XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 22 novembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 21 DICEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
nonostante la gravità della crisi economica in atto, l'Italia ha dimostrato nel suo complesso una forte capacità di tenuta, grazie agli sforzi dei lavoratori, delle famiglie, dei comuni e degli altri enti locali, nonché all'azione del Governo;
la strategia di politica tributaria del Governo nel corso della XVI legislatura è stata responsabilmente orientata dall'esigenza di assicurare la stabilità dei conti pubblici italiani in un periodo di grave instabilità economica e finanziaria, nel rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità europeo ed alla luce del vincolo che condiziona le scelte di finanza pubblica italiana, costituito dall'imponente ammontare del debito pubblico accumulatosi nel passato;
in tale contesto l'azione di contrasto all'evasione fiscale e contributiva costantemente perseguita dal Governo nel corso della XVI legislatura ha determinato effetti positivi significativi, ulteriormente rafforzati dalle misure da ultimo adottate con il decreto-legge n. 78 del 2010, relative all'accertamento sintetico dei redditi, all'introduzione dell'obbligo della fattura telematica, all'introduzione dell'obbligo di ritenuta d'acconto sui lavori di ristrutturazione edilizia che beneficiano delle agevolazioni fiscali, all'eliminazione del regime fiscale agevolato per i fondi immobiliari a ristretta base partecipativa, all'introduzione della tracciabilità dei movimenti in contanti anche per importi inferiori a 12.500 euro, i quali determineranno effetti di maggiore entrata stimati dalla decisione di finanza pubblica in circa lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo;
nonostante il difficile quadro economico, che sta certamente incidendo in modo molto negativo sull'andamento del gettito, le entrate tributarie dovrebbero registrare, nel 2011, un incremento pari ad oltre 4 miliardi di euro;
le scelte di politica economica del Governo si sono comunque fatte carico, sia pure nei limiti imposti dalle esigenze di stabilizzazione della finanza pubblica, dell'esigenza di sostenere la domanda in una fase economica recessiva, destinando risorse significative per alcuni interventi prioritari, quali l'esenzione totale dall'imposta comunale sugli immobili per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale, il finanziamento e l'ampliamento degli ammortizzatori sociali, la detassazione dei contratti di produttività, interventi a sostegno della domanda in particolari settori, misure di sostegno diretto in favore delle fasce più deboli della popolazione;
in particolare, la manovra finanziaria adottata dal Governo con il decreto-legge n. 78 del 2010 e con il disegno di legge di stabilità contiene anche numerosi interventi di alleggerimento fiscale, consistenti essenzialmente:
a) nella riduzione dell'acconto irpef per gli anni 2011 e 2012;
b) nell'applicazione di un regime irpef sostitutivo sulla quota di retribuzione correlata agli aumenti di produttività;
c) nella proroga degli incentivi fiscali in favore dei ricercatori e dei docenti italiani residenti all'estero che rientrano in Italia;
d) nell'introduzione di un meccanismo di opzione per le imprese dei Paesi dell'Unione europea che avviano un'attività produttiva in Italia;
e) nell'introduzione di un regime di fiscalità di vantaggio nelle aree deboli del Paese, attivabile dalle singole regioni;
f) nella proroga della detrazione irpef del 55 per cento sulle spese per l'efficientamento energetico degli edifici;

g) nella riduzione del carico tributario sulle attività di leasing immobiliare;
h) nell'introduzione di un nuovo credito d'imposta in favore delle imprese che affidano attività di ricerca ad università o enti pubblici;
i) nella proroga delle agevolazioni fiscali in favore della piccola proprietà contadina e del credito d'imposta in favore delle aggregazioni professionali;
l) nella proroga dello stanziamento per il finanziamento del 5 per mille;
m) nella proroga della fruibilità delle detrazioni per carichi di famiglia da parte degli italiani residenti all'estero;
i segnali di ripresa economica, evidenziatisi soprattutto nella prima parte del 2010, non consentono ancora di considerare definitivamente superata la crisi in cui si trovano tutte le economie dei Paesi avanzati ed evidenziano come sia pertanto necessario concentrare gli sforzi sui temi del sostegno allo sviluppo ed alle famiglie;
le scelte di politica fiscale dovranno sempre più tenere conto dell'elemento evolutivo rappresentato dal progressivo completamento del processo di attuazione del federalismo fiscale, il quale vedrà, da un lato, una maggiore responsabilizzazione delle regioni e degli enti locali rispetto alle proprie decisioni di allocazione delle risorse e, dall'altro, attribuirà a tali livelli di governo maggiore autonomia nella gestione degli strumenti di prelievo tributario;
il Governo sta completando la predisposizione dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe in materia di federalismo fiscale recate dalla legge n. 42 del 2009;
in particolare, il Consiglio dei ministri ha adottato lo schema di decreto legislativo in materia di federalismo municipale, il quale prevede la riduzione del numero delle imposte dei comuni, introducendo, a partire dal 2014, un'imposta municipale propria ed un'ulteriore imposta comunale facoltativa, e consentirà di far coincidere maggiormente responsabilità amministrative e decisioni tributarie, nonché di rendere misurabili i risparmi di spesa determinati dai recuperi di efficienza realizzati dalle diverse amministrazioni;
nell'ambito dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo municipale si prevede la revisione del regime tributario delle locazioni, introducendo un meccanismo di imposizione forfettaria a fini irpef, con aliquota del 20 per cento, sui redditi da locazione relativi a contratti concernenti immobili adibiti ad abitazione;
il Governo ha, inoltre, predisposto lo schema di decreto legislativo volto a disciplinare l'autonomia impositiva delle regioni a statuto ordinario e delle province, il quale prevede, tra l'altro, l'attribuzione alle regioni, oltre che dei tributi propri, di una compartecipazione all'iva e di un'addizionale all'irpef, nonché la possibilità, per le regioni stesse, di ridurre o eliminare l'irap;
unitamente al processo di riforma in senso federalista, il Governo ha opportunamente deciso di avviare anche un progetto di complessiva riforma del sistema fiscale nazionale, che è stato posto al centro degli obiettivi programmatici, nonché del programma nazionale di riforma presentato alla Commissione europea nel quadro del semestre europeo;
la riforma fiscale costituisce uno snodo politico fondamentale, sia in quanto proprio attorno al sistema fiscale ruota gran parte del rapporto fra l'economia, i cittadini e lo Stato, sia in quanto l'attuale modello di sistema fiscale è stato disegnato negli anni '60 ed è entrato in vigore nei

primi anni '70, in un sistema economico, sociale e politico del tutto diverso dall'attuale;
è, infatti, indubbio che proprio le inadeguatezze dell'attuale sistema tributario costituiscano uno dei principali «colli di bottiglia» che rischiano di pregiudicare le prospettive di ripresa economica del Paese;
i profondi mutamenti dei modelli economici, competitivi, sociali, ambientali e istituzionali rendono, quindi, necessario un ripensamento del modello fiscale, secondo le direttrici già delineata nel libro bianco sulla riforma fiscale del 1994;
la questione fiscale assumerà, con il permanere della crisi e con la pressione dei mercati a ridurre il deficit e l'ammontare dei debiti pubblici, un rilievo sempre maggiore nel nostro Paese e, in generale, nei Paesi più avanzati, in quanto essa investe direttamente i temi cruciali nella determinazione del salario reale complessivo e della definizione dei futuri modelli di welfare;
in considerazione dell'elevato livello del debito pubblico italiano, occorre che la strategia di riforma sia tendenzialmente neutrale sul piano finanziario e punti ad adeguare il fisco ai nuovi modelli economici, competitivi, sociali, ambientali e istituzionali, a redistribuire il carico tributario, trasferendo una parte della tassazione diretta a quella indiretta, a semplificare il sistema fiscale e gli adempimenti, a ridurre gli effetti distorsivi sulla crescita determinati dalla tassazione, nonché a responsabilizzare maggiormente tutti i soggetti che operano decisioni di spesa, anche mediante il coinvolgimento delle amministrazioni locali;
occorre, inoltre, che il sistema fiscale sia maggiormente orientato da logiche di ordine ambientale e non solo da obiettivi di gettito, superando, in particolare, il paradosso per cui i combustibili a maggiore impatto ambientale sono gravati da una tassazione relativamente più favorevole;
i lavori in sede governativa su questo tema sono già stati avviati, sia attraverso l'inizio di una fase di consultazione con le parti sociali, sia attraverso la creazione di una commissione di esperti in materia;
è auspicabile che la riforma del sistema tributario sia realizzata in una prospettiva di ampio respiro, che veda il più possibile la condivisione di tutte le forze politiche e di tutti i protagonisti del tessuto economico, almeno rispetto ai principali obiettivi;
occorre, in particolare, che il predetto intervento di riforma, diversamente da quanto avvenuto in occasione di alcuni importanti interventi legislativi sul settore intervenuti negli ultimi quindici anni, risulti stabile nel medio-lungo periodo, in modo da non esporlo alle polemiche tra opposti schieramenti ed al rischio di essere smantellato ad ogni cambio di maggioranza, sia per consentire ai contribuenti, agli operatori ed all'amministrazione finanziaria di assimilare le novità della riforma, sia per permettere agli operatori economici di definire le proprie strategie imprenditoriali in un contesto normativo stabile e prevedibile,


impegna il Governo:


a proseguire in un'impostazione di politica economica che coniughi l'esigenza di garantire la sostenibilità di lungo periodo degli equilibri di bilancio con quella di liberare il più possibile risorse da destinare al sostegno della domanda e ad interventi infrastrutturali;
a proseguire nell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, privilegiando le attività di accertamento di carattere non formale ed incentivando una sempre maggiore partecipazione degli enti locali, in specie dei comuni, a tale azione, non solo per incrementare il gettito erariale, ma, soprattutto, per realizzare una più equa ripartizione dell'imposizione tributaria e reperire risorse aggiuntive senza incrementare la pressione fiscale sui contribuenti onesti;

ad avviare un processo di riforma complessiva del sistema tributario, che deve essere prioritariamente orientato alle seguenti finalità:
a) perseguire l'obiettivo programmatico della progressiva riduzione della pressione fiscale, in particolare sulle imprese di piccole e medie dimensioni, sulle famiglie e sul lavoro dipendente, in un quadro di piena responsabilità di bilancio;
b) perseguire una migliore distribuzione del carico impositivo, alleggerendo i redditi da lavoro dipendente, i redditi d'impresa di natura non speculativa ed i redditi da lavoro autonomo, anche attraverso il progressivo passaggio dalla tassazione sui redditi alla tassazione sui consumi e sulle rendite, mantenendo comunque immutata la tassazione sui titoli del debito pubblico;
c) concentrare gli strumenti di sostegno di natura tributaria su alcuni obiettivi prioritari per lo sviluppo del Paese, quali il sostegno alla famiglia, la promozione della ricerca e dell'innovazione, il superamento dei divari territoriali, il miglioramento del capitale umano, la razionalizzazione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni, che risulta oggi particolarmente complesso e farraginoso;
d) confermare l'esenzione dall'imposizione tributaria della prima casa di abitazione già introdotta dal Governo;
e) favorire una maggiore capitalizzazione delle imprese;
f) adeguare l'ordinamento tributario ai nuovi modelli economici, sociali, ambientali ed istituzionali;
g) ridurre gli effetti distorsivi dell'imposizione sulla crescita e sulle scelte strategiche delle imprese;
h) rivedere la tassazione energetica, al fine di incentivare minori consumi energetici e l'impiego di combustibili a minore impatto ambientale;
i) favorire una sempre più stretta collaborazione tra le amministrazioni coinvolte nell'attività di rilievo fiscale, in particolare attraverso un maggiore coinvolgimento dei comuni e degli altri enti locali, alla luce del connesso processo di attuazione della delega sul federalismo fiscale, nonché mediante l'integrazione delle banche dati pubbliche;
l) dare piena attuazione allo statuto dei diritti del contribuente, sia al fine di assicurare una maggiore stabilità della normativa tributaria, sia sotto il profilo di un maggiore equilibrio nei rapporti tra fisco e contribuenti;
m) semplificare la normativa ed alleggerire gli oneri amministrativi gravanti sui contribuenti e sugli intermediari per la semplice attività di compliance fiscale, anche riducendo le imposte e le tasse esistenti, nonché il numero imponente di atti normativi che appesantisce l'ordinamento tributario;
a vigilare affinché le necessarie attività di accertamento e di verifica fiscale da parte dell'amministrazione finanziaria siano sempre svolte nel pieno rispetto del contribuente, anche al fine di minimizzare gli oneri burocratici sulle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, garantendo, inoltre, un'equilibrata distribuzione sul territorio nazionale delle attività di accertamento, tenendo conto a tal fine del fatto che in alcune aree del Paese il fenomeno del sommerso presenta dimensioni particolarmente rilevanti;
a valutare l'opportunità di apportare ulteriori correttivi alla disciplina sulla rateizzazione dei debiti tributari e contributivi, in particolare introducendo in tale ambito alcuni ulteriori elementi di flessibilità, tali da consentire agli agenti della riscossione, in presenza di condizioni oggettive ed in un quadro di garanzia degli interessi erariali, di tenere conto delle difficoltà che alcuni contribuenti ed imprese incontrano ad onorare i propri debiti tributari a causa della crisi economica in atto, al fine di evitare che il mancato pagamento di una sola rata comporti la decadenza dal beneficio della rateizzazione,

con conseguenze negative sia per il contribuente interessato sia per lo stesso erario;
ad assumere tutte le iniziative in sede comunitaria al fine di favorire una maggiore armonizzazione dei regimi fiscali tra gli Stati membri dell'Unione europea, definendo linee di politica economica comune a livello comunitario, sia al fine di evitare che le pratiche di concorrenza fiscale comportino turbative alle condizioni di concorrenza tra le economie dei diversi Stati, sia in quanto tali fenomeni rischiano, come dimostrato dagli eventi dell'attuale crisi economica, di determinare elementi di debolezza ed instabilità all'interno dell'area dell'euro;
a promuovere, nel quadro complessivo della riforma della giustizia, un riassetto della giustizia tributaria, riducendo i tempi del contenzioso e riaffermando la capacità di tale settore di fornire un servizio adeguato alle evoluzioni del contesto economico e normativo, al fine di contribuire a migliorare il contraddittorio tra fisco e cittadini e di assicurare il giusto equilibrio tra le esigenze di tutela dei diritti dei contribuenti e gli interessi dell'erario.
(1-00499)
«Cicchitto, Gianfranco Conte, Baldelli, Ventucci, Bernardo, Pionati, Romano, Angelucci, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Leo, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Soglia».

La Camera,
premesso che:
il risanamento dei conti pubblici è un dovere indifferibile per tutti gli Stati membri dell'Unione europea, e di certo lo è ancor di più per il nostro Paese;
la riforma del sistema fiscale vigente oggi in Italia rappresenta la prima e più urgente riforma da intraprendere, in quanto si tratta di un sistema basato su specificità e su un contesto economico produttivo datato e quindi superato, cui si è cercato negli ultimi decenni di apportare continui adeguamenti che lo hanno reso complicato e farraginoso;
la stessa importanza devono riscontrarla, tuttavia, le necessarie misure per la ripresa economica e lo sviluppo, perché non è accettabile un'ulteriore perdita di competitività dell'economia europea rispetto alle economie mondiali;
secondo l'Istat quasi 11 milioni di persone sono gli italiani a rischio povertà (un quinto della popolazione). Nel biennio 2008-2010 circa 800 mila persone hanno perso il lavoro; di questi solo 250 mila persone hanno ripreso a lavorare; attualmente in Italia gli inattivi sono circa 15 milioni di persone;
il tasso di disoccupazione attualmente è pari al 14,8 per cento; la disoccupazione giovanile reale è pari al 30 per cento; il lavoro irregolare riguarda 2,6 milioni di persone, l'11 per cento degli occupati;
nonostante l'articolo 31 della Costituzione italiana preveda che «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose; protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo», le politiche per la famiglia in Italia sono quasi totalmente assenti;
la spesa per le famiglie e la maternità è pari ad appena l'1,2 per cento del prodotto interno lordo: peggio di noi, nel confronto europeo, solo Bulgaria, Lituania, Malta e Polonia. La media europea si attesta al 2,1 per cento del prodotto interno lordo; si spende meno della metà della Francia (2,5 per cento) e della Germania (2,9 per cento);
la spesa per famiglie rispetto alla spesa per il welfare totale è appena il 4,7 per cento (inferiore alla media europea

che si attesta all'8 per cento del prodotto interno lordo), un primato che ci vale il 26o posto rispetto ad una graduatoria di 27 Paesi;
questo è il risultato dell'andamento demografico e di un progressivo invecchiamento della popolazione: da Paese caratterizzato da famiglie numerose ci si è assestati ad un tasso di fertilità dell'1,3 per cento (equivalente al numero di figli per donna), la cui conseguenza è una graduale riduzione della popolazione (oltre che un'età mediana particolarmente avanzata);
una delle principali cause della scarsa fecondità è la scarsa occupazione femminile, in quanto la difficoltà di accesso al mercato del lavoro per le donne rende non conveniente mettere al mondo figli;
secondo alcuni studi condotti dalla Commissione europea, i Paesi che hanno minori tassi di occupazione femminile e di natalità sono proprio quei Paesi in cui le politiche e i servizi per le famiglie sono più carenti e l'Italia, dove il tasso di occupazione femminile si colloca appena al 47,2 per cento (12 punti percentuali in meno rispetto alla media europea del 60 per cento), ne è l'esempio classico;
anche il recente disegno di legge di stabilità, approvato in prima lettura alla Camera dei deputati, ha completamente, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, dimenticato le famiglie italiane, nonostante esse siano state il migliore ammortizzatore sociale in grado di impedire che nel Paese scoppiasse un forte scontro sociale durante la crisi economica mondiale;
ciò è ancor più vero se si pensa che in Italia vige attualmente un paradossale sistema di sussidiarietà «al rovescio», in cui sono le famiglie a finanziare il debito pubblico e a sostenere un Paese insussistente ed inefficiente nell'offrire i servizi essenziali;
il sistema fiscale italiano si caratterizza per una contraddizione: si fonda sulla tassazione progressiva a base individuale (che a parità di reddito penalizza le famiglie monoreddito e quelle con figli a carico) e contemporaneamente determina le tariffe sulla base del reddito familiare;
l'attuale sistema di tassazione, dunque, non prevede l'esistenza della famiglia, intesa nel senso più tradizionale del termine (padre, madre e figli): le detrazioni per familiari a carico non fanno che restituire solo una minuscola parte di quanto viene ingiustamente tolto loro con le imposte;
la normativa fiscale in vigore è, quindi, piuttosto complessa e articolata: per un sistema più equo, occorrerebbe prevedere (come già fanno le detrazioni ma in misura insufficiente) specifiche riduzioni fiscali, crescenti all'aumentare del numero dei figli a carico;
in sintesi un sistema fiscale efficace deve fondarsi sia sull'equità verticale che su quella orizzontale, in modo da tenere conto del numero dei componenti del nucleo familiare, oltre che dell'ammontare del reddito;
è, dunque, opportuno pensare ad un nuovo patto sociale e fiscale per il Paese, dove la necessaria premessa consiste nel riconoscere alle famiglie il ruolo di soggetto economico principale, piuttosto che il mero antico ruolo, di memoria «tayloristica e fordista», di insieme di soggetti che offrono esclusivamente lavoro alle imprese ed insieme di individui che consumano e risparmiano;
la visione di famiglia che si è avuta fino ad oggi, infatti, fondata sul ruolo degli individui in quanto singoli lavoratori e risparmiatori, è stata la pietra miliare su cui è stato fondato il sistema fiscale vigente, che tassa il consumo così come il reddito ed il patrimonio individuale;
in realtà il sistema fiscale andrebbe adattato alla realtà socioeconomica attuale, dove il ruolo delle famiglie è certamente di primo piano, opportunamente giustificato dal fatto che all'interno dei nuclei familiari stanno crescendo sempre più spesso persone educate ai valori ed al

senso civico, che proprio per tali motivi contribuiscono a fornire all'economia risorse inestimabili, quelle del capitale umano e relazionale, non meno importanti e preziose rispetto a risorse come tecnologie e credito;
nei giorni scorsi a Milano si è tenuta la Conferenza nazionale della famiglia, occasione in cui si è discusso di alcune proposte in grado di individuare percorsi virtuosi di protezione e promozione della famiglia, quale capitale sociale da tutelare e da sostenere, oltre che nucleo su cui investire (il premio Nobel per l'economia James Heckman ha promosso diversi studi che dimostrano che sostenere gli sforzi educativi delle famiglie con bimbi piccoli genera elevati ritorni dell'investimento);
tra la decina di proposte discusse è risultata indubbiamente più convincente quella promossa dal «Forum delle associazioni familiari», il cosiddetto fattore famiglia, che consiste nell'individuare un'area di reddito non tassabile per ciascun nucleo familiare, in funzione dell'ammontare di reddito, del numero dei figli, ma soprattutto delle necessità primarie, che devono essere garantite e non tassate;
l'orientamento del Governo, specificato durante l'apertura del tavolo sulla riforma fiscale con le parti sociali, è sembrato essere focalizzato per lo più sulla rimodulazione dell'attuale sistema complesso di 242 norme sulle deduzioni e detrazioni fiscali, al fine di renderlo più efficiente;
l'Esecutivo ha precisato, inoltre, che la rivisitazione del sistema fiscale dovrà essere affrontata nel rispetto del confronto con il nuovo ruolo che gli enti locali andranno a rivestire nel caso in cui dovesse concretizzarsi il federalismo fiscale;
con riferimento a quest'ultimo aspetto, è opportuno capire come il Governo intenderebbe gestire questa evidente dicotomia tra la nuova riforma fiscale ed il federalismo fiscale, posto che probabilmente con l'attuazione della riforma federalista ci saranno regioni dove la pressione fiscale sarà inferiore e regioni dove alcune imposte (come l'irap per quelle vincolate agli eccessivi deficit sanitari) saranno certamente più elevate, generando, dunque, solo una competizione fiscale tra regioni stesse e un nuovo fenomeno emigrativo, per effetto del quale gli italiani saranno spinti a ricercare il luogo in cui si applicherà un'inferiore pressione fiscale;
l'intenzione strategica del Governo, in tema di riforma fiscale, sembra essere, inoltre, quella di spostare l'asse del prelievo dalle «persone» alle «cose», con ciò ipotizzando un aumento percentuale di imposte indirette come l'iva, ad esempio;
sarebbe ancora più opportuno, pur avendo come riferimento l'obiettivo di diminuire i carichi fiscali per le famiglie in funzione del numero dei figli, spostare il prelievo dal «lavoro» alle «cose» e, in particolar modo, dai carichi fiscali per i lavoratori dipendenti alle rendite finanziarie speculative;
il nostro Paese si colloca al primo posto in Europa per pressione fiscale sulle aziende (total tax rate): il carico complessivo di tributi nazionali e locali e dei contributi sociali è del 68,6 per cento rispetto ai profitti commerciali, il più alto tra i Paesi europei e anche tra i più alti al mondo. La media europea è del 44,2 per cento e quella mondiale del 47,8 per cento;
la disparità più evidente rispetto agli altri Paesi è da attribuire al carico fiscale sul lavoro (tasse e contributi sociali), che, rispetto al tasso complessivo del 68,6 per cento, rappresenta il 43,4 per cento;
secondo la Banca d'Italia il cuneo fiscale sul lavoro, in Italia, è di circa cinque punti superiore al livello medio europeo;
un'efficace riforma fiscale, che tenga conto del livello della spesa e del debito pubblico, non può che passare, dunque, dal riequilibrio della pressione fiscale, in modo che si possa ridurre il

carico sui lavoratori dipendenti, sulle famiglie con figli, sulle imprese produttive ed innovative: ciò è possibile solo intervenendo sulle rendite finanziarie speculative ed in parte sulle imposte indirette;
il riequilibrio delle imposte e lo spostamento della tassazione dal lavoro alle cose è un obiettivo possibile, in quanto rispetto alla media europea l'Italia presenta la più evidente disparità di gettito tra imposte dirette ed indirette: il nostro Paese incassa il 3 per cento in più della media europea rispetto al prodotto interno lordo da ires e irpef ed il 3 per cento in meno dall'iva;
un secondo riequilibrio è possibile portando le rendite finanziarie ai livelli europei, intorno al 20 per cento;
un terzo riequilibrio è possibile diminuendo i carichi contributivi sui lavoratori dipendenti a favore di uno spostamento di pari entità di gettito sull'aumento dell'iva;
secondo un'indagine effettuata da Krls network of business ethics, per conto di Contribuenti.it, l'Associazione contribuenti italiani, condotta elaborando una serie di dati ministeriali, delle banche centrali, degli istituti di statistica e delle polizie tributarie dei singoli Stati europei, nei primi 10 mesi del 2010 l'evasione fiscale in Italia è cresciuta del 9,7 per cento, confermandosi al primo posto in Europa con il 54,4 per cento del reddito imponibile evaso: in termini di imposte sottratte all'erario si è nell'ordine dei 157 miliardi di euro l'anno,


impegna il Governo:


a promuovere un piano di riforma fiscale fondato sulle seguenti misure:
a) adeguare al modello in vigore alla maggior parte dei Paesi europei il sistema di tassazione sulle rendite finanziarie, attraverso un aumento della tassazione dal 12,5 per cento al 20 per cento sui redditi di capitale relativi ad operazioni finanziarie (compravendita di titoli o strumenti finanziari i cui emittenti non corrispondono allo Stato, enti o altre amministrazioni pubbliche di uno Stato appartenente all'Unione europea) di durata inferiore a 12 mesi;
b) adottare nel sistema fiscale italiano il cosiddetto fattore famiglia, il quale si fonda sulla quantificazione del costo di mantenimento ed accrescimento di ciascun componente dei nuclei familiari e, nello specifico, è basato sui seguenti principi:
1) è quantificato un livello minimo di reddito da non tassare (no tax area) attraverso il prodotto tra il costo di mantenimento del/dei percettore/i di reddito di una famiglia e alcuni valori specificati da una scala di equivalenza e che rappresentano i contributi di ogni familiare a carico;
2) il reddito che ricade all'interno della no tax area non è tassato, l'aliquota è azzerata;
3) se la no tax area è superiore al reddito percepito, la parte eccedente viene considerata come credito di imposta;
4) se il reddito percepito è superiore alla no tax area, l'imposizione progressiva viene applicata sul reddito eccedente;
c) procedere ad una revisione del metodo di calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee), in quanto rigido e poco rispondente alla realtà che si vive quotidianamente, con una scala di equivalenza utilizzata ampiamente sottostimata e che determina situazioni d'iniquità soprattutto per le famiglie numerose e per quelle che presentano situazioni di disabilità e di non autosufficienza;
d) spostare il carico fiscale «dal lavoro alle cose», attraverso la diminuzione dei carichi contributivi verso l'Inps (e gli altri istituti previdenziali ed assistenziali) che gravano su lavoratori dipendenti ed imprese, attraverso una riduzione del cuneo fiscale, ossia della somma tra le trattenute al lavoratore e gli oneri a carico

dell'azienda, in modo tale che i carichi contributivi siano in parte a carico dell'azienda ed in parte a carico del lavoratore, poste che una riduzione degli stessi è possibile e genererebbe un indubbio beneficio a favore dei seguenti soggetti:
1) i lavoratori dipendenti, che si ritroverebbero una busta paga maggiore e, dunque, risorse ulteriori a beneficio delle famiglie da destinare al consumo ed al risparmio;
2) le imprese, che avrebbero minori costi del personale e di conseguenza maggiori risorse da destinare agli investimenti e, soprattutto, all'impiego di nuova occupazione, che a questo punto diverrebbe più conveniente e meno onerosa;
e) recuperare le risorse che si renderebbero necessarie per attuare la misura di cui alla lettera c) attraverso un aumento dell'aliquota ordinaria dell'imposta sul valore aggiunto, in modo tale da avvicinarla ai valori medi europei;
f) diminuire il carico fiscale per le imprese che investono in innovazione, ricerca e sviluppo, attraverso:
1) crediti di imposta per investimenti in ricerca ed innovazione;
2) sgravi fiscali per le imprese che producono nuova occupazione giovanile;
3) detassazione degli utili reinvestiti;
g) procedere senza indugi all'elaborazione di un piano credibile di lotta all'evasione ed elusione fiscale, al fine di debellare una piaga che rappresenta non solo un elemento di freno allo sviluppo dell'economia nazionale, ma anche un deterioramento del tessuto civile ed istituzionale del Paese;
h) prevedere l'adozione di misure e strumenti atti a favorire la coesistenza della sostenibilità economica e quella ambientale, puntando sul binomio fiscalità ambientale ed eco-incentivi, anche in funzione delle potenzialità di sviluppo e di crescita economica ad esso legate.
(1-00500)
«Galletti, Occhiuto, Capitanio Santolini, Ciccanti, Compagnon, Naro, Volontè, Binetti, Cera, Libè, Rao, Poli, Delfino, De Poli, Melchiorre, Tanoni».

La Camera,
premesso che:
poco più di due anni fa emergevano in tutta la loro drammaticità gli effetti di quella che, a posteriori, è stata definita come la più grave crisi economico-finanziaria dopo quella del 1929; i mutamenti socio-economici degli ultimi decenni, in particolare il processo di globalizzazione, ne hanno amplificato gli effetti;
l'Italia, pur essendo stata colpita gravemente dagli effetti della crisi, non ne è stata travolta: la struttura del sistema industriale, fatto da piccole e medie imprese, la capitalizzazione del sistema creditizio e il forte risparmio privato hanno consentito al sistema di reggere; oltre ai fattori strutturali, vi sono poi tutti gli interventi che il Governo in questi due anni ha messo sul tavolo; la strategia di politica economica nel corso della XVI legislatura non poteva che essere orientata alla stabilità dei conti pubblici, nel rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità europeo ed alla luce dell'imprescindibile vincolo che condiziona le scelte di finanza pubblica italiana, costituito dall'imponente ammontare del debito pubblico accumulatosi nel passato; nonostante queste rigidità il Governo si è comunque fatto carico dell'esigenza di sostenere la domanda in una fase economica recessiva, destinando risorse significative per alcuni fondamentali interventi;
fin dall'autunno 2008, nei giorni immediatamente successivi al Consiglio Ecofin, il Governo è intervenuto dando un preciso segnale ai mercati della volontà di

tutelare i risparmiatori e salvaguardare la stabilità del sistema bancario e finanziario, precostituendo le condizioni normative per gli eventuali interventi pubblici; ha ampliato gli strumenti a disposizione dello Stato per entrare nel capitale delle banche e garantire la possibilità di finanziamenti, subordinando gli interventi alla necessità e alla volontà dei singoli istituti alla presenza di un preciso programma di stabilizzazione e di rafforzamento e alla vigilanza della Banca d'Italia; vista la forte contrazione del reddito disponibile conseguente alla forte contrazione della domanda internazionale ed interna e alla diminuzione dei livelli di occupazione, il Governo è intervenuto fornendo i necessari mezzi finanziari per sostenere la rete degli ammortizzatori sociali; sono stati creati nuovi istituti che consentiranno di attivare nuovi programmi di formazione a favore del personale posto in cassa integrazione; è stata anticipata la corresponsione dell'indennità di disoccupazione in un'unica soluzione che potrebbe favorire la nascita di nuove iniziative imprenditoriali ad opera di chi ha perso il lavoro dipendente; il tasso di disoccupazione in Italia (8,3 per cento), nonostante sia in aumento rispetto agli anni scorsi, rimane tra i più bassi in Europa e nell'intero Occidente; Francia (10,1 per cento), Spagna (19,9 per cento), Stati Uniti (9,7 per cento) sono ben al di sopra del livello italiano;
parallelamente al rafforzamento della rete degli ammortizzatori sociali, il Governo ha agito aumentando il reddito disponibile per le famiglie: nella fase in cui i tassi di interesse stavano ancora salendo è intervenuto fissando il tetto del 4 per cento per gli interessi variabili dei contratti di mutuo; è stata poi istituita la social card per gli acquisti di prima necessità e il bonus per il pagamento dell'energia elettrica e del gas; senza tralasciare la moratoria sui mutui, essenziale strumento per garantire di superare gli effetti della perdita del lavoro, e l'esenzione totale dall'imposta comunale sugli immobili per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale;
sono stati numerosi anche gli interventi governativi a favore delle imprese: sono state detassate le prestazioni di lavoro straordinario ed è stata introdotta la detrazione del 10 per cento dell'irap dall'ire; per favorire, soprattutto, le piccole imprese è stato posticipato il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto al momento dell'effettivo incasso delle fatture; è stata concessa la rivalutazione degli immobili iscritti a bilancio a fronte del pagamento di un'imposta sostitutiva; è stata introdotta la cosiddetta «Tremonti-ter», che ha consentito di riavviare gli investimenti in macchinari da parte delle imprese; alcuni tra i settori industriali più importanti, quali quello automobilistico, quello tessile e quello degli elettrodomestici, sono stati, altresì, supportati con la previsione di appositi incentivi;
si sono manifestati nella prima parte del 2010, sotto il profilo macroeconomico, alcuni segnali di ripresa, che, però, non consentono ancora di considerare definitivamente superata la crisi in cui si trovano tutte le economie dei Paesi avanzati ed è, perciò, necessario continuare a concentrare gli sforzi sui temi del sostegno allo sviluppo;
le previsioni relative ai principali saldi di finanza pubblica del bilancio confermano gli ottimi risultati conseguiti dal Governo nella sua azione di stabilizzazione della finanza pubblica, che ha ottenuto il pieno consenso degli organismi dell'Unione europea;
le previsioni relative al 2011 registrano una riduzione del saldo netto da finanziare rispetto all'assestamento per il 2010, determinata da una riduzione delle spese finali e da un incremento delle entrate finali;
nonostante il difficile quadro economico, che sta certamente incidendo in modo molto negativo sull'andamento del gettito, le entrate tributarie dovrebbero registrare, nel 2011, un incremento pari ad oltre 4 miliardi di euro; a fronte di una riduzione del gettito dell'ires, delle imposte sostitutive e delle imposte sulla produzione

e sui consumi, si prevede, per il 2011, un netto incremento del gettito dell'iva, una crescita del gettito ire e delle imposte e tasse sugli affari, nonché un lieve incremento delle entrate derivanti dai comparti dei monopoli e dei giochi;
le azioni di politica fiscale dovranno necessariamente tenere conto del progressivo completamento del processo di attuazione del federalismo fiscale, obiettivo primario del Governo, tanto che, già dopo pochi mesi dal proprio insediamento, l'11 settembre 2008 il Consiglio dei ministri aveva approvato la bozza di disegno di legge delega in materia di federalismo fiscale;
il federalismo fiscale costituisce l'unico modo per razionalizzare e controllare in modo efficace una parte vasta della finanza pubblica italiana, dove per controllo si intende, oltre al nuovo meccanismo di stabilizzazione finanziaria, soprattutto il controllo democratico esercitato dai cittadini sui livelli di governo che sono a loro più prossimi; è l'unica riforma in grado di porre rimedio alla stortura politica ed economica della nostra finanza pubblica: il rapporto democratico fondamentale no taxation without representation, che è presente, seppure in varie forme, in tutti gli altri Paesi europei, in Italia è stato chiaramente distorto, provocando la crescita esponenziale del debito pubblico; a livello locale chi «rappresenta» e spende, non tassa; a livello centrale, all'opposto, si tassa, ma non si «rappresenta» per l'intero e non si spende per l'intero, essendo il Governo centrale in questo ruolo in vasta parte asimmetricamente sostituito dai Governi regionali e locali;
il primo decreto di attuazione della legge delega in materia di federalismo fiscale ha completato il proprio iter ed è quello in materia di federalismo demaniale (decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85); per ragioni che affondano nel processo di costruzione dello Stato unitario, il demanio ha centralizzato tutto, logorando valori reali e bruciando chance potenziali; per evitare questi effetti negativi, il decreto legislativo n. 85 del 2010 mira a sviluppare il processo di valorizzazione del patrimonio pubblico, attraverso l'attribuzione dei beni ai territori dove questi hanno avuto la loro origine storica e dove hanno la loro ubicazione fisica; questo processo, secondo la Corte dei conti, da un lato può offrire un volano finanziario per specifici interventi di riqualificazione del territorio e, dall'altro, può rappresentare un'importante opportunità per rivedere e per potenziare le possibilità di utilizzo di un patrimonio spesso, specie nel passato, trascurato o messo a reddito in maniera inadeguata;
altri due decreti legislativi hanno già completato il proprio iter: quello relativo all'ordinamento transitorio di Roma capitale e quello relativo ai fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province;
il graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard è, tra i principi fondamentali della delega, il più importante; attraverso una metodologia basata su forti elementi di accompagnamento e condivisione, debitamente strutturata e mirata riguardo all'ambito dei fabbisogni standard, si riuscirà là dove nel passato hanno ripetutamente fallito le formule calate dall'alto;
per quanto riguarda le regioni, il Governo sta individuando nuovi e puntuali strumenti di verifica che consentano di superare i deficit informativi esistenti e attivare meccanismi di certificazione; verrà assunto come parametro un pool di regioni ad alto livello di prestazioni, da utilizzare come standard ottimale di riferimento, e ci si baserà su un nuovo modello di governo responsabile, basato sulla determinazione da parte della Conferenza Stato-regioni di linee guida occorrenti per la messa a punto dei costi standard; è necessario, infatti, introdurre tutte le procedure di certificazione e di controllo dei dati che permettono una reale conoscenza e verifica dei dati di spesa, superando i limiti del sistema attuale,

dove addirittura una regione non aveva dati contabili attendibili e dove i piani di rientro faticano ad essere rispettati; il decreto in materia di autonomia di entrata delle regioni traccia un quadro impositivo più chiaro e semplice, con la rimodulazione dell'addizionale regionale all'irpef che andrà a garantire al complesso delle regioni entrate corrispondenti ai trasferimenti statali e alla quota derivante dalla compartecipazione all'accisa sulla benzina e darà la possibilità alle regioni di introdurre diverse detrazioni o deduzioni, per meglio caratterizzare le singole politiche fiscali; potranno ridurre l'irap e godranno di una maggiore compartecipazione all'iva;
altro decreto legislativo, già approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, è quello relativo all'autonomia impositiva dei comuni, nel quale si prevede la devoluzione ai comuni del gettito delle imposte sugli immobili ubicate nel loro territorio; in particolare, saranno trasferite: l'imposta di registro e di bollo, quella ipotecaria e catastale, l'irpef in relazione ai redditi fondiari (escluso il reddito agrario), l'imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione degli immobili, i tributi speciali catastali, tasse ipotecarie e la cedolare secca sugli affitti ordinari con aliquota pari al 20 per cento; la cedolare sostituirà l'irpef sugli affitti, l'imposta di registro e di bollo e consentirà l'emersione di una grossa fetta di locazioni in nero; dal 2014 arriverà poi l'imposta municipale che toccherà il possesso degli immobili, prima casa esclusa, e il loro trasferimento in caso di vendita, donazione o eredità. La nuova «imposta municipale propria» sostituirà le imposte applicate agli immobili e l'aliquota potrà essere ritoccata dai comuni, in aumento o diminuzione;
il Governo, ha, inoltre, già avviato il progetto complessivo di riforma del sistema fiscale, necessariamente collegato alla riforma federalista in itinere; tale riforma sarà indubbiamente fondamentale per rendere concrete le prospettive di sviluppo del nostro Paese; la riforma dovrà necessariamente adeguare il fisco ai nuovi modelli economici, competitivi, sociali, ambientali e istituzionali, dovrà trasferire parte della tassazione diretta a quella indiretta, semplificare il sistema fiscale e gli adempimenti e, coerentemente con l'assetto federalista, responsabilizzare maggiormente tutti i soggetti che operano decisioni di spesa, anche mediante il coinvolgimento delle amministrazioni locali;
tale riforma dovrebbe trovare la più ampia condivisione possibile tra la società civile, gli operatori economici e, naturalmente, le forze politiche, in modo che possa costituire per gli operatori economici una certezza nel lungo periodo,


impegna il Governo:


a portare a compimento rapidamente la riforma in senso federalista del fisco italiano, prontamente avviata da questo Governo, con la definitiva approvazione dei decreti legislativi di attuazione della legge delega;
a proseguire in un'azione di politica economica che coniughi l'esigenza di garantire la sostenibilità di lungo periodo degli equilibri di bilancio con quella di sostegno alla domanda, senza tralasciare gli interventi infrastrutturali e la vigilanza sul sistema bancario, affinché venga garantito al sistema produttivo e alle famiglie l'accesso al credito, fondamentale in questa fase di crisi acuta;
a proseguire nell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, privilegiando le attività di accertamento di carattere non formale, intensificando i controlli nel settore dei giochi pubblici, al fine anche di limitare il gioco illegale e le infiltrazioni criminali, incentivando una sempre maggiore partecipazione dei comuni, al fine di recuperare gettito e non incrementare la pressione fiscale sui contribuenti onesti;
a proseguire nell'azione di contrasto all'evasione contributiva, al lavoro nero e alle false pensioni di invalidità;

ad avviare un processo di riforma complessiva del sistema tributario, che deve essere prioritariamente orientato alle seguenti finalità:
a) dare piena attuazione allo statuto dei diritti del contribuente, al fine di assicurare una maggiore stabilità della normativa tributaria e di dare un maggiore equilibrio nei rapporti tra fisco e contribuenti;
b) semplificare la normativa ed alleggerire gli oneri amministrativi gravanti sui contribuenti e sugli intermediari, riducendo il numero di imposte e tasse esistenti;
c) vigilare affinché le attività di accertamento e di verifica fiscale da parte dell'amministrazione finanziaria siano sempre svolte nel pieno rispetto del contribuente, minimizzando gli oneri burocratici sulle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, garantendo, inoltre, un'equilibrata distribuzione sul territorio nazionale delle attività di accertamento, tenendo conto a tal fine del fatto che in alcune aree del Paese il fenomeno del sommerso presenta dimensioni particolarmente rilevanti;
d) favorire una sempre più stretta collaborazione tra le amministrazioni coinvolte nell'attività di rilievo fiscale, in particolare attraverso un maggiore coinvolgimento dei comuni e degli altri enti locali, alla luce del connesso processo di attuazione della delega sul federalismo fiscale, nonché mediante l'integrazione delle banche dati pubbliche;
e) ridurre progressivamente la pressione fiscale, in particolare sulle imprese di piccole e medie dimensioni, sulle famiglie e sul lavoro dipendente, con una graduale introduzione del principio del quoziente familiare;
f) distribuire in maniera migliore il carico impositivo, alleggerendo i redditi da lavoro dipendente, i redditi d'impresa di natura non speculativa ed i redditi da lavoro autonomo, anche attraverso il progressivo passaggio dalla tassazione sui redditi alla tassazione sui consumi e sulle rendite, mantenendo comunque immutata la tassazione sui titoli del debito pubblico;
g) privilegiare alcuni obiettivi prioritari per lo sviluppo del Paese, quali il sostegno alla famiglia, il sostegno all'imprenditoria giovanile, la promozione della ricerca e dell'innovazione, la capitalizzazione delle imprese, il miglioramento del capitale umano, la razionalizzazione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni, che risulta oggi particolarmente complesso e farraginoso;
h) rivedere la tassazione energetica, al fine di incentivare minori consumi energetici e l'impiego di combustibili a minore impatto ambientale;
i) valutare l'opportunità di apportare ulteriori correttivi alla disciplina sulla rateizzazione dei debiti tributari e contributivi, in particolare introducendo in tale ambito alcuni ulteriori elementi di flessibilità, tali da consentire agli agenti della riscossione, in presenza di condizioni oggettive ed in un quadro di garanzia degli interessi erariali, di tenere conto delle difficoltà che alcuni contribuenti ed imprese incontrano ad onorare i propri debiti tributari a causa della crisi economica in atto, al fine di evitare che il mancato pagamento di una sola rata comporti la decadenza dal beneficio della rateizzazione, con conseguenze negative sia per il contribuente interessato sia l'erario stesso;
l) assumere tutte le iniziative di natura fiscale in sede comunitaria al fine di tutelare il made in Italy e di censurare e contrastare le azioni messe in atto dai Paesi extracomunitari per alterare la leale concorrenza, in modo che le nostre aziende possano concorrere con quelle dell'Estremo Oriente ad armi pari;
m) riformare la giustizia tributaria, riducendo i tempi del contenzioso e riaffermando la capacità di tale settore di fornire un servizio adeguato alle evoluzioni del contesto economico e normativo, al fine di contribuire a migliorare il contraddittorio tra fisco e cittadini e di assicurare

il giusto equilibrio tra le esigenze di tutela dei diritti dei contribuenti e gli interessi dell'erario.
(1-00501)
«Reguzzoni, Luciano Dussin, Fogliato, Lussana, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Stucchi, Caparini, Dozzo».

La Camera,
premesso che:
la decisione di finanza pubblica prevede che la pressione tributaria aumenterà di 0,3 punti percentuali, nonostante il venir meno di 0,8 punti di gettito da interventi straordinari, primo fra tutti lo scudo fiscale. Ciò sembrerebbe implicare che, secondo la decisione di finanza pubblica, il mancato recupero dell'evasione e l'auspicato dividendo della crescita si tradurranno inevitabilmente in un aumento delle imposte;
secondo fonti statistiche ufficiali, invece, il livello della pressione fiscale, complice del declino economico del Paese, è stimato al di sopra del 43 per cento, contro il livello medio rilevato nell'Unione europea, esclusa l'Italia, del 38,5 per cento;
dal 1980 al 2009 si è prodotto un incremento della pressione fiscale pari a 12,2 punti percentuali. Tale aumento, realizzatosi per la maggior parte tra gli anni '80 e i primi anni '90, ha interessato solo la pressione tributaria (variata dal 17,9 per cento del 1980 al 30,1 per cento del 2009) e non la pressione contributiva (stabile intorno al 13 per cento in tutto il periodo considerato), generando, quindi, un incremento della tassazione che ha riguardato in modo esclusivo i lavoratori dipendenti e i pensionati e che, nei trent'anni in esame, ha prodotto per questi ultimi una perdita (a prezzi costanti) pari a 3.285 euro annui, che equivalgono a circa 274 euro mensili;
la possibilità di ridurre il prelievo fiscale può essere realisticamente legata solo al recupero dell'evasione: nel complesso circa 120 miliardi di mancato gettito, pari a 8 punti di prodotto interno lordo;
la curva dell'evasione fiscale italiana negli ultimi anni ha ripreso a crescere. L'intensità dell'evasione è del 9,24 per cento nell'industria, del 23,82 nelle costruzioni, del 41,89 nei servizi alle famiglie, del 46,41 nei servizi alle imprese, del 54,58 nel commercio e del 70,57 nell'agricoltura, ove l'evasione assomma quasi ai tre quarti del reddito dichiarato;
l'evasione fiscale continua ad aumentare, grazie anche ad una normativa fiscale priva dei necessari correttivi e ad una condotta sociale, etica e morale deplorevole. Una concreta azione di contrasto, in questo senso, consentirebbe di diminuire il peso della fiscalità sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, sui pensionati e sulle imprese. In tal senso il contrasto all'evasione richiede che non siano tracciabili solo i redditi da lavoro dipendente e pensione e tutti i redditi finanziari prodotti in Italia, ma che lo siano anche gli altri redditi;
il recupero dell'evasione richiede non solo misure adeguate, ma anche quella continuità di indirizzo tecnico e politico che è venuta meno negli anni e ha visto solo nell'ultimo biennio tiepidi segnali di inversione di tendenza;
una politica fiscale rigorosa, che intenda attuare con determinazione la lotta all'evasione fiscale, azione necessaria

per riportare equità nel sostegno del carico fiscale, impone un sistema di regole certe ed eque, che non possono essere continuamente cambiate, ed un'amministrazione finanziaria efficiente che garantisca coerenza, prevedibilità ed equilibrio nei rapporti con il cittadino. Contestualmente ad una semplificazione del sistema fiscale, occorre mettere in campo nuove misure che siano in grado di arginare il più possibile il fenomeno dell'evasione fiscale, radicando nelle persone e sul territorio una cultura della legalità fiscale;
occorre, inoltre, creare un modello organizzativo che risponda alle esigenze proprie del nuovo scenario delineato dal federalismo fiscale, senza sovrapposizioni, duplicazioni e confusione di ruoli, utilizzando al meglio le sinergie e le esperienze consolidatesi negli ultimi anni;
una riforma fiscale che persegua obiettivi di maggiore equità e maggiore efficienza può avvenire non solo attraverso la riduzione della pressione impositiva, ma, soprattutto, grazie alla redistribuzione del prelievo;
è in questo contesto che da più parti si evoca l'introduzione del quoziente familiare, con il quale si indicano generiche politiche di sostegno alla famiglia attuate attraverso lo strumento fiscale, ma del quale manca ancora una formulazione articolata e condivisa;
il sistema tributario italiano, oltre a non riconoscere la famiglia come soggetto economicamente unitario, si caratterizza anche per una singolare contraddizione: esso si fonda sulla tassazione a base individuale (che a parità di reddito penalizza le famiglie monoreddito) e, contemporaneamente, determina le tariffe sulla base del reddito familiare, se non addirittura sul patrimonio della famiglia;
in termini di equità, occorre ricordare che il carico fiscale deve essere commisurato alla capacità contributiva di ciascun cittadino, come afferma anche la stessa Costituzione all'articolo 53. Ma la capacità contributiva è un concetto di complessa definizione, di cui il reddito è solo uno degli indicatori. A parità di reddito familiare, il benessere di ciascun membro cambia al variare delle dimensioni della famiglia, mentre a parità di reddito individuale il benessere del singolo dipende dalla numerosità e dalle risorse della famiglia cui appartiene: se si considerano tali differenze nel benessere individuale e/o familiare come indicatori di differenti capacità contributive, allora si rende necessario quantificarle e tenerne conto nel calcolo dell'imposta dovuta;
tutti gli indicatori economici e sociali non sono migliorati con una regressione economica e sociale che pone di continuo il Mezzogiorno agli ultimi posti per reddito, occupazione e vivibilità;
con riferimento alle imprese del Mezzogiorno, il sistema produttivo è legato a fattori strutturali di debolezza che riguardano le dimensioni piccole o piccolissime delle imprese di quest'area, spesso a gestione familiare, operanti prevalentemente in settori a basso valore aggiunto e con una scarsa propensione a investire nell'innovazione, nella ricerca e nello sviluppo. Tra le condizioni di contesto capaci di favorire, nel medio periodo, la crescita del sistema economico meridionale c'è, senza dubbio, anche la crescita degli investimenti in ricerca ed innovazione, che devono essere la risposta forte alla perdita di competitività delle produzioni e dei servizi rispetto a quelli dei Paesi emergenti e a quelli dei Paesi tecnologicamente più avanzati;
l'Italia sembra smarcarsi dalla nuova tendenza degli altri Paesi europei, che, per recuperare risorse e per dare il senso dell'equità alle manovre di bilancio, non esitano a ritoccare le aliquote per i redditi alti e ad elevare il prelievo sulle rendite finanziarie, che oggi, nella media, si aggira intorno al 20 per cento;
in Europa il livello di tassazione sulle rendite finanziarie non è inferiore al 20 per cento. Nel contesto europeo l'Italia presenta un'aliquota bassa, 12,5 per cento, dell'imposta sui capital gain e sui redditi

delle attività finanziarie percepiti dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, soprattutto se paragonata a quelle gravanti sul reddito da lavoro o pensione e sugli utili d'impresa. Al contrario, l'imposta sostitutiva gravante sugli interessi da depositi bancari, tradizionalmente fonte di risparmio per i contribuenti più «poveri», è piuttosto elevata, il 27 per cento. Uniformare queste due aliquote al 20 per cento, dunque, risulta del tutto auspicabile, anche per conseguire una maggiore equità orizzontale rispetto ai redditi da lavoro, riducendo la distanza tra prelievo finanziario e prelievo sul lavoro dipendente. L'incremento della tassazione non dovrebbe, però, riguardare i titoli del debito pubblico, che rimarrebbero dunque tassati al 12,5 per cento,


impegna il Governo:


a destinare in via prioritaria le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, permanenti ed eccedenti gli obiettivi di risanamento, ad iniziative per la riduzione della pressione fiscale finalizzate al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità sociale;
ad assumere iniziative volte a prevedere forme di credito di imposta automatico sugli investimenti in ricerca, innovazione e formazione, nell'ambito di un più vasto sistema di fisco premiale per le imprese che tenga conto anche della loro responsabilità sociale;
ad adottare iniziative per introdurre nel sistema tributario, dopo averne valutato i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, anche sulla scia delle ultime scelte operate da Governo e Parlamento in tema di zone franche urbane, meccanismi virtuosi come la fiscalità di vantaggio, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo dei territori meridionali, puntando, soprattutto, sul rafforzamento dei legami di rete e di cooperazione;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre in tempi rapidi un sistema di agevolazioni fiscali per i nuclei familiari con figli, considerando l'opportunità di procedere all'avvio progressivo del quoziente familiare;
ad avviare un percorso di armonizzazione alla media europea dell'aliquota sui redditi derivanti da operazioni finanziarie di natura speculativa.
(1-00502)
«Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la missione del servizio pubblico generale radiotelevisivo, così come previsto nel contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai, trova fondamento nei principi posti dalla Costituzione e dall'Unione europea con la «direttiva tv senza frontiere» del 1989, e successive modificazioni, con il IX Protocollo sulla televisione pubblica allegato al Trattato di Amsterdam del 1993, con la Comunicazione della Commissione europea relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione;
tale mission è disciplinata dalla normativa nazionale legislativa e regolamentare in conformità ai predetti principi. In particolare, gli obblighi di servizio pubblico risultano definiti per il triennio 2010-2012 dall'insieme di tali fonti: dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, dalla legge 3 maggio 2004, n. 112, dal testo unico e dal contratto di servizio, in coerenza con le linee guida emanate, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera 614/09/CONS, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 614/09/CONS 26 novembre 2009, 614/09/CONS;
mentre in precedenza il contratto di servizio era vincolato ai contenuti individuati nella convenzione accessiva alla concessione, di cui era strumento negoziale integrativo, nell'attuale sistema normativo

esso è vincolato direttamente dalla legge che ha puntualmente definito l'articolazione dei contenuti minimi del servizio pubblico, riservando alle linee guida approvate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, il compito di fissare gli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali;
tale procedimento fa sì che il contratto di servizio, pur essendo un atto paritetico tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai, debba essere inquadrato nel contesto di disposizioni precettive che lo vincolano;
del resto, la connotazione «pubblicistica» del contratto di servizio è in sintonia con la norma di cui all'articolo 1, comma 6, lettera b), n. 10, non abrogata dal Testo Unico, la quale stabilisce che la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi esprime parere obbligatorio entro trenta giorni «sul contratto di servizio con la concessionaria del servizio pubblico»;
secondo il quadro normativo vigente, inoltre, la potestà di rivolgere indirizzi alla società concessionaria del servizio pubblico è attribuita alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, mentre compete all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni accertare la mancata osservanza da parte della Rai degli indirizzi impartiti dalla predetta Commissione parlamentare. In riferimento alla materia della comunicazione politica e dell'informazione, il riparto di funzioni tra la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è confermato dalla legge 22 febbraio 2000, n. 28, sulla «par condicio»;
gli obiettivi del servizio pubblico, fissati dalla legge, possono essere ricondotti a tre grandi categorie: il mantenimento della coesione sociale, cui corrisponde il compito della massima diffusione sul territorio e della continuità nell'erogazione del servizio; la promozione culturale, che attiene al sostegno e alla difesa delle culture nazionali e della diversità culturale, cui corrisponde il compito della produzione di programmi distinti per contenuti e diretti a soddisfare le esigenze della totalità degli utenti; l'innovazione tecnologica, che attiene al ruolo del servizio pubblico nei nuovi media, sia allo scopo di contenere fenomeni di emarginazione sociale (il cosiddetto digital divide), sia per consentire l'introduzione e lo sviluppo di nuove tecnologie;
il ruolo del servizio pubblico è espressamente riconosciuto dal Trattato CE, in particolare all'articolo 16 e all'articolo 86, e dal Protocollo di Amsterdam, ad esso allegato, secondo il quale «il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione»;
così l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha individuato i nove compiti prioritari del servizio pubblico: fornire ai cittadini una programmazione equilibrata e di qualità; rappresentare l'Italia in tutte le sue articolazioni territoriali, sociali e culturali; promuovere l'educazione e l'attitudine mentale all'apprendimento e alla valutazione; stimolare l'interesse per la cultura e la creatività, anche valorizzando il patrimonio artistico nazionale; garantire la fruizione gratuita dei contenuti di qualità; promuovere la conoscenza dell'Italia nel mondo e una non superficiale conoscenza del contesto internazionale in Italia; promuovere la diffusione dei principi costituzionali e la consapevolezza dei diritti di cittadinanza e la crescita del senso di appartenenza dei cittadini italiani all'Unione europea; rispecchiare la diversità culturale e multietnica nell'ottica dell'integrazione e della coesione sociale; estendere al maggior numero di cittadini i benefici delle nuove tecnologie, in un contesto innovativo e concorrenziale;

in tale contesto la Rai, pur muovendo da una regolamentazione legislativa comune a tutte le emittenti e a tutti i fornitori di contenuti, che considera l'attività di informazione radiotelevisiva come un servizio di interesse generale, è soggetta ad un concetto di pluralismo più stringente, in considerazione dei particolari obblighi connessi alla prestazione di un pubblico servizio sostenuto da risorse pubbliche e del vasto numero di soggetti raggiunti dalle sue trasmissioni;
ciò esige un'applicazione attenta della deontologia professionale del giornalista, la cui funzione viene oggi accresciuta per la necessità di approfondire e mettere a fuoco l'informazione, coniugando il principio di libertà con quello di responsabilità, nel rispetto della dignità della persona, rendendo imprescindibile la funzione di garanzia della qualità dell'informazione da parte dei giornalisti del servizio pubblico radiotelevisivo;
alla luce di quanto riportato sopra, non risulta, allo stato attuale, che l'informazione della Rai risponda, sia in termini qualitativi che quantitativi, ai criteri di imparzialità, completezza, correttezza e lealtà richiesti alla concessionaria del servizio pubblico. Questo sia per quanto concerne il dibattito politico-istituzionale, sia per quanto riguarda la rappresentazione delle varie realtà sociali del Paese;
in particolare, la principale testata giornalistica della Rai, il Tg1, anziché esporre in modo plurale le diverse posizioni, sembra prendere parte, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo, in modo pressoché esplicito al dibattito politico ed istituzionale, assumendo di fatto quasi il ruolo di soggetto politico,


impegna il Governo:


a garantire, quale controparte del contratto nazionale di servizio, l'indipendenza del servizio pubblico attraverso il rispetto dei principi di obiettività, completezza, imparzialità, lealtà dell'informazione;
a recepire, nell'ambito del contratto di servizio la richiesta che il servizio pubblico radiotelevisivo rappresenti tutte le realtà, in particolare quelle realtà socio-territoriali che fino ad ora sono state in minor misura considerate, come il Meridione d'Italia o altre zone del Paese che sono espressione di una minoranza linguistica o etnoculturale;
a mettere in atto ogni iniziativa affinché venga assicurato un elevato livello qualitativo dell'informazione che tenga conto della pluralità delle diverse opinioni, che garantisca il rispetto della dignità umana e che contribuisca ad uno sviluppo del senso critico, civile ed etico della collettività nazionale, recependo, nello schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai per il triennio 2010-2012, le indicazioni contenute nel parere della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 9 giugno 2010, per quanto attiene alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione, anche al fine di garantire la verità dei fatti e il diritto del cittadino ad essere informato correttamente;
a predisporre ogni iniziativa affinché venga salvaguardato nei palinsesti dell'informazione il pluralismo politico.
(1-00503)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, stabilisce, all'articolo 45, che il servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidato per concessione a una società per azioni, che lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero concedente;
secondo quanto disposto dal citato testo unico all'articolo 49, comma 1, la

concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni dall'entrata in vigore del citato decreto legislativo, alla Rai - Radiotelevisione italiana s.p.a., che è tenuta ad adempiere ai compiti generali del servizio pubblico radiotelevisivo, come stabiliti dall'articolo 45, comma 2, e agli ulteriori obblighi individuati dalle linee guida definite d'intesa tra l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il Ministro competente, prima di ciascun rinnovo triennale del contratto di servizio;
in particolare, il testo unico conferisce, con gli articoli 47, 49 e 52, vari compiti di valutazione, di controllo e di gestione sull'attività della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo al Governo, che si affiancano a quelli attribuiti dalla legislazione vigente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
ferma restando la superiorità gerarchica delle norme costituzionali, con il testo unico si richiamano gli obblighi di correttezza e obiettività dell'informazione; in particolare, all'articolo 7, comma 2, si ribadiscono «la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni», la garanzia dell'accesso «di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità» e «l'assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni»;
la «tutela del principio del pluralismo» non significa lottizzazione numerica degli spazi e degli operatori fra i partiti, ma corretta rappresentazione della pluralità delle posizioni in cui si articola il dibattito politico-istituzionale e delle diverse ispirazioni culturali. Tutte le diverse matrici culturali del Paese hanno dignità e diritto di esprimere la propria visione progettuale e la propria interpretazione della realtà;
il servizio pubblico di informazione, per le caratteristiche proprie del mercato radiotelevisivo italiano e della mission della concessionaria del servizio pubblico, impone una particolare tutela del principio del pluralismo, non inteso nel senso di un'equilibrata «lottizzazione» degli spazi informativi tra le diverse forze politiche in ragione del loro diverso peso parlamentare, ma in quello di una rappresentazione realistica della pluralità delle posizioni in cui si articola il dibattito politico-istituzionale e in un uso sistematico e non derogabile del principio del contraddittorio;
il servizio pubblico televisivo non può essere considerato come il luogo di espressione privilegiato di determinati ambienti ed aree politiche; non è possibile, infatti, pensare che oggi il servizio pubblico televisivo (o parti rilevanti di esso) possa configurarsi come uno spazio privato ad uso e consumo di conduttori e giornalisti dichiaratamente schierati nell'area politica e culturale della sinistra;
lo squilibrio che intacca la tutela del pluralismo è verificabile, soprattutto, attraverso la valutazione delle trasmissioni di approfondimento, i cosiddetti talk show, dove si assiste a processi mediatici e manipolazioni funzionali a specifiche tesi precostituite (sovente sostenute - con tifo da stadio - da spettatori organizzati e presenti in sala) sempre più spesso in assenza di contraddittorio; elementi, questi, che rendono evidente come il quadro della loro articolazione in Rai manifesti uno scompenso evidente a favore di una sola e ben riconoscibile visione culturale e politica. La realtà oggettiva presenta una serie di trasmissioni dal chiaro orientamento coincidente con la vecchia matrice egemonica, a fronte delle quali quelle di diverso segno culturale sono molto esigue e ridotte;
in tal modo si tradisce la lettera e lo spirito del testo unico che, all'articolo 7, comma 2, stabilisce come ci si debba

attenere alla «presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni», assicurando la garanzia dell'accesso «di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità» e, soprattutto, prescrive «l'assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni»;
nonostante questo contesto di forte sbilanciamento a favore di una parte politica, tutto il centrodestra, onorando i valori fondanti a cui ispira la propria visione di una società libera e democratica, ha sempre auspicato una Rai aperta, in cui nessuna voce venisse soppressa ma altre, di diversa propensione culturale, potessero aggiungersi;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, con riferimento alle recenti polemiche contro il Tg1, vale la pena ricordare che, secondo quanto riprodotto dai più recenti dati dell'Osservatorio di Pavia, riferiti al mese di settembre 2010, sul tempo di parola e le presenze dei politici nei telegiornali, il Tg1, dopo il Presidente del Consiglio dei ministri e il Presidente della Repubblica, presenta una graduatoria che pone come terza presenza il leader dell'opposizione Bersani, quindi il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, e fra i più presenti gli onorevoli Casini e Di Pietro. Se riferiti al prime time la graduatoria del Tg1 vede nell'ordine: Berlusconi, Fini, Bersani, Napolitano, Casini, Di Pietro. Dunque, la verità dei numeri ribalta affermazioni solo tendenziose sul Tg1;
il contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai, sia nel testo tuttora vigente approvato con decreto ministeriale del 6 aprile 2007, sia nel nuovo testo sul quale la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha espresso parere favorevole il 9 giugno 2010, prevede che la Rai adotti una serie di misure intese a sostenere la produzione audiovisiva italiana ed europea, a garantire la neutralità tecnologica e competitiva e ad assicurare con idonei criteri tecnico-gestionali l'efficienza aziendale, con particolare riferimento alla trasparenza della gestione economico-finanziaria, riferendone poi al Ministero in varie occasioni e in riferimento a più atti e adempimenti;
in rapporto all'attività della Rai il Ministro dello sviluppo economico provvede poi a determinare l'ammontare del canone di abbonamento alla radiotelevisione;
in quest'ottica, in particolare il pluralismo produttivo, inteso come la necessità di agire in modo che le opere trasmesse dalla Rai non siano l'espressione di un unico produttore o gruppo di produttori, è riconosciuto come uno degli elementi fondamentali del pluralismo, sin dalla risoluzione, avente natura di indirizzo generale, approvata dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il 13 febbraio 1997,


impegna il Governo:


a porre in essere tutte le misure che rientrino nelle sue competenze per garantire che l'attività della Rai risulti sempre scrupolosamente conforme alle prescrizioni della legislazione vigente, alle indicazioni del contratto di servizio, agli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in particolare che ne vengano garantiti il pluralismo culturale e la libertà di accesso delle diverse espressioni, senza discriminare i giornalisti, gli opinionisti e gli editorialisti di orientamento culturale e politico diverso da quello della sinistra e, comunque, garantendo in ogni caso il pieno diritto al contraddittorio;
a garantire, in coordinamento con le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione

parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, il rispetto della libertà di espressione in conformità ai Trattati di Parigi e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che per loro natura, secondo una consolidata dottrina, sono norme aventi rango costituzionale;
a garantire migliori criteri di razionalità, trasparenza, efficienza ed economicità gestionale-amministrativa;
a porre in essere le misure utili che rientrano nelle sue competenze per garantire assoluta trasparenza ai rapporti tra la Rai e il mondo della produzione televisiva, sia con riferimento ai contenuti, sia con riferimento agli operatori del settore.
(1-00504)
«Cicchitto, Landolfi, Baldelli, Laffranco, Mazzuca, De Angelis, Lupi, Mottola, Santelli, Lainati».

La Camera,
premesso che:
il Governo ha affrontato con efficacia la grave crisi economico-finanziaria che ha colpito il Paese, varando una serie di provvedimenti che hanno evitato all'economia italiana conseguenze gravi che, invece, hanno colpito altri Paesi dell'Unione europea;
il Governo ha attuato una politica tributaria indirizzata al mantenimento della solidità dei conti pubblici, nella piena consapevolezza delle difficoltà derivanti dall'instabilità finanziaria e dall'ammontare particolarmente alto del debito pubblico ereditato dal passato;
nonostante un quadro certamente non favorevole, il Governo ha accentuato l'azione di contrasto all'evasione fiscale, varando una serie di provvedimenti che avranno certamente un effetto positivo che si dovrebbe sostanziare in una maggiore entrata, stimata dalla decisione di finanza pubblica in circa lo 0,5 per cento del prodotto interno lordo;
detti provvedimenti dovrebbero consentire di ottenere nel 2011 un incremento del gettito fiscale pari a 4 miliardi di euro;
appare opportuno che la riforma fiscale redistribuisca il carico tributario, spostando una parte della tassazione diretta a quella indiretta, e punti ad una semplificazione del sistema fiscale e dei relativi adempimenti;
è necessario che la riforma fiscale riduca gli effetti dannosi sulla crescita determinati dalla tassazione e responsabilizzi i soggetti che operano decisioni di spesa, anche mediante il coinvolgimento delle amministrazioni locali;
la politica fiscale del Governo non potrà non tenere conto dell'evoluzione in senso federale del sistema di imposizione fiscale, che determinerà una maggiore responsabilizzazione delle regioni e degli enti locali che dovranno spendere le proprie risorse con maggiore oculatezza, evitando sperperi e un utilizzo inappropriato delle stesse;
il Governo ha stabilito di dar corso ad un progetto di riforma complessiva del sistema fiscale, inserito negli obiettivi programmatici per il prossimo futuro e nel programma nazionale di riforma presentato alla Commissione europea nel quadro del semestre europeo;
sull'economia del Mezzogiorno grava ormai da decenni un'arretratezza che lo separa dal resto del Paese;
il Governo si è impegnato a varare in tempi rapidi il piano per il Sud;
è auspicabile che la riforma del sistema tributario sia realizzata in una prospettiva di ampio respiro, tenendo in debita considerazione la particolare situazione nella quale versa l'economia delle regioni meridionali,


impegna il Governo:


a portare avanti una politica economica capace di coniugare l'esigenza di garantire gli equilibri di bilancio con la

necessità di liberare il più possibile risorse da destinare al sostegno della domanda e ad interventi infrastrutturali, in particolar modo nell'area dell'obiettivo 1 (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna);
a proseguire nell'azione di sostegno al regime di fiscalità di vantaggio nelle aree deboli del Paese, in particolare nelle regioni meridionali;
a perseverare nell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale;
ad avviare un processo di riforma complessiva del sistema tributario;
a perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in particolare sulle imprese di piccole e medie dimensioni, sulle famiglie e sul lavoro dipendente;
ad elaborare degli strumenti di natura tributaria che tutelino la famiglia;
a perseguire l'obiettivo della razionalizzazione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni, oggi significativamente complesso.
(1-00505)
«Sardelli, Ruvolo, Belcastro, Gaglione, Gianni, Iannaccone, Mannino, Milo, Pisacane, Porfidia, Romano».

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

BINETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 1o aprile 2010, al di fuori di qualsiasi programmazione, un decreto ministeriale del giorno precedente ha cancellato i contributi alle spedizioni postali delle organizzazioni non profit che, da oltre 15 anni, favoriscono le attività di informazione, sensibilizzazione, raccolta fondi, e consentono di tenere attivo il principale canale di finanziamento di molte organizzazioni del settore non profit;
da ormai sei mesi il Parlamento ha parzialmente rimediato a questa drastica modifica dello scenario, approvando la norma che prevede la reintroduzione di una tariffa postale che, seppure assai più onerosa della precedente, avrebbe comunque consentito la spedizione. La norma in questione metteva a disposizione un contributo, a carico del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, con un plafond di spesa di 30 milioni di euro;
nel mese di maggio 2010, in cui questa disposizione di legge è stata approvata, la stessa non è stata ancora resa esecutiva, necessitando di un decreto attuativo che il Ministero dell'economia e delle finanze non ha firmato da circa cinque mesi;
in conseguenza di queste improvvise determinazioni, l'attività di comunicazione e di raccolta fondi dell'intero settore è rimasta a lungo bloccata, perché soggetta alle condizioni vigenti dal 1o aprile 2010 e universalmente riconosciute come insostenibili dalle organizzazioni con un rincaro pari al 500 per cento. Solo a partire dal mese di settembre 2010, e per un breve periodo sperimentale che scade il prossimo 5 dicembre 2010, grazie a un accordo diretto con Poste Italiane, è stata individuata una tariffa di spedizione più cara del 300 per cento rispetto a quella agevolata;
un gruppo di ben 107 associazioni e fondazioni non profit ha indirizzato al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico e ai Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio

competenti, una lettera aperta per chiedere l'urgente convocazione di un tavolo di trattativa -:
quali siano i tempi previsti dal Governo per convocare il tavolo di approfondimento richiesto da un così largo gruppo di associazioni, e comunque quali iniziative intendano adottare per consentire alle organizzazioni non profit di continuare ad avvalersi di una modalità di comunicazione insostituibile per la sensibilizzazione e la raccolta fondi, presupposto indispensabile per garantire le risorse necessarie per la realizzazione delle proprie fondamentali attività a beneficio della collettività.
(3-01338)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza ha raggiunto quest'anno il decimo anno di pubblicazione. Il ritratto dell'infanzia e dell'adolescenza fornito ogni anno alle famiglie, alle istituzioni scolastiche ed ai decisori politici ha contribuito ad una maggiore consapevolezza e alla adozione di importanti provvedimenti. I Rapporti hanno anche concorso a rompere il silenzio su alcuni dei temi più rilevanti relativi all'universo dei minori, dall'abuso alla pedofilia, dalle politiche di welfare familiare alla devianza, fino al rapporto con media e tecnologie. Dal Rapporto emerge che anche per quei ragazzi che si trovano inseriti in contesti fortunatamente meno problematici, che offrono loro opportunità, mezzi, e perfino, in molti casi, una abbondante dose di superfluo, si può parlare, in questi anni, di un vero e proprio spreco di potenzialità. Lo testimonia, nel modo più evidente, la diffusione di comportamenti di devianza «borghese», o devianza «normalizzata». La ricerca ritualizzata di uno sballo autodistruttivo, il ricorso al doping nello sport, la condotta irresponsabile alla guida, i comportamenti antisociali come il bullismo, il vandalismo e la formazione di baby-gang, il vizio del gioco di azzardo, soprattutto on-line, sono tutti indicatori di una tendenza ormai diffusa, tra i giovani, a fare cattivo uso della loro vita. La loro trasgressione, inoltre, non rappresenta l'affermazione di una identità personale, ma piuttosto una forma di omologazione;
a dinamiche simili sembra rispondere la diffusione del bullismo tra i minori, ne è stato testimone, solo a scuola, il 32,1 per cento dei bambini ed il 42,1 per cento degli adolescenti. Questo si manifesta come una forma antisociale fine a se stessa che conferma come la presenza, a scuola o in un contesto sociale, di ragazzi in qualche modo «diversi» non viene quasi mai concepita come opportunità di confronto e di arricchimento, ma fatta oggetto o di indifferenza o di vere e proprie persecuzioni, in un rifiuto che non perdona la non omogeneità, per natura, o la non omologazione, per scelta. Le diverse forme di trasgressione in contesti «normali» inducono a pensare che molti ragazzi evitino il confronto con una realtà di cui forse non si sentono protagonisti, che scelgano questi comportamenti per noia, dunque per mancanza di obiettivi. Il Rapporto rivela che i bambini e gli adolescenti, pur recependo le attese dei genitori e pur manifestando aspettative personali nel complesso convenzionali, considerano arduo il raggiungimento degli obiettivi di vita tradizionali, come la laurea, un lavoro in linea con le loro vocazioni, il matrimonio ed i figli. Il 33,6 per cento degli adolescenti appare sfiduciato sulla possibilità di raggiungere l'obiettivo di laurearsi, il 49,4 per cento di ottenere un lavoro stabile, il 42,9 per cento di ottenere un lavoro che piace. I giovani hanno quindi precocemente assorbito le incertezze e le incognite a cui la società complessa costringe e che rischiano di gravare

soprattutto sul loro futuro. Un altro elemento chiave nella valutazione delle potenzialità di crescita offerte oggi ai minori e della loro maggiore o minore capacità di sfruttarle è rappresentato dal rapporto con le nuove tecnologie;
in questi anni, grazie al rapido sviluppo tecnologico dei mezzi di comunicazione, ai giovani si è aperto un intero universo di informazioni, contatti ed attività. I media mostrano però con evidenza il loro duplice volto: stimolanti strumenti di progresso capaci di abbattere tempi e distanze aprendo nuovi scenari di conoscenza ed interazione, ma anche strumenti di omologazione o produttori di disorientamento e caduta di senso. Anche al di là di possibili rischi, non si può fare a meno di osservare come in molti casi i new media svolgano un ruolo, soprattutto per i più giovani, di invito e supporto al superfluo. Cellulari, ne possiedono uno il 53,7 per cento dei bambini ed il 97,8 per cento degli adolescenti, ed I-pod, connessione ad Internet e social network rappresentano una sorta di appendice irrinunciabile per tanti adolescenti;
le moderne tecnologie dovrebbero facilitare la libera espressione di sé e della propria creatività, non ingabbiarla nella routine e nell'autoreferenzialità improduttiva. Dovrebbero favorire l'incontro non la chiusura o un confronto vuoto e mascherato con il mondo esterno. Le tecnologie multimediali potrebbero costituire, anche per i ragazzi, un'enorme risorsa da sfruttare al meglio, ma non sempre accade. In questo senso, proprio Facebook, uno dei maggiori fenomeni degli ultimi anni (vi partecipa il 71,1 per cento degli adolescenti), rappresenta un ulteriore esempio emblematico delle potenzialità spesso sprecate dei nuovi media. I nuovi mezzi di comunicazione troppo spesso amplificano i comportamenti devianti, come denunciato dagli atti di bullismo ripresi con il cellulare e messi on-line o dal cattivo uso che alcuni fanno dei social network e delle chat;
nello stesso tempo desta preoccupazione il progressivo allontanamento dei giovani dalla politica prima ancora che ne conoscano le dinamiche più complesse, prima che abbiano tempo di svilupparsi in loro uno spirito di partecipazione civile ed orientamenti definiti. Questo senso generale di sfiducia ed estraneità nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni e della politica stessa, che talvolta sfocia chiaramente in disprezzo, blocca in anticipo nei ragazzi ogni desiderio di partecipare attivamente alla vita sociale, e di divenire quindi protagonisti ed attori di una parte del loro futuro. La maggioranza degli adolescenti, il 51,7 per cento, pensa che lo Stato non tuteli i cittadini e sono moltissimi quelli che non credono che la legge sia uguale per tutti, il 41,9 per cento. Gli appartenenti alla classe politica, vengono considerati, quasi indistintamente come persone intente soprattutto ad affermare il proprio interesse, piuttosto che quello del Paese e dei cittadini. Tutto ciò è aggravato dalla natura profondamente gerontocratica della società italiana, soprattutto in ambito politico ed amministrativo. È allora inevitabile che i ragazzi di oggi, di fronte alla difficoltà di potersi inserire in ruoli di qualche importanza, perdano la speranza di poter contare davvero, di poter far sentire la propria voce e contribuire allo sviluppo ed al cambiamento. Di fronte a questa parziale esclusione, che mina in modo preoccupante la speranza dei giovani nel futuro, è allora auspicabile il recupero di un approccio che spinga, di fronte ad un contesto difficile ed incerto, non alla rassegnazione, ma all'impegno per l'affermazione dei propri ideali e dei propri valori;
le responsabilità della società adulta sono ancora più evidenti se si considera che quest'anno ricorre il ventesimo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia. Si può senza dubbio affermare che dal 2003 ad oggi, l'Italia ha operato una svolta importante sul tema dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, come indica l'interessante Rapporto del gruppo CRC presentato nel 2009. Il nostro Paese ha apportato una serie di modifiche, soprattutto normative, adeguandosi ai principi internazionali. L'attuazione delle

norme, però non sembra essere del tutto soddisfacente in quanto, secondo i dati, molte delle contraddizioni, sottolineate nel 2003 dal Comitato dei diritti del fanciullo, persistono. Alcune di queste trovano ampia trattazione all'interno del rapporto di Telefono azzurro, nel quale si affrontano alcune gravi violazioni dei diritti dei bambini, come quelle che avvengono nei casi di accattonaggio, violenza domestica, adescamento e cyberbullismo, scomparsa e sottrazione, incidenti stradali e lavoro minorile. Oggetto di un particolare interesse è stato il tema dei minori di cittadinanza non italiana, i cui diritti nella nostra società vengono spesso violati: ne sono un esempio le mutilazioni genitali femminili, lo sfruttamento nella criminalità organizzata, ma anche l'irrisolta questione della tutela dei minori non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di età e la sfida interculturale nelle scuole;
restano, tuttavia, ancora inattuate molte delle richieste presentate negli anni scorsi dalle realtà associative al Governo e alle Amministrazioni locali. Tra le altre, investimenti programmati e condivisi, anche con il mondo dell'associazionismo, per una formazione degli operatori del settore dell'infanzia, in grado di creare linguaggi comuni, interdisciplinarità e coordinamento negli interventi; sperimentazione e verifica di nuove metodologie di presa in carico dei soggetti abusanti, a maggior ragione quando si tratti di adolescenti che commettono abusi sessuali, al fine di prevenire il crescente fenomeno della recidiva; interventi progettuali specifici mirati a combattere le forme di sfruttamento dell'infanzia, non solo tramite la repressione dell'illegalità, ma soprattutto attraverso politiche di prevenzione volte a far conoscere ed apprezzare il proprio territorio ai bambini; individuazione di criteri e standard di qualità a livello regionale per quelle strutture socio-educative e socio-assistenziali, cosiddette «intermedie», per la presa in carico dei bambini e degli adolescenti che presentino gravi disturbi mentali e necessitino di un ricovero -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di migliorare la tutela dei bambini e degli adolescenti, preservandoli maggiormente dai pericoli incombenti dall'eccessivo utilizzo di internet e dei social network, nonché tutelandoli dalle violenze che, purtroppo, nella maggior parte dei casi, si verificano in famiglia.
(4-09619)

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il protocollo d'intesa siglato il 13 novembre 2009 tra il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro per le pari opportunità e il Sottosegretario per le politiche per la famiglia, diretto a promuovere iniziative necessarie per lo sviluppo di nidi aziendali e servizi socio-educativi per l'infanzia presso pubbliche amministrazioni, mira a favorire l'occupazione femminile, consentendo alle dorme di conciliare lavoro e famiglia;
la specificità dell'ordinamento e dell'organizzazione del lavoro nella magistratura amministrativa, rende di scarsa utilità pratica l'offerta di asili nido, vuoi per la riscontrata esigua presenza di figli in tenera età dei magistrati che esercitano nelle sedi del Tribunale amministrativo regionale, vuoi perché chi ha figli da 0 a tre anni e presta servizio di magistrato nella medesima sede di residenza sarebbe obbligato a condurre il proprio figlio presso la struttura nido appositamente creata, pur non frequentando quotidianamente il tribunale;
i servizi per l'infanzia, diversi dal micronido restano comunque indispensabili per poter conciliare l'aggiornamento, la formazione, la carriera, l'attività professionale, la vita familiare;

tali servizi possono essere opportunamente ed utilmente garantiti con minor dispendio di risorse tramite l'istituzione di un contributo da destinarsi ad personam, a favore del magistrato con figli minori da 0 a 3 armi di età, finalizzato all'iscrizione ed alla frequenza di un asilo nido che, a giudizio dei genitori, concili un valido progetto educativo della pubblica istruzione e la vita professionale e privata del magistrato -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere in ragione delle specificità evidenziate in premessa, nonché della necessità, positivamente valutata anche in sede politica, di attivare dei servizi per l'infanzia che garantiscano affettivamente le pari opportunità.
(4-09628)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le aziende farmaceutiche multinazionali Takeda e Astrazeneca, che hanno tagliato drasticamente le spese, facendo un uso, ad avviso dell'interrogante, spregiudicato della cessione di ramo d'azienda di informatori scientifici del farmaco e degli ammortizzatori sociali, starebbero contattando altri informatori scientifici del farmaco per indurli alle dimissioni;
vi sono molte aziende che, presso il tribunale di Bari, a riguardo della clamorosa truffa effettuata a danno del Sistema sanitario nazionale, hanno patteggiato la pena. Ciononostante partecipano regolarmente alle gare per le forniture di farmaci alle aziende sanitarie e alle aziende ospedaliere;
le industrie farmaceutiche, pur ricorrendo a licenziamenti in nessun modo giustificabili, godono di vantaggi e di «concessioni» inaccettabili a danno delle aziende che producono o commercializzano farmaci generici e che invece assumono nuovi lavoratori;
tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Associazione delle industrie farmaceutiche persiste, ad avviso dell'interrogante, un conflitto di interessi che, alla luce degli eventi in corso, appare fornire una protezione delle aziende del settore a danno degli informatori scientifici del farmaco, e porre dubbi oggettivi sulla reale volontà del Governo di tutelare il lavoro e di contenere la spesa farmaceutica;

alle imprese farmaceutiche viene riconosciuta dallo Stato la «concessione» per la vendita dei farmaci denominata A.I.C. (autorizzazione all'immissione in commercio). L'A.I.C. viene però riconosciuta solo per la vendita del principio attivo corrispondente ad un unico nome commerciale (brand) delle specialità commercializzate;
pertanto, non è consentito che la stessa impresa farmaceutica possa vendere farmaci con i medesimi principi attivi, i medesimi dosaggi e le medesime forme farmaceutiche con due o più nomi commerciali diversi;
la multinazionale AstraZeneca s.p.a., con sede in Basiglio (Milano), oltre ad effettuare informazione scientifica per i farmaci per i quali gli è stata concessa l'A.I.C. (CRESTOR, NEXIUM, ANTRA, SYMBICORT), la effettua anche per i farmaci SIMESTAT, AXAGON, LOSEC, ASSIEME che contengono gli stessi principi attivi e la cui titolarità dell'A.L.C. è della società controllata Simesa;
la multinazionale AstraZeneca s.p.a ha una rete di informatori scientifici, con la quale effettua informazione scientifica per ben quattro farmaci (con i medesimi principi attivi, i medesimi dosaggi e le medesime forme farmaceutiche) con due nomi commerciali diversi per ogni farmaco, e cioè:
Principio attivo Nome commerciale Titolare A.I.C. Nome commerciale Titolare A.I.C.
Rosuvastatina CRESTOR Astrazeneca SIMESTAT Simesa;
Esomeprazolo NEXIUM Astrazeneca AXAGON Simesa;
Omeprazolo ANTRA Astrazeneca LOSEC Simesa;
Budesonide-formoterolo SYMBICORT Astrazeneca ASSIEME Simesa;
AstraZeneca, dopo avere licenziato centinaia di lavoratori e assorbito i lavoratori della controllata Simesa, oggi promuove con i soli lavoratori AstraZeneca i farmaci di entrambe le aziende, identici tra loro, se pure con autorizzazione all'immissione in commercio, e ciò con modalità dubbie sotto il profilo del rispetto delle norme che regolano le autorizzazioni governative e forse anche delle norme antitrust;

Takeda ha costituito una linea di informazione sui farmaci che propone, per le medesime indicazioni terapeutiche, ai medici di medicina generale farmaci diversi da quelli invece proposti ai medici specialisti;
in questa linea sono stati fatti confluire lavoratori non graditi, molti dei quali hanno già ricevuto pressioni perché presentino volontarie dimissioni;
in un contesto caratterizzato dalla spregiudicatezza degli indagati, la procura di Monza, nell'ambito delle indagini seguite alle denunce per la cessione di ramo da Merck Sharp & Dohme alla società X-Pharma, ha rilevato che si stava anche prospettando una futura acquisizione di Neopharmed, che aveva l'esigenza di «lasciare gli informatori a casa» e che verrebbe valutata dagli indagati come «un bel giocattolo con cui si potrebbero fare tante cose»;
Merck Sharp & Dohme ha successivamente venduto a Mediolanum farmaceutici, con un'operazione di cessione di quote societarie, la società Neopharmed;
a quanto consta all'interrogante, Merck Sharp & Dohme e Mediolanum farmaceutici si erano impegnati al mantenimento del listino di Neopharmed e allo sviluppo di nuovi farmaci della Merck S&D per il mantenimento e lo sviluppo dell'occupazione;
la cessione è diventata operativa il 1o gennaio 2010 e non sarebbe stata condivisa dalla rappresentanza sindacale unitaria che non avrebbe firmato al riguardo alcun accordo;
dopo soli 8 mesi dalla cessione delle quote sopra indicate, la Mediolanum ha chiesto la cassa integrazione per 25 informatori scientifici Neopharmed -:
se non si ritenga di intervenire, per quanto di competenza, per evitare che l'azienda AstraZeneca continui a pubblicizzare farmaci identici con marchi diversi e con diversa autorizzazione all'immissione in commercio (AIC);
se non si ritenga di verificare, per quanto di competenza, se la gestione contemporanea da parte di AstraZeneca dei farmaci Simesa, identici ai farmaci AstraZeneca, entrambi tutelati da AIC, avvenga nel rispetto delle norme che regolano la materia e più esattamente se l'informazione scientifica per i farmaci Simesa sia disposta dal responsabile del servizio scientifico Simesa; se la farmacovigilanza sui farmaci Simesa sia garantita da un responsabile Simesa, se i campioni gratuiti dei farmaci Simesa consegnati ai medici, che la legge prevede in numero limitato, siano conteggiati a parte rispetto ai farmaci AstraZeneca consegnati dal singolo informatore scientifico del farmaco; con quali modalità AstraZeneca indichi il numero delle visite annuali effettuate al singolo medico e se distingua le visite effettuate per i farmaci a marchio Simesa da quelle effettuate per i farmaci AstraZeneca;
se siano a conoscenza che aziende che hanno posto in mobilità gli informatori scientifici del farmaco o che hanno fatto ricorso a cessioni di ramo ad aziende, fallite subito dopo o che da mesi non erogano i pagamenti dovuti (stipendi, Fonchim, Faschim) agli informatori scientifici del farmaco acquisiti, starebbero facendo forti pressioni sugli informatori scientifici perché presentino le dimissioni e rinuncino al posto di lavoro;
quali iniziative si ritenga di assumere verso quelle che appaiono disinvolte gestioni di esuberi di personale tra gli informatori scientifici del farmaco e le operazioni fiscali su acquisti/cessioni;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative dirette ad escludere dalla possibilità di contrattare con la pubblica amministrazione imprese comunque condannate per illeciti commessi contro pubbliche amministrazioni, anche al fine di scoraggiare condotte illecite di imprese nel confronti delle amministrazioni dello Stato. (4-09630)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel 2001 la Tamoil notificò al comune di Cremona l'inquinamento delle aree della raffineria e del deposito adiacente, secondo l'allora vigente decreto ministeriale n. 471 del 1999;
negli anni successivi furono condotte una serie di indagini ambientali a cura della Tamoil e in particolare, dal 2005 al 2007, una campagna di analisi ambientale che portò la società petrolifera libica, il 17 ottobre 2006, a presentare uno studio di fattibilità per la realizzazione di un contenimento idraulico della falda superficiale della raffineria (barriera idraulica);
il 2 luglio 2007, nel corso della conferenza di servizi per l'esame e l'approvazione dello studio redatto da Tamoil, l'ARPA presenta alcuni dati relativi alle analisi delle acque sotterranee prelevate nelle aree esterne alla raffineria (Società canottieri di Cremona) che dimostrano il superamento dei valori consentiti dalla legge per gli idrocarburi (MTBE - benzene). Pertanto viene approvato in via definitiva il progetto di barriera idraulica come operazione di messa in sicurezza operativa;
l'8 luglio 2007 il pubblico ministero apre un fascicolo di inchiesta sull'inquinamento causato dalla raffineria e subito dopo, il 27 luglio, la Tamoil, quale responsabile dell'inquinamento, riceve ufficiale diffida da parte della provincia di Cremona, ai sensi dell'articolo 244, comma 2, del decreto legislativo n. 156 del 2006, ad attuare immediate misure di prevenzione e messa in sicurezza d'emergenza dell'area;
il 6 agosto 2007 Tamoil risponde alle autorità indicando l'inizio dell'istallazione di 15 pozzi per l'emungimento delle acque di falda, come misura di messa in sicurezza, da completarsi entro il mese di dicembre 2007;
a fine agosto viene avviato il primo step e la messa in opera della barriera idraulica con l'attivazione dei primi 5 pozzi, WPl-WP5, proseguita con un secondo step, il 29 settembre 2007, con l'attivazione di altri 5 pozzi, WP6-WP10;
il 23 novembre 2007, Tamoil conferma l'intenzione di concludere la posa in opera del Pump & Treat presso la Società Canottieri entro la fine del mese, rendendosi disponibile a sostenere ulteriori oneri connessi all'attivazione dell'impianto;
il 18 gennaio 2008, a seguito di sopralluogo da parte dei tecnici provinciali, la provincia di Cremona sollecita Tamoil a completare la messa in funzione della barriera idraulica che sarà completata nel mese di marzo 2008 con l'attivazione degli ultimi 5 pozzi mancanti WP11-WP15;
il 13 marzo 2008 la provincia di Cremona emette decreto di integrazione all'autorizzazione allo scarico della raffineria, comprendendo anche lo scarico di acque emunte dalla barriera idraulica e sottoposte a trattamento, contestualmente

alla trasmissione da parte dell'ARPA del cronoprogramma di monitoraggio per le aree esterne;

il 16 luglio 2008, la conferenza dei servizi approva il piano di caratterizzazione delle aree interne e esterne alla raffineria e le cui attività si svolgono dal novembre 2008 al luglio 2009;
il 10 settembre 2009, a seguito di uno sversamento di idrocarburi nel Po dell'8 settembre, la provincia invita Tamoil al rapido adempimento delle prescrizioni all'autorizzazione di scarico;
il 23 settembre 2009, a seguito di un nuovo incidente, Tamoil riceve diffida da parte della provincia di Cremona affinché apporti i dovuti miglioramenti al sistema di scarico, autorizzato nel 2008 con integrazione all'autorizzazione del 2005, dei percolatori a servizio nella barriera idraulica, onde evitare ulteriori incidenti o malfunzionamenti nel sistema e relativo mancato rispetto dei valori limite previsti nel provvedimento;
il 7 ottobre 2009, nella conferenza dei servizi, a cui partecipano per la prima volta Prefetto e comando provinciale dei vigili del fuoco, si discutono gli interventi da effettuare in merito ai recenti incidenti e il proseguimento dell'iter amministrativo relativo alla bonifica;
il 2 febbraio 2010 si tiene la conferenza dei servizi relativa all'esame dell'analisi del rischio, presentata da Tamoil il 4 dicembre 2009. La conferenza chiede una serie di modifiche e una revisione del documento ai sensi della legge n. 241 del 1990, mentre per le aree interne la conferenza non approva il documento dando alla società 6 mesi di tempo per la rielaborazione dello stesso. La conferenza rimane aperta e stabilisce una serie di incontri tecnici per esaminare, commentare e condividere le osservazioni del Politecnico di Milano e la rielaborazione del documento offerto da Tamoil;
il 12 febbraio 2010 si tiene il tavolo tecnico per l'esame puntuale delle osservazioni formulate dal Politecnico di Milano in merito all'analisi del rischio relativa alle aree interne;
l'11 marzo 2010 Tamoil trasmette il ricorso presentato al Tribunale amministrativo regionale per l'annullamento del provvedimento dirigenziale del comune di Cremona che recepisce i contenuti del verbale della conferenza dei servizi per le aree esterne del 2 febbraio 2010;
nonostante il ricorso, la società libica si presenta, il 12 marzo 2010 all'incontro tecnico per l'esame delle osservazioni del Politecnico in merito all'analisi di rischio per le aree esterne;
il 15 marzo 2010 si riunì il CTR-RIR, cui partecipa la protezione civile, per la redazione del parere istruttorio ex decreto legislativo n. 334 del 1999; qualche giorno dopo, il 19 marzo 2010 Tamoil comunica il fermo temporaneo degli impianti causa esubero scorte prodotti;
da giorni la stampa locale ha diffuso la notizia della decisione di Tamoil Raffinazione SPA di 7 trasformare la raffineria in deposito entro il 2011 con un drastico ridimensionamento dei posti di lavoro da 300 a 30 unità;
secondo i sindacati, «l'irreversibile» decisione di Tamoil metterà in discussione l'organico dell'intero gruppo, della sede milanese e delle aziende dell'indotto che gravitano intorno all'impianto industriale di Cremona, per una stima di oltre mille posti di lavoro a rischio;
la decisione del gruppo petrolifero controllato dal fondo libico Lia, finito agli onori delle cronache finanziarie la scorsa estate per lo sbarco in forze nel capitale di Unicredit e che in Italia, oltre a gestire la raffineria di Cremona, ha una rete di circa 2.000 stazioni di servizio, di cui 75 autostradali con una quota di mercato del 7,6

per cento e un fatturato consolidato, nel 2009, di 4,5 miliardi di euro, apre un nuovo fronte nella crisi occupazionale nel nostro Paese;
secondo quanto riportato da Il Piccolo Giornale di Cremona, sono diversi i fattori che pesano sul futuro della raffineria come, l'analisi di rischio presentata dall'azienda nel corso dell'ultima conferenza di servizi, che era stata bocciata, e il responso rispetto all'autorizzazione integrata ambientale, attesa per fine mese, che dovrebbe porre delle prescrizioni ben precise, che pendono come una spada di Damocle sul futuro della raffineria, affinché la produzione possa continuare. Dalla stampa si apprende testualmente: «sono in molti, infatti, ad essere convinti che se le richieste si rivelassero troppo esigenti, la Tamoil potrebbe decidere davvero di chiudere i battenti»;
altro fattore rilevante è l'inchiesta giudiziaria in corso contro i vertici Tamoil e aperta dalla procura per l'ipotesi di inquinamento ambientale. Inchiesta che la procura di Cremona ancora non ha chiuso, e che, stando alle notizie diffuse dalla stampa locale, «si arricchisce continuamente di nuovi particolari»;
il progetto «Tamoil-Golena Aperta» presentato a suo tempo al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sollecitare l'autorizzazione integrata ambientale, dal precedente presidente della giunta provinciale congiuntamente con il sindaco di Cremona, prevedeva oltre al progetto presentato dall'azienda, anche una serie di opere come una nuova centrale da 49 megawatt(investimento da 40 milioni di euro), il teleriscaldamento per l'area Nord Ovest della città (per 1,750 milioni), la bonifica dell'area B5 International - Ecosteel, il recupero di una discarica di rifiuti speciali sul lato sud del porto di Cremona;
il succitato progetto, prioritario nel patto dello sviluppo e nell'accordo quadro di sviluppo territoriale e approvato dalla giunta regionale, prevedeva inoltre il terminal ferroviario, l'implementazione delle reti secondarie per il trasporto merci delle industrie dell'area per un investimento complessivo di 27 milioni di euro;
«per il recupero economico e produttivo dei siti inquinati» (PSS), indicato come prioritario anche dal documento ufficiale di tutte le province lombarde, chiedeva la destinazione su Cremona dei fondi FAS 2007/2013;
l'investimento da 900 milioni di euro, approvato dal Ministero negli scorsi mesi, e nel quale, su prescrizione degli enti locali, sarebbe compresa - oltre alla riconversione degli impianti - anche la bonifica delle aree inquinate, è rimasto per ora sulla carta, anzi, secondo indiscrezioni, risulterebbe agli interroganti che Oil Invest (la società finanziaria proprietaria del marchio Tamoil) avrebbe ormai perso ogni ambizione di dare il via all'investimento annunciato un paio di anni fa, dopo rincontro tra provincia e dirigenti Tamoil (Fahad Doha e Luca Luterotti) del 15 dicembre 2008 e dopo l'approvazione da parte della giunta provinciale, il 13 gennaio 2009, del progetto CUP (Cremona Upgrading Program) di ammodernamento e avanzamento tecnologico della raffineria -:
cosa intenda fare il Governo per scongiurare la devastante crisi occupazionale che la chiusura della raffineria Tamoil di Cremona provocherebbe sul territorio;
se il Governo non ritenga opportuno mediare con i dirigenti della società anche attivandosi attraverso il Governo libico, stante i ritrovati rapporti di amicizia e di collaborazione economica derivanti dal Trattato Italia-Libia, recentemente rinnovato;
come intenda agire il Governo per garantire che la Tamoil Raffineria spa risponda dei danni fin qui provocati all'ambiente, scongiurando che i posti di lavoro non divengano merce di scambio da porre al centro di trattative occupazionali.
(4-09635)

PALADINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 4, 30, 31 ottobre e 1o novembre 2010, in conseguenza degli eccezionali temporali che hanno colpito la Liguria, è stato dichiarato lo stato di emergenza; gli eventi meteorologici che hanno interessato anche corsi d'acqua e versanti hanno provocato ingenti danni a strutture e infrastrutture di interesse pubblico e privato;
il Governo, pur riconoscendo lo stato di emergenza, ha messo a disposizione per la regione Liguria solo 10 milioni di euro, mentre l'ammontare dei danni dopo opportune stime era quantificato in oltre 200 milioni di euro, di cui 110 milioni di euro per opere di messa in sicurezza e 18 milioni di euro per le somme urgenze per il comparto pubblico;
si è ancora in attesa di ricevere i 24 milioni di euro già stanziati dal Governo per gli eventi alluvionali che avevano colpito il territorio tra il 2009 e il 2010 rispetto ad oltre 270 milioni di danni;
la regione Liguria non può sostenere economicamente questa difficile situazione, considerando anche la mancanza di finanziamenti per gli interventi di messa in sicurezza del territorio, tra l'altro di competenza dello Stato ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998;
la maggior parte delle emergenze è dovuta alla deficiente messa in sicurezza del territorio, mentre la scarsa attenzione da parte dello Stato su aspetti ambientali tanto importanti non può che avere gravi conseguenze -:
quali siano gli orientamenti del Governo e se non si ritenga urgente promuovere iniziative eque per individuare i necessari finanziamenti per la messa in sicurezza del territorio e, in generale, per attuare azioni di protezione civile, onde prevenire e far fronte ai danni causati dai gravi eventi considerati.
(4-09636)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TEMPESTINI e FRONER. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel 2009 (gennaio-febbraio) è stato comunicato in via informale alle Organizzazioni non governative presenti in Uganda che il Ministero degli affari esteri aveva intenzione di destinare dei fondi per un progetto di emergenza nel nord Uganda nel settore della sicurezza alimentare;
a metà 2009 il progetto, che doveva comprendere tutto il nord Uganda è stato circoscritto alla zona di Acholi e della Karamoja. Nel successivo workshop con le Organizzazioni non governative italiane in Uganda per delineare insieme gli obiettivi e le attività, era stato confermato l'impegno per il settore della sicurezza alimentare;
nel 2010 è stato comunicato che il progetto ergenza veniva ristretto ulteriormente dal punto di vista geografico e avrebbe coperto solamente la Karamoja;
nel mese di ottobre 2010 il Ministero degli affari esteri italiano ha inviato il dottor Marco Grazia per lo studio di fattibilità del progetto di emergenza e per la sua stesura. Le riunioni riguardanti il progetto, che dovrebbe essere realizzato nel 2011, sono state fatte con le Organizzazioni non governative presenti in quell'area. Nel corso di queste riunioni gli obiettivi originari del progetto e le attività, decise nel workshop 2009, sarebbero state modificate; se inizialmente erano destinati al solo settore della sicurezza alimentare, nella seconda fase sono stati ampliati alla materia sanitaria e al settore idrico, proprio dove hanno competenza alcune Organizzazioni non governative presenti nell'area, non esperte invece nel settore della sicurezza alimentare;

l'allargamento dello spettro di obiettivi ed azioni previste dal progetto di emergenza fa perdere allo stesso il suo significato emergenziale;
i progetti di emergenza, compresi quelli della cooperazione Italiana, dovrebbero essere destinati a far fronte a situazioni di emergenza ed essere approvati quando nel Paese beneficiario vi è una dichiarazione di emergenza proclamata dal Governo nazionale (in Uganda per mezzo della «Disaster Declaration») in seguito ad una situazione di crisi, ma le ultime emergenze dichiarate in Uganda, riferite alle alluvioni e alle frane che hanno interessato la zona del monte Elgon («Landslide and floods, 3 marzo 2010») e la Karamoja («Food security crisis, dell'11 aprile 2008») sono state dichiarate concluse -:
quali siano i criteri che presiedono alla gestione degli aiuti allo sviluppo, affinché essi rispondano ai reali bisogni del Paese beneficiario e non a quelli di alcune Organizzazioni non governative del Paese donatore.
(5-03862)

PEDOTO, TEMPESTINI e MARAN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
al Vertice G8 canadese tenutosi a Muskoka tra il 25 e 26 giugno del 2010, i Paesi partecipanti avevano ribadito - nella sezione della dichiarazione finale relativa alla cooperazione allo sviluppo - alcuni impegni che prevedevano, tra gli altri, un aumento complessivo delle risorse finanziarie destinate alla cooperazione, il pieno sostegno finanziario al fondo globale per la lotta all'AIDS, tubercolosi e altre pandemie nonché la necessità di accelerare i progressi per migliorare la salute materna e riproduttiva;
nello scorso ciclo di rifinanziamento al fondo globale l'Italia aveva scelto di confermare un contributo sul triennio di 130 milioni di euro annui, ma al momento il Governo, a quanto consta agli interroganti, non ha ancora ufficializzato il suo nuovo impegno finanziario e non ha reso noto se intenda aumentare, mantenere o ridurre il contributo annuale;
il 4 e 5 ottobre 2010, infatti, si è tenuta a New York la «conferenza di rifinanziamento» dei Paesi donatori, durante la quale tutti i Paesi donatori hanno confermato e rinnovato il proprio sostegno finanziario, anche con percentuali di incremento comprese tra il 15 e il 20 per cento rispetto agli impegni precedentemente assunti, mentre da parte dell'Italia si è registrato solo quello che appare un imbarazzato silenzio;
l'osservatorio italiano sull'azione globale contro l'AIDS e l'organizzazione non governativa Medici senza frontiere hanno espresso viva preoccupazione e hanno chiesto un rafforzamento degli impegni con un contributo italiano pari a 596 milioni di euro per il triennio 2011-2013, mentre l'Unicef ha segnalato la perdurante insufficienza dei fondi, nonostante l'accesso per la cura e i servizi per HIV-AIDS sia migliorato;
l'Italia, inoltre, si è presentata alla Conferenza dei Paesi donatori, senza aver ancora versato le quote ordinarie e contributi straordinari a favore del fondo globale per gli anni 2009 e 2010, totalizzando un deficit sugli impegni presi di 290 milioni di euro, nonostante in occasione di una delle conferenze stampa al Vertice G8 de L'Aquila, il Presidente del Consiglio avesse promesso non solo di saldare i debiti entro la fine dell'agosto 2009, ma di incrementare le risorse italiane a favore del Fondo di altri 30 milioni di euro;
già nell'ottobre 2009 era stata approvata dalla Camera la mozione 1/00254, con la quale era stato impegnato il Governo a versare i 130 milioni di euro dovuti al fondo globale per la lotta all'AIDS, tubercolosi e malaria entro la fine del 2009, mentre ad un anno esatto dall'approvazione della mozione non è stata versata alcuna rata né per il 2009, né per il 2010;

l'investimento italiano nel fondo globale ha rappresentato in media negli ultimi anni il 50 per cento dell'investimento italiano nel settore salute, con la conseguenza che il mancato versamento delle quote pregresse rischia di mettere in crisi l'intera cooperazione italiana nel settore sanitario -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per porre fine al grave ritardo nell'adempimento delle quote dovute per il 2009 e il 2010 al Fondo globale per la lotta Hiv/AIDS, tubercolosi e malaria, ed entro quali tempi, e quale sia l'impegno finanziario che il Governo italiano prevede di assumere a favore del Fondo globale per il prossimo triennio.
(5-03863)

Interrogazione a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, NARDUCCI e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in attuazione del piano di «razionalizzazione» dei consolati italiani all'estero, una recente delibera del consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri ha fissato al 1o luglio del 2011 la chiusura del consolato di Lille e questo malgrado la III Commissione affari esteri nella seduta del 21 luglio 2009 avesse approvato, e il Governo accolto, la risoluzione «Narducci e altri» nella quale s'invitava il Governo a riconsiderare la manovra di razionalizzazione della rete consolare;
tale misura è oggetto di forti e diffuse proteste da parte delle comunità italiane all'estero
a Lille sono state organizzate pubbliche manifestazioni di dissenso contro la chiusura del locale consolato; tali manifestazioni godono del sostegno del COMITES, del Consiglio generale degli affari esteri, così come di quello di numerose associazioni italiane ed italo-francesi;
oltre centocinquanta autorità francesi, istituzionali e politiche, hanno chiesto espressamente il mantenimento del consolato di Lille; in particolare, sono pervenuti messaggi da parte di autorevoli interlocutori quali:
Bernard Kouchner (Ministro degli affari esteri francese in carica al momento della delibera di chiusura del consolato);
Pierre Mauroy (senatore del Nord Francia, già Primo Ministro, già sindaco di Lille);
Martine Aubry (sindaco di Lille, Segretario del PSF, già Ministro del lavoro);
Michel Delabarre (deputato, sindaco di Dunkerque, presidente della commissione «Coesione territoriale»)
Claude Gewerc (presidente della regione Picardie);
Jacques Legendre (senatore);
Daniel Percheron (Presidente della Regione Nord-Pas de Calais, senatore);
tenuto conto delle spese per il trasferimento del personale, i risparmi derivanti dalla chiusura del consolato di Lille rischiano di generare costi più elevati di quelli attuali;
in più occasioni il COMITES locale ha sottoposto al Ministero degli affari esteri delle concrete proposte per garantire una considerevole riduzione dei costi del consolato;
la chiusura del consolato di Lille comporterebbe il passaggio di competenze per i suoi circa 35.000 utenti al consolato di Parigi che dovrebbe quindi arrivare a servire circa 110.000 utenti;
il consolato di Lille copre una circoscrizione territoriale molto estesa ed il suo accorpamento al consolato di Parigi porrebbe seri problemi d'accessibilità ai servizi; i residenti nelle aree extraurbane e rurali per fruire dei servizi consolari dovrebbero

trascorrere fino a sei ore sui mezzi di trasporto, dovendo farsi carico di ingenti costi di viaggio;
Lille rappresenta il quarto polo economico, il terzo polo culturale della Francia e, essendo localizzata nell'Euroregione, costituisce una delle basi del «gruppo europeo d'interesse economico»;
a Lille operano imprese, come Auchan e Bonduelle, che effettuano consistenti investimenti economici in Italia; un importante ventaglio d'imprese italiane intrattengono rapporti commerciali con la regione, approfittando e beneficiando proprio della importante presenza di italiani in loco; la chiusura del consolato di Lille determinerebbe un danno all'economia e all'immagine del nostro Paese;
gli ottimi rapporti culturali e sociali tra il nord della Francia e l'Italia hanno già subito un grave colpo a seguito della chiusura dell'Istituto italiano di cultura di Lille, con grave danno all'immagine dell'Italia -:
se non intenda favorire una riconsiderazione della decisione sulla chiusura del consolato di Lille.
(4-09627)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ultima crisi delle materie prime ha dei protagonisti nuovi. Per capire quel che sta accadendo, non è necessario analizzare l'andamento del petrolio, ma è più interessante osservare quello relativo all'argento; da un anno all'altro la performance dell'argento sui mercati mondiali ha surclassato perfino quella dell'oro, per due motivi principali: da una parte i due metalli sono dei surrogati reciproci nel portafoglio dei grandi speculatori finanziari, inoltre dietro il boom dell'argento c'è una domanda reale, che viene proprio dalle tecnologie avanzate: i comandi dei televisori a cristalli liquidi, le membrane usate nelle tastiere dei computer, il rivestimento di Cd e Dvd. Anche l'energia solare impiega l'argento nelle sue tecnologie: le celle fotovoltaiche usate nel 70 per cento dei pannelli contengono argento. Tutta «la rivoluzione verde» di Barack Obama si scopre improvvisamente vulnerabile al ciclo economico delle materie prime. Proprio mentre il presidente americano si appresta a celebrare l'entrata in produzione della Volt, la prima auto tutta elettrica della General Motors, la scarsità di minerali colpisce già le sue concorrenti giapponesi come la Nissan Leaf e la più «matura» Toyota Prius;
le auto della nuova generazione, che dovrebbero abbattere drasticamente le emissioni di CO2 nell'atmosfera, usano fino a 15 chili di lantanio in ciascuna delle loro batterie. Il lantanio è una di quelle «terre rare» come neodimio, erbio, europeio, terbio e disprosio, di cui sono voraci le turbine eoliche e gli iPhone, le fibre ottiche dei collegamenti Internet e i laser. Cerio e palladio sono usati nelle marmitte catalitiche. Nel caso delle «terre rare», insieme all'iperinflazione è scattato il razionamento. Chi possiede questi minerali preziosi ha capito che non conviene monetizzare subito. Il Congo ha bloccato le sue esportazioni di tantalite, usata nell'industria aerospaziale, dopo un rialzo del 140 per cento nel prezzo. Tra le conseguenze geostrategiche dell'impennata delle materie prime c'è la possibilità di un riscatto dell'Africa, nuovo polo d'attrazione degli investimenti mondiali. L'embargo più preoccupante è, però, quello lanciato dalla Cina che dal sottosuolo controlla il 97 per cento dell'estrazione mondiale di terre rare. Ora si tenta di correre ai ripari cercando di sfruttare giacimenti in altre parti del mondo: dalla California all'Australia, dall'India al Vietnam. Fare a meno delle terre rare è impossibile. Le loro proprietà magnetiche

e fosforescenti le rendono indispensabili per l'industria informatica, l'ottica di precisione, e tutti i gadget digitali della nostra vita quotidiana. Ma l'estrazione è costosa, inquinante, e difficilmente sarà adeguata ad una domanda destinata a crescere del 66 per cento nel prossimo quinquennio;
non c'è solo la green economy e la tecnologia digitale dietro l'assoluta importanza delle materie prime. Una parte del rialzo investe risorse più tradizionali. Le derrate agricole di base, per esempio. Il mais è rincarato del 37 per cento dall'inizio dell'anno, la soia del 16 per cento. In questo caso la spiegazione va cercata fra i «soliti noti». «È la crescita dei paesi emergenti» si legge nel rapporto di Apg Assett management, terzo maggior fondo pensione del mondo, che investe una parte dei suoi capitali nelle materie prime. In testa ci sono ancora i due colossi asiatici Cina e India, dove il benessere sospinge l'aumento nei consumi alimentari. Lo stesso vale per i prezzi dei metalli di base usati nell'industria pesante: il rame è risalito molto vicino ai massimi storici che toccò nel primo semestre del 2008. Rame, acciaio, alluminio, sono usati da Cina e Brasile, India e Sudafrica, per costruire nuove città, aeroporti, stazioni e linee ferroviarie. Secondo la Deutsche Bank «il fabbisogno di rame da parte della Cina può raddoppiare in un solo decennio». È un mondo che non basta più definire a due velocità, in realtà due mondi contrapposti procedono in direzioni contrarie. L'occidente è sottoposto a spinte divaricanti. Negli ultimi giorni alcuni buoni del Tesoro americani indicizzati all'inflazione hanno dato un rendimento negativo, sotto lo zero: è un segnale che oggi siamo in una situazione simile alla deflazione, ma al tempo stesso esposti a fiammate di ritorno dell'inflazione in futuro. Tutto il resto del pianeta, esclusi Occidente e Giappone, soffre di surriscaldamento della crescita. In Cina il Pil aumenta del 9,6 per cento annuo. Il Fondo monetario ha rivisto al rialzo le stime della crescita mondiale, dal 4,2 per cento al 4,5 per cento solo per effetto dell'accelerazione dei Paesi emergenti;
alla febbre delle materie prime contribuisce, in modo involontario, la terapia di emergenza che la Federal Reserve sta cercando di somministrare all'economia americana. Il banchiere centrale Ben Bemanke ha annunciato che riprenderà a stampare moneta per rianimare la crescita. Di conseguenza il dollaro sarà svalutato e la speculazione internazionale si dirigerà verso «beni solidi», come appunto i metalli, i minerali rari, le derrate agricole. Anche questa può trasformarsi in una bolla speculativa. «Io prevedo - dice David Lehamn, managing director della Chicago Board of Trade, la borsa che decide gran parte dei prezzi agricoli del mondo - che fino al prossimo agosto i prezzi di soia, grano e mais aumenteranno. Questo perché nei prossimi mesi dovremo intaccare le scorte, e solo con l'aumento dei prezzi potremo razionare queste merci e riuscire così a soddisfare la domanda». Sono tornati in alto anche i prezzi della borsa di Chicago. «Le cause sono diverse. C'è stato innanzitutto lo choc dell'offerta, ovvero il crollo della produzione soprattutto in Russia. Nell'annata 2009/2010 questo Paese ha esportato 18 milioni di tonnellate di grano e nell'annata 2010/2011 ne esporterà solo 3 milioni. Il secondo choc è arrivato nelle scorse settimane, quando il Ministero dell'agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato la previsione per la prossima produzione di mais: si passa infatti da 162 a 155 bushel per acro. La produzione diminuisce, la domanda cresce e l'aumento dei prezzi è inevitabile. In Cina, ad esempio, è in forte aumento la richiesta di soia. Quest'anno ne importerà 50 milioni di tonnellate, contro i 10 di dieci anni fa. Avrà quindi bisogno di oltre la metà della soia Usa e navi arriveranno anche da Brasile e Argentina. Pesano sul mercato mondiale anche alcune scelte monetarie. Un dollaro debole provoca pressione sui prezzi, e la Federal Reserve ha deciso di iniettare liquidità per evitare la recessione e questa scelta indebolirà ancora più il dollaro»;
secondo il dirigente della Chicago Boaed of Trade la Borsa di Chicago non è la Wall Street delle granaglie, perché «noi

compriamo e vendiamo contratti futures e option e gestiamo il rischio soggiacente ad alcune commodities. A Wall Street le persone comprano invece le azioni, che sono pezzi di società. È per questa nostra diversità che, nel nostro mercato, non vedo pericoli di «bolla» o di «crolli». Diverso invece il parere della Coldiretti, che ha ospitato David Lehman all'annuale forum dell'agricoltura e dell'alimentazione. «In realtà - dice il presidente Sergio Marini - l'andamento delle quotazioni dei prodotti agricoli è sempre più condizionato dai movimenti di capitale che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l'oro, fino alle materie prime come grano, mais e soia. Sono manovre finanziarie sul cibo che stanno "giocando" senza regole e provocano una grande volatilità, impedendo la programmazione e mettendo a rischio le coltivazioni e l'allevamento in molti Paesi». In Italia si cerca di organizzare una difesa. «Abbiamo costituito la "Filiera agricola italiana", la più grande in Europa nel trading di cereali. Con 18 consorzi agrari, 4 cooperative, 2 organizzazioni di produttori, una società di servizi di Legacoop, siamo in grado di gestire oltre venti milioni di grano duro e tenero, esclusivamente di origine italiana e garantiti no Ogm» -:
quali misure i Ministri intendano adottare al fine di evitare che la crisi delle materie prime, che si sta verificando in grandi aree di importanza vitale per l'economia globale, quali Stati Uniti e Cina, si ripercuota anche sull'economia italiana.
(4-09618)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la grave ed annosa questione del problema rifiuti può essere risolta in diversi modi: grazie al cassonetto differenziato, alla raccolta «porta a porta», ai premi a punti per chi aiuta a riciclare. Da Nord a Sud esistono città che hanno affrontato il problema dei rifiuti con successo, come ad esempio Novara, Lucca e Salerno. Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, è titolare di un record, che in Campania ha il sapore della straordinarietà: in un anno e mezzo la raccolta differenziata è passata dal 7 per cento al 75 per cento degli ultimi mesi, facendo salire il comune in testa ai capoluoghi più virtuosi. In più ha quasi terminato un impianto di compostaggio e sarebbe pronto a partire con un termovalorizzatore che risolverebbe molti problemi a Napoli. Convinto che il caos rifiuti abbia «responsabilità gravi. Tutte amministrative»;
punto di forza della strategia vincente è la raccolta a domicilio. Una rivoluzione copernicana: non è più la spazzatura che va al cassonetto, ma lo spazzino che la ritira, a giorni alterni, sotto casa. Divisa per macrocategorie. Tre, quattro volte a settimana l'umido, una o due carta e cartone, vetro, alluminio, plastica e varie non riciclabili. Un meccanismo un po' complesso all'inizio: in assenza di auspicate linee guida ministeriali, ogni comune decide in proprio come aggregare i rifiuti e persino quali colori assegnare alle campane di raccolta. Cosa che impedisce campagne informative nazionali. A Salerno una squadra di 60 ragazze e ragazzi ha spiegato, casa per casa, come e dove buttare. A Lucca ogni cittadino è stato dotato di una tessera magnetica. Se getta direttamente la spazzatura riciclabile al centro raccolta, guadagna punti. Buttando un frigo ha il bonus più alto. Più punti raccoglie e meno pagherà la tassa rifiuti. Lo sconto arriva al 35 per cento della tassa. «Cosi il vantaggio è per tutti» spiega il vicesindaco Giovanni Pierami, citando anche la distribuzione gratuita di tritatutto da lavello che invia i rifiuti organici nei depuratori. I rifiuti filtrati, vengono utilizzati per la produzione a gas di energia elettrica. Chi non si adegua, incapperà in sanzioni amministrative. A Salerno le sanzioni possono arrivare a 500 euro. I ritiri sono stati fissati anche per il venerdì e la domenica, inoltre sono stati messi punti di raccolta giornalieri per pannolini e pannoloni;

l'Unione europea ha fissato l'obiettivo da raggiungere: il 50 per cento di raccolta differenziata entro il 2015, senza alcuna eccezione. Tuttavia, una delle argomentazioni più frequenti dei comuni che si oppongono ancora alla differenziata sono i costi. Il sindaco di Novara, Silvana Moscatelli, spiega come il suo comune è riuscito ad ammortizzare l'investimento iniziale e a tornare in pareggio. «Noi abbiamo iniziato a pensare alla raccolta differenziata nel 2000 quanto nessuno ne parlava. Nel 2003-2004 abbiamo fatto un investimento di due milioni di euro soprattutto per acquistare i nuovi mezzi tecnologici e i materiali da distribuire ai cittadini. Ora siamo al 72 per cento della differenziata. La raccolta della spazzatura per il 100 per cento dei nostri 104 mila abitanti avviene "porta a porta". È vero che all'inizio l'impegno è oneroso. Anche per il personale impiegato. Ma, durante il corso degli anni il costo viene ammortizzato con l'abbassarsi dei costi di smaltimento dei rifiuti in discarica. Noi siamo passati da 37 mila tonnellate in discarica alle attuali 13 mila tonnellate. Questo ha comportato una forte riduzione dei costi. Quest'anno i conti sono in pareggio». A Salerno la differenziata avviata nel 2008 sta costando 13 milioni di euro l'anno. Secondo De Luca la chiave di volta è il ciclo integrato dei rifiuti. Spiega il sindaco di Salerno: «Noi siamo autonomi. Abbiamo la differenziata. Abbiamo il sito di "trasferenza" dove portare i rifiuti se è chiusa la discarica. E, dopo 16 anni di gestione commissariale, abbiamo realizzato l'impianto di compostaggio. Sarà terminato entro l'anno e ci farà risparmiare sui viaggi dei rifiuti in Sicilia o a Padova. È la soluzione finale». Mentre a Terzigno infuria la guerra della discarica. De Luca sottolinea: «Ci eravamo candidati anche per il termovalorizzatore che a noi non serve. Abbiamo fatto la gara per le infrastrutture, lo scavo archeologico, predisposto il bando. E siamo pronti da un anno e mezzo a realizzare un impianto da 300 milioni di euro non pubblici. Ma aspettiamo il via libera» -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere, anche sul piano normativo, per promuovere e definire il ciclo integrato dei rifiuti, avvicinandosi sempre di più agli standard europei.
(4-09639)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nelle relazioni internazionali e strategiche, la cifra di questo inizio di XXI secolo è l'interdipendenza. La tutela collettiva della sicurezza ha come primo obiettivo la galassia delle minacce non-statuali, o asimmetriche, la cui pericolosità cresce proporzionalmente alla moltiplicazione dei possibili strumenti di offesa. È il caso del terrorismo di matrice integralista, il cui messaggio è veicolato anche grazie alla diffusione di internet e degli strumenti di comunicazione virtuale, o della minaccia posta dalla proliferazione di armi di distruzione di massa, stimolata dalla capacità di sofisticazione delle reti criminali transnazionali o del terrorismo nel garantirsi l'accesso a tecnologie sensibili e segreti industriali;
se nella lunga parentesi della Guerra fredda la tecnologia è stata un fattore di superiorità strategica nella competizione tra le due superpotenze, impegnate anche a militarizzare lo spazio e a sviluppare reti informatiche che potessero servire le rispettive strategie militari, oggi sempre più l'accento si sposta sulla virtualizzazione delle relazioni internazionali e quindi, potenzialmente, dei conflitti. Lo spazio cibernetico è un nuovo fondamentale campo di battaglia e di competizione geopolitica nel XXI secolo. Lo Stato nazionale può proiettare i propri interessi e dispiegare le proprie strategie difensive sulla grande «autostrada virtuale» costituita dal web, dalle reti di comunicazione, dai circuiti

telematici, dai sistemi e dalle reti computerizzate. Non sono poche le analisi strategiche che evidenziano come le prossime guerre tra Stati non verranno più iniziate dalle Forze armate, ma saranno concentrate su un massiccio utilizzo di attacchi informatici per sabotare preventivamente la capacità di risposta o di offesa degli avversari e per arrecare pesanti danni, non virtuali, ma materiali. Al tempo stesso, nello spazio cibernetico si concentrano attori asimmetrici che, da soli, costituiscono una seria minaccia alla sicurezza delle Nazioni. Il grande spazio telematico globale, di dimensioni virtualmente infinite, è solcato anche da reti criminali organizzate, il cui obiettivo è di sottrarre denaro, truffare o raggirare a scopo di lucro cittadini ed organizzazioni; da movimenti del terrorismo fondamentalista, impegnati a cementare consenso, attrarre nuovi adepti o diffondere messaggi attraverso la rete; agenzie di spionaggio non governative, in grado di sottrarre informazioni rilevanti alla business community, falsando in questo modo la leale concorrenza;
la comunità internazionale oggi accetta il fatto che la protezione dell'atmosfera, dell'idrosfera, della litosfera e della biosfera, considerati «beni universali», sia responsabilità di tutti i Paesi. La stessa considerazione deve applicarsi alla «cyber-sfera», che è fondamentale per la nostra vita quotidiana, il nostro benessere materiale e la nostra sicurezza. In un'era in cui gli attacchi informatici stanno crescendo in tutto il mondo, il segretario di Stato Hillary Clinton ha avuto ragione nell'affermare che un attacco ad una rete di computer di una nazione «può essere un attacco a tutte quante». Queste aggressioni non fanno che ricordarci che il cyber-spazio, nuovo elemento costitutivo dei beni comuni è già minacciato. Esso deve essere considerato come proprietà comune per il bene di tutti, proprio come lo spazio esterno, le acque internazionali e gli spazi aerei internazionali. E come succede per la pirateria oceanica e il dirottamento di aerei, il crimine informativo non dovrebbe restare impunito se vogliamo salvaguardare i nostri interessi condivisi e collettivi;
la molteplicità dei possibili autori di un attacco informatico e dei loro fini fa sfumare il valore dei parametri necessari per tarare e impostare una strategia difensiva. L'assenza di barriere all'ingresso, l'anonimato, l'asimmetria nella vulnerabilità dei bersagli implica una capacità diffusa di esercitare il potere e determina il superamento del tradizionale confronto tra Stati-Nazione come attori centrali delle relazioni internazionali. La vera novità di questo XXI secolo è la frammentazione del potere. La tecnologia, prevalentemente a causa dei suoi bassi costi, sembra favorire il decentramento politico attraverso l'universalizzazione virtuale dell'uso del potere. Secondo uno studio dell'Institute for security technology studies del 2008, la Cina è la sola potenza emergente che abbia già sviluppato capacità operative nei cinque domini relativi alla superiorità cibernetica: elaborazione di una dottrina operativa, capacità addestrative, capacità di simulazione, creazione di unità addestrate alla guerra cibernetica, sperimentazione di attacchi hacker su larga scala. Rispetto a quest'ultimo punto, significativa è stata la campagna conosciuta con il nome in codice «Titan Rain», nella quale tra il 2003 ed il 2005 centinaia di computer di uffici dell'Amministrazione americana e di Governi dell'Europa occidentale furono sistematicamente attaccati da hacker i cui server di accesso alla rete, venne poi verificato, si trovavano nella provincia cinese del Guadong;
di fronte a questi rapidi sviluppi, i principali attori della scena mondiale sono impegnati ad assumere iniziative di difesa il più possibile efficaci. Con un provvedimento senza precedenti, il Senato americano ha approvato una legge che autorizza la Casa Bianca ad assumere pieni poteri di emergenza in caso di cyber-attacco alle infrastrutture strategiche del Paese. Il Parlamento ha redatto, con il supporto degli uffici governativi, una lista di provider internet, siti, autostrade telematiche e telefoniche considerate strategiche per la

sicurezza nazionale. A tali operatori privati, il Presidente degli Stati Uniti potrà imporre la chiusura in caso di minaccia impellente alla sicurezza nazionale o di possibile perdita di vite umane. Tale provvedimento fa seguito alla revisione della strategia nazionale di protezione dello spazio cibernetico richiesta dal Presidente americano, che ha evidenziato le principali vulnerabilità del sistema nazionale, suggerendo possibili rimedi. Gli attori che possono avvalersi dello strumento informatico per azioni ostili vanno dall'hacker individuale che agisce a scopo di lucro, fino all'apparato governativo che persegue obiettivi geo-politici o propagandistici, come nel caso degli attacchi informatici verso l'Estonia nel 2007, passando per la criminalità organizzata e i gruppi terroristici -:
quali interventi il Ministro intenda adottare per contrastare le possibili minacce di hacker all'interno del cyber-spazio delle forze armate e della pubblica amministrazione italiane.
(4-09616)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

FRONER, LULLI, VICO e NANNICINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 148, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, stabilisce che le risorse derivanti dalle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato affluiscano al Ministero dell'economia e delle finanze che, con proprio decreto, le riassegna al «Fondo derivante dalle sanzioni amministrative da destinare ad iniziative a vantaggio dei consumatori» iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico;
con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, trasmesso al Parlamento il 28 aprile 2010, è stata effettuata la ripartizione per l'anno 2010 delle risorse del fondo per una cifra complessiva di 38.830.483,74 euro;
l'articolo 9, comma 2, del decreto di ripartizione stabilisce che «si provvede ad attivare gli interventi a favore dei consumatori previsti dal medesimo decreto secondo l'ordine di priorità desumibile dalla numerazione degli articoli e compatibilmente con l'effettiva disponibilità di risorse»;
all'articolo 7, è stanziata la somma di 7,6 milioni di euro per favorire la restituzione delle somme versate in relazione alla retroattività delle disposizioni in materia di cosiddette polizze dormienti di cui ai commi 345-quater e 345-octies dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dall'articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008 n. 166;
la restituzione delle somme versate in relazione alla retroattività delle disposizioni in materia di cosiddette polizze dormienti costituisce, pertanto, sola la penultima priorità del decreto;
in sede di conversione del decreto n. 40 del 2010, convertito dalla legge n. 73 del 2010, che ha eliminato la retroattività delle norme, il Governo si era impegnato a risolvere il problema delle migliaia di persone che aspettano di riscuotere i risparmi maturati con le polizze vita non riscosse entro due anni dalla scadenza e che sono state oggetto di un vero esproprio del risparmio privato;
per questo motivo, nel parere espresso il 19 maggio 2010 dalla Commissione attività produttive della Camera, il

Governo era stato invitato a valutare la possibilità di incrementare lo stanziamento previsto;
in data 23 giugno 2010, in risposta all'interrogazione parlamentare presentata sull'argomento dalla prima firmataria del presente atto, il Governo riferisce che rispetto al totale delle risorse da destinare al Fondo erano stati riassegnati al Ministero dello sviluppo economico solo 14.591.404 euro, che consentivano di finanziare integralmente solo gli articoli 2 e 3, ossia le iniziative promosse dalle associazioni dei consumatori e le iniziative istituzionali e, in modo parziale, le iniziate promosse dalle regioni previste dall'articolo 4;
per quanto riguarda la congruità dell'importo destinato alle polizze dormienti, il Governo ha comunicato, pur precisando la provvisorietà della stima, di aver quantificato in 12,9 milioni di euro gli importi che sarebbero già stati segnalati dagli intermediari e quindi trasferiti o da trasferire al Fondo -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze abbia provveduto a riassegnare al Fondo l'ammontare complessivo delle risorse previste dal decreto di ripartizione e, in caso contrario, quale sia la ragione di questo inspiegabile ritardo rispetto ad una somma già stanziata;
se si sia provveduto a stipulare con la CONSAP una convenzione con cui regolare le procedure di restituzione parziale o totale delle somme versate e, in caso contrario, quali siano le ragioni di quella che agli interroganti appare una inadempienza rispetto ad un impegno preso dallo stesso Governo;
se il Governo sia in grado di fornire il dato complessivo degli aventi diritto al rimborso e la relativa quantificatone degli oneri;
se non si ritenga indispensabile aumentare le risorse, in coerenza con il parere espresso dalla Commissione attività produttive, destinate alla finalità di cui all'articolo 7 citato in premessa, poiché quelle attuali sono di importo inferiore alla stima effettuata dal Governo in relazione ai dati comunicati dagli intermediari;
quali siano i tempi entro i quali il Governo intende effettuare i rimborsi.
(5-03865)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Messina - Lipari - Santa Lucia del Mela sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia di Santa Maria dell'Arco - Messina recupero degli edifici parrocchiali 160.000 5164
Parrocchia S. Maria delle grazie, villaggio Pace - Messina restauro conservato 200.000 77740
Parrocchia San Nicolò di Bari - Zafferia (ME) realizzazione centro oratorio 200.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09603)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Milano sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Santuario della divina maternità e casa di preghiera dei frati caraglitani scalzi - Concesa di Trezzo sull'Adda (MI) Manutenzione straordinario del convento 190.000 5164
Parrocchia «San Vito Martire» in frazione di Bogno Comune di Besozzo (VA) Realizzazione spogliatoi campo sportivo dell'Oratorio 20.000 48528
ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia di S. Maria Assunta - Chiuso di Lecco (LC) Ristrutturazione Casa canonica di Chiuso 150.000 48528
Parrocchia di SS. Faustino e Giovita in Maresso di Missaglia (LC) Rifacimento pavimentazione interna Chiesa parrocchiale 50.000 48528
Parrocchia di S. Giorgio Martire in Comune di Bernate Ticino (MI) Opere di restauro Canonica lateranense - Palazzo Visconti 250.000 48528
Parrocchia S. Lorenzo in Comune di Lazzate (MB) Realizzazione campo gioco polifunzionale 100.000 48528
Comune di Casorate Primo (PV) Ripristino sagrato Chiesa S. Vittore Martire 110.000 48528
Comune di Milano Ristrutt. Centro giovanile Parrocchia San Gottardo 100.000 48528
Comune di Milano Restauro Basilica San Cipriano 140.000 48528
Congregazione Suore di carità - Istituto Maria Immacolata, via Amedeo, 11 - Milano Interventi manutenzione straordinaria 20.000 77740
Opera Don Guanella Milano - Parrocchia San Gaetano (MI) riqualificazione e bonifica area per completamento centro educativo-formativo 50.000 77740
Parrocchia San Giorgio Martire di Cornate d'Adda (MI) restauro torre campanaria 70.000 77740
Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano restauro conservativo 300.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09604)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente,

dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia di San Domenico Giovinazzo (BA) Ristrutturazione 650.000 48528
Parrocchia Immacolata Molfetta (BA) Lavori di ristrutturazione 900.000 48528

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09605)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Napoli sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Chiesa di Sant'Eligio Maggiore (Napoli) Realizzazione e laboratorio educativo per minori a rischio dei quartieri mercato e pendito 75.000 5164
Congrega Dell'Immacolata Concezione S. Antonio Abate (NA) Recupero cripta loculi del XVI secolo 100.000 5164
Comune di Afragola (NA) Intervento di restauro congregazione Ave Grazia Plena 120.000 5164
Comune di Ercolano (NA) Recupero ambientale e strutturale per lo sviluppo dell'attività a favore dell'istituto provincia religiosa SS. Pietro e Paolo don Orione 220.000 5164
Comune di San Giorgio a Cremano (NA) Completamento centro polifunzionale Chiesa parrocchiale Santa Maria del Carmine 420.000 5164
Congregazione Suore gerardine - Sant'Antonio Abate (NA) lavori per il recupero ambientale e messa in sicurezza locali Casa di riposo per anziani ed indigenti 50.000 77740
Opera Don Guanella - Napoli ristrutturazione semiconvitto e annesso campo sportivo 100.000 77740
Parrocchia di San Sebastiano Martire - S. Sebastiano al Vesuvio (NA) recupero edificio parrocchiale 125.000 77740
Parrocchia di Sant'Anna, via Sant'Anna n. 10 - San Giorgio a Cremano (NA) completamento ristrutturazione dell'oratorio 50.000 77740
Parrocchia Santa Maria Apparente - Napoli manutenzione straordinaria 30.000 77740
Parrocchia Santa Maria dell'Aiuto - S. Giorgio a Cremano (NA) ristrutturazione locali attività di formazione economica e sociale 140.000 77740
Santuario S. Giorgio martire - S. Giorgio a Cremano (NA) recupero edificio parrocchiale 120.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09606)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008,

ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Noce Inferiore - Sarno sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Chiesa Santissima Annunziata Angri (SA) Ristrutturazione campanile e navata interna 150.000 48528
Colleggiata San Giovanni Battista Angri (SA) Interventi di manutenzione 350.000 48528
Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue Pagani (SA) Lavori di ristrutturazione 150.000 48528
Comune di Sant'Egidio del Monte Albino (SA) Restauro tetto Parrocchia S. Maria Maddalena in Armillis 180.000 48528

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09607)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio

della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Nola sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Comune di Torre Annunziata (NA) Recupero ambientale locali per la formazione villaggio del fanciullo congregazione missionari della divina redenzione 20.000 5164
Congregazione Missionari della Divina Redenzione - Visicano (NA) Recupero e potenziamento Villaggio del fanciullo di Torre Annunziata (NA) 50.000 77740
Congregazione Missionari della Divina Redenzione - Visciano (NA) Recupero ambientale Complesso S. Maria degli Angeli 70.000 77740
Parrocchia S. Giuseppe - Torre Annunziata (NA) Ampliamento e messa in sicurezza centro per giovani 30.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se le stesse opere siano state già finanziate con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09608)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio

della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Mezara del Vallo sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia San Bartolomeo - Castelvetrano (TP) Manutenzione straordinaria coperture 30.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09609)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di diocesi di Monreale sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Diocesi di Monreale (PA) Valorizzazione Duomo e Chiesa della Colleggiata 70.000 48528

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09610)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Montecassino sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia S. Maria Assunta - Atina (FR) Manutenzione straordinara della Cattedrale 50.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;

se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09611)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13, comma 3-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, ha previsto l'istituzione di un Fondo ai fini della concessione di contributi statali per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio;
con i decreti ministeriali n. 5164 del 25 febbraio 2010, n. 48528 del 9 giugno 2010 e n. 77740 del 28 ottobre 2010, attuativi della predetta disposizione, sono stati individuati gli enti beneficiari dei contributi in questione, gli interventi da realizzare e il relativo finanziamento, in conformità alle risoluzioni adottate, rispettivamente, dalla V Commissione bilancio della Camera dei deputati e dalla V Commissione bilancio e programmazione economica del Senato. Sono stati altresì disciplinati gli adempimenti che gli enti devono porre in essere ai fini dell'erogazione di tali contributi da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, pena la revoca degli stessi;
in base a quanto sopra richiamato nella diocesi di Noto sono stati finanziati i seguenti progetti:

ENTE INTERVENTO EURO D.M.
Parrocchia Santa Margherita - Modica (RG) Completamento del centro polivalente 100.000 77740

in base all'articolo 44 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 la Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all'autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme; in base all'articolo 48, sono utilizzate «dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali»: quest'ultima voce è usata a favore di strutture religiose -:
se la stessa opera non sia stata già finanziata con i fondi previsti dalla legge n. 222 del 20 maggio 1985 dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la diocesi di competenza o direttamente dallo Stato;
se la Conferenza episcopale italiana, nel presentare il «rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme» ricevute in base alla legge n. 222 del 1985, dettagli e documenti tali spese;
se risulti che i progetti non siano stati già finanziati con fondi di altre istituzioni pubbliche;
se detti finanziamenti siano sottoposti al controllo della Corte dei conti e secondo quale procedura.
(4-09612)

PALADINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la centrale Enel di Genova sita vicino alla «Lanterna» è una centrale termoelettrica a carbone risalente agli anni '30 e collocata in pieno centro;
in tale area si effettua il trasporto e il deposito del carbone a cielo aperto che potrebbe causare la dispersione di polveri dannose alla salute e all'ambiente;

a quanto consta all'interrogante, spesso funzionerebbe ad un amperaggio superiore al previsto;
oltre al probabile inquinamento da polveri sottili, essa produce pure inquinamento elettromagnetico;
occorre lavorare in sinergia con le autorità preposte e con l'Enel per concordare i modi e i tempi per una rapida rimozione della centrale, operazione ritenuta prioritaria per il territorio;
tutti gli strumenti urbanistici degli enti pubblici prevedono la dismissione della centrale Enel ed anche gli ultimi in ordine di tempo, cioè il «piano energetico» e quello della «tutela della qualità dell'aria», prevedono la cessazione della sua attività -:
se non si ritenga prioritario per il territorio promuovere azioni sinergiche con le altre autorità preposte e con l'Enel per concordare i modi e i tempi per la cessazione dell'attività della centrale e per una sua rapida dismissione.
(4-09633)

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 46 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010 ha previsto che vengano revocati i mutui accesi entro il 31 dicembre 2006 con oneri a totale carico dello Stato, interamente non erogati e a fronte dei quali alla data del decreto (31 maggio 2010) non siano state presentate le offerte per l'affidamento dei lavori;
il comune di San Giorgio di Nogaro (provincia di Udine) aveva a suo tempo avviato l'iter relativo ad un'opera pubblica da completare come sottodescritto;
la pratica di cui trattasi riguarda un progetto per il completamento di un sottopasso veicolare e pedonale della linea ferrovie dello Stato Venezia-Trieste sito al chilometro 91+100 - via Max di Montegnacco, via Marconi e via Marittima, dell'importo complessivo di 670.000,00 euro;
tale opera è inserita all'interno di un più ampio intervento di opere sostitutive di passaggi a livello, per la realizzazione delle quali era stata sottoscritta apposita convenzione tra l'allora «ferrovie dello Stato» e il comune, con studio di fattibilità risalente al 1999 e progetto preliminare al 2001;
con delibera di giunta comunale n. 60 del 23 marzo 2005 è stato autorizzato il sindaco a inoltrare domanda di contributo alla regione ai sensi della delibera della giunta regionale n. 3947 del 5 dicembre 2003 (Piano nazionale della sicurezza stradale. Programmi di attuazione 2002/2003 - Azioni prioritarie);
con delibera della giunta regionale n. 1928 del 28 luglio 2005 è stata approvata la graduatoria di merito nella quale veniva inserito il comune di San Giorgio di Nogaro quale beneficiario di un contributo massimo del 50 per cento della spesa complessiva (300.000,00, euro);
con nota municipale n. 13004 del 1o settembre 2005 il comune ha richiesto alla cassa depositi e prestiti un finanziamento di 600.000 euro per la realizzazione dell'opera, la quale risulta così finanziata:
a) 300.000,00 euro mutuo della cassa depositi e prestiti posizione 448021400 con oneri a carico dello Stato - concesso in data 14 giugno 2006;
b) 300.000,00 euro mutuo della cassa depositi e prestiti posizione 448021401 con oneri a carico del comune - concesso in data 14 giugno 2006;
c) 70.000,00 euro fondi comunali (avanzo di amministrazione anno 2006);
con deliberazione giuntale n. 81 del 3 maggio 2006 viene approvato il progetto definitivo dell'importo complessivo di 670.000,00 euro;
tale progetto - secondo quanto previsto dalle vigenti normative in materia di opere pubbliche - viene inoltrato alle

ferrovie dello Stato - Ferservizi Spa con nota del 3 agosto 2006 n. 11987 per la richiesta del prescritto parere;
segue una fitta serie di corrispondenza (note del 12 aprile 2007, 2 maggio 2007, 16 settembre 2008, 22 settembre 2008, 19 febbraio 2009, 1o aprile 2009, 20 aprile 2009) cui si aggiungono sopralluoghi tecnici, conferenze e incontri, tra comune e società, finalizzati appunto all'acquisizione del necessario nulla osta;
con deliberazione n. 70 del 16 giugno 2010 viene approvato un aggiornamento del progetto definitivo, in adeguamento alle richieste tecniche formulate da RFI, che viene quindi inoltrato a quest'ultima, con nota 7302 del 18 giugno 2010, al quale segue anche un riavvio delle procedure espropriative per variazione di alcuni dei soggetti da espropriare;
RFI spa, con nota 010/0001164 decreto dirigenziale del 6 settembre 2010, acquisita a protocollo del comune in data 9 settembre 2010 n. 10445, comunica l'approvazione per quanto di sua competenza del progetto definitivo e concede nulla osta per le successive fasi;
le procedure espropriative si definiscono con le ditte interessate, mediante cessione con bonari accordi, firmati in data 4 agosto 2010, 24 agosto 2010 e 2 novembre 2010 e alle medesime è quindi stato liquidato l'80 per cento dell'importo stabilito, come prevede la normativa;
il progetto esecutivo già predisposto è prossimo all'approvazione;
si segnala che nel corso dell'iter si sono verificate oggettive difficoltà e diversi rallentamenti, dovuti sia a problematiche tecniche, sia amministrative, di cui si riportano alcuni significativi esempi e accadimenti che dimostrano, comunque, il costante impegno dell'amministrazione comunale nell'esperire il più possibile celermente le pratiche burocratiche e amministrative:
a) l'interlocutore non risulta essere sempre lo stesso (prima ferrovie dello Stato poi Ferservizi Spa e da ultimo RFI spa con riferimenti territoriali, talvolta a Verona, talvolta a Trieste o Udine);
b) l'interlocutore non rinviene agli atti nei propri archivi la convenzione originaria e gli allegati elementi progettuali, inerenti l'intervento complessivo (progetto preliminare), così che disconoscendone l'esistenza propone di riavviare tutta la procedura per un nuovo accordo;
c) dopo innumerevoli sollecitazioni, la documentazione necessaria a sbloccare la situazione autorizzativa viene rinvenuta presso il compartimento di Verona;
d) la RFI spa non ritiene comunque sufficiente tale documentazione e chiede una serie di integrazioni, in particolare un collaudo statico a suo avviso mancante, ma soprattutto impone un aggiornamento del progetto;
il comune vi provvede con oneri a proprio carico;
nel corso dell'iter dell'opera il comune ha comunque provveduto a impegnare e poi liquidare, all'interno del quadro economico dell'opera, una serie di voci ivi previste (spese per progettazione, per collaudi, per espropri) e lo ha fatto utilizzando prioritariamente i fondi propri di bilancio (70.000 euro), sebbene indifferentemente avrebbe potuto attingere anche ai finanziamenti in conto mutuo, ma ha così agito nell'ottica di considerare l'intervento un tutt'uno tenendo presente l'opera in sé e non le diverse modalità di copertura della complessiva spesa;
appare quindi evidente che se, nel corso di questo prolungamento dell'iter amministrativo - come si è visto dipendente da cause non imputabili al comune - si fossero da subito richieste somministrazioni sul mutuo a carico dello Stato (pos. 448021400), mancherebbe oggi uno dei presupposti indicati dall'articolo 46 del decreto-legge n. 78 del 2010. Se comunque si volesse entrare nella «ratio» della norma, è altrettanto evidente che il Comune non possa ritenersi inadempiente, perché è dimostrato che non vi è stata

inerzia o disinteresse per un'opera che a tutti gli effetti risulta avviata e oggi pronta alla realizzazione;
da ultimo si consideri poi che il comune sostiene comunque, con oneri a proprio carico, ben oltre il 50 per cento della spesa di realizzazione dell'opera e, quindi, non ricorre la condizione di una totale copertura della spesa da parte dello Stato;
si segnala, altresì, che in Italia ci sono circa 500 enti locali che si trovano in una condizione analoga a quella in cui si trova il comune di San Giorgio di Nogaro -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per evitare che il comune di San Giorgio di Nogaro venga penalizzato da un provvedimento di revoca del finanziamento che produrrebbe un danno economico immediato a fronte delle spese già sostenute;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per evitare il rischio di un ampio blocco di opere pubbliche determinato da lungaggini burocratico-amministrative molto spesso non addebitabili agli enti locali stessi.
(4-09634)

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Pietro Pirello è stato condannato dal tribunale di La Spezia a dieci anni per detenzione ai fini di spaccio di una ventina di grammi di hashish del valore complessivo di neppure 150 euro;
i fatti risalgono all'agosto del 2007 quando nel quartiere del Favaro (città La Spezia) una pattuglia di uomini della Guardia di finanza in borghese si appostò nei pressi dell'abitazione del condannato e bloccò un uomo che usciva con dell'hashish. Il fermato indicò il nome dello spacciatore e la finanza fece irruzione perquisendo l'appartamento di Pietro Pirrello trovandoci dentro una ventina di grammi di hashish che adesso sono costati all'uomo una pesante condanna a dieci anni per detenzione a fini di spaccio -:
se, anche alla luce di sentenze quali quella riportata in premessa, il Governo non reputi opportuno intervenire, attraverso apposite iniziative normative, affinché il trattamento sanzionatone previsto per il possesso e la detenzione delle droghe cosiddette leggere (hashish e marijuana), venga sensibilmente ridotto rispetto a quanto attualmente previsto dal Testo unico sulle sostanze stupefacenti.
(4-09622)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Antonio Gaetano, 46 anni, si è impiccato il 19 novembre 2010 alle sbarre della finestra coi lacci delle scarpe. L'uomo si trovava in isolamento nel carcere di Palmi in seguito ad un diverbio con un altro detenuto;
Antonio Gaetano si trovava in stato di detenzione dal maggio 2010 quando gli era stata notificata una ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di associazione mafiosa;
sulla vicenda il vicesegretario regionale del sindacato Osapp, Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, Maurizio Policaro ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Il carcere di Palmi continua ad essere abbandonato a sé stesso. Più volte questa O.S. ha chiesto interventi da parte del Provveditore Regionale che continua ad ignorare quanto denunciatogli; in primis la nota carenza di personale. Più volte è stata richiesta l'attenzione dell'Amministrazione Centrale e Regionale, ma il Dap ha ben pensato che con l'ultima mobilità nazionale, con la

quale verranno effettuati 517 trasferimenti degli appartenenti al ruolo Agenti-Assistenti, nessuna unità di Polizia Penitenziaria debba essere assegnata a quell'Istituto che continua a »soffrire« sacrifici dai propri operatori costretti a svolgere ininterrottamente doppi turni di servizio, continuando ad accantonare ore di straordinario che non vengono retribuite e che vanno ad aggiungersi a quel »dimenticatoio« relativo alle ferie da fruire dall'anno 2006 ad oggi»;
con quest'ultimo caso salgono a 60 i detenuti che si sono tolti la vita dall'inizio dell'anno: 50 si sono impiccati, 6 asfissiati con il gas della bomboletta da camping, 3 avvelenati da mix di farmaci e 1 dissanguato dopo essersi tagliato la gola -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
se con riferimento al suicidio di Antonio Gaetano non intenda adottare le opportune iniziative ispettive ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere le gravi criticità che incombono sul carcere di Palmi, anche alla luce di quanto denunciato dagli esponenti regionali dell'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria.
(4-09623)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, Il Detenuto Ignoto, A Buon diritto, Radiocarcere e Ristretti orizzonti, Raffaele Ferrantino, 41 anni, si è impiccato la notte tra il 18 e il 19 novembre nella sua cella utilizzando un rudimentale cappio fabbricato con i pantaloni che indossava; l'uomo, che manifestava da tempo un serio disagio psichico, già il giorno prima aveva tentato di uccidersi incendiando la cella che lo ospitava. Il pronto intervento della polizia penitenziaria aveva evitato conseguenze più gravi, mettendo il detenuto al riparo e spostandolo in un'altra cella priva di qualunque suppellettile o altro, proprio al fine di evitare che potesse farsi male;
Ferrantino era stato arrestato lunedì scorso dai Carabinieri di Foggia, mentre stava colpendo con calci e pugni la porta d'ingresso dell'abitazione di un parente. I militari avevano ricevuto una chiamata da una persona residente in corso Roma, che lamentava che un uomo stava distruggendo la porta d'ingresso del suo appartamento. Una volta giunta sul posto la pattuglia ha trovato Ferrantino che stava prendendo a calci e pugni la porta. Alla vista degli uomini in divisa l'uomo, in evidente stato di alterazione, si è diretto contro i carabinieri tentando di colpire i militari;
con quest'ultimo caso salgono a 6 i detenuti suicidi nelle carceri pugliesi nel 2010 (2 a Foggia, 2 a Lecce, 1 a Brindisi e 1 ad Altamura), mentre a livello nazionale da inizio anno 59 detenuti si sono tolti la vita: 49 si sono impiccati, 6 asfissiati con il gas della bomboletta da camping, 3 avvelenati da mix di farmaci e 1 dissanguato dopo essersi tagliato la gola -:
se nel carcere di Foggia sia presente e attivo il servizio nuovi giunti e, in particolare, se il signor Ferrantino all'atto del suo ingresso in carcere, abbia avuto un colloquio con lo psicologo;
per quali motivi l'uomo, con evidenti problemi psichici e con un tentato suicidio alle spalle, non fosse controllato a vista dal personale penitenziario;
se non intenda adottare iniziative ispettive con riguardo alla vicenda descritta in premessa, ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;
più in generale, quali urgenti iniziative, anche normative, di competenza il Ministro intenda adottare al fine di assegnare i detenuti affetti da gravi patologie psichiatriche a strutture - diverse da

quelle carcerarie ordinarie - in grado non solo di contenerli ma anche di predisporre nei loro confronti un adeguato trattamento terapeutico, cosi come previsto dalle norme sull'ordinamento penitenziario.
(4-09624)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito internet «Eco di Sicilia», dalla RadioTelevisione «Tele90», dal sito internet Newz.it, dal settimanale indipendente La Gazzetta Jonica, dal quotidiano online Mediterraneoline.it e altri in data 18 novembre 2010, il signor Eliseo Mainardi, 77enne, pensionato, è stato arrestato il 17 novembre 2010 perché accusato dei reati di cui agli articoli 495 (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) e 99 (recidiva) del codice penale;
il signor Mainardi è stato ricoverato nel 2007 per ictus cerebrale e diabete mellito di tipo 2; nel 2008 è stato ricoverato per un altro ictus cerebrale ischemico con una lieve forma di emiparesi e nuovamente per una forma di diabete mellito di tipo 2; a febbraio 2010 è stato nuovamente ricoverato per un nuovo ictus collegato ad un'ulcera duodenale e di nuovo diabete mellito di tipo 2. Il signor Mainardi ha difficoltà nella deambulazione il che, insieme alle malattie legate anche ai suoi 77 anni ed ai frequenti ictus, lo costringe ad assumere farmaci con cadenza giornaliera regolare;
presentandosi presso l'abitazione del signor Mainardi, stando a quanto riportano i quotidiani, i carabinieri della stazione di Taormina lo hanno arrestato in esecuzione di un provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria di Messina, recludendolo nella casa circondariale di Messina Gazzi;
nonostante l'età avanzata ed il precario stato di salute, il signor Mainardi è stato incarcerato con una pena di tre mesi in un carcere che, come già documentato nell'atto di sindacato ispettivo 4-08158 presentato dalla prima firmataria del presente atto e pubblicato lunedì 26 luglio 2010 in occasione della seduta della Camera dei deputati n. 358, soffre di gravi carenze dal punto di vista strutturale, funzionale, igienico e sanitario;
il carcere di Messina Gazzi, stando al suddetto atto di sindacato ispettivo, sconta un sott'organico di ben 149 agenti di polizia penitenziaria; soffre di grave sovraffollamento al punto che i singoli detenuti non godono dei 7 metri quadrati di spazio stabiliti dal Consiglio d'Europa e, in molti casi, nemmeno di 3 metri quadrati; le celle sono sprovviste di doccia (nei 12 metri quadrati in cui sono stanziati anche sei detenuti) ed hanno la porta blindata piena per metà e il retino della finestra particolarmente spesso: la circolazione dell'aria e l'illuminazione sono assai limitate e alcuni detenuti riferiscono di aver avuto un netto abbassamento della vista; l'acqua è fredda anche in inverno; a causa dell'umidità e della muffa i muri sono scrostati e il tetto cade a pezzi; tutto è marcio, un ambiente talmente insalubre è difficilmente immaginabile; impressionano il degrado, la sporcizia e l'assenza delle più elementari norme igieniche; il wc è a vista con evidente lesione della privacy; la permanenza in cella arriva anche a 22 ore al giorno; tutti i detenuti lamentano la carenza di assistenza sanitaria; il medico del S.E.R.T., riferiscono i detenuti, si reca nel reparto solo una volta ogni tre mesi -:
di quali informazioni dispongano in Ministri interrogati in merito alla vicenda descritta in premessa;
se attualmente, nell'ambito della casa circondariale di Messina Gazzi, venga assicurato al detenuto un adeguato supporto medico e farmaceutico;
quali iniziative di rispettiva competenza intendano adottare affinché al signor Mainardi venga garantito il rispetto

dei diritti inviolabili, considerata la gravità delle sue condizioni di salute.
(4-09625)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il segretario generale della UIL Penitenziari Eugenio Sarno, il 15 novembre 2010, ha visitato - assieme ad una delegazione di quadri sindacali provinciali e locali - la casa circondariale di Ancona «Montacuto»;
dalla visita è scaturita una dettagliata relazione sulle condizioni dell'istituto che è stata inviata, fra gli altri, al capo del Dap Franco Ionta;
nella relazione sono descritte le criticità che si riportano di seguito;
l'istituto penitenziario è ubicato in zona periferica, in aperta campagna, della città di Ancona. I dipendenti, i visitatori ed i familiari dei detenuti non possono disporre di idoneo parcheggio. L'area predisposta dall'amministrazione comunale, infatti, non solo è sconnessa quanto insufficiente alla bisogna. Ciò determina il parcheggio delle autovetture a fronte strada, elevando pericolosamente i rischi di incidenti (già molto concreti causa l'assoluta mancanza di persuasori, limitatori, abbattitori di velocità). L'uscita, quindi l'accesso, dall'istituto dà direttamente sulla strada, che è piuttosto frequentata e percorsa a velocità sostenute. Considerati gli ampi spazi interni e perimetrali di cui può disporre l'istituto, si potrebbe consentire il parcheggio, in tali aree, delle autovetture dei dipendenti ovviando al parcheggio a fronte strada;
Il block house è costituito da una struttura in alluminio anodizzato e vetri che non garantiscono protezione antiproiettile. L'unica unità addetta a tale posto di servizio (preposta solo nel turno mattinale di 7.40 - 15.40) deve gestire le entrate e le uscite degli accessi nonché provvedere alla tenuta ed alle annotazioni manuali di circa una decina di registri (ingresso personale, ingresso visitatori, ingresso medici ed infermieri, ingresso automezzi, ingresso ditte, tenuta vaglia, manutenzione depuratore, ingresso familiari colloqui);
negli orari pomeridiani e notturni l'ingresso in istituto avviene attraverso un cancello carraio comandato dalla (unica) unità in servizio alla portineria centrale, che non può nemmeno giovarsi dell'ausilio di tele-sorveglianza in quanto tale accesso è sprovvisto di telecamere. Analogamente non può avvalersi di un video citofono, installato solo al block house;
nelle immediate vicinanze dell'ingresso si staglia la palazzina della direzione, al cui piano terra è collocata una ipertecnologica sala-regia i cui costi di realizzazione, ci è stato riferito, sono stati piuttosto ingenti. Purtroppo, nonostante l'impegno di spesa, tale posto di servizio è pressoché costantemente privo di personale preposto. Anche nella data della visita, infatti, in orario antimeridiano non vi era alcuna unità di servizio. A questo punto è lecito chiedersi se non sia il caso , visto lo scarso impiego, di smantellare la sala regia a Montacuto per destinarla in altro istituto dove, certamente, troverebbe maggior, e più utile, utilizzazione;
le autovetture e gli automezzi del Corpo sono parcheggiati in aree esterne, non essendovi disponibile alcun garage o riparo. Ciò in una zona particolarmente umida e fredda non può che favorirne il deperimento;
la portineria centrale funge anche da porta carraia (non potendo garantire il presidio della vera carraia, dalla quale transitano solo mezzi pesanti). Non si è riscontrato alcun impianto di estrazione dei fumi o di aerazione. L'unità (unica) in servizio nei vari turni deve gestire anche il centralino;
nei locali della portineria sono presenti anche il posto di scarico per le armi individuali e di reparto, le casseforti con le armi di reparto e gli alveari per il deposito

delle armi individuali. Particolare da sottolineare: i locali dove si custodiscono le armi hanno le porte (in alluminio) la cui automazione è guasta e pertanto sono sempre aperte, benché si trovino sul percorso pedonale che i visitatori ed i familiari che accedono ai colloqui debbono attraversare;
per quanto riguarda i colloqui, si è potuto rilevare come i pacchi non siano sottoposti ad alcun controllo preventivo se non solo all'arrivo nei locali del rilascio e della perquisizione. Ciò determina che i pacchi attraversino aree sensibili (block house, portineria centrale e locali rilascio colloqui) senza alcun controllo. Tra l'altro lo scanner adibito al controllo elettromagnetico è guasto e le ispezioni debbono effettuarsi in forma manuale. Le sale colloqui presentano ancora il muretto divisorio, ma senza vetro. Il posto di controllo della polizia penitenziaria non dispone di vetri a specchio e non garantisce una virale sufficientemente completa degli ambienti. Di contro la scrivania colà posta è dotata di due monitor assolutamente obsoleti e non funzionanti;
attraversata la portineria centrale si accede alle aree interne dell'istituto, da cui si fa ingresso ai reparti detentivi. Si è potuto rilevare la presenza di un fabbricato completamente autonomo che in tempi trascorsi era destinato a sezione femminile. Ora destinato ad archivio cartaceo del PRAP;
i reparti detentivi maschili sono ubicati in una struttura ad «L» a tre piani. Le sezioni sono sei: due destinate agli AS, una di reclusione, tre circondariali. Nelle vicinanze del corridoio-uffici al piano terra della predetta palazzina è attiva anche una sezione protetta dove sono, promiscuamente, ospitati detenuti particolari (sex offender, appartenenti al circuito Z e persino un AS1 protetto). L'unità addetta alla sorveglianza è anche preposta al controllo dei passeggi. In questa sezione (come in tutte le altre) il personale non può disporre di alcun box office e deve accontentarsi (sic!) di un tavolino e di una sediola collocati nel bel mezzo del corridoio. Cosi come, causa il sovrappopolamento, la sezione isolamento (circa 12 posti) è stata destinata a sezione ordinaria. Nonostante ciò in più di una occasione è stato impossibile garantire una adeguata sistemazione a tutti i detenuti, costretti (in qualche occasione) anche a dormire con i materassi a terra;
la conformazione strutturale dei reparti detentivi presupporrebbe come minino la predisposizione di una unità ad ogni «rotonda» su ciascun piano e almeno una unità per reparto. Invece, quando va bene, le unità sono solo due (una per reparto). Le cosiddette «rotonde» (in cui sono collocati i comandi remoti dei cancelli) altro non sono che strutture in alluminio, molto più prossime a verande condominiali che ad adeguati e dignitosi posti di servizio destinati a personale di un Corpo di polizia;
descrivere le condizioni strutturali generali dell'istituto è già di per se impresa improba; descrivere lo stato delle sezioni detentive è opera titanica. Le infiltrazioni, le muffe, le alghe, le pareti, scrostate, il degrado, l'incuria e l'abbandono sono i tratti caratteristici di Ancona Montacuto. La sintesi dell'inciviltà e della decadenza generale trovano il punto apicale alla sezione. Il soffitto di tale sezione è simile ad una groviera, tanti sono i buchi determinatisi dalla caduta di pezzi di intonaci e dei mattoni causati dalle infiltrazioni. È talmente malmesso che la stessa stabilità del solaio potrebbe essere compromessa. Tutte le sezioni presentano solo 4 piatti docce, assolutamente insufficienti a soddisfare le esigenze complessive di igiene personale (ogni sezione ha circa 70 detenuti). Non sono solo insufficienti ma anche palesemente insalubri;
i passeggi sono garantiti mediante l'accesso a cinque cortili non propriamente adeguati. In ognuno di tali cortili vi è un bagno con tazza alla turca il cui divisorio è costituito da un'esile muretto. Essendo tutti i cortili collimanti vengono, di fatto, meno le prescrizioni cautelari

imposte nei confronti dei detenuti ad alta sicurezza. Nell'atrio di acceso ai passeggi è stato predisposto un locale adibito a moschea;
l'unica unità di polizia penitenziaria preposta alla vigilanza dei cinque cortili non ha riparo dagli agenti atmosferici, se non sotto il cornicione del solaio da cui, però, spesso cadono pezzi di intonaci e calcinacci vari. Il campo sportivo costituisce praticamente il sesto cortile passeggio. L'accesso è a rotazione quotidiana tra i vari reparti detentivi. Come per i cortili passeggi anche al campo sportivo l'unità di polizia penitenziaria preposta alla sorveglianza non può disporre di alcun riparo;
al degrado e all'insalubrità non sfugge nemmeno la cucina detenuti. A parte la singolarità per cui si è pensato di ricavare in uno dei locali l'archivio cartaceo della direzione, si è potuto constatare la presenza di muffe, di pareti sudice e scrostate, i pavimenti non sono antiscivolo, e l'attrezzatura non pare adeguata ancor più in ragione della triplicazione delle utenze;
la lavanderia (controllata dalla stessa unità della cucina detenuti) ha due sole lavatrici (ma una sola è pienamente funzionante) ed un solo asciugatoio. Nei locali in cui sono stoccate lenzuola e coperte non risulta installato alcun impianto antincendio o di rilevazione fumi;
per la scolarizzazione della popolazione detenuta sono state costituite classi di scuola media nonché corsi professionali di pizzeria, rilegatoria ed informatica;
alla data della visita erano presenti 397 detenuti, a fronte di una capienza massima regolamentare determinata in 172. I detenuti di nazionalità italiana erano 209, 188 gli stranieri; 98 i detenuti classificati ad alta sicurezza; 136 i detenuti con condanna definitiva, 261 quelli senza condanne definitive (di cui 111 in attesa di 1o giudizio). Ne consegue che nelle celle originariamente destinate aduso singolo trovano allocazione non meno di tre detenuti con letti a castello multipiano (anche nelle sezioni alta sicurezza) e nelle celle doppie trovano sistemazione non meno di cinque detenuti;
dal 1o gennaio al 15 novembre si sono verificati 4 tentati suicidi, 42 atti di autolesionismo e 34 atti di aggressione (alcuni dei quali anche in danno di personale della polizia penitenziaria);
i locali della mensa ordinaria di servizio sono squallidamente disadorni ed il locale spaccio non riesce a garantire un piena funzionalità del servizio, dovendo gli addetti sopperire e surrogare in altri compiti e servizi;
il contingente di polizia penitenziaria previsto dal relativo decreto ministeriale è indicato in 201 unità. Al 15 novembre 2010 risultavano amministrate 184 unità, di cui solo 131 effettivamente presenti presso la casa circondariale. I distacchi out disposti dal PRAP assommavano a 44 (di cui 14 a Barcaglione e 9 allo stesso PRAP), i distacchi in a 2. I distacchi out disposti dal DAP assommavano a 19 mentre 4 sono i distacchi in. Delle 131 unità presenti 18 sono preposte al locale nucleo traduzioni e piantonamenti, circa 60 a servizi vari (istituzionali o amministrativo contabili) e circa 50 ai servizi propriamente a turno. All'accertata esiguità del contingente effettivamente disponibile (- 70 unità rispetto alla dotazione prevista) si coniuga un impiego ed una utilizzazione delle risorse umane non propriamente in linea con i principi di efficienza, efficacia ed economia. Sei unità di polizia penitenziaria addette all'area conti correnti-sopravitto, tre unità di polizia penitenziaria addette ad uffici contabili, tre unità di polizia penitenziaria addette all'area segreteria, due unità preposte a compiti di autista direzione appalesano una necessità di concertare, urgentemente, una organizzazione del lavoro più improntata a privilegiare l'operatività e la garanzia di poter concedere a tutto il personale i diritti elementari. Una qualche ragione dovrà pur esserci se le giornate di congedo

ordinario non goduto nel triennio 2008/2010 assommano a ben 8.100 e sono circa 80 i riposi settimanali non concessi nei tempi previsti. D'altro canto anche le sole sei (al massimo sette) unità di polizia penitenziaria che, quotidianamente, sono preposte ai servizi notturni in un istituto che conta circa 400 detenuti (di cui 100 alta sicurezza) è un fattore che amplia i già evidenti vulnus di sicurezza riscontrati e rappresentati. Lo stesso accordo quadro nazionale non trova puntuale applicazione per quanto concerne l'equità dei turni festivi, dei carichi di lavoro e delle pari opportunità. È desumibile che la presenza di un Comandante in missione (da circa tre anni) non realizzi quelle necessarie condizioni di stabilità e continuità utili a definire un impianto organizzativo funzionale e rispondente alle necessità. Pur disponendo nell'organico di tre funzionari, infatti, al reparto di polizia penitenziaria della casa circondariale di Ancona Montacuto è preposto un ispettore superiore S.C. proveniente dalla casa circondariale di Pesaro. Le funzioni di Vice Comandante sono assolte da un Ispettore anche se nell'organico effettivo sono presenti tre ispettori capo e due ispettori superiori. Ad aggravare le già oggettive condizioni penalizzanti dell'esiguità dell'organico, concorre anche la mole di lavoro cui è sottoposto il nucleo traduzioni e piantonamenti. Dal 1o gennaio al 15 novembre 2010, il predetto nucleo traduzione e piantonamenti ha svolto 1021 servizi di traduzione per un totale di 1.854 detenuti movimentati (1.522 comuni, 8 internati, 315 alta sicurezza, 3 detenuti sottoposti al 41-bis, 2 congiunti di collaboratori e 4 collaboratori di giustizia). 383 le visite ambulatoriali e 15 i piantonamenti effettuati presso luoghi esterni di cura. A dimostrazione dell'insufficienza delle risorse assegnate al NTP e quanto incida il servizio traduzioni e piantonamenti nell'economia operativa complessiva basti pensare che per i servizi summenzionati sono state impiegate 3962 unità: 2410 del nucleo (60 per cento, 986 del quadro permanente (24 per cento e 566 provenienti da altri istituti (16 per cento). Per i 15 piantonamenti sono state impiegate 363 unità di cui: 181 del Nucleo (49,8 per cento) e 182 del quadro permanente (50,2 per cento). Per quanto sopra appare evidente che la casa circondariale di Ancona Montacuto non solo è inadeguata ad ospitare detenuti diversi da quelli comuni a medio indice di pericolosità quanto dovrebbe essere interessata da importanti interventi di manutenzione straordinaria atti a ripristinare salubrità e condizioni di sicurezza per i lavoratori e gli stessi detenuti;
la relazione così si conclude: «in relazione all'organizzazione del lavoro e della mancata osservanza dell'accordo quadro nazionale la presente, per la direzione e il provveditore regionale, costituisce formale richiesta di convocazione delle rappresentanze sindacali per i necessari confronti concertativi e di contrattazione decentrata. Come al solito questa nota sarà inviata, per doverosa notizia e quanto di competenza, al sindaco, al prefetto, al D.G. dell'A.S.U.R. ed al signor procuratore capo della Repubblica e costituirà fonte di notizia per la stampa»;
nell'atto di sindacato ispettivo n. 4/09154 la delegazione radicale nel gruppo parlamentare del PD sottolineava il fatto che, dall'inizio dell'anno, tre detenuti giovani e non affetti da particolari patologie fossero morti nel carcere anconetano -:
cosa intenda fare per affrontare le gravi carenze del carcere di Ancona denunciate dal Segretario della UIL penitenziari Eugenio Sarno e, in particolare, i problemi riguardanti la sicurezza, la fatiscenza delle strutture, la sovrappopolazione detentiva, la gravissima carenza del personale della polizia penitenziaria che si confronta con i tanti distacchi effettuati dal DAP.
(4-09629)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

MARAN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il ruolo di ponte verso il centro Europa che lo Stato ha affidato alla regione Friuli Venezia Giulia anche attraverso i suoi porti dislocati lungo la fascia litoranea dell'alto Adriatico, quale rotta fondamentale di trasporti e scambi commerciali verso il vecchio continente, ha dato alla città di Monfalcone (GO) un ruolo strategico in tal senso. È sulla scorta di questa rinnovata vocazione cantieristica e portuale che Monfalcone deve prioritariamente risolvere dei problemi che si trascina ormai da venti anni per questioni apparentemente legate ad impedimenti burocratici;
di fondamentale importanza è l'approfondimento dei fondali dei canali di accesso a Portorosega, richiesto con forza dagli operatori dello scalo per la sopravvivenza dello stesso. Le navi a maggior pescaggio, infatti, attualmente vedono interdetto il proprio transito verso lo scalo e sono costrette a sbarcare parte del loro carico presso l'Adriaterminal di Trieste o a ricorrere al costosissimo allibo (la «navetta» per trasferire il materiale dall'imbarcazione rimasta in rada);
si tratta di una situazione insostenibile con immediate ricadute in termini di drastica riduzione del comparto movimentazione del porto: basti citare i dati dell'Azienda speciale che, nei primi nove mesi dell'anno, ha registrato un calo di tonnellate di merci movimentate pari al 20 per cento rispetto all'anno precedente. Legata a questo aspetto è di facile comprensione la difficoltà del mantenimento degli operatori impiegati presso lo scalo, dei quali, negli ultimi 24 mesi, la riduzione è stata di 300 unità ed altre 200 sono a rischio nell'immediato futuro;
alla data del 28 maggio 2001 è stato stipulato l'accordo di programma per lo sviluppo del porto di Monfalcone, tra il Ministero dei lavori pubblici, la regione, l'Azienda speciale per il porto di Monfalcone della camera di commercio di Gorizia, per il finanziamento dei lavori di realizzazione della banchina della darsena del porto di Monfalcone e del relativo dragaggio e con la legge regionale n. 2 del 2000 (modificata dalla legge regionale n. 4 del 2001) la regione ha inteso dare un contributo quindicennale di euro 464.811,21 a titolo di cofinanziamento per la realizzazione della darsena, compreso il dragaggio del fondale prospiciente, il cui costo era previsto in euro 6.972.168,25;
l'accordo di programma individuava nell'ingegner Giorgio Lillini, ingegnere capo dell'ufficio del Genio civile per le opere marittime di Trieste il responsabile dell'attuazione del programma;
successivamente a seguito di problemi amministrativi conseguenti alla gara di appalto predisposta dall'ufficio Genio civile per le opere marittime di Trieste per i lavori a -12,50 metri sul livello del mare, veniva redatto un nuovo progetto per l'escavo a -11,70 metri sul livello del mare con un accordo che prevedeva la riduzione della quota di progetto passata da -12,5 a -11,70 metri;
come riporta il quotidiano Il Piccolo il 15 ottobre 2010, il quadro tratteggiato dall'assessore regionale ai trasporti, Riccardo Riccardi, «non lascia però intravedere una soluzione prima di un paio d'anni. L'escavo era oggetto di un accordo Stato-Regione che si lascia nelle disponibilità dell'Azienda speciale per il porto circa 2 milioni di euro, ma non è ancora chiusa, non consentendo quindi alla Regione stessa di assumere la competenza in materia in base al decreto legislativo 111 del 2006. «Per chiudere l'accordo di programma serve una Conferenza di servizi, che sta al ministero delle Infrastrutture convocare - ha spiegato Riccardi -. Ho sollecitato il responsabile del Genio civile Opere marittime Giorgio Lillini a convocarla,

essendo di fatto il ministero». Chiuso l'accordo di programma, si dovranno comunque redigere il progetto, in linea con la previsione del Piano regolatore del porto vigente, e superare la Valutazione d'impatto ambientale, mentre per i lavori serviranno 420 giorni e un totale di 6 milioni di euro la cui copertura, stando a Riccardi, non rappresenterà un problema» -:
quali siano le iniziative avviate dal Ministro in attuazione dell'accordo di cui in premessa ovvero le difficoltà che hanno ostato alla prosecuzione delle opere successivamente alla fase progettuale e realizzativa e, comunque, quali siano le motivazioni per cui, dal 2001, il porto di Monfalcone, nonostante le risorse disponibili grazie al cofinanziamento della regione Friuli Venezia Giulia, non abbia ancora né un fondale a -11,70 metri e ancor meno a -12,50 metri come previsto dal progetto e dal sopraccitato accordo con il Ministero dei lavori pubblici firmato nel 2001 e quali siano le iniziative che intende avviare per realizzare nel porto di Monfalcone il dragaggio a -12,50 metri sul livello del mare.
(3-01337)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il tunnel «Costa Volpino» che collega Bergamo alla Valcamonica, è stato aperto nel 1997, cinque anni dopo la galleria «Lovere». Ad oggi, tuttavia, il numero dei morti causati dalla scarsa viabilità degl'infrastruttura è salito a sei vittime. La causa principale dei continui incidenti che si verificano all'interno del tunnel è proprio la sua fisionomia, che non prevede abbastanza spazio fra una carreggiata e l'altra, e fra il passo ciclabile e le pareti della galleria. A maggio di quattro anni fa una bambina di dieci mesi, in auto con i genitori lungo la statale 42 nella galleria «Lovere», finì in ospedale in prognosi riservata, a causa di uno scontro fra la macchina dei genitori ed un camion che procedeva in direzione opposta. La bimba, tuttavia, non riportò gravi lesioni; questo accadde anche ad altre numerose persone che hanno rischiato di morire nel tunnel della statale 42 tra Pianico e la Valle Camonica;
la strada è percorsa soprattutto da pendolari e autotrasportatori, che hanno diverse teorie per spiegare l'incredibile numero di incidenti occorsi all'interno del tunnel: alcuni incolpano le gallerie piene di curve, alcuni i segnali catarifrangenti neri di polvere che non riflettono bene, altri la scarsa illuminazione. Ma per tutti, ad oggi, costituiscono fattore comune i lavori nella galleria «Lovere», dove quasi un mese fa è morto Juri Torri, una ragazzo di soli venticinque anni. Le testimonianze affermano che, a causa di alcuni lavori di manutenzione, è stata ristretta tutta la carreggiata della galleria, quando, in realtà, sarebbe stato sufficiente un restringimento soltanto all'altezza della parte interessata dai lavori. A causa del poco spazio, le auto si sfiorano, ed è sufficiente un minimo di distrazione per scontrarsi con le auto che arrivano nel senso inverso. Ciò che fa più rabbia agli automobilisti dell'Alto Sebino è che il tunnel sia stato ristretto a fine giugno «ma ad oggi - raccontano - se si mettono insieme tutte le giornate di lavoro in cui si è visto qualche operaio, non si arriva a fare un mese»;
Agostino Guizzetti, imprenditore di Costa Volpino, evidenzia un'altra criticità: «Un giorno stavo andando verso Bergamo e stavo guidando uno dei miei camion. Dentro la galleria »Lovere«, da lontano, ho visto un auto in mezzo alla strada che rischiava di venirmi addosso. Ho cominciato a lampeggiare e per fortuna si è spostata. Questo succede perché, sulla corsia percorsa da chi viaggia verso la Valle Camonica, è rimasta segnata la striscia continua laterale bianca, come quella prima dei lavori, del limite laterale della carreggiata. Adesso, invece, bisogna pren- dere

come riferimento la striscia gialla più esterna, ma molti non se ne accorgono e seguono la vecchia indicazione. Le strisce bianche che c'erano prima non sono state cancellate». La galleria «Lovere» è lunga 2.860 metri: servirebbe una manutenzione costante per tenerla in ordine, ma molto spesso i catarifrangenti laterali bianchi e rossi risultano quasi sempre coperti dalla polvere. Le lampade per l'illuminazione appese alla volta della galleria, quando non sono più funzionanti, rimangono spente per giorni. In alcuni punti si sono formati degli avvallamenti che il rifacimento del manto stradale non riesce ad eliminare;
a causa dei lavori, il limite di velocità all'interno del tunnel è stato fissato a trenta chilometri orari, ma in questo modo si forma una colonna continua di auto. All'incirca un mese fa, il giorno successivo al tragico incidente che ha visto come vittima Juri Torri, l'imprenditore Achille Balducchi, titolare della Stas (Società autotrasporti Alto Sebino), nonché vicepresidente nazionale sezione trasporto cemento della Fai (Federazione autotrasportatori italiani), si faceva portavoce del malessere che riguarda i lavori all'interno della galleria: «purtroppo questa era una tragedia annunciata: tra un veicolo e l'altro ci sono 10 centimetri, basta una minima distrazione e si rischia la strage. Io ai miei autisti che arrivano dalla pianura dico di non fare la statale 42, di non uscire dall'autostrada a Bergamo o a Sedate, ma di andare fino a Ospitaletto e poi risalire la riva bresciana del lago. Passare da questa galleria è troppo pericoloso. I lavori di riqualificazione degli impianti tecnologici sono iniziati quattro mesi fa, senza tenere conto dei possibili pericoli causati dall'imposizione del limite di velocità a trenta chilometri all'ora». Gli fa eco lo stesso Agostino Guizzetti, che incalza: «è assolutamente necessario completare i lavori: per tirare quattro cavi che dovrebbero mettere in sicurezza un tunnel nato male, qui si rischia la vita ogni giorno. Hanno transennato una corsia di una galleria già stretta, e poi qui di operai non se ne vedono mai» -:
quali interventi il Ministro intenda adottare, di concerto sia con l'ANAS che con la provincia di Bergamo ed i comuni interessati dal suddetto tratto stradale, al fine di completare tempestivamente la manutenzione della galleria «Lovere», evitando i continui incidenti che si verificano al suo interno, e che troppo spesso provocano delle vittime.
(4-09613)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il progetto esecutivo per la realizzazione della connessione tra la strada statale n. 36 ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo, e stato redatto dalla società di ingegneria Bonifica spa di Roma per un importo complessivo di euro 159.469.392,178 (di cui 112.101.618,06 per lavori e 47.367.774,12 per somme a disposizione);
il progetto riguarda, sostanzialmente, una galleria di 1730 metri con due carreggiate di scorrimento separate a 3 corsie per senso di marcia, diverse opere di collegamento, tra la viabilità statale ed autostradale e una miriade di opere accessorie, riguardanti principalmente lo spostamento dei sottoservizi;
a seguito di asta pubblica, esperita con il metodo della gara ad offerta economicamente più vantaggiosa, con dispositivo aziendale n. 6443 del 16 dicembre 2003 è stata approvata l'aggiudicazione definitiva dei lavori a favore dell'ATI (associazione temporanea d'impresa) IMPREGILO spa SECOL spa con sede in Sesto S. Giovanni (MI) con un ribasso del 17,82273 per cento (importo netto dei lavori euro 93.047.634,87, importo complessivo dell'opera euro 157.277.384,66);
la direzione generale dell'ANAS con atto presidenziale del 27 aprile 2005, n. 181, ha autorizzato l'estromissione dell'impresa SECOL e, conseguentemente, la prosecuzione del rapporto negoziale con la sola IMPREGILO;

in data 6 dicembre 2007 (atto n. 14177) è stata redatta la 1a perizia di variante tecnica, approvata in data 13 maggio 2008 (atto n. 66585), che ha elevato l'importo netto dei lavori a euro l46.163.838,00 e l'importo complessivo dell'opera a euro 220.543.561,16;
il 2 dicembre 2009 (atto n. 14524) è stata redatta la 2a perizia di variante tecnica, elevando l'importo netto dei lavori a euro 159.663.041,07 e l'importo complessivo a euro 235.381.214,4;
recentemente è stata approvata un'ulteriore perizia di variante tecnica, adducendo motivi in ordine a un «enorme numero di interferenze e sottoservizi rinvenuti durante le attività di scavo, adeguamento degli impianti tecnologici in galleria, (...) ecc.»;
i contenziosi in merito con l'impresa, in realtà, risulterebbero all'interrogante, in atto da mesi, se non da sempre;
con l'approvazione della terza perizia di variante tecnica, che porta i costi complessivi dell'opera a circa euro 300.000.000,00, è stato concesso all'impresa una proroga dei tempi contrattuali di oltre 2 anni (ultimazione dei lavori previsti a fine 2013 con ben 25 mesi di ritardo sul cronoprogramma e altri 2 anni di cantiere);
secondo quanto riportato da Il cittadino di Monza dell'1 novembre 2010, la proroga avrebbe scatenato le ire degli abitanti, degli utenti stradali e degli enti locali, al punto che i 5 comitati per la galleria avrebbero annunciato una serie di esposti alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo, al provveditorato interregionale delle opere pubbliche, all'ispettorato generale per la circolazione e sicurezza stradale, alla Corte dei conti e per ultimo alla magistratura ordinaria;
risulterebbe all'interrogante che i responsabili della società IMPREGILO hanno sostenuto che il progetto non menzionava tutte le interferenze, i rinvenimenti non prevedibili e gli «imprevisti» che, è stato accertato, hanno di fatto causato l'aumento del costo dell'opera e dei tempi di consegna della stessa -:
se il Ministro interrogato sia al corrente della grave situazione del cantiere di Viale Lombardia (strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga») e del disagio subito, in particolare dai cittadini del quartiere San Fruttuoso, per i ritardi nei lavori;
quali siano, secondo gli elementi in possesso del Ministro, le reali cause di tale ritardo, e se non ritenga opportuno attivarsi per verificare eventuali errori in fase progettuale o esecutiva, che, se accertati, sarebbero da accollare alle società responsabili;
cosa intenda fare il Governo per alleviare i drammatici disagi che i residenti nei pressi del cantiere stanno subendo anche in virtù dell'ormai inderogabile proroga dei lavori che si prevede termineranno con 25 mesi di ritardo il 30 novembre 2013.
(4-09632)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le province di Napoli e Catania sono quelle che evidenziano il più alto indice di penetrazione mafiosa. È l'Eurispes a sottolinearlo nel Rapporto Italia 2010. Nel tentativo di concorrere ad un ulteriore approfondimento del fenomeno e di sviluppare nuove direttrici scientifiche per l'analisi delle dinamiche nelle regioni di tradizionale insediamento mafioso, si è realizzato uno studio attraverso il quale si è voluto evidenziare il grado di fragilità e di permeabilità dei territori rispetto ai tentacoli della 'ndrangheta, della camorra,

della mafia e della sacra corona unita. Obiettivo principale dello studio è stato quindi quello di fornire alcune utili indicazioni circa il rischio di penetrazione mafiosa cui sono esposti i 24 territori provinciali. A questo fine è stato creato uno stimatore ad hoc, l'indice IPM (indice di penetrazione mafiosa), in grado di indicare, per quanto possibile, i recenti sviluppi del fenomeno e le dimensioni che lo stesso sta assumendo. Per determinare una classifica del livello di penetrazione mafiosa delle organizzazioni criminali nelle 24 province delle quattro regioni maggiormente interessate, è stato predisposto un sistema di attribuzione dei punteggi sulla base di alcuni indici che scaturiscono dalla valutazione quantitativa dei reati commessi ed assimilabili alle associazioni mafiose: attentati, stragi, ricettazioni, rapine, estorsioni, usura, sequestri di persona a scopo estorsivo, associazione a delinquere di tipo mafioso, riciclaggio di denaro, contrabbando, produzione e traffico di stupefacenti, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, omicidi per motivi di mafia, camorra e 'ndrangheta. Alla provincia di Napoli, con un punteggio pari a 65,4 va la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata. A seguire, la provincia di Catania (52,4 punti), Caserta (51), Brindisi (51) e Reggio Calabria (50,5). In fondo alla lista, le province di Lecce (18,3), Taranto (24,8) e Cosenza (27,1). Sono 106 i casi di omicidio per motivi di mafia, camorra o 'ndrangheta compiuti in Italia nel 2009;
nel 2008 si sono verificati in Campania 59 omicidi, ovvero il 55,7 per cento del dato complessivo nazionale degli omicidi riconducibili alle guerre interne alle diverse organizzazioni criminali. A seguire la Calabria, la cui quota di omicidi è pari al 20 per cento del totale nazionale (22 omicidi legati a motivi di 'ndrangheta). Infine la Sicilia e la Puglia rispettivamente con 12 e 9 omicidi. È il rapporto Italia 2010 dell'Eurispes a sottolineare che «l'incidenza degli omicidi per mafia sul totale degli omicidi volontari commessi in Italia nel 2008 è del 17,3 per cento. L'incidenza diventa allarmante se spostiamo la lente in alcune realtà territoriali del Mezzogiorno». «In generale - viene rilevato - soltanto in queste quattro regioni si è consumata nel 2008 la quasi totalità degli omicidi legati alla mafia, camorra o 'ndrangheta mentre nel resto delle altre regioni la quota di tale tipologia di delitti è pari al 3,8 per cento (in termini assoluti 4 omicidi). In Campania (53,2 per cento) più di una morte violenta su due è di matrice camorristica, in Calabria (28,9 per cento) tale quota scende a quasi un terzo del totale, in Sicilia l'incidenza percentuale sul totale degli omicidi è pari al 24,5 per cento e in Puglia del 20 per cento. A livello provinciale, il territorio che fa registrare il più alto numero di omicidi per mafia è quelli partenopeo: ben 41 morti nel 2008. Seguono in graduatoria Caserta con 17 omicidi avvenuti per motivi di mafia, camorra e 'ndrangheta, Catanzaro (7) e Catania (7). La distribuzione dei reati ascrivibili alla criminalità organizzata nelle quattro regioni »a rischio" denota che nel 2008 sono avvenuti complessivamente 20.749 reati: 8.888 per ricettazione, 6.078 per produzione e traffico, spaccio, associazione per produzione o traffico di stupefacenti, associazione per spaccio di stupefacenti, 2.852 per estorsioni, 527 per contrabbando, 459 per riciclaggio e impiego di denaro, 391 per associazione a delinquere e di tipo mafioso, 259 per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, 167 per usura, 157 attentati, 143 sequestri di persona e 15 per strage;
già nel 2005, il rapporto Eurispes aveva evidenziato che la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata era la provincia di Napoli, con un punteggio pari a 68,9. A seguire, la provincia di Reggio calabria (60,4 punti), Palermo (41,9), Catanzaro (33 punti) e Bari (32,6 punti). Il primato negativo di Napoli era dovuto principalmente ai reati assimilabili alle associazioni mafiose (ben 219,5 ogni 100.000 abitanti), ai 44 comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2007 e agli atti di terrorismo pari a 218 dal 1999 al 2005. Nel 2005, in Italia, si sono verificati

109 omicidi per motivi di mafia, camorra o 'ndrangheta. In Campania, se ne contano 67, ovvero il 61,5 per cento del dato complessivo nazionale degli omicidi riconducibili alle guerre interne alle diverse organizzazioni criminali. A seguire la Calabria, la cui quota di omicidi era pari al 21,l per cento del totale nazionale. Infine la Sicilia e la Puglia rispettivamente con 11 e 7 omicidi. Anche allora, soltanto in queste quattro regioni si consumava la quasi totalità degli omicidi legati alla mafia, mentre nel resto delle altre regioni la quota di tali delitti non superava l'1 per cento;
considerando l'incidenza degli omicidi per mafia sul totale degli omicidi volontari commessi, in Italia nel 2005 quasi un omicidio su cinque era ascrivibile al crimine organizzato. In Campania più di una morte violenta su due era di matrice mafiosa, in Calabria tale quota scendeva ad un terzo del totale, mentre in Puglia e in Sicilia le uccisioni di stampo mafioso rappresentavano più o meno un quinto degli omicidi volontari commessi, quindi, tendenzialmente in linea con l'andamento nazionale. A livello provinciale, il territorio che registrava il più alto numero di omicidi per mafia è quello partenopeo: ben 61 morti solo nel 2005. Seguivano in graduatoria due province calabresi e un'altra campana, Reggio Calabria (11), Catanzaro (8) e Caserta (5). Nell'analisi dell'incidenza dei reati più diffusi nel nostro Paese non si potevano evitare di fare riferimenti anche ai tanti casi di omicidio. Nella graduatoria per frequenza rispetto alla popolazione, erano presenti ben quattro delle cinque città calabresi, ma la maglia nera per numero di delitti commessi andava a Napoli (con 97 omicidi), seguita da Milano (con 41 casi) e Roma (con 38) -:
quali interventi il Ministro intenda attuare, a seguito dell'approvazione del cosiddetto «pacchetto sicurezza», al fine di contrastare maggiormente il persistente dilagare di omicidi legati ad organizzazioni criminali malavitose.
(4-09615)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 12 aprile 2010 a seguito delle elezioni del 18 marzo si insediava nel comune di Gioia Tauro, città di oltre 18 mila abitanti in provincia di Reggio Calabria, un'amministrazione guidata dal sindaco avvocato Renato Bellofiore;
le elezioni facevano seguito ad un periodo di commissariamento prefettizio resosi necessario a seguito dello scioglimento - per la seconda volta consecutiva - del consiglio comunale per «accertate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata» del 24 aprile 2008;
nel mese di dicembre 2009 è venuto a scadenza il contratto relativo al servizio di tesoreria e, da allora, sono state indette quattro procedure di gara, due indette dalla commissione straordinaria prefettizia e due dall'attuale amministrazione, tutte con esito negativo;
il rapporto in essere con la Banca popolare del Mezzogiorno è stato più volte prorogato, di trimestre in trimestre. A partire dal mese di luglio 2010, l'Istituto di credito ha comunicato la sospensione dell'anticipazione di cassa, impedendo di fatto all'amministrazione di operare avendo difficoltà sinanche a pagare lo stipendio ai dipendenti e nell'erogare servizi di primaria importanza;
nel contestare il comportamento dell'istituto bancario l'amministrazione ha interpellato gli istituti bancari presenti sul territorio e chiesto l'intervento del prefetto di Reggio Calabria;
gli attuali amministratori - impegnati per la prima volta in politica con due liste civiche - dal momento in cui sono stati eletti sono stati destinatari di intimidazioni e attentati attraverso lettere minatorie al sindaco e diversi atti incendiari dolosi allo stesso e ad altri membri della giunta;

è evidente che le difficoltà di tesoreria - di cui il comune è obbligato per legge a dotarsi - se non risolte con urgenza, compromettono il regolare svolgimento dell'attività amministrativa, mettendo a repentaglio l'agibilità democratica;
da sottolineare la circostanza, di particolare gravità, che il mandato di pagamento relativo agli stipendi dei dipendenti comunali per il mese di ottobre 2010, emesso tempestivamente dall'amministrazione, è stato rifiutato e restituito inevaso dall'istituto tesoriere;
venerdì 19 novembre il sindaco di Gioia Tauro ha incontrato diversi rappresentanti istituzionali presso la Camera dei deputati, la Presidenza della Repubblica e il Ministero dell'interno. Di particolare importanza ed efficacia l'incontro con il sottosegretario Michelino Davico che si è immediatamente reso disponibile ad incontrare la delegazione e che ha immediatamente fatto tutti i passi necessari anche per informare le istituzioni locali dell'impegno del Ministero dell'interno a risolvere il caso -:
se e come il Governo ritenga di poter intervenire, anche con provvedimenti di necessità e urgenza, per far fronte all'emergenza descritta in premessa, in modo tale da garantire il corretto svolgimento dell'attività amministrativa ed in particolare il pagamento degli stipendi del corrente mese di ottobre ai dipendenti.
(4-09620)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'area del milazzese (Messina) e dintorni i decessi per malattie tumorali sono aumentati: dai 71 decessi, avvenuti nel 2003, agli 86 del 2008. Lo stesso dicasi per l'aumento della mortalità per malattia tumorale nel comune di Furnari e in tutti gli altri paesi confinanti con la discarica di Mazzarà Sant'Andrea;
già con precedenti atti di sindacato ispettivo era stata richiamata l'attenzione delle istituzioni sulle problematiche collegate all'inquinamento atmosferico della zona di Pace Del Mela e su quelle legate alla discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, rilevando tra l'altro che la suddetta discarica sorgeva su un terreno a base sabbiosa, ed ancor peggio, si sospettava che la «SMEB-Cantieri Navale» di Messina avesse smaltito i propri scarti, altamente tossici, presso la stessa discarica. Non si vuole destare alcun allarme sociale, ma focalizzare una particolare attenzione sulla tutela della salute dei cittadini;
la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, a stretto confine con il comune di Furnari, altro non è, ad avviso dell'interrogante, che una «bomba» ecologica per la salute delle comunità interessate, ulteriormente amplificata dall'ampliamento disposto dalle autorità competenti;
oltre all'inquinamento ambientale, desta grave e particolare preoccupazione la connivenza tra discarica e ambiente malavitoso scaturente dagli ingenti interessi economici che ruotano intorno ad essa. Si vorrebbe capire meglio quali interessi si celano di fatto dentro la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, visto che si è sciolto un consiglio comunale, quello del comune di Furnari, ed è stato arrestato un ex sindaco, Salvatore Lopes, la cui notizia stupisce perché lo stesso, in passato, si era contraddistinto con numerose denunce alle varie istituzioni competenti e per le numerose proteste contro la discarica, il suo ampliamento e le sue emissioni nell'atmosfera, che inquinano i comuni di Terme Vigliatore, Rodi Milici, Mazzarrà Sant'Andrea, Furnari, tutta la provincia di Messina e zone limitrofe;
tra le proteste, le più eclatanti hanno riguardato il blocco dei mezzi dinnanzi alla discarica e lo sciopero della fame, effettuato per ostacolare l'ampliamento della stessa;
contemporaneamente, sussiste grave perplessità in ordine alla discarica di S. Agata Militello. Su tale argomento sono

stati pubblicati articoli su giornali o siti web, interrogazioni fatte dai consiglieri di minoranza del comune, nonché dichiarazioni dei comitati antidiscarica di S. Agata Militello ed Acquedolci;
trattasi della realizzazione di una discarica di rifiuti solidi urbani, con pre-trattamento, nel comune di S. Agata Militello, contrada Oliva, un'area già occupata da una cava di inerti dismessa lungo il torrente che divide i comuni di S. Agata Militello ed il comune di Acquedolci. La zona è di proprietà della ditta CO.GE.I.R. che ha presentato l'istanza per l'ottenimento della autorizzazione all'opera;
l'autorizzazione è stata data dall'ufficio del dipartimento ambiente assessorato regionale al territorio, con decreto n. 489 del 20 luglio 2010. Il progetto prevede una capacità di circa 540 mila tonnellate di rifiuti, una capacità assolutamente sproporzionata a qualsiasi eventuale esigenza del territorio;
contro tale opera si sono levate le proteste della popolazione dei due comuni e si sono costituiti dei comitati cittadini che stanno raccogliendo migliaia di firme di protesta -:
di quali elementi i Ministri interrogati dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché possano essere tutelati la salute dei cittadini il territorio e l'ambiente, gravemente compromessi da queste forme di inquinamento che sono state più volte oggetto di atti di sindacato ispettivo;
se si intendano fornire esatte e puntuali informazioni relative agli accadimenti e agli interessi, anche di organizzazioni criminali, che stanno emergendo attorno alla discarica di Mazzarrà Sant'Andrea ed altre discariche in Sicilia, visto che vengono arrestate anche persone che in passato si sono mostrate, con fatti eclatanti, contrari ad usi impropri delle discariche.
(4-09631)

TESTO AGGIORNATO AL 25 NOVEMBRE 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, RAMPI, BELLANOVA, BRAGA e GARAVINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si apprende dalla stampa, l'assemblea delle delegate e delegati Fiom del gruppo Fiat, denuncia come inaccettabile il tentativo della direzione dello stabilimento della Fiat di Termoli di impedire alle lavoratrici che usufruiscono dei permessi di riposo cosiddetti «per allattamento» di poter godere del diritto alla mezzora di mensa retribuita prevista dal Contratto collettivo nazionale per i lavoratori turnisti;
tale iniziativa infatti non rispetta quanto previsto dalla legge di tutela della maternità ed esplicitamente disposto dall'Inps in materia;
nei giorni scorsi è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno dall'assemblea nazionale delle delegate e dei delegati Fiat promossa dalla FIOM;
in particolare, una delegata dello stabilimento di Termoli ha denunciato un clima pesantissimo nei confronti delle lavoratrici con figli piccoli e ha riferito di un tentativo della direzione aziendale di inibire alle giovani donne di ritorno dalla maternità, che usufruiscono delle due ore di permesso per allattamento, il diritto alla mezz'ora di mensa retribuita, così come stabilito dal contratto. La donna pare abbia inoltre segnalato il grave disagio che soffrono le donne con figli piccoli a cui da un giorno all'altro è stata negata la possibilità di avere un turno fisso in modo da rendere compatibile l'orario di lavoro con la possibilità di accudire i piccoli;
su questi temi si è svolta il 19 novembre 2010 a Termoli un'assemblea cittadina

con le lavoratrici dello stabilimento FIAT, promossa dalla CGIL, e organizzata anche con la partecipazione di altre sigle sindacali;
inoltre, tale situazione, se fosse confermata, sconfesserebbe gli impegni presi proprio dal Ministro interrogato che recentemente ha annunciato di voler incentivare l'orario flessibile per la conciliazione dei tempi di lavoro -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti evidenziati in premessa;
se non ritenga opportuno intervenire per ripristinare il pieno rispetto dei diritti delle lavoratrici e quali iniziative intenda assumere affinché l'azienda Fiat desista immediatamente da tale proposito e si renda invece disponibile fin da subito a un tavolo per confrontarsi con sindacato e rappresentanze sindacali unitarie sulle migliori condizioni organizzative per favorire il reinserimento lavorativo delle donne al rientro dalla maternità, così come previsto dai princìpi della legislazione europea e di quella di recepimento in Italia.
(5-03864)

Interrogazione a risposta scritta:

PEDOTO, LENZI, GRASSI, SCHIRRU, D'INCECCO e FRONER. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 21, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» prevede che il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenti al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro stesso;
l'ultima relazione trasmessa alla Presidenza della Camera risale al 17 luglio 2008 e riguarda i dati relativi agli anni 2006 e 2007;
la relazione è «l'occasione per fare il punto sulla disabilità e il mondo del lavoro. Un binomio, questo, sostenuto in Italia da una normativa ancora all'avanguardia... malgrado la sua attuazione nel Paese proceda condizionata ancora da forti disomogeneità territoriali», cosi recitava la presentazione della relazione del 2008;
la necessità di avere un quadro completo dei dati relativi al rapporto tra lavoro e disabilità è oggi tanto più importante alla luce del fatto che tale diritto è stato gravemente compromesso dall'articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, che prevede che l'avviamento al lavoro nel collocamento obbligatorio di orfani e vedove di vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, e di soggetti ad essi equiparati come i superstiti delle vittime sul lavoro hanno la precedenza su ogni altra categoria e non sono contenuti entro la quota di legge dell'1 per cento andando cosi ad occupare i posti riservati ai disabili;
la relazione può anche essere occasione per comprendere le ragioni che hanno indotto il Governo ad effettuare il pesante taglio sul Fondo per il diritto al lavoro dei disabili ridotto da 42 a 11 milioni di euro per il 2011 -:
se e quando il Ministro intenda presentare la relazione di cui all'articolo 21 della legge n. 68 del 1999 e quali siano state le cause ostative che fino ad oggi hanno impedito di rispettare i tempi previsti;
se il Ministro non ritenga opportuno ed urgente adottare adeguate iniziative normative ed interpretative tali da restituire alle persone disabili un diritto, quello al lavoro, gravemente compromesso da quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 126 del 2010.
(4-09621)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
all'interno della nostra società stanno emergendo, sempre di più, comportamenti compulsivi nei confronti dei social network. Varie sono le testimonianze di persone, sia adulte che adolescenti, ed è proprio questo il dato più preoccupante, che preferiscono restare in casa, davanti al pc collegato a qualche social network piuttosto che uscire e intessere rapporti o relazioni con altre persone. I loro interessi, impegni, eventi tutto passa dal web, diventando in questo modo digitale. L'inizio di questa malattia consiste nell'eliminare ogni occasione di incontro, uscire solo per andare a scuola o al lavoro. Internet e Facebook sono un'ossessione per queste persone, che diventano frettolose persino nel mangiare, inventando scuse continue per tornare al pc. Se si allontanano da casa controllano continuamente l'ora. I genitori stessi non si rendono immediatamente conto di cosa sta accadendo ai loro figli. Per loro la cosa più difficile è stato ammettere i propri errori, l'incapacità di gestire i silenzi del figlio, i vuoti di comunicazione. Solo quando il figlio sviluppa un rapporto di assoluta dipendenza, resta connesso tutta la notte a «quel gioco che fa su fb» allora sorge il problema;
di solito, i soggetti che manifestano questi comportamenti sono persone fragili, il cui umore dipende dal giudizio dei coetanei e dal mondo esterno in generale. La famiglia compare come presenza costante nella sua vita soltanto in questo momento: è la mamma a seguirlo di più, si preoccupa ed espone il problema del figlio. Lontano da internet, si precipita in uno stato depressivo. Di solito queste persone non hanno nessun altro tipo di dipendenza, né dall'alcol né da sostanze stupefacenti; hanno però sostituito ogni contatto sociale con amici virtuali. Sono «intimi» ma estranei. Non si sono mai visti, non si conoscono, letteralmente fuggono da sé stessi. I primi tempi, quando provano a passare meno tempo davanti al pc, sentono il bisogno di essere collegati, quando non sono on-line stanno male;
Elisa Caponetti, psicoterapeuta, ha già seguito casi del genere. «Queste tipo di dipendenze - spiega - non vanno sottovalutate, invece spesso si tende invece a sminuire. Possono portare conseguenze anche serie, sia nella sfera intima e personale, che nel processo di crescita. Ma non per questo bisogna demonizzare Facebook o i social network, utilizzati con equilibrio rappresentano un nuovo strumento di comunicazione». Il fenomeno, purtroppo, non è circoscritto, non riguarda un numero limitato di utenti. Il Policlino Agostino Gemelli è stato il primo a creare un centro per assistere chi è affetto da queste psicopatologie da web. In alcuni casi per i pazienti si tratta di ricominciare da zero, una nuova alfabetizzazione emotiva. Il centro cura le dipendenza legate in qualche modo ai social network. È stato aperto un anno fa e ha già seguito quasi 150 casi. Lo dirige il dottor Federico Tonioni. Spiega: «Sono i genitori a venire da noi quando si rendono conto che i figli esprimono un disagio. È una generazione che non ha conosciuto un »prima« del computer. Il ruolo degli adulti è molto importante, una nostra sezione è dedicata a loro». L'astinenza da pc per chi ne fa uso compulsivo può innescare una sindrome depressiva. È necessario allora un intervento farmacologico. I social network tipo Facebook, vissuti nel modo sbagliato possono causare effetti collaterali. «Vedere l'altro su Facebook è come spiarlo dal buco della serratura, entrare nella sua mente - riprende Tonioni; c'è chi per controllare il partner si costruisce una falsa identità, lo corteggia, lo circonda e ne studia le reazioni. C'è anche chi è arrivato a installare un software. Molte cause di divorzio per tradimento sono dipese proprio dai social network». Il dramma del maresciallo di Subiaco che ha ucciso una figlia, ne ha

ferito un'altra e poi si è tolto la vita, è un caso limite. La pressione maniacale di un padre che riusciva a esercitare il suo controllo fisico sulle figlie, ma al quale sfuggiva quello virtuale -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di aiutare persone affette da comportamenti compulsivi nei confronti dei social network e le relative famiglie.
(4-09638)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i traumatizzati cranici da incidenti stradali sono molto numerosi, rappresentano il 48,5 per cento di tutte le gravi cerebrolesioni acquisite, una percentuale di molto superiore a quella relativa agli ictus e ai gravi episodi cardiocircolatori. Sono circa 600 i casi gravissimi all'anno e la fascia d'età più colpita è quella dai 16 ai 25 anni. Ogni anno circa 20 mila persone escono dal coma e, non essendo apparentemente disabili, non vengono riconosciuti come tali. Hanno problemi cognitivi, comportamentali, problemi caratteriali che li portano a dover essere seguiti 24 ore su 24. Esistono disabili che fanno vite pressoché normali, mentre questi ragazzi non sanno attraversare la strada o non si sanno allacciare i bottoni della giacca. Ecco perché la ricerca è fondamentale per il loro futuro, perché si potrebbero trovare delle terapie per poterli aiutare a recuperare maggiormente visto che le potenzialità residue in una grave cerebrolesione acquisita sono tantissime e lo dimostrano i ragazzi che faticosamente ritornano alla vita;
in Lombardia la regione ha stanziato 500 euro per ogni famiglia che ha una persona in stato vegetativo in casa, mentre a Bergamo è presente il Centro per gravi cerebrolesioni. Chi torna alla vita con una grave cerebrolesione acquisita, e con lui i suoi parenti, non sarà più lo stesso: tornare al mondo da traumatizzato cranico significa avere disturbi cognitivi, di movimento, necessità di fisioterapia, di logopedia, di farmaci, di assistenza. Per sempre. Ma soprattutto significa diventare, sia per il malato che per la sua famiglia, quasi dei «fantasmi»: nessuna ricerca, nessun sostegno organizzato per le persone che ritornano alla vita e per le loro famiglie. In aiuto a questa situazione è stata fondata a Bergamo l'associazione «Amici di Samuel» che rientra nella Federazione nazionale associazioni trauma cranico, il cui presidente è Stefano Pelliccioli, padre di Samuel, un ragazzo che si è risvegliato dopo un lunghissimo periodo di coma. Pelliccioli afferma con molta amarezza: «Quando una rianimazione ti rimette a posto e ti manda a casa, fuori sei solo. Sulla carta non sei un disabile, ma hai bisogno di tutto. E manca una ricerca sulle terapie farmacologiche, non ci sono protocolli. Eppure queste persone hanno disturbi comportamentali, cognitivi, di movimento, psicologici, di parola. Per questo la Federazione nazionale associazioni trauma cranico lancia la sfida di avviare un progetto di ricerca nazionale finalizzato alla terapia farmacologia nelle gravi cerebrolesioni acquisite, con l'istituzione di una borsa di studio. Una persona tornata a casa con cerebrolesioni acquisite costa alle famiglie, che nella stragrande maggioranza sono sole a farsi carico di tutto, almeno 3 mila euro al mese. E i servizi pubblici passano ben pochi ausilii»;
tutte queste persone costituiscono un esercito invisibile, quasi di fantasmi, perché nella nostra società si parla tanto di chi è purtroppo rimasto gravemente lesionato a causa di una lesione spinale, ma quelle persone restano «fantasmi», e sono migliaia, giovani e meno giovani, che hanno gravi cerebrolesioni acquisite in seguito a traumi cranici per incidenti, per ictus per infortunio. Si tratta di persone uscite dal coma, che si affacciano di nuovo alla vita e che la società, purtroppo, non tiene in considerazione. Organizzare questa giornata significa mettere sotto i riflettori

una realtà che la gente ignora. Una realtà che ha invece bisogno di sostegno, e che è tutta sostenuta dalle famiglie, quella di persone che per tutta la vita avranno bisogno di essere accompagnate nelle incombenze e nei semplici gesti quotidiani, che hanno problemi cognitivi e comportamentali. L'obiettivo primario del progetto è valutare l'efficacia dell'utilizzo dei farmaci per una patologia che presenta una notevole rilevanza sociale, basti pensare che le cerebrolesioni traumatiche hanno in Italia un'incidenza di 235-250 nuovi casi all'anno per 100 mila abitanti, che sulle cause gli incidenti stradali influiscono per il 40,5 per cento e che la fascia d'età più colpita è quella tra i 16 e i 25 anni e le età geriatriche. Attualmente sono scarse le dimostrazioni di efficacia accreditate, quindi, l'uso dei farmaci viene effettuato su base empirica o dietro consigli di esperti; servono risorse da investire nella ricerca e anche maggiore attenzione sociale. Al riguardo del lavoro della propria associazione Pelliccioli afferma: «Stiamo lavorando a una ricerca su quanto si è modificata la vita di chi ha subito mielolesioni in seguito a incidenti stradali, grazie alla collaborazione con l'Unità» di riabilitazione degli Ospedali Riuniti a Mozzo, ed è importante lavorare anche sulle persone che hanno gravi cerebrolesioni in seguito a traumi. Ma abbiamo anche analizzato come gli studenti delle medie superiori immaginano il loro rischio in caso di incidente stradale. La società deve mettersi in gioco per una formazione al rispetto di sé» -:
quali iniziative il Ministro intenda attuare, al fine di promuovere dei protocolli farmacologici e terapeutici adeguati per le persone che si sono risvegliate da periodi di coma e che presentano gravi cerebrolesioni acquisite;
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare al fine di dare sostegno, anche tramite mezzi finanziari, alle famiglie che presentano al loro interno persone con gravi cerebrolesioni acquisite.
(4-09640)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la tradizionale strategia imprenditoriale concepita su azioni sociali orientate a dare lustro all'immagine della società, presto cederà il posto alla nuova: quella della sostenibilità che, ad oggi, rappresenta, il vero paradigma, per le aziende che vogliono essere competitive sul mercato, A sostenerlo sono gli stessi manager che definiscono questo passaggio la «chiave» per ridisegnare l'intero processo di business. Processo teso a ricostruire il rapporto di fiducia con il cittadino. Benché tale soluzione sia quasi scontata, la sua attuazione è abbastanza difficoltosa, dato che si dovrebbe creare una specie di «alleanza» fra l'azienda ed il consumatore, per fidelizzarlo. La società si impegna pubblicamente a realizzare prodotti sicuri e di qualità, a produrre nel rispetto della sicurezza per gli operai e limitando le emissioni, a commercializzare in maniera efficiente rispettando l'ambiente e migliorando il benessere dei dipendenti. Sono i cosiddetti «comportamenti sostenibili», almeno quelli prioritari, che diventano tangibili solo attraverso una strategia basata su fatti concreti comunicati in modo chiaro e trasparente, e non solo sul marketing filantropico. Strategia che, ad oggi, non sempre viene messa in atto. Come dimostra un'indagine realizzata quest'anno da Gfk Eurisko, intervistando 46 leader (presidenti ed amministratori delegati) di imprese che hanno intrapreso per prime il cammino della sostenibilità: il cosiddetto «Corporate social responsabilità» (Csr). Si tratta di aziende nazionali e multinazionali attive nei più diversi settori di mercato, per lo più di grandi dimensioni ma con una rappresentanza qualificata di PMI eccellenti;
dall'indagine si evince che il 78 per cento degli italiani assume un atteggiamento di «cautela» verso il «grado di

assunzione di consapevolezza» delle aziende. Un'ampia percentuale di italiani pensa, infatti, che la maggior parte delle imprese che operano in qualità di aziende socialmente responsabili lo facciano solo per migliorare la loro immagine e non, altresì, perché quello sia il loro reale scopo. E sono gli stessi italiani che manifestano un interesse molto alto nei confronti delle modalità con cui le imprese stanno cercando di essere responsabili. È in questo modo che ritorna l'importanza della trasparenza sul modo di fare impresa e della comunicazione che concorre a creare un'opinione fondata sull'operatività delle società. Per farlo occorre, secondo l'indagine, che «le aziende individuino nuovi mezzi e linguaggi capaci di penetrare la cortina di diffidenza creata in questi anni, rendendo credibile l'impegno sociale intrapreso ed evitando la contaminazione con i messaggi pubblicitari tradizionali»;
le criticità si accentuano anche in relazione all'ambiente, ritenuto uno dei temi principali con cui un'impresa deve misurarsi per definirsi responsabile. Cresce negli italiani la sensibilità ecologica (il 92 per cento è attento) e aumenta anche la consapevolezza dell'importanza del contributo individuale nel ridurre l'inquinamento, ma a questi orientamenti non corrisponde un giudizio positivo sull'operato delle imprese ritenuto inadeguato dalla maggioranza dei consumatori. Solo il 27 per cento ritiene concreto quanto le società stiano facendo per l'ambiente. Un sentimento pericoloso capace di esercitare un'influenza sul comportamento degli italiani nei confronti di un'impresa ritenuta «socialmente irresponsabile». «Un influsso che può portare all'allontanamento del consumatore - riporta l'indagine - deponendo il ruolo di ambasciatore del brand o del prodotto per orientarsi verso ciò che ritiene meritevole delle proprie attenzioni». Ad alimentare questo senso di incertezza, in Italia e nel mondo, sono poi i recenti fatti di cronaca - primo fra tutti, il disastro ecologico nel Golfo del Messico causato dal colosso petrolifero BP - che mettono in crisi il tradizionale strumento della Csr as usual («politicamente corretto»). Quello stesso strumento che traduce l'acronimo BP come best practises, mentre nel mondo reale già da tempo stava per broken pipes. E questo è accaduto - è la denuncia contro gli «interpreti» della Csr - non in ragione di una seria valutazione del suo modello e delle sue pratiche di business, bensì unicamente della frenesia nel collezionare gli strumenti della cosiddetta 1«ortodossia etica»: gli stessi strumenti, che i detrattori etichettano come un «paravento burocratico» o un «castello di procedure e strumenti»« in cerca di »vicendevole legittimazione e che poco hanno a che fare con il core business delle imprese che se ne fregiano";
«il caso BP è la dimostrazione del fallimento tecnologico di un'impresa e di chi l'ha certificata »socialmente responsabile« - dichiara Duccio Bianchi, direttore Istituto ricerche ambiente Italia - Questo tipo di disastro diminuisce drasticamente la fiducia di un consumatore nei confronti di un brand, soprattutto in un paese come l'Italia dove c'è un livello scientifico e tecnologico più basso che in altre parti del mondo. Un altro aspetto che incide sul consumatore è la credibilità molto ridotta del sistema-Paese: quindi, nella sua percezione un prodotto svedese è più sicuro, quello tedesco è più duraturo di un prodotto italiano». Il problema, secondo Bianchi, è che «le imprese nazionali non hanno ancora capito bene che, per fidelizzare il consumatore, è necessario comunicare in modo trasparente le loro scelte sostenibili». Una criticità, questa, che solleva anche Antonio Gaudioso, vice segretario generale di Cittadinanza attiva: «C'è ancora molta strada da fare. Ancora oggi, sono molte le imprese che investono »3« sullo sviluppo sostenibile e »15« sulla comunicazione. Un processo sostenibile dovrebbe invece coinvolgere gli stakeholders, ovvero tutti i soggetti del processo e non essere autoreferenziale» -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di promuovere una normativa nazionale riguardante la «Responsabilità

sociale di impresa» alla quale tutte le maggiori aziende italiane, e le loro partners debbano attenersi, in modo da aumentare la loro attività di fidelizzazione del cliente.
(4-09614)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il dibattito sui problemi di crescita dell'industria italiana ha individuato da tempo nelle caratteristiche strutturali del nostro apparato produttivo, con particolare riferimento agli aspetti dimensionali e di specializzazione, uno dei fattori esplicativi più importanti. Questo tema ha trovato ampi spazi di analisi empirica all'interno di numerose edizioni del Rapporto annuale ISTAT, realizzato sfruttando le crescenti potenzialità offerte dalla base informativa solida e armonizzata rappresentata dal sistema europeo delle statistiche strutturali. Nel 2007, ultimo anno per il quale si hanno confronti europei omogenei, in Italia erano attive poco più di 510 mila imprese manifatturiere, molte più che negli altri Paesi europei, in ragione della presenza rilevante di microimprese. In Italia questo segmento comprende poco meno di 430 mila imprese. Il più alto numero di imprese in Italia interessa anche i diversi sementi delle piccole e medie imprese: per le prime si rivela una presenza nettamente più consistente rispetto agli altri Paesi;
anche per il segmento delle medie imprese l'Italia si conferma ai primi posti, con poco più di 10 mila unità, seconda solo alla Germania. Le grandi imprese sono 1.400, molto meno che in Germania e in Francia. Questa struttura dimensionale si riflette su quella dell'occupazione che vede, in Italia, concentrarsi nelle microimprese oltre un quarto degli addetti manifatturieri, mentre nella media dell'Unione europea la quota di addetti assorbita dalle microimprese è del 13,9 per cento. D'altra parte, il peso occupazionale delle grandi imprese è, in Italia, pari al 22 per cento, poco più della metà di quello medio dell'Unione europea, ma inferiore a quello di Germania (53,2 per cento) e Francia (46,3 per cento) e ben al di sotto di quello della Spagna (26 per cento). Naturalmente il grado di integrazione verticale è tanto più elevato quanto minore è la dimensione aziendale: il rapporto tra valore aggiunto e fatturato era pari, nel 2007, al 31,9 per cento nelle microimprese, al 26,3 per cento nelle piccole, al 23 per cento nelle medie e al 19,3 per cento nelle unità di maggiore dimensione. La diminuzione del grado di integrazione verticale delle imprese riscontrata tra 2001 e 2007 risulta particolarmente rilevante per le piccole e per le medie imprese e, sotto il profilo settoriale, per i comparti dell'offerta specializzata;
un ulteriore elemento di differenziazione rispetto agli altri maggiori paesi dell'Unione è la forte polarizzazione nella specializzazione produttiva e commerciale dell'industria manifatturiera, con una prevalenza dei settori «tradizionali» delle industrie del sistema persona-casa e di quelle metalmeccaniche, e una presenza rilevante in comparti di «nicchia» dell'offerta specializzata. Questa struttura produttiva vede le imprese italiane di piccola dimensione assorbire quote di occupazione e di valore aggiunto nettamente superiori a quella della media dell'Unione europea e dei maggiori Paesi. Le imprese manifatturiere italiane hanno realizzato, tra il 2001 e il 2007, una crescita del valore aggiunto nominale del 15,1 per cento in un contesto di riduzione dell'occupazione di poco inferiore al 5 per cento. La crescita si è manifestata in modo diverso nei diversi settori, con una dinamica dei comparti a offerta specializzata e di quelli di scala nettamente superiore a quella della manifattura tradizionale. La dinamica aggregata del valore aggiunto nasconde anche differenze dimensionali notevoli, con un incremento del 19,8 per cento nelle piccole imprese, del 18,9 per cento nelle medie, del 12,1 per cento nelle grandi e del 6,5 per cento nelle microimprese. Una dinamica contenuta del valore aggiunto è comune alle microimprese di tutti i comparti. Anche le piccole e le

medie imprese registrano una notevole omogeneità dei tassi di crescita settoriali, bassi solo nella manifattura tradizionale, la cui dinamica complessiva domina le tendenze dei segmenti dimensionali. Le grandi imprese, invece, hanno tassi di crescita elevati nei settori con economie di scala e dell'offerta specializzata, e aumenti molto più ridotti nella manifattura tradizionale;
un confronto fra la performance produttiva delle imprese manifatturiere italiane e la media di quelle dei principali Paesi dell'Unione europea mostra, da un lato, una perdita di competitività complessiva del sistema industriale italiano; dall'altro, l'esistenza di segmenti di imprese che risultano in una posizione migliore rispetto agli altri Paesi. Infatti, tra il 2001 e il 2007 il divario di produttività del lavoro tra le imprese italiane e quelle degli altri Paesi si è ampliato dal 20,1 al 22 per cento, soprattutto per effetto dell'allargarsi del differenziale negativo delle microimprese (dal 22,7 al 27,9 per cento) e delle grandi unità (dall'8,5 al 12,4 per cento). L'andamento favorevole della produttività nelle imprese piccole (che tra 2001 e 2007 colmano un gap negativo del 5,1 per cento) e medie (che incrementano lievemente il loro vantaggio) non è sufficiente a colmare lo svantaggio del complesso delle imprese italiane;
ciononostante, le imprese italiane mostravano nel 2001 un livello di redditività lorda superiore a quello delle imprese degli altri principali Paesi, sia in media, sia per le piccole, le medie e le grandi imprese. Tale risultato dipendeva da un livello di costo unitario del lavoro inferiore, in Italia, del 23,6 per cento rispetto a quello medio degli altri quattro Paesi. Tra il 2001 e il 2007, però, l'ampliamento del gap di produttività, insieme a un ridimensionamento del differenziale negativo di costo del lavoro (-23,6 per cento a -19 per cento), ha determinato un netto peggioramento delle condizioni, assolute e relative, di redditività delle imprese italiane, pacata da un livello del 31 per cento (27,9 per cento per gli altri Paesi) al 29,9 per cento (32,6 per cento). Questo peggioramento relativo coinvolge tutti i segmenti dimensionali, ma consentiva ancora, nel 2007, alle medie e piccole imprese italiane di conseguire livelli di redditività superiori a quelli delle corrispondenti imprese di Germania, Francia e Spagna, situazione che sembra degenerata per il biennio 2008-2009 -:
quali interventi i Ministri intendano adottare al fine di ampliare le possibilità di crescita, sia interna, a livello nazionale, che esterna, a livello europeo, delle piccole e medie imprese italiane.
(4-09617)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'area del Mediterraneo e del Golfo Persico è la nuova frontiera delle imprese italiane, soprattutto per le piccole e medie imprese. Ma, per sfruttare questa enorme potenzialità, occorre investire in progetti di lungo respiro. Proprio questo è lo spirito che anima il libro «Med-Golfo, la terra promessa del business». Il volume è curato da Maurizio Guandalini, tra i più qualificati analisti indipendenti del sistema finanziario globale, docente e giornalista, e da Victor Uckmar, avvocato e docente universitario, uno dei maggiori esperti italiani di diritto tributario e presidente di Class Editori. Il ragionamento che fa da filo conduttore è lineare ed equivale a una domanda: ci si chiede perché puntare tutto su mercati come quello cinese e indiano, quando a poche ore di volo c'è un'area che comprende oltre 40 Paesi, un blocco economico di 800 milioni di consumatori e produttori e che, presto o tardi, è destinato a contrapporsi a Stati Uniti e Cina. Come scrivono Guandalini e Uckmar, «la prossima Cina è dietro l'angolo». Soprattutto dopo la firma dell'accordo tra Italia e Libia, che ha messo la parola fine al contenzioso sul periodo coloniale, Tripoli è diventata non soltanto una garanzia di forniture di petrolio e gas ma uno sbocco importante per i prodotti del made in Italy. Il discorso vale per tutte le altre nazioni che si affacciano sul Mediterraneo,

L'Italia, quindi, è chiamata a svolgere un ruolo di cerniera grazie alla sua posizione strategica: una finestra aperta su tutta l'area, che può ambire al compito di regista. D'altro canto, prima di muoversi, occorre studiare a fondo la situazione e le problematiche di quei Paesi che, pur essendo vicini geograficamente, sono spesso molto lontani per mentalità, cultura, religione, stili di vita;
se l'attenzione è incentrata soprattutto sul business, non bisogna dimenticare alcuni elementi fondamentali come il rispetto della dignità umana nel lavoro. Per questo è utile varare un codice etico, «una carta vincolante, incluse le sanzioni per chi non rispetta le regole, condivisa dagli aderenti all'Organizzazione mondiale del commercio». Il libro è diviso in due parti: la prima riguarda l'education ed è scritta dai massimi esponenti delle società di supporto alle imprese: istituti di rappresentanza all'estero, camere di commercio e centri studi. La seconda sezione raccoglie le testimonianze degli imprenditori coinvolti concretamente nell'area del Med-Golfo. «Conoscere per investire», sembrano scandire le parole Guandalini e Uckmar, ammettendo che il Sistema Italia, nonostante i notevoli passi in avanti fatti negli ultimi tempi, non ha ancora raggiunto i livelli dei Paesi europei più avanzati. Per crescere nel Med-Golfo sono necessarie un'ampia conoscenza, oltre ad assistenza tecnica, fiscale e giuridica;
quest'anno, stando agli accordi presi a metà degli anni 1990 in sede europea, sarebbe dovuta partire la zona di libero scambio del Mediterraneo, sul modello di Nafta che interessa il Nordamerica. «Dei buoni propositi del 1995 dobbiamo constatare magri risultati», riconoscono Guandalini e Uckmar, che nel decollo della partnership fra Italia e Med-Golfo vedono un'occasione di rilancio per il Mezzogiorno. Per rendersi conto dell'importanza dell'area Mediterraneo-Golfo, basti pensare che il mercato finanziario ha un valore potenziale tra 600 e 800 miliardi di dollari e che da sette anni registra un aumento annuo costante del 15 per cento. Per la fine dell'anno le stime parlano di l.000 miliardi di dollari. Numeri rimarcati nella prefazione al libro da Adolfo Urso, viceministro dimissionario allo sviluppo economico. Così, le banche internazionali si stanno insediando in Paesi come l'Arabia Saudita e il Qatar. «Di contro», rileva Urso, «per parte italiana, solo Banca Intesa e Bnl, tramite Paribas, sono presenti in area Golfo per le nostre imprese»;
l'interscambio del Med-Golfo con l'Italia ammonta a 1,3 miliardi di euro. In prima fila macchine e apparecchiature. Il viceministro riconosce, peraltro, «alcuni limiti della struttura produttiva italiana: dimensione ridotta e difficoltà di penetrare mercati più lontani ma anche più promettenti». Le migliori opportunità si concentreranno nei mezzi di trasporto, nelle macchine e nei materiali da costruzione, «che potranno beneficiare del rafforzamento delle reti infrastrutturali, in particolare autostrade, ferrovie e porti, con immediate ricadute anche sulla domanda di beni intermedi». Per esempio, in Nordafrica è in fase di realizzazione la linea ferroviaria tra Algeria e Marocco, mentre in Arabia è previsto un distretto aerospaziale entro il 2015. Sul fronte degli organismi che assistono le aziende italiane, la Sace, come ha sottolineato il presidente Giovanni Castellaneta, «alla fine del 2009 aveva in portafoglio garanzie su operazioni dirette nei paesi Mena (Medioriente e Nordafrica) per quasi 7 miliardi di euro, circa il 24 per cento della sua esposizione totale: una percentuale solo leggermente inferiore a quella relativa ai paesi europei (28 per cento) e di gran lunga superiore a quelle riguardanti le altre aree del mondo»;
Massimo D'Aiuto, amministratore delegato di Simest, ricorda che «le imprese italiane esportatrici nel bacino del Mediterraneo sono circa 23 mila, in aumento del 9 per cento negli ultimi cinque anni». Tuttavia gli investimenti diretti esteri «rimangono ancora bassi, sebbene continui ad aumentare il peso dell'area sul fatturati delle partecipate italiane all'estero». Uno dei settori promettenti è quello delle energie

rinnovabili, soprattutto di tipo solare ed eolico. «La produzione in questi paesi», afferma Carlo Corazza, direttore della rappresentanza milanese della Commissione europea, «implica la possibilità di trasportarla anche in Europa attraverso nuove adeguate infrastrutture di rete con relativa necessità di investire in imponenti elettrodotti». L'obiettivo è raggiungere almeno 20 gigawatt di capacità energetica da rinnovabili entro dieci anni. Il progetto costerà 80 miliardi di euro. Proprio in questo comparto è attiva l'azienda Solar ventures, che costruirà il più grande parco solare nel Med-Golfo: un impianto da 100 megawatt in Giordania, estendibile a 250 megawatt e più, nella zona di Ma'an, a sud della capitale Amman. La prima fase dell'operazione, che prenderà il via l'anno prossimo, spiega Michele Appendino, presidente e amministratore delegato di Solar ventures, prevede l'installazione di oltre 350 mila moduli solari per un investimento stimato in 300 milioni di euro -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di promuovere l'ingresso delle piccole e medie imprese italiane all'interno del sistema economico Mediterraneo-Golfo Orientale.
(4-09626)

DI PIETRO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 29 marzo 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, recante «Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive», il cosiddetto «decreto Romani»: un provvedimento che già in occasione del relativo esame preliminare presso le competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica aveva suscitato durissime critiche da parte del gruppo dell'Italia dei Valori per il rischio evidente che sui temi legati alla disciplina del web fossero introdotte - e successivamente approvate in via definitiva - disposizioni capaci di limitare la libera circolazione dei contenuti e delle informazioni sui siti internet attraverso la sostanziale equiparazione tra le modalità di funzionamento dei siti web e quelle attualmente previste per il funzionamento dei canali televisivi;
tali disposizioni, infatti, così come formulate nello schema di decreto sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari apparivano in contrasto con quanto stabilito dalle norme contenute nella cosiddetta «Direttiva sul commercio elettronico» n. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, che vietano agli Stati membri di imporre ai servizi della società dell'informazione regimi di autorizzazione speciali e, quindi, l'assoggettamento dell'apertura di un sito web ad un qualsiasi procedimento di carattere autorizzatorio;
a seguito dei rilievi critici formulati in sede parlamentare, il Consiglio dei ministri ha apportato qualche correttivo al citato schema di decreto, ma le attese sono rimaste purtroppo deluse;
inoltre, durante il mese di luglio 2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dando seguito a quanto previsto dal cosiddetto «decreto Romani», ha emanato due delibere, la delibera n. 258/10/CONS e la delibera n. 259/10/CONS, con le quali ha avviato le consultazioni pubbliche su due schemi di regolamento concernenti la prestazione di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica e la fornitura di servizi di media audiovisivi a richiesta;
tali schemi, allegati alle citate delibere, nella loro formulazione iniziale, come ampiamente denunciato dalla stampa nazionale, avrebbero potuto genere pesantissimi costi a carico delle piccole web tv italiane. Queste, infatti, si sarebbero viste costrette a richiedere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni due apposite autorizzazioni: una per trasmettere in modalità streaming ed una per trasmettere in modalità on demand, al costo di 3.000 euro cadauna. A ciò si

sarebbero poi aggiunti una serie di documenti e procedure burocratiche che avrebbero gravato le web tv di ulteriori costi e complessità di gestione;
la diffusione delle notizie sui contenuti propri di tali norme hanno provocato una immediata reazione di protesta sul web e solo qualche giorno fa, il 15 novembre 2010, è stato deciso di procedere ad una revisione dei testi dei regolamenti per le web tv e radio lineari, nonché per le web tv e le radio non lineari all'esame dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, la nuova disciplina non dovrebbe riguardare le piccole realtà di internet e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni avrebbe aggiornato al 25 novembre 2010 la discussione sulle regole e gli obblighi per ulteriori approfondimenti e riflessioni;
particolare preoccupazione suscitano, tuttavia, le norme allo studio della citata Autorità che riguardano l'introduzione dell'obbligo di una dichiarazione di inizio attività con un costo di autorizzazione pari a 750 euro per l'apertura di una radio web e di 1.500 euro per l'apertura delle web tv lineari, come pure le disposizioni che dovrebbero essere adottate per contrastare la pirateria su web. Al riguardo, sarebbe stata avanzata la possibilità di imporre l'oscuramento dei siti collegabili, indipendentemente dallo svolgimento effettivo di attività di pirateria, e di bloccare direttamente il traffico peer to peer, ovvero lo scambio libero e gratuito di file tra gli utenti privati, sulla base di una semplice segnalazione delle forze dell'ordine o dei titolari dei diritti d'autore, e non già, come accade oggi, grazie alla richiesta dell'autorità giudiziaria;
le predette disposizioni, se approvate in via definitiva, potrebbero annientare completamente lo sviluppo di internet, oltre che stravolgerne il funzionamento attraverso il controllo e la limitazione della circolazione dei relativi contenuti sul web -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, alla luce di quanto descritto in premessa, affinché si eviti il rischio di pregiudicare lo sviluppo delle radio web libere, nonché delle web tv, attraverso l'imposizione di oneri burocratici e finanziari ingiustificati o filtri che, di fatto, limiterebbero in modo eccessivo la libera circolazione delle informazioni e dei contenuti sulla rete internet.
(4-09637)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Bersani e altri n. 1-00471, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Strizzolo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Di Pietro e altri n. 4-09599, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Evangelisti.