XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 30 settembre 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'8 NOVEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):

La Camera,
premesso che:
il Ministro delle riforme per il federalismo, Umberto Bossi, nel corso di una iniziativa a Lazzate, vicino a Monza, si è espresso con considerazioni pubbliche a proposito dell'acronimo latino SPQR, «Senatus Populusque Romanus», traducendolo «sono porci questi romani»;
tali affermazioni contro la città di Roma e i suoi abitanti vengono derubricate dal Governo e dalla maggioranza a battute di spirito, parole che fanno parte di un supposto e ormai tollerato folklore: in realtà, sono chiaramente la spia di una drammatica sottocultura che viene seminata da anni, in un crescendo di volgarità e aggressività antistorica;
considerazioni di questa natura sono evidentemente incompatibili con la carica di Ministro della Repubblica e con l'articolo 54 della Costituzione laddove è previsto che «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore...»,

per tali motivi:

visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del regolamento della Camera dei deputati;
esprime la propria sfiducia al Ministro delle Riforme per il federalismo, onorevole Umberto Bossi, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.
(1-00444)
«Franceschini, Pisicchio, Donadi, Tabacci, Melchiorre, Bersani, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Boccia, Lenzi, Giachetti, Quartiani, Rosato, Bindi, Letta, Cuperlo, Fassino, Pistelli, Andrea Orlando, Gentiloni Silveri, Realacci, Bachelet, Morassut, Livia Turco, Giovanelli, Fioroni, Fontanelli, Baretta, Bellanova, Berretta, Bossa, Bressa, Calvisi, Coscia, Damiano, Ferranti, Fluvi, Ghizzoni, Gozi, Levi, Lolli, Lulli, Marchioni, Mariani, Martella, Meta, Miotto, Motta, Murer, Oliverio, Pes, Picierno, Pizzetti, Pollastrini, Rugghia, Sanga, Servodio, Tempestini, Tullo, Vaccaro, Vannucci, Viola, Argentin, Carella, Gasbarra, Madia, Pompili, Recchia, Sposetti, Tidei, Tocci, Touadi, Veltroni, Causi, Verini, Melandri, Sereni, Zaccaria, Garofani, De Biasi, Mosca, Mattesini, Peluffo, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera, Lanzillotta, Vernetti, Calgaro, Mosella, Tanoni».

Mozioni:

La Camera,
premesso che,
lo sviluppo del sistema industriale non può prescindere dal supporto del sistema creditizio, in termini di finanziamento sia della gestione corrente, sia degli investimenti; nell'attuale congiuntura, poi, il credito diventa per tutte le imprese e soprattutto per le piccole e medie, addirittura essenziale;
la genesi della pesante crisi economico-finanziaria che ha investito i mercati di tutto il mondo ha aperto la discussione sulla patrimonializzazione degli istituti di

credito e sugli eccessivi livelli di rischio che questi ultimi assumono; il crac di Lehman Brothers di due anni fa ha fatto drammaticamente emergere l'abuso della leva finanziaria da parte degli istituti di credito e il problema della qualità degli strumenti finanziari detenuti dalle banche stesse; i 613 miliardi di dollari di debito dell'istituto americano hanno portato all'avvio del procedimento fallimentare e, dopo il caso Lehman, altri colossi legati al credito e alla finanza immobiliare, quali Fannie Mae e Freddie Mac, sono stati salvati dall'intervento del Tesoro statunitense; alla crisi finanziaria si sono aggiunti, in Europa, i contraccolpi dapprima su gran parte delle banche britanniche fino alla crisi del sistema finanziario della Grecia, dove il deficit di bilancio è schizzato, nel 2009, al 12,7 per cento del prodotto interno lordo;
sui mercati finanziari occidentali è ancora alto il rischio derivante dal collocamento presso aziende e famiglie di prodotti finanziari caratterizzati da strutture derivate che non si coniugano né con l'economia reale né con le esigenze di risparmio dei cittadini, ma che, al contrario, garantiscono quasi esclusivamente forti ritorni commissionali ai collocatori;
pochi giorni fa il Comitato dei governatori delle banche centrali europee ha riscritto l'accordo cosiddetto «Basilea 2» per arrivare al «Basilea 3», accordo che verrà formalmente sottoscritto dai Capi di Stato e di Governo al G20 del novembre 2010 prossimo a Seul e che mira a rafforzare il patrimonio delle banche, al fine di scongiurare nuove catastrofi finanziarie; l'intesa è stata raggiunta dopo un ampio confronto tra le autorità bancarie europee, timorose che i nuovi parametri potessero limitare la loro operatività;
in particolare il nuovo accordo prevede l'invarianza dell'attuale requisito minimo per il patrimonio complessivo, che resta all'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio e l'innalzamento dal 4 per cento al 6 per cento del «Tier 1 Capital», che è il requisito del patrimonio di base; viene poi stabilito che alle banche verrà richiesto di mantenere un cuscinetto (buffer) di capitale aggiuntivo sopra i minimi, pari al 2,5 per cento, soggetto all'aumento nelle fasi di crisi;
i nuovi requisiti saranno pienamente a regime solo nel 2019, prevedendo un innalzamento graduale delle soglie;
l'accordo Basilea 3 suscita forti e giustificati timori nel mondo industriale ed, in particolare, tra le piccole e medie imprese in merito ai nuovi requisiti in esso previsti aventi lo scopo di rafforzare il capitale delle banche; si evidenzia il rischio che venga ridotto il credito non solo alle imprese ma anche alle famiglie, con un ampio differenziale tra tassi a credito e tassi a debito. C'è il fondato rischio, quindi, che il nuovo accordo penalizzi l'economia reale in una fase ancora molto delicata con il nostro sistema industriale che sta uscendo faticosamente dal vortice della crisi; è fondamentale garantire il supporto del sistema creditizio e scongiurare il pericolo che la capitalizzazione richiesta alle banche dai nuovi accordi di Basilea 3 possa portare ad una forte stretta sul credito,

impegna il Governo:

a monitorare nel tempo la situazione del sistema creditizio ed eventualmente ad intervenire con determinazione affinché si assicuri la costante erogazione del credito, anche d'intesa con la Banca d'Italia e l'ABI, al fine di prevenire le possibili conseguenze negative che possono derivare dall'applicazione dei nuovi parametri patrimoniali previsti da Basilea 3 nei confronti delle imprese e delle famiglie.
(1-00445)
«Reguzzoni, Maggioni, Montagnoli, Luciano Dussin, Fogliato, Lussana, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi, Zaffini, Carlucci».

La Camera,
premesso che:
in data 4 maggio 2010 il Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, in seguito alla vicenda che lo ha coinvolto nell'ambito dell'acquisto di abitazioni con presunti fondi neri, è stato costretto a dimettersi dall'incarico;
in data 5 maggio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha assunto ad interim l'incarico di Ministro dello sviluppo economico nell'attesa di individuare e proporre un nuovo Ministro;
dopo quasi cinque mesi ancora il Ministero risulta carente del suo esponente maggiore, con ciò creando palesi difficoltà decisionali, operative, organizzative all'intero personale del dicastero;
la mancanza del Ministro non evidenzia difficoltà esclusivamente nell'ambito ministeriale, ma in modo più accentuato produce effetti problematici sulla politica industriale del Paese e, dunque, sulle aziende italiane, viste le peculiari e fondamentali funzioni di indirizzo strategico dello sviluppo economico;
a testimonianza di quanto siano palpabili disordine e confusione all'interno del dicastero, sarebbe stata conclusa tra il direttore generale dello sviluppo economico, Gianluca Maria Esposito, e il Ministro per il turismo, Michela Brambilla, un'intesa per destinare al dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo circa 800 milioni di euro inizialmente destinati alle regioni (secondo le indiscrezioni degli organi di stampa) nell'ambito di un piano straordinario per il turismo;
tale accordo ha causato diverse polemiche in sede parlamentare, a causa dell'anomala interferenza ministeriale in una materia, come il turismo, la cui competenza è appannaggio delle regioni;
anche sul tema degli incentivi alle imprese, l'evidente stallo, percepito dal mondo imprenditoriale, sta causando enormi intoppi ai fini della realizzazione degli investimenti agevolati: il 24 giugno 2010, infatti, circa 150 imprenditori vincitori delle agevolazioni previste dal piano «Industria 2015» hanno espresso il loro malcontento nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri perché, dopo oltre 15 mesi, non hanno ricevuto le risorse economiche dovute e necessarie al corretto completamento dei piani di investimento intrapresi;
dalle precedenti considerazioni si comprende come oggi la politica industriale del nostro Paese sia completamente ferma, soprattutto con riferimento alle mancate scelte in tema di liberalizzazioni e di concorrenza, oltre all'energia, vista l'importante svolta a cui l'Italia è chiamata a far fronte nel settore; la volontà del Governo Berlusconi di puntare, ad esempio, sul ritorno dell'energia nucleare, dopo aver correttamente posto le basi con la cosiddetta legge sviluppo del 2009, adesso sembra aver subito un inspiegabile arresto, in seguito all'assenza della figura maggiormente di spicco dedita alla fase attuativa dei piani già previsti;
è in atto una spoliazione da parte di altri dicasteri a discapito del Ministero dello sviluppo economico, sia in termini di sottrazione di risorse che in termini di sottrazione di competenze;
a testimonianza di quanto suddetto, la manovra economica estiva ha ridotto di circa 900 milioni di euro l'ammontare di risorse economiche a disposizione dell'ex Ministero dell'industria;

alcune funzioni di primaria importanza sono state assegnate ad altri dicasteri: la gestione del fondo per le aree sottoutilizzate e dei fondi dell'Unione europea è stata delegata dal Ministro ad interim Berlusconi al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale Fitto, divenuto responsabile del dipartimento per le politiche dello sviluppo; sempre il Ministro Fitto dovrà varare il piano per il Sud, che inizialmente rientrava tra le competenze del Ministro Scajola;
anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta occupando uno spazio tradizionalmente affidato al Ministro dello sviluppo economico, come nelle vertenze Fiat-Pomigliano, Glaxo e Telecom;
il potere di nomina relativo alla Sogin ed alla Sace, in origine nelle competenze del Ministero dello sviluppo economico, oggi è stato assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze, mentre risulta palese la volontà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di assumere maggiori poteri nella nomina dei componenti dell'agenzia di sicurezza sul nucleare,

impegna il Governo:

ad adottare le iniziative di competenza, ferme restando le prerogative del Capo dello Stato, affinché siano avviate immediatamente le procedure per la nomina del nuovo Ministro dello sviluppo economico;
ad adottare le opportune iniziative per ripristinare le risorse e le competenze sottratte al Ministero dello sviluppo economico ed assegnate ad altri dicasteri;
a fornire precise indicazioni su quali siano le reali intenzioni del Governo in tema di politiche industriali e di sviluppo per il Paese, con riferimento, in particolar modo, alle strategie in tema di energia, liberalizzazioni, politiche per il Mezzogiorno, incentivi alle imprese e destinazione del fondo per le aree sottoutilizzate.
(1-00446)
«Casini, Cesa, Libè, Galletti, Rao, Occhiuto, Compagnon, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Tassone, Ciccanti, Naro, Mantini, Lusetti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
il 12 settembre del 2010 il motopesca «Ariete» del compartimento marittimo di Mazara del Vallo è stato raggiunto da colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che aveva intimato l'alt al natante italiano;
l'episodio si è verificato ad oltre trenta miglia dalla costa libica, da sempre acque internazionali e sulle quali la Libia ha esteso con decisione unilaterale il proprio controllo sino a 72 miglia dalla costa di quel Paese;
la decisione della Libia di estendere le proprie acque territoriali non è mai stata ratificata da alcun organismo abilitato e, quindi, le stesse acque sono da intendersi come internazionali, secondo quanto previsto dal diritto marittimo internazionale;
i colpi di mitraglia sparati dalla vedetta libica hanno colpito il natante italiano in più parti e solo per caso nessun componente l'equipaggio, composto da 10 uomini di cui sette italiani e tre extracomunitari, è risultato ferito;
la vedetta libica in questione è stata fornita dal Governo italiano nel quadro degli accordi tendenti a ridurre il flusso di immigrati clandestini dai Paesi del Mediterraneo;
lo stesso motopesca «Ariete» in passato è stato protagonista di numerosi interventi di soccorso a barconi di migranti in difficoltà, come quando il 28 novembre del 2007 i marinai dell'«Ariete» salvarono 54 extracomunitari, tra cui una bimba e nove donne in balia delle onde a circa trenta miglia dalla costa di Lampedusa. Un anno dopo tale episodio, lo stesso motopesca ed altri tre natanti di Mazara del Vallo salvarono 650 migranti su due barconi in mezzo alla tempesta e ancora, il 5 giugno del 2008, l'«Ariete» salvò altri 27 naufraghi e, a seguito di tali gesti, l'istituto dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha concesso ai marinai dell'«Ariete» il premio «per mare» per lo spirito solidaristico e per il coraggio dimostrato;
l'episodio riporta ai tanti altri atti simili compiuti dalle autorità libiche;
il Canale di Sicilia da sempre costituisce luogo di lavoro per i marittimi italiani e per quelli degli altri Paesi rivieraschi;
la decisione della Libia già in passato ha provocato reazioni internazionali, ma senza che si sia data soluzione alla questione;
anche con altri Paesi rivieraschi si verificano contenziosi costanti sulle acque utilizzate dai marittimi italiani per la pesca;


il Mediterraneo può costituire fonte di ricchezza non solo economica, alla condizione che si instauri tra tutti i Paesi rivieraschi un rapporto di collaborazione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche;
appare evidente la sottovalutazione dell'Unione europea sulla questione della pesca nel Canale di Sicilia, anche in considerazione delle direttive comunitarie che stanno provocando seri danni occupazionali, soprattutto per le imprese siciliane. Si tenga conto che dal programma operativo trasmesso dall'Italia a Bruxelles si evince un piano di riduzione della flotta a strascico del 25 per cento, degli altri sistemi di pesca del 10 per cento e della pesca «volante» del 3 per cento, con la conseguenza che saranno 393 le imbarcazioni da demolire con una perdita di posti di lavoro di oltre 1.200 unità. Il costo degli interventi di dismissione della flotta per la sola regione Sicilia può essere valutato in oltre 78 milioni di euro, senza che un piano di tale portata assicuri un futuro per le imprese rimanenti;
anche gli altri Paesi comunitari che si affacciano nel Mediterraneo, pur con sfaccettature diverse, hanno l'interesse di creare condizioni di cooperazione in materia di sfruttamento delle risorse ittiche e, in particolare, si fa riferimento, oltre all'Italia, alla Francia, alla Grecia ed alla Spagna, anche ai Paesi che affidano il proprio futuro alle decisioni dell'Unione europea, come Cipro, Malta e la Slovenia;
la pesca ormai è uno dei settori economici globali che vedono Paesi molto lontani dal Mediterraneo interessarsi al nostro prodotto ittico, non solo attraverso l'importazione commerciale, ma anche attraverso la cattura del pesce con propri natanti, che lavorano costantemente nelle acque mediterranee a danno delle potenzialità delle flotte dei Paesi che tradizionalmente operano principalmente nel Canale di Sicilia;
appare urgente e necessario un piano di cooperazione tra i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo, tenendo conto di quelli già citati e di quelli che hanno tutto l'interesse a creare forme di collaborazione con le economie comunitarie, come l'Albania, l'Algeria, la Croazia, l'Egitto, Israele, il Libano, la Libia, il Marocco, la Serbia, Montenegro, la Siria, i territori autonomi palestinesi, la Tunisia e la Turchia,

impegna il Governo:

ad intervenire presso gli organi competenti dell'Unione europea affinché la stessa affronti la questione della pesca mediterranea tenendo conto delle esigenze dei Paesi rivieraschi, in linea con le conclusioni della conferenza ministeriale di Venezia tenutasi nel 2003;


ad operare presso le sedi comunitarie perché l'Italia possa ottenere la possibilità di trattare bilateralmente con i Paesi rivieraschi su questioni riguardanti il settore pesca, senza che ciò comunque comporti atti in contrasto con lo spirito delle direttive comunitarie in materia di pesca;
a farsi promotore di una conferenza internazionale sulla pesca mediterranea, con la partecipazione di tutti i Paesi che si affacciano sul Canale di Sicilia e che hanno interesse a forme di cooperazione in tale comparto;
a muovere ogni passo utile perché la Libia nello spirito di collaborazione, riaffermato con le recenti intese italo-libiche, possa riconsiderare la decisione di estendere il controllo delle acque sino a 72 miglia dalla propria costa, al fine di consentire l'esercizio della pesca in acque internazionali;
ad affidare ad istituti di ricerca e ad università specializzate il compito di procedere alla redazione di un dettagliato studio sulle conseguenze economiche sul settore della pesca derivanti dall'applicazione delle direttive comunitarie;
ad operare in sede di Unione europea affinché si proceda all'ammodernamento della flotta peschereccia italiana, attualmente tra le più vetuste d'Europa;
ad avviare uno studio dettagliato sullo stato dei porti adibiti alla pesca, con specifico riferimento alla sicurezza ed ai servizi forniti alle imprese operanti nel settore della pesca;
ad operare a sostegno di quegli istituti scolastici che assicurano la formazione e la professionalità della gente di mare;
ad operare perché conformemente con le indicazioni derivanti dalla politica comune della pesca (pcp) - si limiti la politica della demolizione dei natanti e si avvii in maniera definitiva la politica del «riposo biologico», cioè si proceda a limitare i giorni di pesca ed a ridurre per certi periodi dell'anno gli specchi acquei sui quali esercitare la cattura del prodotto ittico, prevedendo ove coerenti con l'effettiva disponibilità di bilancio - agevolazioni finanziarie per le imprese ed indennità adeguate per i marittimi.
(1-00447)
(Nuova formulazione) «Cristaldi, Marinello, Laboccetta, Ciccioli, Renato Farina, Biava, Laffranco, Pittelli, Sbai, Contento, Lehner, Terranova, Castellani, Porcu, Landolfi, Saltamartini, Germanà, Antonio Pepe, Lamorte, Dima, Traversa, Patarino, Scandroglio, Pugliese, Vincenzo Antonio Fontana».

Risoluzioni in Commissione:

La Commissione III,
premesso che:
il 16 settembre 2010 il Consiglio europeo ha autorizzato la sottoscrizione e l'applicazione provvisoria dell'Accordo di libero scambio tra Unione europea e Corea del Sud che prevede una liberalizzazione progressiva del commercio di beni e servizi e che potrebbe venire ufficialmente sottoscritto nel corso del summit Unione europea-Corea del Sud del prossimo 6 ottobre 2010;
la filosofia dell'accordo e i suoi specifici contenuti appaiono strutturalmente squilibrati e gravemente penalizzanti nei confronti di alcuni settori strategici dell'industria manifatturiera italiana ed europea, specificamente quello automobilistico e quello tessile;
in particolare, gli aspetti di maggiore problematicità sono individuabili nel sistema del cosiddetto duty drawback che prevede la restituzione alle imprese coreane dei dazi pagati sulla componentistica importata, qualora destinata all'assemblaggio di prodotti finiti poi da esportare nel mercato europeo, rivelandosi questo un vero e proprio sussidio all'esportazione, garantito dal Governo, oltre che un allentamento delle regole sull'origine dei prodotti;

la Corea del Sud otterrà indubbi vantaggi concorrenziali nell'auto, poiché i suoi produttori avranno la possibilità di chiedere il rimborso dei diritti doganali sulle importazioni a basso costo dai paesi asiatici: tale rimborso favorisce l'importazione di parti e componenti da paesi produttori di merci a basso costo come la Cina e determina un importante vantaggio competitivo per la Corea del Sud rispetto all'Unione europea data anche la sproporzione dimensionale dei rispettivi mercati;
è possibile stimare il vantaggio competitivo concesso ai prodotti automobilistici in circa 1.500 euro per vettura, considerando il risparmio derivante dall'abbattimento del dazio europeo, cui si aggiunge il sussidio ottenuto attraverso il rimborso del dazio;
le fibre chimiche e la seta risulterebbero penalizzate dall'introduzione, per alcune specifiche voci doganali, di regole di origine sui generis basate su di una singola trasformazione anziché sulla doppia trasformazione, circostanza che potrebbe incoraggiare l'utilizzo di semilavorati cinesi da parte coreana;
potrebbe rivelarsi insufficiente anche la cosiddetta «clausola di salvaguardia», contenuta in un regolamento all'esame del Parlamento europeo, che autorizza un limite massimo di diritti rimborsabili del 5 per cento, nel caso di aumento significativo degli approvvigionamenti in provenienza da Paesi che non hanno concluso un FTA con la Corea del Sud;
non a caso, fortissime preoccupazioni sono state espresse dalle organizzazioni dei produttori, che hanno sottolineato come le possibilità offerte ai produttori coreani non mancheranno di ripercuotersi negativamente sulle nostre produzioni e, pertanto, sull'occupazione (stime della stessa Commissione europea prevedono una perdita di circa 30 mila posti di lavoro);
nonostante l'assenza del via libera all'Accordo da parte del Parlamento europeo, ed in attesa del testo definitivo della clausola di salvaguardia, l'Italia ha approvato il testo finale dell'Accordo di libero scambio nel Consiglio europeo del 16 settembre, accontentandosi di un mero slittamento - assolutamente insufficiente - di sei mesi dell'entrata in vigore dello stesso; di generici impegni del Consiglio a favore di una clausola di salvaguardia «efficace», clausola peraltro ancora non definita; e dell'applicazione del principio della «nazione più favorita», in vista di una probabile rinegoziazione di un parallelo accordo commerciale tra Stati Uniti e Corea del Sud;
tanto maggiore è la preoccupazione di fronte alla possibilità che questo accordo costituisca una sorta di sperimentazione per la conclusione successiva di altri accordi di libero scambio di ben altra importanza e impatto, ad iniziare dall'India e dai paesi ASEAN,

impegna il Governo:

a chiedere una revisione della decisione assunta nel Consiglio europeo del 16 settembre 2010 circa l'autorizzazione a sottoscrivere l'accordo di libero scambio tra Unione europea e Corea del Sud;
a far rispettare, quale condizione per la sottoscrizione dell'Accordo fra Unione europea e Corea e la sua applicazione provvisoria, la formale approvazione di una clausola di salvaguardia bilaterale che sia davvero efficace e costituisca uno strumento (l'unico) a tutela dei settori più penalizzati delle norme dell'accordo di libero scambio, assumendo le opportune iniziative affinché la Commissione fornisca al Consiglio e al Parlamento europeo, tutti i dettagli relativi alle ulteriori misure, di competenza della stessa Commissione, necessarie all'implementazione del Trattato;
a chiedere la riapertura del negoziato con la Corea, qualora non si arrivasse alla firma del Trattato e in presenza

di un voto contrario nel Parlamento europeo sul testo dell'accordo o sul regolamento attuativo.
(7-00394)
«Tempestini, Lulli, Gozi, Colaninno, Fadda, Farinone, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Tocci, Vico, Zampa, Zunino».

La VIII Commissione,
premesso che:
il decreto ministeriale del 25 novembre 1994 prevedeva che, per le aree urbane a maggior rischio di inquinamento ed elencate all'allegato III del decreto medesimo, le autorità competenti, enti locali e regione, dovessero «predisporre sistemi permanenti di monitoraggio delle concentrazioni» di benzene, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e polveri sottili PM10 «entro il 30 settembre 1995», secondo i criteri definiti nel decreto;
il citato decreto ministeriale fissava all'allegato IV per il benzo(a)pirene, che è tra gli IPA uno dei composti più pericolosi ed a cui si fa generalmente riferimento come indice di esposizione, un obiettivo di qualità pari a 1 ng/m3 come valore medio annuale da rispettare a partire dal 1o gennaio 1999;
il decreto legislativo 3 agosto 2007, n. 152, facendo salvo il suddetto obiettivo di qualità per i livelli di benzo(a)pirene nelle medesime aree urbane, stabiliva che le regioni e le province autonome individuassero le zone e gli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti avessero superato il rispettivo valore obiettivo, evidenziando le aree di superamento e le fonti che avessero contribuito al superamento, e che nelle zone e negli agglomerati così individuati adottassero le misure necessarie a perseguire il raggiungimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012, con priorità per le misure che intervengono sulle principali fonti di emissione;
il recente decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 155 recante attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, ha abrogato il sopraccitato decreto legislativo n. 152 del 2007 e il decreto ministeriale 25 novembre 1994, riproducendo comunque il valore obiettivo per il benz(o)pirene di 1 ng/m3, già previsto dal decreto ministeriale del 1994, ma senza alcun riferimento alla data del 1o gennaio 1999;
tale decreto legislativo ha altresì riprodotto al suo interno la disposizione già prevista nel decreto legislativo n. 152 del 2007 che fissa la data entro cui le regioni e le province autonome, nelle aree all'interno di zone o di agglomerati in cui i livelli degli inquinanti, tra cui il benzo(a)pirene, superano i valori obiettivo, adottano le misure necessarie a perseguire il raggiungimento dei valori obiettivo medesimi;
tale data è stata individuata nel 31 dicembre 2012;
dal nuovo quadro normativo emerge quindi come il valore obiettivo per il benzo(a)pirene di 1 ng/m3 sia effettivamente vincolante a far data dal 1o gennaio 2013;
il benzo(a)pirene è una sostanza altamente cancerogena per l'uomo e può essere assorbita nell'organismo per inalazione, attraverso la cute e per ingestione, e l'esposizione ripetuta o a lungo termine può causare danni molto importanti alla salute umana,

impegna il Governo

a riconsiderare la citata data del 31 dicembre 2012, adottando un'iniziativa normativa tesa a rendere immediatamente vincolante il valore obiettivo del benzo(a)pirene contenuto nel decreto legislativo n. 155 del 2010, come previsto già nello schema di decreto sottoposto alle Camere.
(7-00393)
«Bratti, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Mariani, Morassut, Motta, Realacci, Viola, Zamparutti, Vico».

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

AMICI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sulla persistente situazione di pericolo degli edifici ex INPDAP, ubicati a Roma in via Montecassiano, 78, l'interrogante ha presentato tre interrogazioni per le quali il Governo non ha individuato alcuna misura tesa a fornire una concreta soluzione alla problematica, e assicurando sulla stabilità degli edifici in questione;
della vicenda è stato interessato anche il capo del dipartimento della protezione civile nazionale, che a seguito di un esposto avanzato da alcuni proprietari degli stabili, con nota prot. n. DPC/UCD/0038515 dell'8 giugno 2009, ha invitato, i Ministeri vigilanti del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, il commissario straordinario dell'INPDAP e il presidente del collegio dei sindaci del medesimo istituto per le valutazioni e le conseguenti iniziative circa l'inadempimento contrattuale dell'INPDAP e le condizioni di sicurezza degli immobili in questione;
a seguito di un nuovo esposto in data 2 novembre 2009 il sottosegretario Bertolaso, con nota prot. n. DPC/UCD/0068725, ha interessato della vicenda anche la Commissione stabili pericolanti privati del comune di Roma e il comando provinciale dei vigili del fuoco per le valutazioni e le iniziative di competenza;
sempre in data 2 novembre 2009, il Capo della protezione civile, con nota prot. DPC/UCD/0068, ha nuovamente sollecitato, i Ministeri vigilanti del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, il commissario straordinario dell'INPDAP e il presidente del collegio dei sindaci del medesimo istituto a fornire tutte le informazioni di merito;
solo in data 14 dicembre 2009, con grave ritardo rispetto alla prima nota del 8 giugno 2009, il commissario straordinario dell'INPDAP ha trasmesso al dipartimento della Protezione civile una nota a nome del direttore generale dell'istituto medesimo in cui viene precisato che non sussistono problemi di stabilità per l'edificio e per i balconi;
con una nota del 26 febbraio 2010 il sindaco di Roma ha richiesto al dipartimento della protezione civile che venga dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in conseguenza della situazione di pericolo determinatasi a causa di problemi di dissesto strutturale al complesso di edifici di via Montecassiano, 78;
con nota prot. n. DPC/CG/0019245 del 10 marzo 2010, il Capo della protezione civile rispondeva così alla richiesta del sindaco di Roma: «...che la fattispecie in esame non presenti quella gravità ed estensione che giustifichi il ricorso a mezzi e poteri straordinari essendo per contro riconducibile nell'ambito dello scenario descritto all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ossia ad una situazione di pericolo che comporta l'intervento coordinato di più enti e amministrazioni competenti in via ordinaria»;
sempre con nota prot. n. DPC/CG/0019245 del 10 marzo 2010, il Capo della protezione civile invitava la regione Lazio - settore protezione civile «a porre in essere tutte le iniziative di carattere urgente necessarie alla rimozione della situazione di cui sopra, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, lettera a), punto 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ferma restando la disponibilità del Dipartimento a fornire per quanto di competenza, tutto il supporto tecnico ed amministrativo necessario», precisando che

«qualora all'esito delle attività che verranno condotte da codesta Regione emergesse una situazione di gravità tale da richiedere l'esercizio del potere derogatorio, lo scrivente provvederà senza indugio a predisporre la dichiarazione dello stato di emergenza da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri»;
risulta all'interrogante che quanto prescritto dal dipartimento della protezione civile alla regione Lazio non sia stato ancora ottemperato;
nel frattempo con ordinanza n. 102 del 14 aprile 2010 il sindaco di Roma ha ordinato una approfondita verifica statica e le necessarie opere provvisionali «che dovranno essere completate entro quindici giorni...» degli stabili di via Montecassiano, 78, e ha ordinato all'INPDAP, ai proprietari e ai condomini, in via solidale di provvedere al progetto esecutivo, prevedendo, qualora prevalesse l'inerzia, il diretto intervento del comune di Roma che procederà d'ufficio con la rivalsa della spesa «nei confronti dell'INPDAP, in via solidale con i proprietari e con chi risulti obbligato per legge o per contratto»;
con ordinanza n. 137 del 10 giugno 2010 il sindaco ha pertanto ordinato al dipartimento sviluppo infrastrutture e manutenzione urbana di provvedere, sulla base dell'allegato tecnico (datato 26 maggio 2010) all'esecuzione degli interventi di cui all'ordinanza sindacale n. 102 del 14 aprile 2010;
le verifiche effettuate dai tecnici comunali, alla presenza dell'ingegner Mirti dell'INPDAP, hanno accertato il grave pericolo di crolli a causa della totale sfaldatura dei superattici e dei balconi pericolanti, tanto che si è provveduto a realizzare i primi interventi di messa in sicurezza consistenti nell'abbattimento di tali strutture;
cosa ancor più grave è che dalle verifiche effettuate dal comune di Roma, a quanto consta all'interrogante, è stata confermata la presenza di gravi vizi occulti riguardanti la struttura portante degli edifici: in particolare, è emerso che in ben tre palazzine mancano le staffe di ferro che compongono l'armatura dei pilastri e in altre due palazzine vi è carenza di staffe in prossimità dei nodi strutturali, oltre a quanto già ampiamente riscontato e documentato da diverse perizie e da diversi CTU che parlano di errori di costruzione, di progettazione, mancanza di ferro e di cemento, attici su pilastri in falso, pilastri non collegati fra di loro, mancanza di ferro nei solai dei terrazzi, pilastri con resistenza alla rottura molto al di sotto dei limiti del progetto originario;
i vizi strutturali che evidenziano le palazzine di via Montecassiano, 78, sono gli stessi che l'autorità giudiziaria competente ha ritrovato nella casa dello studente e nel convitto nazionale crollati nel terremoto dell'Aquila -:
quali misure di prevenzione il Governo intenda adottare al fine di evitare il pericolo di crollo delle palazzine ex INPDAP tenuto conto che Roma rientra tra le zone dichiarate sismiche e che i vizi strutturali che sono emersi dalle verifiche dei tecnici del comune sono gli stessi vizi alla base dei crolli della casa dello studente e del convitto nazionale dell'Aquila colpite dal sisma del 6 aprile 2009;
se non ritengano che le palazzine di via Montecassiano, 78, costituiscano un pericolo grave per l'incolumità dei proprietari e per la sicurezza pubblica tale da giustificare l'esercizio del potere derogatorio e da dichiarare lo stato di emergenza, tenuto conto anche dell'inerzia della regione Lazio - settore protezione civile che non ha ancora ottemperato alle prescrizioni del capo della protezione civile;
quali iniziative il Governo intenda adottare nei confronti di chi, in questa vicenda, vista la ormai accertata presenza di gravi vizi occulti che evidenziano le palazzine di Montecassiano, 78, abbia concorso a mettere in grave pericolo gli abitanti della palazzina.
(5-03516)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il servizio civile rappresentata un'importante forma di inserimento dei giovani nella vita pubblica, contribuendo in maniera importante non solo alla acquisizione di esperienze ma anche a coprire attività e servizi che - con la ridotta disponibilità di personale pubblico - spesso restano scoperti;
molti giovani non conoscono le opportunità e le possibilità offerte dal servizio civile -:
se non si ritenga necessario avviare nuove campagne di sensibilizzazione sulle possibilità offerte dal servizio civile affinché venga meglio conosciuto dai giovani italiani.
(4-08845)

PISICCHIO e TABACCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
a qualche ora dal voto di fiducia al Governo, il Ministro dell'interno, partecipando ad una trasmissione televisiva della rete nazionale la Sette, affermava in un «fuori onda» nettamente percepito da tutti i telespettatori e poi riportato dalle agenzie giornalistiche e dalla stampa, che nel prossimo marzo si sarebbero tenute le elezioni politiche;
l'affermazione del Ministro, istituzionalmente delegato all'allestimento delle procedure volte a consentire lo svolgimento delle elezioni, appare grave dal punto di vista del corretto rapporto tra organi costituzionali, oltre che politicamente assai improvvida;
grave perché l'unico soggetto cui la Costituzione attribuisce il compito di sciogliere le Camere ed indire le elezioni è il Presidente della Repubblica e non il Ministro dell'interno e pertanto l'impropria uscita del Ministro si configura a parere degli interrogati come un inaccettabile gesto di sfida al garante della legalità costituzionale;
improvvida perché a poche ore dal voto di fiducia attribuita dalla Camera al Governo di cui il Ministro dell'interno è membro, l'annuncio delle elezioni politiche a marzo fatto dal ministro competente al loro allestimento, getta sulla scelta parlamentare una luce sinistra di inutile rito, svuotando, ad avviso degli interroganti, l'organo costituzionale deputato a conferire e togliere i mandati politici ai governi, e consegnandolo ad un ruolo di pura inutilità -:
quali urgenti interventi il Presidente del Consiglio intenda assumere per ripristinare un corretto rapporto tra competenze istituzionali chiarendo che il ruolo del Ministro dell'interno, alla stregua dell'ordinamento costituzionale vigente, non sovrasta né si sovrappone a quello del Presidente della Repubblica.
(4-08848)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'Italia intrattiene buoni rapporti sia con la Repubblica Popolare Cinese sia con Taiwan;
pur in presenza di un enorme divario per quanto riguarda superficie e popolazione tra Taiwan e la Cina continentale, la prima dimostra uno straordinario livello di sviluppo economico favorito da istituzioni pienamente democratiche;
moltissime imprese dell'isola investono nella Cina continentale e viceversa, progressivamente superando i difficili rapporti politici intercorsi tra le due parti durante 60 anni;

solo negli ultimi 2 anni sono stati sottoscritti tra Pechino e Taipei 12 accordi giuridici, commerciali, turistici, sanitari, e di altro genere, ristabilendo collegamenti diretti per via aerea e marittima che hanno favorito i viaggi di centinaia di migliaia di cittadini dei due Stati;
il 29 giugno 2010 Cina e Taiwan hanno firmato un accordo quadro di cooperazione economica bilaterale che ha rappresentato un momento storico nelle loro relazioni;
l'Italia, dal 1994, ha aperto a Taipei - come quasi tutti i paesi dell'Unione europea - un ufficio di promozione economica, commerciale e culturale che dipende dal Ministero degli affari esteri e che svolge una essenziale funzione di raccordo tra i due Paesi;
a tale ufficio di promozione dipendente dal Ministero degli affari esteri si affianca un importante ufficio ICE;
circolano voci negli ambienti imprenditoriali che si vorrebbe sopprimere, o comunque drasticamente ridurre, l'ufficio ICE di Taipei;
nel 2009, l'interscambio economico tra Taiwan e l'Italia è stato di circa 4 miliardi di dollari USA, cioè 1/6 di quello con la Cina continentale: le proporzioni - 23 milioni di abitanti rispetto ad 1 miliardo e 300 milioni - dimostrano il rilievo e le potenzialità del mercato taiwanese;
recentemente, è stato costituito, a livello tecnico dei rispettivi organi economici competenti, il «Foro italo-taiwanese di cooperazione economica, commerciale e finanziaria» proprio per cogliere le grandi opportunità che Taiwan offre per i nostri prodotti e per le nostre imprese, con particolare riferimento al settore delle infrastrutture e al comparto delle nano e bio tecnologie dove Taiwan è all'avanguardia mondiale;
ad oggi, lo staff dell'ufficio di promozione italiano a Taipei è di circa 12 persone ovvero la metà del personale dell'ufficio olandese; 1/5 dei tedeschi e dei francesi; 1/9 dei britannici presenti a Taiwan con una delegazione di oltre 100 componenti -:
quale fondamento abbiano le predette voci circa la soppressione, o il ridimensionamento, dell'ufficio ICE di Taiwan e, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, se non si ritenga corrispondente agli interessi del nostro Paese mantenere, ed anzi potenziare, gli uffici italiani preposti a Taipei alla promozione economica, commerciale e culturale del nostro Paese.
(4-08832)

RUGGHIA e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
ripetutamente gli organi di informazione tornano giustamente ad occuparsi della morte sospetta di due giovani romani, Stefano Siringo e Iendi Iannelli avvenuta il 13 febbraio 2006 a Kabul;
Stefano Siringo, 32 anni, era un impiegato del Ministero degli affari esteri, Iendi Iannelli, 26 anni, era un contabile IDLO (organizzazione dell'ONU che si occupa di sviluppare i sistemi giudiziari nei Paesi del Terzo Mondo);
i cadaveri dei due giovani furono trovati nella stanza che Iannelli aveva in dotazione presso la guesthouse dell'IDLO a Kabul;
a stroncarli fu una dose micidiale di eroina pura all'89 per cento, una percentuale altissima anche fra i tossicodipendenti abituali;
sulla morte di Siringo e Iannelli gravano però pesanti interrogativi:
chi li conosceva da una vita o li frequentava a Kabul ha dichiarato che Stefano e Iendi non avevano mai fatto uso di droghe;
la scena che si è presentata agli occhi dei soccorritori è apparsa così strana ed irreale da sembrare costruita ad arte, anche perché la purezza della dose di eroina, così potente da provocare morte

istantanea, avrebbe dovuto permettere ad uno dei due di accorgersi degli effetti devastanti sull'amico, evitando quindi di assumere la stessa dose per non morire;
i familiari di Stefano Siringo hanno dichiarato di poter dimostrare che persino la data del decesso riportata sul certificato di morte sarebbe sbagliata;
inoltre la droga purissima nelle vene dei due giovani sembra una classica esecuzione inscenata per coprire qualche inconfessabile mistero;
Marcello Rossano, collega e amico di Iannelli, ha dichiarato ai Carabinieri del nucleo investigativo di Roma che il responsabile del progetto IDLO a Kabul, all'epoca dei fatti, gli aveva riferito che Iannelli, pochi giorni prima del decesso, gli aveva confidato l'esistenza di false fatturazioni tra organizzazioni ONU: la IDLO e la UNOPS, quest'ultima si occupa di fornire servizi e offrire assistenza alle Nazioni per la realizzazione di progetti di sviluppo;
sempre Rossano ha riferito che a seguito di un controllo di bilancio, eseguito unitamente al successore di Iannelli, emersero doppie o false fatturazioni per un valore di circa 1.5 milioni di dollari. Tali circostanze sarebbero state confermate da Samuel Gonzales, un magistrato messicano anche lui a Kabul nel 2006 impegnato nel progetto dell'IDLO;
sulla morte sospetta di Siringo e Iannelli è stata aperta un'inchiesta dalla procura della Repubblica di Roma, che ha disposto nuove indagini, ipotizzando il reato di omicidio preterintenzionale;
un prezioso aiuto all'accertamento della verità potrebbe fornirlo l'IDLO, accettando di mostrare i bilanci alla magistratura italiana. Finora però, ogni richiesta in tal senso avanzata dalla procura di Roma, è stata respinta dall'organizzazione ONU che si è avvalsa dell'immunità diplomatica -:
se non intenda attivarsi in tutte le sedi internazionali competenti per chiedere all'IDLO di collaborare con la magistratura italiana e di conseguenza fornire i bilanci richiesti, al fine di fare piena luce sulle circostanze che hanno portato alla morte di Stefano Siringo e Iendi Iannelli.
(4-08849)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo dati raccolti, il Wwf afferma che la caccia è diventata un problema di sicurezza pubblica;
«L'incolumità dei cittadini è messa seriamente a rischio dato che oltre un terzo dei cacciatori italiani non ha mai sostenuto l'esame di abilitazione all'uso delle armi, avendo la licenza di caccia da più di 40 anni e all'epoca questa abilitazione non era richiesta. Non dobbiamo quindi stupirci se si susseguono ad ogni stagione venatoria gli incidenti di caccia: lo scorso anno le vittime sono state 23 (e 50 i feriti), ma in passato si sono avute sino a 80 vittime. Questi incidenti sono in realtà omicidi colposi che si verificano esclusivamente per imperizia, negligenza e colpa grave da parte dello sparatore, che spesso ignora la pericolosità delle armi che imbraccia» dichiara Raniero Maggini, vice presidente Wwf Italia;
tra il 30 e il 40 per cento dei 900 mila cacciatori ha più di 60 anni e non ha l'abilitazione all'uso delle armi. Inoltre, non possiede un'adeguata conoscenza delle leggi che regolano oggi la caccia. Infatti, l'esame è stato istituito soltanto nel 1967 a seguito dell'entrata in vigore della legge quadro n. 799, la quale sostituiva la precedente

farraginosa normativa del regio decreto nel 1939. Prima del 1967 non c'era esame o valutazione: era sufficiente pagare le tasse governative e di iscrizione ad un'associazione venatoria e il rilascio della licenza di caccia era automatico, senza alcuna valutazione di merito. Soltanto la condotta morale poteva essere ostativa (precedenti penali, rissosità e altro). Questo ha permesso il transito in blocco, senza nessun filtro, di 300 mila persone di cui non si conosce né preparazione, né perizia nell'uso delle armi;
per tali motivi, il Wwf chiede che anche questa quota di cacciatori si doti di apposita abilitazione in considerazione del fatto non trascurabile, tra l'altro, che le armi usate per alcuni tipi di caccia sono sempre più micidiali. Infatti, altro aspetto che fa della caccia un'attività ad alto rischio per chi la pratica e chi la «subisce» è la pericolosità delle armi stesse, denuncia il Wwf -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati di cui in premessa e quali iniziative intendano adottare affinché anche i cacciatori cui è stata rilasciata la licenza precedentemente all'entrata in vigore della legge quadro n. 799, si dotino di apposita abilitazione, al fine di garantire la sicurezza pubblica.
(4-08831)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un'intervista di Gianni Lannes a Maurizio Marchi (Associazione medicina democratica) del 27 marzo 2010, emerge che a Rosignano, in provincia di Livorno, il cielo, il suolo, il sottosuolo e il mare sono inquinati da oltre un secolo dalla Solvay, multinazionale che proprio in questi luoghi ha investito nell'unica sodiera italiana;
oltre alla produzione elettrica, a partire dagli ultimi 20 anni, la Solvay ha sempre prodotto carbonato di sodio, bicarbonato di sodio, cloro, soda caustica, clorometani e acqua ossigenata. I risultati sono stati un valore aggiunto modesto sul territorio e un costo enorme in termini ambientali: un visibile degrado del mare, enormi consumi di acqua e l'estrazione di salgemma nella Val di Cecina fino alle saline di Volterra;
nel mare sono presenti almeno 400 tonnellate di mercurio, come verbalizzato dalla conferenza di servizi nel luglio 2009, dato confermato anche dall'Arpa Toscana. Anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato coinvolto grazie all'Osservatorio istituito per verificare se Solvay rispettasse l'accordo di programma del 2003, che prevedeva alcune misure di ambientalizzazione: l'arresto dell'elettrolisi del mercurio, micidiale in quanto produce cloro e soda caustica; la riduzione degli scarichi solidi bianchi fino a 60 mila tonnellate l'anno;
riguardo all'elettrolisi del mercurio, l'impianto, dopo essere stato chiuso nel 2007, è stato trasformato in un nuovo impianto a membrana che ha sostituito l'originaria «sala celle» a mercurio, ugualmente inquinante rispetto al precedente a causa non più della produzione di mercurio, ma della produzione di cloro;
inoltre, in un vecchio impianto costruito nel 1962-63 vengono prodotti i clorometani - cloruro di metile, cloruro di metilene e cloroformio. Almeno due di queste sostanze sono cancerogene: proprio da uno degli scarichi della Solvay, ogni anno la provincia di Livorno autorizza lo scarico di almeno 385 chilogrammi di cloroformio;
nonostante il mercurio non venga più scaricato a partire dal 2007 (in seguito all'accordo di programma), esso è ancora presente su un'estesa superficie di mare. In particolare, la presenza del mercurio risulta dannosa per il sistema nervoso e i reni;

in questo angolo della Toscana è possibile tuffarsi in un mare inquinato dal mercurio. La gente accorre a frotte in un'area non balneabile: i cartelli stradali indicano proprio «spiagge bianche», da Rosignano Marittima a Vado, nonostante l'acqua nasconda insidie letali. Tuttavia, nel raggio di chilometri non s'intravede un solo divieto. Anzi, con denaro pubblico è sorto un lido balneare e l'Asl organizza addirittura la balneazione per gruppi di persone disabili;
inoltre, riguardo al limite della riduzione degli scarichi solidi a 60 mila tonnellate, esso non è stato rispettato alla scadenza del 31 dicembre 2007;
alla Solvay sono stati elargiti 30 milioni di euro in denaro pubblico per bonifiche inesistenti;
i dati sulla salute della popolazione locale sono preoccupanti: un esubero di tumori indica chiaramente quanto la situazione sia drammatica. Non vi sono attuali indagini epidemiologiche mirate per il tipo di inquinamento presente nell'area descritta: l'unica indagine in tal senso risale al 1978 e riguarda il cloruro di vinile prodotto fino a quella data con risultati terrificanti -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa;
per quali ragioni i fondi stanziati non siano stati utilizzati per la bonifica e se intendano avviare un'ampia indagine al fine di delimitare l'area contaminata;
se intendano avviare un'indagine epidemiologica al fine di verificare lo stato di salute della popolazione locale;
quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere nei confronti della Solvay per la mancata riduzione degli scarichi solidi al dicembre 2007, come previsto dall'accordo di programma del 2003;
se i Ministri interrogati siano al corrente della progettazione di un rigassificatore in mare e di un inceneritore di rifiuti sulla terraferma nelle aree descritte e di quali ulteriori dati dispongano;
per quali ragioni il Ministero della giustizia avrebbe negato alla procura della Repubblica livornese il denaro pubblico per recuperare all'isola d'Elba un container di rifiuti pericolosi affondato nel 2009 su un fondale di 120 metri.
(4-08856)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

CONCIA, CENNI e FONTANELLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il 20 agosto 2010, due ragazzi, Mirko Vigni e Fabio Frati, facevano colazione presso il bar Cusimano a Viareggio, scambiandosi semplici effusioni, qualche abbraccio e un bacio, come è in seguito risultato da un video effettuato dal sistema di videosorveglianza interna al bar;
probabilmente sollecitato da una donna presente nel bar, un appuntato dei carabinieri in servizio ed in divisa li redarguiva con forza per il loro comportamento, invitandoli ad uscire;
l'accaduto pare essere confermato sempre dalle telecamere di videosorveglianza che riprendono il carabiniere mentre a distanza di svariati metri dai ragazzi, rimanendo seduto, si rivolge a loro, alzando la voce e muovendo le mani tanto da attirare l'attenzione di tutte le persone presenti nel bar e umiliare i due ragazzi, che quindi sono, per forza di cose, indotti a lasciare il bar;
il giorno stesso, i due ragazzi supportati da alcuni attivisti omosessuali tra cui Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, l'imprenditore e giornalista Alessio De Giorgi e l'imprenditrice Regina Satariano, denunciavano l'accaduto alla stampa;

di lì a poco, i due ragazzi, sempre accompagnati dai tre attivisti, si sono recati per denunciare l'accaduto dal comandante della compagnia carabinieri di Viareggio, dove hanno avuto occasione di parlare con l'appuntato protagonista dell'episodio, il quale pare abbia affermato di essersi comportato correttamente poiché i due, secondo lui, stavano seduti l'uno sull'altro e si baciavano appassionatamente in pubblico (cosa poi evidentemente smentita dal video succitato), e che non si sarebbe comportato nello stesso modo, trovandosi di fronte al medesimo comportamento di una coppia eterosessuale;
la suddetta conversazione è avvenuta alla presenza di tutti e cinque i presenti: nel medesimo colloquio, inoltre, l'appuntato sosteneva che i due stessero seduti l'uno sulle ginocchia dell'altro, cosa invece totalmente smentita dal video succitato;
nella giornata successiva si rivolgeva alla redazione de Il Tirreno di Viareggio, in un primo momento in forma anonima, in seguito palesando il proprio nome e cognome alle altre redazioni giornalistiche versiliesi, il signor Luca Lopez, il quale affermava che l'appuntato non sarebbe stato affatto aggressivo nei confronti dei due ragazzi, né offensivo nei loro confronti per mezzo dell'espressione «mi fate schifo» (cosa peraltro mai detta da Vigni e Frati), e tra le altre cose, lo stesso signor Lopez riferiva, ma solo ad alcuni degli organi di informazione, di avere distintamente sentito i due ragazzi dire, mentre entravano nel bar, che avrebbero teso una sorta di imboscata ai carabinieri per dimostrare la loro supposta omofobia: tale affermazione è stata in modo categorico ed assoluto smentita dai ragazzi coinvolti nella vicenda, che si sono, in merito, riservati ogni eventuale iniziativa nei confronti del signor Lopez -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano adottare al fine di individuare eventuali responsabilità in una vicenda che ha i precisi contorni della discriminazione legata all'orientamento sessuale, che appare però, vieppiù grave, in quanto compiuta da un esponente delle Forze dell'ordine;
quali politiche intendano adottare nell'ambito delle loro proprie prerogative, al fine di sostenere un processo informativo e formativo per il rispetto dei diversi orientamenti sessuali ed identità di genere, nonché una cultura della convivenza e dell'integrazione sociale di tutte le diversità, che parta dalla Stato e ne permei il più possibile tutte le sue articolazioni.
(4-08837)

TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2010

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

CAPARINI e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane dalla Valle Camonica, provincia di Brescia, sono giunte numerose segnalazioni di cittadini che lamentano di essere stati contattati a domicilio da venditori porta a porta che, qualificandosi come «ispettori» o «funzionari ENEL» operanti in accordo con il gruppo Valle Camonica Servizi (la multiutility che gestisce i servizi pubblici locali nel territorio della Valle Camonica), sollecitano la sottoscrizione di nuovi contratti di fornitura;
il gruppo Valle Camonica Servizi ha ufficialmente dichiarato la propria estraneità ai fatti;
carpendo la fiducia degli utenti comuni in modo subdolo e scorretto, questi venditori «porta a porta», con il pretesto di esaminare le componenti tariffarie allo scopo di calcolare un prezzo più vantaggioso, si fanno consegnare sia copia delle bollette dell'energia elettrica che del gas per poi indurre, con metodi poco chiari e pratiche commerciali scorrette, alla firma di un nuovo contratto di fornitura (solitamente

Gas più energia elettrica) che non sempre si rivela così conveniente come promesso -:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire queste pratiche vessatore e di garantire il rispetto del codice del consumo che obbliga chi vende ad operare con la massima trasparenza ed a fornire informazioni chiare e precise.
(4-08838)

GNECCHI, MIOTTO, MIGLIOLI, FRONER, MATTESINI e GATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo le valutazioni di alcuni centri di ricerca, l'Italia è il paese europeo in cui i trattamenti previdenziali sono assoggettati al maggiore prelievo fiscale. Il che non sorprende se si tiene conto che nel nostro Paese circa un terzo dell'IRPEF grava sulle spalle dei pensionati;
a sostegno di ciò, basti considerare gli ultimi dati elaborati dall'Agenzia delle entrate, dalla lettura dei quali si evince che i 16,8 milioni di pensionati contribuiscono per oltre il 30 per cento al gettito dell'imposta personale sul reddito;
ciò significa che su 145,9 miliardi di gettito, addirittura 44,4 provengono dalle tasche dei pensionati. Si tratta di uno squilibrio che non trova riscontro negli altri Paesi dell'Unione europea;
a conti fatti, i pensionati italiani godono di un assegno che - al netto della tassazione - risulta del 15 per cento inferiore alla media europea. Il trattamento fiscale delle pensioni appare nel nostro Paese molto più gravoso di quello vigente in Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna e più benevolo solo di quello vigente in Svezia. Nel 2009, il reddito medio del pensionato italiano ha sfiorato i 14 mila euro lordi all'anno; cifra che, al netto delle imposte, si attesta attorno agli 11,6 mila euro;
per i pensionati italiani se vivessero in Germania, Francia o Spagna i 14 mila euro lordi di pensione sarebbero la pensione effettivamente percepita, in virtù di un prelievo fiscale pari a zero fino a 15.000 euro. In Gran Bretagna, invece, nel passaggio dall'importo lordo a quello netto si registra una perdita compresa tra l'1,3 e l'1,6 per cento dell'intera somma;
va tenuto conto che l'inflazione e il mancato adeguamento al costo della vita ha ridotto il potere di acquisto delle pensioni e che le pensioni medie nel nostro Paese sono purtroppo molto basse, soprattutto quelle delle donne, quindi cercare almeno di agire riducendo il prelievo fiscale potrebbe essere un aiuto -:
se non ritengano i Ministri interrogati, anche a fronte della più volte dichiarata volontà di questo Governo, di assumere iniziative normative al fine di procedere ad una modifica di aliquota fiscale o di aumento di esenzione fiscale che consenta almeno ai pensionati delle fasce di reddito medio basse di poter fruire di una tassazione più vantaggiosa, così come avviene in molti Paesi europei.
(4-08846)

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GIOVENTÙ

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della gioventù, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 20 settembre 2010 il programma televisivo «Le Iene» ha mandato in onda un servizio dal titolo «Il mondo degli Emo»;
tale reportage ha documentato un fenomeno che sta prendendo piede nel nostro Paese già da qualche anno, definito «emotional», che vede protagonisti giovani di età prevalentemente compresa tra i 13 ed i 17 anni;

il servizio televisivo ha mostrato l'esistenza, anche attraverso immagini in presa diretta, di fenomeni quali uso di droghe legge, luoghi aperti al pubblico, teatro di atti sessuali, affermazioni che testimoniano la prostituzione al fine di procurarsi soldi per raggiungere questi ritrovi, nonché assenza continuativa e prolungata dalla frequentazione della scuola dell'obbligo e frequente ricorso ad aborti;
è scaturito sulla stampa e sul web un dibattito dopo la proiezione di questo servizio, che secondo molti avrebbe amplificato l'entità del fenomeno;
le strutture sanitarie denunciano l'aumento delle percentuale di aborti, della vendita di pillole abortive, della diffusione di malattie veneree tra i giovanissimi -:
di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto documentato dal servizio televisivo e se esso abbia piena aderenza con la realtà;
quale sia la misura del fenomeno dei raduni dei cosiddetti «emo»;
se nello svolgimento di questi raduni siano stati riscontrati fenomeni che contrastano con la legislazione vigente;
quali iniziative si intendano adottare per evitare la degenerazione di queste tendenze.
(4-08833)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GENNAIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il comitato vincitori idonei del concorso per educatori penitenziari, intende segnalare una gravissima vicenda che sta avendo luogo proprio in questo delicatissimo momento in cui le nostre carceri si trovano in pieno stato emergenziale;
esiste una graduatoria, ancora vigente, relativa ad concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004, indetto con PDG 21 novembre 2003;
dopo ben quattro anni di procedura concorsuale, il 15 dicembre 2008 nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 23, veniva pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso. Solo nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 12 del 30 giugno 2009 veniva avviata la procedura di assunzione soltanto dei primi 86 vincitori del suddetto concorso a cui seguirono altre 16 vincitori, come da bollettino ufficiale n. 16 del 31 agosto 2009;
infine, il 12 aprile del 2010 è avvenuta l'assunzione dell'ultima tranche rimanente, ovvero dei restanti 295 vincitori. In tale data, con qualche aggiunta successiva, sono emerse ben 44 rinunce tra i vincitori che immediatamente avrebbero potuto essere coperte tramite scorrimento della vigente graduatoria, ma in data 24 maggio 2010, tramite comunicazione scritta, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria invitava gli idonei utilmente collocati, a redigere in ordine di preferenza, un fax contenente le sedi rimaste vacanti dalle rinunce;
da quel momento non si hanno più notizie circa l'assunzione di questi 44;
presso l'ufficio concorsi del DAP, le sedi rimaste vacanti dalle rinunce del 12 aprile sono già state assegnate ai 44 idonei anzidetti e i decreti di assunzione di questi ultimi non possono essere emessi in quanto si attende la firma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la riduzione delle piante organiche presso la funzione pubblica, come previsto dalle recenti leggi;
infatti, l'assunzione dei 44 educatori idonei, adesso divenuti a pieno titolo vincitori di concorso, è praticamente a costo zero, in quanto subentrano per rinuncia, e quindi praticamente già precedentemente autorizzata (con le assunzioni del 12 aprile 2010);

inoltre, si segnala anche che la graduatoria cesserà di avere validità proprio nel 2011 -:
come il Ministro intenda intervenire affinché venga immediatamente firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al fine di procedere con il completamento dell'assunzione dei 44 idonei suddetti.
(3-01257)

Interrogazione a risposta scritta:

CHIAPPORI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30 della Costituzione stabilisce: «È dovere e diritto dei genitori di mantenere istruire ed educare i figli (...) nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti»;
tale norma costituzionale è attuata dagli articoli 330-333 del codice civile, oltre che dalla legge n. 84 del 1983 e la legge n. 149 del 2001;
in Umbria il tribunale per i minori nel lontano aprile 1995 ha tolto ai coniugi Romani Padroni i loro due figli T.R di 1 mese e H.R. di 3 anni;
il primo presupposto di tale scelta del Tribunale dei minori, peraltro mai sfociato in una denuncia penale, risulta essere il tentativo del padre di avvelenare il figlio di 1 mese con «sostanze velenose», mai effettivamente individuate ed in realtà risultate essere una pianta presente in un medicinale omeopatico regolarmente in vendita in farmacia senza obbligo di ricetta medica;
il secondo presupposto era lo stato psico-patologico (depressione post-partum) della madre, dal quale ella risulta poi guarita;
il terzo presupposto sarebbe stato lo scarso spirito collaborativo dei coniugi con i servizi socio-sanitari di Perugia e ciò sarebbe stato attestato, secondo il Tribunale dei minori, dal rifiuto del padre di portare il figlio di 3 anni all'asilo (in realtà il bambino non era ancora correttamente vaccinato essendo allergico al vaccino stesso), oltre che da un loro generico atteggiamento di diffidenza e sfiducia verso i servizi socio-sanitari di Perugia;
tale diffidenza e sfiducia era motivata dal fatto che il signor Romani si è visto accusare di veneficio ed altro, con motivazioni non solo false, quanto assurde;
la signora Padroni nel luglio 1995, dopo essersi recata ad un appuntamento fissatole dai servizi sociali, per programmare le visite ai figli, le operatrici (pur consapevoli delle conseguenze che il loro comportamento avrebbe avuto su una persona già fragile e provata da depressione post-partum), non si presentarono, ed ella in preda a profonda disperazione si gettava nel vuoto dal palazzo comunale di Perugia rimanendo in fin di vita;
i due fratellini furono separati da subito, per non più rivedersi per 9 anni ed essere affidati a famiglie diverse, così da completare la disgregazione della famiglia originaria;
al più piccolo dei due, venne negata l'esistenza di suo fratello e dei suoi veri genitori, imponendogli un altro nome ed il cognome della famiglia affidataria e come lo stesso tentativo, fallito, venisse fatto sul fratello maggiore;
nonostante tre istanze presentate dalla madre al Tribunale dei minori nel 1997 per rivedere i figli, manifestazioni di protesta del padre salito due volte su una gru, le visite, nonostante i divieti del Tribunale dei minori dei coniugi ai propri figli nel 1996, le istanze dei parenti per avere notizie dei bambini e per poter avere almeno una fotografia, il tribunale per i minori e i servizi sociali abbiano manifestato inspiegabilmente un atteggiamento di totale chiusura;
infine, il figlio più piccolo a distanza di 6 anni dall'affido, avrebbe mostrato,

contrariamente a quanto riferito dai servizi sociali in quel periodo al Tribunale dei minori, un grave stato di disagio: incubi notturni, atteggiamenti aggressivi, disegni mostranti famiglie disgregate (C.T.U. dottoressa P. Rucireta 2001);
tali fatti appaiono avere comprovato la fondatezza della suddetta sfiducia e della diffidenza che i servizi socio-sanitari non hanno mai tentato di fugare o risolvere, mantenendo verso i coniugi Romani-Padroni un atteggiamento sempre gravemente afflittivo, negando loro incontri con i figli o almeno foto o notizie certe degli stessi;
dopo tali premesse il Tribunale dei minori stesso, pur avendo riconosciuto, dopo sette anni, che non c'era stata somministrazione al neonato di sostanze velenose, pur avendo riconosciuto la guarigione alla signora Padroni, avrebbe iniziato le pratiche per l'adozione del secondogenito H.R. a favore della famiglia affidataria, che ne aveva fatto richiesta;
i coniugi si opposero, presentando ricorso presso la corte d'appello di Perugia (ottobre 2002), la quale revocava lo stato di adottabilità del minore, prescrivendo al Tribunale dei minori ed ai servizi sociali di adoperarsi per il reinserimento del minore nella sua famiglia di origine (sentenza 4300 del 13 dicembre 2003), imputando agli stessi la responsabilità dei mancati incontri tra genitori e figli e della cronicizzazione della depressione post-partum della madre:
tale reinserimento a distanza di 6 anni dalla sentenza suddetta, non è avvenuto perché affidato a quegli stessi soggetti (giudici e responsabili dei servizi sanitari), che avevano strappato i bambini ai propri genitori nel lontano 1995, soggetti non intenzionati a riconoscere i propri errori;
tali soggetti, insieme alle famiglie affidatarie al di là dei programmi ufficiali per il reinserimento dei figli, che si evincono dalle carte, avrebbero continuato a perseguire una politica pervicacemente superficiale se non addirittura ostruzionista, annullando oltre modo a partire dal 2008 il calendario degli incontri (esempio dal novembre 2007 al luglio 2008, in 9 mesi, i coniugi hanno visto i propri figli una sola volta) con assurdi pretesti (manca l'assistente sociale, il figlio più grande non può vedere i genitori perché va male a scuola e altri);
nel fascicolo del T.M che riguarda i coniugi, si intenderebbe seguitare a far credere che manchino i requisiti essenziali per permettere il rientro dei figli presso di loro, mentre in nessuna parte emerge che: a) in 13 anni di affido è stato organizzato ed è avvenuto un solo incontro tra le famiglie affidatarie dei ragazzi ed i coniugi; b) in 13 anni di affido i ragazzi non hanno mai trascorso una vacanza, un fine settimana, una notte a casa dei propri genitori;
il minore dei due figli, ora quindicenne, avrebbe subito e subirebbe pesanti condizionamenti: in particolare sarebbe ancora convinto che è stato realmente avvelenato dal padre con un medicinale omeopatico, che non è stato desiderato e che è stato abbandonato da entrambi i genitori naturali, di conseguenza egli crederebbe di dovere la sua vita ai genitori affidatari verso i quali nutre sentimenti di gratitudine e di affetto profondi, tali da non consentirgli di abbandonarli per tornare a vivere con i suoi veri genitori;
tali condizionamenti avrebbero reso il minore diffidente e qualche volta apertamente ostile nei confronti dei coniugi, tanto da indurlo a saltare gli incontri con essi, fino a non andare più e non dare più sue notizie da oltre un anno (la giudice del Tribunale dei minori lo ha addirittura esonerato dall'obbligo degli incontri);
il maggiore dei due figli H.R., ora diciottenne, sarebbe stato vessato fisicamente e moralmente per 13 anni dagli affidatari e per molto tempo costretto a lavorare in condizioni di sfruttamento (dichiarazione 14 novembre 2008 depositata presso il T.M);

il Tribunale dei minori di Perugia, solo a seguito di tre tentativi di fuga, di cui il terzo riuscito, del figlio maggiore H.R. dalla famiglia affidataria, (relazione Carabinieri del 10 giugno 2008), avrebbe deciso di restituire il figlio ormai sedicenne pesantemente traumatizzato ai coniugi;
a seguito di queste vicende che hanno avuto ampio risalto sui mass-media e sulle quali sono state presentate interrogazioni al Senato e alla Camera, che peraltro non hanno mai avuto risposta, i coniugi siano soggetti ad un grave abbattimento morale;
appare inaccettabile, che due affidamenti basati su presupposti infondati o superati da tempo, abbiano avuto una durata rispettivamente uno di 13 anni, l'altro di 15 anni ed oltre;
appare altresì inaccettabile che a distanza di 6 anni dalla sentenza della corte d'appello che prescriveva il reinserimento del figlio minore dei coniugi Romani-Padroni, questo non sia avvenuto e non possa ormai più avvenire, determinando di fatto una grave perdita per i coniugi -:
se non intendono intervenire mediante iniziative normative, affinché ai coniugi che si trovano in situazioni analoghe, sia riconosciuta in via amministrativa un adeguato indennizzo per il gravissimo danno morale ed esistenziale che hanno sofferto e soffrono tutt'ora e per le ingenti spese legali sopportate, in quella che può essere definita una vera e propria odissea umana e giudiziaria;
se intendano comunque intraprendere iniziative per evitare episodi così ingiusti ed incresciosi abbiano a ripetersi in futuro a danno di altri cittadini e minori innocenti;
se il Ministro della giustizia intenda assumere le opportune iniziative ispettive presso il Tribunale dei minori al fine di un eventuale esercizio dell'azione disciplinare in ragione dell'assoluta gravità della vicenda descritta in premessa.
(4-08855)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nel Nord-Est del Paese, in particolare in Friuli Venezia Giulia, sono state da tempo individuate criticità in riferimento all'attività dei vettori di trasporto e autotrasporto merci e passeggeri, di Paesi, quali la Slovenia, che dispongono di condizioni più favorevoli rispetto ai costi di esercizio;
tali condizioni permettono a questi vettori di operare nel nostro territorio in un regime più vantaggioso rispetto alle imprese italiane, con una conseguente diminuzione dei servizi operati da quest'ultime, che si attesta addirittura attorno al quaranta per cento per quanto riguarda il comparto del trasporto persone;
nello specifico, il mancato rispetto delle leggi (non applicazione o non pagamento dell'IVA per i servizi di noleggio effettuati all'interno dello Stato italiano e conseguente mancato versamento all'Agenzia delle entrate), al quale si aggiunge una diminuzione dei costi del personale ed un regime fiscale più vantaggioso nel Paese di provenienza, consente ai vettori stranieri di erodere il mercato italiano con l'acquisizione di importanti fette di mercato;
nonostante quanto previsto dal regolamento (CE) n. 3118/93, secondo cui i vettori degli Stati membri dell'Unione europea hanno facoltà di effettuare trasporti di cabotaggio all'interno di ciascun Stato membro, è comunque fatta previsione, nel citato regolamento, della sospensione temporanea del regime per sei mesi nel caso in cui si verifichi una grave turbativa nel mercato del Paese membro oggetto di cabotaggio da parte di vettori esteri;
la problematica è già stata portata all'attenzione del Governo con una serie di atti di sindacato ispettivo, rispetto ai quali

l'Esecutivo ha predisposto, per quanto di competenza, uno schema di decreto ministeriale che ha inserito nuove regole restrittive, le quali d'intesa con un successivo regolamento comunitario in materia - stabiliscono una limitazione del numero di trasporti effettuabili da uno Stato membro a l'altro (vale solo per l'autotrasporto merci), nonché un maggiore controllo dei mezzi adibiti all'attività di cabotaggio;
tra le recenti modifiche apportate al nuovo codice della strada in vigore dal 13 agosto 2010, è previsto un significativo aumento delle sanzioni per le irregolarità degli autotrasportatori esteri che effettuano viaggi di cabotaggio in Italia, con una multa che va da 5.000 euro a 15.000 euro ed il fermo del veicolo per tre mesi:
nonostante l'introduzione delle disposizioni sopra richiamate, di fatto la situazione attuale non appare migliorata e le aziende italiane, in particolare le imprese operanti nel Triveneto, continuano a subire rilevanti danni economici dovuti alla disparità di trattamento nei confronti dei vettori stranieri -:
se non intendano, per quanto di propria competenza, attivarsi per promuovere l'introduzione di ulteriori e più incisive norma, anche di natura finanziaria, che permettano l'effettivo miglioramento delle condizioni lavorative delle imprese operanti nel settore dell'autotrasporto di merci e persone;
se non intendano attivarsi per applicare un sistema di controlli più stingenti nei confronti dei vettori comunitari che entrano nel territorio nazionale;
se non intendano, altresì, in considerazione del fatto che l'autotrasporto rappresenta un asset vitale per il sistema Paese, farsi promotori presso le competenti Istituzioni europee affinché venga tempestivamente emanata una nuova disciplina in materia di trasporto di persone e merci volta a garantire il pieno rispetto di una leale concorrenza fra gli operatori degli Stati membri.
(2-00837) «Compagnon».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TULLO e ROSSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il commissario straordinario dottor D'Andrea ha prorogato il termine per la presentazione delle manifestazioni d'interesse per l'acquisizione della società Tirrenia al 20 ottobre 2010;
i tempi quindi per il passaggio della compagnia di Stato si dilatano;
è necessario in questo periodo di gestione straordinaria evitare scelte operative che riducano il servizio creando problemi agli utenti e ai lavoratori del gruppo, soprattutto per linee convenzionate che garantiscono la continuità territoriale tra le isole e il continente;
tali scelte, ad avviso degli interroganti, compromettono anche il valore complessivo della compagnia e possono prefigurare una scelta diversa da quella annunciata di mettere in gara l'intero valore di Tirrenia (linee e navi);
il presidente dell'autorità portuale del Nord Sardegna ha appreso la notizia della cancellazione della linea tra Genova, Olbia e Arbatax, scelta che, se confermata, provocherà ricadute molto pesanti per l'economia e il sistema dei collegamenti marittimi tra Genova e la Sardegna;
tale scelta verrebbe motivata con il fatto che la nave utilizzata (Domiziana) dovrebbe essere sottoposta ad interventi di adeguamento per ottemperare ai requisiti imposti dallo Stockholm agreement- :
se sia a conoscenza di questa scelta e quali iniziative intenda compiere per evitare l'interruzione del collegamento tra Genova, Olbia e Arbatax;
se altre navi della società Tirrenia siano nelle condizioni del Domiziana e se altre linee possano essere interessate da riduzioni e/o interruzioni del servizio.
(5-03506)

ZAZZERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori marittimi del settore mercantile e crocieristico di Moffetta, ma anche altri delle provincia di Bari, ed ancora di Palermo e Trapani, da mesi sono in stato di agitazione perché colpiti da una grave crisi occupazionale, e sostengono che tale situazione è strettamente legata alle modalità con cui gli armatori applicano le tabelle di armamento delle navi, soprattutto in riferimento alla nazionalità dei membri dell'equipaggio;
in particolare, gli equipaggi delle navi della marina mercantile battenti bandiera italiana sarebbero composti da un numero eccessivo di personale extracomunitario, compromettendo di fatto appunto il livello occupazionale dei lavoratori marittimi italiani;
l'articolo 318, comma 1, del codice navale prevede che «L'equipaggio delle navi nazionali armate nei porti della Repubblica deve essere interamente composto da cittadini italiani o di altri Paesi appartenenti all'Unione europea» ma a tale disposizione si può derogare «attraverso accordi collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Per i marittimi di nazionalità diversa da quella italiana o comunitaria [...] non sono richiesti visto di ingresso nel territorio dello Stato, permesso di soggiorno e autorizzazione al lavoro anche quando la nave navighi nelle acque territoriali o sosti in un parco nazionale» (comma 2);
l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito dalla legge n. 30 del 1998, e successive modificazioni e integrazioni, prevede che «Per le navi iscritte nel Registro di cui all'articolo 1, con accordo tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore, comparativamente più rappresentative, relativo a ciascuna nave da iscrivere o già iscritta nel Registro internazionale, da depositarsi presso l'ufficio di iscrizione della nave, può derogarsi a quanto disposto dall'articolo 318 del codice navale, come sostituito dall'articolo 7». Vi sono poi una serie di criteri minimi da seguire;
in realtà, da quanto sostenuto dai lavoratori del settore, queste disposizioni sarebbero spesso violate nel senso che sul primo punto gli accordi sindacali nazionali risultano di difficile consultazione, mentre quelli aziendali (previsti dal decreto succitato) non sarebbero depositati presso la capitaneria di porto o direzione marittima di iscrizione della nave;
ne consegue che non sarebbero possibili i controlli né da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti né da parte dell'autorità marittima in Italia (capitanerie) o all'estero (consolati italiani e ambasciate), quindi soprattutto le navi iscritte nel registro internazionale sfuggirebbero a tutti i controlli, e per l'effetto, i lavoratori italiani non troverebbero più imbarco;
molti italiani sono stati licenziati e la situazione è di estrema gravità, ove si pensi che un marittimo, per la sua specialità, non può trovare impiego a terra, quindi rischia non solo di non poter più lavorare ma perfino di non poter raggiungere i requisiti minimi pensionistici;
i lavoratori inoltre, sempre da quanto risulta dalla stampa, lamentano la difficoltà notevole di tutela giudiziale dei loro diritti (la competenza per territorio del giudice della controversie di lavoro o di previdenza è stabilita presso il luogo di iscrizione della nave, spesso molto lontano dalla propria residenza), nonché la carenza di controlli puntuali da parte delle autorità marittime in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro (orario di lavoro/riposo);
alla luce di tali fatti, il comitato per la tutela dei marittimi «Seagull», ed alcune organizzazioni sindacali del settore (CUB) chiedono:
a) una turnazione che consenta ai marittimi italiani un periodo adeguato di lavoro in alternanza con personale di

altre nazionalità nel rispetto delle convenzioni internazionali, da attuarsi attraverso una revisione delle tabelle di armamento esistenti (articoli 317-318 del codice navale e articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457) che stabiliscono la nazionalità dei membri dell'equipaggio;
b) che la revisione delle tabelle, oggi concordate tra Cgil-Cisl-Uil e Confitarma, debba porsi sotto l'egida del gruppo di lavoro costituito presso il Ministero dal comando generale delle capitanerie di porto, con decreto numero 649/2009 dell'allora comandante Pollastrini, ove sono rappresentati gli organismi sindacali e le associazioni del settore;
c) che si avvii una seria politica occupazionale, costituendo presso lo stesso organismo un centro operativo telematico che consenta l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro nel settore;
d) la tutela giudiziale dei diritti, controlli puntuali ed efficaci dell'autorità marittima (capitanerie e consolati), condizioni di lavoro in sicurezza e corsi professionali obbligatori a carico delle regioni;
e) l'istituzione di una sorta di cassa integrazione che tuteli i lavoratori marittimi per il caso di crisi aziendale -:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di tutelare i lavoratori marittimi italiani, alla luce dei fatti descritti in premessa, e se ritenga di dover invitare il gruppo di lavoro innanzi individuato ad attivarsi sia per far modificare le tabelle di armamento delle navi, sia per instaurare un sistema di raccolta telematica della domanda e dell'offerta di lavoro;
quali iniziative intenda adottare per consentire alle capitanerie di porto ed ai consolati italiani di effettuare i dovuti controlli sia in ordine al deposito presso l'autorità marittima competente degli accordi di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, sia in ordine al rispetto da parte degli armatori delle dette tabelle per l'imbarco del personale extracomunitario a bordo delle navi.
(5-03507)

POLLEDRI e ALESSANDRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 14 gennaio 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2008) recante «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni» al capitolo 7.4 (costruzioni di calcestruzzo), punto 7.4.2.2 (Acciaio), prevede alcune condizioni riguardanti l'utilizzo dell'acciaio B450A per le armature trasversali;
tali condizioni inducono i responsabili della progettazione, ossia ingegneri e architetti, a non prescrivere l'utilizzo dell'acciaio suddetto;
la produzione per armature trasversali rappresenta una parte rilevante della produzione di acciaio B450A;
nell'attuale crisi generalizzata del settore industriale la conseguente forte contrazione degli ordinativi attinenti alle armature trasversali ha comportato gravissime conseguenze di ordine sociale ed economico per le imprese produttrici che hanno dovuto registrare una contrazione degli ordini pari al 50 per cento della produzione complessiva del settore;
da notizie informali, sembra che, alla luce della situazione sopraesposta, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attraverso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, abbia approfondito la questione, ottenendo un parere espresso da un apposito gruppo di lavoro inteso a proporre una modifica della testo della normativa tecnica, per eliminare le conseguenze ostative all'utilizzo dell'acciaio B450A per le armature trasversali, ovviamente nel pieno rispetto della sicurezza delle costruzioni;
prove di laboratorio sul materiale B450A, sollecitate dal citato gruppo di lavoro istituito presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici ed eseguite, presso

il Politecnico di Torino e l'Università di Pisa, avrebbero fornito esiti assolutamente positivi in termini di sicurezza strutturale richiesti dalla normativa;
sembra che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sia mostrato intenzionato a sottoporre la modifica in questione ad una commissione di monitoraggio che dovrebbe essere nominata con la massima urgenza considerata la gravità delle conseguenze socio-economiche per il settore;
sembra che gravi intralci burocratici abbiano ritardato a tutt'oggi la creazione di tale commissione -:
se il Ministro intenda ovviare agli inconvenienti emersi, provvedendo ad istituire la commissione sopracitata, perché possa verificare con urgenza le opportune modifiche alle nuove norme tecniche per le costruzioni, in modo da rendere meno ostativo l'utilizzo dell'acciaio B450A per le armature trasversali, nel pieno rispetto dei requisiti di sicurezza per le costruzioni.
(5-03508)

FIANO, MISIANI e SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una troupe televisiva della trasmissione «Striscia la notizia», eludendo ogni controllo di sicurezza nell'aeroporto di Orio al Serio è riuscita ad arrivare fino alla pista di decollo;
la messa in onda di tale trasmissione lunedì 27 settembre 2010 ha evidenziato gravi inefficienze al sistema di sicurezza aeroportuale;
la società Sacbo è la società di gestione dell'aeroporto;
la stessa non avrebbe la responsabilità diretta dei controlli di sicurezza della zona arrivi dell'aeroporto essendo, secondo quanto asserito dalla Sacbo stessa, tale area di competenza statale e quindi il controllo ricade sotto la responsabilità delle forze dell'ordine;
risulterebbe che l'organico delle forze dell'ordine ivi in servizio non sia sufficiente a ricoprire tali esigenze;
la Sacbo avrebbe accettato di supplire a questa mancanza organizzando i controlli tramite l'utilizzo di guardie giurate private -:
quale sia la consistenza effettiva dell'organico delle forze dell'ordine necessaria per garantire la sicurezza dell'aeroporto Orio al Serio;
quale sia l'esatta consistenza dell'organico delle forze dell'ordine in servizio presso l'aeroporto di Orio al Serio;
quale sia la ripartizione delle competenze tra la società di gestione aeroportuale e le forze dell'ordine circa la sicurezza dell'aeroporto;
se sia in corso un'inchiesta ministeriale che verifichi le lacune al sistema di sicurezza evidenziate dalla trasmissione Striscia la notizia e quali provvedimenti si intendano assumere.
(5-03513)

CALVISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il commissario straordinario, dottor D'Andrea, ha prorogato il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse per l'acquisizione della società Tirrenia al 20 ottobre 2010;
i tempi quindi per la privatizzazione della società di navigazione di proprietà pubblica si dilatano;
è necessario, in questo periodo di gestione straordinaria, evitare scelte operative che riducano il servizio creando problemi agli utenti e ai lavoratori del gruppo, soprattutto nelle linee convenzionate che garantiscono continuità tra la Sardegna e la penisola;

tali scelte compromettono anche il valore complessivo del capitale sociale della società Tirrenia in vista della auspicata vendita;
il presidente dell'autorità portuale del nord Sardegna ha appreso la notizia , come riportato in data di oggi dalla stampa sarda, della soppressione della linea che collega Genova con Arbatax e Genova con Olbia, scelta che se confermata provocherà ricadute molto pesanti per i collegamenti marittimi tra la Sardegna e la Penisola con ricadute pesanti su tutta l'economia dell'isola;
tale scelta verrebbe motivata con il fatto che la nave utilizzata (Domiziana) dovrebbe essere sottoposta ad interventi di adeguamento per ottemperare ai requisiti imposti dallo Stockolm Agreement -:
se sia a conoscenza di tali scelte e quali azioni intenda compiere per evitare l'interruzione del collegamento fra Genova e Olbia e Genova e Arbatax;
se altre navi della società Tirrenia si trovano nelle stesse condizioni e se altre linee nel collegamento della Sardegna con la penisola possono essere interessate da riduzioni o interruzioni dei collegamenti.
(5-03519)

Interrogazioni a risposta scritta:

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la città di Bolzano è stata recentemente collegata con la capitale con un treno denominato «Freccia Argento» che parte nel corso della mattinata;
a questo primo collegamento ferroviario ne verrà aggiunto un secondo con partenza nel primo pomeriggio;
il treno attualmente in servizio e quello che verrà attivato a breve saranno scortati da personale viaggiante di Verona;
a Bolzano vi sarebbe il personale sufficiente, oltretutto in possesso di attestato di bilinguismo, per scortare i due convogli;
la scelta di utilizzare personale non bilingue elude, nella sostanza, l'obbligo di dotarsi di personale bilingue per le varie società nate da Ferrovie dello Stato, sulla base di una specifica norma di attuazione;
la norma di attuazione prevede espressamente il reclutamento di personale bilingue allo scopo di fornire detto servizio all'utenza dell'Alto Adige e quindi il reclutamento fuori sede aggira una specifica norma in tal senso -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di richiamare la società Trenitalia al rispetto della normativa vigente che prevede l'impiego di personale locale.
(4-08834)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
molte aree autostradali risultano spoglie di vegetazione, mentre - pur osservando tutte le necessarie salvaguardie di sicurezza - risulterebbero molto più gradevoli se adeguatamente piantumate -:
se i Ministri interrogati, di concerto tra loro - ed anche con il prezioso aiuto delle strutture del Corpo forestale e della società Autostrade - intendano organizzare una campagna di piantumazione di svincoli, scarpate, accessi, aree di sosta prossime alle autostrade che ne permettano un naturale ombreggiamento, un recupero e miglioramento dell'atmosfera e un migliore inserimento ambientale delle strutture.
(4-08841)

D'AMICO, CHIAPPORI e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso:
la società Porto di Lavagna s.p.a. è titolare della concessione portuale n. 1680

del 22 giugno 1974, a suo tempo assentita dall'amministrazione statale per cinquantanni, e perciò valida fino al 2024;
la suddetta società, in esecuzione di un protocollo d'intesa sottoscritto in data 12 dicembre 2007 con il comune di Lavagna in persona del sindaco Giuliano Vaccarezza, ha presentato il 2 marzo 2009 istanza (prot. n. 6872) volta ad ottenere, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n. 509, la proroga della vigente concessione, giustificandola con un progetto relativo alla realizzazione di nuovi interventi resisi necessari per l'adeguamento della struttura portuale ed il mantenimento della sua funzionalità;
la concessionaria ha anche rimesso all'amministrazione comunale il parere reso dalla competente direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito alla procedura da seguire;
sembrerebbe che il comune, contravvenendo al parere e nonostante l'univoco senso letterale dell'istanza di proroga, l'abbia arbitrariamente qualificata come modifica della concessione pubblicandola nella Gazzetta Ufficiale della regione Liguria e in quella delle Comunità europee, al fine di consentire la presentazione di domande concorrenti per il rilascio di concessione demaniale marittima per la medesima struttura;
il comune di Lavagna avrebbe quindi indetto una conferenza di servizi per l'esame delle domande concorrenti pervenute;
la concessionaria avrebbe poi presentato sia una memoria difensiva ex articolo 10 della legge n. 241 del 1994 al responsabile del procedimento, sia una diffida al comune volta a disporre l'immediata archiviazione della procedura, perché non conforme all'istanza della concessionaria ed al dettato della norma di riferimento;
in tale contesto, ad avviso degli interroganti di dubbia conformità alla normativa vigente, durante i lavori della conferenza di servizi, in cui rappresentante della capitaneria di porto di Genova avrebbe confermato l'erroneità del procedimento, sarebbe stata addirittura ipotizzata la revoca della concessione, pur in assenza dei presupposti che legittimano l'adozione di tale atto di ritiro, che, in ipotesi, imporrebbe l'apertura di un procedimento ad hoc;
in relazione a tale situazione che ad avviso degli interroganti sembra configurare una probabile grave illegittimità amministrativa ed un'evidente confusione procedimentale, è necessario l'intervento chiarificatore del Governo a conferma del generale principio giuridico, secondo cui, se il concessionario inoltra domanda di proroga prima della scadenza del titolo concessorio, l'autorità concedente non può prendere in considerazione domande di altri soggetti in via comparativa, non potendo rilasciare un nuovo titolo concessorio, in quanto il bene oggetto di concessione non è rientrato nella sua disponibilità, dovendo, per contro, in base al vigente quadro normativo, avvalersi dell'istituto della conferenza di servizi (solo) nel caso in cui gli interventi progettuali che hanno legittimato la domanda di proroga richiedono il procedimento previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997, ovvero di un organo tecnico della propria amministrazione, al quale sottoporre, per una valutazione di congruità, la documentazione economico-finanziaria (computo metrico estimativo e/o perizia tecnico-economica) che giustifica e individua la nuova durata della concessione in vigore, da stabilirsi tenendo conto della necessità di consentire al concessionario di ammortizzare gli investimenti e di remunerare il capitale investito, in un contesto provvedimentale che assicuri l'equilibrio finanziario -:
se, considerato quanto in premessa, non si intenda fornire un chiarimento interpretativo della normativa vigente che disciplina la procedura per la proroga delle concessioni demaniali marittime relative ai porti turistici, al fine di dare certezza al principio del giusto procedimento,

così da evitare situazioni quale quella che sembrerebbe si stia attualmente verificando per il porto turistico di Lavagna.
(4-08853)

DI PIETRO e FAVIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società DUKIC DAY DREAM s.r.l. è una società che commercializza sul mercato dispositivi brevettati finalizzati al risparmio energetico, all'abbattimento delle emissioni inquinanti e alla riduzione dei consumi di carburante;
la società DUKIC DAY DREAM s.r.l. in data 15 marzo 2008 ha presentato al Ministero dei trasporti - centro prove autoveicoli di Bari -, domanda di omologazione del dispositivo denominato TRE D CAR VAN, ai sensi del decreto del Ministro dei trasporti n. 42 del 1o febbraio 2008, quale sistema idoneo per la riduzione di massa di particolato emessa da autoveicoli dotati di motore ad accensione spontanea appartenenti alle categorie M1 e N1;
pur essendo state eseguite positivamente, a quanto risulta agli interroganti, tutte le prove e le verifiche utili all'omologazione del dispositivo così come prescritte dal citato decreto ministeriale da parte dell'organo competente (centro prove autoveicoli di Bari), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, direzione generale per la motorizzazione divisione 2, ha omesso di rilasciare la scheda ed il numero di omologazione del dispositivo, senza fornire alcuna giustificazione in merito;
dalla conclusione positiva delle prove e verifiche effettuate sul dispositivo innanzi indicato all'attualità sono trascorsi oltre 16 mesi, senza che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia formulato una pronuncia espressa in merito alla citata domanda di omologazione, nonostante i plurimi atti di significazione e di diffida notificati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti medesimo, volti ad ottenere una pronuncia espressa in ordine alla domanda di omologazione;
a causa del blocco immotivato della domanda di omologazione del dispositivo, la società DUKIC DAY DREAM s.r.l. è stata di fatto estromessa dal mercato dei filtri anti-particolato, attualmente nel monopolio esclusivo di un'unica azienda;
dalla corrispondenza ufficiale intercorsa tra il Ministero dei trasporti ed il C.P.A. (centro prova autoveicoli) di Bari in merito alla richiesta di omologazione (note prot. n. 83641 del 20 ottobre 2008, n. 103254 del 19 dicembre 2008 e n. 18897 del 25 febbraio 2010 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; note prot. n. 2159/BA/0-0 del 17 novembre 2008 e n. 0066/BA/0-0 del 4 febbraio 2009 del CPA di Bari) emerge che «questo CPA [di Bari] ritiene di aver ottemperato alle note di riferimento» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (citazione tratta dalla nota prot. n. 2159/BA/0-0 del 17 novembre 2008 firmata dal direttore del CPA di Bari), e che tale Ministero dovrebbe quindi provvedere ad assumere la determinazione finale circa il procedimento di omologa;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti seguita pur tuttavia a richiedere (nota prot. n. 83641 del 20 ottobre 2008) prove tecniche che il CPA di Bari ritiene di aver già correttamente effettuato, con esiti positivi ai fini del rilascio del provvedimento di omologa (si veda ancora la nota n. 2159/BA/0-0 del 17 novembre 2008 firmata dal direttore del CPA di Bari);
della questione se ne stanno occupando le magistrature amministrative e civili, mentre risulta altresì depositato dalla signora Anna Dukic, amministratrice unica della società DUKIC DAY DREAM s.r.l., un esposto-querela alla procura della Repubblica di Roma -:
se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative per garantire l'immediata conclusione del procedimento

di omologazione, atteso e ribadito che il competente CPA ritiene di aver svolto tutte le verifiche di spettanza, onde scongiurare l'ulteriore acuirsi del danno economico già patito dalla DUKIC DAY DREAM s.r.l.;
se e quali iniziative intenda altresì assumere affinché vengano chiarite le motivazioni del rinvio sine die del procedimento di omologazione di cui alla presente interrogazione e, si opus sit, quali siano le iniziative che intende assumere volte a sanzionare eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare.
(4-08854)

TESTO AGGIORNATO AL 21 OTTOBRE 2010

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

AMICI, CORSINI, FERRARI, FIANO e COLOMBO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la vicenda della scuola di Adro, in provincia di Brescia, è ormai universalmente nota;
siamo di fronte ad una iniziativa, promossa dal sindaco di Adro, emblematica di quello che agli interroganti appare il regime «leghista-padano» che si intende instaurare nella scuola pubblica;
il caso rappresenta un esempio tipico di una visione proprietaria delle istituzioni;
è evidente l'intento di strumentalizzare, mediante una «pedagogia leghista», a scopi di parte, palesemente partitico - politici, i giovani adolescenti che frequentano la scuola;
il prefetto di Brescia dottoressa Brassesco Pace, non ha preso alcuna posizione, assumendo un atteggiamento, ad avviso degli interroganti, pilatesco e non ha richiamato pubblicamente il sindaco al rispetto delle norme connesse all'utilizzazione di bandiere e simboli nelle sedi pubbliche -:
quali iniziative il Ministro abbia intrapreso per richiamare il prefetto all'esercizio delle sue funzioni e dei suoi doveri;
se il Ministro intenda assumere misure nei confronti del prefetto e procedere, come è negli auspici degli interroganti, al suo trasferimento da Brescia.
(5-03510)

FIANO, COLOMBO, MOGHERINI REBESANI, FERRARI, DE BIASI, GHIZZONI e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'interno. Per sapere - premesso che:
il 20 settembre 2010 il direttore scolastico regionale della Lombardia dottor Giuseppe Colosio, e il comandante regionale dell'Esercito italiano, generale Camillo De Millato, hanno sottoscritto il protocollo d'intesa «Allenarsi alla vita» all'interno del progetto «Incontri esercito scuola» per realizzare un progetto di addestramento alla cultura e alla vita militare, rivolto agli studenti delle scuole secondarie superiori delle province lombarde;
il corso affronterà materie quali «cultura militare» «armi e tiro» «sopravvivenza in ambienti ostili»;
si concluderà con una gara pratica tra pattuglie di studenti;
gli istruttori del corso sono tutti volontari dell'UNUCI (Unione nazionale ufficiali in congedo);
si prevede la partecipazione di circa 1.000 studenti delle scuole lombarde;
un gruppo di studenti ha partecipato ad una manifestazione di contestazione di tale iniziativa che si è svolta a Milano di fronte alla sede dell'UNUCI;
risulta che nel corso di tale manifestazione uno degli studenti manifestanti, Leon Blanchaert, sia stato immobilizzato da due carabinieri e colpito al naso da un terzo, il ragazzo ha riportato la frattura del naso con conseguenze e necessità di intervento chirurgico;


contemporaneamente anche una ragazza sarebbe stata violentemente malmenata dai carabinieri presenti;
sarebbero stati danneggiati e/o distrutti alcuni apparecchi fotografici di proprietà degli studenti -:
se fosse stata data comunicazione della manifestazione alla questura di Milano;
quali siano state le direttive ricevute dai carabinieri circa l'atteggiamento da tenere nei confronti dei manifestanti;
quale fosse il reparto dei carabinieri preposto all'ordine pubblico di fronte all'accesso dell'UNUCI nei fatti in questione;
qualora dovesse risultare confermato lo svolgimento dei fatti così come descritto nelle premesse, quali provvedimenti si intendano adottare;
se sia stata avviata una inchiesta interna per verificare lo svolgimento dei fatti che hanno portato al ferimento del ragazzo e della ragazza.
(5-03514)

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 settembre 2010 - a conclusione delle indagini coordinate dal pubblico ministero Orietta Canova e su disposizione del giudice delle indagini preliminari Paola Cameran - i finanzieri del nucleo tributario di Padova guidati dal colonnello Ivano Maccani hanno arrestato tre persone con l'accusa di evasione fiscale e contributiva. Si tratta di Willi Zampieri, 40 anni imprenditore della logistica e delegato di Forza Italia dal 2004 al 2007, residente a Noventa padovana (Padova); Paolo Sinagra Brisca, 62 anni, consulente finanziario, residente a Padova e Patrizia Trivellato, 57 anni, consulente del lavoro, residente a Padova;
nell'ambito della medesima inchiesta risultano indagate complessivamente 21 persone nelle città di Padova, Venezia, Treviso, Vicenza, Ferrara, Pavia e in Germania. Agli arrestati sono contestati, a vario titolo, 14,5 milioni di euro di omesse contribuzioni Inps, 13,8 milioni di mancate dichiarazioni ai fini dell'Ire e oltre 2,2 milioni di Iva non pagata. La stima dell'evasione, allo stato attuale, è di una trentina di milioni di euro tra tasse e contributi evasi;
nel corso dell'operazione di polizia tributaria sono stati sequestrati beni del valore di circa 18 milioni di euro. Nel dettaglio, si tratta di titoli azionari di una quindicina di società, un'ottantina di conti correnti bancari e postali, circa 600 mila euro in contanti oltre a diversi terreni e fabbricati. Tra le quote societarie poste sotto sequestro risultano le azioni di Free West Srl, società che gestisce gli esercizi della catena Old Wild West nei Cinecity di Limena (Padova) e Silea (Treviso), e di Green Line, società immobiliare con sede a Saonara (Padova). Secondo la procura di Padova anche attraverso queste attività gli arrestati avrebbero riciclato il denaro sottratto all'erario;
la Guardia di Finanza ha, altresì, sequestrato una villa, tre vigneti e dieci appezzamenti di terreno a Saonara, due abitazioni e altrettanti terreni a Codigoro (Ferrara) un immobile e un laboratorio a Padova, un magazzino e quattro uliveti a Capo d'Orlando (Messina), un ufficio, un magazzino, un garage, un immobile e un'abitazione a Padova, oltre a due stabili a uso commerciale a Pavia e tre appartamenti tra Battaglia Terme, Limena (Padova) e Vigonovo (Venezia);
dall'indagine giudiziaria emerge il coinvolgimento di decine di cooperative alle quali Zampieri avrebbe affidato gli appalti dei diversi servizi logistici all'interno dei magazzini generali di Padova. Tali cooperative avrebbero assunto in «nero» collaboratori che venivano pagati cifre irrisorie, mentre il consorzio gestito da Zampieri avrebbe incassato l'importo lordo pagato dai committenti evitando di pagare Iva e contributi previdenziali;
a questo si aggiunge che - secondo l'inchiesta e i controlli dell'Inps - i relativi

documenti contabili sarebbero stati falsificati dai consulenti Sinagra Brisca e Trivellato mentre Zampieri avrebbe provveduto a intestare alcune società a prestanome nullatenenti;
queste forme di lavoro illegale rischiano di coinvolgere lavoratori stranieri irregolari - categoria facilmente ricattabile a causa della loro condizione - in violazione delle norme, non solo in materia di lavoro ma anche in tema di immigrazione;
il 15 settembre 2010, il direttore provinciale dell'Inps di Padova e Rovigo Marinella Cavallari ha quantificato il danno all'Istituto di previdenza sociale stimando in circa 12 milioni di euro i contributi evasi da Zampieri, dichiarando contestualmente agli organi di stampa che «annualmente l'Inps invia migliaia di diffide per il mancato pagamento delle quote contributive a carico dei lavoratori» e che «le denunce all'Autorità gudiziaria in caso di mancato pagamento ammontano mediamente a circa 400 all'anno». Nella stessa occasione il direttore Cavallari ha precisato che «già dal maggio 2005 il mio predecessore Angela D'Amico ha segnalato il fenomeno alle istituzioni» -:
se sia al corrente dei fatti sopra esposti;
quali concrete misure intenda porre in essere per aumentare i controlli, prevenire le truffe ai danni dell'Erario e contrastare le violazioni di legge in materia di lavoro e di immigrazione.
(4-08836)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Dino Cinel (CNL DNI 41S17 H580S) nato a Rossano Veneto il 17 novembre 1941 e residente a Cittadella, in via della Mura Rotta n. 34, aveva inoltrato il 18 maggio 2010 al comune di Cittadella la richiesta d'iscrizione anagrafica;
il 9 luglio 2010, Cinel produsse, a seguito della richiesta avanzata il 21 maggio 2010 dall'ufficiale d'anagrafe della documentazione attestante le generalità e lo «status civitatis», come suo unico documento in corso di validità un passaporto statunitense a nome di Dino Cinel nato in Rossano Veneto (Vicenza) il 17 novembre 1941, con la precisazione stampata nella pagina 27 del passaporto che egli è anche conosciuto (... negli Stati Uniti s'intende) come Dino Carlo Orsini;
ad adiuvandum, il 14 luglio 2010 produsse una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà per dichiarare di «... essere cittadino italiano per nascita, di aver perduto la cittadinanza nel 1979, di averla riacquisita il 30 settembre 1992...» e di non aver mai rinunciato alla cittadinanza italiana, accludendo il certificato di nascita rilasciato dal Comune di Rossano Veneto;
con raccomandata del 16 luglio 2010, l'ufficiale d'anagrafe, sindaco di Cittadella, ai sensi dell'articolo 10 legge 241 del 1990 gli comunicò la «proposta di provvedimento di diniego»;
il Cinel produsse allora: la certificazione del comune di Rossano Veneto attestante sia l'identità che la cittadinanza italiana; il passaporto italiano scaduto rilasciato a Dino Cinel in data 14 aprile 1993 dal Consolato generale di New York; il passaporto USA riportante le generalità di Orsini Dino Carlo, rilasciato il 5 maggio 2008 con scadenza 4 maggio 2018 ed annullato con quattro fori (Dino Carlo Orsini A.K.K. Cinel) dal Consolato d'America in Venezia;
agli atti risulta anche il certificato di attribuzione del numero di codice fiscale rilasciato in data 19 aprile 2010 dall'Agenzia delle entrate di Bassano del Grappa;
il 28 luglio 2010, il sindaco di Cittadella, ufficiale d'anagrafe, adottava il diniego che formalmente veniva notificato il successivo 29 luglio 2010;
il sindaco ha dichiarato pubblicamente (Il Mattino di Padova del 29 luglio)

che pur essendo le ragioni del diniego della residenza «tecniche», «... la presenza di questa persona non è gradita nel nostro territorio comunale. Quindi la invitiamo a cambiare al più presto domicilio»;
Dino Cinel fu protagonista di uno scandalo pedopornografico esploso nel 1991 dal quale però ne uscì da innocente come comprovano i documenti che ha prodotto: certificato penale e dei carichi pendenti rilasciato dall'ufficio del casellario presso il tribunale di Padova e la dichiarazione del suo avvocato americano Arthur Lemman III Attorney at Law in New Orleans che attesta e certifica l'inesistenza di condanne o di procedimenti penali a suo nome;
a giudizio degli interroganti appare pretestuosa, a fronte dei documenti prodotti, la motivazione della impossibilità ad accertare l'identità della persona e le ragioni del diniego paiono essere piuttosto d'altra natura come dimostra anche il fatto che, a seguito del ricorso gerarchico presentato dall'avvocato Massimo Pieressa al prefetto di Padova contro il diniego di iscrizione anagrafica di Dino Cinel, il sindaco ha annunciato direttamente sulla stampa azioni legali per i contenuti del ricorso che ritiene diffamatori e segnalazioni all'ordine degli avvocati e ha mosso, sempre dalle pagine dei quotidiani locali, accuse di strumentalizzazione politica del caso da parte dell'avvocato Pieressa da tempo impegnato a difesa dei diritti civili;
l'iscrizione anagrafica di Dino Cinel è urgente anche per assicurare al cittadino italiano l'ottenimento del tesserino sanitario -:
quali azioni il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare al cittadino italiano Dino Cinel l'iscrizione nelle liste elettorali del comune di Cittadella;
se e quali azioni il Ministro interrogato intenda adottare nei confronti di chi non si sia attenuto scrupolosamente al rispetto della legge italiana in materia di rilascio dell'iscrizione anagrafica e di rispetto delle norme inerenti all'esercizio della propria funzione.
(4-08850)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DI CENTA e RIVOLTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la nuova normativa introdotta dall'anno scolastico 2010-2011 prevede tra l'altro la bocciatura in caso di superamento di cinquanta giorni di assenza;
tale scelta, finalizzata tra l'altro ad evitare la prassi legata ai cosiddetti «diplomifici» (ovvero al conseguimento del diploma nonostante una scarsa frequenza durante l'anno scolastico) se da un lato risulta apprezzabile, dall'altro penalizza fortemente quegli studenti che praticano discipline sportive invernali, regolarmente riconosciute dalla FISI (Federazione italiana sport invernali) a livello agonistico e che devono quindi allenarsi con una frequenza assidua e necessariamente durante le ore diurne; ciò contrariamente a quanto accade per altre attività sportive, come atletica e nuoto, i cui allenamenti possono svolgersi anche durante le ore serali;
tale disagio sta producendo, nell'ambito dell'agonismo legato agli sport invernali, un numero sempre più elevato di abbandoni, che rischiano di rendere molto difficile l'individuazione di futuri atleti di qualità, che possono rappresentare l'Italia nelle competizioni internazionali;
occorre sottolineare che in alcuni Paesi europei (Austria, Svizzera, Germania, Francia e Spagna) è data la possibilità agli studenti di conciliare entrambe le

attività, così da permettere una loro adeguata crescita sia sul piano culturale che su quello sportivo -:
se non si ritenga doveroso assumere iniziative per introdurre una deroga alla normativa di cui in premessa, relativamente al numero massimo di assenze annuali consentite, ovviamente entro limiti ragionevoli, ciò al fine di contemperare il profitto scolastico degli studenti con lo svolgimento della pratica agonistica degli sport invernali, che comporta un elevato numero di giorni di assenza, peraltro concentrati in periodi ristretti dell'anno scolastico.
(5-03509)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in materia di interventi riguardanti la sicurezza delle scuole e l'edilizia scolastica il Governo non ha fornito al Parlamento informazioni sullo stato di attuazione degli interventi già programmati e finanziati dal Governo Prodi né su quelli previsti dal Governo in carica;
la delibera del CIPE del 6 marzo 2009 che impegna un miliardo nel triennio per l'edilizia antisismica non aggiunge nuove risorse. Essa infatti modifica di fatto la delibera 166/2007, che aveva programmato in attuazione del QSN l'impiego dei fondi FAS e dei fondi strutturali europei;
il miliardo nel triennio è stato sottratto a risorse (1.500 milioni) già destinate alle scuole del Sud e ad esse avrebbe dovuto, secondo le intese sottoscritte in conferenza unificata il 12 febbraio 2009, essere destinato con la nuova finalizzazione almeno nella misura dell'85 per cento (15 per cento al centro-nord);
risulta che tutti i circa 6 miliardi di fondi FAS per la ricerca e l'innovazione (a gestione Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) sono stati totalmente eliminati. Per avere le mani libere, e usare i fondi FAS e quelli strutturali europei con le modalità del bancomat, Tremonti non si è preoccupato di riscrivere una nuova direttiva in sostituzione della 166/2007;
sino ad oggi non si è potuto conoscere che fine avessero fatto l'anagrafe scolastica e l'intesa, raggiunta nella Conferenza unificata del 28 gennaio 2009 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del febbraio 2009;
solo di recente il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno predisposto un primo piano stralcio riguardante gli interventi in oggetto e hanno provato ad avviarlo alla deliberazione finale del CIPE senza un preventivo coinvolgimento della Conferenza unificata;
questo coinvolgimento, sia pure in forme irrituali, si è verificato alla fine del mese di aprile e la delibera del CIPE si è avuta il 13 maggio;
il Piano stralcio, che inizialmente recava la spesa di 350 milioni di euro per un totale di 1.552 interventi, fu ritoccato in quell'occasione lievitando a 358 milioni. Vi si sosteneva l'avvenuta utilizzazione dei risultati parziali del suddetto monitoraggio;
se si vanno però a considerare i criteri di ripartizione regionale si rileva facilmente che essi sono identici a quelli da molti anni in vigore che prevedono la valutazione del riparto sulla base del numero di studenti e di quello degli edifici esistenti nella regione. Risulta così, come per i decenni passati, che in testa figura con 49,7 milioni la Lombardia e che chiude la coda con 2,17 milioni il Molise;
in questo quadro il fatto che il 30 luglio 2010 il CIPE abbia ulteriormente ritoccato il Piano portando la spesa a 376 milioni non rappresenta un dato tranquillizzante: di ritocco in ritocco si può arrivare alla fine della legislatura senza aver speso un euro del miliardo stanziato;

inoltre, nonostante si tratti di fondi FAS, alla Sicilia sono stati attribuiti circa 36 milioni di euro, e nello stesso modo è stato penalizzato tutto il sud d'Italia: i fondi FAS infatti dovrebbero essere destinati all'85 per cento alle aree sottoutilizzate e per il 15 per cento al resto del Paese mentre in questo caso la distribuzione prevista dalla legge è stata totalmente ribaltata;
quanto fin qui descritto ha pesanti ripercussioni a livello locale e si somma al totale disinteresse di alcuni enti locali del Sud tra cui spicca il comune di Palermo, che da molti anni approva il bilancio senza prevedere un euro per la manutenzione degli edifici scolastici, neanche per quella ordinaria, né per altri servizi dei quali pure avrebbe la titolarità;
l'edilizia scolastica è, per la città di Palermo, una vera e propria emergenza: su 281 scuole, ben 187 presentano problemi strutturali e non rispondono alle norme antisismiche;
i problemi dei plessi scolastici, denunciati anche dai media, sono tanti: infiltrazioni di acqua piovana; condizioni dei servizi igienici disastrose; tombini scoperti; palestre inagibili; impianti non a norma e adeguamenti antincendio inesistente molti altri ancora;
alcune scuole di Palermo non hanno potuto riaprire a causa di danni strutturali che le rendono inagibili mentre altre hanno aperto in ritardo rispetto all'inizio dell'anno scolastico e in altre ancora sono scattati i doppi turni per gli alunni;
a tale situazione si aggiunge la mancanza di carta igienica, detersivi, sedie e arredi nonché un drammatica carenza di bidelli;
in gioco ci sono la sicurezza di alunni e insegnanti e il diritto allo studio;
il 21 settembre 2010 il comune di Palermo, con grande ritardo, ha annunciato il trasferimento di cinquanta operai comunali all'edilizia scolastica, la destinazione immediata di 250 mila euro per l'acquisto del materiale per gli interventi di piccola manutenzione, il ripristino del fondo destinato a presidi e direttori didattici per gli interventi urgenti ed immediati. Ma fin qui si tratta solo di parole, non essendosi provveduto ad alcuna variazione di bilancio. Lo stesso vale per l'annuncio della destinazione di 10 milioni di euro dei fondi CIPE per la manutenzione straordinaria delle scuole e 200 mila euro per un contratto aperto per la manutenzione ordinaria fino alla fine dell'anno e 1 milione a regime;
le risorse annunciate, seppure si adottassero gli atti conseguenti, restano del tutto insufficienti rispetto agli interventi necessari: da quelli manutentivi a quelli di consolidamento o di adeguamento alle specifiche normative, per esempio quelle antisismiche e di sicurezza -:
se non intenda, alla luce di quanto illustrato in premessa, assegnare con urgenza le risorse per gli interventi di edilizia scolastica così da permettere al comune di Palermo, di iniziare i lavori di messa in sicurezza delle scuole e garantire luoghi più sicuri ad alunni ed insegnanti;
se non ritenga opportuno a tal fine di ripristinare i fondi ordinari triennali, previsti dalla legge n. 23 del 1996, per far fronte alle esigenze ordinarie dell'edilizia scolastica;
se non ritenga necessario assumere iniziative normative per rivedere i limiti imposti dal patto di stabilità, per permettere agli enti locali di spendere quanto effettivamente stanziato e messo a disposizione per l'adeguamento strutturale degli edifici scolastici;
se intenda concludere in tempi rapidi la realizzazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica, valutando altresì l'opportunità di un'indagine conoscitiva che consenta di verificare le condizioni degli istituti scolastici palermitani.
(5-03518)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che dal momento del superamento dell'esame di Stato per l'abilitazione a ingegnere (che dura, tra le varie prove, circa 6 mesi) bisogna aspettare molti anni per ottenerne l'attestato dal Ministero;
l'attestato è necessario per l'iscrizione all'ordine degli ingegneri;
per superare questa situazione le università rilasciano di norma un documento temporaneo nel quale vi è scritto che l'esame è stato superato -:
perché non sia possibile sveltire i termini tra il superamento degli esami di Stato e l'invio del relativo attestato ai laureati che abbiano superato la prova.
(4-08842)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo un gruppo di docenti di storia chiede di essere ricevuto dal Ministro per sottoporre dei problemi legati all'insegnamento della storia;
oltre 1.500 insegnanti hanno sottoscritto una petizione inviata al Ministro in favore del ricevimento di una loro delegazione -:
per quali motivi il Ministro non intenda ricevere a colloquio la delegazione dei predetti insegnanti che da oltre un anno chiedono di essere ricevuti.
(4-08844)

PATARINO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
lo scorso anno accademico, a seguito di decreto direttoriale del direttore generale dell'istruzione universitaria, la scuola di specializzazione in reumatologia dell'università degli studi di Foggia veniva federata alla scuola di specializzazione in reumatologia dell'università degli studi di Bari;
attualmente, nell'ambito del riassetto delle scuole di specializzazione in Italia, pare si voglia confermare l'aggregazione della scuola di Foggia a quella di Bari;
vale la pena precisare che la scuola di specializzazione in reumatologia dell'università degli studi di Foggia, che insiste su un territorio geografico che comprende la Capitanata, gran parte del Molise e della Basilicata, risponde pienamente e realmente agli standard ed ai requisiti assistenziali, strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti per l'accreditamento e l'attivazione, a differenza di altre scuole italiane che, a fronte di quanto dichiarato, non sempre e non del tutto rispondono a tali requisiti;
da parte della regione Basilicata viene assicurato il finanziamento per una borsa annuale per la scuola di specializzazione in reumatologia dell'università di Foggia, con ulteriore qualificazione della scuola stessa dal punto di vista scientifico, atteso che il direttore dell'unità operativa complessa di reumatologia dell'ospedale di Potenza, dottor Ignazio Olivieri, rappresenta un'autorità scientifica a livello internazionale;
l'aggregazione della scuola di Foggia ad altre scuole non comporta nessun risparmio dal punto di vista economico-strutturale in quanto il personale docente che opera in detta scuola è a costo zero e le strutture sono quelle dell'unità operativa complessa a direzione universitaria dell'azienda mista ospedaliero-universitaria ospedali riuniti di Foggia -:
se non ritengano di assumere gli opportuni provvedimenti, perché la scuola di specializzazione in reumatologia degli studi di Foggia continui ad esistere in maniera autonoma.
(4-08847)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

GINEFRA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 17 marzo 2007 moriva a diciassette anni Giuseppe di Vincenzo, vittima di un'incidente sul lavoro avvenuto nel cantiere d'ampliamento della sala ricevimenti «Corte Bracco dei Germani» sulla strada provinciale Corato-Ruvo in provincia di Bari;
nei giorni scorsi i sette partiti dell'opposizione (PSI, SEL, DC, PD, UDC, PRC e IDV) attraverso i loro consiglieri comunali hanno protocollato presso il palazzo di città di Corato una interrogazione per ottenere chiarimenti in merito alla mancata costituzione di parte civile del comune nel processo penale pendente innanzi al tribunale di Trani;
il Sindaco della città di Ruvo, Luigi Perrone, a tale proposito avrebbe dichiarato che «quest'amministrazione comunale sin dai suo insediamento nei 2003 ad oggi, non ha mai deliberato di costituirsi parte civile in qualsiasi procedimento giudiziario, se non in due casi, in cui doveva recuperare danaro pubblico anticipato e per attività investigativa svolta dalla polizia municipale, casi cioè in cui era giuridicamente tenuta a farlo per difendere interessi specificamente previsti dalla normativa di settore»;
a tale riguardo, invece, il servizio politiche per il lavoro della regione Puglia, con una relazione del 28 giugno 2010, ha espresso il suo favorevole orientamento circa la costituzione di parte civile, motivo per cui, con una delibera di giunta del 12 luglio 2010, n. 1621, ha autorizzato la costituzione di parte civile in relazione a ciascun capo di imputazione e nei confronti di ciascun imputato al fine di chiedere il risarcimento di tutti i danni;
per la morte di Giuseppe Di Vincenzo sono stati rinviati a giudizio sette imputati, tra i quali anche il figlio del sindaco, ovvero Vincenzo Perrone, legale rappresentante della «Snc Idrotermica di Perrone Luigi & C.»;
il comune, come anche la regione, è stato individuato parte offesa dalla procura limitatamente al capo di imputazione relativo alle violazioni di norme edilizie contestate, ciò nonostante la regione ha inteso costituirsi parte civile anche per l'omicidio colposo;
allo stato attuale delle cose, sia il comune di Ruvo quanto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, hanno scelto di non orientarsi circa la costituzione di parte civile -:
se il Ministero ritenga, anche in considerazione di quanto è stato espresso in premessa e, soprattutto, successivamente alla delibera 12 luglio 2010, n. 1621 della regione Puglia, che sussistano i presupposti per richiedere la costituzione di parte civile nel suddetto processo.
(3-01256)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI e BRAGA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
nei mesi scorsi la regione Lombardia ha annunciato lo stanziamento di fondi da riservare alle donne che, rinunceranno all'interruzione di gravidanza, se determinata da impossibilità economiche;
i fondi stanziati sono pari a 5 milioni di euro e verranno erogate delle borse-sussidio di 250 euro mensili, fino ai 18 mesi del bambino, per un importo totale di 4.500 euro;
l'iniziativa affida ai CAV (centro di aiuto alla vita) il compito di affiancare le donne nel percorso di scelta di non abortire, invece che ai consultori, come invece previsto dalla legge 194;

tale misura appare agli interroganti assolutamente inidonea e connotata in termini ideologici;
il nostro Paese continua ad essere fanalino di coda per quanto riguarda il tasso di natalità e le donne che decidono di mettere al mondo un figlio lo fanno in età sempre più avanzata (intorno ai 35/40 anni);
nel nostro Paese, inoltre, continuano a persistere enormi pregiudizi nonché palesi discriminazioni nei confronti delle donne lavoratrici che decidono di intraprendere il percorso della maternità;
domenica 26 settembre 2010 la trasmissione tv Presa Diretta, in onda su Rai 3, ha denunciato come nella ricca regione Lombardia ancora oggi le lavoratrici madri vengano discriminate, licenziate o costrette a farlo per accudire i propri figli perché mancano le strutture e i servizi all'infanzia;
secondo i dati contenuti nel report 2009, diffuso dall'ufficio della consigliera di parità regionale della Lombardia, le dimissioni della madre nel primo anno di vita del bambino hanno un trend costante; nel 2008 le dimissioni erano risultate 5.819, nel 2007 5.581, nel 2009 4.571. Quest'ultimo dato, all'apparenza migliore, deve tenere conto della crisi economica che ha colpito tutti i settori produttivi e che ha probabilmente influito sui comportamenti delle donne -:
se non ritenga urgente impostare un piano di sostegno pubblico alla maternità che preveda per le donne e per le famiglie servizi accessibili, potenziamento reale delle strutture per l'infanzia, a partire dagli asili nido, ampiamente al di sotto del 33 per cento di copertura prevista dall'agenda di Lisbona, progetti concreti che favoriscano la conciliazione tra la maternità e l'impegno lavorativo e un effettivo potenziamento dei consultori, dando piena attuazione ad una legge dello Stato come la 194.
(5-03520)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA e CARLUCCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
le progressioni verticali sono state introdotte dal CCNL del 31 marzo 2009 come strumento finalizzato al passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore nell'attuale sistema di classificazione (A, B, C, D), al fine di attuare un sistema dinamico di mobilità verticale in grado di valorizzare la professionalità, l'esperienza, le conoscenze acquisite;
questa mobilità si acquisiva con la partecipazione a concorsi interni con il requisito, tra gli altri, della anzianità di almeno tre anni nella categoria propedeutica;
chi alla data di entrata in vigore del nuovo contratto, come peraltro con il precedente, era già classificato nella categoria propedeutica al posto per cui concorreva, aveva una prospettiva di carriera, anche in presenza del solo diploma, che prefigurava la possibilità di accesso alla categoria superiore;
le disposizioni contenute nella legge 4 marzo 2009, n. 15, attuate attraverso il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, hanno modificato l'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 -:
se intenda assumere iniziative normative volte a consentire l'accesso alle procedure concorsurali nelle pubbliche amministrazioni al personale interno che abbia maturato dieci anni di servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui in premessa in categoria propedeutica, immediatamente inferiore rispetto a quella messa a concorso, anche in assenza dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno.
(4-08839)

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
negli anni dal 2003 al 2004 sono stati banditi concorsi nella regione Campania per la dirigenza in 21 diverse specializzazioni. I concorrenti che hanno superato la prova sono stati 228 di cui 158 vincitori di concorso (assunti) e circa 70 idonei la cui assunzione era stata prevista in tutte le successive programmazioni, che tuttavia l'amministrazione regionale non ha mai attuato;
è un concorso molto impegnativo (con prove preselettive, due prove scritte, prove orali su materie specialistiche e di diritto, prova di lingua straniera e prova di informatica), superato da pochi e soprattutto costato alla regione oltre 5 milioni di euro;
la regione Campania, con due diverse deliberazioni di giunta negli anni 2006 e 2007, aveva esplicitamente previsto che nel corso del 2008 si sarebbe proceduto allo scorrimento delle graduatorie concorsuali, utilizzando sia le risorse dovute ai pensionamenti naturali del triennio 2006-2008, sia quelle derivanti dalla procedura di esodo incentivato;
il piano integrato degli esodi è stato attuato, venendosi a determinare una fortissima riduzione nei ruoli organici dirigenziali: dalle 855 unità di personale dirigente, presente nel 2001, si è passati alle attuali 330 circa - comprensive delle aliquote di personale a contratto - su un organico previsto di 462 unita;
ma l'amministrazione regionale, anziché dare seguito alla deliberata programmazione, ha preferito fare ricorso ad ogni altra forma di reclutamento extra-concorsuale e non attingere alle graduatorie degli idonei alla dirigenza;
per gli idonei alla dirigenza è iniziato un fatale conto alla rovescia: il 31 dicembre 2010, scadranno, infatti, le loro graduatorie;
ora, la nuova manovra finanziaria, prevede l'aggiramento dello sforamento del patto di stabilità per la regione Campania e altri provvedimenti che mirano solamente a fare assumere personale a tempo determinato. Ancora una volta gli idonei al concorso, resteranno a guardare le loro speranze svanire;
per ovviare a simili situazioni bisognerebbe assumere un'iniziativa per prevedere una modifica/integrazione al decreto legislativo n. 165 del 2001, che sancisca l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, in presenza di valide graduatorie concorsuali, di coprire i propri fabbisogni di personale attingendo prioritariamente dalle stesse, con precedenza rispetto ad ogni altra forma di reclutamento, ivi compresa l'indizione di un nuovo concorso;
si tratterebbe di affermare, oltre che il principio della meritocrazia e del buon andamento della pubblica amministrazione anche il principio di economicità - ottimizzando le risorse spese ed evitando ingenti sprechi finanziari - nonché di assicurare una classe dirigente selezionata, da cui dipende, principalmente, la qualità e la trasparenza della pubblica amministrazione, significativo indicatore dell'efficienza di tutto lo Stato -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non intendano intervenire promuovere un'iniziativa normativa per porre rimedio a questa situazione.
(4-08851)

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

NUNZIO FRANCESCO TESTA e GALLETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe temporaneamente scomparso dal mercato nazionale il farmaco Questran, prodotto dalla Bristol-Myers e Squibb, indispensabile per il controllo della diarrea nei pazienti che hanno subito resezioni

intestinali, per i quali rappresenta dunque un ausilio fondamentale per condurre una vita normale, senza timore di uscire di casa;
questa condizione crea uno spaventoso impoverimento della qualità di vita e di relazione dei pazienti con colite ulcerosa e malattia di Crohn e allo stato attuale non vi sono prodotti che abbiano un'efficacia corrispondente;
la situazione dovrebbe risolversi nella seconda metà di ottobre anche se, già settembre doveva essere il mese indicato come risolutivo;
la carenza del prodotto sembrerebbe derivare dal cambio di sistema di produzione, anche se la scomparsa per altri sarebbe stata causata da un contrasto tra produttore e Ministero in ordine al prezzo (attualmente di euro 4,54 per una scatola da 12 bustine, dose media una bustina al giorno);
poiché non esistono farmaci equivalenti o sostitutivi sul mercato nazionale per chi ne è rimasto senza, le prospettive nelle prossime settimane sono alquanto tristi, in particolare proprio per la pessima qualità della vita che la mancata assunzione comporta -:
se non ritenga di fornire un chiarimento al riguardo e quali iniziative intenda adottare per risolvere la vicenda in modo rapido e positivo per i molti pazienti che attendono con ansia di avere a disposizione nuovamente il farmaco.
(5-03515)

Interrogazioni a risposta scritta:

D'INCECCO, BRAGA, MARCHIONI, BELLANOVA, PICIERNO, CAPANO, CONCIA, GNECCHI, BARBI, BOCCUZZI, MISIANI, LARATTA, BERNARDINI, MILO, MERLONI, BERRETTA, RUBINATO, CAUSI, AGOSTINI e BACHELET. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi decenni la natalità nel nostro Paese è diminuita drasticamente, passando da circa un milione di nati nel 1960 a 569.000 nel 2005, ed è aumentata l'età media delle donne alla nascita del primo figlio, così come le gravidanze di donne di 35 anni e più di età;
tra le donne che decidono di avere un figlio in una fase avanzata della vita si registrano un più elevato livello di informazione ed una maggiore capacità di autodeterminazione sulle scelte da compiere durante la gravidanza e al momento del parto;
tuttavia gli stessi fattori che sono alla base di un'eccessiva medicalizzazione e di un sovra utilizzo delle prestazioni diagnostiche rischiano di trasformare gravidanza e parto da eventi naturali in eventi patologici;
nel biennio 2004-2005 il numero medio di ecografie effettuate dalle donne in gravidanza è stato 5,5 ed il 29 per cento delle donne ha fatto sette o più ecografie, mentre il protocollo del Ministero della salute ne raccomanda tre;
i parti effettuati mediante taglio cesareo sono in costante aumento: 11,2 per cento nel 1980, 27,9 per cento nel 1996, 29,9 per cento nel biennio 1999-2000, 35,2 per cento nel periodo 2004-2005, 38,36 per cento nel 2006. Quest'ultimo, oltre ad essere il dato più alto tra i Paesi dell'Unione europea, è quasi di tre volte superiore a quello raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) (pari al 10-15 per cento) ed è in contrasto con le stime che indicano il rischio di mortalità materna per cesareo da 2 a 4 volte superiore rispetto al parto vaginale;
ricerche analoghe che arrivano dalle varie regioni confermano queste tendenze; l'azienda sanitaria locale di Pescara, attraverso il servizio di Anestesia, ha monitorato la situazione dei parti rilevando un trend di crescita dei cesarei. Questi nel 2001 sono stati 666, nel 2002, 739, nel 2003, 753, nel 2004, 764, nel 2005, 806, passando da una percentuale del 36 per cento a una percentuale che sfiora il 39 per cento;

l'eccessivo ricorso al taglio cesareo costituisce un fenomeno complesso determinato da molteplici fattori, fra cui un «fattore organizzativo» dato dalla maggiore diffusione del taglio cesareo nelle strutture private accreditate. Da sottolineare poi che il minor ricorso all'intervento chirurgico si registra in quelle regioni dove da tempo si attuano scelte di razionalizzazione dell'assistenza ospedaliera e di promozione dell'appropriatezza clinica e organizzativa delle prestazioni erogate, anche attraverso l'adozione di politiche tariffarie che prevedono meccanismi di incentivazione del parto naturale e/o disincentivazione del parto cesareo;
nel contempo si registra ancora un limitato livello di diffusione delle informazioni necessarie alla donna per vivere con piena consapevolezza la gravidanza, il parto e il puerperio. È ormai acclarata l'importanza della preparazione al parto per la salute della donna e del bambino. La percentuale di donne che ha frequentato un corso pre-parto si aggira intorno al 30 per cento, con forti differenze per area geografica (40 per cento nell'Italia centrale e settentrionale e 12,7 per cento e 14,9 per cento, rispettivamente, nell'Italia meridionale e nelle isole) e livello di istruzione (le donne laureate sono il 65,6 per cento, quelle con la licenza media il 34,2 per cento e quelle con la sola licenza elementare il 20,2 per cento);
in un documento del Comitato nazionale di bioetica del 2001 si dedicava un intero capitolo al «dolore nel parto» e al giovamento apportato dall'utilizzo di tecniche di anestesia locale ed epidurale. Vi si sosteneva che la decisione se praticare o meno tale anestesia «deve essere riservata ad ogni singola donna sulla base di un'informazione corretta sui vantaggi, i rischi e le possibilità delle due soluzioni», e ancora si evidenziava come «il diritto della partoriente di scegliere un'anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei livelli essenziali di assistenza»;
in Paesi quali la Gran Bretagna e la Francia le tecniche di anestesia epidurale sono utilizzate dal 70 per cento delle partorienti, dal 90 per cento negli Usa. In Italia gli unici dati risalgono al 2001, anno in cui un rapporto Istat fornisce anche un interessante profilo sociologico delle donne che fanno ricorso al parto senza dolore, dal quale si rileva che «Complessivamente il 63,3 per cento delle partorienti non è stato sottoposto a nessun tipo di anestesia. (...) Soltanto per l'11,2 per cento dei parti spontanei è stata fatta l'anestesia; il 7,2 per cento locale, il 3,7 per cento epidurale»;
in data 23 aprile 2008 è stato elaborato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA) che stabilisce, all'articolo 37, comma 3, che «Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e all'interno di appositi programmi volti a diffondere l'utilizzo delle procedure stesse»;
il 25 giugno 2008, il Ministro del lavoro, salute e politiche sociali, Maurizio Sacconi, nel corso di un'audizione in XII Commissione permanente (Affari sociali) della Camera dei deputati, ha riferito che i nuovi Livelli essenziali di assistenza, voluti dall'ex Ministro della salute Livia Turco, non esistono perché «la Corte dei conti non li ha registrati -:
se e cosa il Governo intenda fare per monitorare e contenere l'eccessivo ricorso al taglio cesareo, anche in rapporto all'offerta di prestazioni per il sollievo dal dolore che in determinate realtà è completamente assente;
se il Governo intenda verificare i dati sulla morbilità e mortalità materne e neonatali e ad effettuare una rilevazione dei costi relativi alla pratica del taglio cesareo e ad un censimento delle strutture abilitate;
se il Governo intenda promuovere iniziative per il parto fisiologico, per la promozione di un'appropriata assistenza alla nascita, per il potenziamento dell'attività

dei consultori familiari, per l'offerta attiva di informazione e di consulenza alle donne prima della gravidanza, alle gestanti e alle puerpere, anche mediante i corsi di accompagnamento alla nascita, stimolando l'impegno in tale senso dei servizi consultoriali e ospedalieri, anche al fine di una consapevole scelta del tipo di assistenza, del luogo e delle modalità del parto, per il controllo e la gestione del dolore nelle fasi del travaglio, nel quadro di una maggiore e migliore umanizzazione dell'evento nascita, anche attraverso il ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, in condizioni di appropriatezza e nell'ambito dei modelli organizzativi locali.
(4-08835)

BINETTI, DE POLI e NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
una recente registrazione audio pubblicata da «Giù le Mani dai Bambini», il più rappresentativo comitato di farmacovigilanza pediatrica in Italia, ha messo in evidenza un ennesimo caso di somministrazione di psicofarmaci a bambini con presunta diagnosi di sindrome ADHD, senza il consenso informato dei genitori, minimizzando gli effetti collaterali e promettendo «effetti eccezionali e a rischio zero»;
il consenso informato è una delle applicazioni più concrete dell'articolo 32 della Costituzione perché garantisce ad ogni cittadino il diritto a esprimere la propria volontà sui trattamenti che desidera o non desidera ricevere e questo principio va rispettato con ancora maggiore delicatezza quando si tratta di bambini e la responsabilità di dare o negare il consenso spetta ai loro genitori;
è evidente che i protocolli del Ministero non sempre vengono rispettati e diventa sempre più necessario verificare l'erogazione di determinate terapie, dagli effetti ancora non del tutto chiari, è soprattutto quando vengono somministrati a bambini che non sono in condizione di dare un loro efficace consenso informato. «È assolutamente vietato l'utilizzo di queste discusse molecole psicoattive senza il consenso informato dei genitori, ai quali occorre comunicare obbligatoriamente e con la massima chiarezza tutti gli effetti collaterali potenziali;
la sindrome ADHD, caratterizzata da disturbi dell'apprendimento legati alla difficoltà con cui alcuni bambini mantengono l'attenzione e la concentrazione necessaria per affrontare le proposte educative fatte attraverso l'ordinaria attività didattica, induce troppo spesso a voler controllare per via farmacologica una vivacità che va oltre le ordinarie consuetudini dei coetanei. Attualmente le segnalazioni vengono fatte prevalentemente da insegnanti che tendono a classificare con questa etichetta la maggioranza dei bambini che in classe disturbano, che si ribellano al sistema di regole scolastico, e che comunque non traggono profitto dalla loro esperienza scolastica;
recentemente, nonostante il divieto di somministrare in classe test di tipo psicoattitudinale, si sta diffondendo l'uso di alcuni che consentirebbero di avanzare delle ipotesi diagnostiche in tal senso, per segnalare poi i casi alla famiglia come se la diagnosi fosse già stata raggiunta e rivolgersi alle ASL, anche nella prospettiva di poter ottenere possibili risorse di vario tipo, a cominciare dalla collaborazione - spesso essenziale - degli insegnati di sostegno;
sedare questi bambini diventa una sorta di condicio sine qua non per assicurare alla classe un clima di maggiore serenità e permettere all'insegnante di svolgere il proprio ruolo senza dover mettere in gioco ogni volta una rinnovata creatività. Infatti, come ben sanno insegnanti esperti e profondamente dedicati al loro compito educativo, molte volte certi comportamenti dei bambini sono da ascrivere più a una possibile noia che scaturisce dalle attività scolastiche, dalla difficoltà

di misurarsi con le richieste che vengono poste loro, o da difficoltà di tipo emotivo, che hanno la loro origine nella vita familiare e nel contesto sociale. Diventa a volte difficile distinguere tra certi comportamenti legati alla naturale vivacità e spesso sconfinanti in una capricciosità difficile da controllare e comportamenti che sono invece francamente patologici. Nella vita di famiglie attraversate da forti tensioni relazionali, oppure quando i genitori sono eccessivamente impegnati nelle loro attività professionali, quando su di una famiglia si scaricano problemi inattesi, i bambini diventano spesso le antenne sottili e delicate di un equilibrio precario, di cui sono vittime inconsapevoli, ma di cui corrono il rischio di diventare gli involontari capri espiatori;
proprio per questo il disagio dei bambini può e deve porre a tutta la società domande concrete che non possono essere eluse né tanto meno possono essere anestetizzate sul piano farmacologico. La scuola può e in molti casi deve ripensare se stessa davanti alle nuove domande che l'emergenza educativa pone; deve individuare nuovi modi per coinvolgere i bambini da protagonisti nel loro agire scolastico, graduando le proposte didattiche sulla base dei loro tempi e dei loro ritmi. Ma anche le famiglia vanno aiutate a riscoprire nuovi modi per essere genitori ed esercitare il loro ruolo educativo in un contesto che pone continuamente nuove sfide;
a livello scientifico la sindrome non esiste se non si rileva in almeno 3 ambienti di socializzazione del bambino, la sola segnalazione da parte della scuola a fronte di nessuna avvisaglia da parte della famiglia farebbe pensare più ad un'inadeguatezza dell'ambiente scolastico a gestire bambini troppo vivaci che non ad una vera e propria patologia. In questi ultimi anni la scuola è diventata lo strumento per l'incremento delle diagnosi, bypassando spesso la famiglia. La linea più corretta in realtà è che sia la famiglia, principale agenzia educativa, a rivolgersi allo specialista. Sarà poi lui, con il consenso della famiglia a raccogliere la documentazione necessaria dalla scuola per una verifica accurata del comportamento del bambino e poi stabilire le giuste strategie d'intervento, evitando che avvenga il contrario;
ogni bambino che soffre è fonte di sofferenza per tutta la nostra società e a quella sofferenza va data una risposta adeguata e non solo una sorta di archiviazione farmacologica, che permette di rimuovere le difficoltà reali, rimuovendone le cause e accontentandosi di controllare i sintomi;
il consenso informato richiesto ai genitori obbliga ad un dialogo tra tutti gli attori che hanno a cuore il bene dei bambini: la famiglia, la scuola e la sanità, un dialogo che non evita le difficoltà e non elude le responsabilità ma mette ognuno davanti alle proprie per individuare le strategie più efficaci per venire incontro a chi soffre il suo disagio senza riuscire a dirne le ragioni o ad esprimere cosa vorrebbe e di cosa ha bisogno. Il protagonismo dei bambini è una realtà molto più difficile di quanto non appaia, perché non significa affatto lasciar fare ai bambini tutto ciò che vogliono senza intervenire a tempo e luogo per orientarli, per stimolarli e se è necessario per correggerli, lignifica piuttosto aiutarli a sviluppare talenti e qualità con la massima creatività, sapendo che non si può essere realmente creativi se non si è contestualmente capaci di disciplina e di autocontrollo;
i protocolli ministeriali sono equilibrati e tengono conto di tutta la complessità che questo tema comporta, ciononostante, risulta che non sempre i protocolli vengono applicati con il necessario rigore: in alcuni centri la prassi abituale rivela infatti la massima trascuratezza, come risulta da recenti registrazioni audio di interviste spontaneamente rilasciate dalle famiglie interessate e pubblicate on-line -:
quali iniziative urgenti ed immediate di competenza intendano porre in essere con riferimento a quanto riportato in premessa;

quali iniziative si intendano assumere per evitare che a scuola vengano somministrati ai bambini, a qualsiasi titolo, test volti a diagnosticare disturbi che debbano conservare il loro specifico carattere di patologia di esclusiva competenza specialistica.
(4-08840)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con gli atti di sindacato ispettivo nn.rr. 4-06629 e 4-06344 gli interroganti hanno portato all'attenzione dei Ministri interrogati la questione che ha visto coinvolta la Croce rossa italiana nelle puntuali denunce fatte dal maresciallo capo CRI Vincenzo Lo Zito;
la totale assenza di risposta alle interrogazioni citate, nonostante i solleciti effettuati, rappresenta, ad avviso degli interroganti, una grave disattenzione del vertice politico dei Ministeri vigilanti verso i fatti segnalati. Infatti, non vi è notizia che vi sia stato un intervento da parte dei predetti Ministeri sulla Croce rossa, teso ad accertare i fatti ed eventualmente procedere alle dovute comunicazioni alle autorità giudiziarie competenti e alla rimozione delle cause o dei responsabili delle irregolarità segnalate dal militare in questione che attualmente, consta agli interroganti, sia sottoposto a severi procedimenti disciplinari di stato che nonostante la decorrenza dei termini di legge non hanno trovato la loro conclusione;
i vertici della Croce rossa nonostante la situazione ad avviso degli interroganti di dubbia legittimità venutasi a creare in relazione a detti procedimenti, in mancanza di un qualsivoglia provvedimento disciplinare, hanno applicato nei confronti del predetto militare la sospensione dello stipendio a decorrere dal mese di luglio 2010 -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
se intendano disporre una indagine interministeriale per accertare i fatti oggetto delle denunce presentate alle competenti autorità giudiziarie dal maresciallo Lo Zito e, conseguentemente, assumere i provvedimenti che si renderanno necessari per ristabilire il rispetto della normativa vigente e restituire al sodalizio e al Corpo militare della Croce rossa quella rispettabilità che siffatte denunce, qualora si rivelassero fondate, in mancanza di un'adeguata azione da parte dei Ministeri vigilanti, comprometterebbero irrimediabilmente.
(4-08852)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

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SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
le norme emesse in questi ultimi anni, ai fini di un contenimento della spesa pubblica, hanno prodotto una parziale soppressione della figura del difensore civico, figura giuridica che negli ultimi anni ha preso piede in moltissime città, province e regioni d'Italia;
non esiste la figura del difensore civico nazionale nonostante l'avvenuta presentazione in passato, in questo senso, di diverse proposte di legge e che risulta all'interrogante come l'Italia sarebbe l'unico paese in Europa a non essersi ancora dotata di questa figura;
tale figura potrebbe sopperire alla avvenuta cancellazione della figura del difensore civico a livello locale -:
se si intenda assumere iniziative normative per istituire la figura del difensore civico nazionale con il compito anche di coordinare le iniziative dei difensori civici presenti sul territorio.
(4-08843)

TESTO AGGIORNATO AL 10 NOVEMBRE 2010

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GOZI e BRANDOLINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno stabilisce il principio secondo il quale «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento»;
l'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della suddetta direttiva, ha pedissequamente recepito detto principio, stabilendo che « 1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, le autorità competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparzialità, cui le stesse devono attenersi»;
è sicuramente da escludere che vi sia necessità o possibilità di limitare il numero delle autorizzazioni relative all'esercizio del commercio su aree pubbliche, di spettacolo viaggiante, di rivendita di giornali e riviste su aree pubbliche per ragioni inerenti alle «capacità tecniche utilizzabili», uno dei casi in cui la direttiva prevede, derogando al principio generale affermato per i servizi del mercato interno, la possibilità di regolamentazione e limitazione delle licenze;
poiché, invece, la definizione di «risorse naturali» non è contenuta in altri atti legislativi o amministrativi, tanto europei quanto nazionali, non appare chiaro il riferimento alla «scarsità di risorse naturali» quale ulteriore ragione del possibile ricorso alla selezione, da parte delle amministrazioni pubbliche, di un numero limitato di soggetti autorizzati a svolgere determinate attività;
il solo riferimento alle «risorse naturali» in ambito comunitario ma in altro contesto è contenuto nell'articolo 174 del Trattato CE, laddove si afferma che «la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali»;
la comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo COM/2003/0572, «Verso una strategia tematica per l'uso sostenibile delle risorse naturali», afferma che «le risorse naturali comprendono le materie prime necessarie per la maggior parte delle attività umane e i diversi comparti ambientali, come aria, acqua e suolo, che rendono possibile la vita sul nostro pianeta. L'oculata gestione dell'uso di queste risorse è alla base dello sviluppo sostenibile»;
pertanto, in tema di «risorse naturali», l'unico riferimento lontanamente attinente alla materia della liberalizzazione dei servizi nel mercato interno, oggetto della direttiva 2006/123/CE, è quello al «suolo», inteso come spazio pubblico e che, però, in questa accezione non è certamente oggetto di un uso poco sostenibile, invasivo o inquinante, per la presenza di commercio ambulante, attività di rivendita di giornali o di spettacolo viaggiante;
in conclusione, la legislazione vigente non prevederebbe chiaramente la possibilità di una limitazione del numero delle autorizzazioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, di spettacolo viaggiante

e di rivendita di giornali e riviste in relazione alla possibile «scarsità delle risorse naturali» e tuttavia sarebbe necessario, onde evitare incertezze nell'applicazione della direttiva e difformi interpretazioni, un nuovo intervento volto a scongiurare effetti distorsivi e lesivi di un settore così importante -:
se non condivida le preoccupazioni espresse dalle associazioni di categoria circa l'inapplicabilità ai settori del commercio ambulante, dello spettacolo viaggiante e della rivendita di giornali e riviste nelle aree pubbliche delle previsioni del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, in particolare delle procedure di cui all'articolo 70 dello stesso, e comunque la loro iniquità;
se non ritenga, pertanto, necessario assumere iniziative, sul piano normativo o mediante provvedimenti applicativi, al fine di escludere che nell'imprecisa e malintesa nozione di «risorse naturali» sia ricompreso il suolo pubblico con la conseguenza di una limitazione delle autorizzazioni rilasciabili per le suddette attività.
(5-03511)

LOVELLI, META e VELO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 27 luglio 2010 Poste italiane ha dato avvio ad un nuovo piano di revisione complessiva dell'assetto logistico e del recapito, in vista della completa liberalizzazione del settore, la cui piena entrata in vigore è prevista a partire dal 1o gennaio 2011;
il nuovo modello organizzativo di recapito entrerà in vigore a partire dal prossimo 20 settembre e introdurrà una serie di modifiche all'orario di lavoro per i portalettere: la consegna della corrispondenza prioritaria, raccomandata e commerciale verrà eseguita dal lunedì al venerdì dalle ore 8 fino alle ore 16. Dalle 14 alle 20 saranno forniti i servizi «su misura» Dimmiquando, Chiamami, Aspettami, recapito telegrammi, messo notificatore, ritiro a domicilio, ritiro posta registrata. Tali servizi saranno assicurati anche il sabato dalle 8 alle 14 insieme alla consegna della posta a firma con orari concordati;
il nuovo piano sarà introdotto in via sperimentale nei capoluoghi di provincia e, successivamente, esteso ai centri maggiori ed ha già suscitato critiche e proteste da parte delle associazioni dei consumatori e anche dalle aziende editoriali per il mancato recapito dei giornali e dei periodici in abbonamento nella giornata di sabato -:
quali saranno gli effetti sul servizio offerto ai cittadini conseguenti alla decisione di Poste italiane di non consegnare la posta il sabato;
se la decisione assunta da Poste italiane causerà disservizi agli utenti, per il mancato recapito della posta ordinaria e anche dei giornali quotidiani e dei periodici in abbonamento nella giornata di sabato;
se la decisione assunta da Poste Italiane avrà conseguenze sulla situazione occupazionale per gli addetti del settore;
quali siano gli indirizzi ministeriali in vista della prossima liberalizzazione dei servizi postali e quale ruolo dovrà assumere in questo contesto Poste italiane.
(5-03512)

LOVELLI, FIORIO, BOBBA e MARCO CARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli organi di informazione nazionali e locali hanno dato notizia nei giorni scorsi dell'iniziativa del Presidente del Consiglio dei ministri, ministro ad interim dello sviluppo economico, di inviare una lettera a Sogin affinché non venga data pubblicità all'indagine dalla stessa compiuta in merito ai siti suscettibili di essere individuati per lo stoccaggio di scorie radioattive;
dagli articoli pubblicati si apprende che la mappa dei siti individuati comprenderebbe

le aree territoriali del Monferrato e della zona appenninica delle Bormide;
in entrambi i casi si tratta di zone che rientrerebbero in realtà tra quelle non idonee, in quanto nel caso del Monferrato siamo in presenza di zona sismica, fortemente antropizzata e sede di un importante acquedotto e nel caso delle Bormide di area montana di pregio che ha conosciuto una complessa opera di bonifica da poco conclusa;
è inoltre attualmente in via di conclusione l'iter per il riconoscimento del Monferrato insieme ai territori di Langhe e Roero a patrimonio dell'UNESCO;
la regione Piemonte è già oggi sede di siti quali Trino-Saluggia e Boscomarengo dove si sono realizzati in passato impianti nucleari o comunque di lavorazione di combustibile nucleare per i quali è in corso una procedura di bonifica e riconversione -:
per quale motivo sia stato richiesto a Sogin di tenere riservato il documento in premessa ricordato senza che si sia avviata alcuna procedura di valutazione di concerto con gli enti locali del territorio;
se non ritenga che l'area piemontese già ampiamente coinvolta in precedenti insediamenti nucleari non debba essere tenuta in considerazione nell'attuale fase di individuazione di nuovi siti per il deposito di scorie nucleari e quali iniziative intenda intraprendere per garantire che su un tema di tale importanza ci sia il massimo del coinvolgimento dei territori interessati e il tutto si svolga con modalità trasparenti e aperte.
(5-03517)

CAPARINI, CROSIO e MONTAGNOLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante il «Testo unico della radiotelevisione» pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie generale - n. 208, del 7 settembre 2005, di seguito denominato «Testo unico» e, in particolare, l'articolo 45, comma 4, dello stesso, prevede che, con deliberazione adottata d'intesa dall'Autorità e dal Ministero delle comunicazioni, prima di ciascun rinnovo triennale del contratto nazionale di servizio, sono fissate le linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al progresso tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali;
lo stesso decreto legislativo sopra citato stabilisce, all'articolo 49, rubricato «Disciplina della RAI-Radiotelevisione italiana Spa», che «La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, fino al 6 maggio 2016, alla RAI- Radiotelevisione italiana Spa»;
con la delibera n. 614/09/CONS, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha provveduto all'approvazione delle linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo ai sensi dell'articolo 17, comma 4, della legge 3 maggio 2004, n. 112 e dell'articolo 45, comma 4, del testo unico della radiotelevisione;
la risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 25 gennaio 1999 sulle emissioni di servizio pubblico, richiamata nel punto 10 delle premesse delle linee guida dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni al contratto di servizio 2010-2012, stabilisce che «l'ampio accesso del pubblico, senza discriminazioni e in base a pari opportunità, a vari canali e servizi è un presupposto necessario per ottemperare al particolare obbligo delle emissioni di servizio pubblico», le quali «devono beneficiare del progresso tecnologico», «estendere al pubblico i vantaggi dei nuovi servizi audiovisivi e di informazione e delle nuove tecnologie» e intraprendere «lo sviluppo e la diversificazione di attività nell'era digitale»;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nelle premesse alle linee guida del contratto di servizio 2010-2012 afferma che «le linee guida sui compiti del

servizio pubblico generale radiotelevisivo relative al triennio 2010-2012 devono incentrarsi sugli obiettivi il cui raggiungimento appare strategico ai fini della gestione della fase di passaggio al digitale e dell'adeguato posizionamento della televisione di servizio pubblico nel rinnovato sistema mediale nell'ambito delle ben caratterizzate finalità che la legge assegna al servizio pubblico radiotelevisivo»;
al punto 58 delle linee guida l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce che «La Rai dovrà adottare tutte le misure idonee a garantire la ricezione da parte dei cittadini con disabilità sensoriali dei programmi radiotelevisivi, con riferimento a tutti i generi della programmazione, compresa l'informazione, nazionale e locale, e l'approfondimento informativo. A tal fine il contratto di servizio dovrà prevedere un congruo incremento delle misure attualmente fissate, fissando altresì la tempistica di realizzazione di ciascuna di esse»;
la tecnologia digitale terrestre offre una serie di vantaggi, in particolare per l'accessibilità della programmazione ai disabili sensoriali, consentendo una maggiore offerta di programmi e di servizi informativi digitali di pubblica utilità ed inoltre, con l'interattività, favorisce la diffusione di programmi con sottotitoli e con l'interprete di lingua dei segni;
nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-03793 sull'inadempimento da parte della RAI delle norme del contratto di servizio 2007-2009 in materia di sottotitolazione e traduzione in LIS dei programmi, il Vice Ministro rispondeva testualmente «Il contesto televisivo che si sta progressivamente delineando, da considerare ormai in una prospettiva di breve periodo, grazie alla nascita della nuova piattaforma digitale terrestre, consente di creare i presupposti per ridefinire le logiche complessive legate all'offerta televisiva, inclusa quella dedicata alle persone con disabilità. In particolare, lo scenario che si va gradualmente definendo obbliga gli attori del sistema televisivo a progettare tutte le nuove iniziative con un approccio non solo rivolto al momento attuale ma che abbia anche una visione prospettica in grado di prevedere le implicazioni riguardanti i successivi "step" tecnico produttivi»;
la bozza del contratto di servizio 2010-2012, non indicava alcun riferimento a norme che prevedessero l'obbligo, per l'azienda stessa, di rendere accessibile alle persone con disabilità sensoriale la programmazione sui nuovi canali del digitale terrestre;
la Commissione bicamerale per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, nell'esprimere il 9 giugno 2010 il parere obbligatorio sul contratto di servizio 2010-2012, ha meritoriamente proposto rilevanti modifiche dell'articolo 13 del contratto di servizio in tema di «programmazione sociale», inserendo anche i programmi su digitale terrestre tra quelli che la RAI è obbligata a rendere accessibili alle persone con disabilità;
il 10 settembre 2010, presso la sede RAI di viale Mazzini si è tenuto un incontro convocato dalla RAI medesima, con i produttori TV, i produttori di decoder e telecomandi e le associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità per dibattere sui modi più efficienti ed efficaci per rendere accessibili gli strumenti del digitale terrestre alle persone afflitte da disabilità sensoriale. In occasione di quella riunione, il cui contenuto è stato registrato integralmente, alla domanda posta dal rappresentante dell'Ente nazionale sordi Onlus su quali fossero i tempi e le prospettive di sottotitolazione e trasduzione in LIS dei programmi diffusi sui nuovi canali digitali, l'ingegnere Michele Frosi della divisione digitale terrestre della Rai ha risposto che «i sottotitoli e la finestrella con l'interprete LIS occupano banda e la RAI ha già esaurito tutte le frequenze e la banda ad essa assegnate per la realizzazione di canali». Pertanto, allo stato attuale, l'ingegner Frosi non sa «se», «come» e «quando» sarà possibile sottotitolare

e tradurre in LIS i programmi diffusi sui nuovi canali -:
se saranno recepiti nel contratto di servizio 2010-2012 gli indirizzi migliorativi contenuti nel parere della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi all'articolo 13 del contratto di servizio che, come previsto dalla normativa comunitaria e domestica (linee guida dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), obbligano la RAI a rendere accessibili i programmi diffusi sul digitale terrestre;
se sia stata prevista la quantità di banda necessaria per la sottotitolazione, la traduzione in LIS e l'audiodescrizione dei nuovi programmi e, in caso contrario, quali iniziative urgenti intenda porre in essere per risolvere questa grave ed incresciosa situazione;
entro quale lasso di tempo le persone con disabilità sensoriale potranno fruire in modo accessibile della programmazione dell'azienda diffusa sui canali della piattaforma digitale terrestre.
(5-03521)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Farina Coscioni e altri n. 1-00443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zazzera, Braga.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Vico n. 5-00032 del 22 maggio 2008;
interpellanza urgente Libè n. 2-00834 del 28 settembre 2010.