XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la crisi che a partire dal 2007 ha colpito il sistema finanziario internazionale ha generato effetti dirompenti sulle economie dei principali Paesi. Le autorità hanno reagito in una prima fase con misure di emergenza e, successivamente, con l'avvio del processo di riforma della regolamentazione bancaria e finanziaria e della vigilanza;
il Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria ha elaborato una articolata proposta di revisione delle regole per le banche, con l'obiettivo di prevenire l'eccessiva assunzione di rischi da parte degli operatori e rendere il sistema finanziario nei prossimi armi più solido e prudente;
nel settembre 2010 i Governatori e i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno approvato le proposte del Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, che saranno sottoposte al vaglio dei Capi di Stato e di Governo nel G20 agli inizi di novembre 2010;
un primo obiettivo del nuovo accordo è di rafforzare, non solo in termini di quantità ma soprattutto in termini di qualità, il capitale delle banche per far tirante ai rischi legati all'espansione dell'attività finanziaria;
un secondo altrettanto importante obiettivo è quello di disegnare norme che riducano la cosiddetta prociclicità, che contribuiscano cioè a contenere la crescita eccessiva dell'attività finanziaria nei periodi di espansione economica e assicurino che le banche abbiano sufficienti risorse per affrontare le fasi negative del ciclo;
per evitare che le nuove regole rappresentino un freno alla debole ripresa in corso, le autorità di regolamentazione hanno concesso alle banche un periodo di transizione per adeguarsi: le nuove regole inizieranno ad applicarsi dal primo gennaio 2013, ma entreranno in vigore integralmente solo nel 2019;
le proposte di riforma hanno suscitato sul mercato reazioni diverse. In particolare, banche e imprese hanno lamentato un'eccessiva severità delle nuove regole, preoccupate rispettivamente del costo associato a più elevati requisiti di capitale e delle possibili ricadute sul finanziamento degli investimenti e, dunque, sulla ripresa economica;
la Banca d'Italia stima che, per il nostro Paese, un aumento di un punto percentuale del rapporto di capitalizzazione, realizzato in un arco temporale di 4 anni, produrrebbe nei prossimi 4-5 anni un tasso di crescita annuo del prodotto interno lordo inferiore di circa lo 0,1 per cento rispetto a quello che si sarebbe realizzato in assenza della riforma. D'altro canto, la maggiore solidità del sistema finanziario indotta dalla riforma ridurrebbe la probabilità di crisi finanziarie e le ricadute negative sulla crescita economica, che in Italia nel biennio 2008-2009 hanno provocato una caduta del prodotto pari ad oltre il 6 per cento;
tuttavia, l'accordo di Basilea 3 fornisce indicazioni ancora vaghe su due problemi cruciali. Anzitutto, l'esistenza di un rapporto minimo tra capitale e attivo ponderato per il rischio, non ha impedito a molte banche di accumulare un attivo per un valore pari a molte decine di volte rispetto al capitale. Lehman Brothers, prima di fallire, aveva un livello di Tier 1 Capital dell'11 per cento, ben superiore al nuovo minimo definito dal Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria. I coefficienti patrimoniali sono un requisito necessario ma non sufficiente a misurare i rischi e a prevenire eventuali nuove crisi finanziarie. Assieme ai requisiti patrimoniali è urgente affrontare, da un lato, il tema dell'eccessiva leva finanziaria e, dall'altro, quello della scarsa liquidità disponibile a breve;
per quanto concerne la leva, il limite è stato individuato solo in via preliminare, rinviandone la definizione al 2017, in previsione della sua entrata in vigore nell'anno successivo;
riguardo al rischio di liquidità, l'accordo si limita a dire che nel 2011 inizierà un periodo di osservazione, in vista dell'introduzione di un coefficiente di liquidità nel 2015, senza specificare neppure in via preliminare un criterio quantitativo;
gli effetti della riforma sul sistema produttivo italiano potranno risultare diversificati. Le imprese più indebitate verso il sistema bancario potrebbero subire maggiormente le conseguenze di un irrigidimento delle politiche creditizie;
in particolare, le più esposta sembrano essere le imprese di minore dimensione, per il minore potere contrattuale che possono vantare nei confronti delle banche;
i dati della Centrale dei bilanci relativi a un campione di circa 50.000 imprese indicano che quelle con meno di 50 addetti presentano una struttura finanziaria relativamente fragile e un'elevata esposizione nei confronti dei sistema bancario. In particolare, il grado di indebitamento delle piccole imprese risulta significativamente più elevato rispetto a quello delle imprese di maggiore dimensione;
tra il 2005 e il 2008 il rapporto tra i debiti finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio netto è risultato in media pari al 58,3 per cento, circa due punti percentuali in più rispetto alle imprese di media dimensione e oltre 10 punti in più rispetto alle grandi. Il maggiore indebitamento delle piccole imprese si riflette in una più contenuta capacità di sostenerne gli oneri finanziari, che rappresentano oltre il 30 per cento del margine operativo lordo, contro valori compresi tra il 20 e il 25 per cento per le imprese più grandi;
a causa della sostanziale assenza di canali di finanziamento alternativi al credito, la dipendenza delle piccole imprese dalle banche è più elevata della media: la quota di debiti bancari sul totale dei debiti finanziari è pari all'83 per cento; tale valore, prossimo a quello registrato per le imprese medie, è più elevato rispetto alle grandi di circa 30 punti percentuali;
per comprendere appieno i possibili effetti della riforma, vanno tuttavia adeguatamente considerati diversi fattori;
in primo luogo, è possibile stimare che le imprese con meno di 20 addetti sono finanziate in misura minore dalle banche più grandi e complesse che subiranno il maggiore impatto della riforma. La quota di credito concesso da questi intermediari alle piccole imprese è pari a circa il 45 per cento, contro un valore prossimo al 53 per cento per le imprese medio-grandi;
inoltre, ed è il fattore più significativo, un buon numero di banche italiane di medie e piccole dimensioni è già oggi caratterizzato da livelli di patrimonio superiori a quelli richiesti dalle nuove regole;
in ogni caso, la fase transitoria potrebbe aiutare a trovare soluzioni adeguate a specificità nazionali,
impegna il Governo:
a prevedere strumenti per incentivare le imprese a rafforzare la propria struttura finanziaria, agevolando questo processo con adeguate misure a sostegno delle operazioni di capitalizzazione o di altre operazioni volte ad accrescere la dimensione d'impresa e, con essa, la capacità di accedere direttamente ai mercati finanziari, al contempo favorendo opportuni meccanismi di garanzia pubblica sui finanziamenti a medio e lungo termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese;
a impegnarsi nelle opportune sedi internazionali, affinché l'accordo trovi, diversamente da quanto accaduto con Basilea 2, applicazione omogenea non solo in Europa ma a livello globale, e affinché nella sua concreta attuazione siano tenuti nella massima considerazione il differente peso che
le banche hanno per il finanziamento dei settori produttivi nei diversi Paesi e il modello di business delle diverse banche, in maniera da penalizzare chi ha maggiore probabilità di ingenerare crisi sistemiche ed evitando che siano penalizzati, nelle misure sulle deduzioni dal patrimonio di vigilanza, Paesi come l'Italia in cui, a causa del regime fiscale, si sono accumulate ingenti imposte differite attive (dta).
(1-00462)
«Fluvi, Boccia, Lulli, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino».
La Camera,
premesso che:
i Governatori e i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno approvato, su proposta del Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, un nuovo accordo, il cosiddetto Basilea 3;
il nuovo accordo impone requisiti patrimoniali più severi per l'operatività delle banche per consentire loro di disporre di maggiori risorse per affrontare crisi, tipo quella mutui subprime, che hanno messo in ginocchio il sistema finanziario e l'economia internazionale;
l'entrata in vigore sarà graduale, dal 1o gennaio 2013 per giungere alla piena attuazione al 1o gennaio 2019;
l'accordo intende intervenire ed agire su quelli che sono ritenuti i requisiti chiave imposti alle banche nella loro attività e che vengono misurati dal rapporto tra il patrimonio di vigilanza, cioè i fondi sui quali una banca può contare in una fase di necessità, e il totale delle sue attività per tenere conto delle effettive caratteristiche del rischio;
l'accordo avrà un'approvazione «politica» nella riunione dei Capi di Stato e di Governo del G20 che si terrà a novembre 2010 a Seul;
l'applicazione di questo accordo rischia di avere un serio contraccolpo a livello sociale, in quanto le banche, per adeguarsi ai nuovi criteri, potranno farlo solo ricapitalizzandosi o/e riducendo gli impieghi, o procedendo ad una stretta creditizia che si ripercuoterebbe inevitabilmente sulle piccole e medie imprese e sulle famiglie;
il Mezzogiorno già vive un'estrema difficoltà di accesso al credito da parte di imprese e famiglie; con l'applicazione dell'accordo Basilea 3 la difficoltà potrebbe aggravarsi, impedendo la ricostruzione e il sostegno al Sud di medie e piccole imprese che da sempre rappresentano la spina dorsale di un efficace e duraturo sviluppo economico e un volano occupazionale indispensabile;
l'accordo Basilea 3 può diventare un'importante innovazione se le banche torneranno a prestare maggiore attenzione alla qualità dei progetti imprenditoriali da finanziare in modo che nel giudicare i progetti non si guardi solo al bilancio dell'azienda, ma anche al suo trend di sviluppo, agli investimenti e alla possibilità di espansione nel territorio;
l'applicazione corretta nelle diverse aree geografiche del Paese è il requisito fondamentale, affinché si possa evitare l'effetto distorsivo nelle diverse economie presenti sul territorio italiano, effetto che amplierebbe il profondo differenziale già esistente tra Nord e Sud;
oggi le imprese e le famiglie del Sud scontano un costo del credito superiore di almeno un punto percentuale rispetto ai costi del credito sostenuti dagli stessi soggetti nel Centro-Nord,
impegna il Governo:
ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di evitare che l'applicazione
dell'accordo Basilea 3 penalizzi l'accesso al credito per piccole e medie imprese, nonché per le famiglie;
ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a garantire l'accesso al credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese anche nei territori meridionali;
a monitorare e ad accompagnare l'applicazione dell'accordo Basilea 3, affinché questa possa avere effetti positivi nelle aree svantaggiate del Paese, considerato che ciò è il requisito fondamentale per evitare effetti ulteriormente distorsivi nelle diverse economie presenti sul territorio italiano, effetti che amplierebbero il profondo differenziale già esistente tra Nord e Sud.
(1-00463)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».
La Camera,
premesso che:
l'8 ottobre 2010 lo scrittore e dissidente cinese Liu Xiaobo è stato insignito del premio Nobel per la pace per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina. Come si legge nelle motivazioni del Comitato per il Nobel «Durante gli ultimi decenni la Cina ha fatto enormi progressi economici, forse unici al mondo, e molte persone sono state sollevate dalla povertà. Il Paese ha raggiunto un nuovo status che implica maggiore responsabilità nella scena internazionale, che riguarda anche i diritti politici. L'articolo 35 della Costituzione cinese stabilisce che i cittadini godono delle libertà di associazione, di assemblea, di manifestazione e di discorso, ma queste libertà in realtà non vengono messe in pratica». Inoltre: «Per oltre due decenni Liu Xiaobo è stato un grande difensore dell'applicazione di questi diritti, ha preso parte alla protesta di Tienanmen nell'89, è stato tra i firmatari e i creatori di Charta 08, manifesto per la democrazia in Cina»;
Charta 08 è un manifesto per la libertà di espressione, per il rispetto dei diritti umani e per libere elezioni, che sostiene la necessità di introdurre riforme democratiche nel sistema politico. Sottoscritto originariamente da circa 300 personalità, Charta 08 ha raccolto quasi 10.000 adesioni, da parte di cittadini di varia estrazione sociale ed origine etnica;
Liu Xiaobo, tuttora detenuto, è stato privato della libertà a causa della sua adesione al movimento Charta 08. Inizialmente detenuto in un luogo sconosciuto, è stato formalmente arrestato solo il 23 giugno 2009 sulla base dell'accusa di «incitamento alla sovversione del potere dello Stato». Dopo un anno di detenzione, il 23 dicembre 2009 si è svolto il processo; il 25 è stato condannato a 11 anni di prigione e a due anni di interdizione dai pubblici uffici. La sentenza è stata confermata in appello l'11 febbraio 2010;
le autorità cinesi hanno sottoposto agli arresti domiciliari la signora Liu Xia, moglie di Xiaobo, a cui viene impedita ogni comunicazione con l'esterno;
a seguito della diffusione della notizia dell'assegnazione del premio Nobel per la pace a Liu Xiaobo, si sono immediatamente registrate numerose positive prese di posizione di molti Governi europei e di quello statunitense,
impegna il Governo:
ad assumere tutte le iniziative necessarie, sia sul piano diplomatico bilaterale sia contribuendo alla definizione di una comune linea dell'Unione europea sulla questione, per chiedere alle autorità cinesi:
a) la liberazione di Liu Xiaobo, vincitore del Nobel per la pace 2010, consentendogli di recarsi in Europa per partecipare alla cerimonia ufficiale di consegna del premio;
b) l'immediata rimozione di ogni limitazione alla libertà personale e di movimento della moglie dello stesso Liu Xiaobo, Liu Xia, eventualmente concedendole di ritirare il premio in sostituzione del marito.
(1-00464)
«Villecco Calipari, Franceschini, Bersani, Giulietti, Boniver, Antonio Martino, Ruben, Granata, Angela Napoli, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Buttiglione, Rao, Pezzotta, Tabacci, Lanzillotta, Nicco, Melchiorre, Fassino, Veltroni, Bindi, Ventura, Maran, Tassone, Gozi, Meta, Concia, Minniti, Garofani, Rugghia, La Malfa, Beltrandi, Lulli, Bachelet, Giulio Marini, Zampa, Giacomelli, Zunino, Grassano, Tanoni, Viola, Marchi, Mura, Zazzera, Di Stanislao, Barbieri, Narducci, Pistelli, Recchia, Verini, Fioroni, Migliavacca, Codurelli, D'Antoni, Cenni, Carella, Sereni, Schirru, Colaninno, Bonavitacola, Della Vedova, Piccolo, Mastromauro, Mecacci, Grassi, Boffa, Rubinato, Gianni Farina, Braga, Sanga, Burtone, Cambursano, Antonino Russo, Motta, Gnecchi, Agostini, Cesare Marini, Pompili, Argentin, Strizzolo, Margiotta, Sani, Pizzetti, Bucchino, Porta, Favia, Lo Monte, Coscia, Realacci, Castagnetti, Fucci, Mogherini Rebesani, Fontanelli, Servodio, Raisi, Touadi, De Torre, Di Biagio, Lucà, Marco Carra, Rampi, Fogliardi, Farina Coscioni, Vannucci, Rossa, Bernardini, Maurizio Turco, Zamparutti, Pes, De Biasi, Binetti, Amici, Tempestini, Ria, Federico Testa, Bossa, Garavini, Esposito, Lolli, Ghizzoni, Tullo, Damiano, Merloni, Pedoto, Ciriello, Dal Moro, Leoluca Orlando, Mantini, Colombo, Fiano, Velo, Mazzarella, Iannuzzi, Misiani, Causi».
La Camera,
premesso che:
secondo la Banca d'Italia, grazie al nuovo accordo Basilea 3 si avrà un più severo e omogeneo quadro di regole che rappresenta la condizione necessaria per rendere più solido il sistema finanziario e costituisce uno stimolo per l'adozione di comportamenti virtuosi da parte delle imprese;
tuttavia, nel corso dei numerosi incontri e convegni organizzati per analizzare l'impatto del nuovo accordo internazionale Basilea 3, che sarà portato all'approvazione del G20 dei Capi di Stato e di Governo di Seul agli inizi di novembre 2010, sono emerse preoccupazioni e timori per i possibili effetti sul comparto creditizio, soprattutto su quello maggiormente concentrato sull'attività di intermediazione tradizionale rispetto a quello dedito all'investment bank;
i timori sono legati alle conseguenze che i nuovi requisiti di capitale, richiesti agli istituti per fare fronte ai rischi, potranno avere sull'economia;
in particolare, il rapporto tra il patrimonio delle banche (capitale azionario più riserve di bilancio) e le sue attività, salirà dal 2 per cento al 4,5 per cento e potrà, inoltre, essere richiesto anche un ulteriore 2,5 per cento da usare nei periodi difficili, che porterà la percentuale al 7 per cento. Sono, inoltre, previsti test per un tetto sulla leva finanziaria pari al 3 per cento del capitale Tier 1;
anche se gli istituti italiani possono contare su una qualità complessivamente
buona del capitale, secondo il vicedirettore della Banca d'Italia, Maria Tarantola, l'impatto sulle banche non sarà trascurabile e peserà su quelle di maggiori dimensioni che mostrano livelli medi di patrimonializzazione meno elevati nel confronto internazionale;
infatti, le piccole e medie banche italiane presentano già livelli di patrimonio superiori a quelli richiesti dalle nuove regole, come confermato anche da un'analisi condotta dalla società di consulenza Oliver Wyman su un campione di 45 banche medie (con attivi totali compresi fra 10 e 40 miliardi di euro) e medio-piccole (500 milioni di euro e 10 miliardi di euro) italiane, secondo cui il comparto è già sostanzialmente in linea con l'accordo Basilea 3;
tuttavia l'accordo Basilea 3 prevede anche l'introduzione di una serie di cuscinetti di emergenza per assorbire eventuali perdite in particolari fasi di mercato. Il primo, detto conservation buffer, sarà obbligatorio e aumenterà progressivamente fino al 2019. L'applicazione dell'altro, il cosiddetto countercyclical buffer, resta a discrezione delle singole banche centrali nazionali e servirebbe a evitare eccessi nei periodi di forte crescita del credito. In caso di introduzione di quest'ultima misura precauzionale, i requisiti minimi patrimoniali dovranno essere aumentati ulteriormente e l'impatto a livello aggregato potrebbe arrivare fino a 3 miliardi di euro (2,2 miliardi di euro per le banche medie e 800 milioni di euro per quelle piccole);
un aumento dei requisiti patrimoniali delle banche produrrà un aumento del costo del capitale che, inevitabilmente, per le considerazioni di cui sopra, avrà l'effetto di aumentare il tasso sui prestiti concessi;
in tal caso, questi istituti sarebbero inevitabilmente costretti a ridurre gli impieghi, penalizzando quindi l'accesso al credito da parte delle aziende, soprattutto quelle più piccole e che insistono sul territorio;
la situazione potrebbe ancor più aggravarsi con l'ingresso della nuova direttiva anticrisi in discussione a Bruxelles, che riscrive le regole sul Fondo interbancario di garanzia dei depositi e sui criteri di misurazione dei contributi delle banche al Fondo, che inciderebbe in maniera decisa sui bilanci aziendali (oggi i contributi versati dalle banche sono virtuali e diventano concreti solo in caso di necessità), imponendo alle banche di prevedere accantonamenti in 10 anni pari all'1,5 per cento dei depositi;
il rischio di pesanti ricadute sull'economia è così avvertito che il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di ben 68 punti in cui si chiede una più attenta analisi delle conseguenze del nuovo accordo per l'economia, un maggior coinvolgimento delle autorità europee e l'eliminazione di ogni possibile asimmetria regolamentare con altri Paesi extraeuropei, in particolare con la regolamentazione degli Stati Uniti i cui istituti creditizi, peraltro, hanno goduto dei salvataggi pubblici e pensano, quindi, di stare in condizioni migliori dei loro competitor europei;
sempre secondo il vice direttore della Banca d'Italia, dopo l'entrata in vigore dell'accordo Basilea 3, la debolezza della struttura finanziaria delle piccole aziende potrebbe incidere negativamente sulle condizioni di accesso al credito;
per l'Associazione bancaria italiana vi saranno inevitabili costi per la ripresa dell'economia, cosa che provocherà la riduzione delle risorse disponibili per il suo finanziamento;
è tutto da verificare che l'innalzamento dei requisiti basti ad evitare nuove crisi: basti pensare che i principali artefici della crisi finanziaria furono Fannie Mae e Freddie Mac, due aziende che operavano nel campo delle ipoteche immobiliari, quindi esentate dal rispetto delle regole di Basilea 2, mentre sarebbe opportuno puntare su maggiori controlli e supervisioni;
è opportuno vigilare affinché le regole dell'accordo Basilea 3 non penalizzino
troppo gli istituti prestatori di garanzia, ossia i confidi che, per definizione, sono tra le istituzioni più attente alle piccole e medie imprese e considerati enti mutualistici nella maggior parte dei casi, con finalità diverse dalla massimizzazione dei profitti,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché non si ricorra ad aumenti degli spread applicati per realizzare accantonamenti di capitale che consentano di rientrare nei nuovi parametri patrimoniali previsti per gli istituti bancari, poiché tali aumenti graverebbero principalmente sulle famiglie e sulle aziende sottopatrimonializzate;
a valutare l'opportunità di prevedere misure di sostegno per le operazioni di capitalizzazione, o per le operazioni volte ad accrescere la dimensione delle imprese italiane;
a verificare attentamente che l'imposizione del nuovo corso di regole non generi svantaggi competitivi sui mercati internazionali;
a tenere in considerazione le indicazioni della citata risoluzione del Parlamento europeo e della Commissione europea prima di legittimare l'introduzione delle nuove regole nel corso dell'incontro di Seul del G20;
a considerare prioritaria, nella stesura delle proposte finali, l'indicazione di nuovi principi volti a ridurre il ruolo ufficiale delle agenzie di rating.
(1-00465)
«Occhiuto, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Cera, Libè, Rao, Anna Teresa Formisano, Ruggeri, Poli».
La Camera,
premesso che:
i nuovi accordi di Basilea 3, ancora in corso di elaborazione definitiva, modificheranno i criteri già stabiliti con Basilea 1 (1998) e Basilea 2 (2008): essi fissano, alzandoli, i requisiti minimi di capitale delle banche proporzionalmente ai rischi che assumono, prevedono una serie di «cuscinetti» (liquidità) di capitale aggiuntivi (pari al 2,5 per cento, ma che potrebbe aumentare fino al 5 per cento) nelle fasi economiche a rischio, prevedono sanzioni nel caso di violazione delle nuove regole, quale il divieto di pagare bonus ai manager o cedole ai soci;
gli obiettivi perseguiti sono principalmente quelli di evitare nuove gravi crisi come quella del 2007-2008, evitare che eventuali nuove crisi bancarie creino un effetto-contagio che metta a repentaglio l'intero sistema finanziario europeo ed evitare che siano sempre e solo i contribuenti a pagare il conto del salvataggio delle banche;
in assenza di rialzo dei tassi ed in assenza di previsioni che indichino una forte ripresa economica - i recenti dati Istat segnalano un recupero del prodotto interno lordo italiano, intorno all'1 per cento entro la fine del 2010, ma le prospettive di ripresa sono molto incerte e l'aumento del prodotto interno lordo è molto basso rispetto alle performance degli altri Paesi dell'Unione europea, tra i quali la Germania con un aumento del prodotto interno lordo del 3 per cento - l'unica leva a disposizione del management delle banche sembrerebbe essere la compressione dei costi, di tutti i costi, in particolare quelli operativi e del lavoro;
nel caso del nostro Paese, non poche banche potrebbero dover ridurre drasticamente la distribuzione di dividendi per anni o chiedere di finanziare aumenti di capitale agli azionisti, quegli stessi azionisti che hanno già visto la redditività calare in modo drastico per effetto della crisi finanziaria e della recessione;
l'allineamento alle regole dell'accordo di Basilea 3 non potrà non comportare dei costi, in quanto una migliore qualità ed una maggiore quantità di capitale di garanzia potranno essere raggiunti solo attraverso un rimodellamento
della struttura di ciascun istituto, ristrutturazione che imporrà dei costi quale prima conseguenza;
il rischio maggiore è quello di un inasprimento del costo del danaro: molto dipenderà dai parametri che saranno assunti nella stesura finale dei nuovi accordi, ma il rischio rimane anche nel caso di attenuazione degli effetti, grazie ad un'applicazione graduale delle nuove regole, al momento prevista a partire dal 2012; il Comitato ne sta ancora discutendo, in quanto le proposte definitive saranno presentate al G20 in programma a Seul nel mese di novembre 2010;
l'Unione europea sta lavorando per dare un nuovo corso alle regole anticrisi per il settore finanziario, in vista della consultazione pubblica del mese di dicembre 2010 che porterà, nella primavera 2011, ad una proposta legislativa;
la peculiarità del tessuto produttivo ed economico del nostro Paese, la fortissima presenza di piccole imprese, la forte vocazione manifatturiera rendono le banche il canale principale di erogazione delle risorse: per uscire dalla crisi le imprese, grandi, medie e piccole, hanno bisogno di credito, da utilizzare per affrontare le emergenze, per ricominciare a investire, per sopravvivere ai contraccolpi già subiti a causa della grave recessione e per affrontare un futuro ancora denso di incertezze;
il credito alimenta le imprese, la cui crescita rende necessarie a sua volta nuove fonti di finanziamento, creando un circuito virtuoso per tutte le parti coinvolte - imprese (e lavoratori), banche e Stato - che si avvantaggia di maggiori entrate fiscali;
il credito alimenta anche le famiglie, che possono aumentare le proprie capacità di spesa in beni di consumo o durevoli, favorendo anche in questo caso l'economia nel suo insieme;
negli ultimi mesi sono stati resi noti casi in cui imprenditori ed imprenditrici italiani recatisi in banca abbiano sentito già evocare l'accordo Basilea 3 quale giustificazione di dinieghi di accesso al credito;
il Governatore Mario Draghi ha rassicurato il Paese dichiarando che le nostre banche «sono solide ed hanno requisiti patrimoniali superiori ai minimi, nella media internazionale e a volte anche meglio» ed ha aggiunto che «le banche oggi non hanno difficoltà né di raccolta di fondi, né, per la maggior parte, di capitale, però preferiscono investire altrove, in impieghi più remunerativi»,
impegna il Governo:
a promuovere, nel rispetto delle competenze istituzionali, le basi, anche normative, adeguate a consentire un ordinato svolgimento dell'attività di credito da parte delle banche, affinché esso non sia di ostacolo agli obiettivi di sviluppo e di espansione sui mercati delle imprese finanziate;
a farsi promotore nelle debite sedi di proposte volte al coordinamento, almeno in sede europea, ai fini dell'applicazione omogenea delle nuove regole dell'accordo Basilea 3 nei Paesi membri;
a vigilare affinché i nuovi accordi di Basilea 3 non siano invocati quali alibi rispetto all'erogazione del credito alle imprese, in particolare quelle piccole, anche adottando opportuni strumenti affinché la stabilità delle banche non sia perseguita penalizzando i flussi di credito alle imprese;
ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine di evitare che alle aziende che hanno chiuso in perdita il bilancio 2009 a causa della recessione, ma che sono sane e reagiscono, vengano bloccati i progetti;
ad intervenire, contestualmente ed in modo organico, con tutti gli strumenti a disposizione e di competenza per alleviare le eventuali criticità e superare i nodi che si temono, in particolare per l'accesso al credito delle piccole imprese e delle famiglie;
ad assumere iniziative volte ad incrementare le risorse del fondo di investimento per la crescita delle piccole e medie imprese, al fine di sostenere e rafforzare i processi di patrimonializzazione ed agevolare quelli di aggregazione;
a rafforzare le attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, valutando l'incremento delle risorse a disposizione del fondo di garanzia, del tetto dell'importo del credito garantito e delle percentuali sulle quali si applica la garanzia.
(1-00466)
«Borghesi, Messina, Donadi, Cambursano, Barbato, Di Stanislao, Cimadoro».
La Camera,
premesso che:
i Governatori e i capi delle autorità di vigilanza del G20 hanno approvato, su proposta del Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria, un nuovo accordo, cosiddetto Basilea 3 che interviene sui requisiti patrimoniali delle banche, al fine di assicurare che gli istituti dispongano di risorse adeguate a far fronte ad un'eventuale crisi, quale quella dei mutui subprime che ha messo in ginocchio il sistema finanziario internazionale;
l'entrata in vigore delle nuove previsioni sarà graduale, a partire dal 1o gennaio 2013, per giungere alla piena attuazione a decorrere dal 1o gennaio 2019;
l'accordo agisce su uno dei requisiti chiave imposti alle banche nella loro operatività, costituito dal rapporto tra il patrimonio di vigilanza ed il totale dei loro impieghi (in sostanza i crediti erogati) ponderati in base alla relativa rischiosità, ovvero, in altri termini, dall'ammontare di patrimonio cui ciascuna banca può ricorrere per coprire eventuali perdite o svalutazioni che si registrassero sulle predette attività;
l'accordo presenta certamente diversi aspetti positivi, in primo luogo in quanto contribuirà a rafforzare la stabilità di lungo periodo dell'intero sistema finanziario mondiale, proteggendo meglio le istituzioni creditizie dai contraccolpi di eventuali crisi, nonché, in secondo luogo, consentirà di definire regole di patrimoniali uniformi per tutte le banche mondiali, a vantaggio del sistema creditizio italiano, il quale si è dimostrato sano e non ha avuto necessità, nella recente crisi finanziaria, di significativi interventi di patrimonializzazione;
nel corso del lungo e faticoso lavoro di preparazione dell'accordo, al di là del consenso sulla necessità di irrobustire la patrimonializzazione delle banche, è stato, tuttavia, manifestato il timore che le nuove regole possano in qualche modo limitare l'operatività degli istituti di credito, inducendoli a tenere immobilizzati capitali che potrebbero, invece, essere utilizzati per la normale operatività creditizia;
sussiste, infatti, il rischio (paventato, ad esempio, da Confindustria) che un'eccessiva «ingessatura» delle banche renda queste ultime meno propense ad erogare credito, l'imitando, quindi, la possibilità delle imprese di effettuare investimenti o, addirittura, di finanziare l'attività ordinaria, pregiudicando in tal modo la ripresa economica;
tale questione risulta particolarmente significativa in un Paese come l'Italia, il cui tessuto produttivo è costituito da circa sei milioni di imprese, delle quali più della metà individuali;
inoltre, occorre ricordare come le banche italiane, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni (banche popolari, banche di credito cooperativo) già presentino, generalmente, un rapporto tra patrimonio di vigilanza ed ammontare degli impieghi superiore a quello richiesto dalle nuove regole, e non presentino pertanto rischi sotto il profilo della stabilità;
in ragione di tale favorevole condizione (oltre che a causa del forte radicamento
territoriale) tale categoria di banche, che del resto costituisce storicamente uno degli elementi caratterizzanti della struttura creditizia nazionale, si è conquistata sempre più, nel corso degli ultimi anni, un ruolo assolutamente centrale nel finanziamento del tessuto produttivo italiano, ed in particolare delle piccole e medie imprese;
in tale contesto un ulteriore rischio specifico per il sistema finanziario italiano insito nelle nuove regole dell'accordo Basilea 3 consiste nel fatto che queste ultime vincolano le banche ad accantonare maggiori risorse patrimoniali (cosiddetti buffer) nella fasi favorevoli del ciclo economico, al fine di assorbire eventuali perdite in caso di crisi particolarmente acute: tali misure anticicliche possono, infatti, costituire un problema proprio per le banche italiane di piccole e medie dimensioni, le quali, sebbene già più che adeguatamente patrimonializzate, potrebbero comunque essere costrette a reperire mezzi patrimoniali aggiuntivi, a condizioni generalmente più onerose degli istituti bancari di grandi dimensioni, ovvero a ridurre proporzionalmente il credito da loro erogato;
alla luce di tali considerazioni è, dunque, necessario che, nella fase di entrata in vigore dell'accordo di Basilea 3, ma anche, successivamente, nella sua applicazione a regime, si evitino conseguenze negative in termini di restrizione del credito a favore delle piccole e medie imprese e delle famiglie, verificando, in particolare, se le nuove regole possano determinare difficoltà per l'operatività delle banche italiane, segnatamente di piccole e medie dimensioni,
impegna il Governo:
a seguire attentamente la fase di transizione dell'entrata in vigore dell'accordo di Basilea 3, al fine di garantire adeguate condizioni di accesso al credito, in particolare a favore delle piccole e medie imprese e delle famiglie;
a valutare, in particolare, gli effetti che le misure anticicliche stabilite nell'accordo possano determinare sulle banche italiane, al fine di escludere ricadute negative sull'erogazione di credito da parte delle medesime;
ad evitare, con specifico riferimento alle banche di piccole e medie dimensioni, le quali svolgono un ruolo ormai cruciale nel finanziamento del sistema produttivo italiano, che le predette misure anticicliche possano tradursi in un vincolo automatico di maggiore patrimonializzazione delle banche stesse;
a frasi promotore, in tutte le competenti sedi internazionali, dell'esigenza di un costante monitoraggio sull'attuazione delle nuove previsioni previste dall'accordo, anche al fine di prevederne un'eventuale revisione a medio termine.
(1-00467)
«Cicchitto, Bernardo, Gava, Baldelli, Angelucci, Berardi, Del Tenno, Dima, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Leo, Milanese, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Pugliese, Savino, Soglia, Ventucci, Abrignani, Berruti, De Corato, Galati, Golfo, Jannone, Lazzari, Marinello, Mazzocchi, Milanato, Mistrello Destro, Pelino, Scajola, Verdini, Versace, Vignali».
La Camera,
premesso che:
lo stato di salute del nostro apparato industriale, in massima parte composto da imprese di piccole e medie dimensioni, non può prescindere, specie in un periodo ancora contrassegnato dagli strascichi della violenta crisi economico-finanziaria, dal sostegno fornito dal sistema creditizio in termini di finanziamento sia della gestione corrente, sia degli investimenti;
l'origine finanziaria della suddetta crisi globale ha evidenziato la necessità di
intervenire nell'ottica di patrimonializzare gli istituti di credito e gli eccessivi livelli di rischio che essi assumono;
al fine di scongiurare il verificarsi di una nuova crisi finanziaria, i Governatori e i capi delle autorità di vigilanza del G20 sono intervenuti apportando significative modifiche all'accordo noto con il nome di Basilea 2, stilando il testo del Basilea 3. In base agli accordi raggiunti, il requisito minimo per il common equity - la componente di capitale con la maggiore capacità di assorbire le perdite - sarà innalzato dall'attuale livello del 2 per cento al 4,5 per cento;
il nuovo coefficiente sarà introdotto con gradualità entro il 1o gennaio 2015;
il requisito per il patrimonio di base, che, oltre al common equity, comprenderà altri strumenti finanziari computabili sulla base di criteri più stringenti rispetto agli attuali, sarà elevato dal 4 al 6 per cento nell'arco dello stesso periodo;
è stato, altresì, stabilito che il capital conservation buffer (cuscinetto di protezione del patrimonio), aggiuntivo rispetto ai requisiti minimi regolamentari, sia calibrato al 2,5 per cento e costituito da common equity al netto delle deduzioni e sarà applicato a seconda delle specifiche situazioni nazionali;
lo scopo del nuovo buffer di capitale è quello di assicurare che le banche mantengano un cuscinetto di capitale da poter impiegare per assorbire le perdite durante i periodi di stress finanziario ed economico. Da un lato, le banche potranno attingere a tale risorsa in situazioni di stress, dall'altro quanto più i loro coefficienti patrimoniali regolamentari si avvicineranno al requisito minimo, tanto maggiori saranno i vincoli posti alla distribuzione degli utili. Tali coefficienti patrimoniali sono integrati da un indice di leva finanziaria non basato sul rischio, che funge da supporto ai coefficienti descritti in precedenza basati sul rischio;
inoltre, è stato deciso di sperimentare un coefficiente minimo di leva finanziaria per il patrimonio di base del 3 per cento durante il corrispondente periodo di sperimentazione;
a seconda dei risultati della fase sperimentale, gli eventuali aggiustamenti definitivi saranno apportati nella prima metà del 2017, con l'obiettivo di trasformarlo a partire dal 1o gennaio 2018 in requisito minimo nell'ambito del primo pilastro del regime di Basilea 2, subordinatamente a un'appropriata revisione delle regole di calcolo e alla fissazione del livello di calibrazione;
sono state previste disposizioni transitorie per l'applicazione dei nuovi standard, fatto che contribuirà ad assicurare che il settore bancario sia in grado di rispettare coefficienti patrimoniali più elevati, attraverso ragionevoli politiche di accantonamento degli utili e di aumenti di capitale, assicurando in pari tempo il credito all'economia;
in aggiunta, dopo un periodo di osservazione che prenderà avvio nel 2011, l'indice di copertura della liquidità a breve sarà introdotto il 1o gennaio 2015. L'indicatore strutturale dell'equilibrio finanziario sarà trasformato in requisito minimo il 1o gennaio 2018;
in sintesi: i principali timori di Basilea 3 sono riconducibili, da un lato, all'utilità e all'efficacia dell'accordo e, dall'altro, alle conseguenze che esso potrebbe avere sulle imprese e, più in generale, sull'economia reale;
sotto il primo profilo, i parametri prudenziali adottati in termini di qualità e composizione del patrimonio, di leva finanziaria e di liquidità disponibile sono da più parti giudicati troppo miti per garantire un'effettiva protezione contro il rischio che si ripeta una crisi come quella attuale. Dal secondo punto di vista, vi è il timore di una forte stretta sui crediti concessi alle imprese, non giustificabile dai vincoli e dai costi imposti da Basilea 3;
gli aumenti richiesti nella capitalizzazione delle banche, con l'entrata in vigore della riforma di Basilea 3, rischiano
di compromettere la ripresa economica, richiedendo un aumento del costo del credito per le imprese;
ad essere maggiormente penalizzati sono Paesi con modelli di business come l'Italia, fondati, cioè, sul canale del credito bancario per il finanziamento alle imprese;
occorre, pertanto, individuare soluzioni adeguate a specificità nazionali;
le banche italiane concordano sull'esigenza di avere un nuovo quadro di regole, ma è anche necessario che queste tengano conto dei diversi modelli di business e delle vere cause che hanno scatenato la crisi finanziaria;
la necessità di aumentare l'ammontare di capitale immobilizzato come riserva e di garantire, al contempo, un'adeguata remunerazione del rischio potrebbe indurre le banche a penalizzare quelle realtà sottocapitalizzate e teoricamente più rischiose, meno trasparenti sotto il profilo finanziario e gestionale e con dubbie capacità di garantire una redditività nel tempo sufficiente a sostenere i costi e a onorare il debito contratto con gli istituti di credito,
impegna il Governo:
a verificare e, se necessario, ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia assicurata l'erogazione del credito, al fine di prevenire e scongiurare che le imprese e le famiglie debbano pagare le eventuali conseguenze negative dell'applicazione dei nuovi parametri patrimoniali previsti da Basilea 3;
ad adottare, specie nel periodo transitorio verso l'applicazione di Basilea 3, tutte le misure utili a scongiurare la diminuzione degli impieghi destinati a soggetti ritenuti più difficili da valutare, come le micro e le piccole imprese;
ad evitare, infine, che i nuovi requisiti imposti dall'accordo provochino un impatto negativo sull'economia reale, per evitare eventuali ulteriori danni al composito mondo delle piccole e medie imprese, che ha già pagato in prima persona i danni di una profonda crisi di cui non era in nessun modo responsabile.
(1-00468)
«Polidori, Bocchino, Di Biagio, Moroni, Della Vedova».
La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale ha avuto origine nel mercato dei titoli scambiati dalle banche e dagli altri intermediari, incorporanti i debiti sui mutui immobiliari;
protagoniste e grandi colpite le banche, anche per i venti di sfiducia reciproca che ne sono seguiti e che hanno scosso e scuotono dannosamente l'intero edificio delle economie dei Paesi avanzati e di quelli emergenti, nonostante denunce precoci, rimaste confinate nel limbo del dissenso;
la cultura della deregulation e dell'affidamento all'autodisciplina degli operatori, impostasi in Usa e, in Europa, soprattutto nei Paesi anglosassoni, ha rappresentato un limite per la necessaria maggiore pregnanza delle regole, a livello comunitario,di comportamento e di controllo;
in particolare, si sono rivelate insufficienti la normativa e la vigilanza in tema di trasparenza dei bilanci delle banche e si sono manifestate sistemiche violazioni di regole prudenziali, in particolare nell'utilizzazione di strumenti finanziari derivati;
i controlli hanno evidenziato ritardi nella previsione dei fattori di rischio e nell'esercizio della vigilanza;
il Governatore della Banca d'Italia, il 22 agosto 2008, con riferimento alle banche maggiormente responsabili della crisi parlò di «ignoranza, ingordigia o arroganza, mancanza di autodisciplina» in un contesto regolamentare insufficiente;
lo stesso Governatore il 21 ottobre 2010, di fronte alla Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, assicurò, però, che «le banche italiane hanno fronteggiato la crisi che ha investito con crescente violenza il sistema finanziario mondiale (...) potendo contare su un modello di attività fondamentalmente sano (...) su un quadro normativo, disegnato dal Parlamento nelle sue linee di fondo, esteso e prudente;
nei giorni scorsi, a New York, mentre il Fondo monetario internazionale definiva «fragile e poco omogenea la ripresa», il Ministro dell'economia e delle finanze dichiarava, con riferimento alle banche ed ai banchieri, che «la speculazione è a piede libero e i derivati circolano in misura maggiore di prima della crisi»;
seppure il sistema bancario italiano - in questa fase e grazie, in particolare, alla più stringente normativa emanata a tutela del risparmio nel 2005, al termine di un'approfondita indagine conoscitiva parlamentare - non ha avuto bisogno di interventi pubblici forti a carico dei contribuenti, le interrelazioni tra istituzioni finanziarie a livello mondiale e la globalizzazione degli scambi rendono quanto mai urgente una disciplina uniforme dell'attività bancaria;
peraltro, tale disciplina deve avere carattere di prevenzione diversamente dal passato, quando le leggi specifiche erano necessitate a seguito, il più delle volte, di generali crisi finanziarie o industriali, sulle quali il legislatore disponeva a posteriori;
la normativa in elaborazione che va sotto il nome di Basilea 3 risponde all'esigenza di uniformità regolamentare a livello comunitario e alla necessità di vincolare le banche a requisiti patrimoniali, in termini di liquidità e capitale, idonei a fronteggiare situazioni di sempre possibile crisi;
le conseguenze non sono, però, neutrali, sia per quanto riguarda la parità sostanziale tra banche che possono rispettare tali requisiti patrimoniali grazie ai salvataggi operati dallo Stato, sia per i comportamenti delle banche stesse nell'esercizio della funzione creditizia;
non v'è, infatti, chi non tema che il banchiere, spinto anche dall'azionista, privilegi la massimizzazione del profitto o tenendo al minimo tali requisiti, confidando in futuri salvataggi, o limitando la stessa attività creditizia, preferendole quella finanziaria e venendo così meno al dovere di saper vagliare ed assumere i rischi imprenditoriali propri;
ne deriva la necessità di una disciplina in cui i nuovi coefficienti di capitale e liquidità vengano attentamente calibrati, assicurando anche fasce di assunzione di responsabilità a livello di singola banca in termini e tempi stabiliti e in funzione dell'attività di stimolo e sostegno della crescita, che, specie nell'attuale congiuntura di crisi, è da considerare essenziale;
ciò per evitare un rallentamento - anche nella fase di transizione dall'attuale alla futura disciplina - dell'attività creditizia, soprattutto verso la famiglia e le piccole aziende, che costituiscono il 99,5 per cento dell'imprenditoria del Paese e non hanno la possibilità di ricorrere al mercato dei capitali;
la stessa durata del periodo della «transizione» richiede, perciò, di essere valutata attentamente per evitare, da un lato, il rischio del soffocamento delle possibilità di ripresa, dall'altro atteggiamenti del mercato penalizzanti per le banche considerate in maggiore affanno circa il raggiungimento dei futuri requisiti, non dimenticando che ben oltre la metà delle banche italiane sono piccole, territoriali e cooperative,
impegna il Governo:
ad operare in modo che le nuove regole, nell'assicurare la tutela dei diritti dei risparmiatori e dei depositanti, siano modulate in modo da far sì che le banche assumano i rischi imprenditoriali propri in un contesto di valutazione prudenziale del
merito del credito che non mortifichi la funzione a vantaggio del profitto contingente;
ad attivare canali di confronto con Abi e Banca d'Italia perché l'elaborazione delle regole e dei tempi di avvio dell'efficacia rispondano ai criteri di prudenza, ma anche di impegno imprenditoriale;
a riferire periodicamente al Parlamento sui modi di applicazione in Italia delle nuove regole e sugli effetti delle medesime sul sostegno creditizio alle aziende, in particolare alle piccole, e alle famiglie;
a verificare, riferendo al Parlamento, se la mutata situazione dell'economia e della finanza a livello globale, l'architettura della nuova regolamentazione e l'esperienza normativa in materia di regole e controlli negli altri Paesi sviluppati, non solo europei, non postuli l'esigenza di una nuova riflessione sull'adeguatezza dell'attuale legislazione bancaria, anche con riferimento ai mutamenti intervenuti a seguito delle concentrazioni e delle fusioni societarie ed all'assenza in pressoché due terzi del Paese della sede di banche di dimensioni tali da competere sul mercato internazionale.
(1-00469)«Mosella, Tabacci, Brugger».
Risoluzione in Commissione:
La III Commissione,
premesso che:
il Ministero degli affari esteri ha recentemente deliberato la chiusura del consolato di Manchester a partire dal luglio 2011;
la chiusura del consolato di Manchester, oltre a provocare gravi disagi agli oltre cinquantamila connazionali, di cui trentamila registrati all'anagrafe degli italiani residenti all'estero, residenti nella circoscrizione consolare, i quali si troverebbero a percorrere anche oltre 500 chilometri per usufruire dei servizi amministrativi e consolari, produrrebbe pochissimi risparmi per l'amministrazione della Farnesina, in quanto tutto il personale sarebbe riallocato nelle sedi di Londra ed Edimburgo;
il consolato, inoltre, potrebbe continuare ad operare in spazi più ridotti, comportando quindi minori fitti passivi, considerando che alcune stanze sono attualmente in uso a patronati ed altre associazioni;
il Ministero degli affari esteri aveva subordinato la chiusura del consolato di Manchester al reperimento di nuovi e più adatti locali per il consolato generale di Londra che avrebbe dovuto raccogliere oltre la metà dei residenti della circoscrizione consolare di Manchester, cosa che è ancora lontana dall'accadere e potrebbe, in sua assenza, portare al tracollo delle capacità operative del consolato di Londra, che serve già oltre 148.000 connazionali,
impegna il Governo
a posporre la chiusura del consolato di Manchester quantomeno alla fine del 2013, identificando eventualmente una sede che comporti superfici adatte per lo svolgimento delle attività consolari e minori costi di gestione rispetto agli attuali, e comunque a far sì che la successiva chiusura preveda l'esistenza di uno sportello consolare sul modello di quanto già avvenuto a Bedford.
(7-00423) «Picchi».
TESTO AGGIORNATO AL 19 GENNAIO 2011
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
LULLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il recente vertice italo-cinese, avvenuto in occasione del 40esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e per inaugurare l'anno della cultura cinese in Italia, ha avuto, tra l'altro, come risultato l'impegno di raddoppiare l'attuale interscambio fino a 80 miliardi di dollari, con un possibile aumento a 100 miliardi, entro il 2015 -:
se nel corso del vertice bilaterale siano stati approfonditi gli interventi e le misure atte a rendere concreto il raggiungimento del citato raddoppio degli interscambi;
quali misure ha adottato o intenda adottare il Governo per rendere effettivo l'interscambio.
(3-01298)
LULLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il recente vertice italo-cinese avvenuto in occasione del 40esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e per inaugurare l'anno della cultura cinese in Italia, ha avuto tra l'altro come risultato l'impegno di raddoppiare 1'attuale interscambio fino a 80 miliardi, con un possibile aumento a 100 miliardi, entro il 2015;
la comunità cinese nel nostro Paese ha caratteristiche diverse da quelle immigrate dall'Europa dell'Est e da quelle africane e marocchine;
da piccoli insediamenti, in poco tempo, le comunità cinesi riescono ad occupare intere aree di quartieri o distretti produttivi, dando origine a delle vere e proprie città nella città, all'interno delle quali spesso non sono rispettate le regole del nostro Paese, soprattutto in materia di immigrazione clandestina e di rispetto dei diritti umani e della normativa fiscale e contributiva;
per le attività produttive vengono spesso utilizzati appartamenti, garage, capannoni dismessi, sovraffollati fino all'inverosimile, non vengono rispettati l'età minima per lavorare, l'orario massimo di lavoro, le norme di sicurezza per i macchinari e le sostanze utilizzate sono spesso tossiche;
le attività illegali non prevedono assunzioni né apertura di posizioni INPS, ferie, malattie, maternità e ciò comporta che il prodotto finito, ha un costo notevolmente inferiore a quello delle imprese legali, soprattutto italiane, che in tal modo sono costrette alla chiusura non potendo competere nella libera concorrenza legale;
il controllo dello Stato, ad avviso dell'interrogante, è stato minimo o del tutto assente; si tratta di evitare la ghettizzazione delle comunità cinesi e di proteggere gli immigrati dalle organizzazioni criminali, imponendo regole e combattendo le zone franche dell'illegalità e soprattutto l'immigrazione clandestina -:
se esistano, anche in relazione al recente vertice Italia-Cina, e a che punto siano, eventuali misure riguardo al controllo dei flussi migratori dalla Cina e per il rimpatrio dei clandestini.
(3-01301)
Interrogazione a risposta in Commissione:
TRAPPOLINO, VICO, SERENI, BOCCI, VERINI e GOZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il polo chimico di Terni ha per anni rappresentato la più avanzata esperienza
industriale nel settore degli alti polimeri. Tramite le fondamentali scoperte del premio Nobel Giulio Natta, il polo ternano si affermò a livello nazionale e internazionale. Nei centri di ricerca annessi alle industrie chimiche di Terni, Natta metterà a punto la sintesi del polipropilene isotattico. Successivamente, in quei laboratori vennero sviluppati i processi per la produzione delle fibre e del film in polipropilene in seguito commercializzati, rispettivamente, con la sigla Merak e la sigla Moplen;
la attuale produzione di polipropilene è stata, in tempi recenti, assicurata dalla multinazionale LyondellBasell, insediata in Italia con propri stabilimenti a Terni, Ferrara e Brindisi. Il 24 febbraio 2010 la società olandese ha comunicato ufficialmente di voler procedere alla dismissione del sito ternano, nonostante i risultati di eccellenza da questo conseguiti e gli utili registrati nel 2009 (oltre 9 milioni di euro). La decisione della multinazionale è il risultato di un piano di ristrutturazione mondiale conseguente alla crisi che avrebbe colpito, stando alle affermazioni della società, il settore mondiale dei polimeri;
la decisione della LyondellBasell si è immediatamente riversata sui 120 occupati (più 60 indiretti) dello stabilimento ternano e sulle altre quattro aziende ad essa collegate. La cessazione dell'attività di produzione del polipropilene da parte dell'industria olandese ha quindi messo una pesantissima e grave ipoteca sulle prospettive dell'intero polo chimico di Terni, in ragione delle caratteristiche di integrazione proprie della produzioni e del complesso delle funzionalità organizzative e di servizio del sito;
complessivamente, sono oltre 1.000 gli occupati diretti e indiretti coinvolti in questa crisi che, alla fine di settembre 2010, ha subito un'ulteriore accelerazione in relazione alle vicende legate alla Meraklon Yarn e Meraklon Spa, tanto da costringere istituzioni umbre e sindacati a rivolgersi al Ministero dello sviluppo economico per richiedere la convocazione urgente di un incontro «per un esame puntuale ed esaustivo della grave situazione che investe il Polo Chimico ternano»;
la ricerca di nuove soluzioni industriali per il polo chimico di Terni deve ribaltare la logica difensiva e di salvataggio. Quello che è decisivo è la possibilità di una nuova politica industriale capace di sperimentare modalità innovative per il rilancio di uno dei settori di base dell'industria italiana, avendo cognizione, tuttavia, della natura dei vincoli rappresentati sia dall'esaurimento dei fondi della legge n. 181 del 1989 a livello nazionale sia dall'approvazione nel 2007, da parte della Commissione europea, della «Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale» che per l'area ternana esclude la possibilità di finanziare gli investimenti delle grandi imprese;
all'interno del polo chimico ternano esistono tuttavia risorse tecnologiche e industriali per avviare un programma di reindustrializzazione e di sviluppo tale da rappresentare un driver di innovazione sui temi della sostenibilità e compatibilità ambientale della chimica moderna. Sono inoltre presenti, sempre all'interno del medesimo compendio produttivo, condizioni dimensionali, organizzative e di servizio in grado di attuare un programma di intervento compiuto e gestibile in una dimensione produttiva e finanziaria adeguata rispetto agli impegni che ciascuno dei soggetti coinvolti, pubblici e privati, potrebbe assumere;
lo schema di intervento per lo sviluppo industriale del polo chimico di Terni elaborato dalla regione Umbria prevede tre punti fondamentali: 1) un ruolo attivo e coordinato del Governo nazionale e delle istituzioni regionali e locali al fine di impegnare, a fianco del Ministro dello sviluppo economico, la Presidenza del consiglio in una vicenda che va oltre i confini regionali e presenta profili di rilevante
interesse nazionale; 2) l'individuazione di un organismo tecnico di elevato standing che possa fungere da supporto nella costruzione del programma di sviluppo e da advisor rispetto alla selezione delle iniziative produttive; 3) la strutturazione di interventi coordinati pubblici e privati per l'attuazione del programma di sviluppo attraverso lo strumento dell'accordo di programma;
nel luglio 2010 il Ministero dello sviluppo economico, nel contesto istituzionale della sede stabile di concertazione tra governo e regioni, annunciò la presentazione di un programma di politica industriale incentrato su tre aree tecnologiche relative alla 1) chimica verde; 2) alla mobilità sostenibile; 3) al Made in Italy. Il programma - finalizzato alla proposizione di modelli e strumenti per lo sviluppo industriale di specifiche aree di crisi - avrebbe dovuto disporre delle risorse di cui alla delibera CIPE del 26 giugno 2009 per un importo pari a 300 milioni di euro -:
se il Ministro - al fine di affrontare la crisi del polo chimico di Terni con una strumentazione politica-amministrativa più adeguata e cogente rispetto al precedente protocollo di intesa del 5 agosto 2005 per lo sviluppo del territorio dei comuni di Terni e Narni siglato da Governo, regione, istituzioni locali, parti sociali ed imprese - intenda procedere alla definizione di un accordo di programma teso a mobilitare, a fronte di un piano di sviluppo, strumenti di intervento e risorse nazionali da destinare allo sviluppo industriale del polo e dell'intero settore della chimica della provincia di Terni, ciò anche in ragione dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 99 del 23 luglio 2009 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» che prevede l'attivazione di accordi di programma per sistematizzare attività, risorse ed iniziative industriali disponibili in maniera coordinata a fronte di situazioni che abbiano un impatto rilevante sulla politica industriale nazionale;
se il Ministro intenda - al fine di gestire la complessità di una situazione che richiede una gestione organica e coordinata di un programma di sviluppo industriale delle produzioni chimiche all'interno del sito ternano - incaricare l'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa al fine di poter svolgere la funzione di advisor per il montaggio e la definizione del programma di sviluppo industriale, posto che la multinazionale LyondellBasell potrebbe rendere disponibile, a determinate condizioni, lo stabilimento ternano ad investitori anche nell'ottica della salvaguardia dei livelli occupazionali dell'azienda e dell'intero insediamento;
se la Presidenza del Consiglio intenda svolgere un ruolo di primo piano in un vicenda che, per la complessità delle relazioni e le forti potenzialità nel segmento della chimica verde, non può essere certamente costretta ad una dimensione locale.
(5-03659)
Interrogazioni a risposta scritta:
RUGGHIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la realizzazione e diffusione del videogioco denominato «Medal of honor» ha suscitato la giusta indignazione di quanti ritengono improponibile la trasformazione in videogame della tragedia di una guerra che è già costata decine di migliaia di vittime civili e migliaia di vittime militari e per la quale anche il nostro Paese sta pagando da nove anni un prezzo molto elevato in termini di risorse, sacrifici e vite umane, essendosi assunto la responsabilità di contribuire alla stabilizzazione dell'Afghanistan;
il videogame in questione, realizzato come un vero e proprio film interattivo, precipita il giocatore in un teatro di guerra accuratamente ricostruito grazie a sofisticate tecnologie satellitari e all'ausilio di
migliaia di fotografie e filmati che hanno ricostruito in maniera iper-realistica tutti gli scenari possibili;
in questo modo si finisce per offendere tutte le vittime della guerra in Afghanistan, un conflitto ancora in corso nel quale l'Italia stessa ha versato il sangue dei propri soldati, calpestando in modo vergognoso il rispetto ed il dolore che queste vicende meritano e che non posso essere rimossi attraverso un semplice gioco -:
se si intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per impedire la commercializzazione di tali videogiochi nel nostro Paese.
(4-09151)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
a seguito della pubblicazione sul sito della protezione civile dell'elenco delle aziende che hanno potuto lavorare al G8, emerge un costo complessivo del summit di 55.589.954,41 euro, per l'arredo, oltre alla LAS Mobili di Teramo, a cui è andato l'appalto per la fornitura di mobili per un totale di euro 255.981,00 euro, fornitura di tavoli per 13.764 euro e componenti d'arredo per 18.301 euro, vi sono ditte, tutte rigorosamente non aquilane, come ad esempio la Comosad Srl che si è aggiudicata un appalto per 1,3 milioni di euro, la Semeraro case che per 1,7 milioni di euro, la B&B interiors &Design Srl che ha beneficiato dell'appalto per 898 mila euro;
per la «categoria»: cancelleria e oggetti preziosi si legge che sono stati spesi 78 mila euro per album, sottomano da scrivania, portablocchi e cartelle (Pineider Spa) mentre blocchi di carta, cartelline, buste «general info» sono stati acquistati dalla Fotolito D'Arte Srl per un totale di 26.060 euro. La Museovivo ha realizzato invece 60 penne in edizione unica, per un costo a penna di 433 euro ed un totale di 26.000 euro, mentre alla ACM Srl son andati 5.367 euro. Le cartucce ed i toner invece sono stati affidati alla Cogeda sistemi, per un totale di 12.733 euro, e i 30 distruggi documenti ad «alta sicurezza», destinati alle aree di lavoro dei Capi di Stato, sono costati 12.852 euro, 400 euro ciascuno;
126 mila euro sono costate le seimila copie del libro sul terremoto donate come omaggio alle delegazioni, di cui 3000 scritti in italiano e 3000 in inglese, realizzate dalla Ferpenta Editore Srl;
Bulgari, ha fornito 45 ciotoline d'argento con incisioni per i Capi di Stato al costo contenuto di 22,550 euro;
la Triumph, per la consulenza organizzativa e dei gadget a giornalisti e delegati, ha ricevuto 614,460 euro più i 112 mila euro poiché si è occupata anche del servizio per gli interpreti linguistici;
per la categoria: Allestimenti e Scenografie si trovano quasi 2 milioni di euro per l'allestimento della sala conferenze del G8, precisamente la cifra è di 1,928,400 euro, affidato alla Tecnarr Srl. Per l'allestimento invece del piazzale della Guardia di finanza sono stati esborsati 638.658 euro a favore della Fidanza Sistemi Srl. L'allestimento area colazione lavoro per i Capi di Stato è costato 731,268 euro, appaltato alla Carli produzioni Srl, Tovaglie e vettovagliamenti costati 33 mila euro, forniti dalla Bellomo Srl. Le scenografie sono state affidate a Mario Catalano, scenografo del «Famoso» varietà «Colpo Grosso» al quale per 92 mila euro è stata data la progettazione e la Supervisione delle attività connesse al GB;
per la «Categoria»: Televisori e altre apparecchiature, si apprende che i 520 Televisori Lcd Telefunken da 26 pollici acquistati da Mediamarket sono costati complessivamente 155.480 euro: 300 euro ciascuno, più i 370 Toshiba 26 pollici e 73 Autovox da 32 pollici per un totale complessivo di 150,984 euro. Materiale informatico non identificato, fornito dalla ditta Dafral Sound Vision Srl sono stati spesi 35,160 euro mentre figurano 1,728000
euro per attrezzature tecniche dalla ditta Di And di Lightting&Truck non meglio specificate;
nella «Categoria»: Bandiere e Bandierine, si legge di 4,608 euro, per bandierine ma ciò che è costato di più sono i pennoni portabandiera forniti dalla Forcing Srl e gli ulteriori 88,836 euro spesi sempre per i pennoni, però forniti dalla ditta Mib Srl. Altre «bandierine», sono state acquistate dalla Fidanzia Sistemi Srl che ne ha fornite 18 al costo di 12,480 euro, più altre 5 al costo di 3,480 euro. La stessa ditta si è anche occupata dell'allestimento del piazzale della scuola della Guardia di finanza;
per i megafoni sono stati spesi 4000,00 euro a favore della ditta Fraternitas Srl;
per la categoria: «Accoglienza dei grandi della terra» è stata spesa la mirabolante cifra di 2,5 milioni di euro, accoglienza totalmente gestita dallo Studio EGA. Invece l'accoglienza per i giornalisti è stata chiamata la ditta Jumbo Grandi Eventi Spa che si è occupata delle prenotazioni negli alberghi e dei trasferimenti dei giornalisti per 1 milione e 196,417 euro;
per le divise di hostess e steward addetti all'accoglienza dei capi di Stato, è stata esborsata la cifra di 13,555 euro per una prima fornitura del Lanificio Fratelli Cerruti Spa, più altri 5184 euro per un'ulteriore fornitura di tessuto effettuata dal Lanificio Ormezzano Spa, più 10,799 euro per camicie e divise fornite dalla Clver Style Srl, ed infine la fornitura di divise per i volontari della Protezione civile per cui si è speso 5,891 euro, fornitura effettuata dalla Securtex;
per la «Categoria»: Pubblicità e informazione, 42 mila euro sono stati dati alla Piemme Spa che è la concessionaria pubblicitaria del quotidiano il Messaggero, 26,408 euro alla Manzoni, concessionaria per II Centro e 24 mila euro alla Pubblikompass concessionaria per il Tempo. Conclude la lista l'agenzia giornalistica ANSA alla quale sono andati 540 mila euro per fornire servizi d'informazione per questo grande evento; se si escludono i costi di trasporto di 105 mila euro al servizio urbano aquilano AMA insieme ad altri 41,760 euro al fine di trasportare i giornalisti da Chieti a L'Aquila, non risulta agli interroganti che dei 55.589.954,41 euro abbiano usufruito aziende aquilane -:
per quali ragioni non si siano privilegiate le aziende aquilane;
quale utilizzo si sia fatto del mobilio dopo la conclusione del summit;
quale utilizzo sia stato fatto dei televisori e delle altre apparecchiature rientranti in questa voce;
quali attrezzature abbia fornito la ditta Di And di Lightting&Truck per 1,728000 euro.
(4-09152)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in una nota diffusa il 23 ottobre 2010, il commissario dell'Unione europea all'Ambiente Janez Potocnik ha detto. «Sono molto preoccupato per quanto succede attualmente in Campania. La Commissione sta ancora valutando la documentazione che è stata trasmessa dalle autorità italiane all'inizio di ottobre, ma la situazione odierna ci fa pensare che le misure adottate dal 2007 in poi sono insufficienti» e che «la situazione odierna non è cambiata rispetto a quando la Commissione decise di bloccare i finanziamenti europei»;
la dichiarazione segue a quanto detto all'Ansa il giorno prima dalla Presidente della Commissione d'inchiesta parlamentare europea, Judith Merkies e cioè che per l'apertura di una discarica in un parco nazionale le autorità campane «si possono scordare di vedere sbloccare i 145 milioni
di euro di fondi europei attualmente congelati dalla Commissione europea». La Commissaria ha ricordato di aver avuto dalle autorità italiane assicurazioni di diverso tenore rispetto a quanto sta accadendo in Campania -:
cosa sia stato comunicato ad ottobre 2010 dal Governo italiano a Bruxelles in merito alla situazione campana.
(4-09153)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato su Il Mattino dal titolo «E i clan portano i veleni in Molise» di Rosaria Capacchione si legge che i trafficanti di rifiuti collegati al clan dei Casalesi, gli uomini che hanno gestito il trasporto dei rifiuti tossici fino alle discariche, ormai sequestrate e inagibili, di Giugliano, Licola, Parete si sono trasferiti in Molise; operano soprattutto in provincia di Isernia, non disdegnano quella di Campobasso dove «corteggiano» due impianti autorizzati dalla regione: la discarica di Montagano e il depuratore Cosib di Termoli;
il monitoraggio avviato dalle associazioni ambientaliste molisane e dalle procure di Santa Maria Capua Vetere, Larino e Isernia segnala il rischio di infiltrazioni camorristiche e la presenza di imprenditori del settore;
come i fratelli Caturano di Maddaloni e Toni Gattola, cognato del capozona casalese di Cancello Arnone e controllore della discarica Magest di Licola, già coinvolti in varie inchieste - da Re Mida a Madre Terra - sullo smaltimento illegale dei rifiuti. L'indagine conoscitiva conferma, dunque, quanto già segnalato nel 2008 dalla Dda di Campobasso, e cioè che «il Molise è diventato il punto finale di arrivo per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, dove è facile occultare discariche abusive con la compiacenza di alcuni proprietari corrotti»;
sul tavolo dei magistrati di Larino è finito, nei giorni scorsi, il dossier-denuncia frutto di un'inchiesta pubblicata sul sito Primonumero.it sull'attività del depuratore e sul via vai di automezzi sospetti, «Dal lunedì al venerdì - è scritto - c'è un traffico di camion gialli con la scritta in rosso »Autotrasporti Caturano«, per trasporto rifiuti, nel tratto Caianello-Venafro-Isernia-Bojano sino ad entrare nella zona di Campobasso: ma da lì se ne perdono le tracce»;
Antonio Caturano, viene ricordato nell'articolo, fu arrestato alcuni anni fa per ordine della procura di Napoli (il pm Cristina Ribera, oggi alla Dda) nei pressi del cementificio Colacem di Venafro. Stava trasportando rifiuti tossici spacciati per fertilizzanti e destinati alta concimazione dei terreni agricoli, stesso sistema utilizzato in provincia di Caserta, dove sono state avvelenate decine di ettari di terreno, e documentato nelle due inchieste «Madre Terra»;
a far scattare l'allarme, lo smaltimento a Termoli del percolato prodotto dal consorzio unico di Napoli-Caserta; dalla discarica Colleferro, alle porte di Roma; dalla Ecoambiente di Casoria, Ma non basta. La procura di Campobasso si starebbe interessando della discarica di Montagano nella quale, dall'agosto scorso, la Giuliani Environment è autorizzata a costruire e gestire un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi;
le associazioni ambientaliste denunciano che ogni anno arrivano nella discarica di Montagano circa 50.000 tonnellate di rifiuti, non solo da Molise, e camion senza alcuna autorizzazione prefettizia di cui non si conosce né il carico né la provenienza. Aggiunge il consigliere regionale del PD Michele Petraroia: «Sì è accertato che ci sono circa 36.000 tonnellate di rifiuti, un quarto del totale dei rifiuti conferiti nelle discariche molisane,
provengono da altre regioni, contrariamente a quanto dispone la normativa nazionale»;
quanto ad Isernia, la situazione è tutt'altro che sotto controllo. Sono una ventina le discariche abusive segnalate e sequestrate negli ultimi due anni. E non è ancora dimenticata la vicenda di Fragnete e di Colle Santa Maria, sversatoi nei quali è finito di tutto (dai rifiuti urbani a quelli chimici) e mai bonificati -:
di quali informazioni il Governo disponga in merito a quanto riferito in premessa;
quali iniziative si intendano promuovere in merito al traffico illecito di rifiuti e alla presenza di discariche abusive in Molise per il ripristino della legalità e a tutela della salute degli abitanti della zona e dell'ambiente.
(4-09159)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 6 ottobre 2010 il vicepresidente iraniano Mohammad Reza Mirtajoddin, ricevuto da Benedetto XVI al termine dell'udienza generale, gli consegnava una lettera da parte del presidente della repubblica iraniana Mahmud Ahmadinejad con la quale propone una «collaborazione fra religioni divine» per fermare «il secolarismo, l'umanesimo estremista occidentale e la crescente tendenza dell'uomo a concentrarsi solo sulla vita materiale». Obiettivo «terreno» è quello di «cambiare le strutture tiranniche che governano il pianeta»;
in data 22 ottobre 2010, il quotidiano della Santa Sede L'Osservatore romano ha pubblicato un articolo scritto dal Ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, dal titolo la libertà di promuovere la pace;
in tale articolo il Ministro scriveva: «I cristiani dovranno essere consapevoli anche di ricercare con i musulmani un'intesa su come contrastare quegli aspetti che, al pari dell'estremismo, minacciano la società. Mi riferisco all'ateismo, al materialismo e al relativismo. Cristiani, musulmani ed ebrei possono lavorare per raggiungere questo comune obiettivo. Credo che occorra un nuovo umanesimo per contrastare questi fenomeni perversi, perché soltanto la centralità della persona umana è un antidoto che previene il fanatismo e l'intolleranza;
tale articolo è stato ripreso integralmente sul sito internet del Ministero e segnalato in home page;
ad avviso degli interroganti tali dichiarazioni costituiscono una pesante denigrazione dei circa dieci milioni di italiani che non si identificano in alcuna religione;
sempre ad avviso degli interroganti le parole del Ministro Frattini si pongono in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione sull'uguaglianza di tutti i cittadini, l'articolo 19 della stessa Costituzione sulla libertà religiosa (che la Corte costituzionale ha esteso, con sentenza n. 117/1979, alla «libertà di coscienza dei non credenti»), nonché con il supremo principio costituzionale della laicità dello Stato;
tali affermazioni trasmettono il messaggio che i cittadini non credenti devono invece essere considerati titolari di diritti inferiori rispetto ai cittadini credenti;
tali frasi possono creare secondo gli interroganti un clima intimidatorio nei confronti dei cittadini non credenti;
nel rilevare che «solo l'Italia tra i Paesi fondatori dell'Unione europea ha sottoscritto il ricorso» contro la sentenza con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo che ha stabilito che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche costituisce una violazione della libertà religiosa, secondo gli interroganti, la politica religiosa del governo è troppo ossequiosa delle gerarchie della Chiesa cattolica, tanto da spingere a dichiarazioni in contrasto con
la libertà di coscienza riconosciuta nelle convenzioni internazionali sottoscritte dallo Stato italiano;
appare inopportuno che il Ministro degli affari esteri italiano scriva articoli di questo tipo sul quotidiano ufficiale di un altro Stato, e di quella stessa confessione religiosa verso cui vanno le attenzioni del Governo a cui appartiene;
appare altresì preoccupante la consonanza delle parole del presidente iraniano e del Ministro degli esteri italiano su una materia così delicata -:
se le dichiarazioni rese dal Ministro degli affari esteri siano state concordate con il Presidente del Consiglio dei ministri come previsto dall'articolo 5, comma 2, lettera d), della legge n. 400 del 1998;
se vi siano effettivamente in corso iniziative politiche comuni volte al raggiungimento del comune obiettivo, delineato dal Ministro degli affari esteri.
(4-09175)
RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
Associazione Expoitaly e Cineclub Procida sono enti iscritti all'albo nazionale degli enti di servizio civile, rispettivamente alla I e II classe;
già nell'ottobre 2005, in occasione di un'iniziativa a carattere pubblico (inaugurazione della «Sala della Pace» della Fondazione Mediterraneo) con presente l'allora direttore di UNSC, Massimo Palombi, il presidente di Expoitaly, Antonio Altiero, aveva, secondo il periodico Il Denaro del 19 ottobre 2005, avuto modo di illustrare «i risultati raggiunti, in pochi mesi, con il progetto di servizio civile "Bibliopolis", che ha dato la possibilità a numerosi comuni di catalogare decine di migliaia di libri»;
dal sito dell'ente di Expoitaly è invece possibile ricavare, da una relazione su un'iniziativa svoltasi il 13 dicembre 2005 presso la sede della regione Campania (centro direzionale di Napoli), che il progetto «Bibliopolis» nel solo anno 2005 aveva riguardato ben 131 volontari in 40 sedi di attuazione di progetto ed aveva permesso di «creare la biblioteca telematica "Bibliopolis/Net" realizzata dagli stessi volontari con circa 30.000 volumi già catalogati»;
anche nel I bando 2006 per la selezione di volontari (Gazzetta Ufficiale del 23 giugno 2006) oltre 115 volontari sono stati impegnati dall'ente Expoitaly nel progetto «Bibiliopolis II»;
nel bando 2007 per la selezione di volontari (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 giugno 2007) il progetto «Bibliopolis», sempre gestito da Expoitaly, permette a tale ente di selezionare 67 volontari, a cui se ne aggiungo altri 17 relativamente al progetto «Bibliopolis 2007» presentato dall'ente Cineclub Procida ed inserito nel bando per la selezione di volontari pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 2007;
anche nel 2008, all'interno del bando per la selezione di volontari pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 giugno 2008, è stato inserito il progetto «Bibliopolis 2008» di Expoitaly, per l'ingaggio di 109 volontari;
nel 2009, nel bando per la selezione di volontari pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2009, viene finanziato il progetto «Bibliopolis 2009», che prevede la selezione di 107 volontari;
venendo all'anno 2010 nel bando per la selezione di volontari in servizio civile pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 settembre 2010, i progetti inerenti «Bibilopolis» sono due, presentati sia da Expoitaly e Cineclub Procida, e riguardano complessivamente l'ingaggio di 70 volontari (cinquanta nel progetto «Libri e pace» di Expoitaly, 20 nel progetto «E-qui-libri» di Cineclub Procida);
complessivamente per lo sviluppo e l'implementazione del sistema informativo «Bibliopolis» i due enti citati si sono visti
finanziare dalla Repubblica progetti di servizio civile, dal 2005 ad oggi, per complessivi 639 volontari;
ciò ha comportato per lo Stato una spesa di 3.706.000 euro cui vanno aggiunti altre centinaia di migliaia di euro relativamente al versamento dei contributi previdenziali per i volontari entrati in servizio civile dal 2005 sino al 31 dicembre 2008;
ma cosa sia il progetto «Bibliopolis» è facilmente deducibile dallo stesso sito di Expoitaly, che recita: «Con il progetto Bibliopolis la nostra associazione ha sviluppato una rete di cooperazione intercomunale per la salvaguardia e la valorizzazione delle biblioteche e il patrimonio culturale del territorio. I volontari sono impegnati in particolare presso le biblioteche comunali o presso gli uffici pubblici dedicati alla cultura. Principali attività svolte: riordino delle biblioteche, catalogazione dei libri, accoglienza degli utenti, preparazione di dossier culturali tematici, collaborazione per l'organizzazione di eventi di animazione culturale. Particolare importanza è data all'inserimento dei libri catalogati presso le biblioteche comunali nella banca dati on-line del progetto; tale strumento permette ai cittadini dei comuni interessati, agli studiosi e agli appassionati in genere, di consultare on-line la disponibilità di testi presso le biblioteche partecipanti. Si prevede che nel primo anno di attività del progetto la banca dati BibliopolisNet conterrà oltre 100.000 volumi, affermandosi come un importante punto di riferimento tra le reti bibliotecari intercomunali. La banca dati on-line è consultabile sul seguente indirizzo: www.expoitaly.it/bibliopolis»;
l'interrogante ha proceduto alla consultazione della cosidetta «banca dati on-line». Già dalla home page si ricava che le schede bibliografiche «sono oltre 40.000», ovverosia 10.000 in più rispetto a quanto dichiarato nell'ormai lontano 2005 e dopo l'utilizzo di oltre 500 giovani, ovverosia dopo ben 500 anni di «lavoro persona» utilizzati;
la cosidetta «rete intercomunale» riguarda 66 tra piccoli comuni ed associazioni sparsi su ben 5 regioni italiane diverse (Abruzzo, Calabria, Campania, Molise, Puglia), con distanze che spesso sono di centinaia di chilometri;
già da tali dati qualsiasi addetto ad una biblioteca comunale sobbalzerebbe. Secondo gli standard europei viene considerata «medio piccola» una normale biblioteca comunale circa 70.000 volumi in un comune di 15.000 abitanti;
venendo alla consultazione della banca dati molti dei comuni risultino non avere neppure un volume (è il caso di Acerno), oppure risultano averne disponibili poche centinaia (Comune di Caivano, 192 volumi censiti). Esiste addirittura una «Fondazione Mediterraneo», che dal suo sito pare operante in tutto il Mediterraneo e le cui attività principali sembrano consistere nella distribuzione di targhe e coppe, che ha un patrimonio librario di appena 304 volumi;
l'aggiornamento del patrimonio librario, segnale importante per comprendere quanto una biblioteca sia frequentata e vissuta dalla popolazione, è inesistente. Basti pensare che procedendo ad una ricerca dei volumi inseriti nella banca dati e riferiti ad un autore, meridionale conosciuto e noto, come Andrea Camilleri, la sua ultima opera, uscita nei primi mesi del 2010, «il nipote del Negus», non è in proprietà a nessuna delle cosidette biblioteche. A dire la verità dell'autore risultano censite solo 12 opere;
quella che viene definita «scheda bibliografica» è costituita da: nome e cognome autore, titolo opera, luogo ed anno edizione, numero pagine e altre informazioni comunque incomplete e generiche;
in ultimo, ma non certo per importanza, è da rilevare come un qualsiasi potenziale utente, trovando un volume di suo interesse, debba recarsi presso l'ente possessore per ottenerlo in prestito, rendendo così privo di senso e significato la stessa esistenza della banca dati, che dovrebbe essere incentrata sul concetto di «prestito interbibliotecario»;
gli interroganti hanno sottoposto tali dati ed informazioni ad una delle maggiori esperte nazionali in gestione di biblioteche pubbliche e sistemi interbibliotecari, che ha definito «a dir poco scadente» l'intero sistema;
ad avviso degli interroganti quanto descritto in premessa evidenzia una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di UNSC a ciò preposti -:
quali ragioni abbiano spinto i funzionari ed i dirigenti di UNSC ad approvare l'assegnazione, dal 2005 ad oggi, di oltre 600 volontari a tali progetti, a fronte di una valutazione dei medesimi che secondo gli interroganti denota inconsistenza e inutilità strutturale di tali progetti;
come sia stato possibile che per un intero lustro si sia, quasi automaticamente, finanziato un progetto di tale genere, senza alcun controllo minimo sui risultati raggiunti, controllo che poteva essere tranquillamente effettuato basandosi sulle informazioni pubblicate sui siti degli enti titolari dei progetti.
(4-09176)
RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 20 e 21 marzo 2010 si è svolto il concorso di eleganza «Trofeo Salvarola Terme», dedicato alle Jaguar storiche, in occasione del 75o anniversario della nascita della prestigiosa marca automobilistica, organizzato dall'associazione «scuderia Jaguar storiche»;
a tale evento culturale e storico hanno partecipato tra gli altri, a bordo di Jaguar XJ6 del 1977, il socio onorario Leonzio Borea ed il socio Palmiro Altiero, giunti entrambi insieme nella serata del 20 marzo;
le giornate sono trascorse tra coccole e bagni termali, cena di gala all'Hotel Terme di Salvarola, per poi concludersi il 21 marzo con la sfilata delle auto dinnanzi al Comitato d'onore. In particolare alcuni equipaggi, tra cui il socio Leonzio Borea, indossavano abiti della stessa epoca della loro Jaguar;
al termine dell'evento, il presidente della scuderia ha presentato ufficialmente due nuovi soci uno dei quali era Palmiro Altiero;
il signor Palmiro Altiero risulta avere ruoli di responsabilità all'interno dell'ente ExpoItaly, ente di I classe iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile è gestito direttamente, così come la valutazione dei progetti presentati dagli enti iscritti, da Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, il cui direttore è il senatore Leonzio Borea;
Presidente di tale ente risulta essere tale Antonio Altiero, mentre tra i collaboratori referenti dello stesso ente troviamo anche un Fabio Altiero ed una Valeria Altiero;
oltre al ripetersi, al di là di ogni legge statistica, di un solo cognome tra lo staff di tale ente, è da segnalare che lo stesso ha sede al seguente indirizzo «Corso Avezzana, 26, Torre del Greco (Napoli)». Presso tale recapito ha sede anche il «centro elaborazione dati» di un altro ente di servizio civile, il Cineclub Procida, anch'esso, nonostante la sua denominazione micro insulare, ente operante su oltre 5 regioni italiane ed iscritto pertanto all'albo nazionale degli enti di servizio civile. Fatto ancora più singolare i recapiti telefonici di ExpoItaly e del «Centro Elaborazione Dati» di Cineclub Procida coincidono;
fatto altrettanto singolare, presso lo stesso indirizzo ha sede l'istituto promozione servizio Civile (IPSC), anch'esso ente iscritto all'albo degli enti di servizio civile della Regione Campania, il cui presidente risulta essere il sopra menzionato Palmiro Altiero. Anche in questo caso il recapito telefonico coincide con quello di ExpoItaly e del «CED» di Cineclub Procida;
il presidente di ExpoItaly, Antonio Altiero, nel gennaio 2010 è stato nominato,
in qualità di esperto, componente del comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta (DCNAN) presso Ufficio nazionale per il servizio, civile, per «l'esperienza maturata nell'ambito delle attività finalizzate alla pace della Fondazione Mediterraneo»;
la Fondazione Mediterraneo risulta essere dal 2004 sede di attuazione di progetto di servizio civile dell'ente ExpoItaly;
il 31 marzo 2010, si è svolta una riunione della DCNAN in cui era ospite il Presidente della Fondazione Mediterraneo di Napoli, professor Michele Capasso, che ha presentato il progetto «il servizio civile per la pace, primo forum euromediterraneo» con il fine di «promuovere il servizio civile nei 43 paesi aderenti all'Unione per il Mediterraneo, al fine di conoscere le diverse organizzazioni ed attività del servizio civile»;
dal periodico «CSR News», edito dal centro studi e ricerche sul servizio civile, ennesima realtà emanazione di ExpoItaly e Cineclub Procida, si evidenzia una presenza costante, con cadenza poco più che mensile, del dottor Borea, Direttore di UNSC, a premiazioni ed iniziative di ExpoItaly, Cineclub Procida, Fondazione Mediterraneo, IPSC, CSR;
nel solo bando per la selezione di volontari per l'anno 2010, ExpoItaly e Cineclub Procida hanno avuto approvati e finanziati progetti di servizio civile per complessivi 242 volontari, per un costo complessivo a carico dello Stato che gli interroganti stimano pari ad euro 1.403.600, progetti valutati da UNSC, ovvero dagli uffici diretti dal dottor Leonzio Borea;
da evidenziare come Cineclub Procida e IPSC, enti accreditati di II classe, segnalino nel loro sito di avvalersi del sistema di selezione e reclutamento dell'ente di I classe ExpoItaly, mentre la normativa vigente vieta espressamente agli enti di II classe di avvalersi di sistemi forniti appunto da enti della I classe;
appaiono agli interroganti riprovevoli le assidue e continue frequentazioni di un alto dirigente della Presidenza del Consiglio dei ministri nei confronti di più enti controllati dalle strutture da lui dirette, tanto più se tali enti tramite la valutazione di tali strutture pubbliche accedono a risorse pubbliche del valore di milioni di euro l'anno -:
quali iniziative intenda assumere nei confronti degli enti di servizio civile indicati in premessa, a fronte delle irregolarità riscontrate per ciò che riguarda la regolamentazione del servizio civile;
come si giustifichi un protocollo di intesa tra UNSC e enti terzi, dove l'amministrazione pubblica prende impegni sull'impiego di risorse pubbliche senza quantificare preventivamente le stesse;
quali iniziative intenda prendere anche alla luce dei non trasparenti intrecci che si desumano da quanto riportato in premessa.
(4-09177)
RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 6 luglio 2010 sul sito di Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC), sono state pubblicate le graduatorie provvisorie dei progetti di servizio civile nazionale da realizzarsi in Italia ed all'estero;
nell'avviso di pubblicazione si segnalava che «gli enti interessati possono far pervenire, entro e non oltre il 21 luglio, per iscritto, anche a mezzo e-mail, le proprie osservazioni motivate in merito ai punteggi attribuiti ai propri progetti inseriti nelle suddette graduatorie, il cui dettaglio è accessibile tramite il sito internet dell'Ufficio»;
gli enti di servizio civile che hanno ritenuto opportuno presentare osservazioni motivate si sono trovati innanzi a comportamenti, da parte dell'UNSC, per lo meno singolari;
infatti, all'invio delle osservazioni UNSC rispondeva, prima tramite posta elettronica e successivamente con lettera cartacea, invitando l'ente richiedente ad un incontro a Roma, della durata massima di 30 minuti;
sia la mail che la lettera risultano firmati da un «nucleo di valutazione per l'esame delle osservazioni graduatorie», di cui non si ha traccia nell'organigramma dell'UNSC, e che non è da confondere con la «commissione di valutazione» dei progetti presentati;
fatto ancora più grave, la comunicazione è firmata in maniera illeggibile e non è quindi individuabile il nome e cognome del dipendente pubblico che ha convocato l'ente di servizio civile in quel di Roma. Inoltre, è completamente assente il nome ed il recapito del responsabile del procedimento amministrativo, in difformità dalle norme di trasparenza amministrativa;
gli appartenenti al «nucleo di valutazione» peraltro non avrebbero alcun potere decisionale in merito a gran parte delle osservazioni sollevate dall'ente e quindi le stesse sarebbero state inoltrate dal «nucleo di valutazione» alla «commissione di valutazione» cui è demandata in via esclusiva la valutazione dei progetti;
il nucleo di valutazione risultava composto dalla dottoressa Anna Montuori, dirigente del servizio del personale, e dalla dottoressa Natalina Mellino, dirigente del servizio comunicazione. Completavano il nucleo due semplici dipendenti di UNSC, Sonia Militello e Gabriella Petrassi, appartenenti al servizio progetti e convenzioni, ovverosia alla struttura che di fatto valuta i progetti, e le cui risultanze sono di fatto semplicemente ratificate dalla «Commissione di valutazione»;
l'intera procedura si rivela, secondo gli interroganti, sulla base di quanto descritto nei punti precedenti, mancante di trasparenza e discutibile da un punto di vista organizzativo, e non sembra affatto utile per individuare eventuali errori commessi dalla pubblica amministrazione -:
quali provvedimenti intenda prendere nei confronti della dirigenza dell'UNSC in considerazione di quella che agli interroganti appare una totale mancanza di trasparenza nella gestione di importanti atti amministrativi.
(4-09178)
TESTO AGGIORNATO AL 29 NOVEMBRE 2010
...
AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta orale:
CASINI, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, VOLONTÈ, ADORNATO, BINETTI, BOSI, BUTTIGLIONE, CAPITANIO SANTOLINI, ENZO CARRA, CERA, CESA, DE POLI, DELFINO, DIONISI, ANNA TERESA FORMISANO, GALLETTI, LIBÈ, LUSETTI, MANTINI, MARCAZZAN, MEREU, RICARDO ANTONIO MERLO, OCCHIUTO, PEZZOTTA, POLI, RAO, RIA, RUGGERI, SCANDEREBECH, TASSONE, NUNZIO FRANCESCO TESTA, ZINZI, MARCHI, VACCARO, CASTAGNETTI, FARINONE, COLANINNO, GRASSI, PIZZETTI, BUCCHINO, RUBINATO, BOCCI, RAZZI, TANONI, MELCHIORRE, ANGELI, DI BIAGIO, GIACHETTI, ALBONETTI e BARBIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 la Corte suprema di giustizia della Colombia ha aperto diverse indagini penali nei confronti di circa 70 deputati e senatori;
nel 2007 molti deputati e senatori indagati sono stati arrestati con l'accusa, tra le altre, di aver sostenuto, in cambio di consenso elettorale, l'attività sia delle bande terroristiche sia dei gruppi paramilitari che hanno insanguinato la storia recente della Colombia;
lo stato di detenzione di un numero così elevato di eletti al Parlamento e le procedure adottate dalla magistratura inquirente, hanno destato viva preoccupazione in diversi organismi internazionali;
nel dicembre 2009 il Segretario generale delle Nazioni Unite ha inviato, in visita ufficiale in Colombia, la relatrice speciale per l'indipendenza giudiziaria, dottoressa Gabriela Karina Knaul Albuquerque da Silva, al fine di verificare se le procedure adottate dagli inquirenti colombiani fossero rispettose del diritto degli accusati «ad un giusto processo», compreso il diritto all'accesso agli atti finalizzato alla difesa di ogni singolo inquisito;
l'Unione interparlamentare si è occupata in diverse occasioni del caso Colombia, inviando tra l'altro una propria delegazione nel paese latino-americano (22-24 Agosto 2009) per assumere informazioni sulla specifica condizione dei parlamentari inquisiti e arrestati e per verificare l'effettiva tutela dei diritti umani e del diritto alla difesa degli inquisiti e degli arrestati;
la delegazione dell'Unione interparlamentare si è concentrata in particolare sul caso dell'ex senatore Alvaro Araujo Castro ora detenuto nel carcere giudiziario della città di Valledujar dopo aver trascorso una precedente detenzione nel carcere per criminali comuni del «La Picota» a Bogotà;
dalle prime relazioni confidenziali della delegazione dell'Unione interparlamentare sul caso Araujo Castro emergono forti preoccupazioni sul rispetto dei diritti umani e sul diritto ad un giusto processo sia per quanto riguarda l'oggettività dell'impianto probatorio sia per quanto riguarda la congruità della documentazione e delle testimonianze a sostegno dei capi di accusa;
lo stato di salute dell'ex senatore Araujo Castro è assai precario: colpito da diversi episodi di attacchi cardiaci, clinicamente provati e documentati, non gode, allo stato attuale della vigilanza medico-sanitaria e delle tutele predisposte in questi casi negli ordinamenti carcerari dei paesi democratici -:
se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa e di attivare ogni canale diplomatico affinché a tutti i parlamentari e agli ex parlamentari colombiani inquisiti, a piede libero o in stato di detenzione, sia garantito il pieno diritto alla difesa e per verificare se, come nel caso specifico dell'ex senatore Alvaro Araujo Castro, si sia esercitata o meno la tutela prevista nei casi di grave e comprovata malattia.
(3-01296)
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta l'Avvenire del 22 ottobre 2010, dati ufficiali rivelano che i rifiuti urbani prodotti ogni anno in Campania sono circa 2,5 milioni di tonnellate, mentre quelli speciali superano i 4 milioni. In realtà, potrebbero essere molti di più. Inoltre, mentre i primi, in qualche modo, tra discariche e termovalorizzatore di Acerra, hanno impianti dove essere smaltiti, quelli prodotti dall'industria praticamente non ne hanno;
ufficialmente, tra il 15 e il 20 per cento verrebbe smaltito o stoccato in Campania. Meno del 20 per cento finisce fuori regione, a costi altissimi (ma, stranamente, ne arrivano anche 270 mila tonnellate da altre regioni). Il rimanente fa parte del regno delle ecomafie e degli imprenditori che a prezzi stracciati forniscono uno smaltimento illegale, in cave, corsi d'acquea, terreni agricoli o bruciati in quelli che l'assessore regionale all'ambiente, Giovanni Romano, definisce «termovalorizzatori diffusi senza ciminiere»;
si sta parlando dei rifiuti del mondo produttivo, pericolosi e non, degli scarti
delle grandi industrie o dei piccoli artigiani; sostanze chimiche, metalli pesanti, ceneri tossiche, liquami, e via dicendo;
si tratta di un problema che riguarda anche altre regioni ma la Campania in modo particolare. In tutta l'Italia i rifiuti speciali prodotti ogni anno sono circa 134 milioni di tonnellate, quelli «gestiti» sono 103 milioni. Pertanto, mancano all'appello ben 31 milioni di tonnellate, l'equivalente di una montagna di tremila metri d'altezza;
mentre le norme nazionali e comunitarie vietano (tranne per i casi di emergenza) di esportare fuori regione quelli urbani, per quelli speciali è permesso. La Campania esporta poco più di 800 mila tonnellate. «Io li devo spedire in Puglia - spiega Antonio Diana, imprenditore della plastica nel casertano - con costi superiori del 50 per cento, rispetto ai 70 euro a tonnellata che pagherei se potessi smaltire in regione. Ma per altre tipologie di rifiuti, come quelli pericolosi, si parla anche del 100-200 per cento». E si tratta di pagare tra 300 e 1.000 euro a tonnellata: costi che i piccoli imprenditori o gli artigiani non si possono permettere. La camorra e gli smaltitori illegali lo sanno e offrono «sconti» fino al 50 per cento;
undici anni fa era stata trovata una soluzione a questo problema noto da tempo: nel luglio 1999 fu firmato un accordo di programma tra Confindustria, Federindustria Campania, Ministri dell'ambiente e dell'industria, commissario delegato presidente della Campania. L'Accordo prevedeva la realizzazione di una Piattaforma regionale per il trattamento dei rifiuti speciali a Pignataro Maggiore (CE) e una discarica per inerti e rifiuti inertizzati in una cava a Tora Piccilli (alto casertano). Sarebbe costata 50 milioni di euro, tutti a carico degli imprenditori. Aveva già avuto la Valutazione d'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma per l'opposizione degli enti locali e per lentezze burocratiche non se ne fece niente. Confindustria ha allora stipulato un nuovo accordo di programma il 14 aprile 2005, ma anche questo non è andato avanti ed è scaduto il 14 aprile di quest'anno;
secondo l'assessore Romano, «tranne pochissimi e piccoli impianti, il resto è totalmente fuori controllo, anche per quanto riguarda i rifiuti che vanno fuori regione, visto che non esiste un sistema di tracciabilità» -:
di quali ulteriori dati dispongano i Ministri interrogati in merito;
come intendano affrontare il problema evidenziato in premessa.
(4-09168)
SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la presenza di un cementificio a qualche centinaio di metri dal centro abitato di Fumane (Verona), in seguito a numerose proteste della popolazione, ha indotto l'ARPA Veneto al posizionamento di una centralina di rilevamento della concentrazione delle PM10 fin dal 2007;
gli sforamenti della soglia ritenuta accettabile di PM10 di 50 microg/metro cubo è stata superata 60 volte nel 2008, 58 volte nel 2009 e già 40 volte al 15 aprile del 2010;
secondo lo studio dell'ARPAV 2007 il 95-98 per cento della produzione di CO2, NOx e polveri totali è dovuto alle emissioni del cementificio;
anche altre pericolose sostanze, come benzene, acetonotrile, furani, IPA, metalli pesanti fra cui cadmio, arsenico, mercurio, altri composti organici volatili, sono state ritenute cancerogene di prima classe IARC;
dal 2009 la suddetta azienda ha ottenuto il permesso di usare 80.000 ton/anno di ceneri pesanti (ed altre 42.000 di altri rifiuti industriali), che aumentano la quantità di metalli pesanti, diossine ed altre sostanze cancerogene nell'aria, nel suolo e nel ciclo alimentare, con grave rischio per la salute di tutti cittadini ed in particolare dei bambini;
l'azienda ha anche ottenuto alcune autorizzazioni a scavare nuove miniere che prevedono la sparizione completa della collina di Marezzane, situata nel comune di Marano di Valpolicella, che è stata dichiarata «luogo del cuore» dal FAI (Fondo ambientale italiano);
in aggiunta a quanto sopra è stata chiesta autorizzazione a costruire un nuovo forno dell'altezza di 103 metri. Tipologia analoga è utilizzata dalla stessa proprietà nello stabilimento di Piacenza per il co-incenerimento di pneumatici esausti;
si progetta inoltre di costruire una nuova superstrada, secondo l'interrogante vero e proprio disastro paesaggistico, atta a favorire il trasporto dei rifiuti prodotti dalle vicine industrie del marmo per smaltirli poi presso il cementificio;
il tutto in una zona a particolarissima vocazione agricola e paesaggistica, la zona di produzione dei vini Valpolicella ed Amarone, e all'interno del parco naturale della Lessinia;
quanto sopra è stato segnalato anche all'Unione europea affinché, analogamente a quanto fatto dai comitati di cittadini che si oppongono all'inceneritore di Verona (Cà del Bue), vengano sanzionati le amministrazioni di Fumane e Marano di Valpolicella per non aver mai preso nessun provvedimento per evitare gli sforamenti dei valori delle PM10, contravvenendo così ad avviso dell'interrogante al loro compito istituzionale di difensori della salute dei cittadini -:
se e quali iniziative il Ministro intenda assumere per favorire a livello nazionale soluzioni diverse dall'incenerimento dei rifiuti con particolare riferimento alle attività dei cementifici in modo da ridurre l'inquinamento prodotto dalle imprese che operano in tale settore.
(4-09173)
...
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
le biblioteche nazionali centrali sono due, quella di Firenze, che nacque nel 1861, e quella di Roma, fondata nel 1875. Esse svolgono compiti unici nel panorama delle istituzioni librarie ed in particolare: conservazione dell'intero patrimonio bibliografico italiano (i libri e i periodici, oltre al ricchissimo tesoro dei fondi antichi), acquisizione e catalogazione delle nuove pubblicazioni (un flusso di 50-60 mila novità librarie e circa 300 mila numeri di testate all'anno), informazione al pubblico attraverso bollettini completi. Per le nuove acquisizioni vige in Italia il diritto di deposito legale, per cui l'editore è tenuto a inviare alle due centrali copia delle sue produzioni. Le Biblioteche nazionali, dunque, rappresentano, come ovunque nel mondo, la cultura del Paese, la custodiscono e la tramandano alle generazioni future;
come denunciato, anche, da molti organi di stampa, la Biblioteca nazionale di Firenze rischia un serio ridimensionamento a fronte della mancanza di risorse e la mancata erogazione di dei fondi da parte del Ministero per i beni e le attività culturali;
la situazione economica della Biblioteca nazionale di Firenze, infatti, ha visto la riduzione, a seguito dei tagli operati dal Governo, nel corso del prossimo anno, il contributo statale da un milione di euro a
716 mila euro e vedrà, con l'articolo 7, comma 24, del decreto-legge n. 78 del 2010, la cifra ulteriormente decurtata del 50 per cento e ridotta a 350 mila euro;
il personale della Biblioteca nazionale di Firenze risulta ridotto a seguito del blocco del turn over del 60 per cento in cinque anni; inoltre la direttrice della biblioteca, Ida Fontana, ha recentemente denunciato l'impossibilità di proseguire dopo il 30 novembre all'apertura pomeridiana dei locali a seguito della scadenza del contratto della ditta che si occupa della distribuzione, che non verrà rinnovato per mancanza di fondi;
le rassicurazioni fornite nei giorni scorsi dal Ministero alla direttrice della biblioteca concernenti lo stanziamento di fondi che consentiranno di garantire l'apertura fino a marzo, con la promessa di mantenere gli stessi fondi del 2011 ad un livello non inferiore a quelli di quest'anno, non costituiscono che un palliativo e uno spostamento in avanti del problema;
la grave situazione economica e la diminuzione di personale producono carenze sul piano della cura del patrimonio librario - scarsa pulizia che danneggia le opere - e sulla possibilità di accesso al pubblico ai servizi - riduzione degli orari di apertura e fruibilità della biblioteca;
la Biblioteca nazionale di Firenze, nata in concomitanza con l'unità d'Italia, vede il centocinquantenario della sua nascita commemorato con l'avvio della sua progressiva decadenza -:
quali iniziative intenda adottare affinché le attività della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, necessarie a garantire il funzionamento e la valorizzazione del prestigioso centro culturale, vengano sostenute con adeguati finanziamenti e sia garantita la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e delle professionalità nel rispetto della cultura e delle competenze che operano in essa.
(2-00869)
«Ventura, Bindi, D'Alema, Maran, Amici, Quartiani, Livia Turco, Lulli, Pistelli, Letta, Sani, Picierno, La Forgia, Farinone, Colombo, Fiano, Pompili, Bordo, Ferrari, Fedi, Zucchi, Rossomando, Tidei, Lolli, Marrocu, Cardinale, Graziano, Calvisi, Martella, Migliavacca, Lucà, Vico, Duilio, Meta, Luongo».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GRAZIANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il complesso monumentale di Caserta, insieme al parco, l'acquedotto vanvitelliano e il complesso di San Leucio sono stati iscritti nel 1997 tra i siti italiani costituenti patrimonio mondiale sotto l'egida dell'UNESCO;
il riconoscimento di valore universale della struttura è ricondotto all'eccezionalità della sua estensione, comprensiva di palazzo, parco e paesaggio circostante, e ideazione. Invero, la struttura, per quanto rimandi ai princìpi di pianificazione del tempo, in linea con gli ideali legati alla sua concezione e gestione, espressione del periodo illuminista, risulta pienamente integrata con il contesto ambientale di riferimento;
simili qualificazioni comportano per tale patrimonio culturale livelli di protezione e conservazione elevati. Questo è sancito dalla Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale, firmata il 16 novembre 1972 e ratificata dall'Italia con la legge n. 184 del 1977, che, all'articolo 4, prevede l'obbligo per gli Stati firmatari di garantire l'identificazione, la protezione, la conservazione, la valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio oggetto di interesse;
recentemente, lanci di agenzia e stampa locale hanno riportato le dichiarazioni-denuncia di un collezionista e cultore di storia, ad avviso del quale alcuni arredi della reggia di Caserta sarebbero
stati venduti in aste svoltesi a Milano e Londra tra il 2002 e il 2007, curate da note case internazionali. Sarebbero così stati individuati oggetti - vasi in porcellana, piatti e mobili - appartenenti alla Real Fabbrica Ferdinandea (1771-1806), presenti nei cataloghi d'arte;
al fine di assicurare una protezione e conservazione efficaci e una valorizzazione attiva del patrimonio culturale e naturale situato sul territorio statale, la Convenzione menzionata, all'articolo 5, demanda allo Stato il compito di adottare politiche, istituire servizi, adottare provvedimenti e, in particolare, perfezionare i metodi di intervento che permettano di far fronte ai pericoli che minacciano il patrimonio -:
se la notizia concernente la grave sottrazione denunciata corrisponda al vero o sia destituita di fondamento;
quali iniziative, misure e provvedimenti il Ministro interrogato abbia intrapreso o stia per intraprendere, al fine di garantire l'assolvimento dei compiti che la Convenzione demanda allo Stato per scongiurare scempi come quelli rappresentati in premessa.
(5-03657)
ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da quanto emerge dalla stampa, da tempo l'area archeologica di Pompei non sarebbe adeguatamente curata e tutelata;
i lavori volti al recupero dell'insediamento archeologico tra i più importanti del mondo, ed iscritto tra i patrimoni dell'UNESCO nel 1997, sarebbero condotti in maniera irresponsabile e negligente, al punto da nuocere addirittura all'integrità stessa del sito;
la magistratura ha aperto un'indagine sui materiali e metodi abusivamente utilizzati per il restauro del Teatro Grande, durante gli scavi gestiti dal 2009 al 2010 dal commissario della protezione civile Marcello Fiori;
per questo il procuratore di Torre Annunziata, Diego Marmo, ha chiesto il sequestro del bilancio relativo all'anno di gestione Fiori, che peraltro, avrebbe utilizzato ben 20 milioni per «attività di servizio» avulse da quelle strettamente legate alla condizione emergenziale, ed avrebbe agito in deroga ad alcune norme senza fondati motivi;
i soldi spesi durante la gestione Fiore certamente non sono stati utilizzati per la corretta conservazione ed il restauro di Pompei, visto che recentemente è crollata una trave del tetto della Casa di Polibio a causa della pioggia;
il 18 gennaio 2010 è crollata l'area nell'insula adiacente alla Casa dei casti amanti, provocando danni ai reperti archeologici. Non ci sono state vittime tra turisti e operai solo perché la frana, che ha interessato ben trenta metri di muro perimetrali e venti metri inferiori, è avvenuta di notte;
il 29 settembre 2010 il Ministro avrebbe dovuto nominare Angelo Maria Ardovino, ex dirigente generale per i beni archeologici, come responsabile definitivo della soprintendenza unificata di Napoli e Pompei;
l'ex dirigente sarebbe indagato dalla procura di Salerno nell'ambito dell'inchiesta sui fondi europei, e forse per questo il Ministro non ha di fatto firmato il decreto;
conseguentemente, dopo anni di sprechi, di degrado, di gestione irresponsabile ma soprattutto lesiva sia per l'incolumità delle persone che per l'integrità del sito, ad oggi, l'unico candidato alla soprintendenza stabile dello straordinario ed unico insediamento archeologico, è un indagato -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire la conduzione efficiente, trasparente, stabile e duratura dei lavori di conservazione e restauro di Pompei, patrimonio mondiale dell'umanità, e come il
Ministro intenda risolvere la questione riguardante la nomina della sovrintendenza unificata di Napoli e Pompei.
(5-03658)
Interrogazioni a risposta scritta:
LANDOLFI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comune di Pozzuoli si estende su una superficie territoriale di 42 chilometri quadrati, nella quale rientra la zona denominata «Licola», sottoposta a vincolo archeologico indiretto imposto con il decreto ministeriale del 24 settembre 1947 ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 1089 del 1939 (ora articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004). Il vincolo individua una fascia di rispetto nella quale non è consentita alcuna edificazione (cosiddetta inedificabilità assoluta);
la realtà dei luoghi è profondamente mutata dal 1947 ad oggi, non solo per la rilevante attività costruttiva realizzata, ma anche per i mutamenti morfologici, come ad esempio il prosciugamento del lago di Licola;
alla luce dei suaccennati mutamenti dello stato dei luoghi il decreto ministeriale 24 settembre 1947 appare irrimediabilmente superato. Non solo: il decreto presenta, ad avviso dell'interrogante, profili di dubbia legittimità in quanto impone un vincolo di inedificabilità assoluta ad un perimetro territoriale che si estende per circa 500 ettari, pari ad un decimo dell'intero territorio puteolano e comunque ben oltre rispetto a quanto necessario per salvaguardare la fruizione, l'integrità e il decoro del sito archeologico dell'Acropoli di Cuma;
i vincoli ricadenti su immobili per motivi di carattere storico-culturale devono essere puntualmente motivati e sorretti da un'adeguata istruttoria, in primo luogo perché comprimono lo jus aedificandi ed, in secondo luogo, perché costituiscono un rilevante ostacolo ai rapporti giuridici ed economici;
è ormai acclarato che un provvedimento di imposizione di un vincolo indiretto storico-artistico-archeologico deve indicare con precisione non solo il bene oggetto del vincolo e le cose in funzione delle quali è imposto, ma soprattutto il rapporto di complementarietà tra le misure limitative e il fine pubblico perseguito nonché le ragioni di adozione della misura limitativa;
il succitato decreto ministeriale appare invece sorretto da una motivazione molto scarna, consistente nella mera necessità di tutelare la prospettiva e la luce del complesso monumentale e di non alterare le condizioni di ambiente e di decoro, peraltro riferendosi al già menzionato «lago di Licola» non più esistente all'epoca di imposizione del vincolo (1947), perché da tempo prosciugatosi e successivamente oggetto di bonifica;
è certamente vero che l'amministrazione ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità delle cose immobili soggette alle disposizioni della legge n. 1089 del 1939 (all'epoca vigente e poi sostituita dall'articolo 49 del decreto n. 490 del 1999 e attualmente dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004), ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente o di decoro;
è certamente vero che il vincolo indiretto è rimesso all'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione e può variare in funzione della protezione del bene, fino a comprendere come è noto la prescrizione di inedificabilità assoluta dell'area cui si riferisce;
tuttavia, nella fattispecie, si tratta di un vincolo che individua una fascia di rispetto assolutamente sproporzionata - pari ad un decimo dell'intero territorio comunale di Pozzuoli - il cui perimetro va
ad inglobare un lago (quello di Licola, appunto) che non esisteva già al momento in cui esso fu imposto;
l'area su cui grava il vincolo è stata nell'ultimo trentennio ampiamente urbanizzata ad opera di privati ed attualmente risiedono nella zona circa 1.500 persone. Anche il comune di Pozzuoli ha realizzato interventi edili (una scuola) ed opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, peraltro sicuramente preesistente alla realizzazione degli immobili da parte dei privati, preclude l'esame favorevole di circa 400 istanze di condono edilizio, peraltro inoltrate dai richiedenti da oltre 25 anni (ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47) o da oltre 16 anni (ai sensi della legge n. 23 dicembre 1994, n. 724);
tale vincolo, che per altro impedisce all'amministrazione comunale di Pozzuoli di programmare interventi edilizi tesi alla riqualificazione del territorio ed in particolare della fascia costiera che si estende dal lago del Fusaro sino al confine con il comune di Giugliano, sempre in provincia di Napoli, appare all'interrogante di dubbia leggittimità anche perché risulta perimetrato da una cartografia catastale che, per sua natura, non è in grado di definire gli esatti confini e, quindi, l'esatto limite del vincolo. Le cartografie catastali, infatti, non riportano segni fisici del territorio quali: fiumi, canali, muri, recinzioni, quote altimetriche, zone alberate, arenili, paludi, mentre è necessario - ai fini dell'esatta perimetrazione del vincolo - utilizzare una cartografia aereo-fotogrammetrica in grado di riportare graficamente tutti gli elementi descrittivi del territorio -:
se non ritenga opportuno, alla luce degli evidenziati fatti sopravvenuti, rinnovare, ai sensi dell'articolo 128 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il procedimento di imposizione del vincolo indiretto attualmente oggetto delle disposizioni di tutela di cui al decreto ministeriale 24 settembre 1947 ed, all'esito, disporne la modifica attraverso una riperimetrazione della zona interessata.
(4-09146)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
esperti ed associazioni sono venuti a conoscere dall'assessorato al centro storico del comune di Napoli e dall'ambasciatore Caruso, la composizione del gruppo di studio affidatario della redazione del piano di gestione del centro storico di Napoli, secondo il disposto della legge n. 77 del 20 febbraio 2006;
dalle comunicazioni dell'assessorato al centro storico di Napoli si ricava:
che il comune di Napoli ha affidato all'ambasciatore Caruso l'incarico di ottenere il coinvolgimento dell'UNESCO nella redazione del piano di gestione del centro storico, sollecitato dallo stesso organismo internazionale nel corso dell'ispezione effettuata dalle dottoresse Urland e Rossler nell'autunno del 2009, in conseguenza dell'iscrizione del centro storico di Napoli nel Patrimonio dell'umanità (1995);
che il comune di Napoli ha stipulato, tramite l'ambasciatore Caruso, una convenzione onerosa con l'UNESCO per la stesura del piano di gestione;
che a tale lavoro collaborano, oltre ad esponenti degli organismi collegati all'UNESCO, come l'ICCROM e l'ICOMOS, anche numerosi altri esperti reclutati in Italia e all'estero;
che i soli esperti napoletani, peraltro chiamati in causa in ragione della loro funzione specifica, sono il rettore dell'università, professor Massimo Marrelli e il presidente dell'ICOMOS Italia, ingegner Maurizio Di Stefano;
che mancherebbe, al gruppo di lavoro, ogni riferimento agli stakeholder (portatori d'interessi locali), nonché a forme di collaborazione dell'intellettualità
scientifica locale e delle associazioni che si sono battute per anni affinché la problematica del centro storico venisse finalmente affrontata;
ad avviso degli interroganti il comune di Napoli, nell'affidare all'esterno delle competenze locali tale elaborazione, ha di fatto scavalcato anche le competenze del Ministero per i beni e le attività culturali, nel momento in cui è lo Stato italiano ad essere tenuto a rispettare le convenzione UNESCO, e non singole amministrazioni locali -:
se l'UNESCO abbia mai praticato altrove analoghe procedure, e in rapporto a quali condizioni e difficoltà locali;
se simili procedure di coinvolgimento diretto dell'UNESCO siano state mai seguite in Italia nei numerosi casi analoghi (Venezia, Firenze, Siracusa, Roma, e altri);
per quale ragione l'organismo cui è demandato il controllo del processo di riqualificazione dei centri storici patrimonio dell'umanità sia anche il redattore dello strumento di gestione delle iniziative;
se il Ministero per i beni e le attività culturali non intenda assumere ogni iniziativa affinché l'elaborazione del piano di gestione venga ricondotta al rispetto della prassi ordinaria, secondo il dettato della legge 77, e cioè coinvolgendo le competenze locali, le rappresentanze cittadine ed i propri strumenti amministrativi, allo scopo di reintegrare la comunità locale nella legittima aspettativa di partecipazione elaborativa, dalla quale essa è stata esclusa.
(4-09174)
...
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il C.f.i. (compenso forfettario d'impiego) è stato istituito con l'articolo 9, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, che testualmente recita «A decorrere dal 1o gennaio 2003 in attuazione all'articolo 3 della legge 29 marzo 2001, n. 86, è istituito il compenso forfettario d'impiego nelle misure giornaliere riportate nell'allegata tabella 3 da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro.»;
nella risposta scritta all'interrogazione 4-07041, pubblicata giovedì 7 ottobre 2010, nell'Allegato B della seduta n. 380 si legge che: «In particolare, il C.f.i. maturato dal personale per le attività espletate nell'anno 2009 è stato interamente erogato agli aventi diritto che ne hanno fatto richiesta...»;
a parere degli interroganti, la risposta fornita dal Ministro interrogato, nella parte sopra evidenziata, pare sorprendente in quanto lascia intendere che il citato emolumento non sia stato corrisposto anche a coloro che, pur avendone diritto, non ne abbiano fatto domanda;
la norma istitutrice del beneficio economico recita che: «Il compenso [...] è corrisposto al personale impegnato in esercitazioni od in operazioni militari, caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore con l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area di esercitazione.» escludendo a priori l'onere per il militare di dover presentare una specifica domanda -:
se il Ministro sia intenzionato a chiarire il significato della sua risposta;
se esistano delle disposizioni impartite anche dai comandi periferici che impongono al personale dipendente l'onere della domanda per avere corrisposto il pagamento del compenso spettante;
se il C.f.i. sia stato effettivamente corrisposto a tutto il personale avente diritto e, in caso contrario, quali immediate iniziative intenda intraprendere affinché sia sanata la situazione.
(4-09145)
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ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
ANTONIO PEPE e CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
lo zucchero d'uva o succo concentrato deionizzato è uno zucchero estratto dalla frutta, precisamente dall'uva;
lo zucchero d'uva differisce dallo zucchero di uso comune sia per il processo produttivo (è un prodotto naturale) sia per l'aspetto (si presenta in forma liquida, limpido, incolore, non lascia retrogusto e non modifica il gusto dei cibi): esso è composto dal 50 per cento di fruttosio, dal 48 per cento di glucosio e dal 2 per cento di zuccheri minori;
questo zucchero ha un basso potere calorico (267Kcal/100g), è un antiossidante e, a differenza del saccarosio, viene assimilato più lentamente dal nostro organismo, garantendo una crescita più lenta del tasso glicemico: esso è dunque ideale durante l'allattamento e la gravidanza, quando il fabbisogno energetico è superiore, nonché per chi pratica attività sportiva, in quanto fornisce subito all'organismo e ai muscoli l'energia necessaria;
lo zucchero d'uva, per questi motivi, ha un ottimo grado di sostituibilità rispetto al classico zucchero cristallino di canna o di barbabietola;
lo zucchero d'uva viene già usato nella preparazione e dolcificazione di aperitivi, cocktail, liquori, bibite, succhi di frutta, yogurt, macedonia e bevande varie, quali caffè, the, infusi e tisane calde o fredde, nonché nella preparazione di confetture, marmellate, conserve alimentari e pasticceria;
nel passato lo zucchero d'uva era utilizzato prevalentemente nel settore enologico per arricchire i vini in alcune aree geografiche (Germania e Francia) che rappresentavano un importante sbocco per tale prodotte e, per questo. esso è oggetto di uno specifico contributo comunitario, mirato ad equiparare il costo del medesimo al costo del saccarosio;
oggi, accanto all'utilizzo nel settore enologico - in netta e progressiva flessione a seguito della modifica dell'Organizzazione comune del mercato (OCM) vino - lo zucchero d'uva costituisce un ingrediente di diversi prodotti alimentari e può essere utilizzato come tale in sostituzione del saccarosio o di altri zuccheri;
lo zucchero d'uva presenta tutte le caratteristiche per soddisfare le richieste dei consumatori, che si sono evolute in questi anni a favore dei prodotti naturali, e presenta una tracciabilità maggiore rispetto allo zucchero industriale, il quale è sottoposto ad un lungo e complicato procedimento di raffinazione;
lo zucchero d'uva costituisce una realtà sul mercato mondiale, ma i suoi molteplici impieghi nell'industria alimentare non sono stati adeguatamente valorizzati;
si tratta di un prodotto nazionale, il quale si inserisce nel quadro di un settore, quello vitivinicolo, che costituisce uno dei pilastri fondamentali del comparto agro-alimentare italiano;
l'Unione europea, deficitaria nella produzione di zucchero rispetto ai consumi, deve importare questo prodotto dai Paesi terzi ed impiegarlo in sostituzione di un prodotto europeo quale lo zucchero d'uva -:
se il Governo, in considerazione di quanto esposto, non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte ad
equiparare, ove possibile, il trattamento fiscale dello zucchero d'uva a quello dello sciroppo di zucchero o del saccarosio, riducendo l'aliquota IVA ad esso applicabile dal 20 per cento al 10 per cento, al fine di non penalizzare ulteriormente il comparto produttivo interessato, anche alla luce del fatto che nel 2012 verranno meno le sovvenzioni in materia dell'Unione europea.
(5-03662)
BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa hanno recentemente portato all'onore delle cronache la banca Arner, istituto di credito di diritto svizzero con filiale italiana;
tale banca risulterebbe al centro di diverse, inquietanti vicende, che hanno indotto la Banca d'Italia a disporre il commissariamento dell'Istituto;
sempre secondo gli organi di informazione, la procura della Repubblica di Milano ha inoltre posto sotto inchiesta i vertici della banca stessa, nell'ambito di un'indagine per il riciclaggio di capitali;
sulla base delle notizie riferite in una recente indagine svolta dalla trasmissione televisiva Report, attraverso la predetta banca sarebbero transitati i flussi di denaro con i quali il Presidente del Consiglio dei ministri ha acquistato importanti proprietà immobiliari nello Stato di Antigua;
un ulteriore aspetto paradossale di tale vicenda è dato dal fatto che, nonostante i seri dubbi che si possono nutrire rispetto alla trasparenza ed alla correttezza nell'operato della banca Arner« quest'ultima figura tra i principali sponsor del meeting organizzato dall'Associazione industriali di Monza e Brianza su »Etica, giustizia, sicurezza", a testimonianza evidente dei forti legami che sussistono tra tale istituto di credito e spezzoni significativi di Confindustria e dell'intero sistema imprenditoriale italiano;
a tale proposito sarebbe interessante capire se la mancata partecipazione a tale convegno del Presidente del Consiglio dei ministri e del presidente della stessa Confindustria debba essere intesa come una sorta di presa di distanza, di per sé molto significativa, da parte di tali soggetti istituzionali, rispetto ad un soggetto finanziario che presenta molti aspetti oscuri;
da tale contesto emerge con tutta evidenza l'esigenza di fare luce sulla gestione e sull'operatività della predetta banca Arner, sia per garantire la piena trasparenza nel funzionamento del sistema finanziario nazionale, sia per contrastare eventuali fenomeni di riciclaggio di capitali di provenienza illecita -:
di quali informazioni di sua competenza sia in possesso, anche per il tramite del Comitato di sicurezza finanziaria, relativamente all'attività della banca Arner, con particolare attenzione alla sua filiale italiana, e quali iniziative abbia assunto, ovvero intenda assumere a breve, con specifico riferimento al citato istituto bancario, anche ai fini del contrasto dei fenomeni di riciclaggio.
(5-03663)
CERA e GALLETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 2010 sono state ampliate la tabelle dei prodotti che possono essere oggetto delle attività agricole e come tali da considerarsi produttive di reddito agrario;
nell'ambito di tale provvedimento è stata inserita l'attività di produzione di prodotti di panetteria freschi (codice Ateco 10.71.1);
a tale proposito, fermo restando che con la legge n. 248 del 2006 è consentito a chiunque di esercitare l'attività di panificazione, purché in possesso dei requisiti strutturali ed igienico-sanitari, ivi compresi
ovviamente anche coloro che esercitano attività agricole, si rileva quanto segue:
a) l'attività di panificazione è un'attività di trasformazione secondaria: infatti, la stessa si esercita a partire non dal grano bensì dalla farina; è soltanto la produzione di quest'ultima, ottenuta per macinazione del grano, a poter essere eventualmente considerata quale prodotto di prima trasformazione e come tale, eventualmente, rientrante nell'attività primaria di trasformazione dei prodotti agricoli;
b) il citato decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente alla produzione del pane, si pone, ad avviso degli interroganti, in palese contrasto con i principi di concorrenza e libero mercato, configurando una effettiva disparità di costi fiscali tra operatori che dovrebbero essere assoggettati alle stesse normative ed essere posti su un piano di parità o di equivalenza: pertanto lo stesso potrebbe configurarsi come una misura equivalente a restrizione del libero mercato e alla circolazione delle merci secondo i principi fondanti dell'Unione europea;
c) l'inserimento dell'attività di panificazione nell'ambito delle attività produttive di reddito agrario potrebbe configurare un contrasto giuridico-costituzionale rilevante nei confronti delle norme produttive del settore: infatti, si avrebbe che lo stesso tipo di attività produttiva verrebbe regolamentato in modo difforme se praticato da un imprenditore artigiano o se esercitato da un imprenditore agricolo;
è del tutto palese, nonché garantito dagli articoli 3 e 41 della Costituzione italiana, che qualunque attività non possa sottostare a discipline diverse a seconda dell'appartenenza settoriale dell'imprenditore: pertanto, anche l'attività di panificazione deve sottostare ad univoche norme igienico-sanitarie, ambientali, di sicurezza del lavoro, fiscali e, non ultimo, contrattuali indipendentemente da quale sia il soggetto che la intraprende -:
se non ritenga di eliminare l'evidente disparità di trattamento fiscale venutosi a creare con l'entrata in vigore del citato decreto, anche al fine di evitare l'insorgere di un contenzioso oneroso ed inutile.
(5-03664)
COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel mese di settembre 2010 i rivenditori di prodotto editoriale, che offrono alla clientela il servizio di lotteria istantanea denominato «Gratta e vinci», sono stati informati da parte del Consorzio lotterie nazionali di alcune sostanziali modifiche contrattuali;
successivamente all'aggiudicazione da parte del Consorzio lotterie nazionali del bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 15 agosto 2009, numero ID 2009-094724, i cui termini erano stati riaperti sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 2 aprile 2010, numero ID 2010-040984, per l'affidamento in concessione dell'esercizio dei giochi pubblici denominati «lotterie nazionali ad estrazione istantanea», è stato stipulato in data 5 agosto 2010 l'atto di convenzione relativo alla suddetta concessione tra Amministrazione autonoma Monopoli di Stato e la società Lotterie nazionali s.r.l;
per i rivenditori dei prodotti di lotterie nazionali ad estrazione istantanea è stata necessario sottoscrivere un nuovo contratto, con decorrenza 1o ottobre 2010, per l'autorizzazione alla vendita di tali biglietti;
nella comunicazione inviata da Lotterie nazionali s.r.l., si prevede che il rivenditore debba trasmettere l'autorizzazione di cui agli articoli 86 o 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: in tutto il territorio nazionale, però, si verifica che le questure, non essendo al corrente delle modifiche normative in tale ambito ed, in assenza di
circolari ministeriali sul tema, non accettino da parte degli esercenti richieste di questo tipo;
un gran numero di commercianti non sarà in grado di ottenere le necessarie autorizzazioni per mantenere attivo il contratto in essere entro il termine previsto del 30 ottobre 2010 -:
se il Governo intenda, per quanto esposto in premessa, dare la possibilità ai rivenditori di ottenere le necessarie autorizzazioni tramite la presentazione di idonea autocertificazione presso i comuni di pertinenza.
(5-03665)
FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una parte rilevante della manovra attuata con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, prevede incrementi della tassazione sul settore energetico e rimodulazione della base imponibile di banche ed assicurazioni (cosiddetta «Robin Tax»);
con riferimento al settore energetico, l'articolo 81 del citato decreto-legge, ha disposto, tra l'altro l'addizionale IRES pari al 5,5 per cento (portando pertanto l'aliquota effettiva IRES dal 27,5 per cento al 33 per cento), successivamente elevata al 6,5 per cento, da applicarsi ai soggetti con volume di ricavi, conseguito nel periodo di imposta precedente, superiore a 25 milioni di euro, che operano nel settore energetico, ad esclusione di quelli che producono energia elettrica mediante fonti energetiche non inquinanti, ed inoltre ha previsto l'obbligo, per le imprese operanti nei settori petrolifero e del gas, di valutare le rimanenze finali ai fini fiscali secondo il metodo della media ponderata o del «primo entrato primo uscito» - cosiddetto FIFO - e conseguentemente di calcolare, sul maggior valore che si determina dall'applicazione della norma stessa, un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (sia delle persone fisiche che delle società) e dell'IRAP, pari al 16 per cento;
complessivamente, le maggiori entrate, previste dalla relazione tecnica, a seguito dalla tassazione del settore energetico nel triennio 2009-2011 sono di circa 5 miliardi di euro, di cui 2,39 miliardi previsti per il 2009, 1,32 miliardi per il 2010 e 1,33 miliardi per il 2011;
a norma del comma 18 del citato articolo 81 del decreto-legge n. 112 del 2008, è prevista la vigilanza da parte dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas sugli operatori economici dei settori richiamati, affinché non traslino l'onere della maggiorazione d'imposta sui prezzi al consumo; consultando i dati dall'ultima relazione dell'Autorità, inviata al Parlamento il 28 dicembre 2009, emerge tuttavia che nel 43 per cento dei casi esaminati, sul complesso di circa 500 operatori, si è verificata una variazione della marginalità tale da richiedere una prosecuzione degli accertamenti;
sempre nella relazione dell'Autorità si rende noto che la vigilanza 2009 ha comportato azioni di comunicazione preventiva, concomitante e successiva nei confronti e nell'interesse degli operatori vigilanti, e una rilevante attività di contenzioso;
sulla base delle informazioni fornite da 296 operatori rispetto ai circa 500 cui si rivolge l'attività di vigilanza, l'Autorità ha informato che l'importo parziale dell'addizionale IRES, relativo al 2008, ammonta a complessivi 730 milioni di euro;
il decreto-legge n. 112 del 2008 ha inoltre previsto, nell'articolo 82, maggiori imposte in particolare su banche e assicurazioni, attraverso misure «una tantum» che prevedono, tra l'altro: una parziale indeducibilità degli interessi passivi ai fini IRES e IRAP per le banche e le imprese di assicurazione, la riduzione della deducibilità della variazione della riserva sinistri, l'incremento graduale delle aliquote di acconto dell'imposta di bollo assolta e dell'imposta sulle assicurazioni, la diminuzione della percentuale di deduzione delle svalutazioni dei crediti per enti creditizi e finanziari e l'innalzamento dell'imposta
sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio di esercizio delle società ed enti che esercitano attività assicurativa;
le risorse che derivano da alcune di queste misure non possono essere destinate ad una correzione «strutturale» dei saldi di bilancio, né a misure permanenti di sostegno all'economia, in quanto si tratta di interventi «una tantum»;
gli effetti di maggior gettito di cassa previsto dalla relazione tecnica a seguito delle richiamate norme sul settore bancario e assicurativo prevedono maggiori entrate per circa 10 miliardi di euro tra il 2008 e il 2011, di cui 1,96 miliardi nel 2008, 2,46 miliardi nel 2009, 3,11 miliardi nel 2010 e 2,48 miliardi nel 2011; 4,8 miliardi di euro di maggiori entrate previste dalla relazione tecnica, pari al 48 per cento del totale, attengono alla norma riguardante l'indeducibilità parziale degli interessi passivi ai fini IRES e IRAP, mentre i restanti 5,2 miliardi di euro derivano dalle altre disposizioni richiamate;
già in sede di esame del decreto-legge n. 112 del 2008 erano stati sollevati molti dubbi sull'effettiva conseguibilità del maggior gettito stimato, con particolare riferimento alle entrate derivanti dal prelievo sulle banche e le assicurazioni, che apparivano sovrastimate, in quanto ipotizzavano alti tassi di redditività apparentemente aleatori;
nel settembre del 2008 è esplosa la crisi finanziaria internazionale, che ha compromesso i margini di redditività dei settori interessati dalla «Robin Tax» in particolare per quanto riguarda il settore bancario -:
a quanto ammonta l'effettivo gettito, conseguito nel triennio 2008-2010, derivante dalla cosiddetta «Robin Tax» con riferimento alle previsioni normative richiamate in premessa.
(5-03666)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CALVISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel luglio 2009 l'Isola della Maddalena, avrebbe dovuto ospitare il vertice del G8 presieduto dall'Italia; in vista di tale appuntamento, all'inizio del 2008, il Governo Prodi e la giunta regionale sarda presieduta da Renato Soru avevano finanziato alcune opere collaterali: l'allargamento della strada Olbia-Sassari, lo spostamento della stazione di Olbia dal centro della città, con conseguente eliminazione dei passaggi a livello, l'allungamento della pista dell'aeroporto di Olbia-Costa Smeralda, la realizzazione di una nuova bretella lungo la strada statale 125 e la costruzione del nuovo ponte di Rio Padrongianus, lo svincolo di collegamento fra l'aeroporto di Olbia ed il primo tratto della Olbia Sassari, la costruzione del molo di levante di Porto Torres;
tra le opere succitate massima priorità veniva assegnata all'allargamento a quattro corsie del principale collegamento trasversale del nord della Sardegna, la strada Olbia-Sassari, il cui tasso d'incidentalità per l'intensità di traffico e di mezzi pesanti è così elevato da rendere improcrastinabile tale intervento, basti pensare che dal 1995 ad oggi in quel tratto di strada hanno perso la vita più di settanta persone e più di duecento sono rimaste ferite;
le vicende relative ai finanziamenti per la realizzazione delle opere del G8 hanno visto un impegno di spesa del precedente Governo di 522 milioni di euro quale anticipazione a valere sulle attribuzioni del programma attuativo FAS 2007-2013 - regione Sardegna - di cui alla delibera CIPE 21 dicembre 2007, n. 166. Ad un secondo stanziamento pari a 100 milioni di euro, provvide sempre il Governo Prodi all'inizio del 2008. Il nuovo Esecutivo dispose con l'ordinanza n. 3698,
un ammontare di risorse pari a 740 milioni circa. Di questi ultimi, 644 sono fondi regionali e comprendono un'anticipazione di 522 milioni di quote del Fondo per le aree sottoutilizzate della regione Sardegna e 96 milioni sono fondi statali; con il decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, però, lo stanziamento di 740 milioni è stato drasticamente ridotto a 233 milioni, in quanto scomparve l'anticipazione dei 522 milioni di quote del Fondo per le aree sottoutilizzate destinate, tra l'altro, alla realizzazione della Olbia-Sassari;
il 14 novembre 2008 il Sottosegretario Bertolaso, rispondendo all'interpellanza urgente presentata alla Camera dai deputati sardi del PD, nella quale si chiedevano chiarimenti sulla riduzione dei finanziamenti, rispondeva che la differenza di cifre tra la spesa immaginata nell'ordinanza dell'agosto 2008 e quella prevista dal successivo decreto-legge dipendeva esclusivamente dalla scelta operata dal Governo di demandare al Cipe, in una successiva riunione, l'approvazione delle delibere per le opere complementari al G8, sia con riferimento alla Olbia-Sassari che alle altre opere collaterali;
dopo il trasferimento del G8 dall'isola di La Maddalena a L'Aquila, il Presidente del Consiglio ed altri Ministri ribadivano l'impegno per il finanziamento della Olbia Sassari e di tutte le opere collaterali. A tale impegno non ha fatto seguito nessun provvedimento normativo - nonostante le numerose proposte presentate sia alla Camera che al Senato da parlamentari del PD durante le numerose occasioni in cui il Parlamento ha discusso e votato la conversione di decreti-legge su diverse materie - né alcuna delibera del CIPE, tranne quella del 17 dicembre del 2009 che disponeva una prima tranche di finanziamenti del valore di 192 milioni per la sola Olbia Sassari;
ad oggi quindi non risultano finanziati per l'intero importo la Olbia Sassari, lo spostamento della stazione di Olbia, i lavori di ristrutturazione per il Molo levante di Porto Torres;
per quanto riguarda i lavori dell'allungamento della pista dell'aeroporto di Olbia, il collegamento fra l'apporto e il primo tratto della Olbia Sassari, il nuovo ponte sul Padrongianus il 26 gennaio 2010 viene firmato un protocollo di intesa tra il presidente della regione Ugo Cappellacci, quello dell'Enac, Vito Riggio, il direttore dell'ente per l'aviazione civile, Alessio Quaranta, il coordinatore dell'unità di missione per i lavori connessi alle opere collaterali al G8, Mauro della Giovampaola e l'amministratore delegato di Geasar, Silvio Pippobello. Nel pacchetto di interventi sottoscritti nel protocollo di intesa è previsto l'allungamento della pista dell'aeroporto, il rifacimento del ponte sul Padrongianus e lo spostamento della strada 125. Ma anche il primo tratto della viabilità che dallo scalo dovrà congiungere alla Sassari-Olbia;
secondo i dati comunicati alla stampa dopo la firma del protocollo d'intesa il costo complessivo dell'intervento veniva stimato in circa 55 milioni di euro: 3 milioni venivano coperti dalla Geasar, la società di gestione dell'aeroporto, 2 e mezzo dalla regione, oltre 16 dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, più di 20 da quello dello sviluppo economico. Erano da reperire i restanti 15 milioni di euro, ma il presidente Cappellacci dichiarava il proprio ottimismo e ribadiva la propria fiducia sulla possibilità di iniziare i lavori al più presto e di recuperare le risorse mancanti;
tale impegno di spesa trovava conferma nella ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3869 del 23 aprile 2010 Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 2010 recante disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nelle province di Sassari ed Olbia-Tempio, in relazione alla strada statale Sassari-Olbia;
nelle premesse di tale ordinanza si richiama l'articolo 2 dell'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010, n. 3841, che dispone il proseguimento delle iniziative inerenti alla realizzazione delle opere infrastrutturali «IX lotto funzionale della strada statale Sassari-Olbia finalizzate al potenziamento dell'aeroporto di Olbia, adeguamento della viabilità di accesso e opere connesse - strada statale n. 125 Orientale sarda, ponte sul Rio Padrongianus»;
all'articolo 5 della stessa ordinanza che dispone anche la possibile copertura per la realizzazione della nuova Olbia Sassari, si afferma con chiarezza che le risorse disponibili per la realizzazione delle suddette opere, sono individuate come segue: «quanto a euro 162 milioni a valere sulle risorse del Fondo strategico a sostegno dell'economia reale e delle imprese di cui alla delibera CIPE 6 marzo 2009, n. 4, così come deliberato nella seduta del CIPE del 17 dicembre 2009 per il quale la Conferenza Stato regioni ha espresso parere favorevole nella seduta del 17 dicembre 2009; quanto a euro 23.550.000,00 a valere sulle risorse di cui all'articolo 2 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2010, n. 3841; quanto a euro 14 milioni a valere sulle risorse per «opere minori e interventi finalizzati al supporto dei servizi di trasporto» di cui alla delibera CIPE 6 novembre 2009; quanto a euro 358,956 milioni a valere sulle risorse di cui al Programma attuativo FAS 2007/2013 regione Sardegna, approvato con delibera della giunta regionale n. 38/12 del 6 agosto 2009, linea d'azione 6.1.3.A.»;
non essendo mai arrivata la delibera del Cipe relativa allo sblocco dei finanziamenti dei PAR FAS 2007-2013, appare chiaro che i lavori della Olbia Sassari al momento non risultano finanziati. Diverso appare il discorso per quanto riguarda i lavori dell'allungamento della pista, del nuovo ponte su Rio Padrongianus e della bretella di collegamento dell'aeroporto di Olbia con la Sassari Olbia. Nell'ordinanza si fa esplicito riferimento, infatti, a 37 milioni di finanziamento in capo alla Stato per la realizzazione di tale opera;
nell'allegato infrastrutture alla decisione di finanza pubblica recepito recentemente dal Parlamento con risoluzione approvata dalla maggioranza di Governo, tale certezza appare però fortemente messa in discussione. Nella Tabella 3 dell'allegato infrastrutture (opere che non potranno essere finanziate, completate, già cantierate o comunque avviate o che ad oggi registrano un insufficiente avanzamento progettuale) infatti alla voce strada statale 131-strada statale 125, interconnessioni con l'aeroporto di Olbia, il costo delle opere quantificate a carico dello Stato in 37,37 milioni di euro viene esplicitamente dichiarato essere senza copertura. Infatti i finanziamenti totali disponibili sono quantificati in zero euro e le opere vengono inserite nella dicitura opere che ad oggi registrano un insufficiente avanzamento progettuale;
analoga collocazione, analoga definizione e analoga mancanza di copertura si riscontrano anche per altre opere infrastrutturali di grande rilevanza per la Sardegna:
interconnessioni asse mediano di Cagliari: 30 milioni di euro di costo e zero euro di finanziamento statale;
percorso sotterraneo della Metropolitana di Cagliari: 125 milioni di euro di costo e zero euro di finanziamento statale;
adeguamento 131-bis, Nuoro-Olbia e Olbia Santa Teresa: 225 milioni di costo e 32,67 milioni di euro da parte dello Stato;
porto di Golfo Aranci 3 milioni di euro e zero euro di finanziamento statale;
porto di Olbia: 85 milioni di costo a fronte di 10 milioni di finanziamento statale -:
se effettivamente sia venuto meno l'impegno dello Stato per il finanziamento nella quota di 37 milioni di euro dei lavori per l'allungamento della pista dell'aeroporto di Olbia-Costa Smeralda, la realizzazione di una nuova bretella lungo la strada statale 125, la costruzione del
nuovo ponte di Rio Padrongianus, lo svincolo di collegamento fra l'aeroporto di Olbia ed il primo tratto della Olbia Sassari;
quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di garantire il completamento di tali opere ed il pieno rispetto degli impegni assunti già dal precedente Governo per lo svolgimento di tali lavori e confermati dall'attuale Esecutivo con la firma del protocollo d'intesa del 25 gennaio 2010, oltre che nella richiamata ordinanza del 25 aprile 2010;
per quali opere infrastrutturali della Sardegna il Governo intenda assumere impegni concreti ed individuare risorse certe per il prossimo triennio.
(5-03661)
NASTRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dalla CIA - Confederazione italiana agricoltura, nel piano di rientro delle case cosiddette «fantasma», nel catasto dei fabbricati, gli immobili rurali, ovvero quelli destinati all'esercizio dell'impresa agricola e all'abitazione dell'agricoltore, rischiano di pagare due volte;
si tratterebbe di decine di migliaia fra case, magazzini, stalle e mulini, sparsi su tutto il territorio che rischiano di pagare al fisco il doppio e ai comuni l'ICI non dovuta, con un contenzioso impegnativo connesso ad una sentenza della Corte di Cassazione di agosto 2009;
i nodi di questa vicenda, a giudizio della suddetta Confederazione, stanno emergendo proprio in concomitanza con i procedimenti di emersione dei fabbricati «fantasma», molti dei quali rurali, i quali, per loro natura non sono soggetti né all'imposta sui redditi né all'ICI;
i predetti fabbricati rischiano pertanto di pagare il doppio, secondo la Cia, in considerazione del fatto che la loro rendita (e le conseguenti imposte) è già compresa nella rendita del terreno agricolo pertinente, iscritto al catasto dei terreni, e il rischio maggiore riguarda il pagamento dell'ICI, in quanto con la confusione venutasi a creare, alcuni comuni non riconoscono agli agricoltori l'esenzione dall'ICI, costringendoli o a pagare o a difendersi in giudizio -:
se quanto affermato dalla Cia corrisponda al vero e, in caso affermativo, se intendano assumere iniziative normative volte a superare i problemi riconducibili ad una sentenza, ad avviso dell'interrogante, ambigua, come quella suesposta, evitando di danneggiare conseguentemente l'intero sistema degli immobili rurali destinati all'esercizio dell'impresa agricola.
(5-03667)
Interrogazione a risposta scritta:
LAMORTE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 15 ottobre 2010 è stato pubblicato su Il Mondo, settimanale economico del Corriere della Sera, a firma Andrea Ducci, un articolo dal titolo «Una tassa nascosta per foraggiare i sindaci» con un occhiello molto eloquente «Scandali»: un tesoretto dello 0,8 per mille sull'ICI alimenta una fondazione dell'Anci;
in detto articolo è riportato, puntualmente, e con dovizia di particolari, l'utilizzo di denaro pubblico così come illustrato con un atto di sindacato ispettivo dell'interrogante indirizzato sempre al Ministro interrogato e rimasto senza risposta;
in Ifel sono confluite somme riscosse a titolo ICI che non è stato possibile attribuire ai comuni secondo quanto disposto dall'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (convertito dalla legge n. 43 del 31 marzo 2005);
in data 16 luglio 2010 il Ministro ha emanato un decreto che definisce la procedura
per il riversamento da Ifel ai comuni individuati cui l'ICI era destinata;
secondo quanto riportato nell'articolo succitato l'Ifel ha già speso 15 milioni dei 35 non attribuiti;
il comune di Oulx ha assunto un'iniziativa tendente a non versare più all'lfel il contributo dello 0,8 per mille, perché l'Ifel non offre alcun servizio effettivamente utile per i comuni stessi, interpretando, oltremodo, una diffusa opinione dei sindaci dei comuni italiani -:
se il Ministro non ritenga di intervenire, urgentemente, con un provvedimento ad hoc per bloccare la somma residua e metterla a disposizione dei comuni attraverso una procedura atta a individuare i comuni inizialmente destinatari dell'imposta;
se intenda assumere iniziative volte alla soppressione di quella che all'interrogante appare una «tassa nascosta» mal sopportata dai sindaci e ridistribuire ai comuni l'eventuale somma residua;
se intendano acquisire dettagliati elementi in ordine all'utilizzo delle somme incamerate da Ifel in conformità alle finalità previste dalla legge istitutiva del contributo dello 0,8 per mille e delle somme che si riferiscono all'Ici non attribuita, posto che appare indispensabile che il Ministero superi eventuali remore che potrebbero derivare dal ruolo e dall'importanza dell'Associazione nazionale comuni italiani.
(4-09165)
...
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2002 è stato bandito un concorso distrettuale per 443 posti di ufficiale giudiziario: nel settembre 2003 sono state espletate le due prove scritte e tra febbraio e giugno 2004 si sono ultimate le prove orali, al termine delle quali sono risultati 443 vincitori e circa 750 idonei;
successivamente, la legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005) ha previsto all'articolo 1, comma 97, che: «...nell'ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all'assunzione di cui al comma 96 è prioritariamente considerata l'immissione in servizio...omissis...c) per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e nei ruoli dei cancellieri C1 dell'amministrazione giudiziaria, dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n.98 del 13 dicembre 2002...»;
ad oggi rimangono da assumere 43 vincitori idonei del suddetto concorso (di cui 38 giovani calabresi), per i quali, peraltro, la graduatoria scade irrimediabilmente il 31 dicembre 2010;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 marzo 2010 è stata autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato di 99 unità presso il Ministero della giustizia - dipartimento organizzazione giudiziaria - proprio in riferimento ai 43 vincitori/idonei del predetto concorso;
le gravi carenze dell'organico, la stasi della macchina giudiziaria e l'appesantimento delle procedure burocratiche, soprattutto negli uffici e nelle cancellerie del Sud ed in particolare della Calabria, sono tutti fattori che hanno determinato l'allarmante fase di crisi che attraversa l'amministrazione giudiziaria;
recentemente i presidenti e i procuratori delle corti d'appello e dei tribunali calabresi hanno lanciato un grido d'allarme circa le gravi carenze di personale amministrativo (cancellieri ed ufficiali giudiziari) negli uffici -:
se non si intenda procedere con urgenza all'assunzione dei rimanenti idonei del concorso.
(3-01303)
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio Permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Il Detenuto ignoto, Antigone, A buon diritto, Ristretti orizzonti e Radiocarcere, Alberto Grande, 22 anni, è stato ritrovato morto la mattina del 22 ottobre nella sua cella del carcere di Montacuto ad Ancona. Si tratta della terza vittima rinvenuta dentro l'istituto di pena anconetano dall'inizio dell'anno: tre detenuti giovani e non affetti da particolari patologie, le cui morti appaiono quantomeno «sospette»;
il primo caso risale allo scorso mese di maggio, quando un 27enne marocchino fu ritrovato senza vita steso sul pavimento della cella. La notizia non trapelò fino ad agosto quando, in occasione dell'iniziativa «Una cella in piazza», la responsabile del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria, Manuela Ceresani, dichiarò alla stampa: «Due soli i suicidi registrati da inizio anno (nelle carceri delle Marche - n.d.r.), uno ad Ancona (Montacuto) e il secondo a Fermo». (Il Messaggero - Cronaca di Ancona, 21 agosto 2010). Ma il Dipartimento della amministrazione penitenziaria, che ha ricevuto dal Prap delle Marche la comunicazione del decesso (suicidio?), ha classificato l'episodio come «morte per cause naturali», come risulta dalla statistica sugli «eventi critici» in carcere aggiornata al 9 agosto 2010 e diffusa a inizio settembre;
il pomeriggio del 25 settembre Ajoub Ghaz, detenuto tunisino di 26 anni, viene ritrovato morto nella sua cella. Dai primi rilievi sembra che abbia ingerito un mix letale di farmaci. La procura di Ancona dispone l'autopsia. «Non si esclude la tesi di un suicidio» (Resto del Carlino - Cronaca di Ancona, 26 settembre 2010);
il 27 settembre Eugenio Sarno, segretario generale del sindacato Uil-Pa Penitenziari, ha dichiarato all'Adnkronos: «Il suicidio del 26enne detenuto tunisino nel carcere di Ancona, che si è verificato sabato scorso, fa salire l'asticella delle autosoppressioni dietro le sbarre, nel 2010, a 50 morti»;
il 13 ottobre il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria diffonde le statistiche aggiornate riguardanti i suicidi in carcere: ad Ancona non risulta avvenuto nessun suicidio, mentre risulta quello avvenuto a Fermo (Ap), come dichiarato dalla responsabile del provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria delle Marche in agosto. Si tratta di Vincenzo Balsamo, che si è impiccato il 23 febbraio;
il 22 ottobre, per la terza volta dall'inizio dell'anno, nel carcere di Montacuto un giovane detenuto muore per cause apparentemente misteriose. Il Resto del Carlino - Cronaca di Ancona, ha scritto il giorno successivo: «Ennesimo giallo nel carcere di Montacuto. La vittima è un ragazzo di origini napoletane, Alberto Grande, e il rinvenimento del suo cadavere è avvenuto nella tarda mattinata di ieri». Quando un compagno di cella ha dato l'allarme sul posto sono accorsi medico e infermiere del carcere che hanno tentato di rianimare il giovane, purtroppo invano. Grande non si è mai ripreso e una volta constatato il decesso la salma è stata trasferita all'istituto di medicina legale dell'ospedale di Torrette. Tutte in piedi le ipotesi che hanno provocato l'arresto cardiocircolatorio del ventiduenne. Gli inquirenti e le autorità carcerarie non escludono che si sia potuto trattare di un gesto volontario, magari a seguito dell'assunzione di farmaci. La cosa certa al momento è che sul corpo del giovane non sono stati trovati segni di morte violenta, ma è chiaro che soltanto l'autopsia, disposta dalla procura, chiarirà ogni dubbio -:
di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
per quali motivi i tre decessi avvenuti nel carcere di Ancona non risultino registrati
tra le statistiche aggiornate sui suicidi in carcere diffuse dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se non intenda disporre un'ispezione presso l'istituto di pena di Ancona.
(4-09154)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da Il Corriere delle Alpi del 6 ottobre 2010, S.D., detenuto nel carcere di Baldenich, è stato ricoverato d'urgenza nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Belluno per un'overdose causata da sostanze oppiacee;
sulla vicenda la madre del ragazzo ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Mio figlio mi ha raccontato di aver preso un mix di diverse sostanze. Davanti alle guardie che lo piantonano parla poco e malvolentieri, così non sono ancora riuscita a capire che cosa ha assunto e perché. Ho intenzione, in ogni caso, di andare fino in fondo a questa vicenda: se i soccorsi fossero arrivati poco tempo dopo mio figlio ora non sarebbe vivo. Non credo sia normale che all'interno di un carcere possano succedere cose di questo tipo. Andrò a parlare con la direttrice del penitenziario: mi aspetto delle spiegazioni chiare»;
la direttrice del carcere di Belluno, dottoressa Immacolata Mannarella, nega possa essersi verificato un passaggio di sostanze stupefacenti all'interno del penitenziario: «Non mi risulta che nel mio carcere circolino cose proibite. Se qualcosa fosse sfuggito ai controlli saremmo i primi ad essere arrabbiati e rammaricati, ma prima di ipotizzare scenari di questo tipo sarebbe bene aspettare i risultati delle analisi fatte sul detenuto»;
il detenuto è stato dichiarato fuori pericolo di vita dai medici. Resterà ancora per qualche giorno ricoverato in rianimazione, dove viene monitorato anche un possibile principio di polmonite. Il primario del reparto, Giovanni Gouigoux, pare non aver dubbi sul fatto che il giovane abbia assunto sostanze stupefacenti: «Quando il giovane è arrivato in pronto soccorso, tutti i sintomi che abbiamo riscontrato riconducevano a un uso di sostanze oppiacee. Gli abbiamo immediatamente somministrato un antidoto e il ragazzo, poco dopo, si è risvegliato da un coma molto profondo»;
occorre dunque chiarire come sia stato possibile che tale sostanza stupefacente sia arrivata all'interno del carcere e da chi l'abbia avuta il detenuto -:
di quali informazioni disponga in ordine ai fatti riferiti in premessa e se non intenda chiarire, ricorrendo ai suoi poteri ispettivi presso il carcere, i motivi che hanno provocato il malore del detenuto S.D. -:
se nel carcere il detenuto sia stato seguito adeguatamente dal presidio medico lì presente;
se e come intenda procedere qualora siano accertate eventuali responsabilità del direttore del carcere in questione e/o del personale amministrativo circa l'ingresso della sostanza stupefacente all'interno del predetto istituto di pena.
(4-09155)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno del 22 ottobre 2010, gli avvocati penalisti appartenenti alla Camera penale di Pistoia hanno deciso che «alla luce dell'ultimo, drammatico evento, che ha visto la morte di un giovane di 28 anni in custodia cautelare, occorre rinnovare la denuncia della inaccettabile situazione carceraria della nostra città»;
già lo scorso 18 giugno gli avvocati penalisti avevano segnalato le condizioni chiaramente contrarie ai presupposti di legge in cui versa il carcere di Pistoia con
un esposto alla locale procura della Repubblica e al tribunale di sorveglianza di Firenze;
in quell'occasione, di concerto ed in concomitanza con tutte le altre camere penali italiane, si segnalava il preoccupante e drammatico sovraffollamento del carcere di Pistoia dove, a fronte di una capienza massima tollerabile di 101 persone, alla data di presentazione dell'esposto si trovavano ristrette 154 persone;
vittime indirette di questa situazione sono anche gli stessi operatori penitenziali, che quotidianamente vivono accanto ai detenuti i disagi creati da una realtà insostenibile -:
di quali informazioni disponga in ordine ai fatti riferiti in premessa;
se non intenda disporre un'ispezione presso il carcere di Pistoia;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di riportare l'istituto di pena in questione entro i parametri fissati dalle leggi, costituzionali ed ordinarie, e dai regolamenti amministrativi.
(4-09156)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 20 ottobre 2010, un detenuto maghrebino con seri problemi di equilibrio mentale ha appiccato il fuoco nella sua cella del carcere di Taranto per togliersi la vita;
l'episodio si è verificato nel reparto isolamento del carcere e a darne notizie è stato il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria che ha parlato di «tragedia sfiorata, evitata grazie all'intervento degli agenti»;
il detenuto, con un accendino, ha dato fuoco al materasso e alle suppellettili, dopodiché un fumo intenso ha avvolto subito l'intera sezione isolamento ove erano rinchiusi altri detenuti, che hanno cominciato a chiedere aiuto;
sulla vicenda, Federico Pilagatti, segretario del sindacato SAPPE, ha detto che «il comandante e alcuni poliziotti penitenziari, a rischio della loro incolumità, senza maschere e con un panno imbevuto d'acqua sul viso per difendersi, si sono gettati nella colonna di fumo per aprire le celle dei detenuti e portarli in salvo all'esterno. Nel frattempo sono arrivati gli altri rinforzi con le maschere antigas ed estintori, riportando la situazione sotto controllo. Anche il detenuto magrebino è stato salvato ed allocato in altro posto. Questo episodio non è che l'iceberg di una situazione di disagio e malessere che viene vissuta nel carcere di Taranto a causa dell'ormai non più accettabile sovraffollamento di detenuti: oltre 600 a fronte di 260 posti, il che scatena comportamenti sempre più drammatici dei detenuti. Chiediamo pertanto al sindaco di Taranto di emettere un provvedimento in cui decreti la chiusura di alcune sezioni detentive, qualora l'Amministrazione penitenziaria non si impegni a riportare la situazione igienico sanitaria all'interno del penitenziario, nel rispetto delle legge e della costituzione» -:
di quali informazioni disponga circa i fatti esposti in premessa;
se il detenuto maghrebino che ha tentato di togliersi la vita fosse seguito da uno psicologo;
quali misure di supporto e di sostegno psicologico siano state adottate nei confronti del detenuto dopo questo episodio;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di riportare a norma la situazione igienico-sanitaria all'interno del carcere di Taranto;
se non intenda disporre l'immediata chiusura delle sezioni detentive che presentano i maggiori problemi dal punto di vista igienico-sanitario;
quali provvedimenti più in generale intenda adottare al fine di porre rimedio al grave sovraffollamento della struttura penitenziaria tarantina.
(4-09157)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Gazzettino del 21 ottobre 2010 è apparso il seguente articolo intitolato «Rovigo: la Polizia Penitenziaria è senza uomini. In attesa del nuovo carcere per 210 detenuti»;
l'articolo dà conto della seguente situazione: «Il segretario regionale Fp Cgil Alessandro Biasioli e quello provinciale Gianpietro Pegoraro vogliono richiamare l'attenzione dei vertici nazionali per denunciare le gravi carenze di organico all'istituto penitenziario, che si acuiscono ulteriormente nei casi di distacchi in altri enti o per scorta dei detenuti. I numeri parlano chiaro: 118 i carcerati per una capienza tollerabile tra uomini e donne di 79, il personale previsto dal Dipartimento è di 66 agenti ma ne vengono impiegati solo 60 di cui 5 in distacco, 1 in maternità e 2 in congedo permanente. Otto agenti sono esonerati dal servizio notturno, tre per la legge 104/92 (sulla disabilità o disagio sociale), cinque compongono il nucleo traduzioni. Quindi il personale maschile che si turna è di 20 agenti, »Una situazione che comporta - spiega Pegoraro - un aumento di notti mensili che supera abbondantemente quello stabilito a livello locale, una diminuzione di riposi festivi, la mancanza del rispetto della persona e della sicurezza. Nella sezione detentiva femminile, con tre turni anziché quattro, sono impiegate solo 8 agenti, uno solo per tutto il servizio notturno e talvolta uno per due turni in un giorno«. I due segretari della Cgil sottolineano poi che non vengono rispettati nemmeno gli accordi locali e per questo chiedono una convocazione urgente di un tavolo di confronto prima di arrivare alle vie legali per il rispetto del diritto al riposo settimanale, alle ferie e ad un minor numero di turni notturni. Il 28 ottobre anche una delegazione di Rovigo parteciperà alla manifestazione di Roma della polizia penitenziaria contro il disagio subito a causa del sovraffollamento generalizzato delle carceri italiane e della carenza di organico» -:
quali provvedimenti immediati intenda adottare al fine di porre termine alla grave carenza di organico del personale della polizia penitenziaria assegnato presso il carcere di Rovigo;
entro che termini saranno ultimati i lavori di costruzione del nuovo istituto di pena di Rovigo.
(4-09158)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica del 25 ottobre 2010 appare un articolo a firma di Alberto Custodero intitolato «La vita di un operaio albanese vale meno di quella di un italiano» - Torino, sentenza shock: morì sul lavoro, risarcimento ridotto. Ai familiari una somma dieci volte inferiore. All'uomo deceduto addebitato anche il 20 per cento di concorso di colpa nella propria morte;
nell'articolo è possibile leggere le «ragioni» che hanno portato il tribunale civile di Torino a decidere questa sconcertante «falcidia» del risarcimento: «L'operaio morto è albanese. Ma la sua vita vale meno di quella di un italiano. Ai suoi familiari, che vivono in Albania, "area ad economia depressa", va un risarcimento di dieci volte inferiore rispetto a quello che toccherebbe ai congiunti di un lavoratore in Italia. Altrimenti madre e padre albanesi otterrebbero "un ingiustificato arricchimento". Questa gabbia salariale della morte, ispirata al criterio del risarcimento a seconda del Paese di provenienza del deceduto sul lavoro, è contenuto in un sentenza shock del tribunale di Torino. Il
giudice civile, Ombretta Salvetti, richiamandosi ad una sentenza della Cassazione di dieci anni fa, ha dunque deciso di "equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell'economia del Paese ove risiedono i danneggiati". Dopo aver addebitato all'operaio deceduto il 20 per cento di concorso di colpa nella propria morte, la dottoressa Salvetti ha riconosciuto a ciascun genitore residente in Albania la somma risarcitoria di soli 32 mila euro. Se l'operaio fosse stato italiano, sarebbero state applicate le nuove tabelle in uso presso il tribunale di Torino dal giugno 2009 in base alle quali a ogni congiunto dell'operaio morto sarebbero stati riconosciute somme fino a dieci volte superiori (fra 150 e 300 mila euro)»;
sempre nel pezzo di Repubblica si riporta l'opinione dell'avvocato Sandra Gracis che afferma che «In base a questo criterio del Tribunale torinese - spiega il legale - converrebbe agli imprenditori assumere lavoratori provenienti da Paesi poveri, perché, laddove muoiano nel cantiere, costa di meno risarcire i loro congiunti». «Ma ribaltando la situazione - aggiunge l'avvocato Gracis - che cosa sarebbe successo se il dipendente morto fosse stato del Principato di Monaco, oppure degli Emirati? Il risarcimento ai genitori sarebbe stato doppio o triplo rispetto a quello per un italiano?»;
dal punto di vista giurisprudenziale, l'avvocato Sandra Gracis, rileva che «il giudice torinese s'è rifatto al una sentenza della Cassazione del 2000 peraltro non risolutiva, ignorando che la Suprema Corte, appena un anno fa, ha affermato che la »tutela dei diritti dei lavoratori va assicurata senza alcuna disparità di trattamento a tutte le persone indipendentemente dalla cittadinanza, italiana, comunitaria o extracomunitaria». Già nel 2006 la Cassazione aveva stabilito che «dal punto di vista del danno parentale, non conta che il figlio sia morto a Messina o a Milano, a Roma in periferia o ai Parioli. Conta la morte in sé, ed una valutazione equa del danno morale che non discrimina la persona e le vittime né per lo stato sociale, né per il luogo occasionale della morte» -:
se il fatto descritto in premessa, attraverso la notizia riportata da Repubblica, costituisca un'eccezione o se si registrino altri casi di differenziazione nei risarcimenti determinati dalla nazionalità della vittima;
se i Ministri interrogati intendano promuovere un'indagine conoscitiva sul fenomeno dei risarcimenti differenziati determinati dalla nazionalità delle vittime di incidenti sul lavoro.
(4-09167)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con delibera del giorno 8 ottobre 2010, la Camera penale di Benevento ha proclamato l'astensione dalle udienze presso il locale foro per via dei reiterati e documentati episodi di abusiva intercettazione e, in alcuni casi, addirittura di trascrizione di conversazioni tra difensore e proprio assistito;
con successiva delibera del 18 ottobre 2010, la giunta dell'Unione delle camere penali italiane, nell'esprimere la solidarietà dell'intera avvocatura penalistica italiana alla Camera penale di Benevento, osservava come «l'abusiva captazione del colloquio tra il difensore ed il proprio assistito interferisce in modo devastante con il momento più sacro ed inviolabile dell'esercizio dell'attività difensiva, vanificando, di fatto, la tutela delle garanzie di libertà del difensore consacrate in Costituzione»;
la prima firmataria del presente atto, presentatrice della proposta di legge riguardante il divieto di intercettazioni fra difensore e assistito (atto camera: 1977) assorbito dall'approvazione del progetto di legge sulle intercettazioni telefoniche, ritiene gravi ed intollerabili questi episodi di
violazione del diritto intangibile alla segretezza dei colloqui tra difensore ed assistito -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, con riferimento ad essi, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso la procura della Repubblica di Benevento e, nel caso ne sussistano i presupposti, promuovere le iniziative di competenza.
(4-09172)
TESTO AGGIORNATO AL 18 NOVEMBRE 2010
...
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
GINEFRA e VICO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a partire dal mese di settembre 2010 sono entrate in vigore le ultime modifiche apportate dai responsabili di Trenitalia ai collegamenti regionali pugliesi che ogni giorno vengono utilizzati da centinaia di pendolari che si recano al lavoro o all'università;
oltre all'aumento di biglietti e tariffe che da tempo pesano sulle tasche dei viaggiatori, i treni regionali vengono colpiti da un'ulteriore scure che taglia diversi collegamenti: soppresso il treno delle 10:20 e delle 18:08 che collega Taranto a Bari e, sulla stessa linea ma nella direzione opposta, sono stati soppressi i treni delle 8:17 e delle 23:18; dalla città di Bari non sarà più possibile partire per Foggia con il treno delle 18:42 e quindi raggiungere tutte le stazioni intermedie, medesima cosa per quello delle 21:52 che da Foggia ritornava al capoluogo; è stato eliminato il collegamento dalla città di Barletta per Bari delle 19:25, e quello della tratta inversa delle 20:29;
la situazione ferroviaria pugliese è già di per sé complessa: con questi nuovi tagli i collegamenti ferroviari in Puglia risultano drasticamente ridotti per il 15-20 per cento delle corse, mentre aumentano in maniera inversamente proporzionale i disagi per tutti i viaggiatori della regione;
in aggiunta a questi disagi, sempre dal mese di settembre 2010 sono stati soppressi tre coppie di treni regionali di Trenitalia che collegavano la Puglia con il sub Appennino Dauno, penalizzando i viaggiatori pugliesi che lavorano in Campania e che hanno subito il taglio di tutti i collegamenti, classificati come regionali, sulla linea Foggia-Benevento;
l'attuale manovra economica comporta la riduzione dei corrispettivi per la fornitura dei servizi di trasporto pubblico locale (TPL) (ferroviario, filoferrotranviario e su gomma) derivanti dall'ex fondo nazionale trasporti e successive rivalutazioni e integrazioni, trasferiti alle regioni, per un ammontare variabile tra il 30 ed il 50 per cento;
le conseguenze sul traffico dei centri urbani e sull'inquinamento ambientale derivanti dal maggiore ricorso al mezzo privato, causa della riduzione dei servizi di trasporto pubblico o dall'aumento delle tariffe, hanno ricadute in termini di maggiori costi sanitari, ambientali e di realizzazione di opere stradali;
nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, «per assicurare i necessari servizi di trasporto pubblico al fine della stipula dei nuovi contratti di servizio con Trenitalia S.p.A.» era stata autorizzata una spesa di 480 milioni di euro per gli anni 2009, 2010 e 2011, adeguando finalmente, dopo molti anni, l'ammontare degli stanziamenti pubblici ex fondo nazionale trasporti;
la legge n. 33 del 2009, imponeva alle regioni di affidare i contratti di servizio per il trasporto ferroviario locale alla società Trenitalia S.p.A., soggetto monopolista di cui Ferrovie dello Stato è azionista, pena la perdita dei finanziamenti del decreto-legge n. 185, quando detti contratti di servizio si sarebbero potuti affidare mediante gare ad evidenza pubblica europea, conseguendo risparmi economici nonché miglioramento della qualità dei servizi;
i costi di esercizio del trasporto pubblico, e in particolare di quello ferroviario, potrebbero essere notevolmente inferiori semplicemente mediante la revisione delle norme che ne regolano l'esercizio, con benefici sulla velocità commerciale e quindi maggiore soddisfazione da parte dell'utenza -:
come si intenda ovviare ai problemi a cui vanno incontro i lavoratori e gli studenti che quotidianamente usufruiscono dei treni delle Ferrovie dello Stato per raggiungere il posto di lavoro o le università;
se siano state valutate dal Ministro le conseguenze che si potranno avere sul traffico dei centri urbani e sull'inquinamento ambientale a causa del maggiore ricorso al mezzo privato connesso alla riduzione dei servizi di trasporto pubblico o all'aumento delle tariffe, nonché le conseguenti ricadute in termini di maggiori costi sanitari, ambientali e per la realizzazione di opere stradali.
(3-01297)
Interrogazioni a risposta scritta:
LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel 2005 il gruppo Ferrovie dello Stato pianifica l'acquisto di 24 locomotori politensione E-403 dal consorzio Ansaldo-Breda, il quale, dopo aver espletato la prassi relativa al conferimento della commessa, dà inizio alla loro costruzione;
i primi locomotori vengono consegnati tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007, dopo di che incominciano le prove di affidabilità, articolate come di seguito:
prove di circolabilità, da luglio 2007 a dicembre 2007;
prove endurance con treni commerciali, da settembre 2008 a dicembre 2008;
prove per il nulla osta e la messa in esercizio, da ottobre 2009 a dicembre 2009;
il management del gruppo FS decide, successivamente, di assegnare le suddette locomotive alla divisione cargo di Trenitalia, ma da gennaio 2010, nonostante abbiano effettuato tutte le prove previste prima di essere messe in esercizio, di quelle 24 locomotive alcune sono accantonate presso i depositi di Milano smistamento, Marcianise e Firenze, altre invece sembra siano allocate presso l'officina Ansaldo: il tutto perché prive, si dice, dell'autorizzazione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF);
il 31 agosto 2010 il dottor Gaetano Di Capua, della segreteria regionale Uil-Trasporti Lombardia, invia una lettera al direttore della divisione cargo di Trenitalia, dottor Mario Castaldo, e per conoscenza all'amministratore delegato di Trenitalia, ingegner Vincenzo Soprano, per sottoporre alla loro attenzione il mancato utilizzo delle 24 locomotive nell'area di Milano, dove, nei mesi precedenti, paradossalmente, sono stati soppressi dei treni merci per la mancanza di locomotive;
considerato il costo di ciascuna locomotiva, circa tre milioni di euro, lo scopo per cui erano costruite (trasporto merci/viaggiatori su diverse tipologie di linee a diverso tipo di tensione: 3KV, 15KV a corrente continua, 25KV corrente alternata a 50 Hz - linee AV/AC) e l'equipaggiamento con i più moderni sistemi di comunicazione, di controllo e di sicurezza, corre l'obbligo di lanciare l'ennesimo grido d'allarme perché si eviti un enorme sperpero di danaro pubblico;
sperpero di denaro pubblico che si era già verificato all'inizio degli anni Novanta, quando 25 locomotive E-491 e 492, acquistate per essere utilizzate in Sardegna, non furono mai utilizzate, perché ci si rese conto che, per metterle in esercizio, era necessario intervenire sull'infrastruttura ferroviaria, con costi ritenuti troppo elevati dall'allora management. Le locomotive E-491 e 492 furono, dunque, accantonate
presso Livorno/San Marco, fino a luglio 2008, quando furono acquistate, a seguito di una gara, dalla ditta Friuliexport di Trieste al prezzo complessivo di 6.720.000,00 di euro, cioè circa un decimo del valore iniziale di acquisto;
per quanto attiene all'impiego delle locomotive in questione, sarebbe opportuno che il piano di distribuzione sul territorio tenesse in debito conto della situazione deficitaria del trasporto merci che caratterizza le regioni del Sud, già penalizzate, peraltro, per la vetustà e le condizioni in cui versano sia le linee ferroviarie, sia le locomotive e le carrozze che le percorrono -:
se il Ministro ritenga necessario intervenire presso il gruppo Ferrovie dello Stato al fine di chiarire la situazione venutasi a creare ed intraprendere tutte le iniziative necessarie affinché le 24 locomotive vengano rapidamente immesse in servizio, avendo riguardo, in fase di distribuzione sul territorio, di non continuare a penalizzare la già precaria situazione della rete ferroviaria e dei mezzi operanti nelle regioni meridionali del nostro Paese.
(4-09147)
REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
alle 22.30 del giorno 9 ottobre 2010, è deragliato un treno merci di 25 vagoni sulla tratta Luino-Gallarate, fra l'uscita della galleria del Sasso Galletto e la stazione Trenitalia di Laveno;
l'incidente non ha causato fortunatamente feriti, trattandosi di un treno merci e di una zona abbastanza distante dalle abitazioni, ma ha causato la chiusura della tratta fino alle 9 del giorno successivo;
il deragliamento si è verificato quando un vagone, verso la fine del convoglio, che trasportava container di motoseghe, pannelli solari e liquido usato per renderli funzionali, è stato sbalzato dai binari 150 metri dopo l'uscita della galleria del Sasso Galletto, all'altezza di uno scambio;
il vagone, uscito «fuori binari» di circa 20 centimetri, è stato «trainato» per una ventina di metri prima dell'arresto del treno e, durante la corsa anomala, ha danneggiato una sezione della strada ferrata;
pur non trattandosi di un evento grave, non è il primo sulla Bellinzona-Gallarate: il 31 ottobre 2008 infatti, proprio nel periodo del drammatico incidente ferroviario di Viareggio, un altro convoglio che trasportava un carico di munizioni, era stato fermato all'interno della Galleria del Sasso Galletto per un principio di incendio alla motrice;
la linea è utilizzata per il trasporto di ogni genere di merci, tra le quali gas, liquidi tossici ed altri materiali la cui pericolosità aumenta se i convogli attraversano centri abitati;
risulta che 1,9 milioni di tonnellate di merci transitino tra la Svizzera e l'Italia lungo quel binario unico che, passando per il Gambarogno, arriva al confine di Ranzo; da lì transitano per Pino, Colmegna, fino a Luino e poi via verso Laveno Mombello e Gallarate diretti agli snodi di trasbordo, dove le merci vengono caricate su autocarri;
si tratta di almeno cinque carichi ogni ventiquattro ore per 1,9 milioni di tonnellate potenzialmente a rischio ogni anno, considerato il transito attraverso i centri abitati di Luino, Laveno Mombello e Castelveccana;
la pericolosità di quanto segnalato è ancor più evidente se si considera che i convogli passano a pochissimi metri dalle case, su un tracciato pensato 127 anni fa, in gallerie scavate a mano e senza uscite di sicurezza per tratti che in alcuni casi arrivano anche a sfiorare i quattro chilometri;
la lista degli incidenti maggiori è lunga: il 23 novembre 2006, infatti, a
Luino si era vissuta l'emergenza per la fuoriuscita di liquido infiammabile - acetato di etilene - dalla cisterna di un treno merci fermo sui binari. Il 30 ottobre 2007, invece, il pericolo si era corso a Bellinzona, dove un'altra cisterna su un convoglio diretto a Luino e poi verso Gallarate ha perso etilene stabilizzato, una sostanza che serve alla produzione della plastica. Rischio altissimo, fortunatamente scongiurato, anche il 31 ottobre del 2008 a Laveno Mombello: un principio di incendio si è sviluppato su di un treno merci che trasportava sostanze chimiche tossiche. Sul convoglio, della lunghezza di circa 500 metri, si è verificato un problema al locomotore. Il treno stava impegnando la galleria tra Laveno Mombello e Castelveccana alle 5.30, quando il personale ha notato del fumo in cabina. A quel punto i due macchinisti hanno arrestato il treno per poi scappare percorrendo circa 600 metri all'interno del tunnel. In caso di scoppio i soccorsi sarebbero stati difficilissimi -:
se il Ministro, essendo a conoscenza della situazione, non intenda intervenire in tempi rapidissimi nei confronti di Trenitalia al fine di limitare e riorganizzare il numero e la composizione dei convogli che quotidianamente percorrono la tratta Bellinzona Gallarate, in attesa di interventi radicali sulla linea che portino a garantire standard adeguati di sicurezza.
(4-09161)
TORAZZI, FAVA, COMAROLI, MAGGIONI, DESIDERATI, CROSIO, MONTAGNOLI, RONDINI, ALLASIA, TOGNI e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con delibera del CIPE del 22 gennaio 2010 si è autorizzata la realizzazione della Ti-Bre e approvato il primo tratto, Fontevivo-Trecasali;
conseguentemente, si avvicina la sottoscrizione della nuova convenzione con l'ANAS relativa alla delibera del CIPE;
il traffico nel territorio del Casalasco ha da tempo oltrepassato il livello di sostenibilità, e quindi le opere integrative del progetto Ti-Bre previste, in particolare la tangenziale di Casalmaggiore, sono necessarie, urgenti ed indifferibili;
certamente il Ministro è a conoscenza del grave problema, tra l'altro reiteratamente segnalato dalla provincia di Cremona -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione alla situazione di cui in premessa e quali azioni intenda intraprendere per giungere finalmente alla realizzazione delle opere indicate, affinché non si aggravi ulteriormente la situazione nel Casalasco e la provincia di Cremona non risulti discriminata e danneggiata da un programma temporale che agli interroganti pare prendere in considerazione solamente le necessità della provincia di Parma.
(4-09163)
ARACRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli scarichi dei motori a scoppio sono tra i maggiori produttori di polveri sottili (PM10), insieme con gli incendi boschivi, le eruzioni vulcaniche, nonché i processi di combustione degli impianti di riscaldamento, di molte attività industriali, degli inceneritori e delle centrali termoelettriche recando, pertanto, una situazione emergenziale soprattutto a livello urbano e urbanistico;
la nocività delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse parti dell'apparato respiratorio e, dunque, si dovranno evitare tutti quei dispositivi che agiscono riducendo la grandezza del particolato-polveri;
solo a Roma ci sono 2.000 morti l'anno per cause determinate dalle polveri sottili;
in data 25 gennaio 2008 (decreto ministeriale 39) e 1o febbraio 2008 (decreto ministeriale 42) il Ministero dei trasporti ha emanato due decreti sui «sistemi idonei alla riduzione della massa di particolato emesso dagli autoveicoli»;
il 21 maggio 2008 l'Unione europea approvava la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa;
né la suddetta normativa né altre normative in proposito prevedono l'obbligatorietà dell'omologazione per i sistemi in questione, intendendo per «sistemi» i prodotti installati «sia a monte che a valle»;
il decreto ministeriale 42 prevede che il sistema antiparticolato possa essere di due tipi: a) sistema posto a valle dei gas di scarico; b) sistema posto a monte del sistema di iniezione;
esiste in commercio un dispositivo ideato e prodotto dalla «DUKIC DAY DREAM s.r.l.», con brevetto europeo, finalizzato all'abbattimento delle emissioni inquinanti e alla riduzione dei consumi di carburante;
il suddetto dispositivo agisce direttamente sul carburante e pertanto «a monte» migliorando sia la combustione sia evitando che si producano le polveri sottili ed altri inquinanti;
la società DUKIC DAY DREAM s.r.l. in data 15 marzo 2008 ha presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - centro prove autoveicoli di Bari -, domanda di omologazione del dispositivo denominato «Tre"D"CarVan», ai sensi del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 42 del 1o febbraio 2008, quale sistema idoneo per la riduzione di massa di particolato emessa da autoveicoli dotati di motore ad accensione spontanea appartenenti alle categorie M1 e N1;
dalla conclusione positiva delle prove e verifiche effettuate sul dispositivo suddetto sono trascorsi due anni, senza che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sia espresso in merito alla citata domanda di omologazione, nonostante i plurimi atti di significazione e di diffida notificati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti medesimo, volti ad ottenere una pronuncia espressa in ordine alla domanda di omologazione;
dalla corrispondenza ufficiale intercorsa tra il Ministero dei trasporti ed il centro prova autoveicoli (EPA) di Bari in merito alla domanda di omologazione del 10 marzo 2008 pur essendo stato emesso il verbale di conformità n. 08805/BA in data 15 settembre 2008, trasmesso con la nota prot. 615/BA/80-48 del 18 settembre 2008, emerge che il Ministero risponde al Cpa di Bari con lettera del 20 ottobre 2008 prot. n. 83641 contestando le modalità delle prove effettuate; e il Cpa di Bari, riscontrando la lettera del Ministero, rispondeva punto per punto a tutte le osservazioni, ritenendo di aver correttamente effettuato i test richiesti dal decreto ministeriale 42 con esiti positivi ai fini del rilascio del provvedimento di omologazione (note prot. n. 2159/BA/0-0 del 17 novembre 2008);
la motivazione addotta dal Ministero dei trasporti per il mancato rilascio dell'omologazione è la mancanza nella relazione del CPA di Bari della «procedura per l'effettuazione della verifica di durabilità del sistema» - previsto dall'allegato E del decreto ministeriale 42 del 1o febbraio 2008: «la verifica di durabilità si basa sull'effettuazione di un programma finalizzato all'accumulo particolato nel sistema filtro antiparticolato. A scelta del costruttore, può essere realizzato facendo percorrere all'autoveicolo, dotato di sistema filtro una distanza non inferiore a 50.000 chilometri, oppure, tenendo in funzione un motore dotato di filtro per mille ore su un banco prova». Prova prevista per i sistemi dotati di filtro antiparticolato, perché con l'uso tendono ad «intasarsi» filtrando meno -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
come si intenda intervenire per far piena luce sulla vicenda;
quali siano le motivazioni che hanno spinto ad effettuare una prova di durabilità ai fini dell'accumulo del particolato su un dispositivo quale il «Tre"D"CarVan» che lavorando «a monte» sulla combustione non produce PM10, non accumulando nulla;
se non si ritenga di ritirare la richiesta di effettuazione della prova descritta in premessa che risulta evidentemente inadeguata, mancando al dispositivo «Tre"D"CarVan», per sua natura, qualsiasi tipo di contenitore fisico per l'accumulo di polveri;
se esista e quale sia la procedura di smaltimento dei FAP (filtri anti particolato) una volta saturi di polveri dannose, dal momento che il dispositivo «Tre"D"CarVan» non presenta necessità di smaltimento;
quali iniziative si intendano adottare per porre termine a questa incresciosa vicenda e consentire di ottenere l'omologazione ad un dispositivo, quale il «Tre "D"CarVan», fortemente innovativo e superiore in termini di resa al normale filtro antiparticolato.
(4-09171)
TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2010
...
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nel comune di Giugliano (Napoli), terzo comune della Campania per numero di abitanti e quello con il più vasto territorio, dopo il capoluogo, nell'intera provincia, nel 2008 si sono tenute le elezioni amministrative, che sono state vinte dal sindaco Giovanni Pianese, con oltre il 60 per cento dei voti;
nell'ambito del territorio comunale, in località Taverna del Re, esiste una delle più importanti discariche di rifiuti della regione Campania, oggetto di numerose polemiche e contestazioni;
all'indomani dell'insediamento della nuova giunta comunale, il mandato per la differenziazione dei rifiuti solidi urbani viene tolto alla ditta «Igica», precedentemente incaricata, ed affidata alla «Saba Ecologia», «condizionata dalla camorra», secondo l'ex prefetto di Napoli Alessandro Pansa, il quale riporta anche come l'azienda in questione abbia rilevato nel 2005 la «Campania Multiutility», il cui personale sarebbe stato «una sorta di succursale del clan Palanga di Torre del Greco»;
sullo stesso territorio sono state realizzate ingenti e devastanti speculazioni edilizie con la costruzione di una quantità enorme di edifici abusivi; l'azione giudiziaria ha individuato e smantellato un giro di «mazzette», per evitare le denunce e le segnalazioni degli edifici fuori legge, nel quale sono stati coinvolti oltre 20 vigili urbani del comune di Giugliano;
in alcune delle liste che hanno appoggiato il sindaco Pianese, sono risultati eletti personaggi attivi nel settore delle costruzioni abusive, con una quantità eccezionale di voti di preferenza individuale;
nella notte tra il 7 e l'8 luglio 2009 un grave atto intimidatorio è avvenuto contro un giudice del tribunale di Napoli, con l'incendio della sua autovettura attraverso il lancio di una bottiglia molotov; il giudice in questione, oltre ad avere convalidato l'arresto di un killer dei quartieri Spagnoli, Marco Ricci, ha emesso misure di custodia in carcere per camorristi e pubblici funzionari del comune di Giugliano per presunte collusioni;
nell'area giuglianese le associazioni camorristiche sono largamente infiltrate ed hanno impiantato e diffuso una vasta rete di interessi illeciti, attuando un'azione penetrante e pervasiva di coinvolgimento collusivo per imbrigliare e condizionare settori e soggetti della vita pubblica e sociale;
nel contesto locale è particolarmente e pericolosamente attivo il clan Mallardo che da tempo ha assunto una forte predominarla sul territorio, acquisendo un formidabile potere economico e ipotizzando anche di esercitare un condizionamento sul potere politico, attraverso l'inserimento nelle istituzioni di esponenti collegati direttamente o indirettamente (per rapporti economico-imprenditoriali o, addirittura, familiari) all'organizzazione;
l'attualità di tale gravissimo rischio è attestata da un recente decreto di fermo emesso dalla dilezione distrettuale antimafia di Napoli, per i reati di «estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso», a carico di soggetti (residenti nel giuglianese) ritenuti affiliati o comunque contigui al clan camorristico dei Mallardo, del quale riferisce un comunicato stampa del 3 aprile 2009 della stessa Procura;
nel predetto comunicato stampa si afferma che «il clan dei Mallardo, egemone in Giugliano e zone limitrofe, legato all'organizzazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano e storico alleato del clan dei Casalesi, è certamente una delle realtà camorristiche meglio strutturate ed organizzate dell'intero panorama criminale campano, che da tempo ha avviato un'operazione di infiltrazione nella pubblica amministrazione per convertire il potere intimidatorio ed economico, conseguito illegalmente, in potere politico idoneo a condizionare l'indirizzo sociale ed economico della cittadinanza giuglianese»;
risulta evidente, quindi, la possibilità che la suddetta organizzazione criminale abbia già tentato, a livello locale, di favorire l'ingresso in politica e l'inserimento nel circuito istituzionale di esponenti ad essa riconducibili, intervenendo presumibilmente in occasione dello svolgimento delle ultime elezioni comunali nella città di Giugliano per sostenere e/o agevolare l'elezione di determinati candidati, contigui ad essa o parenti di esponenti malavitosi, attraverso i quali influire illecitamente sul normale esercizio delle attività e delle funzioni amministrative;
il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha emesso, in data 12 maggio 2010, un'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del senatore Vincenzo Nespoli, sindaco di Afragola nell'ambito del procedimento n. 49058/07 R.G.N.R. - 16698/08 R.G. GIP;
il Tribunale di Napoli, in data 14 maggio 2010, ha presentato al Senato della Repubblica domanda di autorizzazione all'esecuzione della suddetta misura cautelare, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003;
le violazioni di legge per le quali è stata avanzata la richiesta degli arresti domiciliari a carico del senatore Nespoli, ad avviso degli interroganti presentano rilevanti connessioni con la sua qualità di sindaco e sono quelle di concorso in varie forme nella bancarotta fraudolenta della società a responsabilità limitata «La Gazzella», nella veste di amministratore di fatto e occulto di tale società, e di concorso in operazioni di riciclaggio di ingenti somme di danaro;
in particolare, dalla domanda di autorizzazione all'esecuzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari emerge che:
a) al senatore Vincenzo Nespoli è riconducibile una società immobiliare «Sean immobiliare» e che lo stesso risulta proprietario di fatto della società di vigilanza «la Gazzella»;
b) il senatore Nespoli è indagato perché si faceva prima promettere e poi consegnare da più persone la somma di 30.000 euro per ciascuno e la promessa del voto per le elezioni, in corrispettivo della promessa di assunzione quali guardie giurate presso la società di vigilanza «la Gazzella», assunzioni poi effettivamente conseguite da alcune persone finora identificate;
c) lo stesso senatore Nespoli, anche in concorso (articolo 110 dei codice penale) con i formali amministratori pro tempore della società «la Gazzella», dopo
aver ricevuto le somme su citate quale corrispettivo delle promesse di assunzione, procedeva ad assumere 30 nuovi dipendenti, alcuni ancora da identificare, benché risultassero in esubero rispetto alle esigenze della società fallita;
d) lo stesso senatore Nespoli, indagato per bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice, insieme ai formali amministratori pro tempore si è appropriato del danaro proveniente dagli attivi della società, il cui preciso ammontare è tuttora in corso di accertamento;
e) inoltre il senatore Nespoli è indagato per bancarotta fraudolenta aggravata perché, oltre che in qualità di proprietario di fatto della società di vigilanza «la Gazzella», anche quale amministratore di fatto delle società ISS International security service e la Mondial Security Srl facenti capo ad una famiglia il cui nominativo risulta coperto da omissis;
queste, in concorso tra loro, distraevano le attività costituite dall'avviamento e dalle commesse di lavoro relative a numerosi clienti (Unieuro Porte di Napoli, Banca popolare di Ancona, Banca popolare di Bari, Condotte acqua SpA ed altri) per l'ammontare di 960.000 euro, e veniva effettuata la cessione delle stesse (in epoca precedente e prossima alla sentenza dichiarativa di fallimento) ad altre società operanti nel ramo, quali la ISS International security service e la Mondial security Srl facenti capo alla famiglia non identificati di cui alla lettera precedente senza alcun corrispettivo per la società fallita;
f) lo stesso è indagato altresì per riciclaggio perché sostituiva e trasferiva danaro per l'ammontare complessivo di oltre 300.000 euro, proveniente da delitti in corso di accertamento ed in particolare, richiedendo in alcuni casi in prima persona e facendo richiedere, in altri casi, a più persone che pagava in contanti, l'emissione di assegni circolari a beneficio di altri nominativi, assegni che venivano poi girati e versati sin conti correnti bancari della Sean Immobiliare;
come emerge da una recente inchiesta della trasmissione della Rai «Report», la società immobiliare «Sean immobiliare» è amministrata dalla moglie del senatore Nespoli e sta realizzando, senza controlli, 40 appartamenti, 13 villette a schiera e 5 ville su un'area di 20.000 metri quadrati circa;
tra gli indagati ci sono anche i due amministratori della società «Sean immobiliare»: Camillo Giacco (nipote di Nespoli) e Enrico Esposito, entrambi consiglieri comunali;
i consulenti della società immobiliare sono anche consulenti dell'amministrazione comunale;
il senatore e sindaco Nespoli ha già una condanna in primo grado a due anni di reclusione per tentativo continuato di concussione perché «voleva costringere» la Ipercop, in apertura ad Afragola, ad assumere 250 persone. In appello il senatore Nespoli è stato assolto, ma la Cassazione, accogliendo il reclamo della procura della corte d'appello di Napoli, ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione e ordinato un nuovo processo a suo carico;
nel consiglio comunale di Afragola siede un consigliere di centro-destra che, per reati di grave allarme sociale, è stato sottoposto a misure limitative dei suoi movimenti sul territorio; siede anche un consigliere di centro-destra che, all'indomani delle consultazioni elettorali del 2008, fu arrestato per fatti di droga;
in un'intervista rilasciata alla stampa e nel corso dei lavori di una recente seduta dello stesso Consiglio, è stato dichiarato che un dipendente comunale sarebbe un noto affiliato ad un'organizzazione malavitosa;
i fatti di cui sopra costituiscono un gigantesco conflitto di interessi, in cui potrebbe essere trascinata l'intera amministrazione di Afragola;
tale amministrazione è già stata oggetto di procedimenti di scioglimento per infiltrazioni mafiose: prima nel 1999, in
seguito riabilitata con sentenza del Tar, e poi nel 2005, provvedimento confermato da tutti i gradi di giudizio;
rilevato che:
in occasione delle audizioni tenute dalla Commissione antimafia presso la prefettura di Napoli, il Procuratore capo della Repubblica ha dichiarato alla stampa che sussiste il fondato sospetto di una diffusa collusione dei politici campani con la camorra;
agli scriventi risulta che i carabinieri competenti per territorio hanno da tempo segnalato all'autorità prefettizia rapporti di parentela sospetti fra amministratori locali ed esponenti criminali e indicato evidenti infiltrazioni nella macchina burocratica, richiedendo un approfondimento di quanto accertato anche con l'istituzione di una commissione di accesso e a tale loro richiesta è stato risposto in modo burocratico chiedendo generici approfondimenti;
è stata presentata al Senato un'interrogazione a risposta scritta in data 8 giugno 2010 e a firma della senatrice Armato e altri (atto n. 4-03282) in cui si richiede al Ministro dell'interno di disporre una commissione d'accesso per il comune di Afragola, valutando anche l'eventuale scioglimento per infiltrazioni camorristiche;
il 29 luglio 2010 l'onorevole Minniti e altri hanno presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-03853 nella quale si chiede di predisporre una commissione d'accesso per l'amministrazione comunale di Giugliano;
diversi dirigenti politici campani, come il segretario del PD Enzo Amendola e il consigliere regionale del PdL Diodato, hanno più volte richiesto pubblicamente al Governo di procedere con indagini e verifiche sulle infiltrazioni della camorra nelle amministrazioni di Afragola e Giugliano;
l'infiltrazione della camorra nelle amministrazioni comunali in provincia di Napoli ed il conseguente tentativo di condizionamento delle attività di Governo sono stati molto frequenti, come dimostrano i numerosi provvedimenti di scioglimento di consigli comunali adottati negli ultimi anni;
la prevenzione delle infiltrazioni camorristiche negli enti locali deve essere tra gli impegni primari dello Stato al fine di garantire il libero esercizio dei diritti dei cittadini, assicurare la trasparenza e la correttezza di gestione delle amministrazioni pubbliche nell'interesse esclusivo della comunità, impedire l'inquinamento dei rapporti sociali ed economici, ostacolare la corruzione e contrastare l'espansione del fenomeno mafioso nella società -:
per quali motivi non si sia ancora proceduto all'invio di una commissione di accesso per le amministrazioni comunali di Afragola (Napoli) e Giugliano (Napoli), per acquisire dati, documenti e notizie al fine di verificare le eventuali infiltrazioni di tipo mafioso e individuare la presenza ipotetica di collusioni con la criminalità organizzata, valutando con accuratezza l'ipotesi di procedere allo scioglimento di entrambi i consigli comunali.
(2-00871)
«Picierno, Giachetti, Bossa, Garavini, Piccolo».
Interrogazioni a risposta immediata:
LIVIA TURCO, MARAN, AMICI, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BACHELET, TOUADI, DE TORRE, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, GRASSI, MIOTTO, MURER, PEDOTO, SARUBBI e SBROLLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, prevede: «(...) la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione
della domanda di rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, di un accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La stipula dell'accordo di integrazione rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno. La perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato.»;
il decreto del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è giacente presso il Consiglio di Stato, nonostante che il comma 2 dell'articolo 4-bis preveda che tale regolamento dovesse essere adottato entro 180 giorni dall'entrata in vigore della norma, norma inserita con il comma 25 dell'articolo 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94,
lo schema di regolamento prevede la stipula, contestualmente alla presentazione dell'istanza di permesso di soggiorno, con lo Stato di un accordo di integrazione articolato per crediti;
se con l'accordo lo straniero si impegna, tra le altre cose, ad acquisire un livello adeguato di conoscenza della lingua italiana parlata almeno a livello A2, una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica e dell'organizzazione e del funzionamento delle istituzioni pubbliche italiane, ad acquisire una sufficiente conoscenza della vita civile italiana, a garantire l'obbligo di istruzione da parte dei figli minori, da parte sua lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero, assicurando, nell'immediato, la sua partecipazione ad una sessione di formazione civica e di informazione sulla vita in Italia, la cui mancata partecipazione da parte dello straniero comporta la perdita di 15 crediti sui 16 assegnati all'atto della sottoscrizione;
inoltre, al momento della scadenza del biennio di durata dell'accordo, lo sportello unico avvia una verifica, previa comunicazione con lo straniero, della documentazione necessaria ad ottenere il riconoscimento dei crediti, comunicando anche la possibilità di svolgere un test presso lo sportello unico stesso, qualora la documentazione non sia sufficiente a far accertare il livello di conoscenza della lingua italiana;
sempre con il regolamento attuativo vengono poi previste agevolazioni connesse alla fruizione di attività culturali e formative, l'anagrafe nazionale degli intestatari degli accordi di integrazione, la collaborazione interistituzionale e altro ancora;
viene ribadito sia dal comma 3 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, sia dall'articolo 13 dello schema di regolamento che all'attuazione delle disposizioni in oggetto si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica -:
quale sia attualmente lo stato dell'iter del regolamento attuativo dell'articolo 4-bis della legge n. 286 del 1988, approvato il 20 maggio 2010 in Consiglio dei ministri, se il Governo non ritenga opportuno, da un lato, riconsiderare la norma relativa alla revoca del permesso di soggiorno o del rifiuto del suo rinnovo e dell'espulsione dello straniero in caso di risoluzione dell'accordo per non raggiungimento dei crediti necessari, norma che non ha precedenti in Europa, e, dall'altro, vista la complessità e le novità introdotte dallo schema di regolamento in oggetto, se non ritenga plausibile e realistico non prevedere nuovi e maggiori oneri per una sua completa attuazione e, laddove ciò non fosse possibile, quali e quante risorse intenda investire affinché vi sia una reale integrazione dello straniero e quali iniziative siano già state avviate affinché, una volta pubblicato il regolamento attuativo, questo possa diventare effettivo, in particolare il programma di lingua e cultura italiana per gli adulti.
(3-01306)
REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'accesso libero alle reti wi-fi pubbliche può rappresentare una risorsa sociale molto importante per tutta la cittadinanza e, in particolar modo, per quelle fasce di popolazione economicamente svantaggiate che non possono permettersi di pagare il canone di un abbonamento domestico;
l'accesso wi-fi libero è in grado di valorizzare alcuni luoghi pubblici, come, ad esempio, le biblioteche, che possono così migliorare le proprie funzioni di luoghi di studio, di approfondimento e di ricerca, e allo stesso modo può valorizzare zone cittadine degradate o poco frequentate, che possono attrarre studenti e lavoratori, in grado di operare con il computer in strada o nei locali di ristorazione in modo sicuro;
l'amministratore delegato della Telecom, Franco Bernabè, ha recentemente dichiarato che è possibile ottimizzare le risorse per una crescita della rete organica rispetto al territorio e alle sue esigenze senza dover ricorrere ad investimenti economici, diffondendo l'innovazione che già esiste in Italia attraverso un insieme di regole, di incentivi, ma anche di obblighi;
l'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, recante «Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale», a fini antiterroristici, detta i limiti nell'accesso ai servizi wireless pubblici, stabilendo una trafila burocratica per richiedere la licenza alla questura e l'obbligo di registrazione da parte degli esercenti interessati ad offrire accesso wi-fi ai propri utenti/clienti;
i gestori, avendo l'onere di identificare e tener traccia dell'attività dell'utente sulla rete, al fine di renderlo rintracciabile per le autorità qualora si verifichi un illecito, devono farsi carico dei costi annessi all'utilizzo di un software che permette di conservare le generalità degli utenti che accedono alla rete o che ne gestisce l'autorizzazione, passando per il gestore di telefonia mobile tramite un sistema di registrazione via sms;
il sistema attuale scoraggia i gestori dall'intraprendere questo investimento e spesso si ricorre ad una soluzione con connessione a pagamento, per far rientrare i costi e allo stesso tempo utilizzare i dati delle carte di credito come identificativo;
il Ministero dell'interno, pur riconoscendo la grande utilità sociale del wi-fi libero, ha presentato un dossier che ne denuncia i rischi legati alla sicurezza pubblica, sottolineando, comunque, la volontà di trovare una soluzione di compromesso per semplificare le procedure burocratiche, pur mantenendo la rintracciabilità degli utenti -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di rivedere l'attuale normativa per trovare soluzioni che contemperino le esigenze di sicurezza e lo sviluppo delle potenzialità del sistema wi-fi.
(3-01307)
Interrogazione a risposta in Commissione:
CAVALLOTTO e ALLASIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
alcuni istituti scolastici del comune di Rivoli sarebbero privi dei requisiti necessari
per garantire sicurezza e agibilità igienico-sanitaria;
l'11 ottobre 2010 è stato portato alla ribalta delle cronache l'incidente provocato involontariamente da alcuni operai che effettuavano lavori di catramazione del tetto della scuola materna «Walt Disney» durante l'orario scolastico;
tale incidente avrebbe provocato un incendio, propagatosi fortunatamente nel sottotetto della scuola, spento dai vigili del fuoco dopo sei ore di duro lavoro;
i 60 bambini che frequentavano tale scuola sarebbero stati fatti evacuare velocemente senza incidenti e sistemati in un'altra scuola di Rivoli, nell'attesa di rendere agibile entro sei mesi la scuola materna «Walt Disney»;
alcune scuole dell'infanzia necessiterebbero di considerevoli interventi di manutenzione, quali lavori di intonacatura e ritinteggiatura delle aule. Risulterebbero inoltre vaste aree con la presenza di muffa nei locali dove i bambini mangiano e dormono;
in occasione dell'ultima variazione di bilancio la giunta del comune di Rivoli avrebbe tagliato 2,2 milioni di euro destinati alla manutenzione e messa in sicurezza delle scuole di competenza del comune;
i consiglieri comunali del gruppo consiliare Lega Nord sarebbero in procinto di presentare una mozione di sfiducia al sindaco del comune di Rivoli, a causa dell'amministrazione piuttosto discutibile -:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritengano opportuno adoperarsi, per quanto di competenza, al fine di verificare lo stato di sicurezza e di agibilità igienico-sanitaria degli istituti scolastici, sottoposti al vincolo di rilascio della relativa certificazione.
(5-03669)
Interrogazioni a risposta scritta:
GARAVINI, LO MORO, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO, VELTRONI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, CESARE MARINI, MINNITI, OLIVERIO e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione a risposta scritta 4-04557 presentata in data 14 ottobre 2009 si è già avuto modo di evidenziare quanto segue:
Nardodipace è un piccolo comune calabrese della provincia di Vibo Valentia che gli istituti di ricerca, per lungo tempo, hanno indicato come il comune più povero d'Italia;
detto comune si trova inserito nel contesto territoriale delle Serre vibonesi che è martoriato dalla presenza di cosche della 'ndrangheta che controllano appalti e attività economiche e praticano estorsioni, danneggiamenti, furti e omicidi;
nel settembre 2008 il prefetto di Vibo Valentia, dottor Ennio Mario Sodano, ha avviato, d'intesa con il Ministero dell'interno, la procedura d'accesso in tre comuni del Vibonese: S. Onofrio, Fabrizia e Nardodipace, tutti sospettati di infiltrazioni mafiose;
con riguardo a Nardodipace l'attività di accesso in detto comune era stata disposta a seguito di una attività di indagine della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che aveva sollevato «sospetti di condizionamento mafioso» sull'amministrazione comunale eletta nella tornata elettorale del 27 e 28 maggio 2007;
la commissione, insediatasi nel settembre 2008, ha avviato i suoi lavori e, scaduti i 90 giorni di tempo, vi è stata una proroga di ulteriori 90 giorni. Alla scadenza dei termini la commissione, come riportato dalla stampa locale, ha rassegnato la relazione al prefetto di Vibo il quale, a sua volta, ha inviato al Ministero dell'interno una «inclemente relazione»
con la richiesta di scioglimento del consiglio comunale dei Nardodipace per infiltrazioni mafiose;
sempre con riguardo a Nardodipace le verifiche, secondo notizie giornalistiche, mai smentite, si sono concentrate su pratiche adottate dall'amministrazione in carica «ma anche sui profili di alcune figure gravitanti nel palazzo comunale». Al centro della verifica, la figura del Sindaco, Romano Loielo, ex finanziere, incappato in una serie di incidenti disciplinari a causa di «particolari» frequentazioni per «fini politici»;
in data 8 gennaio 2009 è stato sciolto il consiglio comunale di Sant'Onofrio e in data 27 luglio 2009 quello di Fabrizia, mentre, con decreto del Ministro dell'interno, è stata negata l'emissione del provvedimento di scioglimento del comune di Nardodipace;
peraltro gli elementi riguardanti le infiltrazioni di tipo mafioso nell'amministrazione comunale di Nardodipace, successivamente ai provvedimenti sopra evidenziati, sono considerevolmente accresciuti per effetto degli esiti dell'indagine sfociata nella recente operazione denominata «Crimine» della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro;
in particolare è emerso quanto segue:
a) tra le persone arrestate nell'ambito della predetta operazione antimafia vi sono Tassone Rocco Bruno e Tassone Damiano Ilario, rispettivamente padre e cugino di Tassone Romolo, attuale vicesindaco e responsabile dell'ufficio finanziario del comune di Nardodipace;
b) da una delle intercettazioni menzionate nel provvedimento restrittivo della libertà personale dei soggetti sopra indicati emerge che Tassone Damiano Ilario riferisce di una situazione nella quale erano presenti oltre a lui stesso ed al figlio Bruno, anche l'attuale vicesindaco Tassone Romolo ed un certo Iacopetta Pompeo affiliato alla cosca «locale» di Cassari di Nardodipace;
c) infine, dal contenuto delle intercettazioni compiute nell'indagine sopra menzionata e riportate negli atti giudiziali, emerge in modo inequivocabile il peso e la forza che la 'ndrangheta locale ha esercitato ed esercita a Nardodipace in occasione delle campagne elettorali ivi compresa quella che ha portato all'elezione dell'attuale sindaco e del consiglio comunale, tanto è vero che agli arrestati è stata contestata la violazione dell'articolo 416-bis del codice penale per essersi - tra l'altro - associati al fine di commettere delitti relativi alla corruzione ed alla coercizione elettorale -:
se non si ritenga necessario attivarsi con urgenza secondo le procedure di legge, al fine di provvedere allo scioglimento, ex articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (così come modificato dal comma 30 dell'articolo 2 della legge n. 94 del 2009), del consiglio comunale di Nardodipace.
(4-09149)
GARAVINI, PELUFFO, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO, VELTRONI e FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 è stata sciolta la ASL, di Locri, dopo che la Commissione d'accesso inviata dal Ministero dell'interno aveva rilevato rapporti tra le strutture amministrative e società ed esponenti della 'ndrangheta, senza che prima dell'invio delle commissione ci fosse stato l'arresto di uno degli esponenti di vertice della struttura amministrativa; la commissione d'accesso ha poi individuato forniture e servizi assegnati a ditte vicine alla 'ndrangheta senza procedure regolari, dipendenti considerati in servizio anche durante la carcerazione, parenti di boss maliosi di notevole livello impiegati nella struttura con procedure non trasparenti, utilizzo del personale per la raccolta di consenso in occasione delle elezioni;
numerosi comuni della Calabria sono stati prima sottoposti ad accertamenti con
le commissioni d'accesso disposte dalle prefetture e, successivamente, sciolti per infiltrazioni mafiose a seguito dell'accertamento di rapporti con la criminalità organizzata, senza che prima vi fossero provvedimenti giudiziari contro uno dei componenti dell'amministrazione. Il caso più recente è il comune di Condofuri, in provincia di Reggio Calabria, sciolto dal Consiglio dei ministri il 7 ottobre 2010;
per quale motivo non sia stata inviata una commissione d'accesso alla ASL di Pavia, dopo l'arresto del direttore sanitario di quella struttura, Carlo Chiriaco, considerato dagli inquirenti in rapporto diretto con i capi della 'ndrangheta in Lombardia, al fine di accertare se in quella struttura siano state effettuate scelte che possano aver favorito uomini ed aziende legate alle cosche, considerato anche che lo stesso Chiriaco si è attivato per raccogliere voti alle ultime elezioni regionali ed amministrative a favore di diversi uomini politici;
per quale motivo non sia stata inviata una commissione d'accesso presso i comuni di Cologno Monzese, Pavia, Desio, Vigevano, Voghera, Trezzano sul Naviglio, tutti comuni nei quali, in base a quanto riportato da numerosi organi di stampa dopo l'inchiesta «Crimine» portata a termine dalla DDA di Milano, risultano esserci candidati in rapporto con persone legate ai clan della 'ndrangheta nel nord Italia.
(4-09150)
SCILIPOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
per meglio tutelare i diritti degli acquirenti di immobili da costruire, nei casi in cui gli stessi rimanevano privi di tutela a seguito di procedura concorsuale o espropriazione immobiliare ai danni del costruttore, anche se intervenuta in data successiva alla trascrizione del preliminare o/e della compravendita è stato varato il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 dal titolo «disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004 n. 210»;
al fine di ovviare a situazioni in cui «la prenotazione di immobile» effettuata con la sottoscrizione del preliminare risultasse del tutto irrilevante, l'articolo 9 del predetto decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122, creato con lo specifico scopo di favorire l'accesso alla proprietà del bene-casa, garantisce il diritto di prelazione in favore degli acquirenti al prezzo definitivo raggiunto in sede di eventuale incanto o asta dell'immobile, anche con specifico riferimento alle eventuali offerte ai sensi dell'articolo 584 codice procedura civile;
il suddetto decreto per le novità introdotte con gli articoli 2, 3 e 4 con la previsione dell'obbligo del costruttore di prestare garanzia assicurativa e fideiussoria in favore dei promittenti acquirenti, ha altresì previsto l'applicabilità della nuova disciplina anche ai contratti preliminari di compravendita di immobili per i quali il permesso di costruire e tutti gli altri adempimento previsti dalla legge siano stati richiesti in data successiva alla emanazione del predetto decreto legislativo;
con l'istanza dei promissari acquirenti, depositata presso il tribunale di Latina dal legale referente dello SNARP di questa città è stato invocato il diritto di prelazione istituito e previsto espressamente dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 122 del 2005, che nel decreto emesso dal presidente del predetto tribunale è stato negato sul presupposto che ai sensi dell'articolo 11 delle disposizioni attuative poiché le leggi in generale non hanno effetto retroattivo;
inoltre, dai comunicati stampa diffusi in più circostanze delle associazioni Snarp e Adiuban si rileva che anche per le istanze di accesso ai benefici di legge trasmesse nei termini alla CONSAP, unico gestore del Fondo speciale istituito, non esistono possibilità di interventi per assoluta mancanza di fondi;
ne consegue che, qualora l'applicazione del decreto legislativo n. 122 del 2005, dovesse avere attuazione solo a far data dalla sua entrata in vigore, si finirebbe con l'abbandonare irresponsabilmente senza alcuna tutela migliaia di famiglie compromissarie acquirenti di immobili da costruire, anche se immesse nel possesso della casa di abitazione, vanificando o addirittura violando la ratio normativa, unico possibile approdo naturale di tutela costituzionale dopo anni di attesa e di istanze di oltre 25.000 nuclei famigliari coinvolti nella perdita della casa in seguito a fallimenti o a esecuzioni espropriative incardinate in danno di costruttori, poiché ancora oggi non è consentita ai malcapitati alcuna possibilità di accesso ai fondi appositamente istituiti dalla legge per il ristoro dei danni subiti, essendo scaduti i termini di presentazione delle domande, ai quali non risulta essere stato dato il giusto risalto mediatico in grado di raggiungere tutte le categorie di malcapitati -:
se il Governo sia a conoscenza di tale incresciosa e deludente situazione;
se sia stata richiesta una aggiornata analisi del fenomeno e delle attività espletate della Consap Spa in attuazione del decreto legislativo n. 122 del 2005;
se siano state studiate soluzioni e quali, anche di natura interpretativa riguardanti l'ambito di applicazione tempo e del decreto legislativo n. 122 del 2005;
se siano stati presi provvedimenti, e quali, affinché la nuova disciplina prevista dal decreto legislativo n. 122 del 2005, possa essere fruita da tutti i soggetti compromissari acquirenti di immobili sottoposti ad esecuzione immobiliare o possessori dei medesimi senza averne ancora ottenuto il rogito alla data di entrata in vigore della legge;
se siano stati presi provvedimenti, e quali, per garantire il rifinanziamento del Fondo gestito dalla Consap Spa da destinarsi al salvataggio degli immobili riguardanti migliaia di nuclei famigliari inconcepibilmente esclusi dai benefici introdotti dal decreto legislativo n. 122 del 2005;
se non sia opportuno assumere iniziative dirette a riaprire i termini per le domande al fine di consentire agli esclusi di accedere al disposto legislativo.
(4-09166)
CAUSI e BRESSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo in ottemperanza alla disposizione dell'articolo 2, comma 6, della legge 5 maggio 2009, n. 42, si legge che uno degli obiettivi della riforma federale è quello di «assicurare il completo scambio di informazioni e la piena trasparenza nel monitoraggio di azioni e risultati»;
uno dei presupposti fondamentali per garantire la piena trasparenza dei processi è l'accesso universale ai dati, senza il quale non è possibile effettuare alcun monitoraggio né esprimere una critica razionale;
dal mese di aprile 2010, nella sezione del sito internet del Ministero dell'interno «Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali» è stata sospesa la fornitura in modalità download dei dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani;
chiunque voglia fare analisi comparate sulla finanza degli enti locali italiani è costretto a perdere molto tempo, riaggregando i dati relativi ai quadri di bilancio di ogni singolo comune o provincia;
questa situazione impoverisce il dibattito pubblico e parlamentare sul federalismo proprio durante l'iter di approvazione di importanti decreti attuativi relativi alla legge 5 maggio 2009, n. 42;
il Ministero, a quanto consta agli interroganti, non ha offerto alcuna spiegazione per l'interruzione del servizio, che,
peraltro, spinge molti utenti ad utilizzare a pagamento le banche dati offerte da imprese private -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se intenda ripristinare il servizio di download dei dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani;
se esistano altre banche dati, accessibili a tutti i cittadini interessati, che offrano la possibilità di scaricare gratuitamente i dati aggregati relativi ai bilanci dei comuni e delle province italiani.
(4-09170)
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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DELFINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in virtù dell'applicazione dell'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, le pubbliche amministrazioni hanno la facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro del personale dipendente al compimento dell'anzianità massima contributiva di quarant'anni;
tale facoltà ha carattere eccezionale limitatamente agli anni 2009, 2010 e 2011, in vista degli obiettivi di contenimento della spesa previsti dalla sopraccitata disposizione;
la signora Rosanna Martini, insegnante a tempo indeterminato presso l'istituto tecnico industriale statale «Mario Del Pozzo» di Cuneo ha ricevuto la comunicazione circa la risoluzione unilaterale del proprio rapporto di lavoro per effetto del provvedimento sopraesposto, con quarant'anni contributivi, ma non di insegnamento effettivo in quanto due risultano di riscatto universitario;
dalla direttiva ministeriale n. 94 del 4 dicembre 2009, si evince che la facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro è affidata all'amministrazione scolastica stessa, in relazione al fabbisogno di personale;
sebbene la finalità, espressa dal Ministro, circa la necessità del rinnovo del quadro dei docenti, possa essere apprezzabile, di fatto si è creata una disparità di trattamento e di tutela dei diritti degli insegnanti coinvolti, in quanto la norma risulta applicata in maniera discrezionale dai singoli dirigenti scolastici;
la legittimità dell'applicazione del provvedimento risulta quanto mai opinabile laddove la risoluzione forzosa del rapporto di lavoro non risulta debitamente motivata dall'amministrazione scolastica, in evidente disaccordo con quanto stabilito dalla direttiva ministeriale in parola;
numerosi sono i casi di docenti costretti ad un pensionamento coatto privo di motivazioni oggettive, circa una sopraggiunta insorgenza di personale in esubero e il necessario riassorbimento; motivazione che avrebbe garantito, sicuramente, il rispetto del principio della trasparenza;
a seguito di ciò, molti docenti hanno presentato ricorso presso i tribunali competenti, e dalle diverse pronunce sulla legittimità della risoluzione del rapporto di lavoro ne è derivata una imbarazzante discrepanza;
appare evidente che le lacune generate dalla libera interpretazione del provvedimento da parte delle singole amministrazioni scolastiche, hanno provocato, in molti casi, una vera e propria discriminazione, contravvenendo non solo alla finalità del provvedimento ma anche al sacrosanto diritto degli studenti alla continuità didattica;
risulta, dunque, doveroso, da parte delle amministrazioni scolastiche applicare le norme nel pieno rispetto dei diritti dei propri dipendenti sulla base della
trasparenza, correttezza e buona fede, princìpi imprescindibili di ogni rapporto di lavoro -:
quali urgenti iniziative intenda avviare al fine di fornire un'interpretazione corretta e univoca della normativa sopraccitata, impedendone un'applicazione immotivata e lontana dal fine ultimo del provvedimento.
(5-03655)
NEGRO e RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la diffusione di droghe tra i giovani e i giovanissimi desta preoccupazioni sempre maggiori sia per la dimensioni che il fenomeno sta assumendo sia per le devastanti conseguenze fisiche che l'uso di queste sostanze comporta;
nel 2009 un quotidiano on line ha effettuato un'inchiesta, riportando elementi sconvolgenti a carico di un baby-spacciatore di «spinelli», che intervistato e filmato in un video ha dichiarato: «Spaccio le canne, le spaccio a scuola e spaccio perché è più facile pagarsi i jeans e le feste con gli amici. Anche se è un po' rischioso è più facile procurarsi i soldi così»;
altrettanto drammatica è apparsa la testimonianza dell'intervistato circa l'atteggiamento dei genitori (praticamente all'oscuro di tutto) e, specialmente, degli insegnanti: la droga verrebbe consumata e spacciata all'interno della scuola, anche se non nelle classi. I professori sarebbero a conoscenza di questi fatti ma farebbero anche «finta di niente» (almeno così emerge da alcune interviste realizzate da Repubblica);
recentemente in un libro-inchiesta «Cocaina S.P.A.» (di Vincenzo R. Spagnolo, edizioni Pellegrini) e stato evidenziato che il 18 per cento dell'uso di cocaina è concentrato nella fascia degli adolescenti tra i 14-19 anni;
le stime condotte dall'agenzia comunale per le tossicodipendenze di Roma sulla diffusione della cocaina tra i giovani, abbasserebbe l'età dei consumatori addirittura a «nove anni»; ciò non deve destare meraviglia se si pensa che la malavita tende a reclutare baby-pusher, anche al di sotto dei 14 anni, per evitare complicazioni giudiziarie;
il Governo ha messo a disposizione delle scuole il portale internet DrugFree.Edu, contenente schede informative sulle varie tipologie di sostanze stupefacenti, pubblicazioni scientifiche, consigli e video interessanti, allo scopo di esporre in modo semplice, chiaro, ma allo stesso tempo incisivo, il significato della dipendenza dalla droga -:
quali iniziative intenda intraprendere per sensibilizzare la comunità scolastica ad una maggiore vigilanza, rafforzando altresì il controllo esterno delle istituzioni scolastiche, da parte delle forze dell'ordine;
se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ritenga opportuno intensificare il sistema di «video conferenza facilitata», in modo da collegare a distanza le istituzioni scolastiche tra loro e metterle in comunicazione con un esperto del servizio governativo gratuito drug expert link.
(5-03660)
Interrogazione a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Corriere della Sera, nella sua edizione del 24 ottobre 2010 ha pubblicato un lungo e dettagliato articolo del giornalista Francesco Alberti, intitolato: «L'idea della Lega a Udine: "Classi separate per disabili"»;
nel citato articolo si attribuiscono al presidente della provincia di Udine, nonché
leader del Carroccio friulano Pietro Fontanini affermazioni che, ove fossero confermate, risulterebbero inaccettabili per il loro sapore, ad avviso degli interroganti, razzista, antiscientifico e incivile, dal momento che, dinanzi a una platea di operatori socio-sanitari della Bassa friulana, ha teorizzato la necessità e l'opportunità di istituire classi separate per disabili, in quanto «le persone disabili ritardano lo svolgimento dei programmi scolastici... Sarebbe meglio pensare a percorsi differenziati. Sul tipo di quelli organizzati dalla Provincia, da me presieduta, per favorire l'inserimento di questi ragazzi nel mondo del lavoro»;
non si tratta di affermazioni stravaganti, per quanto odiosamente discriminatorie, isolate, dal momento che risulta agli atti un'interrogazione, presentata dalla prima firmataria del presente atto il 29 settembre 2010, n. 4-08815, a proposito di analoghe affermazioni razziste questa volta dell'assessore all'istruzione del comune di Chieri Giuseppe Pellegrino;
sempre la prima firmataria del presente atto ha presentato un'altra interrogazione il 4 ottobre 2010, n. 4-08860, a proposito di un docente del conservatorio di Milano che ha addirittura teorizzato la rupe Tarpea per i disabili;
è opinione degli interroganti che si tratta di affermazioni inaccettabili e offensive, oltre che discriminatorie e razziste -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano adottare al fine di promuovere una migliore integrazione e assistenza degli studenti portatori di handicap e affinché in tutte le sedi istituzionali sia assicurato un adeguato supporto ai portatori di handicap scongiurando ogni forma di discriminazione.
(4-09164)
TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011
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LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata:
POLI, GALLETTI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, DELFINO, LIBÈ, OCCHIUTO e RAO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nonostante l'emanazione di misure normative, anche recenti, che incideranno negativamente sul grado di copertura pensionistica derivante dal pagamento dei contributi obbligatori per legge, si registra un preoccupante calo di attenzione sul problema della diffusione e dello sviluppo della previdenza complementare;
con l'entrata in vigore della «legge Dini» si era molto puntato sull'avvento del secondo pilastro, finalizzato ad erogare una pensione aggiuntiva a quella di base, al fine di garantire ai pensionati di domani un reddito di importo adeguato, ma al momento i risultati raggiunti sono ben lontani dalla previsioni e la maggioranza dei lavoratori continua a mantenere in azienda o all'Inps il trattamento di fine rapporto;
è ovvio che senza un'occupazione stabile e retribuzioni al limite della sussistenza i giovani, e non soltanto essi, non dispongono delle risorse necessarie da accantonare e sono a forte rischio di scoperture previdenziali, ma si rileva anche una carenza di informazione e di una certa «cultura previdenziale»;
rendimenti non sempre soddisfacenti nella fase di accumulo, accantonamenti spesso insufficienti per una rendita adeguata e informazioni scarse o poco chiare rappresentano le principali criticità denunciate di questa situazione;
il mancato decollo del secondo pilastro può generare conflitti intergenerazionali e tensioni sociali, mentre è proprio sulle pensioni per le giovani generazioni che un Paese mette in gioco la sua credibilità;
il Ministro interrogato ha recentemente affermato che «la previdenza complementare mantiene intatto (...) il suo carattere strategico, anche in relazione a quel principio istituzionale di sussidiarietà che il Governo ha in più occasioni dichiarato di voler promuovere», ma allo stato alle dichiarazioni non sono seguiti fatti concreti -:
quali iniziative concrete, anche di carattere normativo, intenda adottare per favorire la diffusione e la crescita della previdenza complementare, al fine di creare le condizioni effettive per la realizzazione di un sistema previdenziale adeguato alle nuove esigenze e per garantire a tutti lavoratori, soprattutto quelli più giovani, una rendita dignitosa.
(3-01308)
CIMADORO, PIFFARI, PALADINI, PORCINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la situazione del lavoro in Italia diventa ogni giorno più drammatica;
non basta la crisi economico-finanziaria internazionale, ancora purtroppo in atto, per spiegarne le ragioni, che vanno, invece, individuate nella mancanza di politiche per il lavoro, serie ed efficaci, da parte del Governo in carica;
il «Piano triennale del lavoro», diffuso dal Governo a fine luglio 2010, pone scarsa attenzione ai problemi occupazionali, mentre nel concreto la manovra contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010 sta producendo e continuerà a produrre solo effetti depressivi sull'economia e sull'occupazione;
gli investimenti sono stati cancellati, ad esempio, dai fondi per le aree sottoutilizzate, che dal 2008 ad oggi sono stati «saccheggiati» per più di 27 miliardi di euro, usati come bancomat in gran parte per la copertura di provvedimenti che nulla hanno a che fare con la destinazione originaria dei fondi;
è necessario che il Governo proroghi tutti gli ammortizzatori sociali, inclusa la cassa integrazione in deroga, per il 2011, ma servono urgenti misure strutturali per risollevare la situazione dell'occupazione;
l'Istat ha confermato che il tasso di disoccupazione in Italia, nel secondo trimestre del 2010, è salito all'8,5 per cento, in aumento dell'1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009, senza calcolare i lavoratori in cassa integrazione guadagni;
l'Ocse, nel suo rapporto di fine 2009 sulla disoccupazione, aveva previsto che in Italia, nell'ultima fase del 2010, la disoccupazione sarebbe arrivata al 10,5 per cento e tutto lascia pensare che ci si arriverà se il Governo non interviene immediatamente;
il che significa che in alcune aree del Paese, specie nel Mezzogiorno, si toccheranno punte di disoccupazione vicino al 30 per cento della popolazione attiva, con la regione Campania in testa all'orribile classifica;
i dati sul tasso di disoccupazione «reale», se possibile, sono ancora peggiori delle previsioni Ocse, secondo le cifre riportate dalla Banca d'Italia nel suo bollettino economico: la disoccupazione reale sarebbe, infatti, all'11,5 per cento nel secondo trimestre del 2010. Il Ministro interrogato si è affrettato a definire «esoterico» questo dato, ma purtroppo non è immaginabile renderlo innocuo con una semplice battuta e per giunta poco istituzionale;
dopo i 528 mila posti di lavoro distrutti negli ultimi due anni, sono così a rischio altri 246 mila posti di lavoro. I più svantaggiati sono sempre i giovani, le donne, le basse professionalità, gli immigrati, oltre ai lavoratori con contratti temporanei o atipici, i lavoratori del Mezzogiorno, come si è già detto, e coloro che hanno già perso un'occupazione;
la situazione dei giovani è drammatica, perché quasi un giovane su tre in Italia è disoccupato. Nel secondo trimestre del 2010 l'Istat segnala che il tasso di
disoccupazione dei giovani di 15-24 anni raggiunge il 27,9 per cento, il dato peggiore dell'ultimo decennio;
dal primo trimestre del 2009, nonostante un incremento del numero di occupati, il tasso di occupazione degli stranieri continua a ridursi, posizionandosi al 63,6 per cento, rispetto al 65,2 per cento nel secondo trimestre 2009;
molte, troppe, sono le aziende in crisi in Italia, che, se il Governo non interverrà con misure strutturali e non solo una tantum e a macchia di leopardo, chiuderanno o delocalizzeranno la produzione, producendo nuova disoccupazione e danni all'economia reale del Paese;
molte imprese, che fino ad ora sono riuscite a destreggiarsi con la cassa integrazione, stanno ora iniziando a ristrutturarsi con inevitabili tagli all'occupazione;
in Campania le aziende in crisi sono 604 e ben 12.170 i lavoratori a rischio. Rischiano di chiudere i cantieri navali di Castellammare di Stabia, i più antichi d'Italia, con conseguenze preoccupanti per l'indotto, in una città che già vive una crisi dell'occupazione senza precedenti. Stessa sorte potrebbe toccare ai cantieri di Palermo, se non migliora la situazione di Fincantieri;
non migliore è la situazione occupazionale in Lombardia, dall'altra parte d'Italia, dove nella sola provincia di Bergamo entro la fine del 2010 ci sarà una riduzione del lavoro dipendente pari a 5.280 unità (dati del servizio documentazione economica e osservatori della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Bergamo). Stanno chiudendo le Fonderie Valbrem, che occupano 117 lavoratori (si veda l'agenzia stampa Agi del 18 ottobre 2010), che vanno ad aggiungersi alla crisi delle altre aziende della provincia: dalla San Pellegrino, alla Manifattura valbrembana, alla Brembana macchine, alla Lavanderia Fontanella. Senza contare i 495 posti di lavoro già persi nell'area limitrofa (fonte osservatorio crisi occupazionale Cgil), dove si sono verificate, tra le altre, le chiusure degli impianti delle ben più note Tenaris Dalmine e Indesit;
le parole dell'amministratore delegato della Fiat, pronunciate solo pochi giorni fa in una nota trasmissione televisiva, non fanno ben sperare, dopo l'annunciata chiusura di due stabilimenti, quello di Termini Imerese, 1.400 lavoratori più 500 dell'indotto, e quello della Cnh di Imola, 550 lavoratori compreso l'indotto;
difficile è la situazione occupazionale in Telecom, che ha previsto 13 mila esuberi entro fine 2012, ma anche nelle aziende dell'indotto le cose non vanno bene: la Ciet, oltre mille dipendenti in Italia, ad esempio, per molti mesi non ha pagato gli stipendi ai lavoratori, mentre sono in pericolo i 2.000 addetti in tutta Italia della Sielte;
precaria è la situazione occupazionale della Tirrenia in via di cessione, degli operai della Merloni e dei lavoratori dell'indotto, di quelli della Glaxo, che ha annunciato che chiuderà a fine 2010 il centro ricerca di Verona che impiega 410 scienziati e 150 addetti ai servizi, di quelli della Vinyls di Porto Torres, i cui operai hanno a lungo occupato l'isola dell'Asinara, ormai nota come l'isola dei cassintegrati, della Bialetti, che delocalizza; dei lavoratori dell'Eutelia/Agile, la cui vicenda è tristemente nota a tutti;
questo brutto elenco è molto lungo e non basterebbero decine di pagine per contenerlo -:
quali iniziative per interventi strutturali a favore dell'occupazione il Ministro interrogato intenda assumere alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione.
(3-01309)
RAISI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
circa 70 laureati in giurisprudenza svolgono attualmente la pratica forense per l'esercizio della professione di avvocato
e procuratore presso le avvocature territoriali dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale, analogamente a quanto avviene da tempo per l'Avvocatura dello Stato e per gli uffici legali di altri enti pubblici;
ai suddetti praticanti dovrebbero affiancarsene nei prossimi mesi altri 419, sulla base del bando per l'ammissione alla pratica forense presso l'avvocatura dell'Inps, pubblicato dallo stesso istituto in data 25 ottobre 2010;
come già avviene per gli attuali praticanti, il bando precisa che lo svolgimento della pratica avverrà «a titolo gratuito, senza oneri retributivi o contributivi a carico dell'Inps»;
la gratuità della pratica è in palese contraddizione con quanto previsto dal codice deontologico forense, che, all'articolo 26, dispone che l'avvocato riconosca al praticante «dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all'apporto professionale ricevuto»;
il richiamato codice deontologico forense prevede, all'articolo 1, che «le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi»;
il regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (recante norme relative all'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, che il bando dell'Inps richiama in analogia), contemplando all'articolo 24 la possibilità di compiere la pratica forense presso gli uffici della stessa, non presenta alcun riferimento al compenso dei praticanti, né ad un eventuale obbligo di gratuità dell'esercizio della pratica;
come riportato il 19 ottobre 2010 dalla testata telematica La Repubblica degli stagisti e ripreso da Il Fatto Quotidiano del 20 ottobre 2010, nel maggio 2010 alcuni praticanti presso l'avvocatura distrettuale Inps di Lecce hanno presentato all'istituto un'istanza di rimborso per le spese sostenute per lo svolgimento dell'attività e di un compenso proporzionato all'apporto professionale, in base alle previsioni deontologiche;
nella suddetta istanza si fa riferimento al fatto che, con delibera dell'istituto del 31 marzo 2010, alcuni dei richiedenti sarebbero stati abilitati al patrocinio legale, la qual cosa - ove confermata - evidenzierebbe come l'apporto professionale dei praticanti sia considerato rilevante e ormai imprescindibile dallo stesso istituto;
secondo le fonti di stampa sopra richiamate, a seguito dell'istanza, i firmatari della richiesta sono stati convocati dal dottor Francesco Miscioscia, direttore dell'ufficio Inps di Lecce, il quale avrebbe addotto a ragione della gratuità della pratica forense - e quindi della deroga alle norme deontologiche -- le limitate risorse economiche a disposizione dell'istituto, accompagnando alle sue argomentazioni una laconica riflessione su quanto sia consueto in Italia non riconoscere alcun compenso ai praticanti;
la violazione delle norme deontologiche forensi da parte di un'amministrazione pubblica come l'Inps, così come da parte dell'Avvocatura dello Stato e degli altri enti pubblici, contribuisce a dequalificare il praticantato e a consolidare la convinzione - purtroppo molto diffusa nel mondo forense italiano - che la gratuità del praticantato sia una prassi ormai comunemente accettata e accettabile -:
se non ritenga opportuno intervenire, nell'ambito delle sue funzioni di vigilanza, sull'attività dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale, affinché l'istituto rispetti l'articolo 26 del codice deontologico forense, in ordine al compenso da riconoscere ai praticanti, e ritiri il bando per l'ammissione alla pratica forense presso la sua avvocatura pubblicato il 25 ottobre 2010, provvedendo a disciplinare diversamente lo svolgimento della pratica forense, eventualmente attraverso la previsione di un fondo compensi.
(3-01310)
Interrogazione a risposta orale:
STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Fonderia Valbrem spa, azienda metalmeccanica della Valle Brembana di proprietà della multinazionale Ronal, che produce cerchi in lega e per la quale lavorano 96 persone nello stabilimento di Lenna (Bergamo) e 21 in quello di Presezzo (Bergamo), ha annunciato l'intenzione di chiudere gli stabilimenti;
con questa annunciata chiusura sarebbero complessivamente altri 117 i posti di lavoro messi a rischio nel settore metalmeccanico nella provincia di Bergamo, che si aggiungerebbero ad altre migliaia di ex dipendenti del comparto in questione che negli ultimi periodi ha visto la chiusura di numerose aziende;
Valbrem spa è al momento in «cassa integrazione in deroga» fino al 26 novembre 2010, dopo che a luglio 2010 era terminato il periodo di cassa integrazione straordinaria;
nell'anno 2009 l'azienda aveva sottoscritto con i sindacati di categoria un processo di ristrutturazione che riguardava i 160 lavoratori allora in forza, grazie al quale si garantiva, comunque, il mantenimento dei siti produttivi di Presezzo e Lenna, mentre adesso giunge la notizia della paventata chiusura degli stabilimenti;
la cessazione dell'attività della Valbrem spa colpirebbe duramente tutta la comunità Brembana, in particolare la zona dell'alta Valle, già seriamente in difficoltà e gravemente impoverita del tessuto produttivo;
le attività economiche delle aree vallari bergamasche vanno difese e sostenute, per evitare l'ulteriore spopolamento delle montagne e per salvaguardare il delicato equilibrio economico e sociale montano, oggi in condizioni veramente preoccupanti -:
se intendano assumere ogni iniziativa di competenza affinché da parte della multinazionale Ronal, proprietaria di Valbrem, si pervenga a soluzioni alternative alla chiusura nonché al doveroso rispetto dell'accordo siglato nel 2009, attivando un apposito tavolo di confronto cui far partecipare anche i rappresentanti istituzionali delle comunità coinvolte oltre che quelli dei lavoratori e mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie per garantire comunque la continuità del reddito ai lavoratori interessati.
(3-01299)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GINEFRA e VICO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la «Multi Media Planet S.r.l.» con sede a Bitritto in provincia di Bari è una società appartenente al gruppo Phonemedia/Omega e fa parte di un gruppo di altre undici sedi sparse su tutto il territorio italiano;
Phonemedia è stata fondata nel 2002 da Fabrizio Cazzago ed è diventata in pochi anni un colosso nel settore delle telecomunicazioni;
per quanto riguarda la sede di Bitritto, il 22 ottobre 2008 è stato siglato un verbale di accordo per la stabilizzazione di circa 300 dipendenti - stabilizzazione siglata da SLC CGIL e UILCOM UIL - e per fare fronte alle suddette stabilizzazioni la società ha usufruito di alcuni fondi regionali, ovvero circa due milioni di euro (Bollettino Ufficiale della regione Puglia n. 166 del 23 ottobre 2008. rif. progetti per attività cofinanziate dal fondo sociale europeo, dallo Stato e dalla regione Puglia. Por Puglia 2000/2006);
a distanza di un anno, Cazzago informa,i dipendenti che Phonemedia è stata venduta ad una multinazionale inglese, ovvero il gruppo Omega spa;
la notizia ha ripercussioni sui dipendenti ai quali solo poche settimane prima
lo stesso Cazzago aveva rinnovato il proprio impegno per superare il momento critico;
pochi giorni dopo la cessione di Phonemedia, il 5 agosto 2009, Sebastiano Liori, rappresentante di Omega spa, si dimette dalla carica di consigliere di amministrazione di Omnia, un'altra società controllata del gruppo;
il 21 agosto 2009, in un comunicato Omnia Network (gruppo Omega) smentisce il suo ormai ex manager passato ad Omega, affermando che «i progetti delineati» da Liori presso il tavolo al Ministero per lo sviluppo economico «sono diversi da quelli che la Società sta perseguendo»;
il 17 settembre 2009 nessun rappresentante di Omega/Omnia si presenta al tavolo del Ministero che, in un comunicato stampa, stigmatizza il comportamento dell'azienda e chiede l'immediata soluzione del problema degli stipendi: a partire da tale momento vengono sospese le commesse da parte dei clienti, i fornitori bloccano il servizio logistico, i magazzini restano chiusi;
il 22 settembre 2009 si svolge un nuovo incontro presso il Ministero, a seguito del quale si ottiene che l'azienda paghi lo stipendio relativo al mese di luglio entro il 2 ottobre e le altre spettanze entro il 20 ottobre 2009: nonostante ciò, gli stipendi vengono corrisposti «a partire», e non «entro», il 2 e fino al 7, con valute diverse;
il 22 ottobre 2009 Omega avvia senza preavviso una procedura di mobilità per 1.192 lavoratori (di Eutelia/Agile su tutto il territorio nazionale), dichiarando che «non sono ipotizzabili soluzioni alternative al licenziamento» e che non è praticabile il ricorso alla cassa integrazione;
attualmente gli uffici sono ancora chiusi e la produttività è bloccata, nessuno di coloro che fa parte dei vertici dell'azienda è rintracciabile, Phonemedia non ha mai dichiarato lo stato di crisi, non ha mai chiesto la cassa integrazione, non ha mai avviato le procedure di mobilità: semplicemente ha cessato di esistere ed è diventata un'impresa «fantasma»;
i lavoratori non hanno idea a chi potersi rivolgere per avere quanto gli spetta e, soprattutto, è diventato impossibile riuscire a districare l'intreccio tra Phonemedia, Omnia Network e Omega;
in tutte le sedi site sul territorio sono state organizzate lotte e mobilitazioni di ogni genere, senza che si riesca a trovare una soluzione comune: i settemila lavoratori di Phonemedia sono dunque costretti a rivolgersi ai tribunali, sperando in un commissario che assicuri, se non altro, gli stipendi arretrati;
a partire dal 3 settembre del 2009, a seguito delle inadempienze retributive, ha avuto inizio uno sciopero che a distanza di due mesi è diventato ad oltranza per la sede di Bitritto cosi come per tutte le altre;
il 2 novembre 2009 si è svolto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico che ha sancito un piano di cassa prevedendo lo scaglionamento delle retribuzioni arretrate e in tale occasione l'azienda si è mostrata priva di un piano industriale per la seconda volta;
in data 17 novembre 2009 si è svolta una manifestazione nazionale per sollecitare la Presidenza del Consiglio dei ministri per assumere finalmente la gestione della vertenza, e durante tale manifestazione una delegazione dei lavoratori e dei sindacati è stata ricevuta dal sottosegretario Gianni Letta;
il 2 dicembre 2009, giorno in cui inizia lo sciopero ad oltranza, si apre l'inchiesta della magistratura di Milano, Liori e Massa - due dirigenti del gruppo - si dimettono;
il 9 dicembre 2009 si è svolto un nuovo incontro alla Presidenza del Consiglio dei ministri con l'auspicio di condurre le azioni verso un regime di commissariamento;
il 17 dicembre 2009 la regione Puglia ha avviato la revoca dei finanziamenti
concessi alla società «Multi Media Planet S.r.l.»: il primo di 2 milioni di euro e l'altro di un milione circa (quest'ultimo non ancora concesso, viene bloccato);
il 1o febbraio 2010 si è tenuto un ennesimo confronto in sede ministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con la presenza del segretario generale nazionale Guglielmo Epifani e del segretario generale nazionale SLC CGIL Emilio Miceli informando il Governo che è stata depositata la richiesta di amministrazione straordinaria del gruppo Phonemedia;
a partire dalla sentenza emessa dal tribunale di Novara per la sede RAF del 24 febbraio 2010 e per effetto della teoria della procedura madre (teoria dell'attrazione), viene dichiarato lo stato di insolvenza e contestualmente il regime di commissariamento giudiziale per le altre sedi -:
se sia a conoscenza della situazione dei lavoratori della «Multi Media Planet S.r.l.» e quali misure intenda prendere per risolvere una situazione oramai divenuta insostenibile.
(5-03656)
DI PIETRO e MONAI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il trattamento di reversibilità ai superstiti spetta ai componenti del nucleo famigliare alla morte di un lavoratore loro congiunto;
i beneficiari sono innanzitutto il coniuge ed i figli che concorrono fra di loro al diritto alla reversibilità secondo una tabella prestabilita e tenendo conto della situazione al momento del decesso dell'assicurato o pensionato;
la legge prevede che i figli aventi diritto sono i minori, gli studenti fino a 21 anni, gli universitari fino a 26 anni e gli inabili;
il figlio che, quindi, a 26 anni non si è laureato, ma ancora non lavora, perde il diritto alla sua parte di reversibilità, anche se ancora vive in famiglia ed anche se la famiglia vive, appunto, con la pensione di reversibilità;
in tale situazione si trova la Signora M. Antonietta Viscardi, la quale dopo la perdita del marito ha percepito insieme ai due figli il 100 per cento della reversibilità diviso nel 60 per cento per se ed il 20 per cento per ognuno dei suoi due figli;
avendo la figlia raggiunto i 26 anni senza aver conseguito la laurea, il 20 per cento che essa percepiva è venuto a mancare, così che il nucleo famigliare, pur essendo rimasto invariato, deve vivere con una entrata in meno;
la situazione che si viene a creare contrasta, invero, con quanto prevede la legge in tema di mantenimento dei figli dove l'elaborazione giurisprudenziale ha creato un vero e proprio diritto vivente in base al quale viene assimilata la posizione del figlio maggiorenne, ma tuttora dipendente non per sua colpa dai genitori, a quella del figlio minore, imponendo il prolungamento dell'obbligo di mantenimento oltre l'età stabilita;
ci si chiede come possa il genitore superstite vivere con la reversibilità al 60 per cento e mantenere i figli ai quali è stata tolta la loro quota del 20 per cento, non essendosi laureati entro i 26 anni, ma costretti, comunque, a vivere ancora nel nucleo famigliare -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa per modificare la norma sui limiti del diritto alla reversibilità dei figli, adeguandoli al dettato della più recente giurisprudenza e proponendo una analoga disposizione che prevede il prolungamento del beneficio della reversibilità per il figlio che, senza sua colpa, ancora non abbia raggiunto l'indipendenza economica.
(5-03668)
Interrogazioni a risposta scritta:
LENZI, FEDERICO TESTA e FARINA COSCIONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le prestazioni agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti sono erogate dall'INPS dal 1998 e la funzione relativa alla concessione delle provvidenze economiche è stata trasferita alle regioni dal 2001 (articolo 130 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112). Fino al 2000 tale ultima funzione veniva svolta dal Ministero dell'interno per il tramite delle prefetture;
l'area dell'invalidità civile è stata caratterizzata da forti criticità nel territorio nazionale dovute principalmente a:
a) produzione legislativa frammentaria;
b) diversità degli assetti organizzativi nel territorio regionale originate da scelte politiche e amministrative differenti da parte delle regioni;
c) incapacità da parte della pluralità di enti, coinvolti nel procedimento di concessione e di erogazione dei benefici, di realizzare rapporti efficaci di aggregazione e di integrazione;
il progressivo aumento della fascia della terza età ed i crescenti bisogni che essa rappresenta hanno reso urgente realizzare un sistema più efficace di tutela sociale delle disabilità;
l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha innovato il processo di riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità;
con tale provvedimento vengono attribuite all'Inps nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile con l'obiettivo prioritario di realizzare una gestione coordinata delle fasi amministrative e sanitarie del processo finalizzata alla contrazione dei tempi di erogazione delle prestazioni;
l'Inps, con circolare n. 131 del 28 dicembre 2009, si è posta l'obiettivo di contenere i tempi di liquidazione entro i 120 giorni e di rendere trasparente le fasi del processo di definizione delle richieste di invalidità civile. Per attuare tali obiettivi l'Inps ha introdotto:
a) il fascicolo elettronico sanitario delle prestazioni, evitando cosi il trasferimento delle pratiche cartacee tra gli uffici con notevole perdita di tempo;
b) il monitoraggio delle fasi di lavorazione del processo;
c) la trasparenza dei parametri di qualità e quantità delle prestazioni in questione, così come avviene per le altre prestazioni pensionistiche. Questo punto poteva essere realizzato anche prima delle nuove disposizioni normative in quanto l'Istituto era in possesso di tutte le informazioni necessarie relative alle fasi di lavorazione;
d) la presentazione per via telematica della domanda e della relativa certificazione sanitaria;
le commissioni di accertamento sanitario sono integrate da un medico dell'Inps; le decisioni sono disciplinate a seconda che l'accertamento sanitario si concluda con un giudizio unanime o a maggioranza e l'Inps è l'unica controparte in caso di contenzioso;
la erogazione delle prestazioni dopo 120 giorni dalla data di decorrenza della domanda comporta il pagamento degli interessi legali al richiedente. Questi sono costi che si potrebbero evitare con una gestione più attenta ai tempi di liquidazione delle provvidenze economiche;
nonostante i cambiamenti introdotti dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni
dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, pervengono molte lamentele sui tempi di erogazione -:
se non ritenga urgente operare affinché siano conoscibili il numero presumibile delle pratiche di invalidità civile giacenti presso le sedi periferiche dell'Istituto, suddivisi per anno e per provincia;
se non ritenga necessario conoscere gli importi relativi agli interessi corrisposti agli interessati per ritardato pagamento delle prestazioni;
se non ritenga urgente rendere trasparenti i parametri di qualità e di quantità delle prestazioni di invalidità civile.
(4-09160)
MIGLIORI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane gli uffici territoriali dell'INPS di Firenze hanno provveduto ad inviare, in ottemperanza al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 10, comma 4, e al precedente decreto ministeriale 2 agosto 2007, richiesta di certificazione sanitaria (quali verbali di accertamento, certificazione, cartelle cliniche, esami diagnostici e altro) ai soggetti precedentemente riconosciuti invalidi e portatori di handicap, onde verificare la presenza di eventuali falsi invalidi sul territorio;
tale opera è senza dubbio legittima e doverosa da parte degli organi preposti, in quanto nel nostro Paese si è assistito e si assiste a detto fenomeno di falsi invalidi che, sulla base di false documentazioni, percepiscono indebiti contributi, sottratti a chi ne ha effettivamente bisogno;
tuttavia, varie associazioni denunciano pubblicamente il loro disappunto per le metodologie adottate per detti accertamenti, poiché, mentre le lettere inviate prevedevano un preventivo invio di documentazione, al quale doveva seguire un accertamento diretto soltanto in caso di documentazione insufficiente o poco chiara, in realtà l'INPS sta riconvocando a visita anche persone affette da gravi patologie irreversibili, per le quali la documentazione appare assolutamente inequivocabile;
la maggior parte delle persone con grave disabilità, nel corso degli anni è già state chiamata a visita da innumerevoli commissioni a vario titolo e questa ulteriore chiamata, oltre a creare inevitabile disagio, ha, ad avviso dell'interrogante, il sapore della beffa e dell'ennesima umiliazione. Quando poi la richiesta di visita coinvolge la disabilità mentale grave e gravissima, il disagio delle famiglie raggiunge limiti preoccupanti, per il fatto di dover sottoporre a stress soggetti già gravemente instabili, con il rischio di scatenare problemi di difficile gestione per le stesse famiglie già duramente provate -:
come si intenda porre rimedio a questa situazione, senza intralciare la doverosa attività di lotta al fenomeno dei falsi invalidi, ma al contempo rispettando la dignità dei veri disabili e delle loro famiglie;
quali iniziative urgenti si intendano assumere affinché detta attività di controllo possa coniugarsi con il dovuto rispetto delle condizioni dei veri portatori di handicap, talvolta purtroppo gravi o gravissimi, e delle famiglie che vivono questo dramma, onde evitare loro i disagi venutisi a creare;
se detta situazione è dovuta all'assenza, negli uffici territoriali dell'INPS, di quelle professionalità mediche necessarie ad una corretta lettura e valutazione della documentazione inviata e se non si ritenga necessario il coinvolgimento delle locali Asl.
(4-09162)
PARI OPPORTUNITÀ
Interrogazione a risposta scritta:
MASTROMAURO. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dalla classifica sul «Gender gap» del World Economic Forum, che misura il divario di genere in termini di opportunità, l'Italia è al 74o posto;
in Italia le stime, occupazionali per le donne sono molto basse: siamo 11 punti sotto la media europea con il 46 per cento di donne impiegate, mentre al sud si scende al 31 per cento, quindi 26 punti sotto la media europea, rappresentando un distacco sensibile da quel 60 per cento che dovremmo raggiungere entro il 2010 stabilito dall'agenda di Lisbona;
numerose proposte di legge e diversi atti normativi volti a favorire la parità d'ingresso nel mercato del lavoro, di trattamento economico e di un welfare moderno che permetta alle donne di conciliare maternità e lavoro, sono da tempo state presentate in Parlamento;
dalle ultime stime sembra che il Ministero delle pari opportunità abbia subito un taglio delle risorse che riduce i 30 milioni di euro del 2009 in 4 milioni di euro nel 2010;
ciononostante nel dicembre del 2009 il Ministro delle pari opportunità e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno sottoscritto un patto strategico denominato Patto Italia 2020 finalizzato alla promozione delle pari opportunità nell'accesso al lavoro, prevedendo uno stanziamento di 40 milioni di euro suddivisi su cinque azioni non ancora erogati: 10 milioni tesi a favorire i nidi familiari; 4 milioni di euro per la creazione di albi per badanti e baby sitter italiane e straniere; 12 milioni per voucher destinati all'acquisto di servizi di cura in strutture come ludoteche e centri estivi; 6 milioni per sostenere le cooperative sociali; 4 milioni per percorsi formativi e di aggiornamento destinati a lavoratrici che vogliono reinserirsi nel mercato del lavoro e infine 4 milioni di euro per favorire forme di flessibilità -:
quali iniziative urgenti il Ministro delle pari opportunità intenda intraprendere per incentivare il lavoro femminile e per un welfare moderno per le donne, anche alla luce dei dati sconfortanti emersi dal World Economic Forum;
in che modo i Ministri interrogati intendano intervenire per far sì che il piano strategico Italia 2020, come spiegato in premessa, possa essere attuato nonostante i pesanti tagli che il dipartimento delle pari opportunità ha subito in questo anno.
(4-09143)
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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta orale:
DELFINO, VOLONTÈ e LIBÈ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il settore bieticolo-saccarifero sta attraversando una crisi senza precedenti;
la recente riforma OCM ha avuto effetti pesantissimi e ora, con la mancanza di sostegni finanziari e con le profonde incertezze di mercato, c'è veramente il rischio del tracollo per oltre diecimila aziende agricole, quattro stabilimenti industriali, con più di 2000 dipendenti che potrebbero essere cancellati nel giro di poco tempo, e ciò tutto a vantaggio di produttori stranieri che invaderebbero i nostri mercati;
oggi, la mancata erogazione di fondi mette a rischio la sopravvivenza delle imprese saccarifere italiane, perché, proprio in virtù degli stanziamenti previsti per
la razionalizzazione e la riconversione degli impianti, si sono sostenute ingenti spese negli ultimi anni;
recentemente, la Commissione agricoltura del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo tra l'altro a:
a liquidare immediatamente i 21 milioni di euro autorizzati presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e annunciati dal Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali;
a reperire urgentemente e a rendere disponibili i restanti 65 milioni di euro necessari alla copertura della quota nazionale relativa agli importi compensativi del quarto e quinto anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria;
a convocare urgentemente il Comitato interministeriale (articolo 2 della legge 11 marzo 2006, n. 81) per avviare una riflessione approfondita sulle prospettive e sul futuro del settore bieticolo-saccarifero dopo il 2010, attraverso un adeguato confronto che impegni sia le parti in causa, sulla base di un piano progettuale, e sia il Governo ad assumere le conseguenti responsabilità;
a riferire in 9a Commissione del Senato in relazione allo stato dei lavori della commissione ministeriale istituita per accertare la natura giuridica e l'utilizzazione dei fondi gestiti da Finbieticola;
durante l'esame in Assemblea del disegno di legge riguardante «Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agro-alimentare» il Governo ha accettato un ordine del giorno che lo impegna ad attivarsi concretamente al fine di reperire tempestivamente le risorse economiche necessarie al fine del rilancio del settore in questione che rappresenta uno dei comparti di punta dell'intero settore agro-alimentare;
dall'audizione svoltasi in questi giorni presso la Commissione agricoltura della Camera dei deputati con i rappresentanti del tavolo nazionale del comparto è emersa la necessità di colmare il grave ritardo della mancata erogazione di fondi, che, in termini economici, come aiuti comunitari e nazionali dovuti, ammonta a 86 milioni di euro per il 2009-2010: 55 per la parte industriale e 31 per quella agricola;
durante l'audizione si è discusso della grave crisi del comparto a seguito dell'entrata in vigore della riforma, adottata in sede europea, dell'OCM (Organizzazione comune del mercato) dello zucchero: dei 19 stabilimenti che operavano in Italia fino al 2005, nell'impossibilità di proseguire la produzione, solo 4 sono rimasti aperti e di questi lo zuccherificio di Termoli è l'unico del Mezzogiorno e, per tale ragione, riveste una valenza strategica -:
quali iniziative ritenga opportuno assumere al fine di mettere a disposizione con rapidità i fondi necessari per mantenere in Italia la filiera bieticolo-saccarifera e avviare altresì le procedure per l'autorizzazione da parte comunitaria di ulteriori stanziamenti nazionali per assicurare il consolidamento della produzione bieticola, indispensabile per l'operatività degli zuccherifici oggi in attività.
(3-01302)
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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta immediata:
BALDELLI e RENATO FARINA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa riservano da tempo grande attenzione alle cosiddette auto blu, diffondendo informazioni non verificabili e talvolta contraddittorie;
in allegato alla «Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione» sono stati presentati il 20 ottobre 2010, dal Ministro interrogato, i
risultati del monitoraggio sul numero di vetture di servizio utilizzate dalla pubblica amministrazione;
successivamente all'avvio del monitoraggio è entrato in vigore il decreto-legge n. 78 del 2010, che, tra le varie disposizioni volte al contenimento dei costi degli apparati amministrativi, ha previsto anche misure relative alle cosiddette auto blu -:
quali siano le modalità di rilevazione utilizzate per il suddetto monitoraggio e gli esiti dello stesso e se il Governo intenda disciplinare la materia anche con riferimento agli aspetti connessi alle modalità di utilizzo delle autovetture di servizio e, in generale, alla gestione del parco auto delle pubbliche amministrazioni.
(3-01305)
Interrogazioni a risposta scritta:
MOSELLA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il sistema della Posta elettronica certificata (PEC) sta mostrando gravi disservizi, come mostra un'inchiesta giornalistica che ha evidenziato come su quattro comuni interpellati, solo uno abbia risposto e soddisfatto le esigenze del cittadino che si era avvalso della PEC;
le comunicazioni ai tribunali, all'ACI e perfino al Ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione cadono nel vuoto;
di fronte a cittadini che hanno seguito le indicazioni del Ministro interrogato sono le pubbliche amministrazioni a non fare certo bella figura non rispondendo, e in alcuni casi, neppure attivando una casella di posta certificata -:
se al Ministro interrogato risultino i disservizi sopra esposti e, in caso affermativo, cosa intenda fare per rendere effettivamente funzionante uno strumento come la Posta elettronica certificata (PEC), che, secondo il Ministro stesso, è stato creato per rendere più agevoli i rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione, snellendo le lungaggini burocratiche, e che invece all'interrogante appare essere divenuto per la quasi totalità degli uffici un'operazione inutile e quasi un intralcio per i cittadini.
(4-09144)
CONTENTO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il nuovo sistema di invio telematico del certificato di malattia, che sarebbe dovuto entrare in completa funzione nelle scorse settimane, sta creando più di qualche disguido tra gli operatori del settore;
le associazioni di categoria di medicina generale hanno, infatti, denunciato la materiale impossibilità di applicare tale innovazione, attesa la mancanza di idonee strumentazioni informatiche e, financo, dei collegamenti alla rete internet;
dalla situazione qui evidenziata sarebbero derivati gravi disagi per l'utenza, per i datori di lavoro e per gli stessi professionisti chiamati ad inoltrare all'Inps i certificati medici in parola -:
se la situazione sopra esposta corrisponda a verità e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda assumere per evitare ulteriori problemi nell'attivazione del nuovo sistema telematico.
(4-09148)
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SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
BINETTI, NUNZIO FRANCESCO TESTA e DE POLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia ci sono circa 60.000 malati di sclerosi multipla. Recentemente le speranze di molti malati si sono riaccese sulla base della rivoluzionaria scoperta del professor Paolo Zamboni (università di Ferrara) che assieme al neurologo Fabrizio
Salvi (ospedale Bellaria di Bologna) e al radiologo interventista Roberto Galeotti (università di Ferrara) propongono un punto di vista scientifico radicalmente innovativo: quello vascolare. Zamboni ha scoperto, descritto e pubblicato scientificamente una nuova patologia: la CCSVI (insufficienza venosa cronico cerebro-spinale) e la stretta correlazione di quest'ultima con la sclerosi multipla;
l'approccio diagnostico prevede quindi in questa ipotesi due tipi di indagine specifica Ecocolordoppler tronchi sovraaortici e flebografia giugulare;
in pratica, un numero altissimo di malati di sclerosi multipla (praticamente quasi il 100 per cento) ha le vene giugulari e altre vene cerebrali e del torace malformate. Liberando le vene con l'angioplastica dilatativa, procedura consolidata da 25 anni a bassissimo rischio, tutti i malati di sclerosi multipla che hanno fatto questo intervento hanno avuto indubbi benefici tra cui il blocco della malattia, il recupero immediato della stanchezza cronica e il recupero di alcune funzioni fisiche;
la comunità scientifica mondiale ha riconosciuto e validato la insufficienza venosa cronico cerebro-spinale come una nuova patologia vascolare e ne ha descritto la contestuale terapia (angioplastica dilatativa);
l'Italia (paese dello scopritore Zamboni) non ha ancora riconosciuto la insufficienza venosa cronico cerebro-spinale come patologia, si sono interposti dubbi di natura scientifica, mancanza di evidenze scientificamente documentate secondo criteri di prassi consolidata (impossibili da avere in questa fase di avvio sperimentale) e complessi meccanismi burocratici;
intanto tra i malati si sta diffondendo una doppia forma di panico: il timore di non essere inclusi nei protocolli di ricerca per la scarsità dei posti disponibili e il timore che la patologia si aggravi fino a raggiungere un punto di non ritorno. Ci sono liste di attesa che per il solo protocollo diagnostico raggiungono i 12 mesi e molte strutture diagnostiche allocate in istituti prestigiosi si giustificano lamentando l'insufficienza delle tecniche e delle tecnologie diagnostiche a loro disposizione, rivelando quindi una arretratezza metodologica preoccupante;
è necessario che la sanità nazionale prenda atto di ciò e renda immediatamente disponibili diagnosi e terapia per tutti i malati di insufficienza venosa cronico cerebro-spinale, a prescindere dalla sua correlazione con la sclerosi multipla;
ogni giorno perso è un aggravamento della malattia. L'assenza di risposta delle istituzioni fa si che un numero sempre più alto di malati vada a farsi operare sia in Italia che all'estero in strutture improvvisate, forse senza garanzie etiche e soprattutto senza la dovuta formazione -:
per quali ragioni non sia stato ancora attivato il protocollo diagnostico presso tutti i grandi ospedali, policlinici universitari, centri di ricerca avanzata, in modo da dare una risposta concreta a questi pazienti sulla reale sussistenza della sindrome da insufficienza venosa cronico cerebro-spinale;
se non ritenga necessario potenziare i servizi di angioplastica dilatativa per venire incontro alle esigenze non solo dei pazienti di sclerosi multipla ma anche di tutti coloro che mostrano a qualsiasi titolo segno di ostruzione vascolare.
(3-01304)
TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010
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SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la direzione generale incentivazione attività imprenditoriali (DGIAI) del Ministero dello sviluppo economico è una
struttura con competenze e funzioni operative e di programmazione, finalizzate alla gestione degli interventi agevolativi a favore delle imprese;
l'attività della direzione generale si sostanzia, secondo il sito istituzionale del Ministero, nella concessione ed erogazione di agevolazioni finanziarie alle imprese, al fine di perseguire importanti obiettivi di politica industriale: dal sostegno alle attività di ricerca e sviluppo e dell'innovazione tecnologica agli interventi per le situazioni di crisi industriale, dalle agevolazioni per le aree meno sviluppate al sostegno per l'accesso al credito per le piccole e medie imprese;
da tempo le imprese del nostro Paese, soprattutto le piccole e medie ubicate nel Mezzogiorno, lamentano il disimpegno del Governo in tema di incentivi allo sviluppo che brucia potenzialità di lavoro per i tanti giovani disoccupati in un contesto di sviluppo dell'economia e dei redditi sempre più debole;
nel corso dell'ultimo anno è ulteriormente aumentato il ritardo nell'attuazione degli interventi, derivante dall'incapacità di programmazione delle risorse comunitarie da parte della DGIAI, nella sua veste di organismo intermedio del programma operativo nazionale (PON) ricerca e competitività e del piano operativo interregionale (POI) energia 2007-2013;
la bassa percentuale di risorse impegnate (45 per cento) ed erogate (15 per cento) fino a luglio 2010 sul PON 2007-2013 comporta il crescente rischio di perdita di risorse;
il regolamento (UE) n. 539/2010 del 16 giugno 2010, ha modificato le regole del disimpegno automatico in senso favorevole agli Stati membri ed ha così impedito che l'inefficienza della DGIAI si trasformasse per il momento nell'effettiva perdita di risorse;
risultano infatti contabilizzati impegni per poco più di 600 milioni di euro ed erogate risorse per meno di 400 milioni di euro, mentre il programma prevedeva per le annualità 2007-2010 impegni pari a 1.650 milioni di euro e una spesa di oltre 800 milioni di euro, salvo quanto riferibile all'utilizzo di risorse per il fondo di garanzia, strumento peraltro fermo alla sola ricezione delle proposte e privo di idonee modalità di funzionamento;
complessivamente, in assenza della modifica in senso estensivo delle norme specifiche da parte di Bruxelles, la DGIAI avrebbe fatto perdere al sistema imprenditoriale italiano oltre 460 milioni di euro di finanziamenti, rischio tutt'ora attuale per la scarsa coerenza di parte degli interventi rendicontati e per alcune irregolarità procedurali rilevate dalla Commissione, che mettono in forse la possibilità che la Unione europea accetti una quota rilevante della spesa certificata dalla DGIAI;
il rischio aumenta se si tiene conto che l'avanzamento dei programmi si basa sul ricorso a progetti provenienti dalla programmazione 2000-2006;
quanto all'attivazione del fondo di garanzia, al quale sono stati versati circa 200 milioni di euro, il rischio è solo procrastinato visto che il bando per l'affidamento della gestione del fondo di garanzia è stato pubblicato solo in questi giorni, con quello che, secondo gli interpellanti, è un colpevole ritardo che rischia di compromettere l'operatività dello strumento e dimostra, sempre ad avviso degli interpellanti, come i versamenti al fondo siano di fatto dei meri escamotage per evitare il disimpegno dei fondi anziché per dare concreto aiuto al sistema imprenditoriale;
ulteriori e più pesanti rischi di perdita delle risorse riguardano la programmazione dell'annualità 2011, per la quale le autorità competenti hanno già espresso le loro preoccupazioni nei confronti della DGIAI;
lo stesso problema si pone per il POI energia per il quale l'unico impegno fino ad oggi registrato dalla DGIAI è sempre quello del giro contabile al fondo di garanzia
di meno di 100 milioni di euro, appena sufficiente ad evitare il disimpegno automatico, nonostante la modifica delle regole comunitarie;
anche se gli impegni delle risorse finanziarie sono comunque cresciuti nell'ultimo mese per effetto di 3 dei 5 bandi della «nuova 488», usciti con pesante ritardo e senza tenere in considerazione importanti settori dell'economia del Paese, va sottolineato come anche quest'ultimo strumento, date le dimensioni stesse dei finanziamenti conseguenti ai limiti di stanziamento fissati dai relativi decreti, contribuisce ad abbassare ulteriormente la qualità della spesa e ad aumentare i rischi connessi alla certificazione a beneficio della Unione europea;
appare evidente che i decreti pubblicati si configurano come meri strumenti per tentare di ovviare ai rischi di disimpegno automatico;
inoltre, il criterio di selezione delle iniziative da finanziare è riconducibile sostanzialmente all'ordine cronologico di presentazione delle domande, mentre l'esame di merito delle domande prevede tempi più lunghi rispetto al passato ed il ricorso, in aggiunta all'attività di Invitalia, ad esperti esterni di nomina ministeriale, comporta, a giudizio degli interroganti, una scarsa garanzia di trasparenza ed equità;
ove non fosse stato necessario rincorrere i ritardi fin qui accumulati sulla spesa comunitaria, a discapito della qualità della stessa, sarebbe stato necessario acquisire prima di tutto i risultati del bando e successivamente, valutata la qualità delle proposte presentate, definire una graduatoria ed il relativo fabbisogno finanziario, senza aprire una sorta di lotteria su aspetti così importanti di politica industriale;
altrettanto grave appare il rischio di definanziamento delle cosiddette «risorse liberate» rivenienti dalla programmazione 2000-2006 (1,3 miliardi di euro circa) che ad oggi non risultano essere impegnate con validi e coerenti atti amministrativi, se non per un importo pari a circa 1/3 della disponibilità totale, e che viceversa devono essere interamente impegnate entro il 31 dicembre 2010 -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per affrontare la grave situazione venutasi a creare alla direzione generale incentivazione attività imprenditoriali (DGIAI) del Ministero dello sviluppo economico, in particolare riguardo all'attività volta al sostegno dello sviluppo imprenditoriale, ed, in particolare, quali iniziative intendano assumere:
a) per evitare il rischio reale che possano essere perse le risorse del PON ricerca e competitività e del POI energia 2007-2013;
b) per ridare operatività ed efficienza al fondo di garanzia;
c) per rivedere i criteri con i quali sono state impegnate le risorse finanziarie relative ai bandi della «nuova 488», riguardo all'esclusione di importanti settori dell'economia del Paese, alle dimensioni stesse dei finanziamenti conseguenti ai limiti di stanziamento fissati dai relativi decreti e ai metodi di selezione delle iniziative da finanziare;
d) per prevenire i rischi di definanziamento delle «risorse liberate» programmazione 2000-2006.
(2-00870) «Vico, Lulli, Ventura».
Interrogazione a risposta orale:
LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
di recente l'Unione europea ha espresso l'intenzione di sospendere, dal 1o gennaio 2011 e per tre anni, i dazi in ingresso dal Pakistan per 74 linee tariffarie, quasi tutte riguardanti il tessile e l'abbigliamento;
tale decisione se fosse effettivamente assunta creerebbe seri problemi al settore
del tessile italiano, senza alcuna ricaduta per le popolazioni pakistane colpite dalle drammatiche alluvioni della scorsa estate;
le nuove concessioni al Pakistan, secondo calcoli maturati nella stessa sede europea, equivalgono al fatturato di 1.500 piccole e medie imprese all'inizio del triennio e a 5.000 alla fine; poiché l'Italia rappresenta il 30 per cento del settore in Europa, è evidente il rischio che incombe sulla produzione del tessile-abbigliamento nazionale;
il tessile italiano sarà il più colpito dalla decisione dell'Unione europea, secondo il presidente di Sistema Moda Italia; una tale decisione potrebbe avere come conseguenza la sparizione di circa 120 mila posti di lavoro in tutta Europa e 40 mila solo nel nostro Paese;
si tratta di un nuovo, pesante attacco ad un settore che già con il recentissimo accordo con la Corea del Sud è stato sacrificato, senza tenere conto delle ripercussioni anche in termini di riduzione dell'occupazione; inoltre non appare chiara la ragione per cui si chieda quasi esclusivamente al settore tessile un ulteriore sforzo, quando il Pakistan esporta anche in altri settori;
l'Unione europea è inoltre assente, ad avviso dell'interrogante, quando si tratta di proporre politiche di sviluppo per il settore, quali per esempio l'introduzione del «made in», mentre l'eventuale decisione di sospendere i dazi in ingresso dal Pakistan creerà un effetto distorsivo del mercato, senza che ciò abbia alcun effetto dal punto di vista umanitario -:
quali iniziative intendano adottare per evitare che l'Unione europea porti a termine la decisione di sospendere i citati dazi in ingresso dal Pakistan;
se non ritengano comunque urgente che al settore vengano riconosciute misure compensative in relazione agli accordi sottoscritti in sede europea e a quelli che potrebbero essere sottoscritti in un prossimo futuro.
(3-01300)
Interrogazioni a risposta scritta:
LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società Accademia PCE editrice dell'emittente Onda Tv, con sede operativa in Sant'Agata Militello (Me) e sede legale in Acquedolci (Me), operante nel settore radiotelevisivo in ambito locale in virtù di una concessione rilasciata dal Ministero delle comunicazioni nel 2001, acquisì nel 1999 dalla società Teletrinacria Telebarcellona scarl, editrice dell'emittente Telenews, alcuni beni oggetto di attività televisiva e tra questi la frequenza ch 54 uhf da Monte Trino Milazzo;
nel 2007 il tribunale di Barcellona PG con sentenza n. 303 del 2007, riconobbe alla Accademia PCE la piena proprietà dei canali di irradiazione appartenuti alla ex Telenews compreso il canale 54 uhf da Milazzo;
il 17 ottobre 2008 la Accademia PCE richiedeva al Ministero delle comunicazioni l'autorizzazione alla riattivazione del canale 54 da Milazzo già in uso a Telenews, a tale richiesta in Ministero non diede alcuna risposta;
il 6 marzo 2009, la Accademia PCE reiterava al Ministero dello sviluppo economico la richiesta di autorizzazione per la riattivazione del citato canale 54, facendo, altresì presente, che non avendo ancora ricevuto alcuna risposta dopo l'istanza del 17 ottobre 2008, quest'ultima doveva ritenersi assentita in virtù del silenzio-assenso, per cui in mancanza di ulteriore comunicazione, entro il termine di 10 giorni, la società avrebbe riattivato il canale 54 con il marchio Onda Tv;
il 24 giugno 2009, la Accademia PCE reiterava la richiesta di rilascio della autorizzazione generale di operatore di rete, con l'assegnazione del diritto di uso delle frequenze necessarie per l'espletamento dell'attività televisiva, contestualmente la
società comunicava anche la riattivazione in tecnica digitale del canale 54 dalla postazione di Milazzo;
il Ministero dello sviluppo economico il 17 luglio 2009, interpretando secondo gli interroganti non correttamente la sentenza n. 303 del 2007, del tribunale di Barcellona P.G., rigettava la richiesta di riattivazione del canale 54, con la motivazione che la sentenza citata nulla disponeva in merito alla titolarità dell'impianto di Monte Trino (Milazzo). Con successivo provvedimento del 15 settembre 2009 il Ministero dichiarava illegittimo l'utilizzo del canale 54;
la Accademia PCE successivamente ricorre al TAR di Catania impugnando i citati provvedimenti stante da parte della società la loro asserita illegittimità, il Tar di Catania con ordinanza n. 1739 del 2009 del 13 dicembre 2009 accoglie la domanda di sospensione del provvedimenti e intima all'amministrazione di valutare nuovamente la complessiva situazione della società;
il Ministero non ottempera alla richiesta del Tar di Catania e la Accademia PCE essendo scaduti il termine fissato dal Tar di Catania e i termini previsti dalla legge comportanti il silenzio/accoglimento dell'istanza del ricorrente, intende quest'ultima accolta;
il 26 marzo 2010, con atto dichiaratorio l'Accademia PCE dichiara al Ministero dello sviluppo economico di considerare accolta l'istanza di rilascio dell'autorizzazione generale di operatore di rete, per l'inizio dell'attività in tecnica digitale della postazione di Milazzo (canale 54);
il 13 luglio 2010, la Accademia PCE comunica al Ministero dello sviluppo economico la riattivazione del canale 54 uhf di Milazzo a partire dal 15 luglio 2010;
successivamente alla riattivazione del canale 54 di Milazzo il Ministero dello sviluppo economico emetteva diverse sanzioni alla proprietà dell'emittente per aver constatato irregolarità negli impianti di emissione, irregolarità confutate dalla proprietà -:
per quali motivi il Ministero dello sviluppo economico non riconosca le legittime prerogative alla società Accademia PCE in particolare in merito alla proprietà del canale 54 di Milazzo;
se non ritenga necessario, tenuto conto anche della sentenza del Tar di Catania, citata in premessa, riconoscere alla società Accademia PCE il diritto a trasmettere dal canale 54 di Milazzo con il marchio Onda Tv.
(4-09142)
CAVALLOTTO, ALLASIA e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Space Cannon, leader mondiale nella progettazione di architetture di luce, ha improvvisamente annunciato la chiusura dello stabilimento di Fubine;
le motivazioni sono poco chiare, si parla di crisi e di perdita di competitività, fatto sta che a pagare per queste scelte sono ancora una volta i dipendenti, circa cinquanta, e le loro famiglie che stanno vivendo ore di grande tensione;
la Space Cannon, acquistata nel 2008 dal gruppo austriaco Zumtobel, è nota in tutto il mondo per la progettazione di opere come l'illuminazione di Ground Zero e del grattacielo del Burj Dubai;
il gruppo Zumtobel, secondo notizie, giustifica la probabile chiusura dell'azienda con il calo delle vendite, che sostiene siano dovute ad un crollo dell'immagine del marchio, di cui sarebbe responsabile la stessa Space Cannon;
i dati parlano invece di un'azienda in salute e questo rende ancora più difficile per i lavoratori comprendere le ragioni dell'imminente chiusura di Fubine, la quale rappresenterebbe soltanto un danno per il territorio, già segnato da altre vicende simili;
non si comprende come simili strategie possano portare alla chiusura di fabbriche che da sempre sono un punto di riferimento per lo sviluppo del territorio e un'eccellenza che ben rappresenta il Paese in tutto il mondo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative intenda adottare per evitare la chiusura dello stabilimento di Fubine e salvaguardare il posto di lavoro dei cinquanta dipendenti.
(4-09169)
TESTO AGGIORNATO AL 2 DICEMBRE 2010
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TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
MOSCA, FARINONE e PELUFFO. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
l'Automobile club d'Italia è un ente pubblico non economico senza scopo di lucro, costituito come Federazione che associa gli Automobile club regolarmente costituiti, e che fa capo al Ministero del turismo;
nella puntata della trasmissione televisiva Report in onda su Rai3 il 17 ottobre 2010, come anche già pubblicato in alcuni articoli di testate giornalistiche, tra le quali la Repubblica edizione di Milano del 30 giugno 2010 e come successivamente avvenuto su vari siti e blog su internet che hanno ripreso le notizie, si è venuto a sapere che a seguito di alcune dimissioni di membri dei Consiglio direttivo dell'Automobile club di Milano, il Ministro del turismo ha commissariato il Club e nominato il 4 marzo 2010 commissario straordinario dell'Automobile club di Milano il signor Massimiliano Ermolli, con il compito di fare da garante e traghettare l'Automobile club di Milano verso nuove elezioni per ricostituire la governance dell'ente;
alle elezioni per il nuovo consiglio direttivo dell'ACI di Milano si presentano due liste. In una delle due è candidato lo stesso commissario straordinario Massimiliano Ermolli, che si candida nonostante i legittimi dubbi di opportunità. Il commissario Ermolli rigetta ed esclude dalla competizione elettorale la lista antagonista, guidata da Jacopo Bini Smaghi, sostenendo che di quella lista farebbero parte soci club e non soci ordinari, favorendo di fatto se stesso. Report ne ha chiesto conto a Carlo Bretzel, avvocato e responsabile della commissione liste e candidature dell'ACI, che non ha saputo dare risposta. Si vota quindi con una sola lista, quella del Commissario;
sempre secondo notizie giornalistiche viene rilevato che nei giorni che precedono l'elezione alcuni soci comprano numerose tessere dell'ACI che vengono regalate. Poiché per ogni tessera di ACI corrisponde un voto, che può essere espresso anche per delega, emergono dubbi sulla legittimità del voto delle elezioni;
le elezioni per il nuovo consiglio direttivo dell'Automobile Club di Milano si sono tenute il 22 luglio, il 29 avviene l'elezione del nuovo presidente, Carlo Valli, mentre l'altra lista in gara e non ammessa ha presentato ricorso al Tar;
alcuni giorni prima della trasmissione Report su Rai3, quando erano emersi alcuni stralci dell'inchiesta giornalistica, lo stesso Massimiliano Ermolli si è dimesso dalla sua carica di consigliere dell'Automobile club Milano -:
quali provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato per chiarire la legittimità delle elezioni del consiglio direttivo dell'Automobile club di Milano del 22 luglio;
quali provvedimenti intenda assumere il Ministro per eliminare il conflitto di interesse cagionato dal commissario Ermolli nel corso delle elezioni del consiglio direttivo dell'Automobile club di Milano del 22 luglio;
quali provvedimenti il Ministro intenda assumere a riguardo dell'attività
svolta dal commissario Massimiliano Ermolli durante il commissariamento dell'Automobile club di Milano;
quali provvedimenti il Ministro del turismo intenda assumere per ridare piena e trasparente operatività alla governance dell'Automobile club di Milano.
(5-03654)
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Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Reguzzoni e altri n. 1-00445, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
La mozione Mecacci e altri n. 1-00460, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barbieri.
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Ferranti e altri n. 7-00389, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni n. 5-03132, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.
L'interrogazione a risposta in Commissione Frassinetti e altri n. 5-03536, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carlucci.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Mosella n. 3-01103 del 1o giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09144.
interrogazione a risposta in Commissione Contento n. 5-03392 del 15 settembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09148.
interrogazione a risposta scritta Trappolino e altri n. 4-09097 del 20 ottobre 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03659.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Di Pietro n. 4-06462 del 10 marzo 2010, in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03668.
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ERRATA CORRIGE
L'interrogazione a risposta scritta Marinello n. 4-09136 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 387 del 21 ottobre 2010. Alla pagina 16572, prima colonna, dalla diciottesima alla diciannovesima riga, deve leggersi: «ASL n. 9 di Trapani stabiliva un'integrazione al bilancio dell'esercizio 2007 per» e non «U.S.L. n. 9 di Trapani stabiliva un'integrazione al bilancio dell'esercizio 2007 per», come stampato. Alla pagina 16572, seconda colonna, alla riga ventunesima deve leggersi: «sul bilancio della ASP di Trapani di circa» e non «sul bilancio della ASL di Trapani le circa», come stampato.