XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 14 settembre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 15 SETTEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00085, approvata dalla III Commissione della Camera dei deputati il 29 luglio 2010, con parere favorevole del Governo, ha già fornito al Governo indirizzi e orientamenti in merito alla partecipazione italiana all'evento plenario di alto livello sugli obiettivi di sviluppo del millennio (hlpm), che avrà luogo a New York dal 20 al 22 settembre 2010, nonché su alcuni generali profili della cooperazione italiana allo sviluppo;
le organizzazioni della società civile italiana, in particolare attraverso la Campagna del millennio e la Coalizione per la lotta alla povertà - Gcap, sono attente e sensibili alla preparazione e ai negoziati del vertice, in quanto si fanno legittimamente interpreti degli impegni generosi che nel nostro Paese, a tutti i livelli, si producono nella lotta alla povertà;
il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio e la prosecuzione di una sempre più efficace azione per lo sviluppo da parte della comunità internazionale, anche oltre il 2015, costituiscono un imperativo etico per la comunità internazionale e sono indispensabili, peraltro, anche per contrastare le minacce che la povertà estrema e le gravissime sperequazioni fra Paesi del nord e del sud del mondo, ma sempre più spesso anche all'interno di singoli Paesi, pongono alla stabilità internazionale e a quella interna degli stessi Paesi avanzati, alla sicurezza del commercio mondiale e degli approvvigionamenti, in ultima analisi alla stessa prosperità dei Paesi del nord del mondo;
i rapporti del Segretario generale dell'Onu e dell'United nations development programme (Undp) sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio indicano chiaramente come i successi e i progressi, dall'Assemblea del millennio del 2000, non siano mancati e indicano, altresì, come, negli anni a venire, occorra concentrare gli sforzi, in via prioritaria, in alcuni Paesi e aree geografiche che risultano più indietro rispetto agli obiettivi di sviluppo del millennio;
le posizioni dell'Unione europea per il vertice di New York sono state definite, per la prima volta, al massimo livello del Consiglio europeo, a Lussemburgo il 17 giugno 2010, con l'adozione di conclusioni, che, riprendendo quelle più analitiche adottate nei giorni immediatamente precedenti dal «Consiglio sviluppo», sottolineano, anzitutto, la necessità di focalizzarsi, da parte dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, sul raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo «off track», ovvero più indietro sulla strada degli obiettivi di sviluppo del millennio. Viene, altresì, evidenziata l'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo (policy coherence for development), delle fonti innovative per il finanziamento dello sviluppo, della «governance democratica» e di un approccio agli obiettivi di sviluppo del millennio basato sui diritti (rights-based approach), punto, quest'ultimo, inserito su specifica proposta italiana;
il concetto di sviluppo è ormai caratterizzato dall'imperativo dell'onnicomprensività delle sue molteplici dimensioni e dei suoi molteplici attori. Questo rende sempre più premiante il profilo dell'aiuto pubblico allo sviluppo come leva e catalizzatore, in un'ottica di collaborazione pubblico-privato e nel mutuo interesse. Sta sempre più declinando la funzione classica dell'aiuto pubblico allo sviluppo, di variabile indipendente e spesso «drogante», perché suscettibile di creare dipendenza e di alimentare corruzione e sprechi;
sebbene in questa nuova ottica, l'aiuto pubblico allo sviluppo è unanimemente considerato, dall'Unione europea e

sul piano internazionale, come una componente tuttora essenziale per accelerare, in modo prevedibile nel tempo, i processi di sviluppo, colmando le lacune più gravi che bloccano o frenano la crescita equa e sostenibile in molti Paesi e aree geografiche, attraverso il perpetuarsi di situazioni di gravissima discriminazione sociale e di emarginazione di fasce importanti della popolazione;
l'aiuto pubblico allo sviluppo è sempre più visto in funzione e nell'ambito di un mix di strumenti, attività e flussi finanziari che deve basarsi sulla responsabilità condivisa di tutti gli attori coinvolti, statali e non, pubblici e privati, del nord e del sud, perché i benefici degli obiettivi di sviluppo del millennio saranno globali;
in questo quadro l'Italia è attivamente impegnata nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, in quanto pratica aberrante, violazione patente dei diritti umani fondamentali di donne e bambine e fortemente contraria ai principi che ispirano gli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

a partecipare attivamente e ad alto livello politico al vertice sugli obiettivi di sviluppo del millennio, mantenendosi in stretta sintonia con le posizioni espresse dalla società civile italiana, nella consapevolezza dell'urgenza di accelerare la corsa agli obiettivi di sviluppo del millennio, raccogliendo l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, con uno sforzo collettivo e condiviso di tutta la comunità internazionale;
a mantenere orientata, in modo sempre più selettivo ed efficace, l'intera attività della cooperazione italiana verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;
a essere parte attiva, nel corso del vertice e dei relativi negoziati sul suo documento finale, dell'impegno unitario dell'Unione europea, reso più coeso e rafforzato dal Trattato di Lisbona, a favore di una spinta decisiva verso un'agenda internazionale rinnovata, in cui la pace, la sicurezza e i diritti umani siano saldamente connessi con lo sviluppo equo, sostenibile e sempre più autosufficiente, perché mosso dalle capacità endogene dei nostri partner del sud del mondo;
a concorrere, in questo contesto, ad affermare definitivamente e poi a realizzare politiche di sviluppo che, sia sul piano bilaterale sia su quello multilaterale, siano basate sulla responsabilità reciproca di tutti gli attori;
a impegnarsi, in occasione del vertice e nei diversi contesti internazionali rilevanti per lo sviluppo (Unione europea, G8, G20, Ocse e Onu) per una rinnovata governance economica e finanziaria, più trasparente e inclusiva, meglio regolata e più capace di concorrere a quel contesto internazionale favorevole allo sviluppo, la cui urgenza è indifferibile per poter meglio fronteggiare crisi di differente natura, che pongono minacce inaccettabili al consolidamento ed all'estensione dei progressi ottenuti finora verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;
a promuovere e sostenere, nel quadro della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con particolare riferimento alla promozione della parità dei sessi e dell'autonomia delle donne e al miglioramento della salute materna, tutte le iniziative atte a far sì che la prossima assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle mutilazioni genitali femminili;
a programmare, compatibilmente con le esigenze di risanamento della finanza pubblica, le modalità e i tempi per onorare tutti gli impegni internazionali specificamente assunti dall'Italia in materia di sviluppo, in particolare relativamente alla Convenzione di Londra sulla sicurezza alimentare, al fondo globale per la lotta all'aids, alla tubercolosi e alla malaria, all'Aquila food security initiative e nei confronti di banche e fondi di sviluppo,

nel contesto di un graduale piano di riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano;
a proseguire nell'opera di razionalizzazione delle iniziative di cooperazione, mantenendo nel Ministero degli affari esteri il naturale fulcro di decisione politica e coordinamento, e a promuovere misure che favoriscano il rafforzamento e l'aggiornamento delle risorse umane disponibili per la cooperazione italiana, in linea con quanto raccomandato dall'Ocse all'Italia nel 2009, a seguito della peer review.
(1-00430)
«Antonione, Pianetta, Baldelli, Iannaccone, Sardelli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Zacchera».

La Camera,
premesso che:
sono passati dieci anni da quando i leader mondiali - e tra loro tutti i Capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea - adottarono la Dichiarazione del millennio, in cui si afferma che: «non risparmieremo i nostri sforzi per liberare i nostri simili, uomini, donne e bambini, dall'abbietta e disumanizzante condizione della povertà estrema, alla quale sono attualmente soggetti oltre un miliardo di esseri umani. Noi ci impegniamo a rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni uomo e ogni donna e a liberare l'intero genere umano dalla necessità. In qualità di leader, pertanto, abbiamo un dovere verso tutti i popoli del pianeta, specialmente quelli più vulnerabili e, in particolare, verso le bambine e i bambini del mondo intero, ai quali appartiene il futuro»;
in particolare, gli obiettivi di sviluppo del millennio prevedono di: dimezzare la povertà estrema e la fame; raggiungere l'istruzione primaria universale; promuovere l'uguaglianza di genere; diminuire la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'hiv/aids, la malaria e le altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo;
tuttavia, i progressi verso gli obiettivi di sviluppo del millennio hanno fatto segnare un preoccupante rallentamento, dovuto alla combinazione di diversi fattori, che nel corso degli anni hanno di fatto assorbito le risorse e le attenzioni altrimenti destinate alla lotta alla povertà e al sottosviluppo, mettendone a rischio l'effettivo raggiungimento da qui a cinque anni;
la fame e la malnutrizione uccidono circa 6 milioni di bambini ogni anno: molti di questi bambini muoiono a causa di malattie curabili come diarrea, polmonite, malaria e morbillo, ma riuscirebbero a sopravvivere se l'organismo ed il sistema immunitario non fossero indeboliti da fame e malnutrizione;
secondo il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, «i progressi per dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame nei Paesi in via di sviluppo entro il 2015 sono ancora molto lenti e la comunità internazionale è lontana dal raggiungere gli obiettivi e gli impegni stabiliti dal mdg e dal vertice mondiale»;
circa il 75 per cento delle persone povere e che soffrono la fame vivono nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo. Una migliore alimentazione è alla base di migliori condizioni di salute, fa aumentare la frequenza scolastica, riduce la mortalità infantile e materna, dà la possibilità alle donne di avere maggiori strumenti di crescita, abbassa l'incidenza ed i tassi di mortalità da hiv/aids, malaria e tubercolosi;
rispetto all'impegno di ridurre la mortalità infantile sotto i cinque anni e la mortalità materna, di garantire l'accesso universale alla salute riproduttiva, nonché di arrestare la diffusione di hiv/aids, malaria e altre malattie, il rapporto «Azione per la salute globale - 2010 conto alla

rovescia per gli obiettivi di sviluppo del millennio per la salute» conferma, infatti, che la situazione non è molto migliorata: ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza e al parto; ogni giorno circa 29.000 bambini muoiono prima di aver compiuto i cinque anni, nella stragrande maggioranza dei casi per cause che potrebbero essere facilmente prevenute; ogni anno la tubercolosi, l'hiv/aids e la malaria uccidono oltre cinque milioni di persone, con un costo di milioni di dollari per le economie di Paesi già poverissimi;
i drammatici dati pubblicati nel rapporto rappresentano una violazione del diritto universale alla salute, che tutti gli Stati sono vincolati a rispettare;
a causa dell'ineguaglianza tra i sessi, le donne non sono in grado di migliorare le condizioni di vita delle proprie famiglie. Gli studi confermano che donne alfabetizzate hanno famiglie in migliori condizioni di salute. I loro bambini hanno una migliore nutrizione, sono meno soggetti a morire durante l'infanzia ed hanno maggiori probabilità di andare a scuola;
il summit ONU del 20-22 settembre 2010 sarà un'occasione fondamentale per fare il punto della situazione ed assicurarsi che, nonostante la crisi finanziaria ed economica attuale, gli obiettivi di sviluppo del millennio possano essere raggiunti;
tuttavia, secondo la Campagna del millennio delle Nazioni Unite, le misure concordate dal recente Consiglio europeo non sono ancora sufficienti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio entro la scadenza prefissata del 2015;
il Consiglio europeo, infatti, non ha proposto un piano di azione ambizioso ed efficace e non sostiene misure per garantire l'aumento della quantità dell'aiuto pubblico allo sviluppo fino allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
a solo cinque anni al 2015, data concordata per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio, il ritardo accumulato è preoccupante e risulta difficile il raggiungimento dell'obiettivo intermedio dello 0,56 per cento prodotto interno lordo/aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2010;
rispetto a tale situazione il nostro Paese ha accumulato un ritardo nel rispetto degli impegni, risultando essere il fanalino di coda tra i Paesi europei: l'Italia si è impegnata a dare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo in aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015, ma dal rapporto Ocse del 2008 risulta ferma allo 0,19 per cento;
dunque, sebbene il nostro Paese abbia assunto e ribadito più volte in contesti internazionali tale impegno, le probabilità di raggiungerlo entro la scadenza prefissata appaiono molto scarse, stante l'attuale situazione,

impegna il Governo:

in vista del summit Onu del 20-22 settembre 2010:
a) a dare seguito all'impegno di giustizia e di equità preso in occasione della sottoscrizione della Dichiarazione del millennio attraverso un aumento delle risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo;
b) a sollecitare politiche più ambiziose da parte dei Paesi donatori dell'Unione europea che puntino a:
1) fissare criteri vincolanti per aggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo per l'aiuto pubblico allo sviluppo;
2) stabilire nuove scadenze per andare oltre gli obiettivi del 2015 ed eliminare completamente la fame e la povertà;
3) allocare il 20 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo alla salute di base e all'educazione;

4) attribuire la giusta importanza alle questioni di genere e di salute riproduttiva nel rivedere i programmi-Paese;
5) documentare la coerenza tra le politiche di sviluppo e quelle migratorie, commerciali, finanziarie, ambientali e di sicurezza;
6) rendere pubblici gli accordi finanziari che regolano le azioni di supporto al bilancio dei Paesi in via di sviluppo e valutare i programmi medesimi, prima di rifinanziarli, assicurando che il sostegno al bilancio serva veramente a promuovere politiche sociali di qualità;
7) assicurare che le azioni rivolte ai Paesi in via di sviluppo servano a promuovere politiche di protezione sociale e che le politiche del Fondo monetario internazionale non indeboliscano la Fast track initiative for education e il criterio di avere almeno un insegnante ogni 40 alunni;
c) a sviluppare, con gli Stati membri dell'Oecd, le istituzioni finanziarie internazionali e i Paesi partner, modalità per colmare il gap finanziario che impedisce il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio;
d) a vigilare affinché sia assicurata una maggiore trasparenza degli aiuti e a sollecitare l'adozione di meccanismi di finanziamento innovativi e di fondi per combattere i cambiamenti climatici, addizionali alle risorse già stanziate per gli impegni verso l'aiuto pubblico allo sviluppo già esistenti;
e) a prestare attenzione affinché, nel quadro dell'obiettivo di «sradicare la povertà estrema e la fame», sia data una particolare priorità ai progetti e agli interventi riguardanti le zone rurali e all'agricoltura, in quanto rappresentano le chiavi di volta per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, come sottolineato dal direttore generale della Fao;
f) a considerare, altresì, come preminenti i progetti volti a dare alle donne un migliore accesso alla terra ed al credito, promuovendo la parità tra i sessi al fine di contribuire alla riduzione della fame e della denutrizione più di ogni altro obiettivo di sviluppo del millennio.
(1-00431)
«Pezzotta, Casini, Cesa, Buttiglione, Adornato, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Capitanio Santolini».

La Camera,
premesso che:
il superamento del divario tra il nord ed il sud del mondo rappresenta la grande sfida del ventunesimo secolo e la comunità internazionale è chiamata da tempo a raccogliere questa sfida;
eliminare la povertà estrema continua ad essere una delle maggiori preoccupazioni del nostro tempo. Porre fine a questa tragedia richiede lo sforzo congiunto di tutti: Governi e organizzazioni della società civile e del settore privato, in uno spirito di collaborazione per lo sviluppo più intensa ed efficace;
la crisi dei Paesi poveri fortemente indebitati è una crisi quasi tutta africana, che trascina Paesi intrappolati in una spirale di povertà che si autoalimenta, spesso coinvolti in conflitti sanguinosi, costretti ad affrontare enormi emergenze sanitarie, con una struttura economica fragile e spesso interamente dipendente dall'esportazione di poche materie prime dai prezzi calanti; una crisi che si fa fatica ad affrontare proprio perché non mette in allarme né i mercati finanziari, ad essa estranei, né i creditori, Paesi e istituzioni, rispetto ai quali il debito dei Paesi poveri è ben poca cosa;
contrastare le cause profonde dei conflitti, sostenere le azioni di mantenimento della pace, incoraggiare buon governo e politiche sociali atte a realizzare educazione, salute e pari opportunità per tutti, rompere il circolo vizioso della povertà estrema, che condanna ancora oggi centinaia di milioni di persone nel sub-continente a lottare per la sopravvivenza,

sono gli obiettivi che si è imposta di perseguire la comunità internazionale nel settembre del 2000, in occasione del millennium road convocato dalle Nazioni Unite;
in suddetta occasione i leader mondiali si sono impegnati a liberare ogni essere umano dalla «condizione abbietta e disumana della povertà estrema» ed a «rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni individuo», sottoscrivendo un programma di priorità dell'agenda internazionale, noto come millennium development goals e dal quale sono scaturiti otto obiettivi di sviluppo da realizzarsi entro il 2015;
i millennium development goals circoscrivono impegni precisi per la lotta alla povertà e vanno dagli interventi per il rafforzamento della cooperazione fra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali, alle politiche in favore di un sistema finanziario e commerciale multilaterale ed equo, dalla politica di esenzioni doganali al miglioramento dei programmi di condono del debito per i Paesi poveri;
i traguardi da raggiungere sono:
a) dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e dimezzare la percentuale di persone che patiscono la fame;
b) assicurare entro il 2015 che in ogni luogo i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze siano in grado di completare un ciclo completo di istruzione primaria;
c) eliminare la disuguaglianza di genere nell'istruzione primaria e secondaria preferibilmente entro il 2005 e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015;
d) ridurre di due terzi, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità infantile al di sotto dei cinque anni d'età;
e) ridurre di tre quarti, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna;
f) arrestare, entro il 2015, e invertire la tendenza alla diffusione dell'hiv/aids;
g) integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi di sviluppo delle nazioni e arrestare la distruzione delle risorse ambientali;
h) espletare entro il 2015 una serie di interventi di sviluppo, principalmente in quattro aree: cooperazione allo sviluppo, debito estero, commercio internazionale, trasferimento delle tecnologie;
l'United nations development programme (Undp) stima che, qualora fossero raggiunti gli obiettivi di sviluppo del millennio, 500 milioni di persone si lascerebbero alle spalle l'estrema povertà, più di 300 milioni non soffrirebbero più per mancanza di cibo, 30 milioni di vite di bambini sotto i cinque anni sarebbero salvate, insieme a quelle di 2 milioni di madri, mentre 350 milioni di persone in meno sarebbero senza acqua potabile e 650 milioni di individui in più avrebbero accesso alla sanità di base;
nonostante i progressi realizzati ad oggi, ad oltre due terzi del cammino verso la fatidica data del 2015, gli obiettivi di sviluppo del millennio rappresentano ancora un traguardo lontano, raggiungibile solo grazie ad un'azione immediata e sostenuta di qui ai prossimi 5 anni;
in numerose sedi nazionali ed internazionali è stato più volte ribadito l'impegno di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo. La media attuale tra tutti i Paesi donatori è purtroppo solo dello 0,23 per cento, che equivale a 56 miliardi di dollari all'anno;
stime della Banca mondiale e dell'Onu affermano che basterebbero 50 miliardi di dollari all'anno in più per realizzare gli obiettivi di sviluppo del millennio;
gli obiettivi di sviluppo del millennio dovrebbero ispirare l'azione di tutti gli enti, nazionali e internazionali, pubblici e

privati, chiamati a gestire programmi in un quadro di rafforzamento della governance (liberalizzazione, partecipazione pubblica e democratizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione, che dovrebbero portare allo sviluppo economico) e della capacità istituzionale;
gli obiettivi di sviluppo del millennio sanciscono la raggiunta consapevolezza, a livello internazionale, della necessità di adottare un approccio «olistico» alle politiche di sviluppo, traendo insegnamento dagli errori del passato, quando troppo spesso la mancanza di coordinamento tra enti erogatori e istituzioni riceventi ha generato episodi di corruzione, anche su larga scala, o di realizzazione di vere e proprie «cattedrali nel deserto», quali, ad esempio, edifici scolastici rimasti vuoti in assenza di vie di comunicazione adeguate che permettessero l'accesso degli alunni dai villaggi vicini. In effetti, gli obiettivi di sviluppo del millennio sembrano adottare un approccio allo sviluppo che non abbia più come obiettivo solo l'innalzamento del reddito della popolazione, ma anche il miglioramento delle condizioni di vita e di salute, soprattutto a partire dall'infanzia, generando speranza in un futuro migliore;
il rapporto 2008 sullo sviluppo umano evidenzia come, a un progresso rapido di alcuni Paesi verso questi obiettivi, abbia corrisposto un regresso notevole per altri. La situazione che emerge chiaramente dai dati è, quindi, quella di due gruppi di Paesi estremamente diversi tra di loro: quelli che hanno beneficiato dello sviluppo e quelli che sono stati lasciati indietro;
ad oggi sono falliti tutti gli impegni da parte dei Paesi donatori ad aumentare il livello dell'aiuto pubblico allo sviluppo, finalizzato al raggiungimento dei millenium development goals;
dal 20 al 22 settembre 2010 si terrà a New York la riunione di alto livello (hlpm) sugli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

ad individuare, nell'ambito della programmazione politico-finanziaria, soggetti, strumenti e metodi adeguati a contribuire alla realistica e sostenibile attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio entro la scadenza prestabilita;
a rispettare gli impegni assunti dal nostro Paese in sede di millenium road, adottando iniziative normative volte ad aumentare progressivamente gli stanziamenti dell'Italia per l'aiuto pubblico allo sviluppo in favore dei Paesi più poveri, al fine di destinarvi entro il 2015 lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;
ad attivarsi per dare alla cooperazione italiana adeguati mezzi e risorse per il raggiungimento degli obiettivi che il nostro Paese si è dato a livello internazionale ed a privilegiare il ruolo della società civile locale, indirizzando gli sforzi - tenendo in ogni caso in considerazione le situazioni di maggiore emergenza - verso realtà e progetti a maggior potenziale di successo;
ad individuare, in vista del prossimo appuntamento internazionale del 20 settembre 2010, le misure più efficaci per conseguire gli obiettivi previsti dal millenium round, anche concordando su queste tematiche una posizione comune a quella di altri Paesi dell'Unione europea.
(1-00432)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

La Camera,
permesso che:
a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del millennio, il Segretario generale Ban Ki-moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 per indurre i Governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà, anche alla luce del

fatto che la grave crisi economica globale degli ultimi anni ha reso ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi prefissati;
il 29 luglio 2010 la III Commissione della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità, anche a seguito delle importanti audizioni svoltesi in seno al comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio istituito presso la stessa Commissione, una risoluzione sulla partecipazione dell'Italia al millennium summit di settembre 2010, nella quale si mettevano in evidenza, tra le questioni prioritarie, quelle relative all'efficacia degli aiuti, alla credibilità dei Paesi donatori e ad una sempre più coerente ownership da parte dei Paesi beneficiari;
nel rapporto del Segretario dell'Onu all'Assemblea generale del febbraio 2010, e nel successivo rapporto sugli obiettivi di sviluppo del millennio del giugno 2010, Ban Ki-moon ribadisce che «le mancanze nell'attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio non dipendono dal fatto che sono irrealizzabili o dalla carenza di tempo ma dagli impegni non attuati, dall'inadeguatezza delle risorse e dalla mancata concentrazione su di essi», avvertendo che un eventuale fallimento nel raggiungere gli obiettivi che la comunità internazionale si è prefissata costituirebbe un «inaccettabile fallimento» e porterebbe a «un moltiplicarsi delle minacce nel mondo: instabilità, violenza, malattie epidemiche, degrado ambientale e crescita delle popolazioni in fuga»;
il quadro delineato nell'ultimo rapporto sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio denota luci e ombre: a segnali incoraggianti sul versante della lotta alla povertà estrema e alla fame (soprattutto grazie allo sviluppo dell'economia cinese e del Sud Est asiatico), nonché nel campo sanitario e nell'accesso all'istruzione, corrispondono segnali preoccupanti, soprattutto nei Paesi molto poveri, nelle regioni prive di sbocco al mare, in quelle soggette a rischi naturali e in quelle colpite da conflitti interni;
per questi motivi Ban Ki-moon invita a trasformare il summit di settembre 2010 nell'occasione per rinnovare il patto tra tutti gli stakeholders, gli attori impegnati nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, affinché si concordi, nel rispetto degli impegni da ciascuno assunti, per un' accelerazione che consenta di rispettare la data del 2015 fissata per il conseguimento degli otto obiettivi;
la stessa Commissione europea, proprio in vista del vertice delle Nazioni Unite di settembre 2010, ha adottato un «piano di azione comune in dodici punti» per accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con la finalità non solo di aumentare il livello degli aiuti, ma anche di migliorarne l'efficacia e la destinazione a beneficio dei Paesi e dei settori più bisognosi;
l'Italia segna ormai un gravissimo ritardo rispetto a numerosi impegni internazionali assunti - basti pensare all'annosa questione del versamento annuale della quota italiana al fondo globale per la lotta all'aids - al punto da incidere negativamente anche sul complessivo risultato dei Paesi europei nel loro complesso, con il nostro Paese responsabile del 40 per cento dell'ammanco europeo;
in vista dell'imminente vertice a New York è assolutamente necessario che l'Italia assuma un ruolo significativo, rilanciando non solo la nostra credibilità e affidabilità rispetto agli impegni assunti, ma, coerentemente alla tradizione del nostro Paese, sostenendo soluzioni innovative per il rispetto delle scadenze prefissate,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, in occasione dell'imminente vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi di sviluppo del millennio, la proposta del Segretario generale Ban Ki-moon di un «nuovo patto tra tutti gli stakeholders» del processo di conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio,

al fine di rafforzare l'impegno di ciascuno e accelerarne il conseguimento;
a sviluppare, a livello nazionale, europeo e internazionale, una riflessione non solo sul livello quantitativo degli aiuti, ma sull'aspetto qualitativo, proponendo forme di razionalizzazione e coordinamento tra le azioni dei diversi donatori e aumentando il monitoraggio degli interventi, l'analisi dei risultati e dell'impatto effettivo sullo sviluppo, al fine di innalzare l'ancora insufficiente grado di efficacia e di trasparenza dell'aiuto pubblico internazionale;
a sostenere le azioni che vanno nel senso di promuovere il superamento delle barriere protezionistiche e delle limitazioni all'effettivo accesso ai mercati dei prodotti dei Paesi meno sviluppati, il potenziamento dell'integrazione e degli scambi regionali per concorrere a rafforzare la strategia internazionale dell'«aiuto al commercio» (aid for trade);
a concentrare e rafforzare gli sforzi su alcuni specifici settori e obiettivi, nonché su alcuni Paesi, come suggerito dai rapporti del Segretario generale Ban Ki-moon e dal piano della Commissione europea in 12 punti, mantenendo da un lato la leadership e l'attenzione nel campo della sicurezza alimentare e dando seguito all'«Iniziativa de L'Aquila sulla sicurezza alimentare (AFSI)» e al «Partenariato globale sull'agricoltura e la sicurezza alimentare» e aumentando nel contempo il livello di aiuti nel campo della riduzione della mortalità infantile (obiettivo 4) e del miglioramento della salute materna (obiettivo 5), cui l'Italia ha destinato tra il 2001 e il 2007 solo l'1 per cento dei fondi e che appaiono, nelle analisi delle Nazioni Unite, tra gli obiettivi più difficili da conseguire ad oggi;
coerentemente con il piano in 12 punti proposto dalla Commissione europea, ad elaborare, anche in seno ai prossimi documenti di finanza pubblica, un piano di azione annuale, realistico e verificabile, inteso al raggiungimento, progressivo e graduale, di una percentuale di prodotto interno lordo destinata all'aiuto pubblico allo sviluppo secondo gli obiettivi europei stabiliti;
ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo nella giusta considerazione la riflessione svolta in occasione dell'esame di proposte per la tassazione delle transazioni finanziarie internazionali, superando l'obiezione espressa in Canada dal Governo italiano, che ha, di fatto, compromesso la possibilità di raggiungere un accordo.
(1-00433)
«Tempestini, Maran, Barbi, Quartiani, Amici, Sarubbi, Narducci, Pistelli, Mogherini Rebesani, Touadi, Bossa».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'azione criminale nei confronti del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore di Landro, costituisce soltanto l'ennesimo episodio di una lunga serie di seri atti intimidatori che hanno alimentato un forte clima di tensione non solo a Reggio Calabria, ma nell'intera regione;
secondo quanto ampiamente diffuso dagli organi di stampa, il 3 gennaio 2010 due motociclisti avevano fatto esplodere un ordigno alla procura generale;
giorni dopo, un'auto carica di armi era stata ritrovata nel tragitto percorso dal Capo dello Stato giunto in città per testimoniare la sua solidarietà a Di Landro e ai suoi colleghi, Giuseppe Pignatone e

Antonio De Bernardo, destinatari anch'essi di minacce, insieme al sostituto procuratore Lombardo e al procuratore della Repubblica dì Palmi, Creazzo;
la sfida alle istituzioni, attraverso minacce alle toghe, è proseguita a giugno con il sabotaggio dell'auto del procuratore generale nel parcheggio degli uffici giudiziari;
questi fatti dimostrano la fragilità di un sistema che non riesce a tutelare in modo efficace, magistrati che, attraverso un impegno quotidiano ed un coraggioso lavoro, operano in queste difficili realtà, combattendo per l'affermazione dei princìpi di legalità e di giustizia;
infatti, nonostante la gravità della situazione, nel tribunale penale, sempre in prima linea contro le cosche, manca un terzo dell'organico (16 in meno tra giudici e pubblici ministeri) e del personale di cancelleria;
ancora peggio nelle sezioni di appello: sulle spalle di 5 magistrati pesano 33 processi per mafia e narcotraffico con 320 imputati, dei quali 111 detenuti, più 3.000 processi ordinari;
parimenti gravi, perché indicatori di un clima ormai intollerabile, risultano le minacce rivolte al presidente e al vice presidente della giunta regionale, al presidente del consiglio regionale, al sindaco di Catanzaro, a giornalisti, a sacerdoti come il parroco di Cittanova, nonché a diversi amministratori locali che, pur svolgendo un ruolo fondamentale in uno Stato di diritto, vengono così umiliati nell'espletamento della loro funzione di rappresentanza degli interessi della collettività;
eclatanti le efferate esecuzioni di Soverato, Gagliato e Palermiti che testimoniano una radicata presenza della criminalità organizzata in Calabria -:
quali urgenti e soprattutto efficaci misure (rispetto a quelle annunciate più volte sia a Reggio Calabria, sia in sede parlamentare) intendano adottare, al fine di assicurare operatività e tutela agli uffici giudiziari, nonché sottrarre l'intero territorio regionale da un attivismo criminale sempre più preoccupante e minaccioso, dal momento che le indagini non hanno prodotto risultati apprezzabili.
(2-00818) «Tassone, Occhiuto, Casini»

Interrogazione a risposta orale:

PAPA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le sette associazioni venatorie riconosciute a seguito della legge 11 febbraio del 1992, n. 157, percepiscono già un finanziamento dello Stato di 5,16 euro per ogni cacciatore, prelevando tale somma dal versamento per il porto di fucile uso caccia con un'uscita complessiva da parte dell'erario di quasi 4 milioni di euro;
il CONI continua ad erogare contributi, come risulta dall'articolo del quotidiano Corriere della Sera del 17 dicembre 2009, alla FIDASC, un'associazione sportiva di proprietari di cani da caccia entrata a far parte del CONI stesso dopo che ne era stata espulsa la Federazione italiana della caccia (FIDC);
risulta che la FIDASC niente avrebbe a che fare con lo sport né con le pratiche olimpiche, ma la sua presenza costituisce, ad avviso dell'interrogante, - e non potrebbe essere altrimenti - un'anomalia ed è connessa a un contributo poco trasparente alle organizzazioni venatorie e quindi in netto contrasto con le finalità del CONI stesso ed il notevole prestigio da questi ottenuto in competizioni che non hanno spargimento di sangue né violenze su animali e neppure tante vittime quante ve ne sono - purtroppo - ad ogni stagione di caccia;
la FIDASC è presieduta da Felice Buglione, dirigente della Federazione italiana della caccia e suo presidente in Campania;
i vicepresidenti FIDASC sono tra l'altro: Domenico Coradeschi, presidente della

FIDC di Arezzo e conduttore dell'azienda faunistico venatoria a Collacchioni, in territorio di San Sepolcro, dove si svolgono gare di caccia con sparo su fagiani e pernici, caccia al daino ed al capriolo, battute al cinghiale con la partecipazione di squadre di cacciatori; Paolo Sparvoli, presidente nazionale della libera caccia, associazione venatoria riconosciuta ed anch'essa beneficiaria del contributo statale di 5,16 euro per iscritto; Giuseppe Negri, rappresentante dei fabbricanti di armi e munizioni;
nelle molte commissioni - come risulta dal sito web - vi sono dirigenti delle organizzazioni venatorie e, ne sono esempio, nella commissione giustizia l'avvocato Livio Alessi, impiegato presso la FIDC di Roma, e nel collegio dei revisori dei conti, Giorgio Cannella, già revisore dei Conti FIDC;
risulterebbe dai bilanci FIDC che la FIDASC avrebbe dalla FIDC stessa un contributo di 130 mila euro l'anno e pagherebbe alla Greentime, società editrice della Federazione italiana della caccia e di cui è presidente Gianluca Dall'Olio, che è anche presidente della FIDC, un contributo che giustificherebbe la presenza, di un articolo sul mensile Caccia e Tiro, stampato dalla Greentime, a firma di Felice Buglione -:
se tali fatti siano a conoscenza del Governo con particolare riferimento al contributo del CONI di cui in premessa ed in ogni caso se non si ritenga di acquisire elementi al riguardo.
(3-01217)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, all'articolo 1-ter (Dichiarazione di attività di assistenza e di sostegno alle famiglie) ha previsto una sanatoria per colf e badanti irregolari;
la domanda per la regolarizzazione di colf e badanti - stabilisce la norma - poteva essere presentata da un datore di lavoro italiano o cittadino di un Paese dell'Unione europea o extracomunitario (se in possesso di titolo di soggiorno) che, alla data del 30 giugno 2009, occupava irregolarmente, alle proprie dipendenze, da almeno 3 mesi, lavoratori italiani o cittadini di un Paese dell'Unione europea o lavoratori extracomunitari presenti in Italia. Altro vincolo era che il datore continuasse ad occupare questi lavoratori alla data di presentazione della denuncia. I lavoratori dovevano essere impiegati come colf o badanti e, per quanto riguardava le badanti, veniva puntualizzato che la regolarizzazione poteva essere fatta anche da un componente della famiglia non convivente con la persona non autosufficiente, per la quale si rendeva necessaria l'assistenza di questa figura;
per avvalersi della procedura di regolarizzazione era previsto l'obbligo di presentare la dichiarazione di emersione fra il 1o e il 30 settembre 2009;
alla chiusura dei termini per la regolarizzazione delle badanti il numero delle domande presentate era di circa 300.000;
probabilmente, l'eccessiva onerosità della domanda, la paura di essere schedati e la mancanza di un'adeguata campagna informativa avevano rallentato visibilmente il numero delle richieste di regolarizzazione che, secondo alcune stime, avrebbero dovuto essere almeno il doppio. Va detto, inoltre, che allora né le associazioni dei consumatori né le associazioni religiose e degli immigrati furono sentite e coinvolte nel processo di sanatoria. Anche i medici, che nell'impianto normativo erano considerati, ad avviso degli interroganti, alla stregua di «spie» sulla presenza di clandestini, non vennero coinvolti per aiutare e informare le famiglie che, avendo badanti a carico, avrebbero alleggerito il sistema sanitario;

da varie associazioni fu chiesto di promuovere una proroga dei termini al Ministro interrogato, ma a tale richiesta, a quanto consta agli interroganti, venne dato un netto rifiuto;
il Governo mediante la regolarizzazione ha fatto entrare nelle casse dello Stato 150 milioni di euro dal contributo una tantum e 4 milioni e mezzo dall'acquisto di valori bollati. Inoltre ha ottenuto una rendita di altri 90 milioni di euro l'anno di contributi previdenziali. Ma se fosse stata sanata la posizione di tutte le badanti irregolari l'incasso per lo Stato sarebbe salito a oltre 400 milioni di euro per tasse e contributi -:
se non intendano promuovere la riapertura dei termini di regolarizzazione, almeno fino alla fine dell'anno in corso, per dare una maggiore informazione e la possibilità di presentare la domanda di regolarizzazione alle famiglie che hanno intenzione di sanare la posizione delle proprie badanti.
(4-08515)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
diverse testate non italiane, nelle ultime settimane, hanno riferito di gravi problemi connessi alla costruzione del reattore francese EPR ideato da AREVA;
si tratta di un reattore che è il cuore della strategia di esportazione del nucleare francese e che sarà alla base del rientro italiano nel nucleare;
sull'Express Belgique del 1o settembre 2010, si legge che il gruppo francese di BTP Bouygues, in occasione della diffusione dei dati trimestrali, ha ammesso di aver incontrato ulteriori difficoltà sul cantiere «estremamente difficile e complesso» del primo reattore nucleare francese di tipo EPR, attualmente in costruzione a Flamanville;
secondo il numero uno del gruppo, Martin Bouygues, il cantiere «ha un'ergonomia di dettaglio complessa e un'esecuzione estremamente difficile»;
a fine luglio 2010, la maggiore azienda produttrice e distributrice di energia elettrica in Francia, EDF, in merito all'avviamento dell'EPR di Flamanville, (iniziato nel dicembre 2007) ha rivelato il cumulo di un ritardo di almeno due anni e una lievitazione dei costi di almeno il 50 per cento rispetto a quanto inizialmente preventivato;
l'obiettivo della «prima produzione commerciabile» dell'EPR è ormai fissato da EDF per il 2014 ed il costo totale del reattore è stimato a 5 miliardi di euro, contro i 3,3 iniziali;
EDF si giustifica dicendo che i ritardi ed i costi crescenti sono dovuti al fatto che si tratta della realizzazione di un primo reattore di questo tipo, anche se Areva sta sperimentando suoi propri ritardi e aumenti dei costi per quanto riguarda la costruzione dell'altro EPR in Finlandia;
questo cantiere EPR, gestito da Areva a Olkiluoto in Finlandia, presenta quattro anni di ritardo per un costo totale di 5,7 miliardi di euro. L'Areva ha annunciato recentemente una nuova fornitura di 400 milioni di euro di provvigioni addizionali per affrontare la situazione;
alle critiche mosse a questo tipo di reattore per i suoi costi elevati, Areva replica che vuole garantire i criteri di sicurezza. In una intervista al Corriere della Sera di domenica 5 settembre 2010, Anne Lauvergeon, amministratore delegato di AREVA, spiegava con queste argomentazioni il fallimento della partecipazione alla gara d'appalto ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, vinta invece dai sud coreani ed invitata l'Italia a procedere nel suo rientro nel nucleare;
in realtà la sicurezza di questo tipo di reattori è oggetto da tempo di critiche da parte dell'Autorità francese per la sicurezza nucleare (ASN);

secondo quanto riporta Romandie News del 2 agosto 2010, l'Autorità francese per la sicurezza nucleare ha annunciato nei giorni precedenti di aver richiesto a EDF di «operare una modifica in una delle piattaforme di comando del reattore» EPR;
un'agenzia di bloombergnews.com del 30 agosto 2010, riferiva di difetti di saldatura nelle linee di contenimento dell'EPR in costruzione a Flamanville che sarebbero stati riscontrati dall'ASN nel corso di un'ispezione a fine luglio e resa nota il 27 agosto sul loro sito;
secondo il rapporto, si tratta di criticità analoghe a quelle già sollevate nel 2008 e 2009 e trattate da EDF non correttamente. L'ASN muove inoltre critiche ad EDF per la lentezza nell'individuazione di queste problematicità;
l'agenzia ha anche riferito che un operaio che lavora al sito nucleare ha parzialmente perforato un blocco in calcestruzzo che conteneva un cavo di 400.000 volt che alimentava uno dei reattori di Flamanville. Il reattore è stato spento, e l'ASN ha parlato di «una carenza di informazioni» e di una scarsa capacità di identificazione del cavo come ragioni dell'incidente;
nell'autunno 2009, le autorità di sicurezza nucleare di Francia, Gran Bretagna e Finlandia avevano sollevato alcune riserve relativamente ai sistemi di sicurezza dei reattori nucleari EPR;
nella nota diffusa sul sito internet, l'ASN ricorda: «Il 15 ottobre 2009, l'Autorità per la sicurezza nucleare aveva indicato all'EDF che la sicurezza dell'architettura di controllo-comando del reattore EPR di Flamanville non era dimostrata» richiedendo, inoltre, alcuni «elementi di giustificazione» giudicati infine non convincenti;
continua l'ASN: «Si tratta di modificare l'architettura di controllo-comando, la spina dorsale del reattore, che permette agli operatori in sala di comando di ricevere i dati dell'installazione (temperature, flusso..) e di trasmettere le istruzioni. [...] In novembre avevamo l'impressione che EDF non avesse ancora preso provvedimenti a riguardo, ora c'è un dialogo costruttivo. Se le modifiche saranno apportate, la piattaforma potrà essere accettata»;
anche negli Stati Uniti sono sorti diversi dubbi sulla scelta del reattore EPR, come conferma il sito SourceInvestir.fr il 28 luglio 2010: la Nuclear Regulatory Commission (NRC, l'autorità americana per la sicurezza del nucleare) si è mostrata perplessa di fronte ad alcuni elementi del controllo-comando del reattore franco-tedesco. Nello specifico, esattamente come le autorità di sicurezza francese, finlandese e britannica avevano fatto nel novembre 2009, si critica la grande complessità del sistema e l'assenza di ridondanza di certe parti del dispositivo. Proprio questo, in situazioni di emergenza, potrebbe compromettere il riavvio di un reattore impraticabile;
a giudizio degli interroganti, il quadro normativo in tema di sicurezza definito dal decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, assegna un tempo troppo limitato (solo 90 giorni) all'istituenda Autorità italiana per la sicurezza nucleare per verificare «la rispondenza degli impianti ai migliori standard di sicurezza internazionali definiti dall'AIEA, alle linee guida ed alle migliori pratiche raccomandate dall'AEN-OCSE»;
tant'è che sostanzialmente affida all'Autorità un ruolo di mero ratificatore di decisioni prese altrove laddove afferma, all'articolo 7, che «le approvazioni relative ai requisiti e alle specifiche tecniche di impianti nucleari, già concesse negli ultimi dieci anni dalle Autorità competenti di Paesi membri dell'Agenzia per l'energia nucleare dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (AEN-OCSE) o dalle autorità competenti di Paesi con i quali siano definiti accordi bilaterali

di cooperazione tecnologica e industriale nel settore nucleare, previa approvazione dell'Agenzia, sono considerate valide in Italia» -:
se il Governo sia al corrente delle criticità rilevate riguardo al reattore EPR e di quali dati disponga in merito;
se non ritenga di dover rivedere la decisione di rientrare nel nucleare attesi l'aumento dei costi e i ritardi accumulati nella realizzazione di quel tipo di reattore che dovrebbe essere il perno del ritorno italiano nel nucleare;
se non ritenga di assumere iniziative, anche normative, volte a rivedere il sistema dei controlli sulla sicurezza come definiti nel decreto legislativo citato in premessa che risulta, ad avviso degli interroganti, del tutto inadeguato alla complessità delle operazioni per la realizzazione di centrali nucleari, operazioni che in Francia stanno durando anni e che in Italia si vorrebbero esaurite in pochi mesi.
(4-08518)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in Basilicata c'è il più grande giacimento petrolifero in Terraferma d'Europa. Solo il potenziale stimato del giacimento di idrocarburi della Val D'Agri, che rientra in larga parte nel parco naturalistico Val d'Agri-Lagonegrese e dove opera l'Eni, è di oltre 900 milioni di barili (in Val d'Agri si estrae l'80 per cento del petrolio italiano);
ad oggi sono attivi 55 pozzi petroliferi, 22 concessioni di coltivazione petrolifera, 10 permessi di ricerche ed esistono 720 chilometri di oleodotti sotterranei. Oltre il 70 per cento del territorio lucano è dunque gravato da permessi di ricerca e concessioni;
in uno studio redatto da alcuni medici dell'istituto superiore di sanità, in collaborazione con l'istituto tumori di Milano, si afferma che in Basilicata l'incidenza delle malattie tumorali cresce come in nessun'altra parte d'Italia;
a Villa d'Agri è stata autorizzata la creazione di un nuovo pozzo petrolifero a 500 metri dall'ospedale di Villa d'Agri e a 200 metri dal centro abitato. Se realizzato, sarebbe il primo pozzo di petrolio al mondo nei pressi di un ospedale;
l'Osservatorio ambientale sulla Val D'Agri, previsto dal protocollo d'intesa del 18 novembre 1998 (DGR 3530), tra la regione e l'ENI, a dodici anni di distanza non è ancora stato istituito, con la conseguenza che in Val d'Agri è assente una rete di monitoraggio che rilevi in continuo tutti gli inquinanti (ivi compresi IPA, COV, Benzene, H2S Idrogeno Solforato);
l'idrogeno solforato (H2S), un gas incolore facilmente infiammabile con una tossicità paragonabile al cianuro e che entra nel ciclo vegetativo attraverso il processo di fotosintesi, è il sottoprodotto principale dell'opera di idro-desulfurizzazione del petrolio, immesso in aria da un inceneritore a fiammella costante come quello che si intravede nel Centro oli di Viggiano, insieme ad altri 60 inquinanti, tra cui: benzene, toluene, policyclic haromatic hidrocarbons;
secondo un documento sul tema H2S prodotto dalla professoressa Maria Rita D'Orsogna (docente universitaria in California) l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) consiglia di fissare il limite di rilascio di idrogeno solforato a 0,005 parti per milione (ppm) e, mentre negli Stati Uniti, il Governo federale raccomanda un limite di 0,001 ppm con limiti differenti fissati da Stato a Stato (ad esempio la California pone il limite dello 0,002 ppm ed il Massachusetts dello 0,006), in Italia, il limite massimo di rilascio di idrogeno solforato, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 12 luglio 1990, recante le «Linee Guida

per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione», è di 5 ppm per l'industria non petrolifera e 30 ppm per quella petrolifera -:
quali iniziative si intendano promuovere per l'immediato ritiro delle autorizzazioni di trivellazioni del pozzo da realizzare nel centro abitato di Villa d'Agri (Potenza);
di quali elementi dispongano in relazione al rispetto degli accordi stipulati tra l'Eni e la regione Basilicata, per la creazione dell'Osservatorio ambientale all'interno del quale possano essere rilevati e studiati i danni alla salute delle persone, degli animali e dell'ambiente con la finalità di prevenire l'insorgere di malattie e danni ambientali;
se ed in che tempi si intentano rivedere le «Linee Guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione» al fine di adeguarle agli standard fissati dall'OMS.
(4-08546)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno di martedì 31 agosto 2010, emergono le dichiarazioni rilasciate dall'ex procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia della Basilicata, Giuseppe Galante, sulla maxi-inchiesta nota come Nucleare Connection, relativa ad un presunto traffico di materiale atomico proveniente dall'Italia e diretto nell'Iraq di Saddam Hussein: «All'ltrec della Trisaia di Rotondella i miei consulenti trovarono plutonio. Ma non potei proseguire nelle indagini poiché fu un disco rosso che me lo impedì»;
l'ex magistrato, rispondendo ad una domanda dell'ambientalista Domenico Lence, postagli nel corso della presentazione del libro Terre profanate. Viaggio nel cuore della mafia di David Lane, corrispondente dall'Italia dell'Economist, ha parlato dell'indagine ereditata nel 1999 dall'ex procuratore capo del Tribunale di Matera, Nicola Maria Pace, che l'aveva aperta nel 1994;
«Posso ora parlare di Nucleare Connection - ha spiegato Galante - dato che sono un libero cittadino e poiché l'inchiesta non è più coperta dal segreto istruttorio, in quanto archiviata. Affermo, allora, che i miei consulenti trovarono tracce di plutonio nel sito atomico Itrec. Plutonio che non doveva esserci perché il ciclo studiato a Rotondella era quello uranio-torio»;
al contrario, i vertici dell'Enea, l'ente statale gestore dell'impianto, avevano sempre negato la presenza del materiale radioattivo necessario per fabbricare la bomba atomica;
l'ex magistrato ha proposto la sua versione sulla presenza di plutonio: «Si è trattato di rimanenze di uranio arricchito che è passato dalla Basilicata e poi è andato verso altri lidi o, ipotesi meno probabile, è stato cambiato il ciclo delle lavorazioni condotte in Trisaia»;
si tratta di ipotesi di cui i Governi dell'epoca e i servizi segreti non potevano non essere a conoscenza, tuttavia sono state celate alla magistratura. L'ex procuratore antimafia aggiunge: «Sicuro. La materia è alla diretta disposizione della Presidenza del Consiglio. Ed i servizi segreti sono ovunque: sia quelli "regolari" sia quelli deviati»;
l'inchiesta esplose il 6 ottobre 2007 quando la Gazzetta del Mezzogiorno pubblicò: «Traffici di plutonio dalla Basilicata. Avvisi di garanzia per ex dirigenti Enea e presunti esponenti della 'ndrangheta calabrese. L'accusa: produzione clandestina di materiale radioattivo destinato a Paesi come Iraq o Somalia». Base di quanto ipotizzato dal pubblico ministero Francesco Basentini, che aveva ereditato

a sua volta l'inchiesta dal procuratore capo dell'antimafia Giuseppe Galante e dal suo sostituto Felicia Genovese, era la struttura di ricerca atomica Itrec dell'Enea di Rotondella. Due anni prima, un pentito di 'ndrangheta, Francesco Fonti, aveva raccontato, in un memoriale pubblicato da L'Espresso, che fusti contenenti materiale e scorie radioattive erano stati sepolti a Ferrandina, a Costa della Cretagna, ma le ricerche conseguenti non diedero alcun risultato. Altri contenitori sarebbero stati trasportati e seppelliti in Somalia o affondati nel Tirreno e nello Jonio o addirittura trasferiti nell'Iraq di Saddam Hussein. Il fascicolo rimase nelle mani del sostituto procuratore Basentini per circa due anni. Dei fusti interrati, cercati soprattutto in agro di Pisticci, nessuna traccia. Nell'ottobre 2009, dopo 16 anni, Nucleare Connection fu archiviata dalla magistratura ordinaria -:
di quali informazioni disponga il Governo, in particolare in merito a quanto dichiarato dall'Enea, che avrebbe sempre negato la presenza del materiale radioattivo, e in merito alla destinazione dello stesso;
per quali ragioni e da parte di chi sia stato imposto il segreto di Stato che impedì all'ex procuratore Galante di proseguire le indagini;
quali iniziative si intendano intraprendere, ciascuno per le proprie competenze, in merito ai fatti riportati in premessa a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-08561)

TESTO AGGIORNATO AL 15 SETTEMBRE 2010

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata:

MECACCI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, FIANO, MOGHERINI REBESANI e SARUBBI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal febbraio del 2008 è entrato in vigore il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra l'Italia e la Libia;
in tale trattato la Libia si impegna, tra l'altro, all'articolo 4, a non compiere alcun atto ostile nei confronti dell'Italia;
nella giornata del 12 settembre 2010, al largo di Lampedusa, un motopeschereccio italiano che si trovava in acque internazionali è stato avvicinato da una motovedetta italiana, con tanto di equipaggio italiano a bordo;
questa motovedetta è una delle sei che il Governo italiano ha donato al Governo libico, dopo la ratifica del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, allo scopo di contrastare l'immigrazione clandestina e prevenire gli sbarchi sul territorio italiano di migranti e richiedenti asilo;
la motovedetta con personale italiano a bordo, dopo aver intimato al peschereccio italiano di allontanarsi, ha sparato colpi di mitra che hanno colpito il peschereccio italiano, mettendo a rischio la vita dell'equipaggio;
tale fatto, di assoluta gravità, è solo l'ultimo di una serie di iniziative del Governo libico che violano la legalità internazionale e che sono avvenuti dopo la ratifica del trattato sopra menzionato, che impegna le parti, tra l'altro, al rispetto del diritto internazionale;
ad esempio, la politica di contrasto all'immigrazione clandestina avviata dal Governo italiano in cooperazione con la Libia, attraverso i cosiddetti «respingimenti in mare», ha sollevato dure critiche da parte dell'Unione europea, del Consiglio d'Europa, dell'Alto commissario Onu per i rifugiati e dell'Alto commissario Onu per i diritti umani, in quanto mette a rischio l'incolumità di decine di migliaia di migranti richiedenti asilo politico o protezione internazionale, che vengono rimandati in Libia al di fuori di qualsiasi monitoraggio delle loro condizioni;

il Governo libico attua notoriamente una politica di grave discriminazione e di continue violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti africani che si trovano sul territorio libico, dove, da qualche mese, è stato chiuso per decisione delle autorità di Tripoli anche l'unico ufficio dell'Alto commissario Onu per i rifugiati;
decine di imprese che hanno lavorato in Libia nel corso dei decenni scorsi, e che si sono viste riconoscere l'esistenza di crediti per circa 650 milioni di euro da parte del Governo libico, non hanno avuto finora nessuna garanzia né dal Governo libico, né da quello italiano, per l'adempimento di questi impegni, nonostante la stipula di un trattato che era stato definito «storico», anche per quanto riguarda la soluzione di contenziosi pendenti;
in tale trattato, e attraverso il disegno di legge di ratifica, l'Italia si impegna, tra l'altro, a realizzare in Libia opere per il valore di 250 milioni di dollari in venti anni, per un ammontare di 5 miliardi di euro, finanziati attraverso un aumento della tassazione irpef;
nel corso della sua ultima recente visita in Italia il Colonnello libico Gheddafi ha dichiarato che se l'Europa non vorrà «diventare nera» occorreranno non 5 miliardi di euro in 20 anni, ma 5 miliardi di euro l'anno, minacciando così di usare l'arma dell'immigrazione clandestina come strumento di pressione nell'ambito dei negoziati in corso per un accordo di cooperazione tra l'Unione europea e la Libia;
nel corso delle ultime settimane sono state espresse forti preoccupazioni da alcuni osservatori sull'acquisizione di quote societarie del gruppo Unicredit, il più grande gruppo bancario italiano, da parte di fondi libici controllati dal Governo, al di fuori delle regole che disciplinano tali attività e per le quali sono in corso indagini da parte degli organi di controllo;
nel corso della XVI legislatura Gheddafi è il leader politico straniero che si è incontrato più volte con il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Berlusconi, caratterizzando la politica estera del nostro Paese per la vicinanza e l'amicizia politica, con modalità e scelte che non sono mai avvenute da parte di nessun altro leader di un Paese membro della Nato e che non hanno tenuto nella giusta considerazione il tema della democrazia e dei diritti umani in Libia, secondo i principi fondanti dei Paesi membri dell'Unione europea -:
se non ritenga che l'aggressione armata al peschereccio Ariete delle scorse ore dimostri, come gli altri fatti sopra menzionati, che il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia rappresenti uno strumento inadeguato e se non necessiti, pertanto, di un'adeguata revisione, al fine di garantire un pieno e compiuto rispetto della legalità internazionale, a partire da un'efficace garanzia del diritto d'asilo dei migranti.
(3-01221)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il declassamento a sportello consolare della struttura di Saarbruken in Germania ha condotto ad un percorso di adeguamento strutturale ed operativo delle stesse strutture coinvolgendo le realtà consolari più vicine sotto il profilo territoriale;
fino al mese di agosto 2010 la struttura di Saarbruken disponeva di uno storico archivio cartaceo riferimento operativo per i quattro impiegati a contratto, chiamati a svolgere le principali funzioni di supporto amministrativo ed organizzativo ai cittadini residenti nella circoscrizione di riferimento;
verso la fine di agosto 2010 l'amministrazione - ottemperando ai vincoli regolamentari - ha disposto il trasferimento del citato archivio presso la struttura consolare di Francoforte;
il progetto della digitalizzazione degli archivi e di tutta la documentazione gestibile

dalle strutture consolari appare ancora lontano dal potersi realizzare malgrado gli auspici positivi e le prospettive tratteggiate dall'amministrazione e dai referenti istituzionali;
stando ai dati a disposizione dell'interrogante, un'eventuale digitalizzazione della mole consistente del materiale cartaceo non potrebbe essere avviata poiché la rete informatica utilizzata dall'amministrazione - la rete RIPA - in quanto particolarmente vetusta, necessiterebbe di essere completamente sostituita da strutture più moderne e all'avanguardia;
attualmente la trasmissione attraverso la rete RIPA (vecchia di oltre 15 anni), di un documento scannerizzato da Francoforte a Saarabruken ha una durata di circa 10 minuti rendendo quasi impossibile qualsivoglia scambio rapido di documenti e materiale vario;
la mancanza di materiale di riferimento andrebbe a limitare pesantemente l'attività delle sedi declassate che non riusciranno a garantire i servizi in loco, costringendo l'utenza a rivolgersi alle sedi consolari depositarie degli archivi;
le criticità in questione potrebbero essere facilmente superate attraverso un percorso di digitalizzazione di tutto il materiale consolare, tale da garantire l'operatività in tutte le strutture consolari;
attualmente alcuni sportelli consolari europei, - pur non essendo dotati per regolamento di un archivio - sono autorizzati ad accedere al database del consolato di riferimento sul territorio, garantendo in questo modo la piena rispondenza alle richiesta dell'utenza e l'adeguata rapidità di servizio -:
se si intenda avviare un progetto mirante ad intervenire sulle reti informatiche attualmente utilizzate dal Ministero degli affari esteri per la trasmissione informatica, affidando la gestione ad un sistema informatico più veloce, eventualmente affidabile a società locali, rendendo il meccanismo maggiormente rispondente alle esigenze della nostra comunità in loco;
se lo spostamento degli archivi dalle agenzie consolari ed il conseguente ridimensionamento delle attività delle stesse debba interpretarsi come la premessa per un eventuale ed ulteriore declassamento delle stesse una volta appurata la voluta condizione di inoperatività delle strutture;
se si ritenga di definire un ventaglio di disposizioni omogenee atte a garantire che presso le strutture consolari di pari categoria sussistano i medesimi ordini di servizio e le medesime deleghe sul tipo di mansione che gli impiegati delle medesime strutture sono chiamati ad esercitare localmente.
(4-08525)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la «Convenzione internazionale sulla difesa dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei componenti delle loro famiglie» è stata adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, ma è entrata in vigore solo il 1o luglio 2003;
la Convenzione è uno strumento giuridico importante per la difesa dei diritti umani, con l'obiettivo primario di lottare contro lo sfruttamento e le violazioni dei diritti umani dei migranti e di garantire l'uguaglianza dei diritti tra lavoratori migranti e nazionali;
la Convenzione rafforza l'impatto di altri testi esistenti e vi apporta novità importanti come il rispetto dei diritti umani fondamentali di tutti i lavoratori migranti sia regolari che irregolari e delle loro famiglie, la necessità di stabilire misure precise in favore del ricongiungimento familiare, l'attenzione alle vittime del traffico di esseri umani combattendo le condizioni di vita e lavoro inumane, gli abusi fisici e sessuali, i trattamenti umilianti e offensivi e garantendo la libertà di opinione, di espressione e di religione e una protezione effettiva contro ogni violenza;

i flussi migratori contribuiscono alla crescita della società e i migranti rappresentano quasi il 3 per cento della popolazione mondiale, mentre alcuni Governi, soprattutto quelli d'Europa, si preoccupano essenzialmente di proteggersi contro i migranti, a volte con misure di espulsioni senza la minima considerazione e rispetto per la persona umana;
la Convenzione è oggi applicabile nei 34 Paesi che l'hanno ratificata, ma tra questi non vi sono i «grandi» Paesi, come l'America del nord, i Paesi europei, Italia compresa, ove vive il 60 per cento dei migranti -:
se intenda assumere le necessarie iniziative perché l'Italia ratifichi al più presto la Convenzione.
(4-08531)

RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
recentemente notizie di stampa hanno dato rilievo al fatto che sembrerebbe che la gestione della convenzione per l'assistenza sanitaria a favore dei nostri connazionali residenti in Argentina non sia stata del tutto trasparente;
risulterebbe addirittura l'ipotesi che a fronte dei 14 milioni di euro destinati dal Governo a tale utilizzo, ci sia stato un «lucro» di ben 7 milioni di euro, a danno del servizio garantito ai nostri connazionali, essendo stata conclusa una convenzione nel 2007 non con la Swiss Medical ma con una differente Compagnia - la citata Fecliva -:
se non si intendano disporre immediati ed adeguati controlli al fine di accertare se si siano compiute delle irregolarità nella gestione della stipula della convenzione per l'assistenza sanitaria a favore dei nostri connazionali residenti in Argentina.
(4-08565)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a seguito della risposta ministeriale alle interrogazioni presentate in data 10 dicembre 2009 e 9 giugno 2010 si evince che i gravi problemi alla salute pubblica e all'ambiente determinati dalla cattiva gestione della discarica di Sciacca in contrada Salinella da parte della SO.GE.I.R., pur se riconosciuti, non sono avviati ad alcuna soluzione concreta;
in pratica malgrado controlli effettuati da parte di più organi quali i carabinieri del NOE e l'ISPRA (Istituto per la protezione e la ricerca ambientale) che hanno rilevato gravissime carenze, la discarica continua a essere causa di disagi che sono diretta conseguenza delle manchevolezze della SO.GE.I.R.;
è stata inoltre rilasciata da parte della regione Siciliana, servizio VIA, un'ulteriore autorizzazione per una variante della medesima discarica, richiesta dalla SO.GE.I.R.;
nonostante i controlli suddetti, persiste il mancato rispetto delle prescrizioni minime, dal momento che su tutta l'area della discarica manca anche qualsiasi forma impiantistica finalizzata alla gestione del biogas -:
come il Governo intenda intervenire affinché gli esiti ispettivi delle verifiche effettuate dagli organi dello Stato (quali appunto i carabinieri del NOE) non siano vanificati in ragione di quanto riportato in premessa con grave danno per l'ambiente e per la salute pubblica.
(4-08527)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il giornale Italia Terra Nostra ha riferito il 24 luglio 2010 di aver scoperto sul molo industriale del porto industriale di Trapani, centinaia di tonnellate di rifiuti molto pericolosi (piombo, arsenico, ferro contaminato, cromo, zinco, rame, mercurio, nichel, silicio, alluminio);
Gianni Lannes ha infatti fotografato i numerosi sacconi di rifiuti pericolosi (big bags) al porto come si può vedere dal sito di Italia Terra Nostra (http://www.italiaterranostra.it/?p=5466). In quell'occasione era accompagnato dalla scorta della Polizia di Stato;
il giornalista ha segnalato con un'e-mail la situazione anche al questore locale -:
di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati circa l'origine e la destinazione di quel materiale e quali iniziative intendano assumere rispetto alla preoccupante notizia della presenza nel porto di Trapani di rifiuti pericolosi.
(4-08537)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente inchiesta condotta dal giornalista Gianni Lannes (www.italiaterranostra.it), nello stabilimento alimentare sito nei 9,58 ettari del lotto 16 di proprietà del celebre marchio Barilla a San Nicola di Melfi permane la presenza di amianto in notevoli quantità (diverse tonnellate) sotto forma di lastre;
presso lo stabilimento si è vista inoltre la presenza di camion carichi di rifiuti pericolosi;
l'impianto industriale vanta 7 linee produttive (fette biscottate, biscotti da colazione, pasticceria, snack, pani morbidi, sfoglie, merende) per 65 mila tonnellate annue di prodotto alimentare per produrre le quali sono coinvolti 500 lavoratori (di cui circa 100 stagionali);
nonostante la gravità della situazione fosse stata descritta dal sopra menzionato giornalista in un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa l'11 ottobre 2008 e fatta oggetto dell'interrogazione 4-04073 del 14 settembre 2009 (rimasta senza risposta) l'Asl Venosa 1 non è ancora intervenuta per accertare approfonditamente il livello di inquinamento delle fibre aerodisperse nell'area;
dal canto suo la regione Basilicata non ha mai effettuato in questa zona industriale una mappatura del territorio con presenza di amianto e un monitoraggio epidemiologico del fenomeno nonostante esista un obbligo di legge sancito nel 1992 con la legge n. 257;
intanto, come documentato da un reportage fotografico di G. Lannes, l'amianto è sempre più friabile;
secondo quanto dichiarato dall'addetto stampa della Barilla: «Lo stabilimento di San Nicola di Melfi è per noi molto importante: ci sono dei prodotti che facciamo solo lì; ad esempio le nastrine. È importante perché poi magari uno pensa che le facciamo solo al nord e le vendiamo al nord. Invece le facciamo al sud e le vendiamo in tutt'Italia»;
quanto all'approvvigionamento della materia prima, sempre secondo l'ufficio stampa della Barilla: «Il grano tenero è praticamente tutto italiano; lo acquistiamo prevalentemente in Puglia e Basilicata»;
secondo Gerardo Nardiello, segretario regionale della Uila-Uil (Unione italiana lavoratori agroalimentari): «La Barilla

compra le materie prime anche in Basilicata. Si riforniscono proprio nella zona industriale di Melfi»;
a poche centinaia di metri in linea d'aria dallo stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi, si trova il più grande inceneritore di rifiuti, l'impianto Fenice oggetto di numerose interrogazioni parlamentari in merito all'immissione di mercurio e alla mancata tempestiva comunicazione da parte degli enti di controllo regionali;
a seguito del reportage fotografico il giornalista Gianni Lannes è stato contattato il 7 settembre 2010 dal poliziotto Pennella Antonio che in sostanza gli ha chiesto di soprassedere sull'amianto fuorilegge della Barilla fino ad ottobre inoltrato: il direttore dello stabilimento gli avrebbe mostrato delle carte in base alle quali una ditta di Torino smantellerà l'amianto che uccide entro l'anno al costo di 1 milione di euro. Alla successiva richiesta del giornalista di avere le carte dal direttore dello stabilimento, il poliziotto ha risposto che non poteva pretenderle dall'amico direttore e che si doveva fidare della sua parola -:
di quali informazioni sia in possesso il Governo in merito all'amianto presente nello stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi;
quali iniziative siano state condotte dai Ministri, ciascuno per le proprie competenze, in merito alla gravità della situazione riferita in premessa a tutela della salute e dell'ambiente in cui operano i lavoratori;
quali iniziative i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, intendano adottare in merito alla possibile presenza di amianto presso impianti produttivi ed industriali sul territorio nazionale;
quali iniziative il Ministro dell'interno intenda adottare in merito alle pressioni esercitate da agenti di polizia per evitare la pubblicazione del reportage che conferma la sussistenza del gravissimo problema dell'amianto presso lo stabilimento Barilla di San Nicola di Melfi.
(4-08558)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la cattedrale di Gerace, in provincia di Reggio Calabria, testimonianza dell'occupazione normanna, costruita tra il 1080 e il 1120, rappresenta con i suoi 1680 metri quadri una delle imponenti chiese della regione Calabria;
i media calabresi hanno lanciato un grido di allarme sullo stato di salute del monumento in questione;
è, infatti, emerso che, a seguito di precipitazioni più o meno eccezionali, si innescano eventi idrogeologici catastrofici gravi che hanno arrecato, e continuano ad arrecare, seri danni all'intero patrimonio artistico di Gerace e alla sua cattedrale;
quello che è stato riconosciuto uno dei monumenti più importanti del medioevo e, pertanto, sottoposto alle cure della Soprintendenza ai beni archeologici e culturali ha bisogno di cure urgenti ed approfondite per la messa in sicurezza di diverse parti dell'edificio segnate da infiltrazioni d'acqua e dall'usura del tempo;
due anni fa proprio la Soprintendenza aveva garantito un finanziamento di circa due milioni di euro, ma ad oggi ci sarebbero disponibili solo centomila euro -:
quali iniziative intenda adottare al fine di permettere quegli interventi necessari per salvare l'antica cattedrale di Gerace che rappresenta un patrimonio e un vanto per il nostro Paese.
(3-01216)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Biennale di Venezia sta contribuendo in modo determinante al rilancio della sua dimensione internazionale e alla valorizzazione del suo patrimonio e della sua presenza in Italia e nel Veneto;
è già iniziata la costruzione al lido di Venezia di quello che, all'atto della presentazione, era stato indicato come un vero e proprio polo congressuale capace di ospitare non solo nuove sale per la mostra cinematografica, ma anche di dare continuità e prestigio all'attività congressuale e ad altre iniziative culturali di assoluto prestigio;
l'opera era stata inserita nel programma dei lavori per l'Unità d'Italia e avrebbe dovuto essere consegnata entro lo svolgimento della mostra del 2011;
nel luogo cantierato è stata ritrovata una grande quantità di amianto;
i lavori sono stati temporaneamente sospesi e la data del 2011 è già sparita dall'orizzonte della ipotizzata consegna;
rispetto al primitivo progetto sono già state apportate numerose modifiche e stralci;
l'attuale palazzo del cinema avrebbe bisogno di un immediato intervento di manutenzione straordinaria i cui costi non sono stati ancora quantificati;
i lavori di bonifica ed i ritardi nella consegna del centro congressi determineranno un possibile e non marginale aumento del costo finale -:
se, come e quando l'opera sarà portata a conclusione, quanto verrà a costare e cosa realmente sarà consegnato e immediatamente utilizzabile rispettando il progetto originario.
(5-03383)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

...

DIFESA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007 n. 171 «recepimento provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle F.A» inerente al quadriennio normativo 2006/2009 ed al biennio economico 2006/2007 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2007 supplemento ordinario n. 209, sono stati fissati gli aumenti stipendiali del personale non dirigente delle forze armate per gli anni 2006/2007;
ad oggi, fine 2010, il personale è in attesa del contratto, parte economica, relativo al 2007/2009 ed è in vacanza contrattuale dal 1o aprile 2008: gli arretrati del vecchio contratto dovrebbero partire da tale data ma ad oggi, il personale attende invano;
per assurdo percepiscono in busta paga la seconda vacanza contrattuale per mancanza del contratto parte economica 1o gennaio 2010-31 dicembre 2013;
le risorse per il contratto 2007/2009 sarebbero già state accantonate ed il rappresentante del Governo aspetta la sigla dei sindacati di polizia -:
se intenda verificare la situazione creatasi per poter dare delle risposte al personale delle forze armate che attende gli arretrati del vecchio contratto e vorrebbe sentir parlare del nuovo contratto, posto che il mancato accordo sta creando molto malumore tra le forze armate e le forze dell'ordine.
(2-00816)«Garagnani, Carlucci».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:

GIDONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Ministro della difesa ha confermato il 20 luglio 2010 in una dichiarazione resa a Farnborough la decisione del Governo di rinunciare ad un lotto di 25 velivoli da caccia e supremazia aerea Eurofighter Typhoon, al fine di realizzare un risparmio pari a circa due miliardi di euro;
sempre stando alle dichiarazioni del Ministro, nuove valutazioni sarebbero in corso anche relativamente alle dimensioni della commessa nazionale per il Joint Strike Fighter, o F-35;
alla riduzione delle commesse da parte di un Paese partecipante ad un programma multinazionale di acquisizione armamenti normalmente conseguono o il pagamento di penali o la lievitazione dei costi sostenuti per l'acquisto di ogni singola piattaforma;
in vista delle necessarie attività di manutenzione della linea italiana degli Eurofighter Typhoon sono stati effettuati rilevanti investimenti sul sito di Cameri, in particolare allestendo il 1o reparto manutenzione velivoli ad essi dedicato;
a Cameri dovrebbe altresì essere ospitata anche la FACO/MRO&U (Final assembly and check out/Maintenance, repair, overhaul&upgrade) nazionale del programma Joint Strike Fighter -:
quali siano le ripercussioni economiche ed industriali conseguenti al ridimensionamento della commessa italiana per gli Eurofighter Typhoon ed, in particolare, gli effetti prevedibili sull'attività e l'occupazione della linea di manutenzione allestita a Cameri.
(5-03386)

RUGGHIA, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, RECCHIA e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il reclutamento di personale da immettere nel ruolo dei marescialli si realizza in esecuzione delle norme di «Attuazione dell'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate»;
i vincitori del concorso sono ammessi a frequentare come allievi un corso di formazione della durata di due anni e, dopo l'assegnazione alle varie specializzazioni, sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione con la quale si vincolano ad un ulteriore ferma di cinque anni, così come previsto dall'articolo 11, comma 1, lettera a), e comma 9 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196;
al personale reclutato dall'Esercito con il 12o concorso, la ferma iniziale di due anni è stata trasformata in ferma triennale, in via sperimentale;
per il personale reclutato, sempre dall'Esercito, con il 13o concorso il prolungamento di un anno della durata del corso risulta confermata da un decreto ministeriale annesso allo stesso bando di concorso -:
quali siano le ragioni che hanno indotto lo Stato Maggiore dell'Esercito ad introdurre una modifica, sicuramente rilevante, nel processo di formazione dei marescialli e se tale decisione trovi riscontro anche nelle altre Forze Armate.
(5-03387)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in data 8 giugno 2006 è stata espletata la prova selettiva per il concorso pubblico, per esami, su base circoscrizionale,

a 40 posti di assistente tecnico per l'elettronica e le telecomunicazioni del settore elettronico, optoelettronico e delle telecomunicazioni, area funzionale B, posizione economica B3 presso il Ministero della difesa (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 86 - 4a serie speciale - del 28 ottobre 2005);
la prima prova scritta ha avuto luogo il 30 novembre 2006, la seconda prova scritta il 1o dicembre 2006 e le prove orali tra il 17 maggio e l'8 giugno 2007;
le graduatorie di merito sono state approvate con decreto del Ministero della difesa in data 24 settembre 2007;
sono passati tre anni dalla approvazione delle graduatorie di merito ed ancora non si è proceduto alle relative assunzioni -:
quali siano le ragioni di tanto ritardo e quali siano le prospettive di assunzione per i vincitori di concorso.
(5-03377)

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in vari servizi televisivi di questi giorni si sono visti in Afghanistan mezzi blindati Lince con il «mitragliere in ralla» esposto ad un elevato rischio, come dimostrato da gravi incidenti verificatisi in passato, in particolare quello relativo alla morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio (14 luglio 2009);
fin dal 1994 sono stati sperimentati sistemi automatizzati di controllo a distanza (remote control) che permettono di manovrare la mitragliera con un «joy stick» dall'interno del mezzo, evitando così i rischi che corre il «mitragliere in ralla»;
il sistema automatizzato è stato applicato già da anni ai blindati inglesi Lince ridenominati Panther, con una torretta prodotta dalla Bae System e armata con una mitragliera da 12,7 ml;
già i blindati Puma utilizzati dagli alpini anni or sono nell'area di Kabul, hanno avuto gli stessi problemi dei Lince e sono morti 4 militari nel 2006, mentre solo nel 2007 vennero dotati di torretta Oto Melara;
anche lo stesso Ministro della difesa il 16 giugno 2009 parlò della necessità di «migliorare la sicurezza dei militari che stanno nei blindati»;
non si è affrontato il gravissimo problema della insufficiente cura nei riguardi dei nostri militari, ciò sia per quanto riguarda le mancate protezioni dei mezzi, sia per quanto riguarda le mancate protezioni dell'uranio impoverito che attengono al personale, ma anche ai depositi di munizioni, depositi di vestiario, depositi di automezzi e ciò si riferisce sia alle missioni all'estero che in Italia: nei poligoni e zone adiacenti. Lo stesso problema delle mancate protezioni che si è manifestato a Nassiriya dove sarebbe stato sufficiente sistemare 5 pali di cemento fuori dalla caserma per evitare che l'auto bomba potesse entrare all'interno -:
quali siano le ragioni dei gravi ritardi nella necessaria protezione dei mezzi Lince ed anche dei ritardi dell'invio in Afghanistan dei mezzi Freccia, più resistenti alle esplosioni di ordigni sistemati lungo le strade;
se in questa vicenda non si verifichi ancora una volta quanto già avvenuto in precedenza in merito a gravi ritardi nell'adozione nelle misure di protezione per i nostri militari, ciò con particolare riferimento alla mancata adozione di misure di protezione nei riguardi dell'uranio impoverito in Somalia, dove reparti degli Stati Uniti avevano adottato già dal 14 ottobre del 1993 severissime misure di protezione che furono infatti del tutto disattese dai nostri reparti, misure di protezione, che, per quanto riguarda le forze italiane, si ebbero solo 6 anni dopo e precisamente il 22 novembre 1999, in ragione delle disposizioni emanate dalla KFOR nei Balcani.
(4-08521)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

GALLETTI e RAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo un'indagine pubblicata dal quotidiano Il Messaggero nelle scorse settimane, in Italia nel 5 per cento degli istituti scolastici (pari ad oltre 2.400 scuole) si rileva la presenza di amianto nei tetti e nelle pareti;
a diciotto anni dall'approvazione della legge n. 257 del 13 aprile 1992, dunque, che disponeva l'eliminazione dell'amianto dalle scuole, gli alunni ed il personale scolastico rischiano ancora di contrarre malattie mortali come l'asbestosi, il cancro ai polmoni o il mesotelioma;
le scuole interessate sarebbero distribuite principalmente al Nord: a Milano si sa con certezza che almeno 34 edifici scolastici necessitano di una bonifica dall'amianto;
a Torino, invece, si indaga sulla morte di 28 docenti che potrebbero essere imputabili alla presenza di amianto;
il 29 aprile 2010 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica aveva espresso soddisfazione per il reperimento delle risorse economiche necessarie alla bonifica, per un ammontare complessivo di 358 milioni di euro, anche se, ad onor del vero, sin dal gennaio 2009 il Governo si era impegnato a reperire i soldi necessari per procedere all'eliminazione dell'amianto nelle scuole;
nel marzo scorso inoltre, si era parlato di sbloccare i fondi europei destinati all'edilizia scolastica per complessivi 770 milioni da destinare sempre alla bonifica;
purtroppo non si hanno più notizie né dei 358 milioni promessi al Ministro Gelmini né dei fondi europei destinati all'edilizia scolastica, mentre l'amianto continua a minacciare la salute dei nostri ragazzi e del personale scolastico -:
se non ritengano di procedere senza ulteriori rinvii ad assumere tutte le iniziative di competenza per la bonifica dall'amianto nelle scuole italiane, recuperando in tempi rapidi le risorse già stanziate ed i fondi europei già destinati, al fine di eliminare un pericolo mortale per i bambini ed il personale che quotidianamente frequentano le aule ed i locali degli edifici scolastici citati;
se non ritengano di assumere le opportune iniziative, anche normative, per concedere a comuni e province la possibilità di scomputare dal patto di stabilità le spese per investimenti destinati alla bonifica dall'amianto.
(3-01214)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge del 30 luglio 2010, n. 122, prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate siano individuate modalità e termini per la comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non inferiore a 3.000 euro;
la disposizione non precisa in cosa si sostanzino i nuovi obblighi di trasmissione telematica, demandando al provvedimento direttoriale sia la tempistica sia l'ampiezza delle operazioni soggette a trasmissione;
l'obbligatorietà prevista nel citato articolo 21 del decreto-legge è da intendersi come invio telematico all'Agenzia delle entrate di un documento recante i dati della fattura emessa e non va confusa con l'obbligatorietà (che non esiste, almeno al

momento), della cosiddetta «fatturazione elettronica», intesa come scambio telematico del documento emesso in formato elettronico tra fornitore e cliente;
con questa norma il Governo non considera la possibilità di introdurre nuovi oneri a carico dei contribuenti, solo due anni dopo aver cancellato, in nome della semplificazione, il registro telematico dei rapporti con i clienti e fornitori; la disposizione in questione infatti propone un adempimento più oneroso per i contribuenti, perché ripetuto più volte nel tempo, rispetto al registro clienti e fornitori che avveniva con una comunicazione annuale;
ai dati raccolti dall'Agenzia delle entrate per fini antievasione mancheranno le operazioni di importo inferiore a 3.000 euro, nell'asserita convinzione che queste operazioni siano meno rilevanti per realizzare le frodi «carosello», ma non si prende in considerazione la possibilità che le operazioni fraudolente possono anche essere parcellizzate in modo da eludere il controllo;
secondo la relazione tecnica, gli adempimenti introdotti con la predetta norma, nonché le sanzioni previste in caso di violazione, determineranno effetti di deterrenza dei comportamenti evasivi, con conseguente recupero di gettito, stimato dalla medesima relazione in oltre 600 milioni di euro per l'anno 2011 e in oltre 800 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, ragioni per cui sarebbe necessaria un'attuazione urgente della norma;
per l'emanazione del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate non viene stabilito alcun termine e ad oggi, a oltre un mese dall'approvazione della legge di conversione del citato decreto-legge n. 78 del 2010, non c'è traccia del provvedimento e la norma è di fatto inefficace -:
a che punto sia giunto l'iter per l'emanazione del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate di attuazione della citata normativa, anche in considerazione del rilevante recupero di gettito attribuito dal Governo all'applicazione di tale norma.
(5-03388)

FUGATTI, BRAGANTINI, NEGRO, STUCCHI, FORCOLIN e COMAROLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
molti organi di stampa hanno riportato la notizia che il fondo sovrano Aabar, facente capo all'emirato di Abu Dhabi, ha acquistato sul mercato il 4,99 per cento del capitale azionario di Unicredit;
tale acquisizione fa seguito all'acquisto del 4,988 per cento da parte della Banca centrale di Libia, mentre nei giorni scorsi la Lybian Investment Authority ha annunciato di aver acquisito titoli per il 2,075 per cento dei capitale di Unicredit;
a seguito di queste operazioni la Libia detiene, di fatto, il 7,055 per cento del capitale azionario di Unicredit laddove l'articolo 5 dello statuto dell'istituto di credito prevede una soglia di partecipazione del 5 per cento per ciascun azionista, anche qualora la partecipazione stessa sia detenuta da soggetti riconducibili al medesimo azionista;
Unicredit è la più grande banca italiana dedicata alle famiglie e alle piccole imprese, attenta a supportare lo sviluppo e la qualità di vita dei territori in cui opera; promuove e sostiene importanti iniziative sia in campo sociale, sia in campo ambientale;
tra i soci di Unicredit ci sono importanti fondazioni legate strettamente al territorio, quali la fondazione cassa di risparmio di Verona e la fondazione cassa di risparmio di Torino;
Unicredit costituisce, per storia, cultura e attività, un'azienda essenzialmente italiana;
considerata la rilevanza della vicenda sotto il piano degli assetti finanziari complessivi del Paese, appare assolutamente imprescindibile ed urgente che sia appurato,

attraverso l'azione di vigilanza della CONSOB, se l'operazione appena descritta risulti rispettosa della normativa vigente in materia e delle previsioni dello statuto di Unicredit -:
quale sia stato il processo decisionale che ha portato a questa scelta, se risulti vero che non è stato contattato l'organo delegato alla tutela per la sicurezza nazionale istituito presso il Ministero degli affari esteri e quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare per assicurare il pieno rispetto della normativa in materia e per valorizzare la presenza italiana all'interno della compagine azionaria dei principali gruppi bancari del Paese.
(5-03389)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CICCANTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane spa è stata interessata, negli ultimi anni, da un vasto fenomeno di contratti a tempo determinato, che ha generato anche un massiccio ricorso alla giurisdizione del lavoro, con conseguente trasformazione - in gran parte dei casi - del contratto di lavoro a tempo indeterminato;
in data 13 gennaio 2006, Poste italiane spa ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo teso a regolamentare le migliaia di sentenze di reintegro emesse dai vari giudici del lavoro aditi; l'accordo prevedeva, in sede di conciliazione, la sottoscrizione di un verbale con il quale il lavoratore ricorrente si impegnava alla restituzione delle somme percepite per il periodo non lavorato (ossia quello intercorrente tra la data della scadenza del contratto a tempo determinato e la sentenza di riassunzione) in cambio della desistenza all'appello ai gradi superiori della giustizia;
in data 10 luglio 2008, è stato sottoscritto un ulteriore accordo tra Poste italiane e organizzazioni sindacali, con il quale venivano esclusi, dai supposti benefici del precedente accordo citato, coloro che si trovavano in servizio in forza di una sentenza del giudice del lavoro adito, ma, nel contempo, erano anche rientrati in servizio a causa di un contratto di lavoro interinale;
in data 27 luglio 2010, Poste italiane spa ha sottoscritto un ulteriore accordo con le organizzazioni sindacali per meglio regolare le situazioni derivanti dai contratti a tempo determinato e dei riammessi in servizio a seguito di sentenza giurisdizionale. Con tale accordo si dava la possibilità di conciliare anche a coloro per i quali pendevano i ricorsi in sede di corte d'appello al momento della sottoscrizione del primo accordo del 13 gennaio 2006;
con questo ultimo accordo del 27 luglio 2010, però, sono stati ancora esclusi coloro che erano stati riammessi a lavoro con contratto interinale, ancorché godessero, parimenti agli altri, di una sentenza di riammissione al lavoro da parte del giudice del lavoro adito -:
quali motivazioni d'ordine giuridico e di strategia aziendale vengano addotte ancora oggi per escludere da una regolamentazione transattiva quelle centinaia di lavoratori che hanno avuto una sentenza di reintegro al lavoro, con trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, solo perché nel periodo di pendenza del processo sono stati reinseriti con contratto interinale, ancorché abbiano dichiarato la loro disponibilità a restituire, parimenti agli altri, gli emolumenti percepiti per il periodo non lavorato.
(5-03376)

VANNUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le Commissioni tributarie svolgono una fondamentale funzione nella risoluzione delle controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, nonché le sovrimposte, le addizionali e le sanzioni amministrative irrogate

dagli uffici finanziari; le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale; le controversie relative al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti all'imposta o al canone comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni;
dalla elencazione delle fondamentali attività delle commissioni tributarie si comprende l'importanza e il ruolo rivestito dalle medesime per la tutela dei diritti dei contribuenti, per la competitività del sistema economico e, fatto di non secondario rilievo, per le entrate dello Stato e dei comuni;
per il trattamento economico dei giudici tributari non vi è alcuna corrispondenza tra il valore del contenzioso e il conseguente interesse dello Stato visto che i giudici mediamente ricevono compensi dai 300 ai 500 euro mensili con poco più di nove euro a sentenza pur decidendo su contenziosi milionari;
le Commissioni tributarie, fatte alcune rare eccezioni, si trovano a gestire una mole crescente di ricorsi in una situazione di preoccupante carenza di giudici e di personale amministrativo, e con risorse finanziarie del tutto inadeguate al miglioramento delle dotazioni tecniche e strumentali a disposizione delle commissioni medesime;
per tali ragioni, le commissioni tributarie svolgono frequentemente le udienze con cadenza temporale superiore alla settimana e, soprattutto, senza riservare almeno un'udienza al mese alla trattazione di controversie di ammontare superiore a 50.000 euro alla trattazione di controversie concernenti società con personalità giuridica;
tale situazione è motivo di forte preoccupazione fra i contribuenti e, unitamente alle problematiche della disciplina fallimentare, rappresenta uno dei principali fattori di arretratezza del nostro sistema economico e di scarsa attrattività di investimenti esterni;
sull'argomento «Riforma della giustizia tributaria» sono state presentate alla Camera varie proposte di legge, la stessa associazione giudici tributari AGT, convocata in audizione ha presentato una bozza di riforma oltre a rappresentare la necessità di una serie di interventi fra i quali di seguito indicati:
istituzione di una commissione presso il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di accertare le incompatibilità dei giudici tributari previste dalla legge (ex articolo 8 del decreto legislativo n. 545 del 1992), da «riassumersi in apposita relazione da trasmettere al Consiglio di Presidenza di giustizia tributaria e al Ministero delle finanze»;
istituzione di un ruolo unico nazionale dei giudici tributari, che consenta il trasferimento nei posti vacanti a domanda, senza vincolo di residenza nella regione di pertinenza;
redistribuzione dei giudici e del personale delle commissioni tributarie, che si adegui al numero dei procedimenti pendenti e al flusso in entrata degli stesso presso le commissioni tributarie;
attribuzione al personale delle commissioni tributarie di un ruolo autonomo, parallelo a quello delle cancellerie dei tribunali ordinari;
il centro studi di diritto tributario ha altresì sottolineato la necessità di «dare una risposta normativa alla legittima e pressante esigenza di un riconoscimento economico che restituisca dignità alla attività giurisdizionale esercitata» proponendo gli strumenti finanziari allo scopo anche per l'aggiornamento tecnologico delle apparecchiature informatiche delle

commissioni e degli oneri per il trattamento contrattuale integrativo per i dipendenti delle medesime;
la situazione riferita al ruolo ed alla retribuzione dei giudici tributari appare comunque la più incongruente -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro e quali interventi sono in corso per sopperire alle carenze registrate che non necessitino di modifiche legislative;
se intenda assumere proprie iniziative normative o sostenere un percorso parlamentare di riforma per un riassetto complessivo della giustizia tributaria;
se intenda destinare maggiori risorse finanziarie al funzionamento delle commissioni tributarie in grado di determinare conseguentemente maggiori entrate per la finanza pubblica;
se vi sia un'analisi, dettagliata, approfondita ed aggiornata sulla situazione della giustizia tributaria in Italia.
(5-03390)

Interrogazione a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
come segnalato dalle Associazioni «On the Road», «Certi Diritti» e dal «Coordinamento nazionale comunità di accoglienza», nei giorni scorsi il Dipartimento per le pari opportunità ha inviato una nota alle postazioni locali del numero verde antitratta in cui comunica che non sono stati reperiti i fondi per rifinanziare le medesime postazioni e che quindi da fine luglio cesserà la loro attività;
la gravissima decisione dei Governo di operare tagli su specifiche iniziative di lotta alla tratta della prostituzione produrrà effetti devastanti riguardo alla difesa delle persone sfruttate obbligate a prostituirsi nelle strade italiane;
oltre alla decisione di chiudere le postazioni locali del numero verde antitratta, a causa dei tagli della manovra economica, si rilevano altri due atti altrettanto gravi:
a) il primo è l'azzeramento dei fondi destinati all'attività di primo contatto, in strada e indoor, per far emergere i fenomeni della tratta e del grave sfruttamento, e alla pronta assistenza di tre mesi per le vittime che decidono di uscire dalla loro condizione di assoggettamento (secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge n. 228 dei 2003 «Misure contro la tratta di persone»). Il Dipartimento per le pari opportunità ha assicurato che i soldi, 2,5 milioni di euro, verranno, alla fine, trovati. Ma, al momento, manca una conferma ufficiale;
b) la seconda decisione è la riduzione di 800.000 euro dei fondi destinati, invece, ai progetti di inserimento sociale a favore delle vittime finanziati ai sensi dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 dei 1998. Se si considera che l'ammontare totale dei fondi stanziati è stato, negli ultimi anni, pari a circa 4,5 milioni di euro, si è in presenza di un taglio di quasi il 18 per cento -:
se il Governo intenda al più presto reperire 600.000 euro necessari per assicurare il funzionamento delle postazioni locali del numero verde antitratta per tutto l'anno 2010;
se non si reputi altresì necessario convocare al più presto il tavolo tecnico sulla tratta composto da istituzioni centrali e locali e da soggetti appartenenti al terzo settore, istituito formalmente, ma mai realmente attivato, per ridefinire insieme l'assetto complessivo del sistema di aiuto alle vittime.
(4-08516)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si apprende che per l'anno scolastico 2010-2011 non è stato istituito presso la casa circondariale di Cassino (Frosinone) il corso di «tecnico della ristorazione giunto alla V edizione in collaborazione con l'istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione» di Cassino;
in virtù della valenza e del successo riscosso nelle edizioni precedenti, già ben 17 detenuti avevano presentato domanda di iscrizione e si stavano valutando molte richieste giunte da altri istituti penitenziari;
all'origine della soppressione del citato corso, nonostante i buoni risultati ottenuti in questi anni, vi sarebbe la mancanza di risorse, non più garantite dal Ministero della pubblica istruzione -:
quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di reperire le risorse necessarie all'avvio del nuovo corso che ha rappresentato e rappresenta un valido strumento volto al reinserimento dei detenuti nel mercato del lavoro e nella società.
(3-01215)

Interrogazioni a risposta scritta:

RENATO FARINA e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
per quanto risulta all'interrogante il signor Anatoly Slipyj, vittima di una persecuzione di carattere giudiziario nel suo Paese di provenienza, l'Ucraina, si è rifugiato in Italia;
le drammatiche vicende personali e della sua famiglia - peraltro facilmente documentabili facendo ricorso a fonti attendibili di consultazione - parrebbero potersi ascrivere a notevoli pressioni politiche esercitate dal Governo allora in carica nei confronti del signor Slipyj per il grado di parentela che lo lega al cardinale Josyf Slipyj;
come è noto il cardinale Slipyj è stato un coraggioso testimone di libertà e di fede per il mondo cattolico, mentre per il regime comunista ucraino, e non solo, egli è stato invece considerato la personificazione simbolica dell'opposizione al sistema di governo e figura di spicco della resistenza ucraina;
l'11 aprile 1945, egli veniva arrestato insieme con altri quattro vescovi e condannato a otto anni di reclusione e di lavori forzati in durissimi campi di prigionia, insieme con altri detenuti comuni e altri perseguitati politici. Trascorsi gli otto anni, viene nuovamente condannato all'esilio in Siberia, dove è costretto a rimanere, fino al 1962;
nel 1963, papa Giovanni XXIII riesce ad ottenere la sua scarcerazione, e il 9 febbraio dello stesso anno Josyf Slipyj arriva a Roma, accolto con grande affetto;
la vicenda della famiglia del cardinale Slipyj è caratterizzata non solo dalla lunghissima detenzione del porporato, ma anche dalla deportazione dei suoi familiari, nonché dall'internamento nei manicomi per alcuni di essi;
Anatoly Slipyj è l'unico discendente maschio del cardinale, acceso ed irriducibile avversario del regime ex sovietico;
è in atto una procedura giurisdizionale qui in Italia attivata su richiesta del Governo ucraino, il quale chiede l'estradizione di Anatoly Slipyj per l'esistenza di un procedimento penale a suo carico;
per quanto risulta, la domanda estradizionale sembra fondarsi su elementi che all'interrogante paiono oltremodo fumosi e generici sospetti, in relazione ai quali non vengono allegati i dovuti elementi di prove a carico;

in data 9 aprile 2002, Anatoly Slipyj - all'epoca ancora ventenne - veniva tratto in arresto con l'accusa, a dir poco sinistra, di «indocilità all'autorità»;
dopo otto giorni di detenzione veniva fatto oggetto, insieme alla madre, di un vero e proprio tentativo di estorsione, concretizzatosi nella minaccia di un nuovo arresto sempre per «indocilità all'autorità»;
lo Slipyj e la madre denunciavano il gravissimo episodio al dipartimento del Ministero dell'interno ucraino della regione di Ternopil, il quale riscontrava la veridicità della denuncia e censurava l'operato dei responsabili;
dopo pochi mesi Slipyj veniva tratto in arresto per i fatti, diversi, rispetto ai quali è stata avanzata la pretesa estradizionale del Governo ucraino; durante questo secondo periodo di arresto egli è stato sottoposto ad un durissimo regime di detenzione, evidentemente finalizzato ad ottenere una confessione;
stesso pubblico ministero del procedimento ucraino (Procura di Ternopil) in cui il signor Slipyj era imputato, con decreto del 12 novembre 2003, rendeva atto non solo dell'inconsistenza delle accuse, almeno con riguardo ad uno dei capi di accusa contestati, ma che, addirittura, anche la persona offesa, il signor Kovaljshjn, che ora sta scontando in carcere la pena per aver calunniato lo Slipyj, «aveva testimoniato sotto la pressione psicologica degli agenti di Polizia che lo avevano indotto a calunniare lo Slipyj»;
il successivo 22 dicembre 2003 il tribunale provinciale, deliberando in relazione alla residuale imputazione, rilevava che le prove contro l'imputato erano state ottenute con «gravi violazioni delle norme del diritto processuale penale e del diritto di difesa», prendendo atto che la persona offesa aveva ammesso di aver calunniato lo Slipyj;
in uno Stato di diritto, siffatte conclusioni avrebbero avuto come conseguenza l'immediata liberazione dell'imputato, mentre invece in Ucraina hanno semplicemente prodotto la restituzione degli atti al pubblico ministero per un supplemento di indagine, senza alcun mutamento della situazione dell'imputato;
sulla scorta di un procedimento che si fonda sulle affermazioni di un teste calunniatore, il Governo ucraino pretende ora l'estradizione di Anatoly Slipyj;
sul piano politico, nonostante un recente tentativo di modernizzare il Paese, in Ucraina rimangono forti le spinte autoritarie;
esiste il rischio obiettivo che lo Slipyj, se estradato, possa essere fatto oggetto di persecuzioni dovute a motivi politico/religiosi -:
quali iniziative urgenti di competenza il Ministro della giustizia intenda assumere perché non sia dato corso all'estradizione del signor Anatoly Slipyj.
(4-08526)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in un comunicato del 9 settembre 2010 scritto dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, il 22enne Ivan Maggi, detenuto nel carcere di La Spezia, luogo dove aveva tentato di togliersi la vita domenica 5 settembre, è morto nel centro di rianimazione dell'ospedale Sant'Andrea giovedì 9 settembre;
l'uomo era stato arrestato a giugno perché accusato di plagio nei confronti della fidanzata, una coetanea con la quale aveva una relazione fortemente contrastata dai genitori di lei;
Ivan Maggi era in carcere dallo scorso 18 giugno con l'accusa di avere plagiato la fidanzata, una coetanea conosciuta

nel 2008, costringendola a condividere con lui un'esistenza da clochard, fatta di stenti e furtarelli. La ragazza ha subìto anche dei ricoveri coatti per lo stress psico-fisico, finché i suoi genitori si sono rivolti ai Carabinieri denunciando Maggi;
in carcere le condizioni psicologiche del detenuto erano diventate sempre più precarie;
l'uomo non aveva mai risposto alle domande del giudice che lo aveva rinviato a giudizio. Il processo era fissato per il 4 ottobre 2010. Evidentemente l'avvicinarsi della data dell'udienza lo aveva profondamente scosso;
da inizio anno a livello nazionale salgono così a 44 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (37 impiccati, 5 asfissiati col gas, 1 avvelenato con dei farmaci e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 122 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.681, di cui 601 per suicidio);
inoltre sono avvenuti altri 2 suicidi di persone «detenute», seppur non ristrette in carcere: Tomas Göller, semilibero di 43 anni (che si è ucciso impiccandosi ad un albero in un bosco in provincia di Bolzano per il timore di dover tornare in carcere) e Yassine Aftani, un tunisino di 22 anni che si è impiccato nella «camera di sicurezza» della questura di Agrigento dopo aver appreso la notizia che sarebbe stato rimpatriato -:
se il Ministro interrogato non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità, amministrative o disciplinari nella morte del signor Ivan Maggi;
se non si ritenga oramai indifferibile fornire elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di condanna, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative volte a favorire il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri siano pienamente garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08533)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
giovedì 9 settembre 2010 è uscito un lancio dell'agenzia di stampa ANSA intitolato: «Il carcere di Varese doveva essere chiuso nel 2001, oggi i detenuti sono il triplo dei previsto»;
a Varese i detenuti sono il triplo di quelli previsti: 120 contro i 44 della «soglia regolamentare» e i 90 della «capienza tollerabile». Il tutto in un carcere che secondo le direttive dei Governo, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale nel 2001, doveva essere già chiuso in quanto obsoleto;
nella prigione di Varese ogni detenuto ha a mala pena 3 metri quadrati a

disposizione. Spiega il direttore dei carcere Gianfranco Monelli: «Abbiamo 44 celle da 10 metri quadrati circa bagno compreso, per regolamento ogni cella dovrebbe ospitare una sola persona, mentre ora ne abbiamo tre in ognuna. Se il dato sui suicidi rimane basso (l'ultimo nel 2004), e gli atti di autolesionismo costanti (7 nel primo semestre 2010, contro gli 8 dello stesso periodo 2009), è perché in un carcere di piccole dimensioni è più facile mantenere rapporti umani con i detenuti -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se ritenga opportuno effettuare un'ispezione all'interno dell'istituto di pena varesino;
per quali motivi il carcere di Varese continua ad ospitare detenuti nonostante ne sia stata prevista la chiusura già nel lontano 2001;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di risolvere il grave sovraffollamento presente nella struttura penitenziaria evidenziata in premessa;
quali iniziative intenda intraprendere affinché nei confronti delle persone detenute nel carcere di Varese venga rispettato il terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione.
(4-08534)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Gazzettino del 7 settembre 2010 è stato pubblicato un articolo intitolato: «Padova: operazione antidroga nella Casa Circondariale, ritrovato un etto e mezzo di cocaina»;
«C'era un traffico di droga dietro le sbarre della casa circondariale di Strada Due Palazzi? È clamoroso. Gli agenti della polizia penitenziaria l'altra notte sono riusciti a sgominare un presunto spaccio nella casa circondariale. È stato recuperato un etto e mezzo di droga. Probabilmente cocaina. Diciassette ovuli di sostanza stupefacente che nessuno riesce ad immaginare come abbiano potuto superare i severi controlli che ci sono nella casa circondariale. Tre ovuli sono stati consegnati spontaneamente da un detenuto, scoperto con le mani nel sacco. Gli altri quattordici ovuli sono stati trovati all'interno di una cella dell'ex reparto d'isolamento, dove ci sono tre detenuti in attesa di giudizio. Le indagini della polizia penitenziaria sono coordinate dal pubblico ministero Roberto D'Angelo. Questa mattina il magistrato avvierà gli accertamenti per scoprire che gestiva lo spaccio in carcere. È la prima volta che si scopre un etto e mezzo di droga all'interno della casa circondariale Due Palazzi. Certo, qualcuno riesce a far passare attraverso le sbarre qualche dose di droga. Un po' di sostanza stupefacente che viene occultata in qualche indumento, o nelle cose da mangiare che i familiari portano ai detenuti. Ma un simile quantitativo non si è neppure immaginato che potesse sfidare i controlli che ci sono all'ingresso del carcere. Il ritrovamento della droga è ancora coperto dal massimo riserbo. Tutto è accaduto domenica sera. Gli agenti della polizia penitenziaria avevano capito che c'era qualcosa che non andava. Insomma, avevano intuito che c'era della droga. Vistosi scoperto, un detenuto ha consegnato spontaneamente i tre ovuli che possedeva. È stato a questo punto che è scattato l'allarme. Com'era possibile che un recluso avesse tre ovuli di droga? E sono partiti gli accertamenti. La polizia ha controllato cella per cella. Tutta la casa circondariale è stata messa a soqquadro. E il resto della droga è stato recuperato in una delle celle dell'ex reparto di isolamento. Una cella dove sono detenuti un padovano, un siciliano e un marocchino. I quattordici ovuli di droga erano nascosti in una fessura del muro, vicino al telaio in ferro della finestra. Come si è detto, potrebbe trattarsi di cocaina. Di solito è la cocaina che viene nascosta in ovuli. Comunque, oggi le analisi riveleranno la natura dello stupefacente.

Ma gli investigatori dovranno scoprire attraverso quale strada la droga è riuscita a superare le sbarre della casa circondariale» -:
se sia a conoscenza dei fatti enunciati dal Il Gazzettino, se corrispondano al vero le circostanze addotte dalla testata in questione, ed in caso affermativo, in che modo intenda facilitare tutte quelle iniziative volte ad evitare che la droga entri nelle carceri con tanta facilità e sia oggetto di un mercato interno, che appesantisce ulteriormente la condizione dei detenuti dipendenti, per i quali andrebbero predisposti ben altri interventi;
quali interventi concreti, per quanto di competenza, si intendano predisporre per facilitare processi di disintossicazione dei detenuti-pazienti, atteso che non v'è dubbio secondo gli interroganti, che le recidive a cui gli stessi vanno incontro sotto il profilo disciplinare vanno inquadrate in una mancata azione di disintossicazione.
(4-08538)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Corriere Adriatico del 26 agosto 2010 è apparso un articolo intitolato: «Nel carcere di Marino del Tronto mancano 28 agenti»;
secondo Aldo Di Giacomo, segretario nazionale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria, nel carcere ascolano di Marino del Tronto - pur non essendoci un eccesso di detenuti in quanto una volta esauriti i posti disponibili il recluso viene dirottato in un altro carcere che abbia la disponibilità - si registra una pesante carenza di personale con ventotto agenti in meno rispetto a quanto prevede l'organigramma, il che produce una situazione che penalizza pesantemente gli agenti che sono costretti a sobbarcarsi un lavoro massacrante per far fronte alle esigenze della struttura -:
se non ritenga finalmente di dover autorizzare, senza ulteriori ritardi e rinvii, l'adeguamento dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato presso il carcere di Marino del Tronto, colmando così le lacune esistenti, in modo da garantire agli agenti di custodia condizioni di lavoro dignitose.
(4-08539)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
consta agli interroganti che la direzione della Casa di Reclusione di Rebibbia di Roma avrebbe intrapreso da tempo una politica di sistematico peggioramento delle condizioni di reclusione dei detenuti ristretti nella sezione semilibertà articolo 21;
ai detenuti semiliberi e in articolo 21 viene vietata la possibilità di introdurre nell'istituto, al rientro serale, oggetti di qualsiasi tipo, non solo generi alimentari e di profumeria, ma anche giornali, riviste, libri e qualsivoglia materiale cartaceo, addirittura non sono ammessi i fogli delle istanze;
anche la riconsegna da parte del carcere del «fondo disponibile» (il proprio stipendio meno il fondo vincolato) è stata limitata poiché lo stesso viene riconsegnato ai semiliberi solo parzialmente, creando grossi problemi a chi con quei soldi deve mantenere se stesso e la propria famiglia;
ai semiliberi inoltre verrebbero imposte perquisizioni minuziose al rientro e controlli antidroga a campione (test sulle urine) obbligatori -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se questi corrispondano al vero;
quali siano le ragioni che hanno spinto la direzione del suddetto carcere ad adottare tali provvedimenti che limitano i diritti acquisiti dai detenuti in semilibertà

nonché il loro diritto alla privacy creando di conseguenza un clima di grande tensione e di non facile gestione che in futuro potrebbe anche degenerare.
(4-08540)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del 26 agosto 2010, un detenuto avrebbe tentato il suicidio nel carcere di Asti appiccando il fuoco nella propria cella; l'uomo è stato salvato dagli agenti accorsi immediatamente;
il detenuto ha tentato il suicidio dando fuoco al materasso. Con lui c'erano altri due reclusi. Il fatto è accaduto la notte del 25 agosto poco dopo le 23. L'aspirante suicida, 45 anni, di Asti, è un noto pregiudicato e tossicodipendente che deve scontare due anni di reclusione;
l'accaduto è stato reso di pubblico dominio dalla Uil Pa-Penitenziari attraverso il seguente comunicato: «Un gesto estremo che non è diventato drammatico grazie al pronto intervento degli agenti della polizia penitenziaria, che hanno tirato fuori dalla cella tutti i detenuti occupanti. Gli agenti intervenuti hanno dimostrato senso del dovere e professionalità pur intossicati dal fumo hanno continuato imperterriti il loro dovere, salvando presumibilmente la vita del detenuto e quella degli altri occupanti. È l'ennesimo episodio grave che viene registrato all'interno dei penitenziari nazionali. È una esasperazione che nasce dall'invivibilità del sistema detentivo -:
se intenda avviare una indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti del detenuto che ha tentato il suicidio fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
se e quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate dall'amministrazione penitenziaria nei confronti del detenuto dopo questo episodio;
se non si intenda adottare o implementare le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo;
più in particolare quali iniziative anche normative si intendano prendere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti malati, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora;
se non ritenga necessario adottare misure urgenti volte a rimuovere il grave sovraffollamento del carcere di Asti, in modo da garantire l'esistenza di condizioni minime di vivibilità della struttura, il rispetto pieno degli standard di sicurezza e funzionalità e l'adeguatezza della stessa alle proprie finalità costituzionali.
(4-08541)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con riferimento alla grave crisi che sta attraversando il sistema carcerario italiano, sul quotidiano Avvenire del 27 agosto 2010 è apparso un interessante articolo intitolato: «Giustizia: Uil, puntare al recupero con circuiti differenziati a seconda dei reati commessi»;
l'articolo raccoglie alcune importanti considerazioni dei segretari delle principali organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria circa le soluzioni che dovrebbero essere subito adottate per uscire dall'attuale emergenza-carceri;
secondo Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari, «nelle attuali condizioni di detenzione non è possibile svolgere attività trattamentali e le carceri sono tornate ad essere le università del crimine. Entri ladruncolo ed esci mafioso. Il percorso di espiazione non si deve

necessariamente svolgere in cella anche perché la certezza della pena non significa chiudere a chiave la cella e buttare la chiave. Al contrario, una puntuale applicazione delle pene alternative per i detenuti che ne hanno i requisiti è propedeutica a due obiettivi: la deflazione del sovraffollamento e la rieducazione del detenuto, come previsto dall'articolo 27 della Costituzione»";
a giudizio di Donate Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), «non è possibile avere in un carcere, e spesso anche nella stessa cella, delinquenti dai diversi gradi di pericolosità; dai criminali incalliti al tossicodipendente. Occorre potenziare l'esecuzione penale esterna creando un carcere invisibile sul territorio, dove possono essere collocati coloro che hanno commesso reati lievi e che non creano allarme sociale riservando i penitenziari solo ai soggetti pericolosi. Occorre quindi un "nuovo" carcere, non una "discarica dove buttare tutto senza distinzione" ma "circuiti penali differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi"»;
il 12 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha parzialmente approvato, su espresso parere favorevole del Governo, la mozione n. 1-00288 sulle carceri presentata dalla prima firmataria del presente atto e sottoscritta da 93 deputati appartenenti a quasi tutte le forze politiche presenti in Parlamento; la mozione approvata prevede, tra l'altro nell'impegno: alla lettera d), «il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dall'estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche al procedimento penale ordinario»; alla lettera e), «l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti»; alla lettera f) «l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva»; alla lettera g), «la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento»;
nonostante l'avvenuta approvazione a larghissima maggioranza, ad oggi il Governo non ha dato alcun seguito alle proposte contenute nella sopra citata mozione -:
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di dare concreta ed effettiva attuazione ai punti della mozione n. 1-00288 richiamati in premessa.
(4-08542)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i detenuti della casa circondariale di Brindisi si sono rivolti con una lettera all'Associazione «Nessuno tocchi Caino» per annunciare un'iniziativa non-violenta a partire dal 15 settembre 2010 nel caso in cui una legge non risolva i problemi legati al sovraffollamento nelle carceri italiane;
nella medesima lettera vengono riferite una serie di problematiche che riguardano il carcere di Brindisi ed in particolare:
a) le assidue «conte», vale a dire il controllo del numero dei detenuti cella per cella, che possono avvenire in qualsiasi ora della giornata, quindi senza che i detenuti siano messi nelle condizioni di prepararsi, facendosi trovare in piedi e con gli indumenti

addosso, con la conseguenza che quelli trovati senza maglia possono essere sottoposti a rapporti disciplinari;
b) il tavolino in dotazione alle celle per il pranzo misura centimetri 40x80 per 4 persone;
c) il tempo previsto per il passeggio, unico svago all'interno di un carcere in cui sono totalmente assenti le attività di socialità per mancanza di spazi dovrebbe essere dalle 9 alle 11 la mattina e nel pomeriggio dalle 13 alle 15; in realtà questo tempo è ridotto, per quanto riguarda la mattina, dalle 9.30 alle 10.50 e, per quanto riguarda il pomeriggio, dalle 13.20 alle 14.50;
d) anche la messa è saltuaria;
e) il servizio bibliotecario quasi inesistente;
f) sono ricorrenti le minacce di trasferimento presso altri istituti da parte del personale penitenziario;
g) per interloquire con enti interni attraverso le «domandine» passano giorni e a volte i detenuti non vengono neppure convocati;
h) il cibo è scadente e la frutta il più delle volte è marcia -:
quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare in merito ai problemi del carcere di Brindisi sollevati in premessa e più in generale per risolvere con massima urgenza la drammatica situazione creatasi con il sovraffollamento nelle carceri italiane.
(4-08545)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del 26 agosto 2010, Raffaele Panariello, 31 anni, di Castellammare di Stabia (Napoli), è stato trovato morto all'interno della sua cella ubicata nel carcere di Sulmona;
ad un primo esame, sembrava che la causa del suo decesso potesse essere riconducibile a cause naturali o addirittura ad una overdose, particolare che aveva destato non poche preoccupazioni, atteso che, in un carcere di massima sicurezza come quello abruzzese, è preoccupante che possa circolare droga tra i detenuti;
successivamente però Angelo Urso, segretario nazionale della Uil-Pa penitenziari, ha parlato di un suicidio attuato con l'inalazione di gas. Per fare chiarezza, il procuratore della Repubblica del tribunale di Sulmona, Federico De Siervo, ha disposto l'autopsia sulla salma. Sulla vicenda, inoltre, sta indagando la squadra anticrimine del commissariato del posto che ha già provveduto ad ascoltare i due compagni di cella del detenuto morto, i quali al momento del fatto erano usciti per l'ora d'aria;
dall'inizio dell'anno, nelle celle del carcere di Sulmona si sono già suicidati quattro detenuti. E pochi giorni fa un detenuto dello stesso penitenziario - noto come «carcere dei suicidi» - aveva tentato di uccidersi dando fuoco ad un materasso dell'infermeria dove era ricoverato;
sulla vicenda la Uil-Pa Penitenziari ha emesso il seguente comunicato: «purtroppo è il 44o suicidio che si registra all'interno delle carceri italiane e questo è avvenuto all'interno di un istituto tristemente noto per casi del genere. La situazione del sovraffollamento, della carenza di risorse umane, di tagli nei bilanci, di scarsità di mezzi e strumenti di lavoro non fa più notizia, tuttavia la scomparsa di un essere umano dovrebbe in qualche modo smuovere le coscienze di tutti coloro che hanno qualche competenza in materia. Il sistema ha superato i livelli di guardia da un pezzo e a testimoniarlo ci sono i 44 suicidi in carcere, le evasioni andate a buon fine e quelle tentate, le numerose aggressioni subite dal personale di Polizia Penitenziaria, l'impossibilità di garantire spazi essenziali per un essere umano, addirittura il posto letto. La speranza è che alla ripresa dei lavori parlamentari il Governo voglia in qualche modo aggiungere

all'agenda politica la questione carceraria in modo da riempire di contenuti il proclamato stato di emergenza delle carceri italiane da parte del Presidente del Consiglio, fino ad oggi purtroppo rimasto soltanto un proclama»;
Giulio Petrilli, responsabile provinciale Pd dipartimento diritti e garanzie, ha aggiunto: «Speravamo dopo i dati di qualche giorno fa che parlavano di 275 detenuti a Sulmona che ci fosse stato un alleggerimento sul sovraffollamento, in realtà evidentemente non è così, la situazione è e resta drammatica. Sulmona rimane quel carcere che quando entri nelle sezioni vedi che tutti gli orologi grandi nei corridoi sono fermi, un gelo ti assale, vorresti chiedere il perché a chi ti accompagna ma non ne hai il coraggio, perché capisci da solo il significato. È scritto dentro quegli orologi fermi e immobili da anni il senso del carcere di Sulmona. Un senso che racconta di tre detenuti in celle da nove metri quadri, che parla di tanti malati psichici abbandonati così come i tanti tossicodipendenti, di una casa lavoro dove non c'è lavoro e una pena senza tempo, perché accusati di una vaga pericolosità sociale, senza la contestazione del reato. Poi magari nelle visite vedi i laboratori, i dipinti, vedi magari delle cose normali, ma quelle lancette ferme spiegano i tanti suicidi, le tanti morti di overdose e anche i detenuti uccisi appena usciti dal carcere di Sulmona, appena rientravano a casa, un anno fa successe anche questo. Si perché il tempo si ferma dentro quel carcere, bisogna soffrire al massimo e se non si sopporta si muore: suicidio, overdose, qualche morte strana. Oltre al record dei suicidi, ora magari avrà quello dei morti per overdose, adesso ci saranno nuovamente le proteste poi tutto tornerà come prima. Tutti si discolpano dal ministero, dalla direzione, dai comandanti degli agenti e rimangono solo quei tanti, troppi morti che testimoniano che dentro quel carcere come in tanti altri il diritto è scomparso» -:
di quali informazioni disponga il Ministro sui fatti riferiti in premessa e, in particolare, se non intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di appurare se quello di Raffaele Panariello possa effettivamente essere classificato come «suicidio» e, in tal caso, se siano ravvisabili responsabilità di carattere amministrativo o disciplinare in capo al personale addetto alla sua custodia;
se intenda disporre l'avvio di un'ispezione nel carcere di Sulmona, al fine di verificare le cause scatenanti dei tanti suicidi e gesti di autolesionismo che periodicamente si verificano al suo interno;
quale urgenti iniziative intenda adottare al fine di contrastare il grave sovraffollamento che si registra all'interno della struttura penitenziaria richiamata in premessa.
(4-08550)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in un comunicato del 9 settembre 2010 scritto dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, in pochi giorni sarebbero deceduti nel carcere di Poggioreale ben tre detenuti;
il primo detenuto, Sergio Scotti, è deceduto il 24 agosto dopo aver assunto un «mix di farmaci» (Sanax e Rivodril); il secondo, Giuseppe Coppola, è stato stroncato da un infarto; l'ultimo in ordine di tempo ha inalato gas e aveva un sacchetto di plastica infilato in testa, le indagini appureranno se si è trattato di un suicidio o di tentativo di «sballo» concluso tragicamente;
in particolare: a) il detenuto Giuseppe Coppola, di 60 anni, ristretto nel padiglione Roma del carcere di Poggioreale, verso le tre di mattina si è sentito male accusando dolori al petto. Portato in

infermeria, gli è stato somministrato un semplice antidolorifico (Toratol) ed è stato rimesso in cella. Non è chiaro se il medico lo abbia visitato o meno. Dopo un paio d'ore Coppola si è di nuovo sentito male tanto che è svenuto in cella. È morto durante il trasporto in autoambulanza stroncato da un infarto; b) il detenuto Francesco Consolo, di 34 anni, ristretto nella sezione Transex, dove vengono ubicati tossicodipendenti, omosessuali e transessuali, è morto dopo aver inalato il gas dalla bomboletta data in dotazione ai detenuti per cucinare in cella. È stato infatti ritrovato senza vita con un sacchetto di plastica in testa e la bomboletta di gas accanto;
dall'inizio dell'anno salgono così a 125 i detenuti morti, tra suicidi, malattia e le cosiddette cause da accertare;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, i 125 detenuti morti dall'inizio dell'anno rappresentano veri e propri «omicidi di Stato», con l'aggravante che lo Stato è consapevole di ciò che fa e non si vuole ravvedere. Prova ne è il recente decreto legislativo sul trasferimento all'estero dei detenuti stranieri comunitari, approvato dal Consiglio dei ministri un provvedimento insufficiente, anzi inutile, per affrontare l'emergenza del sovraffollamento carcerario -:
se non ritenga opportuno effettuare un'ispezione all'interno del carcere Poggioreale di Napoli e attuare urgentemente ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in ordine alle morti dei detenuti Sergio Scotti, Giuseppe Coppola e Francesco Consolo;
se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative, anche normative, al fine di favorire il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri siano garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08554)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Messaggero del 27 agosto 2010, è apparso un articolo intitolato: «Quattro detenuti in celle per due, cresce la tensione, aggredito un agente»;
l'articolo dà conto dell'aggressione subita da un assistente capo della polizia penitenziaria reatino il quale, qualche giorno fa, è stato aggredito e ferito da un detenuto campano finendo all'ospedale con una prognosi di sette giorni;
secondo le principali organizzazioni della polizia penitenziaria, la situazione nel carcere reatino di Vazia è sempre più grave a causa dei turni di lavoro massacranti, nonché della mancanza dei fondi e dei mezzi; il tutto potrebbe diventare esplosivo atteso che i detenuti, da mesi, sono sul piede di guerra per via del sovraffollamento della struttura;
a giudizio di Francesco Spognardi, segretario provinciale dell'organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, «dopo l'ennesimo appello alle istituzioni sulle problematiche dell'istituto penitenziario di Rieti siamo arrivati all'aggressione di un collega. L'insofferenza della popolazione detenuta, dovuta al sovraffollamento, è sfociata in un accanimento verso il personale di polizia. C'erano già stati dei segnali che davano la

sensazione che nella struttura potevano venire meno gli standard minimi di sicurezza, ma solo l'attaccamento e il senso del dovere fanno si che il personale della Penitenziaria di Rieti continui a svolgere dignitosamente la propria attività»;
nel carcere di Rieti, inaugurato quasi un anno fa, il problema è legato proprio alla carenza di personale che non permette l'apertura di altre sezioni detentive. Al momento, gli oltre 110 detenuti presenti sono letteralmente ammassati in due sole sezioni su 11 disponibili. Questo vuol dire che le celle, inizialmente progettate per ospitare due detenuti, ora ne ospitano quattro, in pessime condizioni di vivibilità -:
se non ritenga finalmente di dover autorizzare, senza ulteriori ritardi e rinvii, l'adeguamento dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato presso il carcere Vazia di Rieti, colmando le lacune esistenti, in modo da garantire allo stesso condizioni di lavoro dignitose;
se non ritenga opportuno inviare tempestivamente un'ispezione presso il carcere di Rieti, al fine di verificare l'adeguatezza e la dignità delle condizioni di vita dei detenuti ed individuare eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare per il mancato rispetto delle norme vigenti in materia di trattamento penitenziario, di assistenza dei detenuti e, in generale, di garanzia dei diritti dei singoli individui.
(4-08555)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ASCA di giovedì 9 settembre 2010, al tribunale di Varese manca il magistrato di sorveglianza da quasi due mesi;
il vuoto di organico costringe gli agenti a portare i fascicoli con le richieste di permesso dei detenuti in auto fino al tribunale di Pavia, dove il magistrato di sorveglianza fa le veci del collega varesino vacante. Inevitabili, quindi, disagi e ritardi non solo per i detenuti di Varese, ma per una buona porzione di quelli lombardi, visto che da Varese dipendono anche le carceri di Como, Lecco, Busto Arsizio e Sondrio;
il provveditore regionale alle carceri Luigi Pagano ha dichiarato quanto segue: «Un disagio da risolvere al più presto, visto che la mancata nomina dipende da alcuni intoppi decisionali e non da una volontà politica»;
per i detenuti ottenere i permessi premio è un'odissea un po' in tutta Italia, come spiega Antonella Maiolo, ex presidente della Commissione speciale sulla realtà carceraria della Lombardia: «Per ottenere permessi speciali di lavoro o la scarcerazione anticipata, i detenuti devono ottenere prima un resoconto positivo da parte degli educatori del carcere e poi l'approvazione del giudice di sorveglianza. Il problema è che entrambi gli istituti soffrono di una cronica mancanza di personale, perché il giudice si trova solo di fronte a centinaia di richieste, mentre gli educatori sono in numero irrisorio rispetto alle necessità perché da troppo tempo il ministero della giustizia non indice nuovi concorsi per nominarne altri» -:
se sia noto per quali motivi il tribunale di Varese risulta ancora sprovvisto del magistrato di sorveglianza e quali iniziative urgenti si competenza intenda adottare il Ministro perché venga risolta al più presto la problematica concernente l'ufficio del magistrato di sorveglianza del tribunale di Varese;
cosa intenda fare il Ministro per risolvere la cronica carenza di personale che si registra tra gli educatori e la magistratura di sorveglianza.
(4-08556)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un'inchiesta di Fabrizio Gatti pubblicata su L'Espresso n. 36 del 9 settembre 2010, il concorso pubblico per magistrato ordinario del novembre 2008 avrebbe esibito molteplici irregolarità, a partire dai pochi commissari per valutare migliaia di candidati, al poco tempo a disposizione per le correzioni, ai candidati ammessi nonostante l'evidente inidoneità, fino alle correzioni della commissione senza firme di convalida;
Maurizio Fumo, presidente della commissione d'esame e consigliere della Corte di Cassazione, in un verbale riservato prende atto «purtroppo, dell'atteggiamento obliquo e truffaldino da parte di non pochi candidati e, tra questi, un vicequestore trovata in possesso di una rilevante dose di appunti, nascosta tra la biancheria intima»;
L'Espresso ha letto i tre temi scritti da ciascuno dei magistrati appena nominati dal Ministero e ha analizzato i 233 verbali della commissione d'esame: non mancano gli errori gravi di ortografia e la punteggiatura è un accessorio. Inoltre, l'apostrofo usato a sproposito, frasi chilometriche, parole da leggere diverse volte per capirne il senso, quasi la grafia leggibile non fosse una forma di educazione verso chi legge. Pagine bianche e righe nere che assomigliano a singolari (e, tra l'altro, vietati) segni di riconoscimento. Fogli pasticciati e scritti sui margini come fossero fumetti. Inoltre, vi sono le questioni giuridiche. Rileva un ricorso dinanzi al Tar: la commissione ha promosso un tema «che, già a una semplice lettura, si rivela addirittura inidoneo a superare un giudizio di sufficienza in un esame universitario di diritto penale»;
anche i documenti della commissione presenterebbero anomalie: voti allegati senza timbri ministeriali, fogli volanti inseriti in mezzo ai verbali di valutazione, correzioni e cancellature senza firme di convalida. L'articolo 18 della legge n. 1860 del 15 ottobre 1925 su questi punti è chiaro: «Le cancellature o correzioni, che occorressero, devono essere approvate una per una dal presidente e dal segretario, con annotazione a margine o in fine»;
l'avvocato Anna Sammassimo, dell'Unione giuristi cattolici spiega inoltre: «I componenti della commissione rispondono che il livello degli elaborati non ammessi era basso». «Ma alla lettura degli elaborati dichiarati idonei si resta perplessi e molto. Tanto più che i curricula dei candidati esclusi destano ammirazione. Dal verbale da me visionato, il 227, risulta che la correzione dei tre elaborati di ciascun candidato ha impegnato la sottocommissione per circa 30 minuti: per leggere tre temi di tre materie, discuterne e deciderne il voto o la non idoneità sembra obiettivamente un po' poco»;
un altro problema sollevato da Maurizio Fumo riguarda i testi ammessi al concorso: contrariamente a quanto stabilito dalla commissione in carica per il precedente concorso, «si è ritenuto di non ammettere testi contenenti note di dottrina e giurisprudenza anche se le relative pagine fossero state spillate o fatte spillare». Le operazioni di identificazione dei candidati (con tesserini questa volta senza foto) e di controllo dei testi con i codici durano due giorni, il 17 e il 18 novembre: «Sono affluiti circa 5.600 candidati. La media dei testi che ciascuno ha inteso introdurre può individuarsi in 5 o 6 per candidato. Per un totale, quindi, di 28.000-33.600 volumi». La regola in Italia, anche nel concorso per magistrati, è sempre flessibile: «Il problema della spillatura, nonostante l'annunzio pubblicato sul sito ministeriale, si è riproposto». I candidati che mostrano ai 250 sorveglianti i testi commentati e spillati «vengono invitati a strappare le pagine contenenti note di dottrina o giurisprudenza...oppure a rinunciare al codice stesso». Tuttavia, diversi codici «continuavano a recare sulla copertina la dicitura «"codice commentato"»; durante le correzioni dei primi 40

temi, sarebbe stato messo a verbale che l'armadio blindato in cui sono custoditi gli elaborati non si chiude: nessun atto registrerebbe se il guasto sia stato poi riparato;
la commissione è divisa in due sottocommissioni. La riunione plenaria viene convocata soltanto in caso di giudizi contrastanti o di prove da annullare. Alle 12.50 del 17 dicembre 2008, verbale 18, una seduta plenaria promuove il candidato numero 86. Lo stesso giorno, dalle 16.30 allei 7.40, un'altra plenaria boccia il candidato numero 93: nonostante un 18 in civile e un 13 in penale. Le plenarie vanno verbalizzate a parte. Ma delle due sedute di quel 17 dicembre non esisterebbero verbali. Secondo il diario giornaliero della sottocommissione A alle 17.15 si allontana una commissaria. Il fatto però non è registrato nel verbale della sottocommissione B da cui risulta che la plenaria sia ancora in corso;
i ricorsi finora non avrebbero portato a nulla. L'avvocato di Asti, Pierpaolo Berardi, 46 anni, dopo 18 anni, 16 procedimenti al Tar e 8 al Consiglio di Stato, non avrebbe ancora avuto giustizia. Le sentenze hanno stabilito che le sue prove scritte per il concorso 1992 sono rimaste chiuse nelle buste, nonostante sui verbali sia scritto «non idoneo». Un falso ideologico che il Csm ha riconosciuto soltanto due anni fa. Nonostante ciò, non risulterebbe sia stato preso alcun provvedimento;
infine, lo stesso articolo denuncia la scorrettezza degli stessi candidati selezionati che dovranno governare la giustizia: la dottoressa F., giovanissimo magistrato di freschissima nomina, ha partecipato agli scritti del concorso per magistrato ordinario del novembre 2008 e, in seguito, avrebbe chiesto l'annullamento dello stesso concorso al Tar del Lazio per le presunte irregolarità di cui era stata testimone. Dopo aver saputo di avere passato gli scritti e superato gli orali nella primavera 2010, la ragazza avrebbe dichiarato al Tar «la sopravvenuta carenza di interesse» chiedendo ai giudici, nel maggio 2010, di annullare la richiesta di annullamento. Il 9 agosto 2010, il Tar ha infine archiviato il caso: la sentenza è arrivata in tempo per vedere il nome del nuovo magistrato tra i 253 vincitori, pubblicato dal Ministero della giustizia il giorno di ferragosto -:
di quali dati disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti esposti in premessa;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno promuovere l'adozione di severe e rigide norme per la selezione dei candidati magistrati, a partire dall'adeguata pubblicità del bando di concorso e dall'indipendenza effettiva dei commissari dall'amministrazione;
se e quali altre iniziative intenda adottare al fine di tutelare la trasparenza dei concorsi pubblici e garantire l'idoneità dei candidati ammessi.
(4-08560)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una visita ispettiva, di esponenti radicali nel carcere di Brindisi, tenutasi il 10 agosto 2010, si sono riscontrate le seguenti problematicità;
un progressivo aumento della popolazione carceraria giunta a 189 detenuti su una capienza regolamentare di 96 e su una capienza tollerata di 120, a cui corrisponde una sistematica riduzione annuale degli stanziamenti;
quanto al personale penitenziario, è stato fatto presente che ancora 30 unità di polizia penitenziaria sono in distacco presso altre sedi mentre si rende necessario il loro rientro anche per l'imminente apertura dell'infermeria e per garantire livelli adeguati di sicurezza;
per quanto riguarda il personale del comparto ministeri, nel corso dell'anno,

sono previsti due collocamenti in congedo e, tenuto conto dei pensionamenti annunciati per i prossimi anni, senza che si sia provveduto a rimpiazzare le citate unità non sarà possibile garantire tutti i servizi, soprattutto per l'area contabile;
la casa circondariale di Brindisi, costruita nel 1930, pur essendo stata oggetto di importanti ristrutturazioni con la ricostruzione di due sezioni e dell'infermeria, presenta parti rimaste nella situazione precedente;
per rendere pienamente funzionante l'istituto sono necessari interventi di ristrutturazione nei seguenti locali:
a) laboratorio destinato alle lavorazioni che peraltro è l'unico locale in cui si possono organizzare attività artigianali o, in base alla legge Smuraglia, attività industriali;
b) le due sezioni detentive, essendo una inagibile e l'altra non conforme al decreto del Presidente della Repubblica 2000/230;
c) locale destinato ad archivio, sezione per semiliberi, mensa agenti ed armeria;
d) mancano inoltre gli impianti di allarme ed anti scavalcamento;
90 dei detenuti ristretti a Brindisi soffre di patologie di tipo psichiatrico, ma vi sono solo 2 psichiatri del CIM presenti 1 giorno a settimana per 4 ore e uno psichiatra per 20 ore al mese;
la struttura carceraria, pur recentemente ristrutturata, dispone di spazi per assistenza sanitaria specialistica che però risultavano privi della strumentazione necessaria con un'assoluta carenza della presenza in carcere di specialisti di oculistica, radiologia, piccola chirurgia e del dentista poiché, nonostante numerosi solleciti all'ASL locale, non si è provveduto minimamente a far fronte alle richieste le più urgenti delle quali sono:
a) l'incremento delle ore dello psichiatra per almeno 3 ore al giorno;
b) un'apparecchiatura per effettuare i raggi;
c) una pur minima strumentazione chirurgica;
tale situazione crea non pochi problemi organizzativi comportando la necessità di disporre il trasferimento dei detenuti presso le strutture sanitarie specialistiche con relativo impiego, e quindi con la distrazione dalla struttura carceraria, di agenti di polizia penitenziaria;
particolarmente grave è poi il fatto che, pur in vista dell'apertura dei reparti sanitari prevista per la metà di settembre, non risultano assegnati infermieri;
solo 4 sono gli educatori secondo la pianta organica, che risultano assegnati ed effettivamente in servizio, e 2 gli psicologi;
nel corso del 2010 si è verificato un suicidio -:
quali iniziative si intendano assumere per dotare la struttura detentiva di Brindisi delle adeguate risorse finanziarie per far fronte all'aumento della popolazione carceraria;
quali iniziative si intendano assumere perché il personale penitenziario sia integrato delle 30 unità di polizia penitenziaria e i posti lasciati o che saranno lasciati vacanti in virtù dei pensionamenti siano rimpiazzati affinché non vi sia alcuna sospensione di attività legate all'amministrazione dell'istituto;
quali iniziative, e con quali risorse, si intendano assumere affinché gli spazi indicati in premessa, che necessitano di opere di manutenzione, siano urgentemente ristrutturati;
in particolare, quali iniziative si intendano adottare perché la direzione del carcere di Brindisi sia messa nelle condizioni, a partire dalla disponibilità di spazi a ciò idonei, di organizzare attività per la socialità;
più in generale, quali iniziative urgenti si intendano adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti

all'interno dell'istituto penitenziario di Brindisi alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08562)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 8 settembre 2010, sul sito www.baschiblu.org, nel blog «Eugenio» gestito, per quanto risulta agli interroganti, dal Segretario della UIL penitenziari Eugenio Sarno, veniva pubblicato quanto segue sotto il titolo «stranezze»: «Di cose strane nell'Amministrazione Penitenziaria se ne sono viste tante e, credo, continueremo a vederne tantissime. Non abbiamo, però, memoria di qualcuno (che non sia poliziotto penitenziario) che abbia risposto delle nefandezze di cui si è reso responsabile. Anche perché nessuno nell'Amministrazione Penitenziaria, forse, ha mai veramente creduto che fosse opportuno accertare e perseguire le responsabilità. Così capita che a Lucca si può costruire un tetto nuovo di zecca su un edificio dismesso o costruire una carraia dalla quale non transiterà mai nessun mezzo o anche disporre di nuovissimo rilevatore a raggi x per il controllo degli effetti e non utilizzarlo. Storia vecchia si dirà. Già storia vecchia, che puntualmente si ripete. Come non ricordare, ad esempio, le divise assortite in varie tonalità di grigio verde o di blu e la camice tricolori. Qualcuno ha mai reso conto delle proprie (evidenti) responsabilità ? A noi non risulta. Nell'Amministrazione Penitenziaria vige la garanzia dell'assoluta impunità. Ognuno (purché non sia della polizia penitenziaria) può fare di tutto. Può perpetrare abusi; può negare ogni diritto ai sottoposti; può infrangere regolamenti e violare accordi contrattuali. Ha sempre la garanzia di farla franca. Ognuno può persino acclamare la propria ignoranza ed incompetenza permettendo sperperi e spese ingiustificate. Tranquilli. Mai nessuno pagherà. Capita anche che un Dirigente offenda e vilipendi il Corpo della polizia penitenziaria e continui (tranquillamente, ovvio) non solo ad esercitare ma anche a rimanere nella propria sede. Capita che molti dirigenti violino le disposizioni in materia di formulazione di giudizi annuali nella certezza che mai alcun addebito verrà loro contestato. Capita che le disposizioni dipartimentali emanate dal capo (??) del DAP vengano puntualmente disattese. Avete notizia di qualche provvedimento disciplinare? Capita che al CED si sbagli (sovente) incidendo negativamente sulle buste paghe (quindi sulle tasche) dei lavoratori e che mai nessuno renda conto. Nella nostra (?) amministrazione capita anche che pur disponendo di circa 800 unità abilitate, circa 50 istituti siano privi di un direttore titolare. Quindi perché meravigliarsi di come vanno le cose. Esse vanno, evidentemente, nel senso in cui l'Amministrazione vuole che vadano. Capita che il DAP istituisca il reparto a cavallo. Non avendo possibilità di maneggi idonei trasferisca i cavalli in Sardegna e appiedi i cavalieri che sono fermi e a disposizione del CAGA. Così come capita che si istituisca il servizio navale ma si tengano le motovedette in rimessa e i polpenmarinai a sorvegliare le barche ferme. Capita, quindi, anche che il DAP spenda ingenti somme per l'acquisto di mezzi e strumenti che alla prova dei fatti si rivelano inutilizzabili. È il caso delle nuove manette modulari. Non solo sono poco funzionali perché eccessivamente ingombranti e pesanti (tanto da rappresentare veri e propri oggetti contundenti capaci di arrecare seri danni fisici) ma sono anche diversamente utilizzabili. Della serie compri 5 e ne usi 2. Proprio così. Perché qualche dirigente illuminato del DAP ha autorizzato l'acquisto di manette confezionate in valigette (stile James Bond) da 5 coppie. Ma si da il caso che in ogni valigetta siano disponibili solo due chiavi (non riproducibili) per cinque coppie di manette. C'è da aggiungere altro ? State certi che quello scienziato o quegli scienziati non risponderanno della loro incompetenza e della loro irresponsabilità. E non è finita qui. Al Nucleo Provinciale Traduzioni e Piantonamenti di Caserta (di

stanza Santa Maria Capua Vetere) abbiamo potuto constatare de visu come i nuovi (???) mezzi protetti adibiti al trasporto detenuti (IVECO 65 C.18) siano già fermi dopo solo poche settimane dalla messa in strada. Motivo ? Cedono le cerniere delle portiere che si incastrano nella carrozzeria... Ma qualcuno del DAP avrà formulato giudizio positivo in sede di collaudo ? Anche qui abbiamo ragionevole certezza di prevedere che nessuno sarà chiamato a fare ammenda. E visto che ci siamo ci sbilanciamo in un'altra previsione: dal 15 settembre le auto di servizio sono fruibili solo per i Dirigenti Generali dell'Amministrazione. Questo dovrebbe significare che tanti dirigenti superiori e moltissimi direttori d'istituto dovranno far ricorso alla propria autovettura. Noi crediamo che vedremo tantissime auto blu della polpen adibite al trasposto e all'accompagnamento dei dirigenti superiori e dei direttori d'istituto, Come dire: fatta la legge, trovato l'inganno. E come sempre ci sarà chi non vede, non sente e non parla. Vero Presidente Ionta ?» -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se corrispondano al vero i singoli episodi denunciati dal Segretario della Uil Penitenziari Eugenio Sarno;
se ritenga di dover approfondire, magari con un'indagine interna all'Amministrazione penitenziaria, quanto riportato in premessa.
(4-08564)

TESTO AGGIORNATO AL 2 FEBBRAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI e FRONER. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con deliberazione CIPE n. 3 del 2009 a seguito di disposizioni di legge venivano destinate risorse per interventi per la messa in sicurezza delle scuole per un valore di 1 miliardo di euro;
a notizia dell'interrogante dopo la destinazione di 226.421.450 euro a favore della regione Abruzzo (delibera n. 47 del 2009) e di euro 8.360.000 alla Scuola europea di Parma (delibera n. 48 del 2009) sono stati assegnati con delibera CIPE del 13 maggio 2010 euro 358.000.000 ad un elenco di oltre 1.500 scuole;
rispetto alla assegnazione risultano risorse residue per euro 407.218.550;
la situazione dell'edilizia scolastica riferita alla sicurezza permane critica ed occorre agire con la massima urgenza -:
quali criteri si siano seguiti per l'assegnazione alle singole scuole dei 358.000.000 di euro di cui alla delibera del 13 maggio 2010;
in merito a tale assegnazione, se gli enti beneficiari siano stati informati, quali siano le procedure che gli stessi dovranno seguire e se siano autorizzati ad assumere da subito gli impegni di spesa al fine di accelerare i lavori;
in merito alle risorse residue quantificate in 407.218.550 euro quali decisioni verranno assunte, quali siano i tempi previsti, le modalità di spesa e sulla base di quali criteri il Ministero intenda agire per dare piena attuazione all'impegno.
(5-03381)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il 14 settembre 2010 la direzione investigativa antimafia di Trapani ha disposto un ingente sequestro di beni a carico dell'imprenditore Vito Nicastri, legato,

secondo gli inquirenti, al capo mafia Matteo Messina Denaro e ad altre consorterie criminali siciliane e calabresi;
secondo le prime stime, il valore dei beni sequestrati sembra ammontare alla sorprendente cifra di oltre un miliardo e mezzo di euro; Nicastri, in particolare, era impegnato nel settore delle energie rinnovabili e aveva realizzato numerosi parchi eolici, utilizzati per il riciclaggio di denaro, che peraltro beneficiano di cospicue sovvenzioni pubbliche;
si tratta di uno straordinario successo delle forze dell'ordine, della magistratura e del Governo, che dimostra ancora una volta il grande impegno profuso da tutte le istituzioni nella lotta alla mafia;
si conferma, soprattutto, l'efficacia degli strumenti di prevenzione e l'importanza cruciale assunta dai sequestri e dalle confische dei beni e delle aziende per colpire gli interessi economici delle organizzazioni criminali;
su questo fronte, negli ultimi tempi, l'attenzione del Governo e del Parlamento è stata alta, come dimostrato, tra l'altro, dall'istituzione dell'«Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», e dalle nuove e recentissime disposizioni contenute nel cosiddetto piano straordinario contro le mafie;
ma resta di fondamentale importanza mantenere i riflettori puntati sull'amministrazione, sull'utilizzo e sulla destinazione finale dei beni sequestrati. La sottrazione di questi beni all'economia mafiosa, la loro virtuosa ed efficiente gestione, il loro fruttuoso realizzo o il reimpiego in attività di interesse civile e sociale possono rappresentare una vitale boccata di ossigeno sia per i territori soggetti ai fenomeni criminali, sia per gli uomini e per le istituzioni impegnate nel contrasto al crimine organizzato;
è veramente paradossale che mentre le organizzazioni criminali hanno a loro disposizione immensi patrimoni e godono di risorse finanziarie quasi illimitate, viceversa, le forze dell'ordine, le prefetture, le procure soffrano e debbano lamentare quotidiane difficoltà persino nella gestione delle attività ordinarie, con gravi carenze di personale e contrazioni di organico, e l'insufficienza delle risorse materiali e finanziarie, necessarie all'acquisto delle vetture, della benzina, e per la gestione degli uffici e delle strutture;
in presenza di sequestri di così straordinaria portata, occorre allora un impegno altrettanto straordinario del Governo per guidare, coordinare, indirizzare, accelerare le procedure e le attività di gestione e valorizzazione dei beni destinati al patrimonio o all'interesse pubblico, per evitare che risorse così ingenti vadano disperse, smembrate, dimenticate in mille rivoli procedurali, tra ricorsi o inefficienze gestionali;
è cruciale, poi, che parte importante di queste risorse - una volta risarcite le vittime dei reati grazie ai quali i malavitosi hanno potuto accumulare simili patrimoni - sia riassegnata agli uffici di polizia e agli uffici giudiziari nei territori dove più è radicata la criminalità organizzata e che sono stati protagonisti delle attività di indagine che hanno reso possibili i sequestri e le confische: occorre mantenere, in altri termini, un circolo virtuoso grazie al quale le risorse sottratte alle mafie siano utilizzate contro le mafie stesse -:
quali saranno presumibilmente i tempi necessari per destinare a finalità di interesse pubblico i beni, le aziende e le risorse sottratte alla criminalità organizzata col sequestro del 14 settembre 2010;
quali saranno i presumibili impieghi dei patrimoni sequestrati, in particolare in favore delle forze di polizia, dell'organizzazione della giustizia e del sistema sicurezza nel suo complesso;
quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di meglio coordinare e indirizzare le procedure di gestione e destinazione dei beni sequestrati, avendo come priorità la loro destinazione in favore

delle forze di polizia, per migliorarne lo status organizzativo ed economico;
se non sia opportuno prevedere, anche sul piano normativo, delle procedure accelerate o speciali di gestione e destinazione dei beni, in presenza di sequestri o confische di particolare e straordinaria portata, per un loro migliore reimpiego nella lotta alla criminalità organizzata.
(2-00819) «Bocchino, Lo Presti».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'interpellante ha già presentato precedenti atti di sindacato ispettivo sull'utilizzo degli autovelox chiedendo, più volte che le prefetture predisponessero controlli più puntuali sulle attrezzature impiegate dalla provincia e dagli enti locali per il controllo della velocità;
si evidenzia l'atteggiamento della provincia di Bologna che, in questi giorni, ha disattivato 15 autovelox non rispondenti alla normativa entrata in vigore negli ultimi mesi;
gli apparecchi in questione erano palesemente non conformi alla normativa da tempo, circostanza già sottolineata al Governo, ed ad avviso dell'interrogante, sembravano rispondere più ad una necessità di reperire fondi, esclusa esplicitamente dalla legge, che alla tutela dei cittadini;
di fronte a quello che all'interpellante appare uno spreco di danaro pubblico ed ai disservizi creati a tanti automobilisti multati ingiustamente attraverso l'utilizzo degli autovelox nelle strade della provincia di Bologna, paiono giuste non solo le denunce alla magistratura, ma anche alla Corte dei Conti e sarebbe opportuna un'energica attivazione della prefettura di Bologna, competente per legge, al fine di coordinare a livello territoriale questa complessa materia;
l'interpellante fa altresì presente di avere contattato il Prefetto di Bologna con lettera rimasta senza risposta -:
se intenda verificare la corretta applicazione da parte della provincia e degli enti locali della circolare del Ministro interpellato sulla viabilità e sul controllo degli autovelox, procedendo con un intervento risolutore, anche per mezzo del Prefetto, che impedisca, una volta per tutte, che i problemi finanziari degli enti locali possano essere affrontati attraverso l'uso, anzi l'abuso, del codice della strada.
(2-00815) «Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:

MARIO PEPE (PdL) e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella tarda sera del 5 settembre 2010 Angelo Vassallo, 57 anni, sindaco di Pollica-Acciaroli, comune del Cilento e nota località balneare, è stato ucciso nella sua auto con 9 colpi sparati da due pistole, in una stradina nei pressi della sua abitazione; mai nel Cilento si era registrato un evento delittuoso di tale portata e di così ampie implicazioni; pur considerando la necessità espressa dagli inquirenti di scandagliare tutte le ipotesi, le modalità dell'agguato sono di stile camorristico, con evidenti aspetti punitivi ed intimidatori;
Angelo Vassallo, uomo pragmatico, innamorato della sua terra e grande lavoratore, era da tempo noto per le sue battaglie in favore della legalità e a tutela dell'ambiente; secondo alcune testimonianze negli ultimi tempi era preoccupato e si teneva costantemente in contatto con la Magistratura in relazione agli sviluppi di talune vicende, riguardanti in particolare gli interessi malavitosi sul porto o il contrasto allo spaccio (e forse anche alla produzione locale) di droga, senza dimenticare il crescente abusivismo edilizio;
fino a pochi anni fa, grazie alla sua povertà ed allo spopolamento dovuto all'emigrazione degli anni '50 e '60, il Cilento

era rimasto fuori dalle attività criminali della camorra, operante più a nord, e della 'ndrangheta calabrese da sud; tuttavia il recente tumultuoso sviluppo turistico, connesso all'estrema bellezza del mare e dei luoghi, lo reso appetibile a diverse attività criminali: riciclaggio di denaro sporco e di rifiuti; abusivismo edilizio, droga, in particolare nella stagione estiva, interessi su opere pubbliche, in particolare nei numerosi porti turistici dell'area;
da diversi anni gli enti locali e le associazioni ambientaliste locali, nonché le scarsissime Forze dell'ordine che presidiano quel territorio, un tempo ordinato e tranquillo, segnalano il moltiplicarsi degli atti di vandalismo e di intimidazione, dei furti nelle case condotti con criteri di sistematicità, delle discariche abusive, delle operazioni immobiliari di dubbia economicità, ma di grande impatto sull'ambiente;
i sindaci dell'area, pur riconfermando il proprio impegno civile, hanno chiaramente espresso la loro solitudine e impotenza nella lotta contro il crimine organizzato, in quanto sostanzialmente la dotazione di mezzi e gli organici delle forze di polizia dell'area sono ancora quelle di un Cilento rurale che non esiste più; ancor più grave è la denunzia del fratello di Angelo Vassallo, che ha reso pubbliche a livello nazionale le preoccupazioni dell'ucciso, riguardanti le collusioni tra taluni membri deviati delle Forze dell'Ordine e la criminalità organizzata;
pur considerando il Cilento ormai area di frontiera nella guerra tra lo Stato e la camorra da un lato e la 'ndrangheta dall'altro, ritengono che tale guerra possa essere vinta grazie alla struttura sociale ancora sana della comunità cilentana ed al carattere delle sue genti, non ancora oppresse da fenomeni omertosi ed assolutamente restie ad imposizioni esterne, a condizione che lo Stato assicuri alle collettività ed alle istituzioni locali presenza, sostegno e tutela -:
se non ritenga opportuno rafforzare la presenza di uomini e mezzi nel Cilento, anche al fine di presidiare un territorio nel quale è in crescita un'illegalità diffusa importata dalle aree vicine, in modo tale da predisporre le condizioni affinché siano assicurati i responsabili dell'omicidio di Angelo Vassallo alla giustizia e sia bloccata l'infiltrazione delle cosche nel tessuto economico e sociale del Cilento;
se non ritenga opportuno creare un coordinamento, o quantomeno un canale di comunicazione permanente tra amministratori locali cilentani, comunità montane, ente Parco nazionale del Cilento, Corpo forestale ed altre istituzioni locali - ivi comprese le associazioni ambientaliste e quelle spontaneamente formate dai cittadini utilizzando gli strumenti previsti dall'articolo 3, comma 40 della legge n. 94 del 2009, nei limiti stabiliti dalla sentenza n. 226 del 2010 della Corte Costituzionale -, Forze dell'ordine e Direzione distrettuale antimafia di Salerno;
se non ritenga opportuno adottare con urgenza metodi di sorveglianza e video-sorveglianza avanzati ai fini del controllo del territorio, peraltro già richiesti da taluni comuni cilentani, anche utilizzando le risorse previste allo scopo dall'articolo 61 comma 18 del decreto legge n. 122 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008;
se non ritenga di assoluta urgenza compiere le verifiche di competenza in ordine a situazioni di collusione tra criminalità organizzata e taluni soggetti operanti nell'area in questione appartenenti alle Forze dell'ordine, a cominciare dai casi in cui si sia verificato un insolito arricchimento, un elevato assenteismo e diverse frequentazioni equivoche.
(3-01225)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la città di Altamura è in provincia di Bari, a 40 chilometri dal capoluogo pugliese e a 19 da Matera, quasi al confine

della Puglia con la Basilicata. Comune dalla storia illustre - famosi i reperti archeologici come i resti dell'Uomo di Altamura, vissuto all'incirca 400.000 anni fa nella grotta di Lamalunga e noti a tutti gli storici del settore - ad oggi consta di più di 73.000 abitanti e rappresenta il punto di riferimento dell'intero territorio murgiano;
una città così grande e che raccoglie un bacino d'utenza importante, con l'insediamento di numerosissime attività economiche nei settori dell'industria di trasformazione agroalimentare nonché del salotto e del mobile imbottito, è a tutt'oggi sprovvista di un commissariato;
il 6 settembre 2010, come riportato da tutti i giornali locali e nazionali, il cadavere di un uomo, Bartolomeo D'Ambrosio, è stato trovato nelle campagne di Altamura; secondo le prime notizie, l'uomo sarebbe stato ucciso con colpi di pistola e di fucile mentre faceva jogging;
D'Ambrosio, 44 anni, ex istruttore di arti marziali, aveva numerosi precedenti penali ed era considerato dagli investigatori a capo di un gruppo malavitoso locale, l'uomo sarebbe stato ucciso con colpi di pistola e di fucile, e di conseguenza da più persone;
circa sei mesi fa, il 25 marzo 2010, ad Altamura è stato commesso un altro omicidio che in queste ore viene messo in possibile relazione con l'uccisione del boss altamurano Bartolomeo D'Ambrosio;
secondo gli investigatori è plausibile la possibilità che l'omicidio di D'Ambrosio possa essere una risposta al duplice omicidio compiuto nel marzo 2010: in quella circostanza vennero uccisi in un agguato in pieno stile mafioso, nel centro cittadino,
il pluripregiudicato Rocco Lagonigro, di 31 anni, e il suo braccio destro ed autista, Vincenzo Ciccimarra, di 38; anche allora i killer attesero Lagonigro dinanzi alla sua abitazione e aprirono il fuoco mentre entrava nell'auto di Ciccimarra, giunto a bordo di una Fiat Stilo per prelevare il boss -:
se non si intenda rafforzare il presidio delle forze dell'ordine preposte a mantenere l'ordine pubblico in città, valutando l'opportunità di aprire un commissariato che operi direttamente nel comune.
(5-03378)

VANNUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con recenti disposizioni legislative è stata soppressa l'agenzia dei segretari comunali; le competenze vengono trasferite al Ministero dell'interno ed il personale ricollocato nella prefettura;
il provvedimento potrebbe avere un aspetto positivo per i comuni che sostenevano le spese per il finanziamento dell'agenzia se non si procedesse a tagliare agli enti i trasferimenti in misura corrispondente;
non sono chiari i processi di trasferimento delle funzioni, se sarà nominato un commissario allo scopo o se il consiglio di amministrazione dell'agenzia possa essere prorogato sino al trasferimento definitivo;
l'incertezza sul percorso crea disagio fra le parti interessate -:
quali siano le previsioni per il «percorso» di trasferimento con riferimento ai tempi ed ai modi;
se il Ministro, anche in relazione alle difficoltà finanziarie dei comuni, condivida l'ipotesi di non procedere alla riduzione dei trasferimenti ai comuni per misure corrispondenti ai costi che sostenevano per l'agenzia dei segretari comunali.
(5-03380)

Interrogazioni a risposta scritta:

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 18 ottobre 2002, alle ore 16,40, Paolo Frau, pluripregiudicato, già membro di spicco della «banda della Magliana» e

fino al decesso notoriamente capo dell'organizzazione criminale operante sul litorale romano e dedita alla commissione di molteplici e gravi delitti, veniva ucciso a colpi di arma da fuoco sotto la sua abitazione, sita in Ostia Lido, da due uomini con il volto coperto da caschi integrali;
il 5 giugno del 2009 veniva assassinato ad Acilia Emidio Salomone, già raggiunto da un provvedimento cautelare per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso e secondo le indagini della squadra mobile di Roma, elemento apicale di una consorteria criminale attiva a Ostia;
il 5 maggio del 2010 i carabinieri di Ostia arrestavano Roberto De Santis e Roberto Giordani che il 20 settembre del 2007, a Casal Palocco, hanno gambizzato il boss Vito Triassi, secondo gli inquirenti legato alla cosca mafiosa siciliana dei Cuntrera-Caruana;
Triassi sarebbe stato gambizzato per motivi di leadership tra due bande per il controllo e la gestione di chioschi e altre attività commerciali del litorale di Ostia. Dalle indagini emergeva che dopo l'agguato, De Santis e Giordani si erano rivolti a Michele Senese, che secondo gli inquirenti è uno dei punti di riferimento a Roma del narcotraffico internazionale, per avviare una mediazione con i fratelli Triassi ed evitare una escalation di violenza. Senese contattò per questo il narcotrafficante Carmine Fasciani che invitò i fratelli Triassi a non reagire all'attentato con altra violenza;
il 14 maggio del 2010 veniva colpito da un attentato incendiario il caffè Salerno di Ostia;
il 19 luglio veniva colpito da un grave attentato incendiario al «Punta Ovest», uno dei chioschi sulle spiagge libere di Ostia Ponente. La struttura, era già stata completamente distrutta da un incendio il 22 novembre 2009 -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti e quali iniziative intenda avviare per contrastare l'escalation della criminalità organizzata nel territorio di Ostia.
(4-08524)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come si evince da inchieste e articoli pubblicati sui principali quotidiani nazionali, sempre più utenti vanno lamentandosi del fatto che diversi operatori del settore delle comunicazioni e della telefonia fissa e mobile utilizzino tecniche di marketing molto aggressive che comprendono oltre alla tradizionale pubblicità televisiva e radiofonica, anche la promozione telefonica diretta alla vendita di servizi di accesso ad internet a banda larga, tariffe per la telefonia locale nazionale e cellulare, e così via;
tale forma di promozione pubblicitaria risulta invasiva e a dispetto dei poteri di controllo delle autorità del mercato e del Garante per la protezione dei dati personali -:
quali iniziative, normative o di potenziamento degli interventi della polizia postale e delle comunicazioni, intendano porre in essere al fine di disciplinare la possibilità di telefonare alla potenziale clientela, diversamente da come avviene oggi senza vincoli di orario ed anche in assenza di esplicito consenso degli utenti, soprattutto al fine di evitare che le telefonate di promozione e sollecitazione dei prodotti e servizi da promuovere siano ripetute nel tempo anche in assenza di reale interesse e riscontro da parte dell'utenza.
(4-08529)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo ricerche effettuate dall'Eures (con l'Ansa) raccogliendo le notizie apparse

sui quotidiani, ogni anno in Italia si verificano tra i 180 e 220 omicidi casalinghi, le vittime sono soprattutto (68 per cento) le mogli: bastonate, accoltellate, perfino decapitate; gli omicidi soprattutto uomini;
in Italia dopo la criminalità organizzata, è a causa di problemi famigliari che si compiono più delitti, tuttavia questo disagio dagli esiti nefasti è pubblicizzato solo nei casi limite particolarmente eclatanti e spettacolari;
a quanto è dato sapere, né il Ministero dell'interno né quello della giustizia, raccolgono sistematicamente i dati sulle violenze in casa da fornire all'Istat;
ad avviso della prima firmataria del presente atto, questa disattenzione istituzionale non aiuta la messa a punto di politiche di prevenzione efficaci -:
se non si ritenga di dover avviare una raccolta sistematica e dettagliata dei dati relativi ai delitti avvenuti nell'ambito familiare da fornire all'Istat.
(4-08530)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Manifesto del 26 agosto 2010 è apparso un articolo di Carlo Lania e di Maria Luisa Mastrogiovanni intitolato: «Reportage dal Cie di Restinco; dormitorio all'inferno e storie di ordinari rimpatri»;
dall'articolo è possibile desumere quanto segue: «Non si tratta di detenzione. Non sono detenuti. Quindi non si configura il reato di evasione. Loro lo sanno e ci provano». Erminia Cicoria, il capo di gabinetto della prefettura di Brindisi, ci accompagna nelle tre ore che trascorriamo al Restinco, il Cie che accoglie gli ultimi migranti sbarcati in questi giorni di scirocco nel basso Salento, stipati nelle stive di barche a vela di lusso. Li incontriamo: hanno passato quattro giorni nella stiva della barca. Hanno passato il confine con la Turchia a piedi, provenienti dall'Iraq. Ad Aksaray, un quartiere di Istanbul, hanno incontrato l'organizzazione a cui hanno pagato settemila dollari a persona. Ieri sera da Restinco hanno chiesto asilo politico. Gli altri, da lì, solo in agosto, ci hanno provato cinque volte a scappare. La maggior parte sono stati ripresi, con le buone o con le cattive. E ne portano tutti i segni. Cinque di loro, che fanno parte del gruppetto che sotto ferragosto hanno impilato un po' di armadietti per salire sul tetto e poi scavalcare il muro di sei metri, hanno un braccio o una gamba rotti. «Sono caduti dal muro», spiega Erminia Cicoria. Ma tre su cinque negano. L'interprete dall'arabo, messa a nostra disposizione dal direttore del Centro, Nicola Lonoce, ci traduce la loro versione: «Macché cadute. Ci hanno picchiato con i manganelli». Disteso per terra su un materasso trascinato nel cortile dagli altri ospiti del centro, Morad Bigawi tunisino di 18 anni, con piede e gamba sinistra ingessati, ci mostra vistosi ematomi sul braccio, spalla e coscia destra. Racconta di essere stato picchiato dagli agenti di polizia e guardia di finanza, che lo hanno riacciuffato per le campagne, mentre cercava di scappare. È più o meno quello che racconta Jbeli Moura, tunisino di 34 anni. È stato in prigione un anno e sei mesi per spaccio. Ha scontato la sua pena ma, per una beffa kafkiana tipica della burocrazia italiana, invece di essere rimpatriato direttamente dopo essere uscito dal carcere, come tutti quelli nella sua condizione, passa da un Cie, dove può accadere che trascorra anche diversi mesi prima di tornare in patria. Così Moura, che ha la famiglia in Belgio, cerca di fuggire, si rompe o, a quanto dice lui, gli rompono un braccio per impedirgli la fuga. Intanto è lì, in un «centro di identificazione ed espulsione», nonostante non abbia bisogno di essere identificato, perché è già stato in un carcere italiano. Storia simile a quella di Rezamag Mahdi, tunisino di 38 anni, ha sposato una cittadina francese da cui ha avuto tre figli, di dieci, sette e cinque anni. Viveva a Grenoble con la sua famiglia. In Italia in vacanza, racconta

di aver picchiato un poliziotto che a suo dire aveva offeso sua moglie e per questo ha scontato due mesi nel carcere di Ravenna e quattro a Foggia. Ora è stato trasferito a Restinco, nonostante non solo sia stato abbondantemente identificato nel carcere, ma, soprattutto, nonostante abbia permesso di soggiorno, patente e carta d'identità francesi. È arrivato lì da poche ore e il capo di gabinetto chiede al direttore del Centro di verificare quella che sembra una situazione a dir poco anomala. Rezamag faceva l'artigiano, ristrutturava appartamenti. Ci mostra la sua tessera di iscrizione alla Camera di commercio francese. Parla a bassa voce, ha modi pacati ma decisi. Fanno a gara per poter raccontare la loro storia. Ci seguono mentre visitiamo le stanze per i colloqui che si tengono con gli psicologi, i consulenti legali, gli assistenti sociali, i mediatori culturali. Sono servizi, questi, previsti dal capitolato d'appalto della gara vinta dal consorzio Connecting people, che gestisce Cie e Centri di accoglienza in tutta Italia. In particolare devono garantire: 54 ore settimanali di assistenza legale; 24 di assistenza psicologica; 24 di assistenza sociale; 156 di mediazione; 24 ore di insegnamento della lingua italiana. Sono corsi frequentati soprattutto dai migranti ospitati all'interno del «Cara», il centro di accoglienza per i richiedenti asilo politico che oggi accoglie 60 persone. Vivono in moduli prefabbricati che diventano roventi sotto il sole del Salento, anche perché l'aria condizionata è rotta e in tutto il Centro non c'è una chiazza d'ombra o la traccia di un albero che dia un po' di tregua e di respiro. Per questo gli ospiti del Cie, oggi 40, si trascinano dalle stanze alla mensa e dalla mensa al cortile. Nel cortile il sole è a picco e l'unica ombra è quella di due grandi gazebo sotto i quali nessuno trova ristoro, perché il pavimento di cemento restituisce il doppio del calore che assorbe. Per questo, siccome l'unico posto fresco è la mensa, portano lì i materassi, e passano le ore, i giorni, i mesi. Fino a sei, entro i quali devono ritornare in patria. In fondo al corridoio, alcuni tappeti sono sistemati per la preghiera. E il periodo del Ramadan e la maggior parte di loro è osservante. Ci fanno vedere i dormitori, stanze da 12 posti con sei letti a castello; i bagni, alla turca, dove mancano molte porte. «Le divelgono - dice il capo di gabinetto della Prefettura - e dal nostro punto di vista è educativo che comprendano che, se rompono una cosa, questa non viene automaticamente sostituita. Devono essere responsabili. Intanto noi eliminiamo tutto ciò che può essere utilizzato per la fuga». Come le porte del Campetto di calcetto. Fino ad un anno fa, quando Restinco era solo un Centro di accoglienza, prima di diventare Cie il 14 agosto dell'anno scorso, il Campetto era usato dai «richiedenti asilo». Da allora, da un lato un muro e dall'altro un semplice cancello rinforzato separano una zona dall'altra. Di fatto è un'unica struttura presidiata da Carabinieri, polizia, Guardia di finanza e dal vicino Battaglione San Marco, che anche per ragioni di «contiguità» viene chiamato per le emergenze. Come per esempio sedare le risse o le rivolte, anche perché, come più volte lamentato dai rappresentanti del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziari) di Brindisi, si lavora in carenza di organico e si ha la tentazione di lasciar fare agli altri il «lavoro sporco» dell'acciuffare chi scappa o bloccare i tafferugli. Intanto ogni giorno continuano ad arrivare qui, come dice Cherif Hamdi, mostrando il suo braccio contuso che non riesce a muovere, «per lavorare, non per essere picchiati»;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, è inaccettabile il fatto che i CIE, concepiti in origine per procedere entro 30 o 60 giorni all'identificazione e al rimpatrio dei cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, siano nel frattempo divenuti, di fatto, un'estensione del carcere, con un prolungamento fino a 180 giorni della «detenzione» in attesa dell'espletamento delle formalità previste, con quelle che gli interroganti giudicano essere aperte violazioni del diritto di asilo e delle procedure per la richiesta dello status di rifugiato;

attualmente i CIE da luoghi di accertamento dei diritti sono divenuti luoghi di normale repressione;
l'attuale realtà di questi centri, pur se diversificata sul territorio nazionale, si configura ormai in maniera eclatante come un'esperienza fallimentare -:
se non ritenga opportuno riconsiderare il funzionamento dei centri visto lo stato di estrema precarietà e degrado delle strutture, situazione che incide sui più elementari diritti di rispetto delle dignità e della persona umane dei cittadini stranieri che vi sono ospitati;
se non ritenga nel frattempo di avviare un'indagine sulle condizioni igienico-sanitarie presenti all'interno dei CIE, eventualmente accertando le eventuali responsabilità amministrative di tale stato di abbandono;
quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare al fine di garantire agli extracomunitari ospiti dei centri di identificazione ed espulsione condizioni di soggiorno dignitose nonché i più elementari diritti umani e civili.
(4-08543)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si può leggere sul giornale Terra Nostra (http://www.italiaterranostra.it/?p=483) il consigliere provinciale e comunale Antonio Potenza l'8 giugno 2010 ha denunciato al commissariato di Polizia di San Severo (Foggia) di aver ricevuto nella mattinata dello stesso giorno una telefonata anonima con il seguente messaggio: «Pronto. Lei è l'ingegnere Potenza?». Risposta: «Sì». «Lei non vuol far fare il cementificio agli amici nostri. Tu stai facendo troppo casino sulla stampa e sulla televisione. Avvisa pure Bianchi. Noi non ci rimettiamo niente. 25 centesimi e ti facciamo saltare la testa con un colpo di lupara»;
l'avvertimento è riferito all'opposizione del consigliere alla realizzazione di un cementificio che può essere paragonato a tutti gli effetti ad un inceneritore che il gruppo Grigolin della marca trevigiana intende costruire in società con la locale Passalacqua, calpestando le normative di protezione sanitaria ed ambientale in un'area a forte vocazione agricola;
si tratta dell'impianto per il quale l'amministrazione comunale di Apricena ha espresso parere favorevole nel luglio 2008 e che dovrebbe occupare un'area di 40 ettari con ciminiere alte rispettivamente 91 metri, 84 metri e 79 metri e che dovrebbe cuocere alla temperatura di circa 1400 gradi oltre 2200 tonnellate al giorno, per 365 giorni all'anno, calcari (che vengono dagli scarti della pietra) ed altri additivi, utilizzando per l'80 per cento combustibile e carbonfossile e soltanto il 20 per cento di gas metano -:
quali iniziative si intendano adottare per tutelare il consigliere Antonio Potenza;
di quali informazioni, alla luce del gravissimo episodio rappresentato in premessa, dispongano i Ministri interrogati in merito al cementificio/inceneritore di cui in premessa.
(4-08559)

TESTO AGGIORNATO AL 15 SETTEMBRE 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
a distanza di due anni dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008, varato dal Governo e convertito dalla legge n. 133 del 2008, che all'articolo 64 ha

previsto il taglio di quasi 8 miliardi di euro, in tre anni, agli organici del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), pari a poco meno di 132.000 posti, determinati dalla cancellazione di 87.341 cattedre e 44.500 posti di personale ATA, sono sotto gli occhi dell'opinione pubblica gli effetti devastanti che si sono abbattuti sul nostro sistema d'istruzione pubblica, sulla sua qualità e sulla sua tenuta;
il drastico taglio di personale, previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, ha determinato nell'anno scolastico 2009-2010 la cancellazione di 42.105 cattedre e 15.167 posti di Ata. A questi tagli e nonostante l'ampia disponibilità di posti vacanti e disponibili, è corrisposto il mancato rinnovo del contratto a tempo determinato per 14.000 docenti e per 8.000 A.T.A., con grave nocumento per la continuità didattica e professionale. Nell'anno scolastico 2010-2011 la riduzione di organico è di altri 25.560 posti di docenti e 15.167 ATA. Il numero di docenti precari a cui non sarà confermata la nomina è stimato in non meno di 15.000;
peraltro, il provvedimento cosiddetto «salva precari» non risponde alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola e crea disparità tra loro, escludendo ad esempio dai benefici coloro che hanno prestato 180 giorni di servizio in più scuole. Inoltre, i contratti di disponibilità sono stati una risposta irrisoria: le regioni hanno utilizzato risorse proprie e secondo le proprie competenze, impiegando i precari anche in attività lavorative diverse, quando non estranee, da quelle svolte nelle scuole, in modo spesso dequalificante. Inoltre in alcune regioni i progetti sono stati attivati in ritardo o addirittura a cavallo tra due anni scolastici, e in alcuni casi hanno escluso i collaboratori scolastici;
la riduzione del tempo scuola in ogni ordine e grado e la cancellazione di cattedre di insegnamento e di posti ATA, a fronte di un aumento della popolazione studentesca (nell'anno scolastico che inizia a fronte di 20.000 studenti in più avremo 3.700 classi in meno), si accompagnano al forte incremento del numero degli alunni per classe, anche in presenza di alunni disabili, nonché alla decurtazione delle risorse per il normale funzionamento delle istituzioni scolastiche, che vantano, inoltre, nei confronti dello Stato crediti per oltre un miliardo di euro;
è facile comprendere come tali condizioni influenzeranno negativamente l'attività didattica, i livelli di apprendimento, la qualità dell'offerta formativa, le possibilità di successo formativo per i più deboli, l'integrazione degli alunni disabili e l'organizzazione delle istituzioni scolastiche, destinati a peggiorare ancora nei prossimi anni a causa degli ulteriori tagli di risorse programmato dal Governo anche a seguito delle disposizioni contenute nella recente «manovra Tremonti» (decreto-legge n. 78 del 2010), che comporterà la decurtazione del bilancio Miur di circa 312 milioni e la fortissima riduzione di finanziamenti di regioni ed enti locali, sempre più in difficoltà nell'erogare risorse e servizi ai sistemi scolastici territoriali;
pertanto non stupisce ma preoccupa vivamente che per l'anno scolastico che inizia - in continuità con il precedente - in tutto il Paese, a migliaia di bambini sia stata negata l'iscrizione alla scuola dell'infanzia, poiché il Ministero non ha autorizzato nuovi posti di docenza. Alcune regioni (come la Toscana), per far fronte alle esigenze educative dei bambini e delle loro famiglie, hanno provveduto direttamente all'attivazione delle necessarie sezioni di scuola dell'infanzia, ponendo le spese del personale sui propri bilanci e surrogando lo Stato, che, ad avviso degli interpellanti, irresponsabilmente non adempie alle competenze che gli assegna la Costituzione;
nella scuola primaria, in tutto il Paese, in almeno un migliaio di casi, è stata negata l'autorizzazione all'apertura di classi a 40 ore (che non possiamo più

chiamare tempo pieno, poiché la cancellazione delle compresenze imposta dal Ministro ne ha mutato il modello didattico), sebbene richieste dalle famiglie. Non sono rari i casi in cui classi prime avviate lo scorso anno scolastico con un orario di 40 ore settimanali, quest'anno funzioneranno con un tempo scuola inferiore, con notevole disagio per gli apprendimenti degli alunni e difficoltà per l'organizzazione delle famiglie. Inoltre, diventano sempre più residuali le esperienze di moduli arricchiti a «tempo lungo» (dalle 31 alle 39 ore), sulle quali il Ministro continua a non diffonde i dati (evasive, sempre ad avviso degli interpellanti, sono state anche le risposte a interrogazioni presentate da sottoscrittori della presente interpellanza);
è stato praticamente soppresso il tempo prolungato nella scuola media, pur richiesto dalle famiglie, perché il Ministero ha negato l'attribuzione dell'organico necessario, nonostante le strutture lo consentissero e gli enti locali se ne fossero accollati gli oneri;
nelle prime classi degli istituti tecnici e professionali, il riordino imposto dal Governo di «epocale» ha, ad avviso degli interpellanti, solo la riduzione delle ore di laboratorio e di molte materie di indirizzo - con l'effetto deleterio di allontanare la scuola dalle esigenze dei distretti produttivi territoriali - mentre nelle classi successive alla prima è assoluta l'incertezza sulla diminuzione d'orario poiché, dopo il ricorso accolto dal TAR, il Consiglio di Stato si pronuncerà solo a fine mese sulla legittimità della riduzione del quadro orario vigente;
la presunta riforma dei licei ha cancellato le straordinarie esperienze di sperimentazione, condotte negli ultimi dieci anni, riducendo gli orari con il solo obiettivo del risparmio della spesa;
per i fortissimi tagli al personale ATA, le istituzioni scolastiche, soprattutto quelle, numerosissime, distribuite su più plessi, avranno difficoltà oggettive a funzionare e a garantire il livello minimo di igiene e la necessaria sorveglianza degli alunni; sarà inoltre impossibile far fronte agli indispensabili servizi di segreteria per carenza di personale amministrativo;
i tagli di cattedre, in alcuni casi mascherati sotto le presunte «riforme» (dal maestro unico alla riduzione di insegnamenti e ore per le medie e le superiori), hanno avuto pesanti riflessi anche sul fronte dei docenti di ruolo: secondo stime accreditate, 12.000 insegnanti sono risultati perdenti posto e, tra questi, moltissimi sono ancora in attesa di conoscere la nuova assegnazione, poiché gli esuberi creati dai tagli non possono essere riassorbiti neanche con utilizzazioni in altre scuole: centinaia di docenti rischiano di essere utilizzati solo per l'effettuazione di supplenze;
ad oggi, numerosi uffici scolastici provinciali non hanno ancora ultimato le operazioni di nomina del personale docente e ATA con grave danno sia per i docenti sia per la continuità didattica;
sono stati ridotti all'inverosimile, dove addirittura non sono scomparsi, gli organici dei docenti per la formazione degli adulti, delle scuole serali e della scuola in carcere;
l'aumento smisurato del numero degli alunni per classe, oltre che incidere negativamente sulla qualità dell'insegnamento e quindi dell'apprendimento, determina il mancato rispetto dei parametri per la sicurezza antincendio e, spesso, per l'agibilità delle aule, anche tenuto conto del fatto che l'edilizia scolastica italiana necessita, in troppi casi, non solo di essere posta in sicurezza (solo il 46 per cento delle nostre scuole ha il certificato di agibilità statica, condizione che ci pone all'ultimo posto in Europa dopo l'Albania, con il 53 per cento) ma anche di essere ampliata e resa più adatta alle esigenze didattiche e pedagogiche di una scuola che cambia e che accoglie cittadini in formazione;
l'Ocse, nel ricordarci che il sapere rappresenta la migliore risposta alla crisi, informa che il nostro Paese - prima dei

tagli operati dal citato articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 - investiva in istruzione e formazione solo il 4,5 per cento del PIL a fronte del 5,7 per cento della media Ocse: un dato già sconfortante destinato a peggiorare per la riduzione di 8 miliardi di euro alla scuola e 1,3 miliardi all'università imposti dal Governo. Il Rapporto OCSE indica l'Italia, in termini di spesa pubblica per istruzione, come fanalino di coda in Europa e al di sotto della media dei paesi Ocse (ad esempio, l'Italia spende 7.948 dollari per studente, mentre la Francia ne spende 8.932 dollari, la Germania 8.270 dollari, la Finlandia 8.440 dollari, la Spagna 8.618 dollari, la Svezia 10.262 dollari, la Svizzera 13.031 dollari, gli Stati Uniti 14.269 dollari). Lo studio, inoltre, chiarisce che il nostro Paese spende per il personale non il 97 per cento, come pervicacemente dichiarato dal Ministro, bensì l'81,5 per cento (la media OCSE è il 79,2 per cento), e, contestualmente, rende noto che il rapporto tra docenti e alunni nel nostro Paese è sostanzialmente pari alla media Ocse, se depurato dai dati sul numero di insegnanti di sostegno e degli insegnanti di religione;
i ritardi nell'attuazione del Titolo V della Costituzione in materia di istruzione e il rinvio sine die del previsto trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni sono la manifestazione plastica che il Governo è impegnato, ad avviso degli interpellanti, a realizzare una politica scolastica centralistica, incentrata sui tagli lineari che penalizzano le esperienza virtuose, sulla mortificazione dell'autonomia scolastica e delle competenze degli enti locali e territoriali. Evidentemente, ad avviso degli interpellanti, le forze di governo, all'attuazione concreta dei princìpi di autonomia scolastica e di leale collaborazione con le regioni e gli enti locali preferiscono l'occupazione della scuola da parte di un partito politico, come la recente vicenda di Adro conferma. A tale proposito, preoccupa l'assenza di una netta e forte critica da parte del responsabile del Dicastero, che dovrebbe innanzitutto tutelare il principio costituzionale della libertà dell'insegnamento -:
come pensi il Ministro, in questa situazione, di far fronte alle esigenze delle famiglie italiane in termini di orario scolastico, di qualità dell'istruzione, di successo formativo, di buon funzionamento organizzativo delle istituzioni scolastiche, di sorveglianza degli alunni, di sicurezza e idoneità delle strutture, di servizi alle famiglie e se non ritenga di fermare finalmente questa deriva e di ridare dignità alla scuola italiana e prospettiva di sviluppo al nostro Paese.
(2-00820)
«Ghizzoni, Ventura, Lenzi, Siragusa, Bachelet, De Pasquale, Coscia, De Biasi, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo».

Interrogazione a risposta immediata:

DI PIETRO, DONADI, BORGHESI, EVANGELISTI, ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le diffuse iniziative di protesta, alcune anche eclatanti, da parte dei precari della scuola sono finalizzate ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla situazione disperata, causata dai tagli indiscriminati operati dall'attuale Governo, che non consentiranno a migliaia di loro di continuare il lavoro, che in alcuni casi veniva svolto da anni;
a fronte dell'applicazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola» e dei decreti attuativi ad esso correlati, nell'anno scolastico 2009-2010 la riduzione di cattedre ammontava a 42.100 unità, come riportato nella circolare del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 2 aprile 2009, n. 38;

nell'anno scolastico 2010-2011 il taglio di cattedre ha riguardato circa 25.600 unità, come risulta dalla circolare 13 aprile 2010, n. 37, del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a cui si aggiungono i 35.000 posti del personale ata tagliati nell'arco dei due anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011;
facendo il bilancio delle cattedre eliminate e dei posti ata ridotti negli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011, emerge un quadro estremamente preoccupante perché risultano cancellati circa 100.000 posti di lavoro precedentemente esistenti;
nella conferenza stampa del 2 settembre 2010, il Ministro interrogato ha dichiarato di non voler incontrare i precari perché alcuni di essi sono militanti di Italia dei valori, dimostrando, ad avviso degli interroganti, di voler ignorare e sminuire le legittime richieste di chi ha contribuito a garantire per anni il funzionamento dell'istituzione pubblica;
un Ministro di un Paese democratico ha il dovere di ascoltare tutte le voci senza discriminazioni basate sulle convinzioni politiche -:
se il Ministro interrogato intenda accordare un incontro con i coordinamenti dei precari che in questi giorni stanno protestando per evitare la propria estromissione dalla scuola, aprendo dunque un dibattito serio in nome di un sapere libero ed aperto a tutti.
(3-01219)

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO e LARATTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito dei drastici tagli delle risorse per la scuola, previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008, pari a quasi 8 miliardi di euro nel triennio, con il conseguente ridimensionamento degli organici del personale docente ed ATA della scuola italiana di circa 132.000 complessivi, di cui 87.400 insegnanti e 44.500 personale ATA, l'avvio dell'anno scolastico 2010/2011 registra innumerevoli disagi e contrattempi per gli studenti e le famiglie, nonché una situazione preoccupante di incertezza e allarme per il personale coinvolto dalle misure di riduzione degli organici;
già nel primo anno di applicazione dei citati tagli, si sono persi 42.105 posti di docente e di 15.167 posti di ATA. A questi tagli è corrisposta la perdita del posto di lavoro di 18 mila docenti e di 8 mila ATA per un totale di 26 mila precari che hanno perso la possibilità di lavorare, cui andranno a sommarsi con l'anno scolastico appena iniziato altri 25.560 docenti e 15.167 ATA;
gli stessi dati ministeriali prevedono una riduzione dell'organico del personale ATA per la Calabria pari a 2.250 unità rispetto all'anno scolastico 2008/2009, con la conseguenza di aggravare la situazione occupazionale in una regione che già sconta tassi di disoccupazione molto superiori alla media nazionale, nonché di compromettere l'operatività di numerosi plessi scolastici e il grado di servizio e sorveglianza degli studenti;
una scuola che prevede meno personale ATA è una scuola destinata a piombare nel disordine e nell'abbandono. Con minor personale ATA non si può garantire la salvaguardia degli alunni minorenni all'interno degli edifici, così come non si riesce ad assicurare che non entrino persone estranee all'interno del plesso scolastico;
tali scelte, frutto di una logica eminentemente ragionieristico-contabile, sembrano non tenere conto dei diversi contesti economici e sociali nei quali vanno a ricadere i loro effetti;
le manifestazioni dei precari della scuola, che si susseguono da diversi giorni e che hanno visto forme eclatanti quali lo sciopero della fame o il blocco simbolico dello stretto di Messina, denunciano il grave disagio che si sta abbattendo sulla scuola italiana, sugli studenti e le loro famiglie e sui lavoratori scolastici. Disagi

che risultano ancora più gravi nelle realtà dove la scuola rappresenta l'unica prospettiva di riscatto e di emancipazione sociale come nel Mezzogiorno e, in particolare, nella regione Calabria;
le prime evidenze delle misure adottate in conseguenza dei tagli previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008, sia dal punto di vista occupazionale che da quello dell'impoverimento complessivo dell'offerta formativa, richiederebbero un serio ripensamento dell'impianto complessivo, prevedendo nell'immediato il blocco della riduzione del personale docente e ATA, soprattutto nelle regioni dove è più forte il fenomeno della dispersione scolastica, quali quelle del Mezzogiorno e, in particolare, della Calabria -:
quali immediate iniziative intenda assumere al fine di scongiurare che le misure adottate si traducano in disagi per gli studenti e le famiglie, con conseguente riduzione dell'offerta formativa e in un ulteriore aggravio dell'emergenza occupazionale, soprattutto nel Mezzogiorno e principalmente nella regione Calabria;
se non ritenga utile, anche per prevenire ulteriori forme di protesta, prevedere apposite sedi di confronto con le rappresentanze del personale della scuola, volte a individuare, soprattutto nelle aree di maggior sofferenza, le soluzioni più idonee per un ordinato avvio dell'anno scolastico e per le legittime aspettative di migliaia di lavoratori del settore che ormai da anni assicurano lo svolgimento delle attività scolastiche.
(5-03385)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a quanto si apprende dalla stampa, tra cui un articolo de Il Gazzettino il sindaco di Adro, comune in provincia di Brescia, avrebbe disposto l'affissione in svariati luoghi del nuovo polo scolastico cittadino del simbolo che caratterizza il proprio partito d'appartenenza, la Lega Nord Padania;
nonostante egli rivendichi la natura «identitaria» del sole delle Alpi, è fuor di dubbio che quel logo sia stato fatto proprio da uno specifico movimento politico e che questo, insieme al predominante colore verde, serva ad indicare una precisa connotazione partitica;
la scuola pubblica, indipendentemente da dove derivino i fondi utilizzati per la costruzione degli stabili, dovrebbe garantire a tutti gli alunni ambienti tali da non produrre discriminazioni;
la stessa Costituzione assicura l'uguaglianza indipendentemente dalle opinioni politiche di ciascun cittadino -:
se non ritenga di assumere le iniziative di competenza affinché si proceda all'immediata rimozione dei simboli del «sole delle Alpi» presenti nel nuovo polo scolastico del comune di Adro in modo da restituire uguale dignità a tutti gli studenti e di consentire loro il diritto ad un'istruzione scevra dall'ideologia politica.
(4-08547)

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sabato 11 settembre 2010, presso Adro, comune di 6.400 abitanti della provincia di Brescia, è stato inaugurato un polo scolastico intitolato a Gianfranco Miglio;
la struttura pubblica, capace di ospitare 650 studenti di scuola elementare e media, è, come lo stesso Corriere della Sera on-line dichiara, ossessivamente decorata con il simbolo del «Sole delle Alpi», riprodotto dappertutto su arredi, finestre, ingressi e su qualsiasi supporto utilizzato per lo svolgimento dell'attività didattica;
suddetto simbolo non è semplicemente un richiamo alle tradizioni popolari e culturali del comune di Adro, ma è il

marchio che, sin dall'origine, la Lega Nord ha scelto di utilizzare come proprio vessillo e segno distintivo associato all'idea di autonomia dallo Stato italiano;
il Ministro interrogato ha dichiarato al Corriere della Sera di lunedì 13 settembre 2010, di non condividere «un certo folklore» dimostrato, in diverse occasioni, dal sindaco leghista Oscar Lancini;
ad avviso degli interroganti, tale «folkloristica iniziativa» costituisce una forzatura di pessimo gusto, che rasenta un abuso nonché una violazione dei princìpi cardine dell'insegnamento e della scuola pubblica stessa, luogo di cultura, di formazione ed educazione delle giovani generazioni, non di indottrinamento politico -:
se e quando il Ministro interrogato intenda intervenire, con fermezza e urgenza, per ottenere l'immediata rimozione di tali simboli di propaganda politica da un edificio pubblico.
(4-08551)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il museo di antropologia criminale «Cesare Lombroso», sito in via Pietro Giuria n. 15 di Torino, presenta, nell'ambito del suo percorso, condizioni fortemente discriminanti nei confronti della popolazione meridionale della penisola italica;
sono presenti maschere in cera, calchi in gesso e foto di volti di individui con precise etichette di condotte sociali devianti;
sono presenti, ad esempio, reperti indicanti persone ritenuti responsabili di truffe, omicidi, stupri, la cui fisiognomica, secondo le assurde tesi del positivismo del Lombroso, erano la giustificazione a tali comportamenti devianti;
ma il percorso più discriminatorio e pericoloso, in quanto capace di determinare pregiudizi nei confronti di popolazioni provenienti da alcune aree geografiche italiane, è la presenza nell'etichetta, dove è menzionata la condotta deviante, della città di origine dell'individuo;
ci si trova, quindi, nell'assurda presentazione di volti in cera o foto di volti che indicano la condotta deviante (ad esempio stupratore, o uxoricida, o grassatore) e la città di origine (ad esempio, Campobasso, o Bari, o Messina, e altre);
tali presentazioni, peraltro, comprendono anche volti in cera di persone provenienti da altre parti d'Italia (ad esempio, il Veneto), anche se la maggior parte dei volti in cera sono di persone dell'Italia del Sud;
l'interrogante ritiene che tali forme non hanno nessuna giustificazione scientifica, qualora si volesse ancora attribuire una valenza scientifica alle teorie lombrosiane, ma rappresentano anche un pericoloso strumento didattico ed educativo, potendo far nascere comportamenti improntati al razzismo e all'intolleranza;
ancor più pericolosa è l'eventuale frequentazione del museo da parte di gruppi scolastici (sperando che mai venga fatta una scelta del genere da parte delle scuole) e dove i bambini potrebbero trovare motivo di denigrazione e di offesa nei confronti di compagni la cui origine possa coincidere con quella dei volti in cera o delle foto -:
con quali modalità e in quali tempi i Ministri interrogati intendano porre in essere le iniziative di propria competenza per restituire alle famiglie i resti mortali dei presunti «briganti» e «delinquenti» meridionali, e agli stessi dignità morale (postuma).
(4-08553)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, MISIANI e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in particolare articolo 12), l'INPS con messaggio 21181 del 12 agosto 2010 ha disposto che: «la costituzione della posizione assicurativa nel FPLD in favore dei lavoratori iscritti ai soppressi fondi elettrici e telefonici potrà essere trasferita solo a domanda degli interessati e a titolo oneroso»;
in conseguenza di quanto sopra, precisa l'INPS, non deve essere più posto in pagamento il trattamento più favorevole fra quello calcolato con le norme del fondo e quello calcolato con le norme del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), con effetto sulle istanze presentate a partire dal 1o luglio 2010;
con questo provvedimento i lavoratori interessati si sono trovati, con provvedimento retroattivo, a vedere non riconosciuti i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
è del tutto evidente come la nuova normativa sia assolutamente lesiva in particolare per tutti i lavoratori elettrici che hanno sempre lavorato in turno continuato e avvicendato;
con queste norme si è messo in discussione quel diritto fondamentale del lavoratore, di poter creare la propria posizione assicurativa all'Inps, che rimane l'ente fondamentale previdenziale, e si complica e si rende sempre onerosa la possibilità di cumulare i contributi versati durante tutta la propria vita lavorativa; la possibilità di ricongiungere contributi ha sempre rappresentato un pilastro fondante del nostro sistema previdenziale;
l'articolo 12, comma 12-octies, del decreto-legge n. 78 del 2010, infatti, è intervenuto ad abrogare, a decorrere dal 1o luglio 2010, l'articolo 3, comma 14, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 562, che regolava il trasferimento in AGO delle posizioni assicurative del fondo elettrici;
analogamente l'articolo 12, comma 12-novies ha abrogato, con pari decorrenza, l'articolo 28 della legge n. 1450 del 1956 che consentiva il trasferimento gratuito della contribuzione dal Fondo telefonici all'assicurazione generale obbligatoria;
a decorrere dal 1o luglio 2010 il comma 12-septies dell'articolo 12 è intervenuto a modificare il disposto dei primi 3 commi dell'articolo 1 della legge n. 29/1979, che consentivano la ricongiunzione nel FPLD - a titolo gratuito - dei periodi di contribuzione maturati presso forme di previdenza sostitutive, esonerative ed esclusive dell'AGO, rendendo onerosa tale operazione di ricongiunzione;
a seguito dell'abrogazione delle disposizioni che fino al 30 giugno hanno regolato la costituzione della posizione assicurativa nel FPLD dai predetti fondi speciali e della modifica normativa apportata all'articolo 1 della legge n. 29 del 1979, con effetto sulle istanze presentate dal 1o luglio 2010, la posizione assicurativa dei lavoratori elettrici e telefonici potrà essere trasferita nel FPLD solo a domanda degli interessati e a titolo oneroso; la predetta data del 1o luglio 2010 si riferisce alla data della domanda di costituzione della posizione assicurativa nell'AGO, presentata ai sensi delle citate norme oggetto di abrogazione; prescinde pertanto sia dalla data di presentazione della domanda di pensione che da quella di decorrenza della stessa ed ai lavoratori in esame deve essere liquidata la pensione a carico dei rispettivi fondi, salva la possibilità degli interessati di liquidare la prestazione a carico del FPLD su espressa richiesta di trasferimento della posizione assicurativa e previa accettazione del previsto onere di copertura -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire per promuovere

una modifica normativa, che consenta di reintrodurre la possibilità di ricongiungere/cumulare i contributi versati dai lavoratori nel corso della propria vita lavorativa così ripristinando condizioni di equità.
(5-03379)

SCHIRRU, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 102 del 2010, convertito dalla legge n. 126 del 2010, provvedimento che riguarda le missioni internazionali, è stata apportata una profonda modifica a quanto previsto in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata dalle leggi 302 del 1990 e 407 del 1998, come modificata dall'articolo 2, comma 1 della legge 288 del 1999, in tema di collocamento obbligatorio dei disabili;
il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 407 del 1998, infatti, stabilisce che le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, nonché il coniuge e i figli superstiti, ovvero fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi godono del diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli;
la modifica introdotta al comma 5, dell'articolo 7 della legge 126 del 2010 prevede che a tali assunzioni non si applica la quota di riserva prevista dall'articolo 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999 che è prevista nella misura dell'1 per cento nelle aziende con più di 50 dipendenti in favore di orfani e coniugi superstiti e, di conseguenza la categoria citata andrebbe ad occupare i posti riservati ai disabili, come previsto dalla legge n. 68 del 1999 -:
se non ritenga opportuno che la modifica introdotta all'articolo 5, comma 7 del decreto-legge 102 del 2010 convertito dalla legge 126 del 2010, necessiti di un'esplicita interpretazione al fine di precisare che i diritti dei familiari delle vittime del terrorismo non debbano pregiudicare lo stesso diritto per i disabili.
(5-03384)

Interrogazioni a risposta scritta:

GNECCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
alla crescente presenza di persone non autosufficienti tra la popolazione italiana non corrisponde un'adeguata risposta da parte delle politiche pubbliche;
è opinione comune - e la recente letteratura in materia lo conferma - che in questo campo esista un profondo divario tra la gamma dei bisogni e la dimensione dello sforzo pubblico. Su queste basi poggia la convinzione che la costruzione di un sistema completo di protezione sociale e di cura in favore delle persone non autosufficienti sia una delle riforme più urgenti di cui necessiti il complessivo sistema di welfare del nostro Paese;
osservando i molti Paesi europei, che negli ultimi anni, hanno predisposto riforme in tale settore e l'Unione europea che, dal suo canto, pone questa tra le priorità di intervento future, si coglie ancora di più il preoccupante ritardo del nostro Paese, atteso anche l'invecchiamento demografico della popolazione;
con l'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze, al fine di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni nei confronti delle persone non autosufficienti su tutto il territorio nazionale;
la dotazione del Fondo, pari a 100 milioni di euro per l'anno 2007 e a 200

milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, è stata successivamente incrementata, con l'articolo 2, comma 465, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), rispettivamente di 100 milioni di euro per il 2008 e di 200 milioni per il 2009;
le risorse del Fondo sono state annualmente ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con appositi decreti ministeriali (in data 12 ottobre 2007 e 6 agosto 2008);
nella legge 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria 2009), non è stato previsto il rifinanziamento del Fondo per il prossimo triennio. L'azzeramento del Fondo a partire dal 2010 avrà delle gravi ripercussioni sulla continuità dei progetti e dei servizi attivati da regioni ed enti locali in questo triennio a sostegno di soggetti e famiglie in cui è presente una persona non autosufficiente;
il 20 luglio 2010 è stato presentato dal Ministro interrogato il rapporto 2010 sulla non autosufficienza in Italia, dal quale si evince chiaramente quanto la problematica abbia urgente bisogno di essere affrontata in modo organico e strutturale;
con l'ordine del giorno 9/3638/190 accolto dal Governo il 29 luglio 2010 l'esecutivo si è impegnato a considerare tra le sue priorità il problema della non autosufficienza delle persone anziane, sia escludendo tra i tagli ai trasferimenti delle regioni le risorse destinate alla non autosufficienza, sia individuando le risorse necessarie per l'anno 2011, e ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riorganizzare l'intera materia, definendo anche i livelli essenziali d'assistenza delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, inserendovi le prestazioni per la non autosufficienza affinché si possano avere prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale -:
come intenda il Ministro interrogato, anche alla luce delle risultanze emerse dal rapporto relativo all'anno 2010 sulla non autosufficienza, dare seguito all'ordine del giorno succitato, approvato il 28 luglio dalla Camera dei deputati.
(4-08517)

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
su alcuni quotidiani dell'8 settembre 2010 si legge che la città di Bologna è la capitale dei suicidi in Italia e che, in Emilia Romagna, Modena la segue a ruota;
dai dati Istat si ricava che nel 2008 a Bologna si sono suicidate 82 persone ed altre 79 hanno tentato di togliersi la vita, in termini percentuali ci sono stati 8,5 suicidi ogni 100 mila abitanti, a Modena 43 suicidi rappresentano una percentuale del 6,3 ogni 100 mila abitanti;
a Roma la percentuale si attesta al 3,6, a Milano al 3,8, a Firenze al 3,9 e a Palermo al 2,5 sempre ogni 100 mila abitanti;
da questi dati emerge che i suicidi a Bologna sono quasi il doppio che in altre città ben più grandi e mantengono un trend stabile negli anni, ma che anche a Modena il numero di persone che si tolgono la vita raggiunge livelli inaspettati;
sono i giovani e gli anziani le categorie più a rischio suicidio e, secondo gli esperti, a causa del fatto che vivono un disagio legato, per i primi, ad un senso di inadeguatezza, per i secondi, alla solitudine;
a fronte di dati allarmanti come questi, sono necessarie strategie e politiche sociali, che mirino alla prevenzione di quelle situazioni che generano un malessere così profondo da spingere un individuo a togliersi la vita;
emerge con evidenza che l'Emilia Romagna anche su questo terreno non è «l'isola felice» che viene descritta, ma

piuttosto una società che, come disse il Cardinale Biffi, è sempre più «sazia e disperata» -:
se il Ministro sia a conoscenza di tali statistiche e quali siano i suoi intendimenti in relazione a siffatta tematica;
quali iniziative urgenti intenda attuare per prevenire un fenomeno di così vasta portata;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, una campagna di monitoraggio delle situazioni considerate a rischio, per consentire interventi mirati di sostegno ed assistenza nei confronti dei soggetti maggiormente in pericolo.
(4-08528)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in una video-intervista di Maurizio Bolognetti (Radio Radicale, 5 settembre 2010) a Mario Murgia, lavoratore per oltre trent'anni presso lo stabilimento Enichem di Pisticci (Mt) e oggi presidente dell'AIEA VBA (Associazione Italiana Esposti Amianto), si parla della «tragedia silenziosa» dell'amianto e del dramma vissuto da tanti lavoratori. In un documento inviato, tra gli altri, al Presidente della Repubblica, Murgia scrive: «Era una tragedia annunciata, prevedibile, ed ancora oggi non so se per ignoranza culturale o voluta non si fa rispettare ciò che la legislazione italiana, per di più in ritardo e dopo le condanne della Comunità Europea, ha previsto in materia di esposizione all'amianto». In Italia, in materia di esposizione all'amianto ci sono lavoratori sottoposti ad un'odiosa discriminazione, cittadini che non godono di alcuna tutela, «squilibri nelle norme che comportano il riconoscimento di diritti sociali»;
Murgia segnala innanzitutto la produzione in Italia, dal dopoguerra e fino alla messa al bando, di oltre 20 milioni di tonnellate di amianto;
nel diagramma del registro nazionale dei mesoteliomi del 2006 sul confronto tra gli andamenti della produzione di amianto, i casi di T.P.P. e i casi di asbestosi, emerge che il picco massimo di utilizzo a livello nazionale dell'amianto è coinciso con il periodo di massima industrializzazione in Italia (anni Settanta e Ottanta). Si nota immediatamente che i casi di asbestosi seguono l'andamento del picco di amianto e cominciano a declinare circa 20 anni dopo il picco di massimo utilizzo del minerale. Al contrario, i casi di patologie tumorali (T.P.P.), quali il mesotelioma, sono in ascesa costante e il picco non è stato ancora raggiunto (si prevede che esso si verifichi nel periodo compreso tra il 2015 e il 2020). Le patologie tumorali legate all'esposizione alle fibre d'amianto hanno tempi di latenza che oscillano tra i 15 e 40 anni. L'amianto è uno dei genotossici più lenti nella sua manifestazione e allo stesso tempo più pericolosi;
diversi sono i processi terminati o ancora in corso contro società responsabili delle patologie -asbestosi, cancro ai polmoni, mesoteliomi, patologie legate all'apparato urinario, e altro - generate da fibre diffuse nell'ambiente vicino agli stabilimenti (processo Fibronit di Bari) o in seguito al decesso di lavoratori di aziende che hanno continuato a negare la presenza di amianto nonostante siano state rilevate concentrazioni del minerale superiori a quanto stabilito per legge;
si ricorda il caso della Montefibre di Casoria e Acerra, sorta negli anni Sessanta, dove su un totale di 2329 lavoratori sono decedute 329 persone. Ancora: se nel 2007-2008 i casi di patologie diagnosticate erano 96, oggi ammontano a circa 200 (mesoteliomi). Solo nel 2009 sono morte 10 persone nel giro di due mesi e tra giugno e luglio scorsi altre 8. Si tratta di soggetti cui sarebbe spettato di diritto l'allontanamento dal luogo di lavoro per

esposizione all'amianto e che non hanno fatto domanda in tempo: di conseguenza, non hanno potuto usufruire dei benefici previdenziali e non hanno ricevuto la sorveglianza sanitaria preventiva, che, contrariamente a quanto stabilito dalla legge, veniva assicurata solo ai lavoratori in possesso del riconoscimento dell'esposizione all'amianto. Quindi, un numero ridottissimo rispetto alle effettive migliaia;
solo dopo il 1992 vi è stato il riconoscimento dei benefici previdenziali che hanno favorito l'allontanamento dagli ambienti lavorativi. Tuttavia, tali benefici sono stati riconosciuti solo per i diretti assicurati contro l'asbestosi: al contrario, per i lavoratori di fascia B, coloro che utilizzano i manufatti derivanti dall'amianto, non sussiste l'assicurazione. Per questi ultimi, l'ente tecnico CONTARP dell'Inail deve provvedere alla verifica della loro esposizione al minerale tossico: in possesso dell'attestato dell'esposizione, il lavoratore può fare richiesta all'Inps per essere allontanato dall'ambito lavorativo, altrimenti gli viene esclusa la possibilità. A causa di una legge contorta, è sempre stato praticamente impossibile dimostrare l'esposizione, a certi livelli, alle fibre dell'amianto;
presso lo stabilimento Enichem di Pisticci, ad oggi, i casi di tumore registrati sono stati quasi 200 e di questi 140 persone sono morte senza che sia seguita denuncia e, pertanto, senza alcun riconoscimento. I dipendenti della fabbrica di Pisticci sono esclusi dalla possibilità di usufruire dei numerosi atti di indirizzo ministeriale - oltre 500 quelli adottati fino al 2003 ad integrazione della legge n. 257 del 1992 - e, pertanto, tenuti a dimostrare l'esposizione all'amianto. Al massimo sono stati agevolati con casse integrazioni e mobilità, dopo il raggiungimento del livello di anzianità necessario. Tutto ciò nonostante negli anni successivi, e in seguito a ricorsi legali, gli stessi lavoratori, insieme al gruppo dei tecnici, abbiano provveduto alla rimozione di oltre 60 tonnellate di eternit dallo stabilimento;
Murgia ricorda che l'Enichem di Pisticci aveva elaborato un documento relativo al riconoscimento dei benefici previdenziali già nel 1998 e l'aveva inoltrato alla CONTARP. Tale documento, rimasto a lungo segreto, descriveva gli impianti ed evidenziava l'utilizzo dell'amianto come manufatto (amianto utilizzato nei laboratori, per le analisi, w altro). La CONTARP avrebbe dovuto provvedere al sopralluogo dello stabilimento, verificando in particolare la quantità di amianto immesso e, in seguito, smistato. In tal caso, spiega Murgia, i lavoratori sarebbero stati avviati in tempi adeguati alla sorveglianza sanitaria e ai controlli annuali necessari;
mentre la Comunità europea già dal 1988 ha proibito in maniera tassativa l'utilizzo dell'amianto, in Italia la direttiva è stata recepita con quattro anni di ritardo e solo in seguito a diverse condanne: la legge n. 277 del 1991 ha vietato l'utilizzo di tutte le forme e specie di amianto. Tuttavia, non è stata imposta la rimozione del minerale: i lavoratori hanno, pertanto, continuato a svolgere i loro mestieri negli stessi ambienti in cui era presente l'amianto, per diversi anni;
solo dopo l'ennesima condanna da parte dell'associazione AIEA, finalmente nel 2004 è stato introdotto l'obbligo della rimozione dell'amianto dagli apparati industriali. Tuttavia, il minerale è presente ancora oggi in diversi ambienti industriali;
inoltre, mentre la Francia già nel 2002 ha stabilito un fondo di 500 milioni di euro per tutti i soggetti (non solo i lavoratori ma anche i familiari) che hanno contratto patologie da amianto, in Italia, che ha consumato quasi un terzo in più di amianto rispetto alla Francia e, solo dopo tante battaglie e grazie all'impegno dell'AIEA, una legge nel 2007 ha creato un fondo di 50 milioni di euro per le vittime dell'amianto. Tuttavia, tale fondo è rimasto finora inutilizzato per l'assenza del decreto attuativo;
l'Italia, conclude Mario Murgia, è il maggior consumatore di amianto e, nello

stesso tempo, la nazione meno impegnata nella prevenzione e nel risarcimento delle sue vittime -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati di cui in premessa;
per quali ragioni non sia ancora stato adottato il decreto attuativo della legge n. 244 del 2007 che prevede l'istituzione di un fondo per le vittime dell'amianto e se non ritengano opportuno avviare provvedimenti immediati per l'utilizzo di tale fondo;
per quali ragioni si sia provveduto solo con diversi anni di ritardo rispetto alla normativa comunitaria ad imporre il divieto di utilizzo dell'amianto nell'industria e l'obbligo della sua rimozione dagli stabilimenti;
se non ritengano, inoltre, opportuno verificare l'operato della CONTARP Inail, facendo luce sulle ragioni per cui non si sia provveduto al sopralluogo nello stabilimento Enichem di Pisticci;
se e quali azioni intendano adottare per la completa eliminazione del minerale dagli stabilimenti industriali, al fine di tutelare la salute pubblica e l'ambiente;
quali provvedimenti intendano adottare al fine di rispettare i diritti dei cittadini e salvaguardare la loro salute in materia di protezione da sostanze tossiche e pericolose, in particolare nell'ambito lavorativo.
(4-08563)

...

PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
come ha riferito l'agenzia ANSA il 7 settembre 2010 - ancora una volta a un bambino affetto dalla sindrome di Down - è stato interdetto l'accesso a un parco giochi, quello di Molfetta, in Puglia;
il ragazzo, quattordicenne, era stato ammesso al parco senza problemi il 4 luglio 2010, dove assieme ai suoi amici era salito sulle giostre;
domenica 5 settembre invece l'addetto ai biglietti gli avrebbe intimato: «Tu non puoi entrare!»;
il ragazzino ha finito la scuola media e sostenuto regolarmente gli esami, conseguendo il 7 come voto di media, e a giorni inizierà a frequentare il liceo delle scienze umane;
quando il ragazzo è stato bloccato dall'addetto è rimasto stupito e poi è corso in lacrime dai suoi genitori. La mamma, una insegnante, e il papà, un avvocato di Andria, hanno voluto parlare con il direttore del parco, certi di poter risolvere la questione, ma si sono sentiti dire che Marco non poteva entrare perché «il 35 per cento delle persone Down sono cardiopatiche o minorate psichiche e a quelle attrazioni costoro non possono accedere»;
visti gli inutili tentativi di spiegare che il figlio non ha cardiopatie né altre malattie, i genitori hanno deciso di presentare una denuncia nei confronti dei rappresentanti legali del parco. «Ho visto mio figlio arrivare piangendo - spiega la madre - per quanto accaduto, per il modo brusco in cui è stato fermato. Inutile è stato tentare di spiegare a quell'uomo che nostro figlio non è cardiopatico o altro come è stato inutile che mio marito, avvocato, proponesse a quell'uomo di firmare una liberatoria per esimerlo da qualsivoglia eventuale responsabilità. Siamo stati cacciati»;
un analogo episodio si è verificato di recente al parco giochi di Gardaland, anch'esso oggetto di analoga interrogazione parlamentare -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in merito al contrasto di

forme di discriminazione come quelle di cui in premessa e quali iniziative intendano promuovere, sollecitare, adottare nell'ambito delle rispettive prerogative, perché simili episodi non abbiano più a verificarsi.
(4-08519)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
Il Giornale di Brescia il 3 agosto 2010 ha pubblicato una lettera del signor Adalberto Rizzini, un ragazzo di vent'anni con la sindrome di Down;
nella citata lettera si racconta quella che il signor Rizzini definisce la «mia avventura (o disavventura?)»: «Sono andato a Gardaland, che dovrebbe essere un parco di divertimento per tutti, con mia sorella Virginia, mio fratello Francesco e la sua fidanzata Alice. Per me e Virginia questa è stata una sorpresa e, nel sentire la notizia, noi eravamo molto contenti. Abbiamo deciso di iniziare la giornata con i giochi d'acqua come «Fuga da Atlantide». Con questo gioco ci saremmo potuti divertire prima che piovesse, dato che il tempo era incerto»;
all'entrata del gioco, il controllore ha informato il signor Rizzini che «i ragazzi Down su questo gioco non possono salire, perché vengono considerati «ospiti con problemi di disabilità comportamentale e intellettiva». Non solo non potevo fare questo gioco, ma anche tanti altri che mi sarebbe piaciuto riprovare, visto che ci ero già stato quando ero più piccolo. Adesso avrei potuto divertirmi prevalentemente su giochi adatti ai bambini. Ma io non sono più un bambino, sono un giovanotto, con alcuni problemi sì, ma sempre un giovanotto! In quel momento mi sono sentito un po' amareggiato e mi veniva da piangere; mi sono trattenuto solo perché veniva da piangere anche ad Alice. A questo punto siamo andati in direzione e abbiamo cercato di parlare con il direttore. Non abbiamo risolto il problema; ci hanno gentilmente spiegato che queste sono regole per il »mio bene« ed alle regole bisogna attenersi. Non avremmo mai voluto sentire ed ascoltare queste parole. Il mio »vero bene« è sentirmi trattato come un ragazzo, non un bambino, non solo Down. Eravamo arrivati per divertirci, ci siamo trovati con le lacrime agli occhi. Continuo a chiedermi perché tanti sì e io che sono Down no. È sicuro che, se queste saranno ancora le regole, la prossima volta cercheremo un'altra meta di divertimento, visto che questo non è un parco dove tutti possono divertirsi allo stesso modo. Secondo noi, questo ha un solo nome: discriminazione»;
riferisce l'agenzia Redattore Sociale, nella sua edizione del 27 agosto 2010 che non è il primo caso di accesso impedito a persone con la sindrome di Down che si verifica nel parco di Gardaland;
nel corso di quest'anno gli interroganti hanno per esempio segnalato il caso di discriminazione ai danni di una bambina down di otto anni, allontanata dall'attrazione «monorotaia» per presunte «questioni di sicurezza»; analogamente, nel settembre 2007 a un gruppo di giovani down accompagnati da operatori e genitori non fu consentito l'accesso all'ottovolante; e nel giugno 2009 un analogo episodio si è verificato, sempre ai danni di un gruppo di giovani down; e un uomo non vedente di 47 anni è stato aspramente redarguito per aver fatto un giro sulle montagne russe in compagnia della figlia -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in ordine a questi episodi chiaramente discriminatori ed improntati a pregiudizio;
se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, per assicurare un'adeguata informazione per contrastare questi fenomeni di discriminazione e pregiudizio;

quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare perché simili episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-08544)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
premesso che nei siti on line del Corriere.it e di La Repubblica.it, del 1o agosto 2010 è apparso un articolo dal titolo: «Roma. Area giochi Ikea. Sicurezza o discriminazione?»;
in detto articolo si riporta il caso raccontato dalla signora Antonella Paciello che «in compagnia delle sue gemelle di quattro anni, una delle quali più bassa rispetto all'età »per problemi di salute«, si è recata presso il mega-store di mobili svedesi Ikea alla Romanina, quartiere a sud della Capitale. La bambina non raggiunge il metro di altezza quindi non può giocare nell'area dedicata ai minori. La signora si lamenta. Risponde Ikea: »Ci dispiace, ma è questione di sicurezza«»;
racconta la signora Paciello «era nostra intenzione far giocare le bambine nell'area dedicata ai piccoli. Mentre per Erika (i nomi sono di fantasia, ndr) non ci sono stati problemi, a Viola è stato vietato l'ingresso perché di 5 centimetri più piccola rispetto al metro consentito per l'accesso. Alle mie proteste che la bimba ha 4 anni compiuti e ritengo siano più che sufficienti per essere in grado di saltare su quattro palline, non c'è stato alcun riscontro. Secondo il personale addetto, la sorellina più alta poteva entrare mentre la gemella avrebbe dovuto assistere fuori piangente»;
la signora Paciello si è rivolta alla direzione di Ikea, sostenendo che il provvedimento in questione «ha tutta l'aria di essere una forma di discriminazione nei confronti di una bambina che ha dovuto lottare per vivere e che riporta sul suo fisico le conseguenze di una simile lotta. Suppongo che il metro di altezza sia per voi una discriminante per vietare l'accesso a quei bambini che per ragioni di età più che di altezza potrebbero farsi male con determinati giochi. Ma nel nostro caso l'età c'era tutta e si trattava inoltre di pochi cm mancanti, sarebbe bastato solo un po' di buon senso. La discriminazione diventa ancora più pesante considerando il fatto che la bambina è una disabile certificata»;
secondo quanto riferito dai responsabili di Ikea, «il limite minimo di altezza fissato per l'accesso all'area giochi è di 95 centimetri. Questa scelta non è frutto di un disegno discriminatorio, bensì risponde a necessità di sicurezza dovute alla presenza nell'area giochi della piscina delle palline. Si tratta di precauzioni correntemente adottate anche da molti parchi divertimenti, sia in Italia che all'Estero, misure preventive in nessun modo legate a pregiudizi rispetto alla disabilità» -:
se sussistano vincoli normativi che impongano che per poter accedere in determinate aree giochi l'altezza richiesta sia di almeno 95 centimetri, e questo a prescindere dall'età della persona che chiede di accedere;
se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, per contrastare fenomeni che agli interroganti appaiono frutto di immotivato pregiudizio;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare perché simili episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-08552)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo la Cia - Confederazione italiana agricoltori gli ultimi dati forniti dall'Istat

sull'andamento del prodotto interno lordo nel secondo semestre 2010, evidenziano per il settore agricolo un calo congiunturale, del 2,7 per cento, e una lieve crescita (+0,4 per cento) tendenziale che, tuttavia non compensa minimamente il crollo registrato nel 2009, (-5,2 per cento);
il calo del valore aggiunto agricolo, che si contrappone ad una crescita in termini congiunturali, a giudizio della medesima Confederazione, conferma palesemente le gravi difficoltà del settore primario sempre più alle prese con un calo produttivo e con una forte crescita dei costi e con un crollo dei prezzi praticati sui campi;
appare evidente secondo la Cia, che la situazione agricola attuale in Italia è da ritenersi di piena emergenza, in considerazione dei dati suesposti, e che occorrono immediate e straordinarie misure a sostegno delle imprese, molte delle quali rischiano di cessare l'attività;
i problemi del settore agricolo sono confermati anche dalle stime sull'annata agraria 2010, in cui è emerso un calo della produzione (-2 per cento), un'ulteriore flessione tra il 3 e il 4 per cento dei prezzi all'origine, e un calo degli investimenti pari al 2,5 per cento;
occorrono pertanto nuovi progetti di sviluppo e immediati interventi di politiche propulsive al fine di contribuire al sostegno e allo sviluppo dei produttori agricoli, in considerazione che la crisi economica in corso risulta, la peggiore negli ultimi trent'anni, nonostante le apprezzabili misure e gli interventi intrapresi dal Governo dall'inizio della legislatura in corso a sostegno del comparto interessato -:
quali siano gli intendimenti del Governo in considerazione degli ultimi dati forniti dall'Istat con riferimento al comparto agricolo;
quali iniziative intenda intraprendere al fine di sostenere gli imprenditori del settore, nonché l'intera filiera dei prodotti agroalimentari del made in Italy;
se non convenga infine assumere iniziative volte a favorire la creazione di liquidità per le imprese agricole, attraverso l'anticipo dei pagamenti diretti comunitari e la concessione di credito d'esercizio.
(5-03382)

...

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

CALEARO CIMAN. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il 4 maggio 2010 l'onorevole Claudio Scajola si è dimesso dal ruolo di Ministro dello sviluppo economico, in seguito alle accuse sui suoi rapporti con una «cricca» di immobiliaristi dediti ad affari immobiliari poco leciti. Il giorno successivo alle dimissioni il Presidente del Consiglio dei ministri ha assunto l'incarico ad interim e da allora, dopo più di quattro mesi, di quel ministero non si è avuta alcuna notizia;
nonostante lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri avesse all'epoca garantito una nomina dopo soli sette giorni, nessun passo in avanti è stato fatto in merito alla sostituzione di Scajola;
un'attesa vana, consumata nel palazzo tra annunci ambigui, tentativi grotteschi, promesse inevase. Un'attesa cara, pagata dall'Italia al prezzo di una crisi economica e occupazionale gravissima;
ci si chiede come ciò sia possibile in una grande democrazia industriale, impegnata a fronteggiare l'anno più nero dell'industria italiana, nel cuore di una recessione di cui non si vede l'uscita e rispetto ad un ministero strategico per la tenuta del sistema-Paese nel suo complesso e che gioca un ruolo di primo piano nel sostegno alle imprese;

la lentezza decisionale del Governo comporta, infatti, delle pesanti conseguenze;
secondo Movimprese, nel secondo trimestre del 2010 (e dunque in piena coincidenza con l'interim) le aziende italiane che hanno portato i libri in tribunale per fallimento sono aumentate a 3.505, contro le 2.897 dello stesso periodo del 2009. E secondo un report diffuso dallo stesso Ministero dello sviluppo economico a metà agosto 2010, i «tavoli» di crisi aziendale aperti presso il ministero, nei primi otto mesi del 2010, sono passati da 100 a 170;
prima dell'estate 2010, poi, è cominciato un silenzioso smembramento dello stesso ministero. La manovra 2011 gli ha sottratto 900 milioni di fondi di dotazione. I fondi dell'Unione europea e per le aree sottoutilizzate sono stati trasferiti al Ministero per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. I circa 800 milioni di fondi per il turismo sono passati direttamente sotto la gestione del Ministero per il turismo stesso. L'Istituto per la promozione industriale è stato soppresso e il 24 giugno 2010 150 imprenditori, che avevano vinto il bando per le agevolazioni previste dal programma «Industria 2015», non hanno visto un solo euro, tanto da indirizzare una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri;
anche nelle più alte sedi istituzionali è stata nettamente segnalata l'esigenza di arrivare ad una conclusione in tempi brevi, sottolineando, altresì, la necessità di individuare un candidato imparziale;
un'altra poltrona è ancora vuota: da oltre due mesi non viene scelto il presidente della Consob, che dovrebbe sostituire Lamberto Cardia, che il 28 giugno 2010 ha lasciato dopo 13 anni il vertice della Commissione di controllo sulle società e la borsa. Altra posizione «apicale», che una grande nazione capitalista alle prese con fibrillazioni finanziarie e tracolli di mercato non dovrebbe permettersi di lasciare sguarnita;
anche Confindustria chiede a gran voce la nomina del nuovo Ministro dello sviluppo economico. L'appello arriva direttamente dal presidente della confederazione degli industriali, Emma Marcegaglia. La Marcegaglia ha chiesto che la nomina del nuovo capo del Ministero dello sviluppo economico sia effettuata senza esitazione «entro pochi giorni», poiché in questa fase così delicata è essenziale che il posto non resti vacante -:
quali siano gli orientamenti del Governo rispetto alle due nomine di cui sopra, trattandosi di cariche di primaria importanza per lo sviluppo del Paese, ponendo così fine ad una situazione di incertezza e caos che sta creando non pochi problemi sia a livello di immagine pubblica, che a livello economico.
(3-01220)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

...

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il professor Paolo Zamboni, chirurgo vascolare dell'Università di Ferrara ha ipotizzato che un'alterazione del circolo venoso del sistema nervoso contribuisca alla patogenesi della sclerosi multipla;
il professor Zamboni ha chiamato tale condizione patogenetica CCSVI (insufficienza venosa cerebro-spinale cronica);
secondo lo stesso professor Zamboni il 95 per cento di malati di Sclerosi multipla avrebbe la CCSVI;
il professor Zamboni ipotizza anche che l'alterazione del circolo venoso sia suscettibile di correzione attraverso un intervento mini invasivo di angioplastica dilatativa, da eseguirsi in day hospital;
numerosi pazienti e loro famigliari in tutto il mondo si sono mobilitati soprattutto tramite il canale dei social network per chiedere l'applicazione del cosiddetto

metodo Zamboni, sostenendo che le «liberazioni» eseguite hanno portato sempre ad una migliore qualità di vita dei malati si sclerosi multipla;
questo tipo di «cura» è già praticata all'estero. Molti pazienti si rivolgono ad altri Paesi, con il rischio di non essere sufficientemente garantiti sul piano della opportunità e sicurezza degli interventi sanitari proposti;
è noto agli interpellanti che in alcune regioni italiane sono stati approvati protocolli di sperimentazione della cura CCSVI;
è nota agli interpellanti la mozione approvata dal consiglio della regione Lazio il 31 maggio 2010 «Sperimentazione del trattamento di angioplastica dilatativa per la CCSVI»;
si ha altresì notizia del fatto che altri protocolli di sperimentazione sono previsti o già in corso nella regione Marche e nella regione Emilia-Romagna;
il 4 marzo 2010, il Ministro della salute Ferruccio Fazio, all'interrogazione a risposta immediata degli onorevoli Turco e Lenzi concernente «iniziative per verificare l'efficacia di una nuova terapia per la sclerosi multipla», ha risposto che «la ricerca in questione, considerata molto promettente, è tuttavia in una fase iniziale» e che «pertanto, occorre effettuare studi multicentrici per confermare la frequenza di questa anomalia nella popolazione con SM rispetto ai controlli» -:
quanti siano e dove si svolgano i trial clinici già in corso volti a verificare la presenza di CCSVI o l'efficacia terapeutica della correzione chirurgica della CCSVI, quanti siano e dove si svolgano quelli previsti, e quale ne sia il costo.
(2-00817)
«Farina Coscioni, Maurizio Turco, Duilio, Bernardini, Capano, Melis, Murer, Margiotta, Calgaro, Touadi, Federico Testa, Siragusa, Calearo Ciman, Laganà Fortugno, Cesare Marini, Paglia, De Biasi, Grassi, Sposetti, Livia Turco, Burtone, Lenzi, Zamparutti, Argentin, Codurelli, Boccuzzi, Beltrandi, Mecacci, Sbrollini, Samperi, Mattesini, Mario Pepe (PdL), Castagnetti, Porta».

Interrogazioni a risposta immediata:

BALDELLI e CASTELLANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese, relativamente all'ultimo anno, circa 19 parti sono finiti in tragedia;
nelle classifiche internazionali l'Italia risulta avere un tasso di mortalità per parto tra i più bassi del mondo, con 3,9 decessi ogni 100.000 nati vivi;
l'Italia è prima in Europa per il numero di parti cesarei, da due a quattro volte più rischiosi del parto naturale;
un recente rapporto dell'Istituto superiore di sanità ha definito allarmante il costante aumento dei parti cesarei in Italia, saliti dall'11 per cento del 1980 al 38 per cento registrato nel 2008, contro il 15 per cento indicato come il limite massimo dall'Organizzazione mondiale della sanità;
sempre secondo l'Istituto superiore di sanità le morti per parto sono meno numerose nel Nord (pari a 8 su 100.000 nati vivi). Tra le regioni, il più alto numero dì morti si registra nel Lazio (13 su 100.000) e in Sicilia (22 su 100.000);
il rischio di mortalità materna raddoppia quando l'età della donna è pari o superiore ai 35 anni. Nel 2007 la proporzione di nascite in donne di 35 o più anni è stata del 29 per cento, mentre nel 1981 era appena del 9 per cento;

nelle ultime due settimane ci sono stati alcuni casi di donne che hanno perso il bambino, sono morte o hanno subito danni alla salute durante il parto -:
quali siano le iniziative del Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, dopo i casi di malasanità avvenuti negli ultimi tempi in alcune sale parto in Italia.
(3-01222)

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI e ZAFFINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a fronte delle difficoltà in atto connesse alla disoccupazione giovanile, i dati più recenti testimoniano la presenza di uno squilibrio tra domanda e offerta di laureati, con un esubero nel settore politico-sociale, psicologico, letterario, linguistico e biologico, mentre resta spesso insoddisfatta la domanda nei settori economico-statistico, sanitario e ingegneristico;
tale squilibrio interessa, in particolare, il settore medico: dopo il boom di iscrizioni degli anni '70, l'introduzione del numero programmato alle facoltà di medicina e chirurgia ha contingentato il numero dei laureati, evitando che si determinasse un eccesso dell'offerta rispetto alla domanda di lavoro; nei prossimi anni, però, quando per motivi anagrafici un'intera classe di medici sarà collocata a riposo, si registrerà una vera e propria carenza di medici, alla quale si dovrà far fronte, in primo luogo, rivedendo il numero delle immatricolazioni;
secondo un recente rapporto di Almalaurea, consorzio di 60 università, le lauree che, nel prossimo futuro, potrebbero offrire maggiori sbocchi professionali sono innanzitutto quelle del settore sanitario, seguite da quelle ingegneristiche e da quelle economico-statistiche;
accanto alle future carenze nel settore medico, si registra ormai da alcuni anni nel nostro Paese una carenza di personale sanitario non medico, a partire dagli infermieri; secondo dati diffusi dalla Federazione nazionale dei collegi degli infermieri Ipasvi, confermati anche dal rapporto Ocse sulle risorse umane in ambito sanitario 2008, pubblicato sul sito del centro di epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità, la carenza di personale infermieristico in Italia si attesta sulle 60 mila unità di personale;
tale situazione di squilibrio tra domanda ed offerta di lavoro è legata in parte a ragioni di ordine strutturale (in particolare, il numero programmato previsto per l'accesso alle facoltà di medicina e chirurgia), in parte a fattori culturali, legati agli orientamenti dei giovani in merito alla scelta della loro professione;
l'adozione di iniziative finalizzate ad attenuare tale condizione di squilibrio appare di fondamentale importanza al fine di prevenire i problemi futuri legati alla carenza strutturale di personale medico e sanitario all'interno del servizio sanitario nazionale, evitando di dover ricorrere a personale proveniente da altri Paesi per coprire i posti di organico vacanti nelle aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché nelle altre strutture sanitarie, pubbliche o private -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere, anche attraverso apposite azioni finalizzate ad orientare le scelte formative dei giovani in sinergia con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di favorire una più efficace programmazione delle immatricolazioni alle facoltà di medicina e chirurgia, nonché ai corsi di laurea in area sanitaria, con l'intento di ovviare alla carenza di personale sanitario ad oggi esistente, nonché di prevenire la carenza di personale

medico, che, secondo le statistiche ad oggi disponibili, potrebbe verificarsi nel medio periodo.
(3-01223)

DELLA VEDOVA e PATARINO. - Al Ministro della salute - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2010 alla Camera dei deputati il Governo ha accolto un ordine del giorno sul tema dei fondi relativi alla prevenzione sanitaria, collegato alla legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2010, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»;
il patto per la salute 2010-2012 - confermando le previsioni già contenute nel piano sanitario 2008-2010 - ha stabilito che il 5 per cento del fondo sanitario nazionale debba essere destinato ad attività di prevenzione. Su questa base è stato elaborato il piano nazionale della prevenzione del 29 aprile 2010: lo Stato si è così impegnato ad assicurare 5.230 milioni per il 2010 e 5.346,7 per il 2011, a cui si aggiungono ulteriori stanziamenti per circa 200 milioni di euro da parte delle regioni e delle province autonome;
poiché le politiche di prevenzione concorrono a migliorare la qualità della vita e della salute dei cittadini e a ridurre la spesa sanitaria complessiva, con l'ordine del giorno in questione la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a favorire una corretta finalizzazione delle risorse allocate e a perseguire specifiche politiche di prevenzione (in particolare vaccinali), senza confondere la prevenzione propriamente detta con le pur meritorie campagne di informazione e comunicazione in ambito sanitario;
inoltre, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a scongiurare la formazione di un regime di monopolio nel mercato dei prodotti vaccinali, scongiurando così il rischio di incapienza dell'offerta rispetto alla domanda e di aumento della spesa sanitaria -:
come il Governo intenda dar corso agli impegni assunti alla Camera dei deputati, vincolando i fondi per la prevenzione al finanziamento di attività specifiche e favorendo la creazione di un mercato concorrenziale dei prodotti vaccinali, per evitare concentrazioni dell'offerta di tipo monopolistico.
(3-01224)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dalla salute. - Per sapere - premesso che:
il signor Salvatore Sannina, sessantunenne imprenditore napoletano quando, il 25 agosto 2010 è stato trasferito nel reparto di rianimazione dell'ospedale dei Pellegrini, risultava ricoverato in ospedale già da undici ore;
il signor Sannina è deceduto pochi minuti dopo il trasferimento, e i familiari sostengono essere «evidenti le negligenze nell'assistenza»;
sulla vicenda la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, ed è già stata sequestrata la cartella clinica, in vista dell'autopsia nell'istituto di medicina legale del Secondo Policlinico;
secondo quanto riferito dal figlio del signor Sannina, il padre «era uno sportivo. Godeva di buona salute, non sappiamo la causa dei decesso che è dipeso da un malore improvviso... domenica scorsa, al mare a Minori, aveva nuotato a lungo senza dare segni di stanchezza»; poi sono sopravvenute febbre alta, diarrea, conati di vomito. «La sera dei 23 agosto lamentava questi sintomi. Il medico di famiglia l'aveva visitato il giorno seguente. E aveva notato il colore scuro dei piedi, le prime ecchimosi sulle braccia e sulle gambe: ci aveva raccomandato di tenere sotto controllo la situazione»; qualche ora dopo, l'sos al 118 e il trasporto in ambulanza nella struttura sanitaria della Pignasecca. «Alle 22.30 gli anno praticato i prelievi ematici, ma poiché il sangue coagulava

molto velocemente non era facile avere un quadro clinico completo. Tra le ipotesi più gravi formulate come diagnosi, la leucemia. Oppure un problema ematico». Da qui il ricovero: «In barella, nel corridoio del reparto di ortopedia. Senza alcun tipo di assistenza adeguata», ripete il figlio del paziente. E aggiunge: «Gli hanno dato un telo di plastica avvolto in una federa come cuscino, e gli hanno praticato una flebo. Però mio padre non ha chiuso occhio, non ha mai smesso di lamentare dolori, le ecchimosi sul suo corpo sono aumentate, senza che fosse accertata la causa per poter tentare una terapia mirata tempestiva. Né gli è stato proposto il trasferimento in un reparto specialistico anche di un altro ospedale. La mattina seguente, gli hanno effettuato un'altra flebo, fino a quando la situazione è precipitata...» -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere o adottare.
(4-08514)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come hanno riferito numerosi articoli di stampa - la signora Irene G., 76 anni, ricoverata il 4 settembre 2010 all'ospedale delle Molinette di Torino, per difficoltà respiratorie e un'anemia acuta è in seguito morta: un decesso, si è successivamente accertato, per il venire meno delle procedure di identificazione della paziente;
in particolare, la causa del decesso sembra essere stata una trasfusione di sangue sbagliata;
ha spiegato il dottor Marco Rapellino, direttore della struttura qualità e gestione del rischio dell'ospedale delle Molinette, «sono venute meno le procedure per l'identificazione del paziente...Un gravissimo errore» -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione alla vicenda di cui in premessa e, in particolare, quali siano le ragioni per cui dette procedure non sono state seguite;
quali iniziative intenda promuovere o adottare, nell'ambito delle proprie prerogative, in ordine a quanto accaduto e sopra esposto.
(4-08520)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come hanno riferito giornali, siti on line, notiziari radio-televisivi, nella notte tra il 7 e l'8 settembre 2010 la signora Rosalba Pascucci è deceduta nell'ospedale Giovanni Paolo II di Policoro in provincia di Matera, dopo un parto gemellare con taglio cesareo;
risulterebbe esser stato fatale uno choc emorragico;
secondo le prime informazioni disponibili la signora Pascucci, ricoverata da due giorni per un parto che si annunciava tranquillo e nella norma, subito dopo l'intervento con taglio cesareo, sarebbe stata trasportata nel suo letto di reparto, e dopo un'ora avrebbe accusato fortissimi dolori e sarebbe stata ricoverata in rianimazione, dove poi è deceduta -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione alla vicenda di cui in premessa;
se non ritenga di dover disporre, nell'ambito delle sue prerogative e facoltà, un'inchiesta di carattere amministrativo, per fare piena luce sulla dinamica dei fatti e sulle cause del decesso della signora Pascucci.
(4-08522)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato sul sito lavoce.info il 3 settembre 2010 si parla di un recente studio di EpiAir sugli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla salute in Italia. Lo studio è stato condotto in dieci città: Milano, Mestre, Torino, Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Cagliari, Taranto e Palermo. I dati ambientali e sanitari si riferiscono al periodo 2001-2005. I risultati sono in linea con quanto riportato in ricerche condotte in altre città europee e negli Stati Uniti, oltre che con i risultati dei tre precedenti studi italiani;
i risultati confermano che, nelle città italiane, per ogni incremento di 10 μg/metro cubo di polveri (Pm10) si verifica un aumento dello 0,7 per cento delle morti per cause naturali e un aumento dello 0,8 per cento dei ricoveri per malattie respiratorie (il PM10 comprende, infatti, le particelle, con un diametro < 10 micron (μm), in grado di superare la laringe e depositarsi nelle vie aeree);
si rileva, per la prima volta, che l'1,2 per cento in più di bambini (0-14 anni) viene ricoverato in ospedale per asma e bronco-polmonite nello stesso giorno e nei due giorni successivi l'aumento delle polveri sospese. Anche fra gli adulti i ricoveri aumentano dello 0,6 per cento per infarto del miocardio e dell'1,1 per cento per scompenso cardiaco lo stesso giorno o il giorno successivo il picco di inquinamento;
risultati nuovi rispetto agli studi precedenti emergono anche per quanto riguarda gli altri inquinanti. Cresce, rispetto a quanto osservato in studi precedenti, il ruolo che i gas presenti nell'aria hanno nel causare problemi di salute a breve termine. Il biossido d'azoto (NO2) e l'ozono (O3) mostrano effetti talora più importanti delle polveri e che si apprezzano fino al sesto giorno dal picco di concentrazione. Sia l' NO2 che l'O3 provocano un aumento del 2 per cento della mortalità naturale e cardiaca e di quasi il 3 per cento della mortalità respiratoria. Un incremento della concentrazione dell'NO2 di 10 μg /metro cubo causa l'1 per cento in più di ricoveri per problemi respiratori negli adulti entro ventiquattro ore e il 3 per cento in più di ricoveri per asma e infezioni acute dei polmoni nei bambini da due a cinque giorni dopo;
qualcuno potrebbe obiettare che l'1 per cento in più di morti o di ricoveri per malattie cardio-respiratorie sia un incremento contenuto, peraltro limitato a due (massimo cinque) giorni successivi l'aumento della concentrazione dell'inquinante. Tuttavia, la stima dell'1 per cento per quanto riguarda gli effetti acuti non esaurisce il quadro del danno che le polveri sospese possono provocare sulla salute umana. Per alcune malattie, come quelle cardiache e respiratorie, mortalità e ricoveri hanno un aumento più importante;
si sa, infatti, che gli effetti acuti crescono in modo proporzionale e lineare al crescere delle concentrazioni; così se l'incremento delle morti per malattie respiratorie è del 3 per cento quando la concentrazione delle polveri aumenta di 10 μg/metro cubo, sarà decisamente più alto quando la concentrazione aumenta di 40 o di 50 μg/metro cubo. Si sa, inoltre, che gli effetti dovuti all'esposizione cronica sono importanti e in qualche modo si sommano a quelli dell'effetto acuto;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato in 4,7 per cento la frazione di mortalità naturale attribuibile alle polveri per concentrazioni medie annuali superiori ai 30 μg/metro cubo (World Health Organization, «Health Impact assessment of air pollution in the eight largest Italian cities», Rome Italy, World Health Organization, 2002);
per queste ragioni gli effetti acuti dell'inquinamento atmosferico sono, secondo gli autori, un indicatore da monitorare costantemente. Questa sorveglianza può affiancare il monitoraggio della concentrazione

degli inquinanti al fine di suggerire interventi per contenere l'inquinamento;
non si è ancora in grado di identificare in modo puntuale le sorgenti degli inquinanti; nonostante ciò, alcuni dei composti monitorati in modo continuo sono traccianti attendibili della sorgente inquinante. Gli ossidi di azoto sono gli indicatori più sensibili del contributo che il traffico auto-veicolare dà all'inquinamento atmosferico. L'emergere di effetti così importanti per l'NO2 suggerisce che il traffico auto-veicolare gioca, nel nostro Paese, un molo crescente nel causare danni acuti alla salute, soprattutto dei bambini;
i dati di questo studio avvisano che gli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla mortalità e sui ricoveri per malattie respiratorie non si sono ridotti negli ultimi anni;
nonostante non vi siano evidenze conclusive sull'efficacia degli interventi disponibili, alcuni di quelli attuati sulla mobilità locale in altri Paesi hanno avuto effetti positivi. Lo studio ha tentato di dare una risposta alla domanda relativa a cosa sia stato fatto negli ultimi anni dalle autorità locali. È emerso un quadro contraddittorio in cui, nonostante i numerosi interventi intrapresi dai comuni, l'aumento dei veicoli circolanti, il mancato coordinamento tra i vari settori comunali e la mancanza di controllo sul rispetto effettivo delle misure adottate, fanno dubitare dell'efficacia delle politiche locali -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati dello studio riportati in premessa;
se e quali iniziative urgenti intendano intraprendere al fine di uniformare la disciplina ed avviare, per quanto di competenza, il necessario coordinamento degli enti locali per un'efficace gestione del problema inquinamento nel Paese, prendendo quali esempi gli interventi adottati nei Paesi già all'avanguardia in materia;
se intendano adottare gli strumenti necessari all'attuazione di un costante monitoraggio degli effetti acuti dell'inquinamento atmosferico e della concentrazione degli inquinanti nel Paese;
se e quali misure si intendano adottare per contenere il traffico e le ulteriori immissioni inquinanti sull'intero territorio nazionale.
(4-08523)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come hanno ampiamente riferito notiziari radiotelevisivi, quotidiani e siti on line il 3 settembre 2010 un bambino è nato morto all'ospedale di Padova;
risulta che i genitori del piccolo, una giovane coppia di Campagna Lupia, nel veneziano, si erano rivolti nel tardo pomeriggio del 3 settembre all'ospedale di Piove di Sacco perché la futura mamma aveva iniziato ad accusare dolori al ventre;
all'ospedale del Piovese, secondo la denuncia presentata in procura dal marito dopo aver effettuato un'ecografia avrebbero dimesso la donna, asserendo che non c'era urgenza al momento, e se comunque volevano avere una sicurezza di rivolgersi all'ospedale di Padova;
a quel punto, continua la denuncia, la coppia ha chiesto un'ambulanza per il trasferimento a Padova, ma il mezzo sarebbe stato negato per motivi burocratici, costringendo i giovani genitori a raggiungere la città del santo con i loro mezzi;
una volta a Padova la donna, dopo aver perso circa una mezz'ora per trovare il pronto soccorso ostetrico, è stata ricoverata d'urgenza in clinica ginecologica, dove le è stato praticato un cesareo senza però riuscire a salvare il bambino, già morto;
i medici sono stati costretti anche ad asportare l'utero della donna per un'emorragia interna, la donna ora si trova in coma farmacologico -:
quale sia l'esatta dinamica della vicenda;

in particolare, in cosa consistano i motivi di carattere burocratico alla base dei quali alla giovane coppia è stato negato l'uso di un'ambulanza;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere e adottare in ordine a quanto accaduto.
(4-08532)

GARAGNANI e CARLUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento anche a precedenti atti di sindacato ispettivo ed al progetto di legge sulla riorganizzazione del sistema sanitario che prevede una maggiore sinergia fra enti interessati e un ruolo maggiore alle facoltà circoscrivendo entro limiti precisi il potere di intervento delle giunte regionali e prendendo altresì spunto dalla nomina del direttore generale del policlinico S. Orsola di Bologna, nomina che ha dato luogo a polemiche e a prese di posizione di clinici dell'università in merito ad una loro esclusione dalla procedura seguita per la nomina medesima, nella quale sembra, come peraltro accade da sempre in Emilia Romagna che la giunta regionale proceda con criteri propri emarginando di fatto o confinando in un ruolo irrilevante il ruolo della facoltà di medicina e chirurgia;
anche di fronte a certi casi di malasanità o di indebite pressioni politiche, l'interrogante ritiene che una migliore e più precisa definizione dei limiti del potere regionale, abnorme in Emilia Romagna, sia utile alla tutela della salute dei cittadini e ad una migliore qualità dell'offerta delle prestazioni sanitarie -:
se si intenda assumere un'iniziativa normativa di modifica della disciplina in vigore che, lasciando per ora inalterate le competenze delle regioni in materia di organizzazione sanitaria, introduca significativi correttivi che salvaguardino da interferenze politiche la nomina dei direttori generali, riconoscendo un ruolo non meramente formale, come accade finora, alla facoltà di medicina e chirurgia in modo da riequilibrare e rafforzare il ruolo dell'università nel rapporto con il servizio sanitario e da rafforzare il ruolo dei rettori universitari nelle decisioni riguardanti la designazione dei vertici e la scelta dei membri delle aziende sanitarie.
(4-08535)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dal rapporto «sul piano nazionale di monitoraggio delle acque interne, superficiali e sotterranee» dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat) le acque italiane sono contaminate da 119 tipi di pesticidi. Un fenomeno che investe le falde idriche;
dei pesticidi rinvenuti 112 sono stati rintracciati nelle acque superficiali, 48 in quelle sotterranee. «Nelle acque superficiali - spiega il Rapporto - è stata riscontrata la presenza di residui in 485 punti di monitoraggio (47 per cento del totale), nel 27,9 per cento dei casi con concentrazioni superiori al limite stabilito per le acque potabili. Nelle acque sotterranee sono risultati contaminati 630 punti di monitoraggio (24,8 per cento del totale), nel 7,7 per cento dei casi con concentrazioni superiori ai limiti di potabilità»;
l'Apat sottolinea che, a fronte di un consumo annuo di pesticidi di 150 mila tonnellate con circa 400 principi attivi utilizzati, varie sono le maggiori criticità sul territorio nazionale, tra cui «la contaminazione da terbutilazina diffusa in tutta l'area padano-veneta ed evidenziata anche in alcune regioni del Centrosud: risulta presente nel 51,5 per cento dei punti di campionamento delle acque superficiali e nel 16,15 di quelli delle acque sotterranee»;
la ricerca ha rilevato inoltre che «ancora diffusa a distanza di un ventennio

dal divieto, è la presenza di atrazina, residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato». Segnalate anche specificità legate al territorio di alcuni pesticidi, come la contaminazione da bentazone, erbicida utilizzato nelle risaie e quindi presente soprattutto in Piemonte e nella zona sud-ovest della Lombardia -:
quali iniziative si intendano promuovere per contenere l'uso dei pesticidi a tutela della salute e dell'ambiente.
(4-08536)

PEDOTO. - Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione telematica dei certificati di malattia, prevista dal decreto legislativo n.150 del 2009, non è ancora del tutto operativa, nonostante l'incremento nell'ultima settimana della distribuzione delle credenziali di accesso (PIN);
la fine della fase di collaudo è prevista per metà settembre 2010 e, come ha annunciato il Ministro Brunetta il 3 agosto 2010, chi non avrà ottemperato alla legge subirà le sanzioni previste dalla normativa;
il ritardo nella distribuzione dei Pin necessari ad acceder al Sac (Sistema di accoglienza centrale), la piattaforma gestita dall'Inps, dove vengono raccolti i certificati digitali, non può essere imputata ai medici di famiglia, come non può essere imputato a loro il costo eccessivo del software di aggiornamento;
i ritardi nella distribuzione dei Pin manifestati in questa prima fase di avvio sono invece imputabili a problemi organizzativo-burocratici interni alle aziende, quali quelli di natura tecnico-informatica, oppure all'assenza di chiare direttive da parte degli uffici competenti e solo il 5 per cento va invece riferito a fattori di tipo esterno ascrivibili alla mancata ricezione dei Pin;
la mancata piena attuazione della riforma ricadrà inevitabilmente sui cittadini che si vedranno costretti a fare file più lunghe sia dal medico di famiglia sia al pronto soccorso e quello che doveva essere un sistema per accelerare i tempi potrebbe rivelarsi un incubo, almeno in questa prima fase -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno sospendere la prima scadenza del 15 settembre 2010, onde verificare con più calma ed accuratezza che tutta la procedura sia entrata a regime e che tutti i medici di famiglia, in tutte le regioni, possano inviare on line i certificati di malattia così come richiesto dalla normativa;
quale sia al 15 settembre 2010, la distribuzione dei Pin divisa per singole regioni e quanti siano stati gli invii telematici dei certificati di malattia rispetto alla totalità dei certificati di malattia richiesti in questo primo periodo di sperimentazione.
(4-08548)

PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la procura di Torino ha avviato degli accertamenti che riguardano il vaccino contro l'influenza stagionale a seguito di due denunce di residenti nella città di Torino che hanno accusato gravi disturbi a seguito della somministrazione del vaccino stesso;
il pubblico ministero Guariniello ha già acquisito dall'AIFA i dati sulle cosiddette «reazioni negative» che si sono verificate su pazienti in diverse località d'Italia, altresì disponendo un'apposita consulenza tecnica;
la società farmaceutica GlaxoSmithKline sta collaborando con le autorità sanitarie per raccogliere dati utili all'analisi dei sospetti casi di narcolessia che si sarebbero verificati a seguito della somministrazione del vaccino contro l'H1N1;
l'Agenzia europea sui farmaci ha infatti avviato un'indagine per verificare se

esista una relazione fra la somministrazione del vaccino e l'insorgere di casi di narcolessia che si sono registrati in alcuni Paesi europei come Finlandia, Svezia e Francia, al punto da spingere come nel caso della Finlandia alla sospensione del vaccino -:
se il Ministro interrogato non ritenga di avviare un'indagine conoscitiva in merito, considerato l'approssimarsi della stagione autunnale che vede nel nostro Paese un significativo ricorso alla vaccinazione.
(4-08549)

LAMORTE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da mesi in Basilicata è in atto una forte protesta dei cittadini per sollecitare l'attenzione delle autorità regionali sulle gravi disfunzioni del sistema sanitario regionale ed, in particolare, contro la chiusura dell'ospedale di Tinchi di Pisticci;
tutto ciò s'inquadra nella più generale tendenza di un sistema sanitario nazionale inefficiente che accomuna, con le dovute differenze da regione a regione, tutto il territorio del Sud Italia;
in Basilicata sono purtroppo frequenti le denunce di casi di malasanità, culminati nel tragico episodio dell'8 settembre 2010 presso l'ospedale Giovanni Paolo II di Policoro, che ha visto la morte di una giovane donna deceduta a seguito di un parto gemellare;
con riferimento a quest'ultimo caso, sono in corso tre inchieste portate avanti dall'ASL di Matera, dalla procura della Repubblica di Matera e congiuntamente dal Ministero della salute e dalla regione Basilicata -:
di quali elementi disponga il Ministro in relazione al caso di Policoro e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-08557)

...

SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interrogazione a risposta immediata:

CICCANTI, COMPAGNON, GALLETTI, VOLONTÈ, NARO, OCCHIUTO, LIBÈ, MANTINI, TASSONE, RAO e POLI. - Al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
il 12 settembre 2010, intervenendo ad una manifestazione di partito a Venezia, il Ministro interrogato ha proposto l'assegnazione di ministeri sul territorio attraverso una legge di iniziativa popolare «per dire a Roma che la pacchia è finita»;
analogo annuncio era stato fatto alcuni giorni prima dal leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che aveva dichiarato che dopo il federalismo «sposteremo dei ministeri nelle città del Nord e anche al Sud, perché no, non va bene che siano tutti a Roma, come in Inghilterra»;
alcuni esponenti leghisti avrebbero già ipotizzato lo spostamento del ministero del lavoro e delle politiche sociali a Torino, quello delle politiche agricole, alimentari e forestali a Verona e quello dello sviluppo economico a Milano;
nessuna capitale europea ha mai decentrato gli uffici del Governo, neanche in quei Paesi come la Spagna, in cui esistono Parlamenti e Governi autonomi, o in Gran Bretagna, erroneamente citata da Umberto Bossi, dove i ministeri più importanti (esteri, cultura, ambiente, interni e sviluppo) non si sono mossi da Londra e solo alcuni uffici della sanità, della sicurezza sociale e del lavoro sono stati decentrati sul territorio;
il trasferimento dei ministeri, inoltre, comporterebbe un esborso di denaro pubblico non indifferente: basti pensare che il trasloco del Palazzo della cancelleria da Bonn a Berlino costò alla Germania, ai tempi dell'unificazione, ben 465 miliardi di vecchi marchi (pari a circa 238 miliardi di euro), senza contare che si porrebbe il problema del trasferimento dei dipendenti statali impiegati nei dicasteri;

non si risolve il problema della riduzione del peso della pubblica amministrazione spostandone il carico in virtù di un federalismo fasullo, solo per carpire, forse, qualche consenso in più tra l'elettorato -:
se abbia effettuato una stima minima del costo dell'ipotizzato decentramento e considerato tutte le conseguenze di tale scelta.
(3-01218)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Cicchitto ed altri n. 1-00423, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lo Monte.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Cicchitto n. 1-00423, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 361 del 29 luglio 2010.

La Camera,
premesso che:
con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'Unione europea, istituendo l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e un Servizio diplomatico europeo (Seae), nonché prevedendo la graduale definizione di una politica di difesa comune, vuole rafforzare significativamente la propria azione in materia di politica estera, di difesa e di sicurezza europea;
ciò sollecita la definizione anche delle forme di indirizzo e controllo parlamentare su una materia così strategica;
l'Assemblea parlamentare dell'Unione europea occidentale, istituita con il Trattato di Bruxelles e successive modificazioni, cesserà di esistere entro la primavera 2011, in conseguenza della decisione degli Stati membri di denunciare il Trattato;
l'Assemblea parlamentare dell'Ueo è stata fino ad oggi l'unica sede interparlamentare a riunire i rappresentanti dei Parlamenti dei Paesi dell'Unione europea e dei Paesi candidati, dei Paesi europei Nato non aderenti all'Unione europea, nonché, come «osservatori», dei rappresentanti dei Parlamenti della Russia, della regione caucasica e dei Balcani occidentali, aree di rilevanza cruciale per la sicurezza europea;
all'atto della denuncia del Trattato di Bruxelles, nella dichiarazione del 31 marzo 2010, gli Stati membri dell'Ueo - riconoscendo che l'Assemblea parlamentare ha contribuito allo sviluppo di una cultura europea della sicurezza e della difesa - hanno incoraggiato il rafforzamento del dialogo interparlamentare in materia di politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), includendovi anche i Paesi candidati all'ingresso nell'Unione e gli altri Stati interessati. Analoga posizione è stata successivamente assunta dagli Stati membri dell'Unione europea;
l'articolo 12, lettera f), del Trattato sull'Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, afferma che «i Parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell'Unione partecipando alla cooperazione interparlamentare tra Parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo in conformità del protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell'Unione europea»;
l'articolo 9 del primo protocollo allegato al Trattato di Lisbona dispone che «il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali definiscono insieme l'organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare in seno all'Unione»;
sono stati attivati nel tempo più fori parlamentari settoriali in materia di politica estera e di difesa e sicurezza:
a) l'articolo 10 del primo Protocollo prevede che la Conferenza degli organi specializzati in affari comunitari

(COSAC) «può altresì organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, in particolare per discutere su argomenti che rientrino nella politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune»;
b) semestralmente i presidenti delle Commissioni esteri dei Paesi dell'Unione europea, del Parlamento europeo e dei Paesi candidati si riuniscono nell'ambito della cosiddetta COFACC, organizzata e presieduta dal Parlamento nazionale del Paese che detiene la presidenza semestrale del Consiglio affari generali e con la partecipazione dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune;
c) il Parlamento che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea già organizza analoghe riunioni semestrali dei presidenti delle Commissioni difesa dei Parlamenti dei Paesi membri, dei Paesi candidati, del Parlamento europeo;
d) anche la Commissione esteri del Parlamento europeo ha organizzato nel recente passato, pur senza una cadenza regolare, incontri interparlamentari su temi concernenti la politica estera e di sicurezza comune e la politica europea di sicurezza e difesa aperti alla partecipazione dei rappresentanti dei Parlamenti nazionali;
e) la stessa Commissione esteri del Parlamento europeo ha istituito al suo interno una sottocommissione per i problemi di difesa e sicurezza;
i formati sopra richiamati appaiono, per composizione e modalità di funzionamento, esposti ad un rischio di settorialità che riduce la possibilità di garantire un controllo interparlamentare PESC/PESD, adeguato alle sfide di sicurezza e di difesa con cui l'Europa è chiamata a misurarsi;
è opportuno perciò dare stabilità e continuità a quel «rafforzamento del dialogo interparlamentare» nelle materie della politica di sicurezza e di difesa comune, auspicato nella dichiarazione del Consiglio europeo del 31 marzo 2010, razionalizzando e unificando i fori di confronto interparlamentare in materia, garantendo al contempo una sufficiente rappresentatività e continuità;
appare, altresì, essenziale una sede che, sulla politica estera, di difesa e di sicurezza europea, associ in una comune responsabilità Parlamento europeo e Parlamenti nazionali;
il Senato francese ed altri Parlamentari europei si sono pronunciati in direzione analoga;
il Parlamento europeo ha promosso per il 28 settembre 2010 un convegno in materia, invitando rappresentanti dei 27 Paesi membri dell'Unione europea;
la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea (CPPU) ha incaricato la Presidenza belga di presentare una proposta entro la prossima sessione dell'aprile 2011;
si ritiene opportuno che:
a) sia istituita una «Conferenza interparlamentare per la politica estera, di difesa e sicurezza europea», composta da delegazioni del Parlamento europeo, dei Parlamenti dei Paesi - membri e candidati - dell'Unione europea. La Conferenza può invitare delegazioni parlamentari di altri Paesi interessati;
b) alla Conferenza partecipino la Commissione affari esteri del Parlamento europeo e delegazioni parlamentari nazionali - contenute nella dimensione e rappresentative sia di maggioranza che di opposizione - costituite, di norma, da membri delle Commissioni per gli affari esteri, per la difesa e per gli affari europei;
c) la Conferenza si riunisca ordinariamente almeno 2 volte l'anno, co-presieduta dal Presidente della Commissione esteri del Parlamento europeo e dal Presidente della Commissione esteri del Paese che esercita la presidenza semestrale

dell'Unione europea. Può riunirsi straordinariamente in casi di necessità e urgenza e in occasione di scelte particolarmente delicate del Consiglio;
d) la Conferenza determini con proprio regolamento le modalità di funzionamento;
e) alle riunioni della Conferenza possa prendere parte l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, che, almeno due volte all'anno, riferisce personalmente linee e strategie della politica estera e di difesa;
f) la Conferenza, con sede a Bruxelles, disponga di strutture operative leggere e organizzi la propria attività in cooperazione logistica e operativa con il Parlamento europeo;
si auspica che analogo orientamento maturi presso tutte le istituzioni parlamentari interessate e sia in particolare sostenuto e recepito nella Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell'Unione europea,

impegna il Governo

a promuovere la proposta sopra indicata e, sulla base di essa, a favorire la ricerca della soluzione più efficace.
(1-00423)
(Nuova formulazione) «Cicchitto, Franceschini, Reguzzoni, Casini, Bocchino, Donadi, Dozzo, Fassino, Vitali, Cicu, Tempestini, Pianetta, Antonione, Volontè, Pistelli, Vernetti, Rigoni, Renato Farina, Gianni Farina, Stefani, Malgieri, Zacchera, Stucchi, Rugghia, Villecco Calipari, Arturo Mario Luigi Parisi, Barbi, Cesa, Mogherini Rebesani, Evangelisti, Gozi, Mecacci, Nirenstein, Galati, Bergamini, Formichella, Lo Monte».
(29 luglio 2010)

Allegato B
Seduta n. 367 del 14/9/2010

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sono ormai numerosissimi i casi di denuncia effettuati da clienti Telecom Italia riguardo all'abbonamento cosiddetto Alice Pay, un classico esempio ad avviso dell'interrogante di pratica commerciale che desta perplessità sul piano della conformità alla normativa di cui al codice del consumo;
risale al giorno di venerdì 9 aprile 2010 il più recente caso di quello che all'interrogante appare un evidente comportamento omissivo di informazioni verso il consumatore e di azione dilatoria della Telecom Italia, allorquando la segreteria dell'interrogante, affrontando un caso segnalato da un cliente, ha provveduto a chiamare il 187 per chiedere informazioni su voci contenute sulla fattura del predetto cliente, il quale non riusciva a capire come mai dovesse pagare una cifra di parecchie centinaia di euro, pur non avendo effettuato chiamate commisurate, bensì trovando scritto sull'effetto di pagamento specifiche e ripetitive voci recanti contenuti web Telecom Italia;
al 187 non sono riusciti a spiegare come fosse stata generata l'attivazione dell'abbonamento ne sapevano dare informazioni di merito sui contenuti addebitati. Hanno però riferito di procedere a collegarsi al sito di Alice Pay e di inserire i codici di accesso per verificare i servizi incriminati;
d'altro canto, lo stesso cliente ha lamentato di non aver mai provveduto ad attivare alcun abbonamento di tale natura e soprattutto di non sapere quali eventualmente potessero essere i codici da usare per entrare nel predetto sito (password e nome utente);
in effetti questa vicenda è da tempo ben denunciata nelle lettere di molti clienti che si rivolgono a consulenti e ad esperti per capire di cosa si tratti e come sia possibile che si possano verificare tali fenomeni a danno di utenti che inconsapevolmente incappano in addebiti per acquisti mai richiesti e mai autorizzati;
dai siti di denuncia allo scopo presenti sul web, si apprende che Alice Pay sembra configurarsi come un servizio poco trasparente. Esso è un nuovo servizio di Telecom Italia che permette di fare acquisti on-line e far ricadere il costo sulla successiva bolletta telefonica (senza neppure specificare il proprio numero di telefono perché alla Telecom riconoscono automaticamente la linea ADSL dalla quale si è connessi);
in pratica (così si apprende dai siti a ciò dedicati), questo servizio che all'interrogante pare presentare modalità poco chiare funziona come i vecchi dialer che

giravano ai tempi di internet a 56kbps, dato che si possono arrivare a sottrarre, in media, dai 4 ai 20 euro a servizio attivato, a settimana: ci si potrebbe quindi trovare in bolletta addebiti di decine o addirittura centinaia di euro;
questa pratica consiste nel potersi abbonare ad una serie di servizi con un semplice click, senza una conferma da parte del titolare della linea Telecom. Il servizio si attiva automaticamente e l'unico avviso di Telecom è una mail (quando si ha la fortuna di avere una e-mail alice, altrimenti neppure ciò), in cui si avvisa dell'avvenuto acquisto, senza alcun link di conferma;
se per errore si clicca un link, si può rischiare di abbonarsi all'istante ad un servizio di cui magari si voleva solo qualche informazione in più, ma non spendere decine di euro al mese;
è logico ad ogni modo chiedersi considerato che questi servizi sono riservati solo a persone maggiorenni, come fa Telecom ad assicurarsi che colui che ha cliccato abbia più di 18 anni. Un modo potrebbe essere quello della conferma tramite e-mail: una tecnica utilizzata quasi ovunque. E invece no, acquisto immediato e per un mese ed a tempo illimitato;
inoltre non è necessario inserire nemmeno il numero telefonico su cui verrà addebitato il servizio, Telecom tramite l'indirizzo IP riconosce la linea telefonica e addebita;
se un terzo diverso dal titolare della linea usa la linea ADSL del cliente, si rischia di trovarsi bollette del cui contenuto non si è responsabili. Si è soggetti allo stesso rischio se qualche male intenzionato s'introduce nella rete wireless domestica del titolare;
purtroppo però, come ha potuto verificare lo stesso interrogante affrontando direttamente un caso del genere, i clienti di Telecom Italia, non conoscono la nuova iniziativa capace di arrecare danni economici di notevoli entità;
ancora più grave è la condizione di quegli utenti che hanno l'addebito della fattura della Telecom direttamente sul proprio conto corrente bancario, infatti questi utenti si possono trovare nelle condizioni di aver pagato servizi non voluti e richiesti e ad ogni modo, le eventuali verifiche sono spesso tardive in quanto il pagamento è già stato effettuato;
tale pratica di attivazione e di esercizio dell'abbonamento Alice Pay appare all'interrogante del tutto priva di trasparenza e soprattutto contraria al codice del consumo, in particolare lesiva dei diritti degli utenti previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo), segnatamente dall'articolo 57 sulla fornitura non richiesta che allo scopo recita:
«1. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso l'assenza di risposta non implica consenso del consumatore.
2. Salve le sanzioni previste dall'articolo 62, ogni fornitura non richiesta di cui al presente articolo costituisce pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 21, 22, 23, 24, 25 e 26» -:
se sia a conoscenza dei casi di cui in premessa concernenti l'attivazione poco trasparente dell'abbonamento Alice Pay da parte di Telecom Italia e quali iniziative di competenza intenda adottare per disciplinare compiutamente, avendo particolare attenzione alla tutela dei consumatori, la materia della conclusione dei contratti per via telematica, sia con riferimento ai servizi di telecomunicazione sia più in generale a tutte le tipologie di contratti stipulabili a distanza.
(4-07109)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fornisce la seguente risposta anche sulla base di elementi informativi acquisiti presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Il servizio Alice
Pay riguarda la modalità di pagamento di alcuni beni (soprattutto loghi e suonerie) scaricabili da Internet. In

particolare, consente a coloro che sono già titolari di un abbonamento adsl Alice di effettuare i detti acquisti con un semplice click, senza cioè dover digitare all'atto dell'acquisto alcun dato attestante l'eventuale sussistenza di un consenso a contrarre.
In merito allo specifica tematica inerente alla tutela dei consumatori, in materia di conclusione dei contratti per via telematica, sia con riferimento ai servizi di telecomunicazione sia più in generale a tutte le tipologie di contratti stipulabili a distanza, si rappresenta che il nostro ordinamento giuridico è dotato di sufficienti garanzie normative generali e di settore al fine di reprimere ed arginare il fenomeno dell'addebito abusivo di servizi o forniture non volute e non richieste.
Prescindendo dalle norme di carattere generale, contenute nel decreto legislativo n. 206 del 2005, recante il codice del consumo, relativamente alle norme di settore occorre, infatti, rammentare che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni già con la delibera n. 179/03/CSP ha vietato, all'articolo 7, le forniture non richieste di beni e servizi di comunicazioni elettroniche e in base a tale articolo sin dal 2003 il Garante ha sanzionato le condotte illecite dei gestori.
La disciplina è diventata più dettagliata, anche in conseguenza della aumentata frequenza di tale tipo d'illecito, con l'adozione della delibera Agcom n. 664/06/CONS in materia di contratti a distanza nel settore delle comunicazioni elettroniche, la quale vieta espressamente ogni condotta del gestore che, nella conclusione di contratti a distanza (tra i quali rientrano a pieno titolo i citati contratti stipulati mediante il servizio Alice
Pay) attivi beni e/o servizi di comunicazioni elettroniche senza aver recepito il consenso espresso del cliente.
In tali ipotesi l'articolo 98, comma 11, del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche commina una sanzione particolarmente severa (da un minimo edittale di 120.000,00 a un massimo di 2.500.000 euro).
L'Agcom ha, infine, precisato che il servizio Alice
Pay, così com'è attualmente congegnato, è risultato contrario alla normativa vigente, in quanto causa di attivazioni non consapevoli.
A conclusione, quindi, di un procedimento iniziato su denuncia di alcuni utenti, la stessa Agcom, svolte le specifiche attività d'indagine, è in procinto di avviare un procedimento sanzionatorio a carico del gestore Telecom Italia, per violazione della citata delibera n. 664/06/CONS.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

BARBATO, BOSSA, MAZZARELLA, SBAI, PALAGIANO, GARAVINI, NICOLAIS, ANIELLO FORMISANO, PICIERNO, RAZZI, SARUBBI, PICCOLO, MISITI, BOFFA e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
alle elezioni comunali di Vitulazio (Caserta) del 6 e 7 giugno 2009 partecipavano cinque liste;
all'esito della consultazione elettorale risultava vincitrice per uno scarto di cinque voti la lista «Vivi Vitulazio»;
tra i candidati figurava la signora Scialdone Giovanna Lina, sorella del dottor Scialdone Antonio, direttore generale del consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta;
lo Scialdone Antonio partecipa attivamente, sia alla composizione della lista, che al procacciamento di consensi in favore della sorella Giovanna Lina che risulterà la più votata;
lo Scialdone Antonio, come si apprende da notizia di stampa risulterebbe indagato per il reato di associazione a delinquere, reato che sarebbe stato commesso nella qualità di funzionario del consorzio unitamente ad esponenti della criminalità organizzata (Mattino del 19 dicembre 2010);
in ragione di tale ipotesi delittuosa lo Scialdone subisce anche un provvedimento di sequestro di somme per l'importo di circa euro 500.000,00;

il dottor Scialdone Antonio, come si apprende da notizie di stampa, in prossimità delle elezioni comunali del 2009, procaccia posti di lavoro in favore di alcuni cittadini di Vitulazio, sia alle dipendenze di società operanti nel settore dei rifiuti, sia alla dipendenze di società di vigilanza;
proprio in occasione della consultazione elettorale (giorno 7 giugno 2009) lo Scialdone Antonio si accompagna a tale Ferraro Luigi da Casal di Principe (fratello del deputato regionale Ferraro Nicola destinatario di alcuni provvedimenti cautelari) ed altri personaggi pure identificati dalle forze dell'ordine;
allo Scialdone Antonio sono riferibili anche altri consiglieri di maggioranza e segnatamente il presidente del consiglio comunale signora Pezzulo Giovanna (il cui consorte Iorio Giacomo) è dipendente del consorzio unico di bacino, Parillo Alessandro (che viene assunto alle dipendenze di una società di vigilanza riferibile allo Scialdone Antonio), l'assessore Terlizzi Renato (il cui figlio è stato assunto in concomitanza delle elezioni amministrative alle dipendenze di società di vigilanza per intercessione dello Scialdone);
di tali fatti veniva inoltrata al Ministero dell'interno e ad altre Autorità una articolata nota con allegati documenti circa le possibili infiltrazioni e condizionamenti del voto;
da tale documento, recapitato al Ministero dell'interno il 14 gennaio 2010 unitamente ad atti e documenti, si prospettano inquietanti condizionamenti del voto e della locale amministrazione per mano dello Scialdone Antonio -:
se i ministri interrogati non ritengano, ognuno per propria competenza:
a) avviare accertamenti a mezzo commissione di accesso presso l'Amministrazione comunale di Vitulazio al fine di accertare quanto risulta dai fatti esposti in premessa;
b) verificare se vi sono stati condizionamenti di natura criminale e camorristica sull'espressione del voto in occasione delle elezioni comunali del comune di Vitulazio (Caserta).
(4-06549)

Risposta. - Gli organi elettivi del comune di Vitulazio sono stati rinnovati il 28-29 marzo 2010. Atteso il brevissimo lasso di tempo trascorso dalle elezioni amministrative, non sono state poste in essere dall'Amministrazione comunale attività di rilevanza tale da essere suscettibili di attività ispettive straordinarie.
Si assicura, comunque, che il prefetto di Caserta monitora con la massima attenzione l'operato dell'Amministrazione comunale - anche alla luce delle indagini avviate da parte della competente autorità giudiziaria in relazione alle vicende segnalate dall'interrogante - e non mancherà di attivare le procedure previste dalla legge qualora dovessero emergere elementi significativi di un condizionamento della criminalità organizzata sugli organi comunali.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BELLANOVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel bilancio di previsione 2010 il comune di Lecce ha previsto tra le entrate tributarie l'importo di 10 milioni di euro come frutto di attività di accertamento sull'ICI (in particolare dall'attività di riclassamento degli immobili) e la TARSU. Detta previsione di entrata non risulta ancorata al principio contabile della veridicità, atteso che negli ultimi quattro anni, la posta di bilancio ha presentato preoccupanti anomalie: dei 32 milioni di euro messi a consuntivo nelle precedenti annualità, nel 2007 (circa 8 milioni), nel 2008 (13 milioni), nel 2009 (11 milioni), sono state iscritte a ruolo somme pari a 14 milioni complessivi e riscossi appena 4,9 milioni di Euro;

nell'ultimo consuntivo approvato riferito all'anno 2009 la situazione debitoria dell'ente è risultata fortemente compromessa, con oneri finanziari per ammortamento prestiti ed il rimborso degli stessi pari a euro 13.883.000 in costante aumento rispetto alle annualità precedenti (nel 2006 erano 7.712.000);
l'approvazione del bilancio preventivo 2010, con la paventata rimodulazione dei BOC con tempi e modalità non chiarite, determinerà ulteriore incremento dell'indebitamento;
il bilancia di previsione risulta incapiente per affrontare i numerosi debiti registrati al 31 dicembre 2009: società partecipate Lupiae servizi e Società SGM (9 milioni di euro), fatture non pagate (11 milioni), pignoramenti presso la tesoreria (4 milioni) oltre a numerosi debiti fuori bilancio per decine di milioni, tra i quali il lodo LEADRI per la tangenziale est ammontante a 14.308.000 euro, il debito riconosciuto alla società ambiente sviluppo ammontante a 4.000.000 di euro, gli oneri derivanti dalla sentenza esecutiva nei confronti dello IACP (Istituto autonomo case popolari) per 3.500.000 euro, solo per citarne alcuni;
dai dati riportati si può stimare uno squilibrio complessivo pari a non meno di 50 milioni di euro. In questo contesto sembrerebbero essere stati violati i postulati del sistema di bilancio a base dell'ordinamento finanziario e contabile. In particolare, in merito ai residui attivi sarebbe stato violato in modo eclatante l'articolo 179 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL) secondo cui una somma può essere mantenuta in bilancio se si ha una somma certa da riscuotere, un creditore individuato e un titolo valido, oltre ad essere stato violato l'articolo 189 del decreto legislativo 267 del 2000 che prevede che siano mantenute tra i residui esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlata entrata;
nel riaccertamento dei residui attivi inoltre sembrerebbe essere stato così violato l'articolo 228, comma 3, sempre del TUEL e il principio contabile n. 2 elaborato dall'Osservatorio della finanza locale che ai punti 31 e 32, prevede, che i residui di dubbia esigibilità debbano essere stralciati dal conto del bilancio per essere inseriti nel conto del patrimonio tra le immobilizzazioni finanziarie fino al compimento dei termini di prescrizione oppure all'accertamento della definitiva inesigibilità. Anche le sezioni regionali della Corte dei conti raccomandano questa procedura (in particolare si veda la delibera n. 1119/2009 della Corte dei conti Lombardia). Nel caso specifico del comune di Lecce pare che manchino tutti i presupposti per decine di milioni di euro -:
quali iniziative urgenti, il Ministro interrogato, intenda adottare per accertare, alla luce di quanto sopra evidenziato, se il comune di Lecce sia sull'orlo dell'insolvenza e del dissesto finanziario e se non ritenga a tal fine di dover attivare una verifica amministrativa e contabile ad opera della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti.
(4-07401)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, intesa a conoscere se si intenda adottare una verifica amministrativa e contabile da parte della Ragioneria generale dello Stato al fine di accertare la reale situazione del comune di Lecce.
Al riguardo, premesso che dalla documentazione in possesso non risulta che il citato comune sia stato finora assoggettato a verifiche amministrativo-contabili, questa amministrazione, in considerazione della rilevanza delle fattispecie segnalate nel documento parlamentare, valuterà la possibilità di inserimento del comune di Lecce nelle future programmazioni.
In proposito, si fa presente che l'articolo 14, comma 1, lettera
d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), prevede la possibilità, per il Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, di effettuare, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile

delle amministrazioni pubbliche, tra le quali rientrano anche gli enti locali.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Giuseppe Vegas.

BELLANOVA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Numonyx è stata creata nel 2008 dalla società Intel e da StMicroelectronics, di cui azionista di maggioranza è la Cassa depositi e prestiti, con lo scopo di fare divenire questa nuova azienda leader nel settore della microelettronica. Numonyx, oltre ad occuparsi della costruzione di memorie non volatili «a semiconduttore», compie anche attività di ricerca per individuare modalità utili all'impiego di tecnologie sempre più sofisticate in grado di competere a livello mondiale;
la microelettronica non è solo un settore importante per lo sviluppo e l'innovazione di specifiche tecnologie, per le competenze e le professionalità presenti nel settore, ma anche perché può rappresentare un importante volano di innovazione per il settore industriale in Italia;
pochi mesi fa Numonyx è stata ceduta alla società concorrente statunitense Micron, senza che fosse chiaro, alle organizzazioni sindacali né tanto meno ai lavoratori, quali fossero le condizioni a tutela dello sviluppo dell'attività e dell'occupazione in Italia. Sembrerebbe, per altro, che la stessa Micron abbia già fatto sapere di non essere interessata all'investimento sulle memorie flash, trampolino di lancio della precedente società e che, cosa ancor più grave, ad oggi non abbia ancora presentato un piano industriale;
in un momento congiunturale di crisi come quello che il nostro Paese si trova ad attraversare, questa situazione ha destato molta preoccupazione tra i lavoratori della Numonyx, personale esperto e specializzato nella produzione delle sopracitate memorie, per il loro futuro lavorativo e di vita;
il giorno 11 maggio 2010 le organizzazioni sindacali hanno tenuto un incontro, richiesto dalle stesse già nell'aprile 2010 e poi slittato, presso il Ministero dello sviluppo economico durante il quale le organizzazioni sindacali non hanno potuto fare altro che prendere atto del completamento dell'operazione di cessione aziendale, lamentando per altro che questo sia avvenuto senza aver preso in considerazione alcuna garanzia occupazionale e di prospettiva;
va aggiunto che nella stessa sede, il Ministero dello sviluppo economico, per mezzo dei suoi rappresentanti, si era impegnato a calendarizzare, insieme con la Presidenza del Consiglio dei ministri, un momento di confronto tra le parti per fare il punto della situazione, in modo da poter attuare una valutazione complessiva più ampia, partendo proprio dalle garanzie occupazionali e dalle prospettive delle tre aziende coinvolte. Ad oggi, però, ancora non si è avuta alcuna notizia in merito all'incontro preannunciato con la conseguenza che lo stato di preoccupazione dei lavoratori continua ad aumentare -:
se i Ministri interrogati non ritengano di intervenire con urgenza al fine di predisporre quanto possa essere utile a convocare con celerità un incontro tra le parti interessate, tenendo anche in debita considerazione che proprio la Cassa depositi e prestiti è l'azionista di maggioranza di STMicroelettronics e che migliaia di lavoratori italiani aspettano una dovuta risposta per programmare il proprio futuro di vita e lavorativo.
(4-07616)

Risposta. - Il ministero dello sviluppo economico ha seguito e segue con molta attenzione la vicenda della società Numonix fin dalla sua costituzione, ovvero dallo scorporo della «Divisione Memorie» messo in atto da ST Microelectronics nel 2007.


La nascita di
Numonix è stata giustificata con la necessità di realizzare, attraverso l'accordo con l'americana Intel, un'impresa dalla massa critica sufficiente a contrastare il dominio delle società americane del Far East, operanti nel complesso mercato delle memorie.
La fondatezza, di tale impostazione è stata dimostrata dalla necessità, manifestata nel corso dell'ultimo semestre, di procedere ad una nuova operazione di accorpamento attraverso la cessione dell'intera
Numonix alla società americana Micron.
Si è realizzato, in tal modo, un complesso che fattura circa 10 miliardi di dollari (8 in capo a
Micron e 2 di Numonix) e che si colloca al terzo posto nel ranking mondiale nel mercato delle memorie. Si aggiunga che l'incorporazione di Numonix è stata particolarmente positiva poiché non ha comportato sovrapposizioni di prodotto e di mercato.
La società
Micron, come noto, già operava nel nostro Paese con importanti impianti ad Avezzano (L'Aquila) ed una piccola unità di ricerca a Padova.
Per questa realtà il ministero dello sviluppo economico ha da tempo attivato un tavolo di monitoraggio sulle prospettive produttive ed occupazionali anche tenuto conto del fatto che la società ha in corso una procedura finalizzata all'accoglimento di un contratto di programma per investimenti nella ricerca e nella innovazione di processo.
L'11 maggio 2010, immediatamente a valle della definitiva conferma
(closing) della cessione di Numonix a Micron, si è svolto un incontro presso il ministero dello sviluppo economico con la presenza dei vertici di ST Microelectronics, oltre alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni territoriali interessate.
In quell'ambito è stato ribadito dal vertice di
Numonix che saranno confermati tutti i piani di ricerca già annunciati e che non si prevedono interventi sui livelli d'occupazione in nessuno dei siti interessati.
In particolare, per quanto riguarda l'unità di Agrate, è stata assicurata la sua piena operatività e, quindi, confermato lo sviluppo di tutti i progetti in essere. Inoltre, è stato comunicato che, nell'accordo con
Micron, Numonix ha chiesto ed ottenuto che il centro e lo sviluppo delle memorie Nor fosse assegnato al nostro Paese che, pertanto, continuerà a guidare e sviluppare un importante segmento tecnologico nel quale ha una competenza ed una leadership ampiamente riconosciute.
A fronte di preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali circa l'abbandono dei processi di progettazione e produzione di
wafers a 12 pollici (ovvero 300 mm), il ministero dello sviluppo economico ha chiesto chiarimenti alla direzione di Numonix la quale ha dichiarato che il progetto non è stato abbandonato e che, al contrario, ulteriori attività di Research & Development le saranno trasferite da Micron.
Poiché in ambito sindacale permangono delle perplessità sulle reali intenzioni dell'azienda, il ministero dello sviluppo economico si è preoccupato di monitorare in modo continuo la situazione, ma, soprattutto, si è riservato di convocare congiuntamente ed in tempi ravvicinati i rappresentanti delle due società (
Micron e Numonix) al fine di acquisire ogni ulteriore impegno che possa fugare dubbi, perplessità od incongruenze rilevate dalle organizzazioni sindacali.
Si deve aggiungere, infine, che
ST Microelectronix e Numonix hanno presentato un contratto di programma, attualmente all'attenzione del Cipe, per investimenti superiori al miliardo di euro sia in ricerca sia in nuovi investimenti di processo innovativi rispetto alla produzione core (componenti microelettronici) e con riferimento allo sviluppo di celle per impianti fotovoltaici.
In questo ambito, è stato ribadito dai vertici delle due società che i progetti sono integralmente confermati e quindi che
Numonix intende sviluppare la ricerca anche verso quei prodotti (integrazione di materiali nano strutturati ed elettronica di conversione) che saranno certamente al centro della domanda di mercato per i prossimi anni.
Il ministero dello sviluppo economico ritiene che in tal modo si possa uscire dall'ottica emergenziale che troppo spesso

ha caratterizzato gli interventi del passato, ispirati più alla necessità di far fronte alle crisi del momento che non all'opportunità di favorire un organico disegno di riposizionamento strategico di questo settore produttivo. Il ministero dello sviluppo economico continuerà, quindi, a monitorare l'evolversi della vicenda mantenendo aperto un tavolo di confronto tra le organizzazioni sindacali, STM e Micron.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BELLANOVA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2, comma 1-ter, del decreto-legge n. 40 del 25 marzo 2010, poi convertito con modificazioni dalla legge n. 73 del 22 maggio 2010 stabilisce che «le direzioni territoriali dell'economia e delle finanze sono soppresse» e, inoltre, che «le funzioni svolte dalle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze sono riallocate prioritariamente presso gli uffici centrali del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi, ovvero presso le ragionerie territoriali dello Stato»;
sono quindi destinate a chiudere le 103 direzioni territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze, da sempre punti nevralgici di incontro tra il Ministero e la cittadinanza, luoghi deputati al rapporto diretto con l'utenza, i quali sembrano essere difficilmente sostituibili con altri uffici, privi di un background costruito nel tempo;
le direzioni territoriali assolvono a diversi servizi tra i quali: l'erogazione degli stipendi ai dipendenti di differenti comparti, come i Ministeri, la scuola, gli istituti di alta formazione, le agenzie fiscali ed ancora i pagamenti delle pensioni di guerra, le medaglie al valore militare, pensioni tabellari, indennizzi previsti dalla legge n. 210 del 1992, indennizzi alle vittime del terrorismo e vittime del dovere, procedimenti amministrativi sanzionatori usura e antiriciclaggio. Ben si comprenderà, dunque, l'estesa attività che si cela dietro l'operato delle direzioni in questione e dei dipendenti che a queste fanno capo;
va ricordato, inoltre, che i lavoratori interessati in tutta Italia sono ben 3500, i quali, data la natura generica della norma che paradossalmente, a fronte dei tanti servizi resi ai cittadini, non si esprime sulla riorganizzazione delle funzioni oggi svolte dai dipendenti delle direzioni e che verranno poi soppresse, sono fortemente preoccupati per il loro futuro lavorativo;
la preoccupazione dei lavoratori, inoltre, aumenta e si acuisce anche in virtù della quasi totale assenza di coinvolgimento delle parti sociali nelle discussioni propedeutiche alla modifica dell'assetto organizzativo dell'ente;
solo il giorno 5 maggio 2010 il sottosegretario onorevole Alberto Giorgetti ha incontrato i rappresentanti nazionali delle organizzazioni sindacali per un'informativa in merito alla chiusura delle direzioni territoriali, dalla quale però non sembrerebbe essere emersa alcuna linea programmatica utile a chiarire il futuro dei dipendenti. Nella stessa sede, pare che sia stato posto al sottosegretario anche il problema di quei dipendenti oramai prossimi alla pensione, i quali in un contesto di ristrutturazione dell'ente, dovrebbero essere riqualificati rappresentando in tal modo un ulteriore costo, ma alcuna risposta costruttiva sembrerebbe sia giunta -:
se il Ministro interrogato, data l'importante funzione di raccordo svolta sino ad oggi dalle direzioni territoriali e constatata la situazione di incertezza che stanno vivendo i dipendenti per il proprio futuro lavorativo, non ritenga opportuno intervenire con urgenza predisponendo quanto possa essere utile a convocare con celerità un incontro tra le parti interessate, al fine di comunicare con chiarezza come verrà esplicata la sopracitata riorganizzazione.
(4-07651)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale si chiede se, in relazione alla chiusura delle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze, non si ritenga opportuno convocare un incontro tra le parti interessate, al fine di comunicare con chiarezza come verrà esplicata la citata riorganizzazione.
Al riguardo, si fa presente che è in fase di predisposizione uno schema di regolamento, il quale nel recare modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43, tiene conto delle disposizioni introdotte dall'articolo 2, comma 8-
bis, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni nella legge 26 febbraio 2010, n. 25, nonché delle ulteriori disposizioni previste dall'articolo 2, comma 1-ter, del decreto legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2010, n. 73, in materia di soppressione delle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze.
In particolare, l'articolo 2, commi 1-
bis e 1-ter, del citato decreto-legge n. 40 del 2010, prevede la soppressione delle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze con ricollocazione delle relative funzioni, prioritariamente, presso gli uffici centrali del dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi ovvero presso le Ragionerie territoriali dello Stato.
Il personale in servizio potrà dunque, su base volontaria, transitare, presso l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato oppure restare nel ruolo del ministero dell'economia e delle finanze e prestare servizio presso le Ragionerie territoriali dello Stato.
Le modalità attuative della norma sono in fase avanzata di analisi e sono in corso contatti con l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato al fine di condividere le modalità con le quali garantire il transito del personale, nonché la piena funzionalità degli uffici dell'amministrazione economico-finanziaria interessati dal processo di riordino.
Entro le prossime settimane, come chiesto nel documento parlamentare, sarà convocato un incontro con le parti sindacali al fine di illustrare compiutamente le modalità attuative del processo di riordino, con particolare riferimento agli effetti sul personale.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Alberto Giorgetti.

BELLOTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 212 del 1956 e la legge n. 130 del 1975 disciplinano la propaganda elettorale mediante affissioni, ossia la propaganda effettuata con manifesti, avvisi, fotografie, che siano intesi direttamente o indirettamente ad influire sulla scelta degli elettori;
tali leggi, anche in considerazione del periodo storico nel quale sono state concepite ed emanate, non disciplinano la propaganda elettorale effettuata mediante tabelloni elettronici a messaggio variabile;
tra i divieti previsti dall'articolo 6 della legge n. 212 del 1956 vi è l'impossibilità di effettuare dal 30° giorno, precedente la data fissata per le elezioni, ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurante a carattere fisso in luogo pubblico, ma tale legge dovrebbe riferirsi ai tabelloni fissi e non a pannelli luminosi in cui il messaggio è variabile;
alcuni tabelloni elettronici, in particolare, sarebbero paragonabili ad un monitor collegato ad internet tramite apparecchio GPRS e quindi non assoggettati alla citata disciplina;
dato che tuttavia non sarebbe univoca l'interpretazione che danno le prefetture, sembrerebbe opportuno un intervento per definire più chiaramente la materia -:
se il Governo intenda assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla materia, definendo indirizzi che possano portare le prefetture a valutazioni uniformi in materia di pubblicità elettorale.
(4-06470)

Risposta. - In merito alla problematica inerente le modalità di propaganda elettorale effettuata tramite tabelloni elettronici a messaggio variabile, si richiama l'articolo 6, comma 1, della legge 4 aprile 1956, n. 212, così come modificato dall'articolo 4 della legge 24 aprile 1975, n. 130, il quale vieta dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le elezioni, ogni forma di propaganda elettorale luminosa o figurativa a carattere fisso in luogo pubblico, escluse le insegne indicanti le sedi dei partiti.
Su tale argomento il ministero dell'interno ha provveduto già da tempo ad emanare un'apposita direttiva a carattere permanente, con la circolare n. 1943/V dell'8 aprile 1980, con la quale, al paragrafo 21, pagina 48, si rappresenta come «le proiezioni cinematografiche ed i mezzi di comunicazione audiovisivi, anche a circuito chiuso, abbiano una caratterizzazione tale da non poter essere compresi nella generica accezione di mezzi di propaganda figurativa o luminosa dei quali l'articolo in esame fa divieto
».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BENAMATI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal novembre 2009 l'ufficio postale di Vidiciatico nel comune di Lizzano in Belvedere (provincia di Bologna) ha ridotto le giornate di apertura al pubblico;
la direzione provinciale di Bologna di Poste italiane spa (filiale di Bologna 2) ha adottato il criterio di modulare su 3 giorni e con orari parziali l'ufficio postale della frazione di Vidiciatico in base alle analisi sui flussi di clientela;
i criteri adottati nella decisione di chiudere parzialmente l'ufficio postale di Vidiciatico si basano essenzialmente su valutazioni di tipo economico e non considerano Vidiciatico come il centro di maggiore presenza turistica del comune in oggetto;
nel comune di Lizzano in Belvedere è presente una popolazione anziana, spesso non autosufficiente negli spostamenti, che vive in aree montane in cui vi sono problemi di trasporti e mobilità;
questa decisione limita fortemente le esigenze organizzative delle imprese del territorio le quali sono costrette a rinviare al giorno successivo ogni necessità di servizio postale oppure obbliga a lunghi spostamenti verso uffici postali;
il concentrarsi dell'utenza (privati ed aziende) nella fascia mattutina su tre giorni di apertura al pubblico rischia di aumentare fortemente i tempi di attesa;
la riduzione del servizio contrasta con la tendenza generale di un ampliamento dei servizi pubblici offerti alla collettività nell'ottica di facilitare e agevolare il rapporto con il cittadino -:
se quanto detto corrisponda al vero e quali iniziative intenda porre in essere per sollecitare la direzione dell'azienda Poste italiane a riattivare la chiusura parziale dell'ufficio postale di Vidiciatico per assicurare un servizio efficiente ai cittadini e alle attività produttive che operano nel bacino di utenza del comune di Lizzano in Belvedere.
(4-06668)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante i disservizi postali in provincia di Bologna, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si segnala quanto segue.
La concessionaria del servizio postale universale ha rappresentato che l'ufficio postale di Vidiciatico, ubicato nel comune di Lizzano Belvedere in provincia di Bologna, è dotato di uno sportello. Lo stesso ufficio, dallo scorso mese di novembre, è stato oggetto di rimodulazione dell'orario di apertura, pertanto al momento è aperto al pubblico 3 giorni a settimana, con orario 8.00-13.30.
Poste italiane ha precisato che tale assetto organizzativo è in grado di soddisfare le esigenze della clientela, nel rispetto degli

standard di qualità aziendali, come risulta dai dati di produzione e dai flussi di traffico.
Per completezza d'informazione l'azienda ha precisato che, nel raggio di circa 3 chilometri sono attivi gli uffici di Lizzano Belvedere, aperto dal lunedì al venerdì con orario 8.00-13.30 e il sabato con orario 8.00-12.30 e quello di Querciola, aperto il martedì ed il giovedì con orario 8.00-13.30 ed il sabato con orario 8.00-12.30.
Analogamente a quanto disposto per altri uffici sottoposti a rimodulazione dell'orario di apertura, anche l'ufficio di Vidiciatico è sottoposto ad un costante monitoraggio al fine di garantire interventi adeguati in caso di necessità.
Sarà, comunque, cura del ministero dello sviluppo economico far effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel lontano 1983 i deputati radicali Emma Bonino, Roberto Cicciomessere ed Adelaide Aglietta, con un atto di sindacato ispettivo (n. 3-07881 dell'VIII legislatura), interrogarono i Ministri dell'epoca sulla vicenda del residence di Via Mastrigli a Roma;
purtroppo, a distanza di ventisei anni, i problemi denunciati allora non solo non sono stati risolti ma, se possibile, si sono addirittura aggravati;
nell'interrogazione radicale del 1983 si denunciava lo scandalo abitativo di «celle, loculi» di 10 metri quadrati affittati come appartamenti, dove centinaia di persone, spesso famiglie intere, erano costrette a tenere fuori all'aperto, durante il giorno mobili, oggetti, cucine perché altrimenti non vi sarebbe stato lo spazio fisico per le persone; famiglie che durante la notte dormivano in letti (alcuni forzatamente a castello) che occupavano l'intera superficie a disposizione; famiglie che per ognuna di queste «unità abitative», erano costrette a pagare affitti di oltre 120.000 lire al mese;
già all'epoca, «l'estorsione ed il ricatto» apparivano «tanto più vergognosi» in quanto le vittime erano cittadini stranieri, spesso provenienti da Paesi poverissimi, uniti a cittadini italiani altrettanto indigenti, costretti tutti a vivere in drammatiche condizioni di sovraffollamento, privati delle più elementari norme igienico-sanitarie e di sicurezza;
nell'interrogazione radicale del 1983 i deputati Bonino, Cicciomessere e Aglietta sottolineavano come questo vero e proprio scandalo si svolgesse sotto gli occhi «indifferenti» e «compiacenti» del locale commissariato di polizia, ubicato a duecento metri dal residence di via Mastrigli;
venendo ai nostri giorni e fotografando la situazione attuale, allo scandalo abitativo si è aggiunto quello ambientale di una vicina discarica dove, secondo la ditta Geopolis s.r.l. che ha effettuato operazioni di carotaggio per conto dell'AMA, sono seppellite tonnellate di rifiuti pericolosi tra i quali non sono esclusi elettrodomestici e batterie di auto;
illuminante è la relazione della ASL RM E del 28 settembre 2009 nella quale si ripercorre la travagliata storia del residence d'immigrati al Villaggio dei cronisti;
nella suddetta relazione, si afferma che «è conservata agli atti una relazione tecnica che nell'anno 1983 individuava ben 293 locali, simili a loculi in quanto stretti, bassi, senza luce e ricambio d'aria»; «suddetti locali - si legge nella relazione - risultano locati a circa 430 a 660 euro/mensili

per "alloggio" e per far fronte a tali richieste gli occupanti, prevalentemente di origine filippina o sudamericana, necessitano talora di condividere le spese con altri, pertanto molti locali risultano sovraffollati»;
la relazione della ASL RM E evidenzia come già in passato ci siano stati provvedimenti amministrativi di «inabitabilità e sgombero» (1991) e penali di «sequestro preventivo» (1992), provvedimenti mai eseguiti da parte dell'amministrazione comunale per l'impossibilità di poter garantire un alloggio, anche se temporaneo, per circa 600 persone, di cui molti minori, presenti nel complesso; inoltre, per l'immobile sono state presentate oltre 160 istanze di condono edilizio ancora in itinere sebbene risalenti, per la maggior parte, al primo condono (legge n. 47 del 1985);
il complesso edilizio - si legge ancora nella relazione della ASL RM E - (...) «può essere raggiunto solamente attraverso una strada angusta ad andamento tortuoso che non consente il transito di automezzi pesanti e di soccorso (AMA, VV.FF. e ambulanze o altri automezzi di soccorso»;
la dottoressa Lina Bordi, Dirigente medico della ASL RM E, che ha firmato la relazione ed effettuato il sopralluogo dei «4 livelli» della Palazzina B sita in Via Mastrigli 15/C (il complesso edilizio si compone di tre palazzine in origine denominate A, B, C, ndr), nella stessa relazione scrive «la palazzina B presenta alloggi di ridotte dimensioni, di minore altezza, prive di aerazione e illuminazione diretta, con angolo cottura prevalentemente esterni, quelli interni privi di cappa di aspirazione dei fumi di cottura e canna di esalazione, con gli impianti elettrici e idraulici fatiscenti e privi di impianti di riscaldamento» (...); «tale situazione crea inconvenienti di carattere igienico sanitari quali fenomeno di condensa e infiltrazioni d'acqua che causano estese macchie di umidità, cattivo odore che rendono gli "alloggi" antigienici»;
la relazione della dottoressa Lina Bordi, Dirigente medico della ASL RM E, stilata in data 28 settembre 2009, si conclude con la proposta di «Ordinanza sindacale di sgombero e inabitabilità del fabbricato B immediatamente e comunque non oltre 10 giorni dal ricevimento della presente in quanto gli inconvenienti riscontrati creano pericolo per la salute e la sicurezza pubblica»;
quanto alla discarica abusiva, si rileva quanto segue:
nel mese di novembre dell'anno 2006, il Comitato Cittadini Villaggio dei Cronisti denunciava alle autorità l'esistenza di una discarica abusiva sorta in Roma, su di un terreno privato di proprietà della TOSIROM di Giuseppe Callarà & C., in prossimità del «residence» di Via Mastrigli civico 15/C;
valutata l'effettiva pericolosità ambientale ed al fine di evitare danni alla salute dei cittadini residenti nella zona circostante, il Sindaco di Roma, con atto di ordinanza n. 64 del 25 maggio 2007, ordinava alla società sopracitata di voler provvedere allo sgombero dei rifiuti presenti sul terreno di sua proprietà sito in Via Mastrigli 15/A, 15/B, 29, con espressa avvertenza che in caso di inadempimento si sarebbe proceduto alla denuncia all'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 650 del codice penale nonché all'esecuzione d'ufficio del suddetto provvedimento con recupero delle spese a carico del trasgressore;
in data 3 dicembre 2007 l'AMA iniziava la bonifica del sito di Via Federico Mastrigli che insiste, peraltro, nella riserva naturale protetta dell'Insugherata;
in data 4 dicembre 2007 la Polizia Municipale poneva sotto sequestro l'area perché, durante l'esecuzione dei lavori di bonifica, si constatava che i rifiuti erano, contrariamente a quanto evidenziato in sede di precedenti sopralluoghi, di un quantitativo nettamente superiore perché interrati e coperti da strati di cemento,

nonché da edificazioni abusive destinate a parcheggio ed area sosta;
il 5 dicembre 2007 il quotidiano La Repubblica, nelle sue pagine romane, scriveva: «arrivano con i camion carichi di scarti, brandelli di vita che non servono più, frigoriferi, copertoni, bambole, computer, televisori, sedie, tavoli, librerie, interni di macchine, lavatrici, scarpe, barattoli di vernice. Arrivano e scaricano tutto li, alla fine di via Mastrigli, una strada privata che scende da via Azzarita, traversa della Cassia, serpeggia un po' e poi finisce a ridosso della Caserma Paolucci, comando logistico della Marina Militare, e dell'area protetta dell'Insugherata, nel cuore del XX municipio. Lo fanno ormai da anni, a giudicare dallo spessore della spazzatura. Uno strato di frigoriferi, materassi, legno, plastica e una colata di cemento; un altro strato, altro cemento e così via, come un piatto di lasagne farcito bene. Il dislivello con la caserma e con quello che c'è intorno è impressionante. E gran parte dell'area, più o meno tremila metri quadrati, è diventata un parcheggio. Un bel parcheggio rialzato che probabilmente poggia in tutta la sua estensione sulla "monnezza»";
in data 19 dicembre 2007, esponenti del Comitato Cittadini Villaggio dei Cronisti ricevevano telefonicamente minacce di morte che denunciavano immediatamente ai carabinieri della stazione di Via Vibio Mariano;
a seguito dell'ennesima petizione dei residenti e della mobilitazione del Comitato Cittadini Villaggio dei Cronisti, giovedì 17 gennaio 2008 si riuniva il Consiglio del Municipio XX che approvava all'unanimità un ordine del giorno nel quale si richiedeva la ripresa delle operazioni di bonifica dell'area e l'istituzione di una vigilanza da parte delle forze dell'ordine per garantire l'incolumità dei cittadini di Via Mastrigli;
successivamente l'autorità giudiziaria dissequestrava l'area, sulla quale riprendevano in data 29 febbraio 2008 i lavori di bonifica e gli stessi venivano ultimati;
tuttavia, in data 22 aprile 2008, come sopra riportato, la ditta Geopolis s.r.l., su incarico dell'AMA, dopo aver effettuato operazioni di carotaggio dell'area sottoposta a bonifica, redigeva un rapporto dal quale si evidenziava che nel terreno erano seppellite tonnellate di rifiuti pericolosi;
in data 4 luglio 2008 sull'area sottoposta a bonifica veniva effettuato un sopralluogo alla presenza del Presidente del Municipio XX, dell'Assessore all'Ambiente del Comune di Roma, del Direttore del Dipartimento X del Comune di Roma e dei tecnici del Dipartimento e della Commissione incaricata del Municipio XX; a seguito del sopralluogo, il Presidente del Municipio chiedeva all'Assessore all'Ambiente del Comune di Roma di voler provvedere a fare effettuare ulteriori carotaggi, in particolare sull'area parcheggio di più recente costruzione;
l'11 luglio 2008 il Consiglio del Municipio XX deliberava in favore di un'azione di verifica e controllo dell'esistenza dei requisiti di legge di agibilità e di rispetto delle normative di prevenzione incendi e di pubblica sicurezza da effettuarsi unitamente ad ASL, Polizia di Stato, Vigili Urbani e Vigili del Fuoco;
in data 31 ottobre 2008 la Commissione sicurezza del Comune di Roma deliberava di informare la Questura di Roma e la Guardia di Finanza per le valutazioni di competenza;
il 27 ottobre 2008 il quotidiano La Repubblica nelle sue pagine romane, in un articolo titolato «Via Mastrigli, l'hotel dei disperati» scriveva, fra l'altro «Se scoppiasse un rogo, in via Mastrigli sarebbe una strage. La piccola strada senza uscita che scende da via Azzarita, una traversa della Cassia poco prima della Tomba di Nerone, è infatti troppo stretta e tortuosa perché i mezzi dei vigili del fuoco vi possano accedere. Nel caso si sprigionassero le fiamme, che non si parli di una tragica fatalità» commenta Alvise Di Giulio, presidente del Comitato Cittadini Villaggio dei Cronisti, che da tempo denuncia

l'esistenza di questa «bomba ad orologeria» alle autorità. Che ne sono perfettamente a conoscenza da almeno 25 anni: il 2 maggio 1983, infatti, gli allora deputati Bonino, Cicciomessere e Aglietta denunciarono per la prima volta, e in Parlamento, l'esistenza «di questo luogo di sopraffazione e vergogna» a duecento metri di distanza dal locale commissariato di polizia;
il 5 dicembre 2008 il quotidiano romano Il Messaggero pubblica un articolo intitolato «Insugherata, nel verde scheletri di auto e frigoriferi»;
il 21 maggio 2009 il consiglio comunale di Roma approva all'unanimità una mozione, a prima firma del consigliere Athos De Luca, che impegna il Sindaco e la Giunta a bonificare l'area di via F. Mastrigli 15/A, ed a porre fine al degrado del residence ivi ubicato e del parcheggio antistante;
il comma primo dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001 subordina il rilascio del certificato di agibilità di un alloggio «alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità... valutate secondo quanto dispone la normativa vigente»;
l'articolo 26 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 chiarisce, poi, che «il rilascio del certificato di agibilità non impedisce l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso ai sensi dell'articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265»;
l'articolo 222 del regio decreto n. 1265 del 1934 consente lo sgombero da parte dell'Autorità Sanitaria di un alloggio che non rispetti le condizioni igieniche;
l'articolo 2 del decreto ministeriale del 5 luglio 1975 relativo ai principali requisiti igienico-sanitari dei locali di residenza prescrive testualmente che «per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a metri quadri 14 per i primi 4 abitanti e metri quadri 10 per ciascuno dei successivi»;
pertanto, allo stato, paiono sussistere dei precisi strumenti giuridici per garantire, anche con forme coattive, un buon livello di qualità della vita ai diretti interessati e alle famiglie che vivono nelle adiacenze degli appartamenti con un'eccessiva presenza di ospiti;
non si comprende per quali motivi, ritenuta congrua la ricostruzione delle norme in materia sanitaria, di agibilità e urbanistica proposta in premessa, l'ente locale capitolino non applichi, con riferimento agli alloggi del residence di Via Mastrigli n. 15/A, gli strumenti giuridici già in suo possesso al fine di evitare il protrarsi di una situazione di evidente disagio sociale, oltre che di mancato rispetto dei più basilari principi igienici -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti;
per quali motivi il sindaco non abbia svolto i necessari interventi a tutela dell'incolumità pubblica, agendo quale ufficiale del Governo ai sensi dell'articolo 54 del testo unico delle leggi sugli enti locali;
se non ritengano di dover intervenire, per quando di competenza di ciascuno, per scongiurare l'inquinamento delle falde acquifere, i rischi per la salute dei cittadini, la loro sicurezza e la loro incolumità.
(4-04738)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e, stante il rilievo locale della questione, sulla base dei dati acquisiti presso il comune di Roma per il tramite della prefettura.
La situazione del
residence di via Mastrigli, sito nel XX municipio del comune di Roma, è stata più volte sottoposta all'attenzione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ed è stata esaminata in alcune mirate riunioni, dalle quali è emersa la necessità di sopralluoghi congiunti tra la Polizia municipale,

l'Azienda sanitaria locale competente ed il Commissariato di P.S. di zona.
L'esito di tali sopralluoghi ha determinato l'emissione dell'ordinanza sindacale n. 35 del 1o febbraio 2010, con la quale il sindaco di Roma ha disposto l'assoluto divieto di adibire ad uso abitativo, ancorché temporaneamente, i locali del fabbricato «B» del complesso edilizio stesso, fino a quando non sarà accertato, da parte della Asl, competente, l'eventuale ripristino del «requisiti di conformità» sotto l'aspetto igienico-sanitario e di sicurezza.
Avverso l'ordinanza suddetta, è stato presentato da parte della Società proprietaria ricorso al Tar Lazio, il quale con ordinanza del 15 aprile 2010 ha rigettato la richiesta di sospensiva, ritenendo legittimo ed opportuno il provvedimento impugnato.
Per quanto riguarda l'area antistante l'edificio, attualmente adibita a parcheggio ed interessata da abbandono incontrollato di rifiuti di diverso genere, tale da qualificarsi come discarica abusiva, questa è stata sottoposta a sequestro giudiziario da parte di personale della polizia municipale - pronto intervento centro storico - che ha curato i rapporti con l'autorità giudiziaria.
Inoltre, si segnala che, preso atto del rifiuto manifestato dalla società Tosirom, proprietaria dell'unica via di passaggio, a far accedere i tecnici comunali per la delimitazione dell'area necessaria alle operazioni di bonifica, è stata recentemente disposta, da parte della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, l'autorizzazione di accesso per poter dare seguito, con provvedimento in danno, alla bonifica del sito da parte dell'amministrazione comunale.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 14 gennaio 2010, alle quattro del mattino, il consiglio regionale della Basilicata ha approvato all'unanimità la legge riguardante «norme relative al sistema di elezione del Presidente della giunta regionale e dei consiglieri regionali, ai sensi della legge 2 luglio 2004, n. 165 - Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma della Costituzione»;
il Quotidiano della Basilicata del 15 gennaio 2010 riportava la notizia di una nota diramata dal Ministro dell'Interno, «giunta nel Palazzo della Regione nei primi giorni del nuovo anno», «in cui veniva spiegato che i costi per la preparazione della nuova modulistica e per la gestione di una procedura elettorale federale sarebbero stati a carico della stessa Regione Basilicata»;
le modifiche apportate all'articolo 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, così come modificata dall'articolo 3, legge 23 febbraio 1995, n. 43, comportano cambiamenti sostanziali rispetto alle istruzioni e alla modulistica da sempre predisposti dal Ministero dell'interno per assicurare il regolare svolgimento delle elezioni regionali in tutte le sue fasi, dalla presentazione delle candidature, alle fasi delle votazioni e dell'esito con la ripartizione dei seggi fra le liste concorrenti;
il giorno 15 gennaio 2010, Maurizio Bolognetti, nella sua qualità di membro della direzione Nazionale di Radicali italiani, ha inviato una lettera al Presidente del consiglio regionale Prospero De Franchi e, per conoscenza, al Presidente della giunta Regionale Vito De Filippo, nella quale veniva rappresentata «la necessità di poter entrare immediatamente in possesso del testo modificato dall'assemblea regionale» e di «poter disporre della modulistica necessaria alla raccolta delle firme oltre che di poter conoscere le modalità della raccolta stessa»;
l'interrogante e il rappresentante della lista Bonino Pannella in Basilicata Maurizio Bolognetti sono venuti in possesso del testo della legge nella giornata di lunedì 18 gennaio, a seguito di un incontro richiesto e ottenuto con il Presidente del consiglio regionale onorevole Prospero De Franchi;

nel sito della Regione Basilicata, www.basilicatanet.it, alla data del 20 gennaio 2010 non sono ancora disponibili né la nuova legge elettorale regionale, né le istruzioni, né la modulistica necessaria alla raccolta delle firme per la presentazione delle liste e delle candidature; anzi, nel Bollettino ufficiale della regione i dati sono «aggiornati» al 31 dicembre 2009;
il Consiglio d'Europa indica in quello dell'anno il termine minimo per il cambiamento delle leggi elettorali onde evitare di considerare il diritto elettorale uno strumento che chi ha il potere manipola a suo favore a danno della sovranità popolare;
a quel che risulta all'interrogante la regione Basilicata non avrebbe adottato lo statuto che recepisce la modifica costituzionale intervenuta -:
se il Governo, a seguito della pubblicazione della legge approvata dal Consiglio regionale della Basilicata il 14 gennaio 2010, intenda valutare con estrema attenzione la sussistenza dei presupposti per l'impugnazione della medesima ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della Costituzione.
(4-05832)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che la legge della regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 3, è stata impugnata dal Consiglio dei ministri dinanzi alla Corte costituzionale.
In seguito a tale impugnativa, nella seduta del 4 febbraio 2010 il Consiglio regionale della Basilicata ha emanato alcune modifiche alle disposizioni in argomento con la legge regionale n. 19 del 2010. In particolare - al fine di evitare che un eventuale giudizio negativo della Corte costituzionale sulle nuove disposizioni introdotte possa incidere sulla regolarità delle prossime elezioni - l'articolo 3 della suddetta legge n. 19 del 2010 ha rinviato l'entrata in vigore delle nuove norme sull'elezione del Consiglio regionale della Basilicata alla decima legislatura (2015/2020).

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BITONCI, MONTAGNOLI e LANZARIN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 2 settembre 2009, Salvatore Scirè, in qualità di assessore alla sicurezza dell'Unione del Camposampierese, in provincia di Padova, ha partecipato con due agenti di polizia locale all'effettuazione di alcuni controlli nel territorio di competenza, miranti ad accertare l'eventuale presenza in alcuni appartamenti di extracomunitari privi del titolo necessario a soggiornare legalmente nel nostro Paese;
tale azione ha determinato la presentazione di un esposto-denuncia da parte del segretario provinciale della Cgil a Padova, sottoscritto anche da due senegalesi, in cui si contesta al predetto assessore Salvatore Scirè l'abuso di ufficio e la perquisizione abusiva;
in seguito alla presentazione dell'esposto-denuncia di cui sopra, dal 1° febbraio 2010 Salvatore Scirè risulta iscritto nel registro degli indagati della procura di Padova;
i comuni dell'Unione del Camposampierese sono privi di commissariato di polizia e presidi delle Forze dell'ordine;
tale ultima circostanza, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, rende di fatto il sindaco autorità territoriale di pubblica sicurezza competente ad esercitare la vigilanza su tutto ciò che attiene al mantenimento dell'ordine pubblico -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti generalizzati nella premessa e quali iniziative ritenga di dover adottare per assicurare la corretta applicazione da parte di tutte le amministrazioni locali e dello Stato delle misure previste dall'articolo 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125.
(4-06025)

Risposta. - Secondo quanto stabilito dall'articolo 15 della legge n. 121 del 1981 «ove non siano istituiti commissariati di

polizia, le attribuzioni di autorità locale di pubblica sicurezza sono esercitate dal sindaco quale ufficiale di Governo».
Nel territorio dell'Unione di comuni del camposampierese (Pd) non sussistono commissariati di polizia, mentre è ubicata una stazione dei Carabinieri nel territorio del comune di Camposampiero, dove si è svolto il controllo al quale fa riferimento l'interrogazione in esame.
La predetta disposizione di legge va letta anche in relazione all'articolo 6 del decreto-legge n. 92 del 2008 - convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2008 - il quale attribuisce le funzioni di competenza statale in esso contemplate soltanto al «sindaco, quale ufficiale del Governo» (comma 1) o a chi lo «sostituisce» (comma 8).
Pertanto dall'interpretazione sistematica della normativa precedentemente richiamata, si evince che le funzioni ivi contemplate non possono essere riconosciute ad altri soggetti, quali il presidente o i componenti degli organi delle «unioni di comuni», che sono disciplinate dall'articolo 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
Sul procedimento penale avviato in seguito ai fatti citati dall'interrogante deciderà la competente Autorità giudiziaria, nell'ambito delle proprie autonome prerogative costituzionalmente garantite.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

BORDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 16, nel tratto compreso tra Foggia e Chieuti, è una delle arterie stradali maggiormente trafficate della provincia di Foggia, poiché è la principale via di collegamento tra alcuni dei principali bacini produttivi in campo agricolo, agroalimentare, artigianale ed estrattivo e le zone industriali di Foggia e Termoli;
anche a causa dei volumi di traffico, per buona parte costituito da mezzi pesanti e agricoli, il tasso di incidentalità è tra i più alti dell'intera regione Puglia;
l'Anas ha inaugurato, il 28 aprile 2010, i 3 lotti, per un totale di 27 chilometri, del raddoppio della strada statale 16 nel tratto che va da Foggia a Cerignola, garantendo così la possibilità di percorrere su strada a 4 corsie l'intero tragitto compreso tra Foggia a Lecce;
il completamento del raddoppio della strada statale 16 comprende la tangenziale di Foggia, inclusa nella programmazione nazionale di attuazione «reti e mobilità» del quadro di sostegno nazionale 2007-2013, siglato dal Ministero delle infrastrutture e dalla Regione Puglia il 28 febbraio 2007, in ragione della sua strategicità, riconducibile all'incremento dei volumi di traffico attesi dalla realizzazione del polo logistico e di nuovi insediamenti industriali all'interno dell'area industriale di Foggia-Borgo Incoronata, dall'incremento dell'operatività dell'aeroporto «Gino Lisa» del capoluogo e dal raddoppio della statale 16 nel tratto tra Foggia e Cerignola;
il decreto-legge n. 112 del 2008 ha drasticamente ridotto i fondi a disposizione di Anas spa per il triennio 2009-2011 -:
se ed in quali termini il Governo intenda:
a) procedere con il raddoppio e la messa in sicurezza della strada statale 16 nel tratto compreso tra Foggia e Chieuti;
b) concertare con il compartimento Anas, competente per territorio, l'attivazione di un programma di manutenzione ordinaria e straordinaria del manto stradale e della segnaletica orizzontale e verticale;
c) promuovere azioni, anche di concerto con le istituzioni e gli uffici locali, volte ad elevare lo standard di sicurezza.
(4-07147)

Risposta. - L'Anas ha redatto uno studio di fattibilità, finanziato dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'ammodernamento

ed il potenziamento della strada statale 16 Adriatica nelle regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia.
Tale studio, che comprende il tratto da Chieuti (confine tra Puglia e Molise) a Foggia, individua, definendone la programmazione, tutti gli interventi necessari per adeguare l'infrastruttura alla normativa vigente al fine di migliorare la sicurezza della circolazione e soddisfare la domanda di mobilità con adeguati livelli di servizio.
In data 3 maggio 2010 l'Anas ha trasmesso al ministero delle infrastrutture e dei trasporti lo studio di fattibilità in questione. Una volta approvato Anas potrà avviare le successive fasi progettuali in maniera congruente con il programma individuato e in funzione dei finanziamenti stanziati.
Completa l'itinerario del tratto Foggia - Chieuti, anche la tangenziale ovest di Foggia per la quale l'Anas ha da tempo avviato un progetto di adeguamento, suddiviso in tre lotti, che è tuttora in fase di istruttoria poiché, pur previsto, non risulta ancora finanziato.
Per quanto riguarda la manutenzione straordinaria l'Anas ha già programmato specifici interventi che interesseranno tratti saltuari della strada statale 16 da Foggia fino al confine con la regione Molise.
In particolare, l'Anas ha già appaltato, aggiudicato e consegnato in data 24 aprile 2010, lavori per il rifacimento del tappeto d'usura nonché vari risanamenti del piano viabile lungo il tratto Foggia - San Severo che saranno ultimati entro la stagione estiva.
Inoltre sono stati eseguiti recentemente altri lavori di rifacimento della pavimentazione stradale sul tratto della strada statale 16, da San Severo al confine con la regione Molise, per un'estesa di circa 4 chilometri, anch'essi già da tempo programmati, unitamente al risanamento del piano viabile in corrispondenza di alcune delle rampe dell'importante svincolo di collegamento tra la tangenziale di Foggia ed il casello autostradale A14 - Foggia.
Sono stati anche programmati, ma ancora non finanziati, in altre parti della statale, tra San Severo ed il confine molisano, ulteriori interventi di manutenzione straordinaria per il risanamento delle pavimentazioni e il rifacimento del tappeto d'usura.
Infine, in merito alla promozione di azioni volte ad elevare lo
standard di sicurezza tramite azioni coordinate di prevenzione e contrasto agli eccessi di velocità, fenomeno molto diffuso nel tratto in questione, si informa che, in seguito a parere favorevole dell'Anas e di concerto con le istituzioni locali, l'intero tratto della strada statale 16, compreso tra San Severo e il confine regionale Molise (dal chilometro 607 al chilometro 670) è stato inserito nel recente Decreto Prefetto Foggia n. 11829 del 13 maggio 2010, che ha individuato le strade da sottoporre a coordinamento di servizi di Polizia stradale per il controllo remoto della velocità, ai sensi dell'articolo 142 del Codice della strada.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BORGHESI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibromialgia o sindrome fibromialgica, oltre ad essere malattia cronica invalidante, è spesso correlata alla CFS (Sindrome da fatica cronica) e alla MCS (Sensibilità chimica multipla);
queste invalidanti patologie, sono già riconosciute dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), da parecchio tempo e di conseguenza dalla gran parte dei Paesi europei, tra i quali però non figura ancora l'Italia;
in Italia opera l'associazione nazionale A.N.FI.SC. (Associazione nazionale fibromialgia stanchezza cronica - Onlus), gruppo di sostegno ammalati e associazione Onlus;
i malati affetti da questa patologia appaiono all'interrogante orfani della sanità e abbandonati da ogni istituzione;
tutto ciò ha permesso alle patologie di svilupparsi in modo incisivo sulla popolazione

e gravare sulla vita socio-economica di ogni individuo e della società;
l'A.N.FI.SC chiede alla commissione tecnica ministeriale di voler riconoscere le patologie sopra citate e approvare le richieste di seguito esplicitate con sollecitudine in modo da non gravare ulteriormente la situazione già precaria di questa fetta della popolazione gravemente colpita;
si tratta infatti di:
a) adeguarsi al resto d'Europa;
b) iniziare un progetto di ricerca per la caratterizzazione biologica e clinica di questa patologia;
c) riconoscere ai pazienti i necessari permessi di astensione al lavoro anche prolungati;
d) riconoscere il codice di esenzione dal pagamento dei ticket e/o farmaci -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
cosa intenda fare per poter venire incontro alle richieste sopra elencate.
(4-05920)

Risposta. - Occorre premettere che il riconoscimento delle malattie, intese come singole entità nosologiche, non è compito delle istituzioni sanitarie di un paese, ma della comunità scientifica internazionale: peraltro, la fibromialgia, la sindrome da fatica cronica (Chronic Fatigue Syndrome) e la sensibilità chimica multipla (Multiple Chemical Sensitivity) sono già tutelate attraverso le prestazioni sanitarie contenute nei livelli essenziali di assistenza (lea).
Queste condizioni sono da tempo oggetto di un numero crescente di richieste di assistenza sanitaria, di segnalazioni da parte di associazioni di pazienti e di interrogazioni parlamentari, volte a domandare sia una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e delle classe medica sia l'eventuale inserimento tra le patologie soggette a specifica tutela ai fini dell'esenzione (decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, sulle malattie croniche ed invalidanti e decreto ministeriale n. 279 del 2001 sulle malattie rare). Tale ultima questione, in particolare, è all'attenzione del ministero della salute che ha coinvolto società scientifiche ed esperti della materia, vagliando tutte le informazioni disponibili.
È riportato dalle associazioni richiedenti che in Italia via sia un elevato numero di pazienti affetti da fibromialgia (dal 2 per cento all'8 per cento della popolazione generale), con diversa condizione di gravità e, conseguentemente, con diversi bisogni assistenziali. Esiste quindi allo stato attuale, una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti, nel rispetto dei criteri previsti dal decreto legislativo n. 124 del 1998 circa la gravità clinica, il grado di invalidità e l'onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del trattamento, con la conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione dell'impatto che tale eventuale inserimento avrebbe sotto il profilo economico ed organizzativo.
Anche per quanto riguarda la sindrome da fatica (Cfs), attualmente non sussistono i presupposti per una sua collocazione tra le patologie soggette a una specifica tutela: vale infatti lo stesso discorso fatto per la fibromialgia sulla difficoltà di identificare le forme gravi ed invalidanti, nonché onerose dal punto di vista del trattamento. Risulta parimenti difficile individuare le prestazioni rispondenti ai criteri dettati dalla normativa, con conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione di impatto economico ed organizzativo.
Quanto all'inserimento tra le malattie rare, da un lato, la contraddittorietà dei dati epidemiologici esistenti in letteratura scientifica non consente di considerare la Cfs come una malattia rispondente al limite di prevalenza 5/10.000 abitanti adottato nell'ambito della Unione europea, dall'altro, la mancanza di segni e sintomi patognomonici e di accertamenti specifici, fa sì che alla diagnosi di Cfs si arrivi sempre per esclusione, al termine di un complesso
iter diagnostico differenziale nei confronti di

numerose altre condizioni patologiche. Considerando che il decreto ministeriale n. 279 del 2001 prevede l'erogazione gratuita delle prestazioni in fase diagnostica sulla base di un sospetto formulato dallo specialista del servizio sanitario nazionale, una eventuale inclusione della Cfs tra le malattie rare rischierebbe di tradursi in un meccanismo di induzione della spesa sanitaria, senza alcuna possibilità di controllo.
Ciò che lamentano maggiormente i pazienti affetti da fibromialgia e Cfs è la scarsa conoscenza delle loro patologie, che li costringe dapprima a lunghi e tortuosi percorsi diagnostici, poi, di fronte alla persistente negatività degli accertamenti, ad estenuanti peregrinazioni alla ricerca del centro o del sanitario che finalmente conosca il loro male ed operi una diagnosi corretta.
Tale problema è particolarmente rilevante per la fatica cronica, ancora scarsamente nota al di fuori degli ambienti specialistici, anche se centri per la diagnosi e la presa in carico del paziente sono stati istituiti presso alcune strutture ospedaliere ed universitarie appartenenti al Ssn (Aviano, Verona, Pisa, Chieti, Roma, Bari). A riprova di ciò, quasi tutte le associazioni di pazienti mettono al primo posto, tra i loro obiettivi, la promozione della conoscenza delle malattie.
Per le motivazioni sopra rese, questo ministero ha proposto, per il 2010, l'inserimento della fibromialgia tra gli argomenti oggetto del programma nazionale linee guida, sviluppato presso l'istituto superiore di sanità; tale proposta è all'attenzione del comitato per la redazione delle linee guida.
Sono inoltre in valutazione alcune iniziative operative, tra le quali l'avvio di uno studio, per cui incaricare il Consiglio superiore di sanità, volto a chiarire le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e terapeutiche ed i bisogni assistenziali dei pazienti, con l'elaborazione di un documento di supporto ai medici per l'applicazione di criteri diagnostici oggettivi ed il più possibile omogenei, nonché la realizzazione di una
consensus conference, con il contributo di istituzioni e società scientifiche in ambito specialistico, nonché dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, al fine di sviluppare un consenso aggiornato per stimolare la ricerca e implementare la conoscenza di tali malattie presso la classe medica.
Quanto alla condizione nota come sensibilità chimica multipla (Mcs), si segnala che la seconda sezione del consiglio superiore di sanità, esprimendosi nella seduta del 25 settembre 2008 sul documento di sintesi prodotto dal gruppo di lavoro istituito presso il centro nazionale per le malattie rare dell'istituto superiore di sanità, ha ritenuto che l'indisponibilità di evidenze nella letteratura scientifica internazionale non consenta al momento di considerare la Mcs come entità nosologicamente individuabile, e che, comunque, il servizio sanitario nazionale attraverso i livelli essenziali di assistenza (lea) sia già in grado di fornire adeguata assistenza a tutti coloro che mostrano intolleranza all'esposizione a sostanze chimiche.
Peraltro, la mancanza di conoscenze consolidate dal punto di vista clinico, diagnostico e terapeutico, non permette, allo stato attuale, di prevedere un inserimento della sindrome tra le malattie rare, a causa dei problemi che si porrebbero nel riconoscere in modo puntuale e corretto i destinatari dei benefici di legge, nonché nella individuazione delle prestazioni, incluse tra i lea, efficaci ed appropriate ai fini del trattamento, del monitoraggio dell'evoluzione della malattia e della prevenzione degli ulteriori aggravamenti. Analoghe considerazioni possono essere fatte circa un suo eventuale inserimento tra le malattie croniche ed invalidanti di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999.
Ad ogni modo, l'eventuale esenzione dalla quota di partecipazione alle prestazioni sanitarie non risulta tra i problemi segnalati come prioritari.
Infatti, le persone che presentano sintomi riconducibili a Mcs spesso rifiutano di sottoporsi a trattamenti sanitari, nonché, come talora segnalato, si vedono esclusi dagli stessi a causa di possibili reazioni avverse scatenate dalla contaminazione chimica di ambienti ed attrezzature.


Anche in tale ambito le iniziative più efficaci consistono nella promozione di studi e progetti di ricerca che possano colmare le lacune ancora imponenti nella conoscenza di tale sindrome, anche attraverso
trials cinici controllati, che contribuiranno a definirne l'eziologia e la patogenesi, a produrre stime epidemiologiche più affidabili, a proporre validati schemi di trattamento.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

CATANOSO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
La ST Microelectronics di Catania con oltre 4 mila dipendenti, escluso l'indotto, rappresenta il più grande polmone occupazionale della Sicilia e la più grande opportunità di sviluppo;
è presente un modernissimo insediamento industriale, noto come M6, originariamente realizzato per la produzione di dispositivi elettronici denominati memorie non volatili, e non utilizzato a causa della cessione del ramo d'azienda a favore della società Numonyx che ha espresso palesemente, al tavolo del Ministero dello sviluppo economico, la volontà di disimpegnarsi dal completare l'opera e quindi di non avviare la produzione di detti semiconduttori;
gli esuberi stimati in unità 600 per la chiusura di un reparto denominato CT6 della ST avrebbero dovuto trovare collocazione nell'M6;
a Catania, esistono tutte le condizioni per poter realizzare l'impianto fotovoltaico di cui sopra: Università degli Studi in città, una sezione del CNR all'interno della ST, ricerca e sviluppo avviati da anni nel settore della realizzazione di dispositivi fotovoltaici, area edificata su una superficie di 25 ettari comprendenti uffici, fabbrica e servizi pronti all'uso, personale altamente qualificato composto da ingegneri e tecnici specializzati;
è in corso un accordo tra Sharp, Enel ed ST per un'alleanza per investire nella produzione di sistemi per il fotovoltaico;
una diversificazione dell'attività da parte di ST rappresenterebbe un'opportunità non solo per la salvaguardia dell'occupazione ma anche per lo sviluppo consentendo di impiegare altri 1000 nuovi lavoratori, rappresentando ciò una controtendenza agli effetti sul lavoro che l'attuale congiuntura economica sta producendo;
il Governo francese da tempo si è adoperato e continua a farlo in tal senso per rendere appetibili gli investimenti societari di ST nel proprio Paese -:
quali iniziative intenda adottare il Governo italiano per proteggere e rilanciare l'assett dell'elettronica nel nostro Paese, per fare in modo che l'alleanza tra Sharp, Enel ed ST possa realizzare i suoi progetti a Catania, sostenendo, in tal modo, una politica di aiuti per il settore e destinargli risorse per favorire lo sviluppo in quest'area geografica marginale.
(4-02317)

Risposta. - Il ministero dello sviluppo economico ha seguito e segue con molta attenzione la vicenda della società Numonix fin dalla sua costituzione, ovvero dallo scorporo della «Divisione Memorie» messo in atto da ST Microelectronics nel 2007.
La nascita di
Numonix è stata giustificata con la necessità di realizzare, attraverso l'accordo con l'americana Intel, un'impresa dalla massa critica sufficiente a contrastare il dominio delle società americane del Far East, operanti nel complesso mercato delle memorie.
La fondatezza, di tale impostazione è stata dimostrata dalla necessità, manifestata nel corso dell'ultimo semestre, di procedere ad una nuova operazione di accorpamento attraverso la cessione dell'intera
Numonix alla società americana Micron.
Si è realizzato, in tal modo, un complesso che fattura circa 10 miliardi di dollari (8 in capo a
Micron e 2 di Numonix) e che si colloca al terzo posto nel ranking mondiale nel mercato delle memorie. Si

aggiunga che l'incorporazione di Numonix è stata particolarmente positiva poiché non ha comportato sovrapposizioni di prodotto e di mercato.
La società
Micron, come noto, già operava nel nostro paese con importanti impianti ad Avezzano (L'Aquila) ed una piccola unità di ricerca a Padova.
Per questa realtà il ministero dello sviluppo economico ha da tempo attivato un tavolo di monitoraggio sulle prospettive produttive ed occupazionali anche tenuto conto del fatto che la società ha in corso una procedura finalizzata all'accoglimento di un contratto di programma per investimenti nella ricerca e nella innovazione di processo.
L'11 maggio 2010, immediatamente a valle della definitiva conferma (
closing) della cessione di Numonix a Micron, si è svolto un incontro presso il ministero dello sviluppo economico con la presenza dei vertici di ST Microelectronics, oltre alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni territoriali interessate.
In quell'ambito è stato ribadito dal vertice di
Numonix che saranno confermati tutti i piani di ricerca già annunciati e che non si prevedono interventi sui livelli d'occupazione in nessuno dei siti interessati.
Inoltre, è stato comunicato che, nell'accordo con
Micron, Numonix ha chiesto ed ottenuto che il centro e lo sviluppo delle memorie Nor fosse assegnato al nostro paese che, pertanto, continuerà a guidare e sviluppare un importante segmento tecnologico nel quale ha una competenza ed una leadership ampiamente riconosciute.
A fronte di preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali circa l'abbandono dei processi di progettazione e produzione di
wafers a 12 pollici (ovvero 300 mm), il ministero dello sviluppo economico ha chiesto chiarimenti alla direzione di Numonix la quale ha dichiarato che il progetto non è stato abbandonato e che, al contrario, ulteriori attività di Research & Development saranno trasferite da Micron.
Poiché in ambito sindacale permangono delle perplessità sulle reali intenzioni dell'azienda, il ministero si è preoccupato di monitorare in modo continuo la situazione, ma, soprattutto, si è riservato di convocare congiuntamente ed in tempi ravvicinati i rappresentanti delle due società (
Micron e Numonix) al fine di acquisire ogni ulteriore impegno che possa fugare dubbi, perplessità od incongruenze rilevate dalle organizzazioni sindacali.
Si deve aggiungere, infine, che
ST Microelectronics e Numonix hanno presentato un contratto di programma, attualmente all'attenzione del comitato interministeriale per la programmazione economica, per investimenti superiori al miliardo di euro sia in ricerca sia in nuovi investimenti di processo innovativi rispetto alla produzione core (componenti microelettronici) e con riferimento allo sviluppo di celle per impianti fotovoltaici.
In questo ambito, è stato ribadito dai vertici delle due società che i progetti sono integralmente confermati e quindi che
Numonix intende sviluppare la ricerca anche verso quei prodotti (integrazione di materiali nano strutturati ed elettronica di conversione) che saranno certamente al centro della domanda di mercato per i prossimi anni.
L'intesa istituzionale del 30 luglio 2009, che ha definito i criteri di rimodulazione delle due iniziative (programma di innovazione delle memorie e progetto fotovoltaico), ha per obiettivo l'innalzamento del livello tecnologico, la sostituzione di produzioni mature con nuove produzioni ad alto tasso di crescita ed il salvataggio ed incremento dei livelli occupazionali.
Il ministero dello sviluppo economico ritiene che in tal modo si possa uscire dall'ottica emergenziale che troppo spesso ha caratterizzato gli interventi del passato, ispirati più alla necessità di far fronte alle crisi del momento che non all'opportunità di favorire un organico disegno di riposizionamento strategico di questo settore produttivo. Il ministero dello sviluppo economico continuerà, quindi, a monitorare l'evolversi della vicenda mantenendo aperto un tavolo di confronto tra le organizzazioni sindacali,
ST Microelectronics e Micron.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

DELFINO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la vicenda riassunta nel prosieguo rappresenta un chiaro esempio della grave e irrecuperabile gestione dei rapporti fiscali tra le Amministrazioni pubbliche e le imprese;
tale vicenda ha il suo principio a metà degli anni Settanta, e non è ancora giunta a soluzione. Nel 1975 la guardia di finanza accertò un illecito traffico di prodotti petrolieri nei confronti di una società del cuneese e precisamente la «Domestic Petrol Service» con sede in Caraglio: in estrema sintesi, tale società cedeva gasolio destinato ad uso trazione (soggetto all'epoca ad imposta di fabbricazione in misura pari a 59,76 lire al Kg) spacciandolo per gasolio da riscaldamento (soggetto all'epoca alla stessa imposta in misura pari a 3,50 lire al Kg) e lucrando, appunto, sulla differenza di tale imposta;
è necessario sottolineare che gli autotrasportatori coinvolti non hanno lucrato alcuna somma da tale traffico illecito, essendosi limitati ad eseguire il trasporto dei prodotti petroliferi e, anzi, hanno perduto anche parte dei loro crediti per l'esecuzione di tali trasporti; ciononostante, nel 1984 si svolse il processo nei confronti degli imputati di detto traffico, tra cui (sebbene, si ripete, non abbiano mai avuto parte in tale traffico illecito) gli undici autotrasportatori, poi assolti «per intervenuta prescrizione»;
nel 1993 i medesimi autotrasportatori ricevono la notifica di un avviso di mora da parte dell'Agenzia delle dogane per importi variabili tra i 4 e gli 8 miliardi di lire (peraltro, importi intestati ad uno degli imputati del traffico di cui sopra è risultato assolto per non aver commesso il fatto), e contro detto avviso proposero ricorso alla commissione tributaria che, nell'udienza di discussione, rilevò il proprio difetto di giurisdizione. Nel marzo 1994, inoltre, l'Agenzia delle dogane rettificavano gli avvisi di mora di cui sopra, richiedendo cifre inferiori ma pur sempre rilevanti (ad esempio 99 milioni di lire);
da tali fatti trae avvio un iter giudiziario estremamente lungo, che trova una prima e, ad avviso paradossale conclusione nel 2008. Tale vicenda può riassumersi nel seguente modo:
nel 2001 i predetti autotrasportatori si rivolsero al tribunale di Cuneo, che rilevò la propria incompetenza territoriale;
i medesimi si rivolsero quindi al tribunale di Torino, che nel 2003 accolse il ricorso e dichiarò che nulla era da loro dovuto all'Agenzia delle dogane;
l'Agenzia delle dogane propose appello contro la sentenza del tribunale di Torino, e la Corte d'appello di Torino accolse il ricorso dell'Agenzia delle dogane condannandoli al pagamento di quanto richiesto nel 1994;
nel 2006 venne notificata la cartella di pagamento per la quale, su istanza degli interessati, venne accolta la richiesta di sospensione dalla riscossione, in attesa della sentenza della Corte di cassazione, alla quale i medesimi presentarono ricorso per la riforma della sentenza della Corte di appello;
la Corte di cassazione, nel 2008, ha confermato la sentenza della Corte d'appello, precisando che la questione era prescritta, ma che l'intervenuta prescrizione doveva essere quantomeno richiesta davanti alla Corte d'appello: nessuno, nemmeno i giudici della Corte d'appello, avevano rilevato l'intervenuta prescrizione;
a rendere poi ulteriormente paradossale detta vicenda vi è la circostanza che, a seguito di tale sentenza, Equitalia ha notificato ai predetti autotrasportatori iscrizioni di ipoteche su immobili, intimazioni al pagamento ed altri atti che rischiano di compromettere le attività sia di alcuni loro eredi che esercitano attività in proprio, sia le condizioni di vita di altri, che risultano ormai titolari di redditi di pensione;

in fine i predetti autotrasportatori hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, poiché una vicenda come quella in questione non può certo protrarsi dal 1975 al 2009, per ben 34 anni, per giungere ad una sentenza che, solo per errori di forma, si trasforma in sentenza contraria;
peraltro, i medesimi hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, al direttore dell'Agenzia delle dogane, ai Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, per segnalare la loro incredibile vicenda e stanno rendendola nota anche agli organi di stampa e ad alcune trasmissioni televisive;
tutto ciò premesso, l'interrogante ritiene ingiustificata e profondamente iniqua la situazione illustrata -:
se non ritenga necessario, anche alla luce del vigente statuto del contribuente, verificare puntualmente la situazione e adottare le iniziative indispensabili per garantire chiarezza ed equità a favore di questi autotrasportatori che hanno subito un calvario incredibile per fatti non commessi;
se intenda promuovere idonee iniziative per scongiurare in futuro analoghe vicende.
(4-04478)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante con l'atto in esame si fa presente che il comando generale della Guardia di finanza ha riferito che, tra il 1975 del 1976, è stata condotta un'indagine dalla compagnia della Guardia di finanza di Cuneo nei confronti della «Domestic Petrol Servire Sas di Dagli Alberi Marino», con sede in Caraglio (Cuneo) che si e conclusa con la constatazione del reato di frode nel settore dell'imposta di fabbricazione, evasione fiscale, nonché violazioni all'imposta sul valore aggiunto per inosservanza degli obblighi dichiarativi, demandando le successive fasi del contenzioso tributario e penale agli uffici doganali competenti.
L'Agenzia delle dogane, a tal proposito, ha rappresentato l'
iter processuale della questione, precisando che essa trae origine da un procedimento penale per contrabbando di prodotti petroliferi, connesso al ben noto «processo petroli» che ha avuto numerose ramificazioni sul territorio nazionale.
In particolare, dal luglio 1975 al 26 febbraio 1976, la sas
Domestic Petrol Service aveva gestito un deposito di prodotti petroliferi sito in Caraglio, negli impianti messi a disposizione dalla Caraglio petroli. Il deposito era diviso in due settori, uno destinato a ricevere gasolio «schiavo di imposta di fabbricazione» (in seguito anche Sif) e l'altro destinato a ricevere gasolio «libero», ossia che aveva già assolto il tributo dovuto a seconda della destinazione.
Dal luglio 1975 all'ottobre 1976 un altro deposito di oli minerali, in Barge (Cuneo), collegato all'attività fraudolenta posta in essere dalla
Domestic Petrol Service, era stato gestito dalla sas Forniture oli minerali (Fom).
Dalle indagini svolte dalla Guardia di finanza era emerso che la società
Domestic Petrol Service aveva ricevuto cospicue forniture di gasolio Sif e che lo stesso prodotto era stato solo fittiziamente denaturato per essere utilizzato come gasolio per riscaldamento, sottoposto come tale ad un'aliquota d'imposta nettamente inferiore a quella applicata al gasolio per autotrazione.
Il fittizio gasolio per riscaldamento, scortato da falsa documentazione (H
ter 16) fornita da cartiere, era stato quindi apparentemente inviato a ditte esterne che, in realtà, non l'avevano mai ricevuto, mentre il prodotto reale (gasolio per autotrazione) veniva immesso in consumo, sottraendolo al pagamento della maggiore imposta dovuta.
Il giudice istruttore presso il tribunale di Cuneo, con sentenza-ordinanza del 31 ottobre 1981 divenuta irrevocabile in data 16 novembre 1981, disponeva il rinvio a giudizio degli organizzatori del contrabbando, i quali venivano imputati, oltre che del delitto di associazione a delinquere, anche del delitto di cui all'articolo 23-
bis regio decreto-legge n. 334 del 1939 per aver sottratto oltre 1.800.000 chilogrammi di prodotti petroliferi all'accertamento e al pagamento

dell'imposta di fabbricazione (relativamente all'uso per autotrazione dei prodotti stessi) e per aver destinato oltre 2.500.000 chilogrammi di prodotti petroliferi soggetti ad imposta di fabbricazione ridotta (per uso riscaldamento) ad uso diverso (per autotrazione), con evasione della maggior imposta dovuta.
Il giudice istruttore disponeva, inoltre, il rinvio a giudizio di tutti i soggetti e il tribunale di Cuneo, con sentenza n. 94 del 16-30 marzo 1984, condannava i maggiori responsabili per i delitti loro ascritti.
La sentenza penale di primo grado passava in giudicato nei confronti degli autisti e degli autotrasportatori, per mancata impugnazione.
Nei confronti degli altri soggetti, il procedimento penale si definiva invece a seguito della sentenza della Corte d'appello di Torino, sezione I penale, n. 4809 del 2-17 dicembre 1987, e della sentenza della Corte di cassazione n. 2958 del 9 novembre-5 dicembre 1990.
Quanto alle azioni di recupero poste in essere dalla
ex Dogana di Cuneo, l'ufficio tecnico imposte di fabbricazione di Torino, nel redigere in data 15 marzo 1983 i fogli di liquidazione dei tributi evasi sulla scorta della sentenza-ordinanza del giudice istruttore presso il tribunale di Cuneo del 31 ottobre 1981, non aveva distinto le posizioni individuali dei singoli autotrasportatori, ai quali veniva complessivamente imputata l'evasione dell'imposta di fabbricazione su oltre 2.500.000 chilogrammi di gasolio, per un ammontare di imposta evasa pari a lire 1.406.500.000, oltre interessi moratori e indennità di mora a partire dall'anno 1975.
Conseguentemente la dogana di Cuneo provvedeva ad intimare a tutti i coobbligati, a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno il pagamento di quanto dovuto, emettendo inoltre atti ingiuntivi nei confronti dei soggetti condannati penalmente.
Chiusa definitivamente la vertenza giudiziaria penale, l'intendenza di finanza di Cuneo chiedeva in data 18 febbraio 1991 alla dogana di Cuneo di riprendere le azioni di recupero coattivo nei confronti di tutti i coobbligati, mediante iscrizione a ruolo degli importi dovuti.
Con riferimento alla posizione degli autotrasportatori, l'importo iscritto a ruolo ammontava a lire 4.714.144.415, di cui lire 1.406.500.000 a titolo di imposta di fabbricazione evasa, dedotti gli importi nel frattempo recuperati dalla dogana di Cuneo mediante escussione di due fideiussioni, e il rimanente a titolo di indennità di mora ed interessi moratori stabiliti rispettivamente nella misura del 6 per cento per ogni semestre compiuto (articolo 1 della legge n. 29 del 26 gennaio 1961) e nella misura del 18 per cento annuo (articolo 16 del decreto-legge n. 216 del 26 maggio 1978, convertito con modificazioni nella legge n. 388 del 24 luglio 1978).
Alla richiesta avanzata dai concessionari dei servizi di riscossione, con la notifica di cartelle esattoriali, i coobbligati proponevano ricorso avanti la commissione tributaria di I grado, la quale dichiarava la propria incompetenza a decidere in merito.
I coobbligati inoltravano allora un'istanza di sospensione del ruolo all'intendenza di finanza di Cuneo, eccependo tra l'altro che, a loro avviso, avrebbero dovuto rispondere solo per i tributi evasi afferenti le partite di prodotto da ciascuno movimentato o trasportato in frode. Contestualmente veniva inoltrata istanza di sospensione del ruolo, con carattere d'urgenza, anche al tribunale di Cuneo.
Ne seguiva in data 7 marzo 1994 l'emissione da parte della dogana di Cuneo di nuove richieste di pagamento nei confronti di tutti i coobbligati.
Gli inviti al pagamento venivano rinnovati nel 1997 e ancora nel 2001.
Con atto di citazione notificato alla locale avvocatura dello Stato in data 27 settembre 2001, alcuni autotrasportatori proponevano opposizione davanti al tribunale ordinario di Torino avverso gli inviti a pagamento loro notificati nel corso del 2001, chiedendo al giudice di accertare l'inesistenza del diritto vantato dalla dogana di Cuneo.
Il tribunale di Torino, con sentenza n. 4873 del 2003 del 10 giugno 2003, in accoglimento dell'eccezione di carenza di

interesse ad agire sollevata dall'avvocatura dello Stato di Torino, dichiarava improponibile la domanda proposta dagli opponenti, mancando un interesse attuale e concreto a richiedere un accertamento negativo dell'obbligazione tributaria, posto che «l'avviso di pagamento non contiene ancora alcun accertamento dell'imposta né costituisce atto impositivo, rappresentando un atto interno al procedimento amministrativo di accertamento dell'imposta».
La Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 264 del 2005 del 21 febbraio 2005, accoglieva l'appello proposto dall'amministrazione finanziaria, riformando la sentenza di primo grado e condannando gli appellati al pagamento delle somme dovute a titolo di imposta, indennità di mora e interessi moratori, nonché degli interessi anatocistici dalla data della domanda riconvenzionale (23 novembre 2001) al saldo.
La Corte di cassazione con sentenza n. 21173 del 2008, del 6 agosto 2008, a seguito di ricorso proposto dagli appellati soccombenti, si pronunciava precisando che l'eccezione del diverso termine di prescrizione del credito erariale invocato dagli stessi ricorrenti, è stata proposta per la prima volta in sede di legittimità, mentre l'applicazione di tale
ius superveniens avrebbe potuto (e dovuto) essere eccepita già in primo grado o quanto meno nel grado di appello, posto che il testo unico n. 504 del 1995 era entrato in vigore ben prima della proposizione della domanda introduttiva del giudizio, notificata in data 27 settembre 2001.
La vicenda civile si è così definitivamente conclusa con il riconoscimento della legittimità della pretesa tributaria fatta valere nei confronti degli opponenti.
A seguito della citata sentenza della Corte di cassazione n. 21173 del 2008
Equitalia Nomos S.p.A. ha ripreso l'attività di recupero, con la notifica in data 23 aprile 2009 dell'intimazione di pagamento n. 2009/0001219, per l'importo di euro 181.018,03.
Tanto premesso, è opportuno precisare che la sentenza della Cassazione ha definito la vicenda contenziosa in tutti i suoi aspetti e che, pertanto, la pretesa tributaria fatta valere dall'amministrazione nei confronti degli autotrasportatori è stata riconosciuta legittima in via definitiva e irreversibile dalla Suprema corte.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ANAS, per il controllo della vegetazione a bordo strada ha scelto di intervenire attraverso l'utilizzo del glyphosate, un disseccante non selettivo autorizzato e normalmente usato in agricoltura quando è necessaria l'eliminazione totale di ogni forma vegetale;
il glyphosate è classificato nella scheda di sicurezza come un diserbante a bassa tossicità acuta, di cui non sono noti gli effetti sull'ambiente, una volta penetrato nel terreno e disperso nelle falde idriche; ufficialmente si dichiarano effetti dannosi su anfibi, echinodermi, crostacei, pesci e insetti, danni che vanno dall'intossicazione, all'accumulo nei tessuti, alla morte;
si sa con certezza che in certe zone vinicole l'accumulo delle acque contaminate da questo diserbante è significativo e superiore ai limiti di legge. La scheda di sicurezza dichiara anche rischi d'intossicazione acuta sui mammiferi, incluso l'uomo, tant'è che l'intervento deve essere effettuato con l'uso di tutti i dispositivi di protezione individuale per evitare inalazione e contatto;
essendo il prodotto dannoso al punto di prevedere delle cautele verso gli operatori, non si può accettare che la popolazione non sia avvisata e che lungo le strade non vi siano cartelli che vietino ai cittadini il contatto con esso. Non risulta infatti che le ASL, che per legge devono

essere preavvisate, procedano ad alcuna azione di cautela verso la popolazione;
questo tipo di manutenzione chimica inoltre aumenta il pericolo di innesco di incendio provocato dall'erba secca, l'effetto paesaggistico ne risulta compromesso e l'impatto ambientale è ingiustificato, dato che esiste un'alternativa meccanica per la quale l'ANAS è già attrezzata;
l'ANAS utilizza tale sistema per una pura questione economica: per ogni chilometro trattato infatti occorre un quarto del tempo ed un terzo del personale; si elimina poi il problema dei danni frequenti a cartelli e cippi stradali che vengono triturati da operatori incauti;
da ultimo, dal punto di vista della tutela della salute non sembrano, secondo quanto sopra esposto, essere messe in atto le benché minime azioni di precauzione e protezione della popolazione -:
se i Ministri siano a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intendano intraprendere al fine di evitare situazioni di rischio per la salute dei cittadini, sia in forma diretta attraverso l'inalazione o il contatto con la sostanza diserbante, sia in forma indiretta attraverso la contaminazione di falde acquifere, di vegetali e di animali.
(4-07142)

Risposta. - La manutenzione del verde e la pulizia delle pertinenze lungo le strade statali viene affidata dall'ANAS a ditte specializzate ed abilitate che utilizzano, nelle forme e secondo le prescrizioni previste, appositi prodotti consentiti dalla normativa europea, nazionale e regionale vigente, registrati presso il ministero della sanità e reperibili in commercio senza la necessità di particolari autorizzazioni per l'acquisto.
Si tratta di prodotti non pesticidi, biodegradabili, solitamente a base di
glyphosate che non lasciano residui tossici dopo la loro applicazione e vengono utilizzati in percentuali e con modalità tali da non risultare pericolosi né per l'uomo né per l'ambiente.
Questi prodotti, comunemente impiegati anche dagli altri enti gestori di strade, devono avere inoltre le seguenti caratteristiche:
essere registrati per impieghi nel settore civile;
non essere riconosciuti a possibile rischio di effetti cancerogeni dalla Commissione consultiva tossicologica nazionale, dal Centro studi del ministero della sanità nonché dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e dell'organizzazione mondiale della sanità;
non riportare in etichetta frasi di rischio per la fauna terrestre ed acquatica nonché per la microfauna e la microflora;
essere distribuiti nel rispetto delle, norme stabilite nell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 2361 del 1988 (zona di rispetto con estensione non inferiore a 200 metri di raggio dal punto di cooptazione delle acque destinate al consumo umano).

Prima dell'inizio dell'uso dei diserbanti l'impresa incaricata comunica regolarmente alla Azienda sanitaria locale competente per territorio l'elenco dei prodotti e il calendario delle applicazioni programmate ottenendo, laddove previsto dalla normativa regionale, il nulla osta dell'autorità sanitaria.
L'Anas, in qualità di stazione appaltante, verifica l'operato delle imprese esecutrici al fine di rilevare eventuali usi scorretti dei prodotti in violazione dei contratti sottoscritti.
Infine, si rappresenta che l'impiego della falciatura dell'erba in sostituzione dell'uso dei diserbanti non può considerarsi come alternativa, in quanto la gestione delle opere a verde prevede molteplici attività: sfalcio, potatura, taglio delle siepi nonché utilizzo dei diserbanti nelle aree dello spartitraffico centrale e della banchina laterale. Pertanto, l'utilizzo dei diserbanti costituisce una modalità molto limitata nella manutenzione del «verde» sulle infrastrutture stradali rispetto a tutte le altre tipologie d'intervento che vengono utilizzate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
al personale di Poste Italiane, in seguito alla sua trasformazione in società per azioni, dal 28 febbraio 1998 viene riconosciuto il trattamento di fine rapporto di lavoro, di cui all'articolo 2120 del codice civile, mentre per il periodo precedente viene corrisposta l'indennità di buonuscita;
la gestione commissariale del fondo di buonuscita dei lavoratori delle Poste - IPOST liquida l'indennità di buonuscita senza interessi maturati e senza tener conto dell'ultima retribuzione percepita all'atto della cessazione del rapporto di lavoro da dipendente di Poste Italiane s.p.a., interpretando alla lettera il comma 6 dell'articolo 53 della legge n. 449 del 30 dicembre 1997, che prevede che a decorrere dalla data di trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni al personale dipendente della società medesima spettano il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, «calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma»;
alla richiesta ufficiale dei dipendenti di Poste Italiane s.p.a. di conoscere l'ammontare del valore maturato al 28 febbraio 1998 della propria buonuscita «congelata», l'ente di previdenza IPOST - Istituto Postelegrafonici, non ha saputo rispondere;
in questi anni i lavoratori postelegrafonici collocati in quiescenza hanno prodotto un notevole contenzioso giudiziario, che ha avuto esito spesso favorevole alle loro istanze, al fine di vedere rivalutata la buonuscita sulla base dell'ultima retribuzione percepita prima della quiescenza stessa;
ai dipendenti delle Poste Italiane s.p.a. ancora in servizio e che alla data del 28 febbraio 1998 avevano maturato dieci o venti anni di servizio, viene negato il diritto di accesso alle prestazioni creditizie e sociali, anche per l'acquisto della prima casa, poiché la loro buonuscita (a cui sarebbe stato possibile applicare il decreto ministeriale n. 45 del 7 marzo 2007 in materia di prestazioni creditizie e sociali) è stata liquidata e trasferita alla società «Poste italiane» -:
quale Ente possa informare i dipendenti delle Poste Italiane s.p.a., che alla data del 28 febbraio 1998 avevano maturato il diritto alla buonuscita, sull'effettivo ammontare della stessa;
se si ritenga utile per evitare gli incessanti ricorsi in giudizio, assumere iniziative normative per chiarire l'esatta interpretazione del citato comma 6 dell'articolo 53 della legge n. 449 del 30 dicembre 1997, che riconosca il diritto ad avere la buonuscita calcolata sull'ultima retribuzione;
se sia possibile prevedere uno strumento di rivalutazione dell'indennità di buonuscita, creando un meccanismo di confluenza della stessa, calcolata alla data del 28 febbraio 1998, con il sistema di trattamento di fine rapporto a cui ora sono soggetti i dipendenti di Poste Italiane s.p.a.;
se il Governo intenda farsi interprete presso l'IPOST, dell'esigenza dei lavoratori di avere accesso alle prestazioni creditizie e sociali di cui in premessa, calcolate sull'ammontare dell'intero periodo lavorativo, compreso quello fino al 1998.
(4-06191)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante l'istituto postelegrafonici, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente si segnala quanto segue.
L'istituto postelegrafonici - ente pubblico non economico - gestiva le forme obbligatorie di previdenza ed assistenza a favore dei dipendenti di Poste italiane Spa e società collegate ed era soggetto alla vigilanza del ministero dello sviluppo economico,

ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 542 del 1953, del decreto del Presidente della Repubblica n. 197 del 2008 e della legge n. 71 del 1994 e relativo decreto ministeriale n. 329 del 1995.
L'Ipost, come noto, è stato soppresso ed inglobato nell'Inps, con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica».
In merito agli ulteriori quesiti posti dalla interrogazione in oggetto, si forniscono gli elementi richiesti.

Spese sostenute dall'Ipost nell'anno 2009.
Spese di funzionamento:
prestazioni di lavoro interinale: 1.001.000;
altre spese di funzionamento: 9.728.000;
spese informatiche: 4.299.000;
TOTALE: 15.028.000.

Situazione del personale in servizio al 31 dicembre 2009:
Dotazione organica: 346;
Personale di ruolo: 303;
Personale non di ruolo: 34;
Personale in posizione di comando presso l'ente: 3;

Costo del personale:
Personale di ruolo: 14.443.884;
Personale non di ruolo: 1.001.000;
Personale in posizione di comando: 135.998;
TOTALE: 15.580.882.

Spesa annuale per compensi ed altre indennità agli organi istituzionali: 931.826;

Incidenza delle spese di funzionamento e del costo del personale sulla spesa corrente:
Spesa corrente 2.365.241.000;
Spesa di funzionamento 15.028.000;
Incidenza (valore per cento) 0,64;
Spesa del personale 15.580.882;
Incidenza (valore per cento) 0,66.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'8 aprile 2008 il Ministro della salute, Livia Turco, a seguito delle numerose notizie di casi di mancata prescrizione della pillola del giorno dopo ha invitato i cittadini a segnalare direttamente al ministero tutte le difficoltà incontrate, e ha dichiarato che «è nostra intenzione offrire ai cittadini un canale in più per segnalare disfunzioni o mancate risposte di assistenza su un terreno così delicato come quello della contraccezione d'emergenza». Il Ministro della salute, riferisce una nota, «invita i cittadini a segnalare tali casi all'Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) del ministero». Sarà cura del ministero «inviare tali segnalazioni alle Regioni e alle Asl di competenza per facilitare l'adozione di misure che evitino disfunzioni del servizio». il Ministro ha infine aggiunto: «Pensiamo sia dovere delle istituzioni farsi carico di questa domanda di assistenza facendo sì che nessuna donna sia lasciata sola in momenti difficili della propria vita, come può essere quello che la vede preoccupata per una possibile gravidanza non voluta» -:
se il Governo consideri sufficienti le misure sinora adottate a fronte di notizie così gravi riguardo all'effettiva possibilità per i cittadini di esercitare i propri diritti e all'effettivo rispetto della legge, e quali misure urgenti intenda adottare.
(4-00029)

Risposta. - A seguito dell'iniziativa dell'allora Ministro della salute Livia Turco, richiamata nell'interrogazione in esame, a cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, le segnalazioni pervenute al Ministero della salute da parte dei cittadini sono state pari a 10.
Di queste, 5 riferivano difficoltà di prescrizione della pillola del giorno dopo a causa della presenza in servizio di medici obiettori, le altre lamentavano la non mutuabilità e il fatto che il farmaco non fosse sempre disponibile nelle farmacie.
Nel merito della contraccezione d'emergenza, si fa presente che le relative specialità medicinali vengono classificate, ai fini della loro rimborsabilità, in fascia C a totale carico del cittadino, in quanto ritenute non essenziali per il servizio sanitario nazionale. Come prescritto dagli articoli 88 e 89 del decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006 («Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE»), esse sono dispensate con ricetta non ripetibile (rnr) da rinnovare volta per volta, in quanto rientranti nel novero dei farmaci che possono determinare, con l'uso continuato, stati tossici o possono comportare comunque rischi particolarmente elevati per la salute e che, se usati senza controllo medico, direttamente o indirettamente anche in condizioni normali di utilizzazione, possono comportare dei rischi.
L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), peraltro, ha sottolineato che anche altre specialità medicinali contenenti levonorgestrel ad alto dosaggio (ad esempio i preparati impiegati nella terapia ormonale sostitutiva), sono dispensati con rnr.
Per la contraccezione di emergenza sono inoltre necessarie un'adeguata valutazione anamnestica e una valutazione del rapporto rischio-beneficio da parte del medico.
Va altresì precisato che i foglietti illustrativi dei prodotti in commercio, che vanno sotto il nome di «pillola del giorno dopo», non escludono espressamente, tra i meccanismi di azione, la possibilità che all'ovocita fecondato sia impedito l'attecchimento in utero. Deve quindi considerarsi ammissibile, tra i possibili effetti dell'assunzione del farmaco, la distruzione dell'embrione ai primissimi stadi di sviluppo. È chiaro che questa circostanza determina problemi etici, che giustificano il ricorso alla «clausola di coscienza» da parte dei medici che, eventualmente, non intendano prescrivere o somministrare i farmaci in questione, in considerazione dei possibili effetti post-fertilizzazione. Lo stesso comitato nazionale per la bioetica si è espresso in tal senso, con una nota del 28 maggio 2004. Peraltro, anche il codice deontologico della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) del 2006, all'articolo 22 prescrive che «il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita, e deve fornire al cittadino ogni utile informazione e chiarimento».
Per la contraccezione di emergenza è dunque necessaria una prescrizione medica non specialistica. Ma va chiarito, come già precisato in precedenti risposte ad interrogazioni analoghe, che l'obbligo di ricetta non implica un obbligo alla prescrizione su richiesta del paziente, poiché la prescrizione di un farmaco su ricettario comporta un'assunzione di responsabilità, in scienza e coscienza, da parte del medico prescrivente, che quindi non può sentirsi obbligato a prescrivere alcunché, se non lo ritiene utile e necessario al paziente che ne faccia richiesta.
Tuttavia, qualora il medico ritenesse di non dover prescrivere il farmaco, dovrebbe riportare sul documento clinico le motivazioni del diniego, affinché il documento stesso possa essere utilizzato nel rapporto con altri medici, o per gli usi consentiti dalla legge a tutela della mancata prescrizione medica.
Ciò premesso, si esprime la convinzione che compito primario delle istituzioni, nella materia in oggetto, sia quello di porre in essere azioni efficaci per la promozione e la

tutela della salute della donna, anche in riferimento alla procreazione cosciente e responsabile.
Si evidenzia, infine, che l'esiguo numero di segnalazioni pervenute al ministero della salute consente di ritenere che esse non siano espressione di una strutturale disfunzionalità del servizio sanitario nazionale, configurandosi, invece, come singoli casi episodici.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Eugenia Maria Roccella.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'AIFA, l'Agenzia Italiana per il Farmaco ha precisato che l'immissione in commercio della pillola Ru486 dipende dall'approvazione del nuovo Consiglio di Amministrazione, che tuttavia non si è ancora insediato;
premesso che già il 29 marzo 2007 l'Agenzia Europea del Farmaco (EMEA) ha dato il via libera alla Ru486;
il 20 giugno 2007, facendo proprio il parere dell'EMEA, la Commissione Ue, all'unanimità, ha approvato la Ru486;
il 6 novembre 2007 la Exelgyn ha presentato all'AIFA una richiesta di mutuo riconoscimento della autorizzazione francese alla commercializzazione;
il 27 febbraio 2008 la commissione tecnico-scientifica dell'AIFA ha dato parere favorevole al commercio del farmaco;
la lentezza con cui si trascina la messa in commercio del farmaco abortivo Ru486 rischia, com'è di tutta evidenza, di provocare serie conseguenze sulla salute delle donne che decidono di interrompere la gravidanza, come denunciano numerosi operatori della legge n. 194 del 1978, i quali hanno anche preparato una petizione per chiedere che sia posta la parola fine a quello definiscono «il gioco delle parti, che vede protagoniste le istituzioni preposte a favorire l'utilizzo della Ru486 nelle strutture ospedaliere che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza»;
la petizione, indirizzata al neo-presidente del CdA dell'AIFA al ginecologo Sergio Pecorelli, e al DG Guido Rasi, vede tra i primi firmatari i ginecologi Giovanna Cassellati, responsabile del reparto IVG del San Camillo di Roma; Mirella Parachini, presidente della Federazione Internazionale degli Operatori Professionisti di Aborto e Contraccezione; e Silvio Viale, responsabile del day hospital IGV del Sant'Anna di Torino;
nella petizione, tra l'altro, si sostiene: «Ormai è passato più di un anno e mezzo da quando la domanda di mutuo riconoscimento è stata posta all'Italia. Noi operatori della legge 194 riteniamo che tale comportamento, che giuridicamente è in piena violazione delle norme per l'Autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) con procedura di mutuo riconoscimento, produca un danno alla salute delle donne che qualora debbano interrompere una gravidanza sono costrette a sottoporsi a procedure maggiormente invasive. Ricordiamo ancora una volta come venga in tal modo disatteso l'articolo 15 della legge 194/78 che prevede «l'aggiornamento del personale sanitario ... sull'uso delle tecniche più moderne dell'integrità fisica e psichica della donne e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza». La mancata autorizzazione della Rg486 non ha alcun fondamento scientifico o giuridico di tutela della salute delle donne ma al contrario corrisponde a una precisa scelta politica non compatibile con il diritto alla salute. Quali medici coinvolti nell'assistenza alle pazienti che si rivolgono a noi in base a una legge dello Stato denunciamo questo ritardo come un'inaccettabile interferenza con il nostro dovere di mettere in atto la «pratica clinica». Per questo chiediamo che l'AIFA concluda con

la massima celerità l'iter della messa in commercio della Ru486 in Italia» -:
quali provvedimenti urgenti intenda promuovere, adottare e comunque sollecitare affinché il CdA dell'AIFA finalmente concluda l'iter della messa in commercio della Ru486 in Italia.
(4-03540)

Risposta. - Il Consiglio di amministrazione dell'agenzia italiana del farmaco (Aifa) con delibera n. 14 del 30 luglio 2009, ha approvato l'autorizzazione all'immissione in commercio e rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale della specialità medicinale Mifegyne (più nota con la sigla RU 486), pubblicata nel supplemento ordinario n. 229 alla Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre 2009, n. 286, con la determinazione n. 1460 del 24 novembre 2009. Il prodotto è stato classificato, ai fini della fornitura, come medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, utilizzabile esclusivamente in ambiente ospedaliero o in struttura ad esso assimilabile (OSP 1), comprese le strutture sanitarie individuate dall'articolo 8 della legge 22 maggio 1978, n. 194, e ai fini della rimborsabilità in classe a) H.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Corriere del Mezzogiorno nella sua edizione del 22 settembre 2009 ha pubblicato un articolo del giornalista Antonio Della Rocca, nel quale tra l'altro si legge «Pazienti di serie B. I detenuti del carcere leccese di Borgo San Nicola, non avrebbero gli stessi diritti all'assistenza sanitaria di tutti gli altri cittadini. Diritti che sono loro garantiti dalle norme. Lo denuncia il segretario generale Funzione pubblica della Cgil di Lecce, Salvatore Caricato, che punta il dito verso la Regione che tarda, a suo dire, a emanare gli atti per l'organizzazione e la gestione sanitaria "con enormi ripercussioni sulle garanzie e sull'assistenza" dei carcerati. "La messa a norma dei locali adibiti ad attività ambulatoriale - afferma Caricato - e l'incremento delle ore dedicate all'attività specialistica, in particolare di Cardiologia, Dermatologia e Radiologia, sarebbero necessari e indispensabili per evitare le continue traduzioni di reclusi verso ospedali esterni, contribuendo anche ad alleviare i carichi di lavoro degli agenti utilizzati in questi trasferimenti". Sarebbero tanti i detenuti che vengono curati negli ospedali data l'inadeguatezza delle strutture carcerarie dedicate all'assistenza e alla carenza di personale. In particolare, secondo la Cgil il personale di supporto e di ausiliariato non esisterebbe affatto «con enormi disagi per quei pochi infermieri e medici assunti a tempo indeterminato che sono costretti a svolgere il loro lavoro in condizioni precarie, avvalendosi sempre e comunque di personale cosiddetto parcellista che viene chiamato e remunerato a ore di lavoro»;
nel carcere di Lecce attualmente sono reclusi 1.380 detenuti, tra cui 300 immigrati e 100 donne, malgrado la capienza massima sia di 650 persone, cioè una media di tre persone per ogni cella ampia circa 7 metri quadrati. Gli agenti penitenziari seno 560. Ma secondo la Cgil, in alcune sezioni con 60-70 detenuti verrebbe utilizzata una sola guardia. I tagli alle risorse economiche non consentirebbero agli agenti penitenziari di percepire gli straordinari e avrebbero bloccato la manutenzione dei mezzi;
il direttore sanitario dell'Asl di Lecce, Franco Sanapo, ha ammesso le lacune sui livelli assistenziali: «Come sempre le leggi sono scritte bene: si è stabilito che i carcerati hanno gli stessi diritti alle cure di chi è libero, ma poi poco si fa per garantire tutto questo. È stato detto che le Asl dovranno prendere in carico questi pazienti attingendo risorse umane e strutture dal Dipartimento di giustizia. Inoltre i contratti all'epoca sottoscritti con l'amministrazione carceraria la Asl li deve rispettare fino a nuove disposizioni. Inoltre si prevede una migliore assistenza

sanitaria ai carcerati, ma con le stesse identiche risorse di prima -:
se quanto riportato in premessa corrisponda a verità e quali urgenti iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte della gravissima situazione che si è determinata nel carcere di Lecce, anche nel quadro del concreto trasferimento di funzioni dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale in materia di sanità penitenziaria.
(4-04305)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In ordine alla questione sollevata, in via preliminare ricordo che, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha trasferito al servizio sanitario nazionale (Ssn) tutte le funzioni sanitarie svolte in precedenza dal Ministero della giustizia.
Pertanto, le regioni provvedono all'espletamento delle funzioni trasferite con il citato decreto, attraverso le Asl competenti per territorio: con lo stesso provvedimento sono state trasferite anche le risorse finanziarie.
Per quanto attiene all'impegno del miglioramento del servizio sanitario penitenziario, essendo stata trasferita la competenza al Ssn, questa è affidata alla responsabilità delle regioni che, tuttavia, devono fornire elementi informativi ai ministeri vigilanti, nell'ambito della verifica annuale sugli adempimenti regionali.
Tale attività di verifica/monitoraggio viene svolta dal tavolo per la verifica degli adempimenti e dal comitato per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
I due organismi sono coordinati rispettivamente dal ministero dell'economia e delle finanze e dal ministero della salute.
Per quanto riguarda la situazione sanitaria della casa circondariale di Lecce, la locale Prefettura, tramite il ministero della giustizia, ha comunicato che: «A fronte di un numero sempre crescente di detenuti, il personale dell'area sanitaria risulta oggi costituito complessivamente da 2 medici incaricati, 8 medici di guardia e 18 infermieri (7 di ruolo e 11 parcellisti), mentre il servizio per le tossicodipendenze, cui sono adibiti due medici e due unità paramediche, non è attivo nei giorni festivi.
L'assistenza specialistica viene garantita da 11 specialisti, sebbene, in certi casi, il monte ore è inadeguato: l'ortopedico è presente in Istituto solo due ore a settimana, parimenti il numero delle ore settimanali a disposizione dello specialista odontoiatra non è proporzionato al numero delle richieste, il servizio di radiologia è attivo solo un giorno nell'arco della settimana.
Molti trattamenti sanitari sono eseguibili solo presso le strutture sanitarie esterne o per indisponibilità del servizio specialistico interno - urologia, allergologia, diabetologia, - o per mancanza delle attrezzature necessarie - Tac, Ecografie, Crioterapia, Ecg, Rx Opt.
In particolare, la carenza del personale infermieristico sovente è causa della mancata effettuazione delle visite mediche nei reparti e della intempestività nella esecuzione degli accertamenti clinici richiesti di volta in volta dal personale medico - d'altra parte, la mancata esecuzione degli esami ematici di
routine, ad esempio, oltre che arrecare danno alla salute dei ristretti, impedisce anche al medico competente di eseguire le visite mediche finalizzate a valutare l'idoneità lavorativa dei detenuti - oltre che essere fonte di malcontento e stress negli operatori con conseguente incidenza negativa sulla qualità del servizio offerto...
Il personale che presta servizio in questo istituto è pari a n. 791 unità (n. 736 unità amministrate da cui vanno detratte n. 30 unità distaccate presso altre sedi ed aggiunte n. 85 unità distaccate a Lecce da altri istituti) a fronte di una pianta organica che prevede complessivamente per questa struttura n. 763 unità di polizia penitenziaria...».
La regione Puglia ha comunicato che, in attuazione di quanto disposto dalla Giunta regionale con provvedimento n. 2020 del 27 ottobre

2009, l'Asl di Lecce sta predisponendo una propria ipotesi di modello organizzativo aziendale della sanità penitenziaria, in grado di ovviare alle problematiche emergenti.
Per quanto riguarda le iniziative da avviare, nel ribadire la competenza regionale sulla tematica in esame, segnalo, per l'ambito di competenza che residua a questo ministero, che è imminente una rilevazione complessiva sull'attività programmatica delle regioni, sul personale dedicato all'assistenza sanitaria nei singoli istituti/servizi e sull'organizzazione sanitaria attuale.
Detta rilevazione, in una fase successiva, riguarderà, insieme ai dati sull'organizzazione dei servizi, tutti i dati riferiti alle attività e alle prestazioni, per consentire una valutazione sia della qualità organizzativa, sia della qualità dei processi assistenziali e degli esiti, tramite l'utilizzo di indicatori appropriati.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la procura di Torino ha aperto un'inchiesta per accertare se effettivamente l'esposizione al sole e malattie dermatologiche possano moltiplicare gli effetti tossici dei coloranti per tatuaggi considerati fuorilegge;
i citati effetti tossici sarebbero provocati delle amine aromatiche, sostanze chimiche nocive per la salute: esse possono provocare alterazioni del Dna, con effetti cancerogeni, perché i pigmenti non sono fatti per essere iniettati ad alta «densità nella cute», e la trasformazione chimica di tali sostanze, accelerata dall'esposizione alla luce solare (radiazione ultravioletta) e alla luce monocromatica (laser) può determinare la formazione di amine aromatiche e altri derivati reattivi;
le amine ritrovate nei pigmenti su cui indaga la procura di Torino risultano essere prodotti da una ditta di San Ferdinando di Puglia, e sono state messe al bando dal Consiglio d'Europa nel 2008, ma sulle confezioni mancavano indicazioni previste per legge -:
quali iniziative si intendano porre in essere per scongiurare il ripetersi di simili episodi e a tutela della salute di quanti ritengono di doversi sottoporre alla pratica del tatuaggio.
(4-05449)

Risposta. - In via preliminare si ricorda che nel marzo 2009 la regione Piemonte, nell'ambito del proprio progetto «monitoraggio e valutazione della tossicità dei prodotti utilizzati nei laboratori di tatuaggio» ha richiesto a questo ministero un parere in merito alle problematiche legate all'uso di pigmenti nelle procedure di tatuaggio, con particolare riguardo all'applicabilità dei criteri indicati nella risoluzione del Consiglio europeo Res AP (2008)1.
In tale risoluzione è riportato l'elenco di tutte le sostanze considerate pericolose, con particolare riguardo alla loro azione cancerogena, mutagena e tossica per la riproduzione.
Questo ministero, nel rispondere alla regione Piemonte, ha concordato con i criteri da questa utilizzati per la verifica di conformità in tutto il paese, nonché sulla necessità che, per tutti i casi accertati di non conformità, fosse eseguito il ritiro e richiamo dal mercato dei prodotti non sicuri.
Questo ministero ha inoltre comunicato che, in assenza di specifica normativa nazionale, a tutela della salute pubblica, al fine di attuare le disposizioni di ritiro dal mercato, la fonte giuridica da utilizzare è l'articolo 105 del decreto legislativo 206 del 2005 (Codice del consumo) comma 3 e comma 4, di seguito riportati:
3. In assenza delle norme di cui ai commi 1 e 2, la sicurezza del prodotto è valutata in base alle norme nazionali non cogenti che recepiscono norme europee, alle norme in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato, alle raccomandazioni della Commissione europea relative ad orientamenti sulla valutazione della sicurezza dei prodotti, ai codici di

buona condotta in materia di sicurezza vigenti nel settore interessato, agli ultimi ritrovati della tecnica, al livello di sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi.
4. Fatte salve le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, le autorità competenti adottano le misure necessarie per limitare o impedire l'immissione sul mercato o chiedere il ritiro o il richiamo dal mercato del prodotto, se questo si rivela, nonostante la conformità, pericoloso per la salute e la sicurezza del consumatore.

Con riferimento alle iniziative avviate dal Ministero, si segnala quanto segue. Con apposita circolare (Problematiche relative ai pigmenti utilizzati nelle procedure di tatuaggio, circolare 13 maggio 2009), reperibile nel sito web istituzionale al link http://www.salute.gov.it/sicurezzaChimica/SicurezzaChimica.jsp sezione «in evidenza - archivio») sono state fornite le determinazioni al comando carabinieri per la tutela della salute e agli assessori alla sanità di tutte le regioni, affinché fossero diramate a tutti i dipartimenti di Prevenzione delle Asl.
Nel mese di novembre 2009, la regione Piemonte, nell'ambito del proprio monitoraggio, eseguito con analisi svolte dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente regionale, ha rinvenuto presenza di sostanze cancerogene (ammine aromatiche) nei pigmenti per tatuaggi e quindi, come richiesto da questo ministero, per il tramite della procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, ha fornito i dati relativi ai soggetti produttori e distributori di tali pigmenti non conformi alla risoluzione europea Res AP(2008)1 sopra riportata.
Conseguentemente, il ministero della salute ha provveduto disponendo che, per tali articoli, l'importatore effettuasse, in collaborazione con le ditte distributrici (o, nel caso l'importatore non fosse individuato, il solo soggetto distributore/fornitore), ai sensi dell'articolo 107 del decreto legislativo 6 ottobre 2005, n. 206 («Codice del consumo»), il ritiro dalla rete commerciale e il richiamo dei singoli operatori del settore (tatuatori), avvisando gli stessi del rischio connesso a detti pigmenti (cancerogeno).
Inoltre, il ministero della salute ha disposto che gli operatori del settore, che hanno utilizzato sui propri clienti tali pigmenti, a loro volta, ai sensi del medesimo articolo 107, informino i soggetti sottoposti a tatuaggio, mediante sistemi di rintraccio dei clienti o altri metodi ritenuti efficaci. È stato quindi ribadito il divieto di utilizzo sui clienti dei pigmenti non conformi alla risoluzione Res AP (2008)1, ed è stato infine disposto che gli articoli vengano smaltiti come rifiuti ai sensi della vigente normativa ambientale a spese dell'importatore/distributore, come previsto dal citato decreto legislativo n. 206 del 2005.
Per dare, poi, la massima informazione ai consumatori, tutte le notifiche Rapex relative ai pigmenti tossici contenuti negli inchiostri per tatuaggi sono state pubblicate nel sito
web istituzionale di questo Ministero (si possono consultare, anche in questo caso, cercando nella sezione «sicurezza chimica», tra gli «strumenti e servizi» l'elenco dei «prodotti pericolosi in Italia»; nella schermata successiva, in fondo, scegliendo l'anno di notifica (2010) e la tipologia (allarme consumatori), si aprirà l'elenco di tali prodotti, nel quale sono compresi gli inchiostri e pigmenti per tatuaggi) e sono pertanto accessibili a tutti. Inoltre esse sono state inviate, per il tramite del ministero dello sviluppo economico, alla Commissione europea per la pubblicazione nel sito europeo del Rapex (sistema europeo di allerta rapida relativo ai prodotti considerati pericolosi per la salute dei consumatori che non sono alimenti, farmaci o dispositivi medici).
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 20 febbraio 2010 all'interno della casa di riposo «Il Sorriso» di Cervarezza di Busana, in provincia di Reggio Emilia, si è sviluppato un incendio nel corso del

quale un anziano ricoverato, il signor Pietro Lugari, ha riportato gravi ustioni;
il signor Lugari, a quanto avrebbero riferito i soccorritori, è stato trovato con un polso legato a una sponda del letto;
sarebbe opportuno accertare se tale pratica fosse usuale nella citata casa di riposo e se abbia riguardato, oltre al signor Lugari, anche altri pazienti -:
da cosa sia stato provocato il rogo che ha devastato la casa di riposo e se risulti che il signor Lugari fosse effettivamente legato come i soccorritori affermano;
quali iniziative, per quanto di competenza, abbia assunto o intenda assumere per accertare l'esatta dinamica della vicenda.
(4-06299)

Risposta. - In merito all'incendio avvenuto presso la casa di riposo «Il Sorriso» Cervarezza di Busana (Reggio Emilia), in cui un anziano ricoverato ha riportato gravissime lesioni, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Reggio Emilia ha comunicato che sono in corso le indagini dell'autorità giudiziaria, la quale coordina l'attività investigativa dei carabinieri e dei vigili del fuoco.
La stessa prefettura ha precisato che:
1) A seguito dell'incendio del 20 febbraio 2010, il sindaco di Busana ha disposto la sospensione dell'attività della Casa di riposo;
2) sono in corso indagini per verificare se nella struttura siano stati utilizzati mezzi di coercizione nei confronti dell'anziano;
3) sono in corso gli accertamenti sulle cause dell'incendio, che non ha devastato la casa di riposo, ma ha avvolto unicamente il letto dove giaceva il paziente e, conseguentemente, la camera dove era ubicato il letto;
4) è stata redatta una comunicazione di notizia di reato che ha comportato l'iscrizione nel registro degli indagati di due persone per i reati di cui agli articoli 110, 572 e 605 codice penale (concorso in sequestro di persona e maltrattamenti).
Pertanto, non ci sono iniziative specifiche da assumere, tenuto conto che la Magistratura si sta già interessando dell'accaduto ed ha raccomandato riserbo sulle indagini.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti dell'Istituto postelegrafonici;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dall'Istituto postelegrafonico.
(4-06972)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante l'istituto postelegrafonici, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente si segnala quanto segue.
L'istituto postelegrafonici - ente pubblico non economico - gestiva le forme obbligatorie di previdenza ed assistenza a favore dei dipendenti di Poste italiane SpA e società collegate ed era soggetto alla vigilanza del ministero dello sviluppo economico, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 542 del 1953, del decreto del Presidente della Repubblica 197 del 2008 e della legge 71 del 1994 e relativo decreto ministeriale 329 del 1995.
L'Ipost, come noto, è stato soppresso ed inglobato nell'Inps, con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica».
In merito agli ulteriori quesiti posti dalla interrogazione in oggetto, si forniscono gli elementi richiesti:

Spese sostenute dall'Ipost nell'anno 2009.
Spese di funzionamento:
prestazioni di lavoro interinale: 1.001.000;

altre spese di funzionamento: 9.728.000;
spese informatiche: 4.299.000;
TOTALE: 15.028.000.

Situazione del personale in servizio al 31 dicembre 2009:
Dotazione organica: 346;
Personale di ruolo: 303;
Personale non di ruolo: 34;
Personale in posizione di comando presso l'ente: 3;

Costo del personale:
Personale di ruolo: 14.443.884;
Personale non di ruolo: 1.001.000;
Personale in posizione di comando: 135.998;
TOTALE: 15.580.882.

Spesa annuale per compensi ed altre indennità agli organi istituzionali: 931.826;

Incidenza delle spese di funzionamento e del costo del personale sulla spesa corrente:
Spesa corrente 2.365.241.000;
Spesa di funzionamento 15.028.000;
Incidenza (valore percentuale) 0,64;
Spesa del personale 15.580.882;
Incidenza (valore percentuale) 0,66.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

FUGATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni è in corso un processo di razionalizzazione degli uffici postali da parte di Poste Italiane Spa, che ha portato alla chiusura degli stessi e alla riduzione degli orari di apertura degli sportelli in diverse aree del territorio nazionale;
gli uffici postali delle province di Trento e Bolzano e dell'area del Nord Est sembrerebbero coinvolti in una ristrutturazione dell'orario lavorativo in riferimento alla consegna della posta ordinaria, limitandone la consegna a cinque giorni settimanali, escludendo quindi il sabato e la domenica;
questo provocherebbe disfunzioni nell'offerta del servizio ai cittadini delle aree interessate, particolarmente pesanti per coloro che abitano nelle valli e nelle zone di montagna per i quali gli uffici postali rappresentano uno dei pochi servizi pubblici essenziali;
il ridimensionamento dell'orario degli uffici postali comporterebbe inevitabilmente anche una crisi occupazionale per gli impiegati del settore;
le Poste italiane s.p.a. sono una società di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze che ha ricevuto quest'anno dallo stato circa 300 milioni di euro, al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni comprese nel servizio universale;
il contratto di programma tra lo Stato e Poste Italiane Spa per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere per la società, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura rispetto alle prestazioni richieste -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per favorire una concertazione tra la direzione di Poste Italiane Spa e le amministrazioni locali della provincia di Trento, al fine di evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste Italiane spa arrechino disagi agli abitanti della zona e per far sì che venga garantita l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, in particolare nelle aree montane a bassa densità abitativa nelle quali non vi è neppure l'interesse da parte di società private a creare servizi integrativi e alternativi.
(4-06089)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la rimodulazione degli orari di apertura degli uffici postali nelle province di Trento e Bolzano, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si rappresenta quanto segue.
La società Poste italiane ha segnalato che in provincia di Trento sono presenti 212 uffici postali, pari ad un ufficio ogni 2.500 abitanti circa.
La stessa società ha comunque precisato che l'attività degli uffici postali di Riva del Garda 1, Pera di Fassa, Londrone e Darzo, che presentavano flussi di traffico particolarmente ridotti, è stata trasferita ad uffici limitrofi.
Più esattamente, l'operatività dell'ufficio di Riva del Garda 1 è stata spostata sull'ufficio di Riva del Garda, attivo anche durante l'orario pomeridiano; l'operatività dell'ufficio di Pera di Fassa è stata trasferita sull'ufficio di Pozza di Fassa, aperto in orario antimeridiano e l'operatività degli uffici di Londrone e Darzo è stata dislocata sull'ufficio di Storo attivo in modalità monoturno.
In sei uffici (Nago, Oltresarca, Serravalle all'Adige, Marter, Meano e Trento 7), sono state invece adottate iniziative di rimodulazione degli orari di apertura, applicati nel rigoroso rispetto della vigente normativa di settore e dopo attenta verifica sia dei flussi di clientela che dei dati della produzione.
Per la provincia di Bolzano, la concessionaria ha precisato che non sono state adottate iniziative di rimodulazione degli orari di apertura, né realizzati trasferimenti di operatività per i 147 uffici postali presenti sul territorio.
La stessa concessionaria ha anche precisato che, nelle province di Trento e Bolzano, in ogni caso, non sono state attuate variazioni di sorta degli orari lavorativi del personale addetto al recapito né sono state apportate modifiche alle modalità di svolgimento del servizio, che viene espletato con puntualità e nel rispetto degli
standard operativi.
Il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle sue competenze, non mancherà di insistere, presso la concessionaria Poste italiane, perché valuti la possibilità che venga ripristinato, nel territorio in questione, il doppio turno di orario, almeno nel caso che la richiesta dell'utenza torni a dei livelli per i quali debba ritenersi necessario ripristinare il precedente orario di servizio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento alla rimodulazione degli orari scolastici in particolare per quanto riguarda l'insegnamento della matematica nei licei scientifici ed a voci che si susseguono e che parlano di accorpamento della medesima materia con l'insegnamento di fisica -:
se rispondano al vero le notizie sopra riportate che vedrebbero il trasferimento degli insegnanti abilitati al solo insegnamento della matematica agli istituti tecnici e se si intenda chiarire quale sarà la loro prospettiva futura.
(4-07752)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la nuova classe di concorso A-25 Matematica, che sostituirebbe l'attuale 47/A Matematica, permetterebbe l'insegnamento della suddetta materia nei vari istituti tecnici e professionali e per ciò che riguarda i licei, solamente nel liceo scientifico, con opzione scientifico-tecnologico;
si evince che viene a mancare perciò sia la possibilità di continuare ad insegnare nel biennio del liceo di ogni indirizzo, sia quella tanto auspicata dai laureati in matematica, vincitori di concorso ordinario in matematica di insegnare la materia in tutti i cinque anni del corso di studi liceale, separando di fatto gli insegnamenti di matematica e fisica e consentendo che l'insegnamento

sia espressione effettiva delle scelte fatte a suo tempo (laurea e partecipazione a concorso ordinario) e delle competenze acquisite durante l'attività di lavoro e non come spesso succede, di adeguamenti più o meno forzati o costretti da particolari circostanze, che producono, in molte situazioni, quell'analfabetismo matematico così giustamente denunciato e rimproverato ai nostri ragazzi;
gli insegnanti che hanno una laurea in matematica, che hanno vinto concorsi ordinari in matematica e che hanno insegnato molti anni in licei scientifici si troveranno soprannumerari e torneranno ad essere precari;
alla luce di questo sarebbe opportuno attuare una riforma che permetta la tanto auspicata separazione della cattedra di matematica da quella di fisica nei licei proprio perché le due discipline hanno approcci estremamente diversi e la formazione culturale dell'insegnante influisce in modo determinante sulla qualità dell'insegnamento -:
se non intenda adattare iniziative volte ad evitare che i laureati in matematica risultino esclusi dall'insegnamento di matematica in quasi tutti i licei a vantaggio di insegnanti con lauree non specificatamente in matematica.
(4-07753)

Risposta. - Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari n. 4-07752 e n. 4-07753, aventi ambedue ad oggetto l'affidamento dell'insegnamento della matematica nei licei scientifici nel contesto della revisione delle classi di concorso prevista dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008.
Si fa preliminarmente presente che il regolamento relativo alla revisione delle classi di concorso, previsto dal sopra citato articolo 64 decreto-legge n. 112 del 2008, è in fase di definizione.
Considerato che i regolamenti relativi alla revisione degli assetti ordinamentali del secondo ciclo di istruzione troveranno graduale applicazione, a partire dalle classi prime, dal 1o settembre 2010, con nota ministeriale del 21 aprile 2010 sono state fornite ai direttori generali degli uffici scolastici regionali indicazioni in relazione all'attuale fase transitoria affinché i dirigenti scolastici e il personale interessato abbiano contezza della situazione.
In particolare, con la suddetta nota si è provveduto alla pubblicazione delle tabelle di confluenza delle attuali classi di concorso su cui confluiscono le discipline relative alle sole classi prime dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali interessate dal riordino dal 1o settembre 2010. Le tabelle di confluenza sono state poi nuovamente trasmesse alle direzioni scolastiche regionali con nota ministeriale dello scorso 11 maggio.
Nella citata nota del 21 aprile 2010, si è precisato che le anzidette tabelle hanno solo natura dichiarativa dell'esistente; si è inoltre fatto presente che gli insegnamenti che trovano confluenza in più classi di concorso del pregresso ordinamento devono essere trattati come insegnamenti «atipici» la cui assegnazione alle classi di concorso deve prioritariamente mirare a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, la ottimale determinazione delle cattedre e la continuità didattica.
Ciò premesso, si forniscono i chiarimenti richiesti nelle interrogazioni in esame con riferimento all'insegnamento della matematica nei licei scientifici nonché in relazione alle voci circa l'accorpamento della medesima materia con l'insegnamento di fisica.
Nel ribadire che il regolamento di revisione delle classi di concorso è in corso di definizione, si prevede che l'insegnamento della matematica nei cinque anni del liceo scientifico sarà affidato sia agli insegnanti titolari della classe di concorso 47/A (matematica) che a quelli della classe di concorso 49/A (matematica e fisica), mentre l'insegnamento della fisica sarà affidato solo agli abilitati per quest'ultimo insegnamento (attuale classe 49/A oppure 38/A-fisica).
Per il prossimo anno scolastico 2010/2011 nella sola prima classe l'insegnamento della matematica (con un carico orario di cinque ore settimanali) sarà impartito indifferentemente dai titolari della classe

47/A oppure 49/A, mentre quello della fisica (con un carico orario di 2 ore settimanali) sarà impartito dai titolari della classe 49/A e, in mancanza, anche dai titolari della classe 38/A.
I titolari della classe di concorso 47/A, che insegneranno la matematica sia nel primo biennio che nel secondo biennio e nel quinto anno (come i titolari della classe di concorso 49/A), resteranno in servizio nel liceo e, nel caso di soprannumero, saranno graduati insieme ai titolari della classe 49/A.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GIRLANDA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il piano nazionale di contenimento delle liste di attesa 2006-2008, avanzato dal Ministero della salute e sottoscritto nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ha previsto tra i suoi obiettivi primari la realizzazione da parte di tutte le aziende sanitarie locali (ASL) del Servizio sanitario nazionale (SSN) dei centri unici di prenotazione (CUP);
lo stesso piano prevedeva lo stanziamento di 50 milioni di euro per la realizzazione del suddetto obiettivo, come previsto dagli articoli 34 e 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
le disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 279, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, prevedevano il concorso dello Stato anche nel ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e 2004 e, a tal fine è stata autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l'anno 2006;
l'intesa tra Stato e regioni è stata sancita il 28 marzo 2006, trasmessa con nota del 9 novembre 2006, sbloccando dunque l'accesso per le regioni ai fondi di cui all'articolo 1, comma 280, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
gli investimenti stanziati per la realizzazione dei centri unici di prenotazione hanno portato a risultati disomogenei all'interno degli stessi territori regionali o provinciali, determinando in vari casi una ripresa della mobilità interregionale;
il sistema sanitario è risultato così frazionato sul territorio, a discapito dell'utenza, della chiarezza dell'informazione, dell'ottimizzazione delle prestazioni, della varietà dei soggetti che recepiscono le richieste, arrivando a non favorire il suddetto obiettivo del contenimento delle liste di attesa;
il sistema fiscale federale attualmente in vigore ha ampliato le competenze delle regioni in materia di sanità e la stessa costituisce una delle voci più importanti nel bilancio regionale;
l'utenza sarebbe molto più facilitata con l'istituzione di un centro unico di prenotazione telefonico di carattere regionale, così come tuttora in essere già in diverse regioni, al fine di implementare l'offerta di prestazioni sanitarie allargando la base territoriale e riducendo così l'afflusso in strutture sanitarie o farmaceutiche per le prenotazioni;
un numero telefonico regionale potrebbe ridurre la mole di utenti allo sportello, implementando la fascia oraria in cui è possibile effettuare prenotazioni telefoniche e rendendo possibili eventuali disdette in maniera più efficiente e tempestiva da parte dell'utenza, con un beneficio che si andrebbe a ripercuotere a livello generale;
molti centri di prenotazione sul territorio non sono dotati di mezzi adeguati per recepire il pagamento con carte di credito o bancomat o impediscono all'utente il pagamento della prestazione contestualmente alla richiesta di prenotazione -:
se siano previste iniziative volte a definire con il coinvolgimento delle regioni linee di indirizzo per ottimizzare la gestione

dei centri unici di prenotazione e ridurre le disomogeneità territoriali nonché per ricorrere a mezzi di pagamento di natura telefonica o telematica al fine di integrare e snellire l'attività del personale agli sportelli;
se si intendano assumere iniziative finalizzate allo stanziamento di nuove risorse per fornire alle strutture territoriali del Servizio sanitario nazionale le apparecchiature elettroniche o telematiche necessarie per la creazione e la gestione dei centri unici di prenotazione telefonici regionali;
quali altre iniziative si stiano altresì valutando per la risoluzione della problematica in questione.
(4-06039)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame nel merito dei quesiti posti, si segnala che la realizzazione di un sistema articolato a rete di Centro unico prenotazioni sanitarie che consentano ai cittadini di prenotare le prestazioni del Ssn in tutto il territorio nazionale è oggetto di uno specifico progetto, all'interno del piano «e-gov 2012» che vede come partner, oltre al ministero della salute, le regioni, le Asl ed il Garante privacy.
Per quanto riguarda gli aspetti inerenti le linee guida nazionali per la gestione dei Cup, si fa presente che il ministero della salute ha effettuato, nel mese di luglio 2008, una ricognizione a livello nazionale in merito alla dotazione dei sistemi di prenotazione Cup, cui hanno partecipato tutte le regioni e province autonome. Sulla base della ricognizione effettuata, si è potuto rilevare che la realizzazione dei sistemi informativi regionali sta oggi procedendo con apprezzabile dinamismo, con iniziative progettuali importanti sostanzialmente attive in tutte le regioni, fra le quali alcune presentano un ottimo livello di maturazione dei propri sistemi informativi.
In particolare, la situazione nel territorio nazionale risulta altresì fortemente differenziata, non solo in termini di maturità dei sistemi informativi regionali, ma anche in riferimento alle soluzioni applicative adottate, ai modelli architetturali, agli
standard semantici, alle modalità di utilizzo dei sistemi stessi.
Inoltre, dall'analisi effettuata emerge che, ad oggi, solo alcune regioni e Province autonome dispongono di un numero unico regionale - in alcuni casi non gratuito - per l'accesso ai servizi di prenotazione dislocati nel territorio regionale.
I risultati emersi hanno evidenziato quindi la necessità di attuare un'azione di coordinamento volta a definire, da un lato, utili indirizzi per l'armonizzazione dei sistemi informativi regionali, nell'ambito di una cornice unitaria di natura politico strategica e, dall'altro, garantire modalità di accesso uniformi ai servizi sanitari nell'intero territorio nazionale.
È stato, quindi, elaborato un documento «sistema Cup linee guida nazionali» contenente gli indirizzi nazionali finalizzati ad armonizzare i diversi sistemi Cup regionali e garantire la standardizzazione dei sistemi e l'efficiente erogazione delle prestazioni sanitarie, mediante la definizione di caratteristiche minime ed uniformi che dovrebbero essere garantire dai sistemi Cup regionali e provinciali in modo omogeneo sul piano nazionale.
Le linee guida si sono focalizzate su aspetti di natura organizzativo-gestionale, con l'obiettivo di fornire possibili soluzioni organizzative e modalità operative, utili per una efficace gestione del sistema Cup, e informatico-semantica, ovvero le anagrafiche necessarie al corretto funzionamento dei sistemi Cup, gli
standard semantici ed i contenuti informativi necessari alla gestione dei sistemi.
Inoltre, sono stati forniti indirizzi anche su aspetti di tipo funzionale, in termini di funzionalità essenziali, che ogni sistema Cup dovrebbe prevedere al fine di garantire la completa copertura del ciclo di prenotazione; sono stati altresì definiti indicatori di misurazione dei risultati dei sistemi realizzati.
Da ultimo, sono state proposte delle
«best practice» che possono essere prese a riferimento, fermo restando la totale autonomia di ciascuna regione per quanto concerne le scelte di natura migliorativa, le

quali certamente non possono prescindere dallo stato dell'arte dei rispettivi contesti di riferimento.
Il documento «sistema Cup linee guida nazionali» è stato oggetto di condivisione con le regioni, è stato inserito all'ordine del giorno della conferenza Stato-regioni del 29 aprile 2010 ed in tale seduta ha acquisito l'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome.
Per quanto riguarda le iniziative a favore delle risorse si segnala che gli Accordi tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano del 29 marzo 2007, del 1o agosto 2007 e del 26 febbraio 2009 hanno recepito tra gli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale quelli individuati nel piano nazionale di contenimento dei tempi di attesa 2006-2008 e, per ciascuno degli anni indicati, hanno vincolato a questa specifica progettualità la quota di 150 milioni di euro, da ripartirsi tra legioni secondo quanto previsto dall'intesa Stato-regioni del 28 marzo 2007.
I progetti elaborati dalle regioni relativamente alla materia considerata per il triennio 2006-2008 sono stati ammessi al finanziamento, effettuata l'istruttoria ministeriale, con deliberazioni della conferenza Stato-regioni.
Le iniziative sopra descritte assorbono anche le valutazioni per l'ultimo quesito posto.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

MARINELLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la città di Licata versa in una situazione di grave disagio sociale ed economico, aggravata dal vuoto istituzionale che si è creato al seguito di una vicenda giudiziaria che ha coinvolto il primo cittadino della città a cui è stato imposto il divieto di soggiorno in città. I consiglieri comunali si sono dimessi ed il Commissario che la Regione ha mandato nella cittadina ha sostituito il Consiglio;
le categorie produttive vivono momenti preoccupanti sotto il profilo della vivibilità e della mancanza assoluta di prospettiva per una crisi economica che appare sempre più drammatica. Il comparto agricolo, struttura portante dell'economia licatese, attraversa, oggi, uno dei momenti più gravi della sua storia;
a peggiorare la situazione vi è l'imminente possibilità che molti terreni agricoli che insistono nel fertile territorio licatese vengano espropriati per dare spazio alla costruzione di un aeroporto con la possibilità della perdita di centinaia di posti di lavoro e numerose aziende agricole saranno dismesse per fare strada allo scalo aeroportuale;
per di più si registra una grave crisi delle marinerie per l'entrata in vigore dal 1° giugno del regolamento comunitario che limita le specie pescabili e determina l'utilizzo di reti con maglie più larghe;
si teme che la grave crisi economica e sociale aggravi la situazione dell'ordine pubblico della città di Licata con conseguenti proteste da parte dei molti cittadini che probabilmente perderanno il loro posto di lavoro -:
se sia a conoscenza della situazione sopra descritta e quali interventi urgenti intenda a adottare per rasserenare un clima, che come descritto in premessa, rischia di comportare gravi problemi per l'ordine pubblico;
quali urgenti iniziative intenda adottare, nell'ambito delle sue competenze, per evitare che il vuoto istituzionale che danneggia pesantemente la città, con il sindaco che ha l'obbligo di dimora fuori dalla stessa, comporti gravi problemi nell'amministrazione della città di Licata.
(4-07446)

Risposta. - Si assicura l'interrogante che la vicenda relativa al comune di Licata non ha prodotto alcun riflesso sull'ordine pubblico e che il ministero dell'interno, tramite la prefettura di Agrigento - nel rispetto del riparto di competenze, fissato

dalla legge, tra lo Stato e la regione siciliana - esercita ogni possibile vigilanza al fine di accertare ogni eventuale violazione di legge che possa rendere necessario l'esercizio dei poteri statali.
Al riguardo si evidenzia che, per disposizione dello statuto regionale - adottato con legge costituzionale - l'ordinamento degli enti locali della regione siciliana è attribuito alla potestà legislativa esclusiva di quest'ultima. Spetta, altresì, al competente assessorato regionale ogni funzione in materia di controllo sugli organi dei comuni della Sicilia, ad eccezione del caso di cui all'articolo 143 decreto legislativo n. 267 del 2000.
Il prefetto di Agrigento, in data 1o dicembre 2009, nel comunicare la cessazione della sospensione
ipso iure del sindaco di Licata - precedentemente disposta, ai sensi dell'articolo 59 del testo unico enti locali, e venuta meno per effetto della revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari - ha rappresentato al competente assessore regionale la possibilità di applicare, per trasposizione, l'orientamento seguito dal Ministero dell'interno in una fattispecie simile (riguardante il comune di Marano, in provincia di Napoli). In quest'ultimo caso. si era ritenuto che l'applicazione della misura cautelare del divieto di dimora costituisse un impedimento ai sensi dell'articolo 53 comma 2 del testo unico, con la conseguente temporanea sostituzione del vicesindaco nelle funzioni sindacali.
Qualora tale opzione interpretativa fosse stata ritenuta applicabile al comune di Licata, sarebbe stata inevitabile la nomina di un commissario che operasse in sostituzione del sindaco, in considerazione della circostanza che il vicesindaco si era già dimesso.
L'assessore regionale, tuttavia, in data 4 dicembre 2009, ha risposto che, allo stato degli atti e sulla base della normativa regionale vigente in materia, non era percorribile la via della designazione di un commissario straordinario e che, invece, poteva ritenersi legittima l'ipotesi dell'eventuale nomina di un commissario
ad acta per il compimento di atti necessari ed urgenti.
Si fa altresì presente che, in seguito alle contestuali dimissioni dalla carica di 24 consiglieri comunali su 30, avvenuta in data 22 dicembre 2009, il competente assessore regionale ha provveduto, ai sensi dell'articolo 11 della citata legge regionale n. 441 del 1991, alla nomina di un commissario, il quale, conformemente alla peculiare normativa regionale, eserciterà le funzioni consiliari fino al rinnovo degli organi comunali per scadenza naturale.
Alla luce di quanto premesso, è evidente che, allo stato attuale, non sussistono i presupposti di legge per uno specifico intervento del Governo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MIGLIOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Modena, come noto al Ministro, sono rimaste di competenza dello Stato due arterie, la Via Emilia e la strada statale 12 dell'Abetone del Brennero, dunque per queste due arterie le competenze sono rimaste a carico allo Stato e dell'Anas;
nel dicembre del 2003 è stato sottoscritto tra la regione Emilia Romagna e il Governo (presieduto dall'onorevole Berlusconi) un accordo quadro per la mobilità che tra l'altro prevedeva significativi interventi sulla strada statale 12 dell'Abetone del Brennero e precisamente la realizzazione delle tangenziali di Montale, Pavullo nel Frignano e Lama Mocogno con l'individuazione degli importi previsti in 12 milioni per la tangenziale di Montale, 79 per la tangenziale di Pavullo nel Frignano, 11 per quella di Lama Moncogno;
lo stato della strada statale 12 è stato oggetto anche nelle ultime settimane di denuncie circa la sua inadeguatezza da parte delle istituzioni locali, comuni, comunità montane, provincia, delle associazioni di categoria dei lavoratori e delle imprese. L'arteria infatti richiederebbe urgentemente

interventi di manutenzione oltre alla realizzazione delle tangenziali sopra indicate;
il Ministro interrogato intervenuto recentemente a Modena, ad un convegno organizzato dalla camera di commercio mentre ha sottolineato l'interesse allo studio della «Modena Lucca» non ha fatto alcun riferimento agli interventi relativi alla strada statale 12 -:
quali interventi nel rispetto dell'accordo quadro per la mobilità della Regione Emilia Romagna sottoscritto nel dicembre 2003, si intendano operare sulla strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero in particolare per la realizzazione delle tangenziali di Montale, Pavullo nel Frignano, Lama Mocogno.
(4-06718)

Risposta. - I lavori di realizzazione delle varianti di Montale, Pavullo nel Frignano e Lama Mocogno sulla strada statale n. 12 «dell'Abetone e del Brennero sono parte integrante dell'intesa generale quadro tra il Governo e la regione Emilia Romagna, siglata tra le parti il 19 dicembre del 2003 ed integrata con successivo atto sottoscritto in data 27 luglio 2007, che prevede la realizzazione di tali interventi tra quelli inseriti nella «Legge Obiettivo».
Tuttavia i progetti dei lavori, alcuni dei quali esecutivi, sono stati redatti in un periodo antecedente alle attuali norme in vigore e quindi per tali progetti, a causa del mancato finanziamento, non è stato possibile procedere al necessario aggiornamento normativo. Per questo motivo, essi non risultano, ad oggi, inseriti nel piano degli investimenti dell'Anas, capitolo Legge Obiettivo - voce appaltabilità 2007-2011.
È, comunque, in via di definizione la riattivazione dell'
iter progettuale da parte del competente compartimento Anas dell'Emilia-Romagna che prevede di inserire gli interventi tra quelli di futura realizzazione contenuti nella proposta di Piano pluriennale degli investimenti 2010-2015.
Risulta opportuno, inoltre, sottolineare che l'Anas ha in previsione la messa in sicurezza, sulla strada statale 12, tra le località Madonna dei Baldaccini e La Chiozza, dei tratti di strada denominati curva «Il Carrai» e curva «Acquabuona» nonché la riqualificazione, mediante configurazione del tipo «a rotatoria», dell'intersezione limitrofa alla ditta ceramiche Mirage, divenuta nel tempo «punto nero» per la circolazione.
Infine, al fine di realizzare un sistema regionale più efficiente e sicuro, sempre in relazione ai citati interventi, nel marzo 2010 è stata sottoscritta una convenzione tra la provincia di Modena ed il comune di Pavullo che assegna la competenza dell'
iter progettuale delle opere alle amministrazioni sopradescritte e l'appalto e l'esecuzione delle stesse all'Anas per un costo complessivo di 5 milioni di euro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
recentemente il comitato dei genitori dell'istituto «Desiderio da Settignano» sottosezione di Dicomano (provincia di Firenze) ha predisposto un documento/esposto allarmato ed allarmante circa la situazione della sicurezza dei bambini e degli studenti che frequentano tale istituto stanti i lavori in essere in un edificio adiacente;
lo stesso gruppo consiliare di opposizione del Popolo della Libertà ha più volte denunciato la pericolosità della situazione esistente circa la sicurezza complessiva di tale istituto;
il 14 gennaio 2010 tale ultimo esposto è stato consegnato alla stazione dei Carabinieri di Dicomano e si presume alle autorità comunali e scolastiche competenti -:
quali iniziative urgenti di competenza si intendano assumere onde verificare definitivamente la sicurezza e la staticità del suddetto plesso scolastico sito in Dicomano (provincia di Firenze).
(4-06126)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede l'assunzione di iniziative che assicurino una situazione di sicurezza ai bambini e agli studenti che frequentano l'istituto «Desiderio da Settignano» nella sezione di Dicomano.
Al riguardo il direttore dell'ufficio scolastico regionale per la Toscana ha chiesto al dirigente scolastico di relazionare al riguardo. Dalla documentazione prodotta dal dirigente interessato emerge che l'inizio dei lavori è avvenuto solo dopo che i previsti controlli tecnici sono stati effettuati con esito positivo dal comune. Il dirigente scolastico ha fatto presente di avere puntualmente osservato quanto previsto dal piano di sicurezza, provvedendo ai trasferimenti di aule a seconda dell'avanzamento delle opere.
Viene anche precisato che il sopralluogo effettuato dal comando provinciale dei vigili del fuoco di Firenze, su sollecitazione del comitato dei genitori degli alunni, non ha rilevato «problematiche di natura statica che allo stato attuale pregiudichino la sicurezza delle persone ed alunni all'interno, dell'area scolastica». Il medesimo comando provinciale ha inoltre riscontrato la presenza dei pareri favorevoli espressi sui progetti di adeguamento in materia di sicurezza antincendio prodotti dal comune di Dicomano.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

MINNITI, ANDREA ORLANDO, GARAVINI, VELTRONI, BOSSA, BORDO, LAGANÀ FORTUGNO, OLIVERIO, VILLECCO CALIPARI, CESARE MARINI, LO MORO, LARATTA e MARCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la nuova formulazione dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali, comma 1, prevede che possa essere inviata una commissione d'accesso anche ai consigli provinciali per accertare se ricorrano elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica;
tra gli atti da valutare rientra certamente la frequentazione di consiglieri e componenti della giunta con pregiudicati per associazione mafiosa e esponenti di vertice di note famiglie mafiose;
per assicurare il buon andamento dell'amministrazione locale e determinante che gli amministratori locali non siano in alcun modo in contatto con esponenti della criminalità organizzata, in modo tale da poter esercitare liberamente il mandato ricevuto al momento delle elezioni;
nel mese di aprile 2008 si è svolta presso un ristorante di Crotone una cena a cui hanno partecipato:
l'ex senatore Nicola Di Girolamo, attualmente inquisito per riciclaggio, scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso, falso ed usurpazione di funzione pubblica;
Gennaro Mokbel, attualmente inquisito per riciclaggio e con numerosi precedenti penali; Franco Pugliese, anche lui inquisito nella stessa inchiesta, ritenuto dagli investigatori uno dei capi della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, già sottoposto a misure di prevenzione personale e sequestro dei beni;
Gianluca Bruno, attualmente vice presidente della provincia di Crotone;
Raffaele Martino, attualmente vice presidente del consiglio provinciale di Crotone, eletto il 7 giugno 2009 nella lista PDL

ed attualmente candidato alle elezioni regionali calabresi nella lista Scopelliti Presidente;
Maria Antonia Santa Maio, consigliera della provincia di Crotone, eletta il 7 giugno 2009 nella lista PDL;
di questa cena esistono fotografie pubblicate sulla stampa locale e nazionale, recentemente sequestrate dai ROS dei Carabinieri;
le ultime elezioni provinciali sono state vinte dal centrodestra al ballottaggio per 2351 voti di differenza, che i comuni di Isola Capo Rizzuto e Cutro hanno eletto sei consiglieri provinciali su quattordici della maggioranza e che l'incremento maggiore di voti rispetto al primo turno è stato registrato proprio ad Isola Capo Rizzuto;
la giunta provinciale formata subito dopo le elezioni è stata modificata a distanza di circa un mese con la sostituzione del vice presidente, dottor Pietro Durante, con il dottor Gianluca Bruno, ritratto nella succitata fotografia -:
se non ritenga urgente richiedere al prefetto di Crotone di inviare la commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Testo unico enti locali, presso la provincia di Crotone.
(4-06593)

Risposta. - In relazione alla problematica evidenziata dall'interrogante, si assicura che la prefettura di Crotone monitora con costante attenzione tutti gli elementi sintomatici di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel funzionamento degli enti locali.
Qualora emergessero indici rivelatori, in modo univoco, di condizionamenti mafiosi nell'amministrazione degli enti menzionati nell'interrogazione in esame, il ministero dell'interno non mancherà di attivare immediatamente gli strumenti posti dalla vigente normativa a presidio della legalità.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MONAI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 30, comma 20, della legge 23 luglio 2009, n. 99, stabilisce la possibilità di risoluzione anticipata delle convenzioni Cip 6 del 1992;
il 2 dicembre 2009 il Ministro dello sviluppo economico ha emanato il decreto della legge in questione che stabilisce, all'articolo 2: «Il presente decreto si applica agli impianti di produzione di energia elettrica oggetto delle convenzioni Cip 6 in essere alla data del 1° gennaio 2010»; nell'articolo 3 dello stesso decreto si fissava al 21 dicembre 2009 il termine entro cui le proprietà degli impianti in questione dovevano esprimere formalmente il loro interesse a partecipare alla risoluzione anticipata delle convenzioni Cip 6;
la compagnia Lucchini/Severstal, titolare dell'impianto siderurgico già Italsider, meglio conosciuto come «Ferriera di Servola», ha sottoscritto l'accordo entro i termini stabiliti;
in virtù della corresponsione degli indennizzi pubblici previsti dalle norme citate dovrebbero essere sia tutelati i livelli occupazionali della Ferriera di Servola, stabilimento di cui si prospetta la chiusura e nel quale lavorano circa 500 persone, sia garantita la bonifica dall'inquinamento del sito demaniale in concessione;
non vi sono notizie né alcuna pubblica informazione sui contenuti economici del citato accordo tra la proprietà dell'azienda e il Ministero dello sviluppo economico -:

quali siano i contenuti del citato accordo per la liquidazione anticipata delle convenzioni CIP6/92 e se e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Ministro, in relazione alla liquidazione dei suddetti indennizzi, per la tutela dei lavoratori dell'impianto e per la bonifica dell'area demaniale fortemente inquinata e attualmente in concessione al predetto stabilimento.
(4-07792)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame riguardante la Ferriera di Servola (Trieste), si segnala quanto segue.
Nell'ambito del quadro normativo previsto dall'articolo 30, comma 20, della legge 99 del 2009, il decreto del Ministro dello sviluppo economico 2 dicembre 2009 fissava le modalità per la risoluzione anticipata volontaria delle convenzioni Cip 6 in essere al 1o gennaio 2010.
In base a tale decreto, i soggetti titolari delle convenzioni aventi ad oggetto impianti alimentati da combustibili fossili e da combustibili da processo dovevano esprimere, entro il 21 dicembre 2009, una manifestazione d'interesse non vincolante per detta risoluzione e rinviava ad un successivo provvedimento del Ministro dello sviluppo economico la definizione di ulteriori criteri per la risoluzione, tra cui la definizione dei corrispettivi spettanti, i termini per l'istanza definitiva di risoluzione e la successiva erogazione di detti corrispettivi.
Alla luce di ciò, si precisa che, ai sensi del decreto 2 dicembre 2009:
il ministero dello sviluppo economico individua gli ulteriori criteri per la risoluzione delle convenzioni aventi ad oggetto impianti alimentati da combustibili fossili e da combustibili di processo con provvedimenti attualmente in corso di emanazione;
l'espressione della manifestazione d'interesse non vincolante alla risoluzione, presentata al Gestore servizi energetici entro il 21 dicembre 2009, non può intendersi quale accordo tra i titolari delle convenzioni ed il ministero dello sviluppo economico, ma rappresenta unicamente un atto necessario ai fini della successiva istanza vincolante alla risoluzione;
con la prossima emanazione dei provvedimenti di definizione degli ulteriori criteri per la risoluzione, i titolari delle convenzioni stesse saranno tenuti a presentare istanza vincolante al Gestore servizi energetici, al fine di risolvere le convenzioni;
i corrispettivi spettanti sono già individuati e definiti nel decreto 2 dicembre 2009 e saranno quantificati sulla base dei criteri specificati nei citati decreti di attuazione; tali corrispettivi, stante la volontarietà dell'adesione all'iniziativa, non sono da intendersi quali indennizzi pubblici.

Nell'ambito dei lavori preparatori all'emanazione dei suddetti decreti, il ministero dello sviluppo economico ha avuto frequenti contatti con le società titolari delle convenzioni interessate, e, nel caso in oggetto, anche con i rappresentanti della società Lucchini, al fine di conoscere particolari esigenze societarie.
Le condizioni per la fuoriuscita dalle convenzioni, tuttavia, sono uguali, per la medesima tipologia di impianto, e non possono tener conto di temi, quali la bonifica dell'area o la tutela dei lavoratori, che dovrebbero, peraltro, far capo alla diretta responsabilità dell'azienda interessata, a prescindere dalla risoluzione della convenzione Cip/6.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione dei lavoratori della società Lucchini, il Governo conferma la propria disponibilità ad affrontare il tema generale della competitività di questo settore industriale, nei riguardi del mercato internazionale, ed alla tenuta, quindi, dei posti di lavoro in questo caso specifico, come evidenziato nell'incontro dello scorso 5 luglio durante un «tavolo di confronto» con i vertici del gruppo Lucchini.
Nel corso di tale incontro l'amministratore delegato dell'azienda ha confermato il passaggio del 50,8 per cento delle quote azionarie da Several, proprietario del gruppo Lucchini, a Mordachoff, azionista di riferimento del gruppo.
Il ministero dello sviluppo economico, comunque, continuerà a monitorare la situazione, in vista del prossimo incontro che è stato fissato per il 29 luglio 2010. Al fine di poter meglio inquadrare la problematica, entro tale data il gruppo Lucchini dovrà presentare un piano industriale per garantire il mantenimento ed il consolidamento della presenza dell'azienda in Italia.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

MOTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente della commissione tributaria regionale per l'Emilia-Romagna, con decreto del 18 settembre 2009, ha disposto, nell'ambito della ristrutturazione della Commissione stessa, il congelamento di due delle tre sezioni della sede staccata di Parma (le Sezioni XXI e XXIII) con decorrenza 1° gennaio 2010;
lo stesso decreto dispone inoltre la soppressione di tutto il servizio entro il 1° gennaio 2011 e la conseguente distribuzione dei componenti della sede di Parma presso le sezioni operative della sede di Bologna;
la decisione è stata motivata dal necessario contenimento dei costi: tale tesi pare tuttavia difficilmente riscontrabile a fronte del fatto che li personale attualmente dipendente verrebbe trasferito a Bologna e che i locali che occupano gli uffici sono di proprietà dei Ministero dell'economia e delle finanze;
la sede staccata di Parma della Commissione Tributaria discute ogni anno circa 500 appelli con una media per ogni sezione di 167 (il dato medio delle sezioni di Bologna è 189);
tra le ragioni della chiusura della sede staccata di Parma figura anche la necessità di incrementare l'organico delle sezioni di Bologna che, a seguito del processo di regionalizzazione della commissione tributaria centrale di cui all'articolo 1, comma 35 e seguenti della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge Finanziaria 2008), sono state gravate da ulteriori 21.600 pratiche arretrate a fronte di una sola immissione in organico per quanto riguarda il personale giudicante e nessuna immissione di personale amministrativo;
in data 13 novembre 2009 presidente della provincia di Parma ha inviato una lettera al Ministro interrogato nella quale esprime forte preoccupazione per i disagi che tale decisione produrrà sui singoli cittadini, sulle imprese e sui professionisti, rappresentando la disponibilità dell'amministrazione provinciale a condividere le misure più utili affinché i servizi erogati non siano messi in discussione -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della decisione del Presidente della commissione tributaria regionale per l'Emilia-Romagna di procedere ad una razionalizzazione del servizio svolto e se intenda dare seguito alla disponibilità espressa dall'amministrazione provinciale di Parma ed attivarsi al fine di evitare il prodursi di disagi, oltre che di un prevedibile aggravio dei costi, per i cittadini, imprese e professionisti dell'Emilia occidentale che, ad oggi, afferiscono alla sede di Parma della sopraccitata Commissione;
se il Ministro interrogato intenda dare effettiva attuazione alla regionalizzazione della commissione tributaria centrale assumendo le iniziative di competenza al fine di prevedere l'assegnazione di adeguate risorse finanziarie ed umane alla Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna a fronte dell'ulteriore carico di lavoro arretrato assegnatole.
(4-07286)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame si rileva che il Presidente della commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna avrebbe disposto, con decreto del 18 settembre 2009, la ristrutturazione di detta commissione mediante il congelamento delle sezioni operanti presso la sede staccata di Parma, con decorrenza 1o gennaio 2010 (per le sezioni XXI e XXIII) e con decorrenza dal 1o gennaio 2011 (per la Sezione XXII) e la conseguente distribuzione dei componenti di detta sede presso le sezioni operative della Commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna.
In proposito, si chiedono i conseguenti provvedimenti destinati a ridurre i notevoli disagi, oltre che un prevedibile aggravio dei costi per i cittadini, per le imprese, nonché

per i professionisti che operano nell'ambito territoriale dell'Emilia occidentale.
In proposito il dipartimento delle finanze rileva che il Presidente della commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna ha trasmesso il decreto di cui trattasi al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e per conoscenza al dipartimento stesso.
Detto decreto trova fondamento, sulla base di quanto emerge dalle premesse, nell'articolo 2, n. 2, del decreto ministeriale 6 giugno 2000, in virtù del quale spetta al Presidente capo della commissione tributaria regionale, un'esclusiva competenza in materia di gestione e funzionamento delle sedi staccate della stessa.
Nel provvedimento di cui trattasi viene fatto, altresì, presente che:
la sede staccata di Parma (competente per tre province) risulta composta da tre Sezioni le quali fanno fronte ad un carico di lavoro ben modesto (circa 500 appelli nel 2009), mentre la sede di Bologna, formata da n. 19 Sezioni operative deve fronteggiare un sempre numero crescente di appelli (circa 3,600);
il funzionamento di detta sede staccata comporta un esborso di denaro pubblico (circa ventinovemila/00 euro nell'anno 2008) che non si giustifica con il servizio reso ai cittadini;
un'analisi costi-benefici, condotta in relazione a detta sede, induce a ritenere che non sia consigliabile la permanenza delle tre sedi ivi esistenti.

Ciò posto, il dipartimento delle finanze ritiene opportuno precisare che l'articolo 6 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, recante la disciplina della formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti, prevede che il Presidente di ciascuna commissione tributaria stabilisce, con proprio decreto, la composizione delle sezioni e dei collegi giudicanti in base ai criteri di massima fissati dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
L'articolo 24, comma 1, lettere
f) e g) del medesimo decreto legislativo n. 545 del 1992, attribuisce al citato Consiglio di presidenza il compito di fissare, rispettivamente, i criteri di massima per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti nonché i criteri di ripartizione dei ricorsi nell'ambito delle commissioni tributarie divise in sezioni. Infatti, ogni anno, il citato organo emana una specifica risoluzione in cui vengono stabiliti i criteri di massima che contemplano anche il congelamento di una o più sezioni, applicabili anche a variazioni in corso d'anno in seno a sezioni di commissioni tributarie.
Con particolare riferimento al congelamento di una o più sezioni, va, altresì, precisato che il Presidente della commissione tributaria regionale trasmette il relativo decreto al citato Consiglio di presidenza, che ne verifica i contenuti, in conformità ai richiamati criteri di massima relativamente alla composizione delle sezioni.
Inoltre, l'articolo 2, n. 2, del decreto interministeriale 6 giugno 2000, stabilisce che alla determinazione dei criteri e delle modalità di funzionamento della sezione provvede il presidente della commissione tributaria regionale e il successivo articolo 3, recante il numero delle sezioni staccate delle commissioni tributarie regionali, prevede tre sezioni per la sede di Parma;
Tutto ciò premesso, per quanto attiene al rispetto dei criteri di massima per il congelamento delle sezioni di cui trattasi, il dipartimento fa presente di non avere elementi di valutazione, in quanto non è in possesso delle delibere con cui sono state impartite le relative istruzioni dal citato Consiglio ai Presidenti delle commissioni tributarie; pertanto, spetta a detto Consiglio confermare o meno la legittimità del provvedimento in argomento.
Circa gli eventuali effetti negativi a carico dei cittadini e dei professionisti derivanti dall'adozione del decreto in parola, si porta a conoscenza con le successive tabelle il flusso degli appelli presentati e definiti dalla sezione staccata di Parma della commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna nell'ultimo triennio.

TABELLA 1

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL'EMILIA ROMAGNA NUMERO APPELLI PRESENTATI ALLE SEZION1 21, 22, 23 NEGLI ANNI 2007, 2008 e 2009

Anno di presentazione alla sezione Numero appelli presentati alla SEZIONE 21 Numero appelli presentati alla SEZIONE 22 Numero appelli presentati alla SEZIONE 23 Totale appelli presentati alle 3 sezioni staccate di Parma
2007 196 196 195 587
2008 185 233 139 557
2009 11 299 19 329

TABELLA 2

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL'EMILIA ROMAGNA NUMERO APPELLI DEFINITI NELLE SEZIONI 21, 22 E 23 NEGLI ANNI 2007, 2008 E 2009

Anno del pronunciamento Numero appelli definiti dalla SEZIONE 21 Numero appelli definiti dalla SEZIONE 22 Numero appelli definiti dalla SEZIONE 23 Totale appelli definiti dalle 3 sezioni staccate di Parma
2007 208 180 158 546
2008 128 105 142 375
2009 165 137 172 474

Estrazione dati del 12 gennaio 2010.

Dall'esame dei dati, relativi al numero degli appelli presentati e definiti dalla sede staccata di Parma (che detiene l'11 per cento del totale degli appelli presentati alla Ctr dell'Emilia Romagna - che nel 2009 sono pari a 3052), emerge, nel triennio considerato (2007-2009), un costante decremento degli appelli presentati alle sezioni staccate XXI, XXII e XXIII di detta sede (Tab. 1). Infatti, nell'anno 2008, rispetto al 2007, il decremento è pari al 5 per cento circa, mentre per l'anno 2009, rispetto al 2008, tale decremento è addirittura pari al 41 per cento. Analogamente si evidenzia un decremento rispetto all'anno 2007 anche per il numero degli appelli «definiti» dalle suddette sezioni (Tab. 2). Sulla base dei dati contenuti nelle predette tabelle, emerge, altresì, che per l'anno 2009 il numero medio degli appelli in carico a ciascuna sezione della sede di Parma è pari a 109 circa (329:3), mentre il numero medio degli appelli presentati presso la sede di Bologna (19 sezioni, escludendo la sezione delocalizzata della commissione tributaria centrale), è pari a 143 circa [(3052 - 329) : 19)]. A ciò si aggiunga che a quest'ultima sezione della commissione tributaria centrale

(XVII), avente sede presso la commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna, formata da 5 collegi giudicanti, sono pervenuti fino alla data del 31 dicembre 2009 n. 17314 fascicoli.
Come ulteriore elemento di valutazione, si elencano di seguito i costi sostenuti per il funzionamento della sede staccata di Parma della commissione tributaria regionale in argomento:

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER L'EMILIA ROMAGNA COSTI DELLA SEDE STACCATA DI PARMA

Tipologia Anno 2006 Anno 2007 Anno 2008 Anno 2009
Previsione
Totale
generale
Energia elettrica € 4.480,47 € 4.990,34 € 5.402,88 € 6.500,00 € 21.373,69
Riscaldamento € 4.462,75 € 3.849,69 € 4.033,66 € 6.000,00 € 18.346,10
Acqua € 233,14 € 69,56 € 188,61 € 200,00 € 691,31
Pulizie (*) € 9.928,80 € 9.550,56 € 9.900,72 € 10.290,00 € 39.670,08
Manutenzioni ord. (*) € 1.228,05 € 1.360,48 € 1.255,55 € 1.215,00 € 5.059,08
Manutenzioni str. € 24.662,21 € 3.989,76 € 2.575,73 € 2.500,00 € 33.727,70
Telefonia fissa € 605,71 € 905,50 € 1.734,50 € 1.427,00 € 4.672,71
Spese postali € 4.548,65 € 6.893,85 € 3.573,80 € 4.700,00 € 19.716,30
Totale spese € 50.149,78 € 31.609,74 € 28.665,45 € 32.832,00 € 143.256,97

(*) Importi contrattualizzati.

Dall'analisi dei costi sostenuti per la sede di Parma, si pone in evidenza che, con la chiusura della sede staccata di Parma, a fronte di un risparmio medio di circa trentunomila/00 euro annui, per il triennio 2007-2009, si determineranno necessariamente maggiori costi a carico delle categorie dei ricorrenti (enti impositori, professionisti e contribuenti), i quali saranno costretti inevitabilmente a recarsi in sedi ben più lontane da quella attuale.
Peraltro, è da considerare l'esigenza della ricollocazione del personale attualmente assegnato alla sede staccata di Parma (numero 4 unità); ciò comporterà il trasferimento di detto personale presso altra sede (commissione tributaria regionale di Bologna o commissione tributaria provinciale di Parma), per la cui realizzazione si dovrà tener conto delle piante organiche che saranno rideterminate con apposito decreto ministeriale nel corso del 2010.
Per quanto sopra rappresentato, il dipartimento delle finanze è dell'avviso che il Presidente della commissione tributaria regionale per l'Emilia Romagna, con l'adottato provvedimento, considerate le risultanze dell'analisi costi/benefici condotta in relazione alla sede staccata di Parma, abbia ritenuto opportuno disporre la temporanea disattivazione a decorrere dal 2011 delle sezioni ivi esistenti, in quanto, a suo giudizio, i benefici, derivanti da detta chiusura risulterebbero superiori agli oneri a carico della collettività.
Va, tuttavia, fatto presente che, come innanzi precisato, il provvedimento in esame non può incidere definitivamente sul numero delle sezioni staccate della commissione tributaria regionale di cui trattasi, atteso che lo stesso è stabilito con decreto ministeriale.
Pertanto, qualora nel corso del 2010 emergessero nuovi e diversi elementi di valutazione, sarà cura del dipartimento segnalarli al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per gli eventuali provvedimenti che riterrà opportuno adottare.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Sonia Viale.

PALADINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 71 del decreto-legge 112 del decreto-legge 112 del 2008 prevedeva «nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio» e che il Dipartimento della funzione pubblica, con le circolari n. 7 e 8, aveva precisato, che l'articolo 71 operava nei confronti di tutto il personale, anche con qualifica dirigenziale, contrattualizzato e non contrattualizzato;
il Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - ispettorato Generale per gli Ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico, con più circolari tra cui l'ultima del 9 gennaio 2009, nel richiamare il contenuto della citata circolare n. 7/2008 del Dipartimento della funzione pubblica, ha puntualizzato, che per il personale con qualifica dirigenziale, contrattualizzato e non, vanno salvaguardate dalla decurtazione del trattamento economico oltre la retribuzione di posizione parte fissa anche la tredicesima mensilità, la retribuzione individuale di anzianità, eventuali assegni ad personam, e la retribuzione di risultato, lasciando esposta alla detrazione esclusivamente la parte variabile della retribuzione di risultato;
la decurtazione per il personale delle aree funzionali comprende tutte le voci tranne lo stipendio base e che questo genera l'effetto perverso che l'importo della detrazione, nel caso di un giorno di malattia per un direttore generale è simile a quella di un impiegato della III Area;
quanto sopra genera una evidente illogicità sostanziale, nell'applicazione della norma -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere rispetto alle citate problematiche onde riportare una parità di trattamento tra il personale, dirigente e non dirigente, per l'applicazione della norma citata in premessa.
(4-05253)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'applicazione dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di assenze per malattia dei dipendenti pubblici, si rappresenta quanto segue.
L'interrogante, nel testo dell'interrogazione, afferma che in fase di applicazione delle decurtazioni previste dalla suddetta disposizione si verificherebbe una disparità di trattamento tra il personale dirigente e quello non dirigente, che verrebbe penalizzato anche a seguito di direttive impartite dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato; in particolare sostiene che con nota del 9 gennaio 2009 il suddetto dipartimento avrebbe puntualizzato che «per il personale con qualifica dirigenziale, contrattualizzato e non, vanno salvaguardate dalla decurtazione del trattamento economico oltre la retribuzione di posizione parte fissa anche la tredicesima mensilità, la retribuzione individuale di anzianità, eventuali assegni
ad personam e la retribuzione di risultato, lasciando esposta alla detrazione esclusivamente la parte variabile della retribuzione di risultato».
Pertanto, ad avviso dell'interrogante, per i dirigenti si sarebbe introdotto un regime più favorevole rispetto a quello cui è sottoposto il personale delle aree funzionali per il quale la decurtazione in caso di assenza per malattia colpirebbe, si legge nell'interrogazione, «tutte le voci tranne lo stipendio base».
In via preliminare occorre precisare che, al riguardo, il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, con nota inviata a questo dicastero, afferma che: «a prescindere dalla circostanza che in data 9 gennaio 2009 non risultano emanate note di questo dipartimento vertenti su tali problematiche in relazione a personale con qualifica dirigenziale, si fa presente, comunque, che la suindicata differenziazione non risulta contenuta

in alcuna delle note che lo scrivente ha adottato sulla materia».
Il suddetto dipartimento, inoltre, aggiunge che, al contrario, ha provveduto ad emanare sull'argomento direttive e chiarimenti in aderenza con il tenore letterale del richiamato articolo 71 ed in linea con le indicazioni fornite alle amministrazioni interessate dal dipartimento della funzione pubblica e dall'Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni).
La tematica all'esame può essere meglio inquadrata attraverso i seguenti punti:
1. l'articolo 71 prevede che per i periodi di assenza per malattia di qualunque durata ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, «(...) nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio».
2. Con la circolare n. 7 del 17 luglio 2008 il dipartimento della funzione pubblica ha precisato che rientrano nel trattamento economico fondamentale le seguenti voci:
trattamento economico tabellare iniziale e di sviluppo economico;
tredicesima mensilità;
retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
eventuali assegni
ad personam.
Per il personale dirigenziale ricompreso nell'area 1, in considerazione della peculiare struttura retributiva, che si differenzia da quella del personale non dirigente, costituiscono trattamento economico fondamentale:
lo stipendio tabellare;
la retribuzione di posizione di parte fissa;
la tredicesima mensilità;
la retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita;
eventuali assegni
ad personam.
3. Al fine di adattare a tutti i restanti comparti e aree di contrattazione le indicazioni fornite la medesima circolare ha specificato che per la qualificazione delle voci retributive le amministrazioni avrebbero dovuto, comunque, far riferimento alle eventuali definizioni fornite dai contratti collettivi per ciascun comparto o area di contrattazione, tenuto conto che il decreto legislativa 30 marzo 2001, n. 165, rimette a tali fonti normative la definizione del trattamento economico.

Da quanto precede risulta evidentemente infondata l'affermazione dell'interrogante, secondo cui per le assenze per malattia il personale non dirigente subirebbe la decurtazione di tutte le voci del trattamento economico ad eccezione dello stipendio tabellare.
Infatti, come già precisato, in base alla circolare n. 7 del 2008 al medesimo personale spettano per intero senza alcuna trattenuta tutte le voci precedentemente elencate, che per prassi consolidata vengono incluse nella definizione di trattamento economico fondamentale.
Sotto altro profilo, va osservato che non vi è luogo per una disparità di trattamento tra le due categorie di personale prese in considerazione nell'interrogazione tenuto conto della differenza esistente tra le strutture retributive poste a confronto, che presentano necessariamente, in virtù della diversità delle funzioni svolte e delle relative responsabilità, voci retributive differenti.
A questo proposito, occorre precisare che nei confronti dei dirigenti la decurtazione prevista dall'articolo 71 colpisce la retribuzione di posizione di parte variabile e non, come erroneamente indicato nell'interrogazione, la parte variabile della retribuzione di risultato, che in quanto tale non ha - e non potrebbe avere - anche una componente fissa.
In ordine alla retribuzione di risultato, poi, appare utile precisare che la stessa rappresenta l'emolumento diretto a remunerare

l'effettivo conseguimento degli obiettivi del dirigente. Pertanto, lo stesso viene corrisposto a consuntivo sulla base delle risultanze dell'apposito procedimento di valutazione, peraltro, recentemente interessato dalle modifiche introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Ed è proprio la recente riforma ad accentuare il carattere variabile della retribuzione di risultato, della quale viene ancora più valorizzato il nesso logico con il raggiungimento degli obiettivi, confermando che tale voce retributiva non potrebbe essere in alcun modo assimilata ad un'indennità giornaliera, legata alla presenza in servizio. Per questi motivi, l'assenza per malattia non può comportare, di per sé, la decurtazione proporzionale della retribuzione di risultato, potendo influire, semmai, ma solo indirettamente, nel caso in cui l'assenza determini il mancato raggiungimento del risultato prefissato.
A completamento del quadro informativo delineato si comunica, inoltre, quanto segue:
con la nota del 16 gennaio 2009, rivolta, per lo più, ad affrontare le problematiche sorte in sede di applicazione dell'articolo 71 nei confronti del personale degli enti locali, il dipartimento della ragioneria generale dello Stato ha condiviso la prospettazione sopra ricordata del dipartimento della funzione pubblica. In particolare, la ragioneria generale dello Stato ha fatto rinvio alla puntuale disamina, effettuata dalla circolare n. 7 del 2008, delle voci salvaguardate dalla decurtazione in caso di assenza per malattia ed ha ribadito il principio secondo cui tali indicazioni risultano applicabili anche per il personale dirigente e non dirigente non ricompreso, rispettivamente, nell'area 1 e nel comparto ministeri. Pertanto, con la medesima nota il dipartimento della ragioneria generale dello Stato ha comunicato di condividere
in toto l'avviso espresso dell'Aran nel parere 795-21C7, nel quale venivano individuate le principali voci del trattamento economico accessorio soggette a decurtazione per il personale in servizio presso gli enti locali.
il suddetto orientamento è stato successivamente ribadito nella sua interezza con una nota del 12 giugno 2009, formulata in risposta ad alcune indicazioni fornite dalla conferenza delle regioni e delle province autonome - comitato di settore per il comparto sanità in ordine all'applicazione dell'articolo 71, ritenute non in linea con le circolari del dipartimento della funzione pubblica e con l'avviso conforme della stessa Ragioneria.
per quanto riguarda il personale non contrattualizzato, con nota del 7 gennaio 2009 indirizzata al ministero dell'interno, in relazione al personale appartenente alla carriera prefettizia, il dipartimento della ragioneria generale dello Stato ha fatto rinvio alla classificazione operata dalla circolare n. 7 del 2008, evidenziando che la struttura retributiva della citata carriera è composta da voci sostanzialmente analoghe a quelle dei dirigenti dell'area 1 ed elencate nella medesima circolare.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

MARIO PEPE (PdL). - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con diversi atti di sindacato ispettivo, da ultimo l'interpellanza urgente 2-00462, discussa il 17 settembre 2009, sono stati posti in evidenza i problemi riguardanti la strada statale n. 166 "degli Alburni" in provincia di Salerno afflitta da continue frane e dissesti a causa della natura dei luoghi e della tortuosità del percorso; la strada statale 166 rappresenta la via diretta di comunicazione utilizzata dagli studenti, da quanti hanno bisogno di cure ospedaliere e da tutti coloro che quotidianamente si recano dagli Alburni al Vallo di Diano o intendano raggiungere l'autostrada Salerno-Reggio Calabria o la Basilicata;
l'ANAS, sia pure in assoluta limitatezza di risorse ha avviato a novembre i lavori di due punti, (km 42,700 e 42,800),

dove si sono verificate frane e forti smottamenti nella stagione 2008 e 2009; inoltre l'ANAS ha predisposto due nuovi progetti: la messa in sicurezza delle aree interessate dai dissesti tra il chilometro 22 (abitato di Roccadaspide) e il chilometro 61,275 (comune di Atena Lucana) e la sistemazione delle frane presenti lungo il tracciato nel territorio comunale di Corleto Monforte;
la situazione è tuttavia ben lungi dall'essere sanata: a tutt'oggi risultano ancora restringimenti di carreggiata in corrispondenza delle località di Aquara, Bellosguardo, Corleto Monforte, San Pietro al Tanagro, San Rufo e Roccadaspide. Nei tratti interessati dai lavori, la circolazione procede a senso unico alternato regolato da semaforo;
per quel che riguarda la situazione del ponte in località Sette Luci l'ANAS ha chiarito come non sia possibile prevedere una sistemazione provvisoria tramite un ponte militare; attualmente esso è attraversabile a senso unico e solo dalle autovetture ed dai mezzi sotto i 35 quintali, costituendo quindi un problema sia per la movimentazione delle merci, che per i trasporti pubblici ed il turismo; pullman e camion sono dirottati su un percorso alternativo di decine di chilometri;
l'esasperazione delle popolazioni locali e degli amministratori è crescente, in quanto il tutto si risolve in isolamento economico e turistico e in maggiori costi di trasferimento, a fronte di una spesa che, oggettivamente, non è insormontabile -:
se il Ministro interrogato non ritenga indispensabile ed urgente intervenire nei confronti dell'ANAS al fine di destinare ulteriori fondi al ripristino della statale n. 166 degli Alburni, con particolare riguardo alla necessità assoluta di consentire l'attraversamento del ponte in località Sette Luci ai mezzi pesanti.
(4-07175)

Risposta. - La Strada Statale n. 166 «degli Alburni» nel dicembre 2006 è stata restituita all'Anas dalla provincia di Salerno che l'aveva ricevuta in gestione dal 2001 a seguito dell'entrata in vigore della legge 59 del 1997.
Una prima attività, mirata a un miglioramento delle condizioni di sicurezza della Statale, è stata avviata tra gennaio e maggio 2007 e ha riguardato interventi di risagomatura del piano viabile, il ripristino di barriere incidentate, la pulizia di opere idrauliche (tombini, cunette, eccetera), nonché la revisione della segnaletica orizzontale.
Nel contempo l'Anas, al fine di recuperare il ritardo manutentivo che si era verificato nel periodo 2001/2006, ha avviato una serie di attività straordinarie finalizzate alla redazione di un programma di interventi che includesse, con priorità assoluta, l'eliminazione di un fenomeno di dissesto geologico che aveva interessato il corpo stradale della strada statale n. 166 al chilometro 21+220 in località Cesine del comune di Roccadaspide.
I lavori di ripristino del piano viabile in seguito al dissesto sono stati oggetto di numerosi incontri con gli amministratori locali poiché la mancata risoluzione della frana al chilometro 21+220 comportava gravi problemi di collegamento sia tra i comuni presenti lungo la strada regionale
ex strada statale n. 488 (Castel S. Lorenzo, Felitto) e la strada statale n. 18 «Tirrena inferiore» sia con la città di Salerno.
L'Anas ha predisposto il relativo progetto esecutivo ed i lavori, appaltati nel 2007, hanno avuto termine nell'aprile del 2009.
Inoltre, durante la scorsa stagione autunnale la strada statale 166 al chilometro 56+250 è stata interessata dall'improvviso cedimento di un muro di valle con la conseguente chiusura totale dell'arteria per circa 30 giorni per consentire lo svolgimento dei lavori di ripristino del muro. L'arteria è stata riaperta al traffico nella prima decade del mese di dicembre 2009.
L'Anas per l'anno 2009 aveva, altresì, predisposto due nuovi progetti. Il primo, ha avuto per oggetto la messa in sicurezza della strada statale 116 in corrispondenza dei tratti interessati dai dissesti e dai movimenti franosi. I relativi lavori sono stati consegnati all'impresa appaltatrice nell'ottobre

2009 e si sono conclusi nel successivo mese di dicembre. Il secondo progetto ha riguardato gli interventi per la sistemazione di frane e dissesti presenti lungo il tracciato ricadenti nel territorio comunale di Corleto Monforte tra i chilometri 47+700 e 47+800. La consegna all'impresa appaltatrice ha avuto luogo nel mese di novembre 2009 ed i lavori sono stati ultimati nel mese di maggio 2010.
Si comunica inoltre che il caso specifico segnalato nell'interrogazione in esame fa riferimento alle piogge eccezionali dei giorni 27 e 28 aprile 2009 che hanno causato una frana in corrispondenza del chilometro 27+650 della statale in questione ricadente nel territorio comunale di Aquara.
L'Anas è intervenuta immediatamente per ripristinare il transito almeno su una corsia al fine di mantenere in esercizio un collegamento tra le zone limitrofe ed il tratto colpito dall'evento meteorologico e contemporaneamente è stato consentito il transito in sicurezza ai soli veicoli di massa inferiore ai 35 quintali.
Il movimento franoso è risultato molto ampio e per ripristinare l'intera carreggiata è stato necessario, dopo tutti i rilievi e sondaggi geognostici, predisporre un progetto di risanamento del tratto di strada in questione che prevedeva lo spostamento dell'asse viario verso monte.
Tale progetto, ha ottenuto tutti i pareri favorevoli dagli enti territoriali interessati ed è stato regolarmente appaltato nel febbraio 2010. È stata, altresì, effettuata la «verifica di congruità dell'offerta», presentata dall'impresa appaltatrice e si procederà, appena possibile, alla consegna dei relativi lavori.
Si rappresenta che all'interno del piano di appaltabilità Anas 2010, è stato previsto il finanziamento per la messa in sicurezza dell'intero tratto della strada statale e che già sono state avviate le attività di rilievo e di sondaggio per la redazione del progetto: «strada statale n. 166 degli Alburni-riqualificazione e messa in sicurezza dal chilometro 0+000 al chilometro 67+250».
Si evidenzia, altresì, che l'Anas svolge costantemente le attività manutentive ordinarie riguardanti il pronto intervento, la revisione della segnaletica orizzontale, il ripristino di barriere incidentate e le pavimentazioni.
A conferma dell'impegno del Governo per la manutenzione della rete stradale nel nostro Paese va segnalato che, in data 25 luglio 2010, è stato firmato dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'Anas il contratto di programma 2010 che consentirà all'Anas di utilizzare risorse per 268 milioni di euro, a valere sul fondo infrastrutture.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

POLLEDRI, CONSIGLIO, GOISIS, FUGATTI e CROSIO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane Spa ha avviato, ormai da diversi anni, un processo di razionalizzazione degli uffici postali, procedendo sia alla chiusura degli stessi, sia alla riduzione degli orari di apertura degli sportelli in diverse aree del territorio nazionale;
la direzione provinciale delle Poste Italiane di Piacenza ha ventilato la probabile dismissione dell'ufficio postale di Trevozzo, una frazione del comune di Nibbiano (Piacenza), che serve anche le frazioni di Genepreto, Tassara, Sala Mandelli, Strà e altre frazioni minori della zona;
l'ufficio rispetta orari già significativamente ridotti, aprendo solo tre giorni a settimana per un totale di quindici ore e provocando quindi gravi disfunzioni nell'offerta del servizio ai cittadini di queste piccole frazioni per i quali gli uffici postali rappresentano uno dei pochi servizi pubblici essenziali;
la chiusura dell'ufficio postale si tradurrebbe in enormi disagi soprattutto per i residenti anziani, che costituiscono circa il 3 per cento della popolazione e che, non avendo né sostengo familiare, né trasporto pubblico, si troverebbero a non poter usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette

o la riscossione della pensione, e costretti a frequenti e difficili spostamenti;
il contratto di programma tra lo Stato e Poste Italiane Spa per l'espletamento del servizio postale universale prevede, quale dovere per la società, quello di conseguire determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste -:
quali misure il Ministro intenda adottare per favorire una concertazione tra la direzione di Poste Italiane Spa e le amministrazioni locali, al fine di scongiurare la possibile chiusura dell'ufficio postale di Trevozzo;
come il Ministro intenda intervenire per evitare che decisioni assunte da Poste Italiane Spa arrechino disagi agli abitanti delle piccole frazioni dei comuni di Piacenza e per garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità.
(4-05900)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la possibile chiusura dell'ufficio postale di Trevozzo di Nibbiano (Piacenza), sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si segnala quanto segue.
Nel comune di Nibbiano, con una popolazione di 2.345, sono attualmente attivi 2 uffici:
l'ufficio postale di Nibbiano, con due sportelli, aperto al pubblico dal lunedì al venerdì con orario 8.00 -13.00 ed il sabato con orario 8.00-12.30;
l'ufficio postale di Trevozzo, ubicato all'interno di un centro commerciale e dotato di uno sportello, attualmente aperto al pubblico tre giorni a settimana; il martedì e il giovedì con orario 8.00-13.30 ed il sabato con orario 8.00 -12.30.

La società Poste italiane ha, inoltre, informato che sono, attualmente, in corso incontri tra i rappresentanti territoriali dell'azienda ed il sindaco del comune di Nibbiano, al fine di valutare la situazione dell'ufficio di Trevozzo e le iniziative più opportune da adottare che tengano conto delle esigenze di equilibrio economico-finanziario della società insieme a quelle della popolazione locale.
Sarà, comunque, cura del ministero dello sviluppo economico far effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REALACCI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione della Repubblica stabilisce chiaramente che la pena detentiva non possa Consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debba tendere alla rieducazione del condannato;
i detenuti e gli internati hanno diritto al pari dei cittadini in stato di libertà all'erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza individuati nel piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali ed in quelli locali;
l'affermazione di principio della parità di accesso alle cure per i detenuti è contenuta nel decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, riguardante il riordino della medicina penitenziaria, e altresì costituisce l'attuazione del principio sancito dall'articolo 32 della Costituzione in materia di diritto alla salute nella parte in cui la carta stabilisce che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo»

e che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
il suindicato decreto legislativo ha previsto, in particolare: il trasferimento al Servizio sanitario nazionale a decorrere dal 1° gennaio 2000, delle funzioni sanitarie svolte dall'Amministrazione penitenziaria, con riferimento ai settori della prevenzione e dell'assistenza ai detenuti e agli internati tossicodipendenti, nonché l'individuazione, con successivo decreto interministeriale, di almeno tre regioni nelle quali realizzare il graduale trasferimento, in forma sperimentale, delle restanti funzioni sanitarie;
la regione Toscana, ad esempio, è stata inserita tra le regioni cui affidare la sperimentazione e ha svolto proficuamente tale compito, avviando una pluralità di iniziative in una costante ottica di collaborazione e confronto con il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria;
la medicina penitenziaria versa in condizioni di assoluta precarietà per mancanza di mezzi e risorse e i medici e gli infermieri che lavorano nei 206 istituti penitenziari italiani continuano a portare avanti con difficoltà un'opera particolarmente importante e delicata a tutela della salute della popolazione detenuta, sebbene impossibilitati a provvedere al rinnovamento delle strutture e all'adeguamento del personale in sottorganico;
ad oggi i detenuti reclusi nelle carceri italiane ammontano a più di 65.000 detenuti ben al di sopra delle capacità in regime di umana civiltà -:
quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati per dare effettiva attuazione alla riforma della medicina penitenziaria e quali provvedimenti possano essere messi in campo affinché siano trasferite alle regioni deputate le risorse spettanti al Servizio sanitario penitenziario specificatamente per l'ultimo trimestre 2008 e per l'anno 2009.
(4-05016)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha trasferito al servizio sanitario nazionale (SSN) tutte le funzioni sanitarie svolte in precedenza dal Ministero della giustizia.
Pertanto, le regioni provvedono all'espletamento delle funzioni trasferite con il citato decreto, attraverso le Asl competenti per territorio: con lo stesso provvedimento sono state trasferite anche le risorse finanziarie.
Per quanto attiene all'impegno del miglioramento del servizio sanitario penitenziario, essendo stata trasferita la competenza al Ssn, questa è affidata alla responsabilità delle regioni che, tuttavia, devono fornire elementi informativi ai ministeri vigilanti, nell'ambito della verifica annuale sugli adempimenti regionali.
Tale attività di verifica/monitoraggio viene svolta dal tavolo per la verifica degli adempimenti e dal comitato per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005.
I due organismi sono coordinati rispettivamente dal ministero dell'economia e delle finanze e dal ministero della salute.
Il Tavolo permanente di cui sopra, insediato il 12 febbraio 2009, ha elaborato un programma completo di interventi e, nello specifico, sono stati già approvati:
un documento per le convenzioni dei locali per le attività sanitarie all'interno delle carceri;
uno schema per le convenzioni medico-legali in favore della polizia penitenziaria;
un accordo sulle forme di collaborazione fra le amministrazioni sanitaria e della giustizia, sia regionale che territoriale;
un documento per la ricognizione e la riorganizzazione delle strutture sanitarie nei vari istituti penitenziari;
un protocollo per definire i flussi informatizzati per la cartella clinica unitaria;

le linee di indirizzo riguardanti la salute dei minori, nell'ambito della giustizia minorile.

Inoltre, sono stati recentemente attivati due gruppi di lavoro: uno per le problematiche dei detenuti tossicodipendenti ed uno per le problematiche dei suicidi nelle carceri.
È altresì in corso di approvazione un documento per il monitoraggio sistematico sull'organizzazione dei servizi sanitari e del personale dedicato.
Dagli esiti della verifica annuale 2008, da parte del tavolo per la verifica degli adempimenti, più volte citato, risulta che tutte le regioni, ad esclusione della Campania, hanno attivato, come previsto dall'allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, l'Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria.
Si fa presente, inoltre, che la commissione paritetica per l'attuazione dello Statuto di autonomia della regione Friuli Venezia Giulia ha definito uno schema di decreto in materia, nella seduta tenutasi in data 6 novembre 2009. Sul testo, trasmesso alle amministrazioni interessate per acquisire il definitivo parere di competenza, sono state formulate alcune osservazioni che la commissione dovrà valutare.
Per quanto riguarda le regioni Valle d'Aosta/Vallèè d'Aoste, Trentino Alto Adige e Sardegna, si rende noto che, al fine di giungere a una definizione della questione in tempi brevi, le relative commissioni paritetiche hanno formulato un testo normativo che è stato sottoposto alle amministrazioni competenti per il relativo parere.
Allo stato attuale, la commissione paritetica per l'attuazione dello Statuto speciale della regione Siciliana non ha ancora provveduto a formulare uno schema di norma in materia, pur avendo già inserito tale questione tra gli argomenti da trattare.
Si segnala inoltre l'accordo del 20 novembre 2008 in conferenza unificata, tra il ministero della giustizia, il ministero della salute, le regioni e le province autonome concernente «La definizione delle forme di collaborazione relative alle funzioni della sicurezza ed i princìpi di collaborazione tra l'ordinamento sanitario e l'ordinamento penitenziario e della giustizia minorile». Nel rispetto del citato Accordo ciascun organismo istituzionale, nell'ambito delle proprie competenze e rispettive autonomie, si è impegnato, in base al principio della leale collaborazione interistituzionale, a garantire, tramite interventi, la tutela della salute, il recupero sociale dei detenuti, degli internati adulti e dei minori sottoposti a provvedimenti penali, stabilendo, nell'ambito dello stesso Accordo, strumenti di collaborazione con specifico riferimento alla tutela della salute e al monitoraggio e valutazione degli interventi attuativi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008.
In merito alle risorse finanziarie, preciso che sono state ripartite le somme del 2008 e 2009, rispettivamente 35 milioni di euro per il periodo ottobre/dicembre 2008 (per il trasferimento alla competenza regionale della sanità penitenziaria a far data 1o ottobre 2008) e 135 milioni di euro per l'anno 2009.
Detti riparti sono stati effettuati a favore delle regioni a statuto ordinario, in quanto per le regioni a statuto speciale necessita attendere l'adozione dei regolamenti di attuazione.
Per maggiore precisione, si segnala che per la ripartizione delle somme per il 2009, è già intervenuta nel mese di maggio 2010 l'approvazione finale da parte del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica).

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SANGA e PIZZETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'ASL della provincia di Varese, capofila in unione tra le ASL di Milano 1, Milano 2, città di Milano, Pavia e Cremona, ha pubblicato il 9 febbraio 2010, sul supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, un bando di gara d'appalto pubblico finalizzato all'acquisto, per i prossimi quatto anni, di presidi diabetici,

avente come criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso;
il bando di gara ha lo scopo di razionalizzare la spesa sanitaria;
nel 2009 il numero di pazienti, delle province interessate, serviti nel periodo gennaio-giugno 2009, è stato pari a 86.770 persone, su un totale di 500.000 cittadini lombardi diabetici;
all'esito della gara, entro i successivi 60 giorni, i pazienti diabetici saranno costretti a sostituire per i seguenti quattro anni gli strumenti di autocontrollo del diabete, a cui sono abituati e dei quali hanno perizia, con altri che comportano diverse funzionalità;
le ASL succitate, mettendo a disposizione solo i presidi più economici, comporteranno per le persone diabetiche delle province coinvolte l'impossibilità di poter scegliere, insieme al proprio diabetologo, il glucometro più preciso e affidabile, i dispositivi annessi più idonei alla propria terapia e gli aghi per penne di somministrazione di insulina; né sarà data loro la possibilità di usufruire di tutti i progressi scientifici e tecnologici che matureranno nel prossimo quadriennio. Tale limitazione è particolarmente grave se si considerano le conseguenze sui bambini diabetici;
sia nel testo del bando, sia nei capitolati, sia negli allegati relativi alla gara, non si fa alcun riferimento quale criterio per l'aggiudicazione, per la fornitura e per la stessa partecipazione né all'affidabilità, né alla qualità, né all'accuratezza che i presidi devono possedere;
il capitolato allegato al bando di gara di Varese prevede dei presidi non adatti ai pazienti diabetici, in quanto non tiene conto della frequenza dell'utilizzo degli stessi, delle loro peculiarità in termini di qualità, affidabilità, praticità ed efficienza, né rispetta parametri fondamentali, quali per esempio quello della dolorosità/penetrabilità propria per la valutazione degli aghi;
l'azienda Usl di Cesena, capofila tra le AUSL di Forlì, Rimini e Ravenna nell'espletare un bando similare a quello della ASL di Varese, nei criteri di aggiudicazione, articolo 5, oltre al requisito del prezzo più basso, a cui dava un coefficiente di 51/100, inseriva un punteggio anche alla dovuta qualità del prodotto, pari ad un coefficiente del restante 49/100, valutato da una apposita commissione giudicatrice, la quale avrebbe basato il detto punteggio su determinati e preordinati indici di qualità, quali, per esempio nel sistema di misurazione della glicemia in terapia insulinica intensiva, l'accuratezza nella determinazione dei valori glicemici, anche su valori alle estremità dei limiti di determinazione, la possibilità di altre funzioni del prodotto, la calibrazione dello strumento, l'autocontrollo del corretto funzionamento dell'apparecchio, e la semplice interfaccia con l'utente e verifica di possibilità di errori;
l'esempio della AUSL di Cesena dimostra che l'utilizzo razionale, efficace ed efficiente dell'autocontrollo e della prescrizione della terapia nella persona con diabete non può essere gestito solo dal punto di vista economico-finanziario, ma deve essere sempre e comunque garantita la qualità del prodotto;
i costi del diabete sono legati soprattutto alle complicanze, le quali si possono prevenire attraverso l'utilizzo di buoni presidi, per cui utilizzare prodotti meno costosi, ma anche meno opportuni, potrebbe comportare ingenti aumenti di spesa per l'ospedalizzazione o per invalidità;
in alcune ASL della regione Campania la scelta di optare per presidi più economici provenienti da Paesi dell'area asiatica che non adottano criteri di controllo compatibili con i nostri ha già causato notevoli pregiudizi a pazienti diabetici come anche l'aumento di costi per il Servizio sanitario nazionale a causa di ospedalizzazioni evitabili;
il 15 gennaio 2010, il Coordinamento Lombardia associazioni diabetici, la Federazione

tra le associazioni nazionali dei diabetici, l'Associazione italiana diabetici e l'Unione associazione lombarde giovani diabetici hanno diffuso una nota nella quale si afferma che «le gare per l'approvvigionamento dei presidi rappresentino una procedura frenante per le proposte derivanti da un mercato in continua evoluzione scientifica e tecnologica migliorativa e pongono una evidente grave limitazione»;
l'intenzione manifestata dall'ASL di Varese è in aperto contrasto con le raccomandazioni AMD (Associazione medici diabetologi), SID (Società italiana di diabetologia) e SIMG (Società italiana di medicina generale) nonché con tutte le leggi, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), per poi arrivare alla legge n. 115 del 1987, e a seguire tutti i decreti e le circolari regionali approvate dal 1992 in poi, fortemente volute dalle associazioni dei pazienti, che hanno decretato quelli che devono essere i diritti irrinunciabili per la salute delle persone con diabete;
il 3 dicembre 2009, è stata accolta, presso il Senato della Repubblica, la mozione n. 1/00174, che impegnava il Governo a garantire l'accesso alla cura e alle prestazioni per i pazienti diabetici in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e ad inserire, in ottemperanza all'articolo 32 della Costituzione, la gratuità degli esami ematochimici, degli esami strumentali, dell'educazione terapeutica e di tutte le prestazioni connesse alla gestione del diabete e delle relative complicanze, in sede di revisione dei livelli essenziali di assistenza;
il Manifesto dei diritti delle persone con diabete, siglato il 9 luglio 2009 a Roma dall'Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione, afferma il diritto alla scelta condivisa tra il paziente e il medico dei presidi e all'ottenimento delle prestazioni più efficaci e attuali;
il Gruppo di approfondimento tecnico (GAT) della regione Lombardia 2008-2009 ha affrontato il problema dei presidi ribadendo l'indispensabilità e l'imprescindibilità della scelta condivisa paziente-medico con riferimento ai presidi -:
quali concrete iniziative di competenza intenda attuare per tutelare il diritto dei cittadini affetti da diabete nella libertà di scelta della cura più idonea ed efficace;
se non si intenda intervenire, per quanto di competenza, al fine di garantire che la razionalizzazione della spesa sanitaria non vanifichi i princìpi del servizio sanitario nazionale e in particolare i diritti dei pazienti diabetici;
se, anche a seguito degli impegni assunti attraverso l'accoglimento della mozione 1/00174, non ritenga di assumere, per quanto di competenza, iniziative, anche di carattere normativo, al fine di garantire che i presidi sanitari per i diabetici, oggetto di procedure di gara come quelle di cui in premessa, siano individuati secondo parametri omogenei sul territorio nazionale che tengano adeguatamente conto dei requisiti tecnico-funzionali e di qualità.
(4-06294)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame in via preliminare e prima di entrare nel merito dei quesiti posti, si osserva quanto segue.
I presidi diagnostico-terapeutici, compresi quelli per l'autocontrollo glicemico, sono strumenti indispensabili al raggiungimento e mantenimento di un buon equilibrio metabolico da parte dei pazienti diabetici, particolarmente per quanti siano sottoposti a trattamento insulinico, al fine di prolungarne l'aspettativa di vita e ridurre il rischio di insorgenza delle complicanze.
La scelta del tipo di modalità (qualità/prezzo) per l'acquisto rientra tra le competenze delle regioni e, in particolare, delle Asl e scaturisce dalle norme specifiche relative ai bandi finalizzati all'acquisto dei presidi. Tale scelta deve tenere conto del fatto che, per quanto riguarda i glucometri e il materiale correlato (strisce), il decreto legislativo 8 settembre 2000, n. 332, che ne disciplina l'immissione in commercio, ha

recepito la direttiva 98/79/CE e richiede, per la commercializzazione nel nostro paese, lo svolgimento delle procedure necessarie all'apposizione della marcatura CE.
I prodotti forniti, oltre a riportare il marchio CE, devono avere le istruzioni nella lingua del paese in cui vengono commercializzati.
Per quanto riguarda, invece, la loro qualità in termini di corretto funzionamento, efficacia e accuratezza, si sottolinea che il corretto funzionamento dei prodotti offerti in gara deve essere verificato dalla commissione di gara nell'ambito delle prove finalizzate all'attribuzione del punteggio di qualità (offerta più vantaggiosa secondo gli indici qualità/prezzo). Tale valutazione si opera su campioni del prodotto, campioni che devono essere conservati dall'amministrazione appaltante al fine di eventuali riscontri in corso di fornitura.
L'importanza dell'autocontrollo da parte del paziente mediante il glucometro viene tenuta in ampia considerazione da parte dei provvedimenti nazionali, che prevedono l'erogazione gratuita sia dei presidi diagnostici e terapeutici (legge 16 marzo 1987, n. 115; decreto del Ministro della sanità dell'8 febbraio 1982), su specifica prescrizione effettuata dai centri diabetologici e sotto il diretto controllo del medico del centro, sia delle visite e delle prestazioni specialistiche per il
follow-up della patologia (decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche).
Nel merito delle questioni poste, si comunica quanto segue.
Per quanto riguarda le iniziative che il Ministero della salute intende promuovere per garantire ai cittadini diabetici il diritto alla salute, si evidenzia che le norme esistenti in Italia (legge n. 115 del 1987 citata e successivo atto di intesa del 1991; decreto ministeriale 8 febbraio 1982 citato) già garantiscono una adeguata tutela alle persone affette dalla patologia, e un miglioramento della qualità dell'assistenza potrebbe essere già assicurato sia con la completa applicazione di tali provvedimenti sia con l'attuazione di interventi organizzativi adeguati, piuttosto che con modifiche legislative.
L'individuazione della malattia diabetica fra le condizioni di malattia croniche e invalidanti, ai sensi del decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, e successive modifiche, che individua la malattia diabetica tra le condizioni croniche e invalidanti, già permette a questi pazienti, in esenzione dalla partecipazione al costo, l'utilizzo di prestazioni specialistiche ambulatoriali appropriate.
Il Ministero della salute in fase di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), ha ritenuto di aggiornare il «pacchetto prestazionale» garantito ai diabetici, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche, e, nell'ambito dei lavori della commissione nazionale per la malattia diabetica, istituita presso la competente direzione generale della programmazione sanitaria, la scelta degli accertamenti erogabili in esenzione è stata condivisa con le società scientifiche, le associazioni dei pazienti e i referenti tecnici degli assessorati alla sanità, nel rispetto dell'appropriatezza assistenziale. Tale «pacchetto prestazionale» consentirà una migliore tutela del paziente attraverso un corretto monitoraggio della patologia, della prevenzione delle complicanze, del monitoraggio degli effetti collaterali della terapia farmacologica e del
follow up delle eventuali patologie associate.
Tra le prestazioni previste dall'aggiornamento, sono presenti quelle utili per la gestione della neuropatia diabetica e del piede diabetico, quelle finalizzate all'autocontrollo (educazione terapeutica) ed altre mirate a tutelare più efficacemente il soggetto con diabete (per esempio, monitoraggio dinamico della glicemia o
holter glicemico).
Per quanto riguarda l'erogazione dei presidi diagnostici e terapeutici, l'articolo 3 della Legge n. 115 del 1987 ha già previsto che le regioni, tramite le aziende unità sanitarie locali, provvedano a fornire gratuitamente ai cittadini diabetici, al fine di migliorare le modalità di diagnosi e cura, i presidi diagnostici e terapeutici di cui al decreto del Ministro della sanità dell'8 febbraio 1982, e altri presidi sanitari ritenuti idonei, in presenza di una specifica prescrizione

e sotto il diretto controllo dei servizi di diabetologia.
A tal riguardo, nell'ambito dello stesso schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si è proceduto ad elencare in maniera puntuale i presidi per il diabete sia diagnostici che terapeutici, ricomprendendo, oltre quelli previsti dal decreto del Ministro della sanità 8 febbraio 1982 (reattivi per la ricerca del glucosio nelle urine, reattivi per la ricerca di corpi chetonici nelle urine, reattivi per la ricerca contemporanea del glucosio e dei corpi chetonici nelle urine, reattivi per il dosaggio della glucosemia -
test rapido con una goccia di sangue -, siringhe da insulina monouso), anche i riflettometri per la lettura rapida della glicemia, i microinfusori per l'infusione programmata dell'insulina, nonché gli altri mezzi meccanici per l'erogazione dell'insulina e tutti gli strumenti utili per il trattamento del diabete.
Detto schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato predisposto dal ministero della salute, condiviso con le regioni e trasmesso nel febbraio 2010 al ministero dell'economia e delle finanze, per il preliminare concerto tecnico.
Nei termini di quanto sopra esposto emerge che le iniziative in ordine al sostegno sanitario per i pazienti affetti da diabete sono già in corso.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

SBROLLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi multipla è una malattia cronica, talvolta disabilitante che colpisce il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), la cui causa esatta è sconosciuta e che si manifesta più frequentemente tra i 20 e i 40 anni con le donne che si ammalano il doppio rispetto agli uomini;
si stima che in Italia ci siano circa 52.000 casi di sclerosi multipla, anche se non esiste in realtà un registro delle persone colpite dalla malattia;
non esiste un unico esame specifico per diagnosticare la sclerosi multipla, ma è necessario utilizzare diversi strumenti diagnostici: storia clinica della persona, esame neurologico, risonanza magnetica (che visualizza le eventuali placche di demielinizzazione), potenziali evocati (che misurano la velocità di conduzione degli stimoli nervosi lungo le fibre nervose), esame del liquor cerebrospinale che controlla la composizione del liquido che circonda il sistema nervoso centrale);
non si conosce una cura definitiva per la sclerosi multipla, ma esistono trattamenti che diminuiscono la frequenza e la gravità delle ricadute e che rallentano la progressione della malattia;
la terapia dipende dalle esigenze del singolo soggetto, tenendo conto del rapporto rischio-beneficio e della tollerabilità che ogni malato presenta nei confronti dei diversi farmaci;
i risultati del progetto Betaplus, uno studio durato otto anni che ha coinvolto 5.500 malati di sclerosi multipla in Italia, dimostrano che i malati di sclerosi multipla seguiti da infermieri professionisti si attengono nel 25 per cento dei casi ad una terapia più corretta ed efficace e, ricevendo corretta assistenza informazione, migliorano sensibilmente la qualità della loro vita;
altri studi dimostrano che il 45 per cento dei pazienti affetti da sclerosi multipla tende, dopo qualche anno ad abbandonare le terapie percependole come inutili, faticose, senza prospettiva;
in Italia esistono diversi centri, in cui operano neurologi che si occupano in maniera specifica di sclerosi multipla. Ogni centro propone le terapie che, grazie a studi scientifici eseguiti in tutto il mondo, si sono dimostrate più efficaci nelle varie forme di sclerosi multipla. I medici consigliano fare riferimento al centro più vicino a casa, visto che la sclerosi multipla è una malattia che necessita di controlli frequenti e chi ne è affetto deve potersi rivolgere agevolmente alla equipe

neurologica curante ogni volta che lo ritenga necessario;
l'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM), nata nel 1968, è, oggi, con oltre 130 tra centri, sezioni provinciali e gruppi operativi sul territorio, il punto di riferimento in Italia per tutte le persone colpite dalla sclerosi multipla, e lamenta una scarsa politica e una ridotta attenzione verso i problemi dei malati di sclerosi multipla;
i principali centri italiani che si occupano di sclerosi multipla lamentano difficoltà gestionali, carenze di personale, scarsi investimenti su ricerca, strumenti, attrezzature, luoghi della cura e dell'accoglienza;
presso l'ospedale San Bortolo di Vicenza, Ulss n. 6, opera il centro sclerosi multipla e continuità assistenziale neurologica, che offre i seguenti servizi: visite specialistiche; trattamento delle ricadute; terapie preventive; accertamenti strumentali; valutazioni neuropsicologiche e riabilitazione cognitiva; sostegno psicologico; educazione e guida all'autocateterismo vescicale; certificazioni per invalidità; attività informati a, con per visite con altri specialisti, contatti con i servizi territoriali; contatti con la sezione provinciale AISM di Rosà;
il Centro sclerosi multipla del San Bortolo presenta i seguenti dati: pazienti seguiti, 496 l'anno di cui 345 femmine e 151 maschi; numero visite annue, 1.500; dai dati emerge un impegno rilevante del Centro sclerosi multipla al San Bortolo, che si estende nel territorio con prestazioni di continuità assistenziale neurologica, seguendo anche pazienti provenienti da altre Ulss del Veneto;
risulta evidente, per poter garantire il trend di prestazioni del centro, l'esigenza di potenziare l'organico con altre unità mediche e che, in mancanza di un piano di potenziamento, sarebbe leso il diritto alla salute di centinaia di malati di una patologia seria come la sclerosi multipla su un vasto territorio;
la situazione del Centro sclerosi multipla di San Bortolo e simile a tante altre situazioni di disagio, carenza di personale, difficoltà strutturale della rete assistenziale del territorio nazionale -:
se il Ministro interrogato, al fine di risolvere la grave situazione di carenza di personale e di conseguente disfunzione nelle attività dei centri sclerosi multipla diffusi sul territorio nazionale che appare all'interrogante lesiva di quei livelli essenziali di assistenza a cui il Governo deve sovrintendere su scala nazionale a tutela del diritto costituzionale alla salute, non ritenga, di promuovere, anche con il coinvolgimento delle regioni un progetto complessivo di potenziamento di tale rete in grado di ripristinare l'assistenza necessaria per una patologia così seria come la sclerosi multipla.
(4-06450)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si osserva, in via preliminare, che nel rispetto del riparto di competenza tra Stato e regioni, a questo ministero non compete avviare iniziative finalizzate alla gestione delle risorse umane operanti in ambito territoriale.
Ciò premesso, si segnala che la sclerosi multipla non presenta le caratteristiche che danno diritto all'esenzione
ex decreto legislativo n. 124 del 1998, come per esempio per le malattie rare, le quali impongono l'istituzione di una rete di centri o presidi dedicati, ai sensi del decreto ministeriale n. 279 del 2001; ne consegue che la decisione della regione Veneto o di altre regioni di procedere in tal senso, è apprezzabile per le maggiori garanzie offerte ai malati di sclerosi multipla, ma non trova riscontro in una previsione normativa nazionale che potrebbe giustificare un intervento del ministero della salute.
Pertanto tale iniziativa va vista come prerogativa della organizzazione dei servizi sanitari; materia che, si ribadisce, è esclusiva competenza regionale.
In merito alla situazione concernente il Centro per la sclerosi multipla operante presso l'ospedale «San Bortolo» di Vicenza, la prefettura - ufficio Territoriale del Governo

di Vicenza ha comunicato con nota 2010/1491 Gab. disponibile presso il servizio Assemblea che lo stesso «da qualche anno, mantiene invariato il numero e la qualità celle prestazioni sanitarie erogate agli ammalati, circa 500, che vi si rivolgono».
Nel corso del 2009 l'assistenza medica ha avuto un «netto miglioramento rispetto alla situazione precedente», mentre «l'assistenza infermieristica del centro è andata incontro ad alcune difficoltà dovute a problematiche contingenti», tuttavia «sopperite in buona misura col supporto fornito dal Reparto di neurologia».
Peraltro, dal febbraio scorso «con il rientro in servizio di una infermiera del Centro, che si dedica esclusivamente a tale attività, la situazione in ambito infermieristico è sensibilmente migliorata».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da una recente lettera congiunta dei sindacati di categoria del settore postale emerge la scarsa sicurezza negli ambienti di lavoro dell'azienda Poste Italiane;
l'ufficio postale di Seriate (Bergamo), che ha visto crollare parte del sottotetto, dopo l'unica nevicata precedente il Natale 2009, è ancora in condizione precarie, dovute sia all'instabilità della struttura, che a problemi di riscaldamento dell'edificio per la cessata fornitura di gasolio che costringe a tutt'oggi i dipendenti a lavorare a temperatura gelida;
l'inefficienza aziendale in questo ambito ha coinvolto nello stesso periodo altri uffici, tra cui quello di Zingonia (Bergamo), lasciato al freddo per oltre tre giorni, dopo i quali l'azienda ha provveduto alla riparazione del guasto alla caldaia del riscaldamento, ai montacarichi e ad arginare le infiltrazioni di acqua negli uffici;
a dicembre 2009 anche l'ufficio postale di via Pascoli a Bergamo ha registrato problemi relativi alla rottura di alcune tubature dell'impianto di riscaldamento e l'impossibilità di utilizzare il montacarichi per il trasporto della corrispondenza da un piano all'altro -:
se i Ministri interrogati intendano intervenire affinché l'azienda Poste Italiane garantisca il rispetto delle norme di sicurezza previste per gli ambienti di lavoro, al fine di evitare il verificarsi di eventuali incidenti a danno dei lavoratori, ma anche degli utenti del servizio, che si recano quotidianamente presso gli uffici postali presenti nella provincia di Bergamo.
(4-05933)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la precaria situazione dell'ufficio postale di Seriate (Bg) sulla base degli elementi pervenuti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria universale del servizio postale, si segnala quanto segue.
La società Poste italiane segnala che i problemi strutturali in argomento si erano verificati durante le scorse festività natalizie, a causa delle abbondanti nevicate che avevano determinato un'infiltrazione di acqua attraverso il tetto dell'edificio. Il giorno successivo all'accaduto sono stati immediatamente disposti gli interventi di riparazione e manutenzione per la messa in sicurezza del locale, resosi momentaneamente inagibile a causa del danneggiamento di alcuni pannelli della controsoffittatura interna.
Le strutture del controsoffitto sono state tempestivamente riposizionate, mentre i lavori di impermeabilizzazione e di consolidamento, vista la rilevanza del danno, richiederanno ancora qualche mese di lavorazione per il definitivo completamento.
La stessa società ha oltretutto informato che con l'occasione verrà anche potenziato il sistema di riscaldamento, dotando l'immobile di un ulteriore elemento radiante.


Gli interventi di riparazione effettuati durante lo scorso mese di gennaio, hanno consentito anche la risoluzione del problema del riscaldamento che si era verificata presso l'ufficio postale di Zingonia.
Con riferimento all'edificio di via Pascoli, la concessionaria ha comunicato che l'intera struttura è in via di dismissione e che tutti gli uffici ubicati all'interno dell'immobile verranno ricollocati in altri edifici.
Per completezza d'informazione la società ha specificato che per la rilevanza strategica che l'ufficio postale di Bergamo 15 riveste gli è stata data la precedenza nel riposizionamento presso una nuova sede, dotata di sette sportelli, un
cash dispenser fruibile nelle ventiquattro ore, ed un'area prodotti finanziari, articolata su due sale.
Poste italiane ha voluto evidenziare inoltre la particolare attenzione che ha riservato agli uffici postali del territorio in esame come peraltro dimostrano, i recenti interventi di ristrutturazione attuati a favore dell'ufficio postale di Bergamo centro che al termine dei lavori, metterà a disposizione della clientela 14 sportelli attrezzati, un'area prodotti finanziari articolata su tre sale e 2
cash dispenser, uno dei quali fruibile nelle ventiquattro ore.
Il ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle sue competenze, non mancherà, comunque, di verificare e monitorare, attraverso gli uffici territoriali competenti, affinché venga ripristinata la completa funzionalità degli uffici postali nel comune sopraddetto, per evitare i disguidi, le attese ed i citati disservizi nel recapito della corrispondenza.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
gli interroganti hanno presentato numerosi atti di sindacato ispettivo sulle deficienze del servizio di Poste Italiane nella provincia di Bergamo;
ancora una volta si assiste all'ennesimo disservizio, avvenuto a Cologno al Serio (Bergamo), dove gli utenti attendono lunghissimi tempi prima del proprio turno allo sportello per il pagamento delle bollette in scadenza, addirittura fuori dall'edificio, al freddo, perché all'interno lo spazio disponibile non è sufficiente ad ospitare tutte le persone in fila;
molti di loro, scoraggiati dopo alcune ore di attesa, rinunciano al proprio turno e si trovano costretti a ritentare, anche più volte, prima di riuscire effettivamente ad eseguire le operazioni di sportello;
motivo di coda sono anche i cittadini stranieri che devono effettuare trasferimenti di denaro e che non essendo ben informati, si presentano agli sportelli non avendo con loro tutti i moduli e i documenti necessari;
questa è la situazione in cui si trova ad operare giornalmente l'ufficio postale di Cologno al Serio (Bergamo), in via Piave, dove, su cinque sportelli presenti, solo tre riescono ad essere operativi contemporaneamente a causa del personale sottodimensionato;
gli utenti subiscono disagi anche a causa della vetustà dell'edificio sede dell'ufficio postale, che, nonostante nell'ultimo decennio il paese abbia vissuto una progressiva crescita della sua popolazione, arrivando oggi a quota 10.600 abitanti, non ha subito i necessari adeguamenti;
il sindaco di Cologno al Serio (Bergamo) dal 2005 segnala ufficialmente le lamentele dei cittadini a seguito di disservizi, a volte anche gravi, relativi alle consegne -:
quali iniziative intenda adottare al fine di sollecitare Poste Italiane a risolvere a breve le problematiche che investono la provincia di Bergamo, e in particolare il comune di Cologno al Serio (Bergamo) come descritto in premessa, problematiche che si trascinano oramai da lungo tempo e per le quali i cittadini bergamaschi sopportano gravi disagi.
(4-06186)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante i disservizi postali in provincia di Bergamo, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si segnala quanto segue.
L'ufficio postale di Cologno al Serio, dotato di 4 sportelli operativi, un'area prodotti finanziari ed un
cash dispenser esterno fruibile h. 24, è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, con orario 8.00-14.00, ed il sabato con orario 8.00-12.30.
Dal costante monitoraggio effettuato, è emerso che l'ufficio sopracitato, con l'attuale orario di apertura ed il personale di cui dispone, è in grado di soddisfare le richieste della clientela, rispettando nel contempo i previsti
standard di qualità.
Lo scorso 17 maggio si è tenuto, infatti, un incontro tra i rappresentanti territoriali dell'azienda ed il sindaco di Cologno che, in quella occasione, ha manifestato il proprio apprezzamento per l'attività svolta dal personale dell'ufficio postale in parola, riconoscendo tra l'altro, che i tempi di attesa allo sportello si attestano su livelli condivisibili.
Per completezza d'informazione, occorre inoltre evidenziare, che anche nel corso della recente visita ispettiva disposta dal ministero dello sviluppo economico, è stata constatata l'assenza di criticità nello svolgimento delle attività di sportelleria. Sotto il profilo strutturale, l'ufficio postale in esame dispone di una superficie complessiva di 180 metri quadrati di cui 54 metri quadrati a disposizione della sala per la clientela. Ulteriori 70 metri quadrati sono invece destinati ad un'area riservata allo svolgimento di attività connesse al servizio di recapito, ove sono ospitati 7 operatori addetti al servizio.
A tal proposito la concessionaria del servizio postale universale ha reso noto che, al fine di migliorare ulteriormente la fruibilità dei locali dell'ufficio postale di Cologno al Serio, ha programmato per l'anno in corso un intervento tecnico per il potenziamento degli impianti di illuminazione e di condizionamento.
Sarà, comunque, cura del ministero dello sviluppo economico continuare ad effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

TAGLIALATELA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è ormai da troppo tempo che si susseguono lamentele e proteste da parte di cittadini ed utenti partenopei che denunciano il persistere di ritardi e carenze nel servizio di recapito postale nella città di Napoli, dove, nonostante il grande impegno degli operatori sul territorio e degli impiegati agli sportelli, gli uffici postali sono letteralmente avviati al collasso;
si tratta di inammissibili disservizi che vengono segnalati sia in centro che in periferia e che determinano disagi alla cittadinanza perché il ritardo o il mancato recapito della corrispondenza arreca danni difficilmente quantificabili per i cittadini e le imprese, senza contare, le difficoltà dei cittadini costretti a vagare per gli uffici postali alla ricerca della posta a loro indirizzata;
non si tratta di un semplice disguido temporaneo, bensì un costante ritardo nella consegna della corrispondenza provocata dai tagli imposti agli uffici postali territoriali che determinano sovraccarichi e giacenze. Nel rione Poggioreale, in particolare al civico n. 20 di via Nuova Poggioreale, isolati 9 e 10, e in via Zara n. 8 isolato 11, al Rione Ascarelli ed al Rione Luzzatti la posta ordinaria non viene più recapitata da molti mesi, con le conseguenze facilmente immaginabili, soprattutto a carico degli anziani;

anche la posta istituzionale dei consiglieri comunali di Napoli giunge con notevole ritardo così come segnalato dal vice presidente del consiglio comunale di Napoli, Vincenzo Moretto, che in data 9 settembre 2009, prot. 511.09, ha inviato una nota di reclamo al direttore generale di Poste Italiane - sede di Napoli - denunciando l'enorme mole di posta istituzionale spedita dai suoi uffici e inevasa con l'indicazione di «indirizzo sconosciuto, insufficiente, inesistente, inesatto ed a volte senza alcuna indicazione»;
di fronte ad un quadro così disastroso si rende urgente l'assunzione o l'invio, da parte della direzione di Poste italiane di personale (anche solo temporaneo ma in numero massiccio) che aiuti a smaltire la corrispondenza in eccesso che andrà ad aumentare inesorabilmente fino a dilatare i tempi di consegna della corrispondenza che già oggi porta nelle case bollette ed avvisi scaduti anche da tre settimane -:
quali iniziative s'intendano assumere per sanare le gravi carenze descritte con l'obiettivo di potenziare il servizio di recapito.
(4-05877)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante i disservizi postali nella città di Napoli, sulla base degli elementi pervenuti dalla direzione generale competente e dalla società concessionaria del servizio postale universale, si rappresenta quanto segue.
La società Poste italiane ha segnalato che i rallentamenti nella consegna della corrispondenza, registrati negli ultimi mesi dello scorso anno, sono stati causati dalla contemporanea sostituzione di vari operatori, assenti per malattie o infortuni. Tali problemi sono stati però superati.
La stessa società ha, inoltre, chiarito che, dallo scorso mese di gennaio, la situazione si è progressivamente regolarizzata e che, allo stato attuale, le 351 zone di recapito della città di Napoli risultano servite in modo soddisfacente, anche grazie all'introduzione di nuove modalità organizzative.
Relativamente al problema dei disservizi nel recapito riguardanti alcune strade appartenenti al rione Poggioreale, a elevata densità di popolazione, l'Azienda ha evidenziato che gli stessi sono riconducibili ad una pluralità di fattori, tra i quali le diffuse carenze che presenta la toponomastica locale e la mancanza o l'inesattezza dell'indicazione dei nomi dei residenti sulle cassette domiciliari, ed il fenomeno, molto diffuso, dell'apposizione da parte dei mittenti di indirizzi incompleti o errati sulla corrispondenza da recapitare. Tale abitudine costituisce un intralcio allo svolgimento del servizio, soprattutto per gli operatori che non abbiano ancora acquisito un'approfondita conoscenza della clientela.
Poste italiane ha segnalato che in molti casi la conoscenza del territorio ed il rapporto diretto con gli abitanti, da parte del portalettere, sopperiscono alle citate carenze e spesso permettono il superamento degli impedimenti citati.
Per quanto concerne le difficoltà incontrate dalla clientela del luogo in questione, per rintracciare la corrispondenza non recapitata, la concessionaria ha informato che l'assenza di specifici riferimenti relativi al periodo o agli uffici postali ove gli episodi si sarebbero verificati impediscono di avviare verifiche mirate al riguardo.
Come già citato sopra, la situazione risulta normalizzata, sarà, comunque, cura del ministero dello sviluppo economico far effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, al fine di verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere:
quali iniziative abbia adottato per garantire a tutti gli studenti che lo decidano

di poter usufruire dell'ora alternativa avendo di già garantito tutti coloro che vogliano usufruire dell'ora di religione cattolica;
se tra le ore alternative sia previsto - tra gli altri - l'insegnamento delle tre religioni monoteistiche, ovvero la religione cristiana, la religione ebraica, la religione islamica;
quali altri insegnamenti siano previsti;
se non ritenga di dare disposizioni al fine di garantire che l'insegnamento dell'ora di religione cattolica avvenga o all'inizio o alla fine delle lezioni, disposizione tassative e perentorie per quegli istituti che non sono in grado di garantire l'insegnamento alternativo;
quanti di coloro che sono entrati in ruolo in quanto insegnanti di religione cattolica siano passati all'insegnamento di altra materia.
(4-03977)

Risposta. - L'interrogante nell'atto parlamentare in esame chiede: iniziative per garantire l'ora alternativa agli allievi che non intendono avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica e, ove le scuole non siano in grado di assicurare tali opportunità, la collocazione dell'insegnamento della religione cattolica all'inizio o alla fine delle lezioni; chiede inoltre se tra le ore alternative sia previsto l'insegnamento delle tre religioni monoteiste, ed ancora, quanti insegnanti di religione cattolica siano passati all'insegnamento di altra materia.
Al riguardo si ricorda che il protocollo addizionale firmato il 18 febbraio 1984 ha demandato ad una intesa tra le competenti autorità scolastiche italiane e la conferenza episcopale italiana la determinazione, fra l'altro, delle modalità di organizzazione dell'insegnamento della religione cattolica, anche in relazione alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni.
La menzionata intesa del 14 dicembre 1985 prevede in particolare che nelle scuole secondarie di primo e secondo grado l'insegnamento della religione cattolica è organizzato attribuendo ad esso, nel quadro dell'orario settimanale, le ore di lezione previste dagli ordinamenti didattici in vigore; prevede, inoltre, che la collocazione oraria di tali lezioni è effettuata dal capo di istituto sulla base delle proposte del collegio dei docenti, secondo il normale criterio di equilibrata distribuzione delle diverse discipline nella giornata e nella settimana, nell'ambito della scuola e per ciascuna classe.
È noto che sulla legittimità costituzionale dell'articolo 9, numero 2, della legge n. 121 del 1985 e del punto 5, lettera
b, numero 2, del protocollo addizionale si è pronunciata la Corte costituzionale, con sentenze n. 203 del 1989 e n. 13 del 1991, dichiarando non fondate le questioni sollevate.
In relazione alla collocazione dell'insegnamento in parola nell'ordinario orario delle lezioni, la Consulta ha stabilito che «:... nessuna violazione dell'articolo 2 della Costituzione è ravvisabile» ed ha sottolineato che «l'insegnamento della religione cattolica sarà impartito nel quadro delle finalità della scuola, vale a dire con modalità compatibili con le altre discipline scolastiche». Nella sentenza n. 13 del 1991, la Corte Costituzionale ha inoltre chiarito che per quanti decidono di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica lo schema logico non è quello dell'obbligazione alternativa: per i predetti si determina «uno stato di non obbligo». La Corte ha anche chiarito che le varie forme di impegno scolastico offerte dall'organizzazione scolastica alla libera scelta dei non avvalentesi attengono alle modalità organizzative della scuola e che lo stato di non obbligo può comprendere tra le altre possibili anche la scelta di allontanarsi dall'edificio scolastico.
Per l'attuazione del diritto di avvalersi dell'insegnamento di religione cattolica, nonché per l'attuazione del diritto di scelte alternative da parte dei non avvalentesi, ciascuna istituzione scolastica provvede quindi, tenuto conto delle possibilità organizzative e delle risorse disponibili, organizzando il quadro orario in modo che non si abbiano per gli uni e per gli altri effetti comunque discriminanti.


Ciò sulla base di una programmazione, inserita nel piano dell'offerta formativa, effettuata dal collegio dei docenti che formula altresì proposte al dirigente scolastico in ordine agli aspetti didattici e formativi ed alla individuazione dei docenti da utilizzare per l'assistenza degli studenti che non avvalendosi dell'insegnamento della religione cattolica abbiano scelto di svolgere lo studio e le attività individuali.
Si precisa, inoltre, che diverse disposizioni regolano la materia trattata nei confronti di altri culti, nel rispetto della libertà di coscienza di religione e della pari dignità dei cittadini quali: la legge n. 449 del 1984 per le chiese della tavola Valdese, la legge n. 516 del 1988 per le chiese cristiane avventiste del 7o giorno, la legge n. 101 del 1989 per l'unione comunità ebraiche in Italia, la legge n. 116 del 1995 per l'unione cristiana evangelica battista d'Italia e la legge n. 520 del 1995 per la chiesa luterana in Italia.
Tali disposizioni prevedono tra l'altro che sia garantito il carattere pluralista della scuola ed assicurano agli incaricati designati dalle diverse comunità religiose il diritto di rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie e dagli organi scolastici in ordine allo studio dei rispettivi culti, i quali sono inseriti nell'ambito delle attività culturali previste dall'ordinamento scolastico.
Si fa anche presente che sono state firmate ulteriori intese, non ancora approvate con legge, con altre confessioni religiose (chiesa apostolica in Italia; chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni; congregazione cristiana dei testimoni di Geova; sacra arcidiocesi d'Italia ed esarcato per l'esarcato per l'Europa meridionale; unione buddista italiana; unione induista italiana). I relativi disegni di legge sono stati approvati dal Consiglio dei ministri il 12 maggio 2010.
Per quanto attiene poi alla mobilità dei docenti di religione, si fa presente che l'articolo 4 della legge 18 luglio 2003, n. 186, riguardante «Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado» stabilisce che «Agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all'articolo 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità professionale nel comparto del personale della scuola limitatamente ai passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo all'altro di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata all'inclusione nell'elenco di cui all'articolo 3, comma 7, relativo al ciclo di scuola richiesto, al riconoscimento di idoneità rilasciato dall'ordinario diocesano competente per territorio ed all'intesa con il medesimo ordinario».
Pertanto agli insegnanti di religione cattolica è consentito esclusivamente passare da un ciclo all'altro, avendone i requisiti e con il riconoscimento dell'autorità ecclesiastica, nell'ambito dell'insegnamento della religione cattolica; agli stessi è preclusa la possibilità di partecipare alla mobilità professionale (passaggi di cattedra e di ruolo a classi comuni), e quindi nessun docente di religione ha potuto fruire di tale tipologia di mobilità.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.- Per sapere - premesso che:
la variante strada statale 517 Bussentina collega il golfo di Policastro al Vallo di Diano per una lunghezza complessiva di 34 chilometri;
tale variante strada statale 517 Bussentina, dopo circa trent'anni di lavori, è stata completata ed inaugurata il 7 luglio 2007, alla presenza dell'allora Ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro e del presidente dell'Anas Pietro Ciucci. Un primo tratto da Policastro Bussentino a Caselle in Pittari fu inaugurato in precedenza alla fine degli anni ottanta. Si e poi proceduto, a distanza di circa vent'anni, a completare l'arteria nel tratto Caselle in Pittari lago Sabetta - Buonabitacolo;

da allora, nel solo tratto terminale, tra gli svincoli di Caselle in Pittari lago Sabetta e Buonabitacolo, circa 15 chilometri, si sono contati decine di incidenti stradali gravissimi e, soprattutto, numerosi morti. Ultimi, in ordine di tempo, sono deceduti, successivamente ad incidente stradale, ivi avvenuto, due bambini di appena due e sette anni. In precedenza, nella notte del 31 agosto 2008, in seguito ad un incidente avvenuto nei pressi dello svincolo di Buonabitacolo, perdevano la vita tre giovani di 22, 23 e 25 anni. Nei trent'anni successivi all'inaugurazione, quindi, il tratto della variante che porta sino a Policastro Bussentino ha contato altre decine di vittime;
la principale arteria di collegamento tra il golfo di Policastro e l'autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria è da sempre considerata strada statale a rischio, in primo luogo, per i numerosi innesti cosiddetti «a raso». L'uscita di Morigerati - Sicilì, in primo luogo, oltre a trovarsi in piena curva, è priva di corsia di accelerazione, così come lo svincolo di Torre Orsaia, il quale non presenta alcuna corsia di accelerazione o decelerazione. Quest'ultimo inoltre, in direzione Nord, consente addirittura l'attraversamento della carreggiata;
lungo l'asse viario della stessa variante strada statale 517 Bussentina sono presenti numerosi accessi in aree private;
in ultimo, il manto stradale della strada statale 517, soprattutto nel tratto Caselle in Pittari - Policastro Bussentino, è, ormai da tempo, interessato da smottamenti e dissesti con conseguenti numerose fratture della carreggiata e pericolosi avvallamenti -:
se il Governo intenda adottare, e in quali tempi, provvedimenti idonei a migliorare, nel suo complesso, la sicurezza della variante strada statale 517 Bussentina;
se il Governo intenda verificare la legittimità dell'iter seguito per il rilascio delle autorizzazioni che hanno consentito l'apertura di molteplici accessi privati dislocati sulle diverse carreggiate della suddetta variante;
se il Governo intenda provvedere ad individuare mezzi e strumenti idonei a garantire la sicurezza e l'osservanza del codice della strada lungo tutto il tratto della variante strada statale 517 Bussentina.
(4-06922)

Risposta. - La strada statale n. 517 «Bussentina» si snoda dalla statale 19, presso Montesano, sino all'innesto con la statale 18 «Tirrena inferiore» per un totale di circa 39 chilometri.
Nella parte terminale del suo percorso dal chilometro 23+700, (svincolo di Sanza) al chilometro 29+500 (in prossimità dello svincolo di Buonabitacolo), l'arteria risulta rinnovata dal mese di luglio 2007.
Il primo tratto dell'arteria, dal chilometro 0+000 al chilometro 13+500, non è stato ancora aggiornato e risale a progetti dei primi anni settanta quando il transito veicolare era oggettivamente più modesto. Lungo questo tratto si trovano gli svincoli di Torre Orsaia e di Morigerati-Sicilì che presentano caratteristiche strutturali inadeguate ai flussi di traffico attuali.
L'Anas ha inserito all'interno del suo «programma di investimenti», finalizzato all'eliminazione delle criticità sulle strade compartimentali, alcuni progetti per la razionalizzazione e la sistemazione sia dello svincolo di Torre Orsaia che di Morigerati- Sicilì.
Per quanto riguarda «l'alta incidentalità» della strada statale 517, si comunica che dai dati forniti dall'Anas risultano segnalati negli ultimi tre anni 6 incidenti gravi, di cui 2 mortali. Appare opportuno precisare che dai rilievi eseguiti dagli organi di Polizia entrambi gli incidenti mortali sono stati causati da comportamenti imprudenti dei conducenti, assolutamente contrari al Codice della strada. L'incidente del 31 agosto 2008 al chilometro 31+500, avvenuto durante la notte, è stato determinato dall'elevata velocità mentre l'incidente del 4 aprile 2010 al chilometro 21+040 è avvenuto dinanzi ad una stazione di servizio

dove il veicolo coinvolto ha eseguito una svolta a sinistra in un tratto contraddistinto dalla presenza di striscia continua che vietava tale manovra.
Per quanto attiene al manto stradale dell'arteria, si informa che l'ANAS provvede periodicamente al ripristino della pavimentazione esistente. Dal 2005 ha provveduto alla sistemazione per tratti saltuari di quasi tutto il tracciato dell'arteria.
Si evidenzia, inoltre, che i dissesti del manto stradale sono stati causati prevalentemente dalle avverse condizioni metereologiche verificatesi nella provincia di Salerno lo scorso inverno. L'Anas ha provveduto all'apposizione della segnaletica stradale di rallentamento, onde garantire la piena sicurezza stradale, attivandosi nel contempo a redigere i relativi progetti di risanamento.
Per quanto riguarda, infine, gli accessi esistenti lungo la statale si evidenzia che la maggior parte di essi è stata autorizzata negli anni settanta-ottanta con l'assoluto rispetto delle normative e delle procedure all'epoca vigenti.
Tuttavia, l'Anas ha comunicato che sta procedendo ad un «censimento» degli accessi presenti lungo la statale al fine di verificare la rispondenza tra lo stato dei luoghi e le autorizzazioni attualmente in essere e in caso di difformità relative all'ampiezza e/o alla destinazione d'uso nonché d'intestatario procederà alle dovute determinazioni, aggiornandone nel contempo gli applicativi gestionali.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

VELTRONI, SARUBBI, BARBIERI, RAO e ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o morbo di Lou Gehrig è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto (motoneuroni), sia centrali - 1° motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia periferici - 2° motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale;
le cause della SLA sono ancora sconosciute, comunque è ormai accertato che la SLA non è dovuta ad una singola causa; si tratta invece di una malattia multifattoriale, determinata cioè dal concorso di più circostanze e le numerose ricerche in corso mirano a chiarire il ruolo di alcuni fattori;
la SLA è una malattia molto difficile da diagnosticare. Oggi non esiste alcun test o procedura per confermare senza alcun dubbio la diagnosi di SLA. È solo attraverso un attento esame clinico, ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto, ed una serie di esami diagnostici per escludere altre patologie che emerge la diagnosi;
gli esiti di studi scientifici commissionati dalla magistratura hanno evidenziato che in Italia su 24 mila calciatori professionisti monitorati tra il 1970 ed il 2001 i casi di SLA finora accertati sono circa 50 con una incidenza media tra le 6 e le 7 volte superiore a quella riscontrata nella popolazione;
tale incremento dell'incidenza media della malattia - anche se in maniera non così accentuata come in Italia - si è riscontrato anche fra i calciatori inglesi;
tutti gli altri sport indagati dagli studi - pallavolo, basket e ciclismo in particolare - non hanno rilevato tale fenomeno;
gli studi clinici finora effettuati non sono stati ancora in grado di chiarire la correlazione fra la suddetta malattia (anche nelle sue varianti Bulbare) e l'incremento numerico di casi insorti fra giocatori professionisti di calcio -:
se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a:
a) porre rimedio alle innumerevoli carenze dell'assistenza domiciliare del paziente affetto da SLA che essendo impossibilitato a recarsi in strutture ospedaliere, necessita di un intervento continuativo da

parte dell'Asl territoriale considerato che su questo punto esistono a tutt'oggi gravi ostacoli di tipo burocratico e normativi, ai quali spesso le regioni non riescono a dare delle soluzioni (ad esempio, la difficile compresenza di medico e infermiere per una semplice somministrazione di antibiotici endovena nei pazienti affetti da Sla, che è necessaria nelle gravi affezioni polmonari);
b) dati gli ultimi sviluppi della ricerca scientifica, concentrare l'attenzione sull'analisi della popolazione calcistica affetta da Sla e verificare le eventuali connessioni con fattori ambientali: pesticidi, diserbanti o popolazione microbica residente presente nei terreni di calcio.
(4-06747)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Ministero della salute rivolge grande attenzione ai pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla): con decreto ministeriale 27 febbraio 2009 ho provveduto ad istituire la consulta delle malattie neuromuscolari, con il compito di acquisire informazioni sulla qualità dell'assistenza erogata nelle diverse aree del paese alle persone con malattie neuro-muscolari gravi progressive, di individuare soluzioni efficaci per affrontare le criticità di maggior rilievo, di fornire indicazioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali appropriati ed efficaci, di promuovere l'istituzione di registri per le patologie neuro-muscolari gravi progressive, nonché di suggerire aree prioritarie per la ricerca di base, la ricerca clinica e lo sviluppo di sistemi tecnologici di supporto.
Le problematiche a cui vanno incontro i pazienti affetti da patologie neuromuscolari, quali la Sla, le distrofie muscolari progressive, l'atrofia muscolare spinale, la sclerosi multipla e la
locked in syndrome, sono state affrontate negli accordi tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 1o agosto 2007, del 26 febbraio 2009 e del 25 marzo 2009, limitatamente alla copertura dei bisogni dei pazienti che versano in una condizione di totale impossibilità di comunicazione, pur mantenendo inalterate le capacità cognitive.
Per gli anni 2007, 2008 e 2009, gli accordi citati hanno previsto un vincolo sulle risorse pari a 10 milioni di euro annui, con lo scopo di incentivare le regioni a dotarsi di comunicatori ad alta tecnologia per contrastare la perdita progressiva della capacità comunicativa dei pazienti e la conseguente, profonda modificazione dello stile di vita e di relazione con la famiglia e con il mondo esterno.
Queste iniziative debbono essere ulteriormente implementate; peraltro, considerata l'esigenza di costruire un percorso assistenziale specifico, ed il suo continuo aggiornamento in relazione all'evolversi delle patologie, si prevede di vincolare, in accordo con le regioni, nell'ambito degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2010, una quota di 20 milioni di euro da destinare a progetti rivolti a realizzare o potenziare percorsi assistenziali domiciliari che consentano una presa in carico globale della persona affetta da malattie neurologiche degenerative ed invalidanti e dei suoi familiari.
In merito all'assistenza domiciliare al paziente affetto da Sla, si segnala che lo schema di provvedimento di revisione dei LEA, predisposto dal Ministero della salute, condiviso con le regioni e trasmesso nel febbraio 2010 al ministero dell'economia e delle finanze per il concerto tecnico, include disposizioni esplicitamente riferite al potenziamento dell'assistenza domiciliare e residenziale. In particolare, per l'ambito domiciliare si prevede l'attivazione di percorsi assistenziali caratterizzati per diversa complessità ed intensità degli interventi in relazione al tipo di patologia, alla fase di evoluzione della malattia, alla progressiva perdita di funzioni e di autonomia, all'evenienza di complicanze e al contesto familiare e socio-ambientale; nelle fasi avanzate della malattia, le cure domiciliari integrate a elevata intensità (III livello) «sono costituite da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico e riabilitativo, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica e fornitura di preparati per nutrizione

artificiale a favore di persone con patologie che, presentando elevato livello di complessità, instabilità clinica e sintomi di difficile controllo, richiedono continuità assistenziale ed interventi programmati articolati sui 7 giorni anche per la necessità di fornire supporto alla famiglia e/o al care-giver. Le cure domiciliari ad elevata intensità sono attivate con le modalità definite dalle regioni e richiedono la valutazione multidimensionale, la presa in carico della persona e la definizione di un «progetto di assistenza individuale» (pai). La responsabilità clinica è affidata al medico di medicina generale, al pediatra di libera scelta o al medico competente per la terapia del dolore e le cure palliative, secondo gli indirizzi regionali».
Per quanto attiene alle iniziative di ricerca, questo ministero finanzia annualmente la ricerca corrente e finalizzata svolta dagli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché la ricerca specifica nel settore del
doping e della tutela sanitaria dell'attività sportiva.
Tra le ricerche presentate e selezionate nell'ambito del bando
antidoping 2005, sono state approvate e finanziate tre ricerche inerenti la Sla e le malattie neurodegenerative in generale, finanziate per un totale di euro 310.000,00. Tra queste, in particolare, risalta la ricerca intitolata «Eccesso di frequenza di Sla fra i calciatori: correlazioni tossico-ambientali e genetiche» condotta dall'azienda ospedaliera San Giovanni Battista di Torino, e finanziata per euro 90.000,00.
Sono in corso ulteriori ricerche, rivolte allo studio dei rapporti tra Sla ed esposizione a farmaci dopanti.
Si fa presente, inoltre, che in occasione dei prossimi bandi per la ricerca sanitaria (corrente e finalizzata) e per la «Ricerca sui farmaci e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini
doping nelle attività sportive» sarà possibile, per gli enti che svolgono attività di ricerca scientifica (aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, consiglio nazionale delle ricerche, istituto superiore di sanità, eccetera) presentare progetti di ricerca sull'argomento.
Per quanto riguarda, in particolare, la maggiore incidenza della Sla tra i calciatori, gli studi scientifici effettuati finora (in Italia è stato condotto nel 2005 un primo studio epidemiologico sui calciatori professionisti italiani ingaggiati in squadre di serie A e B tra il 1970 e il 2001, poi ripetuto e aggiornato nel 2007), hanno evidenziato che tra i calciatori professionisti italiani il rischio di ammalarsi di Sla è di 6,5 volte più alto rispetto al resto della popolazione generale. Studi specifici su ciclisti e giocatori di
basket professionisti hanno escluso casi di Sla tra questi sportivi, e dai risultati sembra emergere che la Sla non possa essere associata all'attività fisica di per sé.
In merito alle cause di insorgenza della malattia, i ricercatori ritengono che esista un'interazione tra la predisposizione genetica ed alcuni fattori ambientali.
Rispetto al problema del rapporto tra calcio e Sla è stato richiesto, per ora senza successo, all'Uefa di promuovere un
dossier a livello europeo, invitando le federazioni calcistiche straniere ad effettuare studi analoghi a quelli effettuati sui calciatori italiani, così da consentire una comparazione del fenomeno su larga scala ed a livello internazionale.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
elemento fondamentale per una corretta e seria politica fiscale è l'equità nei confronti di tutti i contribuenti affinché ciascuno sia soggetto ad un carico fiscale proporzionale ai propri redditi;
è necessario procedere a controlli per verificare la correttezza dei contribuenti;
uno strumento usato a tal fine dall'Amministrazione finanziaria è quello dei cosiddetti «studi di settore» -:
quanti siano stati gli accertamenti emessi dall'Amministrazione finanziaria

negli ultimi dati di cui si dispone di una statistica divisi per province e regioni;
tenuto conto del numero degli addetti alle Agenzie delle Entrate quali siano - rapportati a singole province e regioni - gli «indici di produttività» degli uffici nei confronti dei contribuenti;
quanti siano stati gli accertamenti per incongruenze presentate dai contribuenti con le loro dichiarazioni;
quanti siano i ricorsi presentati alle Commissioni Tributarie contro le determinazioni di studi di settore e quale sia stato il loro esito, almeno per i dati statistici disponibili relativi agli anni scorsi.
(4-03787)

Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, con la quale vengono richieste delucidazioni in merito all'attività di accertamento, l'agenzia delle entrate evidenzia quanto segue.
L'attività di controllo posta in essere dall'agenzia delle entrate nei confronti delle imprese e dei lavoratori autonomi, cui si applicano gli studi di settore, si basa sulla valutazione approfondita del rischio di evasione a livello di singoli comparti economici ed ambiti territoriali e sull'utilizzo mirato degli studi stessi, che rappresentano uno strumento di «orientamento» per la selezione di posizioni a rischio.
Al riguardo, più volte è stato chiarito dall'agenzia che in sede di accertamento è escluso qualsiasi automatismo nell'applicazione degli studi di settore in presenza di non congruità, nel senso che ulteriori elementi acquisiti in fase istruttoria devono poter rafforzare la presunzione di non congruità dei ricavi o compensi dichiarati. Si fa particolarmente riferimento sia ad indicatori di capacità di spesa e di capacità contributiva, riferibili alla/e persona/e fisiche direttamente collegate alla posizione Iva non congrua, sia ad elementi associabili direttamente a quest'ultima.
L'agenzia delle entrate rileva che i risultati ottenuti nel triennio 2007-2009 fanno registrare il miglioramento qualitativo delle attività di controllo, che denota un sempre maggior approfondimento da parte degli uffici nella fase di analisi del rischio e nella selezione dei soggetti, nonché nella successiva fase di gestione del procedimento di accertamento con adesione in contraddittorio con i contribuenti.
In particolare, i risultati ottenuti nell'esercizio 2009 dimostrano che le strutture operative si sono attenute alle direttive della circolare n. 13/E del 9 aprile 2009 (peraltro già contenute in precedenti circolari: n. 110/E del 1999, n. 58/E del 2002, n. 5/E, n. 31/E e n. 38/E del 2008).
Di seguito è riportato un quadro sinottico relativo ai risultati conseguiti nel biennio 2008-2009.

Accertamenti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore

  2008 2009
N. Accertamenti e seguiti 72.956 56.437
Maggiore Imposta Accertata media 6.673 12.802
N. Accertamenti definiti con adesione e con acquiescenza 35.060 24.619
Maggiore Imposta Definita media 2.785 4.410

Al fine di rappresentare i risultati conseguiti nel medesimo biennio 2009-2008 a livello regionale, vengono riportate di seguito due tabelle concernenti il numero degli accertamenti eseguiti e le maggiori imposte accertate medie, nonché il numero degli accertamenti che si sono perfezionati con l'adesione e con l'acquiescenza del contribuente e le relative maggiori imposte definite medie.

Accertamenti eseguiti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore

Direzione regionale Anno 2009 Anno 2008
  Numero
Accertamenti
MIA media Numero
Accertamenti
MIA media
ABRUZZO 1.815 6.430,94 2.422 6.474,61
BASILICATA 824 8.524,22 1.102 5.731,14
BOLZANO (D.P.) 164 10.466,94 226 4.256,04
CALABRIA 2.805 13.616,64 3.088 6.692,03
CAMPANIA 4.520 21.065,12 5.215 8.904,41
EMILIA ROMAGNA 4.857 9.350,94 4.395 6.656,50
FRIULI VENEZIA GIULIA 1.221 9.260,60 1.501 5.278,57
LAZIO 5.646 15.559,60 6.706 8.088,84
LIGURIA 1.757 7.975,19 2.435 7.637,94
LOMBARDIA 5.587 27.352,48 7.914 7.419,72
MARCHE 1.917 9.312,14 1.846 5.108,48
MOLISE 584 15.601,16 973 3.997,02
PIEMONTE 4.340 9.041,41 4.790 6.368,38
PUGLIA 2.414 12.389,15 8.244 6.082,16
SARDEGNA 1.762 9.461,19 2.659 5.464,03
SICILIA 7.269 8.639,42 8.114 5.339,75
TOSCANA 4.040 10.546,18 3.856 8.815,66
TRENTO (D.P.) 375 4.710,21 588 5.956,71
UMBRIA 990 6.873,61 1.008 5.534,56
VALLE D'AOSTA 179 6.498,02 326 4.945,35
VENETO 3.371 8.716,79 5.548 5.682,53
TOTALE AGENZIA 56.437 12.802,45 72.956 6.673,00

Accertamenti eseguiti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore «definiti»

Direzione regionale Anno 2009 Anno 2008
  Numero Accertamenti
definiti per Adesione e Acquiescenza
MIA media Numero Accertamenti definiti
per Adesione e Acquiescenza
MIA media
ABRUZZO 960 2.792,92 1.529 2.449,28
BASILICATA 459 2.869,6 599 1.714,56
BOLZANO (D.P.) 79 4.098,4 113 3.003,52
CALABRIA 783 4.338,3 1.077 2.104,32
CAMPANIA 1.500 5.966,5 2.388 2.927,39
EMILIA ROMAGNA 2.361 4.660,0 2.284 2.997,44
FRIULI VENEZIA GIULIA 635 3.152,4 829 2.330,57
LAZIO 1.826 5.538,5 2.681 3.079,22
LIGURIA 757 4.001,3 1.186 4.044,13
LOMBARDIA 2.130 6.864,3 3.488 3.465,14
MARCHE 890 3.789,98 731 2.534,20
MOLISE 315 2.473,0 506 1.595,04
PIEMONTE 2.109 4.041,2 2.712 2.833,48
PUGLIA 999 4.126,6 3.800 2.430,42
SARDEGNA 791 4.357,6 1.109 2.249,20
SICILIA 2.963 2.883,9 4.029 1.857,13
TOSCANA 1.840 5.049,0 1.782 4.358,36
TRENTO (D.P.) 210 4.490,7 311 3.270,82
UMBRIA 665 3.423,7 614 2.692,75
VALLE D'AOSTA 66 2.988,3 210 2.201,72
VENETO 1.981 4.256,00 3.082 2.889,90
TOTALE AGENZIA 24.619 4.410,27 35.060 2.785,14

Dall'analisi dei dati risulta che, pur in presenza di una diminuzione del numero degli accertamenti nel 2009 rispetto all'anno precedente, stante la maggiore selettività nell'individuazione delle posizioni a rischio tra i «non congrui», si registra a livello nazionale un aumento della maggiore imposta accertata media (la mia media è cresciuta del 48 per cento nel 2009 rispetto all'anno precedente). Anche per la mid media (maggiore imposta definita media) si riscontra nel 2009 un incremento notevole (+ 58 per cento rispetto al 2008).
Per quanto riguarda, infine, l'analisi della congruità e della normalità economica dei soggetti cui si applicano gli studi di settore, statistiche complete corredate da analisi dettagliate, anche a livello territoriale, sono disponibili sul sito
www.finanze.gov.it seguendo il percorso «statistiche fiscali - studi di settore».
In relazione all'attività di accertamento realizzata nell'esercizio 2009 nei confronti dei soggetti risultati non congrui sulla base dell'applicazione degli Siedi di settore è stato, dunque, rilevato che, in relazione al numero complessivo di procedimenti di accertamento con adesione istruiti (n. 56.437), gli istituti definitori (adesione, acquiescenza e conciliazione giudiziale) sono stati utilizzati per il 43 per cento dei casi.
Il 20 per cento riguarda gli accertamenti per i quali i contribuenti hanno instaurato un contenzioso dopo la notifica dell'avviso di accertamento e per i quali i contribuenti, se pur destinatari di un invito formale, non si sono presentati al contraddittorio.
Il 25 per cento riguarda gli accertamenti per i quali non è stato presentato ricorso e relativamente ai quali si sono rese applicabili le procedure per l'iscrizione a ruolo

delle somme dovute (maggiori imposte accertate con relative sanzioni e interessi).
L'11 per cento dei casi attiene agli accertamenti avviati e poi archiviati. Dette archiviazioni, di norma, sono collegate ad evidenti errori materiali commessi dai contribuenti in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi che possono aver inficiato le elaborazioni e le risultanze dell'applicazione degli studi di settore.
Meno dell'1 per cento è costituito dagli accertamenti notificati e poi annullati mediante autotutela.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 8 febbraio 2008 è stato bandito un concorso dall'Agenzia delle entrate prevedendo una distribuzione di 1180 posti per «funzionari amministrativo-tributari» tra le varie regioni italiane;
la selezione si era articolata mediante iniziale «scrematura» dei candidati a partire dal voto di laurea: almeno pari a 100/110, prova scritta teorica svoltasi il 20 giugno 2008, successiva prova scritta oggettivo-attitudinale svoltasi il 18 luglio 2008. A seguire un tirocinio teorico pratico retribuito svoltosi negli uffici locali tra ottobre 2008 e aprile 2009 cui ha fatto seguito una prova orale svoltasi tra il 25 maggio e il 29 luglio 2009;
le singole graduatorie regionali sono già state approvate e pubblicate. La procedura si è definitivamente conclusa con l'approvazione e la pubblicazione dell'ultima graduatoria relativa alla regione Lombardia, avvenuta in data 6 agosto 2009;
il decreto anticrisi n. 78 del 2009, prevede all'articolo 17, comma 7, il divieto per la pubblica amministrazione di procedere a nuove assunzioni. Tra gli enti ai quali il divieto non viene applicato, non viene inclusa l'Agenzia delle entrate, già oggetto di deroghe precedenti e grazie alle quali l'Agenzia ha potuto programmare l'assunzione di personale e bandire il concorso in oggetto (la legge finanziaria 2008 stanziava i fondi per l'assunzione di personale nel triennio 2008-2010). Nello specifico il divieto opera fino a quando non verranno raggiunti i risparmi di spesa stabiliti da apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 30 agosto e per i quali l'Agenzia dovrà relazionare entro il 30 novembre. Nel caso in specie inoltre, trattasi di personale oramai formato da più di un anno e mezzo e per il quale si è già speso una ingente quantità di denaro per tirocinio retribuito, buoni pasto, commissioni esaminatrici eccetera;
ad oggi il decreto non risulta emanato -:
come possa conciliarsi la necessità di contrastare la diffusa pratica dell'evasione fiscale, peraltro ribadita nel decreto anticrisi, se vengono bloccate le assunzioni di personale atto a combatterla;
quale sia il motivo per cui l'Agenzia delle entrate in data 24 dicembre 2008 abbia bandito un secondo concorso per altri 825 funzionari, spendendo ulteriore denaro se i precedenti 1180 candidati non saranno assunti e se non ritenga che sarebbe stato più opportuno terminare la pregressa procedura e poi eventualmente pensare alla copertura di altri posti;
come si possa chiedere a delle persone che hanno sacrificato un anno e mezzo della loro vita in prove scritte e orali, studio, lavoro senza ricevere una adeguata retribuzione, a volte licenziandosi da un posto sicuro per sostenere la prova relativa al tirocinio di sei mesi, di rimanere ora senza occupazione, magari avendo una famiglia a carico.
(4-04278)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 2008 è stato bandito dalla amministrazione della Agenzia delle entrate

un pubblico concorso per la copertura di 1180 posti di «funzionario amministrativo-tributario»;
l'iter concorsuale è stato concluso con a nomina dei vincitori;
le assunzioni dei predetti funzionari sono però state sospese dal decreto n. 78 del 2009;
l'articolo 17, comma 35-bis del predetto decreto prevede una proroga poco chiara per il tirocinio nelle agenzie fiscali. In virtù di tale norma, recentemente l'Agenzia delle entrate ha provveduto a convocare i vincitori del concorso per espletare un secondo periodo di tirocinio dal 21 settembre al 31 dicembre 2009;
il tirocinio è una prova concorsuale oramai già sostenuta dai 1180 vincitori di selezione pubblica che attendono la sottoscrizione del contratto a tempo indeterminato e non la proroga di un istituto già concluso mesi addietro (fine aprile 2009);
i 1180 vincitori di concorso non sono più precari della pubblica amministrazione, né aspiranti tirocinanti, ma vincitori di concorso pubblico;
il tirocinio non fornisce alcuna copertura contributivo-previdenziale né tantomeno quei «poteri» tipici di un funzionario regolarmente assunto tanto è vero che, durante i sei mesi già effettuati, i compiti assegnati di norma erano minimi proprio per l'impossibilità di essere responsabili del procedimento, titolari di quelle facoltà utili ad espletare l'attività di contrasto all'evasione;
il tirocinio è comunque un periodo pagato in misura pari circa al 70 per cento per cento di quanto riceverebbe un funzionario assunto -:
quanto di fatto il Ministero stia risparmiando con questa decisione e se non si ritenga di dover invece finalmente procedere alla assunzione dei predetti 1180 funzionari che con il loro lavoro permetterebbero all'Agenzia una ben più forte azione a livello di lotta all'evasione.
(4-04279)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame l'Agenzia delle entrate ha fatto presente quanto segue.
Il concorso per il reclutamento di 1180 funzionari si è concluso con l'assunzione di tutti i candidati che hanno superato la procedura selettiva (tra cui circa 120 candidati risultati idonei alle prove concorsuali) a decorrere dall'11 gennaio 2010, mentre il concorso riguardante il reclutamento di 825 funzionari è ancora in corso di svolgimento e, al termine della fase del tirocinio, che si concluderà entro la fine del mese di settembre 2010, si svolgeranno le prove orali entro il mese di novembre del 2010.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende da notizie stampa decine di famiglie delle case Armellini di Ostia saranno sfollate perché secondo i vigili del fuoco gli edifici sono a rischio crollo;
il rischio concreto, hanno scritto i vigili del fuoco in un dettagliato rapporto inviato al Campidoglio, è che crollino «i pilastri portanti, con il conseguente collasso di tutto il fabbricato»;
si tratta di un accertamento condotto su tutti gli immobili di proprietà comunale dopo il terremoto che ha distrutto l'Abruzzo;
gli edifici di Ostia che sono stati oggetto di un'ordinanza del sindaco sono stati costruiti negli anni '70 e rientrano quindi in quella tipologia di edifici postbellici (realizzati dal 1945 agli anni 1970), privi di qualità e criteri antisismici, tipologia che comprende ben 47 milioni di vani;

se si considera che il nostro patrimonio edilizio è composto da 120 milioni di vani, oltre un terzo dello stesso sarebbe quindi stato realizzato prima delle leggi antisismiche più severe, con impiantistica obsoleta, usando nel cemento armato, ferro ordinario e senza aderenza migliorata, con scarso rispetto delle regole esecutive, oggi di scarso valore economico -:
se non ritenga il Ministro di dover promuovere sul piano nazionale un monitoraggio di tutti gli edifici, a partire da quelli realizzati dal 1945 agli anni 1970 ed assumere le necessarie iniziative volte ad introdurre il certificato di fabbricato quale documento in cui siano precisati i dati di analisi geotecnica del sottosuolo sui cui insiste l'edificio, la consistenza statica della struttura con dati relativi a idoneità, vulnerabilità, impiantistica e valore culturale dello stesso.
(4-04050)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri del 5 ottobre 2009, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per quanto riguarda la normativa tecnica relativa alla sicurezza statica degli edifici ed alla prevenzione dal rischio sismico, si fa presente che dal 1o giugno 2009 sono vigenti le nuove norme tecniche per le costruzioni, di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008, relative sia alle nuove costruzioni che all'edilizia esistente che costituiscono la normativa più aggiornata in materia.
Tale normativa tecnica ha fatto seguito ai precedenti decreti ministeriali emanati in attuazione della legge 5 novembre 1971, n.1086 recante «Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica» e della legge 2 febbraio 1974, n. 64 «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche» (decreto ministeriale 30 maggio 1974; decreto ministeriale 3 marzo 1975 n. 40; decreto ministeriale 2 luglio 1981; decreto ministeriale 20 novembre 1987; decreto ministeriale 3 dicembre 1987; decreto ministeriale 11 marzo 1988; decreto ministeriale 14 febbraio 1992; decreto ministeriale 9 gennaio 1996; decreto ministeriale 16 gennaio 1996; decreto ministeriale 14 settembre 2005 e relative Circolari esplicative).
Peraltro, si evidenzia che tale attività di monitoraggio deve essere promossa a livello operativo dagli enti locali, secondo le competenze istituzionali in materia di «governo del territorio» di cui al titolo V della Costituzione mentre allo Stato compete definire i criteri fondamentali da porre a base del monitoraggio, al fine di assicurare uniformità di trattamento sull'intero territorio nazionale riguardo al tipo di verifiche da effettuare.
Per quanto concerne il cosiddetto «fascicolo del fabbricato», si sottolinea che la Corte costituzionale è intervenuta sulla materia con la sentenza n. 315 del 2003, si tratta della sentenza con la quale è stata dichiarata l'incostituzionalità degli articoli 4, 5, commi 2 e 3, e 8 della legge regione Campania 22 ottobre 2002, n. 27 (Istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela della pubblica e privata incolumità), a seguito del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sollevato in riferimento agli articoli 3 comma 1, 42, secondo comma, 97, primo comma, e 117, commi secondo lettera
l) e terzo della Costituzione.
Anche la delibera consiliare n. 27 del 2004 del comune di Roma, con la quale, a seguito dell'emanazione della legge regionale del Lazio 12 settembre 2002 n. 31 (Istituzione del fascicolo del fabbricato) il comune aveva istituito il «fascicolo del fabbricato», è stata impugnata e a seguito di ricorso al tribunale amministrativo regionale Lazio è stata dichiarata illegittima. Il Tar Lazio, con la sentenza 12320 del novembre 2006, pur richiamando il principio fondamentale della tutela della pubblica e privata incolumità, ha ribadito le considerazioni espresse dalla Corte costituzionale e di conseguenza l'illegittimità della delibera consiliare. Tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato con la decisione del 26 giugno 2007.


Inoltre, riguardo al «fascicolo del fabbricato» si evidenzia che il Presidente del Consiglio dei ministri ha recentemente impugnato davanti alla Corte costituzionale i provvedimenti legislativi regionali in materia di «Piano casa» che hanno introdotto il fascicolo del fabbricato, come la legge n. 25 del 2009 della regione Basilicata (Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell'economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente) e la legge n. 21 del 2009 della regione Lazio.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le nozioni proprie dell'insegnamento geografico sono propedeutiche alla comprensione dei fenomeni economici ed ecologici che regolano la vita dell'uomo sul pianeta e ne determinano la sopravvivenza;
la geografia dovrebbe essere quindi una materia rilevante nei programmi scolastici considerato il mondo sempre più globale in cui si vive e i problemi legati ai cambiamenti climatici, alle migrazioni di massa, alle guerre sempre più legate alle materie prime;
di fronte alla notizia che il Consiglio dei ministri, in vista dell'approvazione della riforma della scuola superiore, intenderebbe assumere iniziative tali da penalizzare ulteriormente se non togliere del tutto l'insegnamento della geografia l'Associazione italiana insegnanti di geografia e della Società geografica italiana hanno rivolto un appello per scongiurare una simile decisione -:
quali siano le ragioni per un contenimento dell'insegnamento della geografia nelle scuole superiori;
se ritengano di accogliere l'appello dell'Associazione italiana insegnanti di geografia e della Società geografica italiana al mantenimento di questa materia e ad un suo rafforzamento.
(4-05863)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante esprime preoccupazione in ordine alla riduzione dell'insegnamento della geografia, a seguito del riordino delle scuole secondarie di secondo grado.
Preliminarmente si informa che nella
Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 2010, supplemento ordinario n. 128 L, sono stati pubblicati i tre regolamenti di attuazione della riforma della scuola secondaria di secondo grado.
Si fa presente che la geografia non è in alcun modo penalizzata dalla riforma, anzi ne verrà messa più in evidenza l'importanza, soprattutto in riferimento agli obiettivi formativi prefissati ed al raccordo con altre discipline all'interno del piano dell'offerta formativa delle singole scuole.
La geografia fisica e politica è infatti oggetto di studio nel primo ciclo di istruzione i cui risultati molto ambiziosi dovrebbero rendere lo studente, all'ingresso della scuola secondaria di secondo grado, in possesso di competenze di base quali, ad esempio, la migrazione, il popolamento, la globalizzazione.
Inoltre, in base ai quadri orari allegati ai regolamenti di riordino della scuola secondaria di secondo grado, l'insegnamento della geografia è previsto in tutte le articolazioni dei nuovi licei con un carico orario differenziato a seconda della peculiarità dell'indirizzo di studio.
Negli istituti tecnici tale insegnamento è previsto nel primo biennio del settore economico e, in particolare, negli ultimi tre anni dell'indirizzo turistico, dove trova una sua connotazione specifica (geografia turistica).
Le istituzioni scolastiche, in ogni caso, nella loro autonomia, potranno prevedere l'attivazione di tale insegnamento sulla base del piano dell'offerta formativa, nei limiti del contingente di organico assegnato all'istituzione

scolastica, come previsto dall'allegato H al regolamento dei licei.
Si precisa che l'intero percorso di riordino della scuola secondaria di secondo grado verrà seguito da una serie di attività preventive, informative e di vigilanza che garantiscano l'attuazione della riforma e la più ampia partecipazione del mondo della scuola.
Si segnala a tale proposito la nota del 16 giugno 2010 del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avente ad oggetto «misure di accompagnamento al riordino della scuola secondaria superiore - anno scolastico 2010-2011».
Si fa presente infine che il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in data 14 giugno 2010, ha sottoscritto un protocollo d'intesa con la società geografica italiana, che opera nel campo delle scienze geografiche, per interventi in diverse direzioni, quali ad esempio quella di promuovere e monitorare, in stretta connessione con le istituzioni scolastiche, attività di ricerca-azione finalizzate all'elaborazione dei piani di studio ordinamentali.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i porti italiani, per legge, devono dotarsi di un piano regolatore portuale (PRP), da concordare e armonizzare con il piano regolatore generale (PRG) della città;
secondo quanto riporta il settimanale Left del 18 febbraio 2010, a Catania il piano regolatore generale e il piano regolatore portuale sono obsoleti: il piano regolatore generale risale ancora al 1961, subendo numerose varianti, mentre il piano regolatore portuale è del 1978 e mai entrato in funzione anche perché bloccato nel 1985 dalla legge n. 431 (cosiddetta legge Galasso per la tutela sui beni paesaggistici e ambientali) in quanto non prevedeva la tutela del torrente Acquicella, che sbocca accanto al porto;
in questa situazione nel 2001 è stata indetta una gara per la creazione di un grande porto turistico, con circa 1100 posti barca, ciascuno dei quali da affittarsi in media a 5.000 euro l'anno, e che avrebbe dovuto sorgere proprio sul torrente Acquicella, contrariamente a quanto previsto dalla legge Galasso;
è stata istituita una conferenza di servizi (comune, provincia, autorità portuale ed altri) per procedere con la gara, alla quale sono stati sottoposti i piani di cinque società;
la conferenza di servizi li ha esaminati e bocciati tutti, ma è rimasta aperta per ben 8 anni, essendolo tutt'ora, di fatto in violazione del regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997) che disciplina la concessione di beni del demanio marittimo: tale anomalia favorisce, ad avviso degli interroganti, le cinque ditte partecipanti, rimaste le sole in gara per tutti questi anni, ad esclusione di altri possibili concorrenti;
l'autorità portuale proponeva nel 2004 un piano regolatore alla commissione urbanistica del comune, che nel 2007 lo respingeva. Il piano prevedeva l'edificazione sulle banchine portuali di centri commerciali, parcheggi di venti piani e altre amenità per un totale di un milione e centomila metri cubi di cementificazione;
nel 2009 Santo Castiglione, presidente dell'autorità portuale, ha riproposto un piano simile al precedente, che il consiglio comunale non ha ancora discusso;
nel 2007, mentre la gara per il porto turistico è aperta ormai da sei anni, il tribunale amministrativo regionale di Catania ha nominato un commissario ad acta, responsabile per «il procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate

alla nautica da diporto». Il commissario è l'ammiraglio Antonio Zanghì, il quale nel 2001 aveva fatto parte della conferenza di servizi per la famosa gara, in qualità di comandante presso la capitaneria di porto;
l'8 maggio 2009 il commissario ha messo un provvedimento dal quale si apprende che: a) nel 2005 diverse società, che avevano partecipato alla gara del 2001 hanno presentato versioni corrette dei loro progetti; b) in questa occasione veniva nuovamente bocciato il progetto di Acqua Marcia, che presentava ricorso al tribunale amministrativo regionale; c) secondo il commissario, l'Acqua Marcia era stata bocciata per errore, in quanto gli allegati al suo progetto del 2005 erano stati oggetto di una svista; d) il progetto Acqua Marcia viene finalmente considerato come il più meritevole;
secondo il settimanale citato inoltre, la nuova diga foranea, prolungamento del molo di levante del porto di Catania iniziata nel 2001 e non ancora ultimata, è stata realizzata senza la procedura di valutazione d'impatto ambientale (V.I.A.). Essa doveva essere utilizzata per l'attracco di navi container e da trasporto, ma la costruzione ha fatto elevare i fondali rendendo il suo scopo iniziale impossibile. In compenso, la nuova diga è posta di fronte all'area dove dovrebbe sorgere il futuro porto turistico: qualcuno già si chiede se la funzione del nuovo molo non sia stata fin dall'inizio quella di proteggere il porto turistico dai marosi. In tal caso, finanziamenti pubblici sarebbero stati utilizzati per favorire opere di privati -:
quali siano state le modalità di assegnazione dei lavori per la creazione del porto turistico di Catania, e in particolare se tale assegnazione sia avvenuta nonostante l'assenza di un piano regolatore e di fatto in violazione della legge n. 431 del 1985 e del regolamento che disciplina la concessione di beni del demanio marittimo (decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997);
se corrisponda al vero quanto sopra esposto relativamente alla realizzazione della diga foranea sul molo di levante del porto di Catania avvenuta senza procedura di valutazione di impatto ambientale.
(4-06250)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le argomentazioni sostenute nell'interrogazione prendono spunto da quanto riportato nel settimanale
Left del 18 febbraio 2010 in ordine ad un progetto di realizzazione di porto turistico di Catania prodotto anni addietro dall'associazione canottieri riuniti, sotto la gestione dell'autorità marittima e dalla stessa respinto.
Infatti, sono evidenti le similarità delle argomentazioni di censura sull'operato dell'autorità portuale di Catania che non hanno mai trovato corrispondenza nei provvedimenti adottati in sede civile, penale ed amministrativa.
Non ultimo l'esito dell'ispezione ministeriale ordinata con decreto ministeriale 9 aprile 2008 n. 16000/2008/SM.
Nell'ambito della suddetta relazione conclusiva è stata ampiamente verificata la situazione inerente il piano regolatore portuale (Prp) presentato al comune di Catania, nonché in ordine alla vicenda inerente il prolungamento della diga foranea di levante e la valutazione d'impatto ambientale.
Per quanto riguarda la realizzazione del porto turistico si comunica quanto segue:
l'autorità portuale, nelle determinazioni adottate nell'ambito della fase di responsabilità del comune di Catania, nella persona del signor sindaco quale moderatore della conferenza di servizi, non ha fatto altro che attenersi alle indicazioni determinate dal suddetto organo collegiale;
nell'ambito della citata fase procedurale è palese l'atteggiamento inerte dell'amministrazione civica, investita come detto della moderazione e dei meccanismi di attivazione della conferenza di servizi;
l'errata formulazione del verbale di conferenza dei servizi, nonostante l'invito a più riprese inoltrato dall'autorità portuale

di Catania, nella parte in cui si è attribuita a detta autorità portuale la decisione unilaterale di come proseguire l'iter, ha di fatto precostituito il ricorso della Spa Acqua Marcia;
ogni dettaglio della procedura, allo stato degli atti, ivi incluse le osservazioni sopra citate, è stato puntualmente riferito al Commissario
ad acta nominato dal tribunale amministrativo regionale Catania;
il commissario
ad acta, anziché sostituirsi all'inerte azione amministrativa del comune di Catania, nella qualità, si è sostituito all'intera Conferenza dei servizi, assumendosi la competenza tecnico-amministrativa della scelta del miglior progetto in gara, di esclusiva competenza, invece, della conferenza dei servizi, ove rappresentate peraltro tutte le prerogative istituzionali di riferimento (ambientali, di sicurezza della navigazione, urbanistico-edilizie, demaniali, sanitarie, di tutela del torrente Acquicella) che non possono ammettere pronunciamenti sostitutivi;
la mancata comparazione dei progetti, assumendo il commissario
ad acta che non esistesse invece la condizione di cui al secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione, ha potenzialmente creato un nocumento di profilo erariale per l'autorità portuale di Catania, atteso che la licitazione privata tra i concorrenti avrebbe certamente creato le condizioni di una maggiore entrata a titolo di canone concessorio;
se il Tar di Catania ha ritenuto illegittima la richiesta dell'autorità portuale di Catania inerente l'adeguamento dei progetti, peraltro determinata dalla conferenza dei servizi, allora si sarebbe dovuto tornare all'analisi dei progetti iniziali così come sono stati presentati;
a tutt'oggi la mancata definizione dell'
iter precostituisce un potenziale danno economico per l'autorità portuale. Infatti, se l'azione amministrativa della conferenza dei servizi avesse rispettato i termini di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997, l'ente portuale avrebbe, ad oggi, incamerato il canone annuale (non inferiore a 200.000,00 euro annui) da almeno un quinquennio;
nell'ambito della scelta tecnica adottata unilateralmente dal commissario
ad acta, lo stesso ha tenuto conto delle determinazioni del Piano urbanistico attuativo, strumento di variante del Piano regolatore generale comunale adottato dal comune di Catania, benché detto strumento sia stato disapplicato sulle aree di competenza dell'ente portuale dal Tar di Catania, a seguito di ricorso della stessa autorità portuale nell'anno 2007, per avere il comune di Catania disatteso i termini dell'accordo di programma sotteso al detto Pua, nell'ambito del quale le aree demaniali dell'autorità portuale erano state stralciate facendo rinvio ad apposita concertazione tra i due enti;
l'inerzia del comune nella trattazione del piano regolatore portuale, presentato nel febbraio dell'anno 2004, di fatto precostituisce un ulteriore danno non solo per l'autorità portuale ma anche per il potenziale aggiudicatario della procedura in argomento, atteso che la variante proposta inerente la destinazione attuale di darsena peschereccia e diportistica in porto turistico, costituisce il presupposto principale di fattibilità tecnico-amministrativa dell'opera. A tale proposito si ritiene che della materia, almeno stralciando quest'ultimo aspetto, avrebbe dovuto investirsene il commissario
ad acta in quanto il decreto del Presidente della Repubblica 509 del 1997 fornisce proprio ogni strumento per la variazione degli strumenti urbanistici nel cui contesto deve inserirsi l'opera.

Infine, relativamente al prolungamento della diga foranea di levante, si comunica che con dispaccio n. 2107/VIA/A.O.1.3H. del 16 febbraio 2001, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto di non assoggettare l'opera in questione alla procedura di valutazione impatto ambientale nazionale in quanto non costituente variante sostanziale del porto, precisando altresì, che dei 500 metri previsti per la costruzione della diga foranea

risultano essere stati realizzati solamente i primi 300 metri previsti nel progetto di primo stralcio.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in Basilicata le Ferrovie dello Stato hanno avviato nel 1986 la tratta per Ferrandina (20 chilometri), per collegare il Tirreno all'Adriatico;
questa linea è stata quasi ultimata, sotto il profilo strutturale, ma resta ancora incompiuta poiché mancano i binari;
per realizzarla si è scavata la galleria di Miglionico, sei chilometri di terra franosa e gas. Si è costruita la stazione di Matera, ora chiusa e invasa dalle sterpaglie. Si sono realizzati il ponte sulla gravina di Picciano e quello sul fiume Bradano, dove lo scorso 9 marzo il cantiere sullo strapiombo era pericolosamente accessibile attraverso un cancello aperto;
secondo la stima del mensile La nuova ecologia l'investimento sarebbe di 270 milioni di euro -:
di quali elementi il Ministero disponga in merito alla sopracitata opera;
se e quali misure si intendano adottare per quanto concerne l'affidamento dell'opera in questione assicurandone massima trasparenza e conoscibilità.
(4-06607)

Risposta. - La linea ferroviaria Ferrandina-Matera La Martella ha inizio nella stazione di Ferrandina, sulla linea Battipaglia-Potenza-Metaponto, raggiunge Matera La Martella e termina a Venusio. Essa collegherà Matera con Napoli e Metaponto, consentendo l'interscambio fra i vettori di Trenitalia SpA e quelli a scartamento ridotto delle ferrovie Appulo Lucane (Fal), a Venusio.
Ferrovie dello Stato fa sapere che nella tratta Ferrandina-Matera La Martella le opere civili per la costruzione della sede sono state completate unitamente ai lavori per l'adeguamento dell'armamento e dell'apparato per il controllo della circolazione presente nella stazione di Ferrandina. Mentre, per l'attivazione dell'infrastruttura nella tratta stessa è necessario l'attrezzaggio tecnologico e l'adeguamento della galleria Miglionico alle nuove norme di sicurezza.
Si informa, infine, che il contratto di programma 2007-2011, aggiornamento 2009, inserisce l'intervento tra le opere programmatiche con un importo complessivo di 165 milioni di euro.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i pediatri del Mezzogiorno hanno richiamato l'attenzione sui bambini che vivono in prossimità delle discariche e agli inceneritori, perché su di loro si accumulano nuovi fattori di rischio per la salute ancora troppo spesso sottovalutati o ignorati;
nel corso del congresso «Gli Argonauti XI» dell'associazione culturale pediatri (ACP) del Centro Sud, che si è svolto a Napoli, Anna Maria Moschetti, pediatra di famiglia ACP di Palagiano (Taranto), e Raffaele Cioffi, dipartimento di ingegneria dei materiali dell'università Parthenope di Napoli, hanno sottolineato come in Italia esiste un elevato numero di siti contaminati da sottoporre ad operazioni di bonifica, considerando l'enorme quantità di rifiuti speciali, pericolosi e non, smaltiti legalmente o illegalmente sul territorio;
nella sola regione Campania i rifiuti speciali smaltiti illegalmente superano i 14

milioni di tonnellate annui. A questi si aggiungono circa 8.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani prodotti giornalmente e le enormi quantità stoccate sotto forma di «eco balle»;
il problema - hanno spiegato Anna Maria Moschetti e Raffaele Cioffi - è che discariche e inceneritori per le sostanze tossiche rilasciate nell'ambiente sono le pratiche di trattamento dei rifiuti più rischiose per la salute delle popolazioni esposte con rischi per la salute dovuti all'inquinamento ambientale maggiori per le popolazioni più vulnerabili, primi tra tutti i bambini -:
se il Ministro sia al corrente di questa denuncia e quali iniziative conseguenti intenda adottare per individuare e bonificare i terreni avvelenati ed evitare le malattie da inquinamento;
se il Ministero abbia per suo conto provveduto a realizzare studi sul tema del rapporto fra ambiente e salute del bambino.
(4-06904)

Risposta. - Il ministero della salute è a conoscenza della problematica in esame.
Si fa presente che, in base all'attuale disciplina normativa dell'ordinamento del servizio sanitario nazionale ed alla relativa distribuzione delle competenze, le attività di prevenzione volte a tutelare la salute nonché l'attuazione di sistemi di monitoraggio costante, l'informazione tempestiva, ed ogni altra forma di sorveglianza e diffusione di informazioni circa la qualità dell'ambiente nel suo complesso, sono di competenza degli enti territoriali afferenti alle regioni.
Si rappresenta, altresì, che il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è competente sugli interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti inquinati di rilevanza nazionale.
Detto dicastero infatti, ai sensi del regolamento emanato con decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, svolge funzioni in ordine alla definizione dei criteri per l'individuazione dei siti inquinati, messa in sicurezza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale dei siti medesimi, individuando le migliori tecnologie da applicare, con particolare riferimento a suolo, sottosuolo, falda, acque superficiali e sedimenti. È competente, inoltre, in materia di predisposizione, aggiornamento e attuazione del Programma Nazionale di bonifica, di formazione del piano straordinario per la bonifica e il recupero ambientale di aree industriali prioritarie, ivi comprese quelle
ex estrattive minerarie, di verifica dei piani regionali di bonifica, nonché della predisposizione, attuazione e verifica di accordi di programma, convenzioni e contratti.
Espresso quanto sopra, occorre sottolineare che il ministero della salute si è sempre reso disponibile a fornire il supporto tecnico-scientifico necessario, tramite le proprie strutture interne, così come attraverso l'istituto superiore di sanità e l'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, ogni qualvolta ciò sia stato richiesto dagli enti territoriali e/o dalle regioni e che questo dicastero partecipa attivamente ai tavoli istituiti presso il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di migliorare il coordinamento delle politiche ambientali e di tutela della salute.
Ad ogni buon conto, poiché le evidenze di associazione tra inquinamento ambientale e malattia sono molteplici, rendendo sempre più urgente l'esigenza di interventi di prevenzione, il ministero della salute ha ritenuto prioritario migliorare la qualità e la disponibilità delle informazioni epidemiologiche, nonché la capacità di indagine epidemiologica sui rischi per la salute di origine ambientale per le regioni e le ASL, attraverso una serie di progetti finanziati tramite il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), istituito presso il ministero della salute.
Di particolare interesse, in relazione all'argomento oggetto della presente interrogazione, risultano i seguenti progetti, ancorché rivolti alla popolazione in senso generale e non soltanto alla popolazione più vulnerabile primi i bambini.
Inquinamento atmosferico e salute Epiair 2 (svolto da Arpa-Agenzia regionale per la protezione ambientale Piemonte).


Tale progetto si propone di mantenere ed allargare il sistema di sorveglianza degli effetti a breve termine dell'inquinamento atmosferico nelle grandi città italiane, già avviato con il precedente progetto Ccm Epiair 1, individuare la popolazione suscettibile, fornire indicazioni per programmi di prevenzione.
Lo scopo generale del progetto è il mantenimento in Italia sia delle attività correnti di sorveglianza epidemiologica dei danni dell'inquinamento atmosferico, sia di un'azione di valutazione scientifica dell'impatto dell'inquinamento ambientale nella realtà italiana, associato ad una analisi della efficacia dei provvedimenti in atto o previsti per ridurre tale impatto.
Sorveglianza epidemiologica di popolazioni residenti in siti contaminati (svolto da istituto superiore di sanità).
L'obiettivo generale di tale progetto è quello di avviare una permanente attività di sorveglianza epidemiologica, caratterizzata dalla produzione di conoscenze territorializzate in merito allo stato di salute delle popolazioni che risiedono nei siti contaminati di tutte le regioni italiane.
Sorveglianza epidemiologica attraverso il bio-monitoraggio animale di sostanze contaminanti in aree a rischio ambientale (svolto dagli istituti zooprofilattici sperimentali delle regioni Lazio e Toscana).
Obiettivo generale del progetto è lo sviluppo di un modello di bio-monitoraggio animale dei siti inquinati in aree pilota di tre regioni (Lazio, Emilia Romagna e Piemonte), in grado di rilevare precocemente il rischio di un'esposizione umana a sostanze tossiche e di fornire strumenti di intervento per la prevenzione primaria e secondaria.
Valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione esposta a processi di raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti nella regione Campania (svolto da regione Campania).
Tale studio epidemiologico, sulla base della valutazione dei livelli di esposizione, intende verificare l'eventuale associazione causale tra morbilità e residenza (per comprendere anche i siti illegali di smaltimento), così come tra morbilità e contiguità a diverse tipologie di impianti di trasformazione/smaltimento.
Poiché accanto all'esigenza di integrare e coordinare i sistemi di misura ambientali con quelli sulla salute, occorre individuare le potenziali associazioni tra fattori ambientali ed effetti sulla salute, anche su intervalli temporali di lunga durata, il progetto sarà propedeutico alla realizzazione di un osservatorio epidemiologico dedicato.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da più parti sono giunte agli interroganti segnalazioni sull'impiego di diserbanti chimici sulle strade da parte dell'Anas e di varie amministrazioni locali;
la pratica del diserbo è erroneamente considerata un'alternativa alla falciatura per il mantenimento dei bordi stradali -:
di quali dati sia in possesso il Governo in merito al ricorso dei diserbanti lungo le strade da parte dell'Anas e per quanto di propria competenza nei confronti delle amministrazioni locali;
se e come si intenda promuovere la falciatura come alternativa ai diserbanti.
(4-07127)

Risposta. - La manutenzione del verde e la pulizia delle pertinenze lungo le strade statali viene affidata dall'Anas a ditte specializzate ed abilitate che utilizzano, nelle forme e secondo le prescrizioni previste, appositi prodotti consentiti dalla normativa europea, nazionale e regionale vigente, registrati presso il ministero della salute e reperibili in commercio senza la necessità di particolari autorizzazioni per l'acquisto.
Si tratta di prodotti non pesticidi, biodegradabili, solitamente a base di
glyphosate

che non lasciano residui tossici dopo la loro applicazione e vengono utilizzati in percentuali e con modalità tali da non risultare pericolosi né per l'uomo né per l'ambiente.
Questi prodotti, comunemente impiegati anche dagli altri enti gestori di strade, devono avere inoltre le seguenti caratteristiche:
essere registrati per impieghi nel settore civile;
non essere riconosciuti a possibile rischio di effetti cancerogeni dalla commissione consultiva tossicologica nazionale, dal centro studi del ministero della sanità nonché dall'agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro e dall'organizzazione mondiale della sanità;
non riportare in etichetta frasi di rischio per la fauna terrestre ed acquatica nonché per la microfauna e la microflora;
essere distribuiti nel rispetto delle norme stabilite nell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 2361 del 1988 (Zona di rispetto con estensione non inferiore a 200 metri di raggio dal punto di cooptazione delle acque destinate al consumo umano).
Prima dell'inizio dell'uso dei diserbanti l'impresa incaricata comunica regolarmente alla Asl competente per territorio l'elenco dei prodotti e il calendario delle applicazioni programmate ottenendo, laddove previsto dalla normativa regionale, il nulla osta dell'autorità sanitaria.
L'Anas, in qualità di stazione appaltante, verifica l'operato delle imprese esecutrici al fine di rilevare eventuali usi scorretti dei prodotti in violazione dei contratti sottoscritti.
Infine, si rappresenta che l'impiego della falciatura dell'erba in sostituzione dell'uso dei diserbanti non può considerarsi come alternativa, in quanto la gestione delle opere a verde prevede molteplici attività: sfalcio, potatura, taglio delle siepi nonché utilizzo dei diserbanti nelle aree dello spartitraffico centrale e della banchina laterale. Pertanto, l'utilizzo dei diserbanti costituisce una modalità molto limitata nella manutenzione del «verde» sulle infrastrutture stradali rispetto a tutte le altre tipologie d'intervento che vengono utilizzate.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.