Allegato B
Seduta n. 398 del 19/11/2010

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

BERRETTA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa s.p.a., in attuazione di quanto disposto dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007, articolo 1, commi 460-461), ha previsto il piano di riordino e dismissione delle proprie partecipazioni societarie nei settori non strategici di attività, approvato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, in data 31 luglio 2007;
l'Agenzia ha dato, quindi, immediato avvio alla procedura di cessione delle società regionali possedute, procedendo d'intesa con tutte le regioni interessate e invitando le stesse a manifestare l'eventuale interesse all'acquisizione delle società in questione;
tra le società interessate dal piano di riordino e di dismissione rientra Sviluppo Italia Calabria, società partecipata anche dalla regione Calabria;
le trattative intraprese dall'Agenzia con la regione Calabria erano finalizzate a definire un percorso concordato per garantire il rispetto degli obblighi fissati dalla legge finanziaria e, nel contempo, individuare soluzioni idonee a tutelare e valorizzare le risorse professionali presenti nelle aziende;
non avendo la regione Calabria fornito una risposta alla predetta richiesta di manifestazione di interesse, inviata in data 30 luglio 2007, Sviluppo Italia Calabria è stata posta in liquidazione volontaria;
le trattative con la regione Calabria sono state avviate, comunque, dopo la messa in liquidazione della società, prevista dagli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, per tutte le 138 unità presenti nell'organico di Sviluppo Italia Calabria;
il 31 ottobre 2008, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa da parte del Ministero, dell'agenzia, della regione Calabria e di Sviluppo Italia Calabria (in liquidazione), nel quale sono state prospettate soluzioni alle problematiche gestionali, aziendali e occupazionali della società regionale;
il 27 novembre 2008, coerentemente con le indicazioni del citato protocollo, l'Agenzia ha raggiunto un'intesa con la regione Calabria, i liquidatori della società regionale e le rappresentanze di varie organizzazioni sindacali che, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, prevedeva il trasferimento in due rami d'azienda della totalità dei dipendenti di Sviluppo Italia Calabria;
in particolare, la regione Calabria si era impegnata ad indicare il soggetto cui trasferire il ramo d'azienda relativo alla gestione degli interventi per la creazione e lo sviluppo d'impresa, al fine di occupare 100 unità, mentre l'agenzia avrebbe dovuto completare il progetto per l'individuazione delle attività di supporto informativo, da delocalizzare sul territorio regionale, utili all'assorbimento dei restanti 38 dipendenti della società regionale;
l'11 ottobre, il collegio dei liquidatori ha comunicato formalmente l'avvio della messa in mobilità dei 138 dipendenti di

Sviluppo Italia Calabria, anticamera del licenziamento collettivo -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
per quali motivi non si sia riusciti a tener fede al protocollo d'intesa e al successivo accordo attuativo del 27 novembre 2008;
quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare il licenziamento collettivo, a cui sembrano avviati i 138 dipendenti di Sviluppo Italia Calabria.
(4-09576)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Istat ha analizzato i caratteri dell'innovazione delle imprese grazie alle informazioni offerte dalla quarta edizione della rilevazione sull'innovazione nelle imprese (Cis4) opportunamente integrate con dati sui bilanci di impresa. La rilevazione fornisce informazioni sulla propensione delle imprese italiane alle attività di innovazione e sugli input impiegati, distinguendo tra diverse tipologie (prodotto, processo, gestione e organizzazione aziendale, design e strategie di commercializzazione). Una prima analisi ha considerato simultaneamente tutte le informazioni raccolte al fine di catturare la diversità e la complessità dell'innovazione, tenendo conto della sua natura multidimensionale e classificando le imprese in quattro gruppi. Il primo gruppo, costituito dal 21 per cento delle imprese, è prevalentemente orientato allo sviluppo congiunto di nuovi prodotti e processi caratterizzati da una forte componente tecnologica e da livelli relativamente più alti di creatività e di originalità dei prodotti immessi sul mercato. Il secondo, composto dal 9 per cento delle imprese, mostra una tendenza prevalente allo sviluppo di nuovi prodotti caratterizzati da una combinazione di elementi tecnologici e di altra natura e da una spiccata inclinazione all'adozione di meccanismi di protezione dei risultati innovativi. Nel terzo confluisce il 18 per cento delle imprese, impegnate quasi esclusivamente in attività di innovazione non tecnologica che si traducono in cambiamenti organizzativi e nuove strategie di marketing. Infine, l'ultimo, il più consistente da un punto di vista numerico (52 per cento circa delle imprese), mostra un generico orientamento verso l'ammodernamento dei processi aziendali;
i risultati dell'analisi mostrano come le differenti modalità di innovazione scelte dalle imprese (e conseguentemente le diverse tipologie di innovatori individuate) siano fortemente legate alle loro caratteristiche strutturali. Infatti, il primo e il secondo cluster sono costituiti in prevalenza da imprese di media-grande dimensione, operanti nell'industria, il terzo raggruppa molte piccole imprese, attive specialmente nei servizi, e il quarto è composto soprattutto da piccole imprese delle costruzioni. Integrando queste informazioni con quelle legate alla performance produttiva di un panel di imprese con 10 e più addetti sempre presenti dal 2001 al 2008 emergono due risultati: in primo luogo, le imprese che nel triennio 2009-2004 hanno innovato (i prodotti, i processi, l'organizzazione aziendale o il marketing) mostrano livelli e andamenti degli indicatori di performance mediamente superiori a quelli registrati dalle imprese non innovatrici per tutto il periodo considerato; inoltre, all'interno degli innovatori, le performance e le dinamiche si differenziano in funzione delle modalità di innovazione introdotte. In particolare, i primi due cluster (sviluppo nuovi prodotti e innovazioni tecnologico-creative), comparativamente i più innovativi, registrano performance decisamente più brillanti;
premesso che la dimensione media degli addetti risulta maggiore tra gli innovatori, emergono con chiarezza ampi differenziali di produttività a favore delle imprese innovatrici, con un livello mediano superiore del 15 per cento a quello registrato per le imprese non innovatrici. All'interno delle innovatrici, le migliori performance si osservano nel primo e secondo cluster (dove si riscontrano livelli

che superano rispettivamente del 24 e del 40 per cento il valore dei non innovatori). Anche la redditività lorda è nettamente più alta tra le imprese innovatrici nel loro complesso (47 per cento in più) e nel secondo cluster si registrano margini ancora più ampi (superiori del 136 per cento). Le imprese innovatrici sono poi caratterizzate da una maggiore intensità di capitale (materiale e immateriale): ancora una volta sono le imprese del secondo cluster a mostrare differenze più pronunciate. Inoltre, se in generale non si riscontra alcuna sostanziale divergenza nell'indebitamento complessivo delle innovatrici rispetto alle altre, nei primi due cluster le imprese appaiono meno indebitate;
anche sul versante delle dinamiche, si osservano ampie differenze tra le imprese innovatrici e le altre: tra i soggetti innovatori, i primi due cluster hanno un andamento decisamente migliore. Nel caso degli addetti, i valori mediani per le imprese innovatrici registrano un +10 per cento rispetto al +6 per cento delle non innovatrici. Con riguardo alle dinamiche produttive osservate nel periodo 2001-2008 emergono andamenti più sostenuti della produttività nel primo e nel secondo cluster. Ciò si riflette in riduzioni più contenute della redditività lorda di tutte le innovatrici e, in particolare, delle imprese del secondo. Nello stesso periodo, tra le imprese innovatrici si registra un calo minore dell'intensità di capitale immateriale, a fronte di un incremento maggiore della componente materiale. Entrambi gli indicatori di intensità di capitale mostrano una grande eterogeneità di comportamento. Una riduzione lievemente maggiore per le innovatrici riguarda, inoltre, il rapporto di indebitamento: le imprese con attività di innovazione si indebitano di meno di quelle che non innovano nel periodo 2001-2008 -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di creare condizioni per una innovazione strutturale delle imprese, che tenga conto dei parametri europei e di quelli più competitivi a livello globale, al fine di poter giungere alla realizzazione di imprese in attivo ed attente al sociale.
(4-09578)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dall'ultimo rapporto Istat sulla situazione nel Paese nel 2009 si evince che un'analisi delle dinamiche dell'export che tenga conto della localizzazione delle imprese esportatrici sul territorio, utilizzando come riferimento i «sistemi locali del lavoro» (Sll), consente di valutare l'impatto della crisi sulle diverse aree del Paese. La territorializzazione delle esportazioni nazionali di beni per Sll si fonda su un'ampia base informativa integrata, composta da diversi archivi di dati individuali, su imprese, unità locali e transazioni commerciali con l'estero. La base dati è stata realizzata partendo dal 2007, ultimo anno per il quale si dispone delle informazioni relative alla localizzazione delle unità locali delle imprese. Per proiettare la stima delle esportazioni per Sll anche agli ultimi anni e per cogliere alcuni aspetti dinamici recenti dei flussi commerciali è stato costruito un panel di imprese, oltre 107 mila, continuativamente attive all'export in tutti gli anni del triennio 2007-2009. La copertura delle esportazioni attivate dalle imprese appartenenti al panel sul totale delle esportazioni nazionali risulta pari mediamente al 90 per cento per tutti gli anni considerati, mostrando quindi una ridotta perdita del contenuto informativo anche negli anni più recenti;
tra il 2008 e il 2009 il contributo alle esportazioni nazionali dei sistemi del made in Italy subisce una leggera flessione, dal 45,6 al 45,4 per cento, associata a una riduzione delle vendite all'estero pari al 24,1 per cento, di poco superiore alla flessione media nazionale. Tra questi, i sistemi del tessile, delle pelli e dell'abbigliamento forniscono un contributo all'export, totale nazionale del 14 per cento, con una flessione delle vendite all'estero del 22,8 per cento rispetto al 2008. Gli

altri sistemi del made in Italy, invece, registrano una leggera contrazione della propria quota sull'export nazionale, dal 2008 al 31,4 per cento del 2009, con una flessione delle vendite sui mercati esteri superiore alla media nazionale;
per quanto riguarda i sistemi urbani, il loro contributo all'export è elevato e in crescita, 37,2 per cento nel 2009 rispetto al 35,8 per cento del 2008, soprattutto per l'andamento delle vendite all'estero delle aree urbane ad alta specializzazione che attivano il 13,1 per cento delle esportazioni nazionali nel 2009, il 12,3 per cento nel 2008, e presentano una flessione del 18,8 per cento del valore delle esportazioni. I sistemi della manifattura pesante subiscono una flessione rilevante del loro contributo alle vendite dirette verso i mercati esteri, dal 16,1 per cento del 2008 al 14,5 per cento del 2009, associata alla forte riduzione, - 31,2 per cento, del valore dell'export; i sistemi senza specializzazione, contraddistinti da dimensioni generalmente più contenute e da collocazioni geografiche più marginali, forniscono un contributo limitato alle esportazioni nazionali, pari all'1,8 per cento nel 2009 e conseguono un leggero incremento rispetto all'anno precedente;
nel biennio, dei 686 sistemi locali del lavoro, che coprono in modo esaustivo il territorio nazionale, 675 registrano una qualche forma di attività di esportazione, con una notevole concentrazione territoriale delle vendite all'estero: il primo 10 per cento dei sistemi locali lavoro attiva circa il 71 per cento delle esportazioni nazionali; la quota raggiunge il 92 per cento considerando il primo 25 per cento dei Sll. Tale risultato risente sia della dimensione geografica e di scala produttiva dei sistemi locali, sia dell'intensità delle vendite all'estero. Nel biennio considerato, a fronte di una caduta delle esportazioni nazionali del 23,8 per cento, la distribuzione delle dinamiche per i 686 Sll presenta differenziazioni legate sia alla collocazione geografica, sia alla dimensione media. Dinamiche negative delle esportazioni sono state realizzate da 552 sistemi locali: di questi 283 hanno segnato decrementi maggiori o uguali alla media nazionale. Sono invece 123 quelli che hanno registrato dinamiche positive dell'export. Poco meno del 45 per cento dei sistemi locali (pari a 127) per i quali si è registrata una flessione delle esportazioni superiore alla media nazionale sono localizzati nel Mezzogiorno, il 19,4 per cento nel Nord-Ovest, il 18 per cento nel Nord-Est e il 17,7 per cento nell'Italia centrale. I sistemi locali del lavoro che hanno segnato flessioni delle esportazioni inferiori alla media nazionale sono localizzati per il 38 per cento circa nel Mezzogiorno, per il 23 nell'Italia centrale e per il 39 al Nord. Dinamiche positive sono state realizzate invece nel 70 per cento dei casi da sistemi locali del Mezzogiorno, per il 17 per cento dei casi nel Nord e nel restante 13 nell'Italia centrale;
i sistemi locali del lavoro con riduzioni dei flussi commerciali verso l'estero superiori alla media nazionale si concentrano in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Molise, Basilicata e Calabria. Dinamiche positive sono rilevate in zone molto circoscritte del territorio, con una concentrazione maggiore in Liguria, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia; quest'ultima presenta la concentrazione più elevata di Sll con performance positive. L'analisi delle dinamiche dei flussi di esportazioni originati sul territorio deve tenere in considerazione anche i differenziali strutturali e dimensionali dei sistemi locali del lavoro. Le regioni settentrionali con il numero maggiore di Sll appartenenti al quarto piloto della distribuzione sono Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Nell'Italia centrale 34 Sll, pari al 27 per cento di quelli della ripartizione, si posizionano fra i maggiormente esportativi e sono in massima parte localizzati in Toscana e nelle marche. Appartengono sempre a questo quarto della distribuzione 21 sistemi locali del Mezzogiorno, corrispondenti al 6,5 per cento del totale dei sistemi dell'area;
l'esame congiunto di queste situazioni mette in luce che 82 sistemi locali appartenenti

al livello più elevato della distribuzione hanno registrato decrementi maggiori della media nazionale nel biennio considerato: 31 nell'Italia nord-occidentale, 30 in quella Nord-orientale, 14 nel Centro e 7 nel Mezzogiorno. I sistemi locali del lavoro che contribuiscono maggiormente alle esportazioni nazionali e che hanno mostrato nel biennio considerato flessioni nelle proprie vendite dirette all'estero inferiori alla media nazionale sono 75, localizzati soprattutto nel Nord-est e nel Nord-ovest, mentre, i sistemi locali del lavoro che hanno segnato incrementi nelle esportazioni sono localizzati soprattutto al Nord-ovest e nel Centro-sud -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di migliorare le condizioni e le possibilità di esportazione delle piccole e medie industrie italiane, nonostante gli ostacoli imposti dalla crisi economica.
(4-09579)

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un articolo del 18 novembre 2010 su Il Fatto Quotidiano, dal titolo «Un disastro l'atomo all'italiana, parola del nuclearista Clò», evidenzia alcune criticità dello sviluppo della tecnologia nucleare da parte del nostro Paese attraverso un'intervista al docente di economia industriale ed ex Ministro dell'industria Alberto Clò;
tra i rilievi avanzati vi è l'autorizzazione alla costruzione, in contemporanea dello sviluppo delle centrali nucleari, di un «nuovo esercito di centrali a metano», la riduzione dell'apporto del nucleare del 12 per cento nell'ambito dell'Unione europea, il raddoppio dei tempi medi di costruzione delle centrali nucleari, il risparmio massimo ottenibile del 5 per cento sui costi di generazione dell'elettricità arrivando al 25 per cento di produzione nucleare, gli effetti negativi della «priorità di dispacciamento» dell'elettricità nucleare e la carenza di sistemi di garanzia per i produttori nucleari sui prezzi di cessione, per metterli al riparo dalle oscillazione dei prezzi delle fonti concorrenti e dall'imprevedibilità della domanda;
tale quadro lascia intendere la previsione di uno sviluppo dell'energia nucleare su basi antieconomiche e assistenzialiste -:
quale sia l'effettiva aderenza alla realtà delle affermazioni contenute nell'articolo.
(4-09592)