XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 22 settembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 4 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la procurata eutanasia del dicastero dello sviluppo economico è iniziata il cinque maggio 2010, giorno in cui il suo titolare, onorevole Claudio Scajola, si è dimesso perché travolto da uno scandalo; da oltre quattro mesi, il Presidente del Consiglio dei ministri è titolare dell'interim;
si assiste, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, alla riduzione del Ministero dello sviluppo economico ad una scatola vuota, ad una «dependance» di palazzo Chigi: il Ministero dello sviluppo economico è scomparso praticamente e politicamente da oltre quattro mesi, ha perso competenze, risorse e potere, proprio nel momento in cui occorrerebbe invece una cabina di regia per guidare la ripresa e lo sviluppo nazionale, mentre sono aperti, in vana attesa di soluzione, quasi 200 tavoli di vertenze di aziende in crisi e sono oltre 200 mila i lavoratori i cui posti di lavoro sono in bilico;
il 24 giugno 2010, circa centocinquanta imprenditori vincitori delle agevolazioni previste da «Industria 2015» hanno scritto al Presidente del Consiglio dei ministri in qualità di Ministro ad interim dello sviluppo economico perché, dopo quindici mesi sono ancora in vana attesa;
l'ultima manovra finanziaria, del luglio 2010, è passata sullo sviluppo economico come uno schiacciasassi: al dicastero sono state sottratte risorse per circa 900 milioni di euro, 800 milioni di euro sono stati trasferiti alla competenza del Ministro del turismo; il dicastero ha perso la gestione dei fondi europei e del fondo per le aree sottoutilizzate, entrambi finiti in mano alla Presidenza del Consiglio dei ministri che li ha poi delegati al Ministro per gli affari regionali a cui, di fatto, è stato affidato il dipartimento per le politiche dello sviluppo, conteso ad inizio legislatura proprio tra il Ministro Scajola ed il Ministro Tremonti; sarà il Ministro per gli affari regionali a dover varare il piano per il Sud; il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Sacconi ha occupato lo spazio tradizionalmente dello sviluppo economico, gestendo le vertenze industriali Glaxo, Fiat-Pomigliano e Telecom; sono state invertite le competenze in merito alle nomine dei vertici della Sace e della Sogin, che ora spetteranno al Ministro dell'economia e delle finanze, solo di concerto con il Ministro dello sviluppo economico;
al Ministro dello sviluppo economico è demandato il compito di sovrintendere al settore nevralgico delle telecomunicazioni: un comparto industriale che - come ha ricordato il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - corrisponde al 3 per cento del prodotto interno lordo; all'interno di questo mercato, c'è il settore televisivo - la Rai, Mediaset, insieme a tutti gli altri concorrenti - ed è ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, paradossale ed insostenibile l'intreccio tra gli interessi aziendali e le responsabilità istituzionali;
il Presidente del Consiglio dei ministri aveva il dovere di lasciare nel più breve tempo possibile la guida dello sviluppo economico per nominare un titolare effettivo, nella pienezza dei suoi poteri e della sua autonomia, una figura qualificata, autorevole e rispettabile, in grado di tutelare gli interessi generali del Paese e di tutti gli operatori del mercato;
gli eventi occorsi, con il trascorrere delle settimane e poi dei mesi, danno l'impressione di uno smantellamento di funzioni vitali di un dicastero che deve occuparsi di questioni essenziali, quali le liberalizzazioni e la concorrenza, di comunicazioni, di imprese, di incentivi allo sviluppo, di energia e di commercio estero, oltre ad affrontare le vertenze delle

aziende in crisi, e segnano tutta la gravità di un'assenza in un momento molto pesante per il sistema economico;
nonostante gli autorevolissimi solleciti nelle più alte sedi istituzionali, del Ministro dell'economia e delle finanze, del presidente della Confindustria e dei leader delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, il Presidente del Consiglio non si decide ancora concludere l'interim e a proporre al Capo dello Stato il nome del nuovo Ministro dello sviluppo economico;
la legge n. 121 del 2008 ha assegnato al Ministero dello sviluppo economico le competenze del Ministero delle comunicazioni, ivi compresa la gestione delle concessioni delle frequenze televisive e dell'intero settore delle televisioni: la recentissima autorizzazione concessa dal Ministero dello sviluppo economico a Mediaset per trasmettere in alcune regioni sul digitale terrestre con una quinta frequenza, e segnatamente sul canale 58, è solo una delle distorsioni del mercato dovute, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, all'evidente situazione di conflitto di interessi in cui versa l'attuale titolare dell'interim, che arriverà al suo culmine quando, entro la fine dell'anno, il titolare del dicastero dello sviluppo economico sarà chiamato alla definizione e alla stipula del contratto di servizio con la RAI-Radiotelevisione Italiana,

impegna il Governo ed, in particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri

nel rigoroso rispetto delle procedure giuridiche in tema di revoca e conferimento di incarichi pubblici e ferme restando le prerogative del Capo dello Stato, ad assumere le iniziative di competenza affinché cessi l'incarico ad interim di Ministro dello sviluppo economico e siano avviate immediatamente le procedure per la nomina di un nuovo Ministro.
(1-00435) «Di Pietro, Evangelisti, Di Stanislao».

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico della radiotelevisione, il servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidato per concessione a una società per azioni, che lo svolge sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero concedente;
secondo quanto disposto dall'articolo 49, comma 1, del Testo unico della radiotelevisione, la concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni dall'entrata in vigore del citato decreto legislativo, alla RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a., che è tenuta ad adempiere ai compiti generali del servizio pubblico radiotelevisivo, come stabiliti dall'articolo 45, comma 2, e agli ulteriori obblighi individuati dalle linee-guida definite d'intesa tra l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il Ministro competente, prima di ciascun rinnovo triennale del contratto di servizio (articolo 45, comma 2, decreto legislativo citato);
la concessionaria del servizio pubblico non è dunque solo tenuta a rispettare - come qualunque operatore radiotelevisivo - i princìpi generali in materia di informazione, di cui all'articolo 7, comma 2, del citato Testo unico, a partire dalla «presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni», dalla garanzia dell'accesso «di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità» e dall'«assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni». La Rai è anche vincolata ad un particolare obbligo di obiettività, correttezza, lealtà e completezza dell'informazione, in ragione della funzione stessa del servizio di radiodiffusione pubblica, che,

come è espressamente riconosciuto dal Trattato CE, in particolare all'articolo 16 e all'articolo 86 e dal «protocollo di Amsterdam», ad esso allegato, «è direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione»;
l'atto di indirizzo sulle garanzie del pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo, approvato l'11 marzo 2003 dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi stabilisce che «dai telegiornali ai programmi di approfondimento» la programmazione della Rai debba «rispettare rigorosamente, con la completezza dell'informazione, la pluralità dei punti di vista e la necessità del contraddittorio; ai direttori, ai conduttori, a tutti i giornalisti che operano nell'azienda concessionaria del servizio pubblico, si chiede di orientare la loro attività al rispetto dell'imparzialità, avendo come unico criterio quello di fornire ai cittadini utenti il massimo di informazioni, verificate e fondate, con il massimo di chiarezza»;
la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 614/09/CONS, ai fini del rinnovo del contratto di servizio tra Ministero dello sviluppo economico e RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a. per il triennio 2010-2012, richiamando i recenti indirizzi comunitari, che sottolineano come quella radiotelevisiva rappresenti tuttora la principale fonte di informazione e quindi di partecipazione al dibattito civile e politico dei cittadini, ribadisce l'esigenza di una «definizione qualitativa» degli obblighi di servizio pubblico, sia rispetto alla programmazione nel suo complesso, sia rispetto all'informazione: «L'innalzamento del livello qualitativo dell'informazione deve essere perseguito dalla Rai agendo lungo più direttrici, attraverso interventi nel merito e di metodo. Orizzonte internazionale, pluralismo, completezza, deontologia professionale, devono costituire tratti distintivi dell'informazione di servizio pubblico, che deve essere, pertanto, aperta sul mondo, pluralistica, equilibrata e diversificata, così da garantire l'informazione, l'apprendimento e lo sviluppo del senso critico, civile ed etico della collettività nazionale, nel rispetto del diritto/dovere di cronaca, della verità dei fatti e del diritto dei cittadini ad essere informati.»;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha sanzionato la concessionaria per l'inadempimento dell'articolo 3 del contratto di servizio 2007-2009 (delibera 67/10/CONS dell'11 marzo 2010), per avere attivato un sistema di monitoraggio della qualità dell'offerta radiotelevisiva solo alla fine del periodo contrattuale, oltre i termini previsti, e comunque in forma non coerente rispetto a quanto stabilito dall'articolo 3 del contratto di servizio; il sistema di rilevazione, «sottoposto a controllo da parte di un organismo esterno alla Rai», secondo quanto previsto dalla delibera 481/06/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, avrebbe dovuto rilevare la qualità della programmazione sulla base di indicatori specifici, primi tra i quali «l'imparzialità, l'indipendenza e l'obiettività per i generi informativi»;
la stessa Autorità nella delibera 614/09/CONS, adottata ai fini del rinnovo del contratto di servizio tra Ministero dello sviluppo economico e RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a. per il triennio 2010-2012 ha ribadito che «la realizzazione di un sistema di valutazione della qualità dell'offerta basato su una duplice attività di monitoraggio (una relativa alla "corporate reputation" dell'azienda e una relativa alla qualità dei singoli programmi) rimane un obiettivo prioritario che la concessionaria pubblica è tenuta a realizzare»;
il servizio pubblico di informazione, per le caratteristiche proprie del mercato radiotelevisivo italiano e della mission della concessionaria del servizio pubblico, impone una particolare tutela del principio del pluralismo, non inteso nel senso di una equilibrata «lottizzazione» degli spazi informativi tra le diverse forze politiche in ragione del loro diverso peso parlamentare, ma in quello di

una rappresentazione realistica della pluralità delle posizioni in cui si articola il dibattito politico-istituzionale e in un uso sistematico e non derogabile del principio del contraddittorio;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nel suo complesso l'informazione della Rai non soddisfa oggi, né secondo criteri quantitativi, né secondo quelli qualitativi, i requisiti di imparzialità, completezza e correttezza e lealtà richiesti alla concessionaria del servizio pubblico, in particolare, la principale testata giornalistica della Rai, il Tg1 partecipa al dibattito politico e istituzionale a sostegno di determinate posizioni o proposte legislative. Inoltre, il direttore generale della Rai, interpretando il suo ruolo ben oltre i limiti previsti dall'articolo 49, comma 12, del Testo unico della radiotelevisione e dall'articolo 29 dello Statuto della RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a. - non si limita ad assicurare «in collaborazione con i direttori di rete e di testata, la coerenza della programmazione radiotelevisiva con le linee editoriali» dell'azienda, ma è giunto ad avocare una responsabilità sostanzialmente esclusiva sui programmi di informazione e approfondimento politico, secondo criteri chiaramente ispirati a valutazioni di opportunità politica e non al rispetto degli obblighi connessi al servizio pubblico di informazione;
l'esecutivo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è doppiamente responsabile rispetto alle violazioni da parte della Rai dei princìpi di correttezza, completezza e imparzialità dell'informazione. Il Governo infatti, come controparte contrattuale è garante del diritto all'informazione dei cittadini, e d'altra parte, come titolare della quasi totalità del capitale di Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a è tenuto a vigilare sull'inadempimento dei contenuti del contratto di servizio da parte dell'azienda, viste le conseguenze economiche delle relative sanzioni,

impegna il Governo:

a modificare lo schema di contratto di servizio tra Ministero dello sviluppo economico e Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a. per il periodo 1o gennaio 2010-31 dicembre 2012, recependo le indicazioni contenute nel parere della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza dei servizi radio-televisivi del 9 giugno 2010 - in particolare per quanto attiene alla definizione degli indicatori di verifica della qualità dell'informazione - e adottando specifici e tempestivi strumenti di controllo sull'adempimento da parte della concessionaria degli obblighi del contratto di servizio, e più in generale degli atti di indirizzo parlamentare;
fatte salve le competenze dell'Autorità per le garanzie delle comunicazioni e della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, a disporre una verifica sull'adempimento da parte della concessionaria del contratto di servizio 2007-2009, anche per il periodo successivo alla scadenza, nelle more del suo rinnovo, affidandone la certificazione tecnica, sulla base dei dati raccolti, ad un organismo esterno, composto da esperti di riconosciuta autorevolezza scientifica e selezionato con procedure concorsuali.
(1-00436)
«Bocchino, Della Vedova, Angeli, Barbareschi, Barbaro, Bellotti, Bongiorno, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Cosenza, Di Biagio, Divella, Granata, Lamorte, Lo Presti, Moffa, Moroni, Angela Napoli, Paglia, Patarino, Perina, Polidori, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Sbai, Scalia, Siliquini, Tremaglia».

La Camera,
premesso che:
la nuova linea ferroviaria Torino- Lione rappresenta la scelta strategica di connessione internazionale del nostro territorio con il corridoio 5 Lisbona-Kiev: una moderna infrastruttura ferroviaria

europea che deve consentire, attraverso adeguate politiche di sostegno, un effettivo trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia, liberando le linee tradizionali per il trasporto pubblico locale;
la regione Piemonte e la provincia di Torino hanno sempre operato con le amministrazioni locali per realizzare infrastrutture progettate per e con il territorio, in grado di generare valore aggiunto per le collettività locali e di limitare il valore sottratto e gli impatti subiti;
per questo la regione Piemonte e la provincia di Torino hanno perseguito con
forza ed impegno l'istituzione dell'osservatorio tecnico per l'asse ferroviario Torino-Lione, incaricato di svolgere la funzione di «governance» unitaria del progetto della Nuova linea Torino Lione (NLTL);
l'osservatorio ha gestito la fase di progettazione preliminare dell'opera. Il 24 novembre 2009, è stato elaborato e sottoscritto da tutti i componenti dell'osservatorio il piano dei 91 sondaggi nei territori interessati dalla NLTL (omologo a quello dei 169 sondaggi effettuati in Francia);
le specifiche tecniche alla progettazione, redatte dall'osservatorio, sono entrate a far parte integrante del bando di gara e il 29 gennaio 2010, dopo un grande lavoro di elaborazione e sintesi coordinato in particolare dalla provincia di Torino, l'osservatorio ha approvato il documento «Indirizzi operativi per la Progettazione Preliminare della nuova linea Torino Lione dal confine di stato alla connessione con la linea Av-AC Torino Milano» che costituisce il riferimento per la redazione del progetto preliminare, che è Stato concluso nel mese di giugno 2010 e approvato dalla CIG (Commissione intergovernativa) nel luglio 2010;
il percorso progettuale dovrà consentire di disporre di un progetto preliminare unitario per l'intera linea Torino-Lione da Settimo al confine di Stato, è stato accompagnato da tre attività parallele:
lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) con le valutazioni canoniche ed, in particolare, il raffronto delle opzioni sviluppate in sede progettuale con le alternative a vario titolo considerate a partire dall'opzione zero;
l'analisi costi-benefici con riferimento ai vari scenari attuativi ipotizzabili, alle differenti scale territoriali considerabili ed ai diversi orizzonti temporali prevedibili;
l'avvio dell'esame puntuale delle ricadute territoriali attese, in base al progetto e alla cantierizzazione nel solco dell'esperienza francese della «Démarche Grand Chantier», nel quadro dello scenario generale delineato dal piano strategico della provincia di Torino in totale sintonia con la regione Piemonte»;
il progetto preliminare redatto da LTF (Lyon Turin ferroviaire Sas) ed RFI sulla base degli indirizzi dell'osservatorio sarà presentato al Tavolo Politico di Palazzo Chigi nell'ottobre 2010;
successivamente alla presentazione si aprirà la fase valutativa e approvativa (ai sensi della normativa vigente) a cui seguirà la progettazione definitiva con la conseguente valutazione di impatto ambientale. Si tratta di un processo lungo, complesso, con molteplici gradi di approfondimento, valutazione e scelta che, nel rispetto del «calendario europeo» dovrà concludersi circa 3 anni dopo, entro il 31 dicembre del 2013, costituendo il percorso elaborativo e approvativo più garantista che sia mai stato messo in atto per una grande infrastruttura in Italia;
il citato progetto seguirà il seguente cronogramma:
indicazioni per la progettazione preliminare 29/01/2010;
redazione progetto preliminare e SIA 25/06/2010;
approvazione progetto preliminare e VIA 31/12/2010;
avvio progetto definitivo 01/01/2011;

conclusione progetto definitivo e SIA 31/12/2011;
approvazione progetto definitivo e VIA 31/12/2012;
indizione gara di appalto 01/01/2013;
avvio cantiere 03/11/2013;

impegna il Governo:

a confermare la valenza strategica della realizzazione della Torino-Lione come asse decisivo per i collegamenti europei, attraverso l'adozione di tutte le iniziative e gli atti necessari anche sulla base del lavoro condotto dall'osservatorio;
a garantire un adeguato piano finanziario con programmazione pluriennale che copra l'intero ammontare dell'opera;
a confermare i fondi - circa 200 milioni di euro - previsti nel primo atto aggiuntivo all'intesa generale quadro dell'11 aprile 2009, necessari a realizzare gli interventi prioritari di prima fase e, cioè, il trasferimento modale e il potenziamento e ammodernamento del trasporto locale, avviando al contempo, iniziative per l'assegnazione di risorse immediate per incentivare il trasporto modale e combinato;
ad accelerare la firma di un nuovo accordo tra Italia e Francia;
ad assumere iniziative per garantire un primo stanziamento per la realizzazione delle opere previste dal piano strategico approvato dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte;
a promuovere una campagna di informazione sulla realizzazione della Torino-Lione da realizzarsi in accordo con gli enti locali interessati e la regione Piemonte.
(1-00437)
«Esposito, Giorgio Merlo, Vernetti, Portas, Calgaro, Lovelli, Lucà, Rossomando, Fassino, Damiano, Fiorio, Boccuzzi, Bobba, Rampi, Cambursano».

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

TOCCAFONDI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interpellanza urgente - 2-00690 - il sottosegretario all'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, nella seduta del 29 aprile 2010, in merito alle tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali, ha ribadito che:
i quotidiani, espressi in milioni di pezzi, sono circa 219 milioni e l'integrazione a carico dello Stato richiesta da Poste per l'anno 2008 è di circa 40 milioni, il che vuol dire che c'è un costo medio in euro a carico dell'editore per il prodotto consegnato di pari a 0,16 euro; i settimanali sono circa 173 milioni, la richiesta di integrazione di Poste è di 43,5; i mensili sono circa 260 milioni, la richiesta di integrazione a carico dello Stato per Poste è di circa 65 milioni; le pubblicazioni no profit sono in tutto circa 241 milioni di pezzi, con un'integrazione richiesta dalle Poste a carico dello Stato di 49,6 milioni di euro; le promozioni no- profit sono circa 214 milioni di pezzi, a fronte di 45,3 milioni di euro di integrazione;
i pacchi editoriali sono 4,2 milioni e circa 25 milioni di euro le richieste di integrazioni dello Stato. Insomma, su un totale di 1.120 milioni di pezzi consegnati vi è una richiesta di integrazione solo per tariffe postali agevolate di circa 273 milioni di euro complessivi;
nel 2005 sono stati stanziati sul Fondo 230 milioni di euro e le compensazioni

dovute a Poste sono state di 300 milioni di euro. Dal 2005 al 2009 la differenza richiesta da parte di Poste ad integrazione di queste tariffe è passata dai 73 milioni di euro del 2005 ai 241 milioni di euro del 2009, in un percorso di crescita costante che ha addirittura visto un salto in crescita tra il 2008 e il 2009, con un passaggio che va dai 168 milioni di euro di integrazione richiesta ai 241 in un solo anno;
nel cosiddetto «decreto incentivi», è stata prevista un'integrazione di 30 milioni di euro per le tariffe postali agevolate a favore dell'editoria no-profit. Benefici che sono stati previsti per i giornali editi da associazioni e organizzazioni senza fini di lucro, escludendo esplicitamente i giornali di partito e le pubblicazioni degli ordini professionali o dei sindacati, in cui si stabilisce anche che la tariffa agevolata non deve essere superiore al 50 per cento della tariffa ordinaria;
con tale integrazione il Governo ha voluto dare un segnale forte di interesse, rispetto alle problematiche di un passo in avanti che consideriamo significativo, ma che ovviamente non sposta l'attenzione e la necessità di un approfondimento per un corretto utilizzo delle risorse, e la relativa razionalizzazione e una responsabilità complessiva che riguarda non solo il Governo, ma il sistema Paese rispetto all'andamento dei conti pubblici e alla crisi finanziaria internazionale;
dopo l'annuncio da parte del Governo di voler reintegrare i 30 milioni di euro, sopra citati, a seguito di una serie di contatti tra alcune associazioni e Poste spa, era stato possibile individuare un prodotto, il Postatarget creative sperimentale, che fissava, a seconda del volume di invii, la tariffa tra lo 0,14 e lo 0,19;
l'Assif - associazione italiana che riunisce i funddraiser - ha rilevato che ad oggi, sono appena una dozzina le sigle del no-profit che hanno potuto concludere un contratto individuale con tariffe lievemente agevolate;
per tutte le altre realtà sempre no-profit, anche molto grandi, sembra invece che non sia possibile nemmeno raggiungere questo obiettivo: alcune si sono sentite rispondere che non esiste nessun prodotto di questo tipo, altre che l'offerta di Poste si è chiusa ad agosto -:
quale sia l'iter previsto ad oggi per la definitiva approvazione del decreto interministeriale che sblocca la disponibilità dei 30 milioni di euro, annunciati dal Governo;
se la società Poste spa preveda strumenti di agevolazioni per venire incontro alle realtà editoriali;
se il Governo sia intenzionato a riaprire i tavoli tecnici di confronto con le parti interessate.
(4-08691)

VACCARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel tardo pomeriggio del 9 settembre 2010, ad Atrani, cittadina campana sita sulla costiera amalfitana, si è verificata l'esondazione del torrente Dragone;
tale esondazione, causata dall'eccezionale evento calamitoso - nei calcoli idraulici un tale evento ha un tempo di ritorno di circa 100 anni -, che ha provocato l'erosione del fondo dell'alveo a monte del torrente, nel comune di Scala, con conseguente immensa colata di fango e materiale vario che ha sommerso completamente il centro storico del comune salernitano, seppellendo l'intera marina e trascinando in acqua ogni cosa;
l'evento calamitoso ha travolto prepotentemente i cittadini che si trovavano in strada ed al lavoro come accadeva in un bar del centro cittadino, luogo dove lavorava Francesca Mansi, ragazza di 25 anni, dispersa a causa della colata di fango. Le continue ricerche, sia via terra che via mare, per ritrovare Francesca Mansi non hanno dato - ad oggi - esiti positivi. Infatti i tempestivi aiuti dei soccorritori,

nella fattispecie tre squadre del vigili del fuoco di Salerno, una sezione operativa di Napoli e le squadre operative antincendio boschivo della comunità montana, pur concentrandosi negli edifici vicini al bar «La risacca», dove la ragazza si trovava al momento dell'arrivo della colata di fango, hanno continuato e continuano da giorni a non offrire risultati concreti;
la violenza dell'acqua e del fango, come accadde a Sarno anni fa, sommate alla scarsità dei necessari e improcrastinabili interventi di messa in sicurezza degli argini del torrente Dragone, hanno determinato una tragedia annunciata;
molte persone hanno abbandonato le proprie case passando le notti in strada o presso parenti nei comuni vicini. In molti hanno rivissuto una seconda alluvione come quella che colpì drammaticamente Atrani nel 1987;
si segnala, infine, che la tragedia ha comportato allo stato una sola vittima esclusivamente in relazione alla situazione di calma successiva ad una stagione turistica conclusasi solo pochi giorni prima;
il danno rischiava e rischia perciò di essere ben più grave del bilancio dell'evento appena verificatosi;
perciò segnalata la gravità e la necessita di intervenire al più presto -:
se il Governo, oltre alla opportuna dichiarazione dello stato di emergenza, non voglia intervenire nei limiti delle competenze costituzionalmente riconosciutegli al fine di assicurare la piena tutela e salvaguardia delle zone territoriali interessate da fenomeno calamitoso, anche mediante la costituzione di una task force istituzionale e se necessario l'istituzione di un commissariato straordinario che assicuri all'intera costiera amalfitana un'adeguata messa in sicurezza in tempi rapidi e con risorse certe;
quali iniziative, anche normative, urgenti il Governo intenda adottare al fine di scongiurare il ripetersi di emergenze quali quelle in premessa.
(4-08701)

TULLO e ROSSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento è più volte intervenuto per garantire il completamento di programmi di investimento e di iniziative beneficiarie di contributi pubblici in materia di patti territoriali e contratti d'area in corso di realizzazione;
in particolare, l'articolo 18-bis del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 (Gazzetta Ufficiale n. 22 del 28 gennaio 2009 -supplemento ordinario n. 14) reca nuove disposizioni finalizzate a favorire la definizione delle predette iniziative in corso;
il comma 1 prevede che il saldo del contributo possa essere incassato dopo l'avvenuta consegna al soggetto responsabile di un'autocertificazione che attesti la percentuale di investimento realizzata, la funzionalità dello stesso, nonché il rispetto dei parametri occupazionali;
il comma 2 delimita l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 ai soli programmi di investimento agevolati che risultino avere uno stato di realizzazione pari ad almeno i due terzi del programma originario e per i quali il programma realizzato rappresenti in ogni caso uno o più lotti funzionali capaci di soddisfare almeno il 66 per cento dell'occupazione prevista;
tale normativa non ha sortito gli effetti previsti. A tutt'oggi, infatti, dopo ben 18 mesi, nonostante le richieste presentate nel rispetto dalla richiamata norma, il Ministero dello sviluppo economico e la Cassa depositi e prestiti non hanno provveduto all'erogazione delle agevolazioni spettanti alle aziende interessate;
permane, pertanto, una grave situazione di stallo che penalizza le iniziative

imprenditoriali già realizzate o in avanzato stato di realizzazione, a cui non sono stati erogati i contribuiti approvati;
tale stato di cose sta creando enormi difficoltà finanziarie alle imprese beneficiarie, soprattutto in questa fase di grave crisi economica, avendo queste ultime dovuto anticipare, anche attraverso esposizioni bancarie, l'atteso contributo previsto dalla legge;
una tale situazione è destinata ad aumentare gli effetti della crisi economica anche sul piano occupazionale;
a ciò si aggiunge che si impedisce l'erogazione di nuovi finanziamenti dal momento che le risorse rinvenienti da revoche e rinunce non si rendono disponibili per finanziare nuovi investimenti, nonostante vi siano impegni formali alla riassegnazione di tali risorse ai soggetti responsabili di patti territoriali e contratti d'area;
la provincia di Genova attende da tempo che siano approvate dal Ministero dello sviluppo economico due distinte proposte di rimodulazione dei patti territoriali, per complessivi 3 milioni di euro, di:
a) «Genova e Valli del genovesato», domanda presentata in data 8 aprile 2008;
b) «Tigullio-Fontanabuona», domanda presentata in data 22 dicembre 2008;
per ambedue è stato rilasciato il nulla osta della regione Liguria in data 2 dicembre 2009 -:
se e come si intenda dare corso alle formali e ripetute sollecitazioni avanzate dall'ANPACA, associazione nazionale che rappresenta 200 soggetti responsabili di patti territoriali e contratti d'area, in merito al differimento dei termini per il completamento dei programmi di investimento ed all'opportunità di non penalizzare iniziative la cui occupazione finale risulterà ridotta rispetto a quanto previsto, e per il superamento delle problematiche esistenti al fine di concludere in maniera positiva questa esperienza della programmazione negoziata e non disperdere il lavoro svolto in questi anni su tutto il territorio nazionale, che ha lasciato anche importanti risultati in termini di coinvolgimento del partenariato locale, crescita sociale, coesione istituzionale tra tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo, enti locali, forze sociali, associazioni imprenditoriali e di categoria;
se non si ritenga anche al fine di evitare un diffuso contenzioso con potenziali effetti dannosi sul bilancio dello Stato, di assumere tutte le iniziative volte a dare corretta esecuzione ai diversi interventi legislativi sinora inattuati, nonché di attivare un tavolo politico-tecnico volto alla ricerca di soluzioni rapide e condivise con tutti i soggetti responsabili dei patti territoriali e contratti d'area;
se non si ritenga necessario mettere a disposizione risorse per venire incontro alle richieste ex articolo 18-bis non soddisfatte perché l'erogazione dei fondi da attivare attraverso la tortuosa procedura di perenzione di fatto attiva risorse irrilevanti;
se non si ritenga, in particolare, di utilizzare le risorse (fondi FAS) messe a disposizione del Ministro degli affari regionali dalla recente manovra finanziaria.
(4-08704)

LARATTA, D'ANTONA e ESPOSITO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo alcuni organi di informazione, non smentiti, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Brunetta avrebbe affermato: «Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa»; «Quelle realtà sono un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c'è, non c'è la politica, non c'è la società»;

si tratta di espressioni molto gravi che hanno offeso le persone oneste del Sud, che sono la stragrande maggioranza, quanti lottano e si impegnano in prima persona per affermare princìpi di legalità, progresso, civile confronto in tutto il Paese -:
Se le suddette dichiarazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione siano rappresentative della posizione del Governo.
(4-08708)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
subito dopo la scossa del 6 aprile 2009 a L'Aquila il dipartimento di Protezione civile ha ricevuto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, poteri straordinari esautorando di fatto gli enti locali dai loro poteri. Contemporaneamente, la Protezione civile avvia il progetto C.a.s.e. e assegna appalti per centinaia di milioni di euro per la costruzione di 4.700 nuovi alloggi. Lo fa senza coinvolgere gli enti locali e in deroga a tutto: leggi urbanistiche, piani regolatori, piani paesistici e - soprattutto - alla legge sugli appalti;
tutto questo grazie a due poteri che vengono concessi in nome dell'emergenza: il potere di ordinanza e il potere di deroga;
in questi giorni da alcune notizie riportate da AGENPARL, l'Agenzia parlamentare per l'informazione politica ed economica emergono ulteriori lati oscuri nella ricostruzione post-terremoto in Abruzzo;
l'agenzia AgenParl riporta le svariate denunce gli interventi di Libera Abruzzo, l'associazione antimafia di Don Ciotti, per contrastare le deroghe discutibili della Protezione civile. Il progetto le C.a.s.e. è costato alle casse dello stato 3.500 euro al metro quadrato, ma nella progettazione delle casette di Berlusconi non c'erano i depuratori attivi e le reti fognarie esterne, hanno solo realizzato quelle interne ai singoli quartieri. Nel caso di Bazzano da settembre fino a marzo, le case hanno scaricato direttamente nei fiumi;
quando ciò è stato denunciato hanno attivato il depuratore. Gli altri insediamenti, come Paganica scaricavano ancora nelle vecchie condotte prive dei depuratori funzionanti. Attualmente, ci sono dei depuratori che non funzionano perché non hanno completato le condotte di allaccio;
l'Associazione Libera ha denunciato questa situazione perché già nell'aquilano c'era l'emergenza per il fiume Aterno nel 2006, ma fino al terremoto non si era fatto nulla;
sempre da notizie AgenParl, inoltre, a L'Aquila secondo l'esponente di Libera non c'è nessun progetto per la ricostruzione ed afferma che non c'è problema dello smaltimento delle macerie perché la Protezione civile ha usato poteri emergenziali su tutto, ma non sulle macerie. Con le C.a.s.e. è finito l'intervento di nuove costruzioni, ma per la ricostruzione ancora non si è fatto concretamente nulla. E poi queste casette già presentano dei problemi di deterioramento. Già al primo inverno perdevano le tubature;
inoltre ad oggi la ricostruzione è bloccata, manca una norma interpretativa da inserire in un decreto che chiarisca la natura dei fondi, tra indennizzi e contributi e risulta evidente come tutto questo stia diventando un prezzo troppo alto per i cittadini aquilani -:
se il Governo intenda dare spiegazioni in merito alle dichiarazioni e alle denunce fatte dall'associazione Libera Abruzzo sulle Case e sui depuratori;
se e quando il Governo intenda attuare tutti gli interventi al fine di far partire concretamente la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo ed attivarsi con una norma che interpreti la definizione delle risorse individuate per la ristrutturazione delle case.
(4-08709)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile 2004 l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha presentato alla Commissione grandi rischi, sezione rischio sismico, una nuova mappa di pericolosità sismica (MPS04) elaborata secondo i criteri proposti dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3274;
nel corso del 2006 una nuova ordinanza (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3519/2006) ha adottato la mappa di pericolosità sismica MPS04 quale riferimento ufficiale e ha definito i criteri che le regioni devono seguire per aggiornare le afferenze dei comuni alle 4 zone sismiche;
tuttavia, questa ordinanza non obbliga le regioni a aggiornare tali afferenze. Secondo la mappa MPS04, tutta la zona colpita dal terremoto del 6 aprile, compreso il comune dell'Aquila, ricade nella fascia ad alta pericolosità sismica. Pertanto, potrebbe essere assegnata per intero alla zona 1. Tuttavia, a partire dal 2007, una apposita commissione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato la revisione completa della materia, sfociata nelle nuove norme tecniche delle costruzioni (decreto 14 gennaio 2008 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti). Dalla pubblicazione del decreto è iniziata una fase transitoria in cui era possibile usare la normativa precedente o quella nuova, a scelta del progettista;
ancora, nel 2007, l'Ingv ha consegnato alla Protezione civile il rapporto sui «terremoti probabili» in cui si spiega che la «probabilità massima di accadimento di un forte terremoto è in un segmento appenninico contenente l'Aquila»;
come riportato anche da un'agenzia del 14 settembre 2010 di AgenParl, l'Agenzia parlamentare per l'informazione politica ed economica, la Protezione civile e lo stesso Bertolaso, a pochi giorni dal sisma del 6 aprile, quando già lo sciame sismico era in atto da mesi, affermò che non «c'era alcun rischio»;
se i terremoti non si possono prevedere, risulta evidente che un' ottimale attività di prevenzione a tutti i livelli è l'unica arma funzionante;
gli scienziati dicono che conoscenza, prevenzione, educazione, sono le tre parole chiave fondamentali per convivere con i terremoti che colpiranno l'Italia, uno dei Paesi più sismici dell'area mediterranea;
la probabilistica (quake forecasting) dei terremoti è non solo possibile, ma anche utilizzabile ai fini della prevenzione del rischio sismico in Italia: la messa in sicurezza delle nostre città;
tutto ciò viene ribadito e maggiormente approfondito dalle tredici linee-guida offerte per la prima volta al mondo dagli scienziati della International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection riunita a L'Aquila nell'ottobre 2009 in occasione del summit G10 che confermano che «fare previsioni a lungo termine sul verificarsi dei terremoti, non necessariamente dopo uno sciame sismico come quello precedente all'evento del 6 aprile 2009, è una valida realtà scientifica immediatamente utilizzabile ai fini della prevenzione del rischio sismico» -:
se il Governo non ritenga di dover spiegare le motivazioni che hanno indotto il Dipartimento della Protezione civile a non prendere in considerazione gli studi e le mappe di pericolosità sismica dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che ritenevano fin dal 2004 la zona dell'aquilano la zona con la «probabilità massima di accadimento di un forte terremoto»;
se e come il Governo intenda adottare e mettere in pratica le tredici linee-guida degli scienziati della International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection al fine di una corretta ed efficiente prevenzione del rischio sismico in Italia.
(4-08710)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
prosegue l'inchiesta della procura nazionale antimafia sulla ricostruzione dell'Aquila a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, che già a partire dai primissimi appalti, sarebbe infiltrata dalla malavita organizzata, in particolare dalla mafia siciliana e dalla camorra napoletana. Il titolo del fascicolo è «infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti per la ricostruzione», ed è in mano ad un pool di magistrati;
la gestione degli appalti dei bagni chimici e delle forniture di beni e servizi della prima emergenza sono risultate fin da subito poco chiare;
da un approfondimento sulla ricostruzione post-sisma in Abruzzo condotto da AgenParl, l'Agenzia parlamentare per l'informazione politica ed economica, una vicenda ancora da chiarire è proprio quella che riguarda l'appalto dei bagni chimici che hanno servito le varie tendopoli e che è attualmente oggetto di un'inchiesta della magistratura;
il responsabile in Abruzzo di Libera, l'associazione antimafia di Don Ciotti, spiega a AgenParl che su 3500 bagni, circa 1600 sono stati costruiti in più: ogni bagno costa 80 euro al giorno, vuol dire che circa 4 milioni di euro al mese sono stati sperperati. Considerato che l'emergenza è durata 7-8 mesi, tutto il servizio dei bagni chimici è costato 50 milioni di euro, il 25 per cento del costo delle tendopoli;
il rischio di infiltrazioni mafiose è apparso fin da subito dopo il sisma con l'organizzazione dell'emergenza. C'è stata ad avviso dell'interrogante una gestione centralizzata degli appalti e un'assoluta mancanza di chiarezza su chi fa i controlli alle ditte che vincono appalti diretti;
il pool di magistrati della direzione nazionale antimafia che coordina l'inchiesta ha già scoperto, che il Dipartimento della protezione civile, nell'ambito dello stesso progetto Case che, in virtù dell'«emergenza», ha consentito appalti pilotati per i «grandi eventi», ha assegnato sempre senza gara (per un totale complessivo di circa 500 milioni di euro), lavori a imprese collegate alla camorra dei Casalesi (si sono presi un appalto da 143 milioni), a famiglie di Cosa Nostra nissena e a un clan mafioso di Gela. Una di queste società è la Icop spa, di Udine. La Icop ha già effettuato i lavori commissionati e dunque avrà diritto a ricevere dallo Stato il pagamento dei costi sostenuti, anche se l'appalto, formalmente, le è stato revocato. Stessa situazione per le altre 11 imprese «infiltrate» che hanno operato in Abruzzo. Sono società che si sono occupate, ad esempio, dei campi dei terremotati e dei relativi bagni chimici, oppure dello spianamento dei terreni e del trasporto e l'allestimento di prefabbricati;
sarà la magistratura a fare chiarezza sugli appalti e sulle infiltrazioni mafiose all'interno della ricostruzione post-terremoto in Abruzzo -:
se il Governo non ritenga di dover chiarire tempi e modalità relativi alla gestione degli appalti e alle ditte risultanti vincitrici;
se il Governo non ritenga di dover chiarire l'operato del Dipartimento della protezione civile nell'ambito dello stesso progetto Case.
(4-08716)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MATTESINI e DE BIASI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 2011 ricorreranno 500 anni dalla nascita di Vasari, padre della storia dell'arte italiana, straordinaria figura di artista, pittore, architetto, umanista, e l'anno vasariano sarà celebrato a livello internazionale. Si tratta dunque di un'occasione

straordinaria, che se sfruttata a dovere, contribuirebbe a rafforzare l'immagine del nostro Paese nel mondo e costituirebbe un grande volano per l'economia ed il turismo italiani. Le celebrazioni dell'anno vasariano, infatti, rappresenterebbero per l'Italia ma soprattutto per il territorio della provincia di Arezzo un'importante occasione per rilanciare il turismo culturale e l'economia locale, messa a dura prova dalla crisi economica in atto che sta vivendo l'intero Paese;
il sottosegretario ai beni culturali, onorevole Francesco Maria Giro, rispondendo in commissione VII, il 20 aprile 2010, all'atto di sindacato ispettivo n. 5-02582, concernente tra le altre cose, il rafforzamento del vincolo pertinenziale dell'archivio Vasari alla casa Vasari di Arezzo, dichiarava che: «....in ordine alle iniziative programmate per le celebrazioni, nel 2011, del cinquecentesimo anniversario della nascita di Giorgio Vasari, la competente direzione generale è in attesa della proposta istitutiva di un apposito comitato celebrativo e del programma di eventi che tale organismo vorrà elaborare, per destinarvi le risorse necessarie. In ogni caso è intenzione del Ministero per i beni e le attività culturali sollecitare un programma di celebrazioni di alto profilo scientifico e culturale per onorare al meglio l'illustre figura di Giorgio Vasari»;
ad oggi, a pochi mesi dalla fine del 2010, non risulta ancora istituito alcun comitato celebrativo, né si hanno notizie relative alla programmazione di iniziative in merito, né risultano stanziati fondi agli enti locali e territoriali, interessati in primo luogo alle celebrazioni del grande artista. Tale stato dell'arte desta non poche preoccupazioni poiché i tempi per programmare ed attuare iniziative in merito sono davvero strettissimi. Se si considera la portata internazionale dell'evento, con tutto ciò che implica, è evidente che a pochi mesi dalla fine del 2010, si è accumulato un ritardo notevole che l'avvio stesso delle celebrazioni potrebbe essere compromesso -:
cosa intenda fare per recuperare l'enorme ritardo accumulato fino ad oggi in vista dell'anno 2011, anno in cui saranno celebrati i 500 anni dalla nascita dell'importante artista rinascimentale e soprattutto quali iniziative e quante risorse abbia attivato o intenda mettere a disposizione per dare il meritato rilievo ad un evento di importante caratura internazionale per il nostro Paese.
(5-03449)

CECCUZZI e CENNI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la cinta muraria di Siena, costruzione dal grande valore artistico ed architettonico, è parte integrante del centro storico della città, riconosciuto patrimonio Unesco dell'umanità fin dall'anno 1990;
le antiche mura della città, che si estendono per un perimetro di circa 11 chilometri, necessitano conseguentemente di una continua, attenta e scrupolosa opera di manutenzione e restauro (ordinaria e straordinaria), per non compromettere la stabilità della struttura soggetta all'usura temporale, agli eventi atmosferici, sismici e, seppure indirettamente, ai numerosi interventi di recupero che hanno coinvolto, nel corso degli anni, numerosi edifici adiacenti o prossimi al perimetro;
è dal 1927 che l'amministrazione comunale, la regia soprintendenza e l'istituto bancario Monte dei Paschi di Siena, iniziarono a cooperare congiuntamente per iniziare a recuperare l'intero perimetro delle mura riqualificandolo come unico patrimonio monumentale. Contestualmente fu redatta una perizia ed una relazione per quantificare l'entità economica dei lavori di restauro e recupero;
secondo quando emerge da fonti storiche gli ultimi interventi di restauro che hanno riguardato la cinta muraria risalgono quindi agli anni '30 del secolo scorso (finanziati soprattutto con il contributo

della banca Monte dei Paschi di Siena), ed hanno interessato comunque quasi esclusivamente alcune «porte» della città (Porta «Ovile», porta «Romana», Porta «Camollia» e Porta «Tufi») dove sono state migliorate la viabilità ed agevolato l'accesso anche attraverso la demolizione alcuni «casotti» utilizzati fino ad allora per assicurare il sistema daziario (soppresso proprio nel 1930 dall'allora Governo nazionale);
è dagli anni '30 del secolo scorso, quindi, che le mura di Siena non sono oggetto di una completa, efficace ed approfondita opera di manutenzione o restauro;
risulta quindi evidente che allo stato attuale interventi di restauro e manutenzione delle mura di Siena sono estremamente urgenti: alcune porzioni sono fatiscenti e vanno messe in sicurezza (un merlo è addirittura caduto alcuni mesi fa) mentre altre zone necessitano di una accurata pulizia per eliminare soprattutto piante invasive che ne compromettono la solidità. Operazioni, necessarie per salvaguardare non solo la stabilità della struttura ma anche l'incolumità della stessa comunità cittadina, che l'amministrazione comunale non può eseguire e programmare in quanto la cinta muraria appartiene attualmente al demanio dello Stato;
l'amministrazione comunale di Siena, negli ultimi anni, ha apertamente manifestato la volontà di poter ottenere dal demanio dello Stato la concessione a canone agevolato della cinta muraria. Una concessione che comprenda la manutenzione ordinaria del perimetro; anche alla luce del fatto che l'ente territoriale attualmente competente (la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Siena e Grosseto) ha apertamente manifestato l'indisponibilità di risorse economiche per poter intervenire;
l'amministrazione comunale di Siena ha ribadito in numerose occasioni questa volontà: prima in una lettera indirizzata, nel corso dell'anno 2008 al Ministro interrogato (a cui sembra non sia ancora pervenuta risposta); successivamente con un incontro nel mese di ottobre 2009 presso la stessa Agenzia del demanio a cui hanno preso parte il vicesindaco di Siena Mauro Marzucchi e l'interrogante;
con il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42» (denominato comunemente «Federalismo Demaniale») sono stati esclusi, ai sensi dell'articolo 5 comma 2, i «beni appartenenti al patrimonio culturale» e conseguentemente, salvo l'introduzione di deroghe alla legislazione vigente, anche le mura storiche di Siena;
nel corso del dibattito politico che ha coinvolto le commissioni parlamentari competenti sul «federalismo demaniale» ed in particolare sull'esclusione dei «beni appartenenti al patrimonio culturale» è stato più volte rimarcato che sarebbe stato opportuno prevedere eccezioni ed assegnare taluni beni agli enti locali, per salvaguardare numerose strutture di pregio presenti sul territorio nazionale che non possono essere ristrutturate e accuratamente conservate dallo Stato a causa della manifesta mancanza di risorse economiche adeguate. L'interrogante, proprio nel corso della discussione dello schema di decreto in Commissione finanze della Camera dei deputati, in data 11 maggio 2010, ha dichiarato, riferendosi «alle problematiche concernenti la valorizzazione ed alienazione dei beni del patrimonio culturale, come tale materia sia attribuita alla competenza legislativa concorrente delle regioni e dello Stato», sottolineando «tuttavia come quest'ultimo molto spesso non assicuri un adeguato livello di tutela e conservazione dei predetti beni. In tale contesto è opportuno richiamare, nella proposta di rilievi, la possibilità che, in caso di inerzia dello Stato centrale, i beni culturali che si trovino in una condizione di degrado possano essere trasferiti agli enti locali territorialmente competenti, dedicando particolare attenzione a quei beni, quali, ad esempio, le mura dei centri

storici, che non possono essere oggetto di processi di valorizzazione»;
la stessa Commissione finanze approvando il parere sullo schema di decreto sul «federalismo demaniale» ha inserito un rilievo relativo all'esclusione del trasferimento dei «beni appartenenti al patrimonio culturale» segnalando «l'opportunità di identificare meglio a quale categoria di beni e a quali accordi faccia riferimento la disposizione, nonché di specificare che la normativa vigente in materia di beni culturali, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, resta ferma anche per quanto riguarda l'autorizzazione all'alienazione dei predetti beni»;
recentemente (in data 28 luglio 2009) la conferenza dei capi gruppo del consiglio comunale di Siena ha inviato, tra gli altri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e della attività culturali, al Ministro della semplificazione normativa, al Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Siena e Grosseto, un documento in cui si ricorda lo stato di degrado in cui versano «lunghi tratti delle storiche mura della città» ed i molteplici solleciti attuati per ottenere un intervento risolutivo in merito «che non hanno trovato accoglienza». Il suddetto documento riporta, inoltre, l'unanime auspicio della conferenza dei capigruppo affinché «nell'attuale procedura a livello governativo nazionale di passaggio di beni del Demanio statale a quello degli enti locali» siano incluse «nell'elenco dei beni da assegnare al Comune di Siena» anche «le storiche mura, nella speranza di poter, in questo modo, avviare un progetto finalizzato ad eliminare o arginare il problema di degrado evidenziato»;
ad ulteriore conferma della gravità della condizioni fatiscenti in cui versano attualmente tratti delle mura di Siena, segnaliamo che nelle scorse settimane si sono staccati alcuni calcinacci da Porta «Pispini» (uno degli altri «accessi» presenti lungo il perimetro). I rilievi tecnici hanno confermato il rischio che si possano staccare dalla struttura alcuni mattoni e la zona circostante, su richiesta del comando dei Vigili del fuoco, è stata chiusa al traffico veicolare e pedonale;
il decreto legislativo sul federalismo demaniale ha escluso il trasferimento agli enti locali dei beni del patrimonio culturale e i problemi di gestione e manutenzione della maggior parte del patrimonio culturale italiano rimangono tutt'ora irrisolti (a causa di impedimenti di ogni tipo) e non consentono allo Stato di provvedervi -:
quali siano gli strumenti legislativi più idonei per concludere quanto prima una procedura di acquisto o di locazione delle antiche mura della città di Siena da parte del Comune di Siena;
quali siano le iniziative urgenti che intenda assumere, nelle more della suddetta procedura, per assicurare un'adeguata manutenzione delle mura al fine di scongiurare il ripresentarsi di pericoli per l'incolumità dei cittadini e per evitare che tale patrimonio storico subisca ulteriori processi di usura e degrado.
(5-03450)

Interrogazione a risposta scritta:

D'IPPOLITO VITALE e CARLUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è stata scoperta una tomba del III secolo avanti Cristo nel territorio lamentino, nei pressi del fiume Bagni, da sempre ritenuto un'area strategica per la investigazione archeologica della Magna Grecia;
già Paolo Orsi, direttore della sovrintendenza calabra per gli scavi, sottolineava la centralità archeologica della zona del fiume Bagni;
la sovrintendenza ai beni archeologici della Calabria non ha ad oggi provveduto alla programmazione degli interventi nell'area lametina, ricca di siti già attenzionati, ma frammentati e non ricondotti all'unitarietà di un vero parco archeologico;

la sovrintendenza non ha fornito pubblica e dettagliata informazione sul ritrovamento della tomba di cui in premessa e delle eventuali refertazioni effettuate o avviate per esempio sul DNA delle ossa ritrovate, per definirne magari le affinità genetiche con le popolazioni locali;
nell'ottica del federalismo, che deve valorizzare le risorse locali, l'archeologia può diventare un'occasione di sviluppo per l'area lametina e per tutta l'area tirrenica;
decine, infatti, sono le tombe scoperte nel limitrofo territorio di Nocera Terinese la cui catalogazione, tuttavia, non risulta nota e l'area termale di Caronte, vicina ai luoghi dei ritrovamenti, meriterebbe adeguata attenzione;
risultano gravemente carenti i fondi per l'archeologia -:
quali iniziative il Ministro possa attivare per sollecitare la sovrintendenza dei beni archeologici della Calabria in direzione delle questioni rappresentate e quali fondi possano essere reperiti per sostenere adeguate campagne di scavi e di razionalizzazione dei risultati già conseguiti e da conseguire.
(4-08706)

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DIFESA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
la mattina del 6 settembre 2010 nelle campagne di Altamura (Bari) è stato ritrovato il corpo crivellato di colpi di arma da fuoco di Bartolomeo D'Ambrosio;
D'Ambrosio, 44 anni, era capo incontrastato di un gruppo malavitoso locale. Il suo ruolo di boss è stato accertato già nel 2008 dalla direzione investigativa antimafia, che in una relazione scriveva testualmente «Droga, estorsioni e usura: questi i settori del business della criminalità organizzata altamurana secondo la Dia. Esperto di arti marziali, per le quali ha disputato anche gare internazionali e vinto premi [...] Quando aveva solo 22 anni fu coinvolto nel tentativo di omicidio - compiuto il 25 ottobre 1988 in Basilicata - dell'ex senatore democristiano Decio Scardaccione, all'epoca presidente dell'Ente lucano di sviluppo agricolo (Esab). Per il tentativo di omicidio, D'Ambrosio venne condannato 14 anni dopo, nel 2002, a otto anni e sei mesi di reclusione. La posizione di D'Ambrosio fu separata dal resto del procedimento nel 1997: il precedente giudizio di primo grado (conclusosi con la condanna di D'Ambrosio a quattro anni e dieci mesi di reclusione) era stato dichiarato nullo. L'uomo è stato poi coinvolto in alcune operazioni antimafia tra la fine degli anni Novanta e gli inizi degli anni 2000. In questo ambito è stato a giudizio nei primi anni 2000 con altre 43 persone accusate di aver preso parte ad un'associazione mafiosa della Murgia barese, ma venne assolto»;
la vittima dunque era nota per il suo ruolo strategico nella gestione delle attività criminali zona, ciononostante Nico D'Ambrosio, presidente del consiglio comunale di Altamura nonché parente del boss mafioso assassinato, avrebbe dichiarato agli investigatori che «il cugino si allenasse, sullo stesso percorso su cui è stato ucciso il 6 settembre, anche con due esponenti delle forze dell'ordine» (Corriere del Mezzogiorno del 15 settembre 2010);
ad avviso dell'interpellante, le parole mai smentite del consigliere comunale, qualora confermate, sarebbero estremamente gravi, soprattutto considerato che la cronaca giudiziaria degli ultimi 20 anni conferma l'esistenza del forte radicamento della mafia ad Altamura;
lo stesso sottosegretario all'interno Alfredo Mantovano, a distanza di pochi giorni dall'omicidio, ha espresso parole di forte preoccupazione per «i tentativi di infiltrazione della criminalità di tipo mafioso operante sul territorio all'interno del

mondo economico» e ha ravvisato la necessità di «razionalizzare il lavoro delle forze di polizia, a coordinarlo meglio con l'autorità giudiziaria e anche con le autorità presenti sul territorio» -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e se il Ministro interpellato non intenda urgentemente assumere iniziative per accertare l'esistenza di eventuali frequentazioni di esponenti delle forze dell'ordine con il boss mafioso Bartolomeo D'Ambrosio, ucciso il 6 settembre 2010.
(2-00828) «Zazzera».

Interrogazione a risposta orale:

GINEFRA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in questi ultimi giorni si è avuta notizia dalla stampa che nella città di Bari è in fase di imminente avvio la realizzazione di un complesso alloggiativo per n. 1000 alloggi destinati al personale militare con famiglia dell'amministrazione della Difesa;
rispetto a tale intervento il comune di Bari, soggetto gestore unico del territorio, non ha alcuna conoscenza se non attraverso la stampa, né alcun ufficio e tanto meno alcun ente si è mai premunito di fornire allo stesso comune notizie in merito all'iniziativa governativa che sembra essere stata presa all'insaputa di tutti;
tale superamento del normale iter approvativo comunale sembra sia stato attuato con ricorso a procedure eccezionali tipiche delle opere militari, pur trattandosi di alloggi residenziali che non è dato conoscere a quale tipo di utenza finale siano effettivamente destinati;
la realizzazione di «alloggi di servizio», destinati assolutamente ed esclusivamente al personale della Difesa, di adeguate e consone caratteristiche costruttive, venduti a prezzi contenuti ed accessibili, costituisce un'iniziativa di per sé valida e meritoria, stante la elevata carenza di alloggi di servizio dell'amministrazione della Difesa, nel presupposto ineludibile, però, che detti alloggi siano realizzati secondo procedure corrette e legittime e siano destinati effettivamente al personale militare, con prezzi contenuti e convenienti, e che non incidano, in alcun modo, sulle risorse pubbliche, stante le pesanti ristrettezze economiche del Paese -:
se l'intervento di cui sopra rispetti la destinazione urbanistica del piano regolatore generale comunale o sia in deroga allo stesso piano regolatore generale approfittando di procedure eccezionali previste per le opere militari, a cui, però, non sembrano ascriversi le opere del suddetto progetto;
se gli alloggi abbiano i requisiti giuridici per classificarli come «alloggi di servizio» e se e come sia stata accertata una tale qualifica;
se la procedura preveda un vincolo oggettivo e ineludibile di destinazione militare, per impedire attività speculative attraverso la vendita a soggetti non appartenenti all'amministrazione della Difesa e se, anche in caso di vendita successiva, esista o meno lo stesso vincolo di destinazione militare, al fine di evitare, anche successivamente, attività speculative;
se vi sia effettiva convenienza economico-finanziaria per il personale della Difesa ad acquistare tali alloggi e cioè se i prezzi di vendita siano veramente e significativamente più bassi rispetto ai parametri di mercato praticati nel comprensorio circostante, ed ancora se siano previste facilitazioni per i militari che presentino condizioni di particolare disagio;
se siano state previste procedure per impedire che gli alloggi vengano realizzati e poi, in mancanza di utenza militare, venga consentita la vendita anche a soggetti non militari, ricorrendo a deroghe e a procedimenti atipici;
se tale intervento sia in linea e in armonia con il decreto del Ministro della difesa n. 112 del 18 maggio 2010 («Regolamento

generale alloggi di servizio della Difesa»), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 167 del 20 luglio 2010;
se il livello qualitativo delle costruzioni sia adeguato alle vigenti normative e direttive nazionali e regionali in tema di utilizzo di fonti rinnovabili e contenimento dei consumi energetici;
se sia stato valutato l'impatto delle nuove estese superfici pavimentate in relazione alla elevata quantità di acque piovane che verrebbero riversate sulle reti urbane che, nella città di Bari, è noto, presentano sempre gravi e pericolosi inconvenienti in caso di pioggia, e se sia stata eseguita la verifica delle stremate esistenti reti urbane delle acque bianche, in relazione all'ingente sovraccarico dovuto ai nuovi edifici di progetto;
se il complesso residenziale sia dotato di principali essenziali servizi collettivi per i fabbisogni dei nuovi residenti (attività commerciali, luoghi d'incontro, attività ludiche e altro);
se le aree destinate a verde siano in linea con gli standard comunali più avanzati;
se sia stata valutata la possibilità del collegamento con il centro cittadino, in relazione ai già gravati esistenti servizi di trasporto urbano;
se l'intervento risponda ai limiti di altezza e di distanza e a tutte le prescrizioni imposte dal vicino aeroporto Bari-Palese;
se le aree o anche una parte di esse sia di proprietà del demanio militare dello Stato;
se siano state o meno acquisite le autorizzazioni da parte del competente ufficio all'ispettorato regionale dell'agricoltura relativamente al taglio degli alberi di ulivo presenti sulle aree di progetto;
se l'intervento sia a totale apporto di risorse private o preveda l'apporto, diretto o indiretto di qualche tipo di risorse pubbliche;
se tutte le opere di urbanizzazione esterna e di allaccio alle reti urbane siano a carico della società proponente o se vi sia apporto pubblico.
(3-01243)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PEDOTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le patologie rare sono così definite perché colpiscono «solo» tra il 6 e l'8 per cento della popolazione nel corso della vita («solo» nell'Unione europea significa tra i 27 e 36 milioni di persone);
molte delle malattie definite «rare» non hanno ancora un nome a causa della difficoltà diagnostica che le caratterizza e delle 7000 malattie rare stimate si hanno conoscenze scientifiche per meno di mille;
in Italia si stima che vi siano un milione e mezzo di persone colpite da queste patologie;
in data 2 ottobre 2009 il Governo ha accolto un ordine del giorno presentato dall'interrogante relativo al disegno di legge atto Camera 2714 divenuto legge n. 141 del 3 ottobre 2009, concernente «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 recante disposizioni correttive del decreto- legge anticrisi n. 78 del 2009»;
nel citato ordine del giorno, accolto come raccomandazione, il Governo si è impegnato a destinare un'adeguata quota del gettito che si produrrà dall'applicazione dello scudo fiscale all'incremento, in via straordinaria per il 2010, delle risorse per finanziare la ricerca sulle malattie rare -:
quali e quante risorse il Governo abbia destinato all'incremento della ricerca sulle malattie rare e come siano state eventualmente utilizzate e con quali esiti.
(5-03444)

IANNUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 6 settembre 2002 n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 31 ottobre 2002 n. 246, all'articolo 1, comma 7, ha abrogato tutte le disposizioni legislative che derogano all'articolo 36 del regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440;
pertanto, sulla base di tale normativa, dal 2003 i residui delle spese correnti non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto in bilancio il relativo stanziamento, sono da considerarsi perenti ad ogni effetto amministrativo;
le somme oggetto di tali residui, tuttavia, possono essere reinserite nei bilanci dei comuni, con assegnazione ai pertinenti capitoli negli esercizi successivi;
alla stregua del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 2001 n. 70, recante il regolamento di semplificazione delle procedure di reiscrizione nel bilancio dello Stato dei residui passivi pendenti, occorre attivare una specifica procedura per la reiscrizione dei residui perenti;
in particolare il comune di Contursi, in provincia di Salerno, ha urgenza di ricevere i trasferimenti erariali e, quindi, i fondi corrispondenti all'elenco di residui passivi perenti che riguardano tale comune, per più di 800.000 euro;
si tratta di somme fondamentali per garantire in quel comune servizi ed attività essenziali;
è indispensabile la loro rapida acquisizione per consentire al comune di Contursi lo svolgimento efficace della sua azione amministrativa;
il comune di Contursi ha tempestivamente reiscritto nel bilancio di previsione per l'anno 2010 le somme corrispondenti a tali residui passivi perenti, e, quindi, ha compiuto tutti gli adempimenti di sua competenza;
lo stanziamento rapido di tali fondi è prioritario per non creare gravissimi problemi di bilancio a quel comune, con gravi ed ingiustificati pregiudizi per i suoi cittadini;
del resto sono somme dovute al comune di Contursi, come si evince dalla nota del dipartimento per gli affari interni e territoriali - ufficio trasferimenti ordinari agli enti locali e risanamento degli enti locali dissestati prot. n. 1935 F.L. 6/10 del 26 marzo 2010;
a tal fine è necessario che il Ministro dell'economia e delle finanze adotti, senza ulteriore indugio e ritardo, il decreto di assegnazione di tali fondi, con il loro conseguente e successivo trasferimento al comune di Contursi -:
quando il Ministro dell'economia e delle finanze adotterà il decreto di assegnazione dei fondi, relativi ai residui passivi perenti e reiscritti in bilancio del comune di Contursi per più di 800.000 euro, consentendo così al Ministro dell'interno di erogarli in concreto al predetto comune, che potrà finalmente avvalersi di tali risorse per l'espletamento di tutti i suoi compiti istituzionali e per garantire alla comunità locale servizi e interventi essenziali.
(5-03454)

Interrogazioni a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'economia e delle finanze, con un comunicato stampa del 25 agosto 2010, ha annunciato l'incremento, da 1 miliardo di euro, a 1,2 miliardi di euro, della dotazione del Fondo italiano di investimento costituito dal Ministero dell'economia e delle finanze, dalla Cassa depositi e prestiti, dall'ABI, dalla Confindustria e dalle principali banche italiane per sostenere i processi di patrimonializzazione delle piccole e medie imprese italiane, precisando che la Banca d'Italia,

il 24 agosto 2010, ha autorizzato la società di gestione Sgr ed ha approvato il regolamento del fondo;
è noto che l'obiettivo del fondo sia quello di agevolare l'aggregazione e la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese (PMI), investendo in aziende che intendano accrescere la propria presenza sui mercati esteri, in parte entrando direttamente nel capitale delle imprese, in parte partecipando a fondi di private equity che effettuano investimenti in piccole e medie imprese;
il fondo intende anche rispondere alle difficoltà incontrate delle piccole imprese italiane nell'avviare processi di internazionalizzazione a causa dei ritardi nei pagamenti, in particolare da parte delle pubbliche amministrazioni. Al riguardo si sottolinea come in Italia la media dei ritardi nei pagamenti della PA sia di norma di oltre 6 mesi, mentre i privati vi adempiono in circa 3 mesi;
l'aumento della dotazione sarebbe stato conseguito grazie all'adesione al Fondo di un nuovo e ampio gruppo di banche popolari per complessivi 200 milioni di euro, così suddivisi: 100 milioni da parte dell'Istituto centrale delle banche popolari e 20 milioni ciascuno da parte del Credito Valtellinese, della Banca popolare di Milano, della Banca popolare dell'Emilia Romagna, di UBI e della Banca di Cividale, che si uniscono agli istituti già aderenti, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena;
in seguito alla predetta comunicazione, alcune associazioni di rilevanza nazionale rappresentative delle piccole e medie imprese, segnatamente la Confapi, nel giudicare positivamente l'operazione di incremento del fondo annunciata dal Ministero dell'economia e delle finanze, hanno anche ritenuto opportuno esprimere valutazioni critiche sulla effettiva efficacia e portata del provvedimento adottato. I rilievi sono stati puntualmente riferiti alle soglie di fatturato che devono possedere i possibili beneficiari al fine di poter accedere alle provvidenze concesse dal Fondo come da ultimo rideterminato, in tal senso rilevando come questo intervento sia rivolto ad investire solo in aziende con fatturato tra i 10 milioni di euro e i 100 milioni di euro;
secondo le associazioni, infatti, tramite questi parametri molte delle imprese che sono per denominazione e caratteristiche piccole e medie industrie ne rimarranno escluse a vantaggio delle aziende di maggiori dimensioni;
in effetti, la raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, fissa, specifici effettivi e soglie finanziarie per definire le categorie di imprese, stabilendo che:
a) la categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro;
b) nella categoria delle piccole e medie imprese si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro;
c) nella categoria delle piccole e medie imprese si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro;
in queste circostanze il Fondo, di fatto, sosterrà solo poche medie imprese, mentre la maggioranza delle piccole e medie imprese verranno escluse. In Italia, infatti, le piccole e medie imprese costituiscono una realtà numericamente molto significativa: da dati pubblicati nel 2009 e relativi al 2006, si evince che su 4.338.766 imprese, 4.335.448 (il 99,9 per cento) sono piccole e medie imprese secondo la definizione fissata dalla raccomandazione della Commissione europea e la quasi totalità di piccole e medie imprese (il 95

per cento) è costituita da imprese con meno di 10 addetti. Il resto è formato da imprese che impiegano da 10 a 49 addetti (il 4,5 per cento), mentre le imprese di taglia più grande (da 50 a 249 addetti) rappresentano appena lo 0,5 per cento del totale;
al fine di sostenere effettivamente il sistema delle piccole medie imprese italiane secondo le effettive finalità del fondo, si renderebbe necessario fissare soglie di fatturato, magari unitamente al numero di addetti, più rispondenti alle caratteristiche economiche ed occupazionali che esse posseggono in appartenenza alla predetta percentuale che va dal 95 per cento al 99 per cento del totale delle imprese, in tal senso abbassando le attuali soglie di fatturato -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative urgenti affinché siano rideterminate in diminuzione le soglie di fatturato che le imprese devono corrispondere per poter accedere alle risorse concesse dal fondo italiano di investimento e, in tal senso, fare in modo che del fondo possano beneficiare soprattutto le entità produttive che appartengono alla definizione europea di piccole e medie imprese, ossia quelle che ai sensi di quanto descritto in premessa, rappresentano oltre il 95 per cento del totale delle imprese.
(4-08687)

SCANDROGLIO, PAOLO RUSSO, MINASSO, FORMICHELLA, CASTIELLO, CASSINELLI, BIASOTTI, LEHNER, DE GIROLAMO, NICOLUCCI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il ventilato piano Fintecna sulla ridefinizione dell'assetto di Fincantieri di cui hanno dato notizia i quotidiani, da quello che si legge, prevede una drastica riduzione dei cantieri liguri e campani ed in particolare Riva Trigoso e Sestri Ponente e Castellammare con ripercussioni gravissime sull'indotto delle due regioni e sulle maestranze che rischiano il posto di lavoro -:
quali siano le reali intenzioni dell'azionista Fintecna e quali prospettive di scenario siano previste per la cantieristica in generale e quelle della Liguria e della Campania in particolare.
(4-08698)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

GOLFO e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione di sovraffollamento delle carceri è da tempo all'attenzione del Governo, il quale considera tra i suoi obiettivi «prioritari» risolvere una questione che è diventata intollerabile in quanto lesiva della dignità delle persone detenute;
il primo passo da fare per risolvere il problema è sicuramente quello di ampliare la capienza dei penitenziari: il piano carceri varato dal Governo prevede, infatti, la realizzazione - entro il 2010 - di 47 nuovi padiglioni all'interno delle carceri attuali e - nel biennio 2011-2012 - la costruzione «ex novo» di istituti carcerari (anche grazie a finanziatori privati), in modo da aumentare di 21.749 posti la capienza delle carceri e raggiungere così la quota di 80 mila unità;
per la prima volta nella storia della Repubblica si vuole risolvere - come dichiarato dal Ministro della giustizia - il problema del sovraffollamento carcerario senza dover ricorrere all'ennesima amnistia o a provvedimenti di indulto, ma volendo dare dignità a chi, comunque, deve scontare una pena detentiva;
a testimoniare la volontà di far fronte in modo concreto al problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari, il Governo ha già stanziato per l'ampliamento delle strutture esistenti ben 600 milioni di euro;

l'impegno dimostrato dal Governo nella soluzione del problema del sovraffollamento dei penitenziari è di sicuro un segnale importante per quelle regioni in cui la situazione di degrado della vita carceraria è sicuramente sopra il livello di guardia: è il caso della Calabria, in cui i tredici istituti penitenziari esistenti presentano un indice di sovraffollamento complessivo del 71,2 per cento;
nella stessa regione il carcere situato alla periferia di Reggio Calabria, nel quartiere di Arghillà - che con una capienza di 300 posti, potrebbe contribuire ad alleviare la pressione carceraria nel reggino e di conseguenza su tutto il territorio regionale - risulta parzialmente realizzato, in quanto a seguito di un contenzioso con l'impresa appaltatrice l'opera è rimasta incompiuta;
di recente il finanziamento per il completamento del carcere di Arghillà ha ricevuto il via libera del CIPE, con uno stanziamento di 21,5 milioni di euro;
i lavori saranno avviati entro il primo semestre del 2011 e saranno completati entro il 2013 -:
se la tempistica per la realizzazione dell'opera sia confermata, posto che il completamento del carcere di Arghillà sarebbe un segnale importante per l'intera regione Calabria anche dal punto di vista della riaffermazione della legalità.
(3-01242)

FEDRIGA e FOLLEGOT. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la notte del 18 settembre 2010 in via Forlanini, nella città di Trieste, si è verificato un incidente stradale dall'esito mortale provocato da un giovane ventiquattrenne di etnia rom, che viaggiava a folle velocità su un'auto rubata mentre usufruiva di un permesso premio;
il conducente dell'auto rubata è Massimo Cari, 24 anni, che ha causato la tragedia mentre si trovava fuori dal carcere dove sta scontando la pena inflitta a seguito di varie incriminazioni riconosciute a suo carico, tra le quali si annoverano un'inseguimento d'auto con sparatoria, una rapina, un furto di auto conclusosi con incidente e conseguente danneggiamento a sette vetture;
nell'incidente in questione, Massimo Cari ha provocato la morte del giovane fratello di 15 anni che viaggiava con lui a bordo dell'auto di proprietà di un anziano abitante della zona, rubata mentre era parcheggiata nel garage dello stabile inserito nel quadrilatero di Rozzol Melara dove i due rom abitano;
dopo aver rubato l'auto, Massimo Cari ha lanciato la vettura a velocità elevatissima, ma dopo poche centinaia di metri si è andato a schiantare contro una cancellata con impatto violentissimo e, mentre il fratello era oramai in fin di vita, ha avuto la prontezza di rubare un'altra auto di un soccorritore fermatosi nel frattempo per accertarsi di quanto accaduto, con la quale dopo essere partito a folle velocità si è nuovamente schiantato contro un muro;
dopo aver tentato di fuggire alle Forze dell'ordine che erano nel frattempo sopraggiunte al suo inseguimento, il giovane rom si trova adesso in arresto con l'accusa di furto aggravato, omicidio colposo e omissione di soccorso nei confronti del fratello più giovane che nel frattempo era già deceduto;
un simile episodio di cronaca suscita sconcerto, non solamente per le modalità in cui si è verificato, ma anche perché avvenuto durante un arco temporale in cui il giovane rom usufruiva di un permesso premio, la cui concessione dovrebbe avvenire entro gli stringenti limiti che la legge attualmente impone -:
se non intenda adottare con urgenza iniziative ispettive con riguardo alle vicende descritte in premessa, ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;

se non ritenga che le valutazioni in merito alla possibilità di concedere misure alternative al carcere o benefici di legge, debbano essere sottoposte ai rigidi criteri attualmente previsti e se intenda assumere iniziative normative per rendere applicabili tali criteri in modo più stringente.
(3-01244)

Interrogazione a risposta scritta:

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Massa Marittima (Grosseto), con atto del consiglio comunale n. 100 dell'11 dicembre 2009, ha deliberato il riconoscimento di un debito fuori bilancio di 1.159.463,68 euro per le controversie intercorse con l'impresa Pizzarotti & C. di Parma nel corso della costruzione del locale carcere mandamentale, il cui progetto esecutivo fu approvato da quell'amministrazione locale con proprie delibere del consiglio comunale n. 190/87 e G.C. n. 774/87, ed infine approvato e finanziato ex articolo 19 legge n. 119 del 1981 dal Ministero di grazia e giustizia - direzione generale per gli istituti di prevenzione e pena con proprio atto prot. n. 643906/422-3 del 4 agosto 1987;
con propria nota del 27 novembre 2009, il comune di Massa Marittima ha richiesto al Ministero della giustizia - dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di fornire indicazioni in merito al rimborso delle somme anticipate dalla stazione appaltante, in considerazione delle disposizioni del predetto articolo 19 della legge n. 119 del 1981 che prevederebbe che lo Stato finanzi non solo «...l'esecuzione di nuovi edifici giudiziari...» (comma 1), ma anche i «...maggiori oneri derivanti da costruzioni...» dei suddetti edifici;
il comune di Massa Marittima, con propria nota prot. 7830 del 31 maggio 2010 a firma del sindaco, in replica alle comunicazioni prot. GDAP-0194805-2010 pervenute dal suddetto dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, rinnovava la richiesta di rimborso del credito riconosciuto all'impresa Pizzarotti, specificando che in caso di mancato accoglimento della richiesta sarebbe stato costretto ad adire le vie legali;
il comune di Massa Marittima motivava la propria richiesta con il fatto che esso avesse preso parte al procedimento con funzioni di mera stazione appaltante, individuando specifiche responsabilità a carico del Ministero della giustizia nella sospensione dei lavori e nell'approvazione della relativa variante in corso d'opera, sulla base dei contenuti di una lettera ministeriale prot. 659623/422-3 del 13 agosto 1990, che prospettava un'utilizzazione della struttura per fini diversi da quelli penitenziari o comunque per una diversa destinazione dell'opera;
la nota del 31 maggio 2010 del comune di Massa Marittima non riferisce però stranamente dei contenuti di una nota inviata in data 19 aprile 2010 dalla procura regionale della Corte dei conti per la Toscana, che informava quel comune dell'apertura di un fascicolo (V2010/00132/MND) invitando il segretario generale a trasmettere entro 30 giorni copia di tutta la documentazione relativa al progetto ed all'esecuzione dell'opera, fornendo al contempo i dati anagrafici ed attuale residenza, privata e di servizio, dei componenti del consiglio comunale e della giunta che approvarono il progetto e la perizia di variante, nonché i nomi del progettista e del direttore dei lavori -:
se il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero sia a totale conoscenza dei fatti espressi in premessa, con particolare riferimento alla nota inviata in data 19 aprile 2010 della procura regionale della Corte dei conti per la Toscana al comune di Massa Marittima;
se si ritengano congrue e soprattutto legittime le motivazioni addotte dal comune di Massa Marittima per ottenere dal Ministero della giustizia - dipartimento dell'amministrazione penitenziaria il rimborso

dell'intero importo del debito riconosciuto con delibera del consiglio comunale n. 100 dell'11 dicembre 2009, visto che lo svolgimento di funzioni di stazione appaltante da parte di quell'ente locale comporta comunque evidenti responsabilità in merito al controllo dell'adeguatezza degli atti propedeutici alla procedura di affidamento dei lavori (progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva dell'opera, perizie tecniche, capitolato speciale d'appalto), anche se affidate a soggetti esterni.
(4-08711)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CODURELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 10 settembre 2010 Cristian Cazzaniga, un operaio trentenne di Pasturo, mentre percorreva, intorno alle ore 20, la strada Lecco-Ballalbio, perdeva il controllo del mezzo finendo contro un muro, appena dopo aver imboccato una galleria;
nella galleria i telefoni erano muti e le telecamere spente e non funzionanti, per cui dalla centrale di controllo non è partita alcuna segnalazione in aiuto del ferito;
grazie, però, alla prontezza di due automobilisti, che hanno messo le loro vetture di traverso per evitare che altri mezzi travolgessero il corpo del ragazzo disteso sull'asfalto, si è evitata una tragedia;
il motociclista ha riportato lesioni gravissime e dopo un delicato intervento chirurgico, è stato ricoverato in neurorianimazione;
secondo Anas, la società che gestisce telefoni e telecamere all'interno della suddetta galleria, la mancata copertura telefonica è una pecca dei gestori di telefonia (Tim, Vodafone, etc.) mentre per le telecamere stanno provvedendo a sistemarle. I lavori di adeguamento e riqualificazione degli impianti tecnologici, lungo la strada statale 36, inoltre sono ancora in corso di esecuzione e termineranno entro la fine del mese di ottobre;
la strada Lecco-Ballabio, nonostante sia stata inaugurata nel febbraio del 2006, è ancora priva degli strumenti tecnologici necessari per garantire la sicurezza. Analogo discorso vale per la statale 36, da anni denunciato tutto quanto riportato ed i ritardi dell'ANAS appaiono all'interrogante di estrema gravità -:
cosa intenda fare per garantire, al più presto, la sicurezza degli automobilisti lungo tali arterie e la funzionalità effettiva degli impianti tecnologici previsti, comprese le vie di fuga.
(5-03440)

MOTTA e PIZZETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere premesso che:
in data 1o luglio 1974 è stata affidata alla società Autocamionale della Cisa s.p.a, la concessione per la realizzazione e messa in esercizio dell'autostrada A15 Parma - La Spezia e del relativo prolungamento Mantova - Nogarole Rocca;
il 21 dicembre 2001 il CIPE ha inserito tale prolungamento autostradale nell'elenco delle opere prioritarie alle quali applicare la normativa introdotta con la cosiddetta «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001);
la delibera del CIPE n. 94 del 20 dicembre 2004 ha approvato il progetto preliminare del «Raccordo autostradale della CISA A15 - Autostrada del Brennero A22, Fontevivo (Parma) - Nogarole Rocca (Verona)», per un limite di spesa dell'intervento di 1.832.718.915,05 euro;
in data 9 novembre 2009 la società concessionaria Autocamionale della Cisa ha presentato al CIPE il progetto definitivo relativo a tale tratta autostradale aggiornando

l'importo a 2.731,97 milioni di euro, con la previsione di un contributo pubblico pari a 900 milioni di euro ed un subentro al 31 dicembre 2031 pari a 1.730 milioni di euro;
nella stessa data la società ha presentato il progetto definitivo del primo lotto dell'opera «Fontevivo - Trecasali», di lunghezza pari a 12 chilometri, da realizzarsi in totale autofinanziamento per un costo pari a 513 milioni di euro;
nella seduta del 22 gennaio 2010 il CIPE ha autorizzato la realizzazione dell'intera opera con l'approvazione del progetto definitivo del primo lotto funzionale «Fontevivo - Trecasali/Terre Verdiane»;
a seguito di tale deliberazione si è reso necessario l'adeguamento della convenzione tra ANAS e Autocamionale della Cisa. La nuova convenzione è stata sottoscritta il 3 marzo 2010 ed è stata approvata con decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 convertito con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010. Tale convenzione diventerà efficace solo a seguito della registrazione della già citata delibera CIPE del 22 gennaio 2010;
nel corso dell'audizione svoltasi il 15 luglio 2010 da parte delle Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati, il Ministro Matteoli, interrogato a proposito, ha dichiarato che «la delibera CIPE (del 22 gennaio 2010) è alla Corte dei Conti per la registrazione. Spero che prima della fine del mese sia registrata»;
dai riscontri effettuati negli ultimi giorni emerge che l'iter di sottoscrizione e registrazione della delibera non sia ancora completato -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare, per quanto di competenza, al fine di rendere quanto più rapido possibile l'iter di sottoscrizione e registrazione della sopraccitata delibera CIPE al fine di favorire l'avvio della cantierizzazione di un'opera strategica per il nostro territorio nazionale e che, per altro, è interamente finanziata - nel lotto Fontevivo - Trecasali/Terre Verdiane - con risorse private.
(5-03452)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
agli inizi degli anni '90 fu realizzato il nuovo tracciato della strada statale 33 del Sempione da Ornavasso (termine della A26) al confine di Iselle;
per motivi incomprensibili alcuni svincoli - anche minori - furono dotati di impianti di illuminazione, altri (come quello fondamentale di Domodossola, dove tra l'altro la strada si riduce a 2 corsie) rimasero al buio e così sono restati fino ad oggi;
in numerose occasioni ANAS ebbe a prendere atto delle proteste congiunte degli enti locali interessati;
ad oggi, però, non sono stati attivati i lavori di illuminazione almeno per lo svincolo di Domodossola -:
se non si ritenga di dover assumere le necessarie iniziative nei confronti dell'ANAS al fine di dar corso ai lavori predetti.
(4-08697)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
agli inizi degli anni '90 fu realizzato il nuovo tracciato della strada statale 33 del Sempione da Ornavasso (termine della A26) al confine di Iselle, prevedendo un tratto a quattro corsie da Ornavasso a Domodossola;
i lavori per realizzare le massicciate, a quanto consta all'interrogante, non furono certo compiuti a regola d'arte tanto che in caso di pioggia sono periodici gli allagamenti; inoltre la pendenza delle curve risulta a volte in controtendenza, e soprattutto il fondo stradale è periodicamente

in stato critico con centinaia di buche soprattutto nel periodo invernale;
più volte si è posto mano ad interventi di riasfaltatura che però - incomprensibilmente - risultano di pessima qualità tanto che devono essere rifatti con una ritmo superiore a qualsiasi altra strada a conoscenza dell'interrogante;
dopo molte proteste di cittadini ed autorità locali 2009 si procedette a rifare larghi tratti delle corsie principali di marcia con una spesa notevole;
quest'anno si sta riprocedendo nel lavoro anche per tratti da poco sistemati secondo una logica che sfugge all'interrogante -:
quali lavori siano stati programmati per la sistemazione di questo tratto della strada statale 33 e per quale importo, se i lavori fatti negli anni scorsi siano stati eseguiti a regola d'arte, e quali siano le ragioni per cui l'ANAS riproponga periodicamente il rifacimento del manto di copertura dell'asfalto e non un lavoro più radicale e definitivo, tale da risolvere i problemi di questa importante strada statale di collegamento internazionale.
(4-08699)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in un precedente atto di sindacato ispettivo presentato diversi mesi fa al Ministero interrogato sulle fatiscenti condizioni della stazione ferroviaria di Verbania, il Ministro rispondeva annunciando lo stanziamento di 300.000 euro e il prossimo inizio dei lavori;
sono trascorsi diversi mesi da quella risposta, ma i lavori non sono iniziati e la situazione della predetta stazione ferroviaria è sempre più critica -:
quali siano i motivi del ritardo;
quando si ritenga che effettivamente inizieranno i lavori;
in quanto tempo saranno portati a termine.
(4-08700)

MADIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 26 ottobre 2009 il Ministro interrogato ha fornito risposta scritta all'Interrogazione 4-03223 presentata dal deputato Francesco Aracri concernente l'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aerei (Iresa) e la situazione dell'inquinamento acustico nell'area di Fiumicino;
l'Iresa, per effetto della legge 21 novembre 2000, n. 342, ha sostituito dal 1o gennaio 2001 la precedente imposta erariale istituita con il decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, ora abrogata;
nella medesima sede il Ministro comunicava che il gettito derivante dall'Iresa regionale è destinato prioritariamente al completamento dei sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all'eventuale indennizzo delle popolazioni residenti delle zone A e B dell'intorno aeroportuale, come definite dal decreto del Ministro dell'ambiente del 31 ottobre 1997;
tale imposta non è mai stata riscossa e pertanto le sue finalità sono inapplicate. Infatti nella risposta al deputato Aracri il Ministro specifica che il decreto, che il Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 21 novembre 2000, n. 342 e che avrebbe dovuto stabilire le modalità applicative dell'imposta, non è stato a tutt'oggi emanato; pertanto la norma è di fatto inapplicabile -:
quando e se, a dieci anni dalla entrata in vigore della legge istitutiva, il Governo intenda attuare l'esercizio di riscossione e utilizzo dell'Iresa ai fini del finanziamento delle procedure antirumore

e per l'indennizzo delle popolazioni colpite dall'inquinamento acustico derivante dall'attività aeroportuale dello scalo di Fiumicino.
(4-08703)

FRONER. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la concessione della patente di guida a coloro che sono affetti da epilessia è tuttora disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (regolamento di attuazione del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992) che contiene norme particolarmente severe per questi soggetti ai fini della certificazione medico legale di idoneità psicofisica alla guida. In tale regolamento (articolo 320, comma D/d, dell'appendice II) si legge, infatti, che la concessione della patente di guida A e B agli epilettici è consentita solo a coloro che non presentino crisi comiziali da almeno due anni, indipendentemente dall'effettuazione di terapie antiepilettiche di mantenimento e controllo. Inoltre, la validità della patente non può essere superiore a due anni. Per le categorie C, D, E, la patente non può essere rilasciata, né confermata. Va ricordato che il regolamento interpretava la direttiva CEE 91/439 che condizionava il rilascio o il rinnovo della patente ad un esame dell'autorità medica competente che doveva anche tener conto della mancanza di crisi da almeno due anni;
successivamente due nuove direttive (112 e 113 del 25 agosto 2009), aggiornando le proprie indicazioni ai più recenti riscontri scientifici in materia, hanno attenuato la severità delle misure precedentemente espresse, prevedendo che per le crisi epilettiche provocate oppure in caso di unica crisi epilettica non provocata si possa giungere alla non sospensione della patente oppure alla sospensione massima di sei mesi e che si faccia riferimento alla mancanza di crisi da un solo anno;
nella stessa direzione va l'articolo 4 della proposta di legge bipartisan a prima firma Saltamartino presentata il 14 gennaio 2009, che però non ha ancora, iniziato il proprio iter;
inoltre la recente legge sulla sicurezza stradale (n. 120 del 2010), che pure ha apportato numerose modifiche al decreto legislativo n. 285 del 1992, non si è fatta carico di affrontare la questione del rilascio o rinnovo della patente alle persone affette da epilessia, che colpisce circa 35.000 cittadini ma che è malattia guaribile. Pertanto, il riconoscimento della guarigione certificato dai competenti medici non può che coniugarsi con il superamento delle limitazioni delle libertà personali derivanti dal precedente stato patologico;
nel corso della discussione della legge comunitaria 2009 il Governo ha accolto un ordine del giorno a prima firma dell'interrogante che impegnava il Governo a predisporre gli atti necessari per il recepimento delle direttive 2009/112/CE e 2009/113/CE nei termini e nei contenuti stabiliti dalle stesse;
detto termine è scaduto per entrambe le direttive il 15 settembre 2010;
nel disegno di legge «legge comunitaria 2010» (atto Senato 2322), si fa riferimento alle due direttive succitate, la prima nell'elenco di quelle da emanare in via amministrativa, la seconda nell'elenco di quelle da emanare con decreto legislativo;
per quanto riguarda la direttiva 2009/112/CE la data di emanazione è nella discrezionalità del Ministro, mentre per la direttiva 2009/113/CE , il disegno di legge 2322 prevede che il decreto legislativo di attuazione sia emanato entro i tre mesi successivi dall'entrata in vigore della legge comunitaria -:
come e in quali termini temporali intenda agire, sia in riferimento all'attuazione delle direttive comunitarie 2009/112/CE e 2009/113/CE, sia nel rispetto dell'impegno assunto con l'accoglimento dell'ordine del giorno succitato.
(4-08705)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro per le politiche europee, per sapere - premesso che:
in seguito agli allargamenti dell'Unione europea del 2004 e del 2007, gran parte dei rom europei sono divenuti cittadini dell'Unione europea, e godono pertanto, assieme ai loro familiari, del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, un diritto che costituisce un aspetto fondamentale della cittadinanza europea quale è definita dai trattati e attuata dalla direttiva 2004/38/CE;
tale direttiva prevede limitazioni della libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione europea soltanto in casi eccezionali, e impone limiti chiari e precisi a tali misure, prevedendo in particolare, agli articoli 28, 30 e 31, che i provvedimenti di allontanamento debbano essere valutati e decisi singolarmente, tenendo conto delle circostanze personali e assicurando garanzie procedurali e mezzi di impugnazione, mentre la mancanza di mezzi economici non può assolutamente giustificare l'espulsione automatica di cittadini dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 14;
a seguito delle numerose espulsioni avvenute recentemente ad opera del Governo francese, il 9 settembre 2010 il Parlamento europeo ha approvato con 337 voti a favore una risoluzione con la quale, dopo aver espresso viva preoccupazione per i provvedimenti adottati dalle autorità francesi, nonché da altri Stati membri nei confronti dei rom, ha esortato gli Stati membri non solo a rispettare pienamente gli obblighi emananti dalla normativa dell'Unione europea, eliminando eventuali incongruenze nell'applicazione, ma anche a rivedere e revocare le leggi e le politiche che discriminano, direttamente o indirettamente, i rom sulla base della razza e dell'origine etnica;
il 14 settembre 2010, la commissaria europea Reding alla giustizia, dopo aver usato toni molto duri sulla politica del Governo francese sulla questione delle recenti espulsioni dei rom, ha preannunciato l'apertura di una procedura d'infrazione per un'applicazione discriminatoria della direttiva sulla libertà di circolazione dei cittadini comunitari e per la mancata trasposizione delle garanzie procedurali e sostanziali previste dalla direttiva 2004/38/CE;
il 16 settembre 2010 durante il pranzo con i leader dei 27 in occasione del Consiglio europeo, si è verificato uno «scontro verbale molto acceso» tra il presidente della Commissione europea Jose Manuel Durao Barroso tramite la portavoce della Commissione - che ha ribadito che la posizione della commissaria Reding sulle espulsioni dei rom corrisponde a quella dell'intera Commissione - e il presidente francese Sarkozy - che ha considerato le espressioni usate, come «oltraggiose» e ha dichiarato che «la Francia continuerà a smantellare tutti i campi illegali;
è sembrato così profilarsi l'avvio di un possibile scontro istituzionale tra alcuni membri del Consiglio dell'Unione europea, da un lato, e la Commissione dall'altro, mentre secondo l'agenzia France Presse, che cita fonti anonime del Dipartimento di Stato, Washington ha invitato il Governo francese e quello di altri paesi a «rispettare i diritti dei rom»; da rilevare anche la posizione tedesca, con la cancelliera Merkel che si è dichiarata d'accordo con la Commissaria Reding sulla sostanza, anche se ha specificato di non approvare i toni usati;
il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, al termine del vertice, ha dichiarato che «si discuterà della problematica dell'integrazione dei rom in uno dei prossimi Consigli», e ha enunciato le conclusioni di principio a cui sono

giunti i 27 dopo l'acceso dibattito sui rom ossia: che «uno stato membro ha il diritto di applicare la legislazione nazionale e prendere misure per fare rispettare lo stato di diritto sul suo territorio»; che «la Commissione ha il diritto, e anzi il dovere, di vegliare sul rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri, in particolare sul rispetto dei diritti fondamentali e della direttiva sulla libera circolazione, e di aprire un'inchiesta se lo ritiene necessario»; che «gli Stati membri hanno preso nota della dichiarazione del presidente della Commissione a nome dell'intero Collegio dei commissari, che ha preso le distanze dalle affermazioni fatte dalla commissaria Reding»; e che «il rapporto tra gli stati membri e le istituzioni europee, in particolare la Commissione, deve essere improntato al reciproco rispetto»;
in questo difficile contesto l'Italia ha appoggiato senza indugi, in un intervista rilasciata dal Presidente del Consiglio il 9 settembre 2010 al giornale Le Figarò, la linea seguita sui rom dal Governo francese, affermando, tra l'altro, che la Commissaria meglio avrebbe fatto a trattare la questione in privato con i dirigenti francesi, piuttosto che renderla pubblica come ha fatto;
già il 21 agosto 2010, il Ministro dell'interno aveva dichiarato in un'intervista al Corriere della sera che «la Francia non sta facendo altro che copiare l'Italia» e che semmai occorre fare un passo ulteriore arrivando «alla possibilità di espellere i cittadini comunitari come già previsto per i clandestini»; in occasione di un seminario sull'immigrazione tenutosi a Parigi, prima del Consiglio europeo del 6 settembre 2010, il Ministro, annunciava che la proposta di adozione di provvedimenti di «espulsione e rimpatrio anche per i cittadini comunitari» sarebbe stata avanzata formalmente alla Commissione europea;
lo stesso Ministro in un'altra intervista del 9 settembre 2010, ricordando le passate censure della Commissione sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 maggio 2008 e sulle conseguenti ordinanze che dichiaravano lo stato di emergenza sulla questione dei rom in Lazio, Lombardia, e Campania (n. 3676, 3677 e n. 3678) - e che prevedevano tra l'altro la possibilità di procedere a censimenti di tutti i presenti nei campi rom, anche tramite il rilevamento delle impronte digitali, persino se in presenza di soggetti minori - ha ribadito che le censure a livello europeo sarebbero state fondate su un «pregiudizio politico negativo»;
venerdì 17 settembre 2010 una decina di nomadi milanesi, attraverso i loro legali, hanno presentato ricorso al tribunale civile di Milano sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2008 e sull'ordinanza relativa alla Lombardia, chiedendo da un lato l'accertamento del carattere discriminatorio dei provvedimenti del Governo sull'emergenza nomadi, e la loro immediata sospensione; e dall'altro di sollevare la questione alla Corte di giustizia dell'Unione europea, qualora il magistrato lo ritenga necessario per l'interpretazione delle normative comunitarie;
l'ex presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida, in qualità di rappresentante della Organizzazione non governativa americana Open society justice initiative, che assiste legalmente i nomadi milanesi, ha dichiarato che il censimento previsto nelle ordinanze costituirebbe un controllo a carattere discriminatorio avendo per destinatari delle minoranze, quali i rom e i sinti;
in attesa della nuova udienza prevista per il 5 novembre 2010, nella quale il giudice dovrà anche decidere se inoltrare l'istanza alla Corte europea di giustizia, prima di poter emettere una decisione sul carattere discriminatorio dei provvedimenti adottati, resta il giudizio fortemente negativo per la policy adottata dal nostro Governo nei confronti di queste minoranze, «una politica discriminatoria nei confronti di una popolazione, che, sostanzialmente, non si è riuscita a gestire attraverso

canali che sono soprattutto di tipo sociale, di tipo scolastico e di accompagnamento» come dichiarato dal direttore generale della Fondazione Migrantes della CEI -:
quali siano le iniziative in materia di politiche nei confronti dei rom che il Governo italiano ha già assunto in analogia al Governo francese o che intende assumere, e se ritengano che tali misure siano compatibili con le disposizioni dell'ordinamento comunitario e non rischino di portare all'apertura di una procedura di infrazione anche nei confronti dell'Italia.
(2-00829)
«Gozi, Damiano, De Torre, Peluffo, Tullo, Tocci, Gentiloni Silveri, Marco Carra, Martella, Maran, De Pasquale, Pompili, La Forgia, Losacco, Gianni Farina, Lovelli, Castagnetti, Sani, Gasbarra, Servodio, Pizzetti, Sposetti, Lo Moro, Morassut, D'Antona, Minniti, Ceccuzzi, Motta, Amici, Albonetti, Sereni, Bachelet, Baretta, Bindi, Bratti, Capodicasa, Causi, Cenni, Coscia, Fiano, Fluvi, Melandri, Meta, Nannicini, Schirru, Villecco Calipari».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli aeroporti italiani di Roma, Milano, Venezia e Palermo da diversi mesi è stata avviata la sperimentazione di apparecchi di controllo denominati «body scanner» necessari per la rilevazione di oggetti e sostanze potenzialmente pericolose, che i tradizionali metal detector non possono individuare -:
quale siano le valutazioni del Governo sui risultati di tale sperimentazione;
in quali aeroporti sia stata avviata effettivamente la sperimentazione e dove siano ancora in funzione tali apparecchiature;
quali diversi tipi di apparecchiature siano state installate;
quali tipi di garanzia vi siano sugli effetti di tali apparecchiature sull'organismo umano;
se e quando tali strumentazioni verranno installate definitivamente negli aeroporti italiani e quali tipi di apparecchiature specifiche verranno installate.
(5-03441)

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è inquietante l'episodio verificatosi in questi giorni a Sonnino (Latina) di una donna marocchina che si è presentata in una scuola materna per accompagnare il proprio figlio indossando un burqa nero, suscitando notevole spavento fra i piccoli e, di conseguenza, la legittima protesta degli altri genitori;
si è addivenuto ad un accordo tra il sindaco di Sonnino, la preside della scuola ed il marito della donna marocchina, l'Imam Mustafa Addì, che ha testualmente dichiarato «che consentirà alla moglie di togliersi la copertura del volto quando entrerà nella scuola materna per non spaventare i bambini», il che sta a significare che la donna continuerà ad indossare il burqa in luogo pubblico o aperto al pubblico, quando condurrà il figlio a scuola;
in base alla legislazione vigente (legge 22 maggio 1975, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni) non è consentito comparire in luogo pubblico o aperto al pubblico con il volto coperto in modo da impedire il riconoscimento -:
se non ritenga, in base a quanto esposto in premessa e a numerosi e analoghi episodi che si sono verificati di recente, assolutamente indispensabile ed urgente dare precise disposizioni ai competenti organi di pubblica sicurezza, affinché la legge citata in premessa sia fatta rispettare senza eccezioni di sorta a tutte

le persone residenti nel nostro Paese, siano essi cittadini italiani o stranieri.
(5-03443)

FIANO e MECACCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 23 ottobre 2008 è stato siglato il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista»;
tale accorda, all'articolo 19, comma 2, recita: «Sempre in tema di lotta all'immigrazione clandestina, le due Parti promuovono la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane in possesso delle necessarie competenze tecnologiche. Il Governo italiano sosterrà il 50 per cento dei costi, mentre per il restante 50 per cento le due Parti chiederanno all'Unione europea di farsene carico, tenuto conto delle Intese a suo tempo intervenute tra la Grande Giamahiria e la Commissione europea»;
l'articolo 20, comma 1, di tale Trattato recita: «Le due Parti si impegnano a sviluppare la collaborazione nel settore della Difesa tra le rispettive Forze Armate, anche mediante la finalizzazione di specifici Accordi che disciplinino lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e quello di informazioni militari nonché l'espletamento di manovre congiunte» -:
se siano già operative le società italiane previste dal citato articolo 19, comma 2, del Trattato, quali esse siano, e, nel caso di risposta affermativa, al primo quesito, in base a quali criteri e modalità esse siano state scelte;
se per il 50 per cento dei costi di tale intervento previsti dal medesimo articolo a carico dell'Unione europea, i Governi di Libia e Italia abbiano già provveduto a chiedere all'Unione europea tale finanziamento, e se si quale sia stato l'esito di tale richiesta;
se siano state definite e quali siano le iniziative previste dal comma 2 dell'articolo 19, per la prevenzione del fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori;
se siano stati finalizzati gli specifici accordi che dovrebbero disciplinare lo scambio di missioni di esperti, istruttori e tecnici e le informazioni militari, oltre all'espletamento di manovre congiunte di cui al comma 1 dell'articolo 20;
se sia stato avviato il partenariato industriale nel settore della difesa e dell'industria militare di cui al comma 2 dell'articolo 20 e, in caso affermativo, in cosa esso per ora consista.
(5-03447)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'estate 2010 vi sono stati, in alcuni centri di identificazione ed espulsione e segnatamente in quello di Milano, alcuni episodi di rivolta e fuga di alcuni ospiti; in particolare nell'episodio del 16 agosto sono rimasti contusi 6 poliziotti e 5 immigrati in attesa di identificazione, e 1 cittadino algerino è fuggito dalla struttura di accoglienza e ad oggi risulterebbe ancora irreperibile -:
quanti siano attualmente e dove siano localizzati i Centri di identificazione ed espulsione in Italia;
quale sia la capacità di accoglienza di ognuno di essi, quale sia l'articolazione della struttura di ognuno di essi, di chi sia la gestione operativa di ciascuno di essi e quale sia per ciascuno di essi l'impiego di forze dell'ordine;
se vi siano progetti definitivi di realizzazione di nuovi Centri di identificazione ed espulsione, e in caso affermativo, dove essi siano localizzati, con quale capienza e quando ne sia prevista la realizzazione;
quale sia la popolazione media mensile ospitata in questi centri nel corso dell'anno 2010, per ciascun centro e in

totale e quale sia la durata media della permanenza nei centri delle persone ospitate;
quali e quanti siano stati nel corso degli ultimi 24 mesi gli episodi di violenza e di rivolta nei Centri di identificazione ed espulsione e quanti siano stati i feriti tra gli ospiti e quanti tra le forze dell'ordine e quante siano state le fughe di persone;
se esista un elenco delle persone ospitate con precedenti penali.
(5-03448)

FIANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'agosto del 2010, organizzazioni umanitarie come la Caritas hanno denunciato la ripresa di sbarchi degli immigrati sulle coste italiane anche in località diverse da quelle utilizzate negli ultimi anni;
il Ministro interrogato ha più volte dichiarato la sostanziale interruzione del flusso migratorio proveniente via mare sulle coste del nostro Paese -:
quale sia stato nel corso dell'anno 2010 il numero di immigrati giunti via mare sulle coste del nostro Paese e quale il numero degli immigrati giunti via terra;
se vi sia in particolare un aumento degli immigrati arrivati clandestinamente sulle coste pugliesi nel corso del 2010;
quanti siano i casi di intercettazioni di imbarcazioni con a bordo migranti diretti nel nostro Paese operati da unità della Marina militare italiana e quanti siano quelli intercettati da unità della Marina libica, successivamente alla firma del «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista».
(5-03451)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il comma 9 dell'articolo 5 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, prevede che il tempo massimo per la procedura di rilascio, di rinnovo o di conversione del permesso di soggiorno è fissato in venti giorni dalla data della presentazione della domanda;
il tempo medio di attesa necessario ad ottenere il rilascio, il rinnovo o la conversione del permesso di soggiorno è, invece, di ben 291 giorni, ma, nelle grandi città, i tempi si allungano indefinitamente, fino ad arrivare a superare i 15 mesi;
attualmente risultano depositate migliaia di domande di rilascio, rinnovo o conversione di permesso di soggiorno, in giacenza da mesi e in attesa di una risposta;
ai sensi del comma 2-ter dell'articolo 5, del decreto legislativo n. 286 del 1998, gli immigrati che fanno richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno sostengono un costo il cui importo è fissato in un minimo di 80 euro, e con l'attuazione della normativa del cosiddetto «pacchetto sicurezza», sarà elevato a duecento euro;
agli immigrati in attesa di rinnovo viene rilasciato un cedolino, che, ai sensi della «circolare Amato» del 5 agosto 2006, dovrebbe garantire loro tutti i diritti, ma che, in pratica, li limita sia in rapporto ai datori di lavoro che in rapporto a banche ed altri soggetti;
l'iter di rinnovo ha inizio dagli sportelli delle Poste, dove l'immigrato consegna il kit compilato con i documenti necessari; poi la richiesta passa al centro servizi amministrativi delle Poste e successivamente al centro elaborazione nazionale di Napoli, per la pubblicazione del fascicolo elettronico sui sistemi a disposizione delle questure. Una volta superati i controlli, il documento passa all'Istituto poligrafico-Zecca dello Stato, per la stampa in formato elettronico del titolo di soggiorno;

il punto critico del processo di rinnovo pare essere proprio nel passaggio per le questure, che sono oberate dai procedimenti e non riescono a fare fronte agli adempimenti nei tempi previsti per legge;
il permesso di soggiorno per un immigrato è l'unico documento che prova la condizione di regolarità ed è assolutamente necessario, dunque, riportare i tempi di rilascio nei limiti di breve durata stabiliti dalla legge;
tale situazione crea non solo un grave disservizio ma pregiudica anche una serie di diritti individuali e collettivi dei cittadini stranieri, e tra questi il diritto alla tutela della salute, con evidenti ripercussioni sull'intera comunità nazionale;
in risposta ad un question time del 10 marzo 2010 (iniziative relative ai ritardi verificatisi nelle procedure per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno - n. 3-00957), il Ministro interrogato ha dichiarato: «l'obiettivo che mi sono proposto di raggiungere entro la fine della legislatura è di ridurre ulteriormente i tempi, per arrivare al rispetto del termine dei 20 giorni previsto dalla legge» -:
quali provvedimenti siano stati nel frattempo adottati dal Governo per garantire il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno ai lavoratori che da tempo vivono regolarmente nel nostro Paese, i quali, per i ritardi degli enti preposti, si trovano privi del documento che consente loro di fruire dei diritti essenziali della persona.
(4-08688)

GARAVINI, OLIVERIO, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LO MORO, CESARE MARINI, MINNITI, VILLECCO CALIPARI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, MARCHI, ANDREA ORLANDO, PICCOLO e VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2010 la Direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica di Catanzaro ha portato a termine, con la collaborazione delle forze di polizia, l'operazione contro la 'ndrangheta denominata «Santa Tecla» che ha portato all'arresto di 67 persone accusate, tra l'altro, di far parte di una cosca attiva sul territorio di Corigliano Calabro anche per il riciclaggio dei proventi delle molteplici attività criminali, principalmente il traffico di droga, poste in essere sia nel territorio calabrese che in altre regioni italiane;
l'inchiesta ha rivelato interessi dei clan in attività turistiche, imprenditoriali ed anche nella locale squadra di calcio utilizzata, per ripulire il denaro frutto di tangenti e racket anche attraverso operazioni regolarmente fatturate;
nell'operazione sono stati anche sequestrati beni per oltre 250 milioni di euro, chiaro segnale della capacità economiche dell'organismo criminale, risorse utilizzate anche per inserirsi in attività economiche apparentemente lecite;
tra i 67 arrestati figurano anche Mario e Franco Straface, imprenditori locali utilizzati dalla cosca per facilitare le operazioni di riciclaggio;
i due arrestati risultano essere fratelli dell'attuale sindaco di Corigliano Calabro, Pasqualina Straface, eletta alle ultime elezioni di aprile 2009;
dall'inchiesta sono emersi rapporti molto stretti tra i due congiunti del sindaco e i capi dei clan locali della 'ndrangheta;
prescindendo dal merito della specifica vicenda, che verrà valutata dalla magistratura giudicante in tutti i gradi di giudizio, anche al fine di tutelare il corretto svolgimento della vita democratica e lo sviluppo economico sano in un territorio cosi esposto alla violenza della 'ndrangheta sarebbe opportuno verificare la sussistenza del rischio di infiltrazioni mafiose nel comune -:
quali siano stati i provvedimenti adottati per verificare eventuali infiltrazioni delle cosche nella vita amministrativa del comune di Corigliano e, nello

specifico, come mai non si sia insediata una commissione d'accesso prefettizia in detto comune, al fine di verificare se negli amministrativi compiuti dalla giunta in carica non siano ravvisabili elementi tali da richiedere di attivare le procedure previste per lo scioglimento del comune ai sensi della legge n. 267 del 2000, articolo 143.
(4-08690)

DIMA, VERSACE, GOLFO, ANTONINO FOTI, D'IPPOLITO VITALE, TRAVERSA, PITTELLI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il presidente della giunta regionale della Calabria, onorevole Giuseppe Scopelliti, è scrupolosamente impegnato, sin dal suo insediamento, nell'attuazione del piano di rientro e nella riorganizzazione della sanità regionale nel pieno rispetto degli accordi sottoscritti con il Governo nazionale che sono tutti finalizzati sia al ripianamento dell'enorme debito accumulato dal settore in tanti anni di pessima gestione sia, soprattutto, alla ridefinizione di una rete ospedaliera capace di fornire servizi di assistenza efficienti e di qualità;
l'azione del Governo regionale su una materia così delicata come quella sanitaria, per i risvolti di natura sociale che evidentemente presenta, è stata sempre caratterizzata dalla continua ricerca di momenti di confronto e di discussione con le singole realtà territoriali e con le loro rappresentanze istituzionali e sociali finalizzati a far comprendere alle popolazioni locali la necessità di realizzare un nuovo modello di sanità che salvaguardi l'intero sistema per razionalizzarlo e renderlo sempre più competitivo e, soprattutto, rispondente alle esigenze degli utenti;
nella provincia di Cosenza, ed in particolar modo nella fascia ionica, dove il piano di riorganizzazione sanitaria prevede la costruzione di uno dei quattro nuovi ospedali regionali in attuazione dell'accordo di programma quadro già sottoscritto con il Governo nazionale, è prevista la riconversione, e non la chiusura come invece sostenuto strumentalmente anche da qualche rappresentante istituzionale di quel comprensorio, delle strutture ospedaliere di Trebisacce e Cariati, con servizi nuovi e migliorati rispetto a quelli già esistenti, nonché la creazione del modello di «ospedali riuniti» di Corigliano e Rossano inteso come propedeutico alla realizzazione del nuovo ospedale territoriale;
nel corso di uno degli incontri dedicati all'illustrazione del piano di rientro ed al nuovo sistema sanitario, il presidente della regione Calabria è stato verbalmente aggredito, rischiando anche lo scontro fisico, da un nutrito gruppo cittadini provenienti dalla città di Cariati che hanno manifestato con forza e violenza verbale il proprio dissenso rispetto ad una insussistente ipotesi di chiusura dell'ospedale cittadino;
questa manifestazione, i cui toni e modalità, ad avviso degli interroganti, non possono che essere rigettati anche e soprattutto perché hanno denotato un'evidente indisponibilità al confronto ed alla discussione su un problema importante quale quello del futuro della sanità in quel comprensorio, sarebbe stata probabilmente suggerita, a quanto consta agli interroganti, da qualche esponente istituzionale e ciò sarebbe ancor più grave perché denoterebbe una contrapposizione tra soggetti istituzionali che non trova alcuna logica giustificazione -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per rafforzare la tutela personale del presidente della regione Calabria e garantire il giusto equilibrio della discussione istituzionale e politica sul tema della sanità.
(4-08712)

DONADI, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
giornali quotidiani e siti internet hanno riportato, anche in video, i fatti accaduti a Venezia in occasione della «festa

dei popoli padani», tradizionale raduno che da diversi anni viene organizzato dalla Lega Nord;
un gruppo di giovani, giunto nella piazza con la bandiera italiana, è stato aggredito verbalmente ed insultato da molti partecipanti alla manifestazione, fermato ed identificato dalle forze di polizia;
unico segno di identificazione del gruppo di giovani con il tricolore era il tricolore stesso: ad avviso degli interroganti desta stupore e preoccupazione che l'esposizione del tricolore, simbolo dell'unità nazionale, abbia provocato reazioni aggressive da parte di molti rappresentanti dei «popoli padani» e possa essere considerato simbolo provocatorio o sconsigliabile da esporre;
le forze di polizia hanno fermato ed identificato i ragazzi che esponevano il tricolore e non, come ad avviso degli interroganti sarebbe stato doveroso, i loro aggressori -:
quali disposizioni intenda adottare affinché il tricolore permanga quale rispettato simbolo di unità nazionale, in particolare per le forze di polizia.
(4-08718)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PES e COSCIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il liceo musicale è stato istituito in seguito alla riforma dell'istruzione secondaria di II grado, i cui regolamenti sono stati emanati con decreto del Presidente della Repubblica in data 15 marzo 2010;
la riforma della secondaria di II grado ha eliminato la disciplina «educazione musicale» dagli istituti superiori, istituendo nel contempo il liceo musicale;
i docenti di educazione musicale inseriti nella classe di concorso 31/A (ex A031) si ritrovano, dunque, senza alcuna prospettiva di incarico, né tanto meno, di passaggio di ruolo, e senza poter utilizzare il punteggio accumulato in tanti anni di precariato;
l'istituzione dei pochi licei musicali e in pochi territori non compensa la condizione creatasi;
in fase di riordino, diverse note ministeriali (per esempio la n. 1348 dei 21 aprile 2010 e la nota 5358 del 25 maggio 2010) avevano stabilito alcuni requisiti congiunti per i docenti interessati all'insegnamento del nuovo liceo musicale, garantendo la precedenza a coloro che erano inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (GE) nelle classi di concorso 31/A e 32/A, oltre alle 77/A, ma con specifico requisito del servizio prestato nei corsi sperimentali di istruzione secondaria di II grado;
la nota ministeriale del 15 luglio 2010 n. 6747 (CCNI concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo e ATA per l'anno scolastico 2010/2011) mostra alcune carenze ed incongruenze che minano la qualità dell'insegnamento e sta creando dubbi interpretativi sia negli ambiti territoriali degli USR (ex uffici scolastici provinciali) che nelle segreterie degli istituti scolastici;
in seguito a tale nota, infatti, numerosi docenti di ruolo nella classe di concorso A077 (strumento musicale nella scuola media), 31/A, 32/A e docenti di sostegno (con diploma di conservatorio), hanno prodotto istanza di utilizzazione, anche parziale, intesa ad occupare le cattedre e gli spezzoni orari disponibili;
la quasi totalità di tali docenti non sono soprannumerari, né perdenti posto, né in esubero, ma occupano una cattedra completa di 18 ore, ma la nota citata parrebbe consentire loro, in deroga a quanto stabilito per tutte le altre discipline, di tenere una porzione di cattedra alla secondaria di I grado e una nel nascente liceo musicale (II grado);

si rischia di inserire, nei licei, paradossalmente, personale spesso in possesso solo di licenza media e del diploma di strumento musicale;
la contemporaneità di un doppio incarico (scuola media e liceo) creerebbe inoltre gravi disagi di carattere organizzativo-didattico (ad esempio orario del docente su più istituti, contrazione dell'orario al mattino con inutili rientri pomeridiani per gli studenti, conseguente aggravio del pendolarismo) e amministrativo-contabile;
gli insegnanti precari che per anni hanno svolto la docenza nell'ambito della classe di concorso 31/A si ritrovano in questo momento senza sapere se il punteggio accumulato in questi anni potrà essere utilizzato -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno:
a) integrare la nota ministeriale del 15 luglio 2010 n. 6747, impedendo lo strumento delle utilizzazioni e mobilità per il personale a tempo indeterminato della classe di concorso 77/A, fatti salvi i casi di soprannumerari, perdenti posto ed esuberi;
b) riconoscere solo al personale che ha prestato servizio docente esclusivamente nei licei musicali statali sperimentali (corsi sperimentali di istruzione secondaria di II grado) attivi prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, il diritto all'accesso nelle graduatorie degli ex uffici scolastici provinciali e dei singoli istituti per tutte le discipline oggetto del servizio svolto, con esclusione di qualsiasi altro corso di qualunque tipologia o posto nella scuola secondaria di II grado, sia su posto orario che su progetto ai sensi della legge n. 440 del 1997;
c) integrare la nota ministeriale del 25 maggio 2010 n. 5358 - Tabella licei-allegato E, consentendo l'accesso all'insegnamento della disciplina Storia della musica anche a coloro in possesso del diploma quadriennale di didattica della musica congiuntamente al diploma di conservatorio;
d) consentire, in sede di prossimo aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per i prossimi anni scolastici, ai docenti interessati di spostare integralmente, senza alcuna penalizzazione, il punteggio acquisito negli anni nella graduatoria ad esaurimento classe di concorso A031, nelle classi di concorso nella quali sono già inseriti a pieno titolo (32/A e 77/A), sommandolo a quello già posseduto nella classe di concorso di destinazione o in quelle di prossima costituzione con riferimento al liceo musicale;
e) impedire nuovi ingressi nelle graduatorie ad esaurimento, rendendo giustizia a chi per anni ha prestato servizio nelle scuole superiori ed oggi si ritrova ad aver accumulato un punteggio inutile.
(5-03445)

CICU. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 2002, con la definitiva entrata in vigore delle norme sull'autonomia e sulla dirigenza delle scuole, si procede alla costituzione dei fondi regionali, da cui attingere per l'erogazione dei compensi accessori ai dirigenti scolastici, previa apposita contrattazione annuale in sede regionale. Nel costituire tali fondi si tiene conto del numero dei dirigenti scolastici «titolari» allora in servizio e non del numero, molto maggiore, delle scuole; circa 3000 scuole infatti sono affidate a presidi incaricati; in Sardegna all'epoca i dirigenti «titolari» sono appena 198, meno della metà delle 424 autonomie scolastiche riconosciute;
fino al 2006, comunque, il fondo è sufficiente a retribuire adeguatamente i dirigenti scolastici isolani, anzi nelle contrattazioni regionali siglate ogni anno è possibile sancire l'aumento delle loro retribuzioni accessorie, visto che non si registrano assunzioni, ma, al contrario,

solo pensionamenti, per cui, dovendosi ripartire il fondo per un numero sempre minore di Dirigenti, è possibile annualmente disporre degli aumenti per ciascuno dei titolari in servizio;
tuttavia negli anni tra il 2007 ed il 2009 l'organico viene completato, in quanto vengono assunti oltre 200 neo-dirigenti; il fondo, costituito per un numero di dirigenti inferiore alla metà di quelli adesso in servizio, si rivela del tutto insufficiente a garantire a ciascuno i compensi accessori pattuiti nell'ultimo contratto;
la direzione scolastica regionale, anziché richiedere dall'Amministrazione scolastica centrale che il fondo regionale venga ricalcolato in modo corretto, decide di far siglare ai Dirigenti neo-assunti nel 2007 un contratto individuale, in cui l'entità delle cifre previste per i compensi accessori non è quella definita nell'ultimo contratto, siglato nel marzo 2007, ma nel penultimo, che prevedeva compensi inferiori;
l'Associazione nazionale presidi (ANP), appurata tale situazione, chiede il rispetto del contratto integrativo regionale vigente; viceversa la direzione scolastica regionale propone, ai neo-assunti del 2008, dei nuovi contratti integrativi, con cifre ancor più basse delle precedenti, rispetto a quelle previste nell'ultimo contratto;
in data 15 aprile 2009 il Direttore scolastico regionale dà disdetta del contratto integrativo regionale vigente e decide di ridurre ancor più l'entità dei compensi accessori per tutti i dirigenti, con decurtazioni, per ciascuno degli interessati, di circa 200/250 euro netti mensili;
successivamente, all'atto delle ultime assunzioni (agosto 2009), la direzione scolastica regionale fa sottoscrivere a questi ultimi neo-dirigenti, un contratto con gli importi notevolmente ridotti di cui sopra ed emana disposizioni perché gli importi ridotti siano applicati al più presto anche nei confronti di tutti gli altri dirigenti scolastici in servizio nell'isola; a far data dall'ottobre 2009, la decurtazione di circa 200/250 euro netti mensili viene così estesa anche a tutti gli altri dirigenti scolastici, con preannuncio di azioni di rivalsa anche per il passato;
nell'anno scolastico 2009-2010 l'Anp dichiara la mobilitazione della categoria ed avvia le procedure per la presentazione dei ricorsi individuali di tutti gli interessati al giudice del lavoro, previo esperimento delle istanze per il tentativo di conciliazione. Nel contempo avvia una parallela azione di denuncia nei confronti della direzione Scolastica Regionale, accusata di violazione contrattuale e comportamento antisindacale. La vicenda assurge alla ribalta nazionale, come testimoniano gli articoli apparsi all'inizio di quell'anno scolastico sull'inserto «Azienda Scuola» del quotidiano «Italia Oggi» e sul periodico «Rassegna dell'Autonomia Scolastica»;
nei primi mesi del 2010 hanno luogo i tentativi di conciliazione, che non sortiscono esito positivo, tuttavia la vicenda sembra potersi avviare a soluzione, con la sottoscrizione, in data 15 marzo 2010, di un Protocollo d'intesa nazionale, con il quale si conviene che gli Uffici scolastici regionali pongano in essere, entro 90 giorni dalla sottoscrizione del Protocollo, tutti gli adempimenti necessari per l'erogazione di quanto dovuto al personale dell'area V della dirigenza (Dirigenti scolastici), nel rispetto degli ultimi contratti integrativi regionali regolarmente sottoscritti;
viceversa il 20 maggio 2010 l'Ufficio scolastico regionale della Sardegna comunica però ai rappresentanti delle Organizzazione sindacale di non poter ancora procedere ad applicare il protocollo d'Intesa in quanto il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ha ancora diramato le necessarie istituzioni operative; analoghe argomentazioni sono ripetute in un incontro avvenuto il 3 giugno, nel quale si comunica che si sta provvedendo a ricostruire la vicenda in una dettagliata relazione, da inviare al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

l'8 luglio 2010 il Direttivo Regionale dell'ANP delibera all'unanimità di inoltrare una diffida all'ufficio scolastico regionale, per la mancata applicazione dello stesso protocollo d'intesa e di valutare la possibilità di avviare nel contempo, i ricorsi individuali al giudice del lavoro; nel mese di agosto, però prima di avviare tali ricorsi, si decide di chiedere un incontro ufficiale sia al direttore scolastico regionale (che, a seguito delle pressioni, inoltra una relazione sulla vicenda al capo di Gabinetto ed ai capi-Dipartimento del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca); sia alla Presidenza nazionale dell'ANP, che incoraggia la delegazione dell'Anp-Sardegna a proseguire sulla strada del contenzioso, predisponendo i ricorsi, con il supporto del proprio Ufficio Legale -:
quali provvedimenti si intendano adottare ai fini del rispetto del Protocollo d'intesa nazionale del 15 marzo 2010 tra Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Organizzazioni sindacali rappresentative dei dirigenti scolastici;
quali siano i prevedibili tempi di adozione dei suddetti provvedimenti;
su quali basi giuridiche e contrattuali si fondi, la modifica delle norme pattizie riguardanti le competenze accessorie dei Dirigenti scolastici operata unilateralmente dall'Ufficio scolastico regionale della Sardegna.
(5-03455)

Interrogazioni a risposta scritta:

TRAPPOLINO, VERINI, SERENI, BOCCI e GOZI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 64 della legge del 6 agosto 2008 n.133 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico e la stabilizzazione della finanza pubblica» stabilisce che «ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di piena valorizzazione del personale docente, a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 sono adottati interventi e misure volti a incrementare gradualmente di un punto il rapporto alunni/docenti da realizzare entro l'a.s. 2011/2012»;
conseguentemente al provvedimento legislativo, nell'ambito della regione Umbria si è prodotto un lavoro di riordino il cui primo risultato ha determinato la chiusura o l'accorpamento di classi, la chiusura effettiva o programmata di interi istituti, l'espulsione dal mondo della scuola di circa 800 insegnanti e personale ATA;
nei decreti del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 e n. 89, sulla riorganizzazione della rete scolastica e sull'assetto ordinamentale e organizzativo della scuola, la condizione di «Comune montano» dispone il legislatore all'esercizio di una particolare attenzione, tale da suggerire e consigliare nell'applicazione dei criteri che presiedono la determinazione del contingente di organico una opportuna flessibilità. Infatti, l'articolo 2 comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, riferisce che nella determinazione del contingente di organico «si tiene conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alla piccole isole, nonché alle aree che presentano elevati tassi di dispersione e di abbandono». In sostanza, si prevede la possibilità di formare classi con un numero ridotto di alunni che da 18 scende fino a 10 per la scuola primaria e secondaria di primo grado;
in Umbria su 92 comuni, 69 sono totalmente montani definiti tali dalla legge nazionale e certificati dall'UNCEM (Unione nazionale comunità comuni montani), collocando l'Umbria al primo posto fra le regioni a statuto ordinario per percentuale di comuni montani e al terzo per percentuale di comuni totalmente montani, superficie montana e popolazione montana (elaborazioni UNCEM su dati ISTAT 2008);
in relazione agli adempimenti preliminari all'avvio dell'anno scolastico 2010-

2011 - come segnalato dall'ordine del giorno approvato dall'ANCI Umbria del 23 luglio 2010 - sono state rivolte alla direzione generale dell'ufficio scolastico regionale dell'Umbria, autorità alla quale competono tutte le operazioni relative agli organici delle scuole della regione, diverse sollecitazioni sia da parte dei comuni che da parte dell'ANCI, per la salvaguardia della formazione di classi autonome nella scuola primaria e secondaria di primo grado;
nonostante tali sollecitazioni, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale ha ritenuto di procedere alla determinazione degli organici senza tener conto delle condizioni di disagio legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani, quindi non cogliendo appieno la possibilità indicata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 come indicato dal documento dell'ANCI Umbria «Per la difesa della scuola pubblica salvaguardiamo le scuole di montagna» posto all'indirizzo del Ministro della pubblica istruzione e dei parlamentari umbri, in conseguenza del forte taglio all'organico avvenuto dal Ministero, il metodo per la formazione delle classi utilizzato dall'ufficio scolastico regionale dell'Umbria è stato uniforme su tutta la regione, concedendo deroghe con classi di dimensioni ridotte solo laddove non erano possibili altre soluzioni perché, ad esempio, ciò avrebbe comportato pluriclassi fuori dai limiti consentiti, quindi, a fortiori, soprassedendo nuovamente alle indicazione del citato decreto del Presidente della Repubblica;
le scuole di montagna rappresentano, in una regione dalle peculiari caratteristiche orografiche, geo-morfologiche e socio-culturali quale l'Umbria, un presidio indispensabile al fine di garantire la permanenza della popolazione in loco. In seguito all'applicazione del decreto-legge n. 112 del 2008 e dei regolamenti attuativi, in tutta la regione si sono già registrate situazioni di sofferenza con soppressione di plessi, carenza di collaboratori scolastici e crescita delle pluriclassi;
la diminuzione della offerta scolastica e l'aumento delle pluriclassi, con il conseguente abbassamento della qualità dell'insegnamento, costituisce una ulteriore forte penalizzazione proprio delle aree più marginali della montagna umbra dove il numero di iscritti è diminuito significativamente negli anni a causa del progressivo isolamento e spopolamento;
le conseguenze più gravi derivanti dalla riduzione del numero delle classi e dall'aumento significativo delle pluriclassi si verificano nei piccoli plessi scolastici delle aree montane dell'Umbria, ancor di più in quelle colpite dal sisma del 1997 che presentano un decremento demografico in quegli anni riflesso per l'a.s. 2009/2010 e 2010/2011 nelle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado;
la Costituzione della repubblica italiana sancisce il principio di uguaglianza tra i cittadini, impegnandosi a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per garantire la piena godibilità dei diritti e il libero svolgere della personalità;
l'articolo 34 sancisce inoltre il diritto allo studio per tutti i cittadini e quindi come diritto fondamentale della persona e deve essere garantito indipendentemente dal territorio in cui si nasce e si vive;
i cittadini che risiedono nei comuni montani risultano svantaggiati dal punto di vista dei trasporti e dei servizi ed è per questo che sono tutelati maggiormente nell'articolo 44 della Costituzione: «la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane»;
34 comuni montani dell'Umbria, l'Assessore regionale all'istruzione e diritto allo studio, l'assessore alla pubblica istruzione della provincia di terni e l'assessore politiche dell'istruzione della provincia di Perugia, il coordinatore scuola dell'ANCI Umbria e il presidente dell'Uncem Umbria hanno sottoscritto un documento con cui si richiede all'ufficio scolastico regionale dell'Umbria di rivedere la formazione delle classi nei comuni montani e di chiedere congiuntamente una maggior dotazione

di organico al Ministero, vista la situazione reale e le particolarità del territorio regionale -:
come il Ministro intenda sollecitare gli uffici scolastici regionali ad una più attenta e puntuale ricognizione delle esigenze dei plessi scolastici situati nei comuni montani al fine di una corretta applicazione delle possibilità offerte agli stessi comuni in forza del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
se il Ministro intenda circoscrivere i limiti di discrezionalità dell'ufficio scolastico regionale relativamente all'interpretazione delle prerogative stabilite dal citato decreto del Presidente della Repubblica per i comuni montani;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare al fine di rendere concretamente applicabili i contenuti relativi ai comuni montani contenuti nel già citato decreto del Presidente della Repubblica - capo II, articolo 8, comma 1, capo III, articolo 10, comma 4 e capo III, articolo 11, comma 3 - circa la possibilità per gli stessi comuni di formare classi con numero inferiore di alunni a quello minimo stabilito di 18 per classe, arrivando fino a 10 alunni;
come il Ministro intenda intervenire, anche in termini di ampliamento di organico, affinché siano ripristinate quelle classi (19 classi in provincia di Perugia e 11 in provincia di Terni) la cui mancata istituzione è imputabile alla mancata applicazione dei criteri previsti per i comuni montani dal citato decreto del Presidente della Repubblica.
(4-08689)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.- Per sapere - premesso che:
l'istituto comprensivo di Castel Focognano, situato nella comunità montana del Casentino, in provincia di Arezzo, è composto da 11 plessi scolastici situati a molti chilometri di distanza fra loro, in un territorio prettamente montano;
dal prossimo anno scolastico in forza all'istituto sono previste solo 13 unità di personale Ata, a fronte del già risicato organico attuale di 17 unità e delle 24 unità degli scorsi anni;
tale riduzione di personale non permetterà all'istituto comprensivo di far fronte a tutti i servizi necessari per rendere operativi tutti i plessi scolastici;
tali plessi sono di essenziale importanza per un territorio già morfologicamente molto difficile e vasto; la chiusura dei plessi scolastici comporterebbe infatti un ulteriore spopolamento delle aree di montagna;
il problema è dovuto, da un lato, ai tagli sulla scuola, dall'altro, ben più rilevante, alle tabelle ministeriali che assegnano il numero di collaboratori scolastici in base al numero degli alunni e non ai plessi scolastici di competenza; in sostanza, non si tiene conto se una scuola sia concentrata tutta in un plesso o sia divisa in 13 plessi sparsi in un territorio, per di più a carattere montagnoso;
la conseguenza del metodo di assegnazione dei collaboratori scolastici è che una realtà come quella di Castel Focognano con 11 plessi scolastici in territorio montano abbia diritto ad una sola persona in più rispetto a realtà con 5 plessi, in territorio piano;
se nulla cambierà sarà inevitabile che molte di queste scuole in territorio montano dovranno chiudere, gli alunni trasportati in altre sedi, i comuni (e, di riflesso, i genitori) dovranno farsi carico di altre spese per i trasporti e per le mense;
secondo le dichiarazioni del sindaco di Castel Focognano, fino a dicembre il comune è disposto ad attingere alle casse per pagare il personale Ata, ma dal primo gennaio questo non sarà più possibile perché non disporrà dei fondi necessari;

la medesima situazione si prefigura anche a Stia, sempre nel territorio del Casentino -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere affinché le scuole di montagna siano salvaguardate;
se non intenda modificare i parametri di valutazione delle tabelle ministeriali perché calcolare il numero di collaboratori Ata in base al numero di alunni anziché a quello degli istituti scolastici significa sostanzialmente condannare alla chiusura tutte le scuole di montagna, con un conseguente spopolamento delle aree montane.
(4-08692)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in alcune scuole pubbliche della provincia di Siena si tengono dei corsi di educazione alimentare organizzati dalla catena di grande distribuzione COOP;
detti corsi sembrano però nascondere una forma di pubblicità e propaganda, neppure troppo occulta, per indirizzare e condizionare fin da piccoli i bambini, menti delicate e facilmente plasmabili, verso la COOP come luogo privilegiato dove andare a fare la spesa;
difatti, i corsi prevedono, tra l'altro, che i bambini vengano accompagnati nel locale negozio COOP a fare la spesa con le maestre e l'animatrice della COOP;
COOP è già abbondantemente il monopolista nel settore alimentare e grande distribuzione nella provincia di Siena, con una quota di mercato del 78 per cento, e detiene il 1o posto in Italia;
è inoltre notoriamente risaputo che la COOP sia un'azienda legata ad una precisa parte politica che di fatto influenza, peraltro, anche le decisioni di carattere amministrativo e lavorativo, conferma di una evidente, anche se involontaria ed inconsapevole, intesa o subalternità politica;
tale convinzione è rafforzata dal fatto che i suddetti corsi non vengano proposti ad altri soggetti concorrenti, quali Conad, Sma, Esselunga, pure operanti nel medesimo ambito territoriale, oppure alle ASL, e che numerosi dirigenti scolastici e docenti abbiano, allo stesso tempo, incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti locali per la medesima parte politica -:
se il Ministro sia a conoscenza di tali fatti e se non ritenga opportuno intervenire affinché sia garantita una maggiore trasparenza nella gestione dei corsi;
se non ritenga che una vera educazione alimentare davvero disinteressata dovrebbe essere assicurata dalle ASL o da altre istituzioni e non da soggetti privati.
(4-08707)

GRIMOLDI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 21 luglio 2010 si è svolto il turno di ballottaggio per il nuovo rettore dell'ateneo di Siena, che entrerà in carica il 1o novembre 2010; le elezioni sono state vinte dal professor Angelo Riccaboni sullo sfidante Silvano Focardi (rettore uscente);
Riccaboni ha vinto per pochissimi voti (16), grazie alle preferenze espresse nei suoi confronti dai docenti e dai rappresentanti degli studenti, creando di fatto una spaccatura all'interno della vita quotidiana dell'ateneo e, soprattutto, tra docenti/studenti, da una parte, e tecnico-amministrativi ricercatori, dall'altra, con questi ultimi che hanno votato in massa per il rettore uscente, Focardi;
già oggi il direttore amministrativo dell'ateneo, professor Antonio Barretta, si è dimesso dall'incarico ricoperto, con un durissimo comunicato che parla dell'espressione di «giudizi negativi sulla modalità

di gestione della crisi, senza tener minimamente conto della drammaticità della situazione nella quale si è operato affrontando, fra l'altro, gravissime irregolarità del passato, caos organizzativo e totale mancanza di liquidità. Invece, i risultati ottenuti, dietro i quali c'è stato anche tanto faticoso e meticoloso lavoro amministrativo, e che hanno permesso all'Ateneo senese di poter oggi eleggere un nuovo Rettore, sono passati in sordina»;
la situazione, come si evince, è in costante divenire, ma la spaccatura non è sanabile e, vista la gravissima situazione economica dell'ateneo senese (che ha circa 150 milioni di euro di debiti), urge un immediato ed improcrastinabile intervento ministeriale;
peraltro il disegno di legge Gelmini «in materia di organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio» all'articolo 5, comma 1, lettera b), prevede «meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario» degli atenei;
in supporto all'effettività del dissesto economico dell'ateneo senese ed in relazione alle situazione dei reati commessi per provocare il dissesto (sui quali sta indagando la Magistratura, alla quale il Focardi ha consegnato nel 2008 i libri contabili), vi è una relazione dell'ispettore del Ministero dell'economia e delle finanze -:
se i Ministri siano a conoscenza della grave situazione economica e gestionale dell'ateneo senese e se non ritengano opportuno provvedere - sulla base di quella che è la relazione dell'ispettore, in vacanza del direttore amministrativo, onde evitare, vista la profonda crisi dell'ateneo ed il subentro del nuovo rettore solo dal 1o di novembre 2010 - ad acquisire ulteriori elementi, onde evitare lo stallo della gestione amministrativa che si sta venendo a creare.
(4-08715)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GATTI, MARIANI, DAMIANO, MATTESINI, FONTANELLI, MADIA, GNECCHI, RAMPI, CODURELLI, MIGLIOLI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il protrarsi della crisi economica internazionale, in cui si distinguono negativamente gli indicatori della nostra economia, sta mettendo sempre più in difficoltà interi comparti economici con inevitabili ricadute sull'occupazione e sul reddito dei lavoratori;
tra i diversi istituti previsti dal nostro ordinamento, un utile strumento di attenuazione delle tensioni occupazionali, anche in questa particolare congiuntura negativa, si sono dimostrati i contratti di solidarietà, di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;
come noto, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale prevista per i lavoratori che accedono ai contratti di solidarietà è stato, in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, elevato all'ottanta per cento della retribuzione;
com'è altrettanto noto, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, ai datori di lavoro che stipulino i contratti di solidarietà è riconosciuto una riduzione significativa dell'ammontare della contribuzione previdenziale e assistenziale;
la combinazione delle richiamate disposizioni rappresenta il presupposto per il perfezionamento delle condizioni per il ricorso ai contratti di solidarietà. Pertanto, la circostanza dell'indisponibilità delle risorse destinate a finanziare la decontribuzione prevista dal citato decreto-legge n. 510 del 1996, evidenziata nel decreto

del Ministro, n. 53530, relativo alla richiesta di riconoscimento del trattamento d'integrazione salariale per i lavoratori della società Lenci Calzature s.p.a., rappresenta un pregiudizio di primario rilievo ai fini dell'attivazione dell'istituto dei contratti di solidarietà;
l'impresa in questione, così come - si presume - la gran parte delle imprese nelle medesime condizioni, lamenta l'impraticabilità della soluzione concordata con le organizzazioni sindacali, a fronte della mancata decontribuzione, che fa venir meno le condizioni economiche per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali;
le tensioni che si registrano nel mercato del lavoro italiano richiedono ogni sforzo per scongiurare altre situazioni di sofferenza -:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di individuare le soluzioni, anche attraverso il rifinanziamento del fondo per la decontribuzione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, volte a scongiurare che un importante strumento come i contratti di solidarietà possa essere compromesso dalla mancata corresponsione delle agevolazioni contributive.
(5-03453)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURER. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 6 del 2004 norma la figura dell'amministratore di sostegno, fissando il diritto per una «persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi», di essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio;
la norma prevede che il beneficiario conservi la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno e che questi nello svolgimento dei suoi compiti deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario;
la norma tutela il beneficiario prevedendo che gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge, od in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice, possono essere annullati;
risulta che molti Amministratori di sostegno lamentino enormi difficoltà burocratiche in ordine allo svolgimento del loro mandato, soprattutto nel rapporto con gli istituti di credito;
nello specifico molte banche, nell'aprire un conto corrente specifico per l'amministratore di sostegno di un soggetto beneficiario, rifiutano la concessione della carta bancomat, negano l'accesso al banking on line, e consentono prelievi solo direttamente allo sportello e previo sblocco del conto con una nota giustificativa scritta sull'uso del denaro;
tali procedure vengono giustificate con la necessità di una gestione rigorosa dei beni del beneficiario, onde evitare contestazioni dello stesso o dei suoi eredi, al fine, al tempo stesso, di proteggere il patrimonio da eventuali azioni di annullamento degli atti;
questa rigidità, di cui peraltro non si trova ragione nel dettato normativo che crea tutti i presupposti nella relazione di fiducia tra beneficiario e amministratore di sostegno, crea non pochi problema nella gestione quotidiana di una relazione che già presenta le sue ovvie criticità;
nello specifico, tali vincoli sembrano davvero eccessivi rispetto a relazioni beneficiario-amministratore di sostegno basate spesso su vincoli parentali e talvolta su assenza totale di patrimoni, laddove i movimenti economici sono relativi alla

sola fruizione di sussidi e indennità utilizzate esclusivamente per il benessere e il sostentamento del beneficiario -:
dal Ministro se sia a conoscenza dei casi di critica gestione delle procedure burocratiche tra gli amministratori di sostegno e gli istituti bancari e se non ritenga necessaria un'iniziativa normativa o esplicativa della corretta applicazione del dettato normativo della legge n. 6 del 2004, aprendo, almeno per le situazioni di grosso disagio economico e di assenza di grandi patrimoni, la possibilità di una gestione meno burocratica e più fluida della relazione fiduciaria tra beneficiario e amministratore di sostegno.
(4-08693)

GATTI, MIGLIOLI e MADIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2010, legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha previsto degli specifici incentivi in materia di assunzione, al fine di consentire ai lavoratori in condizioni svantaggiate maggiori possibilità di reinserimento nel mercato del lavoro;
l'articolo 2, commi 134 e 135, stabilisce delle riduzioni contributive, concesse a domanda e nel limite di 120 milioni di euro per il solo anno 2010, a favore dei datori di lavoro che assumano: i beneficiari dell'indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali che abbiano compiuto 50 anni di età; i lavoratori in mobilità o che beneficino dell'indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali, che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010;
il comma 151 del medesimo articolo si riferisce invece ai datori di lavoro che, senza esservi tenuti, assumano a tempo pieno e indeterminato lavoratori destinatari dei trattamenti di disoccupazione ordinaria con requisiti normali o di quella speciale edile, e che non abbiano effettuato nei 12 mesi precedenti riduzione di personale avente la stessa qualifica dei lavoratori da assumere. Essi possono beneficiare da parte dell'INPS di un incentivo - previsto per il solo 2010, concesso a domanda e nei limiti delle risorse stabilite, ammontanti a 12 milioni di euro, ed erogato attraverso il conguaglio con le somme dovute dai datori di lavoro a titolo di contributi previdenziali - pari all'indennità spettante al lavoratore nel limite di spesa del trattamento cui ha diritto e con esclusione di quanto dovuto a titolo di contribuzione figurativa per il numero di mensilità di trattamento di sostegno al reddito non erogate;
i benefici di cui sopra, come detto valevoli per il solo anno 2010, per divenire operativi necessitano dei relativi decreti attuativi, i quali, però, a tutt'oggi, non sono stati ancora emanati;
nell'attuale situazione di grande sofferenza economica e occupazionale sarebbe estremamente grave se i già poco sostanziosi incentivi, destinati alle imprese che assumono lavoratori svantaggiati, non dovessero essere utilizzati a causa della mancata emanazione, nei tempi dovuti, dei relativi decreti attuativi -:
a quale punto sia l'iter relativo all'emanazione dei decreti attuativi relativi agli sgravi contributivi previsti dai commi 134, 135 e 151 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
(4-08702)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1-ter, comma 4, lettera d), della legge 3 agosto 2009, n. 102, in tema di regolarizzazione di colf e badanti, recita: «l'attestazione, per la richiesta di assunzione di un lavoratore di cui alla lettera b) del comma 1, addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, del possesso di un reddito imponibile, risultante dalla dichiarazione dei redditi, non inferiore a 20.000 euro annui in caso

di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero di un reddito complessivo non inferiore a 25.0000 euro annui in caso di nucleo familiare composto da più soggetti conviventi percettori di reddito»;
tale norma da luogo a diversi problemi per il settore agricolo;
nel caso specifico del coltivatore diretto, infatti, il reddito delle attività agricole è dato dalla differenza dei corrispettivi al netto degli acquisti destinati alla produzione: tali redditi vengono tassati solo ai fini dell'IRAP e non confluiscono nel quadro N della dichiarazione dei redditi ai fini della tassazione IRPEF, poiché nel quadro N vanno indicati soltanto i redditi agrari e dominicali, per cui si verifica che il coltivatore diretto potrà ad esempio avere un reddito derivante dalla propria attività agricola di euro 30.000 che sarà tassato ai fini dell'imposta IRAP e dichiarerà ai fini IRPEF un reddito rilevato dai dati catastali agrario e dominicale molto inferiori, il che impedisce a numerosi addetti all'agricoltura di poter assumere badanti o colf straniere pur avendone la possibilità economica -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno promuovere un adeguamento della normativa vigente in materia di regolarizzazione di colf e badanti così da consentire anche alla categoria dei coltivatori diretti di poterne usufruire.
(4-08714)

TESTO AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE 2010

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, CECCUZZI, OLIVERIO, SERVODIO, MARCO CARRA, BRANDOLINI e FIORIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il «vino nobile di Montepulciano» rappresenta uno dei prodotti d'eccellenza del nostro paese; viene realizzato in Toscana, nel territorio del comune di Montepulciano, in provincia di Siena, da uva di tipologia sangiovese;
il vino nobile di Montepulciano ha ottenuto la denominazione Doc nel 1966 e la Docg nel 1980 e rappresenta uno dei prodotti di assoluta eccellenza dell'agroalimentare toscano;
la produzione media annua di tale vino, per la cui realizzazione sono impiegati oltre 1.000 addetti, è di circa 10 milioni di bottiglie per un fatturato di circa 60 milioni di euro. Viene esportato il 68 per cento della sua produzione: 28 per cento in Germania, 26 per cento in Svizzera, 18 per cento negli Stati Uniti e il 17 per cento nei Paesi europei;
nel Regolamento Unione europea n. 401 del 2010 della Commissione, del 7 maggio 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale legge n. 117 dell'11 maggio 2010 che modifica e rettifica il Regolamento CE n. 607/2009 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento CE n. 479/2008 per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l'etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli, è stata eliminata la dicitura «Vino Nobile» ed è rimasta soltanto «Montepulciano»;
da tale modifica risulterebbe quindi che il «nome della denominazione di origine protetta non essere più (come nei precedenti regolamenti Ue del 2002 e 2009) «Vino Nobile di Montepulciano» ma soltanto «Montepulciano»;
la variazione di denominazione, secondo il consorzio di tutela del vino nobile di Montepulciano (che ha presentato al riguardo un ricorso al Tribunale dell'Unione europea) potrebbe provocare gravissimi danni economici e di immagine al prodotto stesso, soprattutto in vista del riordino delle denominazioni che la Commissione europea sta predisponendo per il 2014;

il rischio ventilato è infatti quello che vengano accomunate sotto una unica denominazione il «Vino Nobile di Montepulciano» (dove il termine Montepulciano fa riferimento alla zona di produzione) e il «Montepulciano d'Abruzzo» (dove il termine Montepulciano non rappresenta una indicazione geografica ma il nome di una varietà di vite, la cui produzione è ampiamente diffusa in Italia);
il riconoscimento della denominazione «Montepulciano d'Abruzzo» (che ha ottenuto in Italia la Doc nel 1968) avrebbe già prodotto, secondo il consorzio di tutela, ricadute negative per il vino nobile di Montepulciano in quanto i consumatori, soprattutto di altre nazioni, potrebbero mettere spesso in diretta connessione il termine «Montepulciano» con la zona di produzione toscana, non avendo la completa consapevolezza delle significative differenze tra i due prodotti, destinati oggettivamente a soddisfare target di mercato diversi sotto il profilo delle qualità organolettiche e della produzione (il nobile ha un «disciplinare» rigoroso e un territorio di raccolta limitato), dei costi, dei canali di distribuzione e dell'immagine;
l'eterogeneità dei criteri di riconoscimento delle denominazioni, la preferenza accordata all'utilizzo dei nomi dei vitigni e la coesistenza di denominazioni simili per contrassegnare prodotti differenti promuove inevitabilmente una concorrenza squilibrata, controproducente per le aziende e per i consumatori, limitando al tempo stesso le azioni di promozione soprattutto a livello internazionale;
proprio in questa direzione è significativo rimarcare come lo stesso consorzio di tutela del vino nobile di Montepulciano abbia investito ingenti finanziamenti (secondo organi di stampa 3 milioni di euro negli ultimi dieci anni) per registrare il marchio «vino nobile» nei paesi extraeuropei come gli Stati Uniti ed il Giappone. Risorse che potrebbero essere vanificate con l'introduzione delle nuove indicazioni regolamentari europee;
con la finalità di garantire una più efficace tutela delle denominazioni europee rispetto alla concorrenza internazionale la Commissione europea aveva circoscritto nel 2009 (con il citato regolamento (CE) n. 607 del 2009 modificato dall'attuale regolamento (CE) n. 401/2010), attraverso il rinvio a due appositi allegati, il numero di nomi di varietà di uve da vino o loro sinonimi il cui utilizzo è consentito in etichetta nonostante tali nomi o sinonimi figurino in una indicazione d'origine protetta o una indicazione geografica protetta. Per completezza d'informazione va segnalato che comunque la scelta di inserire «vino nobile di Montepulciano» nella parte «B» dell'allegato XV (in cui il nome del vino è in relazione sia al luogo di produzione sia alla tipologia di uva utilizzata) e non nella sezione «A» (dedicata ai vini il cui nome indica la zona di provenienza ma non ha alcuna correlazione con la tipologia di uva utilizzata) non soddisfaceva pienamente i produttori ed il consorzio del vino nobile che in un incontro presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel gennaio 2010 avevano espresso perplessità riguardo a tale decisione;
risulta quindi evidente che le già citate modifiche inserite successivamente nel Regolamento Unione europea n. 401/2010, che hanno portato allo spostamento nella parte «A» dell'allegato sopracitato ma con la sola dicitura «Montepulciano», possano ulteriormente penalizzare, come sostenuto dal consorzio di produzione, il «vino nobile a favore di quello "d'Abruzzo"»;
tale evenienza che è stata comunque smentita, ripetutamente a mezzo stampa dallo stesso Ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan il 13 settembre scorso: «non c'è alcun rischio per il Vino Nobile di Montepulciano, né di anonimato, né di declassamento. Montepulciano è il nome geografico delle tre denominazioni d'origine (Vino Nobile di Montepulciano, Rosso di Montepulciano, Vin Santo di Montepulciano) riferite al territorio del comune di Montepulciano. Tali denominazioni - ha proseguito il Ministro - non sono assolutamente scomparse dalla protezione

comunitaria, tant'è che risultano tutte iscritte nel registro comunitario delle Dop e Igp dei vini, come si evince anche dalla banca dati online della Commissione europea "E-Bacchus". Il Regolamento Ue n. 401/2010 della Commissione, che modifica e rettifica il regolamento n. 607/2009, ha rafforzato la protezione delle tre denominazioni, in quanto l'uso del nome della varietà di vite Montepulciano è stato limitato, a livello di deroghe bloccate, unicamente all'Italia. Un passaggio normativo che ha permesso di non estendere la deroga all'Australia che ne aveva già fatto richiesta alla Commissione Europea»;
il Ministro ha preannunciato un incontro risolutivo sul tema con il Consorzio medesimo -:
se, in merito a quanto esposto in premessa, il Ministro confermi l'esclusione del rischio di declassamento del «vino nobile di Montepulciano» rispetto a quanto pubblicato con il Regolamento (CE) n. 401/2010;
se il Ministro ritenga di escludere che, con il riordino delle denominazioni che la Commissione europea sta predisponendo per il 2014, il «vino nobile di Montepulciano» possa subire ricadute negative per ciò che riguarda il nome, l'immagine, la promozione, la produzione a vantaggio di altre tipologie di vini che contengono nella propria denominazione il nome «Montepulciano»;
se il Ministro intenda incontrare il Consorzio, gli amministratori locali, la regione Toscana, e quali iniziative ritenga utile promuovere onde evitare i rischi sopra richiamati e tranquillizzare i produttori e le comunità locali.
(5-03442)

Interrogazione a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 24 febbraio 2010 l'ex ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia con atto di protocollo n. 001731 ha assegnato al Comando carabinieri politiche agricole e alimentari con sede in via Torino a Roma il mandato di effettuare accertamenti sullo splafonamento delle quote latte affidate all'Italia dall'Unione europea;
il 15 aprile 2010 il sopra citato Comando carabinieri ha trasmesso al Mipaaf la relazione conclusiva sulle quote latte (numero di protocollo 73/7). Secondo tale rapporto i dati sulla produzione di latte italiano utilizzati dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e dalle regioni per il calcolo delle sanzioni comminate dall'Unione europea risulterebbero superiori alla realtà. In particolare, la relazione dei carabinieri giunge alla conclusione secondo cui «raffrontando il numero di capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale dell'Associazione italiana allevatori, pur aumentata del 10 per cento in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media rispetto alla produzione totale italiana dichiarata talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995-96 fino al 2008-09»;
a giugno 2010, la Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali del Ministero ha trasmesso all'attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan il «Documento di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare», ovvero i risultati dell'indagine sullo sforamento delle quote latte ordinata dallo stesso ministro Galan. Secondo gli accertamenti svolti dal Dipartimento delle politiche europee del Mipaaf non sussisterebbe alcuna sovrastima della produzione di latte;
nel dettaglio, la relazione del Mipaaf giunge alle seguenti conclusioni: «Per quanto concerne l'ipotesi di sovradimensionamento della produzione dichiarata rispetto a quella reale allo stato si ritiene di poter concludere che gli elementi esaminati

non confortano tale ipotesi. L'assunto di considerare insussistente o quanto meno sospetta tutta la produzione dichiarata in esubero rispetto alla resa media dell'Aia aumentata del 10 per cento non appare fondato. Anche per tale aspetto, pertanto, nessun elemento oggettivo contenuto nella relazione può supportare l'ipotesi che negli anni scorsi si sia verificata, nel quadro di applicazione del regime delle quote latte, un errata quantificazione della produzione nazionale». Di conseguenza, secondo la relazione ministeriale, «Applicando la normativa comunitaria (Reg. CE N.3950/92) risulta che per tutte le campagne dal 1995-96 al 2003- 04 e per la campagna 2006-07, l'Italia ha pagato il prelievo sulla base del quantitativo consegnato, in quanto il quantitativo rettificato risulta essere inferiore al consegnato. Ciò, secondo la relazione dei carabinieri, avrebbe comportato "un aumento del prelievo dovuto". Quest'ultima affermazione non risulta fondata»;
il 30 ottobre 2009 l'ex ministro delle Politiche agricole Zaia ha inviato una lettera ufficiale al commissario europeo per l'agricoltura Mariann Fischer Boel, lamentando la crisi del settore lattiero e che «in aggiunta alle difficoltà generali talune aziende italiane devono fare fronte agli impegni connessi all'applicazione della decisione del Consiglio sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto della Repubblica italiana ai produttori di latte». Nella sopra citata missiva il ministro Zaia sosteneva che «sarebbe giusto concedere ai produttori la sospensione del pagamento della sesta rata», indicando due possibili alternative: «il relativo importo verrebbe ripartito in parti uguali sulle restanti annualità applicando gli interessi dovuti per il rinvio del pagamento. In via subordinata potrebbe essere previsto uno slittamento del versamento della sesta rata che potrebbe essere rinviato al secondo semestre 2010»;
il 20 novembre 2009 il commissario europeo all'agricoltura Fischer-Boel ha risposto ufficialmente alla richiesta del Ministro Zaia dichiarando, a nome dell'UE, di comprendere le difficoltà degli allevatori italiani, ma rammentando, tuttavia, come sia «incontestabile che il debito deve essere interamente rimborsato», prima di concludere la risposta al Ministro Zaia precisando «di non poter accedere alla Sua richiesta» -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e quale delle due relazioni conoscitive sulla produzione lattiera italiana risulti attendibile al fine di verificare la misura dello splafonamento delle quote latte assegnate dall'Unione europea all'Italia.
(4-08694)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

PUGLIESE e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in base al piano ospedaliero predisposto dalla regione Campania, dovrebbe essere chiuso, a breve, l'ospedale di Bisaccia (Avellino), di 64 posti-letto, che rappresenta un presidio ospedaliero essenziale per una vasta area montuosa mal collegata con il resto della regione essendo l'ospedale di Avellino, quello più vicino, raggiungibile solo con un percorso stradale di montagna di 70 chilometri;
sia sul piano nazionale, sia nell'ambito della regione Campania sono state operate delle deroghe alla direttiva generale di chiusura dei piccoli ospedali con riferimento alle isole minori, ma anche gli ospedali situati in zone di montagna, come quello di Bisaccia, avendo gli stessi problemi di isolamento e di cattivo collegamento con i centri abitati dotati di strutture ospedaliere, dovrebbero avere analogo trattamento -:
se non si ritenga assolutamente indispensabile, al fine di assicurare i livelli essenziali di assistenza anche nell'area servita dall'ospedale di Bisaccia, assumere

iniziative, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro del deficit sanitario della regione Campania, affinché anche per tale ospedale di frontiera localizzato in una isolata zona montuosa, si operi la stessa deroga concessa ai piccoli ospedali localizzati nelle isole minori.
(4-08713)

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come di recente divulgato dai media, sono emerse nelle prestazioni erogate dall'azienda ospedaliera universitaria policlinico «G. Martino» di Messina gravi problematiche inerenti l'attività clinico-assistenziale, richiedenti, ad avviso dell'interrogante, sanzioni esemplari da irrogare ai diretti responsabili, sia da un punto di vista amministrativo-disciplinare, che penale;
le predette irregolarità sono sintetizzabili nel fenomeno dell'«abusivismo», che si configura nell'attività assistenziale svolta da personale sanitario medico e non medico non iscritto agli albi nazionali e da medici privi di rapporto di lavoro con la stessa azienda ospedaliera;
a proposito dell'attività svolta da medici privi di rapporto di lavoro con il policlinico, un docente dell'università degli studi di Messina operante in questo stesso nosocomio, il professor Luigi Giuseppe Angiò, ha dichiarato, in un'intervista rilasciata per la trasmissione Vita in diretta di RAI 1 del 13 settembre 2010 - in studio il dottor Massimo Russo, Assessore alla Salute della regione Sicilia - che già da tempo aveva inoltrato esaustivi esposti-denunzia (peraltro più volte ripresi da organi di stampa) al Ministero dell'università e agli organi accademici e aziendali sulla circostanza di un chirurgo (dottor Fabio Crescenti) che, pur non avendo un rapporto di lavoro con il policlinico tale da consentirgli di svolgere legittima attività assistenziale, espletava attività chirurgica nel complesso operatorio della chirurgia d'urgenza;
gli esposti-denunzia inoltrati non hanno a tutt'oggi indotto i destinatari degli stessi ad assumere opportune determinazioni sanzionatorie nei confronti di chi promuoveva e di chi consentiva tale illecito;
lo stesso docente aveva avuto modo di fare notare nei citati esposti-denunzia come il duraturo illecito (la presenza nella sala operatoria della chirurgia d'urgenza del policlinico di Messina del chirurgo «abusivo», dipendente della casa di cura Villa Aurora di Reggio Calabria) fosse stato coperto con meccanismi fraudolenti, evidenziabili in «discrepanze» esistenti nella documentazione clinica di pazienti della predetta unità operativa complessa di chirurgia d'urgenza, in particolare tra i verbali operatori e le schede anestesiologiche relativamente alla composizione delle équipes operatorie -:
se il Ministro interrogato abbia già inviato un'ispezione presso la citata struttura ospedaliera;
quali siano gli esiti della citata ispezione e quali eventuali ulteriori iniziative di competenza il Ministro intenda assumere.
(4-08717)

TESTO AGGIORNATO AL 3 FEBBRAIO 2011

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIMEONI e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Telecom Italia ha annunciato un piano triennale 2010-2012 con oltre 6.822 esuberi, di cui 3.700 entro giugno 2011, preavvisando i sindacati il 9 luglio 2010, mentre era in corso lo sciopero nazionale della stampa;
contemporaneamente all'annuncio è arrivata la decisione dell'Autorità competente di accettare la richiesta di Telecom Italia di innalzare il canone per l'ultimo miglio della vecchia rete in rame, di proprietà della stessa;
la decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di aumentare il canone appare, a detta dell'interrogante, anacronistica, non solo perché a livello europeo, nel confronto con gli attuali costi a chilometro dei canoni pagati in media dai principali Paesi europei (Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna), quello italiano risulta di gran lunga superiore, ma anche in considerazione dell'esigenza dell'Italia

di non rimanere indietro nelle nuove tecnologie rispetto agli altri Paesi europei;
tale decisione di innalzare il canone, anche se in misura ridotta rispetto a quella richiesta da Telecom, ad avviso dell'interrogante, non fa altro che disincentivare la collaborazione della stessa al fine della modernizzazione delle reti di telecomunicazioni e rendere vano il tentativo degli altri operatori congiuntamente agli internet provider che negli ultimi dieci anni hanno investito ben 14 miliardi di euro in innovazione e sviluppo;
in particolare, nel nostro Paese la rete in rame, nonostante supporti un transito di dati piuttosto contenuto ad una velocità limitata e sia la più corta d'Europa, continua ad essere altamente profittevole per Telecom Italia;
correlando gli eventi, Telecom Italia, in particolar modo dopo l'aumento del canone per l'ultimo miglio, non pare voler appoggiare lo sviluppo di una nuova rete di accesso in fibra ottica (NGAN), ma continuare a sfruttare gli alti proventi che derivano dall'utilizzo della vecchia rete in rame in modo da continuare a registrare rilevanti utili nella generazione di cassa (un'analisi del 4 settembre 2010 predisposta da Analysis Mason evidenzia come Telecom Italia sia il terzo operatore al mondo per redditività (EBITDA) dopo China Telecom e Telefonica);
la strategia di Telecom Italia, secondo l'interrogante, non solo ha un forte impatto sociale, finendo per gravare ulteriormente le tasche dei consumatori, ma di fatto impoverisce il mercato delle telecomunicazioni, eliminando la concorrenza e dando vita ad una staticità alquanto deleteria -:
se il Governo, ferme restando le competenze della Autorità di regolazione, intenda agire attuando le giuste scelte di politica industriale a beneficio del Paese;
se siano stati valutati concretamente gli effetti sui consumatori, sulla concorrenza e sugli investimenti futuri in Italia di un eventuale aumento dei costi dei servizi in rame, peraltro retroattivi.
(5-03446)

Interrogazioni a risposta scritta:

STRACQUADANIO e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'autorità di regolazione del mercato telefonico del Belgio e quella della Spagna hanno di recente deciso di ridurre il canone di affitto dell'ultimo miglio. Quasi contestualmente l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in Italia, nonostante il canone che gli operatori versano per l'affitto della rete risulta essere tra i più alti d'Europa, su richiesta di Telecom Italia decideva di aumentarlo;
ad aprile 2010, durante un incontro ufficiale con gli analisti finanziari, Telecom Italia ha evidenziato l'alta redditività della rete in rame;
in più di un'occasione Telecom Italia ha appalesato ad avviso dell'interrogante la propria assoluta assenza di volontà di investire nella fibra ottica e, quindi, in sviluppo e innovazione; e ciò in aperto contrasto con gli altri operatori del settore che, insieme agli internet provider, negli ultimi 10 anni hanno investito circa 14 miliardi di euro;
è evidente altresì che l'ultimo aumento del canone di affitto della rete in rame di Telecom Italia rappresenta non solo un forte deterrente agli investimenti in Italia da parte di operatori, ma anche un'occasione per aumentare ulteriormente le tariffe praticate ai consumatori, con evidenti conseguenze sulle economie delle singole famiglie;
in un quadro economico generale in lenta ripresa si rende pertanto necessario

da un lato attrarre capitali, dando certezza delle condizioni e non modificando, peraltro, anche retroattivamente le regole del gioco, e dall'altro spingere affinché la vecchia rete sia sostituita da una nuova più veloce e competitiva -:
se il Governo intenda attuare una politica industriale adeguata, nel rispetto delle competenze della regolazione indipendente;
se siano stati valutati concretamente gli effetti sui consumatori, sulla concorrenza e sugli investimenti futuri in Italia, dell'aumento dei costi dei servizi ULL in rame.
(4-08695)

PALADINI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la pubblicazione della bozza del piano industriale 2010-2014 dell'azienda Fincantieri annuncia la chiusura dello stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso (Genova), di Castellammare di Stabia nonché il ridimensionamento di quello di Sestri Ponente con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro di cui 2000 solo tra gli stabilimenti di Sestri Ponente e Riva Trigoso;
la vicenda appare grave in quanto rappresenta l'ultimo atto di una fase sempre più difficile per il nostro Paese, complicata, ad avviso dell'interrogante, dalla mancanza di un Ministro dello sviluppo economico per un periodo divenuto ormai troppo lungo;
sussiste l'urgenza di «atti concreti da parte del Governo», a partire dallo sblocco delle commesse pubbliche già finanziate (per circa 300 milioni di euro ad oggi) oltre al necessario avvio di piani di intervento infrastrutturali;
nei presidi di Fincantieri si sta vivendo un momento di grave apprensione ed è scoppiata la protesta degli operai che hanno occupato gli stabilimenti, mentre, paradossalmente, a Riva Trigoso, come risulta all'interrogante, insistono rilevanti carichi di lavoro con ordini, per 4 miliardi fino al 2014;
occorrono iniziative forti per ottenere il ritiro del piano, il rilancio della cantieristica e lo stazionamento delle risorse necessarie -:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non intenda porre rimedio alla descritta situazione, al fine di evitare il disastro economico e il collasso del comparto della cantieristica, settore vitale della nostra economia;
se, stante il grave momento economico e la presenza di carichi di lavoro con ordini, non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa volta a favorire la continuità delle attività negli stabilimenti Fincantieri.
(4-08696)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-02455, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vignali.

L'interrogazione a risposta in Commissione Vignali n. 5-02758, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barani.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nastri n. 5-03277, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barani.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Piffari n. 5-03435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zazzera.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Mariani n. 5-03436, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Realacci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-08650 del 20 settembre 2010.