Allegato B
Seduta n. 398 del 19/11/2010

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. -Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la regione più verde d'Italia, dal punto di vista economico, risulta essere il Trentino Alto Adige. Un centro di ricerca, la Fondazione Impresa, emanazione della Cgia di Mestre con finalità di indagine orientate al settore delle imprese e dell'industria, ha messo a punto il primo indice italiano della Green Economy. Di recente è stata analizzata la prima fotografia dell'Italia vista sotto la lente dell'economia verde. Una fotografia che presenta alcune conferme e molte sorprese. Secondo la classifica delle regioni italiane in base all'IGE, appunto l'indice della Green Economy. al secondo posto si trova la Toscana, al terzo la Basilicata e al quarto la Calabria. Parallelamente, scorrendo la classifica dal basso, può far meraviglia trovare al ventunesimo e ultimo posto la Puglia, appena preceduta da Liguria e Lazio. Per non parlare, spostandosi verso centro classifica, della Campania della Napoli invasa dai rifiuti addirittura sopra la «verde» Umbria;
non si tratta, però, di paradossi, come conferma Cristina Cama di Fondazione Impresa: «è che abbiamo dovuto mettere a punto un sistema in grado non solo di fotografare lo stato di fatto, ma anche di dare conto dell'impegno delle diverse regioni. Abbiamo vagliato diverse possibilità e alla fine abbiamo deciso di utilizzare tre parametri, tre antenne, per rilevare il tasso di Green Economy di ogni regione: l'energia da fonti rinnovabili, l'agricoltura biologica e la raccolta differenziata dei rifiuti. A partire poi dal prossimo anno, contiamo di fornire un'immagine più dinamica dello stato dell'arte». Ma oltre le cautele da ricercatori, anche questa prima edizione dell'IGE rende un'immagine tutt'altro che statica del paese. Si prenda l'esempio dell'indicatore energetico: in questo caso al primo posto si trova la Valle d'Aosta, in virtù della fortissima incidenza di energia idrica prodotta, e da questo punto di vista tutte le regioni dell'arco alpino sono ovviamente bene posizionate perché la gran parte dell'energia idroelettrica italiana viene da lì. Per questo vengono assegnati punteggi diversi alle altre fonti rinnovabili;
per esempio la Toscana è al quarto posto assoluto, pur avendo pochissimo idroelettrico e anche poco solare o eolico perché l'82 per cento deIla sua energia verde viene dal geotermico. Ed è qui che la fotografia di Fondazione Impresa inizia ad andare anche in profondità: anche il Veneto ha potenzialmente energia geotermica, ma la Toscana vi ha puntato molto di più, ha investito molto e questo la porta più in alto in classifica, mentre il Veneto ha incentrato la propria azione soprattutto sull'idroelettrico. È secondo questa stessa logica che la Puglia si trova in posizioni più arretrate rispetto alle altre regioni. Non ha idroelettrico e solo l'impegno degli ultimi anni sul fronte del solare la fa risalire in classifica. «In generale - spiega ancora Cristina Cama - si può dire che le regioni del Sud hanno una forte quota di Green Economy in virtù del loro recente impegno nell'energia e nell'agricoltura biologica, mentre sono penalizzate sul fronte della raccolta differenziata dei rifiuti»;
la regione più «bio» d'Italia risulta essere la Basilicata: ha una superficie coltivata biologicamente inferiore a quella di Puglia e Sicilia ma in percentuale maggiore: qui si arriva al 20 per cento. Ed ha anche un maggior numero di imprese biologiche per 100 mila abitanti. Il punto dolente ovviamente è la gestione dei rifiuti. Qui vanno bene tutte le regioni settentrionali, situazione che non è possibile riscontrare nel Meridione, dove però, per Meridione si intende, almeno in questo caso, tutto il territorio nazionale che va dalla Pianura Padana alla Sicilia. Infatti, al Nord, la percentuale di raccolta differenziata va dal 40 per cento in su. Sotto, si

distinguono la Sardegna prima e la Toscana poi come uniche regioni al di sopra della media nazionale. Le altre devono ancora adeguarsi agli standard, come ad esempio la Campania, sebbene essa abbia, a livello regionale, una percentuale di differenziata superiore al Lazio (19 per cento contro 13 per cento). Al contrario, il Molise si trova all'ultimo posto. Dal punto di vista del ciclo dei rifiuti, la Liguria risulta essere secondo tutti gli indicatori una regione «meridionale»: sempre agli ultimi posti, meglio del Lazio ma costantemente peggio della Puglia -:
quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di incentivare lo sviluppo di Green Economy, in tutto il territorio nazionale sfruttando le risorse ambientali ed energetico-rinnovabili proprie di ciascuna regione.
(4-09581)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni si stanno aprendo nuove frontiere nella ricerca eolica, a cominciare dal progetto Kitenergy, volto alla trasformazione dell'energia dei venti ad alta quota (800-1000 metri) in energia elettrica. Nell'ottobre 2010 l'omonima società torinese che detiene il brevetto Kitenergy ha iniziato il road show italiano di presentazione raccogliendo l'invito a partecipare, a Milano, all'Investor Arena Meeting di Intesa San Paolo Start-Up Iniziative e all'Innovation Festival. Notevole è stato l'interesse suscitato presso alcune aziende italiane attive nel settore delle fonti rinnovabili. Interessata è per esempio la valdostana Seva che, pur manifestando ancora alcune perplessità di ordine tecnico, si è detta disposta ad acquistare il primo eventuale apparecchio funzionante (800.000 euro per Megawatt installato) non appena ultimata la fase del prototipo (quattro milioni di euro). Kitenergy è il frutto della ricerca di Mario Milanese, professore ordinario di teoria dei sistemi al politecnico di Torino, di Franco Taddei, esperto mondiale in ambito di meccanica di precisione e di Lorenzo Fagiano, vincitore del prestigioso Eni Award 2010 promosso da Eni con il supporto della Fondazione Eni Enrico Mattei. Di fatto, per Milanese, Kitenergy è davvero «un'innovativa tecnologia volta alla generazione di energia eolica di altitudine e che ha la potenzialità di produrre energia elettrica a costi inferiori rispetto a quella prodotta da fonti fossili»;
il punto è che in alta quota i venti soffiano forti e costanti e pertanto, almeno teoricamente, sembrano rappresentare una sorgente molto importante di energia rinnovabile, disponibile ovunque e non sfruttata. «Il vento è raggiunto tramite grandi profili alari di potenza i cui movimenti sono controllati automaticamente grazie a sensori e software proprietario», spiega il professor Milanese. I profili alari sono ancorati a una struttura a livello del suolo per mezzo di cavi che trasmettono le forze di trazione al generatore, il quale le converte in energia elettrica. Geniale e allo stesso tempo apparentemente piuttosto semplice. Tuttavia vi è chi esprime ancora qualche dubbio sull'effettivo rendimento energetico dell'applicazione. Come Sergio Campodall'Orto, direttore generale di Alintec, società che coordina la rete degli incubatori di Milano e gestisce Innovation Festival. Senza contare che, a suo parere, il progetto «potrebbe trovare difficoltà con i costosi finanziamenti per passare alla fase di industrializzazione del prototipo». Si parla di quasi cinque milioni di euro, una cifra che, di questi tempi, nel nostro Paese pochi soggetti industriali sono pronti a spendere. Per questo motivo Kitenergy guarda soprattutto all'estero, principalmente negli Stati Uniti. Anche se lì «hanno ancora un livello di competenza inferiore a quello italiano», come ricorda Lorenzo Fagiano che proprio negli Stati Uniti sta completando la sua attività;
eppure la ricerca americana corre molto rapidamente. A settembre è stato lanciato il consorzio Awec (Airborne Wind Energy Consortium) e «dal 2007 a oggi sono nate alcune realtà imprenditoriali

importanti, che si propongono, grazie anche a capitali più abbondanti e più facili da ottenere, di portare a livello industriale le tecnologie per lo sfruttamento dei venti di alta quota». Se Kitenergy pensa di rivolgersi oltreoceano per ottenere i finanziamenti indispensabili allo sviluppo del progetto, la Seagate di Milano ha invece «già ottenuto da un'importante società scandinava attiva nella logistica i capitali necessari a uno studio di fattibilità tecnico-economico per l'applicazione di un sistema velico alle proprie navi». Seagate ha sviluppato e brevettato così una struttura innovativa che sembra rispondere alle future esigenze della marina commerciale, spinta dalla globalizzazione a un vertiginoso aumento dei propri traffici. Secondo studi recenti è stato calcolato infatti che, più dell'intero trasporto terrestre, nel 2020 la navigazione mercantile risulterà la maggior responsabile delle emissioni di CO2 in atmosfera;
«Il sistema velico di Seagate è abbattibile (quando non in uso è contenuto all'interno del perimetro della nave senza comprometterne così i passaggi sotto i ponti o lungo i canali), è automatico (non richiedendo, quindi, operatori specializzati a bordo), ha bisogno di minime modifiche alla struttura della nave ed è aerodinamicamente ottimizzato per le andature orziere tipiche di applicazioni in cui la velocità dell'imbarcazione è data dalla combinazione della propulsione velica e di un motore termico» spiega Campodall'Orto piuttosto ottimista sui futuri sviluppi di questa tecnologia che, grazie al contributo dell'università di Southampton sui temi aerodinamici, del politecnico di Milano su quelli strutturali e di simulazioni piuttosto attendibili, lascia prevedere un risparmio di carburante intorno al 20 per cento;
quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di sfruttare tutte le potenzialità dell'energia eolica, sia per quanto riguarda l'impiego in ambito industriale che privato.
(4-09582)

DI PIETRO, PIFFARI, SCILIPOTI, EVANGELISTI e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo le stime del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel territorio italiano il 68,8 per cento dei comuni ricade in aree classificate ad alto rischio idrogeologico, che interessano circa il 7,1 per cento della superficie territoriale;
la fragilità del nostro territorio risulta certamente aggravata dalla intensa urbanizzazione, si stima, infatti, che il consumo del suolo sia stato nel periodo 1990/2005 di 3.665.261 ettari e che nello stesso periodo ai fabbricati già esistenti siano stati aggiunti altri 3.139 miliardi di metri cubi di capannoni industriali e lottizzazioni residenziali;
riferendosi solo al rischio idrogeologico negli ultimi ottanta anni si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane, infatti, sempre secondo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti, dal 1973 al 2001 sono state 700 le vittime a causa delle frane e delle piene;
l'Italia è un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, contro i 114 della Francia e gli 89 della Spagna, inoltre esiste una forte sperequazione nella distribuzione territoriale italiana, con regioni come la Sardegna con 68 abitanti per chilometro quadrato e la Campania con 420 abitanti per chilometro quadrato;
secondo una tabella elaborata dal Cineas, il Consorzio universitario del politecnico di Milano, nel solo periodo 1994/2004, per tamponare i danni da alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato ha dovuto spendere complessivamente 20.946 milioni di euro;

la tutela ed il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto e la messa in sicurezza delle situazioni a rischio costituiscono la priorità strategica per garantire al Paese quelle condizioni territoriali indispensabili per la ripresa della crescita economica, esempio eclatante di questi giorni è proprio l'alluvione della regione Veneto, nella quale è praticamente andata distrutta l'economia industriale della regione, inoltre la politica del territorio non può che essere impostata sulla prevenzioni, secondo le indicazioni provenienti dall'Unione europea;
risulta all'interrogante che l'ANBI (Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari) ha presentato nel febbraio 2010 un piano pluriennale di riduzione del rischio idrogeologico che e stato, ad avviso degli interroganti, inspiegabilmente ignorato dal Ministero dell'ambiente;
il piano proposto dall'ANBI prevede un'azione di manutenzione straordinaria nel cui ambito rientrano:
lavori di adeguamento e ristrutturazione dei torrenti e delle rogge, anche con interventi di ingegneria naturalistica e interventi per il ripristino delle frane sulle sponde dei canali;
lavori di manutenzione straordinaria e di adeguamento e ricalibratura della rete di bonifica e delle idrovore per il sollevamento delle acque, di adeguamento delle quote arginali e della realizzazione di canali scolmatori;
interventi di manutenzione del reticolo idraulico a difesa dei centri abitati;
realizzazione di opere per la laminazione delle piene al fine di smaltire gli elevatissimi volumi idrici derivanti dai bacini montani e corrivati sempre più rapidamente;
lavori di adeguamento della rete di bonifica, consolidamento della arginatura, potenziamento degli impianti idrovori al fine di adeguare le opere al territorio urbanizzato;
interventi di manutenzione straordinaria dei fossi minori e delle opere idrauliche;
lavori di stabilizzazione delle pendici, collinari e montane;
il piano proposto dall'ANBI, che contiene gli interventi e le azioni suindicate sulla base delle indicazioni provenienti dai consorzi di bonifica associati, richiede un importo complessivo di 4.183 milioni di euro, importo che risulta essere un quinto della spesa sostenuta dallo Stato per tamponare i danni delle catastrofi idrogeologiche verificatesi nel decennio 1994/2004 che è stato di 20.946 milioni di euro;
l'importo del piano suindicato coprirebbe tutti i 1.365 progetti cantierabili nelle 18 Regioni italiane a rischio idrogeologico;
ad avviso degli interroganti appare più utile ai cittadini ed all'economia nazionale una riduzione del rischio idrogeologico di tutto il territorio italiano per un importo di 4,183 miliardi di euro, piuttosto che la realizzazione di un ponte sullo Stretto di Messina da 6,3 miliardi di euro -:
se il Ministro non ritenga opportuno verificare la percorribilità del piano proposto dall'ANBI per garantire interventi risolutivi a lunga scadenza, invece di intervenire periodicamente con soluzione temporanee sempre comunque costose, come si evince dai dati suindicati.
(4-09599)

SPOSETTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dopo ripetuti avvisi ed esposti alle autorità competenti, anche quest'anno, con la stagione della raccolta delle olive e con la riapertura dei frantoi, puntuale è tornata a riversarsi nel Rio Fratta, un

affluente del Tevere, la marea nera derivante dagli scarti di lavorazione della frangitura delle olive;
da diversi anni infatti a monte del corso d'acqua vengono scaricati illegalmente importanti quantitativi di acque acide e inquinanti;
nei giorni scorsi il sindaco del comune di Corchiano ha provveduto ad interessare le istituzioni coinvolte e promosso iniziative finalizzare ad interrompere lo smaltimento illegale dei rifiuti speciali prodotti e a chiedere il risarcimento dei danni ambientali;
inoltre l'amministrazione comunale di Corchiano, l'associazione Legambiente, l'associazionismo locale e i singoli cittadini da giorni promuovono delle iniziative tese a presidiare le sponde del corso d'acqua per garantire la salute pubblica e il rispetto della legalità e dell'ambiente;
stante tale situazione, appare quindi necessario procedere alla bonifica dei luoghi per poter ripulire dai depositi di scarti di lavorazione dei frantoi l'affluente Rio Fratta -:
se intenda effettuare appositi controlli per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di contrastare tale fenomeno e quali iniziative per la bonifica del fiume siano state assunte.
(4-09601)