XVI LEGISLATURA
TESTO AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE 2010
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nei giorni 29 e 30 agosto 2010 si sono svolte a Roma due giornate di celebrazioni del secondo anniversario del Trattato di Amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamairia Araba libica popolare socialista, sottoscritto a Bengasi il 30 agosto 2008, ratificato con la legge n.7 del 6 febbraio 2009;
il leader libico Muammar El Gheddafi nel corso delle manifestazioni celebrative della giornata d'amicizia ha ricevuto grandi onori quali:
l'incontro nella sede dell'ambasciata libica in Italia di qualche centinaio di ragazze italiane, appositamente selezionate da società italiane di recruitment per hostess, per parlare del mondo dell'Islam;
gli onori militari con l'organizzazione presso la caserma dei carabinieri della parata dei carabinieri a cavallo;
una cena di Stato cui hanno partecipato quasi mille invitati di vari ambienti sociali e imprenditoriali italiani;
in occasione dei suddetti incontri con le ragazze presso l'ambasciata libica il presidente Gheddafi ha invitato l'Europa a «convertirsi all'Islam», provocando reazioni del mondo politico e del mondo cattolico in quanto tale dichiarazione fatta a Roma, sede della Città del Vaticano, e amplificata da gran parte dei media dei molti Paesi arabi, ha assunto un significato particolarmente aggressivo, oltreché offensivo delle tradizioni culturali e religiose europee;
nell'ambito dei colloqui bilaterali di partenariato economico sono state annunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri importanti iniziative commerciali nei settori militari e delle infrastrutture stradali ed energetiche;
l'export di armi, munizioni e tecnologie di difesa è aumentato nel corso del 2009 verso i Paesi dell'Africa settentrionale e del vicino oriente, passando dal 6 per cento del 2008 al 28 per cento e la Libia è nono cliente dell'industria bellica italiana, mentre si è ridotto di quello verso i Paesi UE/NATO, così come risulta dalla «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento nonché dell'esportazione e del transito dei prodotti ad alta tecnologia (anno 2009)» presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri al Parlamento (Doc. LXVII, n. 3) il 30 aprile 2010;
la legge 185 del 1990, articolo 1 comma 6, lettera d), stabilisce il divieto di esportazione ed il transito di armamento verso «Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio D'Europa»;
la Libia non ha mai ratificato la Convezione sullo status dei rifugiati del 1951 e l'UNCHR ha denunciato il divieto delle autorità libiche ad operare nei campi profughi presenti sul suo territorio e il non rispetto di diritti umani, documentando deportazioni e riduzione in schiavitù di richiedenti asilo e status di rifugiato; l'accordo italo-libico sembra essere più un vero e proprio accordo per un solido commercio d'armi che un semplice partneriato d'amicizia e di cooperazione -:
quale sia l'ammontare delle spese sostenute dallo Stato italiano, (che sono parse all'opinione pubblica oggettivamente
smisurate, anche in relazione al momento di restrizioni della spesa pubblica italiana), per le cerimonie della seconda giornata dell'Amicizia italo-libica e a quali fondi sia fatto ricorso e se il reclutamento delle ragazze sia stato pagato anche dal Governo italiano;
se gli accordi commerciali di trasferimento delle tecnologie civili di salvaguardia delle frontiere non possano essere considerati dual e quindi sottoposti alle procedure autorizzative previste dalla legge n. 185 del 1990;
se il pacchetto di cooperazione nel settore della difesa non sia in violazione dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 185 del 1990 per la violazione ripetuta dei diritti umani riguardanti i cittadini dei Paesi dell'Africa e del Medio Oriente che lasciano i loro Stati in preda a guerre intestine, quali ad esempio Sudan, Somalia;
se la presenza di fondi sovrani libici in aziende italiane a capitale pubblico non possa costituire un serio problema riguardante la sicurezza nazionale in settori strategici, quali quello delle telecomunicazioni e dell'energia;
se l'affermazione del Presidente libico che «Il mar Mediterraneo è un mare interno e per questo deve essere libero da flotte militari degli Stati non rivieraschi... che inquinano» auspicando «un'operazione congiunta tra Italia e Libia», non costituisca per la Repubblica italiana un problema riguardante gli obblighi derivanti dal Trattato dell'Alleanza Atlantica.
(2-00814) «Castagnetti, Marco Carra».
Interrogazione a risposta in Commissione:
LENZI e MARIANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di sabato 24 luglio 2010, una violenta tromba d'aria con forte grandinata ha colpito i comuni molisani di Palata, Tavenna, Mafalda, Larino, Rotello e Santa Croce di Magliano, località in gran parte coincidenti con quelle del cratere sismico e ancora alle prese con i problemi legati alla ricostruzione;
a seguito dell'evento calamitoso, il consiglio regionale del Molise nella seduta di martedì 27 luglio 2010 ha votato all'unanimità un ordine del giorno volto a sollecitare l'adozione dello stato di calamità naturale e, nelle more, per l'assunzione di ogni iniziativa utile per affrontare l'emergenza conseguente le eccezionali precipitazioni meteorologiche;
appare necessario l'intervento dello Stato, d'intesa con la regione e le amministrazioni interessate, volto a far fronte a particolare situazione venutasi e verifica nei richiamati comuni -:
quali iniziative intenda assumere al fine di adottare le deliberazioni relative allo stato di calamità naturale, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonché per approntare, in collaborazione con le amministrazioni interessate, le opportune misure necessarie per il ripristino delle condizioni preesistenti le precipitazioni del 24 luglio 2010 e gli eventuali risarcimenti dei soggetti danneggiati.
(5-03369)
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, il Detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, un detenuto di nazionalità tunisina si è tolto la vita la notte scorsa impiccandosi nella sua cella del carcere di Brindisi. L'uomo, un 43enne, in carcere per una condanna per armi, che avrebbe dovuto finire di scontare a maggio del 2012, si è stretto
al collo una maglietta legandola alle sbarre della finestra del bagno della sua cella. Nonostante i soccorsi da parte degli agenti della polizia penitenziaria siano stati immediati per il tunisino non c'è stato nulla da fare;
con lui sono già quattro i detenuti che, nelle carceri della Puglia, si sono tolti la vita: prima di lui si sono impiccati Luigi Colucello di 55 anni, nel carcere di Lecce (12 giugno 2010) e un detenuto straniero di 30 anni, sempre nel carcere di Lecce (28 maggio 2010), mentre Pierpaolo Ciullo, che aveva 39 anni, si è ucciso inalando gas nel carcere di Altamura (Bari) il 2 gennaio 2010;
da inizio anno a livello nazionale salgono così a 40 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (34 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 112 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.710, di cui 596 per suicidio) -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari nella morte del detenuto di nazionalità tunisina;
se non si ritenga oramai indifferibile riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei centri di identificazione ed espulsione in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se si ritenga necessario e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, assumere le opportune iniziative per la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative per stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente assumere un'iniziativa normativa che incentivi il ricorso a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se si ritenga che all'interno delle carceri e dei CIE siano garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08399)
ANDREA ORLANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
alla fine di dicembre 2009 e nei primi giorni del 2010 si sono verificati eventi alluvionali in Liguria e Toscana, regioni per le quali il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo Stato di emergenza pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato 23 gennaio 2010;
le zone alluvionate hanno subito danni ingentissimi, e inoltre necessitano di interventi per la messa in sicurezza degli alvei onde evitare future esondazioni dei corsi d'acqua;
il Sottosegretario Bertolaso, capo del dipartimento della protezione civile, ha più volte assicurato lo stanziamento con decreto interministeriale di 100 milioni per queste aree alluvionate, e intervenendo in aula il 21 gennaio 2010, ha parlato di 5 milioni di euro già stanziati per l'arginatura del fiume Magra nel comune di Ameglia (Sp), aggiungendo che erano già stati stanziati 20 milioni di euro da destinare in parte agli imprenditori che hanno subito dei danni «consegnando di fatto ad ognuno un anticipo abbastanza
considerevole di soldi che consenta loro di pagare i fornitori e di ripartire immediatamente con le proprie attività, nelle more della definitiva quantificazione dei danni e, quindi, poi degli ulteriori stanziamenti che saranno necessari»;
ad oggi non risulta pubblicato alcun decreto che disponga lo stanziamento di quei 100 milioni di euro, che in ogni caso sarebbero una cifra insufficiente, non sono stati stanziati neppure i 5 milioni per la costruzione degli argini del fiume Magra ad Ameglia e non sono stati ancora risarciti i danni subiti dai cittadini e dalle imprese -:
se il Governo abbia intenzione di mantenere la parola data e di disporre lo stanziamento necessario a risarcire i danni provocati dagli eventi alluvionali e con che tempistiche intenda farlo;
se il Governo intenda finanziare lo opere necessarie alla messa in sicurezza di queste aree, e se intenda farlo con tempistiche che consentano la realizzazione di dette opere prima che la stagione autunnale-invernale prossima ventura porti nuove piogge e possibili esondazioni.
(4-08412)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, la notte del 10 agosto 2010 Riccardo Greco, detenuto nel carcere romano di Rebibbia, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella;
il suicidio di Riccardo Greco è solo l'ultimo atto di una tragica serie che sembra non aver fine e che finora ha causato la morte di 3 detenuti in appena una settimana, mentre altri due sono ricoverati all'ospedale in coma irreversibile. Da inizio anno a livello nazionale salgono a 41 i detenuti suicidi (35 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 113 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.711, di cui 597 per suicidio) -:
se il Governo non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità nella morte del signor Riccardo Greco;
se non si ritenga oramai indifferibile fornire elementi sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei CIE in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un «osservatorio» per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione, ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente ricorrere a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se, anche alla luce dei fatti riportati in premessa, si ritenga che all'interno delle carceri e dei CIE siano garantiti i diritti fondamentali della persona.
(4-08468)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il giorno 30 agosto 2010, presso la caserma «Salvo D'Acquisto» di Roma si è svolta la celebrazione della ricorrenza del «trattato di amicizia» italo-libico con la partecipazione di numerose istituzioni e personalità del mondo della finanza e dello spettacolo;
per l'occasione sono state impiegate importanti risorse umane e logistiche dell'Arma dei carabinieri -:
quanti siano stati i militari impegnati nello spettacolo offerto al dittatore libico, quali le risorse e i mezzi messi a disposizione, quale la spesa complessivamente sostenuta per offrire all'ospite un palcoscenico da cui lanciare richieste economiche e minacce verso l'Italia e l'Europa;
se il Presidente del Consiglio interrogato non ritenga opportuno evitare altre simili celebrazioni e sia intenzionato ad assumere atteggiamenti meno accondiscendenti verso quei Governi stranieri dove il rispetto dei diritti umani viene soventemente disatteso o usato per imporre agli Stati confinanti tangenti e balzelli in nome di non meglio precisati accordi di cooperazione;
quale sia l'elenco nominativo degli ospiti partecipanti alla manifestazione e alla cena e quali le motivazioni riferite a ciascuno di essi che ne hanno reso indispensabile la presenza.
(4-08470)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal settimanale L'espresso del 19 agosto 2010, da mesi i sismografi registrano un aumento di attività nel mare a nord della Sicilia e in Calabria. Il risveglio dei terremoti nel basso Tirreno e intorno ai vulcani delle Eolie non comincia quindi con la scossa da 4,5 gradi di lunedì 16 agosto a Lipari;
per il resto si è trattato quasi sempre di scosse di bassa intensità non avvertite dalla popolazione. Tra il 20 luglio e il 3 agosto 2010 quasi tutte le scosse superiori a 2,5 gradi sono state registrate nella zona, secondo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia;
nello stesso periodo in tutta Italia sono stati rilevati 463 terremoti, quasi 30 al giorno. Nei quindici giorni precedenti erano stati 487, con una media di 40 scosse al giorno. La zona di maggior frequenza resta l'Appennino centrale, in un tratto che va da L'Aquila fino all'Alta Val Tiberina in Umbria. Nello stesso periodo numerosi terremoti sono stati registrati nella zona di Forlì, nell'Appennino bolognese e lungo le Alpi;
l'ultimo record sismico in Italia è del 2009: 23 mila terremoti in un anno, 63 al giorno, di cui 17 mila concentrati in Abruzzo. «In Italia l'attività sismica non manca mai indipendentemente dal fatto che possiamo o non possiamo sentire il terremoto», spiega Calvino Gasparini, dirigente delle ricerche dell'Ingv in uno dei video che l'istituto ha caricato su Youtube per sensibilizzare gli italiani;
già dalla scorsa primavera le aree vulcaniche delle isole Eolie e dell'Etna avevano intensificato le sequenze. Gli scienziati però seguono con interesse anche la situazione del basso Tirreno. È la regione in cui la crosta africana si immerge sotto quella tirrenica: qui l'attività può essere originata da terremoti a 200 chilometri di profondità, contro i 19 chilometri della scossa a Lipari e gli 8,8 della scossa più forte in Abruzzo -:
se tali dati siano confermati;
quali iniziative e misure stiano adottando a fronte del registrato aumento di attività sismica nel mare a nord della Sicilia e in Calabria.
(4-08473)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo, pubblicato su Terra di giovedì 12 agosto 2010, di Franco Ortolani, Ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di pianificazione e scienza del territorio presso l'Università di Napoli Federico II, come ogni anno al culmine dell'estate i versanti boschivi della Campania cominciano a essere interessati da vari incendi appiccati da speculatori e parassiti, in un periodo in cui il rischio idrogeologico diventa particolarmente preoccupante perché dopo il grande caldo vi saranno giorni caratterizzati dai primi violenti nubifragi di fine estate-inizio autunno;
le elaborazioni dei dati pluviometrici eseguite dal professor Mazzarella, docente di climatologia presso l'università Federico II, hanno evidenziato che gli eventi piovosi con diverse decine di millimetri di pioggia in poche decine di minuti, nelle ultime decine di anni, si stanno verificando sempre più frequentemente. Si tratta di eventi con intensità mai misurata finora in intervalli di breve durata, come la pioggia caduta tra il 30 e il 31 luglio 2010;
è stato accertato, grazie alle ricerche multidisciplinari pluriennali svolte presso il dipartimento di pianificazione e scienza del territorio, che il comportamento dei versanti rispetto alle precipitazioni cambia drasticamente quando la copertura vegetale viene devastata dagli incendi. Questi, infatti, provocano la distruzione della vegetazione e la formazione di uno strato di cenere finissima che rende momentaneamente impermeabile la superficie del suolo in occasione di violente piogge. Ciò provoca, in concomitanza con eventi piovosi intensi, tipici di questo periodo di transizione climatica, lo scorrimento superficiale delle acque piovane e l'innesco di fenomeni erosivi che modificano le condizioni di stabilità;
l'incendio, inoltre, distruggendo le radici degli alberi, fa venire meno l'azione di ancoraggio del sistema pianta-suolo-roccia; tanto più è precario l'equilibrio preesistente (ad esempio, a monte delle aree abitate e delle vie di comunicazione dichiarate ad alto rischio idrogeologico dalle Autorità di bacino, lungo scarpate dove il suolo viene trattenuto proprio dagli apparati radicali) tanto più è grave la destabilizzazione conseguente all'incendio;
ciò può provocare, in concomitanza con eventi piovosi eccezionali e anche di breve durata, l'innesco di colate di detriti che possono interessare rovinosamente e catastroficamente le aree antropizzate e urbanizzate a valle, danneggiando persone, abitazioni, colture, infrastrutture;
l'acqua di ruscellamento, scorrendo su superfici molto inclinate, tende ad incanalarsi nelle depressioni vallive provocando erosione e trasporto di detriti vari, come tronchi d'albero. Esempi simili si sono verificati negli ultimi anni in Campania nel periodo compreso tra settembre e novembre nelle zone di Montoro Superiore, Montoro Inferiore, Positano, Napoli-Soccavo, Erchie;
il sistema antincendi e di protezione civile regionale della Campania e di altre regioni non è ancora ammodernato e preparato per limitare i danni degli incendi e per far fronte adeguatamente a questo rischio vagante, tipicamente connesso al cambiamento climatico;
le aree potenzialmente pericolose sono quelle ubicate a valle di un versante ripido ricoperto da vegetazione; il pericolo si concentra dove è più alto e boscoso il versante e nelle zone di sbocco di valloni, valloncelli e alvei-strada;
a giudizio del geologo, dopo gli incendi, sarebbe necessario delimitare su carte topografiche di dettaglio le aree percorse dal fuoco, al fine di individuare i bacini imbriferi interessati e conseguentemente le aree urbanizzate, a valle, che potrebbero essere coinvolte da eventuali colate detritiche. Di seguito, sarebbe opportuno
predisporre un piano di protezione civile per le aree potenzialmente interessate dai flussi detritici, da attivare, in sinergia con la protezione civile regionale, in relazione all'andamento delle piogge. Queste andrebbero monitorate con uno strumento dedicato, in modo da attuare le idonee misure di difesa della popolazione;
ricerche innovative hanno evidenziato che le precipitazioni molto intense che hanno innescato le colate detritiche di Montoro Superiore e di Napoli-Soccavo hanno un andamento tipico che può consentire di allertare l'area urbanizzata con 10-20 minuti di anticipo rispetto all'eventuale arrivo di flussi fangoso-detritici: pochi minuti sufficienti a liberare le strade, preventivamente individuate, dalle persone che vi stiano transitando, attuando un piano localmente già messo a punto e verificato con esercitazioni pratiche;
infine, si evidenzia che occorrerebbe anche adeguare la capacità di pronto ed efficace intervento antincendio, specialmente lungo i versanti boschivi incombenti su aree ad alto rischio idrogeologico. Una concreta ed efficace innovazione da introdurre, facilmente realizzabile e non molto costosa, è rappresentata dalla costruzione di una capillare rete di laghetti e vasche antincendio attrezzate adeguatamente e ubicate sugli altopiani in siti sicuri geomorfologicamente e alle quote idonee a consentire un rapido e veloce rifornimento idrico di acqua dolce sia ai mezzi antincendio a pala rotante che ai mezzi terrestri. Ad esempio, per garantire rapidi interventi antincendio in tutta la penisola amalfitano-sorrentina, zona ad elevato rischio idrogeologico ed ogni anno interessata da incendi, sarebbero sufficienti 4 laghetti: questi richiederebbero una spesa complessiva di circa appena 500 mila euro -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza e intendano approfondire le ricerche riportate in premessa;
se intendano promuovere l'adozione di piani preventivi validi per tutte le zone a rischio, al fine di garantire la sicurezza pubblica e la tutela del paesaggio, tenendo in considerazione la pericolosa connessione tra le conseguenze del recente cambiamento climatico e il dissesto idrogeologico che interessa molte aree della penisola.
(4-08474)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito in un articolo pubblicato da L'espresso del 19 agosto, il dipartimento di Guido Bertolaso, in collaborazione con l'Agenzia spaziale italiana, partecipa e finanzia progetti per il monitoraggio satellitare del territorio attraverso le tecniche di interferometria differenziale Sar;
si tratta di un sistema in base al quale un satellite invia un segnale radar e ne riceve il riflesso determinando così la sua distanza da qualunque struttura fissa sulla Terra che non sia coperta da vegetazione, come edifici, monumenti, cime rocciose. Al passaggio successivo, se la struttura riflettente ha subìto un movimento anche nell'ordine di pochi millimetri, il satellite ne registra la variazione della distanza. L'analisi dei dati permette poi di capire se un palazzo si è inclinato rispetto ai punti di riferimento o ha cambiato assetto;
la superficie italiana è costantemente monitorata con un archivio di misurazioni che risale al 1992. La tecnica si basa su una serie di satelliti ad uso civile e militare, in particolare la costellazione del progetto italiano Cosmo SkyMed. Secondo Alessandro Ferretti, amministratore delegato di Telerilevamento Europa, società del Politecnico di Milano che collabora da anni con la Protezione civile, e Claudio Prati, tra i massimi esperti al mondo di radar satellitari, grazie all'interferometria differenziale Sar si è scoperta la storia altimetrica del condominio crollato nel
1998 in via Vigna Giacobini a Roma: «Le misure mostrarono come l'edificio avesse subito i primi cedimenti (spostamenti verticali di circa un centimetro) almeno due mesi prima del crollo»;
l'archivio dei rilevamenti satellitari dopo un altro crollo del 1999 con 62 morti a Foggia, dimostrò che il palazzo aveva cominciato a muoversi con largo anticipo. Tanto che in quell'anno l'allora Sottosegretario all'interno, Franco Barberi, attuale presidente vicario della commissione grandi rischi, disse al Senato: «Si potrà disporre fra non molto di una tecnica per il monitoraggio capillare di molti degli edifici a rischio potenziale»;
da allora la società del Politecnico di Milano lavora in collaborazione con la Protezione civile. Ha tra l'altro misurato la subsidenza costante della città di Rovigo con un abbassamento medio annuale di 1,2 millimetri. E la dilatazione termica in una costruzione nel centro di Parigi: un millimetro. Una conferma delle potenzialità la offre il sito della Protezione civile che spiega come i dati inviati dai satelliti Cosmo SkyMed vengano messi a disposizione entro 24 ore;
l'articolo riferisce di una controversia in corso sulla prevedibilità, in base a tale sistema di rilevamento, della tragedia legata al sisma in Abruzzo -:
con che frequenza vengano consultati questi dati;
quante persone lavorino alla consultazione di questi dati e secondo quali metodologie;
in quanti casi questo genere di importante rilevamento abbia posto le pubbliche amministrazioni in condizioni di prevenire danni, innanzitutto alle persone, da eventi sismici o legati al dissesto idrogeologico;
se un monitoraggio così dettagliato possa mettere in grado la Protezione civile di prevedere danni agli edifici e quindi alle persone.
(4-08478)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione normativa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
secondo un'inchiesta pubblicata su L'Espresso n. 35, sono decine gli uffici fantasma della presidenza del Consiglio che sopravvivono in Italia, nonostante le semplificazioni volute dal Ministro Roberto Calderoli e il taglio degli enti inutili che ha cancellato 480 poltrone giudicate «spreco». Su internet ne compaiono solo una trentina, quelli più attivi, tuttavia, si conterebbero almeno novanta strutture, spesso doppioni di altre, passate incolumi lungo le due Repubbliche;
basti menzionare il fatto che esiste ancora un comitato, inventato nel 1956, con il compito di regolare le trasmissioni della neonata Rai nel territorio di Trieste, diviso in zone dopo la seconda guerra mondiale, sebbene il muro di Berlino sia crollato, i confini non ci siano più e la Slovenia sia parte dell'Unione europea. Ad aprile 2010 il Governo l'ha rinnovato per l'ennesima volta;
un altro esempio: il comitato che ha il compito di attuare gli accordi fra Stato e Chiesa dopo il Concordato del '29, rivisto nel 1984. Gli uffici sono addirittura due: uno studia l'accordo, l'altro si occupa di interpretare eventuali incomprensioni. Si riuniscono al massimo tre volte l'anno, rivelano presso la segreteria;
un altro organismo ancora in vita è l'ente italiano per la montagna, che ad oggi ha cambiato un paio di nomi e subito un taglio di organismi, ma restano in carica un consiglio direttivo e un comitato scientifico, oltre agli immancabili revisori dei conti;
quest'anno i fondi previsti per finanziare questi uffici sono oltre 12 milioni di euro; di cui circa 2,2 servono a elargire gettoni di presenza;
l'articolo evidenzia la crescita delle spese legate a gestioni emergenziali: da un lato viene riportato l'esempio della Protezione civile, la cui struttura di missione messa in piedi per organizzare gli aiuti a L'Aquila ha fatto schizzare i conti di palazzo Chigi da 4,2 miliardi a più di 5 miliardi di euro. Un aumento forse indispensabile. Tuttavia, lo stesso meccanismo viene utilizzato da anni anche per la Torino-Lione, che emergenza non è. Nel 2002 fu nominato un comitato per supportare la delegazione italiana per la Tav, nominata già nel 1996 per velocizzare l'opera. A distanza di 14 anni, non soltanto la Torino-Lione ancora non c'è, ma gli organismi pubblici nel frattempo si sono moltiplicati: «Ora stiamo pagando una commissione che fa consulenza a un commissario. Eppure quel commissario ha già alle sue dipendenze un'altra struttura identica, istituita anche stavolta dalla presidenza del Consiglio, che fa la stessa consulenza», riassumono i giudici contabili. Inoltre, dal 2005 gli esperti sono cresciuti in numero e costi: prima ce n'era uno soltanto, attualmente sono sei;
lo stesso trend della commissione è utilizzato per il recepimento delle direttive europee. Nel 2002, quando l'Italia era appena entrata nell'euro ed era tutto da fare, erano sufficienti 12 esperti per sbrigare le pratiche. Oggi, invece, ne servono 29, spesso incompetenti. Secondo la Corte dei conti, infatti, queste figure tecniche «non sempre presentano i requisiti peculiari dell'istituto e appaiono sovrapponibili a quelli dell'amministrazione». Vi sono dubbi anche sui tempi del mandato: «La durata si protrae a tal punto da non poter essere più definita temporanea»;
con questo meccanismo, ad ogni urgenza corrisponde un nuovo ufficio. Peccato che al termine dell'emergenza l'ufficio rimanga. Durante il Governo Berlusconi, le strutture di missione finanziate sono diventate 24;
per tagliare enti e leggi e ridurre la spesa pubblica, era sorta la cosiddetta «Unità per la semplificazione»: nel giugno 2008 è passata da 12 a 16 componenti. Una squadra di tre dirigenti, pagati per coordinare quattro funzionari, con la possibilità di assumere altri 12 esperti. Anche la struttura che dovrebbe valutare l'impatto finanziario delle leggi nel 2003 contava 15 esperti, oggi ne include 20. Quando il Governo l'ha prorogata, nel maggio 2008, ha addirittura aggiunto un posto da dirigente generale con compiti di studio, cui è seguita la censura della Corte dei conti che già nell'aprile 2009 parlava di «incarichi non giustificabili» -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per l'abolizione degli enti sorpassati e, a giudizio degli interroganti, inutili e gravosi per il bilancio, al fine di operare una drastica ed efficace riduzione della spesa pubblica;
in che tempi e in che modo si intenda ottemperare ai rilievi mossi dalla Corte dei conti;
per quali motivi si sia deciso che la struttura dell'«Unità per la semplificazione» nel giugno 2008 passasse da 12 a 16 componenti, con la possibilità di assumere altri 12 esperti e per quali motivi, nel prorogare, nel maggio 2008, la struttura che dovrebbe valutare l'impatto finanziario delle leggi, si è addirittura aggiunto un posto da dirigente;
se e quali iniziative si intendano adottare per garantire la pubblicità e la trasparenza dei bilanci.
(4-08479)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di giovedì 2 settembre 2010, continuano i roghi nelle province di Napoli e Caserta: a Casacelle, frazione di Giugliano, periferia nord-occidentale di Napoli, un fumo nero si staglia in cielo, visibile da decine di
chilometri di distanza. In fiamme questa volta, oltre a copertoni ed elettrodomestici di vario genere, sono intere carcasse di auto;
quello che si è consumato in Campania durante tutta la stagione estiva, ma che prosegue da anni, è un fenomeno al quale non si riesce a porre freno. Incendi di rifiuti nelle campagne di Napoli e di Caserta, che spesso si consumano senza che alcuno intervenga a spegnerli. Si bruciano scarti industriali e materiali chimici, solventi, colle, lastre di eternit, plastiche, scarti chimici, fanghi. Roghi legati a doppio filo alla criminalità. Auto rubate o da smaltire, come quelle di Casacelle, o quelle da cui far sparire tracce e quelle da cui recuperare materiale ferroso;
il visibile, ai bordi delle strade di campagna, ma spesso anche lungo le arterie di collegamento come le strade provinciali, è composto da elettrodomestici: frigoriferi, lavatrici, tv, computer, monitor, stampanti. L'invisibile è fatto di materiali che escono direttamente da qualche fabbrica e che vengono mimetizzati con altri rifiuti prima di essere dati alle fiamme. In alcuni casi, questa pratica è adoperata per evitare le esplosioni degli agenti chimici: si cerca, pertanto, di attutire l'effetto con copertoni o balle di vestiti;
mentre l'Italia e il mondo sanno che l'emergenza rifiuti è finita, continua a consumarsi una vera e propria tragedia. Un disastro ambientale, per le migliaia di tonnellate di inquinanti dispersi nell'aria, nel suolo e nelle falde acquifere, sanitario, per le ricadute che le sostanze tossiche producono e produrranno sul corpo umano e sugli animali, e politico-istituzionale, per il forte senso di abbandono da parte delle istituzioni e della politica, ormai largamente diffuso tra gli abitanti che convivono con le colonne di fumo;
i luoghi dei roghi sono quasi sempre gli stessi: la zona Asi di Giugliano, via Tre Ponti a Parete, la «Strada della Vergogna», la zona industriale di Marcianise, i tratti che incrociano i Regi lagni a Frignano e Casaluce. I comuni interessati sono decine. I controlli, tuttavia, non si vedono;
lo studio del geologo Giovanni Balestri, contenuto nella relazione consegnata a marzo alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, conferma il dramma ambientale che si sta consumando: nell'area a nord della città, zona ex Resit, «il ritrovamento in falda di sostanze cancerogene quali il tricloro e il tetracloro etilene direttamente e unicamente riconducibili alle attività delle discariche Resit in località Scafarea e alla tipologia dei rifiuti in essa smaltiti (...) comporta l'avvelenamento della falda acquifera sottostante». La contaminazione si estenderebbe «sin oltre i confini provinciali interessando la popolazione di numerose masserie che utilizzano ancora i propri pozzi anche per l'uso alimentare personale. Ugualmente in zona si trovano numerose attività agricole e zootecniche che utilizzano l'acqua estratta da questa falda per l'irrigazione e il beveraggio»;
spiega Amato Lamberti, sociologo, ex presidente della provincia di Napoli e coordinatore dell'Osservatorio contro la camorra: «Secondo uno studio in uscita del Cnr, redatto con l'Università Federico II e il Suor Orsola, al quale ho collaborato insieme ad altri, in alcune zone il tasso di tumori è 30 volte superiore alla media. Ad Acerra, Giugliano e nell'area nord non nascono solo pecore malformate, ma anche bambini malformati»;
«La maggior parte dei residui bruciati sono frutto di lavorazioni tessili e manifatturiere, e pneumatici. Materiali che dovrebbero essere recuperati ma che vengono smaltiti illegalmente perché costa di meno e i controlli sono scarsi», rivela Tommaso Sodano, consigliere provinciale del Prc a Napoli ed ex presidente della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti. «A volte vengono dati pochi spiccioli ai rom per appiccare le fiamme, altre volte intervengono squadre che hanno interesse a far sparire ogni traccia dello smaltimento illecito». Inoltre, vi è il mercato
degli pneumatici, su cui sfugge ogni tipo di controllo: «Ormai sulle strade a scorrimento veloce, come l'Asse mediano, se ne trovano a cumuli. Ma chi controlla le bolle di accompagnamento di questi materiali che andrebbero smaltiti secondo la legge?». Eppure, sarebbero altamente riciclabili. «Al 100 per cento. Se ne potrebbero fare pannelli fonoassorbenti o materiali per l'arredo urbano. In Campania ci sono due imprese di riciclo, ma il paradosso è che hanno difficoltà a reperire materia prima». «Di fatto, i clan sono gli unici ad avere sempre il controllo del territorio». Anche le competenze sovrapposte e spezzettate tra comuni, province e, sulle strade, anche dell'Anas, sono dannose -:
di quali dati disponga il Governo sui fatti riferiti in premessa e ai risultati conseguenti alle misure contenute nel decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, ed in particolare in merito agli incentivi ai cittadini che riciclano i rifiuti e all'avvio di una campagna informativa per sensibilizzare la popolazione a comportamenti più responsabili nella gestione dei rifiuti;
se e come intendano adeguare la normativa a fronte del permanere di una gravissima situazione ambientale e sanitaria;
quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare in merito.
(4-08483)
STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 25 agosto 2010 si sono verificati ad Alzano Lombardo (Bergamo), nell'area circostante lo svolgimento della Bèrghem Fest organizzata dalla Lega Nord, in occasione del dibattito pubblico tra i Ministri Calderoli, Tremonti e Maroni, gravi episodi di turbativa dell'ordine pubblico posti in essere da alcuni soggetti gravitanti nella galassia estrema delle tifoserie calcistiche (in questo caso per lo più atalantina) decisi a contrastare duramente e con atti anche violenti l'introduzione della «tessera del tifoso»;
i contestatori presenti hanno organizzato una manifestazione, dapprima pacifica, ma poi sfociata in disordini e tafferugli gravissimi con auto incendiate, grossi petardi, fumogeni, lanci di sassi e bottiglie all'interno dell'area feste, causando tra l'altro il ferimento di due agenti della polizia locale e uno della Digos;
le forze dell'ordine, attente e schierate in assetto antisommossa, forse presenti in numero inferiore rispetto al necessario, hanno ben operato cercando di limitare la possibilità di movimento degli ultrà in questione che, pero, con l'inganno hanno raggiunto la zona dietro il palco ove si svolgeva il dibattito, e da una cinquantina di metri hanno cominciato a tirare sassi, petardi, fumogeni e bottiglie verso la tensostruttura sotto la quale si trovavano oltre ai citati Ministri pure parecchie persone, anche anziane e famiglie con bambini -:
se non si ritenga opportuno verificare con attenzione quanto accaduto, rendendo nota l'esatta ricostruzione dei fatti, e operando con celerità al fine di individuare, per quanto di competenza, tutti i soggetti che hanno posto in essere azioni violente e che devono necessariamente essere sanzionati e allontanati dal mondo del calcio e delle tifoserie vere.
(4-08484)
CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lunedì 2 agosto 2010, intorno alle 19, sul basso Canavese, provincia di Torino, si è abbattuta una disastrosa tromba d'aria unita a grandine, che ha provocato danni ingentissimi ad abitazioni e capannoni agricoli ed industriali, ha distrutto intere coltivazioni di mais e di interi vigneti di «Erbaluce», vino doc della zona;
i comuni più colpiti sono: Mazzè, Caluso, Montanaro e la parte nord del comune di Chivasso e più precisamente le frazioni Boschetto e Mandria;
i sindaci dei comuni citati in premessa hanno richiesto il riconoscimento dello «stato di calamità» -:
se si sia già provveduto ad una prima valutazione dei danni provocati;
se sì, a quanto ammontino;
se intenda, il Governo, riconoscere il richiesto «stato di calamità»;
come intenda venire incontro finanziariamente alle popolazioni colpite dalla tromba d'aria e dalla violenta grandinata.
(4-08491)
CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
presso il Carcere «Le Vallette» di Torino, lunedì 23 luglio 2010, si è tenuta una manifestazione degli Agenti penitenziari aderenti al sindacato autonomo Osapp, confluiti da tutto il Piemonte e dalla Valle d'Aosta, per denunciare i mali ormai cronici del sistema penitenziario, a cominciare dal sovraffollamento delle carceri e delle carenze degli organici;
i manifestanti chiedevano, altresì, la sostituzione del comandante degli agenti e di alcuni graduati per alcune esternazioni rilasciate e per provvedimenti nei confronti del personale, ritenuti del tutto arbitrari;
la situazione di sovraffollamento delle carceri di tutta Italia, pone le guardie carcerarie in condizioni di sovraccarico di lavoro e di pesante stress giornaliero, tale da rendere il loro lavoro disumano;
la situazione disastrosa, sopra richiamata, regge esclusivamente grazie alla professionalità e all'impegno del personale -:
se il Ministero, intenda provvedere all'assunzione di agenti penitenziari in numero sufficiente a garantire un servizio efficace ed efficiente, in tutte le carceri italiane;
se intenda garantire che la pianta organica del carcere di Torino sia coperta con assoluta urgenza e priorità;
se intenda provvedere all'avvicendamento richiesto dagli agenti manifestanti.
(4-08492)
CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il tribunale amministrativo regionale del Piemonte, nel mese di luglio scorso - a seguito di ricorsi presentati da diverse liste elettorali del centro-sinistra contro altre liste del centro-destra - aveva predisposto il riconteggio delle schede elettorali, dopo l'eliminazione di due liste: «Al Centro con Scanderebech» e «Consumatori», dichiarate illegittime;
la verifica era stata ordinata per salvaguardare la volontà degli elettori che, pur avendo votato per le due liste incriminate, avevano comunque votato anche per l'elezione del candidato a presidente Roberto Cota;
il presidente del tribunale di Torino, Luciano Panzani, all'inizio del mese di agosto, aveva scritto al Ministero della giustizia per chiedere la copertura finanziaria per il trasporto e la sorveglianza dei 2.300 scatoloni conservati in un deposito a Chieri (Torino) alla Fratelli Cervi di Torino, dove verranno suddivisi per le otto circoscrizioni elettorali e da qui trasportati ai vari tribunali del Piemonte e per pagare gli straordinari ai 40 dipendenti del Ministero della giustizia che dovranno effettuare il riconteggio (sono state predisposte 5 postazioni supervisionate da un giudice dell'ufficio elettorale);
il costo del trasporto è stato quantificato dal comune di Torino in 180.000 euro, mentre l'onere per lo straordinario ammonta a 168.000 euro;
il presidente Panzani ha già ricevuto risposta negativa sia dal presidente del consiglio regionale che dalla presidenza della giunta regionale del Piemonte -:
quali siano le ragioni per le quali, ad oggi, il presidente del TAR Piemonte non abbia ancora ottenuta alcuna risposta alla richiesta scritta rivolta al Ministro dal presidente Panzani;
se il Ministero di giustizia intenda provvedere alla copertura finanziaria per le operazioni di riconteggio delle schede elettorali predisposto dal TAR Piemonte;
se sì, entro quali tempi intenda farlo, per non prolungare oltre i tempi stabiliti dal TAR medesimo, le operazioni necessarie per definire il risultato delle elezioni regionali del marzo scorso.
(4-08493)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
stando agli annunci del Governo, come riferito dal quotidiano ecologista Terra, il Sistri, il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti messo a punto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dovrebbe essere operativo dal prossimo 1o ottobre 2010. Tuttavia, per gli oltre 600 mila italiani che saranno costretti a usarlo, risulta ancora un assoluto mistero;
infatti, pochi sanno esattamente come funziona e i test che si sarebbero dovuti svolgere tra luglio e agosto non sono mai partiti;
si tratta di uno strumento concepito per combattere le ecomafie, ma potrebbe rivelarsi un clamoroso fallimento. Inoltre, su di esso, il Governo ha imposto il segreto di Stato, e il Ministro interrogato ha affidato a Luigi Pelaggi, capo della sua segreteria tecnica, il compito di condurre in porto la realizzazione: niente gara pubblica di appalto, assoluta segretezza sui costi, riservatezza massima sui particolari del progetto, che desta numerosi dubbi. I lavori sono stati affidati, tramite trattativa privata, a una controllata del gruppo Finmeccanica: la Selex Service Management, di cui è amministratore delegato Sabatino Stornelli, coinvolto nell'inchiesta sull'appaltopoli all'Aquila e da anni in stretti rapporti con Pelaggi;
il timore di molte ditte del settore è che, per come il Sistri è stato concepito, la società di Finmeccanica possa diventare monopolista nell'ambito dei software ambientali;
conquistata la commessa del Sistri, Sabatino Stornelli ha subappaltato, nel 2009, la realizzazione del software per la tracciabilità dei rifiuti ad Abruzzo Engineering, società in house della regione, di cui la Selex possiede una quota del 30 per cento. Giorni fa, la ditta abruzzese è finita al centro di un'inchiesta della procura dell'Aquila. Secondo i magistrati, l'Abruzzo Engineering sarebbe stato lo strumento utilizzato da Stornelli e da altri imprenditori per infiltrarsi negli appalti post terremoto;
in quanto secretati, i termini dell'appalto del Sistri ovviamente non si conoscono: si è, tuttavia, a conoscenza di una prima tranche di circa 5 milioni di euro per la registrazione del brevetto, versata dallo Stato. Inoltre, secondo stime ufficiose, il Sistri dovrebbe costare ogni anno tra 600 mila e 1 miliardo di euro. Questi finanziamenti sarebbero, in futuro, forniti dalle imprese che adopereranno il software. Gran parte dei profitti andrebbero, pertanto, nelle casse di Selex, che diventerebbe di fatto monopolista nel settore. Le apparecchiature hardware (la scatola nera da installare sui camion e il dispositivo usb) saranno fornite direttamente dal Ministero dall'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che le acquisterà dalla controllata di Finmeccanica. Si prevedono gli stessi sviluppi anche per la gestione successiva del software: la rilevazione satellitare, l'elaborazione dei dati, il monitoraggio del segnale e la manutenzione saranno in carico alla Selex;
molte ditte di software house - tra le quali risultano la Mind Informatica e la Nico srl - hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro la procedura adottata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'assegnazione dei lavori;
vi sono diffusi timori relativi a una non piena conformità del progetto di Stornelli alle indicazioni della direttiva comunitaria. Infatti, nella forma in cui è stato realizzato dalla Selex, il Sistri non si profila solo come un sistema di rilevamento, ma come un vero e proprio software gestionale, che controllerà l'intero processo di smaltimento dei rifiuti delle imprese;
il bacino di utenza sarà estremamente ampio, raccogliendo oltre 600 mila operatori; dai piccoli esercizi commerciali, alle grandi industrie, fino alle ditte di trasporto. Nel momento in cui il Sistri entrerà in vigore, un imprenditore che debba conferire i propri rifiuti speciali, avrà l'obbligo di registrare il quantitativo da smaltire sul sito del Ministero, accedendovi attraverso una chiavetta usb, contenente la sua firma digitale. L'autotrasportatore, che ritira il rifiuto, farà esattamente la stessa cosa, comunicando la quantità e il tipo di materiale tramite internet ed inserendo la propria pen drive, in una scatola nera, posizionata a bordo del camion, che garantirà una tracciabilità in tempo reale del percorso fatto dal camionista;
tuttavia, il sistema potrebbe avere diverse falle, come rilevato anche da Confindustria servizi tecnologici e innovativi, che più volte ha scritto al Ministro interrogato, chiedendo di rivedere il progetto. Uno dei problemi riguarderebbe la parte hardware: le penne usb, secondo l'associazione degli imprenditori, non sono progettate per un utilizzo così frequente e potrebbero rompersi con estrema facilità. In tal caso, si metterebbe «una costante ipoteca sull'operatività degli addetti, che dovrebbero attendere molto più delle 72 ore previste per la sostituzione delle chiavette», spiega un rapporto sul Sistri di Confindustria. Infine, tutto si baserebbe su internet: nonostante ciò, nel progetto non è stata contemplata la possibilità che gli impianti siano senza rete Adsl e i camion possano trovarsi senza segnale -:
di quali elementi dispongano in merito a quanto riportato in premessa;
per quali ragioni sia stato imposto il segreto di Stato sul Sistri e non siano state adottate le procedure normali di appalto;
se non si ritenga, pertanto, opportuno rivedere le procedure di assegnazione del progetto, al fine di promuovere la libera concorrenza nel settore, evitando di compromettere la trasparenza dello stesso progetto;
per quali ragioni, inoltre, i costi e i dettagli del progetto non siano stati resi di pubblico dominio;
per quali ragioni non siano ancora stati effettuati i test previsti per l'estate, considerato che l'avvio del progetto è previsto per l'inizio del mese di ottobre 2010;
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno sostenere le richieste delle diverse ditte di software house che sono state escluse a priori da una gara d'appalto secretata;
di quali dati disponga in merito alle difficoltà rilevate e fatte presenti più volte da Confindustria servizi tecnologici e innovativi, e se non ritenga opportuno rivedere un progetto che a giudizio di molti risulta debole in partenza;
se e quali correttivi si intendano apportare al progetto al fine di renderlo pienamente conforme alle indicazioni della direttiva comunitaria;
quali iniziative intenda adottare al fine di garantire una adeguata preparazione dei lavoratori che dovranno utilizzare il sistema.
(4-08497)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
Carolina Plescia, studentessa italiana laureata a Bologna nel 2009, è attualmente PhD student presso il dipartimento di scienza politica del Trinity College di Dublino con una tesi intitolata Ticket Splitting in Local Election: the Italian subnational Case Study, progetto finanziato dalVIrish Research Council for the Humanities and Social Science, che vorrebbe studiare il sistema di voto disgiunto così come applicato nelle elezioni regionali in Italia;
per compiere lo studio numerosi tentativi sono stati intrapresi per richiedere l'accesso a un campione di schede elettorali votate (relative a un solo comune anche molto piccolo) relative alle trascorse elezioni regionali del 2005. L'accesso ad un campione di schede votate relativo ad un singolo comune è richiesto quale requisito fondamentale per un progetto di ricerca condotto dal Trinity College di Dublino nell'ambito di un progetto di tesi di dottorato finanziato dall'Irish Research Council for the Humanities and Social Science che prevede la creazione di una tecnica di analisi del voto disgiunto. Tale tecnica è già stata impiegata in altri Paesi caratterizzati da un sistema elettorale simile a quello utilizzato per le elezioni regionali italiane quali Germania e Nuova Zelanda. I dati ricavabili da tale accesso verrebbero utilizzati solo e unicamente come conferma alle stime ottenute con la nuova tecnica e verrebbero utilizzati solo a tale fine;
in particolare, sono stati presi contatti con:
il Ministero dell'interno, al quale sono state inviate numerose mail ai recapiti disponibili sul sito istituzionale: dal segretario del Ministro dell'interno fino alla mail dell'archivio ministeriale dei dati elettorali; l'unica risposta pervenuta è stata quella di Nicola D'Amelio, responsabile dell'ufficio dell'archivio storico delle elezioni, il quale ha suggerito di rivolgere le istanze alle sedi locali (tribunali regionali e provinciali, prefetture, singole regioni, uffici elettorali regionali);
gli uffici elettorali regionali e provinciali, in particolare gli uffici elettorali regionali di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Lazio, Toscana Molise; la sola risposta dettagliata è giunta da parte del responsabile dell'ufficio elettorale della regione Toscana (dottore Antonio Floridia) il quale ha precisato che «le schede votate sono racchiuse nei magazzini degli uffici giudiziari che hanno svolto il compito finale di conteggio dei verbali» e che con molta probabilità le schede vengono distrutte una volta svoltesi le elezioni successive; sempre il dottor Floridia ha altresì spiegato che «l'accesso alle schede votate è difficilissimo e molto raro; in pratica accade solo quando vi è un ricorso motivato che spinga a ricontrollare le schede di una sezione elettorale in cui siano state segnalate delle presunte irregolarità»;
gli uffici della Corte di Cassazione e gli uffici elettorali presso le corti d'appello, che hanno fornito risposte contraddittorie: secondo la Cassazione «per le schede elettorali regionali bisogna rivolgersi al Ministero dell'Interno» mentre secondo la Corte d'Appello di Campobasso «le schede elettorali vengono messe a disposizione della Regione (in questo caso il Molise) una volta terminato il lavoro elettorale di competenza della Corte»; le prefetture, le quali non hanno mai fatto pervenire risposta;
l'articolo 9 della Costituzione sancisce che «la Repubblica promuove la ricerca scientifica e tecnica» e l'articolo 97 della Costituzione impone che l'azione amministrativa debba svolgersi secondo regole di buona amministrazione, e che i diversi enti ed istituzioni, tra cui quelli interpellati, dovrebbero agire con spirito di mutua collaborazione fornendo pareri e risposte univoche quando interpellate;
la ricerca oggetto dell'interrogazione si inserisce in un filone di studi in via di completamento che ha già interessato altri Paesi quali gli Stati Uniti d'America, la Germania e la Nuova Zelanda, che hanno garantito l'accesso alle schede elettorali ai soli fini scientifici -:
quali norme o consuetudini regolino l'effettiva possibilità di accesso alle schede votate, con particolare riferimento alla realizzazione di analisi e ricerche di tipo scientifico;
se siano note le ragioni per le quali le numerose amministrazioni interpellate non abbiano saputo fornire risposte univoche ed esaustive per fare fronte alle richieste avanzate;
quali iniziative di competenza intendano intraprendere per favorire l'accesso a tali schede, ove possibile e ove ritenuto necessario, per consentire che anche l'Italia possa essere inserita in un progetto di lavoro di livello internazionale volto allo studio e all'approfondimento dei comportamenti elettorali, studio che, una volta completato anche con i dati italiani, fornirà ulteriori conoscenze sul funzionamento della democrazia in termini generali.
(4-08500)
...
AFFARI ESTERI
Interrogazione a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Mediterraneo è una risorsa comune ed un patrimonio, storico e culturale oltre che ambientale, che, per il suo insieme di biodiversità e ambiente unici al mondo, appartiene a tutta l'umanità e come tale deve essere tutelato e protetto;
sono state annunciate trivellazioni nel golfo della Sirte da parte della Bp;
questa attività potrebbe comportare il danneggiamento dell'intero ecosistema biologico del Mediterraneo, con conseguenze irreparabili sull'ambiente, sul comparto economico e sul sistema turistico di tutti gli Stati che si affacciano su questo mare -:
se e quali politiche si intendano mettere in atto al fine di addivenire ad una normativa unica, comune e condivisa che tuteli, in primis, il Mediterraneo da parte di tutti i Paesi che vi si affacciano con adeguate garanzie in caso di danni ambientali.
(4-08404)
...
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in un canale del lago di Porta nel comune di Montignoso, il 6 agosto 2010 si è registrata una moria di pesci;
centinaia di pesci, di tutte le specie e per oltre 20 chili, sono stati trovati a galla;
sul posto, secondo lanci di agenzia, sono intervenuti, per i primi accertamenti, il consorzio bonifica Versilia-Massaciuccoli, l'Arpat, la Asl1 e la polizia municipale per i primi rilievi -:
di quali elementi disponga il Ministero in relazione alle cause della moria e se quali iniziative siano state assunte a tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
(4-08414)
CAZZOLA e GIAMMANCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la biodiversità è essenziale per conservare la vita sulla Terra e ha un importante valore a livello sociale, economico, scientifico, educativo, culturale, ricreativo ed estetico;
la presa di coscienza della fondamentale importanza biodiversità nella società moderna ha portato, nel corso degli ultimi decenni, le istituzioni internazionali e i governi nazionali a predisporre e poi recepire nei propri ordinamenti, numerosi protocolli, convenzioni e programmi in materia di protezione dell'ambiente degli animali e della biodiversità;
molti di questi atti sono stati recepiti nell'ordinamento italiano ponendo il nostro Paese in prima linea nella difesa dell'ambiente e della biodiversità e per la tutela dei diritti degli animali;
in particolare, si ricordano, per il loro impatto sulla tutela delle specie animali (in particolare dei volatili) e della biodiversità in generale:
la Convenzione di Berna, adottata nel 1979, resa esecutiva dall'Italia con la legge n. 503 del 5 agosto 1981. Sancisce in particolare, la tutela la conservazione della vita delle specie selvatiche e dell'ambiente naturale in Europa;
la Convenzione internazionale per la tutela delle specie migratorie (CSM), sottoscritta a Bonn il 23 giugno 1979, resa esecutiva dall'Italia con la legge 25 gennaio 1983, n. 42. Estende gli obiettivi di conservazione delle specie migratorie e dei loro habitat anche al di fuori dell'ambito europeo;
la Convenzione di Ramsar (Iran), del 2 febbraio 1971, resa esecutiva dall'Italia con il decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 13 marzo 1976 e con il successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 184 dell'11 febbraio 1987. Sancisce, in particolare, la tutela delle zone umide d'importanza internazionale per la protezione degli uccelli acquatici;
il piano d'azione dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, approvato durante la Conferenza su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, «Agenda 21» adottato dai governi di 178 Paesi tra cui l'Italia, che stabilisce i criteri guida per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Il piano stabilisce l'esigenza fondamentale di conservazione in situ degli ecosistemi e degli habitat naturali. L'Italia ha ratificato la Convenzione sulla diversità biologica (CBD) con la legge n. 124 del 14 febbraio 1994;
la legge 6 dicembre 1991, n. 394. «Legge quadro sulle aree protette»;
la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000. Resa esecutiva dall'Italia con la legge 9 gennaio 2006, n. 14. In particolare provvede, tra l'altro, alla tutela sia dei paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana;
la direttiva 79/409/CEE - «Uccelli» che sancisce la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici europei, prevedendo l'istituzione di zone a protezione speciale (ZPS), e la direttiva 92/43/CEE - «habitat», che rappresenta l'evoluzione della convenzione di Berna, ed è la normativa di recepimento a livello europeo della Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro. Entrambe le direttive sono state recepite dall'Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
nonostante i numerosi protocolli ed intese internazionali a cui il nostro Paese ha voluto aderire ed il quadro normativo in materia di ambiente, protezione delle specie animali e della biodiversità, segno quindi della sempre maggiore consapevolezza dell'importanza che tali principi ed azioni conseguenti hanno assunto nella nostra società, ancora oggi, molte specie animali sono in pericolo a causa delle attività umane, dell'inquinamento, delle
devastazioni del territorio e di ogni altra offesa recata all'equilibrio del territorio;
il Governo italiano, anche in ottemperanza alle convenzioni internazionali a protezione dell'ambiente e degli animali, ha adottato - e mantiene in linea con gli orientamenti internazionali derivanti da azioni di costante monitoraggio dello stato di «salute» del pianeta - linee di azione e politiche coerenti anche in riferimento alla salvaguardia della biodiversità;
nel mese di agosto 2010 i mezzi di informazione hanno dato notizia di una delibera dell'amministrazione comunale di Venezia volta ad «affamare» i piccioni di piazza S. Marco, nonostante che la loro massiccia presenza costituisca un aspetto tradizionale di quella città e dunque un «elemento» inscindibile dal «paesaggio della vita quotidiana» cittadina;
anche in altre città sono state assunte decisioni per la riduzione del numero dei piccioni e delle specie ad essi assimilabili (in passato anche attraverso l'abbattimento) con l'obiettivo di contrastare l'imbrattamento dei monumenti. L'agenzia di stampa nazionale Ansa, ad esempio, sempre nel mese di agosto, ha diffuso una notizia secondo la quale ci sarebbero «Troppi piccioni nelle città» e sarebbero «troppo blande le misure di controllo o contenimento concesse dalla normativa», per tal motivo - sottolinea la nota - 12 sindaci della provincia di Grosseto, fra i quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli (sindaco di Orbetello), hanno rivolto un appello al «Legislatore, regionale o nazionale che sia, per strumenti normativi in grado di rafforzare le politiche di contenimento demografico di questi volatili». Questo sebbene anche i colombi cittadini siano una specie tutelata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni e integrazioni, sulla tutela della fauna selvatica, e quindi da considerarsi «patrimonio indisponibile dello Stato»;
in particolare l'articolo 19 della legge n. 157 sopra citata, assegna in via esclusiva alle regioni la competenza per i controlli sulla fauna selvatica, ma stabilisce che il controllo esercitato selettivamente sia praticato in via generale con metodi ecologici su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, oggi Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), e che solo dove l'istituto verifichi l'inefficacia di questi metodi le regioni possono autorizzare piani di abbattimento;
la più recente legge 20 luglio 2004, n. 189 (maltrattamento e uccisione di animali) ha rafforzato la tutela degli animali, è applicabile anche ai colombi e alle specie ad essi assimilate;
in particolare, il T.A.R. Veneto, sezione II - 24 ottobre 2008, con la sentenza n. 3274 ha chiarito il principio sopra espresso, dichiarando illegittima un'ordinanza sindacale di abbattimento dei piccioni (provvedimento comunale 6 giugno 2008 n. 867 del comune di Ronco all'Adige), stabilendo che i sindaci non hanno il potere di consentire la caccia ai colombi di città, e che il contenimento delle specie selvatiche, tra cui i colombi torraioli, deve avvenire con mezzi ecologici e solo le regioni possono attuare piani di abbattimento, constatata l'inadeguatezza dei metodi ecologici;
non solo i piccioni, o i volatili ad essi assimilabili, sono la causa di un degrado urbano sempre più imputabile all'azione dell'uomo -:
quali siano gli orientamenti e le eventuali iniziative di competenza che il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di evitare lo sterminio dei piccioni di piazza e degli altri volatili assimilabili, anche in considerazione delle norme vigenti, delle convenzioni e dei protocolli internazionali per la tutela dell'ambiente e della biodiversità che l'Italia ha ratificato e reso esecutive nel proprio ordinamento, visto che anche tale tipologia di volatili, fino a prova contraria, fa parte a pieno diritto della biodiversità caratteristica dell'habitat naturale, anche cittadino, in cui
vivono e rappresentano un elemento inscindibile dal «paesaggio della vita quotidiana».
(4-08420)
MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'isola di Pianosa fa parte del Parco nazionale dell'arcipelago toscano; la fascia marina a 1 miglio dalla costa è area marina protetta;
l'isola è attualmente di proprietà del demanio e, fino all'interruzione dell'attività carceraria, il Ministero della giustizia ne è stato l'affidatario;
il degrado delle proprietà immobiliari e delle strutture presenti sull'isola sta mettendo a repentaglio l'ingente patrimonio storico culturale architettonico;
l'intera area è vincolata, con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali, come sito archeologico e paleontologico;
il comune di Campo nell'Elba si è già reso disponibile per assumere a proprio carico la gestione delle strutture e del territorio nella manutenzione e nella gestione dello stesso;
dalla cronaca di questi mesi estivi, si evince l'incapacità di far rispettare i parametri di flusso turistico, che per regolamento non deve superare le 250 unità giornaliere, che ha comportato un degrado delle strutture e una inadeguatezza dei servizi a supporto dei visitatori -:
quali iniziative si intendano assumere al fine di verificare i risultati dell'attuale gestione in termini di salvaguardia del patrimonio storico-culturale ed ambientale;
se, nell'ambito di tali iniziative, sia possibile una specifica ispezione dei Ministeri competenti;
se, nell'ambito dei decreti attuativi del «federalismo demaniale» siano ravvisabili nella fattispecie in oggetto i presupposti tecnico-giuridici per un trasferimento al comune di Campo nell'Elba della proprietà o comunque della gestione dell'isola di Pianosa.
(4-08421)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel sito giornalistico www.geapress.org, specializzato sui temi della protezione degli animali e dell'ambiente, è stato pubblicato il giorno 19 agosto 2010 un servizio che mostrava venti foto di animali morti verosimilmente in uno zoo italiano;
nel servizio in questione non veniva indicato il nome dello zoo, in quanto sconosciuto, ma veniva riferito, in base ad alcuni particolari mostrati nelle fotografie, la probabile provenienza italiana;
in particolare sigle di provincia o comunque estremi di ditte italiane apparivano in scritte di alcuni sacchi adiacenti alle numerose carcasse degli animali;
le fotografie mostravano numerosi animali esotici di grossa taglia, alcuni dei quali orrendamente sventrati o privati di teste;
alcuni animali erano fotografati all'interno di alcuni vani assieme ad alimenti, tipo pane custodito in plastica, o parti di macellazione all'interno di cassette di plastica;
altri animali erano fotografati in esterni, adagiati o più propriamente gettati, in terreno fangoso;
appariva visibile in modo particolare un grosso scimpanzè fatto questo che dovrebbe limitare notevolmente la localizzazione di tale zoo, essendo notoriamente le strutture italiane con tali animali limitate a pochissime unità;
quello che più appariva evidente erano le disastrose condizioni igieniche del luogo, non giustificabili neanche se scattate in una grande cella frigorifera, almeno per le carcasse di animali detenute all'interno delle stanze;
apparivano evidenti tracce organiche accanto ai cadaveri, cassette di cibo o presunto tale ed altre di animali macellati -:
quali siano il nome, l'ubicazione e gli scopi di tale struttura;
quali siano i risultati relativi all'accertamento delle cause di morte di tutti gli animali mostrati nelle foto pubblicate nel sito giornalistico;
quali siano le motivazioni che hanno determinato la conservazione dei cadaveri in condizioni a dir poco aberranti, ivi compresi quelli rinvenuti mutilati o sventrati;
quali siano le motivazioni per le quali alcuni dei cadaveri si presentavano mutilati o sventrati;
se non si ritenga di dover intervenire adoperandosi affinché per tale struttura, una volta individuata, ne venga disposta la chiusura.
(4-08476)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 27 agosto è di nuovo scattato l'allarme inquinamento per il Lambro che segue al disastro ambientale del febbraio 2010 quando nelle acque del fiume si riversarono tonnellate di idrocarburi fuoriusciti dai depositi della raffineria Lombarda Petroli che poi arrivarono al Po;
il Lambro si è infatti nuovamente colorato di nero all'altezza di Briosco, in provincia di Monza e Brianza per il sovraccarico di uno scolmatore fognario all'altezza di Briosco dovuto alle forti piogge delle ultime settimane, secondo quanto fatto sapere dalla direzione dell'Alsi, proprietaria del collettore, in concomitanza con il lavaggio di alcuni impianti, probabilmente di tintoria, che vengono normalmente effettuati alla fine di agosto;
al di là della pioggia, ad avviso degli interroganti, all'origine di questi episodi vi è anche l'eccessiva occupazione urbana ed industriale della zona -:
di quali notizie disponga in merito il Governo, con particolare riferimento all'eventuale predisposizione di un piano di interventi per ridimensionare il sistema fognario e di depurazione ai livelli della popolazione attuale e agli altri interventi previsti.
(4-08477)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la legge 8 luglio 1986, n. 349 «Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale» stabilisce, all'articolo 1, comma 6, che il Ministero presenta al Parlamento ogni due anni una relazione sullo stato dell'ambiente;
il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, all'articolo 10, comma 4, precisa che la relazione sullo stato dell'ambiente, prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, è pubblicata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con modalità atte a garantire l'effettiva disponibilità al pubblico;
sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non risultano effettivamente reperibili tutte le relazioni sullo stato dell'ambiente presentate dai competenti Ministri negli ultimi anni;
sui principali motori di ricerca inserendo le parole «relazione stato ambiente» è possibile trovare i collegamenti ai rapporti sullo stato dell'ambiente delle
agenzie regionali per l'ambiente, le statistiche ambientali dell'Ispra e dell'Istat, ma non le relazioni sullo Stato dell'ambiente predisposte e presentate al Parlamento da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare -:
in che modo intenda assicurare l'effettiva disponibilità al pubblico delle relazioni sullo stato dell'ambiente, presentate al Parlamento dall'entrata in vigore della disposizione normativa a oggi;
se intenda promuovere un'iniziativa congiunta con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza Stato-regioni, con l'obiettivo di costruire una contabilità urbanistico/ambientale riferita all'intero territorio nazionale, da rendere pubblica e costantemente aggiornata che, da una parte, restituisca lo stato delle componenti naturali (acqua, aria e suolo) maggiormente impattanti sulla salute dei cittadini, e dall'altra, descriva, attraverso un set di indicatori di outcome stabiliti a livello nazionale, il quadro di vita dentro il quale i cittadini si organizzano rispetto ai propri principali bisogni, e misuri le prestazioni che l'azione pubblica, condotta nel suo complesso dai diversi soggetti preposti al governo del territorio e alla tutela delle principali risorse naturali, assicura rispetto alle disposizioni di rango costituzionale in materia di protezione dell'ambiente e dell'ecosistema e di garanzia, rispetto all'intero territorio nazionale, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
(4-08480)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel dossier presentato dal Wwf alla magistratura sulla situazione del torrente Vibrata (Abruzzo), in seguito ai numerosi casi di enterite registrati nei giorni scorsi nei comuni di Alba Adriatica e Martinsicuro, bagnati dal torrente Vibrata, si legge che «l'inquinamento da scarichi fognari non trattati è una delle cause più frequenti delle enteriti virali»;
al contrario di quanto dichiarato alla stampa da autorevoli rappresentanti di amministrazioni pubbliche, il documento, ricco di dati tratti da pubblicazioni scientifiche, dimostrerebbe una correlazione diretta tra l'inquinamento delle acque da scarichi non trattati ed enteriti virali, causate anche da rotavirus;
secondo Augusto De Sanctis, referente acque del Wwf Abruzzo, le istituzioni avrebbero liquidato la questione con troppa velocità, affermando soltanto che le gastroenteriti sono state causate da rotavirus, mentre nelle acque analizzate sono stati rinvenuti colibatteri;
infatti, le analisi effettuate dall'Arta (Agenzia regionale di tutela ambientale) nel torrente Vibrata, hanno confermato elevate concentrazioni di escherichia coli, azoto ammoniacale ed enterococchi, probabile conseguenza di sversamenti di liquami dovuti al malfunzionamento del depuratore consortile e ad alcuni scarichi abusivi individuati dalla polizia provinciale;
«Bisogna lavorare - ha dichiarato De Sanctis - per individuare responsabilità e punti di criticità». L'associazione ambientalista denuncia l'indifferenza «di amministratori che solo ora stanno prendendo posizione a vario titolo su questa vicenda» e punta il dito su gravi ritardi nella realizzazione, da parte della regione, del piano di tutela delle acque, adottato solo poche settimane fa. La procura di Teramo, intanto, ha aperto un'inchiesta sulla vicenda e per 300 metri a sud e 250 a nord dalla foce del torrente inquinato è scattato il divieto di balneazione -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno monitorare le necessarie operazioni di bonifica del sito nonché le attività volte all'individuazione delle cause, al fine di salvaguardare l'ambiente e la salute pubblica.
(4-08482)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
PILI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Cabras Cristiano Carrus e l'assessore comunale Sergio Troncia hanno rivolto all'interrogante l'appello di un'intera comunità affinché le statue dei giganti di Monte Prama trovino accoglienza nel comune dove è stato fatto lo straordinario ritrovamento;
i giganti di Monte Prama assieme alla testa di Narbolia sono sculture sarde i cui frammenti sono stati trovati casualmente nel marzo del 1974 presso un terreno agricolo del comune di Cabras, in provincia di Oristano;
attualmente è in corso il loro restauro mediante l'assemblaggio di circa 5172 frammenti, tra i quali 15 teste, e 22 busti. A seconda delle ipotesi, la datazione, oscilla dal VIII secolo a.C. al IX o addirittura al X secolo a.C., ipotesi che ne fanno comunque le più antiche statue del bacino mediterraneo occidentale, ed antecedenti ai Kouroi greci. Dalle valutazioni più recenti si stima che i frammenti appartengano a circa 40 statue. Finora sono state individuate e restaurate 25 figure umane e 13 modelli di Nuraghe. Sono inoltre stati rinvenuti diversi betili del tipo cosiddetto Oraggiana;
le statue furono rinvenute presso quella che poi si rivelerà una necropoli formata da 33 tombe a pozzetto irregolare e prive di corredo funerario eccetto che per uno scarabeo. La necropoli di Monte Prama si trova in un territorio che registra un'altissima densità di monumenti nuragici. Quasi ogni rilievo collinare ha sulla sua sommità un nuraghe, di dimensioni variabili. Il colle Monte Prama ne ha uno; immediatamente di fronte, spostato a sud di poche centinaia di metri, si trova il Nuraghe Cann'e Vadosu dopo pochi altri centinaia di metri un altro e così via. Non di molto distante c'è poi un monumento imponente e gigantesco: il nuraghe S'Uraki di San Vero Milis, spostato a circa chilometri 13 a nord-est rispetto alla necropoli;
l'altezza delle statue non è mai inferiore ai 2 metri e talvolta giunge ai 2,50 metri. Sono state scolpite su pietra di arenaria estratta da cave nei pressi di Oristano. Raffigurano pugili, arcieri e guerrieri, tutti in posizione eretta;
si tratta di statue fortemente stilizzate e geometriche improntate a quello che gli studiosi definiscono lo stile dedalico, che le rende un modello unico nel panorama mediterraneo e mondiale;
la tipologia e il numero dei frammenti, così come il loro stato di conservazione, fanno di questo ritrovamento uno degli eventi culturali più importanti di fine millennio;
le statue, di dimensioni monumentali, rappresentano la manifestazione di una civiltà che non ha uguali in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo e proiettano nuova luce sull'arte e la cultura delle popolazioni della Sardegna;
i frammenti delle sculture di Monte 'e Prama sono raccolte nel Centro di conservazione e restauro di Sassari, a Li Punti;
l'attuale intervento di conservazione e restauro comprende anche alcuni frammenti già restaurati negli anni settanta;
le sculture di Monte 'e Prama costituiscono una manifestazione molto significativa dell'arte antica, in quanto materializzano in un'unica collezione valori storico-archeologici e artistici;
la salvaguardia, lo studio, la conoscenza e la divulgazione di tutto questo sono il presupposto del progetto culturale concepito con l'obiettivo di facilitare il passaggio dei 4880 frammenti lapidei dal loro attuale stato di reperti a quello di attori protagonisti del patrimonio culturale regionale;
il Centro di conservazione archeologica opera nel settore delle conservazione archeologica e fin dai progetti eseguiti nei primi anni '80 ha investito grandi risorse nel trasformare gli interventi di restauro tipicamente tecnici, in programmi dal forte contenuto culturale: sono di quella data le prime aperture al pubblico dei cantieri, le iniziative di sensibilizzazione dei cittadini e dei media e di divulgazione;
il sindaco di Cabras e l'intera amministrazione comunale con il sostegno di quella provinciale hanno chiesto l'intervento del Ministro per i beni e le attività culturali affinché venga definito un piano culturale espositivo che riporti nel luogo del ritrovamento le straordinarie statue di Monte 'e Prama;
le amministrazioni statali hanno promosso un incontro al fine di esaminare la questione;
l'amministrazione comunale ha espresso la propria insoddisfazione perché non sarebbe stata prospettata nessuna ipotesi di allocazione del patrimonio nel luogo del ritrovamento;
la collocazione nel comune di Cabras, nel luogo e nelle modalità da definire, è quella più naturale e costituirebbe la più consona valorizzazione delle statue nell'ambito dello straordinario contesto paesaggistico, archeologico e culturale del Sinis;
risulterebbe del tutto incomprensibile una sistemazione del patrimonio in un sito diverso, considerato che il contesto storico in cui le statue si inseriscono è unico ed esclusivo;
una decisione di diversa natura vedrebbe il comune di Cabras, l'intera provincia di Oristano ma la Sardegna tutta schierarsi contro una decisione illogica e irrispettosa della storia, fuori dal contesto ambientale e naturale in cui l'eccezionale ritrovamento è stato fatto;
l'esigenza di ricomporre l'unitarietà, sia sul piano storico che culturale, del grande patrimonio archeologico del Sinis rappresenta un obiettivo irrinunciabile anche sul piano economico e strategico per la crescita di quel territorio, vero museo a cielo aperto del Mediterraneo -:
se non ritenga di dover promuovere un incontro con gli amministratori comunali di Cabras e della provincia di Oristano al fine di definire un percorso di valorizzazione dell'immenso patrimonio dei giganti di Monte 'e Prama a partire dalla sistemazione degli stessi nel loro contesto naturale;
se non ritenga di dover intervenire affinché nessuna iniziativa venga assunta in contrasto con le comunità locali e con le legittime aspettative delle stesse;
se non ritenga di dover valutare tutte le possibili soluzioni al fine di riallocare nel luogo originario le statue e predisporre, con gli organi competenti e di concerto con le amministrazioni locali, un piano di valorizzazione e promozione delle stesse;
se non ritenga di dover promuovere un intervento finanziario al fine di individuare le soluzioni logistiche più idonee e adeguate per la riallocazione delle statue nel territorio nel quale sono state rinvenute.
(4-08430)
...
DIFESA
Interrogazioni a risposta scritta:
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel supplemento n. 002 all'ordine del giorno n. 210 del 29 luglio scorso, intitolato «Limitazioni ai diritti costituzionali dei militari», emanato dal comandante del reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo presso l'aeroporto militare Decimomannu, si legge che «Lo Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, a
seguito dell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Beltrandi con la quale sono state rappresentate al signor Ministro della difesa talune problematiche concernenti le limitazioni in titolo, ha ritenuto opportuno dare massima diffusione alla risposta data in Parlamento significando che la stessa può costituire un utile strumento di approfondimento della delicata e complessa materia trattata»;
il Ministro interrogato nel fornire risposta all'interrogazione n. 4-01824 ha voluto rimarcare quanto la giurisprudenza avrebbe affermato con riguardo ai doveri derivanti dallo status militare, secondo cui «...agli agenti militari può farsi carico d'un dovere di riservatezza ignoto al comune cittadino (...) essi debbono accertarsi del pensiero dei superiori, chiedendo l'autorizzazione ad esprimere il proprio...», omettendo tuttavia di ricordare anche che i medesimi giudici amministrativi hanno stabilito che nel concetto di riservatezza di cui all'articolo 9 della legge 11 luglio 1978, n. 382 «non possono essere inclusi ogni forma di attività e ogni aspetto del servizio, specialmente se normali e notori» (Cons. Stato, Sezione IV, 24 gennaio 1985, n. 19);
appaiono estremamente fuorvianti e, secondo gli interroganti intimidatori, i riferimenti alle disposizioni contenute nel codice penale e nel codice penale militare di pace ove si consideri che l'interrogazione a cui fa riferimento il supplemento all'ordine del giorno citato verteva su questioni attinenti alla corretta fruibilità dei diritti di cui agli articoli 21 e 50 della Costituzione;
non risulta essere stata data la medesima pubblicità ai molteplici atti parlamentari che gli interroganti hanno presentato, su indicazione del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), sui diritti dei militari con particolare riferimento a quelli politici e a quelli sindacali che per loro natura costituiscono concreti atti di indirizzo politico, parimenti utili a fornire al personale militare un adeguato strumento di approfondimento della delicata materia in essi trattata;
il contenuto del supplemento in premessa potrebbe essere inteso come una vera e propria minaccia rivolta al personale per farlo desistere dalle giuste rivendicazioni in tema di diritti sindacali e partecipazione alla vita politica del Paese -:
se il Ministro sia a conoscenza delle azioni poste in essere dai vertici militari della difesa e in particolare dal comandante del reparto citato in premessa;
quali immediate azioni intenda avviare per ricondurre l'azione di comando dei vertici militari nel giusto alveo delle prerogative ad essi assegnate dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica.
(4-08424)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con lettera prot. n. 559/A/1/107.21/2428 datata 9 febbraio 2010 il dipartimento della pubblica sicurezza - direzione generale della polizia di Stato - del Ministero degli interni ha comunicato che il Ministro dell'interno con propri decreti datati 4 febbraio 2010 ha riconosciuto lo status di «sede disagiata», in ragione delle eccezionali difficoltà logistiche ed abitative per il personale della polizia di Stato in servizio presso le sedi ubicate nei territori interessati dall'evento sismico del 6 aprile 2009;
il COCER sezione Esercito in virtù di specifica autorizzazione del Capo di Stato Maggiore di Forza armata ha inviato una delegazione per far visita ai militari con sede nella città dell'Aquila -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, quali siano le motivazioni che non hanno permesso di riconoscere al personale delle Forze armate in servizio nel medesimo territorio lo status di «sede disagiata»;
quali siano state le eventuali richieste deliberate dal COCER a seguito della missione svolta dalla delegazione e quali siano state le conseguenti azioni delle autorità militari di riferimento.
(4-08425)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da informazioni reperibili su diversi quotidiani è possibile apprendere che verso la metà del mese di novembre 2009 il comandante pro tempore del RIS di Parma fu indagato dall'autorità giudiziaria competente per territorio per le ipotesi di reato connesse alle attività di consulenza/perizia tecnica svolte;
il reparto investigazioni scientifiche di Parma (R.I.S.) è alle dirette dipendenze del Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche attualmente posto sotto il comando del generale di brigata Nicola Raggetti;
nell'ambito del servizio sanitario nazionale l'attività intramoenia (o intramuraria) si riferisce alle prestazioni erogate dai medici di un ospedale, al di fuori dell'orario di lavoro, che utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso. Le prestazioni erogate in regime di intramoenia sono soggette al pagamento di un compenso liberamente stabilito dal professionista e approvato dalla direzione sanitaria -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
dal 1o gennaio 2002 ad oggi quante siano state le consulenze effettuate dal personale in forza al R.I.S. di Parma, i nominativi dei militari che le hanno effettuate, quali siano i compensi pagati, da chi e a quale titolo;
se il generale Raggetti sia stato a conoscenza delle attività di consulenze svolte dal personale del reparto posto sotto il suo comando, se le abbia autorizzate personalmente o abbia delegato il comandante del R.I.S. di Parma a rilasciare al personale interessato le relative autorizzazioni e nel caso quali siano state le disposizioni impartite;
in caso di richiesta non nominativa per svolgere l'attività di consulenza/perizia tecnica, effettuata da una autorità giudiziaria, o da altra autorità, istituzione o ente, quali siano i criteri utilizzati per scegliere il nominativo del militare a cui affidare l'incarico;
se i Ministri interrogati non intendano emanare apposite disposizioni per regolamentare tali particolari prestazioni extralavorative in modo tale da consentirne lo svolgimento in intramoenia come già avviene nell'ambito del servizio sanitario nazionale.
(4-08427)
DI BIAGIO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 13 settembre 2010 prenderà il via il progetto «Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane» un programma di corsi di formazione teorico-pratica che si svolgeranno per tre settimane, presso vari reparti/enti delle quattro Forze armate: Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri;
il progetto previsto dalla legge 122 del 30 luglio 2010 intende coinvolgere circa 1200 giovani al fine di avvicinarli al mondo delle Forze armate;
il suindicato progetto prevede uno stanziamento di circa 20 milioni di euro, di cui 6,5 da spendere per il 2010, 5,8 da spendere per il 2011 e 7,5 per il 2012;
in un contesto contraddistinto da evidenti lacune sotto il profilo finanziario, lo stanziamento suindicato ha fatto discutere sul versante degli addetti al settore segnatamente per quanto riguarda coloro che operano in un contesto di precarietà;
gli ultimi provvedimenti collegati alla finanza pubblica hanno sancito un pesante ridimensionamento delle spese destinate alla difesa, soprattutto al capitolo reclutamento ed addestramento/formazione innescando una allarmante spirale di precarietà nel settore. Si prevede infatti che nei prossimi 3 anni saranno circa 3000 i militari che, essendo in ferma breve, saranno costretti a lasciare l'arma a causa della naturale risoluzione del contratto;
l'avvio del progetto sta tenendo impegnate le caserme italiane, coinvolgendo direttamente nei lavori di adeguamento e di organizzazione i giovani militari in ferma prefissata (precari), togliendo loro tempo prezioso per l'addestramento e la formazione;
alla fine dei 21 giorni di corso ai partecipanti del progetto è riconosciuto lo status di militare riconoscendo a questi la possibilità di entrare a far parte di quelle compagnie che radunano gli ex appartenenti alle forze armate o di entrare a far parte di una categoria privilegiata segnatamente nell'ambito delle selezioni per i concorsi pubblici;
ad avviso dell'interrogante il riconoscimento di «status militare» ai giovani volontari di progetto rischia paradossalmente di innescare un percorso inverso rispetto a quello prefissato dalla legge, poiché dalla fin troppo facile identificazione potrebbe scaturire un'idea non reale di quello che la vita, la storia e la cultura militare realmente rappresentano -:
se si ritenga auspicabile assumere iniziative dirette ad una ridefinizione di quanto sancito dalla legge n. 122 del 2010, ridimensionando il budget necessario all'espletamento del suindicato progetto e prevedendo - ai medesimi fini - soltanto seminari di formazione che non comportino necessariamente la vestizione dei partecipanti, il riconoscimento di un fee di partecipazione e lo status di militare.
(4-08489)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il comandante generale dell'Arma dei carabinieri il 4 marzo 2009, con la nota prot. n. 479/79-1-2005 ebbe ad affermare che «Il rapporto diretto e privilegiato con i colleghi di ogni ordine e grado consente ai membri dei Consigli di base, intermedio e centrale di individuare quelle problematiche di carattere privato che generano disagio nei singoli e incidono quindi sulla motivazione al servizio»;
con il foglio prot n. 202/4 del 30 luglio 2010 il comandante del raggruppamenti investigazioni scientifiche, generale Nicola Raggetti, ha comunicato al capitano CC RTL Emanuele Paniz, in servizio presso il RIS di Parma, l'avvio di un procedimento disciplinare di Corpo per la possibile irrogazione della sanzione della consegna di rigore;
la vicenda trae origine dalle missive che il capitano Paniz avrebbe inviato in forma assolutamente privata e riservata al delegato della rappresentanza militare, maresciallo Beniamino Berti componente del COIR C.UU.MM.SS. per lamentare delle situazioni di disagio e nel contempo chiedere consigli e chiarimenti;
i messaggi di posta elettronica sono assimilabili alla corrispondenza epistolare e quindi tutelati dall'articolo 616 del codice penale;
il generale Raggetti è anche il presidente del Cocer CC, ed in quanto tale potrebbe accedere ad informazioni in possesso dei componenti dei consigli di base;
le condotte contestate al capitano appaiono non essere sanzionabili non essendo queste previste dal regolamento come fatti disciplinarmente rilevanti, anzi in esse si rileva una precisa volontà di sanzionare e colpire duramente un ufficiale per il solo fatto che questo ha avuto
l'umiltà e il coraggio di chiedere consigli ad un inferiore di grado non avendo evidentemente trovato ascolto e comprensione dai propri superiori gerarchici;
ad avviso degli interroganti la vicenda rappresenta una grave minaccia al diritto inalienabile della libertà di pensiero e di espressione, della riservatezza della corrispondenza e di tutte quelle libertà fondamentali della persona che la Repubblica deve garantire e tutelare da possibili eversioni che ne minino il libero esercizio e finanche l'esistenza;
un'indebita commistione tra il ruolo di comandante del corpo e quella di presidente del Cocer, ove si fosse realizzata, costituirebbe un fatto estremamente grave -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa;
come, e per quali ragioni, il superiore Comando di cui al punto 1 della citata nota abbia avuto nelle sue disponibilità la corrispondenza privata intercorsa tra il capitano Paniz e il maresciallo Berti;
se il Ministro non ritenga di dover intervenire immediatamente sulla vicenda per chiarirne i contorni e per ricondurre l'azione di comando esercitata dal generale Raggetti ad un più equilibrato contemperamento tra le delicate funzioni di comando e di presidente del Cocer CC dallo stesso svolte;
se sia stata interessata dall'amministrazione l'autorità giudiziaria competente per le eventuali ipotesi di reato conseguenti alla evidente violazione della riservatezza della corrispondenza intercorsa tra il capitano CC RTL Emanuele Paniz e il maresciallo CC Beniamino Berti;
se possa considerarsi, e se il Ministro consideri, ancora valido quanto ebbe ad affermare il comandante generale dell'Arma dei carabinieri ed in particolare l'invito rivolto a coloro che esercitano funzioni di comando.
(4-08494)
...
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
NEGRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una società a responsabilità limitata della provincia di Vicenza, che svolge attività di «Produzione di altre bevande fermentate non distillate», è stata oggetto di verifica fiscale da parte della Guardia di finanza, ai fini dell'IVA, delle imposte sui redditi e degli altri tributi per il periodo 2005-2009;
il controllo ha riguardato, in particolare, le fatture passive registrate relative ai canoni effettivamente corrisposti a seguito della stipula di due contratti di leasing aventi ad oggetto vari macchinari destinati alla produzione; tali macchinari erano stati consegnati, impiegati in prove di produzione e poi messi da parte in attesa di dare effettivo inizio alla produzione;
la Guardia di finanza ha ritenuto che il comportamento dell'azienda in questione, che aveva dedotto i canoni di leasing e detratto la relativa IVA, non fosse corretto, sul presupposto che la deducibilità di costi ed oneri è ammessa solo se gli stessi sono inerenti all'attività da cui derivano i ricavi e che i profitti della società non erano stati realizzati attraverso l'uso di quei determinati beni;
l'Agenzia delle entrate ha, conseguentemente, notificato tre avvisi di accertamento in cui ha recepito i rilievi del processo verbale di accertamento;
ai fini IVA, il requisito dell'inerenza non deve essere considerato strettamente legato ai ricavi prodotti, quanto correlato all'attività di impresa e al potenziale conseguimento degli scopi sociali e, nel caso specifico, è indubbio che i beni non fossero estranei all'attività di impresa, trattandosi di macchinari destinati alla produzione di bevande e concretamente utilizzate in prove di produzione;
ai fini IRES ed IRAP viene mosso il medesimo rilievo, anche se la questione andrebbe posta sotto il profilo della competenza economica; a tal proposito, l'articolo 109 del TUIR stabilisce, al comma 2, lettera b), che le spese di acquisizione dei servizi derivanti da contratti di locazione si considerano sostenute alla data di maturazione dei corrispettivi; i beni oggetto della questione erano nel pieno godimento del locatore, per cui non esiste motivo per negare la maturazione dei relativi corrispettivi ed erano già entrati in funzione per l'esecuzione di prove tecniche di produzione; i beni, poi, risentono comunque di un'obsolescenza economica di cui non si può non tenere conto in sedi di ammortamento o di deduzione dei canoni di leasing -:
quale debba essere l'interpretazione dei princìpi di inerenza e competenza economica riguardo alla detraibilità dell'IVA e alla deducibilità dei costi finanziari e alla detraibilità dell'IVA dei canoni di leasing effettivamente corrisposti per alcuni macchinari idonei all'attività specifica dell'azienda, utilizzati in alcune prove di produzione e messi temporaneamente da parte in attesa di dare inizio effettivo alla nuova produzione.
(4-08433)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale con sentenza n. 385 del 2005 ha esteso il diritto al riconoscimento dell'indennità di maternità ai padri che esercitano una libera professione, dichiarando l'illegittimità costituzionale degli articoli 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire, in alternativa alla madre, l'indennità di maternità, attribuita solo a quest'ultima;
la Corte ha comunque riservato al legislatore il compito di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche alla figura del lavoratore padre un'adeguata tutela;
il legislatore non ha emanato finora nessuna disposizione, per cui i soggetti sia padri che lavoratori autonomi, sono in attesa che le casse di previdenza dei vari albi professionali cui sono iscritti applichino i relativi provvedimenti;
le Casse di previdenza sino ad oggi, non avendo la certezza dell'emanazione di leggi da parte del legislatore riguardo al provvedimento sollecitato dalla Corte costituzionale, non si espongono ad iniziative -:
quali iniziative siano allo studio per superare detti dubbi applicativi;
se sia allo studio la redazione di proposte normative attuative finalizzate a rendere pienamente operativa la sentenza della Corte costituzionale.
(4-08440)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il 6 agosto 2010 lanci di agenzia riferivano che avvisi di garanzia sono stati emessi per i componenti del consiglio di amministrazione dell'Ato Ambiente Caltanissetta 1, per le ipotesi di reato di false comunicazioni sociali in concorso e violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione e un pubblico servizio;
le indagini condotte dalla Digos e dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza riguardano la contabilità e i bilanci degli anni 2005, 2006 e 2007 (quelli del 2008 e 2009 non sono stati approvati) ed erano state avviate dopo le proteste dei cittadini che avevano ricevuto bollette Tarsu esorbitanti. Secondo gli inquirenti, i bilanci 2006 e 2007 avrebbero riportato fatti materiali non rispondenti al vero,
costituiti da crediti verso i comuni relativi a somme non percepite dal servizio di gestione dei rifiuti. Crediti, secondo la procura, privi dei requisiti di legge (certezza, liquidità, esigibilità). In particolare, il deficit di gestione durante l'esercizio dell'anno 2005, sarebbe stato calcolato secondo il regime della Tia (tariffa igiene ambientale più Iva) anziché della Tarsu (tariffa senza Iva);
nei due anni successivi gli amministratori dell'Ato, dopo avere accertato che la Tia non era in vigore avrebbero ribaltato le stesse somme quale credito verso i comuni soci, senza che tale iscrizione avesse un fondamento normativo -:
se quanto accaduto a Caltanissetta sia un fatto isolato o di più ampie dimensioni;
se si intendano promuovere azioni per verificare su scala regionale e poi anche nazionale le modalità di gestione contabile in materia di rifiuti;
quali misure si intendano promuovere per assicurare la trasparenza dei bilanci degli Ato.
(4-08496)
...
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 13 gennaio 2010, con apposito decreto firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2010, lo stato di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale;
il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, recante disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, all'articolo 17-ter prevede disposizioni per la realizzazione urgente di istituti penitenziari. In base a tale articolo il Commissario straordinario per l'emergenza conseguente al sovrappopolamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale provvede, d'intesa con il presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci interessati, alla localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche. Il provvedimento di localizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere e costituisce decreto di occupazione d'urgenza delle aree individuate. L'approvazione delle localizzazioni, se derogatoria dei vigenti strumenti urbanistici, costituisce variante degli stessi, e in deroga all'articolo 118 del codice dei lavori pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, è peraltro consentito il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al 50 per cento;
ai sensi del comma 6 del citato articolo 17-ter il commissario straordinario può avvalersi del Dipartimento della protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzione lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali attuati in esecuzione del programma degli interventi di cui all'articolo 44-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 (cosiddetto decreto «mille proroghe») che all'articolo 44-bis reca «disposizioni in materia di infrastrutture carcerarie» ai sensi delle quali, per far fronte alla grave situazione di sovrappopolamento delle carceri, e comunque fino al 31 dicembre 2010, al capo del Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria sono attribuiti i poteri di commissario straordinario delegato previsti dall'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, al fine di procedere al compimento degli investimenti necessari per conseguire la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie o l'aumento della capienza di quelle esistenti e garantire una migliore condizione di vita dei detenuti;
con lo stato di emergenza, in sostanza, al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, sono conferiti i poteri per procedere in deroga alla normativa vigente e alle ordinarie competenze, velocizzando le procedure e semplificando le gare d'appalto, mentre il «braccio operativo» con cui gestire l'emergenza carceri sarà il Dipartimento della protezione civile;
i finanziamenti per realizzare il piano sono stati individuati nei 500 milioni di euro che risultano stanziati nella legge finanziaria per il 2010 e in altri 100 milioni di euro che provengono dal bilancio del Ministero della giustizia;
come si desume dal dossier pubblicato sul sito internet ufficiale del Governo, «la procedura di emergenza seguirà lo stesso modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila». Secondo quanto riportato dal quotidiano «la Repubblica», nell'inserto «Affari e Finanza» del 12 aprile 2010, il modello utilizzato per la ricostruzione dopo il terremoto e per la realizzazione delle strutture ospitanti il G8, che si vorrebbe ripetere - come si legge sul sito del Governo - per il piano carceri, avrebbe prodotto degenerazioni note alle cronache giudiziarie, quali lievitazione dei costi, corruzione di politici e funzionari pubblici, nepotismo e vanificazione di ogni regola di concorrenza tra imprese, come ha anche denunciato il Presidente dell'Associazione dei costruttori Paolo Buzzetti;
tali procedure semplificate per la realizzazione del piano carceri presentano lo stesso scarso livello di trasparenza e controllo esterno che recenti fatti di cronaca hanno evidenziato nella realizzazione di opere in occasione dei cosiddetti «grandi eventi» da parte della Protezione civile, ma il «meccanismo gelatinoso», come i commentatori politici hanno definito il sistema che è emerso, potrebbe essere ulteriormente aggravato dalla segretezza che in parte caratterizza la realizzazione del piano carceri, in quanto, sempre secondo l'articolo giornalistico citato, per realizzare opere sensibili, quale un carcere, servirebbe un nulla osta di segretezza (Nos), rilasciato dall'apposito ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri -:
se non si ritenga che il piano carceri debba essere realizzato secondo procedure che garantiscano maggiore controllo e trasparenza rispetto a quelle applicate per la realizzazione dei grandi eventi del G8 de La Maddalena e de L'Aquila, e, nel caso, quali misure di competenza si intendano prendere al fine di modificare in tal senso il sistema di gestione del piano carceri.
(4-08397)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'ordinamento italiano la magistratura di sorveglianza ha molteplici e importanti compiti in ordine all'applicazione ed esecuzione di misure di sicurezza;
la città di Ascoli Piceno, pur ospitando un primario istituto di pena, in cui sono ristretti anche detenuti sottoposti al regime aggravato previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è sfornita di una locale sede dell'ufficio del giudice di sorveglianza per adulti;
l'ufficio di sorveglianza per adulti più vicino alla struttura carceraria di Ascoli Piceno è situato a Macerata, distante circa 100 chilometri, che paradossalmente non ha istituti carcerari in attività;
è necessario ed urgente realizzare e rendere più efficiente il servizio giustizia nella città di Ascoli Piceno, vista anche la presenza del super carcere;
tale stato di fatto, che provoca una situazione di mal funzionamento, si è recentemente aggravato ed è stato oggetto di numerose interrogazioni parlamentari;
in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario del 2001 presso la corte d'appello di Ancona il procuratore generale ebbe a sollecitare espressamente l'istituzione dell'ufficio del giudice di sorveglianza ad Ascoli Piceno per cui sono state presentate diverse proposte di legge che hanno iniziato l'iter parlamentare ma non hanno trovato conclusione;
occorre rispondere a precise e imprescindibili esigenze di giustizia e di politica penitenziaria con efficienza e razionalità in maniera equa in tutto il Paese -:
se il Ministro non intenda nel più breve tempo possibile assumere le necessarie iniziative normative per istituire ad Ascoli Piceno un ufficio di sorveglianza, eventualmente trasferendo quello di Macerata, con la conseguente rettifica dell'elenco delle sedi e giurisdizioni degli uffici di sorveglianza per adulti, così come definito nella tabella A allegata alla citata legge n. 354 del 1975.
(4-08400)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la casa circondariale di Montorio (Verona) è una struttura progettata per un numero di detenuti che va da 250 ad un massimo di 400;
secondo quanto riferito da diversi organi di stampa, la popolazione carceraria, fra detenuti uomini e donne, ammonta a un numero pari a circa 900;
nei mesi scorsi si sono manifestati all'esterno del carcere manifestazioni da parte dei familiari dei detenuti e all'interno del carcere si sono registrate alcune forme di civile e pacifica protesta da parte dei detenuti per denunciare lo stato evidente di vergognoso abbandono e di sovraffollamento che esiste all'interno del carcere di Montorio;
tale situazione comporta, evidentemente, una serie di conseguenze drammatiche sul piano della vivibilità;
i detenuti stranieri denunciano una discriminazione nei loro confronti da parte dell'amministrazione carceraria;
in passato, all'interno del carcere di Montorio si sono registrati focolai di malattie infettive indegne di un Paese civile e la situazione di promiscuità della vita carceraria favorisce lo sviluppo di possibili epidemie;
l'Italia ha sottoscritto numerose convenzioni internazionali in cui si impegna al rispetto dei diritti umani;
la situazione di sovraffollamento del carcere di Montorio obbliga gli agenti di polizia penitenziaria e tutti gli altri operatori che lavorano all'interno della struttura a turni di lavoro massacranti -:
se il Ministro sia informato sulle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria del carcere di Montorio;
se non ritenga opportuno acquisire ulteriori informazioni - anche attraverso un'ispezione - in merito alle disfunzioni segnalate che gettano un'ombra molto grave sulla capacità dell'Italia di conformarsi alle norme del rispetto dei diritti umani che ha sottoscritto;
se non ritenga necessario adottare urgentemente ogni provvedimento idoneo a rimuovere le disfunzioni e carenze presenti nell'istituto di pena in esame, per garantire alle detenute e ai detenuti del carcere di Montorio e anche al personale operante all'interno della struttura, le adeguate misure igienico-sanitarie e il rispetto degli standard di sicurezza, al fine di ristabilire un clima più adeguato
al processo di rieducazione che è alla base dell'ordinamento carcerario italiano.
(4-08401)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lunedì 16 agosto 2010 in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere» l'interrogante, accompagnata da Donatella Corleo (Radicali Palermo) e Gianmarco Ciccarelli (Radicali Catania), ha visitato la Casa circondariale di Termini Imerese (Palermo);
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal commissario Maria Pia Campanale, comandante della polizia penitenziaria;
dalla visita di sindacato ispettivo è emersa la seguente situazione dell'istituto: detenuti presenti 167, a fronte di una capienza regolamentare di 90 posti; i detenuti con condanna definitiva sono 108, mentre coloro che non sono in attesa di giudizio sono 59; i tossicodipendenti sono 22 di cui 4 in terapia metadonica; 14 sono i detenuti affetti da epatite C mentre 18 presentano patologie di tipo psichiatrico; 48 sono i detenuti stranieri, in prevalenza nordafricani e rumeni;
nell'istituto c'è un solo psicologo, mentre gli educatori sono 3;
quanto all'assistenza sanitaria, il medico è presente dalle 8,00 alle 13,00 e dalle 17,00 alle 21,00, l'infermiere dalle 8,00 alle 22,00; di notte all'interno del carcere non c'è né un medico né un infermiere e, in caso di urgenza, viene chiamata la guardia medica, afferma la comandante;
i detenuti, tutti comuni, hanno 4 ore d'aria al giorno trascorrendo in cella 20 ore su 24 afferma la comandante, ma alcuni detenuti dicono alla delegazione che in realtà le ore d'aria non arrivano quasi mai a 4, più spesso si riducono a 2, per via delle ridotte dimensioni dei passeggi; solo 20 detenuti hanno l'opportunità di lavorare;
nella struttura, costruita nel 1914, le celle (eccetto due) sono sprovviste di doccia e non c'è l'acqua calda; ai detenuti è consentito l'uso della docce comuni 3 volte la settimana; le condizioni igieniche delle docce comuni sono cattive e l'acqua è fredda; nelle finestre delle celle sono presenti, oltre alle grate, reti a maglie strette;
il colloquio con i familiari avviene 1 volta alla settimana; non c'è un'area verde per i colloqui con i bambini; all'interno dell'istituto non si svolge alcuna forma di socialità;
le celle del piano terra, braccio destro, ospitano 28 detenuti; la stanza per la socialità è stata adibita a cella e ospita 5 detenuti; le altre celle, di circa 6 metri quadrati (escluso il bagno), ospitano 2 detenuti; un detenuto della cella n. 25 lamenta l'assenza di scuola superiore all'interno del carcere; un detenuto della cella 14 dice di non vedere i suoi 3 bambini da circa 1 anno; i detenuti della cella 24 lamentano il caldo e la scarsa circolazione dell'aria: «io ho problemi respiratori - afferma uno di loro - e alle 3 di notte, quando chiudono la porta blindata, c'è da morire»; nella cella n. 15 sono presenti 2 detenuti marocchini; uno dei due afferma di non poter sentire da tempo alcun familiare; anche in questo istituto i detenuti (in particolare gli stranieri) non sono stati informati della circolare diramata da alcuni mesi dal DAP che consente di telefonare anche verso telefoni cellulari; un detenuto della cella n. 17 sottolinea quanto sia fastidioso la notte dormire con la luce accesa: «c'è un neon azzurro sempre acceso e l'interruttore è esterno alla cella; ora hanno cambiato la luce perché ci siete voi, ma vi dico che sono costretto a dormire con la benda sugli occhi e che sono entrato con una vista da aquila mentre, da quando sono qui, ho perso 6 decimi»; un altro detenuto ci invita a visitare i passeggi, «microscopici, con le grate arrugginite sopra; possiamo
entrarci al massimo 2 alla volta e rischiamo di prenderci malattie»; nella cella 21-bis (12 metri quadrati secondo i detenuti, 18 metri quadrati secondo la comandante) vivono in 5, ma fino a 15 giorni prima erano in 7; nota positiva: all'interno delle celle c'è un piccolo frigorifero; un detenuto della cella n. 18 insiste, «il passeggio è una gabbia» e «nelle celle non c'è il termosifone, in inverno si muore di freddo e d'estate di caldo»; nella cella n. 20 c'è un detenuto di 20 anni; il wc è alla turca e il lavandino è sporco e fatiscente;
quando la delegazione visita i passeggi può constatare che si tratta effettivamente di luoghi piccoli e degradati: 6 «cubicoli» senza alcun riparo;
nell'ex area trattamentale ora adibita a reparto detentivo, nella cella n. 10 troviamo 10 detenuti in circa 30 metri quadri; secondo quanto affermano gli ospiti sono stati anche in 12 e addirittura 13, qualche settimana prima; sono presenti 5 detenuti siciliani e 5 stranieri sfollati dal carcere di Milano San Vittore (2 provenienti dalla Tunisia, 1 dal Sudan e 1 dal Gambia); i muri sono scrostati e c'è un fortissimo tasso di umidità che rende faticosa la respirazione; un detenuto lamenta la presenza del muretto divisorio nella sala colloqui: «per i bambini è traumatico; inoltre - afferma - l'ingresso dei familiari è sprovvisto di pensilina, così d'inverno, quando piove, entrano bagnati e d'estate sudatissimi»; «in estate fa troppo caldo. In inverno invece soffriamo il freddo perché non c'è il riscaldamento: io dormo con 3 pigiami più una coperta sopra», dice un detenuto;
al piano terra, nella sezione giovani adulti, i wc sono «a vista» e alla turca; «qui è pieno di scarafaggi», dicono i ragazzi e un agente afferma: «anche noi soffriamo il freddo in inverno: io a volte indosso 3 cappotti»;
nelle sale destinate ai colloqui la delegazione constata che effettivamente esiste ancora il muretto divisorio: in una è di legno con un ulteriore separatore sopra, nell'altra il tramezzo è in marmo, è più profondo (la distanza fra detenuti e familiari è maggiore) e c'è un divisorio trasparente fino al soffitto, con una piccola apertura per consentire gli abbracci e il passaggio dei bambini; questa sala in precedenza era utilizzata dai detenuti in 41-bis, subendo successivamente ben poche modifiche -:
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per intervenire rispetto al grave problema del sovraffollamento del carcere di Termini Imerese riportando le presenze dei detenuti nei limiti imposti dalla capienza regolamentare; se intenda da subito restituire un minimo di spazio vitale ai reclusi; se intenda immediatamente dare disposizioni che consentano ai detenuti di potersi fare la doccia tutti i giorni, di disporre di acqua calda nelle celle dove i detenuti sono costretti a passare 20/22 ore al giorno; in che tempi saranno ristrutturati i bagni togliendo di mezzo l'inciviltà dei wc alla turca e a vista; quanto ci vorrà per abolire il muretto divisorio;
in che tempi intenda fornire i mezzi per ristrutturare le aree fatiscenti dell'istituto e i fondi necessari per la manutenzione ordinaria; quanto occorrerà ancora attendere per dotare l'istituto del riscaldamento per l'inverno, le celle di bagni con presa d'aria affettiva, per istituire l'area verde per i colloqui con i figli minori dei detenuti e per mettere a disposizione una palestra con un minimo di attrezzatura;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti l'assistenza psicologica oggi quasi del tutto assente;
cosa intenda fare per adeguare i fondi delle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori; se intenda intervenire per dotare l'istituto di un fondo per detenuti indigenti;
cosa intenda fare per dare finalmente impulso all'area trattamentale per scongiurare l'abbrutimento delle persone detenute che nel carcere di Termini Imerese non trovano alcuna risposta convincente ai fini di un loro reinserimento una volta scontata la pena, pena che oggi sembra agli interroganti avere un esclusivo carattere afflittivo, oltre che disumano e degradante;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane;
se intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari italiani ad applicare la circolare del Dap che consente ai detenuti di telefonare verso utenze telefoniche mobili a chi ha familiari che non dispongono di un'utenza fissa;
riassumendo, quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Termini Imerese alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08422)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto è venuta a conoscenza del fatto che all'interno del carcere di Venezia non sia stata ancora inserita nella lista della spesa interna la possibilità di acquistare radioline FM;
avendo i detenuti manifestato questa elementare esigenza, in una recente visita ispettiva, la direzione aveva personalmente assicurato l'interrogante che al più presto le radioline FM sarebbero state inserite fra le possibilità di acquisto da parte della popolazione penitenziaria;
la possibilità di ascolto della radio, oltre ad ampliare le possibilità di conoscenza e di informazione, può essere d'aiuto a superare giornate intere destinate, non certo per responsabilità dei detenuti, all'inattività;
i detenuti non hanno altra possibilità che quella di acquistare le radioline direttamente dall'amministrazione dell'istituto, essendo proibito ricevere apparecchi simili nei pacchi portati dai familiari;
la casa circondariale di Venezia «Santa Maria Maggiore» presenta innumerevoli e gravissime problematiche causate dal fortissimo sovraffollamento pari al 325 per cento della capienza regolamentare;
in tutti gli istituti visitati dall'interrogante mai è risultata una simile restrizione nella possibilità di acquisto fra i generi a disposizione dei detenuti -:
se la limitazione esposta in premessa sia ancora in corso;
in caso affermativo, quali siano le ragioni rappresentate dalla direzione dell'istituto e se il Ministro intenda intervenire per rimuoverle.
(4-08423)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la prima firmataria del presente atto ha già presentato un atto di sindacato ispettivo (4-08155) riguardante le condizioni dei detenuti della casa circondariale Ucciardone di Palermo, a tutt'oggi senza risposta;
il 15 agosto 2010 in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere» la prima firmataria del presente atto, accompagna da Donatella Corleo (Radicali Palermo), Gianmarco Ciccarelli (Radicali Catania), Vincenzo Gallo e Gloria Cammarata (ufficio Garante dei diritti dei detenuti), è tornata a visitare la casa circondariale di Palermo «Ucciardone»;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal direttore del carcere Maurizio
Veneziano e dal vice commissario della polizia penitenziaria Carlo D'Anna;
dalla visita ispettiva è emersa la seguente situazione dell'istituto:
i detenuti presenti sono 707 a fronte di una capienza regolamentare di 402 posti e «tollerata» di 490; 384 detenuti hanno una condanna definitiva mentre 323 sono in attesa di giudizio (154 imputati, 105 appellanti, 64 ricorrenti); i detenuti tossicodipendenti sono 86 di cui 14 in terapia metadonica; i sieropositivi sono 16, mentre gli affetti da epatite C sono 15; i detenuti con patologie di tipo psichiatrico sono 106; gli stranieri sono 89;
dei 530 agenti previsti nella pianta organica (calibrata sulla presenza regolamentare), ne sono stati assegnati 454 mentre quelli effettivamente in servizio sono 365;
degli 8 educatori previsti in pianta organica, assegnati ed effettivamente in servizio ve ne sono 6, ma il direttore dichiara che in realtà quelli effettivamente presenti sono soltanto 3, perché gli altri 3 fruiscono di permessi parentali per assistenza a familiari; mentre gli psicologici, che in tutto sono 9, non sono di ruolo e, assicurano un servizio ad ore prevalentemente rivolto ai «nuovi giunti»;
quanto all'assistenza sanitaria, solo un medico e un infermiere assicurano una «copertura» h24;
i detenuti che lavorano sono soltanto 62 (meno del 10 per cento della popolazione detenuta), e tutti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. «Il carcere ha pochi soldi per pagare le mercedi ai detenuti», afferma il direttore;
la casa circondariale di Palermo «Ucciardone» ospita esclusivamente detenuti comuni di sesso maschile. È un carcere fatiscente, gravemente sovraffollato, con una marcata carenza di personale; si caratterizza per un elevatissimo turn over di detenuti: circa 25, ogni giorno, fra ingressi e scarcerazioni. Circa il 20 per cento dei detenuti ha una permanenza in carcere inferiore a 7 giorni; questo fenomeno (cosiddetto «delle porte girevoli»), per gli adempimenti che implica per ogni nuovo ingresso e ogni nuova dimissione in termini di energie umane materiali e finanziarie, rappresenta una delle cause principali dell'attuale situazione di collasso;
all'Ucciardone i casi di persone arrestate e condotte in carcere per reati minori sono frequenti; lo stesso direttore cita come esempio il caso di un detenuto straniero recentemente entrato in carcere per scontare 10 giorni per la vendita di CD contraffatti;
paradossalmente, un'intera sezione dell'istituto, l'ottava, è stata completamente ristrutturata ma è chiusa in attesa del collaudo (competente ad effettuare il collaudo: l'ufficio tecnico del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria). L'apertura di questo nuovo reparto, destinato ad ospitare 120 detenuti, potrebbe dare una boccata d'ossigeno all'intero istituto, ma è subordinata al reperimento di 40 agenti: è evidente, dunque, che il grave sottodimensionamento dell'organico di polizia penitenziaria rappresenta un serio ostacolo all'apertura di questa nuova sezione;
la delegazione torna a vedere il cosiddetto «CANILE» che questa volta però, a distanza di circa un mese dalla precedente visita, trova «ripitturato» di giallo; è il luogo in cui vengono ristretti in via provvisoria i nuovi giunti prima dell'assegnazione nelle sezioni: ancora oggi alcune celle sono con il wc alla turca, mentre altre sono addirittura senza wc; celle come «gabbie» prive di tutto, fornite solo di una panca; a detta del direttore la permanenza in questi luoghi squallidi non supera le 5 ore, ma è facile immaginare quale possa essere l'impatto con il carcere per chi, magari da incensurato, entra per la prima volta in carcere; il direttore informa la delegazione di avere al momento a disposizione soltanto 200 euro per la manutenzione ordinaria e che con questa somma deve arrivare fino al prossimo 31 dicembre;
la cucina dell'istituto è fatiscente, sui muri e sul soffitto sono evidenti le infiltrazioni di umidità;
la nona sezione dell'Ucciardone, si sviluppa su 4 piani. Tutte le celle sono sprovviste di doccia. Al piano terra un detenuto in una cella singola è visibilmente alterato: «Ho un lavoro, sono impiegato Inpdap, ma mi sono stati rifiutati tutti i permessi». Il suo stato di esasperazione è ancora maggiore quando lo incontriamo di nuovo all'uscita dalla sezione. Agitandosi, grida: «guardate i passeggi, andate a vedere come ci trattano!». Al primo piano, braccio sinistro, sono presenti 23 detenuti in 11 celle di circa 6 metriquadri. Le celle sono 12, ma una è adibita ad infermeria. 10 celle ospitano 2 detenuti, una ne ospita 3; in questo braccio (lo stesso vale per la parte destra), le finestre delle celle sono «a bocca di lupo»: la luce naturale non entra in modo diretto per cui l'illuminazione della cella e la circolazione dell'aria risultano fortemente limitate, tutto ciò in violazione dell'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000; le celle sono tutte sprovviste di acqua calda e l'uso delle docce comuni è consentito solo tre volte alla settimana; i detenuti possono usufruire di 3 ore d'aria al giorno (un'ora e mezza al mattino e un'ora e mezza nel pomeriggio); per 21 ore su 24 i detenuti sono forzatamente ristretti all'interno della cella; i due detenuti della cella n. 12 lamentano l'assenza di socialità e affermano che l'assenza di acqua calda, oltre che all'interno della cella, si verifica perfino nelle docce comuni: «in media, su 3 docce a settimana, due le facciamo con acqua fredda e solo una con acqua calda»; a questo proposito l'interrogante può verificare che facendo scorrere l'acqua della doccia, in effetti, esce soltanto acqua fredda; un detenuto della cella n. 4 denuncia la carenza delle medicine e le ridotte dimensioni dei passeggi: «sono gabbie di leone!»; nella cella n. 6 ci sono tre detenuti ristretti in circa 6 metriquadri; uno di loro, il signor D'Ambrogio chiede insistentemente di rivolgere per conto suo una domanda al ministro della giustizia: «Perché ci sta facendo morire come nei lager? Così, anche le guardie soffrono»; un detenuto della cella n. 10, Antonino Morabito, 37 anni, di Reggio Calabria, è visibilmente abbattuto e indicando la finestra a bocca di lupo afferma: «Sembriamo al 41-bis, sto perdendo la vista», poi racconta l'«odissea» a cui è costretta la madre in occasione dei colloqui: «Ho la mamma malata. Quando viene a trovarmi arriva alle 4,00 del mattino, alcune volte anche alle 3,00, poi riesce a entrare solo verso le 12,00, dopo 9 ore. 9 ore sotto il sole, se c'è il sole, o sotto la pioggia, se piove»; un agente che ascolta lo sfogo conferma: «C'è una sala d'aspetto, però è piccola e molte volte i familiari non riescono a entrare»; Morabito vorrebbe avvicinarsi alla famiglia e da 9 mesi fa richieste di trasferimento in Calabria: «Mia mamma ha 63 anni ed è malata. Mio padre è malato di cuore e ha il diabete»; sempre al primo piano, ma al braccio destro, ci sono 12 celle, ma la n. 6 è inagibile per infiltrazioni d'acqua. In 11 celle sono ospitati 22 detenuti. Nella cella n. 7 un detenuto di nome Pietro Buccheri, 30 anni, alza la maglietta e ci mostra un grande taglio sul petto e dice: «Sono stato operato a cuore aperto, l'operazione è durata 2 giorni e mezzo e sono stato in coma 13 giorni. Non ho mai ricevuto un rapporto. Da 3 anni non vedo mia madre: ha 59 anni ed è paralitica. Mi dicono che piange per me dalla mattina alla sera. Non posso nemmeno scriverle una lettera: non so scrivere». Nella cella n. 9, il signor Paolo Ferruggia afferma di avere due figli di 9 e di 5 anni; racconta di aver ricevuto un rapporto per il solo fatto di aver portato ai figli, in occasione del colloquio, una confezione di caramelle in più. «Ora non faccio area verde da quattro mesi». Ferruggia si trova in questo carcere da 3 anni e mezzo e dice: «Stavo meglio in Alta Sicurezza». Inoltre dice di avere una condanna definitiva con fine pena nel 2016 sottolineando il fatto che non dovrebbe trovarsi, con una pena così lunga da espiare, in una casa circondariale come l'Ucciardone; sia Paolo Ferruggia che il suo compagno di cella, Francesco Zappulla,
entrambi con una condanna definitiva, hanno fatto domanda per essere trasferiti nel carcere di Noto (in provincia di Siracusa): «Lì almeno c'è la possibilità di lavorare»; nella cella n. 4, i detenuti lamentano le condizioni in cui sono costretti a vivere e le scarse condizioni igieniche: «scarafaggi volanti», il soffitto che «cade a pezzi», la scarsa circolazione dell'aria dovuta alla finestra a bocca di lupo: «Qua dentro non si respira»; Guido Piccilli - anche lui detenuto nella cella n. 4 - racconta di aver studiato ragioneria a San Gimignano e di aver fatto da circa un anno la domanda per essere trasferito al carcere palermitano «Pagliarelli», allo scopo di poter frequentare i corsi di scuola superiore attivi in quella struttura (istituto alberghiero e geometra); «Qui all'Ucciardone - sottolinea Piccilli - c'è solo il liceo scientifico: a che mi serve?», si chiede; Matteo D'Anna, anch'egli detenuto nella cella n. 4, lamenta: «Sono stato declassificato da categoria Alta Sicurezza a comune, ma continuo a poter fare solo 4 colloqui al mese, come quando ero in Alta Sicurezza. Perché non posso fare 6 colloqui?»;
nella cella n. 1 del primo piano della nona sezione, la delegazione incontra il detenuto Angelo Faraci che denuncia gravi carenze nell'assistenza sanitaria; racconta di aver subito un intervento di angioplastica al Policlinico di Palermo in data 24 maggio 2010 e che il medico che lo ha operato gli aveva detto di ripresentarsi dopo un mese, cosa che però non è avvenuta perché il medico della sua sezione non lo ha ritenuto necessario; ora Faraci dice di stare molto male: «urino sangue»; Faraci racconta anche di aver completato il secondo anno del liceo scientifico, ma di non essere stato informato se abbia o meno superato gli scrutini; sapere se si è stati promossi (o meno) è importante perché i benefici economici previsti dalla legge per i detenuti che studiano sono subordinati alla promozione. «Ho presentato tante domandine per saperlo, ma non c'è una risposta, non c'è un riscontro»; Faraci prosegue «Con la finestra a bocca di lupo non entra aria e la mia vista è notevolmente peggiorata. Stiamo 21 ore in cella. Non mettono le persone in condizioni di poter vivere»;
la delegazione ha visitato anche i passeggi che all'Ucciardone sono oltremodo avvilenti; uno di questi passeggi è di circa 90 metriquadri (15 metri x 6 metri) ed è tutto di cemento; all'interno non c'è nulla, nemmeno un lavandino per rinfrescarsi un po'; c'è soltanto un wc alla turca non funzionante; il passeggio è ricoperto da una rete di protezione: «una gabbia da leone», appunto;
la Sesta e la Settima sono le sezioni più affollate dell'istituto; lo scorso 18 luglio la prima firmataria del presento atto aveva visitato la Settima Sezione; questa volta la Sesta che si sviluppa su 4 piani. Le celle sono sprovviste di doccia. Le docce comuni hanno una struttura a labirinto. Le condizioni igieniche delle docce comuni sono cattive. Le condizioni delle celle sono pessime; il primo piano della Sesta sezione è inagibile; al secondo piano ci sono 71 detenuti, al terzo 77 e al quarto 66;
la delegazione incontra i detenuti della Sesta sezione nel passeggio durante l'ora d'aria; non sono moltissimi perché una buona parte ha scelto di rimanere in cella per il forte caldo; i muri sono stati pitturati da poco e i detenuti insinuano che la ripulitura sia stata fatta proprio per la preannunciata visita di Ferragosto; ecco alcune delle segnalazioni fatte:
«Il mangiare fa schifo. Siamo trattati peggio degli animali» (scarsa qualità);
«Il mangiare di uno, lo dobbiamo dividere in 2» (scarsa quantità);
«L'acqua calda nelle docce manca quasi sempre, anche in inverno»;
«Nelle celle ci sono formiche e blatte volanti»;
«Quando fai la doccia, se ti appoggi al muro ti vengono i funghi»;
«Portiamo malattie ai familiari che vengono a trovarci»;
«La cucina e il gabinetto sono separati da un muretto alto appena un metro»;
«Neanche l'infermeria funziona. Se ci sentiamo male ci danno sempre il BRUFEN. Mal di testa? BRUFEN! Mal di stomaco? BRUFEN! Influenza? BRUFEN! BRUFEN: una pillola per tutto. Qualsiasi malattia hai, ti danno il BRUFEN»;
«Ci sono celle che piove» (espressione colorita per dire che ci sono infiltrazioni d'acqua dal tetto);
«Siamo esseri umani ma ci trattano peggio dei cani»;
«Se non fosse per voi radicali non si saprebbe nulla: saremmo murati vivi!»;
«Un agente deve controllare 3 piani, se uno sta male può morire»;
«Nella sala colloqui c'è ancora il muretto con il vetro»;
«L'acqua che esce dal rubinetto della cella è gialla»;
«Non ci danno niente, né detersivi, né sapone per lavarci, solo 2 rotoli di carta igienica al mese»;
«Quello che compriamo è più caro che fuori» (prezzi del sopravvitto superiori ai prezzi di mercato);
dopo i colloqui al passeggio, la delegazione sale al quarto piano della Sesta sezione: «È il piano più caldo - dice un agente - perché è sottotetto»; nel braccio destro ci sono 6 celle; nella cella n. 1 delle dimensioni di circa 22 mq ci sono 9 detenuti; il gabinetto è separato dal vano cucina da un muretto di un metro: non vi è alcuna riservatezza; un detenuto racconta di essere caduto mentre dormiva al terzo piano del letto a castello e di essersi fatto male; un altro lamenta il fatto che l'educatore non si veda mai; in tanti segnalano la scarsa qualità del vitto: «A colazione ci danno soltanto il latte. Le crostatine che ci passano la domenica sono immangiabili»; «Il pesce lo desideriamo da tempo, quello che passano lo lasciamo, è immangiabile, la puzza riempie la sezione»; «Quello che ci danno è pesce che sarà morto pure il pescatore!»; un altro detenuto: «Il carcere non fa la relazione che mi servirebbe per uscire. Questo perché mancano gli educatori!»; un altro ancora: «Ho una gamba più corta di 6,5 cm rispetto all'altra. Mi hanno prescritto delle scarpe speciali, ma non le fanno entrare perché dicono che sono imperquisibili»; lo scorso inverno, raccontano i detenuti, «in questa cella eravamo in 12, e il dodicesimo dormiva per terra oppure sopra il tavolo». I detenuti riferiscono alla prima firmataria del presente atto che la tecnica che utilizzano in caso di emergenza sanitaria notturna - visto che spesso ad un solo agente è affidata la vigilanza dei tre piani - è quella di lanciare l'allarme attirando l'attenzione della sentinella che presidia il muro di cinta posto di fronte alla finestra in modo che questa avverta il collega di turno nel reparto; alcuni carcerati si rammaricano del fatto che i loro figli vengano perquisiti prima di entrare nella sala colloqui; un detenuto racconta: «A me volevano sospendere il colloquio perché volevo abbracciare mia moglie e mia sorella di 15 anni. Una carezza qui non è possibile»; tutti confermano che i bagni per i familiari che vengono ai colloqui sono sporchissimi. Un detenuto racconta di aver fatto richiesta un anno fa per una visita oculistica: «ho problemi seri di vista, ma ancora non ho avuto risposta»; un altro: «Io sono stato operato per ulcera perforante e potrei mangiare solo in bianco, ma qui non è possibile avere una dieta personalizzata». Un agente invita ad osservare le condizioni del bagno per gli agenti che, constata la prima firmataria del presente atto, non sono dissimili da quelle dei bagni dei detenuti: sul soffitto sono presenti evidenti segni di umidità e i muri sono scrostati;
al braccio sinistro (quarto piano, Sesta sezione), nella cella n. 11 ci sono 10 detenuti in 16 metriquadri: un detenuto è costretto a dormire per terra (lo spazio per ciascun detenuto è di appena 1,6 metriquadri); il detenuto Achille Custini,
37 anni, a causa di un incidente ha una placca alla gamba: «Se io non scendo all'aria, non mi danno i giorni di liberazione anticipata per buona condotta. Ma io con questa gamba come faccio a fare 4 piani? Posso fare 1 piano, 2 piani, dopo mi stanco». Custini prosegue: «Ho fatto la domandina per parlare con l'educatrice, da 6 mesi: non l'ho mai vista»;
anche all'Ucciardone la prima firmataria del presente atto constata che i detenuti non sono a conoscenza - perché nessuno li ha informati - della circolare del DAP che consente le telefonate verso i numeri cellulari, previa verifica della corrispondenza fra il titolare della scheda telefonica e il nominativo del familiare indicato dal detenuto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutto quanto sopra esposto e, in caso affermativo: se ritenga opportuno verificare, attraverso un'ispezione all'interno della casa circondariale indicata in premessa, le condizioni della struttura penitenziaria;
se siano previsti specifici interventi volti a modificare la dotazione strutturale penitenziaria della città di Palermo e, in caso affermativo, in quali tempi e con quali modalità;
quali iniziative intenda intraprendere - anche alla luce dell'interrogazione 4-08155 presentata dall'interrogante in data 26 luglio 2010 e trasmessa alla procura della Repubblica di Palermo - per ripristinare condizioni di vita civili nella casa circondariale dell'Ucciardone, corrispondenti ai dettami costituzionali e alla normativa vigente in Italia;
se, in merito ai casi esposti in premessa, intenda intervenire al fine di garantire il rispetto del terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione e i collegati articoli delle Norme sull'ordinamento penitenziario di cui alla legge n. 354 del 1975 e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000;
quali iniziative intenda urgentemente assumere per assicurare condizioni di lavoro dignitose agli agenti di polizia penitenziaria che prestano servizio nell'istituto di pena palermitano;
quale sia la ripartizione del personale di polizia penitenziaria all'interno del carcere Ucciardone di Palermo tra ispettori, sovrintendenti, agenti ed assistenti, distinguendo le unità previste da quelle effettivamente in servizio.
(4-08438)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in un lancio dell'agenzia di stampa Adnkronos del 09 agosto 2010 nell'ospedale psichiatrico di Aversa il cadavere di un detenuto, deceduto di infarto, è stato lasciato per due giorni nell'ufficio di un ispettore;
l'episodio è stato denunciato dall'Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp), il cui segretario, in una nota, ha dichiarato quanto segue: «I familiari non avendo disponibilità economica per prelevare la salma e celebrare il rito funebre, lo hanno lasciato nell'istituto. All'opg di Aversa non c'è una sala mortuaria e così il corpo è stato sistemato nell'ufficio di sorveglianza generale, dove lavora l'ispettore. Per raffreddarlo è stato usato un ventilatore, ma naturalmente non è che abbia funzionato molto, si può immaginare l'odore, l'ispettore non è più entrato nel suo ufficio. C'è un tale sfascio del sistema che si verificano anche situazioni incredibili come questa. Se la famiglia per qualsiasi motivo non può venire a prendere il corpo, lo Stato deve avere le risorse per provvedere. Invece la polizia penitenziaria si ritrova a fare anche da polizia mortuaria. La politica continua a parlare di carceri e dalle carceri non si esce nemmeno da morti» -:
se non ritenga opportuno effettuare un'ispezione all'interno dell'ospedale psichiatrico di Aversa e attuare urgentemente
ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità amministrative o disciplinari in ordine all'episodio narrato in premessa.
(4-08439)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa APCOM del 16 agosto 2010, dà conto di un tentativo di suicidio da parte di un detenuto recluso nell'istituto di pena di Livorno e sventato dagli agenti penitenziari;
sulla vicenda Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari, ha dichiarato quanto segue: «Nella tarda serata di ieri un detenuto ristretto presso la Casa Circondariale di Livorno ha tentato di suicidarsi. Si tratta di un detenuto classificato A.S. (alta sicurezza) e sottoposto ad osservazione psichiatrica. Per portare a termine il suo tentativo di suicidio è ricorso ad ogni stratagemma possibile: ha preparato un cappio sotto la branda e ha utilizzato uno sgabello per ostacolare la visuale della sorveglianza. Nonostante le poche unità in servizio, però, è stato tratto in salvo, per una singolare coincidenza, dagli stessi agenti che avevano già salvato un altro detenuto il 4 agosto. Oramai la polizia penitenziaria è impegnata quotidianamente nel salvataggio di vite umane, come stanno a dimostrare gli 86 suicidi sventati in extremis. Nonostante le infamanti condizioni di lavoro, nella più completa solitudine e nel più completo abbandono, l'umanità, la sensibilità e la professionalità dei nostri agenti consente di non aggravare quel funesto bilancio di suicidi in carcere che in questo funesto 2010 ha già toccato quota 41»;
i dati sui suicidi in carcere sono negli ultimi anni notevolmente aumentati e rivelano una situazione di allarme, dato che al carcere approdano sempre di più persone senza speranza e senza futuro;
la reclusione porta alla degenerazione dei casi di autolesionismo ed in particolare del suicidio, o tentato suicidio e i casi più diffusi sono dovuti al fatto che il detenuto si toglie la vita per liberarsi dalla sua condizione penosa, ma, soprattutto, sono il risultato di una rinuncia a voler vivere in un contesto sociale che non gli offre percorsi adeguati di reinserimento o di recupero -:
come si intenda intervenire in tempi rapidi e con quali provvedimenti per superare questa grave situazione creatasi nelle carceri italiane per arginare l'escalation dell'autolesionismo, dei tentati suicidi e dei suicidi e, soprattutto, come si intendano tutelare i soggetti meno tutelati, «i senza niente» che, per paura del dopo carcere, ricorrono sempre più frequentemente al suicidio;
quali misure si intendano attuare per limitare il sovraffollamento carcerario e affinché si creino situazioni più consone alla salute, anche mentale, del detenuto e quali percorsi, alternativi alla detenzione, di reinserimento nel tessuto lavorativo e sociale si intendano intraprendere, già dall'interno, per arginare tali fenomeni degenerativi e di disagio.
(4-08442)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali Italiani, Antigone, A Buon Diritto, Il Detenuto Ignoto, Ristretti Orizzonti e Radio Carcere, il 4 agosto 2010 Dino Naso, 41 enne, detenuto nel carcere palermitano dell'Ucciardone, è stato colpito da improvvisa crisi respiratoria;
l'uomo, rinchiuso in cella insieme ad altri otto detenuti in appena 12 metri quadri, probabilmente a causa della mancanza di spazi, del caldo asfissiante e del fumo delle sigarette, ha avuto un serio
problema cardiaco ed ha chiesto all'agente che gli venisse aperta la porta perché non riusciva a respirare;
nonostante le insistenti richieste del detenuto, la porta della cella è rimasta chiusa, cosicché l'uomo all'improvviso si è accasciato sul pavimento e dopo che un medico ha cercato di rianimarlo, ne è stato disposto il trasferimento all'ospedale;
secondo i familiari di Dino Naso, il personale del carcere sarebbe intervenuto in ritardo e dal malore al trasferimento in ospedale sarebbero trascorse due ore. Sul punto il direttore vicario dell'Ucciardone, Carmen Rosselli, ha replicato nel modo seguente: «Abbiamo garantito la massima assistenza, il detenuto era in preda a una crisi respiratoria e ha lasciato la cella con le sue gambe»;
Dino Naso è arrivato all'ospedale già in coma ed il giorno successivo al ricovero è sopraggiunta la morte cerebrale -:
se non ritenga opportuno effettuare un'ispezione all'interno del carcere palermitano in questione e/o attuare urgentemente ogni iniziativa ;di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità di natura amministrativa o disciplinare in ordine a quanto capitato al detenuto Dino Naso.
(4-08444)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali Italiani, Antigone, A Buon Diritto, Il Detenuto Ignoto, Ristretti Orizzonti e Radio Carcere, il 4 agosto 2010 il detenuto Ramon Berloso, si è impiccato nel carcere di Udine;
pochi minuti dalla mezzanotte, approfittando del cambio della guardia, Ramon Berloso, ha tentato il suicidio mediante impiccagione. Soccorso quasi subito e trasportato in ospedale, è sprofondato in uno stato di coma dal quale quasi sicuramente non si risveglierà più, atteso che secondo Fabio Pasquariello, comandante del nucleo investigativo di Udine, «come Eluana Englaro, anche Berloso ha riportato ingenti danni a causa dell'anossia cerebrale. I medici escludono che possa tornare alla coscienza, anche se il suo corpo è sano» -:
se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in ordine al suicidio tentato dal detenuto Ramon Berloso;
quanti tentativi di suicidio siano stati messi in atto dai detenuti dall'inizio dell'anno;
se non si intenda immediatamente assumere iniziative volte a stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione e di dannazione ma diventi soprattutto un luogo, attraverso attività culturali, lavorative e sociali, in cui i detenuti possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società.
(4-08445)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in un lancio dell'agenzia di stampa ADNKRONOS del 12 agosto 2010, il segretario dell'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, Leo Beneduci, ha denunciato che in base a una convenzione sottoscritta nel luglio 2010 dal Ministro interrogato e dall'associazione di un sindacato di polizia penitenziaria, i pensionati potranno essere chiamati a svolgere incarichi ufficiali all'interno degli istituti penitenziari;
per Leo Beneduci, «già alcune iniziative sarebbero in corso, come a Reggio
Calabria dove, in mancanza di addetti di polizia penitenziaria, un pensionato sarà per tre giorni a settimana nell'apposito ufficio del carcere per distribuire gli effetti di vestiario e casermaggio agli agenti in servizio; ma voci diffuse parlano anche di locali, telefoni dell'amministrazione, incarichi ufficiali al Dap, fondi e persino riammissioni in servizio, che la convenzione avrebbe stabilito potersi effettuare, tra l'amministrazione penitenziaria e l'associazione in questione»;
secondo l'Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria: «il nuovo corso delle carceri di Alfano e Ionta passerebbe per gli ultrasettantenni pensionati, che possono essere validi e arzilli quanto si vuole ma che, a parte evidenti problemi di legalità e di legittimità di impiego e i gravissimi problemi di disoccupazione del Paese, non sono né la riforma integrale del sistema penitenziario e del corpo né le risorse aggiuntive, di uomini, di mezzi e di fondi che le donne e gli uomini della polizia penitenziaria attendono da tempo» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero; in particolare cosa preveda la convenzione stipulata nel luglio 2010 tra il Ministro interrogato e l'associazione di un sindacato autonomo di polizia penitenziaria;
quali risposte concrete ritenga di poter fornire al personale di polizia penitenziaria che denuncia da molto tempo condizioni di lavoro inaccettabili, sia per l'organico che opera negli istituti di pena sia per gli stessi detenuti, chiamando in causa l'assenza effettiva dell'amministrazione.
(4-08446)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in un lancio dell'agenzia di stampa AGI del 12 agosto 2010, Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme», denuncia che nel carcere cagliaritano di Buoncammino è tuttora reclusa una donna di 77 anni, affetta da numerosi gravi disturbi tra cui cardiopatia ipertensiva, aneurisma dell'aorta addominale, ipercolesterolemia, steatosi epatica e infezione delle vie urinarie, dichiarata incompatibile fin dal 2009, si trova ancora reclusa nel carcere di Buoncammino;
Stefania Malu, cagliaritana, detenuta da 20 mesi, chiede insistentemente di poter scontare ai domiciliari la pena di 4 anni e 2 mesi inflittale con sentenza del giugno 2008. La donna, a cui è stato rifiutato il differimento pena all'inizio del 2009, si è aggravata avendo fatto registrare anche un inizio di demenza senile alla recente visita geriatrica nell'ospedale Santissima Trinità;
sulla vicenda Maria Grazia Caligaris ha dichiarato quanto segue: «Stefania Malu in più occasioni ha manifestato disagio e insofferenza alla detenzione. Arrivando perfino a rifiutare la terapia per denunciare il suo malessere. Ma finora è rimasta chiusa in cella. L'anziana donna, peraltro, terminerà di scontare la pena alla fine del 2011. È assurdo che possa restare in una struttura detentiva sovraffollata una persona in queste condizioni. Nonostante la disponibilità delle Agenti che prestano servizio a Buoncammino e la professionalità dei medici, Stefania Malu non può più restare in carcere. È opportuno quindi che ottenga il differimento della pena nuovamente richiesto dal difensore Stefano Piras. Il caso riporta all'attenzione dell'opinione pubblica il grave problema dei detenuti anziani all'interno delle strutture carcerarie. Si tratta per lo più di individui con gravissime patologie dovute principalmente all'età che possono scontare la pena in strutture alternative, come le residenze sanitarie assistite, o ai domiciliari. Ciò ridurrebbe il numero dei detenuti nelle carceri e renderebbe meno difficili le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria e dei medici» -:
quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle loro rispettive competenze,
affinché vengano verificate le condizioni in cui è costretta la detenuta indicata in premessa e, nel caso, quali provvedimenti intendano adottare per rimuovere le gravissime anomalie denunciate in ordine a quella che appare una palese violazione dei suoi diritti fondamentali di detenuta, in primis quello alla salute;
se e quali iniziative anche normative intenda intraprendere per far sì che i detenuti ultrasettantenni possano in concreto scontare la pena in strutture alternative al carcere.
(4-08447)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Corpo della polizia penitenziaria ha un ruolo di primo piano nell'ambito delle Forze di polizia presenti nel nostro Paese, essendo deputato a garantire l'ordine all'interno degli istituti di prevenzione e pena, tutelandone la sicurezza, espletando il servizio di traduzione e piantonamento dei detenuti ed internati, assicurando l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, partecipando alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo dei detenuti e degli internati;
da tempo si discute circa la necessità di migliorare la funzionalità di questo Corpo, a causa della situazione critica legata all'ampiezza dei compiti ad esso affidati e rispetto ai quali non sempre gli interventi legislativi sono stati tempestivi ed adeguati alle esigenze di questi operatori;
le legittime istanze hanno riguardato i problemi legati alle carenze di organico e inadeguatezza dei mezzi, alle inadeguatezze degli stipendi, alle incerte prospettive di avanzamento nella carriera, alla durezza dei turni di lavoro, ai rischi derivanti dal servizio svolto, e non sempre hanno trovato una risposta adeguata;
a cadenze regolari si propongono problemi momentaneamente accantonati, quale la necessità di una riforma per la completa revisione degli organici del Corpo di polizia penitenziaria sul territorio nazionale, tenuto conto che l'attuale distribuzione, oramai vecchia di undici anni, non considera avvenimenti e fatti nel frattempo intervenuti, come, ad esempio, il cambiamento qualitativo-quantitativo della popolazione per ciascuna infrastruttura carceraria -:
quali interventi il Ministro intenda adottare in materia di organici della polizia penitenziaria;
se il Ministro intenda intervenire presso il provveditorato competente per accertare e risolvere le disfunzioni segnalate da alcuni sindacati di polizia penitenziaria nel servizio di mensa obbligatorio;
se non ritenga necessario disporre un accertamento della consistenza delle dotazioni del materiale segnalato sul territorio ovvero se esistano eventuali disfunzioni organizzative.
(4-08448)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sistema carcerario deve tendere alla rieducazione del condannato ed al suo reinserimento nella società;
spesso le giovani generazioni non hanno mai conosciuto, neppure di sfuggita, una esperienza carceraria né hanno idea in cosa consista un regime di detenzione;
sembrerebbe oltremodo istruttivo consentire agli studenti la visita a case circondariali e carceri del Paese anche come deterrente psicologico a compiere crimini e meglio partecipare alle problematiche sociali legate ai detenuti ed alle loro condizioni di pena -:
se non ritenga il Ministro di favorire la visita - magari a piccoli gruppi - di studenti e neo-maggiorenni agli istituti di
pena italiani con la possibilità di incontrare i detenuti ivi custoditi ed avere anche con loro scambi di opinioni sulle loro esperienze detentive.
(4-08449)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto minorile di Treviso versa in stato di persistente abbandono e degrado ambientale;
da quanto si apprende l'edificio è fatiscente e carente di spazi: mancherebbero aule di studio, laboratori, luoghi di ritrovo tali da permettere ai giovani detenuti condizioni di vita migliori;
già nel 2005 e poi nel 2007 erano state fatte presenti presso il Ministero della giustizia le pessime condizioni igieniche in cui versava l'istituto, ma, nonostante i lavori di manutenzione e pulizia, l'edificio continua a restare ancora in condizioni disagevoli non solo per i reclusi ma anche per il personale penitenziario -:
quali iniziative il Ministro, secondo le proprie competenze, intenda porre in essere per una generale riqualificazione degli istituti carcerari minorili sia sotto il profilo dell'igiene ambientale che per quanto concerne i programmi ed i servizi riabilitativi.
(4-08450)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano abruzzese Il Centro del 22 agosto 2010, un detenuto di 50 anni, originario di Napoli, ricoverato nell'infermeria del carcere di Sulmona avrebbe dato fuoco alla sua cella nel tentativo di togliersi la vita;
l'uomo si sarebbe salvato solo grazie al tempestivo intervento della polizia penitenziaria che ha spento il principio di incendio scongiurando situazioni critiche anche per gli altri detenuti. Il fumo tossico sprigionatosi dal materasso e dalle suppellettili presenti nella camera stava infatti attaccando anche il resto della sezione con i detenuti che urlavano per il timore di rimanere bloccati in cella;
per dar fuoco al materasso e alle suppellettili il detenuto, che è affetto da problemi psichici, ha utilizzato un normale accendino per le sigarette. Fortunatamente proprio in virtù del tempestivo intervento degli agenti, il recluso non ha riportato ferite o ustioni e dopo essere stato visitato dal medico del carcere che gli ha somministrato alcuni tranquillanti, è stato ricondotto in cella e sottoposto a un controllo continuo da parte degli agenti;
sull'episodio sono intervenuti i sindacalisti della Uil Penitenziari che hanno sottolineato, ancora una volta, la situazione critica che vive il carcere di Sulmona sotto il profilo della carenza di organico. In particolare il segretario provinciale della Uil Penitenziari, Mauro Nardella, ha dichiarato: «Dopo un breve periodo di pseudo-tranquillità, il carcere ha ripreso a macinare numerosi eventi critici e critica risulta essere anche la situazione in merito alla carenza di organico». Oltre 60 persone risultano fuori servizio per malattia che sommate a quelle in ferie, superano il tetto del 50 per cento di agenti presenti al lavoro rendendo la situazione del carcere di gran lunga inferiore ai livelli minimi di sicurezza. Un carcere che si trova solo all'inizio di un calvario, che vedrà il suo culmine nel momento in cui i quasi 20 agenti distaccati a Sulmona faranno rientro nella casa circondariale di Avezzano, prossima alla riapertura e dalla quale provengono. Se a questi aggiungiamo i molti agenti distaccati che l'amministrazione penitenziaria ha riportato nelle sedi dopo averli tenuti a Sulmona per diverso tempo, ci si accorge che siamo di fronte a una situazione al limite del collasso -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se il detenuto 50enne affetto da problemi psichici usufruisca di adeguate terapie
di supporto e se il medesimo sia adeguatamente seguito dallo psichiatra del carcere;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di ripristinare all'interno del carcere di Sulmona un adeguato numero di agenti di polizia penitenziaria e normali condizioni di lavoro degli stessi, proprio come richiesto da tempo dalla Uil-Pa Penitenziari.
(4-08451)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito on line del Corriere della Sera, il 10 agosto 2010, due detenuti sono evasi dal carcere milanese di Bollate;
la predetta evasione è avvenuta dopo che in poco più di un mese si sono avute analoghe evasioni a Lecco e Pisa e dopo i tentativi sventati dalla polizia penitenziaria a Firenze Sollicciano, a Milano Beccaria e dal tribunale di Alessandria;
secondo il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria «occorre definire i circuiti penitenziari differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità, specifici circuiti di custodia attenuata e potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale. Esigenza tanto più sentita oggi quando, a fronte di 43 mila posti letto, ci sono quasi 69 mila detenuti presenti. Non è possibile, come succede oggi, avere nella stessa cella condannati ed imputati o soggetti in attesa di giudizio -:
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio di evasione e se intenda aprire una rigorosa inchiesta amministrativa sulla fuga dei due detenuti dal carcere milanese di Bollate;
se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di potenziare il sistema di sicurezza dell'istituto penitenziario in questione;
se non si reputi opportuno intervenire in modo deciso per sopperire alla carenza dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato al carcere milanese di Bollate;
quante evasioni e tentativi di evasione dal carcere si siano verificati negli ultimi cinque anni;
se non intenda istituire circuiti penitenziari differenziati dei detenuti in relazione alla gravità dei reati commessi.
(4-08453)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ANSA del 19 agosto 2010 nel carcere di Asti si sarebbe verificato un tentativo di evasione;
nel caso di specie un detenuto in regime di alta sicurezza è riuscito a scavalcare la recinzione del campo sportivo, alta tre metri, ma ricadendo ha riportato lesioni che ne hanno consentito l'immediata cattura da parte degli agenti di polizia penitenziaria. Nel frattempo, i compagni di reparto dell'uomo hanno inscenato una protesta rifiutandosi di entrare nelle celle e aggredendo i poliziotti;
a dar la notizia di quanto accaduto è stata la segreteria generale dell'Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria;
secondo Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp, le responsabilità sono da ricercarsi nell'organizzazione del sistema carcerario: «Proprio il concatenarsi di certi eventi nelle carceri, più che la mera osservazione a fini statistici dovrebbe far riflettere molto di più il capo del Dap Ionta e il ministro Alfano riguardo ai crescenti rischi per la collettività e per
gli agenti, tenuto conto che oggi, rispetto al passato, non si evade più da soli e in maniera occasionale, ma almeno in coppia e con il concreto aiuto dei restanti detenuti. È il segno, purtroppo assai preoccupante che in carcere oggi, rispetto al passato, il non fare niente tutto il giorno aiuta ad immaginare e organizzare meglio certe situazioni» -:
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e se intenda aprire una rigorosa inchiesta interna sulla tentata evasione dal carcere di Asti;
se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di potenziare il sistema di sicurezza dell'istituto;
se non si reputi opportuno intervenire in modo deciso per sopperire alla carenza dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato al carcere di Asti.
(4-08454)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del 22 agosto 2010, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Osapp) ha lanciato un appello al Ministro interrogato, al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta e al provveditore regionale Aldo Fabozzi, atteso che molti agenti di polizia penitenziaria assegnati presso le carceri piemontesi sarebbero indotti a lasciare il loro posto a causa dello stress e delle condizioni critiche di lavoro degli agenti;
sulla vicenda il segretario generale dell'Osapp, Leo Benedici, ha scritto quanto segue: «Per rendersi conto di quello che realmente vivono i poliziotti penitenziari in Piemonte e Valle d'Aosta basterebbe recarsi presso la commissione medica ospedaliera a Torino e chiedere quanti poliziotti penitenziari, rispetto agli appartenenti alle altre forze di polizia, sono in cura o lasceranno il servizio entro l'anno, per riforma a seguito di infermità legate a stress e a patologie della sfera psichica. È perché non ne possiamo proprio più che protestiamo e chiediamo che provveditore regionale, capo del Dap e ministro dispongano per gli accertamenti necessari sulle condizioni degli istituti e sullo stato di salute del personale in servizio, ponendo in essere gli urgenti correttivi del caso» -:
se il Ministro sia a conoscenza della grave situazione in essere nelle carceri piemontesi e denunciata dal sindacato autonomo di polizia penitenziaria;
quali iniziative intenda utilmente adottare per superare i problemi che sono stati rappresentati dalla predetta organizzazione sindacale, al fine di recuperare condizioni di lavoro accettabili per chi presta il proprio servizio all'interno degli istituti di pena piemontesi.
(4-08456)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 23 agosto 2010 dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere costituito da Radicali Italiani, dalla Redazione di Ristretti Orizzonti e di Radiocarcere nonché dalla associazioni «Il Detenuto Ignoto», «A Buon Diritto» e «Antigone», Matteo Carbognani, 34 anni, si è ucciso ieri sera nel carcere di Parma impiccandosi con le lenzuola;
l'uomo era in carcere dal 2004, quando fu arrestato assieme alla moglie Bidò Mateo Raquel, originaria di Santo Domingo, e ad altre sei persone, nell'ambito di un'operazione contro il traffico di cocaina a Parma;
Carbognani era stato condannato a otto anni per traffico di stupefacenti, quindi gli rimanevano da espiare meno di due anni di reclusione. Ultimamente aveva manifestato segni di disagio psichico: era
seguito da uno psichiatra, che lo aveva visitato solo due giorni prima del suicidio;
nelle carceri di Parma in poco più di un anno si sono uccisi quattro detenuti, un record negativo che supera perfino quello del penitenziario di Sulmona (13 suicidi in 10 anni, ma «solo» 2 negli ultimi 15 mesi);
da inizio anno a livello nazionale salgono così a 42 i detenuti suicidi nelle carceri italiane (36 impiccati, 5 asfissiati col gas e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti nel 2010, tra suicidi, malattie e cause «da accertare» arriva a 116 (negli ultimi 10 anni i «morti di carcere» sono stati 1.714, di cui 599 per suicidio);
inoltre sono avvenuti altri 2 suicidi di persone «detenute», seppur non ristrette in carcere: Tomas Goller, semilibero di 43 anni (che si è ucciso impiccandosi ad un albero in un bosco in provincia di Bolzano per il timore di dover tornare in carcere) e Yassine Aftani, un tunisino di 22 anni che si è impiccato nella «camera di sicurezza» della questura di Agrigento dopo aver appreso la notizia che sarebbe stato rimpatriato -:
nel rispetto e a prescindere dall'inchiesta eventualmente avviata dalla magistratura, quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, dell'inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio verificatosi nel carcere di Parma;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere; in particolare, se e quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà.
(4-08457)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel suo recente rapporto sulla durata dei processi nei Paesi membri del Consiglio d'Europa, la Commissione europea per l'efficienza nella giustizia (Cepej), oltre a fornire la classifica degli ordinamenti più tartassati, ha «censito» i criteri seguiti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per dare un parametro, se non puntuale e categorico quanto meno orientativo, per stabilire l'eccessiva durata di un processo;
il risultato del monitoraggio mostra quanto distante sia l'Italia dal metro internazionale e quanto lunga e difficoltosa sia la strada da percorrere per colmare il gap;
in Italia la durata media di un'inchiesta è di 457 giorni, la durata media di un processo di primo grado in tribunale è di 630 giorni, un processo d'appello dura in media 681 giorni fino ad arrivare ad un massimo di 1300 giorni (Ancona e Venezia), per un totale di 143 milioni di euro di debiti che gravano sul Ministero della giustizia;
in Italia, infatti, il numero delle cause civili ogni 10 mila abitanti è uguale alla somma delle cause di Gran Bretagna, Spagna e Francia, conseguentemente alla durata eccessiva delle cause penali e civili, anche i costi sono esageratamente alti rispetto al resto dell'Europa;
nei primi sei mesi del 2007 lo Stato ha recuperato soltanto il 3 per cento dei
326 milioni di sanzioni pecuniarie e dei 56 milioni di euro di spese processuali inflitte agli imputati condannati;
ricapitolando, in Italia: la spesa per la giustizia è di 67 euro pro capite. I tempi: 582 giorni per un divorzio, 696 giorni per una causa di lavoro, 1210 giorni per una causa civile;
in Europa: in Danimarca la spesa per la giustizia è di 28,7 euro pro capite. I tempi: 100 giorni per un divorzio e 190 per una causa civile; in Francia la spesa è di 46,7 euro pro capite. I tempi: 423 giorni per un divorzio, 342 per una causa di lavoro, 331 per una causa civile; in Spagna la spesa è di 55,5 euro pro capite. I tempi: 251 giorni per un divorzio, 80 per una causa di lavoro, 515 per una causa civile; in Portogallo la spesa pro capite è di 49,8 euro. I tempi: 308 giorni per un divorzio, 244 per una causa di lavoro, 495 per una causa civile -:
quali azioni il Ministro intenda intraprendere per cercare di allineare i dati relativi alla giustizia in Italia ai dati del resto dell'Europa, così da poter assicurare ai cittadini un servizio efficiente con tempistiche in linea con gli altri Paesi europei, ottimizzando le risorse finanziarie dello Stato.
(4-08458)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
su Il Fatto Quotidiano del 19 agosto 2010 è apparso il seguente articolo dal titolo: «Puglia, carceri sovraffollate ma 10 strutture costruite negli anni 90 non sono mai entrate in funzione»: «Uno di questi a Bovino, in provincia di Foggia. Un carcere che avrebbe dovuto ospitare 120 detenuti.» «Un assurdo, una vergogna», dice Vincenzo Nunno, assessore al comune di Bovino, che da anni si batte per cercare di sbloccare la situazione. «Abbiamo chiesto ripetutamente al ministero di sapere che cosa intendevano fare di questa struttura - continua l'assessore - ma fanno fatica a risponderci e poi ci dicono cose spesso contraddittorie. In pratica ancora non si sa se questo patrimonio abbia una qualche destinazione». Una paralisi sconcertante a cui però Nunno non si rassegna. «Le carceri di Foggia scoppiano - dice - e noi abbiamo questo penitenziario che a poco a poco cade a pezzi. Non credo che valga la pena di recuperarlo come carcere: è stato costruito senza le minime garanzie di sicurezza, con le porte in cartone, e senza le sbarre protettive necessarie. Meglio pensare a un diverso utilizzo: abbiamo già fatto delle proposte, ma non ci danno retta. E Bovino non è l'unico comune pugliese che si trova in queste condizioni». Il caso più clamoroso infatti si trova a Monopoli, in provincia Bari: «Una struttura carceraria di trent'anni fa - dice Vincenzo Nunno - mai inaugurata e che non ha mai ha ospitato carcerati. Ora occupato da sfrattati, almeno quello un qualche uso l'ha trovato». Ma l'elenco delle carceri abbandonate è lungo. Ci sono strutture mai entrate in funzione nella zona di Foggia a Volturara, Castelnuovo della Daunia e Accadia e in provincia di Bari a Minervino Murge, a Casamassima e ad Altamura. «Tutti questi edifici hanno un padrino: Franco Nicolazzi (il ministro delle »carceri d'oro«, condannato in via definitiva a 5 anni di reclusione)», spiega l'assessore Vincenzo Nunno. «Aveva i soldi e le imprese da far lavorare. Bastava mettersi d'accordo con il segretario comunale e le carceri sono cresciute come funghi. Non importa che poi siano finite come sono finite. Quello era il modo di governare. Per troppi anni si sono chiusi gli occhi su questi scempi: è ora di rimediare, di salvare il salvabile. Noi di idee ne abbiamo tante per recuperare patrimoni che comunque potrebbero essere messi a disposizione della collettività, ma non possiamo muoverci. Abbiamo bisogno di avere un interlocutore credibile nel ministero, altrimenti siamo paralizzati. Si tratta alla fine di risorse nate male ma che non si devono dimenticare. Soprattutto in periodi come questi, con i comuni alla disperata
ricerca di risorse per dare risposte ai bisogni dei cittadini» -:
quali spiegazioni intenda dare il Ministro a proposito della mancata apertura delle 10 strutture carcerarie costruite negli anni passati in Puglia;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per sanare la situazione dei predetti penitenziari garantendo la loro immediata apertura e, quindi, per impedire che ulteriore denaro pubblico sia speso inutilmente.
(4-08460)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Nuova Sardegna del 22 agosto 2010 la casa circondariale a custodia limitata di Iglesias dal prossimo autunno sarà destinata, per la prima volta in Italia, ad ospitare esclusivamente detenuti cosiddetti sex offenders ovvero persone macchiatesi di reati a sfondo sessuale;
i detenuti sex offenders, richiedono una particolare competenza da parte del personale penitenziario preposto alla loro vigilanza e custodia nonché la presenza di personale amministrativo dotato di capacità ed esperienza specifiche in grado di garantire il recupero e/o reinserimento sociale di questa particolare categoria di detenuti -:
se non sussista il rischio, in virtù della competenza specifica attribuita all'istituto di Iglesias, che in esso siano trasferiti detenuti provenienti da ogni parte d'Italia impedendo a molti di loro di avere contatti con i familiari e rendendo di fatto impossibili i colloqui;
se il Ministro intenda garantire, in vista del prossimo autunno, la presenza nella casa circondariale a custodia limitata di Iglesias di personale di polizia penitenziaria ed amministrativo (educatori e psicologi) adeguato da punto di vista numerico e sufficientemente competente da quello professionale in modo da assicurare l'effettiva presa in carico dei detenuti condannati per reati a sfondo sessuale che saranno rinchiusi all'interno del predetto istituto di pena.
(4-08461)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del 10 agosto 2010, un detenuto egiziano ha tentato di togliersi la vita nel carcere dei Casetti ed è stato salvato in extremis dall'intervento di un agente di polizia penitenziaria;
nel caso di specie la guardia carceraria stava facendo il suo solito giro di ronda tra le celle dei «Casetti» quando, dallo spioncino, ha visto il corpo del detenuto egiziano 55enne il quale aveva appena tentato l'estremo gesto cercando di impiccarsi con la corda dell'accappatoio al terzo livello del letto a castello;
il pronto intervento dell'agente, che ha immediatamente tolto il cappio dal collo e praticato il massaggio cardiaco al detenuto, è riuscito a strappare dalla morte l'egiziano che, pare, avesse già tentato altre volte di suicidarsi e di compiere gesti di autolesionismo. Il detenuto è stato poi soccorso dal personale sanitario ed è stato trasportato d'urgenza nell'ospedale di Rimini dove, secondo i medici, non sarebbe in pericolo di vita;
i dati sui suicidi in carcere sono negli ultimi anni notevolmente aumentati e rivelano una situazione di allarme, dato che al carcere approdano sempre di più persone senza speranza e senza futuro;
la reclusione porta alla degenerazione dei casi di autolesionismo ed in particolare del suicidio, o tentato suicidio e i casi più diffusi sono dovuti al fatto che il detenuto si toglie la vita per liberarsi dalla sua condizione penosa, ma, soprattutto, sono il risultato di una rinuncia a
voler vivere in un contesto sociale che non gli offre percorsi adeguati di reinserimento o di recupero -:
come si intenda intervenire in tempi rapidi e con quali provvedimenti per superare questa grave situazione creatasi nelle carceri italiane per arginare l'escalation dell'autolesionismo, dei tentati suicidi e dei suicidi e, soprattutto, come si intenda tutelare i soggetti meno tutelati, «i senza niente» che, per paura del dopo carcere, ricorrono sempre più frequentemente al suicidio;
quali misure si intendano attuare per limitare il sovraffollamento carcerario e affinché si creino situazioni più consone alla salute, anche mentale, del detenuto e quali percorsi, alternativi alla detenzione, di reinserimento nel tessuto lavorativo e sociale si intendano intraprendere, già dall'interno, per arginare tali fenomeni degenerativi e di disagio.
(4-08462)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia di un presunto pestaggio avvenuto venerdì 13 agosto 2010 ad opera degli agenti di polizia penitenziaria nei confronti di un detenuto del carcere di Tolmezzo;
sulla vicenda gli stessi detenuti della casa circondariale di Tolmezzo hanno scritto una lettera aperta indirizzata alla procura della Repubblica e pubblicata il 19 agosto sul quotidiano Il Gazzettino;
nella missiva i detenuti scrivono quanto segue: «Denunciamo quello che, ancora una volta, è successo venerdì 13 agosto proprio qui a Tolmezzo, dove un ragazzo, M.F., è stato picchiato con tanto di manganelli nella sezione infermeria. Se come per altre volte i protagonisti dell'aggressione erano, tra gli altri, graduati ormai noti ai detenuti per le loro provocazioni, l'altra costante è stata la completa assenza del comandante delle guardie e della direttrice dell'istituto. La nostra situazione è fin troppo pesante per accettare la sottomissione fisica dopo quella psicologica. Per noi tacere oggi potrebbe voler dire ricevere bastonate domani se non fare la fine dei vari Stefano Cucchi o Marcello Lonzi domani l'altro»;
la versione che arriva dal penitenziario tolmezzino è completamente diversa; conferma una colluttazione ma nega qualsiasi pestaggio. In pratica quel giorno l'intervento degli agenti di polizia penitenziaria si sarebbe reso necessario al fine di riportare l'ordine in sezione dopo che un detenuto aveva dato in escandescenze -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se ritenga di dover accertare, per quanto di competenza, se corrisponda al vero quanto scritto dai detenuti nella lettera pubblicata dal quotidiano Il Gazzettino;
se ritenga di promuovere un'indagine interna nella casa circondariale di Tolmezzo per verificare se in effetti il detenuto M.F. sia stato picchiato, ma anche se comportamenti del genere rappresentino la prassi usata dalla polizia penitenziaria assegnata nel predetto istituto di pena.
(4-08463)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano L'Adige del 10 agosto 2010 è apparso il seguente articolo dal titolo: «Trento, la Provincia ha speso 112 milioni di euro per il nuovo carcere, ma rimane chiuso per mancanza di agenti»: «Il nuovo carcere di Trento, a Spini di Gardolo, rischia di diventare uno scandalo nazionale. La Provincia ha speso 112 milioni di euro per la costruzione e ora che è pronto da settimane non apre perché mancano 250 guardie. Il ministero latita e non si sa quando metterà a disposizione
fondi e uomini. Così il carcere più moderno d'Italia è chiuso, mentre detenuti e polizia penitenziaria continuano a vivere nel fatiscente e sovraffollato carcere di via Pilati. Il vice presidente della Provincia, Pacher, spera: »Credo che ci siano le condizioni per aprire entro fine anno«. Abbiamo il carcere più moderno d'Italia. Una delle poche strutture detentive del Paese dove il dettame costituzionale, che vuole la pena finalizzata alla riabilitazione, potrebbe essere rispettato grazie a laboratori e spazi attrezzati per attività di formazione e di lavoro dei detenuti. Invece niente. Il carcere per ora è vuoto, resta in attesa di un trasloco dalla vetusta struttura di via Pilati che slitta in avanti mese dopo mese. E così il carcere modello di Spini di Gardolo rischia di diventare una »cattedrale nel deserto«. Proprio in questi termini ne parla Il Fatto quotidiano di domenica. Insomma dopo che la Provincia ha speso 112 milioni di euro, ora sulla stampa nazionale rischiamo pure di fare la figura dei fessi benché - va sottolineato - le responsabilità per la tardiva apertura del nuovo penitenziario high-tech siano tutte romane. »Mi pare esagerato parlare di cattedrale nel deserto - replica il vive presidente della Provincia Alberto Pacher - ma certo noi faremo tutto il possibile per evitare che questo possa accadere. La nostra parte l'abbiamo fatta fino in fondo e in tempi rapidi, ora siamo preoccupati perché una struttura chiusa rischia di deperire. Credo però che ci siano le condizioni per chiudere questa partita entro fine anno, evitando quindi il rischio di trovarci davvero una cattedrale nel deserto«. Novità all'orizzonte però pare non ce ne siano. »Non abbiamo ricevuto indicazioni particolari dal ministero - dice Pacher - i nostri tecnici sono comunque costantemente in contatto. Il carcere è pronto, mancano solo alcuni arredi, ma si tratta di poca cosa. Tra l'altro è una struttura che adotta tecnologie avanzate in fatto di controllo: con monitor, telecamere e sistemi automatizzati di apertura delle porte. Questo dovrebbe facilitare la gestione da parte del personale«. È questo il tasto dolente: non ci sono abbastanza agenti di polizia penitenziaria per gestire la nuova struttura. Il carcere, progettato per ospitare 244 detenuti, ha bisogno di circa 350 agenti, ma a Trento sono solo un centinaio. I rinforzi promessi dal Ministero per ora non si sono visti» -:
quali spiegazioni intenda dare il Ministro a proposito della mancata apertura del nuovo carcere di Trento;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per sanare la situazione del nuovo istituto di pena di Trento garantendo la sua immediata apertura e, quindi, per impedire che ulteriore denaro pubblico sia speso inutilmente;
se non intenda armonizzare l'impiego e/o aumentare gli organici degli agenti di polizia penitenziaria in modo da garantire nel più breve tempo possibile l'apertura e/o un migliore utilizzo dei circa 40 istituti di pena già costruiti ma mai aperti o non pienamente utilizzati.
(4-08465)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere composto da Radicali italiani, Antigone, A buon diritto, Il detenuto ignoto, Ristretti orizzonti e Radio carcere, il 6 agosto 2010 Mauro M., 32enne, detenuto nel carcere di Frosinone, è morto in cella;
l'uomo, tossicodipendente, malato di Hiv e sottoposto a terapia psichiatrica, sarebbe stato colpito da un improvviso arresto cardio-circolatorio. L'infermeria dell'istituto di Frosinone è dotata di un defibrillatore semi-automatico, ma, stando a quanto appreso dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, questo strumento salva-vita era di fatto inutilizzabile perché aveva le batterie scariche e le placche scadute;
sulla vicenda il Garante dei diritti dei detenuti della regione Lazio, Angiolo Marroni,
ha dichiarato quanto segue: «Probabilmente la morte per cause naturali di quest'uomo non farà gridare allo scandalo contro il sovraffollamento e le precarie condizioni di vita nelle carceri italiane, ma per l'ennesima volta invito tutti quanti a chiedersi se fosse davvero il carcere, e non una struttura esterna adeguata, la soluzione migliore per una persona in quelle condizioni di salute» -:
se sia noto per quali motivi Mauro M., 32enne, tossicodipendente, malato di Hiv e sottoposto a terapia psichiatrica, si trovasse ristretto in carcere e non presso una struttura esterna adeguata alle sue precarie condizioni di salute;
se non ritengano opportuno, negli ambiti di rispettiva competenza, effettuare un'ispezione all'interno del carcere di Frosinone e attuare urgentemente ogni iniziativa di competenza al fine di capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare in ordine a quanto capitato al detenuto Mauro M.;
se non si intenda dotare l'infermeria del carcere laziale di un defibrillatore funzionante.
(4-08466)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4, prevede, al Capo VII, nuove norme in materia di applicazione di particolari strumenti tecnici di controllo alle persone sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari e ai condannati in stato di detenzione domiciliare;
in particolare, l'articolo 16, comma 2, del suddetto decreto, introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 275-bis, che prevede la possibilità per il giudice che dispone la misura degli arresti domiciliari di prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria e sempre che l'imputato le abbia accettate;
inoltre, l'articolo 17, comma 1, del medesimo decreto, introduce il comma 4-bis dell'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, stabilendo la possibilità per il tribunale di sorveglianza che dispone la detenzione domiciliare di prevedere modalità di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, sempre che ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo e che il condannato le abbia accettate;
si tratta, con tutta evidenza, di disposizioni importanti, capaci sia di rendere effettivo il controllo dei detenuti agli arresti domiciliari, sia di recuperare agenti impegnati nel controllo, sia, infine, di attenuare almeno in parte il sovraffollamento delle carceri;
l'11 maggio 2010 nel corso di un'audizione informale in Commissione giustizia il dottor Gianfilippo D'Agostino, direttore pubblic sector della Telecom Italia, avrebbe affermato che - dopo le precedenti fallimentari sperimentazioni - tutto era pronto dal punto di vista tecnico per l'uso sicuro del cosiddetto braccialetto elettronico e che entro tre mesi da allora la pubblic sector della Telecom Italia sarebbe stata nelle condizioni di attivare dai due ai tremila braccialetti -:
quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di dare piena attuazione alle norme che disciplinano l'applicazione di strumenti elettronici di controllo alle persone sottoposte a misure alternative alla custodia cautelare e alla detenzione in carcere;
nel particolare, se abbia avuto seguito quanto contenuto nella convenzione tra il Ministero dell'interno e la pubblic sector della Telecom Italia e, in particolare, se i
2/3 mila braccialetti preannunciati dal dottor Gianfilippo D'Agostino siano entrati o meno in funzione.
(4-08469)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il due agosto 2010 sul sito Riviera24.it è apparso un articolo di Fabrizio Tenerelli intitolato: «Costretta a 24 giorni di ingiusta detenzione una 45enne malata di Aids: lettera-denuncia al Ministro»; sottotitolo: «Imperia: Protagonista è una donna di 45 anni gravemente malata e condannata in contumacia, con la notifica della sentenza avvenuta tramite posta quand'era in ospedale. Il suo avvocato, Mario Leone, ha deciso di denunciare la triste vicenda»;
data la sua importanza, la prima firmataria del presente atto ritiene opportuno riportare il testo integrale dell'articolo: «Una lettera al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, per denunciare un episodio di malagiustizia con protagonista un'imperiese di 45 anni, M.B., costretta a subire 24 giorni di carcere, malgrado fosse malata di Aids, epatite C e altre patologie e malgrado fosse stata condannata, in contumacia, a 6 mesi di reclusione per molestie, senza poter partecipare al processo, perché la notifica dell'udienza è avvenuta quand'era in ospedale, così come la notifica dell'esecuzione della pena, avvenuta via posta, con lei sempre in ospedale. Promotore di questa denuncia è l'avvocato Mario Leone, di Imperia, che in questo modo ha inteso evidenziare una lunga serie di mancanze della Giustizia, legate alla medesima vicenda. Investita sulle strisce, il 23 dicembre del 2009, la donna riportò una frattura biossea della tibia e della gamba destra; una contusione polmonare con fratture costali, un pneumotorace con versamento idrico e pleurico e altre patologie (tra cui un'enterite da clostridium difficile) - dovute in gran parte alle sue pregresse malattie - che la costrinsero a una lunga degenza in ospedale. Dimessa il 19 aprile del 2010, finì più volte in ospedale. L'ultima, il 22 giugno scorso. L'8 febbraio 2010, tuttavia, avrebbe dovuto comparire davanti al giudice Emilio Varalli, di Imperia, a un processo per un vecchio caso di molestie, risalente al 26 novembre 2006 e riguardante una lite con la titolare di un ristorante. Trovandosi in ospedale, però, la donna, ignara dell'udienza, venne giudicata in contumacia e condannata a 6 mesi di reclusione e 200 euro di ammenda. La sentenza, notificata a mezzo di postino e non tramite l'autorità giudiziaria, è diventata esecutiva ed è così scattato l'ordine di carcerazione, eseguito la notte del 2 luglio scorso. Malgrado fosse gravemente malata, il giudice ha chiesto alla Polizia di eseguire l'ordine e la donna è stata portata presso la sezione femminile del carcere di Pontedecimo. Nel frattempo (parliamo del maggio scorso) il suo avvocato presentò alla Corte di Appello, di Genova, un'istanza di remissione in termini, per l'impossibilità dell'imputata di partecipare all'udienza per molestie, dovuta al fatto che era in ospedale. Istanza che è stata accettata soltanto il 29 luglio scorso e grazie alla quale l'imputata è potuta tornare a casa, sebbene in pessime condizioni di salute aggravate dalla detenzione in carcere. "Contestiamo il fatto che la notifica della sentenza sia avvenuta via posta e non tramite autorità - spiega l'avvocato Leone - ma contestiamo anche il comportamento del magistrato di sorveglianza che ha voluto tenere in carcere una donna malata di Aids e altre patologie. Senza contare che, giunta in penitenziario, gli agenti le avrebbero imposto di non riferire nulla, alle altre detenute, delle sue condizioni di salute, altrimenti sarebbe scoppiata una rivolta. Proprio per questo motivo l'avrebbero segregata in una cella, senza neppure farla uscire per l'ora d'aria, altrimenti avrebbe potuto parlare. Inoltre, per tenerla buona, l'avrebbero sedata con potenti psicofarmaci, senza farle seguire come si deve la sua terapia. Al momento di portarla in carcere e di scarcerarla, inoltre, non
hanno neppure voluto chiamare un'ambulanza, nonostante non si reggesse in piedi". Dal carcere di Genova, la donna è uscita in stampelle ed è dovuta andare alla stazione di Pontedecimo, in taxi, a proprie spese. È così tornata in casa, per finire di nuovo in ospedale. "Vogliamo che il ministro Alfano - ancora l'avvocato Leone - faccia luce su questa vicenda che non onora la Giustizia italiana"» -:
se sia a conoscenza di tutto quanto sopra esposto;
se sia noto per quali motivi la sentenza di condanna a 6 mesi di reclusione e 200 euro di ammenda sia stata notificata alla donna a mezzo di postino e non tramite l'autorità giudiziaria;
se sia noto per quali motivi non sia stato disposto il trasferimento presso una struttura esterna di una donna malata di Aids e affetta da altre gravi patologie;
se corrisponda al vero che, una volta giunta in penitenziario, gli agenti avrebbero imposto alla donna di non riferire nulla sulle sue condizioni di salute alle altre detenute altrimenti sarebbe scoppiata una rivolta e che per questo motivo la detenuta sarebbe stata rinchiusa in cella, senza avere neppure la necessità di uscire per l'ora d'aria;
se non intenda urgentemente attuare iniziative di competenza per capire, anche attraverso l'avvio di un'indagine interna, se vi siano responsabilità di ordine amministrativo e disciplinare in ordine a quanto esposto nell'articolo riportato in premessa.
(4-08475)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come riferisce Il Quotidiano di Puglia del 25 agosto 2010, uno dei primi stabilimenti per la polizia penitenziaria in Italia, quello a Torre Chianca in provincia di Lecce, dopo una trentennale storia gloriosa nel corso della quale è stato gestito ed amministrato dalla stessa amministrazione provinciale che assegnava i turni degli agenti in modo da consentire perfino il servizio di sorveglianza, giace ora in uno stato di totale abbandono e degrado;
si tratta di una situazione creatasi a partire dal 2007, quando era divenuta indispensabile un'opera complessiva di ristrutturazione ed ammodernamento di cui se ne occupò il provveditorato regionale, vale a dire il dirigente regionale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che avrebbe provveduto a mettere a disposizione ben 200 mila euro dall'Ente d'assistenza del personale del DAP per i suddetti lavori;
i lavori vengono eseguiti ma, spesi metà dei fondi assegnati, (mentre già nel 2007 erano stati spesi 108.000,00 euro per il rifacimento delle fogne) lo stabilimento non viene più riaperto e viene sostanzialmente abbandonato;
si segnala, in particolare, che, nel corso della caldissima estate del 2008, quando proprio in ragione delle elevate temperature si verificarono momenti di tensione nel carcere di Lecce, con quarantaquattro episodi di aggressione ai danni degli agenti penitenziari, con la necessità di un incremento delle forze di polizia penitenziaria, di fronte alla proposta dei sindacati di esternalizzare la gestione dello stabilimento, in modo da non sottrarre personale all'amministrazione del carcere o di affidarla, per contenerne anche i costi, ad una cooperativa di pensionati o del comparto ministeri, nulla si fece da parte della direzione del carcere -:
come, nel dettaglio, siano stati utilizzati i 200 mila euro per la ristrutturazione dello stabilimento;
quale sia l'attuale stato dei luoghi e quali siano i danni subiti dal totale abbandono del bene pubblico;
quali ditte abbiano compiuto i lavori e con quali modalità siano stati assegnati gli appalti;
per quale motivo, ultimati i lavori, non si sia provveduto alla riapertura dello stabilimento e quali eventuali provvedimenti sul piano amministrativo e disciplinare si intendano adottare nei confronti di chi ha lasciato degenerare lo stabilimento dopo l'impiego di ingenti risorse pubbliche;
per quale motivo, visto il permanere di una situazione di carenza di personale penitenziario, non siano state prese in considerazione le proposte di esternalizzazione della gestione dello stabilimento o dell'affidamento ad una cooperativa;
se, come ed in che tempi si intenda provvedere alla riapertura dello stesso.
(4-08481)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in occasione di una vista ispettiva, il 19 agosto 2010, presso il carcere di Lecce una delegazione Radicale ha avuto modo di apprendere l'esistenza di tutta una serie di carenze strutturali in un istituto i cui spazi detentivi sono costituiti da tre blocchi principali (circondariale, reclusione, femminile) e uno sussidiario (ufficio comando, matricola, transito, e altro). Cinque sono i padiglioni, per un totale di 28 sezioni (di cui 6 sezioni alta sicurezza uomini + 1 sezione alta sicurezza per donne);
già per arrivare in carcere si nota che, pur disponendo l'istituto di un ampio parcheggio, questo non è coperto né vi è, nonostante la realizzazione di tali lavori sia stata più volte, nel corso dell'ultimo decennio, promessa dai vari livelli dell'amministrazione penitenziaria, la possibilità per i pedoni di essere protetti dagli agenti atmosferici;
quanto al ricovero dei mezzi di servizio, nonostante l'impiego di ingenti risorse pubbliche, risulta che non abbia superato il collaudo di agibilità e quindi sia inutilizzato;
tutti gli ambienti (direzione compresa) sono afflitti dalla persistenza di cospicue, importanti infiltrazioni di acqua piovana che, raccolte quando possibile, con secchi e quant'altro, sono motivo di rischio per l'incolumità fisica con casi di persone scivolate a causa dello stato limaccioso dei pavimenti;
gli scantinati risultano a volte completamente allagati per via del blocco alle pompe delle fogne, obsolete e sottodimensionate così come i gruppi elettrogeni interni ed il trasformatore sono mal funzionanti e obsoleti, con la conseguenza che spesso va via l'energia elettrica;
la Sala Regia, che risulterebbe essere costata, all'epoca della consegna dell'istituto (1996) circa 450 milioni di lire, non è mai entrata in funzionate con la conseguenza che l'istituto è privo di qualsiasi allarme antintrusione e antiscavalcamento;
né risulta essere mai entrato in funzione l'impianto di aspirazione dei gas di scarico degli autoveicoli in transito presso l'ingresso alla zona detentiva;
si registra un elevato numero di presenza di detenuti collaboratori di giustizia di estrazione locale, che, non essendo prevista una sezione specifica, vengono ristretti in una sezione denominata Transito 2, ove l'agente di sorveglianza è collocato in corridoio senza alcun ufficio e senza la disponibilità di alcun bagno;
un altro aspetto critico riguarda le condizioni dei bagni destinati al personale di sorveglianza, poiché dal reparto accettazione a tutte le sezioni i bagni sono inadeguati, inarredati, non manutenzionati, maleodoranti, spesso intrisi da muffe
e limo conseguenti alle infiltrazioni. La quasi totalità, poi, è priva di finestre, punti luce e sistemi di aerazione;
la sezione infermeria non ha disponibilità di docce sufficienti alle reali esigenze. Per i circa 90 ricoverati, infatti, sono disponibili solo tre docce a piano;
da segnalare anche come all'uscita dalla sezione infermeria (nell'atrio in prossimità del cancello) sia accaduto che venisse notata la presenza di contenitori per rifiuti speciali sanitari, abbandonati senza alcuna protezione e al libero accesso di chicchessia, con alcuni contenitori che presentavano la scritta medicinali a rischio infettivo la cui causa di mancato smaltimento deriverebbe da una mancata definizione delle competenze dopo il passaggio della Sanità penitenziaria al SSN; l'ingresso al 1o piano circondariale è opportunamente meccanizzato, ma il box destinato all'unità di servizio è fatiscente e necessita di immediata tinteggiatura;
nel tragitto tra i vari posti di servizio e blocchi, si è potuto notare la presenza di consistenti stormi di gabbiani e piccioni, la cui presenza con i loro escrementi, potrebbe rappresentare fattore di rischio igienico-sanitario;
il muro di cinta si presenta in accettabili condizioni strutturali, anche se abbisogna di idonee pulizie;
le garitte sono ampie e offrono buona visuale, ma non risultano installati fari direzionali;
gli apparati radio in dotazione alle sentinelle sono logori e malfunzionanti, tanto da non garantire le necessarie comunicazioni;
l'accesso alla cinta non appare adeguatamente sostenuto da condizioni di sicurezza; analogamente il locale destinato a deposito chiavi appare inspiegabilmente privo di idonea protezione;
nel corso della visita si è anche appreso che l'allarme antincendio installato alcuni anni fa è inutilizzabile e disattivo nonostante i circa 350 mila euro spesi;
per quanto attiene all'impiego delle risorse umane, risulta assolutamente inadeguata la presenza di un solo agente nelle sezioni alta sicurezza, che recentemente nella fascia notturna si riduce addirittura a un agente per due sezioni, per le quali sarebbe necessario invece il servizio di non meno di due unità per turno per sezione. Pur volendo considerare l'impatto che tale previsione ingenererebbe e le difficoltà oggettive di fattibilità, non si può non richiedere che almeno per il turno mattinale sia prevista una seconda unità di servizio nelle sei sezioni alta sicurezza e nelle due sezioni cosiddette «precauzionali» (1a e 3a del blocco R2). Semmai da impiegare a «scavalco» tra i turni 6-12 e 12-18 con un orario configurabile in 7-15; tale proposta, assolutamente condivisa e sollecitata dal personale, prefigurerebbe l'impiego di ulteriori otto unità rispetto al contingente quotidiano attualmente impiegato. Otto unità che potrebbero essere facilmente reperite rivalutando le dotazioni organiche destinate ai vari servizi amministrativi e/o complementari (esempio segreteria e centralino) che appaiono oggettivamente spropositate rispetto ai reali bisogni e necessità; rispetto ad un organico di 763 agenti, non risulta infatti giustificata la destinazione di circa 200 unità a servizi non operativi;
anche la costituzione di ben 26 unità operative appare un ingiustificato eccesso, che penalizza oltremodo professionalità ed esperienze acquisite;
anche la disposizione dell'A.D. inerente la distrazione di personale da adibire all'implementazione quotidiana del servizio T.P. deve essere rivista, perché troppo penalizzante in termini di sicurezza. Quando capita (e capita spesso) che occorre implementare unità al locale NTP per servizi di scorta e traduzione, in osservanza alla predetta disposizione dell'A.D., si ricorre alla soppressione (in ordine cronologico) dei quadranti e delle
crociere (filtri e rotonde), dello spaccio e, in ultimo, di uffici (ma non tutti);
tenuto conto anche dell'elevato numero di detenuti in alta sicurezza appare quantomeno incauto determinare livelli di sicurezza ben oltre i livelli minimi. Sarebbe quindi opportuno, a parere degli interroganti, che in caso di necessità si inverta l'ordine cronologico di implementazione del personale al servizio NTP, assicurando in prima battuta l'impiego di personale operante in servizi amministrativi; successivamente quello impiegato in servizi complementari e in ultimo, quale extrema ratio, ricorrere all'impiego di personale comandato a servizi di sorveglianza o direttamente connessi a tale precipuo compito;
sarebbe poi comunque opportuno rivedere l'assegnazione complessiva del NTP, così come è necessario garantire una idonea rotazione tra il personale -:
quali siano le ditte che hanno eseguito i lavori che presentano le criticità descritte in premessa e quali quelle che operano all'interno del carcere e come siano state e vengano selezionate;
se, in che tempi e con quali risorse si intenda provvedere alla realizzazione dei lavori nel parcheggio indicati in premessa;
per quali motivi lo spazio adibito a ricovero dei mezzi di servizio non abbia superato il collaudo e che uso se ne intenda fare e come si intenda assicurare l'adeguata e continua pulizia dei mezzi di servizi;
se, in che tempi e con quali risorse si intenda provvedere alla realizzazione di lavori volti a risolvere le persistenti infiltrazioni di acqua piovana e l'inadeguatezza del sistema fognario ed elettrico;
quali iniziative si intendano assumere in merito alla mancata entrata in funzione della Sala Regia, per accertare le responsabilità di tale disservizio e consentire l'entrata in funzione degli allarmi antintrusione e antiscavalcamento;
quali iniziative si intendano assumere in merito alla mancata entrata in funzione dell'impianto di aspirazione dei gas di scarico degli autoveicoli in transito presso l'ingresso alla zona detentiva e consentirne l'entrata in funzione;
se, in che tempi e con quali risorse si intendano risolvere le criticità riferite in premessa delle condizioni dei bagni destinati al personale di sorveglianza e delle docce presso l'infermeria;
quali iniziative si intendano adottare in merito al mancato smaltimento dei rifiuti speciali sanitari che deriverebbe da una mancata definizione delle competenze dopo il passaggio della sanità penitenziaria al SSN;
se, in che tempi e con quali risorse si intendano risolvere le criticità riferite in premessa sui vari crocevia, a partire da quella «matricola», sulla fatiscenza del box destinato all'unità di servizio, sui rischi igienico-sanitari legati alla presenza di gabbiani, sul muro di cinta, le garitte, in materia di apparati radio in dotazione alle sentinelle e più in generale sull'assenza di condizioni di sicurezza nei vari locali elencati;
quali iniziative si intendano assumere in merito alla mancato funzionamento dell'allarme antincendio e per la sua immediata attivazione;
se ed in che tempi si intenda provvedere all'impiego di unità di rinforzo (almeno nel turno 7-15) in tutte le sezioni detentive o quantomeno nelle sei sezioni alta sicurezza e nelle due cosiddette «precauzionali»;
se ed in che tempi si intenda provvedere alla diversa turnazione del personale impiegato in compiti di sorveglianza armata e diversa organizzazione dei cambi;
se ed in che tempi si intenda provvedere alla revisione delle unità operative, il cui numero è oggettivamente sovradimensionato rispetto alle reali esigenze;
se ed in che tempi si intenda provvedere alla concreta applicazione dell'ANQ e del PIR in relazione alle pari opportunità nello sviluppo professionale (mobilità interna) e alla rotazione sui diversi posti di servizio (NTP in primis);
se ed in che tempi si intenda provvedere alla revisione della disposizione in materia di impiego di personale in ausilio ai servizi di traduzione e scorta, prevedendo prima l'impiego di personale addetto a servizi amministrativi e solo in ultima analisi del personale impiegato in compiti operativi;
se ed in che tempi si intenda provvedere a garantire al personale in servizio adeguata riservatezza nell'espletamento del servizio e nella custodia di atti dispositivi (anche riservati).
(4-08487)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della visita ispettiva di esponenti radicali, il 19 agosto scorso, nel carcere di Lecce, a fronte di capienza regolamentare di 650 posti e una capienza tollerata di 1.100, si è registrata la presenza di 1.471 detenuti (divenuti nel frattempo 1.485, secondo un comunicato stampa della UIL del 27 agosto);
il carcere di Borgo San Nicola ha così raggiunto il record storico per numero di detenuti e risulta essere il secondo per sovraffollamento in Italia;
in quasi tutte le celle, di circa 10 metri quadrati, originariamente previste per ospitare un solo detenuto, sono allocati letti a castello a tre piani, il che non assicura nemmeno i 3 metri quadrati calpestabili a testa, considerato lo spazio minimo al di sotto del quale si configura un trattamento disumano e degradante secondo la Corte europea per i diritti umani;
le celle non sono provviste di doccia, ed essendo le 28 docce in comune a giudizio degli interroganti non del tutto efficienti, con i piatti delle stesse che hanno perso l'impermeabilità e le conseguenti infiltrazioni tra i vari piani finiscono per interessare il box in uso al personale di sorveglianza ai passeggi;
erano evidenti incrostazioni e un'abbondanza di muffe che richiamano la necessità di interventi urgenti, anche sul piano della salubrità;
nel carcere, dotato di un sistema fognario realizzato a suo tempo per un numero nettamente inferiore di detenuti, continuano a verificarsi problemi di scarico che per evitare rotture all'impianto soprattutto d'estate consigliano la sospensione forzata di fornitura d'acqua per consentire il rinvaso nelle vasche di raccolta;
nei turni notturni salta, per molte ore, l'energia elettrica e i gruppi elettrogeni interni non sono per nulla sufficienti a sostituire la rete pubblica, lasciando il personale e la popolazione detenuta nel totale buio e isolamento;
è stato segnalato inoltre un generalizzato aggravamento delle condizioni strutturali soprattutto per quanto concerne le infiltrazioni di acque piovane; dalle intercapedini di giuntura tra i prefabbricati e dai tetti, infatti, le copiose infiltrazioni interessano anche i punti di derivazione elettrica tanto da rappresentare concreto pericolo di corto circuito o di folgorazioni;
anche la staticità della struttura, con la molto probabile corrosione del ferro dei solai, è tutta da verificare;
nel reparto ove sono allocati i detenuti «collaboratori di giustizia» non sono presenti servizi igienici destinati al personale che è costretto, suo malgrado, a operare in ambienti poco illuminati e per nulla arieggiati;
le terrazze dei vari padiglioni e le reti di protezione dei passeggi si connotano per l'abbondante spazzatura depositatavi, per lo strato di guano rilasciato dalle varie
specie di volatili (piccioni e gabbiani) e dalla presenza di carcasse degli stessi uccelli;
su una pianta organica che prevede 763 agenti di polizia penitenziaria, il 19 agosto 2010 erano 723 quelli che risultavano assegnati e 756 gli agenti effettivamente in servizio di cui però 106 erano assenti per malattia (divenuti 140 al 27 agosto secondo la UIL) e 61 avviati alla Commissione medica ospedaliera di Taranto per patologie da stress o ansioso-depressive; delle unità restanti circa 200 erano assenti a vario titolo (ferie comprese); 60 erano i pensionamenti non integrati con l'ultimo concorso che si è svolto nel 2003;
questa disastrosa situazione del personale, secondo la UIL, comporta il dover espletare turni di 8, 9 e anche 10 ore al giorno, senza peraltro poter garantire i livelli minimi di sicurezza previsti;
occorre richiamare anche l'esigenza di adeguare i sistemi di sicurezza e di tutela poiché è stato segnalato come il personale operante negli ambienti detentivi non solo non ha a disposizione box idonei, ma è anche sprovvisto dei previsti sistemi di allarme e antiaggressione;
quanto agli educatori, su 14 persone previste dalla pianta organica, il 19 agosto 2010 vi erano 6 educatori assegnati e 8 effettivamente in servizio, mentre risultavano 6 gli psicologi effettivamente in servizio;
nel carcere di Lecce, dove sono ristretti 242 tossicodipendenti, di cui 62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140 con patologie di tipo psichiatrico, si è riscontrata una grave carenza di specialisti presenti solo 2 giorni a settimana per 2 o 3 ore il che comporta la necessità di trasferimenti dei detenuti che hanno bisogno di visite specialistiche dal carcere presso le apposite strutture sanitarie con ulteriore sottrazione di agenti di polizia penitenziaria alle esigenze del penitenziario;
di contro a Lecce, unico istituto in Italia, risultano in ruolo ben 5 direttori penitenziari, due oltre l'organico previsto, nonostante vi siano vicini istituti che sono sedi vacanti come ad esempio il CC.San Severo e il direttore risulta essere sempre la stessa da 25 anni;
i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria risultavano essere 195, i lavoranti in carcere per conto di imprese e cooperative 20 e i detenuti semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni solo 16;
si è riscontrata inoltre una forte ritrosia, da parte della procura e della magistratura di sorveglianza leccesi, a concedere le misure alternative al carcere e perfino il beneficio della liberazione anticipata, lo sconto di pena di 45 giorni al semestre che viene normalmente concesso per la buona condotta intramuraria e che a Lecce viene invece riconosciuto solo se nulla osta da parte degli organi di polizia, investigativi e antimafia locali;
in queste condizioni, a giudizio degli interroganti, incivili e illegali della detenzione sotto il profilo amministrativo, della custodia e dell'assistenza sanitaria, da gennaio 2010 si sono verificati due suicidi e ben 11 tentati suicidi sventati in extremis dalla polizia penitenziaria, l'ultimo dei quali nella notte tra il 24 e il 25 agosto 2010, quando un giovane detenuto, a causa delle difficoltà di vedere i suoi due piccoli figli, ha cercato di impiccarsi -:
quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al problema del sovraffollamento del carcere di Lecce per assicurare spazi di detenzione conformi ai criteri minimi fissati dalla Corte europea dei diritti umani e condizioni più civili;
come intenda far fronte all'esiguità dei contingenti di polizia penitenziaria e a un'organizzazione dell'istituto che mostra più di qualche lacuna;
quali misure intenda adottare a fronte di un tasso di assenteismo, anomalo rispetto alla media, che interessa la polizia penitenziaria del carcere di Lecce;
in che tempi e con quali risorse intenda fornire i mezzi per sistemare le aree critiche dell'istituto come descritte in premessa e per adeguare i sistemi di sicurezza e di tutela del personale operante negli ambienti detentivi;
per quali motivi nel carcere di Lecce siano in ruolo 5 direttori penitenziari, due oltre l'organico previsto, e se si intendano adottare provvedimenti per il loro impiego presso sedi vacanti;
per quali motivi il direttore risulti essere sempre la stessa da 25 anni, quando, di norma, nella pubblica amministrazione vi è una turnazione dei dirigenti;
se e come intenda dotare l'istituto di fondi delle mercedi per consentire a un più elevato numero di detenuti almeno la possibilità di lavorare;
quali siano i dati statistici circa l'operatività della magistratura di sorveglianza leccese in materia di applicazione di misure alternative e benefici penitenziari, comparati a quelli di altri tribunali di sorveglianza e in rapporto al numero della popolazione detenuta;
nel caso di evidenti discrepanze statistiche, se e quali iniziative di competenza intenda adottare per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza leccese;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Lecce alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08495)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'esame della normativa generale sull'ordinamento giudiziario (regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12) mostra evidente come l'intento del legislatore fosse quello di sottrarre solo in casi particolari i magistrati dall'esercizio delle funzioni giurisdizionali: a differenza degli organici delle altre branche della pubblica amministrazione, l'organico della magistratura è rigido, inteso a soddisfare le esigenze degli uffici giudiziari, per i quali provvedono tabelle numeriche anch'esse rigide, predisposte per legge e soltanto dalla legge modificabili;
i magistrati assumono una posizione nettamente distinta rispetto a quella degli impiegati dello Stato, poiché operano in piena autonomia funzionale (articolo 102, comma 2o della Costituzione) ed organica (articolo 104, comma 1o della Costituzione); gli articoli 58 e 59 del testo unico delle leggi sugli impiegati civili dello Stato (decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957) ed il relativo regolamento (decreto del Presidente della Repubblica n. 571 del 1958), escludono il collocamento fuori ruolo dei magistrati, salve le eccezioni previste per la segreteria della Presidenza della Repubblica (articolo 2), le delegazioni italiane in seno ad enti ed organismi internazionali (articolo 4) e la Presidenza del Consiglio (articolo 8); in quest'ultimo ambito talune deliberazioni del Csm individuano addirittura quali degli uffici della Presidenza possono avere assegnati magistrati fuori ruolo;
l'articolo 3 del regio decreto-legge n. 1100 del 1924 espressamente vietava l'utilizzo di personale di amministrazioni diverse presso gli uffici del gabinetto dei Ministri con portafoglio; tuttavia nei primi giorni del 2000 è entrato in vigore il decreto del Presidente della Repubblica n. 477 del 1999 sull'organizzazione del Ministero dell'università, che, novellando sulla precedente disciplina, consente (articolo 3) l'utilizzo di «dipendenti pubblici» non meglio specificati, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro; a decorrere dall'entrata in vigore del decreto sono considerate soppresse le norme del citato regio decreto-legge n. 1100;
va osservato che questioni di opportunità, quali l'enorme arretrato delle cause
civili e penali, dovrebbero consigliare il rientro nelle sedi giudiziarie di appartenenza di tutti i magistrati che svolgano compiti non giurisdizionali -:
se non si ritenga opportuno porre fine ai distacchi di magistrati ordinari presso gli uffici del Gabinetto dei Ministri con portafoglio.
(4-08502)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 20 agosto 2010 il quotidiano Il Gazzettino esce con un articolo dal titolo «Rovigo: CGIL, in carcere personale sanitario insufficiente e ora d'aria non sempre garantita»;
dall'articolo è possibile trarre le seguenti dichiarazioni rilasciate dal segretario Fp Cgil Giampietro Pegoraro: «Lavoriamo in piena emergenza ogni giorno, tanto che è diventata la normalità. Fortunatamente abbiamo trovato una sponda, oltre che nel prefetto, anche nel sindaco e nel presidente della Provincia che si sono fatti carico del problema»;
attualmente i carcerati custoditi nel carcere di Rovigo sono 118, di cui 21 donne, in una struttura che ne potrebbe contenere solo 66, «ammassati» in 5 o 4 in celle rispettivamente da 3 e 2 e in quelle blindate monoposto, con solo una piccola grata e senza aria condizionata, in numero doppio, controllati e vigilati solo da 59 agenti;
nella predetta struttura sanitaria spesso si sono verificati segnali di protesta da parte dei detenuti e solo grazie alla pazienza, disponibilità e soprattutto professionalità delle unità di polizia penitenziaria si è potuto evitare la rivolta;
spesso nel carcere di Rovigo non si riesce nemmeno a garantire il diritto all'ora d'aria per carenza di personale. E ad aggravare la situazione, l'insufficienza di personale medico e paramedico e il vuoto di assistenza sanitaria. La domenica è garantita la presenza solo di infermieri dalle 7 alle 9 e nel pomeriggio non c'è nemmeno il medico. Da quando le funzioni sono passate alle ASL due anni fa, il disagio è aumentato in un ambiente perennemente a rischio. Così il presidente della provincia Tiziana Virgili ha garantito che convocherà al più presto un tavolo alla presenza del direttore generale dell'Ulss 18 Adriano Marcolongo per trovare soluzioni che migliorino il servizio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra illustrati e quali siano le iniziative che intendano assumere in ordine al sovraffollamento e alla mancanza di agenti di polizia penitenziaria e di personale medico che si registra nel carcere di Rovigo;
quali provvedimenti urgenti il Ministro competente intenda adottare affinché nel carcere di Rovigo sia garantito il diritto all'ora d'aria a ciascun detenuto;
se e quali iniziative si intenda assumere per assicurare un'adeguata assistenza sanitaria nelle carceri italiane.
(4-08503)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella XIV legislatura il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza la legge 8 febbraio 2006, n. 54, recante disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli;
la portata innovativa di questo testo, in linea con l'orientamento prevalente nei Paesi dell'Unione europea, risiede nel riconoscere che «anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale»;
la legge, novellando l'articolo 155 del codice civile, si pone così l'obiettivo di riequilibrare l'asimmetria giuridica e pedagogica (considerato che ben l'88 per cento degli affidamenti hanno carattere esclusivo) che portava i minori, nella maggioranza dei casi, a perdere progressivamente ogni significativo rapporto con il genitore non affidatario;
tuttavia, nei primi quattro anni di vigenza della succitata legge, risulta una diffusa sostanziale inapplicazione da parte dei diversi tribunali della Repubblica, dovuta principalmente alla difficoltà, da parte dei giudici, a distaccarsi da precedenti prassi consolidate, che sono peraltro proprio quelle che la nuova legge intende correggere;
in particolare, la confusione nasce dall'idea che l'affidamento condiviso sia solo una nuova veste lessicale dell'affidamento congiunto già previsto dalla precedente normativa, come risulta dalla motivazione di numerose sentenze, con la conseguenza di poter trasporre nelle nuove situazioni tutta la precedente giurisprudenza;
in questo modo, molti tribunali continuano a sostenere che l'affidamento condiviso può essere concesso solo in un numero limitatissimo di casi, negandolo, in particolare, in presenza di conflittualità, tenera età dei figli, distanza tra le abitazioni dei due genitori;
al contrario, la legge n. 54 del 2006 pone invece dei limiti precisi proprio all'affidamento esclusivo, consentendolo solo nelle situazioni in cui un genitore (quello da escludere dall'affidamento) costituirebbe motivo di pregiudizio per i figli, prevedendo altresì la possibilità di condanna per lite temeraria del genitore che abbia pretestuosamente, o infondatamente accusato l'altro di essere pregiudizievole per la prole;
alla precedente ipotesi si affianca a quel che consta agli interroganti peraltro un'altra forma, più subdola, di inosservanza della legge: stabilire l'affidamento condiviso, privandolo però dei suoi contenuti qualificanti, quali la presenza equilibrata presso i due genitori (alcune sentenze introducono il concetto di «collocazione» dei figli, rendendo «collocatario» il precedente genitore «affidatario») e l'assegnazione di compiti di cura, anche sotto il profilo economico, a ciascuno di essi;
simili gravi carenze rappresentano, ad avviso degli interroganti, un danno per la collettività intera, ma soprattutto per i figli, che in caso di separazione dei genitori hanno invece diritto di mantenere, se non la famiglia, almeno relazioni positive con ciascun genitore, onde prevenire sofferenze psicologiche e danni allo sviluppo della loro personalità, che possono arrivare ad innescare depressioni, suicidi, tossicodipendenze e comportamenti asociali;
la Repubblica italiana si basa sul principio dello Stato di diritto e del rispetto della legge -:
quali iniziative nell'ambito delle sue competenze il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto dalla presente interrogazione e in particolare quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire la piena applicazione della legge n. 54 del 2006 in modo tale che i diritti dei genitori separati e dei loro figli possano essere realmente tutelati.
(4-08504)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che
la sera del 14 agosto 2010, in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere», l'interrogante accompagnata dal segretario dell'associazione Radicali Catania Gianmarco Ciccarelli e dagli esponenti radicali Marco di Salvo e Alessia Moscardelli, ha visitato la casa circondariale di Mistretta in provincia di Messina;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal comandante, ispettore capo Salvatore Corriere;
dalla visita ispettiva è emersa la seguente situazione dell'istituto;
detenuti presenti 44 a fronte di una capienza regolamentare di 35 posti e «tollerata» di 39 posti; 32 detenuti hanno una condanna definitiva mentre 12 sono in attesa di giudizi (2 imputati, 4 appellanti, 6 ricorrenti); 1 detenuto è affetto da epatite C; 6 detenuti hanno patologie di tipo psichiatrico; 18 sono i detenuti stranieri;
gli agenti effettivamente in servizio sono 33 a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 26;
nell'istituto presta servizio uno psicologo, mentre dei due educatori previsti in pianta organica, solamente uno è assegnato;
solamente 5 detenuti lavorano e tutti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria; non sono attivati corsi scolastici, mentre vi è la possibilità di frequentare corsi di informatica e di lavorazione della pietra e della ceramica;
la casa circondariale di Mistretta è un piccolo istituto che ospita detenuti comuni di sesso maschile; la struttura è un ex convento medievale ubicato nel cuore del paese;
le celle, in tutto otto, si affacciano su un cortile che rappresenta il principale luogo di aggregazione per i detenuti (passeggio, luogo di celebrazione della messa, luogo di proiezione di film; Mistretta è una località di montagna (900 metri sul livello del mare) e in inverno le temperature sono particolarmente rigide e si verificano frequenti e abbondanti precipitazioni nevose; le celle sono umide e fredde; le celle presentano una forma «a galleria», con il tetto concavo a formare un'arcata; in 6 celle è presente la doccia, 2 ne sono sprovviste; le condizioni igieniche delle celle sono accettabili; le docce in comune sono 4, di cui 3 funzionanti e 1 rotta: le loro condizioni igieniche sono appena sufficienti e i detenuti possono utilizzarle 4 volte alla settimana; nell'istituto non vi è una palestra; i detenuti usufruiscono di 8 ore d'aria giornaliere e i colloqui con i familiari avvengono 2 volte a settimana; il rapporto fra detenuti e agenti di polizia penitenziaria è molto buono;
nel corso della visita sono emerse le seguenti, ulteriori, situazioni:
nell'istituto c'è una cella singola che è una sorta di isolamento dove è detenuto un polacco; misura 2,5m x 2,5m, il bagno è a vista; il tempo massimo di permanenza in questa cella, afferma il comandante, è di 15 giorni;
nella cella n. 1 sono presenti 4 detenuti di Catania; la cella è di circa 15 metri quadrati, con struttura «a galleria»; non vi è doccia all'interno né finestre; solo il bagno ha una finestra sulla quale è applicata una rete tripla a maglie strette; i detenuti danno atto alla direttrice e al personale di polizia penitenziaria di operare con professionalità e umanità; in particolare, affermano: «Una volta al mese ci fanno mangiare la pizza»; «Ci danno i detersivi per pulire le celle»; «La direttrice è una persona squisita»;
nella cella n. 2 vi sono 4 detenuti in 10 metri quadrati;
nella cella n. 3 vi sono 6 detenuti in circa 14 metri quadrati; un detenuto lamenta la mancanza di acqua calda in cella: «Ho trascorso cinque inverni in questo carcere, il freddo ti entra dentro le ossa»;
nella cella n. 4 vi sono 6 detenuti in circa 10 metri quadrati (meno di 2 metri quadrati di spazio vitale a detenuto!); è presente la doccia ma, a causa della limitatezza degli spazi, sul piatto doccia è posizionato il tavolo con i fornellini; i detenuti, provenienti da Catania e Messina, sottolineano la condizione di gravissimo sovraffollamento in cui sono costretti a vivere e i deficit strutturali dell'istituto e confermano le difficoltà a vivere in questa struttura nei mesi invernali quando capita che si abbia difficoltà persino ad aprire la porta per la troppa neve; per altro verso, i detenuti riconoscono agli agenti di polizia penitenziaria di
svolgere il proprio lavoro con professionalità e grande rispetto delle persone;
le gravi carenze strutturali della casa circondariale di Mistretta sono in parte compensate dall'ottimo rapporto che la direzione e il personale sono stati capaci di instaurare con la popolazione detenuta; ciò, indubbiamente, si deve la bassissima percentuale di atti di autolesionismo;
anche nella cella n. 5 ben sei detenuti convivono in circa 10 metri quadrati;
la cella n. 6 è l'unica cella a non avere la struttura «a galleria»; ospita 6 detenuti stranieri (3 egiziani e 3 marocchini); in estate si sta bene - affermano - ma in inverno è dura;
nella cella n. 7 convivono sette detenuti in 12 metri quadrati, uno di Messina, 3 del Marocco e 3 della Romania; il detenuto di Messina, un uomo laureato in medicina, analizza gli aspetti negativi e positivi dell'istituto: «L'inadeguatezza strutturale di questo carcere è evidente; manca il reinserimento; il problema più serio è rappresentato dal tribunale di sorveglianza; è vero, abbiamo 8 ore d'aria, però dalla finestra non vediamo nulla, lo sguardo non può spaziare che per qualche metro, anche in cortile; lo psicologo fa pochissime ore, io negli ultimi 3 mesi non l'ho mai visto»; quanto agli aspetti positivi, il detenuto-medico elenca: «il vitto è buono; se ci servono prodotti per l'igiene (doccia schiuma, shampoo eccetera) qui ci danno tutto; il personale di questo carcere è molto disponibile, se fai una domandina già l'indomani hai la risposta; questo istituto è quasi un collegio»; un detenuto marocchino di nome Nazih Abdelghafour, 21 anni, da circa un anno non ha alcun contatto con la famiglia che vive a Parma; è arrivato lo scorso marzo e 3 mesi fa ha fatto la domanda per chiedere un avvicinamento e analoga richiesta aveva avanzato nel novembre del 2009, quando si trovava recluso nel carcere di Sciacca; è visibilmente addolorato perché finora non gli è stato consentito nemmeno un colloquio telefonico perché i familiari hanno soltanto il telefono cellulare; anche in questo caso, l'interrogante deve prendere atto del fatto che né i detenuti né il personale sono a conoscenza della circolare del DAP che autorizza le telefonate verso i numeri cellulari, previa verifica della corrispondenza fra il titolare della scheda telefonica e il nominativo del familiare destinatario della chiamata;
nella cella n. 8 sono presenti 4 detenuti stranieri (2 tunisini, un pakistano e un rumeno); anche questa cella (come la n. 1) non ha la doccia all'interno e presenta umidità sui muri e sul soffitto; le celle n. 1 e n. 8 sono le più fatiscenti; il detenuto pakistano, di nome Ghumman Qasim Alì, si trova ristretto semplicemente per la sua condizione di clandestinità; un detenuto tunisino di nome Kefi Naoufel (nato a Tunisi il 19 giugno 1974), condannato a 4 anni e 2 mesi per detenzione di hashish (100 grammi, come Pannella in televisione») con fine pena il 9 ottobre 2012 ha un residuo pena inferiore ai due anni applicando il beneficio della sottrazione di 45 giorni ogni semestre; vorrebbe finire di scontare la pena in Tunisia; ha il passaporto in regola, è sposato ed ha un figlio di 5 anni; in subordine, ha chiesto di poter fare gli arresti domiciliari a Siracusa nella casa del fratello che lavora e ha i documenti in regola; il detenuto rumeno, Bucur Ioni, ha il fine pena nell'ottobre del 2011 e ha chiesto di poter scontare la pena nel suo paese, dove ha la moglie e una figlia di 2 anni e mezzo, ma il magistrato di sorveglianza ha rigettato la sua richiesta;
già nel marzo del 2009 il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Messina, dottor Antonio Franco Cassata, chiedeva la chiusura del carcere di Mistretta e, in una relazione, così descriveva la situazione: (...) «Appare assolutamente sconcertante il fatto che le celle ordinarie si affaccino tutte direttamente su un cortile all'aperto, che funge anche da luogo di aggregazione, anziché su un normale corridoio interno. Tanto più incredibile se si pensa che il comune di
Mistretta è in posizione molto elevata rispetto al livello del mare (circa 900 metri), ed è caratterizzato da inverni molto rigidi con frequenti nevicate, e temperature anche sotto zero. I detenuti sono perciò costretti a stare al freddo se vogliono godere di un po' di luce (...), mentre se piove o nevica le porte restano "sigillate". Un rudimentale tettoia in onduline al di sopra degli ingressi della celle costituisce un ben misero riparo dalle intemperie. In questa struttura fatiscente, indegna di un paese civile, sono ammassati attualmente 42 detenuti» -:
quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al problema del sovraffollamento del carcere di Mistretta restituendo un minimo di spazio vitale a quei detenuti che sono costretti a vivere in celle dove lo spazio a disposizione di ciascun recluso è addirittura al di sotto dei 3 metri quadrati;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti l'assistenza psicologica di cui necessitano e quando sarà adeguatamente rafforzata l'area educativa;
in che tempi intenda fornire i mezzi per sistemare le aree fatiscenti dell'istituto e i fondi necessari per la manutenzione ordinaria; quanto occorrerà ancora attendere per dotare le celle di un adeguato riscaldamento per l'inverno, per installare un'adeguata tettoia davanti alle celle che ripari dalle intemperie e per rimuovere la fitta rete apposta alla finestra del bagno;
cosa intenda fare per adeguare i fondi delle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori; se intenda intervenire per dotare l'istituto di un fondo per detenuti indigenti;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane; se intenda intervenire per quanto di competenza in relazione ai casi segnalati in premessa;
se intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari italiani ad applicare la circolare del DAP che consente ai detenuti di telefonare verso utenze telefoniche mobili a chi ha familiari che non dispongono di un'utenza fissa;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
se sia a conoscenza del rapporto divulgato un anno e mezzo fa dal dottor Antonio Franco Cassata riguardante lo stato delle strutture custodiali nel distretto della corte d'appello di Messina (in cui ricade l'istituto di Mistretta) e in che modo intenda far tesoro delle sue considerazioni e riflessioni della realtà carceraria del messinese;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Mistretta alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08505)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lunedì 16 agosto in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere» l'interrogante, accompagnata da Donatella Corleo (Radicali Palermo) e Gianmarco Ciccarelli (Radicali Catania), ha visitato la casa di reclusione di Favignana (Trapani);
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal direttore del carcere Paolo Malato, dal comandante facente funzione della polizia penitenziaria Antonino Savalli e dal responsabile dell'area trattamentale Eugenio De Martino;
dalla visita ispettiva è emersa la seguente situazione dell'istituto:
il carcere dell'isola di Favignana è una casa di reclusione con annessa una casa di lavoro; una struttura, dunque, che ospita sia detenuti con condanna definitiva sia i cosiddetti «internati», persone che, pur non dovendo scontare una pena, sono sottoposte a misura di sicurezza detentiva perché giudicati pericolosi socialmente;
i ristretti presenti sono 131 (61 detenuti e 70 internati); gli stranieri sono 70; 7 detenuti sono condannati all'ergastolo;
la carenza di personale di polizia penitenziaria è tale che di notte l'intero istituto viene sorvegliato da soli 3 agenti (portineria, capoposto, sezione); sempre a causa della carenza di agenti, ai detenuti non è consentito l'utilizzo del campo sportivo perché mancherebbe la necessaria sorveglianza;
gli educatori sono 3, di cui 1 assegnato da poco; la pianta organica ne prevede 6;
l'assistenza psicologica è del tutto insufficiente: 1 psicologo per sole 20 ore al mese;
l'assistenza sanitaria è assicurata da una guardia medica e un infermiere h24; il dirigente sanitario è presente 3 ore al giorno; il dentista una volta ogni 15 giorni; nell'isola non c'è un ospedale e non c'è il SERT;
al sovraffollamento e alla carenza di personale si aggiunge una grave e manifesta inadeguatezza strutturale; la struttura (una fortezza del XII secolo), si presenta vecchia e fatiscente; le celle, situate sotto il livello del mare, sono umide, buie, scarsamente areate e senza doccia; l'inidoneità strutturale è sottolineata dal direttore nel corso del colloquio iniziale: «si tratta di una struttura molto dispersiva, con cunicoli e corridoi: questo carcere assomiglia ad un labirinto»;
il direttore, inoltre, accanto al sovraffollamento, alla carenza di personale e alla inadeguatezza strutturale, individua fra i nodi problematici l'insufficienza dei fondi e la natura mista dell'istituto: se rimanesse solo la casa di reclusione senza la casa di lavoro, tutto sarebbe più facile da gestire;
un ulteriore aspetto critico, evidenziato dal responsabile dell'area trattamentale, è il rapporto con il magistrato di sorveglianza di riferimento che si trova a Palermo e che non può essere in grado di comprendere le necessità dell'istituto; «i benefici e le licenze - sottolinea il responsabile dell'area trattamentale - vengono concessi in una percentuale inferiore rispetto ad altre case di lavoro»;
gli internati presenti a Favignana non sono del luogo, nessuno è della provincia di Trapani, molti provengono dalla Campania; diversi di loro sono affetti da patologie di tipo psichiatrico e tanti sono i tossicodipendenti;
l'assistenza ai ristretti tossicodipendenti, in particolare coloro che sono in trattamento metadonico, è assicurata dai medici del SERT di Trapani, che però non si recano direttamente all'interno del penitenziario, ma stabiliscono le terapie e danno indicazioni al dirigente sanitario del carcere;
pur essendo una casa di reclusione, il penitenziario ospita anche detenuti con un residuo pena di pochi anni o addirittura di pochi mesi: ciò in conseguenza degli sfollamenti da altre carceri, anche del nord Italia; «non ha senso - afferma il direttore - destinare in questa struttura chi deve scontare una pena breve»;
le ore d'aria di cui possono usufruire i detenuti sono 6 (dalle 9,00 alle 12,00 e dalle 13,00 alle 16,00), un tempo superiore a quello concesso nella generalità degli istituti; ciò è reso possibile, nonostante la carenza di agenti di polizia penitenziaria, dalla particolare struttura del carcere, con le celle che si affacciano sul cortile: i detenuti trascorrono le ore d'aria proprio nel cortile davanti alla cella; l'assenza di tettoia o copertura nei cortili-passeggio
condiziona però la reale fruibilità delle ore d'aria, oltre a rappresentare un grave problema per la distribuzione del vitto in caso di pioggia;
il carcere è dotato di un'area verde per il colloquio con i bambini; i colloqui avvengono una volta alla settimana, ma il numero delle persone che si reca nella struttura per incontrare i ristretti è piuttosto esiguo, 10-15 persone a settimana perché «raggiungere Favignana è difficile e costoso», afferma il direttore;
il direttore, prima di iniziare il giro all'interno della struttura, ci informa della presenza sull'isola di un nuovo istituto completamente ristrutturato ma ancora non aperto, destinato a ospitare 130 persone; «la consegna era prevista per il 30 giugno scorso, ma ancora stiamo aspettando»; il direttore rileva che la nuova struttura è sprovvista di area verde;
dalla visita delle sezioni e delle celle, dal colloquio con i detenuti emerge quanto segue che conferma quasi totalmente quanto riferito dal direttore, dal comandante e dal responsabile dell'area trattamentale:
nella sezione Quinta la delegazione incontra gli ospiti che sono tutti detenuti comuni; nella cella n. 1 sono presenti 5 detenuti che fanno presente di non avere la possibilità di lavorare, che d'inverno l'aliscafo a volte non parte rendendo impossibili i colloqui con i familiari, che a volte nell'isola manca l'acqua, che non possono usare il campo sportivo per la carenza di agenti di cui comprendono il disagio: «siamo sulla stessa barca», afferma uno di loro; Gabriele Santapaola, detenuto catanese di 26 anni, con due figlie piccole di 5 e di 6 anni, lamenta di non aver ancora ricevuto le mercedi relative al lavoro che ha svolto nel carcere di Agrigento dove ha fatto il portavitto per 7 mesi: «da 2 anni - protesta - attendo quegli assegni che mi servono per le bambine»; nella cella n. 2 ci sono 4 detenuti stranieri (2 egiziani, 1 peruviano e 1 cileno) che da molto tempo non hanno alcun rapporto né con familiari né con i loro amici; sono molto felici di apprendere dall'interrogante che in base ad una circolare del DAP emanata alcuni mesi fa è possibile telefonare verso utenze mobili; riguardo a questa possibilità recentemente introdotta, il direttore afferma di aver richiesto chiarimenti al DAP, ma di non aver ricevuto alcuna risposta; il detenuto cileno vorrebbe scontare la pena nel suo paese; ha la pancia gonfia e dolente per aver ingerito ovuli di cocaina prima di essere arrestato all'aeroporto di Fiumicino mentre era in transito verso la Turchia; nella cella n. 3 la delegazione incontra 4 detenuti stranieri (3 indiani e 1 rumeno) anche loro non informati della possibilità anche a loro riservata di telefonare a numeri cellulari qualora i familiari non dispongano di un'utenza fissa: «Questa cosa è bellissima - afferma il detenuto rumeno - io ho contatti con la mia famiglia per posta, ma sentire la voce è un'altra cosa!»; tutti e quattro lamentano l'umidità della cella; nella cella n. 4 ci sono 6 detenuti stranieri (5 del Marocco + 1 del Sahara Occidentale), tutti in ramadan;
la sezione Sesta si caratterizza per la particolare struttura di alcune celle, al cui interno vi sono i cosiddetti «cubicoli»: si tratta di gruppi di cellette interne che si affacciano su un corridoio parallelo al cortile-passeggio; per entrare nei «cubicoli», dunque, è necessario attraversare 2 porte: quella che introduce nel piccolo corridoio comune al gruppo di cubicoli, e quella di ciascun cubicolo; i cubicoli sono cellette anguste, fatiscenti e senza finestre: l'ingresso dell'aria e della luce naturale avviene esclusivamente attraverso il corridoio e risulta quindi fortemente ridotto; nel cubicolo n. 1 (della cella n. 1) sono presenti 4 detenuti palermitani che subito si lamentano della mancanza della luce; «È vero - afferma uno di loro - abbiamo 6 ore d'aria, però non possiamo correre, sgranchirci le gambe... siamo tanti leoni in gabbia»; nel cubicolo n. 2 un detenuto vive qui da circa 10 anni; nel cubicolo n. 3 un detenuto informa la delegazione che uscirà di lì a pochi giorni dopo quasi 2 anni di permanenza a Favignana; nel cubicolo
n. 4 è presente un detenuto condannato all'ergastolo; nella cella n. 2 ci sono altri 4 cubicoli; i detenuti riconoscono al direttore e al personale una «certa professionalità»; dicono che il mangiare è buono, «ma quando piove per distribuire il vitto ci vuole l'ombrello, e quando piove forte il mangiare si bagna lo stesso»; anche loro lamentano la carenza di lavoro; nella cella n. 4 i cubicoli sono 6: nel cubicolo n. 1 ci sono 3 detenuti in circa 7 metri quadrati; nel cubicolo n. 2 in 5,4 mq (1,80m x 3m) ci sono 2 detenuti; nel cubicolo n. 3 i detenuti informano la delegazione che entrano gli scarafaggi»; nella cella n. 5 sono presenti 2 detenuti marocchini e 1 tunisino; il detenuto tunisino racconta di essere stato trasferito per sfollamento dal carcere di Ravenna a Favignana per scontare l'ultimo mese di pena! Il capo dell'area trattamentale, dott. De Martino, ci informa che i ristretti in questa cella non dovrebbero stare in una casa di reclusione ma in un circondariale dovendo scontare pene inferiori a 5 anni; in totale nella Sesta sezione sono presenti 33 detenuti;
le docce in comune, utilizzate sia dai detenuti della Quinta che da quelli della Sesta sezione, sono 6, di cui 5 funzionanti e 1 rotta; anche le docce si affacciano sul cortile-passeggio: per raggiungerle, quindi, i detenuti devono uscire in uno spazio esterno senza copertura, il che è particolarmente problematico in inverno; l'utilizzo delle docce è consentito 6 volte alla settimana;
la QUARTA sezione ospita gli «internati», che la delegazione incontra nel cortile-passeggio; «Siamo in condizioni disumane» afferma uno di loro; un internato di Pozzuoli dice di non fare un colloquio da 8 mesi: «Sono tossicodipendente, ma il SERT è a Trapani, questa struttura non è adeguata, qui i tossici non dovrebbero starci; le celle cadono a pezzi», prosegue. «Io faccio lo scopino, non mi insegnano niente. Qui lavoro non ce n'è: altro che casa lavoro!»; lo stesso detenuto riesce a fare sorridere tutti quando dice: «Le guardie sono poche, spesso ci guardiamo da soli»; un altro internato lamenta la mancanza d'aria all'interno delle celle: «Siamo in condizioni disumane: noi reati non ne abbiamo commessi e se siamo stati condannati abbiamo già scontato la nostra pena, la casa di lavoro è una legge fascista»; Francesco Esposito, internato nella casa di lavoro di Favignana dall'8 aprile 2010, racconta la sua vicenda: «Io risiedo a Viterbo. Lavoravo alla Croce Rossa Italiana sulle autoambulanze in quella città... posso mostrare la mia busta paga... il mio passato, a Napoli, per me era già una pagina chiusa...»; un altro internato afferma: «Io ho 2 bambini, ho perso il lavoro perché mi hanno mandato qui a non lavorare... quando uscirò dove e quando ritroverò un'occupazione?»; Angelo Ingenito non ha licenze da 5 mesi, Ciro Scognamiglio da 8 mesi, e Michele Liotta da 12 mesi; in tanti denunciano la mancata concessione delle licenze e alcuni se la prendono con l'educatore, ma il dottor De Martino (capo area trattamentale) spiega che il magistrato di sorveglianza concede la licenza sulla base della relazione di sintesi e che non basta la relazione comportamentale: «c'è una sfasatura, afferma, perché altrove non è così»; nella cella n. 2 ci sono 4 internati in un ambiente angusto, fatiscente e senza finestra; nella n. 3 sono attualmente 5 perché uno sta in licenza, ma sono arrivati ad essere anche 9; in questa cella, che ha soltanto una piccola finestra sopra la porta, i muri e i tetti sono tappezzati di giornali per assorbire e nascondere le chiazze di umidità;
anche l'Ottava sezione ospita gli internati che segnalano che il bagno della cella n. 1 ha la copertura in cemento-amianto (eternit), materiale altamente rischioso per la salute; un agente dice all'interrogante che non essendo rotto, è in regola con la circolare del ministero, ma che questo non lo si può dire agli internati «perché, altrimenti, lo rompono immediatamente»; nel bagno della cella n. 3, che ha il tetto sfondato, i detenuti hanno apposto una copertura utilizzando la plastica nera dei sacchi dell'immondizia;
nel cortile-passeggio dell'Ottava sezione un internato di nome Luigi Cimino (nato a Napoli il 15 marzo 1961) dice di essere disabile al 100 per cento e aggiunge: «prendo anche la pensione di accompagnamento... che ci sto a fare qua?»; Raffaele Aurilia (nato a Napoli il 12 agosto 1963) dice di aver finito la misura di sicurezza il 26 giugno scorso: «Non so niente, mi danno farmaci. Qui non ho lavorato, ogni tanto la famiglia mi manda 20-30 euro»; De Martino ci dice che il magistrato di sorveglianza, finiti i 2 anni, fa la valutazione sulla persistenza della pericolosità sociale e spesso prolunga ad libitum: «la casa lavoro può trasformarsi in un ergastolo»;
il fatto che le misure di sicurezza detentive siano sostanzialmente a tempo indeterminato genera negli internati un'angoscia che è facilmente percepibile a Favignana; l'internato si trova ristretto pur non dovendo espiare alcuna pena, e - per il perverso e avvilente meccanismo della proroga - non sa nemmeno se e quando potrà uscire; un internato spiega ulteriormente: «Se sei da solo, senza nessuno che ti accudisce, non ti fanno uscire. Nemmeno se hai la casa»;
Carlo De Felice, internato tossicodipendente: «Sono un tossico, ma mi sono levato tutto, terapia, metadone. Ho la comunità di Lecce che mi sta aspettando: verrebbero a prendermi loro, mi hanno dato l'ultima possibilità, ma il magistrato di sorveglianza non vuole accettare questa mia richiesta». E ancora: «È un mio diritto andare in una comunità di recupero. Fra 2 mesi rischio di perdere questa opportunità. Sono fidanzato, ho anche fatto richiesta per un avvicinamento»; Ciro Puglisi, un altro internato tossicodipendente dell'8a sezione, visibilmente provato, lamenta il trattamento metadonico ricevuto: «Mi hanno fatto uno scalaggio di 25 cc in 13 giorni». La direzione afferma di aver seguito le indicazioni giunte via fax dal SERT di Trapani. «Io scunnettava con la testa», dice Puglisi riferendosi alla mancanza di gradualità nella terapia di scalaggio. E aggiunge: «Ho anche chiesto un avvicinamento a Napoli per stare vicino alla mia famiglia. Io sono qua per una parola in più con un appuntato»; anche Mauro Calvarisi, tossicodipendente, vorrebbe avvicinarsi alla famiglia che risiede a Napoli: «Preferirei andare a Sulmona»; Giuseppe Nappo (nato l'11 febbraio 1958) racconta di essere stato condotto nella casa di lavoro di Favignana mentre scontava agli arresti domiciliari la sua pena; Carmine Piccirillo si trova in questa casa di lavoro da 7 mesi e ha chiesto il trasferimento a Sulmona. Lamenta di non aver potuto partecipare al matrimonio della figlia, celebrato il 3 luglio scorso. «Mia figlia partorirà a metà settembre: almeno mi si dia un permesso per vederla partorire»;
la sezione Isolamento si compone di quattro celle interrate, buie, senza alcun arredamento e con il bagno alla turca. In almeno una cella il letto è in ferro ed è fissato al suolo, senza materasso; dal reparto Isolamento si accede, attraverso una porta, alla sezione Osservazione, un pessimo reparto dove la delegazione trova una serie di celle piccole e senza finestra che si affacciano su un corridoio, vere e proprie «gabbie» singole; qui la delegazione incontra un internato di nome Umberto Cardillo, un tossicodipendente dallo sguardo imbambolato per gli psicofarmaci che fa fatica ad articolare il linguaggio, ma che riesce a dire «Sono qua da 15 mesi, ho commesso solo reati minori: scippi e piccoli furtarelli per comprarmi la droga...» -:
come intenda intervenire, da subito, affinché nelle sezioni della casa lavoro dell'isola di Favignana e nel reparto «osservazione» si interrompa la flagrante violazione dei più elementari diritti umani che fa di quei luoghi ad avviso degli interroganti una vera e propria discarica sociale e umana indegna di un paese civile;
se non ritenga opportuno chiudere la casa lavoro (lasciando solo la casa di reclusione) aprendo contestualmente il nuovo carcere che avrebbe dovuto già essere stato inaugurato il 30 giugno 2010;
quali siano i motivi che hanno fino ad oggi impedito l'apertura del nuovo complesso penitenziario stante l'insopportabile sovraffollamento del vecchio istituto;
più in generale, in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane, sfollamenti che, come descritto nella premessa, rendono pressoché impossibili i colloqui dei detenuti con i familiari, interrompono significativi percorsi di studio e/o di lavoro e fanno pagare ai figli incolpevoli prezzi altissimi per il mancato rapporto affettivo dei loro padri;
se ritenga di dovere intervenire per incrementare l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Favignana;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare immediatamente in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
se e in che modo intenda intervenire per quanto di competenza in relazione ai casi segnalati in premessa;
più in generale cosa intenda fare affinché le case lavoro siano effettivamente tali con occupazioni che aiutino gli internati a superare il loro stato di «pericolosità sociale» escludendo dalla misura gli inabili al lavoro e indirizzando i tossicodipendenti e i casi psichiatrici ad altre forme di intervento come l'ingresso in comunità terapeutiche;
se non ritenga di dover assumere iniziative volte a rivedere la normativa, risalente al codice Rocco del 1930, varato nel corso del ventennio fascista, riguardante le misure di sicurezza personali;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Favignana alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08506)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 13 e 14 agosto in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere» l'interrogante, accompagnata dal sindaco di Enna Paolo Garofalo e dal segretario dell'Associazione Radicali Catania Gianmarco Ciccarelli, ha visitato la Casa Circondariale di Enna in due momenti: la sera del 13 agosto per un colloquio con la direzione e il 14 agosto per un'approfondita visita della struttura;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dalla direttrice dottoressa Letizia Bellelli e dal comandante della polizia penitenziaria commissario Marisa Messina;
dalla visita ispettiva è emersa la seguente situazione dell'istituto: detenuti presenti 205, oltre a 5 unità fra detenuti semiliberi e detenuti in isolamento; uomini detenuti 197 e donne 5; la capienza regolamentare effettiva dell'istituto è di 101 posti (dovrebbe essere 124, ma alcune stanze sono inagibili); 127 detenuti hanno una condanna definitiva mentre coloro che sono in attesa di giudizio sono 78 (29 imputati, 20 appellanti, 29 ricorrenti); ben 99 detenuti sono tossicodipendenti (96 uomini e 3 donne) e 4 di loro sono in terapia metadonica; 54 detenuti sono affetti da epatite C (53 uomini e 1 donna), 68 presentano patologie di tipo psichiatrico (62 uomini e 6 donne); i detenuti stranieri sono in tutto 68 (66 uomini e 2 donne);
gli agenti effettivamente in servizio sono 125, a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 123; «sulla carta non vi è carenza - ci informa il Commissario Marisa Messina - in realtà
sì, perché la pianta organica è calibrata sulla capienza regolamentare e inoltre incide molto il nucleo traduzioni, che assorbe anche le traduzioni di Piazza Armerina e di Nicosia; a tutto questo si aggiunge l'anzianità del personale: in molti soffrono di stati d'ansia»;
nell'Istituto c'è un solo psicologo per 12 ore mensili, mentre gli educatori sono in tutto 2 rispetto ai 4 previsti dalla pianta organica e fino a un mese fa operava solo un'educatrice;
il carcere di Enna ospita varie tipologie di detenuti: comuni, protetti, semiliberi e sezione femminile;
la struttura presenta diverse aree chiuse per inagibilità, a causa di infiltrazioni d'acqua dal tetto: sono chiuse 3 celle nel reparto uomini e mezza sezione femminile; in tutto l'istituto le docce sono in comune all'esterno delle celle ed è consentito l'uso della doccia 3 volte a settimana; i bagni, che sono ubicati all'interno delle celle, sono alla turca; i detenuti usufruiscono di 4 ore d'aria (9-11 e 13-15), pertanto, trascorrono in cella 20 ore su 24; è la stessa direttrice ad informarci che «gli spazi esterni molto ridotti con cortili destinati ai passeggi molto piccoli; il cortile un po' più grande viene chiamato »campo di calcio«»; «insomma, afferma la direttrice, le possibilità di movimento dei detenuti sono molto ridotte...non abbiamo nemmeno la palestra»; anche in questo istituto siciliano c'è un padiglione nuovo, omologato per 68 posti, chiuso in attesa di collaudo;
nonostante le ristrettezze economiche, la dirigenza dell'istituto si è fatta carico di realizzare nell'anno corsi professionali e progetti che, come nel caso di quello denominato «Arcobaleno», hanno coinvolto anche i detenuti cosiddetti «protetti» (responsabili - o presunti tali - di reati sessuali) in genere discriminati dal resto della popolazione detenuta; fra i corsi si annovera il progetto di restauro del mobile antico (protocollo d'intesa con la provincia), il progetto «incontriamoci a tavola» che ha realizzato un libro di cucina con ricette provenienti da tutto il mondo il cui ricavato (i libri sono venduti a 10 euro) finanzia l'acquisto di biancheria intima, shampoo, e altro per i detenuti indigenti; un'altra attività ha previsto e prevede la realizzazione di fiori in feltro; di particolare interesse è stato lo spettacolo teatrale «Mille bolle blu» sul tema dell'omosessualità nei confronti del quale i detenuti hanno dimostrato grande interesse e maturità; anche il corso di rugby «fate squadra per vincere» riscuote apprezzamento fra la popolazione detenuta;
pochissimi sono i detenuti che lavorano: 20 sono alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, 2 semiliberi lavorano in proprio e 1 semilibero lavora alle dipendenze di datori di lavoro esterni;
non è prevista una guardia medica h24: la presenza del medico oscilla dalle 8 alle 12 ore al giorno e, in caso di necessità, viene chiamata la guardia medica esterna; di notte, all'interno della struttura, non sono presenti né un medico né un infermiere; a fronte del cospicuo numero di tossicodipendenti, solamente 4 volte a settimana sono presenti in istituto uno psichiatra e uno psicologo del SERT;
nel corso della visita sono emerse le seguenti, ulteriori, situazioni: le infiltrazioni d'acqua riguardano sia gli uffici che gli ambienti detentivi: perfino nel corridoio della direzione c'è una stanza chiusa per inagibilità; anche nella cappella sono visibili infiltrazioni e le finestre sono rotte;
la sala colloqui si trova sottoterra ed è fatiscente con i muri scrostati a causa dell'umidità; la stessa direttrice afferma: «è una sala obiettivamente angusta...non è da ristrutturare, è da chiudere e destinare ad altro»; quel che appare incredibile ad avviso dell'interrogante è che nel nuovo padiglione, ancora chiuso perché in attesa di collaudo, non è stata prevista sala colloqui;
nell'istituto è presente una piccola area verde per i colloqui con i bambini; purtroppo, a causa delle rigide temperature
(Enna è a 930 metri sul livello del mare) non è utilizzabile nella stagione invernale;
segni evidenti di fatiscenza causati dall'umidità sono riscontrabili anche nelle cucine; il cuoco fa presente che a causa della carenza di fondi l'affettatrice non funziona da due anni e che gli «obbligatori» stivali antiscivolo se li è dovuti pagare di tasca sua;
nelle celle del piano terra della dimensione di circa 10 metri quadrati sono ristretti tre detenuti; i bagni all'interno delle celle (con wc alla turca) sono in cattive condizioni; non c'è acqua calda in cella; nelle finestre, oltre alle grate, sono presenti reti a maglie strette; un detenuto della cella n. 1 lamenta: «dopo che andiamo in bagno, ci dobbiamo lavare con la bottiglia. Mica siamo animali! Io ho sbagliato, sono un delinquente...ma anche lo Stato per come ci tiene infrange la legge!»; un altro detenuto, sempre della cella n. 1, lamenta il fatto che il magistrato di sorveglianza gli abbia rigettato la possibilità di lavorare all'esterno, nonostante abbia un residuo pena inferiore ad 1 anno e abbia fatto 3 anni di buona condotta;
nella cella n. 3 è presente un detenuto in regime di sorveglianza speciale; la porta blindata è chiusa e può usufruire di sole 2 ore d'aria al giorno; il wc alla turca è privo di porta; all'interno della cella mancano la televisione, il fornellino e perfino lo specchio; ha già fatto 6 mesi in questo regime di detenzione e dovrà farne altri 3;
un detenuto della cella n. 7 (che ospita 7 detenuti ed ha una superficie di 23,50 metri quadrati) ha fatto la domanda per il trasferimento in una struttura carceraria della Calabria, dove risiedono i 2 figli e la moglie gravemente malata («le hanno diagnosticato un tumore»); racconta di essere stato condannato in contumacia: «non ho avuto il piacere di assistere al mio processo; non ho ricevuto neanche una lettera, soltanto quella in cui mi comunicavano la condanna definitiva; sono qui per ignoranza»;
le condizioni delle docce comuni del piano terra sono pessime: il tetto non è semplicemente scrostato, ma sono presenti veri e propri buchi con perdite d'acqua; nel passeggio più grande (il cosiddetto «campo sportivo») non è presente il bagno e nemmeno un lavandino;
al primo piano, sezione protetti, sono presenti 48 detenuti; un detenuto della cella n. 16 è visibilmente disperato: «ho fatto diverse domandine, avrei bisogno di parlare con qualcuno, con uno psicologo, oppure con un educatore: ero fiorista...adesso sto malissimo, sono un diabetico scompensato, non ci vedo quasi più, avrei bisogno di una visita»; la cella n. 18 ospita 4 detenuti che dormono in un letto a castello a quattro piani: la distanza fra l'ultimo letto e il soffitto della cella è di poche decine di centimetri; nella cella n. 30 la delegazione incontra Giovanni Zullo, 28 anni, di Salerno che chiede da un anno e mezzo il trasferimento a Salerno o comunque, in subordine, un avvicinamento: «non ricevere nemmeno una risposta è la cosa peggiore, mi si dica almeno un sì o un no»; fa presente di aver perso la madre e la sorella e che il padre è gravemente ammalato; inoltre, accusa un forte dolore alla schiena e da 2 anni chiede invano di poter fare una TAC, ma non riesce ad ottenere l'autorizzazione da parte del magistrato di sorveglianza;
al secondo e terzo piano del carcere ci sono i cosiddetti «cameroni» che ospitano i detenuti comuni; al terzo piano la cella n. 42 ospita 8 detenuti in circa 20 metri quadrati; i detenuti raccontano di essere stati anche in 9 e addirittura in 10 all'interno di questa cella dove ciascun detenuto è costretto a dividere l'armadietto (la cosiddetta «bilancetta») per riporre gli effetti personali anche intimi, con un compagno di cella; anche nella cella n. 39 troviamo 8 detenuti in 20 metri quadrati: i detenuti lamentano: «quando piove entra l'acqua»; «in cella non c'è acqua calda», «la doccia la possiamo fare soltanto 3 volte la settimana e in estate è un problema», «non c'è alcuna socialità, non c'è palestra, e il passeggio è piccolo e
sporco» «cuciniamo e laviamo piatti e stoviglie nello stesso lavandino in cui laviamo i piedi e le parti intime», «il passeggio non è coperto e in inverno non usciamo per il freddo, tanto più che per regolamento i giubbotti imbottiti non possono entrare in carcere»; un detenuto racconta di essere stato trasferito dalla casa circondariale di Catania Piazza Lanza alla casa circondariale di Enna, con una sanzione disciplinare che gli costa 5 giorni di isolamento; a suo dire, ha avuto un rapporto disciplinare per il fatto che i compagni di cella (a piazza Lanza) avrebbero rotto una serratura durante la battitura delle sbarre, battitura a cui lui però non avrebbe partecipato; ritenendo il rapporto privo di motivazione e quindi ingiusto, ha intrapreso per alcuni giorni lo sciopero della fame e proprio per aver praticato questa forma di protesta non-violenta, a suo avviso, sarebbe stato trasferito ad Enna; nella cella n. 41 sono presenti 13 detenuti in circa 40 metri quadrati; qui molti detenuti lamentano il fatto che il magistrato di sorveglianza si opponga a qualsiasi richiesta o permesso, o - peggio ancora - non fornisca alcuna risposta; 3 cameroni, al terzo piano, sono chiusi perché dichiarati inagibili;
nella sezione femminile, nella cella n. 3 incontriamo 4 detenute che vivono in 10 metri quadrati; una di loro, di nome Maria Mascali, piange ed è visibilmente disperata; racconta: «a 12 anni ero mamma e a 32 anni ero già nonna!; la signora Mascali ha 4 figli, uno di 33 anni, una di 28 anni (che ha a sua volta ha 3 bimbi e deve operarsi di tumore alla gola), una di 24 anni e una di 19 anni; quest'ultima, che la signora Mascali chiama »la bambina« non parla, è sorda, ed ha gravi problemi psichici»; «La bambina soffre molto e quando viene a trovarmi ai colloqui, non dice nulla e piange; mi rimane meno di un anno e mezzo di carcere, vorrei poter scontare il resto della mia pena agli arresti domiciliari per aiutarla»;
la visita al reparto nuovo ha ricordato all'interrogante le «costruzioni impossibili», con il piccolo particolare che gli architetti che hanno progettato le divisioni interne hanno invece reso possibile la realizzazione di una struttura priva di qualsiasi logica razionale, soprattutto se si pensa alla finalità per cui si sono spesi tanti denari pubblici; «un posto adatto per giocare a nascondino» si sente mormorare durante la visita; il reparto si trova al di sopra del muro di cinta del carcere, con evidenti problemi sotto il profilo della sicurezza tanto più se si tiene presente che a causa della carenza del personale di polizia penitenziaria, i posti di sentinella perimetrali (le cosiddette «garritte» del muro di cinta) non sono presidiati e risultano sguarniti; oltre al fatto che le celle sono «nascoste» nei corridoi circolari dei piani, in alcune di esse l'ingresso della doccia è talmente stretto da risultare impraticabile per una persona un po' robusta e, in altre, progettate per le carrozzine dei disabili, la stretta apertura della porta del bagno non ne assicura l'accesso; per accedere a questo nuovo padiglione sono presenti rampe di scale, prima in discesa e poi in salita che portano perciò allo stesso livello di partenza, rampe dotate di elevatore per disabili ma prive di scivoli per trasportare i carrelli del vitto e altri materiali; non è stato previsto un gruppo elettrogeno d'emergenza in caso di black-out elettrico -:
se ritenga di dovere intervenire per incrementare l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Enna o, in subordine, di sollevare il personale dall'incombenza delle traduzioni riguardanti gli istituti di Piazza Armerina e Nicosia;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare immediatamente in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per intervenire rispetto al
grave problema del sovraffollamento del carcere di Enna, riportando le presenze dei detenuti nei limiti imposti dalla capienza regolamentare; se intenda da subito restituire un minimo di spazio vitale a quei detenuti che sono costretti a vivere in celle dove lo spazio a disposizione di ciascun recluso è addirittura al di sotto dei 3 metri quadrati; se intenda immediatamente dare disposizioni che consentano ai detenuti di potersi fare la doccia tutti i giorni e di disporre di acqua calda nelle celle dove i detenuti sono costretti a passare 20 della 24 ore quotidiane;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti, molti dei quali tossicodipendenti e affetti da malattie psichiatriche, un'adeguata assistenza psicologica attraverso l'assunzione di un congruo numero di psicologi in grado di svolgere un lavoro quotidiano presso l'istituto;
in quali tempi intenda fornire i necessari mezzi per dotare la casa circondariale di Enna di una guardia medica h24 e in che modo intenda intervenire per garantire il diritto alla salute della popolazione detenuta;
in che tempi intenda fornire i mezzi per ristrutturare le aree fatiscenti dell'istituto e i fondi necessari per la manutenzione ordinaria; quanto occorrerà ancora attendere per rendere più umana la sala colloqui e per togliere le fitte reti alle finestre che impediscono alla luce e all'aria di entrare nelle celle;
cosa intenda fare per adeguare i fondi delle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane; se intenda intervenire per quanto di competenza in relazione ai casi segnalati in premessa;
se intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari italiani ad applicare la circolare del Dap che consente ai detenuti di telefonare verso utenze telefoniche mobili a chi ha familiari che non dispongono di un'utenza fissa;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
con quali opportune modifiche strutturali e in che tempi sarà aperto il nuovo padiglione del carcere di Enna;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Enna alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08507)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 13 agosto 2010, in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere», l'interrogante accompagnata dal sindaco di Piazza Armerina Carmelo Nigrelli, dal sindaco di Enna Paolo Garofalo e dal segretario dell'Associazione Radicali Catania Gianmarco Ciccarelli, ha visitato la casa circondariale di Piazza Armerina in provincia di Enna;
la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dalla direttrice dottoressa Gabriella Di Franco, dal comandante della polizia penitenziaria, ispettore capo Giuseppe Picicuto e dal cappellano don Ettore Bartolotta;
dalla visita ispettiva è emersa la seguente situazione dell'istituto: detenuti presenti 123 a fronte di una capienza regolamentare di 45 posti e «tollerata» di 90; 93 detenuti hanno una condanna definitiva mentre in attesa di giudizio ce ne sono 30; i tossicodipendenti sono 56 di cui 3 in terapia metadonica; 7 detenuti sono affetti da epatite C e 2 detenuti hanno patologie di tipo psichiatrico; 70 sono i
detenuti stranieri conseguenza degli sfollamenti effettuati dalle carceri del Nord Italia;
gli agenti effettivamente in servizio sono 47 a fronte di una pianta organica che nel 2001 ne prevedeva 41;
nel carcere di Piazza Armerina non ci sono psicologi, mentre gli educatori che prestano servizio sono 2;
la struttura penitenziaria è stata costruita negli anni '80 ed è una ex casa mandamentale poi trasformata in casa circondariale; essendo il comune situato a 700 metri sul livello del mare, la temperatura in inverno scende spesso sotto lo zero e a volte si verificano precipitazioni nevose; il problema che balza immediatamente agli occhi è l'inadeguatezza della struttura; la direttrice concordando con la delegazione afferma: «gli spazi sono talmente minimi da rasentare la ridicolaggine, soprattutto se ci riferiamo alla sicurezza»; il carcere non è provvisto di campetto, né di palestra, e mancano perfino gli uffici: la caserma è ubicata nell'ufficio del comandante di polizia penitenziaria, e la ragioneria è ospitata nell'ufficio della direttrice;
più della metà dei detenuti sono stranieri provenienti da istituti del nord Italia; moltissimi, sostiene il cappellano, sono lontani dalla famiglia e non fanno nemmeno un colloquio; «la territorialità della pena è andata a farsi friggere», incalza la direttrice che prosegue: «Rispetto ai profili trattamentali e di sicurezza, con questo sovraffollamento non ce la si fa»; il numero dei detenuti presenti è, infatti, quasi il triplo rispetto alla capienza regolamentare;
la direttrice sottolinea la mancanza di risorse. «Siamo veramente in grandi difficoltà e spiragli non se ne vedono»;
i detenuti che lavorano sono soltanto 9, tutti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria e con mansioni non professionalizzanti; durante l'anno (ma sospesi in estate) sono attivi corsi di formazione professionale ANFE ed ENAIP finanziati dalla regione Sicilia; quanto ai corsi scolastici vi è un'unica classe di livello elementare, un'unica classe di scuola media e tre livelli di alfabetizzazione per stranieri;
l'assistenza sanitaria è inevitabilmente carente visto che prevede un medico incaricato per 18 ore settimanali e tre infermieri per una copertura giornaliera di 12 ore; per l'assistenza odontoiatrica si ricorre alle strutture di Caltanissetta o Nicosia ma, considerate le ingenti spese per le traduzioni dei detenuti, costerebbe molto meno l'allestimento di un ambulatorio dentistico all'interno della struttura;
quanto ai colloqui dei detenuti con i familiari, questi si svolgono il martedì, una volta alla settimana; i colloqui con figli e parenti minori si svolgono in un piccolo cortiletto con gazebo;
i passeggi sono tre, tutti di dimensioni ridotte, sporchi e fortemente degradati: colate di cemento con pilastri e rete superiore a formare una gabbia; le celle, tutte uguali, sono nate per ospitare un detenuto ma ne contengono tre; sono sprovviste di doccia e non c'è acqua calda in cella nemmeno quando in inverno fa freddissimo; i detenuti possono fare la doccia tre volte alla settimana; in estate, la porta blindata viene chiusa alle 3,00 di notte, secondo la direzione, a mezzanotte secondo i detenuti; le ore d'aria sono 4, per cui i detenuti trascorrono in cella 20 ore su 24;
la generalità dei detenuti si lamenta per la scadente qualità del cibo: «Ci danno sempre würstel» o «Il minestrone è acqua calda», così commentano il momento in cui viene servito il pasto quotidiano; troppo alti, secondo i detenuti, i prezzi del sopravitto: «1 kg di riso costa euro 3,20, il doppio rispetto a fuori»; è a carico dei detenuti l'acquisto dei detergenti personali e quelli per la pulizia della cella; un detenuto racconta alla delegazione di non avere i soldi nemmeno per acquistare una forchetta: «ho fatto domanda per un sussidio ma non ho ricevuto alcuna risposta»;
la direttrice sottolinea che il budget a disposizione per i sussidi, ammonta a euro 300 all'anno;
un detenuto ha fatto da 6 mesi la richiesta per mettere il cemento in un dente, senza aver ancora ricevuto assistenza; un altro detenuto conferma: «Il dentista? Anche se ne abbiamo bisogno, non ci portano»; generalizzate sono poi le lamentele dei detenuti per l'atteggiamento del magistrato di sorveglianza: un uomo con 6 figli che deve scontare gli ultimi 2 mesi di pena si è visto rigettare la richiesta di arresti domiciliari; ad un altro, nigeriano di nome Okorie Okalimbo, che uscirà fra 3 mesi dopo aver scontato 3 anni di pena, è stata rifiutata la richiesta di andare a lavorare all'esterno presso una ditta di Vicenza (la Cestaro Fonderie) disponibile ad assumerlo con mansione di metalmeccanico; Okorie Okalimbo non riesce a farsene una ragione: «ho una opportunità di lavoro e comunque esco fra tre mesi: so che la direttrice si è spesa, ma il magistrato di sorveglianza si è opposto. Spero che il datore di lavoro non cambi idea, fra tre mesi»; diversi detenuti hanno fatto richiesta per un avvicinamento alla famiglia, che - in alcuni casi - non vedono da molti mesi a causa della distanza: Domenico Vitucci, proveniente dal carcere di Poggioreale, non vede la moglie e i figli da più di otto mesi;
i rapporti dei detenuti con gli agenti e con la direzione sono buoni; la direttrice conosce personalmente i detenuti e i loro casi; nonostante i gravi problemi (sovraffollamento, inadeguatezze strutturali, carenza di risorse), la casa circondariale di Piazza Armerina è un carcere «a misura d'uomo», come afferma un detenuto, ma la direttrice non nasconde le difficoltà e al termine della visita, afferma: «le condizioni sono oggettivamente disumane e noi siamo esageratamente sovraccaricati di lavoro» -:
quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al problema del sovraffollamento del carcere di Piazza Armerina restituendo un minimo di spazio vitale ai detenuti che sono costretti a vivere ammassati in pochi metri quadrati;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti l'assistenza psicologica di cui necessitano;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti un'assistenza sanitaria adeguata, magari valutando alcune ragionevoli proposte che provengono dalla direzione come quella di allestire un ambulatorio dentistico dentro l'istituto considerato il costo eccessivo (anche in termini di sicurezza) delle traduzioni dei detenuti negli istituti dove tali ambulatori esistono;
in che tempi intenda fornire i mezzi per sistemare le aree fatiscenti dell'istituto (comprese quelle relative al personale) e i fondi necessari per la manutenzione ordinaria; quanto occorrerà ancora attendere per dotare le celle del riscaldamento per l'inverno e dell'acqua calda per lavarsi; quando si preveda di rendere un minimo umane quelle che agli interroganti appaiono vere e proprie «gabbie» di dimensioni ridotte, sudice e fatiscenti impropriamente chiamate «passeggi»;
cosa intenda fare per adeguare i fondi delle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori; se intenda intervenire per dotare l'istituto di un fondo per detenuti indigenti;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane; se intenda intervenire per quanto di competenza in relazione ai casi segnalati in premessa;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Piazza Armerina alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08508)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 13 agosto 2010 in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere» l'interrogante, accompagnata dal Segretario dell'Associazione Radicali Catania Gianmarco Ciccarelli, ha visitato la casa circondariale di Caltagirone;
la delegazione è stata ricevuta dal vice comandante signor Cunsolo, dall'ispettore signor Garro, dall'assistente capo signor Romano e dalla responsabile dell'area trattamentale dottoressa Siciliano;
dalla visita di sindacato ispettivo è emersa la seguente situazione dell'istituto:
i detenuti presenti il giorno della visita sono 296 a fronte di una capienza regolamentare di 130 posti; il 12 agosto, giorno della compilazione del questionario redatto dai responsabili dell'Istituto per l'iniziativa ferragostana, i detenuti presenti erano 290 di cui 167 con condanna definitiva e 123 in attesa di giudizio (74 imputati, 26 appellanti, 23 ricorrenti); i tossicodipendenti erano 75 di cui due in terapia metadonica; gli alcoldipendenti 2, i sieropositivi 2; 13 i detenuti affetti da epatite C e ben 39 fra i ristretti presentavano patologie di tipo psichiatrico; 54 i detenuti stranieri, per lo più nordafricani provenienti da Milano San Vittore; 70 sono i detenuti che fanno parte della categoria «protetti», per lo più sex offenders ed ex appartenenti a forze di polizia; i semiliberi sono in tutto 3;
dei 153 agenti di polizia penitenziaria previsti nella pianta organica, quelli effettivamente assegnati sono 138; 58 agenti coprono tutti i turni di un giorno; la carenza di agenti di polizia penitenziaria oltre a ripercuotersi sulle attività trattamentali, non consente nemmeno la vigilanza delle mura esterne: i posti di sentinella perimetrali ubicati ai 4 angoli (le cosiddette «garitte») restano, infatti, sguarniti;
gli psicologi assegnati sono 3: due ex articolo 80, di cui uno per 10 ore mensili e un altro per 9 ore mensili; ad essi si aggiunge una psicologa ASL per il SERT per un totale di 22 ore mensili; la carenza è forte, tanto che, durante la visita, una delle due psicologhe ha affermato «faccio un'apparizione ogni tanto»;
gli educatori previsti in pianta organica e assegnati sono 3, ma da ottobre dovrebbero aumentare di un'ulteriore presenza; i nuovi educatori (che attualmente stanno effettuando i corsi di perfezionamento) entreranno effettivamente in servizio nelle prossime settimane; la dottoressa Siciliano, capo dell'area trattamentale, ha sottolineato il fatto che per anni è stata l'unica educatrice dell'istituto;
la casa circondariale di Caltagirone è una struttura nuova, aperta nel 2002, ma che già presenta un evidente stato di fatiscenza evidenziata dalla presenza di umidità e muffe sui muri dovute ad infiltrazioni d'acqua;
i detenuti che lavorano sono in tutto 39 di cui 36 dipendenti all'Amministrazione penitenziaria, 1 semilibero che lavora in proprio e sue semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni;
all'interno della struttura è possibile frequentare corsi di scuola media inferiore e istituto d'arte per la lavorazione della ceramica, ma l'assenza di corsi di scuola superiore (a parte l'istituto d'arte) arreca notevole disagio: la dottoressa Siciliano ha rappresentato il caso di un giovane detenuto che ha frequentato in un altro istituto i primi 3 anni di scuola superiore e, una volta trasferito a Caltagirone, ha dovuto
interrompere il suo percorso di studi; sono attivi corsi di alfabetizzazione per stranieri;
all'interno del carcere è presente una biblioteca con circa 2000 libri che però attualmente non funziona perché l'educatrice è sola; si spera nella sua attivazione non appena entreranno in servizio tutti i tre nuovi educatori;
all'interno della struttura è presente un'area verde per i colloqui con i bambini; tuttavia la dottoressa Siciliano ha informato la delegazione che tale area non viene mai utilizzata per i colloqui a causa della carenza di personale di polizia penitenziaria, e che i bambini incontrano i padri detenuti nelle tradizionali sale al chiuso. L'area verde è stata utilizzata solamente per festa del papà e della mamma e, prossimamente, lo sarà in occasione dell'apertura dell'anno scolastico;
nel reparto di prima accoglienza, oltre ai nuovi giunti, sono presenti anche detenuti in isolamento giudiziario e detenuti che hanno ricevuto una sanzione disciplinare; le celle sono fatiscenti e con i muri scrostati; in una cella è presente da 3 giorni un detenuto colombiano di nome Diaz che sconta una sanzione disciplinare; il signor Diaz ha raccontato di aver fatto uno sciopero della fame di 4 giorni perché «punito ingiustamente» per un diverbio con gli agenti causato da un mancato colloquio telefonico con il suo avvocato; in questo reparto ci sono due passeggi, entrambi privi di zone d'ombra: il più piccolo è uno stretto cunicolo di circa 2,5 metri x 10 metri con una grata sopra, una vera e propria «gabbia» di dimensioni ridottissime; nell'altro passeggio, un po' più ampio, la delegazione incontra un detenuto affetto da patologia psichiatrica (categoria alta sicurezza); l'uomo è in evidente stato confusionale e racconta di non conoscere bene per quale ragione si trovi in quel luogo;
nel reparto denominato «Blocco 50» sono presenti detenuti comuni con condanna definitiva; da rilevare, infatti, che pur essendo l'istituto di Caltagirone una casa circondariale, i detenuti con condanna definitiva sono più della metà (167 su 290); il corridoio di questo reparto è ampio e le condizioni delle celle sono accettabili; invece i bagni, che si trovano all'interno delle celle, hanno un aspetto piuttosto fatiscente;
in tutto il carcere sono presenti 2 tipologie di celle: da 24 metri quadri (18 metri quadri escluso il bagno) che ospitano 6 detenuti e da 14,80 metri quadri (9 metri quadri escluso il bagno) che ospitano 3 detenuti che chiamano questo tipo di celle «cubicoli»; i bagni dei «cubicoli» si presentano in condizioni peggiori rispetto ai bagni delle celle più grandi, tetto e muri sono scrostati con evidenti segni di umidità;
nel passeggio, la delegazione incontra un gran numero di detenuti che univocamente raccontano di trascorrere in cella 20 ore su 24 e che le «ore d'aria» si svolgono dalle 8,30 alle 10,30 e dalle 13,00 alle 15,00; il turno pomeridiano è talmente insopportabile per il caldo afoso che molti rinunciano ad uscire dalla cella di segregazione; i detenuti lamentano l'assenza di attività all'interno della struttura carceraria; uno racconta di aver fatto la scuola a Bergamo e di essere stato costretto ad interrompere gli studi una volta giunto a Caltagirone; in molti riferiscono di aver fatto domandina per un colloquio con l'educatore, senza aver ricevuto risposta o avendola ricevuta dopo molti mesi; i lunghi tempi di attesa sono confermati dalla dottoressa Siciliano, che però da settembre spera, con l'assegnazione di tre nuovi educatori, di poter garantire tempi più celeri; trascorre molto tempo anche per la redazione della «relazione di sintesi», ritardo che si ripercuote sulla concessione degli arresti domiciliari; pressoché tutti i detenuti si lamentano del comportamento del magistrato di sorveglianza: «Basta aver ricevuto un rapporto, e il magistrato di sorveglianza nega la liberazione anticipata»; un detenuto di nome Giuseppe Licciardello racconta di attendere da 17 mesi per avere lo sconto semestrale di 45 giorni; «questo ritardo, in molti casi, non
consente ai detenuti di rientrare nei tempi della misura alternativa», conferma la dottoressa Siciliano, «il problema - prosegue - è che gli uffici del Magistrato di Sorveglianza danno precedenza ai detenuti che con lo sconto semestrale di 45 giorni possono uscire dal carcere (per fine pena), trascurando gli altri casi»; molti sono i detenuti sfollati da altre regioni che chiedono un avvicinamento alla famiglia:
Antonio Stancanelli, nato a Napoli il 6 giugno 1968, trasferito 19 mesi fa da Poggioreale, vorrebbe tornare a Napoli, o almeno un avvicinamento in Calabria. Ha tre bimbi di 12, 9, e 6 anni. La moglie ha grandi difficoltà per andarlo a trovare con i bambini. «Sono dentro per un furto. Devo soffrire io in carcere, non la famiglia mia»;
Francesco Mauri, anche lui di Napoli, alla sua prima esperienza carceraria (entrato in carcere a 21 anni), si trova a Caltagirone da 19 mesi. Vorrebbe avvicinarsi ai genitori gravemente malati. Il padre ha 67 anni ed è invalido all'80 per cento, la madre, 65 anni, è invalida al 100 per cento;
Anche Antonio Catalano, napoletano di 48 anni, si trova da 19 mesi in questa struttura per sfollamento. Vorrebbe scontare la pena vicino alla famiglia. Ha 3 figli: uno di 11 anni e due gemelle di 3 anni. «Non vedo una delle due gemelline - racconta - da quando aveva 3 mesi»;
in genere i detenuti pur di stare vicino alla famiglia sono disposti a tornare in carceri (Poggioreale, ad esempio) dove le condizioni di detenzione sono perfino peggiori;
Marcello Maggiore, un detenuto tossicodipendente, da maggio chiede di poter andare in una comunità di recupero a Biancavilla (in provincia di Catania). «È quello il posto giusto per me, perché non mi ci fanno andare?»;
i detenuti lamentano carenze riguardo all'assistenza sanitaria, in particolare lunghi tempi d'attesa; inoltre raccontano di essere costretti a spogliarsi completamente nudi («con mutande e calze in mano») quando rientrano dalla sala colloqui; la saletta per la socialità esiste ma non è funzionante. Lo stesso vale per la palestra: c'è ma non è effettivamente fruibile dai detenuti; i prezzi del sopravitto sono superiori ai prezzi di mercato. I detenuti devono acquistare tutto, la direzione del carcere non ha i mezzi per distribuire nemmeno le saponette e lo shampoo;
i pochi detenuti che lavorano sostengono di ricevere «una miseria»: 80 euro al mese per la distribuzione del vitto e del sopravitto, 20 euro al mese è il compenso per il barbiere; molti vorrebbero almeno imparare un mestiere come, ad esempio, Vincenzo Rinallo (con fine pena nel 2016 che non dovrebbe nemmeno stare in una casa circondariale) che si trova a Caltagirone da 3 anni e ha fatto istanza per andare in un istituto «dove si lavora»; non sono pochi i detenuti che si trovano in questa casa circondariale pur avendo un residuo pena da scontare superiore a 5 anni; il commento generale dei detenuti incontrati ai passeggi è che Caltagirone «sembra un buon carcere, ma in realtà si sta male»;
nell'ambulatorio dell'istituto la «degenza infermeria» è chiusa per mancanza di attrezzi, arredamento e suppellettili; è attivo, invece, un ambulatorio specialistico di odontoiatria, con un dentista ogni giovedì; il dirigente sanitario, dottor Fraggetta, informa la delegazione che gli atti di autolesionismo sono frequenti (almeno 1 a settimana), perlopiù compiuti da stranieri che si tagliano con le lamette;
nella casa circondariale di Caltagirone sono presenti un grande teatro e un laboratorio per la lavorazione della ceramica, dove si esercitano i detenuti che frequentano l'istituto d'arte; c'è da aggiungere però che l'esiguità delle risorse a disposizione, sia economiche che di personale, rende fortemente problematiche le condizioni di vita in un carcere che avrebbe le potenzialità strutturali (ampi spazi) per avviare attività finalizzate alla rieducazione; emblematica la testimonianza dell'assistente capo di polizia penitenziaria,
signor Romano: «Io aggiusto i televisori perché non ci sono i fondi per farli riparare fuori e i componenti elettronici (stagno, tester, e altro) li acquisto di tasca mia» -:
se ritenga di dovere intervenire per incrementare l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Caltagirone;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare immediatamente in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
cosa intenda fare per immediatamente prevedere la vigilanza delle mura esterne dell'istituto ripristinando i 4 posti di sentinella, attualmente sguarniti;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per intervenire rispetto al grave problema del sovraffollamento del carcere di Caltagirone, riportando le presenze dei detenuti nei limiti imposti dalla capienza regolamentare;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti, molti dei quali tossicodipendenti e affetti da malattie psichiatriche, un'adeguata assistenza psicologica attraverso l'assunzione di un congruo numero di psicologi in grado di svolgere un lavoro quotidiano presso l'istituto;
in che tempi intenda ripristinare i fondi ormai esauriti per la manutenzione ordinaria e per l'acquisto di beni di prima necessità per i detenuti, quali la disponibilità di detergenti per l'igiene personale e di detersivi per la pulizia delle celle;
in che tempi intenda ripristinare i fondi per il pagamento delle mercedi che consentano a tutti i detenuti di rieducarsi attraverso il lavoro quotidiano e quali iniziative intenda intraprendere per attivare la legge Smuraglia che consente alle imprese di avvalersi con significativi sgravi fiscali del lavoro dei detenuti, considerato anche il fatto che l'istituto gode - a differenza di altri - di ampi spazi dove poter svolgere le attività;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane, sfollamenti che, come descritto nella premessa, rendono pressoché impossibili i colloqui dei detenuti con i familiari, interrompono significativi percorsi di studio, fanno pagare ai figli incolpevoli prezzi altissimi per il mancato rapporto affettivo dei loro padri;
in che tempi intenda consentire ai detenuti condannati a pene superiori ai 5 anni di essere indirizzati presso istituti adeguati ad una lunga permanenza detentiva ove si possano realizzare effettivi progetti di reinserimento sociale;
posto che la fin qui ridottissima operatività dell'unica educatrice presente ha determinato secondo gli interroganti la negazione di diritti che avrebbero dovuto essere stati riconosciuti ai detenuti se solo l'area educativa fosse stata messa nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro attraverso, per esempio, i colloqui necessari per conoscere i problemi per poter redigere in termini congrui le relazioni di sintesi, quali iniziative intenda assumere per far fronte alla citata situazione;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Caltagirone alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08509)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 14 agosto 2010, in occasione della II edizione del «Ferragosto in carcere»,
l'interrogante, accompagnata dal sindaco di Nicosia Antonio Catania e dal segretario dell'Associazione Radicali Catania Gianmarco Ciccarelli, ha visitato la casa circondariale di Nicosia (Enna);
la delegazione è stata accompagnata nella visita ispettiva dal dottor Valerio Pappalardo (direttore «in missione») e dall'ispettore Nicolò Pidone (comandante facente funzione polizia penitenziaria);
dalla visita è emersa la seguente situazione dell'istituto: detenuti presenti 69 a fronte di una capienza regolamentare di 43 posti e «tollerata» di 55; 48 detenuti hanno una condanna definitiva, mentre 21 sono in attesa di giudizio (7 imputati, 7 appellanti, 7 ricorrenti); i tossicodipendenti sono 21 di cui 1 in terapia metadonica; un detenuto è affetto da epatite C; 22 detenuti sono stranieri; i detenuti appartengono a due categorie, «comuni» e «protetti»;
gli agenti effettivamente in servizio sono 38 a fronte di una pianta organica che ne prevede 36; sulla carta non sembra esserci carenza, ma in realtà occorre tenere presente che la pianta organica è dimensionata sulla capienza regolamentare e che un certo numero di agenti è impegnato nelle traduzioni; basti osservare che le guardiole delle mura esterne (le cosiddette «garritte») non sono presidiate per carenza di personale;
nell'istituto non prestano servizio psicologi e c'è un solo educatore;
la casa circondariale di Nicosia occupa una parte di un antico convento dei Cappuccini; la restante parte dell'immobile continua a tutt'oggi ad essere adibita a convento;
negli ultimi tre anni non si era mai verificata una visita ispettiva da parte di un parlamentare, con l'eccezione del garante regionale dei diritti dei detenuti, senatore Salvo Fleres;
le celle sono sprovviste di doccia; i bagni sono alla turca; non c'è acqua calda all'interno delle celle; in inverno il clima è freddo e nevica spesso (Nicosia è a 720 metri sul livello del mare); ai detenuti è consentito l'uso delle docce in comune 3 volte alla settimana; le ore d'aria sono 4 per cui i detenuti trascorrono in cella 20 ore su 24;
non c'è un'area verde per i colloqui con i bambini e non c'è una palestra; all'interno del carcere è possibile frequentare soltanto un corso di scuola elementare;
solo 13 sono i detenuti che hanno la possibilità di lavorare: 8 alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, 2 semiliberi che lavorano in proprio e 3 semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni;
nel reparto «protetti» nelle celle di 7 metri quadrati ci sono 3 detenuti; la cella n. 1 ospita tre detenuti in regime ex articolo 4-bis ordinamento penitenziario: 2 telefonate mensili di 10 minuti, 4 colloqui mensili; i detenuti manifestano la difficoltà per parlare con i figli nel periodo scolastico, perché le telefonate si possono fare fino alle ore 14.00 quando i minori sono a scuola; a differenza di quanto riferito dalla direzione, i detenuti affermano che la porta blindata non viene lasciata aperta di notte in estate; cella n. 2: nel bagno non c'è né una finestra né una ventola, ma soltanto un piccolo foro cilindrico di circa 10 centimetri di diametro incassato come un tunnel in un muro profondo più di un metro; un detenuto racconta che da 2 anni non vede sua figlia di 9 anni «non parla più - dice - ogni tanto balbetta qualcosa, ha subito il trauma del distacco»; i detenuti fanno presente che «l'unica attività è la messa» e che devono comprarsi tutto anche il detersivo per pulire la cella e lo shampoo; l'unica cosa che passa l'amministrazione è la carta igienica: due rotoli al mese; anche nelle celle n. 3 e n. 5 in bagno non vi è né finestra né ventola, ma soltanto la piccola apertura cilindrica trovata nelle altre stanze; nella cella n. 5 è presente un detenuto rumeno sfollato dal carcere di Milano San Vittore il quale afferma di non poter parlare con i familiari
da circa 1 anno perché non hanno un numero di telefono fisso; anche in questo caso l'interrogante constata come la direzione non abbia ancora avvisato i detenuti (in particolare gli stranieri) della circolare diramata da alcuni mesi dal DAP che consente di telefonare anche verso telefoni cellulari, previa verifica della corrispondenza fra il titolare dell'utenza mobile e il nominativo del familiare indicato dal detenuto; nel reparto protetti è presente soltanto una doccia; il passeggio del reparto protetti è di dimensioni assai ridotte, non ha il bagno né un lavandino e presenta una rete di protezione nella parte superiore, effetto gabbia da zoo;
al primo piano, sezione comuni, la delegazione incontra questa situazione: nella cella n. 2 di circa 30 metri quadrati, compreso il bagno, sono presenti 5 detenuti stranieri provenienti da Romania, Messico, Egitto, Togo e Tunisia; il detenuto rumeno ha la famiglia residente a Reggio Emilia: racconta che prima di essere inviato in Sicilia era recluso nel carcere di Monza e faceva regolarmente i colloqui, ma dopo il trasferimento avvenuto 18 mesi fa non vede più i suoi figli, uno di 17 anni e due gemelli di 12 e non fa colloqui con nessuno; anche in questa cella i detenuti non conoscono la circolare del DAP che consente loro di telefonare verso utenze telefoniche mobili; appena informati dell'opportunità sembrano quasi sollevarsi da uno stato di angoscia; nella cella n. 3 sono presenti 6 detenuti in circa 30 metri quadrati compreso il bagno; qui la delegazione incontra Francesco Improta, 32 anni, pescatore di Torre Annunziata, fine pena il 7 novembre 2011, padre di tre figlie di 7, 8 e 10 anni; racconta che la più grande è rimasta traumatizzata dal distacco e che ha fatto richiesta di trasferimento a Napoli o comunque in un istituto Campano: «Preferirei - afferma - andare a Poggioreale, che è peggio di qua, pur di stare vicino alla mia famiglia e poter fare regolarmente i colloqui con i miei figli»; ci mostra poi la foto dei figli, «io sono colpevole - dice - ma loro sono innocenti!»; il direttore presente al colloquio informa il detenuto che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha chiesto un'integrazione degli atti, in particolare, il certificato di residenza; un altro detenuto, senza precedenti penali, è arrivato il giorno prima e racconta di essere stato arrestato perché in stato di ubriachezza e per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale;
al primo piano, seconda sezione, la delegazione incontra questa situazione: nella cella n. 5 ci sono 7 detenuti stranieri, 5 provenienti dalla Romania, 1 dalla Tanzania e 1 dal Perù; qui il bagno è senza alcuna apertura, non vi è nemmeno quel piccolo foro di pochi centimetri di diametro; questi detenuti non hanno i soldi nemmeno per acquistare il minimo indispensabile; un detenuto rumeno, a Nicosia da 5 mesi, afferma di non avere nemmeno un paio di calzini; il dottor Pappalardo ci informa che le risorse sono limitatissime e i sussidi sono quasi sempre solo sulla carta, un agente sottolinea che a volte si rompe la tv e non ci sono nemmeno i soldi per ripararla, il che acuisce le tensioni all'interno dell'istituto; i detenuti della cella n. 7 lamentano l'assenza di acqua calda in cella spiegando che lì, a oltre 700 metri di altezza, l'inverno dura 7 mesi; lamentano anche la scomodità dei materassi, dovuta alla scarsa qualità della gommapiuma: si tratta, in verità, di materassi visibilmente usurati, ma il direttore afferma che le ultime dotazioni di materassi non prevedono più alcuna data di scadenza degli stessi; nella cella n. 8 sono ospitati 4 detenuti catanesi che affermano di non aver mai visto la direttrice; in effetti, nella casa circondariale di Nicosia non vi è un direttore «a tempo pieno» e la direttrice in missione viene 2 volte alla settimana; i 4 catanesi sostengono altresì di non aver mai visto un educatore; nella velia n. 9 vi sono 6 detenuti stranieri provenienti da Tunisia, Liberia, Egitto e 3 dal Marocco; pregano dentro la stanza per il Ramadan; affermano di non avere nemmeno un centesimo e si lamentano dell'impossibilità di lavorare e del fatto di non aver mai ricevuto un sussidio: «solo il cappellano - aggiungono - ci ha dato un piccolo aiuto, per esempio un paio di
calzini o qualche moneta per telefonare»; in questa sezione è ubicata anche la cella di San Felice, co-patrono di Nicosia, che ha vissuto per molti anni esattamente in questa stanza adesso ricadente all'interno della casa circondariale; la doccia al piano è utilizzabile solo dai detenuti lavoranti, tutti gli altri possono farla solo tre volte alla settimana al piano terra;
ad avviso dell'interrogante, il fatto che la casa circondariale di Nicosia non sia retta da un direttore in via stabile, ma sia al contrario gestita da figure di passaggio, aggrava le difficoltà di un istituto che presenta gravi ed evidenti limiti strutturali; nessuno degli accompagnatori, per esempio, è in grado di dirci con esattezza quando sia avvenuta l'ultima ispezione da parte dell'ASL -:
se ritenga di dovere intervenire per incrementare l'organico della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Nicosia;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare immediatamente in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per intervenire rispetto al grave problema del sovraffollamento del carcere di Nicosia, riportando le presenze dei detenuti nei limiti imposti dalla capienza regolamentare; se intenda da subito restituire un minimo di spazio vitale a quei detenuti che sono costretti a vivere in celle dove lo spazio a disposizione di ciascun recluso è addirittura al di sotto dei 3 metri quadrati; se intenda immediatamente dare disposizioni che consentano ai detenuti di potersi fare la doccia tutti i giorni, di disporre di acqua calda nelle celle dove i detenuti sono costretti a passare 20 della 24 ore quotidiane, di sostituire gli attuali consunti e sudici materassi;
in quali tempi intenda mettere l'istituto nelle condizioni di poter fornire ai detenuti l'assistenza psicologica oggi del tutto assente;
quando sarà adeguatamente rafforzata l'area educativa;
in che tempi il carcere di Nicosia avrà finalmente un direttore a tempo pieno che ne curi la gestione prestando l'attenzione necessaria alle finalità rieducative previste dalla Costituzione;
in che tempi intenda fornire i mezzi per ristrutturare le aree fatiscenti dell'istituto e i fondi necessari per la manutenzione ordinaria; quanto occorrerà ancora attendere per dotare le celle di bagni con presa d'aria affettiva, per istituire l'area verde per i colloqui con i figli minori dei detenuti e per mettere a disposizione una palestra con un minimo di attrezzatura;
cosa intenda fare per adeguare i fondi delle mercedi in modo da consentire ad un più elevato numero di detenuti la possibilità di lavorare e con compensi che permettano ad alcuni di loro di aiutare i loro familiari indigenti, spesso anche figli minori; se intenda intervenire per dotare l'istituto di un fondo per detenuti indigenti;
in che modo intenda operare per ripristinare il principio della territorializzazione della pena, evitando i costosissimi sfollamenti dalle carceri del continente a quelle siciliane; se intenda intervenire per quanto di competenza in relazione ai casi segnalati in premessa;
se intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari italiani ad applicare la circolare del Dap che consente ai detenuti di telefonare verso utenze telefoniche mobili a chi ha familiari che non dispongono di un'utenza fissa;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Nicosia alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08510)
TESTO AGGIORNATO AL 15 SETTEMBRE 2010
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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
IANNUZZI e VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da tempo si trascina insoluta la questione relativa all'introduzione di un nuovo e diverso sistema tariffario applicato all'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, gestita in concessione dalla Società autostrade meridionale (SAM);
infatti la predetta società ha deciso di sostituire l'attuale sistema tariffario fondato sul pagamento in misura forfetaria ed identica, quale che sia il percorso in concreto effettuato, con un sistema tariffario differenziato e giustamente basato su pedaggi diversificati e collegati al chilometraggio effettivamente percorso;
a tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, (seduta della Camera dei deputati del 18 settembre 2008) in risposta all'interpellanza urgente del gruppo PD n. 2-00119, attraverso il sottosegretario di Stato Giuseppe Maria Reina, ha dichiarato che erano in corso lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno lavori per la predisposizione del nuovo sistema tariffario con la gestione di pedaggi differiti, consistenti in sconti di pedaggio per le autovetture munite di telepass, proporzionati ai percorsi effettuati; in tale occasione il sottosegretario ha precisato che il nuovo sistema tariffario sarebbe andato in funzione entro la fine del 2008;
tale impegno è stato disatteso, tant'è che l'onorevole Vaccaro ha presentato il 27 marzo 2009 una nuova interrogazione n. 4-02679 per sollecitare la rapida soluzione del problema;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con risposta pubblicata in data 21 luglio 2009, ha dichiarato che «si prevede che tutto il sistema tariffario nuovo possa entrare in funzione il luglio 2009»;
invece tale diverso meccanismo di modulazione tariffaria non è stato ancora attivato, nonostante i ripetuti impegni assunti dal Ministro con grave pregiudizio per le popolazioni e le comunità locali interessati;
il perdurare di tale situazione è particolarmente grave ed è privo secondo l'interrogante di ogni ragionevole giustificazione, in considerazione del notevole tempo trascorso e delle dichiarazioni del Ministro, secondo cui le opere necessarie (portali telepass per 27 varchi di uscita e 66 postazioni in totale) sono da mesi in corso e sono prossime all'ultimazione;
anzi, tutte le postazioni avrebbero dovuto essere già ultimate entro maggio 2009;
il 7 ottobre 2009, gli onorevoli Iannuzzi e Vaccaro hanno presentato un'ulteriore interrogazione 5-01894 per sollecitare la rapida attivazione del nuovo sistema tariffario differenziato e per chiarire le ragioni dei continui rinvii e dei pesanti ritardi;
nella seduta della Commissione trasporti del 29 ottobre 2009, il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti, Giuseppe Maria Reina, nel rispondere a quest'ultima interrogazione, ha finalmente chiarito che la mancata attivazione del nuovo modello tariffario è dovuta non già ai lavori non ancora ultimati, bensì «sia a motivi tecnici sia per la necessità di ulteriori verifiche»;
in particolare ha affermato che sono ancora in corso di valutazione le diverse
ipotesi di pedaggiamento possibili (tariffe differenziate lungo l'intera settimana; ovvero solo per i giorni feriali);
successivamente la nuova Convenzione unica sottoscritta da Anas e SAM, approvata con la legge finanziaria (articolo 2, comma 192) per l'anno 2010, ha previsto l'obbligo per la società concessionaria di attuare il sistema delle tariffe differenziate e correlate alla percorrenza effettiva, fissando il termine del 30 giugno 2010, per l'introduzione del nuovo modello;
di conseguenza entro questa scadenza deve essere realizzato il nuovo sistema;
a tal fine, deve essere assunta, come livello tariffario più alto la tariffa attualmente vigente di 1,60 euro, evitando ingiustificati incrementi di tale tariffa massima, che provocherebbero pesanti ed intollerabili costi sociali per la comunità ed i territori interessati;
infatti, occorre tenere conto dell'incremento del flusso di traffico lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno che conseguirà sia all'introduzione del nuovo sistema tariffario, sia allo svolgimento di lavori di ammodernamento e messa in sicurezza del suo tracciato che sono in corso e che renderanno più fluida e più rapida la circolazione;
in risposta alla nuova interrogazione n. 5-02886 del 12 maggio 2010 degli onorevoli Iannuzzi e Vaccaro il viceministro alle infrastrutture ed ai trasporti Roberto Castelli ha espresso la volontà e l'impegno ufficiale e definitivo del Governo a far partire, dal ottobre 2010, il nuovo sistema di pedaggiamento differenziato; con una tariffa minima di 0,60 euro ad una massima di 2 euro -:
tale volontà e tale impegno del Governo e dell'Anas sono stati ribaditi nuovamente dal viceministro Castelli, nella seduta della IX Commissione del 21 luglio 2010, in risposta alla ulteriore interrogazione 5-03196 degli onorevoli Iannuzzi e Vaccaro -:
se effettivamente il prossimo mese di ottobre 2010 entrerà in funzione e diverrà operativo il nuovo sistema di pedaggio differenziato, senza ulteriori, gravi ed assolutamente ingiustificati ritardi e rinvii e senza che gli impegni assunti dal Governo siano ancora una volta smentiti e contraddetti dalla realtà;
come, in concreto, sarà strutturato ed organizzato il nuovo sistema di tariffe differenziate e legate ai chilometri effettivamente percorsi.
(5-03370)
IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per il completamento del progetto di ammodernamento della autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria occorre ancora acquisire i finanziamenti necessari per la realizzazione di 10 interventi;
fra tali interventi rientra anche il nuovo svincolo di Sala Consilina Sud (località Trinità) in provincia di Salerno, fondamentale per la rete dei collegamenti e per la mobilità dell'intero Vallo di Diano, di questa importante area del Salernitano;
per la costruzione dello svincolo, situato al chilometro 95+244 occorrono 21 milioni di euro, secondo le stime ufficiali dell'ANAS aggiornate a luglio 2009;
attualmente è appena iniziata la redazione del progetto definitivo;
l'erogazione in tempi certi e ravvicinati di tale finanziamento è indispensabile per accelerare la progettazione dello svincolo, per addivenire alla sua approvazione finale, per poi attivare il previsto appalto integrato ed affidare infine i lavori;
occorre, altresì, velocizzare al massimo le attività di progettazione che non possono essere ulteriormente differite -:
quando e con quali provvedimenti il Governo intenda finanziare le somme occorrenti (21 milioni di euro) per la costruzione del nuovo svincolo;
quando siano previste l'ultimazione e l'approvazione del progetto definitivo, da porre a base della gara per l'appalto integrato (progettazione esecutiva e costruzione) dell'opera;
quando siano previsti l'attivazione dell'appalto e l'affidamento in concreto dei lavori;
quando siano preventivati l'inizio e la ultimazione dei lavori relativi al nuovo svincolo, da tempo atteso dagli enti locali e dalle comunità del comprensorio del Vallo di Diano.
(5-03373)
IANNUZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia s.p.a. - divisione passeggeri - ha deciso di operare, a decorrere dal 5 settembre 2010, pesanti e gravissimi tagli nei collegamenti ferroviari in Campania, ed in particolare in partenza ed in arrivo nella provincia di Salerno;
tali tagli interesseranno ben trentadue treni in Campania su tutto il territorio regionale;
dieci sono i tagli che riguarderanno collegamenti ferroviari nel territorio salernitano, fra treni soppressi e treni limitati;
i tagli nel Salernitano comporteranno la soppressione dei seguenti 7 treni:
a) il R 8144 in partenza da Salerno alle ore 7.47, con arrivo a Caserta alle ore 8.50;
b) il R 8143 in partenza da Caserta alle ore 9.03, con arrivo a Salerno alle ore 10.04;
c) il R 3706 in partenza da Sapri alle ore 10.08, con arrivo a Salerno alle ore 11.48; così la stazione nel Cilento di Agropoli rimarrà priva di collegamenti per Salerno per tutta la mattinata;
d) il R 3714 in partenza da Sapri alle ore 15.30, con arrivo a Napoli Centrale alle ore 18.36;
e) il R 3712 in partenza da Cosenza alle ore 11.55, con arrivo a Salerno alle ore 15.52;
f) il R 3459 in partenza da Napoli alle ore 12.00, con arrivo a Sapri alle ore 15.00;
questi tagli implicheranno, altresì, anche la limitazione dei seguenti treni:
a) il R 3453 in partenza da Napoli alle ore 7.20, con arrivo a Sapri alle ore 9.50; tale treno sarà limitato a Salerno, con esclusione quindi del collegamento verso il Cilento e Sapri;
b) il R 3449 in partenza da Salerno alle ore 5.52, con arrivo a Cosenza alle ore 9.25; tale treno sarà limitato a Sapri, con soppressione del collegamento fra Sapri e Cosenza;
questa, decisione penalizza duramente una provincia come quella di Salerno così estesa e popolata;
questo taglio così consistente colpisce gravemente i pendolari salernitani, le tante persone che ogni giorno per ragioni di lavoro o di studio percorrono le tratte Salerno-Caserta e Salerno-Sapri, e che così verranno private ingiustamente del collegamento ferroviario quotidiano;
la provincia di Salerno è, fra l'altro, destinataria di rilevantissimi flussi turistici che saranno pregiudicati dal provvedimento in discorso;
la scelta dei tagli è motivata dalla paventata impossibilità di rispettare il contratto di servizio fra Trenitalia e regione campania, per il deficit del bilancio della regione e per i tagli decisi con l'ultima manovra finanziaria voluta dal Ministro dell'economia e delle finanze;
ne è conseguita una drastica riduzione dell'offerta ferroviaria in Campania e nel salernitano, che rischia di divenire ancora più dura e insostenibile nel 2011;
ne discende una forte contrazione dei collegamenti ferroviari atti a garantire la mobilità delle popolazioni dell'intera provincia
di Salerno, ed in particolare le esigenze di lavoro e di studio di tantissimi pendolari;
si tratta di un'ulteriore, inaccettabile riconferma della politica infrastrutturale del Governo, che continua a pregiudicare ed a mortificare il Mezzogiorno -:
di quali elementi disponga il Governo e se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, anche nel rapporto istituzionale con Trenitalia, per evitare un pregiudizio pesantissimo nello svolgimento di un servizio essenziale come il trasporto pubblico ferroviario con particolare riferimento ai disagi gravi alle comunità salernitane, a causa della programmata soppressione a partire dal 5 settembre 2010 di trentadue treni in Campania, dei quali ben dieci in partenza o in arrivo in provincia di Salerno.
(5-03375)
Interrogazioni a risposta scritta:
PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Tirrenia opera i collegamenti tra il continente e le isole maggiori, Sicilia e Sardegna; inoltre, tramite la propria controllata Siremar garantisce i collegamenti tra la Sicilia e le isole minori della regione;
il gruppo Tirrenia è titolare della continuità territoriale nazionale con il compito di garantire servizi di pubblica utilità sulla base di un rapporto di convenzione con lo Stato che riconosce alla stessa Tirrenia la copertura degli oneri connessi allo svolgimento di tale servizio attraverso la corresponsione di un ammontare annuo di sovvenzione;
nel corso del 2009 i trasferimenti dello Stato al gruppo Tirrenia, all'epoca comprensivo anche delle società regionali Caremar, Saremar e Toremar, erogati a titolo di corrispettivo per il servizio pubblico svolto, sono aumentati a circa 210 milioni di euro;
la Tirrenia navigazione spa, è una società controllata totalmente da Fintecna, a sua volta interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze. A sua volta Tirrenia detiene l'intero capitale di Siremar;
nel corso degli anni '80 Tirrenia ha intrapreso un processo di ammodernamento e razionalizzazione della flotta; sono state costituite le società regionali controllate da Tirrenia per il collegamento delle regioni Toscana, Campania, Lazio, Sicilia e Sardegna con le rispettive isole minori. Nasceva, così, il gruppo Tirrenia, costituito da Tirrenia di navigazione spa e dalle interamente controllate totalitarie Siremar, Caremar, Saremar e Toremar, esercenti i collegamenti regionali con le isole minori, rispettivamente, di Sicilia, Campania, Lazio, Sardegna e Toscana;
nel 1991 è stata stipulata una convenzione tra lo Stato italiano e il gruppo Tirrenia per l'esercizio di alcune tratte di cabotaggio marittimo di interesse pubblico al fine di garantire la continuità territoriale nazionale. Con la convenzione, lo Stato versa un corrispettivo annuo a Tirrenia per lo svolgimento dell'attività di pubblico interesse;
la convenzione è scaduta il 31 dicembre 2008 ed è stata prorogata per legge al 30 settembre 2010 nella prospettiva del completamento della privatizzazione;
nel corso del 2009 lo Stato con l'obiettivo di razionalizzare, anche nell'ottica della privatizzazione, previa stipula di accordi quadro tra lo Stato e le regioni interessate, la previsto il trasferimento a titolo gratuito alle regioni stesse delle rispettive società di trasporto locale, Saremar alla Sardegna, Toremar alla Toscana e Caremar alla Campania e al Lazio;
il gruppo Tirrenia negli anni 2007, 2008 e 2009, ha operato con un organico di circa 3.000 unità e una flotta di 73 navi per effettuare circa 52.000 viaggi annui, trasportando all'incirca 11 milioni di passeggeri, 6 milioni di metri lineari di merci l'anno e 1,5 milioni di automobili;
negli ultimi anni ha avuto ricavi intorno a 600 milioni di euro, di cui circa 200 da sovvenzioni per l'esercizio del servizio pubblico in base al rapporto di convenzione;
in tale periodo i risultati economici sono sempre stati positivi, intorno ai 15 milioni di euro annui di utile netto. Per ciò che riguarda la capogruppo Tirrenia di navigazione spa, si evidenzia come nel triennio 2007-2009 la società abbia operato con circa 1.500 unità di personale, effettuando 3.500 viaggi annui e trasportando circa 2,5 milioni di passeggeri, oltre 4 milioni di metri lineari di merci e 500.000 automobili. La società ha realizzato ricavi annui per circa 350 milioni di euro con risultati netti positivi superiori a 10 milioni di euro nei diversi esercizi;
la legge finanziaria per il 2007 ha previsto che, ai fini di completare il processo di liberalizzazione nel settore del cabotaggio marittimo e di privatizzare le società esercenti servizi di collegamento ritenuti essenziali, potevano essere stipulate nuove convenzioni con scadenza non inferiore al 31 dicembre 2012 sulla base di criteri stabiliti dal CIPE e con la previsione di meccanismi di efficientamento volti a ridurre i costi del servizio per l'utenza nonché forme di flessibilità tariffaria non distorsive della concorrenza;
il decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112, ha previsto che le funzioni e i compiti di programmazione e amministrazione relativi ai servizi di cabotaggio marittimo di servizio pubblico che si svolgono all'interno di una regione vengano esercitati dalla regione interessata. La medesima norma ha inoltre previsto che la gestione di servizi di cabotaggio regionale venga regolata da contratti di servizio;
il decreto-legge 3 giugno 2008, n. 207, ha prorogato il termine di scadenza delle richiamate convenzioni al 31 dicembre 2009, prevedendo che le nuove convenzioni in capo a Tirrenia e alle società regionali potessero entrare in vigore solo in presenza di una positiva conclusione del processo di privatizzazione;
il trasferimento a titolo gratuito delle società regionali è stato realizzato nel novembre 2009, a seguito dell'emanazione del decreto-legge n. 135 del 2009. Per la Caremar, che serve le isole della Campania e del Lazio, la norma citata ha previsto il trasferimento alla regione Campania e la successiva cessione gratuita da parte di quest'ultima al Lazio del ramo d'azienda di competenza del Lazio;
la norma ha previsto anche che le regioni realizzassero direttamente la privatizzazione delle rispettive società regionali acquisite. Le regioni suddette hanno quindi avviato o stanno avviando il processo di privatizzazione delle rispettive società nel rispetto delle norme e delle procedure trasparenti e non discriminatorie;
il decreto-legge n. 135 del 2009, infine, ha previsto che, al fine di permettere il completamento del processo di privatizzazione, tutte le convenzioni in essere siano prorogate fino al 30 settembre 2010;
la stessa norma ha disciplinato: la durata delle nuove convenzioni, fissata in otto anni per Tirrenia e in dodici anni per ciascuna delle società regionali;
è stato determinato l'ammontare degli stanziamenti di sovvenzione annua che lo Stato riconoscerà a Tirrenia e alle società regionali a copertura degli oneri di servizio pubblico per l'intera durata delle rispettive convenzioni. In particolare, l'importo annuo stanziato per l'intera durata delle nuove convenzioni è per Tirrenia di circa 73 milioni di euro (80 milioni nel 2009 sulla base dell'attuale quadro convenzionale) e per Siremar di circa 56 milioni contro i 67 del 2009;
gli stanziamenti annui sono previsti per l'intera durata delle nuove convenzioni;
la norma riguarda anche i tempi e i termini per la privatizzazione di Tirrenia e delle società regionali trasferite: in particolare, è stato stabilito il termine del 30 settembre 2010 per il completamento del processo ed è stata prevista la pubblicazione di bandi di gara per realizzare
procedure trasparenti e non discriminatorie nel rispetto della disciplina comunitaria;
la società Fintecna spa ha avviato la procedura di privatizzazione mediante la pubblicazione, il 22 dicembre 2009, dell'invito a manifestare interesse;
il bando è stato rivolto a soggetti aventi personalità giuridica sia nazionali sia esteri che potevano aderire si individualmente sia in cordata o anche attraverso società di nuova costituzione (newco) prevedendo che la maggioranza assoluta del capitale dei potenziali acquirenti fosse detenuta da soggetti aventi personalità giuridica di diritto privato e comunque controllati direttamente o indirettamente da soggetti di diritto privato;
sono stati richiesti alcuni specifici impegni ai partecipanti in merito: alla stabilità dell'assetto proprietario per un periodo di tempo determinato anche in considerazione della tutela e delle caratteristiche del servizio di pubblica utilità svolto dalla società; al mantenimento del servizio universale e continuità territoriale con le isole; alla presentazione di un piano industriale per Tirrenia e uno per Siremar da cui si rilevassero anche i livelli occupazionali previsti;
nel febbraio 2010 sono pervenute a Fintecna sedici manifestazioni di interesse: sei da operatori del settore (Grimaldi Napoli, Grandi navi veloci, Moby, Caronte & Tourist, Corsica ferries nonché una cordata costituita da Gestioni Armatoriali e Tomasos Transport & Tourism); una da un operatore attivo nei servizi logistici (Trans Ferry); una da Airon, holding di partecipazioni che opera anche nella progettazione, produzione e commercializzazione di yacht di lusso; una dal Fondo italiano per le infrastrutture F2I; sei da parte di importanti fondi di private equity internazionali (Oaktree, Carlyle, CVC, Cinven, Investindustrial e Alpha Private Equity); una da una newco (Mediterranea holding di navigazione), partecipata dalla regione siciliana (37 per cento), da Lauro spa (28 per cento) e dal Fondo CAPE della regione siciliana (35 per cento);
il 18 giugno 2010 Mediterranea holding di navigazione ha comunicato la modifica dell'azionariato che, oltre alla presenza della regione siciliana (37 per cento) e della Lauro spa (19 per cento), ha visto l'ingresso dell'armatore greco Tomasos tramite la TTT Lines (30,5 per cento), che opera un collegamento tra Napoli e Catania, di Isolemar (7,5 per cento), società che ha tra gli azionisti operatori del settore turistico e albergatori, nonché Plus Investments (3 per cento) e Acies srl (3 per cento);
entro il termine del 28 giugno 2010 è pervenuta a Fintecna un'unica offerta di acquisto da parte di Mediterranea holding di navigazione spa. Il consiglio di amministrazione di Fintecna in data 6 luglio ha valutato ricevibile tale offerta;
lo stato di incertezza che condiziona il processo di privatizzazione in atto ha indotto alcune banche creditrici a richiedere il rientro delle linee di credito accordate, con conseguente rischio per Tirrenia e Siremar di determinare rilevanti profili di criticità nella gestione finanziaria della società;
il Consiglio dei ministri ha approvato in data 6 luglio 2010 il decreto-legge n. 103 al fine di favorire la stabilizzazione della situazione finanziaria di Tirrenia consentendo a Fintecna di concludere nei tempi previsti il processo di privatizzazione in corso;
la norma ha previsto la decadenza dell'attuale organo di amministrazione e la conseguente nomina, mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con quello delle infrastrutture e dei trasporti, di un amministratore unico delle suddette società che possa gestire in maniera più funzionale e operativa tale complessa fase;
l'operazione di cessione deve realizzarsi in coerenza con il quadro normativo comunitario, che ha posto vincoli in materia anche con riguardo alla scadenza delle convenzioni già prorogate per legge fino al 30 settembre 2010;
il mancato rispetto del termine del 30 settembre 2010, fissato dalla legge, unitamente al venir meno delle convenzioni per scaduta proroga determinerebbe l'impossibilità per le società concessionarie di svolgere servizi pubblici di cabotaggio con evidenti gravissime conseguenze prima di tutto sul piano del pubblico servizio;
il 4 agosto 2010 con una propria nota Fintecna ha comunicato «che non essendo intervenuta la sottoscrizione del contratto da parte di Mediterranea Holding, convocata all'uopo in data odierna, viene conseguentemente dichiarata la chiusura senza esito della procedura di dismissione»;
per i giorni 30 e 31 agosto 2010 la Uil trasporti ha proclamato lo sciopero del personale Tirrenia;
il Ministro interrogato ha convocato le parti per il 6 settembre chiedendo l'annullamento di qualsiasi azione sindacale che metta a rischio i collegamenti garantiti in regime di continuità territoriale;
la regolamentazione delle azioni sindacali dispone che sino alla data del 5 settembre siano interdette tutte le azioni sui servizi pubblici in regime di continuità territoriale;
la Uil trasporti ha confermato lo sciopero -:
se il Governo non ritenga di dover intervenire con l'immediata «precettazione» di tutto il personale Tirrenia per evitare che nei giorni 30-31 agosto l'Italia e le isole, Sardegna prima di tutte, vengano colpite da un gravissimo e inconcepibile disagio che lascerà nel caos i porti italiani con oltre 20.000 persone senza alcun tipo di servizio;
se non ritenga di dover verificare con altre compagnie di navigazione la disponibilità all'affiancamento alle rotte a rischio di altri e propri mezzi in grado di evitare il tracollo del trasporto marittimo nei giorni 30-31, garantendo alle stesse compagnie quota a parte dello stanziamento della continuità territoriale;
se non ritenga di dover valutare anche con le altre regioni la necessità di scorporare la società SIREMAR dal pacchetto di privatizzazione della Tirrenia, considerato che non sarebbe corretto che solo la Sicilia non abbia proceduto al processo di acquisizione;
se non ritenga di dover meglio approfondire la partecipazione di capitale pubblico nell'acquisizione della Tirrenia, sia sul piano delle garanzie economiche che di quelle di compatibilità comunitaria;
se non ritenga di dover immediatamente fornire elementi sulla vicenda.
(4-08431)
PILI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 6 e 7 agosto 2010 si sono verificati gravissimi disagi al porto di Civitavecchia dove almeno tremila persone con un migliaio di mezzi al seguito non si sono potuti imbarcare sulle navi di linea dirette in Sardegna;
il disservizio sarebbe stato causato dalla mancata partenza per un guasto tecnico della motonave della Tirrenia «Clodia», ultima corsa utile della giornata per Cagliari;
i duemila passeggeri con prenotazione e auto al seguito hanno trascorso la notte negli alberghi cittadini o all'interno delle rispettive auto sistemate nell'area portuale;
nella mattinata del 7 agosto la situazione si è notevolmente aggravata, con l'arrivo in porto anche dei passeggeri in partenza per Olbia con il traghetto «Nuraghes», sempre della Tirrenia;
la compagnia di navigazione ha concesso ai passeggeri della «Clodia» di utilizzare le navi di altri Compagnie, nessuna delle quali diretta a Cagliari;
i passeggeri che dalla notte del 6 agosto si trovavano sui moli del porto di Civitavecchia, a causa della mancata partenza per un guasto tecnico della motonave Clodia, sono stati quindi fatti salire a bordo del traghetto della Tirrenia Nuraghes - dirottato verso Cagliari;
i passeggeri, diretti ad Olbia, sono invece partiti alle 14,30, dopo aver rifiutato la proposta della Tirrenia di utilizzare la nave per Arbatax, di vecchia generazione, che avrebbe impiegato 10 ore per raggiungere la località da dove avrebbero poi dovuto raggiungere Olbia con un tragitto in auto di circa due ore;
il 27 giugno 2010 la nave traghetto Palermo-Cagliari che sarebbe dovuta partire alle 19 per la Sardegna a causa di un'avaria è rimasta bloccata al porto del capoluogo siciliano;
i gravissimi disagi per i passeggeri (oltre 500) bloccati al porto per una giornata intera sarebbero stati causati dall'avaria del traghetto «Toscana»;
i passeggeri in tutte le occasioni hanno denunciato la totale mancanza di informazione e assistenza da parte del personale della Tirrenia;
in questi ultimi mesi è in atto il tentativo di dar corso alle procedure per la privatizzazione della compagnia di navigazione conclusosi con la mancata vendita della società all'unica società concorrente;
il commissario straordinario di Tirrenia, Giancarlo D'Andrea, ha depositato nelle ultime ore al tribunale fallimentare di Roma l'istanza per l'ammissione all'amministrazione straordinaria;
appaiono emblematiche le affermazioni rese dai soci concorrenti dell'acquisto della Tirrenia che, con pubbliche dichiarazioni, hanno affermato che «ora ci sarà una svendita e vogliamo partecipare ai saldi. Riteniamo che le banche non avranno più 520 milioni»;
«il nuovo progetto - sostiene in una pubblica dichiarazione riportata dalle agenzie uno dei soci - guarda all'area del Mediterraneo ed è diverso dal primo che puntava a mantenere le rotte e a salvaguardare tutti i lavoratori. Ora, non sarà più possibile»;
la Tirrenia è titolare delle rotte in continuità territoriale per la Sardegna;
le stesse rotte da e per la Sardegna sono svolte con pressapochezza e con costi ormai insostenibili;
i disagi e i disservizi sono all'ordine del giorno con gravissimi problemi per migliaia di passeggeri che devono affrontare il viaggio da e per la Sardegna;
i guasti alle motonavi traghetto appaiono sempre più numerosi e frequenti frutto di scarsa manutenzione o di mezzi obsoleti, o, peggio ancora, con il rischio che si possano verificare tentativi di sabotaggio del funzionamento delle stesse navi al fine di creare disservizi e contribuire alla svalutazione del valore della stessa compagnia -:
se non ritenga il Ministro di dover immediatamente istituire una commissione d'indagine per verificare il grado di manutenzione e di gestione delle motonavi Tirrenia;
se nell'ambito della stessa commissione, ritenga opportuno valutare il numero rilevante di guasti che si sono verificati sulle motonavi Tirrenia;
se non intenda far luce, per quanto di competenza, sulle dichiarazioni relative alle ragioni che hanno indotto taluni soci acquirenti a salutare positivamente il fallimento della gara al fine di favorire un processo di svendita;
se non intenda valutare con puntualità e precisione le condizioni di vendita relativamente allo svolgimento della continuità territoriale da e per la Sardegna, proprio alla luce delle inquietanti dichiarazioni di uno degli acquirenti che ha pubblicamente affermato che le rotte in continuità non costituiscono più un interesse primario;
se non ritenga necessario fornire immediate informazioni al fine di evitare che, nel corso della stagione estiva, si verifichino ulteriori disagi per i passeggeri, a partire dalla verifica delle tariffe applicate in regime di continuità territoriale.
(4-08455)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di mercoledì 1o settembre 2010, dopo le denunce sui tagli alle risorse, a cui nel frattempo non si è posto rimedio, arrivano le prime conseguenze pratiche: dal 5 settembre i pendolari della regione Campania subiranno un taglio di 32 treni sulle direttrici Napoli-Sapri, Caserta-Cassino, Salerno-Cosenza, Avellino-Rocchetta e Benevento-Foggia. La regione, a corto di fondi, non ha risorse sufficienti per soddisfare il contratto di servizio stipulato con Trenitalia e, pertanto, si è vista costretta a ridurre le corse. «E dal 2011 le cose potrebbero andare peggio», avverte il segretario regionale della Filt Cgil Mario Salsano: «I treni soppressi potrebbero diventare 142»;
anche nel resto d'Italia la situazione non è delle migliori, a causa dei tagli drastici delle risorse al trasporto pubblico locale: 3,5 miliardi in meno nel triennio 2010-2012. Meno fondi alle regioni e meno soldi al trasporto ferroviario. Gli scenari evidenti sono l'aumento delle tariffe e la soppressione delle corse;
le prime avvisaglie dei disagi si sono già avute quest'estate. Ad esempio, l'Associazione Pendolari Bologna-Portomaggiore ha più volte richiesto a Fer, l'azienda ferroviaria dell'Emilia Romagna, di rivedere gli orari delle corse del mese di agosto, denunciando una pesante riduzione del servizio ferroviario quantificato in circa 25 corse;
sulla linea Carpi-Modena le cose sembrano non andare meglio: «Continuano le segnalazioni da parte dei passeggeri di disservizi nel trasporto ferroviario: così proprio non si può andare avanti e in vista delle ripresa delle attività dopo le ferie occorre che Trenitalia intervenga anche anticipando una serie di impegni presi nei confronti degli enti locali nei mesi scorsi», ha denunciato qualche giorno fa Stefano Vaccari, assessore provinciale all'ambiente con delega alla mobilità. Nell'elenco dei problemi di queste ultime settimane, segnala il Comitato locale, spiccano i guasti momentanei dei tabelloni elettronici e una serie di ritardi dei treni del primo mattino, quelli utilizzati quotidianamente dai pendolari: in particolare, la corsa delle 8.20 che da Carpi dovrebbe arrivare a Modena alle 8.35, ha spesso qualche minuto di ritardo facendo perdere ai pendolari la coincidenza con il treno per Sassuolo. Sono, inoltre, segnalati alcuni guasti alle emettitrici automatiche, all'impianto di condizionamento in alcune carrozze e a volte, lamenta il Comitato, la qualità scadente delle stesse in particolare nel servizio Modena-Suzzara;
disservizi che colpiscono diverse regioni: in Friuli, Luigi Ferone, capogruppo dei Pensionati in Consiglio regionale, ha denunciato: «Sono quasi 100 i treni che nel mese di luglio sono stati soppressi nella rete regionale e ciò ha creato notevoli disagi tra gli utenti». Gli utenti lombardi: «Ci attende un anno di viaggi su carri bestiame, un anno di ritardi, soppressioni e inefficienze», accusano i comitati di Rho. In Toscana si è svolta una nuova protesta del «Comitato Pendolari» per i treni regionali in circolazione d'agosto sulla Direttissima Firenze-Roma, in cui si parla di «carrozze vecchissime e pericolose». Agli inizi d'agosto, dopo un'ispezione alla stazione di Potenza, l'assessore regionale alle infrastrutture Rosa Gentile ha parlato di «condizioni igieniche dei vagoni non sufficienti», definendo «intollerabili» quelle dei bagni delle carrozze utilizzate per comporre i convogli. Pochi giorni fa a Genova, sul tavolo del procuratore
Francesco Lalla, è arrivato un esposto dei pendolari sui disservizi degli intercity 504 Livorno-Torino e 658 Livorno-Milano tra il capoluogo ligure e La Spezia. Il portavoce del comitato dei pendolari liguri Carlo Palmieri e il presidente di Assoutenti Furio Truzzi hanno presentato una denuncia sottoscritta da 320 viaggiatori;
ancora: in Sicilia molti utenti, organizzati anch'essi in comitati, lamentano soppressioni improvvise (treno 8577, 8578, 8580 nei giorni 25 e 26 agosto), interruzioni, ritardi ai treni 3865 (118 minuti), 8575 (27min.) (12878, che giornalmente è registrato in ritardo tra i 10 e i 20 minuti);
secondo alcune testimonianze, sulla linea Cosenza-Napoli Centrale (treno 2432, tratta Praja-Battipaglia, partenza da Praja ore 16.26), il 23 agosto 2010 i passeggeri del treno regionale hanno subito notevoli disagi (mancanza di posti a sedere, ammassamenti, assenza di circolazione dell'aria) lungo un percorso fitto di gallerie, il tutto a causa della chiusura di 3 intere carrozze stabilita dalla necessità di conservarle per i passeggeri delle fermate successive. Si è trattato di sovraffollamento. Diversi passeggeri, scesi ad una fermata intermedia, hanno denunciato le condizioni precarie ad una pattuglia della polizia, che ha provveduto alla riapertura delle carrozze restanti -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei notevoli disagi provocati dal servizio pubblico e quali interventi immediati, per quanto di competenza, intendano adottare al fine di garantire un servizio efficiente ai cittadini.
(4-08471)
OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
fin dal 1997 la società Artesia, in collaborazione con le Ferrovie di Stato italiane e francesi, ha attivato il collegamento Milano-Torino-Chambèry-Parigi, servito in modo egregio, con i treni TGV francesi ad alta velocità, e molto apprezzato da un'utenza sempre più numerosa;
il servizio, assai competitivo rispetto al trasporto aereo, sia in termini economici che di praticità, è di essenziale utilità per tutto il comprensorio turistico della Valle di Susa e zone limitrofe, oltre che per l'utenza a lungo raggio;
inoltre la stazione di Oulx rappresenta, oltre che per i francesi, un ottimo collegamento ferroviario, per gli utenti dell'Alto Delfinato, che sarebbero altrimenti obbligati a lunghissimi percorsi per raggiungere l'interno della Francia;
ultimamente, però, pare a causa di ipotetici problemi tecnici, in realtà mai chiaramente spiegati dalla società, il servizio è drammaticamente scaduto. I forti ritardi sono sempre più frequenti e si assiste a quotidiane sostituzioni di convogli durante il percorso, che costringono i viaggiatori a trasbordi molto disagevoli, solitamente nell'ultima tratta del percorso in territorio francese;
a quanto sopra si aggiunga un'evidente trascuratezza nella manutenzione del materiale, che è andato progressivamente degradandosi ed è ormai in condizioni del tutto indecenti;
pare evidente che tutti questi problemi non possono derivare che da gravi carenze gestionali, delle quali è forse difficile attribuire la responsabilità, ma che, certamente, esistono e devono essere corrette;
considerata l'esigenza di assicurare, ormai da anni, la realizzazione di un efficace collegamento ad alta velocità fra Italia e Francia, tutto ciò è non soltanto inammissibile, ma secondo l'interrogante decisamente inaccettabile;
oltretutto, un tale scadimento di questo servizio, che ha rappresentato e tuttora rappresenta un primo e significativo passo in tale direzione ha, ovviamente, un pesante effetto negativo, anche sul piano
politico, sull'immagine del servizio ferroviario ad alta velocità, con ovvia soddisfazione dei suoi detrattori -:
quali iniziative, nei limiti delle proprie competenza, ritenga di dover assumere il Ministro per porre rimedio a tale situazione.
(4-08490)
...
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
COMPAGNON. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 15 agosto 2010, presso il Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia si verificava una rivolta da parte degli immigrati ivi trattenuti, nella quale due militari impegnati nelle operazioni di contenimento subivano delle contusioni;
gli evasi (circa 40 cittadini di nazionalità algerina) venivano poi intercettati dalle Forze dell'ordine nelle vicinanze dell'abitato del limitrofo comune di San Canzian d'Isonzo e riaccompagnati presso il Centro;
tale evasione di massa avveniva con un tempismo ed una concomitanza alquanto sospetti anche presso i CIE di Brindisi e Milano, peraltro dopo appena un mese dall'ultimo grave episodio di tensione verificatosi nei CIE del capoluogo lombardo ed isontino;
nei giorni successivi al ferragosto, all'interno del CIE di Gradisca, si registravano ulteriori disordini seguiti da tentativi di evasione non riusciti, con ferimento di agenti di polizia e del personale addetto alla gestione del Centro e danni per centinaia di migliaia di euro;
stanti le modifiche normative introdotte dal decreto-legge n. 11 del 23 febbraio 2009 che eleva il trattenimento a 180 giorni, da tempo gli immigrati ospiti delle varie strutture del Paese hanno dato inizio ad un preoccupante innalzamento della soglia della tensione e della litigiosità al loro interno, ingenerando un notevole appesantimento dell'attività degli operatori in servizio;
emerge pacificamente la circostanza che le numerose evasioni dai Centri di identificazione ed espulsione avvenute durante l'estate 2010 sono direttamente riconducibili alla sproporzione esistente tra il numero degli agenti di vigilanza in servizio e quello degli immigrati ospiti -:
quali determinazioni intendano assumere in merito alla preoccupante situazione descritta in premessa e se intendano adottare provvedimenti urgenti, volti ad un significativo adeguamento delle risorse economiche, umane e dei mezzi in dotazione alle forze dell'ordine, al fine di garantire una reale sicurezza dei cittadini e allo scopo di prevenire nuove pericolose sommosse ed evasioni di massa dai vari Centri di Identificazione ed espulsione esistenti nel Paese.
(3-01212)
Interrogazioni a risposta scritta:
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si moltiplicano le segnalazioni riguardanti le inaccettabili condizioni di vita dei cittadini extracomunitari all'interno dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE);
rapporti ufficiali confermano come i CIE non siano in grado di svolgere la funzione per la quale furono istituiti, né garantiscano il minimo rispetto dei diritti né un'adeguata assistenza sanitaria;
oltre alla fatiscenza delle strutture, alla carenza, per numero e formazione del personale preposto, è il concetto stesso di detenzione amministrativa alla base dei Centri di identificazione ed espulsione che va rivisto dopo cinque anni di funzionamento
che ne hanno evidenziato l'inefficacia nella gestione del fenomeno immigratorio irregolare e la commissione di abusi e gravi violazioni dei diritti umani;
è inaccettabile la trasformazione delle funzioni svolte dai CIE concepiti per procedere entro 30 o 60 giorni all'identificazione e al rimpatrio dei cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, sono in effetti divenuti, di fatto, un'estensione del carcere, con un prolungamento fino a 180 giorni della «detenzione» in attesa dell'espletamento delle formalità previste, con quelle che gli interroganti giudicano aperte violazioni del diritto di asilo e delle procedure per la richiesta dello status di rifugiato;
da luoghi di accertamento dei diritti sono divenuti luoghi di normale repressione;
l'attuale realtà dei CIE, pur se diversificata sul territorio nazionale, si configura ormai in maniera eclatante come una esperienza fallimentare -:
se non ritenga opportuno riconsiderare il funzionamento dei centri visto lo stato di estrema precarietà e degrado delle strutture, situazione che incide sui più elementari diritti di rispetto delle dignità e della persona umane dei cittadini stranieri che vi sono ospitati;
se non ritenga nel frattempo di avviare un'indagine sulle condizioni igienico-sanitarie presenti all'interno dei centri, eventualmente accertando le eventuali responsabilità amministrative di tale stato di abbandono;
quali iniziative il Governo ritenga opportuno adottare al fine di garantire agli extracomunitari ospiti dei centri di identificazione ed espulsione condizioni di soggiorno dignitose e i più elementari diritti umani e civili.
(4-08398)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di sabato 7 agosto 2010, nei giorni scorsi, nel porto di Gioia Tauro, i funzionari del servizio antifrode dell'ufficio delle dogane, con la collaborazione del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Reggio Calabria, hanno sequestrato, in due distinte operazioni, 45 tonnellate di rifiuti provenienti da aziende di autodemolizione italiane;
la merce, ufficialmente pezzi usati di ricambi auto, comprendeva in realtà rifiuti speciali non bonificati e trattati. La destinazione di tali rifiuti è la Somalia;
nel rapporto di Greenpeace, Toxic Ship, si sottolineava come «intreccio tra corruzione, traffici di rifiuti ed armi che ha caratterizzato i rapporti italo-somali negli ultimi 20 anni è stato scandagliato da diverse istituzioni ed organismi di controllo italiani che, purtroppo, non sono mai stati in grado di fare giustizia»;
il quadro che emerge è definito «allarmante» dall'ufficio centrale antifrode dell'Agenzia delle dogane: come nel passato, i Paesi ricchi versano i propri scarti nelle terre dimenticate del terzo mondo. Secondo i dati forniti dall'Agenzia delle Dogane, in Somalia finirebbero i rifiuti ferrosi, mentre la carta e la plastica andrebbero verso Cina e Hong Kong, dove si nasconde un altro mercato;
il flusso dei traffici dei rifiuti - ricordano dalle Agenzie delle dogane - è in aumento, così come la quantità. Sono state ben 7.400 le tonnellate di rifiuti sequestrati dalle Agenzie delle dogane nel 2009, a fronte delle 4.800 del 2008;
il 28 luglio 2010, gli interroganti avevano presentato un'interrogazione a risposta scritta, n. 4-08209, che segnalava una situazione simile: un traffico illecito di
rifiuti salpati dai porti di Venezia e con destinazione la Cina -:
di quali elementi disponga il Governo in merito alle notizie riferite in premessa e quali iniziative intenda adottare al riguardo, in particolare a tutela delle salute e dell'ambiente.
(4-08402)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con inquietante frequenza si apprende di episodi di aggressione da parte di cani nei confronti di esseri umani, a volte perfino mortali;
gli ultimi episodi si sono verificati a Foggia, dove un bimbo di 2 anni è stato aggredito e ferito gravemente dal rottweiler del nonno; secondo quanto accertato dalla polizia municipale, il bambino era con il padre quando, per motivi inspiegabili, è stato aggredito dal cane del nonno che lo ha morso in varie parti del corpo;
quasi nelle stesse ore a Villasmundo, alla periferia di Siracusa, un'intera famiglia, padre, madre e figlio di 8 anni, è stata aggredita da un branco di cani di razza corsa fuggiti da una villetta. Più gravi le condizioni del bambino, ricoverato adesso nell'ospedale Muscatello di Augusta con una prognosi di 40 giorni -:
quante siano le aggressioni da parte di cani che si sono verificate nel 2009;
quante di queste aggressioni si siano rivelate mortali;
quante di queste aggressioni siano da addebitare a cani randagi e quante, invece, a cani come rottweiler e pitbull, addestrati per aggredire e sfuggiti all'attenzione dei loro padroni;
quali iniziative si intendano adottare, promuovere o sollecitare a fronte di un fenomeno sempre più frequente e preoccupante.
(4-08408)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato dal Corriere della Sera il 9 agosto 2010 i body scanner installati all'aeroporto «Marco Polo» di Venezia, sarebbero stati «smontati e giacciono malinconicamente in magazzino»;
risulterebbe infatti che la sperimentazione per i controlli di sicurezza sui viaggiatori diretti negli Stati Uniti sia terminata proprio nel momento di massimo traffico estivo: «Dalle postazioni monitor degli scanner in dotazione, che erano stati messi in funzione alla fine dello scorso marzo, l'immagine che appariva dei passeggeri non è risultata adeguata: non c'era sufficiente dettaglio per consentire agli addetti alla security dell'aeroporto e alle forze di polizia un alto livello di vigilanza. Per questo, dalle prime settimane di luglio i body scanner non sono più stati utilizzati. La sperimentazione dovrebbe ripartire in settembre, con l'eventuale utilizzo di apparecchi più efficaci che permettano di gestire meglio i flussi di viaggiatori e siano più utili ai controlli anti-terrorismo» -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo, quanto siano costati i body scanner installati all'aeroporto «Marco Polo», poi smontati e dismessi;
quali siano le ragioni per cui si è ritenuto prima di adottare quel modello di body scanner, e poi si è ritenuto di non doverli più utilizzare;
chi abbia deciso di utilizzare il modello di body scanner poi dismesso, e in base a quali considerazioni e valutazioni quel modello sia stato prescelto;
se il modello in uso presso l'aeroporto «Marco Polo» di Venezia sia stato utilizzato anche in altri aeroporti e in quali.
(4-08410)
BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
su alcuni quotidiani del 31 agosto e del 1o settembre 2010 si legge degli ennesimi episodi di violenza su donne e ragazze da parte di conviventi e fidanzati di religione islamica;
a Colognola in provincia di Bergamo, una ragazza, Nicoletta Gaspani di 25 anni, è stata picchiata a sangue, con calci e pugni, per poi essere accoltellata all'addome dal fidanzato marocchino di 40 anni;
la ragazza, incinta di tre mesi, a seguito delle percosse e delle ferite ha perso il bambino ed è stata ricoverata in gravi condizioni agli ospedali riuniti di Bergamo, dove è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico. Ora la donna non è in pericolo di vita, ma le sue condizioni sono ancora gravi;
dai racconti della madre della vittima si è appreso che anche altre volte il marocchino l'aveva picchiata, ma sabato 28 agosto 2010 la situazione è precipitata e, secondo la ricostruzione degli inquirenti, l'uomo, dopo aver malmenato la giovane procurandole lividi e tumefazioni al volto, l'ha accoltellata all'addome e chiusa in casa per non farla uscire, ma la vittima è riuscita a scappare e a chiedere aiuto;
a Treviso una donna italiana di 39 anni, che non voleva convertirsi alla religione musulmana del convivente, ha subito violenze e abusi per anni: calci, pugni bastonate ed è stata persino infilzata con una forchetta. Stanca di subire questi maltrattamenti, la donna ha sporto denuncia alla polizia, ottenendo dal giudice l'allontanamento del compagno, con l'obbligo di tenersi a 500 metri di distanza da lei in qualsiasi luogo frequentato;
a Torino una ragazza di 19 anni, Hasna Beniliha, mentre scendeva dall'autobus è stata colpita al volto da un getto di acido muriatico, lanciato da un connazionale di 23 anni, Abderrahim Soufi, pluripregiudicato e senza fissa dimora, che corteggiava la ragazza con insistenza, che è poi stato arrestato;
il Soufi ha messo a punto il folle gesto per «punire» la ragazza, che lo aveva respinto e che lui giudicava troppo disinibita;
la giovane, a seguito dell'aggressione, probabilmente perderà un occhio ed il suo viso rimarrà per sempre deturpato;
si tratta di episodi violenti molto gravi, che ledono la dignità delle donne coinvolte e che devono essere fermamente condannati;
sono sempre più numerosi nel nostro Paese i casi di violenza da parte di stranieri, soprattutto di religione islamica, nei confronti delle donne, fidanzate o conviventi, che non sempre però vengono denunciati, come in questi casi, ma spesso consumati fra le mura domestiche -:
se il Ministro sia a conoscenza di tali fatti e quali siano i suoi intendimenti al riguardo;
se sia in grado di fornire dati relativi a vicende gravi come queste, che vedono molte donne sottoposte a gravi violenze e sevizie;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, un'indagine accurata, per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese.
(4-08419)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da un comunicato del 28 agosto 2010, diffuso alle agenzie di stampa dal Coisp, (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia), dal titolo «Il Governo delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Disabilitate le chiamate all'estero dai centralini delle prefetture e questure. Uffici stranieri in tilt», si apprende che presso
alcune questure sarebbe stata disabilitata la possibilità di effettuare chiamate telefoniche verso le numerazioni degli Stati esteri e che ciò avrebbe causato problemi agli uffici immigrazione per l'impossibilità di contattare le ambasciate interessate, nonché agli uffici della polizia stradale impossibilitati a contattare le varie ditte di trasporti estere che quotidianamente vengono interessate da verbali con fermo di veicoli pesanti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, quali siano i motivi di tale scelta e quali immediate azioni intenderà adottare per ripristinare il regolare svolgimento del servizio.
(4-08428)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'immigrazione è uno dei misuratori della qualità della democrazia e l'Italia, in questi ultimi anni, si è caratterizzata per politiche difensive di chiusura delle frontiere che stanno condannando il Paese alla staticità, all'invecchiamento, all'impoverimento e al declino;
la normativa che regola i flussi di migrazione è sostenuta da un'ispirazione e da una cultura in cui l'immigrato non viene considerato come soggetto di diritto, riducendolo a una condizione servile. Tale ispirazione, ad avviso degli interroganti, colloca l'Italia fra i Paesi che rispetto a questo fenomeno non praticano i diritti civili e mette in discussione la qualità della prassi democratica, annullando di fatto il diritto di uguaglianza sancito dalla Costituzione;
è urgente ristabilire le procedure democratiche e costituzionali anche intervenendo con un decreto-legge, atteso che ci sono in Italia molti lavoratori stranieri che svolgono un lavoro autonomo, pagano le tasse, hanno regolare licenza commerciale, hanno costituito società di capitali regolarmente iscritte presso le camere di commercio, sono in regola con il possesso di titoli abilitanti al lavoro, hanno ottenuto finanziamenti dalle banche. Ma a causa del testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) sostenuto da vari cavilli burocratici o, peggio, a causa di errori ed omissioni della pubblica amministrazione, sono costretti lasciare il territorio nazionale, poiché non viene loro concesso il rinnovo del permesso di soggiorno, provocando la chiusura dell'attività commerciale o artigianale con il conseguente fallimento dell'imprenditore e il licenziamento dei dipendenti -:
se non si ritenga urgentissima la necessità di adottare un'iniziativa normativa che riconosca a chi possa dimostrare di avere avviato, da almeno un anno, un'attività economica regolarmente registrata, di poter rimanere nel territorio italiano con un permesso di soggiorno pluriennale, in modo che non vengano danneggiati imprenditori e lavoratori stranieri, che, oltre tutto, con il loro impegno, contribuiscono alla crescita della nostra economia.
(4-08441)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia di stampa AGI del 16 agosto 2010, dà conto dell'ennesima rivolta scoppiata nel centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano. Diciotto immigrati hanno infranto i vetri e dopo essere saliti sul tetto hanno tentato la fuga. Sul posto sono intervenuti alcuni reparti della polizia e sei agenti hanno riportato contusioni varie;
uno dei detenuti, un algerino, è riuscito a fuggire, mentre cinque nordafricani sono rimasti contusi, tre di questi in maniera grave e sono stati ricoverati in ospedale per contusioni alle gambe. Inoltre tre settori del centro di identificazione hanno riportato danneggiamenti;
i diciotto stranieri che hanno dato vita alle proteste sono stati denunciati per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale;
questa è la terza rivolta in un anno consumatasi nel CIE di Via Corelli. Nel mese di agosto 2010 altra violenza, allorquando trenta uomini sono saliti sul tetto, danneggiando le telecamere e permettendo a tre immigrati di fuggire -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, con riferimento ad essi, non intenda avviare un'ispezione all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Milano;
quante siano le sommosse e/o rivolte che si sono verificate nei centri di identificazione ed espulsione nel corso del 2010, e se queste siano aumentate dopo l'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009 che ha esteso il periodo massimo di permanenza degli immigrati irregolari nelle predette strutture da 60 a 180 giorni;
se il Governo non ritenga urgente adottare ogni utile iniziativa atta a garantire, con riferimento alla lotta all'immigrazione clandestina, una diversificazione delle risposte per categorie di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di detenzione amministrativa per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento.
(4-08443)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno.- Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Avvenire del 22 agosto 2010 è apparso un articolo di Ilaria Sesana intitolato: «Cronache dai CIE ... qui è peggio che stare in galera»;
tra le altre cose, l'articolo dà conto delle pessime condizioni in cui versa il Centro di identificazione ed espulsione di Trapani;
scrive la giornalista dell'Avvenire: «Aperto nel 1998, quello di Trapani è stato il primo Cpt italiano (in seguito all'entrata in vigore della legge Turco-Napolitano, ndr) e, per gli operatori di Msf, è anche il primo che dovrebbe chiudere i battenti. Non presenta le condizioni minime di vivibilità», spiega Rolando Magnano, vice capo missione Italia Msf. «Le stanze dove dormono gli ospiti del centro sono prive di finestre, l'unico spazio comune a disposizione è un ballatoio cui è stata applicata una recinzione metallica», aggiunge Magnano. «Il Cie, infatti ha trovato i suoi spazi all'interno di una ex casa di riposo per anziani: una palazzina a tre piani nel centro di Trapani» -:
quali provvedimenti intenda adottare, sollecitare e promuovere al fine di garantire i diritti minimi essenziali ed il rispetto delle persone trattenute nel centro di identificazione ed espulsione di Trapani;
a quanto ammontino i costi di gestione e quali rette vengano erogate per ogni singolo trattenuto nella predetta struttura;
se il livello dei servizi risulti adeguato alle esigenze del centro e se l'erogazione degli stessi risulti omogenea a quella degli altri centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale;
quali siano i motivi che non hanno ancora reso possibile il trasferimento del Cie di Trapani in una nuova struttura più idonea e vivibile.
(4-08452)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come ogni anno, durante il periodo della raccolta dei pomodori, si ripresenta con drammaticità, soprattutto nelle regioni del sud Italia, l'emergenza relativa al lavoro prestato da migliaia di lavoratori agricoli stranieri ridotti in stato di vera e propria schiavitù;
diverse volte le organizzazioni sindacali hanno denunciato situazioni di vero e proprio schiavismo operate nei confronti dei lavoratori agricoli migranti, così come
denunciato altresì da un'inchiesta pubblicata dall'associazione Medici Senza Frontiere (Msf) nel 2005;
dall'inchiesta di Msf emerge che le condizioni igienico-sanitarie in cui versano i lavoratori agricoli stranieri rappresenta il problema centrale per non meno di 6-7.000 braccianti, per lo più sfruttati in nero, privi di permesso di soggiorno, che da giugno a dicembre vengono impiegati nelle campagne della provincia di Foggia, da Cerignola a Candela e su, più a nord, fin oltre a San Severo: l'80 per cento di loro non ha mai avuto accesso a cure sanitarie. I risultati delle prestazioni sanitarie adottate da Msf hanno evidenziato patologie legate alla durezza del lavoro nei campi, all'assenza di tutele e sistemi di prevenzione in ambito lavorativo, viste le 10 ore di lavoro giornaliero e una «retribuzione» che non supera i 20 euro al giorno. Si tratta soprattutto di giovani dai 16 ai 34 anni, principalmente provenienti dall'Africa Sub-sahariana, ma anche dai Paesi dell'Est europeo, soprattutto Romania e Bulgaria. Si ammalano soprattutto di artrosi, ernie e patologie artrosiche, ma anche di gastroenteriti dovute alle difficoltà ad accedere all'acqua potabile, circostanza che li costringe a bere acqua dei pozzi di campagna spesso infestata da pesticidi. Il più delle volte capita che gli stranieri arrivino sani e si ammalino a causa delle indecenti condizioni che trovano nelle campagne dove lavorano: il 40 per cento di loro vive in edifici abbandonati, oltre il 50 per cento non dispone di acqua potabile, il 30 per cento non ha elettricità, il 43,2 per cento non ha servizi igienici, il 30 per cento ha subito qualche forma di abuso, violenza o maltrattamento negli ultimi sei mesi e nell'82,5 per cento dei casi l'aggressore era italiano;
in totale contrasto e violazione della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e della Convenzione dell'ONU sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, alcuni agricoltori e proprietari terrieri, per proteggere i loro affari, hanno coltivato una rete di «caporali» spietati: italiani, arabi, europei dell'Est, che alloggiano i loro braccianti in tuguri pericolanti, in condizioni igienico-sanitarie estreme. Nessuno di loro è in regola con la manodopera stagionale;
il lavoro nero in agricoltura sembra ormai purtroppo essere diventato la norma: recenti dati Istat rivelano che il giro d'affari del lavoro nero in agricoltura rappresenta il 40 per cento del prodotto interno lordo agricolo e supera i 10 miliardi di euro: queste cifre non fanno che confermare la diffusa illegalità che va dall'evasione contributiva alla negazione più totale dei diritti del lavoro e della persona -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per mettere fine all'orrendo fenomeno che vede migliaia di lavoratori migranti ridotti in schiavitù, nonché per ripristinare la legalità nel lavoro migrante stagionale in agricoltura;
se non si ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per la ratifica in tempi brevi della Convenzione internazionale dell'ONU sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il 1o luglio 2003.
(4-08459)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 19 agosto 2010 il quotidiano Avvenire esce con un articolo dal titolo «Dai Cie ancora una fuga di massa; la quarta in meno di cinque giorni»;
dall'articolo è possibile trarre quanto segue: «Ancora una fuga di massa. La quarta in meno di cinque giorni. Dopo Milano, Gorizia e Brindisi, stavolta una ventina di immigrati irregolari sono riusciti a eludere la sorveglianza del Centro di identificazione e espulsione «Serraino-Vulpitta» di Trapani. Sette fuggiaschi sono stati arrestati dalle forze dell'ordine che continuano le ricerche di una quindicina di altri immigrati ancora mancanti all'appello.
La posizione di un altro straniero, che è stato pure ripreso, è al vaglio del magistrato ma ancora non ci sono provvedimenti a suo carico. Per riuscire a fuggire i migranti sono riusciti a segare le sbarre della finestra di una camerata, da cui si sono poi calati all'esterno della struttura di permanenza. Ci sono stati momenti concitati. Due cittadini extracomunitari, nel tentativo di accelerare l'evasione sono precipitati al suolo e nella caduta hanno subito diverse fratture. Sono ora ricoverati nell'ospedale Sant'Antonio Abate di Trapani in condizioni non gravi. Gli arrestati devono rispondere di danneggiamento di beni dello Stato, per aver scassinato la finestra e le porte del corridoio che vi conduce. Lunedì un tentativo di fuga c'era stato anche a Cagliari. Protagonisti otto extracomunitari che hanno forzato una finestra al primo piano del centro, ma sono stati bloccati dalle forze dell'ordine. L'intervento degli agenti ha provocato una rivolta conclusasi con il danneggiamento di arredi, porte e finestre. Nel capoluogo sardo attualmente sono stati accompagnati un centinaio di immigrati irregolari giunti in Sardegna nelle ultime settimane con alcune barche provenienti dal Nord Africa». «Il periodo estivo è ogni anno quello in cui si registrano i maggiori tentativi di fuga o di fuga realizzata. E l'esito di una tensione che deriva dalle caratteristiche della struttura». Così il sottosegretario degli interni, Alfredo Mantovano, ha commentato i fatti di Trapani. Per alleggerire le strutture esistenti Mantovano ha ribadito che altri Centri di identificazione saranno aperti in altre città d'Italia. «L'obiettivo - ha spiegato Mantovano - è di aprire in qualche mese dei Cie anche in regioni densamente popolate come la Campania, il Veneto, la Toscana e il Piemonte dove fino a questo momento non è stato possibile». Dal primo gennaio 2010 sono circa 9.300 i clandestini che passando attraverso i Cie sono stati riaccompagnati nei paesi di origine. «Il che dimostra - ribadisce il sottosegretario - l'efficacia del meccanismo dell'espulsione. Inoltre i Cie italiani hanno i migliori standard europei in termini di qualità e di vivibilità. Basta pensare a quello che è accaduto in Francia a Calais o nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla per capirlo». La polemica politica su questo fronte rimane aspra. «Siamo ai soliti annunci, non è la prima volta che si parla di costruire nuovi Cie ma poi nulla», afferma la deputata del Pd Livia Turco, responsabile Immigrazione del partito. «Piuttosto - continua Livia Turco-, colpisce quello che il governo non dice più: cioè, a che punto sono gli accordi bilaterali con gli altri Paesi e la programmazione dei flussi. Su questi temi c'è il totale silenzio». A confermare che le fughe siano incentivate dal sovraffollamento è anche Felice Romano, segretario generale del sindacato ai Polizia Siulp. «Purtroppo rispetto alle intenzioni preannunciate dal governo di costruire un Cie per regione - lamenta Romano -, l'obiettivo non è stato raggiunto: i pochi centri esistenti sono troppo pieni» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra illustrati e quali siano le iniziative che intenda assumere in ordine ai centri di identificazione ed espulsione esistenti.
(4-08498)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giornale telematico Articolo 21 ha pubblicato un articolo di Antonio Turri dal significativo titolo: «Storie ordinarie di quinta mafia nel parco dei "diritti" che vorrebbero abolire i diritti»;
nel citato articolo si racconta una vicenda che il signor Turri ha personalmente vissuto: «A Sabaudia, città in fase di fortissima cementificazione, al centro del Parco Nazionale del Circeo, è un caldo e, sembra, tranquillo 31 luglio di un complicato e difficile 2010 per il nostro Paese e non solo. I giovani di Legambiente e di Libera, insieme alle associazioni della Casa del Volontariato, hanno organizzato su un terreno adiacente il lago di Paola la tradizionale
Festambiente. Si, una festa all'interno di un Parco sfregiato da innumerevoli abusi edilizi e da uno sfruttamento illegale di uno dei territori aperti consapevolmente e colpevolmente da pezzi della politica e dell'economia locale all'invasione delle mafie provenienti dalla vicina regione Campania e dalle altre regioni del sud»;
la festa intende festeggiare «l'impegno dell'ex Prefetto di Latina Frattasi, quello del caso Fondi per comprendere lo spessore di uomo delle Istituzioni, delle Forze di Polizia, della Magistratura e di giornalisti liberi dalle sirene dei laghi di acqua dolce e salata, che ha permesso di sequestrare all'interno del lago di Paola darsene abusive a cui erano ormeggiate centinaia di barche a motore, dove si trovano ancora immobili abusivi per centinaia di metri cubi privi di qualsiasi autorizzazione ben visibili da ogni luogo e parte del lago e del Parco. Grazie a costoro sono state interrotte le devastazioni di un ponte e di un canale romano e non è stata più consentita la navigazione ad imbarcazioni di 40 metri in un bacino d'acqua ubicato in un territorio protetto da convenzioni internazionali»;
«per festeggiare a modo loro, i ragazzi di Libera e di Legambiente hanno la cattiva abitudine di organizzare incontri e dibattiti dove invitano, come nel caso in questione, il comandante del Corpo Forestale dello Stato, il presidente del Parco Nazionale del Circeo, il responsabile del rapporto ecomafie di Legambiente e altri "pericolosi personaggi" che parlano e sparlano di legalità. Quindi che avviene? A rendere giustizia per questi gravi misfatti, arriva il giustiziere senza maschera e peccato alcuno, eletto consigliere comunale di maggioranza in quella città così ospitale nei confronti dei perseguitati dalle ingiuste accuse di mafiosità. Ore 11,00, sempre del 31 luglio 2010, va in scena il dramma: "qui il padrone sono io". "Voi ladri abusivi che penetrate nella mia proprietà dopo aver forzato le serrature verrete fatti arrestare". Attore principale di questo psicodramma è chi deve rispondere degli abusi edilizi, nonché esponente di punta della maggioranza comunale che nega l'invasione mafiosa e i sequestri di immobili per centinaia di milioni di euro ai boss di ogni mafia esistente nel Paese sui territori governati dalla cricca di Fondi e Sperlonga, la stessa che chiese, a suo tempo, la cacciata del prefetto Frattasi e dell'allora presidente del Tar Bianchi. Minacce, con relativa foto ricordo da consegnare a chi di dovere, al vice questore del Corpo Forestale dello Stato, reo di assistere all'incontro di abusivi, regolarmente autorizzati, però, dal legittimo amministratore del luogo e del lago nominato dalla magistratura, in questo caso non riconosciuta come legittimo potere dal seguace urlante e dai capi cricca. Ma la festa continua perché qualche hanno fa, Paolo Borsellino ci insegnò che dobbiamo avere tutti più coraggio.
Quindi senza paura alcuna la festa continua. Questo personaggio e i suoi referenti non ci intimoriscono»;
racconta sempre il signor Turri, alle ore 19,00, la festa si sposta a Terracina dove è stato organizzato un dibattito sul monotono tema delle mafie: «In un luogo proprio nelle vicinanze di un palazzo sequestrato, nelle scorse settimane, dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli a quei benefattori dell'economia del basso Lazio che vanno sotto il nome del "cartello di secondigliano", uno dei più sanguinari clan della camorra napoletana. Non faccio in tempo a terminare i miei soliti discorsi, noiosissimi, sulla presenza di tutti i clan delle varie mafie dal Garigliano a Roma, citando nomi, numeri e opere dei boss di casa nostra e dei loro referenti locali politici ed economici, così come recitano sentenze, le relazioni della Dia, oltre quella della commissione di accesso al comune di Fondi composta dai migliori investigatori delle varie Polizie d'Italia, che una telefonata interessata mi dice di riportarmi immediatamente a Sabaudia... Solerti vigili urbani di Sabaudia, che per anni non avevano nemmeno intravvisto la costruzione di darsene abusive ospitanti centinaia di imbarcazioni a motore, la costruzione di ristoranti e capannoni di
notevoli dimensioni senza autorizzazione alcuna, avevano però notato su indicazione di un loro consigliere comunale le tende e gli stands di Legambiente e di Libera che esponevano i prodotti confezionati sulle terre confiscate alle mafie, tra cui quelli delle terre pontine. Questi vigili urbani si sono soffermati a controllare con fare muscoloso le autorizzazioni, pur richieste e rilasciate su un terreno privato, ad un gruppo musicale che suonava per decine di ragazzi diversamente abili seduti su sedie a rotelle organizzati dalla loro associazioni, che hanno assistito allibiti e si sono resi conto sul come è difficile lottare le mafie nella terra in cui si chiede invano giustizia per la morte di don Cesare Boschin, morto incaprettato per aver lottato contro la eco-camorra di Borgo Montello. I giovani che non chiedono favori e raccomandazioni per lavorare ma che chiedono diritti, hanno compreso di quale violenza sono capaci i "dritti" in terra di quinta mafia» -:
se quanto sopra esposto risulti al Ministro e quali iniziative intenda assumere al fine di contrastare la criminalità organizzata nel Sud del Lazio, anche manifestando il proprio appoggio diretto alle iniziative delle associazioni citate in premessa.
(4-08512)
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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito da numerosi organi di stampa l'amianto sarà rimosso, in tempi brevi, da undici delle trentaquattro scuole milanesi dove ne è stata riscontrata la presenza;
il comune di Milano che ha diffuso un elenco degli istituti in cui i lavori di bonifica sono già programmati e, in alcuni casi, già cominciati;
alla scuola dell'infanzia di via Monterotondo 10 la bonifica è la più lunga e complessa. Iniziati il primo luglio, i lavori dureranno fino a metà novembre e i piccoli finiranno temporaneamente in un altro istituto. Destino simile per altri due istituti (via Barabino e via Viterbo 43) dove la ditta incaricata dell'appalto sarà costretta a sforare il limite del 30 agosto. In via Suzzani invece i primi interventi, cominciati a maggio, dovrebbero concludersi a ferragosto;
secondo quanto annunciato entro l'estate saranno bonificate anche le scuole di via Watt 39, via Scialoia, via San Mamete e via Martinengo. Non si metterà mano all'amianto prima di Natale, invece, alla scuola secondaria di via Giulio Romano, dove la «fine lavori» è fissata per il 31 gennaio 2001, e alla scuola dell'infanzia di via Viterbo 7, da cui i bambini dovranno spostarsi già dal 30 ottobre;
all'appello, però, mancano una ventina di scuole, dove la presenza dell'amianto è sicura - o molto probabile - e per le quali non esiste ancora una data di inizio e di fine dei lavori;
secondo quanto dichiarano gli esperti «tirare le fila della questione amianto nelle scuole infatti è complesso e il "peccato originale" sta nella mancanza di un censimento rigoroso, in passato, da parte del Comune»;
la dimostrazione di quanto sopra affermato, è documentata da alcuni episodi recenti: in via Morosini il materiale nocivo è stato scoperto per caso grazie allo scrupolo di un tecnico dell'Asl chiamato dai genitori dei bambini, mentre in via Ragusa i risultati dell'indagine (condotta dai tecnici del comune) che ha riscontrato la presenza di amianto sono stati trasmessi all'Asl appena qualche giorno fa;
entrambi questi edifici, peraltro, non compaiono nell'elenco degli istituti da bonificare fornito da Palazzo Marino;
ad accrescere la confusione c'è poi il fatto che dalla lista delle scuole «fortunate», cioè quelle che saranno messe a norma entro l'estate, sono rimaste escluse alcune strutture dove la presenza dell'amianto è certa, come ad esempio le scuole dell'infanzia di via San Bernardo da Chiaravalle 19, di via Scalabrini 7, di via Oglio, la scuola paritaria di piazza XXV aprile 8, l'asilo nido di via Lope de Vega 37, la scuola media di via Ugo Betti 71: il piano non è ancora partito e sembra davvero difficile che i lavori possano iniziare e terminare prima dell'inizio dell'anno scolastico;
poi ci sono i casi senza speranza, come la scuola dell'infanzia di via Ghini: dal comune fanno sapere che si «procederà alla demolizione dell'edificio e che la presenza dell'amianto è stata rilevata nelle pareti interne, nei controsoffitti e nelle pavimentazioni viniliche». Stessa sorte per via Del Volga 7 e via Martinetti 23, dove la progettazione definitiva di demolizione e ricostruzione ex-novo è in corso;
non si ritenga opportuno, necessario e urgente promuovere una mappatura e un censimento degli istituti scolastici a rischio inquinamento amianto, in modo da avere un'esatta dimensione del problema -:
se non si ritenga opportuno, necessario e urgente che tutto il personale scolastico sia sottoposto a visite mediche per sapere se la prolungata esposizione all'amianto abbia provocato danni e conseguenze alla loro salute;
se non si ritenga che ad analoghe visite mediche debbano essere sottoposti gli alunni e le alunne degli istituti scolastici a rischio amianto.
(4-08409)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che l'associazione «Scuola e Costituzione» ha denunciato che presso il liceo scientifico Seraphicum paritario di Roma, oltre ai 10 in condotta ed educazione fisica, gli studenti hanno potuto contare per l'ammissione all'esame di Stato sul 10 in religione cattolica;
il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 recante il «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione» all'articolo 309, capoverso 4, recita: «4. Per l'insegnamento della religione cattolica, in luogo di voti e di esami, viene redatta a cura del docente e comunicata alla famiglia, per gli alunni che di esso si sono avvalsi, una speciale nota, da consegnare unitamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l'interesse con il quale l'alunno segue l'insegnamento e il profitto che ne ritrae.» -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti e qualora rispondessero al vero se tale condotta possa essere considerata coerente con quanto previsto dall'articolo 309 del testo unico delle leggi in materia di istruzione e, comunque, quali iniziative abbia preso o intenda prendere.
(4-08429)
SORO e PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio scolastico provinciale di Nuoro e la direzione scolastica regionale della Sardegna, hanno determinato l'organico della scuola primaria dell'ICG di Fonni, prevedendo l'istituzione di una classe prima di 27 alunni;
l'Istituto in questione ha fatto più volte presente agli organi competenti che lo stabile non può accogliere più di 25 persone come previsto dal piano di sicurezza e dalle certificazioni del comando provinciale dei vigili del fuoco;
l'edificio in cui è ubicata la scuola primaria è un'opera classificata dalla direzione generale per i beni architettonici e per il paesaggio di Sassari e Nuoro come
monumento che gode della tutela dell'alta sorveglianza da parte della soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per la province di Sassari e Nuoro e per tali motivi, non possono essere apportate modifiche alla struttura se non quelle espressamente già autorizzate ed eseguite;
la dirigenza dell'Istituto ICG di Fonni ha fatto presente più volte agli organi competenti la necessità di prevedere due classi prime in luogo di una classe con 27 alunni, al fine di rientrare nei parametri di sicurezza citati -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda adottare affinché siano rispettate le condizioni di sicurezza degli alunni e degli insegnanti dell'Istituto ICG di Fonni;
se non ritenga che la formazione di due classi prime anziché di una possa essere condizione necessaria per il rispetto delle piano di sicurezza citato.
(4-08437)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a metà luglio 2010 il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Comitato nazionale di bioetica (CNB) hanno siglato un protocollo d'intesa per estendere nelle scuole secondarie i temi di bioetica;
la convenzione, a suo tempo, venne solennemente annunciata dal presidente del Cnb e presidente emerito della Corte Costituzionale, professor Francesco Paolo Casavola, durante la presentazione a Palazzo Chigi dell'attività svolta dal comitato dal 2006 ad oggi, in occasione del suo ventennale;
secondo le intenzioni, si sarebbe estesa nel programmi della scuola secondaria anche la conoscenza della bioetica, «una disciplina», si sostenne, «che crea una visione del sapere interdisciplinare ed entrerà nel nuovo Insegnamento 'Cittadinanza e Costituzione'»;
si annunciava inoltre «un tavolo tecnico tra ministero e Cnb per fornire gli obiettivi formativi alle varie materie, scientifiche e umanistiche»;
di tutto ciò non risulta esservi alcuna traccia: il documento del Cnb «Bioetica e formazione nel mondo della scuola» del 16 luglio 2010 alla data del 5 settembre 2010 non era stato pubblicato sul sito: http://www.governo.it/bioetica/pareri.html.;
il documento già discusso e votato dal Cnb non risultava neppure disponibile presso la segreteria del Cnb;
dunque di un protocollo che impegna il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a precise iniziative, a pochi giorni dall'apertura delle scuole, non si sapeva praticamente nulla: né quello che il Ministero stava facendo, ma neppure che cosa avrebbe dovuto fare;
quanto sopra riferito, ad avviso degli interroganti, costituisce una grave inadempienza -:
quali siano le ragioni dei ritardi di cui in premessa.
(4-08513)
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LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
MANNINO e PEZZOTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'attuale disciplina del lavoro dipendente in agricoltura consente l'erogazione dell'indennità di disoccupazione e degli assegni familiari ai lavoratori agricoli che abbiano compiuto almeno 180 giornate lavorative nel corso dell'anno, mentre ai lavoratori che dovessero avere prestato un numero maggiore di giornate lavorative dette prestazioni sociali vengono negate;
in questo modo la disciplina attuale premia coloro che abilmente organizzano i tempi del proprio lavoro distribuendolo tra lavoro legale e lavoro in nero;
si tratta dunque di una vera e propria assurdità che va immediatamente rimossa, consentendo che l'indennità di disoccupazione sia proporzionale al numero di giornate lavorative effettivamente prestate -:
quali iniziative urgenti, anche normative, intenda adottare per eliminare una simile assurdità che induce i lavoratori agricoli ad utilizzare le opportunità di lavoro entro forme legali (cioè in regola con i versamenti contributivi previdenziali e le trattenute fiscali), utilizzando poi le sempre più diffuse opportunità di lavoro in nero.
(3-01213)
Interrogazione a risposta in Commissione:
LOLLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni la sede provinciale INPDAP di L'Aquila sta inviando una lettera/informativa ai pensionati INPDAP residenti «fuori cratere» con la quale comunica il recupero, dal mese di agosto 2010, delle somme non trattenute, per effetto della sospensione degli adempimenti tributari applicata al trattamento pensionistico, per il periodo gennaio-luglio 2010;
la lettera inviata dall'INPDAP non è, ad avviso dell'interrogante, chiara e corretta in quanto non spiega che la sospensione degli adempimenti tributari, per i residenti «fuori cratere» terminava al 30 novembre 2009 e nessuna successiva ordinanza ha disposto la proroga della sospensione per i residenti fuori dal cosiddetto cratere sismico e per il periodo per il quale l'INPDAP sta operando, come sostituto d'imposta, il recupero;
il decreto del direttore dell'Agenzia delle entrate prot. n. 2010/42341 del 16 marzo 2010 aveva disposto che, per i residenti «fuori cratere», i versamenti avrebbero dovuto essere effettuati a partire dal mese di giugno 2010, mediante un numero massimo di 60 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2010;
la circolare n. 44/E del 13 agosto 2010 dell'Agenzia delle entrate - direzione centrale servizi ai contribuenti - relativa ai chiarimenti in ordine alla ripresa degli adempimenti e dei versamenti prevista nei confronti dei soggetti con domicilio fiscale nei cosiddetti «comuni fuori cratere» e degli istituti di credito e assicurativi, per i quali la sospensione è cessata il 30 novembre 2009, nonché chiarimenti nei confronti dei soggetti con domicilio fiscale nel cosiddetto «comuni del cratere» nei confronti dei quali la sospensione è cessata il 30 giugno 2010, ribadisce quanto contenuto nel provvedimento 16 marzo 2010 in ordine alle modalità di ripresa degli adempimenti e della riscossione con riferimento ai soggetti residenti fuori dal cratere;
l'INPDAP con sua autonoma decisione ha sospeso le somme dovute a titolo di imposta nel periodo gennaio-luglio 2010; tale sospensione non era stata prevista da alcuna normativa;
in migliaia di casi, il recupero effettuato e da effettuare sarebbe pari al 60 per cento dell'emolumento pensionistico mensile e che la tredicesima mensilità verrebbe interamente assorbita per il conseguimento del completo recupero tributario in contrasto con la normativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180 che consente, anche per crediti di natura fiscale, la cedibilità dello stipendio solo nei limiti del quinto dello stipendio al netto delle ritenute di legge;
i cittadini, per decisione erronea non a loro imputabile (proseguimento di una sospensione non prevista) stanno subendo un danno grave e irreparabile non potendo
assolvere al soddisfacimento degli impegni e delle ordinarie necessità di vita;
i residenti «fuori cratere» stanno già assolvendo al versamento mensile per le somme sospese dal 6 aprile 2009 al 30 novembre 2009 -:
se i ministri siano a conoscenza di tali fatti e se non ritengano indispensabile assumere iniziative in particolare indicando all'Inpdap che, conseguentemente al suo errore, le uniche modalità di riscossione di quanto erroneamente sospeso non possono che seguire le regole previste per le sospensioni precedenti e cioè tramite la rateizzazione in 60 mensilità.
(5-03372)
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PARI OPPORTUNITÀ
Interrogazione a risposta scritta:
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
riferisce l'agenzia «Redattore Sociale», nella sua edizione del 27 agosto 2010 ha riferito che nel parco dei divertimenti di Gardaland si sarebbe verificato l'ennesimo caso di discriminazione ai danni di una bambina down di otto anni;
la piccola in particolare, sarebbe stata allontanata dall'attrazione «monorotaia», per questioni di sicurezza;
il padre della piccola, un magistrato, ha fatto sapere di essere intenzionato a condurre una battaglia per vie legali, «anche in sede civile in modo da indurre a eliminare il pregiudizio»;
secondo quanto riferito dalla famiglia della piccola, la bambina avrebbe effettuato un primo giro sulla «monorotaia», per poi essere allontanata dal personale dello staff al secondo giro;
non è la prima volta che si verificano episodi del genere. Fece infatti molto discutere una vicenda del settembre 2007, quando a un gruppo di giovani down accompagnati da operatori e genitori non fu consentito l'accesso all'ottovolante;
la signora Patrizia Tolot, presidente veneta dell'associazione Dadi (down, autismo e disabilità intellettiva), denunciò il fatto protestando le persone down «non sono malati psichici. I ragazzi si sono sentiti umiliati e delusi, e anche se hanno cercato di far valere le proprie ragioni, e nonostante tra loro ci siano sportivi ed atleti dell'Aspea, le signorine dell'accoglienza sono state irremovibili»;
a giugno 2009 un analogo episodio si è verificato, sempre ai danni di un gruppo di giovani down;
sempre nel giugno 2009 è accaduto a un uomo non vedente di 47 anni di essere aspramente redarguito per aver fatto un giro sulle montagne russe in compagnia della figlia. In quell'occasione i protagonisti della vicenda scrissero una lettera aperta alla direzione del parco: «... Voi perpetrate discriminazioni del tutto ingiustificate nel nome della sicurezza» -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo quali siano gli intendimenti dei ministri in ordine a questi episodi chiaramente discriminatori ed improntati a pregiudizio;
se non ritengano di dover intervenire, nell'ambito delle loro prerogative e facoltà, per assicurare una adeguata informazione per contrastare questi fenomeni di discriminazione e pregiudizio;
quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare perché simili episodi non abbiano più a ripetersi.
(4-08426)
TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2010
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta scritta:
DI BIAGIO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi 60 giorni è stato registrato un incremento del costo del grano sui mercati internazionali, che è arrivato a sfiorare il 50 per cento;
stando ai dati di Coldiretti l'Italia, fortemente dipendente dalle risorse estere, importa circa 4 milioni di tonnellate di frumento tenero che coprono circa la metà del fabbisogno essenzialmente per la produzione di pane e biscotti mentre 2 milioni di tonnellate di grano duro arrivano in un anno in Italia per coprire oltre il 30 per cento del fabbisogno per la pasta;
l'incremento del prezzo dei cereali stando alle analisi e ai dati a nostra disposizione risulta essere stato sollecitato dalla siccità e dagli incendi che hanno colpito la Russia - considerato il granaio d'Europa -, che hanno distrutto un quarto dei raccolti del Paese;
a ciò si aggiunge la decisione dell'Ucraina - sesto esportatore mondiale di grano - di limitare le esportazioni di grano ed orzo che ha sollecitato l'incremento dei prezzi del grano e delle altre materie prime;
in particolare in alcune regioni italiane, come la Campania, si stanno registrando allarmanti incrementi del prezzo della farina utilizzata nel settore della panificazione. Tra il mese di luglio ed il mese di agosto un quintale di farina è passato da 25 euro a 45/47 euro;
a tali criticità si aggiunge la morsa della speculazione che sta caratterizzando le scelte operative di molti produttori e molini italiani, che adducendo le scuse della crisi internazionale legittimano incrementi esponenziali della suindicata materia prima;
nel panorama della panificazione campana e meridionale in generale esistono molte criticità connesse alla vendita di prodotti annessi al settore, mantenuti ad un prezzo volutamente più basso rispetto alla media italiana;
i panificatori campani regolari devono far fronte quotidianamente ad un mercato già saturo per via della presenza di centinaia di forni abusivi e del prezzo - da questi ultimi garantito - mantenuto pesantemente al di sotto della media nazionale;
la «speculazione campana» che si unisce al fisiologico incremento del prezzo del grano, unita al perseverare dell'abusivismo nel settore della panificazione che altera il mercato e consente il graduale ridimensionamento del prezzo del pane, sta costringendo molti artigiani a mettere fine alle loro attività -:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire un monitoraggio dei meccanismi attualmente innescati in maniera vistosa in alcune regioni italiane dai produttori che lavorano le materie prime e se - alla luce della rinnovata condizione di criticità che avviluppa il settore della panificazione campana - si ritenga di intraprendere adeguate ed ulteriori iniziative volte al controllo della legalità nel medesimo settore, onde evitare che questo diventi monopolio assoluto della criminalità organizzata.
(4-08418)
NICOLA MOLTENI, RAINIERI, NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la vendita di latte sfuso direttamente dall'azienda al consumatore tramite i distributori automatici, rappresenta una iniziativa di grande rilievo per il nostro settore agricolo di pregio, non solo perché permette ai consumatori di acquistare un prodotto di altissimo tenore qualitativo, nutrizionale ed organolettico, ma anche perché consente di realizzare il sistema
della filiera cortissima produttore-consumatore che comporta reciproci vantaggi di prezzo e di fiducia ad entrambe le parti;
in tale ambito si persegue anche un fondamentale obiettivo di tutela dell'ambiente, in quanto, oltre a ridurre le emissioni dovute ai trasporti, si procede anche al riuso degli imballaggi evitando che i contenitori diventino da prodotti rifiuti degli stessi prodotti;
d'altra parte, in un contesto di tensioni sui prezzi quale è quello attuale, dove agli agricoltori sono corrisposte cifre unitarie spesso anche inferiori ai relativi costi di produzione, ed ai consumatori sono applicati importi in costante aumento, l'iniziativa della vendita del latte tramite distributore automatico si è dimostrata estremamente valida soprattutto per integrare adeguatamente il reddito delle piccole e medie aziende zootecniche da latte delle zone montane, collinari e periurbane, contrastando efficacemente la progressiva tendenza alla cessazione ed abbandono dell'attività agricola in queste zone svantaggiate;
la vendita diretta di latte crudo al consumatore finale attraverso l'uso di distributori automatici di latte sfuso ha origine a Como nel settembre 2004 sull'esempio di quanto già avveniva da anni in altri Paesi europei, Austria, Svizzera, Germania e Francia;
dopo meno di un anno da questo primo tentativo, erano già presenti alla Fiera di Cremona 2005 otto ditte italiane con diversi modelli di distributori automatici innovativi conformi alle diverse esigenze dei produttori italiani: climatiche, logistiche, culturali ed igienico-sanitarie;
la vasta e repentina risposta delle ditte italiane, con modelli e prezzi rispondenti alla domanda di nuove attrezzature per la distribuzione automatica di latte proveniente dal comparto zootecnico, ha fatto cessare fin dal settembre 2005 ogni importazione dalla Svizzera;
purtroppo fin dalla nascita dei primi distributori automatici di latte crudo e successivamente con il repentino successo che essi riscuotevano, molti sono stati gli attacchi esterni portati a tale novità affinché se ne impedisse lo sviluppo. Si è trattato spesso di azioni indirette tese a creare ostacoli ed impedimenti finalizzati a rendere quasi impossibile l'esercizio di tali attività da parte degli allevatori interessati. Al riguardo, si ricorda l'esempio della vicenda degli uffici metrici delle camere di commercio che in applicazione della normativa di riferimento, segnatamente la direttiva 2004/22/CE, quasi da tutti ritenuta sproporzionata e irragionevole se applicata allo specifico settore della somministrazione del latte crudo, sequestravano e chiudevano tutte le macchine automatiche distributrici di latte sfuso non omologate, con ciò causando gravi danni agli allevatori e ai consumatori;
per risolvere tale questione intervenne direttamente il Parlamento con opportuni atti di indirizzo al Governo e dopo pochi giorni fu approvato il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 28, che ripristinò chiarezza e certezza in materia, allo scopo inserendo l'articolo 22-bis nel decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, che ha dettato esclusioni applicative in campo di metrologia legale per favorire la possibilità per i consumatori di acquistare latte crudo, non preconfezionato, in piccole quantità predeterminate tramite distributori automatici;
attualmente però non tutte le ostilità a tale opportunità di vendita del latte crudo sembrano essere rientrate ed, infatti, si notano evidenti azioni di disturbo che tendono a creare dubbi ingiustificati sulla sicurezza della derrata ed a distrarre i consumatori dal recarsi ai relativi distributori automatici per invogliarli invece a comprare latte termicamente trattato presso i supermercati;
è certo ad ogni modo che il latte crudo risponde a tutta la normativa in vigore in materia di latte e a quella che riguarda gli operatori alimentari per ciò che riguarda igiene e tracciabilità. Inoltre vi sono regioni che hanno disciplinato in
maniera puntuale la vendita diretta di latte crudo al consumatore;
il latte crudo è e rimane un ottimo alimento sotto il profilo nutrizionale;
va ricordato che qualche settimana fa i media hanno proposto immagini e parole che mettevano in discussione le proprietà del latte crudo e che diffondevano timore in chi ne fa uso. Difatti, a parere degli interroganti, è stato sferrato un vero e proprio attacco al latte crudo;
al di là di ogni ulteriore ipotesi a sfavore del latte crudo o di altre certezze a suo sostegno, sarebbe opportuno ad ogni modo valorizzare, agevolare e tutelare questo tipo di distributori alla spina e questa soluzione di vendita che, a fronte della freschezza dell'alimento distribuito, viene incontro alle fondamentali esigenze di tutelare il settore agricolo, i consumatori e la conservazione dell'ambiente -:
quali iniziative intenda assumere per sostenere e promuovere la vendita del latte crudo tramite distributori automatici ed, al contempo, per evitare che i produttori di latte che hanno in essere tali strumenti di vendita ed i consumatori che ne beneficiano siano costretti a dovervi rinunciare.
(4-08432)
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POLITICHE EUROPEE
Interrogazione a risposta in Commissione:
NASTRI. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel recente regolamento sull'etichettatura n. 401 del 2010, il nome vino nobile, che da secoli contrassegna le bottiglie di Montepulciano (Siena), è scomparso dall'elenco delle menzioni tradizionali complementari;
secondo quanto risulta infatti dall'articolo pubblicato dal quotidiano: Il Sole 24 ore, in data 5 settembre 2010 si tratta della lista di nomi ed espressioni: da amarone, a classico, da lambiccato a passito, a cui la Commissione europea riconosce una tutela particolare, nonostante non rappresentino nomi geografici (che invece sono protetti nell'ambito delle regole dell'Unione europea sulle denominazioni d'origine);
per le predette motivazioni infatti, il regolamento è stato impugnato dal Consorzio di tutela del «vino Nobile di Montepulciano», attraverso un ricorso presentato al Tribunale dell'Unione europea;
secondo il consorzio infatti, il rischio è che dietro l'apparente defezione normativa, si offra una sponda alla Commissione europea che, a partire dal 2014 e all'insegna della trasparente informazione al consumatore, potrà razionalizzare le denominazioni europee decidendo cancellazioni ed eliminando duplicazioni;
il timore a giudizio del direttore del suddetto consorzio, è che la Commissione europea possa stravolgere equilibri decennali, come quelli che hanno consentito la convivenza e garantito lo sviluppo a nobile di Montepulciano e Montepulciano d'Abruzzo;
appare evidente a giudizio dell'interrogante, che in considerazione di quanto esposto, si configurerebbe per l'Italia un nuovo caso Tocai, allorquando i produttori friulani hanno dovuto cedere le denominazioni ai viticoltori ungheresi, ma questa volta non con un altro Paese europeo, ma solo danni per le imprese italiane attraverso contrapposizioni fra l'area di coltivazione del senese a quella abruzzese;
il vino nobile di Montepulciano è diventato Docg nel 1980, sebbene godeva del riconoscimento doc sin dal 1966, la denominazione vino Nobile era comparsa per la prima volta ufficialmente, nel lontano 1787;
l'ipotesi di una cancellazione, pertanto rischierebbe di far perdere investimenti pari a 3 milioni di euro negli ultimi dieci anni, effettuati dal Consorzio di tutela,
per registrare il marchio «vino nobile» fuori dall'Unione europea, dagli Usa e dal Giappone, senza contare che se passasse la linea dell'abrogazione il vino senese dopo secoli di «nobiltà», sarebbe costretto ad essere declassato a semplice «Sangiovese di Toscana» -:
quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere al fine di evitare la cancellazione del celebre vino nobile di Montepulciano, al fine di salvaguardare l'intera filiera vinicola italiana, fondamentale per l'economia del nostro Paese.
(5-03371)
TESTO AGGIORNATO AL 19 OTTOBRE 2010
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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
SCHIRRU, FADDA, CODURELLI, CALVISI, PES, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, BOCCUZZI, GNECCHI e TRAPPOLINO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel numero 190 di ItaliaOggi, a pagina 24 dell'11 agosto 2010 si evidenziano le problematiche inerenti all'eliminazione dell'indennità chilometrica per le missioni di servizio. Tale situazione è stata evidenziata anche dall'Inail, dai comuni, dalla pubblica amministrazione in generale;
l'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, stabilisce che «gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al decreto legislativo 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi». Le norme disapplicate consentivano il rimborso delle spese per missioni autorizzate con auto del dipendente, nel limite di un quinto del costo del carburante;
tuttavia, la disapplicazione dell'indennità chilometrica per i dipendenti pubblici che utilizzino il proprio mezzo per le missioni di servizio non ha abolito il diritto al rimborso delle spese incontrate;
come ben evidenziato dall'articolo di ItaliaOggi, nell'intento di conseguire risparmi per la spesa pubblica, si è confusa la necessità di limitare le auto blu, con le spese per trasferte;
i dipendenti pubblici sono spesso stati autorizzati in passato ad utilizzare le proprie vetture per le trasferte, essenzialmente per due motivi: in primo luogo, perché il parco delle auto pubbliche, per quanto ampio e diffuso, non consente di assicurare l'impiego dell'auto di servizio ai dipendenti pubblici impegnati in attività esterne. E di dipendenti che svolgono servizi esterni ve ne sono tantissimi in tutte le pubbliche amministrazioni; basti pensare non solo a chi svolge servizi ispettivi nelle direzioni provinciali del lavoro o nelle agenzie fiscali, ma ai dipendenti delle dogane, ai docenti delle scuole impegnati su più sedi, ai dipendenti delle aziende regionali per l'ambiente, a coloro che svolgono i servizi tecnico-manutentivi in reperibilità, alle visite domiciliari di assistenti sociali e medici, alle ispezioni dei tecnici di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, agli archeologi costretti a recarsi nei siti archeologici, alla vigilanza per scongiurare gli abusi edilizi e via discorrendo;
in Sardegna per esempio, data la vastità e la configurazione del territorio, l'inadeguatezza dei mezzi pubblici di collegamento tra i comuni più isolati e la città capoluogo in cui sono ubicati i servizi e gli uffici amministrativi, si rischia la paralisi dell'attività delle pubbliche amministrazioni;
il secondo motivo del ricorso alle auto private dei dipendenti deriva dall'inevitabile assenza in alcune zone di mezzi di trasporto utili o dall'inconciliabilità degli orari; paradossalmente, un dipendente, per effetto dell'articolo 6, comma 12, della manovra finanziaria, dovendo utilizzare un mezzo di trasporto pubblico esistente, a causa degli orari, potrebbe essere costretto
al pernottamento in un albergo. Il che non aiuta sicuramente a ridurre i costi delle trasferte;
in ogni caso, l'articolo 6, comma 12, disapplica l'articolo 15 della legge 813 del 1973, ma non il suo articolo 12, ai sensi del quale «per i percorsi o per le frazioni di percorso non serviti da ferrovia o da altri servizi di linea è corrisposta, a titolo di rimborso spesa, un'indennità di lire 43 a chilometro aumentabile, per i percorsi effettuati a piedi in zone prive di strade, a lire 62 a chilometro». La norma, non attuabile per quanto concerne l'entità (per altro irrisoria) del rimborso spesa, anch'essa per questa parte travolta dalla manovra 2010, è rilevante perché pone un principio generale ovvio: se il pubblico dipendente è comandato a svolgere missioni e non sia possibile utilizzare mezzi pubblici, ha diritto a un rimborso delle spese incontrate per svolgere comunque la missione, nonostante l'impossibilità di utilizzare i trasporti pubblici. Dunque, la manovra 2010 ha inopportunamente reso inoperante le norme poste a determinare l'ammontare del rimborso, senza abolire il principio del rimborso delle spese;
appare evidente il cortocircuito giuridico (oltre che organizzativo) causato dalla frettolosa disposizione del decreto-legge n. 78 del 2010: da un lato, la norma elimina l'indennità chilometrica per il personale in missione che faccia uso dell'auto propria, ma dall'altro lascia fermo il principio del rimborso delle spese, facendo mancare un parametro per comprendere quale possa essere l'entità di tale rimborso -:
se non si ritenga opportuno predisporre urgentemente delle circolari con cui invitare all'adozione di atti organizzativi interni che facendo leva sull'articolo 12 della legge 836 del 1973 fissino il rimborso delle spese del personale autorizzato all'uso dell'auto propria in misura pari a quelle che avrebbero incontrato se la missione fosse stata condotta utilizzando un mezzo pubblico di trasporto.
(5-03374)
Interrogazione a risposta scritta:
VELTRONI, DAMIANO, MADIA e GATTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sono migliaia i giovani che, vincitori di concorso pubblico attendono da tempo di essere assunti;
siamo di fronte infatti ad una nuova categoria di «disoccupati», vale a dire giovani, che pur avendo sostenuto una prova concorsuale ed avendola vinta, si trovano oggi senza poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici. Una volta superate le prove concorsuali, infatti, e pubblicata la graduatoria definitiva, l'immissione nel posto di lavoro che gli spetta viene continuamente rimandata, anche per anni, al punto di poter dire che si è creata una nuova categoria di disoccupati i cosiddetti «vincitori di concorsi pubblici non assunti»;
tale categoria riguarda tutti i comparti della pubblica amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della pubblica amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione;
nella situazione sopra descritta si trovano, in particolare 404 vincitori di concorso dell'Inail, che da 3 anni attendono il decreto di assunzione;
l'istituto, infatti, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2007, ha bandito due concorsi, il primo, a 735 posti, riservato al personale interno per i lavoratori che intendevano effettuare il passaggio a funzionario C1, ed il secondo, a 404 posti sempre per funzionario, riservato ai candidati esterni; a tale seconda determinazione l'Inail è pervenuto in seguito a sentenza del Tar, confermata al Consiglio
di Stato nel maggio 2006, che accanto al bando riservato al personale interno, imponeva analogo bando di concorso per il personale esterno all'Istituto medesimo. Vi è da dire che a tale secondo concorso ha partecipato, in realtà, parte del personale a tempo determinato, che non aveva diritto a partecipare al bando riservato al personale interno. Tale personale, però, al momento, non può più usufruire di contratti a termine, in quanto l'Istituto, ad avviso degli interroganti inopinatamente, si rifiuta di rinnovare i contratti a coloro che risultano essere vincitori di concorso per l'assunzione a tempo indeterminato;
le prove concorsuali si sono tenute a partire dal 21 giugno 2007 e già nel novembre dello stesso anno veniva autorizzata l'assunzione di 738 vincitori interni a cui seguivano altri 232 il 23 giugno 2008 ed ulteriori 31 il 17 novembre 2009; si tratta, dunque di un numero complessivo di 1001 assunzioni di interni, tramite scorrimento graduatoria, contro le 735 unità inizialmente previste dal bando di concorso;
la pubblicazione delle graduatorie per il concorso di 404 unità, veniva resa pubblica solo nel febbraio del 2010, dunque, con un margine temporale ben più ampio, rispetto al concorso degli interni, per il quale si è provveduto all'assunzione in numero molto superiore al previsto;
si apprende che di tali 404 vincitori di concorso l'amministrazione intenderebbe assumerne solo 25, poiché il blocco del turn over non permetterebbe all'istituto, al pari di tanti altri vincitori di concorso in ministeri ed enti, di prevedere un'immissione maggiore di unità, nonostante che il direttore generale dell'Inail, abbia dichiarato in occasione del recente Forum PA 2010 a Roma che l'applicazione del decreto legislativo n. 150 del 2010 abbia portato alla luce diversi problemi in ordine alla carenza di personale. «Non mi sembra congruo - ha dichiarato il direttore generale - che un dirigente sia costretto a rispondere a standard operativi sempre più elevati sulla base di risorse a disposizione spesso sconosciute, a volte ridotte in corso d'opera. Negli ultimi anni l'Inail ha visto una drastica flessione dei propri dipendenti da 11 mila fino a poco più di 9 mila unità previste a fine 2011, a fronte di un vertiginoso aumento delle funzioni previste dalla legge - soprattutto sul fronte della riabilitazione e della prevenzione - che alle condizioni attuali, di certo non potranno essere assolte con pienezza»;
il blocco del turn over e l'impossibilità per le amministrazioni di procedere alle assunzioni dei vincitori di concorso è stato «sospeso a tempo indeterminato» ad opera dell'articolo 17, comma 7, del decreto-legge 10 luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, che ha introdotto un ulteriore blocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni dopo che già l'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, aveva previsto il divieto di procedere ad assunzioni in mancanza di riduzioni degli assetti organizzativi; tale nuovo blocco è venuto meno con l'articolo 2, comma 8-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25; quindi, le amministrazioni che hanno ottemperato alle previsioni di cui all'articolo del decreto-legge n. 112 del 2008, potranno procedere all'assunzione di personale; occorre evidenziare, però, che la legge n. 25 del 2010, all'articolo 2, prevede un nuovo intervento di riduzione degli assetti organizzativi, che deve essere effettuato entro il 30 giugno 2010. I ministri e gli enti, dunque, possono assumere, ma entro il 30 giugno 2010, oltre quella data scatta di nuovo il blocco a meno che non si attui una nuova razionalizzazione di spesa che prevede il taglio del 10 per cento del numero dei posti di dirigenti di prima e seconda fascia e la riduzione dei non dirigenti del 10 per cento della relativa spesa -:
se non ritenga di dover effettuare un monitoraggio al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non
assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo alle Camere i relativi dati;
quali iniziative si intendano adottare affinché le Pubbliche Amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno;
quali iniziative si intenda adottare al fine di garantire ai 404 candidati vincitori del concorso presso l'Inail il diritto all'assunzione, dato che rischiano di veder vanificati i propri sacrifici dopo un ritardo di 2 anni e mezzo rispetto alla pubblicazione della graduatoria dei vincitori interni;
se non si ritenga di dover stabilire delle forme di assunzione, anche a tempo determinato, in attesa dell'immissione in ruolo in tempi certi a tempo indeterminato, per i vincitori del citato concorso presso l'Inail di cui non si prevede l'assunzione immediata, e che tale possibilità venga estesa anche ai vincitori di concorso delle altre pubbliche amministrazioni.
(4-08417)
...
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
un nuovo rapporto di Greenpeace riferisce che in Toscana, nel santuario dei cetacei, sono state rinvenute sogliole tossiche, con metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici e bisfenolo A, in certi casi oltre il limite consentito dalla legge, trovati nei pesci;
le analisi, commissionate da Greenpeace al Dipartimento di scienze ambientali dell'università di Siena, sono state effettuate su 31 esemplari prelevati in 5 aree al largo di Civitavecchia, Viareggio, Livorno, Lerici (La Spezia) e Genova;
fra i risultati più preoccupanti c'è il dato sul mercurio trovato oltre il limite di legge nel 25 per cento dei campioni (7 esemplari su 31). La concentrazione più alta di mercurio - riferisce Greenpeace - è stata registrata in un campione pescato al largo di Civitavecchia: 10 volte il massimo consentito dalla legge. A Viareggio, in una delle sogliole la concentrazione di mercurio supera del doppio il limite massimo per il consumo umano, mentre in altri due esemplari è il livello di piombo a sforare i limiti consentiti (7 per cento dei campioni). In un campione pescato a Lerici, la concentrazione di benzo(a)pirene (un idrocarburo policiclico aromatico accertato cancerogeno per l'uomo) supera del doppio il limite di legge. A Genova è vicino ai limiti;
le sogliole, ha spiegato Greenpeace «sono ottimi bioindicatori perché conducono una vita stanziale a contatto con i sedimenti e sono fra le prime specie di pesce consigliate in fase di svezzamento dei bambini»;
particolare preoccupazione destano le affermazioni di Vittoria Polidori responsabile delle campagna inquinamento di Greenpeace per il quale: «Alcune sostanze, come piombo e mercurio, possono interferire con il normale sviluppo del cervello dei bambini e arrecare danni al sistema renale, oppure essere addirittura cancerogene» -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo;
quali misure urgenti si intendano adottare per evitare il consumo del pescato di cui in premessa;
quali misure si intendano adottare per verificare la qualità del pescato in modo da accertare le dimensioni del fenomeno;
quali iniziative si intendano adottare per eliminare o comunque ridurre l'inquinamento che causa la tossicità del pesce registrata da Greenpeace.
(4-08403)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
secondo gli apicoltori gli accertamenti scientifici in atto con il progetto di ricerca, pubblico e indipendente, Apenet, confermano il non rimediabile effetto tossico su api e ambiente dei concianti neurotossici;
nel periodo del divieto d'impiego dei neonicotinoidi si sia riscontrata un'evidente ripresa dello stato di salute e di buona produttività degli allevamenti apistici italiani e che nel periodo di mancato impiego di semi conciati non si siano verificati fenomeni, al contrario delle allarmistiche previsioni, di danni da diabrotica su mais;
recenti ricerche, pubblicati dal magazine Technology, hanno portato ulteriori prove a favore della tesi che i nicotinoidi sono la causa del declino della popolazione di api in molti Paesi -:
se non ritengano i Ministri interrogati di assumere le necessarie iniziative volte a stabilire immediatamente e comunque prima del 20 settembre 2010, il divieto definitivo all'uso di questi pesticidi e ribadire il divieto d'irrorazione di insetticidi su mais in fioritura.
(4-08405)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
premesso che il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 27 luglio 2010 ha pubblicato un articolo della giornalista Valentina Arcovio, intitolato: «Malata terminale chiede assistenza, l'INPS risponde: ripassi tra due mesi»;
nel citato articolo si riprende la denuncia del signor Luciano Ridolfi di Latina, la cui madre, 74enne, è malata oncologica terminale: «Mia mamma versa il stato terminale da adenocarcinoma polmonare, la forma peggiore e più aggressiva che non perdona: ha un polmone pieno d'acqua e l'altro che si sta riempiendo di giorno in giorno...pesa 43 chili e si alimenta solo attraverso flebo. Con questo caldo torrido manifesta evidenti segni di disidratazione, atonia muscolare e confusione mentale. È chiaro che non le rimane molto da vivere»;
in base alla legge 80 del 2006 la signora avrebbe diritto a una indennità di accompagnamento, che in questo caso potrebbe aiutarla ad usufruire dell'assistenza di un'infermiera specializzata;
l'INPS avrebbe l'obbligo di valutare il caso, se rientra in quelli configurati dalla legge, dare accesso alla donna all'assegno mensile entro e non oltre quindici giorni dalla richiesta;
pur essendo estate, i legittimi diritti dei cittadini non dovrebbero andare in ferie, e tuttavia così non sembra essere, se è vero quanto denuncia il signor Ridolfi: «Il 12 luglio abbiamo presentato la domanda di accompagnamento. Dopo una decina di giorni di silenzio, il 21 luglio inoltriamo un telegramma di diffida e solo il giorno dopo ci arriva la risposta», una lettera che fissa la visita dopo circa due mesi dalla richiesta: «La visita medica», si legge infatti, «è stata fissata per il giorno 3 settembre 2010 alle ore 15,50», un appuntamento che va ben oltre i 15 giorni stabiliti dalla legge;
la famiglia Ridolfi non si è data per vinta, e ha tempestato di telefonate l'ufficio INPS di Latina per avere spiegazioni, «ma al telefono non risponde mai nessuno», dichiara il signor Ridolfi. «Un paio di volte ha risposto il metronotte che ci ha detto di chiamare il numero verde dell'INPS.
Questo però è servito solo a spendere soldi per le lunghe attese al telefono»;
la stessa giornalista ha provato ripetutamente a chiamare il centralino dell'INPS di Latina, senza peraltro ottenere alcuna risposta;
il signor Ridolfi è andato personalmente negli uffici INPS e ha avuto un colloquio con una responsabile, la quale avrebbe detto: «Ma lei è il figlio, fa parte degli eredi, stia tranquillo, che i soldi li prenderà anche lei»; inoltre, dopo questa sconcertante affermazione, ne sarebbe seguita un'altra, secondo la quale nella stessa situazione in cui versa la madre del signor Ridolfi vi sarebbero un'altra novantina di casi nella sola provincia di Latina -:
a fronte di quanto esposto, quali iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà si intendono adottare, sollecitare, promuovere;
in particolare quale sia la ragione per cui al centralino dell'ufficio INPS di Latina, non siano mai giunte risposte da personale qualificato;
quali accertamenti e quali iniziative anche di carattere disciplinava, si intendano assumere nei confronti del responsabile INPS qualora se ne risultino i presupposti;
se sia vero che nella sola provincia di Latina vi sarebbero una novantina di casi simili a quelli segnalati dal signor Ridolfi; e in caso affermativo, quali iniziative si intenda promuovere, adottare e sollecitare perché tali casi siano sollecitamente risolti;
se non si ritenga di dover intervenire perché il caso meritoriamente segnalato dal «Messaggero» sia finalmente risolto.
(4-08406)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la signora Vincenza Sorrentino di Marsala è deceduta in seguito a un intervento di estrazione di calcoli dalla colecisti, effettuato nel reparto di chirurgia generale dell'ospedale «Paolo Borsellino» di Marsala;
la signora Sorrentino è stata operata il 15 luglio 2010, e un primo segnale che qualcosa non era andato bene era dato dall'improvviso e inusuale aumento della temperatura corporea, mentre le ferite risultavano sporche di un liquido indefinibile e i dolori della signora Sorrentino non accennavano a diminuire;
il 20 luglio - cioè ben cinque giorni dopo l'intervento e i sintomi sopra esposti la signora Sorrentino veniva finalmente riportata d'urgenza in sala operatoria, per un intervento durato quattro ore, al termine del quale il chirurgo comunicava ai figli della signora che era stato asportato un tratto di intestino perforato nel corso della precedente operazione, e che voleva essere lui a rimediare, riconoscendo di essere l'autore del precedente intervento;
le condizioni della signora tuttavia, anche dopo il secondo intervento permanevano critiche, al punto che veniva deciso di trasferirla d'urgenza al reparto di rianimazione dell'ospedale Civico di Palermo, dove veniva diagnosticato uno stato ormai «terminale» e uno shock settico; il 25 luglio infine la signora Sorrentino è deceduta -:
se quanto sopra esposto corrisponde al vero e in caso affermativo, e nell'ambito delle proprie prerogative, quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare in relazione a quello che di tutta evidenza appare l'ennesimo caso di malasanità.
(4-08407)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel solo 2009, secondo i dati raccolti dall'agenzia di informazioni «AdN-Kronos»,
si è calcolato in circa 27 milioni di euro il valore economico perduto dai soli materiali riciclabili dei vecchi apparecchi tv, telefonini, cordless, pc e macchine fotografiche, finiti nelle discariche insieme ai più ingombranti elettrodomestici, e in ben 660mila le tonnellate di CO2 che potevano essere risparmiate all'atmosfera e che invece sono state disperse nell'aria come prodotto di questo tipo particolare di rifiuti;
la situazione è destinata a peggiorare perché il tasso di crescita dei «Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche» (i cosiddetti Raee) è impressionante: la percentuale di aumento a livello mondiale è calcolata in +5 per cento all'anno, tre volte più alta di quella dei rifiuti normali;
nel solo 2008 ogni italiano ha prodotto in media circa 14 kg di Raee per un totale di oltre 844.242 tonnellate. Applicando la stessa percentuale di crescita rilevata a livello globale al nostro paese, l'incremento nel 2009 è stato di 42.223 tonnellate per un totale di 886.465 tonnellate di rifiuti elettronici ed elettrici. Una montagna di microapparecchiature, fili, tubi catodici, vetro di cui è stata riciclata una minima parte, circa il 15 per cento;
dai dati del Centro di Coordinamento dai consorzi attivi nella raccolta, emerge che sono oltre 192.000 le tonnellate di Raee provenienti da uso domestico ritirate presso i Centri di Raccolta italiani nel corso del 2009 dai 15 sistemi collettivi operanti sul territorio nazionale. Gli stessi consorzi adibiti alla raccolta calcolano che questa sia una percentuale pari al 15 per cento dei rifiuti prodotti;
a detta degli esperti il problema centrale è quello della raccolta dei Rifiuti elettronici ed elettrici ancora oggi affidata alla buona volontà dei cittadini che si devono recare nelle isole ecologiche dei comuni o chiamare, ove possibile, le società comunali addette alla gestione dei rifiuti. Difficile che lo si faccia per un apparecchio poco ingombrante, dal vecchio cellulare al pc ormai desueto, calcolando che il servizio ha un costo e bisogna garantire la presenza a casa nella fascia oraria indicata dagli addetti;
la soluzione potrebbe consistere nel non costringere i cittadini a cercare il luogo dove gettare il vecchio apparecchio ma nello «smaltirlo» di pari passo con l'acquisto di uno nuovo, ma questa metodologia cosiddetta «uno contro uno» va sancita da una norma ad hoc: ancora oggi infatti a indicare le modalità di raccolta dei Raee è il decreto 151 del 2005 di cui si attende ancora il decreto attuativo, quello che gli addetti ai lavori chiamano appunto «uno contro uno»: ovvero acquisto un apparecchio nuovo, lascio al negoziante il vecchio, ma il distributore dev'essere «abilitato» per legge a raccogliere rifiuti che oltre che ingombranti sono anche, potenzialmente, tossici;
fino a quando la norma non sarà varata rimane ad indicare le modalità della raccolta dei Raee il decreto 151 del 2005 che recepisce le indicazioni di alcune direttive emanate dall'Unione Europea, ma di fatto rimanda per la soluzione ad un nuovo decreto, attuativo;
il punto centrale del decreto 151 è l'obbligo per le aziende produttrici di organizzare e gestire un sistema per il riciclo dei prodotti immessi nel mercato e giunti a fine vita, ma anche i distributori di questi apparecchi sono deputati a ritirare gratuitamente i Raee dai consumatori in occasione di un nuovo acquisto equivalente: questo ritiro gratuito degli apparecchi da parte del distributore è però subordinato all'entrata in vigore di uno specifico decreto «attualmente in fase di definizione». Tuttavia sono passati 5 anni;
i Comuni devono mettere a disposizione dei cittadini e dei punti vendita Centri di Raccolta idonei per i Raee, le cosiddette «isole ecologiche», aree quasi sempre limitate dove i cittadini si devono recare appositamente: un'incombenza non sempre facile da svolgere per una persona che lavora e certamente meno pressante se ci si deve liberare di un piccolo apparecchio,
che spesso quindi rimane in fondo a un cassetto, quando non finisce nella spazzatura; non stupisce dunque che la media italiana di raccolta di questo tipo di rifiuti è di due chilogrammi per abitante, contro una media europea di sei e un obiettivo che prevedeva di raggiungere i quattro chilogrammi;
secondo stime in Italia ogni anno si acquistano oltre 2 milioni di frigoriferi e di tv, 500.000 climatizzatori, 20 di telefonini; in totale sono oltre 110 milioni i cellulari posseduti in Italia, (quasi due apparecchi per abitante), e, ancora, bisogna tenere presente le conseguenze, in termini di smaltimento di Raee, del passaggio alla tv digitale terrestre -:
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, si intendano promuovere, adottare, sollecitare, in ordine a quanto sopra esposto ed evidenziato;
se non si ritenga necessario predisporre i decreti attuativi previsti dal citato decreto 151 del 2005;
quale sia lo stato della situazione dello specifico decreto attuativo che, secondo l'agenzia «AdN-Kronos» sarebbe «in fase di definizione», quali siano le ragioni del clamoroso ritardo e, dal momento che ben cinque anni non sembrano essere stati sufficienti, quanto tempo ancora si preveda sia necessario per arrivare a detta definizione.
(4-08411)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denuncia Legambiente in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di cemento amianto, ma mancano impianti di smaltimento e discariche;
si tratta comunque di un censimento ancora parziale: solo 13 regioni infatti hanno approvato un piano per il censimento e la bonifica;
secondo il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani, si registra «un pericoloso immobilismo dello Stato e delle Regioni che espone la popolazione a un rischio per la salute molto insidioso perché di amianto ce n'è molto»;
«laddove si è iniziato a lavorare, si procede a rilento: a 18 anni dalla legge 257/92 che mise al bando l'amianto, il censimento infatti è ancora in corso in gran parte delle regioni e solo cinque (Basilicata, Lombardia, Molise, Puglia e Umbria) hanno dati relativi all'amianto presente negli edifici privati»;
sommando le informazioni, a Legambiente risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50 mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto, e i quantitativi indicati solo da undici regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600 mila metri cubi di amianto friabile;
le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (esaurita però nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, ma tutti i casi le capacità residue sono comunque molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio;
a causa dell'amianto si continua a morire e secondo il Registro nazionale mesoteliomi istituito presso l'Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9 mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione che circa il 70 per cento delle volte è stata professionale. Tra le regioni più colpite Piemonte (1.963 casi di mesotelioma
maligno), la Liguria (1.246), la Lombardia (1.025), l'Emilia-Romagna (1.007) e il Veneto (856) -:
se non si ritenga necessario, opportuno e urgente mutare l'approccio dimostrato fino ad oggi nella lotta all'amianto, e in particolare se non si ritenga necessario garantire continuità di risorse economiche per le analisi epidemiologiche necessarie a monitorare gli effetti sanitari del problema;
se, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, non si ritenga necessario acquisire elementi con riguardo ai ritardi sulla mappatura delle strutture interessate per stabilire le priorità di intervento;
se non si ritenga di dover dare il massimo di appoggio e sostegno possibile alla campagna d'informazione «Liberi dall'amianto», svolta in collaborazione con l'associazione italiana Medici per l'ambiente per illustrare alla popolazione i rischi derivanti dall'esposizione all'amianto e quali regole di comportamento adottare quando si ha a che fare con strutture contaminate.
(4-08413)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel sito «Corriere.it» il giorno 13 agosto 2010, è stato pubblicato un articolo di Donatella Barus della Fondazione Umberto Veronesi, intitolato: «Cure anti-cancro, anziani discriminati. Per gli over 65 è più difficile accedere ai nuovi farmaci e alle sperimentazioni. Gli esperti lanciano una campagna»;
nel citato articolo si fa presente che le persone anziane risultano essere la maggioranza fra i malati di tumore «ma il meglio delle cure e della ricerca pare non essere per loro. Gli anziani troppo spesso sono tagliati fuori dalle terapie più avanzate e dai protocolli sperimentali, senza valide ragioni mediche, ma solo in base all'età»;
nell'articolo in questione si legge tra l'altro che «se c'è un farmaco che ribalta le prospettive di sopravvivenza... tutti i quarantenni lo ricevono, per gli anziani è un'eccezione»; e che se la speranza di vita raddoppia così non accade per gli anziani malati di tumore: ...che restano fermi alle statistiche di trent'anni fa. Ai danni dei malati ultrasessantenni si sta consumando quella che un gruppo agguerrito di oncologi non esita a definire «una discriminazione grave e inaccettabile» l'allarme è stato lanciato in occasione del Congresso dell'European haematology association (Eha) tenutosi a Barcellona;
la rivista «Ecancermedicalscience», fondata dall'Istituto europeo di oncologia di Milano, ha dato il via a una campagna di sensibilizzazione che coinvolge medici, pazienti e associazioni;
come ha spiegato il dottor Mario Boccadoro, direttore del dipartimento di oncologia e ematologia dell'ospedale San Giovanni Battista di Torino, proprio dalle malattie oncoematologiche emergono i contrasti più stridenti: «Negli ultimi dieci anni la sopravvivenza dei malati di mieloma multiplo è raddoppiata, ma se si considerano soltanto i pazienti ultrasettantenni non si nota alcun vantaggio rispetto al passato. C'è una disparità di trattamento, la comunità medica resta attaccata a vecchi schemi di cura, ricorrendo raramente ai nuovi farmaci già in commercio, come bortezomib, talidomide e lenalidomide, molto efficaci e molto meno tossici della vecchia chemioterapia»;
ancora più sconvolgenti appaiono i dati raccolti dalla European cancer patients coalition, che rappresenta 300 organizzazioni di pazienti in 42 Paesi. L'esempio è quello della leucemia mieloide cronica, una patologia che viene diagnosticata in genere in età avanzata, e la cui storia è stata rivoluzionata dall'avvento di un medicinale, l'imatinib (o Glivec), il primo vero farmaco «intelligente». «Quindici anni fa solo 30 malati su cento erano ancora vivi a otto anni dalla diagnosi, oggi sono 93 su cento» ha segnalato
il dottor Jan Geissler, direttore di Ecpc, e caso raro di paziente a cui la leucemia mieloide è stata diagnosticata a 28 anni;
secondo i dati raccolti da Ecpc, l'imatinib, «gold standard» per questa forma di leucemia, è somministrato a quasi tutti i quarantenni (il 93 per cento delle donne e l'81 per cento degli uomini) e a meno della metà dei malati fra i 70 e gli 80 anni (48 per cento delle donne e 44 per cento degli uomini);
il dottor Geissler ha evidenziato come «all'ultimo congresso Asco, il principale appuntamento internazionale di oncologia, sono stati presentati due grandi studi sul nilotinib e il dasatinib, nuovi farmaci contro la leucemia mieloide cronica, malattia che viene diagnosticata dopo i 65 anni; è risultato che l'età media dei pazienti coinvolti nei trial clinici era di 46-49 anni. Abbiamo bisogno di una ricerca che rappresenti la realtà», è la conclusione del dottor Geissler;
nella classe medica, sempre a giudizio del dottor Geissler «resistono barriere mentali che fanno ritenere poco adeguati trattamenti intensi oltre una certa età»; e tutto ciò, a giudizio del dottor Gordon McVie, esperto oncologo, senior consultant all'Istituto Europeo di Oncologia e fondatore di Ecancermedicalscience, «è imbarazzante per la professione. Perché questa è assolutamente responsabilità dei medici. Vedo mancanza di conoscenza e di comprensione del problema, è una discriminazione inaccettabile. Il geriatra deve diventare un compagno di strada dell'oncologo e tutti devono essere coinvolti, medici, familiari, pazienti»;
riferisce il citato articolo, sugli anziani colpiti da tumore, trascurati dal mondo della ricerca anticancro, si sa poco, ma resiste la convinzione diffusa, fra i medici e gli stessi malati e i loro familiari, che dopo una certa età si è troppo fragili per tollerare cure intense; e che, come riconosce il professor Richard Sullivan, docente al King's College di Londra, che ha coordinato un'indagine su pazienti esperti anziani affetti da sindromi mielodisplastiche e leucemia mieloide acuta, interpellando esperti di Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Spagna, «semplicemente, molti oncologi neppure considerano l'eventualità di terapie aggressive e ritengono che gli stessi malati non siano interessati alla cosa... al 63 per cento dei malati neppure vengono prospettate altre opzioni di trattamento nonostante il fatto che fino al 20 per cento dei pazienti anziani sia un candidato adatto alla chemioterapia intensiva, per gli altri esistano comunque trattamenti non mieloablativi e in casi selezionati possano anche essere sottoposti a trapianto di staminali»;
come invita il dottor Boccadoro, i «nonni» di oggi non sono più i vecchietti di una volta e i medici devono prenderne atto. A 70 anni l'aspettativa di vita se si è in buone condizioni è almeno di 15 anni. Non bisogna stabilire «quanto» uno è anziano solo in base alla data di nascita, ma in base a una valutazione complessa di comorbidità, malattie associate. Bisogna ripensare il concetto di fragilità, difendere i nostri anziani in buona salute e fare in modo che ricevano le cure migliori;
come osserva il professor Sullivan, «siamo di fronte al più rilevante problema sociale che i paesi sviluppati e in via di sviluppo dovranno affrontare. Oggi il 60 per cento dei malati di cancro ha almeno 65 anni. Entro il 2030 saranno il 70 per cento. Negli Stati Uniti si contano circa 10 milioni di ultrasessacinquenni sopravvissuti a un tumore, persone spesso sole, con sempre meno figli, povere, sottoposte a terapia, perciò particolarmente vulnerabili» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto affermato nel citato articolo, circa la discriminazione di cui sarebbero oggetto e vittime gli anziani affetti da tumore, e in particolare se per i cosiddetti «over 65» sia più difficile accedere ai nuovi farmaci e alle sperimentazioni;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per accertare la fondatezza delle notizie riportate nel citato articolo, e - ove queste risultassero confermate - intervenire
nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà perché questa discriminazione abbia a finire;
se non ritenga di dover sostenere e appoggiare la campagna informativa annunciata nel sopra citato articolo.
(4-08415)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
un bambino di sette mesi è deceduto al policlinico di Messina, e i genitori del piccolo hanno presentato una denuncia alla magistratura;
secondo la ricostruzione dei genitori, il bimbo il 19 agosto 2010, su consiglio del pediatra, era stato ricoverato all'ospedale «Piemonte», dove i sanitari gli avrebbero diagnosticato un'infezione virale e un'otite e somministrato antibiotici. Ma il 23 agosto, le sue condizioni sono peggiorate. Un successivo esame endoscopico avrebbe rivelato un'infezione intestinale. Da qui l'immediato trasferimento al Policlinico, dove è stato sottoposto a un'esame radiologico che ha confermato la diagnosi dei medici dell'ospedale «Piemonte»;
secondo i genitori, la sonda utilizzata all'ospedale «Piemonte» per l'esame intestinale avrebbe provocato una lacerazione; il bambino è stato intubato e trasportato in sala operatoria per l'intervento, ma non c'è stato niente da fare -:
di quali elementi disponga in ordine alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere, o adottare.
(4-08416)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
anche se il nostro Paese ha un tasso di mortalità per parto tra i migliori al mondo - circa 3,9 decessi ogni 100 mila nati vivi - l'Italia è il primo, tra i Paesi dell'Unione europea per il ricorso ai parti cesarei, che hanno rischi da due a quattro volte maggiori rispetto ai parti vaginali;
in base a questi dati, contenuti in un recente rapporto dell'Istituto superiore di sanità, lo stesso Istituto definisce allarmante il fenomeno, e per questo ha messo a punto linee guida limitative del ricorso alla pratica;
la media del numero dei parti cesarei è del 38 per cento, contro l'indicazione massima del 15 per cento, raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità;
le punte massime si registrano nelle regioni meridionali del Paese, con in testa la Campania, con il 62 per cento di parti cesarei;
si è passati dall'11 per cento del 1980 al 38 per cento del 2008, ben al di sopra dei valori riscontrati negli altri Paesi europei;
si registra, inoltre, una spiccata variabilità su base interregionale, con percentuali tendenzialmente più basse nelle regioni dell'Italia settentrionale, e più alte in quelle meridionali, probabile indizio - secondo l'Istituto superiore di sanità - di «comportamenti non appropriati»; e questo, avvertono gli esperti, nonostante tale intervento presenti comunque margini di rischio consistenti: come si è detto da due a quattro volte superiore rispetto al parto vaginale;
se la media nazionale della mortalità per parto è tra le più basse del Mondo, esiste comunque una discreta differenza regionale tra il Nord e il Sud, che varia da due a sette volte di più, rispetto alla media nazionale;
gli ultimi dati dell'Istituto superiore di sanità riguardano sei regioni: Piemonte, Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia, e mettono in risalto anche le cause e i rischi connessi al parto;
i valori più bassi sono stati registrati al Nord e in Toscana (otto decessi per 100 mila nati vivi), e quelli più elevati nel
Lazio (tredici morti per 100 mila nati vivi), e in Sicilia (ventidue morti per 100 mila nati vivi) -:
se non si ritenga opportuno e urgente accertare le ragioni per cui si è passati dall'11 per cento del 1980 dei parti cesarei, al 38 per cento dei 2008, ben al di sopra dei valori riscontrati negli altri Paesi europei e per quale ragione le punte massime si registrino in particolare nelle regioni meridionali del Paese;
quali iniziative il Ministero, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere, e adottare per la piena attuazione delle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità per quel che riguarda parti cesarei e vaginali.
(4-08434)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferito da agenzie di stampa, siti internet e notiziari dei telegiornali, una donna di 33 anni, la signora Eleonora Tripodi, è deceduta dopo essere stata sottoposta a un intervento di parto cesareo nella clinica Villa dei Gerani di Vibo;
la signora Tripodi è deceduta durante il trasporto in ambulanza nell'ospedale di Lamezia Terme;
il trasferimento era stato deciso dopo che era stata verificata la mancanza di posti liberi nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Vibo Valentia;
a quanto riferisce il legale della famiglia Tripodi, avvocato Giovanni Vecchio, la donna «stava male da tempo ed aveva chiesto di essere sottoposta subito a parto cesareo. Richiesta non accolta dai sanitari della clinica Villa dei Gerani, che avevano sostenuto che era troppo presto» -:
quale sia stata l'esatta dinamica dell'accaduto e se il fatto sia ascrivibile nella purtroppo vasta casistica di "malasanità" ed errori sanitari, che con sconcertante frequenza si verificano nella regione Calabria;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere o adottare, in ordine a quanto sopra esposto.
(4-08435)
EVANGELISTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 33 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, prevede «Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilia ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti» uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007;
l'articolo 2, comma 361, della legge finanziaria per il 2008, autorizzava per le transazioni di cui sopra una spesa di 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, mentre il successivo comma 362 prevedeva l'adozione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in cui fossero fissati i criteri in base ai quali definire, nell'ambito di un piano pluriennale, tali transazioni;
in data 28 aprile 2009 è stato emanato dall'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali il decreto ministeriale n. 132, che determinava i criteri per la stipula delle transazioni con soggetti danneggiati che abbiano instaurato, anteriormente al 1o gennaio 2008, azioni di risarcimento danni ancora pendenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso;
il Ministero della salute ha altresì disciplinato le modalità di pagamento degli indennizzi decennali dovuti ex legge n. 229
del 2005 ai danneggiati da vaccinazione con decreto ministeriale 21 ottobre 2009 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 2010, escludendo i deceduti dalle graduatorie dei pagamenti. Il Tar del Lazio, su ricorso del presidente dell'associazione AMEV di Firenze, avvocato Marcello Stanca, ha sospeso l'esecutività dello stesso decreto per una serie di gravi irregolarità contenute nel provvedimento inerenti alla formazione della graduatoria, e poiché è stata esautorata arbitrariamente la Commissione che, secondo la legge n. 229 del 2005, articolo 3, avrebbe dovuto determinare i pagamenti;
risulta all'interrogante, ma lo si evince anche dal sito del Ministero della salute, che, a seguito della circolare ministeriale 20 ottobre 2009, n. 28, sono state presentate oltre 7.000 domande di adesione alla procedura transattiva proposta dal Ministero della salute ai cittadini cui sono stati riconosciuti danni da trasfusioni infette o da vaccinazione obbligatoria;
vista la complessità dell'operazione (verifica della correttezza delle informazioni fornite dai legali, nonché della completezza della documentazione allegata) il Ministero ha comunicato che la stipula dei primi atti transattivi si prevede potrà partire dal mese di dicembre 2010;
giungono all'interrogante segnalazioni, da parte dell'AMEV di Firenze, circa la presenza di anomalie riguardanti la gestione dei risarcimenti per le persone decedute a causa di contagio da sangue infetto o vaccinazioni, poiché paradossalmente quelle inserite in graduatoria riescono a ottenere il risarcimento e quelle decedute per la stessa causa, e che avevano adito le vie legali e ottenuto una sentenza favorevole, non risultano nemmeno menzionate, come nel decreto ministeriale citato -:
quali assicurazioni intenda dare per consentire il rispetto della data del prossimo dicembre 2010 per iniziare a stipulare le prime transazioni e in quali tempi verranno conclusi tutti gli accordi e liquidati tutti gli aventi diritto;
per quale ragione l'importo dei risarcimenti per i deceduti da sangue infetto, fissato dal decreto-legge n. 89 del 2003 e dalla recente legge quadro (articolo 33 della legge finanziaria per il 2007), in 619.000 euro, è stato oggi arbitrariamente ridotto a 100.000 euro per ogni deceduto, e per quale ragione l'importo di 450.000 euro originariamente previsto per il contagiato da Hiv e Hcv, tuttora in vita, sia stato ridotto a 26.000 euro pagabili in 15 anni;
come intenda agire nei confronti delle centinaia di cittadini contagiati da Hcv e Hiv, o lesi da vaccino, che nel frattempo sono deceduti senza ottenere alcun risarcimento, neanche per curarsi;
se intenda restituire alla commissione di controllo prevista dalla legge n. 229 del 2005 i poteri di controllo che arbitrariamente le sono stati sottratti, e che hanno provocato l'inibitoria del Tar Lazio n. 1147 del 2010 nel ricorso 1414 del 2010 -:
come mai il Ministero della salute non abbia ritenuto, in luogo dell'attuale centralizzazione della gestione delle domande, di avvalersi delle risorse burocratiche delle regioni alle quali è demandata tutta l'amministrazione delle problematiche in materia di indennizzi da sangue infetto e vaccinazioni ex decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2000 nel quadro dell'accordo Stato-Regioni;
per quale ragione il Ministero abbia rifiutato di inserire nella graduatoria dei pagamenti, ex decreto ministeriale 21 ottobre 2009, decine di cittadini che hanno ottenuto sentenze favorevoli e definitive ai fini del pagamento dei risarcimenti per lesioni da vaccinazione ex legge n. 229 del 2005;
se non intenda dar corso a una nuova operazione transattiva, assumendo iniziative per il rifinanziamento dell'apposito fondo, per consentire a coloro che sono rimasti esclusi da quella attualmente in itinere di accedervi per porre fine così ad anni di azioni legali, ingenti spese sostenute, e vedere finalmente definiti e attribuiti i risarcimenti a essi spettanti.
(4-08436)
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel sito del quotidiano «Il Secolo XIX» si è data notizia di quanto disposto dal sindaco di Savona Federico Berruti, che, con un'ordinanza pubblicata sull'albo pretorio, ha disposto che nessun bambino debba accedere al cortile della scuola materna di via Verdi a Savona, che nessuna finestra debba essere aperta se si affaccia sul citato cortile, e l'avvio immediato di una serie di esami per verificare la salubrità dei locali, rispetto al pericolo delle fibre di amianto nell'aria; che l'ordinanza è stata notificata all'Asl, ai vigili urbani ma soprattutto al legale rappresentante dell'immobile, il vescovo Vittorio Lupi in quanto responsabile per tutti i beni della chiesa, e l'asilo è uno di questi;
risulta essere l'ultimo atto di una vicenda che da mesi allarma decine di mamme ma anche residenti che per la vicinanza al tetto della scuola materna hanno firmato numerosi esposti per sollevare il problema dell'amianto ed i rischi conseguenti;
da quasi due anni era nota la presenza sul tetto di via Verdi di un inquietante lastrone di amianto di quasi mille metri quadrati, ma finora Comune e Asl, nonostante sopralluoghi e lettere di sollecito, non sono mai riuscite a far fare alla proprietà (la Curia) i lavori necessari per la messa in sicurezza e la bonifica;
la vicenda inizia nell'ottobre 2008 quando all'Asl arrivò la prima segnalazione, un esposto di un residente che denunciava «degrado e pericolo per la copertura dell'asilo»;
i successivi sopralluoghi dell'Asl hanno confermato la presenza «di 950 mq di lastre di cemento-amianto installato nel 1940» e a più riprese la stessa Asl ha intimato alla proprietà della scuola l'avvio di un piano di bonifica «urgente»;
da parte della proprietà giunsero assicurazioni che l'intervento sarebbe stato effettuato «non appena rinvenute le risorse finanziarie necessarie» (c'era da attendere - si disse - una dismissione immobiliare);
nel dicembre 2009, la madre di un bambino scrisse al sindaco per lamentare il perdurare della situazione di rischio chiedendo provvedimenti; tale lettera poco dopo è stata seguita da un altro esposto questa volta dei condomini di un edificio confinante, nel quale si faceva presente il problema del vento «che trasporta particelle di amianto verso le nostre finestre»;
la Curia, nonostante lamentele e denunce, non ha mai risolto il problema continuando a rinviare la soluzione;
quale sia lo stato della situazione, e in particolare se finalmente la Curia responsabile dell'immobile in questione, abbia provveduto alla necessaria bonifica e rimozione del citato lastrone di amianto;
in caso negativo, quali iniziative, si intendano promuovere o adottare perché la questione sia finalmente risolta -:
se non si ritenga necessario che gli abitanti della zona interessata, gli alunni della scuola materna e tutto il personale dell'istituto siano sottoposti ad accurata visita medica per accertare eventuali danni provocati dalla prolungata esposizione all'amianto.
(4-08464)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno rilasciato per cure mediche non possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale a causa di quanto disposto dal testo unico n. 286 del 1998, articolo 36 e successive modifiche;
questi cittadini, se pur in possesso del suddetto permesso, non possono lavorare e quindi affrontare le spese derivanti dalle eventuali cure mediche;
la normativa sopraccitata prevede, dopo l'iter che autorizza l'ingresso in Italia a questi cittadini, il pagamento delle prestazioni sanitarie a totale carico dell'assistito; costoro che ovviamente non tornano nel proprio Paese d'origine, ma rimangono in Italia, hanno il bisogno, dopo una diagnosi, di continuare ad essere curati senza però avere le risorse necessarie per farlo -:
se non ritenga di assumere iniziative, ove necessario, normative, perché i presidi sanitari siano in grado di garantire ai cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno per cure mediche di poter usufruire in maniera gratuita del servizio sanitario nazionale.
(4-08467)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 1o settembre 2010, il sindaco di Terni, senatore Leopoldo Di Girolamo, ha emesso un'ordinanza urgente per vietare l'utilizzo per il consumo da parte degli abitanti dell'acqua proveniente dal pozzo 01 dell'acquedotto privato al servizio dei villaggi Polymer e Campomaggio e adibito ad usi potabili e per la preparazione degli alimenti;
sono 153 le famiglie coinvolte;
stando a quanto riferisce una nota del comune, l'ordinanza è stata resa necessaria in seguito alla segnalazione da parte del Servizio igiene degli alimenti e nutrizione della Asl di concentrazioni di tetracloroetilene nelle acque del pozzo, posto all'interno del polo chimico ternano. In collaborazione con il Sii e l'Ati, ambito territoriale integrato, n. 4 Umbria è stato immediatamente istituito un servizio di approvvigionamento idrico alternativo tramite autobotti a Villaggio Polymer, a Campomaggio e Case sparse di Santa Filomena, mentre saranno predisposti serbatoi destinati ai quartieri interessati;
i vigili del fuoco sono stati allertati per un eventuale supporto per l'approvvigionamento alternativo e il servizio comunale di protezione civile si è a sua volta attivato per informare, anche tramite altoparlanti, la popolazione sul divieto di consumo;
personale del servizio igiene alimentare e nutrizione dell'Asl n. 4 ha già provveduto a prelevare campioni di controllo per la ricerca di tetracloroetilene e gli esiti delle analisi saranno comunicati appena resi disponibili dall'Arpa;
la situazione viene costantemente monitorata sinergicamente da sindaco, enti interessati, prefetto;
sono state immediatamente avvisate le aziende chimiche Edison, Treofan, Basell e Meraklon;
notizie di stampa riferiscono che secondo gli abitanti della zona c'erano tutti i presupposti per intervenire prima che si giungesse all'emergenza idrica e già da febbraio si avvertiva nell'acqua un cattivo odore, troppo forte per essere normale;
risulta agli interroganti che i residenti della zona avessero aperto da tempo un «contenzioso» con la Edison, proprietaria dell'acquedotto che fa riferimento alle aziende del polo chimico ternano, relativamente all'utilizzo del pozzo di attingimento che ha fatto scattare l'emergenza inquinamento;
la questione della fornitura di acqua da un pozzo interno al polo chimico era stata più volte oggetto di valutazioni tanto che erano stati programmati i lavori per l'allaccio, entro la fine dell'anno, alla rete idrica del Sii;
alla luce del riscontrato inquinamento del pozzo, i lavori si rendono adesso di estrema urgenza;
il tetracloroetilene, a temperatura ambiente, si presenta come un liquido incolore dall'odore di cloro, più denso dell'acqua. È un composto nocivo per inalazione e pericoloso per l'ambiente (come molti alogenuri organici è scarsamente
biodegradabile). Non è infiammabile. Viene utilizzato nelle lavanderie a secco come solvente per sgrassare metalli, nell'industria chimica e farmaceutica, nonché per scopi domestici;
in Italia, la legge considera «pericolosi» i rifiuti contenenti tetracloroetene (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - articolo 184) e tali da non doversi smaltire in fognatura;
questo non sarebbe comunque il primo caso di inquinamento o comunque di alterazione di alcuni parametri dell'acqua che si registra nel pozzo -:
di quali informazioni disponga in merito il Governo; in particolare, se e quali forme di controllo siano state attivate a partire da febbraio 2010, quando i residenti della zona hanno iniziato ad avvertire i miasmi e quali ulteriori controlli ambientali e sanitari siano previsti in merito all'inquinamento derivante dal polo chimico in questione.
(4-08486)
VACCARO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nonostante la legge regionale della Campania del 28 novembre 2008 n. 16 prevedesse la conservazione e il potenziamento del presidio ospedaliero Costa d'Amalfi, l'approvato piano sanitario regionale sancisce - ad oggi - la soppressione del «Presidio Ospedaliero» Costa d'Amalfi e la sua sostituzione con una struttura polifunzionale per la Salute (SPS);
a tal proposito, è necessario ricordare come - stante quanto previsto dal piano sanitario regionale - la struttura polifunzionale per la salute si caratterizza per la sola presenza di: ambulatori di medici specialisti ed infermieristici aperti esclusivamente nelle ore diurne, medici di famiglia, guardia medica, ambulatori di radiologia e laboratori di analisi (esclusivamente nelle ore diurne), sede del 118, strutture di degenza territoriali e, si badi, non ospedaliera; servizi socio-sanitari;
appare evidente la drastica riduzione o, talvolta, la cancellazione completa di servizi sanitari essenziali e di emergenza quali: il pronto soccorso medico, il pronto soccorso chirurgico e il servizio di chirurgia d'urgenza, il reparto di cardiologia aperto 24 ore al giorno, il reparto di rianimazione, il reparto di radiologia e analisi;
il centro di Ravello, inoltre, è da sempre sprovvisto dei dieci posti letto dei quali si fa menzione nel piano sanitario regionale;
appare poi imprescindibile considerare l'unicità del territorio della Costiera Amalfitana, caratterizzato da una particolarissima conformazione geomorfologica e da un intricato e difficile sistema di viabilità, che rende pressoché impossibile, specie nel periodo estivo, effettuare gli spostamenti anche tra Comuni vicini; inoltre l'ingente quantità di turisti che durante tutto l'anno visita la costiera amalfitana - stimata mediamente in un milione e duecentomila pernottamenti annui - non fa che accrescere la necessità di un presidio ospedaliero funzionate. È necessario considerare come la struttura ospedaliera della Costa d'Amalfi conti, ogni anno, circa 10.000 accessi al solo pronto soccorso e 2.500 consulenze cardiologiche, oltre ad effettuare almeno 50 interventi «salvavita» di rianimazione; con la trasformazione della struttura, una persona colpita da infarto o ictus non potrà più essere portata, come avviene ora, presso il plesso di Ravello per essere stabilizzata, ma dovrà essere direttamente trasferita presso gli ospedali di Cava de' Tirreni o di Salerno, con il rischio che il paziente possa morire durante il tragitto, come troppe volte è avvenuto in passato, esempio è la morte di Quasimodo;
inoltre l'assenza di un «Presidio Ospedaliero» commisurato all'imponente afflusso turistico - specie nel periodo estivo - rischia di cagionare serie e gravi ripercussioni sull'intera economia della Costiera Amalfitana: la mancanza di adeguate strutture sanitarie provocherà, verosimilmente,
la conseguente esclusione dello stesso distretto turistico internazionale dalle offerte rivolte alla clientela da parte dei tour operator, i quali richiedono in località oggetto di imponenti flussi vacanzieri, presidi ospedalieri idonei;
quindi, pur con un consapevole riordino della spesa sanitaria, è imprescindibile evitare di scendere al di sotto del livello sanitario minimo attualmente assicurato dalla struttura ospedaliera di Ravello -:
se, in sede di definizione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, siano stati valutati gli effetti di iniziative di razionalizzazione come quelle indicate in premessa con particolare riferimento ad un'eventuale compromissione dei livelli essenziali di assistenza e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, anche alla luce del documento sottoscritto, in data 13 maggio 2010, dalla conferenza dei sindaci della costiera amalfitana, i quali chiedono di mantenere in attività i servizi salvavita (rianimazione, servizio di cardiologia, chirurgia d'urgenza, pronto soccorso, laboratorio analisi e radiologia H 24) che hanno escluso la possibilità di parlare di malasanità, anche in occasione di eventi di particolare gravità (quale il crollo della piattaforma di Conca de' Marini, con 10 feriti gravissimi) con notevole ricaduta positiva per l'attività turistica di qualità.
(4-08488)
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dal quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno del 6 agosto 2010, si legge che sono state sequestrate delle aree in zona Calvello a valle delle quali c'è la diga del Camastra;
si tratta di aree dove si è registrata la presenza di liquami oleosi. Quanto alla «Sorgente dell'Acqua Sulfurea» è stata delimitata per impedire l'accesso di turisti - ma non il pascolo di animali - con un cartello che indica che l'acqua non è potabile per inquinamento «chimico e batteriologico»;
secondo testimonianze riportate dal quotidiano la segnaletica sarebbe lì dal 2004, senza che nessuno abbia pensato di rifare le analisi;
poco più su c'è l'area attrezzata di contrada Autiero, anch'essa sotto sequestro perché l'acqua è sporca, melmosa e di color ruggine mentre qualche anno fa era limpida e pulita, secondo Giampiero D'Ecclesis, geologo, che per l'università della Basilicata fece un monitoraggio;
altri sigilli della procura sono all'Acqua dell'abete, un'area attrezzata con tavoli, panche e fornaci per l'arrosto. Qui l'amministrazione, in via preventiva, ha chiuso la fontana. Nelle pozzanghere che costeggiano il piccolo ruscello c'è la stessa acqua oleosa che è arrivata più giù. Un cartello avverte: «Area sottoposta a sequestro giudiziario ». A dieci giorni dal ferragosto;
per aver reso noti i dati sull'inquinamento biologico e chimico degli invasi lucani, due persone, Maurizio Bolognetti e Giuseppe Di Bello sono sotto inchiesta, mentre nulla risulta agli interroganti muoversi presso le procure in merito ai numerosi esposti presentati da esponenti radicali sull'inquinamento lucano -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla presenza di liquami oleosi nelle acque a monte della diga Camastra;
di quali dati dispongano i Ministri interrogati in ordine alla qualità delle acque degli invasi lucani di cui in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo, con particolare riferimento alla necessità di assicurare la trasparenza e la correttezza delle informazioni concernenti i corpi idrici.
(4-08499)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Messaggero del 14 agosto 2010, sotto il titolo «A Rebibbia due psicologi di ruolo per 3.000 detenuti e sono in servizio da oltre 20 anni», è stata pubblicata la seguente lettera scritta dal dottor Daniele Rondanini, dirigente psicologo della Asl Rm B: «Di fronte al crescente numero di suicidi in carcere e, più in generale, della realtà grave della salute psichica nel sistema penitenziario, è utile dar conto di taluni effetti aberranti del Dpcm del 1o aprile 2008, che ha statuito in via definitiva il passaggio della sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Regionale, decreto approvato tuttavia con l'obiettivo di assicurare condizioni di salute più attendibili e democratiche alla popolazione detenuta. In concreto, tale passaggio comprendeva un quantum determinato di risorse economiche; i beni e gli strumenti sanitari; il personale di ruolo medico, psicologico, infermieristico. Erano regolate altresì dallo stesso Dpcm le modalità del transito dei dipendenti nelle nuove amministrazioni, disponendo tra l'altro che quelle unità fino allora occupate non negli istituti penitenziari, bensì in uffici centrali o periferici del Ministero della Giustizia, avessero diritto a esercitare una opzione relativamente alla Asl di destinazione, in un elenco di Asl, collegate per territorio ai vari istituti, sia per adulti che per minori. La situazione di Roma era rappresentata, fra l'altro, da n. 2 psicologi di ruolo presenti per tutti gli istituti di Rebibbia (circa 3.000 detenuti), che appunto non hanno avuto diritto a optare per altre Asl ma sono stati obbligati a confluire nella Asl Rm B, anche quando, dopo circa 20 anni (!) di servizio con detenuti adulti, avessero preferito - comprensibilmente, per il loro proprio benessere psico-fisico e per l'efficacia, quindi, delle loro prestazioni - affrontare un'esperienza professionale diversa, magari con utenti del Minorile, magari con progetti sul territorio. Di più, uno di costoro, invalido per gravi patologie, è costretto a permanere sine die in carcere (notoriamente, ambiente che genera gli stress più logoranti, anche per chi vi lavora) in quanto ritenuto indispensabile (!), dimostrando l'Azienda Sanitaria una sensibilità ... sanitaria, almeno, da rivedere. Da un'altra parte, quella possibilità concessa ad altri di optare per la Asl preferita, ha determinato che ben 24 Psicologi confluissero nella Asl Rm D, che comprende nel proprio territorio un Centro di Accoglienza per Minori, nel quale il numero degli ospiti, in genere zingarelli arrestati per furto, è di gran lunga inferiore a quello degli Psicologi. Ogni commento su questa scandalosa situazione sarebbe insufficiente ad esprimere lo sdegno degli onesti. Il problema dei suicidi e della salute mentale in carcere non deriva solo dal sovraffollamento (l'ultimo suicida a Rebibbia era alloggiato in cella singola), ma soprattutto dall'utilizzo intelligente, produttivo e professionale delle risorse. Quando la risorsa è data dagli psicologi le condizioni del loro operare, compreso il ricambio periodico dell'ambito e dell'ambiente professionale, rivestono un'importanza decisiva per il raggiungimento degli obiettivi. Va inoltre sottolineato come urga una Unità Operativa in carcere che abbia specializzazione eminentemente psicologica e psicoterapeutica, e sia guidata da psicologi-psicoterapeuti, non già perché carcere vuol dire luogo di cura psichica, ma in quanto le condizioni di vita là imposte determinano tuttora grave malessere, e la capacità non solo di svolgere gli specifici interventi di cura, ma anche quella di individuare le fonti istituzionali di tali malesseri e di operare per il loro progressivo superamento, non possono che essere in primis di competenza psicologica. Le cognizioni e le operatività teorico-professionali proprie della materia psicologica la cultura medica in senso stretto per lo meno disconosce. Basti pensare al caso famoso di Stefano Cucchi, per sostenere il quale nei giorni di degenza in cui egli rifiutava il cibo i medici non hanno pensato di ricorrere a uno psicologo del
carcere di Rebibbia, nonostante già in precedenza per casi analoghi si fosse adottata questa opportunità. Non si può escludere che questa soluzione avrebbe avuto un effetto benefico e determinato un altro sviluppo della storia. Ma se i tempi di tali riorganizzazioni possono presumersi non brevi, la decenza vorrebbe che a quelle storture derivanti dal Dpcm del 2008, già descritte, si ponesse mano subito per correggerle radicalmente, su criteri di efficienza e non di assistenzialismo: la facoltà di avanzare un'opzione di scelta non comporta garanzia di esaurimento della stessa - se esiste almeno un prioritario interesse pubblico» -:
se siano a conoscenza di quanto sopra esposto;
se non ritengano opportuno promuovere iniziative di carattere normativo, al fine di superare le problematiche conseguenti al DPCM citato in premessa, e in particolare volte a far sì che l'assunzione dei 39 vincitori di concorso avviato nel 2004 sia garantita nel trasferimento della medicina penitenziaria dal Ministero della giustizia alle ASL, salvaguardando così i diritti dei vincitori di concorso ed evitando oneri per lo Stato derivanti da altre procedure concorsuali.
(4-08501)
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero, nella sua edizione del 4 agosto 2010 ha pubblicato un articolo del giornalista Claudio Marincola, significativamente intitolato: «Ambulanze riparazioni a peso d'oro. Nel Lazio decuplicati i costi dei ricambi»;
nel citato articolo, si riferisce che; «sostituire una lampadina dal valore commerciale di circa tre euro può costare almeno dieci volte tanto. Cambiare il manometro dell'ossigeno 146 euro. Sistemare una pedana laterale 400; un sedile 80; due specchietti retrovisori 700; un tappino aspiratore 15; il gancio di una barella 250. Sono i prezzi normalmente praticati e fatturati all'Ares 118. Prezzi che, proprio come le ambulanze, corrono a sirena spiegata (a proposito per sostituirle 450 euro)»;
nella regione Lazio «mantenere ambulanza e relativo equipaggio in servizio H24 costa il triplo che in Piemonte», e la manutenzione «è un'altra mazzata tra capo e collo. Non c'è un tariffario ad hoc né una rete di officine certificate. E, soprattutto, a differenza di quanto avviene negli ospedali, neanche la corsa a dimettere prima possibile l'ammalato. Casomai è il contrario: vige la regola della lungodegenza. Tra la consegna e il ritiro degli automezzi può passare moltissimo tempo. Tra stima dei costi, invio del preventivo di spesa, timbro e approvazione dell'Ares 118, possono passare anche settimane e settimane, anche 6 mesi. L'«ammalato» è un automezzo addetto all'urgenza. Ma nella «clinica delle ambulanze» tutti se la prendono comoda»;
dalla lettura dell'articolo si evince la necessità e l'urgenza di regole certe: «Qualcuno invece cambia i pneumatici ogni diecimila chilometri. Qualcun altro ogni 20 mila. Per non parlare delle pasticche dei freni. C'è chi ogni 5000 chilometri decide che vanno rifatte (ma le rifanno davvero?). E che dire delle revisioni? L'ambulanza targata DR994XY revisionata e ritirata il 30 aprile 2010 con emissione di regolare fattura, è stata di nuovo revisionata il 18 giugno scorso. Già! I controlli non bastano mai. E neanche le fatture (in questo caso ne è stata presentata subito un'altra)»;
nella sola regione Lazio, sparse in varie officine, «sono circa una cinquantina le ambulanze delle flotta aziendale finite in panne. Alcune sono nuovissime fanno parte dell'ultimo stock acquistato dall'Ares all'Aricar Spa di Cavriago (Reggio Emilia): Volkswagen turbodiesel da 140 cavalli e Fiat 3000. In totale ne sono state acquistate 100, ma non si è pensato di pianificare la manutenzione nel Lazio, né prevedere i vari tagliandi per il cambio del
l'olio, la registrazione dei freni e delle sirene»;
secondo quanto riferito, gli sprechi della manutenzione si sommano ai costi ordinari e straordinari del 118 laziale gestito per l'80 per cento dalla sanità pubblica, a differenza di altre regioni italiane dove l'emergenza-urgenza è affidata alle grandi associazioni del volontariato che godono di un trattamento fiscale agevolato;
Cisl, Cgil e le rappresentanze sindacali di base difendono - a qualsiasi costo - il modello laziale e chiedono nuove assunzioni. Il Codici, (Centro per i diritti del cittadino), che più volte ha focalizzato l'attenzione sulla sanità laziale, vuole vederci chiaro. «Molti delle inefficienze del 118 sono di vecchia data - sostiene l'associazione - alcune di queste criticità dipendono da discrasie organizzative, altre dalla cattiva gestione della Centrale operativa provinciale del 118. Il dramma è che molti di questi elementi di debolezza del servizio sono stati lungamente celati o del tutto ignorati»;
da quanto risulta, il Lazio «è la regione in cui un'ambulanza del 118 in servizio H24 costa decisamente di più rispetto ad altre regioni italiane: «Seicentomila euro rispetto ai 350 mila della Lombardia e ai 202 mila del Piemonte. Ed è appena il caso di ricordare che con la gestione affidata almeno in parte al volontariato i costi di manutenzione si abbatterebbero decisamente»;
si tratta, sostiene il segretario nazionale del CODICI Ivano Giacomelli, di «cifre da capogiro che non trovano una giustificazione se poi per rispondere ad un codice rosso capita di non avere personale disponibile... Parliamo di tempi di attesa troppo lunghi a fronte di costi troppo alti. Si tratta di un servizio che non è in grado di garantire quello che costa a spese della salute dei cittadini» -:
se quanto sopra esposto sia stato oggetto di considerazione nella formulazione ed attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario della regione Lazio al fine di assicurare da una parte il servizio efficiente di cui la collettività ha diritto, dall'altra evitare lo sperpero di pubblico denaro che l'inchiesta giornalistica evidenzia.
(4-08511)
TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010
...
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
con ben sette anni di ritardo, l'8 luglio 2010, in Conferenza unificata sono state approvate le «linee guida per l'autorizzazione alla costruzione degli impianti di energie rinnovabili» previste dall'articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 387 del 2003;
lo stesso iter relativo all'adozione delle suddette linee guida avviato dal Governo ha accumulato un ritardo tale per cui, iniziato a febbraio, si è concluso in luglio peraltro con modalità, a giudizio degli interroganti, frutto di una concertazione con la sola componente industriale in quadro che non si fa carico dei disastri già ipotecati e non pone misure cogenti di tutela del territorio e del paesaggio;
i ritardi accumulati nell'adozione delle linee guida in materia di autorizzazione alla costruzione degli impianti di energie rinnovabili ha contribuito, congiuntamente a contributi pubblici eccessivi (pari a circa il doppio della media europea e validi per 15 anni rinnovabili con la ristrutturazione della turbina), ad una proliferazione di impianti eolici e fotovoltaici fuori controllo, con la grave compromissione di paesaggio e biodiversità su vasta scala;
per quanto attiene all'energia eolica, secondo il dossier della LIPU-BirdLife Italia, lo sviluppo in Italia è stato tale per cui, nonostante il position paper del Governo nel 2007 avesse fissato il tetto di 10mila megawatt a terra e 2 mila megawatt off-shore al 2020, oggi si è già maturata un'ipoteca di oltre 11mila megawatt tra impianti attivi (4.845 megawatt a fine 2009), impianti autorizzati (altri 7.674 megawatt) e pareri ambientali positivi. Senza contare gli altri 70mila megawatt che derivano da istanze in istruttoria presso le autorità preposte;
si tratta di uno sviluppo esponenziale che si è potuto raggiungere grazie proprio ad una sostanziale improvvisazione e nell'assenza di un'effettiva programmazione o analisi preventiva da parte dello Stato o delle regioni;
questo gravissimo fenomeno risulta ulteriormente favorito, ad avviso degli interroganti, dal ritardo accumulato dal Ministero dello sviluppo economico che alla data del 3 settembre 2010 non ha ancora provveduto a pubblicare in Gazzetta Ufficiale il testo delle linee guida consentendo quindi l'ulteriore possibilità di guadagnare tempo a chi ha interesse ai suddetti progetti;
secondo l'articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 387 del 2003 «Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali» -:
quali siano le ragioni della mancata pubblicazione del testo delle linee guida per l'autorizzazione alla costruzione degli impianti di energie rinnovabili, con un ritardo record che è giunto ormai a 2 mesi;
come si intenda rimediare agli effetti derivati dal suddetto ritardo;
se non si ritenga a tale proposito di chiarire che tutti i progetti non ancora «autorizzati» ai sensi del decreto legislativo 387 del 2003 alla data di pubblicazione delle linee guida nazionali, sono sottoposti al provvedimento e agli atti regionali conseguenti.
(4-08472)
ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
una primaria impresa nazionale operante nel settore della produzione di materiali per l'isolamento termico e l'incremento dell'efficienza energetica degli edifici segnala all'interrogante un possibile fenomeno di concorrenza sleale e di informazione scorretta ed ingannevole riguardante le prestazioni assicurate da prodotti analoghi ai propri, realizzati da imprese concorrenti di origine estera, segnatamente francesi e spagnole;
la questione riguarda in particolare le prestazioni e la diffusione dei materiali riflettenti in relazione alle quali i rappresentanti delle società produttrici estere dichiarano prestazioni termiche elevate, non suffragate da alcuna certificazione ufficiale, precludendo le vendite alle società che si avvalgono di normali certificazioni ufficiali;
questo comportamento, ove fossero accertate le inattendibilità delle informazioni che caratterizzano i materiali realizzati dalle società straniere, danneggia il sistema nazionale in diversi modi:
a) si erogano provvidenze pubbliche in maniera irregolare a danno dello Stato e dei cittadini interessati. I commi 344-347 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), nel testo consolidato, prevedono alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2010, relative ad interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre,
promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici);
in particolare, il comma 344 ha disposto una detrazione IRPEF pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico, ossia un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, relativo all'«Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia»;
il comma 345 stabilisce una detrazione d'imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per l'installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture (pareti, coperture, finestre comprensive di infissi) a condizione che tali strutture siano idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico;
per conseguire tali obiettivi, possono essere utilizzati anche materiali tecnici realizzati dalle società sopra indicate ed, in caso ci si trovasse di fronte a materiali di scarsa o falsa qualità, l'uso di tali prodotti darebbe origine a detrazioni non dovute con l'aggravio di un mancato raggiungimento dell'obiettivo iniziale, ovvero la diminuzione dei consumi energetici;
b) i possibili clienti disposti a credere alle prestazioni dichiarate da tali aziende estere scartano a priori prodotti riflettenti di qualsiasi altro fornitore;
c) per altri che non credono possibili certe prestazioni, il settore degli isolanti riflettenti risulta poco credibile;
le aziende che attuano questo comportamento sono, come detto, principalmente francesi, spagnole e portoghesi. Nelle loro schede tecniche dichiarano prestazioni equivalenti a quelle di circa 20 centimetri di lane minerali, valori ottenuti con prove in situ, non normate, effettuate dalle stesse aziende. Per contro, le aziende italiane, facendo riferimento a prove ufficiali di laboratorio dichiarano valori in linea con quelli ottenibili da 6-7 centimetri di lane minerali;
si segnala, al riguardo, che sarebbero state commissionate indagini di laboratorio riguardanti una serie di prove termiche comparative, effettuate con il metodo della HOT-BOX, tra prodotti tradizionali (lana di vetro) ed in particolare un prodotto realizzato da una ditta francese. I risultati evidenzierebbero valori notevolmente inferiori a quelli da loro dichiarati e perfettamente in linea con quelli ottenuti da altri riflettenti;
appare necessario verificare se effettivamente vi siano sul mercato dei prodotti destinati alla riqualificazione energetica ed al risparmio energetico degli edifici, articoli le cui prestazioni non siano state certificate da organismi terzi autorizzati o da autorità allo scopo preposte o ad ogni modo non validati da laboratori riconosciuti, al fine di impedire comportamenti di concorrenza sleale, di false ed ingannevoli informazioni verso i cittadini e di conseguenza danni al bilancio dello Stato e compromissione dei principi della tutela dell'ambiente -:
se, al fine di impedire atti di concorrenza sleale e di comportamenti ingannevoli verso cittadini ignari, nonché per evitare il mancato raggiungimento degli obiettivi nazionali del risparmio energetico e della tutela ambientale, finanziati anche tramite agevolazioni fiscali poste a carico del bilancio dello Stato, non ritenga urgente avviare un accertamento sulla presenza in commercio di prodotti per l'isolamento termico ed il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, in particolare di materiali isolanti termoacustici
di tipo riflettente, privi di certificazioni ufficiali sulle loro prestazioni, in tal senso verificando se esistano e siano proposti e commercializzati prodotti realizzati da società francesi le cui caratteristiche prestazionali possano essere non avvalorate da riscontri ufficiali.
(4-08485)
...
Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.
La mozione Cicchitto ed altri n. 1-00423, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta dall'onorevole Bocchino. Contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme viene così modificato: «Cicchitto, Franceschini, Reguzzoni, Casini, Bocchino, Donadi, Dozzo, Fassino, Cicu, Vitali, Tempestini, Pianetta, Antonione, Volontè, Pistelli, Vernetti, Rigoni, Renato Farina, Gianni Farina, Stefani, Malgieri, Zacchera, Stucchi, Rugghia, Villecco Calipari, Arturo Mario Luigi Parisi, Barbi, Cesa, Mogherini Rebesani, Evangelisti, Gozi, Mecacci, Nirenstein, Galati, Bergamini, Formichella».
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in commissione Fucci e altri n. 7-00342, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bocciardo.
Ritiro di una firma da una interrogazione.
Interrogazione a risposta scritta Porta e altri n. 4-08374, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 agosto 2010: è stata ritirata la firma del deputato Bucchino.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in commissione Veltroni e altri n. 5-02990 del 3 giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08417.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCIERTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il problema della stabilizzazione, ossia la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, degli Ufficiali in ferma prefissata dell'Arma dei Carabinieri è stato trattato e analizzato già dal 2006 con una serie di provvedimenti normativi, attraverso i quali il legislatore è intervenuto con la finalità di sanare situazioni che si protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso il sistema di provvista di personale nelle pubbliche amministrazioni;
in particolare, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 519, prevedeva, per l'anno 2007, la stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni e la legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria 2008) prevedeva il collocamento in soprannumero rispetto all'organico dei ruoli;
la circolare n. 7 del 2007 del Ministero della funzione pubblica contemplava la possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere alla stabilizzazione del personale utilizzato con contratti di natura temporanea, ma con riferimento a fabbisogni permanenti dell'amministrazione e il decreto del Presidente della Repubblica del 29 dicembre 2007 autorizzava la stabilizzazione mediante l'assunzione a tempo indeterminato di 719 unità di personale;
ma, a fronte di tale precisa volontà parlamentare di risolvere la situazione del personale in servizio continuativo, mediante l'assunzione a tempo indeterminato, supportata, oltretutto, da cospicui stanziamenti di fondi, ancora oggi non si è giunti ad alcun concreto risultato;
tale incomprensibile ritardo provoca all'Arma dei Carabinieri, com'è logico, innumerevoli disservizi e paradossi, tanto maggiori soprattutto se si considera la particolare situazione attuale che il Paese sta attraversando, in cui la popolazione invoca una sempre maggiore sicurezza;
tale questione non riguarda solo la posizione amministrativa degli ufficiali, ma anche le loro possibilità di impiego; infatti, a fronte della loro posizione di incertezza, che dura da un anno e mezzo, detti ufficiali non possono essere impiegati per ricoprire le numerose vacanze organiche presenti nei quadri direttivi dei carabinieri -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali provvedimenti ritenga opportuno adottare affinché si ponga fine a questa situazione di incertezza dovuta ad un ritardo di natura amministrativa posto in essere dal precedente Governo.
(4-00330)
Risposta. - Il Governo, fin dall'inizio del suo mandato, ha dimostrato grande sensibilità nei confronti del tema della sicurezza ed elevato senso di responsabilità nell'adottare numerosi provvedimenti e misure finalizzate a incrementarne i livelli in tutto il Paese, conseguendo importanti risultati oggettivamente riscontrabili.
In questo quadro, una delle azioni del Governo è stata indirizzata a risolvere positivamente la problematica relativa agli Ufficiali in ferma prefissata (Ufp) dell'Arma dei carabinieri, al fine di assicurare la disponibilità di personale in possesso di maturata esperienza ed elevata professionalità per l'assolvimento dei compiti istituzionali.
Grazie anche al fattivo impegno dell'Amministrazione, gli Ufp dei carabinieri appartenenti ai corsi dal 1o all'11o sono stati ammessi al servizio permanente, attraverso specifiche procedure in relazione alle diverse fattispecie.
Più precisamente per Ufficiali gli Ufp appartenenti ai corsi dal 1o al 7o sono state applicate le procedure di stabilizzazione, essendo gli interessati in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 1, comma 519 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) e dall'articolo 3, comma 90 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007).
Rammento, infatti, che tali disposizioni - che definiscono una procedura speciale di assunzione nelle pubbliche amministrazioni in deroga alle modalità ordinarie del concorso pubblico - prevedono la possibilità di avviare le procedure di stabilizzazione nei seguenti quattro casi:
personale in servizio, al 1o gennaio 2007, da almeno tre anni, anche non continuativi;
personale in servizio, al 1o gennaio 2007, che consegue i tre anni di servizio in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;
personale che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio 1o gennaio 2002-31 dicembre 2006;
personale che consegue i tre anni di servizio in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007.
Per gli appartenenti ai corsi dall'8o all'11o non è stato possibile ricorrere alle procedure di stabilizzazione disciplinate dalle suddette disposizioni, in quanto i provvedimenti di rafferma nei loro confronti sono intervenuti dopo la data del 28 settembre 2007.
Al fine di dare anche questi ufficiali la possibilità di essere ammessi al servizio permanente, il Governo ha operato con grande incisività con l'emanazione, rispettivamente, del decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11, convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2009 n. 38 (articolo 6-bis) e del decreto legge 194 del 2009 (articolo 4, comma 4).
Il provvedimento ha fatto sì che i restanti ufficiali appartenenti ai corsi dall'8o all'11o siano stati destinatari di assunzioni a tempo indeterminato, attraverso uno specifico procedimento che ha richiesto l'espletamento di un concorso conclusosi il 15 aprile 2010 con l'ammissione in servizio permanente di tutti gli aspiranti idonei.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il signor Kotbomar Elsayed, cittadino egiziano, nato ad Alessandria il 21 marzo 1960, in Italia con regolare permesso di soggiorno dal 1990, non si è mai allontanato dal territorio italiano se non per brevi periodi, per visitare i parenti in Egitto o quelli della moglie in Romania;
il signor Kotbomar, sposato con Anna Luminita, cittadina romena, nata a Jas'i il 27 maggio 1970, risiedeva in via Portuense 193/2 a Roma al momento del
matrimonio celebrato nella primavera del 2004 con rito musulmano in Egitto;
nell'aprile 2004 la famiglia si è trasferita vicino al ristorante di proprietà del signor Kotbomar situato nel quartiere Monti di Roma, precisamente in via San Martino ai Monti 36/2 con contratto intestato alla signora Luminita e ha lasciato indicazioni ai Vigili Urbani del trasferimento. La reperibilità, pur segnalata, non sarebbe stata segnalata ai servizi del comune; a seguito di questa mancanza il signor Kotbomar è stato considerato non reperibile per 19 mesi;
il signor Kotbomar, decidendo di sposarsi anche civilmente in Italia, si è accorto di non essere stato censito nell'indirizzo nuovo della casa coniugale, e ha continuato a gestire il ristorante; ciò lo si può dedurre anche dalle dichiarazioni IRPEF e IVA, l'iscrizione alla camera di commercio di Roma e gli assegni emessi nel periodo aprile 2004-novembre 2005 presso la sua banca;
la scorsa estate 2009 il Signor Kotbomar ha fatto domanda di cittadinanza italiana che è stata respinta per la mancanza della dichiarazione ICI dei padroni di casa di via san Martino ai Monti e questo nonostante sia comprovata da più documenti, compreso il versamento regolare del pagamento delle tasse, la sua permanenza in Italia per quasi 19 anni -:
quali iniziative intende intraprendere il Ministero affinché l'errore amministrativo dei servizi anagrafici del comune di Roma non si ripercuota nei confronti del signor Kotbomar;
se non ritenga il Governo intervenire per verificare se effettivamente il pagamento regolare delle tasse e gli obblighi relativi alla gestione di un esercizio commerciale, rigorosamente rispettati dal signor Kotbomar, non siano di già una prova documentale relativa al soggiorno in Italia, per gli anni minimi previsti, riguardo la richiesta della cittadinanza italiana presentata e per la quale avrebbe egli diritto;
quali iniziative intenda assumere il Governo affinché errori come quelli segnalati in premessa non abbiano più a ripetersi.
(4-06228)
Risposta. - Il signor Kotb Omar El Sayed Mohamed Anwar, nato il 21 marzo 1960 ad Alessandria (Egitto), ha presentato, in data 25 maggio 2009, presso la prefettura di Roma, istanza di concessione della cittadinanza italiana per residenza, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91, disposizione riservata allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Risulta che l'istante è stato cancellato dall'anagrafe dei residenti, per irreperibilità, in data 6 febbraio 2004 ed iscritto di nuovo il 1o settembre 2005, come provato dal certificato storico di residenza rilasciato dal comune di Roma.
La prefettura ha pertanto rilevato la carenza dell'iscrizione anagrafica decennale ininterrotta e quindi la mancanza del requisito della residenza legale.
Secondo quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572, articolo 1, comma 2, (regolamento di esecuzione della legge n. 91 del 1992 citata), infatti, ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risieda avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica.
Le ragioni ostative all'ammissibilità dell'istanza sono state comunicate all'interessato in data 12 giugno 2009.
Le controdeduzioni inviate dal legale de signor Kotb Omar in data 31 luglio 2009 non hanno fornito elementi idonei a confutare la situazione rilevata, limitandosi ad invocare la mera presenza di fatto dell'istante sul territorio nazionale, né è stata prodotta alcuna prova sui presunti errori del comune di Roma in merito alla cancellazione anagrafica.
Il prefetto di Roma, preso atto dei complessivi elementi acquisiti, ha emesso in
data 17 novembre 2009 decreto di inammissibilità dell'istanza, notificato nella stessa data all'interessato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
BERTOLINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata ed approvata anche dall'Italia, all'articolo 18 afferma che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
nonostante si professi l'inviolabilità e la non negoziabilità dei diritti umani, la libertà di professare liberamente la religione cristiana, purtroppo, viene sempre più spesso minacciata in molti Paesi e i cristiani sono vittime di violenze e persecuzioni;
episodi recenti hanno evidenziato copie persecuzioni nei confronti dei cristiani avvengano quasi quotidianamente in Paesi come il Sudan o l'Egitto; la situazione è molto grave anche in Pakistan, dove vivono circa cinque milioni di cristiani, spesso vittime di minacce, violenze, discriminazioni e soprusi;
in Pakistan, il 99 per cento delle ragazze cristiane, provenienti da famiglie povere, lavorano come domestiche per ricchi musulmani, e sono spesso vittime di abusi e violenze fisiche, sessuali e psicologiche; l'ultimo caso risale al 22 gennaio 2010: una giovane cristiana di 12 anni, Shazia Bashir, è stata torturata, violentata e uccisa dal suo datore di lavoro, un ricco e potente avvocato musulmano di lavorare;
negli ultimi mesi nel Paese è stata registrata una escalation negli attacchi contro i cristiani e i loro luoghi di culto, perpetrati in nome di «presunte profanazioni del Corano»: molti cristiani denunciano la scarsa attenzione degli organi di informazione internazionali nei confronti della loro condizione;
il 22 aprile 2009 una banda di estremisti ha attaccato un gruppo di cristiani a Tiasar, sobborgo di Karachi, bruciando case e ferendo in modo grave tre persone; il 30 giugno, una folla di musulmani inferociti ha attaccato case dei cristiani nel villaggio di Bahmani Wala: circa 100 abitazioni sono state danneggiate; gli assalitori hanno anche rubato gioielli e contanti, distruggendo i mobili e altri arredi; il primo luglio 2009 un giovane cristiano, Imram Masih, è stato torturato a lungo da un gruppo di musulmani, poi è stato arrestato dalla polizia per aver «bruciato il Corano»; il 30 luglio migliaia di musulmani a Koriyan hanno messo a ferro e fuoco le proprietà dei cristiani, incendiando 51 abitazioni: a scatenare la follia dei musulmani, un presunto caso di blasfemia; due giorni più tardi - il primo agosto - almeno 3 mila estremisti hanno attaccato la comunità di Gojra, bruciando vive nove persone (tra cui due bambini e tre donne), ferendone altre 19 e incendiando dozzine di case;
nel settembre 2009 Shahbaz Bhatti, Ministro federale per minoranze, di fede cattolica, ha denunciato di essere da tempo vittima di pesanti minacce da parte di estremisti islamici, per aver chiesto giustizia per le vittime di Gojra e per il suo impegno parlamentare volto all'abolizione della controversa legge sulla blasfemia;
l'11 settembre 2009 ci sono state nuove violenze a Sialkot, per un presunto caso di blasfemia; i musulmani hanno attaccato la chiesa locale e alcuni edifici; un 20enne cristiano è stato arrestato e pochi giorni dopo è morto: per i secondini si è suicidato, ma i segni di tortura presenti su tutto il corpo indicano invece che le cause della morte sono state le violenze subite in cella;
i cristiani sono discriminati anche dal punto di vista sociale e professionale: nel
lavoro, negli affari e nelle cariche pubbliche; la Costituzione prevede che i non musulmani «non possono assumere la carica di Presidente o di Primo Ministro»; in alcuni casi non sono ammessi come giudici o avvocati nel corso di processi; le ideologie promosse dagli estremisti e il fondamentalismo a sfondo confessionale sono sostenuti inoltre da alcune frange del Governo e del Parlamento, ma anche della magistratura, dell'esercito e delle forze dell'ordine;
la legge sulla blasfemia punisce con l'ergastolo chi offende il Corano e prevede la condanna a morte per chi insulta Maometto: dal 1996, anno in cui è entrata in vigore, decine di cristiani sono stati uccisi per aver diffamato l'islam, 560 persone sono state accusate, 30 sono ancora in attesa di giudizio; molto spesso la legge viene utilizzata per eliminare avversari e nemici; secondo i dati forniti da Ncjp (Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana), che vanno dal 1986 all'agosto 2009, almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano; ad oggi sono 32 gli omicidi extra-giudiziali, perpetrati da folle di estremisti o singoli assassini, che il più delle volte restano impuniti;
come ha recentemente sottolineato Peter Jacob, segretario esecutivo della Ncjp, in Pakistan, l'unico Paese al mondo in cui vige una legge di questo tipo, è in atto un tentativo di creare uno «Stato islamico», in cui è negato il principio «dell'uguaglianza fra i cittadini» sancito nel 1947 da Ali Jinnah, padre fondatore della nazione, durante il discorso all'Assemblea nazionale;
padre Emanuel Mani, direttore della Ncjp, ha affermato che manca «un impegno concreto del governo e del presidente Asif Ali Zardari» volto alla cancellazione della norma sulla blasfemia, e «non sono nemmeno state fissate le linee guida per arrivare al risultato»; il Parlamento non è emersa alcuna proposta concreta per abrogare la norma, ma isolate iniziative di singoli deputati, anche musulmani;
proprio adesso che in Europa si parla di costruzione di moschee e minareti, di tutela della libertà religiosa per i musulmani residenti sul suolo dei nostri Paesi europei, varrebbe la pena di ricordare e meditare seriamente su quanto accade in molte parti del mondo a maggioranza islamica -:
quali iniziative intenda assumere al fine di farsi portavoce di una protesta per quanto è accaduto e accade ogni giorno in Pakistan;
quali iniziative intenda adottare nei confronti del Governo pakistano affinché cessino le violenze nei confronti dei cristiani e sia garantito a tutti il diritto di vivere e manifestare liberamente il proprio credo;
se non ritenga utile promuovere, sostenere ed agevolare l'approvazione di un documento ufficiale dell'assemblea generale dell'ONU, nel quale si chieda il rispetto dei diritti individuali e la garanzia della dignità umana per i fedeli cristiani in tutti i Paesi del mondo;
se non ritenga necessario attivarsi presso l'Unione europea perché non si limiti a condannare le violenze contro i cristiani in Pakistan, ma si adoperi affinché la legge sulla blasfemia, che, ad avviso dell'interrogante, altro non è se non un pretesto per colpire le minoranze religiose nel Paese, venga abolita, nonché ponga in essere iniziative adeguate nei confronti dei Paesi nei quali la libertà religiosa non è rispettata.
(4-06024)
Risposta. - La comunità cristiana in Pakistan è oggetto di discriminazione ed episodi di violenza frutto di radicati pregiudizi ideologici e sociali, nonché di un uso strumentale della legge sulla blasfemia. Le gravi violenze (con decine di case bruciate e 7 persone arse vive) di cui ad agosto 2009 sono state vittime le comunità cristiane di Gojra e Sialkot, nel Punjab, hanno visto il Governo italiano condurre una decisa azione volta a condannare gli episodi ed a sottolineare l'importanza della tutela delle minoranze religiose. Su richiesta italiana,
ed a seguito di un appello lanciato dall'onorevole Ministro Frattini al Ministro degli esteri svedese Bildt (allora Presidente di turno dell'Unione), la Presidenza dell'Ue ha effettuato un passo formale presso il Governo pakistano.
Il nostro impegno per la tutela della libertà di religione in Pakistan è stato ulteriormente testimoniato in occasione della visita in Italia del Presidente Zardari, svoltasi nel settembre 2009, allorché sia l'onorevole Presidente del Consiglio Berlusconi che l'onorevole Ministro Frattini hanno espressamente sottolineato le aspettative italiane per una efficace protezione della minoranza cristiana. Lo stesso Presidente Zardari, accompagnato dal Ministro delle minoranze Bhatti (cristiano), aveva peraltro significativamente chiesto udienza al Santo Padre.
Questa, svoltasi il 1o ottobre 2009, è stata dedicata proprio al tema della libertà di culto e della legge sulla blasfemia, norma che ha fornito il pretesto per le violenze perpetrate a danno dei cristiani. Più recentemente, abbiamo inoltre chiesto che il tema della libertà di religione e della tutela delle minoranze, così come la riforma della legge sulla blasfemia, siano inseriti tra quelli oggetto del dialogo Ue-Pakistan sui diritti umani.
Infatti, sebbene la Costituzione pakistana riconosca il principio della libertà di culto, la legge contro la blasfemia contempla sanzioni severissime (fino alla pena di morte) per coloro che «insultano i sentimenti religiosi dei musulmani» o «insultano il sacro nome del Profeta». Tali disposizioni si applicano a tutti i cittadini pakistani, ma l'esperienza ha dimostrato che esse sono state strumentalizzate ed invocate da cittadini musulmani in occasione di controversie di carattere pratico (esempio liti connesse alla disputa di proprietà o crediti) che li oppongo a cristiani o ad appartenenti ad altre minoranze.
In tema di legge sulla blasfemia, da un incontro avuto tra rappresentanti del nostro ministero degli affari esteri ed una delegazione della Commissione nazionale Giustizia e Pace pakistana nel novembre 2009 a Roma, è emerso che una campagna per l'abolizione di detta legge viene condotta in Pakistan dalla comunità cristiana (cattolica e protestante) con il sostegno della componente più consapevole e progressista della società civile, inclusi leader religiosi musulmani (e di altri culti) e parlamentari di fede islamica.
Ciò premesso, va rilevato che gli atti di intolleranza rivolti contro la minoranza cristiana non rientrano nelle pratiche delle legittime Autorità pakistane, ma risultano piuttosto riconducibili a tradizioni sociali e di integralismo islamico, peraltro presenti in misura differenziata sul territorio pakistano. Le Autorità pakistane non fomentano tali fenomeni di intolleranza e tendono a reagire per arginarne la portata e prevenirne il ripetersi, nonostante sia da registrare, soprattutto a livello locale, l'inerzia delle forze di polizia e delle istanze giudiziarie.
Le direttive politiche dell'attuale Governo democratico includono il rispetto della libertà di religione e la tutela delle minoranze ma, nonostante l'ispirazione laica, l'esecutivo pakistano incontra l'opposizione di correnti islamiste che inevitabilmente rendono difficoltoso il varo di riforme favorevoli alla tutela delle minoranze.
Malgrado il quadro legislativo resti sfavorevole, è da apprezzare il passo compiuto con l'introduzione di una quota pari al 5 per cento in favore delle minoranze nell'accesso al pubblico impiego. Tale provvedimento è stato già applicato nelle forze armate ed un significativo numero di cristiani sarebbe stato arruolato. Da rimarcare è altresì la presentazione in Parlamento di emendamenti alla legge sulla blasfemia, proposti dal Ministro per le minoranze Bhatti.
La difesa della libertà religiosa e di culto e la tutela degli appartenenti a minoranze religiose, ovunque nei mondo, costituiscono una delle priorità della politica estera italiana dei diritti umani.
Proprio prendendo spunto dagli attacchi contro la comunità cristiana avvenuti in Pakistan, l'Italia ha sollevato il tema della difesa della libertà di religione e della tutela
delle minoranze religiose nella propria azione multilaterale, ed in primo luogo in ambito Ue.
Questo impulso ha consentito di pervenire all'adozione, lo scorso 16 novembre, di conclusioni ad hoc sulla libertà di religione da parte del Consiglio affari generali e relazioni esterne.
Con questo testo, i Ministri degli esteri dei 27 hanno riaffermato il loro forte impegno per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di religione o di credo, diritto che si lega strettamente con quello alla libertà di espressione, e si sono dichiarati allarmati per le notizie di frequenti e crescenti atti di estrema violenza contro persone appartenenti a minoranze religione. Il Consiglio ha previsto anche l'avvio di un esercizio interno di valutazione degli strumenti a disposizione dell'Unione per contrastare l'intolleranza religiosa. La riflessione è pertanto proseguita in seno al gruppo di lavoro comunitario sui diritti umani, che ha accolto, in occasione della riunione del 9-10 febbraio 2010, le nostre proposte:
rafforzamento dell'azione a livello bilaterale (anche attraverso una campagna di demarches da avviare presso i Paesi terzi); rafforzamento dell'azione a livello multilaterale (oltre all'azione in ambito ONU, organizzazione di iniziative transregionali sul tema della libertà di religione); maggiore attenzione finanziaria al tema (tramite l'EIDHR - strumento finanziario Ue per la democrazia e i diritti umani) e predisposizione di uno strumento di lavoro per i Capi missione Ue.
Ad ulteriore riprova dell'impegno del nostro Governo nella difesa del diritto alla libertà religiosa, merita altresì menzione l'azione intrapresa dall'Italia, insieme ai partners dell'Unione europea, in ambito Nazioni unite, con la presentazione della risoluzione sull'intolleranza religiosa, approvata in occasione della scorsa 64a Assemblea generale delle Nazioni unite. Si tratta di un documento di grande importanza politica, dato che affronta il problema dell'intolleranza religiosa in maniera organica.
Soprattutto, l'Ue è riuscita nell'obiettivo di rappresentare le diverse sensibilità della membership in un testo condiviso che, infatti, è stato approvato dall'Assemblea generale per consenso.
Sul piano del contenuto, la risoluzione contiene innanzitutto una forte condanna di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione basate sulla religione o sul credo e riconosce l'aumento di episodi di intolleranza nei confronti delle comunità religiose nel mondo, tra le quali anche quelle cristiane.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
BOBBA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 5 luglio 2006 il consorzio di bonifica della Baraggia Biellese e Vercellese ha presentato alla provincia di Vercelli la domanda di avvio della fase di verifica della procedura di valutazione di impatto ambientale relativamente ad un progetto intitolato: «Opere per l'incremento dell'efficienza del sistema di derivazione irrigua in destra Sesia per le Rogge Comunale e Marchionale di Gattinara»;
il progetto prevede la realizzazione di una condotta forzata del diametro di metri 2,2 e della lunghezza di circa 3800 metri, che consente di derivare tutta la portata, di cui il consorzio Baraggia ha diritto, all'incile, ovvero il punto del corso d'acqua da cui si diparte il canale di irrigazione, della roggia comunale di Gattinara, posto allo sbarramento del fiume Sesia nel comune di Romagrano Sesia;
tale diritto preesistente non poteva essere esercitato in quanto mancava la condotta in grado di consentire il passaggio del flusso di acqua; la realizzazione dell'opera prevede la demolizione di circa 90.000 metri quadri di bosco, con alberi alti fino a 30 metri, lungo il ramo gattinarese del fiume;
nello stesso periodo veniva presentata un'istanza, da parte del consorzio Baraggia, per la concessione edilizia per la costruzione della condotta e delle opere accessorie, presso il comune di Gattinara;
in data 1° febbraio 2007, ha avuto luogo la conferenza dei servizi che ha sancito l'esclusione dell'intervento dalla valutazione di impatto ambientale;
a tale conferenza di servizi ha preso parte il Corpo forestale dello Stato;
i rappresentanti del Corpo, pur non opponendosi al fatto che l'opera potesse realizzarsi in mancanza di una valutazione d'impatto ambientale, formulava la richiesta di un «monitoraggio della situazione esistente dell'asta del Sesia, nel tratto interessato» considerando che «la modifica paventata al sistema fluviale deve essere valutata sulla base di dati reali»;
anche considerando l'impatto dell'opera sul patrimonio forestale l'interrogante ritiene sarebbe stato opportuno verificare con maggiore attenzione l'opportunità di una valutazione sull'impatto ambientale dell'intervento anche considerato che la decisione è stata presa con l'opposizione iniziale del comune di Romagnano Sesia e della provincia di Novara, successivamente esclusi in quanto le opere non sarebbero state realizzate su territorio di loro competenza, pur subendo le conseguenze della stessa realizzazione;
la realizzazione dell'opera ha incontrato la forte opposizione di cittadini ed enti locali interessati: nell'estate del 2009 un gruppo di cittadini del comune di Gattinara ha costituito una associazione, denominata «I Cavalieri del Sesia», con lo scopo di tutelare il territorio, che conta più di 1000 consociati, ed ha fatto proprie le istanze dei proprietari dei terreni interessati, i quali volevano opporsi al progetto, in quanto ne avrebbero subito una servitù passiva; in data 27 luglio 2009 il consiglio comunale di Romagnano Sesia ha deliberato all'unanimità il dissenso alla realizzazione dell'opera; il 9 settembre 2009, su impulso dei cittadini, il comune di Gattinara ha convocato un consiglio comunale aperto, durante il quale, all'unanimità è stato espresso un parere contrario alla realizzazione dell'opera; il 12 settembre 2009, il consigliere regionale, Alessandro Bizjak, ha presentato un'interrogazione relativa all'opera, soffermandosi in particolar modo sulla compatibilità del progetto in premessa con il piano regionale di tutela delle acque ed esprimendo diverse perplessità sulla procedura finora posta in essere -:
se le attività richieste dal Corpo forestale dello Stato nel corso della conferenza di servizi del 2007 siano state eseguite e quali ne siano le risultanze;
qualora le attività richieste non siano state eseguite quali iniziative il ministro intenda assumere affinché la giusta richiesta del Corpo forestale sia adeguatamente soddisfatta anche tenendo conto delle molteplici problematiche che la realizzazione dell'intervento produrrebbe problematiche peraltro già ampiamente segnalate ai diversi livelli istituzionali;
se sia stato verificato, sulla base di simulazioni basate sul reale stato del sistema fluviale interessato dall'intervento, come richiesto dal Corpo forestale dello Stato, quali conseguenze potrebbero derivare dalla sua realizzazione.
(4-07327)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente le opere per l'incremento dell'efficienza del sistema di derivazione irrigua in destra del fiume Sesia per le rogge comunale e marchionale di Gattinara, si fa presente che il Corpo forestale dello Stato ha rappresentato quanto segue.
Con riferimento alle valutazioni emerse nell'ambito della conferenza dei servizi svoltasi nel mese di febbraio 2007 alla quale, come citato nella citata interrogazione, «ha preso parte il Corpo forestale dello Stato», si comunica che nella citata conferenza per la fase di verifica del progetto in argomento, lo stesso progetto è stato escluso dalla procedura di valutazione
di impatto ambientale con alcune prescrizioni alle quali il progetto doveva sottostare, proprio per poter essere escluso da tale valutazione.
Una di esse era quella richiesta dal Corpo forestale dello Stato, concernente il monitoraggio dei flussi idrici del Sesia, che pareva indispensabile per poter incrementare il prelievo di ulteriore acqua da detto fiume.
Terminata questa fase, ogni autorizzazione ha proceduto per la propria strada (Beni ambientali per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, provincia di Vercelli per la concessione del prelievo delle acque, comune di Gattinara per quella edilizia).
Da dette fasi il Corpo forestale dello Stato è stato ovviamente escluso, in quanto non competente al rilascio di pareri per tali ambiti.
Risulta che il comune di Gattinara abbia deciso di non concedere le autorizzazioni di propria competenza, per motivi che però niente hanno a che fare con la richiesta prescrittiva espressa in fase di verifica da parte del Corpo forestale.
Il rispetto di tale prescrizione doveva infatti essere verificato dalla provincia di Vercelli, settore gestione delle risorse idriche, prima di procedere al rilascio della concessione in argomento.
La provincia non ha tuttavia ripreso tale prescrizione, poiché, come si evince dall'atto n. 1699 datato 8 luglio 2009 della predetta amministrazione provinciale, il prelievo idrico dal corpo del fiume Sesia rimarrà invariato rispetto a quanto precedentemente autorizzato per scopi irrigui con decreto ministeriale 2 novembre 2000 n. 10640.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.
BORGHESI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Franco Les è nato a Cesena il 29 settembre 1947. La sua mamma era italiana, nata a Maglie (Lecce) e suo padre era un soldato polacco;
appena nato si trasferirono in Argentina, dove è cresciuto con documenti argentini che lo indicavano come cittadino italiano. Ha ricevuto all'indirizzo dei nonni materni la convocazione alle armi. Presentatosi al consolato in Argentina, è stato dispensato dall'effettivo servizio;
fino a che, nell'anno 1985, a causa del suo primo viaggio in Italia, con grande rammarico, venne a conoscenza di non essere riconosciuto cittadino italiano. Per viaggiare ha dovuto chiedere alle autorità argentine un passaporto speciale per stranieri;
quindi, a sua insaputa, è stato un apolide per quasi quaranta anni;
la sua mamma riacquistò la cittadinanza nell'anno 1981. Le leggi italiane consentivano ai mariti stranieri di queste donne di scegliere pure loro la cittadinanza italiana. E persino i figli a condizione di essere nati dopo il 1° gennaio 1948;
tutta la sua famiglia avrebbe potuto acquisire la cittadinanza italiana tranne lui stesso. La vicenda oltre che assurda è anche discriminatoria;
è vero che il problema si ricollega all'entrata in vigore della Costituzione italiana ma si dovrebbe trovare il modo di concedere, a quanti si trovano in tale situazione, la cittadinanza che spetta di diritto;
ad esempio alle donne che hanno riacquistato la cittadinanza, basterebbe ridarla senza interruzioni, senza lasciare quel vuoto tra il matrimonio e il riacquisto. Per altro, la mamma del signor Les, non ha mai accettato altre cittadinanze;
al momento l'interessato è cittadino argentino, residente in Italia da cinque anni e mezzo, ha fatto domanda di cittadinanza, ed è in attesa dell'esito che è comunque discrezionale, e, in ogni caso, avrà effetto da quel momento e non dalla nascita -:
se i ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano di dover intervenire mediante apposite iniziative normative in modo da riconoscere la cittadinanza italiana a figli di genitori italiani anche se nati prima del 1948.
(4-05918)
Risposta. - In ordine alla questione segnalata dall'interrogante, si assicura che è convinto intendimento del Governo di individuare un'adeguata soluzione al problema del riconoscimento della cittadinanza italiana alle donne che l'avevano persa a seguito di matrimonio con un cittadino straniero e ai loro figli.
Il Governo è mosso, a tale proposito, dalla piena condivisione dei princìpi affermati dalla Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 e, ancor prima, dalle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983 che attengono al fondamentale riconoscimento della parità tra uomo e donna, sancito dalla Costituzione italiana.
Il Governo ha sviluppato ogni possibile approfondimento per poter applicare, anche in via amministrativa, quanto stabilito dalla Corte di cassazione, con la citata sentenza, per ciò che riguarda il riconoscimento in sede giudiziale dello status di cittadino italiano alle donne che si trovano nella condizione citata.
L'esame a tal fine avviato, d'intesa con il ministero degli affari esteri, ha fatto emergere alcuni limiti procedimentali imposti dalla legislazione vigente, dovuti alla necessità di acquisire la dichiarazione di volontà delle donne interessate, secondo quanto stabilito dall'articolo 219 della legge n. 151 del 1975, espressamente richiamato al secondo comma dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992.
Inoltre, la disposizione dell'articolo 15 della medesima legge n. 91 del 1992 - cui fa riferimento anche la sentenza della Corte di cassazione - stabilisce che l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza può avere effetto solo dal giorno successivo a quello in cui si sono realizzate le condizioni richieste dalla legge.
Infine, ulteriore vincolo procedimentale - per l'applicazione in via amministrativa del principio stabilito dalla suddetta giurisprudenza costituzionale e di legittimità - deriva dal disposto dell'articolo 14 della già citata legge n. 91 del 1992, che stabilisce che solo i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza, se conviventi, acquistano automaticamente lo status civitatis.
Pertanto, acquisita la consapevolezza della necessità di un'iniziativa di carattere legislativo, finalizzata alla soluzione del problema, il ministero dell'interno e il ministero degli affari esteri avevano avviato un'ipotesi di intervento normativo volto, tra l'altro, a sopprimere il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione di riacquisto della cittadinanza, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992, e a riconoscerne il possesso ininterrotto per la donna che l'aveva persa dopo il 1o gennaio 1948, per effetto del matrimonio contratto con un cittadino straniero, ed ai suoi discendenti in linea retta.
La proposta era stata presentata, su iniziativa del ministero degli affari esteri, in sede di predisposizione dello schema del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative». In tale circostanza, per motivi esclusivamente tecnici l'iniziativa non ha avuto buon fine poiché non era possibile recepirla nel testo del provvedimento.
Un secondo tentativo è stato compiuto in sede di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante «Disposizioni urgenti in tema di immunità di stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero». Tuttavia anche in questo caso, sempre per motivi di natura squisitamente tecnica, la vicenda non ha avuto la soluzione auspicata.
Consapevole dell'importanza e della delicatezza delle aspettative di tanti connazionali di vedersi riconosciuto il legame mai interrotto con il loro paese di origine, il Governo intende comunque adottare un ulteriore, specifico intervento normativo che riproponga quello non accolto in precedenza. Al riguardo, sono in corso le concertazioni con gli altri ministeri interessati e, non appena possibile, verrà effettuato
un ulteriore tentativo di soddisfare le legittime aspettative degli interessati.
Per quanto riguarda la vicenda del presunto signor Franco Les, in base a quanto risulta agli atti del dipartimento per le libertà civili e immigrazione di questo ministero, la persona risulterebbe essere il signor Francisco Lesnik, nato a Cesena il 29 settembre 1947 da madre italiana e da padre all'epoca soldato polacco e attualmente cittadino argentino.
Il signor Lesnik ha presentato, nel settembre 2007, istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 9, comma 1 lettera a) della legge n. 91 del 1992, che è attualmente in fase di approfondimento in ordine alla condizione reddituale.
La madre del signor Lesnik, avendo contratto matrimonio con un cittadino polacco acquisiva, come previsto dalla legge polacca sulla cittadinanza del 20 gennaio 1920, in vigore fino al 1949, automaticamente lo «status civitatis» del coniuge, perdendo conseguentemente quello italiano per effetto dell'articolo 10 della legge n. 555 del 1912.
Si aggiunge, inoltre, che all'epoca dei fatti alcuni militari polacchi di stanza in Italia divennero apolidi per effetto di provvedimenti con i quali il Governo polacco, nel 1949, privò della cittadinanza alcuni ex ufficiali facenti parte del Corpo d'armata del generale Anders. Ed ancora, con una legge dell'8 gennaio 1951, le autorità di quel paese stabilirono che un cittadino polacco che viveva all'estero poteva essere privato della cittadinanza per avere illegalmente lasciato il territorio nazionale dal 9 maggio 1945 e non avervi fatto rientro sebbene invitato in tal senso dal Governo allora in carica.
Se il signor Lesnik potesse documentare che il padre è stato privato della cittadinanza d'origine per effetto dei citati provvedimenti e versasse in uno status di apolidia al momento della sua nascita, la cittadinanza italiana per derivazione materna potrebbe essergli riconosciuta ai sensi dell'articolo 1, comma 2 della legge n. 555 del 1912, all'epoca vigente.
Tali circostanze potrebbero essere provate con apposita attestazione rilasciata dall'Autorità diplomatico-consolare polacca dalla quale risulti che l'intestatario non ha acquisito la cittadinanza polacca o con passaporto attestante la condizione di apolidia dello stesso, rilasciato dalla Croce rossa internazionale alla luce delle complesse vicende del periodo storico-sociale del dopoguerra.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
BORGHESI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la bisnonna del signor Alex Garcia è nata a Milano nel 1847. Successivamente emigrò in Messico dove si sposò non diventando mai messicana naturalizzata. Dopo due generazioni nacque la madre Maria Susana Najera Sainz nel 1951;
la Corte di Cassazione con sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 http://www. gaspari.it/pdf/120309a.pdf enuncia il seguente principio di diritto: «La titolarità della cittadinanza italiana va riconosciuta in sede giudiziaria, indipendentemente dalla dichiarazione resa dall'interessata ai sensi dell'articolo 219 della legge n. 151 del 1975, alla donna che l'ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1° gennaio 1948 (...).
Per lo stesso principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1° gennaio 1948, anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della legge n. 255 del 1912, determinando il rapporto di filiazione, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione a lui dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto (...). Da quest'ultimo quindi lo stato, per il rapporto di paternità, deve trasmettersi alla figlia, ricorrente in questa sede e alla quale deve riconoscerla».
Nella conclusione: «ordina al Ministero dell'interno e, per esso, all'ufficiale dello
stato civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza della persona indicata, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti»;
tale sentenza rispecchia esattamente la situazione dell'interessato -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano di dover assumere iniziative di carattere normativo in modo da poter riconoscere la cittadinanza italiana a figli di genitori italiani anche se nati prima del 1948 e conseguentemente alle generazioni successive.
(4-06195)
Risposta. - In ordine alla questione segnalata dall'interrogante, si assicura che è convinto intendimento del Governo di individuare un'adeguata soluzione al problema del riconoscimento della cittadinanza italiana alle donne che l'avevano persa a seguito di matrimonio con un cittadino straniero e ai loro figli.
Il Governo è mosso, a tale proposito, dalla piena condivisione dei princìpi affermati dalla Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 e, ancor prima, dalle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983 che attengono al fondamentale riconoscimento della parità tra uomo e donna costituzionalmente riconosciuto.
Il Governo ha sviluppato ogni possibile approfondimento per poter applicare, anche in via amministrativa, quanto stabilito dalla Corte di cassazione, con la citata sentenza, per ciò che riguarda il riconoscimento in sede giudiziale dello status di cittadino italiano alle donne che si trovano nella condizione citata.
L'esame a tal fine avviato, d'intesa con il ministero degli affari esteri, ha fatto emergere alcuni limiti procedimentali imposti dalla legislazione vigente, dovuti alla necessità di acquisire la dichiarazione di volontà delle donne interessate, secondo quanto stabilito dall'articolo 219 della legge n. 151 del 1975, espressamente richiamato al secondo comma dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992.
Inoltre, la disposizione dell'articolo 15 della medesima legge n. 91 del 1992 - cui fa riferimento anche la sentenza della Corte di cassazione - stabilisce che l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza può avere effetto solo dal giorno successivo a quello in cui si sono realizzate le condizioni richieste dalla legge.
Infine, ulteriore vincolo procedimentale - per l'applicazione in via amministrativa del principio stabilito dalla suddetta giurisprudenza costituzionale e di legittimità - deriva dal disposto dell'articolo 14 della già citata legge n. 91 del 1992, che stabilisce che solo i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza, se conviventi, acquistano automaticamente lo status civitatis.
Pertanto, acquisita la consapevolezza della necessità di un'iniziativa di carattere legislativo, finalizzata alla soluzione del problema, il ministero dell'interno e il ministero degli affari esteri avevano avviato un'ipotesi di intervento normativo volto, tra l'altro, a sopprimere innanzitutto il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione di riacquisto della cittadinanza, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992, e a riconoscerne il possesso ininterrotto per la donna che l'aveva persa dopo il 1o gennaio 1948, per effetto del matrimonio contratto con un cittadino straniero, ed ai suoi discendenti in linea retta.
Nella proposta si prevedeva, inoltre, la possibilità di presentare istanza di riconoscimento per nascita solo per i figli e i discendenti in linea retta non oltre il secondo grado del genitore o dell'avo dei quali è documentata la cittadinanza italiana.
La proposta era stata presentata, su iniziativa del ministero degli affari esteri, in sede di predisposizione dello schema del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative». In tale circostanza, per motivi esclusivamente tecnici l'iniziativa non ha avuto buon fine poiché non era possibile recepirla nel testo del provvedimento.
Un secondo tentativo è stato compiuto in sede di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante «Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero». Tuttavia anche in questo caso, sempre per motivi di natura squisitamente tecnica, la vicenda non ha avuto la soluzione auspicata.
Consapevole dell'importanza e della delicatezza delle aspettative di tanti connazionali di vedersi riconosciuto il legame mai interrotto con il loro paese di origine, il Governo intende comunque adottare un ulteriore, specifico intervento normativo che riproponga quello non accolto in precedenza. Al riguardo, sono in corso le concertazioni con gli altri ministeri interessati e, non appena possibile, verrà effettuato un ulteriore tentativo di soddisfare le legittime aspettative degli interessati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
BRAGANTINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione del comune di Montecchia di Crosara (Verona), avrebbe intenzione di spostare il Monumento ai caduti, collocato nella piazza centrale del predetto comune il 24 settembre 1922;
l'amministrazione comunale non terrebbe conto delle numerosissime adesioni dei cittadini che si opporrebbero alla rimozione del Monumento ai caduti, collocato in maniera strategica in una piazza di notevole importanza storica e commerciale (mercato delle ciliegie, della frutta in genere, del bestiame, e altro);
la realizzazione del monumento è stata fortemente voluta dalla popolazione, dalle autorità ecclesiastiche e civili del tempo a ricordo e memoria dei caduti nella prima guerra mondiale;
la mancata individuazione della nuova area adatta al posizionamento del predetto monumento avrebbe bloccato da circa un anno gli attuali lavori di ripristino e arredo urbano di piazza Frutti, con notevoli ripercussioni negative sulle attività commerciali e sulla viabilità;
l'intenzione di spostare il monumento rischia di sminuirne il valore affettivo, storico e culturale in quanto non esiste posizione più appropriata e dignitosa di quella attuale;
l'ipotesi di spostare il monumento in piazza Umberto I comporterebbe successivi aggravi economici da sommare alle notevoli spese appena sostenute per le opere urbane di recentissima realizzazione;
qualora nelle città d'arte si adottasse il criterio del «fare, disfare, spostare, rifare, eliminare, nascondere...», probabilmente non avremmo più monumenti, reperti, testimonianze storiche da tramandare;
il Monumento ai caduti possiede il requisito della vetustà, e, conseguentemente assoggettato al regime proprio del patrimonio demaniale culturale e, quindi sottoposto a particolare tutela -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per tutelare il monumento in questione e per continuare a rendere pienamente fruibile un bene storico-artistico che è ormai diventato simbolo e patrimonio culturale della comunità locale, favorendone il mantenimento nello spazio in cui è posizionato, al fine di rendere più accogliente la sosta dei visitatori.
(4-06868)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva che attualmente non è stata presentata presso i competenti uffici di questo ministero alcuna istanza di rilascio di autorizzazione alla rimozione del monumento ai caduti sito nel comune di Montecchia di Crosara.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
CAPARINI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le pompe di calore ad assorbimento alimentate a gas (GAHP, Gas Absorption Heat Pump) sono ecologiche perché usano metano ed energie rinnovabili;
riscaldando con una GAHP si riduce l'emissione di 4,2 tonnellate di CO2 equivalenti a quelle assorbite da 560 alberi o a quelle emesse da 2 automobili ecologiche;
riscaldando con le GAHP ogni anno si risparmiano 1,6 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio); ne consegue che se il Paese sostituisse il 4,3 per cento del parco caldaie esistente raggiungerebbe l'obiettivo di riduzione dei consumi energetici definito dal decreto ministeriale del 21 dicembre 2007 per il 2009 (in conformità al Protocollo di Kyoto);
dal punto di vista dell'economia domestica è stimato un risparmio sulle spese di riscaldamento per gli utenti che va dal 30 al 50 per cento e, in funzione del costo dell'energia, il pay back dell'impianto varia tra i 2 e i 4 anni;
ogni GAHP installata genera 0,675 nuovi posti di lavoro altamente specializzati: a puro titolo esemplificativo 10.000 GAHP installate generano circa 6750 posti di lavoro altamente specializzati, 1.200 posti di lavoro diretti per la produzione, 3.600 posti di lavoro per l'indotto industriale, 1.700 posti di lavoro per l'indotto tecnico e commerciale, 250 professionisti della formazione nelle tecnologie che utilizzano energie rinnovabili. Inoltre, all'installazione di una GAHP sono generalmente abbinati altri lavori di riqualificazione e ristrutturazione degli immobili, alimentando così una spirale virtuosa;
riscaldando con le GAHP con pochi euro al metro quadrato, si incrementa di una classe energetica l'intero immobile; le GAHP sono l'ideale integrazione degli impianti esistenti, siano essi a energia solare, con pompe di calore elettriche, o caldaie a condensazione;
ad oggi, più di 3000 pompe di calore ad assorbimento a gas stanno facendo risparmiare 4800 TEP ogni anno, nonostante non abbiano ancora un nome «commerciale» e siano quindi «trasparenti» alla maggior parte di coloro che potrebbero trarne vantaggi -:
se nel quadro del nuovo piano energetico, il Ministro intenda con misure agevolative ed incentivanti dare impulso alla tecnologia a pompa di calore ad assorbimento alimentate a gas.
(4-03304)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, si rappresenta che le pompe di calore ad alta efficienza sono incentivate mediante lo strumento delle detrazioni fiscali del 55 per cento introdotte con la legge finanziaria per il 2007 e rinnovate con la legge finanziaria per il 2008 sino 31 dicembre 2010.
Più precisamente, l'articolo 1, comma 286, della citata legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) stabilisce che le disposizioni di cui al citato articolo 1, comma 347 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), si applicano anche alle spese relative alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernali con pompe di calore ad alta efficienza.
L'incentivazione di cui sopra è quindi disciplinata in dettaglio dal decreto ministeriale 7 aprile 2008: «Disposizioni in materia di detrazione per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell'articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico che modifica il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 19 febbraio 2007, recante: «Disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell'articolo 1, comma 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007».
In sostanza, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008, sono detraibili le spese per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di pompe di calore ad alta efficienza. La detrazione fiscale è pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un massimo detraibile di 30 mila euro.
Gli impianti così incentivabili devono rispettare dei requisiti minimi di redimendo e di efficienza relativamente al Cop - coefficiente di prestazione di una pompa calore che esprime il rapporto tra il calore fornito e l'elettricità o il gas consumati, e al Eer - indice di efficienza energetica di una pompa di calore che esprime il rapporto tra la produzione di freddo e l'elettricità o il gas consumati.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
CASSINELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008 stabilisce che le comunicazioni tra la pubblica amministrazione ed i soggetti iscritti negli albi professionali istituiti dalla legge possano avvenire per mezzo di posta elettronica certificata senza che sia necessario il consenso degli interessati;
ciò non accade nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini non iscritti negli albi professionali;
dalla lettera della legge non è chiaro se il regime particolare di cui sono destinatari i soggetti iscritti negli albi professionali valga esclusivamente nello stretto ambito professionale oppure anche in situazioni estranee alla loro attività professionale;
un'interpretazione che privilegiasse la seconda ipotesi apparirebbe particolarmente iniqua, creando una ingiustificabile discriminazione tra cittadini iscritti e non iscritti negli albi professionale -:
se il Governo non intenda opportuno emanare apposita circolare, o altro atto, al fine di chiarire un punto poco chiaro del citato decreto-legge, la cui interpretazione letterale potrebbe dar vita a situazioni paradossali.
(4-05895)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito alla disposizione di cui all'articolo 16, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, come convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, volta a prevedere che le comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni ed i soggetti iscritti negli albi professionali possano avvenire per mezzo della posta elettronica certificata (Pec) senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l'utilizzo.
Tale disposizione, asserisce l'interrogante, non chiarisce «se il regime particolare di cui sono destinatari i soggetti iscritti negli albi professionali valga esclusivamente nello stretto ambito professionale oppure anche in situazioni estranee alle loro attività professionali».
Com'è noto, la posta elettronica certificata espleta la medesima efficacia giuridica riconosciuta dall'ordinamento alla trasmissione per posta raccomandata tradizionale con avviso di ricevimento, alla quale si aggiunge, unitamente alla sottoscrizione digitale, l'ulteriore certificazione del contenuto del messaggio inoltrato, con evidenti benefici anche in termini di accertamento e valorizzazione delle attività compiute nell'adempimento del mandato professionale.
Ciò rappresenta, quindi, un passo avanti significativo nel processo di digitalizzazione delle attività volto a migliorare il rapporto informatico-telematico fra cittadini, professionisti, imprese e pubblica amministrazione, nonché l'ottimizzazione dei tempi, la semplificazione delle procedure e la riduzione dei costi amministrativi a carico dei soggetti che operano nel mercato.
È da chiarire comunque, in via preliminare, che l'articolo 16 del citato decreto-legge,
ha reso obbligatorio il possesso della posta elettronica certificata solamente per le società, i professionisti e le amministrazioni pubbliche.
Per quanto riguarda in particolare i professionisti, il comma 7 del medesimo articolo dispone che gli stessi si dotino di un indirizzo di posta elettronica certificata da comunicare ai rispettivi ordini o collegi. Questi ultimi avranno il compito, dal canto loro, di costituire e pubblicare un elenco riservato, contenente i dati identificativi degli iscritti ed il relativo indirizzo di posta elettronica, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni.
Tale previsione è finalizzata a semplificare i rapporti fra i professionisti e la pubblica amministrazione riducendo, nel contempo, i tempi ed i costi delle comunicazioni fra i medesimi. In tal modo la posta elettronica certificata (Pec) è destinata a divenire il mezzo di comunicazione privilegiato, ed in definitiva l'unico, con le pubbliche amministrazioni.
È di tutta evidenza, peraltro, che la trasmissione telematica di documenti costituisca di per sé strumento idoneo ad agevolare l'attività del professionista consentendo allo stesso di porsi sul mercato in modo più competitivo.
In conclusione, l'obbligo posto a carico dei professionisti dall'articolo 16 è finalizzato ad ottimizzare le comunicazioni fra la pubblica amministrazione ed i soggetti che operano sul mercato in qualità di esercenti una libera professione. I medesimi professionisti, in veste di cittadini, potranno dotarsi di una casella di posta certificata (Cec-Pac) per i rapporti con la pubblica amministrazione che non attengano alla loro formazione professionale.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
CONTENTO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
all'interno di alcuni immobili di proprietà del Ministero interrogato e siti in località Centocelle a Roma, sarebbero conservate migliaia di schede personali degli appartenenti alle Forze armate e delle milizie volontarie fino all'Armistizio del 1943;
la fatiscenza di tali edifici sarebbe tale che gli stessi da tempo non risulterebbero più agibili;
l'unità responsabile del prezioso materiale ivi conservato risulta la «Persomil», quinto reparto, sedicesima divisione, quinta sezione, operativa alla Cecchignola, a Roma;
la documentazione depositata a Centocelle, già ben catalogata, sarebbe, pertanto, a rischio di decadenza a causa dello stato di cattiva conservazione, nonché della possibile presenza di infiltrazioni d'umidità e di incursioni da parte di ratti e altri animali -:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa e, in caso di risposta affermativa, se intenda disporre al più presto il trasferimento in una sede più congrua ed appropriata del materiale storico attualmente depositato nei magazzini inagibili di Centocelle;
se nel territorio nazionale esistano ulteriori archivi simili a quello oggetto del presente atto e in condizioni di manutenzione similari;
per quali ragioni la documentazione in esame non sia mai stata affidata agli archivisti del Ministero della difesa, atteso il suo altissimo valore per la storia bellica - e non solo - del nostro Paese.
(4-07357)
Risposta. - Desidero sottolineare, in premessa, che in mancanza dei dati relativi alle serie documentali oggetto dell'interrogazione, non è possibile individuare con precisione il deposito/magazzino cui si riferisce l'interrogante.
È presumibile, tuttavia, che si tratti della documentazione della 16a divisione della direzione generale del personale militare, custodita presso l'Archivio generale di deposito di via Casilina, nel capannone n. 9, oggetto di un provvedimento d'interdizione
all'accesso, disposto ai sensi del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 (testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), al fine di salvaguardare l'incolumità e la sicurezza dei lavoratori.
Il suddetto provvedimento di interdizione è stato rimosso all'esito dell'accertamento tecnico da cui è emerso che nessun locale è inagibile, per quanto si rendano necessari alcuni lavori già programmati.
Per quanto riguarda le «incursioni di ratti e di altri animali», si sottolinea che tale asserzione non trova riscontro nella realtà in considerazione del fatto che i capannoni che ospitano l'archivio sono oggetto di regolare servizio di pulizia.
In ragione di tali osservazioni, si assicura che la documentazione in questione non versa in stato di cattiva conservazione, fatta salva la normale usura del tempo.
Analoga considerazione vale anche per gli altri archivi della difesa sparsi sul territorio nazionale.
Si precisa, infine, che la custodia degli archivi è affidata a personale generico, poiché nella pianta organica della competente direzione generale non è previsto personale con specifica competenza archivistica.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
DELLA VEDOVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 22, lettera r), della legge numero 94 del 15 luglio 2009, prevede che al testo unico sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 all'articolo 27, dopo il comma 1-bis, siano inseriti i seguenti commi:
«1-ter. Il nulla osta al lavoro per gli stranieri indicati al comma 1, lettere a), c) e g), è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di Contratto di soggiorno per lavoro subordinato, previsto dall'articolo 5-bis. La comunicazione è presentata con modalità informatiche allo sportello unico per l'immigrazione della prefettura-ufficio territoriale del Governo. Lo sportello unico trasmette la comunicazione al questore per la verifica della insussistenza di motivi ostativi all'ingresso dello straniero ai sensi dell'articolo 31, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e, ove nulla osti da parte del questore, la invia, con e medesime modalità informatiche, alla rappresentanza diplomatica o consolare per il rilascio del visto di ingresso. Entro otto giorni dall'ingresso in Italia lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione, unitamente al datore di lavoro, per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e per la richiesta del permesso di soggiorno.
1-quater. Le disposizioni di cui al comma 1-ter si applicano ai datori di lavoro che hanno sottoscritto con il Ministero dell'interno, sentito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un apposito protocollo di intesa, con cui i medesimi datori di lavoro garantiscono la capacità economica richiesta e l'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro di categoria»;
la disciplina più favorevole riguarda categorie di lavoratori definite in modo preciso e in particolare:
a) dirigenti o personale altamente specializzato di Società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'unione europea (articolo 27, comma 1, lettera a), del testo unico immigrazione);
b) i professori universitari destinati a svolgere in Italia un incarico accademico (articolo 27, comma 1, lettera c), del testo unico immigrazione);
c) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente a domanda del datore
di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati (articolo 27, comma 1, lettera g), del testo unico immigrazione) -:
se si sia provveduto ad implementare la disciplina prevista, quanti protocolli siano stati ad oggi stipulati e quanti ingressi di lavoratori extracomunitari siano stati effettuati in attuazione dell'articolo 1, comma 22, lettera r) della legge 94 del 15 luglio 2009.
(4-06076)
Risposta. - Il ministero dell'interno annette grande importanza all'attuazione delle disposizioni che consentiranno una significativa semplificazione degli adempimenti per l'ingresso di alcune particolari categorie di lavoratori, introdotte dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, attraverso una semplice comunicazione in via informatica agli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture.
A tal fine, d'intesa con il ministero del lavoro e delle politiche sociali, si sta provvedendo alla redazione dello schema del protocollo d'intesa e contestualmente all'adeguamento delle procedure informatiche.
Al momento sono già pervenute diverse richieste da parte di aziende interessate, che a breve potranno essere esaminate al fine dell'ammissibilità alla sottoscrizione del protocollo d'intesa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
D'INCECCO, BOCCUZZI, BINETTI, CASTAGNETTI, LARATTA, GRASSI, AGOSTINI, PORTAS, LA FORGIA e MISIANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Corpo della guardia di finanza annovera tra i suoi piloti militari sette appartenenti alla categoria sottufficiali (ruolo ispettori); la restante parte, quantificabile in circa quaranta unità, è inquadrata nella categoria ufficiali;
tutte le forze armate e le forze di polizia ad ordinamento militare in Europa inquadrano la figura professionale del pilota militare (da non confondere con i militari in possesso del brevetto militare di pilota d'elicottero) nel ruolo ufficiali;
l'Aeronautica militare italiana, arma deputata per eccellenza all'effettuazione dell'attività di volo, ha, negli anni '80, avviato ed incentivato il passaggio alla categoria ufficiali di tutto il personale appartenente alla categoria sottufficiali in possesso del brevetto di pilota militare;
tutto ciò, è avvenuto in ragione della particolare attività del pilota militare, responsabile del mezzo aereo con cui opera e dell'incolumità dell'equipaggio, e per dare il giusto riconoscimento alle singole capacità professionali ed una più adeguata remunerazione economica;
la guardia di finanza, a giudizio dell'interrogante, con l'indizione di corsi di pilota militare aperti al ruolo di ispettore, sembra aver fatto un passo indietro, senza tener conto del fatto che altre forze armate hanno inteso limitare ai soli ufficiali tale profilo;
la normativa che disciplina i ruoli del Corpo della guardia di finanza, il decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69, penalizza la progressione di carriera di chi, appartenente al ruolo degli ispettori, è in possesso di specializzazione del comparto aeronavale, prevedendo, nei pochi concorsi banditi, a differenza del ruolo speciale, il requisito della laurea specialistica -:
se non si intenda intervenire al fine di eliminare tale disparità di trattamento che danneggia i marescialli piloti militari del Corpo della guardia di finanza e quali siano le modalità con cui si intendono superare tali disuguaglianze.
(4-05903)
Risposta. - Con l'interrogazione in esame, si chiede di conoscere se si intendono adottare iniziative per eliminare la disparità di trattamento che danneggia i «marescialli piloti militari» del Corpo della
guardia di finanza rispetto ai piloti militari delle altre forze armate e di polizia.
In particolare, tale disparità sarebbe determinata dalla circostanza che per il Corpo della guardia di finanza la normativa penalizza la progressione di carriera degli appartenenti al ruolo degli ispettori, prevedendo, nei concorsi banditi, a differenza del ruolo speciale, il requisito della laurea specialistica (combinato disposto dell'articolo 7, comma 8 e dell'articolo 8, comma 5 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69).
Al riguardo, il Comando generale della guardia di finanza ha rappresentato che, con determinazione del comandante generale del 14 agosto 2009, è stato istituito un gruppo di lavoro con il compito di procedere ad un complessivo esame delle problematiche del ruolo aeronavale e alla individuazione delle relative soluzioni, sul piano tecnico e normativo.
In tale contesto, è allo studio anche la possibilità di modificare l'articolo 7, comma 8 e l'articolo 8, comma 5 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69, al fine di consentire agli ispettori del comparto aeronavale l'accesso alla categoria ufficiali a parità di condizioni e di requisiti con i parigrado appartenenti ad altri comparti del Corpo.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.
D'IPPOLITO VITALE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la piana di Rosarno-Gioia Tauro ospita ulivi secolari vere e proprie «sculture viventi» statue naturali, artistici monumenti «vivi»;
sono state raccolte 5.000 firme per convincere l'Unesco a dichiarare quelle vetuste piante patrimonio dell'umanità;
è diventato urgente salvaguardare questo tesoro naturalistico per il diffondersi del fenomeno della cosiddetta «tratta degli ulivi»: una pratica selvaggia di espianto degli ulivi che vengono poi trasferiti in proprietà private a regioni del centro-nord Italia;
risultano evidenti i gravi danni e gli scompensi ambientali provocati nelle zone d'origine e l'impoverimento del patrimonio paesaggistico calabrese a vantaggio di pochi e spregiudicati speculatori;
gli ulivi di cui in premessa costituiscono specie unica al mondo, «memoria storica di una civiltà che va scomparendo, insieme ad una classe sociale i contadini» -:
quali iniziative possano essere adottate per evitare i gravi danni economici, ambientali e culturali di cui in premessa;
se non ritengano necessario assumere iniziative normative per proteggere, quale biodiversità di pregio, l'ulivo piantato dai greci e salvaguardare l'identità naturale della Calabria e della sua gente da questa pericolosa ed esuberante logica di mercificazione di tutto, quale nuova e prevalente cultura.
(4-06267)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
Il comprensorio territoriale della Piana di Gioia Tauro fin dal 1967 è un ambito soggetto alle disposizioni di tutela del Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004).
In particolare, la dichiarazione di notevole interesse pubblico (decreto ministeriale 11 ottobre 1967 per le aree ricadenti nel comune di Gioia Tauro e decreto ministeriale 12 dicembre 1967 per quelle ricadenti nel comune di Rosarno), scaturisce dal riconoscimento del notevole valore paesaggistico rivestito dai siti in questione in cui l'insieme dei segni geografici e geomorfologici derivanti anche dalla presenza della vegetazione arborea quale agrumeti ed uliveti, sono considerati fattori di caratterizzazione che identificano e qualificano l'ambito territoriale.
L'espianto di piante di ulivo e del probabile trasferimento, cui si fa riferimento nell'interrogazione, avviene in assenza di
autorizzazione e quindi in violazione delle disposizioni di tutela sopra citate.
Pertanto, alla luce di quanto sopra, stante le misure di tutela adottate con i decreti di vincolo sopra indicati, si rassicura l'interrogante che i competenti uffici di questo ministero non mancheranno di garantire massima collaborazione nelle forme e nei modi definiti dalla normativa vigente all'attività di vigilanza e di controllo che sarà intensificata dalle Forze dell'ordine e dalla Polizia municipale.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
DONADI e PALADINI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
tra coloro che si vedono negato il diritto al lavoro oggi c'è una nuova categoria, quella dei «vincitori di concorsi pubblici non assunti». Migliaia di giovani, credendo che in Italia si riconosca importanza alla competenza e al merito, si impegnano per anni nello studio, fanno sacrifici economici per sostenere le spese per libri di testo, corsi per la preparazione delle prove concorsuali nonché per gli spostamenti e i pernottamenti nelle sedi di svolgimento delle suddette prove, nella convinzione che se supereranno un concorso pubblico, finalmente avranno la possibilità di trovare un lavoro;
superate tutte le prove concorsuali, pubblicata la graduatoria definitiva dei vincitori, questi giovani tirano un sospiro di sollievo. Purtroppo è proprio a questo punto che essi si vengono a trovare di fronte ad un amara realtà: i vincitori dei concorsi pubblici non verranno assunti, perché a causa della crisi internazionale, non ci sarebbero sufficienti risorse economiche;
il diritto all'assunzione di tutti questi giovani è stato «sospeso a tempo indeterminato» ad opera dell'articolo 17, comma 7, del decreto-legge 10 luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, che ha introdotto un ulteriore blocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni dopo che già l'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, aveva previsto il divieto di procedere ad assunzioni in mancanza di riduzioni degli assetti organizzativi;
tale nuovo blocco è venuto meno con l'articolo 2, comma 8-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 25; quindi, le amministrazioni che hanno ottemperato alle previsioni di cui all'articolo 74 della legge n. 133 del 2008, potranno procedere all'assunzione di personale;
occorre evidenziare, però, che la legge n. 25 del 2010, all'articolo 2, prevede un nuovo intervento di riduzione degli assetti organizzativi, che deve essere effettuato entro il 30 giugno 2010;
risulta, peraltro, evidente che le amministrazioni potranno assumere nuovo personale solo entro tale data, altrimenti, per scongiurare l'ulteriore blocco, dovranno adottare immediatamente i provvedimenti necessari a realizzare la nuova misura;
questa situazione non solo impedisce a migliaia di giovani vincitori di concorsi di essere assunti, ma secondo gli interroganti fa sì che il principio della raccomandazione si affermi sempre più come fondamento della nostra società, a scapito del principio della meritocrazia. Infatti, nel contempo risulta, paradossalmente, che alcune pubbliche amministrazioni al fine di ovviare ad esigenze di servizio, analoghe a quelle fondanti l'espletamento dei concorsi, stanno procedendo, al di fuori di ogni evidenza pubblica, ad assumere personale per mezzo di agenzie interinali di lavoro, con riserva, di futura stabilizzazione;
tale pratica ad avviso degli interroganti è non solo incomprensibile è anche in stridente contraddizione con la necessità del pubblico concorso e con le dichiarate difficoltà di bilancio che hanno determinato la sospensione degli effetti dei
concorsi stessi e favorisce anche l'affermazione di logiche clientelari nel sistema di reclutamento del personale;
secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della Pubblica Amministrazione» attraverso il sito internet http://www.facebook.com/l/77579;www.vincitori-non-assunti.org, sono circa 70.000 i cittadini che, vincitori e/o idonei di concorsi pubblici, si trovano ancora, dopo mesi e a volte anche anni, in attesa di assunzione;
a titolo esemplificativo ma non esaustivo si ricordano i vincitori/idonei dei concorsi per collaboratori amministrativi e per assistenti amministrativi contabili del Ministero dell'interno, per funzionari per assistenti amministrativi ed informatici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e i vincitori/idonei dei concorsi INAIL e INPS -:
se corrispondano al vero le stime del comitato suddetto e quali iniziative intende assumere il Governo per bloccare le pratiche ad avviso degli interroganti clientelari esposte in premessa e per l'assunzione delle migliaia di vincitori di concorsi pubblici.
(4-06805)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede se corrispondano al vero le stime diffuse dal «comitato vincitori non assunti nella pubblica amministrazione» all'interno di un sito internet e se il Governo intenda assumere iniziative finalizzate all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici, si rappresenta quanto segue.
In ordine al primo dei quesiti sopra richiamati, sottolineato il carattere di non ufficialità ed attendibilità di dati pubblicati su siti internet e blog non istituzionali, si evidenzia che non è comunque possibile verificarne la fondatezza, posto che la disciplina vigente in materia di ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche non prevede, nell'ambito delle procedure di competenza del dipartimento della funzione pubblica, un controllo sulle scelte assunzionali rimesse, sulla base delle autorizzazioni rese dal citato dipartimento, alla discrezionalità di ciascuna amministrazione.
Si richiama, al riguardo, l'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni ed integrazioni, ove è infatti previsto che: «le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze».
La citata disposizione chiarisce dunque che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono di competenza di ciascuna amministrazione e che dette determinazioni devono essere assunte sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale e subordinatamente all'adozione di un decreto su proposta del Ministro per la funzione pubblica.
Dalla lettura della citata norma appare di tutta evidenza che la corretta programmazione dei fabbisogni di personale è indispensabile ai fini di una efficace gestione delle politiche assunzionali da parte delle pubbliche amministrazioni in quanto idonea ad evitare che i concorsi pubblici vengano banditi senza tener conto delle reali necessità delle amministrazioni; diversamente potrebbe ingenerarsi nei candidati selezionati una aspettativa ad essere assunti non tutelabile dall'ordinamento giuridico.
Come, infatti, precisato dalla direttiva 3 novembre 2005, n. 3, concernente gli adempimenti delle amministrazioni pubbliche in materia di avvio delle procedure concorsuali, «le amministrazioni sono chiamate a individuare, in armonia con le finalità della
norma, i fabbisogni necessari per rendere le dotazioni organiche rispondenti alle effettive esigenze di servizio, anche mediante un'oculata redistribuzione del personale, tenendo conto delle fondamentali competenze e funzioni che individuano le missioni delle amministrazioni stesse nel contesto di una complessiva analisi dei compiti istituzionali operata sulla base degli indirizzi programmatici e degli obiettivi generali dell'azione amministrativa. A tal fine dovranno, pertanto, essere individuati i fabbisogni e le eventuali eccedenze per sede, settore, categorie o aree di appartenenza».
A ciò si aggiunga che, come è noto, una consistente riduzione delle assunzioni presso le pubbliche amministrazioni è derivata dai vincoli posti dalle leggi finanziarie degli ultimi anni con riferimento al cosiddetto «turn-over», nonché dagli impegni assunti in sede europea in termini di contenimento della spesa per il personale pubblico.
Da quanto sopra esposto si evince che non è possibile confermare i dati diffusi su iniziativa spontanea di candidati non assunti e che l'assunzione delle presunte migliaia di vincitori di concorsi pubblici non appare praticabile in quanto non coerente con i limiti di spesa e con le regole procedurali previsti dalla normativa vigente. Si ribadisce, infatti, che, ferma restando l'autorizzazione del dipartimento della funzione pubblica ad assumere un determinato contingente di personale, ciascuna amministrazione valuta poi, in base alle proprie esigenze organizzative, quali graduatorie utilizzare e se procedere all'esaurimento delle stesse o, in alternativa, all'indizione di nuovi concorsi pubblici.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
EVANGELISTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 30 maggio 2010, l'imbarcazione «Mavi Marmara», facente parte del convoglio «Flottiglia Freedom» diretto a Gaza per portarvi aiuti umanitari, è stata attaccata in acque internazionali da reparti militari dello Stato d'Israele e tale azione ha causato la morte di nove attivisti e un numero ancora imprecisato di feriti, alcuni dei quali anche gravi;
oltre 600 passeggeri del convoglio sono stati arrestati dalle autorità israeliane e tra questi figuravano sei cittadini italiani, che sono stati poi rilasciati dopo tre giorni di detenzione;
in seguito, gli stessi hanno tuttavia rilasciato alla stampa dichiarazioni in cui denunciano violazioni dei diritti molto gravi, quali quelle di aver subito violenze sia sulla nave, da parte dei militari, che successivamente, da parte della polizia israeliana, e di non aver potuto, dal carcere in cui erano detenuti, contattare i propri legali; dalla stampa si è appreso anche di numerosi altri detenuti, tra i quali alcuni giornalisti australiani, che hanno denunciato in egual modo di aver subito maltrattamenti;
nel corso dell'audizione del 9 giugno 2010, presso le Commissioni esteri congiunte di Camera e Senato, sugli sviluppi della situazione mediorientale a seguito di quanto sopra menzionato, il Ministro interrogato non ha fornito chiarimenti in merito a quanto occorso ai nostri sei connazionali; né, in sede di ulteriore audizione del 17 giugno, a margine delle comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 17/18 giugno, ha ritenuto di fornirne -:
quali siano le informazioni in possesso del Governo sulla vicenda che ha visto coinvolti anche sei nostri connazionali e quali iniziative intenda assumere, in particolare il Ministro interrogato, per far luce sulle gravi vicende denunciate dai cittadini italiani.
(4-07714)
Risposta. - Come hanno segnalato il Ministro Frattini ed il sottosegretario Scotti nei giorni immediatamente successivi all'incidente della flottiglia della libertà, occorso nella notte tra il 30 ed il 31 maggio scorso, gli attivisti italiani coinvolti non
hanno riportato danni e sono rientrati rapidamente in Italia già nella giornata del 3 giugno.
Si trattava di Manolo Luppichini, Giuseppe «Joe» Fallisi, Qaraqe Awin Abdel Rahim Ismail (doppia cittadinanza italo-egiziana), Manuel Zani, Angela Lano, Marcello Faraggi (doppia cittadinanza italo-tedesca e residente all'estero).
I 6 italiani imbarcati non si trovavano sulla nave turca «Mavi Marmara», sulla quale vi sono stati morti e feriti, ma 5 di loro erano sulla nave «8000», battente bandiera del Togo, mentre sulla greca «Mediterraneo libero» si trovava imbarcato soltanto Marcello Faraggi.
Il ministero degli affari esteri, tramite l'unità di crisi e l'ambasciata d'Italia a Tel Aviv, aveva già preso contatto nei giorni precedenti con i cittadini italiani imbarcatisi con la «Flottiglia freedom». Ciò ha consentito di verificare in tempi rapidi il loro stato di salute a seguito dell'operazione militare.
Si è potuto accertare di persona il buono stato di salute dei nostri connazionali il primo giugno, quando il responsabile della cancelleria consolare a Tel Aviv li ha incontrati nel polo carcerario di Beer Sheva, dove erano stati trasferiti a seguito dell'operazione in mare.
Parallelamente, la nostra ambasciata ha preso contatto con il ministero degli esteri israeliano sottolineando la profonda emozione suscitata in Italia dal tragico epilogo della vicenda e la pressante attenzione con la quale il Governo italiano ne seguiva gli sviluppi, con particolare riguardo alla situazione dei sei cittadini italiani detenuti, di cui è stata richiesta la pronta liberazione.
Il Ministro Frattini è intervenuto immediatamente presso il Ministro degli esteri israeliano Lieberman per segnalargli la viva aspettativa italiana di un rilascio in tempi rapidi dei nostri connazionali.
Il Governo ha fatto tutto quanto in suo potere per evitare che essi fossero soggetti a misure punitive a causa del loro ingresso, naturalmente involontario, in Israele.
La loro vicenda è stata seguita in tempo reale nella sua evoluzione, rimanendo in costante contatto con gli interessati attraverso la nostra ambasciata e con i loro familiari tramite l'unità di crisi, che ha monitorato attentamente la situazione.
Abbiamo, quindi, registrato con soddisfazione la liberazione dei nostri connazionali, che nella giornata del 2 giugno sono stati accompagnati in autobus da Beer Sheva all'aeroporto Ben Gurion per volare ad Istanbul su un aereo turco.
Lì il nostro consolato generale ha prestato ai connazionali tutta l'assistenza del caso per favorire il loro rientro in tempi rapidi in Italia dove li attendevano le loro famiglie, con cui i servizi del Ministero degli esteri sono rimasti in costante contatto durante tutta la vicenda.
Più complesso è stato il rientro di Manolo Luppichini, per mancanza di passaporto al momento della partenza degli altri connazionali. Nella notte tra il 2 ed il 3 giugno la nostra ambasciata ha provveduto a fargli avere un documento di viaggio sostitutivo. Mentre le autorità israeliane avviavano la procedura per il rimpatrio di Luppichini, si è ottenuto di imbarcarlo sul volo di Stato già previsto.
Nel frattempo, per assisterlo e per informarlo degli ultimi sviluppi, è stata effettuata una visita consolare a Luppichini nel Centro di detenzione dell'aeroporto Ben Gurion.
Successivamente al rientro in Italia di Manolo Luppichini nel pomeriggio del 3 giugno, il ministero degli esteri e l'ambasciata d'Italia a Tel Aviv hanno continuato a seguire attentamente la sua vicenda: il passaporto - rinvenuto dalla polizia carceraria - è stato restituito dal ministero degli esteri israeliano. Ad oggi, proseguono i contatti al più alto livello con le competenti autorità per il completo recupero delle attrezzature fotografiche di proprietà di Manolo Luppichini e per fare chiarezza sull'utilizzo della sua carta di credito, consegnata alla polizia al momento del suo arresto ed utilizzata allorché era detenuto e quando già rientrato in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
FADDA, CALVISI, FARINA COSCIONI, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le recenti frane verificatesi a ridosso dell'area archeologica punico-romana di Nora hanno confermato i timori espressi da tempo dall'amministrazione comunale di Pula, da autorevoli archeologi delle università di Padova, Viterbo, Genova, Milano, nonché dalla soprintendenza archeologica di Cagliari, ovvero che il sito archeologico è compromesso dall'erosione costante del mare che, come testimoniano i rilevamenti fotografici, è avanzato in maniera preoccupante nell'arco di tre decenni;
il sito archeologico e la limitrofa area costiera sono stati interdetti ai visitatori da una ordinanza del sindaco di Pula, giustamente allarmato e preoccupato per la tutela e l'incolumità fisica delle persone, che è pronto a dichiarare lo stato di calamità in modo da coinvolgere la Protezione civile ed avere la massima garanzia dell'interdizione dei luoghi a rischio;
i ritardi degli interventi necessari a mettere in sicurezza l'area archeologica, minacciano nell'immediato le vestigia del tempio romano di Esculapio e delle terme romane - considerate tra le principali attrazioni di tutto il Parco Archeologico di Nora - e considerato che per la salvaguardia di questo sito, uno dei più pregiati di tutta l'area del Mediterraneo, l'amministrazione comunale di Pula ha promosso un tavolo tecnico insieme alla regione Sardegna, la soprintendenza archeologica, la capitaneria di porto e l'Agenzia del demanio per fare il punto sui pericoli incombenti su Nora e per individuare interventi anche eccezionali e risorse mirate alla soluzione dei problemi e delle criticità -:
se sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda adottare perché vengano disposti, con urgenza, i finanziamenti volti a combattere l'erosione costiera e a salvare il sito archeologico che è la testimonianza della antichissima città di Nora fondata dai Fenici, abitata dai Punici e dai Romani che ne avevano fatto uno dei centri marittimi più importanti del Mediterraneo.
(4-07132)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si osserva quanto segue.
La recente frana verificatesi aprile 2010 a ridosso dell'area archeologica di Nora, che ha provocato il cedimento della cosiddetta mensola rocciosa sulla Punta del Capo di Pula, costituisce l'epilogo di una situazione di grave rischio geologico che la soprintendenza della Sardegna ed il comune di Pula avevano già da tempo segnalato agli organi competenti, chiedendo interventi concreti e urgenti per scongiurare il crollo del tempio punico-romano di Eshmun-Esculapio ed adeguate disponibilità finanziarie.
Al riguardo, si è anche tenuto presso il comune di Pula un tavolo tecnico avente ad oggetto «l'erosione della costa in corrispondenza del sito archeologico di Nora», al quale sono intervenuti i rappresentanti degli enti interessati.
Tale iniziativa è stata promossa dal sindaco di Pula, a seguito delle segnalazioni della soprintendenza archeologica di Cagliari che a più riprese, aveva segnalato il pericoloso avanzare della linea di frana che lambisce in tre punti il fianco sud-orientale del tempio e, più in generale, l'intero Capo di Pula.
A seguito di tale incontro, diverse sono state le richieste di finanziamento avanzate dal sindaco di Pula agli assessorati regionali competenti.
Preme evidenziare che già nel 2008 la soprintendenza per i beni archeologici di Cagliari aveva commissionato al centro interdipartimentale di ingegneria e scienze ambientali dell'università di Cagliari, uno studio scientifico sull'erosione in corso nell'area archeologica di Nora, dal quale è emerso il veloce progredire del fenomeno e le sue linee di penetrazione, sulla base della comparazione di documentazione, dati e rilievi riferiti agli ultimi cinquant'anni.
Alla luce di quanto emerso da tale studio, la soprintendenza citata ha ripetutamente
chiesto fondi su fonti di finanziamento di programmazione speciale per far fronte al veloce deteriorarsi delle strutture archeologiche, di cui un'ulteriore emergenza era costituita dal disfarsi dei pavimenti a mosaico restaurati negli anni Sessanta su solette in cemento armato completamente saltate a causa della corrosione delle armature in ferro.
Per quanto riguarda l'erosione del tempio di Esculapio e della parte del Capo di Pula su cui si erge, la soprintendenza ha ottenuto un finanziamento di euro 500.000,00 a valere sulla programmazione Arcus s.p.a. - A.F. 2011, ma i tempi del degrado sono decisamente più rapidi e richiedono risorse immediate per consolidare almeno il banco roccioso posto a fondamenta.
Pertanto la soprintendenza, di concerto con il direttore regionale della Sardegna, ha chiesto ad Arcus s.p.a. l'anticipo di euro 100.000,00 a valere su di un altro finanziamento concesso per l'annualità 2010, per eseguire le prime opere di messa in sicurezza del banco roccioso sottostante il fianco del tempio.
La soprintendenza sta comunque elaborando un piano di primo intervento, in collaborazione con il centro interdipartimentale di ingegneria e scienze ambientali di Cagliari, al fine di poter cantierizzare velocemente l'area in caso dell'ottenimento di fondi.
Relativamente al crollo verificatosi nella notte tra il 25 e il 26 aprile e interessante una parte a sud-ovest del Capo, le verifiche sono state immediate, da parte dell'amministrazione comunale e del soprintendente nelle ore immediatamente successive al verificarsi dell'evento, con azioni concrete quali l'emissione dell'ordinanza n. 44 del 27 aprile 2010 da parte del sindaco di Pula, notificata a tutti gli enti interessati con immediata perimetrazione e segnalazione di pericolosità dell'area, sia dal lato terra che dal lato mare.
Inoltre nei giorni successivi alla frana i tecnici del comune e della soprintendenza sono intervenuti tempestivamente per individuare i punti di maggiore pericolo che sono stati interdetti con appositi cartelli rivolti verso mare per proibire gli approdi e verso terra per impedire ai visitatori del sito archeologico di accedere alle aree più dissestate della linea di costa.
A tal fine si è stabilito di estendere la recinzione provvisoria, disposta a distanza di sicurezza, a tutta la punta del promontorio nella parte interessata dal crollo e suscettibile di possibili ulteriori cedimenti della cosiddetta mensola, creata naturalmente nel tempo dall'erosione marina.
Parimenti il direttore del servizio del genio civile dell'assessorato regionale ai lavori pubblici ha provveduto ad effettuare un sopralluogo ed a stilare una dettagliata relazione tecnica trasmessa a tutti gli enti interessati, segnatamente comune di Pula e soprintendenza, proponendo un intervento in somma urgenza dell'ammontare di euro 100.000,00 per la messa in sicurezza immediata del banco roccioso sotto al tempio.
Risulta evidente che ben altre sono le risorse finanziarie necessarie a consolidare in modo strutturale il Capo di Pula, così come estremamente delicato e complesso si presenta lo studio di un intervento che preveda la realizzazione di sistemi di protezione, sia a mare che a terra, che riducano l'intensità dell'erosione marina, che, peraltro, risulta estremamente pervicace anche in altre parte dell'area archeologica, che sono ormai portate quasi a collasso.
Pertanto, si sta elaborando un piano di intervento strategico volto a convergere sia interventi conservativi (restauro e consolidamento strutturale) sui manufatti archeologici, che di geo-ingegneria al fine di consolidare il banco roccioso del capo, accompagnati da un attento studio di idraulica e dei flussi marini, che veda il monitoraggio delle correnti e del moto ondoso, per predispone sistemi di mitigazione che non interferiscano con dinamiche costiere più complesse. In particolare questi ultimi interventi citati interessano competenze gestite da altri ministeri e dalla regione Sardegna e necessitano di finanziamenti concordati e correlati.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel folto dei boschi di Villa Ada, proprio nel cuore dello storico parco della Salaria, si nasconderebbe, a quanto riferisce il giornalista Lorenzo Grassi su Repubblica del 5 novembre 2009 «una "bomba" ambientale innescata»;
si tratterebbe di una vasta discarica a cielo aperto di rifiuti speciali, una valanga di residui di demolizioni edilizie abbandonati illegalmente nel verde;
in mezzo a quella distesa di calcinacci vi sarebbero dei cosiddetti mozziconi di vecchie coperture ondulate in cemento e amianto;
il fatto che siano spaccate e corrose significa, purtroppo, che già da diverso tempo rischiano di aver diffuso silenziosamente la loro polvere cancerogena nel parco;
che la discarica è stata scoperta sul ripido versante nord-occidentale della collinetta dove si trovano le piste per cavalli del Cascianese Country Club e dell'ex maneggio Anni Verdi oggi in disarmo: «Poco sotto il ciglio», scrive Repubblica, «in mezzo alla vegetazione, appaiono improvvisamente gli ammassi di calcinacci. C'è materiale di ogni genere: mattonelle, rivestimenti, stoviglie, isolanti di plastica, pezzi di vetro, carrozzine, resti di sanitari e quei pericolosi brandelli di tettoie in amianto. Una sorta di blob che si estende in linea d'aria per diverse decine di metri e precipita, ricoprendoli, lungo i dirupi scoscesi fin quasi a raggiungere il torrente di fondovalle, a poca distanza da uno dei più frequentati sentieri del parco» -:
se quanto sopra riferito corrisponde a verità e, in caso affermativo, quali urgenti iniziative di competenza siano state adottate in ordine a questa gravissima situazione.
(4-05443)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, sulla scorta di quanto comunicato dal comune di Roma, si rappresenta quanto segue.
Nel novembre del 2009, in un articolo di stampa, veniva segnalato lo stato di degrado in cui versava il parco di Villa Ada per la presenza di rifiuti speciali abbandonati nel verde.
Il municipio II, cui era pervenuta la denuncia di Legambiente Lazio dell'esistenza di una discarica abusiva a cielo aperto all'interno della Villa predetta, il 2 dicembre 2009, ne informava il comando del II gruppo di Polizia municipale, territorialmente competente, al fine di effettuare accurati controlli nell'area del parco.
A seguito di ciò, il successivo 4 dicembre 2009, il personale della Polizia municipale effettuava un sopralluogo, constatando che l'area risultava ripulita dai rifiuti e dalle lastre di amianto. Detto materiale, infatti, era stato già rimosso dal servizio giardini che, con successiva comunicazione del 9 gennaio 2010, dava conferma dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza dell'area in questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere:
quanti siano i dipendenti della Scuola archeologica italiana di Atene;
a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dalla Scuola archeologica italiana di Atene.
(4-06968)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante intende conoscere quanti siano i dipendenti e a quanto ammontino le spese sostenute nel 2009 dalla scuola archeologica italiana di Atene, si allega un prospetto fornito dalla stessa scuola archeologica.
Personale in servizio al 31/12/2009
Personale a contratto ellenico della sede scientifica di Atene
Impiegato | inquadramento/qualifica tabella A/2 regolamento organico | Categoria appartenenza legislazione ellenica | Ufficio | Sede di servizio |
Axelos Kyriakos | Assistente amministrativo | 2a cat. assistente contabile | Biblioteca | Atene |
Carando Elena | Assistente tecnico | 1a cat./A: addetto biblioteca | Ufficio redazione |
Atene |
Di Benedetto Angela | Assistente tecnico | Architetto | Planoteca | Atene |
Garbin Stefano | Assistente tecnico | 1a cat./A: addetto biblioteca |
Biblioteca | Atene |
Palmieri Anna | Assistente amministrativo | 2a cat. assistente contabile | Economato | Atene |
Papadakis Stratis | Ausiliario | 7a cat./B: custode | Portineria | Creta |
Phoukakis Michalis | Ausiliario | 7a cat./B: custode | Biblioteca e portineria | Atene |
Simiakaki Ilaria | Assistente tecnico | 1a cat./A: addetto fototeca | Fototeca | Atene |
Zuzzi Sandra | Operatore di amministrazione | 1a cat./A: segretaria | Segretaria | Atene |
Personale di ruolo
Impiegato | Inquadramento/qualifica tabella A/1 regolamento organico | Area | Ufficio | Sede di servizio |
Benvenuti Alberto | Capo servizio bibliotecario | C5 | Biblioteca | Atene |
Bianchi Roberto | Assistente amministrativo | B3 | Segreteria amm.va | Roma |
Rossi Massimiliano | Assistente amministrativo | B3 | Segretaria ammi.va | Roma |
Personale comandato
Impiegato | Ente di provenienza | Area | Ufficio | Sede di servizio |
Grieco Concetta | Biblioteca nazionale «Vittorio Emanuele III» di Napoli | C1 | Biblioteca | Atene |
Direttore
Impiegato | Ente di provenienza | Qualifica | Ufficio | Sede di servizio |
Greco Emanuele | Università degli studi di Napoli «L'Orientale» | Professore ordinario | Direzione | Atene |
Per quanto invece concerne le uscite della Scuola nel corso del 2009 la SAIA ha avuto le seguenti risultanze contabili:
Descrizione spese | Totale |
Scavi istituzionali ed altre iniziative | |
Scavi e collaborazioni | 73.943,01 |
Manifestazioni scientifiche | 20.573.46 |
Corsi di specializzazione e perfezionamento studiosi | |
Specializ. (Borse, viaggi e sogg. studio) | 65.685,47 |
Perfezionam. (Borse, viaggi e sogg. studio) | 11.594,72 |
Compensi e missioni docenti | 14.430,88 |
Pubblicazioni scientifiche | |
Annuario e monografie | 43.484,70 |
Altre pubblicazioni | 7.783,07 |
Retribuzioni personale | |
Retribuzioni personale di ruolo | 134.671,30 |
Retribuzioni personale a contratto e comandato | 217.772,75 |
Assegni di sede | 82.772,44 |
Contributi previdenziali a carico Scuola | 91.755,10 |
Sede di Roma | |
Funzionamento - Sede di Roma | 9.618,15 |
Oneri per i consigli | 7.191,62 |
Oneri bancari - Sede di Roma | 372,38 |
Viaggi e missioni per servizio - Sede di Roma | 2.292,51 |
Spese per consumi intermedi | |
Sede di Atene | |
Funzionamento - Sede di Atene | 55.562,79 |
Spese manutenzione ordinaria e fitto locali | 18.525,93 |
Oneri bancari - Sede di Atene | 461,69 |
Spese di rappresentanza | 8.672,15 |
Viaggi e missioni per servizio - Sede di Atene | 7.542,55 |
Fondo di riserva su spese correnti | |
Fondo di ricerca su iniziative scientifiche | |
Investimenti in Italia | |
Acquisto mobili, attrezzature ed autovetture | |
Investimenti all'estero | |
Acquisto, costruzione e manutenzione straordinaria di immobili | |
Acquisto e manutenzione mobili, attrezzature ed autovetture | 5.700,88 |
Biblioteca, fototeca e planoteca (Acquisti e compensi) | 25.342,54 |
Fondo di liquidazione del personale | 46.834,68 |
952.584,77 |
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i militari del gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno rinvenuto, nell'ambito di un servizio di controllo del territorio, nella spiaggia di Bocale, periferia di Reggio Calabria, sull'arenile ed a pochi metri dalla battigia, centinaia di lastre in materiale eternit celati da sabbia e da scarti della lavorazione edile -:
di quali informazioni dispongano in ordine a quanto sopra riferito;
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, a salvaguardia dell'ambiente e della salute della popolazione locale e per far piena luce sull'accaduto.
(4-07138)
Risposta. - In merito a quanto richiesto con l'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, riguardante la presenza di lastre in eternit sulla spiaggia di Bocale alla periferia di Reggio Calabria, sulla scorta delle informazioni fornite dal comune di Reggio Calabria, si rappresenta che dopo il sequestro dell'area in parola da parte della Guardia di finanza e successivo dissequestro, il comune di Reggio Calabria (settore qualità ambientale), ha provveduto alla rimozione delle stesse, a mezzo della ditta Ecologia Oggi di Lamezia Terme (Cosenza).
La ditta in questione, già aggiudicataria del servizio eliminazione eternit, ha provveduto, in data 3 giugno 2010, ad effettuare i lavori di raccolta, trasporto e smaltimento del materiale in amianto-cemento, depositato abusivamente in località Bocale.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
FAVA, PIROVANO, GIDONI e CHIAPPORI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il carro armato da battaglia Ariete, in dotazione all'Esercito Italiano, ordinato in duecento esemplari, è stato acquisito negli anni che vanno dal 1995 al 2002;
il progetto della piattaforma risale addirittura agli anni ottanta, circostanza che spiega il ritardo tecnologico dell'Ariete rispetto ai suoi competitori occidentali, evidente sin dai tempi della sua entrata in servizio;
le prestazioni della macchina risentono della scarsa potenza dei motori che la equipaggiano; è stata altresì motivo di preoccupazione, specialmente in occasione del suo rischieramento in Iraq, la debole corazzatura del carro;
l'evoluzione tecnologica nel campo dei materiali d'armamento è accelerata e strettamente collegata ai progressi delle tecnologie elettroniche;
sembra conseguentemente ormai indifferibile un intervento volto a portare ad almeno 1500 cavalli di potenza il propulsore del carro, così come ad estenderne la blindatura ed aggiornarne la strumentazione elettronica;
l'Esercito Italiano non disporrebbe di carri recupero per l'Ariete, laddove ne occorrerebbe almeno uno a battaglione -:
se il Governo reputi opportuno ammodernare progressivamente il parco carri Ariete in dotazione all'Esercito Italiano e integrarlo con l'acquisto di carri recupero dedicati.
(4-02076)
Risposta. - L'atto in esame, lamentando sostanzialmente il presunto «ritardo tecnologico» del carro armato Ariete, pone alcune questioni di natura tecnica che - a dire degli interroganti - renderebbero, da un lato, «indifferibile» l'estensione della blindatura e l'aggiornamento della strumentazione elettronica e, dall'altro, opportuno l'avvio di un programma di ammodernamento progressivo del parco carri, integrandolo con «l'acquisto di carri recupero dedicati».
In via preliminare, si precisa che il carro Ariete per l'epoca in cui è stato progettato rispondeva pienamente ai requisiti operativi richiesti per il suo impiego ed era interoperabile con analoghi sistemi d'arma degli altri paesi Nato.
È evidente che, alla luce dei mutati scenari di impiego ed a distanza di svariati anni dalla sua progettazione ed ingresso in inventario, il sistema necessiterebbe di un'opera di ammodernamento e di adeguamento operativo e tecnologico.
Si fa riferimento, ad esempio, alla digitalizzazione degli strumenti di bordo, alla rinnovata tecnologia di puntamento e di precisione nel tiro ed a tutte quelle innovazioni che il progresso tecnologico consente di realizzare e che sono state implementate nei sistemi d'arma di nuova generazione.
L'auspicato ammodernamento, tuttavia, richiede un impegno finanziario, che deve essere pianificato, programmato e attuato, in relazione ai volumi finanziari specifici necessari, alle risorse globali disponibili ed ai tempi di realizzazione associati. Ciò, pertanto, potrà essere attuato mediante uno specifico programma di «mid-life update», in attesa di acquisire sistemi d'arma di nuova generazione.
In aggiunta, tenuto anche conto che, in relazione all'attuale scenario geo-strategico, le ipotesi di intervento dello strumento militare rendono poco probabile un impiego massiccio della componente corazzata, gli adeguamenti del carro Ariete ovvero la sua sostituzione con un nuovo mezzo corazzato, richiedono l'elaborazione di uno studio finanziario di approvvigionamento che si colloca, per quanto detto, ad un livello di priorità meno urgente rispetto ad altri sistemi.
Ciò premesso, in riferimento alle specifiche indicazioni tecniche oggetto dell'atto, si fa osservare che:
riguardo alla mancata realizzazione del nuovo propulsore per incrementare le prestazioni di mobilità del veicolo, l'esercito ha approntato uno specifico requisito per elevare a 1.500 Hp la potenza del motore;
in merito alla presunta «debole corazzatura» del mezzo, è stata finalizzata l'acquisizione di protezioni balistiche per tutti i mezzi in servizio, più ulteriori 30 kit, che consentono di elevare il livello di protezione (da impiegare nelle «Crisis Response Operations»), peraltro già installate sui carri Ariete del contingente nazionale che ha operato in Iraq;
per quanto concerne la strumentazione elettronica, l'ammodernamento è stato previsto nell'ambito del più ampio intervento di «mid-life update» del carro Ariete, ed inserito programmaticamente nella pianificazione generale di medio-lungo termine. È da tenere presente, come già sottolineato, che tale pianificazione è soggetta a periodica rivisitazione in funzione sia di varianti del quadro finanziario atteso, sia di eventuali riprioritarizzazioni dei programmi determinate da sopraggiunte esigenze di acquisire capacità più urgenti.
Infine, nell'evidenziare che l'indisponibilità di una versione soccorso e recupero del carro Ariete non ha determinato problematiche alla catena logistica di supporto, si rappresenta che per tale ruolo sono stati modificati, potenziandoli, 25 carri «Leopard soccorso», rendendoli idonei ad operare a favore della nuova linea.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
FEDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 26 febbraio 2010 di quest'anno la Corte di cassazione ha riconosciuto alle donne italiane coniugate con cittadini stranieri prima dell'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale il diritto di trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti;
la Corte di cassazione, con pronuncia n. 4466 del 25 febbraio 2009, ha affermato che, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere riconosciuto lo status di
cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza, secondo la normativa all'epoca vigente (legge 13 giugno 1912, n. 555), in conseguenza del matrimonio con cittadini stranieri, prima del 1° gennaio 1948;
la sentenza afferma il principio della piena ed effettiva parità di genere tra cittadini, anche in merito alla facoltà di trasmettere la cittadinanza jure sanguinis;
il riacquisto della cittadinanza italiana, previsto nei termini di due anni dal comma 1 dell'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, da ultimo prorogato ai sensi dell'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, fino al 31 dicembre 2007, è oggi precluso a tanti nostri connazionali che non poterono avvalersi della norma transitoria per il riacquisto a causa delle legislazioni dei Paesi di residenza;
il Governo si è impegnato ad istituire un tavolo tecnico di concertazione tra Ministero degli affari esteri e Ministero dell'interno per adottare specifiche misure in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione -:
se il Ministro non ritenga urgente dare seguito all'impegno assunto in Parlamento nell'individuare un percorso politico e giuridico per dare piena attuazione ai termini fissati dalla sentenza della Corte di cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009;
quali specifiche iniziative il Ministro intenda inoltre adottare per raggiungere l'obiettivo della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana.
(4-06243)
Risposta. - In ordine alla questione segnalata dall'interrogante, si assicura che è convinto intendimento del Governo di individuare un'adeguata soluzione al problema del riconoscimento della cittadinanza italiana alle donne che l'avevano persa a seguito di matrimonio con un cittadino straniero e ai loro figli.
Il Governo è mosso, a tale proposito, dalla piena condivisione dei princìpi affermati dalla Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 e, ancor prima, dalle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983 che attengono al fondamentale riconoscimento della parità tra uomo e donna costituzionalmente riconosciuto.
Il Governo ha sviluppato ogni possibile approfondimento per poter applicare, anche in via amministrativa, quanto stabilito dalla Corte di cassazione, con la citata sentenza, per ciò che riguarda il riconoscimento in sede giudiziale dello status di cittadino italiano alle donne che si trovano nella condizione citata.
L'esame a tal fine avviato, d'intesa con il ministero degli affari esteri, ha fatto emergere alcuni limiti procedimentali imposti dalla legislazione vigente, dovuti alla necessità di acquisire la dichiarazione di volontà delle donne interessate, secondo quanto stabilito dall'articolo 219 della legge n. 151 del 1975, espressamente richiamato al secondo comma dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992.
Inoltre, la disposizione dell'articolo 15 della medesima legge n. 91 del 1992 - cui fa riferimento anche la sentenza della Corte di cassazione - stabilisce che l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza può avere effetto solo dal giorno successivo a quello in cui si sono realizzate le condizioni richieste dalla legge.
Infine, ulteriore vincolo procedimentale - per l'applicazione in via amministrativa del principio stabilito dalla suddetta giurisprudenza costituzionale e di legittimità - deriva dal disposto dell'articolo 14 della già citata legge n. 91 del 1992, che stabilisce che solo i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza, se conviventi, acquistano automaticamente lo status civitatis.
Pertanto, acquisita la consapevolezza della necessità di un'iniziativa di carattere legislativo, finalizzata alla soluzione del problema, il ministero dell'interno e il ministero degli affari esteri avevano avviato un'ipotesi di intervento normativo volto, tra l'altro, a sopprimere innanzitutto il termine
di scadenza per la presentazione della dichiarazione di riacquisto della cittadinanza, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992, e a riconoscerne il possesso ininterrotto per la donna che l'aveva persa dopo il 1o gennaio 1948, per effetto del matrimonio contratto con un cittadino straniero, ed ai suoi discendenti in linea retta.
Nella proposta si prevedeva, inoltre, la possibilità di presentare istanza di riconoscimento per nascita solo per i figli e i discendenti in linea retta non oltre il secondo grado del genitore o dell'avo dei quali è documentata la cittadinanza italiana.
La proposta era stata presentata, su iniziativa del ministero degli affari esteri, in sede di predisposizione dello schema del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative». In tale circostanza, per motivi esclusivamente tecnici l'iniziativa non ha avuto buon fine poiché non era possibile recepirla nel testo del provvedimento.
Un secondo tentativo è stato compiuto in sede di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante «Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero». Tuttavia anche in questo caso, sempre per motivi di natura squisitamente tecnica, la vicenda non ha avuto la soluzione auspicata.
Consapevole dell'importanza e della delicatezza delle aspettative di tanti connazionali di vedersi riconosciuto il legame mai interrotto con il loro paese di origine, il Governo intende comunque adottare un ulteriore, specifico intervento normativo che riproponga quello non accolto in precedenza. Al riguardo, sono in corso le concertazioni con gli altri ministeri interessati e, non appena possibile, verrà effettuato un ulteriore tentativo di soddisfare le legittime aspettative degli interessati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, CAPANO, MARCO CARRA, CAVALLARO, GIANNI FARINA, FERRANTI, GENOVESE, MARCHI, MELIS, ANDREA ORLANDO, PICCOLO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI, TOUADI e VELTRONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 94 del 2009 ha completamente riscritto l'articolo 143 TUEL, in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni mafiose;
il testo del nuovo articolo, al suo comma 7, prevede che il Ministro dell'interno debba adottare un decreto per stabilire le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per procedere allo scioglimento degli enti locali;
la norma indica un termine di tre mesi entro il quale il Ministro deve ottemperare a tali adempimenti ma non indica criteri precisi ai quali attenersi nell'adozione del provvedimento;
l'atto da adottarsi è particolarmente importante perché, nel rispetto dei principi di trasparenza, dovrà consentire ai cittadini di conoscere quali erano gli elementi eventualmente «gravanti» sulle amministrazioni non sciolte e le ragioni per le quali non si è proceduto allo scioglimento;
le scelte che saranno adottate in materia dal Ministro dovranno ponderare con particolare equilibrio l'eventuale esigenza di tutela del segreto investigativo con la necessaria trasparenza delle vicende amministrative da parte dei cittadini;
ad oggi il Ministro non ha ancora adottato il provvedimento in questione per quanto riguarda il comune di Fondi e non è dato sapere quando lo adotterà -:
se il Ministro abbia già predisposto uno schema di decreto e se intenda renderne noti i contenuti anche al fine di favorire l'apertura di un dibattito sul punto.
(4-05168)
Risposta. - Mentre il procedimento relativo alla proposta di scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune di Fondi era ancora pendente in seno al Consiglio dei ministri, sono intervenute le dimissioni rassegnate il 3 ottobre 2009 dal sindaco e da 16 consiglieri comunali (su 30).
Pertanto, il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 9 ottobre 2009, ha preso atto che il prefetto di Latina aveva sospeso sindaco, consiglio e giunta comunale e aveva nominato il Commissario per l'amministrazione provvisoria dell'ente nella persona del prefetto Guido Nardone ed ha ritenuto di restituire la parola agli elettori in occasione delle prossime consultazioni amministrative, piuttosto che mantenere la gestione commissariale per 18 mesi.
Venendo allo specifico quesito posto dall'interrogante, si sottolinea che il 18 dicembre 2009 il Ministro dell'interno, su conforme proposta del prefetto di Latina, ha firmato il provvedimento di applicazione delle misure atte a «ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell'ente» nei confronti di alcuni dirigenti e del segretario generale del comune di Fondi, a norma del 5o comma del citato articolo 143, destinandoli ad altri incarichi o mansioni.
Il provvedimento è stato poi trasmesso al prefetto che ha provveduto ad inoltrarlo al comune di Fondi per la notifica agli interessati, allo stesso ente ed all'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali per il conseguente avvio del procedimento disciplinare.
Pertanto, l'adozione di tale provvedimento fa venire meno - ai sensi del comma 7 dell'articolo 143 del testo unico - la necessità di emanare il «decreto di conclusione del procedimento», prescritto solo «nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l'adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5», vale a dire proprio il provvedimento che, come appena detto, è stato già firmato il 18 dicembre 2009.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.
GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'identità di una nazione risiede principalmente nel suo patrimonio di pensiero e di creazione artistica che nei secoli ha saputo produrre, alimentandolo di sempre nuovi contributi, anche attraverso un costante impegno di conservazione, valorizzazione e divulgazione che ne renda vivo e fecondo il valore ideale e storico;
in tale ottica si inquadreranno le numerose iniziative che si terranno in Italia in occasione della ricorrenza dei quattrocento anni dalla morte di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, tra le quali si annoverano mostre e impegnativi restauri delle sue opere pittoriche;
sorprendentemente, invece, si apprende dagli organi di stampa che la situazione della imponente documentazione e carteggio del Caravaggio, raccolta in una settantina di volumi custoditi presso l'archivio di Stato a Roma, nell'edificio della Sapienza, desta molta preoccupazione per lo stato di conservazione e che necessiterebbero di immediati interventi restaurativi per scongiurarne il definitivo deterioramento e la perdita;
in particolare, secondo le indicazioni fornite dallo stesso direttore dell'archivio di Stato, una decina di volumi sarebbe a rischio, laddove non si intervenisse urgentemente, ma che tali operazioni sono rese impossibili dalla mancanza di fondi, in seguito ai tagli operati nel trasferimento di risorse pubbliche per tali finalità;
peraltro, il costo del completo trattamento di restauro ammonta a circa 2.500 euro per ciascun volume, con oneri complessivi che non appaiono insormontabili se confrontati con l'importanza dei beni in questione, ma che forse lo sono se rapportati alla previsione di risorse per il 2010 di cui dispongono gli archivi di Stato. A tale proposito si rileva, infatti, che tale previsione consolida le decurtazioni operate nel corso del 2008, portando le disponibilità
a una soglia insufficiente per l'espletamento delle stesse funzioni istituzionali;
la credibilità e il rispetto del nostro Paese, in un periodo in cui l'attenzione internazionale si attiverà in conseguenza del richiamato anniversario, non può essere messa in discussione per l'incapacità di provvedere alla conservazione e valorizzazione della documentazione riguardante il Caravaggio -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che, per indifferenza o disattenzione, possa compromettersi e perdersi un'importante testimonianza documentale dell'opera e della vita di un protagonista della storia dell'arte mondiale quale il Caravaggio.
(4-07002)
Risposta. - In vista dell'allestimento della mostra documentaria del IV Centenario della morte di Caravaggio, promossa dall'archivio di Stato di Roma, è sorta l'urgenza di valorizzare la documentazione inerente alcune vicende della vita e delle opere del Caravaggio durante il suo soggiorno romano.
Alcuni volumi che documentano la vita del pittore in questione sono stati infatti gravemente danneggiati dall'acidità degli inchiostri che nel tempo hanno perforato il supporto cartaceo, riducendolo nei casi più gravi, in frammenti.
In particolare, tale fenomeno ha coinvolto il 60 per cento della documentazione manoscritta redatta tra il XVI ed il XVIII secolo conservata negli istituti archivistici.
La direzione generale per gli archivi, alla quale era stato richiesto un intervento straordinario per finanziare gli interventi di restauro e l'allestimento della mostra, ha consentito ad inviare il volume più danneggiato presso il laboratorio di restauro archivistico dell'istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario.
L'istituto provvederà a recuperare tale documento che risale al 1600 e che assegna ad Angelo Merisi da Caravaggio la commissione di un dipinto per un compenso di 200 scudi.
L'intervento di restauro del volume citato interessa le carte fortemente danneggiate a causa dell'acidità degli inchiostri che ha procurato perdite di frammenti e parti di testo.
L'istituto ha, inoltre, offerto la propria disponibilità per il trattamento conservativo da effettuare su tutta la raccolta dei documenti caravaggeschi che costituiscono preziose testimonianze per ricostruire la complessa vicenda biografica e artistica del pittore.
È opportuno infine rendere noto che la direzione generale per gli archivi ha promesso un sostegno economico per affrontare i costi del restauro dei 19 volumi danneggiati, la cui perizia di spesa ammonta ad euro 60.000,00.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
GRIMOLDI e GOISIS. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il FUS - Fondo unico dello spettacolo destina risorse ad istituzioni, fondazioni ed associazioni relativamente ad una vasta gamma di attività, dalla prosa al teatro, dai concerti al cinema;
la popolazione del Nord del Paese è circa il doppio di quella del Centro o del Sud e la maggior parte dell'attività di spettacolo dal vivo si concentra al Nord;
la legge finanziaria per il 2009 ha stanziato per il FUS 458 milioni di euro, di cui circa 297 milioni sono destinati alle attività musicali;
di tali risorse, alla sola regione Lazio vanno circa 45 milioni di euro, con una quota pro capite per abitante di 8,79 euro, quando la media italiana è di 5,20 euro;
alla regione Lombardia, con una popolazione quasi doppia rispetto a quella del Lazio, vanno solamente 40 milioni di euro (pro capite 4,50 euro); la stessa situazione si ha anche per molte altre Regioni del Nord, dove, peraltro, sono concentrate le attività;
infatti, per i dati SIAE relativi alla categoria «concerti classici», il Nord pesa per almeno la metà in tutte le categorie: ingressi (53 per cento), presenze (62 per cento), numero di spettacoli (46 per cento), spesa al botteghino (51 per cento), spesa del pubblico (50 per cento), volume d'affari (54 per cento), anche considerando gli spettacoli gratuiti (61 per cento) e anche esaminando il numero di luoghi di spettacolo (62 per cento);
nonostante l'importanza dell'attività concertistica al Nord, molto superiore a quella del Centro-Sud, della popolazione e della spesa del pubblico pressoché doppia, l'entità dei contributi assegnati è fortemente sbilanciata a favore delle altre aree del Paese -:
quali iniziative intenda intraprendere il Ministero affinché questa evidente disparità tra l'erogazione dei fondi e la reale fruizione dei concerti, che si protrae da diversi anni e che penalizza fortemente le associazioni del Nord, venga finalmente sanata.
(4-07275)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, relativa alla ripartizione del fondo unico per lo spettacolo tra le aree geografiche italiane, si osserva quanto segue.
I criteri e le modalità di erogazione di contributi in favore delle attività musicali, teatrali, di danza, delle attività circensi e di spettacolo viaggiante sono rispettivamente disciplinati dai decreti ministeriali adottati i giorni 8, 9, 12 e 20 novembre 2007.
Per le fondazioni lirico-sinfoniche la quota di risorse derivante dagli stanziamenti operati sul fondo unico per lo spettacolo viene ripartita, invece, sulla base dei criteri indicati dal decreto ministeriale 29 ottobre 2007.
Ai sensi dei decreto ministeriale 9 novembre 2007, ai fini dell'intervento finanziario statale, le attività musicali considerate sono quelle liriche, concertistiche, corali, i festival e le rassegne, i concorsi e i corsi di perfezionamento professionale, le attività di promozione, i complessi bandistici, nonché le attività all'estero.
Occorre precisare che il criterio di scelta adottato per l'erogazione del contributo statale alle attività di spettacolo non è quello delle aree geografiche, ma quello di selezione delle domande presentate dai singoli organismi di spettacolo.
La richiesta di contributo, in particolare, è corredata dal progetto artistico e dal preventivo finanziario delle iniziative programmate, i cui elementi caratterizzanti sono sottoposti alla valutazione, quantitativa (voci di costo) e qualitativa (qualità artistica), della direzione generale per lo spettacolo dal vivo e delle commissioni consultive per lo spettacolo dal vivo, nelle quali sono presenti, su sette componenti, un componente designato dalla conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed un componente designato dalla conferenza Stato-città ed autonomie locali e ciò a garanzia di una ripartizione equa del fondo unico delle spettacolo fra le diverse aree geografiche italiane.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
JANNONE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
ad oggi quello che ci resta del Caravaggio sono le opere e alcuni documenti. Le tele parlano dell'incommensurabilità dell'artista che le realizzò, i documenti ci restituiscono la testimonianza vivace dell'uomo Caravaggio, calato nel tormento del suo tempo. I dipinti del Maestro si trovano al sommo della considerazione pubblica. L'alta reputazione delle sue opere può essere misurata anche dai numerosi e accurati restauri cui sono amorevolmente sottoposte: due anni fa, ad esempio, venne splendidamente restaurata la «Caduta di San Paolo Odescalchi», in questi giorni è in via di conclusione il recupero dell'«Adorazione dei Pastori» del Museo regionale di Messina;
ciò che è sorprendente, al contrario, è che i documenti relativi alla Vita del
l'artista siano subendo un incessante degrado. Il nucleo più consistente si trova conservato all'Archivio di Stato di Roma, nel palazzo borrominiano della Sapienza, di fianco al Senato della Repubblica. Questi documenti offrono uno spaccato emozionante di chi fu veramente l'artista, perché raccontano, ad esempio, le circostanze in cui nacquero i suoi capolavori romani. La maggior parte delle carte, però, ha un carattere prevalentemente giudiziario: denunce contro il pittore, interrogatori di magistrati, ordini di cattura con destinazione il carcere di Ponte Nona;
le carte d'archivio raccontano nei dettagli il «romanzo nero» della vita dell'irruente Caravaggio che, alle domande del magistrato, ovviamente rispondeva in prima persona. Molta di questa fondamentale documentazione sta rischiando di essere perduta per sempre. A lanciare l'allarme è il direttore dell'Archivio di Stato Eugenio Lo Sardo che, coadiuvato dai colleghi Orietta Verdi e Michele Di Sivio, controlla i suddetti documenti. «Il problema, spiega il direttore, è questo: i documenti sono scritti con inchiostri fortemente acidi che, con il tempo, corrodono e bucano la carta, È possibile fermare questo degrado prima con un processo di deacidificazione della carta, poi colmando le lacune con inserti di pasta di cellulosa infine ridonando forza alla superficie attraverso velature di sottilissimi fogli di carta giapponese (...) fino ad oggi siamo riusciti a mettere in sicurezza una parte delle carte di Caravaggio»;
purtroppo, a causa dell'esaurimento dei fondi pubblici, i lavori non possono continuare, mentre si assiste impotenti al degrado dell'intera documentazione. In uno dei volumi si leggono i beni posseduti dal Caravaggio: uno specchio grande, due spade, alcune tele vergini, una chitarra, un violino e persino un paio di orecchini. Purtroppo, però il documento è pieno di buchi, e la riduzione dei fondi al settore dei beni culturali non aiuta a migliorare la situazione. Tuttavia il restauro del suddetto materiale non necessita di costi eccessivi. Come afferma il direttore Lo Sardo «i documenti che riguardano Caravaggio si trovano rilegati in grandi libri che contengono dai 600 ai mille fogli ciascuno. Ovviamente, dobbiamo restaurare non il singolo documento, ma l'intero libro. Dobbiamo slegarlo, sottoporre tutti i fogli ai processi di deacidificazione, di integrazione e di protezione, e infine rilegarlo. Ebbene, per fare tutto ciò basterebbero 2.500 euro a libro: sono una decina i volumi che hanno bisogno urgente di intervento»;
tale cifra potrebbe essere reperita da sponsor pubblici e privati. A questo punto, dice il direttore, è quello che ci auguriamo, anche perché alla fine dell'anno, nella Biblioteca Alessandrina della Sapienza, organizzeremo una mostra dal titolo «Lo scrigno di Caravaggio» che, attraverso documenti, dipinti e oggetti, aspira a restituire non tanto l'artista quanto l'uomo calato nella sua città» -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per promuovere la partecipazione di enti pubblici e privati ai restauri che interessano il patrimonio artistico italiano, sia visuale che documentario, come nel caso specifico sopraccitato di Caravaggio.
(4-06271)
Risposta. - In vista dell'allestimento della mostra documentaria del IV centenario della morte di Caravaggio, promossa dall'archivio di Stato di Roma, è sorta l'urgenza di valorizzare la documentazione inerente alcune vicende della vita e delle opere del Caravaggio durante il suo soggiorno romano.
Alcuni volumi che documentano la vita del pittore in questione sono stati infatti gravemente danneggiati dall'acidità degli inchiostri che nel tempo hanno perforato il supporto cartaceo, riducendolo nei casi più gravi, in frammenti.
In particolare, tale fenomeno ha coinvolto il 60 per cento della documentazione manoscritta redatta tra il XVI ed il XVIII secolo conservata negli istituti archivistici.
La direzione generale per gli archivi, alla quale era stato richiesto un intervento straordinario per finanziare gli interventi di
restauro e l'allestimento della mostra, ha consentito ad inviare il volume più danneggiato presso il laboratorio di restauro archivistico dell'istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario.
L'istituto provvederà a recuperare tale documento che risale al 1600 e che assegna ad Angelo Merisi da Caravaggio la commissione di un dipinto per un compenso di 200 scudi.
L'intervento di restauro del volume citato interessa le carte fortemente danneggiate a causa dell'acidità degli inchiostri che ha procurato perdite di frammenti e parti di testo.
L'istituto ha, inoltre, offerto la propria disponibilità per il trattamento conservativo da effettuare su tutta la raccolta dei documenti caravaggeschi che costituiscono preziose testimonianze per ricostruire la complessa vicenda biografica e artistica del pittore.
È opportuno infine rendere noto che la direzione generale per gli archivi ha promesso un sostegno economico per affrontare i costi del restauro dei 19 volumi danneggiati, la cui perizia di spesa ammonta ad euro 60.000,00.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
LUPI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 5 ottobre 2000 n. 334 ha operato il riordino dei ruoli del personale Direttivo e Dirigente della Polizia di Stato stabilendo all'articolo 13 nuovi limiti di età per il collocamento a riposo d'ufficio - già previsto a 65 anni - ed equiparandolo per quanto attiene la Dirigenza ai gradi del personale militare (60 anni Primo Dirigente = Colonnello; 63 anni Dirigente Superiore = Generale di Brigata; 65 anni Dirigente Generale = Generale di Divisione; 65 anni Dirigente Generale di livello B = Generale di Corpo d'Armata);
detta norma ha innovato profondamente la normativa precedente che prevedeva per i Funzionari e più specificatamente per la Dirigenza il pensionamento a 65 anni;
norme legislative emanate ad hoc prevedevano altresì l'esclusione degli appartenenti alle Forze di Polizia ad ordinamento civile dall'applicazione della normativa sul trattenimento in servizio previsto dall'articolo 16 del decreto-legge n. 503 del 1992;
con l'entrata in vigore del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modifiche dalla legge n. 133 del 2008, sono state previste importanti innovazioni in materia di trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti;
poiché con circolare del Capo della Polizia è stato ritenuto non applicabile al personale della Polizia di Stato il trattenimento perché le precedenti norme (articolo 4 comma 5 decreto-legge 23 dicembre 1993, n. 546; articolo 6 comma 5, decreto legislativo n. 165 del 2008;) sono state ritenute non incise dalla suddetta innovazione, creando quindi disparità di trattamento con gli altri dipendenti della Pubblica Amministrazione, in particolare i Dirigenti -:
se il Governo ritenga di dover assumere iniziative dirette alla modifica della Legge n. 334 del 2000 per quanto riguarda i Dirigenti della Polizia di Stato non contrattualizzati e quindi non destinatari della previsione del comma 2, dell'articolo 2, del decreto-legge n. 165 del 2001, come modificato dall'articolo 1 della legge 4 marzo 2009 n. 15 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 2009 equiparandola a quella di tutti gli altri dipendenti dello Stato e della Pubblica Amministrazione, riportando a 65 anni, l'età pensionabile d'ufficio anche in relazione al contenimento della spesa pubblica;
se, al personale Dirigente della Polizia di Stato - non contrattualizzato - sia immediatamente applicabile il novellato articolo 16, comma 1, del citato decreto-legge n. 503 del 1992 in tema di trattenimento
ex articolo 72 comma 7, Legge n. 112 del 2008 e successive modifiche, sulla considerazione che:
detta ultima norma si applica a tutti i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici e che non ha più effetto recettizio automatico, motivo per cui era stata ritenuta incompatibile con il delicato carattere del rapporto di lavoro delle Forze di Polizia;
non ha espressamente previsto l'esclusione degli appartenenti alla Polizia di Stato per quanto attiene il trattenimento in servizio, mentre il comma 11, per quanto attiene l'esonero, ha espressamente escluso la categoria di Magistrati e Professori Universitari e ha fatto rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della Pubblica Amministrazione sentiti gli altri Ministri interessati per la regolamentazione;
l'articolo 16 comma 1 del citato decreto-legge n. 503 del 1992, qualora non applicabile ai Dirigenti della Polizia di Stato, sarebbe, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
(4-03068)
Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di accertare se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative dirette alla modifica del decreto legislativo n. 334 del 2000 per quanto riguarda i dirigenti della Polizia di Stato non contrattualizzati elevando a 65 anni l'età per il collocamento a riposo d'ufficio, anche nell'ottica del contenimento della spesa pubblica, e se inoltre al predetto personale dirigente della Polizia di Stato sia immediatamente applicabile la novella apportata all'articolo 16, primo comma, del decreto legislativo n. 503 del 1992 in tema di trattenimento in servizio dall'articolo 72, comma sette, della legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, in quanto detta norma è di generale applicazione a tutti i dipendenti pubblici.
Al riguardo si rappresenta quanto segue.
L'ordinamento della Polizia costituisce da sempre un ordinamento cosiddetto «speciale» in seno alla pubblica amministrazione e tale peculiarità permane anche a seguito della legge di riforma n. 121 del 1981 che ne ha disposto la smilitarizzazione ergendola a corpo di polizia ad ordinamento civile.
Prova ne sia che, successivamente, sotto il profilo della disciplina previdenziale, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 503 del 1992, avuto riguardo al requisito dell'età per il pensionamento di vecchiaia, ha precisato che per la cessazione dal servizio di tale personale «restano ferme le particolari norme dettate dai rispettivi ordinamenti relativamente ai limiti di età per il pensionamento». La specificità del settore è stata ulteriormente confermata dalla legge n. 247 del 2007 ove si è sottolineato, al comma 2, lettera c) dell'articolo 1, che «il trattamento previdenziale del personale di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, del personale di cui alla legge 27 dicembre 1941, n. 1570, nonché dei rispettivi dirigenti continua ad essere disciplinato dalla normativa speciale vigente».
In proposito, le disposizioni di cui agli articoli 13 e seguenti del decreto legislativo n. 334 del 2000 in tema di disciplina dell'età massima per il collocamento a riposo d'ufficio del personale dirigente e direttivo speciale della Polizia di Stato, che prevedono requisiti differenziati e inferiori rispetto a quelli previsti per le forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, più che costituire un ingiustificato privilegio o una supposta disparità di trattamento, rispondono ad una logica di settore in funzione della specificità del comparto e sono giustificate pertanto per le diverse, più incisive ed usuranti funzioni assegnate al personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato.
Circa l'adeguatezza, la sostenibilità e la sicurezza del sistema pensionistico in rapporto alla sostenibilità della finanza pubblica, invece, si evidenzia che proprio in funzione della riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al prodotto interno lordo - i commi da 12-bis a 12-quinquies, dell'articolo 12 del disegno di
legge n. 3638 recante «conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», dispongono l'innalzamento dei requisiti per l'accesso ai trattamenti pensionistici, al fine di adeguarli all'incremento dell'aspettativa di vita, in linea con gli orientamenti espressi dalla stessa Commissione europea proprio in materia di equilibrio dei sistemi pensionistici.
Al riguardo, il comma 12-quater, come introdotto al Senato dall'emendamento 1.10000 del Governo, estende l'applicazione di tale adeguamento ai regimi pensionistici armonizzati, nonché agli altri regimi e alle gestioni pensionistiche ove siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria (ago), ivi compreso il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, nonché dei rispettivi dirigenti.
Analogamente si rappresenta per quanto attiene l'istituto del trattenimento in servizio.
Infatti, considerando che le previsioni di cui all'articolo 16, primo comma, del citato decreto legislativo n. 503 del 1992 non hanno trovato sinora applicazione al personale dirigente della Polizia di Stato, stante la specificità del settore, a maggior ragione a detto personale non trovano applicazione le disposizioni del primo comma dell'articolo, come modificato dall'articolo 72, comma sette, della legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di trattenimento in servizio.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
MANCUSO, CICCIOLI, FRASSINETTI e BARANI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il cosiddetto «decreto Bondi» finalmente pone un freno agli sprechi perpetrati dagli enti lirici per quanto riguarda le «masse artistiche» (cori, orchestre, balletti), che godono di stipendi, secondo gli interroganti, eccessivi, gonfiati da numerose indennità, a fronte dei pochi giorni effettivi di lavoro;
negli altri Paesi europei le "masse artistiche" lavorano per 5-6 giorni alla settimana e questo consente di mettere in scena maggiori produzioni e, conseguentemente, consente ai teatri maggiori incassi;
gli organici degli enti lirici sono sproporzionati per quanto riguarda ruoli quali: macchinisti, elettricisti, impiegati, maschere, sarte; con conseguente appesantimento dei bilanci;
il futuro di questo settore artistico-culturale, emblematico e fortemente caratterizzante per il nostro Paese, passa per una decisa azione di razionalizzazione delle risorse economiche di natura pubblica e per il necessario ridimensionamento degli addetti -:
se il Governo ritenga di adottare misure di parziale defiscalizzazione dei contributi economici erogati da soggetti privati verso gli enti lirici, come accade all'estero, così da promuovere un circuito virtuoso di sostegno al settore in oggetto, tassello importante del sistema made in Italy.
(4-07164)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si osserva che in più occasioni questo ministero ha pubblicamente manifestato l'opportunità di favorire, accanto all'intervento pubblico, l'autonoma partecipazione dei privati e della società civile all'offerta culturale e formativa.
Ciò ovviamente senza che lo Stato rinunci a sostenere il settore di riferimento o riduca il relativo investimento, purché il supporto pubblico sia legato a criteri oggettivi e non discrezionali e sia orientato anche ad aumentare il contributo dei privati mediante incentivi fiscali, come è avvenuto, di recente, nel settore cinematografico dove ha funzionato con successo il meccanismo del «tax shelter» e del «tax credit», introdotti da questo Governo.
Probabilmente, però, per un'effettiva introduzione di misure di defiscalizzazione dei contributi privati anche nel settore musicale, si ritiene che occorra attendere il superamento dell'attuale congiuntura economica negativa.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
MANTINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
grave allarme hanno destato i recenti episodi di terrorismo, in particolare a Milano e nel Nord del Paese, sia di natura islamista che politica;
ai fini di realizzare politiche volte al contrasto delle forme del terrorismo, si rende necessario attuare un cambio di passo. Tale battaglia ai terrorismi, sia di natura internazionale che autoctona, sul suolo italiano si compone di importanti attività affidate, in primis, ai servizi segreti, nonché alle forze dell'ordine e ad altri corpi civili e militari dello Stato. Il loro lavoro è volto alla comprensione delle situazioni esistenti ed alla risoluzione delle problematiche in atto; ma il lavoro di previsione di future problematiche sicurtive, in particolare terroristiche, non ha un suo luogo specifico (fisico e istituzionale) di studio, e non esistono degli archivi telematici comuni tali da accoglierne tutte le informazioni; tale stato delle cose ci pone in una posizione di impreparazione ad affrontare fenomeni di terrorismo molecolare - quali i kamikaze, tanto più ora dove non vi è più alcuna forma di addestramento di base, in cui l'ideologia ha meno peso nelle motivazioni del gesto; in cui il terrorista agisce su basi qualunquistiche - nonché alle nuove forme di assembramento sociale delle criminalità italiane con quelle straniere. Ed i casi degli arresti degli scorsi anni dei brigatisti rossi alla università statale di Milano e nei recenti giorni dei terroristi islamici a Milano sono una riprova della capillarità delle nuove forme, così diverse da quelle degli anni Settanta;
per porre un freno all'emersione di codesti fenomeni criminali si rende opportuno e necessario sviluppare dei Centri di informazione e di studio dei problemi del terrorismo nel cuore dei territori metropolitani ed ad alta urbanizzazione (in particolare straniera). Il lavoro svolto attualmente dalle forze di pubblica sicurezza, dall'AISI e da altri soggetti è fondamentale, però costoro necessitano di essere aiutati nella elaborazione dei nuovi fronti: c'è necessità di coordinamento delle informazioni, delle esperienze e delle idee e che permettano di intuire le nuove forme del crimine, in particolare dei fenomeni terroristici, fra cui quelle del baby terrorismo e delle possibili future banlieue italiane dove si annideranno numerose problematiche sociali e volontà radicali e di riscatto sociale. Tale attività di ricerca sociale, incardinata all'AISI, si deve avvalere di personale formatosi presso le Università e che sia pienamente esperto delle tematiche sicurtive e terroristiche. Un personale che sia in grado di mettere in relazione i segnali molecolari del territorio con le informazioni provenienti dalle forze dell'ordine, realizzando così una azione preventiva di possibili futuri problemi;
tali centri studi potrebbero essere anche pubblici ed essere posti all'interno delle facoltà sociologiche e/o criminologiche delle università, in modo da essere un servizio che possa contare anche sulla collaborazione della cittadinanza nell'ambito dell'informazione. È giusto sottolineare come la popolazione immigrata regolare spesso collabori alle indagini e come l'arresto di connazionali criminali sia motivo di serenità, garantendo di non essere etichettati come appartenenti a questo o a quel gruppo terroristico;
è pur vero che la realizzazione dei Centri di informazione e di studio dei problemi del terrorismo può comportare costi di realizzazione, però non si può porre un vincolo economico innanzi alla necessità di garantire la massima sicurezza possibile al Paese -:
quali misure intenda il Governo promuovere, oltre l'efficace coordinamento
delle forze dell'ordine competenti, per rendere più organico e strutturato il contrasto dei fenomeni di terrorismo anche attraverso l'istituzione dei Centri di informazione e di studio del terrorismo.
(4-05286)
Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame, concernente le attività di promozione e diffusione della «cultura della sicurezza» e la comunicazione istituzionale, si fa presente che una delle più importanti innovazioni introdotte dal legislatore nella legge di riforma dei servizi, la legge 3 agosto 2007, n. 124, è quella di aver individuato un progetto formativo comune a tutto il sistema di intelligence, mediante l'istituzione della scuola del dipartimento di informazione per la sicurezza.
La scuola del DIS ha un duplice compito. Da una parte, provvede a curare l'addestramento, la formazione di base continuativa e l'aggiornamento del personale del DIS e dei servizi di informazione per la sicurezza; dall'altra, promuove una serie di altre attività formative o relazionali finalizzate all'approfondimento di tematiche di interesse ed alla diffusione della «cultura intelligence».
La scuola è, pertanto, l'interfaccia del sistema d'informazione per la sicurezza con altri enti ed amministrazioni dello Stato, nonché con il mondo delle istituzioni culturali e scientifiche, per favorire lo scambio di esperienze formative e curare le attività di promozione e diffusione della cultura della sicurezza, anche attraverso l'organizzazione di conferenze, convegni ed incontri sui temi d'interesse.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Gianni Letta.
MARINELLO, CRISTALDI, GAROFALO e TORRISI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società d'ambito SOGEIR spa è stata creata da diciassette comuni della provincia di Agrigento con lo scopo di rendere ottimale le attività correlate ai rifiuti solidi urbani;
fin dalla costituzione si è assistito ad un proliferare di scelte che sovente hanno interessato la magistratura che, apprendiamo dalla stampa, si è preoccupata di verificare la correttezza dell'operato della stessa s.p.a. pubblica;
è stato in più occasioni lanciato l'allarme da parte dei cittadini circa il mancato corretto vigilare da parte della detta SOGEIR che addirittura risulta avere realizzato la discarica in un area prospiciente un ovile nel quale si producono latticini (circostanza questa rilevata dai preposti organi sanitari in sede di rilascio delle licenze per la discarica che è stata letteralmente disattesa dalla SOGEIR, la quale ha omesso l'applicazione delle relative prescrizioni);
i tecnici che lavorano all'interno della SOGEIR più volte hanno fatto presente al Presidente della stessa la grave circostanza che presenta risvolti assai rilevanti per l'intera collettività (e non solo saccense) per la sfera della salute pubblica (basti pensare ai latticini «interessati» dai rifiuti della contigua discarica ed a tutti i prodotti agricoli prodotti in zona);
per il rilascio della licenza in favore della SOGEIR non risulta che sia stata chiesta alcuna delibera al consiglio comunale di Sciacca (la zona è destinata a terreni agricoli);
il percolato prodotto dalla discarica spesso è stato rinvenuto fuori dalla discarica con ciò danneggiando irreversibilmente la salute pubblica (parte del liquido/percolato viene avviato in fiumi dai quali si alimentano le falde ed i conseguenti processi di produzioni agricole);
gli organi di gestione della SOGEIR nel tempo hanno fatto sì che proliferassero numerose società collegate, al solo scopo di creare altro sottogoverno retribuito con i soldi dei cittadini;
in molti comuni si registrano legittime lamentele da parte dei sindaci e dei
cittadini a causa dell'inefficienza della SOGEIR che causa disagi di ordine igienico e sanitario con conseguente danno d'immagine durante la stagione estiva;
risultano da più parti dubbi circa il corretto rapporto tra il quantitativo del percolato prodotto dalla discarica e quello effettivamente smaltito, al punto che lo stesso viene «allontanato» nei corsi d'acqua contigui alla discarica e non con le corrette procedure;
da anni i proprietari dei terreni vicini lamentano fumi e odori in tutte le ore ed in particolare nel periodo estivo a causa dei pericolosi gas prodotti dall'impianto che vengono a «vista» sprigionati dalla discarica;
è stato attivato un nuovo impianto di compostaggio realizzato dalla stessa società pubblica, il cui utilizzo può determinare ulteriori costi con conseguenti aggravi per i cittadini;
gli stessi tecnici della SOGEIR hanno sollevato dubbi relativi alla correttezza dei lavori eseguiti rispetto alle licenze proprio in considerazione di miasmi rilasciati dalla discarica e dei gas generati che vengono liberamente rilasciati in aria a danno della popolazione;
il comune di Sciacca da anni non dispone delle assicurazioni per inquinamento che la SOGEIR deve produrre;
per tutelare la salute pubblica si rende urgente ed indifferibile l'ispezione dei preposti organi tecnici del Ministero anche per individuare possibili condotte contrarie alla legge;
occorre intervenire tempestivamente al fine di evitare che la discarica della SOGEIR continui ad essere fonte di pericolo grave per l'ambiente e la salute pubblica nonché, ove ritenuto opportuno, per promuovere un accertamento della situazione da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, finalizzata eventualmente anche ad accertare condotte dannose per la salute pubblica;
l'interrogante ritiene sia assai grave realizzare la discarica a pochi metri da un ovile con annesso laboratorio di produzione nonostante al riguardo i vincoli segnalati dall'ASL 1 e che il comune di Sciacca non disponga delle assicurazioni necessarie, che dovrebbero essere in possesso della SOGEIR, così come previsto dalla legge (l'inquinamento da assicurare fino a trent'anni e altre);
è grave che dopo le ultime licenze rilasciate con enfasi mediatica si continui a registrare l'emissione di gas e miasmi che vengono a vista emessi liberamente nel circondario circostante ed a danno della popolazione;
c'è da chiedersi quale sia il prezzo dello sversamento dei rifiuti nell'impianto di compostaggio (inaugurato il 29 novembre 2009) e quale amministrazione pubblica abbia approvato il prezzo relativo e con quali controlli e verifiche preventive -:
se non intenda accertare, per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, i fatti rappresentati in premessa che, ove risultassero veri, costituirebbero una gravissima compromissione dell'ambiente e della salute dei cittadini.
(4-05351)
Risposta. - Nell'interrogazione in esame, l'interrogante segnala una situazione di criticità ambientale derivante dalla presenza di una discarica di rifiuti solidi urbani, situata nel comune di Sciacca (Agrigento) in un'area prospiciente un ovile con annesso laboratorio per la produzione di latticini, gestita dalla società d'ambito Sogeir Spa. La presenza di tale discarica avrebbe comportato una contaminazione diffusa nel territorio circostante poiché il percolato prodotto verrebbe allontanato nei corsi d'acqua contigui alla discarica dai quali si alimentano le falde ed i conseguenti processi di produzioni agricole, inoltre i proprietari dei terreni vicini lamentano disagi di ordine igienico e sanitario a causa dell'emissione di fumi e cattivi odori specialmente nel periodo estivo. Sono segnalate, altresì, contraddizioni
e incertezze in merito al procedimento autorizzativo e alle attività di gestione della stessa. L'interrogante chiede, quindi, al Ministro se intende accertare i fatti segnalati per il tramite del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente.
Le informazioni disponibili sono state fornite proprio dal Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente - nucleo operativo ecologico di Palermo giacché lo stesso, a seguito di un esposto presentato dall'Unione cittadini saccensi per la tutela della salute e del territorio, sin da giugno 2009 è stato delegato dalla Procura della Repubblica di Sciacca a svolgere una serie di accertamenti di polizia giudiziaria e tecnici volti ad accertare la corretta gestione della discarica da parte dell'ente gestore So.Ge.I.R. Spa.
Sulle questioni segnalate, si è attualmente a disposizione dei seguenti elementi informativi:
la discarica, adibita allo smaltimento di rifiuti solidi urbani, è ubicata in contrada Saraceno-Salicella nel comune di Sciacca (Agrigento) e risulta in esercizio sin dagli anni novanta, autorizzata inizialmente con ordinanze sindacali ex articolo 13 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivamente con ordinanze prefettizie nel periodo 1999-2006, in cui vigeva in Sicilia lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, e di recente con ordinanze/decreti dei preposti organi provinciali e regionali tra cui l'Autorizzazione integrata ambientale (A.i.a.), decreti n. 568 del 2007 e n. 1331 del 2008 dell'Assessorato regionale territorio e ambiente. Nella fase iniziale di esercizio dell'impianto l'Ati, composta dalle società Bono Slp Srl di Sciacca (Agrigento) e Sap Srl di Agrigento, è risultata affidataria dapprima dell'appalto pubblico inerente il solo servizio di raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani del comune di Sciacca (Agrigento) e successivamente di quello inerente la gestione dell'impianto stesso e di tutti i lavori satelliti al predetto servizio quali la raccolta differenziata, il recupero, il prelievo e il trasporto del percolato, operazioni varie all'interno della discarica per la compattazione dei rifiuti e l'ampliamento del sito;
nel 2008, ai sensi degli articoli 200 e 201 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la titolarità gestionale della discarica è passata dall'Ati alla società d'ambito Sogeir Spa;
la Sogeir Spa, che nel 2003 ha costituito l'ambito territoriale ottimale Ato Ag1, composto da 17 comuni della parte occidentale della provincia di Agrigento, sin dalla data di costituzione è stata presieduta dal dottor Vincenzo Marinello. Nel luglio 2005 la Sogeir Spa ha costituito tre nuove società per azioni denominate:
1) Sogeir gestione servizi smaltimento Spa, avente la finalità di coordinamento e gestione di tutto il personale ed automezzi espletanti i servizi afferenti alle operazioni di raccolta e trasporto di rifiuti dell'Ato. La società risulta cancellata in data 25 giugno 2009 a causa di fusione mediante incorporazione in altra società;
2) Sogeir gestione impianti smaltimento Spa, avente la finalità di coordinamento e gestione delle discariche in esercizio e non all'interno dell'Ato;
3) Sogeir Gestione Tia Spa, avente finalità di coordinamento e gestione delle somme derivanti dall'introito in capo ad essa della Tariffa d'igiene ambientale;
a carico del Presidente della società, dottor Vincenzo Marinello, risultano varie segnalazioni alla competente Procura della Repubblica di Sciacca per violazioni penali afferenti sia all'abrogato decreto legislativo n. 22 del 1997 sia al decreto legislativo n. 152 del 2006, effettuate nel corso di pregresse attività volte ad accertare la corretta gestione del ciclo dei rifiuti dell'Ato, condotte sia dai Carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Palermo sia dai Comandi Carabinieri territorialmente competenti;
in data 17 settembre 2009, i Carabinieri del Noe di Palermo hanno effettuato un sopralluogo presso la discarica che si è concluso con il deferimento alla procura della Repubblica di Sciacca dell'amministratore unico della Sogeir gestione impianti smaltimento Spa, per la violazione dell'articolo
256, comma 4 del decreto legislativo n. 152 del 2006 («attività di gestione di rifiuti non autorizzata») in relazione ad alcune problematiche ambientali già evidenziate da pregressi sopralluoghi effettuati sia dal personale della Provincia regionale di Agrigento sia dall'Arpa di Agrigento;
in data 11 gennaio 2010, i Carabinieri del Noe di Palermo unitamente ai Carabinieri del Nucleo antisofisticazione e al personale del Distretto veterinario di Sciacca hanno effettuato un sopralluogo nei pressi della discarica individuando l'insediamento produttivo costituito da un ovile con annesso caseificio, in capo alla ditta individuale «Colletti Giuseppe» di Sciacca (Agrigento). Tale attività produttiva, presente sul posto da molto tempo prima della realizzazione della discarica, è risultata in regola con le autorizzazioni sanitario-veterinarie, ma in conseguenza del fatto che parte del gregge è stato trovato al pascolo in un sito poco distante dalla discarica, si è proceduto, previa attività di campionatura, al sequestro-vincolo sanitario, ex articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 1980, degli animali e dei loro prodotti caseari (latte, ricotta, formaggi) onde inibirne la commercializzazioni poiché potenzialmente contaminati da sostanze nocive (PCB, diossine) derivanti dall'impianto in questione;
con riferimento alle eventuali ripercussioni dell'impatto ambientale dovuto alla presenza della discarica nei confronti di tale attività produttiva, i Carabinieri del Noe di Palermo hanno accertato che l'Ufficio di igiene e sanità pubblica di Sciacca, in sede di richiesta da parte della Sogeir Spa di parere igienico sanitario, propedeutico al rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale avente n. 1331 del 21 novembre 2008, con una nota aveva evidenziato all'ente regionale preposto che nello studio d'impatto ambientale ed annessa relazione tecnica, prodotto dalla citata società d'ambito non era stata riportata «...la presenza di un attiguo ovile in atto attivo con annesso caseificio, ma viene solo menzionato un ricovero notturno di ovini», ed inoltre «non risultano analizzati e descritti gli eventuali effetti tra le attività relative allo smaltimento dei rifiuti e la presenza degli animali presenti nell'ovile il cui latte e/o carni destinate al consumo umano possono risultare veicolo di trasmissione di interesse per la filiera alimentare e quindi fonte di potenziale danno della salute pubblica...». Pertanto, nella stessa nota, il suddetto Ufficio aveva espresso parere favorevole ma con prescrizione di integrare gli elaborati con specifiche indagini analitiche degli effetti e correlazioni tra la discarica e l'ovile/caseificio. Di conseguenza il menzionato decreto regionale n. 133 del 2008, all'articolo 11, comma 52 relativo alle prescrizioni relative alle attività di monitoraggio aveva prescritto che «il gestore della discarica (Sogeir) dovrà produrre appositi elaborati che valutino, tramite una approfondita indagine in sito, gli eventuali effetti e correlazioni tra la discarica, il contiguo ovile e il caseificio annesso ad un piano di monitoraggio che permetta di monitorare il rischio igienico-sanitario, al fine di cautelare la salute pubblica. Tali elaborati dovranno essere trasmessi all'AUSL n. 1 di Agrigento per le valutazioni di competenza». Gli accertamenti condotti dai Carabinieri del Noe di Palermo hanno evidenziato che soltanto in data 8 gennaio 2010, a distanza di più di un anno dalla data di emanazione del decreto regionale Aia n. 1331 del 21 novembre 2008, la Sogeir Spa ha dato seguito alla predetta prescrizione, richiedendo al Dipartimento di prevenzione - ufficio igiene pubblica di Sciacca l'effettuazione di specifiche indagini analitiche e, pertanto, si è provveduto a dare comunicazione di notizia di reato alla competente Procura della Repubblica di Sciacca;
in relazione al presunto smaltimento illecito del percolato mediante sversamento nell'impluvio naturale presente a valle della discarica, nel corso del sopralluogo effettuato l'11 gennaio 2010, non è stata accertata la fuoriuscita del predetto rifiuto speciale. Lo stesso viene periodicamente prelevato e conferito presso un impianto di trattamento autorizzato e in ultimo presso l'impianto della società Profineco Spa di Termini Imerese (Palermo);
la discarica è risultata priva del sistema di captazione dei biogas che di conseguenza viene disperso in atmosfera, ma sottoposta ad attività di monitoraggio periodico mediante un incarico affidato alla società «C.a.d.a. di Filippo Giglio Snc» di Menfi (Agrigento);
la Sogeir Spa ha attivato recentemente a Sciacca un impianto per la produzione di compost, che risulta autorizzato mediante i decreti n. 72 del 17 aprile 2008 e n. 299 del 13 novembre 2009, emessi dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque di Palermo, allo scopo di rafforzare la raccolta differenziata ed in particolare di sottrarre tutta la parte umida presente nei rifiuti solidi urbani altrimenti destinata ad aumentare il volume e compromettere la stabilità della discarica che, peraltro, insiste su un'area collinare.
Ad integrazione degli accertamenti già effettuati a settembre 2009 e a gennaio 2010, i Carabinieri del Noe di Palermo hanno richiesto a questo ministero il supporto del proprio personale tecnico per effettuare ulteriori controlli ed accertamenti al fine di procedere alla verifica sul posto delle numerose prescrizioni tecniche riportate negli atti autorizzatori e addivenire ad un parere super partes.
Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto ad incaricare l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale Ispra per fornire il supporto tecnico richiesto dal Noe di Palermo per ulteriori accertamenti, che sono stati effettuati nei giorni 11, 12 e 13 maggio 2010, a seguito dei quali è stato accertato quanto segue:
la gestione della discarica ha evidenziato il mancato rispetto delle prescrizioni minime come quelle riferite all'abbattimento delle polveri, alla disinfestazione, alla derattizzazione, alla cinturazione con piante ad azione chelante, al corretto isolamento dall'esterno per impedire l'accesso all'area di discarica di persone estranee o animali, alla tenuta dei registri di manutenzione e ai corsi di aggiornamento del personale;
l'impianto di discarica è sprovvisto di un adeguato sistema di segmentazione delle acque interne ed è assente un completo sistema di canalizzazione finalizzato ad impedire alle acque provenienti dall'esterno della discarica di entrate in contatto con il corpo rifiuti ed avere il duplice effetto dell'incremento della produzione del percolato ed il ruscellamento verso valle dopo essersi caricate di sostanze inquinanti;
su tutto l'area di discarica è assente qualsiasi forma impiantistica finalizzata alla gestione del biogas prodotto dalla fermentazione dei rifiuti. Il livello del percolato presente, desumibile dall'altezza del battente all'interno dei pozzi di captazione, ha permesso di affermare che esso non è gestito nella maniera corretta e infatti è stata riscontrata la presenza di rivoli e fuoriuscite di percolato anche al di fuori delle aree impermeabilizzate.
Anche gli esiti dei suddetti accertamenti sono stati comunicati dal Noe di Palermo alla Procura della Repubblica di Sciacca.
Le informazioni relative allo stato della discarica in argomento sono pervenute, nel frattempo, anche dalla Regione Siciliana, dalla Prefettura di Agrigento, dall'Arpa Sicilia e dalla stessa Sogeir Spa.
In particolare, la Prefettura di Agrigento:
con una nota del 22 aprile 2010, ha inoltrato elementi informativi sulla discarica in questione, forniti dalla Regione Siciliana - Dipartimento regionale ambiente, dai quali si prende atto che la discarica ha subito movimenti di scivolamento e di assestamento e che il gestore ha provveduto ad attivare le procedure previste dall'articolo 242 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
con una nota del 15 maggio 2010, ha provveduto ad inoltrare a questo ministero ai sensi dell'articolo 304, comma 2 del decreto legislativo 152 del 2006, la comunicazione prodotta dalla Sogeir Spa in data 14 maggio 2010, ai sensi dell'articolo 242 del richiamato decreto legislativo, relativa al superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nei campioni di acqua
prelevati nei pozzi spia collocati nella discarica in oggetto. La Sogeir Spa, sulla base delle informazioni disponibili, ha presunto che le matrici ambientali interessate dal possibile fenomeno di contaminazione siano limitate alle poche decine di litri di acqua contenute all'interno dei pozzi spia e quali misure di messa in sicurezza di emergenza a carico delle matrici ambientali ha comunicato che darà corso alla verifica del corretto funzionamento dei sistemi di raccolta delle acque di scorrimento superficiale e dell'efficienza funzionale di tutti i canali di gronda e collettori di raccolta delle acque.
Fermo restando che le procedure per il rilascio delle autorizzazioni all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti e per il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio delle discariche sono di competenza delle Regioni, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, e decreto legislativo n. 36 del 2003, giova precisare, tuttavia, che anche la gestione amministrativa conseguente alla contestazione di eventuali illeciti che potrebbero essere individuati dall'Autorità giudiziaria, è di competenza delle Amministrazioni locali. In particolare, resta inteso che i compiti di controllo e verifica sulle attività di gestione dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni ad essa connesse, sono in capo alla Provincia ai sensi dell'articolo 197 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e (successive modificazioni).
L'eventuale attivazione di questo ministero potrà avvenire per il tramite della Prefettura - Ufficio territoriale di Governo, secondo le modalità previste dalla Parte sesta, Titolo II del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni nel caso in cui dovessero emergere particolari profili di compromissione ambientale, tali da richiedere la valutazione da parte di questo ministero degli elementi informativi finalizzati all'adozione di azioni in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Nella fattispecie questo ministero potrà nuovamente avvalersi della collaborazione del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente per la parte ispettiva e dell'Istituto superiore per la ricerca ambientale per gli aspetti tecnici.
Infine, si rappresenta che, da una ricognizione effettuata presso gli uffici della Direzione generale competente, sono risultate presenti agli atti copie di ordinanze contingibili e urgenti, relative agli anni dal 2006 al 2010, emanate dal Presidente della provincia regionale di Agrigento e dal Sindaco di Sciacca competenti ex articoli n. 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni.
In particolare, con riferimento all'anno corrente:
il Presidente della Provincia regionale di Agrigento, con propria Ordinanza n. 18 del 5 febbraio 2010, ha autorizzato «l'Ato, Sogeir Spa, Ag 1, in deroga ai quantitativi fissati con decreto regione siciliana n. 1331 del 21 novembre 2008, a conferire presso la discarica di Sciacca, sita in C/da Saraceno-Salinella, Vasche V1/V2 i rifiuti non pericolosi di cui all'allegato A, codici 19 e 20 del decreto Regione Siciliana n. 1331 del 21 novembre 2008, proveniente dai 17 comuni facenti parte dell'Ato Ag 1, dal 5 febbraio 2010 al 31 luglio 2010»;
il Sindaco del Comune di Sciacca (Agrigento) con propria Ordinanza n. 41 dei 14 aprile 2010, ha autorizzato «per la durata di mesi sei, la Società d'ambito d'appartenenza Sogeir Spa, Ato, Ag 1, con sede legale in Sciacca (Ag), via Roma 13, soggetto gestore della discarica ubicata in località "C.da Saraceno-Salinella", territorio del Comune di Sciacca, all'ammissione e smaltimento presso la medesima discarica dei rifiuti di cui ai codici Catalogo europeo dei rifiuti 19 maggio 2001, 19 maggio 2003, e 19 dicembre 2012, in deroga al parametro Doc (carbonio organico disciolto) di cui al decreto ministeriale 3 agosto 2005, prodotti dall'impianto per la produzione di compost di qualità di c.da Santa Maria zona industriale Asi - Sciacca del Comune (Ag), nel pieno rispetto delle prescrizioni e dei limiti dettati dalla sopra richiamata ordinanza del
Presidente della Provincia Regionale di Agrigento n. 18 del 2010.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 9 luglio 2009 la Rai, durante la trasmissione «Doc 3», ha proiettato un documentario dal titolo «Come un uomo sulla terra» che racconta la storia di uno studente di Giurisprudenza di Addis Abeba, in Etiopia, che a causa della forte repressione politica nel suo paese, decide di emigrare. Nell'inverno 2005 attraversa via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si imbatte in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di arresti e deportazioni che, dopo la visione del documentario, appaiono inconciliabili con le più elementari norme di diritto internazionale a tutela dei diritti dell'uomo. Il profugo etiope, sopravvissuto all'attraversamento della Libia, è riuscito a giungere via mare in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare una scuola di italiano, punto di incontro di molti immigrati africani. Qui ha imparato non solo l'italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Ha quindi deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a far conoscere al mondo quanto sta accadendo nel paese del colonnello Gheddafi;
a differenza di molti altri programmi andati in onda sulle reti RAI, non è possibile rivedere questo documentario sul sito istituzionale, e ciò è evidenziato dalla scritta «Video non disponibile», ma è rimasta visibile, anche se molto difficilmente, la seguente didascalia: «La recente polemica sui "respingimenti" ha tralasciato un piccolo particolare: chi sono quegli uomini e quelle donne sui barconi? Quali sono le loro storie? Che cosa hanno passato per arrivare in Italia? Come hanno fatto ad attraversare un deserto? Cosa vuol dire viaggiare a 50 gradi dentro un container pieno zeppo di persone? Come sono gli analoghi dei nostri CPT in Libia? Sono campi di concentramento finanziati anche dall'Italia? Con i nostri soldi, quindi? Attraverso i racconti dei protagonisti scopriamo l'agghiacciante realtà del passaggio nell'inferno libico, fatto di campi di concentramento nel deserto, di stupri e di esseri umani venduti e comprati (uno di loro - Dagmar Yimer - è co-regista con Andrea Segre). Un eccezionale documento che finalmente dà voce a chi non l'ha mai avuta».;
su numerosi siti Internet è possibile rivedere ed ascoltare un trailer del documentario di poco più di cinque minuti, sul totale di cinquantasette circa, contenenti delle dichiarazioni e dei dialoghi tra profughi etiopi, sottotitolate in italiano, del seguente tenore letterale: «Ci sono due tipi di containers, uno piccolo ed uno grande, io li ho presi entrambi. Si dice che li hanno avuti dal governo italiano. Dall'Italia? Si, dal governo italiano. Questi mezzi sono stati regalati dall'Italia alla Libia... così si dice»;
tutto il documentario è basato su immagini e dichiarazione quali quelli sopra riportati da cui emergono fatti la cui gravità è tale da richiedere la verifica dell'autenticità: in modo specifico, le affermazioni riguardanti la fornitura, da parte del nostro Paese, alla Libia, dei containers sopra citati con cui trasportare i catturati nel deserto verso le prigioni interne, aventi solo delle piccolissime prese d'aria: questi, dopo aver subito trattamenti contrari al diritto internazionale come torture fisiche e morali, iniziano un viaggio in cui tali trattamenti proseguono
poiché le condizioni ambientali sono così ostili da provocare svenimenti e morti tra i trasportati in questi mezzi. Ciò è dovuto anche al fatto che i tragitti sono particolarmente lunghi a causa di una lunga peregrinazione tra le varie sedi di segregazione in cerca di «posti liberi» ove imprigionarli;
nel documentario si afferma altresì che è avvenuta una fornitura, da parte del nostro governo, di mille sacchi per cadaveri destinati ai catturati che non sopravvivono al trattamento riservatogli;
per quelli che sopravvivono dopo la serie di violenze subite, è in attesa un ulteriore tragitto: essi sarebbero «ceduti» a trafficanti che li trasportano, questa volta con dei pick-up, sempre forniti dal governo italiano, che li riportano al punto di partenza ove, se la propria famiglia non ha a disposizione 400 dollari per il loro riscatto, iniziano nuovamente questa sorta di via crucis, testimoniata da ulteriori brani del documentario disponibile on line: «Devi passare ad Ajdabia, e pagare ancora se vuoi arrivare a Bengazi. Devi farti mandare altri soldi, o usare quelli che hai. Ma io non avevo da pagare... e così siamo state picchiate e abusate... È così per tutte le donne... per arrivare a Bengazi».; un ulteriore brano: «L'autista aveva una pistola ed una sciabola. Siccome eravamo troppo stretti, alcuni di noi salivano sul tetto del pick-up e allora l'autista, guidando, menava fendenti di sciabola alla cieca. Se ci prendeva ci avrebbe feriti, non aveva nessuna pietà»; a cui segue una denuncia di discriminazione anche religiosa: «Preferivamo morire piuttosto che doverci togliere la croce. Piangevamo, ma se questa era la volontà di Dio noi l'accettavamo... ma la croce non la volevamo togliere. Cristiani siamo e cristiani rimarremo..., e loro ci sbattevano contro il muro. Mentre gli uomini venivano picchiati noi urlavamo. Come puoi stare zitto quando qualcuno viene frustato. Gli uomini venivano colpiti sotto le piante dei piedi e fino a perdere i sensi... così sono stati espulsi»; sempre riferendosi ai containers: «Arrivati a Misratah c'era ad aspettarci un lunghissimo container. Ci hanno messi subito dentro. Non sapevamo neanche cos'era. Mentre eravamo lì sono state portate dalla prigione oltre 100 persone. Erano soltanto habesha? No, anche di Sudan, Somalia e altri paesi. Io dovevo arrivare a Tripoli e invece guarda il viaggio che ho fatto... sono andato indietro, a ritroso»; l'autore stesso commenta le immagini dei container utilizzati per i trasporti, con queste parole: «Anche se uno è normalmente tranquillo, ti fa diventare pazzo. Non puoi ragionare» -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative efficaci ed urgenti intendano porre in essere alfine di scongiurare in futuro il ripetersi di simili fatti;
cosa intenda fare il Governo, in ordine al prosieguo dell'attuazione del Trattato di «amicizia, partenariato e cooperazione» tra Italia e Libia, alla luce dei fatti narrati in premessa, e se non ritenga urgente convocare l'ambasciatore libico in Italia per chiedere l'avvio di un'inchiesta internazionale indipendente che verifichi il rispetto dei diritti umani in Libia, con particolare riguardo alla tutela dei diritti dell'uomo contenute nella Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
(4-04094)
Risposta. - Non si dispone di elementi in merito alla vicenda oggetto dell'interrogazione, né su eventuali forniture alla Libia di containers, sacchi per cadaveri e automezzi utilizzati per i fatti descritti.
Si segnala che l'articolo 6 del trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra Italia e Libia, firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, concerne specificamente il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sancendo l'impegno delle parti ad agire conformemente agli obiettivi e ai princìpi della Carta delle nazioni unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Si tratta di una previsione di carattere generale che, ad ogni modo, è da ritenersi idonea ad impegnare le autorità di Tripoli al rispetto di norme e standard internazionali in materia.
La Libia, che non è parte della Convenzione di Ginevra del 1951 e non dispone di una legge nazionale sull'asilo, ha firmato e ratificato la convenzione dell'Organizzazione dell'unità africana (Oua) del 1969, relativa a specifici aspetti della problematica dei rifugiati in Africa, testo complementare alla convenzione di Ginevra, riconosciuto dall'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), che impegna a garantire lo status di rifugiato secondo i criteri di Ginevra. In Libia è peraltro presente, oltre all'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) un ufficio dell'Unhcr che potrà continuare ad operare de facto nell'assistenza ai rifugiati, avviando contestualmente un negoziato con le autorità libiche per un memorandum d'intesa che costituisca il quadro giuridico per l'operatività in forma ufficiale.
Il trattamento in Libia degli immigrati illegali è questione all'attenzione degli organi di monitoraggio dei diritti umani del sistema delle Nazioni Unite (Tripoli, in particolare, ha aderito alla convenzione sulla tortura) nonché dei principali organismi internazionali di vigilanza.
Nel corso degli anni si è registrata una crescente sensibilità delle autorità libiche nei confronti della problematica dei rifugiati ed una più chiara volontà di Tripoli di collaborare con le competenti organizzazioni internazionali a una migliore gestione del fenomeno. In particolare, l'attività in Libia dell'Unhcr e dell'Oim ha reso possibile lo screening nei centri di raccolta di immigrati irregolari per il riconoscimento dello status di rifugiato, il rinnovo dei documenti di identità ai rifugiati soggiornanti in Libia, l'organizzazione di operazioni di ristabilimento («resettlement») di rifugiati (per lo più eritrei e somali) in altri Paesi tra cui l'Italia (abbiamo accolto 40 persone nel 2007, 29 nel 2008 e 67 nell'ottobre 2009), a conferma dell'impegno umanitario nel nostro Paese in materia di tutela delle persone che necessitino di protezione internazionale.
Il negoziato tra l'Unione europea e la Libia per la conclusione di un accordo quadro comprende un ampio capitolo migratorio, nel cui ambito la Commissione europea è impegnata, conformemente al mandato ricevuto dal Consiglio e dagli Stati membri, ad ottenere dalle autorità libiche, tra le altre cose, anche piene garanzie in materia di tutela di persone che necessitino di protezione internazionale. Gli ultimi round negoziali hanno segnato, anche a tale riguardo, importanti e incoraggianti progressi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
MELANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in data 5 maggio 2010, il quotidiano La Repubblica, nell'articolo «Il mistero del quadro super pagato», riportava la notizia secondo cui il Ministero per i beni e le attività culturali avrebbe pagato 1 milione e 200 mila euro per l'acquisto della tempera su tavola raffigurante l'ascensione, attribuita a Ludovico Brea, destinata alla Galleria Palazzo Spinola di Pellicceria;
numerosi esperti d'arte, tanto appartenenti al settore del mercato quanto appartenenti al mondo della ricerca e delle università italiane e francesi, ritengono sovrastimato il prezzo pagato per il pur pregevolissimo dipinto;
in data 8 maggio 2010, il quotidiano La Repubblica, nell'articolo «La consulta universitaria: fuori la verità sul quadro», riporta la volontà dei componenti della consulta universitaria di confrontarsi con Maria Dalai Emiliani, presidente del comitato tecnico-scientifico del Mibac, e che molti esperti di mercato ritengono che l'opera in questione valesse «almeno la metà»;
il Mibac ha subito negli ultimi due anni, una sensibile e costante riduzione di risorse economiche, costringendo i diversi comparti dell'amministrazione ad operare in grande ristrettezza -:
quali elementi siano stati presi in considerazione dal Mibac per procedere all'acquisto dell'opera.
(4-07182)
Risposta. - Il dipinto raffigurante l'Ascensione, rappresenta una fondamentale testimonianza per lo studio di una delle stagioni più significative della produzione artistica ligure per le considerevoli dimensioni (cm 258x123) e per l'elevata qualità pittorica, riconosciuta da tutta la critica specialistica.
Il comitato tecnico-scientifico per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico ha esaminato la proposta di acquisto della grande tavola di Ludovico Brea in più sedute sulla base della relazione pervenuta dalla soprintendenza per i beni storico-artistici ed etnoantropologici della Liguria.
Vista la rarità e l'importanza dell'opera, viste le successive vicende collezionistiche e l'eccellente stato di conservazione, il comitato si è espresso favorevolmente al suo acquisto per una collezione pubblica della capitale ligure, chiedendo una riduzione della cifra di offerta da euro 1.450.000 a euro 1.200.000, ritenendo valido il parere di congruità espresso dalla competente soprintendenza, e suggerendo comunque l'avvio del procedimento di vincolo, in considerazione dell'alto interesse artistico, culturale e storico del dipinto.
Il comitato del resto è sempre più orientato a concentrare le risorse disponibili del ministero all'acquisto di poche opere, ma di sicura e incontestabile autenticità, come nel caso in questione.
Il comitato ha ribadito, infatti, come le ragioni che motivano l'acquisto di un'opera d'arte per un'istituzione museale pubblica, scongiurandone la dispersione ed assicurandone la tutela e la fruizione, differiscono in modo sostanziale da quelle degli acquisti effettuati da collezionisti privati. Il significato che l'opera assume nel contesto della collezione museale trasforma anche il significato di quest'ultima e arricchisce la conoscenza del patrimonio artistico della città e dell'intero territorio d'influenza. Da qui le notevoli variazioni dei prezzi del mercato d'arte, caratterizzato dall'inveterata tendenza dei concorrenti - si tratti di antiquari o di case d'aste - a svalutare il prezzo spuntato da un altro acquirente, soprattutto se pubblico.
È vero che Ludovico Brea, visto anche il suo ristretto catalogo, raramente è presente sul mercato artistico internazionale, tantomeno con un'opera di eccezionale interesse come l'Ascensione, sottratta da due secoli ed ora restituita alla fruizione pubblica.
Se a Londra un artista raro, come Ludovico Brea, può avere un interesse limitato, in quanto artista che «non ha mercato», viceversa in Liguria, o in Provenza, diventa un maestro ambito da qualunque museo o collezionista privato.
Una valutazione astratta è dunque irrealistica, mentre l'acquisto per la galleria nazionale di palazzo Spinola rappresenta un accrescimento del valore complessivo della preziosa raccolta e insieme un completamento permanente del patrimonio dell'arte in Liguria. Inoltre, l'intero patrimonio artistico pubblico del Paese ne risulta contestualmente arricchito.
Alla luce di quanto sopra esposto, appare dunque evidente che l'opera pervenuta alla galleria nazionale di palazzo Spinola, debba configurarsi come importante momento di recupero e valorizzazione di uno dei momenti più significativi delle vicende che caratterizzarono l'ambiente culturale ligure della seconda metà del quattrocento, testimonianza di cui grazie a questa iniziativa è possibile garantire da ora la pubblica fruizione, così come unanimemente riconosciuto in occasione del seminario che si è svolto il 19 maggio 2010 a Genova alla presenza dei principali studiosi dell'arte ligure rinascimentale.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la sovranità delle isole Malvinas-Falkland, George del Sud e Sandwich del Sud - e della delimitazione della sua area marittima - è oggetto dal 1833 di un conflitto tra la Repubblica Argentina e il Regno Unito;
dopo la guerra delle Malvinas del 1982 e il successivo rilancio delle relazioni diplomatiche, attraverso le dichiarazioni congiunte di Madrid del 1989 e del 1990, in successive dichiarazioni congiunte e scambi di note, i due Stati hanno ratificato diversi accordi provvisori, riguardanti questioni pratiche relative all'Atlantico Sud, sotto la formula della salvaguardia della sovranità. Tali accordi sono di carattere provvisorio e sono orientati a generare le condizioni per la ripresa delle negoziazioni relative alla sovranità;
la Destre Petroleum, compagnia di petrolio di origine britannica, negli ultimi mesi ha cominciato a realizzare, con l'avallo del Governo inglese, delle esplorazioni con lo scopo, probabilmente, di effettuare estrazioni nella piattaforma marittima delle isole Malvinas;
il Governo argentino ha richiamato l'attenzione del suo pari inglese riguardo questa situazione, affinché si sospendano immediatamente tutte queste attività in un territorio tuttora oggetto di disputa;
il 16 febbraio 2010, il Governo argentino, attraverso un decreto dell'Esecutivo, ha stabilito l'obbligo di richiedere un permesso speciale dell'autorità argentina competente per tutte le navi in transito per i porti argentini dirette alle isole Malvinas;
la Repubblica Argentina rifiuta e protesta contro gli atti unilaterali inglesi concernenti la zona di disputa, i quali ignorerebbero gli accordi provvisori stipulati in osservanza della formula della salvaguardia della sovranità;
tali atti sarebbero contrari a quanto stabilito dalla Risoluzione 31/49 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che obbliga le Parti ad astenersi dall'introduzione di modifiche unilaterali relative a questa situazione;
il Gruppo Rio, recentemente riunito in Messico il 22-23 Febbraio, ha manifestato il suo disappunto innanzi all'atto unilaterale portato avanti dal Regno Unito e ha sollecitato le Parti affinché stabiliscano negoziazioni con l'obiettivo di risolvere tale conflitto;
nella questione delle isole Malvinas, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ripreso la dottrina di applicazione del principio di integrità territoriale, facendo riferimento agli interessi e non ai desideri della popolazione delle isole - nella sua Risoluzione 2065 (XX) del 1965, rettificata successivamente da altre risoluzioni nel 1973 (3160, XXVIII), nel 1976 (31/49), nel 1982 (37/9), nel 1983 (38/12), nel 1984 (39/6), nel 1985 (40/21), nel 1986 (41/40), nel 1987 (42/19) e nel 1988 (43/25). Tutte dichiarano l'esistenza di un conflitto di sovranità e ribadiscono l'invito presente nella risoluzione 2065 (XX) alle Parti (l'Argentina e il Regno Unito) «a proseguire senza ritardo le negoziazioni raccomandate dal Comitato Speciale incaricato di esaminare la situazione rispetto all'applicazione della Dichiarazione concernente la concessione di indipendenza ai paesi e alle popolazioni coloniali, al fine di trovare una soluzione pacifica al problema, tenendo opportunamente conto delle disposizioni e degli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite e della Risoluzione 1514 (XV), così come gli interessi della popolazione delle isole Malvinas»;
è da considerare la situazione attuale di tensione tra entrambi i paesi, Gran Bretagna e Argentina, entrambi amici dell'Italia e legati ad essa in forma diretta attraverso relazioni commerciali e politiche;
va tenuto conto, altresì, delle particolari relazioni di fratellanza che legano l'Italia alla Repubblica Argentina, dove ridiede una collettività di 593 mila connazionali;
l'Italia potrebbe svolgere efficacemente il ruolo di mediatore nella questione del conflitto in oggetto -:
quale sia, in particolare, la posizione del Governo di fronte a questo atto unilaterale del Regno Unito nelle isole Malvinas, George del Sud e Sandwich del Sud,
e in generale, la sua posizione di fronte al comportamento britannico;
se, e quali azioni, il Ministro destinatario, ritenga opportuno intraprendere per richiamare l'attenzione del nostro partner europeo, la Gran Bretagna, relativamente alla questione in oggetto affinché si giunga ad una soluzione pacifica della controversia o per favorire la mediazione del conflitto tra Regno Unito e Repubblica Argentina in conformità a quanto previsto all'articolo 33 della Carta delle Nazioni Unite.
(4-06582)
Risposta. - La questione delle isole Falkland/Malvinas non è entrata nelle relazioni bilaterali con l'Argentina, ad eccezione di alcuni richiami effettuati dai nostri interlocutori in occasione di incontri ufficiali. A fronte delle periodiche affermazioni argentine, inquadrate ultimamente anche sotto il profilo dell'integrità territoriale, l'Italia ha reiterato l'auspicio che la questione venga affronta nei competenti fori negoziali, multilaterali e bilaterali, con particolare riferimento a quello delle Nazioni Unite, nello spirito della risoluzione dell'assemblea generale che nel 1998 invitò, come noto, le parti a dare avvio a negoziati per la soluzione del conflitto.
La posizione italiana tiene conto delle decisioni maturate nel contesto comunitario. Si ricorda infatti che i trattati di Roma hanno considerato le isole Falkland incluse nei «territori d'oltremare» del Regno Unito, e riconoscono esplicitamente a quest'ultimo la consolidata sovranità sulle isole, principio ripreso e confermato ultimamente anche nel trattato di Lisbona.
In tale contesto, l'Italia ha sempre osservato un atteggiamento di bilanciato equilibrio. Se da una parte ha mantenuto fede agli impegni di solidarietà verso la Gran Bretagna, che derivano dalla comune appartenenza all'Unione europea, dall'altra, evidenti ragioni di vicinanza, rafforzata dai profondi legami con la numerosa comunità italiana presente in Argentina, hanno spinto il nostro Paese ad astenersi sulla decisione di rinnovo, alla scadenza, delle sanzioni che l'Unione europea aveva approvato nell'aprile del 1982.
Per quanto concerne il futuro, in un momento in cui entrambe le parti mostrano moderazione, senso della misura e disponibilità al dialogo, si preferisce astenersi dall'assumere posizioni o dall'effettuare pressioni che, provocando la recrudescenza di antiche ferite, potrebbero comportare, anziché progressi, il rischio di un deterioramento della già complessa situazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.
MISTRELLO DESTRO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il decreto 17 dicembre 2009, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 gennaio 2010, n. 9 - è stato istituito il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), al fine di permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la regione Campania;
l'entrata in funzione del SISTRI - che è stata scaglionata sulla base della caratteristiche dimensionali e delle attività svolte dai soggetti obbligati produttori di rifiuti - è prevista per un primo e nutrito gruppo dei soggetti predetti (imprese produttrici di rifiuti pericolosi con più di 50 dipendenti, imprese produttrici di rifiuti non pericolosi industriali ed artigianali con più di 50 dipendenti, imprese che effettuano operazioni di recupero e smaltimento rifiuti, trasportatori in conto proprio di rifiuti pericolosi, imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi, commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione, operatori del trasporto intermodale ed inoltre comuni enti ed imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania) già entro il 13 luglio 2010, mentre la partenza del sistema per un secondo gruppo di soggetti (imprese produttrici di rifiuti pericolosi con meno di 50 dipendenti e i produttori
iniziali di rifiuti non pericolosi industriali e artigianali che hanno tra gli 11 e i 50 dipendenti) è fissata appena un mese dopo ovvero il 12 agosto 2010;
l'iscrizione al Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti comporta per gli operatori specifici obblighi - così come previsto dall'articolo 3 del decreto 17 dicembre 2009 - e deve avvenire secondo le modalità descritte nell'allegato IA del citato decreto (consegna di dispositivi USB per la trasmissione e il salvataggio dei dati nonché per la firma elettronica e di black box da installarsi su ciascun veicolo in dotazione all'impresa);
ai sensi dell'articolo 4 del decreto del 17 dicembre 2009 i soggetti obbligati all'iscrizione al SISTRI sono tenuti a versare - a copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del sistema - un contributo annuale il quale è dato per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all'interno dell'unità locale, mentre, nel caso di unità locali per le quali è stato richiesto un dispositivo USB per ciascuna unità operativa, il contributo annuale è versato per ciascun dispositivo USB richiesto;
l'istituzione del SISTRI costituisce un evento di estrema importanza sotto tre distinti profili: a) quello della semplificazione delle procedure e degli adempimenti riducendo i costi sostenuti dalle imprese nonché della gestione in modo innovativo ed efficiente di un processo complesso e variegato con garanzie di maggiore trasparenza, conoscenza e prevenzione dell'illegalità; b) quello della lotta all'illegalità nel settore dei rifiuti speciali per contrastare il proliferare di azioni e comportamenti non conformi alle regole esistenti e, in particolare, per mettere ordine a un sistema di rilevazione dei dati che sappia facilitare, tra l'altro, i compiti affidati all'autorità di controllo (la gestione del SISTRI è stata affidata al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente); c) quello di rappresentare un elemento fondamentale nella politica economica di risanamento e di rigore che il Governo sta portando avanti;
è stato sottolineato che l'attivazione del SISTRI avrà benefiche ricadute non solo sulla pubblica amministrazione e sui contribuenti (maggiore trasparenza e riduzione dei costi) ma anche sul sistema delle imprese: una più corretta gestione dei rifiuti avrà, infatti vantaggi sia in termini di riduzione del danno ambientale, sia di eliminazione di forme di concorrenza sleale tra imprese, con un impatto positivo per tutte quelle che, pur sopportando costi maggiori, operano nel rispetto delle regole;
in un quadro economico-finanziario così delicato e difficile come quello attuale - tuttavia - l'avvio del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti potrebbe risultare, alla luce del quadro normativo vigente, particolarmente gravoso per le imprese artigiane e di piccole dimensioni, quali le carrozzerie artigiane, e più in generale il mondo dell'autoriparazione;
il settore auto è stato fra quelli più duramente colpito dalla crisi mondiale e, ovviamente, le ricadute negative sulle carrozzerie sono state pesantissime, senza contare che anche le politiche di incentivazione al rinnovo del parco macchine circolante è andato a discapito della categoria;
gli autoriparatori non mettono in discussione la tutela ambientale, così come è sono profondamente convinti che città meno inquinate e più vivibili siano l'obiettivo di ogni società moderna e proiettata verso il futuro -:
quali tempestive iniziative intenda adottare al fine di garantire una graduale
applicazione alle imprese artigiane, ed in particolare agli autoriparatori, della normativa relativa all'istituzione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, prevedendo, segnatamente:
a) una moratoria di ventiquattro mesi nell'entrata in funzione del SISTRI;
b) una moratoria del regime sanzionatorio di ulteriori dodici mesi, qualora le aziende incorrano in errori formali;
c) che il pagamento annuale per l'iscrizione sia solo una tantum, a meno che l'azienda non cambi partita IVA o che venga modificato il sistema societario.
(4-07133)
Risposta. - Con riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, si fa presente che questa amministrazione è consapevole delle difficoltà e dei problemi che le imprese di piccole dimensioni stanno incontrando in rapporto all'entrata in funzione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri).
Per venire incontro alle esigenze manifestate sono stati organizzati tavoli di confronto con le organizzazioni imprenditoriali dove si è pervenuti alla condivisione delle misure da porre in essere per cercare di superare le criticità rilevate.
È stato predisposto un nuovo decreto ministeriale, di prossima pubblicazione, integrativo dei due precedenti (decreto ministeriale 17 dicembre 2009 e decreto ministeriale 15 febbraio 2010), che, tra l'altro, prevede:
lo slittamento al 1o ottobre del termine per l'avvio ad operatività del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti;
la riduzione di contributi e l'applicazione di una procedura semplificata per le imprese di più piccole dimensioni, produttrici di modeste quantità di rifiuti pericolosi. Queste imprese possono adempiere agli obblighi previsti tramite le organizzazioni di categoria rappresentative sul piano nazionale e loro articolazioni territoriali o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni, nonché tramite circuiti organizzati di raccolta.
In ordine al regime sanzionatorio, si ricorda che le nuove regole riguardanti il Sistri sono contenute nello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, all'esame del Parlamento. Il nuovo regime, che è sostanzialmente analogo a quello vigente per gli adempimenti cartacei in tema di comunicazioni in materia di produzione e gestione dei rifiuti speciali (modello unico di dichiarazione ambientale, registro di carico e scarico, formulario), entrerà pertanto in vigore dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Da tener presente, in particolare, che con il Sistri molti degli errori formali che vengono sanzionati e che oggi rappresentano circa l'80 per cento delle infrazioni, saranno decisamente ridotti.
Per quanto riguarda il pagamento annuale dei contributi per l'iscrizione, si precisa che detti contributi rappresentano la partecipazione dei soggetti obbligati ai costi di funzionamento del sistema. Detti contributi non possono essere eliminati in ragione di quanto disposto dal decreto legislativo n. 4 del 2008 che ha imposto l'attuazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica. Nulla osta, come sopra accennato, ad una azione mirata di riduzione del livello dei contributi in funzione dell'ammontare complessivo delle risorse disponibili.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria) rappresenta la zona più importante dell'olivicoltura calabrese, con ulivi centenari, la cui specie non è rintracciabile in altre zone del mondo;
l'interrogante già nella precedenti legislature, aveva provveduto a segnalare la preoccupante notizia sulla tratta di ulivi secolari calabresi;
nei giorni scorsi alcune notizie riportate su stampa regionale calabrese, hanno riferito della preoccupante compravendita delle secolari piante di ulivi della piana di Gioia Tauro;
ulivi sradicati da quel territorio senza alcuna regola vengono trasferiti in proprietà private di regioni del centro-nord Italia, creando gravi scompensi ambientali nel territorio;
negli ultimi anni, sono notevolmente aumentate le compravendite in questione;
altri ulivi vengono tagliati, ridotti a monconi, per ricavare una media di 2.000 quintali di ettaro di legname e il guadagno di 30.000 euro;
nella piana di Gioia Tauro è, peraltro, imperante la presenza di importanti cosche della 'ndrangheta calabrese, il che potrebbe anche far presupporre che dietro il business degli ulivi secolari possa essere rintracciabile anche la mano della criminalità organizzata;
purtroppo non esiste alcuna legge che possa tutelare e valorizzare il patrimonio di ulivi secolari di questa parte del territorio italiano, tantomeno è registrabile la tutela dell'ambiente e del territorio -:
se e quali urgenti iniziative normative intendano assumere al fine di tutelare il patrimonio degli ulivi secolari della piana di Gioia Tauro;
se risulti avviata un'opportuna attività di indagine per verificare eventuali «anomale» presenze dietro la citata compravendita degli ulivi secolari;
se non ritengano in particolare di adottare idonee iniziative volte ad istituire nella piana di Gioia Tauro il «parco degli ulivi», giacché quelle piante rappresentano una specie unica al mondo e la relativa mancanza di salvaguardia finirebbe col creare gravi danni ambientali nel contesto territoriale.
(4-06051)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, riguardante il fenomeno della tratta di ulivi secolari calabresi, sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Reggio Calabria e dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, si rappresenta quanto segue.
Le problematiche indicate nell'interrogazione possono essere distinte in due specie:
1) la potatura di riforma degli uliveti, con il probabile commercio del legno asportato;
2) l'asportazione di vecchi tronchi d'ulivo ed il traffico degli stessi per riprodurre in altre regioni vecchi uliveti o per abbellire giardini di case e ville.
Riguardo alla potatura di riforma degli uliveti, questa è una pratica culturale ormai adottata ufficialmente dalla regione Calabria con lo scopo di abbassare le piante al fine di agevolare la raccolta del frutto e viene applicata sia dai proprietari, con interventi sostenuti dalla regione, o dalle associazioni dei proprietari che assistono tecnicamente i propri associati.
Poiché si tratta di alberi secolari, il materiale di risulta assume una particolare rilevanza e, pertanto, può essere oggetto di commercio per legna da ardere.
Riguardo all'abbattimento di piante di ulivo e successivo commercio nella Piana di Gioia Tauro, il fenomeno, che ha avuto il massimo sviluppo negli anni '80 e '90, ha interessato, in particolare, il territorio del comune di Taurianova, dove è presente la più rilevante area destinata ad olivicoltura della zona.
Nel corso del 2009, a seguito di attività congiunta da parte dei Carabinieri di San Martino di Taurianova e del comando di Polizia provinciale di Reggio Calabria, sono state tratte in arresto tre persone con l'accusa di furto di legname di alberi di ulivo, mentre ad un imprenditore agricolo è stata contestata una sanzione amministrativa di 192.500 euro per aver abbattuto 214 piante di ulivo secolare senza la prescritta autorizzazione, ubicate su un terreno di due ettari in agro del comune di Taurianova.
Tutte le forze dell'ordine, sempre attente al contrasto di tale fenomeno, concordano nel non rinvenire significativi elementi per collocare i detti episodi in un progetto
criminale di più ampia portata, posto in essere dalle locali consorterie mafiose.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ANGELA NAPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il territorio della Sibaritide rappresenta uno dei più ricchi della Calabria ed è fonte di turismo, agricoltura, pesca e commercio;
l'Enel, in modo unilaterale, ha presentato un progetto integrato, impropriamente denominato «policombustibile», di riconversione della propria centrale di Rossano (Cosenza), prevalentemente a carbone (94 per cento);
la nuova tecnologia a carbone cosiddetto «pulito» riduce solo in parte le particelle fini, ma non incide sulle emissioni delle polveri ultrafini, che rappresentano la causa più importante di incremento della mortalità e della morbilità;
il carbone è una delle forme più importanti d'inquinamento da mercurio;
il processo di combustione del carbone produce, soprattutto nelle fasi di avviamento e di spegnimento dei gruppi termici, ben 67 elementi tossici inquinanti, tra cui i ben noti metalli pesanti che causano nell'uomo gravi e mortali patologie mediche;
inoltre il carbone rappresenta oggi il maggiore pericolo per la lotta ai cambiamenti climatici;
le centrali a carbone rischiano quindi di non collimare con i contenuti del protocollo di Kyoto ed anche degli impegni che l'Unione europea ha assunto per il 2020 con l'approvazione del pacchetto «energia e clima» e che sono stati ribaditi alla Conferenza di Copenaghen nel dicembre 2009;
se, infatti, dovessero entrare in funzione tutti i progetti avviati e ormai conclusi (Civitavecchia), quelli autorizzati a tutt'oggi (Fiumesanto, Vado Ligure e Porto Tolle) o quelli ipotizzati (Saline Joniche e Rossano Calabro), a regime si produrrebbero in più circa 39 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, nel mentre l'Italia dovrebbe ridurre le sue emissioni di gas serra di 60 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2020, proprio secondo gli impegni assunti in sede europea;
tra l'altro, la scelta dell'ENEL, ad avviso dell'interrogante improvvida, non prende in considerazione le energie alternative, che hanno già oggi costi complessivi molto minori del carbone e vantaggi ambientali per tutti;
nello studio di impatto ambientale dell'ENEL manca una seria analisi dell'impatto sanitario sulle popolazioni e sugli ecosistemi;
l'analisi fornita dall'ENEL non computa i costi socio-economici per il territorio fortemente connotato da attività agricole di pregio (distretto agricolo di qualità, istituito dalla regione Calabria) e da attività turistico-alberghiere e di pesca;
il carbone, che peraltro non rappresenta la futura tecnologia necessaria, metterebbe quindi un'ipoteca definitiva sullo sviluppo agro-turistico e culturale della Sibaritide, importante area strategica della Calabria;
l'occupazione dei citati settori, già oggi stimabile in circa 35.000 unità, e che è suscettibile di crescita, verrebbe messa in discussione da un impianto industriale di circa 100 unità stabili, più un indotto di un centinaio di addetti;
senza sottovalutare che gli investimenti del tipo proposti dall'ENEL per la centrale di Rossano, oltre a non portare alcuno sviluppo locale e regionale,
rappresenterebbero un ghiotto «boccone» per la 'ndrangheta le cui cosche locali, tutt'altro che inermi, sono da sempre state censite da direzione nazionale antimafia, direzione investigativa antimafia, direzione distrettuale antimafia e Commissioni parlamentari antimafia;
ed ancora non si può dimenticare che la Calabria produce molta più energia di quella che si consuma, nonostante ciò nel triennio 2009-2012 è previsto un incremento di potenza pari ad altri 1.600 MWe (800 da interventi già avviati) da centrali termiche, ed entro il 2013 si prevede la messa in funzione di centrali eoliche che produrranno circa altri 1.600 MWe;
la costruzione della centrale a carbone proposta dall'ENEL a Rossano è senza dubbio una scelta imposta dall'alto, considerata la non condivisione di tutti gli enti locali del territorio, nonché la contrarietà espressa, con forza e valide motivazioni, dall'ANCI, dalle associazioni ambientaliste e produttive e dalle organizzazioni sindacali;
addirittura l'ENEL, che ha avviato il procedimento di approvazione del progetto in questione ai sensi della legge n. 102 del 2009, non ha preso in considerazione il vigente piano energetico ambientale regionale (PEAR) della Calabria, approvato con la legge n. 315 del 14 febbraio 2005, che, tra l'altro, dispone: «...è vietato, su tutto il territorio regionale calabrese, l'utilizzo del carbone per alimentare centrali per la produzione di energia elettrica»;
la stessa regione Calabria, anche oggi non può che avvalersi dell'esistente e richiamato piano energetico ambientale regionale, visto che la nuova amministrazione regionale, e specificatamente il dipartimento 5 - attività produttive, in data 22 maggio 2010, ossia in corso di procedura gia avviata dall'ENEL, ha avviato la «procedura aperta per l'affidamento del servizio di aggiornamento del PEAR» mediante apposito bando;
appare, pertanto, evidente che anche tale situazione si ribalta sulla procedura in atto e dovrebbe comportare il ritiro del progetto e la sua eventuale riproposizione ai sensi del PEAR Calabrese rinnovato;
si aggiunge, infine, la sentenza n. 215 pronunciata dalla Corte Costituzionale in data 11 maggio 2010 e depositata il 17 giugno 2010, con la quale viene dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, commi 1, 2, 3, e 4, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nel testo risultante dalla modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge «anticrisi», n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141;
a seguito di tale sentenza l'ENEL non potrà tenere in considerazione la volontà degli enti locali regionali calabresi in merito al progetto di riconversione della propria centrale di Rossano -:
se non si ritenga necessario ed urgente negare l'autorizzazione al progetto di riconversione della centrale ENEL di Rossano;
quali siano gli intendimenti del Governo rispetto alla nascita o alla riconversione di centrali a carbone;
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere al fine di impedire lo scempio ambientale e tutelare la salute dei cittadini, rispetto al progetto di riconversione della centrale ENEL di Rossano Calabro.
(4-07699)
Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante il «Progetto di riconversione per la centrale Enel a Rossano Calabro», si rappresenta quanto già comunicato in aula Camera il 1o luglio 2010 in occasione della risposta all'interpellanza urgente n. 2-00769.
La liberalizzazione del mercato elettrico è iniziata con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 79 del 1999 («decreto Bersani»), che ha rivoluzionato l'assetto del settore energetico nazionale, liberalizzando le attività di produzione, importazione ed esportazione, acquisto e vendita di energia
elettrica e riservando allo Stato la gestione di quelle attività considerate di pubblico interesse, come la trasmissione e il dispacciamento.
Successivamente è intervenuto il decreto-legge 7 febbraio 2002, cosiddetto «sblocca centrali», convertito in legge con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, che ha disciplinato le procedure connesse all'autorizzazione per la costruzione di nuove centrali elettriche di potenza superiore ai 300 Mw termici.
La cosiddetta autorizzazione «unica», di cui alla citata legge n. 55 del 2002, viene rilasciata dal Ministro dello sviluppo economico a seguito di un'istruttoria che si conclude una volta acquisiti la positiva valutazione d'impatto ambientale (Via) sul progetto presentato e i pareri del comune e della provincia nel territorio in cui ricadono le opere. Va inoltre precisato che l'autorizzazione è rilasciata «d'intesa con la Regione interessata» che, ai sensi dell'interpretazione fornita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6 del 13 gennaio 2004, è da intendersi come «intesa forte» e, pertanto, imprescindibile per il rilascio dell'autorizzazione unica.
Alla luce del predetto quadro normativo l'Enel Produzione S.p.A. nell'aprile del 2005 aveva presentato, ai sensi della citata legge n. 55 del 2002, istanza di autorizzazione alla trasformazione dell'esistente centrale termoelettrica di Rossano Calabro (Cosenza), funzionante ad olio combustibile e a gas naturale, in un impianto alimentato a carbone.
La centrale di Rossano Calabro, precedentemente autorizzata con decreto del Ministero delle attività produttive del 26 luglio 1991, attualmente è costituita da quattro sezioni da 320 Mw e ripotenziate con quattro turbogas da 115 Mw e alimentate ad olio combustibile e gas naturale, è stata anche oggetto di un progetto di trasformazione in ciclo combinato delle quattro sezioni ripotenziate, autorizzato con decreto del Ministero delle attività produttive del 4 luglio 2001.
Coerentemente con nota del 29 aprile 2005 l'Enel Produzione S.p.A. sul progetto di conversione a carbone della esistente centrale di Rossano Calabro (Cosenza), aveva altresì avviato la procedura di Via, presentando istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e legge 9 aprile 2002, n. 55.
Successivamente alla presentazione dell'istanza, la società proponente, alla luce di ulteriori valutazioni, ha ritenuto di formulare un'ipotesi alternativa alla riconversione a carbone dell'impianto in questione, ovvero l'utilizzo dell'impianto quale «riserva fredda».
I lavori della conferenza di servizi, nel frattempo indetta per la procedura di autorizzazione «unica», non sono stati avviati al fine di consentire alla medesima società di acquisire elementi utili in ordine alla succitata ipotesi alternativa, nonché per consentire a tutte le amministrazioni interessate dal procedimento unico di esprimere le proprie valutazioni sulla base di un quadro complessivo e definitivo dell'iniziativa proposta.
Intanto, a seguito della relativa istruttoria, la commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale via/valutazione ambientale strategica ha emesso il parere interlocutorio negativo n. 438 dell'8 aprile 2010.
Solo in data 23 aprile 2010 l'Enel Produzione SpA ha integrato e aggiornato il progetto, proponendo oggi di realizzare un «progetto integrato policombustile». In particolare, il progetto prevede la realizzazione di una nuova caldaia ultra super critica (Usc) da 800 Mw e alimentata a polverino di carbone e biomassa, l'utilizzo dei 4 turbogas esistenti per sopperire ad eventuali richieste di rete in punta, nonché la realizzazione di un impianto solare termodinamico integrato con la nuova sezione termoelettrica.
Doverosamente la società Enel Produzione S.p.A., con nota del 23 aprile 2010, ha trasmesso anche alla direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, competente in materia, le integrazioni nelle quali si propone una modifica del progetto per il quale era stata presentata la citata istanza di valutazione di impatto ambientale del 29 aprile
2005, e relativamente al quale la commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale via/vas ha poi espresso il parere interlocutorio negativo sopra detto.
Pertanto, la direzione competente con nota del 14 giugno 2010 ha provveduto ad inoltrare alla Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale via/vas la documentazione predisposta dalla società, richiedendo di verificare se, alla luce dell'aggiornamento proposto, ritenga necessario modificare e/o integrare il citato parere interlocutorio negativo n. 438 dell'8 aprile 2010.
Il progetto attuale con le modifiche proposte, quindi, riprendendo le indicazioni dettate dalla Comunità europea per lo sviluppo sostenibile e per la promozione dell'utilizzo di nuove forme di energia rinnovabile, propone la realizzazione di una centrale policombustibile finalizzata alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, biomasse e solare termodinamico, attraverso l'utilizzo di un mix bilanciato con i combustibili convenzionali, quali il carbone. Il progetto prevede, inoltre, come opera connessa alla centrale nella nuova configurazione, la realizzazione di un pontile e di una banchina a mare attrezzata per lo scarico del carbone e il carico delle ceneri.
A seguito alla presentazione delle integrazioni progettuali da parte dell'Enel Produzione SpA, secondo quanto disposto dalle citate norme di settore, il Ministero dello sviluppo economico potrà indire ai sensi della legge n. 241 del 1990 la conferenza di servizi con le amministrazioni interessate, per il rilascio della «autorizzazione unica» di cui alla legge n. 55 del 2002. Attualmente si prevede di svolgere la prima riunione nel mese di luglio 2010, e va considerato che l'iter autorizzativo si presenta complesso in quanto, visti i tanti soggetti investiti di potere decisionale, il Ministero dello sviluppo economico dovrà tenere conto dei pareri resi da tutte le amministrazioni e gli enti coinvolti.
Relativamente alle modifiche progettuali sopra dette, la società Enel Produzione S.p.A., con nota dell'11 maggio 2010, ha trasmesso copia dell'avviso al pubblico sui quotidiani Il Corriere della Sera e la Gazzetta del Sud.
Riguardo, invece, al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (aia) per la centrale, la domanda era stata presentata dal gestore in data 30 marzo 2007 ed integrata in data 6 novembre 2008.
La commissione incaricata per lo svolgimento delle attività istruttorie per l'aia, a seguito degli approfondimenti svolti dal gruppo istruttore istituito nel mese di agosto 2009, ha richiesto, con nota dell'11 marzo 2010, l'elenco delle integrazioni necessarie.
Tali integrazioni, utili per il prosieguo dell'istruttoria, sono state trasmesse dal gestore, in copia cartacea e su supporto informatico, con nota del 31 maggio 2010 e acquisite con protocollo n. 14876 del 9 giugno 2010. La documentazione citata è accessibile attraverso internet sul sito: www.aia.minambiente.it.
Ad ogni buon fine, si rappresenta che le criticità segnalate nell'atto di sindacato ispettivo saranno oggetto di valutazione da parte della commissione di valutazione di impatto ambientale ai fini della valutazione di impatto ambientale, ovvero dell'individuazione e valutazione di tutti gli impatti ambientali determinati dal progetto proposto, incluse le emissioni in atmosfera e la compatibilità con gli indirizzi e gli strumenti di pianificazione e programmazione regionale, provinciale e comunale, significando che l'esito favorevole della via sarà premessa indispensabile per l'ulteriore seguito del procedimento.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
REALACCI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Viterbo ha attivato nell'autunno del 2009, in collaborazione con ARPA Lazio, Istituto superiore di sanità e dipartimento DECOS dell'università
degli studi della Tuscia un approfondimento sullo stato ambientale del lago di Vico;
nell'ambito delle attività di monitoraggio di ARPA Lazio è stata effettuata l'analisi dei sedimenti lacustri da cui è emerso un grave superamento della soglia di contaminazione per i parametri di arsenico, nichel e cadmio: elementi chimici cancerogeni e particolarmente nocivi per la salute umana;
un rapporto del Centro tecnico logistico interforze dell'Esercito italiano del 25 marzo 2010, prot. n. 38, riporta i risultati di una indagine geofisica commissionata dal Ministero della difesa ed eseguita all'interno del sito militare situato sulle rive del lago, in località Renari, nel comune di Ronciglione (Viterbo);
il suddetto centro chimico militare fu sede durante l'ultimo conflitto mondiale di «un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale», presumibilmente atto alla produzione di armi chimiche;
nel corso della recente indagine dell'Esercito sono stati effettuati carotaggi e analisi chimiche su campioni di terreno prelevati in superficie e in profondità, evidenziando, cosiccome nel lago, concentrazioni di arsenico superiori ai limiti di legge;
nello stesso rapporto si evidenzia la probabile correlazione tra la contaminazione esistente nel sito militare e quella riscontrata nel centro del lago di Vico e si dichiara l'intenzione di procedere ad un più approfondito protocollo di analisi che vada a rilevare la eventuale presenza di altri elementi come il nichel e il cadmio. Il rapporto rileva inoltre che sono state individuate «masse anomale interrate», e che le operazioni di bonifica che verranno avviate saranno precedute dalla rimozione di «eventuali ordigni inesplosi o altri residuati bellici pericolosi»;
il lago di Vico è un bacino di origine vulcanica dell'Italia centrale situato nella provincia di Viterbo. Esso vanta il primato di altitudine tra i grandi laghi italiani con i suoi 507 metri sul livello del mare. Per le sue peculiari caratteristiche naturali il comprensorio Vicano è incluso tra le aree di particolare valore naturalistico del Lazio e tra i biotopi di rilevante interesse biologico in Italia;
dal 1982, con la legge regionale n. 47, del 28 settembre 1982, il lago di Vico e la zona umida circostante sono stati dichiarati riserva naturale parziale, e tutelati come area naturale protetta. Nel 2005 il lago e stato inserito nell'elenco dei siti di interesse comunitario (PSIC) della regione biogeografica mediterranea proposti nel decreto 25 marzo 2005 del Ministero dell'ambiente italiano (recepimento dello Dir. 92/43/CEE);
il territorio circostante è infatti ricco di diverse specie vegetali e di ambienti diversissimi fra loro. L'ittiofauna, comprende il luccio, il coregone, il persico reale, la tinca. Numerosi gli anfibi come la rana verde, la raganella, il rospo comune e quello smeraldino; tra i rettili la natrice dal collare, la testuggine comune e il colubro d'Esculapio. Tra i mammiferi sono presenti la nutria, la volpe, il tasso, il cinghiale, la martora, la puzzola e, sempre più raro, il gatto selvatico. Il punto di maggiore interesse faunistico è costituito dall'avifauna, assai varia data la presenza di ambienti diversi come il bosco, la palude, i prati umidi, i coltivi e lo specchio d'acqua. Sulle sponde o sul pelo dell'acqua sono inoltre osservabili molti uccelli acquatici, dalle folaghe, tra le altre specie lo svasso maggiore, simbolo della Riserva, gli aironi bianchi, quelli cinerei, la garzetta, il tarabusino, il porciglione, la sgarza ciuffetto, lo svasso piccolo e gli storni. I rapaci annoverano il lanario (Falco biarmicus), il nibbio bruno, lo sparviero, la poiana, il gheppio, il falco di palude, il falco pellegrino. Nei boschi vivono rapaci notturni come il barbagianni, l'allocco, il gufo comune, la civetta, l'assiolo;
i comuni rivieraschi di Ronciglione e Caprarola compiono l'approvvigionamento idrico ad uso domestico e agricolo per le
rispettive popolazioni proprio dalle acque del lago di Vico -:
quali iniziative urgenti intendano assumere, i Ministri interrogati al fine disporre i sopraccitati campionamenti all'interno del sito militare dismesso, con la rimozione degli ordigni bellici presumibilmente interrati, affinché si possa dare seguito ad un'efficace azione di bonifica dell'area contaminata, antistante le acque del lago Vico, già minacciata nel suo equilibrio ambientale e al fine di preservare inoltre le vicine produzioni agricole e la salute pubblica.
(4-07057)
Risposta. - Si risponde anche per conto del dicastero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Lo stato ambientale del lago di Vico è da tempo all'attenzione del Governo e degli enti locali (regione Lazio, provincia di Viterbo e comune di Ronciglione).
In particolare la Difesa si è attivata in tempi antecedenti rispetto alle sollecitazioni di un intervento da parte delle amministrazioni locali; già nel 1994 era stata, infatti, condotta un'indagine di superficie, in linea con le norme vigenti in materia ambientale.
Come ho avuto modo d'illustrare nella seduta dello scorso 1o giugno presso l'assemblea della Camera dei deputati, l'ex magazzino materiali per la difesa nucleare, batteriologica, chimica (Nbc) di Ronciglione (Viterbo) è una struttura realizzata negli anni '30 per la produzione, lo stoccaggio ed il caricamento di gas fosgene e, presumibilmente, per il caricamento di ordigni bellici con iprite proveniente dagli impianti di Cesano (entrambi i citati composti chimici non contengono arsenico).
Nel 2007 è stato inserito tra i beni dismissibili della Difesa e, prima di procedere alla sua alienazione, è stato deciso di effettuare un rilevamento preliminare dell'area per quantificare le eventuali attività di bonifica da porre in essere.
A tale scopo, la Difesa, nel dicembre 2008, ha stipulato un contratto con la società Soing per identificare masse metalliche e non eventualmente presenti in profondità.
Gli esiti di tale indagine geofisica, hanno evidenziato:
la presenza di masse interrate di varia tipologia, tra cui alcune di natura ferromagnetica, riconducibili anche ad eventuali ordigni inesplosi;
un livello appena superiore dei valori di concentrazione della soglia di contaminazione (csc) previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 in tre dei dieci campioni di terreno prelevato.
La situazione è stata notificata agli enti locali territorialmente competenti, evidenziando che:
la contaminazione del sito ha origini storiche, in quanto derivante da attività connesse con la produzione e lo stoccaggio di munizionamento con caricamento speciale, conclusesi al termine della seconda guerra mondiale;
considerato il tempo trascorso, non sussistono elementi per supporre che la contaminazione possa essere suscettibile di ulteriore aggravamento e, pertanto, non appare necessario procedere con la messa in sicurezza d'emergenza.
Faccio presente, inoltre, che nel corso del consiglio comunale di Ronciglione, tenutosi lo scorso 13 maggio, il direttore del centro tecnico logistico interforze per la difesa nucleare, batteriologica e chimica - la cui partecipazione è stata preventivamente autorizzata dagli organi competenti del dicastero - ha precisato che:
non esiste correlazione tra l'inquinamento del sito militare e quello del lago, in quanto il superamento del valore soglia per l'arsenico di poche parti per milione presso il sito militare, non può giustificare l'alta concentrazione rinvenuta nel sedimento a centro lago. Nel lago, inoltre, sono state rinvenute anche alte concentrazioni di nickel e cadmio che, sicuramente, non hanno alcuna relazione con le attività militari presenti o passate: la fonte di contaminazione deve essere, dunque, ricercata altrove;
non si è proceduto con la messa in sicurezza d'emergenza del sito, poiché è prevista obbligatoriamente per legge solo nei casi di contaminazioni «presenti», laddove il tempestivo intervento è mirato a confinare o a porre rimedio alla causa dell'inquinamento. Trattandosi, per il sito militare, soltanto di contaminazione storica, la normativa vigente prevede esclusivamente la caratterizzazione dell'area (attività d'indagini utili a definire lo stato reale della contaminazione).
A tale caratterizzazione la Difesa provvederà quanto prima, per definire e pianificare le successive operazioni di bonifica.
Tali interventi, mi preme sottolinearlo, sarebbero stati condotti a prescindere dai rilevamenti condotti dall'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (arpa) del Lazio o da possibili studi futuri tendenti a determinare quali siano le principali fonti di contaminazione del lago di Vico.
Per completezza d'informazione, rendo noto che il giorno 21 giugno u.s. si è svolto, presso l'assessorato all'ambiente e cooperazione tra i popoli della provincia di Viterbo, un incontro (al quale hanno partecipato anche l'arpa Lazio, l'istituto superiore di sanità e l'università della Tuscia di Viterbo) per coordinare ed ottimizzare le attività di monitoraggio delle acque e dei sedimenti del lago di Vico, nel corso del quale sono state affrontate le seguenti tematiche:
potabilità delle acque dei comuni di Caprarola e Ronciglione;
stato ambientale delle acque del lago di Vico;
bonifica dei siti inquinati e, nello specifico:
lago di Vico, la cui competenza territoriale è dei comuni di Caprarola e Ronciglione, coordinata dalla regione Lazio;
zona militare, nel comune di Ronciglione, coordinata dalla provincia di Viterbo.
Con riferimento alla potabilità delle acque, a oggi, i valori rilevati sono compatibili; peraltro, l'ambito territoriale ottimale (ato) di Viterbo ha attivato una convenzione con l'istituto superiore di sanità, in aggiunta a quella preesistente, per sperimentare le migliori tecnologie da applicare nell'impianto di depurazione, così da garantire l'abbattimento delle alghe e delle micro cistine.
Sulla base di tale sperimentazione è stata già attivata la regione Lazio per la realizzazione di un unico impianto di potabilizzazione che sarà messo a servizio dei comuni di Caprarola e di Ronciglione.
Per quanto riguarda lo stato ambientale del lago di Vico e la presenza di alghe, il relativo monitoraggio è stato effettuato nel corso del 2009 e nei primi sei mesi del 2010.
Al riguardo, vorrei ricordare quanto già sottolineato dal sottosegretario all'ambiente Menia, nella seduta del giorno 12 maggio scorso, presso l'VIII commissione della Camera dei deputati: in relazione alla presenza di alghe tossiche, non si evidenzia, allo stato attuale, un reale pericolo per i frequentatori saltuari del lago di Vico, così come confermato dai dati sulla balneabilità dell'Arpa Lazio, la quale ha precisato l'inopportunità d'immergersi in acqua nei periodi di fioritura algale (inverno) e nei periodi di utilizzo di fitofarmaci nelle colture intensive di nocciolo e castagno.
Quanto al parametro arsenico, l'Asl di Viterbo ha fatto presente che i valori riscontrati a seguito di prelievi effettuati, negli ultimi tre anni, presso le fontane pubbliche e le stazioni di filtraggio, non rappresentano un rischio sanitario per la popolazione.
Con riferimento, invece, all'apporto d'inquinanti da parte delle attività agricole, è in atto un controllo sugli scarichi urbani che sarà approfondito con ulteriori verifiche sullo smaltimento delle fosse a tenuta.
Per quanto concerne, infine, la bonifica del lago di Vico - la cui competenza è della regione - l'Arpa sta valutando, in collaborazione con la stessa regione, le modalità per la redazione di un piano di caratterizzazione volto ad individuare i livelli e
l'origine delle sostanze che hanno superato i valori di concentrazione della soglia di contaminazione (Csc), mentre per la bonifica del sito militare - nel ribadire l'estraneità dell'Amministrazione alle cause d'inquinamento del lago - assicuro che la Difesa provvederà sia alla rimozione delle masse ferrose interrate che alla successiva caratterizzazione e bonifica dell'area.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Unione europea ha previsto la tutela delle specie della flora e della fauna selvatiche tramite il controllo del loro commercio con il regolamento (CE) 338/97 del 9 dicembre 1996 (G.U.E. 3 marzo 1997 n. 61);
il sopraccitato regolamento ha sostituito l'atto (CEE) n. 3626/82 che dava applicazione nella Comunità, a decorrere dal 1° gennaio 1984, alla convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione. La soppressione dei controlli alle frontiere interne in seguito alla realizzazione del mercato unico ha richiesto l'adozione di misure di controllo del commercio più rigorose alle frontiere esterne della Comunità;
il regolamento n. 338/97, direttamente applicabile in tutti gli Stati membri, ha riordinato la materia, facendo salva la possibilità, per gli Stati membri, di adottare anche misure più rigorose, nel rispetto del trattato, per quanto riguarda la detenzione di esemplari di specie elencate negli allegati al regolamento;
l'allegato B del regolamento 338/97 comprende, tra le altre, le specie il cui volume di scambi internazionali potrebbe essere incompatibile: con la sua sopravvivenza o con la sopravvivenza di popolazioni viventi in certi Paesi; con il mantenimento della popolazione totale a un livello corrispondente al ruolo della specie negli ecosistemi in cui essa è presente. L'allegato C comprende: a) le specie elencate nell'appendice III della Convenzione diverse da quelle elencate negli allegati A o B e per le quali gli Stati membri non hanno formulato riserve; b) le specie elencate nell'appendice II della Convenzione per le quali è stata avanzata una riserva. L'allegato D comprende: a) alcune specie non elencate negli allegati da A a C di cui l'importanza del volume delle importazioni comunitarie giustifica una vigilanza; b) le specie elencate nell'appendice III della Convenzione per le quali è stata avanzata una riserva;
l'Unione europea, con il predetto regolamento n. 338/97, allegato B, e le successive modifiche, ha vietato l'importazione solo di alcune specie di tartarughe d'acqua dolce, tra cui la Trachemys scripta elegans (la tartaruga dalle «orecchie rosse») ma non altre specie similari, come la Trachemys scripta scripta, che vengono importate a centinaia nel nostro Paese e poi per le loro dimensioni liberate nei fiumi e nei laghi costituendo così una minaccia per l'equilibrio della specie endemica;
attualmente, non può dirsi risolto il terribile problema del commercio di queste piccole tartarughe che muoiono nei primi anni di vita;
per motivi sanitari negli Stati Uniti il commercio interno di queste tartarughe d'acqua dolce è stato proibito nel 1975, poiché esse possono trasmettere i batteri della salmonellosi agli esseri umani, mentre ne è tutt'ora permesso l'allevamento e l'esportazione l'estero;
per aggirare le proibizioni sulle tartarughe dalle orecchie rosse, gli allevamenti statunitensi, in particolare quelli della Louisiana, da cui proviene il 95 per cento delle specie, hanno cominciato ad allevare specie di tartarughe acquatiche leggermente diverse, in particolare la Trachemys scripta scripta;
in merito all'importazione di animali vivi è intenzione del Governo italiano, come dichiarato dal Sottosegretario Francesca Martini, mantenere come obiettivo prioritario «l'attenzione su tutte le problematiche inerenti la tutela del benessere degli animali e vigilare, attraverso i competenti uffici del Ministero, affinché siano rispettate le norme vigenti. In particolare ritengo l'importazione di animali da Paesi extra-europei una criticità su cui alzare i livelli di guardia» -:
quali iniziative urgenti possano essere messe in campo, dai Ministri interrogati, per fermare un commercio che ogni anno uccide migliaia di animali che quando sopravvivono minacciano, perché spesso liberati, l'ecologia delle zone umide nazionali e l'esistenza di importanti specie autoctone di tartaruga d'acqua dolce;
se non si ritenga utile assumere iniziative affinché siano vietate l'importazione e il commercio interno delle sottospecie di rettili Trachemys, Chrysemys, Clemmys, Graptemys, Mauremys e Pseudemyse;
se non ritengano doveroso farsi parte attiva affinché l'elenco dell'allegato B del regolamento 338/97 venga adeguatamente aggiornato anche a tutela della salute umana.
(4-07328)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, si rappresenta che il regolamento CE n. 338/97 del Consiglio europeo del 9 dicembre 1996 si applica alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio e, pertanto, non rappresenta una normativa sanitaria.
In tale regolamento sono elencate specie di flora e fauna suddivise in quattro allegati, A, B, C e D, in base al grado di protezione a cui sono sottoposte.
Per quanto dettato dall'articolo 4, comma 6, del medesimo regolamento, la Commissione europea può stabilire delle restrizioni all'introduzione di specie animali e vegetali nella Comunità europea sia di carattere generale, sia con riguardo solo ad alcuni paesi di origine.
Tali restrizioni sono da ricondurre:
a problemi di conservazione della specie nei paesi di origine;
all'alto tasso di mortalità nel trasporto;
alla minaccia ecologica che possono rappresentare per alcune specie di fauna e di flora selvatiche indigene della Comunità, quale è il caso della specie Trachemys scripta elegans.
Tali restrizioni sono attuate su parere del gruppo di revisione scientifico (Srg) e possono essere trasposte nel regolamento di sospensione.
Pertanto, al fine di avviare un processo di sospensione delle importazioni di una specie potenzialmente invasiva e dannosa per la fauna autoctona, un paese dell'Unione europea deve proporre tale sospensione alla Commissione europea attraverso la sua autorità di gestione Cites o autorità scientifica Cites, confortata da dati scientifici e commerciali, al fine della loro valutazione nell'ambito dei comitati di revisione scientifica competenti in tale materia. È evidente che tale sospensione può essere proposta solo per specie già incluse in una degli allegati del regolamento del Consiglio.
In caso diverso, si dovrebbe procedere: prima alla richiesta di inclusione della specie in uno degli allegati Cites e, dopo, chiederne la sospensione. La richiesta di inclusione di una specie in uno degli allegati al regolamento del Consiglio CE 338/97 può essere fatta in sede di revisione degli allegati, dimostrando l'esistenza del commercio di tale specie e il danno che questo procura.
Fra le specie di testuggini palustri, quelle al momento incluse negli allegati del regolamento 338/97 sono:
Trachemys scripta elegans (Allegato B); Chrysemys picta (Allegato B); Graptemys spp. (Allegato C Stati Uniti d'America); Mauremys annamensis (Allegato B); Mauremys mutica (Allegato B); Mauremys iversoni (Allegato C Cina); Mauremys megalocephala
(Allegato C Cina); Mauremys nigricans (Allegato C Cina); Mauremys pritchardi (Allegato C Cina); Mauremys reevesii (Allegato C Cina); Mauremys sinensis (Allegato C Cina).
Delle suddette specie, la Chrysemys picta e la Trachemys scripta elegans sono incluse nel regolamento di sospensione, in quanto costituiscono una minaccia ecologica per alcune specie selvatiche indigene.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ROSATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la ricchezza delle collaborazioni internazionali e l'attrattività per studenti e studiosi stranieri sono punti di forza su cui l'Italia misura molto del suo presente e futuro peso sullo scenario globale, tanto sul piano strettamente scientifico e culturale quanto dal punto di vista della valutazione delle strutture di alta formazione e di ricerca;
ampio risalto è stato dato di recente dalla stampa a notizie relative alle difficoltà che incontrano docenti, ricercatori e dottorandi extracomunitari nell'ottenere il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno;
il decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 154, «Attuazione della direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato», prevede l'ingresso di cittadini di Paesi terzi maggiorenni per frequentare corsi di istruzione secondaria superiore e di formazione tecnica superiore, formazione professionale e tirocini formativi, di età compresa tra 20 e 30 anni per la partecipazione ad un programma di volontariato, nonché di minorenni per programmi di scambio o di iniziative culturali approvati dai nostri Ministeri degli affari esteri, della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca o dei beni e delle attività culturali;
in particolare la direttiva 2004/114/CE chiede, tra l'altro, che siano accelerate le procedure di ammissione per motivi di studio, ovvero nell'ambito di programmi di scambio di alunni gestiti da organizzazioni riconosciute dagli Stati membri, e che sia agevolata la mobilità degli studenti cittadini di Paesi terzi che compiono gli studi in più Stati membri;
il Ministero dell'interno in applicazione della disciplina dettata dal decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 17, emanato in attuazione della direttiva 2005/71/CE del Consiglio, con la circolare del 25 giugno 2009, n. 3163, ha chiarito le nuove modalità di presentazione delle domande per l'ingresso in Italia dei ricercatori, ai sensi dell'articolo 27-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico per l'immigrazione), attivando a partire dal 1° luglio 2009, un'apposita procedura informatizzata per la presentazione dell'istanza di nulla osta allo sportello unico per l'immigrazione;
questa disciplina non si applica tuttavia ai dottorandi di ricerca, per i quali parte essenziale dell'attività è costituita dalla partecipazione a convegni, conferenze e congressi che si svolgono in ogni parte del mondo, oltre che dalle collaborazioni con altri ricercatori che seguono la stessa linea di ricerca;
accade spesso che i dottorandi debbano attendere anche 10 mesi per ottenere un documento valevole per 12, il quale viene così fornito pressoché già scaduto, rendendo loro di fatto impossibile ottenere visti per Paesi terzi, anche se ciò sia richiesto dal progetto di ricerca cui siano applicati, dato che le loro «finestre di libertà» solitamente non sono superiori a due o tre mesi, dall'ottenimento del permesso di soggiorno alla sua scadenza, momento in cui l'iter deve ricominciare;
la formazione di uno studente ammesso al dottorato costa molto all'Italia, in media 200-250 mila euro all'anno, e
quindi il nostro Paese dovrebbe avere ogni interesse a trarne vantaggio, incentivandone la permanenza e l'attività di ricerca sul territorio nazionale anziché ostacolandola;
è importante e urgente porre termine a una situazione, ad avviso dell'interrogante, lesiva dell'immagine e degli oggettivi interessi dell'Italia -:
se il Ministro interrogato intenda adottare tutte le iniziative - normative, procedurali e organizzative a livello centrale - volte ad accelerare al massimo il rilascio dei permessi di soggiorno richiesti in base alla normativa sulla mobilità dei ricercatori;
se il Ministro interrogato intenda predisporre una procedura agevolata per il rilascio del permesso di soggiorno per i dottorandi di ricerca, eventualmente prevedendo che tale permesso abbia una durata pari all'intero programma di studi.
(4-04214)
Risposta. - Questo ministero ha da tempo avviato un progetto di massima informatizzazione delle procedure di gestione delle istanze di nulla osta per l'ingresso di cittadini stranieri, introducendo modalità esclusivamente telematiche anche per la presentazione delle istanze.
In tal senso si è proceduto anche per le domande di ingresso dei ricercatori, la cui presentazione con modalità esclusivamente telematiche è stata introdotta a partire dal 1o luglio 2009. Alla data del 30 maggio scorso sono pervenute 371 istanze e rilasciati 315 nulla osta.
Il procedimento è particolarmente snello. La domanda può essere presentata da un istituto di ricerca, iscritto in un albo tenuto dal Ministero dell'università e della ricerca, che abbia stipulato con il ricercatore una apposita convenzione di accoglienza. Lo sportello unico per l'immigrazione, acquisito il parere della questura competente circa l'insussistenza di motivi ostativi all'ingresso dello straniero, rilascia il nulla osta a seguito della verifica della documentazione presentata a sostegno della domanda.
È, inoltre, espressamente previsto che, nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, la cui validità dipende dalla durata del programma di ricerca, è permesso lo svolgimento dell'attività di ricerca.
Ulteriore semplificazione riguarda l'ipotesi dello straniero ammesso come ricercatore in uno stato dell'Unione europea. In questo caso può fare ingresso nel territorio nazionale, per proseguire la ricerca, senza necessità di visto e, per periodi superiori a tre mesi, previa trasmissione allo sportello unico di apposita comunicazione, da parte del ricercatore interessato, anch'essa informatizzata.
L'istanza per l'ingresso di ricercatori può essere presentata anche a favore di dottorandi di ricerca alle condizioni sopra descritte. Qualora con il dottorando non venisse stipulata alcuna convenzione di accoglienza, il suo ingresso potrà avvenire, in assenza di previsioni legislative specifiche, secondo le altre disposizioni che regolano l'ingresso degli stranieri, quale ad esempio quella che regola l'ingresso per studio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.
ROSATO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento di Peri (Verona) per la produzione di sementi forestali, nel 2001, con decreto legislativo 18 maggio 2010, n. 227, articolo 10 è stato riconosciuto Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale (CNBF);
nel Centro è attivo l'unico laboratorio in Italia accreditato per le analisi sulle sementi forestali e le sue attività vengono periodicamente verificate da ispettori dell'International Seed Testing Association (ISTA, con sede in Svizzera), che ne certificano il profilo scientifico;
il Centro intrattiene contatti con le maggiori istituzioni internazionali del settore quali, oltre alla già citata ISTA, lo IUFRO (International Union Forest Research Organization), l'OECD (Organization for Economic Co-operation and Development) e l'ISSS (International Society for Seed Sciences);
il CNBF di Peri opera su sette diversi fronti con un laboratorio per le risorse vegetali, un laboratorio di analisi delle sementi, un laboratorio di genetica, un ufficio sementi, un vivaio di 2 ettari - gestendo anche altri 40 ettari di arboreti da seme sparsi in tutta l'Italia settentrionale - ed un ufficio adibito alla didattica rivolto alle scuole di ogni ordine e grado;
nel Centro vengono prodotte oltre duecentocinquanta specie di interesse forestale e naturalistico provenienti dal bacino padano, appenninico, alpino, mediterraneo, lacustre e lagunare, collegando una rete di collaboratori e comandi stazioni del Corpo forestale dello Stato su tutto il territorio nazionale;
chi vi opera non si vede però riconoscere un inquadramento pari alle qualifiche: personale laureato in agraria, informatica, biologia ed altre discipline scientifiche, in alcuni casi anche iscritto a corsi di dottorato e con pubblicazioni su riviste internazionali, opera con la qualifica di semplice operaio del Corpo forestale dello Stato, a tempo determinato od indeterminato (OTD e OTI), il che porta anche all'assurdo per cui la necessaria partecipazione a seminari e convegni è subordinata all'accompagnamento degli operai da parte di funzionari, con l'inevitabile aumento dei costi di missione -:
se i Ministri interrogati siano al corrente della palese incongruità, economica e professionale, in cui si trova il personale del Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale di Peri, stridente rispetto all'attività scientifica svolta e già riconosciuta dalle maggiori istituzioni internazionali del settore;
se i Ministri interrogati ritengano opportuno e in ultima analisi vantaggioso incentivare l'attività di ricerca del Centro assegnando un finanziamento adeguato e assicurando al personale qualificato il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, attraverso contratti in linea con gli standard europei, rispettosi delle professionalità e dell'alto profilo della struttura.
(4-07045)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Corpo forestale dello Stato ha comunicato quanto segue.
Il citato Corpo forestale dello Stato ai sensi della legge 5 aprile 1985, n. 124, è autorizzato all'assunzione, con contratto di diritto privato, di personale operaio a tempo indeterminato e determinato.
Tale personale è inquadrato e impiegato in base ad un mansionario che prevede cinque livelli retributivi e diversi profili per ciascun livello retributivo.
Nell'ambito del IV livello retributivo, che rappresenta il livello più elevato di inquadramento di tale personale, sono presenti, tra gli altri, i profili:
Operatore esperto agrario e forestale (livello IV, profilo 2);
Operatore esperto per attività promozionali, didattiche, dimostrative ed editoriali (livello IV, profilo 4);
Addetto all'acquisizione e registrazione di dati (livello IV, profilo 7);
Addetto ai terminali evoluti (livello IV, profilo 8);
Assistente tecnico di laboratorio di analisi (livello IV, profilo 9).
Il personale assunto in qualità di operaio presso il Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale di Peri, a seconda della professionalità posseduta, è inquadrato nel livello retributivo più alto consentito dal contratto.
Avendone titolo, tale personale può partecipare ai concorsi pubblici banditi periodicamente dall'amministrazione.
Inoltre, il Corpo forestale dello Stato, in virtù della legge 5 aprile 1985, n. 124, che
autorizza all'assunzione di personale operaio con contratto di diritto privato, è stato in grado di supportare e incrementare l'attività dell'attuale Centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale (Cnbf) di Peri (VR), dal suo avvio fino alla situazione attuale che lo colloca come punto di riferimento scientifico ormai riconosciuto.
In questo quadro il contributo fornito dal personale assunto in base alla legge n. 124 del 1985 è stato senz'altro importante.
Per questo motivo si riterrebbe assolutamente positiva, nonché opportuna, l'assegnazione di un adeguato finanziamento volto a incentivare l'attività di ricerca nonché ad assicurare a tale personale, tramite contratti in linea con gli standard europei propri della professionalità e dell'alto profilo della struttura, una consona collocazione lavorativa.
Si evidenzia che analoga situazione si riscontra anche presso gli altri due Centri nazionali per la biodiversità forestale istituiti in base all'articolo 10 del decreto legislativo n. 227 del 2001. La soluzione prospettata dovrebbe trovare pertanto attuazione anche presso i suddetti centri.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.
SANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 44 del 28 febbraio 2002, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e con la regione Toscana, ha istituito il Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane, in applicazione del comma 14 dell'articolo 114 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000;
la stessa legge prevede che il Parco debba essere gestito attraverso un Consorzio;
il Consorzio di gestione è composto da: Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; Ministero per i beni e le attività culturali; regione Toscana; provincia di Grosseto; comunità montana «Colline Metallifere» e dai comuni di Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Monterotondo Marittimo, Montieri, Roccastrada e Scarlino;
il richiamato decreto ministeriale istitutivo indica che, in attesa della costituzione del Consorzio, la gestione del Parco avvenga tramite di un comitato di gestione provvisoria composto da 6 membri (uno per ente e uno in rappresentanza di tutti i comuni);
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su designazione dei vari enti, ha provveduto alla nomina del Comitato;
tale Comitato, oltre alla gestione del Parco, ha anche funzione di Commissione per definire lo statuto e il regolamento del Parco;
il Comitato è stato in carica 6 mesi, poi prorogato di altri 6 mesi e successivamente prorogato di due anni in due anni fino al 31 marzo 2010;
l'attività del Parco, a partire dal 2001, è stata finanziata per circa 500.000,00 euro all'anno con risorse erogate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
l'attività del Comitato di gestione è stata particolarmente significativa e apprezzata sul territorio interessato, in particolar modo per la approvazione di specifico masterplan del Parco e per la definizione della candidatura per l'inserimento del parco nell'European and Global Geopark Network dell'UNESCO, per il quale sono state effettuate tutte le selezioni ed è previsto, nelle prossime settimane, specifico sopralluogo da parte della competente commissione UNESCO;
con analogo decreto ministeriale, sempre in attuazione del comma 14 dell'articolo 114 della legge n. 388 del 2000,
è stato istituito anche il Parco museo delle miniere dell'Amiata, avente identica veste giuridica del Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane;
mentre in passato, i Comitati di gestione provvisoria di entrambi i parchi sono sempre stati prorogati contestualmente, ad oggi si registra la sola proroga al 31 dicembre 2010 del Comitato di gestione provvisoria del Parco museo dell'Amiata;
la mancata proroga del Comitato di gestione del Parco delle colline metallifere sta impedendo lo svolgimento di qualsiasi attività e rischia di compromettere seriamente l'insieme dei risultati positivi fin qui raggiunti, con particolare riferimento al riconoscimento UNESCO -:
se intenda assumere iniziative urgenti atte a garantire la piena ripresa dell'attività del Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane attraverso proroga del Comitato di gestione provvisoria analogamente a quanto già avvenuto per il Parco museo delle miniere dell'Amiata.
(4-07014)
Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, si rappresenta che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e la regione Toscana, DEC/SCN/044 del 28 febbraio 2002, è stato istituito il Parco tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane.
L'articolo 8 di detto decreto interministeriale prevede un Comitato di gestione provvisoria per la durata di 180 giorni, costituito con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio DEC/DCN/440 del 3 giugno 2002.
Con note della direzione per la conservazione della natura del 23 ottobre 2002 prot. n. DCN/4D/2002/19210, e del 31 ottobre 2002 prot. n. DCN/4D/19895/2002, al fine di dare rapidamente seguito ai primi adempimenti per il funzionamento del Parco, si è previsto che i componenti del comitato di gestione provvisoria coincidessero con quelli della commissione per la predisposizione dello statuto di cui all'articolo 6 del su citato decreto interministeriale.
Dal 2002 ad oggi sono state concesse numerose proroghe, da ultimo con decreto DEC/DPN/451 del 25 marzo 2008, fino alla data del 31 marzo 2010, e nonostante siano passati vari anni, il Comitato non ha provveduto a predisporre lo statuto dell'ente.
Considerato che, però, ad oggi, il comitato di gestione provvisoria non ha ancora predisposto uno statuto che definisca le modalità di elezione degli organi, avendo esso predisposto uno statuto della fondazione, il quale non è conforme alle previsioni del decreto istitutivo, la direzione generale competente, su indicazione degli uffici di gabinetto, ha richiesto agli enti interessati le nuove designazioni al fine di ricostituire il comitato.
Ad oggi, le richieste fatte non hanno avuto riscontro.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
SCILIPOTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la collina di San Cornelio, posta a sud-est dell'agglomerato urbano di Arezzo, è da considerarsi nel suo insieme di grande interesse paesaggistico e naturalistico;
alla sua sommità si trova il sito etrusco-romano di Castelsecco, di notevole importanza storica e archeologica;
il colle di Castelsecco (oltre 400 metri sul livello del mare), indagato a più riprese a partire dalla fine dell'Ottocento, mostra una peculiare configurazione a terrazza ovaleggiante gradonata, sorretta da un'imponente struttura muraria, sagomata sulla fronte da quattordici larghi speroni aggettanti, interpretata come le antiche vestigia dell'Arretium vetus o il prolungamento
della cinta muraria difensiva della città etrusco-romana che andava ad abbracciare l'«Acropoli» dell'urbe;
l'emergenza più significativa dell'area è ad oggi sicuramente rappresentata dalla struttura teatrale portata in luce negli anni '70 da G. Maetzke, di cui si conservano i resti dell'ampia cavea, il pulpitus, le parodoi, l'orchestra, e le fondazioni della scenae frons, che insiste sul poderoso sistema di terrazzamento speronato affacciato sul versante sud dell'alto pianoro;
un teatro realizzato, a differenza delle coeve strutture precarie in legno, solidamente in pietra. Un teatro enfaticamente stabile che ben si attaglia ad un centro urbano come Arezzo che, in età tardo-ellenistica, già si innalzava al ruolo di città «industriale» che eccelleva nella produzione delle armi in bronzo e che - nell'ottica di un rapporto stretto con l'Urbe di Roma -, metteva in scena nel teatro «di pietra» i drammi e le tragedie etrusche di Varroniana memoria;
il recupero di numerosi frammenti di ex-voto fittili in forma di statuette di infanti in fasce accanto al ritrovamento di un'iscrizione di dedica a Tinia, sembra documentare un culto connesso a divinità della fertilità e della maternità, affiancato a quello devoluto alla somma divinità del Pantheon etrusco; alla coppia di divinità dovevano essere dedicati i due templi eretti su due rialzi naturali del terreno artificialmente ritagliati e livellati a formare piattaforme;
al pari di altri Santuari etruschi extra-urbani, caratterizzati dalla bipolarità «teatro-edifici di culto», quello di Castelsecco (II-I sec. a.C.), collocato ad una breve distanza dalla città, era strettamente e funzionalmente ad essa collegato ed occupava una posizione altamente strategica, ubicato lungo una delle principali arterie e direttrici di traffico commerciale che ponevano in comunicazione il centro di Arezzo con la Val Tiberina e - mediante questa - con il litorale adriatico, da un lato, e con le aree interne dell'etruscità umbra, dall'altro;
l'idea è quella di «riscoprire il sito» di Castelsecco, riportare alla luce le sue antiche vestigia, restaurarle e proteggerle, per dar vita ad un «Parco naturalistico-archeologico» in cui rifulga con particolare splendore il teatro etrusco in pietra ripristinato e «restituito» al pubblico;
e quella di inserire un «cuneo verde» (colle di S. Cornelio), significativo dal punto di vista ambientale e culturale, all'interno della città, inglobando l'acropoli che vi sta sopra (Castelsecco) nel tessuto urbano e ricostituendo organicamente, come nelle più celebri città antiche, il binomio storico città bassa-città alta;
il tutto in un ambito di «riqualificazione» generale di quell'area collinare e pedecollinare, oggi desolatamente abbandonata e degradata, che dovrebbe assumere il ruolo di polo naturalistico-ambientale e centro culturale ricreativo;
la città, «riappropriandosi» della collina di S. Cornelio con l'area archeologica di Castelsecco, elevata a soli 1500 metri di distanza in linea d'aria dal centro urbano, verrebbe ad assumere urbanisticamente un'altra dimensione e, con la conservazione e valorizzazione delle sue risorse paesaggistico-naturalistiche e artistico-storiche, si aprirebbe, con valide credenziali, anche al «turismo ambientale e culturale»;
gli obiettivi sono, in sintesi, quelli di riqualificazione ambientale e urbanistica dell'area, di valorizzazione dell'area archeologica, di restauro e ristrutturazione degli edifici esistenti, di sistemazione a spazio pubblico dell'area sommitale libera della collina; riguadagnando alla città di Arezzo un'area di eccellenza, correlabile alla contemporaneità eleggendola a sede di Progetti d'avanguardia ove emerga in primo piano l'impegno della realtà cittadina di Arezzo;
le politiche per la rivalutazione ambientale hanno infatti, se congruamente supportate da adeguate politiche di «marketing» territoriale, un ritorno economico in termini di creazione di un
«valore aggiunto» per la città, per la sua immagine, per il suo turismo, ma anche per tutte le attività ad esso economicamente collegate e per l'indotto nel suo complesso;
in particolare il recupero di un'area siffatta e delle strutture in situ porrà le basi per dar luogo a iniziative di carattere scientifico e di ricerca sull'ambiente (anche particolari), articolabili in un allestimento anche stabile di laboratori di ricerca e di sperimentazione capaci di coinvolgere l'utenza scolastica ad ogni grado e livello e quella di studiosi e ricercatori in ambiti specialistici;
gli interventi più significativi sono pertanto quelli di restauro e ristrutturazione degli edifici esistenti (chiesetta di San Cornelio, casa colonica semi-diruta, podere Palazzo e annesso agricolo) tutti, esclusa la chiesetta (proprietà dell'Associazione Castelsecco Onlus), di proprietà comunale, che potrebbero ospitare rispettivamente un Centro di accoglienza ed un Centro di documentazione, che funge anche da centro di ricerca, espositivo, multimediale, eccetera;
all'obiettivo di riqualificazione paesistico-ambientale, culturale e urbanistica della città, si affianca quello della riqualificazione socio-economica dell'area che avviene attraverso la creazione di flussi turistici nuovi (turismo ambientale, archeologico, naturalistico, culturale in generale e a carattere didattico-scientifico (laboratori sperimentali d'avanguardia, centro di didattica ambientale e archeologica);
creazione di posti di lavoro diretti (manutenzione ordinaria dei percorsi e degli spazi verdi, guide specializzate nelle risorse ambientali e archeologiche del territorio, istruttori ed esperti nel campo dello studio della flora e della fauna, accompagnatori/istruttori qualificati, gestione dei servizi di accoglienza e di ristoro, custodi, manutenzioni impianti, e altro);
la presente iniziativa, nella messe delle destinazioni possibili, potrebbe andare ad occupare - per quanto concerne la regione Toscana - gli spazi propositivi ancora esistenti nell'ambito della presentazione di iniziative culturali inquadrabili nel progetto europeo Expo 2015;
in questa ottica, negli ultimi 5 anni, l'Ente, cassa di risparmio di Firenze ha supportato le finalità e gli obiettivi sopra esposti mediante il contributo complessivo di circa 500.000 euro, cifra utilizzata per ripulire il sito, caduto in uno stato di assoluto abbandono e degrado, e per il restauro della piccola chiesa di San Cornelio, che sta avviandosi al completamento -:
quali iniziative anche di carattere finanziario il Ministero intenda assumere per poter continuare l'attuazione delle linee portanti del progetto sopra sintetizzato, capace di recuperare un autentico «gioiello» già appartenuto in passato all'elenco UNESCO dei siti dichiarati patrimonio culturale indiscusso dell'umanità.
(4-06703)
Risposta. - L'area archeologica di San Cornelio-Castelsecco, sottoposta a dichiarazione d'interesse archeologico con decreto ministeriale 25 settembre 1978, possiede grande rilevanza storico-archeologica per la presenza del noto complesso santuariale extraurbano di età ellenistica con annesso teatro.
I reperti provenienti dal sito, quelli raccolti nella collezione Funghini nel XIX secolo, sono conservati nel museo archeologico nazionale «Gaio Cilnio Mecenate» di Arezzo.
Nei primi anni '90 fu effettuato a Castelsecco un grosso intervento conservativo pubblico, con il consolidamento e la documentazione del monumentale muro di sostegno decorato da speroni ed esedre concave, che circonda l'altura sul lato meridionale.
In tale occasione fu presentato un progetto di valorizzazione del sito archeologico nell'ambito di un convegno promosso dal club Unesco di Arezzo in collaborazione con la soprintendenza per i beni archeologici e l'amministrazione comunale che nel frattempo aveva acquisito ben 54 ettari di
territorio comprendenti l'altura di Castelsecco, con la finalità di istituire e realizzare un parco archeologico.
Varie sono state le iniziative compiute negli anni successivi per dar corso a quanto previsto in tale progetto.
La soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, ha vigilato per la salvaguardia del sito, effettuando costanti controlli ed attente valutazioni su progetti ed iniziative di volta in volta intraprese, che hanno però trovato scarsa concretizzazione.
In anni recenti l'associazione Castelsecco ha presentato progetti per il recupero e la riqualificazione sotto il profilo ambientale, paesaggistico, storico-archeologico di un ampio ambito territoriale incentrato sull'altura in questione e sul suo rilevante complesso santuariale.
Al riguardo la soprintendenza ha tenuto a precisare all'Amministrazione comunale di Arezzo proprietaria dell'area, la necessità e l'obbligo che qualsiasi intervento che prevedesse di riportare in luce i resti archeologici rinvenuti negli scavi degli anni '70, doveva necessariamente presupporre l'individuazione contestuale di risorse finanziarie finalizzate ad interventi conservativi e di protezione.
Il finanziamento erogato sul progetto dell'Associazione e del comune dall'ente cassa di risparmio di Firenze, è riuscito a coprire i soli costi di progettazione, il restauro della ex chiesina Babbini-Giusti (di proprietà dell'associazione) ed un intervento di diserbo dell'area.
Attualmente è allo studio della soprintendenza con l'amministrazione comunale la realizzazione di strutture di perimetrazione a protezione dell'area archeologica, al fine di una frequentazione più controllata del sito e di una più efficace manutenzione.
Contestualmente si sta procedendo con il comune alla definizione geografica e giuridica del «parco archeologico di Castelsecco» ai fini della sua istituzione, presupposto per la presentazione di un rinnovato e concreto progetto di valorizzazione da inserire nel prossimo piano di interventi di Arcus S.p.A. o negli accordi Stato-regione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Sandro Bondi.
TOCCAFONDI e GIOACCHINO ALFANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
tra le istituzioni, le imprese e gli operatori è diffusa e crescente una viva preoccupazione circa i ritardi nell'approvazione da parte del Governo delle necessarie iniziative normative per l'indizione e il finanziamento del censimento generale della popolazione e delle abitazioni e del censimento dell'industria e dei servizi;
i censimenti nella tornata del 2001 erano stati indetti con la legge 17 maggio 1999, n. 144, e pertanto il ritardo accumulato per l'attuale tornata è quasi di un anno;
il censimento della popolazione trova fondamento negli articoli 56 e 57 della Costituzione, poiché sulle sue risultanze è basata la ripartizione dei seggi alla Camera e al Senato; ulteriori fonti normative dei prossimi censimenti sono rappresentate dal regolamento (CE) n. 763/2008 del 9 luglio 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, che dispone l'obbligo di effettuazione del censimento nel 2011 per tutti gli Stati membri, e da successivi regolamenti;
il ritardo in questione rischia di compromettere il buon esito delle complesse ed onerose attività preparatorie da parte degli enti coinvolti, a cominciare dall'Istat, che è il coordinatore delle operazioni censuarie e il garante dei risultati, fino ai singoli Comuni, che ne sono il braccio esecutivo;
tale ritardo mette a rischio l'effettuazione dei censimenti nei tempi previsti e qualora la data del 2011 non venga rispettata si aprirà una procedura d'infrazione a carico dell'Italia che comporterà il pagamento di una pesante sanzione monetaria pari quasi al costo delle operazioni censuarie;
i censimenti rappresentano la principale fonte conoscitiva delle risorse umane, abitative, ambientali, economiche del Paese,
a livello nazionale e territoriale, regionale, provinciale, comunale e subcomunale;
sulle risultanze dei censimenti si fondano le indagini campionarie che permettono di aggiornare le conoscenze sulle dinamiche della popolazione, dell'economia e della società nel decennio successivo;
il censimento della popolazione rappresenta un'operazione indispensabile per la corretta tenuta delle anagrafi, spina dorsale dell'amministrazione;
i censimenti costituiscono un patrimonio conoscitivo pubblico prezioso e insostituibile e il ritardo nella loro esecuzione rappresenta un danno netto culturale e materiale per la collettività, particolarmente in una fase storica nella quale si sta operando la transizione verso un assetto di federalismo fiscale, che richiede la migliore conoscenza possibile delle condizioni economiche e sociali locali -:
se il Governo intenda adottare, in tempi rapidi, iniziative normative per l'indizione dei censimenti del 2011.
(4-06739)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente il censimento generale della popolazione, delle abitazioni, dell'industria e dei servizi, si rappresenta quanto segue.
Nel corso dell'ultimo triennio l'istituto nazionale di statistica ha assunto le iniziative necessarie per realizzare tempestivamente ed efficacemente l'impianto organizzativo, tecnico e metodologico del 15o censimento generale della popolazione e delle abitazioni, anche al fine di adempiere a quanto stabilito dal regolamento CE del 9 luglio 2008, n. 763/08, del Parlamento europeo e del Consiglio, ed ha predisposto quanto necessario ad effettuare il 9o censimento generale dell'industria e servizi, ivi comprese due rilevazioni di approfondimento sulle unità istituzionali pubbliche e quelle non profit.
In particolare l'Istat ha:
costituito il comitato consultivo per la preparazione a livello comunale del censimento, chiamando a parteciparvi rappresentanti di ministeri, di associazioni di comuni (Anci, Anpci, Usci, Anusca, Dea), province (Upi), regioni (Cisis), unioncamere, nonché numerosi dirigenti di uffici di statistica di grandi comuni;
costituito il comitato consultivo per l'impostazione dei censimenti sulle istituzioni non profit, chiamando a parteciparvi rappresentanti di ministeri, regioni e province autonome, unioncamere, agenzia per le Onlus, nonché numerosi studiosi e rappresentanti delle associazioni del terzo settore;
predisposto i piani strategici per le innovazioni di metodo e tecniche dei prossimi censimenti;
effettuato alcune rilevazioni inerenti l'uso dei dati censuari, i costi effettivi dei comuni per i censimenti del 2000-2001, la qualità degli stradari e indirizzari comunali;
aggiornato, in collaborazione con tutti i comuni, le basi territoriali del censimento, determinando località, aree di censimento e sezioni di censimento di tutto il territorio nazionale;
coinvolto 6.817 funzionari di 5.025 comuni nel progetto Info&For/Cens di seminari di formazione e discussione delle principali innovazioni predisposte per la prossima tornata censuaria;
effettuato la rilevazione pilota del censimento della popolazione e delle abitazioni, coinvolgendo 31 comuni e circa 83.000 famiglie;
realizzato prototipi di archivi di numeri civici geocodificati alle sezioni di censimento nei 509 comuni con almeno 20.000 abitanti o capoluogo di provincia;
sperimentato l'uso di liste anagrafiche comunali di famiglie e convivenze come base informativa per la costituzione di una lista precensuaria;
sperimentato l'uso dei dati amministrativi sui permessi di soggiorno di cittadini stranieri;
predisposto un prototipo di archivio statistico delle istituzioni non profit, utilizzando numerose fonti amministrative, al fine di precostituire la lista precensuaria delle unità di rilevazione del censimento delle istituzioni non profit;
predisposto e sperimentato i questionari di famiglia in formati cartaceo ed elettronico, nonché in versioni di diversa lunghezza e complessità, al fine di studiare le possibili riduzioni del fastidio statistico sui rispondenti, in ossequio ai princìpi e alle regole che sovrintendono l'azione statistica dettati dalla normativa comunitaria e, in particolare, dalla cosiddetta legge statistica europea (Regolamento CE n. 223/2009);
predisposto il questionario per la rilevazione censuaria sulle istituzioni non profit anche con riferimento alle loro unità locali;
sperimentato disegni campionari con significatività a livello comunale e sub comunale per la rilevazione di alcune variabili socio-economiche sulle famiglie e gli individui;
predisposto la rilevazione precensuaria dei numeri civici nei 509 comuni con almeno 20.000 abitanti o capoluogo di provincia, che si dovrebbe svolgere tra ottobre 2010 e febbraio 2011;
collaborato infine, per gli aspetti di competenza, alla stesura di uno schema di disegno di legge corredato da una nota tecnica di previsione dei costi censuari per il 2009-2011.
Tutto ciò premesso, si rappresenta che le operazioni censuarie possono avvenire solo successivamente all'approvazione delle norme che ne prevedano l'indizione e il finanziamento.
A tal fine, si desidera segnalare che l'articolo 50 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», ha previsto l'indizione e l'autorizzazione di spesa del 15o censimento generale della popolazione e delle abitazioni, di cui al regolamento (CE) 9 luglio 2008, n. 763/08 del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché del 9o censimento generale dell'industria e dei servizi ed il censimento delle istituzioni non-profit.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.
TOUADI e MELIS. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 8 giugno 2010 tutti i media nazionali e internazionali riportavano la notizia della chiusura dell'Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) presente a Tripoli;
le autorità libiche non hanno fornito sufficienti spiegazioni per motivare tale ingiustificata decisione, salvo spiegare che gli uffici dell'UNHCR svolgevano attività illecite, in quanto la Libia non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951;
l'UNHCR è presente in Libia da 19 anni, come ha ricordato Laura Boldrini, ed ha svolto un lavoro fondamentale nella gestione dei flussi migratori con particolare riferimento ai potenziali rifugiati per motivi politici o umanitari -:
quali siano state le azioni intraprese dal Governo;
se e che tipo di richieste formali siano state fatte alla Libia;
se il Presidente del Consiglio dei ministri, recatosi in visita dal leader libico Gheddafi, abbia posto la questione della riapertura del centro UNHCR di Tripoli;
se non si ritenga che debba essere presa in considerazione la possibilità di sospendere gli accordi bilaterali con la Libia, in attesa che venga ripristinata l'attività dell'Agenzia ONU per i rifugiati.
(4-07737)
TOUADI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il sito di informazione «Fortress Europe-L'Osservatorio sulle vittime dell'emigrazione»,
in data 30 giugno 2010 riportava la notizia secondo la quale non si hanno più informazioni circa la sorte di circa 300 eritrei detenuti in Libia, parte dei quali già precedentemente respinti in mare da Lampedusa;
si tratta di eritrei che avrebbero diritto a entrare in Europa e di ottenere l'asilo politico;
nel 2009 l'Italia ha riconosciuto l'asilo politico o la protezione sussidiaria a 1.325 eritrei;
da quando sono attive le nuove procedure di respingimento, queste persone vengono prese in carico dalle autorità libiche senza riuscire ad avere notizie certe sulla loro destinazione;
i circa 300 eritrei risultavano essere stati reclusi presso il campo di detenzione di Misratah;
il 29 giugno le autorità libiche hanno costretto gli eritrei trattenuti nel campo di detenzione di Misratah a compilare un modulo per fornire le proprie generalità all'ambasciata eritrea, e il rifiuto degli stessi a farsi identificare ha causato una protesta che ha portato a scontri con i militari libici;
nella notte tra il 29 e il 30 giugno, un reparto dell'esercito libico ha fatto irruzione con l'obiettivo di trasferire con la forza i circa 300 detenuti presso il centro di detenzione di Sebha;
il trasferimento da Misratah a Sebha è avvenuto dentro 2 container di ferro, del tipo di quelli utilizzati per il trasporto di merci sulle navi cargo, in condizioni inumane e degradanti per l'alta temperatura, il sovraffollamento e la mancanza d'aria;
tre settimane fa il Governo libico ha espulso dalla Libia i rappresentanti dell'Alto Commissariato dei Rifugiati delle Nazioni Unite che operavano specificatamente nel centro di detenzione di Misratah da 3 anni, rendendo impossibile ogni forma di controllo circa la presenza di persone titolari dell'eventuale richiesta di asilo politico secondo le normative internazionali e comunitarie -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti accaduti a Misratah riportati dai media;
se il Ministro intenda assumere iniziative per assicurare che i circa 300 richiedenti asilo politico eritrei trasferiti con la forza da Misratah a Sebha non saranno rimpatriati con i gravi rischi per la loro incolumità che ne conseguirebbero;
se il Ministro intenda adottare iniziative per garantire che, attraverso i respingimenti non si neghi il diritto d'asilo a persone che potrebbero legittimamente chiederlo;
se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni politiche che hanno portato alla chiusura del centro UNHCR di Tripoli e che tipo di azione abbia eventualmente intrapreso nei confronti delle autorità libiche.
(4-07877)
Risposta. - È importante ricordare in premessa, che è stato raggiunto l'accordo di liberazione e residenza in cambio di lavoro per i circa 250 rifugiati eritrei rinchiusi nel carcere libico di Braq nei pressi di Sebah, nel Sud della Libia. Tale accordo è stato firmato con il ministero del lavoro libico per consentire agli eritrei rinchiusi a Braq di uscire e di svolgere lavori socialmente utili in diverse shabie (ovvero le prefetture libiche) e quindi di scongiurare il rimpatrio.
Secondo la nostra ambasciata a Tripoli, nel Centro di raccolta di Misurata si sarebbe registrata una situazione di forti proteste e disordini generati dagli immigrati a seguito della distribuzione, da parte delle autorità libiche, di formulari per selezionare personale da adibire a lavori socialmente utili. Gli interessati avrebbero, invece, scambiato tali formulari per documenti finalizzati al loro rimpatrio in Eritrea.
Il nostro Ambasciatore ha avuto conferma dal vice Ministro degli esteri libico della decisione di trasferite gli immigrati dal
centro di Misurata a quello di Sebah a seguito dei disordini.
È chiaro comunque che la vicenda dei cittadini eritrei non può essere risolta dalla sola nostra, pur privilegiata, relazione bilaterale. Il nostro Governo è particolarmente attivo per sollecitare un ruolo più incisivo e determinante dell'Unione europea.
Riguardo la questione della chiusura dell'ufficio dell'Unhcr a Tripoli, il ministero degli esteri libico, aveva chiesto di interromperne le attività già a marzo scorso, in quanto la Libia non è parte della convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951, e non è mai stato concluso un accordo di Sede per consentire all'Unhcr di operare nel paese de iure (e non de facto, come avvenuto dal 1993 ad oggi). Tale posizione, come anticipato dal Ministro degli esteri libico direttamente al coordinatore locale dell'ONU, è stata confermata con un comunicato ufficiale emesso il 9 giugno 2010.
Nelle prime ore immediatamente successive alla notizia, il Ministro Frattini ha inviato una lettera all'omologo libico, il Ministro Musa Kusa, auspicando l'avvio di un negoziato tra le autorità libiche e l'alto commissariato per la conclusione di un accordo che costituisca il quadro giuridico necessario a consentire all'Unhcr di proseguire nello svolgimento delle proprie attività in Libia.
Il 24 giugno 2010 l'assistente dell'alto commissariato, Erika Feller, ha incontrato a Tripoli il Ministro degli esteti libico. La stessa Feller, nell'esprimere i sentimenti di gratitudine dell'alto commissariato per l'azione di sensibilizzazione svolta dal Ministro Frattini nei confronti delle autorità libiche, ha voluto informare in dettagli il nostro rappresentante permanente a Ginevra sugli esiti della missione a Tripoli. In particolare l'Unhcr potrà proseguire ufficiosamente nelle attività di assistenza ai rifugiati in Libia occupandosi dei casi pregressi e contestualmente avviare un negoziato con la Libia per la definizione di un Memorandum of Understanding che vada a costituire il necessario quadro giuridico di riferimento per l'azione dell'alto commissariato nel paese, e quindi, per la riapertura della sede dell'Unhcr di Tripoli.
Secondo quanto riferito dall'alto commissariato, l'immediata ripresa delle attività dell'Unhcr in Libia consentirà di garantite assistenza ai quasi 9.000 rifugiati registrati nel Paese e di completare le pratiche di «resettlement» di circa 900 persone.
Inoltre, l'alto commissariato potrà processare le 400 pratiche di richieste di asilo ancora in esame e proseguire le visite nei Centri di raccolta libici, in collaborazione con le organizzazioni partners operanti in loco, segnatamente l'italiana Cir e la libica Iopcr.
Nelle more della, conclusione del negoziato sul Memorandum of Understanding Unhcr-Libia, l'alto commissariato opererà, come del resto già avvenuto in precedenza, sotto il cappello dell'United Nations Development Programme (UNDP), potendo quindi contare su due funzionari internazionali e una ventina di addetti locali. Dopo la stipula del Memorandum si procederà da parte dell'alto commissariato all'invio di un vero e proprio capo missione.
Si ricorda, peraltro, che la Libia, pur se non è parte della convenzione di Ginevra del 1951, ha comunque firmato e ratificato la convenzione Oua del 1969 relativa a specifici aspetti della problematica dei rifugiati in Africa, testo complementare alla convenzione di Ginevra, riconosciuto dall'Unhcr, e che impegna a garantire lo status di rifugiato secondo i criteri di Ginevra.
Nel corso degli anni si è registrata una crescente sensibilità delle autorità libiche nei confronti della problematica dei rifugiati ed una più chiara volontà di Tripoli di collaborare con le competenti organizzazioni internazionali a una migliore gestione del fenomeno; in particolare l'attività in Libia dell'Unhcr e dell'organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha reso possibile lo screening dei centri di raccolta di immigrati regolari per il riconoscimento dello status di rifugiato, il rinnovo dei documenti d'identità ai rifugiati soggiornanti in Libia, l'organizzazione di operazioni di resettlement o ristabilimento di rifugiati in altri paesi tra cui l'Italia.
Nel 2007 abbiamo accolto 40 persone, 29 nel 2008 e 67 nell'ottobre 2009, a conferma dell'impegno umanitario del paese in materia di tutela delle persone che necessitano di protezione internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche del 19 febbraio 2008 riportano le dichiarazioni del senatore Cossiga il quale, in una intervista rilasciata a Sky Tg24 dichiara: «Furono i nostri servizi segreti che, quando io ero Presidente della Repubblica, informarono l'allora sottosegretario Giuliano Amato e me che erano stati i francesi, con un aereo della marina, a lanciare un missile non ad impatto, ma a risonanza». L'obiettivo, sempre a detta del senatore Cossiga, non sarebbe stato il DC9 Itavia, bensì il leader libico Gheddafi e che fu salvato grazie a delle rivelazioni fattegli: «La verità è che Gheddafi si salvò perché il Sismi, il generale Santovito, apprese l'informazione, lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro (...) I francesi questo lo sapevano, videro un aereo dall'altra parte di quello italiano e si nascose dietro per non farsi prendere dal radar» -:
se siano a conoscenza dei fatti narrati;
se, ed eventualmente quali, provvedimenti urgenti intendano adottare.
(4-00022)
Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'interrogazione in esame concernente la strage di Ustica, si fa presente quanto segue.
L'interrogante nel riportare in premessa una dichiarazione del senatore Cossiga, rilasciata ad una emittente televisiva, secondo la quale lo stesso e l'onorevole Amato furono informati dal Sismi in ordine alle responsabilità francesi sul disastro di Ustica chiedono al Governo quali provvedimenti urgenti intenda adottare.
Al riguardo si precisa quanto segue.
L'interrogazione de quo nasce dalle dichiarazioni del senatore Cossiga rilasciate a Sky Tg 24 durante un'intervista (veggasi agenzia Adnkronos del 19 febbraio 2008). Ma proprio le medesime dichiarazioni, sono state poi smentite dallo stesso senatore (veggasi agenzia Ansa del 3 giugno 2009), spiegandone le motivazioni nel libro «Fotti il potere» a sua firma.
L'onorevole Amato, all'epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha negato che i vertici del Sismi lo abbiano mai informato circa la presunta responsabilità dei francesi nella strage di Ustica, avendo avuto viceversa dall'ammiraglio Martini una indicazione sulla prevalenza dell'ipotesi che l'aereo fosse precipitato a causa di una bomba.
Il dipartimento per l'informazione e la sicurezza, sentita l'agenzia informazioni sicurezza interna ed esterna ha peraltro confermato quanto già illustrato in ordine ad altri atti di sindacato ispettivo e cioè che dai compendi archivistici dell'agenzia non sono emersi riscontri in merito alle asserite comunicazioni rese al senatore Cossiga e all'onorevole Amato in ordine alle responsabilità francesi sul disastro aereo di Ustica.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il consiglio di base della rappresentanza del comando legione carabinieri Lazio, con la delibera n. 328, allegata al verbale n. 215 del 22 marzo 2010, avente
ad oggetto «Cartellini foto segnaletici mod. 267 e 266», ha evidenziato che presso i gabinetti foto segnaletici della capitale, compagnie e nucleo investigativo compresi, mancano i cartellini foto dattiloscopici e che tale mancanza crea un notevole disagio agli operatori con negative ricadute per 1'amministrazione -:
se il Ministro sia a conoscenza del contenuto della delibera indicata in premessa e quali immediate azioni intenda assumere per assicurare il regolare svolgimento del servizio in argomento.
(4-06849)
Risposta. - Il comando generale dell'Arma, in merito alla problematica richiamata nell'atto in titolo, ha comunicato che è stata recentemente disposta un'assegnazione straordinaria di n. 204.000 cartellini foto segnaletici, da parte del competente ministero dell'interno - dipartimento di pubblica sicurezza -, che ha consentito di soddisfare le esigenze dei reparti dipendenti.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
elemento fondamentale per una corretta e seria politica fiscale è l'equità nei confronti di tutti i contribuenti affinché ciascuno sia soggetto ad un carico fiscale proporzionale ai propri redditi;
uno strumento usato a tal fine dell'amministrazione finanziaria è quello dei cosiddetti «Studi di Settore»;
spesso vengono forniti dati allarmanti sulla presunta evasione fiscale basati su basi complessivi per settore o categoria ma senza una specificazione su quanto incida effettivamente la presunta evasione per area regionale o provinciale creando potenziali ingiustizie nei confronti della totalità dei contribuenti senza invece identificare eventuali aree del Paese dove l'evasione maggiormente potrebbe raccogliersi o effettivamente si raccoglie;
sarebbe molto interessante conoscere la percentuale delle singole aziende e/o categorie di partita IVA che - rispetto agli studi di settore e per ciascuna categoria di contribuenti - risulterebbero non conformi, ma tali dati non sono state forniti al pubblico -:
se siano state predisposte tabelle con stime dell'evasione divise per province e/o regioni e basate sull'esame di ogni singolo settore e quindi se il Ministro non ritenga doveroso pubblicarle ed illustrarle all'opinione pubblica al fine di accertare se - per i diversi settori - vi siano aree geografiche dove tale percentuale di evasione sia sensibilmente maggiore rispetto alla media nazionale.
(4-03786)
Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di conoscere la percentuale di aziende e/o categorie di partita Iva che, rispetto agli studi di settore, risulta non conforme, nonché se siano disponibili tabelle con stime dell'evasione divise per province e/o regioni, basate anche sull'esame di ogni singolo settore di attività, l'Agenzia delle entrate segnala che statistiche corredate da analisi dettagliate, anche a livello territoriale, sono già disponibili, per i periodi d'imposta 2005, 2006 e 2007 sul sito www.finanze.gov.it seguendo il percorso «statistiche fiscali - studi di settore».
I dati statistici sono classificati in base a diverse modalità: per natura giuridica (persone fisiche, società di persone e di capitali), per territorio e per attività economica. Sono inoltre disponibili i dati relativi all'elenco dettagliato degli studi.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.
ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
elemento fondamentale per una corretta e seria politica fiscale è l'equità nei
confronti di tutti i contribuenti affinché ciascuno sia soggetto ad un carico fiscale proporzionale ai propri redditi;
uno strumento usato a tal fine dell'Amministrazione finanziaria è quello dei cosiddetti «Studi di Settore» che però spesso non corrispondono ad effettive situazioni di evasione ma sono collegati a situazioni specifiche e/o transitorie di singole aziende;
quando viene ricevuto l'avviso di accertamento e si presentano le documentazioni richieste all'Agenzia delle Entrate all'interrogante risulta caso raro che l'Agenzia recepisca i dati del contribuente che è quindi costretto a pagare «comunque» il 50 per cento dell'importo accertato per poter ricorrere alla Commissione Tributaria territorialmente competente anche se il suo ricorso appare verosimile e fondato;
spesso vengono forniti dati allarmanti sulla presunta evasione fiscale basati su basi complessivi per settore o categoria ma senza una specificazione su quanto incida effettivamente la presunta evasione per area regionale o provinciale creando potenziali ingiustizie nei confronti della totalità dei contribuenti senza invece identificare eventuali aree del paese dove l'evasione maggiormente potrebbe raccogliersi o effettivamente si raccoglie;
sarebbe molto interessante conoscere il numero degli avvisi di settore inviati ai contribuenti regione per regione o - se possibile - provincia per provincia onde comprendere se l'efficienza della macchina fiscale sia commisurata alle necessità e, soprattutto, quanti avvisi siano seguiti da una adesione così come è utile conoscere la percentuale delle singole aziende e/o categorie di partita IVA che - rispetto agli studi di settore e per ciascuna categoria di contribuenti - risulterebbero non conformi -:
se siano state predisposte tabelle con stime dell'evasione divise per province e/o regioni e basate sull'esame di ogni singolo settore e quindi se il Ministro non ritenga doveroso pubblicarle ed illustrarle all'opinione pubblica al fine di accertare se - per i diversi settori - vi siano aree geografiche dove tale percentuale di evasione sia sensibilmente maggiore rispetto alla media nazionale e ciò con particolare riguardo agli studi di settore;
se si possa disporre di una statistica divisa per provincia con il rapporto numero imprese/accertamenti di settore e l'esito degli eventuali ricorsi;
se non sia corretto riconoscere ai contribuenti virtuosi e vincitori di ricorso, una congrua indennità che li indennizzi dei costi ingiustamente subiti.
(4-03788)
Risposta. - In riferimento alla interrogazione in esame, con la quale viene richiesto di conoscere quanti siano i procedimenti di accertamento con adesione nei confronti dei soggetti non congrui agli studi di settore attivati in ciascuna regione dalle strutture operative dell'agenzia delle entrate, si rileva quanto segue.
L'attività di controllo posta in essere dall'Agenzia delle entrate nei confronti delle imprese e dei lavoratori autonomi cui si applicano gli studi di settore si basa sulla valutazione approfondita del rischio di evasione a livello di singoli comparti economici ed ambiti territoriali e sull'utilizzo mirato degli studi stessi, che rappresentano uno strumento di «orientamento» per la selezione di posizioni a rischio.
Al riguardo, più volte è stato chiarito dall'agenzia che in sede di accertamento è escluso qualsiasi automatismo nell'applicazione degli studi di settore in presenza di non congruità, nel senso che ulteriori elementi acquisiti in fase istruttoria devono poter rafforzare la presunzione di non congruità dei ricavi o compensi dichiarati. Si fa particolarmente riferimento sia ad indicatori di capacità di spesa e di capacità contributiva, riferibili alla/e persona/e fisiche direttamente collegate alla posizione Iva non congrua, sia ad elementi associabili direttamente a quest'ultima.
L'Agenzia delle entrate rileva che i risultati ottenuti nel triennio 2007-2009 fanno registrare un miglioramento qualitativo delle attività di controllo, che denota
un sempre maggior approfondimento da parte degli uffici nella fase di analisi del rischio e nella selezione dei soggetti, nonché nella successiva fase di gestione del procedimento di accertamento con adesione in contraddittorio con i contribuenti.
In particolare, i risultati ottenuti nell'esercizio 2009 dimostrano che le strutture operative si sono attenute alle direttive della circolare n. 13/E del 9 aprile 2009 (peraltro già contenute in precedenti circolari: n. 110/E del 1999, n. 58/E del 2002, n. 5/E, n. 31/E e n. 38/E del 2008).
Di seguito è riportato un quadro sinottico relativo ai risultati conseguiti nel biennio 2008-2009.
Accertamenti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore
2008 | 2009 | |
N. Accertamenti eseguiti | 72.956 | 56.437 |
Maggiore Imposta Accertata media | 6.673 | 12.802 |
N. Accertamenti definiti con adesione e con acquiescenza | 35.060 | 24.619 |
Maggiore Imposta Definita media | 2.785 | 4.410 |
Al fine di rappresentare i risultati conseguiti nel medesimo biennio 2009-2008 a livello regionale, vengono riportate di seguito due tabelle concernenti il numero degli accertamenti eseguiti e le maggiori imposte accertate medie, nonché il numero degli accertamenti che si sono perfezionati con l'adesione e con l'acquiescenza del contribuente e le relative maggiori imposte definite medie.
Accertamenti eseguiti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore
Direzione regionale | Anno 2009 | Anno 2006 | ||
Numero Accertamenti |
MIA media | Numero Accertamenti |
MIA media | |
ABRUZZO | 1.815 | 6.430,94 | 2.422 | 6.474,61 |
BASILICATA | 824 | 8.524,22 | 1.102 | 5.731,14 |
BOLZANO (D.P.) | 164 | 10.466,94 | 226 | 4.256,04 |
CALABRIA | 2.805 | 13.616,64 | 3.088 | 6.692,03 |
CAMPANIA | 4.520 | 21.065,12 | 5.215 | 8.904,41 |
EMILIA ROMAGNA | 4.857 | 9.350,94 | 4.395 | 6.656,50 |
FRIULI VENEZIA GIULIA | 1.221 | 9.260,60 | 1.501 | 5.278,57 |
LAZIO | 5.646 | 15.559,60 | 6.706 | 8.088,84 |
LIGURIA | 1.757 | 7.975,19 | 2.435 | 7.637,94 |
LOMBARDIA | 5.587 | 27.352,48 | 7.914 | 7.419,72 |
MARCHE | 1.917 | 9.312,14 | 1.846 | 5.108,48 |
MOLISE | 584 | 15.601,16 | 973 | 3.997,02 |
PIEMONTE | 4.340 | 9.041,41 | 4.790 | 6.368,38 |
PUGLIA | 2.414 | 12.389,15 | 8.244 | 6.082,16 |
SARDEGNA | 1.762 | 9.461,19 | 2.659 | 5.464,03 |
SICILIA | 7.269 | 8.639,42 | 8.114 | 5.339,75 |
TOSCANA | 4.040 | 10.546,18 | 3.856 | 8.815,66 |
TRENTO (D.P.) | 375 | 4.710,21 | 588 | 5.956,71 |
UMBRIA | 990 | 6.873,61 | 1.008 | 5.534,56 |
VALLE D'AOSTA | 179 | 6.498,02 | 326 | 4.945,35 |
VENETO | 3.371 | 8.716,79 | 5.548 | 5.682,53 |
TOTALE AGENZIA | 56.437 | 12.802,45 | 72.956 | 6.673,00 |
Accertamenti nei confronti di soggetti non congrui agli Studi di settore «definiti»
Direzione regionale | Anno 2009 | Anno 2006 | ||
Numero Accertamenti definiti per Adesione e Acquiescenza | MIA media | Numero Accertamenti definiti per Adesione e Acquiescenza | MIA media | |
ABRUZZO | 960 | 2.792,92 | 1.529 | 2.449,28 |
BASILICATA | 459 | 2.869,6 | 599 | 1.714,56 |
BOLZANO (D.P.) | 79 | 4.098,4 | 113 | 3.003,52 |
CALABRIA | 783 | 4.338,3 | 1.077 | 2.104,32 |
CAMPANIA | 1.500 | 5.966,5 | 2.388 | 2.927,39 |
EMILIA ROMAGNA | 2.361 | 4.660,0 | 2.284 | 2.997,44 |
FRIULI VENEZIA GIULIA | 635 | 3.152,4 | 829 | 2.330,57 |
LAZIO | 1.826 | 5.538,5 | 2.681 | 3.079,22 |
LIGURIA | 757 | 4.001,3 | 1.186 | 4.044,13 |
LOMBARDIA | 2.130 | 6.864,3 | 3.488 | 3.465,14 |
MARCHE | 890 | 3.789,98 | 731 | 2.534,20 |
MOLISE | 315 | 2.473,0 | 506 | 1.595,04 |
PIEMONTE | 2.109 | 4.041,2 | 2.712 | 2.833,48 |
PUGLIA | 999 | 4.126,6 | 3.800 | 2.430,42 |
SARDEGNA | 791 | 4.357,6 | 1.109 | 2.249,20 |
SICILIA | 2.963 | 2.883,9 | 4.029 | 1.857,13 |
TOSCANA | 1.840 | 5.049,0 | 1.782 | 4.358,36 |
TRENTO (D.P.) | 210 | 4.490,7 | 311 | 3.270,82 |
UMBRIA | 665 | 3.423,7 | 614 | 2.692,75 |
VALLE D'AOSTA | 66 | 2.988,3 | 210 | 2.201,72 |
VENETO | 1.981 | 4.256,00 | 3.082 | 2.889,90 |
TOTALE AGENZIA | 24.619 | 4.410,27 | 35.060 | 2.785,14 |
Dall'analisi dei dati risulta che, pur in presenza di una diminuzione del numero degli accertamenti nel 2009 rispetto all'anno precedente, stante la maggiore selettività nell'individuazione delle posizioni a rischio tra i soggetti «non congrui», si registra a livello nazionale un aumento della maggiore imposta accertata media (Mia) (la maggiore imposta definita media è cresciuta del 48 per cento nel 2009 rispetto all'anno precedente). Anche per la maggiore imposta definita media si riscontra nel 2009 un incremento (+58 per cento) rispetto al 2008.
Per quanto riguarda, infine, l'analisi della congruità e della normalità economica dei soggetti cui si applicano gli Studi di settore, statistiche complete corredate da analisi dettagliate, anche a livello territoriale, sono disponibili sul sito www.finanze.gov.it seguendo il percorso «statistiche fiscali - studi di settore».
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze: Sonia Viale.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha sottoscritto la Convenzione europea del Paesaggio (legge 9 gennaio 2006, n. 14, «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre del 2000»);
nella regione Abruzzo è accaduto che richieste di apertura di nuove cave, pervenute alle Commissioni consiliari regionali e già autorizzate dalla Giunta regionale, prevedano varianti al Piano regionale paesaggistico che collegherebbero - in aree B1 e A2 - zone a protezione quasi integrale, Zone a protezione speciale (ZPS) e Siti di interesse comunitario (SIC) - cioè zone ad alta valenza naturalistica e paesaggistica: ciò annullerebbe le prospettive di una rinascita dell'Abruzzo attraverso un turismo eco-compatibile, la valorizzazione delle montagne e del paesaggio, che attraverso questa decisione dissennata vengono ancora una volta messe a rischio con ulteriori ricadute negative sui cittadini abruzzesi già colpiti dal terremoto;
in particolare, con legge regionale 7 marzo 2000, n. 23, furono «sottratte» ai confini del Parco naturale regionale Sirente-Velino le zone ricadenti nei territori dei Comuni di Castel di Ieri e Goriano Sicoli, rispettivamente denominate «Collepetra» e «La Maddalena» - adiacenti e confinanti - per permettere l'insediamento di una cava situata a duecento metri circa dall'ingresso del paese: un paese a forte vocazione turistica per l'importantissimo santuario di «Santa Gemma», la santa Maria Goretti del Medioevo, con la sua storia che conserva i resti dell'antica «Statule» e le «testimonianze» del Basso ed Alto Medioevo, il valore «etico-religioso» che è esaltato con le sue feste pagano-religiose in cui tutto il paese (compresi gli emigranti che dalla residenza estera inviano forti offerte e donazioni) contribuisce durante tutto l'arco dell'anno con prodotti della natura, grano, vino, ed offerte in denaro per ricostruire nella memoria il miracolo del pane che non «ammuffisce» tenendo, così, alto il valore morale delle tradizioni nell'Abruzzo e in tutto il mondo;
non sono state effettuate indagini approfondite così da consentire l'adozione di un provvedimento che sia capace di comprendere la sostenibilità globale alla modifica; né sono state prodotte elaborazioni formali, proprio in ragione dell'evidente carenza di bilanci ambientali e territoriali di carattere globale correlati non solo ad indicatori economici quantitativi, comunque condizionanti l'azione imprenditoriale, quanto invece a credibili ed incisive analisi tendenti a porre al centro dell'interesse l'ambiente naturale esistente e quello di contesto nella sua relazione antropica, valutando ad esempio le pressioni funzionali derivanti da un'attività di escavazioni di circa 250.000 tonnellate/anno di materiale inerte per un periodo di 40 anni - e si fa riferimento alla sola cava di Piscina - capaci di disintegrare intere
montagne, modificando la memoria collettiva delle comunità della Valle Subequana, pescinese e abruzzese, o dalla realizzazione di opifici industriali di enormi dimensioni, come il caso delle succitate cave, per la produzione di carbonato di calcio, di cui si ignorano gli effetti che potrebbero generare sull'ambiente e sulla salute pubblica;
inoltre, genera preoccupazione la possibilità che per il riempimento della cava non sia utilizzato del materiale inerte - per il riempimento ne sono necessarie tonnellate - ma che venga trasformata in una discarica;
ad avviso degli interroganti appare necessario che, le istituzioni competenti d'ufficio, cessino di autorizzare il rilascio di nuove attività di escavazione, anche alla luce delle indagini in materia in tutto l'Abruzzo da parte del Corpo forestale dello Stato e dei Carabinieri del NOE (Nucleo operativo ecologico) che stanno evidenziando numerosi illeciti e connivenze -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare rispetto a quegli atti autorizzativi per la realizzazione di nuove cave in aree particolarmente pregiate, comprese nel Parco nazionale d'Abruzzo (Piscina, «La porta di accesso al parco»), nel Parco nazionale del Gran Sasso (Castelvecchio Calvisio), ZPS e SIC;
se vi sia una conoscenza della situazione effettiva di tali detrattori ambientali, e cioè delle cave dismesse, in esercizio, di quelle effettivamente recuperate ai valori propri dell'ambiente e di quelle in corso di recupero, infine, per capire le ragioni che hanno portato a sottrarre aree di pregio (parchi, riserve, siti SIC e ZPS) alla tutela e se tali decisioni siano state avallate dalle competenti soprintendenze;
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio.
(4-06425)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, che verte su problematiche inerenti le attività estrattive nella regione Abruzzo, si fa presente che la competenza svolta da questa amministrazione in materia di cave e quella relativa all'esercizio delle funzioni previste dal combinato disposto di cui all'articolo 2 della legge 349 del 1986 e all'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, come integrato dal decreto legislativo 63 del 2008, concernente il controllo di legittimità delle autorizzazioni per le attività di cava in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, rilasciate dalle amministrazioni regionali o subdelegate.
Pertanto, non si è in possesso di dati relativi alle questioni generali sollevate dall'interrogante.
Agli atti di questo Ministero risulta, invece, pervenuta l'autorizzazione paesaggistica n. 1764 del 23 aprile 2004 rilasciata dalla regione Abruzzo, per attività estrattiva nel comune di Castel di Ieri e Goriano Sicoli (AQ) alla Ditta C.C.C. Srl. e per l'esercizio del controllo suddetto.
Risulta, altresì, che, in esito al controllo effettuato in merito alla suddetta autorizzazione per quanto attiene la competenza in materia paesaggistica, non si sono rilevati motivi per l'adozione del provvedimento di annullamento della stessa per vizi di legittimità.
Riguardo, invece, alla stessa attività estrattiva citata nell'interrogazione, individuata come «cava in zona protezione speciale e sito di importanza comunitaria (Comuni di Castel di Ieri e Goriano Sicoli denominate «Colle-petra» e «La Maddalena»), occorre chiarire che le autorizzazioni paesaggistiche non prendono obbligatoriamente in esame le valutazioni di incidenza ambientale sui sito di importanza comunitaria e sulle zone protezione speciale poiché tali siti d'interesse comunitario, pur individuando particolari aree naturali di salvaguardia ambientale ai sensi della direttiva habitat 92/43/CEE attuata dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357 modificato con decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120, non determinano ope legis
il vincolo paesaggistico, come accade per altre tipologie di tutela ambientale, ad esempio le riserve naturali previste dalla legge 431 del 1985 e, successivamente, dai decreti legislativi n. 42 del 2004 e n. 63 del 2008. La presenza dei S.I.C. quindi, determina l'obbligo di «valutazione d'incidenza ambientale» sul sito, ma non comporta la necessità di autorizzazione paesaggistica.
Pur tenendo conto, quindi di tale tutela, l'autorizzazione paesaggistica è un procedimento diverso e distinto dalla valutazione di incidenza ambientale, così come, d'altra parte, dalla valutazione di impatto ambientale.
Le due valutazioni, quando occorrano, contribuiscono, insieme all'autorizzazione paesaggistica, a costituire le premesse dell'autorizzazione di esecuzione dei lavori alla ditta.
Si sottolinea, inoltre, che quest'ultima autorizzazione, rilasciata ai sensi della normativa regionale in materia di cave, è di esclusiva competenza delle regioni, cui è stata demandata dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 616 del 1977, di trasferimento delle funzioni amministrative.
In merito alla vicenda, da parte sua, la regione ha fatto presente che le attività estrattive sono soggette alle valutazioni paesaggistiche, qualora ricadano in zona vincolata ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni e alla verifica di assoggettabilità a valutazione impatto ambientale regionale (lettera I, punto 8 allegato IV del decreto legislativo n. 4 del 2008). Inoltre, si fa presente che le varianti al piano regionale paesaggistico, vengono proposte, dall'ente locali, in funzione di nuove e motivate previsioni urbanistiche. Le stesse dopo essere state valutate, vengono approvate, se del caso, dal consiglio regionale.
Nei casi specificati nell'interrogazione, la regione, ha precisato quanto segue:
1. in località Goriano Sicoli - Castel di Ieri e stato richiesto un ulteriore ampliamento di una cava in fase di coltivazione, già autorizzata nel 1989 ed ampliata nel 1994. Il CCRVIA, con giudizio n. 1008 del 22 gennaio 2008 ha rinviato l'intervento a procedura di Via. L'area interessata ricadeva all'interno della perimetrazione del Parco Regionale Sirente-Velino, oggi esclusa con legge regionale n. 23 del 2000. La parte in ampliamento ricade in zona a trasformazione condizionata dal piano regionale paesaggistico.
2. In località Castel di Ieri il comitato di coordinamento regionale per le valutazioni d'impatto ambientale, in data 18 novembre 2008, giudizio 1179, facendo seguito ad una ordinanza del tribunale amministrativo regionale, ha riesaminato e riconfermato il parere non favorevole ad una attività estrattiva di 53.000 mq di superficie territoriale interessata da Zps.
3. In località Pescina, si rilevano:
una richiesta di variante relativa ad un generale abbassamento di quota di una attività estrattiva esistente in località Canto, approvata dal CCRVIA nel 2003, in zona A di piano regionale paesaggistico ed autorizzata in sanatoria dal punto di vista paesaggistico (nulla osta n. 12420 del 16 settembre 2004);
una richiesta di ampliamento cava in località «Le coste di Venere» approvata dal CCRVIA nel 2006 in zona di piano paesaggistico variata: con procedura di recepimento dello stesso, proposta dall'amministrazione comunale di Pescina e approvata dal consiglio regionale;
apertura cava di calcare in località Lupara per la quale il CCRVIA ha espresso giudizio n. 933 del 26 luglio 2007 e rinviato l'intervento alla procedura di Via. Successivamente lo stesso è stato approvato con parere n. 1025 del 26 febbraio 2008. L'area ricade al di fuori di SIC e ZPS e risulta essere marginale riguardo al corridoio di interconnessione tra il Parco Velino-Sirente ed il P.N.A.M.L. L'intervento previsto è stato reso compatibile attraverso la proposta di una variante specifica al piano regolatore generale con recepimento in variante del PRP approvata dal consiglio regionale con delibera n. 60/5 emessa nella seduta del 27 febbraio 2007;
ampliamento di una attività estrattiva, facente parte di un progetto di filiera, già
autorizzata nel 1987. L'intervento è stato reso compatibile con il PRP attraverso le proposte dell'amministrazione di Pescina e di Gioia de Marsi, di varianti specifiche ai relativi strumenti urbanistici con recepimento in variante al piano paesaggistico regionale, approvato dal consiglio regionale con delibera n. 60/5 del 27 febbraio 2007. L'intervento è stato sottoposto a Via ed è stato approvato dal CCRVIA con giudizio n. 1172 del 6 novembre 2008. L'area su cui insiste non è vincolata ai fini della tutela paesaggistica e non è interessata da SIC.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente 2008, in Sardegna vi sarebbero 397 cave attive e 860 cave dismesse, dato quest'ultimo tra i più elevati del panorama italiano;
per quanto riguarda il materiale complessivo cavato, la Sardegna è tra le regioni con la più elevata quantità estratta, dopo Sicilia e Lombardia, pari a 37.639.941 di metri cubi (Legambiente 2008);
in Sardegna la quantità estratta di soli materiali inerti (elaborazione Legambiente 2009 su dati Regione, Arpa e Agenda 21 locali) è di 7.300.000 m3, tuttavia l'attività estrattiva è totalmente gratuita non esistendo tariffe di concessione per le società di estrazione, né esiste una legge che preveda garanzie economiche per l'apertura di nuove cave (e per il successivo recupero) e le sanzioni sono irrisorie variando da un minimo di 2.500 euro ad un massimo di 10.000 euro dunque poche migliaia di euro per l'apertura di una cava abusiva, a fronte di profitti enormemente superiori, non si avrà alcun effetto deterrente nei confronti dell'illegalità;
molti sono i problemi connessi a cave non più attive, come quella di Furtei, oggi in liquidazione, dove sarebbero presenti bacini di cianuro, utilizzati un tempo per l'estrazione dei metalli preziosi, che straripano di liquido misto a sali essiccati che si propagano in tutto il territorio circostante avvelenando così i pascoli e le piantagioni e rappresentando nel contempo un rischio reale anche per le persone che li inspirano;
in Sardegna esistono testimonianze di archeologia mineraria che costituiscono il patrimonio più importante d'Europa, non adeguatamente valorizzato tenuto conto che esistono beni di archeologia mineraria restaurati e resi fruibili, ma tuttora troppo spesso chiusi o aperti solo sporadicamente: da Porto Flavia (Masua) alla Galleria Henry (Buggerru), dal Pozzo Gal (Ingurtosu) al Pozzo Amsicora -:
se e come si intenda evitare, ridurre, e possibilmente compensare i rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata da sostanze inquinanti presenti nelle cave dismesse;
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio.
(4-06440)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla scorta di quanto comunicato dalla regione Sardegna e dalla prefettura di Cagliari, si rappresenta quanto segue.
La competenza in materia di attività di miniere e di cave è esclusivamente attribuita, dall'articolo 18 lettera b), della legge regionale sarda n. 1 del 1977, al servizio attività estrattive dell'assessorato regionale all'industria.
L'ordinamento giuridico del settore dell'industria estrattiva in Sardegna si basa sull'attività di ricerca e di coltivazione di sostanze minerali industrialmente utilizzabili,
che si distinguono in due categorie: miniere, regolate dal regio decreto n. 144 del 1927 (appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato ed oggi della regione) e cave, disciplinate dalla legge regionale n. 30 del 1989.
L'attività di cava non è gratuita e le domande tese ad ottenere l'autorizzazione devono essere corredate da tutti i documenti previsti dall'articolo 19 della menzionata legge regionale n. 30 del 1989 e da tutti gli ulteriori e correlati documenti previsti dalle norme vigenti in materia (tra cui il versamento della polizza fideiussoria) per garantire l'ordinato utilizzo delle risorse appartenenti alla categoria delle cave, nonché lo sviluppo socio-economico, il rispetto dei beni culturali ed ambientali della regione Sardegna e le opere di ripristino ambientale. Le aree di cava dimesse, peraltro, già a partire dal 1998, devono essere fatte oggetto di attuazioni progettuali di recupero ambientale.
La legge n. 221 del 1990 ha previsto, all'articolo 9, che i titolari di permessi di ricerca o di concessione di coltivazione devono provvedere al riassetto ambientale delle aree oggetto dell'attività di ricerca o di coltivazione. Successivamente a tale disposizione, è intervenuta numerosa legislazione comunitaria e nazionale in attuazione della salvaguardia dell'ambiente; tali norme sono applicate alla procedura afferente il rilascio dei titoli minerari e di cava.
La Sardegna produce all'anno circa 21.000.000 di tonnellate di materiali appartenenti alla prima e seconda categoria (miniere e cave) e, per una migliore definizione della situazione afferente le cave, la situazione delle stesse, aggiornata dal servizio attività estrattive della regione al 31 marzo 2010, risulta dall'allegato disponibile presso il servizio assemblea.
L'attività mineraria pregressa e cessata è, tutt'oggi, oggetto di riabilitazione ambientale, a seguito di finanziamenti che prevedono specifici progetti di caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica ed esecuzione dei lavori, col fine di risanare l'ambiente.
Per quanto concerne, in particolare, il sito minerario di Santu Miali - Furtei, si evidenzia che esso è un cantiere estrattivo composto da scavi a cielo aperto, discariche di rifiuti minerari, un'area di pertinenza dell'impianto di trattamento minerallurgico e di un bacino di ritenuta dei fanghi provenienti dal trattamento del minerale.
Nella miniera, attiva dal 1996 al 2008, si estraeva oro, argento e rame da un grezzo composto da pirite e solfuri di tali metalli - estratti con scavi a cielo aperto «a fossa» nelle zone di Is Concas, Santu Miali, Su Masoni e Sa Perima nell'agro di Furtei - che venivano poi trasportati all'impianto di trattamento per l'arricchimento dei minerali, che avveniva attraverso l'utilizzo di cianuro.
Dal processo di trattamento si otteneva un rifiuto che veniva pompato e depositato in bacini sterili, dove attualmente sono confinate milioni di tonnellate di fanghi contenenti acque di ritenzione con cianuro e residui di metalli pesanti (mercurio e arsenico). Dal 1996 (anno in cui iniziò lo sfruttamento del giacimento) ad oggi non si sono comunque mai verificati, secondo quanto riferito, episodi di straripamento e propagamento nel territorio circostante di rifiuti minerari.
A seguito del fallimento della società Sardinia Gold Mining S.p.a., dichiarato in data 5 marzo 2009, la miniera, denominata «Santu Miali» nel comune di Furtei, e le sue pertinenze, in stato di emergenza ambientale per gli effetti conseguenti del fallimento, sono passate nella tutela del curatore che è subentrato nell'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione dei giudice delegato ai sensi dell'articolo 31, primo comma, del regio decreto n. 267 del 1942 e successive modificazioni ed integrazioni.
La chiusura dell'attività estrattiva aurifera nella predetta area di Furtei ha lasciato una situazione di pericolo per la presenza nella struttura di un deposito rifiuti di trattamento contenente fanghi di lavorazione in soluzione con cianuro, oltre alla presenza di acque acide, contenute negli scavi di coltivazione che, incrementate da piogge ed acque di falda, inondano le pareti del bacino aumentando la propria acidità e mettendo in soluzione metalli pesanti in un
deposito di rifiuti di estrazione già contenenti materiali di scavo ricchi di solfuri.
Si precisa, tuttavia, che le acque di drenaggio sono raccolte in un bacino e ricondotte nella diga con un sistema di pompe, prima dell'eventuale dispersione nell'ambiente.
In data 8 marzo 2010 il sindaco di Furtei ha inviato agli enti competenti una richiesta urgente di attenzione alla situazione di rischio ambientale nel sito minerario Santu Miali, precedentemente gestito dalla Sardinia Gold Mining (S.G.M.), evidenziando la situazione di pericolo nel bacino «Is Concas» per trasudazione di acque acide ricche di metalli dagli argini verso le cunette che adducono al Rio Santu Miali, ed il rischio di potenziale tracimazione delle acque verso la valle in caso di eventi meteorici di particolare entità.
L'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna ha immediatamente effettuato una ricognizione del sito e redatto una relazione tecnica, nella quale si conferma il forte rischio segnalato e si ritiene necessario un immediato intervento di messa in sicurezza e di bonifica del sito, poiché l'alto livello delle acque sovrastanti i fanghi di lavorazione potrebbe causare, per la spinta idrostatica, l'instabilità del sistema di contenimento, progettato per i fanghi e non per le acque.
Ulteriore fattore di rischio è costituito dalla presenza, all'interno di un'area recintata dell'impianto, di due container in cui sono stoccate alcune tonnellate di sodio di cianuro in polvere e dal cumulo di una grande quantità di rifiuti minerari contenenti metalli e presumibilmente residui di cianuro, nonché dallo stazionamento, nelle tubazioni di circolazione dei liquidi di processo, di circa 30.000 litri di soluzione cianidrica da mettere in sicurezza.
Fino alla chiusura dell'attività estrattiva, l'università di Cagliari ha effettuato ogni 15-30 giorni un' attività di controllo che si è estesa oltre l'area soggetta a concessione, mentre il servizio attività estrattive dell'assessorato all'industria, a seguito della messa in liquidazione della titolare della concessione mineraria Soc. S.G.M., aveva già lo scorso anno effettuato delle verifiche finalizzate ad accertare lo stato dei luoghi ed imposto ai liquidatori della società delle prescrizioni per la messa in sicurezza e la riqualificazione ambientale.
Al riguardo, si evidenzia che la giunta regionale ha dato mandato, con delibera del luglio 2009, all'assessore della programmazione e bilancio per l'istituzione di un capitolo di spesa per fronteggiare l'emergenza nell'area mineraria e con successiva delibera, all'assessore all'industria, per la redazione del piano di caratterizzazione per l'accertamento dello stato di inquinamento del sito.
Allo stato attuale il sito è quotidianamente presidiato, nelle 24 ore, dai 42 operai della ex SGM che garantiscono il controllo e monitoraggio dell'area mineraria; a tale riguardo si precisa in data 9 aprile 2010 è stato siglato un accordo per cui la regione, attraverso la società in house IGEA Spa, si è fatta carico della riqualificazione professionale degli stessi lavoratori e, da ultimo, in data 21 maggio 2010, è stato siglato dalla regione Sarda un ulteriore accordo per l'impiego dei suddetti lavoratori in attività che si svolgeranno appunto a Furti e saranno finalizzate al presidio, controllo e governo dei siti della locale miniera.
Altresì, è in itinere la procedura per la reintegrazione in seno all'amministrazione regionale dell'area mineraria in questione, in quanto appartenente, come detto, al patrimonio indisponibile della regione, al fine di meglio gestire il complesso minerario già nella disponibilità della suddetta fallita società e successivamente passato, come già evidenziato, nella amministrazione del patrimonio fallimentare.
Per quanto riguarda le testimonianze di archeologia mineraria, peraltro già riconosciute dall'UNESCO quale patrimonio dell'umanità nel 1997, sebbene valorizzate solo in parte, a causa dell'alto costo del ripristino ambientale e messa in sicurezza delle aree, tali siti sono affidati, con apposita convenzione dall'assessorato regionale dell'industria, alla stessa società in house Igea S.p.A., che sta procedendo allo studio del territorio ed alla contestuale bonifica, oltre ad aver reso già fruibili al pubblico i siti
minerari di Porto Flavia, nel comune di Iglesias, e la Galleria Henry nel comune di Buggerru.
Sempre riguardo a tali testimonianze di archeologia mineraria, la regione Sardegna ha emanato la legge regionale del 29 maggio 2007, n. 2, afferente alla gestione ed alla sicurezza nei percorsi turistico culturali. Pertanto, è in corso di attuazione il «piano per la conversione produttiva nelle aree interessate dalla crisi mineraria nell'isola» di cui alla legge n. 204 del 1993 ed in relazione alla normativa citata sono in corso di realizzazione circa undici percorsi turistico culturali, mediante recupero di cantieri, impianti e fabbricati di miniere dismesse o in via di dismissione.
Nell'area del Guspinese, il pozzo Gal, ubicato in agro di Arbus (CA), è reso fruibile da tre società private impegnate nel settore turistico, così come il pozzo Amsicora, nel comune di Guspini (CA), è visitabile a cura del consorzio del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna.
Da ultimo, si rappresenta che non constano, in atto, elementi che possano fare sospettare l'esistenza di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti, anche con particolare riferimento agli appalti nel settore edilizio.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati di Legambiente, in Molise vi sarebbero 60 cave attive e 541 cave dismesse (dati del 2006);
il dato relativo alla quantità complessiva di materiale estratto, fondamentale per capire il fenomeno, non viene costantemente monitorato nella Regione;
in Molise la quantità estratta di soli materiali inerti è di 1.800.000 m3 (elaborazione Legambiente 2009 su dati Regione, Arpa e Agenda 21 locali);
in Molise la produzione di rifiuti da costruzione e demolizione è stata per il 2004 di 139.743 tonnellate, nel 2005 di 179.042 e non risulta alcun dato circa il recupero materiale da costruzione e demolizione in percentuale;
si segnala la vertenza che riguarda l'apertura di una cava in piena ZPS (Valle Porcina-Torrente Mandra-Castrata, Cod. IT7282168) autorizzata dalla regione senza la valutazione di incidenza. L'area è sottoposta anche a vincolo idrogeologico e a vincolo di rimboschimento oltre ad essere stata segnalata dalla Regione quale area di riconosciuto pregio naturalistico per la presenza di due habitat e di specie animali d'interesse prioritario e quella di animali protetti quali antropodi, pesci, rettili, uccelli e mammiferi -:
se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
se si intenda, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità promuovere uno studio che sia diretto a valutare i principali effetti che le attività estrattive possono avere sulla salute dei cittadini e per evitare, ridurre, e possibilmente compensare rilevanti effetti negativi, e l'eventuale pericolosità determinata dalle polveri sottili, i carbonati di calcio misti a silicio;
se e di quali elementi disponga il Ministro dell'interno in relazione a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione delle cave e dei materiali estratti con particolare riferimento agli appalti nel Settore edilizio;
se ed in quanti casi il Ministro dell'ambiente sia stato coinvolto nei procedimenti di rilascio di autorizzazioni alla coltivazione di cave in aree nelle quali l'attività estrattiva potesse confliggere con la tutela della fauna selvatica e se intenda acquisire, per il tramite
dell'ISPRA, tutti gli elementi necessari a verificare gli effetti di un'eventuale autorizzazione sulla fauna selvatica.
(4-06442)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, che verte su problematiche inerenti le attività estrattive nella regione Molise, si fa presente che la competenza svolta da questa amministrazione in materia di cave e quella relativa all'esercizio delle funzioni previste dal combinato disposto di cui all'articolo 2 della legge 349 del 1986 e all'articolo 146 del decreto legislativo 42 del 2004, come integrato dal decreto legislativo 63 del 2008, concernente il controllo di legittimità delle autorizzazioni per le attività di cava in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, rilasciate dalle amministrazioni regionali o subdelegate.
Pertanto, non si è in possesso di dati relativi alle questioni generali sollevate dall'interrogante.
Vi sono notizie, invece, riguardo ad una attività estrattiva citata nell'interrogazione, individuata come «cava in piena zona di protezione speciale» (Valle Porcina - Torrente Mandra Castrata Cod. IT7282168) ed identificata presumibilmente come «cava di calcare denominata Colle della Duolfa» nel comune di Macchia d'Isernia.
Agli atti risulta, infatti, pervenuta l'autorizzazione regionale n. 3210 del 25 luglio 2002 rilasciata dalla regione Molise per attività estrattiva alla Ditta M.C. Group S.p.a per l'esercizio del controllo suddetto.
Risulta, altresì, che, in esito al controllo effettuato in merito, per quanto attiene la competenza in materia paesaggistica, non si sono rilevati motivi per l'adozione del provvedimento di annullamento della stessa autorizzazione per vizi di legittimità.
Occorre qui chiarire che le autorizzazioni paesaggistiche non prendono obbligatoriamente in esame le valutazioni di incidenza ambientale sui siti di importanza comunitaria e sulle zone di protezione speciale, poiché tali siti d'interesse comunitario, pur individuando particolari aree naturali di salvaguardia ambientale ai sensi della direttiva habitat 92/43/CEE attuata dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997 n. 357 modificato con dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003 n. 120, non determinano ope legis il vincolo paesaggistico, come accade per altre tipologie di tutela ambientale, ad esempio le riserve naturali previste dalla legge 431 del 1985 e, successivamente, dai decreti legislativi 42 del 1964 e 63 del 2008. La presenza dei S.I.C. quindi, determina l'obbligo di «valutazione d'incidenza ambientale» sul sito, ma non comporta la necessità di autorizzazione paesaggistica.
Pur tenendo conto, quindi di tale tutela, l'autorizzazione paesaggistica è un procedimento diverso e distinto dalla valutazione di incidenza ambientale, così come, d'altra parte, dalla valutazione di impatto ambientale.
Le due valutazioni, quando occorrano, contribuiscono, insieme all'autorizzazione paesaggistica, a costituire le premesse dell'autorizzazione di esecuzione dei lavori alla ditta.
Si sottolinea, inoltre, che quest'ultima autorizzazione, rilasciata ai sensi della normativa regionale in materia di cave, è di esclusiva competenza delle regioni, cui è stata demandata dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, di trasferimento delle funzioni amministrative.
Per quanto riferito dalla prefettura di Isernia e dalla regione, si rappresenta che al 2006, nel Molise, erano attive, tra la provincia di Isernia e quella di Campobasso, sessanta cave, mentre risultano 541 cave dismesse, 433 in provincia di Campobasso e 108 in quella di Isernia.
Riguardo alle cave a cielo aperto, si dà conto nel prospetto elaborato nel 2009 dalla regione Molise, dove sono riportate, riguardo al 2008, le cave a cielo aperto e il materiale in queste estratto, disponibile presso il servizio assemblea.
In merito alla «vertenza che riguarda l'apertura della cava in piena "ZPS", sempre gli enti locali, hanno fatto presente che occorre precisare che l'area interessata non è una zona di protezione speciale bensì un sito di interesse comunitario, individuato con la medesima sigla riportata nell'interrogazione, IT7282168 e con il nome «Valle Porcina-Torrente Vandra-Cesarata».
Nella predetta area risulta una sola cava, di circa 5 ettari, che corrisponde alle caratteristiche menzionate nella interrogazione ed è ubicata località Colle della Duolfa del comune di Macchia d'Isernia, autorizzata con delibera dirigenziale n. 175 del 22 settembre 2003 in favore della ditta MC. Group di Venafro (IS). I terreni interessati dai lavori erano boscati (rimboschimenti di conifere, macchia mediterranea e nuclei di latifoglie), di proprietà comunale, gravati da diritto di uso civico, ed in piccola parte privati.
La cava, già sequestrata nel 2004 e successivamente dissequestrata, dal 20 ottobre 2005 è ancora sotto sequestro su disposizione del tribunale di Campobasso - sezione riesame, in seguito a ricorso per cassazione da parte della procura della Repubblica di Campobasso.
Il procedimento penale che ha portato a tali procedimenti riguarda le seguenti ipotesi di reato:
la concessione di terreni gravati da diritto di uso civico da parte del comune di Macchia d'Isernia, per di più con delibera di giunta e non del consiglio comunale;
l'autorizzazione regionale per l'apertura de la cava in un S.I.C. senza effettuare la valutazione di incidenza ed escludendo la V.I.A.;
la trasformazione di un'area boscata percorsa da incendio boschivo e quindi sottoposta a divieto di cui all'articolo 10 della legge 353 del 2000;
l'eliminazione di due rimboschimenti, uno realizzato al Corpo forestale dello Stato, l'altro dalla comunità montana, che insisteva nell'area concessa per la cava, contravvenendo al divieto di cui all'articolo 54 del regio decreto 32 del 1923.
Il tutto con il parere contrario del Corpo forestale dello Stato.
Da segnalare anche due ricorsi al Tar da parte del comitato civico di Macchia d'Isernia, di cui il primo respinto, il secondo, riguardante la legittimità della delibera di giunta per la concessione dei terreni comunali, accolto. La sentenza di sospensiva fu però annullata dal Consiglio di Stato.
C'è da precisare che il servizio pianificazione e sviluppo delle attività industriali ed estrattive della regione Molise ha riferito che la valutazione di incidenza è stata eseguita e che, a seguito di domanda incidentale di sospensione della delibera dirigenziale n. 175 del 22 settembre 2003, il tribunale amministrativo regionale Molise ha ritenuto di fatto eseguita la procedura di valutazione di impatto ambientale, rigettando così, la predetta istanza di sospensiva.
Infine, la regione Molise, con determina n. 151 del 10 maggio 2006, ha sospeso l'autorizzazione alla coltivazione della cava, in attesa che si risolva la questione degli usi civici.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 26 marzo 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge della regione Puglia n. 31 del 2008 in materia di energie rinnovabili;
si tratta della legge che aveva innalzato le soglie massime di potenza per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili a 1000 kilowatt, equivalenti ad un 1 megawatt, permettendo di costruire, senza alcuna garanzia di sicurezza per i cittadini ed il territorio, veri e propri impianti industriali per mezzo di una semplice autocertificazione, mentre le soglie stabilite dal decreto-legge n. 387 del 2003 (tabella A allegata
alla norma) prevedono, ad esempio, 60 kW per l'eolico, 20 kW per il fotovoltaico e 200 kW per la biomassa;
a contribuire alla deregolamentazione per la realizzazione in Puglia in generale e nel Salento in particolare di produzioni industriali di energie rinnovabili di alto impatto ambientale vi è anche il PEAR, il piano energetico regionale;
inoltre nessuna valutazione di impatto ambientale integrata è mai stata effettuata dalla regione nonostante la presenza di progetti per numerosissimi impianti nel raggio di pochi chilometri nel territorio salentino, in questo modo impedendo di poter portare alla luce gli alti ed evidenti fattori di rischio per la salute e l'incolumità delle persone;
diversi grossi impianti eolici e fotovoltaici sono stati svincolati, dalla regione, dalla necessaria e precauzionale procedura di Via;
un caso emblematico della gravità delle conseguenze prodotte da tale assetto normativo è stato il progetto per la realizzazione di un parco eolico, con mega-torri eoliche dell'altezza di 125 metri ciascuna tra i comuni di Minervino, Giuggianello e Palmariggi, in provincia di Lecce, di grande importanza dal punto di vista archeologico, antropologico e mitologico nell'immediato entroterra di Otranto e che interessa la collina del Salento («Serra» localmente detta);
centinaia di persone e movimenti ambientalisti si stanno mobilitando per cercare di salvare il territorio salentino da un fenomeno che si configura come un'aggressione e una devastazione inaudite e senza precedenti perché volto ad incentivare la produzione di energie rinnovabili da fonte eolica e solare, privilegiando le produzioni industriali di alto impatto ambientale, rispetto a quelle di basso o nullo impatto, legate all'ubicazione dei pannelli solari sui tetti degli edifici moderni, superfici biologicamente morte (tetti, tettoie, di edifici civili, privati o pubblici, di caserme, di capannoni industriali e altro);
in una delle zone paesaggistiche più preziose del nostro Paese, come il Salento, vi è il rischio che si realizzino centinaia di grossi impianti con torri eoliche di 125 metri, 150 metri e addirittura 180 metri, visibili nel raggio di decine di chilometri con la trasformazione di migliaia di ettari di terra (campi agricoli, pascoli, uliveti, frutteti e vigneti che vengono estirpati) in distese sconfinate di pannelli fotovoltaici, provocando la desertificazione artificiale dei suoli, danni al microclima e alla biodiversità a causa dell'uso di diserbanti per cancellare la vita sotto i pannelli, con il rischio di inquinare le acqua di falda, unica fonte di approvvigionamento idrico per l'acquedotto pugliese in un Salento carsico e di provocare danni alla tradizione dei prodotti silvo-agro-pastorali della Puglia;
senza contare l'inquinamento elettromagnetico additivo che questi impianti portano con il complesso di cavidotti, elettrodotti e cabine di trasformazione fonti di elettrosmog, o il rischio fortissimo legato alla rottura di frammenti delle pale degli aerogeneratori, che possono giungere anche a distanze di un chilometro, in un Salento densamente popolato;
lo stesso soprintendente capo per la Puglia ai beni culturali, architetto Ruggero Martines ha affermato, di fronte a questa situazione, la necessità di tutelare prioritariamente un bene collettivo, il paesaggio, che non è rinnovabile, mentre il professor Giorgio Assennato, direttore generale di ARPA Puglia, in una recente lettera rivolta alla regione Puglia ha parlato di una situazione di grave rischio di disastro ambientale, di stato di calamità artificiale e anche di rischio per la salute delle persone;
notevoli sono poi le preoccupazioni degli agronomi, per il depauperamento dei terreni agricoli, e dei tantissimi operatori nel settore turistico ed agrituristico del Salento, che hanno investito anche nel recupero delle antiche masserie, trasformate in strutture ricettive rispettose della tradizione e degli stili architettonici ed estetici tipici locali;
notevoli sono anche i danni per i volatili tant'è che la procura di Bari ha aperto un'inchiesta per valutare le responsabilità legate alle autorizzazioni regionali concesse ad alcuni impianti di mega eolico in prossimità di aree protette (caso dell'Alta Murgia), a seguito dell'entrata in esercizio dei quali, il Corpo forestale dello Stato ha sporto denuncia dopo aver notato la scomparsa di diverse specie di rapaci prima presenti nei luoghi. La collocazione di tali torri eoliche, in un territorio di notevole interesse per le rotte migratorie internazionali ed importantissimo crocevia tra Europa, Nord Africa e Oriente Euro-Asiatico, riconosciuto dalla Convenzione internazionale di Ramsar, sottoscritta dall'Italia nel 1971, introduce un danno per l'avifauna non solo a livello locale ma con effetti internazionali;
il Tribunale amministrativo regionale di Bari ha definito quanto sta avvenendo in Puglia semplicemente una «corsa all'oro» delle energie rinnovabili: oro costituito dai lauti incentivi pubblici concessi per queste energie e che va posto in relazione con le infiltrazioni di organizzazioni malavitose, come dimostrano diverse inchieste della magistratura, soprattutto in Sicilia ma anche nel Salento, dove emergerebbe il rischio che le autorizzazioni alla costruzione di questi impianti siano utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco: meraviglia, infatti, il basso capitale sociale di poche migliaia di euro di molte aziende richiedenti le autorizzazioni;
le amministrazioni comunali sono incentivate dalle ditte, attraverso il sistema delle royalties o elargizioni di denaro o di altri benefit, a permettere insediamenti sul territorio ponendo in essere così comportamenti, ad avviso degli interroganti, volti a sacrificare beni pubblici di valore inestimabile tutelati dalla Costituzione, quali la salute, i beni culturali, il paesaggio, la qualità della vita, in cambio di ritorni economici;
tant'è che non si registra un tempestivo intervento delle amministrazioni locali nell'annullare progetti legati alla legge n. 31 del 2008 dichiarata ormai incostituzionale;
irrisori, data l'alta automazione degli impianti, paiono inoltre essere i vantaggi in termini di posti di lavoro a regime per i locali;
a giudizio degli interroganti, il caso della Puglia, ed in particolare del Salento, è divenuto una sorta di laboratorio sperimentale per il resto d'Italia quanto a effetti negativi di una politica di deregolamentazione e di sovra-incentivazione di energie rinnovabili, quali in particolare eolico e fotovoltaico, a danno della tutela del suolo e del paesaggio e questo nonostante il Salento abbia condotto negli ultimi anni un processo di crescita culturale e di grande riscoperta delle sue ricchezze storico-culturali e paesaggistiche, anche in chiave di aumento del turismo, processo che oggi non merita di essere abbandonato ma semmai valorizzato e sostenuto ulteriormente;
la mozione 1-00324 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010 ha stabilito che la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare e ha pertanto impegnato il Governo a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e delle aree agricole -:
se non ritengano opportuno alla luce di quanto esposto, in ottemperanza anche agli impegni assunti con la mozione 1-00324, attribuire massima priorità alla tutela del paesaggio, del suolo e delle aree agricole in vista dell'adozione delle nuove «linee guida nazionali per le fonti rinnovabili» escludendo, per quanto riguarda l'eolico, l'ubicazione di grandi torri eoliche in aree di alto rilievo paesaggistico e, quanto al fotovoltaico, a favorirne prioritariamente l'installazione su tetti e tettoie di edifici moderni civili e pubblici, capannoni industriali, aree già cementificate, case di privati, tettoie di parcheggi d'auto, margini stradali o di linee ferroviarie, favorendo la microgenerazione diffusa a
quella industriale (senza dimenticare le necessarie accortezze o divieti su edifici e zone di interesse storico-culturale).
(4-06774)
Risposta. - In ordine a quanto indicato nell'interrogazione in esame, si rappresenta che risolvere la conflittualità che viene a crearsi tra la diffusione delle fonti rinnovabili di energia, oggi più che mai necessaria a fronte degli obiettivi comunitari posti dalla nuova direttiva europea sulle fonti rinnovabili, e la tutela del paesaggio è indubbiamente una delle sfide più rilevanti che devono essere affrontate da ora sino al 2020, orizzonte temporale del pacchetto clima-energia, ed oltre.
Il compromesso deve tener conto di diverse variabili quali: la disponibilità sul territorio della fonte rinnovabile (esempio il vento per l'energia eolica), l'accessibilità del sito, la semplificazione delle procedure per l'autorizzazione degli impianti, questione da sempre ritenuta un nodo nevralgico per la diffusione delle fonti rinnovabili e, non ultimi, il pregio storico-paesaggistico del sito stesso e la percezione dei cittadini.
Il lavoro sulla semplificazione delle procedure di autorizzazione si sta concentrando oggi proprio sulla micro e piccola generazione di energia che per dimensioni fisiche ha poca conflittualità con il paesaggio.
Per la realizzazione di piccoli impianti alimentati a fonti rinnovabili, quali ad esempio gli impianti solari realizzati in modo complanare ai tetti degli edifici, e per piccoli impianti cogenerativi, è stato previsto il ricorso, compatibilmente alla normativa vigente, alla denuncia di inizio attività o alla semplice comunicazione alle autorità locali. Tali norme sono state introdotte, in particolare, con il decreto legislativo n. 115 del 2008 e con la legge n. 99 del 2009.
Per il nuovo decreto di incentivazione del fotovoltaico, verrà prevista una maggiore incentivazione per impianti realizzati su edifici o in aree senza particolare pregio paesaggistico quali quelle classificate industriali, commerciali, cave esaurite, area di pertinenza di discariche o di siti contaminati.
Occorre, comunque, sempre sottolineare che la coerenza tra la diffusione delle fonti rinnovabili e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico deve essere garantita attraverso il processo di autorizzazione che, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e successive modifiche ed integrazioni, viene svolto dalla regione o da ente delegato attraverso autorizzazione unica.
L'autorizzazione unica è rilasciata a seguito di una conferenza di servizi indetta dalla regione alla quale partecipano tutte le amministrazioni interessati.
È quindi all'interno di tale procedimento che le regioni e le autorità locali competenti devono lavorare per assicurare, da un lato, la realizzazione degli impianti alimentati con fonti rinnovabili, oggi attività prioritaria per quanto sopra premesso, dall'altro la tutela del patrimonio paesaggistico e storico-culturale dei siti interessati.
Sempre l'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 prevede che in conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le «Linee guida per l'autorizzazione delle fonti rinnovabili» nelle quali è chiaramente specificato lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio.
Le suddette linee guida non sono mai state emanate, benché da qualche tempo le amministrazioni competenti lavorino sui testi.
È impegno di questo ministero lavorare e raggiungere un risultato positivo su tale fronte. Il testo delle «Linee guida per l'autorizzazione delle fonti rinnovabili» sono state concertate e finalizzate tra i Ministeri competenti ed è in corso l'approvazione tecnica in conferenza unificata.
L'obiettivo è l'emanazione del testo entro il 2010.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dall'edizione 2009 dell'annuario dei dati ambientali, presentato il 15 aprile 2010 a Roma dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), emergono dati inquietanti in merito alla biodiversità e al degrado del suolo;
in particolare, nell'anno della biodiversità, è allarmante che ci sia un grado di estinzione delle specie animali e vegetali «senza precedenti», che riguarda il 23 per cento degli uccelli, il 15 per cento dei mammiferi e addirittura il 66 per cento di pesci d'acqua dolce, rettili e anfibi. Tra i più a rischio i volatili, soprattutto quelli degli ambienti agricoli, come allodola, balestruccio e rondine;
oltre la fauna è in pericolo anche la flora, con il 15 per cento delle piante superiori e il 40 per cento di quelle inferiori in estinzione, mentre si espande di circa 5 mila 500 ettari l'anno il patrimonio forestale nazionale; aumentano anche le Zps (Zone di protezione speciale) ormai pari al 14,5 per cento del territorio e i Siti di importanza comunitaria (Sic), ben 2 mila 228 sul 15 per cento del territorio;
tra le cause dell'estinzione delle specie: la pesca illegale, il bracconaggio e le attività agricole responsabili dell'inquinamento delle acque, della perdita di stabilità dei suoli e di un uso a volte irrazionale di fertilizzanti e prodotti fitosanitari -:
se si condividano i dati riferiti nel rapporto dell'Ispra e quali iniziative si intendano promuovere a tutela delle specie a rischio ed in relazione alle cause evidenziate nell'annuario.
(4-06906)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, dove, partendo dai dati riportati nel rapporto Ispra del 2009, si chiede se vengono condivisi da questo Ministero e quali iniziative si intendano promuovere a tutela della biodiversità, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare conosce e condivide pienamente i dati riportati nell'annuario Ispra dei dati ambientali, una parte dei quali sono stati forniti dal ministero stesso per l'implementazione dei relativi indicatori. Le criticità evidenziate nel rapporto Ispra e in cui versano molte specie animali e vegetali, nonché molte tipologie di ecosistemi, sono riconducibili a numerosi fattori di minaccia, quali la distruzione e il degrado degli habitat, la frammentazione del territorio, l'invasività di alcune specie esotiche, l'utilizzo non sostenibile delle risorse naturali e delle specie, gli effetti, ancora in fase di studio, dei cambiamenti climatici globali.
È preoccupazione del Governo porre un freno alla perdita di biodiversità e in questa direzione vanno le azioni sin qui svolte per l'attuazione delle più importanti convenzioni internazionali e direttive europee, nonché per la piena attuazione delle leggi di tutela della biodiversità a livello nazionale. A tale riguardo si deve sottolineare la sottoscrizione da parte dell'Italia della «Carta di Siracusa sulla biodiversità», sottoscritta dai ministri dell'ambiente del G8 di concerto con quelli di altri Paesi e con le organizzazioni internazionali partecipanti al meeting di Siracusa del 22-24 aprile 2009.
Il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha promosso il progetto Sistema ambiente 2010 che ha come obiettivo la costruzione del Network Nazionale della biodiversità (NNB) in Italia ovvero una modalità innovativa per raccogliere e condividere le informazioni sulla biodiversità grazie alla messa a punto di criteri e strumenti che rendano omogenei, accessibili e fruibili i dati utili per valutare lo Stato di conservazione dell'ambiente.
Si evidenzia infine che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha in corso la predisposizione della strategia nazionale per la biodiversità, prevista dalla convenzione sulla diversità biologica. La strategia, la cui bozza è stata presentata alla presenza del Capo dello Stato il 22 maggio 2010 in occasione della Giornata internazionale della biodiversità, rappresenta uno strumento di grande importanza per garantire, a partire dal 2010 e per gli anni a venire, la reale integrazione e il coordinamento tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Paese e la tutela del suo inestimabile patrimonio di biodiversità.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Terra di mercoledì 12 maggio 2010, si apprende di progetti di edificazione di un'area di interesse militare a Vitinia, zona tra la capitale e Ostia;
si parla di un'area di interesse naturalistico e archeologico, «già riconosciuto dalla soprintendenza per i beni culturali, visto il ritrovamento di fittili, cisterne e serbatoi che dimostrano la presenza di una o più ville romane»;
la zona sarebbe stata sottoposta a vincoli dalla regione Lazio, ma con il piano regolatore della giunta Veltroni da area agricola sarebbe divenuta edificabile;
esisterebbe ora una intesa tra il Ministero della difesa, che percepirebbe una cospicua entrata cedendo una parte del suo patrimonio e il comune di Roma, che usufruirebbe dell'alienazione, in forma di finanziamenti per Roma Capitale;
in particolare si parla di una bozza di accordo di programma tra Ministero e comune, risalente al 2007 che prevedeva un vero e proprio scambio con i costruttori, per realizzare appartamenti militari da 75 mila metri cubi di cemento nella vicina Cecchignola, avendo in cambio il nulla osta per costruire 500 appartamenti a Vitinia e cancellando un paesaggio di pregio raro che sarebbe stata superata per iniziativa di associazioni ambientaliste -:
se sia vero quanto sopra riferito;
quali siano i termini dell'intesa tra Ministero della difesa e comune di Roma relativamente all'area in questione;
se e come i Ministri intendano tutelare i vincoli naturalistici ed archeologici dell'area.
(4-07198)
Risposta. - Le attività di valorizzazione e di gestione degli immobili in uso alla Difesa, demandate dalla normativa (articolo 14-bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133 e 2, commi 189 e seguenti della legge 23 dicembre 2009, n. 191 - finanziaria per il 2010 -) alla competenza dell'Amministrazione militare, anche mediante la società difesa servizi s.p.a., sono condotte nel pieno rispetto del quadro normativo vigente e con il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici a vario titolo interessati (ministeri, regioni, enti locali).
Al riguardo, la direzione generale tecnica competente ha predisposto il decreto direttoriale datato 5 marzo 2010 per l'individuazione di beni da assoggettare alle procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione di cui al citato articolo 14-bis, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, attualmente in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
L'immobile militare oggetto dell'interrogazione, ubicato a Vitinia, è stato inserito nel succitato decreto ma, al momento, non è stato avviato alcun procedimento per la sua permuta e/o alienazione.
Con riferimento al relativo regime edificatorio, si evidenzia che nel piano regolatore generale, approvato dal comune di Roma il 12 febbraio 2008, al comprensorio in argomento è stata attribuita una destinazione urbanistica che prevede una quota residenziale (46.875 mq) e una quota di verde e servizi pubblici (30 per cento minimo).
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
da un articolo di Franco Ortolani, direttore del dipartimento di pianificazione e scienza del territorio dell'università di Napoli Federico II, uscito sul quotidiano Terra il 18 maggio 2010, in concomitanza delle alte maree del 14 maggio e 15 maggio 2010, si è verificato un fenomeno di acqua alta registrata dal mareografo di Napoli e visibile lungo le banchine del porto di Ischia dove l'acqua marina ha lambito il ciglio nei tratti più bassi, invadendo la banchina stessa in seguito alle perturbazioni create dalla manovra dei traghetti;
era da circa due mesi e mezzo che il livello marino rimaneva basso, al di sotto di alcune decine di centimetri (fino a 40-50 centimetri rispetto al ciglio delle banchine più basse, come i continui rilievi eseguiti da Umberto Spurio di Ischiameteo.com hanno evidenziato;
il gruppo di studio - composto da Franco Ortolani, Alberto Fortelli (ingegnere dottorando di ricerca del dipartimento di scienza della terra dell'università di Napoli Federico II), Guido Guidi (tenente colonnello dell'aeronautica militare), Adriano Mazzarella (professore di meteorologia all'università Federico II), Silvana Pagliuca (ricercatrice del CNR-ISAFOM), Umberto Spurio - ha continuato a svolgere ricerche sul fenomeno dell'acqua alta al fine di individuare se gli eccezionali sollevamenti marini registrati tra metà dicembre 2009 e metà gennaio 2010 e tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo 2010 siano da considerare eventi eccezionali difficilmente ripetibili o eventi che si possono verificare numerose altre volte in relazione a mutate condizioni ambientali nell'area mediterranea;
gli accurati rilievi eseguiti da Umberto Spurio hanno consentito di stabilire che il ciglio delle banchine più basse di Ischia Porto si trova tra +22 e +25 centimetri al di sopra dello zero idrometrico di riferimento per i mareografi italiani. È stato possibile, in tal modo, tarare le misure dirette eseguite lungo la banchina rispetto alle misure del mareografo di Napoli. Le osservazioni circa l'evoluzione della pressione atmosferica, in base alle misure della rete mareografica italiana e della stazione di Ischiameteo.com e del livello del mare a Ischia, hanno consentito di individuare le strette relazioni esistenti tra le oscillazioni del livello marino e le variazioni di pressione nonché le condizioni meteo a scala locale e a scala di Mediterraneo;
le ricerche effettuate dal professor Adriano Mazzarella circa le oscillazioni del livello marino nei decenni precedenti hanno consentito di inquadrare le nuove osservazioni ed elaborazioni eseguite con la collaborazione dell'ingegner Alberto Fortelli. I nuovi dati evidenziano che da circa due anni nel Mediterraneo si verificano oscillazioni del livello marino di entità nettamente superiore a quelle che hanno caratterizzato l'intervallo compreso tra gli anni Cinquanta e l'inizio degli anni 2000, che presentavano una stabile oscillazione stagionale (con un massimo a settembre e un minimo a marzo) legata al bilancio di massa tra precipitazioni, evaporazione e flusso d'acqua atlantica attraverso Gibilterra. Si può affermare, in base ai dati finora conseguiti, che nell'area tirrenica si possono verificare oscillazioni del mare di oltre 50 centimetri come
accaduto, ad esempio, tra il 1° e 2 gennaio 2010 e l'8 aprile 2010;
nei decenni precedenti le oscillazioni erano mediamente contenute tra i 10 e i 20 centimetri circa. La ricerca mette in luce che le oscillazioni del livello del mare di diverse decine centimetri possono rappresentare un evento ripetibile diverse volte in un anno. È evidente che le banchine con il ciglio ubicato a 20-30 centimetri al di sopra del livello medio marino non si trovino più in condizioni di sicurezza, come verificato a Lipari, Procida e Ischia Porto. Si tenga presente che in relazione alle condizioni meteo e di pressione atmosferica locale e a scala di Mediterraneo il sollevamento del livello marino può avvenire anche durante il periodo turistico primaverile-estivo-autunnale. Gli eventi possono essere previsti, ma i danni all'economia turistica non possono essere evitati finché le banchine non sono in sicurezza;
al fine di garantire la sicurezza dei cittadini (residenti e turisti), l'isola deve essere in grado di fornire una sorta di «certificazione di sicurezza del cittadino», creando un'organizzazione di «protezione civile» basata sulla conoscenza dei fenomeni che si possono verificare in grado di garantire l'incolumità. In tal modo residenti e turisti potrebbero sentirsi protetti e i flussi turistici non sarebbero messi in difficoltà -:
se siano a conoscenza del pericolo che incombe su Ischia, ma che riguarda anche altre isole italiane;
se non ritengano opportuno adottare immediate misure e quali per la messa in sicurezza del territorio isolano, al fine di tutelare l'incolumità e la qualità della vita dei cittadini ed evitare una crisi del settore turistico.
(4-07260)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa al fenomeno di acqua alta registrato dal mareografo di Napoli e visibile lungo le banchine del porto di Ischia, si rappresenta quanto segue.
Come è noto il livello del mare è influenzato sia dalle maree astronomiche che dalle maree metereologiche che possono essere di entità anche superiore a quelle astronomiche e sono connesse a variazioni di pressione atmosferica.
Mentre le prime avvengono con ciclicità temporali e sono facilmente prevedibili, le seconde sono strettamente connesse alla evoluzione temporale della pressione atmosferica ed hanno tempi di risposta che sono influenzati dalla velocità e dalla entità della variazione di pressione, dalla velocità e direzione del vento, dalla morfologia e dal sedime della costa o dell'area portuale.
È chiaro che se gli effetti della marea astronomica e quelli della marea meteorologica sono in concordanza di fase possono aversi sovralzi di marea di entità superiore ai 60 centimetri.
L'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, attraverso il servizio mareografico, effettua misure del livello marino con il funzionamento e la gestione della rete mareografica nazionale che rileva dati mareografici (livello medio mare, maree, pressione atmosferica, e anemometria) in 27 stazioni da oltre 30 anni, i cui dati sono fruibili e distribuiti gratuitamente in tempo reale attraverso il sito www.isprambiente.it.
Tra le stazioni della rete mareografica vicine alla località di Ischia, vi sono quelle di Napoli e Salerno, che sono risultate perfettamente funzionanti nell'evento del 14-15 maggio 2010.
I dati esaminati e riportati nei grafici allegati mostrano che il giorno 14 maggio tra le ore 20 e le ore 21 si è verificato un sovralzo del mare alla stazione mareografica di Napoli di circa 25 centimetri (rispetto allo zero idrometrico quotato a centimetri -13,78) e quindi in totale circa +39 centimetri rispetto al livello medio del mare e alla stazione mareografica di Salerno si è registrato un sovralzo di circa 26 centimetri (rispetto allo zero idrometrico quotato a centimetri -17,26) e quindi in totale circa +43 centimetri rispetto al livello medio del mare dovuto ad un concomitante e repentino abbassamento della pressione atmosferica da 1010 a 994 hPa.
Il giorno 15 maggio 2010, alle ore 8, si è registrato alla stazione di Napoli un ulteriore fenomeno di sovralzo del livello medio mare peraltro di 6 centimetri inferiore rispetto a quello della sera del 14 maggio.
Analogamente, è verosimile che fenomeni di pari entità (circa 40 centimetri) si siano verificati al porto dell'isola di Ischia il giorno 14 maggio tra le ore 20 e le 21 e il giorno 15 maggio alle ore 8.
Dall'esame dei livelli registrati alla stazione di Napoli negli anni 2000-2010, riportati nel grafico e nella tabella disponibile presso il Servizio Assemblea, risulta una frequenza modesta di eventi con altezza mareografica superiore ai 20 centimetri, peraltro con un incremento di frequenza significativo negli ultimi 2 anni.
In particolare, in 10 anni si sono verificati n. 973 eventi con il massimo assoluto compreso tra i 10 e i 20 centimetri di sovralzo e n. 220 eventi con altezza mareografica superiore ai 20 centimetri dei quali oltre 100 negli ultimi due anni (max assoluto registrato il 19 febbraio 2010 alle ore 12,10 con 54 centimetri).
Sulla base dei dati sopra riportati si può asserire che l'evento del 15 maggio 2010 è da considerare oltre i valori normali.
Tali fenomeni come sopra descritti, anche se di particolare entità, non possono essere considerati come indicativi di variazioni di condizioni medie per la definizione delle quali è necessaria una conferma della tendenza evolutiva nel prossimo futuro.
Peraltro, i dati rilevati evidenziano una tendenza da non sottovalutare e in tal senso l'Ispra assicura il funzionamento della attuale configurazione della rete mareografica nazionale e verificherà la possibilità di estendere il rilevamento attraverso la installazione di ulteriori mareografi anche nelle isole campane.
È peraltro evidente che le banchine portuali devono poter disporre di franchi di sicurezza tali da permettere le operazioni di attracco delle imbarcazioni senza il pericolo di inondazione delle stesse.
Sulla base di quanto sopra, le amministrazioni locali e le autorità portuali, ove ritengano opportuno, potranno incrementare i margini delle banchine portuali con la definizione di un franco di sicurezza in funzione dei tempi di ritorno degli eventi di marea astronomica e di marea atmosferica anche tenendo conto dei dati rilevati dal servizio mareografico dell'Ispra.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'orso bruno è un animale selvatico raro, simbolo dell'intero arco alpino che conta appena una trentina di individui, reintrodotti da pochi anni;
un orso di tale specie, Dino, da mesi vive tra le regioni del Veneto e del Trentino Alto Adige;
l'amministrazione regionale del Veneto, tramite il suo assessore alla caccia, ha deciso che l'orso debba essere catturato e riportato in Slovenia, mentre altre amministrazioni locali, quelle cioè che in linea teorica dovrebbero essere le più preoccupate dalla presenza dell'orso, hanno accolto positivamente la presenza di Dino come un'inaspettata e del tutto gratuita promozione pubblicitaria;
in Slovenia gli orsi sono presenti in numero considerevole fin dagli anni '90, da quando la guerra in Serbia e Croazia spinse molti orsi ad emigrare verso nord stabilendosi nella più tranquilla Slovenia. La presenza, oramai consolidata dell'orso in quelle zone, lo ha reso specie cacciabile, tanto che ogni anno in Slovenia vengono uccisi circa 100 orsi -:
quali iniziative di competenza intenda promuovere affinché l'orso Dino sia
lasciato dove si trova tra le province di Trento e Vicenza;
qualora la cattura dovesse rivelarsi l'unica soluzione praticabile, se il Ministro ritenga di operare affinché Dino venga liberato in un'area tutelata dove sia vietata la caccia, garantendogli così la sopravvivenza.
(4-07433)
Risposta. - Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante la presenza di un orso vagante nel territorio della provincia di Vicenza, si riferisce quanto segue.
Il 24 maggio 2010 la prefettura di Vicenza informava questa amministrazione della presenza dell'orso in questione, che stava destando forti preoccupazioni nella popolazione locale per aver già predato svariati capi di bestiame e per il pericolo nella continuazione ad arrecare danni ai proprietari di bovini ed equini.
A seguito di tali episodi, la prefettura ha indetto una riunione tecnica il 21 maggio 2010 con le amministrazioni locali per definire le azioni utili alla tutela dell'orso dalle eventuali reazioni a tutela del bestiame al pascolo. Nel corso della riunione sono emerse due esigenze contrapposte.
Da un lato, la permanenza dell'orso, trattandosi di un nuovo soggetto per quel territorio, proveniente dalla Slovenia, potrebbe rivitalizzare la colonia presente nelle Alpi e nelle Prealpi nord-orientali che avrebbe bisogno di nuovi ingressi per non correre rischi di estinzione, dall'altro, le comprensibili preoccupazioni di possibili nuovi danni che l'orso potrebbe cagionare agli animali da stalla e da lavoro.
Alcuni amministratori locali, intervenuti alla riunione, hanno inoltre evidenziato gli effetti negativi per la prossima stagione turistica che la presenza incontrollata dell'animale potrebbe avere sui villeggianti.
Da ultimo è stato proposto dall'assessore regionale alla caccia il trasloco dell'orso in altro territorio, previa autorizzazione da parte di questo dicastero.
Ciò detto, sull'intera questione questo dicastero ha inoltrato una richiesta di parere all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ex I.n.f.s.) al fine di avere un quadro completo della situazione e per trovare delle soluzioni incruente al fine di far combaciare la tutela di questa specie particolarmente protetta ai sensi di direttive comunitarie e convenzioni internazionali con gli interessi delle popolazioni locali.
Si rammenta che l'orso è stato oggetto di programmi di reintroduzione in base a piani ed azioni che hanno coinvolto le istituzioni e gli organismi scientifici e che questa specie è da considerarsi a rischio di estinzione e necessita di interventi mirati alla salvaguardia dei pochi esemplari presenti nell'Arco alpino.
Il citato istituto (Ispra), nel proprio parere, precisa che la cattura e rimozione dell'individuo di orso bruno rappresenta una deroga al regime di tutela della specie imposto dal quadro normativo nazionale ed internazionale e che tale deroga, in base a quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, può essere presa in considerazione solo qualora la sua applicazione non pregiudichi lo status di conservazione della popolazione oggetto di intervento e qualora non risultino applicabili misure alternative, in particolare, finalizzate a modificare il comportamento dell'esemplare con azioni di dissuasione che prevengano l'insorgere di confidenza nei confronti dell'uomo e con metodi di prevenzione degli attacchi agli animali domestici.
Questa amministrazione nell'informare la regione Veneto del ricevimento della nota della prefettura di Vicenza e dei suoi contenuti, ha invitato la stessa regione ad attuare tutte le azioni necessarie a garantire l'incolumità e la tutela del plantigrado, compresi i monitoraggi, e ad adottare gli interventi necessari per tutelare il bestiame presente all'interno dei recinti di allevamento.
Alla luce delle considerazioni sopra riportate si ritiene che una decisione circa la rimozione dell'orso in esame vada attentamente valutata da un punto di vista tecnico, facendo riferimento ai princìpi ed ai protocolli operativi definiti nel «Piano d'azione
per la conservazione dell'orso bruno delle Alpi centro-orientali». Tale documento, elaborato con il coordinamento di questo ministero e la supervisione scientifica dell'Ispra è stato concertato e condiviso con tutti gli enti territoriali della regione alpina che lo hanno recepito con atti formali, tra cui la deliberazione della giunta regionale del Veneto n. 2131 del 29 luglio 2008.
Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.