XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il Governo ha assunto ripetuti impegni a favore della realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, riconoscendone la rilevanza quale opera strategica per i collegamenti internazionali in territorio europeo sia in ambito di traffico merci che di trasporto passeggeri e, a tal proposito, garantisce il rispetto del cronoprogramma relativo ai finanziamenti indispensabili per la prosecuzione dell'intervento;
il 23 gennaio 2009 è stato siglato a palazzo Chigi il I atto aggiuntivo all'intesa generale quadro tra Governo e regione Piemonte;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Altero Matteoli, con comunicazione ufficiale inviata nell'ottobre 2009 all'attenzione dell'Architetto Mario Virano, Commissario straordinario dell'Osservatorio tecnico per l'asse ferroviario Torino-Lione, assicura l'erogazione di 20 milioni di euro quale anticipo per la copertura degli interventi di I fase per la realizzazione della TAV;
la regione Piemonte ha confermato il proprio impegno per la prosecuzione dei lavori e, a tal proposito, si fa garante della realizzazione dell'opera nel rispetto del cronoprogramma, per quanto di sua competenza;
l'Osservatorio tecnico TAV, sulla base dell'accordo sancito a Pracatinat nel 2008, ha dato il proprio assenso al progetto preliminare degli interventi prodotto da LTF, documento, quest'ultimo approvato nel corso delle sedute del comitato di sicurezza della Commissione intergovernativa negli scorsi mesi;
per le opere che rientrano nella legge obiettivo è prevista la destinazione fino al 5 per cento dell'ammontare del costo complessivo dell'opera da adibire agli interventi compensativi;
rispetto al tracciato individuato, non si rilevano alternative che siano state in grado di ottenere l'approvazione tecnica da parte dell'Italia e della Francia in qualità di nazioni interessate dal progetto,
impegna il Governo:
a prevedere, in sede di predisposizione della manovra finanziaria per il 2011, l'inserimento dei 20 milioni di euro quale anticipazione degli interventi di I fase come previsto nell'intesa generale quadro tra il Governo e la regione;
a procedere con gli atti necessari all'approvazione del progetto preliminare di cui al punto 3, in previsione della necessaria approvazione da parte del CIPE;
a promuovere la rivisitazione dell'accordo internazionale Italia-Francia, con particolare attenzione alla ripartizione dei costi;
ad attuare le procedure necessarie al reale completamento delle fasi diagnostiche rispetto al tracciato individuato nel progetto preliminare;
a garantire l'assegnazione delle risorse destinate alle opere compensative come stabilito dalla legge obiettivo, anche in riferimento alla galleria geognostica di Chiomonte.
(1-00442) «Ghiglia, Osvaldo Napoli, Bonciani, Tommaso Foti, Stradella, Armosino, Rosso, Germanà, Nastri, Gibiino, Mancuso».
La Camera,
premesso che:
il regolamento del parco divertimenti di Gardaland impedisce l'accesso a numerose attrazioni ai disabili intellettivi e mentali, a differenza di quanto avviene a livello internazionale nei parchi di grosse dimensioni, ove i disabili hanno un accesso prioritario e non sono presenti divieti per le disabilità intellettive;
di fatto, non potendosi in linea generale accertare la disabilità intellettiva degli ospiti, le uniche persone a cui è fisicamente impedito l'accesso alle attrazioni dagli addetti alla sicurezza del parco sono quelle con sindrome di Down, che vengono quindi discriminate unicamente sulla base dei tratti somatici;
in seguito alla notizia riportata da numerose testate giornalistiche a fine agosto 2010 di una bambina con sindrome di Down di otto anni a cui è stato fisicamente impedito l'accesso all'attrazione «Monorotaia», e dell'annuncio del padre della stessa di citare in giudizio il parco, sono state raccolte da parte dell'associazione Pianeta Down decine di testimonianze di persone con sindrome di Down fermate al momento di accedere alle giostre. A riprova del fatto che la discriminazione avviene sulla base dei tratti somatici, c’è la testimonianza del padre di una ragazza cerebrolesa, «molto più fragile emotivamente e limitata intellettivamente di una ragazza con la sindrome di Down», la quale, secondo le parole del padre stesso «ha potuto scorrazzare su e giù in tutte le attrazioni che noi abbiamo ritenuto adatte a lei, perché la sua disabilità non è visibile a un esame sommario»;
si ha notizia dell'insuccesso delle trattative avviate dal Coordown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down) con la direzione del parco per tentare una mediazione sulla questione degli accessi negati, tanto che sono state annunciate iniziative legali a tutti i livelli, compresa la possibilità di una class action;
la direzione del parco sostiene che «l'accesso alle singole attrazioni è subordinato al rispetto di alcune limitazioni, variabili in funzione della tipologia di attrazione e delle misure di sicurezza disposte dal costruttore, vincolanti in base ad età, altezza o disabilità». Peraltro, in altri parchi in cui sono presenti attrazioni analoghe (ad esempio, Mirabilandia in Italia, ma anche Eurodisney di Parigi, o addirittura Disneyland negli Stati Uniti) non sussistono tali divieti e le attrazioni più adrenaliniche sono solo talvolta «sconsigliate», per cui la valutazione viene fatta dall'accompagnatore. D'altra parte, eccezion fatta per la sindrome di Down, le altre disabilità intellettive, peraltro come le cardiopatie o i problemi ossei, non sono in nessun modo individuabili dall'esame sommario degli addetti alle attrazioni, e questo vanifica all'origine la motivazione addotta dalla direzione del parco circa le misure di sicurezza;
per quanto riguarda il caso specifico della sindrome di Down, è noto che il ritardo mentale delle persone con sindrome di Down è variabile e spesso sovrapponibile o addirittura inferiore a quello di persone che non hanno nessun'evidenza fisica di questo ritardo, alle quali non è impedito l'ingresso alle attrazioni. Il fattore di rischio cardiologico in molte persone con sindrome di Down è assolutamente inesistente o comunque minore di persone che non hanno nessun'evidenza fisicosomatica di queste problematiche. Infine, la sindrome di Down in sé non comporta alcun problema motorio. L'unica discriminante utilizzata per negare l'accesso alle attrazioni, in ultima analisi, è data dai loro caratteristici tratti somatici;
la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge n. 104 del 1992, in particolare all'articolo 23, comma 5) prevede sanzioni per coloro che discriminano persone handicappate nell'ambito dei pubblici esercizi (in cui rientrano i parchi a tema come strutture turistico-ricettive, a norma dell'articolo 1, punto 2), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002);
la legge n. 67 del 2006, recante misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni, all'articolo 2 dispone che, per il principio di parità di trattamento, non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità e qualifica come discriminazione indiretta il caso in cui una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone. Sono inoltre considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti. Da tali disposizioni risulta chiaro ai sottoscrittori del presente atto di indirizzo che il parco di Gardaland sta ponendo in atto una condotta discriminatoria nei confronti delle persone con sindrome di Down;
la legge n. 18 del 2009 ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e previsto l'istituzione presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui peraltro si attende ancora l'effettiva costituzione,
impegna il Governo:
ad assumere nell'immediato ogni iniziativa di competenza per garantire la cessazione tempestiva della situazione di discriminazione descritta in premessa;
ad effettuare un monitoraggio sull'accessibilità dei parchi di divertimento nazionali da parte della clientela con disabilità;
a promuovere e presiedere un tavolo di confronto tra i maggiori parchi di divertimento italiani, le associazioni di costruttori e le associazioni rappresentative del mondo della disabilità per addivenire alla stesura di regolamenti condivisi che nel contempo tengano conto delle misure di sicurezza e non determinino condotte pregiudizialmente discriminatorie, in accordo con le regioni e gli enti locali interessati.
(1-00443) «Farina Coscioni, Lenzi, Duilio, Maurizio Turco, Tabacci, Strizzolo, Barbieri, Murer, Bernardini, Beltrandi, Zamparutti, Bossa, Esposito, Grassi, Ciccioli, Margiotta, Mariani, Mecacci, Calearo Ciman, Occhiuto, Garavini, Federico Testa, Codurelli, Rosato, Boccuzzi, Trappolino, Fiano, Ferranti, Togni, Touadi, Calvisi, Baretta, Fontanelli, Melis, Fadda, Piccolo, Arturo Mario Luigi Parisi, Giovanelli, Mario Pepe (PdL), Giulietti, Fioroni, Minasso, Amici, Benamati, Bucchino, Bocci, Paglia, Bonavitacola, Sposetti, Burtone, Mazzarella, Antonino Russo, Servodio, Siragusa, Delfino, Calgaro, Verini, Antonio Pepe, Rubinato, Fogliardi».
Risoluzione in Commissione:
La III Commissione,
premesso che:
con l'entrata in vigore della legge 30 luglio 2010, n. 122, il Ministero degli affari esteri ha ventilato l'ipotesi dell'applicazione del portato dell'articolo 9 della stessa a tutti i dipendenti della citata amministrazione il cui profilo contrattuale è quello sottoposto alla legge locale di cui all'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
la fattispecie professionale e contrattuale entro cui ricadono i dipendenti cosiddetti a contratto locale è diversa da quella entro cui sono conpresi i dipendenti pubblici sui quali ricadono gli effetti dell'articolo 9 della legge n. 122 del 2010, sussistendo una diversa regolamentazione giuridica del rapporto;
l'articolo 9 prevede che: «per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, (...) non può superare in ogni caso il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010 al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, (...)»;
per i dipendenti con contratto sottoposto alla normativa locale, stante la peculiarità della posizione giuridica e fattuale, l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 prevede che «la retribuzione annua sia fissata dal contratto individuale tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali». Inoltre, stando allo stesso articolo «la retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei termini di riferimento di cui al precedente comma e all'andamento del costo della vita»;
lo stipendio dei dipendenti con contratto sottoposto a legge locale è legato al contratto sottoscritto e determinato da diversi e molteplici elementi variabili indipendenti dalle determinazioni del Ministero degli affari esteri. Tra l'altro le normative locali imperative sono variabili e rilevanti ai fini della determinazione della retribuzione;
la giurisdizione in materia è del foro locale ai sensi dell'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 che recita che «i contratti sono regolati dalla legge locale. Fermo restando quanto disposto in materia dalle norme di diritto internazionale generale e convenzionale, competente a risolvere le eventuali controversie che possano insorgere dall'applicazione del presente decreto è il foro locale. Le rappresentanze diplomatiche, o, in assenza, gli uffici consolari di prima classe accertano, sentite anche le rappresentanze sindacali in sede, la compatibilità del contratto con le norme locali a carattere imperativo e assicurano in ogni caso l'applicazione delle norme locali più favorevoli al lavoratore in luogo delle disposizioni del presente titolo»;
ad avviso del firmatario del presente atto, la ventilata applicazione del citato articolo 9 a tutto il personale a contratto locale desta dubbi sotto il profilo della legittimità e costringerà i dipendenti a rivolgersi ai giudici locali per invocare l'applicazione dei contratti e degli elementi ricordati che determinano la retribuzione, essendo peraltro in violazione della normativa di altri Paesi sovrani;
l'applicazione sic et simpliciter dell'articolo 9 ai dipendenti con contratto disciplinato dalla legge locale, contrasterebbe, a giudizio del firmatario del presente atto, con la normativa vigente, anche in considerazione del fatto che in buona parte dei Paesi esteri in cui opera la suindicata categoria di impiegati, il trattamento retributivo di questi non risulta essere stato adeguato da anni ai sensi dell'articolo 157 citato;
il mancato adeguamento retributivo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 risulta essere stato determinato – stando ai dati a disposizione – dalla mancata trasmissione da parte delle ambasciate italiane delle schede tecniche relative agli elementi finalizzati all'adeguamento e miglioramento retributivo e/o comunque a causa della omessa applicazione da parte del Ministero degli affari esteri che, non sollecitando alle ambasciate tali adempimenti, non procede agli opportuni quanto necessari adeguamenti;
tali inadempienze ed inottemperanze del Ministero e delle ambasciate hanno causato, da ultimo per il 2010, il mancato adeguamento degli istituti retributivi, previsti dall'articolo 157 citato, in relazione agli stipendi dei dipendenti con contratto disciplinato dalla legge locale;
l'articolo 9 della legge n. 122 del 2010, che fa riferimento alle retribuzioni del 2010 presuppone che le stesse siano legittime ed in specie siano adeguate secundum legem. Di conseguenza la normativa successiva non può configurarsi come uno strumento per coprire e dare forza a quella che al firmatario del presente atto appare una oggettiva inadempienza dei datore di lavoro che, omettendo di adeguare gli stipendi, non applica il citato articolo 157;
in più occasioni è apparso evidente un atteggiamento deteriore della pubblica amministrazione nei confronti della categoria professionale degli impiegati con contratto sottoposto a legge locale sebbene lo stesso articolo 157 impone l'equiparazione a parità di mansioni rispetto ad altri dipendenti della stessa pubblica amministrazione e/o delle rappresentanze diplomatiche di altri Paesi;
paradossalmente l'amministrazione intende equiparare le due categorie professionali soltanto dinanzi ad un oggettivo onere: da un lato, continua a sussistere un diverso trattamento retributivo a parità di mansioni rispetto agli altri dipendenti ex articolo 157 citato, legittimato dalla diversa regolamentazione giuridica del rapporto di lavoro, di contro, si intende riservare uguale trattamento rispetto ai restanti dipendenti nonostante le peculiarità del rapporto e gli elementi specifici previsti dallo stesso articolo 157,
impegna il Governo:
a disporre gli adeguamenti retributivi per il personale a contratto a legge locale in servizio in tutte le sedi a far data dall'ultimo adeguamento effettuato, e comunque a valere per il 2010, previa disposizione alle ambasciate a trasmettere i dati di competenza;
ad assumere iniziative normative al fine di escludere l'applicazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al personale del Ministero degli affari esteri con contratto sottoposto a legge locale, anche al fine di scongiurare evitabili quanto onerosi contenziosi locali.
(7-00392) «Di Biagio».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
NEGRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nelle scorse settimane si sono svolte, in più località, diverse manifestazioni di protesta da parte di pastori italiani che lamentavano forme di concorrenza sleale a loro danno, evidenziando come tali fenomeni stanno ponendo a rischio la sopravvivenza di attività umane, la cui importanza è decisiva, non solo per l'economia dei territori su cui si svolgono, ma anche per la conservazione e lo sviluppo di realtà sociali ed ambientali, ove non sono possibili reali alternative alla stessa pastorizia;
tra l'altro, i manifestanti hanno denunciato la presenza sul mercato di imitazioni dei prodotti caseari italiani, ottenuti da latte di pecora prodotto in Romania e venduto in Italia, in Europa e negli Stati Uniti con marchi commerciali come «toscanella», «dolce vita» e «pecorino», chiaramente evocativi di una origine italiana che, però, non trova riscontro nell'origine delle materie prime effettuate;
da verifiche effettuate da Coldiretti – e rese note attraverso comunicati stampa ripresi da numerose agenzie e organi di stampa in data 7 settembre 2010 – è emerso che i prodotti indicati dai pastori quale esempio di concorrenza sleale sono ottenuti in Romania, in un caseificio denominato «Lactitalia», partecipato da una società, la Simest, controllata dal Ministero dello sviluppo economico, oltre che da una società privata, sempre italiana;
la situazione di cui sopra si prefigura come paradossale, in quanto, se confermata, vedrebbe lo Stato italiano, che, da un lato, è tradizionalmente impegnato, peraltro con denaro pubblico, a tutelare e valorizzare il patrimonio agro-alimentare italiano, dall'altro lato, coinvolto in operazioni chiaramente finalizzate a danneggiare l'economia nazionale, per di più, attraverso forme di concorrenza che non è esagerato definire sleali –:
se quanto dedotto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, come si possano conciliare operazioni come quelle descritte, con gli obiettivi indicati nel programma di Governo e, in specie, come si possa giustificare l'utilizzo di risorse pubbliche per effettuare investimenti all'estero, di fatto, finalizzati ad esercitare forme di concorrenza sleale a danno di imprese italiane sul territorio nazionale;
se e quali altre operazioni come quella di cui in premessa siano state realizzate, o si stiano realizzando, nel mondo, attraverso società controllate da Ministeri che operano con logiche e finalità analoghe a quelle sopra denunciate. (4-08807)
DI STANISLAO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
esiste una graduatoria, ancora vigente, relativa ad concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, Area C, posizione economica C1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004, indetto con PDG 21 novembre 2003. Dopo ben quattro anni di procedura concorsuale, il 15 dicembre 2008 nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 23, viene pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso. Solo nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 12 del 30 giugno 2009 viene avviata la procedura di assunzione soltanto dei primi 86 vincitori del suddetto concorso a cui seguirono altre 16 vincitori, come da bollettino ufficiale n. 16 del 31 agosto 2009. Infine, il 12 aprile del 2010 è avvenuta l'assunzione dell'ultima tranche rimanente, ovvero dei restanti 295 vincitori;
in tale data, con qualche aggiunta successiva, sono emerse ben 45 rinunce tra i vincitori che immediatamente avrebbero potuto essere coperte tramite scorrimento della vigente graduatoria ed in data 24 maggio 2010, tramite comunicazione scritta, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ha invitato gli idonei utilmente collocati, a redigere in ordine di preferenza, un fax contenente le sedi rimaste vacanti dalle rinunce. Da quel momento non si hanno più notizie circa l'assunzione di questi 45 idonei per la quale gli uffici competenti del DAP non hanno nessuna risposta in merito ai tempi di assunzione;
risulta che presso l'ufficio concorsi del DAP, le sedi rimaste vacanti dalle rinunce del 12 aprile 2010 sono già state assegnate ai 45 educatori anzidetti e che i decreti di assunzione di questi ultimi non possono essere emessi in quanto si attende il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la riduzione delle piante organiche, come previsto dalle recenti leggi;
per l'assunzione dei 45 educatori non deve essere stanziato neanche un euro in più rispetto a quanto già fatto in occasione dell'assunzione dei 295 vincitori suddetti, dato che questi 45 educatori idonei subentrano per rinuncia e quindi praticamente facenti parte di un provvedimento già precedentemente autorizzato (con le assunzioni del 12 aprile 2010);
si segnala anche che non assumendo questi 45 educatori entro il 2010, gli stanziamenti economici anzidetti verranno persi e che la graduatoria cesserà di avere validità proprio nel 2011;
la sezione di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato in adunanza congiunta dei collegi I e II del 13 luglio 2010 della Corte dei Conti con deliberazione 19/2010/G dichiara che «tale accelerazione nella realizzazione di nuove strutture penitenziarie non possa andare disgiunta da altre misure necessarie per il loro funzionamento, che attengono alla sfera del personale addetto, se è vero quanto sostenuto da parte sindacale circa la grave carenza del personale stesso»; nelle considerazioni conclusive, nel descrivere gli incombenti alla lettera b) richiede testualmente che venga eseguito «accertamento della consistenza numerica del personale effettivamente addetto e della sua inadeguatezza in rapporto al numero dei detenuti»;
l'elevatissimo numero di detenuti non ha un corrispondente aumento del numero degli educatori, cosicché il rapporto detenuti/educatori risulta sempre più alto, come emerso da uno studio condotto da Carcere Possibile Onlus, secondo cui, ad oggi il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1000;
questa ormai insostenibile e inaccettabile discrasia comporta che ad ogni educatore spetta l'osservazione di un numero di reclusi troppo elevato con la conseguenza di poter dedicare una quantità di tempo ed attenzione via via inferiore ad ognuno di essi;
il risultato è che non sempre è possibile per il personale portare a termine le relazioni osservative che costituiscono parte integrante del percorso carcerario dei singoli individui e che sono necessarie per potere inoltrare istanze di affidamento o richieste di detenzione domiciliare –:
se non si intenda fornire informazioni in merito allo stato del procedimento per l'emanazione del sopraccitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
se il Governo non intenda assumere iniziative per rimuovere il blocco delle assunzioni e la ulteriore riduzione del 10 per cento delle piante organiche del comparto civile del DAP, come invece previsto dal decreto-legge n. 194 del 2009. (4-08811)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
sul sito web di Indymedia Emilia-Romagna, all'indirizzo http://emiliaromagna. indymedia.org/node/9330 è pubblicato un articolo dal titolo «Al Porto di Ravenna la Cmc nasconde una bomba per non perdere i profitti dell'appalto»;
lo scritto riporta la notizia di una inchiesta che sarebbe in corso sull'occultamento dell'ordigno bellico. In particolare si afferma che: «...nove persone sono indagate per non aver immediatamente avvisato le autorità del ritrovamento di un ordigno bellico di 700 chilogrammi durante i lavori di escavo dei fondali del porto. Si tratta di quattro fra tecnici e manager di Cmc (società appaltatrice), un manager dell'Autorità portuale (società committente), un Pilota del Porto e tre fra tecnici e manager (un italiano e due belgi) della Deme Dredging International, la holding belga proprietaria della draga Artevelde, con cui la Cmc ha stretto una partnership finalizzata proprio ai lavori di dragaggio. I nove sono accusati di aver messo a repentaglio la sicurezza della navigazione, perché avrebbero dovuto lanciare subito l'allarme e non l'hanno fatto perché rallentare i lavori significava levitare i costi, soprattutto di noleggio dell'enorme draga. L'hanno invece trasportata e »affossata« nella piallassa Piomboni per allontanarla dai traffici marittimi, in attesa del ritrovamento »ufficiale«, mettendo a rischio innanzi tutto la vita dei lavoratori impiegati nell'occultamento. I reati ipotizzati dalla Procura sono gravissimi: attentato alla sicurezza dei trasporti (pena da uno a cinque anni), rimozione dolosa dei presidi antinfortunistici (pena da sei mesi a cinque anni), detenzione (pena da uno a otto anni) e porto di materiale esplodente (pena da due a dieci anni). L'inchiesta è partita da una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza di Bari intercorsa fra la fine di giugno e i primi di luglio fra due tecnici o dirigenti della Cmc, la cooperativa ravennate che da tempo si è aggiudicata l'appalto indetto da parte dell'Autorità portuale, dei lavori di dragaggio dei fondali del porto canale e della piallassa dei Piomboni»;
presso la X Commissione permanente della Camera dei deputati è in corso l'esame di due proposte di legge in materia di bonifica degli ordigni bellici (n. 3222 , n. 3481) di cui relativamente alla n. 3481 gli interroganti sono anche presentatrice e cofirmatari;
ad avviso degli interroganti, l'episodio rappresenta l'ennesima dimostrazione della necessità di addivenire, nel più breve tempo possibile, all'emanazione di norme specifiche che nel rendere obbligatoria la valutazione del rischio derivante dal possibile rinvenimento di ordigni bellici o manufatti esplodenti consentano alle autorità competenti ed ai Ministeri interessati di effettuare una concreta attività di controllo nei cantieri temporanei o mobili senza escludere la valutazione delle competenze, della professionalità e della affidabilità delle ditte specializzate nel campo delle bonifiche;
consta agli interroganti che le ditte appaltatrici che concretamente eseguono le azioni derivanti dalla corretta valutazione dei rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici o manufatti esplodenti, in caso di rinvenimento di particolari ordigni che richiedono l'intervento di personale altamente qualificato per le operazioni di movimentazione, disinnesco e brillamento, siano costrette ad attendere anche diversi giorni prima che si concretizzi la bonifica, con imprevedibili conseguenze sulla sicurezza del cantiere e degli operai, oltreché a dover sopportare non trascurabili aumenti dei costi dell'opera;
le operazioni di rimozione e brillamento degli ordigni bellici e dei manufatti esplodenti rinvenuti in detti cantieri, sono effettuate a cura del personale militare del Ministero della difesa –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto in premessa e quali immediate iniziative intenderà avviare nell'attesa della emanazione di una legge organica tesa a rendere effettive le indicazioni contenute nelle proposte di legge menzionate;
quali azioni si intendano avviare per realizzare un concreto potenziamento delle articolazioni delle Forze armate deputate alle attività in questione, anche mediante l'effettivo impiego del personale civile e militare della Difesa in possesso di adeguate qualifiche che attualmente risulta impiegato presso i Centri rifornimento e mantenimento dell'Esercito (CERIMANT) o depositi munizioni di Forza armata, al fine di garantire una maggiore sicurezza del territorio ed una diminuzione dei tempi di intervento da parte del personale addetto alle operazioni di bonifica degli ordigni bellici. (4-08820)
DI STANISLAO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
dal 20 al 22 settembre 2010 si è tenuto a New York il summit delle Nazioni Unite sugli obiettivi del millennio, a dieci anni dalla firma della Dichiarazione del millennio e a cinque anni dalla data di scadenza per il raggiungimento degli 8 obiettivi;
l'Italia, che aveva stabilito di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo per favorire lo sviluppo dei Paesi più svantaggiati entro il 2015, ad oggi non ha onorato nessuno degli impegni che aveva sottoscritto. Tra tutti i Paesi al mondo siamo i penultimi, davanti solo alla Corea del Sud, con lo 0,1 per cento del prodotto interno lordo per gli aiuti;
nonostante il gravissimo ritardo nella lotta alla povertà e all'esclusione sociale il Presidente del Consiglio dei ministri non ha partecipato al summit delegando il Ministro degli affari esteri;
il documento finale della tre giorni di vertice «Mantieni la Promessa: Uniti per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio» conferma l'impegno dei leader mondiali sugli obiettivi di sviluppo del millennio e definisce un programma di azione concreto per il raggiungimento degli obiettivi del 2015;
la Banca mondiale aumenterà il suo sostegno al settore agricolo tra i 6 e gli 8 miliardi di dollari all'anno per i prossimi tre anni sulla base del piano d'azione per l'agricoltura per contribuire a stimolare i redditi, l'impiego e la sicurezza sul cibo in molte aree a basso reddito;
la Repubblica di Corea ha promesso 100 milioni di dollari per sostenere la sicurezza alimentare e l'agricoltura nei Paesi in via di sviluppo;
il Cile ha annunciato l'ethical family income initiative (un'iniziativa etica di Reddito Familiare), che sarà lanciata nel 2011 per integrare il reddito delle famiglie più povere e quelle della vulnerabile classe media;
Monster.com si impegna ad ampliare l'accesso alle opportunità di lavoro per i giovani delle aree rurali in India, favorendo l'accesso al Rozgarduniya.com, un portale internet che offre posti di lavoro, in 40.000 villaggi in nove Stati dell'India;
la Banca mondiale aumenterà il suo tasso d'interesse zero e il contributo agli investimenti nell'istruzione di base per altri 750 milioni di dollari, rivolgendo un'attenzione particolare sui paesi che non sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015, soprattutto nell'Africa sub-sahariana;
Dell si è impegnato a devolvere 10 milioni dollari destinati ad iniziative di istruzione tecnologica;
l’Earth Institute (Istituto della terra), Ericsson e Millennium Promise hanno lanciato l'iniziativa «connect to learn» (connettere per imparare); un'iniziativa globale no-profit per l'educazione, che promuove l'accesso e la qualità dell'educazione secondaria per i bambini in tutto il mondo, specialmente per le bambine. «Connect to learn» fornisce borse di studio di tre anni che garantiscono la frequenza alla scuola secondaria e il pagamento delle tasse, dei libri, delle uniformi e anche dell'accesso alle tecnologie a banda larga. Le prime 100 borse di studio saranno fornite nei Millennium Villages in Ghana e Tanzania, entro i prossimi 100 giorni;
UPS International si è impegnato a donare 2 milioni di dollari alla World Association of Girls Guides and Girl Scout (Associazione mondiale delle guide e bambine scout) per contribuire all'emancipazione delle donne attraverso programmi di capacità di gestione e sostenibilità ambientale, in 145 Paesi;
ExxonMobile, insieme a Ashoka's Changemakers, l’International Council for Research on Women (Consiglio internazionale per la ricerca sulle donne) e Thunderbird Emerging Market Laboratory hanno promesso 1 milione di dollari a sostegno delle tecnologie che aiutino le donne e aumentare la propria produttività e partecipare più efficacemente nell'economia. Ci si aspetta che il programma comporterà un beneficio diretto a più di 13.500 persone, con effetti indiretti che si estenderanno a 475.000 nei prossimi 2 anni;
il Canada ha riaffermato il proprio impegno per la raccolta di più di 10 miliardi di dollari da parte dei leader, del G8 e non, finanziatori importanti e fondazioni private nei prossimi cinque anni, attraverso l'iniziativa Muskoka, adottata durante lo scorso vertice G8, a favore della salute di madri, neonati e bambini;
Trinidad e Tobago hanno annunciato il lancio del fondo per la vita dei bambini che fornirà cure mediche di emergenza e chirurgiche ai bambini, per procedure mediche al momento non accessibili nel Paese;
gli ospedali LigeSpring si sono impegnati a fornire a circa 82.000 donne indiane e alle loro famiglie l'accesso a cure mediche di qualità. Nei prossimi cinque anni, LifeSpring aumenterà il numero di ospedali, da 9 a 200, che aiutano madri e bambini in tutta l'India: ciò favorirà il miglioramento del livello delle cure e ridurrà il tasso di mortalità materna ed infantile;
la Francia ha annunciato finanziamenti pari a 1,4 miliardi di dollari da devolvere al fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria nel periodo 2011-2013, un aumento del 20 per cento. Questo è il primo di una serie di impegni in attesa dell'incontro di raccolta fondi del 4 e 5 ottobre 2010;
il Regno Unito ha annunciato che triplicherà i suoi contributi finanziari nella lotta alla malaria, aumentando i fondi per la malaria da 150 milioni di sterline annue a 500 milioni di sterline entro il 2014;
la Banca mondiale ha annunciato un allargamento del raggio d'azione dei propri programmi sanitari per un importo superiore a 600 milioni di dollari fino al 2015, per aumentare i servizi sanitari essenziali e di nutrizione e per rafforzare il sistema sanitario presente in 35 paesi, in particolare nel sud-est asiatico e nell'africa subsahariana;
Sumitomo Chemical si è impegnato a devolvere 400.000 delle sue reti Olyset contro la malaria a ogni Millennium Village dal 2010 al 2011. Ciò fa seguito alle donazioni del 2006 di 330.000 reti;
gli Stati Uniti hanno annunciato un impegno pari a 50,82 milioni di dollari nei prossimi cinque anni a favore di Global Alliance for Clean Cookstoves (Alleanza Globale per Cucine Pulite), un'associazione tra pubblico e privato guidata dalla Fondazione delle Nazioni Unite, il cui scopo è quello di installare 100 milioni di cucine ad emissioni pulite in tutto il mondo;
il Camerun ha annunciato il programma per lo sviluppo del settore energetico per duplicare la produzione di energia entro il 2015 e triplicarla entro il 2020,
WaterHealth International si è impegnata per la costruzione di 75 impianti di purificazione dell'acqua in Bangladesh e per l'espansione della rete già esistente di impianti di purificazione in altri 100 villaggi dell'India, assicurando l'accesso all'acqua potabile a 175.000 persone in comunità poco sviluppate del Bangladesh e dell'India;
PepsiCo ha promesso di assicurare l'accesso all'acqua potabile a 3 milioni di persone in tutto il mondo entro il 2015;
l'Unione europea ha offerto finanziamenti per un ammontare di 1 miliardo di euro a favore dei Paesi più impegnati e bisognosi per progredire verso il conseguimento degli obiettivi che sono ancora lontani dal raggiungere;
il Belgio ha promesso 400.000 euro a favore della quarta conferenza delle Nazioni Unite per i Paesi meno sviluppati, che si svolgerà a Istanbul, in Turchia, nel 2011;
nonostante l'assenza di qualunque progresso da parte dell'Italia nella lotta contro la povertà, la dichiarazione del Ministro degli affari esteri al vertice Onu di New York, dicono le Organizzazioni non governative, «non contiene nessuna misura concreta per recuperare i gravi ritardi dell'Italia sugli aiuti ai paesi in via di sviluppo»;
l'Italia arriva al summit senza nessun programma e senza alcun impegno concreto per la lotta alla povertà ed il raggiungimento degli 8 Obiettivi;
è necessario adottare un piano di riallineamento vincolante con risorse certe e aggiuntive nella prossima legge finanziaria;
il 15 settembre 2010 sono state discusse e votate dalla Camera dei deputati le mozioni «concernenti adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli obiettivi di sviluppo del millennio in vista del Vertice delle Nazioni Unite del 20-22 Settembre 2010» –:
quale posizione abbia assunto il Governo nel summit di New York sugli obiettivi del millennio;
se il Governo abbia intenzione o meno di adempiere gli impegni assunti dieci anni fa con la firma della Dichiarazione del millennio, considerando gli scarsi risultati ottenuti finora;
se e quali iniziative e programmi il Governo abbia intenzione di intraprendere d'ora in avanti per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. (4-08823)
AFFARI ESTERI
Interrogazioni a risposta scritta:
NARDUCCI, MARANTELLI e BRAGA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
da alcuni giorni è in atto, nel Canton Ticino in Svizzera, una campagna che ad avviso degli interroganti appare diffamatoria, razzista e xenofoba nei confronti dei lavoratori italiani frontalieri con il ricorso a manifesti firmati «balairatt.ch» in cui si raffigurano detti lavoratori con l'immagine del ratto che va a rubare il formaggio in Svizzera;
tale campagna diffamatoria oltre che per le strade di Lugano e di altre città ticinesi è stata promossa via internet attraverso il sito web www.balairatt.ch ed il social-network Facebook con i seguenti slogan: «Lavoro...no all'invasione del frontalierato», «Sicurezza...No alla criminalità d'importazione» e «Fiscalità...No alla fiscalità opprimente», lanciando il grido d'allarme xenofobo e razzista «I ratti “invadono” la Svizzera italiana»;
la campagna di comunicazione realizzata, centrata sull'identificazione uomo-ratto in cui i ratti sono gli italiani che invadono la Svizzera, risulta fortemente lesiva della dignità dei circa 45 mila lavoratori frontalieri italiani in Svizzera che rappresentano una risorsa importante per il Canton Ticino;
tale campagna diffamatoria si inserisce in un periodo di particolare crisi economica in cui, incrinando la coesione sociale attraverso l'apologia del razzismo, si compromettono anche i tradizionali vincoli di buon vicinato che hanno da sempre caratterizzato i rapporti tra le regioni italiane di confine e il Canton Ticino –:
se il Ministro interrogato intenda attivarsi tempestivamente presso il Governo della Confederazione Elvetica per tutelare l'immagine e la dignità dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera affinché si pervenga all'oscuramento del sito internet www.balairatt.ch e del gruppo di interesse su Facebook oltre che alla rimozione dei cartelli pubblicitari dal territorio ticinese, riconducibili a balairatt.ch. (4-08825)
ZACCHERA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
è stata avviata nel Canton Ticino (Svizzera) una odiosa campagna pubblicitaria contro i lavoratori frontalieri con manifesti ed affissioni e un sito web www.balairatt.ch in cui i «ratti» sono i lavoratori italiani in Svizzera guidati dal «topo» Ministro Tremonti, «colpevole» di aver voluto la legge del cosiddetto scudo fiscale;
uno dei «topi» viene chiamato Fabrizio «e vive a Verbania ma fa il piastrellista in Ticino», con ciò sottolineando la presenza di migliaia di lavoratori frontalieri italiani che ogni giorno si recano a lavorare in Svizzera e scatenando le preoccupate, immediate proteste di lavoratori di Verbania e del Verbano che ogni giorno si recano in Ticino per lavorare;
il pubblicitario che ha avviato la campagna – la Ferrise Comunicazioni di Muralto (Locamo) – interrogato sul perché della scelta di questo tipo spiega: «Un gruppo ci ha chiesto di trovare un'idea originale che portasse i ticinesi ad aprire gli occhi su determinate questioni. Non posso dirvi di più. Segreto professionale. Perché i ratti ? Perché il ratto è qualcosa di spregevole e c’è il concetto di »derattizzazione« dietro tutto ciò.»;
questa campagna appare di schietta impronta demagogica e anche razzista e in netto contrasto con gli accordi vigenti italo-svizzzeri nonché i tradizionali rapporti di amicizia e collaborazione tra i due Paesi –:
se l'Italia non debba manifestare preoccupazione e sconcerto per questa iniziativa sia per le conseguenze sull'opinione pubblica ticinese sia perché avviene in un momento di particolare crisi economica nel quale sono in difficoltà centinaia di lavoratori italiani che affrontano la crisi economica ed occupazionale che anche in Ticino crea non poche preoccupazioni;
quali iniziative di protesta siano state avviate presso l'amico Governo elvetico per tutelare l'immagine delle migliaia di lavoratori italiani in Svizzera. (4-08826)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta immediata:
DONADI, PIFFARI, SCILIPOTI, ANIELLO FORMISANO, BARBATO e PALAGIANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in questi giorni si sta assistendo a una nuova ennesima crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania, con una situazione che rischia di diventare nuovamente esplosiva in tutta la provincia di Napoli;
di nuovo tonnellate di rifiuti in strada, a dimostrazione di una crisi che mette in luce ancora una volta come il problema rifiuti in Campania in realtà non sia mai stato risolto, come invece ha sempre dichiarato il Governo, e che il piano messo a punto da Berlusconi e Bertolaso si è rivelato non strutturale, ma solamente come un insieme di soluzioni tampone;
un Governo che aveva promesso che non si sarebbero più aperte nuove discariche e che, invece, ora ne prevede un'altra nel Parco del Vesuvio, in un'area protetta e di grande valenza naturalistica;
i sindaci e tutti gli abitanti dell'area interessata stanno, quindi, legittimamente contrastando l'apertura di questa ennesima discarica a cielo aperto, l'ex cava di Vitiello, che secondo i desideri del Governo dovrebbe «nascondere» i rifiuti in attesa di una nuova soluzione;
si ricorda che il Governo, con il decreto legge n. 90 del 2008, aveva stabilito la costruzione di quattro nuovi termovalorizzatori e individuato dieci siti in cui realizzare altrettante discariche;
i previsti termovalorizzatori (Napoli, Salerno, Santa Maria la Fossa) non sono mai entrati in funzione e per quanto riguarda il termovalorizzatore di Acerra – che Guido Bertolaso continua a considerare il miglior termovalorizzatore italiano – due linee su tre sono praticamente fuori uso, con la conseguenza che l'impianto incenerisce ogni giorno circa trecento tonnellate, invece delle mille tonnellate di rifiuti previste. Le restanti 700 tonnellate finiscono inevitabilmente in discarica;
vale la pena sottolineare che nella zona del Pantano, area limitrofa al termovalorizzatore, le polveri sottili hanno sforato i valori massimi in ben 250 giorni su 500;
in realtà dopo la solenne e sbandierata inaugurazione del termovalorizzatore avvenuta un anno e mezzo fa, nel marzo 2009, quest'ultimo non ha mai funzionato regolarmente e non ha mai raggiunto, neanche lontanamente, i parametri produttivi previsti;
va, peraltro, sottolineato che a gennaio 2011 le discariche saranno del tutto sature, che gli impianti di compostaggio sono praticamente inesistenti e che la raccolta differenziata non è mai decollata, rimanendo ancora molto lontana da standard minimamente accettabili. Anzi il quantitativo dei rifiuti indifferenziati negli ultimi mesi è andato aumentando;
a tutto ciò si aggiungono i pesantissimi tagli ai trasferimenti agli enti locali operati da questo Governo. È stato lo stesso commissario liquidatore di quello che fu il consorzio di bacino Napoli-Caserta, Gianfranco Torturano, che alcuni mesi fa dichiarava l’«impossibilità di continuare a gestire, per conto delle province, i siti di stoccaggio provvisori e definitivi in assenza del ristoro delle spese sostenute sia per la gestione che per il personale». In più, la società provinciale che dovrebbe gestire il ciclo dei rifiuti non ha ancora presentato il piano industriale;
al di là della propaganda che voleva risolta l'emergenza campana, si aggiunge la tutt'altro che risolta vertenza dei lavoratori del disciolto bacino unico: 2000 persone che attendono di sapere quanti e come saranno riassorbiti al lavoro –:
quali iniziative urgenti si intendano intraprendere alla luce delle forti criticità esposte in premessa, considerato che già dal 2011 le discariche attualmente in uso saranno tutte esaurite, e se non si intenda – nell'ambito delle proprie prerogative – favorire un indispensabile processo di normalizzazione nel settore del ciclo dei rifiuti in Campania, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di confronto tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti – Governo, sindaci, amministratori locali – che permetta di coordinare le iniziative da mettere in atto, promuovendo l'individuazione delle relative risorse finanziarie necessarie al reale funzionamento del ciclo dei rifiuti, nonché delle più opportune forme di controllo del territorio e nel settore degli appalti emergenziali, anche al fine di scongiurare la presenza della criminalità organizzata in questo ambito. (3-01249)
BALDELLI e TOMMASO FOTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il tema della gestione dei rifiuti ha assunto una rilevanza sempre maggiore, che riguarda non solo la tutela dell'ambiente, ma anche la difesa della legalità;
i rifiuti pericolosi sono spesso oggetto di lucrosi traffici da parte delle organizzazioni criminali, che causano gravi danni al territorio e possono mettere in pericolo la salute pubblica;
è imminente l'avvio del Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nato nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
sono diverse le critiche che vengono rivolte a questo nuovo sistema, come, ad esempio, le modalità con cui è stato creato, i costi per le imprese, i tempi messi a disposizione per il passaggio dal vecchio sistema cartaceo al nuovo progetto informatico, l'averlo sottoposto a «segreto di Stato» –:
se non ritenga di fornire un chiarimento in risposta alle critiche rivolte al Sistri. (3-01250)
CASINI, LIBÈ, ZINZI, NUNZIO FRANCESCO TESTA, CICCANTI, COMPAGNON, GALLETTI, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO, DIONISI, MONDELLO e RAO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi giorni si sono ripresentate forti criticità nel sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania, con nuovi episodi di accumuli di immondizia nelle strade, che hanno superato le 2000 tonnellate a Napoli, e conseguenti manifestazioni di protesta da parte dei cittadini;
i maggiori disagi si sono riscontrati nei comuni nell'area di Terzigno, dove i cittadini e le amministrazioni locali, per la paventata ipotesi di allargamento della discarica e per la realizzazione di un secondo sito di deposito in zona, hanno dato vita ad una protesta che ha bloccato il regolare flusso dei rifiuti in discarica e nel capoluogo campano, che per di più ha dovuto far fronte all'improvviso sciopero di numerosi dipendenti delle ditte appaltatrici del servizio di raccolta;
a questo si sono aggiunti numerosi episodi di violenza e criminalità che si sono scatenati parallelamente, probabilmente di matrice camorristica, che hanno interessato le strutture e i mezzi di raccolta delle società di gestione in questione, che ha comportato così la totale sospensione del servizio per svariati giorni;
sulla vicenda sono state aperte tre differenti inchieste da parte della magistratura per accertare i fatti, le responsabilità e le eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata, a seguito anche delle dichiarazioni rilasciate sulla questione dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che ha gettato numerosi dubbi e ombre sulle reali cause dell'improvviso blocco del ciclo di gestione, lamentando, inoltre, carenze strutturali nelle capacità organizzativa e operativa delle realtà locali;
la recente audizione del prefetto di Napoli De Martino in Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha evidenziato un sistema di traffici illeciti, che va ben oltre i confini campani e che interessa, tra l'altro, anche aziende del Nord del Paese;
gli avvenimenti fanno emergere grosse perplessità sul buon andamento dell'azione del Governo sulla questione rifiuti, considerato il grosso impegno e i risultati rivendicati con l'adozione dei piani di rientro dall'emergenza emanati negli ultimi due anni, culminati il 31 dicembre 2009 con la dichiarazione di conclusione della fase emergenziale in Campania;
appare evidente che l'emergenza non è conclusa e che la pianificazione predisposta dalla gestione commissariale presenta seri problemi. Ancor più chiaro è che l'intero programma di rientro è ancora ben lontano dall'essere realizzato compiutamente; allo stato attuale, infatti, non tutte le discariche previste dal piano emergenziale sono entrate in funzione, si riscontrano ritardi sull'applicazione del servizio di raccolta differenziata e l'unico impianto di termovalorizzazione entrato in funzione, sui cinque promessi dal Governo, non opera ancora a pieno regime;
alla luce di quanto innanzi esposto, non è stata ancora prevista una proroga ed una modifica del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, consentendo ai comuni di gestire in proprio il servizio, con un controllo rigido della provincia, sulla quale continuerebbe a gravare la gestione degli impianti –:
quali urgenti iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare per ripristinare la regolarità del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, alla luce anche delle recenti dichiarazioni rilasciate dal capo del dipartimento della Protezione Civile sugli avvenimenti accaduti nei giorni scorsi. (3-01251)
BOSSA, BRATTI, MARIANI, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BENAMATI, BOCCI, BRAGA, ESPOSITO, GINOBLE, IANNUZZI, MARANTELLI, MARGIOTTA, MORASSUT, MOTTA, REALACCI, VIOLA, CIRIELLO, D'ANTONA, MAZZARELLA, NICOLAIS, PICCOLO, SANTAGATA, SARUBBI, BOFFA, BONAVITACOLA, CUOMO, GRAZIANO, PEDOTO, MARIO PEPE (PD), PICIERNO, VACCARO, CENNI e RUGGHIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
è riesplosa a Napoli e nella sua area metropolitana l'emergenza rifiuti;
nel centro storico di Napoli la raccolta dei rifiuti è stata ferma per alcuni giorni, lasciando a marcire nelle strade fino a seicento tonnellate di spazzatura;
tale situazione determina un livello di forte allarme sociale, sia dal punto di vista igienico-sanitario, sia dal punto di vista della situazione economico-turistica;
la situazione esplosa a Napoli è solo l'anticipo di una nuova emergenza che potrebbe scoppiare a breve anche nel resto del territorio dell'area metropolitana, visto che l'equilibrio su cui si regge il ciclo dei rifiuti in Campania è estremamente fragile;
dalla chiusura, con decreto del Governo, dell'emergenza rifiuti in Campania non sono stati fatti i passi che si ritenevano necessari per portare la situazione ad un livello di gestione ordinaria; nello specifico:
a) la raccolta differenziata resta ben lontana dall'obiettivo minimo del 40 per cento. Nella città di Napoli non si supera il 15 per cento; in molti centri della provincia di Napoli non è proprio partita o si è attestata su livelli minimi;
b) i numerosi termodistruttori, di cui il Presidente del Consiglio dei ministri, in una conferenza stampa a Napoli, un anno fa, aveva promesso la costruzione, sono rimasti sulla carta;
c) l'unico termodistruttore in funzione, quello di Acerra, inaugurato nel 2010, è in tilt: dovrebbe bruciare 2000 tonnellate di immondizia al giorno. Adesso non va oltre quota 500. Due forni su tre sono saltati; secondo la Partenope ambiente, la controllata del gruppo A2a, che gestisce il termovalorizzatore, per rimettere in sesto l'impianto occorreranno non meno di 11 milioni di euro;
d) su tutto il territorio della regione Campania non sono stati attivati impianti di compostaggio; i pochi comuni della Campania che nella differenziata raccolgono l'umido spendono 200 euro a tonnellata affinché sia trattato fuori regione;
non essendo decollato il ciclo completo dei rifiuti, con differenziata, compostaggio, termodistruzione, l'unica via di smaltimento restano ancora le discariche;
se il ciclo ordinario dei rifiuti fosse almeno partito, ad oggi, nella peggiore delle ipotesi, anche con percentuali minime, si avrebbero non più di duemila tonnellate di spazzatura al giorno da smaltire in discarica, a fronte delle 5100 tonnellate di rifiuti al giorno;
gli invasi di Terzigno e di Chiaiano, le discariche attualmente attive a Napoli e provincia, sono ovviamente in via di esaurimento. Lo sversatoio di Cava Sari nel Parco nazionale del Vesuvio a Terzigno dovrebbe esaurirsi tra gennaio e febbraio 2011; la discarica di Chiaiano, invece, dovrebbe esaurirsi nell'ottobre 2011;
a causa dell'evidente fallimento della programmazione effettuata dal Governo in sede di chiusura della gestione straordinaria, si va, con l'esaurimento delle due discariche, verso una nuova e drammatica emergenza rifiuti;
per scongiurare questa ipotesi si parla insistentemente di allargamento della discarica di Terzigno, con l'uso di Cava Vitiello, e dell'ampliamento della discarica di Chiaiano, con l'uso di altre cave attigue;
tale soluzione appare come uno schiaffo a popolazioni già gravemente provate dal disagio di ospitare nei loro luoghi (aree di pregio e centri abitati, come il Parco del Vesuvio di Terzigno e il Parco delle Colline di Chiaiano) degli invasi ad alto impatto e che si vedono costretti a pagare un nuovo e devastante prezzo, a causa dell'incapacità delle autorità nazionali e locali di dare seguito ai loro annunci roboanti di dare esecuzione ai loro piani annunciati in conferenza stampa, di dare gambe e fiato a progetti esibiti come miracoli e rivelatisi scatole vuote –:
come intenda il Governo affrontare la crisi rifiuti a Napoli e provincia, sia rispetto all'emergenza riesplosa in questi giorni sia in previsione di nuove situazioni di crisi che potrebbero determinarsi nei prossimi mesi, a causa del mancato decollo del ciclo ordinario dei rifiuti e del contestuale esaurimento delle discariche, evitando che il peso dell'emergenza mai risolta si scarichi di nuovo su popolazioni e territori come quelli di Terzigno e Chiaiano, già provate duramente da impianti ad altissimo impatto ambientale.
(3-01252)
NUCARA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi il Parco nazionale delle Cinque Terre è stato oggetto di un'indagine della magistratura che ha portato all'arresto di otto persone, tra le quali il presidente Franco Bonanini, con accuse che vanno dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato al falso, dall'abuso d'ufficio alla concussione;
secondo le dichiarazioni di illustri personalità del mondo ambientalista la gestione del presidente Bonanini ha rappresentato un punto di forza per la valorizzazione e la promozione dei valori ambientali, culturali e storici presenti nelle aree protette;
lo stesso Ministro interrogato si è dichiarata sconcertata dall'iniziativa della magistratura;
è innegabile lo sviluppo delle Cinque Terre in questi anni –:
di quali sistemi di controllo e monitoraggio disponga il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per verificare, al di là della riconosciuta probità delle persone, che le risorse che lo Stato trasferisce annualmente ai parchi e alle aree protette non vengano distolte su iniziative che niente hanno a che vedere con la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. (3-01253)
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti;
il nostro Paese ha già assunto in sede internazionale e in particolare in sede europea importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di C02 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
nella crisi economica grave e prolungata che stiamo vivendo gli investimenti in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy possono rappresentare un importante volano per la ripresa dell'economia e renderla al tempo stesso più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
la misura del credito d'imposta del 55 per cento per i privati che intraprendono azioni volte ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici ha avuto notevole successo. È stata utilizzata da circa 600.000 famiglie con un giro d'affari di 12 miliardi di euro ed ha coinvolto migliaia di imprese nell'edilizia e nell'indotto del settore, garantendo l'occupazione per decine di migliaia di lavoratori. Ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di C02 contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie;
grazie alle misure varate in passato, l'Italia sta recuperando, con successo, il ritardo accumulato rispetto ad altri Paesi europei nel campo delle fonti rinnovabili, attivando anche un importante comparto economico, che rischia di essere messo in discussione dalle misure attualmente previste nella manovra finanziaria –:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno adottare iniziative volte a garantire la continuità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, anche per sostenere un importante settore della nostra economia;
se non intendano inoltre assumere iniziative per dare stabilità, seppur prevedendo le necessarie riduzioni che accompagnino il pieno ingresso nel mercato, alle misure di incentivo previste per le fonti rinnovabili e favorire in entrambi i settori un maggior ruolo delle istituzioni locali che possono ottenere da queste azioni importanti benefici, anche di natura economica. (4-08824)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta immediata:
REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI e ZAFFINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il Teatro Carlo Felice di Genova presenta un deficit finanziario di oltre 14 milioni di euro;
per salvaguardare il teatro in oggetto dalla bancarotta il consiglio d'amministrazione ha deciso di mandare in cassa integrazione i 300 dipendenti, sospendendo conseguentemente ogni attività artistica fino alla fine del 2010; dette «misure» scongiurerebbero la levitazione del debito, che rischia di raggiungere i 17 milioni di euro a fine 2010;
il 15 settembre 2010 il Ministro interrogato avrebbe concordato con il sindaco di Genova «sulla necessità di utilizzare al più presto tutti gli strumenti che le leggi sul lavoro permettono, al fine di avviare un rapido risanamento del Teatro Carlo Felice, stante l'impossibilità per l'anno in corso di reperire fondi straordinari»;
contestualmente il Ministro interrogato si sarebbe impegnato a valutare il piano di rilancio del teatro, la cui presentazione dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, previo accordo tra il vertice della fondazione e le parti sociali;
ai fini del predetto risanamento finanziario del Teatro Carlo Felice, sarebbe auspicabile un piano che preveda la patrimonializzazione della Fondazione Carlo Felice attraverso l'attribuzione alla stessa di immobili, come lo stesso stabile sede del teatro, oggi di proprietà comunale; tale intervento registra, tuttavia, la contrarietà dell'attuale amministrazione comunale –:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare per superare la crisi che investe il Teatro Carlo Felice di Genova, anche al fine di tranquillizzare i lavoratori coinvolti e tutti i soggetti interessati alle sorti del teatro, nonché allo sviluppo della cultura a Genova e in Liguria. (3-01254)
Interrogazione a risposta scritta:
COSENZA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
l'Italia possiede il più grande e straordinario patrimonio culturale del mondo. Eppure – come dimostrano molti esempi, a partire da quello dei Campi flegrei in cui musei e siti archeologici sono abbandonati in stato di totale incuria – la gestione pubblica di questo patrimonio è spesso insufficiente per mancanza di risorse e per carenze organizzative;
sul polo opposto si pongono Paesi come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania o la Gran Bretagna, che al contrario sono dotati di un patrimonio culturale certamente di minore spessore, sia quantitativo che qualitativo, rispetto all'Italia. Eppure lo sanno sfruttare nel modo migliore, valorizzando sia sul piano della conservazione che su quello dell'utilizzo a fini turistici, grazie in particolare al ricorso alle risorse del privato che, se affiancate a quelle pubbliche e se selezionate in base a criteri rigorosi, possono garantire un'offerta culturale di qualità;
l'esempio più eloquente è, in particolare, quello degli Stati Uniti, dove grandi istituzioni culturali come il Metropolitan Museum di New York ricevono sostegni pubblici in quantità del tutto minoritaria rispetto alle donazioni ricevute dai privati (semplici cittadini, università, istituzioni culturali, fondazioni e imprese) oppure sono direttamente gestiti da soggetti privati –:
quali siano gli intendimenti del Governo rispetto alle seguenti ipotesi:
a) affidare a privati in totale concessione sperimentale i musei italiani oggi più periferici e peggio gestiti superando i limiti molto stretti posti dall'attuale ordinamento, che affida ai privati solo la conduzione di alcuni servizi;
b) estendere alle sponsorship delle imprese private coinvolte in progetti culturali la disciplina del credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico;
c) alzare dal 19 per cento attuale al 30 per cento l'aliquota da portare in detrazione fiscale, quando le erogazioni in favore di istituzioni culturali siano effettuate da persone fisiche. (4-08809)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARCO CARRA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nel territorio del comune di Suzzara (MN), in adiacenza con i territori dei comuni di Pegognaga (MN) e Motteggiana (MN), insiste un presidio militare del comando del 4o reggimento artiglieria contraerei «Peschiera» di Mantova;
all'interrogante sono giunte diverse segnalazioni da parte di proprietari di terreni limitrofi al presidio militare e sottoposti al regime di «servitù militari» che riferivano dei mancati pagamenti dello Stato di alcune annualità;
come è noto, i terreni sottoposti a tale regime non producono reddito per i proprietari;
il riconoscimento delle «servitù militari» consente, pertanto, la certezza di un reddito per le famiglie interessate –:
se si intenda dar corso ai pagamenti arretrati delle «servitù militari».
(5-03487)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
FLUVI e BRANDOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con riferimento ai soggetti che, a decorrere dal 2008, adottano il regime dei minimi, l'articolo 1, comma 117, della legge n. 244 del 2007, con una disposizione di carattere transitorio applicabile per l'anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione al regime dei minimi, prevede che: «ai fini del calcolo dell'acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per l'anno in cui avviene il passaggio dal regime ordinario di tassazione a quello previsto per i contribuenti minimi, non si tiene conto delle disposizioni di cui ai commi da 96 a 116»;
di conseguenza, i soggetti in esame sono tenuti a determinare l'acconto IRPEF 2008 senza considerare l'adesione al regime dei minimi;
non può, pertanto, essere «evitato» il pagamento dell'acconto IRPEF 2008, in considerazione del fatto che, applicando il regime dei minimi, il soggetto interessato dovrà versare, sul reddito 2008, l'imposta sostitutiva del 20 per cento;
l'Agenzia delle entrate ha specificato, con la circolare n. 13/E del 26 febbraio 2008, che l'unica modalità di determinazione dell'acconto dovuto per l'anno di accesso al regime è il metodo storico, con esclusione della possibilità di utilizzare il metodo previsionale;
si determina una situazione nella quale i contribuenti minimi pagheranno un acconto molto superiore all'imposta dovuta, in particolare i soggetti a ritenuta d'acconto del 20 per cento risulteranno a credito per l'intero importo dell'acconto versato, senza possibilità di recuperare le maggiori somme pagate, mentre coloro che non effettueranno il versamento dell'acconto rischiano di essere sanzionati anche se non hanno determinato un aumento dell'imposta da versare a saldo –:
quali iniziative intenda adottare al fine di assicurare un tempestivo rimborso delle maggiori somme versate e per escludere l'applicazione di sanzioni qualora il mancato o inferiore versamento dell'acconto non determini il ricorso a conguaglio in sede di dichiarazione dei redditi. (5-03497)
ANTONIO PEPE e CONTENTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'ordinanza della Corte di cassazione n. 18702 del 13 agosto 2010, la quale ha stabilito che i compensi agli amministratori di società di capitali non sono deducibili, in quanto tale figura sarebbe equiparabile a quella dell'imprenditore individuale anziché a quella del lavoratore dipendente, rischia di avere effetti significativi sul carico fiscale gravante sulle imprese italiane;
in sostanza, la Corte di cassazione ha sancito l'indeducibilità dei compensi erogati agli amministratori delle società di capitali, mentre ha riconosciuto la deducibilità di quelli riconosciuti agli amministratori delle società di persone;
senza entrare nel merito di tale pronuncia, è palese che essa potrebbe creare particolare confusione tra gli operatori del settore, nonché dare origine a disparità di trattamento in materia di deducibilità delle spese societarie;
una non corretta applicazione della predetto pronunciamento rischia dunque di determinare conseguenze deleterie sulle aziende italiane, già colpite da una crisi economica senza precedenti –:
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per scongiurare che la predetta pronuncia giurisprudenziale, a causa di improprie applicazioni analogiche, determini aggravi della pressione fiscale sulle imprese italiane, attraverso una generalizzata estensione dei casi di indeducibilità delle spese a fattispecie non espressamente previste dal legislatore. (5-03498)
BARBATO, DI PIETRO, DONADI, CAMBURSANO, ZAZZERA, RAZZI, PALADINI, MESSINA, ROTA, ANIELLO FORMISANO, PIFFARI, GIULIETTI, BORGHESI, PALAGIANO, MURA, EVANGELISTI, PORCINO, FAVIA, PALOMBA, DI STANISLAO, CIMADORO, DI GIUSEPPE, LEOLUCA ORLANDO e MONAI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la società Atlantis World Gioco Legale Ltd con sede in Inghilterra, attraverso una propria stabile organizzazione in Italia, risulta concessionaria per la gestione telematica degli apparecchi da intrattenimento (cosiddette slot machines) di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
tale società è controllata attraverso una complessa struttura da società off- shore dei Caraibi. Solo il 5 per cento è di soci italiani identificabili (Sapamet, consorzio riferibile ai dirigenti dei gestori del sindacato delle slot-machines) mentre nessuno sa veramente chi è la persona fisica proprietaria del restante 95 per cento. In particolare, la Hoshi Okara Corporation ltd controlla l'82 per cento mentre il restante 13 per cento è nelle mani della Uk Atlantis Holding Plc. Hoshi Okara è una società delle Antille che secondo alcune notizie di stampa sarebbe riferibile a Francesco Corallo. A L'espresso nel 2004 lo stesso Francesco Corallo ha dichiarato che nel controllo c'erano altri soggetti finanziari. La società UK Atlantis Holding Pie che detiene il 13 per cento è invece controllata da società con sede nello Stato caraibico di Saint Lucia (la Corporated Management St. Lucia possiede il 99,9 per cento mentre la Corporate Management Inc. ne ha una minima quota dello 0,01 per cento). Entrambe le società sono riconducibili al signor James Walfenzao, professionista che, secondo notizie recentemente riportate dalla stampa, agirebbe in nome e per conto di un trust appartenente a Francesco Corallo;
non c’è trasparenza sulla reale proprietà e l'unico nome di una persona fisica che sostiene di essere socio in proprio della Atlantis Gioco Legale Ltd concessionaria dell'Azienda autonoma dei monopoli di Stato AAMS nel controllo del gioco legale, è quello di Francesco Corallo, il figlio di Gaetano Corallo, il quale è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso in primo e secondo grado, accusa che è stata trasformata – dopo una serie di monunciamenti della Cassazione – in associazione a delinquere semplice: la condanna a sette anni e mezzo era legata proprio alla scalata dei casinò italiani da parte di soggetti legati al clan mafioso di Nitto Santapaola, boss di Catania che sarebbe stato fotografato con Gaetano Corallo a Saint Marteen, Antille olandesi, dove allora Gaetano gestiva un casino e dove oggi il figlio Francesco gestisce altri tre diversi casino;
in base a notizie riportate dalla stampa, il predetto Francesco Corallo sarebbe stato a sua volta indagato più volte dalla procura di Roma per traffico di droga e riciclaggio e – anche se le indagini sono state archiviate – negli atti sarebbe comunque definito più volte come soggetto legato al clan di Benedetto Santapaola, capo assoluto della mafia catanese. Molte informative della Guardia di finanza e della polizia riguardano i rapporti suoi e di suo padre con il medesimo clan Santapaola e con Marco Marino Diodato, ex militante neofascista, sposato con la figlia del dittatore Hugo Banzer in Bolivia e arrestato per traffico di droga e per gioco illegale (proprio con le slot machine) nel Paese sudamericano. Diodato e Francesco Corallo erano indagati nel medesimo procedi – erano in affari insieme nelle slot machine in Bolivia;
la procura della Corte dei conti ha citato in giudizio la Atlantis World, assieme ad altri nove concessionari, contestando violazioni degli obblighi del concessionario, che non aveva provveduto a collegare le macchinette per permetterne il controllo in tempo reale, come previsto dalla legge e che non aveva versato all'Erario ingenti somme relative al prelievo erariale dovuto sui proventi dei citati apparecchi di gioco. Ad Atlantis Word e ai suoi controllori inadempienti dell'AAMS, la Corte dei Conti contesta un ammontare pari a circa 32 miliardi di euro complessivi per inadempimenti degli obblighi relativi ai livelli di servizio previsti dalle convenzioni di concessione;
in base a notizie riportate dalla stampa, la società Atlantis si sarebbe avvalsa, a suo favore, di un'estesa rete di rapporti politici;
in particolare, fino ad alcuni anni fa la società Atlantis era rappresentata in Italia da Amedeo Laboccetta, il quale è stato ascoltato dal pubblico ministero di Potenza, dottor Henry Woodcock, in ordine al contenuto di intercettazioni telefoniche nel corso delle quali lo stesso Laboccetta avrebbe dichiarato, rivolgendosi a Francesco Proietti Cosimi, la sua volontà di attivarsi presso l'allora direttore dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, Giorgio Tino, per evitare la decadenza della società Atlantis dalla concessione a causa delle predette irregolarità nel riversamento all'Erario dei proventi di gioco; in tali telefonate – secondo notizie di stampa – Francesco Proietti, indirizzava Amedeo Laboccetta, da Gabriella Alemanno, vicedirettore dei Monopoli di Stato e poi promossa a capo dell'Agenzia del territorio. Proietti – secondo quanto riportato dall’Espresso – dice al telefono a Laboccetta che si lamentava per Patteggiamento dei Monopoli i quali minacciavano la revoca della concessione: «lo cerco per telefonino e gli dico che (...) è sta storia», riferendosi al direttore dell'AAMS Giorgio Tino;
la procura della Corte dei Conti ritiene che il direttore dell'AAMS di allora Giorgio Tino, la sua collaboratrice Anna Maria Barbarito e il responsabile del settore slot Antonio Tagliaferri, hanno avallato le violazioni di Atlantis agli obblighi di servizio;
la convenzione per la concessione ad Atlantis World Rti (che vale da sola decine di milioni di euro e permette di incassarne altrettanti alla società, che stava quotandosi in borsa a Londra proprio grazie alla concessione medesima) è stata siglata senza richiedere alla prefettura gli accertamenti ai fini della cosiddetta informativa interdittiva antimafia che solitamente viene chiesta per appalti superiori ai 5,2 milioni di euro mentre in questo caso si parla di centinaia di milioni se non di miliardi di euro. L'informativa prefettizia solitamente coinvolge negli accertamenti gli uffici della direzione investigativa antimafia, che ben conoscono la famiglia Corallo, e che invece non sono stati sollecitati;
successivamente, la concessione è stata prorogata due volte (ultimamente fino al maggio 2011) sempre senza alcuna richiesta della cosiddetta informativa interdittiva antimafia, da non confondere con il comune certificato antimafia;
appare dunque urgente che il Governo si attivi responsabilmente per assicurare l'assoluto rispetto della normativa e la massima chiarezza in un settore, quello delle slot machine, che, oltre a costituire una delle maggiori fonti di entrate per l'Erario, movimenta un ingentissimo giro d'affari e costituirebbe, secondo numerose ipotesi investigative, una fonte di enormi profitti per le organizzazioni mafiose;
a ciò si aggiunge che il quadro normativo relativo alla disciplina delle concessioni per la gestione telematiche per gli apparecchi di gioco risulta particolarmente complesso, ed è stato oggetto di numerose modifiche: in particolare l'articolo 12, comma 1, lettera l), del decreto-legge n. 39 del 2009, ha previsto l'introduzione di un nuovo sistema di gioco costituito dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, che avrebbe dovuto comportare l'avvio, da parte dell'AAMS, delle procedure per un nuovo affidamento in concessione della rete, entro il termine inizialmente fissato al 15 settembre 2009 dall'articolo 21, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2009, e successivamente prorogato al 16 maggio 2011 dall'articolo 2, comma 2-sexies, del decreto-legge n. 40 del 2010;
l'accavallarsi dei predetti interventi normativi rende quindi necessario eliminare ogni dubbio in merito alla disciplina vigente in materia, in particolare per quanto riguarda la durata delle concessioni in essere ed il loro rinnovo –:
se non ritenga opportuno richiedere immediatamente gli accertamenti antimafia alla prefettura e approfondire ulteriormente, anche ai fini della scadenza e del rinnovo delle concessioni, gli inquietanti fatti indicati in premessa, in particolare se ritenga che la società Atlantis disponga dei titoli previsti dalla normativa antimafia per poter essere titolare di una concessione relativa alla gestione dei giochi da intrattenimento, essendo riconducibile a soggetti per i quali sussiste il sospetto di legami con la criminalità organizzata, se risulti che la Guardia di finanza abbia compiuto accertamenti nei confronti della società Atlantis, o di entità che la controllano, direttamente o indirettamente, e se il personale della Guardia di finanza che avrebbe compiuto tali accertamenti sia stato successivamente oggetto di penalizzazione a differenza dei dirigenti amici della Atlantis World, che sono stati promossi, quale sia la scadenza ultima delle concessioni in essere, se se ne preveda l'automatico rinnovo, e quali misure di sua competenza intenda adottare per assicurare l'assoluta legalità e la massima trasparenza nel settore. (5-03499)
COMAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
su un quotidiano nazionale, nella giornata del 28 settembre 2010 è riportata una vicenda emblematica del rapporto che le nostre imprese hanno con il fisco: nell'aprile 2009 una società a responsabilità limitata soggetta agli studi di settore riceve dall'Agenzia delle entrate di Milano un invito al contraddittorio per una dichiarata incongruità rispetto ai ricavi per l'anno 2004, nel quale si presume un'evasione Ires, Irap, Iva: l'esame dei documenti fomiti all'Agenzia da parte dell'azienda non fa rilevare alcuna irregolarità, tuttavia, dal momento che formalmente gli studi evidenziano un'incongruità, si avvia il contenzioso. Nel gennaio 2010 la srl deposita il ricorso contro l'accertamento e l'udienza viene fissata per il 5 maggio. Il 21 maggio viene comunque emessa, senza attendere l'esito del contenzioso, la cartella con l'iscrizione a ruolo delle imposte dovute (circa 140.000 euro) e l'11 giugno viene comunicata la sentenza alle parti con l'accoglimento del ricorso dell'azienda;
l'articolo 38 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, al comma 2, prevede che «le parti hanno l'onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma dell'articolo 16 depositando, nei successivi trenta giorni, l'originale o copia autentica dell'originale notificato, ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito...»;
nonostante, quindi, il contribuente abbia visto accogliere il proprio ricorso, la cartella continua il proprio iter, nonostante la sentenza sia stata comunicata alle parti; la srl in questione procede a depositare il 18 giugno una nuova istanza per l'annullamento della cartella e solo il 9 luglio l'ufficio dell'Agenzia comunica di non potersi occupare dello sgravio prima della scadenza della cartella, perché impegnato nella riorganizzazione degli uffici locali, suggerendo di aprire un ulteriore procedimento con il fisco; il 12 luglio viene presentato un nuovo ricorso e da allora, nonostante un nuovo sollecito il 15 settembre, l'Agenzia non ha più risposto;
oggi il direttore dell'Agenzia delle entrate risponde al contribuente riprendendo il contenuto dell'articolo 285 del codice di procedura civile e del già citato articolo 38 del decreto legislativo n. 546 del 2002, preannunciando poi una modifica normativa che prevede il blocco immediato dell'attività di riscossione in caso di sentenza favorevole al contribuente; afferma, inoltre, che già dal maggio 2010 Equitalia ha disposto che per bloccare le procedure di riscossione è sufficiente che il contribuente presenti la dichiarazione della sentenza a lui favorevole;
evidentemente nel caso specifico non è stata applicata questa procedura, obbligando il contribuente a presentare un nuovo ricorso per vedere affermato un proprio diritto, con ulteriori costi per le spese legali, spreco di risorse e perdita di fiducia nell'amministrazione finanziaria –:
quali siano i motivi per cui la procedura stabilita da Equitalia per bloccare l'attività di riscossione nel caso di sentenza favorevole al contribuente non sia stata applicata nel caso specifico, obbligando il contribuente stesso ad ulteriori costi e spreco di risorse per vedere affermato un proprio diritto e se, come preannunciato dal direttore dell'Agenzia delle entrate, si stiano accertando eventuali responsabilità personali sulla vicenda. (5-03500)
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 6, comma 12, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi»;
ciò comporta l'abolizione, per tutti i pubblici dipendenti, della possibilità del rimborso chilometrico riconosciuto per le attività ispettive svolte secondo modalità stabilite dalla legge 18 dicembre 1973, n. 836, che all'articolo 15 recita: «al personale che per lo svolgimento di funzioni ispettive abbia frequente necessità di recarsi in località comprese nell'ambito della circoscrizione territoriale dell'ufficio di appartenenza e comunque non oltre i limiti di quella provinciale può essere consentito, anche se non acquista titolo all'indennità di trasferta, l'uso di un proprio mezzo di trasporto con la corresponsione di un'indennità di lire 43 a chilometro quale rimborso spese di viaggio, qualora l'uso di tale mezzo risulta il più conveniente dei normali servizi di linea. L'uso del mezzo proprio di trasporto deve essere autorizzato dal dirigente generale o da altro capo ufficio avente qualifica non inferiore a quella di primo dirigente o equiparata che, in sede di liquidazione di detta indennità, dovrà convalidare il numero dei chilometri percorsi indicati dagli interessati. Il consenso all'uso di tali mezzo viene rilasciato previa domanda scritta dell'interessato dalla quale risulti che l'amministrazione è sollevata da qualsiasi responsabilità circa l'uso del mezzo. Nei casi in cui l'orario dei servizi pubblici di linea sia conciliabile con lo svolgimento della missione o tali servizi manchino del tutto, al personale che debba recarsi per servizio in località comprese nei limiti delle circoscrizioni di cui al primo comma del presente articolo, può essere consentito, con l'osservanza delle condizioni stabilite nel comma precedente, l'uso di un proprio mezzo di trasporto. Per i percorsi compiuti nella località di missione per recarsi dal luogo dove è stato preso alloggio al luogo sede dell'ufficio o viceversa e per spostarsi da uno ad altro luogo di lavoro nell'ambito del centro»;
dunque per qualunque necessità ispettiva bisogna ricorrere ai mezzi pubblici;
il costo medio di un funzionario comunale è di 35 euro lorde all'ora;
in molti casi il tempo necessario per effettuare gli spostamenti con i mezzi pubblici è notevolmente superiore a quello con i mezzi privati (in alcuni casi anche il triplo);
il costo dei biglietti dei mezzi pubblici viene comunque rimborsato ai dipendenti pubblici –:
se la prospettata soluzione comporti effettivamente un risparmio per la pubblica amministrazione, tenuto conto del maggior tempo degli spostamenti con i mezzi pubblici che potrebbe essere invece impiegato per svolgere le proprie mansioni. (4-08812)
CECCUZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in data 3 settembre 2009 il Ministro dell'economia e delle finanze, nell'atto di indirizzo strategico emanato ai sensi dell'articolo 19, commi 11 e 12 della Legge 3 agosto 2009 numero 102, ha riaffermato la missione istituzionale di Sogei (la Società di information and communication technology del Ministero dell'economia e delle finanze) e le ha assegnato, tra i nuovi compiti, quello di formulare, in coordinamento con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, proposte per ridefinire compiti e funzioni connessi ai processi di produzione e diffusione dei documenti elettronici detenuti dai cittadini, quali Cie (carta d'identità elettronica) e Cns (carta nazionale dei servizi);
il piano industriale emesso dal Ministero per le riforme e l'innovazione nella pubblica amministrazione nel maggio 2008 sottolinea il tema della modernizzazione della pubblica amministrazione come cruciale per il Paese, evidenziando la strategicità del ruolo dei servizi offerti, sia in termini di qualità che di adeguatezza della domanda;
il Piano e-Government 2010-2012, che costituisce la programmazione operativa del piano industriale della pubblica amministrazione per la parte relativa alla digitalizzazione, definisce un insieme di progetti di innovazione digitale proponendo di modernizzare e rendere più efficiente e trasparente la pubblica amministrazione, migliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini ed imprese e diminuire i costi per la collettività, contribuendo a fare della pubblica amministrazione un volano di sviluppo dell'economia del Paese;
in data 26 maggio 2010, presso la Commissione bicamerale di vigilanza e controllo sull'anagrafe tributaria si è svolta l'audizione dei rappresentanti di Sogei alla presenza dell'amministratore delegato avvocato Marco Bonamico e del presidente dottor Sandro Trevisanato, in merito al piano industriale di Sogei per gli anni 2010-2012;
nel corso di tale audizione, tra le problematiche segnalate, è stato ribadito che Sogei, nel proprio piano industriale, intende formulare in coordinamento con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, una proposta per ridefinire compiti e funzioni connessi ai processi di produzione e diffusione dei documenti elettronici detenuti dai cittadini quali la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi; quest'ultima riporta anche il codice fiscale e potrebbe consentire potenzialmente anche l'implementazione di servizi di pagamento, come tributi, sanzioni e prestazioni sanitarie;
le amministrazioni comunali che per prime hanno aderito alla sperimentazione del progetto di carta d'identità elettronica, sono oggi costrette, loro malgrado, a riemettere documenti di identità su supporto cartaceo dal momento che la nuova produzione non è stata ancora assegnata;
dal momento in cui venga affidato l'incarico, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, Sogei dichiara di essere in grado di corrispondere tale produzione in circa 14 mesi –:
quali siano gli intendimenti del Ministero dell'economia e delle finanze, in ordine ai tempi ed all'assegnazione della produzione della carta d'identità elettronica e della carta nazionale dei servizi, in virtù dell'urgenza di tale decisione, al fine di scongiurare ulteriori ritardi che possono comportare disagi per i cittadini, difficoltà gestionali per le amministrazioni comunali e maggiori oneri per la spesa pubblica. (4-08822)
MONAI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
consta all'interrogante che il comando regionale del Friuli Venezia-Giulia della Guardia di finanza ha reiteratamente rigettato le istanze di alcuni dipendenti, ed ex tali, tra l'altro già iscritti nel registro regionale degli esposti all'amianto, finalizzate ad ottenere il loro curriculum lavorativo che è necessario per poter godere dei benefici di legge previsti dalla legge n. 257 del 1992;
il curriculum lavorativo è un documento necessario per istruire l’iter procedurale per la concessione dei diritti derivanti dalla citata normativa;
gli interessati avrebbero tuttavia ricevuto, a quel che consta all'interrogante, informazioni abbastanza contraddittorie in relazione al rilascio di tali curricula e, parrebbe, addirittura comunicazione dell'indisponibilità della documentazione necessaria;
la sentenza n. 187 del 29 giugno 2009 del tribunale di Trieste, sezione lavoro, ha stabilito – per altri casi analoghi, riferiti ad operatori portuali – che nell'area portuale tra il 1973 e il 1996 vi era una concentrazione di amianto tale da far scattare i benefici di legge;
se gli operatori portuali sono stati esposti alle fibre di amianto è probabile che lo siano stati anche i finanzieri che hanno operato a loro stretto contatto, procedendo al controllo analitico delle merci in transito, sia quelle provenienti dallo sbarco sia quelle destinate all'imbarco, trovandosi spesso sia a bordo (bettolina) sia sottobordo, sulla banchina, nei capannoni, e partecipando al controllo degli stoccaggi di amianto;
a riprova di ciò, il genio civile di Trieste avrebbe anche coordinato una bonifica da amianto nei locali del comando regionale della Guardia di finanza di Trieste –:
se il Ministro intenda garantire, attraverso il comando regionale del Fvg della Guardia di finanza, che al personale della Guardia di finanza in servizio ed in congedo possa essere rilasciato o ricostruito il curriculum lavorativo degli interessati, al fine di poter richiedere i benefici previsti dalla legge n. 257 del 1992. (4-08829)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MELIS e FERRANTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra domenica 19 e lunedì 20 settembre, nel penitenziario di Tempio Pausania un detenuto malato ha avuto bisogno d'essere soccorso con urgenza per il sopravvenire di una grave crisi respiratoria;
risulta che quella notte, per custodire 58 detenuti presenti nelle celle, fossero in servizio solo due agenti, sicché l'intervento (per fortuna efficace) di entrambi ha in pratica interrotto totalmente il servizio di sorveglianza;
di fatto, come denunciato da tempo dalla direttrice del carcere dottoressa Teresa Mascolo, la drammatica carenza di organico provoca «evidenti ed incresciose compromissioni dei diritti dei lavoratori», essendo previsti sulla carta solo 25 detenuti mentre se ne custodiscono sino a 60 ed essendo presenti solo 20 dei 32 agenti contemplati dall'organico;
i sindacati degli agenti hanno dovuto respingere di recente la proposta di tre turni giornalieri e niente extra per un personale che – hanno denunciato – è già gravato da un ingente carico di lavoro individuale;
di recente il responsabile nazionale del Sappe (uno dei più rappresentativi dei sindacati di categoria) ha invitato formalmente il Ministro della giustizia a provvedere oppure a chiudere l'istituto per manifesta impossibilità di garantirne il funzionamento essenziale;
risulta che i detenuti abbiano proclamato, in seguito a questa grave situazione, lo sciopero della fame –:
se non ritenga il Ministro di dovere intervenire urgentemente, destinando al carcere di Tempio Pausania altro personale, per lo meno sino a coprire la dotazione organica;
quali determinazioni intenda assumere il Ministro onde evitare il ripetersi di drammatiche situazioni quali quella verificatasi nella notte tra il 19 e il 20 settembre 2010;
quali previsioni il Ministro sia in grado di formulare circa l'apertura del nuovo carcere di Nuchis. (5-03489)
Interrogazioni a risposta scritta:
BOFFA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
sono 60.067 i detenuti attualmente presenti nelle carceri italiane a fronte di una capacità regolamentare che non potrebbe oltrepassare la soglia dei 44.569 posti. Problema al quale si sommano la carenza di personale di polizia penitenziaria, all'appello mancano oltre 6.000 unità, e la non adeguata presenza, in termini numerici, di professionalità mediche specializzate nel sostenere i reclusi nel loro percorso di detenzione anche al fine di scongiurare atti gravi di autoviolenza;
tale situazione di sovraffollamento determina, evidentemente, conseguenze negative sulle condizioni di vita dei detenuti all'interno degli istituti di pena e sollecita interventi e misure affinché si possa dare piena attuazione al principio del rispetto delle condizioni umane dei reclusi, così come sancito nella Costituzione;
anche in previsione dell'annunciata costruzione di nuovi istituti di pena appare sempre più necessario procedere con l'incremento, oltre che degli agenti penitenziari, del numero degli operatori pedagogici e delle professionalità mediche idonee a garantire in ogni carcere, così come previsto dalla Carta costituzionale, l'attuazione del percorso di rieducazione del detenuto;
il 16 aprile 2004 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 un concorso a esami, per 397 posti, inerente il profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1;
il 15 dicembre 2008 nel bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 23, viene pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso;
col bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 12 del 30 giugno 2009 veniva avviata la procedura di assunzione soltanto dei primi 86 vincitori del suddetto concorso a cui sono seguiti altri 16 vincitori, come da bollettino ufficiale n. 16 del 31 agosto 2009;
il 12 aprile del 2010 vengono assunti anche i restanti 295 vincitori del concorso;
sono emerse ben 44 rinunce tra i vincitori che immediatamente avrebbero potuto essere coperte tramite scorrimento della vigente graduatoria;
in data 24 maggio 2010, tramite comunicazione scritta, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria invita gli idonei utilmente collocati, a redigere in ordine di preferenza, un fax contenente le sedi rimaste vacanti dalle rinunce;
ad oggi, non si sono avute comunicazioni circa l'assunzione dei 44 idonei –:
se non ritenga il Ministro di intervenire in tempi brevi affinché si possa procedere celermente al completamento delle assunzioni dei 44 idonei suddetti, per i quali, è doveroso sottolinearlo, non c’è necessità di stanziare risorse aggiuntive rispetto a quanto già fatto in occasione dell'assunzione dei 295 vincitori suddetti, dato che i 44 educatori idonei subentrano per rinuncia. (4-08810)
BELLANOVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Costituzione italiana all'articolo 32 sancisce «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
la Costituzione italiana all'articolo 27 sancisce «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali all'articolo 3 sancisce «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»;
la legge n. 354 del 1975, recante Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, all'articolo 1, sancisce, fermo restando il principio dell'espiazione della pena, che «Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona» e deve garantire «un trattamento rieducativo che tenda.. ...al reinserimento sociale degli stessi»;
il 15 luglio 2010 è stato presentato alla Camera dei deputati, a cura delle Associazioni Antigone e A Buon Diritto, un dossier che denunciava palesemente le condizioni disumane degli istituti penitenziari italiani. Le persone detenute risultano essere circa 68.300 a fronte dei 44.600 posti circa effettivamente disponibili. Dall'inizio dell'anno 2010 sarebbero più di 40 i detenuti collocati negli istituti penitenziari italiani che si sono tolti la vita;
una delle situazioni più drammatiche inerente al sovraffollamento si registra nella regione Puglia. La capienza prevista nelle carceri pugliesi è di 2.550 posti circa, ma attualmente i detenuti collocati in queste strutture penitenziarie sono ben 4.600 circa, con un indice di affollamento del 80,9 per cento circa. Questo dato attesta, nella classifica nazionale, la Puglia come seconda regione d'Italia per indice di sovraffollamento, dopo l'Emilia Romagna;
tra gli istituti detentivi pugliesi, la situazione del penitenziario di Borgo San Nicola a Lecce appare a dir poco drammatica, ciò fa si che il penitenziario leccese sia collocato ai primi posti della classifica degli istituti più affollati d'Italia. Questa struttura sembrerebbe essere stata progettata per avere una capienza regolamentare di 550 posti ed una capienza tollerata di 1.100 posti. Ad oggi invece, i detenuti presenti sono 1.449, di cui 1.350 uomini e 99 donne. Di questi 1.449 ben 652 sono persone in attesa di giudizio e 374 sono detenuti stranieri, soprattutto nordafricani, albanesi e rumeni;
i detenuti del suddetto penitenziario sono disposti in celle da 10 metri quadrati circa, in un numero di tre persone per cella. Si sta parlando di persone che certamente devono pagare il proprio debito dinanzi alla giustizia, ma che dovrebbero farlo in condizioni di legalità e dignità. Persone che molto spesso, proprio a causa del sovraffollamento, vengono trasferite da un istituto all'altro ed, in taluni casi, allontanate per centinaia di chilometri dai propri affetti, prescindendo quindi dal principio della territorialità o della residenza del detenuto e della famiglia. Questa situazione, priva, di fatto, i detenuti degli unici punti di sostegno morale e psicologico che possiedono, costringendo anche i familiari degli stessi a sostenere veri e propri viaggi pur di portare conforto al proprio caro;
ci si trova, dunque, dinanzi ad uno scenario serio e multiproblematico i cui effetti non incidono solo sui detenuti, ma toccano inevitabilmente anche tutto il personale addetto alla vigilanza, alla tutela ed al recupero sociale degli stessi detenuti. Il sovraffollamento e le precarie condizioni igienico-sanitarie rappresentano problematiche enormi che acuiscono note già dolenti all'interno di un mondo, quello carcerario, già di per se stesso delicato e complesso;
va inoltre considerata al limite la situazione del personale penitenziario, che risulta sottodimensionato. Nel penitenziario di Lecce, per esempio, gli agenti di polizia penitenziaria in pianta organica sarebbero 763 di cui 756 effettivamente in servizio. Gli operatori sembra siano sottoposti a turni massacranti e costretti a seguire un numero altissimo di detenuti, rischiando, in taluni casi, in prima persona la propria incolumità fisica;
il 13 gennaio 2010 il Consiglio dei ministri dava il via al piano di emergenza per le carceri, asserendo che sarebbero state messe in campo alcune misure fondamentali per contrastare questa situazione disumana vissuta quotidianamente dai detenuti e, di riflesso, da tutti gli operatori degli istituti penitenziari. Si è giunti al 23 settembre 2010 e la situazione, purtroppo, non accenna a migliorare. Paradossalmente si constata, invece, che per effetto dell'inasprimento delle leggi nei confronti degli immigrati, si infoltisce il numero di detenuti con il conseguente aumento dei disagi –:
se il Ministro interrogato, data la gravissima situazione determinatasi, non intenda intervenire quanto prima per porre in essere un piano d'azione concreto che ripristini condizioni di vivibilità ed umanità all'interno degli istituti penitenziari e garantisca agli operatori di svolgere il proprio lavoro in sicurezza e senza assistere quotidianamente allo svilimento della propria funzione professionale. (4-08813)
BITONCI e FORCOLIN. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da una recente pronuncia della magistratura si evince il principio di non iscrivibilità nel registro delle imprese degli atti di trasferimento di partecipazioni di società a responsabilità limitata, predisposti e depositati da intermediari abilitati;
tali atti, che hanno semplificato la procedura di trasferimento delle quote, vengono sottoscritti dalle parti con firma digitale e depositati, secondo la procedura prevista dal comma 1-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008; dal citato pronunciamento sembra desumersi il principio per cui l'iscrivibilità nel registro delle imprese è subordinata al fatto che la firma digitale apposta dalle parti sia autenticata da un notaio;
tale interpretazione rischia di non essere coerente con l'esigenza di ampliare la platea dei soggetti abilitati al trasferimento delle quote, offrendo un maggiore servizio e semplificazione alle imprese ed ai cittadini;
sembra inoltre che tale interpretazione sia ad oggi del tutto isolata sia tra le camere di commercio e Unioncamere che dall'Agenzia delle entrate, nonché dalla giurisprudenza e prassi complessiva –:
quali iniziative, di natura normativa o interpretativa, intenda assumere per chiarire definitivamente il disposto del comma 1-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 112 del 2008, escludendo in via definitiva l'obbligo di autentica notarile ai fini dell'iscrivibilità nel registro delle imprese degli atti di trasferimento di partecipazioni di società a responsabilità sottoscritti dalle parti con firma digitale e depositati a cura di un intermediario abilitato, ed evitando in tal modo il proliferare in materia di pronunce giurisdizionali non coerenti e talvolta, ad avviso degli interroganti arbitrarie che, oltre ad ingenerare confusione presso i cittadini ed i professionisti, rischiano di stravolgere la chiara volontà del legislatore. (4-08819)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
GHIGLIA, IAPICCA e BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con delibera 21 dicembre 2001, n. 121 il CIPE, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo), ha approvato il 1o Programma delle infrastrutture strategiche, che, all'allegato 1, include la voce «Costa romagnola metropolitana» per un importo complessivo di 2,582 milioni di euro e che all'allegato 2, nella parte relativa alla regione Emilia Romagna, tra le «Metropolitane», include il «Sistema di trasporto a guida vincolata nell'area metropolitana della costa romagnola Ravenna-Rimini-Cattolica»;
con successiva delibera 20 dicembre 2004, n. 86 il Comitato ha approvato il progetto preliminare del «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica – 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», individuando nell'agenzia Tram il soggetto aggiudicatore e fissando il limite di spesa in circa 92 milioni di euro;
con nota 21 marzo 2006, n. 218 – integrata con nota 28 marzo 2006, n. 234 – il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al CIPE la relazione istruttoria sul progetto definitivo del «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica: 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», con la quale viene proposta solo l'approvazione del progetto in questione, mentre non viene riproposta l'assegnazione di un finanziamento, a valere sulle risorse destinate all'attuazione del programma, per l'acquisto del materiale rotabile;
con successiva delibera del 29 marzo 2006, n. 93 il CIPE ha approvato il «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica: 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», consentendo la realizzazione di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto approvato; dei 92 milioni di euro previsti per la realizzazione del progetto, 42,8 sono a valere sulla legge obiettivo, 7,7 a carico della regione, 20 a carico del comune di Rimini, circa 4 a carico del comune di Riccione e circa 7 a carico dell'agenzia Tram, aggiudicatrice del progetto;
l'intervento «Trasporto rapido costiero Rimini Fiera-Cattolica – 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Rimini Fiera» è stato confermato anche a seguito della rivisitazione del 1o Programma delle infrastrutture strategiche, operata dal CIPE con delibera 6 aprile 2006, n. 130;
con delibere n. 130 del 2006 e n. 137 del 2007 è stato differito il termine per la consegna delle attività e dei lavori dapprima al dicembre 2007 e quindi al marzo 2008;
la delibera del CIPE 6 marzo 2009, recante una ricognizione sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture, ha evidenziato la mancata attivazione di mutui relativa allo stanziamento di 42,9 milioni di euro destinato alla realizzazione del 1o stralcio funzionale tratta Rimini-Riccione, nell'ambito del progetto del Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica;
nell'audizione del Ministro per le infrastrutture e i trasporti tenutasi il 25 marzo 2009 presso le Commissioni riunite trasporti e ambiente della Camera dei deputati sul programma delle infrastrutture strategiche e sul piano degli interventi nel triennio 2009-2011, il Ministro ha evidenziato che accanto al quadro programmatico, sempre nel 2009, si sarebbero contestualmente attuati una serie di interventi già esaminati ed approvati dal CIPE e supportati finanziariamente tra i quali l'asse Rimini-Riccione;
occorre tener conto dell'intenzione del Governo di prendere in considerazione gli interventi già previsti dai documenti di programmazione economico-finanziaria antecedenti a quello approvato nel 2008, tra cui quello della tranvia Rimini-Riccione, tenendo conto delle conseguenze positive che l'immediata attivazione del processo di realizzazione delle opere può avere sulla crescita del PIL e sull'occupazione;
il comma 177-bis dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003, introdotto dalla legge n. 296 del 2006, ha integrato la disciplina in materia di contributi pluriennali prevedendo in particolare, che il relativo utilizzo, anche mediante autorizzazione, è disposto con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente;
il citato comma 177-bis ha disposto, in particolare che, in caso si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, gli stessi possano essere compensati a valere sulle disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali;
a seguito delle verifiche effettuate ai sensi del citato comma 177-bis è risultato che l'utilizzo dei contributi pluriennali, mediante operazioni di attualizzazione, determina effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti a legislazione vigente per una serie di interventi, tra cui il 1o stralcio funzionale tratta Rimini-Riccione, nell'ambito del progetto del Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica;
in data 26 gennaio 2010 e in data 3 febbraio 2010 sono stati resi i pareri favorevoli, rispettivamente, dalle Commissioni riunite ambiente e trasporti e dalla Commissione bilancio della Camera sull'atto del Governo n. 179, diretto a consentire l'utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, mediante attualizzazione di contributi poliennali per la realizzazione delle infrastrutture nei settori dei trasporti stradali, portuali e ferroviari –:
se il Ministro non ritenga opportuno mettere in atto tutte le opportune iniziative volte a pervenire ad un rapido sblocco dei fondi destinati dal CIPE per la realizzazione delle opere relative al trasporto rapido costiero Rimini-Riccione e, più in generale in quale modo il Governo intenda intervenire per rispondere all'esigenza emersa dalle comunità locali e regionali di poter disporre di un servizio di trasporto pubblico non inquinante e sicuro che trasferisca il traffico dalle strade al sistema di trasporto rapido costiero, rispettando il principio della mobilità sostenibile. (5-03501)
MARIANI, BRESSA, ZELLER, BRUGGER, FRONER e GNECCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'asse ferroviario Monaco-Verona figura fin dall'origine fra le infrastrutture strategiche individuate in sede europea fra le opere prioritarie nell'ambito delle reti infrastrutturali TEN, costituendo la parte centrale del cosiddetto Corridoio n. 1 Berlino-Palermo;
tutti i principali documenti di programmazione delle infrastrutture a livello comunitario e nazionale sottolineano il significato strategico di tale infrastruttura per l'unificazione dei mercati, il riequilibrio modale fra strada e ferrovia e la sostenibilità ambientale dei grandi sistemi di trasporto;
la realizzazione dell'opera in questione rientra fin dall'inizio nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS), previsto dalla cosiddetta «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001) ed approvato dal CIPE con delibera n. 121 del 2001;
in considerazione dell'obiettivo fondamentale della realizzazione degli interventi infrastrutturali contenuti nel PIS, vale a dire del complesso delle opere attraverso le quali si intende sostenere lo sviluppo e la modernizzazione del Paese, diverse innovative procedure normative sono state introdotte in materia di lavori pubblici, a partire da quelle contenute nella dalla Parte II, Titolo III, Capo IV, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (cosiddetto «Codice degli appalti) in materia di esecuzione di lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi;
in particolare, il nuovo quadro normativo scaturito dall'approvazione e attuazione della legge obiettivo ha individuato nel CIPE l'organo incaricato di deliberare sulle fondamentali questioni relative all'approvazione degli elaborati progettuali e all'assegnazione delle risorse indispensabili alla concreta realizzazione delle opere comprese nel PIS;
in connessione con i compiti ad esso assegnati dalla legge, il CIPE si è occupato ripetutamente dell'infrastruttura in questione, in particolare procedendo, con le delibere n. 89 del 2007 e n. 32 del 2008, all'approvazione del progetto preliminare delle opere di accesso al Brennero;
successivamente all'approvazione da parte del CIPE delle due delibere sopraindicate, la Corte dei conti, con deliberazioni 3/2008/P del 13 febbraio 2008 e 19/2008/P del 13 novembre 2008, ricusava il visto e la conseguente registrazione alle due citate delibere CIPE;
il corto circuito burocratico innescato ha causato il blocco, a partire dal 2008, da parte di RFI, di ogni attività di progettazione e sviluppo del quadruplicamento ferroviario da Verona al Brennero; di conseguenza si è di fronte al serio rischio che non si faccia in tempo ad avviare la progettazione definitiva delle tratte d'accesso entro novembre 2010, come stabilito dalla precedente programmazione di RFI;
a cascata, si profila l'eventualità che non venga realizzata e attivata la galleria ferroviaria di base del Brennero tra Fortezza e Innsbruck, come stabilito dal progetto definitivo approvato dal CIPE del 31 luglio 2009;
allo scopo di velocizzare i tempi di realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale, l'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008 – attuato con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 2009 – ha disposto la nomina di specifici commissari straordinari, fra i quali figura il commissario straordinario delegato sullo stato di avanzamento dei lavori per la realizzazione opere di accesso tunnel del Brennero, audito in questa veste dalla VIII Commissione della Camera nella seduta del 18 novembre 2009;
il potenziamento e miglioramento della linea ferroviaria di accesso sud del Brennero (quadruplicamento di 180 dei 236 chilometri della attuale linea a doppio binario elettrificata da Brennero-PC. Terme di Brennero a Verona P.N.-Bivio P.C. S. Massimo) è da attuarsi con la realizzazione di sei interventi già individuati;
il costo complessivo degli interventi è stimato in 7/8 miliardi di euro, di cui 4,2 miliardi di euro per le quattro tratte prioritarie individuate:
a) Fortezza-Ponte Gardena;
b) Circonvallazione di Bolzano;
c) Circonvallazione di Trento;
d) Ingresso a Verona da nord;
i ritardi accumulati rendano ad oggi difficoltoso il rispetto del piano di spesa 2008-2013 dichiarato nell'anno 2007 dell'Unione europea, in base al quale sono stati assentiti i finanziamenti comunitari finalizzati espressamente alla realizzazione delle tratte di accesso (58,8 milioni di euro a carico dell'Unione europea, di cui 40 per la progettazione e 18 per la realizzazione nell'ambito del programma comunitario di finanziamento delle reti transeuropee di trasporto MIP 2007-2013 Mutual Annual Plannig);
per rispettare tali impegni assunti in sede europea, già a fine 2009, si sarebbero dovuti stanziare 11 milioni di euro, mentre nel 2010 si dovrebbero raggiungere i 71,6 milioni di euro di impegno, di cui 35,9 assicurati da finanziamenti della Unione europea, per rispettare la pianificazione di spesa dichiarata in sede comunitaria;
ulteriori ritardi nell'avvio delle attività progettuali mettono dunque a rischio, per i meccanismi di rendicontazione propri del finanziamento europeo, l'acquisizione dell'intero contributo richiesto e già assentito in sede comunitaria per la realizzazione delle opere di accesso al Brennero come rilevato recentemente dalla «Deliberazione n. 18/2010/G della Corte dei conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato in adunanza congiunta dei Collegi I e II del 2 luglio 2010»;
al di là delle problematiche legate alla correttezza dell’iter procedurale finalizzato alla concretizzazione delle opere infrastrutturali di collegamento con il Brennero, appare evidente agli interroganti che la situazione di stallo a cui si sta assistendo – e le cui conseguenze sulla tempistica di adeguamento al sistema delle reti transeuropee di trasporto nuocerebbero alla competitività del nostro sistema economico e produttivo – sia imputabile all'inerzia dell'esecutivo come espressamente indicato dalla stessa Corte dei conti nella deliberazione citata in precedenza quando, nell'indicare «la insufficiente capacità progettuale di tipo economico-finanziario» tra le cause dei ritardi accumulati, nelle sue conclusioni e raccomandazioni, ne attribuisce la causa ai «meccanismi di finanziamento gestiti dal MEF (Ministero dell'economia e delle finanze), i quali capovolgono il principio della programmazione, rendendo costantemente provvisorie le risorse stanziate, ancorché inserite nei contratti di programma»;
è necessaria l'approvazione in tempi brevi di una nuova delibera del CIPE che autorizzi l'avvio delle progettazioni delle tratte di accesso utilizzando il finanziamento inserito nel contratto di programma RFI 2007-2011 in modo da poter rispettare i tempi stabiliti dal cronoprogramma;
a quanto risulta, da impegni assunti nella riunione del CIPE del 30 luglio 2010, dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri il 4 agosto si sarebbe dovuta tenere una nuova riunione per deliberare l'autorizzazione all'avvio della progettazione definitiva delle tratte di accesso, come richiesto dalla stessa Corte dei conti, in modo da salvaguardare i finanziamenti europei e rispettare i tempi previsti per l'opera, ma la riunione prevista non è mai stata convocata;
secondo quanto affermato dalla Corte dei conti il problema sarebbe pressoché esclusivamente di carattere economico, tenuto conto della chiara volontà politica, nazionale ed europea, che spinge per realizzare tale progetto, ma a cui ad avviso dell'interrogante non corrispondono conseguenti impegni finanziari del Governo –:
quando il Governo intenda, considerato che sussiste il concreto rischio di definanziamento dei contributi europei – come affermato recentemente proprio da Pat Cox, coordinatore del corridoio Ten Berlino-Palermo, in un incontro con il Ministro interrogato – portare all'attenzione del CIPE, ai fini della deliberazione della loro approvazione, gli elaborati progettuali richiamati in premessa, in modo da garantire il rispetto degli impegni assunti, sia in ambito nazionale che internazionale, per la realizzazione delle opere di accesso al Brennero. (5-03502)
PIFFARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
come stabilito in sede di conferenza dei servizi per l'approvazione del progetto per la realizzazione della 4a corsia autostradale (tratto Milano-Bergamo) l'opera di realizzazione dello spostamento del casello autostradale di Dalmine, in carico a Autostrade per l'Italia Spa, doveva essere avviata in modo da essere completata con tempi compatibili con l'entrata in esercizio della tangenziale sud di Bergamo;
con l'approvazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione della tangenziale sud di Bergamo (da Treviolo a Stezzano) la provincia di Bergamo ha sollecitato la Società Autostrade a dare attuazione all'impegno di realizzazione del nuovo casello autostradale di Dalmine;
il 29 novembre 2005 si sono incontrati, presso la sede della provincia di Bergamo, i rappresentanti di provincia, comune di Dalmine e di Autostrade per l'Italia Spa. Durante l'incontro il responsabile di Autostrade per l'Italia (ingegner Giovannercole) ha espressamente dichiarato la volontà della società di procedere all'attuazione dell'intervento, impegnandosi a predisporre il progetto preliminare entro il mese di gennaio del 2006;
il 18 dicembre 2006 è stato sottoscritto, tra Ministero delle Infrastrutture, regione Lombardia, ANAS e provincia di Bergamo, un accordo per la realizzazione di infrastrutture varie nel territorio provinciale (inserite nel programma decennale ANAS 2003/2012) con specifica disciplina della progettazione, finanziamento e realizzazione dell'opera tangenziale sud di Bergamo;
lo spostamento del casello autostradale di Dalmine è stato inserito nel I lotto – 2o stralcio dei lavori, nel tratto da Treviolo (ex strada statale n. 671 Asse Interurbano) a Stezzano (ex strada statale n. 42). In particolare il progetto contemplava la costruzione di 4 svincoli a doppio livello, due dei quali «in corrispondenza del nuovo casello autostradale di Dalmine» con connessione alla nuova tangenziale;
il 23 marzo 2010 è stata inaugurata l'entrata in esercizio della Tangenziale sud per il tratto Treviolo-Stezzano ma non essendo stato attuato lo spostamento del casello autostradale in questione il sottopasso della strada provinciale 525 (ex strada statale n. 525) il sottopasso in entrata e uscita dall'autostrada, pur realizzato, di fatto è inutilizzabile –:
se il Ministro interrogato intenda intervenire per sollecitare Autostrade per l'Italia (Aspi) alla realizzazione del nuovo casello autostradale in questione, preso atto del procedere dei lavori per il completamento della tangenziale sud di Bergamo, come dimostra l'approvazione il 12 luglio 2010 del progetto definitivo da parte della giunta provinciale del tratto Zanica-Stezzano, e in ragione anche della ormai prossima realizzazione della Pedemontana Lombarda. (5-03503)
LIBÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
recentemente Anas Spa ha comunicato al comune di Parma l'impossibilità, per mancanza di fondi disponibili, di destinare risorse per il completamento delle opere previste e necessarie per l'ammodernamento del tracciato della tangenziale Sud della città;
in particolare i lavori riguardano la messa in sicurezza di alcuni tratti dell'arteria stradale in questione che presentano, ormai da tempo, notevoli criticità sotto il profilo della sicurezza con conseguenti rischi per le migliaia di automobilisti che giornalmente ne fruiscono;
Anas giustifica la mancata corresponsione delle risorse promesse, a causa della mancata acquisizione degli introiti previsti dall'applicazione del sistema di pedaggiamento su alcune tratte autostradali e raccordi recentemente introdotto, ad oggi bloccato dalle sentenze del Consiglio di Stato che ne ha disposto la sospensione;
il comune di Parma ha intenzione di diffidare l'Anas presso le autorità competenti e trovare soluzioni alternative per completare i lavori necessari, avvalendosi tra l'altro del finanziamento di alcuni privati interessati a insediare attività lungo il corso del tracciato;
il tratto è tristemente noto per i gravi incidenti, in alcuni casi anche mortali, che si susseguono a più riprese lungo le carreggiate dell'arteria e necessita di un opportuno quanto immediato adeguamento onde evitare il ripetersi di eventi tragici –:
quali urgenti iniziative intenda adottare per risolvere la problematica sopraesposta e permettere così l'erogazione da parte di Anas delle risorse necessarie per il completamento e l'adeguamento in termini di sicurezza del tratto sud della tangenziale di Parma. (5-03504)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nella giornata del 24 settembre 2010, a causa del fenomeno del wind shear si è verificato presso l'aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo-Punta Raisi, un incidente che ha interessato fortunatamente senza gravissime e mortali conseguenze un Airbus 300 con 123 passeggeri a bordo;
secondo le rilevazioni più recenti, nel 2008 i casi di wind shear in tutta Italia sono stati circa 520 e l'installazione negli aeroporti di questo sistema garantisce una maggiore sicurezza negli scali soggetti a tale fenomeno;
presso l'aeroporto Cristoforo Colombo di Genova questo sistema era stato installato e messo a punto in occasione del G8 tenutosi nel capoluogo ligure;
secondo quanto dichiarato oggi sulla stampa dal personale dello scalo genovese, presso il Cristoforo Colombo, il sistema di antenne wind shear è stato messo fuori uso da una mareggiata nel 2008 e non è stato ad oggi ripristinato, né si conoscono i tempi certi di manutenzione e ripristino;
sempre secondo quanto dichiarato sulla stampa ad oggi presso lo scalo genovese la segnalazione dei fenomeni di «taglio del vento» è affidata alle rilevazioni dei singoli piloti attraverso la strumentazione di bordo, comunicate alla torre di controllo –:
quali iniziative intenda assumere per garantire la messa in sicurezza del sistema di controllo denominato wind shear presso lo scalo Cristoforo Colombo di Genova;
quali iniziative intenda adottare per verificare l'effettiva attivazione di queste strumentazioni per gli scali aeroportuali che, per la loro posizione geografica, sono maggiormente interessati da questi fenomeni. (5-03490)
MARCO CARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il livello di civiltà di una comunità viene misurato, a parere dell'interrogante, anche sulla base dei servizi e delle opportunità che vengono offerte alle persone svantaggiate;
è noto che le recenti (e prossime) riduzioni di trasferimenti sia nei confronti degli enti locali che nei confronti delle aziende di trasporto pubblico locale non consentiranno investimenti in loco per far fronte a questa esigenza;
la sezione provinciale di Mantova dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ha evidenziato l'urgenza di installare, nella città di Mantova, i messaggi vocali sui mezzi di trasporto pubblico e nei punti di sosta e di fermata degli stessi mezzi pubblici;
se tale o altre similari proposte dovesse concretizzarsi, si consentirebbe ai non vedenti di muoversi, all'interno delle città in piena autonomia –:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, anche normative, affinché sulla base di progetti specifici da definire insieme alle regioni, agli enti locali ed alle aziende di trasporto pubblico, possa essere assicurato un sostegno finanziario per rispondere alle necessità richiamate in premessa. (5-03505)
INTERNO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
risulta che l'ARAN ha avviato la trattativa negoziale per il rinnovo del contratto collettivo dei Segretari comunali e provinciali per il biennio 2006-2007, senza convocare l'Unione dei segretari comunali e provinciali, che – sino ad oggi – ha sottoscritto tutti i contratti collettivi dell'area di applicazione del contratto;
tale esclusione sarebbe motivata dall'ARAN con la pretesa mancanza dei requisiti di rappresentatività richiesti dalla legge;
tale motivazione appare in netto contrasto con la legge stessa, atteso che in base all'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001, la legittimazione spetta alle organizzazioni sindacali che «nel comparto o nell'area» rappresentano almeno il 5 per cento del personale, e nell'ambito del comparto regioni e autonomie locali, la disciplina dei rapporti di lavoro dei segretari è da sempre inserita in un’«area» autonoma, anche contrattualmente, in ragione delle peculiarità proprie che ne caratterizzano la funzione ed il ruolo;
è la stessa legge a prevedere l'esistenza di un autonomo contratto collettivo nazionale che disciplini il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali;
nell'area dei segretari, l'Unione è l'organizzazione di gran lunga più rappresentativa, e ad oggi giustamente e legittimamente ha negoziato e sottoscritto tutti i contratti collettivi nazionali e integrativi della categoria;
l'autonomia dell’«area dei segretari è stata quindi sempre confermata sia nei contratti collettivi quadro di definizione dei comparti, sia nelle concrete modalità di negoziazione e sottoscrizione dell'autonomo contratto collettivo nazionale dei segretari; la stessa ARAN ha sempre espressamente ammesso l'esistenza di una apposita area dei segretari, anche nei suoi documenti ufficiali, come nella intestazione dei contratti collettivi nazionali dei segretari pubblicati sul sito web dell'Agenzia, dove menziona espressamente – nell'ambito del comparto regioni e autonomie locali – l’«Area: segretari provinciali e comunali»;
l'Unione – alla quale l'Aran ha sempre riconosciuto la maggiore rappresentatività nell'area di cui si tratta – ha conseguentemente negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale dei segretari, tutti i suoi rinnovi, tutti gli accordi integrativi e, perfino, quelli di interpretazione autentica, cosicché, non essendo intervenuto nessun mutamento del quadro normativo di riferimento, appare incomprensibile tale radicale difformità della decisione assunta rispetto al precedente operato dell'Aran medesima;
la posizione assunta non appare perciò sorretta neppure da criteri prudenziali di maggiore tutela dell'Aran, poiché, ove fosse confermata, recherebbe la conseguenza, ad avviso degli interpellanti grave e senza precedenti, di porre in dubbio la legittimità di tutta la precedente attività contrattuale svolta nei riguardi dei segretari dall'Agenzia medesima, mettendo a rischio di nullità tutti i precedenti contratti collettivi dei segretari sottoscritti dall'Aran, in quanto negoziati e firmati con una sigla sindacale, l'Unscp, che ora per allora si affermerebbe non avere i requisiti di rappresentatività; ciò esporrebbe la categoria a rischi di inapplicabilità degli istituti normativi ed economici ivi disciplinati, e l'Aran a gravi pregiudizi in ordine alla propria posizione giuridica nonché all'autorevolezza del proprio operato;
l'Aran inoltre risulta vorrebbe addirittura qualificare il contratto dei segretari come applicativo del comparto, ed in particolare del personale dei livelli, ed infatti ha convocato solo le organizzazioni sindacali rappresentative del personale dei livelli, escludendo dal tavolo non solo l'Unione ma anche le organizzazioni sindacali rappresentative dei dirigenti;
tale posizione appare in netta contraddizione con la qualifica dirigenziale che senza alcun dubbio posseggono i segretari, i quali sono chiamati per legge a sovrintendere e coordinare gli altri dirigenti degli enti locali, e sono equiparati esplicitamente ai dirigenti ai fini della individuazione della qualifica corrispondente in caso di mobilità verso altre pubbliche amministrazioni dal vigente contratto collettivo nazionale del lavoro del 16 maggio 2001 all'articolo 32;
la decisione dell'Aran non appare in linea neppure con il vigente accordo quadro sulla definizione dei comparti di contrattazione, il quale si limita a prevedere che la regolazione del rapporto di lavoro dei segretari avvenga «nell'ambito» del comparto regioni autonomie locali, con apposita separata e speciale norma volutamente separata dal resto per personale dei livelli, dovendosi quindi individuare poi nell'autonoma area dei Segretari l'area di contrattazione e di rappresentatività, o al più nell'area della dirigenza in ragione della qualifica posseduta, non certo nell'area del personale dei livelli che nulla hanno a che fare con la qualifica e tipologia professionale dei segretari stessi;
in aggiunta, nell'ultimo Contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 7 marzo 2008, le parti negoziali – tra le quali l'Unione – hanno sottoscritto una norma programmatica, riproduttiva di un protocollo d'intesa del novembre 2007, volto alla revisione strutturale del contratto di lavoro dei segretari, che avrebbe dovuto completarsi in varie fasi per l'affermazione della compiuta valorizzazione della svolta dai segretari anche mediante la completa equiparazione del loro trattamento economico a quello della dirigenza degli enti locali; la prima fase è stata realizzata con la sottoscrizione del rinnovo contrattuale per il quadriennio «normativo» 2002-2005 e i due bienni «economici» 2002-2003 e 2004-2005; la seconda fase avrebbe dovuto essere avviata e conclusa proprio in occasione del prossimo accordo collettivo, che tuttavia l'ARAN risulta voglia contrattare senza uno dei principali soggetti negoziali (appunto l'Unione);
il Comitato Direttivo dell'ARAN, con delibera n. 15/2009, ha previsto che in caso di accordo parziale – come nel caso in questione, in cui le «fasi» previste dagli accordi collettivi del 2007 e 2008 attendono di essere completate con il prossimo rinnovo contrattuale – la trattativa avrebbe dovuto comunque essere conclusa con le stesse organizzazioni sindacali con cui l'Agenzia aveva sottoscritto l'accordo parziale;
risulta viceversa che neppure in ragione di tale fatto sia stata ammessa l'Unione, e che, nonostante la Direttiva emanata a suo tempo sia conforme al contenuto della norma programmatica, l'Aran addirittura non intenda neppure adempiere ai suoi contenuti, e quindi non intenda ottemperare all'impegno assunto dal Governo e ribadito nel contratto del 7 marzo 2008 di attribuire ai segretari il tabellare corrispondente a quello in vigore per gli altri dirigenti del comparto;
risulta quindi, secondo gli interpellanti, totalmente stravolta la regolazione del contratto collettivo nazionale dei segretari comunali e provinciali, che si vedono, nell'ordine, esclusi dal tavolo la loro organizzazione sindacale più rappresentativa, inseriti nell'ambito della contrattazione del personale dei livelli, e negati i contenuti economici e normativi pattuiti a suo tempo col Governo e contenuti nella direttiva e nella norma programmatica dell'ultimo Contratto collettivo nazionale del lavoro sottoscritto –:
se si intenda adottare opportune iniziative finalizzate a:
a) dare attuazione alla norma programmatica del Contratto collettivo nazionale del lavoro dei segretari del 7 marzo 2008, attribuendo ai segretari il tabellare corrispondente agli altri dirigenti del comparto regioni autonomie locali secondo le modalità previste nella norma programmatica;
b) tutelare la legittimità e credibilità dell'operato decennale dell'Agenzia, che verrebbe messa in forse, ad avviso degli interpellanti, dal mancato rispetto di una norma contrattuale precedentemente sottoscritta, e da una sconfessione del proprio precedente operato nella individuazione delle Organizzazioni sindacali rappresentative per il contratto dei segretari;
c) ripristinare la piena legittimità della composizione del tavolo negoziale per il rinnovo dell'autonomo contratto collettivo dei segretari includendo l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali;
d) evitare pregiudizi gravi alla validità, regolarità ed effettività del prossimo Contratto collettivo nazionale del lavoro e del corretto inquadramento contrattuale dei Segretari in ragione della qualifica dirigenziale posseduta.
(2-00835) «Tassone, Mantini».
Interrogazioni a risposta scritta:
MELIS, FADDA, CALVISI, MARROCU, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SORO e SCHIRRU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2010, intorno all'una del mattino, nell'abitato di Ottana (Nuoro) alcuni pallettoni sono stati esplosi contro l'abitazione del sindaco del paese, Gian Paolo Marras. Uno dei colpi, dopo avere rimbalzato sul muro, ha colpito poco distante dalla culla dove dormiva il figlioletto di tre mesi del sindaco; contemporaneamente, un ordigno esplodeva davanti alla sede dei servizi sociali dello stesso comune, provocando ingenti danni;
in seguito all'attentato il sindaco Marras ha dichiarato di voler rassegnare le dimissioni dalla carica;
l'attentato di Ottana si inserisce in una lunga serie di violenze a danno di amministratori locali succedutesi da qualche anno a questa parte in molte zone della Sardegna, sino a configurare quella che non è esagerato definire una vera e propria offensiva intimidatoria verso chi, con sacrificio personale e tra enormi difficoltà pratiche, si fa carico di curare gli interessi collettivi delle comunità, talvolta entrando proprio per questo in rotta di collisione con interessi di gruppi o individuali di natura privata;
ciò determina in molte zone della Sardegna un clima di intimidazione e di paura, senza che le forze dell'ordine si siano sinora dimostrate in grado di individuare i colpevoli –:
quali determinazioni intenda assumere il Ministro, anche in termini di una maggiore e più incisiva presenza dello Stato in Sardegna, per assicurare il pieno e sereno esercizio delle attività di governo locale e l'espletamento della normale vita democratica;
se rispetto al gravissimo episodio di Ottana, sia stata predisposta un'adeguata strategia di risposta volta a riportare in quel comune le condizioni perché il sindaco colpito possa continuare ad esercitare il suo mandato. (4-08814)
FARINONE e MOSCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 3 febbraio 2010 nel corso della cerimonia per la firma del «Patto Monza sicura» il Ministro interrogato ha pubblicamente annunciato per il mese di giugno del corrente anno la costituzione definitiva degli uffici che trasformeranno la provincia di Monza e Brianza in una provincia cosiddetta «full optional», ivi compresa la firma dei decreti attuativi per l'istituzione della prefettura di Monza e Brianza e la conseguente nomina del prefetto;
in tale circostanza il Ministro avrebbe affermato che il dottor Saccone, attuale commissario di Governo, sarebbe stato nominato prefetto;
la prefettura è l'organismo fondamentale per la sicurezza della nuova provincia: da essa dipende infatti anche l'effettiva costituzione sul territorio brianzolo di una questura e dei comandi provinciali di carabinieri e Guardia di finanza;
a seguito delle inchieste e degli arresti che hanno messo in luce infiltrazioni di criminalità organizzata nel territorio della Brianza, l'allestimento del pacchetto-sicurezza completo (prefettura, questura, carabinieri e Guardia di finanza) viene unanimemente considerato un passaggio imprescindibile e urgente –:
quali siano i motivi del ritardo, rispetto ai tempi annunciati dal Ministro in data 3 febbraio 2010 a Monza, della firma dei decreti attuativi per l'istituzione della prefettura di Monza e Brianza e della conseguente nomina del prefetto;
quando la suddetta prefettura di Monza e Brianza sarà effettivamente istituita e resa operativa, ovvero in grado di esplicare tutte le sue funzioni. (4-08816)
LISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel mese di luglio 2010 il dipartimento dei vigili del fuoco ha presentato alle organizzazioni sindacali un piano di riorganizzazione nazionale del servizio sommozzatori vigili del fuoco, che prevede la definitiva chiusura di 7 nuclei sommozzatori, tra cui quello di Brindisi, i cui interventi di soccorso verrebbero effettuati da Bari per tutto il territorio regionale, anche con l'ausilio dell'elicottero;
sulla paventata chiusura dei 7 nuclei sommozzatori dei vigili del fuoco, ha espresso ferma contrarietà anche il sindacato autonomo dei vigili del fuoco CONAPO, palesando ripercussioni sul livello di sicurezza dei cittadini interessati;
a parere dell'interrogante se il dipartimento dei vigili del fuoco dovesse dare attuazione a tale proposta vi sarebbe una diminuzione delle condizioni di sicurezza della popolazione nell'intera fascia di competenze;
la Puglia, composta da tre nuclei Sommozzatori (Bari, Taranto e Brindisi) che effettuano i turni regionali un nucleo al giorno coprendo l'intera Puglia e Basilicata;
la particolare conformazione del territorio Pugliese permette di raggiungere via mare in tempi brevissimi i luoghi con maggiore incidenza di intervento. Tali luoghi sono tutti raggiungibili con le imbarcazioni o automezzi in dotazione ai sommozzatori, con una tempistica che non supera i 30 minuti. Una tempistica che il servizio di elisoccorso non riuscirebbe il più delle volte a garantire, tenuto conto anche dei tempi di approntamento dell'aeromobile situato presso il reparto volo vigili del fuoco di Bari;
il nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Brindisi, nonostante l'esiguo personale dislocato, svolge, ed ha svolto, un rilevante numero di interventi annuo a testimonianza dell'importanza di prevederne il potenziamento anziché la chiusura;
riorganizzare ed ottimizzare nell'ottica di conseguire un risparmio economico non dovrebbe mai entrare in conflitto con la sicurezza del cittadino;
il nucleo sommozzatori di Brindisi svolge spesso anche attività di collaborazione tra enti che, in linea con le direttive dell'attuale governo, permettono un notevole risparmio della spesa pubblica;
il comando provinciale vigili del fuoco di Brindisi rappresenta inoltre un raro esempio di efficace sinergia tra settori specialistici di questo benemerito corpo, quali servizio portuale, il soccorso acquatico, i sommozzatori ed i SAF (speleo-alpino-fluviale). Questa collaborazione, assolutamente vincente per ciò che riguarda la risoluzione degli interventi, permette, grazie all'interscambio, di superare, le carenze numeriche di cui soffrono gli organici in questi periodi, così da mantenere alto il livello di sicurezza dei cittadini di questa città, sinergia che è il fondamento della buona riuscita degli interventi dei vigili del fuoco e che verrebbe a diminuire sensibilmente mancando la presenza sul territorio;
davvero non si capisce per quale motivo la componente subacquea esistente debba essere smantellata privando l'utenza di una componente fondamentale di questo dispositivo di soccorso;
non di meno è sempre più frequente la collaborazione interforze tra vigili del fuoco ed altri soggetti istituzionali che operano nel nostro territorio costiero, come la guardia costiera, la marina militare e la guardia di finanza, collaborazione coltivata da anni e che porta un innegabile vantaggio per il cittadino m termini di sicurezza, di legalità e di velocità nel dispositivo di soccorso;
ci si chiede anche se, nell'ottica del risparmio che si vorrebbe conseguire chiudendo il nucleo provinciale di Brindisi, è stato comparato l'altissimo costo dell'elisoccorso, con il più economico soccorso tradizionale effettuato via mare o terra se il nucleo restasse a Brindisi;
va inoltre evidenziato che, secondo quanto riferiscono gli addetti ai lavori, l'elicottero non consentirebbe ai sommozzatori di operare con tutta la necessaria attrezzatura ed il personale al seguito, e ciò potrebbe comportare, in taluni casi, l'impossibilità di intervenire, con grave pregiudizio per il soccorso delle vite umane, valore questo imparagonabile ai risparmi di gestione ipotizzati dall'amministrazione;
è possibile comunque affermare da subito, a ben guardare le conclusioni alle quali si giunge nel documento in questione, che gli stessi appaiono assolutamente inadeguati ed inefficaci, perlomeno per quanto concerne la regione Puglia. È da sottolineare che alcuni dei dati assunti per la determinazione di parametri fondamentali all'effettuazione di scelte importanti, risultano errati;
nell'appunto si precisa la copertura della fascia costiera Adriatica/Jonica, non si è tenuto conto che la Puglia ha una costa di circa 800 chilometri, bagnata dal mare Adriatico e Ionio;
si ricorda che la Puglia è la Regione con il territorio più carsico d'Italia, con un'infinità di grotte marine e terrestri, nozione questa di dominio popolare. Di maggiore importanza è poi il fatto che il soccorso speleo subacqueo, per le proprie peculiarità intrinseche, è una tipologia di intervento estremamente complessa e, in genere, di lunga durata, nella quale è richiesto l'impiego di molto personale. In un ipotetico intervento, anche di media complessità, non sarebbero certo sufficienti i colleghi di due nuclei;
oltre agli interventi tecnico urgente, il nucleo di Brindisi, ormai dotato di attrezzatura subacquea specifica, ha collaborato effettuando le riprese subacquee con l'università degli studi di Bari laboratorio-centro-aereofotografico, sul sito archeologico sommerso dell'antico porto di Egnazia;
è importante sottolineare che, quando si parla di Puglia, devono intendersi Puglia e Basilicata; la competenza dei nuclei SMZT Pugliesi è estesa infatti anche al territorio Lucano, ricchissimo di acque interne, oltre che bagnato dal mare;
è noto che il canale d'Otranto è tra i più importanti bacini di utenza di natanti da diporto a livello nazionale con un flusso turistico e commerciale altamente rilevante, specie nei mesi estivi nonché dei continui sbarchi di clandestini che dal 1990 ad oggi non ha mai avuto sosta;
a Brindisi è altresì presente un imponente insediamento con arsenale della marina militare anche con traffico navale NATO;
ogniqualvolta un aeromobile sia civile che militare comunica lo stato di emergenza al vicinissimo aeroporto «Palese», lo stesso nucleo viene immediatamente attivato e fatto posizionare all'interno del porto per un eventuale immediato intervento in caso di caduta in mare del velivolo. Si fa notare che gli allineamenti di tutti gli aeromobili per l'atterraggio avvengono dal mare. Un esempio di intervento si è avuto nel 1992 quando un aeromobile in avaria, con quattro persone a bordo, non riuscendo a raggiungere la vicina pista di atterraggio, tentò un ammaraggio all'interno del porto, lo stesso s'inabissò nella acque del posto e proprio grazie all'immediato intervento del nucleo sommozzatori vigili del fuoco di Brindisi che gli occupanti vennero estratti dalla carlinga e così venne salvata loro la vita;
se si analizzano i dati degli interventi effettuati dai nuclei SMZT Pugliesi, è facile evincere che, pur essendo quelli operati durante le ore notturne inferiori di numero, si tratta però delle operazioni di soccorso più complesse ed urgenti. Se l'obiettivo è quello di migliorare il soccorso, appare necessaria, anche in questo caso, l'effettuazione di una analisi più attenta;
appare utile ed opportuno precisare che le unità SMZT in servizio presso il nucleo di Brindisi sono 6, con il funzionario smzt operativo regionale, con altre 3 unità prossima assegnazione;
è del tutto evidente che prima di assumere decisioni sulla riorganizzazione del servizio di soccorso dei nuclei SMZT che potrebbero avere ripercussioni negative importanti, sul livello di sicurezza garantito alla popolazione, sia indispensabile ed imprescindibile l'effettuazione di un'approfondita ed accurata analisi del vero rischio acquatico presente nei territori presi in considerazione, da effettuarsi con metodologie ben collaudate e secondo criteri scientifici e alcuni dati:
a) densità e distribuzione sul territorio della popolazione;
b) tipologia delle attività economiche presenti;
c) flussi turistici;
d) lunghezza e caratteristiche morfologiche dei litorali interessati dall'attività turistica;
e) idrografia generale;
f) porti (dimensioni, numero, caratteristiche);
g) idroaeroporti;
h) zone di mare ad alta densità di navigazione;
i) casistiche incidentali specifiche e altro;
sono moltissimi gli elementi che devono essere inseriti nell'indispensabile analisi alla base di decisioni così importanti per i territori ed i cittadini;
solo per aggiungere un elemento di riflessione, si sottolinea che la realtà del Salento che si caratterizza per un enorme flusso turistico, oramai destagionalizzato; una grande quantità di manifestazioni pubbliche di ogni genere che si svolgono in mare; un intensissimo traffico di natanti da diporto ed una altrettanto intensa attività di pesca, sia professionale sia amatoriale; il transito continuo di navi nel canale d'Otranto che negli ultimi mesi ha richiesto spesso l'intervento dei sommozzatori dei vigili del fuoco, risultato determinate per evitare conseguenze ambientali disastrose per l'economia turistica della zona. Ad un pur parziale esame dell'attuale situazione, tutto verrebbe da pensare, tranne che la chiusura del nucleo SMZT di Brindisi, visto che l'operatività dello stesso si esplica sostanzialmente a sud del Salento –:
se il Ministro interrogato intenda impegnarsi per scongiurare la chiusura del nucleo sommozzatori vigili del fuoco di Brindisi continuando a garantire così la sicurezza dei cittadini, nonché dei turisti che vi transitano;
quali iniziative di potenziamento il Ministro intenda adottare al fine di rendere pienamente operativo su tutte le 24 ore il nucleo sommozzatori vigili del fuoco di Brindisi e ripristinare a regime continuativo, almeno diurno, il nucleo sommozzatori di Brindisi. (4-08818)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
gli esami di Stato del primo ciclo di istruzione, appena conclusi, hanno messo in evidenza una forte complessità aumentata dalla modalità di valutazione della Prova INVALSI, la quale ha previsto i criteri per l'attribuzione del voto in decimi, sulla base dell'aggregazione predefinita dei quesiti di italiano e matematica;
la procedura è risultata lunga e complicata in quanto i blocchi A e B previsti sia per italiano che per matematica, da utilizzare per attribuire il punteggio da convertire successivamente in decimi, non corrispondevano ai blocchi degli item organizzati sulla griglia di correzione, ma erano mescolati;
ciò ha richiesto, per ciascun alunno, oltre alla stampa delle griglie di correzione predisposte dall'INVALSI, anche la predisposizione di ulteriori strumenti per la registrazione e la conta delle risposte corrette secondo l'aggregazione funzionale all'attribuzione dei punteggi, diffusa dall'INVALSI solo alle ore 12 dello stesso giorno in cui è stata somministrata la prova;
in altre parole, le commissioni hanno dovuto procedere a tappe forzate per rientrare nei tempi previsti dal calendario di esami per la correzione degli scritti prima dei colloqui orali;
a fronte di un sistema sempre più complesso, quindi, che nulla ha a che vedere con il vecchio esame di licenza media, e che prevede un carico di lavoro se non maggiore equivalente a quello previsto per le commissioni e le presidenze degli esami di Stato conclusivi del 2o ciclo, inspiegabilmente, continua a permanere una ingiustificata disparità di trattamento economico tra i presidenti ed i commissari degli esami di Stato conclusivi del primo ciclo e quelli degli esami di Stato conclusivi del 2o ciclo di istruzione;
la complessità dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo, però, sembra passare inosservata dal momento che ai presidenti di commissione ed ai commissari si continua a chiedere una prestazione a costo zero, diversamente da quanto avviene per le commissioni di esame conclusivi del 2o ciclo;
l'attribuzione della dirigenza, conseguente all'autonomia delle istituzioni scolastiche, nel superare la distinzione dei capi d'istituto in direttori didattici e presidi della scuola secondaria di primo e secondo grado, afferma, di fatto, l'unicità del ruolo del dirigente scolastico a prescindere dal settore formativo in cui detto ruolo viene esercitato. Detta unicità è ulteriormente confermata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 10 luglio 2008 che all'articolo 3, comma 1, recita: «Il reclutamento dei dirigenti scolastici, con l'unificazione dei tre settori formativi della dirigenza scolastica, si realizza mediante un unico concorso per esami e titoli che si svolge in sede regionale» oltre che dal vigente Contratto collettivo nazionale del lavoro - Area 5a che, tra le altre cose, sancisce anche l'uniformità di trattamento economico tra i dirigenti dei tre settori formativi;
il profilo del dirigente e le competenze attribuitegli dalla norma, del resto, non prevedono differenze riconducibili alla specificità del settore formativo a cui lo stesso è preposto;
nonostante ciò, si è costretti a rilevare il permanere di una procedura che all'interrogante appare discriminatoria ed inopportuna, in netto contrasto con la normativa vigente, che non tiene conto dell'unicità della funzione del dirigente scolastico né del fatto che la Presidenza degli esami costituisce per il dirigente scolastico incarico specifico obbligatorio (articolo 19 Contratto collettivo nazionale del lavoro Area V del 2006 non modificato dall'articolo 10 del Contratto collettivo nazionale del lavoro 2010) –:
se il Ministro non ritenga di assumere le iniziative di competenza per estendere a tutti i dirigenti scolastici in servizio e preposti ad istituti di istruzione primaria e secondaria di primo grado, la possibilità di presiedere commissioni di esame in qualsivoglia istituzione scolastica di ogni ordine e grado;
se il Ministro non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per l'equiparazione, anche sotto il profilo economico, del trattamento previsto per la Presidenza negli esami di Stato conclusivi del 1o e del 2o ciclo d'istruzione, alla luce di quanto rappresentato in premessa, iniziativa che appare all'interrogante più equa anche sotto il profilo normativo posto che porrebbe fine a discriminazioni ingiustificate sotto il profilo dei carichi di lavoro e della dignità professionale, probabilmente riconducibili ad un retaggio culturale anacronistico ed infondato per il quale il valore e il peso delle scuole e dei loro dirigenti cresceva in misura direttamente proporzionale all'ordine e al grado delle scuole, con evidente pregiudizio per le scuole del primo settore formativo, basilari invece per la qualità dell'apprendimento e per gli esiti futuri degli studenti.
(5-03482)
DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la risposta all'interrogazione n. 5/02719 relativa alla situazione finanziaria dell'istituto comprensivo di Vicchio (Firenze) riporta sì delle cifre corrette che sono state effettivamente accreditate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alla scuola ma comunque non nella misura in grado di coprire le necessità dell'istituto;
la disponibilità di cassa al 30 aprile 2010 di 66.549,26 euro è stata impegnata per il pagamento degli stipendi al personale per supplenze brevi per i mesi antecedenti e le passività sono quindi rimaste praticamente invariate nel periodo immediatamente successivo. Nel mese di maggio si è provveduto con quanto rimasto disponibile in cassa a liquidare un acconto del 25 per cento dei compensi accessori del personale relativi all'a.s. 2008-09;
in cassa ad oggi rimangono solo circa 14.000,00 euro che derivano dai contributi volontari delle famiglie e che devono essere lasciati per far fronte, a settembre, al pagamento dell'assicurazione alunni e alle minime spese di funzionamento didattico;
quindi, la situazione è ancora di grave sofferenza, ed in particolare risultano i seguenti debiti:
a) la liquidazione dei compensi accessori (F.I.S., funzioni strumentali, indennità di amministrazione al D.S.G.A, indennità di funzioni superiori al sostituto del dirigente) per la quota del 75 per cento relativa all'anno scolastico 2008-09:
b) i compensi per le ore eccedenti per la sostituzione dei docenti assenti;
c) gli stipendi per i mesi di maggio e giugno del personale supplente;
d) il contributo per mensa al comune per l'anno scolastico 2008-09;
e) debiti vari ai fornitori;
f) debiti vari per contratti con esperti esterni;
g) secondo il contratto collettivo nazionale del lavoro ad agosto si dovrebbe prevedere la liquidazione del FIS e degli altri compensi accessori relativi all'anno scolastico 2009-10;
l'Istituto ha già ricevuto una diffida da parte di uno studio legale, con il patrocinio di un sindacato, per il pagamento dei compensi accessori del personale relativi all'anno scolastico 2008-09 con la quale si preannuncia una possibile ingiunzione di pagamento;
il dirigente scolastico è particolarmente preoccupato per il futuro, anche in considerazione che il clima all'interno della scuola risulta particolarmente teso e spesso viene meno la collaborazione e si «minaccia» per il prossimo anno una sostanziale diminuzione delle attività che sono da retribuire con i compensi accessori e della disponibilità ad effettuare ore eccedenti per far fronte alle assenze;
tutto ciò si va ad aggiungere agli interventi di razionalizzazione che vedono l'istituzione scolastica penalizzata con cospicui tagli nell'organico sia docente che ATA –:
se il Ministro non ritenga urgente ed indispensabile erogare nuovi fondi all'istituto comprensivo di Vicchio (Firenze) considerata la difficile e precaria situazione finanziaria che potrebbe condurre l'istituzione scolastica ad un ulteriore aggravio di spesa per contenziosi già istaurati od istaurandi e che comunque impedisce il regolare svolgimento delle fondamentali funzioni che garantiscono il diritto all'istruzione. (5-03483)
CECCUZZI, SANI e CENNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
lo studente Eugenio Garosi ha conseguito, con il voto di 100 centesimi nell'anno didattico 2009-2010, la maturità classica presso il liceo Angelo Poliziano di Montepulciano (provincia di Siena);
dopo il diploma Eugenio Garosi ha manifestato la volontà di proseguire gli studi presso la Ludwig Maximilians Universitat, ateneo tedesco di Monaco di Baviera;
per poter iscriversi a tale università Eugenio Garosi ha preparato da alcuni anni l'esame necessario per l'ammissione ed affrontato con successo le fasi preliminari. Un iter lungo e difficoltoso che ha comportato, inevitabilmente, oltre al continuo e rilevante impegno didattico anche un considerevole esborso economico dovuto prevalentemente alle spese di «trasferta»;
per completare le pratiche burocratiche necessarie per l'immatricolazione l'ateneo tedesco richiede il diploma (italiano) originale di scuola secondaria entro e non oltre la data del 7 ottobre 2010 e non accetta un documento sostitutivo temporaneo;
i diplomi italiani vengono stampati su carta filigrana predisposti dall'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato e consegnati ai singoli istituto scolastici;
lo stesso poligrafico, con una lettera al Ministero, ha comunicato da alcuni mesi che si sarebbero verificati ritardi nella consegna prevista tradizionalmente entro la prima decade di giugno a causa dell'utilizzo di una nuova tipologia di carta capace di rispondere con maggiore efficacia ai criteri di sicurezza ed evitare tentativi di contraffazione. Di tale consegna però, che sarebbe dovuta slittare inizialmente al 15 settembre 2010, (secondo quanto si apprende a mezzo stampa) non si hanno ancora notizie;
risulta evidente che, con il perdurare di questa situazione, l'ateneo tedesco non potrà regolarizzare l'iscrizione di Eugenio Garosi che sarà costretto a perdere l'anno e che vedrà vanificati gli sforzi, le risorse economiche e l'impegno profuso in questi anni per realizzare il proprio obiettivo formativo;
è altrettanto evidente che il ritardo del poligrafico, non ripercuotendosi sugli studenti che si stanno iscrivendo ad università italiane (dove vengono accettati solitamente anche documenti temporanei sostitutivi) starà inevitabilmente creando enormi difficoltà di immatricolazione a tutti quei ragazzi che avranno optato per un ateneo straniero;
il padre di Eugenio Garosi ha inviato, nelle scorse settimane, una lettera sulla vicenda al Presidente della Repubblica, all'Ufficio relazioni con il Pubblico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed al Consolato italiano di Monaco di Baviera per cercare di risolvere il problema –:
se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali provvedimenti ed iniziative urgenti intenda intraprendere affinché, una volta appurata l'impossibilità entro il 7 ottobre 2010 di poter ricevere e consegnare il diploma originale, lo studente Eugenio Garosi possa comunque correttamente iscriversi, nel corrente anno accademico, alla Ludwig Maximilians Universitat;
se sia a conoscenza di altre situazioni di simile ed inaccettabile impedimento e quali provvedimenti a carattere generale intenda assumere. (5-03484)
DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
negli istituti professionali, contrariamente a quanto annunciato e cioè ad un incremento della didattica laboratoriale che dovrebbe favorire la formazione di personale specializzato, pronto per l'immissione nel mondo del lavoro, in realtà dal corrente anno scolastico 2010/11 si evidenziano diverse incongruenze;
nel settore Moda si assiste al pressoché totale azzeramento della professionalizzazione a causa della drastica riduzione delle ore delle materie specifiche del settore (disegno e storia della moda, laboratorio di modellistica e confezione). Infatti disegno e storia della moda passa dalle attuali 6 ore a 3 ore settimanali, mentre, peggio ancora, il laboratorio di modellistica e confezione passa dalle attuali 8 ore a sole 3 ore settimanali;
sparisce totalmente la confezione di abiti o comunque di prototipi che consentiva invece di verificare la fattibilità del progetto, e la modellistica, ridotta a sole tre ore settimanali e non più supportata dalla confezione è impensabile che possa dare una anche minima preparazione di base;
le schede disciplinari predisposte dal Ministero prevedono che la materia laboratorio di modellistica e confezione sia totalmente stravolta e diventi puramente teorica (anziché, appunto, un «laboratorio») con specifiche competenze relative alla sicurezza e all'uso dei macchinari (non si sa chi e come potrà farli conoscere ed usare). Si perde del tutto la componente tecnico-pratica, che invece dovrebbe caratterizzare tale insegnamento;
l'inserimento di fisica e chimica, nel curricolo di corsi, come quelli di moda o grafica, rispetto ai quali tali materie sono incongrue, oltretutto perché inserite all'interno dell'area di indirizzo, con cui non sembra abbiano alcuna attinenza. Trattasi di discipline che richiedono l'allestimento di laboratori specifici, dotati di lavabi, banconi piastrellati e materiale per gli esperimenti, cioè attrezzature che attualmente, come è evidente, non esistono;
a Firenze, ad esempio, nell'Istituto Tornabuoni Cellini, all'inizio del corrente anno scolastico sono stati inaugurati due nuovi laboratori di modellistica e confezione che risulteranno in breve tempo inutilizzabili, date le poche ore a disposizione, che non consentono, in effetti, una didattica laboratoriale. Al contrario, dovranno essere creati ex novo laboratori di chimica e fisica, attualmente inesistenti e non si comprende con quali risorse questi laboratori dovrebbero essere allestiti –:
al 3o anno, quello cosiddetto «professionalizzante», le ore delle materie tecnico pratiche (5 settimanali), sono comunque insufficienti per offrire competenze di base (le 10 ore attuali sono comunque dimezzate);
la quota oraria prevista per l'alternanza scuola-lavoro in azienda (al 4o e 5o anno per un totale di 130 ore) che dovrebbe contribuire in maniera determinante alla formazione e che viene fatta passare come una novità introdotta dalla riforma, in realtà non è affatto una novità in quanto attualmente gli alunni integrano il percorso formativo svolto dagli esperti del settore con 350/400 ore di stage aziendale;
inoltre sparisce la qualifica regionale che gli alunni potevano ottenere al compimento del percorso formativo. In ogni caso viene da chiedersi quale azienda possa mai essere interessata ad accogliere stagisti così poco preparati da un punto di vista professionale;
flessibilità e autonomia definite come lo strumento che dovrebbe permettere ai singoli istituti di potenziare le materie di indirizzo al fine di rispondere alle esigenze del territorio, sono in realtà inattuabili perché pongono tali e tante condizioni (ad esempio il potenziamento di certe discipline può essere effettuato purché non crei esubero in ambito provinciale), che difficilmente le scuole potranno utilizzarle, oltretutto in assenza di specifiche indicazioni;
quali urgenti ed indispensabili provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare affinché nei professionali settore moda, la riforma non disperda un patrimonio di conoscenze e tradizioni di decenni, che si è concretizzato, nel tempo, anche mediante l'acquisizione di ingenti capitali fissi, quali laboratori di confezione dotati di specifici e costosi macchinari;
quali azioni il Ministro intenda porre in essere al fine di non penalizzare tutti i settori dell'istruzione professionale, che sinora presentava scuole di eccellenza che preparavano adeguatamente gli alunni, come viene anche confermato dalle aziende dove si svolgevano gli stage, posto che le modifiche introdotte, con troppe materie teoriche e poca professionalizzazione, sfavoriscono l'inserimento lavorativo degli studenti, che si presenteranno sul mercato del lavoro privi di adeguata preparazione professionale. (5-03485)
DE BIASI, GHIZZONI e QUARTIANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
si apprende da un articolo del Corriere della sera del 29 settembre 2010 che il signor Johanne Maria Pini, compositore e docente di armonia al Conservatorio di Milano avrebbe scritto su Facebook «alla Rupe Tarpea bisognerebbe tornare, altro che balle. Non c’è più selezione naturale», in riferimento all'inserimento delle persone disabili nella scuola;
lo stesso signor Pini, nel corso del dibattito sulle sue dichiarazioni avrebbe confermato le sue opinioni con affermazioni relative alla eccessiva disomogeneità delle classi e alla funzione attuale della scuola che non sarebbe «di infondere conoscenza, ma di standardizzare la testa della gente»;
il medesimo quotidiano riporta in virgolettato la seguente affermazione del signor Pini: «Indietro ? Alla Rupe Tarpea bisognerebbe tornare. Stiamo decadendo geneticamente. Ovviamente rispetto singoli dolori e situazioni personali, ma il discorso generale è questo. Oggi una pseudoscienza autoreferenziale senza bussola fa campare organismi che non dovrebbero. Datemi pure del nazista, se volete, cosa che non sono: sono invece una persona che ragiona. Liberamente»;
il fatto che l'episodio abbia avuto luogo su Facebook e non nelle aule scolastiche non può in nessun modo rappresentare una giustificazione o una diminuzione di responsabilità;
tali dichiarazioni sono di particolare gravità poiché il signor Pini svolge il ruolo di insegnante, ruolo che imporrebbe un'etica pubblica nel rispetto dei diritti umani e del dettato costituzionale –:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per fare chiarezza sul grave episodio;
quali provvedimenti intenda prendere nei confronti di un insegnante di una scuola pubblica, le cui dichiarazioni gettano un'ombra pesante sulla capacità educativa del medesimo insegnante;
se non sia da considerarsi oramai non più rinviabile una campagna formativa nelle scuole di ogni ordine e grado che valorizzi la cultura del rispetto fra le persone. (5-03491)
DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
due edifici su tre non sono a norma di legge, per questo è urgente mettere subito in sicurezza il 65 per cento delle scuole italiane;
lo chiede Contribuenti.it, l'associazione dei contribuenti italiani, che ha commissionato uno studio alla KRLS Network of Business Ethics, dal quale emerge che in Italia solo il 46 per cento delle scuole ha il certificato di agibilità statica, contro il 98 per cento della Germania, il 93 per cento della Francia, il 92 per cento dell'Inghilterra, l'89 per cento della Spagna, il 77 per cento della Polonia, il 71 per cento del Portogallo, il 64 per cento della Romania, il 58 per cento della Bulgaria e il 53 per cento dell'Albania che chiude la classifica;
«Per combattere l'evasione fiscale bisogna far comprendere agli italiani come vengono spesi i loro soldi. Tre contribuenti su quattro chiedono di investire sui giovani e sulla pubblica istruzione affinché tutti gli edifici scolastici siano a norma» dice il presidente di Contribuenti.it, Vittorio Carlomagno. In occasione del convegno sulla «Tax compliance ed evasione fiscale» tenutosi nel mese di agosto a Capri, è infatti emerso che in Italia, due scuole su tre non sono a norma. Appena il 35 per cento degli edifici, infatti, ha il certificato di agibilità statica, quello di agibilità igienico sanitaria, nonché il certificato prevenzione incendi;
questa dichiarazione si aggiunge alle innumerevoli denunce già più volte fatte dagli enti locali, dai dirigente scolastici, dai deputati di opposizione e non solo;
in particolare, per quanto riguarda la Toscana, tutte le province hanno, in modo unitario, fatto sentire alta la loro voce in merito alla ormai improcrastinabile urgenza di intervenire sulla messa a norma dell'edilizia scolastica e sulla necessità di poter avere fondi ed ottenere la sospensione del patto di stabilità per poterli spendere;
non ultimo, nei giorni scorsi, Oreste Giurlani, vice-presidente nazionale di Uncem e presidente dell'uncem Toscana, ha affermato che «non è concepibile che i fondi CIPE per la messa in sicurezza degli edifici scolastici restino ancora bloccati dopo la loro messa a disposizione da parte del Governo» –:
se i Ministri interrogati intendano assumere tutte le iniziative di competenza per affrontare urgentemente il tema dell'edilizia scolastica, tema che non può essere ulteriormente disatteso;
quando il Governo intenda sbloccare i fondi presso il Cipe al fine di effettuare interventi urgenti per la messa in sicurezza dell'edilizia scolastica poiché le risorse finanziarie ci sono, ma non sono state erogate;
quando saranno erogati i 350 milioni dei fondi del primo stralcio Cipe per la messa in sicurezza degli impianti scolastici destinati direttamente ai comuni e alle province, che il Sottosegretario alle infrastrutture, Mario Mantovani, aveva annunciato sarebbero stati erogati entro l'estate 2010 e che invece non sono ancora giunti a destinazione;
quando saranno erogati anche i fondi della seconda tranche pari a 423 milioni di euro che il sottosegretario Mantovani aveva altresì garantito che il Governo stava già lavorando per sbloccare, tenuto conto che l'edilizia scolastica non può essere trascurata ed è una priorità per tutti, Governo ed enti locali. (5-03496)
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il quotidiano La Stampa nella sua edizione del 24 settembre 2010 ha pubblicato un lungo e dettagliato articolo di Federico Genta, intitolato: «Assessore choc: fuori i disabili dalle classi»;
nel citato articolo si attribuiscono all'assessore all'istruzione del comune di Chieri affermazioni che, ove fossero confermate, risulterebbero inaccettabili per il loro sapore, ad avviso degli interroganti, razzista, antiscientifico e incivile, dal momento che si sostiene che i disabili «non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato»;
le citate affermazioni sarebbero state pronunciate nel corso del consiglio comunale, affermazioni che hanno comprensibilmente indignato i genitori di bimbi portatori di handicap, e che legittimamente sognano e lavorano perché ai loro figli sia assicurato un futuro fatto di integrazione, e non di isolamento;
in replica alle comprensibili contestazioni di genitori di ragazzi disabili, l'assessore Pellegrino avrebbe replicato: «Ma di cosa si lamentano ? Noi facciamo tantissimo per questi studenti. Ma anche i genitori devono rendersi conto che sono tempi duri per tutti...Aiutiamo i genitori e gli consigliamo il percorso migliore per i propri figli»; e ha ribadito l'opinione che occorre «creare luoghi adeguati ai reali bisogni di questi ragazzi. Oggi ci sono comunità specializzate. Non sempre mamma e papà sono d'accordo, ma è nostro compito convincerli»; questo perché secondo l'assessore Pellegrino la scuola non servirebbe: «Lasciarli in classe con gli altri compagni è inutile. Ci sono ragazzi, qui da noi, che passano la mattina a dare calci e pugni ad un muro. Disturbano e non imparano nulla»; e per quel che riguarda gli insegnati di sostegno che dovrebbero assisterli, «non possono fare nulla. E questi ragazzi con l'istruzione non hanno nulla a che fare»;
le citate dichiarazioni, a giudizio degli interroganti, sono inaccettabili e offensive, oltre che discriminatorie e razziste –:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano adottare al fine di promuovere una migliore integrazione e assistenza degli studenti portatori di handicap e affinché in tutte le sedi istituzionali sia assicurato un adeguato supporto ai portatori di handicap scongiurando ogni forma di discriminazione. (4-08815)
SBROLLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 12 settembre 2010 la trasmissione televisiva «Presa Diretta» ha proposto al pubblico il tema dell'evasione fiscale portando alla luce piccoli e grandi situazioni di evasione;
questo fenomeno colpisce principalmente il sistema produttivo che opera nella legalità e nel rispetto delle regole, oltre a rappresentare un illecito;
la trasmissione televisiva ha raccontato anche l'evasione presente nel nord-est del Paese, portando come esempio le vicende illecite che si sviluppano nella zona di Arzignano (Vicenza);
in un percorso formativo sulla «Legalità» il video sopra citato è stato proposto ad alcune classi (4o e 5o) del Liceo Da Vinci di Arzignano;
sulla stampa locale, (Il Giornale di Vicenza del 23 settembre 2010 pag. 30) viene riportato questo fatto con prese di posizione ufficiali e con dichiarazioni del Sindaco di Arzignano che ad avviso dell'interrogante vanno stigmatizzate;
il Sindaco, con un intervento che, a giudizio dell'interrogante, sconfina impropriamente in un ambito riservato all'autonomia scolastica e alla sfera dell'insegnamento, con le sue dichiarazioni sminuisce la portata del messaggio che gli educatori volevano trasmettere agli studenti e rischia di generare confusione in una vicenda così complessa –:
quali iniziative intenda assumere per favorire e promuovere percorsi formativi come quello di cui in premessa, tutelando al contempo l'autonomia scolastica e la libertà di insegnamento. (4-08828)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MARCO CARRA e BARBI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nella primavera scorsa, sono state avviate le procedure relative alla definizione del concordato preventivo della ditta «Carla Carini» di Moglia (MN);
i dipendenti dell'azienda, oggetto dell'interrogazione, sono in cassa integrazione straordinaria dal novembre dello scorso anno, ma in ragione del concordato preventivo sopra richiamato, è scattata una nuova richiesta con decorrenza 11 giugno 2010 della durata di un anno (fino al 10 giugno 2011);
ad oggi, non risulta predisposto alcun decreto del Ministro interrogato che riconosca la cassa integrazione straordinaria, a partire dall'11 giugno 2010;
è evidente che, in assenza del decreto, i dipendenti non percepiscono alcuna indennità dal giugno scorso;
tale situazione è intollerabile in quanto questi lavoratori vivono del loro stipendio e, per queste ragioni, non sono più sopportabili ulteriori ritardi –:
se si intenda dar corso, con urgenza, al decreto che riconosca la cassa integrazione straordinaria, con decorrenza 11 giugno 2010, per i dipendenti della ditta «Carla Carini» di Moglia (MN) per porre fine a quella che all'interrogante appare un'evidente sottovalutazione del problema da parte del Governo e per consentire ai dipendenti di percepire l'indennità spettante. (5-03486)
MARCO CARRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi, le organizzazioni sindacali mantovane e l'assessore regionale lombardo Rossoni hanno denunciato la mancanza di fondi per il finanziamento della cassa integrazione in deroga;
se questa situazione si dovesse protrarre, un numero enorme di lavoratori e di lavoratrici resterebbe senza una fonte fondamentale di reddito per le loro famiglie;
è evidente che tutto ciò non fa altro che aggravare, ancora una volta, le condizioni di vita di questi lavoratori e lavoratrici, rendendo il complessivo stato di fatto totalmente inaccettabile –:
se sia intenzione del Ministro interrogato procedere rapidamente al finanziamento della cassa integrazione in deroga, così come evidenziato dai sindacati mantovani e dall'assessore regionale lombardo Rossoni e così come ritenuto necessario dalle lavoratrici e dai lavoratori interessati. (5-03488)
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta immediata:
DELLA VEDOVA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il decreto ministeriale 19 gennaio 2005 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare («Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato», pubblicato in Gazzetta ufficiale il 29 marzo 2005) definisce i criteri per la valutazione dei rischi per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, derivanti dall'immissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, a fini di ricerca e sperimentazione;
su questa base, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, avrebbe dovuto definire con proprio decreto i protocolli operativi per la gestione del rischio delle singole specie geneticamente modificate, acquisito il parere di un comitato tecnico di coordinamento, composto da rappresentanti ministeriali e da rappresentanti delle regioni e delle province autonome designati dalla conferenza Stato-regioni;
in data 20 novembre 2008 il comitato tecnico di coordinamento ha espresso parere favorevole allo schema di nove protocolli tecnico-operativi, relativi ad altrettante colture geneticamente modificate (actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite);
nel frattempo, nelle more di un procedimento la cui lunghezza ha scontato pregiudizi ideologici e ostacoli burocratici, alcune regioni hanno provveduto ad individuare i siti utilizzabili per la sperimentazione, valutando concretamente l'applicabilità dei protocolli definiti dal comitato tecnico;
un anno e mezzo dopo le conclusioni del comitato tecnico, l'allora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, rispondendo all'interrogazione n. 4-04893, che chiedeva conto dei ritardi nell'emanazione del decreto relativo ai protocolli operativi, ha giustificato la mancata adozione del provvedimento sulla base di una perplessità della conferenza permanente Stato, regioni e province autonome a proposito del protocollo relativo al solo mais e, più in generale, senza far riferimento ad alcun rischio di contaminazione scientificamente dimostrato, ha sostenuto che il ritardato avvio delle sperimentazioni avrebbe garantito «il diritto del sistema agro-alimentare italiano di essere esente dal transgenico»; d'altra parte le stesse linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, affidate ad un tavolo tecnico interregionale, non erano ancora state perfezionate, perché «subordinate ad una approvazione politica dei contenuti»;
se questo uso politico e irrazionale del principio di precauzione venisse esteso ad ogni forma di sperimentazione scientifica, il nostro Paese uscirebbe nel giro di pochi anni dal novero dei Paesi avanzati;
il perdurare del vuoto regolatorio rispetto alla coltivazione ed alla sperimentazione di sementi geneticamente modificate inibisce lo sviluppo in Italia di un importante filone di ricerca scientifica, su cui fino a una decina di anni fa l'Italia era all'avanguardia –:
se non ritenga di dovere emanare, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il decreto ministeriale sui protocolli tecnici operativi relativi alle seguenti colture geneticamente modificate: actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite, approvate dal comitato tecnico di coordinamento in data 20 novembre 2008, e se non ritenga di dovere inaugurare un approccio diverso rispetto a quello del suo predecessore sul tema della sperimentazione delle colture geneticamente modificate, considerando che il progresso scientifico sottopone all'attenzione dei ricercatori – purtroppo fuori dall'Italia – sempre nuove specie da studiare e sperimentare in campo aperto. (3-01255)
Interrogazione a risposta scritta:
LOLLI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato ha disposto che venissero attivati degli appositi tavoli per la revisione delle piante organiche e la revisione delle giurisdizioni dei comandi di stazione;
l'ispettorato generale con comunicazioni esclusivamente inviate ai comandi regionali del Veneto, Umbria, Abruzzo, Campania, Basilicata e Calabria, avrebbe disposto l'immediata chiusura dei coordinamenti distrettuali, e la loro trasformazione in NOS (nuclei operativi speciali) già impiegabili per la campagna A.I.B.;
tale riorganizzazione prevede che in caso di chiusura del coordinamento distrettuale, si dovrà valutare la possibilità di reimpiegare il personale attualmente addetto ad altra articolazione presente nella medesima sede, in via transitoria anche in sovrannumero, tenendo conto delle professionalità presenti; ed in caso di impiego del personale in N.O.S. già istituiti nella medesima sede o da istituire contestualmente alla chiusura del distretto, si dovrà tener conto dei compiti stabiliti nel decreto del capo del Corpo di istituzione dei N.O.S.;
questa riorganizzazione del personale del Corpo forestale dello Stato determina difficoltà e penalizzazioni in molte regioni ed, in particolare, per la regione Abruzzo. In questo quadro la provincia di L'Aquila, già fortemente penalizzata per i tragici eventi del sisma del 6 aprile 2009, subisce, ad avviso dell'interrogante, un vero e proprio smembramento;
l'Abruzzo, al contrario di quanto previsto, necessita di un potenziamento dei coordinamenti distrettuali integrando al proprio interno gruppi NOS (nuclei operativi speciali) e nuclei NIPAF (nuclei investigativi polizia forestale), poiché detti coordinamenti sono stati da sempre punti di riferimento dei cittadini in territori rurali/montani. Già dalla loro istituzione, avvenuta negli anni ’50, infatti, avevano la funzione di un decentramento amministrativo e di un presidio permanente di una forza di polizia in un territorio per conformità disagiato, rappresentando una vera e propria polizia di prossimità;
nella riorganizzazione è prevista una nuova distribuzione del personale sul territorio individuando in maniera rigida 543 unità di personale per la regione Abruzzo. Tali unità vengono definite «non negoziabili in nessun modo». Tenendo conto che il personale attualmente presente in regione è quantificato in 628 unità si avrebbe una soppressione di ben 28 comandi stazioni forestali e 3 coordinamenti distrettuali tutti ricadenti nella provincia di L'Aquila con compiti istituzionali fuori delle aree protette dove molti comandi risultano essere l'unica forza di polizia presente nel territorio;
le attuali 628 unità, per le conformità del territorio e per la sua importanza naturalistica, risultano comunque inadeguate ed il passaggio a 543 non può che peggiorare in maniera esponenziale la situazione;
per rappresentare meglio la situazione organizzativa, oltre quella riferita al numero totale di unità previste, si espone di seguito la modalità di calcolo prevista in relazione al personale e alle sue conseguenze sul territorio aquilano. Il numero di 543 unità operative attribuito alla regione Abruzzo viene tratto da un calcolo della superficie totale espressa in ettari e del personale a loro assegnata. Tale calcolo è falsato dal fatto che la distribuzione del personale non risulta equa tra il territorio delle aree parco e fuori parco. Visti i dettami delle vigente normativa dei C.T.A. (coordinamento territoriale dell'ambiente), 1 forestale ogni 1000 ettari di territorio controllato nelle aree parco, il risultato, infatti, è il seguente: 286 elementi nelle zone parco e, conseguentemente, 257 elementi nelle zone fuori parco. All'interno di questi 257 elementi dovrà, inoltre, essere individuato il personale da impiegare: nel comando regionale, nei 4 comandi provinciali, nei 3 U.T.B, nel N.O.S. fisso di Popoli, nel S.C.T. CITES senza dimenticarsi degli eventuali N.O.S. creatisi a seguito della soppressione dei 3 coordinamenti distretti di Avezzano, Sulmona e Pescasseroli, tutti operanti nell'intero territorio regionale fuori dalle zone parco;
con i 257 elementi, previsti per la regione Abruzzo si potranno creare solo 41 comandi stazione, di cui 12 in provincia di Chieti, 5 in provincia di Pescara, 7 in provincia di Teramo e 17 in provincia di L'Aquila;
nelle provincie di Chieti, Pescara e Teramo la situazione resterebbe pressoché invariata rispetto a quella attuale che è possibile, comunque, definire come di eterna carenza di organico, mentre nella provincia de L'Aquila si passerebbe da 35 comandi stazione a 17, con conseguenze fortemente negative;
tali soppressioni, evidentemente, riguardano tutto il territorio controllato fuori delle aree parco, dove il Corpo forestale svolge la propria attività di sorveglianza e controlli del territorio in zone aspre e accidentate, un territorio vasto, costituito prevalentemente da boschi, cave, siti di interesse comunitario, discariche piccole e grandi, dissesti idrogeologici, fenomeni di bracconaggio. Senza affrontare il fenomeno degli incendi boschivi, dove il Corpo forestale svolge attività di coordinamento e direzione sia degli uomini a terra che dei mezzi aerei;
nell'ultimo rapporto Ecomafia 2010, nell'analizzare i fenomeni criminosi contro l'ambiente si è evidenziato il ruolo sempre più importante, efficace e decisivo posto in essere dal Corpo forestale dello Stato nel contrasto dei reati ambientali;
affrontando il tema della funzione della Guardia forestale dal punto di vista del risparmio delle risorse pubbliche chiudendo alcuni uffici e sopprimendo dei comandi di stazione forestale ci si chiede, invece, quanto verrebbe a costare in termini di sicurezza la perdita di quelle strutture già esistenti per il territorio abruzzese ed in particolare per il territorio aquilano;
le poco più di 8500 unità che rappresentano tutto il personale del Corpo forestale a livello nazionale evidentemente sono un numero nettamente insufficiente per le funzioni assegnate a tale Corpo;
all'articolo 1, comma 346, lettera c), della legge finanziaria per il 2008, veniva autorizzata la spesa per assunzioni di personale nel Corpo forestale dello Stato, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, con possibilità di utilizzare le graduatorie di idonei dei concorsi già banditi o conclusi. Tali risorse non sono state impegnate ed, in particolare, i 16 milioni di euro disponibili dall'anno 2010 sono in larga parte ancora inutilizzati, nonostante vi siano concorsi già espletati e graduatorie ancora aperte da cui attingere il personale idoneo –:
se il Ministro sia a conoscenza di decisioni del comando del Corpo forestale che prevedano una riorganizzazione del personale dello stesso, quali siano i suoi intendimenti al riguardo e come intenda affrontare le enormi problematiche che questa eventuale riorganizzazione creerebbe a livello nazionale ed, in particolare, in Abruzzo e nella provincia di L'Aquila. (4-08808)
SALUTE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere — premesso che:
il 20 ottobre 2006 la Banca del cordone di Sciacca è stata, chiusa a causa di una inchiesta giudiziaria che ha coinvolto l'allora direttore dell'unità operativa, servizio trasfusionale e Banca del cordone ombelicale a la biologa specialista in genetica;
di recente è intervenuta la sentenza di assoluzione definitiva per entrambi, «perché il fatto non sussiste», sia in sede penale, che innanzi alla Corte dei conti;
la struttura ha continuato a rimanere chiusa, anche successivamente alle assoluzioni di cui sopra, praticamente fino ad oggi, con grave danno per l'intera collettività dato che la Banca ordinariamente cedeva ai bambini che ne avessero avuto bisogno, un cordone al mese e per tale attività ha ricevuto attestati di merito da parte dei migliori centri trapianti del mondo con i quali ha collaborato (Parigi, Londra, Oxford, Seattle, Gerusalemme, Oslo, Philadelphia, New York, Instabul, eccetera);
lo scopo principale di una banca del cordone è quello di cedere i cordoni, salvando così la vita di ammalati, soprattutto bambini, che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di sopravvivere;
la struttura di Sciacca dispone già di 20.000 cordoni di cui, però, solo la metà sono stati studiati e tipizzati, perché nonostante fosse stata finanziata la somma di due milioni di euro per il completamento dello studio delle unità raccolte, l'amministrazione sanitaria del tempo non vi ha dato corso, nonostante sarebbe stato invece prioritario completare lo studio delle unità già raccolte al fine di renderle idonee e disponibili immediatamente al trapianto, salvando così tante vite umane;
negli anni passati, con procedure amministrativamente ad avviso dell'interrogante discutibili, è stata realizzata una nuova area di stoccaggio dal costo di circa 12 milioni di euro per la raccolta di ulteriori 70.000 sacche;
tale nuova struttura risulterebbe assolutamente inutile considerato che, il fabbisogno nazionale è di 40/50 mila sacche;
dal punto di vista scientifico, come confermato da numerosi esperti, tale struttura non sarebbe utile, poiché con le unità già raccolte la struttura si garantisce la più ampia varietà genetica necessaria per la popolazione e che quindi anche aumentando la raccolta, non aumenterebbe la probabilità di compatibilità per i pazienti in attesa di trapianto;
il professor Rebulla, direttore della banca di Milano e coordinatore delle banche italiane, in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 5 settembre 2010, ha sostenuto, a conferma di quanto sopra, che in Italia servono 50-60 mila cordoni per tutta la popolazione e che i cordoni devono essere rappresentativi di tutta la popolazione e per questo devono essere raccolti equamente su tutto il territorio nazionale;
la banca di Sciacca sotto la precedente direzione aveva raggiunto la soglia di 20.000 cordoni, in seguito ad un progetto condiviso con l'assessorato regionale alla sanità, allo scopo di sopperire alla carenza dei donatori di midollo in Sicilia;
peraltro alle 18.929 sacche conservate presso l'ospedale di Sciacca, in Italia ne esistono, come documentato dal report del Centro nazionale sangue del 2008, altre 7.000 a Milano, 2867 a Pavia, 3126 a Bologna, 1585 a Padova, 1374 a Firenze, 1602 a Pescara, 1718 a Torino, altre 1500 a Napoli nonché in altri siti per un totale sufficiente alla copertura del fabbisogno nazionale;
al costo di tale mega struttura, come ha dichiarato alla stampa l'attuale direttore generale dell'Asp, oltre al costo dell'impianto che comporterebbe un esborso di 120.000 euro al mese, ve ne sarebbe uno aggiuntivo per le spese di gestione di 30.000 euro ai mese;
l'attuale direttore generale ha inserito nell'atto aziendale che disciplina i servizi la banca del cordone ombelicale di Sciacca, al fine di utilizzare il contributo di 1.800.000 euro erogato da codesto Ministero al fine di proseguire nella raccolta, per attivare azioni correttive, caratterizzare le donazioni ed inserire la banca nel circuito mondiale e salvare vite umane;
su tutta la vicenda è stata disposta un'ispezione della regione Sicilia di cui ancora non sono state rese note le risultanze mentre la struttura è stata commissariata proprio perché non sarebbe stata riattivata la raccolta –:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se sia a conoscenza, altresì, della realizzazione della mega struttura di stoccaggio della Banca del cordone di Sciacca, e se ritenga o no che tale struttura sia coerente con il fabbisogno nazionale di cordoni ombelicali;
se sia noto in base a quali criteri scientifici si procederà a riattivare la raccolta di ulteriori cordoni, dal momento che la struttura garantisce già adesso la più ampia varietà genetica necessaria per la popolazione;
se abbia verificato le modalità di utilizzo delle somme erogate dal ministero citate in premessa e quali siano le ragioni per cui siano stati assegnati fondi per l'incremento delle raccolte di cordoni ombelicali;
se non ritenga, pertanto, di impegnarsi per la riapertura, la piena funzionalità ed il mantenimento della banca del cordone ombelicale di Sciacca.
(2-00836) «Capodicasa, Antonino Russo».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:
BARANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la responsabilità professionale del medico merita un'attenta riflessione in considerazione dell'importanza degli interessi coinvolti;
si deve tutelare il sacrosanto diritto alla salute dei cittadini e dall'altro il disagio dei medici chirurghi italiani davanti alla crescita prepotente del contenzioso medico-legale, con una corsa al risarcimento a tutti i costi e con pesanti ripercussioni anche penali;
ogni giorno nei pronto soccorso d'Italia si assiste ad una intensa attività «sanitaria» dei medici che attuano un comportamento cautelativo di tipo preventivo che si esplica nel ricorso a servizi aggiuntivi (test, visite o trattamenti), più per tutelarsi giuridicamente da future azioni giudiziarie che per una reale necessità;
tutto ciò porta ad alcuni aspetti peculiari della cosiddetta «medicina difensiva» negativa, rispetto alla quale si sottolinea l'esigenza di affrontare finalmente la questione dal punto sia legislativo che economico;
la cosiddetta «medicina difensiva» è una pratica che comporta un aumento dei costi sanitari nella pratica di diagnostiche o di misure terapeutiche condotte principalmente, non per assicurare la salute del paziente, ma come garanzia delle responsabilità medico-legali conseguenti alle cure mediche prestate;
procedere alla depenalizzazione della colpa professionale o alla modifica della normativa vigente al fine di rendere il medico diversamente responsabile davanti alla legge rispetto a un qualsiasi altro cittadino significa ridurre l'alea interpretatoria nei processi per colpa medica al fine di recepire una volta per tutte che quella che il medico assume è un'obbligazione di mezzi e non di risultati, di precisare la portata del nesso di causalità e di dare le giuste dimensioni al difetto di consenso che oggi può fare sconfinare un atto terapeutico in atto doloso;
la disciplina giuridica attuale appare eccessivamente generica e non sufficientemente organica e comunque carente della necessaria specificità, comportando, nell'applicazione ai casi concreti, il ricorso a interpretazioni e a integrazioni giurisprudenziali, spesso troppo libere e talvolta tra di loro contraddittorie –:
quali iniziative, anche normative il Ministro interrogato, intenda assumere per contrastare la cattiva pratica della «medicina difensiva negativa» e per ridurre gli altissimi costi derivanti dalla stessa.
(5-03494)
LIVIA TURCO, LENZI, MIOTTO, MURER, BOSSA, BURTONE e GRASSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
gli organi di stampa riportano quotidianamente fatti di cronaca riguardanti episodi di malasanità verificatisi negli ospedali sia del nord che del sud d'Italia, in particolar modo errori in sala parto, di seguito se ne indicano alcuni:
Palermo, 26 settembre. Era il suo primo figlio, aveva chiesto il cesareo che gli è stato negato per mancanza dei presupposti: il bimbo nasce morto;
Milano, 22 settembre. Mamma di tre gemellini muore di parto all'ospedale Buzzi, per un'emorragia, dopo aver dato alla luce con parto cesareo tre gemelli concepiti grazie alla fecondazione assistita;
Messina, 20 settembre. Nuova lite in sala parto tra i medici: lesioni a un neonato. Il fatto accaduto all'ospedale «Papardo» dove secondo i genitori del nascituro il diverbio sarebbe sorto per decidere se procedere con un taglio cesareo o con un parto naturale;
Padova, 11 settembre. Una donna perde il bimbo e finisce in coma farmacologico dopo un cesareo d'urgenza e una drammatica corsa senza ambulanza dall'ospedale di Piove di Sacco;
Policoro (Matera), 8 settembre. Una donna di 32 anni muore dopo un parto cesareo con cui ha dato alla luce due gemelli;
Messina, 26 agosto. Lite in sala parto al Policlinico: due medici vengono alle mani sull'opportunità del taglio cesareo su una donna alla prima gravidanza. Il bimbo è stato dimesso solo tre giorni fa, dopo essere stato per giorni in condizioni critiche. Alla donna, operata da un'altra equipe, è stato asportato l'utero;
Partinico (Palermo), 9 agosto. Una neonata muore all'ospedale di Partinico. Si tratta del sesto caso registrato negli ultimi tempi presso l'ospedale siciliano;
Cosenza, 13 luglio. Una bimba appena nata muore durante il trasporto in eliambulanza a Cosenza. La madre poco prima del parto aveva avvertito forti dolori e si era dovuta recare con i suoi mezzi da Trebisacce a Rossano, perché nel primo era chiuso il reparto di ostetricia e l'unica ambulanza era già impegnata;
Cosenza, 21 maggio. Il Ministro della salute Ferruccio Fazio, in seguito al decesso di due neonati avvenuto presso l'azienda ospedaliera Santa Annunziata di Cosenza, dispone l'invio degli ispettori del Ministero nella struttura;
Venezia, 20 maggio. Una bimba nasce all'ospedale civile di Venezia con un gravissimo danno cerebrale, dopo un parto cesareo. Sulla vicenda la Commissione parlamentare di inchiesta su errori in campo sanitario chiede una relazione dettagliata;
la sicurezza dei pazienti è una componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza e rappresenta un aspetto fondamentale del governo clinico nell'ottica del miglioramento della qualità del Servizio sanitario nazionale ed è impensabile che nel 2010 si possa ancora, in Italia, morire di parto per un taglio cesareo negato o una diagnosi sbagliata –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, anche in relazione agli ultimi avvenimenti accaduti, affinché la donna al momento del parto non rischi la sua vita e quella del suo bambino, e, se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, miranti ad affrontare anche i problemi derivanti dalla crescita sempre più continua del contenzioso medico-legale per sia garantire sia percorsi rapidi e snelli per il risarcimento del danno ai cittadini sia per dare maggiore serenità agli operatori con la previsione di assicurazioni obbligatorie di copertura dei danni da parte delle Asl e degli ospedali. (5-03495)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PEDOTO e MOSCA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge 3 marzo 2009, n. 18, che ha ratificato la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità prevede la Costituzione dell'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità;
il Consiglio di Stato ha dato il suo benestare alla costituzione del succitato osservatorio e il Ministero sta procedendo all'acquisizione dei nominativi dei componenti così come disposto dall'articolo 3 della legge n. 18 del 2009 nel rispetto anche del principio di pari opportunità tra donne e uomini –:
quali iniziative intenda assumere il Governo perché venga garantita la rappresentanza di genere anche attraverso l'istituzione di un tavolo separato di rappresentanza femminile. (5-03493)
Interrogazioni a risposta scritta:
PICIERNO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
oltre centosessanta cooperative iscritte all'albo dei cogestori dell'ex Asl CE2 per i progetti terapeutici riabilitativi sostenuti dal budget di salute (PTRI/BS), con il sostegno e l'adesione di numerose associazioni e del Forum terzo settore, hanno indetto un percorso di mobilitazione e protesta a partire dal 12 ottobre 2010 per denunciare la grave situazione che si è determinata, che impedisce ai sopracitati soggetti di svolgere in modo efficiente servizi sociali ed assistenziali di grande importanza per la coesione sociale, la solidarietà e il ripristino della legalità;
la denuncia delle associazioni e delle cooperative del territorio casertano riguarda il mancato trasferimento di finanziamenti, per una somma pari a 1.400.000 euro, a causa del continuo turnover dei commissari straordinari e della mancata sottoscrizione da parte dell'ASL, degli accordi di programma con gli ambiti territoriali;
inoltre, a fronte di un risparmio effettuato pari al 20 per cento da parte dei PTRI/BS per il 2009, così come era stato concordato nelle linee guida, la determina n. 37 del 6 luglio 2010 del Commissario ad acta per la prosecuzione del Piano di rientro del settore sanitario prevede per il 2010 un aumento della spesa per cliniche private e centri di riabilitazione pari al 10 per cento, mentre per le attività socio-sanitarie è prevista un'ulteriore diminuzione della spesa del 20 per cento, mettendo di fatto le strutture nell'impossibilità di proseguire nel proprio lavoro;
al contempo l'ASL di Caserta, pur avendo a disposizione nel suo patrimonio immobiliare svariate strutture, fitta uno stabile nel vecchio Saint Gobain a Caserta per una cifra pari a 1.200.000,00 euro;
il lavoro svolto dalle cooperative sociali si ispira alla legge n. 180 del 1978 (legge Basaglia) e alla legge n. 328 del 2000, due pilastri nella legislazione italiana in materia di salute e servizi sociali, che si basano su una concezione della persona umana incentrata sulla libertà, sulla dignità e sui diritti; il lavoro di queste cooperative ha consentito negli anni di inserire numerosi individui, altrimenti esclusi ed emarginati, in processi virtuosi di integrazione, partecipazione, cittadinanza e lavoro, con un'ottima ricaduta per l'intera comunità;
la presenza di tali e tanti problemi che si frappongono allo svolgimento delle attività delle cooperative denota la mancanza di consapevolezza sulla ricchezza sociale e la ricaduta benefica che tale sistema offre, sia in termini di efficienza, che di efficacia per la salute dei cittadini; di capacità e volontà di valorizzare le positività di un sistema che ha permesso al territorio di riscattarsi dal degrado socio economico a cui è sottoposto, attraverso il potenziamento del «capitale sociale», cioè di quella rete di rapporti che lega tutti i protagonisti del vivere civile (istituzioni, famiglie, volontariato, Terzo settore, e altro), innescando e potenziando sistemi di partecipazione e di coinvolgimento del cittadino nell'organizzazione e nella produzione di beni e servizi di interesse collettivo, affermando così il superamento dell'assistenzialismo e favorendo il principio di sussidiarietà nel welfare;
questo sistema si è costituito grazie alla realizzazione di forme appropriate di integrazione istituzionale (amministrazioni comunali, provincia, azienda sanitaria, ambiti territoriali, terzo settore), gestionale ed economico, con una strategia di finanziamento comune degli ambiti territoriali, unica in regione Campania;
quella dei PTRI/BS è una realtà affermata e positiva dell'ambito socio-sanitario del territorio, che fornisce risposte concrete ai bisogni delle persone e che nel corso di questi anni ha prodotto notevoli miglioramenti dei soggetti presi in carico, sia nella sfera personale che sociale, elevando la qualità della vita e permettendo la riconquista di dignità e diritti;
molte delle attività dei PTRI/BS sono state avviate su beni confiscati alla criminalità organizzata, incrementando il valore aggiunto che questi progetti rappresentano sul territorio casertano: delle vere e proprie eccellenze, per la capacità di coniugare l'assistenza e la solidarietà con il lavoro, la partecipazione, la cittadinanza, la legalità e la produzione economica: tra questi esempi positivi si possono ricordare il ristorante pizzeria sociale «NCO», la fabbricazione delle confetture e sottolii a marchio «Terra Nostra» ed «Arte e Core», e altri;
i gestori di questi beni confiscati riconsegneranno simbolicamente le chiavi a dimostrare l'impossibilità di proseguire nel loro positivo lavoro sul territorio senza significative risposte in termini di appoggi delle istituzioni, coerenza delle scelte, celerità e adeguatezza dei finanziamenti –:
se, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario, non s'intenda assumere ogni iniziativa affinché il conseguimento degli obiettivi di riequilibrio del deficit sanitario si realizzi garantendo comunque all'ex Asl CE 2 di Caserta una gestione ordinaria quanto efficiente del rapporto con i gestori di PTRI/BS, che comprenda la celerità nell'erogazione dei finanziamenti stanziati, la continuità nei rapporti istituzionali, la coerenza nelle scelte di risparmio e relativo finanziamento e organizzazione dei servizi sul territorio. (4-08827)
PAGANO e MARINELLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la crisi economica e la turbolenza speculativa dei mercati finanziari, che di recente ha messo a dura prova la stabilità, anche politica, di alcuni Paesi dell'Unione europea che appartengono all'Eurozona ha reso necessario il varo da parte del Governo italiano di una manovra finanziaria per il triennio 2010-2012 (decreto legge 31 maggio 2010, n. 78) finalizzata alla messa in sicurezza dei conti pubblici e ad evitare gli attacchi degli speculatori internazionali;
in questo quadro il provvedimento varato dal Governo ha incentrato la sua azione lungo due direttrici, in particolare: maggiori entrate (legate per la maggior parte all'applicazione delle misure antievasione) e tagli delle spese, più del 70 per cento dei quali sono rappresentati da riduzioni lineari nelle spese dei Ministeri o da semplici riduzioni dei trasferimenti alle Regioni e agli enti locali;
pesanti interventi sono stati operati su alcuni settori, quale quello della sanità alla quale è stata imposta – in particolare – la riorganizzazione della spesa farmaceutica;
la sanità pubblica sembra essere il settore che più di ogni altro è stato capace di dotarsi, nel corso degli ultimi decenni, di riforme strutturali che hanno contenuto il tasso di crescita della spesa e hanno consentito un continuo miglioramento della qualità dell'assistenza. Il livello della spesa sanitaria pubblica è inferiore a quello dei principali Paesi europei: 6,7 per cento del Pil nel 2007, a fronte di una media dei Paesi con sistemi di sicurezza sociale (Francia, Germania, Austria) dell'8,1 per cento e una media dei paesi scandinavi con sistemi universalistici del 7,3 per cento (Oecd Health Data 2009). Inoltre, la dinamica della spesa ha registrato negli ultimi anni un significativo rallentamento: mentre «nel periodo 2000-2005 il tasso medio di incremento della spesa sanitaria è stato pari al 7,3 per cento annuo, nel periodo 2006-2009 il tasso è risultato pari al 2,9 per cento» (Ministero dell'Economia, RUEF 2010);
anche rispetto al resto del settore pubblico, la sanità mostra livelli di performance decisamente più soddisfacenti. Nel 2009, ad esempio, la spesa pubblica primaria totale è cresciuta del 4,9 per cento, mentre la spesa sanitaria pubblica è cresciuta solo dell'1,9 per cento (Banca d'Italia, Relazione Annuale sul 2009): risultati questi, frutto degli interventi messi in atto dalle singole regioni, autonomamente o obbligatoriamente a seconda della diversa capacità di governo;
la situazione è – tuttavia – decisamente più difficile per quelle Regioni alle prese con i piani di rientro (strumento necessario per riportare ordine nei conti e stimolare il necessario cambiamento nell'organizzazione sanitaria) dal deficit della spesa sanitaria (Lazio, Campania, Calabria, Abruzzo, Molise e Sicilia), in cui è operativo il blocco del turnover;
la regione Sicilia ha sottoscritto il 31 luglio 2007 il Piano di rientro, il quale disponeva espressamente il varo da parte della regione stessa di due importanti provvedimenti: la legge di riordino del sistema sanitario regionale e il decreto di rimodulazione della rete ospedaliera;
con la legge regionale 14 aprile 2009, n. 5 e il successivo decreto attuativo del 15 giugno 2009, n. 1150, la Sicilia ha onorato gli impegni presi con il Governo nazionale, il quale – al termine dell'ultimo tavolo di monitoraggio sul rispetto del Piano di rientro, svoltosi nell'aprile scorso – ha giudicato soddisfacenti gli sforzi fatti dalla regione;
tutto ciò ha avuto i seguenti riflessi sulla riorganizzazione del servizio sanitario regionale: una riduzione dei posti letto ospedalieri per acuti; l'accorpamento di Presidi Ospedalieri in Distretti; l'accorpamento di Unità Operative in Presidi diversi nell'ambito dello stesso Distretto;
per quanto riguarda quest'ultimo aspetto si segnala che con una colpevole superficialità si sono equiparate le Unità Operative di Anestesia e Rianimazione alle unità operative di farmacia ospedaliera, direzione sanitaria, laboratorio di analisi e radiologia solo perché fanno parte dell’«area dei Servizi», declassando 35 unità operative complesse ad unità operative semplici di anestesia e rianimazione, andando ben oltre il 5 per cento previsto dalla citata legge n. 5 del 2009, e prevedendo un solo Direttore (ex Primario) per ogni Distretto con Unità Operative distanti parecchi chilometri l'una dall'altra;
si evidenzia – altresì – che l'anestesista-rianimatore gestisce pazienti direttamente (sia in sala operatoria sia in rianimazione) rispetto ai colleghi della radiologia, direzione sanitaria, laboratorio analisi e farmacia ospedaliera i quali non gestiscono pazienti e non hanno degenza;
l'attività di anestesista-rianimatore è indirizzata non solo alla tutela della salute, ma soprattutto della vita dei pazienti, intervenendo essi ogni volta che si verifica l'insufficienza di uno o più organi vitali sia nelle sale di rianimazione, sia nelle sale operatorie, sia negli altri reparti ospedalieri, sia sulle ambulanze del SEUS 118 (sicilia emergenza urgenza sanitaria);
attualmente sono attivi 257 posti letto distribuiti nelle 33 Rianimazioni, in una regione che ha 5.087.187 residenti (dati ISTAT dicembre 2008) che nel periodo estivo subiscono un notevole incremento. A causa della carenza di posti letto spesso si improvvisa un posto letto di rianimazione utilizzando le attrezzature di sala operatoria o si trasferisce un paziente nelle regioni vicine con l'eliambulanza. Per ulteriore chiarezza si precisa che la regione Emilia Romagna con 4.066.122 abitanti ha attivi 269 posti letto di rianimazione (1 milione di abitanti in meno e 12 posti di rianimazione in più) e che la regione Lazio, con una popolazione vicina numericamente a quella siciliana, ha attivi 436 posti di rianimazione;
la regione Sicilia, tenendo come parametro di riferimento un posto letto ogni 10.000 abitanti, ne dovrebbe avere 501 mentre ne ha attivi solo la metà. Inoltre alcune Rianimazioni non sono attive, pur essendoci la disponibilità edilizia e di apparecchiature, per la mancata assunzione di specialisti in Anestesia e Rianimazione;
alla già grave carenza di posti letto si aggiunge l'altrettanto grave carenza in pianta organica di anestesisti-rianimatori: al dicembre 2008 erano vacanti 286 posti di Anestesia e Rianimazione in tutta la regione Sicilia e a ciò si è sopperito con assunzioni a tempo determinato, creando precariato;
in ottemperanza al piano di rientro dal deficit sanitario i concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato nel settore sono bloccati dal gennaio 2007 e il blocco del turnover fino al 2012 è stato confermato anche dal citato decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (manovra economica per il 2010-2012);
il contestuale licenziamento degli assunti a tempo determinato comporterà il collasso definitivo delle attività ospedaliere per gravissima carenza di personale;
gli effetti di questa drammatica situazione si rifletteranno negativamente sull'erogazione dei servizi e, dunque, sui cittadini con particolare riguardo: alla riduzione drastica del numero degli interventi chirurgici e delle sedute operatorie; ai turni massacranti per gli anestesisti-rianimatori per garantire la continuità assistenziale; all'aumento delle percentuali di errori degli operatori e di rischi per i pazienti; al mancato avvio dell'attività del parto indolore; alla riduzione dell'attività della terapia del dolore per i pazienti sofferenti; alla riduzione sul territorio di autoambulanze di rianimazione del SEUS 118;
nel 2009 nelle tre università siciliane (Palermo, Catania e Messina) si sono specializzati in Anestesia e Rianimazione 66 medici e tra questi più della metà ha trovato lavoro nelle regioni del Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna) dove continuano a svolgersi concorsi pubblici –:
se non ritengano opportune, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla normativa vigente, iniziative volte a scongiurare il pericolo che, anche in relazione alle misure di razionalizzazione contenute nel piano di rientro dai disavanzi sanitari, sia negato ai cittadini siciliani il godimento del diritto alla salute costituzionalmente garantito e a garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le realtà regionali – e, dunque, anche in Sicilia – gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie (LEA).
(4-08830)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
STRADELLA, ARMOSINO, PIANETTA e GHIGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi gli organi di informazione del Piemonte hanno dato notizia di una indagine diffusa dalla Sogin contenente un elenco di siti suscettibili di insediamento per lo stoccaggio di scorie radioattive;
la notizia diffusa senza i necessari approfondimenti sulla natura della studio e sui parametri utilizzati ha determinato uno stato di allarme soprattutto nella Valle Bormida, già nota per un inquinamento storico provocato dall'Acna di Cengio è tutt'ora solo parzialmente risolto;
essendo il Piemonte orientale area di presenza del sito di Trino-Saluggia il territorio di tutta la regione è privo di uno dei requisiti per la localizzazione di un sito di deposito di scorie;
il Monferrato è candidato al riconoscimento Unesco per il patrimonio vitato;
non è ancora stata ultimata la bonifica dei depositi provvisori di Bosco Marengo, Trino e Saluggia;
non ci sono state interlocuzioni di alcun genere con le amministrazioni locali per valutare gli effetti della ipotesi di insediamento;
l'area piemontese viene considerata suscettibile di insediamento di una centrale nucleare e, quindi, in antitesi ad ogni possibilità di ospitare anche scorie –:
per quali motivi la Sogin abbia divulgato un documento che, privo di verifiche, crea solo sconcerto e protesta;
chi abbia commissionato lo studio alla Sogin ovvero se sia stata un'iniziativa della società;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per garantire che su temi sensibili come quello in questione ci sia il massimo del coinvolgimento e della trasparenza. (5-03492)
Interrogazioni a risposta scritta:
ZACCHERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in base ad un accordo del 27 luglio 2010 tra Poste italiane e le organizzazioni sindacali si prevedeva: «Nell'ambito degli incontri territoriali previsti dalla presente intesa, verranno altresì individuate modalità di presidio del servizio per specifiche realtà «decentrate» attraverso la copertura assicurata dalla figura di operatore unico (addetto all'attività di sportelleria e di recapito)»;
il progetto «Eventi», caposaldo dell'accordo, vede una nuova organizzazione degli orari di lavoro del portalettere distribuita su 5 giorni settimanali; questo, se si realizzasse quanto sopra, vorrebbe dire riaprire le porte degli uffici postali montani 5 giorni la settimana, pur rispettando il limite orario delle 18 ore settimanali; pertanto l'interrogante ritiene necessario trovare sinergie comuni, al fine di adottare una politica che sappia coniugare i parametri «aziendali» di gestione delle Poste Italiane spa con il mantenimento dei servizi sul territorio;
all'interno dell'accordo citato c’è stato il riconoscimento per il CPD di Domodossola delle lavorazioni attuate negli anni passati come UNEP e grandi clienti con l'inquadramento CDM (Centro distribuzione master), che, come dalle tabelle allegate all'accordo, implica un'organizzazione del lavoro specifica che si spera consenta lo sviluppo dei servizi e dell'occupazione;
è indetto a Torino il tavolo di contrattazione territoriale con l'azienda per l'applicazione dell'accordo nella sola sede provinciale di Verbania (CPD Intra) comprendente il territorio da Cannobio a Stresa e, reputando che l'operatore unico ritorna ad essere una figura aziendale trasversale importante per i territori montani potendo dare risposte e servizi ad interi paesi con economia prevalentemente turistica, l'interrogante ritiene di proporre un progetto che chiede per i comuni in questione la rinascita di tale figura di operatore postale;
appare oltremodo positivo il riconoscimento di questa figura professionale –:
quali siano gli intendimenti del Ministro in merito a questa problematica e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di rivalutare questa figura professionale ed operativa, anche nell'ottica di un mantenimento dei livelli occupazionali attuali. (4-08817)
MOSELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in questi giorni Confindustria e Federturismo hanno illustrato il piano nazionale di rilancio del turismo, sottolineando come i siti italiani dell'Unesco rappresentino una grande ricchezza per il nostro Paese;
Confindustria e Federturismo hanno, però aggiunto che questa ricchezza è enormemente svalutata e sottoutilizzata;
secondo recenti notizie di stampa, la SOGIN, società pubblica del nucleare avrebbe approntato una short list sulle aree nel nostro Paese ritenute idonee a ospitare i depositi di residui nucleari;
questa short list indicherebbe cinquanta comuni situati in Basilicata, Puglia, Lazio, Toscana;
si tratta di regioni che vantano un gran numero di siti Unesco, con addirittura zone altamente pregiate per il turismo come il viterbese e la zona di Siena –:
se al Ministro interrogato risulti se tra le zone indicate da Sogin vi siano siti che l'Unesco ha individuato nel nostro Paese come patrimonio dell'umanità, cosa che si configurerebbe come una scelta gravissima e contro ogni logica e che contraddirebbe gli auspici dello stesso Governo, che si aspetta grandi contributi al prodotto interno lordo nazionale da parte del settore turistico. (4-08821)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta orale Capitanio Santolini e Adornato n. 3-01172, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bobba.
L'interrogazione a risposta in commissione Di Caterina n. 5-03479, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Castiello, Cosenza, Vella, Gottardo, Calabria, De Camillis, Sarubbi, Negro, Frassineti, Torrisi, Cazzola, Saltamartini, Fucci, Giammanco, Mannucci, Ceccacci Rubino, Centemero, Repetti, Ceroni, Ciccioli, Mancuso, Catanoso, Nastri.
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Siragusa n. 5-00974 del 9 febbraio 2009;
interrogazione a risposta in commissione Iapicca n. 5-03426 del 20 settembre 2010;
interrogazione a risposta in commissione Mariani n. 5-03462 del 23 settembre 2010.