XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 28 settembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 19 NOVEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la nuova linea ferroviaria Torino-Lione rappresenta la priorità assoluta per il rilancio del sistema economico-produttivo del Piemonte e dell'Italia sul piano europeo. La realizzazione del Corridoio 5, infatti, garantirà una maggiore competitività alle imprese, che potranno trasportare più velocemente i propri prodotti, ed una migliore mobilità delle persone, che beneficeranno di tempi di percorrenza estremamente ridotti per viaggiare in Italia e in Europa, e determinerà, inoltre, la riduzione dell'inquinamento ambientale ed acustico;
ogni rifiuto pregiudiziale o strumentale che potrebbe comprometterne la realizzazione va fermamente contrastato, così come le affermazioni emerse nel corso di un incontro organizzato da Confindustria e Traspadana con i parlamentari piemontesi, mirate ad evidenziare presunti sperperi di denaro pubblico, costi sempre più elevati e ritardi accumulati che renderebbero obsoleta la predetta infrastruttura;
è, altresì, necessario contrastare qualsiasi tipo di perplessità che potrebbe pregiudicare i rilevanti finanziamenti europei già assegnati per la realizzazione dell'opera;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha recentemente confermato i programmi e gli impegni del Governo sulla realizzazione della Torino-Lione, preannunciando un incontro con il Ministro francese per fare il punto sull'opera prevista e confermata nello schema delle infrastrutture nazionali francesi nel mese di luglio 2010, perché essa rientra tra le priorità dell'Europa e della Francia, interessata a potenziare il traffico merci sulla rotta Lione-Torino;
nel mese di ottobre sarà presentato al tavolo politico della Presidenza del Consiglio dei ministri il progetto preliminare redatto da Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione e RFI sulla base degli indirizzi forniti dall'Osservatorio tecnico per l'asse ferroviario Torino-Lione;
il progetto preliminare per l'intera linea da Settimo al confine di Stato è stato accompagnato da uno studio di impatto ambientale, da un'analisi dei costi benefici e dall'avvio dell'esame delle ricadute territoriali attese;
va considerato il forte ed unitario impegno della regione Piemonte, della Provincia e del comune di Torino e delle forze economiche per affermare la centralità e priorità dell'opera per lo sviluppo del Piemonte e del Nord Italia;
il processo per la definizione del percorso progettuale di questa fondamentale opera è stato lungo, complesso e con molteplici approfondimenti e valutazioni;
il cronoprogramma della progettazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, a suo tempo stilato, prevedeva entro il 31 dicembre 2010 l'approvazione della valutazione di impatto ambientale e del progetto preliminare e l'avvio del progetto definitivo, che dovrà concludersi con l'indizione della gara il 1o gennaio 2013 e l'apertura dei cantieri a partire dal marzo 2013,

impegna il Governo:

a riconfermare la valenza strategica della realizzazione della Torino-Lione come asse decisivo per i collegamenti europei;
a garantire il pieno sostegno agli indirizzi elaborati dall'Osservatorio tecnico per l'asse ferroviario Torino-Lione e a vigilare affinché il cronoprogramma già stabilito sia scrupolosamente rispettato;

ad assicurare l'erogazione delle risorse che consentano di coprire l'intero ammontare dell'opera, comprese quelle, a più riprese promesse e pari a 200 milioni di euro, necessarie a realizzare gli interventi prioritari relativi al trasferimento modale e al trasporto locale;
a promuovere con intensità tutte le iniziative necessarie a rafforzare la piena cooperazione tra Italia e Francia per la realizzazione dell'infrastruttura nonché a garantire i rilevanti finanziamenti europei già assegnati.
(1-00439)
«Delfino, Libè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Pezzotta, Mereu, Enzo Carra, Anna Teresa Formisano».

La Camera,
premesso che:
i rapporti tra Italia e Libia hanno vissuto, negli anni, periodi burrascosi, come è noto a tutti, ma non si sono mai interrotti, neanche negli anni caratterizzati da episodi di terrorismo internazionale e dalle sanzioni contro il Paese nordafricano con un embargo durato dal 1992 al 2004, toccando il punto più basso quando la Libia, dopo il bombardamento Usa di Tripoli e Bengasi del 1986, lanciò un missile che cadde nelle acque prospicienti Lampedusa;
la normalizzazione dei rapporti italo-libici è stata preceduta, prima della conclusione del trattato di Bengasi, da numerosi accordi bilaterali, anche se alcune questioni rimanevano ancora irrisolte: le pretese libiche relative ai danni del colonialismo, i crediti delle imprese italiane per opere mai pagate, il delicato capitolo del contrasto all'immigrazione clandestina, disciplinato da due protocolli del 29 dicembre 2007, rimasti fino ad allora inattuati;
con il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista» firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, entrato in vigore il 19 febbraio 2009 a seguito della legge di ratifica e esecuzione del 6 febbraio 2009, n. 7, non solo si è inteso porre fine alla disputa risalente all'epoca coloniale ma si è voluto anche rafforzare, tra le altre, la collaborazione tra i due Paesi nella lotta all'immigrazione clandestina per via marittima, dando attuazione ai Protocolli su menzionati;
il trattato ha soprattutto segnato la conclusione di un lungo processo negoziale che era stato iniziato dai precedenti Governi, accelerato poi dall'attuale con l'intento di imprimere una salto di qualità alle relazione dei due Paesi, istituendo un vero e proprio partenariato e non solo un semplice trattato di amicizia e navigazione, visto che la Libia è nei fatti sempre più importante per l'Italia a causa degli ingenti investimenti economici in quel Paese ma anche per le forniture di petrolio, gas e per il controllo dei flussi migratori dall'Africa;
in ragione anche di questi interessi, l'Italia si è impegnata, con questo Accordo, a realizzare progetti infrastrutturali di base nei limiti di una spesa di 5 miliardi di dollari per un importo annuale di 250 milioni di dollari in 20 anni e la Libia si è impegnata ad abrogare tutti i provvedimenti e le norme che impongono vincoli o limiti alle imprese italiane operanti nel Paese;
relativamente al contrasto all'immigrazione clandestina, uno degli obiettivi previsti dai citati accordi, va sottolineato che nell'attuazione di una politica di respingimento indiscriminato, non controllando lo stato dei centri di detenzione libici, si corre il serio rischio di far venir meno la tutela dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo, come si è avuto modo di constatare tragicamente nell'ultimo anno;
ad oggi, questo accordo, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, ha lasciato palesare che, invece di tutelare e difendere i diritti di chi si trova nelle acque mediterranee, per sfuggire da situazioni

pericolose o nell'esercizio del proprio lavoro, esso dia in effetti il via libera a comportamenti e atti, da parte della Libia nella fattispecie, che contrastano con il diritto internazionale, come è accaduto molto recentemente quando una motovedetta libica (parte della flotta di navi italiane regalate a Tripoli per il controllo dell'immigrazione), con a bordo anche alcuni finanzieri italiani, ha sparato sul motopeschereccio Ariete, un fatto grave, troppo presto rubricato come incidente da diversi Ministri;
va ricordato, peraltro, che l'Italia è parte integrante, a differenza della Libia, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati di Ginevra del 1951, come del resto di tutti gli organismi internazionali di tutela dei diritti umani, e l'adesione alla Carta delle Nazioni Unite e alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dovrebbe consentirle di chiederne sempre il rispetto;
nel Trattato, purtroppo, restano ancora zone d'ombra, margini interpretativi fin troppo ampi e, di conseguenza, occorrerebbe approfondire i contorni di questo accordo, proprio perché contiene maglie molto larghe che consentono il ripetersi di episodi come quello citato,

impegna il Governo:

ad assumere le necessarie iniziative sul piano politico-diplomatico per una profonda revisione del «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista», che preveda l'introduzione di procedure più stringenti di controllo affinché tutte le azioni che riguardano le operazioni di contrasto alla immigrazione clandestina in mare aperto avvengano nel pieno rispetto del diritto internazionale e comunitario e a tutela dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo.
(1-00440)
«Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
la libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21 della Costituzione italiana) è la «pietra angolare dell'ordine democratico» (Corte costituzionale sentenza n. 84 del 1969) e il principio del pluralismo informativo, nella sua duplice accezione di pluralismo interno e di pluralismo esterno costituisce principio fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, come ha ripetutamente affermato la Corte costituzionale, traendo da questa premessa l'esistenza di un diritto costituzionale all'informazione (sentenze numeri 105 del 1972, 94 del 1977, 112 del 1993, 826 del 1988, 420 del 1994, 155 del 2002);
l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (CEDU) tutela la libertà d'espressione, secondo i contenuti espressi nel testo e nell'interpretazione data dalla Corte europea; la Corte costituzionale ha affermato che, sulla base del richiamo dell'articolo 117 della Costituzione agli obblighi internazionali, le norme della Convenzione sono un parametro interposto di costituzionalità delle normative nazionali (sentenza n. 384 del 2007); tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione;
l'articolo 11, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce espressamente il rispetto del pluralismo e la libertà dei media, nonché la libertà di espressione che include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera;
la direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva 2007/65/CE) ribadisce

che la diversità culturale e la libertà di espressione e il pluralismo dei mezzi di comunicazione sono elementi importanti del settore audiovisivo europeo e rappresentano quindi condizioni indispensabili per la democrazia e il pluralismo; la stessa direttiva dà una nuova definizione di servizio di media audiovisivo;
sia le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione, sia le direttive sulle comunicazioni elettroniche del 2002, come recentemente modificate, tutelano la concorrenza nel settore, impedendo che un soggetto possa avere un significativo potere su un mercato rilevante nel settore delle comunicazioni elettroniche e richiedono agli Stati membri di utilizzare criteri trasparenti, obiettivi e non discriminatori per l'attribuzione dei titoli abilitativi agli operatori di comunicazione elettronica; le stesse direttive richiamano gli obblighi di tutti gli stati ad avere autorità amministrative rigorosamente indipendenti;
il Protocollo sui sistemi di servizio pubblico radiotelevisivo riconosce il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo in Europa come direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione;
le direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, avendo come principio ispiratore quello della concorrenza, escludono la legittimità di concentrazioni oligopolistiche nel mercato della radiodiffusione;
la risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa n. 1387 del 2004, Monopolisation of the electronic media and possible abuse of power in Italy, richiedendo alla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto di dare una valutazione sulla congruità della normativa italiana sul pluralismo e sul conflitto di interessi, ha espresso preoccupazione per la situazione italiana e sollecitato interventi legislativi;
il parere della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, nota come Commissione di Venezia, sulla compatibilità delle leggi italiane 3 maggio 2004, n. 112 (cosiddetta legge Gasparri) e 20 luglio 2004, n. 215 (cosiddetta legge Frattini) con gli standard del Consiglio d'Europa in materia di libertà d'espressione e pluralismo dei media (giugno 2005) ha indicato una lista di incongruità delle due leggi con i parametri del Consiglio d'Europa sulla libertà di espressione e il pluralismo nei media, nonché sulla disciplina del conflitto di interessi; questi rilievi sono teoricamente idonei ad influire come parametri di riferimento per le valutazioni giurisprudenziali interpretative dell'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
la raccomandazione n. 1641 del 2004, adottata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 27 gennaio 2004, affermando che l'indipendenza è requisito indispensabile e missione del servizio pubblico radiotelevisivo, indica, fra i vari stati a rischio, l'Italia;
vanno altresì ricordate le raccomandazioni del rapporto OSCE «Visit to Italy: The Gasparri Law» del 7 giugno 2005, che ha sottolineato le anomalie costituzionali dell'Italia in riferimento alla concentrazione mediatica e politica. Tale rapporto è stato richiamato di recente dal rapporto OSCE/ODIHR sulle elezioni del 2008 in quanto la condizione anomala dell'Italia nel settore radiotelevisivo è stata ancora una volta stigmatizzata: anche il rapporto del 2008 esorta le autorità italiane a dare seguito alle raccomandazioni del rappresentante OSCE per la libertà nei media del rapporto OSCE del 2005;
le leggi sulla disciplina del sistema radiotelevisivo richiamano ripetutamente i principi in tema di pluralismo, indipendenza ed imparzialità dell'informazione con particolare riferimento al servizio pubblico radiotelevisivo;
il contratto di servizio stipulato tra la Rai e il Ministro dello sviluppo economico ribadisce questi principi in forma di obblighi specifici della concessionaria RAI;

è in corso la definizione dei contenuti del nuovo contratto di servizio tra RAI e Ministero dello sviluppo economico per il triennio 2010-2012 e la Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza dei servizi radio-televisivi il 9 giugno 2010 ha dato un parere sullo schema di contratto, in particolare relativamente alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione;
la legge 22 febbraio 2000, n. 28, sulla cosiddetta par condicio pone vincoli sul rispetto del pluralismo rafforzati durante le campagne elettorali, ma applicabili comunque all'attività radiotelevisiva in ogni altro periodo;
le stesse leggi hanno previsto poteri rigorosi di indirizzo, vigilanza e di sanzione in capo sia alla Commissione parlamentare, sia all'Autorità di garanzia per le comunicazioni; l'Autorità deve rendere facilmente fruibili e consultabili i risultati aggregati nel suo essenziale compito di monitoraggio scrupoloso, incisivo e tempestivo sul rispetto dei tempi e sulle modalità di presentazione delle notizie soprattutto politiche,

impegna il Governo:

a dare seguito effettivo alle indicazioni provenienti dalle organizzazioni internazionali in tema di pluralismo, concentrazioni e conflitto di interessi;
ad allineare più scrupolosamente la normativa nazionale ai principi delle direttive di settore ed in particolare a quella del 2007 in particolare a promuovere la modifica delle disposizioni del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici nella parte in cui, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo in violazione della direttiva 2007/65/CE, esclude le trasmissioni in pay per view dalla nozione di programma audiovisivo, in tal modo consentendo che le stesse non vengano prese in considerazione nel calcolo dei «tetti» a tutela del pluralismo;
a garantire l'indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e ad astenersi da ogni interferenza con l'indipendenza editoriale e l'autonomia istituzionale delle emittenti pubbliche, secondo le indicazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa;
ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine di rimuovere l'incompatibilità, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo clamorosa, in cui versa il Presidente del Consiglio per effetto dell'interim del Ministero dello sviluppo economico;
a recepire nello schema di contratto di servizio tra Ministero dello sviluppo economico e Rai per il triennio 2010-2012, le indicazioni contenute nel parere della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 9 giugno 2010 - in particolare per quanto attiene alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione;
a rendere effettive le condizioni affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni possa svolgere con maggiore efficacia ed indipendenza la verifica dell'adempimento dei compiti del servizio pubblico radiotelevisivo, ex articolo 48 del decreto legislativo 177 del 2005.
(1-00441)
«Giulietti, Zaccaria, Tabacci, Evangelisti, Nicco, Soro, Beltrandi, Gentiloni Silveri, Meta, Bressa, Peluffo, Rosato, Garofani, Rao».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21 della Costituzione italiana) è la «pietra angolare dell'ordine democratico» (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969) e il principio del pluralismo informativo, nella sua duplice accezione di pluralismo interno o di pluralismo esterno, costituisce principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale, come ha ripetutamente affermato la Corte costituzionale, traendo da questa premessa l'esistenza di un diritto costituzionale all'informazione (sentenze n. 105 del 1972, n. 94 del 1977, n. 112 del 1993, n. 826 del 1988, n. 420 del 1994, n. 155 del 2002);
l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (CEDU) tutela la libertà d'espressione, secondo i contenuti espressi nel testo e nell'interpretazione data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo; la Corte costituzionale ha affermato che, sulla base del richiamo dell'articolo 117 della Costituzione agli obblighi internazionali, le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sono un parametro interposto di costituzionalità delle normative nazionali (sentenza n. 384 del 2007); tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione;
l'articolo 11, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce espressamente il rispetto del pluralismo e la libertà dei media, nonché la libertà di espressione che include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera;
la direttiva sui servizi di media audiovisivi (direttiva 2007/65/CE) ribadisce che la diversità culturale e la libertà di espressione e il pluralismo dei mezzi di comunicazione sono elementi importanti del settore audiovisivo europeo e rappresentano, quindi, condizioni indispensabili per la democrazia e il pluralismo; la stessa direttiva dà una nuova definizione di servizio di media audiovisivo;
sia le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, sia le direttive sulle comunicazioni elettroniche del 2002, come recentemente modificate, tutelano la concorrenza nel settore, impedendo che un soggetto possa avere un significativo potere su un mercato rilevante nel settore delle comunicazioni elettroniche e richiedono agli Stati membri di utilizzare criteri trasparenti, obiettivi e non discriminatori per l'attribuzione dei titoli abilitativi agli operatori di comunicazione elettronica; le stesse direttive richiamano gli obblighi di tutti gli Stati ad avere autorità amministrative rigorosamente indipendenti;
il Protocollo sui sistemi di servizio pubblico radiotelevisivo riconosce il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo in Europa come direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione;
le direttive comunitarie sulle comunicazioni elettroniche, avendo come principio ispiratore quello della concorrenza, escludono la legittimità di concentrazioni oligopolistiche nel mercato della radiodiffusione;
la risoluzione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa n. 1387 del 2004, Monopolisation of the electronic media and possible abuse of power in Italy, richiedendo alla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto di dare una valutazione sulla congruità della normativa italiana sul pluralismo e sul conflitto di interessi, ha espresso preoccupazione per la situazione italiana e sollecitato interventi legislativi;
il parere della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, nota come Commissione di Venezia, sulla compatibitità delle leggi italiane del 3 maggio 2004, n. 112 (cosiddetta legge Gasparri) e del 20 luglio 2004, n. 215 (cosiddetta legge Frattini) con gli standard del Consiglio d'Europa in materia di libertà d'espressione e pluralismo dei media (giugno 2005), ha indicato una lista di incongruità delle due leggi con i parametri del Consiglio d'Europa sulla libertà di espressione e il pluralismo nei media, nonché sulla disciplina del conflitto di interessi; questi rilievi sono teoricamente idonei ad influire come parametri di riferimento per le valutazioni giurisprudenziali interpretative dell'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
la raccomandazione n. 1641 del 2004, adottata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 27 gennaio 2004, affermando che l'indipendenza è requisito indispensabile e missione del servizio pubblico radiotelevisivo, indica, fra i vari stati a rischio, l'Italia;
vanno, altresì, ricordate lo raccomandazioni del rapporto Osce «Visit to italy: The Gasparri Law» del 7 giugno 2005, che ha sottolineato le anomalie costituzionali dell'Italia in riferimento alla concentrazione mediatica e politica. Tale rapporto è stato richiamato di recente dal rapporto Osce/Odihr sulle elezioni del 2008, in quanto la condizione anomala dell'Italia nel settore radiotelevisivo è stata ancora una volta stigmatizzata: anche il rapporto del 2008 esorta le autorità italiane a dare seguito alle raccomandazioni dei rappresentante Osce per la libertà nei media nel rapporto Osce del 2005;
le leggi sulla disciplina del sistema radiotelevisivo richiamano ripetutamente i principi in tema di pluralismo, indipendenza ed imparzialità dell'informazione con particolare riferimento al servizio pubblico radiotelevisivo; il contratto di servizio stipulato tra la Rai e il Ministro dello sviluppo economico ribadisce questi principi in forma di obblighi specifici della concessionaria Rai;
è in corso la definizione dei contenuti del nuovo contratto di servizio tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico per il triennio 2010-2012, e la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il 9 giugno 2010 ha dato un parere sullo schema di contratto, in particolare relativamente alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione;
la legge 22 febbraio 2000, n. 28, sulla cosiddetta par condicio, pone vincoli sul rispetto del pluralismo rafforzati durante le campagne elettorali, ma applicabili comunque all'attività radiotelevisiva in ogni altro periodo;
le stesse leggi hanno previsto poteri rigorosi di indirizzo, di vigilanza e di sanzione in capo sia alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, sia all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; l'Autorità deve rendere facilmente fruibili e consultabili i risultati aggregati nel suo essenziale compito di monitoraggio scrupoloso, incisivo e tempestivo sul rispetto dei tempi e sulle modalità di presentazione dello notizie soprattutto politiche,

impegna il Governo:

a dare seguito effettivo alle indicazioni provenienti dalle organizzazioni internazionali in tema di pluralismo, concentrazioni e conflitto di interessi;
ad allineare più scrupolosamente la normativa nazionale ai principi delle direttive di settore, in particolare a quella del 2007, e a promuovere la modifica delle disposizioni del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici nella parte in cui, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto di indirizzo in violazione della direttiva 2007/65/CE, esclude le trasmissioni in pay per view dalla nozione di programma audiovisivo, in tal modo consentendo che le stesse non vengano prese in considerazione nei calcolo dei «tetti» a tutela del pluralismo;
a garantire l'indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e ad astenersi da ogni interferenza con l'indipendenza editoriale e l'autonomia istituzionale delle emittenti pubbliche, secondo le indicazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa;
a recepire nello schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai per il triennio 2010-2012, le indicazioni contenute nel parere della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 9 giugno 2010, in particolare per quanto attiene alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione;
a rendere effettive le condizioni affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni possa svolgere con maggiore efficacia ed indipendenza la verifica dell'adempimento dei compiti del servizio pubblico radiotelevisivo, ex articolo 48 del decreto legislativo n. 177 del 2005.
(1-00441)
(Nuova formulazione) «Giulietti, Zaccaria, Tabacci, Evangelisti, Nicco, Soro, Beltrandi, Gentiloni Silveri, Meta, Bressa, Peluffo, Rosato, Garofani, Rao».

Risoluzioni in Commissione:

La Commissione III,
premesso che:
stando ai dati in possesso della direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri, i nostri connazionali attualmente rinchiusi in prigioni straniere ammontano a circa 2.820 unità;
la condizione di detenzione per molti connazionali risulta essere particolarmente

gravosa in talune realtà nazionali dove il rispetto delle prerogative del cittadino detenuto e la salvaguardia dei diritti inderogabili della persona risultano essere particolarmente scavalcati e schiacciati;
non si intende entrare nel merito delle condanne né dell'opportunità o meno di ricorrere a pene detentive nei confronti del singolo accusato, aspetti che meriterebbero una trattazione ad hoc, sussistendo la consapevolezza che laddove esista danno o colpa è auspicabile una misura sanzionatoria, che rientri inderogabilmente nei parametri di liceità e di garanzia previsti ampiamente dalle convenzioni internazionali in materia di tutela dei diritti umani;
in particolare, nella Repubblica dominicana, le condizioni di detenzione in cui versano i detenuti nelle carceri, siano essi cittadini dominicani o stranieri, appaiono crudeli e disumane in aperto contrasto con quanto sancito dalle Convenzioni internazionali;
stando a quanto dichiarato nei rapporti di Amnesty International e dalla denuncia di Secondo Protocollo, associazione vicina ai detenuti italiani nel mondo, molti prigionieri nelle carceri dominicane sono sottoposti a un trattamento brutale durante la detenzione, vessati da condizioni igieniche allarmanti e da malattie, costretti a comprare acqua e viveri per poter sopravvivere;
di contro, dinanzi a questa aperta e chiara violazione dei diritti umani da parte delle autorità giudiziarie dominicane, non vi sarebbe stata alcuna forma di intervento né di monitoraggio da parte delle autorità italiane in loco che sembrano - almeno a quanto risulta al firmatario del presente atto - completamente disinteressate alle sorti dei detenuti connazionali;
al momento, nelle carceri domenicane sono detenuti tre italiani, che versano in condizioni psichiche e fisiche molto gravi nel pieno silenzio delle autorità italiane sul territorio;
stando alle informazioni date da Secondo Protocollo, uno dei nostri connazionali da alcune settimane sta portando avanti uno sciopero della fame, al fine di portare all'attenzione del nostro Paese la drammatica situazione dei connazionali detenuti, una scelta dolorosa tale da spingere il direttore della struttura carceraria a richiamare l'attenzione dell'ambasciata italiana al fine di sollecitare un adeguato intervento del consolato italiano in loco per fornire assistenza al detenuto;
oltre al suddetto caso, è importante ricordare che per quanto riguarda gli altri due connazionali detenuti, uno è stato colpito da tre infarti in pochi mesi, l'altro è rinchiuso - stando alle indiscrezioni - per un'accusa falsa, probabilmente vittima di un tentativo di estorsione da parte della polizia locale che, a quanto pare, sarebbe solita concedersi tale prassi operativa;
stando ai citati rapporti di associazioni operanti nel settore, i detenuti stranieri rappresentano una insostituibile fonte di guadagno per le stesse guardie carcerarie, oltre che per i detenuti locali, poiché in queste terribili strutture, quel che resta dei servizi, qualche pasto immangiabile e la stessa acqua, senza contare il quadrato di pavimento su cui dormire sono a pagamento. Una pratica tanto assurda quanto diffusa che riduce il detenuto alla condizione di vegetale, senza alcuna possibilità né di redenzione né di ascolto da parte delle autorità giudiziarie del posto e nella completa assenza di referenti italiani;
le strutture consolari degli altri Paesi nella Repubblica dominicana offrono assistenza e sostegno economico ai loro detenuti, ben consapevoli delle criticità a cui questi vanno incontro fin dal momento della carcerazione,

impegna il Governo:

a predisporre eventuali iniziative coinvolgenti la struttura estera del Ministero degli

affari esteri, al fine di fornire adeguate ed opportune forme di sostegno, psicologico, umano, legale e monetario ai connazionali detenuti nei territori esteri, al fine di garantire loro la sopravvivenza, ottemperando allo stesso tempo alle disposizioni previste dalle Convenzioni internazionali in materia di tutela del diritto del detenuto.
(7-00390)«Di Biagio».

La X Commissione,
premesso che:
la crisi economica internazionale ha colpito anche l'industria cantieristica mondiale, un settore che negli anni dal 2003 al 2007 è stato caratterizzato da un ciclo molto favorevole e da una ondata di ordinativi e che già nella prima metà del 2008 ha risentito del rallentamento della domanda, per poi trasformarsi dal mese di ottobre in una caduta libera tanto prolungata da esaurire i carichi di lavoro delle imprese di costruzione mercantile;
gli effetti della crisi sono evidenti in tutto il mondo, tanto che si sono moltiplicati gli interventi d'urgenza da parte dei Governi e le richieste in sede di Unione europea per l'avvio di selettive misure di supporto a una industria tecnologicamente molto avanzata sia nel settore mercantile, che in quello militare e le cui potenzialità, fin dagli anni novanta, si sono adeguate ai fabbisogni quantitativi e qualitativi dei segmenti di mercato prescelti, nel quadro della strategia comunitaria;
a livello mondiale, il boom di domanda degli anni passati, sostenuto da un clima finanziario molto favorevole, ha alimentato un portafoglio ordini che a fine 2008 era di oltre 9.700 navi per 190 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata, a fronte di una capacità produttiva della cantieristica salita a circa 50 milioni di tonnellate/anno a seguito dei massicci investimenti effettuati nell'estremo oriente;
nel 2008, la domanda di costruzioni (43,7 milioni di tonnellate) si è dimezzata rispetto ai picco dei 2007, normalizzandosi in ragione d'anno ma con la particolarità di concentrarsi nei primi 8 mesi; i pochi ordinativi del 2009, pari a tutto settembre a 7,9 milioni di tonnellate, sono il riflesso essenzialmente della domanda interna di Giappone e Cina;
il fenomeno ha colpito pesantemente sia il trasporto standard che quello high tech, così come tutte le tradizionali grandi aree costruttrici, la crisi ha investito la cantieristica navale per un insieme di fattori riconducibili alla stretta creditizia, alla caduta del valore delle navi poste a garanzia dei finanziamenti e al crollo dei noli, seguito al brusco rallentamento del commercio internazionale;
cresce rapidamente il numero delle navi in disarmo, ivi incluse alcune di quelle appena ritirate dal costruttore, nel solo comparto delle portacontainer le unità inattive sono più di 500 ed a peggiorare le condizioni del mercato, anche nel rapporto tra armatore e cantiere, c'è il fenomeno della cancellazione degli ordini: oltre la metà del portafoglio di fine 2008, stimato in 540 miliardi di dollari, non era ancora finanziato, tanto che più aleatori si sono fatti i contratti per navi con consegna dal 2010;
il 2008 è stato un anno di difficoltà anche per il settore crocieristico, il più dinamico dell'industria turistica con una crescita media annua di oltre il 7 per cento dal 1990, dimostrando che nessun comparto è al riparo dalla crisi, la riduzione della capacità di spesa di larghi strati della popolazione USA, massima consumatrice di crociere, ha arrestato la crescita del mercato statunitense, compensata tuttavia dal consistente incremento di quello europeo;
la crisi si può sintetizzare efficacemente con due dati, nel 2008 sono state ordinate in tutto il mondo solo 3 navi da crociera superiori alle 10.000 contro le 16 del 2007 e le 13 del 2006, mentre fino al mese di novembre 2009 non è stato ancora perfezionato alcun ordine;

nel settore crocieristico i segnali relativi ad un possibile esaurirsi della crisi sono più incoraggianti, ma in uno scenario di grave difficoltà che coinvolge il settore delle navi da trasporto, mentre i cantieri coreani sono alla disperata ricerca di nuovi sbocchi, si temono nuovi tentativi di entrata nel settore delle navi passeggeri, motivi di preoccupazione desta pertanto l'eventualità di una prolungata stasi negli ordinativi, considerato che soltanto in Europa al settore cruise è riconducibile un valore di 14,2 miliardi di euro in spese dirette ed un'occupazione di 150.000 addetti, tutti europei;
anche nel comparto traghetti sono stati effettuati nel 2008 pochissimi ordini, solo 9 per unità sopra i 150 metri contro i 16 del 2007, preoccupante risulta il rarefarsi delle trattative, all'interno della flotta mondiale, quella dei ferry è l'unica caratterizzata da un'età media elevata (oltre 25 anni), in Europa, 140 unità (il 22 per cento) dei traghetti che operano nel Mare del Nord, Baltico e Mediterraneo ha superato i 30 anni, e gran parte di essi è concentrata proprio nel Mediterraneo;
la difficoltà di accesso al finanziamento appare il principale ostacolo all'avvio di programmi d'investimento nel comparto dei traghetti, per il quale si può sperare soltanto sulle necessità di svecchiamento e potenziamento della flotta ferry europea che rientra ormai nella politica comunitaria del trasporto, la quale persegue tra l'altro il miglioramento delle prestazioni in fatto di sicurezza e protezione dell'ambiente;
secondo un documento sulle nuove strategie dell'Unione in questo settore, il futuro sarà l'integrazione delle autostrade del mare con i corridoi terrestri, e già sono previsti i primi investimenti in infrastrutture, si tratta di una nuova strategia basata su innovazione tecnologica, tutela ambientale e connessione che necessita di una maggiore attenzione da parte del Governo italiano;
è necessario un maggiore impegno per dare vita a misure di stimolo della domanda, finalizzate all'eliminazione dalle acque europee del naviglio obsoleto con bandiera comunitaria, prevalentemente ferries e Ro-Ro, ed alla sua sostituzione supportata da incentivi nella forma di «eco bonus», con unità avanzate sotto il profilo ambientale e della sicurezza;
per quanto riguarda l'Italia gli straordinari livelli toccati nel 2007 dai principali indici di attività della costruzione mercantile nazionale hanno registrato nel 2008 e nei primi nove mesi del 2009 notevoli contrazioni; se resta significativo il tonnellaggio complessivo delle navi consegnate nel 2008, pari a 684,000 tonnellate e circa 2,4 miliardi di euro, è senza precedenti la caduta dei nuovi ordini, pressoché azzeratisi in questi ultimi 18 mesi, con la conseguente riduzione del 30 per cento del «portafoglio», sceso lo scorso settembre a 1,47 milioni di tonnellate;
le navi da crociera, costruite in pochi grandi cantieri, e i traghetti continuano a qualificare la nostra industria, incidendo sul tonnellaggio per circa l'86 per cento, qualificante è anche la presenza nel settore delle unità di supporto all'offshore, mentre ormai marginale è la produzione di product/chemical tankers; carenza di nuove commesse e alcune cancellazioni di ordini hanno dunque assottigliato i carichi di lavoro al punto da far emergere crescenti periodi di inattività che rischiano di rendere inevitabile un diffuso ricorso alla cassa integrazione;
la spinta all'internazionalizzazione della nostra industria ha trovato ulteriore conferma in quest'ultimo biennio con l'accesso al mercato USA, Fincantieri ha acquisito la società Manitowoc Marine Group, operazione a cui partecipa la statunitense Lockheed Martin Corporation, impegnata nel programma littoral combat ship (LCS) relativo alla costruzione di 55 navi per la marina statunitense;
le prospettive della cantieristica navale italiana sono legate anche alla seconda tranche (4 unità) del programma italo-francese FREMM e alla seconda coppia

di sommergibili tipo U212A nell'ambito del programma di cooperazione con il German submarin consortium e alle significative affermazioni conseguite sul mercato estero ove si segnalano i contratti con l'India per la costruzione di una nave rifornitrice di squadra cui è seguito l'esercizio dell'opzione per un secondo mezzo nel 2009, il refitting di due unità veloci lanciamissili per il Kenya ed infine, il perfezionamento di un contratto per una corvetta per la marina degli Emirati Arabi Uniti;
nel campo della riparazione e trasformazione navale in questi ultimi anni il mercato si è caratterizzato per livelli di domanda soddisfacenti in tutti i comparti, grazie in primo luogo al crescere delle flotte e al relativo fabbisogno di manutenzione, in particolare nel segmento delle navi di grandi dimensioni; significativi sono stati anche gli interventi di manutenzione straordinaria e di refitting di navi passeggeri, attività che dovrebbe essere alimentata nei prossimi anni dalle numerose navi che hanno ormai raggiunto la «mezza vita»;
anche in relazione a tali opportunità, in Italia, il gruppo Fincantieri ha riattivato il polo di riparazioni di Trieste in linea con l'indirizzo volto ad offrire un servizio globale ai suoi clienti durante il lifecycle delle loro navi, di contro, si teme l'impatto sul mercato della minore propensione alla spesa in manutenzione da parte dell'armamento, stante lo stato di crisi del settore;
anche le industrie della difesa non sono rimaste immuni dagli effetti della crisi mondiale, sul mercato della cantieristica militare a livello mondiale, a fronte di un volume di ordini nel 2008 per complessivi 12 miliardi di euro, già in calo di oltre il 25 per cento in termini di valore rispetto al 2007, nei primi sette mesi del 2009 si sono registrate commesse per 4,3 miliardi;
particolarmente colpita risulta la cantieristica europea, stante la sua strutturale esigenza di compensare i contenuti fabbisogni nazionali con l'export, peraltro caratterizzato da una crescente domanda di trasferimenti tecnologici e dalla richiesta di realizzare le unità presso il committente, in tale contesto risulta molto positivo il fatto che nel 2008 la marina militare italiana abbia assegnato importanti ordinativi alla cantieristica nazionale la quale, a sua volta, è stata in grado di acquisire significative commesse all'export;
quanto ai nuovi ordini la drastica riduzione del carico di lavoro e la richiesta di numerosi armatori di posticipare le consegne stanno portando alla mancata saturazione della capacità produttiva; ne escono comunque compromessi i risultati economici delle commesse, quando anche non vengano rimessi in discussione i prezzi contrattuali;
in questa situazione di ridotta redditività e perdurante incertezza nelle previsioni, i grandi operatori del settore hanno optato per una politica attendista quanto ai futuri programmi di investimento in nuove unità di navi da crociera, si aggiunga la crescente debolezza del dollaro, tanto che nel 2008 sono state ordinate al mondo solo 3 navi da crociera superiori alle 10.000 tonnellate contro le 16 del 2007 e le 13 del 2006; e in questi mesi del 2009 non è stato perfezionato alcun ordine;
quanto ai nuovi ordini relativi ai traghetti preoccupa il rarefarsi delle trattative, non solo perché non si concretizzano ordini, ma anche per le conseguenze che ciò comporta sul piano ambientale e della sicurezza dei mezzi, considerando che, all'interno della flotta mondiale, quella dei ferry è l'unica caratterizzata da un'età media elevata (oltre 25 anni);
con l'aggravarsi della crisi, peraltro, risulta oggi di prioritaria importanza, per quanto tocca il sistema cantieri/fornitori, la messa in atto di interventi straordinari che servano ad evitare la scomparsa, o l'ulteriore pesante riduzione, di una buona

parte dell'attuale capacità produttiva comunitaria e nazionale;
fino ad oggi il Governo ha sostenuto con scarsi esiti solo il settore dell'automobile, lasciando al loro destino gli altri settori in difficoltà; la cantieristica è anch'essa un'espressione di elevata tecnologia nel settore manifatturiero con un'alta intensità di manodopera e le sue potenzialità, alle quali concorre in misura determinante un intorno di centinaia di qualificate aziende fornitrici, andrebbero quindi salvaguardate, peraltro con un esborso per lo Stato relativamente modesto, specie se comparato al costo, economico oltre che sociale, di una eventuale inazione;
la crisi che sta colpendo il settore navalmeccanico, con molti cantieri scarichi di lavoro e i lavoratori in cassa integrazione, richiede una risposta immediata e concreta, è necessario dare priorità assoluta a un pacchetto straordinario di commesse pubbliche per dare lavoro ai cantieri in difficoltà, prevedendo provvedimenti di politica industriale (investimenti, ricerca, misure antidumping) finalizzate a un rafforzamento strutturale della cantieristica navale italiana;
in tale contesto, nei giorni scorsi, la stampa ha dato notizia del piano di ristrutturazione 2010-2014 in discussione tra Fincantieri e Fintecna, che si fonderebbe su tagli produttivi e occupazionali di portata eccezionale, verrebbero integralmente chiusi i cantieri di Castellammare di Stabia e di Riva Trigoso; verrebbero drasticamente ridimensionati il cantiere di Sestri Ponente e di Palermo, la previsione è di una perdita di 2.450 posti di lavoro che salirebbero a 7.500 con i dipendenti delle imprese dell'indotto;
a conferma delle intenzioni di Fincantieri sono stati annunciati la cassa integrazione per 470 operai su un organico di circa 500 persone e il trasferimento il prossimo 10 ottobre all'estero della piattaforma Scarabeo 8 della Saipem, in lavorazione nella fabbrica palermitana, dove rimarrebbero soltanto le attività di riparazioni e trasformazioni; per ciò che attiene il sito di Palermo i sindacati hanno chiesto a Fincantieri di fornire un programma dettagliato dei carichi di lavoro acquisiti o in fase di acquisizione, oltre alla garanzia che l'azienda manterrà i tre segmenti in maniera esclusiva, vale a dire costruzione, riparazione e trasformazione;
Fincantieri ha sostenuto la necessità di dare seguito al protocollo firmato di recente con la regione siciliana, il comune di Palermo e l'autorità portuale, che prevede una serie di investimenti nelle infrastrutture dell'area cantieristica, in particolare la ristrutturazione dei bacini da 19 mila e da 52 mila tonnellate, per i quali il governo regionale ha stanziato 44 milioni di euro;
la prevista chiusura del cantiere di Castellammare che sarebbe riconvertito in marina nautica, porterebbe occupazione per 800 addetti, ma la chiusura del sito campano aggiungerebbe un nuovo dramma in un'area colpita da una disoccupazione diffusa, che già oggi conta tra i tremila e i quattromila lavoratori in CIG e mobilità, e il rischio è di un'ulteriore diffusione dell'illegalità che caratterizza la struttura sociale dell'area;
per i siti liguri secondo le notizie di stampa sarebbe prevista la chiusura e la messa all'asta del cantiere militare di Riva Trigoso, la riduzione del cantiere di Sestri Ponente alle sole produzioni meccaniche, trasferite da Riva Trigoso, rimarrebbe solo il cantiere del Muggiano concentrato sul militare e sui megayacht;
a Monfalcone i lavoratori hanno deciso un'ora di sciopero alla fine di ogni turno contro l'ipotesi di ridimensionamento dell'azienda, anche se i cantieri di Monfalcone non sarebbero al momento toccati dal piano di ristrutturazione;
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna comunicazione da Fincantieri, ma in conseguenza delle notizie allarmanti diffuse dalla stampa i lavoratori

si sono mobilitati in tutto il gruppo, tanto che per il 1o ottobre i sindacati hanno dichiarato lo sciopero di tutta la cantieristica navale con manifestazione a Roma per difendere il patrimonio industriale della cantieristica navale e l'occupazione nel settore;
il portafoglio ordini attuale di Fincantieri è positivo solo per quanto riguarda i megayacht (2), per le navi da crociera si registra una caduta degli ordini, 10 contro le 32 costruite fra il 2002 e il 2010; le navi militari passano da 21 a 11, 2 soli mezzi off-shore, nessun traghetto ro-Pax contro i precedenti 17, nessun ordine sui traghetti ro-ro, sulle navi specializzate nel trasporto di gas liquido e sulle tankers;
dal momento che la domanda di nuove costruzioni è prevista ancora a livelli bassissimi per tutto il 2010 e verosimilmente per il 2011, l'apertura di un tavolo permanente per il settore della cantieristica navale, è indifferibile per individuare misure urgenti di intervento, finalizzate ad azioni per l'emergenza e al rafforzamento strutturale della cantieristica navale italiana a partire da misure di stimolo della domanda, per non perdere qualità industriale bisogna investire negli impianti e sulla professionalità dei lavoratori, come altri Paesi hanno fatto,

impegna il Governo:

ad avviare un piano di commesse pubbliche per far fronte ai periodi di caduta produttiva nei cantieri, sulla scorta di quanto già da tempo avviato soprattutto in Germania e in Francia, che comprenda anche nuove infrastrutture per la cantieristica nazionale e l'impegno di risorse per soddisfare la necessità della Marina Militare di almeno 10 nuove fregate militari dallo stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso;
a garantire nel settore navalmeccanico il pieno rispetto dell'intesa del 16 luglio 2009 che prevedeva la garanzia di tutti i siti Fincantieri e della loro dimensione occupazionale, puntando su investimenti e qualità del lavoro, essenziali per garantire la qualità del prodotto, e mantenere e rafforzare tutte le capacità professionali esistenti nell'azienda;
ad aderire concretamente alla proposta di un intervento straordinario, coordinato dall'Unione europea, per il rinnovo della flotta di traghetti;
ad adottare iniziative per ripristinare contributi pubblici per armatori e cantieri mobilitando risorse in grado di dare sollievo economico/finanziario alle aziende interessate;
a sostenere gli investimenti volti a migliorare la produttività dei cantieri anche fornendo aiuti sistematici alla ricerca e all'innovazione, con particolare riguardo al rifinanziamento della legge 27 dicembre 2006, n. 296, relativa ai contributi all'innovazione industriale, attuando di concerto con le regioni, le azioni connesse con il Programma industria 2015, per rafforzare i distretti tecnologici dedicati all'attività marittima, in particolare in Friuli Venezia-Giulia, in Liguria, in Sicilia e in Campania quali punti di riferimento per gli operatori del settore, in particolare per le piccole e medie imprese;
ad assumere iniziative per allineare gli strumenti finanziari e assicurativi a quelli vigenti in altri Paesi dell'Unione, per evitare il danno di aziende competitive che non sono sostenute, a livello di sistema Paese, nei mercati di esportazione, considerando che il settore esporta più del 50 per cento del prodotto.
(7-00391)
«Vico, Lulli, Rosato, Tullo, Mazzarella, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino».

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
in data 4 maggio 2010 il Ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, in seguito alla vicenda che lo ha coinvolto nell'ambito dell'acquisto di abitazioni con presunti fondi neri, è stato costretto a dimettersi dall'incarico;
in data 5 maggio 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha assunto ad interim l'incarico di Ministro dello sviluppo economico nell'attesa di individuare e proporre un nuovo Ministro;
dopo più di quattro mesi ancora il Ministero risulta carente del suo esponente maggiore, con ciò creando palesi difficoltà decisionali, operative, organizzative all'intero personale del dicastero;
la mancanza del Ministro non evidenzia difficoltà esclusivamente nell'ambito ministeriale, ma in modo più accentuato produce effetti problematici sulla politica industriale del Paese e dunque sulle aziende italiane, viste le peculiari e fondamentali funzioni di indirizzo strategico dello sviluppo economico;
a testimonianza di quanto siano palpabili disordine e confusione all'interno del dicastero, sarebbe stata conclusa tra il direttore generale dello sviluppo economico, Gianluca Maria Esposito, e il Ministro per il turismo, Michela Brambilla, un'intesa per destinare al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo circa 800 milioni di euro inizialmente destinati alle regioni (secondo le indiscrezioni degli organi di stampa) nell'ambito di un piano straordinario per il turismo;
tale accordo ha causato diverse polemiche in sede parlamentare, a causa della anomala interferenza ministeriale in una materia, come il turismo, la cui competenza è appannaggio delle regioni;
anche sul tema degli incentivi alle imprese, l'evidente stallo, percepito dal mondo imprenditoriale, sta causando enormi intoppi ai fini della realizzazione degli investimenti agevolati: il 24 giugno 2010, infatti, circa 150 imprenditori vincitori delle agevolazioni previste dal piano «Industria 2015» hanno espresso il loro malcontento nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri perché, dopo oltre 15 mesi, non hanno ricevuto le risorse economiche dovute e necessarie al corretto completamento dei piani d'investimento intrapresi;
dalle precedenti considerazioni si comprende come oggi la politica industriale del nostro Paese sia completamente ferma, soprattutto con riferimento alle mancate scelte in tema di liberalizzazioni e concorrenza, oltre all'energia, vista l'importante svolta a cui l'Italia è chiamata a far fronte nel settore; la volontà del Governo Berlusconi di puntare, ad esempio, sul ritorno dell'energia nucleare, dopo aver correttamente posto le basi con la legge sviluppo del 2009, adesso sembra aver subito un inspiegabile arresto, in seguito alla assenza della figura maggiormente di spicco dedita alla fase attuativa dei piani già previsti;
a parere degli interpellanti particolarmente evidente è una sorta di «spezzatino» che gli altri dicasteri stanno attuando a discapito del Ministero dello sviluppo economico, sia in termini di sottrazione di risorse che in termini di sottrazione di competenze;
a testimonianza di quanto suddetto, la manovra economica di recente approvazione nelle aule parlamentari, ha ridotto di circa 900 milioni di euro l'ammontare di risorse economiche a disposizione dell'ex Ministero dell'industria;

alcune funzioni di primaria importanza sono state assegnate ad altri dicasteri: la gestione dei fondi FAS e dei Fondi dell'Unione europea è stata delegata dal Ministro ad interim Berlusconi al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale Fitto, divenuto responsabile del dipartimento per le politiche dello sviluppo (Dps); sempre il Ministro Fitto dovrà varare il Piano per il Sud che inizialmente rientrava tra le competenze del Ministro Scajola;
anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta occupando uno spazio tradizionalmente affidato al Ministro dello sviluppo economico, come nelle vertenze Fiat-Pomigliano, Glaxo e Telecom;
il potere di nomina relativo alla Sogin ed alla Sace, in origine nelle competenze dello sviluppo economico, oggi è stato assegnato al Ministero dell'economia e delle finanze, come evidente è la volontà del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di assumere maggiori poteri nella nomina dei componenti dell'Agenzia di sicurezza sul nucleare -:
quali siano le reali intenzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, per quanto di competenza, in merito alla nomina del nuovo Ministro dello sviluppo economico;
quali elementi intenda fornire in merito alle vicende che hanno visto ridestinare risorse e competenze, fino a due mesi fa assegnate al Ministero dello sviluppo economico, ad altri dicasteri;
quali siano le reali intenzioni del Governo in tema di politiche industriali e di sviluppo per il Paese, con riferimento in particolar modo alle strategie in tema di energia, liberalizzazioni, politiche per il Mezzogiorno, incentivi alle imprese e destinazione dei fondi FAS.
(2-00834)
«Libè, Casini, Galletti, Rao, Occhiuto, Compagnon, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Tassone, Ciccanti, Naro».

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con l'ordinanza n. 3898 firmata venerdì 17 settembre dal Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi è stato nominato un nuovo vicecommissario per la ricostruzione nella persona del dottor Antonio Cicchetti;
da più parti è stata evidenziata la necessità di una governance della ricostruzione in grado di fuoriuscire dalla logica emergenziale, tanto che diverse istituzioni locali, l'assemblea cittadina dell'Aquila, i comitati di terremotati, anche attraverso manifestazioni pubbliche cui hanno aderito migliaia di cittadini residenti nel cratere, centri studi di prestigio come l'Istituto nazionale di urbanistica, hanno chiesto una legge organica, sul modello di quanto accaduto nei precedenti terremoti del Friuli, dell'Umbria e delle Marche, superando la logica delle ordinanze di Protezione civile, adatta alla gestione dell'emergenza immediatamente successiva al sisma ma non a un processo complesso e di lunga durata come la ricostruzione e il rientro nella normalità post-terremoto;
il vicecommissario alla ricostruzione nonché sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, dopo diversi ammonimenti pubblici, è arrivato a rimettere il suo mandato di vicecommissario a seguito dell'ordinanza oggetto di questa interrogazione, motivando le sue dimissioni con la valutazione che la nomina di un ulteriore vicecommissario contribuisce al «preoccupante accentuarsi dello stato di confusione, peraltro ripetutamente da me segnalato, e difficoltà nella governance di gestione dell'emergenza e del processo di ricostruzione»;
oltre alla questione di metodo relativa alla governance della ricostruzione, la nomina del nuovo Vicecommissario pone

un problema di merito, dovuta al profilo del dottor Antonio Cicchetti, dato che:
a) la Corte dei Conti con sentenza n.77 del 2008 ha condannato il dottor Cicchetti per «culpa in vigilando» in qualità di Presidente della Perdonanza Celestiniana tra il 2002 e il 2004, gestione che si concluse con l'arresto del direttore artistico Gentile e con un patteggiamento per lo stesso Cicchetti. La sua gestione della Perdonanza - che prevedeva anche premi in denaro, di cui in realtà è stato corrisposto solo quello al Papa Giovanni Paolo II - ha provocato un indebitamento per il Comune dell'Aquila di due milioni di euro. Nella sentenza della Corte dei Conti si parla tra l'altro di «una dimensione davvero inusuale di violazione di norme cogenti e principi ineludibili» e un'«impressionante elenco di inescusabili, e non smentite mancanze», aggiungendo, rispetto alle responsabilità di Cicchetti, che «È infatti del tutto ragionevole ritenere che una media attenzione allo svolgimento del proprio incarico avrebbe dovuto determinare dubbi e stimoli all'approfondimento degli aspetti più problematici della gestione... È così impossibile ammettere che per anni parte dei verbali e delle delibere del Consiglio rimanesse priva della firma del Presidente senza che questi nelle numerose riunioni che si sono succedute ne abbia avuto contezza. Anche con riguardo ai meri adempimenti formali un minimo di diligenza avrebbe reso possibile (...) il minimo di controllo necessario ad ostacolare molte delle irregolarità gestorie»;
b) risulta avere interessi legati allo sfruttamento del territorio poco compatibili con la necessaria imparzialità di un'istituzione come quella del Commissario straordinario per la ricostruzione. Il dottor Antonio Cicchetti, infatti, ha costruito a Santi di Preturo - grazie a un accordo di programma con comune, provincia, regione e Arcidiocesi, realizzato tra il 2003 e il 2007 e che gli ha consentito di ottenere una variante al piano regolatore generale - un complesso turistico di gran lusso, con campo da golf e beauty farm, per l'accesso al quale ha di recente inaugurato una variante stradale, finanziata con denaro pubblico;
c) risulta essere collegato a una rete di interessi di varia natura, anche questi poco compatibili con un profilo di indipendenza e imparzialità. Come scrive il Corriere della Sera in un articolo pubblica sull'edizione nazionale del 13 settembre 2010 «la fitta rete di relazioni, società, clientele attribuita a Cicchetti è semplicemente impressionante. Nel libro soci della Rio Forcella spa, che si occupa di campi da golf in Abruzzo, compaiono personaggi, per lo più amici e parenti, che formano un sistema a grappolo con interessi, tra l'altro, nelle forniture sanitarie, nelle costruzioni, nelle attrezzature informatiche. Un clan familistico, che vede impegnati la moglie Maria Adelaide Venti, i figli Paolo e Americo Cicchetti, il nipote Mauro Cuomo (nominato tra l'altro dallo stesso Antonio Cicchetti direttore amministrativo di cinque strutture collegate all'Agostino Gemelli), il cognato Antonio Cuomo (padre di Mauro e titolare dell'agenzia di viaggio Triremis, fornitore della facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università cattolica, sede di Roma). Famiglia, dunque, ma anche vecchie e nuove amicizie. A cominciare dal rapporto consolidato con l'architetto Giuseppe Manara, socio di Rio Forcella, ma soprattutto riferimento costante dei principali lavori di ampliamento del Gemelli a Roma, a quello con Antonio Angelucci (anche lui nato in provincia dell'Aquila), fondatore del gruppo di cliniche private Tosinvest» -:
per quali motivi si sia deciso di nominare un nuovo Vicecommissario per la ricostruzione;
in base a quali competenze e titoli di merito sia stato scelto il dottor Antonio Cicchetti;
per quali motivi si continui a gestire la fase della ricostruzione post-terremoto in Abruzzo secondo una governance verticistica che esclude completamente dai processi decisionali la cittadinanza e le istituzioni locali;

se e con quale figura si intenda sostituire il vicecommissario dimissionario Massimo Cialente;
se e quale risposta sia stata data alle critiche mosse da Massimo Cialente sulla confusione del sistema di governance della ricostruzione.
(3-01248)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VELO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Servizio civile nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001, n. 64, dal 10 gennaio 2005, si rivolge ai giovani, a ragazzi e ragazze, si svolge su base esclusivamente volontaria, ed è finalizzato a concorrere, in alternativa alla leva obbligatoria, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari, a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà civile, a promuovere la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale, nonché a partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale forestale, agricolo, storico e artistico;
tutti cittadini italiani, muniti di idoneità fisica, che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e non superato il ventottesimo, possono presentare domanda per partecipare alle selezioni di volontari da impiegare in progetti di servizio civile: partecipare ai servizio civile nazionale può rappresentare un'esperienza fondamentale dal punto di vista della conoscenza, educazione e formazione ai valori della solidarietà, della non violenza, dell'integrazione sociale e della cultura del lavoro;
la situazione in cui versa il Servizio civile nazionale, ad avviso dell'interrogante, è allo stato decisamente seria: la diminuzione dei finanziamenti e le difficoltà causate dai nuovi meccanismi che sovrintendono al suo funzionamento hanno fatto diminuire i volontari in modo costante;
tutte le associazioni che fanno parte della Conferenza nazionale degli enti del servizio civile hanno denunciato i pesanti tagli subiti;
l'attuale Governo ha tagliato le risorse destinate al servizio civile, mettendone a serio rischio l'operatività, basta analizzare i dati degli ultimi quattro anni: si è passati dai 52.000 giovani del 2007 impiegati nel servizio civile ai 19.627 giovani richiesti con il bando relativo al 2010 -:
se non ritenga di adottare ulteriori iniziative volte a ripristinare uno stanziamento adeguato per il finanziamento del Servizio civile nazionale, al fine di non privare il Paese, i giovani e le comunità locali di una tale ricchezza di risorse ed opportunità.
(5-03471)

RAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha stabilito una significativa riduzione delle misure di sostegno previste dalla legge n. 448 del 1998 destinate alle emittenti locali, adottando, ad avviso dell'interrogante, una politica di tagli lineari, che colpiscono indiscriminatamente tutti i destinatari, invece che di tagli mirati, rivolti solamente a chi non merita i contributi pubblici;
i tagli mirati avrebbero consentito, al contempo, di risparmiare risorse pubbliche e di non penalizzare aziende televisive locali che garantiscono occupazione e realizzano prodotti di qualità legati al territorio;
la riduzione delle misure di sostegno è arrivata in un momento di grande difficoltà per le televisioni locali, che per il passaggio al digitale terrestre sono costrette, nonostante la crisi economica che ha inciso pesantemente sugli introiti pubblicitari, a fare importanti investimenti tecnologici;
il passaggio al digitale terrestre, poi, in molti casi ha inciso negativamente sull'audience

delle televisioni locali, aggravando la situazione economica di molte di esse;
le emittenti locali sono già state messe in crisi dalla totale abolizione delle provvidenze all'editoria;
in Italia le emittenti locali hanno raggiunto uno sviluppo molto maggiore che altrove e per il nostro Paese costituiscono una vera e propria risorsa, garantendo il pluralismo dell'informazione sul territorio, la possibilità per le piccole e medie imprese di promuovere le proprie attività e lo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
recentemente sono stati stipulati due contratti di lavoro con altrettante associazioni di categoria (Aeranti Corallo e Frt), per la valorizzazione sia delle professionalità tecniche che di quelle giornalistiche, che in questi anni di grave crisi hanno trovato proprio nell'emittenza locale l'occasione di formarsi e lavorare -:
a quanto ammonti con esattezza la riduzione delle misure di sostegno per le emittenti locali per gli anni 2010, 2011 e 2012 e se non sarebbe stato possibile operare tagli di minore entità;
se sia stata valutata l'opportunità di intervenire con tagli mirati attraverso le seguenti modifiche al regolamento di distribuzione: innalzamento del limite minimo per partecipare al bando a 10 unità di dipendenti a tempo indeterminato e pieno con un minimo di tre giornalisti; valutazione, come parametro per la distribuzione, del numero di ore di informazione autoprodotte strettamente legate al territorio, con un chiaro limite al conteggio delle repliche; previsione di una decurtazione progressiva a seconda del numero di ore di messa in onda di televendite o trasmissioni con maghi, affabulatori o promotori di numeri erotici;
se non sia opportuno prevedere appositi meccanismi di valutazione della qualità delle emittenti locali, magari affidando nuovi poteri ai Co.re.com.;
quanti siano i posti di lavoro messi a rischio dal taglio delle misure di sostegno e quali saranno i costi sociali di questa contrazione dell'occupazione nel settore;
se sia in regola l'erogazione dei contributi relativi agli anni precedenti.
(5-03476)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il terremoto di magnitudo 4.4 avvenuto il 17 settembre 2010 è stato localizzato dalla Rete sismica nazionale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) nel distretto sismico Tavoliere delle Puglie, un'area da considerarsi a pericolosità sismica elevata secondo Franco Ortolani, ordinario di geologia e direttore del dipartimento di pianificazione e scienza del territorio presso l'università Federico II di Napoli;
in un articolo pubblicato dal quotidiano Terra il 21 settembre 2010 si legge invece che è invece ricompresa nella zona 2 della classificazione sismica del territorio nazionale (vale a dire a pericolosità sismica media);
si tratterebbe di una classificazione inadeguata anche rispetto ad altre aree di cui si segnalano almeno 3 altri «macro casi» in Puglia, Calabria e Sicilia;
nel sito dell'Ingv si legge: «l'area colpita dal terremoto è da considerare a pericolosità sismica elevata e le località interessate sono tutte comprese nella zona 2 (a pericolosità sismica media) della classificazione sismica del territorio nazionale». Nell'affermazione si riscontra una contraddizione in quanto un'area a pericolosità

sismica elevata già devastata da terremoti nel passato dovrebbe essere classificata nella zona sismica 1, vale a dire a pericolosità sismica alta;
un'errata classificazione comporta che edifici vengono realizzati secondo norme per reggere ad una sismicità inferiore (media sismicità) a quella cui possono essere sottoposti (relativa alla elevata sismicità);
anche L'Aquila, pur essendo stata devastata da sismi in passato - ad esempio, nel 1703 ci furono oltre 6000 vittime - quando avvenne il sisma del 6 aprile 2009 era classificata a media pericolosità sismica, proprio come Foggia dove peraltro si ha un patrimonio edilizio in gran parte costruito prima dell'introduzione della legge antisismica e, in parte, realizzato in base alla pericolosità sismica media -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo;
quali iniziative si intendano adottare per risolvere la contraddizione nella classificazione dell'Ingv rilevata in premessa e per classificare correttamente l'intero territorio nazionale;
quali iniziative si intendano adottare per promuovere la messa in sicurezza degli edifici costruiti in aree classificate a sismicità media mentre sono a sismicità alta.
(4-08739)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal quotidiano Il Fatto del 22 settembre 2010 emerge che l'Associazione italiana nucleare (Ain) ha pubblicato in una nota ufficiale una stima che contesta uno studio americano secondo il quale l'energia fotovoltaica sarebbe ora competitiva con quella nucleare ed indica il costo dell'energia nucleare prodotta dalle nuove centrali tra i 10 e i 15 centesimi di dollaro al chilowattora. In euro, fa tra gli 8 e i 12 centesimi, vale a dire più del prezzo al quale l'energia è venduta nella Borsa elettrica italiana, che nel corso del 2010 è stato inferiore ai 7 centesimi;
si tratta di una cifra che dimostra la non economicità del nucleare, a differenza di quanto sostiene il Governo, come fonte di elettricità rispetto ai costi di altre fonti tradizionali;
interpellata dal Fatto Quotidiano, l'Ain non ha voluto fornire dettagli sulla stima, affermando che è tratta da «fonti industriali, riservate»;
anche una ricerca di 300 pagine recentemente commissionata allo studio Ambrosetti («Il nucleare per l'economia l'ambiente e lo sviluppo») e pubblicizzata con grande enfasi indica nella sola forchetta bassa un costo di 6 centesimi al chilowattora;
l'Associazione nucleare ha provveduto rapidamente a togliere dal sito la nota i cui dati facevano riflettere sull'economicità del nucleare;
«Quelli pubblicati sono tutti range di prezzo», ha spiegato un portavoce dell'Enel le cui parole si possono leggere nel sopra citato articolo, «basati su ragionamenti che hanno un orizzonte temporale dai 10 ai 60 anni» -:
se il Governo sia in possesso della nota pubblicata dall'Ain e poi tolta dal sito o ne conosca comunque il contenuto;
sulla base di quali elementi il Governo considera più conveniente l'elettricità prodotta da nucleare.
(4-08740)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il sito «YouTube» contiene alcuni filmati riportanti le attività di formazione rivolta a volontari in servizio civile presso l'ente Expoitaly, ed in particolare la «giornata

conclusiva di formazione» svoltasi il 20 marzo 2009 e la «giornata di formazione» svoltasi il 16 aprile 2010;
da tali filmati risulta evidente come tali attività di formazione si siano svolte in aule che contenevano parecchie decine di giovani volontari in servizio civile;
le linee guida sulla formazione dei volontari emesse dall'ufficio nazionale per il servizio civile stabiliscono che la formazione generale dei volontari debba essere effettuata per classi composte al massimo da 25 volontari in servizio civile -:
quali iniziative si intendano assumere nei confronti dell'ente Expoitaly per quello che appare agli interroganti un palese mancato rispetto della normativa regolante il servizio civile volontario.
(4-08746)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella «relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)», al paragrafo 1.2.7, si afferma che le spese sostenute per la «comunicazione istituzionale» sono state pari nel 2009 ad euro 341.665, mentre nel 2008 hanno comportato spese per euro 618.665. Dal «documento relativo alla programmazione finanziaria per l'anno 2010» dell'ufficio nazionale per il servizio civile, di seguito UNSC, per tale voce si preventiva una spesa per l'anno in corso pari ad euro 400.000 mentre nel «documento relativo alla programmazione finanziaria per l'anno 2008» di UNSC si ricava che tale voce aveva comportato spese nel 2007 per euro 1.000.000;
sempre nel «documento relativo alla programmazione finanziaria» di UNSC relativo agli anni 2007, 2008 e 2009 si può leggere che le spese per la voce «convegni istituzionali e manifestazioni di carattere culturale e istituzionale» è passata dai 350.000 euro del 2007, ai 245.516 euro del 2008, per giungere nel 2009 a euro 76.158, mentre per il 2010 si prevedono spese su tale voce pari ad euro 120.000;
è quindi evidente che le spese di UNSC relative alla comunicazione dal 2007 ad oggi sono diminuite di oltre il 60 per cento;
nell'organigramma di UNSC è prevista l'esistenza del «servizio comunicazione», che opera alle dirette dipendenze del direttore generale e «cura: le relazioni con il pubblico, fornendo agli utenti tutte le informazioni sul servizio civile, anche attraverso il call-center ed in collaborazione con le sedi regionali; l'ideazione, il coordinamento e l'attività redazionale del sito web; a progettazione e l'organizzazione delle campagne informative annuali, in collaborazione con il Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri e con i competenti uffici delle amministrazioni interessate; la promozione e l'organizzazione di convegni ed altri eventi pubblici aventi ad oggetto il servizio civile, nonché la diffusione del logo ed il suo utilizzo da parte di enti e organizzazioni coinvolte e la sua applicazione negli oggetti, prodotti ed eventi dell'Ufficio nazionale medesimo; la diffusione all'interno dell'Ufficio nazionale delle notizie ed informazioni sul servizio civile, nonché la definizione e la gestione del sistema di comunicazione interna in termini di contenuti, metodi e strumenti»;
da un'analisi condotta dagli interroganti sugli elenchi telefonici interni di UNSC risulta che a tale servizio nel marzo 2007 erano assegnati 7 tra funzionari, consulenti e dirigenti. Nel febbraio 2008 il personale del servizio aumenta a 9, per arrivare a ben 10 addetti nell'aprile 2010;
esiste quindi, ad avviso degli interroganti, una palese contraddizione tra andamento storico delle risorse destinate alla comunicazione e addetti al servizio. È infatti evidente che la diminuzione delle risorse comporta una riduzione delle attività realizzabili, da cui dovrebbe conseguire

una riduzione del personale addetto, che invece incomprensibilmente aumenta -:
quali iniziative intenda assumere per una riduzione del personale dell'ufficio nazionale per il servizio civile addetto al «servizio comunicazione», al fine di adeguarlo alle reali capacità di spesa ed investimento.
(4-08747)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella «relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)», a pagina 243, compare la tabella n. 80 recante «Volontari avviati e abbandoni (rinunce ed interruzioni) del servizio civile dell'anno 2009 per regioni e aree geografiche»;
da tale tabella si ricava il numero di rinunce ed abbandoni del progetto di servizio civile dei giovani idonei e selezionati, senza tuttavia specificare se gli stessi sono da riferirsi ad enti iscritti all'albo nazionale ovvero agli albi delle regioni e delle province autonome;
tale mancanza di dettaglio non permette di comprendere se le rinunce e gli abbandoni siano da essere riferite non solamente all'area geografica, ma anche al radicamento territoriale degli enti ed all'efficacia dei loro sistemi di selezione -:
quali sia il numero di rinunce ed abbandoni, relativamente all'anno 2009, suddiviso sia per regioni e province autonome, sia, per ogni regione o provincia autonoma, per sedi di servizio relativi ad enti iscritti agli albi regionali ed ad enti iscritti all'albo nazionale.
(4-08748)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)», a pagina 243, compare la tabella n. 80 recante «Volontari avviati e abbandoni (rinunce ed interruzioni) del servizio civile dell'anno 2009 per regioni e aree geografiche»;
da tale tabella si ricava il numero di rinunce ed abbandoni del progetto di servizio civile dei giovani idonei e selezionati nell'annualità 2009, senza tuttavia specificare quanti di essi siano riferibili ai volontari accompagnatori di grandi invalidi e ciechi civili;
a tal proposito si rammenta che nella medesima relazione al Parlamento, a pagina 245, si sostiene che nell'anno 2009 sono stati avviati al servizio 1476 volontari, come accompagnatori di grandi invalidi e ciechi civili, relativamente al bando straordinario del 2008 -:
il numero di rinunce ed abbandoni, per all'anno 2009, suddiviso per regioni e province autonome, di volontari avviati al servizio civile in qualità di accompagnatori di grandi invalidi e ciechi civili.
(4-08749)

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interrogazione n. 4-02785, presentata dall'onorevole Paolo Grimoldi, si afferma che nel 2008, «al Nord è stata coperto il 74,80 per cento dei posti messi a bando, al Sud è stato coperto il 96 per cento dei posti ed al Centro l'83,95 per cento»;
tali informazioni sono state fornite al fine di giustificare la diversa allocazione territoriale del servizio civile nelle varie macro aree regionali, affermando che tale risorsa è opportuno posizionarla lì dove viene richiesta e dove viene effettivamente utilizzata, indipendentemente dai risultati;
nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)», nel paragrafo 3.3, recante «I volontari in

servizio civile», si ricava (tabella 57) che la percentuale di copertura dei posti è stata nel 2009, a livello dell'intero territorio della Repubblica, pari al 93,77 per cento;
non compare tuttavia alcuna percentuale di copertura relativa ai territori delle varie macro regioni;
nella medesima relazione, a pagina 197, si afferma che nel Sud, sempre nell'anno 2009, è stato assegnato il 54,15 per cento del totale dei volontari, con un incremento del 4,95 per cento rispetto al 2008 -:
quali siano, nell'anno 2009, le percentuali di copertura dei posti di servizio civile nel nord, nel centro e nel sud;
se da tali percentuali emerga una maggiore copertura dei posti nelle aree geografiche più sofferenti dell'anno precedente;
se, conseguentemente, per l'anno 2010, si siano messi in opera adeguati provvedimenti al fine di riallocare le risorse verso le regioni del Nord della Repubblica.
(4-08750)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'atto di sindacato ispettivo 4-05821, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, afferma che l'ufficio nazionale per il servizio civile, di seguito UNSC, al fine di individuare nuove modalità di pagamento dei volontari in servizio civile «ha svolto un'indagine di mercato, cui ha partecipato anche Poste Italiane SpA, a seguito della quale la soluzione presentata dalla Banca Nazionale del Lavoro, consistente nel prodotto "Conto BNL Revolution under 27" è risultata essere la più vantaggiosa, sia per l'amministrazione che per i volontari, e pertanto si è proceduto alla stipula di una convenzione con il suddetto Istituto bancario»;
ciononostante, nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)» nella parte «premessa», si afferma a pagina 17 che «è stata sottoscritta una convenzione con la Banca Nazionale del Lavoro, aggiudicataria di un appalto, per l'accredito delle spettanze ai volontari»;
appare quindi evidente che sulla questione sono state date al Parlamento due informazioni contraddittorie sui rapporti tra BNL ed UNSC per ciò che riguarda le modalità di pagamento delle spettanze ai volontari;
nel caso in cui corrisponda al vero l'informazione sullo svolgimento di una «indagine di mercato», è evidente, secondo gli interroganti, come la scelta operata da UNSC, e la successiva convenzione stipulata con BNL, abbia posto tale istituto bancario in una posizione privilegiata, rispetto agli altri istituti bancari nazionali, per ciò che riguarda l'apertura di decine di migliaia di conti correnti bancari intestati a giovani, ovverosia un target particolarmente interessante per ogni banca -:
quale delle due informazioni date al Parlamento sia veritiera, e per quale ragione ne sia stata fornita una non corrispondente alla realtà;
nel caso in cui l'informazione veritiera consista nel regolare svolgimento di una gara d'appalto, dove lo stesso sia stato reso noto al pubblico, e quali istituti bancari vi abbiano partecipato;
quali siano il numero e la denominazione degli istituti bancari a cui UNSC si è rivolto per lo svolgimento della «indagine di mercato» sopra menzionata;
quali siano il numero di protocollo e le date di invio delle richieste di informazioni fatte da UNSC in tal senso;
quali siano gli istituti bancari che hanno risposto alle richieste di UNSC e quali siano stati i prodotti offerti, con relativo numero di protocollo e data di ricevimento delle risposte;

quali siano stati i «criteri di valutazione» dettagliati sulla base dei quali UNSC ha effettuato la scelta tra i vari prodotti offerti;
se sia stata redatta da UNSC una «griglia di valutazione» dei vari prodotti offerti in proposito dagli istituti bancari e da quali elementi essa sia composta;
quali siano i risultati dettagliati di tale valutazione svolta da UNSC per ogni prodotto offerto da ogni istituto bancario contattato;
quale sia la composizione della commissione di UNSC che ha proceduto alla valutazione dei prodotti offerti, ovverosia, in mancanza di tale commissione, il dirigente di UNSC che si è assunto la responsabilità della scelta del prodotto poi oggetto della convenzione tra UNSC e BNL Paribas.
(4-08751)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel periodico Notizie dalla Diaconia Valdese dell'agosto 2010, compare un articolo dal titolo «chierichetto? No, volontario del servizio civile» in cui si riportano alcune delle attività che dovranno essere svolte da volontari in servizio civile, impegnati in un progetto all'estero;
tali attività consisterebbero nello «aiuto ai sacrestani, nella chiesa di Santa Bernadette e nella Basilica di San Pio X, per la preparazione delle celebrazioni (messe, veglie, processioni, e altro) e alla sistemazione dei luoghi, dei paramenti e degli oggetti liturgici delle diverse cerimonie», nonché nell'«accoglienza dei pellegrini che vengono ad offrire i ceri per bruciarli: Dovranno guidarli e spiegare loro la simbologia della offerta dei ceri e il messaggio di Lourdes»;
sempre dal periodico sopra citato si evince che tali attività erano contenute in un progetto di servizio civile all'estero finanziato nell'anno 2009;
da alcune ricerche svolte dall'interrogante risulta che a Lourdes nel 2009 l'unico ente con progetti di servizio civile all'estero risulta essere l'ente UNITALSI, che è titolare di altro progetto per il bando di selezione volontari relativo all'anno 2010;
anche nel progetto per l'anno 2010 è contemplata l'attività alla sistemazione dei paramenti e degli oggetti liturgici. Ad essa si affiancano attività per lo meno singolari quali «la sorveglianza e trasporto bagagli» e «la preparazione degli ordini da spedire» pervenuti alla libreria del Santuario -:
se le attività sopra citate siano in linea con la normativa vigente in materia di servizio civile, che vieta espressamente la valutazione positiva di progetti che siano «autoreferenziali» (l'aiuto nella preparazione di celebrazioni religiose) o di attività che vadano ad esclusivo vantaggio dell'ente proponente (la spedizione di ordinativi di libri, a pagamento, da parte di una libreria);
per quali ragioni non si sia provveduto per lo meno a escludere le attività sopra indicate da quelle a carico dei volontari in servizio civile, al fine di salvaguardare non solo l'immagine del servizio civile, ma anche la sacralità di luoghi di pellegrinaggio quale appunto Lourdes.
(4-08763)

DI STANISLAO e BORGHESI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
è stata firmata il 22 dicembre 2009, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3833, che dispone ulteriori provvedimenti in favore della popolazione abruzzese colpita dal terremoto e definisce le procedure per il passaggio delle consegne tra il capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, e il presidente della regione Abruzzo, Gianni Chiodi;

l'ordinanza stabilisce che le funzioni di commissario delegato, affidate al capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso nelle ore successive al terremoto, vengano assunte dal 1o febbraio 2010 dal presidente della regione Giovanni Chiodi, nominato commissario delegato per la ricostruzione. Il Commissario delegato opera con i poteri e le deroghe previste dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri adottate per il superamento dell'emergenza;
Guido Bertolaso cessa dall'incarico di commissario delegato il 31 gennaio 2010. Entro il 28 febbraio 2010 ha il compito di fornire al nuovo commissario e al Ministero dell'economia e delle finanze lo stato degli interventi realizzati e in corso di realizzazione e la situazione contabile di tutte le entrate e le spese. Deve inoltre indicare l'elenco dei contratti in scadenza al 31 gennaio 2010 che devono essere rinnovati per assicurare assistenza alla popolazione;
il sindaco del comune dell'Aquila Massimo Cialente è nominato vicecommissario vicario del commissario delegato per la ricostruzione;
il 17 settembre 2010 viene firmata dal Presidente del Consiglio dei ministri una nuova ordinanza di protezione civile in favore del territorio abruzzese colpito dal terremoto del 6 aprile 2009 per un ulteriore nomina di un vicecommissario e di una task force interministeriale. Il vicecommissario in questione è Antonio Cicchetti;
in particolare, l'ordinanza ha come obiettivi principali quelli di incrementare la celerità e l'efficacia delle attività per il superamento dell'emergenza e di garantire la massima trasparenza e correttezza delle iniziative per la ricostruzione post-sisma;
la nomina di Antonio Cicchetti, condannato dalla sezione giurisdizionale abruzzese della Corte dei Conti per malagestione della Perdonanza Celestiniana, in cui ha rivestito il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione, ha scatenato polemiche da tutte le parti politiche e sociali;
la sentenza dei giudici nel definire il ruolo svolto dal Cicchetti in qualità di presidente del consiglio di amministrazione riporta le parole «inescusabile negligenza», «mancato svolgimento dei compiti di vigilanza». In capo ad Antonio Cicchetti viene ravvisata una responsabilità per «culpa in vigilando»;
i giudici descrivono «una dimensione davvero inusuale di violazione di norme cogenti e princìpi ineludibili» e un «impressionante elenco di inescusabili, e non smentite mancanze»; per quanto riguarda le conseguenze penali dello scandalo si ricorda che fu condannato Michele Gentile, ma secondo quanto scrivono i giudici «la memoria del Sindaco Tempesta ha evidenziato che la nomina di Gentile a Direttore dell'Istituzione è seguita da favorevole segnalazione di Antonio Cicchetti»;
il 21 settembre 2010 un folto gruppo di manifestanti, circa 150 persone, ha invaso il palazzo dell'Emiciclo a L'Aquila dove si stava svolgendo la seduta ordinaria del consiglio regionale, alla quale sarebbe seguita quella straordinaria sulla ricostruzione. I manifestanti hanno forzato il cancello d'ingresso e hanno occupato la sala consiliare interrompendo i lavori;
la protesta e le accuse dei cittadini sono scaturite dalla rabbia e dalla indignazione per il processo di ricostruzione bloccato e per la nomina di vicecommissario di Antonio Cicchetti;
il 22 settembre 2010 il primo cittadino dell'Aquila, Massimo Cialente, ha rassegnato le dimissioni da vicecommissario vicario alla ricostruzione, con delega all'assistenza alla popolazione. L'ha fatto attraverso una lettera inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e al commissario delegato alla ricostruzione, Gianni Chiodi, nella quale afferma che «La decisione, è dettata dal fatto che, in seguito alla nomina del nuovo vicecommissario Cicchetti,

vedo un preoccupante accentuarsi dello stato di confusione, da me segnalato ripetutamente, e difficoltà nella gestione dell'emergenza»;
quanto accaduto in seguito alla nomina del vicecommissario Antonio Cicchetti denota, secondo gli interroganti, una evidente mala gestione della ricostruzione post-sisma -:
se il Governo non ritenga di riconsiderare l'utilità della figura di un ulteriore vicecommissario e, nello specifico, di ritirare, in quanto politicamente ed eticamente inopportuna, la nomina di Antonio Cicchetti, condannato dalla sezione giurisdizionale abruzzese della Corte dei Conti così come evidenziato in premessa.
(4-08766)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le principali linee programmatiche delle politiche fiscali inserite nell'«Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2010-2012» sono imperniate sugli aiuti alle famiglie e alle piccole imprese per sostenere la ripresa dell'economia e rafforzare la lotta all'evasione fiscale con una particolare attenzione per i cittadini e le società italiane che hanno la residenza all'estero. Nel documento si evidenzia: la necessità di sostegno alle famiglie, per il mantenimento della capacità d'acquisto; la necessità di sostenere la produttività del lavoro e l'imprenditoria giovanile e femminile; la lotta all'evasione fiscale, con attenzione particolare nei confronti degli italiani residenti all'estero; l'attenzione alle frodi iva con metodologie di prevenzione e contrasto dei fenomeni fraudolenti in materia di iva nazionale e comunitaria; un «incremento dei controlli» con particolare riferimento ai grandi contribuenti e l'incremento degli accertamenti con determinazione sintetica del reddito; il cosiddetto «redditometro». Tuttavia, nonostante quanto già attuato dalla politica di Governo, l'Italia rimane all'ultimo posto fra i Paesi europei per quanto riguarda gli aiuti alle famiglie;
nella Unione europea a 15 l'Italia risulta, insieme con la Spagna e il Portogallo, fanalino di coda per la spesa in rapporto al prodotto interno lordo. Per la famiglia e la maternità l'Italia spende infatti solo l'1,2 per cento del prodotto interno lordo, quando in Europa si spende decisamente di più (2,1 per cento nella Unione europea a 15 e 2,0 per cento nella Unione europea a 27). A fotografare la situazione della spesa per la famiglia in Italia e negli altri Paesi europei è il ministero dell'economia e delle finanze nell'ultima «Relazione generale sulla situazione economica del Paese 2009». Il dato comparato tra i vari Paesi più aggiornato risale al 2007, anche se la relazione offre «un aggiornamento al 2009 dei soldi dati relativi all'Italia» dai quali emerge che lo scorso anno la spesa per la famiglia è salita all'1,4 per cento. Non disponendo dei dati comprati non si sa se con quello 0,2 per cento in più l'Italia ha scalato qualche posto della classifica, dalla posizione di coda, ma è evidente che questo risultato resta ancora lontano dal 3,7 per cento di spesa sul prodotto interno lordo registrato in Danimarca o dal 3 per cento rilevato in Svezia;
in ogni modo, pur escludendo i Paesi scandinavi che hanno una tradizione di welfare di un certo peso, l'1,2-1,4 per cento dell'Italia resta lontano anche dal 2,5 per cento della Francia, per fare un esempio, o del 2,8 per cento della Germania, dove in ogni caso si spende il doppio per la famiglia rispetto al nostro Paese. Per quanto riguarda invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese, infatti, la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7 per cento (in Polonia il 4,5 per cento). Mentre la media complessiva dei Paesi europei è dell'8 per cento. Se poi si guarda alle voci di bilancio dello Stato,

e in particolare a quelle delle prestazioni di protezione sociale, emerge che nel 2009 la spesa pubblica per assegni familiari è scesa a 6.390 miliardi di euro dai 6.675 del 2008 (-4,3 per cento). In calo anche la spesa per l'indennità di maternità, che è in un'unica voce di bilancio assieme all'indennità di malattia e per infortuni: la riduzione delle uscite è stata nel 2009 del 2,5 per cento rispetto al 2008;
nonostante la situazione nazionale, alcune regioni, come la Lombardia, una fra le più virtuose, hanno attuato e rinnovato anche per l'anno 2010 finanziamenti da destinare come fondo sostegno affitto (FSA), alle famiglie bisognose. Inizialmente verrà messa a disposizione dei cittadini una somma pari a 50 milioni di euro, tuttavia la giunta regionale ha annunciato di non escludere ulteriori aumenti del fondo complessivo, per venire incontro alle esigenze dei cittadini. Il fondo FSA è dedicato a tutti i nuclei familiari con particolari disagi economici che vivono in alloggi in affitto sul libero mercato. Requisiti necessari per prendere parte all'iniziativa sono: possedere residenza anagrafica e abitazione principale in Lombardia, essere titolari per l'anno 2010 di contratti di affitto validi e registrati oppure in regolare corso di registrazione, ad eccezione degli alloggi appartenenti al settore «lusso», possedere cittadinanza italiana o di altro Stato appartenente all"Unione europea; nel caso di cittadinanza extracomunitaria, la posizione del cittadino deve essere regolarizzata secondo la normativa nazionale vigente;
per quanto riguarda i finanziamenti FSA del 2010, possono effettuare la richiesta anche i cittadini lombardi che hanno già beneficiato della detrazione per il canone di locazione nella dichiarazione Irpef 2010, tuttavia l'importo della detrazione verrà sottratto al finanziamento FSA ottenuto nel caso di esito positivo dell'adesione. Sono esclusi, invece, dai contributi della regione tutti i nuclei familiari nei quali anche un solo componente possieda o detenga un altro diritto reale su un altro alloggio adeguato nel territorio della regione Lombardia. Allo stesso modo sono escluse le famiglie dove un componente abbia ottenuto l'assegnazione di alloggio realizzato con contributi pubblici o abbia usufruito di finanziamenti agevolati concessi in qualunque forma dallo Stato o da enti pubblici, o ancora abbia ottenuto l'assegnazione in godimento di alloggi da parte di cooperative edilizie a proprietà indivisa, a meno che non sussistano ulteriori requisiti specificati nel bando;
sono esclusi dall'erogazione anche i nuclei familiari che nell'anno 2010 abbiano abbandonato l'alloggio in affitto e abbiano trasferito la propria residenza al di fuori della Lombardia. Tutti i cittadini che rientrano nei requisiti specificati, possono presentare domanda dal 30 agosto al 20 ottobre 2010 presso il comune di residenza o presso qualsiasi centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) convenzionato con il comune stesso o con la regione Lombardia -:
quali misure il Governo intenda adottare, in aggiunta a quelle già attuate dalle singole regioni, al fine di sostenere maggiormente il bilancio delle famiglie italiane.
(4-08767)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'associazione di volontariato «Libera Civitas» risulta essere iscritta all'albo nazionale degli enti di servizio civile, con sedi in ben cinque regioni italiane, ovverosia Lazio, Calabria, Veneto, Lombardia e Piemonte;
tale associazione è titolare di un progetto di servizio civile, per 20 volontari, il cui finanziamento è stato notificato nel bando per la selezione di 10.810 volontari, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010. Il progetto in questione prevederebbe interventi a favore della popolazione anziana nell'area della Sabina, in provincia di Roma;

il sito internet dell'associazione evidenzia tuttavia alcuni fatti di per sé singolari. In primo luogo l'ente, dalle notizie dallo stesso fornite nel suo sito, pare operare su alcuni piccoli comuni della provincia di Roma, tanto è vero che non vi è il minimo accenno ad attività svolte nelle altre quattro regioni indicate nell'accreditamento di ente di servizio civile;
dal medesimo sito si ricava che l'ultimo «evento» realizzato dall'associazione risale al novembre 2007 e sarebbe consistito nella presentazione di una pellicola cinematografica;
ugualmente interessante la sezione «ambiente e territorio», dove si può dedicarci ai pericoli per l'ambiente laziale derivanti dal regalare tartarughe di origine nord americana ai nostri figlioli;
si trova invero traccia di una qualche forma di intervento a favore degli anziani, benché risalente agli anni 2007 e 2008. Trattasi di una «festa dei nonni», svoltasi nel centro urbano di Montorio Romano (popolazione 1900 abitanti circa) e consistente in tre concorsi (fotografico, grafico e letterario). L'iniziativa è stata realizzata grazie alla collaborazione della Polisportiva e della azienda faunistica Venatoria, ovviamente di Montorio Romano;
ciononostante, il progetto di servizio civile finanziato andrebbe ad insistere su nove comuni della Sabina, per una popolazione complessiva di circa 70.000 abitanti;
il fatto singolare è che gli obiettivi del progetto vengono indicati ad esempio con la seguente frase: «incrementare del 20 per cento il numero di interventi di accoglienza e informazione, attraverso lo sportello "informa anziani"», senza specificare quale sia il numero che avrà tale incremento, con ciò rendendo impossibile una valutazione di efficacia;
il progetto di servizio civile di cui è titolare l'associazione Libera Civitas comporterà per lo Stato un esborso complessivo di 116.000 euro, pari ad un costo annuo di 5800 euro per volontario in servizio -:
se non ritenga che da quanto descritto in premessa risulti evidente come l'Associazione di volontariato «Libera Civitas» abbia a malapena una capacità di intervento sub regionale, e che risulti quindi necessario e opportuno trasferirla dall'albo nazionale al più consono albo regionale di servizio civile del Lazio;
se non ritenga che, sulla base di quanto indicato in premessa, il progetto di servizio civile di cui è titolare l'Associazione Libera Civitas manchi di contenuti indispensabili non solo per un suo finanziamento, ma anche per la sua ammissione alla valutazione.
(4-08769)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'esondazione del Seveso ha fatto saltare i tombini, gonfiato la terra, provocato una frana, aperto una voragine; in viale Zara ha fatto esplodere un tubo dell'acquedotto che pompa 60 mila metri cubi al minuto e riversato un fiume d'acqua e fango nel cantiere della M5, all'altezza della fermata Istria; il tunnel della nuova metropolitana si è riempito completamente e canalizzato un torrente contro le porte blindate che dividono la futura linea 5 (la lilla) dalla linea gialla, alla fermata Zara; la pressione ha sfondato la barriera;
l'onda ha allagato completamente i binari e i mezzanini di Zara, Sondrio, fino a raggiungere la Centrale e a spingere sui pozzi della stazione Repubblica e del Passante;
la stima dei danni provocati dalla esondazione del Seveso, che esclude, ancora, i disagi subiti dai cittadini, ammonta, secondo un primo bilancio provvisorio del

23 settembre 2010, a 70 milioni di euro, di cui almeno 35 milioni di euro per la linea 3 e altrettanti per la M5;
è denaro necessario per potere, nell'emergenza, arginare la piena, prosciugare le gallerie, pagare navette e turni straordinari ai dipendenti Atm, spesare A2A e Amsa, coprire l'intervento di uomini e mezzi dei vigili del fuoco e accantonare i rimborsi per i «volontari» della Protezione civile;
si tratta del doppio della cifra che basterebbe a mettere in sicurezza il Seveso e a proteggere dalla piena il quartiere di Niguarda, cosa che richiede lo sblocco dei fondi dal Governo -:
di quali informazioni il Governo sia in possesso in merito a quanto accaduto ed in particolare all'eccessiva cementificazione ed impermeabilizzazione del suolo;
per quale motivo non si sia ancora proceduto a finanziare ed attuare i piani di messa in sicurezza su cui il Governo era impegnato anche con la mozione 1/00324.
(4-08771)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Il Manifesto di venerdì 24 settembre 2010, nella collina sopra La Spezia sarebbero stati abbandonati amianto, solventi delle industrie farmaceutiche, ceneri e scarti della Union Carbide Unisil Spa;
da La Spezia, verso Lerici, si dipana una piccola strada che si attorciglia su Pitelli nome che riporta alla storia delle navi a perdere e al traffico delle scorie tossiche e radioattive. Pitelli è forse la più grande discarica di scorie tossiche d'Europa. Dal 1997 è anche l'unico processo sui grandi traffici di rifiuti non archiviato. È stato il procuratore Luciano Tarditi ad interessarsi al traffico che dagli anni Settanta incombeva su Pitelli e sulla città di La Spezia. Le indagini partirono quando Tarditi indagò sul proprietario della discarica di Pitelli, Orazio Duvia, trovando la contabilità in nero che per decenni aveva alimentato la politica complice della città. Una rete di legami che partiva dal gruppo Duvia;
il peso di quella discarica incastonata nella collina di Pitelli risultò chiaro quando il Corpo forestale dello Stato e i periti entrarono nella zona dove funzionavano i bruciatori, tra i piazzali dove venivano accumulati i bidoni, in mezzo ai campi intrisi di sostanze pericolosissime. Tra il 1983 e il 1985 - si legge sull'ordinanza di rinvio a giudizio dei gestori della discarica - furono sversate «sostanze chimiche di laboratorio, provenienti dalla ditta Union Carbide Unisil Spa di Termoli». (Si tratta della stessa società che a Bophal, in India, uccise 2.259 persone, nel 1984). Inoltre, solventi organici delle industrie farmaceutiche, ceneri delle centrali Enel, amianto della Nuova Sacelit, fanghi di risulta, polveri di abbattimento dei fumi, ceneri pesanti degli inceneritori, fanghi organici e rifiuti speciali vari, pulper, toner esausti e - probabilmente - diossine arrivate da Seveso. Una lista infinita e parziale, perché ci sono aree dove nessuno riuscì a verificare quello che era stato sversato;
«Dobbiamo ricordarci che quella zona ha un alto valore strategico e militare», raccontò Tarditi durante un'audizione davanti a una delle tante commissioni parlamentari che hanno indagato sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e sul traffico di rifiuti. È il contesto di Pitelli, la sua posizione geografica, la fitta rete di tunnel e bunker di origine militare che la collegano con la Marina. «Fu segnalata - racconta Tarditi - la presenza di numerose gallerie. La fonte ci disse chiaro e tondo che si trattava di tunnel di collegamento fra le polveriere della Marina, risalenti al periodo bellico, che contenevano (...) in particolare nervini radianti»;

la vicinanza tra la gestione della discarica e la Marina militare ancora oggi pone non pochi interrogativi: «Nel libro paga di Orazio Duvia - spiegò il magistrato davanti alla Commissione parlamentare sui rifiuti - figuravano ufficiali ed esponenti della Marina e lo stesso Duvia gestiva lo sgombero degli Rsu dall'arsenale»;
tra le carta che passarono sulla scrivania della procura di Asti in un'altra inchiesta sul traffico di rifiuti verso la Somalia c'era, tra l'altro, un rapporto pesante, firmato da ufficiali della direzione investigativa antimafia di Genova, che coinvolgeva anche la città di La Spezia: «È chiaro il ruolo dei massoni spezzini quali mittenti di materiale bellico nell'area dei corno d'Africa-Somalia», scrivevano il 19 maggio del 1997 gli investigatori della direzione investigativa antimafia. Nel rapporto erano poi analizzate le informazioni confidenziali provenienti dalla Somalia, con i punti di interramento delle scorie nucleari, i dettagli dello scambio immondo tra aree destinate a contenere i rifiuti e le armi del nostro made in Italy. Traffici che ruotavano attorno a La Spezia, tra le fabbriche d'armi, i cantieri navali, i moli riservati e i veleni di Pitelli;
le decine di navi sparite, cariche di scorie, avrebbero qualche legame con la collina di Pitelli. Da La Spezia partì la Jolly Rosso della Compagnia Ignazio Messina, diretta a Beirut per recuperare i fusti tossici inviati in Libano dalla Jelly Wax, società protagonista dei viaggi dei veleni verso l'Africa e l'America Latina negli anni Ottanta, È sempre da La Spezia che la stessa nave, dopo aver cambiato nome in Rosso, ripartì dopo più di un anno, per poi spiaggiarsi vicino ad Amantea. Una nave che il Sismi teneva sotto costante controllo fin dal 1988 e, in seguito, finita nell'inchiesta del capitano De Grazia. Il caso della Rosso è stato archiviato nel maggio del 2009, come gran parte dei processi sulle navi e sulle rotte dei veleni;
le udienze di primo grado per Pitelli sono riprese ora davanti al tribunale di La Spezia. La sentenza dovrebbe arrivare entro la fine del 2010;
fonti confidenziali hanno raccontato di una vera e propria seconda Pitelli, nascosta nelle gallerie militari: «Qui si nascondono i peggiori veleni, come le armi chimiche dismesse» -:
di quali dati disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di accertare la presenza di sostanze pericolose nell'area descritta e fare luce sull'intera vicenda.
(4-08772)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente UNPLI, iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto approvato e finanziato, nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, ben 32 progetti che prevedono l'impiego di 774 volontari;
il testo dei suddetti progetti è consultabile sul sito dell'ente, così come previsto dalla normativa vigente;
sempre la normativa vigente, in particolare la circolare recante «prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale all'Italia e all'estero...» stabilisce che sono esclusi dalla valutazione di qualità quei «progetti palesemente simili in relazione alle voci 6, 7, 8 e 25 per i progetti in Italia»;
l'interrogante sul sito di UNPLI ha letto con attenzione i progetti, valutati positivamente e finanziati, denominati «la Sicilia centrale, terra dell'accoglienza», «La Sicilia orientale, la terra dell'accoglienza», «Provincia di Reggio Calabria, idiomi di Calabria, un patrimonio immateriale da tutelare», «Provincia di Vibo Valentia, il gusto della storia attraverso la storia dei gusti», «1861-2011, l'unità d'Italia in terra di lavoro», «Le pro loco e i misteri del territorio»;

anche da una rapida lettura emerge senza alcuna ombra di dubbio come tali progetti risultino identici nei punti 7 e 8 della scheda progetto, e come si sia operato un semplice «taglia ed incolla» di interi paragrafi;
in alcuni casi si sfiora ad avviso degli interroganti letteralmente il ridicolo. È il caso del progetto « 1861-2011, l'unità d'Italia in terra di lavoro» dove una maldestra operazione di ricopiatura porta a scrivere la seguente frase «Il progetto intende sviluppare, seguendo le tracce delle diverse dominazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli, nei luoghi di una parte della Provincia di Caserta dove esistono ricche e significative testimonianze, la conoscenza dei diversi centri dove il fascino della storia e della cultura lasciata dai diversi popoli, ha sviluppato tradizioni millenarie nell'arte, nella cultura, nell'artigianato e negli usi e costumi delle popolazioni locali». È notorio che l'unità d'Italia non ha certo «tradizioni millenarie» (ne viene festeggiato il 150o anniversario in questi mesi), mentre identica frase può essere rintracciata in progetti riguardanti interventi a favore di beni culturali del periodo ellenestico e/o romano;
da tale comparazione, condotta su 6 dei 32 progetti finanziati con denaro pubblico, emerge una situazione che non può non far definire l'UNPLI come un vero e proprio «progettificio del servizio civile», che utilizza schemi, frasi ed impostazioni identici per progetti riguardanti realtà che spaziano dalla Sicilia al Veneto, realtà con un patrimonio storico e culturale ben diverso;
è estremamente grave, secondo gli interrogati, il fatto che funzionari e dirigenti dell'Ufficio nazionale per il servizio
civile, (UNSC) per inspiegabili motivi, abbiano deciso di ignorare tali fatti, non applicando quanto previsto in modo estremamente chiaro e dettagliato, dalla normativa vigente, con conseguente grave danno sia per le casse pubbliche che per la credibilità dell'intera amministrazione dello Stato;
quanto descritto in premessa evidenza ad avviso degli interroganti una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di (UNSC) a ciò preposti -:
quali provvedimenti intenda prendere nei loro confronti.
(4-08784)

SCELLI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 aprile 2006 si è provveduto ad emanare precise direttive in materia di cerimoniale;
detto decreto non viene spesso rispettato soprattutto nelle sedi periferiche;
recentemente al parlamentare nazionale e sindaco della città di Mazara del Vallo, in una cerimonia organizzata dalla locale capitaneria di porto per il cambio del comandante della stessa capitaneria, non è stato riservato il posto previsto dall'articolo 9, Categoria A, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «costringendo» lo stesso a lasciare il luogo della manifestazione stante che non si è rispettato il ruolo di parlamentare e di sindaco della città ospitante la cerimonia -:
se il citato decreto sia applicabile in tutto il territorio nazionale e se vi siano istituzioni della Repubblica esonerate dal rispetto e dall'applicazione di quanto prescritto dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
se, specificatamente, le capitanerie di porto, in cerimonie ufficiali, siano obbligate ad applicare quanto previsto dal più volte citato decreto del 14 aprile 2006;
se il Governo ritenga opportuno diramare, anche per il tramite delle prefetture, circostanziata circolare perché sia sempre applicato quanto contenuto nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di cerimoniale.
(4-08792)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente AMESCI, iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto approvato e finanziato, nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, il progetto «informaanziani»;
tale progetto insiste, tra gli altri, sui comuni di Pesco Sannita e Buonalbergo, entrambi in provincia di Benevento;
tali comuni, secondo i dati ISTAT aggiornati al 1o gennaio 2009, hanno rispettivamente 2081 e 1865 abitanti, mentre la popolazione di età superiore ai 65 anni corrisponde rispettivamente a 584 e 440 cittadini;
il progetto di servizio civile volontario prevede l'impiego di 4 volontari in ognuno dei due comuni per svolgimento di campagne informative rivolte agli anziani. Tali campagne, spiegate nei dettagli, si avvalgono oltre che di volontari in servizio civile anche di addetti alla comunicazione, addetti al front office ed al back office, informatici e grafici, con un dispiegamento di mezzi e risorse considerevole;
ogni volontario in servizio civile deve svolgere almeno 1400 ore di servizio civile, di cui 120 ore sono dedicate nel progetto di AMESCI alla formazione generale e specifica. Le ore di effettivo servizio per ogni volontario sono quindi pari a 1280 nel corso dell'anno. Essendo 4 i volontari in servizio civile in ognuno dei due comuni, gli stessi hanno a disposizione 5120 ore persona da dedicare all'informazione agli anziani residenti;
se l'attività informativa si traducesse in un colloquio diretto ed individuale rivolto ad ogni anziano residente, ogni volontario potrebbe dedicare oltre 11 ore di colloquio individuale ad ogni anziano residente a Buonalbergo, mentre gli anziani over 65 di Pesco Sannita sarebbero meno fortunati, potendo avvalersi solamente di poco meno di 9 ore di colloquio individuale;
ad avviso degli interroganti si è di fronte ad un evidente spreco di risorse pubbliche, aggravato dal fatto che anche ai giovani in servizio civile si trasmettono metodologie e «logiche progettuali» basate sul cattivo utilizzo di un bene comune;
quanto descritto in premessa evidenzia, sempre ad avviso degli interroganti, una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di ufficio nazionale per il servizio civile a ciò preposti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-08795)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente NovaComunicazione è accreditato sull'albo nazionale degli enti di servizio civile e si è visto approvare e finanziare, nel bando per la selezione di volontari pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 settembre 2010, il progetto «Officina dei colori» volto ad attività di animazione culturale verso i minori;
il progetto prevede la selezione di ben 38 volontari, di cui 26 operativi su sedi di attuazione site sul territorio del comune di Roseto degli Abruzzi, comune con poco meno di 25.000 abitanti, di cui 3.178 di età compresa tra i 7 ed i 19 anni;
nel progetto sono indicati i risultati attesi derivanti dall'impiego dei volontari. Per la sede di attuazione «Comune di Roseto degli Abruzzi», che prevede l'impiego di ben 12 volontari, i risultati attesi sono: accrescere da 300 a 330 gli utenti delle strutture di animazione, aumentare da 45 a 60 i partecipanti ad iniziative di promozione degli interessi giovanili, accrescere da 5 a 10 i giovani del territorio partecipanti a programmai europei di mobilità;
risultati attesi così minimali sono comuni alla totalità delle sedi di attuazione del progetto, posizionate presso altri comuni abruzzesi;

appare agli interroganti evidente come il numero di volontari in servizio civile richiesto dall'ente e approvato dall'ufficio nazionale per il servizio civile, di seguito UNSC, sia sproporzionato a fronte dei risultati attesi, con conseguente spreco di risorse e denaro pubblico. In molti enti locali del nord gli stessi risultati sarebbero pienamente raggiunti, a parità di popolazione residente, con due volontari in servizio civile rispetto ai 12 richiesti per il comune di Roseto degli Abruzzi;
ad avviso degli interroganti quanto descritto in premessa evidenzia una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di Unsc a ciò preposti, aggravata dal fatto che nulla avrebbe loro impedito di limitare il numero di volontari in servizio civile richiesti, a fronte degli scarsi risultati attesi -:
quali siano i motivi dell'approvazione del progetto citato in premessa che appare agli interroganti un evidente spreco della risorsa «servizio civile volontario», resa ancora più grave dalla scarsità della stessa;
quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento a quanto riportato in premessa e per colpire i responsabili della stessa.
(4-08796)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'ente AMESCI, iscritto all'albo nazionale degli enti di servigio civile, ha avuto approvato e finanziato, nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 3 settembre 2010, il progetto «CNUPInforma»;
tale progetto prevede l'impiego di 50 volontari in servizio civile presso varie sedi (in Campania, Lazio, Puglia) della Confederazione nazionale delle università popolari italiane (CNUPI);
dalla scheda progetto si evince che obiettivo del progetto è quello di «incrementare il numero degli utenti raggiunti» dalla CNUPI;
in particolare viene indicata come «situazione di arrivo» il seguente obiettivo: «incrementare il numero degli utenti raggiunti del 10 per cento, passando da 21.000 utenti attuali a 23.100»;
nel bando ordinario per la selezione di volontari relativo all'anno 2009, AMESCI si era visto finanziare il progetto «nessun diritto senza informazione»;
anche in questo progetto erano contenute numerose sedi di attuazione di progetto riferibili alla CNUPI, tanto è vero che il 1o febbraio 2010 hanno iniziato il loro servizio civile presso tale realtà ben 29 volontari;
se si legge il progetto di servizio civile del 2009, si scopre che la «situazione di arrivo» per la CNUPI consiste in «incrementare il numero degli utenti raggiunti del 10 per cento, passando da 21.000 utenti attuali a 23.100»;
se ne deduce che il progetto attualmente a bando è una mera fotocopia del progetto presentato nel 2009, tanto è vero che l'ente AMESCI non si è neppure premurato di aggiornare gli indicatori di risultato;
secondo gli interroganti ci si trova di fronte ad un evidente spreco di risorse pubbliche, aggravato dal fatto che anche ai giovani in servizio civile si trasmettono metodologie e «logiche progettuali» basate sul cattivo utilizzo di un bene comune;
inoltre quanto descritto in premessa evidenzia, sempre ad avviso degli interroganti, una scarsissima capacità di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzioni di UNSC a ciò preposti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento a quanto riportato in premessa e per colpire i responsabili della stessa.
(4-08797)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interrogazione n. 4-02785, presentata dall'onorevole Paolo Grimoldi, si afferma che per ciò che riguarda l'assegnazione di volontari ai vari enti, anche in una logica territoriale, occorre «prendere in considerazione l'incontro tra la domanda e l'offerta», specificando più oltre come «una distribuzione delle risorse finanziarie nel senso indicato dagli interroganti che favorisca le regioni del Nord sarebbe del tutto inopportuna tenuto conto che l'offerta in tali regioni è di gran lunga superiore alla domanda che rimane inevasa per oltre il 40 per cento;
nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)», a pagina 201, compare la tabella n. 61 recante «Volontari in servizio civile all'estero nel 2009 suddivisi per enti»;
da tale tabella si ricava che l'ente Volontari nel mondo - FOCSIV abbia coperto nel 2009 solo il 75,9 per cento dei 249 volontari impegnati nei progetti all'estero dall'ente presentati e finanziati dallo Stato. Sempre nel 2009 le posizioni di servizio civile facenti capo a tale ente rappresentavano il 42,2 per cento dei volontari impiegati all'estero;
nonostante tale performance non entusiasmante, nel bando per la selezione di volontari per l'anno 2010, l'ente Volontari nel mondo - FOCSIV si aggiudica ben 285 posizioni di servizio civile all'estero, ovverosia il 62,5 per cento delle 456 posizioni di servizio civile all'estero per l'annualità in corso;
tale situazione appare, ad avviso degli interroganti, in palese contrasto con quanto risposto alla citata interrogazione 4-02785, da cui si evinceva chiaramente che la copertura delle posizioni di servizio civile con candidati rappresenta un discrimine nell'assegnazione della risorsa all'ente ed ai territori -:
quali siano le cause di questa evidente differenza nel trattamento degli enti di servizio civile e delle loro richieste, con una valutazione dei progetti che agli interroganti appare non effettuata sulla base di criteri oggettivi.
(4-08798)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 4 novembre 2009 il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Amedeo Giovanardi, ha firmato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che approva il «Prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale da realizzare in Italia e all'estero, nonché i criteri per la selezione e la valutazione degli stessi»;
nel sopracitato prontuario vi è l'allegato 4 recante «griglia di valutazione dei progetti di servizio civile nazionale», che stabilisce sulla base di quali elementi e punteggi i progetti di servizio civile vengono valutati. Al termine di tale allegato vengono indicati i cosiddetti «deflettori» ovverosia quelle situazioni e circostanze che, una volta venutesi a creare, determinano una diminuzione del punteggio assegnato al singolo progetto di servizio civile;
uno dei due deflettori individuati consiste negli «infortuni dichiarati dai volontari in servizio con prognosi inferiore a 7 giorni per i quali è stato richiesto e ottenuto l'intervento dell'assicurazione stipulata dall'Ufficio a favore dei volontari, privi di una relazione dell'ente sull'effettivo stato di convalescenza del volontario»;
tale deflettore, che di fatto costituisce una «punizione» nei confronti di un ente di servizio civile, genera numerose perplessità. In primo luogo si evidenzia infatti

che la richiesta di intervento dell'assicurazione è effettuata esclusivamente dal giovane assicurato, come specificato dal testo della stessa polizza. L'ente di servizio civile, in caso di infortunio del volontario avvenuto durante lo svolgimento del servizio civile, ha il solo obbligo di inviare una dettagliata relazione ad Ufficio nazionale per il servizio civile, completa di eventuali documenti accessori (certificati medici, testimonianze, e altro);
l'ente di servizio civile non è in grado pertanto di poter controllare se il giovane in servizio civile intenda o meno attivare la copertura assicurativa. Tanto meno l'ente di servizio civile ha il potere di stendere «una relazione sull'effettivo stato di convalescenza del volontario», in quanto la convalescenza è determinata dagli organi del servizio sanitario regionale: quand'anche l'ente di servizio civile stendesse tale singolare «relazione», non potrebbe in alcun modo obbligare il volontario in servizio civile ad allegare la stessa alla sua richiesta di intervento della compagnia di assicurazione -:
se non vi sia il rischio che il deflettore sopra indicato si configuri come una forma di pressione indebita nei confronti degli enti di servizio civile, affinché a loro volta facciano opera di dissuasione nei confronti dei giovani volontari nell'accesso alla copertura assicurativa, cosa estremamente preoccupante, in quanto nei fatti porterebbe ad una «scomparsa» di numerosi infortuni, con l'unica giustificazione plausibile di qualche risparmio economico per le casse dello Stato, oltre che fortemente diseducativo nei confronti delle giovani generazioni, soprattutto perché proveniente da quello Stato che è fortemente impegnato nella denuncia e nella limitazione degli infortuni sui luoghi di lavoro;
se non si ritenga quindi opportuno provvedere all'immediata abrogazione del deflettore indicato in premessa.
(4-08799)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella «Relazione al Parlamento sulla organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile (anno 2009)» si può trovare, a pagina 162, la tabella 37, recante «risorse umane e finanziarie impegnate per il servizio civile nazionale dalle Regioni e Province autonome nel 2009»;
in tale tabella risulta che la regione Campania avrebbe partecipato all'integrazione del fondo nazionale per il servizio civile con un importo di euro 2.000.000;
tuttavia nei bandi per la selezione dei volontari dell'anno 2009 e dell'anno 2010 non risulta che alcuna posizione di servizio civile sia stata attivata in regione Campania grazie all'apporto finanziario di tale regione, a differenza di quanto invece avvenuto per altre regioni e province autonome, dove nel bando stesso sono indicati i progetti di servizio civile attivati grazie a fondi statali e quelli finanziati grazie alla compartecipazione finanziaria delle RPA -:
come si spieghi il dato riportato nella relazione di cui in premessa, alla luce anche dell'entità dell'integrazione della regione Campania.
(4-08801)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la normativa vigente in tema di accreditamento degli enti di servizio civile stabilisce che un ente possa accedere solo una volta al sistema di servizio civile. Sono pertanto vietate iscrizioni multiple su diversi albi regionali, nonché l'adesione a diversi sistemi di accreditamento di enti terzi;
l'ente Agenzia Agorà onlus, ente di I classe iscritto all'albo nazionale degli enti di servizio civile, ha avuto finanziati 5

progetti di servizio civile nel bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 settembre 2010, per complessivi 122 volontari;
uno di questi progetti, denominato «Argento Campania» prevede l'impiego di 48 volontari nel settore «assistenza anziani» presso le sedi e strutture comunali della provincia di Benevento ed Avellino. Tra tali comuni vi sono quelli di Pesco Sannita (Benevento) e Taurano (Avellino);
il comune di Pesco Sannita risulta essere sede di servizio del progetto «Informanziani» di cui è titolare un altro ente accreditato di I classe iscritto all'albo nazionale, ovverosia AMESCI. Anche tale progetto è stato finanziato dal bando del 3 settembre 2010;
il comune di Taurano risulta invece essere sede di servizio del progetto «Laboratori per la pace» di cui è titolare un terzo ente accreditato di I classe iscritto all'albo nazionale, ovverosia Expoitaly. Pure questo progetto è stato finanziato dal bando del 3 settembre 2010;
che tali comuni non siano semplici «ospiti» delle tre associazioni, bensì parti integranti dei rispettivi sistemi di accreditamento, risulta dal sito internet del comune di Taurano, che nelle sue «news» riporta la seguente notizia, pubblicata il 14 settembre: «Si rende noto che sono stati pubblicati 2 Bandi per la selezione di volontari da impegnare presso il Comune. I progetti sono i seguenti: »Laboratori per la Pace« ed »Assistenza agli anziani«. In allegato è possibile visualizzare i bandi con la relativa domanda. La domanda di partecipazione, indirizzata direttamente a questo Comune, deve pervenire entro le ore 14:00 del 4 ottobre 2010 (deve »pervenire«, per cui non vale la data del timbro postale)». Risulta evidente come le domande di partecipazione al bando vadano consegnate all'ufficio protocollo del comune, che non può svolgere certo tale attività di ratifica per conto di enti terzi, quali un'associazione privata;
si è pertanto di fronte ad una palese violazione delle norme regolanti l'accreditamento;
quanto descritto in premessa evidenzia, secondo gli interroganti, una scarsissima capacità di verifica dell'accreditamento e di valutazione dei progetti di servizio civile da parte dei funzionari di UNSC a ciò preposti -:
quali provvedimenti intenda assumere per sanare tale incredibile situazione e per colpire i responsabili della stessa.
(4-08802)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000 recante «Disciplina del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura all'estero, a norma dell'articolo 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266», sancisce che «la retribuzione (degli impiegati a legge locale) è di norma fissata e corrisposta in valuta locale, salva la possibilità di ricorrere ad altra valuta in presenza di particolari motivi»;
l'articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002 prevede che dal 1o gennaio 2003 la retribuzione del personale di cui sopra, viene determinata e corrisposta in euro, ad avviso dell'interrogate in aperta violazione di quanto sancito dall'articolo n. 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000;
attualmente molti impiegati, rientranti nella fattispecie di cui sopra, usufruiscono di una retribuzione in euro. Aspetto di particolare criticità per quanto riguarda i lavoratori impegnati ad esempio, in Svizzera, Brasile, Canada, Australia, Slovacchia;

infatti, nella definizione delle retribuzioni, il Ministero degli affari esteri, in deroga alla legge, applica il cambio in euro invece che in valuta locale, comportando un non trascurabile svantaggio economico, oltre che serie difficoltà al personale dei Paesi sopra menzionati;
sul versante degli impiegati a tempo determinato residenti, in particolare il personale docente, non rientrante della categoria dei cosiddetti impiegati a contratto, si aggiungono ulteriori criticità in merito alle definizione dei livelli di retribuzione;
sulla base delle direttive degli uffici competenti del Ministero degli affari esteri - peraltro non confermate da apposito provvedimento - la retribuzione del personale docente a tempo determinato residente e operante all'estero dovrebbe essere definita con valuta in euro. Il controvalore in euro della valuta locale dovrebbe essere calcolato sulla base del tasso di cambio stabilito semestralmente da un decreto interministeriale Ministero degli affari esteri-Ministero dell'economia e delle finanze e non sussiste - sulla base dei citati provvedimenti - alcun obbligo di inserimento nel contratto dell'importo in valuta locale;
di contro, sarebbe auspicabile - ai fini della opportuna tutela di adeguati standard di vita degli impiegati -, che laddove gli stipendi locali risultino più alti di quelli italiani e laddove circoli una valuta diversa dall'euro definire la retribuzione con valuta locale, adeguandola opportunamente ai panieri di riferimento locali, e versandola eventualmente poi in euro;
la conversione in euro di uno stipendio che nasce in valuta locale comporta inevitabilmente dei vizi di cambio, poiché spesso non vi è rispondenza tra il tasso di cambio applicato e quello realmente in vigore, con conseguenti difficoltà per gli impiegati che si ritrovano a percepire una retribuzione ben lontana dai valori di riferimento di uno stipendio locale;
sotto il profilo contributivo del suindicato profilo lavorativo, il regolamento (CE) n. 833/2004 prevede, all'articolo 16, che due o più Stati membri o gli organismi designati da tali autorità possano di comune accordo prevedere su richiesta degli interessati, il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nel Paese di residenza, ma tale «ipotesi» normativamente sancita risulta essere ottemperata molto raramente;
malgrado le sollecitazioni e le richieste di chiarimento nei confronti dell'amministrazione da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, non risulta ancora chiaro se i lavoratori suindicati possano o meno usufruire degli interventi di sostegno al reddito, di indennità di disoccupazione e di pensioni nel Paese di residenza, sussistendo l'ipotesi opzionale sancita dal citato articolo 16 del regolamento comunitario;
l'amministrazione non ha fornito chiarimenti in merito al perché il calcolo dei contributi venga definito su uno stipendio convenzionale, mentre le aliquote Irpef vengono calcolate sull'importo dello stipendio lordo. Infatti, se si vuole far rientrare i docenti supplenti residenti all'estero come soggetti all'articolo 51, comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 17, si dovrebbe prevedere anche ai fini fiscali l'utilizzo di tali tabelle come stabilisce lo stesso articolo;
sulla base dei dati in possesso dell'interrogante non esistono tabelle convenzionali riferite alla fattispecie lavorativa dei docenti a contratto a tempo determinato, infatti il decreto nelle tabelle allegate non prevede questo profilo professionale;
grave risulta il danno ai fini pensionistici per i connazionali che risiedono in Paesi in cui esiste un alto costo della vita considerando che i contributi - siano essi versati in Italia o nello stesso Paese di residenza - sono rapportati allo stipendio lordo non essendo quest'ultimo caratterizzato da un assegno di sede;
gli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri, siano essi a tempo

determinato o indeterminato, risultano essere i primi contribuenti dello Stato oltre confine, ma - stando ai dati a disposizione dell'interrogante - subiscono un onere fiscale particolarmente gravoso rispetto ai colleghi in Italia -:
se si sia a conoscenza delle criticità di cui in premessa, in cui versa un'intera categoria di lavoratori impiegati dallo Stato italiano oltre confine;
se si intenda valutare l'opportunità di rivedere i termini dell'articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002, al fine di garantire la corretta applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo n. 103, escludendo l'ipotesi di sussistenza di una normativa in chiaro contrasto;
se si intenda applicare al personale docente con contratto a tempo determinato, i medesimi riconoscimenti di cui all'articolo 157 del decreto legislativo n. 103 de 2007, al fine di garantire lo stipendio effettivo in valuta locale evitando i vizi di cambio che stanno causando serie difficoltà economiche ai lavoratori;
se si intende chiarire il motivo per cui al personale docente con contratto a tempo determinato residente all'estero vengono versati contributi su stipendi definiti da tabelle convenzionali invece che sull'effettiva retribuzione ed il motivo - qualora i livelli contributivi fossero realmente soggetti ai parametri delle tabelle convenzionali - per cui non si applica l'articolo citato del testo unico delle imposte sui redditi.
(4-08744)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo report internazionali di autorità statali e organizzazioni non governative, l'Italia è uno snodo decisivo del traffico di animali esotici, rari, in via di estinzione: tre milioni di «parti morte» importate (pelli di pitone, denti di caimano e di squalo), duemila sequestri di animali vivi l'anno, 1.536 reati contestati, cinque arresti. Il giro d'affari del brand «animale esotico» arriva a due miliardi di euro l'anno ed è in crescita esponenziale, spiega Massimiliano Rocco, direttore dell'ufficio traffic del WWF. La nostra nazione è considerata, da tempo, un Paese centrale del «commercio selvaggio». L'archivio estemporaneo del Cites di Roma, acronimo che nel mondo segnala l'istituto che cura le specie protette e che nel nostro Paese collabora con il Corpo forestale di Stato, segnala che dall'Italia partono i più importanti cacciatori di leopardi e orsi bianchi, i collezionisti di pappagalli dai colori abbacinanti e tartarughe protette. È da noi che si sono formati alcuni fra i più conosciuti raider di safari: Giorgio Barbero, oggi 81 anni, imprenditore vinicolo nato a Cuneo e residente nel Torinese, ha pubblicato un libro di 576 pagine pieno di foto per documentare gli ottanta safari organizzati nel mondo, tutti illegali. Il libro di Barbero, «I miei sentieri», e l'incredibile museo di fiere impagliate che l'uomo in trent'anni ha organizzato sul Lago della Spina di Palormo, sono diventate un atto di accusa schiacciante per la sua condanna per traffico di specie protette: diecimila euro di ammenda;
dal 1975 la convenzione di Washington definisce le mille specie animali «totalmente protette» e le 36 mila che si possono muovere, vive o morte, intere o a pezzi, solo con un certificato allegato e in quote definite. L'Italia ha aderito alla Convenzione quattro anni dopo, ma l'ha trasformata in una legge nazionale solo nel 1992. Il «Wild life trade», il commercio del selvaggio, nel mondo vale 125 miliardi di euro l'anno. Secondo gli uffici Cites di Ginevra altri 65 miliardi sono frutto di esportazioni illegali, proibite, che mettono a rischio la sopravvivenza di

specie intere. I due mercati del «wild life», emerso e sommerso, viaggiano insieme e si fondono con altri due settori primari del commercio internazionale: le transazioni del legname e quello di farmaci e parafarmaci (spesso estratti da piante rare e intoccabili). Anche qui il nostro Paese è motore, legale e illegale;
l'Italia è il primo acquirente al mondo di pelli di rettile e il monopolista dell'importazione delle lane sudamericane (il 96 per cento arriva nei nostri scali). Gli stilisti italiani importano le quote loro concesse con certificati allegati a ogni pelle di serpente. Ma l'ultima richiesta del Corpo forestale ha segnalato alle procure un raider senegalese pronto a spedire in pacchi postali 2.500 pelli illegali di pitoni delle rocce e varani del Nilo. Imbustati a Dakar, approdati nel centro di smistamento di Lonate Bozzolo, nel Milanese, venivano ritirati da immigrati ignari del contenuto e quindi portati dall'intermediario, un vero e proprio venditore all'ingrosso di frodo, alle grandi aziende di conceria di Prato e del Bolognese, produttori, loro, per conto dei grandi stilisti. Nel viaggio da Dakar all'atelier di via Montenapoleone il valore del «pezzo» si era centuplicato: quel sequestro giudiziario ha messo in fila tre chilometri di pelle abusivamente importata. Anche per le lane, parallelamente al business, codificato, viaggia il proibito. Un grande produttore del Nord-ovest, leader mondiale, si scoprì che aveva sfilato la lana da antilopi tibetane in via di estinzione;
all'interno dei grandi commerci si insidia una quota, consistente, di business abusivo fatto perlopiù di pelli, zanne d'avorio, coralli. Laterale a questo, è cresciuto un florido mercato di animali vivi che dalle modalità distruttive degli anni Ottanta, Novanta, è passato al saccheggio calibrato dei collezionisti e dei commercianti istruiti che spesso preferiscono prelevare uova non schiuse. Il nostro Paese, ponte per i traffici delle specie che dall'Africa salgono in Nord europa, è diventato la base mondiale per il commercio dei rapaci sudamericani. Nel 2005 con l'«operazione Condor», la più importante sugli animali protetti fin qui condotta dalle nostre polizie, i sovrintendenti del Corpo forestale Marco Fiori e Ivan Severoni intercettarono un carico di uova al porto di Ancona e risalirono a un cittadino austriaco che aveva trasformato un hangar abbandonato nell'entroterra di Brindisi in un ranch per la ricezione di avvoltoi e aquile andine. Ne trovarono duecentocinquanta. Nell'hangar l'austriaco cambiava la storia anagrafica degli animali e, con la complicità di funzionari tedeschi, ne avviava coppie in tutta Europa;
mafie internazionali, nel Sud-est asiatico e in Sudamerica soprattutto, aprono nuove rotte e offrono logistica al commercio selvaggio. Anche in Italia ci sono stati incroci tra la passione dei collezionisti senza scrupoli e la camorra. Riscontri investigativi e alcune intercettazioni telefoniche datate all'inizio degli anni Novanta, confermano che, spesso, pappagalli amazzonici e i pericolosi pitoni reticolati viaggiano nei sottofondi di casse che già occultano stupefacenti. La criminalità organizzata controlla, per esempio, la vendita sui mercati della Campania delle tartarughe fatte arrivare dal Nilo e dal Nordafrica. Ed è letteratura acclarata quella della bestia rara usata dai capi della malavita per status symbol. Un coccodrillo di due metri ha vissuto in semilibertà nel giardino di uno spacciatore, allocato sopra una scuola elementare di Napoli, oltre alle due tigri di Francesco Sandokan Schiavone, storico capo dei casalesi. Il titolare di un pub di Catania, per attirare clientela, aveva ospitato fra i tavoli un coccodrillo nano, iguane esotiche, scorpioni, tarantole, due gechi e una rana. Due cincillà sudamericani li aveva chiusi in una teca di vetro a forma di bara, sulla quale venivano serviti i cheeseburger. Il 70 per cento delle inserzioni di animali in rete riguarda il commercio di animali rari e un sito francese segnala ai cacciatori

quali sono le specie appena riscoperte dagli scienziati, e quindi più gustose da far fuori;
la Società italiana veterinari animali esotici, inoltre, stima che in Italia ci siano dodicimila possessori di ragni. Giovanni Guadagna, responsabile dell'ufficio cattività dell'Enpa, segnala: «Alcuni collezionisti e organizzatori di mostre dove si è potuto vendere aracnidi poi sequestrati sono stati chiamati come membri della commissione ministeriale che avrebbe dovuto stilare l'elenco degli animali pericolosi». All'aeroporto di Fiumicino, poco tempo fa, sono state fermate casse con scimmie morte assiderate provenienti dalla Nigeria, 277 tartarughe del Nilo stipate in una valigia rosa fucsia. Un funzionario del consolato italiano in Congo, forte della sua incontrollabile valigetta diplomatica, per anni ha importato rapaci a Roma, aquile, falchi, nibbi, insieme a tappeti e pietre preziose. Quando l'hanno fermato ha protestato: «A Brazzaville li compravo per pochi dollari». È stato denunciato anche per maltrattamento. L'ultima inchiesta del Corpo forestale è nata da venti fotografie molto famose sul web: un obitorio italiano di animali esotici. Antilopi e cuccioli di zebra accatastati, macellati, grossi uccelli decapitati. Quelle carcasse potrebbero essere «avanzi» di uno zoo in difficoltà, animali esotici ammalati e quindi abbattuti. Le indagini sono in corso. «Per capire la mentalità di un predatore italiano», secondo gli investigatori del Corpo forestale, «basta dire che il nostro raider da safari cerca l'illegalità, la pretende. In Alaska è possibile cacciare gli orsi bianchi, in Siberia è vietato. L'Interpol ci ha appena comunicato l'uccisione di due orsi bianchi in Siberia: sono stati due italiani» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di poter stipulare protocolli con Paesi europei per evitare la caccia di frodo, che causa ed alimenta la continua estinzione di specie protette.
(4-08753)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sono passati dieci anni da quando il sommergibile nucleare Kursk affondò durante una manovra militare a seguito di una esplosione. Alla prima esplosione ne seguirono altre, percepite sia da navi militari russe coinvolte nella stessa operazione che da un sommergibile statunitense, nei paraggi per «spiare» l'esercitazione. Persero la vita tutti i 118 marinai a bordo, abbandonati nel relitto a 110 metri di profondità nel mare di Barents, non lontano dalle coste norvegesi. Un anno dopo una compagnia olandese recuperò il relitto e lo trasportò in una officina militare nel porto di Murmansk, nella penisola di Kola, per essere smantellato. I due reattori nucleari del sommergibile (miracolosamente intatti dopo le esplosioni) furono sistemati in un deposito all'aperto, dove giacciono ancora insieme ad altri 40 reattori nucleari abbandonati da decenni in attesa di una sistemazione sicura;
il 21 luglio 2010, sempre nel passaggio di Nord Est, che unisce la Scandinavia ai porti asiatici orientali le autorità russe hanno dato il via a una ispezione delle coste siberiane in cerca di scorie radioattive, relitti di navigli nucleari e altri «oggetti potenzialmente pericolosi» disseminati lungo la rotta. Una nave specializzata sta scandagliando i fondali da Arkhangelsk fino alla regione Chukotka (nei pressi dello stretto di Bering). Solo nei pressi dell'isola di Novaya Zemla «sono sepolti molti oggetti contenenti materiali radioattivi, incluso il reattore della prima rompighiaccio nucleare della storia, la Lenin», spiega Maksim Vladimirov, del Ministero della difesa, in una intervista all'agenzia stampa RIA Novisti. Intanto altri sette reattori di altrettanti sommergibili dismessi sono stati inviati nella baia di Saida, non lontano da Murmansk. I materiali verranno affiancati ai già 40 container stoccati in un deposito di cemento, ma sono ancora 50 quelli in attesa di essere sigillati e spediti

nel deposito, mentre fonti norvegesi affermano che decine di reattori giacciono ancora su boe galleggianti ormeggiate nella baia: un rischio altissimo per l'ambiente marino;
oltre al traffico marittimo a rischio, nell'Artico sembra destinato ad aumentare anche lo sfruttamento dei fondali, soprattutto per l'esplorazione di giacimenti di gas e petrolio. Le compagnie petrolifere hanno già speso 5 miliardi di euro da quando i fondali nel mare di Barents sono stati aperti alla esplorazione. Secondo il quotidiano norvegese Dagens Naeringliv sono state già compiute 83 trivellazioni. Malgrado fino ad oggi tale settore non abbia dato i frutti sperati, le compagnie (tra cui Statoil, Gaz de France e l'italiana Eni) intendono intensificare le esplorazioni. Statoil ed Eni, in particolare, hanno deciso di iniziare nuove esplorazioni in un settore marino a 80 chilometri dalla costa norvegese. Decisione che ha innescato la rivolta degli ambientalisti della organizzazione non governativa Friends of the Earth, che temono una seconda Deepwater Horizon. Secondo il leader norvegese della organizzazione non governativa Lars Haltbrekken: «Tutte le valutazioni di impatto ambientale di Eni sono datate e non includono l'esperienza del Golfo del Messico. La banchisa polare si riduce a causa del cambiamento climatico, e il Passaggio di Nordest è sempre più trafficato da petroliere e altre imbarcazioni commerciali». Proprio nel mese di luglio 2010 una nave norvegese da trasporto carica di minerali di ferro è salpata da Kirkenes in Norvegia con l'intento di percorrere la rotta circumpolare. È la prima volta che le autorità russe permettono a una nave commerciale straniera di compiere questa rotta. Un esperimento per valutare il possibile incremento del traffico internazionale lungo il passaggio -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, di concerto con i suoi omologhi europei, al fine di porre in atto soluzioni tempestive che abbiano come obiettivo primario la salvaguardia dell'habitat marino artico.
(4-08761)

QUARTIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il parco regionale di Vejo a Formello è un sito che riveste notevole importanza non solo culturale per la presenza di aree archeologiche, ma anche ambientale e paesaggistica;
secondo quanto riporta l'AgenParl, agenzia parlamentare per l'informazione politica ed economica, in una serie di notizie datate 14 settembre 2010, all'interno del parco risultano installate 2 antenne di telefonia mobile alimentate da gruppi funzionanti a gasolio con conseguente inquinamento prodotto dagli stessi;
non è dato sapere se siano rispettate le norme di sicurezza antincendio in relazione alla presenza delle cisterne di gasolio;
non risulta alcun nulla osta dell'ente parco per l'installazione delle suddette antenne, anzi risulta un parere preventivo contrario rilasciato dall'ente parco al comune di Formello in data 19 dicembre 2003;
tali antenne sarebbero state installate nel 2004 con carattere temporaneo a scadenza semestrale, ma tuttora permangono nel medesimo sito;
non è dato sapere se risultino autorizzazioni dell'Arpa per le emissioni delle antenne e della regione per l'impatto paesaggistico -:
di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in ordine alla situazione di inquinamento ambientale, anche da campi elettromagnetici, dell'area di cui in premessa e in merito alle norme di sicurezza antincendio.
(4-08806)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
Italia Nostra denuncia il progetto di realizzazione di 16 pale eoliche alte 130 metri che incomberebbero per tre chilometri e mezzo di tragitto e ad appena sei e mezzo di distanza in linea d'aria sul crinale dei Monti del Sannio, sul sito archeologico più significativo del Molise, la città romana di Saepinum;
gli scavi di Saepinum sono un simbolo del paesaggio storico e millenario del Molise e giacciono al centro di una piccola conca montana rimasta miracolosamente intatta;
un dato riconosciuto dalla stessa legge regionale sulle energie rinnovabili del Molise che in un articolo tutela la Valle del Tammaro e i suoi crinali;
il sito è immerso in un paesaggio agricolo incontaminato, sulla rotta dell'antico tratturo Pescasseroli-Candela, che da secoli indirizza le greggi dal cuore dell'Abruzzo al Tavoliere delle Puglie, vincolato con decreto ministeriale, poi modificato con il rischio di trasformarlo a strada di accesso all'area industriale eolica e alle varie piazzole degli ero generatori;
altre dieci pale della stessa altezza dovrebbero sorgere nella vicina Pietrabbondante, insediamento sannitico famoso per il suo splendido teatro, di fronte al Monte Caraceno -:
quali iniziative si intendono avviare a tutela dei beni archeologici e paesaggistici minacciati dalla realizzazione dei suddetti impianti eolici.
(4-08742)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:

VILLECCO CALIPARI, RUGGHIA, GAROFANI e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si è appreso che la presidente del network Persone sieropositive, Rosaria Iardino, ha denunciato una latente discriminazione, attuata attraverso i criteri di reclutamento, nei confronti delle persone sieropositive che cercano di intraprendere, attraverso concorsi pubblici, la carriera all'interno delle Forze armate e di polizia;
la Sindrome da immunodeficienza acquisita o acquired immune deficiency syndrome (AIDS in inglese) è un insieme di manifestazioni dovute alla deplezione ovverosia la diminuzione del numero di linfociti T derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2, La sindrome è, allo stato attuale, curabile con numerosi farmaci e può considerarsi una patologia cronica non invalidante;
al di là degli interrogativi sollevati in merito a tale situazione che è stata oggetto di specifiche interrogazioni alle quali non è stata ancora data risposta, gli interroganti intendono sollevare il tema, oggettivamente diverso, di quei casi in cui una persona appartenente alle Forze armate o di polizia contragga la malattia durante gli anni di servizio;
è necessario garantire, nelle sole ipotesi da ultimo indicate, il diritto costituzionalmente tutelato ed affermato di ogni cittadino, al lavoro e l'impegno dello Stato a promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto conciliandolo con l'esigenze particolari che possono sussistere nelle Forze Armate -:
se il Ministro interrogato intenda assumere le necessarie misure al fine di

garantire al personale appartenente alle Forze armate che, per qualsiasi motivo, abbia, contratto una sindrome da immunodeficienza durante il servizio, e risulti quindi sieropositivo, una ricollocazione all'interno dell'amministrazione della Difesa, o altra amministrazione pubblica, tale da garantire la continuità del rapporto di lavoro in condizioni di sicurezza per sé e per gli altri, tenendo conto dell'imprescindibile ed inalienabile diritto al lavoro e al rispetto della dignità umana.
(5-03473)

GIDONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - promesso che:
dal 1o settembre scorso, militari italiani appartenenti al 7o reggimento alpini della brigata Julia hanno rilevato le basi e l'area di responsabilità precedentemente affidate ai loro colleghi americani nei distretti di Bakwa, Gulistan e Por Chaman della provincia di Farah, dando vita alla cosiddetta task force south east;
non sono note le condizioni in cui i militari italiani hanno trovato le basi da presidiare e nelle quali alloggiare, ma c'è ragione di ritenere che siano oltremodo spartane -:
se i militari italiani della task force south east dispongano di strutture alloggiative opportunamente protette ed adeguate alle loro esigenze ed, eventualmente, in quanto tempo si conti di elevarne le caratteristiche al livello delle altre basi utilizzate dai soldati del nostro Paese in Afghanistan.
(5-03474)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 13 settembre 2010 ha preso il via il progetto «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» un programma di corsi di formazione teorico-pratica che si svolgeranno per tre settimane, presso vari reparti/enti delle quattro Forze armate: Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri;
la legge, approvata lo scorso 30 luglio, parla di «corsi di formazione a carattere teorico-pratico, tendenti a rafforzare la conoscenza e la condivisione dei valori che promanano dalle Forze armate e che sono alla base della presenza dei militari italiani di tutte le componenti operative nelle missioni internazionali»;
il progetto prevede uno stanziamento di circa 20 milioni di euro in tre anni, di cui 6,5 da spendere per il 2010, 5,8 da spendere per il 2011 e 7,5 per il 2012;
sebbene ancora non sia stata chiarita la provenienza delle risorse e nonostante le molteplici perplessità e critiche rivolte a tale progetto, risulta all'interrogante un accordo avvenuto nei giorni scorsi tra il Ministro della difesa e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per diffondere la «cultura militare» nelle scuole italiane;
il protocollo in questione pare essere stato ampliato al progetto «Incontri Esercito Scuola» che «costituisce una delle iniziative del Protocollo "Allenarsi alla Vita"»;
nel dépliant informativo si legge «Tale iniziativa è supportata dalla sinergia tra il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero della difesa che viene sempre di più sospinta dal Ministro Gelmini e dal Ministro La Russa»;
il programma è costituito da 6 incontri addestrativi così suddivisi: 1. Cultura militare; 2. Topografia ed orientamento; 3. Diritto costituzionale; 4. Difesa nucleare, batteriologica e chimica; 5. Trasmissioni; 6. Armi e tiro; 7. Bls e primo soccorso; 8. Mezzi dell'esercito; 9. Superamento ostacoli; 10. Sopravvivenza in ambienti ostili;
in un comparto come quello della difesa alle prese con continui tagli, che molto probabilmente vedrà nei prossimi 3 anni circa 3000 i militari in ferma breve lasciare le forze armate a causa della naturale risoluzione del contratto e che ha visto un ridimensionamento dell'impegno italiano in alcune aree del mondo a causa

dei tagli orizzontali dovuti alla manovra finanziaria e con corsi di formazione e di addestramento dei giovani militari sempre più penalizzati una tale iniziativa lascia perplessi;
l'Italia ripudia la guerra, da anni nel nostro Paese non c'è più il servizio militare obbligatorio e l'unica cultura che, ad avviso dell'interrogante, a scuola bisognerebbe insegnare è la «cultura della pace» -:
se il Governo non intenda non dar corso all'iniziativa «Allenati alla vita» che vede secondo l'interrogante le scuole pubbliche trasformarsi in collegi militari con pratiche che vanno dall'insegnamento all'arma con pistole ad aria compressa a corsi ginnico-militari al fine di ridare piena dignità ai migliaia di militari in condizioni sempre più precarie.
(5-03475)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in merito all'informativa del Governo sulla morte del tenente Romani avvenuta in Afghanistan il 17 settembre 2010, svolta davanti all'Assemblea del Senato si legge nel resoconto stenografico della seduta n. 428 del 23 settembre 2010, che il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Guido Crosetto, nell'esporre le modalità con cui si sarebbe verificato il tragico evento, ha affermato che: «In relazione alla situazione di elevato rischio che si era venuta a creare, veniva deciso l'invio di un dispositivo di forze speciali, composto da operatori del 9o Reggimento d'assalto paracadutisti Col Moschin, supportato da un nucleo di ranger del 4o Reggimento alpini paracadutisti. Il reparto veniva trasportato a bordo di un elicottero CH-47 e protetto da due elicotteri A-129 Mangusta, al fine di cinturare l'obiettivo ed effettuare il controllo sulle persone presenti.»;
numerose note delle agenzie di stampa hanno riportato differenti descrizioni dei fatti avvenuti e fra queste l'ANSA ha specificato, in merito alla presenza degli elicotteri da combattimento A-129 «Mangusta», che «hanno scaricato contro il loro rifugio l'enorme potenziale di fuoco di cui sono dotati. "Sono tornati scarichi", ha detto una fonte, e questo rende l'idea di che inferno possa essere stato...»;
a parere degli interroganti, la scoperta di un possibile attentato all'indirizzo di militari italiani o comunque appartenenti alla coalizione internazionale, ad opera dei talebani, avrebbe dovuto indurre il comando italiano a interessare le autorità afgane e demandare ad esse il compito di ricerca e cattura dei probabili terroristi;
ad avviso degli interroganti, l'agire dei militari italiani, secondo la ricostruzione offerta dal Governo, induce a ritenere che l'iniziativa di avviare una immediata reazione armata, concretizzatasi in una disastrosa «caccia al Talebano», possa aver violato i limiti all'impiego del contingente italiano nell'ambito di una missione militare internazionale (caveat);
quanto riferito dal Governo solleva forti perplessità in relazione al reale svolgimento dei fatti e non appare essere in linea con le precedenti dichiarazione rilasciate sull'argomento dal Sottosegretario Crosetto (Apcom del 20 settembre 2010 delle ore 12.58) che ha affermato che: «Il Tenente Romani è morto in un'azione di polizia. La sua unità era impegnata, per usare una similitudine più consona alla nostra realtà, nella cattura di latitanti, ma c'erano più persone di quante si pensasse ed è successo quello che è successo. Ma non era un'azione di guerra»;
secondo gli interroganti i fatti accaduti possono essere etichettati come un'azione di guerra e quindi compromettere irrimediabilmente la natura della missione e la partecipazione italiana decisa dal Parlamento -:
se il Ministro interrogato intenda accertare l'effettivo svolgimento dei fatti di cui in premessa;

se l'ordine di invio di forze speciali sia rispondente alle regole di svolgimento della missione nell'ambito dei limiti posti in relazione all'impiego dei militari italiani e quali siano questi limiti;
chi e per quale ragione abbia autorizzato l'impiego di forze speciali;
se e quando la presenza di probabili terroristi sia stata comunicata alle autorità afgane;
quale sia il contenuto delle comunicazioni e degli ordini di servizio relativi all'operazione di cui in premessa e delle trascrizioni delle conversazioni radio effettuate tra i componenti che hanno vi preso parte;
quanti proiettili, e con quale armamento, siano stati effettivamente sparati all'indirizzo dei talebani.
(4-08781)

BORGHESI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
è in essere un procedimento disciplinare che prevede la consegna di rigore per il maresciallo Vincenzo Bonaccorso, reo di aver partecipato a due convegni dell'Euromil rispettivamente a Bruxelles ed a Berlino;
il Maresciallo Vincenzo Bonaccorso in servizio presso la stazione dei carabinieri di Sarmeola di Rubano in provincia di Padova, è il fondatore dell'Associazione Pastrengo che nel 2007 è stata oggetto di revoca del nulla osta da parte del Ministero della difesa (requisito «sine qua non» in Italia per la nascita di un'associazione fra militari) per «possibile deriva sindacale» e quindi «possibili conseguenze giuridiche negative per i militari iscritti»;
la formula appare ormai ambigua. Sarebbe infatti opportuno cosa significa «possibile deriva sindacale del sodalizio»;
si dice cioè che la Pastrengo non ha posto in essere condotte sindacali (il che solo avrebbe in teoria legittimato il procedimento), ma presenta sintomi di pericolosa deriva sindacale. Così stando testualmente la motivazione, è agevole replicare che qualora questa tendenza dovesse concretizzarsi in condotte realmente sindacali, l'amministrazione sarà ben legittimata ad avviare un procedimento per la revoca dell'assenso. A parere dell'interessato questo al momento della revoca non ne aveva ancora titolo;
a dispetto di ciò, Bonaccorso chiedeva ed otteneva che l'Associazione entrasse a far parte dell'Euromil, l'Organizzazione europea delle associazioni militari, al cui proposito la legione carabinieri Veneto - compagnia di Padova - scrive che «da ricerche effettuate Euromil si identificherebbe in un'associazione europea di organizzazioni militari che conta la partecipazione di circa 30 associazioni militari provenienti da 24 paesi con la finalità di rappresentare i diritti e gli interessi personali degli iscritti»;
a seguito di ciò il segretario generale dell'Euromil Mr. Emmanuel Jacob provvede ad indire una petizione con raccolta di firme che in pochi giorni tocca quota 500 aderenti ed a cui aggiunge una propria dichiarazione, spiegando gli scopi dell'organizzazione che presiede, nonché facendo presente che questo genere di procedimento disciplinare, questa volta sì lesivo di diritti ed interessi personali, va giusto a cozzare contro una selva di protocolli e documenti europei ed internazionali firmati, anche dal Governo italiano quali la Dichiarazione universale dei diritti umani (Onu, 1948), gli articoli 20 e 23 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), l'articolo 8 del Patto internazionale sui diritti politici e civili (1966), l'articolo 22 del Patto europeo sui diritti e la protezione degli esseri umani e delle loro libertà fondamentali (1950), l'articolo 11 del Trattato sociale europeo (1961 rivisto e aggiornato nel 1996), l'articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000), l'articolo 12 del Trattato di Parigi per una nuova Europa (1990), ma soprattutto la libertà di associazione e assemblea pacifica sancita dall'OSCE per quel che concerne gli

aspetti politico-militari di sicurezza (Budapest 1994, capitolo VII, paragrafo 32);
la questione attira l'attenzione dell'OSCE che si mobilita: nella figura di Mr. Robert-Jan Uhi, capo del dipartimento dei diritti umani, che ravvisa una lesione proprio di quei diritti umani che da sempre vengono negati agli appartenenti delle forze militari italiani;
non va poi ignorata la raccomandazione del Consiglio d'Europa n. 1742 del 2006 sui diritti umani dei membri delle Forze armate e gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana;
sul tema dei diritti dei militari, l'Associazione degli ufficiali svedesi, indignati da quanto avvenuto, a sua volta ha provveduto ad inviare una lettera di protesta all'ambasciata italiana di Stoccolma in merito alla consegna di rigore inflitta a Bonaccorso e sembra che le associazioni militari di altre nazioni europee siano in procinto di fare altrettanto -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire in modo da concedere una reale difesa dei diritti ai lavoratori in divisa e da evitare che i procedimenti disciplinari a carico del Maresciallo Bonaccorso abbiano ulteriore corso.
(4-08791)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il maresciallo di 1a classe Manlio Davide Mario Ferrario è un militare dell'Aeronautica militare che ha operato nella missione joint guardian, in Kosovo a Gjakova dal 5 novembre 1999 al 6 maggio 2000 per 187 giorni continuativi, durante il quale è rimasto vittima di incidente stradale in itinere su mezzo militare le cui conseguenti lesioni all'integrità fisica richieste con istanza dell'ottobre 2001 sono state riconosciute dipendenti da causa di servizio con atto del Comitato verifica cause servizio n. 2515 nell'adunanza n. 519 in data 22 settembre 2008. Il militare è in attesa della determinazione per il riconoscimento di un'altra patologia sofferta, richiesta con istanza del 31 gennaio 2002, il cui procedimento si protrae ben oltre i termini di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001, nonché in spregio alla sentenza n. 995 emessa in data 6 aprile 2010 dal T.A.R della Lombardia di Milano (non appellata) che vede soccombente il Ministero della difesa e dispone per l'adempimento per la cui mancata esecuzione è stato instaurato a cura del medesimo militare, un nuovo contenzioso per giudizio di esecuzione/ottemperanza con gravame n. registro generale n. 1807 del 4 agosto 2010;
il maresciallo Ferrario ha in corso di riconoscimento la richiesta di dipendenza da causa di servizio di ulteriori diverse patologie croniche sofferte ed una ferita/lesione occorsa in servizio in itinere sul territorio nazionale;
il militare è stato congedato il 25 aprile 2008 per asserito superamento del periodo massimo di malattia nel quinquennio, includendo nel conteggio il periodo di aspettativa riconosciuto si dipendente da causa di servizio ed il periodo relativo alla ferita e lesione che non può esservi incluso fino a completa guarigione senza mai essere stato sottoposto alle previste visite mediche ed è stato successivamente riassunto in servizio a seguito di ordinanza n. 1335 del 2008 emessa dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia di Milano in data 4 settembre 2008 in accoglimento dell'istanza cautelare proposta avverso l'impugnazione del congedo;
tale ordinanza sospensiva favorevole al militare è tuttora in vigore in quanto eseguita (non impugnata) dal Ministero e mai revocata dal Tribunale che l'ha emessa e che ha ancora in pendenza il gravame proposto rubricato al R.G. n. 1398/08;
ciò non di meno, non tenendo in dovuta considerazione le due esistenti pronunce

Amministrative, una favorevole al militare (ordinanza sospensiva n. 1335) ed una sfavorevole al Ministero (sentenza di condanna n. 995) e ancora non tenendo in considerazione l'avvenuto riconoscimento della causa di servizio richiesta nel 2001 e concessa nel 2008 da parte del Ministero, l'Amministrazione militare ha comunque nuovamente posto in congedo il maresciallo Ferrario con telegramma prot. M-D/GMILII/6/1/2010/0246678 datato 11 maggio 2010 ancora con l'incredibile medesima decorrenza del 25 aprile 2008 senza alcuna motivazione contenuta nel documento, ripristinando gli effetti del primo atto di congedo oggetto della citata ordinanza del tribunale amministrativo regionale;
il militare di cui si tratta è stato congedato dalla direzione generale del personale militare nel 2008 sulla base di documentazioni redatte dal comando del 6o Stormo di Ghedi che non era il comando di Corpo da cui dipendeva gerarchicamente, mentre nello stesso periodo il legittimo comando di Corpo (centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica di Pratica di Mare) dichiarava il militare essere in regolare aspettativa per malattia con atti dispositivi nn. 125 e 126 del 2008 partecipati al militare;
sempre detto comando del 6o stormo ha redatto l'atto dispositivo di collocamento in aspettativa n. 156 del 2008 (tra l'altro sbagliando anche il conteggio ivi riportato) riguardante il Ferrario firmandolo e trasmettendolo a diverse articolazioni di forza armata ed estranee alla medesima quando era totalmente incompetente a firmarlo non avendo in forza effettiva il sottufficiale, senza neanche indirizzare e notificare all'interessato l'atto medesimo;
detto sottufficiale non è mai stato visitato da medici militari per l'indispensabile accertamento e per la dichiarazione della sua idoneità o inidoneità al servizio militare incondizionato, né prima dell'atto di congedo del 2008 (in imminenza del sopraggiungere del massimo periodo di aspettativa fruibile) né all'atto della riammissione in servizio avvenuta nel febbraio 2009 anche se espressamente previsto dal telegramma di reintegro della direzione generale per il personale militare del 18 febbraio 2009 e neppure all'atto del nuovo congedo reiterato con atto dell'11 maggio 2010;
il maresciallo Ferrario è stato visitato solo per la definizione del provvedimento medico-legale relativa alla patologia meningoencefalite linfomonocitaria in data 29 maggio 2008 (a congedo oramai avvenuto) dalla commissione medica ospedaliera (C.M.O.) del dipartimento militare di medicina legale (D.M.M.L.) di Milano - peraltro, come se fosse ancora personale in servizio effettivo - senza esperire alcuna istruttoria, solo a seguito di Ordinanza Sospensiva n. 439 emessa il 13 marzo 2008 dal tribunale di Milano visto il gravame proposto registro generale n. 469/08 avverso il diniego espresso all'istanza di riconoscimento di dipendenza da c.s.o. avanzata nel 2005;
in tale occasione è stato emesso verbale mod. ML-AB n. 385/2008 omissivo di ogni indispensabile determinazione afferente al quadro relativo alla pensione privilegiata (obbligatorio per il personale in quiescenza quale era il Ferrario alla data di visita) e dichiarante il militare «non idoneo temporaneamente al s.m.i. per altra patologia» senza definire, come d'obbligo, su quale patologia si fondava il giudizio e la durata della «temporaneità» del provvedimento, risultando così tale certificazione medica senza una diagnosi, senza una prognosi e senza una data di scadenza; detto verbale 385 è stato impugnato in merito al giudizio di inidoneità con ricorso alla commissione sanitaria di II grado la quale comunque in violazione di legge non ha provveduto alla dovuta convocazione a visita medica; convenuto nel merito in giudizio dinanzi al T.A.R. di Milano con ulteriore ricorso proposto rubricato al registro generale n. 2862/08 il Ministero è stato condannato anche alla rifusione delle spese ed onorari con sentenza n. 1890 emessa in data 12 marzo

2009, nonostante tutto ciò non ha comunque provveduto a convocare a visita presso la Commissione Medica Ospedaliera di II grado il militare per la visita tesa all'accertamento dell'idoneità al s.m.i.;
il maresciallo Ferrario è stato sottoposto a visita medica di controllo domiciliare mentre era in malattia nel mese di gennaio 2008 (prima di essere collocato in congedo) a seguito della quale è stato dichiarato non in condizioni di riprendere il servizio senza indicare quale patologia era stata riscontrata che giustificasse il provvedimento, nonostante le ripetute richieste del visitando;
il 15 settembre 2009 l'amministrazione militare ha redatto a carico del sottufficiale il modello sanitario GL (necessario e previsto dalla direttiva della sanità militare prot. N. 5000/07) nuovamente senza indicare una diagnosi, senza la firma del medico militare redigente e soprattutto senza sottoporre il Ferrario a nessuna visita medica diretta, detto modello GL è stato partecipato al dipendente agli inizi del mese di dicembre 2009 (trasmesso dal centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica - C.N.M.C.A. - con lettera del 27 novembre 2009 a seguito di istanza di accesso agli atti prodotta in ottobre) asseritamente necessario per le visite mediche per provvedimento medico-legale programmate il 14 settembre, 26 ottobre e 25 novembre, tutte antecedenti non solo alla partecipazione del modello GL (dicembre 2009) ma anche antecedenti alla data di riferita redazione (15 settembre 2009); prefato Modello GL non risulta essere stato neanche ricevuto ed agli atti della commissione medico ospedaliera del dipartimento militare medicina legale (decreto ministeriale M.L.) di Milano;
nei confronti del maresciallo Ferrario non viene redatta la documentazione caratteristica dal 31 dicembre 2004 e ciò anche senza fornire nessuna risposta alle richieste di spiegazione inviate non solo dal militare dipendente ma anche a quelle inviate dall'avvocato Zaccaglino nominato dal medesimo militare quale legale di fiducia;
al maresciallo Ferrario è stata negata la possibilità di fruire delle cure termali per l'anno 2008, alle quali aveva innegabilmente diritto: per tale motivo il Ministero della difesa è stato nuovamente citato dinanzi al tribunale amministrativo regionale di Milano dove è stato condannato con la sentenza n. 3574, emessa in data 23 aprile 2009, non avversata e non eseguita, a cui il sottufficiale ha dovuto far seguire una nuova citazione per l'esecuzione/ottemperanza e per la nomina di Commissario ad acta (in merito è stata emessa sentenza n. 5679 in data 18 dicembre 2009 nella quale viene riconosciuto il diritto ad avere risarcimento danni);
nei confronti del sottufficiale non venivano redatti gli «specchi mensili riepilogativi dell'attività lavorativa svolta» sin dal luglio 2004 non espletando i conteggi orari dell'attività di servizio, nonostante reiterate richieste rimaste inevase. Anche in questo caso il Ministero della difesa è stato citato in giudizio e successivamente condannato con la sentenza n. 5208 in data 28 ottobre 2008, ancora una volta non eseguita rendendo necessaria un'ennesima azione ad agire dinanzi al medesimo tribunale per giudizio di esecuzione/ottemperanza per la nomina di un commissario ad acta disposta con ordinanza n. 109/09 del 22 gennaio 2009, con cui è stato nominato il prefetto di Milano. La incompleta esecuzione degli adempimenti ordinati ha comportato nel merito l'emissione della sentenza n. 1351/09 in data 20 febbraio 2009 nella quale il tribunale amministrativo regionale dà atto che con esplicita dichiarazione resa al prefetto di Milano l'amministrazione ammette di non poter documentare il servizio svolto dal maresciallo Ferrario, non potendo così effettuare l'attestazione del servizio svolto dal militare; in merito a ciò i parziali conteggi effettuati e consegnati al commissario sono stati, oltre che impugnati al T.A.R. con plurimi gravami, anche contestati all'amministrazione ma non ancora

rielaborati. Il militare quindi è stato posto in congedo senza che fosse definito l'orario di servizio svolto dal medesimo alle dipendenze dell'amministrazione datoriale;
consta agli interroganti che il maresciallo Ferrario ritrovandosi, per effetto di tutte le violazioni sopra indicate, congedato per la seconda volta nel 2010 con effetto dal 2008 non percepisce né l'emolumento stipendiale e neppure il trattamento di quiescenza - privilegiato - di cui ha diritto, e che il medesimo militare, vista la costretta indigenza, è fermamente intenzionato ad attuare ogni forma di protesta, civile e non violenta senza escludere la possibilità di recarsi direttamente all'indirizzo del Ministro interrogato per vedersi sostenere economicamente assieme alla propria prole;
il Ferrario è rimasto in forza effettiva organica al teleposto meteorologico di Monte Bisbino (Como), sua sede di servizio, dipendente dal Comando di Corpo del centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica di Pratica di Mare, percependo regolare stipendio fino al mese di agosto 2010 come da busta paga, nella relazione che il ministro interrogato ha presentato al Parlamento viene invece chiaramente dichiarato che detto teleposto è stato chiuso nel corso dell'anno 2009 contrastando ciò con il mantenimento della sede di servizio -:
quali siano i motivi di inosservanza dei giudicati amministrativi emessi dal tribunale amministrativo regionale adito dal militare di cui in premessa, dell'inserimento nel conteggio del periodo di comporto effettuato della malattia, derivante da dipendenza da causa di servizio riconosciuta dipendente dal servizio, dell'inserimento in detto computo di ulteriore periodo derivante da ferita/lesione in infortunio in itinere mai definita dall'amministrazione, e che non può essere inclusa nel conteggio fino a completa guarigione per disposizione di legge;
quali siano i motivi che hanno permesso all'amministrazione militare di dichiarare come avvenuto il superamento del periodo di massima aspettativa per malattia fruibile dal militare nel quinquennio e quindi disporne il relativo congedo, quando dinanzi al commissario ad acta, prefetto di Milano, e nel giudizio amministrativo dinanzi al tribunale amministrativo regionale di Milano (sentenza n. 1351/09) ha dichiarato di non poter certificare il servizio espletato dal sottufficiale in un periodo di tempo incluso nel medesimo quinquennio di riferimento, di non aver riesaminato la situazione sanitaria ed il conteggio del periodo di comporto dopo l'avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia per la quale il militare era in malattia, nella vigenza dell'ordinanza sospensiva accolta n. 1335/08 emessa dal tribunale amministrativo di Milano;
per quali motivi sia stato redatto il previsto modello GL solamente in data 15 settembre 2009, senza indicazione della diagnosi obbligatoria senza la firma obbligatoria del medico militare e senza esecuzione della visita medica diretta da parte del personale medico militare;
quali siano i motivi per i quali il militare non viene scrutinato per l'avanzamento al grado superiore per le aliquote di avanzamento formate per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009 nonostante le disposizioni impartite dalla direzione generale per il personale militare (D.G.P.M.) in generale e nello specifico nel 2006 per la ricostruzione di carriera ancora non eseguita nonostante la sentenza del TAR Lazio n. 2378 del 30 marzo 2005;
se il Ministro interrogato fosse al corrente del caso specifico e delle pronunce, anche recentissime, già emesse per casi analoghi (sentenze del Consiglio di Stato nn. 4055/03 del 13 maggio 2003 e 4854/09 del 31 luglio 2009 e sentenza della Corte dei Conti Lazio n. 76 del 17 febbraio 1999), sussumibili a quello di cui si tratta, che hanno visto soccombente il Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero della difesa proprio nel caso di avvenuto congedo senza la indispensabile determi

nazione degli organi sanitari militari in merito all'accertata inidoneità al s.m.i. di personale avente c.s.o, riconosciute dipendenti e di verbali medici viziati;
quali immediate iniziative intenderà adottare per offrire la massima tutela consentita al maresciallo Ferrario e quali iniziative invece intenderà adottare nei confronti di coloro che con comportamenti omissivi e/o commissivi si sono resi eventualmente responsabili della situazione esposta in premessa, nella considerazione che alla data odierna (sempre in violazione della legge) il maresciallo Ferrario ritrovandosi, per effetto di tutte le violazioni sopra indicate, congedato per la seconda volta nel 2010 con effetto dal 2008 non percepisce né l'emolumento stipendiale e neppure il trattamento di quiescenza privilegiato.
(4-08800)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni è stato dato grande risalto all'annuncio del Ministero dell'economia e delle finanze relativamente all'approvazione, da parte della Banca d'Italia, del regolamento del fondo di investimento per le piccole e medie imprese, ampliando la sua dotazione da 1,2 miliardi di euro con l'ingresso di nuove banche tra i sottoscrittori;
è certamente un fatto positivo che vi siano nuovi fondi dedicati al sostegno di imprese italiane in difficoltà, ma vi è da rilevare come questo intervento sia rivolto solo ad aziende con fatturato tra i 10 e i 100 milioni di euro, per cui è evidente che con questi parametri molte delle imprese che sono per denominazione e caratteristiche piccole e medie imprese ne rimangono escluse a vantaggio delle aziende di maggiori dimensioni;
la Commissione europea ha stabilito, attraverso un'apposita raccomandazione del 2003, cosa si intenda per piccole e medie imprese, precisando, tra i diversi parametri, che si definisce piccola un'azienda al di sotto dei 10 milioni di euro di fatturato e media al di sotto dei 50 milioni di euro di fatturato;
fondo di investimento per le piccole e medie imprese quindi, di fatto, non aiuterà alcuna piccola impresa, mentre solo qualche media impresa potrà ottenere sostegni dal fondo stesso -:
se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza volta ad allargare i criteri di investimento e prendere in considerazione un progetto innovativo davvero a sostegno di tutte le piccole e medie imprese italiane, cuore pulsante dell'economia ed eccellenze di nicchia in molti mercati, al fine di acquisire competitività e anche di sopperire ai gravi ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione, sostenendo i processi di patrimonializzazione di tutte le piccole e medie imprese, finalità prioritaria del fondo in questione.
(5-03470)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
stando ai dati raccolti in un'analisi dell'Osservatorio nazionale Federconsumatori, le famiglie italiane subiranno nuovi aumenti delle tariffe per il prossimo autunno-inverno. Secondo lo studio, la crescita di prezzi e tariffe per il 2010, aggiornata alla luce degli ultimi andamenti, comporterà per le famiglie italiane un aggravio di ben 1.118 euro rispetto al 2009. La voce più pesante per le tasche dei cittadini sarà quella relativa al riscaldamento. «Ci sarà inevitabilmente un nuovo abbattimento del potere di acquisto delle famiglie, già duramente provato dalla

grave crisi che il Paese sta attraversando da molto tempo, afferma Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori»;
guardando ai dati relativi alla contrazione del potere di acquisto delle famiglie «emerge chiaramente la drammaticità della situazione: dal 2007 al 2010 la caduta è stata di ben il 9,6 per cento, rileva Trefiletti, che ritiene sia «indispensabile agire con determinazione avviando un processo di detassazione per le famiglie a reddito fisso ed operando un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe». Secondo l'analisi di Federconsumatori, nell'autunno 2010 chi viaggia in aereo sarà costretto ad affrontare un aumento di 65 euro per le tariffe aeree ed aeroportuali, mentre chi preferisce il treno dovrà essere pronto a sborsare 65 euro in più. Anche muoversi in auto sarà più costoso, dato che il pedaggio autostradale crescerà di 60 euro e il prezzo dei carburanti inciderà per 120 euro. Possedere un'auto e, quindi, assicurarla, costerà 159 euro in più. È vero che c'è sempre la possibilità di spostarsi con i mezzi pubblici, ma anche questa voce di spesa aumenta di 32 euro;
quando poi le temperature scenderanno non si potrà certa risparmiare sul riscaldamento, i cui costi crescono di 140 euro, mentre anche il gas aumenterà di 107 euro. I derivati del petrolio (e quindi detersivi, plastiche e prodotti per la casa) costeranno 82 euro in più e aumenteranno anche la spesa per l'acqua (19 euro) e per i rifiuti (38 euro). Unica voce positiva quella relativa alle tariffe elettriche, che scendono di 15 euro. Sarà più caro anche andare a scuola: per i libri è previsto un rincaro di 36 euro. Nessuna buona notizia neanche sul fronte delle banche: i servizi bancari, infatti, crescono di 30 euro, mentre per i mutui gli italiani dovranno spendere 65 euro più dell'anno passato. Infine, fare ricorso a multe e contenziosi costerà 55 euro in più e le addizionali locali cresceranno di 60 euro. La somma finale a carico delle famiglie, secondo le associazioni dei consumatori, sarà 1.118 euro -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire alle famiglie italiane una maggiore sostenibilità degli aumenti che le coinvolgeranno nel prossimo autunno.
(4-08768)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
un cittadino italiano informa che in certi sportelli delle filiali di Poste italiane di Grosseto per pagare i bollettini o riscuotere una pensione esiste all'entrata un totem che fornisce i numerini. Esiste anche un tasto di questo totem riservato ai correntisti delle poste;
chi doveva pagare un bollettino (semplice cittadino e non correntista) ha preso il numerino e dopo un certo tempo di fila è arrivato il suo turno. Nell'attesa del turno ha visto che persone entrate dopo di lui sono uscite molto prima. Ha chiesto il motivo ed è emerso che il correntista ha la precedenza. Questo senza l'esistenza di uno sportello riservato. Quando ci si reca in una banca, invece, correntista o meno, la fila viene rispettata come in qualsiasi altro posto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se considerato quanto sopra, non ritenga opportuno assumere iniziative presso le Poste italiane Spa, in modo da rivedere e unificare i servizi alla persona in modo equo e solidale.
(4-08804)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la signora Carla Venturelli sta cercando da 7 anni di conoscere se sua

madre abbia perso la vita durante un intervento chirurgico solo per la pinzatura della coronaria o anche per una trasfusione sbagliata durante la medesima operazione avvenuta presso uno dei più noti ospedali di Alessandria, la casa di cura «Città di Alessandria»;
dopo tre anni non si conosce se il procedimento sia stato riaperto o meno, e così come i medici hanno volutamente tenuto all'oscuro i familiari di fatti gravissimi, anche il magistrato della Procura di Alessandria, non ha ritenuto di dover mai convocare né loro né i testimoni durante il procedimento, nemmeno dopo l'archiviazione, quando si sono opposti avendo loro rinvenuto un documento con il numero di sacca sbagliato -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire al fine di fare chiarezza sui fatti avvenuti mediante un'apposita iniziativa ispettiva ove sussistano i presupposti di legge.
(5-03469)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, la mattina del 21 settembre 2010 un detenuto marocchino 22enne di nome Naib, detenuto nel carcere Santa Maria Maggiore (VE), si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella;
l'uomo aveva già tentato più volte di togliersi la vita, tanto da essere sottoposto al regime di «grande sorveglianza», accorgimento che tuttavia non è bastato a impedire la tragedia;
da inizio anno a livello nazionale salgono così a 45 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (38 impiccati, 5 asfissiati col gas, 1 morto dissanguato dopo essersi tagliato le vene e 1 avvelenato con dei farmaci), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 126 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.686, di cui 603 per suicidio);
sempre nel corso del 2010 sono avvenuti altri 3 suicidi di persone «detenute», seppur non ristrette in carcere: Tomas Goller, semilibero di 43 anni, che si è ucciso impiccandosi ad un albero in un bosco in provincia di Bolzano per il timore di dover tornare in carcere; Rodolfo Gottardo, detenuto in libertà vigilata che si è ucciso davanti ai carabinieri che dovevano riportarlo in carcere e Yassine Aftani, un tunisino di 22 anni che si è impiccato a nella «camera di sicurezza» della questura di Agrigento dopo aver appreso la notizia che sarebbe stato rimpatriato -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità nella morte del detenuto avvenuta nel carcere di Santa Maria Maggiore;
in particolare, se non intenda verificare se ed in che misura il detenuto morto suicida disponesse di un adeguato supporto psicologico;
se non si ritenga oramai indifferibile fornire elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei Centri di identificazione ed espulsione in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale, anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;

se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative, anche normative, per favorire il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri e dei Centri di identificazione ed espulsione siano garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08774)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, il pomeriggio del 23 settembre 2010, Bruno Minniti, 23enne, detenuto nel carcere di Reggio Calabria, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella;
il giovane era stato arrestato l'8 aprile 2010 nel corso di un'operazione contro lo spaccio di droga nella città dello stretto ed era ancora in attesa di primo giudizio;
da inizio anno a livello nazionale salgono così a 46 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (39 impiccati, 5 asfissiati col gas, 1 morto dissanguato dopo essersi tagliato le vene e 1 avvelenato con dei farmaci), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 127 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.687, di cui 604 per suicidio). Da notare la giovane età degli ultimi 3 detenuti suicidi: due avevano 22 anni e uno 23;
a tutto ciò occorre doverosamente aggiungere altri 3 suicidi di persone «detenute», seppur non ristrette in carcere: Tomas Goller, semilibero di 43 anni, che si è ucciso impiccandosi ad un albero in un bosco in provincia di Bolzano per il timore di dover tornare in carcere; Rodolfo Gottardo, detenuto in libertà vigilata che si è ucciso davanti ai carabinieri che dovevano riportarlo in carcere e Yassine Aftani, un tunisino di 22 anni che si è impiccato nella «camera di sicurezza» della questura di Agrigento dopo aver appreso la notizia che sarebbe stato rimpatriato -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità nella morte del detenuto avvenuta nel carcere di Reggio Calabria;
in particolare, se non intenda verificare se ed in che misura il detenuto morto suicida disponesse di un adeguato supporto psicologico;
se non si ritenga oramai indifferibile fornire elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei Centri di identificazione ed espulsione in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari

e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative, anche normative, per favorire il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri e dei Centri di identificazione ed espulsione siano garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08775)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Sicilia del 18 settembre 2010 è apparso un articolo intitolato: «Stato di agitazione della Polizia Penitenziaria contro turni di lavoro troppo pesanti»;
l'articolo spiega perché le condizioni di lavoro del reparto di polizia penitenziaria di Ragusa sono giunte al limite della tolleranza;
in una nota, il segretario generale provinciale della Fns-Cisl, Biagio Canieri, ha spiegato che «un compito istituzionale fondamentale per la sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini, quello di garantire l'esecuzione penale di coloro che delinquono risulta gravemente ignorato dagli organi governativi competenti, Una gravissima carenza di organico su base regionale, oltre che nazionale, costringe gli operatori di polizia a svolgere turni di servizio pesanti, stressanti e privi della necessaria sicurezza per l'incolumità personale degli agenti e dell'intero penitenziario. Gli ultimi due anni di Governo si sono caratterizzati per le reiterate promesse di assunzione di almeno 2000 nuovi agenti e della costruzione di nuovi penitenziari, proclami sino ad oggi totalmente disattesi. Tale grave condizione lavorativa è ancor di più avvalorata dal fatto che, oggi, nemmeno il pagamento del lavoro straordinario è garantito presso la casa circondariale di Ragusa» -:
quali iniziative intenda intraprendere per il potenziamento della dotazione organica della polizia penitenziaria nelle carceri siciliane;
se non ritenga opportuno attivare le procedure necessarie alla regionalizzazione dei concorsi per l'arruolamento degli agenti di polizia penitenziaria;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di diminuire il disagio della condizione degli agenti di polizia penitenziaria in relazione ai turni, alla fruizione delle ferie, alla formazione e a un eccessivo carico di responsabilità;
se non ritenga opportuno agevolare il trasferimento in Sicilia degli agenti di polizia penitenziaria siciliani che lavorano fuori dalla propria regione, ed evitare invece che i nuovi sovrintendenti siano costretti a emigrare o a rifiutare la promozione pur di rimanere in Sicilia.
(4-08776)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 18 settembre 2010 il segretario del sindacato degli agenti di polizia penitenziaria Fp-Cgil, dottor Maurizio Serra, ha emesso il seguente comunicato: «Abbiamo appreso dagli organi di informazione della visita del Capo Dipartimento e abbiamo atteso invano per l'occasione un segnale, almeno un cenno, che rianimasse il solenne impegno preso dal medesimo con le parti sindacali oramai nel lontano novembre 2009 di potenziamento degli organici. Noi per carattere e temperamento non siamo dei guastafeste, tutt'altro, ma riteniamo

doveroso abbattere il velo di ipocrisia che ha avvolto quest'ultima iniziativa oscurando i veri termini della questione. Si inaugurino pure nuove attività e il campetto di calcio, ci mancherebbe, ma si dica pure con altrettanta chiarezza come si intenda far funzionare la struttura con un personale ridotto ai minimi termini, ovvero a 25 unità compreso il Comandante di Reparto! Noi non ci stancheremo di »martellare« l'Amministrazione sulla necessità di inviare del personale aggiuntivo in missione, come già è avvenuto altrove in situazioni di emergenza analoghe. Non ci vorremmo ritrovare a breve a dover registrare l'ennesimo »incidente«, magari più grave, esercitandosi disinvoltamente nell'individuazione del capro espiatorio di turno. Ironia della sorte, la struttura è teatro di continui transiti di minori a vario titolo, anche questo stillicidio di assegnazioni deve se non cessare almeno ridursi drasticamente» -:
se non intenda urgentemente rivedere il numero degli agenti di polizia penitenziaria attualmente assegnato presso l'istituto di pena bolognese, posto che lo stesso risulta attualmente gravemente sottodimensionato.
(4-08778)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in una regione come il Lazio, quarta in Italia per numero di detenuti e con un sovraffollamento penitenziario che sfiora il 40 per cento, due strutture carcerarie all'avanguardia che potrebbero ospitare oltre 300 detenuti, realizzate a Rieti e Velletri, restano inesorabilmente chiuse o sottoutilizzate per la mancanza degli agenti di polizia penitenziaria necessari a farle funzionare;
nel carcere di Velletri - entrato in servizio nel 1992, che attualmente ospita 365 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 208 - è stato da tempo ultimato, su un'area di 12 ettari, un nuovo padiglione con 16 celle di 19 metri quadri (ognuna delle quali dotate di bagno e doccia) ed una per portatori di handicap, per piano, per un totale di circa 200 nuovi posti. Il padiglione (costato 8,6 milioni di euro) è in grado di raddoppiare la capienza dell'istituto ed alleviare il sovraffollamento della struttura. Tuttavia, ad oggi, nessuno ancora parla di aprire il nuovo padiglione;
secondo quanto dichiarato dal Garante per i diritti dei detenuti del Lazio, avvocato Angiolo Marroni: «All'inizio il problema era legato all'allaccio della struttura al depuratore, poi risolto. Oggi, invece, il nodo è la mancanza degli agenti di polizia penitenziaria necessari a far funzionare il padiglione visto che, come detto dalle organizzazioni sindacali di categoria, a Velletri vi sarebbero gravi carenze di organico quantificabili in alcune decine di unità in meno».
l'emergenza carceri in Italia si potrebbe affrontare cominciando col rendere pienamente operative le strutture esistenti e inutilizzate, usando i fondi altrimenti destinati alla costruzione di nuove carceri per reintegrare il personale che manca. Si sono persi due anni a discutere dei piani straordinari di edilizia carceraria e di project financing quando, invece, basterebbe molto meno per migliorare il sovraffollamento e la qualità della vita in carcere -:
cosa impedisca l'apertura delle nuove strutture carcerarie di Rieti e Velletri che potrebbe immediatamente consentire il trasferimento dei detenuti evitando loro di vivere nel degrado dei luoghi che oggi li ospitano, che, per la situazione di sovraffollamento, stanno infliggendo a persone già private della libertà una pena aggiuntiva inutile e offensiva della dignità umana.
(4-08779)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Repubblica del 18 settembre 2010 è apparso un articolo intitolato: «Sulla morte di un detenuto disabile...debilitato dall'infermità e dal malanni»;
dal citato articolo, che si riporta integralmente, è dato apprendere quanto segue: «Di carcere, in carcere, si continua a morire. Alle 7.58 di giovedì gli agenti della penitenziaria, poi pronti a dire che «alla conta della mezzanotte era tutto a posto», hanno trovato senza vita un detenuto calabrese debilitato dall'infermità e dai malanni, dal non starci più con la testa, dallo stare a centinaia di chilometri dalla famiglia. Era accasciato sulla sua sedia a rotelle in una cella a due posti del padiglione A del Lorusso e Cutugno, quarto piano, sezione ad alta sicurezza e a sorveglianza più stretta, in teoria. Non respirava più, è uscito di galera con i piedi davanti. Si chiamava Placido Caia, aveva 64 anni, stava scontando una pena per associazione mafiosa, ritenuto un uomo di punta della 'ndrangheta di Seminara, già condannato anche per sequestro. »Il predetto - recita testualmente comunicazione fatta avere alla vedova, Maria, attraverso i carabinieri - è deceduto presso questo istituto per cause presumibilmente naturali tuttora in corso di accertamento«. I familiari e i legali non la fanno così semplice. Al contrario. Sono arrabbiati, agguerriti, decisi a scavare a fondo. Oggi arriveranno a Torino per presentare un esposto denuncia contro il carcere, i medici, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. E affiancheranno i loro consulenti agli specialisti indicati dalla procura per autopsia e esami tossicologici. »Sono troppe le cose che non tornano, da cui discendono responsabilità gravi«, ripete l'avvocato Domenico Putrino, mentre dalle Vallette arrivano solo «no comment». «Caia dentro non ci doveva stare. Era invalido al cento per cento, non autosufficiente, bisognoso di quotidiana assistenza». Solo poche ore prima del decesso, mercoledì, il difensore aveva inviato un preoccupato fax alla direzione per chiedere conto delle condizioni dell'assistito e sollecitare una copia della cartella clinica. «Nel 1978 - ricorda l'avvocato - si era dato fuoco, in un altro istituto, per respingere l'accusa di sequestro, Da allora, ustionato e inabile, con mille altri malanni fisici e mentali, non era più lui. Per dieci anni ha avuto il differimento della pena, per motivi di salute». Poi è stato riarrestato ed è cominciata la girandola di trasferimenti. Secondigliano. Sulmona. Torino, a fine giugno. «Non abbiamo mai saputo il perché di tutti questi spostamenti. E per capire come è stato trattato basti dire che, all'ultimo viaggio, la sua sedia a rotelle è rimasta a Sulmona» Non è tutto. «È strano che fosse sulla carrozzina e non in branda«. E ancora: »I parenti lo hanno incontrato per l'ultima volta a luglio, poi è stato detto loro che aveva scritto una dichiarazione per rifiutare i colloqui. Essendo analfabeta, non avrebbe potuto farlo»;
non appare chiaro quanti siano esattamente i disabili detenuti nelle carceri italiane dal momento che non risulta esista un sistema di monitoraggio nazionale sulle condizioni di salute sui carcerati; al momento risultano essere quattro, le sezioni attrezzate per i «minorati fisici», 143 posti in tutto, di cui molti ancora inagibili; sette risultano le sezioni per disabili motori, per un totale di una trentina di posti;
accade spesso che chi varca la soglia di un carcere, porta con sé gli esiti di un trauma o di una malattia che hanno ridotto le sue capacità motorie o mentali;
appare incredibile e inaccettabile che, a fronte di una popolazione carceraria che ha superato ormai le 66 mila unità, vi siano meno di duecento posti riservati ai disabili fisici e disabili motori, che una quantità di detenuti con disabilità siano costretti a vivere in celle troppo strette, all'interno di istituti pieni di barriere architettoniche

e affidati in molti casi solo all'assistenza di agenti della polizia penitenziaria e compagni di cella -:
se non ritengano urgente avviare un'inchiesta amministrativa interna al fine di accertare se al detenuto Placido Caia sia stata garantita una adeguata assistenza sanitaria nel corso della sua detenzione;
se non si ritenga necessario e urgente realizzare un monitoraggio nazionale per accertare quanti siano i detenuti con disabilità fisiche e in quali carceri siano ristretti e se non si ritenga di doversi dotare di un sistema unitario di raccolta dati sull'indice della malattia in carcere; quante delle strutture con sezioni attrezzate per disabili fisici siano effettivamente funzionanti, quanti detenuti vi siano ricoverati; quante di queste sezioni siano inagibili e per quale ragione.
(4-08780)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in materia di coltivazione domestica di marijuana, il giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano, dottor Guido Salvini, ha emesso la seguente sentenza: «Tribunale di Milano, 13 ottobre 2009, il Giudice per l'udienza preliminare, dottor Guido Salvini, ha pronunziato la seguente sentenza nel procedimento penale nei confronti di: D. S. imputato del reato di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 perché, senza l'autorizzazione del Ministero della sanità, illegittimamente coltivava nel giardino della società D. Srl, alle cui dipendenze prestava la propria attività lavorativa, n. 7 piantine di marijuana, sostanza stupefacente di cui alla I tabella allegata. Con richiesta in data 12 maggio 2009 il Pubblico Ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di D. S. per rispondere del reato di cui all'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per aver coltivato, nel giardino della società D. Srl per la quale svolgeva attività lavorativa, 7 piantine di marijuana. L'intervento che ha portato alla scoperta e al sequestro delle 7 piantine è relazionato nella comunicazione di notizia di reato dei Carabinieri di Vaprio d'Adda in data 18 giugno 2007. Nel giardino della società gli operanti infatti rinvenivano 7 vasi in cui erano state messe a dimora altrettante piantine di marijuana che avevano raggiunto l'altezza media di 50/60 centimetri. I vasi risultavano subito essere stati collocati da S. D. il quale ammetteva di aver piantato le piantine senza informare il cugino W. D., titolare della società che si trattasse di marijuana. Quest'ultimo veniva infatti sentito e confermava che le piantine erano state portate circa un mese prima dal cugino Silvio il quale gli aveva detto che si trattava di menta piperita ed egli ci aveva creduto non essendo pratico di giardinaggio. Non aveva mai notato che il cugino curasse in modo particolare le piante anche se, avendo le chiavi dell'azienda, l'imputato ben avrebbe potuto andare ad innaffiarle e curarle di nascosto. Gli accertamenti effettuati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale Carabinieri di Milano e depositata in data 22 giugno 2007 confermavano che quanto sequestrato erano due piante maschili e cinque piante femminili di Cannabis sativa che avevano raggiunto l'altezza di circa 60 centimetri. Separate da ciascun fusto le foglie e le infiorescenze queste risultavano del peso netto complessivo di circa 34 grammi per le piante maschili e di circa 99 grammi per le piante femminili con la presenza di principio attivo puro rispettivamente di 0,154 grammi e 1,10 grammi. Sulla base di tali elementi deve essenzialmente valutarsi se l'attività contestata a D. rientri all'interno delle condotte sanzionate dall'articolo 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. È noto che, dopo contrastanti sentenze dei giudici di merito, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza in data 10 luglio 2008 ha stabilito che la condotta di «coltivazione» non è mai sottratta al rilievo

penale in quanto l'articolo 75, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 ricomprende nella figura dell'illecito amministrativo solo le condotte di importazione, acquisto e detenzione e non le altre condotte indicate dall'articolo 73 e cioè tra le altre la produzione, la fabbricazione, la raffinazione, la messa in vendita ed anche la «coltivazione» delle sostanze stupefacenti. Nella medesima sentenza la Suprema Corte, andando di contrario avviso rispetto a varie sentenze di merito, ha anche statuito che sarebbe arbitrario distinguere, ai fini di ricomprendere talune condotte minori nell'area dell'articolo 75, tra coltivazione tecnico-agricola e coltivazione domestica che potrebbe secondo alcuni rientrare nel genus della semplice detenzione. La coltivazione domestica infatti non avrebbe alcuna autonoma rilevanza giuridica in quanto ogni tipo di coltivazione avrebbe comunque l'effetto di accrescere la quantità di sostanza stupefacente presente in natura e la dizione «coltivazione» dovrebbe essere quindi intesa nel senso più ampio e senza eccezioni. L'assimilazione tout court della coltivazione industriale o semi-industriale della coltivazione della marijuana alla coltivazione «domestica» effettuata dalla Suprema Corte è assai discutibile sul piano ermeneutico. Infatti ogni espressione usata in un articolo di legge, soprattutto se di carattere non giuridico ma naturalistico, dovrebbe infatti essere interpretata alla luce dell'intera normativa di riferimento. Ed allora è utile ricordare ciò cui si riferiscono gli articoli 26 e seguenti dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 che contengono la disciplina amministrativa che regola le procedure di rilascio dell'autorizzazione ministeriale per la «coltivazione» (e la produzione) lecita, ad esempio a fini di studio, di piante contenenti principi attivi di sostanze stupefacenti. L'espressione «coltivazione» presente in tali articoli evoca chiaramente un'attività tecnico-agraria o imprenditoriale poiché si parla, ai fini dell'autorizzazione, di superficie di terreni, particelle catastali, locali destinati all'ammasso e si prevede che la coltivazione e la raccolta possano essere controllate periodicamente dalla Guardia di Finanza e dal personale del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste anche in relazione alla ubicazione ed estensione del terreno coltivato e alla natura e alla durata del ciclo agrario. Ciò può solo significare che la legge, quando parla di «coltivazione», ha per oggetto di riferimento un'attività in larga scala o quantomeno apprezzabile, destinata ex se all'utilizzo e alla circolazione presso terzi e non si riferisce invece a modesti quantitativi di piante messe a dimora in modo rudimentale in vasi e terrazzi. Se tale significato dell'espressione vale per gli articoli 26 e seguenti non può non valere anche per l'articolo 73, primo comma, che determina le sanzioni penali mentre la crescita domestica di alcune piante in vasi esce dal concetto di «coltivazione» risolvendosi, in assenza di circostanze di segno opposto, in una forma di detenzione senza acquisto da parte dell'agente che si procura da sé ed anche ripetutamente la sostanza. Del resto parlare in casi simili di accrescimento comunque della sostanza stupefacente presente in natura è abbastanza singolare su un piano di fatto solo se si rapportano gli artigianali tentativi in spazi e luoghi perlopiù non adatti alle effettive «piantagioni» che esistono in varie parti del mondo e forse anche in Italia, queste si tali da accrescere e moltiplicare sul piano naturalistico l'esistenza e la diffusione di una specie vegetale. In sostanza «coltivare» non significa allestire vasi e vasetti ma governare un ciclo di preparazione del terreno, semina, sviluppo delle piante e raccolta del prodotto. Senza forzare tuttavia il significato attribuito all'espressione «coltivazione» dalla recente sentenza della Suprema Corte, un risultato interpretativo non contrastante con la ratio e la funzione complessiva del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 può essere agevolmente raggiunto utilizzando il criterio della «offensività» di una condotta richiamato, tra le altre, dalla sentenza n. 360 del 24 luglio 1995 della Corte Costituzionale proprio in materia di coltivazione di piantine di stupefacenti.

Sotto tale profilo è irrilevante sul piano penale ogni condotta concretamente inidonea a ledere il bene protetto dalla norma, in questo caso il bene della salute di terzi. Nel quadro delineato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 infatti il bene protetto sul piano penale, non considerando il piano amministrativo, è certamente quello di evitare che le sostanze stupefacenti siano cedute a terzi e fatte circolare accrescendone così la diffusione. Bisogna quindi esaminare se la condotta di cui si è reso responsabile D., in base ai dati di fatto che emergono dagli atti, possa essere giudicata lesiva del bene che si intende proteggere o al contrario sia circoscrivibile all'interno di una detenzione ed uso personale sia pure con le modalità dell'auto-produzione comunque con una nulla o minima offensività del bene tutelato. Nel caso in esame non vi sono elementi che indichino, quantomeno in modo significativo, una destinazione della marijuana a terzi. Il numero di piantine era esiguo, il luogo ove si trovavano certo non indicativo di una attività di spaccio, non è nemmeno sicuro che le piantine (la Cannabis sativa può giungere sino a tre metri di altezza, come conferma la relazione della Sezione Investigazioni Scientifiche Carabinieri citata), avessero completato il loro ciclo di maturazione. Il principio attivo presente nelle infiorescenze raccolte dai Carabinieri era di non molto superiore ai limiti massimi indicati nelle Tabelle ministeriali previste dall'articolo 73, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e non è nemmeno certo che tutto il principio attivo contenuto nelle foglie e nelle infiorescenze fosse davvero recuperabile dall'imputato che disponeva certamente solo di tecniche rudimentali di «raccolta». Inoltre dagli atti, oltre al sequestro delle piantine, non emerge alcun altro elemento indiziario che indirizzi verso una volontà da parte di D. di cedere a terzi la sostanza raccoglibile e non è nemmeno irrilevante il fatto che egli sia del tutto privo di precedenti specifici e disponga di una regolare occupazione. In conclusione non vi è prova certa né suscettibile di sviluppi che la condotta ascritta a D. sia contrassegnata da una concreta offensività penale. Di conseguenza, in sintonia peraltro con altre pronunzie di questa sezione in casi analoghi deve essere emessa nei suoi confronti già in questa sede ex articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, sentenza non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato. Fermo restando, ad evitare equivoci, che la condotta lui ascritta non è né neutra né lecita ma comunque sottoposta alle sanzioni amministrative, anche serie, di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. P.Q.M. Visto l'articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, dichiara non doversi procedere nei confronti di D. S. in ordine al reato lui ascritto perché il fatto non costituisce reato, visto l'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 dispone la trasmissione di copia della presente sentenza e degli atti al Prefetto di Milano per l'applicazione delle sanzioni amministrative di sua competenza. Ordina la confisca e la distruzione di quanto ancora eventualmente in sequestro (motivazione depositata nel termine di 60 giorni indicato nel dispositivo). Milano, 13 ottobre 2009. Il Giudice Guido Salvini»;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali sarebbe inconcepibile una destinazione al mercato del ricavato;

anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare, ad avviso degli interroganti, davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
in data 24 luglio 2009 la prima firmataria del presente atto ha depositato il progetto di legge n. 2641 rubricato «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione della coltivazione domestica di piante dalle quali possono essere estratte sostanze stupefacenti o psicotrope»;
la citata proposta di legge intende modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere, come opportunamente evidenziato nel provvedimento adottato dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano, dottor Guido Salvini, la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione della prima firmataria del presente atto che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente, anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo unico sugli stupefacenti così come interpretato da un certo orientamento giurisprudenziale, nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se non ritengano di dover fornire dettagliati elementi in ordine agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge

n. 49 del 2006 e, in particolare, con riferimento a: a) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; b) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; c) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; d) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se, anche alla luce di sentenze quali quelle riportate in premessa, non reputino di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana, sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica», venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-08782)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che;
il giorno 26 settembre 2010 l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere (Radicali Italiani, Associazione «il Detenuto Ignoto», Associazione «Antigone», Associazione A «Buon Diritto», Redazione «Radiocarcere», Redazione «Ristretti Orizzonti») ha diffuso la notizia di un altro probabile suicidio in carcere; nella nota diffusa alla stampa si legge: «La vittima si chiamava Ajoub Ghaz, 26 anni, originario della Tunisia. Il fatto è accaduto nel primo pomeriggio di ieri (25 settembre) all'interno di una delle celle di detenzione del carcere di Montacuto ad Ancona, quando alcuni compagni di cella del tunisino hanno dato l'allarme. Immediato l'intervento dei sanitari, ma una volta nella cella i medici si sono resi subito conto che per il giovane detenuto non c'era più nulla da fare. Anche i ripetuti tentativi rianimatori non hanno dato alcun esito. Nel carcere è successivamente arrivato il dottore Luongo, della medicina legale dell'ospedale di Torrette, che ha effettuato una prima ispezione cadaverica. Stando alle modalità dell'episodio, agli indizi trovati sul posto, alle testimonianze e alle prime indagini, sembra sia emersa con forza su tutte le altre l'ipotesi di un mix fatale di farmaci. Tipologia e quantità non sono ancora state specificate, certamente una dose piuttosto robusta, tanto da stroncare la vita ad un giovane di appena 26 anni»;
il 27 settembre 2010, sempre l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere dava, con queste parole, la notizia dell'ennesimo suicidio nelle carceri: «Detenuto di 27 anni si impicca nel carcere di Belluno; è il 51o suicidio dell'anno; Mirco Sacchet, 27 anni, si è impiccato in una cella d'isolamento del penitenziario di Baldenich di Belluno. Aveva un cappio stretto al collo e l'altra estremità di un lenzuolo strappato legata ad una sbarra della sua cella. Così le guardie carceraria di Baldeninch hanno trovato ieri mattina Mirco Sacchet, classe 1983 di Cesiomaggiore. Erano da poco passate le 6 del mattino quando è stato lanciato l'allarme al medico di guardia permanente nella casa circondariale. Ma ogni soccorso si è rivelato del tutto inutile dal momento che il detenuto era già deceduto da almeno un'ora»;
in particolare, per quanto riguarda la C.C. - C.R. di Ancona, dalle visite effettuate nel corso dell'iniziativa «ferragosto in carcere», la situazione risultava essere la seguente: 394 detenuti presenti a fronte di una capienza regolamentare di 172; 132 agenti effettivamente in servizio a fronte di una pianta organica che nel lontano 2001 ne prevedeva 201; presenza di 65 detenuti tossicodipendenti, 1 solo psicologo operante, solamente 37 detenuti (nemmeno il 10 per cento) impiegati in attività lavorative;
per quel che riguarda, invece la C.C. - C.R. di Belluno, dalle visite effettuate nel corso dell'iniziativa «ferragosto in carcere», la situazione risultava essere la

seguente: 140 detenuti presenti, a fronte di una capienza regolamentare di 100 posti; 81 agenti effettivamente in servizio a fronte di una pianta organica che nel lontano 2001 ne prevedeva 122; presenza di 62 detenuti tossicodipendenti; 1 solo psicologo operante, solamente 20 detenuti impiegati in attività lavorative -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare, indipendentemente dalle inchieste che sulle due vicende abbia aperto la magistratura, un'indagine amministrativa interna negli istituti di Ancona e Belluno volta a verificare le eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare della struttura penitenziaria;
in particolare, per la morte del detenuto tunisino Ajoub Ghaz, se corrisponda al vero che il decesso sia avvenuto per l'ingestione da parte del giovane di un mix fatale di farmaci e, in caso di conferma di questa ipotesi, come si sia potuto verificare un possesso così ingente di medicinali da parte di un recluso in un istituto penitenziario;
se i due giovani detenuti abbiano potuto usufruire di colloqui con gli psicologi e quale quadro clinico sia emerso da queste visite che hanno lo scopo di accertare un eventuale rischio autolesionistico o suicidiario;
se non ritenga che l'alto tasso dei suicidi e dei tentati suicidi dipenda anche dall'elevato tasso di sovraffollamento degli istituti di pena, dalla carenza di personale di ogni tipo, dalle condizioni di totale inattività a cui sono destinati i detenuti;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere e per riportare la detenzione penitenziaria nella legalità costituzionale e normativa.
(4-08783)

BORGHESI. - Al Ministro della Giustizia. - Per sapere - premesso che:
le prove orali che al concorso per la nomina a 230 posti di notaio indetto con D.D.G. del 10 luglio 2006 sono terminate il 15 dicembre 2009 e i candidati risultati idonei sono 309, un numero maggiore rispetto ai 230 posti banditi;
in passato, in situazioni analoghe di esuberanza di candidati dichiarati idonei rispetto ai posti banditi, si è sempre provveduto ad adottare un provvedimento che nominasse notai tutti i candidati dichiarati idonei (legge n. 328 del 26 luglio 1995, nonché legge n. 168 del 5 febbraio 1992);
le sedi al momento vacanti in Italia sono ben 1.100 circa (considerando anche il recente aumento delle sedi disposto dal Ministero) e quindi non sussisterebbe nessun ostacolo all'assorbimento di circa 50 idonei residuali;
il consiglio nazionale del notariato ha già dato formale parere positivo all'ampliamento, con indicazione fornita al Ministero nel marzo 2010 ed infine in occasione dell'insediamento del nuovo Consiglio nazionale del notariato in data 2 luglio 2010, presieduto dallo stesso Ministro interrogato che si è detto disponibile a prendere al più presto tutti gli opportuni provvedimenti;
è attualmente all'esame della Commissione giustizia della Camera dei deputati il progetto di legge C. 2661 che si propone di ovviare all'esposta situazione mediante l'elevazione della soglia a disposizione del Ministro, in sede di approvazione della graduatoria, dal dodici al trentacinque per cento;
sarebbe necessario ad avviso dell'interrogante che il disegno di legge venisse approvato prima dell'approvazione della graduatoria; successivamente a tale momento, invece, si renderebbe necessario approvare una norma che nomini notai

tutti i candidati dichiarati idonei, come già è avvenuto in passato -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione ai fatti sopra riportati;
come intenda intervenire per porre rimedio a questa situazione, tenuto conto della forte carenza di notai in organico.
(4-08790)

CUPERLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la colonia penale agricola nasce di Isili, racchiusa nell'altipiano verde di Santa Sofia verso Laconi, è stata costituita a fine ottocento anche ai fini della colonizzazione delle terre, così per le altre colonie della Sardegna, di cui alcune ora chiuse, che erano in pratica dei paesi indipendenti, con ufficio postale, scuole, caserma dei carabinieri, dove gli agenti penitenziaria abitavano;
il modello, mutuato dall'esperienza dei Paesi anglosassoni, è stato solo in minima parte mantenuto, poiché la colonia funziona attualmente anche come casa di reclusione: la popolazione è composta da detenuti e da internati, cioè persone sottoposte a misura di sicurezza personali a causa della loro «pericolosità sociale»;
si tratta dunque di una struttura del Ministero della giustizia laddove, come, va detto, in pochissime altre parti in Italia, viene ancora applicata una norma fascista del codice Rocco, così dal cognome del ministro che lo predispose e che lo fece promulgare il 19 ottobre 1930 con le firme del re Vittorio Emanuele III e dal capo del governo Benito Mussolini, un articolo di legge che prevede la figura degli internati, cioè di quelle persone che, pur avendo finito di scontare del tutto la pena, debbono restare comunque in carcere perché ritenute «socialmente pericolose» secondo il giudizio del magistrato;
nel nostro ordinamento le misure di sicurezza personali sono pensate sia per assicurare la protezione dei cittadini dalla «pericolosità» sociale di alcuni individui sia, all'interno dello spirito costituzionale della funzione rieducativa della pena, a fini riabilitativi e di reinserimento sociale del detenuto: sono provvedimenti adottati per «risocializzare» il soggetto ritenuto socialmente pericoloso, dettate dall'esigenza di evitare il danno sociale, cioè la necessità di proteggere cittadini innocenti ma al contempo dall'esigenza di aiutare il criminale verso il cambiamento del proprio mondo interno ed esterno;
la misura che colpisce i cosiddetti «internati» riguarda persone che hanno a tutti gli effetti finito di scontare la loro pena: si tratta dunque di ex detenuti che hanno già scontato il loro debito con la giustizia, ai quali, però, la pena può essere reiterata di altri 6 mesi, un anno, diciotto mesi, perché considerati socialmente pericolosi, in modo del tutto discrezionale, fino ad arrivare ad un vero e proprio «fine pena: mai»;
oltre tutto, a differenza dei detenuti, gli internati non possono accedere alle misure alternative che consentono periodi anche prolungati di permanenza all'esterno, funzionali a percorsi di risocializzazione ovvero di carattere terapeutico;
inoltre la custodia cautelare non può protrarsi oltre i termini rigorosi fissati dal codice, mentre la misura di sicurezza può essere mantenuta fino a che permanga la pericolosità sociale dell'imputato: appare dunque molto difficile, se non impossibile, difficile giustificare come la medesima esigenza di difesa sociale venga in un caso fortemente bilanciata in favore del diritto di libertà della persona accusata, e in un altro invece prevalga sempre e comunque sui diritti di libertà dell'accusato;
si tratta dunque di una misura che presenta palesi elementi di incostituzionalità, che delinea una condizione di degenerazione del sistema penitenziario dell'Italia che va contro la propria Carta costituzionale, che sancisce che la pena deve tendere alla riabilitazione del condannato e al suo reinserimento nella società, e che tutela la libertà dei cittadini come bene primario;

nella colonia penale di Isili gli internati sono attualmente 34, ma in Italia gli ex detenuti sottoposti a «internamento» sarebbero circa 1500, la maggior parte dei quali in Emilia nella casa penale di Castelfranco in provincia di Modena (e dove i carcerati sono il triplo dei posti disponibili);
il problema del sovraffollamento allo stato attuale a Isili, come potuto anche verificare di persona dall'interrogante, non è il più urgente, le carenze della struttura penitenziaria in questione, come già detto costruita a fine 800 prima di quelle di Mamone nelle campagne di Bitti e Is Arenas nella marina di Arbus, sono comunque evidenti: non è assolutamente messa in discussione la professionalità dei dirigenti e di tutto il personale, va però considerato che per oltre duecento detenuti è presente e operativo un solo psicologo che, ogni mese, ha a sua disposizione appena dieci ore per i colloqui;
se, dunque, la situazione generale è certamente meno precaria che in altre strutture carcerarie, è evidente che anche la struttura avrebbe bisogno di non essere dimenticata dallo Stato, ed essere ammodernata e resa più confortevole;
gli internati parlano di un numero di ore di lavoro svolte assolutamente esiguo, di retribuzioni irrisorie, di difficoltà di relazione con i familiari e di privazione pressoché totale di rapporti con il mondo esterno: è difficile, se non impossibile, in queste condizioni perseguire un percorso volto al reinserimento e alla rieducazione, nonché alla progressiva eliminazione della cosiddetta «pericolosità» sociale dei soggetti reclusi -:
se il Ministro sia a conoscenza delle difficoltà in cui si trova ad operare, per carenza di fondi, mezzi, e personale, la colonia penale agricola maschile di Isili;
se il Ministro non ritenga necessario, anche alla luce della drammatica situazione che riguarda nel complesso il sistema carcerario nel nostro Paese, che, come viene denunciato oramai da mesi, per non dire anni, è evidentemente al collasso;
quali iniziative normative intenda adottare al fine di rivedere che arrivi alla totale eliminazione delle misure di sicurezza personali coercitive e, che presentano palesi elementi costituzionalità.
(4-08794)

BARBIERI e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da oltre cinque anni il maestro Adriano Fontani è oggetto di quella che all'interrogante appare una gravissima discriminazione originata da motivi politici e religiosi da parte soprattutto di colleghi e superiori che hanno promosso nei suoi confronti una lunga serie di procedimenti disciplinari secondo l'interrogante privi di ogni fondamento (ben tre in un solo mese tra ottobre e novembre 2007, a difesa dei quali pure il difensore civico della regione Toscana Giorgio Morales scrisse quattro mesi dopo una documentata, quanto inutile, lettera a favore del Fontani agli organi scolastici - locale, provinciale, regionale e nazionale);
la vicenda scolastica del Fontani si è svolta presso le scuole di tre comuni limitrofi (Buonconvento-Montalcino, 2004-2006 e Monteroni d'Arbia, 2007-2008) sotto due dirigenti scolastici, che al contempo erano anche entrambi esponenti di spicco ed amministratori locali del partito egemone (Montalcino-Buonconvento: Mauro Guerrini che era pure al contempo sindaco del paese e membro del direttivo provinciale dell'allora partito DS, e Maria Donata Tardio che era pure al contempo consigliera comunale di maggioranza e membro del direttivo provinciale del partito DS);
il Fontani, peraltro, risulterebbe un docente preparato, motivato, stimato e difeso (a Buonconvento nel 2005 come a Monteroni nel 2008) da centinaia di genitori, alunni, ex alunni e famiglie che si

sono vanamente mobilitati a suo favore senza avere occasione di esprimere tale stima in sedi istituzionali;
si rileva che tutte le numerose denunce che il Fontani ha presentato sono state sempre archiviate sistematicamente senza mai fare alcuna indagine né chiamare alcuno dei numerosi testi da lui citati perché le indagini sono definite «inutili e defatiganti» dal GIP Francesco Bagnai quando è Fontani a chiederle (RGNR 1896-2008, R-GIP 322 del 12 agosto 2009; RGNR 2998-2008, R-GIP 494-2009 del 12 agosto 2009), mentre il pubblico ministero Alessandra Chiavegatti, finché è rimasto a Siena, ha sempre, prontamente e senza eccezioni fatto le indagini e convocato i testimoni sulle sei denunce del Fontani a lei assegnate, ricavandone quattro rinvii a giudizio a carico del personale scolastico denunciato da Fontani (RGNR 364-2006 e 242-2008);
questa situazione che, ad avviso dell'interrogante, configura una sorta di denegata giustizia, sia civile che penale, a carico del maestro Fontani, va avanti esattamente da ormai oltre cinque anni -:
se non intenda, per quanto di competenza, acquisire elementi in relazione a quanto rappresentato in premessa ai fini delle eventuali iniziative di competenza.
(4-08803)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso:
in precedenti interpellanze concernenti il progetto CIVIS di Bologna il primo firmatario del presente atto sosteneva che il «supertram» è estremamente dannoso per la sicurezza del centro storico cittadino e per i cittadini bolognesi;
articoli di stampa (Corriere della sera edizione di Bologna del 28 settembre 2010) testualmente affermano:
«gli istruttori ATC stanno facendo le prove da un anno ed il risultato di tutte le prove di guida che hanno fatto lo definiscono» «a dir poco scandaloso» e lo mettono nero su bianco in un dossier sottoscritto da tutti e che sarà consegnato alla prossima riunione della commissione sicurezza. «In sostanza gli istruttori così com'è il CIVIS non lo vogliono in strada ed è molto probabile che, finché la Commissione sicurezza non recepirà le osservazioni fatte finora e ripetutamente sottoposte agli enti interessati, si rifiutino di guidarlo da subito». «Problematiche ed anomalie del mezzo l'istruttore le elenca una dopo l'altra. Quelle più ricorrenti sono legate alla guida ottica: si blocca subito, se la telecamera è esposta a sole, pioggia e neve e il fatto è che non è nemmeno dotata di tergicristalli per pulire il vetro. E poi la traccia disegnata su strada si cancella velocemente con il traffico e il mezzo perde il segnale»...«Il filobus si inceppa, a sentire gli istruttori, al minimo imprevisto ...il filobus è sempre fuori traiettoria: abbiamo buttato giù pali, urtato marciapiedi, figuriamoci cosa può succedere nelle strade strette del centro medievale di Bologna. Ecco poi le anomalie fisiche: le porte - racconta l'istruttoria - sono sempre a rischio sbattimento, bastano 2 cm di dislivello che non si aprono...anche i vetri non rispettano il capitolato...Morale della favola: Questa vettura mette a rischio la sicurezza nostra e dei cittadini»;
alla luce di quanto riportato dal giornale il CIVIS si è dimostrato sostanzialmente inagibile o comunque inadatto a svolgere il ruolo per il quale il comune di Bologna ha investito somme rilevanti nel presupposto di un percorso veloce, privo di inconvenienti e soprattutto sicuro per i conducenti e passeggeri: la questione non è di poco conto e nessuno, visto il contenuto

delle contestazioni degli istruttori, potrà nascondersi dietro imprevedibili vizi occulti;
ad avviso degli interpellanti, il consiglio di amministrazione di ATC spa, dopo tali fatti, dovrebbe rassegnare le proprie dimissioni;
gli interpellanti rilevano, altresì, i numerosi disservizi verificatisi in questi mesi, oggetto di inchieste della magistratura bolognese, le pesanti pressioni degli enti locali sul commissario di Governo per far proseguire un'infrastruttura devastante per la città e la necessità di sospendere il contratto con l'azienda fornitrice per il venir meno delle condizioni iniziali essenziali per il proseguimento di un'opera che anche il Sovrintendente regionale per i beni culturali e paesaggistici ha definito in termini preoccupanti (al riguardo si citano le recenti dichiarazioni apparse nei giorni scorsi sul quotidiano Il Resto del Carlino) -:
quali iniziative si intendano adottare dal punto di vista del blocco dei finanziamenti in presenza di una infrastruttura che presenta disfunzioni significative rispetto al progetto originario, concordato con il comune di Bologna;
quali siano gli intendimenti del commissario di Governo e se, in particolare, si intenda assumere un atteggiamento più deciso che non escluda la risoluzione del contratto e nuove perizie atte a tranquillizzare l'opinione pubblica sempre più turbata dal susseguirsi di vicende che creano seri dubbi sulla reale fattibilità del cosiddetto CIVIS.
(2-00833)
«Garagnani, Gava, Armosino, Boniver, Massimo Parisi, Faenzi, Beccalossi, Formichella, Biava, Gottardo, Stradella, Ceccacci Rubino, Romele, Pugliese, Grimaldi, D'Anna, Petrenga, Mazzuca, Bernini Bovicelli, Pizzolante, Marinello, Soglia, Palmieri, Valentini, Del Tenno, Carlucci, Centemero, Scalera, Di Cagno Abbrescia, Bonciani, Tommaso Foti, Aracri, Biasotti, Bergamini».

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - A Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 122 del 2005 attuativo della legge n. 210 del 2004 sulla tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire prevede tra l'altro l'obbligo di rilasciare un'unica fideiussione a garanzia degli acconti corrisposti e da corrispondere da parte degli acquirenti ai costruttori;
l'esperienza maturata in questi cinque anni ha evidenziato obiettive difficoltà ad adempiere all'obbligo di legge da parte dei costruttori in relazione alla necessità di garantire non solo le somme percepite ma anche quelle non ancora percepite e che non vi è nemmeno la certezza di percepire;
la politica di restrizione del credito alle imprese attuata a seguito della crisi economica ha reso ancora più complesso adempiere all'obbligo di legge;
l'obbligo di garantire somme ancora da riscuotere comporta la necessità di fornire ulteriori garanzie patrimoniali da parte delle imprese che sono così costrette a destinare e ad immobilizzare beni e somme che invece potrebbero essere utilizzate per investimenti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se considerato quanto sopra, non ritenga opportuno, ferme restando le garanzie a favore degli acquirenti di immobili da costruire, e sentite le organizzazioni di categoria, assumere le opportune iniziative per una revisione del decreto legislativo n. 122 del 2005 prevedendo che la fidejussione sia consegnata solo a fronte di effettivi incassi, ovvero individuando altre forme di garanzia.
(4-08787)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 13 agosto 2010, n. 136 «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia» introduce apprezzabili novità in materia di contrasto della criminalità organizzata;
in particolare, l'articolo 3 della predetta legge stabilisce alcune condivisibili misure, immediatamente applicative, in tema di tracciabilità dei flussi finanziari delle procedure relative a lavori, servizi e forniture pubbliche, anche in capo ai concessionari di finanziamenti pubblici comunitari ed europei per la gestione dei relativi flussi finanziari;
pur concordando in pieno con la necessità di realizzare un'efficace lotta alle mafie, al lavoro nero e al sommerso, l'entrata in vigore della summenzionata normativa sta indirettamente colpendo anche tutte quelle sane imprese appaltatrici, subappaltatrici e subcontraenti di lavoro, forniture e servizi pubblici che operano da sempre in modo corretto e trasparente nel tessuto produttivo del Nord Est, provocando alle medesime notevoli costi aggiuntivi, criticità gestionali, organizzative e finanziarie, peraltro in una delicatissima fase di crisi produttivo-occupazionale;
la legge n. 136 del 2010 impone, infatti, per i pagamenti, il ricorso al solo bonifico attraverso un conto corrente bancario o postale dedicato a tutte le transazioni inerenti ai rapporti con la pubblica amministrazione;
la norma vieta, inoltre, l'uso del contante anche per le piccole spese quotidiane (pasti caldi, minuteria da cantiere e così via) e fissa in cinquecento euro l'ammontare delle spese giornaliere pagabili con altro strumento finanziario -:
se non ritengano opportuno assumere tempestivamente iniziative al fine di introdurre dei correttivi alla norma in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, correttivi volti a mitigare gli esiziali impatti della stessa su quei segmenti di economia sana del Paese, ripristinando ad esempio la possibilità di effettuare i pagamenti anche attraverso effetti bancari (RID, Riba, tratte e altro) che ne garantiscano comunque la tracciabilità, nonché fissando la soglia minima dell'appalto a cinquecento euro, al di sotto della quale le imprese possano utilizzare i conti correnti aziendali per le loro transazioni, senza restrizione nelle procedure di pagamento;
se non ritengano, altresì, opportuno assumere iniziative normative per una sospensiva volta, nell'immediato, ad eliminare le attuali difficoltà operative nell'applicazione della legge n. 136 del 2010.
(3-01246)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in un container scaricato nel porto di Gioia Tauro il 27 agosto 2010 le forze dell'ordine italiane hanno sequestrato oltre 7 tonnellate del pericolosissimo esplosivo T4;
tale esplosivo è utilizzato sia da strutture militari in tutto il mondo che da strutture terroristiche, che dalle più potenti strutture della criminalità organizzata;
il quantitativo sequestrato è ingentissimo sia con riferimento al suo potenziale esplosivo che con riferimento ad altri sequestri avvenuti in passato;
le cronache apparse sugli organi di informazione riferiscono che il questore Carmelo Casabona ha affermato che il T4

non era destinato ad organizzazioni di criminalità organizzata italiana ma ad organizzazioni terroristiche internazionali;
il container sarebbe partito dal porto iraniano di Bandar-E-Abbas e sarebbe dovuto transitare dalla Calabria con destinazione finale in un porto mediterraneo in Libano o in Siria;
il cargo che lo trasportava «MSC Finland» batte bandiera liberiana, ma è di proprietà del gruppo armatoriale MSC -:
su quali basi si fondi la certezza che il carico di esplosivo era destinato a referenti stranieri e non italiani;
se esista una ipotesi di coinvolgimento dell'armatore MSC proprietario del cargo;
se vi sia stata una fuga di notizie circa questo ritrovamento indipendente dalla volontà dei nostri investigatori;
se vi siano informazioni sui destinatari finali di tale carico.
(5-03478)

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Alina Popova è una cittadina russa dal 1998 impiegata presso il consolato generale d'Italia in San Pietroburgo che il 29 marzo 2004 ha presentato richiesta per ottenere la cittadinanza italiana per aver prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano per più di cinque anni, così come previsto dall'articolo 9 della legge n. 91 del 1992;
nonostante il termine massimo previsto dalla legge per la conclusione della pratica sia 730 giorni e, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 91 del 1992, non sia ammesso il rigetto dell'istanza quando sia decorso il termine di due anni dalla data di presentazione dell'istanza stessa, la pratica della signora Popova (riferimento K10/74911) si trova tutt'ora in fase istruttoria;
il Ministero degli affari esteri ha espresso parere favorevole alla concessione della cittadinanza con la nota n. 303/340246 del 20 settembre 2007;
nel luglio 2010 la signora Popova ha invece ricevuto una lettera con preavviso di diniego per motivi di «sicurezza della Repubblica» senza alcuna spiegazione: ciò è avvenuto a distanza di oltre sei anni dalla presentazione della domanda;
la signora Popova avrebbe contattato più volte il call center del Ministero dell'interno, che però parrebbe non disporre di informazioni sullo stato della domanda, e i funzionari competenti dell'ufficio cittadinanza che non avrebbero risposto alle sue richieste scritte e non fornirebbero informazioni telefoniche, negando la possibilità di fissare degli appuntamenti;
la signora Popova è in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge, avendo prestato lodevole servizio alle dipendenze dello Stato italiano per oltre dodici anni con incarichi di sempre crescente responsabilità, e godendo della stima dei colleghi, dei capi missione e del Ministero che nel 2007 ha espresso il decisivo e favorevole parere finale sulla concessione. Non ha, inoltre, mai avuto problemi con la legge, non appartiene a movimenti politici, e le sue amicizie sono limitate ai colleghi di lavoro, in massima parte cittadini italiani;
la richiedente è coniugata con Giuseppe Lacatena, funzionario del Ministero degli affari esteri, addetto presso l'ambasciata d'Italia in Islamabad, e ha una figlia, nata l'8 maggio 2007;
non si comprende, quindi, da dove possa nascere l'idea che la signora Popova risulti pericolosa per la sicurezza della Repubblica -:
quali siano le motivazioni che hanno spinto il Ministero dell'interno ad inviare la lettera di preavviso di diniego alla signora Popova.
(5-03480)

PELUFFO, VELTRONI e FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse nei giorni scorsi sembra chiaro che le intercettazioni e le indagini portano alla realistica ipotesi che nelle scorse elezioni amministrative del comune di Bollate vi sia stato un tentativo di infiltrazione della 'ndrangheta, negli organi amministrativi del comune;
tale notizia risulta confermata dagli atti dell'ordinanza del tribunale ordinario di Milano n. 43733/06 R.G.N.R e n. 8265/06 R.G.G.I.P relativa all'indagine definita «infinito», condotta dall'Arma dei carabinieri e in particolare dal nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Monza;
dall'ordinanza si evidenzia una fitta rete di interessi dei clan calabresi nel territorio della Lombardia, ed in particolare nei territori di: Milano, Cormano, Bollate, Bresso, Corsico, Legnano, Limbiate, Solaro, Piotello, Rho, Pavia, Ganzo, Mariano Comense, Erba, Desio e Seregno;
dalle intercettazioni telefoniche riportare nell'ordinanza, sopraccitata, si evidenza il chiaro sodalizio tra gli esponenti della 'ndrangheta ed esponenti del mondo istituzionale, tra cui componenti delle forze dell'ordine, candidati alle elezioni e dipendenti della pubblica amministrazione;
nella stessa ordinanza emerge chiaramente il tentativo di infiltrazione della 'ndrangheta in occasione delle competizioni elettorali a Bollate dell'aprile 2010, attraverso la presentazione di una lista civica composta da esponenti legati al mondo malavitoso -:
se corrispondano al vero le notizie di cui in premessa, quali iniziative intenda intraprendere affinché sia fatta luce sui tentativi d'infiltrazioni da parte della 'ndrangheta nel comune di Bollate, verificando che questi non abbiano condizionato il voto defila scorsa primavera, alterando la volontà dei cittadini di Bollate, e se non ritenga utile avviare la procedura per la verifica delle condizioni per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa in base all'articolo 143 «Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso» del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali».
(5-03481)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI VIZIA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2010 il dipartimento dei vigili del fuoco ha presentato alle organizzazioni sindacali un piano di riorganizzazione nazionale del servizio sommozzatori vigili del fuoco, che prevede la definitiva chiusura di n. 7 nuclei sommozzatori, tra cui quello di La Spezia, i cui interventi di soccorso verrebbero effettuati da Genova per tutto il territorio regionale, anche con l'ausilio dell'elicottero;
sulla paventata chiusura dei 7 nuclei sommozzatori dei vigili del fuoco, ha espresso ferma contrarietà anche il sindacato autonomo dei vigili del fuoco CONAPO, palesando ripercussioni sul livello di sicurezza dei cittadini interessati;
a parere dell'interrogante se il dipartimento dei vigili del fuoco dovesse dare attuazione a tale proposta vi sarebbe una diminuzione delle condizioni di sicurezza della popolazione della provincia di La Spezia;
difatti nel territorio della provincia di La Spezia i Sommozzatori vigili del fuoco sono l'unico ente preposto al soccorso tecnico urgente subacqueo;
è noto che il golfo di La Spezia è tra i più importanti bacini di utenza di natanti da diporto a livello nazionale con un flusso turistico altamente rilevante, specie nei mesi estivi;

il porto di La Spezia, oltre ad essere un importante scalo mercantile, è anche il terzo porto italiano per flusso di TEU dopo Gioia Tauro e Genova;
a La Spezia è altresì presente un imponente insediamento con arsenale della marina militare anche con traffico navale NATO;
la particolare conformazione del territorio della provincia di La Spezia permette di raggiungere via mare in tempi brevissimi i luoghi con maggiore incidenza di intervento (dalle Cinque Terre a Portovenere passando per il Golfo fronte città verso Lerici e fino alla valle del fiume Magra). Tali luoghi sono tutti raggiungibili con le imbarcazioni in dotazione ai sommozzatori, con una tempistica che non supera i 30 minuti. Una tempistica che il servizio di elisoccorso non riuscirebbe il più delle volte a garantire, tenuto conto anche dei tempi di approntamento dell'aeromobile;
il nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di La Spezia, nonostante l'esiguo personale dislocato, svolge, ed ha svolto, un rilevante numero di interventi annuo a testimonianza dell'importanza di prevederne il potenziamento anziché la chiusura;
riorganizzare ed ottimizzare nell'ottica di conseguire un risparmio economico non dovrebbe mai entrare in conflitto con la sicurezza del cittadino;
il nucleo sommozzatori di La Spezia svolge spesso anche attività di collaborazione tra enti che, in linea con le direttive dell'attuale governo, permettono un notevole risparmio della spesa pubblica. Ne sono l'esempio le convenzioni stipulate con i comuni di Portovenere ed Ameglia, convenzioni che hanno portato un rilevante e reale risparmio per le spese comunali, le quali sarebbero state molto elevate se i lavori fossero stati commissionati a privati;
il Comando provinciale vigili del fuoco di La Spezia rappresenta inoltre un raro esempio di efficace sinergia tra settori specialistici di questo benemerito corpo, quali servizio portuale, il soccorso acquatico, i sommozzatori ed i SAF (speleo-alpino-fluviale). Questa collaborazione, assolutamente vincente per ciò che riguarda la risoluzione degli interventi, permette, grazie all'interscambio, di superare, le carenze numeriche di cui soffrono gli organici in questi periodi, così da mantenere alto il livello di sicurezza dei cittadini di questa città, sinergia che è il fondamento della buona riuscita degli interventi dei vigili del fuoco e che verrebbe a diminuire sensibilmente mancando la presenza sul territorio;
non si capisce per quale motivo la componente subacquea esistente debba essere smantellata privando l'utenza di una componente fondamentale di questo dispositivo di soccorso;
non di meno è sempre più frequente la collaborazione interforze tra vigili del fuoco ed altri soggetti istituzionali che operano nel nostro territorio costiero, come la guardia costiera, la Marina militare e la Guardia di finanza, collaborazione coltivata da anni e che porta un innegabile vantaggio per il cittadino in termini di sicurezza, di legalità e di velocità nel dispositivo di soccorso;
purtroppo, come evidenzia anche la bozza dell'amministrazione, già oggi il personale del nucleo sommozzatori vigili del fuoco di La Spezia, di fatto, viene costantemente inviato in trasferta a Genova, vanificando l'operatività e funzionalità a La Spezia, a discapito dei suoi cittadini, tanto che, a causa di ciò più di una volta il nucleo di La Spezia viene temporaneamente chiuso;
ci si chiede anche se, nell'ottica del risparmio che si vorrebbe conseguire chiudendo il nucleo provinciale di La Spezia, è stato comparato l'altissimo costo dell'elisoccorso, con il più economico soccorso tradizionale effettuato via mare se il nucleo restasse a La Spezia;
va inoltre evidenziato che, secondo quanto riferiscono gli addetti ai lavori, l'elicottero non consentirebbe ai sommozzatori

di operare con tutta la necessaria attrezzatura ed il personale al seguito, e ciò potrebbe comportare, in taluni casi, l'impossibilità di intervenire, con grave pregiudizio per il soccorso delle vite umane, valore questo imparagonabile ai risparmi di gestione ipotizzati dall'amministrazione;
si possono prendere ad esempio statistico i seguenti 2 emblematici interventi effettuati nell'arco di circa un mese dai sommozzatori vigili del fuoco La Spezia:
il primo riguarda l'intervento di soccorso a persona avvenuto il giorno 17 luglio 2010 che ha permesso di salvare la vita ad un ragazzo che, in località Palmaria di Portovenere, tuffandosi si è trafitto il piede con un acuminato tondino di ferro arrugginito, che lo ha intrappolato con l'acqua altezza del petto. Al fine di poterlo soccorrere è stato necessario utilizzare apparecchiature ed attrezzature che non sono nella previsione e dotazione del trasporto con elicottero, mediante le quali i sommozzatori hanno provveduto al taglio sott'acqua del tondino di ferro, liberando così il malcapitato prima che fosse troppo tardi. È palese quindi che, se quel giorno non ci fossero stati i sommozzatori a La Spezia, le conseguenze sulla salute del ragazzo sarebbero state ben peggiori ed il buon esito non sarebbe stato garantito. La salvezza anche di una sola vita umana, la sicurezza della pubblica e privata incolumità, vale quindi più del risparmio di spesa derivante da qualsiasi accorpamento e riorganizzazione del personale;
per quanto riguarda il secondo intervento di cui si da notizia, anche laddove la vita umana non sia direttamente in pericolo, è chiaro che poter intervenire con idonee attrezzature impossibili da elitrasportare può scongiurare eventi di una certa gravità, quali i naufragi, eventi che oltre alla perdita di beni importanti, possono costituire un serio pericolo ambientale. Più volte il nucleo di La Spezia ha operato con successo impedendo l'affondamento di imbarcazioni e proprio recentemente, il 22 agosto 2010, un rapido e deciso intervento ha scongiurato l'affondamento, ad un miglio dalle coste di Portovenere, di uno yacht di 24 metri, ove la pronta immersione dei sommozzatori ha consentito di tamponare la falla creatasi nello scafo e preservare il bene, e congiuntamente alle altre squadre, alla Guardia di finanza ed alla Guardia costiera, trarre in salvo gli 8 occupanti;
ancora una volta viene da chiedersi quale sarebbe potuto essere il danno ambientale causato dallo versamento degli idrocarburi che l'affondamento avrebbe causato, affondamento inevitabile se i sommozzatori di La Spezia non fossero prontamente intervenuti con le adeguate attrezzature al seguito -:
se il Ministro interrogato intenda impegnarsi per scongiurare la chiusura del nucleo sommozzatori vigili del fuoco di La Spezia e garantire così la sicurezza dei cittadini di La Spezia, nonché dei turisti che vi transitano;
quali iniziative di potenziamento il Ministro intenda adottare al fine di rendere pienamente operativo su tutte le 24 ore il nucleo sommozzatori vigili del fuoco di Genova e ripristinare a regime continuativo, almeno diurno, il nucleo sommozzatori di La Spezia.
(4-08745)

BORGHESI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Signora Alina Popova, cittadina russa, è dal 1998 impiegata del consolato generale d'Italia in San Pietroburgo (Fed. Russa). Il 29 marzo 2004 ha presentato richiesta per ottenere la cittadinanza italiana per aver prestato servizio alle dipendenze dello Stato italiano per più di cinque anni (articolo 9 della legge n. 91 del 1992);
nonostante il termine massimo previsto dalla legge per la conclusione della

pratica sia 730 giorni e ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 91 del 1992, non sia ammesso il rigetto dell'istanza quando sia decorso il termine di due anni dalla data di presentazione dell'istanza stessa, la sua pratica (K10/74911) si trova tutt'ora in fase istruttoria. Nel luglio 2010 ha ricevuto la lettera con preavviso di diniego dal Ministero dell'interno per motivi di «sicurezza della Repubblica» senza alcuna spiegazione. Da dove scaturisca la sua pericolosità per la sicurezza della Repubblica italiana è un mistero; è incensurata e priva di carichi pendenti di qualunque genere, sia in Italia che in Russia. Pochi giorni fa, sempre dal Ministero dell'interno, ha ricevuto una lettera di diniego alla richiesta di accesso agli atti sempre per motivi di sicurezza;
la Signora Popova è in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge avendo prestato lodevole servizio alle dipendenze dello Stato italiano per oltre 12 anni, con incarichi di sempre crescente responsabilità, e godendo della stima dei colleghi, dei capi missione e del superiore Ministero che nel 2007 ha espresso il decisivo e favorevole parere finale sulla concessione. Non ha mai avuto problemi con la legge;
l'interessata è sposata con Giuseppe Lacatena, cittadino italiano, funzionario del Ministero degli affari esteri, addetto presso l'ambasciata d'Italia in Islamabad e dal quale ha avuto una figlia anch'essa, ovviamente, cittadina italiana;
il Ministero degli affari esteri con nota n. 303/340246 del 20 settembre 2007 ha espresso parere favorevole alla concessione della cittadinanza;
il 14 aprile 2010 il consolato generale chiedeva ufficialmente all'Ufficio cittadinanza del Ministero dell'interno con nota n. 474/2010 l'esito della richiesta. La risposta è stata che vi erano in corso accertamenti;
a distanza di oltre sei anni dalla presentazione della domanda il call center del Ministero dell'interno non dispone di informazioni sullo stato della stessa, i funzionari competenti dell'Ufficio cittadinanza non rispondono alle richieste scritte, non forniscono informazioni telefoniche, e negano appuntamenti ed accesso agli atti -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritengano che non sussistano ostacoli affinché sia riconosciuta a breve la cittadinanza Italiana, vista la non sussistenza di vizi.
(4-08788)

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa dei giorni scorsi, nel Comune di Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena, residenti e negozianti del palazzo «Domus», situato nel centro cittadino, lamentano che nell'appartamento sede di un centro culturale magrebino, in realtà, ci sarebbe un centro di preghiera;
il suddetto locale, composto di sole due stanze, non sarebbe in possesso delle autorizzazioni sanitarie, urbanistiche e di sicurezza necessarie per essere usato come una moschea;
l'immobile «Domus» è abitato prevalentemente da stranieri e sono sempre di più le proteste dei residenti e dei commercianti della zona per il degrado ambientale, che si sta creando e per il disturbo, che viene arrecato dai continui disordini;
le autorità cittadine sembrano sottovalutare la situazione, che potrebbe facilmente degenerare, se non si interviene con tempestività per controllare la reale destinazione d'uso dell'immobile centro di preghiera, bloccando sul nascere eventuali attività poco chiare e contrarie alla legge;
già nell'ottobre 2007 l'interrogante presentò una interrogazione (la n. 4/05032) in merito alla stessa moschea

abusiva, senza ottenere alcuna risposta dall'allora Governo Prodi;
quello di Pavullo nel Frignano non è un caso isolato, anzi la proliferazione incontrollata dei centri culturali islamici, utilizzati come copertura formale rispetto all'organizzazione di vere e proprie attività di culto, ha ormai coinvolto numerosi comuni della provincia di Modena, con il rischio che si possano creare problemi di carattere sociale e di ordine pubblico;
le moschee ed i luoghi di culto islamici abusivi sono ormai una realtà in tutto il territorio nazionale; basta pensare ai vari capannoni, magazzini, appartamenti e garage utilizzati come luoghi di preghiera, che certamente non presentano tutti i presupposti di sicurezza imposti dalla legge per gli ambienti in cui ci sono assembramenti di persone e dove è molto più difficile un controllo delle attività svolte;
spesso, poi, non è neppure chiaro come avvenga il finanziamento di tali luoghi e delle attività in essi esercitate -:
se sia a conoscenza dei fatti come sopraesposti e se vi siano ulteriori circostanze di cui ritenga opportuno mettere al corrente la Camera dei deputati;
se e come intenda intervenire per verificare se l'attività del centro islamico di Pavullo (Modena) sia svolta nel pieno rispetto delle prescrizioni di legge e soprattutto non sia rivolta a finalità illecite a danno della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché dell'interesse nazionale;
quanti siano i centri di questo tipo sorti negli ultimi anni in Italia, quali controlli vengano fatti al loro interno dalle forze dell'ordine e con quale periodicità;
quali iniziative urgenti intenda adottare per impedire che tali luoghi continuino a proliferare nel nostro Paese, spesso senza essere tempestivamente individuati.
(4-08793)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli insegnanti precari della scuola primaria e infanzia, abilitati attraverso le procedure concorsuali ordinarie, rischiano di non veder riconosciuti la loro professionalità e i loro diritti e rischiano di essere discriminati rispetto ai loro colleghi;
nello specifico, ad essi viene precluso il diritto alla formazione con l'accesso ai corsi SOS di 800 ore per il conseguimento della specializzazione polivalente sul sostegno, mentre per i docenti di scuola secondaria inferiore e superiore abilitati con concorso ordinario, per il conseguimento dell'abilitazione all'attività didattica attinente l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di disabilità, ai sensi dell'articolo 14 comma 2, della legge del 5 febbraio 1992 n. 104, sono stati indetti concorsi per titoli per partecipare agli specifici corsi attivati presso le scuole interuniversitarie di specializzazione per l'insegnamento secondario (a numero chiuso);
tali corsi, di 800 ore, erano riservati a docenti abilitati attraverso concorsi ordinari e/o canali diversi dalla SSIS e sprovvisti del titolo specifico per la specializzazione su sostegno, ma sono stati attivati esclusivamente per i docenti di scuola secondaria di primo e di secondo grado;
si rileva la mancata attivazione di analoghi corsi, presso la facoltà di scienze della formazione primaria, per gli insegnanti di scuola primaria e infanzia, e ciò configura una ingiusta ed immotivata discriminazione -:
se il Ministro non intenda attivare corsi di sostegno di 800 ore per il conseguimento della specializzazione polivalente

sul sostegno per gli abilitati della scuola primaria e dell'infanzia, in analogia con quanto realizzato per i docenti di scuola secondaria inferiore e superiore abilitati con concorso ordinario al fine di superare una ingiusta discriminazione.
(5-03472)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in Spagna il sistema scolastico ha messo in atto dei programmi speciali, ad hoc, per i bambini plusdotati, cioè particolarmente inclinati verso una specifica materia, o più materie. Il Ministero dell'educazione spagnolo promette che, dal gennaio 2011, ai migliori allievi dell'Eso, la scuola secondaria obbligatoria (che si frequenta fra i 12 e i 16 anni), saranno offerti gratuitamente corsi fuori orario di approfondimento della o delle materie nelle quali eccellono. Il progetto è stato anticipato da Miguel Soler, direttore generale della formazione professionale del Ministero, all'inaugurazione dei corsi di formazione del corpo docente dell'educazione infantile e primaria dell'università internazionale Menendez Pelayo di Santander. Secondo Soler, l'iniziativa dovrebbe aiutare a colmare le lacune riscontrate in Spagna da ricerche internazionali, come gli studi Pisa-Ocse, ai due estremi della classifica del profitto scolastico: da un lato quel 30 per cento di alunni che nemmeno arrivano al diploma di media superiore, dall'altro quell'imprecisata quantità di giovanissimi talenti che potrebbero arrivarci in largo anticipo e ai quali non viene dedicata invece alcuna attenzione speciale. Perché, di solito, ci si preoccupa di sostenere chi resta indietro e non di potenziare chi già rende tutto quanto gli è richiesto dalla scuola;
da qui l'idea di sviluppare, con le comunità autonome, una corsia riservata per quanti eccellono in una delle materie di insegnamento: «Da noi esiste una lunga tradizione in proposito due scuole di eccellenza, la Ortega Y Gasse e la Blas Cabrera, offrono programmi specifici e incentivi a neo diplomati particolarmente brillanti - informa Virginia Maquieria D'Angelo, vice rettore della Menendez Pelayo - ma è indispensabile formare anche la classe docente e lo staff direttivo perché questi progetti funzionino davvero». A 12 anni «c'è già modo di motivare la crescita, premiare i risultati, valorizzare le inclinazioni. È uno strumento che va certamente articolato secondo i diversi livelli educativi, ma indispensabile per la grande trasformazione di una società della conoscenza»;
appena annunciato, comunque, il proposito del Governo ha subito sollevato dubbi e obiezioni, come quello, più che lecito, se, a emergere, fossero inevitabilmente i rampolli delle famiglie benestanti che dispongono, a casa, di buone librerie e solide tradizioni culturali. «Nella selezione si terrà conto non soltanto dei risultati scolastici, ma anche di inclinazioni, interessi, motivazione degli allievi - ha specificato Soler -. E saranno i professori a segnalare non solo i migliori in tutte le materie, ma anche chi si distingue in una in particolare». Il rischio che ragazzi brillanti, ma senza mezzi finanziari, restino esclusi è tuttavia alto, come dimostra l'esperienza di un professore ora in pensione, Francisco Caballero, che all'istituto La Sisla di Sonseca (Toledo) fu tra i primi con classi per l'insegnamento in inglese di alcune materie: «Entravano quelli con le valutazioni migliori - testimonia al quotidiano El Pais - e in maggioranza appartenevano a famiglie di alto livello socio-economico». Ciò non toglie che l'esperimento si sia dimostrato proficuo: «Spendendo la metà della metà di quanto si investe nei programmi di sostegno per gli studenti che vanno peggio». Per l'ex Sottosegretario all'educazione, Alejandro Tiana, la valutazione degli scolari meritevoli di un trattamento extra non va lasciata al solo professore: «Occorre anche un riscontro esterno, o può prodursi l'effetto Pigmalione»;

in Italia sul tema, a differenza di quanto sta per avvenire in Spagna, non esiste ancora un progetto dedicato né gruppi di lavoro di interesse. Qualche scuola si è posta il problema, ma prima di arrivare alle lezioni dedicate agli studenti speciali, ci si è fermati agli incentivi per spingerli a studiare di più: un liceo di Ancona, il Savoia, spediva i suoi ragazzi migliori a seguire i corsi di fisica e di informatica al Politecnico di Torino, ad esempio. L'istituto tecnico industriale Rosatelli di Rieti regalava ai più bravi un viaggio premio. Diverse scuole hanno regalato una piccola somma a chi finiva gli studi con il massimo dei voti. Per trovare l'unica traccia paragonabile al progetto spagnolo bisogna entrare nelle scuole Faes, istituti finanziati dalle famiglie con una retta intorno ai 4 mila euro l'anno, che seguono il modello di Josemaria Escrivá, fondatore dell'Opus Dei;
«per i nostri studenti - racconta Claudio Marcellino, segretario generale dell'associazione Faes, e professore di filosofia e storia al liceo da Vinci di Milano - abbiamo un'attività di tutoraggio che mira ad individuare potenzialità e lacune. Fuori dall'orario classico, offriamo attività aggiuntive anche per sviluppare le qualità di chi si dimostra particolarmente dotato in alcune materie». Il problema, in realtà, non è mai stato al primo posto nella scala della priorità, «e questo perché nel nostro Paese, come in tutta Europa, la super intelligenza fa ancora paura», dice Federica Formando, ex bimba prodigio, psicoterapeuta e già docente dell'università di Bergamo di «Riconoscimento e didattica dell'allievo superdotato». «In generale temiamo che i super intelligenti possano prendere il potere e quindi li consideriamo potenzialmente antidemocratici. Gli anni Settanta e l'egualitarismo hanno portato alla negazione delle differenze in più, lasciando vedere solo le differenze in meno, che non fanno paura a nessuno». In altri Paesi non è così. I corsi, addirittura le scuole per i migliori, sono una realtà negli Stati Uniti, in Israele, in Cina. «E lo erano in Unione Sovietica con Akademgorodok, la cittadella della scienza dove venivano concentrati i piccoli geni della matematica». Quello era un metodo sbagliato, secondo la professoressa, ma non le lezioni per aumentare la curiosità e per allargare gli orizzonti degli studenti -:
quali iniziative il Ministro intenda realizzare al fine di porre in essere corsi di approfondimento per i bambini plusdotati nelle scuole italiane, sul modello di quanto già avviene in Spagna e nelle scuole dell'associazione Faes.
(4-08755)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
un dossier di Tuttoscuola denuncia che «nell'anno scolastico 2009-10 gli alunni disabili inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado hanno superato le 181 mila unità (il 2,3 per cento della popolazione studentesca), con un incremento di oltre 5 mila rispetto all'anno precedente», scrive la rivista diretta da Giovanni Vinciguerra. «Negli ultimi cinque anni sono aumentati del 12,3 per cento, mentre nello stesso periodo la popolazione scolastica aumentava dell'1,2 per cento». Un decimo. Quello dei portatori di handicap, come dimostra tra gli altri il libro di Matteo Scianchi «La terza nazione del mondo - I disabili tra pregiudizio e realtà», è un tema molto serio, che si aggrava quando i bambini devono intraprendere il proprio percorso scolastico senza alcuna assistenza adeguata. Il sito internet di riferimento della Fish, la federazione italiana per il superamento degli handicap, www.superando.it, segnala a ripetizione casi di seria difficoltà. Data la gravità del problema, suona offensivo il modo in cui alcuni ne approfittano. Come accadde tempo fa ad Agrigento, dove il Circolo della legalità inviò una lettera al Ministero interrogato sottoscritta da 550 addetti e un esposto alla Guardia di finanza per denunciare l'abuso della legge n. 104 del 1992. Legge che, a tutela dei dipendenti che abbiano invalidità superiori a un certo limite o debbano farsi

carico di un parente disabile, afferma che essi hanno la precedenza in graduatoria per avere un posto più vicino casa. Norma giusta, ma utilizzata, stando alla denuncia, da troppi furbi: «Praticamente il 100 per cento dei posti nelle "materne" è stato assegnato negli ultimi tempi grazie alla legge 104. C'è una dilagante e prepotente disonestà che coinvolge non solo chi usufruisce dei benefici della legge, ma anche chi consente queste pratiche fraudolente». Di più: «Il sistema sta dilagando»;
dice oggi il dossier Tuttoscuola che «nel 1995-96, con una popolazione scolastica complessiva superiore a quella attuale, gli alunni con disabilità erano 108 mila. In quindici anni sono aumentati di quasi il 70 per cento. I docenti di sostegno, che in quell'anno erano 35 mila, sono diventati ora più di 90 mila». Quasi il triplo: «Allora vi era un docente di sostegno ogni tre alunni disabili; oggi c'è un docente ogni due». «È cresciuto molto negli ultimi 10-15 anni lo sforzo dello Stato verso un settore che sotto molti aspetti rappresenta un fiore all'occhiello della nostra scuola. Ormai l'Italia investe circa 3 miliardi di euro l'anno solo per il personale di sostegno». E quell'esercito di 90 mila insegnanti specializzati è maggiore di tutti gli psicologi (70 mila) e i pediatri (14 mila) messi insieme. Che ci sia qualcosa che non va, lo dice la mappa, da cui emergono squilibri sorprendenti: «Ci sono più studenti disabili al Centro e nel Nord Ovest, ma lo Stato destina gli insegnanti di sostegno (a tempo indeterminato o precari) soprattutto al Sud e nelle Isole. E tra questi offre posti stabili (immissioni in ruolo a tempo indeterminato) molto di più proprio al Sud e nelle Isole che nel resto del Paese: il 52 per cento dei posti fissi sono assegnati infatti nel Meridione». Dove vive circa il 27 per cento degli italiani e dove risultano il 40 per cento degli alunni bisognosi di un appoggio;
dice la legge che ogni 100 insegnanti di sostegno 70 devono essere stabili ma questa percentuale sale all'89 per cento in Campania e in Sardegna e crolla al 56 per cento in Lombardia e in Veneto, si impenna al 91 per cento in Basilicata e precipita al 55 per cento in Emilia Romagna. Secondo Tuttoscuola queste differenze sono dovute «probabilmente in buona misura dai diversi criteri utilizzati dalle Asl per la valutazione delle disabilità» e questo nonostante la legge richieda l'utilizzo dei parametri internazionali dell'Organizzazione mondiale della sanità: e non a caso la manovra finanziaria di inizio estate ha introdotto la responsabilità per danno erariale da parte dei medici preposti. Negli ultimi anni la sproporzione si è accentuata, dando adito ad ipotesi di una rete di favori fra i dirigenti degli uffici scolastici. Spiega il dossier che il posto di insegnante di sostegno è in realtà una scorciatoia, tanto più in tempi di riduzione del personale, per la conquista della cattedra a vita. Basti dire che «dei 10 mila posti di docente per le nuove immissioni in ruolo 2010-11, più della metà (5.022) sono per posti di sostegno». Posti che dopo 5 anni, una volta guadagnata l'assunzione, si possono abbandonare per «passare all'insegnamento tradizionale». Per diventare insegnanti di sostegno, inoltre, basta frequentare «un semestre aggiuntivo all'università, per 400 ore totali. E non sempre la preparazione è all'altezza: per gli alunni con disabilità visiva, ad esempio, non è raro imbattersi in docenti di sostegno che non conoscono l'uso del Braille, la scrittura per ciechi» -:
quali interventi il Ministro intenda attuare al fine di garantire ai bambini e ragazzi con disabilità strutture e docenti adeguati alle esigenze peculiari degli studenti e delle loro famiglie.
(4-08756)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dagli ultimi esami di licenza media emerge un quadro sconfortante riguardante la preparazione degli studenti: alcuni di loro sbagliano i pronomi, impallidiscono se devono indicare cosa sia un aggettivo, scivolano sui tempi dei verbi, non sanno riconoscere congiuntivi e avverbi.

Per schiere di studenti l'italiano resta un estraneo anche dopo aver passato in classe cinque anni di scuole elementari e tre di medie. In moltissimi arrivano, infatti, all'esame di terza media con la grammatica che resta materia ostica e astrusa. Nella prova due volte su tre cadono in errore. Tanto che se il 21,6 per cento all'esame nei test Invalsi si è portato a casa voti dall'otto al dieci, le insufficienze sono state ben il 36,7 per cento e i sei il 21,6 per cento;
a raccontare studenti in crisi e una scuola che spesso non riesce a insegnare le basi, sono i risultati della prova Invalsi di quest'anno che fotografa un Paese a due velocità anche tra i banchi: con il Nord dai risultati migliori ed un Sud parcellizzato tra eccellenze e divari che si approfondiscono. Giunta alla terza edizione, l'Invalsi ha visto 585 mila iscritti nelle 5900 scuole secondarie applicarsi alle prove di italiano e matematica messe a punto dall'Istituto nazionale valutazione del sistema educativo di istruzione. Sul fronte matematico la quota di risposte giuste è stata del 51 per cento, mentre la geometria ha trovato più impreparati e confusi gli studenti. Divisi nei risultati anche per genere e nazionalità: meglio le ragazze in italiano, due punti più dei maschi che però le superano con quasi lo stesso divario in matematica. Gli immigrati hanno test con otto punti in meno in italiano e cinque in matematica;
a leggere i risultati è però l'italiano che desta maggior preoccupazione. Se nel complesso gli studenti hanno risposto in modo corretto al 60 per cento delle domande sulla comprensione del testo, la débàcle si è avuta nei quesiti di grammatica. Le risposte giuste qui sono infatti state desolatamente solo una su tre. «Questo significa che lo studente trova maggiore difficoltà proprio nel rispondere a quesiti che sono sotto il diretto controllo della scuola e che meno dipendono dal contributo della famiglia, degli amici o dei media», commenta preoccupato il professo Pietro Cipolline presidente Invalsi;
il Paese che emerge dai test vede un Nord omogeneo e tanti Sud. Le regioni del Nord, con una media di risposte di italiano corrette del 64,6 per cento hanno i risultati migliori del Paese. Le regioni meridionali hanno un ritardo di nove punti rispetto al Nord e di sei rispetto al Centro. Ma il Sud è un puzzle di mondi diversi: ci sono regioni come Abruzzo (61,6), Molise (59,6), Basilicata e Sardegna (58,8) dove la quota di risposte corrette è superiore o pari alla media nazionale mentre altre come Calabria, Campania e Sicilia restano indietro (50,4) -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di rendere più completi i programmi di educazione scolastica relativi al periodo di scuola dell'obbligo, nonché di avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro.
(4-08765)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultimo rapporto Ocse, l'Italia è fra i Paesi che investono meno risorse nella scuola pubblica, e nel quale gli alunni, fra i 7 e i 14 anni, passano troppe ore fra i banchi: 8.200 rispetto a una media Ocse di 6.777. Un periodo eccessivo a cui, molto spesso, non corrisponde nello standard valutativo un migliore apprendimento. Le classi sono troppo affollate, con una media di 22 allievi contro quella Ocse di 18. Vista dalle statiche dell'ultimo rapporto sull'educazione dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, la situazione scolastica italiana non è delle migliori. Fra gli indici in crescita è notevole l'aumento del numero dei laureati fra i 24 e i 34 anni, legato, tuttavia, ai diplomi triennali (dato 2008). Se si osserva la popolazione adulta, l'Italia ha il 14 per cento dei laureati, battuta da una media Ocse che è esattamente il doppio e con gli obiettivi fissati da Bruxelles per il 2020 che sembrano davvero molto lontani: raggiungere la quota del 40 per cento dei diplomati universitari;
l'Italia investe nell'istruzione il 4,5 per cento del prodotto interno lordo contro

una media Ocse del 5,7 per cento, il nostro Paese è fanalino di coda anche nella spesa pubblica per la scuola: 9 per cento contro il 13,3 per cento dell'Ocse. La gran parte della spesa corrente viene impiegata per le retribuzioni del personale docente e non (10 punti percentuali sopra la media Ocse) e questo malgrado gli stipendi di chi sta in cattedra siano molto bassi: un maestro elementare in Italia guadagna poco più di 26.000 dollari l'anno a inizio carriera contro una media di quasi 29.000. A fine della carriera, il suo stipendio sale a 38.831 dollari, ma la media nei Paesi Ocse è salita a 48.000 dollari, cioè quasi 10.000 euro in più. Lo stesso vale per il professore delle scuole medie (che guadagna tra i 28.098 dollari iniziali e i 42.132 di fine carriera) e per il docente delle superiori: quest'ultimo, tra gli insegnanti italiani, ha l'aumento più consistente, passando nel corso della carriera da 28.098 dollari a 44.041, ma la media dei suoi colleghi di altri Paesi passa da 32.500 dollari a oltre 54.700;
davanti alle cifre del rapporto la reazione della Cguil-Flc affermano che: «giustamente l'Ocse sostiene che l'istruzione è la migliore risposta alla crisi. Invece l'Italia ha tagliato risorse, pari a 8 miliardi di euro in tre anni alla scuola e 1,3 miliardi all'università». Negli stessi giorni, è stata pubblicata la graduatoria delle 500 università migliori al mondo, nella quale sono entrate quindici università italiane. Dieci di queste hanno scalato la classifica, anche di molto, come le 51 posizioni guadagnate dall'Università degli studi di Padova, le 22 di Pisa e le 15 di Sapienza di Roma. Ma, nonostante i miglioramenti, le posizioni occupate dagli atenei italiani rimangono molto distanti da quelle degli altri Paesi sviluppati, anche da quelli con una ricchezza ben inferiore a quella del nostro Paese. Scorrendo la classifica mondiale la prima università italiana, quella di Bologna, si incontra alla posizione 176 (due in meno del 2009) e la seconda, la Sapienza, alla 190o. Le successive 3 entro il 300o posto e le restanti 10 dopo il 400o. Nelle prime cento invece vi sono atenei di Cina, Corea del Sud, Irlanda, e di tutti gli altri Paesi del nord Europa. La top ten rimane da sette anni dominio delle solite 6 università americane e 4 britanniche, di cui Cambridge, per la prima volta, strappa il vertice ad Harvard;
la classifica mondiale delle università viene stilata da sette anni da QS, società londinese di ricerche sul mondo della formazione, la cui nascita è stata ispirata, circa quindici anni fa, da The Times. Il quotidiano commissionò per alcuni anni l'indagine a un gruppo di economisti che poi hanno dato vita ad una agenzia di valutazione autonoma, al momento la più affidabile. La classifica viene stilata in base a cinque parametri cui viene assegnato un «peso» percentuale nel determinare il punteggio. Il 40 per cento viene dai giudizi della stessa comunità accademica mondiale sugli atenei. Pesano il 20 per cento cadauno la qualità della ricerca scientifica e il rapporto tra numero di facoltà ed iscritti. Gli ultimi due parametri sono il numero di collaborazioni internazionali e la valutazione di 5.000 capi del personale e amministratori delegati sparsi per il mondo;
«anche lo studio dell'Ocse sulla formazione divulgato oggi, in pratica, ci dice che meno si spende in formazione e meno si conterà in futuro - commenta il professor Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun), organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario nazionale - Ce lo aspettavamo. Il problema del finanziamento del sistema di alta formazione esiste, ma fortunatamente, come dice il QS, il nostro capitale umano e i programmi didattici sono stimati nel mondo. Le basi culturali impartite dagli insegnamenti sono solide e migliorano perfino. Merito è anche dei governi europei che hanno stimolato la comunità accademica ad essere più attiva nelle collaborazioni internazionali da cui è risultato un maggiore livello scientifico delle ricerche e migliori valutazioni da parte del mondo accademico ed industriale internazionale. In questi tempi di incertezza economica - conclude Lenzi - è rassicurante per gli studenti sapere che

una laurea conseguita presso una università di reputazione internazionale resta il percorso migliore per entrare nel mondo del lavoro» -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di garantire una giusta proporzione fra orario educativo e risorse economiche all'interno dei tre cicli di scuola pubblica;
quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di migliorare l'offerta formativa e didattica delle nostre università, posizionate ancora nelle ultime file della classifica stilata da QS.
(4-08785)

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane a Castelnuovo Gargagnana (Lucca), si è svolta una manifestazione sullo «scandalo del sangue infetto» organizzata con la giornalista della Bbc, Elena Cosentino, il suo collega Barbacetto e il presidente dell'associazione Politrasfusi italiani, Angelo Magrini;
Elena Cosentino - davanti a una platea attenta - ha raccontato l'inchiesta pubblicata da «Diario» nel novembre 2009, partendo dal ritrovamento a Padova, nel 1995, di cinque tonnellate di plasma e di altri prodotti scaduti e infettati, stivati in celle frigorifere «tra asparagi e baccalà, filetti di pesce, bieta e gelati». Si scoprirà che erano di proprietà della società Padmore, gestita per conto di Guelfo Marcucci, da David Mills, un avvocato che curava anche alcune società off shore di Silvio Berlusconi;
la Cosentino ha concluso il suo intervento ricordando che, nel luglio 2010, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha destinato a Kedrion (il nuovo nome delle società del gruppo Marcucci), 12 milioni di euro «per la ricerca e lo sviluppo industriale di farmaci contro l'epatite C» -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
come ritengano di intervenire per garantire che gruppi farmaceutici implicati in gravi vicende non possano continuare a ricevere contributi pubblici.
(4-08789)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

BUCCHINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la manovra finanziaria introduce una nuova disposizione sul recupero degli indebiti contributivi e pensionistici; infatti, l'articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce che l'attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all'Inps, non solo tramite denuncia ma anche a seguito di accertamenti degli uffici dell'istituto previdenziale, è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito al contribuente con valore di titolo esecutivo;
il nuovo sistema di riscossione entrerà in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2011 e interesserà le modalità di recupero di tutti i crediti accertati a partire dalla predetta data, anche di competenza di periodi antecedenti al 2011;
l'avviso di addebito conterrà l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro il termine di 60 giorni dalla notifica nonché l'indicazione che, in mancanza del pagamento, l'agente della riscossione indicato nel medesimo avviso procederà ad espropriazione forzata (relativa a beni mobili, immobili ed eventuali crediti), con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo;

si presume che purtroppo la novità interesserà anche i pensionati italiani residenti all'estero anche se il legislatore nella norma in questione non esplicita una sua eventuale efficacia esterna;
tuttavia, in questo caso, la distinzione tra gli italiani residenti in Italia e quelli residenti all'estero e l'esclusione di questi ultimi dal meccanismo dell'espropriazione forzata sarebbero state necessarie, in primo luogo perché gli indebiti che si sono costituiti a carico dei pensionati italiani residenti all'estero (decine di migliaia) non sono quasi mai riconducibili a dolo ma sono dovuti esclusivamente ai ritardi e alla sporadicità da parte dell'Inps nell'effettuare le rilevazioni reddituali all'estero relative alle prestazioni collegate al reddito, in secondo luogo, perché la notifica dell'avviso di addebito agli interessati residenti all'estero comporta difficoltà logistiche reali visto che deve essere teoricamente consegnata dai messi comunali e dagli agenti di polizia municipale italiani o tramite raccomandata con avviso di ricevimento, strumento quest'ultimo non realisticamente ipotizzabile in numerosi Paesi in tutto il mondo, ma particolarmente in quelli dell'America Latina;
con la nuova legge la scure dell'esattore si potrà perciò abbattere sugli immobili posseduti in Italia da pensionati indigenti (titolari di prestazioni collegate al reddito e quindi poveri) residenti all'estero, i quali hanno investito i loro risparmi nell'abitazione in Italia, assolutamente incolpevoli, e a volte ignari, della loro situazione di debitori verso l'Inps;
se da una parte quindi il meccanismo dell'espropriazione forzata può avere una sua logica contro gli evasori contributivi in Italia, dall'altra diventa un atto di ingiusta vessazione contro i pensionati italiani residenti all'estero e comunque di difficile applicazione;
è in discussione in Parlamento una proposta di legge che introduce una sanatoria degli indebiti pensionistici dei residenti all'estero titolari di bassi redditi -:
quali iniziative, anche normative, intenda adottare il Governo per escludere i pensionati italiani residenti all'estero dal nuovo meccanismo di recupero degli indebiti INPS tramite l'espropriazione forzata dei beni mobili e immobili dei debitori stabilito dall'articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio, n. 122.
(4-08743)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
«l'ultimo censimento demografico - dice il sindaco di New York Michael Bloomberg - ha rivelato che almeno 40 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà, più del 13 per cento della popolazione». Il suo allarme riecheggia da una costa all'altra degli Stati Uniti. Proprio mentre la domanda di servizi sociali è resa più acuta dalla crisi economica, le finanze pubbliche sono in uno stato disastroso. Da New York alla California si licenziano insegnanti, si chiudono ospedali, si eliminano linee del metrò e servizi di autobus. È impossibile aumentare ancora il deficit pubblico, che ha raggiunto il 10 per cento del prodotto interno lordo: un record storico dalla seconda guerra mondiale. In questa impasse si fa strada una ricetta nuova, che unisce due leader diversi come Barack Obama e Michael Bloomberg. Al centro di questa terapia c'è la figura dell'«imprenditore sociale». Un ossimoro, che unisce l'efficienza del management d'impresa, e l'impegno per la lotta alle disuguaglianze, l'aiuto ai più deboli, il miglioramento dei servizi pubblici, la cosiddetta «terza via del capitalismo». Il «guru» riconosciuto di questa nuova tendenza è una figura mista, anomala e inclassificabile. Si chiama Stephen Goldsmith e a 64 anni ha avuto almeno tre vite diverse. È un brillante studioso di scienze politiche e amministrazione pubblica, dirige un dipartimento dell'università di Harvard. Anziché limitarsi alla

teoria ha ricoperto la carica di sindaco di Indianapolis. Bloomberg lo ha nominato vice-sindaco nella metropoli più popolosa d'America (8,3 milioni di abitanti) con una missione molto speciale: migliorare i servizi pubblici e le infrastrutture collettive;
un compito che Goldsmith ha accettato senza esitare: «In una fase di crisi, dice, tutti sono capaci di tagliare i costi peggiorando la qualità dei servizi sociali. La vera sfida è fare l'opposto, spendere meno e avere un ambiente più pulito, scuole migliori, trasporti che funzionano». Bloomberg è fiducioso che lui ci riuscirà: «C'è tanta gente che parla di reinventare lo Stato, ma Goldsmith lo ha fatto». Come sindaco di Indianapolis si è conquistato una fama nazionale realizzando un exploit. Ha licenziato il 40 per cento dei dipendenti municipali: ma si è concentrato sui quadri medioalti della burocrazia, lasciando intatto il personale che veramente svolge un'attività di servizio al pubblico. Ha ridotto le tasse locali per ben quattro volte. Ed è riuscito a investire 1,2 miliardi nel miglioramento delle infrastrutture. Chiamando in causa proprio quella figura nuova: l'imprenditore sociale. «È soprattutto un catalizzatore di innovazioni sociali - dice lo stesso Goldsmith - una figura che si emancipa dalle ideologie e dai vecchi modelli, sperimenta un futuro nuovo». I pionieri in questo campo sono stati Bill Gates e Muhammad Yunus. Il fondatore di Microsoft ha trasferito il suo genio imprenditoriale nell'attività filantropica. Dalla sua Fondazione pretende la stessa efficienza che lo ha portato a dominare l'industria del software mondiale. La sua Fondazione è diventata un modello, al punto che altri miliardari americani preferiscono affidargli le proprie donazioni in beneficenza, perché si sentono più garantiti sui risultati finali;
Yunus è l'inventore del microcredito e oggi lo applica nel cuore di New York per aiutare le comunità più povere a riscattarsi da sole, creando piccole imprese, botteghe artigianali e attività commerciali, anziché aspettare l'assistenza pubblica. Ormai gli imprenditori sociali in America sono centinaia. Si sono estesi in molti campi, di cui i quattro filoni principali sono: «La scuola, la sanità, gli alloggi popolari, il risanamento dei quartieri degradati». Goldsmith sostiene che l'approccio alle disuguaglianze, il concetto di assistenza e di servizio pubblico sta entrando in una nuova fase storica. «Alle origini, all'inizio del Novecento, aiutare i bisognosi (malati, anziani) era un compito affidato principalmente alle famiglie e alla carità, dei privati o delle chiese. Poi tra gli anni Trenta e il dopoguerra in tutto l'Occidente la costruzione del Welfare spostò queste responsabilità sullo Stato. Una terza fase, negli anni Ottanta, tolse responsabilità allo Stato con il ricorso all'outsourcing e alle privatizzazioni di tanti servizi». Goldsmith ci tiene a prendere le distanze da quella fase: è in quell'epoca infatti che affondano le loro radici alcuni mali dell'America di oggi: lo stato penoso delle infrastrutture (trasporti pubblici, rete elettrica, autostrade) abbandonate volutamente al degrado. «L'intervento dei privati è benvenuto ma non "contro" lo Stato. Privato e pubblico, capitalismo e no profit possono farsi concorrenza o convivere. A due condizioni. La prima "è la priorità all'innovazione, dove conta la qualità dei risultati". La seconda condizione è che sia il cittadino l'ultimo giudice»;
un caso emblematico è quello di Bill Milliken. Un imprenditore sociale perfettamente bi-partisan. Fu Goldsmith a scoprirlo quando ancora faceva il sindaco di Indianapolis. In quella città Milliken ha iniziato l'esperimento delle Communities in schools. È un programma simile a un dopo-scuola: affianca degli istruttori ai ragazzi che hanno ritardi di rendimento scolastico. Generalmente appartengono ai ceti sociali più sfavoriti, alle minoranze etniche. Se li si abbandona al loro destino saranno per sempre dei cittadini di serie B; tra i giovani neri, per esempio, solo il 33 per cento arriva al diploma di maturità. I maschi neri che lasciano la scuola senza finire la secondaria superiore hanno il 60 per cento di probabilità di finire primo o

poi in carcere. Ora, Communities in schools mobilita 50.000 volontari in tutta l'America, che forniscono tre milioni di ore di ripetizioni gratuite. Per il 75 per cento degli studenti si registra a breve scadenza un miglioramento dei voti e un aumento delle promozioni;
Obama ha cooptato l'idea di Milliken dentro il suo social innovation fund: i primi 11 investimenti di imprenditori sociali che hanno l'imprimatur ufficiale della Casa Bianca. Per questi progetti il rapporto pubblico privato è significativo: 50 milioni di finanziamenti statali si fondono con 74 milioni di investimenti privati. Per Goldsmith non basta però che ci sia dentro la benedizione di Obama. Il talento effettivo degli imprenditori sociali va verificato nei fatti. Per questo lui vede come un ingrediente essenziale del suo esperimento la «mobilitazione civica», il sondaggio costante dei cittadini perché votino sulla qualità dei servizi. Le nuove tecnologie possono servire anche a questo. «A Londra - spiega Goldsmith - il sistema AccessCity incoraggia tutti i residenti a segnalare con sms, foto dal telefonico e messaggi twitter, tutti quegli spazi pubblici che non offrono l'accessibilità ai portatori di handicap. Ecco un caso in cui l'interattività tecnologica consente al cittadino di segnalare un problema in tempo reale, e pretendere la soluzione». Questo quarto stadio nell'evoluzione dei servizi sociali, come lo definisce Goldsmith, recupera pezzi di tradizioni precedenti. Il terzo settore, il movimento cooperativo, le chiese: ognuna di queste esperienze ha avuto qualcosa di positivo. La novità che viene dagli Stati Uniti è la fusione tra le ispirazioni nobili del volontariato e della filantropia, con i livelli più avanzati dell'efficienza d'impresa -:
quali iniziative il Governo intenda attuare al fine di creare anche nel nostro Paese una combinazione di pubblico e privato di matrice istituzionale, come accade negli Stati Uniti d'America, per tramite della figura del manager sociale.
(4-08754)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Istat rileva che tra il 2009 e il 2007 il cosiddetto «lavoro a chiamata» è aumentato del 75 per cento, precisando che le imprese che hanno utilizzato almeno un «lavoratore intermittente» nel 2007 erano 48.000, due anni dopo sono quasi raddoppiate, con una forte concentrazione (54,5 per cento) nel settore degli alberghi e ristoranti. Secondo l'indagine, ognuna di queste imprese occupa in media 2,8 lavoratori a chiamata, che costituiscono il 37 per cento dei dipendenti dell'impresa. Il «lavoro a chiamata» è stato introdotto dalla legislazione italiana nel 2004, ma solo dal 2006 è diventato possibile raccogliere ed esaminare i dati, perché nel frattempo l'Inps aveva definito la relativa disciplina previdenziale. La crescita dei contratti di questo tipo viene rilevata nell'arco di due anni, e non di anno in anno perché nella prima metà del 2008, era intervenuta una modifica della legislazione che ne limitava l'applicazione ai settori del turismo e dello spettacolo. Ma nel luglio dello stesso anno è stata ripristinata la disciplina precedente, cosicché i contratti a chiamata hanno ricominciato a crescere fino alle attuali 111.000 unità;
le imprese ricorrono a questa tipologia di contratto quasi esclusivamente per coprire posizioni lavorative con qualifica operaia, che rappresentano il 90 per cento circa del totale, con un massimo di oltre il 98 per cento nel settore degli alberghi e ristoranti. I dipendenti a chiamata inquadrati come impiegati costituiscono una quota significativa solo nel settore del commercio, 36 per cento circa nel 2007 e 30 per cento nel 2009. I lavoratori a chiamata lavorano molto meno dei colleghi che hanno un contratto a tempo indeterminato: infatti, l'Istat ha rilevato come nel settore degli alberghi e ristoranti «la quantità di ore lavorate per posizione lavorativa rappresenta meno di un settimo dell'orario full time previsto dai contratti collettivi applicati in questo comparto». Il mese in cui si lavora di più è ovviamente

agosto. Nel 2009 il numero medio delle ore pro capite mensili era pari a 30,8 e il valore più elevato si registrava nel settore delle costruzioni;
la regione in cui si concentra il maggior numero di contratti a chiamata è il Veneto (intorno al 20 per cento), lo stesso Nord-Est risulta l'area in cui il ricorso al job-on-call è più elevato (circa il 41 per cento). Nel Nord-Ovest c'è un'alta concentrazione di lavoratori a chiamata in Lombardia (intorno al 17 per cento), mentre il Centro presenta una maggiore dispersione tra le diverse zone. Generalmente basso è il ricorso al lavoro a chiamata nel Sud e ancor di più nelle isole (rispettivamente 9 e 2 per cento). La Coldiretti fa notare, in un comunicato diffuso poco dopo la rivelazione dei dati dell'Istat, che «i rapporti di lavoro innovativi, in particolare i "buoni lavoro", hanno permesso di ottenere importanti risultati nella lotta al lavoro sommerso». Dei 7,3 milioni di buoni lavoro (voucher) venduti fino alla fine di luglio, uno su tre (34 per cento) è stato utilizzato in agricoltura, spiega la Coldiretti. I voucher, ricorda l'associazione degli agricoltori, sono acquistabili dal datore di lavoro sia in forma cartacea che per via telematica presso le sedi Inps a 10 euro (e in multipli da 20 a 50 euro) e sono rimborsabili al lavoratore per 7,50 euro netti, che può riscuotere presso tutti gli uffici postali. La differenza tra quanto versato dal datore di lavoro e quanto riscosso dal lavoratore è data dai contributi Inps e Inail, che vengono accreditati direttamente al lavoratore successivamente alla riscossione del buono. Sono stati introdotti per la prima volta in occasione della vendemmia del 2008, ma sono stati estesi successivamente in vari settori, dal lavoro domestico al turismo, purché si tratti di prestazioni occasionali;
da una concomitante indagine del centro di ricerche Datagiovani, che ha analizzato le previsioni di assunzione non stagionali delle aziende italiane nel 2010, emerge che nel 2010 sono in aumento i posti di lavoro per gli under 30, anche se in sei casi su dieci si tratta di contratti atipici, in prevalenza a tempo determinato. Secondo l'indagine, il 2010 può essere un anno interessante per le prospettive occupazionali dei giovani italiani, con quasi 197 mila posti di lavoro disponibili, pari al 35,6 per cento delle assunzioni totali previste. Le aziende, soprattutto quelle fino a 49 dipendenti ed attive nel commercio al dettaglio, nel manifatturiero, nelle costruzioni e nei servizi turistici, cercano giovani qualificati, con titoli di studio medio-alti o professionalizzanti e ad indirizzo tecnico. Le mansioni da ricoprire sono di tipo qualificato nelle attività commerciali e nei servizi (28,8 per cento), o riguardano professioni tecniche (18,5 per cento) ed operai specializzati (18 per cento). Tra le caratteristiche personali richieste ai giovani assume sempre più rilevanza la conoscenza di una lingua straniera (oltre un terzo delle assunzioni) oltre che le conoscenze informatiche (più della metà) -:
quali misure il Ministro intenda adottare al fine di monitorare, dal punto di vista occupazionale e previdenziale, i lavoratori con contratti atipici o con contratti di «lavoro a chiamata», dato il loro notevole e vistoso aumento in questo biennio.
(4-08757)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
per i lavori condotti in amministrazione diretta il Corpo forestale dello Stato impiega da anni personale assunto con contratto di diritto privato;

il rapporto di lavoro di tali lavoratori è definito dalla legge (speciale) 5 aprile 1985, n. 124 e la loro utilità di impiego è ribadita dalla legge di riordino del Corpo forestale, (legge n. 36 del 6 febbraio 2004) la quale conferma all'articolo 5, comma 1, che «per consentire il supporto alle attività istituzionali del Corpo forestale dello Stato continuano ad applicarsi le norme previste dalla legge 5 aprile 1985, n. 124»;
rientrano in tale fattispecie circa 1700 operai forestali che svolgono il proprio lavoro presso gli uffici territoriali per la biodiversità a protezione di importanti zone di interesse naturalistico del patrimonio forestale italiano;
a 4 anni di distanza e nonostante quattro giornate di sciopero nazionale ed altre a livello locale la situazione non è minimamente mutata e gli operai sono ancora senza contratto;
si evidenzia, inoltre, che, nonostante l'impegno sottoscritto 16 gennaio 2008 dal capo del corpo forestale, dottor Cesare Patrone, che prevedeva l'erogazione dei buoni pasto a partire dal mese di maggio 2008, nulla è successo sempre per mancanza di risorse;
il giorno 6 ottobre 2010 è stata proclamata una nuova giornata di sciopero con manifestazione a Roma per chiedere la risoluzione delle problematiche sopra elencate -:
se non ritenga di avviare iniziative concrete volte a dare una soluzione rapida alle problematiche suesposte, eliminando evidenti discriminazioni tra lavoratori che godono di tutele, in virtù di un rapporto di lavoro pubblico, e lavoratori assunti con rapporto di natura privata cui le stesse non sono assicurate;
se non ritenga, altresì, di prevedere le risorse necessarie per garantire l'erogazione dei buoni pasto al pari degli altri lavoratori.
(2-00832)
«Pezzotta, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, ZUCCHI, BRANDOLINI, TRAPPOLINO, SERVODIO e DAL MORO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
anche alla luce dell'ultimo recente rapporto elaborato da Inea sulla presenza dei giovani in agricoltura, si conferma che nel contesto comunitario l'Italia conta una delle più basse presenze di giovani nel settore;
sempre secondo tale rapporto i giovani sotto i 40 anni rappresentano appena il 7 per cento dei conduttori delle aziende agricole;
nel 2005 in Italia solo il 3 per cento dei conduttori aveva meno di 35 anni a fronte di una media europea dell'allora 7 per cento, mentre la presenza degli ultra sessantacinquenni attivi nel settore primario era nel nostro paese tra i più alti dell'area europea (oltre il 20 per cento analogamente solo a Portogallo, Romania e Bulgaria);
tra il 2005 e il 2007 a livello nazionale vi è stata una contrazione del 10 per cento del numero delle aziende gestite da under 40;
in virtù dei dati sopramenzionati abbiamo in Italia (con consistenti differenze interregionali) un imprenditore agricolo giovane ogni sei «over 65»;
risulta evidente come, per il futuro dell'agricoltura del nostro Paese, sia fondamentale accrescere e sostenere il ricambio

generazionale avvicinandolo alle migliori dei Paesi europei (la percentuale di giovani imprenditori è in Austria dell'11 per cento, in Polonia del 12 per cento, in Finlandia del 9 per cento);
le misure oggi previste dagli strumenti comunitari riescono solo parzialmente a supportare tale necessità (in particolare le misure n. 112 e 111, dentro ai Piani di sviluppo rurale regionali);
le difficoltà che frenano l'ingresso imprenditoriale dei giovani fanno riferimento a ragioni di vario genere ed in particolare a motivazioni di natura economica (reddito agricolo nel nostro Paese tra i più bassi nel contesto europeo), sociale, settoriale (peso della burocrazia, accesso al credito, difficoltà e costi nel passaggio aziendale genitori-figli);
il precedente Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, aveva annunciato con numerose dichiarazioni di stampa, e lanciato, nell'estate del 2009, anche inserendolo nel decreto anticrisi, il progetto denominato «Rinascimento Verde»;
tale progetto, secondo quanto ripetutamente illustrato dal medesimo Ministro Zaia, si sarebbe concretizzato attraverso l'assegnazione di terre demaniali a vocazione agricola, a giovani agricoltori; avrebbe dovuto creare in tre anni mille imprese e conseguentemente sei mila nuovi posti di lavoro;
il progetto avrebbe dovuto prevedere la realizzazione di un censimento delle terre demaniali a vocazione agricola stimate, sempre secondo dichiarazioni del Ministro Zaia, in dieci mila ettari;
allo stesso censimento, sempre secondo le parole del Ministro, avrebbe dovuto far seguito un bando pubblico a progetto, al quale sarebbe stato possibile per i giovani fino 40 anni di età, partecipare presentando progetti e piani agricoli aziendali -:
se il progetto «Rinascimento Verde» sia stato effettivamente attivato, attraverso quali atti e quale sia attualmente «lo stato dell'arte»;
se le azioni di ricognizione e censimento delle terre demaniali riportate in premessa siano state avviate ed effettuate, e in quali tempi si prevede di avviare i bandi per la assegnazione;
se, visti i dati preoccupanti, ritenga di dover promuovere altre iniziative per favorire la presenza dei giovani nel comparto primario e, in caso affermativo, quali nello specifico.
(5-03477)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo apparso sul quotidiano Il Secolo XIX del 14 aprile 2007 veniva riportata, tra le novità relative ai nuovi lavori annunciati dall'amministratore delegato di Costa Edutainment Giuseppe Costa, la costruzione di «una nuova vasca collocata prima della nave Italia in grado di dare una casa a 15 nuovi ospiti», ossia delfini, nell'Acquario di Genova;
la detenzione dei delfini è stata più volte criticata sia dalle associazioni di protezione degli animali che da esponenti del mondo accademico;
l'ENPA, Ente Nazionale Protezione Animali, ha recentemente denunciato sia l'arrivo di altri 15 delfini da detenere in una vasca-corridoio di 70x20 metri, che la probabile provenienza da un noto delfinario belga facente parte di una altrettanto nota multinazionale del divertimento spagnola al centro di diffuse critiche a livello europeo;
l'Acquario di Genova solo dopo la denuncia di ENPA ha deciso di rettificare la notizia ridimensionando il numero dei delfini e dichiarando, in un articolo apparso sul Secolo XIX del 21 ottobre 2008, che i cetacei verranno prelevati in non

meglio specificate «buone strutture dove gli animali vivono in ambienti controllati»;
la detenzione degli animali, ancorché se per fini spettacolari ed i delfinari in particolare, suscita numerose critiche anche a causa dei risvolti educativi così come evidenziato finanche in un recente appello firmato da oltre 600 psicologi, tra cui eminenti esponenti del mondo accademico italiano; per quanto sopra esposto deve ritenersi essenziale che le strutture della cattività forniscano, nella maniera più dettagliata possibile, le informazioni sugli animali ad iniziare sui luoghi di provenienza -:
se sia stata comunicato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tramite le diramazioni competenti dei Servizi Cites, ogni informazione fornita sui delfini che saranno reclusi nella nuova vasca che l'Acquario di Genova ha intenzione di inaugurare nel 2010;
se sia stata comunicata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite l'autorità scientifica competente ogni informazione sui nuovi delfini relativi alla futura vasca genovese sia per gli obblighi derivanti nel caso di importazione di cetacei di cattura appartenenti a specie considerate in appendice II della Convenzione di Washington e Regolamenti comunità europea, che per gli obblighi di legge conseguenti all'applicazione dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 468 del 6 dicembre 2001.
(4-08741)

REALACCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Coldiretti ha denunciato, il caso della azienda casearia «Lactitalia», di cui risulta proprietario, tramite il SIMEST, il Ministero dello sviluppo economico italiano;
Lactitalia produce, in Romania con latte romeno e ungherese, formaggi di pecora che vengono «spacciati» come prodotti nazionali sui mercati europeo e statunitense, contribuendo così a danneggiare gravemente il comparto lattiero-caseario italiano;
l'azienda Lactitalia ha aperto nel 2007 un caseificio a Izvin, nei pressi di Timisoara, grazie ad un investimento di 5 milioni di euro finalizzato alla produzione di formaggi e latticini destinati sia al mercato romeno che all'export: i principali Paesi di commercializzazione sono gli Stati Uniti con il 55 per cento di export, l'Italia e la Grecia. Il caseificio impiega 34 addetti a tempo pieno ed altri 29 con contratto stagionale e ha realizzato nel 2009 un giro di affari di oltre 4 milioni di euro;
dalle visure effettuate la Lactitalia risulta essere una società a responsabilità limitata composta da due soci, la romena Roinvest di cui sono risultati soci cittadini di nazionalità romena e la Simest SpA, società italiana controllata dallo Stato, di cui il 76 per cento del capitale come quota di controllo, è in mano al Ministero dello sviluppo economico;
la SIMEST fu istituita nel 1990 come società per promuovere il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane ed assistere gli imprenditori nelle loro attività all'estero;
sulla base delle indicazioni riportate sullo stesso sito della Lactitalia essa trasforma latte di mucca e di pecora, commercializzando i propri prodotti con due marchi, uno per il mercato estero e uno per quello romeno: rispettivamente «Dolce Vita» e «Gura de Rai». Tra i prodotti spiccano inoltre «pecorino» e «Toscanella», entrambi realizzati con latte di pecora, ma ci sono anche altri nomi italiani come mascarpone, ricotta, mozzarella, caciotta;
dai documenti dell'Istituto nazionale per il commercio estero emergono anche alcune dichiarazioni del direttore di Lactitalia che sottolineano i bassi livelli qualitativi della produzione: «Per calibrare i macchinari del caseificio abbiamo importato

latte ungherese, perché è molto più pulito di quello che avremmo dovuto comprare dai produttori romeni»;
la presenza di prodotti di imitazione sui mercati internazionali costituisce la principale minaccia al «Sistema Italia», al tessuto produttivo italiano, specie quello caseario, che è fortemente impegnato nella difesa della qualità e della tradizione alimentare nazionale. La contraffazione di prodotti alimentari ha causato infatti un calo del 10 per cento delle esportazioni dei formaggi di pecora Made in Italy, ragione di un'insostenibile riduzione dei prezzi riconosciuti agli allevatori italiani;
risulta altresì paradossale che lo Stato italiano detenga ed abbia agevolato una società che minaccia la produzione nazionale, per di più tramite una società che per statuto dovrebbe svolgere l'attività contraria: ovvero promuovere e tutelare le aziende e le produzioni nazionali all'estero -:
quali azioni urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per verificare se quanto denunciato dalla Coldiretti corrisponda a verità; se non si ritenga opportuno rivedere la partecipazione alla quota societaria di Lactitalia da parte della Simest, in caso di veridicità di quanto messo in luce; se non sia utile compiere poi un'attenta verifica alle partecipazioni societarie di enti nazionali, affinché questi fatti non si possano più ripetere.
(4-08770)

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
i prodotti tipici nazionali italiani stanno per essere soppiantati dai nostri mercati e supermercati. Quasi la metà dei nostri prodotti da tavola, anche se ufficialmente «dichiara» di essere italiano - sul marchio, sull'etichetta - proviene dall'estero, o è lavorata con materie prime che arrivano da oltre confine, dai Paesi del Nord e dell'America latina, dal cuore del vecchio continente e dall'Est europeo. Tale merce si unisce a quella «ufficiale», quella effettivamente proposta come non autoctona. Alla fine del suo viaggio, dopo lunghe tratte per mare o per terra, può finire nel grande insieme dei 129 prodotti dop (denominazione origine protetta) e dei 77 igp (indicazione geografica protetta) che vanta oggi l'Italia, costituendo un giro d'affari che, tra inganni e sotterfugi, vale ogni anno 60 miliardi di euro, che alleggerisce del 40 per cento le spese di produzione delle nostre imprese alimentari. Questo circuito alimentare diventa un paradosso per le nostre tavole: marchia le confezioni, promuove la filiera agricola certificata, e intanto tollera che da porti e valichi di frontiera entri di tutto. Con il risultato che due prosciutti su tre, venduti come italiani, sono ottenuti da maiali allevati all'estero, tre cartoni di latte su quattro sono stranieri; un terzo della pasta è fatta di grano importato; il 50 per cento delle mozzarelle derivano da cagliate o latte straniero, come ha confermato il recente allarme per la mozzarella blu (il 68 per cento del latte importato viene da Germania, Francia e Austria; ogni giorno dalle frontiere italiane passano, in entrata, 3,5 milioni di litri di latte sterile); e poi l'italianissimo pomodoro, ormai diventato cinese, dato che la Cina nel 2010 ci ha inondato di 100 milioni di chili di pomodoro;
«È un furto del quale stiamo vivendo gli effetti drammatici - afferma Sergio Marini, presidente di Coldiretti. Il taroccamento dei prodotti alimentari è un fenomeno doppio. Da una parte c'è l'utilizzo a livello nazionale di materie prime importate da vendere come italiane. E questo avviene a causa della mancanza dell'obbligo di indicare l'origine in etichetta. Penso per esempio ai pecorini, a eccezione di quello romano, e al pomodoro. Dall'altra c'è la pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni, ricette che si richiamano all'Italia per prodotti che non hanno nulla a che vedere con la penisola». In entrambi i casi, è evidente, il guadagno è enorme. «Che sia un pirata del cibo o una multinazionale famosa, il

principio di base è lo stesso: lucrarci sopra il più possibile. Prendendo in giro i consumatori alla faccia del made in Italy»;
nella catena distruttiva dell'italian food, vengono immesse ogni giorno tonnellate di cibi di cui nessuno sospetterebbe. Troppo tradizionali. Troppo «italiani» per destare dubbi. Arrivano in Italia seguendo le classiche rotte delle importazioni riconosciute. Quelle che seguono i canali dell'approvvigionamento delle imprese che comprano all'estero e vendono come «estero». Ma dietro la facciata dell'ufficialità esiste un binario parallelo: imprenditori, che si rivolgono a produzioni non italiane acquistando a prezzi inferiori anche del 65-70 per cento, e rivendendo alla grande dopo il «lavaggio» dell'etichettatura. Non è una pratica illegale, ma è un grave danno ad allevatori, produttori e all'immagine del made in Italy. Lontano dalla penisola sono falsi tre prodotti alimentari italiani su quattro. «È un problema grave, ma va affrontato con calma e se possibile con un po' di leggerezza - afferma Oscar Farinetti, l'inventore di Eataly, il supermercato del gusto diventato tappa fissa per tutti i buongustai, ultimo sbarco New York. Per fermarlo serve un ampio e serrato lavoro di comunicazione. Senza esagerare nell'orgoglio dobbiamo affermare la nostra identità forte, l'originalità del prodotto. Sulle importazioni dico invece: mai fermare le merci quando sono di qualità. Scambio della merce uguale scambio di culture. Non voglio tornare al medioevo e al tempo dei comuni». Tuttavia l'insidia c'è. Nella maggior parte dei casi la pasta arriva dalla Grecia, il grano dal Québec e dalle isole Barbados, il prosciutto dai Paesi scandinavi, il latte per formaggi e mozzarelle da Germania, Francia, Lituania, Polonia, le cagliate persino dalla Bolivia. Alcuni tipi di mele, che vengono vendute come nostrane arrivano dall'Argentina, i kiwi dal Cile;
è soprattutto nei passaggi per entrare nel nostro Paese che si verificano le illegalità utili a far passare merci non autorizzate. Quest'estate Coldiretti ha messo in campo una squadra di persone il cui lavoro era dedicato proprio ad evitare tali meccanismi. Hanno lavorato nei pressi dei valichi del Brennero e del Fréjus, dei porti di Ancona, Messina, Gioia Tauro, Bari. Con auto, furgoni, barche, hanno presidiato gli avamposti e hanno registrato le «strane» importazioni, alcune addirittura attivate da noti marchi, colossi del food italiano. Al Brennero e al Fréjus sono stati scoperte quasi 15 mila cosce di suino provenienti da Olanda, Danimarca e Germania, e destinate a diventare prosciutti italiani. Alcuni carichi - seguiti fino a destinazione - erano diretti a Langhirano, nella patria del prosciutto; altri a Modena, nel celebre distretto dei salumi; altri ancora in un salumificio in provincia di Como. In direzione Vicenza e Novara viaggiavano copiose derrate di formaggio. Marchi italiani, ma provenienti dalla Germania. Lo stesso Paese da cui sono arrivati decine di migliaia di litri di latte da nazionalizzare, confezionare e trasformare in formaggi;
il 7 luglio 2010 un camion carico di 20 tonnellate di pasta «italiana» è sbarcato al porto di Ancona proveniente dalla Grecia. Ha impiegato oltre 24 ore per coprire i 300 chilometri che separano la città del Conero da Parma. Il carico era destinato a un noto marchio. Come le migliaia di tonnellate di grano sbarcate a Bari: la nave Federal Danube, battente bandiera cipriota, era partita dal Québec; la Pyrgos da Antigua-Barbados. Tra mele argentine e kiwi cileni, paste filate partite dal cuore dell'Europa e dirette in Puglia, le sentinelle di Coldiretti hanno fotografato in presa diretta il lato oscuro del nostro import. Lo stesso scenario che ha fatto da sfondo allo scandalo delle mozzarelle blu. Il 50 per cento di quelle in vendita sono realizzate con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero. Ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta. Nel 2009 si stima che siano entrati in Italia 8,8 miliardi di chili in equivalente latte (latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) utilizzati in latticini e formaggi all'insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori. Rilevanti sono le provenienze da Paesi dell'Est come Polonia, Slovenia, Ungheria

e Lituania. Quest'ultima, nel 2009 ha aumentato le importazioni verso il nostro Paese del 20 per cento in più rispetto all'anno precedente. Tra i grandi beneficiari si registrano gli stabilimenti della Lombardia, dove si produce il 40 per cento del latte italiano;
per arginare l'invasione dei prodotti che vengono poi nazionalizzati «va sostenuta in Parlamento l'approvazione del disegno di legge sull'etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti (già ampiamente condivisa in Senato sia in Commissione agricoltura che in Aula) - ragiona ancora Sergio Marini - un segnale incoraggiante è appena arrivato dal Parlamento europeo che ha votato finalmente a favore dell'obbligo di indicare il luogo di origine/provenienza per carne, ortofrutticoli freschi e prodotti lattiero caseari». Lo status della situazione è ancora confusionario. Alcuni cibi si portano addosso l'etichettatura con l'indicazione di provenienza; altri ne sono privi. Del primo elenco fanno parte, o dovrebbero farne, la carne di pollo e derivati e la carne bovina, la frutta e le verdure fresche, le uova, il miele, la passata di pomodoro, il latte fresco, il pesce e l'extravergine d'oliva. Nel secondo la pasta, la carne di suino e i salumi, la carne di coniglio, di pecora e di agnello, la frutta e la verdura trasformata, i derivati del pomodoro diversi della passata, i formaggi, i derivati dei cereali (pane, pasta). Un paniere sul quale nessuno può garantire e dunque nessuno, in teoria, è garantito, dove agiscono indisturbati i truffatori della tavola -:
se il Governo intenda assumere iniziative normative in materia di etichettatura obbligatoria riguardante l'origine degli alimenti, in analogia al provvedimento già approvato, anche se parzialmente dal Parlamento europeo;
quali interventi il Governo intenda adottare al fine di contrastare efficacemente l'importazione illegale di materie prime e cibi dall'estero, non sottoposti al controllo di filiera come accade in Italia.
(4-08786)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI CATERINA, CASTIELLO, COSENZA, VELLA, GOTTARDO, CALABRIA, DE CAMILLIS, SARUBBI, NEGRO, FRASSINETTI, TORRISI, CAZZOLA, SALTAMARTINI, FUCCI, GIAMMANCO, MANNUCCI, CECCACCI RUBINO, CENTEMERO, REPETTI, CERONI, CICCIOLI, MANCUSO, CATANOSO e NASTRI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un articolo pubblicato lo scorso 17 settembre dal quotidiano Il Mattino, circa 180 cani ospitati presso il rifugio denominato «La Fenice» di Napoli, rischiano di morire di sete a causa di un improvviso guasto alla rete idrica nella zona interessata che dura oramai da diverse settimane;
il suddetto articolo, precisa inoltre che il comando provinciale dei vigili del fuoco è in grado di garantire la fornitura d'acqua soltanto per due ore al mattino, rendendo impossibile anche la sopravvivenza degli animali;
«La Fenice» rappresenta per l'intera città di Napoli, l'unico canile, sorto inizialmente su un'area sprovvista di falde acquifere, dove attualmente è possibile ospitare i cani randagi, vittime di maltrattamenti e abbandoni;
nel corso degli anni precedenti, a partire dal 2002, il canile interessato ha ricevuto in maniera precaria e temporanea, dal comando provinciale dei vigili del fuoco, la fornitura di acqua antincendio, con l'indifferenza evidente e manifesta da parte delle istituzioni locali, che nel frattempo non sono intervenute per rendere più decorosa ed accogliente la struttura d'accoglienza interessata, che rappresenta un punto di riferimento nevralgico per la gestione del randagismo per l'intera città di Napoli e che si è caricata di oneri e incombenze sgravando da numerosi impegni finanziari, pari a circa 100 mila euro all'anno, sia gli uffici dell'Asl per la raccolta per strada di oltre 150 cani all'anno, curati e sterilizzati a carico dello stesso

rifugio «La Fenice» di Ponticelli, che nei riguardi della stessa amministrazione comunale di Napoli;
quanto riportato, risulta pertanto grave e preoccupante, in considerazione del fatto che, nel caso non ci fosse un tempestivo intervento, i cani ospitati dalla struttura suddetta, rischiano di morire in breve tempo, con la conseguenza che potrebbero esserci seri rischi per la tutela e la salute degli individui che abitano nelle zone limitrofe, e per coloro che lavorano all'interno del canile, oltre che per la stessa area interessata;
il Ministero della salute, ha istituito una task force per la tutela degli animali d'affezione e la lotta al randagismo, ai maltrattamenti e ai canili lager, che ha la facoltà, tra l'altro, di effettuare sopralluoghi ispettivi e interventi diretti nelle situazioni di emergenza, anche in collaborazione con i carabinieri dei NAS -:
se quanto riportato dall'articolo del quotidiano Il Mattino ed esposto in premessa, corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza, urgenti ed immediate, intenda intraprendere al fine di intervenire per evitare il decesso di oltre 180 cani, che rischiano di morire per mancanza d'acqua;
se non ritenga opportuno intervenire preventivamente al fine di verificare quale sia la situazione generale all'interno del rifugio «La Fenice» di Ponticelli, che, a giudizio dell'interrogante, appare grave e preoccupante, in considerazione dell'evidente degrado e abbandono in cui la struttura si trova attualmente.
(5-03479)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
per migliaia di persone in Italia che soffrono di intolleranze e allergie alimentari, uscire per mangiare nei ristoranti diventa un serio e grave problema, dato che di allergie alimentari si può morire, come è successo al sedicenne ucciso da un gelato a San Giovanni Rotondo l'8 agosto 2010, e come stava per succedere il 20 agosto ad Aldo Montano, colpito da uno shock anafilattico per un po' di formaggio. Per gli allergici gravi mangiare al ristorante è difficile. «Purtroppo molti esercizi sono impreparati e la normativa non è adeguata, così quasi tutti i malati restano a casa», afferma Marcia Podestà, presidente dell'associazione Food Allergy Italia: «È previsto che i ristoratori diano informazioni sulla presenza di sostanze allergeniche, ma più che altro bisognerebbe insegnare loro come evitare le contaminazioni. E prevedere dei menu con scritti tutti gli ingredienti dei piatti»;
il problema dell'allergia agli alimenti, o meglio alle proteine in questi contenute, è diffusissimo. Sono circa 6 milioni gli italiani il cui sistema immunitario reagisce di fronte a cibi, quali, ad esempio pesca, latticini, crostacei. Circa il 10 per cento di loro hanno una forma grave della malattia, che può portare alla morte per shock anche dopo l'assunzione di una piccola quantità dell'alimento nei confronti del quale sono ipersensibili. Sono tutelati dalle norme sulle etichette dei prodotti confezionati, su cui bisogna scrivere se contengono tracce di allergeni come le mandorle o le noccioline, ma quando vanno al ristorante vengono lasciati a se stessi. Per loro non sono ancora previste le regole in vigore per i celiaci, colpiti ugualmente da una malattia autoimmune che si attiva dopo l'assunzione di un elemento naturale, il glutine, ma con meccanismi diversi;
i locali con menu dedicati a chi ha la celiachia ci sono e stanno aumentando. La legge prevede corsi specifici per i cuochi. Ma i celiaci non rischiano la morte improvvisa se assumono glutine, così come, generalmente, coloro che soffrono di intolleranze alimentari non legate a problemi del sistema immunitario. «Si tratta di persone che hanno problemi enzimatici o legati alla presenza nei cibi di additivi o sostanze attive come l'istamina». A parlare è Donatella Macchia, del direttivo

nazionale della Società italiana di allergologia clinica ed esperta di allergie alimentari. «Purtroppo le associazioni di pazienti con il problema di cui mi occupo non sono forti come quelle dei celiaci. C'è forse meno consapevolezza da parte degli stessi malati. Il vero allergico, che ha avuto una diagnosi corretta in un centro specializzato, talvolta si perde tra un mare di gente che non ha una patologia così importante. Nei ristoranti o nelle mense scolastiche arrivano persone che dicono di aver problemi con questo o quell'alimento solamente perché lo digeriscono con difficoltà»;
l'Italia è molto più arretrata ad altri Paesi europei. «Invidio la normativa della Svezia - dice Paola Minale, allergologa di Genova che fa parte di Federasma. Lì in tutti i ristoranti l'allergico viene accolto da una persona che lo segue per tutta la cena, controllando che scelga un menu adeguato e che in cucina siano fatte le cose per bene. I cuochi vanno formati, come esistono le norme per l'igiene devono esserci quelle per assicurare un pasto sicuro agli allergici. Abbiamo fatto incontri con alcuni ristoratori e mi sembrano ben disposti. Anche perché ormai in ogni tavolata ci sono due o tre persone con problemi diversi. Il ministero ha da poco istituito una commissione per definire delle linee guida proprio riguardo agli esercizi pubblici» -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per definire in modo adeguato ed univoco una normativa, generalmente applicabile, per tutti i ristoranti, locande, e pizzerie italiane al fine di tutelare i soggetti affetti da allergie alimentari.
(4-08758)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha erogato 300 mila euro per il «fondo nazionale per la non autosufficienza» al fine di sostenere il progetto sperimentale «voucher demenza» promosso dall'Asl di Bergamo, di cui potranno beneficiare circa duecento famiglie di pazienti affetti da demenza. Il progetto da realizzare tra agosto e dicembre 2010 prevede un proseguimento nell'anno 2011 con uno stanziamento di fondi pari al doppio della cifra attuale. Il presidente del consiglio di rappresentanza dei sindaci, Leonio Calcioni, al riguardo afferma: «la motivazione più forte che ha spinto a questa sperimentazione riguarda il fatto che conosciamo la situazione in cui vivono molte famiglie bergamasche. Spesso sono le mogli, le figlie o le nipoti che devono ristrutturare la propria vita per stare vicino al proprio parente malato. La nostra è l'unica Asl a proporre un progetto di sostegno diretto delle famiglie. Il Consiglio ha fatto proprio questo progetto, invitando i Comuni, e in particolare gli assistenti sociali che operano sul territorio a collaborare, individuando attraverso il loro lavoro quotidiano le famiglie che più necessitano di assistenza e che quindi potrebbero aver diritto a usufruire del voucher demenza. I Comuni hanno posto come uno degli obiettivi primari della loro programmazione sociale proprio il sostegno a queste problematiche con la creazione, per esempio, degli Alzheimer Cafè (luoghi di incontro per pazienti e famiglie)»;
in tutta la provincia orobica sono circa 5-6.000 le persone affette da Alzheimer, malattia degenerativa che colpisce la memoria e le funzioni mentali e può portare a confusione e disorientamento spazio-temporale. «Se nella fase terminale della malattia è possibile ricorrere al servizio di Assistenza domiciliare integrata (Adi) erogata dall'Asl o ai servizi Assistenziali domiciliari (Sad) comunali, ai Centri domiciliari integrati o anche al ricovero nelle Residenze sanitarie (Rsa), è nella fase iniziale e intermedia della malattia, la più lunga, che il paziente è quasi totalmente a carico della famiglia», spiega Benigno Carrara, responsabile del servizio cure domiciliari dell'Asl. L'aspetto innovativo del progetto «voucher demenza» consiste nel fatto che «l'intervento di tipo psico-educativo è rivolto a chi si prende

cura del malato, il care-giver, aggiunge Carrara»;
il familiare che per la prima volta deve affrontare questo tipo di malattia ha bisogno di indicazioni concrete che gli verranno fornite da un operatore sanitario, ma anche di un sostegno psicologico per comprendere come rapportarsi alla persona cara. È possibile, inoltre, l'intervento del fisioterapista per la valutazione ambientale ed eventuali suggerimenti di adattamento della casa alla nuova condizione del malato e, se ce ne fosse necessità, dell'infermiere con l'obiettivo di «addestrare» il care-giver per particolari attività. Dopo una valutazione iniziale da parte dell'infermiere in merito ai bisogni del paziente e dello psicologo in ordine alle necessità della famiglia viene redatto, in accordo con essa, un piano di intervento. Si prevede l'erogazione di due voucher consecutivi (ogni voucher corrisponde a un mese) ripetibili a distanza di 4 mesi con altri 2 voucher (il numero degli interventi dell'operatore per ogni voucher può variare a seconda di ogni situazione);
come chiarisce lo stesso Carrara, «possono accedere al voucher i pazienti con diagnosi di demenza certificata e con una situazione familiare di difficoltà nella gestione del malato demente. La verifica dei criteri viene svolta dal Centro per l'assistenza domiciliare, a cui deve giungere la relazione dell'assistente sociale del comune di residenza, la relazione sanitaria del medico del paziente, correlata dalla certificazione specialistica. Nel caso non fosse stata ancora redatta una diagnosi il paziente deve essere inviato all'Unità di valutazione Alzheimer a cui potrà accedere superando le liste di attesa» -:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare, in un'ottica di lungo periodo e di ampio raggio, al fine di promuovere un progetto nazionale dedicato ai malati di Alzheimer, sull'esempio di quanto già esistente nella provincia di Bergamo.
(4-08764)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa (Venerdì di Repubblica del 24 settembre 2010) risulta che non sono ancora stati diffusi i dati del monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità avviato nel 2008 sul sangue di 780 persone e sul latte materno di 50 donne di tredici comuni della Campania; l'indagine fu promossa per accertare l'eventuale presenza di metalli pesanti e diossine in un'area a rischio tra le province di Napoli e Caserta, dove discariche abusive, roghi di immondizia e sversamenti di sostanze pericolose hanno compromesso il territorio -:
quali siano le ragioni di questo ritardo, ad avviso degli interroganti, gravissimo nella diffusione dei dati;
quale sia stata la metodologia del prelievo.
(4-08773)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dalla relazione annuale sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 presentato dal Ministero della salute al Parlamento, risultavano operanti poco più di duemila consultori pubblici in Italia, un numero inferiore a quanto previsto dalla legge;
la relazione evidenziava il numero decrescente dei consultori pubblici: ne sono stati conteggiati 2085, più 116 privati;
risultavano, si legge nel documento, 0,7 consultori ogni 20 mila abitanti, valore inferiore rispetto a quello previsto dal decreto-legge n. 509 del 1995 di uno ogni 20 mila abitanti;
il loro numero risulta essere in continuo mutamento, ma si mantiene decrescente, anche in considerazione del fatto

che vengono talvolta comunicate senza distinzione sedi principali e sedi distaccate e che continua l'accorpamento dei consultori -:
quale sia al momento la situazione dei consultori pubblici, e in particolare se prosegua la tendenza decrescente registrata nel citato rapporto;
quanti siano al momento i consultori pubblici operanti, e in particolare se il loro numero sia ancora inferiore rispetto a quelli previsti dal decreto-legge n. 509 del 1995;
quanti consultori pubblici operino regione per regione, e a quali risultati abbia portato l'annunciata rilevazione specifica sui consultori familiari annunciata nel luglio 2009.
(4-08777)

BORGHESI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Rosario Attanasio, è in possesso di verbale rilasciato dalla Commissione medica ospedaliera di Taranto il 10 agosto 2010, con cui si attesta inequivocabilmente l'esistenza del nesso tra la sua focomelia e l'assunzione del talidomide da parte della madre;
dallo stesso si rileva come la Commissione medica ospedaliera di Taranto ha diligentemente rispettato i termini procedimentali di cui al decreto del Ministero della salute n. 163 del 2009;
sono passati ben 5 mesi dalla visita senza che la direzione del Ministero abbia provveduto a notificare all'interessato l'esito della stessa e concludere il procedimento con l'emanazione del provvedimento di liquidazione;
i funzionari del Ministero, per quanto risulta all'interrogante, non hanno dato spiegazioni circa il fatto che non gli viene notificato il verbale, a differenza di altri talidomidici che hanno espletato la visita dopo di lui -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza affinché tali procedimenti si concludano in tempi brevi.
(4-08805)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
il 2 settembre 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 131 di revisione del codice della proprietà industriale pubblicato nel supplemento ordinario n. 195/L alla Gazzetta Ufficiale serie generale n. 192 del 18 agosto 2010;
il rinnovo della delega per la revisione del codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è stato operato dall'articolo 19, comma 15 della legge 23 luglio 2009 n. 99, che aveva previsto un aggiornamento del suddetto codice, riattivando così un processo di revisione normativa che si era interrotto nel 2006 e che era stato già previsto dall'articolo 2 della legge istitutiva 27 dicembre 2004, n. 306;
l'articolo 123 del decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 131 sostituisce l'articolo 239 del codice riguardo ai limiti alla protezione accordata dal diritto d'autore, prevedendo che la protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell'articolo 2, n. 10), della legge 22 aprile 1941, n. 633, comprenda «anche le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute, di pubblico dominio. Tuttavia i terzi che avevano fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale allora in pubblico dominio non rispondono della violazione del diritto d'autore

compiuta proseguendo questa attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché detta attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso.»;
la nuova formulazione della disposizione transitoria codicistica dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale, non prevista nella prima bozza del decreto ed inserita nel provvedimento normativo all'ultimo momento, è, come si può vedere, estremamente articolata tanto da risultare assai difficoltosa e problematica la sua interpretazione;
in tal modo già oggi si possono configurare due diverse interpretazioni:
una proposta dal professore Cesare Calli (Il Sole 24 Ore del 24 agosto 2010) facente parte della commissione di esperti insediata nel 2005 presso l'allora Ministero delle attività produttive ed avvocato di Assoluce, aderente a Federlegno Arredo/Confindustria - il quale afferma «che tutti i prodotti-copia realizzati in Italia dopo il 19 aprile 2006 e quelli importati dopo il 19 aprile 2001 sono perseguibili a tutti gli effetti di legge come contraffazioni»;
mentre l'altra, più favorevole per le tante aziende presenti nel mercato italiano del design, garantirebbe alle stesse di continuare a fabbricare e commercializzare i classici, a condizione che lo specifico modello:
a) sia stato da esse fabbricato o acquistato prima del 19 aprile 2001;
b) sia stato da esse fabbricato nei 5 anni successivi al 19 aprile 2001;
c) sia subordinato alla condizione che non siano oltrepassati i limiti del preuso, da intendersi in senso quantitativo, anche se non rigorosamente numerico;
la prima interpretazione della norma, dando effetto retroattivo alla stessa, la renderebbe sicuramente incostituzionale dal punto di vista penalistico e, portando la norma ad eccedere gli ambiti della legge-delega conferita dal Parlamento, presenterebbe inoltre un profilo d'incostituzionalità, anche dal punto di vista civilistico, in violazione dell'articolo 77 della Costituzione -:
se il Ministro intenda chiarire l'esatta interpretazione della norma, nel senso di garantire la prosecuzione dell'attività di tali aziende, evitando eventuali contestazioni da parte di terzi che aumenterebbero i rischi insiti in un'attività imprenditoriale proprio in un momento di crisi globale del settore;
quali iniziative intenda assumere il Governo, nell'ambito della sua attività di tutela del sistema produttivo ed industriale italiano e della professionalità dei lavoratori, per salvaguardare gli stabilimenti produttivi, soprattutto del settore dell'arredamento, presenti in molte parti del Paese, qualora sia avvalorata l'interpretazione negativa della norma, anche in presenza dei suddetti marcati profili d'incostituzionalità.
(2-00831)
«Nannicini, Lulli, Ceccuzzi, Cenni, Fluvi».

Interrogazione a risposta orale:

VICO e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la direzione generale incentivazione attività imprenditoriali (DGIAI) del Ministero dello sviluppo economico è una struttura con competenze e funzioni operative e di programmazione, finalizzate alla gestione degli interventi agevolativi a favore delle imprese;
l'attività della direzione generale si sostanzia, secondo il sito istituzionale del Ministero, nella concessione ed erogazione di agevolazioni finanziarie alle imprese, al fine di perseguire importanti obiettivi di politica industriale: dal sostegno alle attività

di ricerca e sviluppo e dell'innovazione tecnologica agli interventi per le situazioni di crisi industriale, dalle agevolazioni per le aree meno sviluppate al sostegno per l'accesso al credito per le piccole e medie imprese;
da tempo le imprese del nostro Paese, soprattutto le piccole e medie ubicate nel Mezzogiorno, lamentano il disimpegno di questo Governo in tema di incentivi allo sviluppo che brucia potenzialità di lavoro per i tanti giovani disoccupati in un contesto di sviluppo dell'economia e dei redditi sempre più debole;
tale situazione è amplificata dalla mancanza di un Ministro dello sviluppo economico, visto che l'interim al Presidente del Consiglio dei ministri fino ad oggi ha prodotto, ad avviso degli interroganti, soltanto lo smantellamento di funzioni vitali del dicastero;
nel corso dell'ultimo anno è ulteriormente aumentato il ritardo nell'attuazione degli interventi, derivante dall'incapacità di programmazione delle risorse comunitarie da parte della DGIAI, nella sua veste di organismo intermedio del PON ricerca e competitività e del POI energia 2007-2013;
la bassa percentuale di risorse impegnate (45 per cento) ed erogate (15 per cento) fino a luglio 2010 sul PON 2007-2013 comporta il crescente rischio di perdita di risorse;
la decisione della Commissione europea, intervenuta nel giugno 2010, ha modificato le regole del disimpegno automatico in senso favorevole agli Stati membri ed ha così impedito che l'inefficienza della DGIAI si trasformasse per il momento nell'effettiva perdita di risorse;
risultano infatti contabilizzati impegni per poco più di 600 milioni di euro ed erogate risorse per meno di 400 milioni di euro, mentre il programma prevedeva per le annualità 2007-2010 impegni pari a 1.650 milioni di euro e una spesa di oltre 800 milioni di euro, salvo quanto riferibile all'utilizzo di risorse per il fondo di garanzia, strumento peraltro fermo alla sola ricezione delle proposte e privo di idonee modalità di funzionamento;
complessivamente, in assenza della modifica in senso estensivo delle norme specifiche da parte di Bruxelles, la DGIAI avrebbe fatto perdere al sistema imprenditoriale italiano oltre 460 milioni di euro di finanziamenti, rischio tutt'ora attuale per la scarsa coerenza di parte degli interventi rendicontati e per alcune irregolarità procedurali rilevate dalla Commissione, che mettono in forse la possibilità che la Unione europea accetti una quota rilevante della spesa certificata dalla DGIAI;
il rischio aumenta se si tiene conto che l'avanzamento dei programmi si basa sul ricorso a progetti provenienti dalla programmazione 2000-2006;
quanto all'attivazione del fondo di garanzia, al quale sono stati versati circa 200 milioni di euro, il rischio è solo procrastinato visto che il bando per l'affidamento della gestione del fondo di garanzia è stato pubblicato solo in questi giorni, con quello che, secondo gli interroganti, è un colpevole ritardo che rischia di compromettere l'operatività dello strumento e dimostra come i versamenti al fondo siano di fatto dei meri escamotage per evitare il disimpegno dei fondi anziché per dare concreto aiuto al sistema imprenditoriale;
ulteriori e più pesanti rischi di perdita delle risorse riguardano la programmazione dell'annualità 2011, per la quale le autorità competenti hanno già espresso le loro preoccupazioni nei confronti della DGIAI;
lo stesso problema si pone per il POI Energia per il quale l'unico impegno fino ad oggi registrato dalla DGIAI è sempre quello del giro contabile al fondo di garanzia di meno di 100 milioni di euro, appena sufficiente ad evitare il disimpegno automatico, nonostante la modifica delle regole comunitarie;

anche se gli impegni delle risorse finanziarie sono comunque cresciuti nell'ultimo mese per effetto di 3 dei 5 bandi della «nuova 488», usciti con pesante ritardo e senza tenere in considerazione importanti settori dell'economia del Paese, va sottolineato come anche quest'ultimo strumento, date le dimensioni stesse dei finanziamenti conseguenti ai limiti di stanziamento fissati dai relativi decreti, contribuisce ad abbassare ulteriormente la qualità della spesa e ad aumentare i rischi connessi alla certificazione a beneficio della Unione europea;
appare evidente che i decreti pubblicati si configurano come meri strumenti per tentare di ovviare ai rischi di disimpegno automatico;
inoltre, il criterio di selezione delle iniziative da finanziare è riconducibile sostanzialmente all'ordine cronologico di presentazione delle domande, mentre l'esame di merito delle domande prevede tempi più lunghi rispetto al passato ed il ricorso, in aggiunta all'attività di Invitalia, ad esperti esterni di nomina ministeriale, comporta, a giudizio degli interroganti, una scarsa garanzia di trasparenza ed equità;
ove non fosse stato necessario rincorrere i ritardi fin qui accumulati sulla spesa comunitaria, a discapito della qualità della stessa, sarebbe stato necessario acquisire prima di tutto i risultati del bando e successivamente, valutata la qualità delle proposte presentate, definire una graduatoria ed il relativo fabbisogno finanziario, senza aprire una sorta di lotteria su aspetti così importanti di politica industriale;
altrettanto grave appare il rischio di definanziamento delle cosiddette «risorse liberate» rivenienti dalla programmazione 2000-2006 (1,3 mld euro circa) che ad oggi non risultano essere impegnate con validi e coerenti atti amministrativi, se non per un importo pari a circa 1/3 della disponibilità totale, e che viceversa devono essere interamente impegnate entro il 31 dicembre 2010 -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per affrontare la grave situazione venutasi a creare alla direzione generale incentivazione attività imprenditoriali (DGIAI) del Ministero dello sviluppo economico, in particolare riguardo all'attività volta al sostegno dello sviluppo imprenditoriale, ed, in particolare, quali iniziative intendano assumere:
a) per evitare il rischio reale che possano essere perse le risorse del PON ricerca e competitività e del POI energia 2007-2013;
b) per ridare operatività ed efficienza al fondo di garanzia;
c) per rivedere i criteri con i quali sono state impegnate le risorse finanziarie relative ai bandi della «nuova 488», riguardo all'esclusione di importanti settori dell'economia del Paese, alle dimensioni stesse dei finanziamenti conseguenti ai limiti di stanziamento fissati dai relativi decreti e ai metodi di selezione delle iniziative da finanziare;
d) per prevenire i rischi di definanziamento delle «risorse liberate» rivenienti dalla programmazione 2000-2006.
(3-01247)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore della cantieristica italiana sta vivendo una fase di grave crisi strutturale con una flessione significativa degli ordinativi per l'intero comparto;
a Castellammare di Stabia ha sede il più vecchio stabilimento del gruppo Fincantieri che può vantare una lunga tradizione nella progettazione e nella costruzione di navi. Oltre duecento anni di storia segnati dalla costruzione di navi che hanno dato, e continuano a dare, lustro all'industria italiana nel mondo;

la situazione della città di Castellammare di Stabia è già seriamente compromessa da un punto di vista occupazionale;
la situazione nel cantiere di Castellammare si fa sempre più critica. Lo stabilimento, che conta 680 dipendenti e oltre un migliaio di lavoratori legati alle piccole imprese che orbitano attorno ad esso, allo stato attuale è coinvolto da un programma di cassa integrazione che interessa nei diversi cantieri dell'area stabiese circa 1.000 lavoratori;
secondo indiscrezioni pubblicate dai quotidiani si apprende dell'esistenza di un piano (2010/14) elaborato da Fintecna che prevederebbe la chiusura o riconversione di alcuni stabilimenti tra cui quello di Castellammare di Stabia;
la regione Campania non ha sottoscritto il protocollo di intesa relativo alla realizzazione del nuovo bacino di carenaggio, firmato invece dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalla provincia di Napoli e dal comune di Castellammare di Stabia;
il 18 dicembre 2009, nel contesto di un incontro volto ad analizzare le possibili soluzioni per far fronte alle problematiche relative alla situazione di crisi della cantieristica italiana, il Governo si è impegnato ad accelerare la fornitura di unità navali per la Marina militare e per la Protezione civile, a favorire la costruzione di piattaforme galleggianti quale soluzione flessibile a fronte dell'emergenza carceraria ed infine ad utilizzare l'occasione del passaggio della Tirrenia Spa alle regioni per rinnovare la flotta del traghetti;
e infine a sostenere a livello europeo il programma di rinnovamento dei mezzi navali da trasporto merci e passeggeri al fine di favorire il miglioramento della sicurezza e limitare l'impatto ambientale negativo;
in quella sede le istituzioni locali si erano impegnate ad attivare le opportune iniziative impiantistiche e strutturali per ovviare alle attuali diseconomie produttive per sostenere lo sviluppo del sito di Castellammare -:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative urgenti volte a:
a) sbloccare quegli strumenti finanziari necessari a far partire le promesse commesse alla Fincantieri;
b) affrontare la questione della rottamazione delle flotte, visto che l'80 per cento delle navi ha più di 25 anni;
c) accelerare l'individuazione di un nuovo pacchetto di commesse pubbliche;
d) verificare la concreta attuazione del protocollo di intesa, siglato tra Governo, regione e comune di Castellammare di Stabia, per la realizzazione del bacino di carenaggio, struttura indispensabile per il futuro dello stabilimento di Castellammare.
(4-08752)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo il rapporto World Economic Outlook, che sarà presentato ad ottobre dal Fondo monetario internazionale, «un persistente problema di competitività» costringe l'Italia ad una ripresa economica «ancor più lenta che in Francia e in Germania». Il gap competitivo «limita lo spazio per la crescita dell'export, e il programmato consolidamento fiscale indebolisce la domanda privata». Il dossier mette l'accento sulla debolezza del nostro Paese, che impedisce di approfittare della ripresa della domanda mondiale. L'organizzazione di Washington conferma a +0,9 per cento le sue previsioni di crescita 2010 per l'Italia, ma ribassa dall'1,1 per cento all'1 per cento quelle per il 2011;
«la strada della ripresa in Europa è stata accidentata», osserva il Fondo e il dato complessivo (+1,1 per cento di prodotto interno lordo nel 2010 e + 1,3 per cento nel 2011) è piuttosto debole. Ma si verificano «differenze pronunciate» all'interno della regione, dovute «alle condizioni

dei bilanci del settore pubblico e di quello privato, e allo spazio che hanno le politiche macroeconomiche di sostenere la ripresa». Dal punto di vista della disoccupazione, la situazione italiana risulta essere leggermente meno pesante rispetto a quanto accade negli altri Paesi: 8,7 per cento contro la media europea del 10,1 per cento quest'anno, e 8,6 per cento a fronte di un 10 per cento medio l'anno prossimo. Nelle economie avanzate il problema dei senza lavoro «pone grandi sfide sociali». Dal 2007 ad oggi, quindi nei tre anni della crisi, hanno perso il lavoro 20 milioni di persone, il drammatico bilancio globale è salito a 200 milioni di disoccupati. Il Fondo monetario internazionale prevede per i prossimi due anni un'inflazione all'1,5 per cento e all'1,7 per cento, più alta rispetto a tutto il territorio di Eurolandia (1,3 e 1,4 per cento). Il Fondo segnala «un temporaneo rallentamento della crescita nella seconda metà del 2010 e nella prima metà del 2011». Il prodotto interno lordo mondiale crescerà quest'anno del 4,6 per cento e il prossimo del 4,3 per cento. A sostenere maggiormente l'economia saranno i Paesi emergenti, con un prodotto interno lordo medio del 6,9 per cento e del 6,4 per cento l'anno prossimo;
anche la Federal Reserve ha confermato che la velocità di uscita dalla crisi sta diminuendo. Nel Beige Book scrive che l'economia statunitense continua a crescere ma «tra luglio ed agosto ha mostrato ampi segnali di rallentamento». L'economia a stelle e strisce, precisa però la banca centrale americana, non sta entrando in una fase di recessione, anche se la ripresa si è raffreddata rispetto ai mesi precedenti. Il settore manifatturiero continua ad espandersi ma mostra segnali di rallentamento, i consumi, presi globalmente, crescono, mentre sono in deciso calo le compravendite immobiliari. Per quanto attiene al Fondo monetario che nell'Outlook sollecita i Governi a tagliare seriamente i deficit fin dal 2011, i sacrifici di bilancio devono essere controbilanciati da riforme strutturali. Da misure come la riforma delle tasse e della spesa, auspicando che esse vadano a regime nell'immediato futuro e sostengano investimenti e lavoro. Gli economisti di Washington chiedono anche di accelerare con la riforma finanziaria, perché in molte economie avanzate il settore finanziario resta l'anello debole della catena delle prospettive di ripresa della domanda privata, e influiscono negativamente sull'erogazione del credito all'economia. In generale, si conclude tuttavia, «la salute del sistema bancario mondiale sta migliorando», e le svalutazioni di prestiti in sofferenza e dei titoli sono scese dai 2.300 miliardi di aprile 2010, a 2.200 miliardi attuali -:
quali iniziative il Ministro, alla luce dei dati riportati dal Fondo monetario internazionale nel World Economic Outlook e della Federal Reserve nel Beige Book, intenda attuare al fine di rendere l'economia italiana più competitiva a livello internazionale, nonché al fine di realizzare le riforme strutturali necessarie per consentire ad essa un nuovo slancio vitale.
(4-08759)

JANNONE E CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo l'ultima indagine di Confcommercio, il Nord-ovest arretra, il Centro avanza, il Sud fa qualche piccolo miglioramento, ma rimane ampiamente la macroarea meno produttiva e meno ricca del Paese: è quanto emerge dallo studio che analizza il prodotto interno lordo delle regioni italiane negli ultimi anni. Secondo le previsioni dell'ufficio studi, la ripresa vedrà in testa già a partire dal 2011 il Lazio, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Lombardia. Più in generale, «nel 2011 si dovrebbe confermare la maggiore vivacità del Centro, trainato dalla maggiore presenza di terziario di mercato rispetto al resto dell'Italia». Il prodotto interno lordo del Lazio in particolare, secondo le previsioni di Confcommercio, dovrebbe compiere un balzo del 2 per cento nel 2011, crescendo a un tasso doppio rispetto alla media nazionale;

costante la riduzione della quota del prodotto interno lordo proveniente dal Nord-Ovest: nel 1995 aveva una quota del 32,7 per cento della ricchezza prodotta, nel 2007 tale quota scenderà al 31,9 per cento, nel 2011 tale tendenza proseguirà, arrivando al 31,6 per cento. Mentre il Centro è passato dal 21 al 21,6 per cento nel 2007, e l'anno prossimo arriverà al 22,1 per cento, in sostanza sta guadagnando quanto perso dal Nord-ovest. A incidere sull'arretramento del Nord-ovest, spiega Confcommercio, il calo delle esportazioni che ha colpito in particolar modo le regioni dell'ex triangolo industriale, mentre il Centro ha goduto dei vantaggi della maggiore presenza dei servizi di mercato. Sostanzialmente stabile il Nord-est: nel 1995 aveva una quota di prodotto interno lordo pari al 22,3 per cento, divenuta 22,7 per cento nel 2007 e che arriverà al 22,5 per cento nel 2011;
per il Mezzogiorno, l'unica notazione positiva è che nel 2009, anno nero della crisi, ha perso meno della media (-4,1 per cento rispetto al -5 per cento nazionale). Ma per il resto rimane la grande arretratezza rispetto alle altre macroaree: «La Regione meno produttiva del Nord, la Liguria, ha comunque un prodotto pro capite di oltre il 24 per cento superiore a quello della Regione più produttiva del Mezzogiorno, l'Abruzzo». Se si confronta il prodotto interno lordo pro capite della regione meno produttiva del Sud, la Campania, con quello della più produttiva del Nord, la Val d'Aosta, il divario va oltre il 50 per cento. Quindi, tra Nord e Sud non cambia niente;
però il Sud nel 2009 ha perso meno di quanto abbiano perso in media le altre macroaree del Paese. La spiegazione, suggerisce Confcommercio, sta nel fatto che «la presenza di un'elevata frazione di occupati dipendenti in generale e nella Pubblica Amministrazione in particolare, ha limitato l'impatto della crisi». In compenso, «nel biennio 2010-2011 il Mezzogiorno mostrerà comunque tassi di variazione del prodotto lordo inferiori a quelli della media Italia». La regione con il maggior prodotto pro capite è la Val d'Aosta, che però negli ultimi quindici anni è cresciuta poco in percentuale. Al secondo posto la Lombardia, seguono Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Lazio, che supera il Veneto -:
quali iniziative il Ministro intenda attuare al fine di poter monitorare lo sviluppo economico alle quattro macroaree italiane nel triennio 2011-2013.
(4-08760)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mese di luglio 2010 ha registrato un segno negativo nel settore di vendite auto di circa il 26 per cento. Il presidente dell'associazione dei concessionari, la Federauto, esprime il proprio timore nel fatto che le cifre ufficiali, che saranno diffuse tra pochi giorni, possano rivelare una situazione ancora più grave. Per il numero uno dei concessionari italiani, Filippo Pavan Bernacchi, il dato delle vendite effettive ai privati - quelle nelle quali non sono compresi i veicoli «chilometri zero» frutto delle autoimmatricolazioni dei venditori per dimostrare quote di mercato non veritiere - potrebbe essere addirittura del 30 per cento in meno rispetto a un anno fa, con una quota Fiat (-35 per cento) in forte caduta;
dopo i vari segni negativi registrati negli ultimi mesi, -19 per cento a giugno, -13 per cento a maggio e -15 per cento ad aprile, viene confermato il fatto che, se il settore riprenderà quota, entro fine anno si raggiungerà scarsamente un livello di vendite di 1 milione 900 mila auto, contro i 2,16 milioni del 2009. La differenza, tuttavia, sta nel fatto che un anno fa il compratore poteva usufruire degli incentivi alla rottamazione: un dettaglio talmente notevole che, di fronte alle cifre poco esaltanti di chiusura del primo semestre 2010, l'amministratore delegato di Fiat Automobile, Lorenzo Sistino, ha realisticamente riconosciuto che «non ci sono motivi per cui la tendenza possa cambiare nel secondo semestre dell'anno»;

Gian Primo Quagliano, del Centro studi Promotor conferma: «i raffronti di oggi vengono fatti sui dati mensili di un'annata, il 2009, con numeri decisamente forti e gonfiati dagli aiuti statali e regionali. E poi, se vogliamo guardare la situazione con un occhio diverso, queste cifre ci rivelano il persistere delle difficoltà economiche delle famiglie italiane, che magari vorrebbero cambiare la vecchia auto, ma non possono permetterselo». Tuttavia, anche negli altri Governi europei, come Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, la politica degli incentivi è andata scemando, e non sembrano previsti rinnovi, almeno per quanto riguarda il 2010;
lo stesso Pavan Bernacchi auspica una tempestiva soluzione del problema da parte dell'Esecutivo, agendo su due fronti: «da un lato rinnovando dei bonus pluriennali per svecchiare il parco auto e incentivare le vetture a basso impatto ambientale, a cominciare da quelle alimentate a gpl e metano. Dall'altro, varando una politica seria per riallineare la tassazione delle vetture aziendali agli altri Paesi europei». Federauto chiede, quindi, allo Stato «di prendere subito in considerazione misure a supporto del mercato auto, che sarebbero a costo zero». Uno studio riservato che circola tra gli addetti ai lavori elenca le cifre e addirittura le ipotesi di guadagno (mancato): per ogni euro di incentivo concesso rientrerebbero nelle casse dello Stato 1 euro e 20 centesimi, considerando solo il gettito Iva sui nuovi veicoli e gli introiti delle accise sui carburanti -:
se e quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di studiare interventi finalizzati alla ripresa del settore autovetture.
(4-08762)

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Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza Castagnetti n. 2-00814, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Carra.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Cenni e altri n. 5-03442, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Servodio, Marco Carra, Brandolini, Fiorio.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Villecco Calipari n. 5-03122 del 23 giugno 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Mogherini Rebesani n. 5-03158 del 1o luglio 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Borghesi n. 4-04900 del 9 novembre 2009 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03469.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Callegari e altri n. 5-03418 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 370 del 20 settembre 2010. Alla pagina 15613, seconda colonna, dalla riga

trentacinquesima alla riga quarantesima deve leggersi: «il censimento potrebbe anche essere occasione per rilevare i dati concernenti l'erogazione di aiuti di Stato, contributi europei, assegnazione di quote latte e altro -:» e non «il censimento potrebbe anche essere occasione per verificare la corrispondenza dei dati delle aziende finalizzati ad esempio all'erogazione di aiuti di Stato, contributi europei, assegnazione di quote latte e altro -:», come stampato.