a disposizione da Trenitalia a spese della stessa, per consentire al disabile di raggiungere la propria destinazione.
Il responsabile territoriale della
Customer service di Trenitalia ha personalmente contattato il viaggiatore al fine di porgere le scuse per il disagio subito.
Alla ditta appaltatrice incaricata del servizio è stata formalmente contestata la mancata prestazione, per la quale, verificata l'assenza di idonee motivazioni giustificative, è stata applicata una penale nella misura massima prevista dal contratto in essere tra le parti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FARINONE e MOSCA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 3 febbraio 2010 nel corso della cerimonia per la firma del «Patto Monza sicura» il Ministro interrogato ha pubblicamente annunciato per il mese di giugno del corrente anno la costituzione definitiva degli uffici che trasformeranno la provincia di Monza e Brianza in una provincia cosiddetta «full optional», ivi compresa la firma dei decreti attuativi per l'istituzione della prefettura di Monza e Brianza e la conseguente nomina del prefetto;

in tale circostanza il Ministro avrebbe affermato che il dottor Saccone, attuale commissario di Governo, sarebbe stato nominato prefetto;
la prefettura è l'organismo fondamentale per la sicurezza della nuova provincia: da essa dipende infatti anche l'effettiva costituzione sul territorio brianzolo di una questura e dei comandi provinciali di carabinieri e Guardia di finanza;
a seguito delle inchieste e degli arresti che hanno messo in luce infiltrazioni di criminalità organizzata nel territorio della Brianza, l'allestimento del pacchetto-sicurezza completo (prefettura, questura, carabinieri e Guardia di finanza) viene unanimemente considerato un passaggio imprescindibile e urgente -:
quali siano i motivi del ritardo, rispetto ai tempi annunciati dal Ministro in data 3 febbraio 2010 a Monza, della firma dei decreti attuativi per l'istituzione della prefettura di Monza e Brianza e della conseguente nomina del prefetto;
quando la suddetta prefettura di Monza e Brianza sarà effettivamente istituita e resa operativa, ovvero in grado di esplicare tutte le sue funzioni.
(4-08816)

Risposta. - Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 24 settembre 2010, ha approvato uno schema di regolamento recante l'istituzione della prefettura-ufficio territoriale del Governo nelle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, al fine di assicurare in via continuativa la funzionalità complessiva dell'amministrazione dell'interno sul territorio, con particolare riferimento ai temi della sicurezza, della garanzia dei diritti civili e della promozione della coesione sociale.
Il processo di istituzione delle nuove prefetture prevede, come è noto, una complessa fase istruttoria, che ha richiesto, nel caso di specie, una puntuale attività di analisi e quantificazione degli oneri connessi alle spese di funzionamento, di acquisizione dei beni e servizi e di individuazione del fabbisogno di personale.
Inoltre, si è reso necessario attivare le previste procedure di consultazione con il Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e il Ministero dell'economia e delle, finanze, che hanno valutato positivamente il provvedimento.
Tutto ciò è avvenuto, tra l'altro, in una fase di evoluzione normativa, che ha visto il susseguirsi di varie iniziative legislative, tendenti, da un lato, alla rivisitazione del ruolo e degli ambiti territoriali delle province e delle prefetture, dall'altro, alla riduzione degli organici e degli apparati amministrativi pubblici.
Si rappresenta infine che, a conclusione dell'iter che porta all'approvazione definitiva del regolamento istitutivo delle prefetture Uuttg di Monza Brianza, Fermo e Barletta-Andria-Trani, verranno immediatamente posti in essere tutti gli adempimenti attuativi delle disposizioni regolamentari al fine di assicurarne l'immediata operatività.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

GARAGNANI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento al Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna presso il quale sono apparsi, accanto alle indicazioni in italiano, cartelli in inglese e arabo che segnalano i reparti, i dipartimenti ed in genere tutte le altre informazioni inerenti la struttura;
se l'intenzione dell'amministrazione ospedaliera è di internazionalizzare non si capisce perché non sia stato sufficiente l'inglese che comunemente è la lingua più conosciuta e parlata, o altre lingue quali per esempio il francese, che è la seconda lingua comunitaria;
in ogni caso l'interrogante ritiene che detto provvedimento, esulando dalle competenze della direzione dell'AUSL bolognese

sia conflittuale con la normativa dell'Unione europea e del nostro Paese e configuri un vero e proprio abuso ai danni non solo della identità culturale italiana, ma anche di altre etnie che potrebbero sentirsi escluse, costituendo di fatto un precedente pericoloso;
l'interrogante, al riguardo, non nasconde il fatto che a Bologna ed in Emilia Romagna esiste un non condivisibile orientamento culturale di sinistra che tende, a livello degli enti locali istituzionali, in nome di un multiculturalismo fine a se stesso e di fatto sprezzante dei valori dell'«italianità», a favorire oltremodo culture come quella musulmana ed araba, che molto spesso rifiutano di integrarsi nel nostro sistema sociale, ad avviso dell'interrogante, pretendendo anzi privilegi non dovuti e manifestando scarso senso di rispetto della legislazione nazionale -:
se non si intendano assumere iniziative, anche normative, volte ad assicurare l'utilizzo della lingua italiana ed, eventualmente, di una lingua comunitaria di particolare diffusione, negli uffici delle pubbliche amministrazioni, in modo da evitare situazioni come quella di cui in premessa che appare all'interrogante inspiegabile e foriera di sviluppi imprevedibili.
(4-09013)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante, chiede di conoscere quali iniziative possano essere intraprese al fine di assicurare l'utilizzo della lingua italiana o di altra lingua comunitaria di particolare diffusione negli uffici delle pubbliche amministrazioni, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, è d'uopo precisare che, sebbene l'argomento non sia di competenza del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione in considerazione del fatto che l'interrogazione fa riferimento ad un accadimento specifico e circostanziato verificatosi presso il policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna - presso il quale sarebbero apparsi cartelli in inglese ed arabo volti a segnalare i reparti, i dipartimenti ed in genere tutte le informazioni inerenti la struttura - si è ritenuto, ciononostante, di poter rispondere all'atto di sindacato ispettivo in argomento ai fini di una rapida definizione dei quesiti posti dall'interrogante. Si precisa, altresì, che gli elementi di seguito riportati sono stati forniti all'esito di un'istruttoria avviata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con la direzione generale del policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna.
I cartelli informativi all'interno del policlinico S. Orsola-Malpighi riportano le indicazioni in lingua inglese (comunemente riconosciuta come lingua «internazionale») e in lingua araba perché la maggior parte dei cittadini stranieri che afferiscono al policlinico sono di lingua araba (circa il 20 per cento nel 2009).
Il policlinico ha elaborato un progetto di facilitazione degli accessi ai cittadini di lingua e cultura diversa da quella italiana (di cui la segnaletica è solo una delle iniziative intraprese, che si rivolgono a cittadini di molteplici nazionalità) anche nell'ambito di un progetto regionale per la riduzione delle disuguaglianze. Il progetto, denominato «ospedale multiculturale», gestito in collaborazione con l'azienda unità sanitaria locale di Bologna ed assegnato con un'unica gara, prevede iniziative volte a facilitare l'accesso ed i rapporti tra i cittadini stranieri ed il policlinico.
Si utilizzano a questo fine:
un punto di mediazione fissa (
welcome point), attualmente attivo all'ufficio relazioni con il pubblico (Urp) per fornire informazioni ai cittadini stranieri. Le lingue disponibili sono quelle dei Paesi dell'est e la lingua araba (Marocco), ma, se necessario, possono essere attivate altre forme di interpretariato/mediazione;
la traduzione telefonica attraverso la disponibilità, in aree specifiche del policlinico, di apparecchi ai quali il personale sanitario, il cittadino e l'interprete possono collegarsi contemporaneamente; le lingue disponibili sono arabo, bengalese, bosniaco, cinese, croato, francese, rumeno e russo;
il servizio di mediazione linguistica e culturale, che si caratterizza come servizio evoluto da impiegarsi nei casi di prestazioni

sanitarie complesse (ad esempio: somministrazione del consenso informato): le lingue disponibili sono inglese, francese; spagnolo, tedesco, tigrigno, cinese, russo, arabo, rumeno, bangla, serbo-croato, albanese, hindi e urdù. È prevista la possibilità di ampliare il servizio con altre lingue, richiedibili in relazione al presentarsi di specifiche necessità.
Per quanto riguarda la conflittualità con la normativa europea, si fa presente che l'azienda ospedaliera si è avvalsa di un esperto, ovvero il professore Francesco Castro, ordinario di diritto privato comparato e direttore del centro interdisciplinare di studi sul mondo islamico dell'ateneo di Roma «Tor Vergata», che ha fornito conferme sia sull'uso dell'arabo classico come lingua per la traduzione, sia sulla non esistenza di specifiche indicazioni dell'Unione europea al riguardo. Infine, una iniziativa di questo tipo è stata ritenuta utile al fine di favorire l'integrazione della comunità araba, tenuto conto che proprio questa comunità, da sola, rappresenta più del 20 per cento del numero di utenti del policlinico in parola.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

GAROFALO, FALLICA, GERMANÀ, MARINELLO, TERRANOVA, MINARDO e STAGNO D'ALCONTRES. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è verificato un'episodio di disservizio che ha coinvolto i passeggeri del traghetto «Toscana» della compagnia Tirrenia nella rotta Palermo-Cagliari;
il traghetto «Toscana» a causa di un'avaria era stato sostituito con un'altra unità, l'Aurelia che era salpata con un ritardo di alcune ore. Ulteriore ritardo è stato accumulato durante il viaggio verso Cagliari;
allo sbarco nel porto di Cagliari i passeggeri hanno manifestato tutto il loro risentimento per essere stati lasciati senza alcuna assistenza durante l'attesa nel porto di Palermo;
il viaggio è durato ben quaranta ore in più rispetto ai tempi previsti provocando evidenti problemi per i viaggiatori;
i disagi provocati denotano, quindi, delle disfunzioni nel servizio offerto agli utenti che vanno verificate e accertate al fine di impedirne il ripetersi -:
se sia a conoscenza della situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per verificare le disfunzioni e accertare le eventuali cause dell'accaduto.
(4-07828)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto un'opportuna istruttoria con la società Tirrenia alla luce della quale si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 24 giugno 2010 l'unità «M/T Toscana» della società di navigazione Tirrenia, in porto a Napoli, ha subito un'avaria; la predetta società, tramite la collaborazione degli scali di imbarco, ha pertanto proceduto ad avvisare del ritardo relativo alle partenze del successivo fine settimana quei passeggeri che avevano trascritto il proprio recapito telefonico e/o
mail sui titoli di viaggio.
Secondo quanto ha riferito la Tirrenia, durante la navigazione per Palermo si è ripresentata l'avaria all'impianto refrigerante olio prora del motore principale che ha impedito all'unità «M/T Toscana» di ripartire da Palermo per la successiva traversata per Cagliari.
A seguito di tale ulteriore circostanza la direzione societaria ha provveduto prontamente a dirottare un'altra unità, il «M/T Aurelia», in navigazione per Civitavecchia e proveniente dai cantieri navali di Trieste, verso Palermo per garantire il collegamento da Palermo a Cagliari in sostituzione dell'unità in avaria «M/T Toscana».
Contestualmente Tirrenia ha provveduto ad informare dell'inconveniente i passeggeri raggiungibili tramite i recapiti telefonici

riportati sui biglietti, offrendo ospitalità a bordo del Toscana, vitto incluso, anche a coloro che si erano presentati la mattina di domenica 27 giugno 2010 al porto di Palermo non informati preventivamente dell'evento accaduto e del successivo mutamento di programma di navigazione.
Parimenti i passeggeri il cui imbarco, da Trapani per Cagliari sulla linea Palermo-Cagliari-Trapani-Cagliari, era previsto per la serata sempre di domenica 27 giugno 2010 sono stati informati della possibilità di partire con il «M/T Aurelia» il lunedì successivo nelle prime ore pomeridiane.
A conclusione di quanto precede il ministero delle infrastrutture e dei trasporti può convenire che, nonostante l'imprevedibilità dell'evento, la società Tirrenia è sollecitamente intervenuta a salvaguardia dell'incolumità dei passeggeri e del carico imbarcato valutando il programma più idoneo onde limitare i disagi ai passeggeri.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo il «Regolamento recante norme concernenti il riordino degli istituti professionali ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», emanato con decreto del Presidente della Repubblica il 15 marzo 2010, gli istituti «tecnici chimico-biologici» rientrano nell'indirizzo C1 «produzioni industriali ed artigianali», articolazione «industria», settore produttivo «industria chimico-biologica»;
il percorso formativo degli istituti tecnici chimico-biologici non prevede la «produzione di un prodotto» né deve «selezionare e gestire i processi di produzioni in rapporto ai materiali ed alle tecnologie specifiche» (come invece accade per il tecnico ceramico, edile, del legno, e altri);
nel nuovo quadro-orario assegnato agli istituti citati, compaiono materie legate alle tecnologie grafiche e della comunicazione, ai processi produttivi, alle tecniche di gestione macchine, di produzione ed organizzazione , mentre non sono più previsti lo studio della biologia e della microbiologia applicate, seppure i diplomati di laboratorio debbano saper analizzare e controllare i parametri biologici, microbiologici e chimici in ambito ospedaliero, farmaceutico, alimentare, della chimica e della microbiologia di aria, suolo, acque, reflui, della diagnostica strumentale ed immunologica;
il citato regolamento non prevede la figura professionale del tecnico di laboratorio, sostituito da quella del tecnico dei processi industriali: si tratta di categorie diverse perché impegnate in campi differenti e con specificità difformi rispetto alla formazione professionale assunta negli anni di studio;
per il settore produttivo assegnato all'industria «chimico-biologica», inoltre, si prevede una incongrua riduzione delle ore di biologia a 4 nel solo primo biennio: ovvero a sole 132 ore in 5 anni. Peraltro, nel precedente ordinamento lo studio della chimica e della biologia avveniva fino alla classe quinta, in un rapporto indivisibile e complementare, anche attraverso un percorso teorico e pratico fortemente integrato svolto nei laboratori delle analisi chimiche, biologiche, microbiologiche;
rispetto al nuovo quadro-orario, sarebbe necessario riorganizzare le ore di indirizzo a favore di biologia, microbiologia e chimica, con i rispettivi laboratori, per poter: apprendere come amplificare e sequenziare il DNA; trasferire le informazioni genetiche tra microrganismi; studiare a quali processi degenerativi vanno incontro gli alimenti; esaminare come avviene la depurazione delle acque reflue; definire quali sono i microrganismi utili e quali quelli patogeni, come isolarli e identificarli;
a fronte della genericità del titolo di studio previsto dal nuovo ordinamento e

in considerazione del fortissimo ridimensionamento orario della terza area - che assume paradossalmente una connotazione residuale nell'impianto del percorso professionalizzante - pare a rischio l'effettivo inserimento nel mondo del lavoro del diplomato di istruzione professionale dell'indirizzo produzioni industriali e artigianali, articolazione industria, settore produttivo «industria chimico-biologica», mentre fino ad ora il tecnico chimico-biologico ha adeguatamente risposto alle attese degli studenti e del mondo del lavoro -:
se il Ministro interrogato, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga opportuno confermare il profilo dei «tecnici di laboratorio chimico-biologico» anche modificando il quadro orario in favore dell'apprendimento e delle attività laboratoriali di biologia, microbiologia e chimica.
(4-08247)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ritiene opportuno confermare il profilo dei «tecnici di laboratorio chimico-biologico» anche modificando il quadro orario in favore dell'apprendimento e delle attività laboratoriali di biologia, microbiologia e chimica.
Al riguardo, nel premettere che non è prevista alcuna modifica al regolamento in merito al profilo «tecnici di laboratorio chimico-biologico», si fa presente che con il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, contenente il regolamento sul riordino degli istituti professionali, è stata profondamente modificata l'identità degli istituti interessati. Il nuovo assetto prevede il rilascio di un diploma di istruzione secondaria superiore al termine di un percorso di durata quinquennale e demanda alle regioni, per effetto della modifica del titolo V della Costituzione, l'offerta di percorsi di istruzioni; e formazione triennali e quadriennali che si concludono rispettivamente con il rilascio dei titoli di qualifica e dei diplomi professionali.
In sostanza si è inteso affidare prioritariamente agli istituti professionali il compito di far acquisire agli studenti i saperi e le competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del mondo del lavoro, e gli strumenti per accedere all'università e all'istruzione tecnica superiore.
Si deve aggiungere che con il riordino del sistema di istruzione professionale sono stati ridotti il numero degli indirizzi e le numerose e dispersive proposte formative del vecchio ordinamento. L'offerta formativa è confluita in due settori e sei indirizzi che fanno riferimento a filiere produttive di rilevanza nazionale e che possono essere oggetto di ampliamento attraverso l'introduzione, per la singola istituzione scolastica, di opzioni di percorso.
Va altresì rilevato che con il processo di riforma si è inteso evitare di irrigidire l'offerta formativa delle scuole in un mero rispetto dei quadri orari e degli assetti curricolari definiti a livello nazionale, introducendo e valorizzando strumenti di innovazione organizzativa, quali l'autonomia e la flessibilità, al fine di rispondere in modo appropriato alle esigenze delle singole istituzioni scolastiche.
A questo riguardo si evidenzia che il ricorso agli strumenti dell'autonomia e della flessibilità consente ora agli istituti professionali di declinare l'offerta formativa in modo da consentire una risposta efficace alla molteplicità degli interessi e delle aspirazioni dei giovani ed alle esigenze del territorio.
In particolare con le modalità e con i limiti previsti all'articolo 5, comma 3, lettere
a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010, potranno essere utilizzati:
la quota di autonomia del 20 per cento dei curricoli, sia per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell'offerta formativa;
gli spazi di flessibilità (il 35 per cento in terza e quarta e il 40 per cento in quinta), intesi come possibilità di articolare le aree di indirizzo in opzioni, per offrire risposte efficaci e mirate alle esigenze del

territorio ed ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni. Questo strumento va ricondotto, tuttavia, ad un quadro di criteri generali definiti a livello nazionale per prevenire il rischio del ritorno ad una frammentazione e disarticolazione dell'offerta formativa.

Sarà proprio dal modo in cui, nella loro autonomia e sulla base delle risorse messe a disposizione dal nuovo ordinamento, gli istituti professionali si avvarranno di questi fondamentali strumenti di innovazione didattica ed organizzativa, che sarà possibile dare puntali risposte alle legittime attese degli studenti e del mondo del lavoro.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

LARATTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ARAN ha in corso la trattativa negoziale per il rinnovo del contratto collettivo dei segretari comunali e provinciali per il biennio 2006-2007, senza aver convocato l'Unione dei segretari comunali e provinciali, che - sino ad oggi - ha sottoscritto tutti i contratti collettivi dell'area di applicazione del contratto, né altre sigle rappresentative dei dirigenti;
l'esclusione dal suddetto tavolo negoziale delle sigle sindacali rappresentative dei dirigenti non appare coerente con l'inquadramento giuridico e contrattuale del segretario, quale specifica figura di dirigente pubblico;
sulla qualifica dirigenziale dei segretari, si evidenziano infatti i seguenti dati normativi e contrattuali;
il decreto legislativo n. 267 del 2000, Testo unico degli enti locali prevede che:
ai sensi dell'articolo 97, comma 4, «Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività»;
ai sensi dell'articolo 97, comma 3, «Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale»;
ai sensi dell'articolo 108, comma 1, in caso si nomini un direttore generale non segretario, «... al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia»;
tra le numerose disposizioni di legge in materia di dirigenti pubblici che si applicano ai segretari, solo a titolo di esempio, si citano le norme in materia di:
mobilità tra pubblico e privato dettate per la dirigenza pubblica (articolo 101, comma 4-bis, del TU.E.L. in combinato con l'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165);
trasparenza della pubblica amministrazione, in base alle quali segretari, sono inclusi nel personale obbligato a pubblicare, oltre che il curriculum (norma che vale anche per i dipendenti titolari di posizione organizzativa, che non sono dirigenti), anche la retribuzione in godimento, norma questa riconducibile solo ed esclusivamente alla dirigenza;
l'articolo 32 del contratto collettivo nazionale dei segretari comunali e provinciali del 16 maggio 2001, per il quale «In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, con la conseguente cancellazione dall'Albo:
il segretario collocato nella fascia professionale C viene equiparato alla categoria o area professionale più elevata

prevista dal sistema di classificazione vigente presso l'amministrazione di destinazione;
il segretario collocato nella fascia professionale B, è equiparato al personale con qualifica dirigenziale;
il segretario collocato nella fascia A, è equiparato al personale con qualifica dirigenziale;
quindi tutti i Segretari sono dirigenti (salvo forse solo i neo assunti in fascia C, che hanno una corrispondenza meno chiara);
non da ultimo, conferma la valenza dirigenziale della figura del segretario lo spoil system, che è proprio di figure dirigenziali, anzi di alta dirigenza;
l'ARAN avrebbe posto a fondamento delle posizioni assunte unicamente il comma 2 dell'articolo 9 dell'accordo quadro, non operandone una interpretazione sistematica sia con gli altri commi dello stesso articolo che con le disposizioni prima ricordate, e dunque coerente con la qualifica dirigenziale dei segretari;
finanche per il futuro, nell'ambito della contrattazione attualmente in corso per gli accordi quadro (CCNL) di definizione dei comparti di contrattazione e delle relative aree dirigenziali per il triennio 2010-2012, in applicazione della cosiddetta riforma Brunetta, l'ARAN avrebbe proposto che i segretari siano inseriti in specifica sezione nel comparto Autonomie Locali e non, viceversa, in specifica sezione nella corrispondente area della dirigenza delle Autonomie Locali;
tale ipotizzata collocazione, significando che i segretari costituirebbero una specificità professionale del personale dei livelli, e non come in effetti essi sono, una specificità professionale del personale dirigenziale, appare totalmente errata ed in palese contraddizione con il ruolo di alta dirigenza dei segretari, previsto all'interrogante dalle leggi innanzi richiamate;
appare quindi necessario che per il futuro i segretari siano chiaramente inseriti in specifica sezione dell'area della dirigenza delle autonomie locali, conformemente alla funzione svolta e qualifica posseduta, senza che questo comporti alcuna variazione del loro profilo o della loro qualifica, essendo profilo e qualifica già interamente previsti e posseduti, ed avendo quindi tale collocazione un valore di corretta ricognizione e corretto inquadramento dei segretari medesimi -:
per quale motivo, con riguardo al Contratto collettivo nazionale di categoria del 2006-2007, l'ARAN dia una interpretazione dei vigenti accordi quadro non collegata e coordinata con i dati normativi richiamati in premessa, che configurano il segretario come figura apicale di alta dirigenza degli enti locali;
per quale motivo, con riguardo ai futuri nuovi Accordi Quadro, l'Aran proponga una collocazione che ad avviso dell'interrogante è in totale contraddizione con il ruolo di alta dirigenza dei segretari;
se sia stato acquisito il parere del comitato di settore ANCI-UPI, competente per i segretari comunali ed eventualmente quale sia il contenuto di detto parere;
quale iniziativa il Governo intenda adottare affinché l'ARAN, nei nuovi accordi quadro, individui i segretari come specifica sezione dell'area della dirigenza, collocando gli stessi in modo coerente con la piena corrispondenza della loro qualifica a quella dei dirigenti, come sancito dalle norme in premessa richiamate e dall'articolo 32 del loro Contratto collettivo nazionale 16 maggio 2001.
(4-09086)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con cui si richiede di conoscere i motivi dell'esclusione operata dall'agenzia per la rappresentazione negoziale delle pubbliche amministrazioni del sindacato unione dei segretari comunali e provinciali dal tavolo delle trattative negoziali per il rinnovo del contratto collettivo dei segretari comunali e provinciali per il biennio 2006-2007, che all'interrogante non sembrerebbe coerente con l'inquadramento giuridico e contrattuale del «Segretario», quale peculiare figura di dirigente pubblico.


Nell'interrogazione si chiede, altresì, di conoscere se sia stato acquisito il parere del comitato di settore, dell'associazione nazionale comuni italiani e dell'unione province italiane e di conoscerne l'eventuale contenuto; di conoscere inoltre tutte le iniziative del Governo atte a far si che l'Aran individui i segretari - come specifica sezione dell'area della dirigenza - collocando le stesse professionalità nei nuovi accordi quadro, in modo più coerente con l'assetto normativo di riferimento, ivi comprese, le previsioni di cui all'articolo 32 del contratto collettivo nazionale di lavoro 6 maggio 2001.
In relazione ai rilievi e i chiarimenti richiesti dall'interrogante si precisano le ragioni che hanno indotto a riscontrare un difetto del requisito di rappresentatività dell'unione dei segretari comunali e provinciali, in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni normative regolanti la materia.
Il requisito minimo richiesto dalla legge per l'ammissione alle trattative - pari al 5 per cento come media tra dato associativo (mutuato dalla percentuale delle deleghe rilasciate dal dipendente nel comparto o area, per trattenuta ai fini del contributo sindacale) e il dato elettorale (derivante dalla percentuale di voti ottenuti in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie nei comparti di contrattazione) - è dettato dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
La rappresentatività, così oggettivata, viene quindi calcolata esclusivamente nell'ambito del comparto o dell'area di riferimento ed i «Segretari» sono stati collocati, dai contratti collettivi quadro regolanti la materia, nel comparto delle regioni ed autonomie locali. Invero, già l'articolo 10, comma 2 del contratto collettivo nazionale di lavoro per la definizione dei comparti di contrattazione, sottoscritto il 18 dicembre 2002 ha disposto la collocazione contrattuale dei segretari comunali e provinciali nell'ambito del comparto regioni-autonomie locali e tale disposizione è stata ribadita dai successivi contratti collettivi.
In altri termini, i «Segretari», non essendo assimilabili a dirigenti - come si spiegherà successivamente - sono stati collocati non nelle aree dirigenziali ma nel comparto di contrattazione costituito per i dipendenti non dirigenti.
D'altra parte la legge, come si è rilevato, non consente la possibilità di calcolare la rappresentatività per singole e specifiche tipologie professionali, come quella dei «Segretari», per cui la collocazione nei comparti di contrattazione è, in un certo senso, necessitata.
Anche la giurisprudenza, che ha affrontato un tema analogo a quello appena prospettato, ha affermato che: «atteso che la percentuale di rappresentatività viene calcolata rispetto al totale delle deleghe del comparto (...) Trattasi, evidentemente, dei riflessi indotti da anca scelta legislativa insindacabile in sede giudiziaria» (tribunale di Roma, sez. lav., ord. 27 giugno 2000. Cfr. anche pretura di Roma, ord. 23 novembre 1998; pretura di Roma, decreto 27 novembre 1998: tribunale di Roma, sentenza 7 luglio 2008, n. 9547).
Ciò posto, dall'accertamento della rappresentatività relativo al biennio 2006-2007 risulta che l'Unione possiede una rappresentatività pari allo 0,16 per cento nel comparto misurata secondo il doppio indice ponderato previsto dalla legge: si tratta, dunque, di una percentuale notevolmente inferiore alla percentuale minima richiesta dalla legge per l'ammissione alle trattative negoziali.
Occorre, tra l'altro, precisare che l'Aran non ha mai in passato ammesso l'unione alle trattative in quanto quest'ultima non ha mai raggiunto la soglia minima di rappresentatività richiesta dal legislatore (5 per cento nel comparto). Infatti, l'ammissione dell'Unione (alle trattative per i Ccnl di comparto, applicativi dei Ccnl regioni ed autonomie locali) è avvenuta in via di fatto, sulla base delle indicazioni in tal senso contenute in apposite formali note inviate dai Ministri per la funzione pubblica
pro-tempore (per esempio: atto d'indirizzo del 6 agosto 1998, a firma del Ministro Bassanini, nel quadriennio normativo 1998-2001; nota del 18 ottobre 2006, a firma del Ministro Nicolais, nel quadriennio 2002-2005).


Tuttavia, a seguito di una richiesta formulata dal medesimo dipartimento della funzione pubblica su un caso identico, il Consiglio di Stato, con il parere n. 1662/08, del 18 giugno 2008, ha chiarito che: «La sezione ritiene di non poter condividere la tesi secondo la quale la lettera del Ministro potrebbe avere natura di un vero e proprio provvedimento idoneo ad incidere selle competenze del Comitato paritetico e dell'Aran. Le norme indicate a sostegno di tale argomento non autorizzano a ritenere che il Ministro della funzione pubblica (...) possa adottare un atto di natura provvedimentale in quanto, l'attività di indirizzo e coordinamento generale ... hanno natura di indirizzo politico-amministrativo (...). In conclusione, la Sezione ritiene che l'Aran, nell'esercizio delle competenze attribuitele dall'articolo 43 dell'appena menzionato decreto legislativo, non sia vincolata dalla lettera di cui trattasi, la quale può essere considerata solo come elemento di valutazione».
Alla luce del precitato parere del Consiglio di Stato, nessuna deroga è più possibile rispetto al possesso del requisito richiesto dal legislatore per l'ammissione ai tavoli negoziali.
Ulteriori considerazioni possono essere svolte con riferimento alla ipotizzata non coerenza della rilevazione della rappresentatività con l'inquadramento giuridico e contrattuale del segretario, quale peculiare figura di dirigente pubblico. L'avviso del dipartimento della funzione pubblica non è favorevole alla tesi sostenuta nell'atto di sindacato ispettivo sulla presunta sussistenza della qualifica dirigenziale dei segretari, alla luce della normativa menzionata nel predetto atto (cfr articolo 97, commi 3 e 4: articolo 101, comma 4-
bis, e articolo 108, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000; articolo 23-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001; articolo 32 Ccnl, segretari del 16 maggio 2001).
In primis, si rileva la carenza di fonti legislative primarie atte a significare l'equiparazione dei segretari con i dirigenti pubblici. L'indirizzo consolidato della giurisprudenza, di legittimità, di merito e contabile, ha fornito un ruolo decisivo nel chiarimento della ratio decidendi del legislatore della legge n. 127 del 1997 e del successivo regolamento di attuazione, da ricondurre ad un nuovo status nella professionalità dei «Segretari» considerati quali specifica tipologia professionale rispetto alla dirigenza e riconducibili alla fattispecie prevista dall'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993 - come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 396 del 1997 (nel testo vigente anteriormente le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 15 del 2009, ma ancora applicabili ai contratti collettivi di riferimento, giusto quanto previsto dal comma 5, dell'articolo 65 del citato decreto legislativo n. 150). La disposizione normativa citata dispone che: «per le figure professionali che comportano iscrizioni ad albi sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto». Conformemente a tale qualificazione giuridica, l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, contenente il «Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali», ha chiarito che il contratto relativo ai segretari «disciplina una autonoma tipologia professionale».
Anche la giurisprudenza che si è espressa sulla questione ha sempre affermato che i segretari comunali, dopo la riforma della legge n. 127 del 1997, hanno acquisito natura di autonoma tipologia professionale, non ascrivibile né a quella dei dirigenti né a quella dei funzionari (
ex multis tribunale amministrativo regionale Piemonte, n. 1700 del 2003; tribunale amministrativo regionale Veneto, n. 236 del 1999). Al riguardo, si richiama, in particolare, l'orientamento della Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 giugno 2007, n. 13708, che distingue fra funzioni del dirigente e funzioni del segretario, per negare che il segretario comunale possa esercitare le funzioni dirigenziali. D'altra parte ad avvalorare la ricostruzione operata in sede giurisprudenziale, di merito, di legittimità ed anche contabile (Corte conti, sezioni unite in sede di controllo, 3 aprile-13 aprile 2001), milita l'ulteriore elemento testuale ricavabile dalla lettera dell'articolo 11,

comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, il «Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali», che qualifica apertis verbis i segretari quali «autonoma tipologia professionale».
Si chiarisce, altresì, che la qualificazione dei «Segretari» quale specifica tipologia professionale (da ascrivere al comparto di contrattazione) è stata affermata anche da tutti gli atti d'indirizzo per la contrattazione collettiva resi dal dipartimento della funzione pubblica di concerto con il Ministero dell'economia e previo il parere di Anci ed Upi, che hanno regolato la categoria tramite appositi accordi applicativi del Ccnl del comparto regioni ed autonomie locali.
Questi elementi, per quanto già decisivi nel confutare l'assimilazione della categoria dei segretari alla dirigenza, possono essere supportati da ulteriori considerazioni giuridiche.
Con particolare riferimento agli articoli 97 e 108 del testo unico enti locali, richiamati nell'atto di sindacato ispettivo, si osserva che da tali norme non è possibile sostenere il possesso della qualifica dirigenziale da parte dei «Segretari». L'articolo 97 qualifica il ruolo e le funzioni dei segretari prevedendo lo svolgimento di «compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto e ai regolamenti». Nello stesso articolo viene esplicitato, inoltre, come fra i compiti del segretario vi siano tra l'altro: la partecipazione con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta di cui ne cura la verbalizzazione; la competenza ad esprimere pareri, in relazione alle sue competenze; la possibilità di rogare i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente. Tali funzioni non sembrano neanche in minima parte assimilabili a quelle di carattere gestionale esercitabili dal dirigente ai sensi principalmente degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 165 del 2001, ma rientrano nei compiti precipui di questa specifica tipologia professionale di collaborazione del sindaco o del presidente della provincia.
Pertanto pare inconferente anche il riferimento all'articolo 97, comma 4 del decreto legislativo n. 267 del 2000, laddove prevede che: «Il Segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività». Da una interpretazione letterale dei termini «sovrintendere» e «coordinare» l'attività della dirigenza, contenuti nella citata previsione normativa, non è dato infatti desumere nessun processo di assimilazione della professionalità dei segretari con quella dei dirigenti, in quanto tali previsioni non sono incompatibili con la natura peculiare delle funzioni professionali svolte per legge dal segretario di collaborazione dell'organo di indirizzo politico amministrativo.
Il potere di coordinamento dei dirigenti dell'ente locale attribuito al segretario, difatti, secondo l'orientamento della Corte di cassazione non può implicare il conferimento della qualifica dirigenziale che può essere attribuita solo dalla legge. Conforme a quest'orientamento è anche il Tar Sicilia Palermo Sez. 1, 11 ottobre 2001, n. 1411, per il quale «il solo fatto che Segretari comunali di III e IV classe siano al vertice dell'organizzazione amministrativa di un ente locale non è elemento di per sé idoneo a conferire automaticamente una qualifica dirigenziale». Tale tesi è peraltro stata sostenuta anche dall'agenzia nazionale per la gestione dell'albo dei segretari, che come noto, ai sensi della stessa legge n. 127 del 1997 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 165 del 1997, è costituita secondo criteri paritetici fra amministrazioni pubbliche e organizzazioni sindacali rappresentative. Secondo la predetta agenzia, in conformità con quanto sostenuto dalla giurisprudenza e dalla stessa Aran (nota prot. n. 6543 del 16 settembre 1999), la natura giuridica da attribuire al segretario è quella di «professionista pubblico». Esso non è più dipendente statale ma non è nemmeno né funzionario né dirigente. Per cui «nessun segretario è o dovrebbe essere assimilato ai dirigenti degli enti locali, che sono soggetti diversi e distinti dal segretario,

il quale rispetto ad essi è chiamato a svolgere funzioni di sovraintendenza e di coordinamento, che implica una condizione di non omogeneità, bensì di alterità» (deliberazione n. 28 del 3 febbraio 2000).
Neanche il riferimento all'articolo 108 del decreto legislativo n. 267 del 2000 è utile ad equiparare i «Segretari» ai dirigenti, considerato che la previsione di cui al citato articolo 108, comma 1, che dispone che: «Al direttore generale rispondono nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del Segretario del comune e della provincia» deve essere correttamente interpretata in combinato disposto con la previsione dell'articolo 97, comma 3 dove si prevede che: «Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgono della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario e il direttore generale».
Un'equiparazione dei segretari ai dirigenti (dello Stato) era, in origine, espressamente contemplata dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 749 del 1972: tuttavia essa operava ai soli fini retributivi (cfr. Cons. Stato, n. 4892 del 2002). Peraltro, l'equiparazione alla dirigenza dello Stato riguardava esclusivamente quota-parte della categoria, che era infatti divisa in due settori: in parte dirigenti, in parte funzionari. La legge 15 maggio 1997, n. 127, all'articolo 17, comma 67, ribadiva che: «Il comune e la provincia hanno un Segretario titolare dirigente o funzionario pubblico dipendente da apposita Agenzia avente personalità giuridica di diritto pubblico e iscritto all'albo di cui al comma 75». Nell'atto del recepimento delle citate norme nell'ambito del decreto legislativo n. 267 del 2000 tale duplicità non è stata riprodotta, infatti è scomparsa la previsione di un segretario dirigente, contenuta nelle previgenti fonti in materia: ciò sicuramente per rimarcare l'unicità della categoria, così «ricomposta», ma anche per sottolineare l'impossibilità di equiparazione alla dirigenza. Infine dà ulteriore fondamento alla ricostruzione operata in sede giurisprudenziale, di merito, di legittimità ed anche contabile, l'elemento testuale ricavabile dal citato articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997, «Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali», che qualifica
apertis verbis i segretari quali «autonoma tipologia professionale».
Nell'atto di sindacato ispettivo a sostegno della tesi relativa al carattere dirigenziale delle funzioni esercitate dai segretari, si citano le norme in materia di: trasparenza della pubblica amministrazione (per cui segretari sarebbero inclusi nel personale obbligato a pubblicare sui siti
web istituzionali oltre che il curriculum, anche la retribuzione di godimento, norma che sarebbe applicabile solo ed esclusivamente alla dirigenza); in materia di mobilità, giusto quanto previsto dall'articolo 32 del Ccnl dei segretari comunali e provinciali del 16 maggio 2001 (per il quale «In caso di mobilità presso altre pubbliche amministrazioni ... il segretario collocato nella fascia A e B (...) è equiparato al personale con qualifica dirigenziale»); nonché con riferimento allo spoil's system cui può essere soggetto il segretario ma che sarebbe proprio di figure dirigenziali.
Occorre peraltro chiarire che non risponde a criteri di ragionevolezza l'argomentazione volta a considerare espressione della
voluntas legis della qualificazione della natura del rapporto di lavoro dei segretari come dirigenziale, riferita alle prescrizioni della legge n. 69 del 2009 che ha assoggettato i Segretari all'obbligo di pubblicazione di curricula vitae, retribuzioni ed altri dati professionali sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni in cui prestano servizio. A tale obbligo, sulla base di un esteso programma di trasparenza dei dati rilevanti afferenti alle pubbliche amministrazioni ed agli incarichi assegnati dalle stesse, ivi comprese le erogazioni retributive, sono, infatti assoggettati non solo i dirigenti, ma tutta una serie di pubblici dipendenti o comunque persone fisiche che percepiscono redditi da pubbliche amministrazioni:

dai conduttori di programmi televisivi ai collaboratori dei ministri.
Analogamente pare irrilevante, nel senso che non costituisce indice rivelatore della natura dirigenziale delle funzioni svolte dal segretario, la circostanza che lo stesso, analogamente ai dirigenti, è soggetto ad una forma di
spoil's system allo scadere del mandato del sindaco o del presidente della provincia nominante, trattandosi di un effetto precipuo della trasformazione della figura del segretario: per cui «in seguito alla riforma introdotta con l'articolo 17, legge 15 maggio 1997, n. 127, i Segretari comunali hanno cessato di essere funzionari, o dirigenti, dello Stato, posti al vertici degli apparati burocratici degli enti locali, per divenire i più stretti collaboratori e consulenti del sindaco, conseguentemente risultando attribuita ai sindaci una facoltà di scelta del Segretario libera, fiduciaria ed assolutamente discrezionale» (Tar Veneto, sezione I, 10 marzo 1999, n. 326). Infatti se i segretari fossero destinatari dello statuto giuridico dei dirigenti, agli stessi dovrebbe essere applicabile la particolare forma di responsabilità dirigenziale prevista all'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che si configura come responsabilità tipica ed aggiuntiva del dirigente pubblico per i risultati della prestazione, distinta dalla responsabilità disciplinare che presuppone un comportamento illecito e/o colposo. Invece nessuna norma, né legislativa, né contrattuale, ha mai disciplinato questa fattispecie, laddove se la categoria in discorso fosse ascrivibile alla categoria dirigenziale l'individuazione di una tale forma di responsabilità sarebbe in re ipsa.
Infine, nessuna previsione contrattuale correlata al trattamento economico dei segretari, può integrare alcuna equiparazione dei segretari con la dirigenza, in quanto qualsiasi previsione, in tal senso, in carenza di norme
ad hoc, sarebbe inficiata di nullità per una carenza di legittimazione anche sotto il profilo della competenza per materia. In questo senso, con apposita sentenza, del resto si era espresso il Consiglio Stato (cfr. Sez. IV, 25 settembre 2002, n. 4892). Infatti come è nella competenza della contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo e delle regole del rapporto di lavoro pubblico, ivi compresa la definizione delle tabelle di equiparazione a fini di mobilità, non è invece nella stessa competenza l'esercizio del potere, riservato alla legge, di conferire la qualifica dirigenziale.
Da quanto affermato discende altresì l'impossibilità di collocare i «Segretari» in un'apposita sezione contrattuale del contratto per le aree dirigenziali, non essendo possibile, normativamente, avallare una tale opzione.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

LATTERI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
prima della decisione dei dirigenti della divisione cargo delle Ferrovie dello Stato di ridurre le Ppd logistiche della Sicilia, la sola Acireale riceveva circa 4000 vagoni merci all'anno, aveva conquistato quote di mercato in tutta la Sicilia ed l'indotto interessava più di 40 lavoratori e relative famiglie;
la decisione delle Ferrovie dello Stato ha interessato tutte le piattaforme (Ppd) in Sicilia ad esclusione di Bicocca e Aquicella (operativa solo per il legname);
tali decisioni hanno creato notevoli disagi visto che le Ppd rimaste attive non riescono a gestire il traffico ancora ingente;
la decisione delle Ferrovie dello Stato ha causato non soltanto una drastica diminuzione dell'intero comparto, ma anche la perdita di numerosi posti di lavoro;
visti i gravi disagi e la perdita di posti di lavoro causati dalla decisione della divisione cargo delle Ferrovie dello Stato, appare necessario all'interrogante che tale scelta venga riconsiderata e venga ripreso il traffico complessivo utilizzando tutte le

Ppd logistiche e, in particolare, quella di Acireale -:
quali iniziative intenda intraprendere affinché venga ripristinato il traffico merci, utilizzando tutte le Ppd della Sicilia e, in particolare, quella di Acireale, atto necessario in un momento di grave crisi economica.
(4-07838)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Va prioritariamente posto in rilievo che il settore degli scali merci, a seguito della liberalizzazione del trasporto ferroviario merci in vigore già da alcuni anni, è aperto a tutte le imprese ferroviarie che intendono svolgervi le proprie attività.
Trenitalia organizza i propri servizi di trasporto adeguando l'offerta alle reali esigenze e dimensioni del mercato. In quest'ottica, la divisione cargo di Trenitalia ha avviato, da tempo e in linea con le analoghe iniziative in atto da parte delle principali imprese europee del settore, un processo di ristrutturazione del cosiddetto «traffico diffuso», ossia trasporti a carro singolo o gruppi di carri, che risultava particolarmente oneroso e non competitivo nei confronti del trasporto su gomma.
Trenitalia ha pertanto messo in atto una organizzazione più razionale, affidabile ed efficace del servizio.
In particolare, per quanto riguarda la nuova struttura d'offerta del «diffuso» la società ferroviaria ha previsto per il sud l'attestamento ferroviario di questo tipo di trasporti su alcune piattaforme logistiche nell'ambito delle quali è possibile usufruire di servizi integrativi, come magazzinaggio e inoltro alla destinazione finale via strada o viceversa. Per la Sicilia, fin dal luglio 2009, la concentrazione del traffico diffuso è prevista sulla piattaforma/nodo di Catania, Bicocca-Acquicella. Per quanto attiene invece i trasporti a treno completo, Ferrovie dello Stato fa sapere che nessuna modifica commerciale/produttiva è stata attuata e che il servizio continua ad essere svolto nei 12 impianti della Sicilia, tra cui Acireale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MADIA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in riferimento all'atto di sindacato ispettivo 4-07743, concernente l'assunzione di vincitori ed idonei di un concorso pubblico bandito dall'istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) e la richiesta di avviare un monitoraggio al fine di rilevare il numero di vincitori di concorso non assunti nelle amministrazioni dello Stato, il Ministro interrogato rispondeva che trattasi di materia interamente di competenza delle singole amministrazioni e che, stante la normativa generale sul regime delle assunzioni nel pubblico impiego e le risorse disponibili, ciascuna amministrazione è chiamata a «valutare autonomamente le proprie esigenze organizzative, scegliendo , ad esempio, quali graduatorie utilizzare e se procedere all'esaurimento delle stesse, o in alternativa all'indizione di nuovi concorsi pubblici»;
inoltre, risponde il Ministro, proprio a causa dell'autonomia organizzativa delle singole amministrazioni: «ai sensi della normativa vigente, non è possibile quantificare, come richiesto dall'interrogante, il numero di procedure concorsuali avviate dalle pubbliche amministrazioni e non ancora concluse»;
L'interrogante rileva quanto segue:
la prima parte della risposta del ministro è totalmente in contrasto con le sentenze del TAR n. 8743 del 2009, Corte di Cassazione n. 3252 del 2003 e con la legge n. 388 del 2000 che affermano l'inopportunità nel bandire nuovi concorsi in presenza di valide graduatorie di concorsi;
la seconda parte della risposta del Ministro, sull'impossibilità di effettuare un monitoraggio dei concorsi non chiusisi con assunzioni, è totalmente non sostanziata da elementi concreti;
il Ministro ha infatti promosso e realizzato monitoraggi sulla presenza del lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni, monitoraggi sull'utilizzo delle

cosiddette «auto blu», e sembra da notizie di stampa anche monitoraggi atti a rilevare la presenza del lavoro parziale nelle pubbliche amministrazioni;
a giudizio dell'interrogante, non si capisce quali siano gli impedimenti organizzativi e giuridici che ostano alla realizzazione di un monitoraggio sui concorsi se non una scelta meramente politica -:
se il Ministro interrogato non ritenga comunque opportuno esortare le pubbliche amministrazioni al rispetto dei princìpi enunciati nelle sentenze succitate;
se il Ministro non intenda procedere a un'indagine conoscitiva della situazione delle procedure concorsuali non concluse nel settore pubblico, al fine di dare risposte certe, in nome del concetto di trasparenza, ai vincitori di concorsi non assunti.
(4-09071)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con il quale vengono riproposti ed approfonditi i quesiti già prospettati con la precedente interrogazione n. 4-07743 in merito alla assunzione di vincitori ed idonei di un concorso pubblico bandito dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), si rappresenta quanto segue.
In via preliminare è necessario ribadire quanto già chiarito in risposta alla precedente interrogazione circa le competenze assegnate ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: si tratta di competenze relative all'autorizzazione ad avviare le procedure concorsuali, fermo restando che, coerentemente con tale autorizzazione e sulla base della programmazione del fabbisogno di personale nonché dei vincoli posti dalle leggi finanziarie ai fini del contenimento della spesa per il personale pubblico, ciascuna amministrazione adotta le conseguenti determinazioni.
Pertanto, atteso che la procedura concorsuale evocata dall'interrogante è stata bandita da un ente sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, è a quest'ultimo che andrebbero chiesti chiarimenti circa l'assunzione dei vincitori ed idonei del citato concorso, nonché circa l'attuazione di eventuali norme speciali volte a disciplinare l'attività e l'organizzazione del suddetto ente previdenziale.
Sembra superfluo dover ribadire che le esigenze organizzative di ogni amministrazione possono essere valutate unicamente dall'amministrazione stessa, pur nel rispetto della normativa vigente: anche la scelta relativa all'indizione di nuovi concorsi pubblici in alternativa all'utilizzazione di graduatorie già esistenti, nonché, eventualmente, la scelta di quali graduatorie utilizzare tra quelle già «aperte», rientra in tale ambito decisionale. Sul punto il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione può soltanto richiamare l'attenzione sulla necessità che le pubbliche amministrazioni, ai fini di una efficace gestione delle politiche assunzionali, operino una corretta programmazione dei fabbisogni di personale in modo da evitare che i concorsi pubblici vengano banditi senza tener conto delle reali necessità delle amministrazioni in quanto, diversamente, potrebbe ingenerarsi nei candidati selezionati una aspettativa ad essere assunti non tutelabile dall'ordinamento giuridico.
Quanto all'orientamento giurisprudenziale in materia, si rappresenta in primo luogo che, come affermato dagli stessi giudici amministrativi, la soluzione al problema del cosiddetto «scorrimento» delle graduatorie non può essere aprioristica ma dipende dallo specifico quadro legislativo e regolamentare di volta in volta implicato nella vicenda (Tribunale amministrativo regionale Lombardia - Sez. III - sent. 15 settembre 2008, n. 4073).
In secondo luogo giova evidenziare che le due sentenze richiamate dall'interrogante, alle quale possono, peraltro, aggiungersi anche più recenti decisioni del Consiglio di Stato, rappresentano l'orientamento minoritario secondo il quale le pubbliche amministrazioni sarebbero vincolate ad avvalersi delle graduatorie già esistenti e che, invece, l'orientamento nettamente maggioritario è stato finora rappresentato da statuizioni

di segno opposto (cfr. CdS n. 5611/2002, CdS n. 794/2005, CdS n. 5320/2006, CdS n. 53/2007, Tar Lombardia n. 4073/2008, Tar Campania n. 1604/2008).
Sempre con riferimento al dato giurisprudenziale è opportuno chiarire, altresì, che anche lo stesso orientamento minoritario evocato dal l'interrogante ritiene, comunque, che «l'istituto del cosiddetto scorrimento della "graduatoria", che consente ai candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi, precludendo l'apertura di nuovi concorsi, presuppone necessariamente una decisione dell'amministrazione di coprire il posto, che equivale sostanzialmente a quella che avvia la procedura di concorso. Una decisione che assume certo a presupposto la vacanza di organico ma che deve esprimere l'interesse concreto ed attuale dell'amministrazione di procedere alla sua copertura. In altri termini, salvo che, per specifica disposizione di legge o del bando, tra i posti messi a concorso originariamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro una certa data, l'obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa, preclude all'amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga certamente all'assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l'amministrazione stessa non intenda coprire» (Corte di Cassazione n. 3252/2003).
L'elemento determinante va, dunque, ricercato in eventuali disposizioni normative speciali che prevedano espressamente l'obbligo di utilizzare di dette graduatorie; anche in ordine a tale profilo non può che ribadirsi quanto dinanzi rappresentato circa la prevalenza delle competenze del Ministero del lavoro, amministrazione responsabile dell'attuazione della normativa concernente l'organizzazione del suddetto ente previdenziale.
Con riferimento infine all'auspicato monitoraggio dei concorsi pubblici, si evidenzia, in aggiunta a quanto già rappresentato in risposta all'interrogazione n. 4-07743, che le istanze dell'interrogante potranno trovare riscontro in futuri provvedimenti da adottarsi su iniziativa del Ministro del lavoro in attuazione della legge 4 novembre 2010, n. 183 di recente pubblicazione. Infatti, successivamente alla predisposizione della risposta all'interrogazione dinanzi citata, è stato approvato il disegno di legge recante «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro» (legge 4 novembre 2010, n. 183, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre 2010) nel quale, con un emendamento parlamentare, è stata disposta l'estensione alle pubbliche amministrazioni di alcuni obblighi informativi in tema di assunzioni già previsti per il settore privato.
Detti obblighi attengono, in particolare, alla cosiddetta borsa continua nazionale del lavoro, sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro basato su uria rete di nodi regionali ed alimentato da tutte le informazioni utili a tale scopo immesse liberamente nel sistema stesso sia dagli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati, sia direttamente dai lavoratori e dalle imprese. In particolare, la legge citata dispone che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, sono definite le informazioni relative alle procedure selettive per il reclutamento del personale da conferire, nel rispetto dei principi di accessibilità degli atti, nel predetto sistema.
Anche in tal caso, posto che l'amministrazione competente all'adozione del suddetto provvedimento è il Ministro del lavoro, sarà possibile chiedere a quest'ultimo informazioni più approfondite in materia.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

MANCUSO, DE LUCA, GIRLANDA, CICCIOLI, PATARINO e DI VIRGILIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del 30 marzo 2010, che abolisce le tariffe editoriali ridotte, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 31 marzo 2010 ha sospeso la tariffa editoriale ridotta per gli editori indipendenti;
il decreto ha aumentato del 70 per cento i costi di spedizione delle edizioni per le assicurazioni non profit e la piccola editoria;
numerosi lettori di riviste di associazioni non profit, per esigenze legate all'età anagrafica, non sono raggiungibili on line e necessitano quindi di ricevere le riviste cartacee;
in molti casi gli editori avevano già provveduto a determinare i costi degli abbonamenti in base alle vecchie tariffazioni, avendo le nuove disposizioni effetto dal 1° aprile 2010;
ogni attività editoriale rappresenta un enorme valore aggiunto nell'ottica del pluralismo del dibattito socio-politico ed economico;
il mantenimento di questo livello di tariffazione comporterebbe la chiusura di innumerevoli testate locali, edite dalla piccola editoria o da associazioni non profit -:
se il Governo intenda rettificare il testo del decreto e rimodulare le tariffe editoriali di spedizioni, affinché venga ripristinata la possibilità, soprattutto per le associazioni non profit, di esercitare la libertà di espressione.
(4-09461)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, intesa a conoscere se si intendano ripristinare le tariffe postali agevolate per il settore no-profit.
Al riguardo, occorre premettere che con, decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono state determinate, ai sensi dell'articolo 2, comma 1-
bis, del decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, convertito nella legge 1o ottobre 2010, n. 163, le tariffe massime applicabili per le spedizioni di prodotti editoriali, ad esclusione dei libri spediti tramite pacchi, effettuate dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2004, n. 46.
In proposito, il Ministero dello sviluppo economico ha precisato che con il citato decreto sono state rideterminate le tariffe massime per la spedizione di prodotti editoriali anche mediante una differenziazione delle tariffe per area geografica di destinazione degli invii, al fine di correlarle maggiormente ai costi, in coerenza con le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, nonché con i principi della direttiva 2008/6/CE, concernente la liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali comunitari. Il menzionato decreto è stato, registrato presso la Corte dei conti e sarà pubblicato prossimamente sulla
Gazzetta Ufficiale.
Con riferimento alle tariffe agevolate per il settore
no profit, l'articolo 2, comma 2-undecies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito nella legge 22 maggio 2010, n. 73, ha disposto che, entro il limite dello stanziamento allo scopo preordinato pari a 30 milioni di euro con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri, le tariffe postali a favore delle associazioni ed organizzazione senza fini di lucro possono essere ridotte e il loro importo stabilito in misura non superiore al 50 per cento della tariffa ordinaria.
Il relativo onere trova copertura nelle maggiori entrate connesse alla definizione agevolata del contenzioso in essere con i concessionari della riscossione, prevista dai commi da 2-
septies a 2-decies, del citato articolo 2 del decreto-legge n. 40 del 2010. Il termine per effettuare i versamenti delle somme dovute, fissato con apposito decreto del direttore generale delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 agosto 2010, è scaduto il 29 ottobre 2010.


Pertanto, a seguito dell'accertamento delle predette entrate anche il decreto relativo alle tariffe agevolate potrà avere ulteriore corso.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Alberto Giorgetti.

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
al fine di consentire un efficace collegamento del comprensorio della ceramica delle province di Modena e Reggio Emilia con i sistemi autostradali e ferroviari nazionali ed internazionali e di contribuire, in questo modo a rimuovere uno dei fattori che pesa sulle condizioni di competitività di un settore, quello della ceramica, di punta dell'industria italiana, è da anni in un faticoso e lento avanzamento la progettazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo;
a partire dal 2004 sono state avanzate diverse proposte di realizzazione delle infrastrutture sino a quando nella riunione del 27 marzo 2008 il CIPE ha approvato il progetto della cosiddetta bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo finanziando l'intervento con 234 milioni di euro nonostante le sollecitazioni pervenute dalle istituzioni locali: regione, provincia, comuni, associazioni di categoria delle imprese e dei lavoratori, di tutte le forze politiche sino ad ora non si è proceduto alla approvazione definitiva del progetto;
in data 15 dicembre il Ministro ed il direttore generale del Ministero hanno rassicurato i rappresentanti delle istituzioni circa l'impegno per deliberare in via definitiva, in una delle prossime sedute del CIPE l'intervento autostradale;
in data 11 febbraio 2010, come risulta dalla risposta del Ministro ad una precedente interrogazione, l'ANAS ha inviato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la documentazione da porre a base di gara per l'individuazione del concessionario che si occuperà, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 163 del 2006 della realizzazione della gestione dell'intero collegamento autostradale Campogalliano-Sassuolo;
nel mese di marzo il Ministro partecipando ad un convegno a Modena presso la Camera di commercio ha ribadito tale impegno -:
essendo trascorsi ulteriori mesi quando il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sottoporrà il progetto definitivo del collegamento autostradale bretella Campogalliano-Sassuolo all'approvazione del CIPE.
(4-07156)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente la realizzazione del collegamento autostradale tra Campogalliano e Sassuolo, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le procedure di approvazione
ex lege obiettivo del progetto definitivo «Raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo», sono state avviate dall'Azienda nazionale autonoma delle strade nel 2006, con la trasmissione del progetto ai Ministeri delle infrastrutture, dell'ambiente, dei beni culturali ed a tutti gli altri enti competenti.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dopo aver recepito tutti i pareri previsti dalla legge, una volta conclusa la conferenza dei servizi
ex articolo 166 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ha provveduto al perfezionamento dell'istruttoria.
Nella seduta del 22 luglio 2010, il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha approvato il progetto definitivo con prescrizioni e, ha assegnato un contributo di 234,6 milioni di euro a valere sulle risorse destinate al Programma delle infrastrutture strategiche.
L'Anas ha, quindi, avviato la definizione del bando di gara per la selezione del concessionario mediante procedura ristretta, la cui pubblicazione è prevista a breve.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono circa 650 i precari che il Ministero dell'interno ha assunto in varie fasi negli ultimi anni (per tramite di agenzie interinali e concorso successivo), al fine di un loro impiego presso gli uffici immigrazione delle questure e gli sportelli unici delle prefetture;
tali lavoratori svolgono un ruolo indispensabile al fine di fare fronte correttamente e celermente alle ingenti moli di lavoro derivanti dal fenomeno migratorio;
appaiono fuori discussione sia la professionalità ormai acquisita da tali lavoratori, senza la quale i suddetti uffici rischierebbero il collasso, sia la legittima attesa da parte degli stessi di stabilizzazione del relativo rapporto di lavoro, che era stata considerata ampiamente scontata;
giungono notizie che il Ministero dal febbraio scorso si avvarrebbe di 650 lavoratori mediante agenzia interinale, con gli stessi compiti dei lavoratori di cui sopra;
tale situazione ha determinato la convinzione, di cui è esempio la «lettera al direttore» pubblicata domenica 21 giugno dal quotidiano La Nazione, della possibilità che il rapporto di lavoro tra il Ministero dell'interno stesso e i lavoratori di cui sopra starebbe per esaurirsi;
nessun tipo di esigenza economica potrebbe legittimare una scelta assurda di preferire nuova precarizzazione, invece di risolvere la lunga precarizzazione già in atto;
un'eventuale siffatta scelta determinerebbe ovvie conseguenze negative sulla qualità dei delicati servizi in questione, oggi gestiti nelle questure e nelle prefetture -:
quali garanzie certe ed immediate si intendano accordare sul piano del perfezionamento del rapporto di lavoro ai precari storici degli uffici immigrazione delle questure e degli sportelli unici delle prefetture.
(4-07729)

Risposta. - Le questioni sollevate nell'interrogazione in esame vanno inquadrate nel più ampio contesto delle diverse iniziative che - su molteplici versanti - sono state adottate proprio per garantire la migliore funzionalità degli uffici delle prefetture e delle questure che si occupano di immigrazione.
Si tratta di misure imposte da esigenze di carattere temporaneo e straordinario, adottate per attuare specifiche strategie organizzative.
La stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato cui l'interrogante fa riferimento non è al momento consentita dalle esigenze di contenimento del disavanzo pubblico che ha portato ad interventi di eccezionale rigore. Peraltro, le medesime esigenze di razionalizzazione e di contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni hanno imposto al Ministero dell'interno un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche del personale.
D'altra parte, gli uffici di prefetture e questure fanno fronte ai relativi compiti d'istituto avvalendosi delle altre misure organizzative e di sistema che - a partire dal 2009 - sono state adottate per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto sull'implementazione della tecnologica negli uffici.
Sono state, infatti, assegnate agli uffici immigrazione delle questure 300 nuove postazioni di lavoro, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico.
Sono state, altresì, distribuite 70 nuove apparecchiature
visascan di ultima generazione, per il più rapido rilevamento delle impronte digitali.
Si è provveduto, inoltre, ad affrontare situazioni di forte criticità degli uffici maggiormente impegnati, con l'invio
in loco di un'apposita «unità di intervento rapido», istituita presso la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere: una vera e propria task force specializzata per risolvere le problematiche via via emergenti.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati nella concessione dei titoli di primo soggiorno, nei

rinnovi dei permessi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. Questi i dati: nel 2008 sono sta rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009 con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 31 agosto 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 858.414 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia i rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 2.629 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008. Nel 2010, i tempi medi di produzione del titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di progressivi, ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge, che il Governo intende raggiungere entro la fine della legislatura.
L'attività degli uffici, pertanto, non subirà né pause né soluzioni di continuità, e ciò grazie all'implementazione delle tecnologie e alle misure organizzative adottate.
Per quel che riguarda l'impiego di ulteriori 650 unità di personale, l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 ha autorizzato il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «ad utilizzare per un periodo non superiore a sei mesi tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di 650 e 300 unità, da ripartire tra le sedi di servizio coinvolte nelle procedure di regolarizzazione del lavoro irregolare».
Il ricorso a tale personale, per il quale si è provveduto alla copertura dei conseguenti oneri con le risorse derivanti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro per ciascuna istanza di emersione dal lavoro irregolare, si è reso necessario al fine di consentire l'espletamento, in termini di urgenza, di tutte le misure organizzative indispensabili per una efficace gestione delle procedure amministrative connesse alle dichiarazioni di emersione. Il personale è stato infatti destinato esclusivamente all'espletamento dell'attività relativa alla procedura di emersione, con il risultato che ad oggi sono state evase l'80 per cento delle istanze.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Compagnia portuale di Livorno deteneva un terreno all'interno del porto di Livorno sul quale operava la società controllata Seal s.r.l.;
a seguito di una gravissima crisi finanziaria la Seal s.r.l. era in procinto di cessare la propria attività nel 2003 e Roberto Piccini presidente della Compagnia portuale proprietaria dell'area, dei magazzini e degli uffici, sottoscriveva con l'allora commissario dell'autorità portuale di Livorno, signor Bruno Lenzi, un contratto di vendita dell'intera superficie e degli immobili lì compresi per un valore di circa 7,5 milioni di euro, dopo che già aveva ricevuto dall'autorità portuale la somma di 3,5 milioni di euro per una «indennità di delocalizzazione» di un'attività industriale che in realtà mai più sarebbe stata ripresa;
in conseguenza di detto contratto, l'area e gli immobili sarebbero entrati nella disponibilità e piena proprietà dell'autorità portuale;
il contratto di vendita, che prevedeva alcune clausole di automatica cessazione e restituzione alla autorità portuale delle ingenti somme già percepite dalla Compagnia portuale, non si perfezionò durante il periodo in cui Bruno Lenzi rimase commissario

dell'Autorità portuale, nonostante questo ente avesse già corrisposto alla Compagnia portuale, nel frattempo anch'essa precipitata in situazioni finanziarie non confortevoli, un cospicuo anticipo di circa 3 milioni di euro;
con l'arrivo di Roberto Piccini alla carica di presidente dell'Autorità portuale nel dicembre 2006 il contratto, da lui a suo tempo sottoscritto nella qualità di presidente di parte venditrice, veniva rivitalizzato e concluso, con relativo pagamento da parte di Piccini alla Compagnia portuale degli importi economici rimanenti pari a circa 4 milioni di euro;
il contratto prevedeva la singolare possibilità che la parte venditrice Compagnia portuale di Livorno continuasse a utilizzare le aree, nel frattempo divenute proprietà dell'Autorità portuale, sino al termine dell'anno 2008, impegnandosi a pagare un corrispettivo canone di affitto all'ente del porto;
scaduto il termine previsto del 2008, la Compagnia portuale avrebbe dovuto rilasciare le aree e gli immobili liberi da persone e cose e riconsegnarli all'Autorità portuale che, come detto, per volontà di Roberto Piccini, aveva acquistato i terreni ed i manufatti;
l'acquisto era stato finanziato dallo Stato, tramite l'erogazione dei fondi ai singoli porti vincolati alla realizzazione di opere ed infrastrutture destinate allo sviluppo delle «Autostrade del mare», corridoi di navigazione tramite i quali far transitare, per mare, grandi numeri di autotreni decongestionando, in tal modo, la rete autostradale nazionale;
si è potuto verificare che la Compagnia portuale di Livorno continua ad occupare sia gli uffici che le aree di proprietà dell'Autorità portuale livornese sulle quali è impedita ogni possibilità di accesso a causa di una ininterrotta recinzione e sbarramento delle vie di transito, peraltro costantemente presidiate da dipendenti della Compagnia portuale;
sugli immobili è ad oggi presente l'insegna societaria della Compagnia portuale livornese;
risulterebbe, che la Compagnia portuale di Livorno, la cui situazione finanziaria si è nel frattempo aggravata secondo quanto si è letto sulla stampa locale nei mesi scorsi, non paghi all'Autorità portuale alcun canone di affitto sugli immobili e sulle aree occupate senza titolo;
sulle aree in questione non si svolge e non si è mai svolto alcun traffico collegato con le cosiddette «autostrade del mare» scopo per il quale i beni sono stati acquistati dall'Autorità portuale utilizzando uno specifico finanziamento dello Stato;
l'Autorità portuale non ha mai avanzato alla Compagnia portuale richieste di pagamento per le aree occupate senza titolo e senza corrispettivo, pur non potendo ignorare il persistente stato di occupazione e illecito utilizzo degli immobili -:
se il contratto di acquisto dei terreni portuali su cui insisteva la società Seal s.r.l. sottoscritto nel 2007 tra il presidente Piccini e la Compagnia portuale di Livorno sia stato legittimo e proceduralmente corretto;
se i terreni acquistati siano mai stati utilizzati per sviluppare il traffico delle «autostrade del mare»;
se non ricorrano i presupposti per revocare il finanziamento di scopo di 8 milioni di euro erogato dallo Stato all'Autorità portuale di Livorno;
per quale motivo l'Autorità portuale consenta la perdurante occupazione di importanti aree operative alla Compagnia portuale di Livorno senza alcun corrispettivo economico così avvantaggiando un soggetto privato versante in una gravissima crisi economica e finanziaria, a scapito di altri concorrenti operatori portuali livornesi;
se i fatti come sopra esposti, per la loro gravità, non meritino una circostanziata

inchiesta da parte degli organi ispettivi del Ministero e degli organi di controllo dell'Autorità portuale di Livorno, e qualora ne sussistano i presupposti, non si intendano effettuare le opportune segnalazioni alla Corte dei conti.
(4-07888)

Risposta. - Negli anni 2002 e 2001 nell'ambito, di un più vasto indirizzo impresso dal presidente dell'autorità portuale di Livorno allora in carica, ragioniere Nereo Marcucci, che ha riguardato la delocalizzazione delle attività produttive o industriali presenti all'interno del porto allo scopo di avere a disposizione aree per lo sviluppo delle attività portuali, vennero stipulate convenzioni per lo spostamento fuori dal porto di varie società imprenditoriali. Tra l'altro, il programma governativo delle cosiddette autostrade del mare legittimava la possibilità di acquisire aree portuali da adibire al traffico via mare dei rotabili.
Tre le convenzioni allora stipulate si colloca l'accordo tra la compagnia portuale di Livorno (Cpl), proprietaria del terreno e la società servizi ecologici ambientali Livorno Seal srl, utilizzatrice dello stesso, per la delocalizzazione delle attività di quest'ultima, dietro corresponsione della somma di euro 3.656.000. Tale importo, stabilito da un perito esperto nel settore economico marittimo designato dal tribunale di Livorno e scelto nell'ambito dell'albo dei consulenti tecnici tenuto dal tribunale stesso, venne corrisposto alla Seal come indennizzo forfettario omnicomprensivo degli oneri di delocalizzazione degli impianti a di ogni altra spesa o perdita, anche indiretta e di qualsiasi pregiudizio presente o futuro conseguente al trasferimento delle attività produttive. Nello stesso atto contrattuale, pur trattandosi di una proprietà privata, venne posto vincolo alla proprietaria Cpl di mantenimento della destinazione d'uso unicamente allo svolgimento di operazioni portuali per la durata di venti anni.
Successivamente, durante il periodo di commissariamento dell'autorità portuale affidato al signor Bruno Lenzi, venne stipulato un accordo tra l'autorità portuale, la compagnia portuale e la società servizi ecologici ambientali Livorno contenente formale contratto preliminare di vendita da parte della compagnia portuale alla autorità portuale dell'intera area al prezzo complessivo di euro 7.626.955. A titolo di caparra confirmatoria veniva versato alla compagnia l'importo di euro 1.000.000 all'atto della sottoscrizione della promessa di vendita, mantenendo la parte venditrice la piena disponibilità di utilizzo del complesso immobiliare senza onere aggiuntivo fino al saldo effettivo del corrispettivo della compravendita. In seguito, in data 25 marzo 2004 venne effettuato, per quanto non previsto in contratto, un ulteriore pagamento di euro 1.525.391 alla compagnia portuale di Livorno per rimborso di imposta Iva dovuta per l'intera compravendita.
Nella promessa di vendita era previsto che la compagnia portuale di Livorno o altra società partecipata avesse facoltà di utilizzo delle aree oggetto della convenzione per un periodo iniziale di sei mesi a decorrere dall'acquisizione della disponibilità delle superfici, con possibilità di riottenerne l'uso per ulteriori periodi di durata massima di sei mesi ciascuno. L'utilizzo doveva essere legato allo svolgimento di operazioni portuali di natura «
multipurpose».
In data 30 dicembre 2003 veniva stipulato l'atto di compravendita che confermava il prezzo già pattuito, prevedeva il saldo ad avvenuto completamento della delocalizzazione dello stabilimento Seal ed all'effettiva erogazione dei fondi ministeriali per il finanziamento delle «Autostrade del mare», mentre la compagnia portuale di Livorno avrebbe mantenuto la piena disponibilità dei complesso immobiliare sino al saldo del corrispettivo della vendita.
Delle determinazioni sin qui adottate dall'allora commissario per l'acquisizione delle aree in argomento, veniva dichiarata presa d'atto con delibera del comitato portuale n. 30 del 27 luglio 2004.
La situazione rimase così immutata per l'intero periodo del commissariamento dell'autorità portuale, in quanto l'atto sottoscritto era stato risolutivamente condizionato ad una ipotesi di acquisizione di

un'altra area portuale di proprietà della società rete ferroviaria italiana che non si perfezionò.
A seguito del riassetto istituzionale avvenuto nel dicembre 2006, con la nomina del presidente Piccini la questione ritornò all'evidenza e si prese atto di una trattativa con rete ferroviaria italiana che non procedeva a causa di problematiche ambientali nel frattempo intervenute con le relative necessità di onerosi esborsi conseguenti.
Nel medesimo contesto si rilevò l'incongruenza di una situazione che vedeva l'autorità portuale impegnata all'acquisizione di un'area in virtù del preliminare di acquisto del 14 novembre 2003 e del successivo atto di compravendita del 30 dicembre 2003 esposta di una cifra non indifferente versata alla controparte, pari ad euro 2.525.391,00, senza peraltro avere alcuna disponibilità dell'area, rimasta agli usi della Cpl e senza ritorno economico alcuno.
Peraltro, con delibera n. 10 del 18 luglio 2007, era stato approvato dal comitato portuale il nuovo piano operativo triennale 2007/2009 il quale prevedeva tra i suoi contenuti la necessità di perfezionamento dell'acquisizione dell'area di che trattasi per i fini strategici gestionali dell'autorità portuale in quella zona del porto e più precisamente per la creazione di un comparto «
multipurpose».
Pertanto, previa conforme delibera del comitato portuale, l'autorità portuale ha portato a termine l'operazione di compravendita e con rogito in data 24 settembre 2007 si è provveduto al definitivo trasferimento dell'area nella proprietà dell'autorità portuale.
Corre obbligo di rilevare che nonostante una previsione contenuta nel preliminare di acquisto, di conclusione dell'atto di vendita entro la data del 31 dicembre 2003, il prezzo di vendita rimaneva fisso ed invariato rispetto a quanto inizialmente pattuito dal commissario Lenzi e cioè euro 7.626.955, senza versamento di alcuna somma a titolo di interesse, rivalutazione o altro.
Ciò premesso, si evidenzia che la possibilità di utilizzo da parte della compagnia portuale di Livorno delle aree era stata prevista nel preliminare di vendita stipulato in data 14 novembre 2003. L'utilizzazione che ne è seguita è stata dunque un adempimento di un preciso obbligo contrattuale che ha assunto efficacia solo dal momento della stipula dell'atto di trasferimento del possesso del bene avvenuto in data 24 settembre 2007.
Tali utilizzazioni, regolarmente richieste da società del gruppo Cpl in funzione di traffici portuali ed in modo corrispondente alle previsioni dell'atto preliminare, sono state pagate all'Autorità portuale per un importo complessivo di euro 356.551,69, in applicazione della regolamentazione vigente.
Inoltre, l'area acquisita è stata oggetto di utilizzo ai fini portuali con traffici «
multipurpose», compresi i traffici legati alle cosiddette autostrade del mare, come ad esempio auto provenienti dalla Comunità europea.
Peraltro, il nuovo piano operativo triennale 2010-2012 conferma l'esigenza di realizzazione di un vasto terminal «
multipurpose» nelle aree e negli accosti della sponda est della darsena Toscana, con mantenimento dello stanziamento previsto per la realizzazione di un IV lotto.
Alla scadenza dei rinnovi previsti dall'atto preliminare del 14 novembre 2003, l'autorità portuale, con nota del 9 febbraio 2009, ha invitato la compagnia impresa lavoratori portuali (Cilp), società del gruppo Cpl, a provvedere alla restituzione dell'area ai fini di preventivate destinazioni d'uso ed alle esigenze di cantiere per la realizzazione della banchina del IV lotto.
A seguito della risposta in data 26 febbraio 2009, con la quale la Cilp confermava la prosecuzione dell'utilizzo di una palazzina ad uso uffici e di un magazzino che avrebbe in breve liberato dalle merci depositate, sono state emesse fatture per un totale di euro 78.992,39, regolarmente saldate.
Si fa presente che l'occupazione del magazzino è cessata nell'agosto del 2609; sono state accertate ulteriori occupazioni delle aree scoperte dovute a sconfinamenti di sosta di auto nuove, in occasione di ormeggi di
car-carriers per lo sbarco dei veicoli nelle adiacenti aree di proprietà

della Cilp che sono state regolarizzate previa fatturazione.
Si evidenzia, inoltre, che i residui rapporti tra la Cilp e l'autorità portuale relativi all'area ex Seal sono tuttora garantiti da polizza fideiussoria Arfin rilasciata in data 7 febbraio 2008 per un importo pari ad euro 235.000.
Per quanto riguarda la legittimità del contratto sottoscritto nel 2007, si ribadisce che esso costituisce un semplice adempimento di una obbligazione contratta con l'atto preliminare del 14 novembre 2003 e del successivo atto di compravendita del 30 dicembre 2003, per i quali era stato versato alla controparte un cospicuo anticipo di euro 2.525.391 a fronte di nessun vantaggio per l'autorità portuale che non aveva la disponibilità dell'area acquistata.
In merito all'utilizzo dell'area per lo sviluppo delle autostrade del mare, si conferma che l'area in questione costituisce parte del terminal «
multipurpose», come stabilito nel piano operativo triennale 2010-2012, che comprende anche attività legate alle autostrade del mare.
Infine, si comunica che, l'occupazione dell'area da parte della Cilp fino al 31 dicembre 2008 ha tratto origine da una esplicita obbligazione inserita nel contratto preliminare del 14 novembre 2003. Successivamente la Cilp ha provveduto al pagamento per l'occupazione delle aree.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ritiene che non ricorrano i presupposti per revocare il finanziamento di euro 8.687.589 stanziato ai sensi della legge n. 166 del 2002, atteso che lo stesso è stato già erogato ed utilizzato dalla l'autorità portuale nei termini previsti dalla normativa, come risulta dall'attività di monitoraggio delle opere finanziate dallo Stato.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

NEGRO e RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alla vigilia degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, un numero consistente di commissari esterni e di presidenti (molti dei quali insegnano lettere, latino e matematica), componenti delle commissioni d'esame nominate dai singoli uffici scolastici regionali, avrebbero rinunciato al relativo incarico «per motivi di salute», provocando una serie di gravi disservizi e aggravi di spesa;
da alcuni dati, resi noti dalla stampa nazionale, le defezioni più consistenti si sarebbero registrate in Puglia (20 per cento), in Piemonte (200 tra commissari e presidenti), in Veneto (5-6 per cento), in Abruzzo, in Emilia Romagna, in Umbria (13 presidenti e 44 professori), in Lombardia (183 commissari e presidenti nominati a Milano, Monza e Brianza) con picchi elevati in alcune città tra cui Treviso (10 per cento), Padova (12 per cento) L'Aquila (sei presidenti e 31 commissari) -:
se i dati di cui in premessa corrispondano al vero;
nel caso, se non ritenga opportuno sollecitare presso le competenti gerarchie periferiche, iniziative volte a verificare la validità della richiesta di esonero per malattia dall'incarico di «commissario o presidente» agli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore.
(4-07772)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame, l'interrogante ritiene che il consistente numero di assenze di componenti e presidenti di commissione agli esami di Stato renda opportuno la verifica della validità delle richieste di esonero per malattia.
Al riguardo si rileva che la rinuncia per motivi di salute rientra nella più ampia casistica dell'impedimento ad espletare l'incarico contenuta nella circolare ministeriale del 9 febbraio 2010, n. 11, paragrafo 3.3 (impedimento ad espletare l'incarico).
Ove ricorrano le circostanze ivi previste, i direttori generali degli uffici scolastici regionali, in caso di impedimento dei presidenti di commissione, ed i dirigenti scolastici

della scuola di titolarità, in caso di impedimento dei commissari, dispongono immediati accertamenti in ordine ai motivi addotti a giustificazione dell'impedimento e provvedono alla conseguente sostituzione.
Le modalità di sostituzione dei componenti sono disciplinate dall'ordinanza ministeriale del 5 maggio 2010, n. 44, articolo 11.
Relativamente alle regioni espressamente richiamate, si evidenzia che il fenomeno è contenuto e che sono state comunque effettuate le opportune verifiche da parte degli organi competenti. Nel rinviare ai dati di seguito indicati per quanto verificatosi nelle regioni interessate, si fa presente che i dati sono comprensivi delle sostituzioni effettuate anche per motivi diversi dall'esonero per malattia e riconducibili ad altre motivazioni previste dalla normativa vigente, quali il congedo parentale, l'aspettativa per motivi di famiglia, i permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992, l'astensione per maternità. In tutti i casi i dirigenti generali degli uffici scolastici regionali hanno assicurato che gli uffici competenti hanno svolto gli accertamenti sui documenti prodotti.
In particolare, nella regione Puglia, su 1.031 presidenti e 3.313 commissari esterni, sono stati sostituiti 57 presidenti e 388 commissari, pari alle aliquote, rispettivamente, del 5,5 per cento e dell'11,71 per cento.
Nella regione Piemonte sono stati sostituiti 43 presidenti e 293 commissari.
Nella regione Veneto, su 900 presidenti e 3.372 commissari, sono stati sostituiti 34 presidenti e 272 commissari, pari alle aliquote, rispettivamente, del 3,77 per cento e dell'8,07 per cento.
In ambito locale a Treviso sono state effettuate 15 sostituzioni su 171 presidenti, pari all'8,77 per cento e 51 sostituzioni su 570 commissari, pari all'8,94 per cento; a Padova sono state effettuate 9 sostituzioni su 165 presidenti, pari al 5,45 per cento, e 70 sostituzioni su 527 commissari, pari al 13,28 per cento.
Nella regione Abruzzo, su 309 presidenti e 1.023 commissari, sono stati sostituiti 20 presidenti e 128 commissari, pari alle aliquote, rispettivamente, del 6,47 per cento e del 12,52 per cento.
Nella regione Emilia-Romagna, su 718 presidenti e 2.375 commissari, sono stati sostituiti 33 presidenti e 268 commissari, pari alle aliquote, rispettivamente, del 4,6 per cento e del 11,28 per cento.
Nella regione Umbria le sostituzioni effettuate sono state di 50 membri esterni su 432,8 membri interni su 726 e 15 presidenti su 133.
Nella regione Lombardia infine sono stati sostituiti 79 presidenti, 57 commissari interni e 635 commissari esterni.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

PEDOTO. - Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione telematica dei certificati di malattia, prevista dal decreto legislativo n.150 del 2009, non è ancora del tutto operativa, nonostante l'incremento nell'ultima settimana della distribuzione delle credenziali di accesso (PIN);
la fine della fase di collaudo è prevista per metà settembre 2010 e, come ha annunciato il Ministro Brunetta il 3 agosto 2010, chi non avrà ottemperato alla legge subirà le sanzioni previste dalla normativa;
il ritardo nella distribuzione dei Pin necessari ad acceder al Sac (Sistema di accoglienza centrale), la piattaforma gestita dall'Inps, dove vengono raccolti i certificati digitali, non può essere imputata ai medici di famiglia, come non può essere imputato a loro il costo eccessivo del software di aggiornamento;
i ritardi nella distribuzione dei Pin manifestati in questa prima fase di avvio sono invece imputabili a problemi organizzativo-burocratici interni alle aziende, quali quelli di natura tecnico-informatica, oppure all'assenza di chiare direttive da

parte degli uffici competenti e solo il 5 per cento va invece riferito a fattori di tipo esterno ascrivibili alla mancata ricezione dei Pin;
la mancata piena attuazione della riforma ricadrà inevitabilmente sui cittadini che si vedranno costretti a fare file più lunghe sia dal medico di famiglia sia al pronto soccorso e quello che doveva essere un sistema per accelerare i tempi potrebbe rivelarsi un incubo, almeno in questa prima fase -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno sospendere la prima scadenza del 15 settembre 2010, onde verificare con più calma ed accuratezza che tutta la procedura sia entrata a regime e che tutti i medici di famiglia, in tutte le regioni, possano inviare on line i certificati di malattia così come richiesto dalla normativa;
quale sia al 15 settembre 2010, la distribuzione dei Pin divisa per singole regioni e quanti siano stati gli invii telematici dei certificati di malattia rispetto alla totalità dei certificati di malattia richiesti in questo primo periodo di sperimentazione.
(4-08548)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione alcuni chiarimenti in merito al sistema di trasmissione telematica dei certificati medici, si rappresenta quanto segue.
Con decreto del Ministro della salute del 26 febbraio 2010 - recante «Definizione delle modalità tecniche per la predisposizione e l'invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC» -, emanato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze, si è concluso un lungo per corso normativo mediante il quale il legislatore, ispirandosi ai principi di sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'azione amministrativa (cfr. Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) ha disposto il collegamento in rete dei medici curanti nonché la trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all'Istituto nazionale della previdenza sociale, per i lavoratori del settore privato.
Com'è noto, già con il comma 149 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (finanziaria per il 2005) è stata prevista la trasmissione telematica del certificato di malattia, da parte del medico curante, all'Inps.
Successivamente, con la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 810, della legge n. 296 del 2006) si è aggiunto il comma 5-
bis, all'articolo 50 del decreto-legge n. 269/2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326 del 2003, che ha reso disponibile, a partire dal 1o luglio 2007, il collegamento in rete dei medici del sistema sanitario nazionale, secondo le regole tecniche del sistema pubblico di connettività (articoli 72 e seguenti del codice dell'amministrazione digitale) al fine di portare avanti, tra l'altro, il processo di «telematizzazione» dei certificati.
In particolare, con l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 marzo 2008, sono stati definiti i principi generali per la trasmissione telematica dei dati delle certificazioni di malattia al sistema tecnologico fornito dal Ministero dell'economia e delle finanze e denominato Sac (sistema di accoglienza centrale) nonché le caratteristiche tecniche di acquisizione e trasmissione dei dati.
Parallelamente all'evoluzione legislativa sopra delineata, relativa ai certificati medici del settore privato, sono state emanate, con l'articolo 55-
septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (cosiddetta «legge Brunetta»), disposizioni per la trasmissione telematica all'Inps dei certificati di malattia dei lavoratori del settore pubblico.
In dettaglio, il suddetto articolo 55-
septies, al comma 2, prevede che «In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'istituto nazionale

della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, (...) e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata».
A tal riguardo, il dipartimento della funzione pubblica e il dipartimento della digitalizzazione delta pubblica amministrazione e dell'innovazione tecnologica, prima con la circolare n. 1 dell'11 marzo 2010 e successivamente con la circolare n. 2 del 28 settembre 2010, hanno fornito istruzioni operative e chiarimenti per l'applicazione della nuova procedura.
In sintesi:
il certificato di malattia è inviato per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia all'Inps;
l'Inps invia immediatamente il certificato, sempre per via telematica, all'amministrazione di appartenenza del lavoratore;
l'inosservanza degli obblighi di trasmissione telematica da parte dei medici costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta il licenziamento o, per i medici convenzionati, la decadenza dalla convenzione;
per il lavoratore del settore pubblico - che comunque deve segnalare tempestivamente all'amministrazione al fine dei controlli medico fiscali, la propria assenza e l'indirizzo di reperibilità - l'invio telematico soddisfa l'obbligo di recapitare l'attestazione di malattia ovvero di trasmetterla tramite raccomandata con avviso di ricevimento alla propria amministrazione entro 2 giorni lavorativi successivi all'inizio della malattia.
Il servizio di trasmissione telematica dei certificati di malattia consente, così, di automatizzare e digitalizzare completamente l'intero processo organizzativo-gestionale che si origina con la produzione dei certificati di malattia e degli attestati di malattia (intendendosi con quest'ultima espressione il certificato che non contiene l'esplicitazione della diagnosi, in osservanza della normativa in materia di protezione dei dati personali) da parte del medico e si conclude con la trasmissione dei certificati all'Inps degli attestati ai rispettivi datori di lavoro.
La trasmissione telematica dei certificati di malattia viene effettuata sia dai medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale (quali i medici ospedalieri ed i medici di distretto), sia dai medici in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale (quali i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti ambulatoriali).
Tramite il sistema di accoglienza centrale (Sac), messo a disposizione dal Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi di quanto previsto dal summenzionato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 marzo 2008 oppure mediante i Sistemi di accoglienza regionali (Sar), ove disponibili, i medici del Servizio sanitario nazionale effettuano le operazioni di predisposizione ed invio telematico dei certificati di malattia all'Inps, di annullamento e rettifica dei certificati già inviati, nonché la stampa della copia cartacea dei certificati e dei relativi attestati.
I medici effettuano l'invio telematico dei certificati di malattia (ma anche l'annullamento o la rettifica di certificati già inviati), secondo le seguenti modalità:

a) utilizzando il servizio Web reso disponibile dal Sac, tramite il quale è anche possibile stampare una copia cartacea del certificato e dell'attestato di malattia, e/o inviarne una copia in formato Pdf alla casella di posta elettronica o di posta elettronica certificata del lavoratore;
b) utilizzando il proprio sistema software, opportunamente integrato a cura del fornitore del software medesimo con le funzionalità necessarie per dialogare via web services con il Sac;
c) utilizzando i sistemi di accoglienza regionali (Sar) che rendono disponibili i servizi necessari per la predisposizione e l'invio dei certificati;
d) utilizzando il risponditore automatico che, raggiungibile attraverso il numero

verde 800013577, consente di inviare il certificato di malattia mediante un normale telefono fisso o mobile; risolvendo, in tal modo, eventuali difficoltà temporanee dovute, ad esempio, alla mancanza di un personal computer o di una connessione a internet.
Inoltre sono previsti dei servizi di assistenza tecnica e normativa forniti dai seguenti
contact center:
contact center del sistema Ts raggiungibile attraverso il numero verde: 800030070;
contact center Inps raggiungibile attraverso il numero 803.164.
Al fine di garantire l'effettivo adempimento della trasmissione per via telematica dei certificati, considerati i notevoli vantaggi che derivano dall'applicazione del sistema in termini di economicità ed efficienza, sono state introdotte, come sopra detto, specifiche disposizioni a carattere sanzionatorio. Per assicurare, altresì, un'attuazione omogenea della normativa, il dipartimento della funzione pubblica e il Dipartimento della digitalizzazione della pubblica amministrazione e dell'innovazione tecnologica, con le sopra citate circolari, hanno precisato i tempi e le modalità di applicazione del nuovo sistema, tenuto conto dell'esigenza di una sua introduzione graduale ed uniforme sul territorio nazionale.
In tal senso, con l'entrata in vigore del sopra citato decreto del Ministero della salute del 26 febbraio 2010, è cominciato a decorrere, per il medico curante, l'obbligo di procedere in via telematica alle operazioni di predisposizione e di invio dei certificati di malattia, secondo le modalità sopra precisate.
In via transitoria, nei tre mesi successivi alla pubblicazione del decreto interministeriale, è stata comunque riconosciuta ancora la possibilità per il medico di procedere al rilascio dei certificati in formato cartaceo.
Al fine di verificare la corretta funzionalità del sistema ed eventualmente operare interventi di messa a punto dello stesso, allo scadere del periodo transitorio, per la durata di un mese, è stato effettuato un collaudo generale del sistema stesso; al tal fine è stata costituita un'apposita commissione i cui componenti sono stati scelti tra le amministrazioni e i soggetti coinvolti dall'applicazione del nuovo sistema. i lavori della commissione si sono svolti nel periodo luglio-settembre 2010. Allo scadere del primo mese successivo al periodo transitorio, la commissione ha riscontrato l'esistenza di «
a) ritardi registrati nella procedura di messa a disposizione dei medici delle credenziali di accesso al sistema; b) la non disponibilità del canale telefonico per l'invio da, parte del medico dei certificati; c) necessità di messa a punto delle prestazioni del sistema in relazione al progressivo aumento degli utenti.». Pertanto, la commissione ha ritenuto di non poter «considerare positivamente l'esito del collaudo» e di dover proseguire nell'esame dell'operatività del sistema generale.
La seconda fase del collaudo si è conclusa il 15 settembre 2010. Durante la seduta, «(...) la commissione, preso allo dei risultati delle verifiche del sistema, relativamente ai servizi resi disponibili ai medici, ai lavoratori e alle amministrazioni, nonché alla messa a disposizione dei medici e datori di lavoro delle credenziali di accesso necessarie per il suo utilizzo, ritiene concluso il collaudo in quanto è verificata la funzionalità delle piattaforme e dei sistemi. Si evidenziano segnalazioni di difficoltà applicativa sotto il profilo organizzativo, sia in ambito ospedaliero che territoriale, per le quali vanno previste soluzioni da porre in atto in tempi brevi nella fase di compiuta ottimizzazione, al fine di realizzare la finalità di un sistema che richiede il complessivo allineamento di tutte le responsabilità. In funzione di ciò, la commissione stabilisce di avviare un monitoraggio continuo con il concerto di tutte le amministrazioni interessate, della regolarità del servizio, al fine di certificare eventuali situazioni di oggettiva di difficoltà di adempiere alla trasmissione di quanto previsto dalla norma».
All'esito di questa seconda fase di collaudo, in considerazione delle criticità organizzative emerse soprattutto per alcuni settori ed aree territoriali, si è ritenuto

opportuno effettuare un monitoraggio del sistema. La durata del monitoraggio viene stimata in circa quattro mesi.
L'esistenza di tali criticità, per il superamento delle quali le amministrazioni interessate lavoreranno durante i prossimi mesi anche utilizzando le evidenze del monitoraggio, rendono allo stato problematica l'emersione e l'accertamento di eventuali responsabilità per la violazione della normativa e, quindi, lo svolgimento dei procedimenti per l'irrogazione delle conseguenti sanzioni. Infatti, la piena applicazione dell'apparato sanzionatorio richiede la definizione di presupposti di azione chiari e di un quadro di operatività certo in mancanza dei quali potrebbe non essere riscontrabile l'elemento della colpevolezza dell'illecito. Pertanto, fermo restando l'obbligo dei medici di continuare a trasmettere i certificati per via telematica in presenza delle condizioni organizzative e tecniche che lo rendono possibile, per il periodo transitorio, così come chiarito dalla citata circolare n. 2 del 2010 «sino al 31 gennaio 2011, durante il quale le più rilevanti criticità dovranno essere affrontate, è opportuno che le amministrazioni competenti si astengano dalla contestazione degli addebiti specificamente riferiti all'adempimento».
Da ultimo, è d'uopo rappresentare che in data 3 novembre 2010, all'esito di un primo periodo di monitoraggio (aggiornato al 19 ottobre 2010), sono stati diffusi in un comunicato stampa (di cui si riporta di seguito il contenuto) i dati ufficiali forniti dall'Inps, concernenti il volume complessivo dei certificati medici inviati con la nuova procedura che, ad oggi, ha raggiunto le 1.250.000 unità.
A livello territoriale, il flusso dei certificati di malattia digitali risulta così distribuito: 521.008 in Lombardia, 157.274 nel Lazio, 94.507 in Veneto, 67.805 in Campania, 60.442 in Sicilia, 60.038 in Emilia Romagna, 53.535 nelle Marche, 29.707 in Piemonte, 28.431 in Abruzzo, 27.498 nella Provincia di Bolzano, 26.774 in Puglia, 23.114 in Calabria, 22.154 in Toscana, 13.816 nella Provincia di Trento, 13.484 in Liguria, 10.576 in Basilicata, 10.258 in Sardegna, 9.904 in Umbria, 5.594 in Valle d'Aosta, 4.012 in Molise e 3.667 in Friuli Venezia Giulia.
Il confronto dei flussi cartacei del 2009 con quelli via
web dell'anno in corso consente di stimare l'impatto della digitalizzazione in atto. A livello nazionale, la quota di certificati di malattia dei lavoratori privati Inps trasmessi in modalità digitale sul totale dei certificati acquisiti in modalità cartacea nello stesso periodo del 2009 è passata da circa il 20 per cento di agosto al 45 per cento di settembre, fino al 56 per cento di ottobre. Anche l'avvio di novembre conferma questo trend positivo, con un tasso di copertura del digitale giornaliero pari al 61 per cento. Nel dettaglio territoriale, per Lombardia e Lazio si stima che il numero medio quotidiano di certificati on line dei lavoratori privati Inps è di gran lunga superiore a quello dei certificati acquisiti tramite canale cartacea nello stesso periodo di un anno fa. Il tasso di copertura del digitale risulta abbondantemente superiore al 70 per cento in Veneto, Abruzzo e Sicilia. In Valle d'Aosta, Basilicata, nelle province autonome di Trento e Bolzano, Molise, Marche e Calabria ogni giorno è mediamente trasmesso un volume di certificati digitali pari a ben oltre la metà del totale dei certificati cartacei acquisiti dall'Inps nello stesso periodo del 2009. In Emilia Romagna, Campania, Puglia, Liguria e Umbria almeno un certificato di malattia su tre quotidianamente acquisiti un anno fa in modalità cartacea risulta oggi trasmesso via web.
Sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, sfiora ormai l'89 per cento la media regionale dei medici di famiglia abilitati ad accedere al nuovo sistema. Il processo di distribuzione dei
pin a questi ultimi è infatti terminato in Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia (già abilitati alla nuova procedura tramite Carta nazionale dei servizi) e Valle d'Aosta. L'operazione è sostanzialmente conclusa anche in Veneto, provincia di Bolzano, Marche, Basilicata, Campania, Calabria, Umbria, Piemonte e Sardegna, dove la percentuale dei medici di famiglia abilitati è compresa tra il 91

e il 98 per cento. Tale percentuale oscilla invece tra il 70 e il 90 per cento in Abruzzo, Puglia, Lazio, Sicilia, Provincia di Trento e Molise. Ancora ferma al 45 per cento la Liguria.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto 11 settembre 2007, il Ministero dell'interno ha indetto, per il personale precario della sua stessa amministrazione, una procedura concorsuale per titoli ed esami, al fine di assorbirne 650 unità con contratto a tempo determinato. Al concorso erano ammessi i profili professionali di coadiutori amministrativi contabili, area funzionale B, posizione economica B1, da assegnare agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture;
il predetto contratto a tempo determinato, della durata complessiva di 36 mesi, costituiva requisito necessario per la stabilizzazione definitiva dei 650 precari succitati;
il 2 gennaio 2008, con decreto ministeriale 3 settembre 2007, decreto ministeriale 28 dicembre 2007, decreto ministeriale 20 febbraio 2008, decreto ministeriale 9 settembre 2008, si è proceduto all'assunzione a tempo determinato delle 650 unità , attraverso concorso pubblico per titoli ed esami;
i 650 coadiutori amministrativi contabili hanno sottoscritto un primo contratto individuale della durata in realtà solo di un biennio (2008-2009), cui agganciare, per il 2010, una proroga contrattuale di un ulteriore anno in quanto, come si legge nel messaggio urgentissimo del Ministero dell'interno 31 dicembre 2008 protocollo n. M/6161/650 COAD: «(...) avrà, al momento, durata di ventiquattro mesi non sussistendo la piena copertura finanziaria, relativamente ai previsti trentasei mesi. Si fa presente, comunque, che una volta acquisiti i necessari finanziamenti si procederà alla proroga dei citati contratti per ulteriori 12 mesi»;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3828 del 27 novembre 2009, concernente «Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per il contrasto e la gestione dell'eccezionale afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea», pubblicata in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 2009, è stata autorizzata la proroga della durata dei contratti a tempo determinato del personale assunto presso gli sportelli unici (ai sensi dell'articolo 1, comma 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, entro i limiti di spesa di 1.6 milioni di euro) fino al 31 dicembre 2010;
il sottosegretario di Stato dell'interno, onorevole Nitto Francesco Palma, in risposta all'interrogazione presentata l'1° dicembre 2009 dall'onorevole Marco Minniti (4-05236), ha dichiarato che la stessa ordinanza autorizza il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a utilizzare, per un periodo non superiore a sei mesi, per il tramite di una o più agenzie di somministrazione di lavoro interinale, rispettivamente 650 e 300 unità, da destinare alle sedi interessate dalle procedure di emersione;
a detta delle stesse pubbliche amministrazioni interessate, le 650 unità vincitori del concorso citato in premessa (il cui contratto scadrà a fine 2010) e i precari che attualmente prestano servizio presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture e degli uffici immigrazione delle questure sono indispensabili per l'ordinaria attività degli uffici territoriali del Governo nonché degli uffici delle questure;
la loro stabilizzazione scongiurerebbe la dispersione di un patrimonio di conoscenza ed esperienza maturato in anni di lavoro precario -:
se il Governo intenda adottare tutti le necessarie e urgenti iniziative per assicurare

la stabilizzazione a tempo indeterminato delle suddette risorse umane vincitrici di concorso pubblico;
quali siano i criteri di economicità e di buon andamento della pubblica amministrazione che hanno ispirato la decisione del Ministro interrogato di far ricorso, nonostante la disponibilità di queste forze lavoro, a un'agenzia interinale per immettere nell'amministrazione ulteriori lavoratori interinali.
(4-07650)

Risposta. - Le questioni sollevate nell'interrogazione in esame vanno inquadrate nel più ampio contesto delle diverse iniziative che - su molteplici versanti - sono state adottate proprio per garantire la migliore funzionalità degli uffici delle prefetture e delle questure che si occupano di immigrazione.
Si tratta di misure imposte da esigenze di carattere temporaneo e straordinario, adottate per attuare specifiche strategie organizzative.
La stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato cui l'interrogazione, fa riferimento non è al momento consentita dalle esigenze di contenimento del disavanzo pubblico che ha portato ad interventi di eccezionale rigore. Peraltro, le medesime esigenze di razionalizzazione e, di contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni hanno imposto al Ministero dell'interno un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche del personale.
D'altra parte, gli uffici di prefetture e questure fanno fronte ai relativi compiti d'istituto avvalendosi delle altre misure organizzative e di sistema che - a partire dal 2009 - sono state adottate per la velocizzazione delle istruttorie e lo smaltimento dell'arretrato, facendo ricorso soprattutto sull'implementazione della tecnologica negli uffici.
Sono state, infatti, assegnate agli uffici immigrazione delle questure 300 nuove postazioni di lavoro, anche al fine di consentire l'apertura di nuovi sportelli al pubblico.
Sono state, altresì, distribuite 70 nuove apparecchiature visascan di ultima generazione, per il più rapido rilevamento delle impronte digitali.
Si è provveduto, inoltre, ad affrontare situazioni di forte criticità degli uffici maggiormente impegnati, con l'invio
in loco di un'apposita «unita di intervento rapido», istituita presso la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere: una vera e propria task force specializzata per risolvere le problematiche via via emergenti.
Le iniziative adottate hanno fatto registrare significativi risultati nella concessione dei titoli di primo soggiorno, nei rinnovi dei permessi e nei tempi medi di conclusione del procedimento. Questi i dati: nel 2008 sono stati rilasciati 169 mila permessi di soggiorno; nel 2009 242 mila, con un incremento del 43 per cento. Per quanto riguarda invece i rinnovi, nel 2008 sono stati 386 mila a fronte dei 528 mila del 2009 con un incremento di oltre il 50 per cento.
Dal 1o gennaio al 31 agosto 2010 sono stati definiti con esito favorevole complessivamente 858.414 procedimenti relativi a titoli di soggiorno, comprendenti sia rinnovi che i rilasci. Nello stesso arco temporale, sono stati emessi 2.629 provvedimenti di diniego.
Si sono, inoltre, progressivamente ridotti i tempi medi assoluti di conclusione dei procedimenti: si è passati dai 303 giorni del 2007 ai 271 del 2008, ai 101 del 2009, con una riduzione del 67 per cento rispetto al 2007 e del 63 per cento rispetto al 2008. Nel 2010, i tempi medi di produzione dei titoli di soggiorno risultano attestati intorno ai 40/45 giorni. Il
trend di questi dati è suscettibile di progressivi, ulteriori miglioramenti, fino al raggiungimento dell'obiettivo dei venti giorni, previsto dalla legge, che il Governo intende raggiungere entro la fine della legislatura.
L'attività degli uffici, pertanto, non subirà né pause né soluzioni di continuità, e ciò grazie all'implementazione delle tecnologie e alle misure organizzative adottate.
Per quel che riguarda l'impiego di ulteriori 650 unità di personale, l'ordinanza di protezione civile n. 3828 del 27 novembre 2009 ha autorizzato il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali «ad utilizzare per un periodo non

superiore a sei mesi tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di 650 e 300 unità, da ripartire tra le sedi di servizio coinvolte nelle procedure di regolarizzazione del lavoro irregolare».
Il ricorso a tale personale, per il quale si è provveduto alla copertura dei conseguenti oneri con le risorse derivanti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro per ciascuna istanza di emersione dal lavoro irregolare, si è reso necessario al fine di consentire l'espletamento, in termini di urgenza, di tutte le misure organizzative indispensabili per una efficace gestione delle procedure amministrative connesse alle dichiarazioni di emersione. Il personale è stato infatti destinato esclusivamente all'espletamento dell'attività relativa alla procedura di emersione, con il risultato che ad oggi sono state evase l'80 per cento delle istanze.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la continuità territoriale, intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti, si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea;
il trasporto, infatti, se da un lato, si configura come attività di tipo economico, dall'altro, come elemento essenziale del «diritto alla mobilità» previsto all'articolo 16 della Costituzione, costituisce un servizio di interesse economico generale e, quindi, tale da dover essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica;
la peculiarità del mercato dei trasporti impedisce di fatto la realizzazione di un mercato concorrenziale effettivo;
sin dal 1° gennaio 2002 è stata avviata dallo Stato italiano d'intesa con la regione Sardegna la cosiddetta «continuità territoriale», legittimata dalle istituzioni europee;
l'ordinamento giuridico italiano ha previsto specifiche misure volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale con particolare riferimento a quello insulare;
la prima attuazione della continuità territoriale, relativamente ai primi due anni (2002-2003), è stata attuata mediante il finanziamento statale degli obblighi di servizio pubblico;
tale compensazione, qualora necessaria, per la Sardegna non è stata più necessaria, deve essere disposta obbligatoriamente dallo Stato quale costo della coesione territoriale e il riequilibrio economico;
nell'ordinamento nazionale sono state recepite alcune direttive comunitarie volte ad assicurare la continuità territoriale tra i principali aeroporti nazionali e le isole maggiori, alcune isole minori e alcuni territori svantaggiati per dislocazione o tipologia della domanda;
l'articolo 36 della legge 17 maggio 1999, n. 144 al fine di garantire la continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, ha previsto, sulla base del citato regolamento comunitario, procedure e contenuti degli oneri di servizio pubblico per i servizi aerei di linea relativi alle zone indicate, prevedendo la gara d'appalto europea per l'assegnazione delle rotte, in assenza dell'accettazione dell'onere del servizio pubblico;
l'articolo 36 ha previsto, inoltre, che la determinazione dei contenuti dell'onere di servizio pubblico debba essere disposta con decreto ministeriale, e debba avvenire previa conferenza di servizi appositamente indetta dal Presidente della regione, che deve essere altresì sentito ai fini dell'emanazione del decreto ministeriale con il quale si dispone lo svolgimento della gara

europea, qualora nessun vettore accetti gli oneri di servizio pubblico;
il comma 4 dell'articolo 36 prevede, qualora nessun vettore accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, che il Ministro dei trasporti, d'intesa con i Presidenti delle regioni interessate, bandisca la gara d'appalto europea secondo le procedure previste dal regolamento (CEE) n. 2408/92 e successive modifiche introdotte con il Regolamento CE n. 1008/2008;
l'articolo 9 del decreto legislativo di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione (decreto legislativo n. 96 del 2005) ha modificato l'articolo 782 del codice, prevedendo una nuova disciplina in materia di oneri di servizio pubblico. Il citato articolo prevede che «nel caso in cui l'offerta dei servizi aerei non garantisca il diritto alla mobilità previsto dall'articolo 16 della Costituzione, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti può imporre oneri di servizio pubblico, con procedure trasparenti e non discriminatorie, riguardo a servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto situato sul territorio nazionale che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del territorio nazionale o riguardo a una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel territorio nazionale, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso»;
l'imposizione per la Sardegna degli oneri di servizio pubblico fu accettata dai vettori Alitalia, Air One e Meridiana, che, nel biennio 2002-2003, hanno goduto di una compensazione finanziaria, attraverso la stipula di convenzioni: la compensazione non è stata più prevista nel 2004;
alla scadenza delle convenzioni per gli anni 2002 e 2003, è stata sottoscritta con i medesimi vettori una nuova convenzione della durata di un anno e con scadenza 31 dicembre 2004, sulla base della quale i precitati collegamenti erano assicurati alle medesime condizioni, sia di servizio sia tariffario, senza tuttavia richiedere compensazioni da parte dello Stato;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta della regione Sardegna, con decreto ministeriale 8 novembre 2004, ha stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2005 e permanendo le esigenze di continuità territoriale, l'imposizione di oneri di servizio pubblico per diciannove rotte, poi ridotte a diciotto, da e per la Sardegna, in un'unica e inscindibile soluzione, senza esclusiva e senza compensazione a carico dello Stato;
in data 4 marzo 2005 la Commissione europea ha avviato un procedimento formale d'indagine - ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2408/92 - sugli oneri di servizio pubblico previsti dall'Italia, il 10 dicembre 2004, sulle diciotto rotte aeree in questione, al fine di accertare se essi fossero conformi alla disciplina comunitaria relativa al mercato interno;
l'intera procedura predisposta dalla regione sarda nel 2005 fu secondo l'interrogante fallimentare sotto ogni punto di vista e solo dopo l'annullamento delle procedure già avviate solo nel 2007 furono ripristinate condizioni minime di continuità territoriale;
un'indagine conoscitiva della Camera dei deputati in ordine ai profili della compensazione finanziaria, nel corso dell'indagine conoscitiva ha richiamato il regime «a costo zero» che si è avuto per il 2004 per la regione Sardegna (a seguito dell'accettazione da parte delle compagnie aeree);
con il nuovo regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 all'articolo 16 sono stati definiti i principi generali per gli oneri di servizio pubblico:
1. Previa consultazione con gli altri Stati membri interessati e dopo aver informato la Commissione, gli aeroporti interessati e i vettori aerei operanti sulla rotta, uno Stato membro può imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di

sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso. Tale onere è imposto esclusivamente nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale. I criteri specifici imposti sulla rotta oggetto dell'onere di servizio pubblico sono stabiliti in modo trasparente e non discriminatorio.
(...) 3. Nel valutare la necessità e l'adeguatezza di un onere di servizio pubblico previsto lo Stato membro tiene conto o gli Stati membri tengono conto:
a) dell'equilibrio tra l'onere previsto e le esigenze in materia di sviluppo economico della regione interessata;
b) della possibilità di ricorrere ad altre modalità di trasporto e dell'idoneità di queste ultime a soddisfare il concreto fabbisogno di trasporto, in particolare nel caso in cui i servizi ferroviari esistenti servano la rotta prevista con un tempo di percorrenza inferiore a tre ore e con frequenze sufficienti, coincidenze e orari adeguati;
c) delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti;
d) dell'effetto combinato di tutti i vettori aerei che operano o intendono operare sulla rotta di cui trattasi.

(...) 7. Qualora sia stato imposto un onere di servizio pubblico conformemente ai paragrafi 1 e 2, il vettore aereo comunitario può mettere in vendita il solo posto a condizione che il servizio aereo in questione soddisfi tutti i requisiti dell'onere di servizio pubblico. Di conseguenza, siffatto servizio aereo è considerato un servizio aereo di linea.
8. Qualora sia stato imposto un onere di servizio pubblico a norma dei paragrafi 1 e 2, qualsiasi altro vettore aereo comunitario è autorizzato in qualsiasi momento ad istituire servizi aerei di linea conformi a tutti i requisiti dell'onere di servizio pubblico, incluso il periodo di tempo durante il quale intende effettuare tale prestazione, che può essere richiesto ai sensi del paragrafo 2;

l'articolo 17 della procedura comunitaria di cui sopra prevede che, qualora nessuno dei vettori accetti l'imposizione degli oneri di servizio pubblico, la gara d'appalto per gli oneri di servizio pubblico sia così disciplinata:
1. La gara d'appalto richiesta a norma dell'articolo 16, paragrafo 10, è effettuata secondo la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 10 del presente articolo.
2. Lo Stato membro interessato comunica alla Commissione il testo completo dell'invito a partecipare alla gara salvo nei casi in cui, a norma dell'articolo 16, paragrafo 5, abbia reso noto l'onere di servizio pubblico attraverso la pubblicazione di una nota nella Gazzetta Ufficiale nazionale. In tal caso, anche il bando di gara è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nazionale.
3. Il bando di gara ed il successivo contratto devono contemplare tra t'altro i punti seguenti:
a) le norme prescritte dall'onere di servizio pubblico;
b) le norme relative alla modifica e alla scadenza del contratto, in particolare per tener conto di cambiamenti imprevedibili;
c) il periodo di validità del contratto;
d) le sanzioni in caso di inadempimento del contratto;
e) i parametri obiettivi e trasparenti sulla base dei quali è calcolata la compensazione, ove prevista, per la prestazione dell'onere di servizio pubblico.

(...) 7. La selezione tra le offerte presentate viene effettuata il più presto possibile, tenendo conto della qualità del servizio offerto e in particolare delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti, nonché del costo dell'eventuale compenso richiesto allo Stato o agli Stati membri interessati.
8. Lo Stato membro interessato può compensare un vettore aereo selezionato a norma del paragrafo 7 che soddisfi i requisiti di onere di servizio pubblico prescritti a norma dell'articolo 16; tale compensazione non può superare l'importo necessario per coprire i costi netti sostenuti per la prestazione dell'onere di servizio pubblico, tenendo conto dei conseguenti ricavi ottenuti dal vettore aereo e di un margine di profitto ragionevole.
Il regolamento comunitario sancisce fondamentalmente tre elementi rilevanti:
1) è lo Stato ad imporre l'onere del servizio pubblico;
2) l'onere del servizio pubblico non deve creare discriminazioni tra cittadini europei, e quindi l'utilizzo degli oneri di servizio pubblico non deve essere riservato solo ai residenti ma esteso a tutti i cittadini europei in transito da aeroporti italiani verso la Sardegna;
3) il parametro di riferimento per l'imposizione dell'onere del servizio pubblico è la comparazione ferroviaria dei collegamenti;
4) l'eventuale gara, qualora nessuno dei vettori accetti l'imposizione dell'onere del servizio pubblico, può essere svolta senza compensazione;

con l'articolo 1, comma 837, della legge finanziaria dello Stato 2007 è stato previsto in forma generica e non attuativa il trasferimento alla Regione Sardegna di funzioni relative al trasporto pubblico locale e quelle relative alla continuità territoriale: «837. Alla Regione Sardegna sono trasferite le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuità territoriale. (...);
con il comma 840 dell'articolo 1 legge finanziaria 2007 è previsto: «Per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite di cui al comma 837 rimangono a carico dello Stato»;
con la delibera della giunta regionale della Sardegna n. 10/41 del 12 marzo 2010 si asserisce quanto segue: «L'Assessore dei Trasporti sottolinea come i dati attualmente disponibili evidenziano come essenziale per lo sviluppo economico e sociale della Regione l'inserimento di altre rotte. L'assetto dei collegamenti onerati, e correlate compensazioni finanziarie a carico della Regione, indispensabile per garantire una continuità aerea con caratteristiche di "servizi essenziali", necessita di un intervento finanziario quantificabile in massimo di 20 milioni di euro come importo a base d'asta» -:
se il Governo abbia predisposto norme attuative relative ai commi 837 e 840 della legge finanziaria del 2007 considerato che le stesse sono state ritenute necessarie per i commi della stessa legge finanziaria relative ai trasferimenti alla regione Sardegna;
se il Ministero dell'economia e delle finanze abbia disposto trasferimenti per il 2010 alla regione autonoma della Sardegna in relazione alla continuità territoriale e se intenda farlo;
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia erogato nell'ultimo triennio risorse finanziarie per la compensazione di oneri di servizio pubblico sulle rotte principali tra i tre aeroporti sardi Roma e Milano;
se per le altre rotte, oltre a Roma e Milano, risultino compensazioni a carico dello Stato e per quali importi;
se nell'atto d'intesa previsto per la modifica delle competenze regionali di cui all'articolo 8 dello Statuto, articolo 1 commi 837-840 della finanziaria 2007, risulti l'assunzione da parte della regione

Sardegna degli oneri relativi alla continuità territoriale;
se non ritenga di dover provvedere in base alle norme vigenti (articolo 36, legge n. 144/99) a conferire al presidente della regione Sardegna la delega alla convocazione della conferenza dei servizi per la definizione dell'imposizione degli oneri di servizio pubblico;
se non ritenga, nel conferire la delega, di rappresentare l'illegittimità e illogicità di un eventuale onere di compensazione a favore delle compagnie aeree che svolgessero tratte di linea sottoposte ad oneri di servizio pubblico considerato che le stesse hanno già svolto, come emerge dalle indagini parlamentari, a «costo zero» lo stesso servizio e che tale decisione sarebbe in aperto contrasto con quanto stabilito dal regolamento comunitario laddove si chiarisce che «tale compensazione non può superare l'importo necessario per coprire i costi netti sostenuti per la prestazione dell'onere di servizio pubblico, tenendo conto dei conseguenti ricavi ottenuti dal vettore aereo e di un margine di profitto ragionevole»;
se non ritenga, alla luce del «costo zero» per lo Stato già attuato, di dover ribadire l'esigenza di effettuare l'eventuale gara non con offerte in aumento ma al ribasso rispetto al prezzo fissato per l'onere del servizio pubblico, anche in considerazione che in questo caso si tratterebbe di un affidamento del servizio in esclusiva;
se non ritenga, anche in considerazione del fatto che, a norma vigente, i decreti di imposizione dell'onere di servizio pubblico dovranno essere predisposti e sottoscritti dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, di dover indicare con puntualità l'esigenza di non proporre misure di vantaggio ma di reale ed oggettivo riequilibrio territoriale;
se non ritenga di dover ribadire, all'atto della delega ai rappresentanti dello Stato in seno alla conferenza di servizi, che sono da ritenersi illogici, se non palesemente in contrasto con le recenti decisioni comunitarie, trattamenti differenziati tra residenti e non residenti e che si rende opportuno definire una tariffa unica per residenti e non da sottoporre ad onere di servizio pubblico pari alla parametrazione più conveniente del costo chilometrico ferroviario.
(4-06716)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Preliminarmente si desidera fare un breve
excursus sugli oneri di servizio pubblico (di seguito oneri di servizio pubblico) sulla Sardegna.
Gli interventi per la continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia, sono stati effettuati per la prima volta nell'anno 2000, in conformità al regolamento CEE 2408/92 e all'articolo 36 della legge 144 del 1999 che li ha disciplinati e finanziati.
Infatti, con decreto del 1o agosto 2000 e successive modifiche, sono stati imposti oneri di servizio pubblico sulle rotte da Cagliari, Olbia e Alghero per gli scali di Roma e Milano, da gennaio 2002 a dicembre 2003, con una compensazione finanziaria a carico dello Stato.
Successivamente i vettori, da gennaio 2004 fino alla fine di aprile 2006, hanno accettato di continuare ad operare le rotte senza compensazione finanziaria, in attesa dell'entrata in vigore di una nuova imposizione che si è definitivamente formalizzata con l'emanazione dei decreti n. 35 e n. 36 del 29 dicembre 2005.
Di questi ultimi decreti, il primo ha imposto oneri di servizio pubblico sulle medesime rotte della vecchia imposizione del 2000, per un periodo di tre anni, non prevedendo alcuna compensazione finanziaria per i vettori che avessero accettato di operare su tali rotte. Il servizio onerato si è protratto dalla fine di aprile 2006 fino al 27 ottobre 2008.
Con il decreto ministeriale n. 36 del 2005 sono stati invece imposti oneri di servizio pubblico su ulteriori 10 rotte: da Alghero per Bologna e Torino; da Cagliari per Bologna, Torino, Firenze, Verona, Napoli,

Palermo; da Olbia per Bologna e Verona.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 4 paragrafo 1 lettera
a) del regolamento CEE 2408/92, allora vigente, il vettore Meridiana ha accettato di operare le rotte Cagliari- Bologna, Cagliari-Torino, Olbia-Verona e Olbia-Bologna senza compensazione finanziaria, mentre per le restanti rotte, ai sensi articolo 4 paragrafo 1 lettera d), è stato necessario bandire le gare per l'assegnazione del servizio onerato, in esclusiva e dietro compensazione finanziaria.
A conclusione delle procedure di gara, al vettore Meridiana sono state assegnate, da gennaio 2007 per un periodo di due anni, prorogato di un ulteriore anno, le rotte Cagliari-Palermo, Cagliari-Napoli, Cagliari-Firenze, Olbia-Verona con una compensazione annua rispettivamente di euro 947.900,00, euro 2.358.900,00, euro 2.483.700,00 e euro 1.376.890,00.
Al vettore Air one sono state invece assegnate, da marzo 2007 per un periodo di due anni, prorogato di un ulteriore anno, le rotte Alghero-Torino e Alghero-Bologna con una compensazione annua rispettivamente di euro 1.752.300,00 e euro 1.696.200,00.
In seguito all'apertura di una indagine conoscitiva da parte della Commissione europea, che si è conclusa con la decisione del 3 aprile 2007 della stessa Commissione, lo Stato italiano, per conformarsi alle richieste comunitarie, ha emanato i provvedimenti ministeriali di modifica degli oneri imposti con i precedenti decreti n. 35 e n. 36 del 2005.
Contemporaneamente è stata attivata la conferenza di servizi tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti/regione Sardegna ente nazionale aviazione civile per l'individuazione di nuovi oneri sulle rotte da Alghero, Cagliari ed Olbia per Roma Fiumicino e Milano Linate.
Tale conferenza di servizi, indetta e presieduta dalla regione Sardegna, si è tenuta tra i mesi di marzo e luglio 2008 ed ha visto la partecipazione dei rappresentanti dell'amministrazione regionale allora in carica, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Enac. Sulla base delle determinazioni di questa conferenza di servizi è stato emanato il decreto di imposizione n. 103/T del 5 agosto 2008 in conformità al regolamento CEE n. 2408/92, allora vigente, oggi sostituito dal regolamento CE n. 1008/2008, entrato in vigore il 1o novembre 2008.
Tale decreto impone oneri di servizio pubblico sulle rotte
ex decreto ministeriale n. 35, senza costi per lo Stato, con tariffe agevolate solo per i residenti ed altre categorie residuali (studenti, passeggeri oltre o sotto una certa età eccetera), tuttavia escludendo i nati ma residenti fuori della Sardegna, come richiesto dalla Commissione europea.
In tale contesto si inserisce l'articolo 1 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, che al comma 837 prevede il trasferimento alla regione Sardegna delle funzioni relative alla «continuità territoriale» e al comma 840 dispone che gli oneri per tali funzioni trasferite rimangano a carico dello Stato per gli anni 2007, 2008 e 2009.
Inoltre si fa presente che nell'ultimo triennio il regime onerato imposto sui collegamenti aerei da e per la Sardegna con i decreti n. 35 del 2005, n. 36 del 2005 e n. 103 del 2008 ha previsto collegamenti operati senza costi per lo Stato ed anche collegamenti finanziati dall'amministrazione pubblica, quantificati nella misura definita in premessa.
Al fine di dare attuazione alle citate disposizioni della legge n. 296 del 2006 si sono tenuti vari incontri, già dal secondo semestre 2009, tra la regione Sardegna, l'Enac e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti allo scopo di predisporre un Protocollo di intesa per il passaggio di funzioni tra lo Stato e Regione Sardegna in tema di continuità territoriale aerea.
Nel corso degli incontri sopra detti, le amministrazioni pubbliche presenti hanno convenuto sulla necessità di mantenere un regime onerato con l'obiettivo di garantire lo sviluppo socio economico della regione, e poiché i rappresentanti della regione Sardegna hanno manifestato insoddisfazione sull'attuale modello di continuità, che, tra l'altro, era stato concordato con la precedente amministrazione regionale, il

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell'articolo 36, comma 2 della legge n. 114 del 1999, ha rilasciato in data 23 dicembre 2009 la delega al Presidente della regione Sardegna per indire e presiedere la conferenza di servizi sui collegamenti aerei sardi. Tale conferenza di servizi ha poi svolto i lavori nel corso di varie riunioni tra i mesi di marzo e giugno 2010. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Sardegna, e l'Enac hanno delineato, in tale sede, i contenuti della nuova continuità territoriale della regione Sardegna, con l'obiettivo di soddisfare quanto contenuto nell'impegno del Governo sulla risoluzione n. 8-00064 degli onorevoli Nizzi, Pili, Meta ed altri, approvata dalla commissione IX in data 21 aprile 2010 relativa alla rideterminazione della disciplina della continuità territoriale nel trasporto aereo da e per la Sardegna.
In tale sede si è determinato quindi che nella nuova continuità:
1) le gare per il conferimento del servizio onerato in esclusiva prevedano una compensazione che è stata calcolata come differenza tra i costi presunti sostenuti ed i ricavi ottenuti dal vettore e di un margine di profitto ragionevole, così come previsto dall'articolo 17 paragrafo 8 del regolamento (CE) 1008/2008. Le medesime gare, con offerte al ribasso, saranno aggiudicate in base a quanto indicato all'articolo 17 paragrafo 7 del regolamento sopra citato che così recita «La selezione tra le offerte presentate viene effettuata il più presto possibile, tenendo conto della qualità del servizio offerto e in particolare delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti, nonché del costo dell'eventuale compenso richiesto allo Stato o agli Stati membri interessati»;
2) per le rotte Cagliari-Roma Fiumicino, Olbia-Roma Fiumicino, Olbia-Milano Linate, Alghero-Milano Linate si è concordato di non prevedere alcuna compensazione per lo svolgimento del servizio.

Per quanto riguarda il regime tariffario da applicarsi ai voli onerati sardi, si precisa che secondo il parere espresso dalla Commissione europea nella decisione del 23 aprile 2007, il cui avviso è stato recentemente ribadito, è solo la «tariffa agevolata ai nati ma non residenti in Sardegna» che costituisce una discriminazione contraria al Trattato perché basata sulla nazionalità e quindi sanzionabile.
Nel corso dei lavori della conferenza di servizi, si è esaminato un modello di continuità a «tariffa unica». Purtroppo lo stanziamento necessario per finanziare un siffatto modello di continuità, con tariffe pari a quelle ferroviarie, è risultato superiore alle risorse finanziarie disponibili. Le amministrazioni presenti alla conferenza hanno così concordato l'applicazione, sui voli sardi, di un regime onerato con una «tariffa agevolata residenti», parametrata al costo del biglietto ferroviario, ed una «tariffa non residenti», escludendo tariffe a libero mercato.
La conferenza di servizi ha concluso i lavori nel mese di giugno 2010.
Da ultimo si informa che in data 7 settembre 2010 presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è pervenuti alla sottoscrizione del Protocollo d'intesa per la continuità territoriale aerea da e per la Sardegna tra Ministero, ENAC e regione autonoma della Sardegna. In tale protocollo, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 1 comma 840 della legge n. 296 del 2006, è previsto, tra l'altro, che le risorse finanziarie necessarie per l'imposizione degli oneri di servizio pubblico sono a carico della regione autonoma Sardegna.
Tale atto è propedeutico alla procedura per la nuova imposizione di oneri di servizio pubblico sui collegamenti con gli scali della regione Sardegna, così come definiti dalla conferenza di servizi.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, una volta acquisiti dalla regione Sardegna i verbali della conferenza di servizi, provvederà a predisporre i decreti impositivi del regime onerato sui voli sardi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 7 aprile 2009 in Comune di Calolziocorte (Lecco) è stato avviato il cantiere per la riqualificazione e sistemazione dell'area della stazione ferroviaria per la realizzazione dell'interscambio ferro-gomma;
detto intervento, realizzato in collaborazione tra regione Lombardia, Provincia di Lecco e Rete ferroviaria italiana, prevede la realizzazione di un piazzale per la fermata e la sosta degli autobus, connesso alla stazione ferroviaria, avente superficie di circa 3.000 metri quadrati, dotato di otto piazzole di fermata, marciapiede e pensiline, oltre ad opere quali l'allargamento della via Stoppani ed altre dotazioni di arredo urbano;
i lavori in parola dovrebbero terminare entro i primi mesi del 2010;
sull'area oggetto dell'intervento sono già state realizzate opere funzionali al progetto di interscambio, quali il parcheggio interrato, il parcheggio di superficie, una rotatoria ed altri interventi viabilistici;
detto progetto - come ha giustamente dichiarato il sindaco di Calolziocorte, Paolo Arrigoni - è «significativo e positivo per il territorio», poiché prevede un aumento delle connessioni rete-gomma e rete-ferro;
affinché detto obiettivo possa essere colto appieno deve esserci un adeguato intervento di Rete ferroviaria italiana sul lato della dotazione di mezzi (nuove carrozze e nuovi treni) e nella gestione delle linee, prevedendo nuove corse e/o l'aumento della frequenza delle corse esistenti e/o il coordinamento degli orari con le linee su gomma;
il Parlamento ed il Governo hanno destinato e stanziato oltre 900 milioni di euro ai fini di ammodernare il parco rotabile della rete ferroviaria del Paese, 75 milioni dei quali precisamente destinati al materiale rotabile destinato alla regione Lombardia -:
quali interventi siano stati programmati da Rete ferroviaria italiana e/o da altri attori della mobilità su gomma e/o su ferro ai fini di coniugare le opere infrastrutturali citate con i doverosi interventi sul lato gestionale del sistema di trasporti;
se tutti gli attori stiano rispettando i termini del protocollo di intesa sottoscritto il 23 gennaio 2004 tra Comune di Calolziocorte, Regione Lombardia, Provincia di Lecco e Rete ferroviaria italiana;
se e quali altre iniziative il Ministro interrogato intenda assumere ai fini di agevolare l'efficacia dell'infrastruttura in argomento.
(4-04452)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Va premesso che la programmazione dei servizi regionali, per le regioni a statuto ordinario a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999, non sono più di competenza dello Stato ma sono oggetto di diretta regolazione da parte delle regioni medesime tramite appositi contratti di servizio stipulati direttamente con Trenitalia Spa.
Al fine di fornire comunque una esaustiva risposta ai quesiti posti con l'atto ispettivo in esame è stata interessata la società Ferrovie dello Stato che ha riferito quanto segue.
Sulla direttrice Milano-Lecco, già dall'orario di dicembre 2008, è stato avviato un programma di progressiva riorganizzazione dell'offerta commerciale, finalizzato alla realizzazione di un sistema cadenzato per tutta la giornata, con rinforzi nelle ore di punta; in particolare, dal 6 settembre scorso sono stati programmati 9 treni in più e dal prossimo orario di dicembre 2010 è previsto un ulteriore potenziamento dell'offerta, a seguito del quale la stazione di Calolziocorte potrà disporre di 134 treni

giornalieri mentre con la precedente programmazione erano 119.
Per quanto riguarda le nuove risorse destinate al materiale rotabile, le intese recentemente formalizzate con la regione Lombardia prevedono un investimento complessivo di 250 milioni di euro, dei quali 205 per Trenitalia e 45 per Ferrovie nord Milano, a cui si aggiunge la quota parte destinata alla Lombardia dei finanziamenti recati dalla legge n. 2 del 2009, oltre ad altre risorse rivenienti dall'accordo Milano, in corso di definizione.
Per quanto riguarda invece l'infrastruttura, si evidenzia che il 23 gennaio 2004 è stato sottoscritto, nell'ambito dell'attività di attuazione della legge regionale del 12 gennaio 2002, l'accordo tra il comune di Calolziocorte, la provincia di Lecco, rete ferroviaria italiana e la regione Lombardia per la realizzazione del nodo di interscambio presso la stazione di Calolziocorte.
Il progetto preliminare approvato dal comune, delibera n. 144 del 2 ottobre 2004, prevedeva l'attuazione di interventi articolati in tre lotti:
I lotto: allargamento di via Stoppani per l'accesso alla futura stazione di interscambio nonché l'attestamento provvisorio degli autobus, la realizzazione dei marciapiedi per l'accesso pedonale al sottopasso ferroviario e la realizzazione di una corsia riserva ciclabile;
Il lotto: realizzazione all'interno dell'area già oggetto di piano esecutivo del nodo di interscambio attraverso la nuova stazione di autobus al piano terreno adiacente al nuovo autosilo e il completamento dei collegamenti pedonali al sottopasso ferroviario;
Il lotto: riorganizzazione dei percorsi pedonali e ciclabili e dell'accessibilità veicolare all'attuale stazione ferroviaria con funzioni di connessione con il centro del paese e con il nuovo interscambio.

Rete ferroviaria italiana ha completato i lavori sul piano del ferro nella stazione di Calolziocorte realizzando, secondo quanto previsto dall'accordo, i marciapiedi, i sistemi di abbattimento delle barriere architettoniche, le pensiline, il sistema di informazioni al pubblico, la nuova illuminazione e gli arredi ed ha inoltre realizzato il restyling delle facciate del fabbricato viaggiatori.
Nel corso della progettazione definitiva è emersa la necessità di apportare al progetto preliminare originario alcune modificazioni ed il comune ha deciso, tra l'altro, di ampliare la superficie oggetto di intervento ricomprendendo una porzione di area di rete ferroviaria italiana interna allo scalo ferroviario.
Si è reso, quindi, necessario modificare, integrare ed aggiornare l'Accordo stipulato il 23 gennaio 2004 ed il 4 luglio 2008 è stato sottoscritto l'atto integrativo e modificativo dell'accordo sottoscritto ai sensi dell'articolo 2 legge regionale n. 1 del 2002 in data 23 gennaio 2004, tra comune di Calolziocorte, provincia di Lecco, rete ferroviaria italiana Spa e regione Lombardia per la realizzazione del nodo di interscambio presso la stazione di Calolziocorte.
Con tale atto integrativo il comune si impegna a sviluppare, a proprie cure e spese, la progettazione e a realizzare l'intervento di adeguamento del piazzale di stazione in successiva fase e modalità che verranno definite di concerto con rete ferroviaria italiana ed a sottoporre a rete ferroviaria italiana per approvazione gli elaborati progettuali prima della realizzazione.
L'unico impegno di rete ferroviaria italiana è dunque quello di approvare il progetto di riqualificazione e sistemazione della piazza; approvazione avvenuta recentemente a seguito della presentazione del progetto da parte del comune di Calolziocorte lo scorso mese di aprile 2010.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con lettera datata 18 novembre, il Presidente del Consiglio di Stato dal Canton

Ticino (CH), onorevole Gabriele Gendotti, evidenziava come «a seguito di scelte per noi incomprensibili, i servizi ferroviari sull'asse "San Gottardo-Milano" hanno subito quest'anno un pesante degrado», lamentando giustamente altresì ritardi costanti sull'esercizio, tagli di corse, incoerenza con gli investimenti infrastrutturali concordati tra le parti italiane ed elvetiche;
la lettera di cui sopra, correttamente indirizzata alla regione Lombardia, investe però problematiche di interesse nazionale, poiché i collegamenti in argomento sono attinenti ad un Paese extra Unione europea;
se e come il Governo - accogliendo le giuste e condivisibili osservazioni dell'onorevole Gendotti - intenda intervenire per risolvere le problematiche in argomento e migliorare i collegamenti ferroviari Italia-Svizzera.
(4-05525)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
A partire dall'orario del 13 dicembre 2009 la Cisalpino, società controllata pariteticamente da Trenitalia e da Sbb (ferrovie svizzere) che gestiva i collegamenti ferroviari internazionali tra l'Italia e la Svizzera, ha cessato la propria attività in quanto il suo mantenimento non rispondeva più all'interesse dei partecipanti.
Trenitalia e Sbb hanno, comunque, concordato di proseguire in cooperazione il servizio precedentemente gestito da Cisalpino riorganizzando e dimensionando l'offerta sulla base delle reali esigenze del mercato, sia sull'asse del Gottardo sia su quello del Sempione, affinché fosse economicamente sostenibile e orientata prevalentemente al mercato internazionale.
In particolare, sull'asse del Gottardo è stata effettuata la ristrutturazione dell'offerta con la velocizzazione dei collegamenti, Milano-Chiasso è ora percorribile in 40 minuti contro i 56 minuti impiegati precedentemente dai treni attraverso la cosiddetta «via lenta» come gli eurocity Milano-Bellinzona, sono inoltre stati eliminati i collegamenti indiretti Milano-Zurigo precedentemente previsti da Cisalpino con trasbordo nella stazione di Lugano.
L'offerta internazionale sulla Milano-Chiasso-Zurigo viene effettuata con un cadenzamento biorario, un treno ogni 2 ore, con partenze da Milano e da Zurigo.
Sulla tratta Chiasso-Milano, in territorio italiano, circolano oltre ai treni internazionali anche treni del trasporto regionale. La programmazione e gestione dei servizi regionali è di competenza delle singole regioni, nel caso di cui trattasi della regione Lombardia, i cui rapporti con le imprese affidatarie sono disciplinati da un contratto di servizio, nell'ambito del quale vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, nonché i relativi standard qualitativi e i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dai parametri contrattualmente stabiliti.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

RUBINATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dalle notizie della stampa locale (La Tribuna e il Gazzettino di Treviso del 17 ottobre 2010) si è appreso che nella notte di venerdì 15 ottobre 2010, tre imprenditori trevigiani, Roberto Migotto, Claudio Polesel e Claudio Carrer, diretti per un viaggio di lavoro in Romania, sono stati bloccati per ore al confine con la Serbia dagli agenti di frontiera;
secondo il racconto degli imprenditori, giunti intorno a mezzanotte al confine tra il Kosovo e la Serbia, sono stati trattenuti per un'ora e senza motivo dagli agenti della dogana, i quali hanno poi loro indicato che potevano passare solo dal valico con la Macedonia, distante 300 chilometri;
raggiunto dopo un paio d'ore il confine indicato dai poliziotti, i tre trevigiani hanno subito analoga sorte al confine con la Romania, dove sono stati nuovamente

bloccati dagli agenti serbi perché privi del visto d'ingresso;
solo alle 8.30 del mattino seguente, dopo aver minacciato di rivolgersi all'ambasciata italiana, gli imprenditori sono riusciti a passare il confine e proseguire il loro viaggio in Romania -:
se, considerata la gravità dei fatti riferiti dagli imprenditori italiani, la Farnesina intenda richiedere alle competenti autorità serbe spiegazioni e chiarimenti per far luce sulla vicenda;
quali iniziative, anche diplomatiche, intenda adottare in sede bilaterale o in sede europea per evitare che simili episodi possano ripetersi in futuro.
(4-09243)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nella presente interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Si può osservare che l'episodio occorso ai tre connazionali ai confini con la Serbia appare riconducibile ad un'ampia casistica di accadimenti simili, che trova la sua origine essenzialmente nella circostanza che, come noto, le autorità serbe non riconoscono il confine con la repubblica del Kosovo quale confine internazionale, bensì semplice «linea di demarcazione» a carattere amministrativo.
Una settimana dopo l'episodio, il nostro ambasciatore a Pristina ha ricevuto uno dei tre imprenditori in questione, il dottor Roberto Migotto. Dal colloquio è emerso che l'ingresso in territorio serbo è stato impedito dalle autorità locali a causa della presenza sul passaporto dei tre imprenditori del timbro di ingresso della repubblica del Kosovo. Le Autorità serbe usualmente vietano l'ingresso nel proprio territorio a coloro che provengono direttamente dallo Stato confinante, non riconoscendo il timbro apposto dalle autorità kosovare.
Quanto al fermo in uscita del territorio serbo al confine con la Romania, l'ambasciata a Belgrado ha fatto presente che le autorità serbe potrebbero aver contestato la mancanza di timbro di ingresso in Serbia alla frontiera con la Macedonia, dalla quale risulterebbero essere entrati i tre connazionali.
Per cercare di porre rimedio a tali disagi, la Farnesina ha posto in essere un'azione informativa volta a rendere nota ai nostri connazionali la posizione delle autorità serbe.
In particolare è stato inserito sul sito «viaggiare sicuri» a cura della Farnesina, il seguente avviso:
«Le Autorità della Serbia attribuiscono grande importanza al timbro d'entrata che viene apposto sul passaporto al momento dell'arrivo nel Paese; in assenza del timbro si potrebbe venire accusati di immigrazione illegale al momento dell'uscita. È opportuno, quindi, verificare quando si entra nel Paese che il timbro sia stato effettivamente apposto. Permangono problemi ai confini tra Kosovo e Serbia: chi arriva direttamente in Kosovo non può poi entrare in Serbia direttamente; resta l'obbligo di uscire dal Kosovo attraverso un altro Paese confinante per poi poter accedere in Serbia. Si fa inoltre presente che le autorità Kosovare hanno introdotto un nuovo timbro che viene apposto dalla polizia locale sul passaporto degli stranieri in ingresso nel Paese, con la dicitura "Repubblica del Kossovo". Contrariamente a quanto avvenuto in passato, le Autorità di Belgrado hanno deciso di consentire ai viaggiatori l'ingresso in Serbia previa sovrapposizione sul timbro kosovaro di un timbro nullo apposto dalla polizia di frontiera serba».

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

SORO e PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio scolastico provinciale di Nuoro e la direzione scolastica regionale della Sardegna, hanno determinato l'organico della scuola primaria dell'ICG di Fonni, prevedendo l'istituzione di una classe prima di 27 alunni;

l'Istituto in questione ha fatto più volte presente agli organi competenti che lo stabile non può accogliere più di 25 persone come previsto dal piano di sicurezza e dalle certificazioni del comando provinciale dei vigili del fuoco;
l'edificio in cui è ubicata la scuola primaria è un'opera classificata dalla direzione generale per i beni architettonici e per il paesaggio di Sassari e Nuoro come monumento che gode della tutela dell'alta sorveglianza da parte della soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per la province di Sassari e Nuoro e per tali motivi, non possono essere apportate modifiche alla struttura se non quelle espressamente già autorizzate ed eseguite;
la dirigenza dell'Istituto ICG di Fonni ha fatto presente più volte agli organi competenti la necessità di prevedere due classi prime in luogo di una classe con 27 alunni, al fine di rientrare nei parametri di sicurezza citati -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare affinché siano rispettate le condizioni di sicurezza degli alunni e degli insegnanti dell'Istituto ICG di Fonni;
se non ritenga che la formazione di due classi prime anziché di una possa essere condizione necessaria per il rispetto delle piano di sicurezza citato.
(4-08437)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede di conoscere quali iniziative siano state adottate per assicurare le condizioni di sicurezza dell'istituto globale di Fonni in relazione all'aumento del numero di alunni per una sola classe prima da 25 a 27.
In riferimento alla questione posta l'ufficio scolastico regionale per la Sardegna ha riferito che inizialmente si era proceduto alla formazione di una classe prima della scuola primaria dell'istituto in parola con un aumento di alunni da 25 a 27 e con una previsione in organico di diritto, di funzionamento a tempo pieno e con due docenti assegnati alla stessa.
Successivamente l'amministrazione comunale ha contestato, per motivi di sicurezza, e non per scarsa capienza dei locali, la determinazione assunta dall'ufficio territoriale per la provincia di Nuoro con osservazioni formulate sulla base di una relazione tecnica redatta per l'adeguamento delle strutture e degli impianti dell'edificio scolastico alla normativa vigente in materia di prevenzione degli incendi.
Al punto 5.0 della predetta normativa, in relazione all'«Affollamento», infatti si dichiara testualmente che «il massimo affollamento ipotizzabile per le aule è inferiore a 25 persone/aula», mentre al punto 5.3 in relazione alla «larghezza delle vie d'uscita» si dispone che:
le porte dei locali frequentati dagli studenti debbano avere, singolarmente, la larghezza di 0,90 metri e devono avere l'apertura in senso contrario a quello del deflusso;
ogni aula non potrà ospitare più di 25 persone.

L'amministrazione comunale ha inoltre fatto presente che all'edificio non potevano essere apportate modifiche strutturali non autorizzate, trattandosi di opera classificata come monumento che gode della tutela dell'alta sorveglianza da parte della soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici.
Sulla predetta relazione si è espresso anche il comando provinciale dei vigili del fuoco con parere favorevole.
Pertanto il dirigente scolastico dell'Istituto ha provveduto a disporre un diverso utilizzo delle risorse assegnate, procedendo alla formazione di due classi prime di cui una con 13 alunni e l'altra con 14 con un orario di attività pari a 27 ore settimanali.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

TASSONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la diga sul Melito sia per volume di investimento, circa 260 milioni di euro totalmente finanziati, sia per la complessità e durata dei lavori ha un rilevante impatto sul territorio della provincia di Catanzaro e dell'intera regione Calabria;
la realizzazione di tale opera, programmata nel 1978 e il cui progetto di costruzione è stato approvato nel 1982, ha subito nel tempo continui rinvii fino a quando nel 2008 la situazione di stallo che si era creata per più di trent'anni sembrava oramai sbloccata ed era stata prevista la data del 2015 per l'inaugurazione dell'opera;
allo stato attuale la situazione non sembra essersi sbloccata, come inoltre sottolineato in una nota inviata al Ministero presentata dal presidente del consorzio di bonifica Ionio Catanzarese, per sollecitare perizia esecutiva del progetto delle opere di completamento necessaria per il completamento dell'infrastruttura;
il Ministro interrogato risulta aver dichiarato recentemente che il progetto della diga in questione, sarà sottoposto entro il mese di giugno 2010 al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, a complemento dell'istruttoria prevista, e che nessuna omissione si sarebbe configurata da parte del Ministero e della direzione generale competente;
l'importanza della realizzazione di questa infrastruttura appare di notevole rilevanza per l'economia del luogo e per garantire l'approvvigionamento idrico di decine di comuni e di centinaia di aziende ed imprese e il suo mancato compimento arrecherebbe grave nocumento per tutta la regione Calabria -:
quali siano le iniziative che intenda assumere per permettere la risoluzione della problematica relativa alla diga di Melito, in modo da sbloccare risorse importanti per l'economia del Sud e per i cittadini che da quest'opera dovrebbero essere serviti;
se il Ministro intenda assumere una funzione di vigilanza sulla realizzazione dell'iter necessario, in modo da evitare che si possano creare situazioni di stallo come quelle sopra lamentate.
(4-07681)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 giugno 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La diga di Gimigliano sul fiume Melito è costituita da uno sbarramento di materiali sciolti, di altezza 108 metri e sviluppo del coronamento di circa 1.500 metri. La capacità utile del serbatoio è calcolata in 106 milioni di metri cubi e la regione Calabria nel suo piano acque - 2003 - ha previsto una domanda annua di circa 80 milioni di metri cubi.
L'uso della risorsa è potabile, irriguo e industriale. Per il riempimento del serbatoio è necessario allacciare anche tre bacini contermini.
L'opera fu finanziata dalla Cassa per il mezzogiorno che nel 1983 assentì la concessione per l'esecuzione dei lavori al consorzio di bonifica Alli-Punta di Copanello (ora Ionio catanzarese); successivamente, il Comitato di gestione dell'agenzia per la promozione dello sviluppo del mezzogiorno deliberò nel 1988 il trasferimento di tutte le competenze per la realizzazione dell'opera allo stesso consorzio in uno al finanziamento del relativo importo di lire 502.918.133.969 (euro 259.735.539,97).
I lavori furono appaltati nel luglio 1990 e consegnati nel febbraio 1991 (contratto gennaio 1991 importo lavori euro 78.739.043,63 importo espropri euro 18.711.749,91) con ultimazione prevista agosto 1997.
Per problematiche connesse al procedimento di valutazione di impatto ambientale (Via) e a controversia con l'impresa, i lavori furono sospesi nel 1993; risolte le questioni impeditive, nel settembre 2003 i lavori furono ripresi con ultimazione prevista al

dicembre 2009; l'importo dei lavori in appalto si elevò a complessivi euro 169.555.235,30 (di cui euro 21.980.965,90 per espropri).
Già dal 2004 insorsero una serie di contestazioni da parte dell'impresa sul piano tecnico ed amministrativo (peraltro l'impresa contestava l'ineseguibilità del progetto di contratto) che, infine, ha portato a un lodo arbitrale intentato dall'impresa e al provvedimento da parte del Concessionario di risoluzione del contratto in danno (22 maggio 2008).
Alla data del 30 aprile 2008 erano stati eseguiti espropri per euro 20.107.883,88 e lavori contrattuali netti euro 13.636.590,70 (scavo delle gallerie di scarico e relativa vasca di dissipazione).
Il consorzio ha successivamente trasmesso nell'aprile 2009, ai fini del riappalto dell'opera, un aggiornamento progettuale «Riassetto ed adeguamento del progetto delle opere di completamento - perizia esecutiva».
La direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che da sempre, in maniera anche informale, è stata vicino al consorzio per ogni esigenza tecnica e supporto nella valutazione delle questioni tecniche emerse, già in data 26 febbraio 2009 aveva indicato gli elementi di cui il progetto in rielaborazione avrebbe dovuto tenere in conto per una oculata progettazione sulla base delle maggiori conoscenze nel frattempo acquisite in particolare modo per gli aspetti geologici e geotecnici del sito e dei materiali da costruzione dello sbarramento (circa 20 milioni di metri cubi).
Contestualmente venivano, altresì, rappresentati forti dubbi sulla adeguatezza ed idoneità degli scavi di progetto per la zona della spalla destra della diga, per cui si consigliava di riconsiderare le scelte progettuali.
Tanto veniva esaminato negli incontri tecnici che nel frattempo intervenivano con i rappresentanti del consorzio.
Il progetto aggiornato, che ha recepito in parte le osservazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fu inviato dal consorzio nel mese di aprile 2009 perché venisse assoggettato all'
iter istruttorio ed approvativo di legge.
Nel frattempo, il consorzio ha ritenuto di dover dare corso all'affidamento di una «Perizia stralcio di estrema urgenza», relativa al completamento delle gallerie di scarico e relativa vasca di dissipazione, che nel maggio 2009 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha approvato, in linea tecnica, per gli aspetti di competenza.
Il presidente del consorzio, con nota del maggio 2010, ha lamentato «ritardi» negli adempimenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e chiesto un «pronunciamento immediato» sul progetto trasmesso. Al riguardo, il Ministero ha dato riscontro precisando che l'istruttoria è stata tempestivamente avviata e sviluppata e che il ritardo, se intervenuto, era da addebitarsi unicamente al consorzio stesso, in quanto l'acquisizione di correzioni e integrazioni richieste, per chiarire importanti contraddizioni degli elaborati progettuali presentati dal consorzio, sono state trasmesse solo nel gennaio ed aprile 2010.
Si evidenzia che la delicata e complessa geologia dei luoghi ha già comportato nel passato, all'epoca dell'approvazione del progetto, la necessità di vari posizionamenti della diga (di dimensioni per il suo genere assolutamente imponenti), peraltro ubicata in un territorio caratterizzato, anche per legge, da valori di sismicità tra i più alti del territorio nazionale.
È bene rilevare che le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono sempre state vigili sul problema e massima è stata in ogni momento la collaborazione con il consorzio.
Non può non evidenziarsi che il progetto contempla solo lo sbarramento (diga), le opere di scarico e sicurezza e gli interventi complementari sul bacino (deviazione strada statale) con delocalizzazione di zona abitativa.
Peraltro, a distanza di circa 30 anni dall'approvazione del progetto, a oggi, risultano realizzate solo le due gallerie di scarico e opere minori.
La costruzione dello sbarramento ancora non è avviata. Peraltro, è opinione

della direzione generale competente che, oggi, la tecnologia costruttiva come prevista nel progetto originario potrebbe essere ottimizzata.
Non risultano, allo stato, programmate le gallerie allaccianti al bacino né le opere di derivazione a valle per l'utilizzo delle acque sia per gli aspetti progettuali che finanziari.
Per quanto concerne la regolarità nella trattazione della pratica, si evidenzia che tutti gli aspetti di affidamento e successiva gestione dei contratti rientrano nelle competenze del consorzio concessionario; le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, afferiscono, per legge, ai soli aspetti tecnici inerenti la sicurezza delle dighe e la salvaguardia della pubblica incolumità delle popolazioni a valle delle stesse.
In data 3 giugno 2010 è stato emesso il comunicato con il quale, precisando che nessuna omissione c'è stata da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che si è mosso e si muoverà con la doverosa cautela che l'intervento richiede ed ovviamente nel rispetto delle normative vigenti, è stato precisato che entro il mese di giugno 2010 il progetto presentato dal consorzio sarebbe stato sottoposto all'esame e parere del consiglio superiore dei lavori pubblici, difatti, detto inoltro è avvenuto in data 25 giugno 2010. Allo stato attuale è in corso l'istruttoria presso il consiglio superiore dei lavori pubblici da parte del comitato relatore per la trattazione dell'argomento in assemblea generale.
In tale contesto appare, comunque, opportuno, per i risvolti innanzi evidenziati, un coinvolgimento dell'ente regionale per una definizione complessiva dell'intervento territoriale di cui l'opera di sbarramento in questione è solo una parte. Infatti, sia le difficoltà incontrate nel corso del pregresso appalto e sia soprattutto le maggiori conoscenze tecniche maturate negli oltre 30 anni trascorsi dalla progettazione originaria (fine anni 70) ad oggi, portano a ritenere che la costruzione di una diga caratterizzata da così rilevanti dimensioni (altezza superiore a 100 metri e volume di materiali del corpo diga di circa 20 milioni di metri cubi) e da peculiari complessità e particolarità del sito (con valori di sismicità locale tra i più alti del territorio nazionale), debba essere perseguita solo in un contesto tecnico-economico certo di eseguibilità e completamento dell'intero sistema idrico, comprese quindi le allaccianti in ingresso e le derivazioni in uscita.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

TOCCAFONDI, TORTOLI, BONCIANI, MASSIMO PARISI, PICCHI e MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi negli organi di stampa nazionali e locali siamo in presenza di una discussione in merito alla questione del cosiddetto «Nodo fiorentino» riguardo il sottoattraversamento dell'alta velocità ferroviaria e la seguente fermata e nuova stazione ferroviaria nella città di Firenze;
il dibattito politico sembra prevedere, almeno dalle parole del sindaco di Firenze, la possibilità di modificare i progetti approvati sia del percorso del sottoattraversamento sia dell'ubicazione della stazione;
tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, comune di Firenze ed altri enti al momento su tale questione risultano in vigore e sottoscritti i seguenti documenti:
accordo quadro per il potenziamento del sistema dei trasporti toscano e per l'integrazione tra linea alta velocità e servizi ferroviari regionali e metropolitani - 27 aprile 1995;
accordo preliminare per l'attraversamento Firenze (allegato all'Accordo quadro) - 26 luglio 1995;
protocollo di intesa - 24 aprile 1997;
accordo Procedimentale con il Ministero dell'Ambiente - 3 marzo 1999;

accordo Procedimentale per interventi di tutela e viabilità nell'area fiorentina - 3 marzo;
atto Aggiuntivo al Protocollo di Intesa del 24 aprile - 29 gennaio 1998;
protocollo d'Intesa per gli indennizzi - 3 marzo 1999;
accordo integrativo all'Accordo Quadro del '95 e al Protocollo d'intesa del '97 - 3 marzo 1999;
integrazione all'Accordo Procedimentale - 23 luglio 2003;
accordo Procedimentale per lo «scavalco» ferroviario - 20 luglio 2005;
con nota del 1° dicembre 1998, è stato formalmente trasmesso agli enti interessati, il progetto definitivo del nodo ferroviario di Firenze, relativo ai seguenti interventi: a) penetrazione alta velocità del «nodo» ferroviario di Firenze, nonché l'adeguamento degli impianti ferroviari di superficie (Castello, Belfiore, Campo Marte, Bivio Rovezzano) e realizzazione nuova fermata Circondaria-Macelli; b) nuova stazione alta velocità con i connessi interventi sotterranei e di superficie; c) viabilità connessa alla nuova stazione alta velocità (Redi-Milton e Redi-Panciatichi); d) nuove Fermate sulla rete FS per il S.F.M. (servizio ferroviario metropolitano), denominate Piagge, San Donnino, Perfetti Ricasoli e Cure;
in data 3 dicembre 1998 il Ministro dei Trasporti, ai sensi della legge n. 30 del 1998, con decreto n. 1450(52) TAV n. 7 ha indetto la Conferenza di Servizi per la valutazione e l'approvazione dei progetti definitivi del Nodo ferroviario di Firenze relativi al passante ferroviario alta velocità e connessi interventi di stazione sotterranea e di superficie, alla viabilità connessa e alla nuove fermate metropolitane, come sopra specificato;
in data 3 dicembre 1998 il Ministero dei trasporti con nota n. 1461(52) TAV n. 7 ha convocato per il giorno 22 dicembre 1998 la prima seduta della sopracitata conferenza di servizi per il nodo ferroviario di Firenze;
in data 22 dicembre 1998 si è tenuta la prima sessione di seduta conferenza di servizi e che gli enti partecipanti alla conferenza hanno esaminato i progetti definitivi relativi al Nodo ferroviario di Firenze ed opere connesse, eseguendo successivi approfondimenti;
con delibera n. 221 del 1° marzo 1999 la regione Toscana ha approvato con condizioni e prescrizioni i progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, conferendo mandato al dottor Vannino Chiti a sottoscrivere il presente accordo procedimentale;
con delibera n. 66 del 25 febbraio 1999 la provincia di Firenze ha approvato con condizioni e prescrizioni i progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, conferendo mandato al dottor Michele Gesualdi a sottoscrivere il presente accordo procedimentale;
con delibera n. 197/46 del 1° marzo 1999 il comune di Firenze ha conferito mandato al dottor Mario Primicerio ad esprimere in conferenza di servizi parere positivo con condizioni e prescrizioni sui progetti definitivi del nodo ferroviario di Firenze, nonché a sottoscrivere accordo procedimentale;
tra le opere fiorentine finanziate da TAV contenute nell'accordo procedimentale del 3 marzo 1999 sono contenute: «Viabilità (Milton) Strozzi - (Redi) - Panciatichi con le modalità seguenti: Tratto Strozzi-Circondaria, con sottopasso di via Circondaria. Saranno a cura e spese di TAV la progettazione esecutiva e la realizzazione dell'opera suddetta; TAV provvederà altresì agli adeguamenti e spostamenti di tutti i sottoservizi esistenti nell'area di intervento, nonché allo svolgimento delle procedure espropriative. Tratto Circondarla-Panciatichi: TAV S.p.A. a propria cura e spese provvederà, tramite Italferr, al progetto esecutivo dell'opera suddetta, comprensivo del progetto degli adeguamenti e spostamenti di tutti i sottoservizi

esistenti nell'area di intervento e individuazione definitiva delle aree da espropriare. Interventi complementari alla viabilità nell'area fiorentina. TAV S.p.A. si impegna a svolgere le seguenti attività: Progettazione definitiva, sulla base delle indicazioni progettuali fornite dal Comune di Firenze, ed esecutiva, nonché realizzazione delle opere di viabilità sotto riportate. Raddoppio del sottopasso di Viale Belfiore. Sottopasso stradale alla ferrovia tra Viale Don Minzoni e Via dei Mille (Piazza delle Cure). Sottopasso stradale alle ferrovie tra Via Generale Dalla Chiesa e Via Spadaro (Varlungo). Completamento del sottovia Giuliani-Panciatichi. Sottopasso pedonale Faentina. Allargamento sottopassi di Via Lanzi. Progettazione preliminare e definitiva del sottopasso Strozzi-Gordigiani in affiancamento al Torrente Mugnone. Adeguamento cavalcaferrovia da via Cattani (IDP Osmannoro). Il Programma di realizzazione della viabilità, sarà redatto da Italferr, con la collaborazione del comune di Firenze, sulla base di uno studio che comprenderà il piano di cantierizzazione, le modifiche dei flussi di traffico viario cittadino e le interferenze con il servizio ferroviario, a partire dalle priorità sopraindicate; tale programma di realizzazione sarà emesso entro la fine del 1999, considerando come prioritaria la realizzazione del raddoppio del sottopasso di Viale Belfiore e del sottovia Della Chiesa-Spadaro. Interventi a carico di FS S.p.A. Nell'ambito di quanto previsto all'articolo 4.1.3 del Protocollo d'Intesa del 24 aprile 1997, FS S.p.A. si impegna ad eseguire la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e la realizzazione, includendo espropriazioni ed adeguamento dei sottoservizi, del parcheggio scambiatore in corrispondenza della fermata di Via Salviati della linea ferroviaria Faentina. Nel quadro della realizzazione del quadruplicamento ferroviario Castello Rifredi FS S.p.A. è impegnata a realizzare il sistema di parcheggio di superficie connesso con la Stazione ferroviaria di Rifredi secondo il progetto presentato dal comune. Tramvia Firenze-Scandicci. TAV S.p.A. si impegna a fornire, tramite la Società Italferr S.p.A., le seguenti progettazioni e/o servizi di assistenza progettuale: progettazione per approvazione da parte di M.C.T.C, progettazione per la predisposizione degli elaborati di gara per appalto integrato, comprensivi della progettazione della sicurezza e della cantierizzazione, - assistenza tecnica in fase di gara, - assistenza tecnica per l'acquisizione di tutti i pareri, - assistenza tecnica per gli espropri, - revisione della progettazione esecutiva redatta dall'appaltatore, nonché progettazione della sicurezza, - progettazione delle varianti e delle opere complementari richieste dal comune di Firenze o suo ente strumentale. TAV S.p.A si impegna a partecipare alla realizzazione dell'opera erogando il contributo di Lit. 64 miliardi, previsto al punto 4.3 del Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, incrementato degli eventuali residui non spesi del valore massimo di Lit. 8 miliardi per le progettazioni, in rate successive sulla base dell'avanzamento dei lavori. Tramvia (Peretola) Novoli - Firenze S.M.N. - Piazza Piave (Piazza Beccaria). TAV S.p.A. e FS S.p.A. si impegnano a fornire, tramite la Società Italferr S.p.A., le seguenti progettazioni e/o servizi di assistenza progettuale: - progettazione per approvazione da parte di M.C.T.C, - progettazione per la predisposizione degli elaborati di gara per appalto integrato, comprensivi della progettazione della sicurezza e della cantierizzazione, - assistenza tecnica in fase di gara, - assistenza tecnica per l'acquisizione di tutti i pareri, - assistenza tecnica per gli espropri, - revisione della progettazione esecutiva redatta dall'appaltatore, nonché progettazione della sicurezza, - progettazione delle varianti e delle opere complementari richieste dal comune di Firenze o suo ente strumentale. TAV S.p.A. e FS S.p.A. si impegnano a partecipare alla realizzazione dell'opera erogando il contributo di Lit. 70 miliardi, previsto al punto 4.4 del Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, incrementato degli eventuali residui non spesi del valore massimo di Lit. 7 miliardi per le progettazioni, in rate successive sulla base dell'avanzamento dei lavori. Progettazioni

trasportistiche. Con riferimento e a parziale modifica di quanto previsto nel Protocollo d'Intesa del 24 aprile 1997, TAV S.p.A. si impegna a svolgere la progettazione preliminare delle opere viarie di seguito indicate, e/o altre opere viarie richieste dal comune, destinando a tale attività di progettazione quota parte - pari a Lit. 600 milioni - del complessivo impegno finanziario definito ai punti 4.7 e 4.8 del Protocollo di Intesa, avendo dedotto l'importo destinato alla progettazione preliminare delle tramvie/ferrotramvie e delle fermate del SFM come da articolo 4 dell'Atto Integrativo all'Accordo Quadro del 27 luglio 1995 e al Protocollo di Intesa del 24 aprile 1997, datato 3 marzo 1999: 1. Prolungamento sottopasso ferroviario di Via del Gignoro su Via della Casaccia. 2. Sottopasso Viale Mazzini - Viale Malta (tramvia) 3. Sottopasso Viale XI Agosto - Via S. Allende»;
con l'integrazione dell'accordo di procedimentale firmato il 23 luglio 2003 all'articolo 2 si apprende che RFI si impegna a mettere a disposizione un ulteriore importo pari a 10 milioni di euro per i seguenti interventi: contributo per la realizzazione dell'interramento dell'elettrodotto di alimentazione della SSE di Rifredi e contributo per i lavori di adeguamento idraulico del torrente Mugnone;
si citano i seguenti ulteriori sviluppi:
a) 24 aprile 1997 protocollo di intesa tra regione, provincia, comuni di Firenze Sesto Vaglia e Ministero dei trasporti, FS e TAV, per la definizione del tracciato della linea alta velocità del nodo di Firenze e per la localizzazione della stazione alta velocità, progettazione e realizzazione di un sistema di tramvie ed altri interventi inerenti all'assetto dei trasporti pubblici nell'area metropolitana. Al punto 4.3 del protocollo TAV si impegnava a fornire la progettazione della linea tranviaria Firenze-Scandicci tramite Italferr ed a contribuire alla sua realizzazione;
b) 3 marzo 1999 accordo procedimentale tra FS, TAV, regione, provincia, comune di Firenze con il quale in attuazione e a parziale modifica di quanto previsto con protocollo del 24 aprile 1997: si conferma la partecipazione di TAV alla realizzazione dell'opera;
c) 3 marzo 1999 conferenza dei servizi convocata dal Ministero dei trasporti con Ministeri competenti, comune di Firenze, regione, provincia e FS per procedere all'approvazione del progetto della nuova stazione alta velocità Belfiore-Macelli e del passante alta velocità nel comune di Firenze, al punto 7 del verbale si da atto dell'acquisizione sui progetti relativi alla tratta, dei pareri favorevoli di tutti i soggetti interessati e per quel che riguarda la soluzione relativa alla stazione di superficie Belfiore-Macelli con le indicazioni e le prescrizioni di cui all'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 tra Ministero dei trasporti, Ministero per i beni culturali, soprintendenza, regione, comune, FS e TAV;
d) 18 gennaio 2000 la commissione di esperti, costituita a tale scopo nel corso della conferenza dei servizi del 3 marzo 1999, prendeva atto dell'adeguamento dei progetti di cui sopra alle prescrizioni e indicazioni rese nell'accordo come sopra sottoiscritto e correlato alla conferenza stessa;
e) delibera 00193 del 25 novembre 1999 con l'autorizzazione al sindaco a partecipare alla riunione per la verifica del progetto definitivo della stazione alta velocità Belfiore-Macelli;
f) 15 febbraio 2001 protocollo di intesa tra Ministero dei trasporti, regione, comune di Firenze, provincia, TF e TAV per «opere complementari alla stazione alta velocità di Firenze», nella quale si evidenzia che TAV e Italferr hanno elaborato varie ipotesi di perfezionamento del progetto afferente la nuova stazione alta velocità la cui nuova configurazione (nuovo lay out) è stata approvata dalla giunta comunale con decisone resa nella seduta del 16 ottobre 2001;
g) 21 dicembre 2001 riunione al Ministero dei trasporti, con la partecipazione

di RFI, TAV Italferr e comune di Firenze per verificare lo stato di avanzamento delle attività e la programmazione dei lavori del nodo alta velocità del comune di Firenze, si conferma la volontà di procedere ad un concorso internazionale di progettazione per nuova stazione alta velocità;
h) delibera comunale 03765 del 27 settembre 1996 schema convenzione per attribuzione incarico consulenza al sindaco sugli effetti e le ricadute urbanistiche inerenti l'alta velocità nel nodo fiorentino;
i) delibera comunale 00336 del 24 febbraio 1998 per incarico professionale per una consulenza per le analisi e verifica in merito alle problematiche connesse all'attraversamento del nodo fiorentino dell'alta velocità;
l) delibera comunale 00068 del 15 gennaio 1999 che prevede l'assunzione di 2 unità di personale a tempo determinato, profilo istruttore direttivo edile, per l'attivazione del nodo ferroviario fiorentino per l'alta velocità presso la direzione urbanistica comunale;
m) delibera comunale 00267 del 13 febbraio 1889 protocollo di intesa sul nodo alta velocità, presa d'atto della costituzione del comitato di coordinamento e approvazione relativo regolamento;
n) delibera comunale 00017 del 18 marzo 2002 «opere complementari alla stazione Alta Velocità di Firenze, approvazione accordi con TAV e Centrale del Latte» con relativo protocollo di intesa «per opere complementari alla stazione alta velocità» sottoscritto in data 15 febbraio 2001, l'amministrazione comunale si è impegnata tra l'altro a garantire a TAV la piena disponibilità di un'area del complesso degli ex macelli di via Circondaria attualmente occupata per la quasi totalità dallo stabilimento della centrale del Latte, che all'articolo 2 del protocollo prevede l'impegno a procedere entro il 28 febbraio 2004 alla demolizione dei manufatti edilizi presenti nell'area, nonché alla rimozione degli impianti produttivi ed i servizi industriali della Centrale del latte determinando in 18 milioni di euro il corrispettivo per l'acquisizione dell'area interessata;
o) delibera comunale 00106 del 20 ottobre 2010 Nuova stazione alta velocità e passante alta velocità Conferenza dei servizi per l'approvazione dei progetti, autorizzazione al sindaco a parteciparvi -:
se gli accordi sottoscritti riguardo il sottoattraversamento, il percorso del sottoattraversamento, l'ubicazione della nuova stazione, il progetto della stazione siano al momento modificabili, rispetto agli accordi intercorsi e riportati, solo in parte, in premessa;
se la modifica anche parziale degli accordi intercorsi possa allungare i tempi di realizzazione dell'opera, se questo comporti penali economiche e se eventuali modifiche richiedano una nuova valutazione di impatto ambientale e quali siano i tempi previsti per tale nuovo strumento di valutazione;
quante siano le opere, e relativo importo, già realizzate o da realizzare accordate in conferenza dei servizi o contenute in altri atti, a beneficio della città di Firenze.
(4-08265)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La progettazione del passante sotterraneo e della nuova stazione alta velocità di Firenze è stata elaborata ed approvata in linea con le autorizzazioni, gli atti, gli accordi e le intese istituzionali come riferito nelle premesse della interrogazione in parola. Gli accordi hanno già dato luogo all'assunzione di impegni di spesa, ad esempio per nuove opere viarie, e a contributi erogati al comune di Firenze. Previa volontà e condivisione di tutti gli enti intervenuti nelle precedenti intese, tali accordi potrebbero essere rivisti oppure integrati e/o modificati, ferma restando la necessità di ripercorrere tutte le procedure previste per la concertazione dei nuovi aspetti da disciplinare e per la sottoscrizione delle conseguenti nuove intese.


Per quanto riguarda la valutazione delle conseguenze di un'eventuale modifica degli accordi in essere, si evidenzia che l'appalto relativo alla realizzazione del passante sotterraneo e della nuova stazione alta velocità di Firenze è stato formalmente affidato al soggetto attuatore già dal mese di maggio 2007 prevedendo inizialmente l'affinamento progettuale dell'opera per poi avviare, progressivamente, i vari cantieri operativi.
Attualmente sono aperti vari cantieri per cui nel caso di eventuali variazioni agli accordi intercorsi, attraverso modifiche all'opera già in corso di realizzazione o aggiunte di nuovi interventi, appare inevitabile un allungamento dei tempi di realizzazione con la conseguente prolungata interferenza dei cantieri sul tessuto cittadino e con un ritardo nella fruibilità dell'opera.
La convenzione in essere per la realizzazione del passante sotterraneo e della nuova stazione alta velocità di Firenze non prevede specifiche penali economiche per variazioni alle opere da realizzare. Solo sulla base della tipologia di modifica proposta è possibile valutare l'eventuale impatto economico sui lavori. In linea di massima, salvo diversi accordi tra le parti o decisioni dell'autorità giudiziaria, sono da applicare le norme previste dal Codice civile sulla conclusione «anticipata» di un contratto o sull'estensione dello stesso con conseguente richiesta del riconoscimento di maggiori oneri da parte dell'appaltatore.
L'eventuale necessità di avviare un nuovo ed ulteriore procedimento di valutazione di impatto ambientale in sede ministeriale, in conseguenza di un nuovo accordo sottoscritto tra le parti, dipende evidentemente dalla natura delle modifiche introdotte sull'opera già approvata ed assentita. Modifiche ragionevolmente modeste oppure puntuali variazioni progettuali non dovrebbero intervenire sul contenuto complessivo della valutazione di impatto ambientale già emessa; al contrario, in caso di diversa definizione degli input progettuali appare difficile non procedere con una nuova valutazione di impatto ambientale. In tal caso, tenuto conto della oggettiva complessità dell'opera e del contesto urbano in cui questa si realizza, i tempi di conclusione della procedura non appaiono di breve termine e, basandosi su precedenti esperienze similari, possono essere stimati in almeno 12/18 mesi il che si rifletterebbe anche sulla data di ultimazione delle opere.
Per quanto riguarda le opere già realizzate o da realizzare in base agli accordi sottoscritti nel corso dell'
iter approvativo dell'attraversamento e della stazione alta velocità del nodo di Firenze, si evidenzia che rete ferroviaria italiana ha già corrisposto 158 dei 209 milioni di euro, pari ad oltre il 75 per cento dell'impegno complessivo assunto nei confronti del comune di Firenze.
In particolare Ferrovie dello Stato fa sapere che sono stati già erogati contributi:
per 63 milioni di euro per interventi compensativi, a fronte degli 87 milioni di euro previsti;
per 53 milioni di euro per la realizzazione del sistema tramvia, a fronte dei 77 previsti;
per 42 milioni di euro per acquisizioni di aree/fabbricati interferenti con le opere AV, a fronte dei 45 milioni di euro previsti.

Tra le opere già realizzate a beneficio della città si ricordano:
il sottopasso di viale Strozzi in sottoattraversamento del fascio dei binari della stazione di Firenze Santa Maria Novella;
il sottopasso recentemente completato di via Giuliani-Panciatichi in prossimità della stazione di Rifredi;
il viadotto di via Cantoni-Cattari in prossimità dell'impianto dinamico polifunzionale (Idp) di Osmannoro;
la prima linea tranviaria, Firenze-Scandicci, attivata all'esercizio commerciale nel febbraio 2010 e per la quale il contributo a carico rete ferroviaria italiana ammonta a 37 milioni di euro.

Da ultimo si evidenzia, quale ulteriore importante intervento a beneficio della città

di Firenze, l'adeguamento del torrente Mugnone, con avanzamento dei lavori all'80 per cento circa, intervento quest'ultimo integrato anche con la predisposizione di significativi elementi di arredo urbano.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in Torino, via Paolo Gaidano n. 103/3, risulta essere terminata - dall'agosto del 2003 - la costruzione di due palazzine per complessivi 58 alloggi finalizzati ad ospitare appartenenti alle Forze dell'ordine provenienti da altre regioni per la lotta alla criminalità organizzata, come da previsione dell'articolo 18 del decreto-legge n. 152 del 1991;
la convenzione stipulata a suo tempo che ha dato via ai lavori è relativa ad un accordo tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino e la cooperativa Acacia, vincitrice del bando, con uno stanziamento del predetto Ministero di circa 3 milioni di euro;
nonostante il tempo trascorso dal termine dei lavori (agosto 2003), i suddetti alloggi non risultano ancora formalmente consegnati alla prefettura di Torino per l'assegnazione;
l'ente comunale per l'edilizia popolare e agevolata (ATC), in attesa di prenderli in consegna, ha rilevato che mancano ancora le caldaie e il certificato di idoneità da parte dei vigili del fuoco;
nonostante il lungo lasso di tempo trascorso ed il costante interessamento da parte dei mass-media, nulla è allo stato cambiato;
pervengono pressanti richieste da parte di numerosi appartenenti alle Forze di polizia, che denunciano gravi difficoltà nel sostenere le proprie famiglie a causa degli alti importi da destinare agli affitti presenti sul libero mercato, ovvero per la cronica carenza di immobili che impedisce anche il ricongiungimento dei propri nuclei familiari;
tale inerzia, ad avviso degli interroganti, cagiona un danno notevole ai potenziali beneficiari e rischia di creare nocumento anche all'erario per gli investimenti pubblici sostenuti, per i mancati introiti e per il degrado e l'abbandono in cui versano gli immobili;
il permanere di siffatta situazione ha suscitato l'attenzione del comune di Torino, nelle persone del sindaco Sergio Chiamparino e dell'assessore alla casa Roberto Tricarico i quali hanno manifestato - già nel novembre del 2007 - interesse all'acquisizione dell'immobile allo scopo di destinarli ad edilizia popolare;
tale vicenda è già stata oggetto di pressanti richieste da parte del CoBaR della Guardia di finanza del Piemonte che, con più delibere, nel tempo ha chiesto alle autorità competenti un intervento risolutore, nonché l'interessamento della Corte dei conti allo scopo di accertare eventuali danni erariali connessi all'impiego del denaro pubblico;
presso la procura regionale per il Piemonte della Corte dei conti risulterebbe essere iniziata fin dal 26 marzo 2003 un'istruttoria inerente alla costruzione degli alloggi oggetto della presente interrogazione;
sarebbe opportuno chiarire le motivazioni di quello che agli interrogazioni appare, uno spreco di denaro pubblico -:
nel marzo 2009, su sollecitazione sempre della Rappresentanza militare della Guardia di finanza, in un'intervista della trasmissione televisiva «Le Iene» il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Arturo Matteoli aveva promesso un intervento

risolutore per giungere finalmente alla consegna degli alloggi agli aventi diritto;
se i Ministri interrogati intendano assumere ogni iniziativa utile al fine di pervenire all'assegnazione degli alloggi in questione agli appartenenti alle Forze dell'ordine in servizio nella città di Torino.
(4-06135)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2010, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per portare a conclusione l'intervento di edilizia sovvenzionata per n. 58 alloggi finanziati ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 203 del 1991, stante l'inadempienza del soggetto attuatore, ha affidato al provveditorato opere pubbliche del Piemonte e della Valle d'Aosta la funzione di stazione appaltante degli interventi di completamento necessari.
In particolare, con nota ministeriale in data 4 settembre 2009 protocollo 10031, il citato provveditorato interregionale è stato autorizzato ad adottare gli adempimenti per l'esecuzione dei lavori di completamento.
Tali lavori saranno finanziati con le risorse non ancora erogate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al soggetto attuatore Acacia.
Ciò posto, a seguito di procedura di gara negoziata, è stato approvato il contratto di appalto stipulato in data 7 aprile 2010 con l'impresa aggiudicataria Arte e tecnologie (Ar.Te. spa) per l'importo di euro 245.180,44 per lavori al netto del ribasso del 20 per cento comprensivo di oneri per la sicurezza, non soggetti a ribasso.
I citati 58 alloggi di edilizia residenziale sovvenzionata sono localizzati in due edifici rispettivamente di 34 e 24 alloggi e relative opere di urbanizzazione e sono da concedere in locazione ai sensi dell'articolo 18 della legge 203 del 1991.
Si evidenzia che l'articolo 18, comma 2, della convenzione 20 novembre 1997, sottoscritta tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il comune di Torino ed il soggetto attuatore prevede, ai sensi della legge 12 luglio 1991, n. 203, che gli alloggi di edilizia sovvenzionata siano conferiti in proprietà agli ex Iacp (Istituto autonomo case popolari) comunque denominati per essere assegnati in locazione o godimento ai dipendenti statali in possesso di determinati requisiti.
Va evidenziato, inoltre, che a seguito dell'ultimazione parziale dell'intervento di edilizia sovvenzionata è sorto un contenzioso tra la cooperativa Acacia e alcune imprese e soggetti coinvolti a vario titolo che vantano crediti nei confronti della cooperativa Acacia per fatture non pagate.
In particolare, il credito vantato dall'impresa Ar.Te. spa ammonta complessivamente a euro 1.006.950,82 in relazione al quale la stessa Ar.Te. spa ha promosso una azione giudiziaria comportante il sequestro conservativo cautelare relativo al fabbricato di n. 58 alloggi Erps di via Gaidano 121 (provvedimento del tribunale di Torino 2 maggio 2009).
Risulta poi a carico di Acacia un ulteriore debito complessivo di circa euro 2.799.236,36 nei confronti di vari creditori (professionisti, utenze, banca S. Paolo, eccetera).
Si segnala, inoltre, che la prefettura di Torino, sentita più volte in merito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attivato le procedure per l'assegnazione dei n. 58 alloggi di edilizia sovvenzionata.
È opportuno evidenziare, in tale contesto, che l'Atc di Torino ha manifestato la volontà di sottoscrivere una scrittura privata tra Ar.Te. (architetture e tecnologie spa); Acacia scrl ed Atc (agenzia territoriale della casa della provincia di Tonno) al fine di mediare le rispettive pretese e per cancellare, a cura e spese di Ar.Te, la trascrizione del provvedimento di sequestro conservativo apposto sugli alloggi di edilizia sovvenzionata.
Successivamente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si impegnerà, a conclusione delle verifiche da effettuare da parte dell'Atc di Torino anche presso la società Equitalia sulla posizione debitoria del soggetto attuatore e con il consenso del

soggetto attuatore medesimo a sottoscrivere un apposito protocollo d'intesa per la conclusione del programma integrato in oggetto corrispondendo all'Atc della provincia di Torino - a fronte degli impegni assunti - l'importo residuo del programma di edilizia sovvenzionata ed agevolata pari ad euro 259.714,08.
Con la sottoscrizione del richiamato protocollo (che dovrà essere approvato dal consiglio di amministrazione dell'Atc che sta per essere rinnovato) l'Atc di Torino si farà inoltre carico:

a) di sostenere l'onere finanziario derivante dalla definizione del contenzioso tra Ar.Te. la cooperativa Acacia tramite il versamento da parte dell'Atc alla società Ar.Te. della somma di 858.000,00 di euro con le modalità stabilite nella scrittura privata tra l'Atc, la soc. Ar.Te. e Acacia scrl;
b) di assumere l'onere finanziario degli ulteriori debiti del soggetto attuatore Acacia scrl, inerenti agli oneri tributari sopraindicati pari a euro 322.000,00 ed il debito contratto con banca Intesa San Paolo pari a euro 470.000,00, per un importo complessivo di euro 792.000,00;
c) di destinare gli alloggi acquisiti ad edilizia sovvenzionata in locazione permanente, da assegnare prioritariamente a dipendenti dello Stato appartenenti alle forze dell'ordine. Con la sottoscrizione del protocollo d'intesa il presidente della cooperativa Acacia scrl, si impegna:
a) a sottoscrivere, ai sensi dell'articolo 18, comma 2, della convenzione 20 novembre 1997, l'atto di cessione all'Atc dei 58 alloggi di edilizia residenziale sovvenzionata realizzati in via Gaidano 109 con annessi locali accessori, posti auto e pertinenze, sostenendo le spese necessarie, entro 60 giorni dalla sottoscrizione del presente atto. In assenza di tale adempimento il protocollo d'intesa sarà privo di efficacia;
b) a coprire con risorse proprie le somme residue ancora dovute ai creditori per l'intervento di cui all'oggetto, al netto di quelle indicate nei punti precedenti, a carico dell'Atc;
c) a fornire ogni documento utile richiesto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Atc per verificare e giustificare l'utilizzo delle risorse pubbliche.

Con la sottoscrizione del presente atto e ad avvenuto trasferimento degli alloggi di edilizia sovvenzionata in proprietà all'Atc della provincia di Torino il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rinuncia a richiedere l'escussione delle polizze fidejussorie presentate dal soggetto attuatore e a svincolarle all'avverarsi del trasferimento degli alloggi di edilizia sovvenzionata e all'avvenuta registrazione del protocollo d'intesa in argomento da parte degli organi di controllo.
Per quanto sopra riportato, pertanto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti assicura il proprio impegno affinché si possa pervenire in tempi rapidi all'assegnazione degli alloggi in questione agli appartenenti alle Forze dell'ordine.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata annunciata la chiusura della galleria ferroviaria elicoidale di Varzo (provincia di Verbania-Cusio-Ossola) sulla linea del Sempione per lavori di manutenzione;
tale chiusura è prevista nelle ore notturne dal 15 giugno all'11 dicembre 2010;
l'impossibilità al transito nelle ore notturne comporterà pesanti ripercussioni sul traffico passeggeri e soprattutto merci non essendoci possibilità (come per i passeggeri) di organizzare servizi di navetta via autobus da Varzo a Iselle di Trasquera;
di fatto la chiusura comporterà l'andata in crisi dello scalo ferroviario di «Domo 2» già oggetto di gravi difficoltà logistiche;

nel territorio vi è vivo allarme per questa decisione per le sue ripercussioni di carattere operative ed occupazionali -:
se si siano valutate tutte le possibili alternative circa i lavori da effettuare ed in particolar modo se si siano ipotizzate altre ore di chiusura che meno pregiudichino il traffico ferroviario;
quali effetti sul traffico si ritengono verranno causate dalle lunghe interruzioni orarie e quale piano alternativo sia stato eventualmente predisposto per l'utenza passeggeri e frontaliera che è interessata dalla chiusura della linea.
(4-06866)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ferrovie dello Stato fa sapere che la galleria elicoidale fra Iselle e Varzo, nel periodo da giugno a dicembre 2010 è interessata da importanti lavori di risanamento per i quali si è reso necessario un'interruzione totale della linea per alcune ore nell'arco del giorno.
Al riguardo, rete ferroviaria italiana ha individuato una soluzione idonea a garantire il transito dei treni eurocity che collegano l'Italia con la Svizzera, senza ricorrere al trasbordo dei passeggeri. Detta soluzione consiste nell'eseguire i lavori durante il periodo diurno utilizzando due intervalli temporali rispettivamente nelle fasce orarie 10-13 e 16-19 secondo il seguente programma:
interruzione continuativa del binario dispari;
interruzione del binario pari tutti i giorni (sabato escluso) dalle ore 10.01 alle ore 13.03 e dalle ore 16.01 alle ore 19.03;
rallentamento precauzionale a 50 chilometri orari nella marcia dei treni sul binario pari, per tutto il periodo interessato ai lavori di cui trattasi.

Relativamente alle ripercussioni sul trasporto regionale derivanti dalla riduzione di capacità dell'infrastruttura, Ferrovie dello Stato fa presente che i collegamenti circolanti sulla tratta Domodossola-Iselle, nelle fasce orarie interessate dall'interruzione, restano assicurati attraverso un servizio di bus sostitutivi.
Per quanto riguarda il trasporto ferroviario delle merci, premesso che la tratta interrotta, pur trovandosi in territorio italiano, viene gestita dalle Ferrovie svizzere (Sbb) in quanto si trova a nord della stazione di confine di Domo2, Ferrovie dello Stato informa che non emergono ricadute significative sull'organizzazione del servizio svolto da Trenitalia cargo.
Analogamente, la stessa società fa presente che non si riscontrano modifiche di rilievo nello svolgimento delle attività complessive che vengono eseguite, nell'arco delle 24 ore, nello scalo di Domo 2 (manovre, composizioni, visite tecniche, attività doganali, eccetera).
Peraltro, nell'ambito del programma di circolazione adottato dal gestore dell'infrastruttura, rete ferroviaria italiana, è stato previsto sia l'instradamento di alcuni convogli verso altri transiti sia il riposizionamento di altri treni in fasce orarie diverse.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada A26 nel tratto tra Arona e Gravellona Toce è stata aperta al traffico nell'estate 1995;
nel tratto prospiciente il Lago Maggiore corre per lunghi tratti in galleria che praticamente - dal momento dell'inaugurazione - sono quasi sempre stati oggetto di lavori di manutenzione;
tali lavori sono quasi sempre stati dedicati al rifacimento, in tutto o in parte, dell'impianto di illuminazione, più volte sistemato e rifatto fino all'ultima installazione di punti-luce bianchi a poca altezza

da terra che peraltro rischiano di abbagliare i conducenti i veicoli -:
quali siano stati i motivi che hanno portato a questi continui lavori di manutenzione che comportano periodiche restrizioni alla circolazione e quali giustificazioni tecniche abbiano portato alla decisione di installare centinaia di nuovi punti-luce sopra descritti, dei quali francamente non se ne notava la necessità.
(4-08584)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'azienda nazionale autonoma delle strade fa sapere che i lavori di manutenzione e di illuminazione delle gallerie che si trovano lungo la tratta autostradale A26 sono previsti dal piano di adeguamento delle gallerie che la concessionaria autostrade per l'Italia spa sta mettendo in atto ai sensi delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo n. 264 del 2006, in applicazione della direttiva europea 2004/54/CE sulla sicurezza delle gallerie di lunghezza superiore a 500 metri appartenenti alla rete stradale trans-europea (rete Tern ossia
Trans european road network).
Gli interventi in questione perseguono l'obiettivo di un miglioramento degli
standard di sicurezza delle gallerie.
Nello specifico, sulla A26 sono in corso le seguenti attività:
illuminazione permanente e di rinforzo, dimensionati come da decreto ministeriale 14 settembre 2005 in base alla Uni 11095, con l'installazione di corpi illuminanti necessari per il raggiungimento dei valori di luminanza, uniformità, eccetera, prescritti dalla normativa;
illuminazione di evacuazione come da decreto legislativo n. 264 del 2006 e linee guida Anas;
ventilazione, che comporta lavorazioni da eseguire al centro della volta della galleria e di operare in deviazione di carreggiata o, in alternativa, in modalità di chiusura della tratta, a seconda della conformazione delle gallerie e del tratto autostradale interessato;
impianti di rilevazione fumo e incendio;
impianti di videosorveglianza;
impianti di segnaletica attiva e passiva (Pmv, freccia croce e cartellonistica
in itinere) finalizzata alla gestione in sicurezza delle emergenze;
realizzazione dei rifugi;
realizzazione delle cabine a servizio negli impianti citati.

A seconda del tipo di intervento, devono essere predisposte restrizioni della circolazione o scambi di carreggiata, con le relative segnaletiche.
Le citate lavorazioni, sia per le loro caratteristiche sia per la salvaguardia della sicurezza dei lavoratori impegnati, richiedono opere di cantierizzazione e limitazioni alla circolazione dei mezzi, ma sono comunque pianificate in modo tale da ridurre al minimo l'impatto sulla regolare fluidità del traffico.
Da ultimo la società concessionaria, autostrade per l'Italia, fa sapere che la percezione da parte degli utenti di un maggior numero di «punti-luce» in galleria dipende dalla presenza dell'illuminazione con tecnologia a Led che produce un maggior
comfort visivo ed anche la sensazione di trovarsi in ambiente maggiormente illuminato, dall'illuminazione di evacuazione che funge da guida luminosa, dall'impianto di illuminazione di emergenza nei casi di pericolo.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
numerosi connazionali, autorità consolari, esponenti politici e parlamentari hanno più volte sottolineato l'esigenza di una sistemazione della «Casa d'Italia» di

Zurigo, il più importante centro di ritrovo delle iniziative ed istituzioni italiane nella città svizzera;
oltre alle difficoltà già sottolineate nella gestione dell'edificio, in occasione di un recente incontro che l'interrogante ha avuto con la comunità italiana in Svizzera si è avuta notizia che le autorità locali sono intenzionate a togliere alla «Casa d'Italia» l'agibilità abitativa per il suo perdurante non collegamento degli scarichi con la rete fognaria della città;
un gruppo di italiani residenti in Svizzera si sarebbe detto disposto a contribuire almeno in parte a sostenere i lavori necessari per la sistemazione e messa a norma dell'edificio -:
al di là del grave danno di immagine che deriverebbe dalla chiusura della struttura, quale sarebbe il futuro delle numerose attività sociali e scolastiche che hanno sede nel centro italiano di Zurigo;
quali iniziative intenda con urgenza intraprendere il Ministero per intervenire concretamente su questo immobile al fine di mantenere l'agibilità edilizia e la sua fruizione per le nostre istituzioni a Zurigo.
(4-09093)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per l'intervento straordinario al sistema fognario dell'immobile Casa d'Italia ubicato in Zurigo questa amministrazione aveva accantonato dall'esercizio finanziario 2009 una apposita quota di fondi in considerazione dell'importanza dei lavori per l'utilizzo della struttura.
Nel corso del 2010, mentre ci si adoperava con la sede per definire l'aspetto progettuale dell'intervento, le autorità comunali - che hanno più volte effettuato sopralluoghi presso l'immobile - hanno reso nota la necessità di ampliare la portata degli interventi, con l'effettuazione di opere aggiuntive, finalizzate ad una migliore integrazione della rete fognaria dello stabile con nuovi programmati interventi del comune sul sistema fognario della città di Zurigo.
Tali maggiori e non previste richieste hanno conseguentemente fatto lievitare i costi da sostenere, comportando la necessità di una riprogrammazione dello svolgimento dell'intervento. Un'adesione
in toto alle richieste delle autorità locali comporterebbe infatti un onere superiore alla quota di risorse appositamente accantonate.
Si è quindi deciso di approfondire la questione avvalendosi di specifiche professionalità tecniche in servizio presso questo ministero, mediante sopralluogo sul posto. Ciò al fine di avere un quadro di maggiore certezza e chiarezza, sempre d'intesa con le autorità comunali, sui lavori da effettuare con priorità ed urgenza.
Per il supplemento di istruttoria è stata prevista a breve termine un'apposita missione tecnica, che dovrebbe consentire, una volta valutati gli esiti, di dare corso all'intervento nella prossima primavera, periodo ottimale sia per motivi meteorologici che per la non interferenza sulle attività scolastiche.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo una segnalazione del WWF nel testo della legge finanziaria 2010 C. 2936-A, per effetto dell'approvazione di un emendamento sostenuto dal Governo, al comma 222 dell'articolo 2 si stabilisce che si possa procedere all'avvio della realizzazione del relativo progetto definitivo per lotti costruttivi delle opere ricomprese nei corridoi europei TEN-T - che abbiano un costo superiore ai 2 miliardi di euro e a 4 anni dall'approvazione del progetto definitivo (primo periodo), ponendo come condizione base: oltre alla approvazione di un progetto definitivo accompagnato da una relazione che indichi le fasi di realizzazione

dell'intera opera (lettera b, del comma 222), il finanziamento integrale del lotto e la copertura finanziaria di almeno il 20 per cento, o in alcuni casi, del 10 per cento, con risorse pubbliche o private del costo complessivo dell'opera (lettera a del comma 222). Nel comma 222 in esame inoltre si stabilisce che il contraente generale o l'affidatario dei lavori nulla abbia a pretendere nel caso dell'eventuale mancato o ritardato finanziamento dell'intera opera o di lotti successivi (lettera c);
le disposizioni contenute nel comma 222 dell'articolo 2 si configurano come un'importante modifica tacita del Titolo III, Capo IV, Sezioni I e Il del decreto legislativo n. 163 del 2006 che disciplina i lavori relativi alle infrastrutture e agli insediamenti strategici in cui sono ricompresi tutti i progetti TEN-T italiani. Di particolare gravità, in questo contesto, appare la formulazione relativa alla realizzazione del relativo progetto definitivo per lotti costruttivi, il ché fa pensare che si possano realizzare lotti di opere, tanto complesse tecnicamente e tanto onerose, anche in assenza di un progetto esecutivo dell'opera nel suo complesso;
la legge 18 giugno 2009, n. 69 recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile», al comma 1 dell'articolo 3, modificando il capo III della legge 23 agosto 1988, n. 400, prima dell'articolo 14 della stessa legge n. 400 del 1988 inserisce il seguente articolo: «Art. 13-bis. - (Chiarezza dei testi normativi). - 1. Il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, provvede a che: a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate; (...)»;
esistono inoltre ammonimenti della Corte dei Conti relativamente al finanziamento parziale delle opere e alla definizione progettuale in corso d'opera, come emerge, ad esempio, dall'indagine della sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, approvata il 20 febbraio 2009 con delibera 2-2009-G, contesta lo «Stato di avanzamento del progetto di salvaguardia della Laguna e della città di Venezia», in cui a pagina 4 della sintesi, posta all'inizio della relazione si legge: «La prassi dei finanziamenti frazionati nel tempo» - per cui è il progetto che segue il finanziamento - e l'indeterminatezza della progettazione iniziale hanno prodotto il prolungamento della concessione. Ciò ha generato difficoltà nel rispetto dei costi preventivati. La realizzazione dell'opera è apparsa condizionata dalla incertezza delle risorse disponibili e dalla scarsa definitezza delle fasi realizzative» -:
se quanto disposto al comma 222 dell'articolo 2 consenta effettivamente la realizzazione di lotti di opere anche in assenza di un progetto esecutivo dell'opera nel suo complesso.
(4-05516)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, occorre precisare che il Mose (modulo sperimentale elettromeccanico) non rientra tra i progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei Ten-T (reti di trasporto trans-europee); infatti l'articolo 2, comma 232 della legge finanziaria per il 2010 non è riferibile alle opere di regolazione delle maree alle bocche di porto.
Inoltre, si rappresenta che con la delibera 2/2009/G la Corte dei conti aveva rilevato che la prassi dei finanziamenti frazionati nel tempo, la redazione del progetto esecutivo e la realizzazione delle opere per stralci del Mose avrebbero reso difficile il rispetto dei costi preventivati, evidenziando altresì che lo sviluppo temporale dei lavori sarebbe apparso condizionato dall'incertezza delle risorse disponibili e dalla scarsa determinatezza delle fasi realizzative.
A fronte di tali rilievi, il magistrato alle acque di Venezia ha precisato che le difficoltà nel rispetto dei costi preventivati non sono in alcun modo riconducibili all'indeterminatezza progettuale, bensì al lungo lasso di tempo trascorso tra la redazione del progetto di massima (1992) e la definitiva approvazione risalente al 2003/2004, quale

conseguenza diretta del lunghissimo iter approvativo conseguente alle posizioni via via assunte, in particolare, dal comune di Venezia che hanno richiesto sempre nuovi ed ulteriori approfondimenti.
Le rimodulazioni e ridefinizioni del progetto sono state, infatti, conseguenza diretta delle richieste avanzate dall'amministrazione comunale che il comitato misto per Venezia ha inteso recepire.
Con specifico riferimento al rispetto dei tempi di completamento delle opere, è stato precisato che in considerazione dei finanziamenti stanziati l'avanzamento dei lavori risulta in linea con la prevista data di ultimazione e che non sussiste alcuna carente definizione delle fasi realizzative del Mose. Queste ultime, infatti, risultano essere state perfettamente individuate, sia sul piano tecnico sia sul piano economico, nel progetto definitivo con la conseguenza che lo sviluppo dei lavori per stralci esecutivi non risulta affatto condizionato dalla circostanza che la progettazione esecutiva sia redatta per parti ma solo ed esclusivamente dalle disponibilità finanziarie.
Si evidenzia, infine, che nelle raccomandazioni finali, conclusive dell'indagine avviata con la citata delibera 2/20091G, la Corte dei conti nulla ha precisato in merito alle questioni sottese allo sviluppo per stralci della progettazione esecutiva e della realizzazione dell'opera.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ordinanza del tribunale di Caltanissetta, che ha portato all'arresto di 14 persone per i rapporti accertati tra mafia e Calcestruzzi spa, figura un elenco di opere a rischio in Sicilia perché costruite con l'impiego di cemento impoverito. Tra queste: lo svincolo autostradale di Castelbuono, provincia di Palermo, la galleria di Cozzo Minneria, l'ospedale S. Elia a Caltanissetta, e altre;
secondo il vice presidente di Legambiente Sebastiano Venneri «le inchieste in corso nell'ambito dell'operazione denominata "Doppio colpo" e che ha interessato Sicilia, Lombardia, Lazio e Abruzzo stanno dimostrando come la mafia abbia il controllo quasi monopolistico del cemento depotenziato e come il fenomeno interessi l'intero Paese». Continua: «C'è la perizia tecnica sulla linea ferroviaria Lamezia-Catanzaro inaugurata a giugno 2008, c'è la voragine sul tratto appena rifatto della Salerno-Reggio Calabria, ci sono la scuola Euclide di Bova Marina e quella in via Coniugi Crigna a Tropea e, forse, anche la casa dello studente a L'Aquila, il cui crollo durante il terremoto ha posto più di un interrogativo sulla consistenza della struttura. È necessario in tutto il Paese - conclude Venneri - un attento monitoraggio delle opere pubbliche, a partire da ospedali e scuole. Da tempo, abbiamo rivolto questa richiesta al Ministro delle infrastrutture» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, ove ne sussistano i presupposti, avviare un'ampia indagine per mezzo di un attento monitoraggio che coinvolga innanzitutto ospedali e scuole, al fine di tutelare la salute pubblica.
(4-07009)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, per quanto di competenza, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con l'intesa sancita in sede conferenza unificata il 28 gennaio 2009 si è deciso di emanare degli indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilità di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici prevedendo, tra l'altro, che le informazioni acquisite nel corso delle verifiche tecniche ivi previste fossero rese disponibili alle amministrazioni interessate, le quali nell'ambito delle rispettive competenze ne avrebbero tenuto conto anche ai fini della programmazione dei relativi interventi.

Inoltre, nell'ultimo documento di programmazione economica finanziaria presentato nel luglio 2009 fra gli impegni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti coerenti con le attuali disponibilità finanziarie si prevede che non appena noto ... il quadro degli investimenti urgenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici... » si provvederà alla aggiudicazione di parte dei lavori riconducibili alla predetta previsione programmatica.
All'interno del quadro normativo e regolamentare anzidetto e sulla base delle risultanze dei sopralluoghi che allo stato attuale hanno consentito di verificare più del 70 per cento del patrimonio scolastico esistente sul territorio nazionale pari a circa 46 mila edifici e delle comunicazioni e segnalazioni pervenute dai gruppi di coordinamento regionali, dai provveditorati interregionali e dagli stessi soggetti proprietari il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha avviato una azione di raccolta delle istanze espresse da tutti i soggetti rappresentati nei tavoli di monitoraggio regionali (enti locali proprietari, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e regioni) coordinati dalle regioni stesse allo scopo di predisporre un primo programma di interventi urgenti finalizzato alla rimozione immediata delle situazioni di pericolo accertate e quantificate dai soggetti coinvolti nella citata intesa e consentire il regolare svolgimento delle attività scolastiche destinando 350 milioni di euro a valere sul fondo aree sottoutilizzate (Fas) assegnati al fondo infrastrutture per l'edilizia scolastica dalla delibera del comitato interministeriale per la programmazione economica del 6 marzo 2009. Attesa l'enorme eterogeneità dei dati acquisiti e delle comunicazioni pari a oltre 6900 richieste di intervento per un totale di oltre 950 milioni di euro si è ritenuto di garantire la tempestiva soluzione delle situazioni più urgenti e l'equa assegnazione delle risorse operando la sotto riportata prima ripartizione indicativa sulla base della consistenza numerica del patrimonio scolastico e della popolazione scolastica.

Tab. 1 - Ripartizione indicativa delle risorse per Regione.

Regioni n. edifici Pop. scolastica % edifici % popolazione 50% edif. 50% pop. 1o stralcio milioni euro
Piemonte 3.233 495.661 6,95 6,37 6,64 23.240
Valle d'Aosta 149 15.079 0,32 0,19 0,25 0.875
Lombardia 6.319 1.155.686 13,59 14,85 14,2 49.700
Trentino A.A. 888 142.232 1,91 1,81 1,85 6,48
Veneto 3.716 601.004 7,99 7,72 7,85 27.490
Friuli V.G. 1.022 136.877 2,2 1,76 1,97 6,859
Liguria 867 170.299 1,86 2,19 2,2 7.700
E. Romagna 2.350 485.173 5,05 6,24 5,64 19.740
Toscana 2.612 420.480 5,62 5,4 5,51 19.285
Umbria 1.085 105.786 2,33 1,36 1,83 6.405
Marche 1.355 194.701 2,91 2,5 2,7 9.450
Lazio 4.595 716.785 9,89 9,2 9,52 33.320
Abruzzo 1.315 170.165 2,83 2,18 2,51 8.75
Molise 332 41.631 0,71 0,53 0,62 2.17
Campania 4.249 962.038 9,13 12,36 10,72 37.52
Puglia 2.788 611.770 5,99 7,86 6,92 24.23
Basilicata 693 85.550 1,49 1,1 1,3 4.55
Calabria 2.756 299.506 5,92 3,85 4,88 17.08
Sicilia 4.261 762.770 9,16 9,8 9,46 33.12
Sardegna 1.929 212.445 4,15 2,73 3,43 12.01
TOTALE 46.514 7.785.641 100 100 100 350.00

Sulla base di tale ripartizione indicativa e a partire dalle priorità indicate nelle segnalazioni pervenute prevalentemente dai gruppi regionali di coordinamento previsti dalla citata intesa, integrate, ove necessario, dalle comunicazioni del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dai medesimi enti locali proprietari si sono quindi individuati 1.552 interventi contenuti nel «programma straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico finalizzato alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali degli edifici scolastici».

Tab. 2 - Ripartizione Regionale delle risorse contenuta nel piano.

RIEPILOGO
Regione n. interventi Programma
Abruzzo 65 9.115.000
Basilicata 27 5.920.000
Calabria 28 12.774.000
Campania 101 38.878.000
Emilia Romagna 125 20.954.000
Friuli Venezia Giulia 5 6.218.000
Lazio 154 35.495.000
Liguria 43 7.714.000
Lombardia 152 49.890.000
Marche 42 10.510.000
Molise 15 2.007.000
P.A. di Bolzano - -
P.A. di Trento - -
Piemonte 83 28.950.000
Puglia 181 25.089.000
Sardegna 99 13.052.000
Sicilia 296 36.310.000
Toscana 64 20.133.000
Umbria 37 6.998.000
Valle d'Aosta 3 875
Veneto 186 27.540.000
TOTALE 1.706 358.422.000

Per assicurare la realizzazione di tali interventi è stato predisposto uno schema di convenzione regolante i rapporti fra Stato ed ente proprietario contenente, fra l'altro, le modalità di definitiva individuazione del finanziamento e di trasferimento delle risorse. Nel medesimo documento vengono precisate le misure ritenute necessarie a garantire il controllo sulla spesa e la realizzazione delle opere.
Per quanto riguarda l'edilizia ospedaliera, fermo restando la competenza delle regioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è disponibile a procedere, parimenti all'edilizia scolastica, ad un'intesa istituzionale sancita dalla conferenza unificata Stato-regioni, finalizzata alla verifica tecnica del patrimonio ospedaliero nazionale per l'eliminazione di eventuali situazioni di rischio.
Con riferimento all'indagine della procura della Repubblica di Catanzaro relativa alla linea ferroviaria Catanzaro-Lamezia, si comunica che la competente procura della Repubblica ha individuato quale parte offesa di un procedimento penale instaurato per la difforme realizzazione delle opere sul tratto ferroviario Catanzaro Lido - Settingiano la società Italferr responsabile della direzione lavori di tale nuovo tratto, la quale sta partecipando attivamente ai rilievi disposti dalla magistratura e sta adottando le misure contrattuali più opportune nei confronti dell'appaltatore nelle more della conclusione degli accertamenti giudiziari.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie stampa dell'8 giugno 2010, nel corso di una importante operazione, la squadra mobile di Reggio Calabria ha eseguito un cinquantina di arresti per un'inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della città dello stretto contro presunti affiliati a potenti cosche della 'ndrangheta che operano nella zona di Palmi e che erano riuscite a infiltrarsi negli appalti per i lavori di ammodernamento dell'autostrada A3;
le famiglie colpite dall'operazione sono quelle dei Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano e Bruzzise-Parrello contrapposte in una sanguinosa faida tra gli anni '80 e '90 e anche più recentemente. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, omicidi ed estorsione;
i lavori finiti nel mirino degli investigatori sono quelli del quinto macrolotto che interessano il tratto compreso tra Gioia Tauro e Scilla;
secondo gli investigatori, gli appetiti delle due consorterie per gli appalti dei lavori di ammodernamento della A3 avevano portato, recentemente, ad una riacutizzarsi della tensione con nuovi delitti;

le cosche, secondo quanto si è appreso, grazie ad alcune imprese collegate a degli affiliati erano anche riuscite ad ottenere alcuni lavori di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
in base a quanto è stato ricostruito dagli investigatori della squadra mobile reggina, le cosche della 'ndrangheta di Palmi imponevano una tangente del 3 per cento alle imprese appaltatrici, Condotte ed Impregilo, l'imposizione di ditte amiche nei subappalti, la fornitura di materiali scadenti e comunque in misura inferiore a quello necessario previsto nei capitolati d'appalto;
la tangente del 3 per cento veniva inserita a bilancio sotto una voce, costo fittizio di stima di un 3 per cento sui ricavi chiamato costo sicurezza Condotte-Impregilo;
in un articolo pubblicato dal quotidiano Il Fatto si legge che attraverso l'affidamento dei lavori a ditte direttamente o indirettamente collegate alle cosche della zona si arricchivano direttamente le casse della 'ndrangheta ed in secondo luogo affidando il lavoro a imprese amiche, si poteva garantire mano d'opera locale che non crea problemi sindacali -:
quali misure siano state adottate in merito ai controlli della qualità e del calcestruzzo fornito dalle cosche ed utilizzato nei lavori oggetto dell'interrogazione e per assicurare una conformità dei materiali utilizzati a quanto previsto nei capitolati d'appalto;
quali misure intenda adottare l'Anas per assicurare la sicurezza dei cittadini alla vigilia dell'esodo estivo;
come il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda affrontare il problema relativo all'impiego di mano d'opera locale che «non crea problemi sindacali»;
quali forme di trasparenza dell'impiego di denaro pubblico si intendano adottare in merito alle vari e opere infrastrutturali e della Salerno-Reggio Calabria in particolare.
(4-07599)

Risposta. - L'autostrada Salerno-Reggio Calabria è un progetto unico nel suo genere, in quanto attraversa gli appennini lucani e calabresi per oltre il 50 per cento dell'intero percorso, e pertanto, più di 200 chilometri di autostrada si inerpicano su un tracciato di montagna impervio, che raggiunge la quota altimetrica autostradale più alta d'Europa, a Campotenese, in Calabria.
La complessità dell'opera è dovuta anche al fatto di aver dovuto progettare e costruire la nuova autostrada in sovrapposizione a quella esistente, mantenendo ininterrotto il flusso veicolare, con l'obbligo di ridurre al minimo il disagio agli utenti.
I primi lavori di ammodernamento dell'A3 sono iniziati nel 1998. I lavori per la realizzazione della nuova autostrada A3 Salerno Reggio-Calabria, invece, hanno avuto un vero impulso nell'anno 2001 e pieno sviluppo successivamente all'introduzione della legge obiettivo, a partire dal 2002. Il progetto complessivo è suddiviso in 58 interventi e, precisamente, in 12 macrolotti e 46 lotti. In precedenza, vi erano stati soltanto 20 piccoli appalti relativi a singoli lotti, avviati a partire dal 1998, con un'estensione media inferiore a 7 km per un investimento complessivo di appena 600 milioni di euro.
La stima per la realizzazione
ex novo della vecchia autostrada senza traffico era stata calcolata in 11 anni poi realizzata in realtà dal 1962 al 1974. Consideriamo un successo tecnologico il fatto che l'attuale progetto di realizzazione di una nuova autostrada, in presenza del traffico, è stato stimato in 12-13 anni.
Allo stato, i lavori ultimati, in corso e in appalto sulla nuova autostrada che saranno completati entro il 2013, riguardano 383 km, pari a circa l'86 per cento dell'intero nuovo tracciato (circa 443 chilometri), e gli stanziamenti ad oggi resi disponibili, che ammontano a 7,360 miliardi di euro, consentono di finanziare tutti gli interventi in esecuzione, appaltati, in fase di contrattualizzazione,

contrattualizzati e non cantierati e quelli già in fase di gara d'appalto (come già detto per complessivi 383 chilometri). Per la realizzazione delle tratte in avanzata fase di progettazione, per un'estesa di circa 60 chilometri, sono ancora necessari circa 2,5 miliardi di euro di nuovi finanziamenti.
Il costo finale dell'intera opera di costruzione della A/3, ammonterà a circa 9,8 miliardi di euro, ossia intorno ai 22 milioni di euro a chilometro, inferiore, quindi, a quanto impiegato per il passante di Mestre pari ad euro 30,5 milioni e al costo prospettato per la variante di valico di circa 50,2 milioni di euro.
Relativamente all'affidamento originario del tratto Scilla-Reggio Calabria (19,6 chilometri) il prezzo ammontava per l'intero tratto a 496 milioni di euro e con lo stralcio (Scilla-Campo Calabro 11,2 km e Campo Calabro-Reggio Calabria 8,4 chilometri) sono stati decurtati 174 milioni di euro (-35 per cento).
Il costo dopo l'adeguamento è, invece, stimato in 415 milioni (-16 per cento), e la differenza (19 per cento) è sostanzialmente composta dall'adeguamento dei prezzi che si è registrato nei 6 anni intercorsi dall'approvazione del progetto esecutivo ad oggi (circa 3,2 per cento all'anno).
Si evidenzia che se non ci fosse stato lo stralcio, i prezzi sarebbero comunque lievitati del 20 per cento circa per l'adeguamento dal 2002.
In ordine alla denunciata tassa del 3 per cento imposta dalla malavita organizzata a tutte le imprese che lavorano a qualunque titolo sull'autostrada, si possono rassicurare gli interpellanti che tale eventualità è da escludersi tassativamente; difatti, la contabilità adottata dall'Anas prevede procedure rigide e articolate basate sulla misurazione delle opere eseguite, sull'applicazione alle quantità accertate dei singoli prezzi contrattuali, offerti e previsti, il che fa sì che i pagamenti riconosciuti all'appaltatore siano precisi e conformi a quanto previsto nel progetto appaltato. Non sarebbe possibile, pertanto, riconoscere nei confronti dell'appaltatore lavori non effettuati o quantità non realizzate.
Pertanto, circa gli aspetti attinenti la sicurezza e le infiltrazioni malavitose nella realizzazione dei lavori, si evidenzia l'impegno che questo Governo sta profondendo per combattere proprio le organizzazioni malavitose a cui viene fatto riferimento a tutti i livelli e in tutte le aree del Paese, non solo nel sud.
Proprio su questo argomento, si è tenuto in data 13 ottobre 2010 un apposito consiglio di amministrazione dell'Anas, presso il cantiere del V macrolotto della nuova A3 Salerno-Reggio Calabria, a Palmi, per discutere della situazione dei lavori e della iniziative per il contrasto degli atti criminali e intimidatori.
Lo straordinario impegno economico connesso ai lavori della nuova autostrada espone l'Anas, così come gli appaltatori, i contraenti generali, gli affidatari e tutte le imprese impegnate nei lavori, ad una serie di azioni intimidatorie e a tentativi di infiltrazioni criminali. Dal 2005 al settembre 2010 si sono verificati 215 atti criminosi (attentati, intimidazioni, minacce, incendi dolosi di mezzi, furti, eccetera).
In particolare:
185 episodi criminosi sul V macrolotto (16 minacce a mano armata; 3 esplosioni di arma da fuoco contro mezzi di cantiere; 51 danneggiamenti a mezzi; 13 incendi dolosi; 102 furti);
17 episodi criminosi sul VI macrolotto (2 incendi; 7 danneggiamenti; 6 furti; 2 minacce).

Il sensibile minor numero di azioni criminali su VI macrolotto è da attribuire, con molta probabilità, al più recente inizio dei lavori, avviati principalmente la scorsa estate.
Il danneggiamento delle macchine da cantiere costituisce un'azione particolarmente grave, si tratta infatti di mezzi sofisticati ad alta tecnologia, i cui pezzi di ricambio non sono di immediato reperimento e il cui danneggiamento provoca quindi il blocco dei lavori anche per settimane. In altre parole il danno indiretto, principalmente dovuto ai maggiori tempi di costruzione, supera di gran lunga il valore dei danni materiali prodotti.


L'azione di contrasto alle infiltrazioni criminali ha consentito, in particolare sul V e VI macrolotto, di far pervenire dalle competenti prefetture 109 informative interdittive nei confronti di altrettante ditte, di cui 62 già contrattualizzate ed operanti, ed ha comportato l'estromissione forzata delle imprese dai cantieri (con immaginabili conseguenze legate ai lunghi tempi di allontanamento e la successiva sostituzione).
Inoltre, Anas rivolge particolare attenzione al controllo dei materiali e, in special modo, alla produzione di calcestruzzi, in passato oggetto di tentativi di infiltrazione criminale, soprattutto nella fase di fornitura. Per il solo V macrolotto sono stati fino ad oggi impiegati circa 930 mila metri cubi di calcestruzzi, su cui sono stati effettuati circa 17.600 prelievi di calcestruzzo fresco e circa 1.750 carotaggi di calcestruzzo indurito.
In esito alle verifiche e ai controlli diretti sul V macrolotto e sugli altri principali cantieri, operati con l'ausilio del centro sperimentale stradale di Cesano, sono stati emessi singoli rapporti seguiti da successivi riscontri e
follow up nei quali si è accertata la rispondenza dei calcestruzzi utilizzati.
Dove i controlli sui materiali hanno dato risultati non conformi alla norma, l'alta sorveglianza Anas ha contestato il lavoro svolto e le opere in alcuni casi sono state demolite e ricostruite.
L'Anas ha intrapreso un percorso di integrazione con le istituzioni pubbliche interessate alla sicurezza, alla trasparenza e alla legalità nei pubblici appalti. A questo fine è stato sottoscritto un accordo con la direzione investigativa antimafia con la quale è stato realizzato un progetto formativo rivolto a tutti i dirigenti e funzionari della Dia impiegati nelle attività del mondo dei lavori pubblici e che è finalizzato a fornire una conoscenza sui principali aspetti teorico-pratici dalla individuazione dell'opera alla fase di gara, con particolare approfondimento delle tipologie di cantiere e di appalti. Ad oggi sono stati già formati 20 dirigenti della direzione centrale di Roma e altri 25 parteciperanno nei prossimi giorni al corso rivolto ai dirigenti di Firenze, Roma e Napoli.
L'Anas ha inoltre ipotizzato la realizzazione di un'articolata ed integrata rete di videosorveglianza, che al momento è parzialmente presente in alcuni siti (campi base), per monitorare 24 ore su 24 le diverse aree sensibili e particolarmente esposte. La videosorveglianza dovrà confluire presso le sale operative dirette e coordinate necessariamente da rappresentanti delle Forze dell'ordine, unici abilitati all'intervento nel caso vengano commessi atti illeciti, anche coadiuvati da personale Anas.
Le sale operative sarebbero ospitate in «moduli», la cui realizzazione è già prevista nei capitolati speciali di appalto, attualmente già allestiti nei campi base dei macrolotti e, adeguatamente attrezzate, potrebbero operare 24 ore su 24, impiegando almeno due operatori delle Forze dell'ordine, coadiuvati da operatori dell'Anas.
In attesa dell'entrata a regime delle sale operative, tenendo conto della straordinarietà dei tempi presenti, della necessità e urgenza di proteggere il lavoro, le maestranze e le opere in costruzione, questa Società ha ritenuto che l'attuale situazione richiede ulteriori immediate iniziative eccezionali, limitate nel tempo e nei luoghi - esplicitamente il V e VI macrolotto - per consentire il controllo del territorio e dei punti sensibili dei cantieri. Un controllo che può avvenire solo attraverso il presidio costante delle aree da parte delle Forze dell'ordine.
Concludendo, voglio confermare l'impegno assunto dal Governo per il completamento di tutti i lavori di ammodernamento per la fine del 2013.
Con riferimento alle misure adottate per fronteggiare l'esodo estivo, si informa che attraverso lo specifico piano di viabilità l'Anas individua e definisce gli scenari atti a garantire, in collaborazione con tutti gli organi istituzionali interessati (prefettura, forze dell'ordine, protezione civile), le migliori condizioni possibili per la transitabilità dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria nonché il massimo dell'assistenza agli utenti. In particolare, per l'esodo estivo

2010 sull'Anas ha messo in campo 330 addetti (tra sorveglianza, pronto intervento, tecnico e sale di controllo), 85 mezzi operativi, 20 presidi per gli interventi di assistenza all'utenza, 9 nuclei di manutenzione lungo l'asse autostradale in grado di intervenire in tempo reale, 3 postazioni di infopoint ubicate nelle aree di servizio di Sala Consilina ovest, Cosenza ovest e Lamezia ovest.
L'Anas ha comunicato che tra luglio e agosto ha gestito 2.805 interventi di soccorso meccanico (2.750 nel 2009) e che circa 9.000 visitatori hanno richiesto informazioni negli
infopoint.
Infine, per quanto riguarda i profili di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il predetto Ministero ha comunicato quanto segue.
Il contratto di lavoro sommerso costituisce l'obiettivo strategico fondamentale dell'azione ispettiva, anche in linea con la direttiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 settembre 2008, mirata ad attuare una profonda modifica del sistema delle ispezioni in materia di lavoro e legislazione sociale, indirizzandole alla verifica dei fenomeni di irregolarità di carattere sostanziale.
Infatti, l'azione di vigilanza è volta a realizzare un efficace contrasto alle forme di sfruttamento della manodopera anche attraverso un'accurata azione di
intelligence, che tenga conto delle peculiarità dei diversi ambiti territoriali ed un'approfondita ed attenta valutazione dei fenomeni di irregolarità esistenti a livello locale, che presentino maggiore gravità sul piano economico sociale, compromettendo l'effettiva tutela dei diritti dei lavoratori.
In particolare, per quanto riguarda la regione Calabria è stato predisposto un piano straordinario di vigilanza approvato dal Consiglio dei ministri il 28 gennaio 2010, nelle regioni meridionali (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) maggiormente interessate alle problematiche dell'utilizzazione di lavoratori irregolari e in nero, spesso reclutati in modo non conforme alle normative, con il conseguente ricorso ad intermediari illegali (cosiddetto caporalato).
Al fine di contrastare efficacemente tali fenomeni, anche in considerazione delle connesse problematiche di infiltrazioni criminose, dello sfruttamento della manodopera nell'ambito dell'economia sommersa e quindi della tutela della persona del lavoratore, si è ritenuto opportuno indirizzare l'attività di vigilanza nei confronti delle imprese agricole ed edili.
In particolare, l'obiettivo perseguito con il piano in questione è quello di verificare n. 10.000 aziende agricole e n. 10.000 aziende edili.
La scelta dei citati settori è stata determinata dall'opportunità di intervenire in quegli ambiti in cui le problematiche evidenziate possono dar luogo ad un forte impatto sul piano dell'ordine pubblico e dove sono più probabili inoltre i collegamenti delle realtà economiche con le organizzazioni criminose strutturate sullo stesso territorio.
In tale ambito, partendo da un'analisi dei vari contesti provinciali, si sono svolti interventi mirati e necessariamente differenziati, tenendo conto delle specifiche realtà locali ed anche dei diversi fenomeni di illegalità che possono caratterizzare le aree geografiche in questione.
Pertanto, non sono stati effettuati specifici incontri con i rappresentanti delle amministrazioni coinvolte nella vigilanza, in occasione dei quali sono state pianificate azioni coordinate di intervento, anche con modalità diverse a seconda del fenomeno di violazione oggetto di indagine, affidate a gruppi operativi misti composti da personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni nonché da militari dell'Arma dei carabinieri e Guardia di finanza.
È stato previsto inoltre, il coinvolgimento dei locali commissariati della polizia dello Stato, impegnati nelle procedure di identificazione degli eventuali cittadini extracomunitari clandestini, per le operazioni di rimpatrio.
Gli accertamenti ispettivi sono stati svolti congiuntamente dalle suddette unità ispettive, di diversa provenienza e professionalità,

chiamate ad operare nei territori considerati a seguito di un'accurata individuazione di specifici obiettivi.
In particolare, nel settore agricolo l'azione ispettiva è specificamente orientata verso il fenomeno dell'utilizzo di manodopera irregolare soprattutto stagionale, il fenomeno del caporalato e delle truffe ai danni dell'Inps realizzate mediante l'instaurazione di rapporti di lavoro fittizi, attività quest'ultima gestita prevalentemente dalle organizzazioni criminali.
Si è ritenuto, altresì, di concordare gli interventi nei confronti di quelle attività di raccolta stagionale dei prodotti agricoli che richiedono un maggiore impiego di manodopera, attraverso la predisposizione di una precisa calendarizzazione degli accessi ispettivi in base ai picchi di maturazione delle colture.
Invece, nell'ambito dell'edilizia, ove i fenomeni dell'impiego dei lavoratori in nero, degli appalti illeciti e del caporalato sono particolarmente diffusi, gli accessi ispettivi sono realizzati sia nell'ambito degli appalti privati che degli appalti pubblici, sui quali risulta opportuno concentrare l'attenzione, in particolare, sulla correttezza delle procedure di appalto e subappalto e sul rispetto della normativa antimafia.
Pertanto, le ispezioni sono finalizzate alla verifica delle condizioni generali di tutela del lavoro nonché ad un oculato monitoraggio della cantieristica esistente che può consentire un attento esame, oltreché del lavoro irregolare, anche dello stato di attuazione in tale ambito della normativa in materia di salute e sicurezza.
Si riportano, di seguito, i risultati dell'attività svolta dal personale appartenente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al comando Carabinieri tutela del lavoro, agli enti previdenziali Inps ed Inail, alle Forze dell'ordine Guardia di finanza, polizia di Stato, Arma territoriale dei carabinieri, riferiti alla regione Calabria, relativamente al primo semestre 2010.
Agricoltura:
aziende ispezionate: 251;
aziende irregolari: 106 (pari al 42 per cento rispetto a quelle ispezionate);
lavoratori oggetto di verifica: 1.261 (43 per cento extracomunitari, di cui 2 privi del permesso di soggiorno);
lavoratori totalmente in nero: 269;
lavoratori irregolari per altre cause: 139.

Edilizia:
aziende ispezionate: 298;
aziende irregolari: 203 (pari al 68 per cento rispetto a quelle ispezionate);
lavoratori oggetto di verifica: 975 (15 extracomunitari, di cui 1 privi del permesso di soggiorno);
lavoratori totalmente in nero: 207;
lavoratori irregolari per altre cause: 76;
sospensioni per lavoro nero: 70 (di cui 56 revocati);
violazioni in materia di salute e sicurezza: 329.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
non esiste una mappatura unica e criteri standard quanto all'adeguatezza degli scali aerei e delle infrastrutture annesse: strade, ferrovie, e altro alla normativa vigente;
ad esempio manca un'applicazione a tutti gli scali aeroportuali del parametro di «zonizzazione acustica» volto, ex lege n. 447 del 1995, a valutare l'inquinamento acustico di uno scalo per evitare di avere aeroporti vicini a zone sensibili, come scuole ed ospedali, e favorire la ricerca di soluzioni per ridurre l'impatto acustico nelle zone abitate adiacenti allo scalo;

secondo il quotidiano ecologista Terra, il mancato rispetto delle norme sui livelli di sicurezza, riguarda soprattutto i piccoli scali di provincia e i secondi scali delle grandi città siti in zone abitate, piccoli aeroporti ad elevato traffico di voli low cost dove le amministrazioni locali difficilmente hanno promosso azioni di verifica e di contrasto delle irregolarità degli aeroporti;
il problema assume una particolare rilevanza anche in ragione delle previsioni dell'Enac (ente nazionale per l'aviazione civile) che stima un aumento del traffico aereo che porterà i passeggeri dai 130 milioni attuali ai 295 milioni di passeggeri annuali, entro il 2030 -:
se si intenda provvedere, ed in che tempri, alla realizzazione di una mappatura, costantemente aggiornata e di pubblica visibilità, sulle condizioni degli aeroporti in Italia;
se e quali iniziative si intendano adottare nei confronti di quei soggetti che non si siano ancora adeguati agli standard vigenti.
(4-08648)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'esigenza di acquisire una situazione aggiornata del sistema aeroportuale nazionale e delle connessioni, accessi ferroviari e stradali agli aeroporti, è stato oggetto di un accordo sottoscritto tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ente nazionale aviazione civile che ha portato all'espletamento di una gara europea tesa a individuare una società cui affidare l'incarico di realizzare un piano sullo sviluppo futuro della rete aeroportuale nazionale quale componente strategica dell'organizzazione infrastrutturale del territorio.
Il raggruppamento societario aggiudicatario di tale gara, composto da
one works spa, Nomisma spa e Kpmg Advisory, ha quindi elaborato uno studio programmatico che analizza le realtà aeroportuali nazionali al fine di delineare la fotografia dell'attuale sistema, ovvero una mappatura sulla adeguatezza degli scali aeroportuali e connesse infrastrutture di accesso. Tale studio fornisce inoltre elementi utili di valutazione in merito agli indirizzi da intraprendere per uno sviluppo strategico degli aeroporti e delle infrastrutture in funzione della loro accessibilità e integrazione con il territorio.
Nell'attesa della sua pubblicazione l'Enac ha provveduto a trasmettere lo studio in questione all'attenzione di questo Ministero, organo competente alla pianificazione del settore aereo nell'ottica di un sistema di rete intermodale.
In relazione alla tematica dell'inquinamento acustico sugli scali aeroportuali (zonizzazione acustica) l'Enac evidenzia come il rumore provocato dagli aeromobili, percepito nell'intorno degli aeroporti, dipenda da svariati fattori, tra cui i principali sono l'architettura dello spazio aereo (la rete di rotte di ingresso ed uscita che servono uno specifico aeroporto), la distribuzione del traffico sulle varie rotte, i tipi di aeromobile che operano, le procedure operative adottate per percorrere la rotta assegnata.
L'attuale quadro normativo sul rumore, legge quadro sull'inquinamento acustico n. 447 del 26 ottobre 1995 e suoi decreti applicativi, assegna all'Enac il compito di gestire le problematiche dell'ambiente, svolgendo una funzione di coordinamento tra i diversi interessi.
Sulla base di tali norme l'Enac ha istituito e presiede 37 commissioni aeroportuali composte da più soggetti istituzionali con il fine di approvare ed adottare le procedure antirumore contestando, mediante direttori aeroportuali, eventuali violazioni ai vettori.
Lo strumento fondamentale per l'esercizio dei controlli è il sistema di monitoraggio, le cui caratteristiche sono state stabilite dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il controllo dell'efficienza dei sistemi di monitoraggio è effettuato dall'agenzia regionale protezione ambiente. Sulla base delle rilevazioni acustiche registrate e dei tracciati radar dell'aeromobile, l'Enac accerta l'eventuale inadempienza alla procedura antirumore prevista.


La violazione comporta l'avvio del procedimento sanzionatorio e quindi la determinazione della sanzione pecuniaria a carico dell'esercente dell'aeromobile. In questo caso Enac provvede a riscuotere le sanzioni amministrative, il cui introito è versato al bilancio dello Stato per essere destinato agli interventi di riduzione dell'inquinamento acustico aeroportuale.
L'esperienza acquisita ha dimostrato l'efficacia dell'adozione del sistema di monitoraggio, a seguito della cui applicazione si sono riscontrati valori pari al 97 per cento del traffico operante secondo la procedura antirumore.
Si comunica da ultimo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha da poco avviato un'attività per valutare l'eventuale esigenza di una revisione normativa di settore.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.